ANNO LXVI - N. 4 OTTOBRE - DICEMBRE 2014 RASSEGNA AV V O C AT U R A DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Francesco Meloncelli - Marina Russo - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giuseppe Albenzio, Domenico Andracchio, Francesco Maria Ciaralli, Alessandro Criscuolo, Pietro Garofoli, Paolo Marchini, Salvatore Messineo, Gabriele Pepe, Laura Raineri, Paolo Sciascia, Mario Antonio Scino, Antonio Tallarida, Annalisa Tricarico, Federica Varrone, Luca Ventrella, Angelo Vitale, Martina Zaccheo. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829562 ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Nomina del Vice Avvocato Generale Massimo Massella Ducci Teri ad Avvocato Generale dello Stato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 In ricordo di Carlo Bafile. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Assemblea Generale della Corte Suprema di Cassazione. Cerimonia di inaugurazione dellAnno Giudiziario 2015. Intervento del Vice Avvocato Generale dello Stato, Avv. Salvatore Messineo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Corte Costituzionale, Udienza pubblica 10 febbraio 2015 Saluto del Presidente dott. Alessandro Criscuolo al signor Presidente della Repubblica Prof. Sergio Mattarella. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 Saluto del Vice Avvocato Generale Giuseppe Fiengo al signor Presidente della Repubblica Prof. Sergio Mattarella. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Applicazione artt. 39 e 114 d.lgs. 159/11 e s.m.i. - eventuale patrocinio obbligatorio per le societ di capitali a totale o maggioritaria titolarit pubblica delle quote confiscate - utilizzabilit onerosa dellattivit di liberi professionisti designati dallAmministrazione, Circolare VAG 16 dicembre 2014 prot. 534052 n. 64. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Giuseppe Albenzio, La posizione della parte pubblica nel processo dinanzi alla Corte europea dei diritti delluomo. Intervento al Convegno Laccesso dei singoli alle Corti europee: attualit, problemi, prospettive 27 Paolo Sciascia, Il precariato scolastico in Italia dopo lintervento del giudice europeo. Prime riflessioni sulla sentenza della Corte di giustizia del 26 novembre 2014. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 1.- I giudizi in corso della Corte di giustizia Ue Pietro Garofoli, Le concessioni del demanio marittimo al vaglio del diritto europeo, Causa C-458/14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 Federica Varrone, Politica sociale. Ravvicinamento delle legislazioni, Causa C-160/14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 Marina Russo, Ravvicinamento delle legislazioni. Propriet intellettuale, industriale e commerciale, Causa C-471/14 . . . . . . . . . . . . . . . 103 CONTENZIOSO NAZIONALE Paolo Gentili, Sulla sentenza n. 10/2015 della Corte Costituzionale. . . . 105 Luca Ventrella, Martina Zaccheo, Il reato di concussione mediante induzione alla luce delle novit normative introdottte dalla legge 190/2012. Prime applicazioni giurisprudenziali in sede di merito e di legittimit dellart. 319 quater c.p. (Trib. Roma, Sez. dei Giudici per le Indagini Preliminari, sent. 17 gennaio / 16 aprile 2013 n. 138). . . . . . . . . . 120 Francesco Maria Ciaralli, Sul potere del Giudice a pronunciarsi con mera sentenza dichiarativa di illegittimit ed ex officio risarcimento del danno. Rinvio allAdunanza Plenaria (Cons. St., Sez. V, ord. 22 gennaio 2015 n. 284). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 154 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Paolo Marchini, Potere sanzionatorio e tutela preventiva degli Enti parco contro labusivismo edilizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 Angelo Vitale, Sullassegno vitalizio a favore di deputato regionale a se- Mario Antonio Scino, Modalit attuative di intervento per la bonifica e rivitalizzazione della c.d. Terra dei Fuochi: la disciplina per i controlli Marina Russo, Sullattivit di riscossione del prelievo supplementare preguito di interdizione perpetua dai pubblici uffici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184 antimafia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 188 visto dal regime delle c.d. quote latte. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Antonio Tallarida, La provincia: ieri ed oggi. Un problema aperto . . . . 199 Laura Raineri, Mansioni nel pubblico impiego: assegnazione, svolgimento di fatto di mansioni superiori e demansionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . 211 Domenico Andracchio, Il regime giuridico dellAgenzia Spaziale Italiana. Assetto organizzativo e profili funzionali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246 CONTRIBUTI DI DOTTRINA Annalisa Tricarico, Laffidamento in concessione della gestione delle farmacie comunali alla luce delle ultime pronunce giurisprudenziali . . . . . 295 Gabriele Pepe, La primazia negli organi collegiali pubblici: un tema da approfondire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322 temi istituzionali TEMI ISTITUZIONALI NOMINA DELLAVVOCATO GENERALE DELLO STATO AVV. MASSIMO MASSELLA DUCCI TERI Con deliberazione del Consiglio dei ministri del 3 marzo 2015 stato conferito al Vice Avvocato Generale Massimo Massella Ducci Teri lincarico di Avvocato Generale dello Stato. Di seguito il decreto del Presidente della Repubblica. IlPresidentedellaRepubblica VISTI il Testo Unico delle leggi sull'Avvocatura dello Stato approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 ed il relativo Regolamento in pari data n. 1612, e successive modificazioni; VISTA la legge 2 aprile 1979, n. 97; VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20; VISTA la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 marzo 2015; SULLA PROPOSTA del Presidente del Consiglio dei Ministri; DECRETA Il Vice Avvocato Generale Massimo MASSELLA DUCCI TERI nominato Avvocato Generale dello Stato, a decorrere dalla data del presente decreto. Il presente decreto sar trasmesso alla Corte dei conti per la registrazione. Dato a ROMAAdd - 9 MARZO 2015 Sergio Mattarella CORTE DEI CONTI UFFICIO CONTROLLO ATTI P.C.M. MINISTERI GIUSTIZIA E AFFARI ESTERI Reg.ne - Provv. n. 658 13 MAR 2015 IN RICORDO DI CARLO BAFILE Da: Segreteria Segretario Generale [mailto:segreteria.generale@avvocaturastato.it] Inviato: lun 02/03/2015 13.26 A: Avvocati_tutti Oggetto: I: Decesso avv. Bafile Si comunica che nella giornata di ieri deceduto in LAquila lavvocato dello Stato a riposo Carlo Bafile, gi avvocato distrettuale dellAquila e Vice Avvocato Generale dello Stato. Da: Gesualdo D'Elia [mailto:gesualdo.delia@avvocaturastato.it] Inviato: mer 04/03/2015 10.30 A: Avvocati_tutti Oggetto: ricordo di Carlo Bafile Non so se lIstituto abbia adottato qualche iniziativa verso la Famiglia di Carlo Bafile; ... credo che la scomparsa di un Collega come Carlo Bafile non possa passare sotto silenzio. Carlo stato uno degli Avvocati dello Stato pi illustri e rappresentativi di quella scuola professionale che ha contribuito a fare grande lAvvocatura; Collega di grandissima preparazione e talento, dotato di lucidit di giudizio ed equilibrio, senso dello Stato ed attaccamento allIstituto, ed inoltre persona di profonda umanit, autentica signorilit ed al tempo stesso semplicit di modi. Mi piace ricordare anche la finezza della sua cultura, sia letteraria che musicale; e - perch no - anche le sue doti di sportivo e di commensale allegro e di gusto. A Lui rivolgo un pensiero affettuoso e grato. Aldo dElia Da: Massimo Salvatorelli [mailto:massimo.salvatorelli@avvocaturastato.it] Inviato: mer 04/03/2015 11.05 A: D'Elia Gesualdo; Avvocati_tutti Oggetto: R: ricordo di Carlo Bafile Bravo Aldo, un ricordo di un grande uomo come Carlo Bafile quanto di pi appropriato si possa fare in questi tempi grami. Non cՏ bisogno, credo, di dire nulla per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Per tutti gli altri baster dire che Carlo era una persona seria e schiva, coltissima e di grande simpatia nel senso etimologico del termine; anche un vero maestro e un grandissimo avvocato. grazie a Carlo e a colleghi come lui che lAvvocatura si costruita nel tempo quella immagine di grande professionalit e di dedizione agli interessi pubblici (a volte anche CONTRO i desiderata di occasionalmente disattente amministrazioni) che dobbiamo sempre coltivare, nei momenti bui, per cercare di confermarla anche agli occhi di chi non sa o non vuole vederla e apprezzarla; ma prima di tutto per noi stessi. Massimo Salvatorelli TEMI ISTITUZIONALI Da: Massimo Lucci [mailto:massimo.lucci@avvocaturastato.it] Inviato: ven 13/03/2015 10.18 A: Avvocati_tutti Oggetto: tetto stipendiale e altro. Cari Colleghi, scrivo su questo link perch non ho mai saputo quale sia laltro pi riservato, e perch la cosa riguarda il nostro futuro e quindi la funzione. Il valore di Carlo Bafile, che abbiamo recentemente pianto come indimenticabile Collega, derivava, fra laltro dal fatto che nella vita professionale si sia distinto per la autorevolezza, concetto ben diverso dallautoritarismo. Ricordo quanto e come egli sapesse anche mettersi contro le amministrazioni quando queste, come spesso accadeva e ancor pi oggi accade combinavano i soliti pasticci, senza paura e servilismi. Ecco laugurio che dobbiamo farci e dobbiamo fare al nostro Avvocato Generale, quello di riprendere autorevolezza, circostanza che, in parte dipende dai nostri comportamenti ma che deve passare anche per la presa di consapevolezza del Governo di avere a disposizione un corpo scelto di giuristi che fatalmente verr meno se si confermer lorientamento liquidatorio in atti. - omissis Un abbraccio e un Buon lavoro a tutti i Colleghi Massimo Lucci (...) ASSEMBLEA GENERALE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELLANNO GIUDIZIARIO 2015 Intervento del Vice Avvocato Generale dello Stato Avv. Salvatore Messineo Signor Presidente del Senato della Repubblica, qui oggi anche nellesercizio delle funzioni di Presidente della Repubblica, Autorit, Signor Presidente della Corte di Cassazione, Signore e Signori, nella Sua ampia relazione il Primo Presidente ha riferito in modo analitico anche sui risultati raggiunti dalla Suprema Corte nellanno 2014: si deve dare atto del grandissimo impegno profuso dai magistrati e dal personale amministrativo che Vi operano. Ci motivo di soddisfazione e di compiacimento e non ultimo - mi sia consentito dirlo nella duplice veste di rappresentante istituzionale dellAvvocatura dello Stato e di semplice cittadino - di profonda e sincera gratitudine. Questa anche la sede naturale per dare conto - per sommi capi - del lavoro svolto dallAvvocatura dello Stato. Non intendo tediare luditorio con tabelle e dati statistici: tuttavia, alcuni numeri opportuno che vengano conosciuti. A livello nazionale, i nuovi affari trattati dallAvvocatura, nellanno 2014, ammontano ad oltre 138.000: essi si aggiungono alle diverse centinaia di migliaia di affari impiantati negli anni scorsi ed ancora pendenti (oltre 1.000.000). Si tratta di una mole di lavoro imponente che grava su un organico effettivo in atto di appena 310 unit togate: sicch ciascuna di esse stata chiamata nel 2014 a curare una media di ben 445 nuovi affari; calcolando gli affari degli anni precedenti la pendenza media gravante su ogni avvocato pari a circa 3.700 affari. La pesantezza di un tale fardello risulta peraltro ancora pi evidente ove si comparino tali dati con quelli rilevati nel 1976, data del primo centenario dellAvvocatura: in tale anno gli affari nuovi erano circa 41.000 e gli avvocati e procuratori dello Stato in servizio erano, complessivamente, 276; ne risulta che nellarco di poco meno di quarantanni, mentre il numero degli affari ha subito un incremento del 336% circa, il personale effettivamente in servizio chiamato a curarli aumentato soltanto del 12,68%. Larido - e pur tuttavia eloquente - linguaggio dei numeri non sufficiente, da solo, a dar piena contezza dellattivit svolta dallIstituto ove non si tenga conto anche - e soprattutto - dello spettro dei settori di intervento e delle materie trattate: il quale il pi variegato che si possa immaginare, posto che lAvvocatura rappresenta e difende non solo lo Stato - in tutte le sue articolazioni - ma anche una lista assai lunga di enti: e ci dinanzi a tutte le magistrature sia nazionali sia internazionali ed in tutte le tipologie di controversie. TEMI ISTITUZIONALI Una rapida panoramica sugli affari pi notevoli trattati sufficiente per avere un quadro significativo dellintenso lavoro svolto. 1) Nel 2014 lAvvocatura intervenuta in 66 giudizi dinanzi alla Corte di giustizia dellUnione europea ed al Tribunale di primo grado, contribuendo, anche in tali sedi, alla tutela degli interessi nazionali e allaffermazione di importanti principi. Tra le tante intervenute, devono qui ricordarsi, per il loro grande impatto sociale, la decisione riguardante il personale precario della scuola e quella relativa alla gestione delle discariche. in corso il giudizio sollevato dalla Corte costituzionale tedesca che contesta la possibilit per la BCE di acquistare dal mercato secondario titoli pubblici degli Stati delleurozona; i risvolti economici e sociali correlati alla soluzione di tale questione sono enormi, specie per il nostro paese; con piacere si ora appreso che le tesi difensive svolte dallAvvocatura, favorevoli a consentire alla BCE tale libert dazione, sono state condivise nelle conclusioni depositate dallAvvocato Generale presso la Corte di Giustizia. La primazia dei principi del Trattato dellUE deve essere assicurata in ogni caso: sicch - come precisato con la decisione 11 settembre 2014 (in causa C-112/13) - nel caso di norma interna che sia contraria sia al Trattato sia alla Costituzione, il Giudice nazionale ha in ogni caso il potere-dovere di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia e indi di procedere alla disapplicazione della norma interna (e ci a prescindere dalla eventuale pronuncia negativa della Corte costituzionale cui spetta in base allordinamento interno il controllo accentrato di costituzionalit). Vanno, altres, rammentate la decisione che ha ritenuto la legittimit delle norme italiane che riservano alle farmacie la vendita di specialit soggette a prescrizione medica (causa C-159/12) e la sentenza nella quale la Corte ha riconosciuto al Consiglio nazionale forense, quando esercita funzioni giudicanti, la legittimazione a sottoporLe questioni pregiudiziali (C-58/13): si avuta cos una verifica positiva della sussistenza dei requisiti necessari per affermare la natura giurisdizionale dellorgano e del procedimento che regola lesercizio di tali funzioni giudicanti. 2) Dinanzi alla Corte Costituzionale lAvvocatura si costituita in 202 giudizi: la maggior parte concerne rapporti tra Stato e Regioni. Tale tipologia di controversie occupa assai intensamente quella Corte e rischia di compro- metterne la piena funzionalit: pertanto, - ed esprimo avviso gi manifestato dallultimo Avvocato Generale, avv. Michele Dipace - sembrano maturi i tempi per introdurre in sede normativa una fase procedimentale nella quale - anche con il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni e con la intermediazione tecnica dellAvvocatura dello Stato con riguardo ai profili strettamente giuridici - si ricerchi, attraverso la leale collaborazione, una composizione preventiva di siffatti conflitti. Per avere unidea dello spessore delle altre questioni trattate dallAvvocatura dinanzi alla Corte Costituzionale sufficiente ricor dare le sentenze n. 274/14 in tema di stamina, 238/14 in tema di decisioni della Corte Internazionale di Giustizia, consuetudini internazionali, limiti interni e immunit dalla giurisdizione di uno Stato estero; 200/14, con cui si affermato il principio innovativo secondo cui nel nuovo processo amministrativo la concessione della misura cautelare comporta gi linstaurazione del giudizio di merito: con la conseguenza che la questione di legittimit costituzionale pu essere sollevata dal Giudice amministrativo durante la fase cautelare senza la necessit di conformare il provvedimento cautelare con contenuto provvisorio, interinale o ad tempus; n. 120/14 in tema di regolamenti parlamentari e di autodichia delle Camere. Ritengo utile evidenziare la peculiarit del ruolo svolto dallAvvocatura nei giudizi dinanzi la Corte Costituzionale aventi ad oggetto la costituzionalit delle leggi: il compito ivi esercitato dallAvvocatura non connesso a situazioni soggettive sostanziali sottostanti alla singola controversia, ma costituisce espressione di attivit di collaborazione (esplicata nelle vesti di vero amicus curiae) nella ricerca della soluzione migliore. In tali giudizi lAvvocatura chiamata anche a testimoniare ed in qualche modo a garantire il necessario raccordo (in vista anche del pronto recepimento del decisum) tra la Corte costituzionale e le Istituzioni statali o regionali le cui leggi sono oggetto di scrutinio. 3) Il nostro impegno dinanzi alla Corte di Cassazione, che oggi ci ospita, notevole: ci di grande aiuto - e di questo siamo assai grati - lo spirito di armonia con il quale siamo accolti sia dal personale togato sia dal personale amministrativo. I ricorsi proposti dallAvvocatura sono stati 6325; quelli delle controparti ascendono a 7798. La percentuale di vittorie - riferita a tutto il contenzioso trattato dinanzi alla Corte: compreso quello della legge Pinto, in relazione al quale la soccombenza fisiologica - stata pari al 59%. Nella mole enorme di ricorsi, assolutamente preponderante il contenzioso tributario: delle oltre 6.800 richieste pervenute dallAgenzia delle Entrate, sono stati proposti, dopo attento esame, poco pi di 4.400 ricorsi. Come si vede lAvvocatura opera una notevole selezione sconsigliando lamministrazione a proporre ricorsi per circa un terzo delle istanze formulate. Ascende a 4.617 il numero dei ricorsi proposti contro lAgenzia. La percentuale di vittorie nel contenzioso tributario del 64,33%. Le Sezioni Unite hanno chiarito che anche i ricorsi in materia tributaria sono assoggettati alla disciplina comune dettata dal codice di rito: e ci sia per quanto riguarda la nuova formulazione del n. 5 dellart. 360 c.p.c., sia per quanto riguarda lultimo comma dellaggiunto art. 348-ter c.p.c. Nellanno 2014 sono stati ben 1125 i ricorsi per Cassazione in materia di legge Pinto: di essi solo 25 sono quelli proposti dallAvvocatura; gli effetti deflattivi della riforma del 2012 si potranno apprezzare nel prossimo futuro: TEMI ISTITUZIONALI mano a mano che saranno definite le istanze gi avviate con il vecchio rito. Risulta sottoposta a nuovo esame delle Sezioni unite la problematica concernente il contraddittorio in sede amministrativa: si tratta di stabilire se le garanzie dettate dal 7 comma dellart. 12 della l. 212/2000 si applichino soltanto agli accessi, alle ispezioni ed alle verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita lattivit aziendale o professionale del contribuente, oppure, come sembrerebbe discendere dai principi affermati nelle sentenze 19667 e 19668/2014 delle Sezioni Unite anche alle verifiche c.d. a tavolino vale a dire alle verifiche effettuate presso la sede dellUfficio in base alle notizie acquisite presso terzi o fornite dallo stesso contribuente mediante la compilazione di questionari o in sede di colloquio presso lUfficio. Altra questione in materia di IVA rimessa alle SS. UU. concerne lapplicabilit della procedura (costituita dal mero controllo cartolare) prevista dal- lart. 54 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 per negare la detrazione nell'anno in verifica di un credito dell'anno precedente, per il quale la dichiarazione sia stata omessa. 4) Quanto ai processi penali ai quali lAvvocatura dello Stato ha partecipato vanno segnalati: i nuovi processi per le stragi di Capaci e di via DAmelio, pendenti a Caltanissetta, il processo sulla c.d. trattativa Stato- mafia, quello per la c.d. compravendita di senatori; i processi contro la criminalit organizzata in Lombardia (c.d. processo Infinito 1 e Processo Infinito 2); il processo per il disastro della nave da crociera Concordia; quello per lattentato terroristico allIstituto Falcone-Morvillo di Brindisi; i processi in tema di reati ambientali; quello a carico dei c.d. NO TAV della Val di Susa; i processi a carico dellILVA e dei suoi amministratori, rispettivamente per truffa di oltre 100 milioni di euro (nel quale si avuta gi una condanna e correlata statuizione di confisca) e per frode fiscale (ove si chiesto ed ottenuto il sequestro in Svizzera di 1,2 miliardi); il processo Finmeccanica per frode fiscale per la compravendita di elicotteri in India; il processo San Raffaele - Maugeri; i molteplici processi penali nei confronti dei dirigenti del Ministero della Difesa in materia delluso dellamianto; le numerose costituzioni di parte civile per lAgenzia delle Entrate in materia di evasione fiscale. Piace, infine, riferire qui che il Tribunale di Bologna con la recente sentenza 18 novembre 2014, n. 3203 ha condannato gli autori della strage consumata il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna a risarcire allo Stato un miliardo di euro. 5) Assai corposo il contenzioso dinanzi ai giudici amministrativi: esso ha riguardato le pi svariate materie e tutte le tipologie di azioni previste dal nuovo c.p.a. La percentuale di cause vinte stata pari al 62,50%: il dato riferito globalmente a tutti i ricorsi trattati dinanzi ai giudici amministrativi (Consiglio di Stato e TAR). Notevole impegno ed attenzione ha richiesto tutto il contenzioso concernente le informative antimafia e gli appalti per le opere pubbliche e per le infrastrutture. Merita di essere menzionata, anche per la sua rilevanza di ordine sistematico oltre che per limpatto che ne pu derivare sulle casse pubbliche, la sentenza dellAd. Plen. n. 15 del 25 giugno 2014 in tema astreintes; la comminatoria di tale tipo di penalit stata ritenuta ammissibile anche nei casi di condanna al pagamento di somme: frutto delle difese dellAvvocatura la precisazione che non possa comminarsi penalit nei casi in cui lamministrazione deduca circostanze impeditive del tempestivo pagamento discendenti da ragioni correlate a vincoli di bilancio o della finanza pubblica. Quantitativamente assai rilevante ed oggettivamente impegnativo stato il contenzioso originato dalle procedure relative alle abilitazioni scientifiche dei professori universitari di I e II fascia. Sempre numeroso il contenzioso attinente agli esami di idoneit alla professione forense. Particolarmente delicati, e anche in questo caso numerosi, sono i ricorsi proposti da magistrati ordinari contro i provvedimenti del C.S.M. in tema di incarichi direttivi e semidirettivi. Molto impegnativo, per la complessit delle questioni giuridiche sottese e la rilevanza economica che lo caratterizza, , inoltre, il contenzioso riguardante i provvedimenti delle Autorit indipendenti, cui si aggiunto quello correlato allEXPO. 6) Dinanzi ai Tribunali del distretto le cause vinte sono state circa il 54%; mentre la percentuale delle cause vinte dinanzi alla Corte dappello stata pari al 53%. Va precisato che tali dati statistici sono riferiti globalmente a tutto il contenzioso civile, del lavoro e penale trattato presso i predetti Uffici giudiziari. Non figurano nel calcolo i decreti monocratici di accoglimento di domande di indennizzo ex l. Pinto: il nuovo rito introdotto nel 2012 prevede che la lite si chiuda con il deposito del decreto inaudita altera parte, tranne che venga proposta opposizione al decreto; e ci avviene in casi sporadici. Tale modifica normativa ha significativamente ridotto il sovraccarico dei ruoli dei collegi della Corte dappello: ma non quello dellAvvocatura, la quale chiamata a effettuare in relazione a ciascun decreto unattenta valutazione delle singole vicende, acquisendo gli atti ed istruendo laffare al fine di stabilire se proporre o meno opposizione. 7) In sede consultiva, lAvvocatura dello Stato, oltre alla consueta attivit di consulenza connessa alla gestione delle liti ed a quella espletata con riguardo alle transazioni ed alle composizioni bonarie, ha fornito il proprio parere su tantissime questioni di grande rilievo: sono stati affrontati (e risolti con la successiva stipula di un articolato accordo) i molteplici problemi insorti tra amministrazioni statali e Banca dItalia in ordine alla gestione degli atti di TEMI ISTITUZIONALI pignoramento eseguiti presso questultima, in veste di terzo pignorato; in materia disciplinare sono stati esaminati i rapporti tra procedimenti - disciplinare e penale - aventi ad oggetto i medesimi fatti; sono state risolte numerose questioni in tema di rimborso di spese legali ai dipendenti prosciolti in sede penale o in sede contabile; sono state fornite puntuali ed articolate indicazioni per risolvere in sede transattiva il contenzioso con le vittime di emotrasfusioni; molti pareri hanno interessato appalti e lavori pubblici: si segnalano tra essi quello sui poteri di autotutela della P.A. negli appalti di infrastrutture strategiche e quello relativo agli istituti della transazione e dellaccordo bonario; va ancora segnalato il parere riguardante il canone dovuto alla rete ferroviaria italiana dalle imprese di trasporto. 8) LIstituto, gi alla data del 30 giugno, stato in grado di assicurare i depositi telematici previsti dalla nuova normativa; pienamente operativo anche il sistema di notifiche a mezzo PEC. Nella propria azione lAvvocatura riuscita ad inserirsi in tutti i tavoli tecnici e istituzionali che si sono formati in merito al PCT: fornendo il proprio supporto giuridico specifico al fine di far armonizzare la nuova disciplina processuale con le peculiarit del contenzioso erariale, spesso dimenticate in passato. La dematerializzazione della carta ha raggiunto nel 2014 su scala nazionale il 70% circa; il fascicolo elettronico in Avvocatura pienamente funzionante, con facilitazione di scambi e consultazione da remoto. Come previsto dallart. 8 D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, la procedura per la gestione delle domande per il recente concorso di procuratore dello Stato si svolta interamente in modalit telematiche, del tutto integrate con i sistemi interni di protocollo e gestione. Si provveduto alladempimento dei numerosissimi obblighi di pubblicazione sul sito web dellIstituto ed stata data piena attuazione (fin da giugno scorso) alla normativa che ha previsto lobbligo della fatturazione elettronica. Si auspica che con una adeguata politica di supporto finanziario possano incrementarsi le risorse necessarie agli ulteriori indilazionabili sviluppi informatici. 9) Come gi osservato nelle precedenti inaugurazioni dagli Avvocati Generali, avv. Ignazio Caramazza ed avv. Michele Dipace, la funzionalit del- lIstituto risulta minacciata dalla insufficienza delle risorse: sia umane sia economiche. La carenza di personale togato divenuta non pi sostenibile: lauspicio formulato pi volte in questi anni di sottrarre lIstituto dalla penalizzante limitazione nel turn-over del personale togato non si realizzato; al contrario, per effetto del recente intervento recato dalla l. 114/2014, il depauperamento si ulteriormente aggravato. In atto risultano scoperti ben 50 posti su un organico di 370; ove si computino le 10 unit collocate fuori ruolo, la percentuale effettiva di scopertura supera il 16,2%. LIstituto aspetta la nomina dellAvvocato generale e dellAvvocato Generale aggiunto; siamo in servizio tre Vice avvocati generali su 8; sono prive di avvocato distrettuale ben 8 avvocature distrettuali: e tra esse le pi importanti (Napoli, Milano, Bologna, Firenze, Trieste, Catania, Cagliari e Caltanissetta). Gli interventi normativi riguardanti lIstituto non possono non tenere in debito conto la mole di compiti affidati alle Sue cure e le specifiche peculiarit che connotano il ruolo degli avvocati dello Stato: come ribadito da sempre da Codesta Corte - traggo le parole dalla recente sentenza n. 13156/2014 -i compiti di rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'Avvocatura dello Stato presentano caratteri assolutamente peculiari e differenziali rispetto al ruolo dei difensori del libero foro e degli uffici legali di altre amministrazioni pubbliche, poich la sua attivit diretta al perseguimento d'interessi pubblici generali e all'attuazione del principio di legalit. Il compito di tutore della legalit affidato a ciascun avvocato dello Stato si connota per operare a 360 gradi: conformemente allinsegnamento impartito gi nel 1876 dal primo Avvocato Generale, avv. Giuseppe Mantellini, gli avvocati dello Stato debbono essere prima giudici delloperato delle amministrazioni e una volta accertata la legittimit e la giustizia sostanziale delle loro situazioni soggettive esserne attenti e vigili avvocati. Lavvocato dello Stato nello svolgimento del predetto compito di giudice dellamministrazione tenuto ad effettuare e ad avere una considerazione e una visione unitaria e complessiva di tutti gli interessi coinvolti dalle vicende sottoposte al suo esame ed alle sue cure. Allassolvimento di tale arduo compito cooperano in modo pieno tutti gli organi dellIstituto: il singolo avvocato ha il potere-dovere di raccordarsi con i colleghi, di coinvolgere i titolari di incarichi direttivi e di chiedere lesame collegiale di qualsiasi questione. dovere dellIstituto e dei Suoi avvocati elaborare, con indipendenza di giudizio, indirizzi omogenei, svolgendo - specie in sede consultiva -una continua azione di raccordo, di collegamento e di mediazione fra le diverse amministrazioni statali e fra queste e le regioni, ricercando soluzioni che tutelino gli interessi pubblici generali e la concreta ed effettiva realizzazione del principio di legalit. Si tratta di compiti che vanno oltre quelli propri della professione di avvocato: vengono in rilievo attivit che oggettivamente vanno annoverate e considerate non gi quali mere prestazioni di servizi di natura legale, bens come ben rilevato dallAvv. Generale Giuseppe Manzari - quale espressione dellesercizio di una peculiare pubblica funzione: con una felice formula evidenziava lavv. Manzari che lavvocato dello Stato lavvocato della doverosit, tale essendo il dato caratterizzante della funzione pubblica, mentre lavvocato del libero foro ҏ lavvocato dei diritti soggettivi (in senso lato), tale essendo lautonomia e la libert da assicurare ad ogni soggetto in un ordinamento che ambisca a definirsi Stato di diritto. TEMI ISTITUZIONALI E non senza significato che la provvista del personale togato dellAvvocatura nel ruolo di avvocato dello Stato sia effettuata mediante un concorso assai selettivo, cui possono accedere solo soggetti che a loro volta abbiano svolto per alcuni anni lattivit di magistrato ordinario o amministrativo o di procuratore dello Stato o per 6 anni quella di avvocato. La disciplina concernente lo status giuridico dellavvocato dello Stato deve considerare un bene prezioso la indicata particolare configurazione del loro ruolo che li vede nel contempo giudici ed avvocati delle amministrazioni pubbliche e deve favorire in tutti i modi il pieno esplicarsi dellesercizio di ambedue le suddette funzioni. Non , pertanto, possibile considerare normativamente lAvvocatura dello Stato - specie per quanto attiene ai problemi inerenti il personale togato - alla stregua di unamministrazione di pura gestione. Concludo, osservando che il difficilissimo momento che il Paese continua ad attraversare richiede a tutte le Istituzioni ed a tutti noi il massimo impegno nellesercizio dei compiti affidati. Sono certo di potere assicurare che lAvvocatura dello Stato e i suoi componenti faranno ogni possibile sforzo; come pure sono certo della sicura attenzione che sar data ai problemi dellIstituto che ho qui ritenuto doveroso rappresentare. Ringrazio per avermi ascoltato. Roma, li 23 gennaio 2015 Palazzo di Giustizia, Aula Magna CORTE COSTITUZIONALE UDIENZA PUBBLICA 10 FEBBRAIO 2015 Saluto del Presidente dott. Alessandro Criscuolo al signor Presidente della Repubblica Prof. Sergio Mattarella Nell'aprire l'udienza di oggi, a nome mio e dell'intero Collegio, ho il piacere di rivolgere, anche in Sua assenza, un caloroso saluto ed un augurio di buon lavoro al Presidente della Repubblica, prof. Sergio Mattarella, eletto il 31 gennaio 2015. La Sua brillante carriera politica, da Lui svolta all'insegna dell'impegno umano, civile e del rigore morale, le sue numerose pubblicazioni, l'attivit di professore associato presso l'universit di Palermo, nonch le ulteriori pubblicazioni vertenti su argomenti connessi alla Sua attivit parlamentare e di governo, sono note e quindi non richiedono in questa sede una ricostruzione dettagliata. Il Presidente Mattarella nel 2011 fu nominato giudice costituzionale dal Parlamento in seduta comune. Negli anni del Suo mandato oltre al rigore scientifico, ha dimostrato grande sobriet, umanit, rispetto per il principio di collegialit e per la istituzione di cui ha fatto parte. Dall'ottobre 2011 al 2 febbraio 2015, ha redatto 63 provvedimenti, tra i quali si segnalano la sentenza n. 5 del 2015, con cui la Corte ha dichiarato inammissibili le richieste di referendum popolare per l'abrogazione delle norme che prevedono la riduzione degli uffici giudiziari ordinari; l'ordinanza n. 114 del 2014, primo caso di autorimessione di una questione di legittimit costituzionale in un giudizio in via principale, con cui la Corte ha esaminato la questione di legittimit costituzionale della disposizione, contenuta nella legge n. 131 del 2003, che faceva salvo il controllo di costituzionalit preventivo sulle leggi siciliane, alla quale ha fatto seguito la sentenza n. 255 del 2014 con cui si sancita l'estensione, anche alla Regione siciliana, del sistema di impugnativa delle leggi regionali contemplato dal vigente art. 127 Cost. L'ordinanza n. 207 del 2013 con cui la Corte, per la prima volta in un giudizio in via incidentale, ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in ordine all'interpretazione di norme disciplinanti l'assunzione di personale della scuola a tempo determinato. Le sentenze n. 147 e n. 279 del 2012 sulla differenza tra le norme generali sull'istruzione - riservate alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera n), Cost. - ed i principi fondamentali della materia "istruzione", che l'art. 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente. La sentenza n. 296 del 2012 in tema di ISEE (Indicatore della Situazione TEMI ISTITUZIONALI Economica Equivalente) con cui la Corte ha qualificato l'indicatore ISEE come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. La sentenza n. 60 del 2013 in tema di controlli della Corte dei conti sulle autonomie speciali. Le ordinanze numeri 124, 204 e 240 del 2014 in materia di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole per la durata del processo, sollevate con riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali. Inoltre, in materia di bilancio e contabilit pubblica, assai rilevante la sentenza n. 39 del 2014, in tema di controlli sulla gestione finanziaria delle Regioni, dei gruppi consiliari dei Consigli regionali e degli enti locali. Nella variet degli argomenti trattati, si distinguono pronunce su questioni di diritto civile (ordinanza n. 52 del 2014), procedimento civile (ordinanza n. 42 del 2014; sentenza n. 204 del 2013), giustizia amministrativa (ordinanza n. 132 del 2012), diritto tributario (sentenza n. 300 del 2012), nonch decisioni rese su conflitti di attribuzione tra enti (sentenza n. 252 del 2013) e conflitti di attribuzione tra poteri (ordinanza 317 del 2013). Ho avuto il privilegio di lavorare nello stesso Collegio in cui sedeva il nostro Presidente della Repubblica. Tutti noi abbiamo apprezzato la Sua capacit di individuare con rapidit e precisione il nucleo fondamentale di ogni questione, il Suo modo sobrio, pacato ed elegante di comunicare, la ritrosia, propria dei veri intellettuali, a mettere in mostra la Sua vasta cultura. Ha sempre dimostrato fermezza nelle Sue convinzioni, ma anche piena disponibilit a considerare ed accogliere le ragioni degli altri, nella consapevolezza che un confronto civile e democratico e un costante scambio di idee e di opinioni costituisce la base per un dialogo costruttivo e proficuo. Rivolgo, a nome del collegio, un saluto ed un plauso al Presidente della Repubblica, Prof. Sergio Mattarella. La Sua storia personale, l'impegno civile che ha profuso nell'esercizio delle Sue funzioni, le doti che possiede ed i valori in cui crede faranno di lui un grande Presidente che segner la storia del nostro Paese. *** *** *** Saluto del Vice Avvocato Generale Giuseppe Fiengo al signor Presidente della Repubblica Prof. Sergio Mattarella Illustre Presidente, illustre Corte, dal momento in cui sono stato incaricato di rivolgere, nelle vesti di facente funzioni di Avvocato Generale, un saluto al giudice Mattarella, nominato Presidente della Repubblica, mi sono venuti in mente tre temi, che credo sia giusto comunicare a codesta Corte. Il primo attiene alla formazione del giurista e professore. Nella nota biografica, messa a disposizione dalla Corte, emerge che Sergio Mattarella si laureato a Roma in diritto parlamentare con il prof. Carlo Esposito. Ma il nome di Carlo Esposito mi ha immediatamente ricordato un saggio di quegli stessi anni (1962-1964), importantissimo e fondamentale nel nostro diritto pubblico: il saggio su Il Capo dello Stato e la controfirma ministeriale, nel quale il Prof. Carlo Esposito, in relazione alle funzioni del Capo dello Stato nel sistema delle democrazie parlamentari, indica una nuova possibile lettura dei poteri presidenziali. VՏ infatti una duplicit, tra la tradizionale concezione - che lui chiama mistica- delle funzioni del Capo dello Stato nel sistema parlamentare, come organo imparziale, neutro e moderatore della vita pubblica, e, dallaltra parte, la realt che si andava delineando anche nellordinamento italiano (vedi ad esempio il saggio successivo di Franco Bassanini sullo scioglimento anticipato del Senato da parte di Luigi Einaudi) di un Capo dello Stato come essenziale motore delle istituzioni in crisi. Per quella che oggi leggo come una strana coincidenza, il prof. Carlo Esposito il primo giurista che inventa questa duplicit delle funzioni presidenziali, la esprime in tutta la sua valenza, spiegandone anche le ragioni, che passano attraverso il carattere personale della carica di Capo dello Stato: tutto il sistema dello Stato a democrazia parlamentare anche negli altri Paesi si svolge attraverso un sistema di organi collegiali, mentre il Capo dello Stato resta sempre e comunque persona fisica, e come persona esprime una capacit e una continuit nelle funzioni che sarebbe fondamentale - questa la sostanza della tesi giuridica - per la sopravvivenza della Repubblica. Avverto in questa duplicit di ruoli uno degli aspetti sui quali il nuovo Presidente dovr confrontarsi; le polemiche sono note, per importante che oggi possiamo ritrovare nella Sua formazione di giurista questa comunanza di tempi e di luoghi con lo studio del prof. Carlo Esposito, proprio sul Capo dello Stato e sulla controfirma ministeriale. Il secondo tema sul quale ho avuto modo di riflettere la provenienza del nuovo Presidente della Repubblica dalla Corte Costituzionale: forse la prima volta che ci avviene. Credo che questo sia un aspetto fondamentale in relazione al modo con il TEMI ISTITUZIONALI quale il nuovo Presidente eserciter le sue funzioni: perch il grande equilibrio e la grande serenit, che esprime lo stare da quella parte (sugli scanni della Corte Costituzionale), sono in s un elemento di garanzia. La nostra una societ complessa, noi abbiamo problemi complessi; ecco, la serenit e autonomia di giudizio nei quasi 4 anni vissuti nella Corte sono importanti. Si tratta di aspetti fondamentali perch, non cՏ niente da fare, nei giudici della Corte Costituzionale la collettivit nazionale nutre fiducia: decisioni sempre ponderate, sempre illuminate, parole mai oltre le righe, e questo laltro aspetto sul quale lattivit del Presidente Mattarella ci dar sicuramente elementi di continuit. CՏ infine un ultimo aspetto che mi ha colpito molto: la visita che il Presidente ha fatto alle Fosse Ardeatine come primo atto, appena nominato. Perch? Ho pensato... Forse ha voluto ricordarci qualcosa di fondamentale, una sorta di Grundnorm che sorregge la nostra Costituzione repubblicana. E questa norma fondante il sacrificio degli italiani, di quelli che morirono a Roma, nelle Fosse Ardeatine, di quelli che stavano a combattere sulle montagne, di quelli che si sono ribellati alla barbaria nazista e che hanno poi scritto la nostra Costituzione. Beh! Questo un richiamo che mi tranquillizza, che mi d la serenit e la forza di dire al Presidente Mattarella: buon lavoro. Avvocatura Generale dello Stato CIRCOLARE N. 64/2014 Oggetto: applicazione artt. 39 e 114 d.lgs. 159/11 e s.m.i. - eventuale patrocinio obbligatorio per le societ di capitali a totale o maggioritaria titolarit pubblica delle quote confiscate - utilizzabilit onerosa dellattivit diliberi professionisti designati dallAmministrazione. Si trasmette, per opportuna conoscenza, copia del parere reso dal Comitato Consultivo in materia di patrocinio delle societ di capitali, il cui capitale sociale sia stato interamente (o per la maggior parte) seguestrato o confiscato per effetto di provvedimenti adottati ai sensi del d.lgs. 159/11. IL VICE AVVOCATO GENERALE Giuseppe Fiengo Avvocatura Generale dello Stato Via dei Portoghesi, 12 3/12/2014-530523 P 00186 ROMA Roma Roma, POSTA PRIORITARIA Partenza N. Tipo Affare CT Avvocatura Distrettuale dello Stato 30027/2013 Sez. IV Avv. Scino Via Alcide De Gasperi, 81 M.A. 90100 Palermo Rif. a nota del 15/06/2013 Prot. n. 49269 Oggetto: Applicazione artt. 39 e 114 d.lgs. 159/11 e s.m.i. - Eventuale patrocinio obbligatorio per le societ di capitali a totale o maggioritaria titolarit pubblica delle quote confiscate - Utilizzabilit onerosa dellattivit di liberi professionisti designati dallAmministrazione. I. Il Quesito. 1. Con la nota che si riscontra, codesta Avvocatura Distrettuale chiede un intervento chiarificatore della Scrivente in ordine al patrocinio delle societ di capitali, il cui capitale sociale sia stato interamente (o per la maggior parte) sequestrato o confiscato per effetto di provvedimenti adottati ai sensi del d.lgs. 159/11 (di seguito anche "codice antimafia"). Il medesimo parere stato sollecitato anche dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalit organizzata (di seguito anche "Agenzia"). 2. Codesta Avvocatura, andando di diverso avviso rispetto a posizioni gi adottate in passato, sembra avallare la tesi che il patrocinio di tali societ possa essere attribuito all'Avvocatura dello Stato ai sensi delle pertinenti disposizioni del codice antimafia. A supporto della tesi, l'Avvocatura Distrettuale di Palermo spende, sostanzialmente, tre argomenti: a. esiste una contraddizione nel sistema: mentre l'amministratore giudiziario cui sia stata attribuita la carica di amministratore di una societ, il cui capitale TEMI ISTITUZIONALI sociale sia stato sequestrato, potrebbe avvalersi, previa autorizzazione dell'Avvocato Generale, del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 39 del codice antimafia, non potrebbe avvalersi di tale patrocinio l'amministratore di societ il cui capitale sia stato confiscato, in quanto l'art. 114, comma 2, dello stesso codice, applicabile ai casi di confisca, attribuisce patrocinio obbligatorio alla sola Agenzia; b. l'amministratore della societ il cui capitale sia stato confiscato, bench agisca spendendo il nome della societ, organo dell'Agenzia; c. l'attribuzione del patrocinio delle societ il cui capitale sia stato confiscato comporterebbe un rilevante risparmio di spesa, in considerazione dei minori costi dell'Avvocatura dello Stato rispetto ad avvocati del libero foro. 3. La risposta alla richiesta di chiarimenti impone un'analisi preliminare della soggettivit giuridica delle societ rispetto a quella dei soci, della natura giuridica delle quote o azioni confiscate, degli istituiti del sequestro e della confisca nel sistema del codice antimafia, nonch dei compiti dell'amministratore giudiziario e dell'Agenzia. II. Analisi. II.1. Sull'autonomia del capitale sociale rispetto al patrimonio della societ; sull'autonomia del socio rispetto alla societ; sulla natura giuridica di quote e azioni. 4. Con l'articolato parere espresso nella seduta del 14 giugno 2011 (parere n. 28188), il Comitato Consultivo dell'Avvocatura dello Stato ha gi posto in rilievo la netta distinzione esistente, nell'ordinamento giuridico, tra capitale sociale e patrimonio sociale, da una parte, e tra societ e soci, dall'altra: mentre il "capitale" di una societ costituisce l'insieme dei conferimenti di beni e servizi effettuati dai soci per la costituzione ed il mantenimento della societ (arg. ex articolo 2247 cod. civ.), il "patrimonio" sociale configura invece l'insieme dei beni e diritti appartenenti - a vario titolo - alla societ, in quanto soggetto distinto ed autonomo dai soci che ne fanno parte. 5. Anche la Suprema Corte di Cassazione, nella sua costante giurisprudenza, ha chiarito che la partecipazione sociale in una societ di capitali costituisce un bene giuridicamente distinto ed autonomo dal patrimonio sociale e che sussiste una netta separazione tra il patrimonio sociale e quello del socio, anche nell'ipotesi di partecipazione totalitaria (1). (1) Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 2087 del 14/02/2012: "La partecipazione sociale in una societ di capitali costituisce un bene giuridicamente distinto ed autonomo dal patrimonio sociale, come tale inidoneo a venire direttamente danneggiato da vicende legate all'inadempimento contrattuale di un terzo nei confronti della societ, attesa la natura meramente riflessa che il pregiudizio patrimoniale conseguente pu produrre sul valore della quota di partecipazione. Ne consegue che, posta la netta separazione tra il patrimonio sociale e quello del socio, anche nell'ipotesi di partecipazione totalitaria, qualsiasi danno che colpisce direttamente il patrimonio della societ pu avere un'incidenza meramente indiretta sulla quota medesima, e, conseguentemente, non suscettibile di autonoma risarcibilit". Nella specie, 6. Esiste, dunque, una netta distinzione soggettiva, che si riverbera anche sotto il profilo della capacit processuale, tra le societ di capitali e i soci che posseggano quote o azioni, anche maggioritarie, rappresentative del capitale di tali societ. 7. La Suprema Corte di Cassazione, nella sua consolidata giurisprudenza, ha altres chiarito che le quote di partecipazione nel capitale di una societ di capitali, cosi come le azioni, costituiscono un autonomo bene giuridico. 8. In particolare, la Suprema Corte ha affermato che la quota di partecipazione in una societ di capitali esprime una posizione contrattuale "obiettivata", che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro, poich la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell'azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perci configurata come oggetto unitario di diritti (2). 9. Azioni e quote, dunque, rappresentato autonomi beni giuridici, che possono formate oggetto di rapporti giuridici suscettibili di generare controversie definibili nel processo. II.2. Sul sequestro e sulla confisca nel sistema del codice antimafia. 10. Il sequestro e la confisca sono strumenti che assolvono, evidentemente, a funzioni distinte. Mentre il primo, oltre ad assicurare la temporanea sottrazione del patrimonio sequestrato dal circuito criminale, ha la funzione strumentale di tutelare l'integrit del patrimonio del prevenuto in attesa che ne venga disposta la confisca ovvero la restituzione, il secondo, bench incardinato anch'esso tra le misure di "prevenzione", ha la funzione specifica di sottrarre in via definitiva dai circuiti criminali patrimoni dotati di valore economico effettivo, con metodi illeciti, e con attitudine al finanziamento del fenomeno mafioso (3). il socio totalitario aveva lamentato che il ritardato rilascio di un fondo rustico di propriet della societ, da parte del conduttore, aveva determinato una riduzione del prezzo di compravendita della sua quota sociale, gi promessa in vendita ad un terzo acquirente, ma la Corte, riformando la sentenza di secondo grado, ha ritenuto non risarcibile tale danno patrimoniale. (2) Con la Sentenza n. 22361 del 21/10/2009, Sez. 3, la Suprema Corte ha affermato che "La quota di partecipazione in una societ a responsabilit limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell'art. 812 cod. civ., per cui ad essa possono applicarsi, a norma dell'art. 813, ultima parte, cod. civ., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, poich la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell'azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perci configurata come oggetto unitario di diritti; ne consegue che le quote di partecipazione ad una societ a responsabilit limitata possono essere oggetto di pignoramento nei confronti del socio che ne titolare, a nulla rilevando fallimento della societ, che a terzo rispetto al processo esecutivo, cui pertanto non si applica Part 51 legge fall.". (3) La Suprema Corte di Cassazione (sez. I pen. Sentenza n. 15964 del 2013) ha tuttavia chiarito - seppure nel sistema precedente al codice antimafia - che "il sequestro quale misura di prevenzione patrimoniale, pur svolgendo normalmente una funzione prodromica rispetto alla misura patrimoniale della confisca, ben pu essere applicato unitamente alla confisca o con un unico atto, allorch non sia stato ritenuto necessario svolgere alcun ulteriore accertamento per far luogo alla misura ablativa finale della confisca". TEMI ISTITUZIONALI 11. L'istituto del sequestro nel codice antimafia disciplinato, per quanto qui interessa, dalle seguenti disposizioni: Art. 20 Sequestro 1. Il tribunale, anche d'ufficio, ordina con decreto motivato il sequestro dei beni dei quali la persona nei cui confronti iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o al- l'attivit economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attivit illecite o ne costituiscano il reimpiego. [omissis] Art. 21 Esecuzione del sequestro: 1. Il sequestro eseguito con le modalit previste dall'articolo 104 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. 12. L'art. 104 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, che reca le norme di attuazione del codice di procedura penale, cos dispone: Art. 104 Esecuzione del sequestro preventivo. 1. Il sequestro preventivo eseguito: a) sui mobili e sui crediti, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo in quanto applicabili; b) sugli immobili o mobili registrati, con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici; c) sui beni aziendali organizzati per l'esercizio di un'impresa, oltre che con le modalit previste per i singoli beni sequestrati, con l'immissione in possesso dell'amministratore, con l'iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale iscritta l'impresa; d) sulle azioni e sulle quote sociali, con l'annotazione nei libri sociali e con l'iscrizione nel registro delle imprese; e) sugli strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico, con la registrazione nell'apposito conto tenuto dall'intermediario ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213. Si applica l'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170. 13. Dall'esame delle disposizioni sopra riportate, emerge testualmente che il sequestro nella disciplina del codice antimafia pu avere ad oggetto beni mobili, crediti, beni immobili mobili registrati, beni aziendali organizzati per l'esercizio di un'impresa, azioni o quote, strumenti finanziari dematerializzati. 14. Occorre, peraltro, tenere conto del disposto dell'art. 104 bis delle disposizioni attuative del codice di procedura penale, non espressamente richiamato dal codice antimafia, ma che sembra integrare quanto disposto dal precedente art. 104: 104-bis. Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo. 1. Nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, societ (4) ovvero (4) Sottolineatura aggiunta. beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione, esclusi quelli destinati ad affluire nel Fondo unico della Giustizia, di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l'autorit giudiziaria nomina un amministratore giudiziario scelto nell'Albo di cui all'articolo 2-series, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575. Con decreto motivato dell'autorit giudiziaria la custodia dei beni suddetti pu tuttavia essere affidata a soggetti diversi da quelli indicati al periodo precedente. 15. Si noti che l'art. 104 bis delle disposizioni attuative al codice di procedura penale, nel prevedere che qualora vengano sequestrati patrimoni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione, l'amministratore giudiziario sar scelto, salve motivate eccezioni, tra quelli iscritti in un apposito albo, richiama testualmente, nell'elencare tali beni, anche il sequestro di "societ". 16. Tale espressione ("sequestro di societ") appare di difficile interpretazione, atteso che sequestro, come si evince dal combinato disposto tra gli artt. 20 e 21 del codice antimafia e l'art. 104 delle disposizioni attuative al codice di procedura penale, pu avere ad oggetto - in conformit ai principi generali soltanto un bene o una universalit di beni, ma non anche un soggetto giuridico, qual la societ di capitali. 17. Nell'incertezza causata dalla formulazione della norma, sembra potersi affermare che il richiamo al sequestro di "societ" non sia una semplice svista del Legislatore, ma un riferimento terminologicamente improprio al sequestro di beni giuridici, quali quote o azioni, rappresentative dell'intero capitale sociale o di una sua maggioranza qualificata, nell'ottica di valorizzare le particolarit gestorie connesse all'esercizio dei diritti derivanti da tali beni giuridici (id est: i diritti dei soci): in questi particolari casi, il Tribunale dovr attingere, ai fini della nomina dell'amministratore giudiziario, a professionisti in possesso di particolari qualit professionali, iscritti in un apposito albo specializzato. 18. Ci non toglie, tuttavia, che oggetto del sequestro saranno comunque le quote o le azioni, e che la persona del socio, destinataria della misura di prevenzione, distinta dalla persona giuridica della societ, che continua a mantenere una sua spiccata autonomia giuridica, sostanziale e processuale. 19. L'Istituto della confisca invece disciplinato dall'art. 24 del codice antimafia: Art. 24 Confisca 1. Il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona nei cui confronti instaurato il procedimento non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilit a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivit economica, nonch dei beni che risultino essere frutto di attivit illecite o ne costituiscano il reimpiego. [omissis] 20. L'art. 24 del codice antimafia, nell'identificare i beni oggetto di confisca, TEMI ISTITUZIONALI evoca i beni sequestrati ("Il Tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati"), per cui l'oggetto del provvedimento di prevenzione lo stesso. 21. Per le medesime ragioni gi illustrate sopra, nei punti da 16 a 18, deve ritenersi che la confisca, cos come il sequestro, possa avere ad oggetto soltanto beni giuridici e non soggetti aventi un'autonoma personalit giuridica. II.3. I compiti dell'amministratore giudiziario e dell'Agenzia. 22. I compiti dell'amministratore giudiziario sono indicati dall'art. 37 del codice antimafia: Art. 37 Compiti dell'amministratore giudiziario 1. L'amministratore giudiziario, fermo restando quanto previsto dagli articoli 2214 e seguenti del codice civile, tiene un registro, preventivamente vidimato dal giudice delegato alla procedura, sul quale annota tempestivamente le operazioni relative alla sua amministrazione secondo i criteri stabiliti al comma 6. Con decreto emanato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le norme per la tenuta del registro. 2. Nel caso di sequestro di azienda l'amministratore prende in consegna le scritture contabili e i libri sociali, sui quali devono essere annotati gli estremi del provvedimento di sequestro. 3. Le somme apprese, riscosse o ricevute a qualsiasi titolo dall'amministratore giudiziario in tale qualit, escluse quelle derivanti dalla gestione di aziende, affluiscono al Fondo unico giustizia di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 4. Le somme di cui al comma 3 sono intestate alla procedura e i relativi prelievi possono essere effettuati nei limiti e con le modalit stabilite dal giudice delegato. 5. L'amministratore giudiziario tiene contabilit separata in relazione ai vari soggetti o enti proposti (5); tiene inoltre contabilit separata della gestione e delle eventuali vendite dei singoli beni immobili oggetto di privilegio speciale ed ipoteca e dei singoli beni mobili o gruppo di mobili oggetto di pegno e privilegio speciale. Egli annota analiticamente in ciascun conto le entrate e le uscite di carattere specifico e la quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale. Conserva altres i documenti comprovanti le operazioni effettuate e riporta analiticamente le operazioni medesime nelle relazioni periodiche presentate ai sensi dell'articolo 36. 23. Anche quando il codice antimafia disciplina i compiti dell'amministratore giudiziario, il riferimento, quanto all'oggetto della confisca, sempre a beni singoli, gruppi di beni o aziende, in relazione ai quali l'amministratore giudiziario deve tenere una specifica contabilit. 24. Unica eccezione pare essere rappresentata dal riferimento, contenuto al comma 5 dell'art. 37 cit., alla contabilit degli "enti proposti". In questo caso, il riferimento potrebbe essere inteso anche a una societ di capitali, che un ente, mentre tale qualit non appartiene all'azienda, che rappresenta, comun (5) Sottolineatura aggiunta. que, un complesso di beni organizzato e finalizzato ad uno scopo, privo, tuttavia, di soggettivit giuridica. 25. Poich la norma contenuta, da un punto di vista sistematico, tra le disposizioni concernenti i compiti dell'amministratore giudiziario, occorrer interpretarla nel senso che tra i compiti di questo vi anche quello di tenere una contabilit separata, a seconda del soggetto che subisce il sequestro, sia questo una persona fisica oppure una persona giuridica. 26. La norma in esame, peraltro, per le medesime ragioni gi illustrate, non sembra poter minare l'assunto che oggetto del sequestro potr essere un bene o un complesso di beni e non un soggetto avente personalit giuridica. 27. I compiti dell'Agenzia sono invece indicati nell'art. 38 del codice antimafia: Art. 38 Compiti dell'Agenzia 1. Fino al decreto di confisca di primo grado l'Agenzia coadiuva l'amministratore giudiziario sotto la direzione del giudice delegato. A tal fine l'Agenzia propone al tribunale l'adozione di tutti i provvedimenti necessari per la migliore utilizzazione del bene in vista della sua destinazione o assegnazione. L'Agenzia pu chiedere al tribunale la revoca o la modifica dei provvedimenti di amministrazione adottati dal giudice delegato quando ritenga che essi possono recare pregiudizio alla destinazione o all'assegnazione del bene. 2. All'Agenzia sono comunicati per via telematica i provvedimenti di modifica o revoca del sequestro e quelli di autorizzazione al compimento di atti di amministrazione straordinaria. 3. Dopo il decreto di confisca di primo grado, l'amministrazione dei beni conferita all'Agenzia, la quale pu farsi coadiuvare, sotto la propria responsabilit, da tecnici o da altri soggetti qualificati, retribuiti secondo le modalit previste per l'amministratore giudiziario. L'Agenzia comunica al tribunale il provvedimento di conferimento dell'incarico. L'incarico ha durata annuale, salvo che non intervenga revoca espressa, ed rinnovabile tacitamente. L'incarico pu essere conferito all'amministratore giudiziario gi nominato dal tribunale. 4. In caso di mancato conferimento dell'incarico all'amministratore giudiziario gi nominato, il tribunale provvede agli adempimenti di cui all'articolo 42 e all'approvazione del rendiconto della gestione. 5. Entro sei mesi dal decreto di confisca di primo grado, al fine di facilitare le richieste di utilizzo da parte degli aventi diritto, l'Agenzia pubblica nel proprio sito internet l'elenco dei beni immobili oggetto del provvedimento. 6. L'Agenzia promuove le intese con l'autorit giudiziaria per assicurare, attraverso criteri di trasparenza, la rotazione degli incarichi degli amministratori, la corrispondenza tra i profili professionali e i beni sequestrati, nonch la pubblicit dei compensi percepiti, secondo modalit stabilite con decreto emanato dal Ministro dell'interno e dal Ministro della giustizia. 7. Salvo che sia diversamente stabilito, le disposizioni del presente decreto relative al- l'amministratore giudiziario si applicano anche all'Agenzia, nei limiti delle competenze alla stessa attribuite ai sensi del comma 3. TEMI ISTITUZIONALI 28. Dall'esame della norma che indica i compiti dell'Agenzia, emerge chiaramente che in fase di sequestro esiste una netta alterit soggettiva tra amministratore giudiziario e Agenzia. Questa, infatti, fino all'intervento di un provvedimento di confisca, non ha poteri gestori dei beni sequestrati ma si limita a coadiuvare l'amministrare giudiziario nello svolgimento dei compiti ad esso attribuiti dalla legge. 29. Tale attivit potrebbe estendersi anche all'esercizio dei poteri di amministrazione delle societ il cui capitale sia stato sequestrato, qualora all'amministratore giudiziario siano stati conferiti tali poteri dagli organi societari. III. Conclusioni. 30. Dall'analisi sopra illustrata emergono i seguenti principi di carattere generale, utili alla soluzione del quesito: a. la persona del socio distinta dalla persona della societ; b. il patrimonio del socio distinto dal patrimonio della societ; c. quote e azioni rappresentano autonomi beni giuridici; d. il sequestro e la confisca possono avere ad oggetto beni giuridici quali le quote o azioni, ovvero i singoli beni aziendali o l'azienda, ma non anche una societ avente autonoma personalit giuridica. 31. La considerazione di tali principi appare utile ai fini di stabilire l'estensione del patrocinio attribuito dal codice antimafia all'Avvocatura dello Stato sia nelle ipotesi di sequestro sia di confisca. III.1 Sul patrocinio erariale dell'amministratore giudiziario (art. 39 del codice antimafia) nelle ipotesi di sequestro. 32. Il codice antimafia dedica una specifica disposizione al patrocinio dell'amministratore giudiziario: Art. 39 Assistenza legale alla procedura 1. L'Avvocatura dello Stato assume la rappresentanza e la difesa dell'amministratore giudiziario nelle controversie, anche in corso, concernenti rapporti relativi a beni sequestrati, qualora l'Avvocato generale dello Stato ne riconosca l'opportunit (6). 33. La norma in esame consente all'amministratore giudiziario di avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, a condizione che l'Avvocato generale ne riconosca l'opportunit (7), nelle "controversie concernenti rapporti relativi ai beni sequestrati". (6) Comma cos sostituito dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. 15 novembre 2012, n. 218. (7) Con circolare n. 72/2012 l'Avvocato Generale ha chiarito quali siano, in linea di principio, i parametri di tale giudizio di opportunit "La riformulazione della disposizione si resa necessaria al fine di limitare l'intervento dell'Avvocatura dello Stato nei contenzios riguardanti i beni sequestrati; di fatti, i cespiti confiscati ricadono sotto l'amministrazione e gestione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalit organizzata che istituzionalmente patrocinata dall'Avvocatura dello Stato, come stabilito dall'art. 114 del Codice, anch'esso novellato, nei termini pi sopra evidenziati, dal D.lgs. n. 218/12. Al predetto fine stato previsto che l'assunzione del patrocinio dell'amministratore giudiziario da parte 34. L'espressione "controversie concernenti rapporti relativi a beni sequestrati", utilizzata dal Legislatore, impone di ritenere che il patrocinio erariale possa essere conferito all'amministratore giudiziario solo quando la controversia riguardi rapporti giuridici che insistono su beni sequestrati. 35. Pertanto, nell'ipotesi in cui il sequestro abbia ad oggetto soltanto le quote o le azioni della societ, ma non anche l'azienda o i singoli beni aziendali sui quali si sia innescata una controversia, l'amministratore giudiziario di tali quote o azioni sequestrate godr del patrocinio erariale soltanto per le controversie concernenti direttamente tali quote o azioni (propriet, possesso, pegno, pignoramento, etc.), ovvero l'esercizio dei diritti o doveri del socio in esse incorporati. 36. Viceversa, il patrocinio erariale non potr essere riconosciuto in relazione a controversie che interessano la societ come soggetto giuridico titolare di rapporti giuridici su beni non sequestrati. Ci in quanto titolare del rapporto giuridico contestato, che insiste su beni non sequestrati, non il socio ma stante la separazione giuridica tra i due soggetti - la societ. 37. La questione non cambia quando, sequestrate solo le quote o le azioni di una societ, e non anche i beni aziendali, l'amministratore giudiziario sia stato nominato anche amministratore della societ. 38. In questo caso, infatti, l'amministratore giudiziario agisce nell'interesse e spendendo il nome della societ, ovvero di un ente il cui patrimonio non stato sequestrato, con la conseguenza che ancora in virt della richiamata separazione tra patrimonio del socio e patrimonio della societ ancora la societ ad essere titolare del rapporto giuridico controverso su di un bene ad essa attribuito, e non il solo. 39. Sembra potersi affermare, quindi, che le controversie che hanno ad oggetto rapporti giuridici insistenti su beni non sequestrati facenti parte del patrimonio di una societ le cui quote o azioni siano state invece sequestrate, non ricadono nell'ambito di previsione dell'art. 39 del codice antimafia, con la conseguenza che le societ titolari dei diritti su tali beni non sequestrati non potranno godere del patrocinio erariale nemmeno quando la carica di amministratore di tali societ sia ricoperta dall'amministratore giudiziario. 40. Diversa appare, invece, l'ipotesi in cui il sequestro abbia ad oggetto non soltanto le quote o le azioni, ma investa anche l'azienda o singoli beni aziendali: in questo caso, qualora la controversia concerna rapporti relativi a beni sequestrati, l'amministratore giudiziario potr essere difeso dall'Avvocatura dello Stato, ravvisatane l'opportunit. dell'Avvocatura dello Stato sia subordinata al previo parere favorevole dell'Avvocato Generale dello Stato. Tale parere risponde alla necessit di verificare, in un logica di opportunit, che l'intervento del- l'Avvocatura dello Stato avvenga laddove vi sia effettiva necessit di un patrocinio specializzato, evitando scelte antieconomiche che potrebbero anche riverberarsi negativamente sulla finanza statale; il caso, per esempio, dei procedimenti giudiziari fuori distretto, per i quali potrebbe essere necessario avvalersi, per l'esercizio di attivit meramente procuratorie, di avvocati del libero foro". TEMI ISTITUZIONALI III.2 Sul patrocinio erariale dell'Agenzia (art. 114, comma 2, del codice antimafia) nelle ipotesi di confisca. 41. Effettuate le precedenti puntualizzazioni in tema di sequestro, dopo l'intervento della confisca l'Avvocatura dello Stato assume il patrocinio obbligatorio dell'Agenzia ai sensi dell'art. 114, comma 2, del codice antimafia, il quale testualmente dispone: Art. 114 comma 2 (8): 2. All'Agenzia si applica l'articolo 1 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (9). 42. Dal punto di vista letterale, la norma chiara nell'attribuire il patrocinio erariale obbligatorio all'Agenzia, la quale, per effetto del provvedimento di confisca, acquisisce la titolarit dei beni giuridici sequestrati. 43. Tale patrocinio, dopo la confisca, non per attribuito n all'amministratore giudiziario eventualmente confermato nel suo incarico n tantomeno alla societ, che - come si pi volte sottolineato - possiede una personalit giuridica autonoma. 44. Pertanto, qualora la confisca abbia investito soltanto le quote o le azioni della societ, l'Agenzia godr del patrocinio erariale tutte le volte che la controversia abbia ad oggetto tali beni giuridici ovvero l'esercizio dei diritti o dei doveri che nascono dalla qualit di socio. 45. Qualora, invece, la confisca abbia investito non soltanto le quote o le azioni ma anche l'intero patrimonio aziendale, l'Agenzia avr la titolarit dei rapporti giuridici sui beni oggetto di confisca e, quindi, sar processualmente legittimata nelle controversie ad essi relativi. In tali casi opera, infatti, l'art. 114 comma 2 del codice antimafia, con la conseguenza che il patrocinio dell'Agenzia sar attribuito ex lege all'Avvocatura dello Stato. 46. Le conclusioni cui si pervenuti non sembrano prestare il fianco a critiche basate sugli argomenti illustrati al punto 2 del presente parere. 47. Infatti, sul piano sistematico, non sembrano emergere le contraddizioni di cui al punto 2.a, atteso che la disciplina dettata in materia di sequestro non si discosta, quanto ai principi, da quella dettata in materia di confisca. 48. N sembra accoglibile l'argomento di cui al punto 2.b, atteso che l'amministratore di una societ il cui capitale sociale sia stato confiscato non organo dell'Agenzia ma, in ragione della distinzione soggettiva illustrata al paragrafo II.1, organo della Societ, cui sono imputabili gli effetti degli atti giuridici che porta a compimento. (8) Comma cos sostituito dall'art. 7, comma 1, D.Lgs. 15 novembre 2012, n. 218. (9) L'art. 1 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 cos dispone: La rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano alla Avvocatura dello Stato, [omissis]. 49. Infine, l'argomento di cui al punto 2.c, sebbene evidenzi un interesse economico meritevole di attenzione, si atteggia ad argomento di mero fatto, utile a suscitare riflessioni di ordine legislativo, che non trovano, tuttavia, allo stato, riscontro nella normativa vigente. **** Sul presente parere stato sentito il Comitato Consultivo che si espresso in conformit nella seduta del 22 gennaio 2014. L'Avvocato Incaricato Il Vice Avvocato Generale Mario Antonio Scino Giuseppe Fiengo contenzioso comunitario contenzioso comunitario La posizione della parte pubblica nel processo dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo Giuseppe Albenzio* Concetto di organizzazione non governativa, ai sensi dell'art. 34 CEDU, in relazione agli enti pubblici territoriali, enti pubblici in genere e agenzie fiscali e speciali. Legittimazione passiva delle Alte parti contraenti, ai sensi dell'art. 6 del Regolamento; posizione degli altri enti pubblici dotati di autonomia costituzionale e titolari di potest pubbliche; facolt di intervento in giudizio, ai sensi dell'art. 36 CEDU. Responsabilit dell'esecuzione delle sentenze, ai sensi dell'art. 46 CEDU, rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili della violazione, ai sensi della legge n. 234 del 2012. 1. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali costituisce, ad oggi, l'espressione pi significativa dellattivit del Consiglio dEuropa, organizzazione internazionale fondata nel 1948 con lintento di costituire a kind of United States of Europe (la citazione di Winston Churchill in un famoso discorso pronunciato al politecnico di Zurigo); possono divenire parte della Convenzione i soli Stati membri - le Alte parti contraenti - del Consiglio dEuropa i quali sono destinatari (e rispondono) dei vincoli internazionali di tipo solidale e degli obblighi con effetti erga omnes, cio erga omnes partes, che ne derivano. (*) Avvocato dello Stato. Il presente scritto lintervento dellAutore al Convegno Laccesso dei singoli alle Corti europee: attualit, problemi, prospettive. I Parte - Laccesso dei singoli alla Corte di giustizia dellUnione europea. II Parte - Laccesso dei singoli alla Corte europea dei diritti delluomo. Convegno tenutosi a conclusione dellVIII edizione del Corso di Perfezionamento in Diritto DellUnione Europea: La Tutela Dei Diritti - Universit degli Studi di Napoli Federico II, Venerd12 dicembre 2014. A cura dellUniversit la pubblicazione integrale degli atti. Sono, quindi, gli Stati, nella propria soggettivit internazionale (dotata dei caratteri tipici della sovranit ed indipendenza), ad essere legittimati quali parti processuali dinanzi alla Corte dei diritti dell'uomo, ai sensi degli art. 33 (legittimazione attiva), 34 (legittimazione passiva) e 36 (legittimazione all'intervento), e sono sempre e solo gli Stati i diretti destinatari dellobbligo di conformarsi alle sentenze definitive della Corte, come sancito dall'art. 46 CEDU ("1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti. 2. La sentenza definitiva della Corte trasmessa al Comitato dei Ministri che ne controlla l'esecuzione..." ). Il che, detto in altri termini, equivale a sottolineare che sono le Alte parti contraenti della Convenzione, quali Stati membri del Consiglio dEuropa, che assumono limpegno di dare esatta esecuzione alle sentenze della Corte; ci confermato dalla circostanza che le pronunce della Corte europea non posseggono immediata forza esecutiva allinterno dei diversi ordinamenti statali (come, da ultimo, confermato dalla sentenza n. 9564 del 9 settembre 2014 emessa dal Tar Lazio in sede di giudizio in ottemperanza promosso dalla societ Immobiliare Podere Trieste contro lo Stato italiano per l'esecuzione di una sentenza della Corte di Strasburgo); ciascuno Stato, infatti, in linea di principio libero di scegliere quali misure adottare per dare esatta esecuzione alle sentenze della Corte. Spetter, poi, al Comitato dei Ministri (secondo quanto disciplinato dallo stesso art. 46) il delicato compito di sorvegliare lesecuzione delle sentenze che abbiano in qualche modo constatato la violazione delle norme della Convenzione da parte degli Stati contraenti. Del resto, la persistente inesecuzione di una sentenza condurrebbe ad una sospensione dal Consiglio dEuropa e, se del caso, ad una definitiva espulsione dello Stato inadempiente, con tutte le possibili conseguenze politiche che da ci possano derivare. 2. La Convenzione europea dei diritti delluomo, come emendata dal Protocollo n. 11 del 1998, contempla due tipi di ricorsi: a) il ricorso interstatale (ex art. 33 CEDU: Ogni Alta Parte Contraente pu deferire alla Corte ogni inosservanza delle disposizioni della Convenzione e dei suoi protocolli che essa ritenga possa essere imputata ad un'altra Alta Parte Contraente); b) il ricorso individuale (ex art. 34 CEDU: La Corte pu essere investita di un ricorso fatto pervenire da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di privati che pretenda dessere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti Contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti Contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura leffettivo esercizio efficace di tale diritto). Il ricorso interstatale il classico rimedio predisposto dalla Conven zione al fine di poter avviare il sistema internazionale di controllo di cui ogni Stato che ha ratificato la Convenzione pu avvalersi. Il testo dellarticolo 33 CEDU prevede infatti che ogni Stato contraente possa adire unilateralmente la Corte. Ratio della disposizione proprio quella di rendere responsabile ogni Stato contraente verso la comunit degli Stati vincolati dalla Convenzione per ogni violazione dei diritti e delle libert fondamentali. Condizioni per proporre il ricorso interstatale sono che entrambi gli Stati - ricorrente e convenuto - siano parti della Convenzione e che lo Stato ricorrente dimostri una violazione della convenzione o dei suoi protocolli da parte dello Stato convenuto, ad esempio in conseguenza di una legge nazionale che si ponga in astratto contrasto con i principi, i diritti e le libert riconosciute dalla Convenzione (si veda il caso Irlanda c. Regno Unito, deciso con sentenza del 18 gennaio 1978, concernente i fatti che hanno insanguinato l'Irlanda del Nord in quell'epoca; il caso Danimarca c. Turchia, deciso con sentenza di radiazione del 5 aprile 2000 in seguito a regolamento amichevole; il caso Cipro c. Turchia, deciso con sentenze del 10 maggio 2001 e 12 maggio 2014 che hanno riconosciuto la Turchia colpevole delle violazioni dei diritti dell'uomo conseguenti all'occupazione militare di parte dell'isola). 3. Per quanto attiene al ricorso individuale, analizziamo il testo dellart. 34 nella parte in cui sancisce che il ricorso individuale possa essere presentato da "ogni organizzazione non governativa" (secondo le versioni ufficiali inglese e francese, any non governamental organization - toute organisation non gouvernmentale) per verificare se e in quale misura possa legittimare la proposizione di un ricorso da parte di un soggetto pubblico che sia in grado di sostenere (ossia dimostrare) di essere vittima di una violazione dei diritti riconosciuti dalla Convenzione e dai relativi Protocolli, da parte degli Stati contraenti. La Corte, nella prassi, ha ritenuto ricevibili ricorsi da parte di societ commerciali, di sindacati, di organizzazioni religiose, partiti politici, mentre ha escluso categoricamente il ricorso da parte di enti pubblici territoriali o economici (sentenza 23 marzo 2010, Dsemealt. Belediyesi c. Turchia, sia in riferimento all'art. 34 che all'art. 6, comma 1, laddove parla di "diritti e doveri di carattere civile"); del resto sarebbe illogico immaginare che un organo titolare di un pubblico potere ricorra alla Corte europea contro lo stesso Stato cui appartiene e del quale esercita legittimamente una porzione di potere (Commissione europea dei diritti dell'uomo, dec. 31 maggio 1974, Altenworth ed altri c. Austria; dec. 14 dicembre 1988, ric. n. 13252/87, Comune de Rothenthurm c. Svizzera, DR, n. 59; dec. 15 settembre 1998, ric. n. 41877/98, Provincia di Bari ed altri c. Italia). In simili casi, semmai, sarebbe verosimile pensare ad un conflitto di attribuzione tra poteri dello stesso Stato, per cui impossibile possa darsi la competenza ad una Corte estranea allo Stato, come appunto la Corte europea. 4. Circa il significato della locuzione organizzazione governativa, la giurisprudenza costante della Corte europea ha precisato che per tali si intendono tutte le persone giuridiche che partecipano allesercizio dellautorit pubblica o che svolgono un servizio pubblico sotto il controllo delle autorit. Per determinare se tale il caso di una persona giuridica diversa da una collettivit territoriale, bisogna prendere in considerazione il suo status giuridico e, alloccorrenza, le prerogative che le sono riconosciute, la natura dellattivit che esercita ed il contesto nel quale si iscrive, ed il suo grado di indipendenza in relazione alle autorit politiche (sentenza 23 settembre 2003, Radio France et al. c. Francia, n. 53984/00, par. 26). Ragionando a contrario, per organizzazioni non governative devono intendersi le persone giuridiche che non partecipano allesercizio dellautorit pubblica e che non svolgono un servizio pubblico sotto il controllo dellautorit (sempre la sentenza Radio France, par. 26). Sicuramente, in forza di queste argomentazioni, gli enti territoriali non appartengono alla categoria delle organizzazioni non governative, in quanto esercenti funzioni di pubblica autorit; per gli enti pubblici non territoriali (la Corte parla di persona giuridica diversa da una collettivit territoriale) la valutazione deve essere compiuta caso per caso, al di l delle qualificazioni meramente formali, considerando, invece, il sostanziale grado di autonomia e di indipendenza dalle pubbliche autorit, anche in ragione dei finanziamenti e dei controlli di cui destinatario lente (la Corte afferma che bisognerebbe prendere in considerazione lo status giuridico e la natura dellattivit esercitata dalla persona giuridica, nonch il grado dindipendenza in relazione alle autorit politiche - sentenza Radio France et autres. c. France, citata; sentenza 3 aprile 2012, Kotov c. Russie, par. 93-96 e 107, in riferimento ad un liquidatore fallimentare; sentenza 18 dicembre 2008, UNEDIC c. France, par. 54, in riferimento ad un'associazione per la gestione del regime di assicurazione dei crediti dei lavoratori dipendenti; sentenza 13 dicembre 2007, Compagnie de navigation de la Rpublique islamique d'Iran c. Turquie, par. 79-81, in riferimento ad una compagnia statale di navigazione; sentenza 30 novembre 2004, Mikhailenki et autres c. Ukraine, par. 45, in riferimento ad una societ controllata interamente dallo Stato nel settore dell'energia nucleare). 5. Impossibile, per queste vie, poter riconoscere anche agli enti pubblici non territoriali (siano essi enti pubblici economici o non economici) legittimazione attiva a ricorrere dinanzi alla Corte europea dei diritti delluomo; sotto questultimo profilo, probabilmente, un discorso a s meriterebbe la posizione delle Agenzie nazionali. Le Agenzie, infatti, sono strutture svolgenti attivit di carattere tecnico- operativo, al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese anche quelle regionali e locali. Con il D.lgs. 300/1999 stata introdotta una normativa generale di riferimento che, per quanto connessa a fattispecie piuttosto differenziate, consente di definire i lineamenti di un nuovo tipo organizzativo; tale decreto, nella sostanza, ha definito un modello generale, sebbene aperto a due tipi di varianti applicative, prevedendo, cos, due distinte specie di Agenzie. In primo luogo, vi sono quelle agenzie soggette direttamente alle disposizioni generali contenute nel decreto; disposizioni che ne regolano lordinamento, il personale e la dotazione finanziaria, nonch le modalit di azione e gestione. Questo tipo di Agenzie, pur avendo propri organi, bilanci, e regolamenti di contabilit, sono sottoposte ai poteri di indirizzo e vigilanza del ministro (che ne approva programmi di attivit, bilanci e rendiconti, accertando losservanza delle prescrizioni impartite). In secondo luogo, vi sono agenzie sottoposte a regime speciale, previsto espressamente in deroga alle disposizioni generali, soprattutto per quanto attiene alle disposizioni concernenti lo statuto, i rapporti con il ministro, il personale, la finanza e i controlli. Si tratta, in particolare, delle agenzie fiscali (in particolare, Agenzia delle Entrate - che ha assorbito quella del Territorio - e delle Dogane e dei Monopoli, mentre l'Agenzia del Demanio in fase di riorganizzazione e privatizzazione, alle quali si sono aggiunte successivamente lAgenzia italiana del farmaco, istituita con la L. 326/2003, lAgenzia nazionale per il turismo, istituita con d.l. 35/2005, ecc.). Ancorch la Corte europea abbia sottolineato la necessit di distinguere da caso a caso, appare difficile qualificare, allo stato attuale della giurisprudenza di Strasburgo, come non governative le Agenzie "speciali" (quelle fiscali e le altre similari) che esercitano, in realt, funzioni tipiche dello Stato sia pure con strumenti pi snelli ed autonomi, con la conseguente carenza di legittimazione a ricorrere alla Corte, nonostante la presenza indubbia di quel grado di autonomia e di indipendenza dalle pubbliche autorit richiesto dalla Corte europea dei diritti delluomo come condizione per poter esperire il ricorso; fatto sta che quelle Agenzie non sono neppure legittimate a proporre conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'art. 134 Cost. ("tra i poteri dello Stato ... tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni"). Peraltro, un interesse a sostenere la posizione di vittima della violazione di talune disposizioni della Convenzione non potrebbe in assoluto escludersi nella misura in cui l'attivit delle Agenzie si esplica con strumenti estranei a quelli tipici dei pubblici poteri e pi vicini a quelli ordinari; si pensi, ad esempio, al diritto a un equo processo sancito dall'art. 6, in relazione alla paritetica posizione processuale con le parti private che le Agenzie fiscali assumono in ogni processo civile o tributario, diritto che non potrebbe ricevere tutela dinanzi alla Corte di Strasburgo, con conseguenti danni patrimoniali e morali per l'Agenzia che sarebbe privata della possibilit di riscuotere tempestivamente un suo credito a causa di una inammissibilit dell'azione illegittimamente dichiarata dal Giudice nazionale o, al limite, anche dell'eccessiva durata del procedimento. Chiudiamo queste riflessioni sottolineando che non tanto il testo dell'art. 34 a negare una siffatta legittimazione a ricorrere, quanto l'attuale orientamento della giurisprudenza della Corte. 6. In punto di legittimazione n la CEDU n la giurisprudenza della Corte europea sembrano mai aver mostrato dubbi sul soggetto legittimato a resistere dinanzi la Corte: solo gli Stati, ovvero le Alte Parti Contraenti, simpegnano, ex art. 46 CEDU, a conformarsi alle sentenze definitive della Corte. Nella sentenza 8 aprile 2004, Assanidz c. Gorgie, la Corte di Strasburgo affronta i vari profili della legittimazione attiva e passiva nel processo, enunziando importanti principi di carattere generale in un caso nel quale si discuteva preliminarmente della responsabilit (e conseguente legittimazione processuale) della Repubblica Autonoma d'Adjarie, facente parte dello Stato della Georgia; secondo la Corte EDU: a) le Alte Parti contraenti che hanno sottoscritto la Convenzione rispondono direttamente delle questioni sorte nel- l'ambito della propria giurisdizione ["137. Aux termes de l'article 1 de la Convention, les Etats parties reconnaissent toute personne relevant de leur juridiction les droits et liberts dfinis au titre I de la (...) Convention . Il s'ensuit que les Etats parties rpondent de toute violation des droits et liberts protgs que peuvent subir les individus placs sous leur juridiction c'est- -dire leur comptence - au moment de la violation"]; b) detta giurisdizione e conseguente responsabilit strettamente connessa al territorio sotto il controllo dell'Alta Parte contraente, salvo quanto previsto in via eccezionale dal combinato disposto degli art. 56 e 57 della Convenzione ["138. En plus du territoire tatique proprement dit, la comptence territoriale englobe tout espace qui, au moment de la prtendue violation, se trouve sous le contrle global de l'Etat en cause (Loizidou c. Turquie (exceptions prliminaires), arrt du 23 mars 1995, srie A no 310), notamment les territoires sous occupation (Chypre c. Turquie [GC], no 25781/94, CEDH 2001 IV), l'exclusion des espaces qui chappent ce contrle (dcision Bankovi. et autres prcite). ...140. ...En ratifiant la Convention, la Gorgie n'a formul en vertu de l'article 57 de la Convention aucune rserve spcifique concernant la RA d'Adjarie ou les difficults d'exercice de sa juridiction sur ce territoire. Une telle rserve aurait d'ailleurs t sans effet, car la jurisprudence n'autorise aucune exclusion territoriale (Matthews c. Royaume-Uni [GC], no 24833/94, 29, CEDH 1999-I), hormis dans le cas prvu l'article 56 1 de la Convention (territoires dpendants)"]; c) ... e comprende l'attivit di tutte le istituzioni pubbliche, siano organi centrali dello Stato che autonomie territoriali e potest decentrate, che fanno comunque capo allo Stato in quanto esercitano funzioni pubbliche e sono qualificabili come "organizzazioni governative", anche ai sensi dell'art. 34 della Convenzione ["148. Les autorits d'une entit territoriale d'un Etat reprsentent des institutions de droit public qui accomplissent des fonctions confies par la Constitution et la loi. La Cour rappelle cet gard que l'expression organisation gouvernementale ne saurait dsigner en droit international exclusivement le gouvernement ou les organes centraux de l'Etat. L o il y a dcentralisation du pouvoir, elle dsigne toute autorit nationale qui exerce des fonctions publiques. Par consquent, ces autorits n'ont pas qualit pour saisir la Cour sur le fondement de l'article 34 de la Convention (Section de commune d'Antilly c. France (dc.), no 45129/98, CEDH 1999 VIII ; Ayuntamiento de Mula c. Espagne (dc.), no 55346/00, CEDH 2001-I). Il ressort de ces principes qu'en l'espce les autorits rgionales adjares ne sauraient tre qualifies d'organisation non gouvernementale ou de groupement de personnes ayant un intrt commun, au sens de l'article 34 de la Convention. Ds lors, elles n'ont pas la facult de saisir la Cour d'une requte, pas plus que le droit de prsenter devant elle une plainte dirige contre les autorits centrales de l'Etat gorgien"]; d) l'Alta Parte contraente assume la responsabilit oggettiva delle azioni ed omissioni riconducibili alle "organizzazioni governative" sottoposte alla sua giurisdizione e queste non hanno alcuna legittimazione a partecipare al giudizio dinanzi alla Corte ["149. La Cour insiste ainsi sur le fait que les autorits suprieures de l'Etat gorgien assument au regard de la Convention la responsabilit objective de la conduite de leurs subordonns (Irlande c. Royaume- Uni, prcit, p. 64, 159). Seule la responsabilit de l'Etat gorgien en tant que tel - et non celle d'un pouvoir ou d'un organe interne - est en cause devant la Cour. La Cour ne saurait avoir pour interlocuteurs plusieurs autorits ou juridictions nationales, et les diffrends institutionnels ou de politique interne ne sauraient tre examins par elle"]; e) ... neppure in qualit di terzi interventori, ai sensi dell'art. 36, par. 2, della Convenzione ["11. Le 9 octobre 2003, le Gouvernement a sollicit auprs de la Cour l'admission la procdure des autorits adjares en qualit de tierce partie. 12. Le 30 octobre 2003, aprs avoir consult les juges de la Grande Chambre, le prsident a rejet ces demandes de tierce intervention. Concernant celles dposes au nom des autorits de la Rpublique autonome d'Adjarie, il a t soulign qu'en principe, dans la procdure devant la Cour, les autorits de l'Etat dfendeur, y compris les autorits rgionales, mme dotes d'un statut d'autonomie, devaient tre reprsentes par le gouvernement central et qu'en consquence leur intervention dans la procdure en qualit de tierce partie tait exclue"]; f) dette "organizzazioni governative" possono soltanto far parte della delegazione governativa ammessa alla discussione dinanzi alla Corte ["13. Toutefois, vu la demande du Gouvernement du 9 octobre 2003, le prsident a rappel celui-ci que, l'audience prvue pour le 19 novembre 2003, il tait libre d'inclure dans sa dlgation des reprsentants des autorits rgionales en qualit de comparants. 14. Le 8 novembre 2003, le Gouvernement a inform la Cour que sa dlgation comprendrait les reprsentants des autorits adjares"], ai sensi dell'art. 35 del regolamento della Corte europea, rubricato Rappre sentanza delle Parti contraenti [Le Parti contraenti sono rappresentate da agenti, che possono farsi assistere da avvocati o consulenti]. Gli assunti test riportati costituiscono punti fermi della giurisprudenza di Strasburgo (si vedano le sentenze citate nei precedenti paragrafi, in particolare quella del caso Dosemealti Belediyesi c. Turquie) e, giuste le clausole della Convenzione e dello Statuto del Consiglio d'Europa, possono considerarsi indiscutibili. 7. Tuttavia, delicati problemi sorgono allorch la Corte condanni (come spesso accade) gli Stati firmatari della Convenzione a causa delloperato illegittimo posto in essere da una delle "organizzazioni governative" loro riconducibili, pur dotate di autonomia costituzionale. il caso, ad esempio, di una espropriazione illegittima posta in essere da una Regione o da una Provincia autonoma o da un'Amministrazione comunale, a fronte della quale sar lo Stato di appartenenza ad essere convenuto e, ipoteticamente, condannato dalla Corte. In simili casi, tuttavia, bisognerebbe tener distinto il piano sostanziale della responsabilit internazionale (e della connessa legittimazione processuale passiva a resistere) dalla diversa questione attinente alla Rappresentanza delle Parti contraenti in giudizio. Un conto , cio, la responsabilit internazionale per la mancata attuazione e esecuzione di uno strumento internazionale, altro il piano riguardante la rappresentanza in giudizio, ovvero la possibilit di farsi rappresentare da agenti che siano espressione delle articolazioni interne allo Stato convenuto. Se, infatti, lorganizzazione interna di uno Stato non rileva, e non pu rilevare, sul piano della responsabilit internazionale, dal punto di vista della rappresentanza processuale nulla vieta che lo Stato si faccia rappresentare da agenti che siano espressione della propria organizzazione interna, come ammesso dalla Corte EDU nella sentenza Assanidz c. Gorgie dianzi citata. Visto il testo dellart. 35 del regolamento, infatti, ben possibile che gli agenti (o i co-agenti che nell'attuale organizzazione della rappresentanza italiana a Strasburgo compaiono dinanzi alla Corte) siano espressione degli enti autonomi responsabili delle condotte censurate dinanzi la Corte europea, per scelta autonoma dello Stato sulla quale nessuna interferenza ipotizzabile da parte della Corte, ovvero che rappresentanti di quegli enti partecipino alla difesa ed al giudizio in qualit di consiglieri (come lo stesso art. 35 consente); in tal senso la delegazione processuale del Governo italiano stata composta, talvolta, da esponenti dell'amministrazione locale interessata o da consiglieri (in particolare, avvocati dello Stato) incaricati dal Ministero cui siano riconducibili i fatti e le responsabilit (come nel caso Hirsi c. Italie, per il respingimento dei profughi in mare) o dalla Presidenza del Consiglio responsabile dell'esecuzione delle sentenze (come nel caso Lautsi c. Italie, per l'esposizione del crocifisso nelle scuole). Tuttavia, questo strumento pu non essere sufficiente a rappresentare l'interesse e la posizione della "organizzazione governativa" coinvolta che potrebbe pi efficacemente e con maggiori spazi processuali partecipare al giudizio in qualit di terzo interventore, ai sensi dell'art. 36 della Convenzione. Nonostante la chiusura espressa dalla sentenza 8 aprile 2004, Assanidz c. Gorgie, sopra riportata, la stessa Corte EDU ha in altra occasione assunto una posizione che potrebbe aprire la sua giurisprudenza ad autorizzare l'intervento in giudizio anche di soggetti giuridici [pur riconducibili all'unitariet dell'Alta Parte contraente convenuta ma] dotati di una spiccata autonomia decisionale (tale, cio, da non poter essere condizionata dall'autorit statale centrale) sulla base della Costituzione vigente in quel Paese; nella sentenza della Grande Chambre 10 marzo 2004, Senator Lines c. Autriche et autre, la Corte ha autorizzato l'intervento della Commissione europea, ai sensi dell'art. 36, par. 2, della Convenzione, atteso che gli Stati chiamati in giudizio dal ricorrente allegavano di essere obbligati a dare esecuzione ed un deliberato della Commissione avente forza esecutiva (non sospesa n dal Tribunale di prima istanza n dalla Corte di Giustizia, aditi dalla societ) e che la Comunit europea ha personalit giuridica ("En vertu dell'article 281 du trait CE, la Communaut europenne a la personalit juridique. La Commissione europenne dispose du pouvoir d'enqueter ...et d'infliger des amendes..."). Negare la possibilit di intervenire in giudizio alle "organizzazioni governative", ai sensi dell'art. 36, potrebbe, in ultima analisi, portare ad una lesione del diritto ad un processo equo ed effettivo (art. 6 della Convenzione) che non sembra corretto negare a quei soggetti pubblici dotati di ampia autonomia dalle Costituzioni delle Alte Parti contraenti; si consideri, a questo proposito, che le Regioni e le Province autonome sono comunque dotate, nelle materie di propria competenza residuale, dellobbligo di provvedere allattuazione ed allesecuzione degli accordi internazionali e degli atti dellUnione europea, ai sensi dell'art. 117 c. 5 Cost. 8. La facolt di intervento in giudizio ex art. 36 non appare in contrasto neppure con le ragioni che sono a base della negazione della legittimazione passiva principale nel processo dinanzi alla Corte EDU e che si fondano sul principio generale secondo il quale la ripartizione costituzionale interna non ha, di per s, rilevo allesterno, sul piano del diritto internazionale e delle relazioni internazionali, come statuito dalla giurisprudenza della Corte (si vedano le sentenze sopra citate) ed confermato dallart. 120 Cost. che detta sul punto una importantissima regola di chiusura del sistema costituzionale prescrivendo che Il Governo pu sostituirsi a organi delle Regioni, delle Citt metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali []; la personalit internazionale pertiene, infatti, essenzialmente allo Stato e solo in via residuale alle sue articolazioni interne, come le Regioni (le quali, fra laltro, al momento della stipula della Convezione europea dei diritti delluomo, non erano costituite n, soprattutto, erano dotate di quel tipo di autonomia ad oggi riconosciuto dopo la riforma del titolo V della Costituzione). In proposito, giova ricordare quella fondamentale norma consuetudinaria del diritto internazionale, pacta sunt servanda, che preserva il rispetto dei vincoli internazionali da qualsiasi successiva vicenda interna ad uno Stato e alle connesse riforme di riparto costituzionale; nonch lart. 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, il quale stabilisce che uno Stato non possa invocare le disposizioni del proprio ordinamento interno come giustificazione per la violazione di un trattato internazionale. Allorch, dunque, le norme CEDU ed i relativi protocolli siano violati direttamente da una attivit illegittima posta in essere da Regioni o Province Autonome della Repubblica italiana non potrebbe sicuramente esimersi lo Stato dalla propria responsabilit internazionale e dalla derivata chiamata in causa dinanzi la Corte. Questo non comporta, per, come gi detto, che le Regioni e Province Autonome non possano ritenersi legittimate ad intervenire in giudizio ai sensi dell'art. 36 (che attualmente riconosce tale potest, oltre che allo Stato cui appartiene il cittadino ricorrente, in capo a "ogni Alta Parte contraente" e ad "ogni persona interessata diversa dal ricorrente", su invito del Presidente della Corte, e al "Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa); per vero, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, si pu parlare di responsabilit internazionale "indiretta", ai sensi del nuovo articolo 117 della Costituzione che, come noto, attribuisce alle Regioni e Province autonome, nelle materie di competenza, il potere a partecipare alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi europei e a provvedere allattuazione e esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dellUnione europea, come regolato dal comma III dellart. 6 della legge 131 del 2003 (c.d. legge La Loggia), l dove previsto che, nelle materie di propria competenza legislativa, le Regioni possono concludere con altri Stati accordi internazionali (si veda per esempio, la ratifica con legge regionale del patto di amicizia tra la Calabria ed il West Virginia", stipulato a Reggio Calabria il 29 aprile 2006). La legge La Loggia, poi, ha superato positivamente il vaglio della Corte costituzionale, soprattutto per quanto concerneva i contenuti del suo articolo 6; il potere estero delle Regioni, si afferma nella sentenza n. 238/2004, deve essere coordinato con lesclusiva competenza dello Stato in tema di politica estera, il quale competente a determinare i casi e le forme inerenti allesercizio di detto potere estero, in modo da salvaguardare gli interessi unitari che trovano espressione nella politica estera nazionale; tuttavia le Regioni, secondo la Corte costituzionale, nellesercizio della potest loro riconosciuta, quanto alla conclusione degli accordi con Stati esteri, non opererebbero comunque come delegate dello Stato, bens come soggetti autonomi che inter loquiscono direttamente con gli Stati esteri, ma sempre nel quadro di garanzia e di coordinamento apprestato dai poteri dello Stato (Corte cost., sentenza n. 238/2004, punto 6). Forse, non servirebbe neppure una riforma dello statuto della Corte per garantire la possibilit che le Regioni intervengano ad adiuvandum dello Stato chiamato in giudizio quale Alta parte contraente al fine di tutelare i propri interessi quali in via autonoma attributi dalla Costituzione nazionale, indipendentemente dal riconoscimento di una loro soggettivit internazionale: sarebbe sufficiente una diversa interpretazione della norma da parte della Corte EDU. 9. Collegato al tema , poi, listituto della rivalsa in sede nazionale che consente allo Stato di rivalersi nei confronti dei soggetti responsabili delle violazioni dei diritti dell'uomo per le somme che condannato a pagare in seguito a sentenza definitiva della Corte EDU. Il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di Regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione, come accertate dalla Corte EDU, regolato dagli articoli 16-bis della legge n. 11/2005 e 43 della legge n. 234/2012. In sede applicativa di quelle disposizioni sono sorte notevoli criticit sulle forme di attribuzione ex lege della responsabilit conseguente alle condanne della Corte europea; profilo, questo, ritenuto dai soggetti interessati elemento fondamentale per dare legittimit al recupero del credito da parte dello Stato delle somme o quote di somme liquidate dalla Corte europea a titolo di equa soddisfazione. Le conseguenti azioni giudiziali tuttora pendenti e avviate da diversi enti contro i provvedimenti con i quali stata esercitata lazione di rivalsa danno lidea delle difficolt nellesecuzione degli atti di ingiunzione delle somme richieste dallo Stato, senza prospettive certe sui loro tempi di recupero. Negli anni 2012/2013, la Presidenza del Consiglio ed il Ministero delleconomia e delle finanze hanno avviato numerose azioni di rivalsa, come indicato nelle Relazioni annuali al Parlamento sull'esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, presentate dalla Presidenza del Consiglio ai sensi della legge n. 12/2006, e lo Stato sta pagando decine e decine di milioni di euro per irregolarit riconducibili alle amministrazioni comunali (clamorosi sono i casi Sud Fondi ed altri e Immobiliare Podere Trieste, per i quali l'Italia stata condannata a pagare somme vicine a cinquanta milioni di euro per ciascuno in conseguenza di violazioni del diritto di propriet compiute dal Comune di Bari e da quello di Roma che, peraltro, non hanno partecipato ai processi). Per completare il quadro della responsabilit che la Corte di Strasburgo riconduce allo Stato per vicende che riguardano altre amministrazioni pubbliche, si ricordano le sentenze 24 settembre 2013, De Luca c. Italie e Pennino c. Italie, nelle quali sono state ricondotte in capo all'amministrazione centrale le conseguenze del mancato pagamento di somme riconosciute da sentenze definitive da parte di enti locali in stato di dissesto finanziario, dichiarato ai sensi degli articoli 5 l. 140/2004 e 248 d.lgs. 267/2000, sulla base delle seguenti motivazioni: "54. Il Governo ha giustificato tale ingerenza nel godimento da parte del ricorrente del suo diritto al rispetto dei suoi beni con il dissesto finanziario del comune e con la volont di garantire a tutti i creditori parit di trattamento per la riscossione dei loro crediti (paragrafi 47 e 48 supra). La Corte ritiene che la mancanza di risorse di un comune non possa giustificare che questo ometta di onorare gli obblighi derivanti da una sentenza definitiva pronunciata a suo sfavore (si vedano, mutatis mutandis, Ambruosi c. Italia, n. 31227/96, 28-34, 19 ottobre 2000, e Bourdov, sopra citata, 41). 55. La Corte tiene a sottolineare che, nel caso di specie, si ha a che fare con il debito di un ente locale, quindi di un organo dello Stato, risultante dalla condanna di questo al pagamento di un risarcimento con provvedimento giurisdizionale". , comunque, evidente che - stante la competenza esclusiva dello Stato (ex art. 117 c. 2 Cost.) in materia di sistema contabile, armonizzazione dei bilanci pubblici e perequazione delle risorse finanziarie - lesecuzione delle pronunce della Corte europea che condannino lo Stato per le violazioni compiute da Regioni o da altri enti pubblici coinvolge un problema di tipo politico, oltre che meramente giuridico, problema che in quanto tale esula dai limiti di queste note. Il precariato scolastico in Italia dopo lintervento del giudice europeo. Prime riflessioni sulla sentenza della Corte di giustizia del 26 novembre 2014 Paolo Sciascia* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il quadro normativo - 3. Gli orientamenti della giurisprudenza sulle richieste di stabilizzazione e di risarcimento del danno del personale scolastico a tempo determinato - 4. Lordinanza della Corte costituzionale n. 207 del 3 luglio 2013 - 5. Il giudizio davanti alla Corte di giustizia dellUnione europea - 5.1. Le argomentazioni dei lavoratori a tempo determinato e del governo italiano - 5.2 Le osservazioni del governo ellenico - 5.3. Le osservazioni della Commissione europea e le conclusioni dellAvvocato generale - 5.4. La decisione della Corte di giustizia dellUnione europea - 6. Considerazioni conclusive. 1. Premessa. Con la sentenza resa il 26 novembre 2014 (EU:C:2014:2401 - cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13 Raffaella Mascolo e altri contro Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca) la terza sezione della Corte di giustizia dellUnione europea si pronunciata sulle questioni pregiudiziali proposte dalla Corte costituzionale (1) e dal Tribunale di Napoli (2) concernenti linterpretazione della direttiva n. 1999/70/CE (3), che vieta (*) Dirigente del Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca. (1) Ord. 3 luglio 2013, n. 207. Tra i commenti che hanno analizzato la decisione soprattutto sotto un profilo processuale v. CERRI, La doppia pregiudiziale in uninnovativa decisione della Corte, in Giur. cost., 2013, 2885; GUASTAFERRO, La Corte costituzionale ed il primo rinvio pregiudiziale in un giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale: riflessioni sullordinanza n. 207 del 2013, in www.forumcostituzionale.it; IADICICCO, Il precariato scolastico tra Giudici nazionali e Corte di Giustizia: osservazioni sul primo rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale italiana nel- lambito di un giudizio di legittimit in via incidentale, in www.associazionedicostituzionalisti.it; ROMBOLI, Corte di giustizia e giudici nazionali: il rinvio pregiudiziale come strumento di dialogo, www.associazionedicostituzionalisti.it, 24 e ss.; SALAZAR, Crisi economica e diritti fondamentali. Relazione al XXVIII convegno annuale dellAIC, in www.associazionedicostituzionalisti.it, 26 e ss. Si concentrano invece sui profili giuslavoristici: VALLAURI, I precari della scuola arrivano davanti alla corte di giustizia, in Riv. it. dir. lav., 2014, II, 341; MENGHINI, Riprende il dialogo tra le corti superiori. Contratto a termine e leggi retroattive, in Riv. giu. lav. prev. soc., 2013, II, 580. (2) Ordinanze del 2, 15 e 29 gennaio 2013. (3) La direttiva n. 1999/70/CE ha lo scopo di attuare laccordo quadro che stabilisce i principi generali e i requisiti minimi per i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato, concluso tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (Unione delle confederazioni delle industrie della Comunit europea - UNICE; Centro europeo dell'impresa a partecipazione pubblica - CEEP; Confederazione europea dei sindacati - CES) il 18 marzo 1999. Secondo quanto previsto nel 14 considerando della direttiva, con la conclusione di tale accordo le parti hanno espresso l'intenzione di migliorare la qualit del lavoro a tempo determinato garantendo l'applicazione del principio di non discriminazione, nonch di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato. la reiterazione dei contratti a termine, con riferimento alla normativa del nostro Paese che disciplina le supplenze in materia di insegnamento scolastico. La pronuncia riveste interesse non solo per la delicatezza del tema affrontato, che coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori di un settore con un alto tasso di conflittualit accumulato negli anni, ma anche in quanto si inserisce in una lunga e travagliata vicenda giurisprudenziale scandita da numerose pronunce di diversi organi giurisdizionali, con esiti tra loro discordanti. Per analizzare limpatto che questa decisione potrebbe avere su ciascuno di questi aspetti occorre prima di tutto tracciare una ricostruzione dellintera vicenda, partendo proprio dal quadro normativo e dalle decisioni giudiziarie. 2. Il quadro normativo. Appare piuttosto complesso il quadro normativo di diritto interno che si pone in potenziale antitesi con la direttiva n. 1999/70, in quanto costituito da unarticolata successione di norme generali sul contratto a tempo determinato e di norme speciali sul lavoro nella pubblica amministrazione e nel settore scolastico in particolare, pi volte soggette a modifiche e integrazioni. dunque utile richiamare le disposizioni da tenere in particolare considerazione ai fini della presente analisi: a) il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 che attua la direttiva n. 1999/70/CE ed in particolare lart. 5, comma 4-bis, che fissa a trentasei mesi (comprensivi di proroghe e rinnovi e indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e laltro) la durata massima dei contratti di lavoro a tempo determinato stabilendo che il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore che abbia complessivamente superato i trentasei mesi si considera a tempo indeterminato; b) lart. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che disciplina le condizioni di assunzione e impiego di lavoratori a termine presso le pubbliche amministrazioni (4) prevede che il lavoratore assunto a tempo determinato per un periodo superiore a trentasei mesi non abbia diritto alla conversione del contratto ma al risarcimento del danno; c) lart. 70 del d.lgs. n. 165 del 2001 che estende lapplicazione delle disposizioni sul lavoro nelle amministrazioni pubbliche al personale della scuola, (4) La regola fondamentale prevede che le amministrazioni pubbliche, per rispondere ad esigenze esclusivamente temporanee ed eccezionali possano avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dalle norme sul lavoro nellimpresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti e delle norme della contrattazione collettiva cui viene affidata la specifica disciplina dei contratti flessibili, la quale deve dare applicazione alla rispettiva regolamentazione legale del settore del lavoro privato, senza poter derogare, per, alle norme contenute nel d.lgs. n. 165 del 2001. In via residuale, per gli aspetti della materia non espressamente regolati dalle norme del lavoro pubblico, legali o di contrattazione collettiva, ai contratti flessibili possono applicarsi le regole che valgono per i rapporti di lavoro privatistici di cui al d.lgs. n. 368 del 2001. salvaguardando, per, la relativa disciplina speciale sul reclutamento di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; d) lart. 10, comma 4-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001 che esclude dallambito di applicazione del medesimo decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della scuola ed in particolare esclude lapplicazione dellart. 5, comma 4-bis, sulla durata massima dellimpiego a tempo determinato (5); e) lart. 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124 che disciplina il rapporto di lavoro a tempo determinato del personale docente e del personale ATA (6), da leggersi alla luce di quanto disposto dagli artt. 399 e 401 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 che regolano le modalit di accesso ai ruoli del personale docente dei vari ordini di scuole, stabilendo che limmissione in ruolo avvenga, per il 50 per cento dei posti annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo dalle graduatorie permanenti. Queste disposizioni, che delineano la disciplina del lavoro a tempo determinato applicabile alle pubbliche amministrazioni e al settore scolastico, devono rispettare le norme comunitarie sul lavoro a tempo determinato, fra tutte la direttiva n. 1999/70 (7), sicuramente applicabile al settore pubblico. I (5) Tale disposizione stata introdotta dallart. 9, comma 18, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 e successivamente modificata dallart. 4, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. (6) importante tenere conto, in relazione a quanto si dir a proposito dellambito di applicazione della pronuncia della Corte di giustizia, che ai sensi dellart. 1 del decreto del Ministero dellistruzione del 13 giugno 2007, n. 131, recante Regolamento recante norme per il conferimento delle supplenze al personale docente ed educativo, ai sensi dellarticolo 4 della L. 3 maggio 1999, n. 124 gli incarichi di supplenza possono essere di tre tipi: a) supplenze annuali per la copertura delle cattedre e posti dinsegnamento vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano presumibilmente tali per tutto l'anno scolastico; b) supplenze temporanee sino al termine delle attivit didattiche per la copertura di cattedre e posti d'insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dellanno scolastico; c) supplenze temporanee per ogni altra necessit di supplenza diversa dai casi precedenti. (7) Nella parte che in questa sede pi interessa, laccordo quadro recepito dalla direttiva n. 1999/70 impone agli Stati membri di introdurre nei propri ordinamenti una o pi misure di prevenzione dellutilizzo abusivo dei rapporti di lavoro a tempo determinato che assicurino: i) che la reiterazione dei contratti a tempo determinato avvenga solo in presenza di ragioni obiettive; ii) che sia definita la durata massima totale di contratti o rapporti a tempo determinato successivi; iii) che sia definito il numero massimo dei rinnovi (clausola n. 5, punto 1). pacifico che nel sistema scolastico italiano non sia prevista n la durata massima n il numero massimo dei rinnovi dei rapporti a tempo determinato. Il punto centrale della questione posta alla Corte di giustizia verte dunque sul ricorrere o meno delle ragioni obiettive. Secondo la giurisprudenza della Corte (vedi le sentenze Adeneler e altri C-2006/443; Angelidaki e altri C-2009/250; Kck C-2012/39) la nozione di ragioni obiettive ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a) dellaccordo quadro va riferita alle peculiari caratteristiche di un determinato settore o di una determinata attivit, vale a dire alla particolare natura delle mansioni che il lavoratore chiamato a svolgere o al contesto nel quale le stesse si collocano, che siano tali da giustificare lutilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, quale strumento necessario di svolgimento dellattivit. La va giudici del rinvio dubitano della compatibilit tra i due sistemi normativi perch la disciplina del settore scolastico non sarebbe in linea con le previsioni che impongono agli Stati membri di introdurre nei rispettivi ordinamenti misure idonee a prevenire gli abusi derivanti dallutilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato. Controverso in particolare se lapplicazione al settore scolastico di regole speciali sul lavoro a tempo determinato rispetto a quelle vigenti sia nel settore privato sia in altri settori del- limpiego pubblico, possa giustificarsi in base alle particolari caratteristiche che assume il rapporto di lavoro in questo settore. 3. Gli orientamenti della giurisprudenza sulle richieste di stabilizzazione e di risarcimento del danno del personale scolastico a tempo determinato. noto che sul punto si sono formati orientamenti divergenti della giurisprudenza di merito: accanto a decisioni di segno favorevole per la parte pubblica che hanno respinto le richieste di stabilizzazione e di risarcimento del danno avanzate dal personale precario della scuola, vi sono state decisioni che hanno condannato il Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca a consistenti risarcimenti e, in alcuni casi, anche alla trasformazione del contratto di supplenza in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Le decisioni favorevoli alla parte pubblica hanno escluso che ai supplenti possano applicarsi le disposizioni generali sul rapporto di lavoro a tempo determinato ed i rimedi ivi previsti contro la prevenzione degli abusi, quali la fissazione di un termine massimo di durata del rapporto, la trasformazione del contratto a tempo indeterminato e il risarcimento del danno, in forza del principio generale secondo cui lex priori specialis derogat legi posteriori generali. Le regole sul rapporto a tempo determinato nel settore scolastico, in quanto speciali rispetto a quelle del d.lgs. n. 368 del 2001 e a quelle del d.lgs. n. 165 del 2001, prevalgono sullune e sulle altre e rispetto a tale normativa speciale non stato ravvisato alcun contrasto con il diritto comunitario (8). Le decisioni in senso opposto hanno viceversa ritenuto che la preclusione lutazione sulla sussistenza delle ragioni obiettive va peraltro compiuta con riferimento alle condizioni di esercizio dellattivit nel caso concreto. Una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato in termini generali e astratti non sarebbe perci in linea con tali requisiti e, per essere conforme alle previsioni dellaccordo quadro, dovrebbe essere accompagnata da meccanismi oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad unesigenza reale. Nella sentenza Kck, di particolare interesse per la questione in esame, la Corte di giustizia precisa che lesigenza di sostituzione temporanea di dipendenti che si trovano momentaneamente nellimpossibilit di svolgere le loro funzioni pu astrattamente configurare una ragione obiettiva (soprattutto nellambito di quelle amministrazioni - come la scuola pubblica - che dispongano di un organico significativo per cui inevitabile che si rendano necessarie sostituzioni temporanee frequenti) ma la sostituzione dei dipendenti assenti deve essere effettuata attraverso criteri che consentano di verificare che il rinnovo dei contratti non sia utilizzato in modo abusivo, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli. per i precari della scuola di avvalersi degli strumenti di protezione che lordinamento mette a disposizione dei lavoratori a tempo determinato sia in contrasto con la direttiva n. 70/1999 e con i principi dellaccordo quadro che essa ha recepito. Pur trattandosi di disposizioni non direttamente applicabili nel nostro ordinamento e non potendo, quindi, disapplicare le norme interne con esse contrastanti, il giudice del lavoro ha comunque accolto le domande dei lavoratori ricorrenti attraverso una sostanziale disapplicazione delle norme speciali vigenti nel settore scolastico, disapplicazione raggiunta attraverso il meccanismo dellinterpretazione del diritto interno in senso conforme allordinamento comunitario (9). La questione infine giunta allesame della Corte di cassazione che con la sentenza n. 10127 del 20 giugno 2012 (10) ha confermato la soluzione favorevole alla parte pubblica e ha escluso lincompatibilit tra la disciplina italiana sul reclutamento scolastico e la direttiva n. 1999/70. (8) Le decisioni che hanno sposato questo orientamento sostengono che la reiterazione dei contratti di supplenza non configura un fenomeno di successione di rapporti di lavoro a tempo determinato che la direttiva n. 1999/70 intende sanzionare. La successione di contratti si verifica solo quando, stipulato un contratto, si procede, sic et simpliciter, al suo rinnovo o alla sua proroga con lo stesso lavoratore. Diversamente avviene nellassegnazione delle supplenze perch lindividuazione del lavoratore da assegnare ad una determinata sede avviene secondo criteri predeterminati dalla legge (lordine delle graduatorie) e difficilmente al supplente viene confermato per due anni consecutivi il medesimo incarico. (9) Osserva SALAZAR, op. cit., 27, che con riferimento a questo orientamento della giurisprudenza dovrebbe parlarsi di interpretazione audacemente adeguatrice, pi correttamente qualificabile come disapplicazione mascherata. Nota la studiosa come Linterpretazione adeguatrice svela () le sue potenzialit pi dirompenti non a caso in un momento in cui la mancanza di politiche idonee a stemperare il disagio delle fasce di popolazione meno protette dalla crisi amplifica il fenomeno, diffuso da tempo in tutte le democrazie, che vede le aule giudiziarie trasformarsi in sedi ove i cittadini finiscono per reclamare la garanzia delle aspettative riposte nello Stato sociale e andate deluse. Nelle decisioni richiamate, il trattamento peculiare riservato al settore scolastico stato uniformato in via interpretativa a quello degli altri rami dellamministrazione, nonostante il dato letterale neghi tale possibilit, alla luce della direttiva ed in ossequio agli artt. 11 e 117, c. 1, Cost. Il risultato finale, in sostanza, analogo a quello di una dichiarazione di incostituzionalit manipolativa della Corte costituzionale, con la differenza che le varie decisioni giudiziarie che riconoscono il diritto al risarcimento del danno in favore dei docenti precari producono effetti solo sulle controversie cui si riferiscono. Per unanalisi dettagliata delle diverse soluzioni a cui sono giunti i tribunali del lavoro nellintento di adeguare lapplicazione della normativa interna alle prescrizioni della direttiva n.1999/70 v. MENGHINI, La conversione giudiziale dei reiterati contratti a termine con le PA: il rilievo del principio di non discriminazione, Relazione alla tavola rotonda Il lavoro a termine nelle pubbliche amministrazioni: profili discriminatori, Roma,14 giugno 2012, disponibile su www.europeanrights.eu. (10) Tra i tanti commenti alla decisione v. FIORILLO, Il conferimento degli incarichi di supplenza nella scuola pubblica al vaglio della Cassazione: una normativa speciale in linea con la Direttiva europea sul contratto a termine, in Riv. it. dir. lav., 2012, II, 870; GRAZIANO, La normativa speciale sul reclutamento e sul trattamento economico del personale scolastico all'analisi della Cassazione, in Rass. avv. St., 2012, fasc. 4, 151; VALLEBONA, I precari della scuola: la babele finita, in Mass. giur. lav., 2012, 792. Per un quadro completo dei principi giurisprudenziali in materia di abuso dei contratti a termine nella scuola pubblica con riferimento alla giurisprudenza comunitaria, costituzionale, di legittimit, amministrativa e di merito, si veda la relazione dellUfficio del Massimario della Corte di Cassazione n. 190 del 24 ottobre 2012. A parere della Suprema corte le supplenze costituiscono uno strumento indispensabile per assicurare la continuit e la regolare erogazione del servizio scolastico in quanto solo attraverso di esso che lamministrazione pu far fronte alle necessit contingenti e spesso imprevedibili - perch dovute a fattori non governabili quali la variazione della popolazione scolastica o gli impedimenti soggettivi dei singoli docenti - di copertura delle cattedre che risultino prive del titolare al momento dellavvio dellanno scolastico o durante il suo svolgimento. Il quadro normativo sul reclutamento del personale scolastico a termine non presenterebbe dunque problemi di compatibilit con il diritto comunitario perch le assunzioni successive sarebbero ciascuna giustificata da ragioni oggettive (11). (11) Ad ulteriore sostegno della ragionevolezza del sistema di reclutamento del personale scolastico a termine, la Suprema corte, con argomentazioni che verranno poi riprese anche dalla Corte costituzionale nellordinanza n. 207 del 3 luglio 2013, sottolinea la sua piena conformit con lordinamento costituzionale. Lassegnazione delle supplenze sulla base di graduatorie organizzate sul punteggio progressivamente acquisito dai singoli docenti con le esperienze di insegnamento assicurerebbe infatti la scelta degli aspiranti pi meritevoli e limmissione nei ruoli degli stessi attraverso un sistema con base concorsuale. Il meccanismo delle supplenze assicurerebbe poi la programmazione del fabbisogno di personale e della spesa pubblica, consentendo la copertura dei posti vacanti con strumenti meno onerosi di quanto non sarebbe se fossero inserite nellorganico tutte le unit chiamate a far fronte ad esigenze contingenti. Per quanto riguarda la specialit della disciplina sulla scuola rispetto a quella sul lavoro a tempo determinato, rispetto alle sentenze dei giudici di merito, la decisione in esame pone particolare attenzione alla norma di cui allart. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001 che, letta in combinato disposto con lart. 2, comma 2, del medesimo decreto, vale a salvaguardare le disposizioni sul reclutamento del personale a termine del settore scolastico, di cui al d.lgs. n. 297 del 1994, da ogni incidenza da parte di interventi legislativi successivi di carattere generale sul contratto a termine. Va anche sottolineato quanto precisato dalla Cassazione a proposito del significato non innovativo ma di interpretazione autentica dellart. 10, comma 4-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001 che ha espressamente disposto la non applicazione al settore della scuola pubblica dellarticolo 5, comma 4-bis, del medesimo decreto, che detta i limiti (anche temporali) del rapporto di lavoro a termine. Ora, se la mancata applicazione al settore scolastico dellart. 5, comma 4-bis, fosse riconducibile al d.l. n. 70 del 2011, che ha introdotto lart. 10, comma 4bis, allora ne conseguirebbe che fino allentrata in vigore del citato decreto legge la disposizione sulla durata massima del lavoro a tempo determinato e sulla trasformazione del rapporto troverebbe applicazione anche al settore scolastico. Ci determinerebbe, a parere della Cassazione, una serie di conseguenze non accettabili quali la totale disapplicazione al settore in esame dellart. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001; la violazione dei criteri di efficienza organizzativa perch lamministrazione scolastica sarebbe obbligata a consistenti immissioni in ruolo non giustificate da effettive necessit di copertura di posti vacanti; il rischio di uno sforamento di bilancio per lamministrazione scolastica tenuta a consistenti risarcimenti. Spiega la Cassazione che si finirebbe per attribuire illogicamente alla suddetta norma una portata priva di razionalit ed al di fuori di una logica di sistema. Nel momento in cui attraverso il collegato lavoro (di cui alla L. 4 novembre 2010 n. 183), si andava ad incidere in senso riduttivo sul risarcimento del danno nello stesso tempo si sarebbe, infatti, esposta la pubblica amministrazione ad uno sforamento di bilancio, assicurando al personale della scuola un trattamento diverso e, sotto pi versanti, maggiormente favorevole rispetto agli altri dipendenti pubblici, sia sul piano delle condizioni della trasformazione in contratto a tempo indeterminato, sia su quello risarcitorio. Ci escluso dal fatto che la specialit della normativa sulla scuola s evinceva dal precedente sistema normativo che la norma in esame ha inteso chiarire. La disposizione in parola non ha comportato alcuna innovazione esplicitando piuttosto un principio gi enucleabile dal precedente sistema in base al principio di specialit della normativa sul rapporto a tempo determinato nella scuola rispetto ala disciplina generale di cui al d.lgs. n. La pronuncia della Suprema corte non ha per chiuso la vicenda giudiziaria. La questione infatti tornata ai giudici del lavoro che non essendo evidentemente convinti della lettura della Cassazione e sul presupposto che le ulteriori decisioni favorevoli ai precari sarebbero state riformate in appello, si sono rivolti alla Corte costituzionale sollevando la questione di legittimit dellart. 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124, perch il contrasto tra tale normativa e la direttiva n. 70/1999 si tradurrebbe nella violazione degli art. 11 e 117, comma 1, della Costituzione (12), oppure, nel caso del Tribunale di Napoli, hanno adito in via pregiudiziale la Corte di giustizia ponendo alla stessa una serie di quesiti apparentemente concernenti la corretta interpretazione della direttiva ma in realt tesi ad ottenere una pronuncia sulla conformit del diritto interno alla disciplina comunitaria (13). 4. Lordinanza della Corte costituzionale n. 207 del 3 luglio 2013. La Corte costituzionale, investita della questione di legittimit dellart. 4, commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999, ha ritenuto che il nucleo centrale 368/2001. La norma risponde, piuttosto, allesigenza, avvertita dal legislatore, di ribadire, a fronte del proliferare di controversie sulla illegittimit delle assunzioni a termine nel settore in parola, di una regula iuris gi insita nella legislazione concernente la c.d. privatizzazione del pubblico impiego. (12) Si tratta delle ordinanze del tribunale di Roma n. 143 e 144 del 2 maggio 2012 e delle ordinanze del tribunale di Lamezia Terme n. 248 e 249 del 30 maggio 2012. Secondo questi giudici la reiterazione dei contratti di supplenza, soprattutto quando siano volti a coprire posti vacanti in organico, non potrebbe fondarsi sulle esigenze di flessibilit del servizio scolastico ma sarebbe giustificata dal solo interesse al contenimento dellorganico e, dunque, della spesa pubblica. Tale ragione, per quanto rilevante, a parere dei giudici a quibus non pu farsi rientrare tra quelle finalit di politica sociale che, secondo laccezione desumibile dalla giurisprudenza comunitaria, giustificherebbero lutilizzo del lavoro a termine. Va ricordato che unanaloga questione di legittimit costituzionale era gi stata sollevata in precedenza dal tribunale di Trento (ord. del 27 settembre 2011, in Lav. pub. amm., 2011, 271) ma in quella occasione la Corte ha ritenuto la questione non rilevante nel giudizio a quo. (13) A parere del tribunale di Napoli, il quale ha assunto una posizione senza dubbio pi netta di quella che poi assumer la Corte costituzionale con lordinanza n. 207 del 3 luglio 2013, il sistema utilizzato dallo Stato italiano per far fronte allesigenza di sostituzione di lavoratori a tempo indeterminato nella scuola sarebbe fonte di abusi e chiaramente incompatibile con il diritto comunitario. Tale sistema non consentirebbe infatti la verifica di unesigenza concreta e reale di sostituzione temporanea; non porrebbe alcun limite al numero delle supplenze affidate a ciascun lavoratore e consentirebbe la reiterazione di contratti a termine anche per coprire vere e proprie vacanze di organico. Lincompatibilit deriverebbe poi dal fatto che la normativa di riferimento non contempla neppure misure di sanzionatorie contro gli abusi, dal momento che risulta preclusa sia la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a termine che superi i trentasei mesi (secondo lart. 4, comma 14-bis, della legge n. 124 del 1999 i contratti di lavoro a tempo determinato non possono essere trasformati in contratti di lavoro a tempo indeterminato se non in caso di immissione in ruolo sulla base delle graduatorie) sia il risarcimento del danno. Va accennato che nel giudizio davanti alla Corte di giustizia - di cui si dir pi avanti - la difesa del Comune di Napoli ha eccepito lirricevibilit della questione pregiudiziale per violazione dellart. 267, comma 2 del Trattato sul funzionamento dellUnione europea (TFUE) in quanto le considerazioni effettuate dal giudice a quo vanno gi nella direzione di ritenere insufficienti le misure preventive e sanzionatorie adottate dalla legislazione italiana in recepimento della direttiva. Pertanto il tribunale di Napoli avrebbe potuto decidere la questione senza dover sollevare la questione pregiudiziale. del sistema di reclutamento del personale scolastico a tempo determinato non sia in contrasto con la normativa comunitaria, mentre ne ha ravvisato una possibile incompatibilit nella parte in cui il medesimo quadro normativo prevede che il conferimento delle supplenze annuali su posti vacanti e disponibili abbia luogo in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale docente non di ruolo. Tale previsione, letta alla luce della circostanza che negli ultimi dieci anni i concorsi nella scuola non si sono svolti con regolarit, potrebbe consentire molteplici rinnovi dei contratti di supplenza per coprire posti vacanti che dovrebbero invece essere assegnati a personale di ruolo, reclutato appunto attraverso periodici concorsi pubblici. Il fatto che i lavoratori che sono stati assoggettati a unindebita ripetizione di contratti di lavoro a tempo determinato non possano poi avvalersi della trasformazione del rapporto a termine che abbia avuto una durata superiore a trentasei mesi n del risarcimento del danno, in quanto strumenti incompatibili con la disciplina del lavoro nel settore scolastico, determina, a parere della Corte, un possibile conflitto tra il diritto interno e le previsioni della direttiva n. 1999/70. Ha ritenuto per la Corte costituzionale che la questione non potesse essere definita se non attraverso un ulteriore rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia alla quale sono stati sottoposti i seguenti due quesiti: a) se la clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE debba essere interpretata nel senso che osta allapplicazione dellart. 4, commi 1, ultima proposizione, e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico) i quali, dopo aver disciplinato il conferimento di supplenze annuali su posti che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, dispongono che si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale docente di ruolo - disposizione la quale consente che si faccia ricorso a contratti a tempo determinato senza indicare tempi certi per lespletamento dei concorsi e in una condizione che non prevede il diritto al risarcimento del danno; b) se costituiscano ragioni obiettive, ai sensi della clausola 5, punto 1, della direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE, le esigenze di organizzazione del sistema scolastico italiano () tali da rendere compatibile con il diritto dellUnione europea una normativa come quella italiana che per lassunzione del personale scolastico a tempo determinato non prevede il diritto al risarcimento del danno (14). Dalle motivazioni dellordinanza sembra in realt che la Corte costituzionale intenda orientare la decisione della Corte di giustizia nel senso di riconoscere la compatibilit del quadro normativo nazionale sul lavoro a tempo determinato nel settore scolastico con il diritto comunitario. A sostegno di questa tesi spiega la Corte come la normativa nazionale sia strutturata in modo tale da rispondere alle ragioni obiettive di cui alla clausola 5, punto 1, della direttiva n. 1999/70 in quanto i margini di imprevedibilit, per quel che riguarda le prestazioni didattiche che il servizio scolastico nazionale tenuto ad offrire, legati a fenomeni come laumento o la diminuzione della popolazione scolastica, le malattie, le aspettative, la maternit del personale insegnante, rendono indispensabile avvalersi di uno strumento come lassunzione di personale a termine che consente di assicurare la presenza di un contingente di personale scolastico sufficiente a coprire tutte le necessit delle scuole statali. Daltra parte, precisa ancora lordinanza, se allattribuzione di tutte le supplenze su posti vacanti e disponibili si provvedesse con i contratti a tempo indeterminato, la pubblica amministrazione si esporrebbe al rischio di avere un numero di docenti di ruolo superiore al necessario qualora si verificassero successive diminuzioni della popolazione scolastica, e ci non sarebbe possibile nel periodo attuale nel quale sussistono gravi necessit di contenimento della spesa pubblica, anche in base ad impegni derivanti da vincoli posti dallUnione europea. Ad ulteriore sostegno della conformit della normativa nazionale sono poi poste due ulteriori circostanze: il fatto che il meccanismo di assegnazione dei contratti a tempo determinato sia in grado di garantire che lassunzione del personale avvenga con criteri oggettivi e sia funzionale allimmissione in ruolo del personale precario e la significativa riduzione del numero dei precari che si registrata negli ultimi anni (15). (14) Giova evidenziare che si tratta del primo caso di rinvio pregiudiziale effettuato dalla Corte costituzionale nel corso di un giudizio di legittimit in via incidentale. In passato la Corte aveva infatti riconosciuto la propria legittimazione a sollevare questioni pregiudiziali nei soli giudizi in via principale (ordinanza n. 103 del 2008) in quanto in questi casi giudice di unica istanza per la mancanza di un giudice a quo abilitato a definire la controversia. Lordinanza in questione quindi considerata dalla dottrina una novit importante nel panorama dei rapporti tra giudice costituzionale italiano e Corte di Lussemburgo, pur sottolineando, la maggior parte degli autori, come il profilo della legittimazione al rinvio pregiudiziale e del riparto di tale compito tra Corte costituzionale e giudice comune non siano stati adeguatamente motivati nellordinanza. Sul punto v. SALAZAR, op. cit., 27, la quale osserva che Sul piano generale, pu dirsi che, se questo un inizio, tra le due Corti si aprir un dialogo diretto, che consentir al Giudice delle leggi di intervenire in parallelo agli altri magistrati italiani in merito ai dubbi sullapplicazione del diritto europeo. Per tale via, essa potr offrire al Giudice del Lussemburgo la propria visione sistemica, slegata dalla necessit di offrire risposte al caso singolo, che invece inevitabilmente presente nelle questioni pregiudiziali presentate dagli altri giudici. Superfluo sottolineare quanto tale canale di comunicazione possa essere importante, ad esempio, al fine di presentare alla Corte di giustizia ricostruzioni a tutto tondo della nostra tradizione costituzionale, soprattutto per gli aspetti che la differenziano da quella degli altri Paesi. (15) Nota ancora SALAZAR, op. cit., 27, come sembra quasi che la Consulta inviti la Corte europea a orientarsi verso un bilanciamento simile a quello posto a base delle sentenze di costituzionalit provvisoria, segnalando come si sia ormai avviata una stagione di stabilizzazione dei precari della scuola pubblica, esibendo i dati numerici relativi alle assunzioni gi avvenute e a quelle future, come se la situazione sia destinata ad essere risolta nel prossimo futuro. Anche in questa occasione, dunque, la Corte si erge a custode dellequilibrio costituzionale complessivo (). 5. Il giudizio davanti alla Corte di giustizia dellUnione europea. 5.1. Le argomentazioni dei lavoratori a tempo determinato e del governo italiano. Davanti ai giudici di Lussemburgo si prima di tutto riproposta la contrapposizione tra il personale scolastico a tempo determinato e il Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca, che ha caratterizzato i giudizi davanti allautorit giudiziaria italiana. Volendo sintetizzare gli argomenti esposti nei rispettivi atti di costituzione in giudizio, la parte privata (16) ha cercato di dimostrare come sussista un contrasto tra il quadro normativo interno e il diritto comunitario incentrando la propria analisi su una prospettiva che pone il singolo lavoratore - e non il sistema scolastico nel suo complesso - al centro del sistema. Una prima ragione di non conformit dellordinamento italiano rispetto al diritto comunitario risiederebbe nel fatto che la disciplina sul reclutamento del personale scolastico non preveda n un limite al numero dei possibili rinnovi delle supplenze n la durata massima dellintero rapporto, elementi, questi, che la normativa comunitaria contempla invece come strumenti di prevenzione degli abusi. Una seconda ragione verte invece sul modo in cui congegnato il meccanismo delle graduatorie: lo stesso infatti, subordinando sia lassegnazione del contratto a tempo determinato, sia le chance di immissione in ruolo, allaumento del punteggio che gli interessati progressivamente acquisiscono attraverso successive esperienze di impiego, favorirebbe la massima ripetizione dei contratti a tempo determinato. Alle censure che riguardano la normativa in s considerata, le parti private hanno poi aggiunto altre considerazioni che attengono alle modalit con le quali tale normativa stata effettivamente applicata: il numero consistente del personale precario rispetto allintero impiego del settore scolastico e la circostanza che molte assegnazioni di contratti a tempo determinato avvengano su posti vacanti in organico, dimostrerebbero che lamministrazione si avvale delle supplenze per coprire carenze di personale che non derivano da circostanze di carattere temporaneo ed imprevedibile quanto, piuttosto, da una strutturale carenza di immissioni in ruolo. A conclusioni diverse giunta invece lAvvocatura dello Stato che in difesa del governo italiano ha richiamato lattenzione della Corte di giustizia su due profili che renderebbero conformi alla normativa comunitaria le supplenze nella scuola pubblica. Il primo attiene alle caratteristiche del sistema scolastico e alle esigenze (16) Si sono costituiti in giudizio, oltre ai ricorrenti nei giudizi principali, anche la Federazione Gilda-Unams, la Federazione lavoratori della conoscenza (FLC) e la Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL). di organizzazione che lo caratterizzano. stato in particolare sottolineato come nellassicurare lerogazione del servizio, lamministrazione si trovi di fronte a due forme di vincoli organizzativi: a) la forte variabilit della domanda, che non dipende da scelte di governo ma da fattori imprevedibili e in continuo divenire, quali i mutamenti continui dellentit della popolazione scolastica, dovuta soprattutto a fenomeni di immigrazione; i trasferimenti di scuola o di citt degli studenti; la modifica della scelta di indirizzo scolastico da parte delle famiglie; le bocciature, e - fattore di importanza crescente - il numero di alunni disabili, che hanno diritto allinsegnante di sostegno (17); b) la rigidit delle modalit di erogazione del servizio nel senso che il numero dei docenti - e, entro certi limiti, del personale non docente - non potrebbe essere ridotto senza pregiudicare la regolare erogazione del servizio stesso. Diversamente da altri settori dove il numero dei lavoratori addetti pu essere ridotto con correlativa riduzione - ma non eliminazione - del servizio, nella scuola, invece, la riduzione del personale implica la negazione dello stesso perch non sarebbe possibile affidare pi classi ad un medesimo docente e neanche unire pi classi, per ragioni inerenti alle norme in materia di composizione delle stesse classi e anche di edilizia scolastica, legate ovviamente a esigenze pedagogiche. Ebbene secondo il parere dellAvvocatura dello Stato questi elementi assicurano che il rapporto di lavoro a tempo determinato nella scuola italiana sia supportato da ragioni oggettive e, dunque, la relativa disciplina non si pone in contrasto con la direttiva n. 1999/70 in quanto contempla meccanismi di prevenzione degli abusi equivalenti a quelli ivi previsti. Quale secondo elemento che attesterebbe la conformit dellordinamento interno al diritto comunitario, lAvvocatura dello Stato ha sottolineato come la normativa sul reclutamento del personale scolastico a tempo determinato, (17) Per meglio comprendere il fenomeno, giova descrivere succintamente la procedura di determinazione dellorganico che il Ministero compie al fine di assicurare il regolare avvio dellanno scolastico. Ogni anno viene effettuata una stima del cosiddetto organico di diritto, vale a dire le classi e gli insegnanti (numero e tipologia) che, sulla base delle iscrizioni effettuate sin dal mese di gennaio, si presume saranno necessari nellanno scolastico successivo. In base alla consistenza e alla dislocazione sul territorio dellorganico di diritto, vengono poi eseguite le complesse operazioni di trasferimento dei docenti, di immissioni in ruolo e di assegnazione dei docenti stessi alle direzioni regionali. Pu accadere tuttavia che nel lasso di tempo tra gennaio e luglio (e a volte fino a settembre) lorganico di diritto cos determinato subisca significativi mutamenti a seguito delle circostanza appena ricordate. Per rispondere a tali variazioni, il Ministero procede alla determinazione del cd. organico di fatto, vale a dire quellorganico che allinizio dellanno scolastico risulta necessario ad assicurare il buon funzionamento di tutte le classi. Lincremento che si determina in organico di fatto (per lanno scolastico 2012/2013 si trattato, ad esempio, di circa 26.000 posti) nella quasi totalit riferito ai cosiddetti spezzoni di ore, vale a dire ore curriculari coperte con supplenza brevi perch non sufficienti per formare una nuova cattedra (per la quale sono necessarie almeno di 18 ore) e dunque per assumere unaltra unit di personale. pur non prevedendo la durata massima dei rapporti di lavoro o il numero massimo di rinnovi, sarebbe comunque congegnata in modo da salvaguardare il personale precario contro i rischi di un uso distorto di tale strumento. Il meccanismo di assegnazione delle supplenze, letto in combinazione con le regole sul doppio canale del reclutamento nei ruoli, costituirebbe infatti uno strumento per superare il precariato, e non per alimentarlo, in quanto il lavoratore a tempo determinato inserito in un percorso che - sia pure in tempi non definibili a priori - lo conduce verso lassunzione in ruolo. In altre parole, la circostanza che il reclutamento a tempo indeterminato di una parte del personale scolastico avvenga attraverso graduatorie nelle quali sono inseriti i lavoratori a tempo determinato - e dunque che molti supplenti possano prevedere in modo attendibile i tempi di assunzione in base al punteggio acquisito in graduatoria - fa s che per il personale scolastico la distinzione tra il lavoro a tempo determinato e il lavoro a tempo indeterminato sia meno netta che in altri settori e conseguentemente siano molto attenuati anche i rischi della condizione di precariet che la disciplina europea del lavoro a tempo determinato vuole prevenire (18). 5.2 Le osservazioni del governo ellenico. Si costituito nel giudizio davanti alla Corte di giustizia dellUnione europea anche il governo ellenico (19) il quale, diversamente dal governo italiano, ha posto una questione di applicabilit della direttiva n. 1999/70 al rapporto di impiego nel settore dellistruzione pubblica. Il sistema ellenico di reclutamento del personale scolastico presenta senza dubbio alcune analogie con quello italiano quanto alle modalit di utilizzo del personale a tempo determinato per far fronte alla temporanea mancanza di docenti o alla copertura di posti vacanti straordinari. (18) Sono stati poi sottolineati due ulteriori argomenti che, a parere dellAvvocatura dello Stato, dovrebbero indurre la Corte di giustizia a non assumere una decisione di netta censura rispetto al sistema italiano di reclutamento del personale scolastico a tempo determinato. Il primo la circostanza che per molti aspiranti docenti limpiego pubblico sia lunica reale possibilit di impiego, per cui i limiti alla possibilit di rinnovo dei contratti a tempo determinato si tradurrebbero di fatto in limiti alla possibilit di continuare a svolgere la funzione di docente, con leffetto finale di danneggiare anzich proteggere i lavoratori precari della scuola. Il secondo la significativa riduzione del numero complessivo dei precari che stata realizzata a partire dallanno 2012, attraverso lo svolgimento di un nuovo concorso per limmissione in ruolo e attraverso provvedimenti normativi che hanno avviato nuovi piani di reclutamento (decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, che ha previsto un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e tecnico-amministrativo per gli anni 2014-2016 nonch lincremento della dotazione organica degli insegnati di sostegno). (19) A mero titolo di completezza va detto che anche la Repubblica di Polonia si costituita in giudizio soffermandosi per solo su due delle sette questioni pregiudiziali proposte dal tribunale di Napoli, riguardanti in particolare lapplicazione del principio di non discriminazione nei meccanismi di risoluzione del rapporto di lavoro e gli obblighi informativi a cui tenuto il datore di lavoro. Secondo quanto emerge dalle osservazioni depositate in giudizio, il quadro normativo al momento vigente in Grecia risulta conforme alle disposizioni della direttiva n. 1999/70 secondo linterpretazione che ne ha fornito la giurisprudenza della Corte di giustizia fin qui formatasi. Temendo probabilmente una decisione di diverso avviso rispetto alla giurisprudenza precedente, pi severa quando alle misure di prevenzione e contrasto degli abusi che gli Stati membri sono tenuti ad adottare, il governo ellenico ha espresso una posizione favorevole al rigetto dei dubbi di compatibilit tra il quadro normativo italiano e il diritto comunitario. Ha sostenuto al riguardo che il lavoro a tempo determinato prestato nel settore dellinsegnamento non dovrebbe essere compreso nellambito di applicazione della clausola 5 dellaccordo quadro. Tale clausola prevede espressamente che nellintrodurre strumenti di prevenzione contro gli abusi, i destinatari debbano tenere conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori. Ci varrebbe a escludere lapplicazione di strumenti quali la stabilizzazione del contratto o il risarcimento del danno (o anche la fissazione di ragioni oggettive riferite al singolo rapporto di lavoro) al settore del- linsegnamento perch del tutto incompatibili con le caratteristiche di tale settore, nel quale lutilizzo di un contingente non previamente definito di personale non di ruolo indispensabile per assicurare la funzionalit del sistema scolastico e garantire il diritto allistruzione dei cittadini. Tale soluzione, va detto subito, non stata accolta dalla Corte di giustizia che ha richiamato la propria consolidata giurisprudenza sulle disposizioni che delineano lambito di applicazione dellaccordo quadro (clausola 2, punto 1, letta in combinato disposto con la clausola 3, punto 1) confermando che esso ha un ampio ambito di applicazione dal quale nessun particolare settore escluso in via di principio. Il riferimento alle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori non pone in discussione lobbligo di adottare misure di prevenzione contro gli abusi del lavoro a termine ma si riferisce, piuttosto, alle modalit in cui tali misure sono introdotte, consentendo agli Stati membri di variare i modi in cui la protezione garantita. Allo stesso tempo, anche la nozione di lavoratore a tempo determinato include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro. Non vi sono pertanto elementi che consentano di interpretare le disposizioni dellaccordo nel senso di escludere che i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati nel settore dellinsegnamento pubblico possano essere in linea generale esclusi dallambito di applicazione dello stesso. 5.3 Le osservazioni della Commissione europea e le conclusioni dellAvvocato generale. Sono su posizioni sostanzialmente analoghe gli atti di costituzione in giu dizio della Commissione europea (20) e le conclusioni dellAvvocato generale Maciej Szpunar. Entrambi hanno sottolineato che per valutare la conformit dellordinamento italiano alla direttiva n. 1999/70 occorre prendere in esame le misure concretamente introdotte nel settore scolastico per assicurare che i rapporti di lavoro a tempo determinato siano effettivamente utilizzati per soddisfare esigenze di carattere provvisorio e non carenze strutturali di personale. La sostituzione del personale assente senza dubbio una circostanza che giustifica lutilizzo del lavoro a tempo determinato; tuttavia necessario che alle esigenze di flessibilit riscontrabili in via generale nellorganizzazione del sistema scolastico si accompagnino strumenti che consentano di verificare la coerenza tra assunzione a tempo determinato ed esigenze temporanee di insegnamento. La normativa italiana sullassegnazione delle supplenze non offrirebbe questo tipo di garanzie in quanto formulata in maniera generale e astratta, senza un legame tangibile n con il contenuto specifico n con le concrete condizioni di esercizio dellattivit interessata dalla successione di contratti a tempo determinato. Neanche al momento della sua applicazione da parte delle autorit competenti la normativa in esame contemplerebbe criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare lesistenza di unesigenza reale di sostituzione temporanea. La dimostrazione di tale assunto emergerebbe dalla circostanza che, secondo la normativa censurata, ai posti vacanti e disponibili si provveda mediante il conferimento di supplenze annuali in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale docente di ruolo: il fatto che non sia stato fissato alcun termine preciso per lespletamento di tali concorsi, che rimane subordinato allesistenza dei necessari mezzi finanziari e alle decisioni discrezionali dellamministrazione sulla programmazione dellorganico, genererebbe unincertezza totale sulle esigenze temporanee o permanenti che sottendono ciascun contratto di supplenza. A parere della Commissione e dellAvvocato generale la conformit del sistema italiano di reclutamento dei supplenti non potrebbe neanche dimostrarsi dalla circostanza che il personale a tempo determinato della scuola sia introdotto, attraverso liscrizione nelle graduatorie, in un percorso destinato allassunzione: si tratta infatti di uneventualit che dipende dalle scelte discrezionali dellamministrazione e da fatti contingenti che il lavoratore non in grado di prevedere o controllare. (20) Va ricordato che nel marzo del 2011 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione (n. 2010/2124) nei confronti dello Stato italiano per la non corretta applicazione della direttiva n. 1999/70/CE nel settore dellistruzione pubblica censurando, oltre allassenza di misure di prevenzione contro luso abusivo dei contratti a tempo determinato, anche il trattamento economico meno favorevole che la normativa italiana riserverebbe ai supplenti rispetto al personale di ruolo. Nel novembre 2013 la medesima Commissione ha emesso un parere motivato ai sensi dellart. 258 del Trattato sul funzionamento dellUnione europea che obbliga il nostro Paese ad assumere misure idonee a eliminare le violazioni riscontrate. 5.4 La decisione della Corte di giustizia dellUnione europea. Con la sentenza del 26 novembre 2014 (21) la Corte di giustizia riconosce prima di tutto come sussista uno stretto legame tra lutilizzo del lavoro a tempo determinato nel sistema scolastico e le speciali esigenze di flessibilit di personale che si riscontrano in questo settore. La pubblica amministrazione che eroga il servizio, per assicurarne lordinata fruizione da parte di tutti gli utenti, deve infatti garantire un adeguamento costante tra il numero dei docenti e il numero degli scolari, adeguamento che conseguibile solo attraverso la disponibilit di un contingente di lavoratori non di ruolo di cui potersi avvalere quando intervengano aumenti o diminuzioni della popolazione scolastica, che a loro volta dipendono da fattori difficilmente controllabili o prevedibili. Lesigenza di flessibilit che caratterizza il sistema scolastico di per s qualificabile come ragione obiettiva per il ricorso ai contratti a tempo determinato perch consente di rispondere in maniera adeguata alla domanda scolastica ed evitare di esporre lo Stato, quale datore di lavoro in tale settore, al rischio di dover immettere in ruolo un numero di docenti significativamente superiore a quello effettivamente necessario per adempiere i propri obblighi (22). Rimanendo sul piano della compatibilit in astratto del quadro normativo italiano con lordinamento comunitario, la Corte di giustizia riconosce che lutilizzo del rapporto di lavoro a tempo determinato per far fronte a carenze di organico temporanee e destinate ad essere reintegrate attraverso lo svolgimento delle procedure concorsuali di reclutamento (come appunto prevede lart. 4, comma 1, della l. 124 del 1999) o per sostituire il personale assente dal servizio per usufruire di periodi di congedo, pu, in linea di principio, costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a) dellaccordo quadro. La configurabilit in astratto di circostanze che rendono legittima la reiterazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato non tuttavia sufficiente per escludere che tale forma di impiego sia utilizzata in termini non conformi alle regole dellaccordo. In altre parole, il solo fatto che la normativa sul reclutamento del personale scolastico a tempo determinato possa essere giustificata da una ragione obiettiva non pu essere di per s sufficiente se risulta che lapplicazione concreta di detta normativa conduce, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Occorre allora una verifica concreta, attraverso un esame globale delle circostanze sottese al rinnovo dei rapporti di lavoro in questione, per assicurare che questi siano effettivamente diretti a soddisfare esigenze provvisorie (23). (21) Un primo commento alla sentenza stato predisposto dal Servizio studi del Senato con la nota breve n. 41 del dicembre 2014, disponibile su www.senato.it. (22) Cfr. punto 95 della sentenza. (23) Afferma la Corte di giustizia ai punti 101 e 102 della sentenza che Losservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro richiede () che si verifichi concretamente che il rinnovo Fin qui i chiarimenti della Corte di giustizia rimangono rigorosamente entro i confini della funzione propria del giudizio pregiudiziale, vale a dire chiarire al giudice del rinvio quale sia la corretta interpretazione e applicazione del diritto comunitario. Coerente con la natura del giudizio la conclusione, pi volte ribadita nelle motivazioni della sentenza, secondo la quale spetta al giudice nazionale verificare se accanto alle ragioni obiettive astrattamente considerate, la disciplina sul reclutamento del personale scolastico contempli anche misure idonee ad evitare che il personale a tempo determinato sia utilizzato in difformit rispetto allaccordo. Rispetto a questa verifica, che spetterebbe ai giudici nazionali, la Corte fornisce peraltro una precisa indicazione su quale sia la soluzione preferibile, censurando il quadro normativo italiano sotto due punti di vista: - linaffidabilit dei meccanismi di immissione in ruolo del personale scolastico (concorsi e immissione dalle graduatorie) che renderebbero lingresso nei ruoli tanto variabile quanto incerto (24) e dunque dimostrerebbero che le condizioni di applicazione della ragione oggettiva di sostituzione del personale temporaneamente assente non garantiscono che la stessa conforme allaccordo quadro; - lesclusione di qualunque forma di sanzione efficace contro luso abusivo dei contratti a tempo determinato. 6. Considerazioni conclusive. Un primo esame della pronuncia qui in commento consente di formulare le seguenti osservazioni. Non sembra che la Corte abbia risposto in modo approfondito al quesito se le speciali esigenze di flessibilit che caratterizzano lamministrazione chiamata ad organizzare e ad erogare il servizio scolastico possano di per s giustificare il ricorso al rapporto di lavoro a tempo determinato. Tale quesito era stato posto dalla Corte costituzionale che aveva illustrato la propria visione a tutto tondo del sistema scolastico, collegando lattribuzione delle supplenze annuali alla specificit della funzione della scuola pubblica - la soddisfazione del diritto fondamentale allistruzione dei cittadini di cui agli art. 33 e 34 Cost. - e alle relative esigenze di flessibilit organiz di successivi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione nazionale quale larticolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, letta in combinato disposto con larticolo 1 del decreto n. 131/2007 non sia utilizzata, di fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale (). Occorre a tal fine esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso, prendendo in considerazione, in particolare, il numero di detti contratti successivi stipulati con la stessa persona oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, sebbene palesemente conclusi per soddisfare unesigenza di personale sostitutivo, siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro (). (24) Cfr. punto 105 della sentenza. zativa. Anche lAvvocatura dello Stato aveva sottolineato come a fronte della variabilit che caratterizza la domanda del servizio, il ricorso ad una forma di reclutamento con spiccata flessibilit per una quota significativa dei posti sarebbe lunico strumento in grado di far fronte al rischio di non avere docenti a sufficienza per assicurare il servizio a tutti i richiedenti oppure di assumere docenti che poi rimangono inutilizzati. La questione era stata sollevata anche dal governo ellenico il quale, sulla base dei medesimi argomenti, aveva posto un problema di non applicabilit della direttiva n. 1999/70 al settore dellinsegnamento. Dalla lettura della sentenza sembra che la Corte di giustizia abbia preso in esame gli argomenti sulla specialit del sistema scolastico nelle premesse della decisione, come elemento che dimostrerebbe solo in via di mero principio la compatibilit della normativa sul reclutamento del personale supplente con laccordo quadro (25). Ebbene questa conclusione non convince in quanto se si riconosce che per assicurare il regolare funzionamento del sistema scolastico lamministrazione debba far fronte a un continuo problema di adeguamento tra il numero di docenti e il numero di scolari, dipendente da fattori difficilmente controllabili o prevedibili, allora logico ritenere che un certo numero di rapporti di lavoro a tempo determinato - che potrebbe essere ad esempio proporzionale alloscillazione media della domanda riscontrata in un certo lasso di tempo siano di per s giustificati da ragioni obiettive, a prescindere dal riscontro delle necessit concrete che sottendono a ciascun rapporto di lavoro. In altre parole, non dovrebbe essere necessario dimostrare la presenza di ragioni obiettive in relazione a ciascuna assunzione a tempo determinato se le pertinenti disposizioni nazionali fanno riferimento alla presenza di valide ragioni al momento di disciplinare il ricorso alle supplenze in generale: una disposizione legislativa che consente le assunzioni a termine in situazioni che costituiscono effettivamente ragioni oggettive dovrebbe rendere tali assunzioni, in virt di questo riferimento, di per s legittime. (25) Ai punti 94 e 95 della sentenza la Corte afferma che va rilevato che, come risulta, in particolare, dallordinanza di rinvio nella causa C-418/13, linsegnamento correlato a un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione della Repubblica italiana che impone a tale Stato lobbligo di organizzare il servizio scolastico in modo da garantire un adeguamento costante tra il numero di docenti e il numero di scolari. Orbene, non si pu negare che tale adeguamento dipenda da un insieme di fattori, taluni dei quali possono, in una certa misura, essere difficilmente controllabili o prevedibili, quali, in particolare, i flussi migratori esterni ed interni o le scelte di indirizzi scolastici da parte degli scolari. Si deve ammettere che fattori del genere attestano, nel settore dellinsegnamento () unesigenza particolare di flessibilit che () idonea, in tale specifico settore, a giustificare oggettivamente, alla luce della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro, il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato per rispondere in maniera adeguata alla domanda scolastica ed evitare di esporre lo Stato, quale datore di lavoro in tale settore, al rischio di dover immettere in ruolo un numero di docenti significativamente superiore a quello effettivamente necessario per adempiere i propri obblighi in materia. Una seconda osservazione attiene allambito di applicazione della pronuncia. La normativa italiana censurata nella parte in cui determina unincertezza sui tempi e modi di assunzione a tempo indeterminato del personale supplente destinato a coprire posti vacanti in organico. in particolare censurato il carattere farraginoso dei meccanismi di reclutamento nei ruoli per la copertura di tali posti vacanti, che consentirebbe la reiterazione senza limite delle supplenze con il conseguente rischio di utilizzo delle stesse per coprire carenze strutturali di personale di ruolo. Ebbene se lutilizzo dei rapporti a tempo determinato con modalit non conformi alle prescrizioni dellaccordo quadro riguarda i contratti di supplenza assegnati nei limiti quantitativi e temporali dellespletamento dei concorsi, allora non vi sarebbero ostacoli al mantenimento di tutti gli altri contratti di supplenza, che in quanto conferiti su posti a diverso titolo disponibili ma non vacanti (e dunque non destinati ad essere occupati da personale di ruolo) sarebbero giustificati dalle esigenze di flessibilit del sistema scolastico. Si tratta di una conclusione importante ai fini della complessiva tenuta del sistema, considerato che la maggior parte delle supplenze scolastiche sono assegnate su posti temporaneamente disponibili e non su posti vacanti. Questo risultato si riverberer sui dubbi dei giudici a quibus e la disciplina impugnata sar protetta contro altre eventuali impugnazioni in via incidentale (e contro altre letture audacemente adeguatrici da parte della magistratura di merito). A questo punto la parola passa di nuovo alla giurisdizione nazionale nella quale potrebbero aprirsi una serie di diversi scenari. La Corte costituzionale ha espressamente ribadito nellordinanza n. 207 del 2013 la propria competenza a valutare lesistenza di un contrasto insanabile in via interpretativa e, eventualmente, annullare la legge incompatibile con il diritto comunitario. Una soluzione che appare senza dubbio ipotizzabile ladozione da parte della Corte costituzionale di una pronuncia di illegittimit costituzionale del- lart. 4, comma 1, della legge 124 del 1999 per violazione degli art. 11 e 177 Cost. Tale pronuncia, che censurerebbe il sistema di reclutamento a tempo determinato nella scuola nella parte in cui consente la reiterazione delle supplenze su posti vacanti in organico, non potrebbe per condurre alla automatica trasformazione a tempo indeterminato dei contratti di supplenza conclusi in forza della norma dichiarata incostituzionale, ostando a tale ipotesi lart. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 ma, pi probabilmente, alla fondatezza delle istanze risarcitorie dei precari, perch verrebbe meno il sostegno giuridico che fino ad oggi ha giustificato le assunzioni a termine su posti vacanti. Appare invece poco probabile che la Corte possa rigettare la questione di costituzionalit dando concreta attuazione alla teoria dei controlimiti (26), la quale presuppone laccertamento della violazione, da parte del diritto del lUnione, di un principio supremo dellordinamento costituzionale o di un diritto fondamentale, quale sarebbe il diritto allistruzione. Come stato gi detto la restrizione delle possibilit di concludere contratti a tempo determinato circoscritta ai soli posti vacanti e, tra laltro, nei limiti in cui lordinamento non riesca ad assicurare il regolare svolgimento delle procedure concorsuali: non sembra che ci possa compromettere il funzionamento dellintero sistema scolastico incidendo sul diritto allistruzione. Quanto ai giudici di merito, stata gi annunciata dalle parti sindacali, che hanno salutato come una propria vittoria giudiziaria la pronuncia della Corte di giustizia, la presentazione di nuovi ricorsi collettivi diretti ad ottenere la stabilizzazione di circa 250 mila precari, i relativi risarcimenti e gli scatti di anzianit maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio, nonch le mensilit estive su posto vacante (27). A fronte del decisum della Corte cՏ da aspettarsi un rafforzamento del- lorientamento giurisprudenziale che forzando i margini dellinterpretazione conforme ha accolto le pretese dei precari. Si intravede in particolare il rischio che il giudice del lavoro fornisca unapplicazione generalizzata delle indicazioni della Corte di giustizia ritenendo incompatibili con il diritto comunitario -perch svincolate dalle ragioni obiettive - tutte le disposizioni che consentono di concludere una successione di contratti a tempo determinato svincolata dalla predeterminazione di una durata massima o di un certo numero di rinnovi. Sar quindi compito dellorgano politico ricercare un ragionevole punto di equilibrio tra le esigenze organizzative e finanziarie del sistema scolastico e laspettativa di quanti contribuiscono al buon andamento dello stesso in qualit di supplenti a poter contare su un meccanismo affidabile per limmissione in ruolo (28). (26) Cfr. IADICICCO, op. cit., 14 (27) Potrebbero presentare ricorso tutti i supplenti che abbiano ricevuto incarichi di docenza per dodici mesi allanno per tre anni scolastici anche non consecutivi oppure per tre anni considerando ogni anno maturato con 180 giorni di servizio. stata anche prospettata lapplicazione dei principi fissati dalla Corte ad altri settori dellimpiego nelle amministrazioni pubbliche (ad esempio la sanit) dove diffuso lutilizzo del lavoro a tempo determinato. (28) Una lettura della sentenza nel senso che lamministrazione scolastica sarebbe tenuta a stabilizzare tutti i docenti che hanno maturato trentasei mesi di insegnamento come supplenti stata fornita anche dalle forze politiche di opposizione che hanno contestato le soluzioni proposte dal Governo contenuti nel piano della buona scuola. Cfr. interpellanza urgente n. 2-00773 proposta dallOn.le Silvia Chi- menti (M5S) in Aula Camera e discussa il 5 dicembre 2014. Corte di giustizia dellUnione europea (Terza Sezione) sentenza 26 novembre 2014 -Pres. M. Ile.i., Rel. A. Caoimh, Avv. Gen. M. Szpunar - Raffaella Mascolo (C-22/13), Alba Forni (C-61/13) e Immacolata Racca (C-62/13) contro Ministero dell'Istruzione, dell'Universit e della Ricerca, Fortuna Russo contro Comune di Napoli (C-63/13) e Carla Napolitano e altri contro Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca (C-418/13). Domande di pronuncia pregiudiziale: Tribunale di Napoli (C-22/13, da C-61/13 a C-63/13), Corte costituzionale (C-418/13). Rinvio pregiudiziale Politica sociale Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato Successione di contratti di lavoro a tempo determinato Insegnamento Settore pubblico Supplenze di posti vacanti e disponibili in attesa dellespletamento di procedure concorsuali Clausola 5, punto 1 Misure di prevenzione del ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato Nozione di ragioni obiettive che giustificano tali contratti Sanzioni Divieto di trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato Assenza di diritto al risarcimento del danno 1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sullinterpretazione delle clausole 4 e 5, punto 1, dellaccordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: laccordo quadro), che figura nellallegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa allaccordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43), dellarticolo 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 91/533/CEE del Consiglio, del 14 ottobre 1991, relativa allobbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro (GU L 288, pag. 32), del principio di leale cooperazione previsto dallarticolo 4, paragrafo 3, TUE nonch dei principi generali del diritto dellUnione relativi alla certezza del diritto, alla tutela del legittimo affidamento, alluguaglianza delle armi nel processo, alleffettiva tutela giurisdizionale, al diritto a un tribunale indipendente e a un equo processo, garantiti dallarticolo 6, paragrafo 2, TUE, letto in combinato disposto con larticolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del- luomo e delle libert fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la CEDU), e con gli articoli 46, 47 e 52, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea. 2 Tali domande sono state presentate nellambito di controversie che vedono opposti la sig.ra Mascolo e altri otto lavoratori, tutti membri del personale di scuole pubbliche, al proprio datore di lavoro, ossia, per otto di essi, il Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, (in prosieguo: il Ministero) e, per lultimo, il Comune di Napoli, in merito alla qualificazione dei contratti di lavoro che li legavano a tali datori di lavoro. Contesto normativo Il diritto dellUnione La direttiva 1999/70 3 La direttiva 1999/70 fondata sullarticolo 139, paragrafo 2, CE e, ai sensi del suo articolo 1, diretta ad attuare laccordo quadro (), che figura nellallegato, concluso () fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale [Confederazione europea dei sindacati (CES), Unione delle confederazioni dellindustria e dei datori di lavoro dellEuropa (UNICE), Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica (CEEP)]. 4 La clausola 1 dellaccordo quadro cos recita: CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 59 Lobiettivo del presente accordo quadro : a) migliorare la qualit del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione; b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dallutilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato. 5 La clausola 2 dellaccordo quadro, intitolata Campo dapplicazione, prevede quanto segue: 1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro. 2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai: a) rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato; b) contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici. 6 La clausola 3 dellaccordo quadro, intitolata Definizioni, cos prevede: 1. Ai fini del presente accordo, il termine lavoratore a tempo determinato indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico. (). 7 La clausola 4 dellaccordo quadro, intitolata Principio di non discriminazione, prevede, al suo punto 1, quanto segue: Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. 8 Ai sensi della clausola 5 dellaccordo quadro, intitolata Misure di prevenzione degli abusi: 1. Per prevenire gli abusi derivanti dallutilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o pi misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati successivi; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato. La direttiva 91/533 9 Larticolo 2, paragrafo 1, della direttiva 91/533 cos recita: Il datore di lavoro tenuto a comunicare al lavoratore subordinato cui si applica la presente direttiva, in appresso denominato lavoratore, gli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro. 10 Ai sensi dellarticolo 2, paragrafo 2, lettera e), della citata direttiva, linformazione al lavoratore, se si tratta di un contratto o di un rapporto di lavoro temporaneo, riguarda, tra laltro, la durata prevedibile del contratto o del rapporto di lavoro. Il diritto italiano 11 Larticolo 117, primo comma, della Costituzione della Repubblica italiana prevede che [l]a potest legislativa esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonch dei vincoli derivanti dal [diritto dellUnione] e dagli obblighi internazionali. 12 In Italia, il ricorso a contratti a tempo determinato nel settore pubblico disciplinato dal decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sullordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (supplemento ordinario alla GURI n. 106, del 9 maggio 2001; in prosieguo: il decreto legislativo n. 165/2001). 13 Larticolo 36, comma 5, di tale decreto, come modificato dalla legge del 3 agosto 2009, n. 102, relativa alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge del 1 luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonch proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali (supplemento ordinario alla GURI n. 179 del 4 agosto 2009), intitolato Forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale dispone quanto segue: In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti lassunzione o limpiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non pu comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilit e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (). 14 Secondo le ordinanze di rinvio, il lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione altres soggetto al decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa allaccordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dallUNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235, del 9 ottobre 2001; in prosieguo: il decreto legislativo n. 368/2001). 15 Larticolo 5, comma 4 bis, di tale decreto legislativo formulato come segue: Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti, e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e laltro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato (). 16 Ai sensi dellarticolo 10, comma 4 bis, di detto decreto legislativo, come modificato dallarticolo 9, comma 18, del decreto legge del 13 maggio 2011, n. 70 (in prosieguo: il decreto legge n. 70/2011), convertito in legge del 12 luglio 2011, n. 106 (GURI n. 160, del 12 luglio 2011): () sono altres esclusi dallapplicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA [amministrativo, tecnico ed ausiliario], considerata la necessit di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica larticolo 5, comma 4-bis, del presente decreto. 17 Per quanto riguarda il personale docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario, la disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato contenuta nellarticolo 4 della legge del 3 maggio 1999 n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di personale scolastico (GURI n. 107, del 10 maggio 1999), come modificata dal decreto legge del 25 settembre 2009 n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge del 24 novembre 2009 n. 167 (GURI n. 274, del 24 novembre 1999; in prosieguo: la legge n. 124/1999). Secondo il giudice del rinvio nelle cause C.22/13 e da C.61/13 a C.63/13, pacifico che tale legge si applica solo alla scuola statale. Detta legge non si applica, invece, alla scuola comunale, che resta soggetta ai decreti legislativi n. 165/2001 e n. 368/2001. 18 Ai sensi dellarticolo 4 della legge n. 124/1999: 1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per lintero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante lutilizzazione del personale in soprannumero, e semprech ai posti medesimi non sia stato gi assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale docente di ruolo. 2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dellanno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attivit didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attivit didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario. 3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee. () 6. Per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attivit didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di cui allarticolo 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dellarticolo 1 della presente legge. (...) 11. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) () () 14 bis. I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie (). 19 Ai sensi dellarticolo 1 del decreto del Ministero della pubblica istruzione del 13 giugno 2007, n. 131 (in prosieguo: il decreto n. 131/2007), gli incarichi dei docenti e del per sonale amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola statale sono di tre tipi: supplenze annuali, su posti vacanti e disponibili, in quanto privi di titolare; supplenze temporanee fino al termine delle attivit didattiche, su posti non vacanti, ma ugualmente disponibili; supplenze temporanee per ogni altra necessit, ossia supplenze brevi. 20 Limmissione in ruolo di cui allarticolo 4, comma 14 bis, della legge n. 124/1999 disciplinata dagli articoli 399 e 401 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297, recante testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione (supplemento ordinario alla GURI n. 115 del 19 maggio 1994; in prosieguo: il decreto legislativo n. 297/1994). 21 Larticolo 399, comma 1, di tale decreto cos dispone: Laccesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti darte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui allart. 401. 22 Larticolo 401, commi 1 e 2, di tale decreto stabilisce quanto segue: 1. Le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti darte, sono trasformate in graduatorie permanenti, da utilizzare per le assunzioni in ruolo di cui allart. 399, comma 1. 2. Le graduatorie permanenti di cui al comma 1 sono periodicamente integrate con linserimento dei docenti che hanno superato le prove dellultimo concorso regionale per titoli ed esami, per la medesima classe di concorso e il medesimo posto, e dei docenti che hanno chiesto il trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra provincia. Contemporaneamente allinserimento dei nuovi aspiranti effettuato laggiornamento delle posizioni di graduatoria di coloro che sono gi compresi nella graduatoria permanente. Procedimenti principali e questioni pregiudiziali Le cause C.22/13 e da C.61/13 a C.63/13 23 Le sig.re Mascolo, Forni, Racca e Russo sono state assunte mediante contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, le prime tre in qualit di docenti presso il Ministero e lultima in qualit di educatrice in asili nido e in scuole materne presso il Comune di Napoli. In forza di tali contratti, esse hanno lavorato per i propri rispettivi datori di lavoro per i seguenti periodi: 71 mesi su un periodo di 9 anni per la sig.ra Ma- scolo (tra il 2003 e il 2012); 50 mesi e 27 giorni su un periodo di 5 anni per la sig.ra Forni (tra il 2006 e il 2011); 60 mesi su un periodo di 5 anni per la sig.ra Racca (tra il 2007 e il 2012), e 45 mesi e 15 giorni su un periodo di 5 anni per la sig.ra Russo (tra il 2006 e il 2011). 24 Ritenendo illegittimi tali contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, le ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito il Tribunale di Napoli chiedendo, in via principale, la trasformazione di tali contratti a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e, pertanto, la loro immissione in ruolo, nonch il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e lentrata in vigore di quello successivo e, in subordine, il risarcimento del danno subito. 25 Essendo stata immessa in ruolo nel corso del procedimento in virt del suo avanzamento nella graduatoria permanente, la sig.ra Racca ha modificato il suo ricorso originario in domanda di pieno riconoscimento dellanzianit di servizio e di risarcimento del danno subito. 26 Secondo il Ministero e il Comune di Napoli, al contrario, larticolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001 vieta qualsiasi riqualificazione del rapporto di lavoro. Larticolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001 non sarebbe applicabile, tenuto conto dellarticolo 10, comma 4 bis, dello stesso decreto, introdotto dallarticolo 9, comma 18, del decreto legge n. 70/2011. Peraltro, le ricorrenti nei procedimenti principali non avrebbero nemmeno diritto al risarcimento del danno, visto che la procedura di assunzione era legittima e che comunque non sussistevano gli elementi costitutivi di un illecito. Infine, poich i contratti a tempo determinato non erano connessi gli uni agli altri e non costituivano pertanto n il proseguimento n la proroga dei contratti precedenti, non sussisterebbe alcun abuso. 27 Investito di tale ricorso, il Tribunale di Napoli indica, in primo luogo, che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, contrariamente a quanto dichiarato dalla Corte suprema di cassazione nella sentenza n. 10127/12, contraria alla clausola 5 dellaccordo quadro. 28 Tale normativa, infatti, non contemplerebbe alcuna misura di prevenzione ai sensi del punto 1, lettera a), di detta clausola, poich non consentirebbe di verificare concretamente, in modo obiettivo e trasparente, lesistenza di unesigenza reale di sostituzione temporanea e autorizzerebbe, come previsto esplicitamente dallarticolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato a copertura di posti effettivamente vacanti. Orbene, tale normativa non contemplerebbe neppure misure di prevenzione ai sensi del punto 1, lettera b), di detta clausola. Infatti, larticolo 10, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001 escluderebbe dora in avanti lapplicazione alle scuole statali dellarticolo 5, comma 4-bis, del suddetto decreto, che prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato di durata superiore a 36 mesi siano trasformati in contratti di lavoro a tempo indeterminato. Inoltre, tale normativa non conterrebbe alcuna misura di prevenzione ai sensi del punto 1, lettera c), della medesima clausola. 29 Peraltro, non sarebbe prevista alcuna misura sanzionatoria, poich i contratti di lavoro a tempo determinato non potrebbero essere trasformati in contratti di lavoro a tempo indeterminato, secondo larticolo 4, comma 14 bis, della legge n. 124/1999, se non in caso di immissione in ruolo sulla base delle graduatorie. Inoltre, sarebbe altres escluso il diritto al risarcimento del danno causato dalla successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Secondo la sentenza n. 10127/12 della Corte suprema di cassazione, infatti, larticolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001, che prevede, in linea di principio, un siffatto diritto nel settore pubblico, non applicabile qualora i contratti di lavoro a tempo determinato successivi abbiano superato il limite massimo di 36 mesi previsto dallarticolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001. 30 In secondo luogo, il giudice del rinvio, osservando che solo la scuola statale ha la facolt di assumere personale a tempo determinato senza essere soggetta ai limiti previsti dal decreto legislativo n. 368/2001, comportando cos una distorsione della concorrenza a danno della scuola privata, si chiede se la scuola statale rientri nella nozione di settori e/o categorie specifici di lavoratori ai sensi della clausola 5 dellaccordo quadro, che giustificano un regime distinto di prevenzione e di sanzioni per il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. 31 In terzo luogo, tale giudice si interroga sulla conformit della normativa nazionale di cui trattasi rispetto alla clausola 4 dellaccordo quadro, nei limiti in cui essa prevede che un lavoratore del settore pubblico illegittimamente assunto a tempo determinato, a differenza di un lavoratore assunto a tempo indeterminato illegittimamente licenziato, non abbia diritto al risarcimento del danno subito. 32 In quarto luogo, tale giudice, osservando che, nella causa che ha dato luogo allordinanza Affatato (C.3/10, EU:C:2010:574), il governo italiano ha sostenuto che larticolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001 applicabile al settore pubblico, mentre la Corte suprema di cassazione ha dichiarato il contrario nella sua sentenza n. 10127/12, si chiede se, in considerazione del principio di leale cooperazione, tale erronea interpretazione del diritto nazionale da parte del governo non si debba pi imporre ai giudici nazionali, rafforzando cos il loro obbligo di procedere a uninterpretazione conforme al diritto dellUnione. 33 In quinto luogo, il Tribunale di Napoli si interroga sulla questione se la possibilit di trasformazione di un contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, prevista dallarticolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001, rientri nelle informazioni di cui allarticolo 2, paragrafi 1 e 2, lettera e), della direttiva 91/533 che il datore di lavoro tenuto a comunicare al lavoratore e, in caso affermativo, se lesclusione retroattiva dellapplicazione di tale articolo 5, comma 4 bis, alla scuola statale tramite il decreto legge n. 70/2011 sia conforme a detta direttiva. 34 Infine, in sesto luogo, il giudice del rinvio si chiede se una siffatta modifica con efficacia retroattiva della normativa nazionale, che ha avuto come conseguenza di privare il personale della scuola statale di un diritto di cui godeva al momento dellassunzione, sia compatibile con i principi generali del diritto dellUnione. 35 In tali circostanze, il Tribunale di Napoli ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, di cui la settima stata sollevata unicamente nelle cause C.61/13 e C.62/13, mentre, nella causa C.63/13, sono state sollevate unicamente la seconda, la terza e la quarta questione, le quali costituiscono la prima, la seconda e la terza questione di tale ultima causa: 1) Se il contesto normativo del settore scuola, come descritto, costituisca misura equivalente ai sensi della clausola 5 della direttiva [1999/70]. 2) Quando debba ritenersi che un rapporto di lavoro sia alle dipendenze dello Stato, ai sensi della clausola 5 della direttiva [1999/70] ed in particolare anche dellinciso settori e/o categorie specifiche di lavoratori e quindi sia atto a legittimare conseguenze differenti rispetto ai rapporti di lavoro privati. 3) Se, tenuto conto delle esplicazioni di cui allarticolo 3, [paragrafo] 1, lettera c), della direttiva 2000/78/CE [del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parit di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16)] ed allarticolo 14, [paragrafo] 1, lettera c), della direttiva 2006/54/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante lattuazione del principio delle pari opportunit e della parit di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204, pag. 23)], nella nozione di condizioni di impiego di cui alla clausola 4 della direttiva [1999/70] siano comprese anche le conseguenze dellillegittima interruzione del rapporto di lavoro; [i]n ipotesi di risposta positiva al quesito che precede, se la diversit tra le conseguenze ordinariamente previste nellordinamento interno per la illegittima interruzione del rapporto di lavoro CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 65 a tempo indeterminato ed a tempo determinato siano giustificabili ai sensi della clausola 4 [della direttiva 1999/70]. 4) Se, in forza del principio di leale cooperazione, ad uno Stato sia vietato rappresentare in un procedimento pregiudiziale interpretativo alla Corte () un quadro normativo interno volutamente non corrispondente al vero ed il giudice sia obbligato, in assenza di una diversa interpretazione del diritto interno ugualmente satisfattiva degli obblighi derivanti dalla appartenenza alla Unione europea, ad interpretare, ove possibile, il diritto interno conformemente alla interpretazione offerta dallo Stato. 5) Se nelle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro previste dalla direttiva [91/533] e segnatamente dallarticolo 2, [paragrafi] 1 e 2, [lettera] e), rientri la indicazione delle ipotesi in cui il contratto di lavoro a termine si pu trasformare in contratto a tempo indeterminato. 6) In ipotesi di risposta positiva al quesito che precede se una modifica con efficacia retroattiva del quadro normativo tale che non garantisca al lavoratore subordinato la possibilit di far valere i suoi diritti derivanti dalla direttiva [91/533], ovvero il rispetto delle condizioni di lavoro indicate nel documento di assunzione, sia contrari[a] allarticolo 8, [paragrafo] 1, della direttiva [91/533] ed alle finalit di cui alla [stessa] ed in particolare al 2 considerando. 7) Se i principi generali del vigente diritto [dellUnione] della certezza del diritto, della tutela del legittimo affidamento, della uguaglianza delle armi del processo, delleffettiva tutela giurisdizionale, [del diritto] a un tribunale indipendente e, pi in generale, a un equo processo, garantiti dall[articolo 6 TUE] () in combinato disposto con larticolo 6 della [CEDU], e con gli artt. 46, 47 e 52, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dellUnione () debbano essere interpretati nel senso di ostare, nellambito di applicazione della direttiva [1999/70], allemanazione da parte dello Stato italiano, dopo un arco temporale apprezzabile (3 anni e sei mesi), di una disposizione normativa, quale larticolo 9 del decreto legge n. 70[/2011] convertito con L. 12 luglio 2011, n. 106, [che] ha aggiunto il comma 4-bis allarticolo 10 del [decreto legislativo n. 368/2001] atta ad alterare le conseguenze dei processi in corso danneggiando direttamente il lavoratore a vantaggio del datore di lavoro [S]tato ed eliminando la possibilit conferita dall[o]rdinamento interno di sanzionare labusiva reiterazione di contratti a termine. 36 Con ordinanza del presidente della Corte dell8 marzo 2013, le cause C.22/13 e da C.61/13 a C.63/13 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonch della sentenza. La causa C.418/13 37 Le sig.re Napolitano, Cittadino e Zangari nonch i sigg. Perrella e Romano sono stati assunti dal Ministero mediante contratti di lavoro a tempo determinato successivi, i primi quattro in qualit di docenti e lultimo in qualit di collaboratore amministrativo. Dagli elementi forniti alla Corte risulta che, conformemente a tali contratti, essi hanno lavorato per i propri rispettivi datori di lavoro per i seguenti periodi: 55 mesi su un periodo di 6 anni per la sig.ra Napolitano (tra il 2005 e il 2010), 100 mesi su un periodo di 10 anni per la sig.ra Cittadino (tra il 2002 e il 2012); 113 mesi su un periodo di 11 anni per la sig.ra Zangari (tra il 2001 e il 2012), 81 mesi su un periodo di 7 anni per la sig.ra Perrella (tra il 2003 e il 2010) e 47 mesi su un periodo di 4 anni per il sig. Romano (tra il 2007 e il 2011). 38 Ritenendo illegittime tali assunzioni a tempo determinato successive, i ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito, rispettivamente, il Tribunale di Roma e il Tribunale di Lamezia Terme, chiedendo, in via principale, la conversione dei loro rispettivi contratti in contratti di lavoro a tempo indeterminato e, di conseguenza, la loro immissione in ruolo e il pagamento delle retribuzioni corrispondenti ai periodi di interruzione tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e lentrata in vigore di quello successivo. In subordine, i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto altres il risarcimento del danno subito. 39 Nellambito delle controversie di cui sono stati investiti, il Tribunale di Roma e il Tribunale di Lamezia Terme si sono interrogati sulla compatibilit dellarticolo 4, commi 1 e 11, della legge n. 124/1999 con la clausola 5 dellaccordo quadro, in quanto tale disposizione consente allamministrazione di assumere, senza limiti, a tempo determinato, personale docente, tecnico o amministrativo al fine di coprire posti vacanti nellorganico di una scuola. Ritenendo di non poter decidere tale questione n attraverso uninterpretazione conforme, essendo la suddetta disposizione formulata in maniera non equivoca, n tramite la sua disapplicazione, essendo detta clausola 5 priva di effetto diretto, tali giudici hanno sottoposto alla Corte costituzionale, in via incidentale, una questione di legittimit costituzionale vertente sullarticolo 4, commi 1 e 11, della legge n. 124/1999 per violazione dellarticolo 117, primo comma, della Costituzione della Repubblica italiana, letto in combinato disposto con la clausola 5 dellaccordo quadro. 40 Nella sua ordinanza di rinvio, la Corte costituzionale constata che la normativa nazionale applicabile alla scuola statale non prevede, per quanto riguarda il personale assunto a tempo determinato, n una durata massima totale dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi, n lindicazione del numero massimo dei loro rinnovi, ai sensi della clausola 5, punto 1, lettere b) e c), dellaccordo quadro. Tale giudice si chiede tuttavia se detta normativa non possa essere giustificata da una ragione obiettiva ai sensi del punto 1, lettera a), della suddetta clausola. 41 Secondo il giudice del rinvio, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale strutturata, almeno in via di principio, in modo tale che lassunzione di personale con contratto di lavoro a tempo determinato possa soddisfare una siffatta ragione obiettiva. Il servizio scolastico sarebbe, infatti, attivabile su domanda, nel senso che il diritto fondamentale allo studio previsto dalla Costituzione della Repubblica italiana implica che lo Stato non pu rifiutarsi di erogarlo e, di conseguenza, che esso tenuto ad organizzarlo in modo da poterlo adattare costantemente alle evoluzioni della popolazione scolastica. Tale insita esigenza di flessibilit renderebbe indispensabile lassunzione di un numero significativo di docenti e di personale delle scuole statali con contratti di lavoro a tempo determinato. Peraltro, il sistema delle graduatorie permanenti, associato a quello dei concorsi pubblici, garantirebbe il rispetto di criteri oggettivi al momento dellassunzione di personale mediante siffatti contratti di lavoro a tempo determinato e consentirebbe allo stesso personale di avere una possibilit ragionevole di diventare di ruolo in un posto permanente. 42 La Corte costituzionale rileva tuttavia che larticolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, sebbene non preveda il rinnovo reiterato di contratti di lavoro a tempo determinato e non escluda il diritto al risarcimento del danno, consente di provvedere a supplenze annuali per posti vacanti e disponibili in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale docente di ruolo. Orbene, le procedure concorsuali sarebbero state interrotte tra il 2000 e il 2011. Tale disposizione potrebbe cos configurare la possibilit di un rinnovo dei contratti a tempo determinato senza la CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 67 previsione di tempi certi per lo svolgimento dei concorsi. Tale circostanza, combinata allassenza di disposizioni che riconoscano il diritto al risarcimento del danno al personale delle scuole statali che sia stato indebitamente assoggettato a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, potrebbe porsi in conflitto con la clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro. 43 In tali circostanze, la Corte costituzionale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se la clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro (...) debba essere interpretata nel senso che osta allapplicazione dellarticolo 4, commi 1, ultima proposizione, e 11, della legge [n. 124/1999] i quali, dopo aver disciplinato il conferimento di supplenze annuali su posti che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, dispongono che si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale docente di ruolo disposizione la quale consente che si faccia ricorso a contratti a tempo determinato senza indicare tempi certi per lespletamento dei concorsi e in una condizione che non prevede il diritto al risarcimento del danno; 2) Se costituiscano ragioni obiettive, ai sensi della clausola 5, punto 1, dell[accordo quadro], le esigenze di organizzazione del sistema scolastico italiano come sopra delineato, tali da rendere compatibile con il diritto dellUnione europea una normativa come quella italiana che per lassunzione del personale scolastico a tempo determinato non prevede il diritto al risarcimento del danno. 44 Con decisione della Corte dell11 febbraio 2014, le cause C.22/13 e da C.61/13 a C.63/13 nonch la causa C.418/13 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonch della sentenza. Sulle questioni pregiudiziali 45 Con le loro questioni, i giudici del rinvio interrogano la Corte sullinterpretazione, rispettivamente, della clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro (prima e seconda questione nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13, prima questione nella causa C.63/13 nonch prima e seconda questione nella causa C.418/13), della clausola 4 di tale accordo quadro (terza questione nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13 nonch seconda questione nella causa C.63/13), del principio di leale cooperazione (quarta questione nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13 nonch terza questione nella causa C.63/13), della direttiva 91/533 (quinta e sesta questione nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13), nonch di numerosi principi generali del diritto dellUnione (settima questione nelle cause C.61/13 e C.62/13). Sulla ricevibilit 46 Il Comune di Napoli fa valere che linterpretazione del diritto dellUnione richiesta dal Tribunale di Napoli nella causa C.63/13 non necessaria per la decisione della controversia principale e che, pertanto, la domanda pregiudiziale in tale causa irricevibile nel suo complesso. Tale giudice avrebbe esso stesso indicato nella sua ordinanza di rinvio di ritenere che, alla luce della giurisprudenza della Corte relativa allaccordo quadro, le misure adottate dal legislatore nazionale per la sua trasposizione siano insufficienti. Spetterebbe, pertanto, a detto giudice decidere la controversia di cui al procedimento principale facendo ricorso allinterpretazione conforme del diritto nazionale rispetto al diritto dellUnione. 47 Si deve, tuttavia, ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nellambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dallarticolo 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, cui stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (sentenza Rosado Santana, C.177/10, EU:C:2011:557, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). 48 Come la Corte ha ripetutamente dichiarato, i giudici nazionali hanno, a tale riguardo, la pi ampia facolt di adire la Corte qualora ritengano che una causa dinanzi ad essi pendente faccia sorgere questioni che richiedono uninterpretazione delle disposizioni del diritto dellUnione (v., in particolare, sentenze Kri.an e a., C.416/10, EU:C:2013:8, punto 64, nonch Ogieriakhi, C.244/13, EU:C:2014:2068, punto 52). 49 Ne consegue che lesistenza di una giurisprudenza consolidata su un punto di diritto dellUnione, sebbene possa portare la Corte ad adottare unordinanza ai sensi dellarticolo 99 del suo regolamento di procedura, non pu assolutamente compromettere la ricevibilit di un rinvio pregiudiziale nel caso in cui un giudice nazionale decida, nellambito di tale potere discrezionale, di adire la Corte ai sensi dellarticolo 267 TFUE. 50 Ci posto, va ricordato, altres, che, secondo costante giurisprudenza, la Corte pu rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale, qualora risulti manifestamente che linterpretazione del diritto dellUnione richiesta non abbia alcuna relazione con leffettivit o con loggetto del giudizio principale oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure nel caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in particolare, sentenza rsekcsandi Mez.gazdasgi, C.56/13, EU:C:2014:352, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). 51 Nel caso di specie, si deve osservare che, nella causa C.63/13, il giudice del rinvio sottopone alla Corte tre questioni pregiudiziali identiche alla seconda, terza e quarta questione gi sollevate nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13. 52 Tuttavia, dallordinanza di rinvio nella causa C.63/13 risulta che il contesto sia di fatto che di diritto relativo a tale causa distinto da quello di cui trattasi nelle altre tre cause, poich, secondo il giudice del rinvio, la sig.ra Russo, in qualit di educatrice impiegata in asili nido e in scuole materne comunali, non soggetta, a differenza delle sig.re Ma- scolo, Forni e Racca, nonch, del resto, dei ricorrenti nel procedimento principale nella causa C.418/13, alla normativa nazionale applicabile alla scuola statale risultante dalla legge n. 124/1999, ma resta sottoposta alla normativa generale prevista, in particolare, dal decreto legislativo n. 368/2001. 53 In tali circostanze, risulta che la prima questione sollevata nella causa C.63/13, vertente, come nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13, sulla conformit alla clausola 5 dellaccordo quadro della normativa nazionale prevista dalla legge n. 124/1999, nei limiti in cui questultima consente allo Stato di assumere personale nelle scuole da esso gestite con contratti di lavoro a tempo determinato, senza essere soggetto, a differenza delle scuole private, ai limiti posti dal decreto legislativo n. 368/2001, irrilevante ai fini della decisione della controversia di cui al procedimento principale nella causa C.63/13 e ha, pertanto, natura ipotetica. 54 Lo stesso vale anche per la seconda questione sollevata in tale causa, diretta sostanzialmente a sapere se la normativa nazionale di cui trattasi, come risulta in particolare dal- larticolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001, sia conforme alla clausola 4 dellaccordo quadro, nei limiti in cui detta normativa esclude, nel settore pubblico, il CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 diritto al risarcimento del danno in caso di ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. 55 Lo stesso Tribunale di Napoli, infatti, constata, nella sua ordinanza di rinvio nella causa C.63/13, che la ricorrente nel procedimento principale beneficia, a differenza delle ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13, dellapplicazione dellarticolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001, disposizione che prevede la trasformazione dei contratti a tempo determinato successivi di durata superiore a 36 mesi in contratto di lavoro a tempo indeterminato. Da tale constatazione detto giudice rileva, giustamente, che la citata disposizione costituisce una misura che, nei limiti in cui previene il ricorso abusivo a siffatti contratti e implica leliminazione definitiva delle conseguenze dellabuso, conforme ai requisiti derivanti dal diritto dellUnione (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., C.362/13, C.363/13 e C.407/13, EU:C:2014:2044, punti 69 e 70, nonch giurisprudenza ivi citata). 56 Si deve constatare che detto giudice non spiega assolutamente in che modo, in siffatte circostanze, la sua seconda questione nella causa C.63/13 sia ancora rilevante per pronunciarsi, nella controversia di cui al procedimento principale, sulla conformit della normativa nazionale di cui trattasi al diritto dellUnione. 57 In ogni caso, dallordinanza di rinvio non risulta assolutamente in che modo un lavoratore che benefici di una siffatta trasformazione, la cui domanda di risarcimento , peraltro, presentata in via subordinata, subisca, al pari dei lavoratori che si trovino nella situazione delle ricorrenti nei procedimenti allorigine delle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13, che sono esclusi dallapplicazione di tale articolo 5, comma 4 bis, un danno che dia diritto al risarcimento. 58 In tali circostanze, si deve ritenere che anche la seconda questione sollevata nella causa C.63/13 sia di natura ipotetica. 59 Il Comune di Napoli, il governo italiano e la Commissione europea, inoltre, mettono in discussione la ricevibilit della quarta questione nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13 nonch della terza questione nella causa C.63/13, per il motivo, sostanzialmente, che la risposta a tali questioni , in tutto o in parte, irrilevante ai fini delle controversie di cui ai procedimenti principali. 60 Si deve osservare che tali questioni, la cui formulazione identica, si fondano, come gi constatato al punto 32 della presente sentenza, sulla premessa in forza della quale linterpretazione del diritto nazionale apportata dal governo italiano nella causa che ha dato luogo allordinanza Affatato (EU:C:2010:574, punto 48), secondo cui larticolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001 applicabile al settore pubblico, erronea e, pertanto, integra una violazione da parte dello Stato membro interessato del principio di leale cooperazione. 61 Tale interpretazione, come risulta dai punti 14 e 15 della presente sentenza, corrisponde tuttavia pienamente allinterpretazione apportata nel caso di specie dal Tribunale di Napoli, e alla luce della quale, secondo una giurisprudenza costante, la Corte deve effettuare lesame dei presenti rinvii pregiudiziali (v., in particolare, sentenza Pontin, C.63/08, EU:C:2009:666, punto 38). Tale giudice indica, infatti esplicitamente nelle sue ordinanze di rinvio che, a suo avviso, il legislatore nazionale non ha inteso escludere lapplicazione di detto articolo 5, comma 4 bis, al settore pubblico. 62 Inoltre, come risulta dal punto 28 della presente sentenza, lo stesso giudice del rinvio ritiene, cosa che rientra nella sua competenza esclusiva, che larticolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001, sebbene si applichi al settore pubblico, non sia applicabile alla scuola statale, di modo che tale disposizione non rilevante ai fini delle controversie principali nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13. 63 Ne consegue che la quarta questione nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13 nonch la terza questione nella causa C.63/13 sono ipotetiche. 64 Alla luce di tutto quanto precede, si deve rilevare che la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C.63/13, nel suo complesso, nonch la quarta questione nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13 sono, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 50 della presente sentenza, irricevibili. Nel merito 65 Con la prima questione nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13 nonch con le due questioni nella causa C.418/13, che occorre esaminare congiuntamente, i giudici del rinvio intendono, in sostanza, sapere se la clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui ai procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dellespletamento di procedure concorsuali per lassunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonch di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per lespletamento di tali concorsi ed escludendo qualsiasi possibilit, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Sullambito di applicazione dellaccordo quadro 66 Il governo ellenico fa valere che inopportuno che il settore dellinsegnamento sia soggetto alle disposizioni dellaccordo quadro relative al ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Tale settore si caratterizzerebbe, infatti dal- lesistenza di esigenze () specifiche ai sensi della clausola 5, punto 1, di tale accordo quadro, poich linsegnamento volto a garantire il rispetto del diritto allo studio ed indispensabile al buon funzionamento del sistema scolastico. 67 A tale proposito va ricordato che, dalla formulazione stessa della clausola 2, punto 1, dellaccordo quadro, risulta che lambito di applicazione di questultimo concepito in senso ampio, poich riguarda in generale i lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro. Inoltre, la definizione della nozione di lavoratore a tempo determinato ai sensi dellaccordo quadro, enunciata alla clausola 3, punto 1, di questultimo, include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro e a prescindere dalla qualificazione del loro contratto in diritto interno (v. sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punti 28 e 29 nonch giurisprudenza ivi citata). 68 Pertanto, laccordo quadro si applica allinsieme dei lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nellambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato che li lega al loro datore di lavoro, purch questi siano vincolati da un contratto di lavoro ai sensi del diritto nazionale, e fatto salvo soltanto il margine di discrezionalit conferito agli Stati membri dalla clausola 2, punto 2, dellaccordo quadro per quanto attiene allapplicazione di questultimo a talune categorie di contratti o di rapporti di lavoro nonch allesclusione, conformemente al quarto comma del preambolo dellaccordo quadro, dei lavoratori interinali (v. sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punti da 30 a 33 nonch giurisprudenza ivi citata). CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 71 69 Ne consegue che laccordo quadro non esclude nessun settore particolare dalla sua sfera dapplicazione e che, pertanto, applicabile al personale assunto nel settore dellinsegnamento (v., in tal senso, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 38). 70 Tale conclusione avvalorata dal contenuto della clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro, da cui si ricava che, conformemente al terzo comma del preambolo dellaccordo quadro nonch ai punti 8 e 10 delle sue considerazioni generali, nellambito dellattuazione di detto accordo quadro che gli Stati membri hanno facolt, in quanto ci sia oggettivamente giustificato, di tener conto delle esigenze particolari relative ai settori di attivit e/o alle categorie specifici di lavoratori in questione (sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 39). 71 Ne deriva che lavoratori che si trovino nella situazione dei ricorrenti nei procedimenti principali, assunti in qualit di docenti o di collaboratori amministrativi per effettuare supplenze annuali in scuole statali nellambito di contratti di lavoro ai sensi del diritto nazionale, che incontestabilmente non rientrano in rapporti di lavoro che possano essere esclusi dallambito di applicazione dellaccordo quadro, sono soggetti alle disposizioni dello stesso, e in particolare, alla sua clausola 5 (v., per analogia, sentenza Mrquez Samohano, C.190/13, EU:C:2014:146, punto 39). Sullinterpretazione della clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro 72 Occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro mira ad attuare uno degli obiettivi perseguiti dallo stesso, vale a dire limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come una potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (v., in particolare, sentenze Adeneler e a., C.212/04, EU:C:2006:443, punto 63; Kck, C.586/10, EU:C:2012:39, punto 25, nonch Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 54). 73 Come risulta dal secondo comma del preambolo dellaccordo quadro, cos come dai punti 6 e 8 delle considerazioni generali di detto accordo quadro, infatti, il beneficio della stabilit dellimpiego inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 62, nonch Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 55). 74 Pertanto, la clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro impone agli Stati membri, al fine di prevenire lutilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, ladozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, qualora il loro diritto interno non contenga norme equivalenti. Le misure cos elencate al punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola, in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (v., in particolare, sentenze Kck, EU:C:2012:39, punto 26, nonch Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 56). 75 Gli Stati membri dispongono di unampia discrezionalit a tale riguardo, dal momento che essi hanno la scelta di far ricorso a una o a pi misure enunciate al punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola, oppure a norme giuridiche equivalenti gi esistenti, e ci tenendo conto, nel contempo, delle esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori (v. sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 59 nonch giurisprudenza ivi citata). 76 Cos facendo, la clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro fissa agli Stati membri un obiettivo generale, consistente nella prevenzione di siffatti abusi, lasciando loro nel contempo la scelta dei mezzi per conseguire ci, purch essi non rimettano in discussione lobiettivo o leffetto utile dellaccordo quadro (sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 60). 77 Inoltre quando, come nel caso di specie, il diritto dellUnione non prevede sanzioni specifiche nellipotesi in cui vengano nondimeno accertati abusi, spetta alle autorit nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dellaccordo quadro (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 62 nonch giurisprudenza ivi citata). 78 Seppure, in mancanza di una specifica disciplina dellUnione in materia, le modalit di applicazione di tali norme spettino allordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio dellautonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere per meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) n rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile lesercizio dei diritti conferiti dallordinamento giuridico dellUnione (principio di effettivit) (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 63 nonch giurisprudenza ivi citata). 79 Da ci discende che, quando si verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dellUnione (sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 64 nonch giurisprudenza ivi citata). 80 A tale proposito, occorre ricordare che, come sottolineato ripetutamente dalla Corte, laccordo quadro non enuncia un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. Infatti, la clausola 5, punto 2, dellaccordo quadro lascia, in linea di principio, agli Stati membri la cura di determinare a quali condizioni i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato vadano considerati come conclusi a tempo indeterminato. Da ci discende che laccordo quadro non prescrive le condizioni in presenza delle quali si pu fare uso dei contratti a tempo indeterminato (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 65 nonch giurisprudenza ivi citata). 81 Nel caso di specie, per quanto concerne la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, occorre ricordare che la Corte non competente a pronunciarsi sullinterpretazione delle disposizioni del diritto interno, dato che questo compito spetta esclusivamente al giudice del rinvio o, se del caso, ai competenti organi giurisdizionali nazionali, che devono determinare se i criteri ricordati ai punti da 74 a 79 della presente sentenza siano soddisfatti dalle disposizioni della normativa nazionale applicabile (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 66 nonch giurisprudenza ivi citata). 82 Spetta pertanto al giudice del rinvio valutare in che misura i presupposti per lapplicazione nonch leffettiva attuazione delle disposizioni rilevanti del diritto interno costituiscano una misura adeguata per prevenire e, se del caso, punire luso abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v. sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 67 nonch giurisprudenza ivi citata). 83 Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, pu fornire, ove necessario, CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73 precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua valutazione (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 68 nonch giurisprudenza ivi citata). Sullesistenza di misure di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato 84 Per quanto riguarda lesistenza di misure di prevenzione dellutilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi della clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro, pacifico che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali consenta di assumere docenti con una successione di contratti di lavoro a tempo determinato per il conferimento di supplenze, senza prevedere alcuna misura che limiti la durata massima totale di tali contratti o il numero dei loro rinnovi, ai sensi del punto 1, lettere b) e c), di detta clausola. In particolare, il Tribunale di Napoli indica a tale riguardo, come risulta dal punto 28 della presente sentenza, che larticolo 10, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001 esclude lapplicazione alla scuola statale dellarticolo 5, comma 4 bis, di detto decreto, che prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato di durata superiore a 36 mesi siano trasformati in contratti di lavoro a tempo indeterminato, permettendo cos un numero di rinnovi illimitato di siffatti contratti. anche incontestato che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali non preveda alcuna misura equivalente a quelle enunciate alla clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro. 85 In tali circostanze, importante che il rinnovo di siffatti contratti di lavoro sia giustificato da una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro. 86 Come si evince dal punto 7 delle considerazioni generali di tale accordo, infatti, e come risulta dal punto 74 della presente sentenza, i firmatari dellaccordo quadro hanno ritenuto che luso di contratti di lavoro a tempo determinato basato su ragioni obiettive sia un mezzo per prevenire gli abusi (v. sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 67, nonch Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 58). 87 Per quanto riguarda tale nozione di ragioni obiettive che figura nella clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro, la Corte ha gi dichiarato che essa deve essere intesa nel senso che si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attivit e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, lutilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per lespletamento delle quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalit di politica sociale di uno Stato membro (sentenza Kck, EU:C:2012:39, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). 88 Per contro, una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare, in modo generale e astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, non soddisfarebbe i requisiti precisati al punto precedente della presente sentenza. Infatti, una disposizione di tal genere, di natura puramente formale, non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad unesigenza reale, se esso sia idoneo a conseguire lobiettivo perseguito e sia necessario a tal fine. Una siffatta disposizione comporta quindi un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e, pertanto, non compatibile con lo scopo e leffetto utile dellaccordo quadro (sentenza Kck, EU:C:2012:39, punti 28 e 29 nonch giurisprudenza ivi citata). 89 Nel caso di specie si deve, in via preliminare, rilevare che dalle ordinanze di rinvio e dalle spiegazioni fornite in udienza risulta che, in forza della normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, come prevista dalla legge n. 124/1999, lassunzione di personale nelle scuole statali ha luogo sia a tempo indeterminato tramite limmissione in ruolo sia a tempo determinato mediante lo svolgimento di supplenze. Limmissione in ruolo si effettua secondo il sistema cosiddetto del doppio canale, ossia, quanto alla met dei posti vacanti per anno scolastico, mediante concorsi per titoli ed esami e, quanto allaltra met, attingendo alle graduatorie permanenti, nelle quali figurano i docenti che hanno vinto un siffatto concorso senza tuttavia ottenere un posto di ruolo, e quelli che hanno seguito corsi di abilitazione tenuti dalle scuole di specializzazione per linsegnamento. Si fatto ricorso alle supplenze attingendo alle medesime graduatorie: la successione delle supplenze da parte di uno stesso docente ne comporta lavanzamento in graduatoria e pu condurlo allimmissione in ruolo. 90 Dalle stesse ordinanze di rinvio emerge che la normativa nazionale di cui trattasi, come risulta dallarticolo 4 della legge n. 124/1999, letto in combinato disposto con larticolo 1 del decreto n. 131/2007, prevede tre tipi di supplenze: in primo luogo, le supplenze annuali sullorganico di diritto, in attesa dellespletamento di procedure concorsuali per lassunzione di personale di ruolo, per posti vacanti e disponibili, in quanto privi di titolare, il cui termine corrisponde a quello dellanno scolastico, ossia il 31 agosto; in secondo luogo, le supplenze temporanee sullorganico di fatto, per posti non vacanti, ma disponibili, il cui termine corrisponde a quello delle attivit didattiche, ossia il 30 giugno, e, in terzo luogo, le supplenze temporanee, o supplenze brevi, nelle altre ipotesi, il cui termine corrisponde alla cessazione delle esigenze per le quali sono state disposte. 91 Si deve sottolineare che una normativa nazionale che consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per sostituire, da un lato, personale delle scuole statali in attesa dellesito di procedure concorsuali per lassunzione di personale di ruolo nonch, dallaltro, personale di tali scuole che si trova momentaneamente nellimpossibilit di svolgere le sue funzioni non di per s contraria allaccordo quadro. Infatti, la sostituzione temporanea di un altro dipendente al fine di soddisfare, in sostanza, esigenze provvisorie del datore di lavoro in termini di personale pu, in linea di principio, costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), di tale accordo quadro (v., in tal senso, sentenze Angelidaki e a., da C.378/07 a C.380/07, EU:C:2009:250, punti 101 e 102, nonch Kck, EU:C:2012:39, punto 30). 92 A tale riguardo, occorre, innanzitutto, ricordare che, nellambito di unamministrazione che dispone di un organico significativo, come il settore dellinsegnamento, inevitabile che si rendano spesso necessarie sostituzioni temporanee a causa, segnatamente, del- lindisponibilit di dipendenti che beneficiano di congedi per malattia, per maternit, parentali o altri. La sostituzione temporanea di dipendenti in tali circostanze pu costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro, che giustifica sia la durata determinata dei contratti conclusi con il personale supplente, sia il rinnovo di tali contratti in funzione delle esigenze emergenti, fatto salvo il rispetto dei requisiti fissati al riguardo dallaccordo quadro (v., in tal senso, sentenza Kck, EU:C:2012:39, punto 31). 93 Tale conclusione si impone a maggior ragione allorch la normativa nazionale che giustifica il rinnovo di contratti a tempo determinato in caso di sostituzione temporanea persegue altres obiettivi di politica sociale riconosciuti come legittimi. Infatti, come risulta dal punto 87 della presente sentenza, la nozione di ragione obiettiva che figura CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 alla clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro comprende il perseguimento di siffatti obiettivi. Orbene, misure dirette, in particolare, a tutelare la gravidanza e la maternit nonch a consentire agli uomini e alle donne di conciliare i loro obblighi professionali e familiari perseguono obiettivi legittimi di politica sociale (v. sentenza Kck, EU:C:2012:39, punti 32 e 33 nonch giurisprudenza ivi citata). 94 Inoltre, va rilevato che, come risulta, in particolare, dallordinanza di rinvio nella causa C.418/13, linsegnamento correlato a un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione della Repubblica italiana che impone a tale Stato lobbligo di organizzare il servizio scolastico in modo da garantire un adeguamento costante tra il numero di docenti e il numero di scolari. Orbene, non si pu negare che tale adeguamento dipenda da un insieme di fattori, taluni dei quali possono, in una certa misura, essere difficilmente controllabili o prevedibili, quali, in particolare, i flussi migratori esterni ed interni o le scelte di indirizzi scolastici da parte degli scolari. 95 Si deve ammettere che fattori del genere attestano, nel settore dellinsegnamento di cui trattasi nei procedimenti principali, unesigenza particolare di flessibilit che, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 70 della presente sentenza, idonea, in tale specifico settore, a giustificare oggettivamente, alla luce della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro, il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato per rispondere in maniera adeguata alla domanda scolastica ed evitare di esporre lo Stato, quale datore di lavoro in tale settore, al rischio di dover immettere in ruolo un numero di docenti significativamente superiore a quello effettivamente necessario per adempiere i propri obblighi in materia. 96 Infine, va constatato che, qualora uno Stato membro riservi, nelle scuole da esso gestite, laccesso ai posti permanenti al personale vincitore di concorso, tramite limmissione in ruolo, pu altres oggettivamente giustificarsi, alla luce di detta disposizione, che, in attesa dellespletamento di tali concorsi, i posti da occupare siano coperti con una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. 97 I ricorrenti nei procedimenti principali sostengono tuttavia che la normativa nazionale di cui trattasi in tali procedimenti, quale risulta dallarticolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, che consente proprio il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per coprire, tramite supplenze annuali, posti vacanti e disponibili in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale docente di ruolo, porti, nella pratica, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, poich non esiste alcuna certezza riguardo alla data alla quale tali procedure concorsuali devono essere organizzate. Il rinnovo di siffatti contratti di lavoro a tempo determinato consentirebbe cos di soddisfare esigenze permanenti e durevoli nelle scuole statali derivanti dalla mancanza strutturale di personale di ruolo. 98 Dal canto suo, il governo italiano fa valere che il sistema cosiddetto del doppio canale, come descritto al punto 89 della presente sentenza, consente di inserire il personale a tempo determinato della scuola statale in un percorso che conduce alla sua immissione in ruolo, poich tale personale pu non solo partecipare a concorsi pubblici, ma anche, per effetto dellavanzamento nelle graduatorie risultante dalla successione delle supplenze, contabilizzare un numero di periodi di attivit a tempo determinato sufficienti per essere immesso in ruolo. Orbene, tali graduatorie dovrebbero essere ad esaurimento , nel senso che, quando un certo numero di docenti vi iscritto, esse non possono pi essere alimentate. Tali graduatorie costituirebbero quindi uno strumento tendente a contrastare il precariato del lavoro. Indipendentemente dalla specifica situazione di fatto, la normativa nazionale di cui trattasi dovrebbe quindi essere considerata conforme alla clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro. 99 A tale riguardo, occorre sottolineare che, sebbene una normativa nazionale che consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi per la sostituzione di personale in attesa dellesito di procedure concorsuali possa essere giustificata da una ragione obiettiva, lapplicazione concreta di tale ragione, in considerazione delle particolarit dellattivit di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, deve essere conforme ai requisiti dellaccordo quadro. Nellapplicazione della disposizione del diritto nazionale di cui trattasi, le autorit competenti devono quindi essere in grado di stabilire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad unesigenza reale, sia atto a raggiungere lo scopo perseguito e sia necessario a tal fine (v., in tal senso, sentenza Kck, EU:C:2012:39, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). 100 Orbene, come la Corte ha gi dichiarato in numerose occasioni, il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze che, di fatto, hanno un carattere non gi provvisorio, ma, al contrario, permanente e durevole, non giustificato ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro. Infatti, un utilizzo siffatto dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato direttamente in contrasto con la premessa sulla quale si fonda tale accordo quadro, vale a dire il fatto che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei rapporti di lavoro, anche se i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dellimpiego in alcuni settori o per determinate occupazioni e attivit (sentenza Kck, EU:C:2012:39, punti 36 e 37 nonch giurisprudenza ivi citata). 101 Losservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro richiede quindi che si verifichi concretamente che il rinnovo di successivi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione nazionale quale larticolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, letta in combinato disposto con larticolo 1 del decreto n. 131/2007 non sia utilizzata, di fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale (v., in tal senso, sentenza Kck, EU:C:2012:39, punto 39 e giurisprudenza ivi citata). 102 Occorre a tal fine esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso, prendendo in considerazione, in particolare, il numero di detti contratti successivi stipulati con la stessa persona oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, sebbene palesemente conclusi per soddisfare unesigenza di personale sostitutivo, siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro (v., in tal senso, sentenza Kck, EU:C:2012:39, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). 103 Lesistenza di una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), del- laccordo quadro esclude quindi, in linea di principio, lesistenza di un abuso, a meno che un esame globale delle circostanze sottese al rinnovo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato di cui trattasi riveli che le prestazioni richieste del lavoratore non corrispondono ad una mera esigenza temporanea (sentenza Kck, EU:C:2012:39, punto 51). 104 Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene il governo italiano, il solo fatto che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali possa essere giustificata da una ragione obiettiva ai sensi di tale disposizione non pu essere sufficiente a renderla ad essa conforme, se risulta che lapplicazione concreta di detta normativa conduce, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. 105 Orbene, a tale riguardo, sebbene, conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti 81 e 82 della presente sentenza, ogni valutazione dei fatti rientri, nellambito del procedimento previsto dallarticolo 267 TFUE, nella competenza dei giudici nazionali, si deve constatare che dagli elementi forniti alla Corte nelle presenti cause emerge che, come peraltro ammesso dallo stesso governo italiano, il termine di immissione in ruolo dei docenti nellambito di tale sistema tanto variabile quanto incerto. 106 Da un lato, infatti, pacifico, come risulta dalla formulazione stessa della prima questione nella causa C.418/13, che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali non fissa alcun termine preciso riguardo allorganizzazione delle procedure concorsuali, dal momento che queste ultime dipendono dalle possibilit finanziarie dello Stato e dalla valutazione discrezionale dellamministrazione. Cos, secondo le stesse constatazioni operate dalla Corte costituzionale nellordinanza di rinvio nella medesima causa, non stata organizzata nessuna procedura concorsuale tra il 2000 e il 2011. 107 Dallaltro lato, dalle spiegazioni del governo italiano risulta che limmissione in ruolo per effetto dellavanzamento dei docenti in graduatoria, essendo in funzione della durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonch dei posti che sono nel frattempo divenuti vacanti, dipende, come sostenuto giustamente dalla Commissione, da circostanze aleatorie e imprevedibili. 108 Ne deriva che una normativa nazionale, quale quella di cui ai procedimenti principali, sebbene limiti formalmente il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per posti vacanti e disponibili nelle scuole statali solo per un periodo temporaneo fino allespletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire che lapplicazione concreta di tale ragione obiettiva, in considerazione delle particolarit dellattivit di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, sia conforme ai requisiti dellaccordo quadro. 109 Una siffatta normativa, infatti, in assenza di un termine preciso per lorganizzazione e lespletamento delle procedure concorsuali che pongono fine alla supplenza e, pertanto, del limite effettivo con riguardo al numero di supplenze annuali effettuato da uno stesso lavoratore per coprire il medesimo posto vacante, tale da consentire, in violazione della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze che, di fatto, hanno un carattere non gi provvisorio, ma, al contrario, permanente e durevole, a causa della mancanza strutturale di posti di personale di ruolo nello Stato membro considerato. Una siffatta constatazione risulta suffragata, non solo dalla situazione dei ricorrenti nei procedimenti principali, come descritta ai punti 23 e 37 della presente sentenza, ma anche, in maniera pi generale, dai dati forniti alla Corte nellambito delle presenti cause. Cos, a seconda degli anni e delle fonti, risulta che circa il 30%, o addirittura, secondo il Tribunale di Napoli, il 61%, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole statali sia impiegato con contratti di lavoro a tempo determinato e che, tra il 2006 e il 2011, il personale docente di tali scuole vincolato da siffatti contratti abbia rappresentato tra il 13% e il 18% di tutto il personale docente di dette scuole. 110 A tale riguardo, va ricordato che, sebbene considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata delle misure che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia, di per s, un obiettivo perseguito da tale politica e, pertanto, non possono giustificare lassenza di qualsiasi misura di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi della clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro (v., per analogia, sentenza Thiele Meneses, C.220/12, EU:C:2013:683, punto 43 e giurisprudenza ivi citata). 111 In ogni caso, va osservato che, come risulta dal punto 89 della presente sentenza, una normativa nazionale quale quella di cui ai procedimenti principali non riserva laccesso ai posti permanenti nelle scuole statali al personale vincitore di concorso, poich essa consente altres, nellambito del sistema del doppio canale, limmissione in ruolo di docenti che abbiano unicamente frequentato corsi di abilitazione. In tali circostanze, come la Commissione ha fatto valere in udienza, non assolutamente ovvio circostanza che spetta, tuttavia, ai giudici del rinvio verificare che possa essere considerato oggettivamente giustificato, alla luce della clausola 5, punto 1, lettera a), dellaccordo quadro, il ricorso, nel caso di specie, a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili in dette scuole motivato dallattesa del- lespletamento delle procedure concorsuali. 112 A tale riguardo, si deve sottolineare, al pari della Commissione, che, ai fini dellattuazione della clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro, uno Stato membro legittimato a scegliere di non adottare la misura di cui al punto 1, lettera a), di detta clausola. Viceversa, esso pu preferire ladozione di una delle misure o le due misure di cui al punto 1, lettere b) e c), della medesima clausola, relative, rispettivamente, alla durata massima totale di tali contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi e al numero dei loro rinnovi, e ci purch, quale che sia la misura in concreto adottata, venga garantita leffettiva prevenzione dellutilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 61). 113 Si deve, pertanto, constatare, che dagli elementi forniti alla Corte nellambito delle presenti cause emerge che una normativa nazionale, quale quella di cui ai procedimenti principali, non risulta prevedere, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, alcuna misura di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi della clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro, contrariamente ai requisiti ricordati ai punti 74 e 76 della presente sentenza. Sullesistenza di misure sanzionatorie del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato 114 Per quanto riguarda lesistenza di misure dirette a sanzionare lutilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, si deve rilevare, innanzitutto, che dalle ordinanze di rinvio risulta che, come espressamente indicato dalla Corte costituzionale nella sua seconda questione pregiudiziale nella causa C.418/13, la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali esclude qualsivoglia diritto al risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore dellinsegnamento. In particolare, pacifico che il regime previsto dallarticolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001 nel caso di ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico non pu conferire un siffatto diritto nei procedimenti principali. 115 Peraltro, come risulta dai punti 28 e 84 della presente sentenza, altres incontroverso che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali non consenta ne CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 79 anche la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi in contratto o rapporto di lavoro a tempo indeterminato, essendo esclusa lapplicazione del- larticolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001 alla scuola statale. 116 Ne consegue che, come risulta dalle ordinanze di rinvio e dalle osservazioni del governo italiano, lunica possibilit per un lavoratore che abbia effettuato supplenze, ai sensi dellarticolo 4 della legge n. 124/1999, in una scuola statale di ottenere la trasformazione dei suoi contratti di lavoro a tempo determinato successivi in un contratto o in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato risiede nellimmissione in ruolo per effetto del- lavanzamento in graduatoria. 117 Tuttavia, essendo una siffatta possibilit, come risulta dai punti da 105 a 107 della presente sentenza, aleatoria, la stessa non pu essere considerata una sanzione a carattere sufficientemente effettivo e dissuasivo ai fini di garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dellaccordo quadro. 118 Sebbene, certamente, uno Stato membro possa legittimamente, nellattuazione della clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro, prendere in considerazione esigenze di un settore specifico come quello dellinsegnamento, cos come gi rilevato ai punti 70 e 95 della presente sentenza, tale facolt non pu essere intesa nel senso di consentirgli di esimersi dallosservanza dellobbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. 119 Si deve, pertanto, ritenere che dagli elementi forniti alla Corte nellambito delle presenti cause si evince che una normativa nazionale quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, non risulta conforme ai requisiti che emergono dalla giurisprudenza ricordata ai punti da 77 a 80 della presente sentenza. 120 Di conseguenza, si deve rispondere ai giudici del rinvio dichiarando che la clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonch di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per lespletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilit, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad unesigenza reale, sia idoneo a conseguire lobiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dallaltro, non prevede nessunaltra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. 121 In tali circostanze, non occorre rispondere alle altre questioni sollevate dal Tribunale di Napoli nelle cause C.22/13, C.61/13 e C.62/13. Sulle spese 122 Nei confronti delle parti nei procedimenti principali le presenti cause costituiscono un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: La clausola 5, punto 1, dellaccordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nellallegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa allaccordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dellespletamento delle procedure concorsuali per lassunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonch di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per lespletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilit, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad unesigenza reale, sia idoneo a conseguire lobiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dallaltro, non prevede nessunaltra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. i giudizi in corso alla corte di giustizia ue i giudizi in corso alla corte di giustizia ue Le concessioni del demanio marittimo al vaglio del diritto europeo Si pubblica latto dintervento del Governo della Repubblica Italiana, rappresentato e difeso dallAvvocatura Generale dello Stato nella causa C458/ 14 sulla domanda proposta dal Tribunale Regionale Amministrativo per la Lombardia (Italia) con sentenza n. 2401/2014, con la quale stata sotto- posta al giudizio della Corte di giustizia, ai sensi dell'art. 267 del TFUE (ex articolo 234 del TCE), la seguente questione pregiudiziale: I principi della libert di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56, e 106 del TFUE, nonch il canone di ragionevolezza in essi racchiuso, ostano ad una normativa nazionale che, per effetto di successivi interventi legislativi, determina la reiterata proroga del termine di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale di rilevanza economica, la cui durata viene incrementata per legge per almeno undici anni, cos conservando in via esclusiva il diritto allo sfruttamento a fini economici del bene in capo al medesimo concessionario, nonostante l'intervenuta scadenza del termine di efficacia previsto dalla concessione gi rilasciatagli, con conseguente preclusione per gli operatori economici interessati di ogni possibilit di ottenere l'assegnazione del bene all'esito di procedure ad evidenza pubblica?. La questione parte da lontano e se ne riassumono gli ultimi passaggi in ordine di tempo. Nel febbraio del 2009 la Commissione europea ha avviato una procedura dinfrazione censurando il fatto che in Italia lattribuzione delle concessioni demaniali marittime per finalit ricreative (le concessioni per stabilimenti balneari) si finora basata su un sistema di preferenza per il concessionario uscente, se non addirittura di puro e semplice rinnovo automatico della concessione gi assentita. La Commissione ha quindi richiesto di modificare le norme di legge su cui si era finora basato il sistema italiano - lart. 37 cod. nav. e lart. 1, comma 2, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 - che prevedono rispettivamente il c.d. diritto dinsistenza (preferenza per il concessionario uscente) e il rinnovo automatico delle concessioni sessennali, cos da passare ad un sistema basato su concessioni di durata massima di 20/25 anni da attribuire mediante procedure di evidenza pubblica. Nella prima fase della procedura, le contestazioni della Commissione si sono appuntate sulla contrariet di tale regime alle norme del Trattato, ed in particolare dellart. 43 dellallora Trattato CE (ora art. 49 del Trattato sul Funzionamento dellUnione Europea), che conferisce alle imprese dellUnione il diritto di stabilirsi in un altro Stato membro, sia a titolo principale, sia attraverso la creazione di agenzie, succursali o filiali e impone agli Stati membri di consentire, attraverso la propria legislazione nazionale, lesercizio di tale libert senza essere soggette a norme nazionali che non rispettino il principio di parit di trattamento. A giudizio della Commissione, ogni automatismo a favore del concessionario uscente determina una disparit di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza, dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilit, alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore. Linterpretazione, come noto, stata condivisa dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 180 del 2010, che - occupandosi di una legge delle Regione Emilia-Romagna che attribuiva ai titolari di concessioni demaniali marittime il diritto ad una proroga della durata della concessione fino ad un massimo di 20 anni - ha dichiarato che simili previsioni determinano una ingiustificata compressione dellassetto concorrenziale del mercato della gestione del demanio marittimo, (...), violando il principio di parit di trattamento (detto anche di non discriminazione), che si ricava dagli artt. 49 e ss. del Trattato sul funzionamento dellUnione europea, in tema di libert di stabilimento, favorendo i vecchi concessionari a scapito degli aspiranti nuovi. Tale indirizzo stato, poi, ribadito nelle sentenze n. 340 del 2010 e n. 213 del 2011, relative ad altre leggi regionali. Per superare le contestazioni della Commissione, stata inserita nellarticolo 1, comma 18, del decreto-legge 194/2009 (c.d. mille-proroghe) unapposita previsione, che ha abrogato lart. 37, comma 2, del codice della navigazione (e cio la disposizione che prevede il diritto dinsistenza), nel contempo prorogando le concessioni in essere al 31 dicembre 2015, onde consentire, nelle more di tale scadenza, ladozione di una normativa che disciplinasse laffidamento delle concessioni in esame attraverso procedure di evidenza pubblica. In fase di conversione, in questa stessa disposizione fu inserito al Senato (sulla base di un emendamento di origine parlamentare) un rinvio allart. 1, comma 2, del decreto-legge 400/1993 che prevede un meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni sessennali; circostanza che ha impedito la chiusura della procedura dinfrazione. La Commissione infatti ha inviato il 5 maggio 2010 una lettera di messa in mora complementare con cui, oltre ad agganciare lincompatibilit della normativa dellUnione anche allart. 12 della Direttiva Servizi (c.d. Direttiva Bolkenstein) (1), entrata nel frattempo in vigore (28 dicembre 2009), ha chie sto di correggere lart. 1, comma 18, del decreto mille proroghe, espungendo il rinvio in questione ed abrogando il meccanismo di rinnovo automatico previsto dal citato decreto-legge 400/1993. Nella lettera di messa in mora complementare, la Commissione - oltre a ribadire la contrariet dei meccanismi di proroga automatica, o di preferenza del concessionario, alle norme di diritto primario dellUnione - ha messo in evidenza che larticolo 12 della direttiva Bolkenstein prescrive che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per lesercizio di unattivit economica sia limitato per via della scarsit delle risorse naturali o delle capacit tecniche utilizzabili, queste siano assentite attraverso procedure di selezione che assicurino garanzie di imparzialit e di trasparenza e prevedano unadeguata pubblicit dellavvio della sua procedura e del suo svolgimento. Tale articolo vieta inoltre, al secondo paragrafo, il rinnovo automatico di tali autorizzazioni. (1) Larticolo 12 della direttiva, rubricato Selezioni tra diversi candidati, dispone quanto segue: 1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attivit sia limitato per via della scarsit delle risorse naturali o delle capacit tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialit e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicit dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l'autorizzazione rilasciata per una durata limitata adeguata e non pu prevedere la procedura di rinnovo automatico n accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami. 3. Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario. Pur avendo le concessioni demaniali ad oggetto un bene, chiaro che la scarsit del bene medesimo che non deve necessariamente derivare da una sua scarsit in natura, ma anche da disposizioni che limitano la destinazione del bene ad una particolare attivit - pu discendere anche dal complesso di regole che disciplinano luso di tale bene, ad esempio riservando solo una porzione dei beni disponibili allesercizio dellattivit. Lart. 12 della direttiva servizi stato recepito dallart. 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, il quale dispone: 1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attivit di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsit delle risorse naturali o delle capacit tecniche disponibili, le autorit competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalit atti ad assicurarne l'imparzialit, cui le stesse devono attenersi. 2. Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorit competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario. 3. L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalit di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi al rilascio del titolo autorizzatorio. 4. Nei casi di cui al comma 1 il titolo rilasciato per una durata limitata e non pu essere rinnovato automaticamente, n possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorch giustificati da particolari legami con il primo. Per autorizzazione, secondo le definizioni contenute nella direttiva, deve intendersi qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un'autorit competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all'accesso ad un'attivit di servizio o al suo esercizio. La definizione, pertanto, si attaglia a qualsiasi attivit economica il cui svolgimento postuli lemissione di una decisione di unattivit pubblica. In tale definizione, a giudizio della Commissione, deve ricomprendersi anche lattivit turistico-balneare, considerato che il suo esercizio condizionato dal previo rilascio di una concessione sui beni del demanio marittimo. Per superare definitivamente le contestazioni della Commissione, stato inserito un emendamento nel disegno di legge comunitaria 2010 (atto Senato n. 2322-B), articolo 11 Modifiche al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. Procedura dinfrazione n. 2008/4908. Delega al Governo in materia di concessioni demaniali marittime. Leliminazione del rinvio al meccanismo del rinnovo automatico ha consentito larchiviazione della procedura di infrazione, avvenuta con decisione della Commissione del 27 febbraio 2012. Con larticolo 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (articolo inserito dalla legge di conversione del 17 dicembre 2012 n. 221, su iniziativa parlamentare), il termine di durata delle concessioni demaniali marittime (solo di quelle ad uso turistico-ricreativo) stato prorogato al 31 dicembre 2020. Pietro Garofoli Avvocato dello Stato Corte di Giustizia dellUnione europea Osservazioni del Governo della Repubblica Italiana, in persona dellAgente Gabriella Palmieri, rappresentato e difeso dallAvvocatura Generale dello Stato con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia (...) 1. I fatti di causa. 1) La questione pregiudiziale origina da un ricorso proposto da Promoimpresa S.r.l. (Promoimpresa), gi concessionaria per loccupazione di unarea demaniale, ad uso chiosco, bar, veranda, bagni, banchina e pontile, compresa nel demanio del Lago di Garda e sita nel comune di San Felice del Benaco. 2) La Promoimpresa ha impugnato il provvedimento n. 5637 del 6 maggio 2011, con il quale il Consorzio dei Comuni della sponda Bresciana del lago di Garda (in seguito Consorzio) ha negato il rinnovo della concessione di tale area demaniale, nonch la delibera dalla Giunta Regionale (D.G.R.) Lombardia del 6 agosto 2008, n. 7967, nella parte in cui prevede che le concessioni demaniali possono esser rilasciate a seguito di apposita procedura di selezione comparativa ispirata ai principi di libera circolazione dei servizi, senza al contempo prevedere alcun regime transitorio o forme di tutela degli intestatari di concessioni demaniali anteriori allentrata in vigore della medesima delibera. 3) Il giudice italiano prende le mosse dal riconoscimento che il rapporto intercorrente tra Promoimpresa ed il Consorzio presenta i caratteri della concessione, come definita dal diritto comunitario, e che da ci discende che la ricorrente ricava unutilit sfruttando economicamente larea demaniale assegnata, ossia un bene pubblico che si suppone essere non disponibile in quantit illimitata. 4) Quanto alla disciplina applicabile, il Tribunale Amministrativo Regionale evidenzia che nel caso in esame rileva l'art. 1, comma 18, del d. l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con legge del 26 febbraio 2010, n. 25, norma originariamente non riferibile alle concessioni lacuali. 5) Infatti, al momento dei fatti di causa (della scadenza della concessione (31 dicembre 2010) di cui era titolare la Soc. Promoimpresa srl, dellistanza di rinnovo di questultima (14 aprile 2010) e del rigetto dellistanza di rinnovo da parte del Consorzio ente di gestione (6 maggio 2011)), larticolo 1, comma 18, del DL n. 194/09 disciplinava esclusivamente le concessioni demaniali marittime. 6) Lestensione della proroga alle concessioni demaniali lacuali e fluviali avvenuta solo ad opera dellarticolo 1, comma 547, della L. 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilit 2013). 7) Nella ricostruzione del complesso quadro normativo di riferimento, il giudice del rinvio precisa che la proroga delle concessioni, fissata sino al 31 dicembre 2012 dall'art. 1, comma 18, del d. l. 2009 n. 194, stata spostata in avanti, sino al 31 dicembre 2015, dalla legge di conversione del 26 febbraio 2010, n. 25. 8) Successivamente, l'art. 34-duodecies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, introdotto dal Parlamento italiano, in sede di conversione, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha modificato l'art. 1, comma 18, del d. l. 2009 n. 194, stabilendo che le parole: fino a tale data sono sostituite dalle seguenti: fino al 31 dicembre 2020. 9) A completa ricostruzione dellevoluzione della disciplina, come precisato anche dal Giudice del rinvio, occorre evidenziare che le preesistenti modalit di accesso degli operatori economici alle concessioni relative a beni demaniali marittimi erano state modificate con il citato art. 1, comma 18, del decreto legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, proprio al fine di rispondere ai rilievi formulati dalla Commissione Europea nellambito della procedura di infrazione n. 2008/4908, sull'incompatibilit della disciplina previgente con il diritto dellUnione. 10) Concludendo, il giudice del rinvio afferma di dubitare che lart. 1, comma 18, del d. l. 30 dicembre 2009, n. 194 - nella versione risultante dalle modifiche apportate dall'art. 34duodecies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo introdotto in sede di conversione con legge 17 dicembre 2012, n. 221 - nella parte in cui dispone la proroga del termine di durata delle concessioni sino al 31 dicembre 2020 sia compatibile con i principi comunitari di tutela della concorrenza e parit di trattamento tra operatori economici, rispetto alla possibilit di conseguire la titolarit di una concessione demaniale, nonch con quelli di proporzionalit e ragionevolezza. 2. La normativa di riferimento. 2.1. Il diritto interno. 11) La questione pregiudiziale, nei termini in cui formulata dal Giudice del rinvio, appare connotata da una certa vaghezza dal momento che il Giudice italiano non indica, nello specifico, quale delle molteplici norme interne, prese in considerazione nella sentenza di rinvio, sia da ritenere in contrasto con la normativa comunitaria. 12) Il Giudice Amministrativo italiano si riferisce infatti genericamente (vedi pag. 25 della sentenza n. 2401/2014) alla normativa nazionale che, per effetto di successivi interventi legislativi, determina la reiterata proroga del termine di scadenza di concessioni di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale di rilevanza economica .. 13) Questa indeterminatezza obbliga a ricostruire per intero la complessa successione delle norme che, nellordinamento italiano, si sono susseguite nella disciplina delle concessioni demaniali marittime e lacuali a fini turistico-ricreativi. 14) Nellordinamento italiano, la disciplina generale in materia di demanio marittimo si storicamente rinvenuta negli articoli 28 e seguenti del codice della navigazione, approvato con Regio Decreto 30 marzo 1942, n. 327. 15) Nel citato testo normativo, la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime delineata dagli articoli 36 e seguenti cod. nav. In particolare, larticolo 37, secondo comma, ultimo periodo, cod. nav., disciplinante laffidamento delle concessioni demaniali marittime, prevedeva la preferenza in favore del vecchio concessionario (c.d. diritto di insistenza). 16) Successivamente, larticolo 1 (1), comma 18, del D.L. n. 194/2009, convertito con modificazioni con Legge n. 25/2010, al fine di adeguare limpianto normativo allordinamento comunitario, ha disposto: a) la soppressione del predetto diritto di insistenza; b) la proroga al 31 dicembre 2015 delle concessioni per finalit turistico-ricreative in scadenza prima di tale data ed in atto al 30 dicembre 2009, data di entrata in vigore dello stesso decreto legge. 17) Con larticolo 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (articolo inserito dalla legge di conversione del 17 dicembre 2012 n. 221, con emendamento di origine parlamentare e non governativa), il termine di durata delle concessioni demaniali marittime (solo di quelle ad uso turistico-ricreativo) stato prorogato al 31 dicembre 2020. 18) Larticolo 11 della Legge n. 217/2011 (Legge comunitaria per il 2010), al fine di chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dellarticolo 258 del Trattato sul funzionamento dellUnione Europea, e riguardante la sussistenza di meccanismi anticoncorrenziali nellassegnazione delle predette concessioni in Italia, ha disposto labrogazione del- larticolo 1, comma 2, del D.L. n. 400/1993 (convertito con Legge n. 494/1993), ove era stata (1) 18. Ferma restando la disciplina relativa all'attribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla legge 5 maggio 2009, n. 42, nonch alle rispettive norme di attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalit turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attivit produttive ad essa connesse, e sportive, nonch quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalit di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libert di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attivit imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonch in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all'articolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 prorogato fino al 31 dicembre 2020, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. All'articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, il secondo periodo soppresso. Comma cos modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25, dallart. 34-duodecies, comma 1, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, dallart. 1, comma 547, L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1 gennaio 2013, e, successivamente, dallart. 1, comma 291, L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1 gennaio 2014. medio tempore introdotta (con articolo 13 della Legge n. 172/2003) la previsione per cui le concessioni demaniali marittime avessero una durata di 6 anni, e che alle relative scadenze fossero automaticamente rinnovate per ulteriori periodi di 6 anni. 19) Occorre, infine segnalare che lart. 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, ha recepito nellordinamento italiano il disposto contenuto nellart. 12 della direttiva servizi n. 2006/123/CE, (cd. Direttiva Bolkestein) disponendo che: 1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attivit di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsit delle risorse naturali o delle capacit tecniche disponibili, le autorit competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalit atti ad assicurarne l'imparzialit, cui le stesse devono attenersi. 2. Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorit competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario. 3. L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalit di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi al rilascio del titolo autorizzatorio. 4. Nei casi di cui al comma 1 il titolo rilasciato per una durata limitata e non pu essere rinnovato automaticamente, n possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorch giustificati da particolari legami con il primo . 2.2. Il diritto comunitario. 20) La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame riguarda la ritenuta violazione dei principi della libert di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56, e 106 del TFUE, nonch il canone di ragionevolezza in essi racchiuso che si sarebbe determinata con lemanazione delle succitate norme interne. 21) In particolare la violazione dellart. 12 (2), comma 2, della direttiva n. 2006/123/CE, (2) Larticolo 12 della direttiva n. 2006/123/CE, rubricato Selezioni tra diversi candidati, dispone quanto segue: 1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attivit sia limitato per via della scarsit delle risorse naturali o delle capacit tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialit e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicit dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l'autorizzazione rilasciata per una durata limitata adeguata e non pu prevedere la procedura di rinnovo automatico n accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami. 3. Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario. Lart. 12 della direttiva servizi stato recepito dallart. 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, il quale dispone: 1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attivit di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsit delle risorse naturali o delle capacit tecniche disponibili, le autorit competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la in base al quale vietata qualsiasi forma di automatismo che, alla scadenza del rapporto concessorio, possa favorire il precedente concessionario, dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non avrebbero la possibilit, alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore, se non nel caso in cui questi rinunci alla proroga. 3. Osservazioni. 3.1 In via pregiudiziale. Sulla irricevibilit della domanda di rinvio. 22) Preliminarmente si chiede a codesta On. Corte di Giustizia di voler accertare la ricevibilit della domanda pregiudiziale in esame. 23) Il Tribunale Amministrativo Regionale, alla pag. 7 della sentenza di rinvio, ritiene di dover portare lattenzione sulla compatibilit comunitaria della norma contenuta nell'art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con legge del 26 febbraio 2010, n. 25, norma che lo stesso giudice ritiene originariamente non riferibile alle concessioni lacuali. 24) Successivamente alla pag. 13 paragrafo 12) della sentenza di rinvio il Tribunale Amministrativo ritiene che la questione sia sicuramente rilevante nel caso concreto dal momento che la concessione rilasciata a Promoimpresa srl rientra temporalmente nellambito di applicazione del citato art. 1, comma 18, essendo gi efficace alla data di entrata in vigore del d.l. 194/2009 e presentando una scadenza anteriore al 31 dicembre 2015. 25) Dette affermazioni non appaiono corrette, alla luce della stessa ricostruzione delliter normativo fatta dal Giudice italiano. indiscutibile, infatti, come gi sopra evidenziato, che: 1) la concessione di cui era titolare la Soc. Promoimpresa srl, scadeva il 31 dicembre 2010; 2) listanza di rinnovo di questultima stata proposta dalla Soc. Promoimpresa in data 14 aprile 2010; 3) il rigetto di detta istanza di rinnovo da parte del Consorzio ente di gestione datato 6 maggio 2011; 4) lestensione dellefficacia dellart. 1, comma 18, del DL n. 194/09 alle concessioni demaniali lacuali avvenuta solo ad opera dellarticolo 1, comma 547 (3), della L. 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilit 2013). 26) evidente, quindi, che al momento della emanazione degli atti impugnati le concessioni demaniali lacuali e fluviali erano disciplinate dal succitato art. 16 del decreto legislativo predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalit atti ad assicurarne l'imparzialit, cui le stesse devono attenersi. 2. Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorit competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario. 3. L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalit di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi al rilascio del titolo autorizzatorio. 4. Nei casi di cui al comma 1 il titolo rilasciato per una durata limitata e non pu essere rinnovato automaticamente, n possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorch giustificati da particolari legami con il primo (3) 547. All'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, dopo le parole: demaniali marittimi sono inserite le seguenti: , lacuali e fluviali; dopo le parole: turistico ricreative sono inserite le seguenti: e sportive, nonch quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto. n. 59 del 2010, con il quale, come sՏ detto, si recepito nellordinamento italiano il disposto contenuto nellart. 12 della direttiva servizi n. 2006/123/CE, (cd. Direttiva Bolkestein). 27) Nel caso di specie, infatti, a differenza di quanto ritenuto dal Giudice italiano, non si pu ritenere temporalmente applicabile al demanio lacuale e fluviale il disposto dellarticolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, convertito con modificazioni con Legge n. 25/2010, di cui si chiede a codesta On. Corte di Giustizia di valutare la compatibilit con lordinamento comunitario. 28) Nellordinamento italiano vige, infatti, lindiscussa regola generale secondo la quale al procedimento amministrativo si applica il principio del tempus regit actum, in quanto, alla luce del principio di legalit, ogni atto amministrativo (anche endoprocedimentale) deve essere conforme alla legge in vigore nel momento in cui viene posto in essere. 29) Questo principio dovrebbe tanto pi valere nel caso in esame, nel quale il Giudice del rinvio dubita della legittimit comunitaria della norma sopravvenuta (e che per, incomprensibilmente, ritiene applicabile). 30) Da ci deriva che anche la proroga concessa dalla legge prima fino al 2015 e successivamente estesa al 2020 non era temporalmente applicabile agli atti amministrativi della cui legittimit si discute nel giudizio di rinvio. 31) Detta proroga non pu quindi applicarsi n ratione temporis n ratione materiae ai provvedimenti oggetto della controversia rinviata allesame di codesta On. Corte di Giustizia. 32) allora evidente che per decidere il ricorso pendente dinnanzi al TAR Lombardia non necessario accertare la compatibilit con il diritto dellUnione europea della norma che ha prorogato al 31 dicembre 2020 la durata delle concessioni e che, dunque, la questione pregiudiziale sollevata dinnanzi alla Corte di Giustizia irricevibile, in quanto manifestamente non rilevante per la risoluzione della causa principale. 33) Questa Difesa cosciente che, come pi volte ritenuto da codesta On. Corte di Giustizia (Sentenza del 17 luglio 2008 in causa C-500/06 Corporacin Dermoesttica SA contro To Me Group Advertising Media) nellambito del procedimento istituito dallart. 234 CE, le funzioni della Corte e quelle del giudice del rinvio sono chiaramente separate ed al secondo che spetta interpretare il suo diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 giugno 1999, causa C-295/97, Piaggio, punto 29 e giurisprudenza ivi citata), tuttavia, in questo specifico caso, deve ritenersi chiaramente superata la presunzione di pertinenza che si riconnette alle questioni sollevate in via pregiudiziale dai giudici nazionali. 34) Secondo codesta On. Corte, infatti, detta presunzione da ritenersi superata qualora sia evidente che linterpretazione richiesta delle disposizioni del diritto comunitario considerate in tali questioni non ha alcuna relazione con leffettivit o con loggetto della causa principale (v., in particolare, sentenze 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, punto 61; 7 settembre 1999, causa C-355/97, Beck e Bergdorf, punto 22, e sentenza 7 giugno 2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a., punto 22). 3.2 Nel merito. Sulla compatibilit della proroga delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali con il diritto dellUnione Europea. 35) Qualora codesta On. Corte ritenesse di poter superare la suesposta eccezione di irricevibilit si dovrebbe valutare la compatibilit con il diritto comunitario delle surriportate norme interne che hanno disposto la proroga delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali. 36) Il giudice del rinvio dubita che larticolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 179 - nella versione risultante dalle modifiche apportate dallarticolo 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, inserito in sede di conversione con legge 17 di cembre 2012, n. 221 - il quale ha disposto la proroga del termine di durata delle concessioni fino al 31 dicembre 2020, sia compatibile con il diritto dellUnione europea, sotto il profilo della libert di stabilimento, della tutela della concorrenza, della parit di trattamento tra gli operatori e dei principi di adeguatezza e proporzionalit. 37) Deve osservarsi che la proroga del termine di durata delle concessioni di beni demaniali con finalit turistico-ricreativa, disposta con il citato articolo 1, comma 18, del DL n. 179/2009, su cui il legislatore pi volte intervenuto, si inserita in un pi ampio progetto di revisione del quadro normativo in materia (il medesimo comma 18 recita: nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali). 38) La proroga, pertanto, ha rappresentato - e rappresenta - una misura transitoria per il passaggio da un regime di rinnovo automatico delle concessioni ad un regime di affidamento delle stesse con gara. 39) A tale revisione e riordino della materia il Governo italiano sta provvedendo attraverso ladozione di un disegno di legge, di prossima approvazione, che prevede, quanto allaffidamento delle concessioni, lespletamento di procedure competitive di selezione, che assicurino il rispetto dei principi di trasparenza, imparzialit, non discriminazione, pubblicit. 40) interesse del Governo italiano, infatti, disciplinare la materia nel pieno rispetto dei principi comunitari, ma anche salvaguardando gli interessi dei soggetti coinvolti. 41) Va rilevato che per lo Stato italiano, con i suoi 7.859 Km di costa, la questione investe, oltre che notevoli interessi economici anche delicati profili politico-sociali, coinvolgendo circa 30.000 piccole - o micro - imprese, per lo pi a conduzione familiare, che operano in un settore, quello turistico, essenziale per leconomica nazionale. 42) In tale contesto di riforma del sistema il legislatore ha inteso tener conto dellimpatto del nuovo sistema di rilascio delle concessioni con gara sulle imprese operanti nel settore e della necessit di tutelare laffidamento in esse ingenerato dal regime di rinnovo automatico, previsto dalla legislazione nazionale fino al 2009 (il diritto di insistenza stato soppresso solo con il DL n. 194/2009). 43) Confidando nel rinnovo automatico delle concessioni, molti dei concessionari hanno, infatti, posto in essere ingenti investimenti per lesercizio dellattivit turistico-ricettiva e molti di essi hanno assunto gravosi impegni con istituti bancari. 44) Per tali ragioni, per poter permettere agli interessati di poter rientrare dei costi sostenuti nel termine dei piani di ammortamento programmati, sembrato necessario prorogare la durata delle concessioni in essere. 45) Tale modifica era stata accompagnata da una proroga delle concessioni in essere fino al 31 dicembre 2015, accettata dalla Commissione, la quale ha riconosciuto lesigenza, rappresentata dallo Stato italiano, di disporre di un periodo adeguato per il passaggio ad un sistema di affidamento delle concessioni con procedure di evidenza pubblica. 46) vero che la proroga fino al 31 dicembre 2020 stata introdotta (con larticolo 34duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, inserito dalla legge di conversione del 17 dicembre 2012 n. 221, con emendamento di origine parlamentare) successivamente alla chiusura della procedura di infrazione, ma anche vero che la ratio della nuova modifica la medesima che ha ispirato la prima formulazione recante la proroga al 2015 e consiste nella tutela dellaffidamento ingenerato negli interessati dal precedente quadro normativo. 47) La salvaguardia del legittimo affidamento, daltronde, costituisce un principio fondamentale nell'azione dei pubblici poteri, da cui la funzione pubblica non pu prescindere. 48) Frutto dell'elaborazione della giurisprudenza e della sistemazione dottrinale, come molti dei principi del diritto pubblico, il legittimo affidamento rappresenta uno strumento di tutela avverso il comportamento irragionevole e contraddittorio dei poteri pubblici. Detto principio il precipitato giuridico dei doveri di correttezza e buona fede (buona fede oggettiva), che impongono di tener conto dell'aspettativa altrui (buona fede soggettiva). 49) Gli Stati membri devono rispettare detto principio ed esso costituisce un canone di interpretazione dei trattati, rappresentando un principio generale di diritto non scritto, per la cui affermazione stata decisiva l'opera di codesta Corte di Giustizia (4). 50) In sede comunitaria la protezione dell'affidamento legittimo riguarda non solo gli atti amministrativi ma anche quelli di natura legislativa. 51) Il principio opera nei rapporti tra privati e Comunit Europea ma altres tra gli Stati membri e le Istituzioni comunitarie, nonch nei riguardi dell'Amministrazione nazionale che chiamata a dare attuazione alla normativa di matrice europea. 52) Il legittimo affidamento costituisce un principio generale dell'ordinamento comunitario. Numerosissime sono le pronunce di codesta On. Corte di Giustizia (5) e del Tribunale di primo grado (6) che da tempo e costantemente affermano la vigenza e il carattere fondamentale di tale canone. Il principio in questione viene considerato un corollario di quello della certezza del diritto, nellambito del quale viene individuato il suo fondamento (7). 53) Quale principio generale dell'ordinamento comunitario, la protezione dell'affidamento legittimo riguarda non solo gli atti amministrativi ma anche quelli di carattere legislativo. Esso opera nei rapporti tra privati e le Istituzioni comunitarie (8) ma altres tra gli Stati membri che aderiscono al sistema delle Comunit Europee, nonch nei riguardi dell'Amministrazione nazionale che chiamata a dare attuazione alla normativa di matrice comunitaria (9). 54) Come emerge dalla disamina normativa sopra esposta, indubbio che la disciplina che regolava le concessioni demaniali marittime per usi turistico-ricreativi, fino al 2009, aveva creato un legittimo affidamento in ordine al rinnovo della concessione, prevedendo dapprima (4) Fra le numerosissime pronunce: Corte di Giustizia, 3 maggio 1978, causa 112/77; Corte di Giustizia, 21 settembre 1983 in cause riunite 205-215/82; Corte di Giustizia, 19 maggio 1983, causa 289/81; Corte di Giustizia, 26 febbraio 1987, causa 15/85; Corte di Giustizia, 20 giugno 1991, causa C-248/89; Corte di Giustizia, 17 aprile 1997, causa C-90/95. (5) Tra le varie sentenze: Corte di Giustizia, 3 maggio 1978, causa 112/77; Corte di Giustizia, 21 settembre 1983 in cause riunite 205-215/82; Corte di Giustizia, 19 maggio 1983, causa 289/81; Corte di Giustizia, 17 aprile 1997, causa C-90/95; Corte di Giustizia, 26 febbraio 1987, causa 15/85, e Corte di Giustizia, 20 giugno 1991, causa C-248/89. (6) Trib. CE, 17 dicembre 1998, causa T-203/96; Trib. CE, 13 marzo 2003, n. 125 (7) In tali termini, espressamente: Corte di Giustizia, 19 settembre 2000, Ampafrance and Sanofi, causa C-177/99, 181/99; Corte di Giustizia, 18 gennaio 2001, Commission/Spain, causa C-83/99. In talune pronunce i due principi sono tra loro affiancati e considerati in un unico contesto, Corte di Giustizia, 21 settembre 1983, Deutsche Milchkontor GmbH, causa 205/82; Corte di Giustizia, 21 giugno 1988, Commission/ Italy, 257/86; Corte di Giustizia, 8 giugno 2000, Grundstckgemeinschaft Schlostrae, causa C-396/98. (8) Corte di Giustizia, 19 maggio 1983, causa 289/81; Trib. CE, 17 dicembre 1998, causa T-203/96; Corte di Giustizia, 19 maggio 1983, Vasilis Mavridis/PE, causa 289/81. (9) Gli Stati membri devono rispettare il legittimo affidamento nell'esercizio dei poteri che conferiscono loro le direttive comunitarie: Corte di Giustizia, 1 aprile 1993, Lageder and others/Amministrazione delle finanze dello Stato, causa C-31/91; Corte di Giustizia, 3 dicembre 1998, Belgocodex, causa C381/ 97. una durata annuale della concessione, poi una durata quadriennale ed infine una durata di sei anni, rinnovabile in modo automatico di sei anni in sei anni e cos ad ogni successiva scadenza, salvo la revoca per motivi legati ad un pubblico interesse. 55) Al rinnovo automatico della concessione demaniale marittima ad uso turistico-ricreativo si legava era legato il cosiddetto "diritto di insistenza", eliminato dal pi volte citato art. 1, comma 18, del D.l. 30 dicembre 2009, n. 194, che dava la preferenza alle precedenti concessioni, gi rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze. 56) Detto quadro normativo ha indotto i concessionari ad investire, con beneficio anche per gli interessi pubblici, diversi milioni di euro nelle strutture turistiche ricettive, soprattutto a partire dal 2006, anno in cui si assistito a un forte rinnovamento delle strutture balneari che, grazie al rinnovo automatico, hanno permesso agli istituti bancari di iscrivere ipoteca sulle strutture (previo nulla osta degli uffici demaniali) per mutui di durata anche ventennale. 57) La situazione sopra descritta ha, evidentemente, giustificato la concessione di una proroga, inizialmente fino al 2015, e successivamente fino al 2020 delle concessioni in essere, per evidenti ragioni di tutela dellaffidamento ingenerato. 58) Lincertezza normativa che deriverebbe da una eventuale dichiarazione di illegittimit di detta proroga, genererebbe un blocco degli investimenti, dal momento che il sistema bancario, in assenza di norme certe, non finanzierebbe pi le strutture che insistono sulle concessioni demaniali, gettando in una profonda incertezza i titolari delle concessioni e determinerebbe una drastica diminuzione del valore commerciale delle aziende. 4. Conclusioni. 59) Per le motivazioni sopra esposte, si chiede conclusivamente a codesta On. Corte di Giustizia di voler valutare la irricevibilit della domanda pregiudiziale in esame per mancanza del necessario requisito della pertinenza in concreto con la causa instaurata innanzi al giudice remittente. 60) In subordine, si chiede di voler comunque ritenere compatibile con il diritto comunitario la proroga al 2020 delle concessioni marittime lacuali e fluviali in essere, prevista dallart. l'art. 1, comma 18, del d. l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con legge del 26 febbraio 2010, n. 25, e successive modificazioni. Roma 12 gennaio 2015 Pietro Garofoli Avvocato dello Stato Causa C-160/14 - Materia: Politica sociale. Ravvicinamento delle legislazioni -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varas Cveis de Lisboa (5 Vara Cvel) (Portogallo) il 4 aprile 2014 - Joo Filipe Ferreira da Silva e Brito e a. / Repubblica portoghese. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella causa C-160/14 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dellart. 267 TFUE dal Varas Cveis de Lisboa (Portogallo), nella causa JOAO FILIPE FERREIRA DA SILVA E BRITO E ALTRI 96 - ricorrenti contro REPUBBLICA PORTOGHESE - resistente *** I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 1. Con decisione del 31 dicembre 2013, depositata in data 4 aprile 2014, il Varas Cveis de Lisboa (Portogallo), nellambito di un procedimento civile vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte la seguente questione: (primo quesito) Se la direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, e in particolare il suo articolo 1, paragrafo 1, debba essere interpretata nel senso che la nozione di trasferimento di uno stabilimento comprenda una situazione in cui unimpresa attiva nel mercato dei voli charter liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, a sua volta impresa operante nel settore del- laviazione, e in cui, nellambito della liquidazione, limpresa controllante: i) - assume la posizione della societ liquidata nei contratti di locazione di aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con operatori turistici; ii) - svolge lattivit precedentemente svolta dalla societ liquidata; iii) - riassume alcuni dipendenti fino a quel momento operanti per la societ liquidata e li colloca in funzioni identiche; iv) - riceve piccole apparecchiature della societ liquidata. (secondo quesito) Se larticolo 267 TFUE (gi articolo 234) debba essere interpretato nel senso che il Supremo Tribunale de Justia, tenuto conto dei fatti descritti nella questione sub 1) e della circostanza che i giudici nazionali di grado inferiore che avevano giudicato la causa abbiano adottato decisioni contraddittorie, sia tenuto a sottoporre alla Corte di giustizia dellUnione europea una questione pregiudiziale vertente sulla corretta interpretazione della nozione di trasferimento di uno stabilimento ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CEE. (terzo quesito) Se il diritto comunitario e, in particolare, i principi sanciti dalla Corte di Giustizia delle Comunit europee nella sentenza Kbler sulla responsabilit dello Stato per i danni causati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario commessa da un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, osti allapplicazione di una normativa nazionale che richiede come fondamento della pretesa di risarcimento esercitata contro lo Stato la previa revoca della decisione lesiva. II LE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE E DI DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA RILEVANTI 2. Il primo quesito verte sullinterpretazione dellart. 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001 (in prosieguo: la direttiva), concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti. 3. La direttiva 2001/23 ha abrogato e sostituito la direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, come modificata dalla direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998. 4. Il considerando 3 della direttiva 2001/23 recita: Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti . 5. Larticolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), di detta direttiva dispone: a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione. b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di unentit economica che conserva la propria identit, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere unattivit economica, sia essa essenziale o accessoria. 6. Larticolo 3, paragrafo 1, primo comma, stabilisce: I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario. 7. Il secondo ed il terzo quesito vertono sullinterpretazione dellart. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex articolo 234 del TCE) che dispone che: La Corte di giustizia dell'Unione europea competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati; b) sulla validit e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione. Quando una questione del genere sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale pu, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. Quando una questione del genere sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale tenuto a rivolgersi alla Corte. (). III I FATTI DI CAUSA E IL DIRITTO NAZIONALE 8. Sulla base degli elementi desumibili da una sintesi della decisione di rinvio, la questione pregiudiziale trae origine dallo scioglimento dellAir Atlantis, S.A. (in prosieguo AIA ), societ costituita nel 1985, svolgente attivit nel campo del trasporto aereo non di linea e dei servizi complementari connessi. 9. A partire dal 1 maggio 1993, la TAP, azionista di maggioranza dellAIA e sua creditrice, svolgente sino a quel momento quasi esclusivamente attivit di trasporto aereo di linea, ha iniziato ad effettuare una parte delle operazioni dei voli charter gi contrattualmente affidati, prima dello scioglimento, allAIA, per il periodo compreso tra il 1 maggio 1993 e il 31 ottobre 2003, al fine di evitare i danni dallinadempimento dei contratti gi stipulati tra lAIA e gli operatori turistici. 10. In tale frangente, la TAP ha utilizzato quattro aerei prima impiegati dallAIA, si fatta carico delle spese del contratto di leasing, si servita delle apparecchiature da ufficio (mobilio e computer) utilizzate dallAIA negli stabilimenti di Lisbona e Faro, ed ha utilizzato altri articoli della stessa, quali le stoviglie impiegate sugli aerei. 11. La TAP ha anche assunto alcuni dipendenti dellestinta AIA che, tra le altre cose, avevano esercitato funzioni sui voli charter contrattualmente affidati allAIA. 12. In tale contesto, alcuni dipendenti dellAIA, collettivamente licenziati in data 30 aprile 1993 a causa dello scioglimento dellAIA, hanno impugnato il licenziamento dinanzi al Tribunale do Trabalho (Tribunale del Lavoro) di Lisbona chiedendo di essere riassunti dalla TAP e di vedersi riconosciute le retribuzioni non percepite. 13. A fondamento della domanda hanno dedotto che, sebbene si fosse affermato che la causa del licenziamento collettivo era stata la chiusura definitiva dellAIA, lintenzione della TAP era stata quella di acquisire lattivit sino ad allora svolta dallAIA nellambito dei voli charter, motivo per cui la cessazione dellattivit dellAIA doveva considerarsi come trasferimento di stabilimento e non come chiusura definitiva di impresa. 14. Detta circostanza era confermata dal fatto che alla TAP erano state cedute le apparecchiature da ufficio e di bordo, il ruolo di conduttore nei contratti di leasing degli aerei e la stessa aveva effettuato i voli charter contrattualmente affidati allAIA. 15. Il Tribunale del Lavoro di Lisbona, con decisione del 6 febbraio 2007, ha accolto parzialmente limpugnazione del licenziamento collettivo ed ha disposto la riassunzione dei ricorrenti. 16. In particolare, il Tribunale, richiamata la giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha ritenuto che, nella specie, vi stato il trasferimento di uno stabilimento, almeno parziale, posto che lidentit dello stesso viene conservata e viene perseguita la stessa attivit, di modo che la convenuta, TAP, passata ad occupare il ruolo di imprenditore nei contratti di lavoro, il che comporta che il rifiuto di riassumere i ricorrenti illecito, con le conseguenze giuridiche che ne derivano. 17. Il Tribunal de Relacao (Corte di Appello) di Lisbona, con sentenza del 16 gennaio 2008, ha riformato la decisione di primo grado ritenendo verificatasi la decadenza dal diritto di impugnazione del licenziamento collettivo. 18. Il Supremo Tribunal de Justica (STJ), investito dai lavoratori, con decisione del 25 febbraio 2009, ha dichiarato legittimo il licenziamento collettivo, ha respinto linterpretazione secondo cui si era verificato un trasferimento dello stabilimento ed ha respinto la domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. 19. In particolare, il Supremo Consesso della giustizia portoghese ha ritenuto che: (i) la TAP, nelleffettuare i voli nellestate 1993, non si servita di unentit con la stessa identit che in precedenza apparteneva allAIA, bens di proprio strumento di intervento, vale a dire della propria impresa; (ii) non costituisce indizio rilevante a favore del trasferimento dello stabilimento, leffettuazione da parte della TAP di voli charter nel 1994, in quanto trattasi della semplice occupazione di una quota di mercato lasciata libera dalla chiusura dellAIA; (iii) non vi stato nemmeno il trasferimento della clientela dallAIA alla TAP e, tantomeno, il trasferimento dello stabilimento, non essendo cedibile la licenza. 20. Relativamente alla questione pregiudiziale, il Supremo Tribunal de Justica, rilevato che lobbligo di rinvio pregiudiziale sussiste solo quando i giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno ritengono necessario ricorrere al diritto comunitario per la risoluzione della controversia di cui sono aditi e, inoltre, sia stata sollevata una questione di interpretazione di tale diritto, tenuto conto della giurisprudenza sulla problematica dellinterpretazione delle norme comunitarie relative al trasferimento di stabilimento, ha ritenuto che in relazione al contenuto delle disposizioni delle direttive comunitarie menzionate dai ricorrenti, allinterpretazione ad esse data dalla Corte di giustizia e alle circostanze della presente causa, accertate nella presente sentenza, non vi sono dubbi che occorra unoperazione di interpretazione implicante il rinvio pregiudiziale. 21. I ricorrenti indicati in epigrafe hanno intrapreso unazione di accertamento ordinaria contro la Repubblica Portoghese, ai sensi dellarticolo 13 della legge 67/2007, relativa al regime di responsabilit civile extracontrattuale dello Stato e degli altri enti pubblici, con la quale hanno chiesto la condanna al pagamento dei danni patrimoniali sofferti. 22. Gli stessi hanno dedotto che la sentenza del Supremo Tribunal de Justica (STJ), che ha considerato legittimi i licenziamenti effettuati dallAIA, manifestamente illegittima poich incorre in una doppia violazione del diritto comunitario: erronea interpretazione della nozione di trasferimento di uno stabilimento, di cui alla direttiva 2001/23/CE, e inadempimento allobbligo di sottoporre alla Corte di Giustizia le questioni pregiudiziali di diritto comunitario pertinenti. 23. Il Giudice del rinvio, considerato che ai sensi dellart. 13 del RRCEE lo Stato risponder civilmente per i danni derivanti dalle decisioni giurisdizionali manifestamente incostituzionali o illegittime o ingiustificate per errore manifesto nella valutazione dei rispettivi presupposti di fatto, rileva, innanzitutto, che, nella specie, occorre verificare se la decisione del Supremo Tribunale de Justica del 25 febbraio 2009 sia manifestamente illegittima contenendo unerronea interpretazione della nozione di trasferimento di uno stabilimento, ai sensi della direttiva 2001/23 CE, e se il Tribunale abbia violato lobbligo di rinvio pregiudiziale. 24. Il Giudice del rinvio, inoltre, rilevato che la giurisprudenza della Corte di Giustizia nella sentenza Kbler ha evidenziato che la responsabilit dello Stato sorge quando la violazione deriva da una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, sempre che il giudice violi in maniera manifesta il diritto vigente, dubita sullapplicabilit del requisito previsto dallarticolo 13, comma 2, del RRCEE, invocato dalla Repubblica Portoghese nel controricorso, ai sensi del quale la pretesa di risarcimento deve fondarsi sulla previa revoca della decisione lesiva da parte del giudice competente. IV ANALISI IV.I Sul primo quesito 25. Con il primo quesito, il Varas Cveis de Lisboa chiede se la direttiva 2001/23/CE del Consiglio ed, in particolare, larticolo 1, paragrafo 1, debba essere interpretato nel senso che la nozione di trasferimento di uno stabilimento comprenda una situazione in cui unimpresa, attiva nel mercato dei voli charter, venga liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, il quale provveda, quindi, ad assumere la medesima attivit gi svolta dalla societ liquidata, subentrando nei contratti di locazione degli aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con gli operatori turistici e provveda, altres, ad assumere alcuni lavoratori gi dipendenti della societ liquidata, assegnandoli ad identiche mansioni. 26. A giudizio del Governo Italiano, la prima questione pregiudiziale deve essere risolta in senso affermativo in virt delle seguenti considerazioni. 27. In via preliminare, si osserva che, ai sensi dellart. 1, n. 1, lett. a), la direttiva 2001/23 si applica a tutti i trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore conseguenti a cessione contrattuale o a fusione. 28. A tal riguardo, secondo la consolidata giurisprudenza, la portata della citata disposizione non pu essere valutata in base alla sola interpretazione letterale. Date le differenze tra le versioni linguistiche della direttiva in questione e le divergenze tra gli ordinamenti nazionali in merito alla nozione di cessione contrattuale, codesta Corte ha dato a questa nozione uninterpretazione sufficientemente elastica per rispondere allobiettivo della citata direttiva, che, come emerge dal suo terzo considerando, quello di tutelare i lavoratori subordinati in caso di cambiamento del titolare dellimpresa (v., in tal senso, sentenza 13 settembre 2007, causa C.458/05, Jouini e a., Racc. pag. I.7301, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata). 29. Codesta Corte ha, pertanto, statuito che la direttiva 77/187, codificata dalla direttiva 2001/23, applicabile in tutti i casi di cambiamento, nellambito di rapporti contrattuali, della persona fisica o giuridica responsabile della gestione dellimpresa, la quale assume le obbligazioni del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti dellimpresa stessa (v. sentenze 7 marzo 1996, cause riunite C.171/94 e C.172/94, Merckx e Neuhuys, Racc. pag. I.1253, punto 28, nonch 10 dicembre 1998, cause riunite C.127/96, C.229/96 e C.74/97, Hernndez Vidal e a., Racc. pag. I.8179, punto 23). 30. Si osserva, inoltre, che la direttiva mira a garantire la continuit dei rapporti di lavoro esistenti nellambito di unentit economica, indipendentemente da un cambiamento del titolare, cosicch il criterio decisivo per laccertamento dellesistenza di un trasferimento, ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 1, lett. b), di detta direttiva consiste nello stabilire se lentit in questione conservi o no la propria identit dopo essere stata rilevata dal nuovo datore di lavoro (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 6 marzo 2014, Amatori, C- 458/12, punto 30; sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C.108/10, Racc. pag. I.7491, punto 60; sentenza 18 marzo 1986, Spijkers, causa C24/85, Racc. pag. 1119, punti 11 e 12). 31. Il trasferimento deve, dunque, avere ad oggetto unentit economica organizzata in modo stabile, la cui attivit non si limiti allesecuzione di unopera determinata (sentenza 19 settembre 1995, Rygaard, causa C.48/94, Racc. pag. I.2745, punto 20). 32. Ai sensi della giurisprudenza di codesta Corte, la nozione di entit si richiama ad un complesso organizzato di persone e di elementi che consentono lesercizio di unattivit economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo (sentenza 11 marzo 1997, Szen, causa C.13/95, Racc. pag. I.1259, punto 13). 33. Tale circostanza viene chiarita dalla lett. b) dellart. 1 della direttiva, secondo cui il trasferimento deve essere riferito ad unentit economica (...), intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere unattivit economica, sia essa essenziale o accessoria , entit la quale dopo il trasferimento conserva la propria identit. 34. Per valutare, dunque, se nella specie si sia verificato il trasferimento di unentit nel senso corrispondente alla definizione normativa di cui sopra, devono essere prese in considerazione tutte le circostanze che contraddistinguono loperazione in questione. 35. Dallordinanza di rimessione risulta che: (i) la TAP ha assunto la posizione dellAIA nei contratti di leasing degli aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con operatori turistici; (ii) la TAP ha svolto lattivit precedentemente svolta dallAIA; (iii) la TAP ha assunto alcuni dipendenti dellAIA e li ha assegnati ad identiche mansioni; (iv) la TAP ha ricevuto piccole apparecchiature dallAIA. 36. Si osserva al riguardo che codesta Corte, in una costante giurisprudenza, per valutare se si sia verificato il trasferimento dellentit economica fa ricorso ad una molteplicit di criteri di valutazione e, segnatamente: 1) il tipo di impresa o di stabilimento di cui trattasi; 2) leventuale trasferimento degli elementi patrimoniali materiali quali edifici e beni mobili; 3) il valore degli attivi immateriali al momento del trasferimento; 4) leventuale presa in carico della maggior parte del personale da parte del nuovo titolare; 5) leventuale trasferimento della clientela; 6) il grado di somiglianza tra le attivit svolte prima e dopo il trasferimento; 7) la durata di uneventuale interruzione di tali attivit. Tuttavia, secondo codesta Corte, tali circostanze costituiscono soltanto aspetti parziali della valutazione complessiva da svolgere e non possono essere considerate isolatamente (v., in particolare, sentenza 18 marzo 1986, causa 24/85, Spijkers, Racc. pag. 1119, punto 13; sentenza 19 maggio 1992, causa C.29/91, Redmond Stichting, Racc. pag. I.3189, punto 24; sentenza 11 marzo 1997, causa C.13/95, Szen, Racc. pag. I.1259, punto 14; sentenza 20 novembre 2003, causa C.340/01, Abler e a., Racc. pag. I.14023, punto 33; sentenza 20 gennaio 2001, CLECE, Causa C.463/09, punto 34). 37. Si evidenzia, inoltre, che nella giurisprudenza di codesta Corte stata evidenziata la necessit che, nella valutazione delle circostanze pertinenti, si tenga conto, tra laltro, del tipo di impresa o di stabilimento di cui trattasi. Ai singoli criteri utilizzabili per la verifica dellesistenza di un trasferimento ai sensi della direttiva occorre necessariamente attribuire un peso diverso, a seconda dellattivit esercitata e persino dei metodi di produzione o di gestione applicati nellimpresa, nello stabilimento o nella parte di stabilimento di cui trattasi. Poich sotto questo profilo unentit economica pu essere in grado, in determinati settori, di operare senza elementi patrimoniali materiali o immateriali significativi, la conservazione dellidentit di unentit siffatta allesito del suo trasferimento non pu dipendere dalla cessione di tali elementi (sentenza Szen, cit., punto 18; sentenza Hernndez Vidal e a., cit. punto 31; sentenza 10 dicembre 1998, Hidalgo e a., cause riunite C.173/96 e C.247/96, Racc. pag. I.8237, punto 31, e sentenza UGT.FSP, cit., punto 28). 38. Alla luce di quanto esposto, il Governo Italiano ritiene che il passaggio dallAIA alla TAP di alcuni beni materiali, la circostanza che parte dei lavoratori siano stati assunti con mansioni corrispondenti presso la TAP, la successione di questultima in alcuni diritti personali di godimento insistenti sui beni gi utilizzati dallAIA, coniugati con il proseguimento da parte della TAP dell'attivit in questione, costituiscono il dato discriminante per riconoscere esistenti i presupposti per l'applicazione della direttiva. 39. Per concludere, dunque, sul punto, si ritiene che la messa a disposizione di alcuni elementi patrimoniali, lassunzione di alcuni dipendenti, la continuazione nello svolgimento dellattivit, il subentro nei contratti di leasing consentono di ritenere che nella specie stata preservata lidentit dellunit economica trasferita ai sensi dell'art. 1 della direttiva 2001/23. IV.II Sul secondo quesito 40. Con il secondo quesito, il giudice del rinvio chiede alla Corte di stabilire se il Supremo Tribunale de Justica, tenuto conto dei fatti descritti nella prima questione pregiudiziale e della circostanza che i giudici nazionali di grado inferiore avevano adottato decisioni contraddittorie, fosse tenuto a sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale vertente sulla corretta interpretazione della nozione di trasferimento di uno stabilimento ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 20001/23/ CEE. 41. In via preliminare, il Governo Italiano osserva che lart. 267, comma 3, TFUE non vieta al giudice nazionale di compiere una verifica circa la necessit del rinvio pregiudiziale, alla stregua della rilevanza della questione e della chiarezza, o meno, delle disposizioni del diritto dellUnione della cui interpretazione si controverte. 42. Pi specificatamente, si osserva che lart. 267, comma 3, del TFUE non stabilisce un obbligo assoluto e incondizionato di rinvio in capo alle giurisdizioni di ultima istanza, avendo la giurisprudenza di codesta Corte enucleato alcuni casi in cui lo stesso va nella sostanza a trasformarsi in semplice facolt. 43. La competenza pregiudiziale della Corte si inscrive nel contesto della cooperazione tra giudice nazionale e giudice dellUnione, con la conseguenza che, nonostante nel trattato non vi sia alcun riferimento in tal senso, stato chiarito che spetta al giudice di ultima istanza il potere di valutare la rilevanza della questione interpretativa e, per leffetto, la scelta se effettuare il rinvio pregiudiziale. 44. Il giudice ha, anzi, il dovere di astenersi dal porre alla Corte quesiti che non hanno alcuna relazione con leffettivit o loggetto della causa, ossia, per lappunto, quesiti la cui soluzione non rilevante per la soluzione del giudizio principale. In tal senso depone chiaramente anche la lettera dellart. 267 TFUE: il comma 2 chiarisce, infatti, il giudice nazionale pu domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione qualora reputi necessaria per la sua sentenza una decisione su questo punto; un analogo inciso non , ben vero, riprodotto nel comma 3, ma evidente che tale comma, riferendosi ad una questione del genere, rinvii alle condizioni previste dal precedente comma 2. 45. Risulta, inoltre, da un chiaro indirizzo di codesta Corte che lobbligo del giudice di ultimo grado di operare il rinvio, rispetto ad una questione di interpretazione che sia invece rilevante nel giudizio a quo (non importa se sollevata da una delle parti o di ufficio), sussiste alla condizione che: -essa non sia materialmente identica ad altra questione gi sottoposta alla Corte; -sul punto di diritto controverso non esista gi una consolidata giurisprudenza della Corte (cfr. sentenza 27 marzo 1963, Da Costa, causa 28-30/62, punti 5 e 6; sentenza 11 settembre 2008, Unin General de Trabajadores de la Rioja, cause C-428-434/06, punto 39); -linterpretazione della norma dellUnione non si imponga con evidenza tale da non dare adito a ragionevoli dubbi (cfr. sentenza 6 ottobre 1982, CILFIT, causa C- 283/81, punto 14 e ss.; sentenza 15 settembre 2005, Intermodal Transports, C- 495/03; sentenza 6 dicembre 2005, Gaston Shul, C- 461/03, sentenza 11 settembre 2008, Unin General de Trabajadores de la Rioja, cause C-428-434/06, punto 39). 46. Sulla base di quanto esposto, il Governo Italiano ritiene che in merito al secondo quesito la valutazione debba essere rimessa al giudice nazionale che dovr operarla sulla base dei seguenti criteri: (i) la questione in esame non era materialmente identica ad altra questione gi esaminata; (ii) nellaccertare lesistenza di un trasferimento di stabilimento ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, codesta Corte ha sempre seguito un approccio essenzialmente basato su una valutazione caso per caso e, quindi, anche il caso in esame doveva essere vagliato nella sua specificit; (iii) sussistevano ragionevoli dubbi sullinterpretazione della normativa comunitaria confermati anche dalla circostanza che nei precedenti gradi del giudizio altro organo giurisdizionale si era pronunciato in senso diametralmente opposto. Di tale opinabilit il giudice nazionale dovr altres tenere conto nel valutare se nel merito sussistesse una violazione sufficientemente qualificata del diritto dellUnione. IV.III Sul terzo quesito 47. Con il suo terzo quesito, il Varas Cvies de Lisboa chiede alla Corte di stabilire se il diritto comunitario e, in particolare, i principi stabiliti da codesta Corte nella sentenza Kbler sulla responsabilit dello Stato per i danni causati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario commessa da un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, ostino allapplicazione di una normativa nazionale, come quella di cui alla causa principale, che richiede come fondamento della pretesa di risarcimento esercitata contro lo Stato la previa revoca della decisione lesiva. 48. Il Governo Italiano ritiene che alla questione in esame debba darsi risposta negativa in virt delle seguenti osservazioni. 49. In via preliminare, si osserva che spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalit procedurali delle azioni risarcitorie contro gli stessi Stati per violazione del diritto dellUnione. 50. La discrezionalit degli Stati membri, definita autonomia procedurale (v., in tal senso, Corte di giustizia, sentenza 16 dicembre 1976, Rewe, causa 33/76, Raccolta, p. 1989, punto 5; sentenza 20 settembre 2001, Courage e Crehan, causa C-453/99, ivi, p. I-6297, punto 29; sentenza 11 settembre 2003, Safalero, causa C-13/01, ivi, p. I-8679, punto 49; sentenza 13 marzo 2007, Unibet, causa C-432/05, ivi, p. I-2271, punto 39; sentenza 7 giugno 2007, Van der Weerd e a., cause riunite da C-222/05 a C-225/05, ivi, p. I-4233, punto 28; sentenza 12 febbraio 2008, Kempter, causa C-2/06, ivi, p. I-411, punto 57), deve esercitarsi entro i confini stabiliti da codesta Corte ed, in via prioritaria, le modalit previste non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) n rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettivit) (v. sentenza 10 luglio 1997, Palmisani, causa C-261/95, Racc. pag. I-4025, punto 27). 51. In particolare, nella sentenza Kbler al punto 46 espressamente affermato che in mancanza di una disciplina comunitaria, spetta allordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare il giudice competente e stabilire le modalit procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario (v. sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Racc. pag. 1989, punto 5; 45/76, Comet, Racc. pag. 2043, punto 13; 27 febbraio 1980, causa 68/79, Just, Racc. pag. 501, punto 25, Francovich e a., cit., punto 42, e 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck, Racc. pag. I-4599, punto 12). 52. Ci posto, a giudizio del Governo italiano, bench le contrarie argomentazioni formulate dalla giurisdizione di rinvio non siano del tutto prive di ragionevole fondamento, il paragrafo 2 dellarticolo 13 del RRCEE, che prevede che la pretesa di risarcimento deve fondarsi sulla previa revoca della decisione lesiva da parte del giudice competente, non contrasta con il diritto comunitario e con i principi espressi nella sentenza Kbler. 53. Si osserva, al riguardo, che la modalit procedurale individuata dal legislatore portoghese realizza il giusto equilibrio tra la necessit di preservare lindipendenza del potere giudiziario e gli imperativi della certezza del diritto, da un lato, e la concessione di una tutela giurisdizionale effettiva in caso di violazione del diritto comunitario imputabili al potere giudiziario, dallaltro lato. 54. Pi specificatamente, si ritiene che la richiesta alle parti di esperire ogni tentativo legislativamente previsto per caducare la sentenza incompatibile, individuato dallordinamento portoghese nella necessit della previa revoca di detta decisione, prima di consentire la richiesta risarcitoria, non sembra di per s contravvenire ai principi di equivalenza e di effettivit della tutela giurisdizionale. 55. Non pare, infatti, per nulla irragionevole assoggettare chi lamenti una lesione conseguente ad una sentenza adottata in violazione del diritto comunitario all'onere di chiederne la revoca, e solo successivamente, ottenuta ragione su questo punto, consentirgli l'azione di risarcimento del danno che, eventualmente, ancora residui dopo la revoca. Questa previsione appare giustificata dalla ragione di interesse generale (riconosciuto anche dal diritto dellUnione) consistente nellassicurare lautorit e la stabilit dei giudicati: tale autorit potrebbe essere posta in discussione qualora fosse indiscriminatamente consentito nellordinamento interno affiancare a sentenze pienamente valide ed efficaci sentenze di contenuto esattamente opposto, che riconoscono risarcimenti di danni sul presupposto che le prime sentenze, bench valide ed efficaci, vanno nondimeno considerate illegittime (anche per ragioni diverse dalla eventuale violazione del diritto dellUnione: la normativa nazionale, correttamente, non distingue tra le possibili cause di illegittimit della sentenza). 56. Oltre che giustificata dallindicata ragione di interesse generale, la misura nazionale in questione appare anche proporzionata ed efficace: essa, infatti, mira alla preventiva eliminazione o riduzione di un danno risarcibile per equivalente derivante dalla sentenza ipoteticamente illegittima, mediante un rimedio in forma specifica, quale la revoca della sentenza in questione. In tal modo, sar possibile ridurre lazione di risarcimento per equivalente alle sole ipotesi in cui la revoca non abbia di per s gi eliminato ogni ragione di danno, conservando il carattere di extrema ratio che lazione di risarcimento per equivalente deve sempre mantenere, ed evitando che questa divenga, invece, il mezzo ordinario per far valere, per quanto qui interessa, il primato del diritto dellUnione anche rispetto alle decisioni giurisdizionali interne. 57. Deve, in conclusione, ritenersi che le condizioni previste nella sentenza Kbler per ottenere il diritto al risarcimento del danno e, segnatamente, che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai soggetti dellordinamento, che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata e che sia necessario che vi sia un nesso causale diretto tra la violazione in parola e il danno subito dal soggetto leso, non ostano allapplicazione di una normativa nazionale che subordina il diritto al risarcimento del danno alla condizione che lavente diritto abbia chiesto la revoca della sentenza. V CONCLUSIONI 58. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai quesiti sottoposti al suo esame affermando che: 1) Larticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, deve essere interpretato nel senso che la nozione di trasferimento di uno stabilimento comprenda una situazione in cui unimpresa attiva nel mercato dei voli charter liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, a sua volta impresa operante nel settore dellaviazione, e in cui, nellambito della liquidazione, limpresa controllante: i)- assume la posizione della societ liquidata nei contratti di locazione di aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con operatori turistici; ii)- svolge lattivit precedentemente svolta dalla societ liquidata; iii)- riassume alcuni dipendenti fino a quel momento operanti per la societ liquidata e li colloca in funzioni identiche; iv)- riceve piccole apparecchiature della societ liquidata. 2) Nelle circostanze del caso di specie il giudice nazionale, nel valutare se sia stato violato lobbligo di rinvio pregiudiziale di cui allart. 267 par. 3 TFUE, dovr attenersi ai seguenti criteri: (i) la questione in esame non era materialmente identica ad altra questione gi esaminata; (ii) nellaccertare lesistenza di un trasferimento di stabilimento ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, codesta Corte ha sempre seguito un approccio essenzialmente basato su una valutazione caso per caso e, quindi, anche il caso in esame doveva essere vagliato nella sua specificit; (iii) sussistevano ragionevoli dubbi sullinterpretazione della normativa comunitaria confermati anche dalla circostanza che nei precedenti gradi del giudizio altro organo giurisdizionale si era pronunciato in senso diametralmente opposto. Di tale opinabilit il giudice nazionale dovr altres tenere conto nel valutare se nel merito sussistesse una violazione sufficientemente qualificata del diritto dellUnione. 3) Il diritto comunitario e, in particolare, i principi sanciti dalla Corte di Giustizia delle Comunit europee nella sentenza Kbler sulla responsabilit dello Stato per i danni causati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario commessa da un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, non ostano allapplicazione di una normativa nazionale che richiede come fondamento della pretesa di risarcimento esercitato contro lo Stato la previa revoca della decisione lesiva. Roma, 17 luglio 2014 Federica Varrone Avvocato dello Stato Causa C-471/14 - Materia: Ravvicinamento delle legislazioni. Propriet intellettuale, industriale e commerciale -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallOberlandesgerichts Wien (Austria) il 15 ottobre 2014 - Seattle Genetics Inc. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d'Italia. nella causa C-471/14 Promossa ai sensi dellart. 267 TFUE dallOberlandesgericht Wien (Austria) con ordinanza in data 15 ottobre 2014. I) Il giudizio a quo I.a) Il giudizio a quo verte sulla corretta individuazione della durata del certificato protettivo complementare per un prodotto medicinale, in dipendenza della esatta interpretazione della nozione di prima autorizzazione allimmissione in commercio di cui allart. 13 paragrafo 1 del Regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009. In particolare, il giudice mette in evidenza che tale nozione suscettibile di interpretazioni contrastanti, a seconda che si attribuisca rilievo al momento in cui il provvedimento viene notificato al destinatario, ovvero a quello in cui esso viene rilasciato. Chiede pertanto di conoscere se essa debba essere ricostruita secondo il diritto nazionale di ciascuno Stato membro oppure, in unottica di avvicinamento delle legislazioni nazionali, secondo il diritto Comunitario e, in tale seconda eventualit, se rilevi il momento della comunicazione o del rilascio dellautorizzazione. I.b) Il giudice, in particolare, ritenendone la rilevanza ai fini del decidere, ha sottoposto alla Corte di Giustizia dellUnione Europea i seguenti quesiti: 1) Se la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunit, ai sensi dellart. 13 paragrafo 1 del Regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali, sia stabilit in base al diritto comunitario o se tale disciplina rinvii alla data in cui lautorizzazione acquista efficacia in base al diritto dello Stato membro interessato. 2) Qualora la Corte di Giustizia dellUnione Europea dichiarasse che occorre stabilire la data di cui alla questione sub 1 in base al diritto comunitario, se sia a tal fine necessario prendere in considerazione la data dellautorizzazione o quella della comunicazione. II) La normativa comunitaria Viene in considerazione, ai fini della soluzione dei quesiti sottoposti alla Corte dal giudice remittente, lart. 13 primo paragrafo del Regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009: 1. Il certificato ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunit, ridotto di cinque anni. Si ritiene che siano, altres, rilevanti i seguenti Considerando: 4^ Attualmente, il periodo che intercorre fra il deposito di una domanda di brevetto per un nuovo medicinale e l'autorizzazione di immissione in commercio dello stesso riduce la protezione effettiva conferita dal brevetto a una durata insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca. 7^ opportuno prevedere una soluzione uniforme a livello comunitario e prevenire in tal modo un'evoluzione eterogenea delle legislazioni nazionali che comporti ulteriori differenze tali da ostacolare la libera circolazione dei medicinali all'interno della Comunit e da incidere, di conseguenza, direttamente sul funzionamento del mercato interno. 8^ pertanto necessario prevedere un certificato protettivo complementare per i medicinali la cui immissione in commercio sia stata autorizzata, il quale possa essere ottenuto dal titolare di un brevetto nazionale o europeo alle stesse condizioni in ciascuno Stato membro. Di conseguenza, il regolamento costituisce lo strumento giuridico pi appropriato. 9^ La durata della protezione conferita dal certificato dovrebbe essere fissata in modo da permettere una protezione effettiva sufficiente. A tal fine, il titolare che disponga contemporaneamente di un brevetto e di un certificato deve poter beneficiare complessivamente di quindici anni al massimo di esclusivit, a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunit del medicinale in questione. III) Le osservazioni del Governo italiano III.a) La nozione di prima autorizzazione allimmissione in commercio va ricostruita sulla base del diritto nazionale, in mancanza di una regolamentazione comunitaria del procedimento innanzi alle autorit competenti in ciascuno Stato membro. III.b) Luniformit interpretativa, del resto, garantita non tanto dal fatto che la suddetta nozione sia ricostruita sulla base del diritto comunitario, quanto dal fatto che - avuto riguardo alla ratio legis sottesa allistituto del certificato protettivo complementare, per come desumibile dalle premesse del Regolamento e particolarmente dal 4^, 7^, 8^ e 9^ Considerando - allart. 13 primo periodo del Regolamento venga attribuito un significato comunque coerente con le finalit perseguite dal legislatore comunitario. III.c) Posto che dette finalit si identificano con lesigenza di assicurare un periodo di esclusiva sufficiente ad ammortizzare limpegno economico profuso nella ricerca, ci che rileva il momento in cui, secondo la normativa interna di ciascuno Stato membro, possibile effettivamente immettere (beneficiando dellesclusiva) il prodotto sul mercato. III.d) Qualora la legislazione nazionale preveda una sfasatura procedimentale e temporale fra il momento di adozione del provvedimento autorizzatorio e quello in cui lo stesso, in quanto comunicato o pubblicato, diviene efficace, non potr che darsi preminenza al secondo, pena la compromissione della finalit del certificato come descritta al punto III.c) che precede. III.e) In via di mero subordine, per il caso in cui la Corte dovesse ritenere che la nozione di prima autorizzazione allimmissione in commercio vada ricostruita secondo il diritto comunitario, la conclusione dovrebbe essere comunque, stante la ratio dellistituto del certificato protettivo complementare, nel senso che rileva la data della comunicazione del provvedimento, in quanto condizione per la commercializzazione di un medicinale che la relativa autorizzazione sia nota e, in quanto tale, possa dirsi efficace erga omnes. IV) Il Governo italiano propone pertanto di rispondere ai quesiti come segue: Quanto al primo quesito: La data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunit, ai sensi dellart. 13 paragrafo 1 del Regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali, va individuata nella data in cui lautorizzazione acquista efficacia in base al diritto dello Stato membro interessato. Quanto al secondo quesito: Qualora la Corte ritenesse che occorre stabilire la data di cui alla questione sub 1 in base al diritto comunitario, a tal fine necessario prendere in considerazione la data della comunicazione. Marina Russo Avvocato dello Stato contenzioso nazionale CONTENZIOSO NAZIONALE Sulla sentenza n. 10/2015 della Corte Costituzionale (*) Da: Paolo Gentili [mailto:paolo.gentili@avvocaturastato.it] Inviato: gio 12/02/2015 19.32 A: Melillo Cinzia; Fiorentino Sergio; Barbieri Attilio; Urbani Neri Alessia; Colelli Carla; Avvocati_tutti Oggetto: R: ... Cari Colleghi, forse c' un equivoco. La sentenza 10/2015 va considerata, credo, una importante vittoria dell'Avvocatura dello Stato. La dichiarazione di illegittimit costituzionale della c.d. Robin Tax (aliquota addizionale Ires del 6,5% applicata a carico delle imprese operanti nella filiera energetica, dai raffinatori ai distributori di tutti i tipi di carburante o di combustibile) avrebbe esposto il bilancio dello Stato a richieste di rimborso, gi tutte tempestivamente inviate dalle imprese interessate, pari a circa 7 miliardi di euro pi interessi. L'imposta infatti in vigore dal 2008, e il gettito medio stato di 1 miliardo all'anno. Su mia richiesta subordinata, formulata per l'ipotesi in cui la questione fosse stata ritenuta fondata (la sentenza non lo dice, ma risulta dagli atti), la Corte costituzionale ha deciso di escludere la retroattivit degli effetti della sentenza di accoglimento (vi era gi un precedente, ma non di carattere finanziario). In tal modo, ribadisco su richiesta dell'avvocatura, abbiamo evitato rimborsi a favore dei petrolieri e simili per almeno 7 miliardi. Non solo. Abbiamo ottenuto anche una sentenza che per la prima volta, allineando la nostra Corte costituzionale a quella tedesca e alla Corte di giustizia UE, che da sempre esercitano il potere di determinazione temporale degli ef (*) Dopo uno scambio di e-mail [tra avvocati dello Stato] succedutesi a commento della sentenza in rassegna, lassegnatario della causa, lavv. Paolo Gentili, intervenuto in merito con argomentazioni che integralmente si pubblicano. fetti delle loro pronunce, specifica con puntuale e pregevole motivazione casi e presupposti di esercizio di tale delicato, ma indispensabile potere. indubbiamente una pietra miliare nella giurisprudenza costituzionale, e possiamo essere soddisfatti di avervi contribuito in modo non secondario. Non ce lo riconoscer nessuno, ma questo non importa. Per i cultori della materia (gli altri possono staccare a questo punto), segnalo poi l'interesse nel merito della sentenza. Condividendo quasi alla lettera le nostre tesi, afferma che costituzionalmente legittima una tassazione del reddito di impresa differenziata in peius per categorie di imprese che operino in condizione di "rendita di posizione", vale a dire imprese che dal lato dell'offerta si trovino in situazione di oligopolio (pochi e grandi soggetti operanti, con elevati ostacoli all'ingresso di nuovi competitori) e che, dal lato della domanda, possano profittare del carattere anelastico di questa, che costretta a richiedere il bene o servizio sempre nella medesima misura anche se questo, a discrezione degli oligopolisti, aumenta di prezzo perch questi non subiscono alcun incentivo a ridurre i costi di esercizio. La Corte ha ritenuto in concreto non ragionevole la modalit concreta con cui la legge attuava questo legittimo obiettivo: da un lato, l'aliquota addizionale colpisce tutto il reddito di impresa, e non solo la componente di questo attribuibile alla suddetta rendita di posizione (il c.d. sovraprofitto); dall'altro, non vi una modalit attendibile di controllo del divieto di traslazione (pur previsto dalla legge) della sovraimposta sul consumatore finale, che in definitiva rischia di subire l'aggravio economico che la legge vorrebbe imporre alle imprese del settore. Il primo punto discutibile (qui la Corte non ci ha seguito): se si parte dal presupposto che si tassa una rendita di posizione, questa si spalma sull'intero reddito perch riguarda una condizione operativa complessiva dell'impresa, e quindi giusto che l'aliquota aggravata si applichi a tutto il reddito e non solo alla parte, ben difficilmente calcolabile, che si possa attribuire alla rendita di posizione. Ma, de iure condendo, sarebbe un punto facilmente superabile prevedendo una aliquota addizionale pi moderata del 6,5%; o una aliquota progressiva su uno scaglione marginale di reddito (l'Ires progressiva non concettualmente inammissibile, e la stessa autorevole difesa delle imprese interessate - Livia Salvini - l'aveva in sostanza proposta nei propri scritti). Molto interessante il secondo punto, che poi quello decisivo. Il tema teorico del rapporto tra tassazione del reddito di impresa e traslazione di imposta antico. In breve, il divieto di traslazione si giustifica perch l'imposta sul reddito non , fiscalmente, un costo di produzione: nella tassazione in base a bilancio ("a costi e ricavi") l'imposta colpisce il risultato netto positivo, cio quanto residua dopo la traslazione integrale dei costi di produzione attraverso CONTENZIOSO NAZIONALE la loro incorporazione nei ricavi concorrenti a formare l'imponibile, e la deduzione dai ricavi dei costi stessi. L'imposta sul reddito sta a valle di questo processo, e quindi non costituisce tecnicamente un costo traslabile (e per questo deducibile; in questo senso da sempre strutturato il nostro sistema: v. oggi l'art. 99 TUIR); sicch se ne pu vietare la traslazione in modo che gravi definitivamente sul titolare del reddito di impresa. Di norma, per, la traslazione non viene vietata perch si considera che l'impresa non abbia interesse ad accrescere i propri ricavi imponibili solo per recuperare una parte dell'onere di imposta. Tale recupero teorico infatti, per l'indeducibilit dell'imposta sul reddito, non sarebbe mai integrale (esempio classico: imponibile previsto 100; ires 33% = 33; netto 67. Traslazione dell'imposta prevista: imponibile 133; ires 33%= 44 arrotondato; netto 89: recupero effettivo da traslazione dell'originario onere di 33 = 22 (89-67). E potrebbe risultare nullo se l'incremento dei prezzi per l'incorporazione dell'imposta prevista, provocasse una contrazione e non un incremento dei ricavi, dovuto alla riduzione della domanda. Ma la Corte avverte che una eccezione al regime normale di imposta, come la tassazione speciale "Robin Tax", pu effettivamente provocare fenomeni di traslazione soprattutto se le imprese colpite fronteggiano una domanda anelastica, e quindi temono relativamente la riduzione della domanda al crescere del prezzo a causa della traslazione. La risposta della Corte non , per, nel senso che in tali casi l'imposizione speciale non pu essere applicata in assoluto; infatti in tal modo l'argomento diventerebbe circolare: da un lato, la rendita di posizione dovuta all'anelasticit della domanda giustifica l'imposizione speciale, ma questa non pu essere giustificata perch provoca la traslazione. La risposta, pragmaticamente, che bisogna escogitare un mezzo di accertamento e repressione della traslazione migliore di quello, in effetti inconsistente, previsto dalla norma impugnata. La Corte non fornisce suggerimenti in proposito. Si potrebbe pensare alla previsione di una contabilit di tipo c.d. regolatorio (del genere di quella imposta dai regolamenti dell'Agcom alle imprese del settore telefonico dotate di significativo potere di mercato per verificare che rispettino la regola dell'orientamento al costo o "price cap" nelle tariffe che praticano per concedere alle altre imprese l'accesso alla propria rete: il "price cap" in fondo non altro che un divieto di traslazione dei costi sui prezzi oltre un certo livello prestabilito dal- l'autorit). Il problema, infatti, solo (si fa per dire) quello di ricostruire l'esatta dinamica di formazione dei prezzi. La normale contabilit di impresa, su cui si basa l'Ires anche delle imprese soggette alla Robin Tax, non consente tale ricostruzione analitica. Si pu tentare solo una ricostruzione induttiva a posteriori, incerta e controversa. L'introduzione per ragioni puramente fiscali di una contabilit regolatoria a carico di una determinata categoria di imprese potrebbe per sollevare qualche perplessit di diritto UE, sotto il profilo dell'ostacolo sproporzionato al diritto di stabilimento. Nella logica europea potrebbe essere difficile sostenere la compatibilit di una imposta, e dei connessi oneri contabili speciali, il cui presupposto sia la struttura (non) concorrenziale del mercato in cui operano le imprese colpite: l'imposta, secondo i Trattati, deve essere neutrale rispetto alle dinamiche di mercato e non pu essere usata come strumento di correzione di vere o presunte deviazioni concorrenziali, che vanno represse solo con gli strumenti antitrust. Forse sarebbe meglio abbandonare la strada impervia del divieto di traslazione, e prevedere la tassazione progressiva di cui sopra: il vero disincentivo ad aumentare i ricavi per traslazione infatti solo un incremento pi che proporzionale dell'imposta al crescere dei ricavi. Vedremo se la vicenda avr un seguito con una riforma dell'imposta, o se il gettito futuro che verr a mancare sar recuperato in altro modo. Per ora, accontentiamoci di avere evitato un danno emergente enorme. Per il lucro cessante c' tempo. E abbiamo un raro esempio di sentenza basata su una ricostruzione della "costituzione economica" e non sui formalismi concettuali. ... Paolo Gentili Corte costituzionale, sentenza 11 febbraio 20015 n. 10 -Pres. Criscuolo, Red. Cartabia avv. L. Salvini per la Scat Punti Vendita Spa, avv. Stato P. Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato in diritto 1. La Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, con ordinanza emessa il 26 marzo 2011 e depositata in pari data, ha sollevato questione di legittimit costituzionale dellart. 81, commi 16, 17 e 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, in riferimento agli artt. 3, 23, 41, 53, 77 e 117 della Costituzione. Con le disposizioni impugnate stato previsto a decorrere dal periodo dimposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 un prelievo aggiuntivo, qualificato addizionale allimposta sul reddito delle societ di cui allart. 75 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi) e successive modificazioni, pari al 5,5 per cento, da applicarsi alle imprese operanti in determinati settori, tra cui la commercializzazione di benzine, petroli, gas e oli lubrificanti, che abbiano conseguito ricavi superiori a 25 milioni di euro nel periodo di imposta precedente, ponendo a carico dei soggetti passivi il divieto di traslazione sui prezzi al consumo e affidando allAutorit per lenergia elettrica e il gas (poi divenuta Autorit per lenergia elettrica, il gas e il sistema idrico) il compito di vigilare e di presentare al Parlamento, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sugli effetti del tributo. La questione stata sollevata nel corso di un giudizio di impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso presentata dalla Scat Punti Vendita Spa di quanto corri CONTENZIOSO NAZIONALE sposto allente impositore a titolo di addizionale dellimposta sui redditi delle societ (IRES), dovuta in applicazione delle disposizioni in esame. In particolare, la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia facendo proprie e riproducendo testualmente le censure eccepite dalla difesa della contribuente lamenta anzitutto la violazione dellart. 77 Cost., perch non sussisterebbero i presupposti di necessit e urgenza richiesti per ladozione del decreto-legge. Sussisterebbe altres, secondo la rimettente, la violazione della riserva di legge prevista dallart. 23 Cost., perch si tratterebbe di prestazione imposta in forza non di una legge, ma di un decreto-legge. Parimenti violati sarebbero gli artt. 3 e 53 Cost., perch laddizionale non risulterebbe ancorata ad un indice di capacit contributiva e determinerebbe una ingiustificata disparit di trattamento tra le imprese operanti nei settori soggetti alladdizionale e le altre, nonch, nellambito delle prime, tra quelle aventi un volume di ricavi superiore o inferiore a 25 milioni di euro. La disparit di trattamento contributivo sussisterebbe anche tra produttori e distributori di greggio, in quanto solo i primi potrebbero legittimamente traslare su altri soggetti lonere economico delladdizionale, mentre ai soli distributori si applicherebbe il divieto di traslazione degli oneri sul prezzo al consumo, previsto dallimpugnato art. 81, comma 18. Limposizione violerebbe, inoltre, gli artt. 3 e 41 Cost., perch renderebbe pi onerosa liniziativa economica delle imprese operanti nel settore degli idrocarburi e, tra queste, di quelle distributrici, che, diversamente dalle imprese produttrici, non sarebbero in grado di effettuare la predetta traslazione dellonere dellimposta. Le disposizioni censurate contravverrebbero, infine, agli artt. 41 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., perch il suddetto divieto di traslazione, risolvendosi in una fissazione autoritativa del prezzo, altererebbe la libera concorrenza e, quindi, limiterebbe illegittimamente liniziativa economica privata. 2. Nel giudizio dinanzi a questa Corte intervenuta la Scat Punti Vendita Spa, che ha presentato memorie a supporto delle censure formulate dal giudice remittente. Lintervento pienamente ammissibile, in quanto si tratta del ricorrente nel procedimento a quo e, quindi, parte anche del giudizio di legittimit costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 304 del 2011, n. 138 del 2010 e n. 263 del 2009). 3. Occorre esaminare, in via preliminare, gli ostacoli allammissibilit eccepiti dallAvvocatura generale dello Stato. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto, anzitutto, che gli atti siano restituiti al giudice rimettente in considerazione dello ius superveniens. La richiesta non pu essere accolta. pur vero, infatti, che, successivamente allordinanza di rimessione, il legislatore ha modificato lart. 81, commi 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge n. 133 del 2008. Segnatamente ci avvenuto: con la legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e linternazionalizzazione delle imprese, nonch in materia di energia); con il decreto- legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148; con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio delleconomia), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98; con il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modifica zioni, dallart. 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125. Si tratta di modifiche con le quali, ferma restando la struttura dellimposta, stata elevata la misura delladdizionale a 6,5 punti percentuali; stata ampliata la platea dei soggetti rientranti nel campo di applicazione dellimposta, dal momento che il legislatore ha diminuito il volume minimo di ricavi oltre il quale le societ operanti nel settore rientrano fra i soggetti passivi, portandolo dagli originari 25 milioni a 10 milioni e poi a 3 milioni di euro; stata introdotta lulteriore soglia del conseguimento di un reddito superiore a 1 milione di euro, poi abbassata a 300 mila euro; sono stati limitati i poteri di controllo dellAutorit per lenergia elettrica, il gas e il sistema idrico alle sole imprese che integrino i presupposti per lapplicazione delladdizionale. Orbene, tali modifiche legislative non comportano la necessit di restituire gli atti al giudice a quo, anzitutto perch lanno di imposta a cui si riferisce il silenzio-rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso, oggetto del giudizio a quo, il 2008, di tal che la legge applicabile risulta quella anteriore alle modifiche intervenute. A ci si aggiunga che le modifiche introdotte non rimediano affatto ai profili di illegittimit dedotti dal rimettente, ma semmai li accentuano, con particolare riguardo a quelli prospettati in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dal momento che innalzano la percentuale delladdizionale, ampliano larea dei soggetti tenuti a versarla e stabilizzano limposta senza limiti di tempo, tanto che si deve ritenere che come si dir pi avanti alcune delle censure prospettate dallordinanza di rimessione interessino anche le novelle successive. Non vՏ dunque ragione alcuna di disporre la restituzione degli atti al giudice a quo. 4. LAvvocatura generale dello Stato ha poi eccepito linammissibilit delle questioni sollevate per difetto di motivazione sulla rilevanza e sulle ragioni fondanti le censure, dal momento che il giudice rimettente si sarebbe limitato a condividere quanto affermato dal ricorrente. In proposito, deve osservarsi che il giudice a quo, nellordinanza di rimessione, ha descritto accuratamente la fattispecie sottoposta al suo giudizio e, dopo aver riportato testualmente e per esteso le ragioni della ricorrente, ha esplicitato che la Commissione concorda con le suddette considerazioni e ritiene rilevante, posto che la presenza della norma nellordinamento giuridico osta al richiesto rimborso, e non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale della norma secondo i profili dedotti dalla Ricorrente. Il giudice rimettente non ha motivato lordinanza nella forma del mero rimando alle argomentazioni contenute negli atti di parte, ma ha riportato le censure eccepite della parte del giudizio a quo, facendole proprie. Cos strutturata, lordinanza non risulta affetta da carenza di motivazione, n vulnera il principio di autosufficienza, che deve considerarsi rispettato quando, come nella specie, le argomentazioni a sostegno delle censure risultano chiaramente dalla stessa ordinanza di rimessione, senza rinvio ad atti ad essa esterni (ex plurimis, sentenza n. 143 del 2010). Non si tratta, dunque, di un caso di motivazione per relationem, essendo pienamente ottemperato lobbligo che questa Corte ritiene incombere sul rimettente di rendere espliciti, facendoli propri, i motivi della non manifesta infondatezza (ex plurimis, sentenze n. 7 del 2014, n. 234 del 2011 e n. 143 del 2010; ordinanze n. 175 del 2013, n. 239 e n. 65 del 2012). Con riguardo, poi, alla motivazione sulla rilevanza, pur vero che il rimettente si limitato ad osservare che la disposizione impugnata osta al rimborso, senza specificare se la ricorrente integri gli ulteriori presupposti dimposta, allepoca costituiti solo dal volume dei ricavi con- seguiti. Tuttavia anche a prescindere da ogni considerazione circa il fatto che il principio dispositivo, operante anche nel giudizio tributario a quo, priverebbe di rilievo la circostanza CONTENZIOSO NAZIONALE (in quanto non eccepita dallinteressato) risulta totalmente implausibile ritenere che la societ abbia pagato unimposta di significativo ammontare senza che ne ricorrano i presupposti, determinati dal volume dei ricavi. Conseguentemente, laffermazione del rimettente secondo cui solo la disposizione censurata ostacolerebbe il richiesto rimborso deve ragionevolmente considerarsi integrare una sufficiente motivazione anche su questo punto. 5. Nel merito, le questioni sollevate in relazione agli artt. 77, secondo comma, e 23 Cost., incentrate sullillegittimo utilizzo del decreto-legge, non sono fondate. pur vero, infatti, che la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessit e lurgenza di provvedere tramite lutilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il de- creto-legge, costituisce un requisito di validit delladozione di tale atto, la cui mancanza configura un vizio di legittimit costituzionale del medesimo, che non sanato dalla legge di conversione (sentenza n. 93 del 2011). Tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il sindacato sulla legittimit delladozione, da parte del Governo, di un decreto-legge, va comunque limitato ai casi di evidente mancanza dei presupposti di straordinaria necessit e urgenza richiesti dallart. 77, secondo comma, Cost. o di manifesta irragionevolezza o arbitrariet della relativa valutazione (ex plurimis, sentenze n. 22 del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 e n. 83 del 2010; n. 128 del 2008; n. 171 del 2007). Invero, la notoria situazione di emergenza economica posta a base del censurato d.l. n. 112 del 2008, che ha ad oggetto Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, consente di escludere che esso sia stato adottato in una situazione di evidente mancanza dei requisiti di necessit ed urgenza; n dallordinanza di remissione si possono ricavare argomentazioni valevoli ad attestare la manifesta irragionevolezza e arbitrariet della valutazione governativa sulla sussistenza dei presupposti della decretazione durgenza. Daltro canto, le impugnate disposizioni in quanto hanno introdotto unaddizionale per reperire nuove entrate al fine di fronteggiare la predetta emergenza e ridistribuire la pressione fiscale risultano coerenti con le finalit del provvedimento e con i presupposti costituzionali su cui esso si fonda. Quanto alla riserva di legge di cui allart. 23 Cost., essa deve ritenersi pacificamente soddisfatta anche da atti aventi forza di legge, come accade in riferimento a tutte le riserve contenute in altre norme costituzionali, comprese quelle relative ai diritti fondamentali (ex plurimis, ordinanza n. 134 del 2003, sentenze n. 282 del 1990, n. 113 del 1972 e n. 26 del 1966) e salvo quelle che richiedono atti di autorizzazione o di approvazione del Parlamento. Ci sia perch i decreti-legge e i decreti legislativi sono fonti del diritto con efficacia equiparata a quella della legge parlamentare, sia perch nel relativo procedimento di formazione assicurata la partecipazione dellorgano rappresentativo, rispettivamente in sede di conversione e in sede di delega (oltre che con eventuali pareri, in fase di attuazione della delega stessa). Ne consegue che il parametro costituzionale evocato, cui questa Corte deve fare esclusivo riferimento, risulta adeguatamente rispettato anche quando la disciplina impositiva sia introdotta con un decreto-legge, purch ci avvenga, come nella specie, nel pieno rispetto dei presupposti costituzionalmente previsti. 6. Fondata, nei limiti di seguito precisati, la questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. 6.1. Lordinanza muove dalla considerazione che laddizionale impugnata determina una discriminazione qualitativa dei redditi, per il fatto che essa si applica solo ad alcuni soggetti economici operanti nel settore energetico e degli idrocarburi. Detta discriminazione, poi, non sarebbe supportata da adeguata giustificazione e risulterebbe pertanto arbitraria. In particolare, sebbene una pluralit di indizi contenuti nel testo normativo impugnato e nei relativi lavori preparatori suggeriscano che lintento del legislatore fosse quello di colpire i sovraprofitti conseguiti da detti soggetti in una data congiuntura economica, in realt la struttura della nuova imposta non sarebbe poi coerente con tale ratio giustificatrice. Profili di irrazionalit rispetto allo scopo sarebbero ravvisabili nella individuazione della base imponibile, che costituita dallintero reddito anzich dai soli sovra-profitti, e nella durata permanente, anzich contingente, delladdizionale, che non appare in alcun modo circoscritta a uno o pi periodi di imposta, n risulta ancorata al permanere della situazione congiunturale, che tuttavia addotta come sua ragione. Il tenore di tali motivazioni e, in particolare, linsistenza sul carattere strutturale e permanente della addizionale [rectius: della maggiorazione della aliquota IRES] inducono la Corte a ritenere che le censure interessino il citato art. 81, commi 16, 17 e 18, anche nel testo risultante dalle successive modifiche legislative. Infatti, in virt di tali novelle, limposta oggetto del presente giudizio, che gi in origine era stata istituita senza limiti di tempo, stata poi stabilizzata accentuando gli aspetti della normativa su cui si fondano le doglianze prospettate dalla ricorrente. 6.2. La maggiorazione dellaliquota IRES gravante su determinati operatori dei settori energetico, petrolifero e del gas, cos come stata configurata dallart. 81, commi 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008, e successive modificazioni, non conforme agli artt. 3 e 53 Cost., come costantemente interpretati dalla giurisprudenza di questa Corte. Ai sensi dellart. 53 Cost., infatti, la capacit contributiva il presupposto e il limite del potere impositivo dello Stato e, al tempo stesso, del dovere del contribuente di concorrere alle spese pubbliche, dovendosi interpretare detto principio come specificazione settoriale del pi ampio principio di uguaglianza di cui allart. 3 Cost. (sentenze n. 258 del 2002, n. 341 del 2000 e n. 155 del 1963). Vero che questa Corte ha ripetutamente rimarcato che la Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria; piuttosto essa esige un indefettibile raccordo con la capacit contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressivit, come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla libert ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidariet politica, economica e sociale (artt. 2 e 3 della Costituzione) (sentenza n. 341 del 2000, ripresa sul punto dalla sentenza n. 223 del 2012). Pertanto, secondo gli orientamenti costantemente seguiti da questa Corte, non ogni modulazione del sistema impositivo per settori produttivi costituisce violazione del principio di capacit contributiva e del principio di eguaglianza. Tuttavia, ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione. In ordine ai principi di cui agli artt. 3 e 53 Cost., la Corte , dunque, chiamata a verificare che le distinzioni operate dal legislatore tributario, anche per settori economici, non siano irragionevoli o arbitrarie o ingiustificate (sentenza n. 201 del 2014): cosicch in questo ambito il giudizio di legittimit costituzionale deve vertere sulluso ragionevole, o meno, che il legislatore stesso abbia fatto dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di verificare la coerenza interna della struttura dellimposta con il suo presupposto economico, come pure CONTENZIOSO NAZIONALE la non arbitrariet dellentit dellimposizione (sentenza n. 111 del 1997; ex plurimis, sentenze n. 116 del 2013 e n. 223 del 2012). 6.3. Non mancano nellordinamento esempi di legislazione che impongono una pi esigente contribuzione tributaria a carico di alcuni soggetti. Numerosi sono i casi di temporaneo inasprimento dellimposizione applicabili a determinati settori produttivi o a determinate tipologie di redditi e cespiti ritenuti non illegittimi da questa Corte proprio in forza della loro limitata durata: basti menzionare la sovraimposta comunale sui fabbricati (sentenza n. 159 del 1985), limposta straordinaria immobiliare sul valore dei fabbricati (sentenza n. 21 del 1996), il tributo del sei per mille sui depositi bancari e postali (sentenza n. 143 del 1995), il contributo straordinario per lEuropa (ordinanza n. 341 del 2000). Neppure mancano casi in cui la differenziazione tributaria per settori economici o per tipologie di reddito ha assunto carattere strutturale, superando, ci nondimeno, il vaglio di questa Corte. Si pu, a titolo esemplificativo, ricordare laddizionale sulle remunerazioni in forma di bonus e stock options, ritenuta tuttaltro che irragionevole, arbitraria o ingiustificata da questa Corte con la sentenza n. 201 del 2014; ovvero la normativa esaminata con la sentenza n. 21 del 2005, in cui la Corte ha giudicato che la previsione di aliquote dellimposta regionale sulle attivit produttive (IRAP) differenziate per settori produttivi e per tipologie di soggetti passivi fosse sorretta da non irragionevoli motivi di politica economica e redistributiva, individuati principalmente nellesigenza di neutralizzare tanto il maggiore impatto del nuovo tributo sui settori agricolo e della piccola pesca, quanto il minore impatto del medesimo sui settori bancario, finanziario e assicurativo, i quali, non ingiustificatamente, sono stati assoggettati ad una maggiore aliquota. 6.4. Alla luce dei principi affermati nella giurisprudenza costituzionale che, come si visto, non impongono ununiformit di tassazione e, tuttavia, vietano le differenziazioni in- giustificate, arbitrarie, irragionevoli o sproporzionate appena il caso di aggiungere che non si pu escludere che le peculiarit del settore petrolifero si prestino, in linea teorica, a legittimare uno speciale regime tributario. Come si evince dalle istruttorie e dalle indagini conoscitive dellAutorit garante della concorrenza e del mercato, svariati indizi economici segnalano che si tratta di un ambito caratterizzato da una scarsa competizione fra le imprese. Daltra parte, lo stampo oligopolistico del settore, popolato da pochi soggetti che spesso operano in tutte le fasi della filiera dalla ricerca, alla coltivazione, fino alla raffinazione del petrolio e alla distribuzione dei carburanti unitamente agli elevati costi e alle difficolt di realizzazione delle infrastrutture, rende particolarmente arduo lingresso di nuovi concorrenti che intendano operare su vasta scala. Inoltre, nel settore petrolifero ed energetico, le ordinarie dinamiche di mercato faticano ad esplicarsi, anche perch laumento dei prezzi difficilmente pu essere contrastato da una corrispondente contrazione della domanda che, in questi ambiti, risulta anelastica. In sintesi, non del tutto implausibile ritenere che questo settore di mercato possa essere caratterizzato da una redditivit, dovuta a rendite di posizione, sensibilmente maggiore rispetto ad altri settori, cos da poter astrattamente giustificare, specie in presenza di esigenze finanziarie eccezionali dello Stato, un trattamento fiscale ad hoc. 6.5. Tutto ci premesso, occorre rimarcare che la possibilit di imposizioni differenziate deve pur sempre ancorarsi a una adeguata giustificazione obiettiva, la quale deve essere coerentemente, proporzionalmente e ragionevolmente tradotta nella struttura dellimposta (sentenze n. 142 del 2014 e n. 21 del 2005). Nella specie lart. 81, comma 16, ha previsto, [i]n dipendenza dellandamento delleconomia e dellimpatto sociale dellaumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico, una addizionale del 5,5 per cento (poi innalzata al 6,5 per cento) dellaliquota dellimposta sul reddito delle societ per chi operi nel predetto settore e abbia conseguito un ricavo superiore a un determinato ammontare, la cui entit andata progressivamente diminuendo, cos da allargare in modo significativo il novero degli operatori assoggettati alla maggiorazione di imposta, secondo una linea di tendenza solo marginalmente compensata dalla introduzione di altra soglia, questa volta riferita al reddito imponibile. I presupposti di fatto, addotti dal legislatore nellart. 81, comma 16, per inasprire il carico fiscale delle societ del settore, consistono, da un lato, nella grave crisi economica deflagrata proprio in quel periodo e nella correlata insostenibilit, specie per le fasce pi deboli, dei prezzi dei prodotti di consumo primario; daltro lato, nel contemporaneo eccezionale rialzo del prezzo del greggio al barile, verificatosi proprio nel medesimo volger di tempo, che, nella prospettiva del legislatore, parso idoneo ad incrementare sensibilmente i margini di profitto da parte degli operatori dei settori interessati e a incentivare condotte di mercato opportunistiche o speculative. La complessa congiuntura economica cos ricostruita dal legislatore che vi ha ravvisato spinte contraddittorie, costituite dallinsostenibilit dei prezzi per gli utenti e dalla eccezionale redditivit dellattivit economica per gli operatori del petrolio, ben potrebbe essere considerata in astratto, alla luce della richiamata giurisprudenza di questa Corte, un elemento idoneo a giustificare un prelievo differenziato che colpisca gli eventuali sovra-profitti congiunturali, anche di origine speculativa, del settore energetico e petrolifero. Cos interpretato, lo scopo perseguito dal legislatore appare senzaltro legittimo. Occorre allora verificare se i mezzi approntati siano idonei e necessari a conseguirlo. Infatti, affinch il sacrificio recato ai principi di eguaglianza e di capacit contributiva non sia sproporzionato e la differenziazione dellimposta non degradi in arbitraria discriminazione, la sua struttura deve coerentemente raccordarsi con la relativa ratio giustificatrice. Se, come nel caso in esame, il presupposto economico che il legislatore intende colpire la eccezionale redditivit dellattivit svolta in un settore che presenta caratteristiche privilegiate in un dato momento congiunturale, tale circostanza dovrebbe necessariamente riflettersi sulla struttura dellimposizione. 6.5.1. Ci non avvenuto nella specie, posto che il legislatore, con lart. 81, commi 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008, e successive modificazioni, ha previsto una maggiorazione daliquota di una imposizione, qual lIRES, che colpisce lintero reddito dellimpresa, mancando del tutto la predisposizione di un meccanismo che consenta di tassare separatamente e pi severamente solo leventuale parte di reddito suppletivo connessa alla posizione privilegiata dellattivit esercitata dal contribuente al permanere di una data congiuntura. Infatti, al di l della denominazione di addizionale, la predetta imposizione costituisce una maggiorazione daliquota dellIRES, applicabile ai medesimi presupposto e imponibile di questultima e non, come avvenuto in altri ordinamenti, come unimposta sulla redditivit. 6.5.2. A questa prima incongruenza dellimposizione censurata, se ne aggiunge unaltra ancor pi grave relativa alla proiezione temporale delladdizionale. Infatti, la richiamata giurisprudenza di questa Corte costante nel giustificare temporanei interventi impositivi differenziati, vlti a richiedere un particolare contributo solidaristico a soggetti privilegiati, in circostanze eccezionali. Orbene, a differenza delle ipotesi appena ricordate, le disposizioni censurate nascono e permangono nellordinamento senza essere contenute in un arco temporale predeterminato, n il legislatore ha provveduto a corredarle di strumenti atti a verificare il perdurare della con CONTENZIOSO NAZIONALE giuntura posta a giustificazione della pi severa imposizione. Con lart. 81, commi 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008, e successive modificazioni, per fronteggiare una congiuntura economica eccezionale si invece stabilita una imposizione strutturale, da applicarsi a partire dal periodo di imposta 2008, senza limiti di tempo. Si riscontra, pertanto, un conflitto logico interno alle disposizioni impugnate, le quali, da un lato, intendono ancorare la maggiorazione di aliquota al permanere di una determinata situazione di fatto e, dallaltro, configurano un prelievo strutturale destinato ad operare ben oltre lorizzonte temporale della peculiare congiuntura. 6.5.3. Un ulteriore profilo di inadeguatezza e irragionevolezza connesso alla inidoneit della manovra tributaria in giudizio a conseguire le finalit solidaristiche che intende esplicitamente perseguire. Uno degli obiettivi dichiarati delle disposizioni impugnate, infatti, quello di attenuare limpatto sociale dellaumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico (art. 81, comma 16). Coerentemente con tale finalit, il comma 18 prevede un divieto di traslazione degli oneri dovuti allaumento daliquota sui prezzi al consumo. In tal modo, il legislatore ha inteso evitare che linasprimento fiscale diretto verso operatori economici ritenuti avvantaggiati finisca, con un effetto paradossale, per ricadere sui consumatori, cio proprio su quei soggetti che avrebbero dovuto beneficiare della manovra tributaria in esame, improntata a uno spirito di solidariet, in chiave redistributiva. Ora il divieto di traslazione degli oneri sui prezzi al consumo, cos come delineato nel comma 18, non in grado di evitare che laddizionale sia scaricata a valle, dalluno allaltro dei contribuenti che compongono la filiera petrolifera per poi essere, in definitiva, sopportata dai consumatori sotto forma di maggiorazione dei prezzi. Senza entrare qui nel merito dei profili di ingiustificata discriminazione intra-settoriale tra diversi soggetti della filiera petrolifera sollevati nellordinanza di rimessione, la disposizione appare irrazionale per inidoneit a conseguire il suo scopo. Il divieto di traslazione degli oneri sui prezzi al consumo risulta difficilmente assoggettabile a controlli efficaci, atti a garantire che non sia eluso. Vero che la disposizione ha affidato alla Autorit per lenergia elettrica, il gas e il sistema idrico un potere di vigilanza sulla puntuale osservanza del divieto di traslazione. Tuttavia, come congegnato nella normativa in questione, tale meccanismo pare difficilmente attuabile e in ogni caso facilmente vulnerabile, se vero, come si legge nelle relazioni della medesima Autorit preposta al controllo, che le analisi svolte hanno mostrato che una parte dei soggetti vigilati ha continuato ad attuare politiche di prezzo tali da costituire una possibile violazione del divieto di traslazione, comportando comunque uno svantaggio economico per i consumatori finali (Relazione al Parlamento n. 18/2013/I/Rht sullattivit di vigilanza svolta nellanno 2012 dallAutorit per lenergia elettrica, il gas e il sistema idrico). Elementi indiziari tratti dalle politiche dei prezzi adottati dai soggetti vigilati, che generano un incremento dei margini non sufficientemente motivato (Relazione al Parlamento sopra citata) alimentano il dubbio che il divieto di traslazione sui prezzi non sia stato in fatto osservato, n possa essere puntualmente sanzionato a causa della obiettiva difficolt di isolare, in uneconomia di libero mercato, la parte di prezzo praticato dovuta a traslazioni dellimposta. Da qui il contenzioso amministrativo che ha di fatto paralizzato le iniziative assunte in tal senso dallAutorit per lenergia elettrica, il gas e il sistema idrico. 6.5.4. In definitiva, il vizio di irragionevolezza evidenziato dalla configurazione del tributo in esame come maggiorazione di aliquota che si applica allintero reddito di impresa, anzich ai soli sovra-profitti; dallassenza di una delimitazione del suo ambito di applica zione in prospettiva temporale o di meccanismi atti a verificare il perdurare della congiuntura economica che ne giustifica lapplicazione; dallimpossibilit di prevedere meccanismi di accertamento idonei a garantire che gli oneri derivanti dallincremento di imposta non si traducano in aumenti del prezzo al consumo. Per tutti questi motivi, la maggiorazione dellIRES applicabile al settore petrolifero e del- lenergia, cos come configurata dallart. 81, commi, 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008, e successive modificazioni, viola gli artt. 3 e 53 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalit, per incongruit dei mezzi approntati dal legislatore rispetto allo scopo, in s e per s legittimo, perseguito. 7. Nel pronunciare lillegittimit costituzionale delle disposizioni impugnate, questa Corte non pu non tenere in debita considerazione limpatto che una tale pronuncia determina su altri principi costituzionali, al fine di valutare leventuale necessit di una graduazione degli effetti temporali della propria decisione sui rapporti pendenti. Il ruolo affidato a questa Corte come custode della Costituzione nella sua integralit impone di evitare che la dichiarazione di illegittimit costituzionale di una disposizione di legge determini, paradossalmente, effetti ancor pi incompatibili con la Costituzione (sentenza n. 13 del 2004) di quelli che hanno indotto a censurare la disciplina legislativa. Per evitare che ci accada, compito della Corte modulare le proprie decisioni, anche sotto il profilo temporale, in modo da scongiurare che laffermazione di un principio costituzionale determini il sacrificio di un altro. Questa Corte ha gi chiarito (sentenze n. 49 del 1970, n. 58 del 1967 e n. 127 del 1966) che lefficacia retroattiva delle pronunce di illegittimit costituzionale (e non pu non essere) principio generale valevole nei giudizi davanti a questa Corte; esso, tuttavia, non privo di limiti. Anzitutto pacifico che lefficacia delle sentenze di accoglimento non retroagisce fino al punto di travolgere le situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili ovvero i rapporti esauriti. Diversamente ne risulterebbe compromessa la certezza dei rapporti giuridici (sentenze n. 49 del 1970, n. 26 del 1969, n. 58 del 1967 e n. 127 del 1966). Pertanto, il principio della retroattivit vale [] soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida (sentenza n. 139 del 1984, ripresa da ultimo dalla sentenza n. 1 del 2014). In questi casi, lindividuazione in concreto del limite alla retroattivit, dipendendo dalla specifica disciplina di settore relativa, ad esempio, ai termini di decadenza, prescrizione o inoppugnabilit degli atti amministrativi che precluda ogni ulteriore azione o rimedio giurisdizionale, rientra nel- lambito dellordinaria attivit interpretativa di competenza del giudice comune (principio affermato, ex plurimis, sin dalle sentenze n. 58 del 1967 e n. 49 del 1970). Inoltre, come il limite dei rapporti esauriti ha origine nellesigenza di tutelare il principio della certezza del diritto, cos ulteriori limiti alla retroattivit delle decisioni di illegittimit costituzionale possono derivare dalla necessit di salvaguardare principi o diritti di rango costituzionale che altrimenti risulterebbero irreparabilmente sacrificati. In questi casi, la loro individuazione ascrivibile allattivit di bilanciamento tra valori di rango costituzionale ed , quindi, la Corte costituzionale e solo essa ad avere la competenza in proposito. Una simile graduazione degli effetti temporali delle dichiarazioni di illegittimit costituzionale deve ritenersi coerente con i principi della Carta costituzionale: in tal senso questa Corte ha operato anche in passato, in alcune circostanze sia pure non del tutto sovrapponibili a quella in esame (sentenze n. 423 e n. 13 del 2004, n. 370 del 2003, n. 416 del 1992, n. 124 del 1991, n. 50 del 1989, n. 501 e n. 266 del 1988). CONTENZIOSO NAZIONALE Il compito istituzionale affidato a questa Corte richiede che la Costituzione sia garantita come un tutto unitario, in modo da assicurare una tutela sistemica e non frazionata (sentenza n. 264 del 2012) di tutti i diritti e i principi coinvolti nella decisione. Se cos non fosse, si verificherebbe lillimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe tiranno nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette: per questo la Corte opera normalmente un ragionevole bilanciamento dei valori coinvolti nella normativa sotto- posta al suo esame, dal momento che [l]a Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi (sentenza n. 85 del 2013). Sono proprio le esigenze dettate dal ragionevole bilanciamento tra i diritti e i principi coinvolti a determinare la scelta della tecnica decisoria usata dalla Corte: cos come la decisione di illegittimit costituzionale pu essere circoscritta solo ad alcuni aspetti della disposizione sottoposta a giudizio come avviene ad esempio nelle pronunce manipolative similmente la modulazione dellintervento della Corte pu riguardare la dimensione temporale della normativa impugnata, limitando gli effetti della declaratoria di illegittimit costituzionale sul piano del tempo. Del resto, la comparazione con altre Corti costituzionali europee quali ad esempio quelle austriaca, tedesca, spagnola e portoghese mostra che il contenimento degli effetti retroattivi delle decisioni di illegittimit costituzionale rappresenta una prassi diffusa, anche nei giudizi in via incidentale, indipendentemente dal fatto che la Costituzione o il legislatore abbiano esplicitamente conferito tali poteri al giudice delle leggi. Una simile regolazione degli effetti temporali deve ritenersi consentita anche nel sistema italiano di giustizia costituzionale. Essa non risulta inconciliabile con il rispetto del requisito della rilevanza, proprio del giudizio incidentale (sentenza n. 50 del 1989). Va ricordato in proposito che tale requisito opera soltanto nei confronti del giudice a quo ai fini della prospettabilit della questione, ma non anche nei confronti della Corte ad quem al fine della decisione sulla medesima. In questa chiave, si spiega come mai, di norma, la Corte costituzionale svolga un controllo di mera plausibilit sulla motivazione contenuta, in punto di rilevanza, nellordinanza di rimessione, comunque effettuato con esclusivo riferimento al momento e al modo in cui la questione di legittimit costituzionale stata sollevata. In questa prospettiva si spiega, ad esempio, quel- lorientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto la sindacabilit costituzionale delle norme penali di favore anche nelle ipotesi in cui la pronuncia di accoglimento si rifletta soltanto sullo schema argomentativo della sentenza penale assolutoria, modificandone la ratio decidendi [], pur fermi restando i pratici effetti di essa (sentenza n. 148 del 1983, ripresa sul punto dalla sentenza n. 28 del 2010). N si pu dimenticare che, in virt della declaratoria di illegittimit costituzionale, gli interessi della parte ricorrente trovano comunque una parziale soddisfazione nella rimozione, sia pure solo pro futuro, della disposizione costituzionalmente illegittima. Naturalmente, considerato il principio generale della retroattivit risultante dagli artt. 136 Cost. e 30 della legge n. 87 del 1953, gli interventi di questa Corte che regolano gli effetti temporali della decisione devono essere vagliati alla luce del principio di stretta proporzionalit. Essi debbono, pertanto, essere rigorosamente subordinati alla sussistenza di due chiari presupposti: limpellente necessit di tutelare uno o pi principi costituzionali i quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente compromessi da una decisione di mero accoglimento e la circostanza che la compressione degli effetti retroattivi sia limitata a quanto strettamente necessario per assicurare il contemperamento dei valori in gioco. 8. Ci chiarito in ordine al potere della Corte di regolare gli effetti delle proprie decisioni e ai relativi limiti, deve osservarsi che, nella specie, lapplicazione retroattiva della presente declaratoria di illegittimit costituzionale determinerebbe anzitutto una grave violazione del- lequilibro di bilancio ai sensi dellart. 81 Cost. Come questa Corte ha affermato gi con la sentenza n. 260 del 1990, tale principio esige una gradualit nellattuazione dei valori costituzionali che imponga rilevanti oneri a carico del bilancio statale. Ci vale a fortiori dopo lentrata in vigore della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che ha riaffermato il necessario rispetto dei principi di equilibrio del bilancio e di sostenibilit del debito pubblico (sentenza n. 88 del 2014). Limpatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari connesse alla dichiarazione di illegittimit costituzionale dellart. 81, commi 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008, e successive modificazioni, determinerebbe, infatti, uno squilibrio del bilancio dello Stato di entit tale da implicare la necessit di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venire meno al rispetto dei parametri cui lItalia si obbligata in sede di Unione europea e internazionale (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.) e, in particolare, delle previsioni annuali e pluriennali indicate nelle leggi di stabilit in cui tale entrata stata considerata a regime. Pertanto, le conseguenze complessive della rimozione con effetto retroattivo della normativa impugnata finirebbero per richiedere, in un periodo di perdurante crisi economica e finanziaria che pesa sulle fasce pi deboli, una irragionevole redistribuzione della ricchezza a vantaggio di quegli operatori economici che possono avere invece beneficiato di una congiuntura favorevole. Si determinerebbe cos un irrimediabile pregiudizio delle esigenze di solidariet sociale con grave violazione degli artt. 2 e 3 Cost. Inoltre, lindebito vantaggio che alcuni operatori economici del settore potrebbero conseguire in ragione dellapplicazione retroattiva della decisione della Corte in una situazione caratterizzata dalla impossibilit di distinguere ed esonerare dalla restituzione coloro che hanno traslato gli oneri determinerebbe una ulteriore irragionevole disparit di trattamento, questa volta tra i diversi soggetti che operano nellambito dello stesso settore petrolifero, con conseguente pregiudizio anche degli artt. 3 e 53 Cost. La cessazione degli effetti delle norme dichiarate illegittime dal solo giorno della pubblicazione della presente decisione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica risulta, quindi, costituzionalmente necessaria allo scopo di contemperare tutti i principi e i diritti in gioco, in modo da impedire alterazioni della disponibilit economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri [] garantendo il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidariet, che, per il loro carattere fondante, occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali (sentenza n. 264 del 2012). Essa consente, inoltre, al legislatore di provvedere tempestivamente al fine di rispettare il vincolo costituzionale dellequilibrio di bilancio, anche in senso dinamico (sentenze n. 40 del 2014, n. 266 del 2013, n. 250 del 2013, n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n. 1 del 1966), e gli obblighi comunitari e internazionali connessi, ci anche eventualmente rimediando ai rilevati vizi della disciplina tributaria in esame. In conclusione, gli effetti della dichiarazione di illegittimit costituzionale di cui sopra devono, nella specie e per le ragioni di stretta necessit sopra esposte, decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della presente decisione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. CONTENZIOSO NAZIONALE 9. Devono considerarsi assorbite le ulteriori questioni di legittimit costituzionale. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara lillegittimit costituzionale dellart. 81, commi 16, 17 e 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2015. Il reato di concussione mediante induzione alla luce delle novit normative introdotte dalla legge 190/2012. Prime applicazioni giurisprudenziali in sede di merito e di legittimit dellart. 319 quater c.p. TRIBUNALE DI ROMA, SEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI, SENTENZA 17 GENNAIO 16 APRILE 2013 N. 138 Luca Ventrella* Martina Zaccheo** SOMMARIO: 1. Premessa: la vicenda fattuale della sentenza GUP del Tribunale di Roma n. 138/13 del 17 gennaio/ 16 aprile 2013 - 2. Originaria formulazione dell'art. 317 c.p.: le condotte di costrizione e di induzione - 3. Novit legislative: la legge n. 190 del 2012 (cd. Legge Severino) - 4. Prime interpretazioni giurisprudenziali della Cassazione post 190/2012: sentenza Nardi - 5. (segue) Sentenza Roscia - 6. (segue) Sentenza Melfi - 7. Cass. Sez. Un. 14 marzo 2014 n. 12228 - 8. Sentenza GUP in commento. 1. Premessa: la vicenda fattuale della sentenza GUP del Tribunale di Roma n. 138/13 del 17 gennaio/ 16 aprile 2013. La sentenza n. 138/13 oggetto della presente annotazione, resa dal G.U.P. Dr. Saulino del Tribunale di Roma in giudizio abbreviato alludienza del 17 gennaio 2013 e depositata il 16 aprile 2013 - sostanzialmente confermata dalla Corte dAppello (con modeste riduzioni di pene) con dispositivo letto alla recente udienza del 10 ottobre 2014 - fornisce un importante spunto di riflessione in merito allo scenario normativo emergente dall'intervento riformatore operato dalla legge n. 190 del 2012 (cd. Legge Severino) che ha interessato, tra le altre, la fattispecie criminosa della concussione prevista dall'art. 317 c.p. ponendo numerosi interrogativi esegetici in punto di successione di leggi penali nel tempo. La vicenda su cui verte l'arresto in questione attiene alla condotta tenuta, in data 8 marzo 2012, da due dipendenti dell'Agenzia delle Entrate nell'ambito di un accertamento fiscale eseguito presso un esercizio commerciale di vendita di articoli floreali. In particolare, nel corso della verifica uno dei due agenti rappresentava al titolare dell'attivit, il quale aveva consegnato solo parte della documentazione richiesta dai pubblici ufficiali, che a causa delle irregolarit riscontrate sarebbero state elevate diverse sanzioni a suo carico, ivi comprese quelle relative alla mancata regolarizzazione contributiva di due persone presenti nel negozio e ritenute dagli accertatori dipendenti del titolare. (*) Avvocato dello Stato. (**) Dott.ssa in Giurisprudenza, gi praticante forense presso lAvvocatura dello Stato. CONTENZIOSO NAZIONALE Nel corso della stesura del relativo verbale il medesimo agente, non senza esimersi dal commentare l'esito dell'accertamento effettuato, quantificava le sanzioni che a vario titolo il titolare avrebbe dovuto pagare nella cifra complessiva di 60.000 euro. Il titolare dell'esercizio anche in ragione dell'atteggiamento tenuto dal soggetto accertatore chiedeva quindi se fosse possibile in qualche modo alleggerire la sua posizione. A tale istanza il pubblico ufficiale rispondeva prontamente che sarebbe stato necessario annullare il verbale e redigerlo ex novo. Il titolare, data la predisposizione del verificatore e della sua collega, che pure aveva assentito alla possibilit di redigere un nuovo verbale emendato da alcune violazioni, si mostrava disponibile ad effettuare nei loro confronti un pagamento di 3.000 euro. Gli ispettori si accordavano dunque con il titolare per un incontro nel tardo pomeriggio allo scopo di effettuare la dazione della somma concordata. Successivamente il titolare per contattava il fratello e gli riferiva quanto accaduto; questi lo esortava quindi a denunciare il fatto. Informate le forze dell'ordine, l'incontro avveniva come preventivato: il titolare consegnava la somma di 2.000 euro, ricevendo in cambio dai due ispettori il verbale redatto ex novo. A fronte dei fatti occorsi veniva contestato ai due accertatori [i]l delitto previsto e punito dagli artt. 110 e 317 c.p. perch nella loro qualit di verificatori dipendenti dell'Agenzia delle Entrate, quindi pp.uu., nel corso di una verifica fiscale eseguita presso la F.Y. di B.M., abusando delle loro qualit e delle funzioni ad esse connesse, attraverso la prospettazione di sanzioni di significativo peso economico, pari a circa 60.000 euro, ulteriori rispetto a quelle rilevate, e conseguenti all'omessa regolarizzazione contributiva di due ritenute - contrariamente al vero - coadiutrici del B., inducevano costui prima a promettere la somma di 3.000 euro, poi a consegnare quella di 2.000 euro, per omettere le segnalazioni alle competenti autorit in relazione all'omessa regolarizzazione delle due persone presenti in negozio. In Roma, in data 8 marzo 2012. La circostanza che nell'originaria imputazione fosse contestato, ai sensi dell'art. 317 c.p., il reato di concussione, nella forma di induzione, avendo invece il G.U.P. riqualificato il fatto, condannando gli imputati, ai sensi dell'art. 319 quater c.p., pone l'occasione per un'analisi circa l'evoluzione del reato di concussione, alla luce soprattutto degli effetti di diritto intertemporale determinati dalle novit normative introdotte dalla legge n. 190/2012, che la sentenza de qua ha interpretato in guisa tale da anticipare sotto pi profili il pronunciamento di recente reso dalle Sezioni Unite. 2. Originaria formulazione dell'art. 317 c.p.: le condotte di costrizione e di induzione. La figura criminosa della concussione, prevista all'art. 317 c.p. nell'ambito dello statuto penale della Pubblica Amministrazione, era configurata, nella formulazione risultante dalla legge n. 86 del 1990 (1), come una fattispecie mista alternativa. Essa contemplava infatti due distinte, ancorch equipollenti, modalit attuative della condotta del soggetto agente: una mediante costrizione, l'altra mediante induzione. La dottrina pi risalente considerava l'indagine esegetica intorno all'esatta portata semantica di tali due forme di manifestazione del reato un mero esercizio didascalico, costituendo in realt i lemmi costrizione ed induzione un'endiadi legislativa (2) che nulla mutava quanto agli effetti che le due condotte producevano sulla psiche del soggetto passivo, n quanto al trattamento sanzionatorio applicabile (3). Tale opinione trovava peraltro puntuale riscontro in una prassi giudiziaria adusa ad utilizzare entrambi i termini nel descrivere la condotta concussiva, quasi si ponessero tra loro in rapporto di succedaneit e di interscambiabilit. Secondo tale approccio unitario la fattispecie de qua si caratterizzava in particolare per il collegamento funzionale esistente tra la condotta posta in essere dal pubblico ufficiale ovvero dall'incaricato di pubblico servizio - che poteva invariabilmente estrinsecarsi in una costrizione ovvero in una induzione -e l'abuso di potere o qualit perpetrato nei confronti del privato, il quale veniva sottoposto ad una violenza psichica relativa mediante la prospettazione di un male ingiusto. Si riteneva infatti che, quale che fosse la concreta modalit concussiva utilizzata dal soggetto agente, risultasse necessario che la violenza non fosse n assoluta n fisica (4), configurandosi altrimenti, nel concorso di tutti gli elementi, un'ipotesi di estorsione ovvero di violenza privata o, infine, di violenza sessuale, e che il danno minacciato fosse ingiusto, poich qualora si prospettasse, invece, la possibilit di ostacolare l'esercizio di un potere dovuto, da cui conseguirebbe dunque un danno che non sarebbe iniura datum, ricorrerebbe la fattispecie criminosa della corruzione ex art. 319 c.p. (5). (1) Con la novella de qua il legislatore oltre ad estendere la portata soggettiva della fattispecie anche agli incaricati di pubblico servizio, intervenuta nella descrizione della condotta sostituendo alla locuzione abusando delle [] della sua funzione quella abusando [] dei suoi poteri. (2) CHIAROTTI F., voce Concussione, in Enc. Dir., Giuffr, 1961, p. 704. (3) La previsione del medesimo trattamento sanzionatorio per le due forme di concussione si riteneva coerente alla luce delle osservazioni espresse nella Relazione ministeriale al codice penale in virt delle quali nel fatto criminoso della concussione l'indurre ha una gravit non minore del costringere [] In ogni caso la volont dell'offeso cede all'uso di mezzi, che intrinsecamente sono non meno efficaci ed odiosi d'una costrizione morale. (4) Nella vigenza del codice Zanardelli del 1889 il concetto costrizione era riferito sia alla violenza psichica che a quella fisica (art. 169), mentre con il termine induzione si alludeva a condotte ingannatorie (art.170). (5) alla specifica intenzione del pubblico ufficiale di taglieggiare il soggetto concusso, deve corrispondere nel privato un tipico atteggiamento psichico, in cui predomina la consapevolezza di subire, oltre che una sopraffazione, un torto, in questi termini PALOMBI E., Il delitto di concussione, Jovene, 1979, p. 163. CONTENZIOSO NAZIONALE Tuttavia, ancora nel vigore dell'originaria versione dell'art. 317 c.p., si dividevano il campo diversi orientamenti interpretativi al fine di individuare autonomi ambiti applicativi delle due forme di concussione. A tal proposito parte della dottrina riteneva che la costrizione (6) si concretizzasse in una minaccia seria ed idonea, secondo l'id quod plerumque accidit, a causare nel soggetto passivo una forte ed incisiva coartazione della sua volont, mentre l'induzione (7), manifestandosi attraverso forme di suggestione o di persuasione, comporterebbe una pressione psicologica pi blanda, ma comunque sufficiente a determinare il privato alla dazione o alla promessa. Il discrimen tra le due ipotesi di concussione veniva dunque focalizzato sull'intensit della minaccia e sul grado di condizionamento che essa era capace di esercitare sulla volont del soggetto passivo. A fronte di un nucleo comune costituito dall'abuso del potere o delle qualit, idoneo ad ingenerare nel privato il cd. metus publicae potestatis, (e cio uno stato di timore ed intimidazione determinato dalla posizione di preminenza ricoperta dal pubblico ufficiale), la dottrina cercava cos di recuperare la duplice fisionomia del reato di concussione (8). Tale impostazione, che ebbe pure largo seguito in giurisprudenza, non fu tuttavia esente da rilievi critici volti a ritenere il discrimen cos tracciato fumoso ed evanescente. Si osservava invero che, se da un lato, il termine costrizione era caratterizzato da una certa pregnanza descrittiva tanto della condotta quanto del- l'effetto dalla stessa promanante, dall'altro, il vocabolo induzione sembrava riferirsi al solo effetto finale senza offrire alcun elemento indicativo in ordine al modo di atteggiarsi della condotta. La neutralit semantica del sintagma induzione emerge d'altra parte chiaramente dall'utilizzo che il legislatore ne ha fatto in altre ipotesi delittuose. Con riferimento, ad esempio, all'art. 377 bis c.p. rubricato Induzione a non (6) In tal senso FIANDACA-MUSCO, in Diritto penale parte speciale, Zanichelli, 2011, in giurisprudenza Cass., Sez. II, 1 dicembre 1995, n. 2809, RUSSO, in C.E.D. Cass., rv 204363 possibile inoltre individuare un orientamento dottrinale a mente del quale il termine induzione andrebbe inteso alla stregua di una condotta ingannatoria, cos ESPOSITO F., La concussione per induzione e lo stato di soggezione della vittima, in Rivista penale, 1999, p. 995. (7) Ex multis Cass., Sez. VI, 22 aprile 2009, n. 20195, GOLINO, in C.E.D. Cassazione, rv. 243842. (8) La configurabilit nell'ambito della concussione di tale elemento contestata da parte della dottrina in quanto non esplicitato all'interno della fattispecie, inoltre si ritiene che qualora esso coincida con lo stato di soggezione derivante dalla costrizione o dall'induzione rappresenterebbe un inutile doppione, in tal senso FIANDACA-MUSCO, in op. cit., p. 211; diversamente opina la giurisprudenza che lo ritiene un elemento ricorrente in entrambe le formedi concussione Cass. Sez. VI, 22 ottobre 1993, n. 2985, FEDELE, in Cass. Pen., 1995, p. 550; il metus pubblicae potestatis deve consistere non nella generica posizione di supremazia, sempre connaturata alla qualifica di pubblico ufficiale, bens nel concreto abuso della propria qualit o funzione, abuso che abbia costretto o indotto il privato alla indebita promessa o dazione, cos Cass., Sez. VI, 16 febbraio 2004, n. 6073, in Cass. Pen., 2005, p. 1246 ss. rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorit giudiziaria il precetto penale descrive una serie di condotte comprensive della violenza, della minaccia, della promessa ovvero dell'offerta di beni, denaro o altra utilit, tutte astrattamente idonee a raggiungere il risultato di indurre a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorit giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facolt di non rispondere. Del pari, l'art. 507 c.p. (9), relativo al delitto di boicottaggio, contempla quali strumenti di induzione la propaganda, la forza o l'autorit dei partiti. Infine, nel reato di cui all'art. 558 c.p. la condotta induttiva risulta integrata dal comportamento ingannatorio del soggetto agente. Appare dunque evidente come il legislatore abbia inteso il termine in questione secondo una variet eterogenea di accezioni tutte accomunate dall'idoneit ad indurre il soggetto passivo ad un determinato comportamento. L'evidente opacit linguistica che connota il vocabolo induzione aveva perci esposto il reato di concussione a seri dubbi circa la sua aderenza al principio di tassativit, sub specie di principio di precisione del precetto penale che del primo costituisce il postulato tecnico (10). Ciononostante la giurisprudenza risultava granitica nel differenziare le due condotte essenzialmente in ragione del maggiore o minore margine di scelta residuante in capo al privato concusso. 3. Novit legislative: la legge n. 190 del 2012 (cd. Legge Severino). Sul composito ed incerto scenario interpretativo sviluppatosi intorno ai concetti di costrizione e di induzione intervenuta con effetti dirompenti la legge n. 190 del 2012. Tale intervento legislativo di ampio respiro, volto alla prevenzione e alla repressione del fenomeno corruttivo attraverso una rimodulazione delle fattispecie penali esistenti e l'introduzione di nuove, stato in primo luogo determinato dal tentativo di uniformare la normativa nazionale ai principi della Convenzione contro la corruzione approvata in ambito O.N.U. nel 2003 e della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo, rispettivamente ratificate dallo Stato italiano con le leggi n. 116 del 2009 e n. 110 del 2012. In particolare, per i fini che qui interessano, la novella legislativa inter- venuta in maniera penetrante sull'originaria fisionomia del reato di concussione, dal quale stata espunta la condotta induttiva, introducendo altres, (9) Con sentenza n. 84 del 17 aprile 1969 la Corte costituzionale ha dichiarato lillegittimit di questo articolo per la parte relativa allipotesi della propaganda qualora questa non assuma dimensioni tali n raggiunga un grado tale di intensit e di efficacia da risultare veramente notevole. (10) In linea con tali sospetti si pone l'elaborazione giurisprudenziale della cd. concussione ambientale, sul punto Cass., Sez. VI, 13 luglio 1998, n. 13395, SALVI, in Foro italiano, 1999, II, p. 644 con nota di MANES V. La concussione ambientale da fenomenologia a fattispecie extra legem. CONTENZIOSO NAZIONALE all'art. 319 quater c.p., una fattispecie penale di nuovo conio: quella di Induzione indebita a dare o promettere utilit. Se si procede ad una sommaria analisi delle due figure delittuose in questione possibile evidenziare come l'art. 317 c.p. abbia subto una restrizione sotto un duplice profilo: quello oggettivo e quello soggettivo. Quanto al primo si osservato come il reato de quo sia ora circoscritto alle sole condotte costrittive poste in essere dal soggetto agente, il quale, e questo il secondo profilo di novit, deve rivestire la qualifica di pubblico ufficiale essendo stata emendata quella relativa all'incaricato di pubblico servizio (11). Tale complessiva riconfigurazione del delitto in questione stata inoltre accompagnata da un innalzamento del minimo edittale originariamente previsto. Con riferimento alla figura criminosa prevista dall'art. 319 quater c.p. possibile evidenziare, invece, accanto ad un nucleo evocativo la previgente figura di concussione per induzione, elementi di assoluta novit. Oltre alla clausola di salvaguardia posta nell'incipit della disposizione in questione, che ne rende dunque residuale l'applicazione, stata infatti introdotta la punibilit del privato che ha dato o promesso denaro, beni o altra utilit. Volendo anche solo accennare ad un confronto strutturale, tra l'art. 317 c.p. nel testo vigente ante riforma e l'art. 319 quater c.p., risulta di tutta evidenza il diverso apprezzamento effettuato dal legislatore con riferimento alla condotta del privato. Il reato di concussione per induzione era infatti originariamente riconducibile alla categoria dei reati plurisoggettivi impropri - quelli cio che pur prevedendo il necessario concorso di pi persone assoggettano a sanzione penale solo alcune di esse - di talch la condotta posta in essere dal privato, per esservi stato indotto, era penalmente irrilevante, risultando egli persona offesa dal reato. Con il nuovo art. 319 quater c.p. la posizione del privato transita, invece, dall'area dell'irrilevanza a quella della rilevanza penale, assumendo lo stesso il ruolo di coautore nel delitto. Sebbene prima facie non si possa non rilevare come il recente intervento legislativo sembri essersi limitato ad un mero spacchettamento dell'unitaria fattispecie delittuosa della concussione, originariamente prevista all'art. 317 c.p., le novit introdotte hanno sollevato, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, evidenti interrogativi in punto di diritto intertemporale, le cui risposte, tutt'altro che ovvie, potevano e possono notevolmente incidere sui numerosi processi ancora pendenti. Nell'affrontare la problematica attinente alla continuit o meno del tipo normativo di cui sopra si sono profilati in giurisprudenza tre distinti filoni in (11) Sul punto si evidenzia un'ipotesi di abrogatio sine abolitio essendo la condotta concussiva dell'incaricato di pubblico servizio sussumibile nell'alveo della fattispecie penale dell'estorsione aggravata ai sensi dell'art. 61, n. 9 c.p. terpretativi che hanno determinato la Suprema Corte di Cassazione, nella sua composizione pi autorevole, ad intervenire sul punto. 4. Prime interpretazioni giurisprudenziali della Cassazione post 190/2012: sentenza Nardi. Il primo orientamento giurisprudenziale (12) stato inaugurato dalla sentenza n. 8695 pronunciata dalla VI sezione della Cassazione in data 21 febbraio 2013 (13). La vicenda giudiziaria atteneva alla condotta di un pubblico ufficiale, nella specie un carabiniere, che, abusando dei suoi poteri prospettava ad un agente assicurativo una serie di controlli in danno dei clienti della societ presso la quale lavorava, inducendolo alla consegna di una modesta somma di denaro. I giudici di legittimit nel pronunciarsi sul ricorso presentato dall'imputato focalizzavano immediatamente l'attenzione sul recente intervento riformatore e sulle problematiche di diritto intertemporale dallo stesso derivanti. Nel ribadire che il criterio, alla luce del quale la continuit o meno tra gli illeciti penali deve essere analizzata e risolta, costituito dal confronto strutturale tra fattispecie astratte, la Corte rilevava come fosse possibile rinvenire un'assoluta omogeneit strutturale del delitto di induzione indebita rispetto alla vecchia ipotesi di concussione per induzione. Invero, a dispetto dell'estensione della punibilit anche nei confronti del privato, i giudici osservavano che la tipizzazione plurisoggettiva caratterizzata anch'essa strutturalmente, per la struttura astratta tra le due condotte, e cio nel senso che le medesime condotte ivi descritte o implicitamente presupposte, indipendentemente dal fatto che siano punite o meno, acquistano un significato tipico... per via di una strumentalit che le avvince. Attesa, ai fini successori tra le due fattispecie, l'irrilevanza dell'incriminazione della condotta del privato, la Corte di Cassazione spostava quindi la sua analisi sulla portata dei concetti di costrizione e di induzione al fine di verificare se, sotto questo profilo, tra l'ipotesi di concussione per induzione e quella di induzione indebita vi fosse o meno corrispondenza non solo formale, ma anche sostanziale. Sul punto la Suprema Corte osservava come la novella legislativa avesse (12) Ex multis Sez. 6, n. 28431 del 12 giugno 2013, CAPPELLO, in C.E.D. Cass., Rv. 255614; Sez. 6, n. 28412 dell8 marzo 2013, NOGHEROTTO, ivi, Rv. 255607; Sez. 6, n. 11942 del 25 febbario 2013, OLIVERIO, ivi, Rv. 254444; Sez. 6, n. 12388 dell11 febbario 2013, SARNO, ivi, Rv. 254441; Sez. 6, n. 21192 del 25 gennaio 2013, BARLA, ivi, Rv. 255366; Sez. 6, n. 18968 dell11 gennaio 2013, BELLINI, ivi, Rv. 255072; Sez. 6, n. 17285 dell11 gennaio 2013, VACCARO, ivi, Rv. 254621; Sez. 6, n. 16154 dell11 gennaio 2013, PIERRI, ivi, Rv. 254539; Sez. 6, n. 3093 del 18 dicembre 2012, dep. 21 gennaio 2013, AURATI, ivi, Rv. 253947. (13) Sez. 6, n. 8695 del 4 dicembre 2012, dep. 21 febbario 2013, NARDI, in C.E.D. Cass., Rv. 254114. CONTENZIOSO NAZIONALE per vero operato un semplice spacchettamento dell'unitario precetto penale della concussione, isolando in due distinte disposizioni incriminatrici fattispecie prima sussunte nell'alveo del medesimo articolo 317 c.p. Pi nello specifico, veniva evidenziata la perfetta sovrapponibilit lessicale tra l'originaria formulazione della concussione per induzione e l'odierna figura di induzione indebita, dalla quale veniva in definitiva desunta la continuit concettuale e normativa tra le due ipotesi criminose. Tale ragione, secondo la Suprema Corte, postulerebbe dunque la perdurante validit del risultato ermeneutico cui la giurisprudenza era pervenuta nel vigore della precedente normativa. Nella sentenza in questione, invero, il criterio discretivo tra la condotta costrittiva e quella induttiva veniva nuovamente rinvenuto nella maggiore o minore intensit della coartazione psichica subta dal privato, il quale sarebbe quindi soggetto a costrizione ove il comportamento del pubblico ufficiale sia connotato da una particolare capacit intimidatoria tale da soggiogare quasi completamente la sua volont (voluit quia coactus), mentre risulterebbe indotto allorch la pressione esercitata, sotto forma di persuasione o allusione, si atteggi in guisa tale da lasciargli un pi ampio margine di autodeterminazione (coactus tamen voluit). In conclusione, con l'arresto de quo i giudici di legittimit riconoscevano alla figura di induzione indebita portata meramente replicativa di quella gi contemplata dall'art. 317 c.p., rispetto alla quale la nuova incriminazione del privato non fa venir meno la continuit normativa e la conseguente applicabilit dell'art. 2 c. 4 c.p., essendo la stessa giustificata dalla ratio legis, rinvenibile anche nelle fonti di matrice internazionale, di perseguire la condotta del soggetto che, a fronte di blande pressioni psichiche, non abbia respinto la richiesta illecita del pubblico ufficiale. 5. (segue) Sentenza Roscia. Il secondo orientamento (14), formatosi in seno alla sesta sezione della Suprema Corte ed inaugurato con la sentenza n. 3251 del 22 gennaio 2013 (15) (depositata dunque 5 giorni dopo la sentenza GUP in commento), si pone in aperta rottura con il lungo percorso esegetico condotto dalla giurisprudenza in ordine al discrimen tra la condotta costrittiva e quella induttiva. La vicenda sottoposta ai magistrati di Cassazione ineriva alla condotta (14) Ex multis Sez. 6, n. 29338 del 23 maggio 2013, PISANO, in C.E.D. Cass., Rv. 255616; Sez. 6, n. 26285 del 27 marzo 2013, A.R.P.A., ivi, Rv. 255371; Sez. 6, n. 16566 del 26 febbraio 2013, CABONI, ivi, Rv. 254624; Sez. 6, n. 13047 del 25 febbraio 2013, PICCJ, ivi, Rv. 254466; Sez. 6, n. 17943 del 15 febbraio 2013, SAMMATRICE, ivi, Rv. 25476, n. 17593 del 14 gennaio 2013, MARINO, ivi, Rv. 254622; Sez. 6, n. 7495 del 3 febbraio 2012, dep. 15 febbraio 2013, GORI, ivi, Rv. 254021. (15) Sez. 6, n. 3251 del 3 dicembre 2012, dep. 22 gennaio 2013, ROSCIA, in C.E.D. Cass., Rv. 253938. tenuta dal Sindaco di un Comune il quale, abusando dei suoi poteri, si faceva consegnare da un imprenditore un'ingente somma di denaro sotto la minaccia, in caso contrario, di far rinviare sistematicamente, da parte della competente Commissione, la trattazione di due richieste di permesso a costruire presentate dall'imprenditore stesso. I giudici di legittimit, nell'annullare con rinvio l'impugnata sentenza di secondo grado, hanno compiuto una dettagliata analisi strutturale delle fattispecie risultanti dalla riforma del 2012, soffermandosi in particolare sulla portata semantica dei concetti di costrizione e di induzione. In particolare, la Suprema Corte, procedendo ad un'indagine esegetica dei due lemmi in questione, evidenziava come, in via generale, il termine induzione si caratterizzasse per un'assoluta atipicit semantica idonea a coprire un'area residuale di condotte atta a comprendere tutto ci che non rientrava nel cono d'ombra della costrizione. Continuando a muoversi lungo il crinale interpretativo della dicotomia costrizione/induzione gli stessi giudici osservavano, di contro, come il termine costrizione descrivesse plasticamente sia la condotta che l'effetto dalla stessa promanante, sicch sarebbero ad esso riconducibili tutte quelle condotte che si estrinsecano in una violenza fisica o psichica, e cio in una violenza o in una minaccia. Attesa tuttavia l'esorbitanza della violenza fisica rispetto alla fattispecie concussiva, idonea al pi ad integrare un'ipotesi di estorsione, i giudici circoscrivevano l'ambito semantico della costrizione alla sola minaccia che, stando anche alla formulazione dell'art. 612 c.p., consiste nella prospettazione di un danno ingiusto. Detta analisi portava i giudici ad elaborare un nuovo e diverso criterio discretivo focalizzato non pi sull'elemento soggettivizzante di opinabile dimostrazione della maggiore o minore coartazione psichica, bens su quello obbiettivo del danno ingiusto ovvero del vantaggio indebito. Ricorrerebbe dunque l'ipotesi criminosa di cui all'art. 317 c.p. allorch il pubblico ufficiale, abusando della sua posizione, costringa il privato alla dazione o alla promessa di denaro mediante la prospettazione di un danno ingiusto, configurandosi invece la fattispecie di cui all'art. 319 quater c.p. qualora il soggetto agente, sempre abusando dei propri poteri o qualit, induca il privato alla dazione o alla promessa rappresentandogli la possibilit di conseguire un indebito vantaggio. Nel primo caso la costrizione sarebbe stigmatizzata proprio dalla minaccia di un danno ingiusto, mentre nel secondo l'induzione sarebbe determinata dalla prospettazione di evitare un danno, non gi contra ius, ma che, viceversa, deriverebbe dalla corretta applicazione della legge. La mancanza dell'ingiustizia del danno, che si converte in un indebito vantaggio perseguito e conseguito dal privato, giustificherebbe l'attuale puni CONTENZIOSO NAZIONALE bilit dello stesso, nonch la collocazione sistematica della figura delittuosa prevista dall'art. 319 quater c.p., la quale si pone a livello toponomastico in una posizione pi contigua al reato di corruzione che a quello di concussione. La Suprema Corte, seppure attraverso un iter logico-argomentativo affatto diverso, perviene tuttavia alla medesima conclusione del primo orientamento in ordine alla soluzione della questione di diritto intertemporale che evidentemente la novella pone. Viene infatti osservato che l'ambito di operativit cos assegnato alle due disposizioni corrisponde, se sommato, all'area del precedente art. 317 c.p.. Ancora nel vigore della precedente formulazione la giurisprudenza era invero concorde nel ritenere integrato l'abuso, caratterizzante la fattispecie concussiva, in tutti quei casi in cui il pubblico ufficiale prospettava l'esercizio di un potere dovuto al fine di conseguirne un guadagno indebito. L'abuso ricorreva dunque anche nell'esercizio di un potere che, seppure legittimo, deviava fortemente dalle ragioni pubblicistiche della sua attribuzione per essere piegato e funzionalizzato ad interessi egoistici del pubblico ufficiale. Da tale dato, a giudizio della Corte, deriverebbe dunque la perfetta continuit normativa tra la precedente formulazione della concussione per induzione e l'odierna previsione del reato di induzione indebita. Ad ulteriore conferma della correttezza delle argomentazioni svolte, i giudici procedevano alla confutazione del precedente indirizzo ermeneutico. Osservavano infatti che se si volesse fondare il discrimen tra costrizione e induzione sulla base della sola diversa intensit della pressione esercitata dal soggetto agente - di tal che l'induzione sarebbe configurabile anche in presenza di minacce blande o implicite - si procederebbe, nel silenzio del dato normativo, ad una graduazione extra legale della minaccia, cui invece il legislatore conferisce il significato tecnico ed unitario di prospettazione, sia essa esplicita ovvero implicita, spudorata o suadente, di un danno ingiusto. Diversamente opinando, ritenere che con l'art. 319 quater c.p. il legislatore abbia voluto sottoporre a pena il privato per aver ceduto alla minaccia, seppure larvata, del pubblico ufficiale, significherebbe richiedere al soggetto virt civiche ispirate a concezioni di stato etico proprie di ordinamenti che si volgono verso concezioni antisolidaristiche e illiberali. In conclusione dalla sentenza in esame ne esce una lettura rivoluzionaria del reato di induzione indebita, il quale condivide con il delitto di concussione il medesimo nucleo costituito dall'abuso di potere, per differenziarsene per sotto il profilo dell'oggetto della prospettazione effettuata dal pubblico ufficiale: un indebito vantaggio nel primo caso, un danno ingiusto nel secondo; elemento questo che sembrerebbe del tutto coerente con la rilevanza penale attribuita alla condotta del privato e con il pi lieve trattamento sanzionatorio previsto per il soggetto agente ai sensi dell'art. 319 quater c.p. 6. (segue) Sentenza Melfi. Il terzo ed ultimo orientamento giurisprudenziale (16) opera una sintesi delle opzioni ermeneutiche sposate dai succitati indirizzi interpretativi, pervenendo al pari degli altri alla conclusione della continuit normativa tra la fattispecie di concussione per induzione e quella di induzione indebita. La vicenda affrontata dalla VI sezione, con il retratto n. 11794 del 12 marzo 2013, verteva sulla condotta tenuta dal sindaco di un Comune, il quale poneva in essere comportamenti, consistenti nella reiterata prospettazione di ritorsioni, idonei a coartare la volont di un impiegato comunale affinch questi alterasse il regolare svolgimento di una procedura concorsuale allo scopo di favorire persone segnalate dallo stesso primo cittadino, evento questo non verificatosi per fattori estranei ed indipendenti dalla sua volont. Preliminarmente all'analisi della problematica attinente alle successioni delle leggi penali nel tempo, i giudici della sesta sezione si soffermavano sul- l'individuazione del criterio che, a seguito del cd. spacchettamento operato dalla legge n. 190 del 2012, valesse a distinguere la fattispecie criminosa prevista dall'art. 317 c.p., da quella di nuova genesi contemplata dall'art. 319 quater c.p. L'utilizzo della medesima terminologia legislativa veniva inteso dai giudici di legittimit quale chiaro indice dell'invarianza semantica dei concetti di costrizione ed induzione. L'asserita neutralit dello scorporo effettuato dall'intervento normativo di cui sopra, il quale si sarebbe dunque limitato a trasformare la fattispecie disciplinata all'art. 317 c.p. da mista a semplice, sembrerebbe quindi postulare l'attuale validit dei percorsi argomentativi ed interpretativi formatisi in giurisprudenza intorno al binomio costrizione/induzione. Invero, pur riconoscendo la centralit del criterio tradizionale basato sul- l'intensit della coartazione psichica esercitata dal soggetto agente, la Suprema Corte non ignorava l'insufficienza dello stesso in ipotesi borderline che, proprio in ragione degli incerti connotati che le caratterizzano, risultano di difficile qualificazione sulla base della sola modulazione della pressione prevaricatrice. In tali casi-limite si impone dunque il ricorso ad un criterio integrativo, individuato nel tipo di vantaggio che il soggetto a seguito della dazione o promessa indebita consegue. La condotta posta in essere dal pubblico ufficiale integrer dunque il reato di concussione, nella sola forma rimasta di costrizione, allorch, abusando dei propri poteri, lo stesso soggetto ponga il privato di fronte ad un aut aut: procedere all'indebita dazione, ovvero subire un ingiusto pregiudizio, senza che residui in capo allo stesso alcun apprezzabile margine di determinazione. Si ricadr invece nell'ipotesi di cui all'art. 319 quater c.p., qualora il sog (16) Ex multis Sez. 6, n. 20428 deIl8 maggio 2013 MILANESI, in C.E.D. Cass., Rv. 255076; Sez. 3, n. 26616 dell8 maggio 2013, M., ivi, Rv. 255620; Sez. 6, n. 21975 del 5 aprile 2013, VISCANTI, ivi, Rv. 255325; Sez. 6, n. 11944 del 1425 febbraio 2013, DE GREGORIO, ivi, Rv. 254446. CONTENZIOSO NAZIONALE getto agente, pur sempre abusando dei poteri o della sua qualit, prospetti al privato la dazione o la promessa indebita quale condizione per evitare il compimento di un atto che, essendo dovuto, non sarebbe quindi antigiuridico; in questo caso il privato si determinerebbe alla prestazione illecita prevalentemente sulla base di calcoli utilitaristici. Risulta infatti evidente come, nel primo caso, il privato, in quanto minacciato di subire un danno ingiusto, risulti persona offesa dal reato; mentre nel secondo egli agisca come coautore del fatto illecito, per aver posto in essere una condotta tesa a conseguire un vantaggio indebito. Cos individuato il discrimine tra le due condotte, oggi integranti due autonome figure delittuose, i magistrati della sesta sezione riconoscevano, con precipuo riferimento all'ipotesi di concussione per costrizione, prospettata nella vicenda sottoposta al loro vaglio, piena continuit normativa tra l'originaria e l'odierna fattispecie contemplata dall'art. 317 c.p. Il confronto strutturale tra le due norme pone infatti in evidenza come, al netto della limitazione della soggettivit attiva del reato al solo pubblico ufficiale (con contestuale esclusione della figura dell'incaricato di pubblico servizio), la fattispecie criminosa risultante dalla modifica legislativa si presenti in termini del tutto identici rispetto a quella precedentemente in vigore. 7. Cass. Sez. Un. 14 marzo 2014 n. 12228. Il variegato quadro giurisprudenziale formatosi in seno alla sesta sezione della Corte di Cassazione ha determinato la rimessione alle Sezioni Unite della questione relativa a : quale sia, a seguito della legge 6 novembre 2012, n. 190, la linea di demarcazione tra la fattispecie di concussione (prevista dal novellato art. 317 cod. pen.) e quella di induzione indebita a dare o promettere utilit (prevista dallart. 319 - quater cod. pen. di nuova introduzione) soprattutto con riferimento al rapporto tra la condotta di costrizione e quella di induzione e alle connesse problematiche di successione di leggi penali nel tempo. Nel risolvere la problematica sottoposta alla loro attenzione, le Sezioni Unite, con la recente sentenza n. 12228 del 14 marzo 2014, vagliavano in primo luogo i risultati esegetici cui i precedenti orientamenti, dai quali sorto il citato contrasto, sono pervenuti. Pur apprezzando la condivisibilit delle opzioni interpretative prospettate, il Supremo Consesso riteneva che le stesse, isolatamente considerate, non fossero per vero autosufficienti ed in grado di fornire all'interprete un affidabile strumento di ermeneusi. Con riferimento al primo indirizzo viene infatti censurata l'aleatoriet interpretativa che un criterio di portata eminentemente soggettiva inevitabilmente comporterebbe. Il secondo orientamento, invece, pur avendo il merito di ancorare l'analisi ad un indice oggettivo, quello del danno ingiusto o dell'indebito vantaggio, di pi sicura valutazione, sconta tuttavia un'eccessiva rigidit applicativa che im pedisce di apprezzare in maniera compiuta il disvalore di condotte che si pongono in una zona grigia ed intermedia rispetto ai concetti di costrizione e di induzione. Il terzo ed ultimo filone interpretativo risulta infine ambiguo nell'iter argomentativo. Infatti, pur declamando l'intenzione di una reductio ad unum dei precedenti orientamenti, si risolve in realt nell'adesione al criterio prospettato dal primo, salvo integrarlo, ma solo in casi eccezionali, con quello individuato dal secondo. Nel rifiutare dunque l'adesione ad uno dei tre percorsi argomentativi formatisi sul punto le Sezioni Unite procedevano ad una puntuale e dettagliata operazione interpretativa storicamente orientata delle condotte di costrizione e di induzione. Il dato di partenza da cui muove detta indagine quello dell'esatto significato da attribuire all'abuso delle qualit ovvero dei poteri da parte del soggetto pubblico, locuzione ricorrente in entrambe le fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 317 e 319 quater c.p. Proprio al fine di valorizzare la rilevanza di tale segmento della condotta criminosa che, lungi dal rappresentare un mero presupposto di fatto, costituisce invece un elemento integrativo dei delitti de quibus, la Corte evidenziava come le condotte tipiche dei due reati non fossero circoscritte rispettivamente alla costrizione e all'induzione, ma avessero un contenuto pi ampio atto a comprendere il comportamento abusivo del soggetto agente. L'abuso di potere o qualit completa, ed in un certo senso qualifica, la condotta costrittiva ovvero induttiva posta in essere dal pubblico ufficiale, imprimendo alla stessa una direzione finalisticamente orientata al conseguimento dell'indebito e ponendosi altres in rapporto di efficienza causale rispetto allo stato psichico ingenerato nel privato. L'iter argomentativo proseguiva indi nel fornire la definizione di abuso della qualit e di abuso di poteri. Con riferimento al primo concetto, detto anche abuso soggettivo, la Corte riteneva che esso consistesse in un uso indebito [necessariamente commissivo] della posizione personale rivestiva dal pubblico funzionario idoneo ad ingenerare nel privato uno stato di soggezione variamente apprezzabile in termini di costrizione ovvero di induzione; l'abuso di poteri, cd. abuso oggettivo, si concretizzerebbe invece in una deviazione del potere dalla sua causa tipica di attribuzione, operabile tanto in via commissiva che omissiva, e comunque capace di coartare la volont del soggetto privato. Sotto tale ultimo profilo veniva inoltre precisato che l'abuso pu configurarsi anche in presenza dell'esercizio di un potere astrattamente legittimo, ma che, per le concrete modalit con cui viene posto in essere, tradisce in realt la sua illiceit, in quanto funzionalmente orientato al conseguimento di unindebita dazione. Chiarito il punto relativo alla nozione di abuso di qualit e di poteri, le CONTENZIOSO NAZIONALE Sezioni Unite affrontavano quindi la questione relativa all'esatta delimitazione dei concetti di induzione e di costrizione. Nel procedere a detta analisi sembrerebbe tuttavia ravvisarsi una parziale contraddizione della premessa di partenza, quella cio dell'insufficienza dei criteri elaborati dai tre indirizzi giurisprudenziali sopra richiamati. Invero, dopo aver ripercorso l'iter storico-normativo della dicotomia costrizione/ induzione, le Sezioni Unite, pur condividendo l'analisi basata sul grado di condizionamento ingenerato nel privato, riconducibile al primo filone giurisprudenziale, ne evidenziavano gli indiscussi limiti alla luce dell'incriminazione, ad opera dell'art. 319 quater c.p., del soggetto extraneus. La rilevanza penale che oggi assume la condotta del privato indotto richiede infatti l'individuazione di un indice dai contorni maggiormente definiti rispetto a quelli evanescenti ed opinabili caratterizzanti il dato della coazione psichica. Detto indice viene rinvenuto proprio in quello utilizzato dal secondo indirizzo come spartiacque tra le condotte costrittive ed induttive, e cio nell'ingiustizia o meno del danno prospettato dall'agente pubblico. Dopo aver proceduto all'esegesi dei termini costrizione e induzione, che non sembra discostarsi qualitativamente da quello gi condotto dalla giurisprudenza precedente, le Sezioni Unite si sono assestate dunque su una posizione ermeneutica fortemente affine a quella del secondo indirizzo sopracitato. Invero, l'opzione interpretativa, secondo cui il discrimen tra i due concetti in questione sarebbe da rinvenire nel danno ingiusto prospettato con la condotta costrittiva, ovvero nell'indebito vantaggio rappresentato mediante induzione, sembrerebbe necessitata da una lettura costituzionalmente orientata della nuova disposizione di cui all'art. 319 quater c.p. Il rilievo, infatti, che in questa ipotesi criminosa il privato risulti assoggettato a sanzione penale non pu prescindere dall'ovvio postulato di una responsabilit colpevole in capo allo stesso, e tale quella riscontrabile, non gi nella mancata resistenza da parte del privato all'abuso subto, bens in quella finalizzata a conseguire un indebito vantaggio ovvero ad evitare un danno secundum ius approfittando della condotta induttiva ancorch prevaricatrice del pubblico agente. Cos ricomposto il quadro interpretativo, le Sezioni Unite osservavano tuttavia come l'utilit del criterio di stampo oggettivo sopracitato sarebbe circoscritta ad ipotesi concrete dai contorni nitidi e certi, risultando invece insoddisfacente in casi-limite che presentano la commistione di elementi di entrambe le condotte. Sul punto, il Supremo Consesso raccomandava dunque un apprezzamento puntuale ed attento dei fatti posti a fondamento della vicenda delittuosa, da saggiare non nella loro staticit, ma nella loro operativit dinamica, enucleando, sulla base di una valutazione approfondita ed equilibrata del fatto, il dato di maggiore significativit. Ad ulteriore specificazione di tale assunto, le Sezioni Unite concludevano procedendo ad una disamina casistica della varie ipotesi di incerta qualificazione, compilando in definitiva una sorta di vademecum in grado di orientare l'interprete nella soluzione delle vicende pi complesse ed articolate. 8. Sentenza GUP in commento. A fronte del variegato panorama giurisprudenziale sin qui illustrato, la sentenza n. 138/13 del GUP del Tribunale di Roma in commento, resa in epoca antecedente alla pronuncia delle Sezioni Unite, ma alla stessa conforme, ha il pregio non solo di risolvere in senso positivo il quesito, strettamente afferente al procedimento penale sub iudice, relativo alla continuit normativa tra l'originaria figura della concussione per induzione e quella, di recente introduzione, di induzione indebita, ma anche e soprattutto quello di ricostruire in maniera lineare e armonica il quadro normativo dei reati relativi al mercimonio della funzione pubblica. Con riferimento al primo profilo, la sentenza de qua focalizza immediatamente l'attenzione sulla nuova incriminazione, ad opera dell'art. 319 quater c.p., della condotta tenuta dal soggetto privato che, come sopra evidenziato, risultava non punibile ai sensi dell'art. 317 c.p. A tale elemento, sicuramente distonico rispetto all'originaria formulazione del reato di concussione, viene tuttavia riconosciuto, nell'economia della fattispecie, valore non dirimente ai fini del giudizio sulla continuit o meno tra i tipi normativi. Invero, come puntualmente osservato in sentenza, nella categoria dei reati a concorso necessario sono riconducibili tanto quelli plurisoggettivi propri, a cui appartiene la fattispecie di cui all'art. 319 quater c.p., quanto quelli plurisoggettivi impropri - che, a differenza dei primi come si detto, pur contemplando il necessario concorso di pi soggetti, considerano punibili solo alcuni di questi -, nel- l'alveo dei quali riconducibile la figura criminosa della concussione. Di qui la conseguenza che tale tipizzazione plurisoggettiva costituisce, a ben vedere, connotazione strutturale delle due fattispecie poste a confronto poich entrambe richiedono per la loro integrazione la collaborazione di due soggetti, di talch l'attuale punibilit del soggetto privato non fa per ci solo venir meno la continuit normativa tra la fattispecie di concussione per induzione e quella di induzione indebita, della quale, soggiunge il giudice, non dato dubitare stante anche il tenore letterale dell'art. 319 quater c.p. replicativo dell'originaria formulazione dell'art. 317 c.p. Con precipuo riguardo poi all'esatta perimetrazione delle due figure risultanti dal cd. spacchettamento operato dalla legge n. 190 del 2012, la sentenza in commento individua l'elemento discretivo tra le figure de quibus, non tanto nella maggiore o minore intensit della pressione psichica esercitata sul soggetto privato, quanto piuttosto nella diversa connotazione del danno minacciato dal pubblico ufficiale abusando delle proprie funzioni (anticipando, CONTENZIOSO NAZIONALE a ben vedere, di pochi giorni il secondo orientamento della sesta sezione della Cassazione, sopra illustrato sub 5). Alla luce delle novit normative, dunque, il reato di concussione si configurerebbe ogniqualvolta il soggetto pubblico, abusando dei propri poteri o qualit, minacci il privato di un danno ingiusto determinandolo per ci alla dazione o alla promessa, ricorrendo invece l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 319 quater c.p. allorch, nell'invarianza degli altri elementi costitutivi, il danno minacciato non sia contra ius, ma derivi invece dalla corretta applicazione della legge o di un provvedimento. In questo ultimo caso il privato, pur indotto dalla condotta del pubblico ufficiale, si determinerebbe alla promessa o alla dazione non gi per scongiurare un danno iniura datum, quanto per conseguire un vantaggio indebito. Il diverso apprezzamento dell'obiettivo perseguito dal privato rende quindi coerente la sua punibilit ex art. 319 quater c.p., in quanto, osserva il GUP, proprio in un simile contesto la minaccia della sanzione penale dovrebbe operare quale controspinta psicologica finalizzata ad incentivare forme di resistenza attiva contro l'induzione. Alla luce anche di queste considerazioni, la sentenza conclude per l'applicabilit dell'art. 2 c. 4 c.p., non essendo rinvenibili elementi di discontinuit strutturale tra la fattispecie concussiva e quella di induzione indebita. Pur avendo sciolto il nodo gordiano relativo al caso sub iudice, la sentenza compie un ulteriore sforzo esegetico volto a delineare pi compiutamente i confini della figura di cui all'art. 319 quater c.p. in relazione, questa volta, al reato di corruzione. Ed invero, tale riflessione viene occasionata non solo dalle tesi difensive degli imputati, ma anche dalla contiguit sistematica della nuova fattispecie rispetto a quelle corruttive, il che, come osserva il giudice, giustifica anche un trattamento sanzionatorio del pubblico ufficiale pi lieve rispetto a quello previsto dall'art. 317 c.p. L'elemento differenziale tra le due ipotesi delittuose viene individuato nella par condicio contractualis caratteristica della condotta corruttiva. In questa figura criminosa infatti il privato non soggetto ad alcun metus publicae potestatis, ma si pone come interlocutore alla pari del pubblico ufficiale infedele. Viceversa, ci che connota i delitti di concussione e di induzione indebita proprio l'abuso perpetrato dal pubblico agente e la minaccia, in un caso, di un danno ingiusto; la prospettazione, nell'altro, di un vantaggio indebito. In conclusione, la sentenza in commento ritiene configurabile nel caso de quo l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 319 quater c.p., fattispecie applicabile, ai sensi dell'art. 2 c. 4 c.p., in quanto prevede un trattamento sanzionatorio pi favorevole al reo; e ci in ragione della subdola strumentalizzazione dell'addebito mosso al titolare dell'esercizio commerciale, prospettato con atteggiamenti rigorosi ed allo stesso tempo allusivi ad un possibile commodus discessus, elementi integranti gli estremi del reato di concussione mediante induzione vigente all'epoca dei fatti. Occorre infine evidenziare come la circostanza che la sentenza in esame sia stata pronunciata a soli due mesi di distanza dall'entrata in vigore della legge n. 190/2012, e con anticipo rispetto ai principali filoni giurisprudenziali soprarichiamati, rende ancora pi apprezzabili gli sforzi esegetici, per cos dire antesignani, ivi compiuti dal GUP, che sembrano porsi in perfetta sintonia con quanto da ultimo autorevolmente statuito dalle Sezioni Unite con la pronuncia citata in epigrafe. Tribunale di Roma, Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari, sentenza 17 gennaio / 16 aprile 2013 n. 138 -Giud. Roberto Saulino. MOTIVI DELLA DECISIONE A seguito di rituale notifica del decreto dispositivo del giudizio immediato, D.N. e A.L. formulavano, per il tramite dei rispettivi procuratori speciali, in relazione al reato di cui in epigrafe, tempestiva richiesta di ammissione al rito abbreviato, condizionato, quanto al D.N., ad acquisizioni documentali ed all'audizione del teste R.S. L'udienza in camera di consiglio si svolgeva con la partecipazione degli imputati e con l'intervento delle costituite parti civili Agenzia delle Entrate e B.M. All'udienza del 6.12.1.2012, la Difesa D.N. dichiarava di rinunciare alla audizione del teste R.S. Lo scrivente disponeva procedersi con le forme del giudizio abbreviato ed acquisiva la documentazione prodotta quale oggetto di condizionamento del rito. Raccolte le dichiarazioni spontanee rese dal D.N. e disposta, ai sensi dell'art. 441 comma 5 c.p.p., l'audizione del teste B.F., all'esito di articolata discussione orale le Parti concludevano come in intestazione trascritto. Le emergenze cartolari, apprezzate unitamente agli elementi acquisiti nel corso della udienza camerale celebrata dinanzi allo scrivente, consentono di pervenire all'affermazione della penale responsabilit degli imputati, nei termini appresso indicati. Le indagini relative ai fatti di cui al presente procedimento prendevano avvio a seguito della denuncia formalizzata da B.M. la sera dell'8 marzo 2012. Specificamente, il denunciante, titolare di una attivit commerciale di vendita di articoli floreali riferiva che, quella mattina, un uomo ed una donna, qualificatisi, mediante esibizione del relativo tesserino, come verificatori dell'Agenzia delle Entrate, avevano fatto accesso all'interno del citato punto vendita, dichiarando di dover effettuare una verifica contabile e fiscale dell'attivit. A conclusione dell'accertamento, nel corso del quale il B.M. aveva potuto mettere a disposizione dei verificatori solo parte della documentazione che gli era stato richiesto di esibire, l'uomo rappresentava che, a causa delle violazioni riscontrate, sarebbero state irrogate sanzioni a carico del commerciante e che quelle di maggior ammontare sarebbero state conseguenza della omessa regolarizzazione contributiva di due persone (C.L. e N.S.), al momento della verifica presenti all'interno del negozio e (ritenute dagli accertatori) coadiutrici del B.M. Riferiva quest'ultimo che, mentre procedeva alla compilazione del verbale, l'uomo, oltre a commentare l'esito del controllo con frasi del tipo "sei stato proprio fesso, almeno avessi fatto uscire le ragazze... almeno su di loro avrei chiuso un occhio... sei proprio in una situazione grave.., a me non piace far piangere la gente, quindi, siamo venuti solo nel punto vendita CONTENZIOSO NAZIONALE principale" (ci ad intendere che era stata programmata una verifica analoga anche per l'altro punto vendita, che, tuttavia, l'uomo aveva omesso di effettuare), quantificava gli importi dovuti per le violazioni contestate, sia per quanto di spettanza della Agenzia delle Entrate, sia a titolo di sanzione conseguente alle irregolarit relative alle presunte coadiutrici, cos indicando l'importo di 60.000,00, di cui solo 10.000,00 per sanzioni di pertinenza della Agenzia delle Entrate ("1500 euro a testa per le coadiutrici non in regola, 5-6 mila euro per il registro dei corrispettivi non correttamente aggiornato, 5 mila euro per la mancata dichiarazione della domiciliazione fiscale oltre alle sanzioni di competenza dell'INAIL e dell'INPS, del Ministero del Lavoro stimabili tra i 30 e 60 mila euro"). In detto frangente, la donna procedeva a far compilare alle due coadiutrici una scheda informativa, contenente anche eventuali dichiarazioni. A fronte della richiesta del B.M. di sapere se vi era la possibilit di fare qualcosa per "alleggerire" la sua posizione, l'uomo rispondeva che se fosse stato pi furbo ne avrebbe parlato prima; quindi, mostrandosi sensibile alle insistenze del B.M., rappresentava che, al quel punto, per venire incontro a quest'ultimo, sarebbe dovuto tornare in ufficio, annullare il verbale e redigerlo ex novo, aggiungendo che per operare in tal senso sarebbe stato necessario acquisire il consenso della sua collega. Cos dicendo, l'uomo rivolgeva uno sguardo d'intesa alla donna, la quale non muoveva alcuna obiezione; anzi, i due iniziavano subito a discutere tra loro per valutare il da farsi, e, in detto contesto, la donna segnalava al collega che il capo avrebbe potuto voler vedere subito il verbale. Incoraggiato dalle esternazioni dell'uomo e dall'atteggiamento di non dissenso della collega, il B.M. utilizzava toni pi espliciti nel mostrarsi disponibile ad un pagamento, toccandosi eloquentemente la tasca e dicendo "io qualcosa... posso". A seguito di ci l'uomo guardava la collega, che ancora una volta si mostrava accondiscendente, e chiedeva al B.M. quanto fosse disposto a dare; quest'ultimo rispondeva che a fine giornata avrebbe potuto versare la somma di 3000 euro. Ottenuto l'assenso della collega, l'uomo accettava e, dopo aver discusso sulle modalit di riedizione del verbale, prometteva che lo avrebbe rifatto ex novo, in maniera tale che il B.M. potesse "cavarsela" con una sanzione di soli 100 euro. A questo punto, i due accertatori si allontanavano dall'esercizio commerciale, non prima di aver concordato con il B.M. un appuntamento per le h. 18,00 dello stesso giorno, nei pressi del negozio. Riferiva ulteriormente il B.M.: di aver subito informato il fratello B.F. (gestore di altro punto vendita del medesimo esercizio commerciale) dell'accaduto e che costui lo aveva esortato a denunciare il fatto, assicurandogli che avrebbe avvertito anche un suo amico appartenente all'arma dei Carabinieri; di essersi poi recato nel luogo dell'appuntamento intenzionato a registrare il colloquio per mezzo di un apparato cellulare, operazione che, tuttavia, non era riuscito a portare a termine perch l'uomo, appena arrivato, gli aveva intimato di spegnere il telefonino; di aver consegnato ai due accertatori la somma di 2000 euro, non avendo potuto raccogliere in breve tempo l'integralit dell'importo concordato, e di aver ricevuto in cambio una nuova versione del verbale di verifica; di aver visto la donna estrarre dalla borsa alcuni fogli, che l'uomo provvedeva a sostituire, quali allegati al primo verbale, strappando i vecchi (facenti parte del verbale originario) e riponendo in tasca i pezzi; che la donna, a sua volta, aveva riposto la somma ricevuta all'interno della sua borsa. Tanto si evince dal tenore della circostanziata denuncia sporta dal B.M., i cui passaggi salienti risultano congruamente riscontrati da una serie di evidenze significativamente collimanti. Il riferimento , in primo luogo, alle dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni te stimoniali dal fratello B.F., riproposte (immutato il nucleo storico essenziale) nel corso della deposizione dallo stesso resa al cospetto dello scrivente: ricevute le confidenze del fratello B.M., B.F. aveva avvertito un amico Carabiniere, il quale ultimo lo aveva esortato ad allettare subito il 112 (v., sul punto, annotazione di servizio fol. 64, sottoscritta dal Carabiniere, recante puntuale conferma dei fatti rappresentati da B.F.). Si riporta, per migliore comprensione, il testo integrale delle sit rese da B.F.: "verso le h. 14,30 circa del 8.3.2012 ho avuto una conversazione telefonica con mio fratello [B.]M. che mi informava di avere ricevuto, nella stessa mattinata, un controllo amministrativo da parte di due funzionari della Agenzia delle Entrate i quali avevano riscontrato alcune irregolarit e redatto un verbale di contestazione. Dal momento che lo stesso mi sembrava molto vago e titubante, chiedevo di spiegarmi meglio quali contestazioni gli avessero mosso e con quale esito. [B.]M. al riguardo mi dava delle indicazioni vaghe ed evasive e nella circostanza mi era sembrato molto preoccupato. Infatti, in una successiva comunicazione telefonica avuta intorno alle h. 17,30 circa, durante la quale chiedevo maggiori dettagli sul verbale, [B]M. mi rispondeva che avrebbe saputo di pi nel tardo pomeriggio in quanto doveva nuovamente incontrarsi con i due funzionari. Nel riferirmi tale circostanza ho percepito che mio fratello fosse molto preoccupato della cosa e trovavo molto strano che dovesse nuovamente vedere i due funzionari. Quindi chiedevo ulteriori spiegazioni e lo stesso mi diceva che doveva incontrarli verso le h. 18,00/18,30 per chiudere la faccenda. Immediatamente, anche dal suo tono di voce preoccupato e spaventato, capivo che probabilmente i due gli avevano chiesto dei soldi. Infatti mio fratello, su mia insistenza, finalmente si sfogava e mi diceva che avrebbe dovuto consegnare la somma di euro 3000,00 per l'annullamento del verbale e che per tale cosa era molto spaventato e preoccupato. Quindi lo rassicuravo dicendogli che avrei immediatamente avvisato della cosa i Carabinieri. Infatti, subito dopo, verso le h. 17,45 circa, contattavo un Carabiniere della stazione di Via dei Quintili, che conosco con il nome di Giuliano, rintracciandolo sul suo cellulare, e lo informavo di quanto mio fratello mi aveva appena riferito. Dal momento che lo stesso era impegnato in un altro servizio, su sua indicazione ho quindi dato la medesima comunicazione all'operatore del 112 che riuscivo a contattare verso le h. 18,20 circa. Intanto avvisavo pure mio fratello del fatto che avevo provveduto a chiamare i Carabinieri ed anzi lo rassicuravo dicendogli che forse erano gi l all'appuntamento e gli consigliavo di provare a usare il suo cellulare per registrare l'eventuale incontro con i due funzionari ADR verso le h. 19,00 circa sono stato poi contattato al mio cellulare dai Carabinieri della Casilina ai quali spiegavo pi in dettaglio la vicenda e li informavo che avevo gi detto a mio fratello di recarsi immediatamente presso la Stazione Carabinieri di Quadraro per denunciare tutti i fatti". Risulta, poi, acquisita agli atti la prima versione del verbale di verifica, scannerizzata dal B.M. ed inviata al suo commercialista tramite fax. Ebbene, la comparazione tra i due verbali, l'originario e quello riveduto e corretto, consente agevolmente di trarre elementi di conferma dei contenuti dichiarativi sopra illustrati, laddove nel verbale originario si d atto della presenza di tre coadiutrici e di tre allegati (recanti le dichiarazioni assunte sul posto), mentre nella versione successiva, priva di allegati, scompare ogni profilo di contestazione inerente la presenza delle collaboratrici. Ad ulteriore riscontro soccorrono le sommarie informazioni testimoniali rese da N.S., C.L. e S.M. In particolare, C.L. ha riferito di essersi recata, intorno alle h. 10,30 del 8.3.2012, presso l'esercizio commerciale gestito da B.M., per una visita a titolo di amicizia, ivi trattenendosi a conversare con quest'ultimo e con la sua compagna S.M. Gli accertatori, un uomo ed una donna, si erano rivolti a lei con fare perentorio, contestandole il fatto che fosse impiegata come addetta al negozio CONTENZIOSO NAZIONALE (l'uomo le aveva detto "non prendiamoci in giro, se siete qui il motivo ci deve essere, nessuno fa volontariato"), ed a ci la C.L. aveva replicato negando di lavorare per il B.M., pur non facendo mistero del fatto che, trovandosi l presente, avrebbe potuto aiutare i suoi amici "in qualche cosa". "...Nel corso della loro permanenza i due mi hanno fatto anche compilare un modulo prestampato, di cui non ricordo l'intestazione e l'oggetto, dove io ho inserito i miei dati anagrafici ed i motivi della mia presenza all'interno del negozio. Quindi lo hanno ritirato facendomelo firmare. Ricordo che l'uomo disse anche che dovevamo sbrigarci a compilarlo se no avrebbe dovuto agire in altre maniere, senza dire quali. Preciso che trovai particolarmente fastidiosa la sua allusione al volontariato, tanto che gli risposi che effettivamente faccio anche del volontariato presso strutture come la Caritas. Mi risulta che anche la mia amica [N.]S. faccia parte di una struttura che opera nel campo delle persone disabili in zona Castelli Romani". N.S. ha dichiarato: "la mattina del giorno 8 marzo 2012 mi trovavo all'interno del negozio di fiori del mio amico B.M.... .per apprendere il confezionamento dei fiori al fine delle mie attivit con i ragazzi che assisto. Nella circostanza, credo intorno alle ore 10,30, ho notato due persone, un uomo e una donna, che parlavano con B.M. Ad un certo punto B.M. ha chiesto i documenti di identit a me ed alle altre due ragazze che in quel momento si trovavano nel negozio, dicendoci che doveva esibirli a quelle due persone in quanto erano incaricati della Agenzia delle Entrate. Successivamente mi veniva fornito dai due un modulo che, mi sembra, riportava intestazione dell'Agenzia delle Entrate ed oggetto dichiarazione resa dal dipendente e mi veniva spiegato che dovevo compilarlo e riconsegnarlo. A quel punto io ho chiesto se dovevo compilarlo pur non essendo dipendente del negozio e mi veniva risposto che dovevo farlo ugualmente barrando la parte che riguardava il contratto e dichiarando di non essere dipendente. Pertanto compilavo il modulo con i miei dati anagrafici, scrivendo nella parte in bianco che mi trovavo nel negozio solo per quel giorno per visionare ed apprendere il confezionamento, in quanto lavoro in un laboratorio florovivaistico con ragazzi disabili, e pertanto che non ero dipendente del negozio". S.M. ha dichiarato: "sono legata da una stabile relazione sentimentale a B.M. il mio compagno B.M. titolare di un negozio di fiori.., nella cui attivit si avvale della mia collaborazione, legata da un contratto a progetto, di cui mi riservo di esibire copia. Le mie mansioni specifiche sono di coadiutrice nel campo della floricoltura e confezionamento dei fiori. Il giorno 8 marzo u.s., oltre me e B.M., nel negozio erano presenti L. e S., delle quali non conosco i cognomi, dato che le vedo molto di rado. ADR L. una ragazza che fino a qualche mese fa lavorava nel negozio, legata da un contratto, di cui non conosco la natura; posso dire che L. era legata sentimentalmente al fratello di B.M., che si chiama M.F.; successivamente, forse perch la relazione con M.F. si era interrotta, forse per altre ragioni che non conosco, L. non ha pi lavorato presso il negozio, per rimasta in ottimi rapporti con B.M., tant' che, conoscendo molto bene i movimenti del negozio, nelle circostanze di maggiore impegno, a volte passa per vedere se c' bisogno di aiuto... ADR L. una studentessa universitaria e nel tempo libero si occupa di volontariato, ma sempre con attivit connesse al campo floreale, di cui grandemente appassionata ADR In merito invece a S., la conosco molto meno di L., in quanto, oltre all'8 marzo, l'ho vista solo un'altra volta in negozio, ma non ricordo di preciso in quale occasione. In merito a S., so che un'amica di B.M. che lavora nel campo del sociale, con dei ragazzi disabili, ed era venuta al negozio per apprendere alcune tecniche di confezionamento e disposizione dei fiori, che gli erano utili per lo svolgimento della sua attivit.., i due individui, nel relazionarsi con il mio compagno, contestualmente si rivolgevano anche a me e alle altre due ragazze presenti nel negozio, chiedendoci di compilare dei fogli notizie, dove era richiesto di indicare, oltre ai dati personali, il titolo presso quel posto di lavoro, con precisazione degli orari di lavoro, della paga percepita ecc..., dichiarazione che poi ho sottoscritto ADR non so se L. e S. abbiano compilato dei fogli uguali al mio, fatto sta che ho visto anche loro compilare dei fogli, che credo abbiano anche loro firmato.... Dati informativi di sicura valenza probante si ricavano, ancora, dal contenuto della registrazione audio dell'incontro avvenuto tra il denunciante e gli accertatori, registrazione salvata nella memoria dell'I-Phone utilizzato dal B.M. e riversata dalla PG operante su CD-ROM. Se ne riporta la trascrizione integrale: B.M.: la collega tua? Uomo: eh? B.M.: la collega tua? Uomo: adesso viene. B.M.: il verbale? Uomo: ce l'hai chiuso il telefono? Termine della registrazione Il colloquio captato si interrompe perch, come richiestogli e come riferito in denuncia, al B.M. era, di fatto, imposto di spegnere il telefono. Ed infatti, il senso della interrogazione "ce l'hai chiuso il telefono?" non pu che essere quello di ricevere rassicurazione in ordine alla disattivazione dell'apparato, posta implicitamente come condizione per poter procedere oltre nella conversazione. La piena utilizzabilit ai fini della decisione dei flussi comunicativi tra presenti registrati da un interlocutore all'insaputa dell'altro ormai dato pacificamente acquisito dalla giurisprudenza di legittimit, non potendo, in subiecta materia, evocarsi la norma di cui all'art. 191 cod. proc. pen., che ha ad oggetto le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. Detta registrazione, invero, non rientra nella categoria delle prove illegali, ma prova documentale, rappresentativa di un fatto storicamente avvenuto e confermato dal denunciante B.M., che a quella conversazione tra present ha di fatto partecipato, e della quale, in quanto divenuta parte del suo dominio conoscitivo, ha fatto oggetto di libera e legittima disposizione (v. ex plurimis Cass. Pen. Sez. VI 31342/11). L'identificazione degli odierni imputati poggia sugli esiti delle rituali individuazioni fotografiche operate da B.M. e N.S. e sulla indicazione dei relativi nominativi contenuti nei verbali di accesso e constatazione in atti. In relazione ai fatti in contestazione gli imputati sono stati attinti da ordinanze cautelari custodiali. In sede di interrogatorio di garanzia, il D.N. negava l'addebito, sostenendo di non aver avanzato alcuna richiesta di denaro nei confronti del B.M., quanto piuttosto di essere stato raggiunto da una proposta corruttiva formulata da quest'ultimo, non accolta, anzi sdegnosamente respinta. Pi specificamente, riferiva il D.N. che, dopo avere effettuato, unitamente alla sua collega A.L., un "accesso esterno" (appostamento finalizzato al controllo dell'effettivo rilascio degli scontrini fiscali agli avventori del negozio), aveva fatto ingresso all'interno dell'esercizio, subito procedendo a verifica delle giacenze di cassa. In detto frangente, mentre era gi in corso la compilazione del verbale di accertamento, entravano nel negozio due ragazze, che si posizionavano ai lati del banco di vendita; le stesse affermavano di essere amiche del gestore e non lavoranti. Ciononostante i nominativi delle predette erano inseriti nel verbale, evidentemente sul presupposto della non rispondenza al vero delle dichiarazioni dalle stesse rese. Successivamente, a seguito della pressante insistenza del B.M., il D.N., d'intesa con la A.L., si determinava a sostituire la parte del verbale inerente CONTENZIOSO NAZIONALE la posizione delle dipendenti, sostituendo il relativo foglio. Nel momento stesso in cui gli imputati si accingevano ad abbandonare il negozio, il B.M. diceva testualmente 'perch non venite alle 18,00 ed incassate qualche cosina, perch vi faccio un regalo" alla quale proposta seguiva la secca risposta del D.N. "no, noi non abbiamo bisogno di regali". Quindi, l'imputato si allontanava dal negozio e non aveva pi occasione di incontrare il B.M. In sede di dichiarazioni spontanee rese nel corso del presente giudizio, il D.N. mutava radicalmente versione, specificamente affermando: che la S.M., la C.L. e la N.S., oltre ad essere presenti all'interno del negozio, erano intente a lavorarvi nella assistenza ai clienti; che della presenza dei tre addetti al negozio al momento dell'accesso si dava atto nella versione originale del verbale nella pagina 3, con la precisazione, inserita nel testo dell'atto, che la parte e gli interessati negavano di trovarsi in posizione irregolare; che, tra l'altro, quand'anche le persone suddette avessero svolto mansioni di lavoratori occasionali per la sola giornata dell'8 marzo, comunque sarebbe risultata mancante la prova dell'acquisto di buoni lavoro prepagati e della preventiva comunicazione all'INPS del loro impiego (come prescritto dalla Legge Biagi); che il B.M., ben consapevole della gravit della situazione di irregolarit riscontrata, aveva iniziato ad "avviare un dialogo, chiedendo espressamente se vi fossero modalit alternative e meno onerose per risolvere la questione"; che "in quel momento ci siamo impietositi per le modalit disperate con cui il B.M. manifestava la propria preoccupazione. Ed stato a quel punto che il B.M., facendo dei gesti eloquenti e senza che gli fosse stato in nessun modo richiesto alcunch, affermava che egli qualcosa poteva, lasciando chiaramente intendere che era disposto a elargire una somma di denaro per risolvere il suo problema o per ridurlo a cifre ragionevoli"; che, a seguito di ci, il D.N. accoglieva la proposta del B.M. di sistemare la vicenda verso il corrispettivo di 3000 euro (" stato cos che, dissennatamente, gli dissi che avremmo accolto la sua proposta e fu concordato un appuntamento nel tardo pomeriggio per sostituire la parte dei verbali che riguardava, in sostanza, le lavoratrici in nero, con l'accordo che egli avrebbe portato il denaro che noi non avevamo mai chiesto e che lui aveva promesso"). Si impongono alcune doverose considerazioni in merito alla qualificazione giuridica del fatto. Ci a seguito della recente entrata in vigore della legge 6 novembre 2012 n. 190 che ha scomposto il delitto di concussione in due distinte ed autonome figure di reato, la concussione per costrizione, da un lato, e la induzione indebita a dare o a promettere dall'altro, con previsione, per quest'ultima, di una pena edittale inferiore rispetto alla concussione per costrizione. Prima della novella legislativa, il reato di concussione poteva essere commesso per costrizione o per induzione, prospettando alla vittima, nel primo caso, in modo univoco anche se non esplicito, un male ingiusto, ponendola di fronte all'alternativa di subirlo o di evitarlo mediante l'indebita promessa o dazione, nel secondo caso, in cui manca tale prospettazione, perseguendo il medesimo risultato mediante un'opera di suggestione o di frode. Come appare evidente dalla stessa formulazione linguistica impiegata, la voluntas legis sottesa alla modifica normativa stata quella di rimodulare il precetto con lo spacchettamento giuridico della originaria incriminazione, con le uniche significative varianti costituite dal fatto che per la concussione soggetto attivo solo il pubblico ufficiale, mentre per l'induzione anche l'incaricato di pubblico servizio, nonch, sempre con riferimento alla induzione, dalla scelta di incriminare anche colui che ha ceduto alla induzione, collaborando con la propria condotta alla verificazione dell'evento del reato. Certamente, nel procedere all'operazione di "riedizione", ovvero nel riprodurre gli stessi precetti per colui che costringe o induce, il legislatore non pu aver ignorato il diritto vivente formatosi nel lungo periodo di vigenza della fattispecie unitaria. Ci posto, sembra, comunque, doversi necessariamente porre la domanda se il reato di induzione indebita a dare o promettere abbia assunto una diversa struttura normativa rispetto alla precedente figura di concussione per induzione, ovvero se la variata connotazione da reato monosoggettivo a reato a concorso necessario possa aver in qualche modo inciso sul significato attribuito, nelle due autonome disposizioni, ai termini costrizione ed induzione, s da escludere che possa ravvisarsi continuit normativa tra i due precetti. Al riguardo, appare utile rammentare che la categoria dei reati a concorso necessario non include unicamente i reati "plurisoggettivi propri", in relazione ai quali prevista la punibilit di tutti i soggetti concorrenti nella produzione dell'evento, comprendendo, altres, anche i reati cd naturalisticamente plurisoggettivi, nell'ambito dei quali la punibilit risulta circoscritta soltanto ad uno dei soggetti esplicitamente o implicitamente indicati nella fattispecie quali con- correnti, la cui condotta risulta avvinta da un nesso di strumentalit astratta a quella del compartecipe non punibile. Tale tipizzazione plurisoggettiva costituisce, a ben vedere, connotazione strutturale delle due fattispecie poste a confronto (concussione per induzione ed induzione indebita), poich entrambe richiedono per la loro integrazione la collaborazione di due soggetti. Da ci discende che la vecchia fattispecie di concussione per induzione non ha subito, per effetto del novum normativo, alcuna modifica di carattere strutturale. Tale assunto trova specifico riscontro nella giurisprudenza della Corte di legittimit, secondo la quale "la condotta costrittiva (o, ancor pi, quella induttiva) pu estrinsecarsi semplicemente in una pressione psicologica sul soggetto passivo a sottostare ad una ingiusta richiesta, essendo l'oggettivo condizionamento della libert morale della persona offesa (e non l'effetto psicologico che eventualmente da esso consegue) configurabile come parte integrante della fattispecie criminosa; ne consegue che chi costretto o indotto a dare o a promettere indebitamente una utilit in conseguenza dell'abuso della qualit o dei poteri da parte del pubblico ufficiale non deve necessariamente trovarsi in uno stato soggettivo di timore, potendo determinarsi al comportamento richiesto per mero calcolo economico (attuale o futuro) o per altra valutazione utilitaristica, quale quella di non avere noie per il rifiuto opposto alle richieste rivoltegli dal pubblico ufficiale " (Cass. Pen. Sez. VI 4.12.2012-21.2.2013 n. 1646; Cass. Pen. Sez. VI 6.3.2009-13.5.2009; Cass. Pen. Sez. VI 24.5.2009 7.7.2009). Risulta quindi corretta un'interpretazione che mantenga nell'ambito della concussione (sostanzialmente parallela alla estorsione) qualsiasi prospettazione di un danno ingiusto per ricevere indebitamente la consegna o la promessa di denaro o di altra utilit e che, invece, faccia rientrare nella ipotesi di cui all'art. 319 quater cod. proc. pen. una condotta di persuasione, basata sulla maggiore forza (quindi il metus publicae potestatis) del soggetto con la qualifica pubblica che prospetta una conseguenza dannosa (che non sia un "male ingiusto") che induca il privato, senza reali spazi "contrattuali" sull'an, alla prestazione illecita. Detto in altri termini, ricorre la induzione indebita in quei casi in cui al privato non venga minacciato un danno ingiusto e possa, anzi, avere persino una convenienza economica nel cedere alle richieste del pubblico ufficiale, laddove costui induca al pagamento quale alternativa alla adozione di atti legittimi della amministrazione, dannosi per il privato. Di converso, rientra nella concussione, ora dimensionata sulla sola ipotesi di costrizione, la condotta funzionale alla prospettazione di un danno ingiusto. Cos ragionando, risulta pienamente giustificata, con riferimento alla nuova fattispecie di induzione indebita, la previsione di una sanzione nei confronti del privato. Ed infatti, in una situazione in cui, pur a fronte di un comportamento prevaricatore, il pubblico ufficiale prospetti CONTENZIOSO NAZIONALE un risultato comunque vantaggioso per il caso di corresponsione di quanto richiesto, potr legittimamente pretendersi dal privato una condotta improntata alla resistenza attiva. naturalmente "esigibile" la resistenza ad una tale pretesa, ed "rimproverabile" la condotta del privato che si sia determinato a cedere alle richieste del pubblico ufficiale, senza per rischiare un danno ingiusto, ma ottenendone, comunque, un vantaggio. In buona sostanza, la ratio del precetto di cui all'art. 319 quater c.p. deve individuarsi nella violazione del dovere di non collaborazione da parte del privato che, bench consapevole di subire un condizionamento, fornisca il proprio contributo (collabori) nel far conseguire l'indebito all'agente pubblico. E proprio in un simile contesto la minaccia della sanzione penale dovrebbe operare quale controspinta psicologica finalizzata ad incentivare forme di resistenza attiva contro l'induzione. Conclusivamente, alla stregua delle considerazioni sopra svolte, pu serenamente affermarsi che l'attuale scelta del legislatore di punire il soggetto indotto non esplichi alcun condizionamento sull'impianto ontologico del reato, lasciando inalterata la conformazione strutturale che gi le condotte di costrizione\induzione avevano nella vigenza della originaria formulazione della fattispecie di concussione. La contiguit tra la fattispecie di induzione indebita e le ipotesi di corruzione giustifica la sensibile riduzione di pena prevista per l'induzione indebita rispetto alla concussione. Resta, comunque, ferma la distinzione tra induzione indebita e corruzione, reato quest'ultimo che richiede la parit tra i due soggetti, la cui volont comune deve risultare orientata al do ut des, direzione estranea alle figure di concussione e induzione, caratterizzate dal denominatore comune dell'abuso di potere o delle qualit, che, specificamente, con riferimento alla induzione, si concreta nel far leva sulla posizione di preminenza, scaturente dalla qualifica pubblicistica rivestita dal soggetto agente, per suggestionare, persuadere o convincere a dare o a promettere qualcosa allo scopo di evitare un male peggiore: " ... il criterio distintivo tra la corruzione e la concussione deve essere individuato nel diverso atteggiamento della volont del privato che si rapporta al pubblico ufficiale: nella corruzione i concorrenti necessari (pubblico ufficiale e privato) trattano su livelli paritari e si accordano nel pactum sceleris, con convergenti manifestazioni di volont: nella concussione non sussiste la par condicio contrattualis, perch il dominus della situazione che si determina il pubblico ufficiale, con la sua autorit e i suoi poteri, dei quali abusa, costringendo o inducendo il soggetto passivo a sottostare alla ingiusta richiesta, perch necessitato da una condizione di soggezione che non offre alternativa diversa dalla resa. La struttura della concussione evoca una sorta di aggressione del pubblico ufficiale contro il privato; nella corruzione invece si versa in una situazione di accordo sinallagmatico tra le parti e si al di fuori dello stato di soggezione del privato rispetto alla forza prevaricatrice del pubblico funzionario. E il caso di precisare che integra l'abuso di potere anche la minaccia da parte del pubblico ufficiale dell'esercizio di un potere legittimo, ma al fine di conseguire un fine illecito, quale certamente l'ottenimento dell'indebito: la deviazione dell'esercizio del potere dalla sua causa tipica verso un obiettivo diverso ed estraneo agli interessi della Pubblica Amministrazione concreta l'abuso. L'abuso di potere da parte del pubblico ufficiale determina nel soggetto passivo, come conseguenza, uno stato d'animo tale da porlo in posizione di soggezione rispetto al primo, condizione questa che costituisce la premessa dell'atto dispositivo indotto e costituito dalla dazione del concusso" (Cass. Pen. Sez. VI 18.5.2011 n. 40898). Peraltro, ci che continua, in ogni caso, a distinguere la concussione/induzione indebita dalla corruzione propria la chiara configurazione dei primi due delitti anche a prescindere dalla strumentalizzazione di uno specifico atto, come accade nella modalit esecutiva incentrata sull'abuso delle qualit, laddove la vittima della costrizione o induzione agisce in assenza di correlazione con un specifico atto del soggetto investito di funzioni pubbliche. In ogni caso il "crinale" che divide le tre diverse figure di reato (corruzione - induzione indebita -concussione, seguendo l'ordine imposto dalla graduazione di disvalore) appare di non immediata individuazione, risultando impegnativa l'operazione di qualificazione giuridica della condotta, specie nei casi, statisticamente frequenti, di assenza di atteggiamento intimidatorio esplicito. Anzi, forse il caso di sottolineare che i maggiori problemi, sotto questo profilo, potrebbero sorgere non tanto nell'opzione alternativa tra concussione e induzione indebita, quanto piuttosto con riguardo alla necessit di distinguere tra induzione indebita e corruzione, posto che in tale seconda figura le modalit della condotta del soggetto pubblico che riceve l'utilit o accetta la promessa sono lasciate indeterminate, sicch, in definitiva, l'unico elemento, spesso impalpabile, di discrimine, sarebbe costituito dall'abuso della qualit o dei poteri, presente unicamente, si ribadisce, nella figura di induzione indebita. Le connotazioni modali del fatto, per come contestato e per quanto emerso dalla espletata attivit di indagine e di acquisizione probatoria, valgono senz'altro ad integrare gli estremi identificativi della fattispecie di induzione indebita ex art. 319 quater c.p. di nuovo conio, per la quale risulta introdotto un trattamento sanzionatorio sensibilmente pi favorevole al reo rispetto a quello previsto dalla norma (art. 317 c.p.) vigente all'epoca di commissione del fatto. Poich la modifica intervenuta non ha determinato una abolitio criminis, ma ha semplicemente dato luogo ad un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, la nuova fattispecie deve, pertanto, trovare applicazione, ai sensi del disposto di cui all'art. 2 comma 4 c.p. Le circostanziate indicazioni fattuali fornite dalla persona offesa, lineari, esaustive e coerenti, per ci stesso intrinsecamente attendibili, appaiono, altres, come gi sopra evidenziato, assistite da plurimi riscontri estrinseci, di natura oggettiva e dichiarativa. Dall'articolato compendio probatorio discende l'immagine nitida delle modalit operative attuate dai verificatori della Agenzia delle Entrate, i quali risultano aver subdolamente strumentalizzato un addebito discendente da irregolarit riscontrate (impiego di lavoratrici non regolarizzate), prospettando per tale causale l'irrogazione di pesanti sanzioni amministrative, alternando ad un atteggiamento rigoroso toni morbidi e distensivi, contestualmente inviando messaggi univocamente interpretabili come disponibilit a trattare ed a risolvere la grave "esposizione" dei controllati con il minimo pregiudizio per questi ultimi. Che l'addebito (almeno per la parte economicamente pi consistente, ammontante ad un esborso compreso tra i 30.000 ed i 60.000 euro) debba, conformemente alla prospettazione accusatoria, ritenersi inesistente e che lo stesso sia stato pretestuosamente utilizzato per esercitare pressione psicologica sul B.M., s da condizionarlo nella direzione della offerta di pagamento, circostanza non propriamente pacifica. Dal tenore delle puntuali e convergenti sommarie informazioni testimoniali raccolte da N.S., C.L., S.M. e B.F. si ricava la chiara rappresentazione di una presenza del tutto occasionale, all'interno dell'esercizio commerciale, della N.S e della C.L.: la prima (che ordinariamente presta la sua attivit lavorativa presso un laboratorio florovivaistico ove operano anche ragazzi disabili) impegnata nell'apprendimento delle modalit di confezionamento e di composizione dei fiori; la seconda recatasi in visita dell'amico B.M. e, nell'occasione, eventualmente disponibile a rendere un "aiuto" al negoziante, anche e soprattutto in considerazione del rilevante afflusso di clienti che solitamente si registra nella giornata dedicata alla festa della donna. Si sarebbe trattato, in buona sostanza, secondo la versione offerta da testi certamente non in CONTENZIOSO NAZIONALE differenti, di prestazioni limitate ad ore (o addirittura a frazioni di ora), indotte da una disponibilit offerta in via del tutto estemporanea ("interessate" come nel caso della N.S.) e rese benevolentiae causa, in quanto tali sfuggenti a qualsivoglia forma di regimentazione e men che mai soggette a "regolarizzazione", in carenza dei minimi requisiti contenutistici che valgono a connotare il rapporto di lavoro subordinato (vincolo di subordinazione ed obbligazioni tipiche, prima tra tutte quella retributiva), per le quali neppure avrebbe dovuto trovare applicazione il meccanismo predisposto dalla Legge Biagi relativamente alle prestazioni di lavoro occasionale e saltuario (acquisto di buoni lavoro prepagati, previa comunicazione all'INPS da parte del datore di lavoro 24 ore prima dell'inizio della prestazione). Tali indicazioni, apparentemente complete ed appaganti, si scontrano, tuttavia, con l'evidenza materiale della effettiva presenza della N.S. e della C.L. all'interno dell'esercizio e con l'oggetto della percezione visiva degli agenti accertatori, avendo costoro rilevato come le predette fossero intente a svolgere mansioni tipicamente conformi a quelle ordinariamente rese all'interno di un esercizio commerciale di vendita floreale (circostanza di fatto non smentita dalle informatrici). In tale contesto, non pu considerarsi anomalo e pretestuoso il sospetto, nutrito dagli accertatori, dello svolgimento di lavoro in nero, e, su tale base, l'elevazione della contestazione, con correlativa prospettazione delle conseguenze sanzionatorie. A tal riguardo, vale la pena richiamare un passaggio delle spontanee dichiarazioni rese dal D.N., esemplificativo della valutazione effettuata in sede di accertamento e, segnatamente, degli elementi di fatto e degli argomenti logici utilizzati: "... nel verbale originariamente redatto viene dato atto correttamente della presenza di questi dipendenti irregolari, senza peraltro poterne constatare la carenza di annotazione nel Libro Unico del Lavoro, dato che questo non era disponibile all'interno del negozio ... io faccio soltanto notare che avviene sempre, quando in un esercizio commerciale vi sono dipendenti in nero, che vengono rese dagli interessati versioni poco credibili circa la presenza occasionale, casuale e non dovuta a ragioni di lavoro. Se fosse sufficiente affermare, in caso di controlli, che le persone al lavoro sono l eccezionalmente solo quel giorno, ogni controllo, ovviamente, sarebbe vanificato. E del resto, anche il lavoro di un giorno, se in nero irregolare. Tuttavia la legge prevede che in caso di lavoro occasionale, magari prestato in particolari circostanze come poteva essere quella dell'8 marzo per un negozio di fiori, il datore di lavoro possa e debba far lavorare questi lavoratori occasionali attraverso l'acquisto di buoni lavoro prepagati o voucher previa comunicazione all'INPS 24 ore prima dell'utilizzo del lavoratore occasionale... nel caso di specie, quella mattina, nessuna comunicazione all'INPS n alcun buono di lavoro ci fu esibito...". Dunque, l'argomentazione su cui poggia la linea difensiva appare pi che plausibile, rendendo giustificazione di un modus procedendi attuato, almeno nella fase preliminare della verifica fiscale, secondo criteri di apprezzamento e regole di giudizio non censurabili, ferma restando l'impossibilit oggettiva, nella presente sede processuale, di giungere all'accertamento, definitivo ed ancorato su solide evidenze probatorie, della effettiva fondatezza dell'addebito. Dunque, non pu correttamente affermarsi che dell'addebito gli imputati abbiano fatto uso pretestuoso, e ci nella sicura consapevolezza della totale inconsistenza dei profili di irregolarit contestati. Piuttosto, deve ritenersi che la contestazione di mancata regolarizzazione delle presunte dipendenti abbia costituito l'occasione, o meglio abbia offerto il destro per l'attuazione, da parte dei verificatori, di una manovra subdola, caratterizzata dallo sfruttamento della posizione di preminenza da essi rivestita, nonch dall'impiego di toni ambigui ed allusivi, finalizzata ad esercitare pressione psicologica sui controllati, s da indurli alla dazione dell'indebito, costi tuito dal corrispettivo preteso per l'annullamento del verbale di accertamento. Pi specificamente, giusto quanto sopra esposto, gli imputati non hanno, con la loro condotta, prospettato un male ingiusto, in quanto la rappresentazione delle conseguenze sanzionatorie derivanti dalla irregolare posizione delle dipendenti sembra aver costituito, nella situazione descritta, esercizio di un potere legittimo. Ciononostante, non possono non riscontrarsi, nell'analisi dei successivi segmenti di condotta, rilevanti profili di deviazione dalla causa tipica del potere esercitato, concretatisi in reiterate minacce di esercizio di un potere legittimo per il conseguimento di un fine illecito, quale certamente l'ottenimento dell'indebito. Il D.N., dopo aver prospettato l'irrogazione di pesanti sanzioni (soprattutto per la mancata regolarizzazione della N.S. e della C.L.: "1500 euro a testa per le coadiutrici non in regola, 56 mila euro per il registro dei corrispettivi non correttamente aggiornato, 5 mila euro per la mancata dichiarazione della domiciliazione fiscale oltre alle sanzioni competenza dell'INAIL e dell'INPS, del Ministero del Lavoro stimabili tra i 30 ed i 60 mila euro"), nel contempo confidava al controllato che era stata programmata una verifica analoga anche per l'altro punto vendita, che egli, tuttavia, aveva omesso di effettuare "perch a me non piace far piangere la gente, quindi, siamo venuti solo nel punto vendita principale", in tal modo mostrando "sensibilit" e comprensione per la grave situazione in cui sarebbe venuto a trovarsi il B.M., palesando, altres, margini, certamente non consoni alla funzione svolta, di gestione discrezionale dei controlli, nonch modalit di intervento indicative di una disinvolta apertura alla trattativa ed alla sistemazione, come emblematicamente esemplificato nelle battute successive: "sei stato un po' fesso, se almeno avessi fatto uscire le ragazze... almeno su di loro avrei chiuso un occhio... se eri un po' pi furbo ne avremmo parlato prima". L'ultima affermazione era pronunciata dal D.N. in risposta alla domanda rivoltagli dal B.M. "ma cos io chiudo, mi stai rovinando. Ma non c' niente che io possa fare per alleggerire un po' la mia posizione?" e dopo aver palesato a quest'ultimo che ormai il verbale era stato redatto e che non poteva formarne un altro. La concatenazione logica e l'allusivit delle formule semantiche utilizzate non potevano non indurre il B.M. a percepire segnali di apertura sfruttabili a proprio vantaggio, s da determinarsi ad insistere sino ad ottenere una inequivoca esternazione di assenso, nel momento stesso in cui il D.N., mostrando di cedere alle richieste di sistemazione, replicava che a quel punto per aiutarlo sarebbe stato necessario tornare in ufficio, annullare il verbale e redigerlo ex novo, il tutto previa acquisizione del consenso della sua collega, alla quale lanciava una occhiata d'intesa, senza ricevere alcun segnale di obiezione. Seguivano l'offerta di denaro, l'accettazione, l'accordo per il pagamento ed il successivo incontro, come sopra analiticamente descritti. La ricostruzione offerta rende contezza della esistenza di una situazione idonea a determinare uno stato di soggezione psicologica del privato nei confronti del pubblico ufficiale, abilmente creata dagli imputati attraverso subdole manovre persuasive, surrettiziamente dirette a "'provocare" l'offerta di pagamento dell'indebito. Ed fin troppo evidente come l'artificiosa messa in scena, il "duetto" organizzato dagli imputati, fatto di maliziosi sguardi di intesa e di reciproche consultazioni apparentemente dirette a superare difficolt e resistenze, ben aderisca ai profili di tipicit del fenomeno induttivo sopra analizzato, sostanziandosi in una odiosa modalit di abuso, poggiante sullo sfruttamento della posizione di preminenza rivestita dai pubblici ufficiali e costituente premessa dell'atto dispositivo indotto. Come pure fin troppo chiaro che non vi stata trattativa in parit dialettica, avendo il B.M. CONTENZIOSO NAZIONALE proposto il pagamento in una condizione di soggezione ed all'esito di una articolata opera di suggestiva persuasione posta in essere dalla parte pubblica, finalizzata a rendere edotto il controllato della esistenza di ampi margini di discrezionalit nella gestione dell'affare e della disponibilit dei controllori ad una sistemazione "indolore". Del pari, a nulla rileva, come pi volte enunciato dalla giurisprudenza di legittimit, che il B.M. non si sia determinato al pagamento per timore, quanto piuttosto per mero calcolo utilitaristico, poich anche in tal caso non viene meno l'aspetto fondante la incriminazione della induzione indebita, e cio il condizionamento della libert morale del soggetto indotto. Emerge in maniera lampante un costante raccordo operativo tra i due imputati, avendo il D.N., per tutta la durata della verifica all'interno del negozio, ricercato il consenso della A.L. a "correggere" la versione originale ed a formare un nuovo verbale, palesando in pi occasioni al B.M. la necessit dell'apporto collaborativo di quest'ultima, assicurando che "anche la collega avrebbe chiuso un occhio", raccogliendo segnali di intesa dalla donna, o, comunque, di non obiezione, con la stessa discutendo le modalit tecniche di riedizione della verbalizzazione, ricercandone l'assenso a seguito della dazione, da parte del B.M., di una somma inferiore rispetto a quella concordata. Del resto, come opportunamente evidenziato dal Tribunale del Riesame, irragionevole ritenere che il D.N. abbia potuto autonomamente esporsi, senza la certezza della disponibilit della collega ad avallare una sua ipotetica solitaria iniziativa. Ulteriore conferma della compartecipazione attiva della A.L., sia pure in una posizione senz'altro sottordinata al D.N., si ricava dall'ascolto del breve frammento di conversazione registrata sull'apparato cellulare del B.M., dal tenore del quale emerge l'assicurazione, fornita al B.M., della contestuale presenza della donna. Come sopra anticipato, lattendibilit della versione offerta dal B.M. non risulta compromessa da alcuna significativa evidenza di segno contrario. Al rigurado, va precisato che deve ritenersi non risolta la questione relativa alla necessit della regolarizzazione delle ragazze presenti allinterno dellesercizio, si che, anche sotto tale profilo, non pu dirsi acquisito alcun elemento di insable contrasto con la ricostruzione offerta dal denunciante. I pi rilevanti dati di riscontro alla prospettazione accusatoria sono forniti dai contenuti delle sommarie informazioni e dalla deposizione del fratello della vittima B.F., sostanzialmente coerenti, nel nucleo significativo essenziale, con la ricostruzione fattuale fornita dal denunciante. Le incongruenze e le imprecisioni riscontrate nel corso della deposizione resa dal B.F. (ad esempio la mancata indicazione del motivo per cui non ebbe a comunicare ai Carabinieri, nel corso della chiamata al 112, il luogo dell'appuntamento fissato dal fratello con i due accerta- tori), in parte imputabili alla obiettiva difficolt (in pi occasioni percepita dallo scrivente) di comprensione, da parte del teste, del senso e della rilevanza delle domande rivoltegli, non valgono a minare la tenuta logica dell'impianto narrativo della testimonianza, e, quel che pi interessa, dei numerosi elementi di raccordo con la versione resa dal denunciante. Tanto pi che la ricostruzione scaturita dalla sinergia degli apporti informativi o forniti dai fratelli B.M. e B.F. appare ampiamente avallata dal contenuto del frammento di conversazione registrato, e, segnatamente, dalla richiesta, avanzata dal D.N. nei confronti del B.M., di spegnere il telefono cellulare. La causale di tale richiesta (che ha avuto luogo poco prima della ricezione della somma di 2000 euro da parte degli imputati) senz'altro da individuare nell'esigenza di apprestamento di una particolare cautela, valevole a scongiurare il rischio di interferenze e/o registrazioni dei flussi comunicativi che di l a poco si sarebbero prodotti, sintomatica della consapevolezza della illiceit della operazione in corso di svolgimento, e, quel che pi conta, di diffidenza nei confronti dell'interlocutore. Atteggiamento, quest'ultimo, che, in base a criteri di logica e di opportunit, certamente il D.N. non avrebbe tenuto se la risoluzione del pagamento fosse derivata da un accordo inter pares, con le parti in posizione di parit dialettica, ed in esecuzione di un accordo perfezionato a seguito della proposta corruttiva del B.M. Come pure, se fosse veritiera la tesi difensiva facente leva sulla offerta di pagamento del B.M., non preceduta da operazioni induttive, senz'altro il B.M. non si sarebbe determinato a denunciare l'occorso, ad effettuare la registrazione ed a farne uso in giudizio. In tale situazione, del tutto irrilevante stabilire con certezza, onde farne discendere conseguenze risolutive in punto di qualificazione giuridica del fatto, se il B.M. ebbe a sporgere denuncia autonomamente o dietro insistente sollecitazione del fratello, poich ci che rileva unicamente il fatto che una denuncia sia stata formalizzata e che determinati elementi di prova (ivi inclusa la registrazione della conversazione) siano stati prodotti nel corso del procedimento. Non da ultimo, va considerato che la consegna del primo verbale originale alla p.o. (che ne ha avuto autonoma disponibilit per alcune ore) non pu interpretarsi come dato sintomatico di una trattativa paritaria, improntata a fiducia reciproca, posto che il rischio che sarebbe potuto derivare dalla disponibilit dell'atto da parte del B.M. avrebbe potuto attualizzarsi solo a seguito della stesura del nuovo verbale, riveduto e corretto, rischio neutralizzato dal contegno serbato dagli imputati, i quali, all'atto della traditio del nuovo verbale, hanno provveduto a distruggere le parti difformi della originaria stesura. I dati investigativi ricavati dal flusso intercettivo, pur disvelando (sia pure solo in termini di mero sospetto) scenari inquietanti, non possono, evidentemente, costituire oggetto di analisi ai fini del decidere, non essendo stati adeguatamente valorizzati dalla Pubblica Accusa, n tantomeno recepiti in una contestazione formale. Il reato di induzione indebita appare integro nei suoi elementi costituivi, tanto sul piano materiale quanto sul versante psichico, risultando, altres, sulla base di un appagante compendio probatorio, ascrivibile agli odierni imputati. La modifica della qualificazione giuridica del fatto, contestato dal Pubblico Ministero come concussione per induzione, si fonda, come sopra ampiamente argomentato, sul disposto di cui all'art. 2 comma 4 c.p. Con una precisazione. La originaria contestazione, nella narrativa del fatto, riportando come non veritiera la circostanza relativa della necessit della regolarizzazione contributiva, evoca, nella sostanza, al di l della voce verbale impiegata ("inducevano"), i tratti distintivi delle concussione per costrizione, imputando ai prevenuti una tipica condotta di prospettazione di male ingiusto. Peraltro, nulla osta, permanendo immutata la connotazione strutturale del fatto e discendendo la diversa qualificazione da una rivisitazione della vicenda aderente, sul punto specifico, alla stessa prospettazione difensiva, all'inquadramento della fattispecie entro l'ambito di operativit della concussione per induzione, secondo la formulazione della norma vigente all'epoca di consumazione, ora "sostituita" dalla norma incriminatrice di cui all'art. 3l9 quater c.p. Applicati i criteri di cui all'art. 133 c.p., stimasi equo infliggere all'imputato D.N. la pena di anni due e mesi sei di reclusione (cui si perviene riducendo di un terzo, per effetto del computo della diminuente di rito, la pena base fissata in anni tre e mesi nove di reclusione) e ad A.L. la pena di anni due di reclusione (cui si perviene riducendo di un terzo, per effetto del computo della diminuente di rito, la pena base fissata in anni tre di reclusione). CONTENZIOSO NAZIONALE Non vi spazio per la concessione delle generiche attenuanti, a motivo della estrema gravit del fatto e delle modalit esecutive, denotanti una allarmante permeabilit degli imputati, disposti a tradire la funzione esercitata anche per il corrispettivo di modesti importi ed a svilire la tenuta del- l'azione amministrativa nei confronti dei contribuenti, il tutto con metodiche scaltre ed insidiose. Seguono, per legge, la condanna dei prevenuti al pagamento delle spese processuali e, quanto al D.N., di mantenimento in carcere, nonch, nei confronti di entrambi, l'applicazione della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena principale. Nulla osta, ricorrendone le condizioni oggettive e potendo formularsi nei confronti della prevenuta prognosi favorevole ex art. 164 c.p. (reputandosi che il periodo sofferto dalla imputata in regime cautelare abbia esplicato una efficace funzione di monito nell'ottica specialpreventiva), alla applicazione, in favore della A.L., del beneficio della sospensione condizionale della pena. Va, altres, pronunciata condanna degli imputati al risarcimento dei darmi subiti dalle costituite parti civili B.M. ed Agenzia delle Entrate, liquidate, in via equitativa ed onnicomprensiva (oggetto di risarcimento il danno materiale e morale subito dalla parte civile B.M. ed il danno all'immagine, con conseguente effetto di depotenziamento della efficacia dell'azione amministrativa, sofferto dalla parte civile Agenzia delle Entrate), in 5000,00, quanto alla parte civile B.M., ed in 10.000,00, quanto alla parte civile Agenzia delle Entrate. Le spese di costituzione e difesa sostenute dalle predette parti civili sono liquidate come da dispositivo. Va revocata la misura cautelare in corso di esecuzione a carico di A.L., la cui ulteriore vigenza deve ritenersi incompatibile con il concesso beneficio della sospensione condizionale della pena. ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ All'esito di perquisizione eseguita presso l'abitazione dell'imputato D.N., in data 6.7.2012, all'atto della esecuzione della ordinanza di custodia cautelare in carcere in relazione al delitto oggetto della odierna contestazione, era rinvenuta e posta sotto sequestro, ex artt. 321 comma 3 bis c.p.p. e 12 sexies DL 306/92, una ingente somma di denaro, pari a complessivi 102.780,00. Detta somma era rinvenuta occultata all'interno di differenti mobili (la parte pi consistente nel doppio fondo di una mensola posta sopra il frigo), suddivisa in numerosi plichi contenenti "mazzette" di banconote, di diversa consistenza. Il GIP assegnatario del procedimento, richiamata la provvista indiziaria posta a fondamento della su richiamata ordinanza cautelare personale, valorizzate le dichiarazioni rese dal D.N. in sede di interrogatorio di garanzia e l'informativa del G.I.C.O. recante data 12.7.2012, rilevava una sensibile sproporzione tra i valori rinvenuti nella disponibilit del D.N. ed i redditi dichiarati, specificamente evidenziando che quest'ultimo era, all'epoca dei fatti, percettore di redditi dichiarati per circa 24.000,00 euro annui, oltre che titolare di diversi rapporti bancari (uno dei quali, come da stessa informazione fornita dall'allora indagato D.N. in sede di interrogatorio, recante saldo attivo di circa 200.000,00 euro). Ci anche tenendo conto del reddito della compagna, che pure la Guardia di Finanza accertava non essere anagraficamente convivente con il D.N., e ritenendo del tutto inverosimili le giustificazioni rese in sede di interrogatorio dal D.N. circa la disponibilit delle somme rinvenute, specie nel punto ove quest'ultimo riferiva di prelievi operati per remoti e del tutto generici progetti di investimento immobiliare e per sottrarre risorse a temute imposizioni fiscali sui conti correnti. L'art. 12 sexies del D.L. 8.6.1992 n. 306 ha introdotto nell'ordinamento una particolare ipotesi di confisca obbligatoria del denaro e degli altri beni (dei quali non venga giustificata la pro venienza e che siano sproporzionati al reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla attivit economica svolta dal soggetto che ha la disponibilit dei beni stessi) che segue ad ogni caso di condanna o di applicazione della pena per uno dei reati specificamente individuati dalla norma (che ha sul punto subito, nel corso dei pi recenti anni, un'estensione della sua sfera applicativa), tra i quali vi il reato di cui all'art. 317 c.p. (l'art. 319 quater c.p. ne filiazione diretta, per continuit normativa con l'ipotesi di concussione per induzione), contestato nel presente procedimento. La giurisprudenza ormai consolidata osserva da tempo che per l'applicazione della disposizione in parola non necessario ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni confiscabili e il reato per cui si procede e neppure tra i beni stessi e l'attivit criminosa del condannato; ci si trova, infatti, di fronte ad una misura di sicurezza atipica, con funzione anche dissuasiva, parallela all'affine misura di prevenzione antimafia introdotta dalla legge n. 575/1965 (sul punto basti citare le due sentenze delle Sezioni Unite, 19.1.04, n. 920, Montella - cui si rimanda per un'analisi completa dell'istituto - e 17.7.01, n. 29022, Derouach, nonch, pi di recente, Cass., VI, 16.6.09, n. 25096). Non necessita dunque alcun vincolo di pertinenzialit tra beni e reato. La scelta di politica criminale del legislatore stata, infatti, nel senso di individuare delitti particolarmente allarmanti, normalmente idonei a creare per chi ne autore un'accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di ulteriori delitti, in relazione ai quali configurare una presunzione, iuris tantum, di origine illecita del patrimonio "sproporzionato" nella disponibilit della persona condannata per i predetti delitti. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 18 del 1996, ha confermato la ragionevolezza della presunzione, in quanto radicata nella nota capacit di taluni delitti di essere perpetrati in forma quasi professionale ed a porsi quali fonti di illecita ricchezza. Presupposto applicativo della misura dunque soltanto, come detto, la sussistenza di una sproporzione dei beni posseduti rispetto al reddito dichiarato o all'attivit economica esercitata. I termini di raffronto dello squilibrio sono indicati dalla previsione normativa, alternativamente, nel reddito dichiarato al fisco e nell'attivit economica dell'imputato, chiaro essendo che il giudice, una volta apprezzata la sproporzione rispetto al dato ufficiale, cio al reddito dichiarato, non deve spingersi a ricercare una situazione di fatto contrastante con il dato documentale (Cass., V, 23.10.07, n. 39048, Casavola ed altri). E detti termini di raffronto dello squilibrio vanno considerati non al momento della applicazione della misura sui beni presenti nel patrimonio del soggetto, ma al momento dei singoli acquisti e al valore dei beni di volta in volta acquisiti (cos, oltre alla citata sentenza delle Sezioni Unite, Montella, anche Cass., VI, 16.1.07 n. 721, Nettuno). Quanto, poi, alla valutazione dell'epoca degli acquisiti giova segnalare quanto osservato da Cass., V, 30.7.1998, n. 2469, e cio che la presunzione di illegittima acquisizione dei beni da parte dell'imputato deve essere circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, nel senso che deve preliminarmente darsi conto che i beni di cui si dispone il sequestro non siano "ictu oculi" estranei al reato, perch acquistati in un periodo di tempo talmente antecedente alla commissione di quest'ultimo da far escludere qualsiasi possibilit di riferimento. La presunzione normativa di illecita acquisizione peraltro superata dalla eventuale giustificazione della provenienza del patrimonio ad opera del soggetto privato, qualora, peraltro, la "giustificazione" credibile consista nella prova della positiva liceit della provenienza dei beni e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui stata inflitta condanna (cos la citata sentenza Montella). Cass., V, 9.7.01, n. 27656, Corso ed altri, ha poi precisato che non sufficiente, al fine di giustificare la provenienza dei beni, il riferimento a regolari atti di acquisto, essendo viceversa necessario risalire alla origine dei mezzi finanziari impiegati CONTENZIOSO NAZIONALE per la acquisizione dei predetti beni, il cui valore sia sproporzionato rispetto alle possibilit economiche del soggetto. I beni che possono formare oggetto della misura sono quelli di titolarit del soggetto gravato, ovvero quelli che di fatto appartengano al condannato e sui quali egli sia in grado di esercitare una qualificata signoria, a prescindere dal formale titolo giuridico ed anche dalla stessa materiale detenzione (Cass., I, 25.10.00, n. 5263, Vergano). Va precisato che la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale opera anche in riferimento ai beni del coniuge o del convivente, ove non risulti la riconducibilit dell'acquisto ai redditi derivanti dall'attivit di lavoro svolta da tali soggetti, ma risulti la sproporzione tra il patrimonio nella titolarit di essi e l'attivit lavorativa svolta dagli stessi (Cass., Il, 2.2.2009, Lo Bianco; Cass., lI, 13.1.2009, Trovato). Se la confisca, che obbligatoria qualora ne ricorrano i presupposti, pu essere disposta solo in sede di condanna, nelle fasi processuali antecedenti alla pronuncia definitoria del giudizio deve essere ordinato il sequestro preventivo funzionale alla confisca stessa, ai sensi dell'art. 321, secondo comma, c.p.p., che, costituendo esercizio di un potere cautelare, pu essere disposto anche dopo che sia decorso il termine per le indagini preliminari (Cass., II, 7.12.07, n. 45988, Tripodi). Ed il sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria ex art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992 misura cautelare pur essa obbligatoria, in ragione della diretta strumentalit con l'indicata confisca, di cui deve assicurare l'effettivit (Cass., Il, 4.12.07, n. 45210, Magni). Quanto poi ai presupposti per disporre il sequestro preventivo di beni confiscabili a norma dell'art. 12 sexies del D.L. n. 306 del 1992, la giurisprudenza concorde nel- l'affermare che sono condizioni necessarie e sufficienti quanto al "fumus commissi delicti", l'astratta configurabilit, nel fatto attribuito all'indagato ed in relazione alle concrete circostanze indicate dal PM, di una delle ipotesi criminose previste dalle norme contemplate dall'art. 12 sexies, e, quanto al "periculum in mora", attesa la coincidenza di quest'ultimo requisito con la confiscabilit del bene, la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ci che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attivit economiche del soggetto, sia per ci che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (da ultimo, Cass, I, 19.407, n. 15908, Cortellino; nello stesso senso si veda la citata sentenza Montella delle Sezioni Unite). Ci premesso, occorre valutare la completezza e la congruenza delle deduzioni svolte dal D.N. al dichiarato fine di superare la presunzione legale di illecito accumulo. Non prima di aver, comunque, evidenziato l'assoluta singolarit delle modalit di custodia/occultamento delle somme di denaro rinvenute e poste sotto sequestro, il cui possesso l'imputato ha giustificato per la sfiducia nutrita nei confronti del sistema bancario e, in particolare, "per la necessit di sottrarli alla tassazione" affermazione che, di per s poco credibile e smentita dalla verificata intestazione di numerosi rapporti postali e bancari presso tre distinti istituti di credito, non lascia comprendere perch mai l'ingente importo sia stato conservato per anni all'interno di plichi di diversificata consistenza, disseminati nei luoghi pi disparati dell'abitazione ed in condizioni di non sicurezza. All'esito delle indagini patrimoniali svolte dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza, emerso che: nell'arco temporale 2002-2011 il D.N. ha dichiarato redditi da lavoro dipendente per circa E 24.000,00 annui, percepiti dalla Direzione Territoriale MEF di Roma, nonch redditi da fabbricato per circa E 1700,00 annui, derivanti questi ultimi dalla percezione del canone di locazione relativo ad un fabbricato, acquisito con atto di donazione da parte del padre in data 31.12.1997; il D.N. risultato, altres, proprietario di una autovettura acquistata nel lontano 1993; l'immobile ove risiede di propriet della madre; come anticipato, risultato intestatario di diversi rapporti bancari e/o postali attivi presso tre istituti di credito. L'imputato ha, in estrema sintesi, dichiarato: che parte delle somme rinvenute costituita dagli stipendi percepiti quale dipendente dell'Agenzia delle Entrate, da lui riscossi in contanti (circostanza confermata dalle sommarie informazioni rese dalla compagna S.R., in sede di indagini difensive, e dalla evidenza negativa di accrediti, concernenti emolumenti da lavoro dipendente, sugli estratti conti conto bancari); di aver percepito, nel periodo compreso tra il gennaio 2001 ed il febbraio 2012, emolumenti per complessivi 191.761,12; di convivere sin dal 1992 con S.R., quest'ultima impiegata, sino al luglio 2012, come segretaria presso uno studio notarile, con retribuzione mensile di 2000,00; che gli importi percepiti dalla S.R. a titolo di retribuzione erano utilizzati in parte per il pagamento delle utenze di pertinenza dell'abitazione condivisa con lo stesso D.N., in parte per le spese di vitto, alle quali ultime la coppia provvedeva anche mediante utilizzo dei buoni pasto ricevuti dal D.N. (circostanze confermate dalla sit S.R.); che le somme confluite sul conto corrente bancario acceso presso la UNICREDIT pari ad 148.317,21, erano costituite da denaro tratto da un conto corrente e da un libretto di deposito, dei quali il D.N. era cointestatario unitamente alla madre; che, successivamente, sul medesimo conto erano confluiti 32.402,00, derivati dalla successione ereditaria del padre; che, come risultante dai documenti 10 e 11 allegati alla memoria difensiva, erano stati effettuati prelevamenti in contanti dal conto corrente sopra indicato per un ammontare di 30.000,00; di aver prestato, nel giugno 2006, 100.000,00, mediante dazione di un assegno tratto sul conto sopra citato, alla S.R., per l'acquisto, da parte di quest'ultima, di un piccolo appartamento, somma poi non utilizzata (in quanto le parti si determinarono, in alternativa, ad accendere un mutuo) e restituita dalla S.R. al D.N. in tre tranches (E 70.000,00 ed 15.000,00 mediante assegni, 15.000,00 in contanti, questi ultimi, poi, lasciati in giacenza in casa); di avere, in altra occasione, nel mese di gennaio del 2010, incassato l'importo di 25.000,00, accreditatogli su conto corrente dalla S.R. a parziale restituzione di una somma (pari ad 28.000,00) da lui stesso prestata a quest'ultima per l'acquisto (di fatto formalizzato in data 28.1.2010 per il prezzo di E 253.000,00), a scopo di investimento, di un appartamento in Roma, acquisto cui la S.R. aveva avuto la possibilit di addivenire a seguito dell'incasso del prezzo di vendita, pari ad 225.000,00, della sua quota di propriet di due immobili siti nel comune di Latina; che il residuo importo dovuto in restituzione dalla S.R. (pari ad 3000,00) era stato da costei consegnato in contanti al D.N., che poi aveva provveduto a versare in banca 2300,00, trattenendo il residuo per le necessit della famiglia; che i fondi che hanno alimentato i conti accesi presso la banca on line ING DIRECT NV provengono tutti da prelevamenti effettuati dal conto UNICREDIT. Di tutte le circostanze sopra evidenziate, per la massima parte confermate dalle sit rese dalla S.R., il D.N. ha offerto evidenza documentale. Lo stesso D.N. ha fornito indicazioni in merito alla provenienza (da prelevamenti, dalla riscossione di canoni di locazione, da regalie, da stipendi e restituzioni) dell'importo di circa 90.000,00. Risulta, altres, che tutte le banconote sequestrate sono pressoch nuove e che molte di esse recano numerazione progressiva. Tirando le fila del discorso, da tale articolata illustrazione e dalla copiosa documentazione prodotta dovrebbe, secondo gli intendimenti espressi dalla Difesa del D.N., scaturire la prova rappresentativa della liceit della provenienza del denaro sequestrato. Ebbene, ad avviso dello scrivente, permangono gli apprezzamenti di inverosimiglianza e di incongruenza segnalati in apertura. CONTENZIOSO NAZIONALE Con alcune considerazioni ulteriori. Il D.N. ha sostanzialmente affermato di non aver mai intaccato i fondi a lui pervenuti a titolo di retribuzione, sostenendo, in ci confortato dalla S.R., che le spese quotidiane e quelle relative al menage familiare erano state integralmente sostenute con denaro tratto dagli emolumenti da quest'ultima percepiti. A fronte di ci, il D.N. avrebbe comunque preteso dalla compagna la restituzione, "sino all'ultimo centesimo", di svariate somme alla stessa prestate per finalit di investimento immobiliare, lasciando poi "languire" il denaro ricevuto in restituzione (ammontante e svariate decine di migliaia di euro) per lunghi anni, "per sfiducia nei confronti del sistema bancario" e con la finalit di sottrazione alla tassazione. Trattasi, evidentemente, di modalit di gestione attuate al di l di ogni comprensibile logica, del tutto confliggenti con i progetti di investimento maturati dalla coppia nel corso degli anni (anche mediante l'accensione di mutui, che, evidentemente, presuppongono il pagamento di interessi) ed in costanza di una (accertata) vivacissima movimentazione bancaria. La pretesa, poi, di voler provare la coincidenza delle banconote rinvenute con quelle erogate dalla Tesoreria della Banca d'Italia appare a dir poco ardita, tenuto conto della natura fungibile del denaro. Resta, in ogni caso, indimostrato, anche a voler aderire (solo in via di mera ipotesi astratta) all'impostazione difensiva incentrata sulla provenienza del denaro dagli emolumenti percepiti, come l'imputato per un lungo arco di tempo abbia potuto risparmiare tutto quanto ricavato dal servizio prestato presso l'Agenzia delle Entrate. Come pure non dato comprendere come abbia potuto il D.N. optare per la immobilizzazione dei suoi modesti redditi da lavoro e nel contempo mai attingere risorse dai suoi consistenti conti personali. Sussistono, in definitiva, le condizioni di sproporzione legittimanti la confisca dei beni in sequestro. PQM Il Giudice per le Indagini Preliminari, visti gli artt. 438 e sgg., 533 e 535 c.p.p., dichiara D.N. e A.L. colpevoli del reato di cui all'art. 319 quater c.p., cos diversamente qualificato il fatto contestato dal PM, e, per l'effetto, previo computo della diminuente per il rito prescelto, condanna D.N. alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed A.L. alla pena di anni due di reclusione, ed entrambi al pagamento delle spese processuali, e, quanto al D.N., di mantenimento in carcere. Applica nei confronti di entrambi gli imputati la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena principale. Pena sospesa per A.L. Confisca del denaro in giudiziale sequestro. Condanna gli imputati al risarcimento dei danni subiti dalle costituite parti civili B.M. e Agenzia delle Entrate, liquidati in 5000,00, quanto al B.M., ed 10.000,00, quanto alla Agenzia delle Entrate, oltre alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute dalle predette parti civili, liquidate in complessivi 1000,00 per l'Agenzia delle Entrate ed 2000,00 per B.M. Revoca la misura cautelare in corso di esecuzione a carico di A.L. Motivazione riservata a gg. novanta. Roma, il 17 gennaio 2013. Sul potere del Giudice a pronunciarsi con mera sentenza dichiarativa di illegittimit ed ex officio risarcimento del danno. Ricorso allAdunanza Plenaria CONSIGLIO DI STATO, SEZ. QUINTA, ORDINANZA 22 GENNAIO 2015, N. 284 Francesco Maria Ciaralli* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Sopravvenuta carenza di interesse alla caducazione del provvedimento - 3. Rilievo officioso dellutilit dellaccertamento a fini risarcitori - 4. Osservazioni conclusive. 1. Premessa. Con la recente ordinanza 22 gennaio 2015, n. 284, la V Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso allAdunanza Plenaria una questione di notevole rilevanza sistematica. Oggetto della rimessione la determinazione del perimetro applicativo dellart. 34, terzo comma, c.p.a., che ha sancito il definitivo superamento del- lequazione illegittimit = annullamento del provvedimento amministrativo. Come noto, la menzionata disposizione attribuisce al Giudice amministrativo, qualora nel corso del processo sia venuto meno linteresse del ricorrente allannullamento, il potere di accertare lillegittimit dellatto se sussiste linteresse a fini risarcitori. La rilevanza sistematica dellart. 34, terzo comma, c.p.a., si argomenta in virt di un duplice ordine di ragioni, di seguito partitamente esaminate. 2. Sopravvenuta carenza di interesse alla caducazione del provvedimento. In primo luogo, portando a compimento un percorso iniziato dal Legislatore del 2005 che ha inserito lart. 21-octies nella legge sul procedimento amministrativo, il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, ha stabilito ex professo che la pronuncia costitutiva di annullamento non conseguenza indefettibile a fronte dellimpugnazione di un provvedimento illegittimo. La qualificazione del processo amministrativo come giudizio sul rapporto anzich sullatto, instaurato dal ricorrente per il soddisfacimento di una sua utilit concreta e non per unesigenza di obiettivo ripristino della legalit nel- lazione della P.A., ha indotto il Legislatore a circoscrivere lannullamento del provvedimento illegittimo ai soli casi in cui la rimozione dellatto possa arrecare al ricorrente una specifica utilit. Qualora tale concreto interesse alla demolizione difetti, pur sussistendo un interesse a fini risarcitori, il codice del processo amministrativo abilita il Giudice a (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. CONTENZIOSO NAZIONALE pronunciare sentenza dichiarativa, con cui accerti lillegittimit del provvedimento. Lannullamento non si configura pi, dunque, come la reazione necessaria dellordinamento dinanzi ad un atto illegittimo, ritualmente impugnato, ma come la reazione massima giustificata solo quando occorra per soddisfare linteresse in forma specifica del privato. Pu quindi stabilirsi un parallelismo tra lart. 34, comma terzo, c.p.a. e lart. 21-octies della legge sul procedimento, atteso che la prima disposizione concerne la sopravvenuta carenza di interesse alla caducazione del provvedimento, mentre la seconda si occupa delloriginaria inidoneit di una pronuncia demolitoria ad arrecare concreta utilit al ricorrente (1). Il Consiglio di Stato, nella sua pi autorevole composizione, ha gi avuto occasione di soffermarsi sulla questione, statuendo che lazione costitutiva si depotenzia di quel quid pluris - la modificazione di una situazione giuridica - che la caratterizza rispetto al contenuto di accertamento proprio di ogni azione per ridursi a mero accertamento, per il quale il presupposto dellinteresse costituito dallinteresse risarcitorio (2) . Di conseguenza, in difetto di interesse alla caducazione, lazione costitutiva si converte in azione meramente dichiarativa di accertamento dellillegittimit, da far valere in un (anche successivo) giudizio. La disposizione in parola realizza il contemperamento, secondo la ricostruzione giurisprudenziale, dellesigenza di stabilit dei provvedimenti che abbiano esaurito i propri effetti con linteresse del ricorrente a conseguire il risarcimento del danno, in via prodromica soddisfatto da una pronuncia di accertamento dellillegittimit. Ma vՏ di pi. Con lordinanza in esame la V Sezione del Consiglio di Stato ritiene di sottoporre allesame dellAdunanza Plenaria (che valuter se definire anche il secondo grado del giudizio) il quesito se il giudice amministrativo - in base ai principi fondanti la giustizia amministrativa ovvero in applicazione dellart. 34, comma 3, del c.p.a. - possa non disporre lannullamento della graduatoria di un concorso, risultata illegittima per un vizio non imputabile ad alcun candidato, e disporre che al ricorrente spetti un risarcimento del danno (malgrado questi abbia chiesto soltanto lannullamento degli atti risultati illegittimi), quando la pronuncia giurisdizionale - in materia di concorsi per linstaurazione di rapporti di lavoro dipendente - sopraggiunga a distanza di moltissimi anni dalla approvazione della graduatoria e dalla nomina dei vincitori, e cio quando questi abbiano consolidato le scelte di vita e lannullamento comporti un impatto devastante sulla vita loro e delle loro famiglie. La Sezione rimettente, dunque, chiede allAdunanza Plenaria di sciogliere (1) CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, p. 171. (2) Ad. Plen. 23 marzo 2011, n. 3, in giustamm.it. Si segnala il commento di RAFFAELE GRECO in Treccani.it, nonch lo studio di VIVIANA DI CAPUA pubblicato su Amministrazione in cammino. il dubbio se la sproporzione tra il vantaggio (del tutto eventuale) derivante al ricorrente dallannullamento e gli svantaggi (consistenti) cagionati ai controinteressati possa legittimare il Giudice amministrativo a pronunciare sentenza di mero accertamento dellillegittimit. 3. Rilievo officioso dellutilit dellaccertamento a fini risarcitori. Questione che ha gi occupato la giurisprudenza amministrativa, e che lordinanza in commento non ritiene necessario rimettere allAdunanza Plenaria, concerne la rilevabilit ex officio dellinteresse ad un accertamento del- lillegittimit a fini risarcitori. Secondo un orientamento restrittivo, il ricorrente ha lonere di avanzare unistanza specifica con cui manifesti linteresse allaccertamento dellillegittimit, allegando compiutamente i presupposti per la successiva proposizione dellazione risarcitoria (3). Lindirizzo maggioritario opina, invece, per la rilevabilit dufficio, in base a due ordini di ragioni. Anzitutto, il dato testuale sembra lasciare pochi dubbi sul modo deontico impiegato dal Legislatore, poich lart. 34, comma 3, afferma che il giudice accerta lillegittimit dellatto. Inoltre, sul piano logico, laccertamento dellillegittimit del provvedimento impugnato contenuto quale presupposto necessario nel petitum di annullamento. Di conseguenza, siccome il pi contiene il meno, il giudice limita la sua pronuncia ad un contenuto di accertamento in seguito ad una valutazione dellinteresse a ricorrere, quindi da compiere dufficio: in quanto manca linteresse allannullamento ma sussiste linteresse allaccertamento ai fini risarcitori (4). 4. Osservazioni conclusive. Lordinanza in commento rappresenta il tentativo di ampliare ulteriormente il perimetro applicativo dellart. 34, comma 3, c.p.a., onde abilitare il Giudice a pronunciare sentenza dichiarativa dellillegittimit anzich costitutiva di annullamento nei casi in cui appaia evidente una sproporzione tra gli effetti negativi (per i controinteressati) e positivi (per il ricorrente) derivanti dalla caducazione dei provvedimenti impugnati. Secondo la Sezione rimettente, limpatto devastante che la demolizione degli atti (nella specie relativi a pubblico concorso) avrebbe sulla vita dei controinteressati, a fronte del vantaggio solo eventuale per la sfera giuridica del ricorrente, giustifica lattivazione della menzionata disposizione, ben potendo la tutela per equivalente rappresentare adeguata forma di ristoro, in conside (3) Cons. Stato, Sez. V, 14 dicembre 2011 n. 6539 e 6 dicembre 2010 n. 8550, nonch Cons. Stato, Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703, tutte rinvenibili in giustizia-amministrativa.it. (4) Cons. Stato, Sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817, neldiritto.it. CONTENZIOSO NAZIONALE razione dellonerosit (non solo economica) della tutela in forma specifica. La Sezione rimettente valorizza, dunque, il profilo della concreta utilit ritraibile dal ricorrente, per come emerge dalla dinamica effettiva del rapporto sostanziale. La soluzione prospettata, in conclusione, appare coerente con il processo di evoluzione giurisprudenziale che ha condotto a spostare il baricentro del processo amministrativo dallatto al rapporto e la tutela ottenibile dalla monolitica caducazione del provvedimento impugnato alla soddisfazione dellinteresse concreto fatto valere dalla parte. Consiglio di Stato, Sez. Quinta, ordinanza 22 gennaio 2015, n. 284 -Pres. Maruotti, Est. Rocco - G.L. (avv. V. Camerini e A. Rossi) c. Comune de LAquila (Avv. Comunale) e nei confronti di C.P. e S.E. (avv. R. Colagrande). Ritenuto in fatto e diritto quanto segue. 1.1. Lattuale appellante, dott.ssa L.G., ha partecipato ad un concorso pubblico per titoli ed esami avente ad oggetto la copertura di tre posti di funzionario tecnico di ragioneria (allepoca VIII^ qualifica funzionale, ai sensi del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347), dei quali uno riservato al personale interno, indetto dal Comune de LAquila, con deliberazione della Giunta Comunale n. 1363 del 26 agosto 1997. Nel bando di concorso, pubblicato in data 10 ottobre 1997, era stato previsto - tra laltro - allart. 6 il programma di esami, stabilendo che sarebbero state svolte due prove scritte, una in materia di legislazione amministrativa e tributaria concernente gli enti locali, e la seconda in materia di diritto amministrativo e tributario con particolare riferimento allordinamento degli enti locali. Per quanto attiene alla nomina della commissione esaminatrice, lart. 8 del bando medesimo rinviava alla normativa vigente, nel mentre lart. 9 precisava che avrebbero conseguito lammissione al colloquio orale i candidati che avessero riportato in ciascuna prova scritta la votazione di almeno 7/10. Con la nota del 28 aprile 1999 del presidente della commissione esaminatrice, la signora G. stata informata di avere ottenuto il punteggio di 4/10 per il suo elaborato relativo alla prima prova scritta e di 6/10 per lelaborato relativo alla seconda prova scritta, e di non essere stata pertanto ammessa a sostenere la prova orale. La signora G. riferisce di aver chiesto in data 15 maggio 1999 laccesso, ai sensi dellart. 22 e ss. della L. 7 agosto 1990, n. 241, alla documentazione relativa al concorso e di aver constatato che la votazione insufficiente le era stata attribuita da una commissione desame da lei ritenuta non costituita secondo la disciplina al riguardo prevista dallart. 37 del Regolamento organico del personale del Comune, e che in violazione dellart. 46 del Regolamento medesimo la commissione esaminatrice non aveva previamente stabilito i criteri e le modalit di valutazione delle prove orali sostenute. 1.2. In dipendenza di ci, con ricorso proposto sub R.G. 469 del 1999 innanzi al T.A.R. per lAbruzzo, Sede de LAquila, la signora G. ha chiesto - tra laltro - lannullamento del provvedimento recante la sua mancata ammissione alle prove orali, nonch delle deliberazioni della Giunta Comunale n. 565 del 21 maggio 1998 e n. 979 del 14 luglio 1998, n. 979, recanti la nomina della commissione esaminatrice, nonch degli atti della procedura concorsuale e, segnatamente, dei verbali della commissione esaminatrice n. 1 del 30 settembre 1998, n. 2 del 7 ottobre 1998 e n. 8 del 28 aprile 1999. Linteressata ha dedotto al riguardo le seguenti censure. I) violazione dellart. 37 del regolamento organico del Personale in vigore presso il Comune di LAquila e degli artt. 1 ed 8 del bando concorsuale, nonch eccesso di potere per difetto di presupposti e travisamento dei fatti in dipendenza dellillegittima composizione della Commissione esaminatrice; e ci poich il funzionario esperto componente della Commissione, prescelto tra i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, non apparteneva alla qualifica funzionale superiore rispetto a quella relativa al posto messo a concorso; non essendo - per lappunto - un dirigente; II) violazione dellart. 46 del Regolamento organico del personale e degli artt. 1 e 6 del bando concorsuale, nonch eccesso di potere per irragionevolezza dellazione amministrativa, non avendo la commissione esaminatrice previamente stabilito, nella prima riunione, i criteri di valutazione delle prove scritte; III) eccesso di potere per illogicit manifesta e per contraddittoriet. La ricorrente ha concluso per laccoglimento del ricorso, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese ed onorari di giudizio. 1.2. Si sono costituiti in tale primo grado di giudizio i controinteressati E.S., S.A.D. e P.C., eccependo preliminarmente linammissibilit del ricorso e concludendo comunque per la sua reiezione. 1.3. Non si costituito in tale primo grado di giudizio il Comune. 1.4. Con la sentenza n. 69 del 5 marzo 2002, ladito T.A.R. ha respinto il ricorso nel senso che pu prescindersi dalleccezione di inammissibilit sollevata dai controinteressati, stante la infondatezza del ricorso. infondato il primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente denuncia la illegittima composizione della Commissione esaminatrice per la presenza di un componente, nominato quale esperto, prescelto tra di dipendenti del Comune, che non sarebbe in possesso della qualifica superiore a quella relativa al posto messo in concorso. Lassunto non pu essere condiviso. Dal certificato rilasciato dal Dirigente amministrativo del Comune di Roseto degli Abruzzi, amministrazione di appartenenza dellesperto di cui si discute, depositato in data 3 novembre 2001, si evince che la stessa, dott. R.C., con atti sindacali in data 25 giugno 1998 , 11 dicembre 1998 e 9 febbraio 1999 stata nominata Dirigente Direttore di Ragioneria ed tuttora in servizio in qualit di Dirigente Direttore di Ragioneria. Orbene, gli atti formali di incarico, ancorch non costituenti formali atti di nomina, tuttavia sono idonei a supportare la qualit di esperta di una Commissione per lesperienza e la capacit professionale acquisite e riconosciute. Il Collegio ritiene di interpretare sostanzialmente il dettato dellart. 37 del Regolamento organico del Comune, nel senso che la disposizione esige garanzie in ordine alle capacit sostanziali del soggetto, alla sua idoneit a svolgere la funzione di esperto in seno alla Commissione. Ne consegue che indubbio che il dott. C., che effettivamente espleta funzioni dirigenziali, abbia lesperienza sostanziale richiesta dalla norma di regolamento. Anche il secondo motivo infondato. Va precisato che la predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove (non dei titoli, che nella specie, risultano determinati nel verbale n. 1 del 30 settembre 1998) di un concorso non pu essere considerato elemento imprescindibile ai fini della legittimit concorsuale, poich trattasi di attivit riservata alla discrezionalit amministrativa, quando la valutazione avviene mediante lattribuzione di un punteggio numerico; configurandosi, questo, come formula sintetica di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla Commissione. CONTENZIOSO NAZIONALE Inammissibile, infine, il terzo motivo di ricorso, atteso che viene richiesto al Collegio una valutazione di merito degli elaborati, riservato alla valutazione tecnico-discrezionale della Commissione esaminatrice, sottratto al sindacato di legittimit, se non nei limiti della manifesta irrazionalit ed ingiustizia. Il giudice di primo grado ha integralmente compensato tra le parti 2.1. Con lappello in epigrafe, la signora G. chiede ora la riforma della sentenza surriportata, riproponendo anche nel presente grado le prime due censure sopradescritte, ma riferendo le relative illegittimit anche alle considerazioni contenute nella sentenza impugnata. 2.2. Si sono costituiti nel presente grado di giudizio gli appellati signori P.C. e E.S., replicando ai motivi avversari e concludendo per la reiezione dellappello. 2.3. Con lordinanza collegiale n. 1170 del 13 marzo 2014, la Sezione ha rilevato che nel primo grado di giudizio lattuale appellante risulta aver formalmente esteso la propria impugnativa a tutti gli atti del procedimento concorsuale di cui trattasi, ivi segnatamente compresa la deliberazione di approvazione della graduatoria del concorso medesimo e rilevato che tale provvedimento non risulta agli atti di causa, ha ritenuto, pertanto, la necessit di acquisirne copia mediante ordine al Sindaco de LAquila, il quale provveder al riguardo entro il termine di giorni 60 (sessanta), decorrenti dalla comunicazione della presente ordinanza, ovvero dalla sua notificazione se anteriormente avvenuta, al conseguente deposito presso la Segreteria della Sezione. 2.4. Il Comune de LAquila ha provveduto a tale incombente in data 23 aprile 2014 e si quindi costituito anchesso nel presente grado di giudizio, concludendo per la reiezione dellappello. 3. Alla pubblica udienza dell8 luglio 2014, lappello stato trattenuto in decisione. 4. Tutto ci premesso, il Collegio respinge il primo motivo dappello che - come sopra rilevato -ricalca nel suo contenuto la corrispondente prima censura dedotta nel ricorso proposto in primo grado. Lart. 37 del Regolamento organico del personale comunale, laddove segnatamente si riferisce alla qualifica funzionale superiore rispetto a quella relativa messa a concorso, di per s non preclude di far espletare lincarico previsto dalla disciplina regolamentare in esame a coloro che non sono inquadrati in tale qualifica, ma ne svolgono interinalmente le funzioni su formale incarico ricevuto dallamministrazione di appartenenza (nel caso di specie il Comune di Roseto degli Abruzzi). A ragione il giudice di primo grado ha in tal senso fatto riferimento allesperienza maturata nello svolgimento della funzione - comunque assegnata mediante un formale provvedimento dellamministrazione di appartenenza - quale elemento sostanziale e in s esaustivo al fine di legittimare la relativa nomina per lespletamento della procedura concorsuale. La relativa censura va pertanto respinta dal Collegio, con la valenza propria di sentenza parziale, a sensi dellart. 36, comma 2, cod. proc. amm. 5.1. Pi complessa la questione riguardante il secondo motivo dappello, anchesso ricalcante la corrispondente seconda censura proposta in primo grado. 5.2. Come si rilevato, il T.A.R. ha respinto la censura stessa, affermando che la predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove - ossia, ladempimento segnatamente non posto in essere dalla commissione esaminatrice - non costituirebbe un elemento imprescindibile ai fini della legittimit del procedimento concorsuale, trattandosi di attivit riservata alla discrezionalit amministrativa, quando la valutazione avviene mediante lattribuzione di un punteggio numerico, il quale costituirebbe in tal senso una formula sintetica di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla Commissione. In effetti, risulta del tutto consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio il principio per cui nella fissazione dei criteri di valutazione delle prove di concorso la commissione titolare di unampia discrezionalit, la quale, pur non precludendo in linea di principio il sindacato giurisdizionale, non consente, comunque, che nellesercizio di questo il giudice possa sostituirsi alla commissione medesima compiendo valutazioni di merito o di opportunit (cos, ex plurimis, e tra le pi recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 17 giugno 2014, n. 3049), potendo i criteri medesimi essere censurati soltanto nei casi di manifesta illogicit e irrazionalit (cfr., ex plurimis e sempre tra le pi recenti, Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 5760). Peraltro, il principio della previa fissazione dei criteri di valutazione delle prove concorsuali che devono essere stabiliti dalla commissione esaminatrice, nella sua prima riunione - o tuttal pi prima della correzione delle prove scritte - deve essere inquadrato nellottica della trasparenza dellattivit amministrativa perseguita dal legislatore, che pone laccento sulla necessit della determinazione e della verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti (cos Cons. Stato, Sez. V, 4 marzo 2011, n. 1398); e tra la necessaria fissazione dei criteri anzidetti e la legittimit dellattribuzione del voto numerico che legittimamente sintetizza la valutazione della commissione sussiste un nesso indissolubile, poich - se mancano criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato- risulta illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica (cfr. in tal senso, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2011, n. 913). Del resto, anche a prescindere dalla stessa fonte regolamentare vigente nel Comune de LAquila, in applicazione dellart. 12 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, devono essere sempre predeterminati i criteri di valutazione delle prove desame; e la violazione di tale adempimento rende conseguentemente illegittimo il procedimento concorsuale (cfr. ad es. Cons. Stato, Sez. IV, 30 novembre 2007, n. 6096). Lillegittimit degli atti risulta effettivamente sussistente, non essendo stati fissati i criteri di valutazione da parte della commissione desame. 2. Posto ci, il Collegio ritiene di sottoporre allesame dellAdunanza Plenaria la questione riguardante la sorte che in sede giurisdizionale debbano avere le risultanze di un concorso caratterizzato da atti risultati illegittimi, quando il suo espletamento risulti avvenuto da tempo ormai risalente e sia stato seguito dalla assunzione in servizio dei suoi vincitori (nella specie, avvenuta circa 15 anni prima della rilevazione dei vizi del procedimento, con la presente pronuncia). Risulta innegabile che in tale consistente lasso di tempo coloro che hanno partecipato al concorso ed hanno poi preso servizio (ed ai quali non sono riferibili i vizi del procedimento) hanno fatto le loro scelte di vita, di ordine familiare, lavorativo, anche di cessazione degli studi a seguito del conseguimento di posti di lavoro a tempo indeterminato. In una tale situazione, il Collegio ritiene che - ove la parte che abbia fondatamente impugnato gli atti del procedimento concorsuale ne faccia espressa richiesta - la pronuncia del giudice amministrativo, basandosi su una valutazione di tutte le circostanze, possa disporre unicamente il risarcimento del danno, senza il previo annullamento degli atti risultati illegittimi. In tal senso, possono essere richiamati: - i principi di giustizia gi enunciati da questo Consiglio a partire dalla sentenza della Sez. VI n. 2755 del 2011, la quale ha evidenziato - sia pure in una controversia riguardante la tutela dellambiente e dunque caratterizzata dalla applicazione dei principi del diritto europeo come il giudice amministrativo possa non disporre lannullamento dellatto risultato illegittimo (ma, se del caso, disporne la sostituzione con leliminazione del vizio riscontrato), quando un tale annullamento non comporti alcun beneficio per gli interessi pubblici coinvolti, n arrechi CONTENZIOSO NAZIONALE giovamento al ricorrente che ha proposto il ricorso dannullamento, risultato fondato; -il principio di proporzionalit, da intendere nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equit e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale. 3. A questo punto, il Collegio evidenzia che - se linteressata avesse formulato una espressa domanda risarcitoria, basata sulla illegittimit degli atti del concorso conclusosi nel 1999 - il presente giudizio si sarebbe potuto senzaltro concludere con laccoglimento di tale domanda, senza lannullamento dei medesimi atti. Infatti, ragioni di equit e giustizia inducono a ritenere che - sulla base di una complessiva valutazione del caso di specie - il giudice amministrativo possa in linea di principio modulare la tutela spettante a chi abbia fondatamente impugnato gli atti di un procedimento concorsuale (ad es., perch risultato illegittimamente escluso, ovvero perch sussistono altri vizi, che non siano imputabili ai vincitori del concorso), decidendo di non annullare la graduatoria finale e di disporre la condanna al risarcimento del danno. Il danno sociale derivante da un tale annullamento - disposto automaticamente - risulta evidente: la perdita dellattivit lavorativa da parte dei candidati a suo tempo risultati vincitori comporta il radicale e gravissimo sconvolgimento delle loro vite e delle loro famiglie. Certo, il decorso del tempo (specie quando si tratti di dare tutela ai valori primari, come la tutela del territorio, dellambiente, e del paesaggio) non pu essere considerato di per s un elemento ostativo allannullamento dellatto illegittimo e allaffermazione del principio per cui chi ha proposto un ricorso fondato ha titolo alla pronuncia favorevole: le insufficienze organizzative degli uffici giudiziari non possono incidere negativamente sulla effettivit della tutela di chi abbia ragione. Tuttavia, il giudice amministrativo - quando si tratti di questioni che riguardino persone fisiche e le loro attivit lavorative - non pu che farsi carico delle conseguenze delle proprie pronunce, verificando se esse risultino, appunto, conformi ai principi di proporzionalit, di equit e di giustizia. Mentre lannullamento dellatto autoritativo illegittimo risulta (e deve risultare) la misura tipica di giustizia quando la sua rimozione attribuisca il bene della vita a chi abbia ragione (o intenda salvaguardare valori primari dellordinamento), laccoglimento del ricorso in concreto - in materia di concorsi (o, ad es., di selezione per laccesso alluniversit) pu risultare in contrasto con tali principi se - disponendo lannullamento dellatto - sottrae il bene della vita ad uno o pi controinteressati, senza poterlo attribuire al ricorrente (e dunque quando per soddisfare una chance per di pi ben difficilmente soddisfabile - si facciano cessare rapporti di lavoro da tempo in corso). 4. In questo contesto, va dunque esaminato il contenuto dellart. 34, comma 3, cod. proc. amm., il quale dispone che quando, nel corso del giudizio, lannullamento del provvedimento impugnato non risulta pi utile per il ricorrente, il giudice accerta lillegittimit dellatto se sussiste linteresse ai fini risarcitori. La giurisprudenza di questo Consiglio ha sin qui prevalentemente interpretato tale disposizione nel senso che debba esservi anche un'espressa richiesta dellinteressato (cos, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 14 dicembre 2011n. 6539 e 6 dicembre 2010 n. 8550), incombendo sulla parte medesima lonere di allegare compiutamente i presupposti per la successiva proposizione dellazione risarcitoria (cos Cons. Stato, Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703). Esiste tuttavia anche una giurisprudenza di segno diverso, secondo la quale al quesito se lapplicazione della disciplina in esame presupponga una specifica istanza dell'interessato va data risposta negativa, posto che in tal senso milita, anzitutto, l'argomento testuale. Infatti, la norma dispone che in presenza dei presupposti dalla stessa predefiniti il giudice accerta l'illegittimit dell'atto, impiegando una locuzione vincolante. In secondo luogo, l'accertamento dell'illegittimit dell'atto impugnato contenuto nel petitum di annullamento come un presupposto necessario. Siccome il pi contiene il meno, il giudice limita la sua pronuncia ad un contenuto di accertamento in seguito ad una valutazione dell'interesse a ricorrere, quindi da compiere d'ufficio: in quanto manca l'interesse all'annullamento ma sussiste l'interesse all'accertamento ai fini risarcitori (cos Cons. Stato, Sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817). 5. Il Collegio ritiene che tali questioni interpretative dellart. 34, comma 3, non riguardino specificamente la problematica che si intende porre allesame dellAdunanza Plenaria. Il medesimo comma 3 non sembra ostacolare una pronuncia del giudice amministrativo che - quando si tratti della tutela di posizioni di lavoro - si limiti ad affermare lillegittimit del- latto impugnato, senza disporne lannullamento, anche se il ricorrente non abbia esplicitato una domanda risarcitoria, quando - dallesame della complessiva situazione venutasi a verificare - il giudice ritenga che lannullamento medesimo - lungi dal dare una vera e piena tutela al ricorrente - in realt non sia altro che una fonte di danno sproporzionato per controinteressati che non abbiano determinato lillegittimit degli atti. In tal caso, per i principi sopra richiamati, la vera giustizia del caso concreto e la effettiva tutela per il ricorrente possono consistere nellaccertare - cos come richiesto - lillegittimit degli atti impugnati, affinch - se del caso in un separato giudizio, in ipotesi anche dottemperanza - sia quantificato il danno patrimoniale risarcibile. 6. Stando cos le cose, il Collegio ritiene di sottoporre allesame dellAdunanza Plenaria (che valuter se definire anche il secondo grado del giudizio) il quesito se il giudice amministrativo -in base ai principi fondanti la giustizia amministrativa ovvero in applicazione dellart. 34, comma 3, del c.p.a. - possa non disporre lannullamento della graduatoria di un concorso, risultata illegittima per un vizio non imputabile ad alcun candidato, e disporre che al ricorrente spetti un risarcimento del danno (malgrado questi abbia chiesto soltanto lannullamento degli atti risultati illegittimi), quando la pronuncia giurisdizionale - in materia di concorsi per linstaurazione di rapporti di lavoro dipendente - sopraggiunga a distanza di moltissimi anni dalla approvazione della graduatoria e dalla nomina dei vincitori, e cio quando questi abbiano consolidato le scelte di vita e lannullamento comporti un impatto devastante sulla vita loro e delle loro famiglie. 7. Per le ragioni che precedono, il primo motivo dappello va respinto, mentre si deferisce al- lesame dellAdunanza Plenaria, ai sensi dellart. 99 del c.p.a., il secondo motivo in relazione alle conseguenze del suo accoglimento. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio sono riservate al definitivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, respinge il primo motivo di appello a sensi dellart. 36, comma 2, cod. proc. amm. e, per il resto, ne dispone il deferimento allAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'adunanza plenaria. Riserva al definitivo la pronuncia sulle spese e gli onorari del presente giudizio. Cos deciso in Roma nella camera di cosniglio del giorno 8 luglio 2014. pareri del comitato consultivo PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Potere sanzionatorio e tutela preventiva degli Enti parco contro labusivismo edilizio In allegato: PARERE 24/10/2014-444210/12, AL 10020/13, SEZ. II, AVV. PAOLO MARCHINI [pag. 166] PARERE 24/10/2014-444041/42, AL 12108/12, SEZ. II, AVV. PAOLO MARCHINI [pag. 173] I due pareri che seguono investono questioni di massima di notevole rilevanza ed interessano due enti parco nazionali importanti per estensione (quello del Cilento e della Valle di Diano) e per tradizione (quello dAbruzzo, Lazio e Molise, il secondo ad essere stato istituito nel 1922). LAvvocatura dello Stato da tempo impegnata a contrastare nelle sedi giudiziarie gli abusi edilizi nelle aree protette. Il Parco del Cilento, in particolare, primo in Italia per dimensioni, ha visto esplodere un vasto contenzioso avverso i pareri negativi sulle istanze di condono edilizio - non rare volte accolte dagli enti comunali - relative a manufatti costruiti molti anni prima della approvazione del piano del parco, financo della istituzione avvenuta con la legge sulle aree protette n. 394/1991. Nella maggior parte dei casi lEnte parco risultato vittorioso avanti al Consiglio di Stato in virt del principio secondo cui irrilevante la anteriorit dellabuso, purch la richiesta di nulla osta da parte del Comune sia pervenuta vigente il vincolo di parco (enfasi nostra): Ritenuta la fondatezza del- lappello proposto dallAmministrazione soccombente avverso tale statuizione -con cui devoluta in appello la questione di principio attinente alla compatibilit dellabuso eseguito con la zona protetta (Parco del Cilento) in relazione al vincolo sopravvenuto ed allesatta incidenza dellart. 32, comma 43 bis, del decreto legge n. 269 del 2003 (c.d. terzo condono) sulle leggi di condono anteriori n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994 -, in quanto, secondo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato: - nel caso di sopravvenienza di un vincolo di protezione, lautorit com petente ad esaminare listanza di condono, riconducibile ai primi due condoni, deve acquisire il parere della autorit preposta alla tutela del vincolo sopravvenuto, la quale deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri consultivi (Adunanza Plenaria, 22 luglio 1999, n. 20); - il richiamato art. 32, comma 43 bis, si limitato a disporre che le istanze di condono, presentate in base alle prime due leggi del 1985 e del 1994, continuano a dover essere esaminate sulla base della normativa sostanziale anteriore (pi favorevole) a quella (pi restrittiva) contenuta nella legge n. 326 del 2003; - sarebbe, invece, stata palesemente incostituzionale (per contrasto con gli artt. 3, 9 e 117, secondo comma, Cost.) una disposizione statale che avesse inteso porre nel nulla i poteri consultivi delle autorit preposte alla tutela del vincolo, il cui esercizio - come nel caso di specie - fosse stato a lungo impedito dallinerzia degli enti locali; -il medesimo comma 43-bis non ha affatto inciso sui poteri delle autorit preposte alla tutela dei vincoli, imposti con legge o con atto amministrativo in unarea sulla quale stato in precedenza commesso un abuso edilizio, n ha inciso sul loro dovere di valutare lattuale compatibilit dei manufatti realizzati abusivamente con lo speciale regime di tutela del bene compendiato nel vincolo, con cui la disposizione di legge o latto amministrativo hanno imposto la immodificabilit dei luoghi e, dunque, la tendenziale insanabilit (relativa) degli abusi ancora esistenti (v. Cons. di Stato, Sez. VI, n. 231 del 2014, n. 5274 del 2013, n. 4660 del 2013, n. 3015 del 2013, n. 2367 del 2013) (sez. sesta, sent. n. 2308, del 6 aprile 2014). In termini, gi si era espressa sempre la sesta sezione (n. 3015/2013): Il Collegio osserva che, con la propria sentenza n. 2367 del 30 aprile 2013, stata decisa una fattispecie analoga a quella di cui causa. In tale circostanza il Collegio ha ribadito che, in base alla pacifica giurisprudenza (consolidatasi a seguito della sentenza dellAdunanza Plenaria n. 20 del 1999), il quadro normativo riconducibile alle disposizioni dei primi due condoni (di cui alle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994) va inteso nel senso che, se nel corso del procedimento di esame della domanda di condono entra in vigore una normativa o emesso un provvedimento, che determina la sopravvenienza di un vincolo di protezione dellarea in questione, lautorit competente ad esaminare listanza di condono deve acquisire il parere della autorit preposta alla tutela del vincolo sopravvenuto, che deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri consultivi (Cons. di Stato, Sez. VI, 30 aprile 2013, n. 2367). Tuttavia, la stessa sezione (con sent. n. 231/2014) ha mutato orientamento affermando che il diniego dellEnte parco non avrebbe potuto far perno esclusivamente sulla contrariet dellintervento edilizio realizzato rispetto alle PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO nuove previsioni del piano del parco, che evidentemente hanno valenza vincolante pro futuro senza incidere, in senso draconianamente ostativo, in ordine alle costruzioni gi realizzate e gi oggetto di domanda di sanatoria straordinaria. Sotto tale profilo, appare apprezzabile e meritevole di accoglimento il motivo di ricorso di primo grado che ha stigmatizzato il carattere irragionevole ed insufficiente della motivazione addotta dallEnte parco, esclusivamente su tale questione, a sostegno del diniego di nulla-osta. Daltra parte, anche nella legge fondamentale sul condono edilizio (legge n. 47 del 1985), il vincolo paesistico implicante inedificabilit dellarea (art. 33, comma 1 lett. a)) in tanto ostativo al rilascio del titolo in sanatoria in quanto sia preesistente allintervento edilizio, con ci restando dimostrata per tabulas lirragionevolezza del rilievo formale del sopravvenuto regime di inedificabilit dellarea quale limite insuperabile alla condonabilit degli edifici gi realizzati. Al momento, non dato sapere quale dei due orientamenti prevarr, se quello formale o quello che privilegia la compatibilit in concreto: alla Adunanza Plenaria spetter la soluzione. Linterferenza della disciplina vincolistica edilizio-urbanistica con quella ambientale genera momenti di conflitto istituzionale tra enti locali ed enti parco, e non solo quando si tratti di condono edilizio, ma anche - come nel caso del parere che interessa il Parco dAbruzzo - nellipotesi dellaccertamento di conformit previsto dagli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380/2001 che il Comune trasmette allEnte Parco al fine del rilascio del nulla osta ex art. 13 della legge n. 394/1991. Nulla osta, quindi, postumo sulla cui legittimit non constano pronunce, ma prevedibile lo sviluppo di un contenzioso, non solo marsicano, ora che lAvvocatura ha espresso il proprio avviso negativo a presidio della integrit del bene ambiente inteso nella sua valenza massima. Il successivo parere - reso al Parco del Cilento che, nei casi vittoriosi di cui si diceva, chiamato a far ridurre in pristino le aree - si segnala per la presa di posizione in ordine ai limiti del potere regolamentare sanzionatorio autonomo degli enti parco alla luce del principio di legalit e di tassativit dellillecito amministrativo, in presenza di norma sanzionatoria in bianco (lart. 30 della legge n. 394/1991). Viene affrontata, infine, oltre alla questione della alternativit tra sanzione demolitoria-ripristinatoria e pecuniaria, anche quella dei rapporti tra ordine di demolizione, sua inottemperanza e possibilit della acquisizione gratuita dellarea. Paolo Marchini Avvocato dello Stato Rilascio del nulla osta da parte degli Enti Parco nei procedimenti diconformit in sanatoria ex artt. 36 e 37 d.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) PARERE 24/10/2014-444210/12, AL 10020/13, SEZ. II, AVV. PAOLO MARCHINI Codesta Avvocatura ha trasmesso una richiesta di parere da parte del Responsabile del Servizio Giuridico dellEnte Parco in indirizzo, con la quale si chiede se questultimo possa rilasciare in sanatoria il nulla osta previsto dallart. 13 della legge n. 394/1991 [ndr Legge Quadro Aree Protette]. Tale richiesta fa seguito ad un allegato parere dello stesso ente parco in senso negativo a detto quesito (e con riferimento ad una istanza di rilascio di nulla osta in sanatoria di un privato). Il responsabile del servizio giuridico del Parco argomenta muovendo dal silenzio della legge n. 394/91 e dal divieto di analogia della norma speciale di cui allart. 146 del d.lgs. n. 42/2004 [ndr Codice Beni Culturali]. *** Il c.d. permesso in sanatoria previsto dallart. 36 d.P.R. n. 380/2001 e denominato accertamento di conformit. Tale norma dispone: In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformit da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attivit nelle ipotesi di cui all'articolo 22, comma 3, o in difformit da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. 2. Il rilascio del permesso in sanatoria subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuit a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformit, l'oblazione calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso. 3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende respinta. Recita il comma 1 dellart. 13 cit.: Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Va posta attenzione al fatto che, al momento, non esiste n uno strumento pianificatorio del parco, n il regolamento: atti entrambi contemplati come presupposti del nulla osta e parametri di questo. Come noto, infatti, ai sensi dellart. 11 della Legge quadro, il regolamento ed il piano costituiscono atti generali ad efficacia erga omnes [arg. ex PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO obbligo di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale]; il piano vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati e si sostituisce ad ogni altro strumento di pianificazione; il regolamento deroga alle disposizioni regolamentari anche successive, dei comuni, che sono tenuti alla sua applicazione, e pu derogare pure a disposizioni di rango legislativo (il generale divieto di "opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati", di cui all'articolo 11, comma 3 della legge n. 394 del 1991). Il piano e il regolamento sono pertanto fonti normative derivate e legittimate dalla legge quadro, dalla imperativit costituzionale e comunitaria della protezione dell'interesse naturalistico, e caratterizzate da procedimenti di formazione collaborativi. Il regolamento, in particolare, ha la funzione di disciplinare l'esercizio delle attivit consentite entro il territorio del parco (articolo 11, comma primo). Il nulla osta, pertanto, verificando la conformit tra le disposizioni del piano e del regolamento" e gli interventi, impianti ed opere all'interno del parco (articolo 13), deve limitarsi a riconoscere dette attivit come consentite, estrapolando i criteri relativi dal nucleo normativo costituito dal sistema piano-regolamento, che ne costituisce dunque il presupposto (cos, in dottrina, Di Plinio). Poich, in conclusione, il regolamento limita lambito oggettivo di applicazione del nulla osta normalmente agli interventi da realizzare, questo non potrebbe ampliare tale ambito estendendolo anche a quelli realizzati (salve, come si detto, le previsioni di legge di carattere speciale o eccezionale). Per il Parco nazionale dAbruzzo gli attuali parametri sono costituiti dai criteri basilari di zonizzazione (di cui alla delibera 30 luglio 1990 del Consiglio di amministrazione del Parco) e dalla concreta suddivisione del territorio in quattro zone di diversa vocazione ambientale (operata con la precedente decisione 29 febbraio 1984 del Presidente dello Ente stesso). Inoltre il D.P.C.M. 26 novembre 1993 (Adeguamento ai princpi della legge-quadro sulle aree protette 6 dicembre 1991, n. 394, della disciplina del- l'Ente autonomo Parco nazionale d'Abruzzo, (Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 febbraio 1994, n. 35) dispone allart. 4 che: L'Ente Parco nazionale d'Abruzzo elabora, adotta o predispone, ai sensi degli articoli 9, 11 e 12 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, lo statuto, il regolamento e il piano del Parco. Per il rilascio del nulla-osta e per le iniziative relative alla promozione economica e sociale, si applica quanto disposto dagli articoli 13 e 14 della legge 6 dicembre 1991, n. 394. Fino all'approvazione del regolamento e del piano del Parco ai sensi degli articoli 11 e 12 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, restano in vigore le deliberazioni, le ordinanze, le intese e gli altri provvedimenti emanati, all'atto del- l'entrata in vigore del presente decreto, dall'Ente parco ai sensi delle norme istitutive. Tale contesto di assenza del piano e del regolamento del parco, di indubbia precariet, riverbera sulla tutela penale ancorata alla violazione dell'art. 13 della legge n. 391/94. Detto profilo viene in rilievo allorch si ipotizzi la situazione di incertezza che si verrebbe a verificare qualora si adottasse la tesi favorevole al rilascio in sanatoria e generando cos una prassi collettiva: la vigilanza sugli abusi avverrebbe sempre ex post, con grave vulnus al bene ambiente ed al principio di precauzione. Infatti, qualora l'ente parco ritenesse comunque conforme l'intervento gi realizzato e rilasciasse il nulla osta, si domanda se la assenza del piano del parco e del regolamento legittimino comunque la sanzione penale e/o quella amministrativa avverso la condotta di costruzione senza nulla osta, per assenza di presupposto; con ci potendo operare da deterrente a tale prassi. Dopo qualche orientamento contrario, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che In tema di tutela penale delle aree protette, integra il reato di cui agli artt. 13 e 30 della L. 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette) la mancanza del nulla osta dell'Ente parco in aree protette nazionali restando, in ogni caso, configurabile, in caso di violazione delle misure di salvaguardia, il reato di cui allart. 30 della citata legge (Cass., Sez. III, Sent. n. 46079 dell8 ottobre 2008 (ud. dell8 otobre 2008), B.A.M. (rv. 241781). Infatti, prosegue la Corte, l'art. 30, comma 1, della stessa legge punisce con l'arresto fino a dodici mesi e con l'ammenda da Euro 103,00 a Euro 25.822 chiunque viola le disposizioni di cui all'art. 6 (misure di salvaguardia), compresa quella di cui al comma 4 del medesimo articolo, secondo cui "dall'istituzione della singola area protetta sino all'approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'art. 11" . Sembra, quindi, sussistere un deterrente penale ad una eventuale prassi di sanatoria di abusi edilizi. In ogni caso, il diniego di nulla osta, se previsto anche dal p.r.g., impedirebbe comunque la sanatoria edilizia e darebbe sfogo alla riduzione in pristino (sia da parte comunale, che da parte dellente parco); la tutela dell'ambiente sarebbe quindi assicurata, sebbene ex post, ma con aggravio di costi e di procedura (non ultima quella di rivalsa sul privato). La tesi proposta dallente parco nella richiesta di parere appare sostenibile sulla base sia della interpretazione letterale delle norme dello Statuto del Parco, sia di quella sistematica desunta dagli articoli 36 e 37 del d.P.R. n. 380/01, 32 della legge n. 47/85, 16 della legge n. 241/90 come operata dal Consiglio di Stato in recente arresto. Quanto alla interpretazione letterale, lart. 13 della L. n. 394/91 richiede che il nulla osta sia preventivo: Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO Dalla natura giuridica mista del nulla osta previsto dallart. 13 della L. n. 394/1991, in teoria generale (assenso procedimentale necessario, obbligatorio, vincolante, parere tecnico obbligatorio e vincolante, atto di controllo di conformit) non dato desumere approdi certi in favore della tesi della sanatoria postuma. Nelle ipotesi dei vincoli di parco sopravvenuti e rispetto alle ipotesi di condono edilizio su aree vincolate, la legge richiede il parere favorevole dellente parco (art. 32 L. n. 47/85) su manufatti gi realizzati; tuttavia, escluse tali fattispecie tipiche di legge, il testo della legge sulle aree protette richiede la preventivit del nulla osta. In tale senso sono le norme di Regolamento e di Statuto del Parco Nazionale dAbruzzo, Lazio e Molise. Lart. 32 dello Statuto del Parco (allegato alla delibera n. 23/2009 e reperito sul web), infatti, riferisce espressamente il nulla osta ex art. 13 della L. n. 394/1991 (enfasi ns.) ad interventi, impianti ed opere da realizzare allinterno del Parco: Art. 32 Nulla osta 32.1 Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere da realizzare allinterno del Parco sottoposto al preventivo Nulla Osta dellente ai sensi dellart. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394. 32.2 La normativa regolamentare dellente disciplina la costituzione, la composizione e il funzionamento del comitato. 32.3 In sede di rilascio del Nulla Osta, lEnte Parco si attiene alle previsioni delle Norme di Attuazione del Piano del Parco, comprese quelle con funzione di indirizzo, e a quelle del Regolamento. In mancanza di tali previsioni ovvero in caso di insufficienza delle medesime, lEnte Parco rilascia o nega il Nulla Osta sulla base di valutazioni tecniche adeguatamente motivate. In termini altrettanto univoci si esprime lart. 1, comma 1, del Regolamento del Parco, rubricato Domanda di Nulla Osta: Il rilascio dei Nulla Osta relativi ad interventi, impianti ed opere da realizzare allinterno del Parco subordinato al preventivo Nulla Osta dellEnte Parco ai sensi dellart. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394. Il successivo comma 3 recita: La domanda di Nulla Osta deve essere corredata dalla documentazione necessaria a dar conto dello stato dei luoghi (contesto paesaggistico e area di intervento) prima dellesecuzione delleopere previste, delle caratteristiche progettuali dellintervento, nonch a rappresentare nel modo pi chiaro ed esaustivo possibile lo stato dei luoghi qualerisulter dopo lintervento. Come gi detto, per, il regolamento non risulta approvato e non pertanto efficace: si pone, quindi, la questione se lo Statuto del Parco abbia efficacia normativa esterna. Lart. 9 della legge quadro attribuisce allo statuto le seguenti funzioni e competenze Lo statuto dell'Ente definisce in ogni caso l'organizzazione interna, le modalit di partecipazione popolare, le forme di pubblicit degli atti. Dalla lettura della norma, linciso in ogni caso sembrerebbe rendere non esaustivo lelenco delle attribuzioni: la legge indica quelle imprescindibili, ma non limita altri ambiti. Se si ritiene che il procedimento di rilascio del nulla osta ex art. 13 della L. 394/91 attiene alla organizzazione ed alla attivit amministrativa dellente, non sembra opinabile sostenere la natura normativa esterna dello Statuto, come tale vincolante anche per gli amministrati. Se, viceversa, si opta per la estraneit di tale disciplina alla organizzazione amministrativa, tale norma non assumerebbe alcuna efficacia vincolante esterna. da rilevare, comunque, che la norma sul nulla osta sembra attenere pi alla disciplina dellesercizio delle attivit nel territorio del parco e, come tale, dovrebbe essere contenuta nel regolamento piuttosto che nello statuto. Lart. 11, comma 1, della legge quadro, infatti, dispone che Il regolamento del parco disciplina l'esercizio delle attivit consentite entro il territorio del parco ed adottato dall'Ente parco, anche contestualmente all'approvazione del piano per il parco di cui all'articolo 12 e comunque non oltre sei mesi dal- l'approvazione del medesimo. Pertanto lutilizzo dello strumento dello statuto parrebbe illegittimo sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto quello formale. Infatti, lo statuto fungerebbe da regolamento senza, tuttavia, essere stato approvato col procedimento descritto dallultimo comma dellart. 11 che suona: Il regolamento del parco approvato dal Ministro dell'ambiente, previo parere degli enti locali interessati, da esprimersi entro quaranta giorni dalla richiesta, e comunque d'intesa con le regioni e le province autonome interessate; il regolamento acquista efficacia novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Entro tale termine i comuni sono tenuti ad adeguare alle sue previsioni i propri regolamenti. Decorso inutilmente il predetto termine le disposizioni del regolamento del parco prevalgono su quelle del comune, che tenuto alla loro applicazione. Il tenore letterale della norma statutaria, comunque, non lascia dubbio alcuno sul necessario presupposto della non avvenuta realizzazione di alcuna opera edilizia. A favore della tesi restrittiva milita anche la possibile analogia con il vincolo paesistico, ossia con la fattispecie contemplata dallart. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali): L'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all'articolo 167, commi 4 e 5, l'autorizzazione non pu essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi. L'autorizzazione efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l'ese PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO cuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. Il Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza n. 5203/2007 ha escluso laccertamento di conformit per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico: la procedura di accertamento di conformit ora divisata dallart. 36 del T.U. sulledilizia di cui al D.P.R. n. 380 del 2001 inapplicabile al caso di opere come quella in controversia realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, secondo quanto espressamente previsto dallart. 146 del D.L.vo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali): e ci perch per le opere comportanti aumento di volumetria lautorizzazione paesaggistica - la quale ovviamente condiziona laccertamento - non pu essere rilasciata ex post dallautorit preposta alla tutela del vincolo. Ora, considerata la generale prevalenza del vincolo di parco rispetto a quello paesaggistico, sembra incoerente non applicare una disciplina pi rigorosa, prevista per uno strumento di grado inferiore, ad un vincolo posto da strumento potiore. Infatti, la tutela dei valori naturali ed ambientali nonch storici, culturali, antropologici tradizionali affidata all'Ente parco perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco e questo ha effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse e di urgenza e di indifferibilit per gli interventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione. Ora, vero che il piano non esiste, tuttavia esiste il vincolo costituito dai criteri, dalle zonizzazioni e dalle intese con i Comuni di cui al D.P.C.M. 26 novembre 1993, gi menzionati, che assolvono ad identica tutela, sia pure transitoria. Un ulteriore appiglio interpretativo pu essere fornito dallart. 37 del d.P.R. n. 380/2001 il quale prevede al comma 4 che Ove l'intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento, sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possono ottenere la sanatoria dell'intervento versando la somma, non superiore a 5164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all'aumento di valore dell'immobile valutato dall'agenzia del territorio. Ma tale sanatoria non risulta ammissibile, se limmobile sottoposto a vincolo statale o regionale, a mente del precedente comma 2: Quando le opere realizzate in assenza di denuncia di inizio attivit consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo, di cui alla lettera c) dell'articolo 3, eseguiti su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonch dalle altre norme urbanistiche vigenti, l'autorit competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, pu ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro. In tale fattispecie il potere di riduzione in pristino , allevidenza, incompatibile con la sanatoria. Premesso che la norma disciplina un abuso minore (la assenza della d.i.a., ora s.c.i.a.) ed un ambito oggettivo ristretto (gli interventi di restauro o di risanamento conservativo), essa prevede in ogni caso linsanabilit se limmobile sottoposto a vincolo di legge statale o regionale. Poich non revocabile in dubbio che lesistenza delle misure di salvaguardia, previste dallart. 6 della legge quadro, costituiscano (ove emanate) vincolo previsto dalla legge statale sulla cui osservanza competente lente parco, non sembra da escludersi linterpretazione estensiva anche a fattispecie pi gravi quali quelle previste dallart. 36 dello stesso d.P.R. * Alla tesi restrittiva ha aderito il G.A. Il Consiglio di Stato si occupato della fattispecie oggetto del quesito con la sentenza n. 3723/2011, resa su appello della Scrivente. Il supremo consesso ha ritenuto che (enfasi ns.) 4.4 In definitiva dal sistema normativo (brevemente in particolare, art. 36 d.P.R. n. 380/01; art. 32 della legge n. 47/85; art. 16 della legge n. 241/90) sembra trarsi il principio, peraltro rispondente ad intuibili esigenze di ragionevolezza e di buon andamento dell'azione amministrativa, secondo cui i provvedimenti di sanatoria, in materia edilizia ed urbanistica, necessitano per regola generale di una forma espressa e non tacita di manifestazione di volont delle amministrazioni coinvolte nel rilascio del provvedimento assentivo, salvo ipotesi derogatorie introdotte in particolari settori dal legislatore con disposizioni normative ad hoc. Inserita in tale contesto normativo la dianzi citata disposizione (art. 13 L. 394/91) va quindi letta ed interpretata nel senso che essa trovi applicazione con riguardo agli interventi edilizi da realizzare e non invece ai procedimenti di sanatoria di opere abusive gi realizzate. Tale pronuncia, pur riferibile al tema del silenzio, costituisce, comunque, significativo precedente a favore della necessaria preventivit del nulla osta. *** Per le suesposte ragioni, questo G.U. del parere che la tesi restrittiva, fuori delle ipotesi legali del condono edilizio, sia la pi adeguata a tutelare linteresse del Parco: pertanto, il nulla osta di cui allart. 13 della legge sulle aree protette non pu essere rilasciato in sanatoria nei procedimenti di accertamento di conformit di cui allart. 36 del d.P.R. n. 380/2001, i quali dovranno concludersi necessariamente con un provvedimento negativo, a pena di illegittimit. Sul presente parere stato sentito lavviso del Comitato Consultivo di cui alla legge n. 103/1979 che si espresso in conformit nella seduta del 2 ottobre 2014. PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO Poteri sanzionatori dellEnte Parco a fronte di abusi edilizi posti in essereallinterno dellarea protetta (*) PARERE 24/10/2014-444041/42, AL 12108/12, SEZ. II, AVV. PAOLO MARCHINI LAvvocatura in indirizzo riferisce che lEnte Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano, ha richiesto un parere in relazione alle sanzioni irrogabili dallEnte Parco a fronte dellaccertamento di abusi edilizi realizzati allinterno del Parco stesso, ponendo in particolare tre quesiti: 1) se, sia possibile irrogare sanzioni amministrative in alternativa alla riduzione in pristino, qualora ritenuta materialmente impossibile o controproducente, applicando in via analogica la disciplina prevista dallart. 34, co. II D.P.R. n. 380\2001; 2) se siano irrogabili sanzioni amministrative in presenza del rilascio di provvedimento favorevole del Comune ex articolo 36 D.P.R. n. 380\2001 sulla istanza daccertamento di conformit; 3) in caso di risposta positiva, se possano essere oggetto di sospensione le eventuali sanzioni irrogate in alternativa allordine di ripristino, in attesa della definizione della procedura di accertamento di conformit ex art. 36 cit. *** (*) Il presente parere stato diramato agli Enti Parco Nazionali dal vigilante Ministero con circolare n. 26512 del 23/12/2014 che integralmente si riporta: Si unisce il parere n. 444041 del 24 ottobre 2014 reso dall'Avvocatura Generale dello Stato inerente le sanzioni irrogabili da un Ente Parco a fronte di abusi posti in essere all'interno dell'Area Protetta. Con detto parere stata, tra l'altro, ribadita, l'obbligatoriet della sanzione della riduzione in pristino, non alternativa rispetto alla sanzione pecuniaria. Si unisce, altres, il parere reso dall'Avvocatura Generale dello Stato lo scorso 9 dicembre in merito alla determinazione della sanzione amministrativa in conseguenza del mancato pagamento in misura ridotta ex art. 16 della legge 689/1981. Con detto parere stato confermato, in via generale, l'orientamento gi espresso in ottobre e, nello specifico, stato precisato che in caso di mancato pagamento entro i sessanta giorni - dalla contestazione o dalla notificazione degli estremi della violazione -, ex art. 16 della legge 689/1981, si produce la decadenza dal beneficio della misura ridotta e, pertanto, alla determinazione della sanzione si applicano i criteri generali previsti dall'art. 11 della legge 689/1981. In merito ai richiamati pareri, si pone, altres, all'attenzione di codesti Enti l'avviso espresso e confermato dall'Avvocatura relativo ai cd. regolamenti per le sanzioni amministrative che, in assenza di Regolamento del Parco potranno e dovranno limitarsi al mero richiamo dei divieti esplicitamente previsti dalle lettere da a) ad h) del comma 3, dell'art. 11 della legge 394/1991. In conclusione, secondo l'Avvocatura, in assenza di Regolamento del Parco che disciplini anche in materia sanzionatoria i provvedimenti eventualmente adottati costituiscono in sostanza tabelle/prontuari con i quali i medesimi enti si limitano ad elencare ed a riepilogare i divieti direttamente stabiliti dalla legge e le regole procedimenta1i che presiedono all'accertamento ed all'irrogazione delle sanzioni ad uso dei funzionari incaricati dell'accertamento delle violazioni nonch degli utenti del parco. Alla luce degli uniti pareri, si raccomanda gli enti di voler adottare le misure conseguenti . IL DIRETTORE GENERALE Dr.ssa Maria Carmela Giarratano In relazione al primo quesito, in via generale, dalla interpretazione letterale della normativa relativa alle sanzioni, in particolare gli articoli 29 e 30 della legge Quadro delle aree protette (n. 394/1991), sembra inequivocabile lintenzione del legislatore di configurare come infungibile la sanzione ripristinatoria. Recita la prima disposizione Il legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta, qualora venga esercitata un'attivit in difformit dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone l'immediata sospensione dell'attivit medesima ed ordina in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o animali a spese del trasgressore con la responsabilit solidale del committente, del titolare dell'impresa e del direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere (cos lart. 29, comma 1). A mente dellarticolo 30, II co.: la violazione delle disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette altres punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinquantamila a lire duemilioni. Dunque, le tipologie di sanzioni irrogabili dallEnte sono due: quelle di tipo ripristinatorio, regolate dallarticolo 29, sulla base del tenore letterale della norma, presentano il carattere sia della obbligatoriet, desumibile dallespressione ordina, sia della esclusivit, stante il sintagma in ogni caso; quelle di tipo pecuniario, previste dallarticolo 30, le quali accedono alle prime, come si evince chiaramente dalla parola altres. In virt di uninterpretazione letterale del combinato disposto delle due disposizioni, le sanzioni amministrative-pecuniarie sono comminabili cumulativamente a quelle ripristinatorie, non anche alternativamente. * Quanto alla fattispecie concreta, codesta Avvocatura prospetta due ipotesi: 1) la materiale impossibilit di ridurre in pristino i luoghi; 2) la sua non convenienza (nellessere controproducente). Va premesso che la disciplina di settore (legge quadro sulle aree protette) non contempla tali eccezioni alla regola generale e, quindi, non attribuirebbe discrezionalit amministrativa alcuna allEnte nello stabilire lan ed il quo- modo del provvedimento amministrativo di rinuncia ad esercitare il potere di ordinare la riduzione in pristino e di provvedere in altro modo. Si tenga presente, inoltre, che la sanzione ripristinatoria non eseguita, costituisce il presupposto della ulteriore sanzione necessaria ed autonoma della gratuita acquisizione al patrimonio dellEnte parco ex art. 1, comma 1104, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (sulla natura sanzionatoria della acquisizione gratuita cfr. parere di questo G.U. CS 47802/11 reso a codesto Ente parco e trasmesso anche al Ministero dellAmbiente e della tutela del territorio e del Mare, con avviso conforme del Comitato Consultivo); conseguentemente, non esercitare il potere di irrogazione della sanzione della riduzione in PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO pristino, comporta leffetto di poter impedire ex ante la successiva acquisizione gratuita in propriet; effetto, questo, che potrebbe risolvere (salvo quanto di dir infra) tanto limpossibilit della riduzione in pristino, quanto la sua opportunit in termini di convenienza economica per le casse pubbliche (si pensi ad es. allutilizzo dei manufatti per le attivit compatibili con le finalit istitutive del parco nelle zone D). In ogni caso, si verrebbe surrettiziamente a disporre della acquisizione gratuita, effetto, questo, contrastante con la legge e con il diritto vivente. Se si ammettesse la tesi della alternativit della sanzione, lEnte dovrebbe necessariamente motivare in ordine alla impossibilit e/o inopportunit della eventuale acquisizione in propriet, e ci contrasterebbe - come detto - con il diritto positivo e con lorientamento dominante in giurisprudenza. Nel citato parere reso a codesta Avvocatura distrettuale (CS 47802/11 Avv. Marchini), riguardante sempre abusi edilizi commessi nel territorio del- lEnte Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, questo G.U. ha ritenuto la obbligatoriet ed esclusivit della sanzione della riduzione in pristino. In questa sede, anche in considerazione delle ragioni di cui sopra, non pu che ribadirsi tale orientamento. La giurisprudenza si pi volte espressa sulla predetta obbligatoriet e sulla conseguente acquisizione gratuita dellimmobile a seguito dellinottemperanza allordine di demolizione, sia pure nellambito edilizio privato il quale, avendo ad oggetto beni meno tutelati rispetto alle aree protette di cui alla L. n. 394/1991, costituisce utile cartina al tornasole della prova decisiva e irrefutabile della applicabilit del suddetto principio anche nel caso oggetto del quesito. La mancata indicazione, nel provvedimento di ingiunzione a demolire, delle conseguenze in caso di inottemperanza, non impedisce l'acquisizione gratuita del manufatto abusivo al patrimonio comunale, in quanto l'effetto ablatorio si verifica di diritto all'inutile scadenza del termine di novanta giorni dall'ingiunzione (Cass., Sez. III, sent. n. 32826 del 7 aprile 2011 (ud. del 7 aprile 2011). Il T.A.R. Campania Napoli, Sezione II, 20 gennaio 2012, nella sentenza n. 308 ha ritenuto che Lacquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive atto dovuto, senza alcun contenuto discrezionale, avente natura meramente dichiarativa, subordinato unicamente allaccertamento dellinottemperanza e del decorso del termine di legge fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, che opera automaticamente con riguardo non solo allopera abusiva ed allarea di sedime, ma anche alle pertinenze. Ne consegue che esso sufficientemente motivato con laffermazione dellabusivit delle opere connessa alla loro realizzazione senza previo titolo autorizzatorio e dellaccertata inottemperanza, per cui non assume alcun rilievo il richiamo alla asserita edificabilit dellarea come anche il generico riferimento al fatto che analoghe opere abusive in aree limitrofe non sarebbero state sanzionate. In termini anche Tar Palermo Sez. II, sentenza n. 40 del 11 gennaio 2011: Nel sistema disciplinato dall'art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, l'acquisizione al patrimonio del Comune del bene abusivamente realizzato, e delle aree di sedime e circostanti, opera automaticamente, verificandosi di diritto al compimento del 90 giorno decorrente dalla notifica dell'ingiunzione di demolizione non ottemperata, e non richiede l'adozione di alcuna preliminare determinazione inerente l'esercizio di una scelta da parte del Comune sull'applicabilit della stessa pi grave misura acquisitiva, rispetto alla semplice demolizione del manufatto abusivo (cfr., fra le tante, T.A.R. Lazio, sez. II, 12 aprile 2002, n. 3160; T.A.R. Sicilia, sez. III, 6 marzo 2009, n. 480). Secondo T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 20 gennaio 2009, n. 24, il provvedimento con il quale viene disposta l'acquisizione gratuita - costituendo titolo per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari - pu essere adottato senza la specifica indicazione dell'ulteriore area "necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive" (area che "non pu comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita") oggetto di acquisizione, potendosi procedere a tale individuazione anche con un successivo e separato atto. In linea con lorientamento della Corte Suprema penale sez. III, n. 9186 del 14 gennaio 2009, sia pure in un passo della motivazione, stato anche il Consiglio di Stato sez. sesta, 6 marzo 2012, n. 1260 che ha poi escluso attivit di verifica da parte dellente nei seguenti termini: Ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione ovvero in difformit totale dal titolo abilitativo, non vi spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l'esercizio del potere repressivo di un abuso edilizio consistente nell'esecuzione di un'opera in assenza del titolo abilitativo costituisce atto dovuto, per il quale in re ipsa l'interesse pubblico alla sua rimozione; pertanto non costituisce onere del Comune, nell'esercizio di tale potere repressivo, verificare la sanabilit delle opere in sede di vigilanza sul- l'attivit edilizia. Anche il T.a.r. Salerno, con riguardo alla ingiunzione di demolizione irrogata da codesto Ente parco, ha affermato che il potere esercitato nella fattispecie quello relativo alla tutela ambientale che recide in radice la possibilit di mantenimento in vita dei manufatti edilizi, stante la tassativa sanzione ripristinatoria comminata dalla legge ed in considerazione del rilevato pregiudizio ambientale individuato con la relazione prot. n. 2014 del 24/4/1997, richiamata nel provvedimento di demolizione d'ufficio adottato in conseguenza dell'inosservanza all'ingiunzione per cui controversia (T.A.R. Salerno Campania sez. II, 22 aprile 2003, n. 329, Cooperativa Stabia s.r.l.). * Lacquisizione gratuita in propriet delle opere abusive eseguite nelle PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO aree naturali protette prevista dallart. 1, comma 1104, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 costituisce, al pari di quella a suo tempo prevista dallart. 7, commi 3 e 6, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e, ora, dagli stessi commi dellart. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, una sanzione amministrativa ablatoria reale di secondo grado (v. il gi richiamato parere Cs 47802/11). Come tale, e al pari di ogni altra sanzione, essa presuppone, sul piano oggettivo, la commissione di un illecito, vale a dire la tenuta di una condotta antidoverosa costituita, nella specie, dalla inottemperanza allingiunzione di demolizione (v. art. 7, comma 6, l. n. 47/1985 e, ora, art. 31, comma 6, d.P.R. n. 380/2001). Per integrare lelemento soggettivo dellillecito - ambientale - sanzionato con lacquisizione gratuita in propriet dellopera abusiva linottemperanza allingiunzione di riduzione in pristino deve poi consistere - secondo la regola generale dettata dallart. 3, comma 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689 in un comportamento omissivo cosciente e volontario, doloso o colposo. Ci premesso, la riduzione in pristino/demolizione oggettivamente impossibile di difficile prospettazione, o quantomeno, costituisce fattispecie marginale, atteso che cos come si elevata e costruita, lopera pu essere altrettanto eliminata. Se, tuttavia, la riduzione in pristino/demolizione pu risultare controproducente, perch suscettibile di sortire sullambiente effetti ancor pi dannosi di quelli arrecati dalla realizzazione dellopera abusiva, pare a questo G.U. che lautorit amministrativa non possa esimersi dallemanare lingiunzione di rimessione in pristino perch - secondo quanto sostenuto nello stesso parere sulla scorta del disposto testuale degli artt. 29 e 30 della l. 6 dicembre 1991, n. 394: ordina in ogni caso la riduzione in pristino - la sanzione ripristinatoria obbligatoria, infungibile ed irrinunciabile. Nella subiecta materia lautorit amministrativa non dispone infatti di un potere discrezionale che le consenta di valutare e scegliere se linteresse ambientale meglio tutelato attraverso la eliminazione o mediante la conservazione dellopera abusiva; il potere del quale lorganismo di gestione dellarea naturale protetta risulta attributario si configura infatti come rigidamente vincolato nel senso che, una volta accertato lillecito, esso tenuto in ogni caso ad ingiungere al trasgressore la riduzione del bene nel pristino stato. A tutto concedere, potrebbe sostenersi che in tali casi la discrezionalit dellorganismo di gestione dellarea naturale protetta limitata e circoscritta alla (sola) scelta tra la riduzione in pristino in senso stretto - la quale, in caso di costruzioni, si risolve nella demolizione di quanto edificato - o la ricostituzione di specie vegetali o animali - che, a ben vedere, costituisce una forma particolare ed alternativa di rimessione del bene nel pristino stato -. Peraltro, qualora lautorit preposta alla tutela del vincolo ambientale decidesse, per ipotesi, di astenersi dallemanare lordine di demolizione onde evitare maggiori danni allambiente, imponendo magari la (semplice) ricostituzione di specie vegetali o animali, sembra doversi escludersi, in ossequio al principio di legalit di cui allart. 1, comma 2, l. n. 689/1981, (lapplicabilit della sanzione del)lacquisizione gratuita in propriet dellopera abusiva realizzata per difetto, questa volta, del(lillecito amministrativo) presupposto costituito, appunto, dallinottemperanza ad uningiunzione di riduzione in pristino. Per completezza, ed in via di coordinamento delle tutele, va richiamata la legittimazione del Ministro dellambiente ad agire per il risarcimento del danno ambientale, anche in forma specifica primaria prevista dallart. 311 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dellambiente), fatta salva espressamente dal comma 6 dellart. 30 della legge n. 394/1991: In ogni caso trovano applicazione le norme dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sul diritto al risarcimento del danno ambientale da parte dell'organismo di gestione dell'area protetta. A seguito della abrogazione dellart. 18 della legge n. 349/1986 da parte dellart. 318 del Codice dellambiente, pu ritenersi che il rinvio alla concorrente disciplina del risarcimento del danno ambientale vada operato con riferimento allart. 311 citato a mente del quale: Quando si verifica un danno ambientale cagionato dagli operatori le cui attivit sono elencate nell'allegato 5 alla presente parte sesta, gli stessi sono obbligati all'adozione delle misure di riparazione di cui all'allegato 3 alla medesima parte sesta secondo i criteri ivi previsti, da effettuare entro il termine congruo di cui all'articolo 314, comma 2, del presente decreto. Ai medesimi obblighi tenuto chiunque altro cagioni un danno ambientale con dolo o colpa. Solo quando l'adozione delle misure di riparazione anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai termini e modalit prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attivit necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti. * Contro la tesi della mancata previsione legislativa, viene prospettata la tesi della applicazione in via analogica: il potere dirrogare sanzioni amministrative in alternativa a quelle ripristinatorie discenderebbe dalla interpretazione delle disposizioni legislative relative al settore urbanistico disciplinato dal D.P.R. 380\2001. Viene richiamato larticolo 34 in tema opere edilizie abusive realizzate in parziale difformit, secondo il quale possibile applicare, in luogo della sanzione ripristinatoria, una sanzione amministrativa quando la demolizione del- lopera non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformit. Lart. 32, III comma precisa che gli interventi abusivi edilizi realizzati in aree sottoposte al vincolo paesaggistico ed ambientale, nonch su immobili ricadenti nelle aree protette nazionali, sono considerati dalla legge come rea PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO lizzati in totale difformit: ne discende, pertanto, che applicare analogicamente tale norma alle aree di competenza degli Enti Parco tradirebbe il tenore letterale della stessa laddove intende espressamente escludere le aree protette dal proprio ambito applicativo. Non si ritiene, pertanto, percorribile la prospettata interpretazione analogica. * La interpretazione analogica preclusa anche per una seconda ragione. Lanalogia operazione ermeneutica ammissibile esclusivamente in presenza di lacune normative, pertanto non pu essere invocata nella fattispecie concreta atteso che, al contrario, ad essa si attaglia la precisa disposizione costituita dallarticolo 29 che, tramite il sintagma in ogni caso esclude inequivocabilmente la possibilit di ricorrere a sistemi sanzionatori alternativi alla sanzione ripristinatoria. Daltra parte, la soluzione orientata a configurare la sanzione inibitoria come infungibile, si sposa con la ratio sottesa alla disciplina che regola le Aree Protette e le competenze degli Enti Parco, data dalla preminente esigenza di conservazione del paesaggio e dellambiente. * Con riguardo al secondo quesito, incentrato sulla possibilit di irrogare sanzioni amministrative in presenza di permesso in sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380\2001, si svolgono le seguenti considerazioni a favore della soluzione positiva. Larticolo 36 citato introduce in materia edilizia una forma di sanatoria che consente di legittimare a posteriori un intervento edificatorio realizzato senza il previo titolo abilitativo o in difformit dallo stesso, ma sostanzialmente conforme alla disciplina di riferimento gi al momento della sua esecuzione. In particolare lart. 36, comma 1, t.u. edilizia rubricato "Accertamento di conformit" stabilisce che In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformit da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attivit nelle ipotesi di cui allart. 22, comma 3, o in difformit da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli artt. 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino allirrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dellabuso, o lattuale proprietario dellimmobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se lintervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. noto che qualsiasi intervento edilizio in presenza di vincoli ambientali che operano nellambito del Parco, sia subordinato al rilascio del nulla osta paesaggistico e a quello dellEnte Parco ex art. 13 della legge 1991 n. 394. In tal senso si espressa la Suprema Corte: La realizzazione di interventi ed opere in aree protette deve essere sottoposta al preventivo rilascio di tre au tonomi provvedimenti: il permesso di costruire disciplinato dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, lautorizzazione paesaggistica di cui al d.leg. 22 gennaio 2004 n. 42, ed il nulla osta dellente Parco, di cui alla l. 6 dicembre 1991 n. 394, stante lautonomia dei profili paesaggistici ed ambientali da quelli urbanistici (Cass. pen., sez. III, 9 ottobre 2003, in senso conforme C. Stato, sez. IV, 28 febbraio 2005, n. 714; Cass. pen., sez. III, 30 maggio 2003). Va ribadito, quindi, che il rilascio del provvedimento di accertamento di conformit ex art. 36 t.u. edilizia pu avvenire solo qualora lente parco abbia rilasciato il nulla osta ex art. 13 della legge sulla aree protette prima della realizzazione del manufatto abusivo, restando del tutto esclusa la ammissibilit di un nulla osta in sanatoria (in tal senso cfr. parere di questa Avvocatura generale reso nel CS 10020/2013, con conforme avviso del Co.co. nella seduta del 2 ottobre 2014, in risposta al Parco nazionale dAbruzzo, Lazio e Molise). Ne consegue che, essendo illegittimo, per difetto di atto presupposto e, qundi, annullabile per violazione di legge un eventuale provvedimento di accertamento di conformit in assenza di nulla osta preventivo dellente parco, nessun impedimento sussiste a che questultimo irroghi le sanzioni amministrative ex art. 30 L. n. 394/1991. Il rilascio dellaccertamento in conformit da parte del Comune in mancanza del nulla osta dellEnte Parco, quindi, non esplica alcun effetto sui poteri ripristinatori e sanzionatori attribuiti a questultimo dagli artt. 29 e 30 della legge 394\1991. Va, in definitiva, condiviso, sul punto, il parere dellAvvocatura distrettuale dello Stato di Salerno. Come si detto il comma 2 dellart. 30, L. n.. 394/91 sanziona la violazione delle disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree pro- tette. In attuazione di tale norma lEnte Parco del Cilento ha emanato il Regolamento sanzioni amministrative con delibera n. 27 dell8 luglio 2010, nel quale sono individuati i precetti. ben vero che il rinvio operato dallart. 30, comma 5, della L. n. 394/1991, alla legge 689\1981 (1), implica che in virt del principio di legalit e di riserva di legge la sanzione non possa essere comminata direttamente mediante disposizioni di fonti normative secondarie, tra le quali il Regolamento del Parco va annoverato, ma altrettanto vero che le sanzioni comminate dal regolamento appaiono in concreto rispettose del principio di riserva di legge, atteso che esse coincidono nella misura con quelle previste dal comma 2 dello stesso articolo 30 (da cinquantamila a due milioni, rispettivamente 25,82 euro e 1032,91 euro). * Il Ministero dellAmbiente, nella citata risposta resa a questa Avvocatura generale, ha riportato le perplessit del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in ordine alla legittimit del regolamento sulle sanzioni PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO emanato dal parco del Cilento quale possibile schema-tipo di regolamento da diramare a tutti gli enti parco (pag. 4) che possa introdurre ulteriori divieti e consentanee sanzioni rispetto a quelli gi tipizzati dal comma 3 dellart. 11 della legge n. 391/1994 lett. da a) a h). Il problema che si pone se lart. 30 della legge n. 394/1991 possa fondare il potere regolamentare di irrogazione di sanzione, pur non indicando il precetto, in possibile conflitto, quindi, con il principio di legalit sancito dal- lart. 23 Cost. (per le sanzioni amministrative). Il dubbio, in buona sostanza, nasce dal fatto che tale norma sembra rivestire la natura di norma sanzionatoria in bianco priva di sufficiente specificazione dei presupposti, dei caratteri, del contenuto e dei limiti dei provvedimenti dell'autorit non legislativa, alla trasgressione dei quali consegue la sanzione: il principio di legalit della pena non pu considerarsi soddisfatto quando non sia una legge (o un atto equiparato) dello Stato - non importa se proprio la medesima legge che prevede la sanzione penale o un'altra legge - a indicare con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell'autorit non legislativa, alla trasgressione dei quali deve seguire la pena (tra le altre, C. cost., 28 giugno 2002, n. 295; C. cost., 14 giugno 1990, n. 282; C. cost., 27 giugno 1972, n. 113; C. Cost. 8 luglio 1971, n. 168; C. cost., n. 26 del 1966). La legittimit - anche sotto il profilo del rispetto della riserva (relativa) di legge di cui allart. 23 Cost. -tanto del regolamento del parco quanto, a fortiori, del c.d. regolamento per le sanzioni amministrative deve essere scrutinata alla luce di quanto disposto dallart. 11 della l. n. 394/1991 il quale, comՏ noto, per un verso, demanda al regolamento del parco a) la disciplina delle attivit consentite entro il territorio del parco (commi 1 e 2) e b) le eventuali deroghe alle attivit vietate (comma 4); e, per un altro, vieta, in generale, le attivit e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati e, in particolare, le attivit specificamente indicate dalle lettere da a) ad h) del comma 3. Ci significa che, quanto alle attivit consentite e, in particolare, quanto a quelle attivit specificamente indicate dal comma 2 dellart. 11 della l. n. 394/1991, il regolamento del parco pu disciplinarne in via autonoma lo svolgimento prescrivendo e vietando condotte ed opere nel rispetto, comunque, delle esigenze di tutela del paesaggio e degli ambienti naturali; quanto alle attivit vietate, genericamente e specificamente indicate dal comma 3 dello stesso art. 11 della l. n. 394/1991, il regolamento del parco ha invece il potere di individuare, nellesercizio della discrezionalit tecnica che la legge ha inteso comunque riservare allente parco, attivit ed opere - genericamente - suscettibili di pregiudicare valori connessi alla salvaguardia del paesaggio e dellambiente dovendo in ogni caso vietare - nellesercizio di un potere (questa volta) meramente ricognitorio e, comunque, vincolato - lo svolgimento delle attivit specificamente indicate dalle lettere da a) ad h) dello stesso comma 3. Sotto questo profilo, pu dunque dirsi che i precetti e, in particolare, i divieti la cui violazione comporta e legittima lapplicazione delle sanzioni di cui allart. 30, comma 2, della l. n. 394/1991 sono contenuti nellart. 11 della stessa legge il quale integra e completa, per questo riguardo, la norma in bianco di cui allart. 30, comma 2, citato rispettando cos la riserva di legge posta dallart. 23 Cost. Il regolamento del parco sar dunque legittimo se e nella misura in cui le disposizioni emanate dallente parco nellesercizio, rispettivamente, del potere regolatorio previsto dai commi 1 e 2 dellart. 11 della l. n. 394/1991 e di quello interdittivo contemplato dal comma 3 dello stesso art. 11 risultino rispettose degli ambiti, dei limiti e dei divieti che la legge ha inteso porre alla potest regolamentare dellente parco. Il regolamento del parco sar invece illegittimo per violazione dellart. 11 della l. n. 394/1991 nel caso, inverso, in cui le disposizioni in esso contenute eccedano gli ambiti, i limiti e i divieti posti dalla legge e, in particolare, e per quanto qui specificamente interessa, nellipotesi in cui le norme del regolamento configurino, ex novo e in via autonoma, illeciti non riconducibili alla violazione di disposizioni legittimamente emanate dallente parco o comminino sanzioni diverse da quelle previste dalla legge o in casi diversi da quelli da questa previsti. E dunque, se i regolamenti del parco non possono creare illeciti diversi e ulteriori rispetto a quelli direttamente (violazioni dei divieti di cui allart. 11, comma 3, lett. da a) ad h)) o indirettamente (violazioni delle disposizioni emanate e dei divieti imposti dallente parco ai sensi dellart. 11, commi 1, 2 e 3) previsti dalla legge n comminare sanzioni diverse e ulteriori rispetto a quelle contemplate dagli artt. 29 e 30 della legge n. 394/1991 o in casi diversi da quelli per i quali le stesse sono state previste, giocoforza ritenere che, a fortiori, i c.d. regolamenti per le sanzioni amministrative non possano a loro volta n creare nuovi illeciti amministrativi n irrogare nuove o diverse sanzioni. I c.d. regolamenti per le sanzioni amministrative - della cui legittimit, in difetto di espressa previsione normativa e di esplicita attribuzione legislativa alla competenza degli enti parco, peraltro lecito dubitare alla luce dei principi di legalit e di tipicit degli atti amministrativi - possono infatti assolvere, al pi, ad una funzione meramente ricognitiva, da un lato, degli illeciti e delle sanzioni previste dalla legge n. 394/1991 e, sulla base di questa, dal regolamento del parco e, dallaltro, del procedimento previsto dalla legge n. 689/1981, rispettivamente, per la contestazione dei primi e per lirrogazione delle seconde, dovendosi invece escludere in radice che possa essere loro attribuita una qualsiasi valenza normativa innovativa e/o qualsiasi efficacia costitutiva. In particolare, nelle ipotesi peraltro frequenti in cui non risulti ancora emanato e/o approvato un regolamento del parco, i cennati regolamenti per le sanzioni amministrative - ferme le perplessit in precedenza esposte a proposito della loro legittimit alla luce dei richiamati principi generali dellordina PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO mento giuridico -possono - e debbono - limitarsi, al pi, al mero richiamo dei divieti esplicitamente previsti dalle lettere da a) ad h) del comma 3 dellart. 11 citato i quali, come esplicitamente disposto dallart. 6, comma 4, della l. n. 394/1991, operano ex lege, nellambito delle misure di salvaguardia, dalla data del provvedimento istitutivo della singola area protetta sino allapprovazione del regolamento del parco. In definitiva, in assenza di un potere regolamentare degli enti parco in materia sanzionatoria, detti regolamenti nullaltro costituiscono - e possono costituire - che semplici tabelle/prontuari con i quali gli enti parco, nelle more delladozione dei regolamenti ex art. 11 l. n. 394/1991 e a meri fini di trasparenza e di pubblicit, si limitano ad elencare e a riepilogare i divieti direttamente stabiliti dalla legge - divieti peraltro operanti anche in assenza del regolamento - e le regole procedimentali che presiedono allaccertamento e allirrogazione delle sanzioni - ad uso sia degli agenti e funzionari incaricati dellaccertamento delle violazioni (uso interno) sia del pubblico degli utenti del parco (uso esterno). * In relazione al terzo quesito, circa la possibile sospensione dellirrogazione di sanzione alternativa allordine di ripristino in attesa della definizione della procedura di accertamento ex art. 36 cit., si deve offrire risposta negativa, atteso che si negata la possibilit di comminare sanzioni alternative, in risposta al primo quesito. Infatti, se si sostiene che lEnte Parco non pu irrogare sanzioni alternative allordine di ripristino, ergo non si pone un problema di sospensione delle stesse. Da ultimo, va richiamato quanto detto in risposta al secondo quesito, ossia che Il rilascio dellaccertamento in conformit da parte del Comune in mancanza del nulla osta dellEnte Parco, quindi, non esplica alcun effetto (n.d.r. nemmeno sospensivo) sui poteri ripristinatori e sanzionatori attribuiti a questultimo dagli artt. 29 e 30 della legge 394\1991. Sul presente parere stato sentito lavviso del Comitato consultivo di cui alla legge n. 103/1979 che si espresso in conformit nella seduta del 9 ottobre 2014. Sullassegno vitalizio a favore di deputato regionale a seguito di interdizione perpetua dai pubblici uffici PARERE 27/10/2014-446052, AL 29850/14, SEZ. VI, AVV. ANGELO VITALE La questione oggetto del parere riguarda il regime dellassegno vitalizio di un ex deputato regionale, condannato in via definitiva alla pena complessiva di 7 anni di reclusione, per il reato di favoreggiamento personale ex art. 378 c.p., aggravato dalla finalit di cui allart. 7 L. 203/91, unito dal vincolo della continuazione con il reato di rivelazione di segreto di ufficio ex art. 326 c.p. Sulla scorta di tale condanna ad una pena maggiore di 5 anni di reclusione, lex deputato regionale stato altres raggiunto dalla pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici ex art. 29 c.p. Su queste basi, lAssemblea Regionale chiede lumi sul regime dellassegno vitalizio e, in particolare, sullapplicazione dellart. 6, comma 7 del Reg. pensioni deputati, secondo cui Ai sensi dellarticolo 11, comma 2, L.R. 4 gennaio 2014, n. 1, lassegno vitalizio o la pensione sono sospesi in caso di condanna definitiva per delitti contro la Pubblica amministrazione, che comportino interdizione dai pubblici uffici ai sensi degli articoli 28 e 29 del codice penale, come stabilito dallart. 2, comma 1, lettera n) del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 713, fatti salvi gli effetti della riabilitazione (1). Lex deputato regionale sostiene, al riguardo, di non incorrere nella previsione regolamentare di sospensione del vitalizio, atteso che - a rigore - linterdizione dai pubblici uffici non stata comminata in ragione di condanna definitiva per delitti contro la pubblica amministrazione (per la rivelazione di segreto dufficio stata disposta infatti la pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, insufficiente da sola alla interdizione ex art. 29 c.p.), bens per un reato di diversa natura (il favoreggiamento personale aggravato, contro lAmministrazione della Giustizia), non contemplato dalla disposizione regolamentare. Sul punto, lAvvocatura Distrettuale di Palermo ha reso parere contrario (1) La suddetta norma regolamentare trova il suo necessario presupposto normativo nellarticolo 2, comma 1, lett. n), del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, che - nellambito di una disposizione volta a contenere le spese delle Regioni -condiziona i trasferimenti statali a favore delle stesse al fatto che: n) abbia(no) escluso, ai sensi degli articoli 28 e 29 del codice penale, l'erogazione del vitalizio in favore di chi sia condannato in via definitiva per delitti contro la pubblica amministrazione. In esecuzione di tale disposizione statale, la Regione Sicilia ha approvato la L.R. n. 1 del 2014, che, allarticolo 11 recita: L'Assemblea regionale siciliana, secondo le disposizioni del Regolamento interno, disciplina i casi di esclusione o sospensione dall'erogazione dei vitalizi, nel rispetto dei principi contenuti nell'articolo 2, comma 1, lettera n), del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, per il periodo corrispondente alla durata dell'interdizione dai pubblici uffici e fatti salvi gli effetti della riabilitazione. PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO alle rivendicazioni dellex deputato regionale, ritenendo correttamente che non si possa contravvenire per via regolamentare n alle previsioni del codice penale (artt. 28 e 29 c.p.) n ad una interpretazione sistematica delle norme di legge presupposte (e riportate in nota): in via interpretativa, ha quindi concluso nel senso che la sospensione del vitalizio del deputato regionale trova giustificazione in tutti i casi di condanna definitiva per reati contro la p.a., proprio in ragione della particolare qualit del bene in interesse tutelato e del reato commesso, anche a prescindere dalla misura della pena (come previsione aggiuntiva, di tutela e presidio rafforzato dellincarico elettivo, rispetto alla fattispecie della pena accessoria della interdizione in perpetuo dai pubblici uffici prevista dal codice penale e legata esclusivamente allentit della condanna ex art. 29 c.p.) (2). La soluzione interpretativa, condivisibile in astratto, pone sul tappeto la questione del rapporto tra le diverse fonti normative e, nella specie, del criterio risolutivo di prevalenza nellipotesi di contrasto tra le previsioni della legge (nel caso, sia statale (3) che regionale (4), di contenuto omogeneo) rispetto a quelle regolamentari dellassemblea siciliana. Nel caso, tuttavia, la questione pu pi agevolmente risolversi sulla scorta della immediata applicazione, de plano, della prevalente norma penale e, quindi, del regime dettato dagli artt. 28, 2 comma, n. 5 e 29 c.p. Lart. 28, 2 comma, n. 5, c.p. prescrive infatti che il soggetto interdetto in perpetuo dai pubblici uffici - per effetto di condanna definitiva a pena superiore a 5 anni, ex art. 29 c.p. (come nel caso) - venga privato degli stipendi, delle pensioni e degli assegni a carico dello Stato o di un altro ente pubblico. Come noto, la Corte Costituzionale ha ridisegnato il perimetro applicativo di tale disposizione, dichiarandone lillegittimit costituzionale limitatamente alla parte in cui privi il condannato della pensione, rigorosamente intesa come trattamento avente titolo in un rapporto di lavoro (5). Nello specifico, la Corte fonda la sua statuizione sulla violazione dei parametri offerti dagli artt. 1 e 36, riguardanti appunto il lavoro e la retribuzione, chiarendo che il giudizio non va esteso alle ipotesi relative a trattamenti economici non aventi titolo in un rapporto di lavoro . (2) A ulteriore conforto della soluzione interpretativa delineata, il parere richiama - in via sistematica - anche le previsioni degli artt. 7 e 8 D.lvo n. 235/2012, che dalla condanna penale per tutta una serie di reati contro la p.a. fanno discendere un regime di incandidabilit, sospensione e/o decadenza dalla carica. (3) Articolo 2, comma 1, lett. n), del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213. (4) Art. 11, L.R. n. 1 del 2014. (5) Cfr. Corte Cost. 13 gennaio 1966, n. 3, che precisa anche di non voler certo escludere, in via assoluta, la possibilit di una misura del genere anche a carico di trattamenti economici traenti titolo da un rapporto di lavoro, purch qualificata dalla natura del reato e non collegata puramente e semplicemente allentit della pena detentiva inflitta, cos come attualmente dispone lart. 29. A tale pronuncia seguita poi Corte Cost. 19 luglio 1968, n. 113, relativamente alle pensioni di guerra. A seguito dellintervento della Corte Costituzionale - e al fine di scongiurare eventuali disparit di trattamento - stata poi emanata la Legge 8 giugno 1966, n. 424, secondo cui Sono abrogate le disposizioni che prevedono, a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare, la riduzione ola sospensione del diritto del dipendente dello Stato o di altro Ente pubblicoal conseguimento e al godimento della pensione e di ogni altro assegno odindennit da liquidarsi in conseguenza della cessazione del rapporto di dipendenza (art. 1, sottolineatura aggiunta), con chiaro riferimento letterale alla salvaguardia dei trattamenti pensionistici legati ad un pregresso rapporto di pubblico impiego. In questi termini, ad avviso della Scrivente, lart. 28, 2 comma, n. 5 c.p. trova piena applicazione rispetto allassegno vitalizio dei deputati condannati penalmente in via definitiva e perci interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, rispondendo certamente alla ratio della pena accessoria (tesa alla pi rigorosa tutela del pubblico ufficio) e non rientrando tale trattamento nellarea, costituzionalmente protetta, di salvaguardia e di esenzione sopra delineata. Il vitalizio dei deputati, infatti - pur potendo assumere connotati di tenore previdenziale, avvicinabili al regime delle assicurazioni private - non trova titolo in un rapporto di lavoro, come tale costituzionalmente protetto ex artt. 1 e 36, bens in un mandato pubblico elettivo, assimilabile per certi versi alle funzioni onorarie. Al riguardo, sia la Corte Costituzionale che la Suprema Corte di cassazione hanno a pi riprese ribadito e sottolineato tale chiaro tratto distintivo tra le pensioni e lassegno vitalizio ai deputati, fondato appunto sul diverso titolo da cui traggono fondamento. Nello specifico, il Giudice delle Leggi - trovandosi a valutare la situazione di pretesa assimilazione tra i titolari di assegni vitalizi goduti in conseguenza della cessazione di determinate cariche e, dall'altro, quelle dei titolari di pensioni ordinarie derivanti da rapporti di impiego pubblico - ha avuto modo di affermare chiaramente che tra le due situazioni - nonostante la presenza dialcuni profili di affinit - non sussiste, infatti, una identit n di natura n diregime giuridico, dal momento che l'assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennit di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico: indennit che, nei suoi presuppostie nelle sue finalit, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa alrapporto di pubblico impiego(6). (6) Cfr. Corte Cost. 13 luglio 1994, n. 289, che aggiunge La diversit tra assegno vitalizio e pensione - pur variando in relazione alla diversa tipologia dei vitalizi previsti dalla legislazione in vigore - assume, d'altro canto, un'evidenza particolare in relazione ai vitalizi spettanti ai parlamentari cessati dal mandato, dal momento che questo particolare tipo di previdenza ha trovato la sua origine in una forma di mutualit (Casse di previdenza per i deputati ed i senatori istituite nel 1956) che si gradualmente trasformata in una forma di previdenza obbligatoria di carattere pubblicistico, conservando peraltro un regime speciale che trova il suo assetto non nella legge, ma in regolamenti interni delle Camere (v. il regolamento della previdenza per i deputati, approvato il 30 ottobre 1968, con suc PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO Sulla scia dellorientamento del giudice costituzionale, anche la Suprema Corte di cassazione - a pi riprese e anche di recente - ha ribadito chiaramente la netta diversit sostanziale e giuridica dellistituto del vitalizio previsto per leletto ad una pubblica carica rispetto al trattamento previdenziale o pensionistico conseguente ad un rapporto di lavoro, atteso che leletto ad una pubblica carica non ha certamente un rapporto di lavoro con lente cherappresenta, cosicch lassegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a ricollegarsi ad una indennit di carica goduta in virt di unmandato pubblico, con caratteri, criteri e finalit ben diverse da quelle propriedella retribuzione connessa ad un rapporto di lavoro (7). In questi termini, dunque, ad avviso della Scrivente, la perdita dellassegno vitalizio a favore del deputato regionale condannato in via definitiva ad una pena superiore ai 5 anni (come nel caso), trova immediato fondamento negli artt. 28, 2 comma, n. 5 e 29 c.p., rappresentando leffetto automatico ex lege della pena accessoria della interdizione in perpetuo dai pubblici uffici comminata in sede penale. La questione stata portata allesame del Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, che - nella seduta del 17 ottobre 2014 - ha deliberato in conformit. cessive modificazioni, ed il regolamento per la previdenza ed assistenza ai senatori e loro familiari, approvato il 23 ottobre 1968, con successive modificazioni). L'evoluzione che, nel corso del tempo, ha caratterizzato questa particolare forma di previdenza ha condotto anche a configurare l'assegno vitalizio - secondo quanto emerso dai dati acquisiti presso la Presidenza delle due Camere - come istituto che, nella sua disciplina positiva, ha recepito, in parte, aspetti riconducibili al modello pensionistico e, in parte, profili tipici del regime delle assicurazioni private. Con una tendenza che di recente ha accentuato l'assimilazione del regime dei contributi a carico dei deputati e dei senatori a quello proprio dei premi assicurativi (v., in particolare, la delibera dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati n. 61/93 e del Consiglio di presidenza del Senato n. 44/93, dove si stabilisce, a fini fiscali, di includere i contributi stessi nella base imponibile dell'indennit parlamentare "in analogia ai premi assicurativi destinati a costituire le rendite vitalizie"). (7) Cfr. Cass. 20 giugno 2012, n. 10177, nonch Cass. 24 novembre 2010, n. 23793 e Cass. 1 ottobre 2010, n. 20538; da ultimo, sui deputati dellAssemblea regionale siciliana, seppure a diversi fini, Cass. 20 marzo 2014, n. 6557, che ribadisce come lindennit di carica non possa in alcun modo assimilarsi alla retribuzione connessa a rapporto di pubblico impiego. Modalit attuative di intervento per la bonifica e rivitalizzazione della c.d. Terra dei Fuochi: la disciplina per i controlli antimafia PARERE 10/12/2014-525465, AL 44024/14, SEZ. IV, AVV. MARIO ANTONIO SCINO Inquadramento normativo Il d.l. 10 dicembre 2013, n. 136, convertito dalla L. 6 febbraio 2014, n. 6, contiene disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali e a favorire lo sviluppo delle aree interessate. In particolare, gli articoli da 1 a 3 del predetto decreto disciplinano il programma straordinario di iniziative finalizzate alla bonifica dei siti nei terreni della regione Campania (cosiddetta Terra dei fuochi). In ragione della delicatezza di tali interventi, anche in considerazione del contesto ambientale in cui gli stessi si andranno a collocare, lart. 2-bis del citato d.l. ha delineato un sistema di controlli rafforzato, dal punto di vista antimafia, in analogia a quanto gi sperimentato, in occasione di vicende di analoga delicatezza quali lEXPO 2015 e la ricostruzione post-sisma in Abruzzo e in Emilia Romagna. Nello specifico, il comma 5 del predetto art. 2-bis dispone che I controlli antimafia sui contratti pubblici e sui successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture sono altres effettuati con l'osservanza delle linee guida indicate dal Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, anche in deroga a quanto previsto dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Il successivo comma 6 prevede, inoltre, che Per l'efficacia dei controlli antimafia nei contratti pubblici e nei successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture e nelle erogazioni e concessioni di provvidenze pubbliche prevista la tracciabilit dei relativi flussi finanziari. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'interno, della giustizia, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definite le modalit attuative del presente comma ed prevista la costituzione, presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Napoli, di elenchi di fornitori e prestatori di servizi, non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori oggetto del presente articolo. Il Governo presenta alle Camere una relazione annuale concernente l'attuazione del presente comma. Lo stesso art. 2-bis, nei commi da 1 a 4, prevede, in analogia a quanto gi sperimentato per le esperienze di EXPO e della ricostruzione in Abruzzo, una strumentazione rafforzata, sul piano ordinamentale, assegnando un ruolo PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO di indirizzo e coordinamento al Prefetto di Napoli, quale Prefetto del capoluogo della regione Campania, di tutte le attivit finalizzate alla prevenzione delle infiltrazioni della criminalit organizzata nellaffidamento e nellesecuzione dei contratti per la bonifica delle aree inquinate. In particolare, per lo svolgimento di tali compiti, il Prefetto potr avvalersi di una Sezione specializzata del Comitato di Coordinamento per lAlta Sorveglianza delle Grandi Opere, istituita presso quella Prefettura-UTG, nonch di un Organismo info-investigativo, istituito presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dellInterno. Alla luce del quadro normativo delineato, appare evidente lintento del Legislatore di mettere in campo un sistema di presidi, nel campo della prevenzione antimafia, demandandone la puntuale definizione al Comitato di Coordinamento che opera presso il Ministero dellInterno, calibrati sulla specificit del rischio connesso alla tipologia degli interventi che si andranno a realizzare su quei territori e, di conseguenza, alla categoria degli operatori economici che saranno interessati alle operazioni di risanamento del territorio. Al fine di dare attuazione alle dette disposizioni, il sopra richiamato Comitato di Coordinamento ha predisposto uno schema di Linee guida, che dovranno essere emanate in ossequio a quanto previsto dallart. 2-bis, comma 5, cit., richiedendo altres parere a questa Avvocatura in merito a taluni aspetti. I quesiti Nellambito degli interventi da attuare per la bonifica e la rivitalizzazione della c.d. Terra dei Fuochi (di cui al d.l. 10 dicembre 2013 n. 136, conv. con modificazioni dalla L. 6 febbraio 2014 n. 6), ricostruita la ratio legis ed il contesto di cui allart. 2-bis del citato d.l., che dispone nuove modalit attuative delle vigenti misure di prevenzione antimafia, chiesto parere, in sintesi, in ordine a due profili, che possono cos essere riassunti, senza con ci voler semplificare la complessit e pregio delle questioni esposte e argomentate nella formulazione del quesito: 1. il primo, se il comma 5 del citato art. 2-bis debba essere interpretato nel senso che i controlli effettuati secondo le Linee guida del CCASGO possano essere eseguiti derogando solo a quanto previsto dal Codice di cui al d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 (secondo una interpretazione restrittiva della norma), ovvero derogando non solo a quanto previsto dal detto Codice ma anche ad altre fonti (secondo una interpretazione finalistica della norma e della sua ratio legis, questultima propugnata dal Ministero richiedente il quesito); in tale seconda ipotesi, ad avviso del richiedente Ministero, le Linee Guida potrebbero legittimamente prevedere il ricorso a strumenti di controllo contemplati da fonti diverse dallo stesso D.Lgs. n. 159/2011, purch nel rispetto dei principi desumibili dallo stesso art. 2-bis, della sua ratio ispiratrice (rafforzamento della prevenzione delle infiltrazioni criminali) e dei limiti imposti alla riserva di legge; 2. il secondo, analogamente allesperienza post sisma in Abruzzo (Linee Guida pubblicate in G.U. 12 agosto 2010 n. 186) prima della adozione delle misure attuative della c.d. Legge Severino (L. n. 190/2012) con DPCM 18 aprile 2013, se nelle more del DPCM di cui al comma 6 d.l. cit. di istituzione degli elenchi di prestatori e fornitori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, possano essere utilmente impiegati nella prevenzione delle infiltrazioni della criminalit organizzata nellaffidamento ed esecuzione di contratti pubblici, erogazioni e concessioni di provvidenze pubbliche connessi alle attivit di monitoraggio e di bonifica delle aree inquinate, istituti e strumenti gi contemplati dallordinamento giuridico, quale, ad esempio, quello di cui allart. 95 del d.lgs. n. 159/2011 (recante disposizioni relative ai contratti pubblici con previsione di specifici poteri e facolt in capo al Prefetto della provincia interessata), con conseguente possibilit di attivazione di un sistema di white list pi rigoroso rispetto a quello generale previsto dallart. 1, comma 52, della legge n. 190/2012 [] che sar assorbito dagli elenchi da istituirsi sulla base dellemanando decreto presidenziale. Con la conseguente possibilit, ad avviso del richiedente Ministero, di: -estendere lindice delle attivit considerate maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa di cui allart. 1, comma 53, L.n. 190/2012, decalogo che pare assumere valenza ricognitiva e quindi non tassativa ed esaustiva; -considerare obbligatoria, e non gi facoltativa, liscrizione nellelenco ai fini dellaggiudicazione del contratto o autorizzazione al subappalto, sicch gli operatori economici ove intendano contrattare con la pubblica amministrazione sono tenuti a richiedere lammissione nella white list; -fornire al Prefetto un indirizzo volto a declinare, nellambito della propria sfera di valutazione discrezionale, le previsioni degli artt. 84, comma 4, lett. d) e 91, comma 6, del d.lgs. n. 159/2011 onde poter desumere lesistenza di tentativi di infiltrazione da situazioni, per cos dire, non tipizzate. Considerazioni Ci premesso, appare alquanto evidente, anche sulla base del complesso sistema di riferimento (quale gi delineato dallart. 1 della L. 6 novembre 2012 n. 190, nonch dal DPCM 18 aprile 2013) e degli obiettivi comunque perseguiti con il d.l. n. 136 cit., reso necessario per fronteggiare una situazione connotata da elementi di eccezionale gravit e pericolosit per la salute e sicurezza delluomo, che il comma 5 dellart. 2-bis cit. non possa essere applicato se non secondo la prospettazione di codesta Amministrazione, quanto alle finalit perseguite. Invero il comma 5 dellart. 2-bis del d.l. 10 dicembre 2013, n. 136 - aggiunto dalla legge di conversione 6 febbraio 2014, n. 6 - detta - demandandola alle linee guida indicate dal CCASGO - la disciplina speciale dei controlli antimafia: PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO a) sui contratti pubblici - principali e derivati - aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture connessi alle attivit di monitoraggio e bonifica delle aree inquinate della Campania nonch b) sulle erogazioni e concessioni di provvidenze pubbliche ai medesimi fini e nel medesimo territorio. Come, infatti, emerge anche dai lavori preparatori, nellintento del legislatore tale disciplina speciale deve ritenersi derogatoria e tendenzialmente pi stringente e rigorosa anche - ma non solo - rispetto alla disciplina generale dei controlli antimafia di cui al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 avuto riguardo al contesto - territoriale, economico e sociale - e alloggetto specifico -mappatura e bonifica aree inquinate - degli interventi. Il comma 5 dellart. 2-bis del d.l. n. 136/2013 non deve essere necessariamente letto in connessione con il successivo comma 6 posto che le due disposizioni hanno oggetti e funzioni diverse. Il comma 5 disciplina, a mezzo delle linee guida indicate dal CCASGO, le modalit di esercizio - in senso, diverso, derogatorio e (tendenzialmente) pi stringente e rigoroso - dei controlli di antimafia relativamente ai contratti pubblici - principali e derivati - aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture connessi alle attivit di monitoraggio e bonifica delle aree inquinate della Campania. Il comma 6, invece, impone, relativamente a tali contratti, da un lato, la tracciabilit dei relativi flussi finanziari e dallaltro, rimette ad un d.P.C.M. le modalit attuative del presente comma - e non del comma precedente - e la costituzione, presso la prefettura-U.T.G. di Napoli, di elenchi di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori . Le white list di cui alle linee guida sono dunque, al pari delle white list di cui al futuro d.P.C.M. e non dissimilmente, del resto, dalle white list previste da altre disposizioni e, segnatamente, dallart. 1, comma 52, della l. n. 190/2012, nullaltro che strumenti sostitutivi, in unottica di semplificazione amministrativa, degli ordinari controlli antimafia nel senso che liscrizione nellelenco tiene luogo - esonerandone, lAmministrazione preposta e loperatore economico interessato - della comunicazione e dellinformazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attivit diverse da quelle per le quali essa stata disposta, come appunto recita il comma 52-bis dellart. 1 della citata l. n. 190/2012. La differenza tra la white list del comma 5 dellart. 2-bis del d.l. n. 136/2013 e le altre risiede nel fatto che la prima speciale, perch riguarda solo i contratti pubblici e i successivi subappalti e subcontratti relativi agli interventi di cui al comma 1 dellart. 2-bis e pu essere pi restrittiva, ed anche derogatoria, quanto ai requisiti di iscrizione, rispetto alle normali white list. Soluzioni proposte Si condivide, quindi, quanto ritenuto da codesta Amministrazione in ordine alla natura non tassativa dellelenco delle attivit a rischio di cui allart. 1, comma 53, L. n. 190/2012, non risultando preclusa la facolt, stanti le finalit preventive, di individuare nuove e diverse aree di attivit a rischio, anche come si ricava dal successivo comma 54 che indica altres la procedura di periodico aggiornamento, in relazione allevoluzione, sul piano temporale rispetto alla citata L. n. 190 cit., delle dinamiche economiche e sociali, e quindi anche rilevanti ai fini della lotta alla criminalit; in tal caso, gli atti adottati ai sensi dei commi 5 e 6 dellart. 2-bis cit. dovranno avere cura di evidenziare la specialit che giustifica il procedimento alternativo per laggiornamento delle liste, secondo i comuni canoni ermeneutici della successione delle leggi nel tempo. Analogamente, deve ritenersi condivisibile la possibilit di rendere obbligatoria tale iscrizione, e non meramente facoltativa, avendosi cura, da parte delle Stazioni appaltanti, di precisare negli atti di gara, ivi comprese le informazioni complementari, tale circostanza e ci al fine di dare compiuta conoscenza dei vincoli nascenti a carico degli operatori economici, con riguardo alla capacit giuridica a contrarre. Pur condividendosi infine la necessit che sul piano operativo il Prefetto possa desumere lesistenza di tentativi di infiltrazione da situazioni, che non appaiono per del tutto generiche, e da elementi e circostanze ulteriori rispetto a quelli indicati dagli artt. 84, comma 4, lett. d) del d.lgs. n. 159/2011, si sottolinea che le previsioni che dovranno declinare la conseguente azione prefettizia dovranno essere attentamente valutate alla luce del Codice Antimafia, anche in relazione alle modifiche introdotte dal Decreto legislativo correttivo (D.lgs. n. 153 del 2014), e della normativa concernente in generale le misure amministrative di prevenzione antimafia, come interpretata dalla consolidata giurisprudenza del Giudice amministrativo il cui sindacato orientato alla stregua della sistematicit del quadro indiziario qualificato, quale presupposto fondante delle misure di prevenzione in esame. In tale contesto si richiama lattenzione, al riguardo, soprattutto con particolare riferimento alla prospettata rilevanza sintomatica delle condanne anche non definitive per le contravvenzioni previste per la materia ambientale, e si evidenzia lopportunit che tali condanne siano suffragate da ulteriori elementi sintomatici e risultino collegate funzionalmente ad una modalit di gestione dei rifiuti ed alla considerazione degli interessi ambientali non consona allattivit per cui si richiede liscrizione. PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO Sullattivit di riscossione del prelievo supplementare previsto dal regime delle c.d. quote latte (*) PARERE 11/12/2014-527672/3/4, AL 43062/14, SEZ. V, AVV. MARINA RUSSO Con la nota in riferimento, codesto Comando Generale sottopone alla Scrivente un articolato quesito, inerente la collaborazione di cui alloggetto. In particolare, si chiede di conoscere lavviso della Scrivente sulle seguenti questioni: 1. Se, a mente dellart. 8-quinquies comma 10-bis del D.L. 5/09, lAgea sia obbligata ad avvalersi della Guardia di Finanza per lo svolgimento delle attivit di riscossione del prelievo supplementare previsto dal regime delle c.d. quote latte; 2. Se Agea possa fare ricorso, per le suddette attivit, a soggetti esterni abilitati, ai sensi del D.M. 12 febbraio 2012; 3. Se rientri fra le facolt di Agea, quale agente della riscossione, provvedere autonomamente alla notifica delle cartelle di pagamento mediante raccomandata a.r. secondo quanto previsto dallart. 26 comma 1 secondo periodo del D.P.R. 602/1973; 4. Se gli appartenenti alla Guardia di Finanza quali ufficiali della riscossione, possano eseguire le notifiche delle cartelle di pagamento a mezzo posta, ai sensi dellart. 26 comma 1 secondo periodo del D.P.R. 602/1973; 5. Se lart. 8-quinquies del D.L. 5/09 sia costituzionalmente illegittimo sotto il profilo della copertura finanziaria; 6. Se lo stesso art. 8-quinquies commi 10-bis e 10-ter del D.L. 5/2009 cit. sia compatibile con le previsioni vigenti in materia di abilitazione ed autorizzazione allesercizio delle potest di ufficiale della riscossione, segnatamente con il combinato disposto dellart. 42 D.lgs 112/1999 e del D.P.R. 402/00. Preliminarmente la Scrivente segnala a tutte le amministrazioni in indirizzo che la questione proposta, come noto, si connette inscindibilmente con (*) Il parere stato redatto a margine della legge di stabilit 2015 (L. 23 dicembre 2014, n. 190) che ha apportato modifiche ai commi 10-bis e 10-ter dellart. 8 quinquies, D.L. 5/09: 10-bis La notificazione della cartella di pagamento prevista dallarticolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, e ogni altra attivit contemplata dal titolo II del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e successive modificazioni, sono effettatue dallAGEA, che a tal fine si avvale delle societ del gruppo Equitalia ovvero del Corpo della guardia di finanza. Il personale di questultimo esercita le funzioni demandate dalla legge agli ufficiali della riscossione 10-ter Le procedure di riscossione coattiva sospese ai sensi del comma 2 sono proseguite, sempre avvalendosi delle societ del gruppo Equitalia ovvero del Corpo della guardia di finanza, dalla stessa AGEA, che resta surrogata negli atti esecutivi eventualmente gi avvviati dallagente della riscossione e nei cui confronti le garanzie gi attivate mantengono validit e grado una procedura di infrazione ormai pervenuta al parere motivato che sembra preludere ad un contenzioso avanti alla Corte di giustizia UE potenzialmente foriero, a danno dellItalia, di una elevatissima condanna a titolo di sanzione forfetaria e di penalit di mora. Nellambito di detta procedura, la Commissione non ha mancato di stigmatizzare, tra laltro, la legislazione confusa e fortemente influenzata dalle iniziative dei produttori, ha generato una mole straordinaria di contenzioso, che ha di fatto inibito lazione dellAmministrazione nel perseguire rimedi efficaci per ingiungere il pagamento del prelievo Le autorit italiane sono state attive nel corso degli anni nellintrodurre nuove disposizioni che spesso sortivano il solo effetto di moltiplicare le procedure di recupero, e quindi le possibilit di opposizione o differimento dei versamenti; Come anche rilevato dalla Corte dei Conti italiana nella relazione 11/2013/G del 5 Dicembre 2013 a seguito delle modifiche della legge 228/2012, nelle more della stipula della convenzione si verificato un nuovo stallo nei recuperi il quadro legislativo permane oscuro e questo comporta ritardi ed ostacoli - a volte insormontabili - per la sua efficace attuazione (punti 53 e 55 del parere motivato ex art. 258 TFUE). quindi indispensabile che tutte le articolazioni dello Stato agiscano con il massimo spirito di collaborazione nellinterpretare e applicare le norme che si vanno a commentare. In considerazione di ci, necessario che si proceda senza indugio alle notifiche necessarie ai fini della riscossione del prelievo in oggetto, incombente al quale - come si dir meglio nel prosieguo - il Corpo della Guardia di Finanza, quando richiestone da Agea, dovr senzaltro procedere, potendo a tal fine utilizzare tutte le modalit di notifica consentite dalla legge ai sensi del combinato disposto degli artt. 26 comma 6 D.P.R. 602/1973 e 60 del D.P.R. 600/1972 (quindi applicando le norme stabilite dagli artt. 137 ss. c.p.c., salve le modifiche di cui allart. 60 ultimo cit..) nonch la notifica a mezzo raccomandata a.r. ai sensi dellart. 26 comma 1 secondo periodo D.P.R. 602/1973, salvo quanto si dir al punto B.4. Essendo - peraltro - evidente la finalit di rafforzamento dellefficacia delle procedure di notificazione sottesa allintervento legislativo che ha previsto la facolt di avvalimento di un corpo militare quale la Guardia di Finanza, il ricorso alla notifica direttamente operata dal personale del Corpo, oltre ad apparire in linea di massima preferibile in termini di certezza del risultato, si imporr comunque in tutti i casi in cui lutilizzo di forme diverse prospetti un esito incerto, nonch quando - allatto pratico - il tentativo di consegna del- latto al destinatario abbia incontrato resistenza e non sia andato a buon fine. Tutto quanto sopra premesso, si ricorda che su parte dellarticolato quesito sopra sintetizzato (in particolare, sulla questione sub 1), la Scrivente gi stata PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO chiamata ad esprimersi da Agea, ed ha riscontrato tale richiesta con la nota n. 434191 del 31 ottobre 2013, sulla base della quale la stessa Agea ha adottato linterpretazione restrittiva cui lAmministrazione in indirizzo fa riferimento nella nota a margine. In quelloccasione, stato osservato: Per quanto infine attiene alla notifica degli atti della riscossione, essa attivit che spetterebbe allufficiale della riscossione (art.26 DPR 602/1973) o ad altri soggetti abilitati dal- lagente della riscossione (con facolt di questi, prevista dallart. 45 del d.lgs. 112/1999, di avvalersi di messi notificatori). Ora, il tassativo disposto dellart. 8 quinquies che impone a codesta Agenzia di avvalersi del Corpo della Guardia di Finanza per la notifica delle cartelle di pagamento, senza apparente possibile alternativa, e che attribuisce per ci alla Guardia di Finanza la qualifica di ufficiale della riscossione, non sembra consentire modalit di notifica diverse da quella espressamente prevista. Onde appare prudente, per non legittimare contestazioni appuntate su aspetti formali capaci di paralizzare lattivit di riscossione, intendere la norma come cogente sul punto. Come esposto nella nota sopra citata, alla luce del tenore testuale della norma, si ritenuto insomma di suggerire, a prevenzione di prevedibili contestazioni, lopzione che privilegia una lettura di tipo formalistico. Ci tanto pi che una proliferazione di contenziosi basati su contestazioni formali sarebbe assolutamente controproducente ai fini della difesa del Governo italiano nella procedura di infrazione 2013/2092 promossa dalla Commissione europea per il mancato rispetto degli obblighi di porre in essere quanto necessario per garantire leffettiva ripartizione del prelievo sulle eccedenze nei confronti dei produttori obbligati e al suo pagamento ai sensi degli articoli 66 (2), 79, 80 ed 83 del regolamento unico OCM (Regolamento (CE) 1234/2007), e degli articoli da 15 a 17 del Regolamento (CE) n. 595/2004 e delle disposizioni previgenti aventi analogo contenuto. Ci premesso, e fermo restando lavviso come sopra manifestato, si osserva quanto segue. A) Si prendono le mosse dal quesito 1, e si osserva innanzi tutto che se, da un lato - le peculiari competenze della Guardia di Finanza in materia di polizia economico- finanziaria comportano, come del resto riconosciuto nella stessa nota che si riscontra, che Agea possa ricorrere allavvalimento ai fini della ricostruzione del profilo patrimoniale del debitore - non sembra, daltra parte, almeno ragionando de iure condito, che la collaborazione della Guardia di Finanza debba intendersi limitata a tale attivit: lattivit di notificazione delle cartelle, che il citato comma 10-bis affida alla Guardia di Finanza, non infatti preclusa dalla pure prospettata illegittimit costituzionale della norma, che codesto Comando argomenta sulla base del difetto di copertura finanziaria per unattivit i cui costi - in quanto estranea ai compiti tipici della Guardia di Finanza - non po trebbero essere fronteggiati con lordinaria dotazione finanziaria dellIstituto. Premesso che leventuale illegittimit costituzionale di una norma - fino a che la stessa non sia accertata nellunica sede competente, costituita dal giudizio di costituzionalit - non esime comunque dalla relativa osservanza, va altres rilevato come (e con ci si evade, incidentalmente, il quesito sub 5), le funzioni di ufficiale della riscossione descritte allart. 8-quinquies comma 10-bis cit., e particolarmente, lattivit di notificazione di cui alla norma stessa - oltre a presentare affinit, con specifico riferimento allattivit di notifica - a compiti normalmente inerenti le funzioni di polizia giudiziaria - non paiano comunque estranee ai compiti istituzionali della Guardia di Finanza per come definiti dal D.lgs. 68/2001 recante Adeguamento dei compiti della Guardia di Finanza: questultimo prevede (art. 2 comma 1) che tale Corpo assolva le funzioni di polizia economica e finanziaria a tutela del bilancio pubblico, delle regioni, degli enti locali e dellUnione Europea; fa salvi i compiti previsti dallart. 1 della l. 189/1959, ove si prevede che la Guardia di Finanza abbia, tra laltro, il compito di vigilare, nei limiti stabiliti dalle singole leggi, sullosservanza di disposizioni di interesse politico ed economico (quali sono le norme in materia di quote latte), e di eseguire gli altri servizi di tutela per i quali sia dalla legge richiesto il suo intervento; attribuisce (art. 2 comma 2 lett. m), compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di ... ogni altro interesse economico finanziario nazionale o dellUnione Europea. In considerazione di quanto sopra, non pare possa dubitarsi del fatto che Agea possa valersi, per il compimento delle notifiche in oggetto, della Guardia di Finanza, n del fatto che questultima sia legittimata ed anzi tenuta a svolgerle, sembrando altres superabile il dubbio dellAmministrazione in indirizzo circa la possibile incompatibilit (quesito sub 6) delle previsioni di cui allart. 8-quinquies cit. con quelle vigenti in materia di abilitazione ed autorizzazione allesercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione, segnatamente con il combinato disposto dellart. 42 D.lgs 112/1999 e del D.P.R. 402/00. Le due discipline invero non paiono in contrasto, stante il carattere di specialit - rispetto al regime generale disciplinato dalle due normative da ultimo citate della norma di cui allart. 8-quinquies cit., che vale quale abilitazione ex lege. B)Si viene, ora, alla trattazione dei quesiti 2, 3 e 4 che si ritiene possano essere esaminati congiuntamente per via della stretta connessione dei profili che vi ineriscono. B.1) I quesiti con cui si chiede se Agea, per il compimento delle attivit di notificazione in questione, possa valersi di soggetti individuati ai sensi del D.M. 12. novembre 2012, o della notifica a mezzo posta di cui allart. 26 comma 1 secondo periodo del D.P.R. 602/73 sulla base dellinterpretazione da- tane dalla giurisprudenza di legittimit segnalata da codesta Amministrazione, si fondano sullassunto che - anche a prescindere dalle competenze che lart. 8-quinquies cit. attribuisce alla Guardia di Finanza - lattuale contesto norma PARERI DEL COMITATATO CONSULTIVO tivo autorizzi a ravvisare in capo ad Agea una residua competenza, di analogo contenuto (magari solo in via concorrente con quella della Guardia di Finanza). Tale competenza troverebbe, secondo il Comando in indirizzo, indiretta conferma nella previsione, di cui allart. 8-quinquies comma 10-bis D.L. 5/09, secondo la quale Agea si avvale della Guardia di Finanza: la norma non determinerebbe la sottrazione - nei confronti della stessa Agea - della titolarit della funzione che le propria, ma solo laffiancamento, nellespletamento di determinate attivit, di un altro soggetto, avente precise competenze e strumenti (nella specie, la Guardia di Finanza). B.2) Ci premesso, si osserva che il tenore testuale dellart. 8-quinquies comma 10-bis cit. comunque ben chiaro nel prevedere espressamente che Agea ... a tal fine ... si avvale del Corpo della Guardia di Finanza. Ebbene, pur se - in astratto - potrebbe non essere irragionevole teorizzare la persistenza di una concorrente legittimazione di Agea al compimento delle notifiche in particolare al fine di interrompere i termini prescrizionali con i mezzi ritenuti pi idonei, sulla base degli argomenti richiamati al punto che precede, tuttavia il summenzionato, inequivocabile dato testuale rimane dirimente (anche nella sopra descritta ottica di prevenzione del contenzioso) nel senso di indurre ad individuare nel Corpo della Guardia di Finanza il soggetto legittimato ad effettuare le notifiche in questione, senza margini che gli consentano di declinare lincarico affidatogli da AGEA. B.3) Quanto, poi, alla pure prospettata possibilit che Agea si valga, per la suddetta attivit di notifica, di soggetti individuati ai sensi del D.M. 12 novembre 2012, si osserva che il sistema delineato da questultimo appare incompatibile con (e, come tale, deve considerarsi implicitamente abrogato da) quello disciplinato dallart. 8-quinquies commi 10 e 10-bis del D.L. 5/2009 cit., come aggiunti dallart. 1 comma 525 l. 228 del 24 dicembre 2012. B.4) Si viene, infine, alla questione se il personale del Corpo della Guardia di Finanza possa ricorrere alla notifica a mezzo raccomandata a.r. ai sensi del comma 1 secondo periodo dellart. 26 D.P.R. 602/1973, ovvero se possa farlo direttamente Agea, in forza del principio affermato nella sentenza Cass. 6395/14, richiamata da codesto Comando (In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale pu avvenire anche mediante inviodiretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del comma 1 dell'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, prevede una modalit di notifica, integralmenteaffidata al concessionario stesso ed all'ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall'avviso di ricevimento, senza necessit di un'apposita relata, visto che l'ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l'esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l'effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o con l'avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell'amministrazione - in senso analogo, si veda anche 14327/2009). La giurisprudenza di cui sopra potrebbe prestarsi a sostenere ragionevolmente che il personale della Guardia di Finanza - sia pure mutatis mutandis, in quanto esso non concessionario, bens ufficiale per la riscossione - possa, per eadem ratio, accedere a tale modalit di notifica la quale - peraltro - plausibile che gli sia consentita anche alla luce dei principi generali di cui allart. 26 comma 6 D.P.R. 602/1973. Minor peso potrebbero avere, in contrario, le obiezioni secondo cui: largomento su cui si fonda il principio affermato dalla citata giurisprudenza fa riferimento allo stesso art. 26 D.P.R. 602 cit., che obbliga proprio il concessionario (e non altri) a conservare per cinque anni lavviso di ricevimento; la Corte definisce la notifica postale come modalit ... [che] ... resta del tutto affidata al concessionario stesso; Del resto, nel momento in cui il legislatore demanda con lart. 8-quinquies comma 10-bis D.L. 5/2009 allAgea e, per avvalimento, alla Guardia di Finanza, il compito di effettuare la notificazione della cartella di pagamento prevista dallarticolo 25 del Decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973 n. 602, e successive modificazioni, parrebbe in tal modo autorizzare la Guardia di Finanza anche a ricorrere alla notifica postale consentita al concessionario dalle richiamate disposizioni del D.P.R 602/1973, e vincolarla alla conservazione per cinque anni della matrice o copia della cartella con la relazione di notificazione. Quanto fin qui detto, peraltro - non essendo il precedente perfettamente in termini con la fattispecie oggetto del quesito -non vale ad escludere in radice la possibilit di contestazioni di ordine formale che potrebbero sfociare in contenzioso, fermo restando che le notifiche andate a buon fine, ove mai fossero ritenute viziate sotto il profilo della forma, potrebbero valere tuttavia ai fini dellinterruzione dei termini. Quanto, infine, alla possibilit che sia Agea ad utilizzare la notifica nelle forme di cui allart. 26 comma 1 secondo periodo del D.P.R. 602/1973, la questione - in disparte ogni altra considerazione in ordine ai dubbi nascenti dal fatto che essa agirebbe direttamente in proprio nome ed interesse, non rivestendo alcuna delle qualifiche rilevanti (agente, concessionario o ufficiale della riscossione) - appare allatto pratico superata da quanto esposto al punto B.2). Sulla questione stato sentito il Comitato Consultivo che nella seduta del 3 dicembre 2014, si espresso in conformit. legislazione ed attualit LEGISLAZIONE ED ATTUALIT La Provincia: ieri ed oggi. Un problema aperto Antonio Tallarida* SOMMARIO: 1. Introduzione: una storia di annessioni - 2. Il decreto Rattazzi e le leggi postunitarie - 3. La svolta autoritaria - 4. LAssemblea costituente e la Costituzione - 5. Le funzioni della Provincia - 6. La riforma del Titolo V e la legge La Loggia - 7. I tentativi di riordino - 8. La legge Del Rio e il ddl costituzionale - 9. Conclusioni aperte. 1. Introduzione: una storia di annessioni. La Provincia unistituzione ereditata dallo Stato sabaudo, ma che subito stata messa in discussione, stante la diversit degli ordinamenti vigenti negli Stati preunitari e la necessit di un riordino generale dellarticolazione amministrativa e territoriale del nuovo Stato. Eppure le province e non gli Stati hanno costituito oggetto di annessione. Infatti i decreti commissariali o reali che sancirono lesito dei plebisciti e lannessione dei territori degli Stati preunitari si esprimevano in termini di provincia: cos il decreto Farini 30 novembre 1859 e il successivo decreto 27 dicembre 1859 n. 79 decretarono lappartenenza allo Stato delle Province di Modena e Parma; il R.D. 22 marzo 1860 n. 4014 sanc che le Province della Toscana fanno parte dello Stato a partire dal giorno della data del presente decreto; il R.D. 17 dicembre 1860 decret lannessione delle Province delle Marche; il R.D. 15 dicembre 1860 n. 240 riun in unica provincia quelle annesse dellUmbria; il R.D. 4 novembre 1866 n. 3300 stabil che le Province di Venezia e quella di Mantova fanno parte integrante del Regno dItalia; il R.D. 15 ottobre 1870 n. 5929 unific le cinque Province che componevano lo Stato pontificio, ora felicemente restituite alla patria comune; e cos via. (*) Vice Avvocato Generale dello Stato in quiescenza. Si pu perci affermare che lo Stato unitario nato su base provinciale, anche perch allo stesso fu presto esteso lordinamento comunale e provinciale piemontese articolato in Provincie, Circondari, Mandamenti e Comuni (art. 1, L. 23 ottobre 1859 n. 3702), mentre nelle regioni meridionali la suddivisione in 14 province risaliva al decreto Murat del 4 maggio 1811 e come tale era rimasta in prosieguo. Con il procedere quindi delle annessioni, il nuovo Stato si venuto organizzando in circoscrizioni omogenee a livello provinciale, aggiungendo alle originarie province piemontesi e sarde, le sette lombarde, le tre toscane, Parma e Modena, le 17 dellex Stato Pontificio, le 22 del Regno delle due Sicilie, per un totale di 59 allatto dellUnit dItalia. Tale assetto derivato dalla scelta, in qualche modo necessitata, avvenuta quando nel periodo post-unitario il modello austriaco della disciplina differenziata delle autonomie venne scartato a favore del modello franco-piemontese della uniformit, e dunque si scelse di introdurre una disciplina uniforme per ogni e qualsivoglia Comune, a prescindere dallestensione, dalla popolazione, dalle risorse, etc. (1). Da allora sono seguiti testi unici comunali e provinciali unitari ed omogenei (1865, 1889, 1908, 1915, 1934, 2000), con il risultato che quello provinciale risulta di gran lunga il livello territoriale preferito dal potere politico centrale, in quanto pi omogeneo dal punto di vista del territorio e degli interessi che ad esso fanno capo (2). Tuttavia anche giusto dire che forse nessun ente territoriale ha subito e subisce una sorte tanto paradossale quanto quella che spetta alle province italiane. A scadenza pi o meno regolare, infatti vi chi propone labolizione di questo livello istituzionale intermedio ritenuto inutile, titolare di non meglio identificati poteri e competenze, presenza superflua posta tra il ben pi connotato e definito Comune e la assai pi rilevante Regione per labolizione della Provincia non passaggio da poco (3). Ma andiamo con ordine. 2. Il decreto Rattazzi e le leggi postunitarie. La storia della Provincia italiana comincia con un atto di dubbia legittimit. Lo Statuto Albertino demandava alla legge listituzione e i circondari delle province e dei comuni (art. 74), ma gi prima che si compisse formalmente lunit dItalia, e ancor prima della Pace di Zurigo che doveva sancire (1) G. MANFREDI, Riordino delle provincie, in Riv. dir. pubblico, 2012, n. 9. (2) G. PALOMBELLI, Levoluzione delle circoscrizioni provinciali dallUnit dItalia ad oggi, in www.provincia.torino.gov.it 2012. (3) F. FABRIZZI, La Provincia: storia istituzionale dellente locale pi discusso, in Federalismi.it n. 23/2008. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT la cessione della Lombardia alla Francia e da questa al Regno di Sardegna, fu emanato - in forza dei poteri speciali dello stato di guerra - il decreto Rattazzi del 23 ottobre 1859 n. 3702, di riordino territoriale del Regno. Con tale decreto, furono disegnate le nuove province del Regno individuate in: Torino, Cuneo, Novara, Alessandria, Genova, Cagliari, Sassari, Milano, Bergamo, Brescia, Como, Pavia, Cremona, Sondrio (ed altre in terra oltralpe, poi perdute con la cessione del 24 marzo 1860 alla Francia di Nizza e della Savoia: Chambery e Annecy). Siffatto ordinamento preunitario venne esteso, insieme alla restante legislazione piemontese, al Regno dItalia, dopo lunificazione del 1861. Andarono infatti a vuoto i tentativi di approvare ed attuare una revisione complessiva dellordinamento territoriale dello Stato. In particolare, il pacchetto di 4 disegni di legge presentato dal Ministro Minghetti alla Camera, nel marzo del 1861, volto a introdurre un maggiore e pi ampio decentramento amministrativo, a rivendicare la libert provinciale e a valorizzare i consorzi tra Province, si aren nelle secche parlamentari per lostilit di pi parti, per cui fu necessario ripiegare su una disposizione transitoria, che estendeva a tutto il territorio del Regno il decreto Rattazzi, che fin con il rappresentare la prima legge comunale e provinciale dellItalia unita sino a che le nuove leggi organiche di ordinamento amministrativo del Regno siano approvate e poste in vigore (Regio decreto 6 luglio 1861). Alle province del nuovo Regno, come sopra definite, si vennero aggiungendo le nuove province venete, di Mantova, del Friuli-V.G., di Roma e del Lazio e cos via nel tempo. In tutto questo periodo, perci, il numero delle province si accresciuto per annessione, e cos avvenne poi anche per Trento, Trieste e le province istriane e dalmate. La legge di unificazione amministrativa n. 2248 del 1865 segn la c.d. piemontesizzazione dellordinamento, mettendo al centro dello stesso il Prefetto, coadiuvato da un Consiglio di Prefettura e con un Consiglio Provinciale eletto su base mandamentale da un ristretto numero di elettori aventi precisi requisiti, generali e specifici (censo e qualit). Tuttavia al Prefetto sfuggivano varie Amministrazioni periferiche statali (istruzione, fiscale, giustizia, ecc.) e questo lo contraddistingueva dalla figura di riferimento di origine napoleonica. Nemmeno lascesa della Sinistra al potere (1876) cambi le cose, nonostante che De Pretis gi nel discorso di insediamento alla Camera avesse preannunciato lintenzione di promuovere una svolta in senso rappresentativo e democratico negli organi degli Enti locali. Bisogner attendere la riforma Crispi del 1889 (t.u. com. prov. n. 5921/1889) perch fossero introdotti una maggiore autonomia (elettivit del Presidente e del Sindaco) e un allargamento della base elettorale. Nel contempo furono rafforzati i controlli, istituendo la GPA e la IV Sezione del Con siglio di Stato, questa per la tutela degli interessi legittimi rimasti orfani con labolizione degli organi del contenzioso amministrativo. Rimaneva per ancora forte il divario tra Nord e Sud e nel tentativo di superarlo furono approvate varie leggi speciali (come ad es. per Napoli) e si cerc di aggredire lenorme incremento della spesa pubblica locale. Con Giolitti si avr let delloro dei Prefetti, ma anche la municipalizzazione dei servizi pubblici e la trasformazione degli enti locali in enti autarchici, definizione questa che ci porteremo sino alla Costituzione. 3. La svolta autoritaria. Il fascismo non intese mutare la sorte degli Enti locali, ma aument i poteri di controllo dello Stato, abolendo gli organi elettivi di governo e introducendo al loro posto il podest e una Consulta municipale nei comuni (L. n. 237 del 1926) e il preside e il Rettorato nelle province (L. n. 2962 del 1928). Nel contempo, con d.lgs. n. 1 del 1927, si procedette al primo organico riordinamento delle circoscrizioni provinciali, istituendo ex novo 17 nuove province, sopprimendo Caserta (ricostituita nel 1945) e apportando altre minori modifiche, questa volta non per effetto di nuove annessioni, ma dichiaratamente per eliminare alcune incongruenze storico-geografiche dellassetto territoriale amministrativo e per meglio ripartire la popolazione e cercare di frenarne lesodo verso le citt. In questo quadro, il t.u. della finanza locale n. 1175 del 1931 doveva fornire il necessario supporto di risorse, anche autonome, agli enti locali, mentre il nuovo t.u. com. prov. n. 383 del 1934 doveva a sua volta consolidare il meno liberale ordinamento comunale e provinciale, segnato da forti poteri centrali di controllo, sia di legittimit che di merito, sugli atti dei comuni e delle province. Era logico che alla caduta del Regime, uno dei primi atti fosse quello di richiamare in vita le disposizioni sulle istituzioni rappresentative degli E.L., contenute nel precedente t.u. com. prov. n. 148 del 1915 (v. d.lgs.lgt. 7 gennaio 1946 n. 1). 4. LAssemblea costituente e la Costituzione. Ma la vera partita delle Province era destinata a riaprirsi con lAssemblea Costituente, chiamata a ridisegnare lassetto istituzionale dello Stato repubblicano. Subito infatti riprese vigore la vecchia diatriba sulla natura e sulla utilit delle Province. Nella competente sottocommissione del Comitato dei 75 si fronteggiarono le opposte tesi di chi sottolineava larmonicit dellente provincia in tutti i campi (tradizioni, linguaggio, commercio, abitudini di vita, ambiente) e additava il pericolo che la sua abolizione favorisse un accentramento regionale altrettanto opprimente di quello statale e chi riteneva invece che il nuovo ente Regione, organizzato su una unit territoriale pi vasta, fosse pi che sufficiente. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Il 31 gennaio 1947, in plenaria del Comitato, pass il testo che prevedeva che il territorio della Repubblica ripartito in Regioni e Comuni. Le Provincie sono circoscrizioni amministrative di decentramento regionale, ma bastarono pochi mesi perch lAssemblea costituente - sotto la spinta di ragioni storiche e di preoccupazioni sociali - approvasse il diverso testo la Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni, divenuto lart. 114 della Costituzione. La Costituente non provvide a ridisciplinare anche le funzioni dei confermati enti locali e ne rimand la individuazione alle leggi generali della Repubblica, prevedendo nel periodo transitorio il mantenimento di quelle che esercitano attualmente e rinviando alla legge ladeguamento del loro ordinamento (art. VIII e IX disp. trans.). Una sostanziale continuit dunque fin con lo stabilirsi con la storia precedente nonostante le conclamate innovazioni pur presenti nella Carta, quali quelle dellart. 5 (la Repubblica promuove le autonomie locali) e dellart. 128 (le Provincie ed i Comuni sono enti autonomi nellambito dei principi fissati dalle leggi generali della Repubblica). Tutto ancora da decidere perci, cos come sulla figura centrale del Prefetto, che usc indenne dalla riforma ed anzi fin con il rafforzarsi ricollegandosi ai nuovi organi di controllo e coordinamento (art. 124). 5. Le funzioni della Provincia. Le funzioni delle Province e dei Comuni restarono quindi quelle del t.u. del 1934 e analogamente accadde sul versante della finanza locale. Deve perci riconoscersi che il substrato ordinamentale su cui poggia la Costituzione, per quanto riguarda le Province, quello di una articolazione periferica dello Stato, fatta propria nellottica del decentramento amministrativo e istituzionale. Di qui lindubbia doppia natura della Provincia, al contempo articolazione periferica (basta ricordare la GPA) ed ente autonomo, riconosciuta generalmente anche dai pi convinti sostenitori della Provincia (4). la stessa Costituzione che lo dice, allart. VIII disp. transitorie e finali, allorch statuisce che Fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative fra gli enti locali restano alle Provincie ed ai Comuni le funzioni che esercitano attualmente, ossia anzitutto quelle di articolazione amministrativa dello Stato. Da allora, lesigenza di un riordino organico dellordinamento amministrativo (quella che era stata denominata, allindomani dellUnit, come quistione amministrativa) si sempre pi avvertita ed sfociata in vari tentativi di riforma, intrecciati anche a proposte di revisione costituzionale (v. d.d.l. Scelba 1961, d.d.l. Biasini 1977, Commissione Bozzi 1983, Commissione De Mita - Iotti 1992, Commissione bicamerale 1997, ecc.). (4) G. PASTORI, Provincia, in Digesto - Discipline pubblicistiche, UTET, XII, 1997, 201. Non seguiremo nei dettagli tutti questi tentativi abortiti, rimandando allampia letteratura in argomento, ma giova soffermarsi sulle funzioni effettivamente svolte dalla Provincia, spesso tacciate di essere generiche e di poco conto. Allattualit, le Province sono quelle che a partire dal decreto Rattazzi si sono venute riconoscendo dallo Stato e che la Costituzione, non contenendo proprie disposizioni sul punto, ha a propria volta presupposto come province repubblicane, con i caratteri anche di ente autonomo. Alcune di esse (ad es. Sondrio, Cuneo) sono rimaste identiche anche per circoscrizione territoriale a quelle Rattazzi. Le funzioni delle Province, in relazione alle quali autorizzata la spesa, come elencate nellart. 144 del t.u. 1934 n. 383 (sanit e igiene, strade e opere pubbliche di interesse provinciale, scuole e istruzione, agricoltura, assistenza e beneficienza, servizi pubblici intercomunali), sono rimaste sostanzialmente immutate sino alla riforma della L. n. 142 del 1990, poi trasfusa nel t.u. com. prov. n. 267 del 2000, che cos le raggruppa per settori (art. 19): a) difesa del suolo, ambiente e calamit; b) risorse idriche ed energetiche; c) valorizzazione dei beni culturali; d) viabilit e trasporti; e) parchi e riserve naturali; f) caccia e pesca; g) rifiuti; h) istruzione secondaria di 2 grado, artistica, professionale ed edilizia popolare; l) raccolta ed elaborazione dati, oltre ad opere di rilevante interesse provinciale nei settori economico, produttivo, commerciale, turistico, sociale, culturale e sportivo; nonch (art. 20) compiti di programmazione economica, territoriale e ambientale e di concorso al programma di sviluppo regionale. La riforma del 1990 ebbe peraltro il merito di riconoscere agli E.L. la potest di dotarsi di propri statuti, nei quali sono stabilite le norme fondamentali di organizzazione e che costituiscono una esplicazione concreta del principio autonomistico. Importanti anche, sotto questo aspetto, sono le modifiche dei controlli regionali sugli atti, ora limitati alle sole questioni di legittimit (e non pi di merito) e relativi solo agli atti del Consiglio, e lattribuzione formale dellautonomia impositiva e finanziaria, destinata a trovare una prima attuazione con la legge delega n. 142 del 1992 e relativi decreti legislativi, istitutivi di ICI, TARSU, TOSAP, ecc. (n. 504/1992 e n. 507/1993). Ulteriore incremento dellautonomia fu rappresentato dalla successiva L. n. 662 del 1996, che in applicazione del principio di sussidiariet attribu a Province e Comuni anche il potere di regolamentare le proprie entrate e dalla L. n. 265 del 1999 che conferm a tali enti lautonomia normativa, organizzativa, amministrativa e impositiva (5). Ma proprio con la legislazione degli anni 90 spuntava minacciosa, per la prima volta, la figura della Citt metropolitana, destinata a soppiantare pro (5) Su questi temi, v. A. TALLARIDA, Federalismo fiscale e nuova finanza locale, in questa Rass., n. 2 del 2014, pag. 235. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT prio le province pi importanti (Milano, Torino, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, cui la L. n. 42 del 2009 avrebbe aggiunto Reggio Calabria). A questo punto la Provincia non doveva pi difendersi dalla sola concorrenza della Regione, ma doveva fare i conti con questa nuova figura di ente territoriale, anchesso di area vasta, che doveva trovare definitiva consacrazione nel t.u. com. prov. del 2000 n. 267 (artt. 22 e 23) e poi nella riforma del Titolo V. La legge Bassanini, n. 59 del 1997 e i successivi decreti delegati (tra cui il pi importante il n. 112 del 1998) avevano intanto provveduto, a Costituzione invariata, ad un imponente serie di conferimenti a Regioni, Province e Comuni di funzioni e compiti amministrativi in molti settori, segnando linizio di una nuova fase per lAmministrazione pubblica, completata dal nuovo ordinamento del rapporto di pubblico impiego (d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e s.m.). 6. La riforma del Titolo V e la legge La Loggia. La riforma del Titolo V della Costituzione, approvata a maggioranza con la legge cost. n. 3 del 2001, rappresenta un nuovo revival della Provincia, accomunata a Stato, Regioni, Comuni e Citt metropolitane, come componente della Repubblica (art. 114). Essa vede riconosciuta a livello costituzionale lautonomia statutaria (art. 114), la potest regolamentare (art. 117), lautonomia finanziaria di entrata e di spesa e patrimoniale (art. 119), la titolarit di funzioni amministrative fondamentali (art. 117, secondo comma, lett. p), proprie e conferite da Stato o Regione in base ai principi sussidiariet, differenziazione e adeguatezza (art. 118). Un ulteriore punto a vantaggio degli Enti Locali rappresentato dalla prevista istituzione, in ogni regione, di un Consiglio delle autonomie locali (CAL), quale organo statutario di consultazione e di raccordo (art. 123). La legge La Loggia, n. 131 del 2003, di adeguamento dellordinamento della Repubblica alla riforma costituzionale (che non aveva previsto norme transitorie) ha dato delega al Governo per la individuazione delle funzioni fondamentali degli E.L., dettandone i principi e criteri direttivi (art. 2), ha disciplinato la potest normativa di detti enti (regolamentare e statutaria) (art. 4), il conferimento delle funzioni amministrative da parte di Stato e Regioni (art. 7) e il controllo collaborativo della Corte dei Conti (art. 7) ed ha istituito il Rappresentante dello Stato per i rapporti con le Regioni, quasi un plenipotenziario statale in Regione (art. 10). Non ha trovato invece attuazione lart. 11 della riforma che prevedeva la modifica della composizione della Commissione bicamerale per le questioni regionali, allargata ai rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali, quale alternativa alla introduzione di una Camera delle Autonomie, incompatibile con la persistenza del Senato, gi eletto su base regionale (art. 57 Cost.). I problemi lasciati aperti dalla legge cost. n. 3 del 2001 sono stati affrontati da un ddl cost. approvato nel 2005 dal Parlamento a maggioranza ma respinto nella successiva consultazione referendaria. Questo si segnalava per lintroduzione del Senato federale, per la previsione dellesercizio delle funzioni amministrative secondo i principi di leale collaborazione e sussidiariet e per la possibilit per gli Enti locali di promuovere questioni di costituzionalit avanti alla Corte (6). 7. I tentativi di riordino. A partire dalle prime avvisaglie della grave crisi economica, sullonda della polemica sui costi della politica, iniziato un movimento critico volto a sopprimere le Province, avvertite come lanello debole dellorganizzazione della Repubblica. Tornano le argomentazioni di un tempo che sembravano superate (la Provincia ente lontano dai cittadini, ente non identitario, privo di reale rappresentativit e di competenze specifiche, generatore di costi inutili). In attesa di una nuova iniziativa di modifica costituzionale, lattivit di revisione dellassetto provinciale si spostata sul piano della legislazione ordinaria. Cos accanto alle consuete proposte parlamentari di istituzione di nuove province, si sviluppata una forte attivit governativa volta a ridimensionare la Provincia per motivi soprattutto economici o per tali dichiarati. Si sono quindi succeduti a breve distanza due decreti-legge. Il primo d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in l. n. 214 del 2011, ha provveduto ad un riordino delle province con lart. 23, modificandone radicalmente le funzioni (ridotte a solo quelle di indirizzo e coordinamento delle attivit dei Comuni) e gli organi (eliminando la Giunta, prevedendo che il Consiglio fosse composto da non pi di 10 membri eletti dagli organi elettivi dei comuni e disponendo che il Presidente venisse eletto dal Consiglio). Il secondo d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. in l. n. 135 del 2012, a parziale modifica del precedente, ha ripristinato un nucleo essenziale di funzioni, individuate nella pianificazione territoriale, tutela e valorizzazione dellambiente, pianificazione dei servizi di trasporto provinciale e delle strade provinciali, programmazione della rete scolastica, gestione delledilizia delle scuole secondarie di 2 grado, mentre ha mantenuto ferme le modifiche apportate agli organi dal precedente d.l. (art. 17, commi 10, 11, 12). Nel contempo ha previsto una complessa procedura di riordino delle circoscrizioni territoriali delle Province, articolata in: -un DPCM circa i requisiti minimi necessari consistenti in dimensione territoriale e in entit della popolazione (che il DPCM 20 luglio 2012 stabil in 2500 kmq e 350.000 abitanti, salvo alcune deroghe) (6) T. GROPPI, Soppressione delle Province e nuovo Titolo V, in Federalismi.it n. 16/2009. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT - una delibera dei CAL di ogni Regione circa unipotesi di riordino -una proposta regionale di riordino, nel rispetto dei suddetti requisiti -un atto legislativo di iniziativa governativa di complessivo riordino sulla base delle proposte regionali o in difetto previo parere della Conferenza Unificata. Le Regioni a statuto speciale (escluso il Trentino-AA.AA) avrebbero dovuto adeguare i propri ordinamenti alle suddette disposizioni. Latto legislativo si concretizz nel d.l. 5 novembre 2012, n. 188 che, in applicazione dei requisiti stabiliti e in esito alla procedura descritta, individu quali erano le Province delle Regioni a statuto ordinario. Tale decreto non fu mai convertito perch nel frattempo intervenuta la sentenza n. 220 del 2013 della Corte Costituzionale che ha dichiarato lillegittimit dellart. 23, commi da 14 a 20 bis, d.l. n. 201 del 2011 e degli artt. 17 e 18 del d.l. n. 95 del 2012. Secondo la Corte, adita da numerose Regioni, si tratta di una riforma complessiva di una parte del sistema delle autonomie locali, destinata a ripercuotersi sullintero assetto degli enti esponenziali delle comunit territoriali, riconosciuti e garantiti dalla Costituzione (punto 11.3), di cui andava preliminarmente valutata la compatibilit con lo strumento del d.l. alla luce degli artt. 77, 117 e 133 Cost. In esito a tale esame, la Corte ha ritenuto che la trasformazione radicale di un ente locale territoriale non riveste i caratteri di necessit e urgenza che legittimano il ricorso alla decretazione durgenza. Inoltre tale procedura non consente lesplicazione delliniziativa dei Comuni, prevista dallart. 133 Cost. 8. La legge Del Rio e il ddl costituzionale. La situazione tornava quindi al punto di partenza anche se rimanevano in vigore lart. 10 d.l. n. 95 del 2012 sul riassetto dellorganizzazione periferica dello Stato e gli artt. 19 e 20 sulle funzioni fondamentali dei Comuni e sul- lesercizio associato delle stesse. Liniziativa veniva ripresa dal Governo che presentava due disegni di legge, uno costituzionale comprendente la modifica del Titolo V e la soppressione delle Province dal testo costituzionale, laltro di legge ordinaria concernente Province e Citt metropolitana. Il primo stato approvato in prima lettura dal Senato l8 agosto 2014 e ora allesame della Camera (AC 2613). Il secondo divenuto la legge 4 aprile 2014, n. 56, recante Disposizioni sulle citta metropolitane, sulle province, sullunioni e fusioni di comuni, c.d. legge Del Rio, modificata con d.l. 24 giugno 2014, n. 90 (conv. in L. n. 114/2014). Tale legge, oltre a contenere norme sulle elezioni nelle citt metropolitane e nelle province, ne ridetermina le funzioni e gli organi secondo il seguente schema: ORGANI della Citt Metropolitana Sindaco di diritto il Sindaco del comune capoluogo Consiglio metropolitano eletto dai Sindaci e Consiglieri comunali tra loro stessi (salvo elezione diretta anche del Sindaco per statuto ex art. 1 comma 22) Conferenza metropolitana composta da tutti i Sindaci FUNZIONI Le funzioni fondamentali delle Province Piano strategico triennale del territorio metropolitano Pianificazione territoriale generale Sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici Mobilit e viabilit Promozione dello sviluppo economico e sociale Sistemi di informatizzazione e digitalizzazione del territorio Ulteriori funzioni conferite ex art. 118 Cost. ORGANI della PROVINCIA Presidente eletto dai sindaci e consiglieri comunali tra i sindaci con mandato di almeno 18 mesi Consiglio provinciale eletto dai sindaci e consiglieri comunali tra i medesimi Assemblea dei sindaci composta da tutti i sindaci FUNZIONI Pianificazione territoriale e ambiente Pianificazione trasporti e costruzione e gestione strade provinciali Programmazione rete scolastica Raccolta ed elaborazione dati Gestione edilizia scolastica Pari opportunit in ambito occupazionale Cura sviluppo strategico del territorio e gestione servizi associati e delle relazioni istituzionali Stazione appaltante e ulteriori funzioni conferite ex art. 118 Cost. Come si vede, si tratta di organi che costituiscono emanazione dei Comuni stessi, nominati con elezioni di secondo livello, salvo diversa disposizione statutaria per la Citt metropolitana che preveda lelezione diretta del Sindaco e del Consiglio. Il territorio di questa coincide con quello della Provincia omonima, salvo adesione di altri comuni limitrofi ex art. 133 Cost., previo parere della Regione. La Citt metropolitana succede a titolo universale alla Provincia cui subentra in tutti i rapporti attivi e passivi concernenti il patrimonio, le risorse LEGISLAZIONE ED ATTUALIT strumentali, il personale e le entrate. Per le esigenze di EXPO 2015, la Regione Lombardia a subentrare in tutte le partecipazioni azionarie di controllo detenute dalla Provincia di Milano nelle societ che operano per la realizzazione dellEsposizione Universale. Tutte queste disposizioni sono espressamente adottate in attesa della riforma del Titolo V parte II della Costituzione e delle relative norme di attuazione (art. 1, c. 51). Peraltro, proprio la ridotta rappresentativit degli organi di governo di tali enti ha fatto oggetto di ricorso della Regione Veneto alla Corte Costituzionale contro la legge n. 56/2014, deducendo la violazione degli artt. 114, 117, 138 Cost., perch sarebbe stata trasformata la Provincia facendo venir meno la natura di ente esponenziale della collettivit territoriale e ledendo gli standard minimi di rappresentativit e democraticit della stessa, oltre a numerose altre violazioni della Costituzione (artt. 1, 3, 5, 48, 118, 133). La dotazione organica di citt metropolitane e province stabilita in misura percentuale ridotta, tenuto conto del riordino delle funzioni, con conseguente previsione di procedure di mobilit del personale interessato (art. 1, commi 421-429, l. 23 dicembre 2014 n. 190, legge di stabilit 2015). 9. Conclusioni aperte. Quali conclusioni trarre da questa lunga storia e quali le prospettive oggi della Provincia? indubbio che vi sia una forte spinta del Governo per labolizione dellistituto della Provincia, testimoniato dalle iniziative messe in atto e dalla riforma costituzionale in itinere, motivate dallintento di ridurre i costi della politica e da esigenze di semplificazione amministrativa. Peraltro occorre anzitutto domandarsi se questo sia lunico modo o il pi idoneo per raggiungere i suddetti obiettivi o se non sarebbe prioritario mettere ordine nel sistema regionale, afflitto da analoghi problemi, magari ripensando alla loro articolazione sul territorio o al loro accorpamento. Tanto pi che la mera eliminazione dei corpi intermedi si rivelata spesso, in vari campi, scelta non sempre felice n risolutiva (7). In ogni caso, anche una volta approvata la riforma costituzionale, questa non appare esaustiva, limitandosi ad eliminare le Province dal testo della Costituzione, senza sopprimerle formalmente, per cui nulla osterebbe ad una loro sopravvivenza sulla base della legislazione ordinaria vigente, n mancano esempi di enti territoriali anche rappresentativi non garantiti costituzionalmente (ad es. Comunit montane). Sar dunque necessario comunque un intervento attuativo del Legislatore per sopprimere le attuali province e regolarne la successione. (7) G. DE RITA, Non demonizzare i corpi intermedi, in Corriere della sera, 16 novembre 2014, pag. 1. Infine, la definitiva eliminazione delle Province dal panorama italiano, al di l della formale presa di posizione della attuale politica, non sembra corrispondere al comune sentire della collettivit, ancora molto legata al suo particulare, alle sue tradizioni, ai suoi riti quotidiani. Ha affermato ironicamente di recente un scrittore e insegnante, a margine della polemica sullabolizione delle province: io mi sento proprio provinciale nella particolare accezione del termine e cio un attardato culturalmente e periferico, per concludere, dopo una breve disamina della letteratura italiana da Dante a Pasolini, che Mass! Aboliamole tutte ste Province! Meno la mia (8). Il tutto senza contare possibili colpi di scena da parte della Corte Costituzionale. Forse non siamo ancora allatto finale. (8) A. BANDA, Letteratura e vita provinciale, in Doppiozero.com 6.9.2012. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Mansioni nel pubblico impiego: assegnazione, svolgimento di fatto di mansioni superiori e demansionamento Laura Raineri* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Evoluzione storico-normativa del rapporto di pubblico impiego e della disciplina delle mansioni nel rapporto di pubblico impiego - 3. Assegnazione di mansioni nel pubblico impiego e lo ius variandi del datore di lavoro pubblico nellattuale sistema normativo - 3.1 Assegnazione di diritto di mansioni superiori - 4. Assegnazioni di fatto di mansioni superiori - 4.1 Lorientamento della giurisprudenza amministrativa, costituzionale e civile in tema di svolgimento di fatto di mansioni superiori da parte del pubblico dipendente - 5. Demansionamento - 6. Sindacato del Giudice del lavoro e onere della prova delle parti. 1. Premessa. Nell'ambito del generale processo di ammodernamento della pubblica amministrazione, il settore del pubblico impiego stato interessato da una graduale evoluzione normativa, culminata in quella che comunemente viene definita "privatizzazione del pubblico impiego", nel corso della quale si sono progressivamente ridotte le distanze tra impiego pubblico e impiego privato. Tuttavia, date le peculiarit relative alla natura pubblica del datore di lavoro (condizionato, nell'organizzazione del lavoro, da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilit finanziaria delle risorse) nonch la duplice posizione rivestita dai pubblici dipendenti (1), non possibile una totale identificazione tra i due sistemi. Invero, se i rapporti di lavoro pubblico (ad eccezione del personale in regime di diritto pubblico, art. 3 d.lgs n. 165/2001) sono in linea generale disciplinati dalle disposizioni del codice civile e dallo statuto dei lavoratori (fatte salve le diverse disposizioni contenute nel d.lgs n. 165/2001, art. 2 comma 2 d.lgs cit.) e dalla contrattazione sia sul piano individuale (art. 2 comma 3 d.lgs cit.) che su quello collettivo (art. 40 d.lgs n. 165/2001) - restano assoggettati alla disciplina pubblicistica gli organi, gli uffici, i principi fondamentali del (*) Avvocato dello Stato. Il presente studio la relazione presentata dalla Autrice ad un incontro-laboratorio - tenutosi presso la Biblioteca del Tribunale di Catania, Venerd 13 febbraio 2015 - organizzato dalla struttura territoriale di formazione decentrata della Scuola Superiore della Magistratura. (1) Secondo la dottrina tradizionale la posizione dei pubblici impiegati caratterizzata da un duplice profilo: da un lato essi sono incardinati nella struttura organica configurandosi come veri e propri organi dell'amministrazione, esprimendone all'esterno la volont e realizzandone i fini istituzionali (rapporto organico o di ufficio), dall'altro sono legati al soggetto pubblico da un rapporto di lavoro comportante diritti e obblighi analoghi a quelli che scaturiscono dal rapporto di lavoro privato (rapporto di servizio). F. CARINGELLA, Il diritto amministrativo, Napoli, 2006. l'organizzazione, i procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro, la determinazione delle dotazioni organiche (art. art. 2, comma 1 d.lgs cit.). All'interno di tale sistema, la disciplina delle mansioni nel pubblico impiego (art. 52 d.lgs n. 165/2001) fa parte proprio delle "diverse disposizioni" (art. 2 comma 2 d.lgs n. 165/2001) che derogano all'applicazione della normativa civilistica ai rapporti di pubblico impiego e ha costituito - da sempre - uno dei profili di maggiore diversificazione tra impiego pubblico e impiego privato. La presente relazione si propone di analizzare le diversit e le analogie che i due sistemi (pubblico e privato) registrano in ordine a detta comune tematica ed a tal fine opportuno ripercorrere le tappe fondamentali dell'evoluzione storico-normativa della disciplina del rapporto di pubblico impiego. 2. Evoluzione storico-normativa del rapporto di pubblico impiego e della disciplina delle mansioni nel rapporto di pubblico impiego. In passato il pubblico impiego presentava i caratteri di vero e proprio ordinamento speciale e la posizione del pubblico impiegato era caratterizzata dallassoluta priorit dellinquadramento formale rispetto alle mansioni effettivamente svolte. In dettaglio, il D.P.R. n. 3/1957 contenete il Testo unico degli impiegati civili dello Stato prevedeva linquadramento del personale civile in quattro carriere gerarchicamente organizzate (direttiva, di concetto, esecutiva ed ausiliaria), nellambito delle quali era prevista una scala di qualifiche con mansioni diverse (cui si accedeva per la prima volta tramite concorso e, successivamente, tramite promozione). Lart. 31 (2) del predetto D.P.R. affermava il diritto dell'impiegato allesercizio di funzioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza ed, in particolare, il terzo comma attribuiva allAmministrazione la facolt, seppur temporaneamente e per sopravvenute esigenze di servizio, di destinare il pubblico dipendente a mansioni proprie di altra qualifica, indipendentemente dalla posizione rivestita, purch nellambito della carriera di appartenenza. In tal modo veniva garantito il diritto dellimpiegato dello Stato a svolgere le mansioni della qualifica rivestita (che costituiva una sorta di status giuridico del dipendente), consentendogli di pretendere la cessazione dell'applicazione a diverse mansioni, ma dall'esercizio di fatto di mansioni superiori non derivava alcun diritto ad un trattamento economico diverso da quello corrispondente alla qualifica rivestita. Detto eccessivo formalismo veniva solo in parte superato con la legge n. 312/1980 in tema di nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile (2) Art. 31 Limpiegato ha diritto allesercizio delle funzioni inerenti alla sua qualifica e non pu essere privato del suo ufficio, tranne che nei casi previsti dalla legge. Pu essere destinato a qualunque altra funzione purch corrispondente alla qualifica che riveste e al ruolo cui appartiene. Quando speciali esigenze di servizio lo richiedano, limpiegato pu temporaneamente essere destinato a mansioni di altra qualifica della stessa carriera. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT e militare dello Stato, nonch con gli art. 17 e 18 della legge n. 93/1983 (legge quadro sul pubblico impiego), con cui veniva istituito il sistema delle qualifiche funzionali, correlate alla qualit della prestazione e al grado di responsabilit dei dipendenti e, allinterno delle qualifiche, venivano istituiti i profili professionali fondati sulla tipologia della prestazione lavorativa (espressivi, quindi, delle mansioni in concreto espletate). Tuttavia, il nuovo criterio legale, nonostante la finalit di attribuire maggiore flessibilit al sistema di inquadramento professionale, non raggiungeva i risultati auspicati, atteso che l'inquadramento dei dipendenti continuava ad essere affidato ad una regolamentazione legislativa totalmente indifferente alle concrete mansioni svolte dal dipendente. Successivamente, la materia del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni stata caratterizzata da una prima privatizzazione del pubblico impiego, attuata con il d.lgs n. 29/1993, con il quale stata operata unampia delegificazione in favore della contrattazione collettiva quale fonte della disciplina del rapporto di lavoro e da una seconda privatizzazione avviata con il d.lgs n. 80/1998 che ha inciso sul versante giurisdizionale, ovvero con la devoluzione del contenzioso in tema di pubblico impiego dal giudice amministrativo al giudice ordinario a partire dal 1 luglio 1998 (fatta eccezione per le categorie in regime di diritto pubblico di cui allart. 3 d.lgs cit.). Il dato differenziale rispetto al precedente sistema stato rappresentato dal superamento della precedente rigida ed analitica ripartizione del personale in qualifiche funzionali e dalla costituzione di aree o categorie comprensive di pi profili e pi livelli retributivi; si assistito quindi al passaggio dalla precedente prospettiva, ancorata alla qualifica di appartenenza, ovvero ad un dato puramente formale, ad un criterio concreto ed empirico, quale quello strettamente mansionistico. In particolare, con il d.lgs. n. 29 del 1993 stata riscritta ex novo la disciplina delle mansioni e nel nuovo sistema il tradizionale primato della qualifica sulle mansioni ha subito una graduale modifica poich, analogamente al settore privato, la prima divenuta criterio di base per la determinazione delle seconde, e quest'ultime hanno acquisito una propria tipicit, elevandosi a oggetto immediato e specifico dell'obbligazione lavorativa. Tuttavia la disciplina della mansioni superiori di cui allart. 56 d.lgs n. 29/1993 (3) e cit. prevedeva lirrilevanza, per il pubblico impiegato, dello svol (3) Art. 56 d.lgs n. 29/1993 Mansioni "1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni proprie della qualifica di appartenenza, nelle quali rientra comunque lo svolgimento di compiti complementari e strumentali al perseguimento degli obiettivi di lavoro. 2. Il dipendente pu essere adibito a svolgere compiti specifici non prevalenti della qualifica superiore, ovvero, occasionalmente e ove possibile con criteri di rotazione, compiti o mansioni immediatamente inferiori, se richiesto dal dirigente dell'unit organizzativa cui addetto, senza che ci comporti alcuna variazione del trattamento economico". Art. 57 d.lgs n. 29/1993 Attribuzione temporanea di mansioni superiori "1.L'utilizzazione del dipendente gimento di mansioni superiori, e ci sia sotto il profilo economico che al fine dellinquadramento nella superiore qualifica rivestita; il successivo art. 57 prevedeva alcune ipotesi di assegnazione temporanea di mansioni superiori con diritto del dipendente al trattamento economico corrispondente allattivit svolta per il periodo di espletamento delle medesime. La nuova disciplina dellattribuzione temporanea di mansioni superiori di cui allart. 57 del d.lgs n. 29/1993 veniva per abrogata dallart. 43 d.lgs n. 80/1998 senza avere avuto mai applicazione (essendo stata la sua operativit pi volte differita dalla legge prima dellabrogazione e da ultimo sino al 31 dicembre 1998); la materia rimasta disciplinata dallart. 56 d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del d.lgs n. 80/1998 (4), che ha previsto che "1. Il in mansioni superiori pu essere disposta esclusivamente per un periodo non eccedente i tre mesi, nel caso di vacanze di posti di organico, ovvero per sostituire altro dipendente durante il periodo di assenza con diritto alla conservazione del posto, escluso il periodo del congedo ordinario, sempre che ricorrano esigenze di servizio. 2. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori, il dipendente ha diritto al trattamento economico corrispondente all'attivit svolta per il periodo di espletamento delle medesime. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, in deroga all'articolo 2103 del codice civile l'esercizio temporaneo di mansioni superiori non attribuisce il diritto all'assegnazione definitiva delle stesse. 3. L'assegnazione alle mansioni superiori disposta sotto la propria responsabilit disciplinare e patrimoniale dal dirigente preposto all'unit organizzativa presso cui il dipendente presta servizio, anche se in posizione di fuori ruolo o comando, con provvedimento motivato. Qualora l'utilizzazione del dipendente per lo svolgimento di mansioni superiori sia disposta per sopperire a vacanze dei posti di organico, contestualmente alla data in cui il dipendente assegnato alle predette mansioni devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti. 4. Non costituisce esercizio di mansioni superiori l'attribuzione di alcuni soltanto dei compiti propri delle mansioni stesse, disposta ai sensi dell'articolo 56, comma 2. 5. In deroga a quanto previsto dal comma 1, gli incarichi di presidenza di istituto secondario e di direzione dei conservatori e delle accademie restano disciplinati dalla L. 14 agosto 1971, n. 821, e dall'art. 3, terzo comma, del R.D.L. 2 dicembre 1935, n. 2081, convertito dalla L. 16 marzo 1936, n. 498". (4) Art. 56 d.lgs n. 29 del 1993, come mod. dall'art. 25 del d.lgs n. 80/1998 "1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione. 2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro pu essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore: a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non pi di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4; b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata dell'assenza. 3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni. 4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti. 5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave. 6. Le disposizioni del LEGISLAZIONE ED ATTUALIT prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive" (comma 1) e la retribuibilit dello svolgimento di mansioni superiori (sia di diritto che di fatto), rinviandone tuttavia lattuazione alla nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza ivi stabilita, disponendo espressamente che Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza pu comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore (cfr. art. 56, comma 6 d.lgs n. 29/93). Il concetto di equivalenza entrato, cos, a far parte della normativa del lavoro pubblico sugli inquadramenti e la legittimit dell'esercizio orizzontale dello ius variandi stata subordinata al rispetto del parametro di equivalenza delle nuove mansioni con quelle definite come tali dalla classificazione professionale prevista dai contratti collettivi . Il compito di stabilire i parametri dell'equivalenza professionale stato conferito alle parti sociali, che, sulla base dell'esperienza effettiva, erano in grado di attribuire meglio il giusto valore alle mansioni, determinando gruppi professionali omogenei (per professionalit e compiti). Levoluzione normativa proseguita con la modifica apportata dallart. 15 del d.lgs n. 387/1998 che, nellomettere al comma 6, ultimo periodo, il riferimento alle parole differenze retributive, ne ha per la prima volta sancito il riconoscimento. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione predetta disposizione, nel sopprimere il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori nel pubblico impiego privatizzato, avrebbe una portata interpretativa e retroattiva, atteso che la modifica del comma sesto ultimo periodo disposta dalla norma integra una disposizione di carattere transitorio e non essendo formulata in termini atemporali, come avviene per le norme ordinarie, ma con riferimento alla data ultima di applicazione della norma stessa e quindi in modo idoneo ad incidere sulla regolamentazione applicabile allintero periodo transitorio; la portata retroattiva della disposizione risulta peraltro conforme alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha ritenuto lapplicabilit anche nel pubblico impiego dellart. 36 Cost., nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione pro- presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza pu comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore. porzionale alla quantit e qualit del lavoro prestato, nonch alla conseguente intenzione del legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali (cfr. ex multis, Cass. civ., sez. lav., 8 gennaio 2004 n. 91, Cass. civ., sez. lav., 23 febbraio 2010 n. 4382, Cass. civ., sez. VI, ordinanza 6 giugno 2011 n. 12193). Diversamente, la giurisprudenza amministrativa stata sempre costante nel ritenere che il diritto del dipendente pubblico, che abbia svolto mansioni superiori, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore, pu essere riconosciuto con carattere di generalit soltanto a far tempo dal 22 novembre 1998, data di entrata in vigore dellart. 15 del d.lgs n. 387/1998 e non spiega efficacia su situazioni pregresse, stante il carattere innovativo delle disposizioni introdotte con detta norma (v. Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 2000 n. 10, Cons. Stato, Ad. Plen., n. 3 del 2006; Cons. di St., sez. IV, sent. n. 4165 del 30 giugno 2010, Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2014 n. 5737); stato altres affermato che la norma non possa trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, quale espressione dellart. 36 della Cost., concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli degli artt. 97 e 98 della Costituzione, in quanto, relativamente al primo lesercizio di mansioni superiori si porrebbe in contrasto con il buon andamento e limparzialit dellAmministrazione, nonch con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilit proprie dei pubblici impiegati; mentre relativamente allart. 98 si deve ricordare che tale norma, nel disporre i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio (Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2012 n. 3109, Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2014 n. 5737). Infine, il processo di avvicinamento del lavoro pubblico a quello privato si concluso con lentrata in vigore del testo unico in materia di pubblico impiego d.lgs n. 165/2001 recante norme generali sullordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, che ha riorganizzato le precedenti disposizioni in un testo contenente norme con valore generale nellambito del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione. In sostanza il d.lgs n. 165/2001 costituisce la fonte primaria dello statuto del pubblico impiego, sia per lo Stato che per le amministrazioni pubbliche in genere (comprese quelle territoriali). Ai sensi dellart. 2 comma 2 d.lgs 165/2001 I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilit sia limitata ai dipendenti delle ammini LEGISLAZIONE ED ATTUALIT strazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ci sia espressamente previsto dalla legge. Come gi anticipato, il nucleo precettivo della disposizione riportata sta nellestendere al rapporto di p.i. tutto il coacervo di norme applicabili allimpiego privato, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto. Tra queste ultime diverse disposizioni, si colloca sia lart. 19 del d.lgs n. 165/2001 che nel dettare la disciplina delle mansioni per i dirigenti pubblici esclude espressamente, al comma 1, lapplicabilit dellart. 2103 c.c. al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi, sia lart. 52 del d.lgs n. 165/2001 (5) che detta la disciplina delle mansioni per il restante (5) Art. 52 d.lgs 165/2001 "1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o alle mansioni equivalenti nell'ambito dell'area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all'articolo 35 comma 1, lettera a). L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione. 1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. Le progressioni all'interno della stessa area avvengono secondo principi di selettivit, in funzione delle qualit culturali e professionali, dell'attivit svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l'attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilit per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell'attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l'accesso all'area superiore. 2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro pu essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore: a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non pi di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4; b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata dell'assenza. 3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni. 4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti. 5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave. 6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, pu comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore". personale pubblico, integralmente recependo il disposto dellart. 56 del d.lgs n. 29/1993, novellato dallart. 25 del d.lgs. n. 80/1998, a sua volta modificato dallart. 15 del d.lgs n. 387/1998. Dunque, nel sistema delle fonti di disciplina dei rapporti di pubblico impiego, la disciplina delle mansioni nel pubblico impiego esclude in radice lapplicabilit dellart. 2103 c.c. (6), come modificato dallart. 13 della legge n. 300/1970, applicabile ai soli rapporti di lavoro privato. Da ultimo, sono intervenute due modifiche: la prima ad opera del d.lgs n. 150/2009 (c.d. legge Brunetta), che ha riscritto il primo comma ed inserito i commi 1 bis e 1 ter, mentre la seconda con il D.P.R. 16 aprile 2013 n. 70, che ha soppresso il comma 1 ter. La riforma del 2009 stata finalizzata all'ottimizzazione della produttivit del lavoro pubblico e all'efficienza della pubblica amministrazione, con l'obiettivo di trasferire nel sistema del lavoro pubblico alcuni meccanismi di stampo squisitamente imprenditoriale, quali la meritocrazia, la premialit e la trasparenza, funzionali alla creazione di strutture organizzative efficienti, competitive e flessibili. Invero, sebbene la realizzazione di detti obiettivi non rappresenti, nel settore pubblico, la condicio sine qua non per continuare ad operare nel mercato (come avviene, invece, nel settore privato), tuttavia costituisce indubbiamente l'attuazione dei doveri istituzionali di efficienza e di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione. 3. Assegnazione di mansioni nel pubblico impiego e lo ius variandi del datore di lavoro pubblico nellattuale sistema normativo. La norma di cui allart. 52 d.lgs n.165/2001 sancisce il diritto del lavoratore ad essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o alle mansioni equivalenti nellambito dellarea di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all'articolo 35 comma 1, lettera a). Rispetto alla versione precedente con le modifiche apportate dal d.lgs n. 150/2009 (c.d. decreto Brunetta) venuto meno il riferimento alle mansioni considerate equivalenti nellambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi: il legislatore ha riscritto il tal modo i confini per (6) Art. 2103 c.c." Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attivit svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non pu essere trasferito da una unit produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario nullo". LEGISLAZIONE ED ATTUALIT l'esercizio legittimo dello ius variandi datoriale nella mobilit orizzontale e mentre in precedenza condizione necessaria e sufficiente per ritenere equivalenti le mansioni era la previsione in tal senso dei contratti collettivi, oggi nella nuova disciplina legale si individuano le mansioni equivalenti nell'ambito "dell'area di inquadramento". Tuttavia, anche se stato eliminato il riferimento ai contratti collettivi, quale parametro per operare il giudizio di equivalenza, il rinvio resta implicito, poich le aree di inquadramento non sono altro che il sistema di classificazione del personale pubblico e sono pur sempre definite dalla contrattazione collettiva; del resto la declaratoria dell'area professionale serve a individuare le mansioni che in concreto il dipendente pubblico tenuto a svolgere, delimitando il concetto di equivalenza previsto dalla stessa norma. Invero, i contratti collettivi vigenti che dettano la disciplina della classificazione del personale dei vari comparti (peraltro quasi tutti stipulati precedentemente lentrata in vigore del d.lgs n. 150 del 2009) contengono disposizioni che rilevano in tema di giudizio di equivalenza (7). Invero, appare innegabile che nel settore pubblico il legislatore, rinviando alla contrattazione collettiva (art. 52 T.U. versione originaria) o, comunque, allarea (contrattuale) di inquadramento (art. 52 T.U. versione novellata) ha inteso (nel primo caso esplicitamente, mentre nel secondo caso implicitamente) rendere la fonte contrattuale sovrana nel valutare lequivalenza professionale nellambito dei livelli di inquadramento, sottraendo al Giudice il ruolo di primo piano che riveste nel settore privato, quale unico soggetto chiamato a sindacare il legittimo esercizio dello ius variandi (8). Ne consegue che, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, nel lavoro pubblico lindagine giudiziale circoscritta allaccertamento oggettivo della riconducibilit, sulla base delle previsioni collettive, delle nuove e precedenti mansioni alla medesima area di inquadramento, senza alcun rilievo per la professionalit acquisita dal dipendente. (7) Cosi il CCNL comparto Ministeri 2006/2009, lart. 6 ccnl Enti Pubblici non economici 2006/09, lart. 6 ccnl Presidenza Consiglio Ministri 2006/09 prevedono che ai sensi dellart. 52 del d.lgs n. 165/2001 ogni dipendente tenuto a svolgere tutte le mansioni considerate equivalenti allinterno dellarea; lart. 47 cccnl scuola 2006/2009 personale ATA opera un riferimento alle attivit e mansioni espressamente previste dallarea di appartenenza. Si distingue il comparto Sanit, nel quale il ccnl 2006/2009 si discosta dagli altri contratti collettivi perch delinea un modello tutto particolare in cui le quattro categorie formali in cui classificato il personale sono determinate sulla base di declaratorie afferenti alla competenza richiesta per svolgere i compiti pertinenti a ciascuna di esse e i profili professionali raggruppati in ciascuna di esse dettano poi le mansioni corrispondenti. In tale modello il profilo diviene l'asse portante della classificazione, dal momento che "ogni dipendente inquadrato nella corrispondente categoria... in base al profilo di appartenenza". (8) LISO, Autonomia Collettiva e occupazione, in DLRI, 1998, 256; CAMPANELLA, Mansioni e ius variandi nel lavoro pubblico, in Rivista Lavoro nelle p.a., 1999, 64; FIORILLO, Commento all'art. 56, cit., 1932; CAPONETTI, Le mansioni nel pubblico impiego, LPO, 2006, 451; MARTA VENDRAMIN, Lavoro nelle p.a., fasc. 6, 2009, pag. 997. Trattasi del principio di equivalenza formale delle mansioni nel pubblico impiego che rappresenta la pi significativa differenza con la disciplina fissata per i rapporti di lavoro privati dallart. 2103 c.c. Ed invero, mentre l'art. 2103 c.c., attribuendo rilievo a un dato empirico (le mansioni di fatto e da ultimo espletate, ovvero la professionalit acquisita), valorizza una nozione sostanziale di equivalenza (che pu ritenersi sussistente solo se le nuove mansioni consentono la conservazione, lo sviluppo e l'arricchimento del bagaglio professionale del dipendente), lart. 52, comma 1 del d.lgs 165/2001, nel sancire il diritto del dipendente pubblico ad essere adibito alle mansioni per cui stato assunto o ad altre equivalenti, ha recepito un concetto di equivalenza formale, risultante dal contratto o dalle progressioni verticali ed indipendente dalla professionalit acquisita dal dipendente. In definitiva, ai fini del giudizio di equivalenza nel P.I. il confronto non deve essere condotto con le mansioni ultime effettivamente svolte, come previsto dallart. 2103 c.c., bens con quelle equivalenti nellarea di inquadramento. Sotto tale profilo il giudizio di equivalenza rappresenta prima che unindagine di fatto (come avviene per il settore privato) (9) un giudizio di interpretazione di norme contrattuali. Pertanto, nel sistema di disciplina delle mansioni nel pubblico impiego, la funzione della contrattazione collettiva rimane molto pi incidente rispetto a quella svolta nel settore privato e si traduce in un limite ai poteri del Giudice del Lavoro, che - secondo l'impostazione prevalente - non pu sindacare n la corrispondenza delle nuove mansioni al tipo di professionalit proprio di quelle precedenti, n le previsioni della contrattazione collettiva relative allequivalenza formale delle mansioni stesse, con la conseguenza che condizione necessaria e sufficiente affinch le mansioni possano essere considerate equivalenti la mera previsione in tal senso della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalit acquisita (Cass. civ., sez. lav. 23 ottobre 2014 n. 22535, nonch Cass. 11 maggio 2010 n. 11405, Cass. 21 maggio 2009 n. 11835, Cass. 5 agosto 2010 n. 182839 ivi richiamate; Cass. sez. un. n. 8740 del 2008). Peraltro, stato osservato che la devoluzione alla contrattazione collettiva della competenza in tema di determinazione dell'equivalenza, se da un lato presenta il vantaggio di ancorare la mobilit orizzontale alle valutazioni concrete delle parti sociali, si infrange al cospetto di inquadramenti ampi e generici (9) Nella prassi prevalente nel settore privato la verifica viene condotta "caso per caso" sulla base di una doppia chiave: quella oggettiva, diretta a verificare l'identit tra il livello di inquadramento tra le vecchie e le nuove mansioni e quella soggettiva, diretta a saggiare l'attitudine delle nuove mansioni a non svilire o, in alcuni casi ad accrescere il patrimonio professionale del lavoratore. Sul punto MARTA VENDRAMIN, Lavoro nelle p.a., fasc. 6, 2009, pag. 997, che richiama GARILLI, BELLAVISTA, Innovazioni tecnologiche e statuto dei lavoratori: limiti al potere dell'imprenditore fra tutela individuale e collettiva in QL, 1989, 6, 176. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT che si dimostrano del tutto impermeabili alla tutela e (valorizzazione) della reale professionalit del lavoratore (10). Per arginare detto rischio una parte della dottrina (11) ha rilevato che la disposizione di cui all' art. 52 T.U. (nel testo precedente il d.lgs n. 150/2009) non era riferita alle mansioni "considerate equivalenti dalla contrattazione collettiva" bens "alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della qualificazione prevista nei contratti collettivi", limitandosi a fissare un limite esterno, rappresentato dalle aree tracciate dai contratti collettivi, oltre il quale, certamente, non pu esservi equivalenza, ma entro il quale non pu darsi per scontato che tutte le mansioni siano equivalenti, con la conseguenza che il lavoratore non possa essere spostato indiscriminatamente da una mansione ad un'altra senza margini di sindacabilit della scelta datoriale da parte del Giudice del Lavoro. La questione dell'interpretazione (in senso assoluto o in senso relativo) della riserva contenuta nell'art. 52 T.U. si ripropone anche alla luce dell'attuale versione, come mod. dal d.lgs n. 150/2009, secondo cui "il prestatore deve essere adibito alle mansioni ... equivalenti nell'ambito dell'area di inquadramento". Come stato osservato (12), l'orientamento da ultimo esposto , per, destinato a scontrasi con il problema relativo all'individuazione dell'elemento in relazione al quale il giudice possa accertare in concreto l'equivalenza. Infatti, mentre nel settore privato il parametro dell'equivalenza rappresentato dalle mansioni "ultime effettivamente svolte", in un'ottica di protezione dell'esperienza professionale del lavoratore, nel lavoro pubblico manca analogo riferimento, con la conseguenza che, anche a voler ammettere un intervento giudiziale di controllo dell'equivalenza, si dovrebbe escludere che, ai fini dello stesso, il Giudice possa tener conto del reale percorso professionale del lavoratore, dovendosi basare esclusivamente sulla gamma di mansioni previste dal contratto collettivo. In ogni caso, nella risoluzione dei casi concreti appare imprescindibile che linterprete operi un delicato bilanciamento tra esigenze contrapposte, quali quelle di assicurare da un lato - nello spirito della riforma operata dalla legge Brunetta - la flessibilit e la mobilit nella gestione delle risorse umane ai fini di migliorare lefficienza dellAmministrazione, nonch quella di rispettare dallaltro lato le istanze di delegificazione e contrattualizzazione che restano comunque sottese alla logica di cui allart. 52. Sotto altro profilo, alla luce dell'attuale versione dell'art. 52, si pone il problema della rilevanza delle previsioni dei CCNL (peraltro quasi tutti stipulati precedentemente lentrata in vigore del d.lgs n. 150 del 2009) nel senso della (10) MARTA VENDRAMIN, Lavoro nelle p.a., fasc. 6, 2009, pag. 997 che sul punto richiama GRAGNOLI, Le qualifiche dei nuovi contratti: il reinquadramento e la fase transitoria, in Rivista, 1999, 109. (11) CURZIO, Pubblico Impiego, sospensioni, congedi, aspettative, mutamenti di mansioni, pro- mozioni, in D&L, 2002, I. 264. (12) MARTA VENDRAMIN, Lavoro nelle p.a., fasc. 6, 2009, pag. 997. possibilit di restringere in quale maniera l'ambito in cui pu esercitarsi lo ius variandi del datore di lavoro pubblico (vale a dire l'intera area di inquadramento). Ad esempio, il sistema classificatorio del C.C.N.L. comparto ministeri 2006-2009 introduce un modello di classificazione del personale c.d. generico, improntato a criteri di flessibilit, articolato in tre aree (denominate A, B, C), individuate attraverso le declaratorie che descrivono linsieme dei requisiti indispensabili per linquadramento nellarea medesima e che corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacit necessarie per lespletamento di una vasta e diversificata gamma di attivit lavorative, secondo quanto previsto dallallegato A del presente CCNL (art. 6 n. 2). Allinterno di ogni singola area sono poi inseriti i diversi profili professionali, che secondo i settori di attivit, definiscono i contenuti tecnici della prestazione lavorativa e le attribuzioni proprie del dipendente (art. 6 n. 4). Per ciascun profilo, in relazione allarricchimento professionale conseguito dai dipendenti nello svolgimento della propria attivit, viene individuato un sistema di progressioni economiche, che si attua mediante lattribuzione di successive fasce retributive (art. 6 n. 8). L'art. 6 n. 5 CCNL cit. prevede che "Ai sensi dellart. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, ogni dipendente tenuto a svolgere le mansioni considerate professionalmente equivalenti allinterno dellarea, fatte salve quelle per il cui espletamento siano richieste specifiche abilitazioni professionali. Ogni dipendente tenuto, altres, a svolgere tutte le attivit strumentali e complementari a quelle inerenti allo specifico profilo attribuito". In definitiva, rispetto al precedente C.C.N.L. del 16 febbraio 1999 sono stati chiariti i rapporti il profilo professionale ed il livello economico (mentre il CCNL 1998-2001 non distingueva i due concetti perch divideva le aree in posizioni economiche formulate in chiave soggettiva, con riferimento al grado di conoscenze, capacit e autonomia) ed stata prevista lindividuazione delle mansioni in maniera pi ampia, ovvero non per singole posizioni, bens per aree funzionali (ad. es. larea seconda comprende le ex posizioni B1, B2, B3), allinterno delle quali i profili (la cui definizione rimessa alla contrattazione integrativa), distinti per settori di attivit, possono accorpare le mansioni precedentemente articolate sulle diverse posizioni economiche di ciascuna area, secondo le caratteristiche professionali di base indicate nellallegato A (art. 8). In tal modo consentita una maggiore flessibilit nella gestione del personale semplificando notevolmente le procedure di gestione delle risorse umane. Per contro, sotto la vigenza del precedente C.C.N.L. del 16 febbraio 1999, si poneva un principio di interscambiabilit e fungibilit all'interno del medesimo livello economico (e non dell'area) di appartenenza (con la conseguenza che risultavano ex se inferiori mansioni relative al pi basso livello economico) ed inoltre si poneva il problema dell'interscambiabilit tra vari profili del medesimo livello economico (13). LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Per altro verso il legislatore del 2009 ha in parte ristretto lambito di operativit della contrattazione collettiva sotto un duplice profilo. In primo luogo, a livello di fonti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico, la legge delega n. 15 del 4 marzo 2009 con un'inversione di tendenza rispetto al passato, ove la fonte contrattuale era legittimata a disapplicare tutte le disposizioni legislative attinenti al rapporto di lavoro pubblico, tranne i casi in cui tale competenza era espressamente esclusa dalla legge (14), ha previsto che il contratto collettivo possa disciplinare in maniera diversa aspetti del rapporto di lavoro gi regolati con legge solo se esplicitamente autorizzato in tal senso (v. art. 2, comma 2, secondo periodo, d.lgs cit. come mod. dall1, comma 1, L. 4 marzo 2009 n. 15 modifica allart. 2 del d.lgs 30 marzo 2001 n. 165 in materia di derogabilit delle disposizioni applicabili solo ai dipendenti pubblici: "Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilit sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ci sia espressamente previsto dalla legge). In secondo luogo, stato ridotto lambito di operativit della contrattazione collettiva nel determinare i passaggi di aree. Invero, mentre nella formulazione originaria dellart. 52 nel testo precedente al d.lgs 150/2009 il diritto alle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore successivamente acquisita poteva maturare per effetto dello "sviluppo professionale" o di procedure concorsuali o selettive, dopo la riforma Brunetta necessario il superamento di una prova selettiva volta allaccertamento della professionalit richiesta e che garantisca in misura adeguata laccesso dallesterno. Infatti, il nuovo comma 1 bis prevede che i dipendenti pubblici (con esclusione dei dirigenti e dei docenti) debbano essere inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali e stabilisce due distinte discipline per le progressioni di (13) Nella vigenza del precedente testo dellart. 2, d.lgs cit. e del previgente ccnl comparto Ministeri del 16 febbraio 1999 sono state evidenziate le assurde conseguenze applicative che scaturirebbero dal ritenere a priori legittima unindiscriminata mobilit nel livello economico, senza alcun limite interno (es. considerando il livello economico B1, si dovrebbe ritenere legittima la variazione tra i seguenti profili: dattilografo, autista, manutentore; o nel livello C2 tra i profili di specialista informatico, consulente amministrativo e coordinatore di unit organiche), v.si MARIA CASOLA, L'equivalenza nella contrattazione collettiva di comparti, in Mansioni e trasferimenti. (14) v.si art. 2, comma 2, secondo periodo, nel testo precedente alle modifiche apportate dallart. 1, comma 1, L.4 marzo 2009 n. 15 (modifica allart. 2 del d.lgs 30 marzo 2001 n.165 in materia di derogabilit delle disposizioni applicabili solo ai dipendenti pubblici): "Eventuali disposizioni di legge, regolamento o di statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilit sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario". carriera a seconda che avvengano allinterno della stessa area funzionale o tra diverse aree. Per le progressioni allinterno dellarea riservate agli interni (le uniche riservate alla giurisdizione del G.O. v. Cass. sez. un. 19 febbraio 2007 n. 3717) sono previsti meccanismi selettivi che tengano conto delle qualit culturali e professionali, dellattivit svolta e dei risultati conseguiti, attraverso lattribuzione di fasce di merito (con esclusione, dunque, di qualsiasi automatismo fondato sullanzianit); per le progressioni di area la legge Brunetta ha privilegiato lo strumento del concorso pubblico, con facolt per lAmministrazione di destinare al personale interno (purch in possesso del titolo di studi richiesto per laccesso dallesterno) una riserva di posti non superiore al 50 % di quelli messi a concorso. stato altres previsto, con ci ulteriormente restringendo lambito di operativit della contrattazione collettiva, che la valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dellattribuzione dei posti riservati nei concorsi per laccesso allarea superiore. 3.1 Assegnazione di diritto di mansioni superiori. Il comma 2 dellart. 52 d.lgs 165/2001 consente lassegnazione al dipendente pubblico di mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore solo in due ipotesi, ovvero in caso di vacanza del posto in organico (per non pi di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti) e di sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto (con esclusione dellassenza per ferie) per la durata dellassenza. Trattasi di ipotesi che hanno ad oggetto esclusivamente lassegnazione di mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore e disposte per obiettive esigenze di servizio, la cui conseguenza il riconoscimento del diritto, sancito dal comma 4 dellart. 52, del dipendente pubblico a percepire per tutta la durata dellassegnazione il trattamento economico previsto per la qualifica superiore. Tuttavia, affinch si realizzino dette conseguenze economiche, deve ricorrere anche la condizione prevista dal comma 3, secondo cui si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto lattribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni. 4. Assegnazione di fatto di mansioni superiori. Lart. 52 comma 5 d.lgs n. 165/2001 prende in considerazione lipotesi di assegnazione di mansioni proprie di una qualifica superiore al di fuori delle condizioni previste dai commi 2, 3, 4, per sancire da un lato la nullit LEGISLAZIONE ED ATTUALIT di detta assegnazione, con conseguente personale responsabilit del dirigente che ha disposto lassegnazione che abbia agito con dolo o colpa grave, e dal- laltro il diritto del lavoratore a percepire la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore (Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, nulla lassegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto lassegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave). Tuttavia una significativa differenza con la disciplina privatistica rappresentata dalla previsione di cui allultimo cpv del comma 1 dellart. 52, secondo cui lesercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dellinquadramento del lavoratore o dellassegnazione di incarichi di direzione. Infatti, mentre nella disciplina privatistica il sistema dello ius variandi fondato sullautomatica trasformazione delle mansioni in acquisizione della posizione superiore ad esse corrispondente (ovvero sul consolidamento e sul conseguimento della posizione rivestita a seguito del loro svolgimento, cfr. art. 2103 c.c.), tale principio non pu trovare applicazione nel rapporto di pubblico impiego, ancorch privatizzato, dal momento che si verrebbe a determinare un contrasto con lart. 97, comma 3, della Costituzione, secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge. Inoltre, lapplicazione del principio civilistico importerebbe notevoli conseguenze giuridiche ed economiche sullorganico delle amministrazioni, strettamente correlato allorganizzazione degli uffici. Pertanto, pu ritenersi che i due sistemi (privato e pubblico privatizzato) si equivalgano unicamente sotto il profilo del riconoscimento del diritto alla retribuzione per la svolgimento di mansioni superiori di fatto. Conseguentemente la giurisprudenza ha ritenuto che, nell'ambito di un concorso per la progressione interna, lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non sia equiparabile, in difetto di previsioni specifiche del bando, al possesso - per un tempo minimo previsto - della qualifica superiore richiesta per la partecipazione al concorso (Cass. civ. Sez. lavoro Sent. 14 maggio 2008, n. 12087). 4.1 Lorientamento della giurisprudenza amministrativa, costituzionale e civile in tema di svolgimento di fatto di mansioni superiori da parte del pubblico dipendente. La giurisprudenza amministrativa per lungo tempo ha seguito un orientamento volto al diniego dell'applicabilit dell'art. 36 Cost. al pubblico impiego sul presupposto che su detta norma volta al rispetto della "giusta retribuzione" dovessero prevalere gli artt. 97 e 98 Cost., non potendo il rapporto di pubblico impiego essere in alcun modo assimilato ad un rapporto di scambio e dovendosi, anche ai fini del controllo della spesa, rispettare l'esigenza di conservazione di un assetto della pubblica amministrazione rigido e trasparente, espressione della quale quella della supremazia del parametro della qualifica su quello delle mansioni, sicch in una siffatta ottica ostavano all'applicabilit dell'art. 36 Cost. pure le norme codicistiche dell'art. 2126 c.c. e art. 2041 c.c. (cfr. per tale indirizzo Cons. Stato, Ad. Plen., 18 novembre 1999 n. 22; ex plurimis: Cons. Stato, Sez. VI, 29 settembre 1999 n. 1291, Cons. Stato, Sez. VI, 4 dicembre 2000 n. 6466, Cons. Stato, Sez. V, 12 ottobre 1999 n. 1438, Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2001 n. 1073). In dettaglio, stato ritenuto che Non invocabile, ai fini di rendere rilevanti le mansioni superiori adempiute da un pubblico dipendente, l'art. 2126 c.c., il quale, oltre a non dare rilievo alle mansioni svolte in difformit dal titolo invalido, riguarda un fenomeno del tutto diverso (lo svolgimento di attivit lavorativa da parte di chi non qualificabile pubblico dipendente) ed afferma il principio della retribuibilit del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato. Esso, pertanto, non incide in alcun modo sui principi concernenti la portata dei provvedimenti che individuano il trattamento giuridico ed economico dei pubblici dipendenti e non consente di disapplicare gli atti di nomina o d'inquadramento, emanati in conformit delle leggi e dei regolamenti, specie se divenuti inoppugnabili; conseguentemente poich Nel pubblico impiego la qualifica e non le mansioni il parametro al quale la retribuzione inderogabilmente riferita, considerato anche l'assetto rigido della p.a. sotto il profilo organizzatorio, collegato anch'esso, secondo il paradigma dell'art. 97 cost., ad esigenze primarie di controllo e contenimento della spesa pubblica; ci comporta che l'amministrazione tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo quando una norma speciale consenta tale assegnazione e la maggiorazione retributiva. (Cons. Stato, Ad. Plen., 18 novembre 1999, n. 22; cfr., ex multis, Cons. Stato 8 maggio 2012 n. n. 2631, Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2012, n. 5852, Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2011 n. 758, Cons. Stato, Sez. VI, 7 giugno 2005 n. 2184, Cons. Stato, Sez. VI , 23 gennaio 2004 n. 222) (15). (15) In applicazione di detto principio la giurisprudenza amministrativa costante nel ritenere che nel comparto sanit In deroga al generale principio di irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori - la retribuibilit delle stesse, ai sensi dell'art. 29 del d.P.R. n. 761 del 1979, pu avere luogo in presenza della triplice e contestuale condizione inerente: all'esistenza in organico di un posto vacante cui ricondurre le mansioni di pi elevato livello; alla previa adozione di un atto deliberativo di assegnazione delle mansioni superiori da parte dell'organo a ci competente; all'espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell'anno solare (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 4 dicembre 2014 n. 5982; ex multis, Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2012 n. 768; Cons. Stato, sez. III, 16 febbraio 2012 n. 829; Cons. Stato, sez. III, 21 giugno 201 n. 3661; Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2010 n. 814; Cons. Stato, sez. VI, 16 dicembre 2012 n. 9016. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Detto indirizzo, coerente con il carattere di indisponibilit degli interessi coinvolti nel rapporto di pubblico impiego, stato recentemente confermato dalla giurisprudenza amministrativa, che ribadito come Nel pubblico impiego l'attribuzione di mansioni superiori e del relativo trattamento economico devono trarre non eludibile presupposto nel provvedimento di nomina o di inquadramento - ovvero in procedimenti all'uopo stabiliti dalla disciplina di settore - non potendo costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari preposti alle diverse strutture organizzative dell'ente pubblico (art. 33 del D.P.R.. 10 gennaio 1957, n. 3); ci in quanto la nozione di mansione nel pubblico impiego assume aspetti di peculiarit e non si identifica nel mero collegamento materiale di taluni compiti espletati dal dipendente a quelli di una diversa e superiore qualifica, ma presuppone il concorso di qualit professionali e di livello culturale da vagliarsi preventivamente in base a giudizi idoneativi previsti dalle norme di settore, i quali soli garantiscono leffettiva corrispondenza della professionalit richiesta - cui si collega un determinato livello di trattamento economico - agli scopi che lAmministrazione intende perseguire avvalendosi di una determinata prestazione lavorativa (in questi termini Cons. Stato Sez. III, 21 novembre 2014, n. 5737; in ordine allinapplicabilit dellart. 36 Cost. e dellart. 2126 c.c. in mancanza di norma speciale v.si anche, da ultimo, Cons. Stato, sez. III, n. 5982 del 4 dicembre 2014). Tuttavia la giurisprudenza amministrativa attestata nel ritenere che il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento delle funzioni superiori da parte dei pubblici dipendenti possa essere riconosciuto con carattere di generalit a decorrere dal 22 novembre 1998, cio dall'entrata in vigore del d.Lg.vo n. 387/1998, che, con l'art. 15, ha reso operativa la disciplina di cui all'art. 56 del D.Lg.vo n. 29/1993, mentre per quanto riguarda i periodi precedenti - che vengono all'esame della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in virt dell'art. 69, comma 7, d.lgs 165/01 - stata ribadita l'impossibilit di applicare in modo generalizzato e indiscriminato l'art. 36 Cost. al rapporto di lavoro nel settore pubblico (il quale, a norma dell'art. 98, primo comma della Costituzione, si sottrae alla logica del puro rapporto di scambio, cfr. Corte Cost., sent. n. 236 del 18 maggio 1992) (Cons. Stato, sez. III, n. 1277 del 2014, Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2011 n. 467; Cons. Stato, sez. IV 30 giugno 2010 n. 4165; Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2010 n. 4465; Cons. Stato, sez. V, 26 marzo 2009 n. 1810). A diverse conclusioni pervenuta la giurisprudenza dei giudici della legge per avere, infatti, la Corte costituzionale con numerose pronunzie affermato la diretta applicabilit al rapporto di pubblico impiego dei principi dettati dall'art. 36 Cost., specificando al riguardo che detta norma "determina l'obbligo di integrare il trattamento economico del dipendente nella misura della quantit del lavoro effettivamente prestato" a prescindere dalla eventuale irregolarit dell'atto o dall'assegnazione o meno dell'impiegato a mansioni su periori (Corte Cost. 23 febbraio 1989 n. 57; Corte Cost. ord. 26 luglio 1988 n. 908); che "il principio dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante pubblico concorso non incompatibile con il diritto dell'impiegato, assegnato a mansioni superiori alla sua qualifica, di percepire il trattamento economico della qualifica corrispondente, giusta il principio di equa retribuzione sancito dall'art. 36 Cost.)" (Corte Cost. 27 maggio 1992 n. 236); che il mantenere da parte della pubblica amministrazione l'impiegato a mansioni superiori, oltre i limiti prefissati per legge, determina una mera illegalit, che per non priva il lavoro prestato della tutela collegata al rapporto ai sensi dell'art. 2126 c.c. e, tramite detta disposizione, dell'art. 36 Cost. - perch non pu ravvisarsi nella violazione della mera ristretta legalit quella illiceit che si riscontra, invece, nel contrasto "con norme fondamentali e generali e con i principi basilari pubblicistici dell'ordinamento" e che, alla stregua della citata norma codicistica, porta alla negazione di ogni tutela del lavoratore (Corte Cost. 19 giugno 1990 n. 296 attinente ad una fattispecie riguardante il trattamento economico del personale del servizio sanitario nazionale in ipotesi di affidamento di mansioni superiori in violazione del disposto del D.P.R. n. 761 del 1979, art. 29, comma 2). L'estensione della norma costituzionale all'impiego pubblico stata condivisa anche dalla dottrina giuslavoristica che ha evidenziato come - pur essendo a seguito del D.Lgs n. 165 del 2001 il trattamento economico dell'impiegato disciplinato dalla contrattazione collettiva e pur essendo detta contrattazione non priva di vincoli unilateralmente opposti per fini di controllo della spesa pubblica (quali quelli derivanti dai primi tre commi dell'art. 48 del suddetto decreto) - i suddetti vincoli derivanti da esigenze di bilancio non impediscano comunque la piena operativit, anche nel settore del lavoro pubblico, dei principi costituzionali di proporzionalit ed efficienza della retribuzione espressi dall'art. 36 Cost. Principio questo che per poggiare sulla peculiare corrispettivit del rapporto lavorativo - qualificato dalla specifica rilevanza sociale che assume in esso la retribuzione volta a compensare "una attivit contrassegnata dall'implicazione della stessa persona del lavoratore", il quale ricava da tale attivit il mezzo normalmente esclusivo di sostentamento suo e della sua famiglia da un lato ha portato autorevole dottrina a sganciare il rapporto giuridico retributivo dal novero dei diritti di credito per inquadrarlo tra i diritti assoluti della persona, e dall'altro ha spinto ad affermare, sulla base di una coessenzialit o di una stretta relazione dei due principi della "sufficienza" e della "proporzionalit" ostativa a qualsiasi rapporto gerarchico tra gli stessi, che l'attenuazione del principio sinallagmatico, integrato nel caso in esame dalla rilevanza della persona umana (che determina una traslazione del datore di lavoro del rischio della inattivit del prestatore di lavoro, come in caso di sospensione del rapporto) attestano una dimensione sociale della retribuzione e LEGISLAZIONE ED ATTUALIT la sentita esigenza della copertura a livello costituzionale dei diritti inderogabili del lavoratore. Alla stregua di quanto enunciato e proprio in conformit alla ricordata giurisprudenza della Corte Costituzionale, i Giudici di legittimit hanno fissato e ribadito pi volte il principio di diritto secondo cui "In materia di pubblico impiego - come si evince anche dalla lettura del D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, art. 56, comma 6, (nel testo sostituito dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 25, cos come successivamente modificato dal D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, art. 15) - l'impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori, ha diritto, in conformit della giurisprudenza della Corte Costituzionale, ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost. Norma questa che deve, quindi, trovare integrale applicazione - senza sbarramenti temporali di alcun genere - pure nel settore del pubblico impiego privatizzato, sempre che le superiori mansioni assegnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che in relazione all'attivit spiegata siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilit correlate a dette superiori mansioni (cfr. in tali esatti termini, Cass., Sez. Un., 11 dicembre 2007 n. 25837 cui adde, pi di recente, Cass. 17 settembre 2008 n. 23741). stato altres ripetutamente affermato che In materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscersi nella misura indicata nell'art. 52, quinto comma del d.lgs. n. 165 del 2001, non condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimit di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, n all'operativit del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all'intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualit del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all'art. 36 della Costituzione (Cass, sez. lavoro, 18 giugno 2010 n. 14775, Cass. civ. Sez. lavoro, 7 agosto 2013 n. 18808). La giurisprudenza di legittimit ritiene inoltre che il diritto del dipendente pubblico al trattamento corrispondente allattivit superiore svolta, riconosciuto in ossequio al principio della retribuzione proporzionata e sufficiente di cui all'art. 36 Cost. non debba comunque tradursi in un rigido automatismo che porti ad attribuire al dipendente lesatto trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori, essendo sufficiente che vi sia un compenso aggiuntivo rispetto alla retribuzione della qualifica di appartenenza (Corte cost., 25 luglio 1997, n. 273) (Cass. civ. Sez. Unite, 11 dicembre 2007 n. 25837, Cass. civ. sez. lavoro, 14 giugno 2007 n. 13877; Cass. civ. sez. lavoro, 25 ottobre 2003 n. 16078). Le considerazioni svolte inducono a concludere nel senso che sia ormai principio acquisito la necessit di un giusto contemperamento, da perseguirsi attraverso il ricorso alla "giusta retribuzione" ex art. 36 Cost., fra retribuzione e quantit e qualit del lavoro svolto nel caso che l'utilizzazione del dipendente avvenga in mansioni che siano state irregolarmente acquisite. Passando allanalisi della casistica giurisprudenziale in tema di lavoro pubblico contrattualizzato, stato ritenuto che lo svolgimento di mansioni rientranti in una qualifica superiore, pur non avendo effetto ai fini dellinquadramento superiore, rileva, alle condizioni stabilite della legge ai fini della maturazione del diritto alle relative differenze retributive, anche nel caso in cui le mansioni non rientrino nella qualifica immediatamente superiore ma in quelle ulteriori (es. in una qualifica di due livelli superiori a quella di inquadramento), e ci per ragioni sia di ordine letterale che sistematico. In dettaglio, sotto il profilo letterale stato osservato che il comma 5, nel prevedere lipotesi di assegnazione di fatto a mansioni proprie di una qualifica superiore e nel sancire la nullit dellassegnazione e il diritto del lavoratore alle relative differenze retributive, non abbia contenuto equivalente allespressione qualifica immediatamente superiore che il legislatore usa al comma 2 per individuare i casi in cui legittima lassegnazione di mansioni immediatamente superiori alla qualifica di appartenenza del dipendente; inoltre una diversa interpretazione, oltre a non essere giustificata dalla lettera del comma 5, sarebbe anche contraria alla sua ratio, che quella di assicurare al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualit del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui allart. 36 Cost. (Cass. 25 ottobre 2004 n. 20692, Cass. Sez. lavoro, 23 febbraio 2009 n. 4367, Cass. civ., sez. lavoro, 7 agosto 2013 n. 18808). La giurisprudenza ha avuto altres modo di affrontare la questione se lo svolgimento di mansioni dirigenziali non immediatamente superiori a quelle corrispondenti alla qualifica posseduta integri ipotesi di svolgimento di mansioni superiori, con conseguente obbligo retributivo. Invero, a rigore, in tali casi trattandosi, pi che di mansioni superiori, di una diversa carriera", pu apparire dubbia lapplicazione della disciplina del d.lgs 3 febbraio 1929, n. 29, art. 56 (nel testo sostituito dal d.lgs 31 marzo 1998, n. 80, art. 25, e successivamente modificato dal d.lgs 29 ottobre 1998, n. 387, art. 15: v. ora D.lgs 30 marzo 2001, n. 165, art. 52). Sul punto la Corte di Cassazione ha per osservato in linea generale che la considerazione delle specifiche caratteristiche delle posizioni organizzative di livello dirigenziale e delle relative attribuzioni regolate dal contratto di incarico, come della diversit delle "carriere", non pu escludere l'applicazione della disciplina in esame quando venga dedotto, l'espletamento di fatto di mansioni dirigenziali da parte di un funzionario; tale ipotesi pu essere invece ricondotta certamente alla previsione del citato comma 5, relativa al conferimento illegittimo di mansioni superiori, da cui consegue il diritto al corrispondente trattamento economico, secondo la ratio della norma che di assicurare co LEGISLAZIONE ED ATTUALIT munque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualit del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all'art. 36 Cost. (Cass. 4 agosto 2004 n. 14944, 25 ottobre 2004 n. 20692, Cass. 19 aprile 2007, n. 9328). Tuttavia, a tal fine non stato ritenuto sufficiente il provvedimento di incarico, occorrendo invece l'allegazione e la prova della pienezza delle mansioni assegnate, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, in relazione alle concrete attivit svolte e alle responsabilit attribuite (Cass. civ., sez. lav., 19 aprile 2007, Cass., sez. un., 11 dicembre 2007 n. 25837, Cass. civ. sez. lavoro, 30 dicembre 2009, n. 27887). Ed ancora stato osservato che In tema di impiego pubblico contrattualizzato, l'assegnazione temporanea, ma per lunghi periodi, delle funzioni di reggente dell'ufficio di assegnazione per la vacanza del posto di dirigente, che rientra nell'ambito di applicazione dall'art. 52, comma 5, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, attribuisce al lavoratore il diritto alla differenza di trattamento economico previsto per la qualifica superiore ricoperta, restando escluso che tale disciplina possa essere diversamente regolata dalla contrattazione collettiva, la quale, ai sensi del comma 6 del citato art. 52, pu regolare diversamente i soli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4 della disposizione, e non anche quelli di cui al comma 5, non richiamato (Cass. civ. Sez. lavoro, 28 marzo 2013, n. 7823). La questione investe, pi in generale, i rapporti tra listituto della reggenza di un ufficio e lesercizio di mansioni superiori; sul punto stato osservato che le disposizioni relative al comparto Ministeri che consentono la reggenza del pubblico ufficio sprovvisto temporaneamente del dirigente titolare devono essere interpretate, ai fini del rispetto del canone di ragionevolezza di cui allart. 3 Cost. e dei principi generali di tutela del lavoro (art. 35 e 36 Cost.; art. 2103 c.c. e art. 52 D.lgs n. 165/2001), nel senso che lipotesi della reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito contrassegnata dalla straordinariet e dalla temporaneit, con la conseguenza che a tale posizione pu farsi luogo, senza che si producano gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, solo allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura, cosicch, al di fuori di tale ipotesi, la reggenza dellufficio concreta svolgimento di mansioni superiori; in tal caso la Corte, con particolare riguardo al profilo relativo all'inclusione della retribuzione di posizione e di quella di risultato nel calcolo del trattamento differenziale, pur premettendo che si tratta di elementi retributivi accessori, e non fondamentali, della retribuzione, connessi ai diversi livelli della funzione di dirigente e al conseguimento di predeterminati obiettivi propri di quella qualifica (cfr. Cass. n. 11084 del 2007), ha precisato (cfr. Cass. n. 29671 del 2008) che l'attribuzione delle mansioni dirigenziali, con la pienezza delle relative funzioni, e con l'assunzione delle responsabilit inerenti al perseguimento degli obiettivi propri delle funzioni di fatto assegnate, non pu che comportare, anche in relazione al principio di adeguatezza sancito dall'art. 36 Cost., la corresponsione dell'intero trattamento economico (Cass. civile SS.UU. sent. 16 febbraio 2011 n. 3814). Per ci che concerne, in particolare, il sistema normativo del lavoro pubblico dirigenziale negli enti locali (trasfuso nel D.lgs n. 267 del 2000, art. 109), la Corte di Cassazione, nell'escludere la configurabilit di un diritto soggettivo a conservare in ogni caso determinate tipologie di incarico dirigenziale, ha confermato il principio generale che, nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo, e non consente perci - anche in difetto dell'espressa previsione di cui al d.lgs n. 165 del 2001, art. 19, stabilita per le amministrazioni statali - di ritenere applicabile l'art. 2103 c.c., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalit acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico locale, con la sola eccezione della dirigenza tecnica, la quale va tuttavia interpretata in senso stretto, ossia nel senso che il dirigente tecnico, il cui incarico soggetto ai principi della temporaneit e della rotazione, deve comunque svolgere mansioni tecniche (Cass. civ., sez. lav., 21 ottobre 2014 n. 22284; Cass. civ., sez. lav. 23 ottobre 2013 n. 24035; Cass. civ., sez. lav.,15 febbraio 2010 n. 3451). stato altres affrontato e recentemente risolto dalle SS.UU. della Corte di Cassazione il contrasto giurisprudenziale insorto circa il calcolo della base retributiva dellindennit di buonuscita spettante ai sensi degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 al pubblico dipendente in caso di l'esercizio di fatto di mansioni pi elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza. Invero, secondo un primo orientamento stato ritenuto che nel rapporto di lavoro c.d. privatizzato alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, poich l'esercizio di fatto di mansioni pi elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore nella superiore qualifica, la base retributiva dell'indennit di buonuscita, che sia normativamente costituita dalla retribuzione corrispondente all'ultima qualifica legittimamente rivestita dall'interessato all'atto della cessazione del servizio, non da riferire alla retribuzione corrispondente alla superiore qualifica, bens a quella corrispondente all'inferiore qualifica di appartenenza (principio espresso da Cass. civ. Sez. lav., 11 giungo 2008 n. 15498 e poi ribadito da Cass. civ., sez. lav., 2 luglio 2013 n. 16506). Detto principio per non stato condiviso da altra parte della giurisprudenza, che aveva osservato come l'indennit di buonuscita dei dipendenti statali, pur realizzando una funzione previdenziale, ha natura retributiva e, alla luce del principio di proporzionalit sancito dall'art. 36 Cost., deve essere commisurata all'ultima retribuzione anche se percepita per lo svolgimento di mansioni superiori, purch queste ultime siano esercitate, sotto il profilo qua LEGISLAZIONE ED ATTUALIT litativo e quantitativo, con pienezza di poteri e responsabilit. Ne consegue che, ove sia stata conferita la reggenza per un posto di dirigente con attribuzione del relativo trattamento economico e tali mansioni siano state effettivamente esercitate per lungo tempo (tre anni), ai fini del contributo dell'indennit di buonuscita del dipendente, che, nel frattempo, abbia maturato i requisiti per il collocamento a riposo, si deve considerare, quale ultimo trattamento economico percepito, quello corrisposto per l'incarico svolto a titolo di reggenza (Cass. civ., sez. lav., 13 giugno 2012, n. 9646). La questione stata definita con sentenza della Cass. civ. Sez. Unite, 14 maggio 2014, n. 10413, che richiamando le pronunce della Corte Costituzionale che hanno affermato la legittimit della tassativit degli emolumenti computabili ai fini dell'indennit di buonuscita (C. Cost. n. 243/93 e n. 278/95) nonch le pronunce di legittimit e del Consiglio di Stato che si sono espresse in piena sintonia con la giurisprudenza costituzionale con riguardo a settori diversi (Cass. Sez. Un. n. 3673/97; Cass. n. 16596/04; Cass. n. 22125/11; Cass. n. 2259/12; Cass. n. 709/12; Cons. St., Sez. 6^, n. 6736/11; n. 2075/11; n. 3717/09; n. 482/09), hanno affermato che gli stessi principi trovano applicazione nella fattispecie della reggenza, la quale connotata dalla temporaneit e presuppone che per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro, nel caso di vacanza di posto in organico, sia temporaneamente adibito a mansioni proprie di una qualifica superiore. Anche in tali ipotesi l'intrinseca temporaneit dell'incarico dirigenziale come reggente, affidato al dipendente sprovvisto della qualifica di dirigente, comporta che l'incremento di trattamento economico rispetto a quello corrispondente alla qualifica di appartenenza sia concettualmente isolabile e non appartenga alla nozione di "stipendio" che invece il trattamento economico tabellarmente riferibile alla qualifica di appartenenza. D'altra parte, aggiungono le Sezioni Unite, rapportare la liquidazione del- l'indennit di buonuscita alla retribuzione da ultimo percepita in forza delle mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza temporanea, anzicch alla retribuzione dell'ultima qualifica rivestita, significa realizzare di fatto lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento, effetto questo che il legislatore con la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego ha sempre inteso evitare, disponendo che l'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non rileva ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi dirigenziali. Ne consegue, hanno rilevato Sezioni Unite, che nella base di calcolo del- l'indennit di buonuscita del dipendente che da ultimo abbia svolto le superiori mansioni di dirigente in situazione di reggenza, non possono comprendersi emolumenti diversi da quelli previsti dal combinato disposto del D.P.R. n. 1032 del 1973, artt. 3 e 38, non potendo in particolare interpretarsi le locuzioni "stipendio", "paga" o "retribuzione", nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva riferibile a tutto quanto ricevuto dal dipendente in modo fisso o continuativo e con vincolo di corrispettivit con la prestazione, ma dovendo esse essere riferite al trattamento retributivo relativo alla qualifica di appartenenza. Diversamente opinando il sistema si presterebbe a speculazioni e a calcoli opportunistici (si pensi allipotesi in cui lincarico di reggenza venga conferito poco prima che il dipendente venga collocato a riposo, con la conseguenza che la buonuscita dovrebbe essere calcolata sulla base dellultima retribuzione percepita). VՏ da dire, altres, che per le fattispecie successive allentrata in vigore della c.d. riforma Brunetta (d.lgs n. 150 del 2009 art. 40, che ha modificato il d.lgs n. 165/52001 art. 19 inserendo il comma 2, ulteriormente mod. dal D.L. n. 138 del 2011, art. 1, comma 32, conv. con mod. in L. n. 148 del 2011), il legislatore, con riguardo ai dipendenti statali titolari di incarichi dirigenziali, ha disposto che, ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza ex art. 43 cit., l'ultimo stipendio vada individuato nell'ultima retribuzione percepita in relazione all'incarico svolto, mentre, nell'ipotesi di incarico inferiore a tre anni perch coincidente con il conseguimento del limite di et per il collocamento a riposo dell'interessato (terzo periodo del comma 2), il legislatore ha stabilito che l'ultimo stipendio vada individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni, norma questa palesemente diretta ad evitare ogni forma di speculazione (Cass. civ., sez. lav. 20 ottobre 2014 n. 22156). 5. Demansionamento. In materia di pubblico impiego privatizzato il c.d. demansionamento pu verificarsi sia nellipotesi di assegnazione del dipendente a mansioni inferiori a quelle di assunzione o a mansioni equivalenti nellarea di inquadramento (da valutarsi sempre alla luce delle previsioni della contrattazione collettiva), sia in caso di sostanziale svuotamento dell'attivit lavorativa; in tale ultimo caso, peraltro, come ritenuto dalla giurisprudenza, la vicenda esula dall'ambito delle problematiche sull'equivalenza delle mansioni, configurandosi la diversa ipotesi della sottrazione pressoch integrale delle funzioni da svolgere, vietata anche nell'ambito del pubblico impiego (Cass. civ., sez. lav., 15 gennaio 2014 n. 687; Cassazione civile sez. lav. 11 aprile 2013 n. 8854; Cass. civ., sez. lavoro, 21 maggio 2009, n. 11835). Va altres precisato che lillecito del demansionamento da parte del datore di lavoro non configurato da qualsiasi inadempimento alle obbligazioni datoriali, ma quando vi sia una effettiva perdita di mansioni svolte e il progressivo depauperamento dei compiti pi qualificanti, appartenenti alla posizione professionale del lavoratore, con conseguente depauperamento del suo patrimonio professionale e della sua dignit lavorativa. In particolare, nel pubblico LEGISLAZIONE ED ATTUALIT impiego il demansionamento stato ravvisato nei casi in cui si attribuiscano funzioni inferiori non rientranti nella qualifica di appartenenza; escluso, invece, quando il pubblico dipendente sia dismesso dalle funzioni svolte e incaricato di altre mansioni rientranti nella qualifica funzionale di inquadramento. Non pu, dunque, prescindersi dalla verifica relativa alla rilevanza concreta della sottoutilizzazione professionale, potendosi configurare la dequalificazione solo quale fatto duraturo e foriero di perdita di professionalit e dovendosi necessariamente considerare gli inevitabili assestamenti conseguenti a modifiche organizzative comportanti la cessazione e l'avvio di nuove strutture operative. Lipotesi di demansionamento del dipendente va ovviamente concettualmente distinta dalla pi ampia ipotesi di c.d. mobbing, tenendo presente che nell'ambito del lavoro "pubblico", per configurarsi una condotta di mobbing, necessario un disegno persecutorio tale da rendere tutti gli atti dell'Amministrazione, compiuti in esecuzione di tale sovrastante disegno, non funzionali all'interesse generale a cui sono normalmente diretti (Cons. Stato, Sez. IV, 19 marzo 2013 n. 1609; Cons. Stato, Sez. VI, 15 giugno 2011 n. 3648). In tema di lavoro privato (ma il principio appare applicabile anche in tema di pubblico impiego privatizzato) stato, altres, osservato che l'eventuale assegnazione di mansioni (inferiori o comunque non rientranti nella qualifica di appartenenza) se pu consentire al lavoratore di richiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell'ambito della qualifica di appartenenza, non giustifica il rifiuto del prestatore di lavoro di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, rendendosi cos inadempiente, sia perch lo stesso tenuto ad osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro ex artt. 2086 c.c. e 2104 cod. civ. e pu invocare l'art. 1460 c.c. solo in caso di totale inadempimento dell'altra parte (mentre, nel caso in cui sussista contestazione solo su una delle obbligazioni a carico di una delle parti, il datore continua ad assolvere tutti gli altri propri obblighi (pagamento retribuzione, copertura previdenziale ed assicurativa, etc.) (Cass. civ., sez. lav. 5 dicembre 2007 n. 25313); peraltro, recentemente stato affermato che il lavoratore pu invocare l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. se il rifiuto appare proporzionato all'illegittimo comportamento del datore e conforme a buona fede (Cass. civ., sez. lav. 19 luglio 2013 n. 17713). Sempre in tema di lavoro privato, non si ritiene in contrasto con il divieto di patti contrari di cui all' art. 2103 c.c., il c.d. patto di demansionamento (sorretto, dunque, dall'interesse e dal consenso del lavoratore) quale unico mezzo per conservare il rapporto di lavoro (ad es. in caso sopravvenuta inidoneit fisica del lavoratore, ovvero in linea generale al fine di tutelare interessi superiori, quali la conservazione del posto) (Cass. civ., sez. lav., 12 aprile 2012 n. 5780). Nel settore pubblico, non essendo applicabile l'art. 2103 c.c. in tema di mansioni, non sembrano sussistere ragioni ostative all'applicabilit di principi analoghi in caso di deroghe convenzionali o collettive alla disciplina generale di cui all'art. 52 T.U. volte alla tutela di interessi superiori. Con particolare riguardo agli oneri di allegazione e di prova gravanti sulle parti, secondo la costante giurisprudenza, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, non sufficiente dimostrare la mera potenzialit lesiva della condotta datoriale: incombe sul lavoratore l'onere, non solo di allegare il demansionamento, ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno non patrimoniale e del nesso di causalit con l'inadempimento datoriale (Cass. civ. Sez. lavoro, 25 marzo 2014, n. 6965; Cass. civ., sez. lav., 17 settembre 2010 n. 19785). A tal fine opportuno ricordare che linadempimento del datore di lavoro gi sanzionato con lobbligo di corresponsione della retribuzione ed perci necessario non solo che si produca una lesione aggiuntiva e per certi versi autonoma, nella sfera del lavoratore (16), ma anche che lo stesso assolva i relativi oneri probatori. In tal senso la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che "in caso di accertato demansionamento professionale, la risarcibilit del danno all'immagine derivato al lavoratore a cagione del comportamento del datore di lavoro presuppone che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilit, e che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi" (Cass. civ. Sez. lavoro, 4 marzo 2011, n. 5237). stata altres respinta la domanda per perdita di chance sulla base della mancata allegazione di fatti idonei a comprovare che il lavoratore abbia subito una compromissione effettiva delle sue concrete aspettative di natura professionale a causa della dequalificazione subita o dell'atteggiamento discriminatorio del datore di lavoro (Cassazione civile sez. lav. 7 agosto 2014 n. 17755); in particolare, nella specie, non si era specificato da quali concorsi interni fosse stato escluso il lavoratore, a quali corsi di formazione non fosse stato ammesso, da quali prove selettive fosse stato illegittimamente escluso, quali promozioni avesse mancato per il periodo di inattivit per il demansionamento subito). Pertanto, in ipotesi di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del c.c. danno non patrimoniale che asseritamente ne deriva - non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale - non pu prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo (Cass. civ. Sez. lavoro, 4 settembre 2014, n. 18673). Come affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (v. Cass. S.U. 24 marzo 2006, n. 6572) "in tema di demansionamento e di dequalificazione, (16) v. MARIA CASOLA, Mansioni e trasferimenti, cit. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva - non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale - non pu prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo; mentre il risarcimento del danno biologico subordinato all'esistenza di una lesione dell'integrit psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale - da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalit nel mondo esterno - va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravit, conoscibilit all'interno ed all'esterno del luogo di lavoro del- l'operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti l'avvenuta lesione dell'interesse relazionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto) - il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacuna del procedimento logico - si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all'esistenza del danno, facendo ricorso, ai sensi dell'art. 115 c.p.c., a quelle nozioni generali derivanti dall'esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove". Nel contempo stato anche affermato che "la risarcibilit del danno morale, a norma dell'art. 2059 c.c., non soggetta al limite derivante dalla riserva di legge e non richiede che il fatto illecito integri in concreto un reato, essendo sufficiente che vi sia stata una lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito, atteso che la previsione costituzionale dell'interesse relativo ne esige in ogni caso la protezione" (v. Cass. 19 dicembre 2008 n. 29832). Rimane ferma, per, la necessit di evitare, trattandosi di danno non patrimoniale, ogni duplicazione con altre voci di danno non patrimoniale accomunate dalla medesima fonte causale (Cassazione civile sez. lav. 29 settembre 2014 n. 20473, nella specie, la Corte ha respinto la richiesta del ricorrente, secondo cui l'inattivit per oltre sei anni dal ruolo di dirigente chimico di 2^ livello, nonch di coordinatore del laboratorio a carattere centralizzato del servizio di ematologia di un prestigioso policlinico universitario non costituiva di per s prova del danno subito, atteso che a detta della Corte la parte non aveva allegato le specifiche circostanze atte a provare il depauperamento del proprio bagaglio professionale). Invero, alla stregua del "diritto vivente" segnato dall'arresto delle Sezioni Unite civili del 2008 (sentenza n. 26972 del 2008, Cass. n. 24015 del 16 novembre 2011, Cass. 29 novembre 2011 n. 25222, Cass. 19 febbraio 2013 n. 4043), la liquidazione del danno non patrimoniale deve essere complessiva e cio tale da coprire l'intero pregiudizio a prescindere dai "nomina iuris" dei vari tipi di danno, i quali non possono essere invocati singolarmente per un aumento della anzidetta liquidazione. Tuttavia, sebbene il danno non patrimoniale costituisca una categoria unitaria, le tradizionali sottocategorie di danno biologico e danno morale continuano a svolgere una funzione, per quanto solo descrittiva, del contenuto pregiudizievole preso in esame dal Giudice al fine di dare contenuto e parametrare la liquidazione del danno risarcibile. stato poi ulteriormente osservato che se il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. preclude la possibilit di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, resta fermo, per, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalit di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento, della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Cass. n. 21716 del 23 settembre 2013). Devono, dunque, trovare corretta applicazione in presenza del ritenuto demansionamento, i principi in materia enunciati dalla Corte di Cassazione (sez. lav., 19 settembre 2014, n. 19778) e dal Consiglio di Stato (sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 223), secondo cui, in tema di dequalificazione, il giudice del merito pu desumere l'esistenza del relativo danno, avente natura patrimoniale e, ricorrendone i presupposti, anche non patrimoniale, il cui onere di allegazione incombe al lavoratore, determinandone anche l'entit in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualit e quantit della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalit colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto. Infine, stato altres recentemente osservato che in tema di lavoro pubblico contrattualizzato, poich il passaggio dall'inquadramento nelle aree funzionali alla qualifica di dirigente implica una novazione oggettiva del rapporto di lavoro, equiparata al reclutamento dall'esterno, e non riconducibile alle procedure concorsuali o selettive di cui all'art. 52 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in tale evenienza, non ipotizzabile un danno da demansionamento ma, eventualmente, da mancato conferimento o ritardata attribuzione di un incarico dirigenziale (Cass. civ. Sez. lavoro, 28 ottobre 2014, n. 22835). 6. Sindacato del Giudice del lavoro e onere della prova delle parti. Come noto, nei rapporti di pubblico impiego privatizzati, ai sensi del LEGISLAZIONE ED ATTUALIT lart. 5 comma 2 d.lgs n. 165/01, le determinazioni per lorganizzazione degli uffici e le misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacit e i poteri del privato datore di lavoro. Pertanto, sono regolati dal diritto privato sia le determinazioni per lorganizzazione degli uffici (c.d. atti di micro-organizzazione) che gli atti di gestione del rapporto di lavoro, mentre sono regolati dal diritto amministrativo i soli atti di c.d. macro organizzazione, ovvero quelli inerenti il profilo strutturale degli uffici, riguardanti le materie tassativamente elencate allart. 2 comma 1 del d.lgs n. 165/2001 (Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarit dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive...), nelle quali si esprime la posizione di supremazia speciale che nellordinamento ha il soggetto pubblico. Conseguentemente, poich dopo la riforma del P.I., tutti i poteri di gestione del rapporto di lavoro presso la P.A. hanno natura privatistica, il sindacato sugli atti o comportamenti gestionali del rapporto di lavoro pubblico privatizzato deve rigorosamente vertere su categorie civilistiche (nullit ed art. 1418 e 1324 c.c. nei casi di violazione di norme imperative, annullabilit, inefficacia, inesistenza, risolubilit) e la condotta del datore di lavoro pubblico deve essere valutata in termini di inadempimento contrattuale (e non di illegittimit degli atti), con tutto ci che ne discende (contenuto del ricorso, onere della prova, risarcimento del danno, contenuto della sentenza). Da ci consegue non solo linfondatezza di tutti i motivi di ricorso fondati sullapplicabilit di regole e principi propri degli atti amministrativi e del- lazione di diritto pubblico dellamministrazione (es. l. 241/90 in tema di procedimento amministrativo), ma anche i vizi tipici dei provvedimenti amministrativi (illogicit, incoerenza, difetto di motivazione e pi in generale incompetenza, violazioni di legge, eccesso di potere) devono tradursi - gi a livello di prospettazioni del ricorso - in termini di scorrettezza, mala fede, discriminariet, illiceit, lesione del diritto alla dignit del prestatore di lavoro o inadempimento in genere. In definitiva, la conformit a legge degli atti di gestione del rapporto di lavoro pubblico privatizzato - anche in tema di mansioni - deve valutarsi secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i datori di lavoro privati. Detto lorientamento espresso dalla giurisprudenza costante, secondo cui in seguito della c.d. privatizzazione del lavoro pubblico, attuata con le norme raccolte nel D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e contraddistinta dalla contrattualizzazione della fonte dei rapporti di lavoro e dall'adozione di misure organizzative non espressamente riservate ad atti di diritto pubblico e realiz zate mediante atti di diritto privato (art. 5, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 cit.), deve ritenersi che la conformit a legge del comportamento dell'amministrazione negli atti e procedimenti di diritto privato posti in essere ai fini della costituzione, gestione e organizzazione dei rapporti di lavoro finalizzati al proseguimento di scopi istituzionali - deve essere valutata esclusivamente secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, secondo una precisa scelta del legislatore (nel senso dell'adozione di moduli privatistici dell'azione amministrativa) che la Corte Costituzionale ha ritenuto conforme al principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. (v. Corte cost. n. 275 del 2001, n. 11 del 2002) (Cass. 19 marzo 2004 n. 5565). A titolo esemplificativo si osserva che, in applicazione di detti principi, in tema di conferimento di c.d. posizione organizzativa, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto che Il conferimento della posizione organizzativa al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni inquadrato nelle aree si iscrive nella categoria degli atti negoziali, adottati con la capacit ed i poteri del datore di lavoro privato e l'attivit dell'Amministrazione, nell'applicazione della disposizione contrattuale, si configura come adempimento di un obbligo di ricognizione ed individuazione degli aventi diritto, non come esercizio di un potere di organizzazione. Ne consegue che devoluta alla giurisdizione del g.o. la domanda di un dipendente comunale intesa ad ottenere la condanna del comune al risarcimento del danno derivato dalla mancata attribuzione di una posizione organizzativa all'interno dell'ente, con conseguente perdita della relativa indennit di posizione e di risultato, non essendo a ci di ostacolo che vengano in considerazione atti amministrativi presupposti, intesi alla fissazione dei criteri per l'attribuzione delle posizioni organizzative (nella specie, l'istituzione di un registro degli idonei al ruolo di posizione organizzativa responsabile di strutture complesse), i quali sono valutati incidentalmente dal giudice e disapplicati, se illegittimi (Cassazione civile sez. un. 14 aprile 2010 n. 8836). Ci in quanto, secondo i giudici di legittimit, le cd. posizioni organizzative previste dai contratti di comparto (che si concretano nel conferimento al personale appartenente all'area apicale dei diversi comparti di incarichi relativi allo svolgimento di compiti che comportano elevate capacit professionali e culturali corrispondenti alla direzione di unit organizzative complesse e all'espletamento di attivit professionali e nell'attribuzione della relativa posizione funzionale) non determinano un mutamento di profilo professionale, che rimane invariato, n un mutamento di area, ma comportano soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell'incarico. Si tratta, in definitiva, di una funzione ad tempus di alta responsabilit la cui definizione nell'ambito della classificazione del personale di ciascun comparto - demandata dalla legge alla contrattazione collettiva. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Ed ancora, al riguardo stato ritenuto che al suddetto conferimento vanno applicate le regole sancite da questa Corte in materia di limiti interni dei poteri attribuiti al datore di lavoro pubblico dalle norme di diritto privato. Tali limiti si delineano in relazione a previsioni, contrattuali o normative, che dettano le prescrizioni dell'esercizio del potere discrezionale, sul piano sostanziale o su quello procedimentale, precetti questi suscettibili di essere integrati e precisati dalle clausole generali di correttezza e buona fede, cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. (vedi, per tutte: Cass. 30 settembre 2009, n. 20979). Del resto le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che, nell'ambito del rapporto di lavoro "privatizzato" alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il Giudice ordinario sottopone a sindacato i poteri esercitati dal- l'amministrazione nella veste di datrice di lavoro, sotto il profilo dell'osservanza delle regole di correttezza e buona fede, siccome regole applicabili anche all'attivit di diritto privato alla stregua dei principi di imparzialit e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. (vedi Cass. S.U. n. 9332 del 2002, n. 18017 del 2003 e n. 1252 del 2004). In particolare, con riferimento alle procedure di selezione per promozione del personale, stato pi volte affermato che il datore di lavoro (anche pubblico) che abbia vincolato la propria discrezionalit, per propria autonoma iniziativa o pattiziamente, stabilendo delle regole da applicare per la disposta selezione deve attenersi a tali regole, in applicazione dei principi di correttezza e buona fede (vedi, per tutte: Cass. 14 settembre 2005, n. 18198; Cass. 24 marzo 2009, n. 7053) (Cassazione civile sez. lav. 7 febbraio 2014 n. 2836). Con particolare riguardo, poi, agli oneri probatori gravanti sulle parti, trattandosi di azioni aventi ad oggetto un inadempimento contrattuale (obbligo di fare, ovvero di assegnare mansioni proprie della qualifica o equivalenti) il creditore/ricorrente dovr allegare e provare il fatto costitutivo del diritto azionato (ovvero le circostanze storiche generatrici della situazione soggettiva azionata) ed allegare linadempimento del debitore/resistente (ovvero i fatti storici concretizzanti la lamentata violazione del diritto); invece il debitore/resistente dovr allegare e provare i fatti estintivi, impeditivi, modificativi e la non imputabilit dellinadempimento, secondo i principi generali vigenti in tema di inadempimento di contratti a prestazioni corrispettive (cfr. Cass. Sezioni Unite 30 ottobre 2001 n. 13533). In applicazione di detti principi generali in tema di lavoro privato (ma il principio applicabile al lavoro pubblico privatizzato) stato recentemente ribadito che quando il rifiuto di rendere una prestazione per una data unit di tempo non sia integrale, ma riguardi solo uno o pi tra i compiti che il lavoratore tenuto a svolgere (c.d. sciopero di mansioni), la condotta del lavoratore non scriminata dall'esercizio del diritto di sciopero, ma costituisce inadempimento parziale degli obblighi contrattuali, passibile di sanzioni disciplinari (Cass. civ., sez. lav., 5 dicembre 2014 n. 25817). Con particolare riguardo agli oneri di allegazione e di prova in ipotesi di assegnazione di mansioni superiori, secondo la costante giurisprudenza il ricorso deve contenere una analitica comparazione del contenuto delle mansioni di provenienza e di destinazione e il Giudice di merito deve procedere a una penetrante ricognizione di tutto il contenuto delle mansioni svolte e all'esame delle declaratorie generali delle categorie di inquadramento coinvolte nella controversia e dei profili professionali pertinenti (Cass. civ., Sez. lav., 25 ottobre 2004, n. 20692); invero, come gi evidenziato, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, la disciplina collettiva costituisce la fonte esclusiva per valutare se un dipendente sia stato assegnato a mansioni superiori (Cass. civ., Sez. Unite, 29 maggio 2012 n. 8520). Inoltre, sul versante fattuale necessario che le mansioni assegnate siano in concreto svolte nella loro pienezza, sia per quanto attiene al profilo quantitativo che qualitativo dell'attivit spiegata sia per quanto attiene all'esercizio dei poteri ed alle correlative responsabilit attribuite (cfr. al riguardo: Cass. 19 aprile 2007 n. 9328); dette circostanze possono ritenersi per provate solo sulla base dei fatti allegati in causa (ad esempio, lunga durata nello svolgimento delle mansioni, mancata denunzia di inadempimenti o di inesatti assolvimenti degli obblighi derivanti dalle mansioni assegnate) nonch della condotta processuale della parte datoriale (acquiescenza o mancata contestazione ex art. 416 c.p.c. dei fatti e degli elementi di diritto della domanda di controparte). A tale ultimo riguardo utile precisare che solo nel caso in cui le allegazioni del creditore/ricorrente siano sufficientemente determinate si radica in capo al resistente lonere di contestare la fondatezza della pretesa e di allegare e provare leventuale esistenza di fatti storici diversi, concretizzanti vicende impeditive (cio che hanno ostato ad inizio allinsorgere del diritto azionato), estintive (che hanno fatto venir meno il diritto, in origine esistente) o modificative (17). invece onere dellAmministrazione allegare e provare la non imputabilit dellinadempimento, come nel caso in cui l'espletamento di mansioni superiori sia avvenuto all'insaputa o contro la volont dell'ente (invito o prohibente domino) oppure allorquando sia il frutto della fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente. Analogamente, nellipotesi di demansionamento o dequalificazione, sul datore di lavoro che incombe lonere di provare lesatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero attraverso la prova che luna o laltro siano state giustificate dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o di (17) CASOLA, Mansioni, demansionamenti, trasferimenti e mobbing, relazione tenuta allincontro di studi CSM, Roma, 25-27 giugno 2007, Controversie di Lavoro ed onere della prova. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT sciplinari o, in base al principio generale di cui allart. 1218 c.c., comunque da una impossibilit della prestazione derivante da causa non imputabile (Cass. civ., sez. lav., 6 marzo 2006, n. 4766). Dalla circostanza per cui gli atti di gestione del rapporto di lavoro pubblico privatizzato (adottati anche in tema di assegnazione di mansioni) sono regolati dal diritto privato consegue, altres, che in caso di sindacato su tali atti di regola non necessario invocare ed applicare listituto della disapplicazione di cui allart. 63 comma 1 D.lgs 165/2001 (18), che applicabile solo agli atti amministrativi e quindi solo agli atti di macro -organizzazione che costituiscano il presupposto di emanazione del singolo atto gestionale incidente sulla posizione del dipendente. Sul punto si espressa la giurisprudenza di legittimit ritenendo la sussistenza della giurisdizione ordinaria ed osservando che In tema di impiego pubblico privatizzato, la previsione dell'art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 che conferma la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario anche "se vengono in questione atti amministrativi presupposti e quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione", giacch in tal caso il giudice li disapplica ove illegittimi, trova applicazione allorch il lavoratore, in riferimento a quegli atti, che provvedono a stabilire le linee fondamentali della organizzazione degli uffici ovvero individuano gli uffici di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarit dei medesimi, nonch le dotazioni organiche complessive - come tali suscettibili di essere impugnati dinanzi al giudice amministrativo da coloro che possono vantare un interesse legittimo - li contesti unicamente in ragione della loro incidenza diretta o indiretta su posizioni di diritto soggettivo derivanti dal rapporto lavorativo, cos da rendere possibile la loro mera disapplicazione. (Nella specie, le S.U. hanno dichiarato la sussistenza della giurisdizione ordinaria sulla controversia concernente la pretesa di conferimento di incarico dirigenziale di Soprintendente da parte di interessato che, ai fini del riconoscimento di diritto e delle relative mansioni, aveva contestato la legittimit delle delibere riguardanti l'organizzazione della Soprintendenza stessa) (in questi termini, Cass. civ. Sez. Unite Ord. 7 novembre 2008 n. 26799 e da ultimo, Cass. S.U. 29 settembre 2014 n. 20454, ma (18) I limiti di esercizio del potere di disapplicazione sono previsti dallart. 63 comma 1 d.lgs 165/2001 Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilit dirigenziale, nonch quelle concernenti le indennit di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorch vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non causa di sospensione del processo. Trattasi, invero, di un semplice richiamo, con riferimento alle controversie di lavoro, dell'istituto previsto in via generale dall'art. 5 l. 2248/19865 all. E (Cass. n. 3252/2003). v.si anche Cass. S.U. 12 marzo 2013 n. 6079, Cass. S.U. 28 maggio 2013 n. 13178, Cass. S.U. 27 dicembre 2011 n. 28806 in tema di disapplicazione di atti amministrativi presupposi ad atti di gestione comportanti il conferimento o la revoca di incarichi dirigenziali). Infine, dalla natura privatistica degli atti compiuti dalla P.A. in ordine al- lassegnazione di mansioni, deriva che - in caso di violazione e quindi di inadempimento contrattuale - il ricorrente pu chiedere la condanna dellente pubblico datore di lavoro o alladempimento (ad es. nel caso di violazione delle regole della procedura di conferimento di c.d. posizioni organizzative, a ripetere la procedura di valutazione e di scelta del dipendente) o al risarcimento del danno (ad es. il danno da perdita di chance di vedersi conferito lincarico), ma non anche il riconoscimento del diritto allincarico (19). Analogamente, in caso di demansionamento, la Suprema Corte - pur dando atto di due diversi orientamenti in relazione alle conseguenze della violazione del divieto di assegnazione a mansioni inferiori di cui allart. 2103 (da una parte ritenendosi ammissibile il ripristino della situazione pregressa mediante reintegrazione e dall'altra, il solo obbligo del risarcimento del danno) ha statuito che "ove venga accertata l'esistenza di un comportamento contrario all'art. 2103 cod. civ., il giudice di merito, oltre a sanzionare l'inadempimento dell'obbligo contrattualmente assunto dal datore di lavoro con la condanna al risarcimento del danno, pu emanare una pronuncia di adempimento in forma specifica che - pur non essendo coercibile, n equiparabile all'ordine di reintegrazione ex art. 18 legge n. 300 del 1970, disposizione che ha i caratteri della tipicit, eccezionalit e dell'efficacia reale - ha un contenuto pienamente satisfattorio dell'interesse leso in quanto diretta a rimuovere gli effetti che derivano dal provvedimento illegittimo" (Cass. n. 16689/08). Da ultimo la Corte di Cassazione ha ribadito che In tema di demansionamento illegittimo, ove venga accertata l'esistenza di un comportamento contrario all'art. 2103 cod. civ., il giudice di merito, oltre a sanzionare l'inadempimento dell'obbligo contrattualmente assunto dal datore di lavoro con la condanna al risarcimento del danno, pu emanare una pronuncia di adempimento in forma specifica, di contenuto satisfattorio dell'interesse leso, intesa a condannare il datore di lavoro a rimuovere gli effetti che derivano dal provvedimento di assegnazione delle mansioni inferiori, affidando al lavoratore l'originario incarico, ovvero un altro di contenuto equivalente. L'obbligo del datore di lavoro derogabile solo nel caso in cui provi l'impossibilit di ricollocare il lavoratore nelle mansioni precedentemente occupate, o in altre equivalenti, per inesistenza in azienda di tali ultime mansioni o di mansioni ad esse equivalenti (Cass. civ. Sez. lavoro, 11 luglio 2014 n. 16012). (19) PAOLO SORDI, I poteri e il sindacato del giudice ordinario nelle controversie di lavoro pubblico. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Sul punto stato, peraltro, evidenziato che nel pubblico impiego in caso di demansionamento la tutela in forma specifica, mediante lautomatico ripristino delle precedenti mansioni (salvo il legittimo esercizio di ius variandi del datore di lavoro) certamente ammissibile anche alla luce delle previsioni di cui al comma 2 dellart. 68 D.lgs 165/2001 che sancisce il potere dovere del Giudice ordinario di adottare nei confronti della P.A. tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi e di condanna richiesti dalla natura dei diritti tutelati (20). (20) CASOLA, Mansioni e trasferimenti, cit. Il regime giuridico dellAgenzia Spaziale Italiana: assetto organizzativo e profili funzionali Domenico Andracchio* SOMMARIO: Premessa - 1. Listituzione dellAgenzia Spaziale Italiana - 2. Nozione e autonomia - 3. La natura giuridica - 3.1. (segue) Gli indici rivelatori dellorganismo di diritto pubblico - 4. Sede legale e Piano di razionalizzazione delle localizzazioni degli uffici - 5. Le missioni e gli obbiettivi - 6. Lorganigramma dellAgenzia Spaziale Italiana - 7. Il Comitato di selezione del Presidente e dei componenti del Consiglio di amministrazione - 8. Il Presidente e il Vice Presidente - 9. Il Consiglio di amministrazione - 10. Il Consiglio tecnico-scientifico - 11. Il Collegio dei revisori dei conti - 12. LOrganismo Indipendente di Valutazione delle Prestazioni - 13. Il Direttore Generale - 14. Il Responsabile dei programmi e progetti 15. Il Direttore tecnico e i settori tecnici - 16. Incompatibilit e decadenze - 17. Gli strumenti di cui lAgenzia Spaziale Italiana legittimata ad avvalersi - 18. Gli accordi e le convenzioni. - 19. Gli accordi internazionali - 20. I Centri di ricerca - 21. I consorzi - 22. Le fondazioni 23. Limpresa pubblica: le societ - 24. Il Piano Aerospaziale Nazionale (PANS) - 25. Il Piano Triennale di Attivit (PTA) - 26. Il Documento di Visione Strategica decennale (DVS) - 27. Il controllo della Corte dei conti sullASI sotto il vigore del D.lgs. n. 27/1999 - 28. Il giudizio di legittimit costituzionale (conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato): la sentenza n. 457 del 23 dicembre 1999 - 29. Il controllo della Corte dei Conti a seguito del secondo riordino ASI attuato con il D.lgs. n. 128/2003 - 30. Il patrocinio obbligatorio e autorizzato dellAvvocatura dello Stato - 31. Il patrocinio dellAvvocatura dello Stato in favore dellAgenzia Spaziale Italiana - 32. I finanziamenti e le entrate dellAgenzia Spaziale Italiana - 33. Lautonomia negoziale dellAgenzia Spaziale Italiana - 34. I rapporti contrattuali dellASI 35. Le procedure di scelta del contraente - 36. Conclusioni. Premessa Il comparto aerospaziale, allinterno del quale si trovano ad operare, in stretta interrelazione tra di loro, imprese private, societ pubbliche ed enti di ricerca, senzaltro idoneo ad incidere in modo significativo sullo sviluppo e sulla competitivit di uno Stato. Lelevato contenuto tecnico di cui intrisa ogni scelta che gli operatori sono chiamati ad adottare, la consistente portata degli investimenti economici da realizzare e la vocazione eminentemente internazionale delle attivit svolte sono i tratti maggiormente caratteristici del settore cui ci si riferisce. Ne discende che la edificazione di unadeguata regolazione normativa, unitamente alla diffusione e al consolidamento di una cultur. aerospatialis, che venga configurandosi come risultato della maturata consapevolezza di quanto straordinari possano essere i vantaggi conseguibili dal comparto spaziale ed aerospaziale (dalla possibilit di estrarre minerali dai (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT corpi celesti alle telecomunicazioni satellitari, dalla localizzazione di pianeti con caratteristiche fisiche analoghe a quelle della Terra al turismo spaziale etc.), costituiranno, allevidenza, i fattori di successo per quegli Stati che abbiano concepito le politiche connesse alla ricerca e allutilizzo delle tecnologie spaziali come una priorit tuttaltro che trascurabile. Per quel che riguarda il comparto spaziale e aerospaziale italiano, sul finire degli anni ottanta stata istituita lAgenzia Spaziale Italiana come ente pubblico avente la finalit di promuovere, sviluppare e diffondere la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale ed aerospaziale. Il presente scritto ha cos la pretesa di illustrare i profili organizzativi, strutturali e funzionali proprio di quellente pubblico, lASI, che, sebbene abbia reso il nostro Paese uno dei principali attori mondiali del settore spaziale, si ritiene essere stato troppo ingiustamente trascurato dalla letteratura giuridica. Si cercher di dare risposta, tra gli altri, ad interrogativi come: Quali sono gli organi dellASI? Quale la sua natura giuridica? Come si profilano il controllo della Corte dei Conti e il patrocinio dellAvvocatura dello Stato? Quali sono i mezzi di finanziamento? e Come si estrinseca lautonomia contrattuale? Solo imbastendo (o quanto meno tentandovi) delle risposte ai quesiti pocanzi cennati, si avr modo di addentrarsi - con lumilt e la curiosit di chi sa di non sapere, ma di voler, ci malgrado, disperatamente iniziare a sapere - nello studio del diritto dello spazio. Un complesso di principi e di norme, di matrice prevalentemente internazionale, in cui il risoluto tecnismo giuridico e la suggestiva visionariet fantascientifica che connota, da sempre, lantico e magico rapporto esistente tra uomo e cosmo si intersecano perfettamente; ma guai a ridimensionare il diritto dello spazio sino al punto da considerarlo il frutto della mente capricciosa o stravagante del legislatore. Non vՏ chi possa negare, infatti, che il sempre pi diffuso dominio delle tecnologie spaziali e aerospaziali imponga, non soltanto, come gi sta accadendo, la creazione di una normativa ad hoc, ma anche la opportunit che la scienza del diritto prenda con maggiore seriet le problematiche implicazioni connesse allutilizzo dello spazio cosmico, cessando di guardare a questa materia come oggetto di studio riservato alle scienze matematiche, fisiche e naturali ed, al pi, alle scienze politiche. Ci posto, bene evidenziare che la disamina dei profili organizzativi e funzionali dellASI ha imposto - per fini di chiarezza e completezza espositiva -linevitabile svolgimento di unattivit di coordinamento tra le norme primarie contenute nel D.lgs. n. 128/2003 e nel D.lgs. n. 213/2009 e le norme secondarie incastonate nello Statuto e nei regolamenti interni dellAgenzia. 1. Listituzione dellAgenzia Spaziale Italiana. I programmi di ricerca ed applicazione in campo spaziale sono stati per lungo tempo di competenza del Centro Nazionale di Ricerca (CNR) e, segna tamente, del Servizio attivit spaziale del CNR (1). Con la nascita dellAgenzia Spaziale Europea nellanno 1975 e con la sempre pi decisiva partecipazione dellItalia ai progetti spaziali europei ed internazionali prorompentemente sorta lesigenza di snellire loriginario sistema pubblico-burocratico operante in tale settore e contestualmente creare un organismo dotato di una pi accentuata flessibilit organizzativa ed operativa. Per dare una concreta risposta a siffatte esigenze stata cos approvata la legge n. 186 del 30 maggio 1988, istitutiva dellAgenzia Spaziale Italiana (2). A norma dellart. 1 della legge di cui sopra, lASI subentra al CNR nello svolgimento dei compiti ad esso precedentemente affidati dal CIPE, cos da ereditarne impianti, strutture e progetti. LAgenzia Spaziale Italiana stata dunque istituita con il precipuo fine di dare un coordinamento unico agli sforzi strutturali e agli investimenti economico- finanziari che lItalia, sin dai primi degli anni Settanta, ha dedicato al settore spaziale ed aerospaziale (3). Per assolvere a tale funzione, quale ente pubblico nazionale alle dipendenze del Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca (gi Ministero dellUniversit e della Ricerca Scientifica e Tecnologica), lASI predispone, sulla base delle direttive promananti dal suddetto dicastero, i programmi scientifici, tecnologici ed applicativi da portare a compimento. Riordinata con il D.lgs. n. 27 del 30 gennaio 1999 (attuativo della delega contenuta nella Legge n. 57/1995), pi di recente, con il D.lgs. n. 128 del 4 giugno 2003 (attuativo della delega contenuta nella Legge n. 137/2002) e da ultimo con il D.lgs. n. 213 del 31 dicembre 2009 (attuativo della delega contenuta nella Legge n. 165/2007 di riordino degli enti di ricerca) (4), lASI (1) DA VALLE L. (2002), LAgenzia Spaziale Italiana e il ruolo nella politica spaziale nazionale: organizzazione e programmazione, [s.l.] e [s.n.]. (2) Tra i pi autorevoli contributi dedicati allo studio del comparto aerospaziale italiano nei quali dato riscontrare preziosi riferimenti allASI si ricordano: CAPRARA G. (1992), LItalia nello spazio, ed. Levi - ANCILLOTTI R. (1993), LAgenzia Spaziale Italiana, in Il Regime internazionale dello spazio -SAPORITO L. (1993), LAgenzia Spaziale Italiana. Il piano Spaziale Nazionale. I comitati scientifico e tecnologico, in Trattato di diritto amministrativo diretto da Santaniello G. - SALERNO A.M. (1998), Lordinamento dellAgenzia spaziale italiana, in Enti pubblici, n. 2 - SAGGESE E.-ARRIGO G. (2010), La nuova Strategia decennale dellAgenzia Spaziale Italiana, in La Comunit Internazionale, fasc. 4 - CATALANO SGROSSO G. (2011), Il diritto internazionale dello spazio, ed. LoGisma - CAPRARA G. (2012), Dallo spazio alla Terra. Una storia di uomini e tecnologie, ed. Mondadori electa - CAPRARA G. (2012), Storia italiana dello spazio, ed. Bompiani. (3) Per approfondimenti sulle attivit spaziali cui lItalia partecipa si rimanda al sito istituzionale dellAgenzia Spaziale Italiana, (www.asi.it). (4) In realt, sebbene il pi recente intervento che ha riguardato lAgenzia Spaziale Italiana sia effettivamente rinvenibile nel D.lgs. n. 213 del 31 dicembre 2009 che, in attuazione dellart. 1 della Legge n. 165/2007, ha disposto il riordino degli Enti di Ricerca vigilati dal MIUR, tra i quali deve annoverarsi anche lASI, la ampia portata del D.lgs. n. 213/2009 (nel senso che ha riguardato gli enti di ricerca in generale e solo per alcuni specifici aspetti lAgenzia Spaziale Italiana) suggerisce di considerare il D.lgs. n. 128/2003, allo stato delle cose, come lultimo pi penetrante intervento di riordino del LEGISLAZIONE ED ATTUALIT venuta consacrandosi come uno dei pi importanti attori mondiali operativi nel settore delle scienze spaziali, delle tecnologie satellitari e dello sviluppo dei mezzi che consentono il raggiungimento e lesplorazione dello spazio cosmico in poco meno di un ventennio dalla sua nascita. LItalia, oggi, grazie allattivit dellAgenzia il terzo Paese ad offrire un consistente contributo alle missioni e ai singoli progetti dellAgenzia Spaziale Europea (ESA) ed tra le Agenzie di analoga natura che intrattengono un costante e proficuo rapporto di collaborazione con la NASA. proprio in ragione della sinergica collaborazione con la NASA che lASI ha avuto modo di partecipare a gran parte dei pi complessi progetti spaziali, primo fra tutti la costruzione della Stazione Spaziale Internazionale. 2. Nozione e autonomia. Per poter dare una corretta ed esaustiva definizione dellAgenzia Spaziale Italiana occorre rifarsi alle disposizioni normative contenute nellart. 2 del decreto di riordino n. 128 del 2003 e nellart. 1 dello statuto A.S.I. (5). Dalla combinata lettura delle norme test richiamate se ne ricava che lAgenzia Spaziale Italiana pu definirsi come lente pubblico nazionale, assimilato agli altri enti di ricerca, avente il compito di promuovere, sviluppare e diffondere, con il ruolo di agenzia, la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale . Nellassolvimento di tali compiti, lAgenzia deve perseguire obbiettivi di eccellenza, coordinare progetti nazionali e gestire la partecipazione dellItalia ai diversi programmi spaziali, europei ed extra-europei, nel quadro delle relazioni internazionali assicurate dal Ministero degli Affari Esteri. lAgenzia Spaziale Italiana. Ad ogni modo, le pi significative novit introdotte dal D.lgs. 213/2009 sono ravvisabili: a) nel riconoscimento di unampia autonomia statutaria e nella prescrizione di deliberare i nuovi statuti (lultimo Statuto dellAgenzia Spaziale Italiana infatti successivo al riordino del 2009); b) nella ripartizione dei contributi statali legata a valutazione e merito; c) nella riduzione dei componenti degli organi e nelle nuove modalit di designazione dei membri dei consigli di amministrazione; d) nella possibilit di assumere, nel limite del 3% dellorganico, studiosi italiani o stranieri che si siano distinti per merito eccezionale. (5) Lart. 1 dello Statuto ASI dispone che: LAgenzia Spaziale Italiana (ASI), di seguito denominata Agenzia, lente pubblico nazionale, assimilato agli enti di ricerca, avente il compito di promuovere, sviluppare e diffondere, con il ruolo di Agenzia, la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale e lo sviluppo di servizi innovativi, perseguendo obbiettivi di eccellenza, coordinando e gestendo i progetti nazionali e la partecipazione italiana a progetti europei ed internazionali, nel quadro del coordinamento delle relazioni internazionali assicurato dal Ministero degli Affari Esteri, avendo attenzione al mantenimento della competitivit del comparto industriale italiano. LAgenzia, nel rispetto dellart. 33, sesto comma, della Costituzione, dotata di autonomia statutaria, scientifica, organizzativa, amministrativa, finanziaria, patrimoniale e contabile, ed sottoposta alla vigilanza del Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca. LAgenzia, esplica funzioni di rilevante interesse sociale ed economico e, conseguentemente, nellattuazione dei compiti favorisce forme di sinergia tra gli enti di ricerca, le amministrazioni pubbliche, le strutture universitarie ed il mondo dellimpresa, assumendo modelli organizzativi tendenti alla valorizzazione, partecipazione e rappresentanza dellintera comunit scientifica nazionale di riferimento, con particolare attenzione ai principi della Carta europea dei ricercatori. LAgenzia ha sede legale in Roma. LASI ha personalit giuridica di diritto pubblico e, nel rispetto dellarticolo 33, comma sesto della Costituzione, gode di unampia autonomia statutaria, scientifica, organizzativa, amministrativa, finanziaria, patrimoniale, negoziale e contabile, pur rimanendo irrimediabilmente sottoposta alla vigilanza del Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca. 3. La natura giuridica. Sebbene oggi sia normativamente descritta col sintagma agenzia, la problematica connessa alla natura giuridica da riconoscere allAgenzia Spaziale Italiana da intendersi tuttaltro che superata. Nel nostro ordinamento giuridico non dato rinvenire una nozione di agenzia (6); lunico dato certo che le agenzie sono (recenti) articolazioni del sistema amministrativo italiano caratterizzate, tra laltro, da modalit di funzionamento di tipo privatistico. Tra le nuove entit amministrative emerse dal processo di metamorfosi e adattamento della Pubblica Amministrazione alla mutata realt sociale ed economica, vanno certamente segnalate le Autorit attributarie di funzioni di garanzia per la collettivit (le autorit amministrative indipendenti) e quelle con funzioni di indirizzo e coordinamento in settori eminentemente tecnici (le agenzie amministrative). Ognun sa che, se le Autorit amministrative indipendenti risultano caratterizzate da una elevata indipendenza dal potere politico della compagine di governo e dallessere titolari di un potere normativo e regolamentare per quanto riguarda la loro organizzazione, il loro funzionamento e il trattamento del personale dipendente (7), le Agenzie amministrative trovano nella accentuata flessibilit organizzativa e nello svolgimento di attivit tecniche a supporto di scelte di valenza politica i propri precipui tratti indefettibili (8). (6) AA.VV. (1994), Agenzie e governo per lambiente, Milano, Franco Angeli. (7) Sul tema, sempre attuale e mai scontato, delle Authorities si rinvia a: PATRONI GRIFFI F. (1996), Tipi di autorit indipendenti, in I garanti delle regole e del mercato a cura di Cassese S. e Franchini C., Bologna, il Mulino - MANETTI M. (1997), Autorit indipendenti: tre significati per una costituzionalizzazione, in Politica del diritto, n. 4 - CAINELLO V. (1997), Le Autorit indipendenti tra potere politico e societ civile, in Rass. Giur. en. el. - PREDIERI A. (1997), Lerompere della autorit amministrative indipendenti, Firenze, Passigli editore - TITOMANLIO R. (2000), Autonomia e indipendenza delle Authorities: profili organizzativi, Milano, Giuffr - MERUSI F. (2000), Democrazia e autorit indipendenti, Bologna, il Mulino - GIANI L. (2002), Attivit amministrativa e regolazione di sistema, Torino, Giappichelli - GRASSO G. (2006), Le autorit amministrative indipendenti della Repubblica italiana, Milano, Giuffr - CUNIBERTI M. (2007), Autorit indipendenti e libert costituzionali, Milano, Giuffr - LUCIANI F. (2011), Le autorit indipendenti come istituzioni pubbliche di garanzia, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane - TITOMANLIO R. (2012), Potest normativa e funzione di regolazione. La potest regolamentare delle autorit amministrative indipendenti, Torino, Giappichelli - TITOMANLIO R. (2013), Il Potere normativo delle autorit amministrative indipendenti. Report Annuale 2013-Italia, in www.ius-publicum.com. (8) Per una analitica ed esaustiva trattazione del fenomeno dellagencification e delle agenzie si rinvia a: ARENA G. (1999), Agenzia Amministrativa, Roma, in Enc. Giur. Treccani - MERLONI F. (1999), Le agenzie nel sistema amministrativo italiano, in Dir. pubbl. - PAJNO A.-TORCHIAL. (2000), La riforma LEGISLAZIONE ED ATTUALIT In ragione di ci, parte della dottrina ha ritenuto che lASI dovesse essere inquadrata nel genere delle agenzie amministrative giacch, come queste, nasceva dalle intenzioni legislative di snellire, velocizzandola, la burocrazia del sistema amministrativo e di creare un organo dotato di flessibilit che consentisse di riunire in s le attivit in precedenza svolte da una pluralit di enti. Un tale inquadramento venne, per, da taluni contestato. Di fatti, sin dalla sua istituzione, nello strumentario a disposizione dellAgenzia Spaziale Italiana sono sempre figurati anche strumenti di natura civilistica (contratti, consorzi, fondazioni, societ, partecipazioni in societ). Sicch, facendo leva proprio su tale aspetto, si ritenuto che la condizione giuridica dellAgenzia Spaziale Italiana fosse piuttosto assimilabile a quella degli enti pubblici economici (9), quali enti deputati alla gestione di imprese industriali o commerciali, usando mezzi del diritto privato e svolgendo attivit in concorrenza, almeno potenziale, con imprenditori privati (10). 3.1. (segue) Gli indici rivelatori dellorganismo di diritto pubblico. Nonostante costituiscano il risultato di apprezzabili sforzi esegetici, nessuna delle due sopraccennate tesi dottrinali (la seconda men che meno) sembra tuttavia potersi considerare pienamente risolutiva della delicata questione concernente la natura giuridica dellASI. Da una rigorosa analisi delle caratteristiche strutturali e funzionali dellAgenzia Spaziale Italiana sembrerebbe, infatti, potersi sostenere la sussistenza di tutti gli indici rivelatori di quel modello organizzativo tradizionalmente denominato organismo di diritto pubblico (11). del governo: commento ai decreti legislativi n. 300 e n. 303 del 1999 sulla riorganizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei ministeri, Bologna, il Mulino - CHITI E. (2002), Le agenzie europee. Unit e decentramento nelle amministrazioni europee, Padova - CASINI L. (2003), Le agenzie amministrative in Riv. trim. dir. pubbl. - AA.VV. (2006), Le agenzie pubbliche. Modelli Istituzionali e organizzativi, Soveria Mannelli, Rubettino editore - E. CHITI (2009), Tendenze e problemi del processo di agencification nellordinamento europeo, in Lamministrazione comunitaria. Caratteri, accountability e sindacato giurisdizionale (a cura di) Marchetti B., Padova - FERRARI E. (2009), Agenzie europee, interessi degli Stati membri e conflitti istituzionali, in Lamministrazione comunitaria cit. - CHITI. E. (2010), La trasformazione delle agenzie europee, in Riv. trim. dir. pubbl. - CHITI E. (2014), Agenzie amministrative, in Enc. Ita. Treccani. (9) ANCILLOTTI R. (1993), LAgenzia Spaziale Italiana, in Il regime internazionale dello Spazio, Milano, Giuffr, pp. 343 ss. (10) Pi specificamente, secondo un consolidato insegnamento giurisprudenziale un ente pubblico sicuramente economico se, allo scopo di realizzare un fine di lucro e solo indirettamente una finalit pubblica, esercita una attivit imprenditoriale diretta alla produzione e allo scambio di beni e servizi, ponendosi sullo stesso piano con gli imprenditori privati svolgenti analoghe attivit e utilizzando gli stessi strumenti di diritto privato (cfr. C. Cass., n. 6279/1983; Con. St., n. 175/1985; TAR Lazio, n. 92/1988). (11) Sul tema, la produzione scientifica vastissima: GRECO. G. (1995), Ente pubblico, impresa pubblica, organismo di diritto pubblico, in Riv. it. dir. publ. comunit. - RIGHI. R. (1996), La nozione di organismo di diritto pubblico nella disciplina comunitaria degli appalti, in Riv. it. dir. publ. comunit. -GAROFOLI R. (1998), Lorganismo di diritto pubblico: orientamenti interpretativi dei giudici italiani a Impiegata per la prima volta dal legislatore comunitario nellambito della disciplina degli appalti pubblici (12), la nozione di organismo di diritto pubblico, per via del suo carattere onnicomprensivo e trasversale, continua ad animare dibattiti dottrinali e giurisprudenziali in ragione delle difficolt applicative in cui ci si imbatte qualora si intenda accertare se una determinata Amministrazione possa o meno essere sussumibile nella categoria di cui trattasi. Giova rammentare che non vՏ testo normativo, comunitario o nazionale, in cui sia dato rinvenire una definizione socratiana, id est semanticamente netta, puntuale e circoscritta, di organismo di diritto pubblico. Di contro, propugnando un approccio meramente funzionale, il legislatore ha ritenuto opportuno avvalersi di una definizione ombra o definizione mantello idonea a poter essere elasticamente adattata, case by case, ad un numero potenzialmente illimitato di Amministrazioni, quale che sia la veste giuridica in concreto assunta. In tal senso militano le diverse pronunce giurisprudenziali in cui taluni enti, indipendentemente dalla forma organizzativa con cui siano stati costituiti o trasformati, sono stati qualificati come organismi di diritto pubblico (13). confronto, in Foro.it. - GRECO G. (1998), Organismo di diritto pubblico: atto primo, in Riv. it. dir. publ. comunit. - CHITI E. (1999), Gli organismi di diritto pubblico tra Consiglio di Stato e Corte di Giustizia, in Urb. e App. - GRECO G. (1999), Organismo di diritto pubblico, atto secondo: le attese deluse, in Riv. it. dir. publ. comunit. - CHITI M.P. (2001), Lorganismo di diritto pubblico e la nozione comunitaria di pubblica amministrazione, Bologna, Clueb - BARBARA M. (2003), Lorganismo di diritto. Profili sostanziali e processuali, Milano, Giuffr - CHITI. M.P. (2004), Impresa pubblica e organismo di diritto pubblico: nuove forme di soggettivit giuridica o nozioni funzionali, in Organismi e imprese pubbliche, natura delle attivit e incidenza sulla scelta del contraente e tutela giurisdizionale, a cura di M.A. Sandulli in Servizi pubb. e app., Quaderni, n. 1, Milano, Giuffr - GAROFOLI R. (2005), Gli organismi di diritto pubblico: il recente allineamento tra giudice comunitario e nazionale e i profili ancora problematici, in Il nuovo diritto degli appalti pubblici nella direttiva 2004/18/CE e nella legge comunitaria n. 62/2005, a cura di Garofoli R. e Sandulli M.A., Milano, Giuffr - ROVERSI MONACO M.G. (2007), Le figure dellorganismo di diritto pubblico e dellimpresa pubblica nellevoluzione dellordinamento, in Dir. e proc. amm. - CORSO G. (2008), Impresa pubblica, organismo di diritto pubblico, ente pubblico: la necessit di un distinguo, in Trattato su contratti pubblici, a cura di M.A. Sandulli - De Nictolis R. - Garofoli R., Milano, Giuffr. (12) SCOTTI E. (2005), Organizzazione pubblica e mercato: societ miste, in house providing e partenariato pubblico-privato, in Diritto Amministrativo, n. 4, pp. 915 ss. (13) Tra le tante, si v.: Trib. Amm. Reg. Lomb., 8 aprile 2013, n. 861 poi confermata da Cons. St., 3 giugno 2014, n. 2843 in cui si riconosce la qualifica di organismo di diritto pubblico alla Fondazione C DIndustria O.N.L.U.S. perch istituzionalmente e in concreto diretta ad operare in campo socio assistenziale, senza fini di lucro, prestando assistenza alle fasce pi deboli della popolazione; Cons. St., 23 dicembre 2013, n. 6185 con la quale sono state qualificate come organismo di diritto pubblico lEnpam e la Fondazione Enasarco in quanto il controllo pubblico sulla gestione affidato al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale; Cons. St., 12 dicembre 2010, n. 7393 con la quale stata riconosciuta organismo di diritti pubblico la Fondazione Carnevale di Viareggio sul presupposto che la Fondazione persegue esclusivamente finalit di interesse pubblico e svolge attivit e destina le risorse disponibili preminentemente allo scopo di promuovere e sostenere la realizzazione della manifestazione del Carnevale; Cons. St., 13 marzo 2008, n. 1094 con cui, il Giudice Amministrativo dappello, nel qualificare Societ Autostrade per lItalia S.p.A. come organismo di diritto pubblico, ha affermato che la costruzione e la gestione delle autostrade costituisce attivit idonea a soddisfare bisogni ed interessi pubblici generali, di tal che lente cui tale attivit affidata da qualificare come organismo di diritto pubblico, irrilevante essendo la sua natura giuridica privatistica. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Si tratta allora di capire in che modo viene definito lorganismo di diritto pubblico nel vigente ordinamento giuridico. Lart. 3, comma 26 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli Appalti Pubblici), ricalcando, con marginali variazioni semantiche, la definizione offerta dalla normativa comunitaria (si v. Direttiva CEE n. 89/440, Direttiva CEE n. 93/36; Direttiva CEE n. 93/37; Direttiva CE n. 2004/17; Direttiva CE n. 2004/18), descrive lorganismo di diritto pubblico come qualsiasi organismo, anche in forma societaria istituito: a) per soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale; b) dotato di personalit giuridica; c) la cui attivit sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali pi della met designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. A ben vedere, quindi, sono tre gli elementi strutturali alla cui ricorrenza cumulativa un soggetto potr essere qualificato come organismo di diritto pubblico. Incisivamente, le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione hanno di recente affermato che la figura dellorganismo di diritto pubblico, ai sensi dellart. 3, comma 26 del D.lgs. n. 163/2006, ricorre quando il soggetto dotato di personalit giuridica (requisito personalistico), le sue finalit non hanno carattere industriale o commerciale (requisito teleologico) e la sua attivit finanziata in prevalenza da pubbliche amministrazioni ovvero direttamente controllata dalle stesse od orientata da un gruppo di gestione a prevalente designazione pubblica (requisito dellinfluenza dominante) (14). Non hanno occasionato particolari dubbi interpretativi i requisiti della personalit giuridica e della influenza pubblica dominante. Con riguardo al primo, senza che debba in qualche maniera distinguersi la personalit di diritto pubblico da quella di diritto privato, ormai unanimamente condivisa - in dottrina come in giurisprudenza - la concezione della personalit giuridica nei termini di attitudine di un ente ad essere titolare di situazioni giuridiche attive e passive e di godimento di unautonomia patrimoniale perfetta. Linfluenza pubblica dominante stata invece definita come quel legame che unisce lorganismo di diritto pubblico a unaltra amministrazione (15), la sussistenza del quale subordinata alla ricorrenza anche solo alternativa delle fattispecie tipizzate dal legislatore. Appunto, perch possa dirsi esistente il requisito dellinfluenza dominante sar necessario e sufficiente che il soggetto che si pretenda di qualificare come organismo di diritto pubblico benefici di un finanziamento pubblico maggioritario o che sia soggetto ad un controllo (14) Cfr. C. Cass., SS.UU., 7 aprile 2014, n. 8051; C. Cass. SS.UU., 1 agosto 2012, n. 13792. (15) CASALINI D. (2003), Lorganismo di diritto pubblico e lorganizzazione in house, Napoli, ed. Jovene. pubblico nella gestione o nella designazione della maggioranza dei componenti degli organi di amministrazione, di direzione ovvero di vigilanza. Diversamente dal requisito personalistico e da quello dellinfluenza dominante, ha sollevato non pochi problemi il requisito teleologico, rappresentato dagli interessi generali, a carattere non industriale o commerciale, che il soggetto deve perseguire per potere essere qualificato come organismo di diritto pubblico. Nella lucida consapevolezza dei rischi in cui si sarebbe incorsi allorch si fossero autorizzati, implicitamente od esplicitamente, i giudici nazionali dei singoli Stati membri ad elaborare interpretazioni plurime e discordanti circa il significato da attribuire alla formula de qua, la Corte di Giustizia dellUnione Europea ha voluto, innanzitutto, scongiurare il rinvio allordinamento dei singoli Stati, puntualizzando la necessit di fornire una interpretazione autonoma e uniforme nellintera Comunit (16). Dopo aver ribadito le esigenze di uniformit interpretativa del diritto comunitario, il Giudice europeo ha susseguentemente specificato che sono di carattere non industriale o commerciale i bisogni strettamente collegati al funzionamento istituzionale dello Stato e degli altri enti territoriali, bisogni al cui soddisfacimento i medesimi preferiscono, in concreto, provvedere direttamente o, con riguardo ai quali, intendono mantenere uninfluenza determinante (17). Orbene, la conduzione di unattivit prognostica che abbia come parametri di riferimento, da un lato, gli elementi costitutivi dellorganismo di diritto pubblico e, dallaltro lato, le concrete caratteristiche, strutturali e funzionali, dellAgenzia Spaziale Italiana, induce ad affermare che lente di cui ci si occupa possa farsi rientrare, al pari di altri, proprio nella categoria degli organismi di cui allart. 3, comma 26 del D.lgs. n. 163/2006. Innanzitutto, lASI dotata di personalit giuridica. Lart. 2, comma secondo del D.lgs. n. 128/2003 stabilisce che lAgenzia ha personalit giuridica di diritto pubblico, autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale e contabile. Particolare conformazione assume, poi, il requisito dellinfluenza dominante, il quale qui rinvenibile nella duplice declinazione di finanziamento pubblico maggioritario e di nomina della maggioranza degli organi di direzione, di amministrazione o di vigilanza da parte dello Stato. Se la gran parte dei finanziamenti di cui dispone lAgenzia Spaziale Italiana derivano dal Fondo ordinario per il finanziamento degli enti pubblici di ricerca, non pu di certo sfuggire come pi della met dei suoi organi di vertice siano nominati dallo Stato. Nello specifico: il Presidente nominato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro vigilante, il Consiglio di amministrazione si compone del Presidente e da (16) Cfr. C. Giust. CE, 3 ottobre 2000, C-380/98, The Queen c./ H. M. Treasury. (17) Cfr. C. Giust. CE, sent. 11 giugno 2002, C-18/01, Arkkitehtuuritoimisto Riitta Korhonen Oy c./ Vaerkauden Taitotalo Oy. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT quattro componenti nominati dal Ministro degli Affari Esteri, dal Ministro della Difesa, dal Ministro dellEconomia e delle Finanze e dal Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca mentre il Collegio dei revisori dei conti composto da cinque membri nominati dal Ministro dellEconomia e delle Finanze e dal Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca. In ultimo, quanto allelemento teleologico, non vՏ dubbio che la finalit di promuovere, di sviluppare e di diffondere la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale, unitamente alla gestione e al coordinamento di progetti nazionali nonch alla partecipazione italiana a progetti europei ed internazionali riprovano che lASI preordinata al soddisfacimento di interessi generali aventi carattere non industriale o commerciale perch, evidentemente, connessi al funzionamento istituzionale dello Stato. Qualora dovessero registrarsi opinioni discordanti circa la sussistenza del- lelemento teleologico attorno al quale imperniata la nozione di organismo di diritto pubblico, non pare inutile richiamare lunica pronuncia sin qui resa dalla giurisprudenza amministrativa sulla natura giuridica di un ente operante in ambito spaziale: il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (CIRA s.c.p.a.). Il Consiglio di Stato, chiamato a decidere, tra le altre questioni, sulla natura giuridica del CIRA, giunto a precisare che ha natura di organismo di diritto pubblico la CIRA s.c.p.a., costituita per la progettazione, realizzazione e gestione delle opere strumentali al programma PRORA (Programma Nazione di Ricerche Aerospaziali) destinato a finalit di ricerca e sperimentazione nel settore aerospaziale (18). Dalla richiamata decisione, se ne ricava, mutatis mutandis, che la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto le finalit di ricerca e di sperimentazione applicate al settore spaziale ed aerospaziale come finalit di interesse generale a carattere non industriale o commerciale; diversamente opinando, non potrebbe spiegarsi la qualificazione del CIRA s.c.p.a. nei termini di organismo di diritto pubblico al quale il Consesso giunto. Pertanto - ad avviso di chi scrive - considerato che la ricerca e la sperimentazione spaziale e aerospaziale rientrano, a rigore, tra le finalit dellASI, quella di organismo di diritto pubblico una qualifica che, a maggior ragione, ben si attaglia allente prioritariamente deputato a promuovere e garantire lo sviluppo della cultura aerospatialis. 4. Sede legale e Piano di razionalizzazione delle localizzazioni degli uffici. Per assolvere i propri compiti istituzionali, lASI si avvale non soltanto della sua struttura centrale ma anche di quelle territoriali. Puntualizzato che la struttura centrale dellAgenzia ha sede legale a Roma, mentre le strutture decentrate, o se si preferisce territoriali, sono strategicamente dislocate sul territorio nazionale (tra queste si ricordano il Centro di Geodesia Spaziale, (18) Cfr. Cons. St., sent. del 23 agosto 2006, n. 4959. la Base di lanci di palloni Stratosferici e il Centro Spaziale Luigi Broglio) non ci si pu esimere dallevidenziare che tra i profili strutturali e organizzativi dellAgenzia Spaziale Italiana sui quali ha inciso il D.lgs. n. 213/2009 sono da farsi rientrare gli aspetti concernenti le sedi. Difatti, lart. 14 del sopraccennato decreto, prospettando la necessit che venga predisposto un piano volto alla razionalizzazione della localizzazione degli uffici acquisiti in propriet o in locazione, fa richiamo allart. 12 del D.lgs. n. 419/99 il quale, nel disciplinare il riordinamento degli enti pubblici nazionali, chiarisce i caratteri contenutistici e procedimentali attinenti al Piano di razionalizzazione della localizzazione degli uffici che, a vario titolo, sono in dotazione dellEnte. Il Piano di razionalizzazione un documento con cadenza biennale da predisporre entro un termine fissato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri mediante il quale gli Enti di Ricerca (e per quel che qui rileva, lAgenzia Spaziale Italiana) puntano al conseguimento di obbiettivi di economia di spesa attraverso lutilizzo, lacquisizione e la gestione in comune di immobili e servizi. Una volta redatto, viene trasmesso (entro trenta giorni) dal Presidente dellASI, previo parere del Collegio dei revisori, al Ministero dellIstruzione, del- lUniversit e della Ricerca e al Ministero dellEconomia e delle Finanze che, analizzati comparatisticamente i risultati previsti nel Piano e quelli effettivamente conseguiti, riferiscono alle Camere circa la attuazione dei principi che sovraintendono alla razionalizzazione delle risorse pubbliche da impiegare per lutilizzo degli immobili di cui lEnte deve avvalersi per lesercizio delle proprie funzioni. 5. Le missioni e gli obbiettivi. Si gi avuto modo di affermare che la missione dellASI si sostanzia nella promozione, nello sviluppo e nella diffusione della ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale ed aerospaziale. Questa formula, solo apparentemente astratta e generica, in verit in grado di riassumere con straordinaria chiarezza la finalit delle attribuzioni di cui titolare lAgenzia. Le funzioni espletate dallAgenzia Spaziale Italiana sono elencate in maniera esauriente nellart. 3 del decreto di riordino (d.lgs. n. 128/2003) e nella pressoch corrispondente norma statutaria contenuta nellart. 2 dello Statuto ASI. LEnte di cui ci si occupa - perseguendo obbiettivi di eccellenza e coordinando progetti di ricerca nazionali e internazionali - tiene conto degli indirizzi strategici promanati dal Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, dei programmi dellUnione europea nonch dei principi in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso, per poter, tra le altre cose: i) promuovere leccellenza nazionale nel settore della ricerca e un alto livello di competitivit del comparto industriale; ii) partecipare ai lavori del Consiglio dellAgenzia Spaziale Europea (ESA); iii) stipulare accordi bilaterali e multilaterali con organismi di altri Paesi; iv) diffondere la cultura aerospaziale e lassegnazione di borse di studio e assegni di ricerca ecc. (19). (19) Specificamente, la lunga e articolata disposizione contenuta nellart. 2 dello Statuto ASI precisa che: LAgenzia, in particolare, secondo quanto previsto al comma 1 e nel rispetto delle norme in LEGISLAZIONE ED ATTUALIT 6. Lorganigramma dellAgenzia Spaziale Italiana. Come ogni ente pubblico, lASI costituita da specifici organi, ciascuno dei quali incaricato di svolgere determinati compiti che si profilano come necessari per consentire allAgenzia di promuovere lo sviluppo e la diffusione della ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale. A norma dellart. 4 del decreto n. 128/2003 sono organi dellASI il Presidente, il Consiglio di amministrazione, il Consiglio tecnico-scientifico e il Collegio dei revisori dei conti. Stando alla lettera del decreto, dunque, gli organi dellAgenzia risultano essere nel numero di quattro. Tuttavia, lampia autonomia statutaria che il legislatore nazionale riconosce allASI, sembrava aver determinato il verificarsi di una situazione di antinomia fra il pocanzi richiamato art. 4 del D.lgs. n. 128 cit. e lart. 5 dello Statuto, ambedue rubricati Organi. Invero, diversamente dal decreto di riordino, la normativa statutaria sembrerebbe con- materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso: a) promuove, sviluppa e diffonde la ricerca scientifica e tecnologica e le sue applicazioni, perseguendo obiettivi di eccellenza, coordinando e gestendo i progetti nazionali e la partecipazione italiana a progetti europei e internazionali, nel quadro del coordinamento delle relazioni internazionali assicurato dal Ministero degli Affari Esteri; b) promuove leccellenza nazionale nel settore della ricerca e un alto livello di competitivit del comparto industriale italiano; c) partecipa, sulla base degli indirizzi del Governo, nel quadro del coordinamento delle relazioni internazionali assicurato dal Ministero degli Affari Esteri, ai lavori del consiglio dellAgenzia Spaziale Europea (ESA) e alle attivit di carattere tecnico dellUnione Europea; d) promuove e coordina la presenza italiana ai programmi approvati dallAgenzia Spaziale Europea (ESA), nonch, nei limiti delle risorse disponibili, stipula accordi bilaterali o multilaterali con organismi di altri Paesi per la partecipazione dellItalia a programmi od imprese aerospaziali; e) promuove, sostiene e coordina la partecipazione italiana a progetti, iniziative dellUnione Europea nel campo spaziale e aerospaziale; f) realizza, sulla base di accordi con Ministeri, organismi pubblici e privati, programmi applicativi di prevalente interesse istituzionale; g) realizza, con partner pubblici e privati, nazionali, comunitari e internazionali, infrastrutture complesse tese a sviluppare la ricerca scientifica e tecnologica applicata; h) intrattiene nel quadro del coordinamento delle relazioni internazionali assicurato dal Ministero degli Affari Esteri, relazioni con organismi aerospaziali di altri Paesi e, al tal fine, pu istituire proprie unit operative presso le principali organizzazioni comunitarie e internazionali; i) promuove e realizza, con il coinvolgimento della comunit scientifica, la ricerca scientifica nazionale, predisponendo, coordinando e sviluppando appositi programmi, curando, in particolare, il raccordo con gli altri enti di ricerca ed universit, con particolare riferimento lIstituto nazionale di astrofisica (INAF) e lIstituto nazionale di fisica nucleare (INFN), per quanto riguarda i settori di rispettiva competenza; j) svolge attivit proprie di agenzia, finanziando e coordinando attivit di ricerca svolte da terzi; k) svolge attivit di comunicazione e promozione della ricerca, curando la diffusione dei relativi risultati economici e sociali allinterno del Paese e garantendo lutilizzazione delle conoscenze prodotte; l) sviluppa programmi e progetti, anche attraverso affidamenti contrattuali, di elevata valenza tecnologica e applicativa; m) promuove, realizza e finanzia, sulla base di appositi progetti, iniziative che integrino la ricerca pubblica con quella privata, nazionale e internazionale, anche al fine di disporre di risorse ulteriori per il finanziamento di progetti congiunti; n) promuove la diffusione della cultura e delle conoscenze derivanti dalla relativa ricerca, nonch la valorizzazione, a fini produttivi e sociali, e il trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca; o) promuove lassegnazione di borse di studio, assegni di ricerca e favorisce, sulla base di apposite convenzioni con le Universit, corsi di dottorato di ricerca, anche con il coinvolgimento del mondo produttivo e, attraverso misure organizzative volte a potenziarne la professionalit e lautonomia, cura la formazione e la crescita tecnico-professionale del personale dellAgenzia nel campo delle scienze e tecnologie e delle loro applicazioni; p) promuove iniziative per il trasferimento tecnologico per assicurare il massimo ritorno degli investimenti effettuati; q) cura, tenendo conto di accordi bilaterali e internazionali, i centri operativi dedicati allosservazione della terra e geodesia spaziale, al controllo orbitale di satelliti, allarchiviazione dei dati scientifici e allattivit di volo stratosferico. templare solo tre organi, escludendo da questi il Consiglio tecnico-scientifico; ai sensi dellart. 5 dello Statuto ASI sono organi dellAgenzia: a) il Presidente; b) il Consiglio di amministrazione e c) il Collegio dei revisori dei conti. Ciononostante, rilevato che anche lo stesso Statuto - malgrado nella elencazione degli organi non includa anche il Consiglio tecnico-scientifico al suo art. 8 disciplina nel dettaglio il Consiglio tecnico-scientifico; dal ch, al cennato (apparente) contrasto non resta che attribuire il valore di scelta puramente stilistico-formale. 7. Il Comitato di selezione del Presidente e dei componenti del Consiglio di amministrazione. La analisi degli organi deve essere preceduta dalla indicazione del soggetto e delle procedure attraverso cui si procede alla selezione delle persone maggiormente idonee a ricoprire ruoli di responsabilit. Sul punto, lart. 11 del D.lgs. n. 213/2009 a precisare, puntualizzandolo, quale sia il soggetto competente ad attivare gli iter procedimentali previsti ai fini della selezione del Presidente e dei componenti del Consiglio di amministrazione (20). Con riguardo al soggetto competente a selezionare le persone con i profili accademici, professionali ed attitudinali pi adatti a ricoprire i ruoli di vertice allinterno dellASI, non vՏ dubbio che esso debba identificarsi nel Comitato di selezione, composto da un massimo di cinque persone scelte tra esperti della comunit scientifica nazionale ed internazionale e tra esperti di alta amministrazione. Quanto, poi, alla procedura, una volta perfezionatasi la sua composizione, il Comitato fissa con avviso pubblico le modalit e i termini della presentazione delle candidature; acquisitele nel termine e con i modi fissati nellavviso pubblico, il Comitato propone al Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca cinque nominativi per la carica di Presidente e tre nominativi per quella di consigliere di amministrazione. Spetter, infine, al Ministro selezionare tra i nominativi proposti dal Comitato di selezione, quelle reputate pi idonee a ricoprire il ruolo di Presidente e quello di consigliere di amministrazione. 8. Il Presidente e il Vice-Presidente. Il Presidente lorgano di vertice cui spettano le responsabilit direttive ed operative (20) Ai sensi dellart. 11 del D.lgs. n. 213/2009 Ai fini della nomina dei presidenti e dei membri del consiglio di amministrazione di designazione governativa, con decreto del Ministro nominato un comitato di selezione, composto da un massimo di cinque persone, scelte tra esperti della comunit scientifica nazionale e internazionale ed esperti in alta amministrazione, di cui uno con funzioni di coordinatore, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio del Ministero. Il comitato di selezione agisce nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal Ministro nel decreto di nomina e, per gli adempimenti avente carattere amministrativo, supportato dalle competenti direzioni generali del Ministero. Il personale del Ministero non pu, in nessun caso, fare parte del comitato di selezione. Il comitato di selezione fissa, con avviso pubblico, le modalit e i termini per la presentazione delle candidature e, per ciascuna posizione ed ove possibile in ragione del numero dei candidati, propone al Ministro: a) cinque nominativi per la carica di presidente; b) tre nominativi per la carica di consigliere. Nei consigli di amministrazione composti da tre consiglieri, due componenti, incluso il presidente, sono individuati dal Ministro. Il terzo consigliere scelto direttamente sulla base di una forma di consultazione definita negli statuti. Nei consigli di amministrazione composti da cinque consiglieri, tre componenti e tra questi il presidente, sono individuati dal Ministro. Gli altri due componenti sono scelti direttamente dalla comunit scientifica o disciplinare di riferimento sulla base di una forma di consultazione definita negli statuti, fatto salvo quanto specificamente disposto allart. 9. I decreti ministeriali di nomina dei presidenti e dei consigli di amministrazione sono comunicati al Parlamento. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT dellAgenzia Spaziale Italiana (21). Nominato con decreto del Consiglio dei Ministri - previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca e sentito il parere delle competenti commissioni parlamentari - viene scelto fra persone di alta qualificazione scientifica e manageriale, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca in Italia e allEstero e con una pluriennale esperienza nella gestione di enti o organismi pubblici o privati operanti nel settore della ricerca. La durata del mandato di quattro anni rinnovabili (rectius confermabili) una sola volta. A norma dellart. 6 decreto n. 128 del 2003, cos come dellart. 6 dello Statuto, il Presidente ha la rappresentanza legale dellente ed responsabile delle relazioni istituzionali con il Governo, con le altre Pubbliche Amministrazioni, con gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale nonch con le Autorit amministrative indipendenti. Tra le sue principali attribuzioni, si ricordi che spetta al Presidente: convocare e presiedere il Consiglio di amministrazione, stabilendone lordine del giorno; formulare le proposte di deliberazione del Consiglio di amministrazione; adottare, sentito il Direttore generale, i provvedimenti durgenza, di competenza del Consiglio di amministrazione; definire le strategie e le linee guida per lo sviluppo dellAgenzia in coerenza con il Piano Nazionale di Ricerca (PNR); formulare la proposta del Documento di Visione Strategica Decennale (DVS), del Piano triennale dattivit (PTA) e dei relativi aggiornamenti annuali, acquisendo il parere del Consiglio tecnico- scientifico; richiedere pareri agli organi istituzionali di consulenza giuridica e tecnica etc. Per assolvere i propri compiti, il Presidente si avvale oltre che della propria segreteria anche delle Unit organizzative tecnico-amministrative. A capo di queste, sono collocati i c.d. Responsabili delle Unit afferenti al Presidente che, scelti tra i dipendenti ASI con qualifica non inferiore a quella di primo tecnologo e/o di dirigente amministrativo, sono nominati con delibera del Consiglio di amministrazione su proposta del Presidente. (21) Lart. 6 dello Statuto ASI dispone che: Il Presidente ha la rappresentanza legale dellente, con facolt di conferire deleghe e procure, ed responsabile delle relazioni istituzionali. Il Presidente: a) convoca e presiede il Consiglio di amministrazione, stabilendo lordine del giorno, sentito il Direttore generale; b) formula le proposte di deliberazione del Consiglio di Amministrazione; c) adotta, sentito il Direttore generale, i provvedimenti di urgenza, di competenza del Consiglio di amministrazione, da sottoporre alla ratifica nella prima riunione utile del consiglio stesso; d) definisce le strategie e le linee guida per lo sviluppo dellAgenzia in coerenza con il PNR e latto di indirizzo e le direttive adottate dal Ministro vigilante e formula la proposta del DVS, del PTA e dei relativi aggiornamenti annuali, acquisendo il parere del Consiglio tecnico-scientifico; e) vigila, sovraintende e controlla il corretto svolgimento delle attivit dellAgenzia; f) partecipa ai lavori del consiglio dellAgenzia Spaziale Europea (E.S.A.) in rappresentanza del Governo italiano; g) individua il candidato per lincarico di Direttore generale, da sottoporre alla deliberazione del Consiglio di amministrazione; h) richiede pareri alle autorit amministrative indipendenti e agli organi istituzionali di consulenza giuridica e tecnica; i) richiede al Consiglio tecnico-scientifico specifici approfondimenti su argomenti da trattare in Consiglio di amministrazione; j) cura la predisposizione di una relazione illustrativa, da allegare allo schema di rendiconto generale, sulla base della relazione sulla gestione predisposta dal Direttore generale. Il Presidente, se professore o ricercatore universitario, pu essere collocato in aspettativa ai sensi del- larticolo 13 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382; se ricercatore o tecnologo dipendente di pubbliche amministrazioni collocato in aspettativa senza assegni, ai sensi dellarticolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165 s.m.i. In caso di assenza o impedimento, il Presidente sostituito da un Vice Presidente, nominato dal Consiglio di amministrazione tra i suoi componenti su proposta del Presidente. Altro Vice-Presidente, sempre scelto nellambito dei componenti del consiglio di amministrazione, pu operare in virt di specifica delega del Presidente, con riferimento alle proprie responsabilit di carattere istituzionale. Tra le funzioni esercitate da tali Unit si annoverano: la predisposizione degli atti di competenza del Presidente (si pensi ai provvedimenti presidenziali ovvero alle proposte da sottoporre al Consiglio di amministrazione), il supporto alle attivit del Consiglio di amministrazione, del Consiglio Tecnico-scientifico, del Collegio dei Revisori dei Conti e dellOIV, la cura delle relazioni internazionali con organismi aerospaziali di altri paesi e con amministrazioni e organismi pubblici o privati nonch la diffusione delle comunicazioni e delle informazioni ASI. 9. Il Consiglio di amministrazione. Il Consiglio di amministrazione costituito a norma dellart. 7 del D.lgs. n. 128/2003 (cos come confermato dallart. 9 del D.lgs. n. 213/2009 e dal corrispondente art. 7 dello Statuto ASI) con decreto del Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca (22). Della (22) Lart. 7 dello Statuto ASI del seguente tenore: Il Consiglio di amministrazione ha i compiti di indirizzo e programmazione generale dellattivit dellAgenzia. Il Consiglio di amministrazione, su proposta del Presidente: a) delibera il DVS, il PTA dellAgenzia ed i relativi aggiornamenti annuali; b) delibera, a maggioranza dei componenti, in ordine alla definizione e modifiche dello Statuto e dei regolamenti del personale, di amministrazione e finanza e contabilit, da perfezionarsi, tutti, secondo le procedure di cui al successivo art. 16; c) approva il bilancio preventivo e il bilancio consuntivo e le relative relazioni di accompagnamento; d) ratifica i provvedimenti durgenza adottati dal Presidente; e) nomina un Vice Presidente, eleggendolo tra i propri componenti; f) delibera la nomina del Direttore generale, dei componenti del consiglio tecnico-scientifico e dellOrganismo Indipendente di Valutazione delle prestazioni (O.I.V.); g) definisce i compensi del Direttore generale e dei responsabili dei settori tecnico- scientifici, con riferimento alle indennit di carica del Presidente, dei Consiglieri di amministrazione e dei componenti del Collegio dei revisori dei conti; h) esprime un parere vincolante sui curricula dei dirigenti e dei responsabili dei settori tecnici dellAgenzia proposti dal Direttore generale, cui si applica la previsione del successivo art. 12, comma 2, lett. d); i) verifica i risultati dellattivit gestionale, tecnico- scientifica ed economica dellAgenzia ed individua i punti di maggior rilievo nella programmazione delle attivit ai fini del monitoraggio e della valutazione; j) ripartisce le risorse finanziarie, strumentali e umane tra i settori tecnico-scientifici, tenendo conto delle proposte da esse formulate; k) delibera la partecipazione a societ, fondazioni e consorzi, nonch la stipulazione di accordi con organismi nazionali, comunitari ed internazionali; l) delibera sui grandi investimenti in infrastrutture e su commesse rilevanti previste nel piano triennale e negli aggiornamenti annuali, secondo criteri definiti dal Regolamento di finanza e contabilit; m) adotta, nei limiti indicati dal regolamento di finanza e contabilit, i provvedimenti concernenti il patrimonio immobiliare, mutui, assicurazioni, fondi di investimento e su altre operazioni finanziarie; n) esercita, nei limiti della normativa vigente, il potere di indirizzo per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro; o) emana le direttive generali contenenti gli indirizzi strategici che il Direttore generale deve seguire nella predisposizione sia del Piano Triennale della Performance e della Relazione a detto piano conseguente di cui allart. 10, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sia del Programma triennale per la trasparenza e lintegrit di cui allart. 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonch degli eventuali aggiornamenti annuali allo stesso; p) definisce gli obiettivi individuali annuali, di cui agli artt. 5 e 9 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, che dovranno essere assegnati al Direttore Generale affinch detti obiettivi vengano inclusi nella proposta di Piano triennale della Performace di cui allart. 10, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150; q) approva sia il Piano triennale della Performance e la Relazione a detto piano di cui allarticolo 10, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sia il Programma triennale per la trasparenza e lintegrit di cui allarticolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonch gli eventuali aggiornamenti annuali dello stesso, documenti questi predisposti dal Direttore generale; r) delibera la programmazione triennale e annuale del fabbisogno di personale, ivi incluse le relative azioni di formazione; s) delibera, secondo le modalit indicate nel regolamento del personale e di amministrazione, le procedure concorsuali per lassunzione, anche a LEGISLAZIONE ED ATTUALIT durata di quattro anni, si compone del Presidente e di altri quattro componenti, confermabili una sola volta e nominabili (uno per ciascun Dicastero) dal Ministro degli Affari Esteri, dal Ministro della Difesa, dal Ministro dellEconomia e delle Finanze e dal Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca. Dietro formale convocazione del Presidente, il Consiglio, che ha compiti di indirizzo e programmazione generale dellattivit dellAgenzia, si riunisce una volta al mese. I consiglieri (almeno nel numero di due) possono motivatamente richiedere al Presidente la convocazione del Consiglio di amministrazione per trattare allordine del giorno specifici argomenti da loro indicati. Come per lorgano di amministrazione di qualsiasi altro ente pubblico o privato, si richiedono anche per il C.d.A. dellAgenzia Spaziale Italiana quorum costitutivi e deliberativi. Il Consiglio di amministrazione si considera validamente costituito quando presente la maggioranza dei componenti di esso, mentre le delibere si intendono validamente adottate solo una volta raggiunto il voto favorevole della maggioranza dei consiglieri presenti. Qualora dovesse verificarsi una situazione di parit di voto, tale per cui il C.d.A. venga a trovarsi in uno stato di stallo, risulter decisivo e prevalente il voto del Presidente. La corretta verbalizzazione delle sedute garantita da un Segretario nominato dal Consiglio di amministrazione su proposta del Presidente. Quanto alle funzioni esercitate dallorgano di amministrazione, nel rimandare alla lettura dellapposita nota in cui si riporta il testo integrale del gi richiamato art. 7 dello statuto ASI, sia sufficiente ricordare che il Consiglio di amministrazione ha una competenza cos ampia da poter deliberare su tutte le materie di indirizzo non espressamente riservate ad altri organi dellAgenzia dalla legge o dallo statuto medesimo. 10. Il Consiglio tecnico-scientifico. Il Consiglio tecnico-scientifico previsto e contemplato dallart. 8 del D.lgs. n. 128/2003 (per come integrato dallart. 10 del D.lgs. n. 213/2009 e dal corrispondete art. 8 dello Statuto ASI) lorgano che esercita funzioni consultive su aspetti altamente tecnici a supporto del Consiglio di amministrazione (23). tempo determinato, del personale, anche dirigenziale ed in materia di mobilit, comandi e distacchi; t) delibera sullaffidamento nominativo di incarichi di consulenza e studio ad esperti esterni secondo le previsioni del Regolamento di finanza e contabilit; u) definisce criteri e modalit: per lo svolgimento della attivit di certificazione tecnica; per la collaborazione con enti e istituzioni nazionali, stranieri e internazionali nel settore della normativa tecnica, anche ai fini dellespletamento delle funzioni di vigilanza affidate da leggi e regolamenti; per le attivit di valorizzazione e trasferimento dei risultati della ricerca; per la realizzazione, nei termini previsti dalla legge, di attivit di formazione post lauream; v) delibera su tutte le altre materie di indirizzo, non espressamente riservate ad altri organi dellAgenzia dalla legge o dal presente Statuto. I consiglieri, in un numero minimo di due, possono motivatamente chiedere al Presidente la convocazione del Consiglio di amministrazione, con linserimento di specifici argomenti allordine del giorno. Le sedute del Consiglio di amministrazione, salvo le previsioni di cui allart. 2, lette. b), sono valide quando presente la maggioranza dei componenti e le delibere sono approvate quando ottengono il voto della maggioranza dei presenti; a parit di voti prevale quello del Presidente. Il Consiglio di amministrazione stabilisce con apposito regolamento, le norme per il suo funzionamento. (23) Lart. 8 dello Statuto ASI cos dispone: Il Consiglio tecnico-scientifico, i cui componenti sono selezionati tra scienziati e personalit con particolare e qualificata professionalit ed esperienza nei settori tecnici di competenza dellAgenzia, anche stranieri, di fama internazionale, ha compiti consultivi nei confronti del Consiglio di amministrazione, relativi agli aspetti tecnico-scientifici dellattivit Composto da sette componenti nominato, su proposta del Presidente, dal Consiglio di amministrazione. In particolare, al fine della sua composizione, il Presidente dellAgenzia, al termine di consultazioni con i rappresentanti dei principali Enti pubblici di ricerca, della Conferenza Stato-Regioni e delle istituzioni ed associazioni della comunit scientifica, economica ed industriale, individua un numero di candidati pari almeno al doppio del numero dei componenti per poi selezionare, tra questi, coloro che per comprovata competenza nel settore andranno a ricoprire la carica di consigliere tecnico-scientifico. Lorgano in parola dura in carica quattro anni e i suoi componenti possono essere confermati una sola volta. La nomina del componente del Consiglio tecnico-scientifico che dovr assumere la presidenza compete al Presidente dellAgenzia che lo sceglie fra i sette componenti; la carica di Presidente del Consiglio tecnico-scientifico dura in carica due anni rinnovabili. Il Consiglio tecnico-scientifico deve ritenersi validamente costituito quando presente la maggioranza dei suoi componenti ed esprime i suoi pareri con il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Come il Consiglio di amministrazione, anche il Consiglio tecnico-scientifico si avvale di un Segretario che, proposto e nominato dal Presidente, redige il verbale delle sedute. Alle riunioni dellorgano tecnico-scientifico possono essere invitati il Direttore generale, i Responsabili dei settori tecnici nonch esperti nazionali ed internazionali. 11. Il Collegio dei revisori dei conti. Lart. 9 del D.lgs. n. 128/2003 e il corrispondente art. 9 dello Statuto ASI disciplinano il Collegio dei revisori dei conti. Costituito con decreto del Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca e composto da tre membri effettivi e due supplenti, questo lorgano di controllo della regolarit amministrativa e contabile dellAgenzia Spaziale Italiana (24). dellAgenzia. Il Consiglio tecnico-scientifico: a) esprime al Consiglio di amministrazione il parere tecnico- scientifico sul documento di visione strategica decennale (DVS), sulle proposte di piano triennale (PTA) e sui relativi aggiornamenti annuali; b) realizza, su richiesta del Presidente, analisi, studi e confronti sullo stato della ricerca spaziale e aerospaziale a livello nazionale e internazionale; c) individua, su richiesta del Presidente, le possibili linee evolutive della ricerca spaziale e aerospaziale; d) esprime parere sulle proposte di modifica dello statuto. Il Consiglio tecnico-scientifico, composto da sette componenti, nominato, su proposta del Presidente, dal Consiglio di amministrazione dellAgenzia. A tal fine, il Presidente dellAgenzia individua, allesito di consultazioni con i rappresentanti dei principali enti di ricerca di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, della Conferenza Stato-Regione e delle istituzioni ed associazioni della comunit scientifica ed economica ed industriale di riferimento, anche, questultima, per il tramite del Ministero dello Sviluppo Economico, un numero di candidati pari ad almeno il doppio del numero dei componenti. Il Consiglio tecnico-scientifico, i cui componenti possono essere confermati una sola volta, dura in carica quattro anni. Il Presidente nominato, allinterno del Consiglio tecnico-scientifico, dal Presidente dellAgenzia e dura in carica due anni, rinnovabili. Il Presidente concorda con il Presidente dellAgenzia lordine del giorno dei lavori. (24) Questo il testo dellart. 9 dello Statuto ASI: Il Collegio dei revisori dei conti lorgano di controllo della regolarit amministrativa e contabile dellAgenzia e svolge i compiti previsti dallart. 2403 del codice civile, per quanto applicabile. In particolare, controlla la legittimit della gestione amministrativa e contabile dellAgenzia; accerta la regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili e losservanza delle disposizioni di legge e statutarie; esamina i bilanci dellAgenzia redigendo apposite relazioni; effettua periodiche verifiche di cassa; pu procedere in ogni momento ad atti di ispezione e di controllo. Il Collegio dei revisori dei conti esprime parere di legittimit sugli atti deliberativi riguardanti bilanci preventivi, variazione ai medesimi, conti consuntivi, operazioni finanziarie e partecipazioni in enti, fondazioni, consorzi, societ, ricognizioni e riaccertamenti dei residui attivi e passivi e inesigibilit dei crediti iscritti nella situazione patrimoniale, nonch sulle questioni ad esso sottoposte dal Consiglio LEGISLAZIONE ED ATTUALIT I cinque membri del Collegio devono essere tutti iscritti al Registro dei revisori legali dei conti. Il membro effettivo con funzione di Presidente ed uno dei membri supplenti sono nominati dal Ministro dellEconomia e delle Finanze, i restanti tre membri (due effettivi e un supplente) sono invece nominati dal Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca. Il mandato di revisore dei conti ha durata quadriennale rinnovabile una sola volta. I membri del Collegio dei revisori dei conti possono assistere alle riunioni del Consiglio di amministrazione e possono chiedere al Presidente dellAgenzia la convocazione del Consiglio di amministrazione. Anche tale organo, si avvale di una Segreteria che cura la corretta verbalizzazione delle sedute. I verbali di esso sono inviati al Ministro dellIstruzione, del- lUniversit e della Ricerca, al Ministro dellEconomia e delle Finanze, alla Corte dei Conti, al Presidente dellAgenzia e al Direttore Generale. In via di generale, al Collegio dei revisori dei conti spetta di controllare il rispetto delle norme che sovraintendono alla gestione amministrativa e contabile degli Enti pubblici di ricerca e verificare la regolare tenuta delle scritture contabili. 12. LOrganismo Indipendente di Valutazione delle Prestazioni (OIV). Nella struttura organizzativa dellAgenzia Spaziale Italiana vi rientra anche lOrganismo Indipendente di Valutazione delle prestazioni (OIV). Questo, oltre ad essere disciplinato dal- lart. 10 decreto di riordino n. 128 del 2003 pure previsto dallart. 10 dello Statuto ASI (25). Se sinora la nostra attivit espositiva si basata su una sostanziale corrispondenza tra normativa legale e normativa statutaria, la stessa cosa non pu dirsi quanto allOrganismo di cui si discute. Confrontando lart. 10 dello Statuto ASI con il (solo numericamente) corrispondente art. 10 del D.lgs. n. 128 cit. ci si rende presto conto che la disciplina legislativa di amministrazione, al quale pu chiedere informative specifiche e su ogni questione da esso rilevata. I membri del Collegio dei revisori dei conti possono assistere alle riunioni del Consiglio di amministrazione. Il Collegio dei revisori pu chiedere al Presidente dellAgenzia la convocazione del Consiglio di amministrazione. Il Collegio dei revisori dei conti, costituito con decreto del Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, composto da tre membri effettivi e due membri supplenti, iscritti nel registro dei revisori legali, di cui un membro effettivo, con funzione di Presidente, e un membro supplente designati dal Ministro dellEconomia e delle Finanze. Il Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca provvede alla nomina di due membri titolari e di un membro supplente. I membri del Collegio dei revisori dei conti durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta. Il Presidente e i membri effettivi del Collegio dei revisori dei conti, se dipendenti pubblici, sono collocati fuori ruolo per la durata del mandato. Le indennit di carica del Presidente e dei componenti del Collegio dei revisori dei conti sono determinate, a valere sul bilancio dellAgenzia, con decreto del Ministero del- lIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, di concerto con il Ministro dellEconomia e delle Finanze. (25) Lart. 10 del D.lgs. n. 128/2003 dispone che: Il comitato di valutazione valuta periodicamente i risultati dei programmi e dei progetti di ricerca dellAgenzia, anche in relazione agli obiettivi definiti nel piano aerospaziale nazionale, in accordo con i criteri di valutazione definiti, in deroga a quanto previsto dallart. 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, dal Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, sentito il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR). Il comitato di valutazione composto da cinque membri esterni dellAgenzia, ivi compreso il presidente, nominati dal consiglio di amministrazione, di cui due, tra i quali il presidente, designati dal Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, uno designato dal Ministro della Difesa ed uno designato dalla Conferenza dei rettori delle universit italiane. Il presidente e i componenti del comitato durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta. Il comitato di valutazione svolge i propri compiti in piena autonomia. Il comitato presenta al presidente ed al consiglio di amministrazione dellAgenzia una relazione di valutazione annuale dei risultati dellattivit di ricerca. che parla di Comitato di valutazione anzich di Organismo Indipendente di Valutazione delle prestazioni - questa volta sorprendentemente pi dettagliata rispetto a quella statutaria. Per evitare equivoci qualsivoglia, bene precisare che limpiego delle diverse locuzioni di Organismo Indipendente di Valutazione delle prestazioni ovvero di Comitato di valutazione non determina il riferimento a due diverse entit organiche, trattandosi, piuttosto, di una semplice differenza di drafting normativo a cui non debbono ricollegarsi implicazioni di sorta. I cinque membri che compongono lOrganismo di Valutazione, compreso il Presidente, sono scelti fra persone esterne allAgenzia e nominati dal Consiglio di amministrazione su proposta del Presidente ASI. Due dei suoi membri - tra cui il Presidente - sono designati dal Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, uno designato dal Ministro delle Attivit Produttive, un altro designato dal Ministro della Difesa e, infine, un altro ancora dalla Conferenza dei Rettori delle Universit Italiane. Il Presidente e i membri dellOrganismo Indipendente di Valutazione delle prestazioni durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta. Come intuibile dalla sua stessa denominazione, lOrganismo assolve la funzione di valutare periodicamente i risultati dei programmi e dei progetti di ricerca dellAgenzia in relazione agli obbiettivi definiti nel Piano Aerospaziale Nazionale. Una volta esercitate le proprie funzioni, lOrganismo comunica al Presidente ASI e al Consiglio di amministrazione una relazione di valutazione annuale sui risultati conseguiti dallAgenzia nel campo della ricerca scientifica e tecnologica spaziale ed aerospaziale. 13. Il Direttore Generale. Il Direttore generale un dirigente apicale dellAgenzia Spaziale Italiana che esercita funzioni di alta gestione. Scelto dal Presidente ASI fra persone di alta qualificazione tecnico- professionale con profonda conoscenza delle normative e degli assetti organizzativi degli enti pubblici e del comparto dellindustria aerospaziale viene nominato con deliberazione maggioritaria del Consiglio di amministrazione (26). (26) A norma dellart. 12 dello Statuto ASI: Il Direttore generale, dirigente apicale dellAgenzia, ha la responsabilit della gestione e cura lattuazione delle delibere del Consiglio di amministrazione e dei provvedimenti del Presidente; dirige, coordina e controlla la struttura organizzativa; partecipa alle riunioni del Consiglio di amministrazione senza diritto di voto. Il Direttore generale: a) predispone il bilancio preventivo e il bilancio consuntivo dellAgenzia; b) elabora, sulla base delle indicazioni dei settori tecnici, la relazione annuale di verifica dei risultati gestionali ed economici dellAgenzia da sottoporre al Presidente, che la presenta al Consiglio di amministrazione; c) predispone schemi di modifica dei regolamenti di amministrazione, finanza e contabilit e del personale da sottoporre al Presidente, che li presenta al Consiglio di amministrazione; d) conferisce gli incarichi ai dirigenti ed ai responsabili tecnici previo parere vincolante del Consiglio di amministrazione sulla validit curriculare dei soggetti proposti; e) definisce gli obiettivi individuali annuali di cui agli artt. 5 e 9 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 assegnati ai dirigenti, da includere nella proposta di Piano triennale della Performance di cui allart. 10, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150; f) predispone, sulla base delle linee guida deliberate dal Consiglio di amministrazione, il Piano triennale della misurazione delle prestazioni e la Relazione a detto piano di cui allarticolo 10, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e il Programma triennale per la trasparenza e lintegrit di cui allarticolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonch gli eventuali aggiornamenti annuali dello stesso; g) conferisce gli incarichi delle unit organizzative tecniche e amministrative; h) cura le relazioni con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, secondo gli indirizzi espressi dal Presidente e dal Consiglio di amministrazione. Il Direttore generale, il cui rapporto di lavoro re LEGISLAZIONE ED ATTUALIT La durata in carica del Direttore generale coincide con quella del Presidente; quattro anni rinnovabili una sola volta. Laddove venga accertata la violazione delle disposizioni in materia di incompatibilit e conflitto di interessi ovvero la sussistenza di gravi inadempienze, lincarico di Direttore Generale potr essere legittimamente revocato con decreto del Presidente, previa deliberazione del Consiglio di amministrazione. In caso di dimissioni, impedimenti o revoca dellincarico prima della scadenza, le funzioni del Direttore Generale, nelle more della nuova nomina, sono svolte dal facente funzioni nominato dal C.d.A. su proposta del Presidente. sul Direttore Generale - come previsto dallart. 11 del D.lgs n. 128/2003 e dallart. 12 dello Statuto - che grava la responsabilit gestionale dellAgenzia, dal momento che spetta a questi curare la corretta attuazione delle delibere del Consiglio di amministrazione e dei provvedimenti del Presidente, partecipare alle riunioni del Consiglio di amministrazione senza possibilit di esercitare diritto di voto e ricopre la qualifica di datore di lavoro dellAgenzia con la correlata responsabilit relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Al pari del Presidente, anche il Direttore Generale, per assolvere i propri compiti istituzionali, si avvale di apposite Unit tecnico-amministrative: le c.d. Unit afferenti al Direttore Generale. La loro struttura appare dotata di una complessa e articolata composizione essendo possibile riscontrare una Unit organizzative direttamente a supporto della Direzione Generale e un Settore tecnico, articolato a sua volta in due Unit organizzative di primo livello. LUnit organizzativa direttamente a supporto del Direttore generale espleta funzioni di coordinamento amministrativo, di garanzia della sicurezza sul lavoro, di pianificazione degli investimenti, di cura delle relazioni con il pubblico e di cura dei contenziosi. Il Settore Tecnico invece - come gi detto - si articola in due Unit organizzative di primo livello; la prima, denominata Direzione-Amministrazione, cura le attivit di contabilit, di bilancio nonch i contratti e il controllo della gestione, la seconda, denominata Direzione-Organizzazione, cura invece la gestione del personale, la logistica, la documentazione, il trattamento dei dati personali, le pari opportunit e i procedimenti disciplinari. 14. Il Responsabile dei programmi e progetti. I programmi e i progetti dellAgenzia Spaziale Italiana sono affidati ai c.d. Responsabili dei programmi ovvero dei progetti che, scelti nellambito del personale tecnologo dellASI, sono nominati dal Direttore Generale su proposta del Responsabile della competente Direzione o Unit. Per quel che concerne le funzioni, i Responsabili in parola hanno la direzione, il controllo e lattuazione di attivit di norma svolte da terzi e definite nei contratti stipulati dallAgenzia. Inoltre, assumono la rappresentanza dellASI nei confronti dei contraenti al fine di assicurare il raggiungimento degli obbiettivi contrattualmente assunti. golato con contratto di diritto privato con durata coincidente con la durata in carica del Presidente, scelto tra persone di alta qualificazione tecnico-professionale e di comprovata esperienza gestionale, con profonda conoscenza delle normative e degli assetti organizzativi degli enti pubblici e del settore industriale aerospaziale. Nel caso di cessazione anticipata del mandato degli organi di indirizzo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti sino alla nomina del successore da parte dei nuovi organi. Il Direttore generale, se professore o ricercatore universitario, collocato in aspettativa ai sensi dellarticolo 12 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382; se ricercatore o tecnologo o dipendente di pubblica amministrazione pu, a domanda, essere collocato in aspettativa senza assegni ai sensi dellart. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e s.m.i. 15. Il Direttore tecnico e i settori tecnici. Lart. 12 del pi volte citato D.lgs. n. 128/2003, nel disciplinare i settori tecnici, indirettamente tratteggia la figura dei Direttori tecnici. LASI, invero, realizza le sue attivit di ricerca applicata al campo spaziale e aerospaziale per il tramite di talune peculiari unit organizzative in un numero non superiore a due: i settori tecnici. Responsabili dellattivit svolta da detti settori sono i Direttori tecnici che, scelti dal Direttore Generale fra soggetti in possesso di alta qualificazione professionale ed esperienza scientifica e manageriale nel settore spaziale ed aerospaziale, sono nominati con deliberazione del Consiglio di amministrazione. Lincarico di Direttore tecnico conferito per una durata massima di cinque anni e non pu essere rinnovato per oltre un quinquennio. Per la eventuale violazione delle norme in tema di incompatibilit ovvero nei casi di gravi inadempienze, lincarico di Direttore tecnico pu essere revocato prima della scadenza con provvedimento del Direttore Generale previa deliberazione del Consiglio di Amministrazione. In ipotesi di dimissioni, impedimento o revoca del Direttore Tecnico prima del termine fissato e in attesa della selezione del nuovo Direttore, i relativi compiti sono svolti temporaneamente da un facente funzioni nominato dal Consiglio di amministrazione. Compete al Direttore tecnico: i) dirigere, controllare e attuare i programmi definiti nel Piano Triennale di Attivit (PTA); ii) fornire al Direttore generale gli elementi programmatico- gestionali indispensabili per la formulazione del bilancio preventivo e consuntivo; iii) elaborare una relazione di autovalutazione dellattivit del settore tecnico che dirige da trasmettere al Direttore Generale che la presenta allOrganismo Indipendente di Valutazione (OIV); iv) istituire, a tempo determinato, unit di ricerca per singoli progetti, presso le universit, gli enti di ricerca pubblici o privati ovvero presso imprese. 16. Incompatibilit e decadenze. Per i soggetti che rivestano una determinata carica nellorganizzazione dellAgenzia Spaziale Italiana, sono previste specifiche cause di incompatibilit e decadenza. In particolare, lart. 8 del Regolamento di Organizzazione e Funzionamento dellAgenzia Spaziale Italiana stabilisce che le cariche di membro del Consiglio di amministrazione, del Consiglio tecnico- scientifico, del Collegio dei Revisori dei Conti e dellOrganismo Indipendente di Valutazione delle prestazioni sono incompatibili tra di loro e con quelle di Direttore Generale, Direttore Tecnico e Dirigente o Responsabile di Unit organizzative dellAgenzia. Ancora, il Presidente, i membri del Consiglio di amministrazione, i membri del Consiglio tecnico scientifico, i membri del Collegio dei revisori dei Conti e quelli dellOrganismo Indipendente di Valutazione non possono essere n amministratori o dipendenti di imprese o societ che partecipano a programmi di interesse prevalente dellAgenzia, tampoco componenti delle commissioni di selezione per il reclutamento del personale ASI. In aggiunta, tutte le cariche sopradette sono incompatibili con incarichi politici elettivi nazionali. I soggetti che nellorganigramma dellAgenzia Spaziale Italiana rivestano una delle cariche sopraccennate, entro trenta giorni dalla data di insediamento del Consiglio di amministrazione debbono formalmente dichiarare sotto la propria responsabilit di non trovarsi in nessuna delle predette situazione di incompatibilit. Una volta rese da ciascun interessato le anzidette dichiarazioni, il Presidente, o chi ne ha le veci, dovr esperire tutti gli opportuni accertamenti del caso. Se allesito di questi non risulti lesistenza di cause di incompatibilit nulla quaestio, al LEGISLAZIONE ED ATTUALIT contrario, accertata la sussistenza di cause di incompatibilit in difformit rispetto a quanto dichiarato dal soggetto interessato, il Presidente dovr stabilire un termine non superiore a venti giorni entro il quale linteressato dovr provvedere a rimuovere la causa di incompatibilit. Decorso inutilmente tale termine, il Presidente ne d immediata comunicazione allautorit competente per la nomina affinch questa ne dichiari la decadenza. Speciali cause di incompatibilit sono dettate per il Direttore Generale dellAgenzia; la disposizione normativa che viene in rilievo quella formalmente consacrata nellart. 11 del gi citato Regolamento di Organizzazione e Funzionamento, ai sensi del quale la carica di Direttore Generale incompatibile con altri uffici o con gli impieghi pubblici o privati, con lesercizio di attivit professionali, commerciali o industriali e con la carica di amministratore o sindaco di societ lucrative. Per di pi, il Direttore generale non pu far parte delle commissioni di concorso per il reclutamento di personale dellEnte e di commissioni di collaudo di lavori, forniture e servizi. 17. Gli strumenti di cui lAgenzia Spaziale Italiana legittimata ad avvalersi. Nel novero degli strumenti di cui lASI si avvale per lesercizio delle sue funzioni, accanto a quelli di natura pubblicistica ve ne rientrano anche di natura privatistica. Se tra i primi - oltre allistituzione di Centri di ricerca spaziale ed aerospaziale - devono ricordarsi gli accordi e le convenzioni, tra quelli privatistici vengono fatti tradizionalmente rientrare la costituzione di consorzi, di societ e di fondazioni (27). Stante il loro sempre pi frequente impiego ci si soffermer anzitutto sugli accordi e le convenzioni per poi passare allesame degli altri strumenti. (27) Lart. 4 dello Statuto ASI nel senso che: LAgenzia per lo svolgimento dei compiti di cui allarticolo 2 e di ogni altra attivit connessa, ivi compreso lutilizzo economico dei programmi realizzati, secondo criteri e modalit determinate con i Regolamenti del personale e di amministrazione, finanza e contabilit pu: a) stipulare accordi e convenzioni; b) partecipare o costituire consorzi, fondazioni o societ con soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri. Per la costituzione o la partecipazione in societ con apporto al capitale sociale superiore a 500.000,00 euro o con quota azionaria pari o superiore al 50 per cento del predetto capitale sociale richiesto, previa informativa al Ministro vigilante, il parere del Ministro dellEconomia e delle Finanze che deve esprimersi entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, decorsi i quali si prescinde dal parere; c) promuove la costituzione di nuove imprese, anche con riferimento al proprio personale in costanza di rapporto, nel rispetto della normativa vigente; d) partecipare alla costituzione e alla conduzione anche scientifica di centri di ricerca internazionali, in collaborazione con analoghe istituzioni scientifiche di altri Paesi; e) commissionare attivit di ricerca e studio di soggetti pubblici e privati, nazionali e internazionali; f) avvalersi di centri di ricerca aerospaziale e segnatamente del Centro italiano di ricerca aerospaziale (CIRA), in base alla normativa vigente. LAgenzia pu promuovere o concorrere, previa valutazione di legittimit e di merito da parte del Ministro vigilante, e senza rilasciare garanzie, alla costituzione o partecipazione di fondi di investimento con la partecipazione di investitori pubblici o privati, articolati in un sistema integrato tra fondi di livello nazionale e rete di fondi locali. I predetti fondi sono destinati allattuazione di programmi di trasferimento tecnologico e di investimento per la realizzazione di iniziative produttive con elevato contenuto di innovazione e ricerca, con il coinvolgimento di apporto dei soggetti pubblici e privati operanti nel territorio di riferimento e la valorizzazione di risorse finanziarie destinate allo scopo, anche derivanti da cofinanziamenti europei ed internazionali. LAgenzia riferisce sui programmi, sugli obiettivi, sulle attivit e sui risultati dei soggetti di cui al comma 1 in apposita sezione del PTA. 18. Gli accordi e le convenzioni. Sono svariati gli accordi e le convenzioni (28) che lAgenzia Spaziale Italiana stipula con soggetti pubblici e privati nazionali. Tra le pi recenti convenzioni siglate dallASI, merita di essere segnalata la (28) La Pubblica Amministrazione, nelladoperarsi per la cura concreta dellinteresse generale, ha la facolt di scelta, sia per ci che concerne lan che il quomodo della procedura cfr. GUZZI F.F. ROLLI. R. (2008), La legge di riforma del procedimento amministrativo al vaglio della giurisprudenza, in federalismi.it, n. 4, p. 16. evidente che con riferimento al quomodo, i due autori alludono alla possibilit, per i Pubblici Soggetti, di esercitare il potere amministrativo tanto nella tradizionale forma provvedimentale, quanto nella alternativa forma negoziale. Se nel primo caso lesercizio del potere si traduce nella adozione di un atto (il provvedimento amministrativo) che il frutto di scelte discrezionali assunte unilateralmente dalla Pubblica Amministrazione, nel secondo, invece, il contenuto dispositivo degli atti nei quali il potere si estrinseca oggetto di un negozio (accordo) con le parti sulla cui sfera giuridica il potere pubblico destinato a sortire i suoi effetti. Siffatto negozio pu configurarsi come quello che definisce la fattispecie procedimentale e produce gli effetti (accordo sostitutivo) ovvero come quello il cui contenuto dispositivo viene versato nel provvedimento (accordo integrativo) cfr. CERULLI IRELLI V. (2006), Lineamenti del diritto amministrativo, Giappichelli, Torino. Fermo che uno dei pi grandi scienziati che il diritto amministrativo italiano ha avuto nel secolo scorso ha affermato, cum solemnia verbis, che laccordo concepito, non gi come una rottura del procedimento, come una soluzione eccezionale e anomala dei problemi aperti dalliniziativa di procedimento, ma come uno sbocco alternativo allatto (provvedimento) e come questo direttamente e coerentemente discendente dallo sviluppo dello stesso procedimento, nel cui continuo dispiegarsi si pongono le premesse e si creano le condizioni per la formazione di quella consensualit che laccordo porta alle sue naturali conseguenze cfr. NIGRO M. (1988), Laccordo nellazione amministrativa, non si pu incorrere nel grossolano, e sino a qualche tempo addietro, consueto errore di confondere gli accordi amministrativi ex art. 11 della L. n. 241/1990 con il contratto di diritto privato. Gli accordi amministrativi costituiscono, pur sempre, un modello di esercizio autoritativo del potere pubblico, il quale, pur dialogando, interagendo, trattando e accordandosi con il destinatario dellesercizio del potere, continua a mantenere una posizione di supremazia nei confronti della controparte, cfr. STICCHI DAMIANI E. (2005), Gli accordi amministrativi dopo la l. n. 15/2005, in Foro amm., n. 6/2005 - SCOCA F.G. (2002), Autorit e consenso, in Dir. amm. - GRECO G. (2003), Gli accordi amministrativi, Giappichelli, Torino. Per converso, il contratto, si profila come lo strumento che i privati prediligono al fine di autoregolamentare i propri interessi economici e lessenza di esso rimanere immutata quandanche uno dei contraenti sia una Pubblica Amministrazione. Ad ogni modo, una adeguata ricostruzione dottrinale idonea ad illustrare, in maniera perspicua, le differenze esistenti tra contratto, accordi e convenzioni contenuta in PERLINGERI P. (2014), Manuale di diritto civile, Edizioni Scientifiche Italiane (ESI). Nello specifico, si afferma che: Nellambito dei negozi a struttura bi -o plurilaterale, accanto ai contratti si collocano gli accordi e le convenzioni. I contratti hanno una analitica definizione (art. 321 c.c.) che non tuttavia immune da incongruenze (...). Gli accordi e le convenzioni, invece, non sono definite dalla legge e incerta la loro linea di demarcazione dal contratto. Di accordi discorre non soltanto il codice civile, ma anche la legislazione amministrativa (art. 11, l. n. 241/1990 sul diritto di accesso). Del pari, le convenzioni sono richiamate nel diritto di famiglia (art. 162 ss., c.c., sulle convenzioni matrimoniali); nel diritto commerciale e nel diritto amministrativo, ove sono usate, ad es. le c.d. convenzioni di lottizzazione fra Comuni e proprietari di suoli edificabili (art. 28, l. n. 1150/1942, come modificato dallart. 8, l. n. 765/1967). A voler proporre un criterio distintivo di tale figura rispetto al contratto, si potrebbe discorrere di accordo e convenzioni per latto di autoregolazione di interessi a struttura bi-o plurilaterale suscettibili di assumere -diversamente dal contratto - contenuto patrimoniale e/o non patrimoniale. Quanto alla normativa applicabile, agli accordie alle convenzioni estendibile la disciplina del contratto in virt della sua forza espansiva (artt. 1323 e 1324 c.c.). LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Convenzione Quadro del 2007 stipulata con lIstituto Nazionale di Astrofisica (INAF). In ossequio a tale convenzione, lAgenzia Spaziale Italiana affida allIstituto Nazionale di Astrofisica lo svolgimento di attivit di supporto alla strumentazione spaziale ed aerospaziale e alle diverse infrastrutture centrali e periferiche di cui lASI consta. In particolare, il supporto che lINAF si impegna ad erogare in favore dellAgenzia, si sostanzia in studi per la preparazione di nuove missioni e in ricerche finalizzate alla realizzazione di nuovi strumenti scientifici da lanciare in orbita o da utilizzare per una pi efficiente raccolta dati. LINAF, per onorare al meglio gli impegni assunti nei confronti dellASI, provvede altres a reclutare personale con comprovata ed elevatissima competenza tecnica e scientifica mentre, sinallagmaticamente, lAgenzia Spaziale Italiana si obbliga ad erogare in suo favore una somma annua di almeno venti milioni di euro. Quanto agli accordi, centrale per lintero svolgimento delle attivit ASI laccordo stipulato con il Ministero vigilante (MIUR) e avente ad oggetto il Piano Triennale di Attivit (PTA) in cui fissare i programmi, le attivit e gli obbiettivi da perseguire. Sussistono, poi, numerosi altri accordi siglati dal- lAgenzia e aventi una pi ridotta importanza. 19. Gli accordi internazionali. LASI, nel rispetto della normativa internazionale e costituzionale vigente in materia, legittimata a stipulare anche accordi internazionali (29). In proposito, va anzitutto menzionato il coacervo degli accordi stipulati fra lAgenzia Spaziale Italiana e la NASA. Tra questi due apparati pubblici operanti nel settore spaziale ed aerospaziale, esiste una solida tradizione di rapporti bilaterale in forza dei quali sono stati avviati numerosi programmi di cooperazione. Attraverso uno (29) Gli accordi internazionali cui si allude non sono da identificarsi con i Trattati stricto sensu; quelli cio assoggettati alle norme contenute nella Convenzione di Vienna del 1969 e che la pi autorevole dottrina definisce come lunione o meglio lincontro della volont di due o pi Stati, diretti a regolare una determinata sfera di rapporti riguardanti questi ultimi cfr. CONFORTI B. (2006), Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, Napoli - CAPOTORTI F. (1969), Il diritto dei trattati secondo la Convenzione di Vienna, in Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, Cedam, Padova - MASTROJENI G. (2000), Il negoziato e la conclusione degli accordi internazionali, Cedam, Padova - FERRARI BRAVO L. (1964), Diritto internazionale e diritto interno nella stipulazione dei trattati, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli. Quelli di cui ci si occupa, invero, non devono essere stipulati, a pena dinvalidit, nel rispetto delle rigide e stringenti norme (procedurali e sostanziali) previste per i Trattati ratificati dagli Stati dotati di personalit giuridica internazionale, ma sono quegli accordi (correntemente denominati accordi di cooperazione internazionale) che gli Enti di Ricerca, le Universit e le Accademie dello Stato italiano possono stipulare con analoghe Istituzioni di Paesi esteri allo scopo di promuovere, coordinare e diffondere la ricerca scientifica ai pi alti livelli. Con specifico riguardo allAgenzia Spaziale Italiana, la legittimazione a stipulare accordi di cooperazione internazionale con le Agenzia Spaziali e con altri Enti di Ricerca stranieri trova il suo fondamento giuridico, in primis, nellart. 33, ultimo comma Cost. e, secondariamente, nellart. 3, lett. b), della L. n. 128/2003 in virt del quale lASI stipula accordi bilaterali o multilaterali con organismi di altri Paesi per la partecipazione dellItalia a programmi od imprese aerospaziali. specifico accordo bilaterale ASI-NASA, lAgenzia italiana ha contribuito alla realizzazione di tre moduli logistici presurrizzati nonch alla progettazione, alla costruzione e alla messa in funzione della Stazione Spaziale Internazionale. Con lAgenzia Spaziale Russa (Roscomos), lASI coopera sulla base di un accordo inter-governativo per lutilizzazione dello spazio con finalit pacifiche. Le due Agenzie Spaziali hanno stipulato anche accordi bilaterali volti ad agevolare una collaborazione nel settore della ricerca scientifica e tecnologica spaziale e nel settore della medicina e bio-tecnologia aerospaziale. Accordi bilaterali sono stati stipulati anche con lAgenzia Spaziale Canadese (CSA); si tratta di accordi sostanzialmente finalizzati a snellire le pastoie burocratiche relative allo scambio di dati ed informazioni che vengono raccolti dalle apparecchiature radar di cui dispongono lItalia e il Canada. Nella gran parte dei casi sono dati ed informazioni utili per una migliore gestione delle risorse naturali e soprattutto per la prevenzione di disastri ambientali. Dopo la firma della Dichiarazione di Intenti sottoscritta a Tokio nel novembre del 2004 sono venute intensificandosi le relazioni - fondate su accordi bilaterali - fra lASI e lAgenzia Spaziale Giapponese (JAXA). I settori su cui si registra una sempre maggiore presenza di accordi italo-nipponici sono quelli concernenti losservazione della Terra al fine di combattere le criticit ambientali e climatiche. Ancora, si ricordino gli accordi stipulati fra Italia e Cina tra i quali quello concernente lesplorazione e luso pacifico dello spazio extra-atmosferico, firmato nel 1991. Sono stati siglati accordi anche con lAgenzia Spaziale Argentina. Le relazioni di cooperazione nellutilizzazione dello spazio extra atmosferico fra Italia ed Argentina, traggono origine da un accordo inter-governativo firmato nel 1992. Pi recente, invece, la Dichiarazione di Intenti (firmata nel novembre del 2008) volta ad inaugurare una proficua ed intensa cooperazione in campo spaziale ed aerospaziale tra lASI e lAgenzia Spaziale Brasiliana (BSA). Infine, non pu non rammentarsi, laccordo bilaterale tra Italia e Kenya del 1995 che costituisce il fondamento giuridico del Progetto S. Marco e della relativa base italiana a Malidi dedicata al controllo dei satelliti artificiali e alla ricezione dati. 20. I Centri di ricerca. LAgenzia Spaziale Italiana provvede ad istituire Centri di ricerca dotati di personale qualificato e forniti di avanguardistiche tecnologie relative al comparto spaziale ed aerospaziale (30). (30) Per via della plurima e variegata congerie di soggetti potenzialmente sussumibili nella nozione di Centro di Ricerca, impresa affatto semplice quella di elaborarne una definizione unitaria. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Il Centro di Geodesia Spaziale, con sede legale a Matera, stato inaugurato nel 1983 grazie ad un congiunto sforzo del Piano Spaziale Nazionale del CNR, della Regione Basilicata e della NASA. Con una struttura che occupa circa 100 persone e con un budget di circa 10 milioni di euro annui, una delle principali strutture di ricerca scientifica spaziale del Mezzogiorno. Se inizialmente si trattava di un centro prevalentemente dedito alla geodesia spaziale (cio lo studio scientifico della configurazione e delle misurazioni della Terra con connessa sua rappresentazione grafica), il Centro sta recentemente rivolgendosi ad altri campi tra cui la robotica spaziale. La Base di lancio palloni stratosferici ha sede a Trapani-Milo e rappresenta una delle poche strutture mondiali in grado di assicurare la progettazione, il lancio e la gestione del volo attraverso questa particolare tecnica. Istituita nel 1975, il poligono di lancio ospitato presso una struttura aeroportuale ormai non funzionante che collocata in una posizione ideale per lanci transmediterranei e trans-atlantici. Se nei primi anni, lattivit della base si concentrata esclusivamente sul lancio di palloni, ora, invece, per il tramite delle avanzate tecnologie informatiche e di telecomunicazione di cui dispone, in essa si eseguono anche attivit di supporto a piccole missioni spaziali oltre ad essere fornito supporto ai Paesi in via di sviluppo per lacceso allo spazio cosmico. Le attivit della base sono svolte in collaborazione con altre Agenzie, Istituti nazionali e Internazionali quali, il CNR, lESA e la NASA. Non esiste, per vero, testo legislativo allinterno del quale venga offerta una definizione universalmente valida, appunto, di Centro di Ricerca. possibile, per, rinvenirne una definizione (di taglio squisitamente micro-economica) nella Relazione dal titolo: Linternazionalizzazione della ricerca a Milano. Unindagine tra i centri di ricerca a cura del Centro di Economia Regionale, dei Trasporti e del Turismo (CETeT) e della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano. In essa si afferma -con formula forse troppo vaga - che il Centro di Ricerca Ǐ un luogo attrezzato ove si svolge, con continuit, lattivit di capitale umano qualificato allo scopo di arricchire lo stato di conoscenze (attraverso le informazioni) e di benessere (attraverso le applicazioni produttive) della societ cfr. pag. 23. A questa, si affiancano definizioni giuridiche (di pressoch identico tenore) contenute nelle discipline particolari dettate per ciascun Centro di Ricerca. Sono, infatti, molti gli Statuti e i regolamenti adottati da Enti Pubblici che istituiscono Centri di Ricerca nei quali, questi, vengono definiti come organismi o come autonome articolazioni scientifiche preordinati a svolgere, promuovere e divulgare lattivit di studio e di ricerca in determinati campi scientifici, anche con la collaborazione di enti esterni (cfr. Statuto dellUniversit degli Studi di Milano - Bicocca; Statuto dellUniversit degli Studi di Ferrara). Limpiego del lemma organismo ovvero di autonoma articolazione scientifica tradisce le enormi difficolt in cui loperatore giuridico si imbatte allorch debba occuparsi di dettare e/o interpretare la disciplina dei Centri di ricerca. Non vՏ dubbio che impiegando termini semanticamente ampi e sfuggenti, quali organismo, autonoma articolazione scientifica et similia, si prende contezza di una dato: i Centri di Ricerca non costituiscono un modello organizzativo a s stante. Di fatti, in disparte lelemento funzionale che comune ad ogni Centro di Ricerca (lo sviluppo e la promozione e della ricerca in un determinato campo scientifico), non si danno caratteristiche strutturali idonee a distinguere il Centro di Ricerca da qualunque altre modello organizzativo. Ne discende, allora, che dalla valutazione, da compiersi caso per caso, delle specifiche caratteristiche che presenta quel dato Centro di Ricerca, sar possibile qualificare lo stesso, ora come fondazione; ora come societ pubblica; ora come associazione; ora come organismo di diritto pubblico etc. Istituito nel 1966 con sede a Malindi (Kenya), il Centro Spaziale Luigi Broglio gestito dallUniversit di Roma La Sapienza mediante il Centro di Ricerche Progetto San Marco. Per la sua peculiare collocazione, il Centro si atteggia a sito ideale sia per il compimento di attivit di lancio, sia per attivit di controllo dei satelliti artificiali. Strutturalmente, il Centro spaziale in questione costituito da un segmento marino che rappresentato dalla piattaforma di lancio oceanico e da uno terrestre che si sostanzia nel Centro di ricezione dati ed comprensivo di una serie di fabbricati in muratura e in legno adibiti sia ad alloggi che a servizi di vario genere, di un porticciolo funzionale a consentire lattracco dei natanti di collegamento con la piattaforma e da tre stazioni di terra in cui sono appositamente fissati peculiari sistemi dantenna. La presenza e il funzionamento del Centro spaziale Luigi Broglio regolata da un accordo intergovernativo quindicennale, rinnovabile. Il centro ASI per la gestione e lanalisi dei dati scientifici (ASI Science Data Center) stato invece istituito nel settembre 2000. Si tratta di un Centro dedito alla fornitura di prodotti e servizi necessari per le missioni spaziali di osservazione dellUniverso ed proprio per il tramite dellASI Science Data Center che la comunit scientifica, attraverso sofisticati e avanguardistici software, si dedica allanalisi dei dati prodotti dalla missione quando viene lanciato in orbita un satellite. 21. I consorzi. Il fenomeno della cooperazione tra Pubbliche Amministrazioni nonch tra queste e soggetti privati, pur presentandosi come ampio e diversificato ispirato da una ratio unitaria che ne garantisce la ricorrenza di tre tratti comuni: una pluralit di soggetti portatori di interessi affini, un vincolo associativo e un apparato organizzativo (C. Cost., n. 326/1998) (31). (31) CASSESE S. (2012), Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffr, Milano, pp. 107 ss. Lillustre autore, nel chiarire - come pochi fanno - la portata dei caratteri distintivi dei consorzi pubblici afferma che: Quanto al primo elemento, va rilevato che tra i consorziati esistete una affinit di interessi che preesiste alla costituzione del rapporto giuridico. Il consorzio, infatti, viene creato per lassolvimento di compiti che sono propri di tutti i soggetti partecipanti, tantՏ vero che, in tali termini viene ad assumere una posizione di strumentalit nei confronti di questi ultimi. Con riferimento al secondo, va sottolineato che la relazione associativa pu derivare da un contratto, nel caso di consorzi volontari, ovvero da un provvedimento autoritativo, nel caso di quelli coattivi. In ambedue ipotesi, si determina lobbligo per i consorziati di astenersi dallesercitare determinati poteri e, nello stesso tempo, fornire le prestazioni indispensabili per la realizzazione delle attivit di comune interesse. Infine, relativamente al terzo, si evidenzia la necessariet della presenza di un apparato organizzativo, dotato di personalit giuridica, che strumentale al perseguimento dei fini consortili (e, dunque, indirettamente dei singoli consorziati). Ancora, una attenzione volta a sviscerare le concrete e pi specifiche caratteristiche strutturali e organizzative dei consorzi pubblici dedicata da CASETTA E. (2011), Manuale di diritto amministrativo, Giuffr, Milano, pp. 94 ss. il quale, lucidamente, afferma che I consorzi costituiscono una struttura stabile volta alla realizzazione di finalit comuni a pi soggetti. Essi agiscono nel rispetto di alcuni limiti derivanti dallesercizio del potere direttivo e di controllo spettante ai consorziati. I consorzi spesso realizzano o gestiscono opere o servizi di interesse comune agli enti consorziati, i quali restano comunque LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Orbene, pur non figurando tra i consorziati, lAgenzia Spaziale Italiana coadiuva nelle determinazioni strategiche anche il Consorzio di Ricerca su Sistemi di Telesensori Avanzati (CO.RI.S.T.A) mediante lo stanziamento di significati finanziamenti; si tratta di un consorzio con pluriennale esperienza nello svolgimento di attivit di telerilevamento e nella progettazione, nella realizzazione e nella validazione di avanzatissimi prototipi radar. Di recente, nel 2011, ha preso vita il consorzio GEOSAT Molise, costituito dallASI, dalla Regione Molise, dallUniversit del Molise e dalla societ e-Geos. Il GEOSAT Molise mira a realizzare una struttura scientifico-tecnologica di alto livello nel settore geo-spaziale con lobbiettivo di produrre appositi dispositivi per controllare le condizioni territoriali e ambientali del pianeta da immettere sul mercato globale. 22. Le fondazioni. Statisticamente, rispetto agli altri strumenti, quello meno frequentemente impiegato dallASI per lo svolgimento delle sue funzioni sono le fondazioni (32). Tra le poche, quella costituita pi di recente la Fondazione Roma Ca di regola titolari delle opere o dei servizi (in questo senso il consorzio ha carattere strumentale rispetto ai compiti dei consorziati). I tipi di consorzi ora ammissibili ai sensi del T.U. enti locali sono due: quelli istituiti per la gestione dei servizi pubblici locali e quelli istituiti per lesercizio di funzioni (questi ultimi, per, destinati a essere soppressi ai sensi della l. 191/2009). Inoltre, gli enti pubblici possono costituire consorzi di diritto privato anche con la partecipazione di soggetti privati. I consorzi pubblici possono essere classificati in entificanti e non entificanti, obbligatori e facoltativi; esistono poi consorzi formati soltanto da enti pubblici ovvero anche da privati. Alcuni consorzi, infine, sono formati anche o soltanto da soggetti privati, persone fisiche o giuridiche: in tali casi, vi possono essere pure soggetti pubblici in quanto titolari di diritti patrimoniali. In conclusione, non pu non essere segnalato che ancorch datata, tra le opere pi complete dedicate ai consorzi pubblici, senzaltro, si annovera STANCANELLI G. (1963), I consorzi nel diritto amministrativo, Giuffr, Milano. (32) NAPOLITANO G. (2006), Le fondazioni di origine pubblica: tipi e regole, in Dir. Amm. (anche in Fondazioni e attivit amministrativa, Atti del Convegno di Palermo 2005, a cura di Raimondi S. e Ursi R., Giappichelli, Torino) il quale precisa come: Il ricorso alle fondazioni nellambito dei processi di privatizzazione degli enti pubblici e di esternalizzazione del loro compito oggetto di valutazione oscillante da parte della scienza del diritto amministrativo. Dopo una prima fase di adesione alla scelta del legislatore ormai dominante una revisione critica che ne disvela il carattere sostanzialmente mistificatorio. Nella maggior parte delle discipline speciali o singolari previste per ciascun tipo di fondazione, infatti, si rinviene almeno uno degli indici rivelatori della pubblicit, cos come ricavati dalla nozione comunitaria di organismo di diritto pubblico: la gestione soggetta a controllo da parte dei pubblici poteri, lattivit finanziata in modo maggioritario da questi ultimi, gli organi di amministrazione, direzione o vigilanza sono costituiti a maggioranza dei membri designati dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. Spesso, dunque, la conclusione che il singolo soggetto di volta in volta analizzato non una fondazione di diritto privato, bens un ente pubblico, qualunque sia il nomen usato dal legislatore. Inoltre, nel rimarcare la fondamentale importanza che riveste lattivit prognostica che linterprete tenuto a compiere al fine di desumere quale sia la natura giuridica dellente che viene in esame e, nel precisare la perfetta coincidenza tra fondazioni di diritto privato e quelle di diritto pubblico, lautore avverte che: Quando si esaminano le fondazioni di origine pubblica, dunque, bisogna abbandonare qualsiasi rappresentazione dogmatica dellistituto di diritto comune ed evitare di trarne, per opposizione, la radicale inconciliabilit tra le prime e il secondo. Se non esiste alcun punto di rife pitale il cui atto costitutivo stato firmato da ASI, ENEA, Poste Italiane e Universit la Sapienza di Roma nel novembre 2011. La precipua finalit della fondazione quella di incentivare ed agevolare le ricerche scientifiche e tecnologiche nonch avviare processi di trasformazione urbana e progettazione di infrastrutture operando a stretto contatto con lAmministrazione comunale di Roma. 23. Limpresa pubblica: le societ. Non pu essere n sindacato n refutato in dubbio che nel nostro ordinamento giuridico, prescindendo dalla natura pubblica o privata del soggetto imprenditore, la nozione di impresa una soltanto (33). Convincimento la cui fondatezza presto riprovata dalla circostanza che lart. 2082 c.c. ai sensi del quale Ǐ imprenditore chi esercita professionalmente unattivit economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi, trova puntuale richiamo nellart. 2093 c.c. riferito alle attivit di impresa esercitata da soggetti pubblici. Dappoich non questa la sede pi opportuna per condurre un analitico studio dei requisiti indefettibili che contraddistinguono lattivit imprenditoriale, costituisce tuttavia un irrinunciabile passaggio argomentativo e concettuale il corretto inquadramento giuridico della nozione di impresa pubblica attraverso rimento strutturale, quello funzionale, pure incerto e controverso, della destinazione di un patrimonio allo scopo, almeno apparentemente presente in tutte le fondazioni di origine pubblica. In particolare, si tratta di verificare se il ruolo riservato ai poteri pubblici non sia tale da inficiare il vincolo di destinazione del patrimonio ad uno scopo. Risolutamente, con riferimento agli indici rivelatori della natura di ente, quale fondazione di origine pubblica, in GAROFOLI R. (2014), Manuale di diritto amministrativo (VII edizione), Nel Diritto, pp. 114 ss. si afferma che: La diversit delle discipline cui le singole tipologie di fondazioni sono assoggettate non ha consentito lelaborazione di una soluzione unitaria: cos, se in alcuni casi la stessa legge a riconoscere espressamente natura pubblica, in altri casi stata la giurisprudenza a qualificare talune fondazioni in termini pubblicistici, non gi tuttavia alla stregua delle regole proprie del diritto privato, bens per effetto della ritenuta sussumibilit delle stesse, nella nozione, di fonte comunitaria, di organismi di diritto pubblico. Ad ogni modo, per una ampia panoramica del fenomeno delle fondazioni di origine pubblica si rinvia a: BARDUSCO A. (1991), Fondazioni di diritto pubblico, in Dig. Discipl. Pubbl. - BASILE M. [s.d.], Associazioni e fondazioni: novit legislative e problemi aperti, in G. Ponzanelli (a cura di) Gli enti non profit in Italia - BERTI G. (1993), Pubblica amministrazione e modelli privatistici, Il Mulino, Bologna -BELLEZZAE.-FLORIAN F. (1998), Le fondazioni del terzo millennio. Pubblico e privato per il non profit, Passigli editore, Firenze - CERULLI IRELLI V. (2006), Pubblico e privato nellorganizzazione amministrativa, in Raimondi S. - Ursi R. (a cura di) Fondazioni e attivit amministrativa - MALTONI A. (2006), Enti pubblici e privati in forma di fondazioni: regime giuridico e modalit di intervento nel settore dei servizi alla persona, in Dir. amm. - DE GTZEN S. (2011), Le fondazioni legali tra diritto amministrativo e diritto privato, Giuffr, Milano. (33) CARABBA M., Imprese pubbliche, in Digesto pubblico, pp. 175 ss. Lautore puntualizza come levoluzione pi recente della legislazione - che ha i suoi termini di riferimento pi rilevanti nella disciplina della concorrenza, interna e comunitaria, nelle legge sulle privatizzazioni e nella legge sulla ristrutturazione degli istituti di credito di diritto pubblico - riconduce ad una nozione di impresa come attivit, definita dallart. 2082 c.c., qualificata dallelemento teleologico di un orientamento complessivo verso il mercato e regolata dalle norme sulla concorrenza, secondo lorientamento anticipatorio di Tullio Ascarelli. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT la precisazione degli indici rivelatori di essa. Alluopo, di estremo beneficio risulta la definizione di impresa pubblica che, elaborata dalla risalente disciplina comunitaria, rimasta sostanzialmente invariata nei suoi assiomatici aspetti (34). Lattivit di impresa, lungi dal configurarsi come prerogativa assoluta ed esclusiva del privato, pu essere esercitata anche dallo Stato e da ogni altro ente pubblico. A seconda di quale sia la corrente di pensiero politico-economico cui aderiscano le forze rappresentative di un Paese, lintervento del soggetto pubblico in economia pu registrarsi attraverso due possibili forme: i) un intervento diretto realizzabile attraverso la creazione di enti pubblici il cui compito istituzionale, esclusivo o principale, lesercizio di attivit di impresa (c.d. enti pubblici economici) ovvero mediate la costituzione di societ per azioni o lassunzione di partecipazioni in esse (c.d. societ pubbliche o miste); ii) un intervento indiretto in cui il soggetto pubblico si limita (cos per dire) ad istituire dei soggetti ad hoc (c.d. autorit di regolazione) col compito di dettare una cornice di regolazione - quale complesso di norme, principi e parametri - finalizzata ad improntare i contegni degli operatori economici presenti su taluni comparti verso il rispetto del principio di concorrenza e di tutela dei consumatori e degli utenti finali (35). LAgenzia Spaziale Italiana ricorre, qualora ragioni di strategica opportunit lo richiedano, a costituire societ ovvero ad assumere partecipazioni so (34) Le direttive 80/723 e 85/723 rispettivamente in materia di trasparenza delle relazioni finanziarie fra Stati membri e imprese pubbliche e in materia di procedure di appalto di taluni enti pubblici definivano imprese pubbliche le imprese su cui le autorit pubbliche possono esercitare, direttamente, o indirettamente, uninfluenza dominante perch ne hanno la propriet, o lhanno in conseguenza delle norme che disciplinano le imprese in questione. Linfluenza dominante presunta quanto le autorit pubbliche direttamente o indirettamente, riguardo a unimpresa: detengono la maggioranza del capitale sottoscritto dallimpresa; controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dallimpresa; hanno il diritto di nominare pi di met dei membri del consiglio di amministrazione, del consiglio direttivo o del consiglio di vigilanza. Inoltre, sibbene con limpiego di formule solo esteticamente diverse ma in ogni caso coinvolte in un rapporto di irrefutabile e lampante sinonimia con quelle contenute nelle cennate direttive, una definizione di impresa pubblica la si ritrova anche nella direttiva 2004/17 in cui viene stabilito che per imprese pubbliche devono intendersi le imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, uninfluenza dominate perch ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virt delle norme che disciplinano le imprese in questione nonch nella direttiva 2006/111 ove dato leggere che per impresa pubblica deve intendersi ogni impresa nei confronti della quale i poteri pubblici possono esercitare, direttamente o indirettamente, uninfluenza dominate per ragioni di propriet, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina. Una definizione, questultima, ripresa e riversata integralmente nellart. 3, co. 28 del D.lgs. n. 163/2006 (c.d. Codice degli Appalti Pubblici). Per un approfondimento, rigoroso e puntuale, della tematica si rinvia, tra gli altri, a: OTTAVIANO V. (1970), Impresa pubblica, in Enc. dir. - GIANNINI M.S. (1958), Le imprese pubbliche, in RS - GIANNELLI G. (2000) Impresa pubblica e privata nella legge antitrust, Giuffr - CAFFERATA R. (2008), Limpresa pubblica nellUnione Europea, Aracne - ANTONIOLI M., (2008), Societ a partecipazione pubblica e giurisdizione contabile, Giuffr - DE NICTOLIS R.-LUIGI CAMERIERO (2008), Le societ pubbliche in house e miste, Giuffr, Milano. (35) CAMPOBASSO G. (2010), Manuale di diritto commerciale. Utet. - TRIMARCHI BANFI F. (2012), Lezioni di diritto pubblico dellEconomia, Giappichelli, Torino. cietarie. Prima di inventariare le principali societ costituite e/o partecipate dallAgenzia Spaziale Italiana deve essere fatta menzione della specifica condizione dettata dal legislatore per le ipotesi in cui lASI provveda a costituire o partecipare societ con apporti di capitale superiori ad euro cinquecentomila ovvero con quota azionaria pari o superiore al cinquanta per cento. Per vero, in questi queste ipotesi, a norma dellart. 16 del decreto di riordino ASI n. 128/2003 e dellart. 4 dello Statuto, lAgenzia tenuta a richiedere il parere favorevole del Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca nonch del Ministro dellEconomia e delle Finanze il quale, deve pronunciarsi entro i trenta giorni successivi alla ricezione dellistanza altrimenti potendo prescindersi dalla determinazione dicasteriale. Tra le societ costituite e partecipate dallASI, si ricordi innanzitutto lALTEC (Advanced Logistics Technology Engineering Center S.p.A.). In particolare, nel 2001 che lASI, con Alenia Spazio e il consorzio Icarus hanno costituito ALTEC col dichiarato intento di assegnarle la gestione delle operazioni industriali del CMFS (Centro Multifunzionale Spaziale). Perfezionate le formalit relative alla costituzione, lAgenzia Spaziale Italiana ha affidato prima ad Alenia Spazio e poi direttamente alla neo-nata ALTEC la esecuzione di contratti per la fornitura di servizi di supporto ingegneristico e logistico alla NASA; oggetto del contratto la somministrazione di pezzi di ricambio da utilizzare per i plurimi dispositivi tecnologici di cui la NASA dispone e dando, per tal modo, un significativo contributo alle sue attivit. In altri pi significativi termini, la mission dellALTEC si sostanzia nelle seguenti attivit: a) fornitura di servizi di supporti ingegneristico e logistico alle operazioni e alla utilizzazione della Stazione Spaziale Internazionale e alle infrastrutture orbitali in favore di ASI ed ESA (Agenzia Spaziale Europea), Comunit scientifiche, industrie nazionali ed estere e ad altri soggetti privati; b) promozione e commercializzazione delle opportunit di utilizzo della Stazione Spaziale Internazionale. Societ interamente partecipata dellASI la ASITEL che, costituita nel 2011, ha come oggetto sociale lo svolgimento di attivit di sviluppo, di produzione e di commercializzazione di servizi ed applicazioni nel settore delle telecomunicazioni satellitari. Nello specifico, lASITEL: produce, realizza e commercializza sistemi, applicazioni e servizi per le telecomunicazioni via satellite, gestisce impianti ed infrastrutture al suolo per le telecomunicazioni satellitari, gestisce impianti ed infrastrutture in orbita per le telecomunicazioni via satellite, fornisce consulenza manageriale, applicativa e tecnologica, progetta e sviluppa applicazioni pilota per le telecomunicazioni satellitari e svolge attivit di ricerca e sviluppo tecnologico nel settore delle telecomunicazioni satellitari. VՏ poi il CIRA (Centro Italiano di Ricerche Aerospaziale) che una societ consortile la cui maggioranza detenuta dallAgenzia Spaziale Italiana e dal Consiglio Nazionale di Ricerca (CNR). Si tratta di una societ deputata LEGISLAZIONE ED ATTUALIT a dare attuazione al PRORA (Programma Nazionale di Ricerche Aerospaziali) che comprende lo svolgimento di attivit di ricerca scientifica e tecnologica, la sperimentazione del personale nei settori aeronautici e spaziali, la realizzazione e la gestione di opere, impianti e infrastrutture, di beni strumentali e di attrezzature funzionali alle attivit sopraccitate, la realizzazione di laboratori e grandi mezzi di prova (Laboratorio di Acustica e Vibrazioni, Laboratorio di Materiale e Tecnologie Avanzate, Laboratorio per prove di impatto di strutture aerospaziali etc.) nonch lo sviluppo di innovative iniziative nel settore aeronautico e spaziale. Anche la e-GEOS una societ che, partecipata maggioritariamente dallASI, specializzata nellespletamento di attivit di sviluppo, produzione e commercializzazione di servizi, prodotti ed applicazioni nel settore dellOsservazione della Terra. In conclusione, si ricorda anche lEuropean Launch Vehicle (ELV S.p.A.) quale societ che, detenuta dal Gruppo Avio e in pi ridotta percentuale dal- lASI, competente: nella gestione di attivit di sviluppo del lanciatore Vega, nellanalizzare i pi idonei sistemi per la effettuazione di lanci extra-atmosferici, nella supervisionatura dei progetti lanciatori, nella direzione di programmi di ricerca relativi allo sviluppo di piccoli lanciatori e nella erogazione di servizi di studio, ricerca e consulenza nellambito delle attivit di lancio spaziale. 24. Il Piano Aerospaziale Nazionale (PANS). La attivit e i programmi dellAgenzia Spaziale Italiana vengono pianificati e programmati attraverso lallestimento e la predisposizione di specifici documenti: i c.d. piani di attivit: il Piano Aerospaziale Nazionale (PANS) e il Piano triennale di attivit (PTA). A partire dagli anni 70, il programma dinterventi pubblici nello spazio ha iniziato ad avere unimpostazione strategica e razionale mediante la predisposizione del Piano Spaziale Nazionale (PSN) che oggi denominato Piano Aerospaziale Nazionale (PANS). In esso vengono consacrate le linee programmatiche e gli aspetti finanziari delle attivit nazionali concernenti il settore della ricerca scientifica e tecnologica spaziale ed aerospaziale. La sua predisposizione, se inizialmente era affidato al Consiglio Nazionale della Ricerca (CNR), a seguito allapprovazione della legge n. 186 del 1988 rientra tra le prerogative dellAgenzia Spaziale Italiana. Come intuibile, il Piano Aerospaziale Nazionale un atto dal contenuto altamente tecnico e marcatamente complesso. Secondo un orientamento dottrinale (36), il PANS dovrebbe essere ricondotto alla categoria degli atti di indirizzo politico poich, sotto il profilo dei soggetti legittimati alladozione, il (36) DA VALLE L. (2002), op. cit. potere di predisposizione e approvazione spetta agli organi di vertice dellamministrazione mentre, dal punto di vista sostanziale (rectius contenutistico), un atto sostanzialmente libero nei fini (37). Tuttavia sembra pi coerente con le categorie dogmatiche che ispirano il diritto amministrativo italiano assimilare il Piano Aerospaziale Nazionale alla categoria degli atti di alta amministrazione. In questa prospettiva, si ritiene perci opportuno puntualizzare che con la predisposizione di un siffatto documento programmatico lAgenzia non goda di quellamplissima e incondizionata libert di poter fissare, di volta in volta, le finalit che reputa necessarie e/o opportune (quale tipica peculiarit degli atti politici), quanto piuttosto della discrezionalit di scegliere tra due o pi fini comunque predeterminati. Sebbene possano essere riscontrate delle fisiologiche diversit nel contenuto dei Piani predisposti nel corso degli anni dallAgenzia (differenze contenutistiche da cui trae origine la dottrina di Da Valle che, probabilmente, le concepisce come espressione di una dilatata libert decisionale) non pu essere sottaciuto che il PANS sia un atto volto a fissare, riaffermandole, delle finalit gi predeterminate. Ed per tale considerazione che in esso dato rinvenire, piuttosto, i tratti distintivi degli atti di alta amministrazione; primo fra tutti il conseguimento di finalit che, seppur indicate discrezionalmente dallAmministrazione procedente, sono in ogni caso predeterminatamente individuate. La predisposizione e la formale realizzazione del Piano Aerospaziale Nazionale curata dal Presidente ASI che, previa deliberazione del Consiglio di amministrazione e sentito il parere del Consiglio tecnico-scientifico, lo sottopone, per lapprovazione, al Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca. Ai fini della predisposizione del Piano, il Presidente si avvale degli uffici a lui afferenti unitamente al Direttore Generale che chiamato a fornire tutte le informazioni, le proposte tecniche e i supporti conoscitivi necessari (art. 21 commi 4 e 5 del Regolamento di Organizzazione e Funzionamento ASI). Il PANS definisce, con orientamento di medio-lungo termine, le aree tematiche e i grandi programmi in campo spaziale ed aerospaziale affidati al- lASI. Nello specifico, il PANS fissa: i) le linee di sviluppo pluriennale delle aree programmatiche del settore spaziale ed aerospaziale; ii) i nuovi programmi di particolare rilevanza; iii) le linee di sviluppo dei centri di eccellenza nazionali; iv) gli obbiettivi da perseguire in termini di positive ricadute socio (37) E in effetti, se si assume la definizione di atto politico che viene data da quellautorevole dottrina secondo cui debbono definirsi come tali gli atti in cui si estrinseca lattivit di direzione suprema della cosa pubblica e lattivit di coordinamento e di controllo delle singole manifestazioni in cui la direzione stessa si estrinseca (SANDULLI A.M. (1946), Atti politici ed eccesso di potere, Giur. compl. Cass. Civ.) sembrerebbe proprio che il Piano Aerospaziale Nazionale possa essere annoverato tra gli atti politici. Di l dalla circostanza - non troppo indicativa - che la predisposizione spetta agli organi di vertice del- lAgenzia Spaziale, lelemento idoneo che parrebbe disvelare la vicinanza del PANS alla categoria degli atti politici lo si rinverrebbe nella assoluta libert di fini che con esso possono essere perseguiti. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT economiche e strategiche; v) le linee di sviluppo delle collaborazioni con lAgenzia Spaziale Europea e gli altri organismi internazionali; vi) le linee di sviluppo delle collaborazioni con le altre amministrazioni dello Stato. 25. Il Piano Triennale di Attivit (PTA). Una volta approvato il Piano Aerospaziale Nazionale dal Ministro del- lIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, lAgenzia provvede a darne attuazione con il Piano Triennale di Attivit (PTA), aggiornato annualmente. Il Piano triennale dellASI ha carattere scorrevole ed formulato in conformit alla previsioni finanziarie ed economiche dellAgenzia. Il PTA, coerentemente con il Programma Nazionale per la Ricerca (PNR), con gli indirizzi del Parlamento e del Governo in materia spaziale, con il Piano Aerospaziale Nazionale (PANS) e con gli indirizzi programmatici dellAgenzia Spaziale Europea (ESA), definisce: i) gli obbiettivi che lagenzia deve perseguire nel corso del triennio; ii) i programmi di ricerca; iii) i risultati socio-economici attesi. Esso, inoltre, comprende la pianificazione triennale del fabbisogno di personale (art. 14 del decreto di riordino n. 128 del 2003 e art. 5 del D.lgs. n. 213/2009). Come per il PANS, anche per il Piano Triennale di Attivit il Presidente ASI che ne cura la predisposizione sulla base delle linee guida espresse dal Consiglio di amministrazione. La imbastitura del Piano triennale, poi, previa deliberazione del Consiglio di amministrazione e sentito il parere del Consiglio tecnico-scientifico, inviata per lapprovazione al Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca e, decorsi sessanta giorni dalla ricezione, senza che il Ministro vigilante renda osservazioni, il piano si intende approvato. Sul PTA e sui relativi aggiornamenti annuali sono anche richiesti i pareri del Ministro dellEconomia e delle Finanze, del Ministro della Funzione Pubblica e del Ministro della Difesa. Se entro il termine di trenta giorni dalla ricezione del Piano Triennale di Attivit non venga emesso alcun parere, si prescinder da esso. 26. Il Documento di Visione Strategica decennale (DVS). Il Piano Aerospaziale Nazionale viene attuato dallAgenzia Spaziale Italiana non soltanto per il tramite del Piano triennale di Attivit (PTA) ma anche con il Documento di Visione Strategica decennale (DVS) che pu definirsi come il libro bianco delle attivit spaziali nazionali, nel quale ai programmi che vogliono realizzare corrisponde una adeguata copertura economia e finanziaria, coerente alle scelte politiche, alla distribuzione delle spese tra i diversi settori disciplinari, alle scelte di politica estera in Europa e oltre lEuropa (38). (38) ARRIGO G. - SAGGESE E. (2010), op. cit. in cui, con rigore ed esaustivit, si afferma che: Per diversi mesi lASI ha lavorato alla elaborazione e alla stesura del documento di visione strategica per gli anni 2010-2020, ai sensi dellart. 5, comma 1 del decreto legge n. 213 del 2009, al fine di posizionare La disciplina del DVS pu considerarsi la stessa del PTA - specie per quel che concerne la procedura di predisposizione ed approvazione - con lunica eccezione relativa allorizzonte temporale cui si riferisce (dieci anni in luogo di tre). Esso rappresenta il documento con cui lASI e il Ministro dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca ambiscono ad assicurare, nel contesto europeo ed internazionale, piena ed assoluta continuit alle politiche spaziali ed aerospaziali. 27. Il controllo della Corte dei Conti sullASI sotto il vigore del D.lgs. n. 27/1999. In quanto agenzia dotata di personalit giuridica di diritto pubblico e, come tale, destinataria di risorse dello Stato e correlatamente gestore di esse (39), anche sullAgenzia Spaziale Italiana la Corte dei conti esercita i suoi poteri di controllo. Lanalisi del controllo del giudice contabile sullAgenzia Spaziale Italiana - per inserirsi nel solco della delicata e complessa tematica concernente i limiti alla cui osservanza sarebbe tenuta la Corte dei Conti nel- lesercizio dei propri poteri di controllo sugli enti pubblici di ricerca - impone una preliminare ricostruzione delle vicende normative e giurisprudenziali che attorno ad esso sono venute registrandosi nel periodo precedente alladozione del D.lgs. n. 128/2003. Dalla data della sua istituzione, lASI stata interessata da due ravvicinati interventi legislativi volti a ridefinire, rimodellandolo, loriginario assetto organizzativo e funzionale di essa; si allude al D.lgs. n. 27/1999 attuativo della delega contenuta nellart. 11, comma 1, lett. d) della Legge n. 59/1997 e al pi recente D.lgs. n. 128/2003 che ha invece dato attuazione alla delega contenuta nellart. 1, comma 1 della Legge n. 137/2002. le attivit spaziali sul mercato e nel quadro istituzionale nazionale e internazionale. la prima volta che un simile documento contiene un riferimento temporale decennale, ritenuto pi consono ai ritmi di evoluzione e realizzazione dei programmi spaziali, per lo pi di durata pluriennale. Le strategie spaziali nazionali, infatti, si devono confrontare con le strategie e le visioni programmatiche di altri Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti che ancora detengono il primato spaziale, con lEuropa che ormai gioca con due attori, lAgenzia Spaziale Europea (ESA) e lUnione Europea, con la Russia che ancora gode di un vasto patrimonio scientifico e con gli altri Paesi spaziali ad economia gi sviluppata, emergenti o in via di sviluppo. Le risorse allocate per il nuovo piano spaziale nazionale decennale sono di circa 7,2 miliardi di euro (). A questi fondi, provenienti dal MIUR, si aggiungono altri fondi pubblici del Ministero della Difesa, che contribuisce alla realizzazione di sistemi spaziali di tipo duale (COSMO- Sky- Med e Athena-FIDUS) e di altri Ministeri, per i fondi relativi al sistema di navigazione satellitare, GALILEO, oltre agli eventuali fondi provenienti dalla partecipazione dei privati e dalla commercializzazione dei prodotti spaziali, a cominciare dai dati satellitari. (39) Non di poco rilievo che la prescrizione normativa (art. 15 del D.lgs. n. 128/2003) in virt del quale le entrate dellAgenzia Spaziale Italiana sono prevalentemente costituite da contributi a carico del Fondo per il finanziamento degli enti pubblici di ricerca, dai contributi per i programmi di collaborazione con lEsa etc. ha indotto molti (e continua a farlo) a dubitare della effettiva autonomia finanziaria dellente s da ridurre il sintagma in parola ad una mera enunciazione formale tuttaltro che rispondente alla reale portata delle cose. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Allo scopo di rilanciare la competitivit tecnologica e scientifica del Paese sul piano internazionale, attraverso la creazione di un apparato amministrativo vigorosamente improntato ai parametri di efficienza, flessibilit gestionale, snellimento burocratico ed efficacia operativa, il patrio legislatore ha ritenuto di dovere attuare una profonda e complessiva riforma del sistema nazionale della ricerca (40). Dunque, in un clima contrassegnato da una accentuata vocazione progressista e riformista dei settori della ricerca tecnologica e scientifica che si inserisce il disegno di riorganizzazione dellASI assieme a quello degli atri due pi importanti enti pubblici di ricerca: il Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) e lEnte per le Nuove tecnologie, lEnergia e lAmbiente (ENEA). Nel delegare il Governo a dare attuazione agli interventi diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica nonch gli organismi operanti nel settore, lart. 11, comma 1, lett. d) della Legge n. 59/1997 (c.d. Legge Bassanini) ha dato il via a quel (noto) processo di ripensamento dellintera Amministrazione italiana. La delega, quanto allASI, stata attuata con il D.lgs. n. 27 del 30 gennaio 1999. Tralasciando i punti del riordino che qui non rilevano, lattenzione deve invece concentrarsi sullart. 9, comma 5 del D.lgs. n. 27 cit. Per essere ispirata -tra gli altri fissati dalla Legge delega - dal criterio di semplificazione dei controlli, lEsecutivo ha ritenuto, in sede di riordino, di dover comprimere i poteri di controllo della Corte dei Conti sino a fargli assumere le fattezze di controllo successivo avente come unico referente documentale i conti consuntivi dellASI. In particolare, lart. 9, comma 5 del D.lgs. n. 27/1999 disponeva che: Lattivit dellA.S.I. soggetta al controllo successivo della Corte dei conti, che esercitato unicamente sui conti consuntivi ai soli fini della relazione al Parlamento, con lesclusione del controllo amministrativo di regolarit contabile e sui singoli atti di gestione. A ben vedere, la Corte dei Conti veniva per tal modo drasticamente evirata del potere di controllo amministrativo e di regolarit contabile sui singoli atti di gestione dellAgenzia Spaziale Italiana. In un quadro normativo siffatto - capace di estendere agli enti pubblici di ricerca lo stesso regime di controllo contabile previsto per le Istituzioni universitarie - non vera pi alcuna ragione che potesse giustificare la partecipazione (prevista dallart. 12 della L. n. 259/1958) di un magistrato contabile alle sedute degli organi deliberativi o di revisione al fine di esercitare il c.d. controllo concomitante sulla regolarit amministrativa e contabile dei singoli atti di gestione. In conseguenza di ci, come stato giustamente scritto, il riordino del (40) Per una puntuale ricostruzione dei pi significativi aspetti della prima riorganizzazione del- lAgenzia Spaziale Italiana si veda: BASTONI M.B. (1999), Il Riordino dellAgenzia Spaziale Italiana, in Giorn. dir. amm., n. 7. lASI avrebbe implicato una necessaria attivazione di processi di riforma organizzativa della sezione controllo enti della Corte dei Conti. 28. Il giudizio di legittimit costituzionale (conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato): la sentenza n. 457 del 23 dicembre 1999 (41). Il clima di incertezza ed oblio, pi che di snellimento, che la disposizione contenuta nel citato art. 9, comma 5 del D.lgs. n. 27/1999 era idoneo ad occasionare ha indotto la Corte dei Conti a sollevare una questione di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinnanzi alla Corte costituzionale di modo da ottenere una declaratoria di illegittimit della norma che erodeva oltremodo i poteri riconosciuti alla giurisdizione contabile dallart. 100, comma secondo della Costituzione. Senza pretesa di esaustivit, utile tracciare gli aspetti pi importanti della vicenda processuale, quali le motivazioni poste a fondamento del ricorso proposto dalla Corte dei Conti e le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale. Nel proprio ricorso introduttivo, la Corte dei Conti ha denunciato la illegittimit costituzionale (per quel che riguarda il riordino dellAgenzia Spaziale Italiana) dellart. 9, comma 5 del D.lgs. n. 27/1999 perch - riducendo i poteri del giudice contabile ad un solo controllo successivo avente ad oggetto i conti consuntivi dellente - derogava alla disciplina generale dei controlli da eseguire sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (Legge n. 259/1958) e, per leffetto, determinava una palese violazione degli artt. 76 e 100, comma secondo Cost. Per aver riscontrato la ricorrenza dei presupposti soggettivi (la Corte dei Conti nellesercizio delle sue funzioni di controllo sulla gestione finanziaria concepita dalla giurisprudenza costituzionale come potere costituzionale legittimato alla proposizione del conflitto di attribuzione) e di quelli oggettivi (il conflitto di attribuzioni era stato effettivamente sollevato per invocare la difesa di attribuzioni costituzionali), la Consulta ha dichiarato la ammissibilit del ricorso. Ci malgrado, le censure della Corte dei Conti sono state reputate infondate nel merito (42). (41) Per un lungimirante commento alla sentenza della Corte costituzionale n. 457/1999 si rinvia a BALDUZZI A. (2000), Il controllo della Corte dei Conti sulla gestione degli enti di ricerca, in Giorn. dir. amm., n. 12. (42) In particolare, le motivazioni sviluppate dal Giudice delle leggi si articolano sostanzialmente in due parti rispettivamente riferite alla asserita violazione dellart. 100, comma 2 Cost. e allart. 76 Cost. Quanto alla prima doglianza (violazione dellart. 100, comma 2 Cost.), la Corte costituzionale, facendo leva sullelevato grado di astrattezza e genericit sintattica e paradigmatica che segna il costrutto normativo contenuto nel comma secondo dellart. 100, Cost. ai sensi del quale: La Corte dei Conti (...) partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, ha sostenuto che la riserva legale contemplata nel tessuto costituzionale vale a riconoscere al legislatore il pi ampio e variegato spettro di scelte da assumere, al punto da doversi escludere una qualsiasi inflessibile tipizzazione delle forme attraverso cui la Corte dei Conti debba partecipare LEGISLAZIONE ED ATTUALIT 29. Il controllo della Corte dei Conti a seguito del secondo riordino ASI attuato con il D.lgs. n. 128/2003. Il controllo della Corte, cos come descritto, venuto a mutare in intensit ed estensione a seguito del secondo e, al momento, ultimo vero riordino dellAgenzia Spaziale Italiana. Fra le diverse novit apportate dal D.lgs. n. 128/2003 non pu non essere segnalata quella contenuta nellart. 18, comma 2 puntualmente riprodotto nellart. 11 dello Statuto ASI. Dal combinato disposto si desume che: La Corte dei conti esercita il controllo sullAgenzia con le modalit stabilite dallarticolo 3, comma 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modifiche ed integrazioni, con le modalit di cui allart. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259. Stando al rinvio che lart. 3, comma 7 della Legge n. 20/1994 fa alla legge n. 259/1958 a questultima (segnatamente allart. 12 di essa) che occorre guardare. Con il nuovo decreto di riordino ha avuto luogo la riesumazione del pieno e tradizionale potere di controllo della Corte dei Conti in materia di regolarit amministrativa contabile e sui singoli atti di gestione. Oggi, cos come avveniva prima del D.lgs. n. 27/1999, la Corte dei Conti non pi limitata ad eseguire un controllo successivo sul conto consuntivo dellASI ma, al contrario, chiamata a verificare la regolarit amministrativa contabile e la legittimit dei singoli atti di gestione secondo le modalit previste dallart. 12 della Legge n. 259/1958; cio a dire, attraverso un magistrato contabile nominato dal Presidente della Corte stessa che assista alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione (il c.d. controllo concomitante). 30. Il patrocinio obbligatorio e autorizzato dellAvvocatura dello Stato. Qualora lAgenzia Spaziale Italiana, nellesercizio delle sue attribuzioni, dovesse trovarsi coinvolta in una vicenda processuale potr avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato. Se allart. 13, comma 7 del D.lgs. n. 123/2008 si stabilisce che lASI si avvale del patrocinio dellAvvocatura Generale dello Stato, pi dettagliatamente lart. 11 dello Statuto ASI puntualizza che lAgenzia si avvale del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, ai sensi al controllo degli enti destinatari di sovvenzioni statali in via ordinaria. Donde, la prescrizione normativa contenuta nellart. 9 comma 5 del D.lgs. n. 27/1999 nel prevedere - quale forma di esercizio dei poteri del giudice contabile - il solo controllo successivo da eseguirsi sul conto consuntivo dellAgenzia Spaziale Italiana si pone in perfetta simmetria con il tenore della norma costituzionale perch comunque idonea a consentire alla Corte dei Conti il conseguimento della finalit al cui raggiungimento il controllo stesso preordinato: la trasmissione al Parlamento della relazione contenete gli esiti degli eseguiti riscontri. Quanto invece alla seconda doglianza (violazione dellart. 76 Cost.), la Consulta ha ritenuto infondate le censure formulate dalla Corte dei Conti sul presupposto che la Legge delega n. 59 del 1997 stata diretta a riformare, in profondit, ogni aspetto organizzativo della Pubblica Amministrazione italiana, ivi compresi i casi e le forme di esercizio del potere di controllo della magistratura contabile. Pertanto, lart. 9, comma 5 del D.lgs. n. 27/1999 non pu ritenersi adottato in violazione dei limiti di oggetto e dei principi e criteri direttivi che, a norma dellart. 76 Cost., devono guidare lesercizio del potere legislativo da parte del Governo. dellarticolo 43 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611; si tratta, cio, del c.d. patrocinio erariale autorizzato o facoltativo. quindi dobbligo chiarire la natura e la portata del patrocinio dellAvvocatura dello Stato nei confronti dellAgenzia Spaziale Italiana non senza aver dapprima dedicato alcune brevi considerazioni allo ius postulandi del- lAvvocatura dello Stato. Le norme e i principi che sovraintendono, scandendola con particolareggiata puntualit, alla rappresentanza e alla difesa processuale delle Amministrazioni Pubbliche sono contenute nel gi menzionato regio decreto n. 1611 del 1933 (meglio noto come Testo Unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sullordinamento del- lAvvocatura dello Stato). A norma dellart. 1 del R.d. n. 1611 cit. la rappresentanza, il patrocinio e lassistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, quandanche organizzate ad ordinamento autonomo, spettano allAvvocatura dello Stato dinnanzi ad ogni giurisdizione (nazionale, comunitaria ed internazionale) e ai collegi arbitrali (43). in questa norma che trova il proprio fondamento giuridico il patrocinio erariale obbligatorio, cos definito perch le Amministrazioni dello Stato coinvolte in una vicenda processuale - indipendentemente dalla natura di essa (civile, penale, amministrativa, costituzionale od internazionale), dal pi o meno elevato grado di complessit tecnico-argomentativo e dal valore economico delle pretese su cui radica la controversia - devono ricorrere alla Difesa Erariale pena la nullit di qualsivoglia atto processuale compiuto dallavvocato di libero foro incaricato, in ispregio alla normativa inderogabile e imperativa di cui al R.d. n. 1611/1933, della difesa processuale dellamministrazione. Si soggiunga che, la legittimit dello ius postulandi spettante allAvvocatura dello Stato nei casi di patrocinio obbligatorio non abbisogna di un formale espresso consenso con cui lAmministrazione interessata conferisce la propria difesa processuale ad Avvocati e Procuratori di Stato; cosicch non occorre - come invece per il patrocinio del privato - una manifestazione di volont in tal senso consacrata nellatto di procura alle liti. A conferma di ci depone il tenore del comma 2 dellart. 1 del R.d. n. 1611/1933 a mente del quale: Gli Avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure (43) Per poter meglio comprendere le funzioni di cui attributaria lAvvocatura dello Stato si veda: SCAVONETTI G. (1937), Avvocatura dello Stato, in Nuovo Diges. Ita. - MANZARI F.M. (1987), LAvvocatura dello Stato nellordinamento vigente, in Digesto discipline pubblicistiche - CARAMAZZA F. e DI MARTINO R. (1989), Avvocatura dello Stato e giustizia amministrativa, in Rass. Avv. St. - PAVONE P. (2002), Lo Stato in giudizio. Enti pubblici e Avvocatura dello Stato - FIENGO G. (2006), I caratteri originari della difesa dello Stato in giudizio, in Rass. Avv. St. - GIOVAGNOLI R. (2008), Il patrocinio dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni, in Manuale di giustizia amministrativa di Caringella F., De Nictolis R., Giovagnoli R., Poli V. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che constino della loro qualit. Come da taluni gi osservato (44), il patrocinio dellAvvocatura organico (derivando direttamente dalla legge), obbligatorio (non ammettendo deroga alcuna) ed esclusivo (non potendo essere esercitato con patrocinatore diverso dalla difesa erariale). Accanto al patrocinio obbligatorio (art. 1, R.d. n. 1611/1933) previsto e contemplato anche quello autorizzato (art. 43, R.d. n. 1611/1933). LAvvocatura dello Stato perch possa esercitare anche il patrocinio di cui allart. 43, R.d. n. 1611 cit. necessita - per come intuibile dalla sua stessa denominazione - di un provvedimento autorizzatorio (normativo o amministrativo) che comporti unestensione dei compiti di difesa processuale e consulenza giuridica anche in favore di Amministrazioni Pubbliche diverse da quelle statali stricto sensu. La ragione giustificatrice dellistituto in parola, che estende il patrocinio dellAvvocatura dello Stato anche ad enti diversi rispetto a quelli cui si riferisce il patrocinio obbligatorio, rinvenibile nello stretto collegamento e nella interdipendenza tra i fini dello Stato e quelli degli enti a patrocinio autorizzato, nonch in esigenze di contenimento della spesa pubblica, che lassunzione della difesa da parte dellAvvocatura dello Stato garantisce rispetto al patrocinio degli avvocati di libero foro (45). Una volta intervenuto il provvedimento autorizzatorio, il patrocinio dellAvvocatura dello Stato sar soggetto allapplicazione delle stesse norme previste per il patrocinio obbligatorio. Recentemente si posta una questione giurisprudenziale in ordine ai presupposti alla cui ricorrenza debba ritenersi subordinata la legittimit del patrocinio autorizzato. Sono due le pronunce della giustizia amministrativa che assurgono ad emblema plasticamente riassuntivo dei due opposti orientamenti: la sentenza n. 190/2009 del TAR Calabria e la sentenza n. 4640/2009 del TAR Lazio (46). (44) LUMETTI M.V. - MEZZOTERO A. (2009), Il patrocinio erariale autorizzato: organico, esclusivo e non presuppone alcuna istanza dellente allAvvocatura dello Stato. Il caso delle Autorit portuali in alcune recenti contrastanti decisioni del giudice amministrativo (T.A.R. Calabria, sent. 25 marzo 2009, n. 190, T.A.R. Lazio, sent. 6 maggio 2009, n. 4640), in Rass. Avv. St. (45) LUMETTI M.V. - MEZZOTERO A., op. cit. (46) Se il giudice calabrese nella sentenza n. 190/2009 ha precisato che: Il mandato conferito al difensore del libero foro senza una previa, motiva rinuncia alla difesa assicurata, ope legis in via organica ed esclusiva, dallAvvocatura dello Stato, ai sensi dellart. 43 r.d. n. 1611del 1933 e della successiva norma autorizzatoria, affetto da nullit, che conseguentemente priva il difensore dello ius postulandi, il giudice laziale, propugnando un orientamento profondamente differente, ha disposto che: Lautorizzazione accordata ai sensi del comma 1 dellart. 43 del R.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, affinch lAvvocatura dello Stato possa assumere la rappresentanza e la difesa della autorit portuali nei giudizi attivi e passivi avanti alle autorit giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, non opera ex se ma richiede necessariamente una previa istanza dellAutorit rivolta allAvvocatura dello Stato perch assuma la rappresentanza e la difesa in giudizio. In mancanza di tale istanza, che costituisce lelemento che distingue il patrocinio autorizzato da quello obbligatorio, lAvvocatura dello Stato non potr difendere in giudizio lAutorit e ci a maggior ragione, nel caso in cui, come nella specie lAutorit non solo non ha chiesto il patrocinio dellAvvocatura ma ha ritenuto preferibile dare mandato agli avvocati di libero foro. La giustizia amministrativa calabrese ha ritenuto di dover riconoscere al patrocinio autorizzato dellAvvocatura dello Stato una sorta di operativit automatica. Segnatamente, i giudici calabresi hanno affermato che il patrocinio di cui allart. 43 del R.d. n. 1611/1933 non richieda alcuna formale deliberazione in tal senso da parte dellAmministrazione coinvolta nel giudizio si che, salvo prova contraria (come arguibile dalle motivazione della sentenza n. 190/2009), la rituale costituzione in giudizio dellAmministrazione per il tramite dellAvvocatura dello Stato gi da sola sufficiente a riprovare la volont dellAmministrazione medesima di voler avvalersi della difesa erariale non occorrendo che gli Avvocati e i Procuratori di Stato producano in giudizio la documentazione attestante una volont in tal senso imputabile allAmministrazione per evitare la nullit di ogni atto defensionale e la inestricabilmente correlata decadenza dello ius postulandi. Piuttosto, nei soli casi (speciali e derogatori rispetto allart. 43 del R.d. n. 1611/2013) in cui lAmministrazione intenda avvalersi del patrocinio di avvocati di libero foro che si profila come necessaria la adozione di una formale deliberazione nella quale siano esposte le motivazioni che abbiano fatto ritenere maggiormente conveniente la rinuncia alla difesa, organica, esclusiva e sostanzialmente gratuita, dellAvvocatura dello Stato; deliberazione che dovr essere sottoposta al controllo da parte dellorgano che eserciti la vigilanza sul- lAmministrazione deliberante. in questi casi che lavvocato di libero foro sar tenuto ad attestare la legittimit del suo patrocinio mediante la produzione in giudizio del titolo (deliberazione) su cui si fonda il proprio ius postulandi. In maniera totalmente discorde si invece pronunciato il TAR Lazio che, con la sentenza n. 4640/2009, dopo aver escluso loperativit ex se del patrocinio autorizzato ha ritenuto affetti da nullit, per mancanza di ius postulandi, gli scritti difensivi dellAvvocatura dello Stato qualora non sia provato che lAmministrazione patrocinata abbia previamente adottato una delibera volta a conferire alla Difesa Erariale il mandato ad litem. Scontato dire che tra i due ossimorici approdi quello reputato maggiormente conforme alla normativa vigente in materia risulta essere il primo (TAR Calabria, n. 190/2009). Si giustamente scritto (47) che nelle ipotesi in cui lAvvocatura dello Stato assuma la difesa processuale di Amministrazioni che possono avvalersi del suo patrocinio autorizzato, il consenso di queste, comunque si sia realizzato (in maniera tacita, informale o anche informale) opera ex se a prescindere dalla adozione di una apposita deliberazione che, quandanche alluopo adottata, si configura come atto meramente interno che non ha, n pu avere, incidenza alcuna sul processo. invero pacifico che la legge non richieda lesistenza di una formale procura alle liti per il patrocinio della difesa erariale. (47) LUMETTI M.V. - MEZZOTERO A., op. cit. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT 31. Il patrocinio dellAvvocatura dello Stato in favore dellAgenzia Spaziale Italiana. Come gi anticipato, lart. 11 dello Statuto ASI nel richiamare lart. 43 del R.d. n. 1611 del 1933 chiarisce, incontrovertibilmente, che lAgenzia Spaziale Italiana rientra tra le Amministrazioni Pubbliche per le quali la legge prevede il patrocinio erariale autorizzato. Sicch lASI gode di una discrezionalit tale da poter decidere se affidare la propria difesa processuale allAvvocatura dello Stato ovvero ad avvocati di libero foro. La trasposizione delle argomentazioni di cui al precedente paragrafo nello specifico caso dellAgenzia Spaziale Italiana permette di affermare che, a seconda di quale dei due possibili itinerari si decider di percorrere, verranno a mutare gli adempimenti burocratico-decisionali il cui compimento serve ad evitare che la difesa di parte avversa possa fondatamente eccepire la insussistenza dello ius postulandi e la correlata nullit degli atti defensionali depositati dal legale dellAgenzia. Per i giudizi in cui lASI si determina ad avvalersi del patrocinio autorizzato di cui allart. 43 del R.d. n. 1611/1933 non si pongono particolari problemi operativi. Sulla scorta di quel pi corretto insegnamento giurisprudenziale che esclude la necessit della previa adozione di una delibera con cui venga chiesto il consenso dellAvvocatura dello Stato, per avvalersi del patrocinio erariale baster che gli organi di vertice dellAgenzia Spaziale Italiana (Presidente e Consiglio di amministrazione) decidano di trasmettere il relativo carteggio generalmente corredato da una nota riassuntiva contenente una sintetica ricostruzione dei fatti e dei pi rilevanti aspetti giuridici della vicenda - allAvvocatura dello Stato; ci baster a far presumere la volont dellAgenzia di avvalersi del patrocinio autorizzato degli Avvocati e Procuratori dello Stato i quali, per dimostrare la legittimit del loro patrocinio non saranno tenuti ad allegare al fascicolo di causa la nota trasmessa dallAgenzia. Diversa cosa accade quando lASI decida di conferire il proprio patrocinio ad avvocati di libero foro. Atteso che permane in capo allAgenzia la possibilit di decidere se affidare ad avvocati di libero foro il patrocinio di un singolo giudizio ovvero quello di unintera serie o categoria di affari contenziosi, la sussistenza dello ius postulandi di tali professionisti subordinata al perfezionamento di una diversa procedura. LAgenzia, ivi, dovr adottare una formale deliberazione da cui risultino gli estremi anagrafici dellAvvocato prescelto, le motivazioni professionali, economiche e di ogni altra natura poste a giustificazione della rinunzia alla difesa dellAvvocatura dello Stato. Cos assunta, la delibera dovr essere trasmessa al Ministro dellIstruzione, del- lUniversit e della Ricerca, quale organo di vigilanza dellASI, affinch possa vagliare la opportunit di ricorrere al patrocinio di un avvocato di libero foro. Solo una volta sopraggiunto il benestare del Ministro potr dirsi correttamente perfezionato liter di affidamento del patrocinio processuale ad un libero pro fessionista il quale - lo si ribadisce - diversamente dagli Avvocati e dai Procuratori dello Stato sar tenuto a produrre in giudizio la delibera di nomina con tanto di approvazione ministeriale che finisce, cos, col fungere da procura alle liti (48). 32. I finanziamenti e le entrante dellAgenzia Spaziale Italiana. Per poter espletare le proprie funzioni secondo parametri di efficienza ed efficacia, lAgenzia Spaziale Italiana ha bisogno di risorse finanziarie. Stando allart. 15 del D.lgs. n. 128/2003, le entrate di cui lASI pu disporre sono costituite da: i) contributi ordinari a carico del Fondo per il finanziamento degli enti pubblici di ricerca (49); ii) contributi relativi ai programmi dellAgenzia Spaziale Europea al cui sviluppo e alla cui realizzazione lASI partecipa; iii) risorse occorrenti per dare attuazione agli impegni che lAgenzia assume in virt di accordi intergovernativi, trattati internazionali o convenzioni internazionali; iv) risorse occorrenti per dare attuazione agli impegni consacrati nel Piano Triennale di Attivit e dai relativi aggiornamenti di attivit; v) contributi dellUnione europea o da organismi internazionali; vi) proventi derivanti dalla valorizzazione economica di prototipi, prodotti industriali e beni immateriali di interesse aerospaziale; vii) cessione di licenze duso di brevetti e viii) ogni altra eventuale entrata connessa allesercizio delle funzioni di cui attributaria. (48) Con riferimento al patrocinio erariale dellASI merita inoltre di essere segnalata una curiosa differenza riscontrabile tra il D.lgs. n. 128/2003 e lo statuto dellente. Diversamente dal primo decreto di riordino dellAgenzia Spaziale Italiana (D.lgs. n. 27/1999) che prevedeva che lASI si avvalesse del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, lart. 13, comma 7 del D.lgs. n. 128/2003 (secondo riordino dellASI) non allude al patrocino dellAvvocatura dello Stato tout court, bens a quello dellAvvocatura Generale dello Stato. Un dato, questo, che potrebbe occasionare non pochi inconvenienti quanto ai giudizi rientranti nella competenza delle Avvocature distrettuali che potrebbero essere esposti al fondato rilievo, sollevato dai difensori di controparte, del difetto di ius postulandi in forza del richiamo alla sopraccennata disposizione che limita il patrocinio dellASI alla sola Avvocatura Generale dello Stato. Pertanto sarebbe opportuno, secondo taluni, emanare norme correttive nel senso della previsione del patrocinio dellASI allAvvocatura dello Stato senza ulteriori specificazioni. In questottica, lart. 11 dello statuto ASI (integrato con deliberazioni nn. 1, 3 e 5/INT/2010 e n. 1/INT/2011) sembra proprio aver voluto fornire un espediente alla problematica di cui sopra; la fonte statutaria, invero, si riferisce al patrocinio dellAvvocatura dello Stato senza alcuna aggettivazione. (cfr. LUMETTI M.V. - MEZZOTERO A., op. cit.). (49) I finanziamenti derivanti dal Fondo ordinario per il finanziamento degli enti di ricerca hanno formato oggetto del D.lgs. n. 213/2009, il quale allart. 4 ha disposto che la ripartizione di tali risorse avverr sulla base della programmazione strategica preventiva e tenendo conto della valutazione dei risultati di ricerca conseguiti che viene effettuata dallAgenzia nazionale di valutazione delluniversit e della ricerca (ANVUR). A partire dal 2011 stato riconosciuto agli enti di ricerca la possibilit di poter beneficiare, unitamente alle risorse gi erogate in base alla programmazione preventiva al parere ANVUR, di una quota non inferiore al 7% del Fondo a titolo di finanziamento premiale di taluni programmi o progetti. Nel 2012 la ripartizione dei contributi del Fondo ordinario tra i dodici enti di ricerca stata attuata con D.M. del 9 agosto 2012 del Ministero dellIstruzione Universit e Ricerca per un importo complessivo pari ad euro 1.652.963.075. Tuttavia, nel quadro delle misure di contenimento della spesa delle amministrazioni statali e degli non territoriali adottate dal Governo Monti, lart. 8, comma 4 bis del D.lg. n. 95/2012 ha previsto una riduzione del Fondo per un importo pari a 51,2 mln a decorrere dal 2013. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Per di pi, alle fonti di entrata sin qui menzionate, debbono aggiungersi le risorse finanziarie che lASI pu conseguire esercitando la facolt che, accordata dallart. 16 del D.lgs. n. 213/2009 ad ogni ente di ricerca, si sostanzia nel potere di promozione, costituzione o partecipazione di fondi di investimento (50). 33. Lautonomia negoziale dellAgenzia Spaziale Italiana. LASI non fa eccezione alla ormai consolidata regola che riconosce alle Amministrazioni Pubbliche la facolt di esercitare le attivit dirette alla cura concreta di interessi generali anche con strumenti di natura squisitamente privatistica (come suole dirsi: agire non solo iure imperi ma anche iure privato- rum); sempre pi ampio il ventaglio di istituti di diritto comune applicabili (per adattamento) alle organizzazioni pubbliche. Tra questi, assume un ruolo determinante il contratto che, anche in ambito pubblicistico, mantiene inalterata la sua essenza di accordo di due o pi parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (art. 1321 c.c.). Lunico elemento discretivo rispetto alla visione rigorosamente romanistica del contratto (51) risiede nella circostanza (meramente formale) che una della parti (50) In particolare, lart. 16 del D.lgs. n. 213/2009 dispone che: Il Ministero, previa valutazione di legittimit e di merito da parte dello stesso, gli stessi enti di ricerca, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e senza garanzie da parte loro, possono promuovere, concorre alla costituzione o partecipare a fondi di investimento con la partecipazione di investitori pubblici e privati, arti- colati in un sistema integrato tra fondi di livello nazionale e rete di fondi locali, ai sensi dellart. 4 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Tali fondi sono destinati allattuazione di programmi di trasferimento tecnologico e di investimento per la realizzazione di iniziative produttive con elevato contenuto di innovazione e di ricerca, con il coinvolgimento di apporti dei soggetti pubblici e privati operanti nel territorio di riferimento e la valorizzazione di risorse finanziarie destinate allo scopo, anche derivanti da cofinanziamenti europei ed internazionali. Gli enti di ricerca nellarticolazione dei rispettivi statuti e nellenumerazione delle attivit da svolgere tengono conto di quanto previsto agli articoli 4, 6 e 17 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalle legge 6 agosto 2008, n. 133. Sotto il vigore del D.lgs. n. 27/1999 venivano contemplati, quali fonti di entrate dellAgenzia, solo i contributi a carico del Fondo istituito per gli enti finanziati direttamente dal Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, i contributi UE e di altri Organismi internazionali, i proventi derivanti dallapplicazione, diffusione ed utilizzazione delle conoscenze derivanti dalla ricerca e ogni altra eventuale entrata. (51) Come emerge dalla bibliografia in materia si veda: DALLA D. - LAMBERTINI. R. (2006), Istituzioni di diritto romano, Torino, Giappichelli; FASCIONE L. (2013), Manuale di diritto pubblico romano, Torino, Giappichelli; TALAMANCA M. (1990), Istituzioni di diritto privato romano, Milano, Giuffr; GUARINO A. (2001), Diritto privato romano, Napoli, Jovene: nel diritto romano, in virt della celeberrima definizione di Ulpiano per il quale pactum est duorum pluriumve in idem placitum et consensus (patto laccordo consensuale di due o pi persone su uno stesso oggetto contrattuale), il contratto era concepito come prerogativa esclusiva dei privati. I soggetti pubblici, quali lo Stato (populus Romanus) e il Fisco (Fiscus) erano considerati dotati esclusivamente di capacit di diritto pubblico, cos che i rapporti in cui essi intervenivano furono regolati esclusivamente dal ius publicum. In definitiva, fatta salva qualche eccezione, era marcata la distinzione tra ius publicum e ius privatum: il primo regolava i rapporti dello Stato, il secondo, invece, si applicava ai rapporti delle persone fisiche (cives). del contratto una Pubblica Amministrazione. Per il resto, ferme le particolari procedure previste per la stipula di alcuni contratti pubblici, non vՏ alcun significativo cambiamento rispetto alla disciplina civilistica. Come si visto, lAgenzia gode di unampia autonomia negoziale che viene a tradursi nella stipulazione di accordi, convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati, nazionali ed internazionali, nella partecipazione ovvero costituzione di societ, consorzi e fondazioni nonch nella direzione e nella gestione di Centri di ricerca internazionali con le Agenzie Spaziali di altri Paesi. allora innegabile che il legislatore sia sempre stato lucidamente convinto che per consentire allASI il miglior esercizio delle sue funzioni - peraltro in un settore in cui immobilismo e stagnazione operativo-decisionale sono penalizzanti pi che in altri - sarebbe stato necessario riconoscere alla stessa il potere di ricorrere alle pi diversificate maniere con cui pu manifestarsi la sua autonomia negoziale (52). Attraverso lintroduzione di un meccanismo di silenzio-assenso, il secondo decreto di riordino ha esteso, ancora di pi, la scioltezza di cui lASI gode nellesercizio delle attivit negoziali. Se lart. 2, comma 2 del D.lgs. n. 27/1999 subordinava la costituzione o la partecipazione in societ o consorzi con apporti finanziari pari o superiori ad un miliardo di lire o per una quota pari o superiore al 50 per cento del capitale sociale ad autorizzazione (necessariamente espressa) del Ministero del- lIstruzione, dellUniversit e della Ricerca, lart. 16 del D.lgs. n. 128/2003 subordina la costituzione ovvero la partecipazione in societ, consorzi e fondazioni con soggetti pubblici o privati, italiani o stranieri (prescindendo dal (52) Per una pi lucida presa di conoscenza del rilevante tema dellautonomia contrattuale delle P.A. si rinvia alla ampia letteratura giuridica venuta formandosi nel tempo, alla luce delle profonde influenze promananti dallordinamento europeo: si v. CANDELA L. (1933), I contratti dello Stato. Le forme eccezionali di procedura nei contratti dello Stato in confronto di quelle di diritto comune, Roma AMORTH A. (1938), Osservazioni sui limiti dellattivit amministrativa di diritto privato, in Arch. dir. pubbl. - CAMMEO C. (1954), I contratti della pubblica amministrazione, Firenze - CALIMERI M. (1959), I contratti dello Stato, delle province, dei comuni, Milano - AMORELLI G. (1988), Lesecuzione dei contratti della Pubblica Amministrazione, in Nuova. Rass. - CONTUCCI M., Lattivit di diritto privato nella pubblica amministrazione, Padova - MASUCCI A. (1988), Trasformazione dellamministrazione e moduli convenzionali. I contratti di diritto pubblico, Napoli - BUSCEMA S. (1990), La legittimazione nellattivit contrattuale degli enti pubblici, in Scritti Falzea - ANNUNZIATA M. (1991), Formazione della volont negoziale degli enti pubblici e poteri del giudice ordinario, in Riv. nuovo dir. - CARANTA R. (2004), I contratti pubblici, Giappichelli, Torino -FRANCHINI C. (2007), I contratti con la pubblica amministrazione tra di diritto pubblico e diritto privato, in I contratti con la pubblica amministrazione (a cura di Franchini C.) - CERULLI IRELLI V. (2008), Diritto privato dellamministrazione pubblica, Giappichelli, Torino - FRACCHIA F. (2010), Ordinamento comunitario, mercato e contratti della pubblica amministrazione. Profili sostanziali e processuali, Editoriale Scientifico - CERULLI IRELLI V. (2011), Amministrazione Pubblica e diritto privato, Giappichelli, Torino - CARANTA R. (2012), I contratti pubblici, Giappichelli, Torino - BENACCHIO G.A. -COZZIO M. (2012), Gli appalti pubblici tra regole europee e nazionali, EGEA, Milano - SORACE D. (2013), Amministrazione pubblica dei contratti, Editoriale Scientifica - CARINGELLA F.-GIUSTINIANI M. (2013), Manuale di diritto amministrativo, Istituto Editoriale Universitario - MASTRAGOSTINO F. (2014), Diritto dei contratti pubblici. Assetto e dinamiche evolutive alla luce delle nuove Direttive europee e del D.l. 90 del 2014, Giappichelli, Torino. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT lentit del contributo finanziario) allautorizzazione del MIUR e, inoltre, la costituzione ovvero la partecipazione in societ con apporto al capitale sociale superiore a cinquecentomila euro o per una quota pari o superiore al cinquanta per cento del capitale sociale allautorizzazione tanto del MIUR quanto del Ministero dellEconomia e delle Finanze. Cos poste, le novit introdotte dal secondo decreto di riordino farebbero propendere per la tesi che vuole lautonomia negoziale dellASI decisamente pi ridotta per via dellintroduzione di una nuova autorizzazione (quella del MEF) che in passato, invece, non era prevista. Taluni hanno perci sostenuto che proprio a causa di questo ulteriore aggravio burocratico-autorizzatorio lautonomia negoziale dellAgenzia si sarebbe per tal modo ristretta (53); in verit, cos non . A sommesso avviso di chi scrive, diversamente dalla previgente normativa che - pur richiedendo la sola autorizzazione del Ministero dellIstruzione, delUniversit e della Ricerca - esigeva una inequivocabile ed espressa manifestazione positiva del Dicastero, pena la impossibilit dellASI di costituire o partecipare societ, fondazioni ovvero consorzi, la normativa contenuta nellart. 16 del D.lgs. n. 128/2003 ha invece introdotto un meccanismo di silenzio-assenso tale per cui la autorizzazione richiesta al Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca per la costituzione ovvero la assunzione di partecipazioni azionarie (qualunque sia lentit) si intende acquisita qualora decorsi i prescritti sessanta giorni non vengano presentate particolari osservazioni. In analogo modo, anche lautorizzazione congiuntamente richiesta tanto al Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca quanto al Ministero dellEconomia e della Finanza per la costituzione o la partecipazione di societ con apporto superiore a cinquecentomila euro o per quota pari o superiore al cinquanta per cento del capitale sociale si intende acquisita decorsi inutilmente trenta giorni dallistanza. allora evidente che con lintroduzione del meccanismo del silenzio-assenso sia stato formalmente appesantito, ma sostanzialmente velocizzato, il sistema di autorizzazioni che sovraintende, condizionandola, allattivit negoziale dellASI. 34. I rapporti contrattuali dellASI. I rapporti contrattuali di cui lAgenzia parte (eccezion fatta per la scelta del contraente, per la deliberazione a contrarre e per la formazione del prezzo) sono regolati da norme di diritto privato. La stipulazione dei contratti di diritto comune dellASI curata dal Direttore generale o dal responsabile della specifica unit organizzativa che sia dal primo alluopo delegato. (53) In tal senso, si veda BASTIONI M.B., op. cit. Quanto alla forma, lart. 54 (Reg. Amm. Cont. Fina.) richiede espressamente che i contratti dellAgenzia siano redatti per iscritto a pena di nullit (c.d. forma scritta ad substantiam) e inoltre, salvo la sussistenza di comprovate ragioni di necessit e convenienza, lAgenzia non pu addivenire alla stipulazione di pi contratti per la concreta realizzazione di un medesimo progetto. La volont dellASI di indire le procedure di scelta del contraente o di provvedere a trattativa privata con un unico offerente deve essere espressa con apposito provvedimento del Consiglio di amministrazione, del Presidente o del Direttore generale (art. 55 Reg. Amm. Cont. Fina.). Il provvedimento in parola, denominato determinazione a contrarre, deve contenere la puntuale indicazione della finalit che si pretenda di conseguire con la stipulazione del contratto, loggetto del contratto, la procedura e i criteri di scelta del contraente, lindividuazione del responsabile del procedimento, le clausole ritenute essenziali e leventuale capitolato speciale. I contratti di qualsiasi Amministrazione Pubblica (ivi compresa lAgenzia Spaziale Italiana) sono per regola stipulati secondo condizioni generali di contratto (54) predisposte dal soggetto pubblico e tradizionalmente denominati capitolati doneri (55). I capitolati si distinguono in generali e speciali. I primi contengono le condizioni che possono applicarsi indistintamente ad un determinato genere di lavoro, appalto o contratto nonch le forme da seguire per le gare; quelli speciali puntualizzano invece le condizioni riferite alloggetto proprio di ciascun specifico contratto. Come le condizioni generali, anche i capitolati sono efficaci nei confronti dellaltro contraente solo se al momento della conclusione del contratto questi ne fosse a conoscenza o avrebbe potuto-dovuto conoscerle usando lordinaria diligenza. Fatte queste considerazioni, occorre ora comprendere le clausole contrattuali (rectius capitolati) solitamente rinvenibili nel testo dei contratti stipulati dallAgenzia Spaziale Italiana. Nei contratti stipulati dallASI debbono essere consacrati capitolati che stabiliscano loggetto, i termini e la durata di esecuzione delle singole prestazioni (art. 58 Reg. Amm. Cont. Fina.) nonch la indicazione dei prezzi invariabili, salvo che per i beni o le prestazioni il cui prezzo sia determinato per legge o per atto amministrativo (art. 59 Reg. Amm. Cont. Fina). A pena di nullit, i contratti in parola prevedono clausole penali per il mancato o linesatto adempimento e per la ritardata esecuzione delle prestazioni dovute. Mentre lapplicazione della penale di competenza della Commissione di collaudo, (54) Come noto, le condizioni generali di contratto (art. 1341 c.c.) sono le clausole contrattuali che un soggetto predispone al fine di regolare in maniera uniforme una serie infinita di rapporti di cui diverr parte. (55) Tale curiosa terminologia intende semplicemente significare un testo ordinato per capitoli ove capitoli sta per articoli. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT la eventuale disapplicazione rientra nellesclusiva competenza del Presidente. Ancora, nei contratti di diritto comune stipulati dallASI inclusa anche la clausola di risarcibilit dellulteriore danno eventualmente cagionato dal mancato, tardivo o inesatto adempimento e, nei casi espressamente stabiliti dalla legge, ammissibile la conclusione di contratti contenenti clausole di rinnovo tacito. 35. Le procedure di scelta del contraente. LAgenzia per giungere alla stipula di un contratto deve avviare specifici procedimenti amministrativi solo a conclusione dei quali il contratto potr dirsi stipulato e perfezionato. I procedimenti amministrativi cui si allude sono quelli funzionalmente indirizzati alla scelta della parte contraente. Ai sensi dellart. 61 (Reg. Amm. Cont. Fina) lASI provvede alla scelta del contraente tramite appalto concorso, procedure negoziate, procedure ristrette e procedure aperte. Le procedure ristrette possono essere con o senza bando; le procedure negoziate possono svolgersi in forma concorrenziale con bando, concorrenziale senza bando e non concorrenziale. 36. Conclusioni. Lo studio dei profili organizzativi e funzionali dellAgenzia Spaziale Italiana sin qui condotto, reso ancora pi attuale dalladozione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 febbraio 2014 con il quale, fatta eccezione per il Collegio dei revisori dei conti, dopo essere stati sciolti gli organi dellAgenzia si provveduto a commissariare, per un periodo di tre mesi, lASI. Si soggiunga che lattenzione dedicata, in queste brevi pagine, allAgenzia Spaziale Italiana trova una ulteriore ragione giustificatrice nella dichiarata intenzione del Governo-Renzi di portare nuovamente sotto i riflettori del dibattito parlamentare il complesso problema del riordino degli enti di ricerca e, in particolare, dellASI. Giacch gli interventi legislativi adottati negli ultimi anni al fine di innescare processi di semplificazione e ottimizzazione degli enti di ricerca non hanno raggiunto gli obbiettivi prefissati a causa della progressiva riduzione delle risorse erogate, ma soprattutto dalla mancanza di una strategia capace di coinvolgere tutti i potenziali attori, a livello nazionale e locale, sono state recentemente prese in considerazione diverse ipotesi volte a porre rimedio allo stato di inefficienza e inefficacia del sistema della ricerca italiana. Emblematici della particolare sensibilit che la XVII Legislatura sta riservando al tema della politica spaziale ed aerospaziale sono i due disegni di legge C.1575 del 12 settembre 2013 (56) e pi di recente S.1544 del 25 giugno 2014 (57), entrambi (56) A firma dei Deputati Mosca, Laffranco, Colaninno, Marco Meloni, Bonomo. (57) A firma dei Senatori Tomaselli, Astorre, De Monte, Fabbri, Fissore, Giacobbe, Orr, Borioli, Cantini, Collina, Cucca, Lai, Pagliari, Pezzopane, Scalia, Sonego, Esposito. recanti Misure per il coordinamento della politica spaziale e aerospaziale, nonch modifiche al decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128, concernente lordinamento dellAgenzia Spaziale Italiana (58). Peraltro, come dato leggere nel resoconto sommario n. 104 del 1 luglio 2014 della VII Commissione parlamentare, le soluzioni sin qui prospettate (al netto di quella sopramenzionata) sono essenzialmente tre: a) listituzione di unAgenzia nazionale della ricerca che si interfacci direttamente con la Presidenza del Consiglio dei Ministri; b) listituzione di un Dipartimento per il coordinamento della ricerca pubblica presso la Presidenza del Consiglio; c) listituzione del Ministero della Ricerca. Tra queste - almeno sino alle dichiarazioni del Ministro Giannini - la intenzione maturata dalla compagine governativa sembrata essere quella di accorpare i venti enti pubblici di ricerca (dodici dei quali soggetti al controllo del MIUR) sotto unAgenzia unica arti- colata, al suo interno, in dipartimenti suddivisi per ambiti di competenza (59). In attesa di vedere la effettiva portata del preannunciato riordino del- lAgenzia Spaziale Italiana, non parso quindi inutile indagare in ordine a quello che lattuale ordinamento dellASI a seguito dei riordini attuati negli anni 2003 e 2009. (58) Sebbene in estrema sintesi, viene prospettata la opportunit di istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale. (59) Sul punto si rinvia allarticolo pubblicato sulla versione on line de Il sole 24 ore consultabile al link http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main?fn=srchFd&id=SEARCH/NEWS24/ABACUiGB. contributi di dottrina CONTRIBUTI DI DOTTRINA Laffidamento in concessione della gestione delle farmacie comunali alla luce delle ultime pronunce giurisprudenziali Annalisa Tricarico* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La disciplina delle modalit di affidamento delle farmacie comunali dalla legge Crispi agli anni 90 - 3. Levoluzione della disciplina delle modalit di affidamento dei servizi pubblici locali a rilevanza economica e il controverso rinvio alla legge speciale del 1968 - 3.1 Il T.U.E.L. e i primi tentativi di liberalizzazione del settore - 3.2 Lart. 23 bis del d.l. n. 112/08 e lesclusione dallambito di applicazione del servizio farmaceutico - 3.3 Il dibattito odierno sulla natura del servizio farmaceutico - 3.4 Il dibattito sul carattere tassativo delle forme di gestione previste dallart. 9 allindomani del referendum, della sentenza n. 199/2012 della Corte costituzionale e dei successivi interventi normativi - 4. La posizione assunta dalla Corte dei conti: limpossibilit di scindere la titolarit dalla gestione 5. La posizione del Consiglio di Stato: la distinzione tra titolarit e gestione e laffidabilit in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali - 6. Conclusioni. 1. Premessa. Il tema delle modalit di gestione delle farmacie comunali continua a suscitare lattenzione degli studiosi del diritto amministrativo, anche in ragione delle divergenze tra le posizioni rispettivamente assunte dalla giurisdizione contabile, sia pure in sede consultiva, e dal Consiglio di Stato. Il regime delle farmacie comunali presenta indubbi elementi di specialit rispetto a quello degli altri servizi pubblici (1), sia perch attiene al fondamentale diritto alla salute (2), sia perch lerogazione del servizio subordinata, (*) Dottoranda di ricerca in Dottrine Generali del diritto presso lUniversit degli Studi di Foggia. (1) Per unanalisi completa sul punto cfr. S. COLOMBARI, La specialit della disciplina amministrativa sulle farmacie comunali, in Dir. amm., 2011, p. 419 e ss. (2) Cfr. Corte cost., 10 marzo 2006, n. 87, in www.giurcost.org, a tenore della quale La complessa oltrech ad unapposita autorizzazione allapertura della farmacia, alla stipula di una convenzione con lAzienda Sanitaria Locale, in qualit di ente strumentale della Regione. Permangono dubbi sia in ordine alla natura del servizio erogato - servizio pubblico locale o servizio sanitario regionale -rectius alla titolarit dello stesso, sia in merito allapplicabilit alle farmacie comunali dei moduli gestori previsti in via generale per i servizi pubblici locali, in aggiunta alle modalit individuate dalla disciplina speciale contenuta nella legge n. 475 del 1968. Negli ultimi anni, il dibattito si arricchito per effetto dei numerosi interventi normativi in materia di servizi pubblici locali a rilevanza economica, del referendum abrogativo del giugno 2011 e della sentenza della Corte costituzionale (3) che ha bocciato il tentativo di liberalizzazione del d.l. n. 138 del 2011. Inoltre, in conseguenza del consolidarsi della giurisprudenza europea in materia di servizi di interesse economico generale, emersa lesigenza di interpretare le norme nazionali in conformit ai principi affermati dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Allo stato attuale, sebbene lopinione prevalente sia nel senso di non considerare tassativo lelenco delle modalit gestionali di cui alla legge speciale del 1968, non vi accordo in dottrina e in giurisprudenza in merito alla possibilit che i Comuni scindano la titolarit dalla gestione del servizio, affidando questultima in concessione a terzi ai sensi dellarticolo 30 del d.lgs. n. 163 del 2006. Sul punto, recentemente intervenuta la terza sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 13 novembre 2014, n. 5587 (4), che, riformando integralmente una pronuncia del Tar Piemonte (5), ha adottato una posizione opposta a quella espressa, a pi riprese negli ultimi anni, dalla Corte dei conti in sede consultiva. 2. La disciplina delle modalit di affidamento delle farmacie comunali dalla legge Crispi agli anni 90. Per comprendere appieno i termini della questione non si pu prescindere da una sia pur breve analisi del frastagliato iter normativo e degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che si sono, di volta in volta, sviluppati. Si premette che, negli anni immediatamente susseguenti lUnit dItalia, nessun testo normativo regolamentava lesercizio della farmacia; nel 1888, la legge cd. Crispi (6) dett una prima disciplina della materia, promuovendo la regolamentazione pubblicistica dellattivit economica di rivendita dei farmaci infatti preordinata al fine di assicurare e controllare laccesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute. (3) Corte cost., 20 luglio 2012, n. 199, in www.cortecostituzionale.it; sul punto, cfr. amplius infra. (4) Il testo integrale della sentenza pubblicato in www.giustizia-amministrativa.it. (5) T.A.R. Piemonte, sez. II, 14 giugno 2013, n. 767, in www.dirittodeiservizipubblici.it. DOTTRINA 297 massima libert nellapertura e nellesercizio delle farmacie, senza limiti a carico del proprietario, che poteva anche non aver conseguito la laurea (7). Tale scelta normativa provoc una notevole concentrazione di farmacie nei nuclei densamente popolati e il parallelo abbandono dei centri rurali (8). Ciononostante - non senza lo stupore di qualche autorevole studioso (9) -la gestione delle farmacie non comparse nellenumerazione dimostrativa dei servizi che, ai sensi della legge sulle municipalizzazioni del 1903, i Comuni avrebbero potuto esercitare direttamente (10). I comuni possono assumere, nei modi stabiliti dalla presente legge, limpianto e lesercizio diretto dei pubblici servizi recitava il primo articolo della legge cd. Giolitti, con la quale si intendeva evitare la concentrazione dei servizi comunali in mano ad imprenditori privati, per calmierarne i costi, al contempo, sottoponendo ad un rigoroso controllo centrale il nascente fenomeno delle municipalizzazioni (11). Lassunzione diretta del servizio da parte dei Comuni avrebbe consentito, a parere dei pi, anche di ridistribuire i profitti, in parte (6) Legge 22 dicembre 1888, n. 5849, rubricata Legge per la tutela delligiene e della sanit pubblica. (7) Il proprietario poteva essere titolare di pi farmacie, dovendo semplicemente garantire la direzione responsabile di un farmacista. Peraltro, tali scelte non furono unanimemente condivise; cfr. in proposito la questione posta dal sen. Burgi, relatore della Commissione reale nominata con regio decreto 17 settembre 1866 per elaborare un progetto di codice sanitario: Deve essere, nell'interesse della pubblica igiene (lunico titolo che giustifichi lintervento dello Stato) proclamata la libert assoluta nel- l'esercizio farmaceutico, ed esser permesso di conseguenza ad ogni cittadino munito di diploma universitario di farmacista di esercitare, se lo voglia ed aprire dove lo creda una farmacia?. (8) Per unanalisi pi ampia degli effetti della legge Crispi in materia farmaceutica, a pochi anni dalla sua entrata in vigore, cfr. C. LESSONA, La questione delle farmacie (articoli 26 e 68 Leggi sanitarie), Torino, 1893. LAutore analizza con singolare lucidit le difficolt connesse allintroduzione del principio del libero esercizio delle farmacie. Il testo completo dellopera consultabile al seguente link: https://archive.org/stream/laquestionedell00lessgoog/laquestionedell00lessgoog_djvu.txt. (9) G. MONTEMARTINI, Municipalizzazione dei pubblici servigi, in Giornale degli Economisti, Serie Seconda, vol. 24, 1902, p. 356: Vogliamo oggi parlare di una forma di municipalizzazione, che con grande meraviglia non vediamo accennata nellenumerazione dimostrativa dei diversi casi di esercizio diretto dei pubblici servigi, che si fa allart. 1 del Progetto Giolitti. Non si capisce come la municipalizzazione delle farmacie non sia stata ritenuta () da ricordarsi segnatamente in un progetto di legge; quando si pensi alle questioni cui ha data luogo lindustria farmaceutica, ed ai tentativi che sono stati fatti in Italia e allEstero, per lesercizio diretto municipale di tale industria. (10) Il percorso che ha condotto alladozione della legge n. 103 del 29 marzo 1903 stato studiato approfonditamente da R. FRANCO, Il dibattito sui servizi pubblici e le municipalizzazioni alla fine del XIX secolo, in Storia urbana, 1982; cfr. anche G. PISCHEL, La municipalizzazione in Italia, ieri, oggi e domani, Roma, 1965; G. BOZZI, voce Municipalizzazione dei servizi pubblici, in Enciclopedia del diritto, vol. XXVII, Milano, 1977. (11) Al dibattito parlamentare che ha preceduto la legge n. 103/1903 accenna anche G. PALLIGGIANO, Levoluzione legislativa della gestione dei servizi pubblici locali dalla legge Giolitti al Testo unico degli enti locali,in Atti del Convegno la riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica -Vallo della Lucania 26 giugno 2009, in www.giustizia-amministrativa.it. LAutore, inter alia, ricorda che, mediante la municipalizzazione, si intendeva dare una risposta efficace alla crescente intensificazione della vita urbana, legata non solo al progressivo ingrandimento della citt, ma alla moltiplicazione dei bisogni collettivi a cui occorreva dare riscontro con mezzi sociali. nella forma di tariffe minori e in parte come entrata aggiuntiva per le finanze comunali (12). Sebbene i singoli regimi di privativa fossero, nel merito, giustificati per lo pi in base a ragioni di igiene e salute pubblica o di tutela della fede negli scambi (13), probabilmente anche in considerazione della ratio della vigente legge Crispi, si ritenne che il servizio farmaceutico non fosse annoverabile tra quelli municipalizzabili (14). A distanza di dieci anni, nel 1913, con la legge n. 468, voluta dallo stesso Giolitti, si afferm il principio che lassistenza farmaceutica alla popolazione, e quindi lesercizio della farmacia, fosse unattivit primaria dello Stato, esercitata direttamente dallo stesso attraverso i Comuni, oppure delegata ai privati in regime di concessione governativa. Tale scelta fu dettata anche dalla ritenuta opportunit di introdurre un elemento concorrenziale nel mercato per contenere i prezzi praticati dalle farmacie private (15); al contempo, attraverso la programmazione e lintroduzione della pianta organica, si punt ad assicurare la distribuzione dei medicinali anche in zone scarsamente redditizie, non allettanti per i privati (16). In effetti, di l a qualche anno, limpianto ed esercizio di farmacie fu inserito nellarticolo 1, n. 6, del r.d. n. 2578 del 15 ottobre 1925, contenente il Testo Unico sullassunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Province, che, per decenni, ha costituito il testo di riferimento della materia. (12) Tuttavia, la sottrazione ai privati dei servizi pubblici fu assai onerosa per le finanze dello Stato. Del resto, gi nel corso del dibattito parlamentare erano state lucidamente enucleate le possibili derive negative delle municipalizzazioni. In particolare, nella Commissione della Camera dei deputati si prefigurava il seguente scenario: nelle aziende municipalizzate far difetto lelemento tecnico, se non nella direzione, certamente negli uffici di controllo; abbonder, invece, lintrusione dei politicastri, degli arruffoni, dei cercatori di impieghi, che, famelici, si butteranno addosso ai nuovi istituti, cercando di trasfondere tutti i germi malefici onde inquinato, cos spesso, il torbido sottosuolo della vita locale. Si moltiplicheranno gli impiegati e i salariati, che saranno molesti, non solo per il loro grande numero, non necessario, ma, peggio, per lindole loro: elettori tutti, e pretenziosi, e magnificanti la propria supposta qualit di pubblici funzionari, aspireranno a continue promozioni, e premeranno sul municipio, col perso della loro organizzazione, volta a privato tornaconto e, per ci stesso, a pubblico nocumento. Prevalse, tuttavia, lopinione di chi in Parlamento sostenne che quando anche limpresa non dovesse essere redditizia, e persino fosse passiva, vi sarebbe sufficiente compenso, nel maggiore e migliore servizio reso al pubblico. I lavori preparatori della legge n. 103/1903 si trovano raccolti in ANIDEL, Municipalizzazione dei pubblici servizi, Roma, 1961. (13) Cfr. C. MEZZANOTTE, Municipalizzazione dei servizi pubblici, Milano, 1905. (14) Probabilmente, ci avvenne anche perch la gestione municipale era vista come lunica soluzione praticabile nelle sole ipotesi in cui non fosse possibile creare la concorrenza tra privati e tale ipotesi non riguardava le farmacie, almeno nei centri con maggiore densit di popolazione. (15) P. NOVELLI, L. VENTURINI, La responsabilit amministrativa di fronte allevoluzione delle pubbliche amministrazioni e al diritto della societ, Milano, 2008. Sul tema della municipalizzazione del servizio farmaceutico, cfr. A. MARAZZA, Convegno di studi sulle farmacie comunali e sulle aziende farmaceutiche municipalizzate, Roma, 1954. (16) M. DELSIGNORE, Il contingentamento delliniziativa economica. Il caso non unico delle farmacie aperte al pubblico, Milano, 2011. DOTTRINA 299 Peraltro, listituzione di nuove farmacie comunali non fu prevista dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie del 1934 (17), che riconobbe comunque il diritto dei Comuni a continuare lesercizio delle farmacie esistenti (18). Listituzione di tali farmacie fu nuovamente ammessa dopo il secondo conflitto mondiale, con la legge n. 530 del 1947 (19). A distanza di un ventennio, la legge n. 475 del 1968, cd. legge Mariotti, riordin la materia, prevedendo - tra laltro - allarticolo 9, comma 1, la possibilit per il Comune di assumere in gestione, secondo le norme stabilite dal citato r.d. del 1925, met delle farmacie vacanti o di nuova istituzione risultanti dalla revisione della pianta organica. Successivamente, la legge n. 142 del 1990, contenente il nuovo ordinamento delle autonomie locali, allarticolo 64, comma 2, dispose labrogazione di tutte le disposizioni con essa incompatibili. Di conseguenza, al settore delle farmacie avrebbero dovuto applicarsi le forme di gestione previste dallart. 22, comma 3, della stessa legge n. 142, che sostitu quelle indicate dal citato r.d. del 1925, disponendo, in particolare, che i Comuni e le Province potessero gestire i servizi pubblici nei seguenti modi: in economia, in concessione a terzi, a mezzo di azienda speciale (per la gestione di servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale), a mezzo di istituzione (per lesercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale); a mezzo di societ per azioni a prevalente capitale pubblico locale (20). Di l a poco, larticolo 10 della legge n. 362 del 1991, sostituendo il comma 1 dellarticolo 9 della citata legge Mariotti, nel confermare il diritto dei Comuni ad assumere la titolarit della met delle farmacie disponibili, ha precisato che le farmacie di cui sono titolari i Comuni possono essere gestite, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, nelle seguenti forme: a) in economia; b) a mezzo di azienda speciale; c) a mezzo di consorzi tra Comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari; (17) Il Testo Unico fu approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265. In proposito importante riflettere sulla circostanza che il coevo regio decreto 3 marzo del 1934, n. 383 dequalific i Comuni e le Province, definendoli enti ausiliari dello Stato ed attestando il principio della subordinazione di ogni interesse dellindividuo e delle collettivit minori al supremo interesse dello Stato. Cfr. La Legislazione fascista 1929-1934 (VII-XII), Camera dei Deputati-Senato del Regno, Roma, 1934, p. 138. (18) In quegli anni, entr in vigore anche il Regolamento per il servizio farmaceutico, approvato con il regio decreto 30 settembre 1938, n. 1706. (19) Sul punto cfr. P. PIRONDINI, V. PICCIRINI, Le farmacie comunali: profilo storico-giuridico, funzione sociale, poteri e facolt di Comuni: schemi di deliberazione e di regolamenti per la istituzione e la gestione, Roma, 1958. (20) Sulla disciplina vigente negli anni 90 cfr. F. MASTRAGOSTINO, I servizi pubblici in concessione ed il servizio farmaceutico, in Sanit pubblica, 1995, p. 424 e ss.; G. ACQUARONE, Le forme di gestione delle farmacie comunali, in Dir. Amm., 1998, p. 307 e ss. d) a mezzo di societ di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della societ, prestino servizio presso farmacie di cui il Comune abbia la titolarit. Non era chiaro, peraltro, il significato della clausola di rinvio alla legge del 1990; sembrava, infatti, che il riferimento alla forma della societ per azioni a prevalente capitale pubblico aperta alla partecipazione di soggetti pubblici o privati per la gestione dei servizi pubblici locali - art. 22, comma 3, lett. e), legge n. 142/1990 - fosse stato sostituito, nel testo della legge Mariotti, dalla previsione di societ di capitali costituite tra i Comuni e i soli farmacisti in servizio presso le medesime farmacie allatto della costituzione della societ. Peraltro, con la legge n. 498 del 1992, il legislatore ha ampliato la platea dei soggetti abilitati a partecipare alle societ di capitali di cui alla lettera d), consentendo espressamente agli Enti locali di costituire, per lesercizio di servizi pubblici, apposite societ per azioni, senza il vincolo della propriet maggioritaria. Viceversa - va sin dora evidenziato -, la legge Mariotti, anche nel testo riformato negli anni 90, non contiene alcun esplicito e specifico riferimento alla possibilit di affidare il servizio in concessione a terzi. 3. Levoluzione della disciplina delle modalit di affidamento dei servizi pubblici locali a rilevanza economica e il controverso rinvio alla legge speciale del 1968. 3.1 Il T.U.E.L. e i primi tentativi di liberalizzazione del settore. ComՏ noto, la disciplina delle modalit di affidamento dei servizi pubblici locali contenuta nellart. 22 della legge del 1990 ha conosciuto una profonda evoluzione: il suo disposto stato trasfuso nellart. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, Testo Unico delle leggi sullordinamento degli Enti locali, e poi innovato dalla legge n. 448 del 2001 e dal d.l. n. 223 del 2006 (21). Tali modifiche normative hanno riproposto i vecchi dubbi, ingenerando, al contempo, nuovi interrogativi in ordine alla natura da attribuire al rinvio contenuto nellarticolo 9 della legge Mariotti allart. 22 della legge del 1990. Secondo unopinione (22), tale rinvio non avrebbe alcun valore dispositivo, dal momento che, se avesse inteso estendere anche alle farmacie pubbliche le forme gestionali previste dalla legge del 1990, il legislatore del 1991 avrebbe dovuto riprendere il rimando alla legge quadro operato dal testo originario dellart. 9 della legge Mariotti. A parere di altra parte della dottrina e della giurisprudenza dellepoca, invece, sebbene il rinvio operato alla legge sugli Enti locali dal citato articolo 9 (21) Convertito con modificazioni in l. 4 agosto 2006, n. 248. (22) C. BRAMBILLA, Riflessioni sulle forme di gestione delle farmacie comunali, in Azienditalia, 2005, n. 5, p. 336; lAutore sottolinea come il richiamo alla legge n. 142 del 1990 sia posto in un inciso (tra due virgole) di nessun valore dispositivo. DOTTRINA 301 non sia tale da qualificare come locale il servizio pubblico farmaceutico svolto dai Comuni, avrebbe comunque leffetto di richiamare la disciplina delle forme di gestione dei servizi pubblici locali cos come contenuta nella legge del 1990 (23). Infine, secondo una diversa prospettiva, proprio il richiamo alla legge del 1990, avrebbe dovuto indurre ad inquadrare il servizio erogato dalle farmacie comunali nellalveo dei servizi pubblici locali (24), quei servizi cio che hanno lo scopo di soddisfare i bisogni fondamentali delle collettivit locali (25). (23) D. DE GRAZIA, E. MENICHETTI, Il servizio farmaceutico e le forme di gestione delle farmacie comunali tra riforma dei servizi pubblici locali e nuovo titolo V della costituzione, in Sanit pubblica e privata, n. 7-8, 2003, p. 809. Il servizio erogato dalle farmacie comunali costituisce, a parere degli Autori, un aspetto del complessivo servizio sanitario regionale. (24) Per una ricostruzione del dibattito dellepoca cfr. ex multis, D. DE GRAZIA, E. MENICHETTI, Il servizio farmaceutico e le forme di gestione delle farmacie comunali tra riforma dei servizi pubblici e nuovo Titolo V della Costituzione, cit., p. 793 e ss. Per quanto concerne, pi in generale, la qualificazione del servizio farmaceutico come servizio pubblico, si consideri che lart. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998 assegn alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di servizi pubblici, ivi compreso il servizio farmaceutico. In dottrina, sul punto, cfr. L. IANNOTTA, Lassistenza farmaceutica come servizio pubblico, in Servizi pubblici e appalti, I, 2003, p. 49 e ss.; F. MASTRAGOSTINO, La disciplina delle farmacie comunali tra normativa generale sui servizi pubblici e normativa di settore, in D. DE PRETIS, La gestione delle farmacie comunali: modelli e problemi giuridici, Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Trento, 2006, p. 5 e ss. In giurisprudenza, qualificano chiaramente il servizio farmaceutico come servizio pubblico: Cons. St., Ad. Plen., ordinanza 30 marzo 2000 n. 1, in www.diritto.it; T.A.R. Toscana, Firenze, 17 dicembre 2003, n. 6057, in Foro Amm.-Tar, 2004, p. 674; T.A.R. Campania, Salerno, 22 febbraio 2006, n. 198, in Foro Amm.-Tar, 2006, p. 710. Anche la Corte dei conti (cfr. sez. reg. di controllo per la Puglia, parere del 27 febbraio 2008, n. 3, in www.corteconti.it) ha chiarito che lattivit di gestione delle farmacie comunali ҏ esercizio di un pubblico servizio trattandosi, in particolare, di unattivit rivolta a fini sociali, secondo il disposto dellarticolo 112 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 che consente agli enti locali, nellambito delle rispettive competenze, di provvedere alla gestione dei servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni ed attivit rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunit locali. (25) Cfr. ex multis G. DELLA CANANEA, voce Servizi pubblici, in M. CLARICH E G. FONDERICO (a cura di), Dizionario di diritto amministrativo, Lavis (Tn), 2007; E. SCOTTI, Servizi pubblici locali, in R. BIFULCO, A. CELOTTO E M. OLIVETTI (a cura di), Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 2012. Peraltro, come noto, la dottrina giuspubblicistica italiana ha incontrato notevoli difficolt ad individuare una nozione sufficientemente compiuta di servizio pubblico, soprattutto a causa delleterogeneit degli stessi servizi. Non questa la sede per ripercorrere il lungo dibattito sul tema; ci si limita a citare alcuni significativi contributi: F. MERUSI, voce Servizio pubblico, in Nss. D.I., vol. XVII, Torino, 1970; C. FRESA, voce Servizio pubblico, in G. GUARINO (a cura di), Dizionario amministrativo, vol. II, Milano, 1983; R.L. PERFETTI, Contributo ad una teoria dei pubblici servizi, Padova, 2001. Per alcuni, il servizio pubblico unattivit caratterizzata dalla sua riconducibilit ad un soggetto pubblico titolare, indipendentemente dalla natura del soggetto gestore (c.d. teoria soggettiva); per altri, invece, ha natura di servizio pubblico qualsiasi attivit idonea a realizzare una pubblica utilit (c.d. teoria oggettiva). Non sono mancate, inoltre, tesi alternative di chi, abbandonando la tradizionale impostazione dicotomica, ha cercato in altri elementi i caratteri qualificanti il servizio pubblico (cc.dd. teorie intermedie) (v., ex multis, le ricostruzioni di R. ALESSI, Le prestazioni rese ai privati, Milano, 1956, e di F. ZUELLI, Servizi pubblici ed attivit imprenditoriale, Milano, 1973); cos come si sono riscontrate opinioni molto pessimistiche sulla possibilit di individuare una nozione definita (significativa al riguardo lopinione di F. BENVENUTI, Appunti di diritto Ci premesso, va comunque considerato che tra coloro che ritenevano che la ratio del rinvio fosse quella di rimandare alla disciplina generale sui servizi pubblici locali non vi era accordo in ordine alla natura - statica o dinamica - da attribuire al rinvio medesimo. Secondo una tesi, il rinvio non avrebbe potuto essere inteso in senso statico (o meramente recettizio) alla disciplina vigente nel 1990 (26), anche perch, diversamente, i Comuni sarebbero stati vincolati alle modalit di affidamento della gestione - in gran parte superate - previste dallarticolo 22 (27). Viceversa, proprio in ragione della ritenuta dinamicit del rinvio, si reputava pienamente legittima la gestione di una farmacia comunale da parte di una societ di capitali, che, ancorch non aderente al modello indicato nellarticolo 9 lett. d) della legge del 1968, avesse i requisiti previsti dalla lettera e) dellart. 22 della legge n. 142/1990 e s.m.i. In tal senso si era pronunciata anche la giurisprudenza amministrativa (28). In pratica, si riteneva che lottica della riformulata legge Mariotti fosse quella di chiarire ed estendere il disposto della legge del 1990 (29). Del resto, anche facendo leva sulla circostanza che lart. 9 utilizza il verbo possono e non devono, si sosteneva che il legislatore avesse ampliato il numero dei modelli di gestione astrattamente utilizzabili; in definitiva, i modelli elencati nellart. 9 andavano ad aggiungersi, senza escluderli, a quelli previsti in generale per i servizi pubblici locali. Successivamente, considerato che, a seguito dellentrata in vigore della legge n. 448/2001, il testo dellarticolo 113 T.U.E.L. individuava quale unica modalit di affidamento dei servizi locali con rilevanza industriale laffida amministrativo, vol. I, ed. IV, Padova, 1959, p. 202, per il quale, la nozione di servizio pubblico era una espressione priva di valore giuridico esatto e che mutuata dalla scienza economica; lo stesso M.S. GIANNINI, Profili giuridici della municipalizzazione con particolare riguardo alle aziende, in Riv. Amm., 1953, p. 614, sottolineava la difficolt di individuare una nozione condivisa di servizio pubblico, considerando che il pubblico servizio forma oggetto di studio in tre distinte discipline: leconomia, la scienza dellorganizzazione, la scienza del diritto; sul punto, si veda anche M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2013, p. 370, per il quale non esiste in definitiva un criterio certo per delimitare, rispetto alla normale attivit dimpresa, la nozione di servizio pubblico che varia storicamente e da contesto a contesto e che, in ultima analisi, pone la questione pi generale dei limiti tra Stato e mercato). (26) S. COLOMBARI, Nuova disciplina dei servizi pubblici locali e farmacie comunali: inderogabilit, integrazione o specialit?, in D. DE PRETIS (a cura di), La gestione delle farmacie comunali: modelli e problemi giuridici, cit. (27) A. DE MICHELE, Osservazioni sulle forme di gestione delle farmacie comunali, in Sanit Pubblica e Privata, 2008, p. 102. Per lAutrice, tale interpretazione risulterebbe inaccettabile anche perch in violazione del principio del tempus regit actum, che impedisce che le norme abrogate siano applicate alle nuove fattispecie. (28) Cfr. D. DE GRAZIA, E. MENICHETTI, Il servizio farmaceutico e le forme di gestione delle farmacie comunali tra riforma dei servizi pubblici e nuovo Titolo V della Costituzione, cit. (29) Dichiarificazione estensiva ha parlato successivamente G. ARONICA, Le modalit di gestione delle farmacie comunali. Prime considerazioni sulla normativa pre e post-referendum 2011, in Nuova Rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 2011, n. 15, p. 1501 e ss. DOTTRINA 303 mento a societ di capitali individuate previo espletamento di procedure ad evidenza pubblica, molti sottolinearono linconciliabilit di tale norma con il regime di cui allart. 9 della legge del 1968. Parimenti incompatibile con il disposto della legge Mariotti venne, in seguito, considerata la versione dellart. 113, comma 5, d.lgs. n. 267/2000, risultante dalla modifica operata dallarticolo 14, comma 1, lett. a), della legge n. 326/2003, che cos recitava: lerogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dellUnione europea, con conferimento della titolarit del servizio: a) a societ di capitali individuate attraverso lespletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a societ a capitale misto pubblico-privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso lespletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica (); c) a societ a capitale interamente pubblico a condizione che lente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla societ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societ realizzi la parte pi importante della propria attivit con lente o gli enti pubblici che la controllano (30). E la circostanza che il comma 1 dellart. 113 definisse tali norme inderogabili ed integrative delle discipline di settore spinse una parte della giurisprudenza a sostenere che lo stesso articolo 113 avrebbe regolato lintera materia delle forme giuridiche di erogazione dei servizi pubblici locali, determinando labrogazione delle leggi anteriori che disciplinavano modelli di gestione di singoli servizi, come larticolo 9 della l. n. 475 del 1968 (31). 3.2 Lart. 23 bis del d.l. n. 112/08 e lesclusione dallambito di applicazione del servizio farmaceutico. Successivamente, la materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica stata oggetto della significativa riforma operata dallart. 23 bis del decreto legge n. 112/08, conv. in legge n. 133/08 e modificato dal d.l. n. 135/09 (32), che, nellambito della manovra economica triennale per la stabilizzazione dei conti pubblici ed il rilancio delleconomia, ha abrogato lart. 113 del T.U. Enti Locali, per la parte incompatibile con la nuova disciplina (comma 11) (33). Il citato art. 23 bis si applicava ai servizi pubblici locali di rilevanza (30) In pratica, il modello generale di affidamento era quello della gara, da espletare in conformit alle disposizioni comunitarie, ai criteri previsti dal comma 7 dellarticolo 113 d.lgs. n. 267/2000. (31) In tal senso, Cons. Stato, sez. V, 8 maggio 2007, n. 2110, in Foro Amm.-CdS, 2007, p. 1501 e ss. In generale, sugli orientamenti giurisprudenziali in materia cfr. sul punto B.R. NICOLOSO, La gestione societaria delle farmacie comunali nella giurisprudenza dopo il T.U. n. 267/00, in Ragiusan, 2007. (32) Convertito in legge n. 166 del 20 novembre 2009. Per un commento alle norme de quo, cfr. ex multis D. AGUS, I servizi pubblici e la concorrenza, in Giorn. dir. amm., 2010, n. 5, p. 464 e ss. (33) Sulla portata della riforma introdotta dallart. 23 bis del d.l. n. 112/2008, cfr. ex multis G. DI GASPARE, Servizi pubblici locali in trasformazione, II ed., Milano, 2010. economica, locuzione questa pi ampia dellaggettivo industriale, gi utilizzato dallart. 113 del d.lgs. n. 267/00 e poi rimosso in considerazione della necessit di sottoporre a concorrenza tutti i servizi, anche non meramente industriali, suscettibili di valutazione economica. In proposito, non sembra superfluo soffermarsi ad evidenziare che lindividuazione del discrimen tra ci che di rilevanza economica e ci che invece ne privo rimessa allinterprete, che di fatto riconduce alla prima categoria i servizi che richiedono una rilevante organizzazione di uomini e mezzi, limpegno di capitali e un complesso processo di gestione (34). Anche lAutorit garante della concorrenza e del mercato (35) ha definito servizi pubblici locali di rilevanza economica tutti quelli aventi ad oggetto la produzione di beni ed attivit rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunit locali, con esclusione dei servizi sociali privi di carattere imprenditoriale. Pertanto, in ragione del carattere imprenditoriale dellattivit e dellorganizzazione, della sussistenza di un rischio e della capacit in astratto di produrre un reddito di impresa, il servizio farmaceutico, a parere di molti (36), rientra tra i servizi pubblici a rilevanza economica (37). In effetti, la giurisprudenza della Corte di Giustizia dellUnione Europea e del Consiglio di Stato ha dimostrato che anche un servizio sociale o con connotati di tipo sociale come lassistenza farmaceutica (38) - pu essere inquadrato tra i servizi a rilevanza economica, con ci che ne consegue sul piano dellapplicazione delle (34) Sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2003, n. 2380, in Cons. Stato, 2003, p. 2380. (35) Comunicazione sullapplicazione dellart. 23 bis, comma 3, del decreto legge n. 112/2008 convertito in legge n. 133/2008 relativo allaffidamento in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. (36) In senso difforme, cfr. C. BRAMBILLA, Riflessioni sulle forme di gestione delle farmacie comunali, cit., p. 341. (37) A. VIGNERI, La riforma di servizi pubblici locali, in A. VIGNERI, C. DE VINCENTI, I servizi pubblici locali tra riforma e referendum, Santarcangelo di Romagna, 2011, p. 74; A. DE VITA, Privatizzazione delle farmacie comunali e tutela del diritto alla salute, in Sanit pubblica, 2006, n. 1, p. 21; F. MASTRAOGOSTINO, La disciplina delle farmacie comunali tra normativa generale sui servizi pubblici e normativa di settore, cit. Per la ricostruzione del dibattito in ordine alla rilevanza economica dei servizi pubblici e del servizio farmaceutico in particolare, cfr. J. BERCELLI, Lattivit consultiva dellAGCM sullaffidamento in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica: il caso delle farmacie comunali, in Sanit Pubblica e Privata, 2009, n. 6. In giurisprudenza, cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 22 febbraio 2006, n. 198, cit. (38) Cfr. U. POTOTSCHING, I pubblici servizi, Padova, 1964. LAutore, nel fare riferimento alle ipotesi in cui lordinamento giuridico sottrae al privato la disponibilit dei fini della propria attivit economica, accenna alla disciplina in vigore per lapertura e lesercizio delle farmacie, sottolineando che i fini perseguiti in tale caso sono sociali in quanto riguardano ugualmente tutti i soggetti dellordinamento: il richiamo posto dalle norme in materia alle esigenze (art. 104, T.U. 27 luglio 1934, n. 1265), ai bisogni (art. 116), alle necessit (art. 109) dellassistenza farmaceutica locale dice chiaramente come i fini che presiedono allattivit siano sottratti alla libera valutazione degli operatori che agiscono nel settore, p. 226. DOTTRINA 305 norme europee e nazionali in materia di tutela della concorrenza tra operatori economici (39)(40). Del resto, comՏ stato affermato da autorevole dottrina, nelle farmacie pubbliche e private - rinvenibile una doppia vocazione dellattivit svolta, identificabile nellattivit economica tout court e nellattivit di pubblico servizio (41); tale circostanza ha indotto a ritenere che gli esercizi farmaceutici sono retti da un ordinamento peculiare, nel quale coesistono tratti di libera impresa e tratti di servizio pubblico regolamentato (42). Tutto ci premesso, occorre considerare che il comma 2 del citato articolo 23 bis disponeva che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avvenisse, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di societ in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunit europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici. Il successivo comma 3 introduceva una deroga alle modalit di affidamento ordinario, in situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato: in tali ipotesi, si sarebbe potuto utilizzare lo strumento dellin house, nel rispetto dei principi stabiliti dalla Corte di Lussemburgo. Lente affidante era tenuto a dare adeguata pubblicit alla scelta, motivandola in base ad unanalisi del mercato e trasmettendo contestualmente una relazione contenente gli esiti della predetta verifica allAutorit garante della concorrenza e del mercato, per lacquisizione del relativo parere sui profili di competenza. Va, peraltro, considerato - ai fini della presente indagine - che, se vero che il comma 1 dellart. 23 bis stabiliva che le disposizioni contenute nella norma si applicassero ai servizi pubblici locali, prevalendo sulle discipline di (39) Sul punto, cfr. G.F. CARTEI, Servizi sociali e regole di concorrenza, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2007, 3-4, p. 627 ss.; F. MANISCALCO, Alcune considerazioni sullaffidamento dei servizi sociali a rilevanza economica, in Foro Amm. CdS, 2007, 3, p. 960 e ss. (40) Si consideri che, secondo una parte della dottrina, in linea di principio, sarebbero servizi a rilevanza economica, quelli non riconducibili ai cd. servizi sociali, vale a dire a quei servizi che, per la loro peculiare natura ed inerenza ai bisogni primari dellindividuo, consentono una disciplina speciale e derogatoria rispetto alle regole della concorrenza. Si tratta, peraltro, di una distinzione legata allelemento teleologico piuttosto che al tipo di attivit e che non ne giustifica una assoluta identificazione con i servizi privi di rilevanza economica. Anche il servizio sociale, infatti potrebbe essere gestito in forma di impresa ma essere sottratto, in ragione delle esigenze che chiamato a soddisfare, alle regole del mercato; daltro canto, potrebbero esistere servizi privi di rilevanza economica ma che non appartengano al genus dei servizi sociali. Cfr. F. FIGORILLI, I servizi pubblici, in F.G. SCOCA (a cura di), Diritto Amministrativo, Torino, 2014. (41) D. DE GRAZIA, E. MENICHETTI, Il servizio farmaceutico e le forme di gestione delle farmacie comunali tra riforma dei servizi pubblici locali e nuovo titolo V della costituzione, cit., p. 784. (42) T.A.R. Umbria, 16 febbraio 2000, n. 142, in Rass. giur. umbra, 2001, p. 574; la sentenza richiamata da T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 1 giugno 2011, n. 2939, in www.amministrazioneincammino.luiss.it. settore incompatibili (43), al contempo, il testo dellart. 23 bis, cos come novellato nel 2009, precisava: sono fatte salve () le disposizioni della l. n. 475 del 1968, relativamente alla gestione delle farmacie comunali. Il rimando apparentemente chiaro alla legge Mariotti imponeva una non semplice riflessione sulle modalit di gestione delle farmacie comunali che avrebbero potuto essere concretamente utilizzate, a causa della stratificazione storica di norme positive (44). In particolare, da un lato, vi era chi sosteneva che la salvezza avesse inteso limitare la portata dellart. 23 bis, che - viceversa - avrebbe dovuto applicarsi anche alle farmacie comunali, in quanto esercenti un servizio pubblico locale (45); dallaltro lato, vi era chi affermava che la clausola andasse letta nel senso dellesclusione dallalveo dei servizi pubblici locali del servizio farmaceutico. Questultima prospettiva sembrava coerente con la circostanza che anche gli altri servizi esclusi dallalveo di applicazione dellart. 23 bis non hanno natura di servizi pubblici locali; si pensi, ad esempio, alla distribuzione dellenergia elettrica, che viene svolta sulla base di una concessione ministeriale, o al servizio di trasporto ferroviario regionale (46). Vi era, infine, chi sosteneva che la disciplina dellart. 9 della l. n. 475/1968 si ponesse in termini di complementariet rispetto alla normativa sulla gestione dei servizi pubblici locali (47). Parte della dottrina sosteneva, infatti, che la clausola di salvezza della legge Mariotti non precludesse affatto agli Enti locali di scegliere soluzioni organizzative diverse da quelle tradizionali, come ad esempio la concessione a terzi, la societ in house nonch quella mista con soci differenti dai farmacisti gi dipendenti comunali (48). 3.3. Il dibattito odierno sulla natura del servizio farmaceutico. Il dibattito in ordine alla natura del servizio farmaceutico non si tuttora sopito. (43) Sul piano sistematico, va osservato che una riforma di cos ampia portata stata introdotta con una norma extravagante non essendo stato modificato il T.U. Enti Locali, come era consigliabile. R. DE NICTOLIS, La riforma dei servizi pubblici locali, in Urbanistica e appalti, 10/2008, p. 1109. LAutrice sottolinea, tra laltro, come il rapporto di compatibilit-incompatibilit sia tuttaltro che chiaro. Cfr. anche L. ARNAUDO, I servizi pubblici, lantitrust e larticolo 23-bis. Bandoli di un imbroglio, in Mercato conc. reg., 2009, p. 355 e ss. (44) La stratificazione normativa interessa, in realt, lintero regime delle farmacie e non fenomeno nuovo se si pensa che M.S. Giannini ebbe a sottolineare questa problematica gi negli anni 60 del secolo scorso. Cfr. M.S. GIANNINI, Le farmacie (problemi generali), in Rass. Amm. della Sanit, 1963. (45) T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 23 aprile 2009, n. 3567, in Foro Amm.-Tar, 2009. (46) Tale interpretazione stata ribadita anche da T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 14 maggio 2010, n. 1134, in www.amministrativamente.com. (47) B.R. NICOLOSO, L. GIORDANI, I moduli di gestione delle farmacie comunali, Napoli, 2008. (48) S. COLOMBARI, La specialit della disciplina amministrativa sulle farmacie comunali, cit. Contra, la F.O.F.I. (Federazione Ordini Farmacisti Italiani) nella circolare n. 7460 del 24 novembre 2009, ha affermato il carattere esclusivo delle modalit di gestione previste dallart. 9. DOTTRINA 307 Per comprendere i termini della questione, non meramente teorica, bene chiarire che per titolarit del servizio pubblico si intende la pertinenza istituzionale dello stesso ad una determinata Amministrazione Pubblica: essa discende dalla legge che lo istituisce e/o ne affida la cura ad una specifica Amministrazione (49). Nel caso del servizio farmaceutico, non semplice definire a chi spetti tale titolarit, in quanto la legge non si limita ad individuare i moduli gestori che lente interessato potrebbe utilizzare, ma subordina lo svolgimento del- lattivit alla sottoscrizione di una convenzione con un soggetto pubblico ulteriore e ad un apposito provvedimento di autorizzazione allapertura e allesercizio della farmacia. Orbene, proprio in ragione dellobbligo della autorizzazione non sarebbe corretto - ai fini dellidentificazione del soggetto titolare del servizio farmaceutico nel caso delle farmacie comunali - soffermarsi sulla sola circostanza che spetti al Comune, che abbia esercitato il diritto di prelazione, scegliere in concreto la forma di gestione (50). In effetti, secondo una parte della dottrina la titolarit del servizio farmaceutico appartiene alla Regione per il tramite delle Aziende Sanitarie Locali, che ne costituiscono ente strumentale (51). Anche nel caso delle farmacie comunali, sebbene sia gestito tramite unorganizzazione di cui titolare il Comune, il servizio farmaceutico, secondo tale visione, dovrebbe essere annoverato alla stregua di un servizio pubblico in titolarit generale, anzich un servizio pubblico locale (52). La responsabilit del servizio sarebbe in capo alla Regione, avendo il Comune semplicemente la facolt di esercitare il diritto di prelazione sulle farmacie che si rendano vacanti ovvero su quelle che vengano istituite a seguito della revisione della pianta organica; tantՏ vero che il Comune, nel rispetto dei modi previsti dallart. 12 della legge n. 475 del 1968, potrebbe anche trasferire a terzi la titolarit della farmacia comunale che abbia in precedenza assunto. Le farmacie comunali assumerebbero la natura di presidio sanitario di base (articolo 28, l. n. 833 del 1978), traendo il diritto di esercizio non dal- lEnte locale, ma da una concessione o autorizzazione rilasciata dal Servizio Sanitario Nazionale, tramite la Regione (53). (49) G. CAIA, I Servizi pubblici, in AA.VV., Diritto Amministrativo, Bologna, 2005. (50) S. COLOMBARI, La specialit della disciplina amministrativa sulle farmacie comunali, cit., p. 425. (51) F. MASTRAGOSTINO, La disciplina delle farmacie comunali tra normativa generale sui servizi pubblici e normativa di settore, in D. DE PRETIS (a cura di), La gestione delle farmacie comunali: modelli e problemi giuridici, cit. (52) A. SANTUARI, Le forme di gestione delle farmacie comunali, in particolare sul divieto di concessione a terzi, in www.osservatorioappalti.unitn.it. (53) C. BRAMBILLA, Riflessioni sulle forme di gestione delle farmacie comunali, cit., p. 335; cfr. anche A. SANTUARI, Il servizio farmaceutico: dal contesto UE al recente pacchetto liberalizzazioni, in www.giustamm.it, 2012. In senso conforme, una parte della giurisprudenza, ha affermato che la gestione delle farmacie comunali da parte degli Enti locali deve considerarsi realizzata in nome e per conto del Servizio Sanitario Nazionale, come tale non essendo riconducibile n allambito dei servizi di interesse generale nella definizione comunitaria, n alla disciplina sui servizi pubblici locali secondo lordinamento italiano; piuttosto deve ritenersi che lattivit di gestione delle farmacie comunali costituisca esercizio di un servizio pubblico, trattandosi di unattivit rivolta a fini sociali ai sensi dellart. 112 del d.lgs. n. 267 del 2000 il quale consente agli Enti locali, nellambito delle rispettive competenze, di provvedere alla gestione dei servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni ed attivit rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunit locali (54). Peraltro, non vi unanimit di vedute (55). Basti considerare che il 7 dicembre 2010 stata presentata uninterrogazione parlamentare dal sen. DAmbrosio Lettieri, con la quale si evidenziata la notevole diversit di soluzioni gestionali adottate nei diversi contesti locali (56). Inoltre, parte della giurisprudenza amministrativa sostiene che il servizio farmaceutico sia annoverabile tra i servizi pubblici locali e che a nulla varrebbe obiettare che la titolarit del diritto desercizio delle farmacie pianificate sul territorio sia in capo alle Regioni, che rilasciano ai Comuni, per il tramite delle Aziende Sanitarie Locali, il provvedimento daccesso, subordinando lo svolgimento dellattivit alla stipula di unapposita convenzione (57). Dal canto suo, la Corte dei Conti non ha esitato ad identificare il servizio (54) T.A.R. Piemonte, sez. II, 14 giugno 2013, n. 767, che rimanda a Corte dei conti, sez. reg. controllo Puglia, parere n. 3 del 2008, cit. e a T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, n. 699 del 2012 e n. 2939 del 2011, in www.dirittodeiservizipubblici.it.; Cons. Stato, sez. III, 8 febbraio 2013, n. 729, in www.giustizia-amministrativa.it. (55) Si rifletta sulla circostanza che inquadrare il servizio delle farmacie comunali nellambito del servizio sanitario regionale ne implica linclusione nellalveo della competenza legislativa concorrente della tutela della salute (art. 117, comma 3); in proposito, non sembra superfluo rilevare che la Corte costituzionale ha affermato che la materia dellorganizzazione del servizio farmaceutico va ricondotta a tale titolo di competenza, in ragione del fatto che la complessa regolamentazione dellattivit economica di rivendita dei farmaci mira ad assicurare e controllare laccesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute (cfr. sentenza 14 dicembre 2007, n. 430, in www.cortecostituzionale.it). Pertanto, considerare il servizio de quo alla stregua di un servizio pubblico locale potrebbe presentare profili di problematicit, dal momento che la Corte costituzionale ha ricondotto alla materia di competenza esclusiva statale della tutela della concorrenza - lett. e) art. 117, comma 2 - lindividuazione delle modalit di affidamento dei servizi pubblici locali a rilevanza economica (cfr. sul punto, tra le altre, Corte cost., 17 novembre 2010, n. 325, in www.cortecostituzionale.it). (56) Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-04237, seduta n. 470, pubblicato il 7 dicembre 2010. In proposito, sembra opportuno ricordare che lautore dellinterrogazione il firmatario (insieme al sen. Cursi) dellemendamento al d.l. n. 135 2009 che ha escluso dallambito di applicazione dellart. 23 bis le farmacie comunali. (57) Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2007, n. 637 e 8 maggio 2007, n. 2110, consultabile in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 23 aprile 2009, n. 3567, consultabile in Foro Amm.-Tar, 2009, p. 971; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 22 febbraio 2006, n. 198, cit. DOTTRINA 309 farmaceutico quale servizio pubblico essenziale, a carattere locale e a tendenziale rilevanza economica (58). Inoltre, autorevole dottrina qualifica il servizio svolto dalle farmacie comunali inequivocabilmente come servizio pubblico locale, sostenendo che una tale natura non pu essere messa in discussione sulla erronea presupposizione che la titolarit del diritto desercizio delle farmacie pianificate sul territorio sia ascritta alle Regioni (59). 3.4 Il dibattito sul carattere tassativo delle forme di gestione previste dallart. 9 allindomani del referendum, della sentenza n. 199/2012 della Corte costituzionale e dei successivi interventi normativi. Va, peraltro, considerato che, anche facendo definitivamente chiarezza sulla vexata quaestio della natura del servizio offerto dalle farmacie comunali, rectius della sua titolarit, si potrebbe non addivenire ad un accordo sulle modalit di gestione concretamente adottabili dai Comuni. In effetti, da un lato, anche ove il servizio delle farmacie comunali fosse inquadrato nellambito del servizio sanitario di titolarit regionale potrebbe ad esso applicarsi la disciplina delle forme di gestione dei servizi pubblici locali, per effetto del rinvio operato dalla legge del 1968. Dallaltro lato, anche coloro che qualificano il servizio offerto dalle farmacie comunali alla stregua di servizio pubblico locale sono chiamati a sciogliere un ulteriore dubbio interpretativo, non essendo chiaro se la disciplina di cui alla legge n. 475 del 1968 debba ritenersi applicabile alla gestione delle farmacie comunali in via esclusiva piuttosto che in aggiunta alla disciplina generale sui servizi pubblici locali o se debba, addirittura, considerarsi implicitamente abrogata, in ragione dei principi affermati a livello nazionale ed europeo. Nel giugno 2011, a seguito della consultazione referendaria, stato abrogato lart. 23 bis ed venuta meno anche la clausola di salvezza della disciplina contenuta nella legge Mariotti. Pertanto, ove si fosse qualificato - come prima visto - il servizio erogato dalle farmacie comunali alla stregua di servizio pubblico di rilevanza economica e, dunque, di servizio di interesse economico generale ai sensi dellart. 106 TFUE, allo stesso avrebbe dovuto applicarsi la disciplina europea (60). La Corte costi (58) Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Regione Lombardia, 657/2011/PAR, in www.corteconti.it. In senso conforme, anche la medesima sezione regionale, cfr. deliberazioni n. 489/2011/PAR, in www.anci.it, n. 195/2009/PAR e n. 196/2009/PA, in www.corteconti.it. (59) B.R. NICOLOSO, Da unapodittica liberalizzazione ad unacritica razionalizzazione del sistema farmacia pianificato sul territorio nelle leggi di stabilit e di crescita del biennio 2011/2012, in Sanit pubblica e privata, 2012, p. 15; cfr. anche B.R. NICOLOSO, M. TARABUSI, La gestione delle farmacie comunali nel coacervo delle leggi di stabilit e delle leggi di crescita del biennio 2011-2012, in www.giustamm.it, 2012. (60) Per un inquadramento generale sui servizi di interesse economico generale, cfr. D. GALLO, I servizi di interesse economico generale, Milano, 2011. tuzionale (61), nel dichiarare lammissibilit del referendum, aveva infatti chiarito che lesito affermativo dello stesso non avrebbe creato un vuoto normativo. Pi specificamente, labrogazione referendaria, si sarebbe tradotta: -nellesclusione della reviviscenza delle norme vigenti prima delladozione del d.l. n. 112/2008 (62); -nella sopravvivenza della disciplina abrogata con riguardo ai rapporti sorti in precedenza, attesa lefficacia ex nunc dellabrogazione; -nella permanenza della possibilit di avvalersi della gara pubblica per affidare il servizio in concessione a terzi; - nella opportunit di ricorrere allaffidamento in house, che, pur non essendo pi qualificabile come derogatorio, avrebbe comunque richiesto unadeguata motivazione, attesi i limiti tratteggiati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (partecipazione pubblica totalitaria, controllo analogo ed attivit prevalente) (63); -nelleliminazione dellobbligo di addurre la sussistenza di caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto di riferimento tali da non consentire un efficace ed utile ricorso al mercato, sottoponendo la congruit di tale valutazione al parere dellAutorit garante della concorrenza e del mercato. Peraltro, per i servizi pubblici locali diversi da quello idrico integrato, non cՏ stato il tempo per procedere nel senso astrattamente ipotizzato dal Giudice delle leggi, in quanto il legislatore italiano, con lart. 4 d.l. n. 138/2011 (64), ha sostanzialmente riproposto il regime giuridico contenuto nel prece (61) Pronuncia del 26 gennaio 2011, n. 24, in www.cortecostituzionale.it. In proposito, si veda A. LUCARELLI, Commento alla sentenza n. 24 del 2011, in Giur. Cost., 2/2011 e C.M. AIELLO, La Consulta salva la riforma dei servizi pubblici locali dalle censure regionali (ma ammette il referendum abrogativo), in Corr. Giur., 6/2011, p. 781 e ss. (62) In effetti, la Corte costituzionale, nella citata sent. n. 24/2011 (punto 4.2.2. del considerato in diritto), ha precisato che allabrogazione dellart. 23 bis non sarebbe conseguita alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo (reviviscenza, del resto, costantemente esclusa in simili ipotesi dalla giurisprudenza di questa Corte - sentenze n. 31 del 2000 e n. 40 del 1997 -, sia da quella della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato). Conforme Corte Cost., sent. 26 gennaio 2011, n. 26, in www.federalismi.it. Sullammissibilit della reviviscenza di norme abrogate per il tramite del referendum, si veda in generale F. PETRINI, La reviviscenza delle norme abrogate, in Nomos, 1/2012. (63) Cfr., in proposito, ANCI, Nota interpretativa del 14 giugno 2011, recante Prime osservazioni sullaffidamento dei servizi pubblici locali e sulla tariffa del servizio idrico integrato in esito al referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011 ove si afferma: Allesito del referendum, i Comuni sono pi liberi di scegliere la formula organizzativa che ritengono pi opportuna, ivi compresa la gara, e sempre in ossequio ai principi europei in materia di tutela della concorrenza. I Comuni sono investiti di una nuova libert responsabile che responsabilmente utilizzeranno e del cui utilizzo saranno chiamati a rispondere. (64) Convertito in legge n. 148 del 14 settembre 2011. Per un inquadramento generale sulla riforma del 2011, cfr. G. PIPERATA, La disciplina dei servizi pubblici locali negli ultimi interventi legislativi di stabilit economica, in Giorn. dir. amm., 2012, n. 1, p. 23 e ss.; M. ALESIO, Lennesima micro-riforma dei servizi pubblici locali: ambizioso tentativo di liberalizzazione o ritorno al passato? in Comuni dItalia, 2011, n. 5/6, p. 34 e ss; S. STAIANO, I servizi pubblici locali nel decreto legge n. 138/2011. Esigenze di stabile regolazione e conflitto ideologico immaginario, in www.federalismi.it; C. DARIES, A. NONINI, DOTTRINA 311 dente quadro normativo. Lo stesso d.l. n. 138/2011 stato, poi, pi volte modificato, prima dalla legge n. 183/2011 (cd. legge di stabilit 2012) (65), poi dal d.l. n. 1/2012 (cd. decreto liberalizzazioni) (66). Va, tuttavia, ricordato che il citato articolo 4 conteneva una clausola di salvezza, prevedendo che sono esclusi dallapplicazione del presente articolo la gestione delle farmacie comunali di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475 (comma 34). Si riproponevano, quindi, gli interrogativi emersi nella vigenza dellart. 23 bis. Peraltro, proprio mentre da pi parti si auspicava che lintero campo dei servizi pubblici locali di rilevanza economica trovasse la quiete necessaria a far sedimentare la nuova disciplina, intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 199 del 2012 (67), dichiarando lillegittimit dello stesso art. 4 del d.l. n. 138/2011 (68). In particolare, la norma in commento, emanata a distanza di soli 23 giorni dalla consultazione referendaria di giugno (69), operava una marginalizzazione del modello in house (70), riproducendo anche testualmente svariate disposizioni dellabrogato art. 23 bis e del regolamento attuativo contenuto nel d.P.R. n. 168/2010 (71). La gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, in Dir. e pratica amm., 3/2012; E. FURNO, La never ending story dei servizi pubblici locali di rilevanza economica tra aspirazioni concorrenziali ed esigenze sociali: linee di tendenza e problematiche aperte alla luce del d.l. n.138/2011, convertito nella l. n.148/2011, in Rass. dir. pubbl. eur., 2012, n. 1. (65) Sulle modifiche apportate dalla legge n. 183/2011 in materia di servizi pubblici locali si veda F. GAVIOLI, La liberalizzazione dei servizi pubblici locali, in www.ipsoa.it; G. GUZZO, Brevi riflessioni su i nova dei SPL dopo la legge di stabilit n. 183/2011, in www.giustamm.it, 2011. (66) Convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 24 marzo 2012. (67) Corte cost., sent. 20 luglio 2012, n. 199, cit. Per una disamina della sentenza, con particolare riferimento alle conseguenze della stessa sullazione degli Enti locali, si veda A. ARGENTATI, La riforma dei servizi pubblici locali, il parere dellAGCM sulle delibere-quadro e la sentenza n. 199/2012 della Corte costituzionale: tanto rumore per nulla?, in www.federalismi.it, 2012; E. FURNO, Le tortuose vie dei servizi pubblici locali di rilevanza economica tra legislatore, referendum e corte costituzionale: palla al centro? (Commento alla sentenza n. 199/2012 della Corte costituzionale), in www.giustamm.it, 2012. Sia consentito, inoltre, citare A. TRICARICO, La gestione integrata dei rifiuti. Dallentrata in vigore del Codice dellambiente alla bocciatura della cd. seconda liberalizzazione (Osservazioni a Corte Costituzionale 199 del 2012), in www.giustamm.it, 2012. (68) La pronuncia sancisce anche lautomatica decadenza delle procedure finalizzate ad attuarlo, mediante disposizioni di rango secondario come lo schema di regolamento previsto dallarticolo 4, comma 33 ter del d.l. n. 138/2011, recante i criteri per la verifica della realizzabilit di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, nonch per ladozione della relativa delibera quadro da parte degli enti locali. (69) A parere della Consulta, un brevissimo lasso di tempo intercorso fra la pubblicazione del- lesito referendario e ladozione della nuova normativa, nel quale peraltro non si verificato alcun mutamento n del quadro politico n delle circostanze di fatto. (70) P. SABBIONI, Il ripristino della disciplina abrogata con referendum: il caso dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in www.forumcostituzionale.it. (71) In particolare, secondo i giudici di legittimit, nessun effetto salvifico avrebbe potuto avere lesclusione - dallambito di applicazione della nuova disciplina - del servizio idrico integrato, dato che il referendum aveva avuto ad oggetto lintero settore dei servizi pubblici locali, ad eccezione di quelli espressamente esclusi e gi oggetto di disciplina speciale. Secondo la Consulta, infatti, lintervenuta abrogazione di un articolo di legge, a seguito di consultazione referendaria,non potrebbe consentire al legislatore la scelta politica di far rivivere la normativa ivi contenuta, () in ragione della peculiare natura del referendum (72), il cui effetto utile sarebbe, diversamente, vanificato. In particolare, considerando che lart. 23 bis mirava a favorire la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica da parte di soggetti scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica (73), limitando i casi di affidamento diretto della gestione, lart. 4 del d.l. n. 138/2011 non aveva fatto altro che ripristinare la normativa abrogata, non avendo modificato n i principi ispiratori della complessiva disciplina normativa preesistente n i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti (74). Successivamente, larticolo 34, comma 21, del d.l. n. 179/2012 (75) - attualmente vigente - pur rimettendo la scelta delle modalit di affidamento del servizio allente affidante, prescrive a questultimo lelaborazione di una relazione, da pubblicare sul proprio sito internet, che dia conto delle ragioni in termini di economicit e della sussistenza dei requisiti previsti dallordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisca i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche (se previste). Peraltro, da tale disciplina sono stati - ancora una volta - espressamente esclusi i servizi di distribuzione di gas naturale e di distribuzione di energia elettrica, nonch quelli di gestione delle farmacie comunali. 4. La posizione assunta dalla Corte dei conti: limpossibilit di scindere la titolarit dalla gestione. Attualmente, la dottrina prevalente sostiene che lesclusione di cui allart. 34 del d.l. n. 179/2012 si traduca in positivo perch dilata e non comprime i moduli di gestione delle farmacie comunali rispetto agli altri servizi pubblici locali (76). (72) Corte cost., 22 ottobre 1990, n. 468, in www.cortecostituzionale.it. Negli stessi termini, Corte cost., 4 febbraio 1993, n. 32 e sent. dello stesso giorno, n. 33, secondo cui il legislatore pur dopo laccoglimento della proposta referendaria, conserva il potere dintervenire nella materia oggetto di referendum senza limiti particolari che non siano quelli connessi al divieto di far rivivere la normativa abrogata. Lorientamento dei giudici di legittimit era condiviso anche dalla dottrina prevalente; cfr. C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, IX ed., Padova, 1976, II, p. 854; F. MODUGNO, Lammissibilit del referendum tra sovranit popolare e autonomia regionale, in Scritti in onore di E. Tosato, Milano, 1982, II, p. 894 e ss.; A. MANZELLA, Il Parlamento, II ed., Bologna, 1991, p. 77. (73) Corte Cost., 26 gennaio 2011, n. 24, cit. (74) Corte Cost., 17 maggio 1978, n. 68, in www.giurcost.org. (75) Convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221. (76) B.R. NICOLOSO, Da unapodittica liberalizzazione ad unacritica razionalizzazione del sistema farmacia pianificato sul territorio nelle leggi di stabilit e di crescita del biennio 2011/2012, cit., p. 17. DOTTRINA 313 Dal canto suo, la Corte dei conti ha riconosciuto che i modelli di gestione delle farmacie comunali, elencati dallarticolo 9 della legge n. 475 del 1968, non hanno carattere tassativo, salve le limitazioni discendenti dalla ratio generale della disciplina, tesa, in particolare, a valorizzare la funzione sociale dellattivit farmaceutica (77). In particolare, la Corte dei conti ha confermato la possibilit di ricorrere allazienda speciale quale modalit di gestione della farmacia comunale (78) e ha precisato che la legge n. 475 del 1968, integrata con i principi comunitari, consente la gestione comunale anche mediante societ a responsabilit limitata, a partecipazione unipersonale e totalitaria (79)(80). In effetti, il ritenere utilizzabili sia gli strumenti di cui alla legge del 1968 sia quelli previsti in generale per i servizi pubblici locali sembrerebbe pi coerente in una prospettiva europea (81). Tuttavia, lorgano di controllo, sia pure in sede consultiva, continua ad escludere che i Comuni possano affidare in concessione a terzi la gestione delle farmacie di cui sono titolari, affermando che la normativa settoriale applicabile al servizio farmaceutico comunale non consente una scissione sostanziale fra la titolarit del medesimo ed il suo concreto esercizio, per esempio mediante lo strumento della concessione a terzi sia pur individuati con gara ad evidenza pubblica (82). Per la Corte dei conti, , infatti, necessario che lente locale mantenga il controllo e la gestione diretta, in coerenza con la finalit pubblica insita nel (77) In particolare, con la deliberazione 17 dicembre 2012, n. 532 (in www.corteconti.it), la sezione regionale di controllo per la Regione Lombardia, ha affermato che la previsione di un nuovo schema societario, non rientrante nel novero delle modalit di resa del servizio elencate nella legge Mariotti, pare ampliare gli strumenti giuridici selezionabili dalla pubblica amministrazione per perseguire i propri fini. I modelli di gestione delle farmacie comunali, previsti dallart. 9 della legge n. 475/1968, non sembrano dunque avere carattere tassativo, salvo le limitazioni esposte in seguito (in coerenza alla ratio generale della normativa). Sul piano del diritto interno, si osserva che la gestione di un servizio pubblico (quale una farmacia comunale), mediante una societ a totale partecipazione comunale, rappresenta una forma tipica di resa del servizio (cfr. labrogato art. 113 comma 5 del d.lgs. n. 267/2000) e la prassi negoziale ha seguito levolversi dellordinamento (plurimi sono i casi di societ interamente partecipate gerenti il servizio farmaceutico, in via esclusiva o assieme ad altre attivit). Cfr. anche i pareri della sezione di controllo per la Regione Lombardia n. 489/2011, n. 426/2010 e n. 196/2009, in www.corteconti.it, nonch sezione Puglia n. 3/2008, cit., su cui si veda F. GIOVAGNOLI, Titolarit e gestione delle farmacie nella normativa comunitaria ed italiana, in Rass. Avvocatura dello Stato, 2009, n. 3, p. 81. (78) Corte dei conti, sez. di controllo per la Regione Lombardia, 426/2010/PAR, cit. (79) Corte dei conti, sez. di controllo per la Regione Lombardia, 489/2011/PAR, cit. (80) Si segnala la deliberazione n. 173 del 20 settembre 2012 della Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Basilicata, in www.corteconti.it, che afferma che laffidamento della gestione dei servizi pubblici locali in house ed a societ mista pu avvenire in conformit alle regole del diritto comunitario. (81) C. DE GIULI, Il sistema delle farmacie, in R. BALDUZZI, G. CARPANI (a cura di) Manuale di diritto sanitario, Bologna, 2013, p. 457. (82) Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 70/2011/PAR, in www.corteconti.it. servizio farmaceutico (inerenza da ritenersi prevalente rispetto alla natura potenzialmente commerciale dellattivit) (83)(84); non sarebbe, viceversa, giustificato il diritto di preferenza che lo Stato attribuisce ai Comuni rispetto ai privati, in quanto il servizio di farmacia comunale si connota di tratti pubblicistici, di matrice assistenziale e sanitaria, la cui cura concreta richiede lintervento della pubblica amministrazione nella gestione dellattivit (85). Del resto, - si afferma - non esiste alcuna norma che preveda espressamente la possibilit di separare la titolarit dalla gestione delle farmacie comunali, risultando unicamente regolato il mantenimento della gestione in capo allEnte locale. In proposito, non si pu prescindere dal considerare che, anche secondo una parte dei giudici amministrativi, deve escludersi che lelencazione di cui al citato articolo 9 (pur ormai risalente) possa essere interpretata in modo aperto includendovi la possibilit della concessione di servizi ex art. 30 d.lgs. n. 163 del 2006 (86). In pratica, si ritiene che lo strumento concessorio, anche se utilizzato a seguito di una procedura pubblica di selezione del concessionario, vulneri la titolarit pubblica della farmacia e il ruolo comunale di tutela dellinteresse pubblico (87). In sintesi, limpraticabilit del modello concessorio riposa sul fine pubblico in vista del quale stata concepita la prelazione legale in favore dei Comuni (88). 5. La posizione del Consiglio di Stato: la distinzione tra titolarit e gestione e laffidabilit in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali. A parere del Consiglio di Stato, la titolarit non implica la necessit della gestione diretta del servizio farmaceutico (89). In particolare, secondo tale impostazione, alle farmacie pubbliche non applicabile il criterio della corrispondenza biunivoca fra titolarit e gestione, non potendosi configurare la circolazione giuridica del diritto allesercizio della licenza, in quanto essa (83) Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 26/2013/PAR, in www.corteconti.it. (84) Cfr. Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, deliberazioni n. 70/2011/PAR, n. 657/2011/PAR, n. 49/2012/PAR e n. 446/2012/PAR, in www.corteconti.it. (85) Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 657/2011/PAR e 70/2011/PAR, cit. Ritiene che tali argomentazioni non siano prive di una certa logicit S. MONZANI, Levoluzione della disciplina amministrativa in tema di gestione delle farmacie comunali, cit. (86) T.A.R. Piemonte, sez. II, 14 giugno 2013, n. 767, che richiama T.A.R. Toscana, sez. II, 7 luglio 2011, n. 1165, cit. (87) Non condivide tale impostazione tra gli altri M.E. BOSCHI, Le farmacie comunali: tra disciplina amministrativa e liberalizzazione, commento a T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 20 gennaio 2012, n. 84, in Sanit Pubbl. e Priv., 2012, n. 4. (88) Corte dei Conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 532/2012/PAR, cit. (89) M. DUGATO, I servizi pubblici locali, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale, III, Milano, 2003, p. 2591. DOTTRINA 315 rappresenta un bene vincolato al programma societario, indipendentemente dal complesso aziendale preposto alla gestione (90). In relazione alle farmacie comunali non opererebbe, quindi, il divieto di scissione tra titolarit e gestione della farmacia, che invece previsto per le farmacie private ai sensi dellart. 7 della l. n. 362 del 1991 (91). Lassunto dei giudici di Palazzo Spada si fonda sulla convinzione che, anche nel caso del servizio farmaceutico comunale, trova applicazione la consueta ed acquisita distinzione tra titolarit e gestione generalmente valida per tutti i servizi pubblici (92). Diversa dalla titolarit , infatti, la gestione delle farmacie. Pi precisamente, secondo le ultime pronunce del giudice amministrativo, con particolare riferimento alle farmacie comunali sembra pi corretto distinguere tra titolarit della sede farmaceutica (il Comune), titolarit del servizio (la Regione, che ne conserva la responsabilit per il tramite delle Aziende Sanitarie Locali) e titolarit della gestione (soggetto individuato dallAmministrazione comunale) (93). Addirittura, la sezione terza del Consiglio di Stato si recentemente spinta ad affermare che il Comune pu costituire una societ mista, senza alcun vincolo in ordine alla scelta del socio privato, dal momento che le disposizioni contenute nel Testo Unico degli Enti locali hanno carattere inderogabile e lart. 9 della legge n. 475 del 1968 deve considerarsi implicitamente abrogato (94). Nella medesima direzione, anche se con una linea pi morbida, si posta la sentenza n. 5587 del novembre 2014 (95), con la quale il Supremo organo giurisdizionale amministrativo, nel riformare integralmente la sentenza del Tar Piemonte n. 767 del 2013, ha ricordato che oggi - anche alla luce dei pi recenti interventi normativi - non si dubita che la gestione di una farmacia comunale possa essere esercitata da un Comune mediante societ di capitali a (90) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1724, in www.giustizia-amministrativa.it. (91) Cfr. T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 19 ottobre 2005, n. 492 e T.A.R. Veneto, Venezia, 27 dicembre 2006, n. 4263, richiamate da Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1724, cit. Nel senso del- limproponibilit della corrispondenza biunivoca tra titolarit del diritto desercizio della farmacia e suo concreto esercizio cfr. in dottrina B.R. NICOLOSO, Da unapodittica liberalizzazione ad unacritica razionalizzazione del sistema farmacia pianificato sul territorio nelle leggi di stabilit e di crescita del biennio 2011/2012, cit., p. 17; G. ACQUARONE, Le forme di gestione delle farmacie comunali, cit., che espressamente afferma che la scissione tra titolarit e gestione del servizio cosa scontata nellambito delle farmacie pubbliche. Anche per questo, il sistema farmaceutico italiano pu definirsi dualistico; lespressione utilizzata da A. ANSELMO, I servizi farmaceutici: sistemi comunitari di sanit solidale e modelli liberistici a confronto, in Rass. dellAvvocatura dello Stato, 2011, n. 1, p. 58. (92) T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 20 gennaio 2012, n. 84, in www.dirittodeiservizipubblici.it; sul punto cfr. in dottrina ex multis G. CAIA, I servizi pubblici, cit., p. 131 e ss. (93) T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 20 gennaio 2012, n. 84, cit.; ritiene che non si tratti di una precisazione di natura formalistica, ma di una puntualizzazione necessaria M.E. BOSCHI, Le farmacie comunali: tra disciplina amministrativa e liberalizzazione, cit. (94) Cons. Stato, sez. III, 31 ottobre 2014, n. 5389, in www.giustizia-amministraiva.it. (95) Cons. Stato, sez. III, 13 novembre 2014, n. 5587, cit. totale partecipazione pubblica (in house) e societ miste pubblico/private, con il superamento del limite dettato dallart. 9 della legge del 1968, ovvero da societ che svolgono attivit di distribuzione allingrosso di medicinali (96). Secondo i giudici del Consiglio di Stato, infatti, nel caso in cui non intenda avvalersi dei sistemi di gestione diretta disciplinati dallart. 9 della legge n. 475 del 1968, un Comune pu utilizzare modalit diverse di gestione, anche non dirette, purch lesercizio della farmacia avvenga nel rispetto delle regole e dei vincoli imposti allesercente a tutela dellinteresse pubblico (97). Con la medesima pronuncia, si chiarito che, pur non potendosi estendere alle farmacie comunali tutte le regole dettate per i servizi pubblici di rilevanza economica, non pu oramai pi ritenersi escluso laffidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali attraverso procedure di evidenza pubblica, in quanto la scelta di tale modello non sarebbe di per s ostativa al perseguimento degli obiettivi di rilevanza sociale che giustificano listituzione del servizio pubblico farmaceutico. N varrebbe obiettare che lart. 11, comma 10, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (98), dispone che, fino al 2022, non possibile cedere la titolarit o la gestione delle farmacie istituite ai sensi del comma 1, lettera b) dello stesso articolo, in relazione alle quali i Comuni abbiano esercitato il diritto di prelazione. In effetti, la norma si presta ad essere interpretata come speciale e derogatoria rispetto alla disciplina generale, in quanto si applica soltanto alle farmacie istituite nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali ad alta intensit di traffico, dotate di servizi alberghieri o di ristorazione, e a quelle istituite nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superficie di vendita superiore a diecimila metri quadrati (99). In definitiva, a parere del Supremo Organo giurisdizionale amministrativo, quando lattivit assuma un prevalente rilievo economico, le disposizioni contenute nellart. 9 della legge n. 475 del 1968, che prevedono - nel caso (96) Cfr. il comma 1 bis dellarticolo 100 del d.lgs. n. 219 del 24 aprile 2006 e s.m. (97) Cfr., in senso conforme, T.A.R. Veneto, sez. I, 20 marzo 2014, n. 358, in www.ilsole24ore.com; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 13 novembre 2013, n. 951, in www.dirittodeiservizipubblici.it, a tenore della quale il ragionamento sviluppato resta valido anche dopo lentrata in vigore dellart. 34, comma 25, del D.L. 18/10/2012 n. 179 conv. in L. 17/12/2012 n. 221, il quale racchiude una clausola che - seppur escludendo la diretta applicabilit dei commi da 20 a 22 (che per laffidamento dei servizi pubblici fanno unicamente rinvio ai canoni comunitari) alle farmacie - non per questo sancisce un divieto generale di operativit dei consolidati principi del diritto europeo, dovendo essere vagliata la compatibilit delle singole scelte con gli obiettivi di interesse pubblico perseguiti dallordinamento; T.A.R. Sicilia, Catania, sezione IV, 28 giugno 2011, n. 1598, in www.dirittoderiservizipubblici.it. (98) Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. (99) Viceversa, il T.A.R. Piemonte, con la citata sentenza n. 767 del 2013, aveva evidenziato che ancorch limitata solo a specifiche categorie di farmacie neo-istituite, la novella del 2012 fosse espressione del principio generale di mantenimento della gestione in capo allEnte locale titolare della farmacia, con conseguente implicita riconferma dellimpraticabilit di diversi modelli. DOTTRINA 317 delle farmacie comunali -, in ragione dei fini sociali perseguiti, lesercizio diretto del servizio pubblico (100), non possono essere richiamate per impedire lapplicazione dei principi dettati per i servizi pubblici di rilevanza economica (101). Conformemente, in dottrina, si affermato che la normativa dellart. 9 dovrebbe essere disapplicata dai giudici italiani, dal momento che consentendo solo la scelta tra autoproduzione del servizio e societ di capitali con i farmacisti dipendenti di quelle stesse farmacie, ҏ nettamente contraria ai principi del Trattato gi CE, ora TFUE (102). Si anche osservato che, nellipotesi in cui il Comune titolare dellautorizzazione alla conduzione dellesercizio farmaceutico scelga di conferire ad una societ lazienda farmaceutica (nellaccezione dellart. 2555 c.c.) e la titolarit dellimpresa (ex art. 2082 c.c.), lEnte locale non dismette il servizio pubblico: ad essere trasferita , infatti, solamente la gestione del servizio pubblico e, quindi, la disponibilit materiale e giuridica dei beni strumentali allesercizio dellimpresa (103). Pertanto, come riconosciuto dal Consiglio di Stato in altra pronuncia, la procedura per lindividuazione dellaffidatario non riguarderebbe laffidamento del servizio, la cui concessione/autorizzazione rimane in capo al Comune (104). Alle medesime conclusioni giunta lAutorit di Vigilanza sui contratti pubblici, ora Autorit Nazionale Anticorruzione, che, con la deliberazione n. 15 del 23 aprile 2014 (105), ha affermato che il carattere sanitario di un servizio pacificamente non esclude che esso possa essere oggetto di un confronto concorrenziale tra pi operatori economici in possesso dei necessari requisiti (100) Consiglio di Stato, sez. III, 8 febbraio 2013, n. 729, cit. (101) Consiglio di Stato, sez. III, 9 luglio 2013, n. 3647, in www.giustizia-amministrativa.it, conferma T.A.R. Marche, n. 104 del 2004. (102) A. VIGNERI, La riforma dei servizi pubblici locali, cit. p. 75. (103) R. NARDUCCI, Le farmacie comunali, in Guida Normativa per lAmministrazione Locale, 2013; contra, in un contributo del 2005, C. BRAMBILLA, Riflessioni sulle forme di gestione delle farmacie comunali, cit., p. 337: lAutore afferma che la concessione del servizio farmaceutico contraddittoria con il provvedimento amministrativo di autorizzazione allesercizio rilasciato dalla Regione, la cui natura quella di una concessione. Trattasi di un titolo che non appartiene alla potest originaria del comune, ma che esso riceve dallAutorit sanitaria. Ne deriva che la titolarit dellesercizio della farmacia non potr mai passare dal comune a terzi, se non a fronte di una dismissione totale del servizio stesso. (104) Consiglio di Stato, sez. III, 8 febbraio 2013, n. 729, cit.; conferma T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 4 maggio 2012, n. 2063. (105) Rinvenibile sul sito www.anticorruzione.it. Bisogna, peraltro, avvertire che liter logico seguito dallAutorit parzialmente diverso rispetto a quello del Consiglio di Stato, dal momento che nella delibera si legge si ritiene che lesercizio del servizio farmaceutico tramite la gestione delle farmacie comunali non possa essere ricondotto nellalveo dei servizi pubblici locali e che una simile conclusione escluderebbe la possibilit di applicare al servizio farmaceutico comunale i modelli gestori previsti dalla norma generale sui servizi pubblici locali ma lascerebbe invero impregiudicata la possibilit per i Comuni di affidare la gestione delle farmacie comunali tramite listituto generale della concessione di servizi di cui allart. 30 del Codice dei contratti pubblici. e che, pertanto, laffidamento in concessione pu essere ora una delle modalit di gestione delle farmacie comunali. In effetti, conformemente a quanto prospettato dai giudici amministrativi, gli obiettivi di rilevanza sociale che caratterizzano il servizio farmaceutico, a prescindere dalla specifica modalit di affidamento concretamente utilizzata, potrebbero essere perseguiti inserendo apposite clausole nel contratto di servizio sottoscritto con il concessionario e prevedendo concrete modalit di controllo della gestione, idonee sanzioni nel caso di inadempimento degli obblighi e una dettagliata carta dei servizi, in cui siano indicati i livelli qualitativi e quantitativi del servizio da erogare. Ladeguato utilizzo di tali strumenti potrebbe, in effetti, garantire che la farmacia comunale assicuri sia un utile economico al Comune (attraverso la percezione del canone concessorio e di una percentuale sugli incassi) sia lefficace svolgimento della funzione sociale propria del servizio farmaceutico comunale. Del resto, qualsiasi farmacia - a prescindere anche dalla titolarit (pubblica o privata) della propriet - sottoposta alle stringenti regole poste dalla normativa di settore; pertanto, non sembrerebbe ragionevole invocare insopprimibili esigenze di tutela della salute soltanto per i presidi appartenenti ad un ente pubblico (106). 6. Conclusioni. Limpostazione del Consiglio di Stato appare condivisibile proprio perch -come sostenuto anche dalla Corte dei conti - dovrebbe essere cura di ogni interprete procedere secondo un approccio comunitariamente orientato a fronte di una legislazione (quella di cui alla legge del 1968) entrata in vigore ben prima della stabilizzazione del processo comunitario di formazione del diritto dei servizi pubblici (107). In proposito, non sembra superfluo sottolineare che i giudici europei hanno ribadito lautonomia organizzativa della Pubblica Amministrazione anche locale per quanto concerne lesercizio dei compiti di sua pertinenza (108). In conclusione, la scelta di una modalit di gestione rientrerebbe nelle esclusive e responsabili facolt discrezionali dei Comuni, anche in conformit al principio di sussidiariet verticale di cui allarticolo 118 della Costituzione; lEnte locale, seguendo un adeguato percorso procedimentale ed istruttorio, dovrebbe essere in grado di esercitare al meglio la discrezionalit che lordinamento gli riconosce (109). (106) T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 13 novembre 2013, n. 951, in www.dirittodeiservizipubblici.it. (107) Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, n. 489/2011/PAR, cit. (108) Corte di giustizia dellU.E., sez. III, 22 dicembre 2010, n. C-215/09, p.to 31, in Foro amm.- CdS, 2010, p. 2589 e ss. (109) J. BERCELLI, Lattivit consultiva dellAGCM sullaffidamento in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica: il caso delle farmacie comunali, in Sanit pubblica e privata, 2012, n. 8, p. 68. DOTTRINA 319 Inoltre, laffidamento in concessione a terzi non crea di per s un vulnus di tutela per i cittadini/utenti del servizio, in quanto, se vero che il gestore deve essere posto nella condizione di svolgere lattivit in modo imprenditoriale, avendo cio lopportunit di conseguire un utile, lo stesso tenuto ad ottemperare ad una serie di obblighi. In primo luogo, il servizio farmaceutico, alla stregua di qualsiasi altro servizio pubblico, caratterizzato dal principio di doverosit, dal momento che anche i concessionari hanno il compito di garantire lerogazione del servizio secondo criteri quantitativi e qualitativi predeterminati. Il servizio deve, inoltre, essere caratterizzato dal principio della continuit, non potendo essere interrotto arbitrariamente, e della parit di trattamento, avendo tutti gli utenti pari diritto ad accedere al servizio. Va inoltre considerato che i Comuni di dimensioni non rilevanti difficilmente hanno in organico il personale abilitato alla gestione di una farmacia n potrebbero assumerlo, viste le restrizioni normativamente imposte alle spese per il personale (110). Viceversa, la scelta di affidare il servizio ad imprese private in forma societaria ovvero a societ miste favorirebbe il coinvolgimento delle professionalit necessarie e potrebbe anche garantire, profitti ai Comuni, i quali potrebbero, dunque, fare affidamento sullattivit delle farmacie in termini di ritorno economico, in un momento storico particolarmente delicato dal punto di vista delle risorse (111). Pertanto, fermo restando che sarebbe auspicabile un intervento legislativo che ponga fine alla frammentazione normativa e alle numerose incertezze tuttora esistenti, si ritiene di poter ragionevolmente affermare che lEnte locale, anche affidando a terzi mediante gara la gestione della farmacia comunale, sarebbe in grado di assicurare ai cittadini/utenti/assistiti un servizio di qualit (112). Ci naturalmente a condizione che il bando della procedura ad evidenza pubblica enuclei i criteri di valutazione dellofferta tecnica dando peso sia alla proposta di gestione della farmacia sia alla sua funzionalit secondo parametri (110) Medesimi problemi si pongono nellipotesi in cui il Comune intendesse optare per la costituzione di unazienda speciale. Cfr. S. MONZANI, Levoluzione della disciplina in tema di gestione delle farmacie comunali, in LAmministrazione Italiana, 2011, n. 11, p. 1494. (111) D. VALERIO, La gestione societaria delle farmacie comunali tra crisi e opportunit, 2012, in www.filodiritto.com. LAutore riporta i dati di Federfarma (cfr. www.federfarma.it) e della Bancadati AIDA - Bureau Van Dijk (cfr. www.aida.bvdep.com) sulle societ di capitali nel settore farmaceutico e invita, tra laltro, a riflettere sulla circostanza che, da un lato, la forma societaria offrirebbe maggiori possibilit di accesso al credito, pi flessibilit e maggiore capacit di rispondere alle domande e al dinamismo del mercato, dallaltro lato, istituire una societ comporterebbe pi alti costi, anche in termini di regolazione, e maggiori rischi finanziari per lEnte locale. (112) Cfr. Autorit garante della concorrenza e del mercato, Adunanza del 15 luglio 2009 AS 563, in www.agcm.it. che mirano a premiare lefficienza del servizio e la sua capacit di tutelare la salute. Al contempo, bisognerebbe evitare di cadere nellerrore di dare una patente di efficienza economica al meccanismo delle pubbliche gare (113), in quanto la gara non offre di per s la soluzione a tutti i mali. Come evidenziato anche dai giudici amministrativi, il Comune dovrebbe riservarsi la possibilit di indirizzare e controllare le concrete modalit di espletamento stipulando un adeguato contratto di servizio con il gestore, che preveda, tra laltro, idonei meccanismi sanzionatori in caso di inadempimento (114). In proposito, va avvertito che lindividuazione delle sanzioni e la loro successiva applicazione deve essere improntata a prudenza, dal momento che, da un lato, penali troppo basse non riuscirebbero a svolgere unefficace azione deterrente, dallaltro, penali troppo elevate risulterebbero poco credibili. Inoltre, la concreta esecuzione delle stesse potrebbe causare un sensibile peggioramento del clima di collaborazione tra concedente e concessionario. Nel caso poi in cui si valuti se inserire nel contratto di servizio la sanzione pi grave della risoluzione per inadempimento, va tenuto in debito conto la circostanza che avviare una nuova procedura per selezionare un contraente alternativo pu rivelarsi costoso e che, quanto pi alto il costo di transazione che il concedente dovrebbe sopportare, tanto meno credibile risulterebbe la minaccia della risoluzione per il concessionario (115). Si potrebbe allora puntare a collegare le possibilit di partecipare ad una gara alla qualit del servizio reso precedentemente. Si tratterebbe di non ammettere ad una procedura competitiva gestori che, in precedenza, nel periodo di erogazione del servizio, abbiano accumulato un numero di reclami superiore ad una certa soglia o non abbiano rispettato gli impegni contrattuali assunti con lAmministrazione (116). Le previsioni appena illustrate, vincolando il gestore privato allesecuzione di prestazioni utili alla collettivit ivi comprese le fasce pi deboli della popolazione, sarebbero, a parere di chi scrive, idonee a prevenire il rischio di vanificare la ratio pubblicistica sottesa allesercizio della prelazione comu (113) M. LIBERTINI, Le societ di autoproduzione in mano pubblica, in F. GUERRERA (a cura di), Le societ a partecipazione pubblica, Torino, 2010. (114) Sulla natura e le potenzialit del contratto di servizio, cfr. ex multis M. SEBASTIANI, Il contratto di servizio, in www.sipotra.it. (115) vero, peraltro, che lEnte locale potrebbe rivolgersi allimpresa che sia risultata seconda nella procedura competitiva, risparmiando cos il tempo e i costi necessari allespletamento della nuova procedura selettiva. Peraltro, fermo restando che potrebbe non esserci un secondo classificato, si riscontrerebbero delle criticit anche in tal caso, perch si dovrebbe sospendere, sia pure per un breve periodo, il pubblico servizio. (116) Cfr, in proposito le riflessioni di G.L. ALBANO, A. HEIMLER, M. PONTI, Concorrenza, regolazione e gare nei servizi pubblici locali: il trasporto pubblico locale, in Mercato concorrenza regole, vol. 46, f. 1, 2014. chiaro, per, che, perch questi meccanismi possano operare efficacemente, bisognerebbe prevedere modalit corrette e condivise di misurazione della soddisfazione degli utenti/assistiti. DOTTRINA 321 nale - ammesso che questultimo sia effettivamente motivato da una valutazione della meritevolezza degli interessi in gioco (117) e dellinadeguatezza del mercato nuova e diversa rispetto a quella che, come visto, determina ab origine la sottoposizione dellattivit farmaceutica al regime del servizio pubblico (118). Non pu, infatti, sottacersi che il fatto che i farmacisti privati concorrano con gli Enti locali alla costituzione di unorganizzazione strumentale di cui il servizio sanitario si avvale per erogare il servizio pubblico farmaceutico (119), significa che il legislatore ha gi valutato lidoneit dei privati, purch in possesso dei necessari requisiti professionali, a svolgere efficacemente il servizio di distribuzione dei farmaci, senza pregiudizi per la tutela del fondamentale diritto alla salute (120). (117) Il Consiglio di Stato, nella citata sentenza n. 5587 del 2014, ha affermato che le esigenze di carattere sociale che nel tempo hanno determinato listituzione di numerose farmacie comunali sono state oggi (in gran parte) in concreto superate in numerosi comuni, che ritengono ancora utile listituzione (o la sopravvivenza) di farmacie comunali solo per ragioni meramente economiche. In proposito, si osserva anche che la Corte dei conti (sez. controllo Regione Lombardia, parere n. 196/2009, in www.corteconti.it) ha chiarito che lEnte locale deve comunque valutare lassegnazione alla luce del necessario rispetto del patto di stabilit e delle limitazioni in ordine alla spesa del personale, gravando sullente lobbligo di attenta valutazione dellopportunit di tale scelta e dellattuazione di modalit gestionali che assicurino equilibrio e solidit finanziaria anche in prospettiva. (118) Riconducono ad un quadro unitario lattivit svolta dai farmacisti privati e quella delle farmacie sulle quali i Comuni abbiano esercitato il diritto di prelazione, dubitando anche della conformit alla normativa europea di tale ius prelationis D. DE GRAZIA, E MENICHETTI, Il servizio farmaceutico e le forme di gestione delle farmacie comunali, cit. (119) La posizione delle farmacie comunali non significativamente diversa dalle altre: T.A.R. Umbria, 16 febbraio 2000, n. 142, cit; cfr. anche M. GOLA, Farmacia e farmacisti, voce in Dig. Disc. Pubbl., 1991, VI, p. 231 e ss. (120) Cfr. Autorit di Vigilanza sui contratti pubblici, ora Autorit Nazionale Anticorruzione, deliberazione n. 15 del 23 aprile 2014, cit. La primazia negli organi collegiali pubblici: un tema da approfondire Gabriele Pepe* SOMMARIO: 1. Il fenomeno collegiale nei suoi tratti distintivi - 2. La posizione di preminenza formale del presidente quale coordinatore dei lavori del collegio - 3. Ambito applicativo della primazia e suoi elementi caratterizzanti - 4. Le funzioni tipiche della primazia: Natura, tratti distintivi e vicende applicative - 4.1. Convocazione delle riunioni - 4.1.1. Omessa convocazione dell'adunanza a fronte della richiesta del prescritto numero di componenti - 4.2. Formulazione dell'ordine del giorno - 4.3. Direzione dei lavori - 4.4. Polizia delle sedute - 5. Gli episodi di preminenza sostanziale del presidente sugli altri componenti: Cause principali - 5.1. La contestuale posizione di organo monocratico del presidente - 5.2. Il possesso di specifici requisiti soggettivi per la preposizione allufficio presidenziale - 5.3. Le modalit di scelta del presidente - 5.4. L'assenza di un potere di revoca del presidente da parte dei componenti del collegio - 5.5. I poteri presidenziali di sovraordinazione. 1. Il fenomeno collegiale nei suoi tratti distintivi. Ciascun organo collegiale identifica un congegno a struttura pluripersonale attraverso il quale si realizza il ponderato esercizio di una pubblica funzione (1). Se vero che ogni collegio si compone di pi membri, non altrettanto vero che ogni forma di plurisoggettivit si identifichi necessariamente in un'istituzione collegiale; occorre in tal senso un quid pluris rinvenibile nella c.d. finalit deliberativa; tale requisito in grado, infatti, di differenziare gli organi collegiali dai corpi meramente eligenti (2). La ratio della collegialit si identifica nella "presunzione che il bonum com (*) Avvocato in Roma, Ricercatore di Diritto Amministrativo presso lUniversit degli Studi Guglielmo Marconi. Studio tratto dal volume La primazia negli organi collegiali pubblici di GABRILE PEPE, Editoriale Scientifica, Napoli, 2014 (Ricerche giuridiche - Collana diretta da A. CELOTTO, F. LIGUORI, L. ZOPPOLI). (1) ARNDTS K.L., Lehrbuch der Pandekten, XIV ed., Stuttgart, 1850-1852, a cura della Pfoff, ed. Hofmann, trad. it. Serafini, IV ed., Bologna, 1887, p. 72. Con riferimento al numero minimo di componenti vige da sempre il principio del "tres faciunt collegium" che risale a Nerazio Prisco, (vedasi anche L. 16. 85 Dig., De verborum significatione, Marcello, 50,16) in base al quale ogni istituzione, per definirsi collegiale, deve essere formata, quantomeno al momento della sua costituzione, da un numero di componenti non inferiore a tre, preferibilmente in numero dispari. In giurisprudenza, ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 14 marzo 1962, n. 257, in Foro amm. 1962. Cons. Stato, sez. IV, 2 agosto 2011, n. 4573, in www.giustamm.it, secondo il quale "duo non faciunt collegium". Contra Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2000, n. 15056, in www.cortedicassazione.it. (2) Tipico esempio di corpo meramente eligente dato dal corpo elettorale. Sul punto gi PALMA L., Corso di diritto costituzionale, vol. II, II ed., Firenze, 1881, pp. 140-157. BRAUNIAS K., Das Parlamentarische Wahlrecht, vol. II, Berlin-Leipzig, 1932, pp. 127-131. FURLANI S., voce Collegio elettorale, in Noviss. Dig. it., vol. III, Utet, 1959, p. 473. Ad ogni modo anche un organo collegiale pu eccezionalmente svolgere unattivit eligente in occasione dell'elezione del proprio presidente. DOTTRINA 323 mune, che in linea di principio la mano pubblica deve perseguire, sia meglio raggiunto dal confronto di pi persone, che portando nelle determinazioni il frutto di esperienze e di visioni diverse, possono meglio interpretare il giusto" (3). convincimento diffuso che la collegialit, e pi in generale la pluripersonalit, affondi le proprie radici gi nel diritto romano (4). Il fenomeno collegiale si successivamente sviluppato negli studi sulle collettivit intese come associazioni e come enti, trovando poi nell'esperienza canonistica una delle elaborazioni pi compiute (5). In special modo il sistema amministrativo italiano del XX sec. registra una significativa espansione degli organi collegiali (6) sino alla fine degli anni Novanta (7). Il collegio, quale "unit organica", va tenuto distinto dalle singole persone che lo compongono, sicch la volont collegiale, costituita dalla volont della maggioranza, autonoma dalle volont dei singoli membri che ad essa concorrono (8). L'istituzione collegiale, infatti, un'unit a s, donde "il collegio trascende e supera le persone che lo compongono, e vi si contrappone" (9). Trattasi, pertanto, di una "nuova entit volitiva", di "un corpo permanente e sempre identico malgrado il cangiare dei suoi membri" (10). Ogni istituzione collegiale si fonda sul principio canonistico dell'unitas actus ossia sulla triplice unit di tempo, luogo e azione di tutti i componenti (11), i quali possono correttamente operare solo ove simultaneamente riuniti per il perseguimento di una comune finalit deliberativa (12). Tra i caratteri (3) CACCIAVILLANI I.-MANZI L., La collegialit amministrativa, Istituto editoriale Regioni italiane, Roma, 2000, p. 21. In giurisprudenza, a titolo esemplificativo, Tar Lazio, sez. II, 14 febbraio 1995, n. 172, in Foro amm. 1995, I, p. 1342. (4) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit. Secondo l'Autore una delle prime manifestazioni della collegialit nel diritto romano si rinviene nell'istituto giuridico del condominio che, a sua volta, mutua la propria disciplina dal c.d. consortium (fra sui heredes). (5) Per un excursus storico del fenomeno collegiale dal diritto romano sino ai tempi moderni VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit. GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit. (6) MIELE G., voce Collegio amministrativo, in Noviss. Dig. it., Torino, 1959, p. 471: "Numerose e varie sono le apparizioni che il fenomeno della collegialit fa nell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli altri enti pubblici, correlativamente al verificarsi di quelle esigenze cui si ritiene rispondente in via assoluta o relativa la struttura collegiale di un organo". MARONGIU G., L'attivit direttiva nella teoria giuridica dell'organizzazione, op. cit. (7) Il ridimensionamento degli organi collegiali in favore degli organi monocratici inizia con la l. 15 marzo 1997, n. 59 e prosegue successivamente con la l. 6 agosto 2008, n. 133. (8) In dottrina, tra i primi, BRACCI M., La proposta in diritto amministrativo: contributo allo studio delle manifestazioni di volont della pubblica amministrazione, Athenaeum, Roma, 1925. (9) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit. (10) GIERKE O., Die Genossenschaftstheorie und die deutsche Rechtsprechung, Berlin, 1887. (11) A riguardo VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit. (12) Nell'odierno contesto storico il principio dell'unitas actus realizzabile in diverse forme grazie all'utilizzo di nuove tecnologie che consentono la partecipazione a distanza dei componenti alle adunanze del collegio. generali della collegialit possibile annoverare, inoltre, la temporaneit del- l'investitura e la non delegabilit della funzione (13). In ogni collegio legislativo, amministrativo o giurisdizionale un ruolo fondamentale rivestito dal presidente quale figura necessaria; nella attivit di coordinamento orizzontale egli opera come primus inter pares, rivestendo una posizione di primazia dal contenuto tipico e indefettibile; del resto, al presidente sono conferiti peculiari poteri strumentali al corretto andamento delle riunioni. Tali poteri si identificano nelle funzioni amministrative di convocazione delle adunanze, formulazione dell'ordine del giorno, direzione dei lavori, polizia delle sedute. Un'importante classificazione distingue i collegi perfetti o reali (14) dai collegi imperfetti o virtuali. Nei collegi perfetti o reali richiesta la partecipazione di tutti i componenti assegnati, sono istituiti membri supplenti (15) e risultano vietate forme di astensione al momento del voto; inoltre sono, di regola, composti da un numero dispari di componenti per scongiurare situazioni di parit nella votazione. A differenza dei collegi imperfetti o virtuali, non assolvono ad una funzione compositoria di interessi concorrenti ed antagonisti, essendo viceversa unico e predeterminato l'interesse da realizzare. Ad ogni modo, la distinzione tra collegi perfetti o reali e collegi imperfetti o virtuali non sembra avere particolari ricadute sulla figura organizzatoria della primazia (16). Uno dei tratti qualificanti il fenomeno della collegialit si rinviene nel principio di reciproca equiordinazione di tutti componenti, cui l'ordinamento assegna eguali prerogative e funzioni sostanziali (17). In tale contesto ben si inquadra la (13) Ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 14 maggio 1997, n. 719, in Cons. Stato 1997, I, p. 783. (14) In giurisprudenza, ex multis, Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 1961, n. 62, in Foro amm. 1961. Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 1961, n. 181, in Foro amm. 1961. Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 1987, n. 230, in Cons. Stato 1987. Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 543, in www.giustizia-amministrativa.it. In dottrina, tra i tanti, VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 88. VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit. (15) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit. VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit. In giurisprudenza, ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2005, n. 1112, in www.giustizia-amministrativa.it. Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2007, n. 400, in www.giustamm.it. Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2011, n. 3363, in www.giustizia-amministrativa.it. (16) Infatti, la summa divisio tra collegi perfetti o reali e collegi imperfetti o virtuali non idonea ad incidere sulle funzioni tipiche della primazia n sulla vexata quaestio della preminenza formale o anche sostanziale del presidente sugli altri componenti. (17) Sul principio di uguaglianza che ispira le relazioni infra-collegiali, tra i tanti, ZANOBINI G., Corso di diritto amministrativo, vol. III, Lorganizzazione amministrativa, op. cit. MIELE G., Principii di diritto amministrativo, II ed., Cedam, Padova, 1953, ristampa Cedam, Padova, 1966. DAGTOGLOU P., Kollegialorgane und Kollegialakte der Verwaltung, op. cit. MORTATI C., Istituzioni di diritto pubblico, IX ed., op. cit., secondo cui nell'ambito di ciascun organo collegiale si rinverrebbero pi persone "chiamate (...) ad agire come unit, essendo la volont dei singoli unificata nel collegio cui ogni membro partecipa in condizioni di parit e di inseparabilit". DOTTRINA 325 primazia, quale posizione di preminenza meramente formale, che si articola in una serie di funzioni di impulso e coordinamento, strumentali al corretto funzionamento del collegio; funzioni, dunque, di carattere esclusivamente procedurale che qualificano il presidente in termini di primus inter pares (18). Quanto alla disciplina applicabile alle istituzioni collegiali, essa in parte eteronoma, imposta cio ab externo da norme legislative e in parte autonoma in quanto dettata dal collegio stesso nell'esercizio di una potest regolamentare di tipo organizzatorio (19). Tuttavia, oltre ad una disciplina positivamente codificata, si rintracciano alcuni principi generalmente applicabili, anche nel silenzio del diritto positivo (20). In altre parole trattasi di principi inespressi ricavabili da un'interpretazione sistematico-deduttiva di discipline di settore e successivamente estesi attraverso un procedimento analogico a tutti gli organi collegiali (21). Questo fenomeno interessa, ad ogni modo, pochi principi api (18) VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit. CACCIAVILLANI I.-MANZI L., La collegialit amministrativa, op. cit. CASSESE S., Le basi del diritto amministrativo, VI ed., op. cit. FRANCHINI C., L'organizzazione, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. CASSESE, Diritto amministrativo generale, Tomo I, II ed., op. cit. D'ORSOGNA M., Le strutture organizzative, in Diritto amministrativo, a cura di F.G. SCOCA, II ed., op. cit., pp. 43-46: "Il Presidente, infatti, titolare di (ulteriori) poteri (strumentali) finalizzati al funzionamento del collegio e non a determinare il contenuto delle deliberazioni". SCIULLO G., L'organizzazione amministrativa. Principi, op. cit., p. 91: "I componenti hanno piena parit di diritti e doveri (...). Non costituisce eccezione il Presidente del collegio, in rapporto ai poteri strumentali (volti ad assicurare il funzionamento del collegio: convocazione, fissazione dell'ordine del giorno, direzione dei lavori) di cui dotato, avendo egli, ai fini dell'assunzione delle delibere del collegio, la medesima posizione degli altri componenti". (19) GIANNINI M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, I ed., Milano, 1981, II ed. agg. a cura di A. MIRABELLI CENTURIONE, op. cit., p. 56: "Non sempre le norme disciplinano in modo completo l'organizzazione dei collegi, ma convincimento diffuso che, per principio, ogni collegio possa adottare regolamenti interni di organizzazione e di funzionamento". In giurisprudenza, a titolo esemplificativo, Cons. Stato, sez. VI, 28 dicembre 1993, n. 1043, in Cons. Stato 1993, I, p. 1699. (20) Per quanto concerne l'esistenza di principi apicali comuni a tutti gli organi collegiali GIANNINI M.S., Recensione a L. Galateria, Gli organi collegiali amministrativi, op. cit., p. 206. L'Autore ritiene che "le regole giuridiche concernenti la struttura e l'azione degli organi collegiali non siano unitarie se non ai vertici, e quindi disciplinino una parte circoscritta della materia relativa; e che proseguano poi invece differenziandosi a seconda dei vari tipi di organi collegiali che si dovrebbero reperire". (21) Ad esempio per la determinazione dei poteri presidenziali di direzione dei lavori o di polizia delle sedute possono trovare applicazione le disposizioni del Regolamento della Camera dei Deputati. Ci non esclude ovviamente l'applicazione, concorrente o alternativa, di ulteriori e diverse discipline nei limiti di compatibilit con le peculiari caratteristiche di ciascun collegio. Con riferimento alla tematica della analogia giuridica, senza pretese di completezza, BOBBIO N., L'analogia nella logica del diritto, Giappichelli, Torino, 1938. GIANNINI M.S., L'analogia giuridica, in Jus, 1941. BOSCARELLI M., L'analogia giuridica, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954. CAIANI L., voce Analogia (teoria generale), in Enc. dir., vol. II, Milano, 1958. GIANFORMAGGIO L., L'analogia giuridica, in Studi senesi, 1985. CARCATERRA G., voce Analogia (teoria generale), in Enc. giur. Treccani, vol. I, Roma, 1988. ROMEO F., Analogia: per un concetto relazionale di verit nel diritto, Cedam, Padova, 1990. MODUGNO F., Appunti per una teoria generale del diritto. La teoria del diritto oggettivo, Giappichelli, Torino, 2000. D'ALESSANDRO G., voce Analogia, in Diz. dir. pubbl., vol. I, diretto da S. CASSESE, Giuffr, Milano, 2006. cali, essendo per il resto carente una disciplina organica del variegato mondo della collegialit pubblica (22). 2. La posizione di preminenza formale del presidente quale coordinatore dei lavori del collegio. Nell'articolata famiglia delle figure organizzatorie la primazia una figura di originale equiordinazione che si applica alle relazioni tra l'ufficio di presidente e l'ufficio di componente nellambito degli organi collegiali. A tali uffici interni sono preposte le persone fisiche del presidente e degli altri componenti. Lirrinunciabilit dellufficio presidenziale testimoniata dalla previsione di meccanismi di sostituzione del presidente in caso di assenza o impedimento (23). Il presidente , altres, membro semplice del consesso, venendo ad assumere, al contempo, la titolarit di due uffici secondo le regole proprie di ciascun ordinamento collegiale. La iuris figura della primazia si esprime, in via ordinaria, in una posizione di preminenza meramente formale del presidente sugli altri componenti. Il ruolo di primus inter pares (24) si manifesta attraverso lesercizio di alcune funzioni tipiche (convocazione delle riunioni, formulazione dell'ordine del giorno, direzione dei lavori, polizia delle sedute), teleologicamente orientate ad assicurare il funzionamento del collegio (25); funzioni che risultano, del resto, contrassegnate dalla strumentalit rispetto al corretto andamento dei la (22) CACCIAVILLANI I.-MANZI L., La collegialit amministrativa, op. cit., p. 25. Secondo l'Autore "nell'ordinamento sempre mancata una norma organica sulla collegialit". (...) Le regole fondamentali pi vicine ad una disciplina generale e sistematica erano quelle relative ai collegi degli organi di governo del Comune, il Consiglio Comunale e la Giunta contenuti nel T.U. della legge comunale del 1915. (...) Da tali disposizioni la giurisprudenza amministrativa aveva tratto le regole generali della collegialit, facendo sempre salve le eventuali disposizioni proprie del singolo collegio". La normativa citata stata sostituita dalla l. 142/1990 e successivamente dal D.lgs. 267/2000. "I principi contenuti nella legislazione comunale citata continuano a sopravvivere - oltre che come norma eventuale, in mancanza di specifica disciplina statutaria del funzionamento degli organi collegiali comunali (...) - come norma generale di riferimento per la collegialit, ove non sia diversamente disposto per il singolo collegio, sia da fonte esterna allo stesso, sia da fonte regolamentare interna". (23) In proposito CIANFLONE A., La supplenza nelle funzioni amministrative, Giuffr, Milano, 1955, p. 52. (24) Concordano, da ultimi, sull'adozione di tale espressione VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit. CACCIAVILLANI I.-MANZI L., La collegialit amministrativa, op. cit., p. 76: "Il presidente ha ruolo di primus inter pares e funzione di indire le riunioni dell'organo, redigendone l'ordine del giorno con la scelta degli argomenti da portarne all'esame e alla discussione, oltre che di convocarne le sedute. (...) Il presidente ha di solito anche la polizia delle sedute, dando o togliendo la parola ai componenti e disciplinando l'andamento della discussione e delle votazioni". CAVALLO B., Teoria e prassi della pubblica organizzazione, op. cit., p. 185: "Ed ecco, da ultimo, la particolarissima figura del presidente: generalmente un primus inter pares, eletto dai membri del collegio, con la specifica mansione di assicurare il regolare funzionamento dell'ufficio, operando al riguardo mediante la convocazione dello stesso, con la predisposizione delle sedute, ovvero delle sinonime adunanze, in cui deliberare una serie di pratiche, la cui articolazione definita nell'ordine del giorno". DOTTRINA 327 vori nonch dalla natura formale-procedurale che le rende, normalmente, inidonee ad incidere sull'autonomia decisionale degli altri componenti. Il significato giuridico della primazia si discosta dal valore ad essa attribuito nel linguaggio comune ove le viene riconosciuto il diverso significato di "preminenza", "supremazia", "superiorit", derivando dal latino medioevale "primatia" (m) da "primus-primatis" (primate) (26). Apparentemente il concetto di primo tra pari sembra essere contraddittorio (27). Se vi un primo (il presidente) gli altri componenti vengono dopo di lui (secondo, terzo), ci denotando una differenziazione inconciliabile, prima facie, con l'asserita posizione paritaria di tutti i membri del consesso. Tale diversit poi accentuata dall'attribuzione al presidente di poteri eterogenei (anche se strumentali) rispetto agli altri componenti, che ne contrassegnano ruolo ed attivit. In realt, la primazia, quale posizione di preminenza formale del presidente sugli altri membri, non pu essere adeguatamente compresa senza una previa analisi delle relazioni infra-collegiali. Gli organi collegiali sono composti, di regola, da una pluralit di persone fisiche, titolari dell'ufficio di componente semplice. A fronte dell'identit del titolo di investitura, i membri del consesso vengono a collocarsi in una posizione di reciproca pariordinazione, donde il riconoscimento in capo a ciascuno di essi di eguali prerogative sostanziali (28). A prima vista una simile impostazione dei rapporti collegiali rischierebbe di pregiudicare il funzionamento del consesso, qualora non si attribuisse ad uno dei membri un'autonoma e distinta potest di coordinamento dei lavori; a questo specifico ruolo preposta la figura del presidente cui viene conferita, necessariamente, una posizione di (25) In argomento VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. Secondo l'Autore "la posizione del presidente, essendo funzionalmente diversa rispetto a quella degli altri componenti il collegio, sostanzia delle potest, che con formula organizzatoria possono anche essere definite come di primazia, finalizzate a permettere il funzionamento del collegio". (...) Inoltre "tale posizione comporta dei poteri che attengono al funzionamento e non alla determinazione della volont del collegio". (26) Nell'odierno contesto storico la locuzione primazia al di fuori della collegialit utilizzata in tutt'altro significato per descrivere, generalmente, la prevalenza delle fonti giuridiche dell'ordinamento europeo sulle fonti giuridiche degli ordinamenti nazionali. (27) In proposito PETTITI D., Note sul presidente dell'Assemblea di societ per azioni, in Studi in onore di Alberto Asquini, III, Cedam, Padova, 1965, p. 1487: "La formula primus inter pares intimamente contraddittoria: pariteticit e priorit nella pariteticit (o primazia, come stata chiamata) appaiono infatti concetti contrapposti, seppure in grado minore di quanto avvenga nella relazione pariteticit-subordinazione". (28) Contra PICCIONE A., Regole della collegialit, in I fondamenti dell'organizzazione amministrativa, a cura di G. MORBIDELLI, Dike, Roma, 2010, pp. 227-228: "Non vero sino in fondo che il collegio deve essere sempre composto da soggetti in posizione paritaria. Infatti, talvolta il presidente dispone di poteri propri che ineriscono non solo alla conduzione e al buon andamento dei lavori, ma anche all'assunzione della decisione finale, cio alla trasformazione delle plurime volont in un atto di paternit dell'organo collegiale. Inoltre, non sono rari i casi di collegi in cui taluni membri mancano di alcuni diritti o facolt e, tuttavia, devono considerarsi senz'altro componenti". primazia al fine di assicurare il corretto svolgimento delliter collegiale (29). dobbligo, a questo punto, domandarsi se tali poteri presidenziali rappresentino un quid pluris oppure, viceversa, un quid aliud rispetto ai poteri assegnati agli altri membri del consesso. Accedendo alla prima tesi sarebbe difficile non riconoscere al presidente una posizione di sovraordinazione, per la maggior ampiezza delle funzioni a lui conferite. Da preferirsi , viceversa, l'orientamento che conferisce al presidente funzioni differenti, per tipologia e finalit, dalle funzioni spettanti a ciascun componente. All'obiezione secondo la quale da tale differenziazione discenderebbe la rottura delle relazioni di equiordinazione, possibile rispondere argomentando come siffatte funzioni rivestano natura formale, procedimentale, e strumentale al corretto ed efficace svolgimento dei lavori; esse non incidono in modo sostanziale sulla formazione della volont collegiale e sulla autonomia degli altri componenti. Del resto, la posizione di primazia o di primus inter pares ricoperta dal presidente esprime una posizione di mera priorit tra pari, necessaria per il soddisfacimento della finalit deliberativa. Diversamente, ove in un collegio, pubblico (30) o privato (31), non si attribuissero al presidente tali peculiari funzioni, la pariordinazione di tutti i componenti condurrebbe, certamente, alla paralisi dei lavori (32). (29) FRANCHINI C., L'organizzazione, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. CASSESE, Diritto amministrativo generale, Tomo I, II ed., op. cit. Ad avviso dell'Autore si ha primazia "quando tra pi organi od uffici posti in una situazione paritaria ve ne uno che, per taluni fini particolari, assume una posizione prevalente: il caso, tra gli altri, del presidente di un collegio, il quale, oltre ad avere gli stessi poteri degli altri membri, ne ha anche altri, pi specifici, quali quelli di convocazione, di ordine e di direzione dei lavori". VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. (30) In dottrina, recentemente, PICCIONE A., Regole della collegialit, in I fondamenti dell'organizzazione amministrativa, a cura di G. MORBIDELLI, op. cit., p. 247: "L'esistenza di un presidente in ogni collegio amministrativo un fatto necessario. Di pi: non esiste organo collegiale nel nostro ordinamento il cui statuto non preveda la figura presidenziale". In giurisprudenza trattasi di un principio da sempre pacifico; (ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 10 giugno 1975, n. 573, in Foro amm. 1975). (31) Pur nella consapevolezza delle differenze intercorrenti tra la collegialit pubblica e la collegialit privata, occorre ricordare l'esistenza di taluni principi apicali comuni a qualsivoglia collegio. Tra questi si annovera il principio di indefettibilit dell'ufficio di presidente cui spettano funzioni strumentali allordinato svolgimento delle sedute. Con riferimento alla figura del presidente di Assemblea nelle societ per azioni SALANITRO N., Il presidente dell'assemblea nelle societ di capitali, in Riv. soc. 1961. SCOTTI CAMUZZI V., I poteri del presidente di assemblea di societ per azioni, in Riv. int. sc. econ. e comm. 1963. PETTITI D., Note sul presidente dell'Assemblea di societ per azioni, in Studi in onore di Alberto Asquini, op. cit., p. 1477. PACIOTTI V., Osservazioni intorno alla natura e funzioni del presidente dell'assemblea, in Temi, 1966. MALATESTA LAURINI A., Il presidente di assemblea di societ per azioni, Napoli, 1988. MORANO A., Il presidente dell'assemblea di societ per azioni, in Le societ 2000. LAURINI G., Poteri e responsabilit nella formazione delle delibere assembleari, Edizioni scientifiche, Napoli, 2003. MASSA FELSANI F., Il ruolo del presidente nell'assemblea della s.p.a., Giuffr, Milano, 2004. ALAGNA S., Il presidente dell'assemblea nella societ per azioni, Giuffr, Milano, 2005. (32) TREVES G., L'organizzazione amministrativa, op. cit., p. 46, secondo il quale "chi si distacca fondamentalmente dagli altri componenti, pure rimanendo sotto vari aspetti ad essi parificato, il presidente. (...) Al presidente mette praticamente capo l'organizzazione del collegio, elemento indispensabile per il funzionamento di quest'ultimo". DOTTRINA 329 Da tali considerazioni emerge chiaramente come la figura organizzatoria della primazia rappresenti un congegno giuridico idoneo ad assicurare impulso, regolarit ed efficacia al procedimento collegiale, permettendo altres di superare momenti di paralisi o di conflitto pregiudizievoli per l'attivit deliberativa del consesso. 3. Ambito applicativo della primazia e suoi elementi caratterizzanti. d'obbligo, a questo punto, focalizzare l'attenzione sull'ambito applicativo della primazia nonch sui suoi elementi caratterizzanti, evidenziandone i principali aspetti. L'ambito applicativo della primazia risulta circoscritto negli organi collegiali pubblici alle relazioni tra presidente e componenti; d'altronde la prima- zia, quale figura di originale equiordinazione, ricomprende nel proprio nucleo le sole prerogative esercitate dal presidente quale coordinatore delle sedute; prerogative che, normalmente, non incidono, se non in via riflessa, sull'autonomia degli altri componenti e sul contenuto della decisione finale. La primazia si concilia, cos, perfettamente con il principio della pariordinazione di tutti i componenti; una pariordinazione che, non traducendosi in una perfetta uguaglianza di poteri, tollera una differenziazione delle funzioni presidenziali per assicurare il corretto svolgimento dei lavori. Tali funzioni, a carattere amministrativo-discrezionale, si identificano generalmente nella convocazione delle riunioni, formulazione dell'ordine del giorno, direzione dei lavori, polizia delle sedute. Due elementi ne plasmano in profondit struttura e obiettivi: Da un lato, la natura strettamente formale- procedurale, dallaltro, il vincolo teleologico che ne orienta lesercizio al fine di garantire il funzionamento delle adunanze (33). Il primo ed il secondo elemento evidenziano linidoneit di tali funzioni ad incidere in modo sostanziale sulla formazione della volont collegiale, con ricadute sullautonomia degli altri componenti; del resto, anche ove lo svolgimento dei compiti di primus inter pares sfoci in provvedimenti a contenuto (33) Sulla strumentalit dei poteri del presidente in seno agli organi collegiali GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit. VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit. VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. ZUELLI F., Le collegialit amministrative, op. cit. VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit.: "Il presidente cumula una duplice funzione: come membro del collegio ha le attribuzioni di tutti gli altri componenti, come presidente risulta titolare dei poteri strumentali necessari per lo svolgimento dell'attivit dell'ufficio collegiale". CACCIAVILLANI I.-MANZI L., La collegialit amministrativa, op. cit. CASSESE S., Le basi del diritto amministrativo, op. cit.: "Il presidente di un collegio ha gli stessi poteri degli altri membri ma in pi ne ha alcuni strumentali". D'ORSOGNA M., Le strutture organizzative, in Diritto amministrativo, a cura di F.G. SCOCA, II ed., op. cit., p. 46: "Il Presidente titolare di (ulteriori) poteri (strumentali) finalizzati al funzionamento del collegio e non a determinare il contenuto delle deliberazioni". SCIULLO G., L'organizzazione amministrativa. Principi, op. cit., p. 91. decisorio, ci accadr con il solo obiettivo di risolvere situazioni di impasse o di conflitto pregiudizievoli per il soddisfacimento della finalit deliberativa. La natura formale-procedurale e strumentale dunque, orienta e al contempo limita lesercizio delle funzioni del presidente quale primus inter pares. Conseguentemente, le funzioni che connotano in senso tipico la iuris figura della primazia sono in grado di esprimere una posizione di preminenza formale del presidente nell'alveo di una relazione di equiordinazione con gli altri componenti del collegio. 4. Le funzioni tipiche della primazia: Natura, tratti distintivi e vicende applicative. La figura organizzatoria della primazia esprime in ciascun organo collegiale pubblico una relazione di originale equiordinazione tra l'ufficio di presidente e gli uffici di componente. La peculiarit di questa iuris figura risiede in ci, che nonostante la reciproca pariordinazione tra tutti i membri sono attribuiti all'ufficio presidenziale specifici e distinti poteri che ne diversificano ruolo e funzioni (34); poteri di coordinamento orizzontale che incasellano, tuttavia, il presidente in una posizione di preminenza meramente formale rispetto agli altri componenti. Tale apparente disuguaglianza non altera, del resto, lo schema della primazia quale figura di originale equiordinazione, poich, in via ordinaria e salvo eccezioni, le funzioni esercitate dal presidente risultano strumentali al corretto svolgimento dei lavori e non incidono, in modo sostanziale, sull'autonomia decisionale degli altri componenti. In altri termini il contenuto tipico della primazia si articola in una serie di funzioni che, di regola, non trascendono in poteri sostanziali di merito tali da condizionare la libera formazione della volont collegiale. Esclusivamente all'interno di questi confini il presidente pu considerarsi un primus inter pares, con compiti di mero impulso e coordinamento dei lavori. Come visto, non tutte le prerogative del presidente sono idonee ad inscriversi nella figura giuridica della primazia, ma solo un ristretto numero di esse (35); tali funzioni si identificano, pi precisamente, nella convocazione delle riunioni, formulazione dell'ordine del giorno, direzione dei lavori, polizia delle sedute; le si analizzer partitamente nel prosieguo. (34) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit. VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit. VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit. CROSETTI A., voce Organi, in Dig. disc. pubbl., vol. X, Utet, Torino, 1995, pp. 460 e ss., spec. p. 467: "La funzione di presidenza assicura l'osservanza delle leggi e garantisce l'ordine e la regolarit dell'attivit collegiale, con appositi atti posti in essere prima e dopo le riunioni del collegio (fissazione dell'ordine del giorno, convocazione, discussione, votazione, firma dei verbali, ecc..). Spesso i presidenti degli organi collegiali dispongono altres di una posizione e competenza propria come organo individuale e autonoma rispetto agli altri organi (v. Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente della Giunta regionale ecc..)". DOTTRINA 331 Occorre a questo punto interrogarsi sulla natura, discrezionale o vincolata, di tali funzioni, poich dalla risposta fornita al quesito discende l'individuazione di differenti rimedi in caso di patologia. Preme innanzitutto evidenziare come nell'ambito di tutti i collegi pubblici le funzioni che connotano in senso tipico il contenuto della primazia presidenziale abbiano normalmente carattere discrezionale; e ci a prescindere dalla natura legislativa, amministrativa o giurisdizionale dell'organo collegiale in rilievo. L'esercizio di tali funzioni , conseguentemente, caratterizzato da margini pi o meno ampi di scelta, necessari per assicurare il buon andamento dei lavori. Poich una perfetta e simmetrica pariordinazione tra tutti i componenti rischierebbe di pregiudicare la piena funzionalit del consesso, necessario riconoscere al presidente particolari poteri di valutazione e decisione in vista del perseguimento della finalit deliberativa. La discrezionalit presidenziale si configura, pertanto, quale ordinario ed indispensabile modo d'essere delle funzioni tipiche della primazia; una discrezionalit che risulta, comunque, presidiata da vincoli e cautele, diversi di collegio in collegio, che ne circoscrivono ambito ed intensit applicativa, per scongiurare forme di incondizionata libert ed assoluto arbitrio da parte del presidente (36). Ad ogni modo l'ubi consistam della discrezionalit si identifica, pur sempre, in un ambito di scelta e di ponderazione (37), generalmente non sindacabile dal collegio, dai suoi componenti n da altri organi, in assenza di espresse disposizioni di diritto positivo (38). (35) possibile inferire per deduzione da alcuni ordinamenti collegiali taluni principi di carattere generale, applicabili analogicamente a tutti i consessi pubblici. Uno di essi il principio della necessaria istituzione dell'ufficio presidenziale, quale ufficio deputato al coordinamento orizzontale delle attivit del collegio; fa da corollario a tale principio il riconoscimento in capo al presidente di una posizione di primazia o di preminenza formale, che si esprime attraverso alcune funzioni amministrative tipicamente predeterminate. Tali funzioni sono esperibili da ogni presidente anche in assenza di una puntuale disposizione di diritto positivo. (36) In proposito VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit. ALAGNA S., Il presidente dell'assemblea nella societ per azioni, op. cit., p. 45, secondo cui la discrezionalit nell'esercizio delle funzioni presidenziali non deve significare "mero arbitrio, ma, al contrario, possibilit di scegliere - secondo raziocinio, prudenza ed efficienza - nell'ambito delle regole date". Pi in generale sui limiti della funzione amministrativa PIRAINO S., La funzione amministrativa fra discrezionalit e arbitrio, Giuffr, Milano, 1990. (37) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., p. 156, secondo cui il legislatore "talvolta interviene disponendo che l'iniziativa debba essere presa dal solo presidente, che pu valutare l'opportunit della riunione, e non dai singoli componenti che non sono ad essa legittimati (ad es. nei collegi di contitolari di competenze)". ALAGNA S., Il presidente dell'assemblea nella societ per azioni, op. cit., pp. 45 e 49: "Non pu certo dubitarsi che per l'assolvimento delle sue mansioni gli sia attribuita una certa sfera di discrezionalit" (...). Il presidente, infatti, "attinge le proprie prerogative dall'ordinamento" e per tale motivo "pu ribadirsi che autonomia e discrezionalit costituiscono i caratteri portanti della sua funzione". (38) evidente come l'esigenza di funzionalit del consesso postuli il riconoscimento in capo al presidente di un margine di discrezionalit nell'assolvimento dei compiti tipici della posizione di primazia. Ciascun ordinamento collegiale pu, tuttavia, modulare la discrezionalit presidenziale, restrin Non escluso, tuttavia, che i vari ordinamenti collegiali introducano prescrizioni cos stringenti da vincolare l'esercizio di talune funzioni presidenziali, azzerando conseguentemente qualsivoglia margine di discrezionalit. Si pensi, ad esempio, alle ipotesi di autoconvocazione in cui dalla richiesta vincolante di un tot numero di componenti (39) discenda in capo al presidente l'obbligo di convocazione dell'adunanza. In tali fattispecie, dunque, il presidente, non esercitando alcun potere discrezionale, sar tenuto conseguentemente a convocare il consesso, in ragione della natura vincolata del relativo atto amministrativo (40). Con particolare riferimento alle attivit amministrative vincolate si pone la vexata quaestio dei rimedi esperibili a fronte dell'illegittima inerzia del presidente. La tematica risulta di palpitante attualit sia in ambito teorico sia in sede applicativa, data la frequente assenza di espliciti rimedi in diritto positivo (41). Infatti molti ordinamenti collegiali, pur prevedendo atti vincolati, non gendola od ampliandola, in ragione della natura dell'organo e delle finalit perseguite. Pu accadere, ad esempio, che siano previste forme di condivisione di una funzione tra presidente, collegio e componenti, con l'individuazione espressa di appositi strumenti tesi alla risoluzione di eventuali conflitti. (In proposito GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. II, op. cit., p. 184. Le norme di ciascun ordinamento collegiale possono prevedere "eventuali rimedi allo strapotere del Presidente sia attribuendo ai componenti del collegio il potere di appellarsi contro alcune sue decisioni al collegio stesso e sia dividendo l'esercizio di alcuni poteri tra questi ultimi e il Presidente"). Viceversa, a fronte del silenzio della normativa vigente, l'ampia discrezionalit delle funzioni che connotano la primazia non consente, se non in casi particolari, forme di sindacato o controllo sugli atti del presidente. (39) ORLANDO V.E., voce Consiglio comunale, in Dig. it., Torino, 1895-1898. VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit. LA TORRE M., Il Comune in regime democratico: studi e questioni in materia d'amministrazione locale, Firenze, 1953. GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. I, op. cit., p. 16: "Ora, se le richieste di convocazione non avessero effetto vincolante, il fine per cui sono state espressamente previste dal legislatore sarebbe pienamente frustrato in quanto l'organo cui esse sono dirette potrebbe a suo arbitrio continuare nel suo comportamento negativo diretto ad evitare o ritardare la convocazione del collegio". GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., pp. 157-158: L'efficacia vincolante della richiesta "si desume dalle disposizioni legislative che di volta in volta la prevedono. Queste infatti hanno lo scopo di porre un rimedio alla negligenza del presidente del collegio, al quale la richiesta rivolta; e tale scopo non potrebbe essere raggiunto se non si riconoscessero gli effetti vincolanti. Perci il presidente non libero di accogliere o non accogliere la richiesta, ma deve provvedere in conformit, con la possibilit di impugnativa nel caso di provvedimento difforme". (40) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. II, op. cit., p. 194: "Le funzioni presidenziali si possono distinguere in vincolate o discrezionali ed in funzioni esercitabili su sua iniziativa o su richiesta". (41) Rappresentano uneccezione i Consigli comunali e provinciali; in proposito l'art. 39 co. II del D.lgs. 267/2000 testualmente recita: "Il presidente del consiglio comunale o provinciale tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo allordine del giorno le questioni richieste". Aggiunge poi il co. V che "in caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto", quale organo preposto al controllo degli enti locali. Trattasi di una delle poche disposizioni sulla collegialit che prevede un espresso rimedio contro l'omissione del presidente nell'ipotesi di richiesta (vincolante) di convocazione da parte del prescritto numero di componenti. DOTTRINA 333 prescrivono, contestualmente, alcuno strumento idoneo a contrastare il silenzio presidenziale. evidente, tuttavia, come in omaggio ai principi di par condicio e di preminenza solo formale del presidente, un rimedio debba pur desumersi dal sistema della collegialit attraverso un'esegesi logico-sistematica dalle norme, scritte e non, che ne governano il funzionamento. Qualora, viceversa, non si ritenesse necessario individuare alcun rimedio in ipotesi di omissione, si dovrebbe coerentemente sostenere la sovraordinazione dell'ufficio presidenziale rispetto all'ufficio di membro semplice del collegio; una soluzione profondamente in contrasto con i principi che disciplinano il fenomeno collegiale. Si rinvia al prosieguo della trattazione una pi approfondita disamina dei rimedi ammissibili. 4.1. Convocazione delle riunioni. convincimento diffuso che la convocazione, quale atto idoneo ad attivare liter collegiale, debba contenere l'invito a partecipare alle sedute per la discussione e votazione degli argomenti all'ordine del giorno (42). Del resto, tale atto di impulso consente l'introduzione degli interessi da ponderare e graduare ai fini della scelta deliberativa. In ciascun organo collegiale la convocazione delle adunanze rappresenta una delle funzioni generali (43), a contenuto discrezionale, attraverso cui si manifesta la posizione di primazia o preminenza formale del presidente. Tale funzione, per la sua natura formale e per la strumentalit rispetto al buon andamento dei lavori, non idonea ad incidere in modo sostanziale sulla formazione della volont collegiale n sullautonomia decisionale degli altri componenti (44). Normalmente la convocazione atto del presidente anche se "talora essa operata dalla legge" mentre altre volte "spetta a terzi, o iure proprio o per surrogazione"; sono, d'altronde, queste ultime "le possibili variet della c.d. (42) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. I, op. cit., p. 1. MIELE G., voce Adunanza, in Noviss. Dig. it., vol. I, Utet, Torino, 1957. GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., pp. 155 e ss. VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 245. VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. ZUELLI F., Le collegialit amministrative, op. cit. VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit. (43) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., p. 155: Secondo lAutore il principio della convocazione un principio consustanziale al fenomeno stesso della collegialit; le regole particolari che disciplinano la convocazione "sono cos insite e immanenti nella attivit deliberante compiuta da una pluralit di persone (collegio)" e "possono definirsi regole naturali della convocazione. Esistono infatti a prescindere da qualsivoglia riconoscimento legislativo, il quale, se ricorre, rivolto soltanto a delimitarle e a disciplinarle in relazione alle varie categorie dei collegi o in rapporto a un particolare collegio". (44) A ben vedere, poi, tra le varie funzioni che connotano in senso tipico la figura organizzatoria della primazia la convocazione sembra essere tra le meno incisive, sia perch antecedente alla riunione del collegio sia perch spesso riconosciuta, in via concorrente, anche a soggetti diversi dal presidente (il legislatore, altre autorit, un prescritto numero di componenti). eteroconvocazione" (45). La funzione di convocazione pu, dunque, essere riconosciuta al presidente ora in modo esclusivo ora in concorso con altre figure soggettive (46). Mentre le forme di eteroconvocazione sono oggetto di previsione tassativa (47) in base al principio di autonomia degli organi collegiali, assumono viceversa carattere generale "le forme di intraconvocazione, nelle quali il potere di convocazione compete a membri facenti parte dell'organo" (48) e, segnatamente, al presidente che viene a trovarsi in una posizione di primazia formale rispetto agli altri componenti. Una speciale tipologia di intraconvocazione , poi, la c.d. autoconvocazione (49) che si verifica nell'ipotesi in cui la seduta debba convocarsi su richiesta di un prescritto numero di componenti. In caso, poi, di omissione del presidente, nel silenzio del diritto po (45) VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 245. (46) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., p. 156: Il legislatore "talvolta interviene disponendo che l'iniziativa vada esercitata previo accordo e non isolatamente, intendendo cos limitare la valutazione dell'opportunit della riunione, nel senso di non affidarla a un solo componente ma ad un gruppo di componenti, d'accordo tra di loro (cos ad es. nei Consigli comunale e provinciale, i consiglieri possono richiedere la convocazione se raggiungono il numero di un terzo); talvolta interviene disponendo che l'iniziativa debba essere presa dal solo presidente, che pu valutare l'opportunit della riunione, e non dai singoli componenti che non sono ad essa legittimati". (47) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., p. 156: "In determinati collegi, e per soddisfare particolari esigenze, la convocazione pu essere sollecitata anche da soggetti estranei. Quando ci ricorre, lo si desume dal diritto positivo o dai principi speciali di un determinato ordinamento: talvolta lo stesso legislatore stabilisce la data della riunione se si tratta di collegi che svolgono attivit di particolare interesse per la vita, politica o amministrativa, della collettivit (...); talvolta l'ente o l'organo che hanno provveduto alla costituzione del collegio, nominando i relativi membri, possono prendere l'iniziativa fino a quando il presidente viene designato (...); talvolta l'organo che esercita il controllo sul collegio si sostituisce al presidente nel convocare l'assemblea alla quale sottopone affari di particolare importanza". (48) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. I, op. cit., p. 6. (49) A riguardo VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 246: "Meno chiara la vicenda della autoconvocazione, che l'unica ipotesi possibile - oltre quella normale della convocazione presidenziale - di intraconvocazione. L'autoconvocazione, si dice, avviene a richiesta di un certo numero di membri; l'atto del gruppo di componenti del collegio pu per configurarsi sia come richiesta in senso proprio, seguita da un atto vincolato del presidente (nel qual caso in carenza di tale atto non dovrebbe ritenersi possibile la regolare costituzione del collegio), sia come atto di convocazione autosufficiente a tale effetto (nel qual caso esso mal definito richiesta), eventualmente seguito da un atto di accertamento o di comunicazione del presidente". Contra VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 117: "Taluno parla in tal caso di un'autoconvocazione del collegio, ma sembra un'espressione inesatta, perch occorre insomma sempre la convocazione formale ad opera della presidenza e soltanto questa pu essere a ci costretta dalla domanda di un certo numero di membri. Certo che con questo sistema si d il mezzo ai membri del collegio, quando raggiungono un certo numero, di porre in moto colla loro istanza l'attivit del collegio, onde il collegio non , per cos dire, un corpo inerte che attenda ogni iniziativa dall'infuori di esso, ma ha un interno congegno che ne permette la convocazione allorch il bisogno ne sia sentito dai suoi componenti". Del medesimo avviso MANNINO A., Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, Giuffr, Milano, 1973, pp. 92-93. GALATERIA L.-STIPO M., Manuale di diritto amministrativo, III ed., op. cit. In giurisprudenza in senso conforme gi Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 1955, n. 319, in Cons. Stato 1955. DOTTRINA 335 sitivo, occorrer individuare nel sistema uno o pi rimedi surrogatori, attivabili su istanza degli interessati (50). Infatti, anche se in questa fattispecie latto di convocazione ha caratteri vincolati, lintermediazione del presidente appare comunque necessaria, non potendo i componenti sostituirsi a lui direttamente, salvo disposizioni di segno contrario. Latto di convocazione deve contenere l'indicazione di data, luogo e argomenti della riunione (51) al fine di consentire un'informata partecipazione a tutti i componenti del consesso. Salvi i casi di convocazione ex lege (52) o di richiesta vincolante di quota parte del collegio, la determinazione di ciascuno di tali elementi rimessa necessariamente alla valutazione discrezionale, ancorch congrua e ragionevole, del presidente. L'atto di convocazione va, infine, tenuto concettualmente distinto dall'avviso di convocazione (53). 4.1.1. Omessa convocazione dell'adunanza a fronte della richiesta del prescritto numero di componenti. Come visto, le funzioni tipiche della primazia presidenziale hanno natura amministrativa e carattere discrezionale. Ciononostante ogni ordinamento collegiale pu, con disposizione espressa ed al ricorrere di prescritte condizioni, renderne vincolato l'esercizio. Si pensi all'ipotesi in cui il presidente, a fronte (50) Non sempre risulta agevole, a causa del ricorrente silenzio della normativa vigente, individuare l'organo, esterno o interno, giurisdizionale o para-giurisdizionale, competente a sostituire il presidente nella convocazione delladunanza e nella fissazione del relativo ordine del giorno. La questione presenta profili problematici, in quanto l'intromissione di un organo esterno rischia di compromettere l'autonomia del collegio e, pi in generale, dell'istituzione in cui esso incardinato. (51) VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 115: Secondo lAutore quanto al tempo di convocazione pei collegi pubblici vՏ il sistema delle sessioni. (52) VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 114: Vi sono legislazioni le quali in taluni casi ammettono una convocazione ipso iure, cio fissano il tempo, il luogo e loggetto della riunione del collegio, indipendentemente dalla necessit di un apposito atto. In queste ipotesi un eventuale atto di convocazione del presidente avr valore meramente ricognitivo. Con precipuo riferimento alle Assemblee parlamentari, in caso di convocazione di diritto di una Camera (art. 62 co. I Cost.) oppure nell'ipotesi di convocazione straordinaria dell'altra Camera (art. 62 co. II e co. III Cost.) "spetta al presidente della assemblea (...) l'iniziativa della convocazione, per la quale tuttavia possono sussistere vincoli formali nell'an, nel tempus e negli argomenti da trattare" (CIAURRO G.F., voce Ordine del giorno, in Enc. dir., vol. XXX, Milano, 1980, p. 1022). In argomento anche LONGI V., voce Convocazione della Camera, in Rass. parlam., I, 1959. ARGONDIZZO D., Sull'autoconvocazione in senso stretto, in Forum quad. cost., 2006. DI CESARE R., Convocazione straordinaria e convocazione di diritto delle Camere, in Forum quad. cost., 2006. (53) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., p. 159. Pi in generale sulla comunicazione degli atti amministrativi DANIELE N., L'atto amministrativo recettizio, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 4, 1953. OTTAVIANO V., La comunicazione degli atti amministrativi, Giuffr, Milano, 1953. Secondo l'Autore "la comunicazione si pone quindi come atto autonomo rispetto a quello comunicato e che ha perci una sua propria rilevanza giuridica da cui discendono effetti diversi da quelli prodotti dall'atto oggetto della comunicazione". GIAMPICCOLO G., La dichiarazione recettizia, Giuffr, Milano, 1959. GARDINI G., La comunicazione degli atti amministrativi: uno studio alla luce della legge 7 agosto 1990, n. 241, Giuffr, Milano, 1996. della richiesta di convocazione avanzata da un determinato numero di componenti, sia obbligato dalla normativa vigente a convocare il consesso (54), previo controllo formale di legittimit della richiesta (55). Pu accadere in concreto che il presidente, pur essendovi giuridicamente tenuto, ometta il compimento dell'atto (vincolato) di convocazione (56), dando vita ad una disfunzione amministrativa (57), idonea a paralizzare l'attivit del collegio. Tale fattispecie si inquadra, a pieno titolo, nel pi ampio fenomeno della c.d. autoconvocazione dell'organo collegiale. Una dottrina (minoritaria) opina nel senso che tale locuzione ricomprenderebbe non solo ipotesi di convocazione ad opera del presidente ma anche casi di convocazione diretta da parte di una frazione di componenti (58). Una soluzione che, ad un attento esame, si palesa (54) VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit.: "Il potere di convocare il collegio spetta di regola al presidente, che peraltro sovente tenuto ad effettuarla ove lo richieda un certo numero di membri". (55) Trattandosi di atto vincolato, il controllo del presidente deve circoscriversi ad una verifica di mera legittimit formale riguardante: La sussistenza del quorum prescritto per la richiesta di convocazione; la competenza del collegio a discutere degli argomenti inseriti all'ordine del giorno. Ogni altra valutazione preclusa, sicch il presidente potr legittimamente non convocare nelle sole ipotesi in cui la richiesta provenga da un numero di soggetti inferiore al numero minimo prescritto o vengano inseriti all'ordine del giorno argomenti ultronei rispetto alle attribuzioni del collegio. (56) La vincolatezza dell'atto presidenziale di convocazione, a fronte della richiesta del prescritto numero di componenti, trae conferma da locuzioni quali "il presidente deve", "il presidente tenuto", "il presidente convoca". Sul punto gi GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., pp. 157-158 secondo cui la natura vincolata della richiesta discende dallo scopo "di porre un rimedio alla negligenza del presidente del collegio, al quale la richiesta rivolta; e tale scopo non potrebbe essere raggiunto se non si riconoscessero gli effetti vincolanti. Perci il presidente non libero di accogliere o non accogliere la richiesta, ma deve provvedere in conformit, con la possibilit di impugnativa nel caso di provvedimento difforme". Pi in generale sulla richiesta con efficacia vincolante SANDULLI A.M., Il procedimento amministrativo, Giuffr, Milano, 1940. (57) Sull'omesso o cattivo esercizio delle funzioni amministrative GASPARRI P., Corso di diritto amministrativo, vol. I, Zuffi, Bologna, 1956. (58) VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 246: "Meno chiara la vicenda della autoconvocazione, che l'unica ipotesi possibile - oltre quella normale della convocazione presidenziale - di intraconvocazione. L'autoconvocazione, si dice, avviene a richiesta di un certo numero di membri; l'atto del gruppo di componenti del collegio pu per configurarsi sia come richiesta in senso proprio, seguita da un atto vincolato del presidente (nel qual caso in carenza di tale atto non dovrebbe ritenersi possibile la regolare costituzione del collegio), sia come atto di convocazione autosufficiente a tale effetto (nel qual caso esso mal definito richiesta), eventualmente seguito da un atto di accertamento o di comunicazione del presidente". MAZZIOTTI DI CELSO M., voce Parlamento (principi generali e funzioni), in Enc. dir., vol. XXXI, Milano, 1981, p. 777: "In caso di inerzia del Presidente, la convocazione potrebbe avvenire per iniziativa - tale la parola espressamente usata dalla Costituzione - dei soggetti cui essa attribuisce questo potere. Un argomento che viene confermato anche dal Regolamento della Camera che riproduce il testo dell'art. 62 Cost.: si risolverebbe il problema con una forma di autoconvocazione diretta da parte dei soggetti legittimati senza alcuna intermediazione di un atto formale del Presidente di Assemblea". Contra VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 117, il quale ritiene sempre necessaria l'intermediazione del presidente attraverso un suo formale atto di convocazione. GALATERIA L.-STIPO M., Manuale di diritto amministrativo, III ed., op. cit. In giurisprudenza, ex plurimis, Corte Conti, 20 dicembre 1995, n. 31, in Riv. Corte Conti, fasc. 6, 1995, p. 17. DOTTRINA 337 in contrasto con i principi generali in tema di organi collegiali. Infatti, in assenza di espresse disposizioni abilitanti, un intervento surrogatorio dei componenti, finalizzato alla convocazione dell'adunanza in luogo del presidente, colliderebbe con il principio di necessaria istituzione dell'ufficio presidenziale. Dall'obbligatoriet della figura presidenziale per esigenze di funzionalit del consesso discende il divieto di riconoscere, in via generale, ad altri membri un potere di convocazione diretta delle riunioni. Una simile ipotesi potrebbe, semmai, configurarsi eccezionalmente, ove una norma di diritto positivo la prevedesse expressis verbis configurando una fattispecie di convocazione ex lege (59). La ricorrenza negli ordinamenti collegiali delle locuzioni "su richiesta", "richiede" dimostra, viceversa, la necessit di un atto di intermediazione del presidente, che pertanto sar obbligato a provvedere alla convocazione in senso conforme alla richiesta (60). La stessa giurisprudenza, nelle rare ipotesi in cui si occupata della vicenda, ha confermato tale soluzione (61); di conseguenza non attualmente ammissibile, in via generale, una convocazione diretta dei componenti, in assenza di una disposizione ad hoc che la contempli espressamente. Inoltre, le normative vigenti, nei casi di richiesta di convocazione da parte del prescritto numero di componenti, non prevedono alcun rimedio dinanzi all'inerzia del presidente; infatti nell'ipotesi di inadempimento dell'obbligo di provvedere, vi incertezza sullo strumento azionabile per ripristinare il regolare funzionamento del collegio. Del resto, anche se l'omissione risulta penalmente sanzionata dall'art. 328 co. II c.p. (62), evidente come tale misura non (59) Nelle ipotesi di convocazione ex lege (o di diritto) l'ordinamento giuridico a stabilire direttamente ed in via preventiva la data di convocazione, al precipuo fine di porre un rimedio a inerzie ed omissioni del presidente, idonee a paralizzare l'attivit deliberativa del consesso. Tali ipotesi sono contemplate da espresse disposizioni statutarie o regolamentari in alcuni Consigli regionali. (A riguardo MACCABIANI Codeterminare senza controllare. La via futura delle assemblee elettive regionali, Giuffr, Milano, 2010). (60) Una convocazione autosufficiente da parte del prescritto numero di componenti sarebbe ammissibile ove il singolo ordinamento collegiale utilizzasse, per esempio, le locuzioni "convoca", "convocano", "pu convocare", "possono convocare", "possono provvedere direttamente alla convocazione"; noto il brocardo latino "ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit". Attualmente l'unico caso di autoconvocazione in senso stretto, ammissibile in quanto disposta direttamente dalla legge, si rinviene nell'art. 66 disp. attuaz. c.c. La norma prevede che in via straordinaria l'Assemblea del condominio possa essere convocata dall'amministratore "su richiesta di almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio". Inoltre "decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione". (61) Si veda, a titolo esemplificativo, Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 1955, n. 319, in Cons. Stato 1955, cit., che muovendo dall'esegesi dell'art. 235 l. 4 febbraio 1915, n. 148 in materia di enti locali ha considerato inefficace l'autoconvocazione del Consiglio provinciale non seguita da un esplicito atto del presidente. (62) Il presidente del collegio un pubblico ufficiale in quanto esercita funzioni amministrative; conseguentemente trova applicazione il delitto di cui all'art. 328 c.p. rubricato "Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione". La disposizione al co. II segnatamente recita: "Fuori dei casi previsti dal primo comma, il consenta di superare l'impasse provocato dal negligente od ostruzionistico comportamento del presidente. Le medesime esigenze che presiedono all'istituzione dell'ufficio presidenziale impongono di ricavare dal sistema della collegialit uno o pi efficaci rimedi; ci sia per assicurare il costante funzionamento dell'organo sia per tutelare la situazione giuridica di interesse legittimo dei richiedenti. Una volta riconosciuta la necessit di uno o pi rimedi, occorre individuarne tipologia e caratteri, chiarendo successivamente presso quale organo siano esperibili, di volta in volta, anche in considerazione delle differenti caratteristiche dei collegi pubblici. Un primo rimedio potrebbe rinvenirsi nel- l'applicazione analogica della disposizione di cui all'art. 2367 co. II c.c., in tema di S.p.a. (63), che prevede, su ricorso degli interessati, la convocazione dell'Assemblea da parte del presidente del Tribunale civile territorialmente competente (recte Tribunale nella formulazione novellata) in caso di rifiuto (e a fortiori omissione) del presidente del collegio (64). La disposizione conferisce, dunque, ai componenti che ne facciano richiesta il potere di ricorrere ad un organo giurisdizionale esterno, per ottenere ope iudicis la convocazione dell'adunanza con formulazione del relativo ordine del giorno. Un intervento, dunque, di natura sostitutiva ammesso dall'ordinamento a tutela delle legittime pretese dei richiedenti. In questo modo, a seguito della presentazione del ricorso, il Tribunale potrebbe convocare con decreto la seduta, surrogando il presidente nel compimento dell'atto vincolato; tale rimedio, espressamente previsto per i collegi privati suscettibile di applicazione analogica in tutti i collegi pubblici che non contemplino in situazioni analoghe alcuno strumento giuridico. pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa". Con riferimento alla previsione di un obbligo di convocazione penalmente sanzionato, in dottrina, GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. PRINCIVALLE S., Gli organi elettivi del Comune e della Provincia, Noccioli, Firenze, 1980. In giurisprudenza si veda, a titolo esemplificativo, Pretura di Bassano del Grappa, 27 febbraio 1981, in G. mer. 1982. (63) L'art. 2367 co. II c.c. testualmente recita: "Se gli amministratori o il consiglio di gestione, oppure in loro vece i sindaci o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, non provvedono, il tribunale, sentiti i componenti degli organi amministrativi e di controllo, ove il rifiuto di provvedere risulti ingiustificato, ordina con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla". Per approfondimenti si rinvia ai contributi di LAURINI G., Il presidente di assemblea di societ per azioni, op. cit. ALAGNA S., Il presidente dell'assemblea nella societ per azioni, op. cit. CENDON P. (a cura di), Commentario al codice civile, artt. 2484-2510, Giuffr, Milano, 2010. (64) Con riferimento alla convocazione dell'Assemblea delle S.p.a. fa notare FICO D., La convocazione dell'assemblea su richiesta dei soci di minoranza, in Le societ, fasc. 10, 2009, come sussista in capo al presidente l'obbligo di procedere alla convocazione dell'Assemblea a seguito della richiesta della minoranza dei soci; "obbligo che, tuttavia, incontra un limite nella legittimit o nella estraneit alle funzioni dell'assemblea degli argomenti proposti". DOTTRINA 339 Un secondo (possibile) rimedio, di natura giurisdizionale, esperibile in via alternativa al ricorso al Tribunale civile, pu individuarsi nell'azione avverso il silenzio ex artt. 31 e 117 c.p.a. (65). L'ammissibilit di tale azione, proponibile dinanzi al TAR contro l'omissione presidenziale, sarebbe suffragata dall'esistenza delle prescritte condizioni di legge per la formazione del silenzio inadempimento, segnatamente, rinvenibili nell'esercizio di una funzione amministrativa, nell'inadempimento di un obbligo di provvedere e, da ultimo, nella presenza di un'attivit vincolata. Dall'applicazione delle disposizioni del c.p.a. discende il riconoscimento di una potest sostitutiva del giudice amministrativo che si esplica nell'adozione, diretta o tramite commissario ad acta, dell'atto di convocazione omesso. In altri termini su istanza degli interessati, il TAR potrebbe convocare, in luogo del presidente, la riunione collegiale, formulandone il relativo ordine del giorno. Si fa notare come il rimedio dinanzi al giudice amministrativo, forse pi del ricorso al Tribunale civile, si adegui meglio alla natura ontologicamente amministrativa delle funzioni presidenziali. Dalla sua applicazione discende, coerentemente, la possibilit di ripristinare il corretto funzionamento del procedimento collegiale, pur nel silenzio del diritto positivo, attraverso un rimedio a carattere generale, trasversalmente applicabile a qualsivoglia organo collegiale. (65) Ai sensi dell'art. 31 c.p.a. "decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse pu chiedere laccertamento dellobbligo dellamministrazione di provvedere. Lazione pu essere proposta fintanto che perdura linadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento". (...) Inoltre "Il giudice pu pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attivit vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalit e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dallamministrazione". L'art. 117 c.p.a. prescrive, poi, che il "ricorso avverso il silenzio proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all'amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all'articolo 31, comma 2. Il ricorso deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all'amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni. Il giudice nomina, ove occorra, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata". In dottrina sul generale rimedio del- l'azione avverso il silenzio della pubblica amministrazione si rinvia ai contributi di VIOLA L., Le azioni avverso il silenzio della p.a. nel nuovo codice del processo amministrativo: aspetti problematici, in www.giustamm.it. CENTOFANTI N., La nuova disciplina del silenzio della P.A.: comportamenti inadempienti, tutela amministrativa e giurisdizionale, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2011. GUACCI C., La tutela avverso l'inerzia della pubblica amministrazione secondo il Codice del processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2012. MIGNONE C.-VIPIANA P.M., Manuale di giustizia amministrativa, Cedam, Padova, 2012. TRAVI A., Lezioni di giustizia amministrativa, X ed., Giappichelli, Torino, 2012. GALLO C.M., Manuale di giustizia amministrativa, VI ed., Giappichelli, Torino, 2012. JUSO R., Lineamenti di giustizia amministrativa, V ed., a cura di R. ROLLI, Giuffr, Milano, 2012. ROLLI R., La voce del diritto attraverso i suoi silenzi: tempo, silenzio e processo amministrativo, Giuffr, Milano, 2012. SASSANI B.-VILLA R., Il codice del processo amministrativo: dalla giustizia amministrativa al diritto processuale amministrativo, Giappichelli, Torino, 2012. MONETA G., Elementi di giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2013. CORRADINO M.-STICCHI DAMIANI S., Il processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2014. Potrebbe, tuttavia, obiettarsi come l'intervento esterno di un organo giurisdizionale sia idoneo a pregiudicare l'autonomia del collegio e dei suoi componenti; a questa obiezione possibile rispondere, sottolineando come le inadempienze del presidente integrino un fenomeno patologico non tollerabile dall'ordinamento, in quanto lesivo sia della par condicio fra componenti sia della configurazione in senso vincolato della funzione amministrativa. Inoltre l'ammissibilit di un rimedio sostitutivo sarebbe giustificata dalla primaria esigenza di ripristino della funzionalit dell'organo, compromessa dalla negligente ed ostruzionistica inerzia del presidente. chiaro, tuttavia, come la via del ricorso al Tribunale civile o al TAR non sia percorribile con riferimento a quelle istituzioni collegiali che, per espressa previsione o copertura costituzionale, godano di speciali forme di autonomia; si pensi alle Camere parlamentari ed alla Corte costituzionale. In tali istituzioni, ad esempio, l'omissione di un atto vincolato da parte del presidente di Assemblea, consente di esperire un rimedio sostitutivo esclusivamente presso un organo interno, nel rispetto delle guarentigie dell'autodichia (66) e degli interna corporis (67) costituzionalmente tutelate. 4.2. Formulazione dell'ordine del giorno. All'atto di convocazione si ricollega direttamente la formulazione dell'or (66) Sulla autodichia delle Camere parlamentari e della Corte costituzionale DI CIOLO V., voce Parlamento (organizzazione e procedure), in Enc. dir., vol. XXXI, Milano, 1981, p. 852: "Si sostiene comunemente che l'autodichia delle Camere trovi la propria giustificazione nell'indipendenza degli organi costituzionali, nella preminenza del Parlamento, nella divisione dei poteri. A ben vedere si tratta di un unico principio: quello, appunto, cos detto della divisione dei poteri". OCCHIOCUPO N., voce Autodichia, in Enc. giur. Treccani, vol. IV, Roma, 1988. GRISOLIA M.C., L'autodichia della Corte costituzionale: una prerogativa di discutibile attualit, in L'organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale, Atti Convegno 1995, a cura di P. COSTANZO, Giappichelli, Torino, 1996. CONFORTI S., Brevi considerazioni sul principio dell'autodichia, in Giur.. it., n. 10, 2005. 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In vista del corretto e spedito svolgimento dell'adunanza, nell'atto di convocazione devono essere indicate le materie oggetto di discussione e la loro sequenza di esame, in modo da consentire a tutti i membri una consapevole partecipazione ai lavori del consesso (69). Quanto a legittimazione, la potest di redazione dell'ordine del giorno "spetta o alla legge - come quando essa convoca con oggetto prefissato gli organi collegiali di un ente - oppure spetta al soggetto che opera la convocazione, normalmente il presidente" (70). Nella maggior parte dei casi, dunque, l'ordine del giorno viene predisposto dal presidente ed inserito nell'atto di convocazione (71). Tale funzione discrezionale ha una latitudine variabile: Normalmente ampia negli organi collegiali politico-assembleari ed in quelli rappresentativi di interessi economico-professionali, minima e frequentemente vincolata nei collegi a composizione tecnica. La funzione presidenziale di formulazione dell'ordine del giorno, in alcuni casi espressamente previsti, risulta poi condivisa con il collegio (72) ed i suoi (68) In argomento, senza pretese di esaustivit, GALEOTTI U., Principii regolatori delle assemblee, op. cit. SPOTO S., voce Ordine del giorno, in Dig. it., vol. XVII, Torino, 1907-1908, pp. 992-998. MANFREDI F., voce Ordine del giorno, in Enc. giur. it., vol. XII, parte II, Milano, 1915. VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit. GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., pp. 161-162. FURLANI S., voce Ordine del giorno, in Noviss. Dig. it., vol. XII, Utet, 1965, pp. 112 e ss.. VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 250. VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. CIAURRO G.F., voce Ordine del giorno, in Enc. dir., op. cit., pp. 1019 e ss. ZUELLI F., Le collegialit amministrative, op. cit. VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit. LOLLI I., voce Ordine del giorno (Dir. pubbl.), in Enc. giur. Treccani, vol. XXI, Roma, 1990, p. 1. CAVALLO B., Teoria e prassi della pubblica organizzazione, op. cit. (69) In dottrina GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., pp. 161-162: "L'ordine del giorno consiste in una pronuncia diretta a predeterminare l'attivit del collegio attraverso la indicazione delle proposte da discutersi e l'ordine della trattazione. (...) Il programma degli affari proposti all'esame del collegio necessariamente richiesto affinch i componenti siano posti in grado di conoscere che cosa devono discutere e decidere. Se talvolta non richiesto, ci si giustifica in base al rilievo che il collegio, in particolari casi, istituito per esplicare una funzione deliberante solo su un determinato oggetto (per es. le commissioni di concorso). L'ordine del giorno non allora necessario, non potendo i componenti deliberare su argomenti diversi". In giurisprudenza, ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 5 giugno 1979, n. 427, in Cons. Stato 1979. Adun. Plen. Cons. Stato, 28 ottobre 1980, n. 40, in Foro amm. 1980, I, p. 1636. Cons. Stato, sez. V, 30 marzo 1994, n. 194, in Giur. it. 1995, III, 1, p. 233. Cons. Stato, sez. VI, 27 agosto 1997, n. 1218, in Cons. Stato 1997, I, p. 1121. (70) VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 251. (71) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. I, op. cit., p. 36: "L'ordine del giorno, di norma, predisposto dal Presidente del collegio (...) per quella potest direttiva che connaturata alla sua posizione". Ci non toglie che tale potere, insieme a quello di convocazione del collegio, sia affidato dalla legge a figure diverse dal presidente. (72) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. I, op. cit., p. 41. Secondo l'Autore frequentemente assegnato al collegio il potere di "invertire l'ordine di trattazione degli argomenti iscritti, salvo alcune precedenze ex lege (...) purch ricorrano giustificati motivi e l'inversione venga deliberata dall'assemblea". componenti (73), cui pu essere assegnato il potere di richiedere con efficacia vincolante (74) l'inserimento di taluni argomenti; conseguentemente il presidente vi sar tenuto, previo vaglio formale di ammissibilit della richiesta (75); ove non vi provvedesse potranno essere azionati rimedi surrogatori ricavabili, nel silenzio del diritto positivo, dal sistema della collegialit. Dalle considerazioni espresse emerge come la predeterminazione dell'ordine del giorno sia, funzione (esclusiva o concorrente) del presidente, ascrivibile alla di lui posizione di primazia o di primus inter pares. Tale funzione assume, certamente, una maggiore incisivit rispetto alla mera convocazione delle sedute per l'ampia discrezionalit che, di regola, ne connota la formulazione. Del resto, l'individuazione degli argomenti dell'adunanza tende a delimitare l'oggetto della discussione, orientando l'attivit collegiale su talune questioni e non su altre. La discrezionalit di tale funzione si manifesta, poi, nell'accoglimento delle istanze di inserimento di argomenti provenienti da altri componenti (76), salvo i casi in cui il presidente vi sia obbligato dalla richiesta vincolante di un prescritto numero di membri. Nonostante ci, l'esercizio della funzione di predisposizione dell'ordine del giorno si inquadra perfettamente nella iuris figura della primazia e, segnatamente, nella posizione di preminenza formale del presidente sugli altri componenti. Tale considerazione riceve conferma, in primo luogo, dalla natura formale, procedurale e strumentale della funzione rispetto al corretto svolgimento dell'iter collegiale; in secondo luogo dalla possibilit, frequentemente, riconosciuta, di un intervento a maggioranza del collegio in caso di dissenso del presidente alla inserzione di argomenti da parte di alcuni componenti. Pertanto nell'attivit di coordinamento dei lavori il presidente, lungi dal comprime l'autonomia decisionale dei singoli, tende, viceversa, a favorirla attraverso (73) VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit.: "Il potere di stabilire il contenuto dell'ordine del giorno spetta al titolare del potere di convocazione, e quindi al presidente; in certi casi la legge fissa direttamente gli oggetti dell'adunanza; a volte anche una parte dei componenti ha la potest di ottenere l'inserzione di un dato argomento, ma si tratta (secondo Giannini M.S.) di norme speciali". (74) CAVALLO B., Teoria e prassi della pubblica organizzazione, op. cit.: "La convocazione delle sedute e la stesura dell'o.d.g. sono prerogative tipiche del presidente: ma non mancano ipotesi normative in cui si prevede che l'inserimento di taluni punti nell'ordine del giorno possa essere obbligatoriamente richiesto da un certo quorum di membri del collegio, che in tal modo potranno notevolmente limitare l'autorit monocratica del presidente". (75) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. I, op. cit., pp. 37-39: "Le richieste d'inserzione nell'ordine del giorno, tranne che non si tratti di proposte provenienti, per esempio, da organi incompetenti o di materie assolutamente estranee alla competenza dell'organo collegiale (...) devono di consueto essere accolte. (...) Nel dubbio sulla legittimit o non delle proposte, il Presidente, a nostro avviso, deve sempre iscriverle salvo a sottoporre al collegio la legittimit dell'iscrizione stessa". (76) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., p. 162: I componenti del collegio "possono formulare determinate proposte che il presidente pu discrezionalmente valutare. All'uopo questi - a parte le ragioni di opportunit - deve tener conto se la proposta rientri o no nella sfera di attribuzione del collegio, e deve respingerla nel caso negativo, accoglierla nel caso contrario". DOTTRINA 343 l'esercizio di poteri che sollecitano la partecipazione e la discussione. D'altronde, qualsivoglia scelta arbitraria del presidente verrebbe disinnescata dal potere, sovente attribuito al collegio e ai suoi membri, di inserire nel corso della seduta, con l'assenso unanime di tutti i componenti in carica, nuovi argomenti (77) o di mutarne l'ordine di trattazione con l'approvazione della maggioranza dei presenti. 4.3. Direzione dei lavori. Lo svolgimento delle adunanze degli organi collegiali viene normalmente diretto dal presidente, quale coordinatore degli atti del procedimento (78). Anche nel silenzio del diritto positivo sono attribuiti a tale figura poteri di impulso, direzione e vigilanza dei lavori, trattandosi di poteri consustanziali allufficio di presidente ed alla relativa posizione di primus inter pares (79). La figura organizzatoria della primazia inquadra, del resto, il presidente in una posizione di preminenza formale nellambito di una relazione di pariordinazione con gli altri componenti del consesso (80). Come noto, liter collegiale si articola in una serie di fasi ed attivit (co (77) Ex multis Adun. Plen. Cons. Stato, 28 ottobre 1980, n. 40, cit. (78) In tema, tra i tanti, VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit. GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, op. cit. GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., p. 306: "La presidenza deve essere ricoperta dalla persona di volta in volta designata. Se viene ricoperta da una persona diversa, l'atto collegiale illegittimo. Talvolta si sostenuto che la buona fede della persona, che erroneamente abbia assunto la presidenza, sia sufficiente a sanare l'illegittimit. La tesi non pu essere condivisa: la particolare importanza che la figura del presidente assume in seno al collegio per l'affidamento in lui riposto, tale che egli non pu essere sostituito se non dal componente all'uopo designato e nei casi tassativamente previsti". VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit. TREVES G., L'organizzazione amministrativa, op. cit. VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit. CACCIAVILLANI I.-MANZI L., La collegialit amministrativa, op. cit. CAVALLO B., Teoria e prassi della pubblica organizzazione, op. cit. (79) VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 69: La potest del presidente di dirigere la discussione e di temperarne gli eccessi non deriva dal regolamento, ma dalla stessa necessit dellordinamento collegiale, dovendo lesercizio delle facolt di ciascuno dei membri venire necessariamente subordinato ad un potere direttivo se si vuol raggiungere lo scopo a cui esse sono dirette. In tema anche ZUELLI F., Le collegialit amministrative, op. cit., p. 61: "Certo la titolarit della presidenza comporta il riconoscimento di un certo potere di iniziativa e di indirizzo (...): Forse mai come in questa circostanza acquista un effettivo significato la tradizionale formula del primus inter pares, consuetudinariamente usata con riferimento appunto ai presidenti degli organi collegiali. Non si pu infatti trascurare il fatto che nei collegi amministrativi - in assenza di una espressa disciplina, assenza che costituisce la regola - sono pienamente affidate al presidente le prerogative connesse alla predisposizione dell'ordine del giorno, alla disciplina e regolamentazione dei lavori, alla convocazione del collegio". (80) Contra PRINCIVALLE S., Gli organi elettivi del Comune e della Provincia, op. cit. Secondo l'Autore "lo slogan primus inter pares, riferito al presidente del collegio, va inteso come parit relativamente all'espressione delle proprie opinioni e del voto; ma nei riguardi dello svolgimento e dell'ordine delle adunanze non si pu negare al presidente un certo potere di supremazia". stituzione delladunanza, discussione, deliberazione etc.) che postulano imprescindibilmente la presenza di un coordinatore - di qui l'obbligatoriet di un ufficio presidenziale - che, attraverso poteri regolatori sappia far progredire i lavori sino all'esito deliberativo. Inoltre "l'ampiezza dei poteri di direzione e coordinamento (...) varia, naturalmente, col variare della natura dell'organo" (81), pur mantenendo nei vari ordinamenti tratti comuni. L'attivit direttiva del presidente inizia, normalmente, con la verifica della regolare costituzione dell'adunanza. In proposito "occorre la presenza di un determinato numero di membri. Questo pu essere o un numero minimo perch il collegio possa ritenersi costituito, oppure un numero fisso, come avviene nei collegi giudicanti" (82); ci dipende dalla natura virtuale o reale dell'organo. Il presidente risulta, inoltre, investito della potest di "dare o togliere la parola, dirigere e moderare la discussione, porre le questioni, stabilire l'ordine delle votazioni" (83), verificare e proclamare i risultati, chiudere ed aggiornare le sedute. Con riferimento al potere di dare e togliere la parola (84), d'obbligo puntualizzare come esso si ricolleghi ai compiti presidenziali di verifica circa il rispetto dei tempi, l'attinenza all'argomento e l'appropriatezza del linguaggio di ciascun oratore. In special modo l'esercizio di un potere di interdizione , di regola, preceduto da richiami e avvertimenti (85); cautele procedurali volte (81) MARTINES T., Il Presidente della Corte costituzionale, in Giur. cost., n. 12, 1981, pp. 2057 e ss. Secondo l'Autore "in linea generale pu affermarsi che essa massima negli organi collegiali amministrativi e tende a restringersi in quelli politici nei quali possono essere previste, in misura pi o meno estesa, forme di partecipazione dei membri del collegio all'esercizio dei poteri di cui si discute. Si pensi, a questo riguardo, ad alcuni poteri dei Presidenti delle due Camere il cui esercizio, con qualche accentuazione normativa a favore del Presidente del Senato, pu essere sollecitato o condizionato dal- l'assemblea o da alcune sue articolazioni interne". (82) VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 255. (83) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. II, p. 184, op. cit., il quale richiama le considerazioni di VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 188: "Circa le funzioni direttive del presidente occorre appena avvertire come esse siano assolutamente necessarie. Non bisogna infatti dimenticare che nel collegio si ha in sostanza una cooperazione di pi individui diretta ad elaborare un atto in comune, e cooperazione in pratica non v' e non d buoni frutti se non v' in pari tempo la subordinazione verso lo scopo prefisso: ogni forma di societ, d'associazione o di collegio presuppone che ciascuno limiti parte della propria attivit per render proficua quella degli altri. Ora questa subordinazione non si ottiene automaticamente, o per lo meno assai imperfetta se lasciata alla libera volont dei consociati o dei colleghi: occorre quindi un'autorit esterna che li guidi nei loro lavori ad ottenere il frutto desiderato. Questa autorit appunto nei collegi data al presidente". (84) VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 208: Chi vuole parlare deve chiederne facolt al presidente: questa una intuitiva necessit dordine; il presidente d poi la parola secondo le precedenze della domanda. (85) VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 210: "Se il richiamo non risulti efficace, si suole rinnovarlo; indi, continuando l'oratore nel suo atteggiamento non resta che togliergli la parola per tutto il rimanente DOTTRINA 345 a scongiurare il pericolo che un suo disinvolto utilizzo possa incidere sulle prerogative degli altri componenti. Del resto, come sostenuto da autorevole dottrina, "il presidente non pu ordinare di tenere la discussione in un certo modo o di manifestare il voto in un certo senso" (86). Particolarmente significativi sono, in special modo, taluni incisivi poteri assegnati al presidente nella fase della discussione (87), al precipuo fine di assicurare il funzionamento del consesso. Si pensi ai dirimenti poteri di interpretazione della normativa vigente (88) e di risoluzione di conflitti riconosciuti ai Presidenti delle Assemblee legislative dai rispettivi Regolamenti (89). evidente in questi casi come la primazia possa eccezionalmente assumere i tratti di una preminenza anche sostanziale, idonea ad incidere sulla formazione della volont collegiale; tuttavia tali occasionali episodi di preminenza sostanziale non risultano in grado di compromettere le caratteristiche generali della primazia e, segnatamente, la posizione di preminenza formale del presidente e la reciproca pariordinazione di tutti i componenti. 4.4. Polizia delle sedute. La funzione di polizia delle sedute riconosciuta a ciascun presidente di organo collegiale in vista dell'ordinato e regolare svolgimento delle adunanze della discussione. Il relativo provvedimento presidenziale riveste piuttosto carattere d'ordine che non strettamente disciplinare: anche i regolamenti parlamentari sogliono tenerlo distinto dai provvedimenti disciplinari veri e propri. (...) Se colui che si vede tolta per tal modo la parola dal presidente, non creda di accettarne la decisione, pu sempre appellarsene al collegio, che di regola decide su ci senza discussione per alzata e seduta: questi principi dei regolamenti parlamentari mi sembrano cos essenziali al buon funzionamento collegiale da doverli applicare senz'altro in ogni consesso, anche se non richiamati espressamente". (86) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., p. 152. (87) VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 267: "La funzione della discussione in seno al procedimento collegiale duplice: da un lato essa permette il processo di confronto delle individue opinioni, al fine di ottenere il massimo di globalit nella considerazione dei singoli problemi; dall'altro essa consente - nei collegi virtuali - l'acquisizione al procedimento amministrativo degli interessi secondari che l'ordinamento abbia ritenuto preventivamente meritevoli di tutela". (88) MOHRHOFF F., Politicit e discrezionalit di taluni atti dei Presidenti di Assemblee legislative, Editore Colombo, Roma, 1962, pp. 32 e ss.: " quindi evidente che, dato il carattere generico e lacunoso delle norme della Costituzione e dei Regolamenti parlamentari occorre riconoscere all'attivit interpretativa del Presidente di Assemblea una natura integrativa tendenzialmente discrezionale (interpretazione ad finem) e alle sue deliberazioni un carattere non meramente logico o dichiarativo ma spiccatamente dispositivo". Infatti, "la interpretazione parlamentare attiene a categorie aperte e modificabili, connesse a situazioni contingenti e circostanziate" (p. 57), da cui discende il riconoscimento di un ampio potere discrezionale in capo al Presidente di Assemblea, sul cui esercizio incidono, altres, valutazioni di ordine politico. (89) Si rinvia, senza pretese di esaustivit, ad AIROLDI M., I regolamenti delle assemblee legislative, Giappichelli, Torino, 2012. GIANFRANCESCO E.-LUPO N.-RIVOSECCHI G. (a cura di), I presidenti di assemblea parlamentare: riflessioni su un ruolo in trasformazione, il Mulino, Bologna, 2014. Occorre segnalare, poi, come la disciplina prevista dal Regolamento della Camera dei Deputati rappresenti un paradigma generale suscettibile di analogica applicazione in altri organi collegiali. (90). Questa funzione rientra, coerentemente, nel contenuto tipico della iuris figura della primazia, quale elemento indefettibile dellufficio presidenziale e, pi in generale, della collegialit. Con tale locuzione si suole indicare una particolare funzione amministrativa, a carattere discrezionale, esplicantesi nell'adozione di atti idonei ad assicurare il corretto andamento dei lavori; di tali atti non esiste, comunque, un catalogo tassativo; tra i pi ricorrenti si richiamano l'espulsione dei facinorosi, la sospensione e lo scioglimento dell'adunanza, che possono essere disposti dal presidente anche con lausilio della forza pubblica. La funzione di polizia delle sedute ha come destinatari sia i terzi che assistono alle riunioni sia i componenti del consesso (91). In proposito il Regolamento della Camera dei Deputati (Parte Prima, Capi XI e XII, artt. 59, 60, 61, 62 e 64) (92) offre una dettagliata disciplina che rappresenta un modello generale applicabile, in via analogica, anche agli organi collegiali che nulla statuiscano in proposito. Con riferimento ai terzi, occorre rilevare come tale Regolamento prescriva per il pubblico che partecipa alle adunanze dalle tribune l'obbligo di rimanere in silenzio, a capo scoperto e di astenersi da qualsivoglia segno di approvazione o disapprovazione (93), a pena di espulsione. (90) Significativi in proposito i contributi di RACIOPPI F.-BRUNELLI I., Potere di polizia, in Commento allo Statuto del Regno, vol. III, tomo I, Utet, Torino, 1909, pp. 240-249. VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit. VIRGA P., La potest di polizia, Giuffr, Milano, 1954, pp. 27-29. GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. CIAURRO G.F., voce Prerogative costituzionali, in Enc. dir., vol. XXXV, Milano, 1986. PETTITI D., Note sul presidente dell'Assemblea di societ per azioni, in Studi in onore di Alberto Asquini, op. cit. TANDAA.P., voce Polizia delle Camere, in Dizionario parlamentare, II ed., Editore Colombo, Roma, 1998, p. 196. ALAGNA S., Il presidente dell'assemblea nella societ per azioni, op. cit. (91) Contra parte della dottrina (GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. e VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit.) che distingue, sotto il profilo dei destinatari, il potere disciplinare quale potere esperibile verso i soli componenti del collegio dal potere di polizia, viceversa, esercitabile esclusivamente nei riguardi del pubblico che assiste alle sedute. (92) In argomento si rinvia a RACIOPPI F.-BRUNELLI I., Potere di polizia, in Commento allo Statuto del Regno, op. cit. VIRGA P., La potest di polizia, op. cit., p. 76: "Nell'ordinamento italiano vige, infatti, il principio della inviolabilit parlamentare, il quale, pur non essendo garantito dalla Costituzione, consacrato da una consuetudine mai violata. In virt di tale principio, vietato agli ufficiali ed agli agenti della forza pubblica l'accesso nell'edificio delle Camere allo scopo di compiere atti del proprio ufficio. Il potere di polizia esercitato nell'edificio della Camera dal rispettivo Presidente, coadiuvato dai questori, il quale ha alle sue dipendenze commessi e guardie di servizio". CIAURRO G.F., voce Prerogative costituzionali, in Enc. dir., op. cit. TANDA A.P., voce Polizia delle Camere, in Dizionario parlamentare, II ed., op. cit. (93) VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 195: "Il pubblico ha in sostanza il dovere di non ingerirsi n direttamente, n indirettamente, nei lavori collegiali, e di tenere un comportamento rispettoso e corretto. Vi sono all'uopo tribune o recinti dove il pubblico racchiuso, ed sempre vietato entrare nel luogo dove seggono i membri del collegio: inoltre il pubblico deve stare a capo scoperto, in silenzio ed astenersi da ogni segno d'approvazione o di disapprovazione. Il relativo potere di polizia spetta al presidente". DOTTRINA 347 In relazione ai componenti, la funzione di polizia viene esercitata dal presidente con l'allontanamento dei facinorosi per il resto della seduta (94) e, ove con atti individuali risulti impossibile ristabilire l'ordine e la sicurezza nel consesso, con la sospensione o lo scioglimento dell'adunanza (95). Da quanto detto emerge lindefettibilit di tale funzione presidenziale ai fini della conservazione o del ripristino dell'ordine delle adunanze; daltronde "nel tumulto materialmente impossibile deliberare" (96). Lambito di esercizio di tale funzione comunque circoscritto per evitare che essa si tramuti in una potest arbitraria, ultronea rispetto alla posizione di mera preminenza formale del presidente. In tale prospettiva si giustificano la natura formale, procedurale e strumentale della funzione rispetto alle esigenze di funzionamento del consesso; ci al fine di ridurre il pi possibile abusi o patologie nello svolgimento di una funzione dagli effetti potenzialmente repressivi. Il presidente "non potrebbe ad esempio, usare dei suoi poteri di polizia delle adunanze fino ad alterare (...) la fattispecie soggettiva del collegio" (97). Da ultimo, si deciso di non analizzare la funzione disciplinare (98), poich essa non rientra nel contenuto tipico della iuris figura della primazia. In primo luogo perch non riveste carattere generale, essendo contemplata nei collegi politico-assembleari, ma non viceversa nei collegi amministrativi o (94) Il titolare dell'ufficio presidenziale pu nel corso dell'adunanza, previo avvertimento, espellere dalla seduta uno o pi componenti che abbiano posto in essere azioni facinorose in grado di pregiudicare la regolarit della discussione e della votazione. Anche in questo caso il presidente, ove lo ritenga opportuno, pu ordinare l'intervento della forza pubblica per il ripristino della normale attivit del consesso. (95) VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 194: "Sciolta per qualsiasi motivo l'adunanza dal presidente, non possono i membri del collegio sotto verun pretesto continuare a funzionare, e le relative deliberazioni sono quindi, pi che nulle, assolutamente inesistenti; v' la semplice parvenza, non la sostanza dell'atto collegiale, se questo non passa nel mondo esterno attraverso l'autorit di chi investito delle funzioni presidenziali. N pu apparire investito di queste chi, anche se vice-presidente o sostituto del presidente, sale al seggio nel momento in cui il presidente l'ha abbandonato dichiarando la seduta sciolta". In giurisprudenza, a titolo esemplificativo, Cons. Stato, sez. V, 4 giugno 1962, n. 485, in Giur. it., 1962, secondo cui il presidente di un organo collegiale pu, come extrema ratio, sciogliere l'adunanza e rinviare la seduta esclusivamente in caso di gravi impedimenti che rendano impossibile la regolare prosecuzione delle attivit. (96) VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit. (97) VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 118. (98) In primo luogo perch trattasi di una funzione riconosciuta al presidente solo in alcuni, e non in tutti, i collegi pubblici. (VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit.). In secondo luogo poich, anche nei casi in cui contemplata, tale prerogativa ha un rilievo non decisivo, esplicandosi in un mero potere di proposta e non gi in un potere di irrogazione diretta della sanzione, la quale, , normalmente, comminata o dal plenum del collegio o da altro organo minore (per esempio nelle Assemblee politiche dall'ufficio di presidenza). In special modo sulle differenze che intercorrono tra la potest di polizia delle udienze e la potest disciplinare si rinvia a VIRGA P., La potest di polizia, op. cit. giurisdizionali per la tendenziale carenza di conflittualit tra interessi eterogenei (99). In secondo luogo perch, anche ove prevista, essa postula una partecipazione meramente incidentale del presidente al suo esercizio; del resto, i provvedimenti disciplinari sono adottati direttamente dal plenum del consesso o da un organo minore (ufficio di presidenza) su proposta del presidente. 5. Gli episodi di preminenza sostanziale del presidente sugli altri componenti: Cause principali. La primazia, quale figura organizzatoria di originale equiordinazione, si articola in una pluralit di funzioni amministrative (discrezionali) generalmente identificabili nella: Convocazione delle adunanze; formulazione del- l'ordine del giorno; direzione dei lavori; polizia delle sedute. Lesercizio di tali funzioni disvela, infatti, il ruolo di primus inter pares ricoperto dal presidente, il quale viene a collocarsi in una posizione di preminenza formale rispetto agli altri componenti di intensit variabile in ciascun collegio. Del resto, la natura procedurale e strumentale di tali funzioni le rende, normalmente, inidonee ad incidere in senso sostanziale sulla attivit degli altri componenti, limitandosi il presidente a compiti di impulso, coordinamento e vigilanza dei lavori. Ciononostante, da unanalisi in concreto del fenomeno della collegialit, possibile rilevare durante lo svolgimento delle funzioni di primus inter pares taluni episodi di preminenza sostanziale del presidente sugli altri membri, in grado di condizionare il procedimento collegiale ed il relativo esito deliberativo; episodi di preminenza sostanziale che, prima facie, sembrano porre in discussione i caratteri generali della primazia e, segnatamente, lordinaria posizione di preminenza formale del presidente e la reciproca pariordinazione di tutti i componenti. Occorre, allora, interrogarsi sulle cause di un simile fenomeno per vagliarne, successivamente, la compatibilit con il ruolo di primus inter pares rivestito dal presidente in seno al collegio. Le principali cause degli episodi di preminenza sostanziale vanno ricercate, oltre che in un patologico esercizio delle funzioni, in una serie di elementi e vicende che, connotano lufficio di presidente ed il rispettivo titolare; in special modo possibile identificarle: Nella contestuale posizione di organo monocratico; nel possesso di specifici requisiti soggettivi; nelle modalit di scelta; nella assenza di un potere di revoca da parte dei componenti; nel riconosci (99) GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. II, op. cit., p. 187: "Il motivo (...) forse da ricercarsi nel fatto che il legislatore per i collegi amministrativi ha ritenuto superflua l'attribuzione di poteri disciplinari al presidente sulla considerazione che in tali collegi, per la loro stessa natura, lo svolgimento dei lavori non assume o quanto meno non dovrebbe assumere quella tensione che invece facilmente si riscontra nelle assemblee politiche". La medesima considerazione pu essere estesa ai collegi con funzioni giurisdizionali. DOTTRINA 349 mento di poteri di sovraordinazione. Tali elementi o vicende sono in grado, individualmente o congiuntamente, di accentuare l'intensit di esercizio di una o pi funzioni presidenziali, ben oltre i confini di una preminenza formale, con ricadute (eventuali) sulle attivit del collegio. Tuttavia, i marginali episodi di preminenza sostanziale del presidente (100), per la loro occasionalit, non sono in grado di alterarne il ruolo di primus inter pares, venendo assorbiti nei maggioritari episodi di preminenza formale, riconducibili alle funzioni tipiche della primazia in base alla teoria generale della prevalenza o dellassorbimento (101). 5.1 La contestuale posizione di organo monocratico del presidente. Il presidente di ciascun organo collegiale pu ricoprire pi posizioni, interne ed esterne al collegio di riferimento, da cui discendono, per l'effetto, eterogenee funzioni (102). In alcuni collegi pubblici, collocati in istituzioni pi ampie, il presidente, oltre ad essere titolare dell'ufficio direttivo interno, pu rivestire altres la posizione di organo monocratico (con autonomi poteri decisionali), svolgendo funzioni (esterne), diverse dal coordinamento dei lavori (103). Una puntuale elencazione di tutti i poteri del presidente quale organo monocratico non risulta tuttavia possibile, in ragione delle specifiche peculiarit che caratterizzano ciascun collegio. (100) I requisiti di occasionalit ed eventualit che caratterizzano gli episodi di preminenza sostanziale sugli altri componenti fanno s che il presidente con un atteggiamento di self restraint possa in ogni caso ricondurre l'esercizio dei propri poteri nei confini di una preminenza esclusivamente formale, evitando azioni idonee a condizionare la libera formazione della volont collegiale. (101) Pi in generale sulla teoria della prevalenza o dellassorbimento si rinvia ad ASQUINI A., Il contratto di trasporto terrestre di persone, Drucker, Padova, 1915, ristampa, Edizioni scientifiche, 1984, pp. 69 e ss. In base a tale teoria nell'ambito dei contratti misti le prestazioni secondarie ed accessorie risultano assorbite nelle prestazioni principali "agli effetti della determinazione della natura giuridica della forma di contratto" e agli effetti dell'individuazione della disciplina applicabile. La teoria della prevalenza o dellassorbimento , altres, estensibile a qualsivoglia fattispecie giuridica che sia caratterizzata da un fenomeno di commistione tra elementi eterogenei. Pi di recente a riguardo SICCHIERO G., I contratti misti, Cedam, Padova, 1995. DI PACE R., Partenariato pubblico privato e contratti atipici, Giuffr, Milano, 2006, pp. 173 e ss. (102) Con riferimento all'ampia gamma dei poteri del presidente di organo collegiale gi ORLANDO V.E., L'ufficio di Presidente nei collegi amministrativi: a proposito di un recente caso di giurisprudenza parlamentare, op. cit.: "Il presidente, oltre di avere le funzioni identiche dei membri, ha funzioni sue proprie e speciali. Queste variano da un minimo, qual' quello di dirigere le discussioni e di avere la rappresentanza esterna e formale del collegio fino ad un massimo, quando cio il presidente ha funzioni proprie, autonome, completamente indipendenti e per avventura anche assai pi importanti del suo ufficio di presidenza". (103) Molte istituzioni del nostro tempo si articolano al proprio interno in una pluralit di organi, monocratici e collegiali; all'interno di questi ultimi, poi, possibile registrare la presenza di ulteriori organi collegiali minori. I poteri esercitati dal presidente, quale organo monocratico, vanno tenuti formalmente distinti dai diversi poteri dispiegati quale primus inter pares, nellattivit di impulso e coordinamento delle sedute; solo questi ultimi rientrano nel contenuto tipico della figura organizzatoria della primazia. Concentrando lattenzione su alcune delle plurime funzioni esercitate dal presidente quale organo monocratico (104) sar possibile esaminare tanto le relazioni giuridiche da esse scaturenti quanto le ricadute in termini di rafforzamento della posizione di primazia presidenziale in seno all'organo presieduto. Innanzitutto va evidenziato come dalla diversa ed esterna posizione di organo monocratico discendano relazioni di sovraordinazione tra il presidente, da un lato, il collegio ed i suoi componenti, dall'altro, riconducibili alla tradizionali figure organizzatorie della direzione e del coordinamento verticale (105). Pur non rientrando nel contenuto tipico della primazia, tali funzioni sembrano incidere, con efficacia accrescitiva, sul ruolo nonch sui poteri del presidente quale coordinatore orizzontale delle sedute. Dallaccentuazione di molte funzioni del presidente, quale primus inter pares, possono derivare condizionamenti all'autonomia decisionale degli altri componenti. In tali ipotesi la posizione di primazia tende ad arricchirsi di elementi di preminenza sostanziale idonei a rafforzare, anche in modo significativo, l'incidenza della volont presidenziale sulle attivit del collegio (106). Si pensi, a titolo esemplificativo, alla figura del Presidente della Camera dei Deputati che riveste in seno all'istituzione diverse posizioni giuridiche (rappresentanza verso l'esterno; vertice della struttura amministrativa; coordinamento della Conferenza dei capigruppo; Presidente di Assemblea) (107). Da (104) TREVES G., L'organizzazione amministrativa, op. cit.: "Chi presiede un collegio pu anche rivestire la qualit di organo o di presidente dell'ente di cui quello fa parte: cos il presidente della giunta (ma non del consiglio) regionale, dell'amministrazione provinciale, di vari consigli di amministrazione e lo stesso sindaco". SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, XV ed., op. cit.: "Frequentemente i presidenti di organi collegiali dispongono a un tempo di una posizione e competenza autonoma di organo individuale che non va confusa" con la posizione del presidente quale primus inter pares. "Si pensi, a es. al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Giunta regionale, ai Presidenti di enti ecc... Inoltre quasi sempre essi sono a capo dell'apparato organizzatorio (ufficio o complesso di uffici) che opera ausiliariamente a latere rispetto al collegio che presiedono". VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. L'Autore invita "a non confondere le funzioni proprie del presidente di collegio con quelle dell'organo monocratico, che talvolta si sostanziano nella stessa unit organizzativa". (105) In argomento, da ultimo, SCIULLO G., L'organizzazione amministrativa. Principi, op. cit. (106) Un fenomeno che interessa, sia pure con differente intensit, i Presidenti degli organi di autogoverno delle magistrature, i Presidenti delle Assemblee parlamentari, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Presidente della Giunta regionale. (107) Con riferimento ai molteplici poteri attribuiti ai Presidenti delle Assemblee parlamentari si rinvia a FERRARA G., Il Presidente di Assemblea Parlamentare, Giuffr, Milano, 1965. DI CIOLO V., voce Parlamento (organizzazione e procedure), in Enc. dir., vol. XXXI, op. cit., p. 820. CIAURRO G.F., voce Presidenti delle assemblee parlamentari, in Enc. giur. Treccani, vol. XXIV, 1990. TORRE A., Il magistrato dell'assemblea: saggio sui Presidenti parlamentari, Giappichelli, Torino, 2000. GIANNITI L., voce Presidente di Assemblea parlamentare, in Dizionario costituzionale, a cura di M. AINIS, Roma- Bari, 2000, p. 354. SCIORTINO A., Il Presidente di Assemblea parlamentare, Giappichelli, Torino, 2002. CHIMENTI C., Principi e regole delle assemblee politiche, Giappichelli, Torino, 2004. LUPO N., voce Presidente di Assemblea, in Dig. disc. pubbl., vol. IV, Agg., Utet, Torino, 2010, pp. 444-480. AIROLDI M., I regolamenti delle assemblee legislative, op. cit. GIANFRANCESCO E.-LUPO N.-RIVOSECCHI G. (a cura di), I presidenti di assemblea parlamentare: riflessioni su un ruolo in trasformazione, op. cit. DOTTRINA 351 queste diverse posizioni discendono, per l'effetto, eterogenee funzioni (108) e relazioni giuridiche con l'Aula (109) ed i suoi componenti (110); ove il presidente operi come semplice coordinatore dei lavori dell'Aula, configurabile una relazione (interorganica) di equiordinazione, in seno al collegio, tra l'ufficio di presidente e gli uffici di componente; viceversa, qualora ricopra la differente posizione di organo monocratico, il presidente instaura veri e propri rapporti intersoggettivi tanto con l'organo collegiale quanto con i suoi membri (111). Nonostante l'estraneit all'ambito della primazia, la posizione di organo monocratico tende a riverberare alcuni effetti sulle funzioni tipiche della primazia, conferendo maggior forza ed autorevolezza al ruolo ed ai poteri presidenziali in seno alla Assemblea. Altro significativo esempio di funzioni esterne esercitate dal presidente come organo monocratico dato dalla figura del Presidente del Consiglio dei Ministri (112). a tutti noto come il Governo si strutturi quale organo complesso, articolandosi al suo interno in organi monocratici (il Presidente del Consiglio e i singoli ministri individualmente intesi) e in un organo collegiale (il Consiglio dei Ministri) (113). Il presidente ricopre, a seconda delle circo (108) In tema LUPO N., voce Presidente di Assemblea, in Dig. disc. pubbl., op. cit., p. 445: "Se vero che ogni Assemblea, o meglio ogni organo collegiale, deve necessariamente avere un suo Presidente, anche vero, per, che i Presidenti di Camera e Senato non sono soltanto i Presidenti di quei collegi (titolari cio delle funzioni che ogni presidente di organo collegiale assume pur con le opportune varianti), ma, in virt di tale posizione, sono chiamati altres a svolgere una serie di funzioni assai delicate anche al di fuori delle rispettive Assemblee". (109) Le locuzioni "Aula" ed "Assemblea" vengono utilizzate con significato equivalente. (110) Si pensi al ruolo del presidente quale vertice dell'amministrazione della Camera; nella veste di organo monocratico il presidente assume decisioni organizzative idonee a riverberarsi sulle attivit della Assemblea e dei suoi componenti. Ulteriore esempio rinvenibile nella posizione del presidente quale rappresentante della Camera dei Deputati nei rapporti verso i terzi. In questa fattispecie eloquente come egli non rappresenti solo l'Aula ma l'intera istituzione, ponendosi in una posizione sovraordinata rispetto ai componenti del collegio. Nelle differenti posizioni poc'anzi indicate, il presidente, dunque, non pu certo definirsi un primus inter pares; tutt'al pi va considerato un primus super pares. (111) Tali rapporti di natura esterna sono riconducibili alle tradizionali figure organizzatorie della rappresentanza legale, della direzione e del coordinamento verticale. (112) Sulle funzioni svolte dal Presidente del Consiglio quale organo monocratico LAVAGNA C., Contributo alla determinazione dei rapporti giuridici tra Capo del Governo e Ministri, op. cit. Pi in generale sulla figura e sulle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri CORSINI V., La presidenza del Consiglio dei ministri, Giuffr, Milano, 1935. PRETI L. Il governo nella Costituzione italiana, Milano, 1954. CUOCOLO F., Il governo nel vigente ordinamento italiano, Milano, 1959. CHELI E., Il coordinamento dell'attivit di governo nell'attuale sistema italiano, in Studi parl. e di politica cost., n. 4, 1969, p. 7. RIZZA G., Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Jovene, Napoli, 1970. PALADIN L., voce Governo italiano, in Enc. dir., vol. XIX, Giuffr, Milano, 1970, p. 691. MANNINO A., Indirizzo politico e fiducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, op. cit. (113) SANDULLI A.M., Il problema della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Dir. e soc. 1980, fasc. 3, p. 617: "Diversamente dallo Statuto albertino, il quale non faceva menzione n del CDM n del PCM, ma solo dei ministri, la Costituzione vigente nomina espressamente il CDM e il PCM. Quest'ultimo oggi una figura a s rispetto ai Ministri - con ruolo sostanziale di primo ministro - mentre sotto il regime statutario era PCM uno dei ministri (primus inter pares). stanze, diverse posizioni giuridiche, da cui scaturiscono funzioni e relazioni di eterogenea natura (114): Egli in alcuni casi opera come coordinatore orizzontale delle riunioni del Consiglio, rivestendo una posizione di primazia ed instaurando conseguentemente con i Ministri, componenti del collegio, una relazione di equiordinazione; diversamente, in altre occasioni, il Presidente del Consiglio si presenta come organo monocratico, esercitando poteri che divergono grandemente dalle funzioni connaturate alla posizione di primus inter pares delle riunioni (115). Ai sensi dell'art. 95 Cost., del resto, il Presidente del Consiglio, in qualit di organo monocratico, "dirige la politica generale del Governo e ne responsabile. Mantiene l'unit di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando le attivit dei Ministri". In questo ruolo il Presidente svolge un'attivit significativa che tende ad incidere sull'azione dell'intero Governo e, specialmente, sugli organi individuali e collegiali che ne fanno parte (116). La posizione di organo monocratico, in particolare, idonea a rafforzare la posizione di primazia formale del Presidente nelle riunioni del Consiglio dei Ministri; primazia che potr arricchirsi di elementi di preminenza sostanziale tali da orientare i lavori del consesso verso esiti deliberativi graditi al Presidente. Le considerazioni poc'anzi svolte sono, altres, estensibili alla figura del Presidente della Giunta regionale (o Presidente di Regione) con riferimento (114) Cons. Stato, sez. IV, 15 ottobre 1996, n. 1104, in Cons. Stato 1996, I, p. 1459: "L'attivit del presidente del consiglio dei ministri nei confronti dei vari ministri si presenta, per un verso, come attivit sovraordinata di direzione (con l'emanazione dei conseguenti atti di direttiva, di indirizzo, ecc.), per altro verso, come attivit equiordinata di coordinamento, se e nella misura in cui si vuol riconoscere al Presidente una posizione giuridica pariordinata con quella dei ministri ed in omaggio alla tradizionale configurazione del primus inter pares". Le diverse concezioni relative alla figura del Presidente del Consiglio in epoca pre-repubblicana sono illustrate da DE MARCO E., Le funzioni amministrative del Presidente del Consiglio dei Ministri, Cedam, Padova, 1990, p. 8. L'Autore afferma come, all'epoca del Decreto Ricasoli (1867), il Presidente del Consiglio rivestisse una posizione di primazia intesa nel significato di supremazia rispetto ai Ministri. Diversamente SALEMI G., Corso di diritto amministrativo, Cedam, Padova, 1941, il quale, sia pure incidentalmente, definisce il Presidente del Consiglio un primus inter pares rispetto ai singoli Ministri, sottolineando come egli eserciti poteri di coordinamento orizzontale, collocandosi su un piano di equiordinazione con tutti i Ministri. In senso conforme in dottrina, tra i tanti, FAZIO G., La delega amministrativa e i rapporti di delegazione, Giuffr, Milano, 1964, p. 209. In giurisprudenza, recentemente, Corte cost. 19 ottobre 2009, n. 262, in www.altalex.com e Corte cost. 25 gennaio 2011, n. 23, in www.cortecostituzionale.it. (115) Sulle molteplici attribuzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri si rinvia alle disposizioni della l. 23 agosto 1988, n. 400 e s.m.i. (116) La posizione del Presidente va coerentemente qualificata non gi in termini di primazia ma di vera sovraordinazione, sia pure non gerarchica, tanto rispetto al Consiglio dei Ministri quanto nei confronti dei singoli Ministri. Da tale posizione, chiaramente scolpita dall'art. 95 Cost., scaturirebbe una relazione di sovra-sottordinazione, riconducibile alle tradizionali figure organizzatorie della direzione e/o del coordinamento verticale. In proposito SEPE O., voce Ministeri, in Enc. dir., vol. XXVI, Giuffr, Milano, 1976: "Il Presidente qualcosa di pi di un primus inter pares in quanto ha una sua precisa ed autonoma posizione costituzionale; non per un organo sovraordinato gerarchicamente ai ministri". Per una ricostruzione del dibattito in ordine alla posizione del Presidente del Consiglio in et repubblicana CAPOTOSTI P.A., voce Presidente del Consiglio, in Enc. dir., vol. XXXV, Giuffr, Milano, 1986. DOTTRINA 353 al quale occorrono, tuttavia, alcune puntualizzazioni. Il Presidente titolare di funzione esterne ed interne alla Giunta (117), ricoprendo differenti posizioni da cui discendono relazioni giuridiche di varia natura con il collegio ed i suoi membri (118). Tuttavia, la posizione di primazia sui membri della Giunta pare rafforzata in termini sostanziali tanto dalla posizione di organo monocratico quanto dalla circostanza che gli assessori sono nominati e revocati direttamente dal presidente (art. 122 ult. co. Cost.) (119). Il ruolo di presidente , altres, potenziato dall'elezione a suffragio universale e diretto che tende ad accrescerne autorevolezza e poteri nei confronti degli assessori (i quali, viceversa, potrebbero non avere alcuna legittimazione (117) VICECONTE N., La forma di governo nelle regioni ad autonomia ordinaria: il parlamentarismo iper-razionalizzato e l'autonomia statutaria, Jovene, Napoli, 2010, p. 110. Con riferimento alle funzioni esercitate dal presidente quale organo monocratico osserva correttamente: "Il presidente non pu essere certamente considerato un mero primus inter pares, perch gi l'art. 121 Cost. ne fa il titolare di un potere di direzione assai incisivo, che lo colloca in una posizione sovraordinata rispetto alla giunta, attribuendogli la direzione della politica (non solo generale) della stessa, di cui assume la responsabilit". Inoltre i poteri direttivi del presidente della giunta regionale sono ulteriormente rafforzati dalla potest di nomina e revoca degli assessori. Un potere che, mutatis mutandis, non riconosciuto in ambito statale al Presidente del Consiglio nei confronti dei Ministri. Sul rapporto di direzione che intercorre tra presidente della Giunta ed assessori in precedenza CHEVALLARD G., La posizione del presidente della giunta regionale, in Riv. trim. dir. pubbl. 1968, p. 920. L'Autore utilizza la locuzione primazia non gi nell'accezione gianniniana di figura di originale equiordinazione, bens nella diversa accezione di formula organizzatoria di sovraordinazione, sia pure non gerarchica (In tema gi SPAGNA MUSSO E., Il presidente della Regione nel sistema degli ordinamenti regionali, Marano editore, Napoli, 1961, p. 48). (118) In relazione alle funzioni riconducibili alla presidenza dell'organo collegiale SPAGNA MUSSO E., Il presidente della Regione nel sistema degli ordinamenti regionali, op. cit., spec. pp. 35-36. L'Autore al riguardo ammonisce: "Non ha bisogno di particolare dimostrazione l'affermazione che il Presidente della Giunta in ogni ordinamento regionale titolare dei poteri di convocazione della Giunta medesima, di direzione dei suoi lavori, di enunciazione delle sue deliberazioni: trattasi di poteri strutturalmente connessi alla qualit di Presidente di organo collegiale e, pertanto, non si pu avere possibilit alcuna di loro contestazione". Infatti, il Presidente della Giunta "ha in ogni caso quelle attribuzioni per cui appunto gli riconosciuta la qualit di presidente, che gli conferiscono la veste di primus inter pares: non occorre, quindi, uno specifico conferimento da parte del legislatore per poterle imputare alla sua persona". In tema anche RAUTI A., voce Presidente della Regione, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. CASSESE, vol. V, Giuffr, Milano, 2006, pp. 4440-4447: "Il capo del governo regionale ha innanzitutto i poteri connessi alla presidenza di un organo collegiale, quali la convocazione e la determinazione dell'ordine del giorno della giunta, nonch la moderazione e guida delle discussioni collegiali, fino alla capacit di esprimere un voto talora decisivo nei casi in cui la giunta si sia divisa, in esito ad una votazione, in parti uguali" ove lo Statuto regionale lo contempli espressamente. In proposito si rinvia alle disposizioni degli Statuti dell'Umbria (art. 69), dell'Emilia Romagna (art. 45), della Puglia (art. 43) e del Piemonte (art. 55), che nel corso delle deliberazioni della Giunta assegnano prevalenza al voto presidenziale in caso di parit dei suffragi. (119) CAMERLENGO Q., I rapporti tra il presidente della giunta e gli assessori: profili di diritto regionale comparato, in Le Regioni 2013, fasc. 3, pp. 529-574, secondo il quale il Presidente "sceglie a suo piacimento i suoi pi diretti collaboratori e con altrettanta discrezionalit ne fa a meno". LAutore richiama in proposito le considerazioni di MANGIMELI S., Aspetti problematici della forma di governo e della legge elettorale regionale, in Le Regioni, 2000, p. 567. Pi in generale per una disamina dei rapporti tra gli organi della Regione BARTHOLINI S., I rapporti fra supremi organi regionali, Cedam, Padova, 1961. popolare in quanto tecnici non gi eletti ma nominati). Si pensi, infine, alle disposizioni statutarie di alcune Regioni che nelle deliberazioni della Giunta attribuiscono prevalenza al voto del presidente a parit di suffragi (120). La preminenza sostanziale del presidente sugli altri componenti , da ultimo suggellata, dalla regola del simul stabunt simul cadent, in base alla quale le dimissioni del presidente, quale organo monocratico, comportano lo scioglimento del Consiglio e le dimissioni della Giunta. chiaro, quindi, come nelle sedute dellorgano esecutivo, nonostante la vigenza formale di un principio di pariordinazione, gli assessori subiscano l'influenza dei poteri esterni esercitati dal presidente. In questa fattispecie, pi che in altre, la posizione di primazia pu assumere spiccati caratteri di preminenza sostanziale, senza tuttavia alterare, da un punto di vista formale, il ruolo di primus inter pares del presidente allinterno della Giunta (121). 5.2. Il possesso di specifici requisiti soggettivi per la preposizione allufficio presidenziale. Secondo un principio di reciproca pariordinazione, i componenti che entrano a far parte di un organo collegiale in base ad un identico titolo di investitura, possiedono, sovente, i medesimi requisiti soggettivi, sicch omogenea sar la composizione del consesso. In questa fattispecie il preposto allufficio di presidente alternativamente individuato: Ope legis secondo il criterio dellanzianit; attraverso un atto discrezionale di nomina di unautorit esterna; mediante elezione da parte del collegio stesso fra i suoi membri (122). Ciascun ordinamento, tuttavia, per esigenze di ponderazione diversificata degli interessi pubblici, pu prescrivere il possesso di requisiti eterogenei od ulteriori per lufficio di presidente rispetto a quelli richiesti per lufficio di semplice componente. Tale previsione idonea, pertanto, ad accentuare allinterno del collegio le differenze tra presidente e componenti (123) e, conseguentemente, a rafforzare le ricadute dellesercizio delle funzioni di primus inter pares sullesito deliberativo del procedimento. Un simile fenomeno ricorrere, ad esempio, negli organi collegiali tecnici, nei quali prescritta una composizione differenziata per una migliore ponderazione dellinteresse pubblico in rilievo. Si pensi alle Commissioni di gara (120) A titolo esemplificativo, si vedano gli artt. 35 co. VII dello Statuto della Calabria, 50 co. VI dello Statuto della Campania e 69 co. II dello Statuto dellUmbria. (121) In giurisprudenza Corte cost., 20 marzo 1985, n. 70, in www.iusexplorer.it. (122) Si tratta, ovviamente, di indicazioni di massima che non rispecchiano alcuna peculiare classificazione degli organi collegiali, essendo riconosciuta a ciascun ordinamento la potest di individuare i criteri di composizione del consesso nonch le modalit di scelta del presidente. (123) Talvolta, infatti, la legge fissa i requisiti soggettivi necessari per ricoprire l'ufficio presidenziale, tra cui, ad esempio, l'appartenenza a determinate categorie professionali. DOTTRINA 355 ove il presidente necessariamente ricopra la qualifica dirigenziale, a dispetto degli altri componenti per i quali sufficiente la qualifica di mero funzionario; oppure a quei Collegi sindacali che, non accontentandosi del criterio dellanzianit, prescrivano per la carica di presidente il possesso di peculiari requisiti professionali. Una composizione diversificata del consesso si riscontra anche negli organi collegiali di autogoverno e, segnatamente, nel Consiglio superiore della magistratura, nel Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e nel Consiglio di presidenza della Corte dei Conti. La peculiarit di tali istituzioni rintracciabile nella circostanza che la legittimazione allufficio di presidente del plenum riconosciuta, esclusivamente, a chi ricopra una determinata carica o ufficio esterni al collegio da presiedere (124). Negli esempi indicati si determina, cos, una differenziazione tra presidente e componenti che, tuttavia, non confligge con lequiordinazione delle relazioni infra-collegiali, fondata sulla identit del titolo di investitura (125). Del resto, il possesso di specifici requisiti soggettivi , pur sempre, strumentale ad una migliore esplicazione delle funzioni di impulso e coordinamento, irrinunciabili per il buon andamento dei lavori. Eppure non pu escludersi che leterogenea composizione del collegio possa avere ricadute sulla figura organizzatoria della primazia, rafforzando, segnatamente, lesercizio delle funzioni presidenziali di primus inter pares (convocazione delle riunioni, formulazione dellordine del giorno, direzione dei lavori, polizia delle sedute); tutto ci in virt di una maggiore autorevolezza e di peculiari (e forse superiori) capacit professionali del presidente rispetto agli altri componenti. In tal senso lordinaria posizione di primazia formale potrebbe arricchirsi di episodi di preminenza sostanziale con ripercussioni sulliter collegiale. Un fenomeno che verrebbe accentuato dal concorso di ulteriori elementi o vicende afferenti lufficio di presidente ed il rispettivo titolare quali, ad esempio, la contestuale posizione di organo monocratico, il riconoscimento di poteri di sovraordinazione, lassenza di un potere di revoca da parte dei componenti. Ciononostante, gli occasionali ed eventuali episodi di preminenza sostanziale non sono in grado di alterare i caratteri generali della primazia e, segnatamente, la posizione di preminenza formale del presidente e la reciproca pariordinazione di tutti i membri del collegio. 5.3 Le modalit di scelta del presidente. Come detto, ciascun ordinamento collegiale pu scegliere tra differenti mo (124) In tale diversa ed esterna posizione si rinviene, pertanto, il titolo di legittimazione alla presidenza del collegio e all'esercizio delle funzioni di primus inter pares. (125) VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., pp. 130-131. dalit di individuazione del presidente (126). Secondo autorevole dottrina, l'atto di investitura assumerebbe due moduli strutturali tipici, tra loro notevolmente differenziati, che rispettivamente denominiamo nomina ed elezione (127). La nomina rappresenta atto di esercizio di un potere discrezionale (128); essa pu essere compiuta da un organo monocratico esterno (129) che indichi per la presidenza del collegio un soggetto componente o terzo; si pensi, ad esempio, alla nomina del presidente dell'Assemblea del C.N.E.L. da parte del Capo dello Stato. A differenza della nomina, l'elezione una modalit di individuazione del presidente interna al collegio, alla quale sono chiamati a partecipare con il loro voto tutti i componenti assegnati (130). Tale fenomeno ricorre, per esempio, nei Consigli regionali, nelle Assemblee e nelle Commissioni Parlamentari; del resto, il procedimento elettivo costituisce la forma pi diffusa per l'investitura negli organi politico-assembleari (131). Oltre ai sistemi di nomina ed elezione, la scelta del presidente pu essere compiuta direttamente dalla legge (132); ci accade con riferimento alle presidenze degli organi collegiali di autogoverno (Consiglio superiore della magistratura, Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, Consiglio (126) VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 116: "Il titolo di investitura del presidente non lo stesso che lo rende componente del collegio ma si aggiunge a questo, anche se talora contestualmente. L'investitura pu aver titolo nella legge (presidente di diritto), oppure in un atto collegiale, particolarmente nei collegi elettivi (sempre in quelli esponenziali) oppure ancora in atto di autorit diversa da quella che investe i singoli membri dell'ufficio collegiale". In sintesi le modalit di scelta del presidente di un organo collegiale si identificano in tre tipologie: -Ope legis. -Nomina. -Elezione. (127) CERULLI IRELLI V., Corso di diritto amministrativo, rist. agg., Giappichelli, Torino, 2002, p. 94. Precedentemente GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit. GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit. VERBARI G.B., voce Organi collegiali, in Enc. dir., op. cit. VILLATA R., voce Collegi amministrativi, in Enc. giur. Treccani, op. cit. GALLI R., Corso di diritto amministrativo, op. cit. (128) CERULLI IRELLI V., Corso di diritto amministrativo, op. cit., p. 95. (129) Teoricamente l'atto di nomina del presidente potrebbe, altres, promanare da un organo esterno di natura collegiale. (130) CAVALLO B., Teoria e prassi della pubblica organizzazione, op. cit., p. 185. Pi in generale CAMMELLI M., L'amministrazione per collegi: organizzazione amministrativa e interessi pubblici, op. cit., sulla provenienza dei componenti degli organi collegiali, distingue tra estrazione libera (affidata alla scelta discrezionale dellautorit o al meccanismo elettivo) e bloccata da automatismi formali (presenze dufficio) o sostanziali (nomina su designazione delle categorie interessate). (131) CERULLI IRELLI V., Corso di diritto amministrativo, op. cit., pp. 95-97. Evidenzia l'Autore come l'elezione, a differenza della nomina, non rappresenti, tecnicamente, atto di esercizio di un potere discrezionale. (132) GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit., pp. 147-151. VALENTINI S., La collegialit nella teoria dell'organizzazione, op. cit., p. 116. GALLI R., Corso di diritto amministrativo, op. cit.: "Alla presidenza dell'organo collegiale preposto un soggetto che di nomina amministrativa o designato da una norma di legge in base a criteri obbiettivi e predeterminati, ovvero eletto dai membri dello stesso collegio". DOTTRINA 357 di presidenza della Corte dei conti), che vengono, pertanto, denominate presidenze di diritto. Nelle ipotesi di indicazione ex lege, la figura presidenziale individuata in ragione della titolarit di altra carica o ufficio, esterni al consesso di riferimento, i quali costituiscono titolo di legittimazione alla presidenza e allesercizio delle rispettive attribuzioni. Occorre domandarsi, a questo punto, se, ed in che misura, le modalit di scelta del presidente abbiano ricadute sullesercizio delle funzioni di impulso e coordinamento dei lavori in termini di accentuazione della di lui posizione di primazia sugli altri componenti. Al quesito occorre fornire risposta affermativa precisando, tuttavia, come tale influenza sul ruolo di primus inter pares non risulti sempre ricorrente ma tenda, viceversa, a manifestarsi, con intensit variabile, in occasionali ed eventuali ipotesi; per esempio nei casi di investitura ope legis o di nomina da parte di un organo esterno, in cui il presidente, non avendo vincoli giuridici n di riconoscenza morale verso il collegio, potr esercitare in modo pi spregiudicato e disinvolto le prerogative di coordinatore dei lavori. In generale, le modalit di scelta del presidente tendono ad avere pi ampie ricadute sulla iuris figura della primazia ove insieme ad esse concorrano la contestuale posizione di organo monocratico, il possesso di specifici requisiti soggettivi, la titolarit di poteri di sovraordinazione, lassenza di un potere di revoca da parte degli altri membri. In tali fattispecie dalla accentuazione delle funzioni di primus inter pares potranno discendere occasionali episodi di preminenza sostanziale, senza che ci comprometta i caratteri generali della primazia e, segnatamente, la posizione di preminenza formale del presidente e la reciproca pariordinazione di tutti i componenti. 5.4. L'assenza di un potere di revoca del presidente da parte dei componenti del collegio. La revoca rappresenta, in via generale, il contrarius actus della nomina o dellelezione, per cui essa normalmente compete all'organo o ai soggetti alla prima legittimati. Con riferimento agli organi collegiali pubblici, la revoca del presidente viene ad assumere peculiari caratteri. Oltre ad acquisire ulteriori denominazioni, tra cui quella di mozione di sfiducia, la revoca costituisce, di regola, un atto disgiunto dalla nomina sia per quanto riguarda la legittimazione attiva sia in relazione ai presupposti applicativi dellistituto. Del resto, considerando ammissibile latto di revoca, le potest di nomina e revoca del presidente non necessariamente sono attribuite al medesimo organo o ai medesimi soggetti, potendo essere ripartite tra differenti figure soggettive. Viceversa, nellambito degli organi collegiali politico-assembleari, la potest di revoca, se riconosciuta, spetta, di solito, al prescritto numero di componenti che ha in precedenza eletto il presidente. Va puntualizzato, poi, in relazione alle Assemblee parlamentari, come la revoca (o sfiducia) del presidente, quale coordinatore dei lavori del plenum, sia "difficilmente configurabile sul piano formale, non essendo chiaro con quale atto tale decisione possa essere assunta" (133); inoltre il principio di non revocabilit del presidente trova conferma nella prassi delle Camere, soprattutto a seguito del noto caso Gianfranco Fini. Analoghe considerazioni valgono per le Commissioni parlamentari permanenti nellambito delle quali si negato in modo espresso ai componenti un potere di sfiducia nei confronti del presidente (134). Inoltre, con particolare riferimento ai Consigli regionali, il presidente, una volta eletto, non pu essere sfiduciato, salvo diversa previsione dello Statuto (135). Si sottolinea in tal senso leccezionalit del potere di revoca, in ossequio al principio di non revocabilit del presidente che caratterizza i collegi politico-assembleari. Venendo, poi, ad esaminare gli organi consiliari di Comuni e Province, occorre evidenziare come la dottrina e la giurisprudenza considerino ammissibile la revoca del Presidente del Consiglio comunale (136) solo nei casi di espressa menzione da parte dello Statuto (137), applicando in via estensiva (133) LUPO N., voce Presidente di Assemblea, in Dig. disc. pubbl., vol. IV, Agg., op. cit. In senso conforme FASONE C., Presidente di Assemblea e Presidenti delle Commissioni permanenti, in I Presidenti di Assemblea parlamentare: riflessioni su un ruolo in trasformazione, a cura di GIANFRANCESCO E.LUPO N.-RIVOSECCHI G., op. cit. Contra FERRARA G., Il Presidente di Assemblea Parlamentare, op. cit. e TRAVERSA S., Il Presidente della Camera dei Deputati, Il Parlamento nella Costituzione e nella prassi: studi, Giuffr, Milano, 1989, i quali, diversamente, ritengono ammissibile la sfiducia dei Presidenti delle Camere parlamentari. (133) In dottrina, tra i tanti, CHIMENTI C., Principi e regole delle assemblee politiche, op. cit. (134) Sul punto FASONE C., Presidente di Assemblea e Presidenti delle Commissioni permanenti, in I Presidenti di Assemblea parlamentare: riflessioni su un ruolo in trasformazione, a cura di GIANFRANCESCO E.-LUPO N.-RIVOSECCHI G., op. cit., spec. p. 167. (135) Per esempio l'art. 32 dello Statuto del Trentino-Alto Adige espressamente recita: "Il Presidente ed i vice Presidenti del Consiglio regionale che non adempiano agli obblighi del loro ufficio sono revocati dal Consiglio stesso a maggioranza dei suoi componenti". Anche lo Statuto della Regione Campania all'art. 35 co. IV in tal senso dispone: "Il Consiglio regionale pu revocare il Presidente del Consiglio, i vice-presidenti, i segretari ed i questori, collegialmente o individualmente, a seguito dellapprovazione di una mozione di sfiducia secondo le modalit previste dal Regolamento". Trattasi, in ogni caso, di disposizioni eccezionali che, in quanto tali, necessitano di puntuale previsione da parte di una norma di diritto positivo. Viceversa nel silenzio della normativa vigente trova applicazione il principio di non revocabilit del titolare dell'ufficio presidenziale; il che si giustifica con la necessit che i titolari di organi pubblici di garanzia istituzionale, proprio per la loro funzione super partes, siano sottratti ai giochi politici di maggioranza. (136) In proposito, senza pretese di esaustivit, NOBILE R., La revoca del presidente del consiglio comunale, in www.lexitalia.it, 2006. CORSARO A., La revoca del presidente del consiglio comunale, Nota a Cons. Giust. amm., 3 dicembre 2007, n. 1175, in Foro amm. C.d.s. 2007, fasc. 12, p. 3533. PETRULLI M., La revoca del presidente del consiglio comunale nel caso di mancata previsione ad hoc nello statuto, in Nuova rass. legisl. 2009, fasc. 2, p. 249. AREZZO DI TRIFILETTI G., Due interessanti questioni: l'ammissibilit della revoca del Presidente del Consiglio comunale e il ruolo del consigliere anziano, in www.giustamm.it. In giurisprudenza, ex plurimis, Tar Veneto, sez. I, 21 dicembre 2005, n. 4359, cit. Tar Puglia Lecce, sez. I, 20 febbraio 2014, n. 528, in www.giustamm.it. DOTTRINA 359 tali considerazioni anche al Consiglio provinciale (138). Tuttavia, una parte della giurisprudenza tende a riconoscere, in via generale, lammissibilit della revoca del presidente del Consiglio (comunale e provinciale), anche nel silenzio del diritto positivo (139). Occorre, a questo punto, domandarsi in che modo la previsione o lassenza di una potest di revoca possa incidere sulla iuris figura della primazia ed, in particolare, sulla ordinaria posizione di preminenza formale del presidente sugli altri componenti. Va in primo luogo sottolineato come la previsione di un meccanismo di revoca, sia pure in via riflessa, costituisca un incisivo strumento di coazione esercitabile dai componenti nei confronti del presidente il quale tender, presumibilmente, ad esercitare le proprie attribuzioni di primus inter pares nei confini di una preminenza strettamente formale, pena il rischio di rimozione dalla carica. Tale assunto trova conferma, a contrario, nell'ipotesi in cui risulti carente qualsivoglia congegno di revoca-sfiducia. In tali fattispecie, infatti, emerge la maggiore propensione del presidente ad accentuare l'esercizio delle proprie funzioni, con relativi episodi di preminenza sostanziale sugli altri componenti. Trattasi, comunque, di un fenomeno eventuale nonch ad intensit variabile, in ragione del concorso o meno di altri elementi o vicende afferenti la figura del presidente, quali la contestuale posizione di organo monocratico oppure il riconoscimento di speciali poteri di sovraordinazione. Ciononostante, gli occasionali ed eccezionali episodi di preminenza sostanziale, riconducibili allassenza di un potere di revoca, non sono idonei a compromettere il modello generale della primazia e, segnatamente, la posizione di preminenza formale del presidente e la reciproca pariordinazione di tutti i componenti. (137) Cons. giust. amm. Reg. sic., 31 dicembre 2007, n. 1175, in www.giustizia-amministrativa.it. Tar Veneto, 8 febbraio 2010, n. 334, in www.giustizia-amministrativa.it. In tali fattispecie la revoca del presidente si realizza attraverso un apposito atto denominato mozione di sfiducia che, ai fini della sua approvazione, deve essere discusso e votato dal prescritto numero di componenti. (138) NASUTI A., I poteri del presidente dell'adunanza del consiglio comunale e provinciale, op. cit. APRILE E., Il Consiglio provinciale, Libreria editrice forense e degli enti locali, Lecce, 1986. MAGGIORA E., L'ordinamento provinciale. Provincia, citt metropolitana, organi, funzioni, personale, responsabilit, Giuffr, Milano, 2006. GIOFFR G., Le prerogative del presidente del consiglio comunale e provinciale, in Nuova rass. legisl., fasc. 16, 2011. LAMANNA DI SALVO D., La portata del concetto di imparzialit e neutralit dell'azione dell'ente locale ex d.l. n. 201 del 2011, Nota a Tar Lombardia Milano, sez. I, 14 dicembre 2011, n. 3150, in Giur. merito, fasc. 3, 2012. (139) In particolare Tar Veneto, sez. I, 21 dicembre 2005, n. 4359, in www.giustizia-amministrativa.it. Tar Lazio Roma, sez. II, 13 ottobre 2008, n. 8881, in www.giustizia-amministrativa.it: Ci "attesa la mancanza nell'ordinamento degli enti locali, a favore del presidente revocando, di principi sulla stabilit del suo incarico, del tipo di quelli che la dottrina costituzionalista ha elaborato nei riguardi dei presidenti delle assemblee parlamentari". 5.5. I poteri presidenziali di sovraordinazione. Con la locuzione poteri presidenziali di sovraordinazione il presente volume intende riferirsi a quei poteri del presidente di organo collegiale, accomunati dalla peculiare natura giuridica e dalla medesima difficolt di inquadramento. Si tratta, a ben vedere, di poteri riconosciuti al presidente nel ruolo di coordinatore delle riunioni che, tuttavia, sono idonei ad esprimere occasionali episodi di sovraordinazione sugli altri componenti. Questi poteri, pur inserendosi nel quadro delle funzioni tipiche della primazia, presentano caratteri speciali di cui necessario verificare la compatibilit con la posizione di primus inter pares del presidente. In particolare lanalisi si soffermer su due poteri di sovraordinazione e, segnatamente, su: -La prerogativa che assegna prevalenza al voto del presidente a parit di suffragi (140). -I poteri istruttori del presidente nei collegi con funzioni giurisdizionali (141). Premesso un breve inquadramento teorico di tali poteri, occorre vagliarne poi il momento applicativo nonch le ricadute di ordine generale sulla figura organizzatoria della primazia. In special modo dobbligo chiedersi se gli episodi di preminenza sostanziale del presidente sugli altri componenti, derivanti (140) Sulle soluzioni adottabili in caso di parit dei suffragi CAMMEO F., La parit dei voti nelle deliberazioni comunali, Utet, Torino, 1901. VITTA C., Gli atti collegiali: principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimenti alle assemblee private, op. cit., p. 269. BORSI U., La parit di voti nelle deliberazioni degli organi collegiali degli enti locali, in Rass. legisl. com., 1936, fasc. 19, p. 4. FORTI U., La parit di voto nelle deliberazioni amministrative, in Studi di dir. pubbl., 1937, I, pp. 443 e ss. DE GENNARO G., La parit di voti nelle deliberazioni amministrative, in Riv. trim. dir. pubbl., 1951, I, pp. 650 e ss., ora anche in Scritti di diritto pubblico, vol. I, Milano, 1955, pp. 41 e ss. LA TORRE M., Parit di voti e voto del presidente del collegio, in Amm. it., 1952. STRANGES A., Deliberazioni dei consigli comunali: effetti della parit di voti, ripetizione della votazione, in Il servizio ispettivo, n. 5, 1954. GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, op. cit. DAGTOGLOU P., Kollegialorgane und Kollegialakte der Verwaltung, op. cit.. GARGIULO U., I collegi amministrativi, op. cit. TREVES G., L'organizzazione amministrativa, op. cit. SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, XV ed., op. cit. (141) L'art. 506 co. I c.p.p. riconosce al presidente nel corso del dibattimento penetranti poteri istruttori in tema di prova. Pi in generale sui poteri istruttori del giudice penale DE CARO A., Poteri probatori del giudice e diritto alla prova, Edizioni scientifiche italiane, 2003. BELLUTA H., Imparzialit del giudice e dinamiche probatorie ex officio, Giappichelli, Torino, 2006. CARACENI L., Poteri d'ufficio in materia probatoria e imparzialit del giudice penale, Giuffr, Milano, 2007. VERGINE F., Sistema delle prove e interventi del giudice, Cacucci, 2008. LATTANZI G., Codice di procedura penale: annotato con la giurisprudenza, VIII ed., Giuffr, Milano, 2013. CONSO G.-GREVI V.-ILLUMINATI G., Commentario breve al codice di procedura penale: complemento giurisprudenziale, a cura di LIVIA GIULIANI, VIII ed., Cedam, 2013. DE GIOIA V., Codice di procedura penale e leggi speciali annotato con la giurisprudenza, Neldiritto, 2013. Anche il Codice del processo amministrativo (D.lgs. n. 104/2010) tende a rafforzare i poteri istruttori del presidente del collegio. Infatti ai sensi degli artt. 65 co. I e 68 co. I il presidente o un magistrato da lui delegato, su istanza di parte, adotta i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell'istruttoria; inoltre nell'ammettere i mezzi istruttori egli fissa i termini da osservare e ne determina luogo e modalit di assunzione. (Sul punto ROMEO A., Collegialit e ruolo presidenziale nella sentenza amministrativa, Giuffr, Milano, 2012). DOTTRINA 361 dallesercizio di tali poteri di sovraordinazione, siano in grado di mettere in discussione i tratti distintivi della primazia ed, in particolare, la posizione di preminenza formale del presidente e la reciproca pariordinazione di tutti i componenti. Ci in ragione della circostanza che lo svolgimento di tali poteri idoneo a condizionare il procedimento di formazione della volont collegiale. Al quesito occorre dare risposta negativa, riallacciandosi ad un principio di ordine generale: Nel concreto operare dei fenomeni giuridici non esistono situazioni, posizioni o figure soggettive allo stato puro, ma ciascuna di esse tollera al suo interno la presenza di elementi spuri, eterogenei rispetto agli elementi tipici della situazione, posizione o figura dominante. Trattasi di un fenomeno generale di ampio respiro che ricorre nel diritto amministrativo ma comune anche al diritto privato (142). La stessa figura organizzatoria della primazia registrerebbe al proprio interno una vicenda di commistione tra i maggioritari poteri di equiordinazione e i minoritari poteri di sovraordinazione. La coabitazione tra poteri diversi si giustifica attraverso l'applicazione della teoria generale dell'assorbimento o della prevalenza (143); in base a questa teoria natura e disciplina della primazia vengono individuate attraverso gli elementi maggioritari della fattispecie che prevalgono per assorbimento sugli elementi minoritari ed accessori (144). Ne discende come la primazia, quale figura di originale equiordinazione, possa sopportare al suo interno poteri di sovraordinazione, con i relativi episodi di preminenza sostanziale, senza veder alterate le proprie caratteristiche fondamentali tra cui la posizione di preminenza formale del presidente e la reciproca pariordinazione di tutti i componenti. (142) Secondo PUGLIATTI S., La propriet nel nuovo diritto, Giuffr, Milano, 1954 anche il diritto assoluto di propriet, che la pi completa ed ampia tra le situazioni giuridiche soggettive attive e di vantaggio, tollera nel proprio nucleo interno una serie di elementi spuri che si identificano in oneri, obblighi e limiti. Ai sensi dell'art. 832 c.c., infatti, "il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico". Tali oneri, obblighi e limiti conformano la struttura del diritto senza per intaccare le caratteristiche generali della propriet. Non esistono, pertanto, nel contesto storico contemporaneo situazioni giuridiche soggettive assolute (NICOL R., Istituzioni di diritto privato. I. Dispense integrative ad uso degli studenti, Giuffr, Milano, 1962. PUGLIATTI S., Il trasferimento delle situazioni soggettive, Giuffr, Milano, 1964. BOBBIO N., L'et dei diritti, Einaudi, Torino, 1990). (143) ASQUINI A., Il contratto di trasporto terrestre di persone, op. cit., pp. 69 e ss.. In base alla teoria dell'assorbimento (Absorptionstheorie) nell'ambito dei contratti misti le prestazioni secondarie ed accessorie risultano assorbite nelle prestazioni principali "agli effetti della determinazione della natura giuridica della forma di contratto" e agli effetti dell'individuazione della disciplina applicabile. Questa teoria , altres, estensibile a qualsivoglia fattispecie giuridica che sia caratterizzata da un fenomeno di commistione tra elementi eterogenei. Pi di recente SICCHIERO G., I contratti misti, op. cit. DI PACE R., Partenariato pubblico privato e contratti atipici, op. cit. (144) I poteri di sovraordinazione sono, dunque, recessivi in quanto assorbiti nelle funzioni di impulso e coordinamento che connotano in senso prevalente il modello della primazia. Tali poteri ricoprono, conseguentemente, un ruolo marginale rispetto agli ordinari poteri presidenziali di primus inter pares, risultando ammissibili solo in presenza di un'espressa disposizione di diritto positivo. Finito di stampare nel mese di marzo 2015 Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma