ANNO LXVI - N. 3 LUGLIO - SETTEMBRE 2014 RASSEGNA AV V O C AT U R A DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Francesco Meloncelli - Marina Russo - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Pierfrancesco La Spina - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri Adele Quattrone - Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Paolo Canaparo, Federico Casu, Giuseppe Cerrone, Francesco Maria Ciaralli, Anna Collabolletta, Roberta Costanzi, Eugenio De Bonis, Carlo Deodato, Ettore Figliolia, Fabio Fraternali, Pietro Garofoli, Michele Gerardo, Paolo Grasso, Emanuele Grippaudo, Iolanda Luce, Fabrizio Urbani Neri. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829562 ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Michele Giuseppe Dipace, Audizione dellAvvocato generale dello Stato avanti alla I^ Commissione della Camera dei Deputati, mercoled 22 ottobre 2014 ore 14: indagine conoscitiva nellambito dellesame dei progetti di legge costituzionali in materia di revisione della parte seconda della Costituzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 1.- Le decisioni della Corte di giustizia Ue Lorenzo DAscia, Note sui rapporti tra Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea e Costituzioni nazionali (C. giustizia, Sez. V, sent. 11 settembre 2014, causa C-112/13). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.- I giudizi in corso della Corte di giustizia Ue Sergio Fiorentino, Libert di stabilimento. Diritti fondamentali - Carta dei diritti fondamentali. Concorrenza - Intese, Causa C-497/12 . . . . . Fabrizio Urbani Neri, Fiscalit. Principi, obiettivi e missioni dei Trattati, Causa C-349/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sergio Fiorentino, Libert di stabilimento. Libera prestazione dei servizi, Causa C-463/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fabrizio Urbani Neri, Libera circolazione delle merci. Unione doganale. Tariffa doganale comune, Causa C-546/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . Anna Collabolletta, Agricoltura e pesca - Banane. Disposizioni finanziarie - Risorse proprie, Causa C-607/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sergio Fiorentino, Ambiente - Rifiuti, Causa C-653/13 . . . . . . . . . . . . Sergio Fiorentino, Libert di stabilimento, Causa C-657/13 . . . . . . . . Sergio Fiorentino, Concorrenza - Intese - Aiuti concessi dagli Stati, Causa C-68/14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sergio Fiorentino, Ravvicinamento delle legislazioni, Causa C-104/14 Sergio Fiorentino, Propriet intellettuale, industriale e commerciale Brevetti, Causa C-125/14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sergio Fiorentino, Paolo Grasso, Concorrenza - Aiuti concessi dagli Stati, Causa T-527/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pietro Garofoli, Reti transeuropee, Causa T-695/13 . . . . . . . . . . . . . . . CONTENZIOSO NAZIONALE Emanuele Grippaudo, Lonere della prova nel mobbing (Cass. civ., Sez. lavoro, sent. 14 maggio 2014 n. 10424) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Michele Gerardo, Alla ricerca del termine per lopposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia, con particolare riguardo alle competenze del C.T.U. (art. 15 D.L.vo 1 settembre 2011 n. 150) (Trib. Napoli, ord. 17 aprile 2014) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 7 21 37 43 67 72 80 92 96 106 115 121 140 153 173 Francesco Maria Ciaralli, La giurisdizione in materia di contributi pubblici alle imprese (Cons. St., Ad. Pl., sent. 29 gennaio 2004 n. 6) . . . . . . Roberta Costanzi, Il dialogo partecipativo tra privato e p.A. nella fase di controllo successiva alla presentazione della segnalazione certificata di inizio attivit: s.c.i.a. e preavviso di rigetto (T.a.r. Lombardia, Sez. II, sent. 3 aprile 2014 n. 880) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Iolanda Luce, Laffidamento di incarichi esterni da parte della pubblica amministrazione (T.a.r. Campania, Salerno, Sez. II, sent. 16 luglio 2014 n. 1383). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Ettore Figliolia, Poteri di autotutela della p.A. negli appalti di infrastrutture strategiche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Eugenio De Bonis, Il rimborso delle spese legali ex art. 18 D.l. 67/1997 per esercizio di funzioni parlamentari (opinioni espresse ai sensi dellart. 68 Cost.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ettore Figliolia, Gli istituti della transazione e dellaccordo bonario nella disciplina dei contratti pubblici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Giuseppe Fiengo, E se cambiassimo strada sullemergenza appalti? . . . Paolo Canaparo, La finanziaria light ormai soltanto un lontano ricordo!? (Riflessioni in vista della prossima legge di stabilit 2015) . . . . Fabio Fraternali, Green Public Procurement . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Carlo Deodato, Considerazioni sui poteri del Presidente del Consilgio dei ministri nellattivit normativa del Governo. Levoluzione del ruolo del Premier nei Governi degli ultimi ventanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Federico Casu, Giuseppe Cerrone, I limiti di ammissibilit del referendum abrogativo: il caso delle Prefetture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 180 196 212 225 228 231 239 242 281 301 323 TEMI ISTITUZIONALI RELAZIONE DELLAVVOCATO GENERALE DELLO STATO, MICHELE GIUSEPPE DIPACE 1^ Commissione della Camera dei Deputati (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) Audizione dellAvvocato generale dello Stato avanti alla I^ Commissione, mercoled 22 ottobre 2014 ore 14: indagine conoscitiva nellambito dellesame dei progetti di legge costituzionali in materia di revisione della parte seconda della Costituzione 1. Premessa Il tema dei rapporti Stato-Regioni e, pertanto, delle modifiche al Titolo V della Costituzione che li regola uno dei pi complessi perch attiene alla visione politica dellordinamento delle autonomie e del federalismo collegato alle complessit che derivano dalla molteplicit dei livelli di governo previsto dalla Costituzione. Come stato affermato, i problemi principali posti dallattuazione del Titolo V sono costituiti dallincerto riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, dal mancato raccordo tra funzioni legislative e amministrative e dalla mancanza di coordinamento con il sistema delle autonomie locali. Naturalmente, data la mia funzione istituzionale, il mio intervento riguarder una breve esposizione del contenzioso tra Stato, Regioni e Province autonome dinanzi alla Corte Costituzionale in materia di impugnazioni in via principale di leggi regionali o di leggi statali ritenute invasive delle rispettive competenze statali o regionali e in materia di conflitti di attribuzione tra poteri statali, regionali e provinciali nellemanazione di provvedimenti amministrativi. 2. La tipologia e i dati numerici I ricorsi trattati dalla Corte Costituzionale sono essenzialmente: a) i ricorsi proposti dallo Stato con il patrocinio dellAvvocatura Generale dello Stato nei confronti delle Regioni e le Province autonome, con riferimento sia ai ricorsi per impugnazione in via principale delle leggi regionali e provinciali sia ai conflitti di attribuzione; b) i ricorsi proposti dalle Regioni e dalle Province autonome nei confronti dello Stato, con riferimento sia ai ricorsi in via diretta avverso norme statali, sia ai conflitti di attribuzione. Nel 2013 lo Stato ha impugnato 64 leggi regionali e provinciali; nel 2014 lo Stato ha impugnato 39 leggi regionali e provinciali, per un totale complessivo, negli anni 2013 e 2014 (fino al 21 ottobre 2014), di 103 atti. Nel 2013 Regioni e Province autonome hanno proposto 37 ricorsi contro leggi statali; nel 2014 (fino al 21 ottobre 2014) hanno proposto 44 ricorsi contro leggi statali, per un totale, nel biennio considerato, di 81 atti. Come stato affermato nella relazione del Presidente della Corte sulla giurisprudenza costituzionale dellanno 2013, il numero dei giudizi in via principale ha superato quello dei giudizi in via incidentale. Vi , pertanto, una prevalenza, nel lavoro della Corte, del contenzioso Stato-Regioni, non sufficientemente prevenuto dalla composizione in sede politica delle controversie sulle rispettive competenze sia legislative che amministrative. Afferma la Corte che le norme contenute nel Titolo V rivelano ogni giorno la loro inadeguatezza con riferimento sia ai criteri di definizione delle materie sia agli strumenti di raccordo tra lo Stato centrale e gli enti territoriali. I dati numerici del contenzioso non sono, tuttavia, rilevanti solo da un punto di vista quantitativo, che pure ne rappresenta con immediatezza la consistenza, ma anche da un punto di vista qualitativo, perch dallesame delle materie nelle quali possono essere ricondotte le questioni sottoposte allesame della Corte, si nota come questultima abbia provveduto a delineare in termini chiari e definitivi le rispettive competenze dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome nelle materie indicate nellart. 117 Cost., senza omettere mai di sottolineare lessenzialit del ruolo del principio di leale collaborazione. La necessit di fronteggiare la grave crisi della finanza pubblica nellattuale congiuntura storica ha portato la Corte a ridurre progressivamente i margini di autonomia finanziaria delle Regioni e delle Province autonome, mostrando grande sensibilit al contesto economico-finanziario e, quindi, ritenendo legittime le norme che incidevano, anche in modo significativo, sulle leggi di spesa delle Regioni e delle Province autonome (ad esempio, in tema di contenimento della spesa sanitaria o per il personale, anche con riferimento alla indispensabilit del pubblico concorso per laccesso ai pubblici uffici; sentenze n. 91/2012; 163/2011; 51/2013), soffermandosi sulla c.d. finanza pubblica allargata, evidenziando come il coordinamento della finanza pubblica attiene soprattutto al rispetto delle regole di convergenza e di stabilit dei conti pubblici, regole provenienti sia dallordinamento comunitario che da quello nazionale, in particolare, dal c.d. patto di stabilit interno (sentenze n. 36/2004; 267/2006; 138/2013; 219/2013; 175/2014). Non va dimenticato che, a partire dallesercizio finanziario 2014, la ma TEMI ISTITUZIONALI teria armonizzazione dei bilanci pubblici stata ricompresa nel secondo e non pi nel terzo comma dellart. 117 Cost., con conseguente attribuzione della materia alla potest legislativa dello Stato. Su altri temi, pure di rilevante impatto ordinamentale, la Corte Costituzionale ha delineato con chiarezza lo spazio della competenza statale, come in tema di istruzione, di ordinamento civile (materia di competenza esclusiva del legislatore statale, ad eccezione delle sole disposizioni di tipo meramente organizzativo o contabile; sentenze n. 401/2007; sentenza n. 137/2013) e di governo del territorio; riconoscendo, inoltre, alla competenza statale il potere di individuare il punto di equilibrio in una determinata materia, come lambiente, restando alla competenza regionale solo il potere di incrementarne la tutela (la sentenza n. 58/2013 ha ribadito il principio secondo il quale consentito alla legge regionale incrementare gli standard di tutela dellambiente, quando essa costituisce esercizio di una competenza legislativa della Regione e non compromette un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato; sentenze n. 66/2012; n. 225/2009; n. 398/2006, n. 407/2002). 3. Il nuovo testo dellart. 117 Costituzione Come sottolineato anche nei precedenti interventi, la riforma del Titolo V ha ricondotto allo Stato alcune competenze fondamentali (coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario, energia, opere pubbliche di interesse nazionale ecc.), seguendo le indicazioni elaborate dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale; ha eliminato opportunamente le competenze di legislazione concorrente, fonti del notevole contenzioso prima indicato, aumentando le competenze proprie sia dello Stato sia delle Regioni, ma ha opportunamente introdotto una clausola di supremazia della legge statale sulle leggi regionali; ha previsto la possibilit di deleghe al legislatore regionale e ha eliminato lultimo comma dellart. 116. Su tale impostazione non si pu che dare un giudizio positivo perch mira a chiarire situazioni giuridiche incerte e, perci, a far diminuire il contenzioso. Sarebbe in ogni caso opportuno ancor pi individuare con chiarezza le materie nelle quali lo Stato fissa le norme generali che, poi, vanno specificate da parte delle Regioni e delle province autonome (salute, istruzione, turismo, sport). 4. Il ruolo dellAvvocatura dello Stato Una, seppur breve, illustrazione del ruolo dellAvvocatura dello Stato nella difesa dello Stato non pu prescindere, innanzitutto da un succinto riepilogo delle modalit di trattazione del contenzioso, che nasce dalla delibera del Consiglio dei Ministri e dalla sua vincolativit quanto alle norme da censurare e ai parametri costituzionali di riferimento, perch, in base alla giurisprudenza ormai consolidata della Corte Costituzionale, la deliberazione del Consiglio dei Ministri e lallegata relazione del Dipartimento per gli Affari Regionali devono necessariamente indicare le specifiche disposizioni che il Governo ritiene di impugnare costituendone il pertinente presupposto giuridico. La delibera del Consiglio dei Ministri il fulcro della politica regionale del Governo, quale espressione della determinazione politica del Governo stesso. La proposizione del ricorso ex art. 127 Cost. espressione della funzione di visione dinsieme dellAvvocatura dello Stato, che, se non pu modificare i parametri normativi di riferimento indicati nella delibera del Consiglio dei Ministri, pu, tuttavia, assicurare il collocamento della singola questione nel quadro di insieme e valutarla nellottica dei principi costituzionali delineati dalla Corte (ambito della difesa tecnica). La trasmissione da parte dellAvvocatura dello Stato delle sentenze della Corte Costituzionale in materia al Dipartimento Affari regionali e al DAGL della Presidenza del Consiglio dei Ministri corredata da una nota di accompagnamento esplicativa, che serve, soprattutto, a segnalare orientamenti giurisprudenziali particolarmente significativi e/o che si vanno consolidando, per orientare lattivit delle Amministrazioni statali in senso conforme alle statuizioni della Corte e ovviare alle criticit applicative. Si deve, peraltro, evidenziare alcune criticit riscontrate nella pratica attuazione della difesa: alle volte, nonostante la piena collaborazione del Dipartimento per gli Affari regionali, lAvvocatura dello Stato riceve la determinazione di impugnazione a ridosso della scadenza del termine per proporre le impugnazioni di leggi o statuti regionali o provinciali, che meriterebbero, invece, maggiori approfondimenti per scongiurare anche i possibili rischi di inammissibilit delle impugnazioni stesse e ponderare meglio la valutazione della loro opportunit. A ci si potrebbe ovviare con la previsione di un filtro preventivo della stessa Avvocatura dello Stato, nellottica della leale collaborazione, che possa servire a segnalare con tempestivit e, quindi, anche in funzione deflattiva del contenzioso costituzionale, le criticit di livello costituzionale della legislazione regionale e delle Province autonome, anche tenendo conto dei principi che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha affermato nelle relative materie trattate. 5. Le prospettive per il futuro Una pi chiara delimitazione e individuazione delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni avr un benefico influsso al fine di ridurre il contenzioso e, comunque, sar utile per superare le antinomie normative, rendendo anche pi funzionale lattivit delle Regioni e delle Citt metropolitane e delle Province autonome. In questa ottica il ruolo dellAvvocatura sar fondamentale sia, nella fase contenziosa per assicurare lunitariet della difesa innanzi alla Corte, contri TEMI ISTITUZIONALI buendo cos alla elaborazione della giurisprudenza in materia; sia, nella fase consultiva, anche al fine di prevenire linstaurazione dei giudizi di costituzionalit e di assicurare lapplicazione dei principi delineati dalla Corte. LAvvocatura dello Stato potrebbe, comunque, fornire un contributo fondamentale anche nella fase preventiva allinstaurazione del contenzioso, attraverso linterlocuzione non solo con il Dipartimento per gli Affari Regionali e con il DAGL della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma anche direttamente con le Regioni in modo da raffreddare il conflitto, quando possibile, attraverso il suggerimento di eventuali modifiche della legge regionale sospettata di illegittimit costituzionale, senza, ovviamente, intervenire sulle decisioni politiche di tali enti. Non va sottaciuto che, con una certa frequenza, alla proposizione del ricorso ex art. 127 Cost., segue ladozione - da parte della Regione interessata di una modifica normativa che riconduce nellalveo della legittimit costituzionale la norma regionale originariamente impugnata, con conseguente estinzione del giudizio di costituzionalit, una volta perfezionate la rinuncia al ricorso e laccettazione della stessa. Con ci si ottengono due risultati positivi: la riduzione del contenzioso costituzionale e la uniformit della normativa regionale. Si potrebbe, quindi, anche valutare lopportunit di demandare al legislatore ordinario la procedimentalizzazione di tale importante funzione di esame preventivo che dovrebbe superare le previsioni della legge c.d. La Loggia, rimaste di fatto pressoch inattuate. Si potrebbe anche proporre una modifica dellart. 120 Cost., aggiungendo allultimo comma le seguenti parole: la legge definisce, altres, le procedure atte a prevenire la proposizione della questione di legittimit costituzionale ai sensi dellart. 127 Cost. nel rispetto del principio di leale collaborazione. Non si pu, tuttavia, non escludere che, almeno nella prima fase applicativa del nuovo riparto, possa aumentare il numero dei ricorsi proposti, specie in considerazione della eliminazione delle materie di competenza concorrente e della introduzione di numerose ipotesi di riserva statale limitata alle disposizioni generali o di principio (a ci si aggiunga che il nuovo testo costituzionale non risolve il problema del contrasto tra la legge statale in materia di riserva esclusiva e gli statuti speciali). In proposito, appare condivisibile lopinione di chi propugna leliminazione della previsione di residualit della competenza regionale in caso di silenzio della Costituzione su alcune materie di cui al terzo comma dellart. 117 Cost. e, cio, della frase nonch in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato. In conclusione, si ribadisce il giudizio positivo sul nuovo testo dellart. 117 Cost. con lauspicio che dalla chiarezza del riparto di competenze discenda una minore conflittualit con le Regioni e le Province autonome. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE Note sui rapporti tra Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea e Costituzioni nazionali CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA, SENTENZA 11 SETTEMBRE 2014, CAUSA C-112/13 Lorenzo DAscia* La posta in gioco nella causa pregiudiziale sollevata dalla Corte di Cassazione austriaca (nella quale la norma nazionale risultava contraria sia a un principio della Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea che alla Costituzione austriaca) era quella di verificare se lattribuzione al giudice nazionale del compito di dare applicazione diretta e diffusa della normativa comunitaria, disapplicando sempre quella interna ad essa contraria, sia compatibile con i meccanismi costituzionali interni che invece non consentono al giudice ordinario di disapplicare una norma incostituzionale, essendo la competenza accentrata in capo alla Corte Costituzionale. Al centro di una contesa tra giudice costituzionale e Corte di Cassazione austriaci il tema, che interessa altri Stati membri, delle modalit di disapplicazione del diritto nazionale contrario ai principi della Carta, nei casi in cui questi coincidano con norme costituzionali interne, e della conformit con il diritto dellUnione - in particolare con lart. 267, TFUE - di sistemi nazionali di sindacato accentrato dinanzi alla Corte Costituzionale. La Corte di Giustizia, che, non sembra operare esplicitamente alcun distinguo tra norme di diretta applicazione e principi generali contenuti nella Carta, nonostante la previsione dellart. 52, par. 5, Carta, ritiene ammissibile una normativa interna che preveda un procedimento incidentale dinanzi alla Corte Costituzionale finalizzato a determinare lannullamento generalizzato della norma incostituzionale (oltre che contraria a un principio della Carta), (*) Avvocato dello Stato. purch siano salvaguardate alcune garanzie di effettivit del diritto dellUnione. In particolare al giudice nazionale, obbligato dal diritto interno a sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale questione di legittimit costituzionale, ove non sia possibile una interpretazione della legge conforme ai principi contenuti nella Costituzione, deve essere sempre riconosciuta la possibilit: a) di sollevare in qualunque momento questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia, sia prima della rimessione alla Corte Costituzionale, che dopo la sua decisione; b) di adottare misure cautelari provvisorie a tutela del diritto ritenuto leso dalla legge nazionale; c) di disapplicare, anche dopo il sindacato accentrato della Corte Costituzionale (e a prescindere dal suo esito), la legge nazionale ritenuta contraria al diritto dellUnione. Lintervento del Governo italiano, di cui si riporta un estratto in calce alla sentenza, ha messo in risalto come, ai fini dellapplicazione dei principi della sentenza Simmenthal, ferma restando la primazia del diritto dellUnione, la scelta del legislatore nazionale di predisporre un sistema di sindacato accentrato non sia di per s illegittima, a condizione che sia assicurata al giudice adito la facolt di sollevare la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia anche in alternativa alla remissione della questione di costituzionalit -. La decisione in commento ritiene che il meccanismo del sindacato accentrato, volto a perseguire la finalit di assicurare una rimozione definitiva e generalizzata della norma allorch sia in contrasto non solo con i principi della Carta, ma anche con la Costituzione, non sia di per s lesivo della primazia del diritto dellUnione. La possibilit di rimettere in ogni momento la questione alla Corte di Giustizia, gi affermata nella sentenza Melki-Abdeli del 22 giugno 2010 (cause riunite C-188 e 189/10), non pare creare problemi di coordinamento con lordinamento nazionale. Vi tuttavia un rischio di cortocircuito rispetto agli equilibri costituzionali interni, nei casi in cui il giudice ordinario, dopo una pronuncia della Corte Costituzionale di infondatezza della questione di legittimit costituzionale, ritenga ugualmente di disapplicare la legge nazionale, in quanto contraria, a suo avviso, al principio sancito dalla Carta. Secondo la Corte di Giustizia il potere di disapplicazione diffusa deve essere sempre garantito al giudice ordinario, che anche giudice europeo. Si potrebbe verificare cos un contrasto diretto tra Corte Costituzionale e giudice ordinario, il quale, ancorch obbligato dal diritto interno a sollevare la questione di costituzionalit, potrebbe poi non tener conto della decisione di rigetto della Corte Costituzionale e disapplicare ugualmente la norma, anche senza la mediazione di una pronuncia della Corte di Giustizia. La norma interna che stabilisce il sindacato accentrato della Corte Costi tuzionale e il concetto di rilevanza alla base della disciplina di detto sindacato accentrato potrebbero essere, nella sostanza, svuotati di contenuto, con portata amplissima vista lestensione dei principi generali sanciti dalla Carta (e la loro sovrapposizione con gran parte dei principi della Costituzione). Il giudice interno che intenda disapplicare una norma contraria alla Costituzione, oltre che contraria ai principi della Carta, sarebbe sempre tenuto a rimettere la questione alla Corte Costituzionale, ma, una volta concluso negativamente il relativo procedimento incidentale, potrebbe disapplicarla contro lavviso della Corte Costituzionale. Capovolgendo langolo prospettico, le norme interne contrarie ai principi della Costituzione, ove questi siano riconducibili anche ai principi della Carta, sarebbero suscettibili di una disapplicazione diffusa ad opera dei giudici ordinari, che prescinderebbe dallesito del sindacato accentrato. Il sindacato dei giudici costituzionali assumerebbe una pi limitata finalit: non pi quella di esercitare una competenza accentrata esclusiva, ma solo quella di garantire la rimozione dallordinamento della norma incostituzionale. La Carta, occupando con i suoi principi gli spazi propri delle Costituzioni nazionali a tutela dei diritti fondamentali, e ad esse sovrapponendosi, finisce cos per incidere sul riparto interno di competenze tra giudici ordinari e Corte Costituzionale, come sancito dalle Costituzioni di molti Stati dellUnione. La soluzione data dalla Corte di Giustizia offre agli ordinamenti interni unicamente la possibilit di consentire, oltre alla disapplicazione diffusa della norma contraria alla Carta, la sua rimozione definitiva ad opera del giudice costituzionale per esigenze di certezza del diritto. Non invece riconosciuta la scelta del legislatore costituente di riservare alla competenza del solo giudice costituzionale la valutazione circa la contrariet o meno della norma interna al principio generale, non di diretta applicazione, contenuto nella Costituzione, e previsto anche dalla Carta. Corte di giustizia dellUnione europea, Quinta Sezione, sentenza 11 settembre 2014, nella causa C-112/13 -Pres. e Rel. T. von Danwitz, Avv. Gen. Y. Bot - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallOberster Gerichtshof (Austria) l8 marzo 2013 A / B e a. Articolo 267 TFUE - Costituzione nazionale - Procedimento incidentale di controllo di legittimit costituzionale obbligatorio - Esame della conformit di una legge nazionale sia con il diritto dellUnione sia con la Costituzione nazionale - Competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale - Mancanza di un domicilio o di una residenza conosciuti del convenuto sul territorio di uno Stato membro - Proroga di competenza in caso di comparizione del convenuto - Curatore del convenuto in absentia [...] Procedimento principale e questioni pregiudiziali 15 Il 12 ottobre 2009, B e altri hanno presentato dinanzi al Landesgericht Wien (Tribunale di Vienna) un ricorso per risarcimento danni contro A, facendo valere che questultimo aveva rapito i loro mariti o i loro padri in Kazakistan. 16 Riguardo alla competenza dei giudici austriaci, B e altri hanno sostenuto che A aveva il proprio domicilio abituale nel distretto del giudice adito. 17 Il Landesgericht Wien ha compiuto vari tentativi di notifica, dai quali emerso che A non era pi domiciliato agli indirizzi di notifica. Il 27 agosto 2010 detto giudice ha nominato per il convenuto, su richiesta di B e degli altri, un curatore in absentia (Abwesenheitskurator) ai sensi dellarticolo 116 della ZPO. 18 Successivamente alla notifica dellatto di citazione, tale curatore in absentia ha depositato un controricorso in cui concludeva chiedendo il rigetto del ricorso e sollevando numerose eccezioni di merito, senza peraltro contestare la competenza internazionale dei giudici austriaci. 19 Soltanto in seguito, uno studio legale al quale A aveva conferito mandato intervenuto in giudizio per conto di questultimo e ha contestato la competenza internazionale dei giudici austriaci. A tal riguardo, esso ha dedotto che lintervento del curatore del convenuto in absentia non poteva fondare la competenza internazionale dei giudizi austriaci dato che lo stesso curatore non aveva avuto alcun contatto con A e non conosceva i fatti avvenuti in Kazakistan. Quanto al suo domicilio, A ha affermato di avere definitivamente lasciato lAustria prima della proposizione del ricorso nei suoi confronti. Adducendo una minaccia per la sua vita, egli non ha fornito al suddetto giudice informazioni sul suo domicilio, ma ha chiesto di effettuare in futuro qualsiasi notifica allo studio legale mandatario. 20 Il Landesgericht Wien ha dichiarato la propria incompetenza internazionale e ha respinto il ricorso, con la motivazione che A era domiciliato nel territorio della Repubblica di Malta e che la comparizione del curatore in absentia non valeva quale comparizione ai sensi dellarticolo 24 del regolamento n. 44/2001. 21 LOberlandesgericht Wien (Corte dappello di Vienna) ha accolto lappello proposto da B e altri avverso la suddetta decisione e ha respinto leccezione di incompetenza internazionale. A suo giudizio, i giudici nazionali erano obbligati a verificare la propria competenza internazionale, ai sensi dellarticolo 26 del regolamento n. 44/2001, soltanto in caso di mancata comparizione del convenuto. Orbene, nel diritto austriaco, gli atti processuali del curatore del convenuto in absentia, tenuto a preservare gli interessi di tale convenuto, produrrebbero gli stessi effetti giuridici dellatto di un mandatario convenzionale. 22 Dinanzi allOberster Gerichtshof, adito con ricorso per Revision, A ha fatto valere una violazione dei propri diritti della difesa sanciti allarticolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la CEDU), e allarticolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea (in prosieguo: la Carta). Per contro, B e altri hanno sostenuto che tali disposizioni della CEDU e della Carta garantiscono anche il loro diritto fondamentale a un ricorso effettivo, imponendo la nomina di un curatore del convenuto in absentia ai sensi dellarticolo 116 della ZPO. 23 Secondo le indicazioni dellOberster Gerichtshof, A aveva, al momento della proposizione del ricorso, un domicilio a Malta. Dato che il curatore in absentia, nominato per A, non aveva contestato la competenza internazionale dei giudici austriaci, sorgerebbe la questione se il controricorso depositato da detto curatore fosse imputabile ad A e valesse quale comparizione del medesimo ai sensi dellarticolo 24 del regolamento n. 44/2001. A tal riguardo, lOberster Gerichtshof rileva che lampio potere di rappresentanza del curatore del convenuto in absentia, di cui allarticolo 116 della ZPO, pu essere considerato, CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 11 allo stesso tempo, come necessario per garantire il diritto fondamentale di B e altri a un ricorso effettivo e come incompatibile con il diritto fondamentale di A al contraddittorio. 24 In tale contesto, il giudice del rinvio rileva che, secondo una giurisprudenza costante, esso disapplica caso per caso le disposizioni di legge in contrasto con il diritto dellUnione sulla base del principio del primato di questultimo. Orbene, in una decisione del 14 marzo 2012, U 466/11, il Verfassungsgerichtshof si sarebbe discostato da tale giurisprudenza affermando che il suo controllo di costituzionalit delle leggi nazionali, nellambito del procedimento di controllo generale delle leggi (Verfahren der generellen Normenkontrolle ) ai sensi dellarticolo 140 B-VG, dovrebbe essere esteso alle disposizioni della Carta. Infatti, nellambito del suddetto procedimento, i diritti sanciti dalla CEDU potrebbero essere fatti valere al suo cospetto in quanto diritti di rango costituzionale. Quindi, secondo il Verfassungsgerichtshof, il principio di equivalenza, quale risultante dalla giurisprudenza della Corte, imporrebbe che detto controllo generale delle leggi verta anche sui diritti garantiti dalla Carta. 25 Secondo lOberster Gerichtshof, tale decisione ha come conseguenza che i giudici austriaci non possono disapplicare di propria iniziativa una legge contraria alla Carta, ma sono tenuti a presentare al Verfassungsgerichtshof una domanda di annullamento erga omnes di detta legge, ferma restando la possibilit di adire la Corte in via pregiudiziale. Inoltre, il Verfassungsgerichtshof avrebbe dichiarato che, quando un diritto garantito dalla Costituzione e uno fondato sulla Carta hanno lo stesso ambito di applicazione, non sussiste alcun obbligo di rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte ai sensi dellarticolo 267 TFUE. In tal caso, linterpretazione della Carta non sarebbe rilevante ai fini della decisione su una domanda di annullamento erga omnes di una legge, giacch la decisione potrebbe fondarsi sui diritti garantiti dalla Costituzione austriaca. 26 Il giudice del rinvio sinterroga sulla questione se il principio di equivalenza esiga di estendere la portata del ricorso incidentale di incostituzionalit ai diritti garantiti dalla Carta, in quanto tale ricorso prolungherebbe la durata del procedimento e ne aumenterebbe i costi. Si potrebbe conseguire lobiettivo di una correzione generale del diritto annullando la legge contraria alla Carta anche dopo la conclusione del procedimento. Inoltre, la circostanza che un diritto garantito dalla Costituzione austriaca e un diritto sancito dalla Carta abbiano lo stesso ambito di applicazione non potrebbe dispensare dallobbligo di rinvio pregiudiziale. Non si potrebbe escludere che linterpretazione di detto diritto fondamentale da parte del Verfassungsgerichtshof si discosti da quella della Corte e, pertanto, che la decisione di questultimo sia in contrasto con gli obblighi derivanti dal regolamento n. 44/2001. 27 Alla luce di queste considerazioni, lOberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se si debba dedurre dal principio di equivalenza previsto nellordinamento giuridico europeo, nellapplicazione del diritto dellUnione europea a un sistema di procedura nel quale i giudici ordinari chiamati a decidere nel merito devono s verificare anche lanticostituzionalit di talune disposizioni, ma non godono della facolt di abrogazione generalizzata delle leggi, riservata ad una Corte costituzionale organizzata secondo previste modalit, che detti giudici ordinari, qualora una legge violi larticolo 47 della [Carta], devono durante il procedimento altres adire la Corte costituzionale per ottenere labrogazione generalizzata di tale legge e non possono limitarsi a disapplicarne le disposizioni nel caso concreto. 2) Se larticolo 47 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che osta a una disposizione procedurale ai sensi della quale un giudice non competente a livello internazionale nomina per una parte, nellimpossibilit di accertarne la residenza, un curatore in absentia, il quale con la sua comparizione in giudizio in grado di determinare in maniera vincolante la competenza internazionale. 3) Se larticolo 24 del regolamento [n. 44/2001] debba essere interpretato nel senso che sussiste una comparizione del convenuto ai sensi di tale disposizione solo se il relativo atto processuale stato compiuto dal convenuto stesso o da un rappresentante legale cui egli abbia conferito procura, oppure se essa sia valida senza limitazioni anche nel caso di un curatore nominato in conformit della legislazione dello Stato membro interessato. Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 28 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se il diritto del- lUnione, in particolare larticolo 267 TFUE, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, ai sensi della quale i giudici ordinari dappello o di ultima istanza, qualora ritengano che una legge nazionale sia contraria allarticolo 47 della Carta, sono obbligati ad adire, durante il procedimento al loro cospetto, la Corte costituzionale con una domanda di annullamento con efficacia erga omnes della legge, senza limitarsi a disapplicarla nel caso di specie. 29 Anche se il giudice del rinvio si riferisce, nellambito della prima questione, unicamente al principio di equivalenza, in ragione della giurisprudenza del Verfassungsgerichtshof che ha fondato su tale principio lobbligo di sottoporgli una domanda di annullamento con efficacia erga omnes di qualsiasi legge contraria alla Carta, dalla motivazione della decisione di rinvio emerge che il suddetto giudice si interroga, in particolare, sulla conformit di tale giurisprudenza agli obblighi dei giudici ordinari ai sensi dellarticolo 267 TFUE e al principio del primato del diritto dellUnione. 30 A tal riguardo, dalla decisione di rinvio risulta che, secondo la giurisprudenza del Verfassungsgerichtshof citata al punto 24 della presente sentenza, i giudici ordinari dappello o di ultima istanza sono tenuti ad adire il suddetto Verfassungsgerichtshof, qualora ritengano che una legge nazionale sia contraria alla Carta, in applicazione della procedura di annullamento con efficacia erga omnes delle leggi ai sensi degli articoli 89 e 140 B.VG. Dato che una tale domanda di annullamento con efficacia erga omnes delle leggi deve intervenire nellambito del procedimento in corso dinanzi a tali giudici ordinari, il giudice del rinvio considera che questi ultimi non possono statuire direttamente sulla controversia loro sottoposta disapplicando una legge che ritengano contraria alla Carta. 31 Per quanto riguarda, inoltre, le conseguenze di tale giurisprudenza costituzionale sugli obblighi derivanti dallarticolo 267 TFUE, il giudice del rinvio si limita ad osservare che lobbligo di sottoporre al Verfassungsgerichtshof qualsiasi legge contraria alla Carta non pregiudica la facolt di adire la Corte in via pregiudiziale, senza tuttavia precisare se tale facolt sia soggetta a condizioni. 32 Risulta tuttavia dal fascicolo di cui dispone la Corte, nel quale figura la decisione del Verfassungsgerichtshof citata al punto 24 della presente sentenza, che lobbligo di sottoporre a questultimo una tale domanda di annullamento erga omnes delle leggi non pregiudica la facolt dei giudici ordinari di deferire alla Corte, secondo la statuizione del Verfassungsgerichtshof tratta dalla giurisprudenza della Corte nella sentenza Melki e Abdeli (C.188/10 e C.189/10, EU:C:2010:363, punto 57), in qualunque fase del procedimento ritengano appropriata, e finanche al termine del procedimento incidentale di controllo della costituzionalit, qualsiasi questione pregiudiziale giudichino necessaria, di adottare qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria e di disapplicare, al termine del procedimento incidentale, una disposizione legislativa nazionale contraria al diritto dellUnione. A tal riguardo, il Verfassungsgerichtshof ritiene importante, come risulta dal punto 42 della sua decisione, che la Corte non sia privata della possibilit di procedere al controllo della validit del diritto derivato dellUnione in rapporto al diritto primario ed alla Carta. 33 alla luce di tali circostanze che occorre rispondere alla prima questione. 34 Si deve in proposito ricordare che larticolo 267 TFUE attribuisce alla Corte la competenza a pronunciarsi, in via pregiudiziale, tanto sullinterpretazione dei trattati e degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dellUnione, quanto sulla validit di tali atti. Detto articolo dispone, al suo secondo comma, che un organo giurisdizionale nazionale pu sottoporre alla Corte siffatte questioni qualora reputi necessaria, per emanare la sua sentenza, una decisione su tale punto, e, al suo terzo comma, che tale organo giurisdizionale tenuto a farlo se avverso le sue decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno. 35 Ne consegue, in primo luogo, che, anche se potrebbe essere vantaggioso, secondo le circostanze, che i fatti di causa siano acclarati e che i problemi di puro diritto nazionale siano risolti al momento del rinvio alla Corte (v. sentenze Irish Creamery Milk Suppliers Association e a., 36/80 e 71/80, EU:C:1981:62, punto 6; Meilicke, C.83/91, EU:C:1992:332, punto 26, nonch JmO, C.236/98, EU:C:2000:173, punto 31), gli organi giurisdizionali nazionali godono della pi ampia facolt di adire la Corte se ritengono che, nellambito di una controversia al loro cospetto, siano sorte questioni, essenziali per la pronuncia nel merito, che richiedano uninterpretazione o un accertamento della validit delle disposizioni del diritto dellUnione (v., in particolare, sentenze Rheinmhlen-Dsseldorf, 166/73, EU:C:1974:3, punto 3; Mecanarte, C.348/89, EU:C:1991:278, punto 44, Cartesio, C.210/06, EU:C:2008:723, punto 88, nonch Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 41). 36 In secondo luogo, la Corte ha gi dichiarato che il giudice nazionale incaricato di applicare, nellambito della propria competenza, le norme del diritto dellUnione ha lobbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando alloccorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione nazionale contrastante, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., in particolare, sentenze Simmenthal, 106/77, EU:C:1978:49, punti 21 e 24; Filipiak, C.314/08, EU:C:2009:719, punto 81; Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 43 e giurisprudenza ivi citata, nonch kerberg Fransson, C.617/10, EU:C:2013:105, punto 45). 37 Infatti, sarebbe incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto del- lUnione qualsiasi disposizione di un ordinamento giuridico nazionale o qualsiasi prassi, legislativa, amministrativa o giudiziaria, la quale porti ad una riduzione della concreta efficacia del diritto dellUnione per il fatto di negare al giudice competente ad applicare questo diritto il potere di compiere, allatto stesso di tale applicazione, tutto quanto necessario per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente ostino alla piena efficacia delle norme dellUnione (v. sentenze Simmenthal, EU:C:1978:49, punto 22; Factortame e a., C.213/89, EU:C:1990:257, punto 20, nonch kerberg Fransson, EU:C:2013:105, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). quanto accadrebbe qualora, in caso di conflitto tra una disposizione di diritto dellUnione ed una legge nazionale, la soluzione di questo conflitto fosse riservata ad un organo diverso dal giudice cui affidato il compito di garantire lapplicazione del diritto dellUnione e dotato di un autonomo po tere di valutazione, anche se lostacolo in tal modo frapposto alla piena efficacia di tale diritto fosse soltanto temporaneo (v. sentenze Simmenthal, EU:C:1978:49, punto 23, nonch Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 44). 38 In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che un giudice nazionale investito di una controversia concernente il diritto dellUnione, il quale consideri che una norma nazionale non solo contraria al diritto dellUnione, ma anche inficiata da vizi di incostituzionalit, non privato della facolt n dispensato dallobbligo, di cui allarticolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte di giustizia questioni relative allinterpretazione o alla validit del diritto dellUnione per il solo fatto che la constatazione dellincostituzionalit di una norma di diritto interno sia soggetta a ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale. Infatti, lefficacia del diritto dellUnione rischierebbe di essere compromessa se un obbligo di ricorso alla Corte costituzionale potesse impedire al giudice nazionale, al quale stata sottoposta una controversia regolata dal diritto dellUnione, di esercitare la facolt, attribuitagli dallarticolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte di giustizia le questioni vertenti sullinterpretazione o sulla validit del diritto dellUnione, al fine di stabilire se una norma nazionale sia o meno compatibile con questultimo (sentenza Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). 39 In considerazione della giurisprudenza ricordata ai punti da 35 a 38 della presente sentenza, il funzionamento del sistema di cooperazione tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali instaurato dallarticolo 267 TFUE e il principio del primato del diritto del- lUnione necessitano che il giudice nazionale sia libero di adire, in ogni fase del procedimento che reputi appropriata, e finanche al termine di un procedimento incidentale di legittimit costituzionale, la Corte di giustizia con qualsiasi questione pregiudiziale ritenga necessaria (v., in tal senso, sentenza Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punti 51 e 52). 40 Inoltre, qualora il diritto nazionale preveda lobbligo di avviare un procedimento incidentale di controllo costituzionale generalizzato delle leggi, il funzionamento del sistema instaurato dallarticolo 267 TFUE esige che il giudice nazionale sia libero, da un lato, di adottare qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti dallordinamento giuridico dellUnione e, dallaltro, di disapplicare, al termine di siffatto procedimento incidentale, una disposizione legislativa nazionale che esso ritenga contraria al diritto dellUnione (v. sentenza Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 53). 41 Infine, per quanto concerne lapplicabilit in parallelo dei diritti fondamentali garantiti da una Costituzione nazionale nonch di quelli garantiti dalla Carta a una legge nazionale attuativa del diritto dellUnione ai sensi dellarticolo 51, paragrafo 1, di questultima, occorre rilevare che il carattere prioritario di un procedimento incidentale di controllo della costituzionalit di una legge nazionale il cui contenuto si limiti a trasporre le disposizioni imperative di una direttiva dellUnione non pu pregiudicare la competenza esclusiva della Corte di giustizia a dichiarare linvalidit di un atto dellUnione, e segnatamente di una direttiva, competenza che ha per oggetto di garantire la certezza del diritto assicurando lapplicazione uniforme del diritto dellUnione (v., in tal senso, sentenze Foto-Frost, 314/85, EU:C:1987:452, punti da 15 a 20; IATA e ELFAA, C.344/04, EU:C:2006:10, punto 27; Lucchini, C.119/05, EU:C:2007:434, punto 53, nonch Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 54). 42 Infatti, laddove il carattere prioritario di un procedimento incidentale di controllo della legittimit costituzionale portasse allabrogazione di una legge nazionale che si limiti a recepire le disposizioni imperative di una direttiva dellUnione, a causa della contrariet di detta legge alla Costituzione nazionale, la Corte potrebbe di fatto essere privata della possibilit di procedere, su domanda dei giudici del merito dello Stato membro interessato, al controllo della validit di detta direttiva rispetto agli stessi motivi relativi alle esigenze del diritto primario, segnatamente dei diritti riconosciuti dalla Carta, alla quale larticolo 6 TUE conferisce lo stesso valore giuridico che riconosce ai Trattati (sentenza Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 55). 43 Prima di poter effettuare il controllo incidentale di costituzionalit di una legge il cui contenuto si limiti a trasporre le disposizioni imperative di una direttiva dellUnione alla luce degli stessi motivi che mettono in discussione la validit di tale direttiva, gli organi giurisdizionali nazionali avverso le cui decisioni non possono essere proposti ricorsi giurisdizionali di diritto interno sono, in linea di principio, tenuti, in forza dellarticolo 267, terzo comma, TFUE, a chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla validit di detta direttiva e, successivamente, a trarre le conseguenze derivanti dalla sentenza pronunciata dalla Corte a titolo pregiudiziale, a meno che il giudice che d avvio al controllo incidentale di costituzionalit non abbia esso stesso adito la Corte di giustizia con tale questione in forza del secondo comma del suddetto articolo. Infatti, nel caso di una legge nazionale di trasposizione avente un simile contenuto, la questione se la direttiva sia valida riveste, alla luce dellobbligo di trasposizione della medesima, carattere preliminare (sentenza Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 56). 44 Peraltro, quando il diritto dellUnione riconosce agli Stati membri un margine di discrezionalit nellattuazione di un atto di diritto dellUnione, resta consentito alle autorit e ai giudici nazionali assicurare il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione nazionale, purch lapplicazione degli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla Corte, n il primato, lunit e leffettivit del diritto dellUnione (v., in tal senso, sentenza Melloni, C.399/11, EU:C:2013:107, punto 60). 45 Per quanto riguarda il principio di equivalenza richiamato dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, si deve rilevare che, secondo detto principio, le modalit procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dellUnione non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (sentenze Transportes Urbanos y Servicios Generales, C.118/08, EU:C:2010:39, punto 33, nonch Agrokonsulting-04, C.93/12, EU:C:2013:432, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, losservanza del principio di equivalenza non pu avere per effetto di dispensare i giudici nazionali, al momento dellapplicazione delle modalit procedurali nazionali, dal rigoroso rispetto dei precetti derivanti dallarticolo 267 TFUE. 46 Sulla scorta di quanto precede, alla prima questione occorre rispondere che il diritto del- lUnione, e in particolare larticolo 267 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale i giudici ordinari dappello o di ultima istanza, qualora ritengano che una legge nazionale sia contraria allarticolo 47 della Carta, sono obbligati ad adire, nel corso del procedimento, la Corte costituzionale con una domanda di annullamento erga omnes della legge, anzich limitarsi a disapplicarla nel caso di specie, nei limiti in cui il carattere prioritario di siffatta procedura abbia per effetto di impedire a tali giudici ordinari tanto prima della proposizione di una siffatta domanda al giudice nazionale competente per lesercizio del controllo di costituzionalit delle leggi, quanto, eventualmente, dopo la decisione di tale giudice sulla suddetta domanda di esercitare la loro facolt o di adempiere al loro obbligo di sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali. Per contro, il diritto dellUnione, in particolare larticolo 267 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una siffatta normativa nazionale se i suddetti giudici ordinari restano liberi: di sottoporre alla Corte, in qualunque fase del procedimento ritengano appropriata, e finanche al termine del procedimento incidentale di controllo generale delle leggi, qualsiasi questione pregiudiziale a loro giudizio necessaria; di adottare qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti dallordinamento giuridico dellUnione, e di disapplicare, al termine di un siffatto procedimento incidentale, la disposizione legislativa nazionale in questione ove la ritengano contraria al diritto dellUnione. Spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale possa essere interpretata conformemente a tali precetti del diritto dellUnione. [...] ***** CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del Governo della Repubblica Italiana, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella causa C-112/13 Promossa, ai sensi dellart. 267, TFUE, dallOberster Gerichtshof, con ordinanza del 17 dicembre 2012, depositata l8 marzo 2013. [...] II.2 sulla prima questione. 13. La questione prospettata con il primo quesito involge il problema della ripartizione delle competenze tra Corte di Giustizia dellUnione Europea e Corti Costituzionali nazionali. 14. inoltre in discussione la posizione, nelle fonti del diritto dellUnione, della Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea, alla luce dellart. 6, par. 1, TUE, anche in relazione a quanto stabilito dagli artt. 51 e 52, della Carta stessa. 15. Lart. 6 TUE attribuisce alla Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea il valore giuridico dei Trattati, al tempo stesso precisando che la Carta non estende in alcun modo le competenze dellUnione definite nei Trattati. Lart. 51 della Carta stabilisce che le sue disposizioni si applicano: - alle istituzioni, organi e organismi dellUnione nel rispetto del principio di sussidiariet; -agli Stati membri esclusivamente nellattuazione del diritto dellUnione. 16. Le prescrizioni della Carta hanno quindi valore giuridico dei Trattati ma un ambito di applicazione limitato alla sola attuazione del diritto dellUnione, senza estensione delle competenze dellUnione. 17. Lart. 52 della Carta, al paragrafo 5, contiene lulteriore limitazione che le disposizioni della Carta che contengono principi possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dellinterpretazione e del controllo della legalit degli atti legislativi ed esecutivi adottati per darvi attuazione (1). 18. Con il primo quesito lOberster Gerichtshof chiede di chiarire se il principio comunitario di equivalenza imponga agli Stati membri di assicurare un meccanismo diffuso e non accentrato di disapplicazione delle norme interne contrastanti con i principi della Carta (in particolare quelli di cui allart. 47 della Carta di Nizza). 19. La questione, come detto, riguarda la disciplina del curatore in absentia (ancorch in relazione allapplicazione dellart. 24, Regolamento n. 44/2001), prevista dallordinamento processuale civile austriaco, e la sua conformit al principio dellequo processo sancito dallart. 47, Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea. 20. LOberster Gerichtshof sinterroga se il sistema, come ricostruito dalla Corte Costituzionale austriaca (Verfassungsgerichtshof), del necessario controllo accentrato - presso la medesima Corte Costituzionale - della conformit del diritto interno ai principi della Carta di Nizza sia rispettoso del principio di equivalenza, o se debba invece ritenersi possibile (e comunitariamente doveroso) un sindacato diffuso con disapplicazione diretta, caso per caso, da parte del giudice adito. 21. Il Governo italiano ritiene che il principio di equivalenza non osti a un sistema costituzionale di annullamento accentrato, dinanzi alla Corte Costituzionale nazionale, dellatto normativo interno contrario ai principi della Carta di Nizza e in generale contrario a norme del diritto dellUnione non suscettibili di diretta applicazione. E ci sulla base di due ordini di ragioni. 22. In primo luogo, si osserva che linvocato principio dellequo processo (nel quale sia garantito e tutelato il diritto di difesa e di contraddittorio del convenuto), per la sua generalit e la possibilit di essere declinato con modalit diverse in ciascun ordinamento nazionale, non pu che rappresentare un principio generale della Carta e non una norma di diretta applicazione. 23. Ai sensi dellart. 52, par. 5 della Carta dei diritti fondamentali le disposizioni contenenti principi generali non sono direttamente invocabili dinanzi al giudice, se non al fine di costituire un parametro di interpretazione e un controllo di legalit dellatto interno adottato per darvi attuazione. 24. Si tratta di una limitazione significativa introdotta nella Carta in sede di modificazione, allorquando alla stessa, con il Trattato di Lisbona, stato riconosciuto il valore giuridico dei Trattati. 25. La norma, nella sua formulazione letterale, sembra peraltro circoscrivere il controllo di legalit ai soli atti interni adottati per dare attuazione al principio della Carta, e non anche, dunque, agli atti previgenti o comunque agli atti non adottati in funzione di attuazione del principio contenuto nella Carta e che non abbiano come base giuridica un principio della Carta. 26. La previsione, in ordinamenti come quello austriaco, di un sindacato accentrato della Corte Costituzionale nazionale sulle disposizioni normative nazionali, volto a verificarne la conformit alla Carta dei diritti fondamentali e, in caso negativo, a disporne lannullamento e la rimozione, pare aderente a quanto sancito dallart. 52, par. 5. 27. La Corte di Giustizia, con riferimento alla CEDU, ha ritenuto che lart. 6, TUE non disciplina il rapporto tra CEDU e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e non impone ai giudici nazionali degli Stati membri di applicare direttamente le disposizioni della Convenzione, disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa (Corte di Giustizia, 24 aprile 2012, C-571/10, Kamberaj, nn. 62-63). 28. Alla Carta dei diritti fondamentali dellUnione, lart. 6, TUE ha attribuito il valore giuridico dei Trattati. (1) Lart. 52, par. 5 cos dispone: Le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere attuate da atti legislativi e esecutivi adottati da istituzioni, organi e organismi dellUnione e da atti di Stati membri allorch essi danno attuazione al diritto dellUnione, nellesercizio delle loro rispettive competenze. Esse possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dellinterpretazione e del controllo di legalit di detti atti. 29. La stessa Carta, per, come detto, nella formulazione adottata allesito delle modifiche intervenute con i lavori della seconda Convenzione, pone il limite secondo cui rispetto ai principi in essa contenuti non prevista una diretta invocabilit dinanzi ai giudici nazionali: quindi ammesso un sistema costituzionale in forza del quale il giudice tenuto a rimettere allorgano competente ad effettuare il controllo di legalit delle leggi (come la Corte costituzionale) le questioni di conformit del diritto nazionale al principio comunitario eventualmente disatteso dallatto normativo attuativo. 30. Lart. 6, TUE non osta a un sistema nazionale che preveda un sindacato accentrato della conformit dellatto normativo interno ai principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali, nel quale la norma della Carta stessa assuma il ruolo di parametro interposto di costituzionalit. 31. Questa infatti una delle modalit che gli ordinamenti nazionali possono prevedere per esercitare il controllo di legalit degli atti normativi interni previsto dallart. 52, par. 5 della Carta. 32. Fermo restando che gli Stati membri, attraverso i propri giudici nazionali, devono assicurare leffettivit e la primazia del diritto dellUnione, le norme del Trattato non escludono che gli ordinamenti nazionali prevedano al loro interno meccanismi di accentramento del controllo di conformit del diritto nazionale ai principi generali della Carta in relazione ad atti normativi interni attuativi degli stessi. 33. In presenza di norme dellUnione con efficacia diretta (che siano cio frutto dellesercizio di un potere di normazione diretta degli organi dellUnione), il giudice nazionale ha un potere / dovere generalizzato e diffuso di disapplicazione della normativa interna contraria. 34. In relazione alle norme di non diretta e immediata applicazione, espressione di un corrispondente potere dellUnione di normazione per principi, il giudice nazionale chiamato ad adottare ogni strumento interpretativo per riportare la normativa nazionale nellalveo della conformit con le norme dellUnione. 35. Ovviamente lo strumento dellinterpretazione conforme da parte del giudice adito ammesso solo nei limiti in cui il diritto nazionale conferisce al giudice un margine discrezionale o una possibilit interpretativa in tal senso e, dunque, non quando essa appaia assolutamente impraticabile secondo il diritto interno (Cfr. Corte di giustizia 23 aprile 2009, cause riunite da C-378/07 a C-380/07, Angelidaki). 36. Qualora la disposizione nazionale (attuativa della disposizione di principio dellUnione) sia formulata in maniera tale da non consentire una interpretazione adeguatrice al predetto principio, le norme costituzionali interne possono imporre al giudice nazionale di devolvere la questione (ai fini della disapplicazione [rectius, dellannullamento] della norma interna) alla Corte Costituzionale. 37. Nella sentenza 19 gennaio 2010, causa C- 555/07, Kckdeveci, punti 51-55, la Corte di Giustizia, alla quale era stato espressamente sottoposto il quesito della possibilit di disapplicare la norma interna anche senza sottoporre la questione alla Corte Costituzionale, pare aver lasciato allordinamento costituzionale nazionale la scelta del meccanismo processuale interno da seguire, purch sia garantito il primato del diritto dellUnione e la piena applicazione del principio sancito dalla norma dellUnione. 38. In detta pronuncia, la Corte di Giustizia non dichiara la contrariet ai principi dellUnione dellobbligo del giudice investito della causa concreta - sancito in quel caso dal diritto tedesco -di sottoporre la questione alla Corte Costituzionale per la declaratoria di incostituzionalit della norma interna in quanto contraria a un principio generale sancito da una direttiva. 39. La Corte di Giustizia ha infatti affermato: a) che il meccanismo di sindacato accentrato dinanzi alla Corte Costituzionale non comporta un obbligo, per il giudice adito, di sottoporre preventivamente la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia; b) che i giudici nazionali devono disapplicare la norma interna contraria al principio sancito dal diritto dellUnione. 40. Se dunque la disapplicazione da parte del giudice nazionale interno realizzata attraverso una pronuncia di illegittimit costituzionale della norma interna, e fermo restando che deve essere sempre garantita la possibilit di rimessione alla Corte di Giustizia della questione pregiudiziale, ci non pare contrario allaffermazione sub b) ed consentito dallart. 52, par. 5 della Carta. 41. Anche la sentenza 22.11.2005, causa C-144/04, Mangold, punto 76 sancisce che, in attuazione del principio generale del diritto comunitario di non discriminazione dei lavoratori in ragione dellet, il giudice nazionale deve assicurare, nellambito della sua competenza, la tutela giuridica che il diritto comunitario attribuisce ai singoli, garantendone la piena efficacia e disapplicando le disposizioni eventualmente confliggenti della legge nazionale (enfasi aggiunta). 42. La Corte di Giustizia assicura quindi la salvaguardia del riparto di competenze tra i giudici nazionali sancito da ciascun ordinamento costituzionale nazionale. 43. Non dunque esclusa (n daltra parte, costituirebbe una forma di violazione dellobbligo di leale collaborazione degli Stati per lattuazione del diritto dellUnione) la necessaria mediazione, ai fini dellattuazione del principio contenuto nella Carta e della disapplicazione della legge interna confliggente, della pronuncia di illegittimit costituzionale della Corte Costituzionale. 44. Questa mediazione, nellequilibrio costituzionale degli Stati membri, deriva dalla riserva al legislatore del potere discrezionale di recepimento e attuazione di detti principi, e dallassegnazione alla Corte Costituzionale, quale giudice delle leggi, del sindacato di conformit delle leggi ai principi contenuti nella Carta. 45. Ci appare conforme al riparto di competenze tra la Corte di Giustizia e le Corti Costituzionali, alla luce del quale la Corte di Giustizia interpreta il diritto dellUnione Europea e non i diritti nazionali, e spetta poi ai giudici nazionali trarre le conseguenze di questa interpretazione sul loro diritto interno. 46. Del resto, diversamente opinando, la distinzione tra norme di diretta applicazione e norme di principio contenute nella Carta perderebbe la sua effettivit. * * * 47. In secondo luogo, e con riferimento al principio di equivalenza evocato dal giudice remittente, il sindacato accentrato delle disposizioni ritenute contrarie alla Costituzione previsto nel diritto austriaco (come in altri ordinamenti che contemplano un sindacato accentrato della Corte Costituzionale sulle leggi rispetto alla Costituzione) sia per le posizioni di origine interna che per quelle che derivano dal diritto dellUnione, senza alcuna lesione del principio di equivalenza. 48. La possibilit che, per il controllo di legalit delle norme in relazione a principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali, sia prevista anche la rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia non pare costituire un elemento di violazione del principio di equivalenza rispetto alle posizioni di diritto interno che non scontano questa fase incidentale dinanzi alla Corte di Giustizia. 49. Diversamente opinando si dovrebbe ritenere che, in tutti i processi in cui sia possibile la rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, perch involgono lapplicazione di norme europee, debba sopprimersi un grado di giudizio interno in modo da assicurare lequivalenza (nel numero di gradi o di fasi) con quei giudizi nei quali siano controverse situazioni giuridiche puramente interne. 50. La comparazione attiene in realt al rapporto tra a) il meccanismo previsto per le norme di diretta applicazione della Carta, per le quali il sistema costituzionale austriaco ammette il potere diffuso dei giudici nazionali di disapplicazione delle leggi interne contrarie, e b) il meccanismo di annullamento accentrato nella Corte Costituzionale delle leggi interne, previsto in relazione ai principi della Carta che non sono di diretta applicazione. 51. Sono posizioni rispetto alle quali non pare invocabile il principio di equivalenza, derivando entrambe dal diritto dellUnione. 52. La scelta del sindacato accentrato delle leggi interne rispetto ai principi dellUnione risponde allesigenza di salvaguardare gli equilibri costituzionali degli Stati membri, senza peraltro necessariamente integrare un rallentamento del giudizio, dal momento che lannullamento definitivo della disposizione in questione consente di risolvere a priori, per il futuro, ogni dubbio sulla definizione di controversie analoghe, nelle quali non potr pi venire in discussione lapplicazione della legge interna contraria alla norma dellUnione. 53. In questo modo si realizza una generalizzata e definitiva rimozione della norma interna contraria al principio dellUnione, e si scongiura anche il rischio di interpretazioni difformi tra singoli giudici. III. Conclusioni 54. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere al quesito sottoposto al suo esame nel seguente modo: Lordinamento giuridico europeo e, segnatamente, il principio di equivalenza, non ostano alla previsione costituzionale di un ordinamento nazionale in forza della quale, ove una legge interna violi il principio generale sancito dallart. 47 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea, il giudice adito, ritenendo di non applicare detta legge, debba rimettere la questione alla Corte Costituzionale per ottenere labrogazione generalizzata della stessa, ferma restando la possibilit di rimettere la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dellUnione Europea. I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE Causa C-497/12 - Materia: Libert di stabilimento. Diritti fondamentali - Carta dei diritti fondamentali. Concorrenza - Intese -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Italia) il 7 novembre 2012 - Davide Gullotta, Farmacia di Gullotta Davide & C. Sas / Ministero della Salute, Azienda Sanitaria Provinciale di Catania. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella causa C-497/12 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dellart. 267 TFUE dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sezione staccata (Italia), nella causa -DAVIDE GIUSEPPE GULLOTTA - FARMACIA DI GULLOTTA DAVIDE & C. S.A.S. - ricorrenti contro MINISTERO DELLA SALUTE - resistente nonch -AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANIA - FARMACIA TUCCARI - controinteressati non costituiti con lintervento di FEDERFARMA FEDERAZIONE UNITARIA DEI TITOLARI DI FARMACIA ITALIANI - interveniente ad opponendum *** I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 1. Con ordinanza del 23 settembre 2012, depositata presso la Cancelleria della Corte il successivo 7 novembre, la quarta sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sezione di Catania, nellambito di un giudizio amministrativo di primo grado vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni: (primo quesito) se i principi di libert di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49 ss. TFUE, ostino ad una normativa nazionale che non consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma non titolare di esercizio commerciale ricompreso nella pianta organica, di poter distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica su ricetta bianca, cio non posti a carico del Servizio sanitario nazionale ed a totale carico del cittadino, stabilendo anche in questo settore un divieto di vendita di determinate categorie di prodotti farmaceutici ed un contingentamento numerico degli esercizi commerciali insediabili sul territorio nazionale; (secondo quesito) se lart. 15 della Carta dei Diritti fondamentali dellUnione europea vada interpretato nel senso che il principio ivi stabilito si applichi senza limiti anche alla professione di farmacista, senza che il rilievo pubblicistico di detta professione giustifichi differenti regimi fra titolari di farmacie e titolari di parafarmacie in ordine alla vendita dei farmaci di cui al superiore punto 1; (terzo quesito) se gli artt. 102 e 106 [TFUE] debbano essere interpretati nel senso che il divieto di abuso di posizione dominante va senza limiti applicato alla professione di farmacista, in quanto il farmacista titolare di farmacia tradizionale, vendendo farmaci per effetto di convenzione con il Servizio sanitario nazionale si avvantaggia del divieto per i titolari di parafarmacie di vendere i farmaci di fascia C, senza che ci trovi valida giustificazione nelle pur indubbie peculiarit della professione farmaceutica dovute allinteresse pubblico alla tutela della salute dei cittadini. II LE NORME NAZIONALI RILEVANTI ED I FATTI DI CAUSA II.1 LE NORME TIALIANE SUL SERVIZIO FARMACEUTICO VIGENTI ALLA DATA DI INTRODUZIONE DEL GIUDIZIO A QUO 2. Nellordinamento italiano la vendita dei farmaci di qualunque tipo stata riservata alle farmacie, fino allentrata in vigore del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (c.d. decreto Bersani). 3. Le farmacie sono sottoposte a un regime di contingentamento che risale alla legge 22 maggio 1913, n. 468 e il cui impianto che stato, nella sostanza, confermato dalle successive leggi intervenute in materia (legge 2 aprile 1968, n. 475 e legge 8 novembre 1991, n. 362) (1). 4. Lart. 14 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 ha disposto che lassistenza farmaceutica venga erogata (oggi dalle Aziende sanitarie locali) attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici e attraverso le farmacie private, tutte convenzionate con il sistema di assistenza sanitaria pubblico (il Servizio sanitario nazionale: in prosieguo S.S.N.). 5. Numerose disposizioni di legge succedutesi nel tempo (2), hanno proceduto alla classificazione delle specialit medicinali e dei preparati galenici, distinguendoli in varie classi (o fasce). Per effetto di tali disposizioni, in sintesi, i farmaci possono essere cos distinti (3): -fascia A. Comprende i farmaci essenziali e i farmaci per malattie croniche. Tali farmaci sono a carico del S.S.N. e, dunque, sono tendenzialmente gratuiti per il cittadino (salva la possibilit delle Regioni di applicare un c.d. ticket, a carico del privato, a copertura (1) Del sistema italiano di contingentamento la Corte si gi occupata in passato: si vedano, segnatamente, le ordinanze 17 dicembre 2010, causa C-217/09 Polisseni e 13 gennaio 2012, causa C315/ 08, Grisoli. Questioni connesse hanno formato oggetto della causa pregiudiziale C-393/08, Sbarigia, peraltro definita con declaratoria di irricevibilit delle questioni (sentenza 1 luglio 2010). (2) Da ultimo lart. 87 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, di attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica), relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonch della direttiva 2003/94/CE. (3) Si veda, in particolare, lart. 8, comma 10, della legge n. 537 del 1993 e successive modifiche e integrazioni. di parte della spesa) (4). Allinterno di tale fascia si collocano anche i farmaci del c.d. gruppo H, che, ove contrassegnati con la sigla OSP, sono di esclusivo uso ospedaliero e, quindi, non vendibili ai cittadini presso le farmacie aperte al pubblico (ove, invece, contrassegnati con le sigle RR o RNR sono dispensabili in farmacia, ma solo a totale carico del paziente, come i farmaci di fascia C); -fascia C. Comprende i farmaci che, non essendo considerati essenziali, sono completamente a carico del cittadino. Tali farmaci possono essere suddivisi in: i. farmaci soggetti a prescrizione medica; ii. farmaci senza obbligo di prescrizione medica, i quali comprendono, a loro volta: a) farmaci di automedicazione (o prodotti da banco o over the counter), utilizzabili senza lintervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza nel corso del trattamento, i quali possono essere oggetto di pubblicit; b) farmaci su consiglio, che vengono anchessi assunti in assenza di controlli medici, ma possono promuovere linsorgenza di reazioni avverse gravi, dovute principalmente a interazioni con altri farmaci, presenza di patologie concomitanti, uso improprio o abuso. 6. Si noti che manca la fascia B, ormai abolita, la quale comprendeva i farmaci ritenuti utili ma non essenziali. Una parte dei farmaci della fascia B confluita nella fascia A ed , quindi, prescrivibile a carico del S.S.N. in relazione a specifiche patologie; unaltra parte confluita nella fascia C. Alcune categorie di pazienti possono, poi, ottenere - in ragione delle loro condizioni economiche soggettive o della particolare patologia da cui sono affetti - il rimborso da parte del S.S.N. anche dei farmaci di fascia C. 7. Il decreto Bersani, allarticolo 5, ha previsto che le c.d. parafarmacie possono effettuare attivit di vendita al pubblico dei farmaci di automedicazione e degli altri prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione di avvio dellattivit al Ministero della salute e alla Regione in cui ha sede lesercizio commerciale. La vendita consentita durante lapertura dellesercizio commerciale, deve essere effettuata nellambito di un apposito reparto, alla presenza e con lassistenza personale e diretta al cliente di uno o pi farmacisti abilitati allesercizio della professioni e iscritti al relativo. 8. Tale articolo, intitolato Interventi urgenti nel campo della distribuzione dei farmaci, prevede infatti quanto segue: 1. Gli esercizi commerciali di cui allarticolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (5), possono effettuare attivit di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui allarticolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405 (6), e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede lesercizio e secondo lemodalit previste dal presente articolo. abrogata ogni norma incompatibile. (4) Il farmaco , ovviamente, a carico del S.S.N. ove prescritto in relazione alla patologia che d diritto al suo utilizzo quale farmaco essenziale. quindi responsabilit del medico stabilire e indicare se il paziente abbia o meno diritto ad ottenere il farmaco in regime assistenziale. In assenza di tali indicazioni, il farmaco, anche se prescritto dal medico, dispensato a totale carico del paziente. (5) Ossia gli esercizi commerciali che effettuano vendita al dettaglio, con esclusione della grande distribuzione oltre un certo limite e dei centri commerciali. (6) Larticolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, riguarda i (m)edicinali non soggetti a ricetta medica. 2. La vendita di cui al comma 1 consentita durante lorario di apertura dellesercizio commerciale e deve essere effettuata nellambito di un apposito reparto, alla presenza e con lassistenza personale e diretta al cliente di uno o pi farmacisti abilitati allesercizio della professione ed iscritti al relativo ordine. Sono, comunque, vietati i concorsi, le operazioni a premio e le vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci. 3. 7. (...). II.2 LA SUCCESSIVA EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA ITALIANA 9. In pendenza del giudizio principale, il legislatore italiano ha introdotto talune modifiche normative che tuttavia, come subito si vedr, hanno lasciato sostanzialmente inalterato il quadro sopra descritto. 10. In data 6 dicembre 2011 stato, infatti, emanato il decreto-legge n. 201 che, allart. 32, aveva previsto che le parafarmacie situati in Comuni con meno di quindicimila abitanti potessero vendere anche tutti gli altri farmaci di fascia C. Tale iniziativa governativa non stata, tuttavia, condivisa dal Parlamento che, in sede di conversione del decreto-legge - conversione avvenuta con legge 22 dicembre 2011, n. 214 - ha riscritto lart. 32. 11. Al comma 1, tale articolo, come risultante dalla legge di conversione, prevede che le parafarmacie possano vendere senza ricetta medica i farmaci gi contenuti nella fascia C, salvo talune eccezioni stabilite per legge. Tuttavia, al comma 1-bis previsto che altre eccezioni - e cio i farmaci di fascia C per i quali permane lobbligo di prescrizione medica - siano individuate con successivo decreto del Ministero della salute, periodicamente aggiornabile. Una prima versione di tale decreto stata successivamente emanata il 18 aprile 2012: il decreto elencava 230 specialit medicinali di fascia C non vendibili nelle parafarmacie. Il 15 novembre 2012 stata emanata una seconda versione del decreto (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 27 novembre 2012). 12. In sostanza, lintervento operato in sede di conversione, sebbene prefiguri un possibile aumento delle specialit che potranno essere vendute nelle parafarmacie, non intacca i principi e la disciplina prevista dallart. 5 del decreto Bersani, in quanto continua a collegare il diritto alla distribuzione di farmaci in fascia C, da parte delle parafarmacie, allassenza di un obbligo di prescrizione medica. 13. In altre parole, lart. 32 del decreto-legge n. 201 del 2011, come convertito dalla legge 214 del 2011, continua a escludere che le parafarmacie possano vendere farmaci soggetti a prescrizione medica, bench si tratti di medicinali per i quali non previsto il rimborso a carico del S.S.N. (vale a dire c.d. farmaci su ricetta bianca) (7). 14. Da ultimo, va segnalato che lart. 11, comma 15, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel contesto di un pi ampio intervento di potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica e di agevolazione allaccesso alla titolarit delle farmacie, ha previsto quanto segue: Gli esercizi commerciali di cui allarticolo 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in possesso dei requisiti vigenti [i.e. le parafarmacie], sono autorizzati, sulla base dei requisiti prescritti dal decreto del Ministro della salute previsto dallarticolo 32, comma 1, del decreto-legge (7) Come evidenzia anche lordinanza di rinvio, la legittimit costituzionale di tale riserva di vendita alle farmacie stata messa in dubbio da un altro Tribunale amministrativo regionale italiano, che ha rimesso dinnanzi alla Corte costituzionale italiana la questione della possibile violazione dellart. 3 (principio di eguaglianza) e dellart. 41 (libert di iniziativa economica) della Costituzione. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ad allestire preparazioni galeniche officinali che non prevedono la presentazione di ricetta medica, anche in multipli, in base a quanto previsto nella farmacopea ufficiale italiana o nella farmacopea europea. 15. Anche questa disposizione conferma, pertanto, che le specialit medicinali che possono essere vendute dalle parafarmacie sono quelle non soggette a prescrizione medica. II.3 I FATTI DI CAUSA 16. Il ricorrente abilitato allesercizio della professione di farmacista, iscritto allordine dei farmacisti di Catania ed , a quanto pu evincersi dallordinanza di rinvio, titolare di una parafarmacia nella medesima provincia (o comunque socio accomandatario di una societ in accomandita titolare di un simile esercizio, anchessa ricorrente nel giudizio principale). 17. Nel corso dellanno 2011, il ricorrente ha chiesto al Ministero della salute e allAzienda Sanitaria di Catania di essere autorizzato a vendere (anche) i farmaci di fascia C soggetti a prescrizione medica e ha successivamente impugnato, dinnanzi al giudice di rinvio, il provvedimento di diniego emesso dal Ministero della salute il 13 agosto 2011. 18. Secondo quanto si ricava dallordinanza di rinvio, il ricorso si fonda essenzialmente sulla contestazione della legittimit delle norme italiane che non consentono alle parafarmacie di vendere i suddetti medicinali, che i ricorrenti assumono essere in contrasto con il diritto primario dellUnione europea e/o con norme o principi italiani di rango costituzionale. III ANALISI III.1 SUL PRIMO QUESITO 19. Il primo quesito posto dal giudice a quo costituisce dichiaratamente la riproposizione di altra questione pregiudiziale, di cui il T.A.R. per la Sicilia riprende anche la motivazione, sollevata da un diverso giudice italiano, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia. 20. Con tale questione, il T.A.R. della Lombardia aveva chiesto alla Corte di stabilire, in buona sostanza, se il divieto di vendita da parte delle parafarmacie di farmaci in fascia C soggetti a prescrizione medica, cio dei farmaci su ricetta bianca, costituisca una restrizione alla libert di stabilimento e, in caso affermativo, se essa sia, o meno, giustificata da motivi imperativi di interesse pubblico e proporzionata a tale obiettivo. 21. Nel giudizio in questione - si tratta delle cause riunite C-159/12, C-160/12 e C-161/12 la Repubblica italiana ha svolto intervento nella fase scritta. In questa sede, pertanto, si produce in allegato copia delle osservazioni scritte gi depositate nel suddetto giudizio (Allegato A.1), limitandosi ad alcune osservazioni ulteriori. 22. Sembra al Governo italiano che, sulla scorta della consolidata giurisprudenza della Corte, non possa essere seriamente contestato che il divieto qui in esame costituisca una restrizione alla libert di stabilimento, nella misura in cui esso, pur senza introdurre discriminazioni dirette o indirette fondate alla cittadinanza (che, in effetti, la misura contestata manifestamente non introduce), riserva lesercizio di una particolare attivit economica a taluni operatori che rispondono a esigenze predeterminate, al cui rispetto subordinato il rilascio di unautorizzazione allesercizio dellattivit medesima (8). 23. La Corte ha, tuttavia, ripetutamente affermato che, che nel campo della distribuzione dei farmaci, una simile restrizione pu essere giustificata da obiettivi di tutela della sanit (8) Cfr., per tutte, sentenza 19 maggio 2009, causa C-531/06, Commissione / Italia, punto 44. pubblica e, in particolare, dallo scopo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit (in tal senso, si vedano le sentenze 11 dicembre 2003, causa C-322/01, Deutscher Apothekerverband, punto 106; 11 settembre 2008, causa C-141/07, Commissione/Germania, punto 47; 19 maggio 2009, causa C-531/06, Commissione/Italia, punti 51 e 52; sentenza 1 giugno 2010, cause riunite C-570/07 e C-571/07, Blanco Perez e a., punti da 63 a 65 nonch le ordinanze 17 dicembre 2010, causa C-217/09, Polisseni, punto 18 e 29 settembre 2011, causa C-315/08, Grisoli, punto 23). 24. La Corte ha, inoltre, chiarito che un sistema di contingentamento delle farmacie - attraverso un criterio demografico e un criterio geografico - in linea di principio uno strumento idoneo al raggiungimento di tale scopo, giacch, in assenza di qualsivoglia regolamentazione, le farmacie possono concentrarsi in localit reputate attraenti, sicch in alcune localit di trovare un numero di farmacie insufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualit (sentenza Blanco e a., cit., punti da 73 a 78; ordinanza Polisseni, cit., punto 31; ordinanza Grisoli, cit., punto 27). 25. In base alla consolidata giurisprudenza della Corte - e salvo quanto si dir pi oltre, a proposito del requisito di proporzionalit della restrizione - , quindi, in facolt degli Stati membri, in vista della tutela dei descritti obiettivi di tutela della sanit pubblica, riservare lattivit di dispensa di medicinali ad un numero determinato di operatori economici e stabilirne la ripartizione territoriale, sempre che tali operatori siano individuati in base a criteri trasparenti e non discriminatori. Tale principio efficacemente richiamato nel ventiseiesimo considerando della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, il quale, nel confermare che la direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attivit nel campo della farmacia e allesercizio di tale attivit (limitandosi, appunto, agli aspetti concernenti il riconoscimento del titolo professionale di farmacista), chiarisce che la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio nella dispensa dei medicinali dovrebbe continuare ad essere di competenza degli Stati membri. 26. Laffermazione di questo principio implica necessariamente che si accetti che lo Stato membro definisca una sfera di attivit riservate alle farmacie: chiaro che senza una simile previsione - se, cio, anche altri operatori economici potessero svolgere unattivit esattamente sovrapponibile a quella delle farmacie - non avrebbe senso consentire che queste ultime siano contingentate secondo criteri demografici e/o geografici. 27. Ne consegue che la misura che forma oggetto della presente causa - e cio la preclusione alle parafarmacie dellattivit di vendita dei medicinali soggetti a prescrizione medica non costituisce una restrizione diversa e ulteriore rispetto a quella gi esaminata e ritenuta in linea di principio ammissibile dalla Corte, in quanto giustificata da motivi imperativi di interesse pubblico. 28. Lattenzione deve, allora, spostarsi sulla proporzionalit della misura. Nelle precedenti occasioni la Corte si occupata - a volte demandando al giudice nazionale di operare una verifica in concreto - della proporzionalit di un complesso di disposizioni che riserva il diritto di gestire una farmacia al dettaglio alle sole persone fisiche laureate in farmacia e alle societ composte esclusivamente da soci farmacisti (sentenza 19 maggio 2009, Commissione/ Italia, cit.) ovvero di misure legislative che condizionano lautorizzazione al- laperture di nuove farmacie a requisiti connessi al numero di abitanti e/o al rispetto di distanze minime con altri analoghi esercizi (sentenza Blanco Perez e a., cit., e ordinanze Polisseni e Grisoli, citt.). Nel nostro caso la Corte chiamata, in sostanza, a stabilire se lItalia abbia rispettato il requisito di proporzionalit nel definire la sfera di attivit riservate alla farmacie, in particolare comprendendovi anche la vendita di farmaci su ricetta bianca. 29. Ebbene, sembra al Governo italiano che, sulla base degli argomenti gi utilizzati nelle precedenti occasioni dalla Corte, sia agevole affermare che una misura che riservi alle farmacie la dispensa dei farmaci soggetti a prescrizione medica risponda agli obiettivi di salute pubblica che si propone di tutelare e non vada oltre tale obiettivi, in particolare - e contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del rinvio - non avendo leffetto di costituire una ingiustificata protezione del reddito degli esercizi esistenti (9). 30. Questi obiettivi non sarebbero altrettanto adeguatamente garantiti da una misura che riservasse alle farmacie la distribuzione delle sole specialit medicinali il cui costo a carico del S.S.N. (ossia dei farmaci in fascia A). , infatti, evidente che, in assenza di un nucleo sufficientemente ampio e remunerativo di attivit riservate, riemergerebbe linteresse dei farmacisti a concentrarsi in localit reputate attraenti - ivi aprendo una parafarmacia e, dunque, rinunciando al rapporto di convenzionamento con il S.S.N. - con la conseguenza che si determinerebbe nuovamente quelleffetto, valorizzato dalla Corte nella giurisprudenza richiamata al punto 24 del presente scritto, di lasciare alcune localit sguarnite di un numero di farmacie sufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualit. 31. Sembra incontestabile che, quanto meno, potrebbe determinarsi un rischio in tal senso: rischio che, allo stato delle conoscenze attuali, il legislatore italiano ha evidentemente ritenuto di non potere escludere (fermo restando che tale decisione potrebbe essere rivista in un futuro assetto, se del caso previa opportuna sperimentazione). Giova, allora, ricordare che la Corte ha affermato che qualora sussistano incertezze sullesistenza o sulla portata di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro pu adottare misure di protezione senza dover attendere che la realt di tali rischi sia pienamente dimostrata (10). 32. Si deve quindi, contestare largomento utilizzato nellordinanza di rinvio, secondo il quale non potrebbe rinvenirsi, nella misura in esame, la motivazione di aumentare la sicurezza ... dellapprovvigionamento della popolazione in medicinali: ben diversamente, il rischio di diminuire la sicurezza e lapprovvigionamento di medicinali per la popolazione costituisce appunto il fondamento della misura. 33. N appaiono determinanti gli ulteriori argomenti spesi dal giudice a quo. Infatti, anche dando per accertato che lapertura alle parafarmacie della vendita dei farmaci su ricetta bianca non aumenti il rischio derivante da eccesso di consumo, neppure in termini di risorse pubbliche assorbite, sufficiente evidenziare che la prevenzione di tali rischi e in particolare lelemento del rimborso pubblico del costo dei medicinali - non mai stata alla base delle varie decisioni della Corte che hanno ritenuto in linea di principio giustificato il sistema di contingentamento delle farmacie. 34. E tale sistema, come detto, implica che in favore delle farmacie debba essere costituito un monopolio nella dispensa di almeno una parte delle specialit medicinali: lattuale (9) Questo argomento stato peraltro, gi esaminato dalla Corte nella citata sentenza Blanco Perez e a. (cfr., in particolare, punti 88 e 89): in tale occasione la Corte ha ricordato che la libert di stabilimento degli operatori economici deve essere bilanciata con le esigenze di tutela della sanit pubblica e che la gravit degli obiettivi perseguiti in tale settore pu giustificare restrizioni che abbiano conseguenze negative, anche gravi, per taluni operatori. (10) v. sentenza 19 maggio 2009, cause riunite, C-171/07 e C-172/07, Apothekerkammer des Saarlandes, punto 30; v. anche sentenza Blanco Perez e a., cit., punti 74 e 75. scelta del legislatore italiano di riservare ad esse la vendita dei medicinali che possono essere venduti solo su prescrizione medica sembra al Governo italiano tuttaltro che artificiosa e tale da realizzare un equo bilanciamento con gli interessi degli operatori del settore che non siano titolari di farmacie. III.2 SUL SECONDO QUESITO 35. Con il secondo quesito, il T.A.R. per la Sicilia chiede alla Corte di chiarire se lart. 15 della Carta dei Diritti fondamentali dellUnione europea (11) vada interpretato nel senso che il principio ivi stabilito si applichi senza limiti anche alla professione di farmacista, senza che il rilievo pubblicistico di detta professione giustifichi differenti regimi fra titolari di farmacie e titolari di parafarmacie in ordine alla vendita dei farmaci non soggetti a rimborso da parte del S.S.N. 36. A giudizio del Governo italiano, il quesito irricevibile. 37. Ci, sebbene non si contesti, evidentemente, la vigenza nellordinamento dellUnione europea di un diritto affermato dalla Corte sin dalla famosa sentenza Nold del 1974 (e che tuttavia deve essere bilanciato con il diritto alla protezione della salute, parimenti tutelato dalla Carta, allart. 35). 38. Lart. 6, par. 1, comma 1 del TUE stabilisce, ben vero, che (l)Unione riconosce i diritti, le libert e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. 39. Il comma immediatamente successivo dellart. 6, par. 1, del TUE prevede, tuttavia, che (l)e disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dellUnione definite nei trattati (sottolineatura aggiunta). 40. chiaro, quindi, che il richiamo alla Carta di Nizza, e la sua equiparazione al diritto primario dellUnione europea, non ha comportato unespansione del diritto dellUnione medesima, attribuendo alle previsioni della Carta il valore di diritto dellUnione in settori da esso non regolati. 41. In altre parole, da escludere che la Carta di Nizza costituisca uno strumento di tutela dei diritti fondamentali oltre le competenze dellUnione europea: la Carta assume rilievo nella misura in cui introduce dei limiti di validit alle disposizioni di diritto derivato del- lUnione, con la conseguenza la sua evocazione giustificata esclusivamente ove venga in questione una fattispecie comunitariamente rilevante (al fine di interpretare correttamente il diritto dellUnione o, eventualmente, di sollevare una questione di validit della norma dellUnione dinnanzi alla Corte di giustizia UE, ai sensi dellArt. 267, comma 1, lett. b. TFUE). 42. Inaccettabile, perch contraria al principio di non espansione delle competenze del- lUnione fissato dallart. 6, par. 1, TUE, , invece, la tesi secondo la quale - con inversione del meccanismo appena descritto - una fattispecie diverrebbe comunitariamente rilevante per il solo fatto di ricadere nel campo di applicazione della Carta di Nizza. (11) Tale articolo, rubricato Libert professionale e diritto di lavorare, dispone: 1. Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata. 2. Ogni cittadino dellUnione ha la libert di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro. 3. I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dellUnione. 43. Pertanto, il giudice che sollevi una questione fondata sulla contrariet di norme nazionali rispetto alla Carta, deve pregiudizialmente porsi il problema di individuare la normativa del- lUnione applicabile alla fattispecie: qualora non la faccia, e tanto pi se non lo possa fare (perch la materia non rientra nelle competenze dellUnione), la questione irricevibile. 44. La giurisprudenza della Corte , in tal senso, pacifica: basti richiamare, per limitarsi alla giurisprudenza successiva al Trattato di Lisbona, lordinanza 12 novembre 2010, causa C-339/10, Asparuhov Estov e a., nella quale la Corte ha ricordato che ai sensi dellart. 51, n. 1, della Carta, le disposizioni di questultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nellattuazione del diritto dellUnione e che in forza dellart. 6, n. 1, TUE, che attribuisce alla Carta efficacia vincolante, e come risulta dalla dichiarazione sulla Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea allegata allatto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona, essa non crea alcuna nuova competenza per lUnione, n ne modifica le competenze. La Corte ha quindi, chiarito, che le esigenze derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali vincolano gli Stati membri in tutti i casi in cui essi sono chiamati ad applicare il diritto dellUnione e, pertanto, di essere competente a pronunciarsi in sede di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto dellUnione europea esclusivamente in relazione a misur(e) di attuazione del diritto dellUnione o che presenti(no) altri elementi di collegamento con questultimo (punti da 11 a 14 dellordinanza). 45. Nella fattispecie manifesto che ci non si verifichi, non avendo il giudice a quo individuato la disposizione di diritto dellUnione europeo di cui - alla luce (anche) dei principi contenuti nella Carta di Nizza - chiede linterpretazione alla Corte. 46. Daltronde, la questione di fondo posta dal T.A.R. per la Sicilia nel secondo quesito - se, e in quale misura, nellorganizzare i sistemi sanitari nazionali si debba tenere conto delle aspettative professionali dei farmacisti - non rientra manifestamente nelle competenze dellUnione, come risulta con chiarezza dallart. 168, par. 7, TFUE, secondo il quale (l)azione dellUnione rispetta le responsabilit degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per lorganizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. 47. Questo principio, come si gi ricordato, declinato nel ventiseiesimo considerando della direttiva 2005/36/CE in materia di riconoscimento di qualifiche professionali, il quale chiarisce che il diritto dellUnione non restringe la competenza degli Stati membri nellimpostare i loro sistemi di protezione sociale e ad adottare, in particolare, norme destinate allorganizzazione di servizi sanitari come le farmacie. Sempre in attuazione di tale principio i servizi sanitari sono stati esclusi anche dal campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (e tra i servizi sanitari sono compresi quelli farmaceutici, come enuncia il ventiduesimo considerando della direttiva medesima). 48. chiaro, pertanto, che la questione che forma oggetto del secondo quesito posto dalla giurisdizione del rinvio deve essere dichiarata irricevibile in quanto estranea alle competenze della Corte, tenuto conto che n la direttiva 2005/36 n alcun altro atto che dia attuazione alle libert fondamentali enunciano regole di accesso alle attivit del settore farmaceutico che intendano porre condizioni per lapertura di nuove farmacie (12). (12) Sentenza Blanco Perez e a., cit., punto 45. III.3 SUL TERZO QUESITO 49. Con il terzo quesito, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte di accertare se le disposizioni italiane che riservano alle farmacie la vendita (anche) dei farmaci in fascia C soggetti a prescrizione medica non costituisca una misura statale a effetto anti- concorrenziale, contraria allart. 102 TFUE, letto in combinato disposto con lart. 106 TFUE. 50. Nel motivare la formulazione del quesito, il T.A.R. per la Sicilia si limita a rilevare che tale questione (...) concerne linterpretazione delle norme del diritto comunitario applicabili alla fattispecie in relazione alla posizione di monopolio di cui godono i farmacisti che operano nellambito delle farmacie tradizionali. Sotto questo profilo, il collegio ritiene di dover chiedere ... se gli artt. 102 e 106/1 TFUE ostino a una regolamentazione dellattivit dei farmacisti che vieta a una parte di essi la vendita di farmaci dietro presentazione di ricetta medica e senza costi a carico del Servizio sanitario nazionale, cos realizzandosi una situazione di sostanziale monopolio in favore dei farmacisti titolari di farmacie tradizionali e a svantaggio dei farmacisti titolari di parafarmacie (punto 5B dellordinanza). 51. Ritiene conseguentemente il Governo italiano che alla questione, cos come proposta nellordinanza di rinvio, sia agevole dare risposta negativa. 52. Il giudice rimettente, infatti, prospetta la violazione delle richiamate disposizioni del Trattato per il solo fatto che le disposizioni normative nazionali costituiscono un regime di monopolio in favore delle farmacie tradizionali. Questa circostanza, tuttavia, non sufficiente ad integrare la violazione denunciata, posto che proprio dallart. 106 TFUE si evince che vi sono casi in cui consentito agli Stati membri istituire regimi di monopolio o attribuire diritti speciali a determinate categorie di imprese, selezionate secondo criteri trasparenti e non discriminatori. Per tale ragione, secondo una giurisprudenza costante, la mera esistenza di un monopolio o di un regime di diritti esclusivi e con esso di una posizione dominante non di per s contraria al Trattato (13). 53. Occorre, pertanto, un quid pluris affinch si verifichi la dedotta violazione: ad es. la creazione di una posizione dominante attraverso lattribuzione di diritti esclusivi pu essere incompatibile con lart. 102 TFUE, quantunque non lo sia in quanto tale, se limpresa che ne titolare fosse necessariamente indotta ad abusarne (14). Poich, tuttavia, il giudice di rinvio non individua alcuna di tali possibili conseguenze, ma si limita a riferirsi al monopolio in quanto tale, evidente che alla questione proposta occorre dare risposta negativa. 54. Daltronde, se vero che la costituzione di un monopolio, o la sua estensione successiva (che nella specie non si verificata, perch la vendita di farmaci su ricetta bianca sempre stata riservata alla farmacie), deve essere in qualche modo sottoposta a verifica di compatibilit rispetto allart. 106 TFUE e alle norme sostanziali di volta in volta rilevanti che a tale disposizione si collegano, indiscutibile che loggetto di tale verifica la possibilit di giustificare le misure in funzione di un motivo imperativo di interesse generale che sia coerente con gli obiettivi dellUnione. 55. Ecco allora che tale verifica finisce per perdere di autonomia rispetto a quella operata in (13) Vedi, ex plurimis, sentenza 19 maggio 1993, causa C-320/91, Corbeau, punto 11 e 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT, punti 15, 19, 20 e da 32 a 35. (14) Vedi, fra le tante, sent. 18 giugno 1998, causa C-266/96, Corsica Ferries France (Ormeggiatori Genova), punto 40. sede di risposta al primo quesito, allorquando ci si posti il problema dellesistenza di una giustificazione per lintroduzione di una restrizione alla libert di stabilimento. IV CONCLUSIONI 56. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere come segue ai quesiti ad essa sottoposti: -sul primo quesito, affermando che: Una normativa nazionale che non consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma non titolare di esercizio commerciale ricompreso nella pianta organica, di poter distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica su ricetta bianca, cio non posti a carico del Servizio sanitario nazionale ed a totale carico del cittadino, non costituisce una restrizione alla libert di stabilimento vietata dallart. 49 TFUE, essendo giustificata da obiettivi di tutela della sanit pubblica - e, in particolare, dallo scopo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit - ed essendo proporzionata a tale obiettivo; -sul secondo quesito: dichiarando che la questione irricevibile; -sul terzo quesito, affermando che: una regolamentazione dellattivit dei farmacisti che vieta a una parte di essi la vendita di farmaci dietro presentazione di ricetta medica e senza costi a carico del Servizio sanitario nazionale, cos realizzando una situazione di sostanziale monopolio in favore dei farmacisti titolari di farmacie tradizionali e a svantaggio dei farmacisti titolari di parafarmacie, non contrasta, in quanto tale, con gli artt. 102 e 106, par. 1, TFUE. Roma, 18 febbraio 2013 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato INDICE DEI DOCUMENTI ALLEGATI ALLE OSSERVAZiONI DEL GOVERNO ITALIANO NELLA CAUSA C-497/12 Allegato A.1: Copia delle osservazioni scritte del Governo italiano nelle cause riunite C159/ 12, C-160/12 e C-161/12. - punto 21 delle osservazioni Sergio Fiorentino avvocato dello Stato CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d'Italia. nelle cause riunite C-159/12, C-160/12 e C-161/12 promosse ai sensi dellart. 267 TFUE dal Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, con ordinanze in data 22.03.2012. 1. Il giudizio a quo 2. La parte Venturini Alessandra, farmacista abilitata, titolare dellomonima parafarmacia, comunicava al Ministero della Salute la propria intenzione di avviare la vendita al pubblico dei medicinali di cui allart. 87, comma 1, lett. a) e b) d.lgs. 219/06, ovvero di farmaci a totale carico del cittadino acquirente senza richiesta di rimborso da parte del servizio sanitario regionale e nazionale, nonch di tutte le specialit medicinali per uso veterinario soggette a ricetta medica, anchesse a totale carico del cittadino acquirente, senza richiesta di rimborso da parte del servizio sanitario regionale o nazionale. 3. Il Ministero della Salute, con provvedimento del 18 agosto 2011, rigettava la domanda, affermando che, sulla base della normativa nazionale vigente in materia, la vendita dei medicinali suddetti pu essere effettuata solo allinterno delle farmacie. 4. Con ricorso depositato il 14 novembre 2011, la parte impugnava il diniego, sostenendo che la normativa su cui il diniego era fondato sarebbe contraria al diritto dellUnione Europea, nella parte in cui osta alla vendita dei medicinali di c.d. fascia C soggetti a prescrizione, ma non a carico del S.S.N. 5. Con ordinanza del 22.03.2012, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia riteneva necessario investire di questione pregiudiziale la Corte di Giustizia dellUnione. Analogamente, con distinte ordinanze, il Tar investiva la Corte di identiche questioni sollevate in relazione ai ricorsi, di identico contenuto, proposti dai dott.ri Gramegna Maria Rosa e Muzzo Anna. Infine, la Corte di Giustizia, con ordinanza del 27.04.2012, riuniva tutte e tre le questioni pregiudiziali proposte, iscritte rispettivamente alle cause C-159/12, C-160/12 e C-161/12. 6. Il quesito 7. Il giudice a quo, a mente dellart. 267 TFUE, sottopone alla Corte il seguente quesito: Se i principi di libert di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza di cui agli articoli 49 ss. TFUE, ostino ad una normativa nazionale che non consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma non titolare di esercizio commerciale ricompreso nella pianta organica, di poter distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica su "ricetta bianca", cio non posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale ed a totale carico del cittadino, stabilendo anche in questo settore un divieto di vendita di determinate categorie di prodotti farmaceutici ed un contingentamento numerico degli esercizi commerciali insediabili sul territorio nazionale. 8. Il contesto normativo 9. Ai fini della soluzione dei quesiti, hanno diretta rilevanza le seguenti norme: Art. 49 T.F.U.E. Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libert di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altres alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La libert di stabilimento importa l'accesso alle attivit autonome e al loro esercizio, nonch la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di societ ai sensi dell'articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali.. Dir. 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, considerando 26 La presente direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attivit nel campo della farmacia e all'esercizio di tale attivit. In particolare, la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbe continuare ad essere di competenza degli Stati membri. La presente direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle societ l'esercizio di talune attivit di farmacista o sottopongono tale esercizio a talune condizioni.. 10. Norme interne. Art. 122 del R.D. 27-7-1934 n. 1265. Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie. La vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento non permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilit del titolare della medesima. Sono considerati medicinali a dose o forma di medicamento, per gli effetti della vendita al pubblico, anche i medicamenti composti e le specialit medicinali, messi in commercio gi preparati e condizionati secondo la formula stabilita dal produttore. Tali medicamenti composti e specialit medicinali debbono portare sull'etichetta applicata a ciascun recipiente la denominazione esatta dei componenti con la indicazione delle dosi; la denominazione deve essere quella usuale della pratica medica, escluse le formule chimiche. Il contravventore punito con la sanzione amministrativa da lire 100.000 a 1.000.000. Art. 5 comma 1 del decreto-legge n. 223 del 4.7.2006 conv. in legge n. 248/2006. Interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci. 1. Gli esercizi commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attivit di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l'esercizio e secondo le modalit previste dal presente articolo. abrogata ogni norma incompatibile. Art. 32 comma 1 bis del decreto legge n. 201 del 06.12.2011 conv. in legge n. 214/2011 Il Ministero della salute, sentita lAgenzia italiana del farmaco, individua entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un elenco, periodicamente aggiornabile, dei farmaci di cui all articolo 8, comma 10, lettera c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, per i quali permane lobbligo di ricetta medica e dei quali non consentita la vendita negli esercizi commerciali di cui al comma 1. 12. Sul quesito proposto il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni. 13. Il comma 1 bis dellart. 32 del decreto legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011 rimette al Ministero della Salute il compito di individuare, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, un elenco (recentemente adottato), periodicamente aggiornabile, dei medesimi farmaci di fascia C, per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e dei quali non consentita la vendita negli appositi locali degli esercizi commerciali (parafarmacie). 14. La disciplina italiana, secondo il Tar Lombardia, sarebbe in contrasto con l'art. 49 TFUE, in quanto idonea a rendere di fatto impossibile lo stabilimento di un farmacista in Italia che voglia accedere al mercato dei farmaci di fascia C soggetti a prescrizione medica, oltre che a rendere concretamente pi difficile lo svolgimento di tale attivit economica entro il mercato nazionale. 15. Il contingentamento del numero di esercizi farmaceutici sul territorio nazionale abilitati alla vendita dei farmaci di fascia C sembrerebbe tradursi, secondo il giudice a quo, in una sproporzionata protezione di reddito delle strutture esistenti, piuttosto che nel conseguimento di una razionale e soddisfacente distribuzione territoriale degli esercizi di vendita al pubblico dei farmaci. 16. In sintesi, come ritiene il Tar Lombardia, non sembrano esserci motivi che possono giustificare una tale restrizione all'esercizio di una libert economica, n vi alcuna motivazione legata all'obiettivo di ripartire in modo equilibrato le farmacie nel territorio nazionale, n di aumentare la sicurezza e qualit dell'approvvigionamento della popolazione di medicinali, di un eccesso di consumo o di ammontare di risorse pubbliche assorbite. 17. Si ricorda che nel sistema nazionale la vendita dei farmaci di qualunque tipo stata, fino alla L. 248/2006, riservata esclusivamente alle farmacie, in base alla disciplina che risale al Testo Unico delle leggi sanitarie r.d. 27.7.1934 n. 1265. 18. Infatti, lart. 122 del Testo Unico stabiliva che spettava unicamente alle farmacie la vendita al pubblico dei medicinali. 19. In seguito, l'art. 5, comma 1, del decreto-legge 4.7.2006, n. 223, convertito in legge 4.8.2006, n. 248, ha consentito la vendita al pubblico di alcuni farmaci, ossia dei farmaci da banco o di automedicazione e degli altri farmaci vendibili senza ricetta medica anche nei normali esercizi commerciali (esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita). 20. Successivamente intervenuto il menzionato comma 1 bis dellart. 32 del decreto legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011, che ha mantenuto il divieto di vendita nelle parafarmacie per alcuni tipi di farmaci di fascia C, riservando al Ministero della Salute un potere di controllo nella vendita dei farmaci. 21. Tale limitazione appare conforme ai principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (causa C-108/96 sent. MacQuen del 01.02.2001 e cause riunite C-570/07 e 571/07), in quanto: 22. si applica in maniera non discriminatoria, posto che la riserva di legge si applica a prescindere dalla circostanza che il farmacista sia di nazionalit italiana o di altro stato membro; 23. giustificata da motivi imperativi di interesse generale, posto che la legislazione italiana sulle attivit farmaceutiche si ispira essenzialmente a precise esigenze di tutela della salute pubblica; 24. finalizzata a garantire lobiettivo preposto di tutela dellinteresse generale della salute pubblica, considerato che il servizio farmaceutico deputato allerogazione di un servizio pubblico, al punto che gli stessi farmacisti sono considerati soggetti incaricati di servizio pubblico; 25. adeguata e proporzionata rispetto al suo raggiungimento, perch limita la distribuzione dei farmaci al di fuori delle farmacie per quei farmaci che necessitano di prescrizione medica, ancorch a totale carico del paziente (farmaci di fascia C). 26. Le opposte tesi, dedotte a sostegno dellincompatibilit di detta limitazione col principio di libera concorrenza e di libert di stabilimento, non sembrano pertinenti. 27. Si passano in rassegna dette tesi, contenute nelle ordinanze di rimessione. 28. A) Tesi della rimborsabilit del farmaco. Secondo questa tesi, la riserva di legge a favore della vendita dei farmaci nelle sole farmacie sarebbe giustificata solo per quei farmaci rimborsati dallo Stato a mezzo del Servizio Sanitario Nazionale e non per quelli, come nella fattispecie, la cui spesa ricade esclusivamente sullutente. 29. In sostanza, poich non vi sono oneri per le finanze pubbliche, nulla osterebbe alla libera iniziativa economica dei privati. 30. Il criterio economico non appare decisivo. La stessa Corte costituzionale ha espressamente chiarito che la vendita dei medicinali non una semplice attivit commerciale, ma parte di una pi complessa funzione sanitaria, esplicitata in un sistema di farmacie organizzato sul territorio (Corte Cost., sent. 4 febbraio 2003, n. 27). 31. Non sembra censurabile, pertanto, la scelta del legislatore che ha posto come obiettivo primario della disciplina del settore farmaceutico la tutela della salute dei cittadini attraverso misure per prevenire, nel massimo grado possibile, il rischio di compromissione di un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione. 32. Proprio il fatto che il diritto alla salute sia definito fondamentale dalla Costituzione giustifica un sistema che assicuri il massimo di protezione di tale bene. 33. B) Tesi basata sullampliamento dei punti vendita di alcuni farmaci al di fuori delle piante organiche delle farmacie. Secondo tale tesi, poich la legge italiana consente lapertura di esercizi commerciali denominati parafarmacie, la vendita al pubblico di alcune categorie di farmaci dovrebbe essere consentita senza limitazioni o controlli della pubblica autorit. 34. Anche il criterio burocratico-amministrativo non pare decisivo. Le norme sulle deroghe alla pianta organica rappresentano solo una parte di una complessa disciplina della farmacia come luogo deputato alla vendita al pubblico dei medicinali e attraverso cui si realizza una funzione sanitaria dello Stato. 35. La complessa regolamentazione pubblicistica e, in particolare, la pianificazione della rete di distribuzione dei farmaci mira ad assicurare e a controllare laccesso dei cittadini ai prodotti medicinali e in tal modo a garantire la tutela della salute pubblica, come affermato, tra laltro, dalla Corte Costituzionale (sent. n. 430/2007). 36. Poich, dunque, risulta preminente linteresse alla tutela della salute, non sembrano incompatibili con i principi comunitari quelle norme che intendono assicurare allo Stato una funzione di controllo nella vendita di farmaci, essendo il farmaco e il luogo di vendita del farmaco momenti fondamentali in cui lo Stato esplica la sua funzione di tutela della salute pubblica. 37. Tale assunto conforme alla giurisprudenza comunitaria, laddove afferma, nella sentenza relativa alla causa C-531/06 del 19 maggio 2009, che (par. 36) In sede di valutazione del rispetto di tale obbligo, occorre tenere conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano il primo posto tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e che spetta agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela della sanit pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Poich tale livello pu variare da uno Stato membro allaltro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalit (v., in tal senso, sentenze 11 dicembre 2003, causa C.322/01, Deutscher Apothekerverband, Racc. pag. I.14887, punto 103; 11 settembre 2008, causa C.141/07, Commissione/Germania, Racc. pag. I-6935, punto 51, e Hartlauer, cit., punto 30). 38. Tale sentenza si occupa anche della questione se una norma nazionale che disciplina il settore farmaceutico, apportando delle limitazioni alla libert di stabilimento, sia giustificabile o meno, riconoscendo che (par. 54) qualora sussistano incertezze circa lesistenza o lentit dei rischi per la salute delle persone, lo Stato membro possa adottare misure di tutela senza dover aspettare che la concretezza di tali rischi sia pienamente dimostrata. Inoltre lo Stato membro pu adottare misure che riducano, per quanto possibile, il rischio per la sanit pubblica (v., in tal senso, sentenza 5 giugno 2007, causa C.170/04, Rosengren e a., Racc. pag. I.4071, punto 49), compreso, pi precisamente, il rischio per il rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit. 55. In tale contesto si deve sottolineare il carattere molto particolare dei medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per i loro effetti terapeutici (v., in tal senso, sentenza 21 marzo 1991, causa C.369/88, Delattre, Racc. pag. I.1487, punto 54). 56. In ragione di tali effetti terapeutici, i medicinali possono nuocere gravemente alla salute se assunti senza necessit o in modo sbagliato, senza che il paziente possa esserne consapevole al momento della loro somministrazione. 57.Un consumo eccessivo o un uso sbagliato di medicinali comporta inoltre uno spreco di risorse finanziarie, tanto pi grave se si considera che il settore farmaceutico genera costi considerevoli e deve rispondere a bisogni crescenti, mentre le risorse finanziarie che possono essere destinate alla sanit, qualunque sia il modo di finanziamento utilizzato, non sono illimitate (v., per analogia, riguardo alle cure ospedaliere, sentenze 13 maggio 2003, causa C.385/99, Mller-Faur e van Riet, Racc. pag. I.4509, punto 80, nonch Watts, cit., punto 109). Al riguardo si deve rilevare che esiste un nesso diretto tra tali risorse finanziarie e gli utili di operatori economici attivi nel settore farmaceutico poich la prescrizione di medicinali presa in carico, nella maggior parte degli Stati membri, dagli organismi di assicurazione malattia interessati. 58. Con riguardo a tali rischi per la sanit pubblica e per lequilibrio finanziario dei sistemi di sicurezza sociale, gli Stati membri possono sottoporre le persone che si occupano della distribuzione dei medicinali al dettaglio a condizioni severe, con riferimento in particolare alle modalit di commercializzazione di questi ultimi e alla finalit di lucro. 39. Di conseguenza, appare compatibile la scelta dello Stato, effettuata a mezzo dellart. 32 comma 1 bis sopra richiamato, di valutare se esista un rischio per la salute pubblica nella vendita indifferenziata dei farmaci di fascia C fuori dalla farmacie, atteso che la vendita nelle parafarmacie, che sono esercizi commerciali finalizzati dal raggiungimento dello scopo di lucro, potrebbe pregiudicare il fine della legge di porre una limitazione tesa a combattere leccesso delluso dei farmaci da parte dei pazienti/consumatori. 40. Non pare che detto obiettivo potrebbe essere raggiunto da misure meno restrittive, quale, ad esempio, lobbligo di presenza di un farmacista nella parafarmacia. 41. Invero, il fatto che i farmacisti esercitino la loro attivit nelle farmacie elemento che d garanzia allunit e coerenza delle disposizioni sulle salute pubblica nellorganizzazione della rete di distribuzione dei farmaci soggetti a ricetta medica (v. Corte Giust. sentenza C-141/07 par. 51-57). 42. Unapertura non regolamentata e fuori dallambito del servizio sanitario nazionale di nuove parafarmacie potrebbe comportare un aumento delle spese farmaceutiche, impedendo allo Stato di controllare la concentrazione di punti vendita dei farmaci di fascia C soggetti a prescrizione medica. 43. La necessit, tra laltro, per la vendita di un farmaco di fascia C, della presentazione al farmacista della prescrizione medica sta proprio l a significare la sottesa presenza di ragioni di cautela e di prevenzione delleccessivo acquisto ed uso del tipo di farmaco in parola. 44. Tali ragioni, si presume, sarebbero eluse, laddove logiche commerciali operanti verisimilmente su larga scala finirebbero col far prevalere esigenze di distribuzione del farmaco soggetto a prescrizione medica sulle reali esigenze terapeutiche sue proprie. 45. Mentre, quindi, il farmacista che esercita lattivit in una farmacia si trova associato, per le ragioni indicate, ad una politica generale di sanit pubblica, in gran parte incompatibile con una logica puramente commerciale, diversamente accade per soggetti commerciali quali le parafarmacie, sganciate dal circuito del S.S.N. 46. Ecco, perch sinsiste nel dire che, non solo la professionalit acquisita, ma anche il luogo di svolgimento dellattivit, ossia la farmacia, garanzia per il farmacista dellindipendenza necessaria alla natura della sua funzione. 47. Pertanto, si osserva, in conclusione, con riferimento alla vendita dei farmaci di fascia C, come il legislatore italiano sembri avere fatto un uso corretto e proporzionato della discrezio nalit che la normativa europea riconosce in tale settore agli Stati membri, optando per un sistema che garantisce al contempo un elevato livello di protezione della sanit pubblica ed un rifornimento adeguato di farmaci alla popolazione. 48. La risposta che il Governo italiano propone per il quesito dunque la seguente Il sistema italiano, che disciplina il settore farmaceutico-sanitario, e, in particolare, la regola, di cui allart. 32 comma 1 bis del decreto legge n. 201 del 06.12.2011 conv. in legge n. 214/2011, per la quale la vendita dei medicinali di fascia C pu essere effettuata solo allinterno delle farmacie, garantiscono un livello non discriminatorio, proporzionato e di elevato standard di tutela della sanit pubblica, finalizzato ad assicurare alla popolazione un rifornimento dei farmaci suddetti adeguato e non incontrollato, con ci essendo, per tali ragioni, non incompatibili con lart. 49 T.F.U.E.. Fabrizio URBANI NERI AVVOCATO DELLO STATO Causa C-349/13 - Materia: Fiscalit. Principi, obiettivi e missioni dei Trattati -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny S.d Administracyjny (Polonia) il 25 giugno 2013 - Minister Finansw / Oil Trading Poland. La causa, promossa da giudice della Polonia, verte in materia di accise non armonizzate. LItalia, infatti, assieme ai soli Polonia, Danimarca e Portogallo, applica limposta di consumo sugli oli lubrificanti, che rappresenta uneccezione nel panorama europeo. In particolare, si tratta degli oli lubrificanti utilizzati per fini diversi dalluso come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento, e, perci, esenti dallaccise comunitaria e soggetti ai diritti daccisa nazionali. La questione, quindi, riguarda il fatto se lo Stato polacco possa o meno gravare di accise nazionale gli oli lubrificanti adibiti a usi diversi da quelli su cui incombe unaccise comunitaria, laddove tale possibilit consentita allo Stato membro a condizione, tuttavia, secondo la giurisprudenza europea, che detta imposta nazionale non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit connesse al passaggio di frontiera (Corte Giustizia, III sezione, sentenza 5 luglio 2007, cause riunite C-145/06 e C-146/06). La tesi italiana che le disposizioni del diritto nazionale, che prevedono lapplicazione di unimposta nazionale su detti oli lubrificanti, esenti dal pagamento dellaccise armonizzata, con la previsione di adempimenti formali uguali ai prodotti armonizzati, non aggravano il passaggio alla frontiera nazionale dello Stato membro di detti oli non armonizzati, trattandosi di beni sottoposti a tassazione non al momento di passaggio alla frontiera, bens allatto della loro immissione in consumo e non comportano, pertanto, alcuna violazione del divieto di discriminazione ai sensi dellart. 110 TFUE. La Commissione ha presentato osservazioni scritti conformi alle tesi di Polonia ed Italia. Ludienza dibattimentale stata tenuta il 10 luglio 2014. Si allegano le osservazioni depositate. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d'Italia. nella causa C-349/13 promossa ai sensi dellart. 267 TFUE dal Naczelnys Sad Administracyjny (Polonia), con ordinanza del 05.03/25.06.2013. Il giudizio a quo 1. Con lordinanza in epigrafe indicata il giudice di rinvio chiede se larticolo 3, paragrafo 3, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, debba essere interpretato nel senso che non osta allapplicazione, da parte di uno Stato membro, agli oli lubrificanti di cui al codice da NC 2710 19 71 a 2710 19 99, utilizzati per fini diversi dalluso come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento, e, perci, esenti dallaccise comunitaria, dei diritti daccisa nazionali. 2. La domanda di pronuncia pregiudiziale trae spunto dalla vicenda che coinvolge una societ polacca che commercializza allingrosso e al dettaglio oli lubrificanti acquistati in ambito comunitario, sottoposti a tassazione nazionale. 3. La contestazione che la societ muove alle autorit fiscali polacche riguarda laver assoggettato ad accisa e sottoposto alle relative disposizioni in materia di controllo e vigilanza i suddetti oli lubrificanti, utilizzati per fini diversi da carburanti per motori o combustibile per riscaldamento e, inoltre, lapplicazione agli stessi di istituti tipici di tale regime. 4. sorto, quindi, il dubbio allorgano giurisdizionale che determinate prescrizioni vigenti in Polonia con riguardo allattivit di vendita di oli lubrificanti di provenienza comunitaria possano costituire, negli scambi tra Stati membri, formalit connesse allattraversamento delle frontiere. 5. Detta formalit consisterebbero, in particolare, nelle seguenti operazioni: presentazione preventiva allintroduzione nel territorio nazionale, della dichiarazione di futuro acquisto di oli lubrificanti; prestazione di una cauzione per il pagamento dellimposta; presentazione di una dichiarazione semplificata; versamento dellaccisa dovuta entro dieci giorni dal ricevimento dei prodotti; tenuta di un registro dei prodotti acquistati. 6. La questione, quindi, riguarda il fatto se lo Stato polacco possa o meno gravare di accise nazionale gli oli lubrificanti adibiti a usi diversi da quelli su cui incombe unaccise comunitaria, laddove tale possibilit consentita allo Stato membro a condizione, tuttavia, secondo la giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte, che detta imposta nazionale non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit connesse al passaggio di frontiera (Corte Giustizia, III sezione, sentenza 05.07.2007, cause riunite C-145/06 e C-146/06). Il Giudice polacco, pertanto, individuato nel Naczelnys Sad Administracyjny, devolveva, su tali premesse, la suddetta questione interpretativa alla Corte di Giustizia formulando il seguente quesito. Il quesito 7. Il giudice a quo, a mente dellart. 267 TFUE, sottopone alla Corte il seguente quesito: Se larticolo 3, paragrafo 3, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa 1 (e successive modifiche), corrispondente ora allarticolo 1, paragrafo 3, lettera a), prima frase, della direttiva del Consiglio 2008/118/CE, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE 2 (come modificata), debba essere interpretato nel senso che non osta allapplicazione, da parte di uno Stato membro, agli oli lubrificanti di cui al codice da NC 2710 19 71 a 2710 19 99, utilizzati per fini diversi dalluso come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento, dei diritti daccisa secondo le regole specifiche per laccisa armonizzata applicabili al consumo dei prodotti energetici. 8. Il contesto normativo Ai fini della soluzione dei quesiti, hanno diretta rilevanza le seguenti norme: Art. 3, paragrafo 3 della Direttiva 25-2-1992 n. 92/12/CEE - Direttiva del Consiglio relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, secondo cui Gli Stati membri conservano la facolt di introdurre o mantenere imposizioni che colpiscono prodotti diversi da quelli di cui al paragrafo 1, a condizione tuttavia che dette imposte non diano luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit connesse al passaggio di una frontiera. Norme interne. Art. 62, comma 1, D.Lgs. 26-10-1995 n. 504 - Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative (T.U.A.), secondo cui sono sottoposti ad imposta di consumo: a) gli oli lubrificanti (codice NC da 2710 19 81 a 2710 19 99) quando sono destinati, messi in vendita o impiegati per usi diversi dalla combustione o carburazione (235) ; b) i bitumi di petrolio (codice NC 2713 20 00) ; c) con la medesima aliquota prevista per i prodotti di cui alla lettera a), gli oli minerali greggi (codice NC 2709 00), gli estratti aromatici (codice NC 2713 90 90), le miscele di alchilbenzoli sintetici (codice NC 3817 00) ed i polimeri poliolefinici sintetici (codice NC 3902) quando sono destinati, messi in vendita o usati per la lubrificazione meccanica. 9. Sul quesito proposto il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni. Per quanto riguarda il regime fiscale nazionale degli oli lubrificanti in Italia limposizione sugli oli minerali disciplinata dal decreto legislativo del 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal decreto legge 135/200920. Il Titolo I del decreto 504 contiene le disposizioni generali in materia di accise, mentre il Titolo III contiene le disposizioni specifiche riguardanti limposta sul consumo degli oli lubrificanti. Tali imposte si applicano agli oli lubrificanti e altri prodotti energetici qualora utilizzati ai fini della lubrificazione meccanica. Limposta colpisce anche agli oli lubrificanti utilizzati in miscela con i carburanti con funzione di lubrificazione. Precedentemente alla riforma delle disposizioni in materia di imposte sul consumo di oli lubrificanti rigenerati, attuata con il decreto legge 135/2009, questi venivano tassati ad aliquota ridotta del 50% rispetto allaliquota applicata agli oli di prima distillazione. Tuttavia tali previsioni potevano ritenersi discriminatorie nei confronti degli altri Stati membri della EU. Gli oli rigenerati importati in Italia dagli altri membri EU non potevano infatti godere delle medesime agevolazioni, ai sensi della legge finanziaria per il 2006. 10. Al fine di rispondere alla procedura dinfrazione n. 2004/2190 aperta dalla Commissione Europea per lesistenza di tali norme discriminatorie, il decreto sopra citato sopprimeva le agevolazioni a favore degli oli rigenerati e prevedeva unaliquota unica applicabile a tutti gli oli lubrificanti che veniva fissata in misura inferiore rispetto alla precedente, a 750,00 per mille chilogrammi di prodotto, in modo tale da mantenere il gettito erariale invariato. Successivamente laliquota dimposta rimasta inalterata a tale livello. 11. Presupposto dimposta limmissione in consumo nel mercato interno di oli lubrificanti. Limmissione in consumo si verifica: -per i prodotti nazionali, al momento della cessione agli utilizzatori o ad imprese esercenti il commercio che ne effettuano la rivendita; -per i prodotti comunitari, allatto di ricevimento della merce da parte dellacquirente ovvero al momento della cessione del prodotto, cos come definita ai fini delle imposte sul valore aggiunto, da parte del venditore residente in altro Stato membro a privati consumatori o a soggetti che agiscono nellesercizio di impresa, arte o professione; -per i prodotti provenienti da altri Paesi, allatto dellimportazione; -per i prodotti che risultano mancanti alle verifiche e per i quali non possibile accertare il regolare esito, allatto della loro constatazione. La base imponibile costituita dal volume espresso in migliaia di chilogrammi di prodotto (misurato a una temperatura di 15 Celsius). 12. Obbligati al pagamento dellimposta sono: il fabbricante di prodotti ottenuti sul territorio nazionale; il soggetto che effettua la prima immissione in consumo per i prodotti di provenienza comunitaria; limportatore per i prodotti provenienti da Paesi terzi. 13. Come cennato, la legge finanziaria italiana per il 2006 (Legge n. 266/2005 art. 1 comma 116) stabiliva che l'articolo 62 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, continua ad esplicare i suoi effetti. A decorrere dal 1 gennaio 2006 l'aliquota dell'imposta di consumo sugli oli lubrificanti di cui all'allegato I al medesimo testo unico fissata in euro 842 per mille chilogrammi. Tali norme quindi abrogavano quelle contenute nel decreto 452/2001 e pertanto la disciplina riguardante limposta sul consumo di lubrificanti continuava a produrre i suoi effetti. 14. Come affermato nellordinanza di rinvio del giudice a quo, le direttive adottate dal Consiglio dellUnione europea nel 1992 imponevano lobbligo di esenzione degli oli lubrificanti dallambito di applicazione delle accise. Tuttavia nel 2003 si registrava un cambiamento di rotta in tale ambito normativo modificando radicalmente il regime previsto dallart. 8 della direttiva 92/81/CEE. Veniva infatti emanata la nuova direttiva 2003/96/CE, riguardante la tassazione dei prodotti energetici e dellelettricit. Allart. 30 tale direttiva abrogava le precedenti direttive CEE 81 e 82 del 1992. 15. Sostanzialmente la nuova direttiva rimuove ogni vincolo alla tassazione nazionale dei lubrificanti ed ogni Paese quindi libero da allora di assoggettare i lubrificanti ad imposte di consumo (o sulla produzione). 16. Le istituzioni comunitarie sono state chiamate a esprimere il loro giudizio sulla compatibilit tra normativa nazionale e comunitaria, cos come riformata della nuova direttiva. Nel- lambito delle controversie tra Fendt Srl e lAgenzia delle DoganeUfficio Dogane di Trento, la Commissione tributaria di secondo grado di Trento presentava alcune domande di pronuncia giudiziale nei confronti della Corte di giustizia delle Comunit europee. Questa volta, alla luce della nuova disciplina, la Corte di giustizia si pronunci in favore delle norme italiane riguardanti limposizione indiretta sugli oli lubrificanti. Con sentenza del 05.07.2007 relativa alle cause unificate C-145/06 e C-146/06, la Corte rilevava lesclusione degli oli lubrificanti dallambito di applicazione della direttiva del 2003 e giudicava quindi le disposizioni nazionali (art. 61 e ss del D.lgs. n. 504/95 - T.U.A.) oggetto della controversia come compatibili con la nuova normativa comunitaria. 17. In seguito, il d.l. 135/2009 sottoponeva gli oli rigenerati allo stesso trattamento fiscale degli oli di prima distillazione e fissava laliquota dimposta a 750,00 per mille kg. Oltre alle accise, in base allarticolo 13 del decreto legge 166/200936, le imprese italiane sono gravate da un contributo obbligatorio di 155 per ogni tonnellata di prodotto immesso in consumo nei confronti del Consorzio obbligatorio degli oli usati. 18. Sussistono analogie tra la normativa della Polonia e il sistema giuridico nazionale italiano disciplinante limposta di consumo sugli oli lubrificanti, quale recato dagli artt. 61 e ss. del D.Lgs. n. 504/95. 19. In particolare, le disposizioni di cui al D.M. 17.9.1996, n. 557, dettano specifiche formalit relative alladempimento dellimposta per i prodotti di provenienza comunitaria. 20. Infatti, dal richiamato quadro normativo di riferimento emerge che il soggetto obbligato al pagamento dellimposta, identificato in quello che effettua la prima immissione in consumo di prodotti di provenienza comunitaria, presenta una denuncia allUfficio delle dogane almeno sessanta giorni prima della data dinizio dellattivit; egli, inoltre, presta una cauzione pari al 10 per cento dellimposta gravante su tutto il prodotto giacente, rimodulabile in ragione del- lammontare del tributo mediamente corrisposto alle scadenze periodiche; infine, egli munito di licenza di esercizio. 21. Inoltre, lo stesso soggetto presenta, ai fini dellaccertamento dellimposta in parola, entro il mese successivo a quello cui si riferisce, la dichiarazione mensile dalla quale risultano i quantitativi di prodotto finito immessi in consumo e lammontare del tributo dovuto; la parte, dunque, entro lo stesso termine, effettua il versamento dellimposta. 22. Circa le finalit perseguite dallimposizione nazionale sui prodotti non armonizzati si deve precisare che: gli obblighi comunitari contabili trovano identica applicazione anche per i prodotti nazionali, scongiurando, cos, ipotesi di discriminazione in base alla nazionalit delle merci. 23. Inoltre, tali adempimenti risultano finalizzati a garantire il pagamento dellimposta di consumo nazionale. 24. Le finalit degli adempimenti fiscali, cui i produttori e depositari commerciali di lubrificanti sono sottoposti, quali gli obblighi documentali di tenuta dei registri, di comunicazione preventiva e successiva, sono previsti ai fini della salvaguardia del gettito erariale, come anche sono giustificati dallesistenza di interessi nazionali al controllo dei quantitativi prodotti e della loro movimentazione. 25. importante notare inoltre che analoghi adempimenti (quali la denuncia di inizio attivit e rilascio di licenza, gli obblighi riguardanti circolazione e deposito, la tenuta dei registri di carico e scarico) sono richiesti per la produzione e commercializzazione di altri prodotti non energetici soggetti ad accisa, come per le bevande alcoliche e i tabacchi, proprio allo scopo di tutela del gettito erariale e di vigilanza finanziaria sulla movimentazione di tali prodotti. 26. Proprio per le esposte ragioni si ritiene lassoggettamento ad accise nazionale per gli oli lubrificanti non armonizzati dotata del requisito della compatibilit con la disciplina comunitaria e non violativa del divieto di discriminazione dellart. 110 TFUE. 27. Nel caso degli oli lubrificanti, ci si riferisce ad accisa non armonizzata, definita, pi precisamente, imposta erariale di consumo; nel caso le accise rientrino o meno nel campo di applicazione delle direttive di armonizzazione, possono distinguersi in armonizzate e non armonizzate. 28. Come detto, lart. 61 del Testo unico impone, al primo comma lettera a), che limposta sia dovuta sui prodotti immessi in consumo nel mercato interno e che, lettera b), obbligato al pagamento sia il soggetto che effettua la prima immissione in consumo per i prodotti di provenienza comunitaria. 29. Proprio la provenienza comunitaria degli oli lubrificanti rappresenta il cardine del problema sul quale vogliamo soffermarci. Infatti, per i prodotti di provenienza da Paesi terzi, limposta di consumo viene accertata e riscossa direttamente durante le operazioni in dogana; mentre, per gli acquisti intracomunitari, venendo meno il passaggio in dogana, lassolvimento dellimposta in questione diviene pi problematico, essendo spostato al successivo momento delleffettiva immissione in consumo. 30. La circostanza, quindi, che per gli acquisti intracomunitari ormai venuto il controllo alla frontiera nazionale giustifica la predisposizione dello Stato membro di una serie di adempimenti formali che consentano di controllare il flusso di movimentazione e la destinazione degli oli adibiti a uso diverso, ossia definiti come non armonizzati. 31. Il sistema di tassazione di questi prodotti non d luogo per la legislazione italiana a maggiori formalit connesse al passaggio di una frontiera, come asserito nellordinanza di rinvio del giudice polacco. 32. La normativa italiana, infatti, prevede che gli oli lubrificanti in parola siano sottoposti a tassazione allatto del loro impiego, dopo o piuttosto a prescindere dal loro passaggio in frontiera (che avviene ormai senza controllo), ossia allatto della loro immissione in consumo, come previsto dalla pi volte citata disposizione nazionale dellart. 61 T.U.A. 33. Lassenza di formalit doganali da adempiere allatto del passaggio della frontiera nazionale fa s, quindi, che la norma sia conforme allorientamento di codesta Ecc.ma Corte, per la quale dalla giurisprudenza della Corte risulta che un sistema fiscale compatibile con lart. 90 CE solo qualora esso sia congegnato in modo da escludere in ogni caso che i prodotti importati vengano assoggettati ad un onere pi gravoso rispetto ai prodotti nazionali e, pertanto, che esso non comporta, in nessun caso, effetti discriminatori (sentenze Haahr Petroleum, cit., punto 34, e 23 ottobre 1997, causa C.375/95, Commissione/Grecia, Racc. pag. I.5981, punto 29) (Corte Giustizia, I sezione, causa C-313/2005, sentenza del 18.01.2007, par. 40). 34. Tanto vero che in quella causa, lAvvocato generale aveva concluso sulla compatibilit delle accise nazionali, in quanto non finalizzate a scopi di protezionismo del mercato interno, affermando che (par. 59) La terza questione sottoposta alla Corte , in sostanza, se lart. 90, secondo comma, CE, vieti di imporre unaccisa sulle autovetture usate importate da altri Stati membri a unaliquota variabile in funzione dellet del veicolo e della cilindrata, ma non sulla vendita di autovetture usate allinterno dello Stato membro in questione (alle quali laccisa gi stata applicata in base a una formula analoga anteriormente alla loro prima immatricolazione, incidendo in tal modo sul loro successivo prezzo di rivendita). 60. Lart. 90, secondo comma, CE, vieta le imposizioni interne tali da proteggere indirettamente prodotti nazionali che, senza essere similari a prodotti importati ai sensi del primo comma, nondimeno si trovino con essi in un rapporto di concorrenza. 61. Tuttavia, la valutazione chiesta dal giudice del rinvio riguarda un confronto tra autovetture usate gi presenti sul mercato nazionale e autovetture usate acquistate in un altro Stato membro. Queste due categorie sono chiaramente prodotti similari ai sensi dellart. 90, primo comma, CE, e laccisa controversa va quindi valutata alla luce di tale disposizione. 62. Poich dallordinanza di rinvio e dalle osservazioni presentate alla Corte non emerge che limposta protegge indirettamente prodotti nazionali diversi che si trovino in un rapporto di concorrenza con le autovetture, ritengo che sia sufficiente lanalisi svolta alla luce dellart. 90, primo comma, CE, nel contesto della seconda questione del giudice nazionale (Conclusioni Avvocato Generale Sharpston presentate il 21 settembre 2006). 35. E daltro canto, nello stesso senso si pronunciata codesta Ecc.ma Corte in similari inter venti, chiarendo che la condizione cui sono soggette le imposte rientranti nellambito dapplicazione dellart. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva 92/12 fa riferimento allunica condizione prevista dal primo comma dello stesso paragrafo, cio che le imposte non diano luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit connesse al passaggio di una frontiera (Corte Giustizia, Prima Sezione, causa C-491/03, sentenza del 10 marzo 2005, par. 34; nello stesso senso Prima sezione, causa C-2/09, sentenza del 03.06.2010 e Terza Sezione, causa C145- 146/06, sentenza del 05.07.2007). 17. La risposta che il Governo italiano propone per il quesito dunque la seguente Le disposizioni del diritto nazionale, che prevedono lapplicazione di unimposta nazionale sui consumi degli oli lubrificanti per uso diverso dalluso come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento (esenti dal pagamento dellaccise armonizzata), con la previsione di adempimenti formali uguali ai prodotti armonizzati, non aggravano il passaggio alla frontiera nazionale dello Stato membro di detti oli non armonizzati, trattandosi di beni sottoposti a tassazione allatto della loro immissione in consumo e non comportano, pertanto, alcuna violazione del divieto di discriminazione ai sensi dellart. 110 TFUE. Fabrizio URBANI NERI AVVOCATO DELLO STATO Causa C-463/13 - Materia: Libert di stabilimento. Libera prestazione dei servizi -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia) il 23 agosto 2013 - Stanley International Betting Ltd e Stanleybet Malta Ltd / Ministero dellEconomia e delle Finanze e Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella cause C-463/13 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dellart. 267 TFUE dal Consiglio di Stato (Italia), nella causa -STANLEY INTERNATIONAL BETTING LTD - STANLEYBET MALTA LTD - ricorrente/appellante contro MINISTERO DELLECONOMIA E DELLE FINANZE AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI DI STATO - resistente/appellato nei confronti di - INTRALOT ITALIA S.P.A.; -SNAI S.p.A.; - GALASSIA GAME S.R.L.; - EUROBET ITALIA S.R.L.; - LOTTOMATICA S.R.L.; - SISAL MATCH POINT S.P.A.; -COGETECH GAMING S.R.L. - controinteressati e/o intevenienti ad opponendum *** I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 1. Con sentenza non definitiva del 20 agosto 2013, depositata presso la Cancelleria della Corte il successivo 26 agosto, il Consiglio di Stato italiano, nellambito di un giudizio amministrativo di ultimo grado vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte la seguente questione: (primo quesito) Se gli artt. 49 e segg. e 56 e segg. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di Giustizia dellUnione Europea, nella sentenza 16 febbraio 2012 [cause riunite C-72/10 e C-77/10], vadano interpretati nel senso che essi ostano a che vengano poste in gara concessioni di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, laddove la detta gara sia stata bandita al fine di rimediare alle conseguenze derivanti dallillegittimit dellesclusione di un certo numero di operatori dalle gare. (secondo quesito) Se gli artt. 49 e segg. e 56 e segg. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di Giustizia dellUnione Europea, nella medesima sentenza 16 febbraio 2012 [cause riunite C-72/10 e C-77/10], vadano interpretati nel senso che essi ostano a che lesigenza di riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni costituisca giustificazione causale adeguata di una ridotta durata delle concessioni poste in gara rispetto alla durata dei rapporti concessori in passato attribuiti. II IL DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA RILEVANTE 2. La compatibilit dei sistemi nazionali di organizzazione e gestione delle scommesse sportive con i Trattati, e in particolare con la libert di stabilimento e la libera prestazione di servizi (oggi dagli artt. 49 e 56 TFUE), stata oggetto di ripetuti interventi della Corte. 3. Sin dalla sentenza Schindler (1), resa in una fattispecie che riguardava il Regno Unito, la Corte aveva chiarito che le attivit di lotteria vanno considerate attivit di servizi ai sensi del Trattato e che una disciplina nazionale la quale vieti, salvo eccezioni da essa stabilite, lo svolgimento delle lotterie nel territorio di uno Stato membro costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Tale restrizione pu, tuttavia, risultare giustificata per il fatto di perseguire scopi legati alla tutela dei consumatori ed alla protezione dellordine sociale, sempre che non comporti alcuna discriminazione in base alla nazionalit. 4. Nella sentenza Zenatti, la Corte ha affermato che (a)nche se la sentenza Schindler riguarda lorganizzazione delle lotterie, queste considerazioni sono ugualmente valide per gli altri giochi di azzardo che presentano caratteristiche analoghe, nel cui novero rientrano anche le scommesse sulle competizioni sportive, in quanto pur non potendo essere considerate giochi di puro azzardo, al pari di questi ultimi offrono, contro una posta avente valore di pagamento, una prospettiva di profitto pecuniario e (t)enuto conto della rilevanza delle somme che esse consentono di raccogliere e dei profitti che possono offrire (1) Sentenza 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler. agli scommettitori, esse comportano gli stessi rischi di criminalit e di frode e possono avere le stesse conseguenze individuali e sociali dannose (2). Nella medesima sentenza, la Corte - rilevato che la normativa italiana sulle scommesse si distingue dalla normativa controversa nella sentenza Schindler soprattutto in quanto non vieta totalmente le operazioni considerate, ma le riserva a taluni enti a determinate condizioni (punto 32) - ha chiarito che la sola circostanza che uno Stato membro abbia scelto un sistema di tutela diverso da quello adottato da un altro Stato membro non pu incidere sulla valutazione della necessit e della proporzionalit delle disposizioni adottate in materia. Tali disposizioni devono essere valutate unicamente alla luce degli obiettivi perseguiti dalle autorit nazionali dello Stato membro interessato e del livello di tutela che esse mirano a garantire (punto 34): (i)nfatti, unautorizzazione limitata dei giochi dazzardo nellambito di diritti speciali o esclusivi riconosciuti o concessi a determinati enti, che presenta il vantaggio di incanalare il desiderio di giocare e la gestione dei giochi in un circuito controllato, di prevenire il rischio che tale gestione sia diretta a scopi fraudolenti e criminosi e di impiegare gli utili che ne derivano per fini di pubblica utilit, serve anchessa al perseguimento di detti obiettivi (punto 35). Tuttavia una limitazione siffatta ammissibile solamente se essa anzitutto persegue effettivamente lobiettivo di unautentica riduzione delle opportunit di gioco e se il finanziamento di attivit sociali attraverso un prelievo sugli introiti derivanti dai giochi autorizzati costituisce solo una conseguenza vantaggiosa accessoria, e non la reale giustificazione, della politica restrittiva attuata (punto 36). 5. Con la sentenza Gambelli e a. (3) la Corte ha chiarito che la detta normativa costituisce, altres, una restrizione alla libert di stabilimento, anche se tale restrizione si impone indistintamente a tutte le societ di capitali potenzialmente interessate da tali concessioni, indipendentemente dal fatto che abbiano sede in Italia o in un altro Stato membro. Nel rimettere al giudice nazionale la valutazione circa la proporzionalit delle misure concretamente adottate in Italia, la Corte ha per chiarito che anche se lobiettivo perseguito dalle autorit di uno Stato membro quello di evitare il rischio che i concessionari dei giuochi siano implicati in attivit criminali o fraudolente, escludere la possibilit per le societ di capitali quotate sui mercati regolamentati degli altri Stati membri di ottenere concessioni per la gestione di scommesse sportive, soprattutto quando esistano altri strumenti di controllo dei bilanci e delle attivit delle dette societ, pu risultare una misura eccessiva rispetto a quanto necessario per impedire la frode (punto 74). 6. I suddetti principi sono stati ripresi nella sentenza Placanica e a. (4). La Corte ha ribadito che (u)n sistema di concessioni pu costituire un meccanismo efficace che consente di controllare coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire lesercizio di [attivit di giochi e scommesse] per fini criminali o fraudolenti (punto 57), evidenziando, tuttavia, che lesclusione totale dal novero dei possibili concessionari delle societ di capitali quotate nei mercati regolamentati - vigente in Italia sino al 2003, sul presupposto che i singoli azionisti non sarebbero stati identificabili in qualsiasi momento -va oltre quanto necessario per raggiungere lobiettivo mirante ad evitare che soggetti che operano nel settore dei giochi dazzardo siano implicati in attivit criminali (2) Cfr. sentenza 21 ottobre 1999, causa C-67/98, Zenatti, punti da 16 a 19. (3) Sentenza 6 novembre 2003, causa C-243/01, Gambelli e a. (4) Sentenza 6 marzo 2007, cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica e a. o fraudolente [poich] esistono altri strumenti di controllo dei bilanci e delle attivit degli operatori nel settore dei giochi di azzardo che limitano in modo minore la libert di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, come quello consistente nel raccogliere informazioni sui loro rappresentanti o sui loro principali azionisti (punto 62). Poich le conseguenze di tale illegittima esclusione si erano ripercosse anche sulla situazione delle concessioni in essere dopo il 2002, per effetto della durata e della proroga delle concessioni esistenti, alla Repubblica italiana spettava individuare gli strumenti giuridici per rimediare a tale situazione, dovendosi medio tempore astenere dallapplicare sanzioni nei confronti di soggetti per i quali si accertasse che vi era stata unillegittima esclusione dal mercato. 7. Le misure adottate in Italia per eliminare i suddetti profili di incompatibilit con il diritto dellUnione europea - ed in particolare le misure contenute nel decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (c.d. decreto Bersani (5)) sono state esaminate dalla successiva e recente sentenza Costa e Cifone (6), nella quale la Corte si occupata, come gi nel caso precedente, di una fattispecie in cui ai gestori di c.d. centri di trasmissione dati (C.T.D.) era stata contestata la commissione di un reato per avere agito senza la prescritta autorizzazione di polizia. Nella sentenza, la Corte -rilevato che lart. 38, commi 2 e 4, del decreto Bersani aveva previsto che i nuovi concessionari dovessero insediarsi ad una certa distanza dai concessionari gi esistenti - ha affermato che (c)oncedere agli operatori esistenti ulteriori vantaggi concorrenziali rispetto ai nuovi concessionari, dovuti al fatto che i primi avevano potuto insediarsi anni prima sul mercato con una certa notoriet e una clientela propria, ha come effetto di perpetuare e rafforzare gli effetti dellesclusione illegittima di questi ultimi dalla gara del 1999 e costituisce una nuova violazione degli articoli 43 CE e 49 CE nonch del principio di parit di trattamento (punto 53) e che, conseguentemente, (u)na misura siffatta implica dunque una discriminazione nei confronti degli operatori esclusi dalla gara del 1999 (punto 58). Inoltre, con riferimento ad altro profilo rilevante nel giudizio a quo e in particolare la clausola di decadenza della concessione a motivo della commercializzazione di giochi dazzardo mediante siti telematici situati al di fuori del territorio nazionale - la Corte ha affermato che (s)ussiste incertezza riguardo allobiettivo e agli effetti di tale disposizione, i quali potrebbero essere o di impedire che un concessionario commercializzi attivamente nel territorio italiano giochi dazzardo diversi da quelli per i quali egli detiene una concessione, o di impedire qualsiasi attivit transfrontaliera in materia di giochi dazzardo, e in particolare unattivit esercitata con un modus operandi quale quello della Stanley, fondato sul ricorso a CTD (punto 88) e che, pertanto, non si pu addebitare ad un operatore il fatto di aver rinunciato a presentare una candidatura per una concessione in assenza di qualsiasi sicurezza sul piano giuridico, fintanto che permaneva incertezza riguardo alla conformit del suo modus operandi alle disposizioni della convenzione da sottoscrivere al momento dellattribuzione di una concessione. Qualora tale operatore fosse stato escluso, in violazione del diritto dellUnione, dalla gara precedente oggetto di censura nella citata sentenza Placanica e a., deve rite (5) Per effetto di tale decreto sono stati messe a concorso, con bando di gara pubblicato anche sulla Gazzetta Ufficiale dellUnione europea, 500 nuovi punti vendita dedicati di gioco ippico, di ulteriori 9.500 nuovi punti vendita non dedicati di gioco ippico e di ulteriori 4.400 punti di vendita non dedicati di gioco sportivo. Sono state inoltre attivate reti di gioco sportivo a distanza. (6) Sentenza 16 febbraio 2012, cause riunite C-72/10 e C-77/10, Costa e Cifone. nersi che la nuova gara non abbia effettivamente rimediato a tale esclusione delloperatore in questione (punto 90). 8. Tra le sentenze successive, merita ricordare innanzi tutto la sentenza c.d. della Santa Casa (7), resa su rinvio pregiudiziale di un giudice portoghese, nella quale la Corte ha affermato che lart. 49 CE non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che vieti ad operatori, quali la Bwin, stabiliti in altri Stati membri in cui forniscono legittimamente servizi analoghi, di offrire giochi dazzardo tramite Internet sul territorio del detto Stato membro (punto 74). Trattasi di restrizione che pu essere considerata, tenuto conto delle particolarit connesse allofferta di giochi dazzardo su Internet, giustificata dallobiettivo di lotta contro la frode e la criminalit (punto 72) (8). 9. Altre successive decisioni della Corte si sono successivamente occupate della restrizione alla libert fondamentali consistente nella concessione di un diritto esclusivo avente ad oggetto lo svolgimento, la gestione, lorganizzazione e il funzionamento dei giochi dazzardo ad un organismo unico. Ad esempio, nella sentenza Zeturf (9), resa a seguito di rinvio del Consiglio di Stato francese, la Corte ha ribadito che uno Stato membro che intenda assicurare un livello di tutela particolarmente elevato pu legittimamente ritenere che solo la concessione di diritti esclusivi ad un organismo unico soggetto ad uno stretto controllo da parte delle autorit pubbliche sia atta a consentire loro di padroneggiare i rischi connessi al settore dei giochi dazzardo e di perseguire lobiettivo di prevenire linduzione a spese eccessive collegate al gioco e di lotta alla dipendenza dal gioco in modo sufficientemente efficace (punto 41). 10. Nella sentenza Garkalns (10), originata da un rinvio di un giudice nazionale lettone, la Corte, nel ribadire lastratta legittimit di una siffatta restrizione, ha chiarito che affinch sia rispettato il principio della parit di trattamento, nonch lobbligo di trasparenza che ne costituisce il corollario, un regime di autorizzazione dei giochi dazzardo deve essere (7) Sentenza 8 settembre 2009, causa C-42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International. (8) A tale conclusione, la Corte pervenuta sulla base di molteplici considerazioni: -innanzi tutto in quanto (s)i deve rilevare, in proposito, che il settore dei giochi dazzardo offerti tramite Internet non costituisce oggetto di unarmonizzazione comunitaria. Uno Stato membro pu quindi legittimamente ritenere che il solo fatto che un operatore, quale la Bwin, offra legittimamente servizi compresi in tale settore tramite Internet in un altro Stato membro in cui sia stabilito e in cui sia gi soggetto, in linea di principio, a determinati requisiti di legge ed al controllo da parte delle competenti autorit di questultimo Stato membro, non possa essere considerato quale garanzia sufficiente di protezione dei consumatori nazionali contro i rischi di frode e di criminalit, alla luce delle difficolt che, in un siffatto contesto, le autorit dello Stato membro di stabilimento possono incontrare nella valutazione delle caratteristiche qualitative e della correttezza professionale degli operatori (punto 69); - Inoltre, in considerazione dellassenza di un contatto diretto tra il consumatore e loperatore, i giochi dazzardo accessibili via Internet implicano rischi di natura differente e maggiore importanza rispetto ai mercati tradizionali dei giochi medesimi per quanto attiene ad eventuali frodi commesse dagli operatori nei confronti dei consumatori (punto 70); -Non pu essere peraltro esclusa la possibilit che un operatore, che sponsorizzi talune delle competizioni sportive per le quali accetta scommesse nonch talune delle squadre partecipanti alle competizioni medesime, si venga a trovare in una situazione che gli consenta di influire direttamente o indirettamente sul risultato delle medesime, aumentando cos i propri profitti (punto 71). (9) Sentenza 30 giugno 2011, causa C-212/08, Zeturf Ltd. (10) Sentenza 19 luglio 2012, causa C-470/11, SIA Garkalns. fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, cos da circoscrivere sufficientemente lesercizio del potere discrezionale delle autorit, di modo che non se ne abusi (punto 42) e che (p)er consentire il controllo sullimparzialit dei procedimenti di autorizzazione peraltro necessario che le competenti autorit fondino le proprie decisioni su un iter logico accessibile al pubblico, che indichi, in modo preciso, i motivi in virt dei quali lautorizzazione stata eventualmente rifiutata (punto 43). 11. Nella sentenza Stanleybet International e a. (11), resa su rinvio di un giudice greco, la Corte si interrogata sul rispetto del principio di proporzionalit della misura, qualora risultasse che, sebbene lobiettivo della normativa nazionale consistesse o nel limitare lofferta di giochi dazzardo o nel favorire la lotta alla criminalit ad essi connessa, limpresa cui stato conferito questo diritto esclusivo perseguisse una politica commerciale espansionistica. Nel rimettere tale valutazione al giudice nazionale, la Corte ha, tuttavia, chiarito che (p)er quanto concerne il primo obiettivo, consistente nel limitare lofferta dei giochi dazzardo (...), spetta ai giudici nazionali assicurarsi, tenendo conto in particolare delle concrete modalit di applicazione della normativa restrittiva di cui trattasi, che questultima risponda veramente allintento di ridurre le occasioni di gioco e di limitare le attivit in tale settore in modo coerente e sistematico (v., in tal senso, sentenza Garkalns, cit., punto 44 e giurisprudenza citata) (punto 31) e che (q)uanto al secondo obiettivo, concernente la lotta alla criminalit connessa ai giochi dazzardo, al giudice del rinvio spetta anche verificare, segnatamente in base allevoluzione del mercato dei giochi dazzardo a livello nazionale, se il controllo statale a cui le attivit dellimpresa che ha il monopolio sono soggette sia effettivamente attuato perseguendo in modo coerente e sistematico gli obiettivi ai quali mira linstaurazione del sistema di esclusiva a favore di una simile impresa (v., in tal senso, sentenza Zeturf, cit., punto 62 e giurisprudenza citata) (punto 33), fermo restando che lefficacia di tale controllo statale deve essere valutata dal giudice del rinvio tenendo conto del fatto che una misura tanto restrittiva come un monopolio deve, tra laltro, essere soggetta ad uno stretto controllo ad opera delle autorit pubbliche (v., in tal senso, sentenza Zeturf, cit., punto 58) (punto 34). 12. Da ultimo, tornando ad occuparsi del regime italiano, nella sentenza Biasci e Rainone (12) la Corte ha affermato che il fatto che un operatore debba disporre sia di una concessione sia di unautorizzazione di polizia per poter accedere al mercato di cui trattasi non , in s, sproporzionata rispetto allobiettivo perseguito dal legislatore nazionale, ossia quello della lotta alla criminalit collegata ai giochi dazzardo (punto 27) (13), ribadendo che considerato lampio margine discrezionale degli Stati membri riguardo agli obiettivi che essi intendono perseguire ed al livello di tutela dei consumatori da essi ricercato e vista lassenza di unarmonizzazione in materia di giochi dazzardo, allo stato (11) Sentenza 24 gennaio 2013, cause riunite C-186/11 e C-209/11, Stanleybet e a. (12) Sentenza 12 settembre 2013, cause riunite C-660/11 e 8/12, Biasci e Rainone. (13) La Corte ha, peraltro, precisato che Tuttavia, poich le autorizzazioni di polizia sono rilasciate unicamente ai titolari di una concessione, irregolarit commesse nellambito della procedura di concessione di queste ultime vizierebbero anche la procedura di rilascio di autorizzazioni di polizia. La mancanza di autorizzazione di polizia non potr perci essere addebitata a soggetti che non siano riusciti a ottenere tali autorizzazioni per il fatto che il rilascio di tale autorizzazione presuppone lattribuzione di una concessione, di cui i detti soggetti non hanno potuto beneficiare in violazione del diritto dellUnione (v. sentenza Placanica e a., cit., punto 67) (punto 28). attuale del diritto dellUnione non esiste alcun obbligo di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni rilasciate dai vari Stati membri (v., in tal senso, sentenze dell8 settembre 2010, Sto e a., C-316/07, da C-358/07 a C-360/07, C-409/07 e C-410/07, Racc. pag. I8069, punto 112, nonch del 15 settembre 2011, Dickinger e mer, C-347/09, Racc. pag. I-8185, punti 96 e 99) (punto 40). III LE NORME NAZIONALI RILEVANTI E I FATTI DI CAUSA III.1. LE NORME NAZIONALI III.1.1. Lattivit di raccolte delle scommesse in Italia 13. In Italia, lattivit di raccolta di scommesse presuppone lottenimento di una concessione di servizi, regolata dallart. 30 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (14), da parte del c.d. bookmaker, che certifica il rapporto con lo scommettitore, e di una licenza di pubblica sicurezza (art. 88 del T.U.L.P.S. cit.), che si rilascia, allesito di una specifica verifica dei requisiti di onorabilit personale, al gestore del locale dove materialmente si raccolgono le scommesse. 14. Gli obiettivi perseguiti, da un lato, dalla riserva di attivit in favore di concessionari dello Stato e, dallaltro alto, dallautorizzazione di polizia sono consimili e complementari, ma non del tutto sovrapponibili. Attraverso il sistema concessorio lo Stato punta in primo luogo a canalizzare la domanda e lofferta del gioco in circuiti controllabili al fine di prevenirne una possibile degenerazione criminale; attraverso lautorizzazione di polizia, esso mira a garantire che il singolo soggetto che viene in contatto con il consumatore sia munito dei necessari requisiti di onorabilit e affidabilit. 15. In altre parole, attraverso la concessione - che individua i soggetti ritenuti qualificati ed affidabili a gestire funzionalmente i giochi pubblici - e attraverso il successivo atto di con (14) Tale articolo, rubricato Concessione di servizi, dispone quanto segue: 1. Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi. 2. Nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. Il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e del- lordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dellequilibrio economico - finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualit del servizio da prestare. 3. La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicit, non discriminazione, parit di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione alloggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi. 4. Sono fatte salve discipline specifiche che prevedono forme pi ampie di tutela della concorrenza. 5. Restano ferme, purch conformi ai principi dellordinamento comunitario le discipline specifiche che prevedono, in luogo delle concessione di servizi a terzi, laffidamento di servizi a soggetti che sono a loro volta amministrazioni aggiudicatrici. 6. Se unamministrazione aggiudicatrice concede ad un soggetto che non unamministrazione aggiudicatrice diritti speciali o esclusivi di esercitare unattivit di servizio pubblico, latto di concessione prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi nellambito di tale attivit, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione in base alla nazionalit. 7. Si applicano le disposizioni della parte IV. Si applica, inoltre, in quanto compatibile larticolo 143, comma. venzione sottoscritto dai soggetti aggiudicatari, lordinamento interno stabilisce linsieme di regole e modalit affinch tale gestione risulti esercitata, secondo criteri di proporzionalit e coerenza, nel rispetto di preminenti interessi pubblici quali lordine pubblico, la tutela del consumatore minore di et e il contrasto della criminalit. Attraverso la licenza, i controlli si estendono anche agli operatori incaricati dalle societ concessionarie allesercizio dellattivit di scommesse su rete fisica e possono portare al diniego dellautorizzazione richiesta qualora lautorit di pubblica sicurezza accerti che tali soggetti non posseggono i requisiti di moralit previsti dallordinamento. Lattribuzione di una licenza ai sensi dellart. 88 T.U.L.P.S. presuppone, infatti, una verifica ai sensi dellart. 11 del medesimo T.U.L.P.S., che individua i requisiti soggettivi generali di cui devono disporre i soggetti che richiedono le autorizzazioni di polizia: per effetto di tale disposizione, qualsiasi autorizzazione di polizia pu essere negata (i) a chi ha riportato una condanna per delitto non colposo con pena superiore a tre anni di privazione della libert personale (e non ha ottenuto riabilitazione); (ii) a chi stato sottoposto a misura di prevenzione personale, o stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza; (iii) a chi ha riportato condanna per alcuni reati, specificamente indicati, tra i quali i reati contro la moralit pubblica e il buon costume o violazioni della normativa relativa, appunto, ai giochi dazzardo. 16. I due titoli sono, pertanto, entrambi essenziali ai fini dello svolgimento dellattivit. 17. In tale contesto si inserisce la previsione dellart. 2, comma 2-ter, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40 (15), convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, che richiede che la licenza per lesercizio delle scommesse, ove rilasciata per strutture commerciali nelle quali si svolge lesercizio e la raccolta di giochi pubblici con vincita in denaro, da intendersi efficace solo a seguito dei rilascio ai titolari delle medesime strutture del- lapposita concessione per lesercizio e la raccolta di tali giochi. La misura evidentemente orientata al contrasto dei fenomeni di raccolta irregolare di tutti i giochi pubblici, prevalentemente mediante rete fisica, stabilendo una sorta di limitazione alla operativit della licenza rilasciata dallautorit di pubblica sicurezza, condizionandone lefficacia alla presenza, in capo al titolare, alla concessione per lesercizio e la raccolta di giochi pubblici. 18. Nei casi oggetto dei giudizi a quo, lespressione titolari degli esercizi che raccolgono giochi pubblici, utilizzata dalla norma citata al punto precedente, deve essere riferita a quei soggetti (necessariamente concessionari dello Stato) il cui brand presente nellesercizio e per conto dei quali lesercente - in quanto gestore o per altro titolo riconosciuto e riconoscibile - raccoglie le scommesse. Pertanto, quando lattivit di raccolta delle scommesse esercitata da terzi per conto del concessionario, ai sensi dellart. 14-ter, comma 2, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 (16) terzi da considerarsi rappresentanti del concessionario ai sensi dellart. 93 T.U.L.P.S. (17) (15) Tale diposizione stabilisce che (l)articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la licenza ivi prevista, ove rilasciata per esercizi commerciali nei quali si svolge lesercizio e la raccolta di giochi pubblici con vincita in denaro, da intendersi efficace solo a seguito del rilascio ai titolari dei medesimi esercizi di apposita concessione per lesercizio e la raccolta di tali giochi da parte del Ministero delleconomia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. (16) Tale disposizioni stabilisce quanto segue: Lattivit di raccolta e accettazione delle scommesse ippiche e sportive pu essere esercitata dal concessionario con mezzi propri o di terzi, nel rispetto dellarticolo 93 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni (enfasi aggiunta). - la licenza prevista dallart. 88 T.U.L.P.S. pu essere posseduta dallesercente (terzo), ma efficace solo se colui che esercita le scommesse (rappresentato) in possesso di idonea concessione. 19. Quindi, nei casi in cui il gestore dellesercizio commerciale non sia titolare di concessione, esso pu operare in nome e per conto di un altro soggetto, a condizione che questultimo sia munito della concessione e lo abbia qualificato quale suo rappresentante ai sensi dellart. 93 T.U.L.P.S. Su questa regola si innesta, tuttavia, il principio che la Corte, come si visto, ha enunciato al punto 67 della sentenza Placanica e ribadito al punto 28 della sentenza Biasci e Rainone, secondo il quale il difetto di autorizzazione non pu essere addebitata al soggetto che abbia comunque operato, se la mancata assegnazione del titolo autorizzatorio sia conseguenza del fatto che limpresa, di cui esso rappresentante, non abbia ottenuto la concessione in violazione del diritto dellUnione europea. 20. Per completezza, merita ricordare, oltre alloperatore che raccoglie le scommesse (come il C.T.D.), anche limpresa che esercita concretamente le scommesse deve a propria volta munirsi della licenza di cui allart. 88 T.U.L.P.S., sia perch cos dispone il primo comma di tale disposizione - il quale prevede che la licenza debba essere ottenuta sia da chi esercita le scommesse, sia dai suoi incaricati - sia perch, in caso contrario, lobiettivo della norma potrebbe essere facilmente eluso, conferendo lincarico di raccolta delle scommesse esclusivamente a soggetti terzi. Sembra, pertanto, evidente la necessit che il requisito introdotto dallart. 88 T.U.L.P.S. per coloro che effettuano lesercizio delle scommesse debba, in primo luogo, essere integrato dal soggetto che effettua concretamente tale attivit con assunzione dei relativi rischi e connesse responsabilit. 21. Lart. 2, comma 2-bis, del citato decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, ha, poi, delineato una netta separazione tra raccolta fisica di giochi pubblici con vincita in denaro (attraverso agenzie, negozi e corner) e raccolta a distanza dei giochi suddetti (18). Tale disposizione ribadisce che, con riferimento alla raccolta a distanza, lesercizio dellattivit da parte dei concessionari deve avvenire sulla base delle modalit stabilite dalla legge 7 luglio 2009, n. 88 allart. 24, commi da 11 a 26, mentre dispone espressamente, per lattivit di raccolta del gioco fisico con vincita in denaro, che la stessa sia esercitata solo nelle sedi e con le modalit fissate nelle relative convenzioni di concessione, vietando le attivit di raccolta di giochi con vincita in denaro espletate presso sedi diverse da quelle autorizzate o attraverso modalit o apparecchiature che consentono la partecipazione telematica. 22. Il citato art. 24 dispone, infatti, quanto segue: 1. 10. (...) 11. Al fine di contrastare in Italia la diffusione del gioco irregolare ed illegale, nonch di perseguire la tutela dei consumatori e dellordine pubblico, la tutela dei minori e la lotta (17) Lart. 93 del T.U.L.P.S. stabilisce che (s)i pu condurre l'esercizio per mezzo di rappresentante. (18) La norma citata dispone che Fermo quanto previsto dallarticolo 24 della legge 7 luglio 2009, n. 88, in materia di raccolta del gioco a distanza e fuori dei casi ivi disciplinati, il gioco con vincita in denaro pu essere raccolto dai soggetti titolari di valida concessione rilasciata dal Ministero delleconomia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esclusivamente nelle sedi e con le modalit previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi altra sede, modalit o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica; conseguentemente abrogata la lettera b) del comma 11 dellarticolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. al gioco minorile ed alle infiltrazioni della criminalit organizzata nel settore dei giochi, tenuto conto del monopolio statale in materia di giochi di cui allarticolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, e nel rispetto degli articoli 43 e 49 del Trattato CE, oltre che delle disposizioni del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nonch dei princpi di non discriminazione, necessit, proporzionalit e trasparenza, i commi da 12 a 26 del presente articolo recano disposizioni in materia di esercizio e di raccolta a distanza dei seguenti giochi: a) scommesse, a quota fissa e a totalizzatore, su eventi, anche simulati, sportivi, inclusi quelli relativi alle corse dei cavalli, nonch su altri eventi; b) concorsi a pronostici sportivi e ippici; c) giochi di ippica nazionale; d) giochi di abilit; e) scommesse a quota fissa con interazione diretta tra i giocatori; f) bingo; g) giochi numerici a totalizzatore nazionale; h) lotterie ad estrazione istantanea e differita. 12. () 13. Lesercizio e la raccolta a distanza di uno o pi dei giochi di cui al comma 11, lettere da a) a f), ferma la facolt dellAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato di stabilire, ai sensi del comma 26, in funzione delle effettive esigenze di mercato, in un numero massimo di duecento, le concessioni di cui alla lettera a) del presente comma da attribuire in fase di prima applicazione, consentito: a) ai soggetti in possesso dei requisiti e che assumono gli obblighi di cui al comma 15, ai quali lAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato attribuisce concessione per la durata di nove anni; b) ai soggetti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono gi titolari di concessione per lesercizio e la raccolta di uno o pi dei giochi di cui al comma 11 attraverso rete fisica, rete di raccolta a distanza, ovvero entrambe. 14. () 15. La concessione richiesta dai soggetti di cui al comma 13, lettera a), rilasciata subordinatamente al rispetto di tutti i seguenti requisiti e condizioni: a) esercizio dellattivit di gestione e di raccolta di giochi, anche a distanza, in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nellordinamento di tale Stato, con un fatturato complessivo, ricavato da tale attivit, non inferiore ad euro 1.500.000 nel corso degli ultimi due esercizi chiusi anteriormente alla data di presentazione della domanda; b) fuori dai casi di cui alla lettera a), possesso di una capacit tecnico-infrastrutturale non inferiore a quella richiesta dal capitolato tecnico sottoscritto dai soggetti di cui al comma 16, lettera b), comprovata da relazione tecnica sottoscritta da soggetto indipendente, nonch rilascio allAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato di una garanzia bancaria ovvero assicurativa, a prima richiesta e di durata biennale, di importo non inferiore ad euro 1.500.000; c) costituzione in forma giuridica di societ di capitali, con sede legale in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, anteriormente al rilascio della concessione ed alla sottoscrizione della relativa convenzione accessiva; d) possesso da parte del presidente, degli amministratori e dei procuratori dei requisiti di affidabilit e professionalit richiesti alle corrispondenti figure dei soggetti di cui al comma 16, lettera b); e) residenza delle infrastrutture tecnologiche, hardware e software, dedicate alle attivit oggetto di concessione in uno degli Stati dello Spazio economico europeo; f) versamento allAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato di un corrispettivo una tantum, per la durata della concessione e a titolo di contributo spese per la gestione tecnica ed amministrativa dellattivit di monitoraggio e controllo, pari ad euro 300.000, pi IVA, per le domande di concessione riferite ai giochi di cui al comma 11, lettere da a) ad e), e ad euro 50.000, pi IVA, per le domande di concessione riferite al gioco di cui al comma 11, lettera f); g) sottoscrizione dellatto dobbligo di cui al comma 17. 17 26. (). III.1.2. La gara per lassegnazione di concessioni del 2012 23. A seguito della sentenza Costa e Cifone, richiamata al punto 7 del presente scritto, la Repubblica italiana ha stabilito di indire un gara per laffidamento in concessione di ulteriori 2.000 diritti per lesercizio congiunto dei giochi pubblici (scommesse ippiche e sportive), attraverso lattivazione di rete fisica di negozi di gioco. 24. In tal senso ha disposto lart. 10, comma 9-octies, del decreto-legge 2 marzo 2012, come modificato dalla legge di conversione 26 aprile 2012, n. 44. Questo comma ha stabilito, in particolare, quanto segue. Nelle more di un riordino delle norme in materia di gioco pubblico, incluse quelle in materia di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, le disposizioni del presente comma sono rivolte a favorire tale riordino, attraverso un primo allineamento temporale delle scadenze delle concessioni aventi ad oggetto la raccolta delle predette scommesse, con il contestuale rispetto dellesigenza di adeguamento delle regole nazionali di selezione dei soggetti che, per conto dello Stato, raccolgono scommesse su eventi sportivi, inclusi quelli ippici, e non sportivi ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte di giustizia dellUnione europea del 16 febbraio 2012 nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10. A questo fine, in considerazione della prossima scadenza di un gruppo di concessioni per la raccolta delle predette scommesse, lAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato (19) bandisce con immediatezza, comunque non oltre il 31 luglio 2012, una gara per la selezione dei soggetti che raccolgono tali scommesse nel rispetto, almeno, dei seguenti criteri: a) possibilit di partecipazione per i soggetti che gi esercitano attivit di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ove operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nellordinamento di tale Stato e che siano altres in possesso dei requisiti di onorabilit, affidabilit ed economico-patrimoniale individuati dallAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato tenuto conto delle disposizioni in materia di cui alla legge 13 dicembre 2010, n. 220, nonch al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; b) attribuzione di concessioni, con scadenza al 30 giugno 2016, per la raccolta, esclusivamente in rete fisica, di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi presso (19) Ora Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato. agenzie, fino a un numero massimo di 2.000, aventi come attivit esclusiva la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici, senza vincolo di distanze minime fra loro ovvero rispetto ad altri punti di raccolta, gi attivi, di identiche scommesse; c) previsione, quale componente del prezzo, di una base dasta di 11.000 euro per ciascuna agenzia; d) sottoscrizione di una convenzione di concessione di contenuto coerente con ogni altro principio stabilito dalla citata sentenza della Corte di giustizia dellUnione europea del 16 febbraio 2012, nonch con le compatibili disposizioni nazionali vigenti in materia di giochi pubblici; e) possibilit di esercizio delle agenzie in un qualunque comune o provincia, senza limiti numerici su base territoriale ovvero condizioni di favore rispetto a concessionari gi abilitati alla raccolta di identiche scommesse o che possono comunque risultare di favore per tali ultimi concessionari; f) rilascio di garanzie fideiussorie coerenti con quanto previsto dallarticolo 24 del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. 25. Attraverso tali disposizioni, il legislatore italiano ha perseguito un duplice intento: -quello immediato, di sopperire alla carenza di punti di gioco nella rete fisica di raccolta delle scommesse ippiche e sportive, a causa della naturale scadenza delle concessioni rilasciate in una precedente procedura selettiva (i bandi di gara del 1999, che avevano riguardato un numero effettivo di circa 1.000 agenzie ippiche e sportive); - quello mediato, di dare pronta applicazione ai principi affermati dalla Corte nella sentenza Costa e Cifone, ponendo in essere iniziative idonee al recupero da parte di possibili soggetti interessati - per lo pi operatori di gioco stabiliti in altri Stati membri dellUnione - che avrebbero potuto cos eventualmente acquisire il titolo concessorio necessario per operare in Italia nel settore delle scommesse. 26. utile al riguardo ricostruire, sia pure sinteticamente, le vicende che negli anni precedenti avevano interessato le concessioni in esame. 27. Una prima selezione concorrenziale di concessionari - quella esaminata nella sentenza Placanica - fu indetta nel 1999 e completata nellanno 2000. Per effetto di essa sono sorti una serie di rapporti, per lo pi della durata di dodici anni (la gara riguardava, infatti, concessioni della durata di sei anni, tuttavia rinnovabili, sia pure per una sola volta). 28. Alla fine dellanno 2006, con il citato decreto Bersani, anche per consentire leventuale ingresso nel mercato di soggetti che, come appunto affermato dalla Corte nella sentenza Placanica, ne erano stati indebitamente esclusi sino allanno 2002, stata indetta una nuova gara, per lattribuzione di altre concessioni con scadenza al 2016, che ha portato allassegnazione di ca. 14.000 punti ulteriori di raccolta (21): questa gara stata esaminata nella sentenza Costa e Cifone. (21) La gara, come indicato nel testo, era stata indetta nellintento di dare seguito ai contenuti della sentenza Placanica, senza incidere in maniera drammatica sullaffidamento degli operatori titolari di concessione a seguito della selezione indetta nel 1999. Daltra parte, procedere senzaltro alla revoca delle concessioni - in ragione del fatto che, come aveva dichiarato la Corte, non era stata offerta la possibilit di partecipare a tutte le imprese che avrebbe dovuto averne titolo - avrebbe fatto s che sarebbe venuta a mancare lofferta di gioco lecito sul mercato, con pregiudizio dellinteresse pubblico in vista del quale appunto organizzato il mercato delle scommesse in Italia. Come si accennato al punto 6 del presente scritto, la stessa sentenza Placanica aveva lasciato un certo margine alle autorit italiane nella scelta delle modalit per rimediare al vizio riscontrato nelloccasione dalla Corte. 29. Giungevano a quindi a scadenza nel 2012 un numero - non particolarmente elevato - di concessioni, mentre la gran parte di esse avrebbe avuto scadenza al 2016. In questo contesto intervenuta la sentenza Costa e Cifone, alla quale, come si detto, lart. 10, comma 9-octies, della legge n. 44 del 2012 si proposto di dare attuazione. 30. A questo punto - scartata lipotesi di una revoca anticipata delle concessioni in scadenza al 2016, per ragioni identiche a quelle gi viste in nota a pi di pagina 20 e, cio, per evitare di sguarnire il mercato dallofferta di gioco lecito (oltre che, evidentemente, per evitare di farsi carico di importi incalcolabili per lindennizzo dei concessionari che avevano confidato sulla legittimit della procedura di affidamento) - alle autorit nazionali si presentavano due alternative: -attendere che maturasse il termine di scadenza anche delle concessioni in corso di esecuzione (2016) e, allesito, bandire una gara avente ad oggetto tutti i punti di gioco della rete nazionale; -concepire la possibilit di una gara intermedia, per concessioni della durata di quattro anni, relativa alle posizioni venute a scadenza nel 2012 (ed eventualmente ad altre liberatesi per altre ragioni: rinuncia del titolare, fallimento, etc..), tale da conseguire un risultato di sostanziale uniformazione degli operatori. Questo, anche per evitare lindubbia aggravio amministrativo che sarebbe derivato da un disallineamento dei termini di scadenza delle concessioni, che avrebbe imposto, negli anni a venire, la moltiplicazione delle procedure di gara. 31. Questa seconda alternativa, poi privilegiata dalla legge, avrebbe comunque consentito essendo stato rimosso ogni possibile profilo di discriminazione, effettivo o anche solo potenziale - a operatori come lodierna ricorrente la tanto agognata (quanto meno a parole) opportunit di inserirsi nel circuito ufficiale dei concessionari dello Stato per la raccolta di gioco. Ma, soprattutto, lindizione di questa selezione avrebbe di per s posto termine a una situazione che, sia pure in doveroso ossequio alle sentenze della Corte, consentiva proprio alla odierna ricorrente, quale impresa discriminata, di operare sul mercato attraverso una rete parallela di offerta di gioco che, come si vedr, di fatto le consentiva di usufruire di condizioni concorrenziali di vantaggio rispetto agli operatori ufficiali. 32. Sulla base dei principi e dei criteri direttivi indicati nella legge, lAmministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ha, dunque, avviato la procedura di selezione, pubblicando un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 30 luglio 2012 (e nella GUUE del 31 luglio 2012). III.2. I FATTI DI CASUA E LE MOTIVAZIONI DEL RINVIO 33. Le questioni pregiudiziali sono sorte, appunto, nel contesto di un giudizio di impugnazione del bando di gara test descritto. Le ricorrenti - due societ del gruppo Stanley hanno, infatti, scelto nuovamente di non presentare domanda di partecipazione alla gara, ritenendola discriminatoria, cos sostanzialmente proponendosi di riprodurre la situazione che ha dato luogo alle sentenze Placanica e Costa e Cifone. 34. Le ricorrenti hanno, quindi, premesso di essere state illegittimamente escluse dalle precedenti procedure di selezione, ossia da quella indetta nel 1999 e da quella indetta nel 2006, come riconosciuto nelle sentenze Placanica e Costa e Cifone (ma si visto che questultima sentenza, a stretto rigore, non ha accertato che vi fosse stata una illegittima esclusione, essendosi limitata a dichiarare che non poteva imputarsi a soggetti come la Stanleybet di non aver presentato offerte, in presenza di clausole del bando dal contenuto poco chiaro). 35. Ci posto, esse hanno, in sintesi (rinviando allampio provvedimento di rinvio per una pi approfondita analisi), fatto valere i seguenti profili di illegittimit del bando: (i) lo Stato italiano, alla luce dei principi affermati nella sentenza Costa e Cifone, non avrebbe potuto bandire alcuna gara senza avere previamente revocato le concessioni in essere; (ii) in ogni caso, la nuova gara avrebbe dovuto contenere prescrizioni tali da rimuovere i vantaggi di cui avrebbero goduto i pregressi concessionari nel caso in cui questi avessero proposto domanda di partecipazione; (iii) se anche si fosse negato fondamento a tali argomenti, ugualmente la gara non sarebbe stata idonea a rimuovere le pregresse discriminazioni, poich essa era stata strutturata in maniera tale da perpetuare e rafforzare le posizioni dei precedenti concessionari, attribuendo loro ulteriori vantaggi (ci che, secondo le ricorrenti, la Corte aveva diffidato dal fare), in quanto: a) la nuova gara era finalizzata ad attribuire concessioni che avevano una durata ridotta rispetto al passato; b) essa imponeva requisiti pi rigidi rispetto alle gare precedenti; c) le condizioni previste dallo schema di convenzione da sottoscrivere da parte del concessionario avrebbero imposto alle ricorrenti di disfarsi della propria rete di C.T.D. (e cio della rete parallela di raccolta che, come si visto al punto 31 delle presenti osservazioni, Stanley ha potuto, di fatto, mantenere in Italia, in conseguenza delle sentenza della Corte che avevano riconosciuto una sua precedente discriminazione). 36. Sul complesso delle questioni, il Consiglio di Stato si pronunciato con c.d. sentenza non definitiva: con tale tipo di provvedimento, previsto dallart. 36, comma 2, del codice del processo amministrativo italiano, il giudice amministrativo pu decidere definitivamente su alcune questioni che abbiano una propria autonomia, disponendo per la prosecuzione del giudizio in relazione alle altre (non mature per la decisione in quanto, ad esempio, siano necessari un supplemento di istruzione ovvero una pronuncia incidentale della Corte costituzionale o, come nella specie, della Corte di giustizia dellUnione europea). 37. Ebbene, con tale sentenza non definitiva il Consiglio di Stato, nel rinviare alla Corte, si definitivamente pronunciato su tutte le questioni poste dalle appellanti - questioni che, pertanto, non possono essere rimesse in discussione tra le parti (salvi eventuali rimedi straordinari previsti dallordinamento nazionale) - ad eccezione di quella relativa alla durata delle concessioni messe a gara, per la quale ritiene necessaria la pronuncia interpretativa. 38. Nellillustrare i contorni di tale questione (che viene esaminata ai punti da 6.10 in poi del provvedimento di rinvio, dunque nelle pagine 118 e ss.), il giudice a quo rileva che le contestazioni delle ricorrenti riguardano, appunto, la clausola di cui allart. 3 della convenzione, nella quale il termine di durata determinato fino al 30 giugno 2016, con lo scopo, indicato nella norma primaria, di allineare la scadenza delle nuove concessioni a quelle gi rilasciate sulla base della previgente normativa: secondo le ricorrenti, la durata breve dei rapporti - o, comunque, pi contenuta di quelli costituiti attribuite con la gara del 2006/2007 - attribuirebbe ulteriori vantaggi ai concessionari gi operanti, perpetuando i vantaggi concorrenziali di cui questi avrebbero gi goduto, per il fatto di essere concessionari gi da tempo presenti nel mercato italiano. 39. Tanto premesso, il Consiglio di Stato evidenzia di essere tenuto a sollevare la questione, nella sua qualit di giudice di ultimo grado, poich sul punto di diritto controverso non esiste gi una consolidata giurisprudenza della Corte e poich linterpretazione della norma dellUnione non si impone con evidenza tale da non dare adito a ragionevoli dubbi. 40. Quanto al fondamento della questione, il giudice a quo afferma, tuttavia, di non ritenere persuasiva laffermazione secondo la quale la diversa durata delle nuove concessioni messa a gara rispetto alle precedenti avrebbe un contenuto discriminatorio: nel sollevare tale questione, infatti, le ricorrenti trascurano, a giudizio del Consiglio di Stato, un elemento assolutamente rilevante, quale il prezzo - decisamente ridotto rispetto al passato delle concessioni in questione. Ma non solo questo lelemento dimenticato dalle appellanti, perch altri oneri connessi alla concessione sono stati ridimensionati e parametrati alla minore durata del rapporto: il numero dei terminali che il concessionario tenuto a utilizzare e limporto della cauzione provvisoria a carico del medesimo. 41. In definitiva, secondo il giudice del rinvio se vero ... che le concessioni messe in gara hanno minor durata di quelle precedentemente attribuite, esse sono, per, anche meno onerose e meno impegnative economicamente per laspirante concessionario. Tanto che le affermazioni di parte ricorrente circa la antieconomicit dei diritti messi a gara possono dirsi oggettivamente smentite dalla numerosa partecipazione alla gara da parte di numerosi gruppi, anche stranieri. 42. Peraltro, sempre a giudizio del Consiglio di Stato, indipendentemente dalle precedenti considerazioni lesigenza di razionalizzare il sistema, prevedendo, s, una durata ridotta, ma con lo scopo di raccordarla alla scadenza delle concessioni in essere ... pare ... esigenza organizzativa degna di ragguardevole considerazione, essendo, in ultima analisi, proprio finalizzata a ridurre o azzerare gli inconvenienti lamentati dallappellante. 43. Tutte queste considerazioni condurrebbero il Collegio a disattendere nel merito il motivo di ricorso proposto dalle appellanti. Tuttavia, poich non si pu affermare che lelemento della durata trova giustificazione nellesigenza di prevenire lesercizio delle attivit di raccolta delle scommesse per fini di prevenzione delle frodi - cio per gli obiettivi che la Corte ha ritenuto essere giustificazioni astrattamente valide per una limitazione alle libert fondamentali tutelate dal Trattato - bens su una (mera) esigenza organizzativa e razionalizzatrice, il giudice a quo ritiene di sollevare la questione, non potendosi con assoluta sicurezza escludere che la ridotta durata del rapporto rischi di favorire gli operatori gi presenti e, quindi, privare di giustificazione la misura, che dovrebbe essere considerata oggettivamente volta a garantire gli operatori gi titolari di concessione. IV ANALISI IV.1. SULLA RICEVIBILIT DELLE QUESTIONI 44. Ritiene il Governo italiano che occorra innanzi tutto interrogarsi sulla ricevibilit delle questioni pregiudiziali. 45. Entrambe le questioni vertono, in sostanza, sulla compatibilit di un regime di durata delle concessioni di esercizio dellattivit di raccolta delle scommesse, stabilito dal legislatore di uno Stato membro, con la libert di stabilimento e con la libera prestazione di servizio. 46. Non si vuole ignorare che, nellambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali stabilita dallart. 267 TFUE, spetti esclusivamente al giudice nazionale, cui stata sotto- posta la controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. 47. Nel nostro caso, tuttavia, il giudice del rinvio si dimostra ben consapevole della giurisprudenza della Corte - che, evidentemente, non mette in discussione - secondo la quale la riserva dellattivit di raccolta delle scommesse a un certo numero di operatori, sulla base di concessioni, costituisce una restrizione giustificata dallobiettivo di controllare lesercizio di attivit di giochi e scommesse che persegue fini criminali o fraudolenti (come la Corte ha riconosciuto, nel caso del sistema italiano, quanto meno a partire dalla sentenza Gambelli e a.). 48. Non solo. Il Consiglio di Stato ben consapevole anche di quanto affermato dalla Corte al punto 52 della sentenza Costa e Cifone, e cio che tanto una revoca e la redistribuzione delle precedenti concessioni, quanto la messa a concorso di un numero adeguato di nuove concessioni potrebbero essere soluzioni appropriate. Entrambe queste soluzioni sono in linea di principio idonee a rimediare, quanto meno per il futuro, allesclusione illegittima di alcuni operatori, permettendo a questi ultimi di esercitare la loro attivit sul mercato alle stesse condizioni applicabili agli operatori esistenti. 49. Ora, posto che ogni rapporto di concessione deve avere una durata, chiaro che lelemento temporale non pu incidere, in quanto tale, sulla questione dellesistenza di una valida giustificazione per la restrizione, ma, eventualmente, sulla proporzionalit della misura adottata. 50. La questione della proporzionalit di una misura di restrizione , evidentemente, questione di competenza del giudice nazionale, essendo fondata sulla valutazione dei fatti e non sullinterpretazione del diritto dellUnione europea. Ne consegue che la Corte non competente a pronunciarsi su tale questione, come essa stessa ha dichiarato - per restare al nostro ambito - al punto 58 della sentenza Placanica e a. ((...) spetter ai giudici nazionali verificare se queste restrizioni soddisfino le condizioni che risultano dalla giurisprudenza della Corte per quanto riguarda la loro proporzionalit) (22). 51. pur vero che, nel rimettere una valutazione al giudice nazionale, la Corte pu fornire e spesso fornisce - indicazioni circa i parametri di diritto dellUnione europea, alla stregua dei quali tale giudice dovr definire la questione ad esso riservata. Ed pur vero, quindi, che lutilit di una pronuncia della Corte a questi fini potrebbe astrattamente rinvenirsi anche nel nostro caso. 52. Tuttavia, anche per fornire indicazioni di questa natura la Corte avrebbe dovuto disporre (22) Il principio assolutamente pacifico nella giurisprudenza della Corte. Si confronti, tra gli innumerevoli precedenti, la recente ordinanza 7 ottobre 2013, causa C-82/13, Madonna dei Miracoli, punti 11 e 12 (sottolineature nostre): () in forza dellarticolo 267 TFUE, fondato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, questultima legittimata a pronunciarsi soltanto sullinterpretazione o sulla validit di un atto dellUnione, a partire dai fatti che le vengono indicati dal giudice nazionale (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg, C-226/08, Racc. pag. I-131, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). Spetta invece esclusivamente al giudice del rinvio interpretare la normativa nazionale (v., in particolare, sentenza del 15 gennaio 2013, Kri.an e a., C-416/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 58 nonch giurisprudenza ivi citata). Inoltre, nellambito del procedimento pregiudiziale, una questione di fatto sottratta alla valutazione della Corte ed di competenza del giudice nazionale (sentenza del 22 marzo 1972, Merluzzi, 80/71, Racc. pag. 175, punto 10). Dallaltro lato, occorre notare che, secondo costante giurisprudenza, una questione pregiudiziale posta da un giudice nazionale irricevibile qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni ad essa sottoposte (v. sentenza del 15 ottobre 2009, Audiolux e a., C-101/08, Racc. pag. I.9823, punto 31 e giurisprudenza citata). La Corte, infatti, oltrepasserebbe i limiti delle proprie funzioni se decidesse di pronunciarsi su un problema di natura ipotetica, senza disporre degli elementi di fatto o di diritto necessari (sentenza del 16 luglio 1992, Meilicke, C-83/91, Racc. pag. I-4871, punti 32 e 33). di informazioni - e segnatamente di unanalisi economica dei rapporti di concessione, sulla base della quale valutare lappetibilit della posizione messa a gara in rapporto agli oneri che ne derivavano - che visibilmente lordinanza di rinvio non contiene (e ci, a giudizio del Governo italiano, non per trascuratezza del giudice del rinvio, bens per una carenza di prova della domanda delle ricorrenti, cui indiscutibilmente incombeva lonere di dimostrare il fondamento della propria contestazione). 53. Nella giurisprudenza di codesta Corte si trova costantemente affermato che lesigenza di giungere a uninterpretazione del diritto dellUnione che sia utile per il giudice nazionale impone che questultimo definisca lambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate, o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (23). 54. necessario, inoltre, che questi elementi risultino gi dal provvedimento di rinvio perch, diversamente, non si consentirebbe ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate - che non hanno accesso al fascicolo di causa - di presentare, con cognizione di causa, osservazioni ai sensi dellart. 20 dello Statuto della Corte (24). 55. Lordinanza di rinvio non contiene, manifestamente, indicazioni che soddisfino i requisiti sopra ricordati. Ci acquista particolare gravit in una materia quale quella qui trattata, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza della Corte, le esigenze di chiarezza e completezza valgono in modo del tutto particolare nel settore della concorrenza, caratterizzata da situazioni di diritto e di fatto complesse (25). 56. Insomma, le circostanze di fatto illustrate nellordinanza di rinvio non consentono, con ogni evidenza, di fornire alcuna indicazione utile al giudice a quo. La Corte dovrebbe limitarsi a richiamare i consolidati orientamenti della giurisprudenza nella materia: orientamenti che, come detto, il giudice nazionale dimostra di conoscere e che dovrebbero consentirgli, una volta approfondita la questione di fatto, di risolvere autonomamente la questione. 57. Per tali ragioni le questioni, a giudizio del Governo italiano, devono essere dichiarate irricevibili. IV.2. SUL PRIMO QUESITO 58. Con il suo primo quesito, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di chiarire se la libert di stabilimento, la libera prestazione di servizi e i principi enunciati nella sentenza Costa e Cifone impongano di bandire gare per le concessioni del servizio di raccolta delle scommesse di durata non inferiore a quelle precedentemente attribuite, allorquando tali gare si propongano anche di rimediare allillegittima esclusione di un certo numero di operatori dalle gare pregresse. 59. Prima di affrontare nel merito tale questione, opportuno ricapitolare alcune vicende di fatto riguardanti le societ ricorrenti. 60. Queste societ appartengono al gruppo Stanley, il cui contenzioso con le autorit italiane (23) Cfr., ex plurimis, sentenze 26 gennaio 1993, cause da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a., punto 6, 19 aprile 2007, causa C-295/05, Asociacin Nacional de Empresas Forestales, punto 33; 9 novembre 2006, causa C-205/05, Nemec, punto 26 nonch ordinanze 17 settembre 2009, causa C-181/09, Canon Kabushiki Kaisha, punto 8 e 8 settembre 2011, causa C-144/11, Abdallah, cit., punto 10. (24) v. ordinanze Abdallah, cit., punto 11; 7 giugno 2012, causa C-21/11, Volturno, punto 13; 14 giugno 2005, causa C-358/04, Caseificio Valdagnese, punto 9; 22 febbraio 2005, causa C-480/04, DAntonio, punto 6; 21 aprile 1999, cause riunite C-28/98 e C-29/98, Charreire, punto 9. (25) v. sentenza Telemarsicabruzzo, cit., punto 7 e sentenza 17 febbraio 2005, causa C-134/03, Viacom Outdoor, punto 23 e giur. ivi citata. ha dato origine a diverse delle pronunce pregiudiziali richiamate nella Sezione II del presente scritto difensivo, allesito delle quali la Corte ha riconosciuto che vi era stata una discriminazione iniziale delle societ di tale gruppo nellaccesso alla concessioni italiane per la raccolta di scommesse e che la gara organizzata sulla base del decreto Bersani del 2006 non aveva rimosso gli effetti negativi di tale situazione. 61. Leffetto di tali sentenze stato, tuttavia, quello di rendere - quanto meno - non sanzionabile lattivit svolta in Italia dai c.d. C.T.D. legati al gruppo Stanley. Di tale stato di cose si d atto nello stesso provvedimento di rinvio: ad esempio, al punto 1.1. dallesposizione in diritto (pag. 43), il Consiglio di Stato chiarisce che (l)a Stanley opera in Italia tramite lintermediazione di oltre duecento agenzie, comunemente denominate centro di trasmissione dati (in prosieguo: i CTD). Questi ultimi mettono a disposizione degli scommettitori un percorso telematico che consente loro di accedere al server Stanley situato nel Regno Unito. Gli scommettitori possono in tal modo, per via telematica, inviare alla Stanley proposte di scommesse sportive selezionate allinterno di programmi di eventi e quotazioni forniti dalla Stanley, nonch ricevere laccettazione di tali proposte, pagare le loro poste e, se del caso, riscuotere le loro vincite; al punto 6.17 (pag. 126) il giudice del rinvio afferma che la impugnante societ ha comunque sinora operato in Italia attraverso il sistema dei CTD per circa 15 anni, con loggettivo privilegio che i propri delegati sono rimasti al di fuori dei controlli di pubblica sicurezza. 62. Si deve, quindi, concludere che - se discriminazione del gruppo Stanley vi stata in Italia a questa discriminazione hanno in buona misura posto rimedio le stesse sentenze della Corte. 63. Se poi si considera che, in ragione di una interpretazione che ha avuto largo spazio in Italia quanto meno sino alla sentenza Biasci e Rainone, i C.T.D. hanno costantemente operato qualificandosi non come organizzatori delle scommesse - perch queste venivano organizzate dal bookmaker nello Stato in cui questultimo aveva sede - ma come meri centri di servizi, che si limitavano a raccogliere e trasmettere dati allorganizzatore, si comprende come questa rete parallela si sia potuta sviluppare sfuggendo al pagamento del tributo specifico previsto per chi organizza in Italia la raccolta di scommesse (il c.d. PREU - prelievo erariale unico). Tale tributo, in base alla tesi della natura meramente ausiliaria dei C.T.D., era infatti dovuto dagli organizzatori, che tuttavia operavano senza stabile organizzazione in Italia. A questo punto, agevole giungere alla conclusione che il gruppo Stanley, bens discriminato dalle condizioni della gara prevista nel 1999, abbia paradossalmente potuto godere, per effetto della lamentata discriminazione, di condizioni concorrenziali addirittura vantaggiose, che ha potuto sfruttare offrendo migliori condizioni ai propri clienti. 64. In questo contesto, non pu sorprendere che tale gruppo miri a contestare che, con la messa a gara di 2.000 nuove concessioni, si sia posto fine alla stato di fatto che legittimava il precedente modo di operare del gruppo medesimo in Italia e che, per sostenere tale tesi, esso abbia dovuto evitare di presentare domande di concessione, impugnando anche il recente bando e sostenendone la natura discriminatoria. 65. Tra tutti i profili di discriminazione denunciati dalle ricorrenti, la Corte, come detto, chiamata a occuparsi solo di quello connesso alla durata quadriennale del rapporto. 66. Le appellanti hanno lamentato, nel ricorso, che tale limitata durata non renderebbe remunerativo linvestimento necessario per garantire il servizio. Questo argomento, oltre a non essere supportato da seri elementi di prova (ma questione che dovr essere affrontata dal giudice nazionale), appare smentito, come rilevato dal Consiglio di Stato, dalla nutrita partecipazione alla gara, da parte di numerosi gruppi, anche non italiani. 67. Ci conferma le informazioni di cui dispone il Governo italiano - che, ove necessario, potr darne conto nelle ulteriori fasi del giudizio - secondo cui gli investimenti iniziali necessari sarebbero tuttaltro che proibitivi e, comunque, tali da ricevere ampia remunerazione in un periodo quadriennale (26). Non vi sono indici, insomma, per concludere che la durata delle concessioni sia fissata in modo tale da non consentire di ammortizzare gli investimenti e remunerare i capitali impiegati. In ogni caso, questa pur rilevante valutazione, come gi detto, non pu essere condotta dalla Corte, che si dovrebbe quindi limitare a richiamare il rispetto di tale elementare esigenza, innanzi tutto in quanto ad essa non sono stati forniti i necessari elementi di fatto. 68. Infatti, la durata novennale delle precedenti concessioni non pu costituire neanche elemento di prova per affermare che quelle oggi messe a gara abbiano una durata troppo ridotta. Non vi alcuna prova, innanzi tutto, del fatto che la durata delle precedenti concessioni fosse stata stabilita in nove anni perch tale periodo era stato considerato quello minimo utile a remunerare linvestimento iniziale e ad assicurare una redditivit al concessionario. Se anche ci fosse, occorrerebbe considerare che - come ha puntualmente rilevato il giudice del rinvio - queste precedenti concessioni imponevano ben maggiori oneri agli affidatari, non solo quanto alla misura del canone, ma anche con riferimento alle altre obbligazioni accessorie imposte ai concessionari (numero dei terminali, cauzione, etc.) (27). Quindi, il fatto che lequilibro economico delle precedenti concessioni fosse eventualmente assicurato dalla durata di nove anni delle medesime, non pu implicare che unuguale durata sia necessaria nel nostro caso, nel quale gli oneri a carico del concessionario sono notevolmente inferiori e nel quale, peraltro, si interviene in una situazione di mercato che si evoluta nel senso di una crescente domanda di gioco. 69. Non chiaro, pertanto, quale possa essere l ulteriore vantaggio che le autorit italiane avrebbero attribuito ai precedenti concessionari, stabilendo che il gruppo di concessioni messo oggi a gara abbia una durata di quattro anni. N indicazioni diverse provengono (26) Peraltro, come si pi volte spiegato nel testo, la situazione concreta delle ricorrenti particolare, perch il loro gruppo gi opera sul mercato italiano: difficile immaginare un impegno economico imponente per questi operatori, che dispongono gi, in Italia, di esercizi commerciali affiliati dotati di mezzi telematici collegati alloperatore inglese/maltese, di schermi televisivi per la visione degli eventi sportivi su cui si scommette e di monitor sui quali possibile vedere lesito di eventi della c.d. scommesse virtuali. evidente che chi dispone di queste rete potrebbe impegnare nellattivit oggetto di concessioni una serie di asset gi in parte, se non completamente, ammortizzati. (27) Sul punto forse utile riportare anche alcune considerazioni del giudice di primo grado: Al riguardo, giova evidenziare come siano stati eliminati i limiti riferiti alle distanze tra gli esercizi - in ci conformandosi a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia con la sentenza Costa-Cifone - ed al numero di concessioni attribuibili, sia stata fissata una base dasta a livello normativo sensibilmente inferiore rispetto alle precedenti procedure, sia stato dimezzato il numero di terminali da utilizzare, siano stati sensibilmente ridimensionati gli importi della cauzione provvisoria e di quella definitiva rispetto a quelli delle precedenti gara, parametrandoli alla diversa e minore durata dellaffidamento. La durata delle nuove concessioni risulta, dunque, essere congrua rispetto al ridotto importo di ciascun diritto e ai limitati investimenti necessari - consistenti nellallestimento di una postazione fisica - (...) dovendo al riguardo ulteriormente evidenziarsi come parte ricorrente sia gi operante nel mercato italiano attraverso la propria rete fisica di locali aperti al pubblico, risultando per leffetto particolarmente agevole, per la stessa, lavviamento e lesercizio dellattivit in veste di concessionario avvalendosi dei propri Centri gi operanti, cosicch neanche in via di mero fatto parte ricorrente pu lamentare il carattere particolarmente oneroso in termini economici della prevista durata delle nuove concessioni e, ancor meno, il suo carattere immediatamente escludente. dal giudice del rinvio, il quale si limita, in effetti, a ricordare che il soggetto gi operante sul mercato gode naturalmente di una posizione di vantaggio rispetto allincumbent: ma tale stato di cose prescinde, evidentemente, dalla durata delle nuove concessioni (e, peraltro, il gruppo Stanley gi ampiamente presente, di fatto, nel mercato italiano). E la Corte, nel gi citato punto 52 della sentenza Costa e Cifone, ha chiarito che le autorit italiane non sono tenute ad annullare tale effetto, azzerando le concessioni preesistenti. 70. Da ultimo, sul fronte degli oneri richiesti, pu essere preso in considerazione - come vorrebbero le ricorrenti - il sacrificio economico costituito dalla rinuncia alla rete parallela di cui dispone Stanley e dalla sua conversione in un segmento della rete ufficiale dei concessionari. Questo effetto deriva dal fatto stesso che lo Stato italiano ha, con la norma del 2012, eliminato ogni profilo di discriminazione: indipendente dalla partecipazione alla gara e non pu, pertanto, essere considerato un costo derivante da tale partecipazione, non avendo la Stanley titolo per rivendicare il diritto a continuare ad agire, per il futuro, nelle condizioni eccezionali in cui stata posta per effetto delle sentenze della Corte. IV.3. SUL SECONDO QUESITO 71. Con il secondo quesito, il Consiglio di Stato chiede se gli artt. 49 e 56 e ss. TFUE vadano interpretati nel senso che essi ostano a che lesigenza di riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni costituisca giustificazione causale adeguata di una ridotta durata delle concessioni poste in gara rispetto alla durata dei rapporti concessori in passato attribuiti. 72. Premesso che, come nel caso del precedente quesito, la libera prestazione di servizi non sembra venire in gioco nella fattispecie, la domanda - come si illustrato trattando della ricevibilit - sembra, innanzi tutto, mal posta, perch la durata della concessione non elemento che pu incidere sulla questione dellesistenza di una giustificazione per la limitazione di una delle libert fondamentali garantite dal Trattato. 73. La restrizione, infatti, consiste nella stessa sottoposizione dellattivit a un regime di concessione. Ed una restrizione che, come ha ripetutamente chiarito la Corte, appare giustificata rispetto allobiettivo di prevenire il gioco illecito e, con esso, le attivit criminali e le frodi (28). 74. Le singole modalit esecutive del regime di autorizzazione introdotto dallo Stato possono venire in rilievo solo se si ipotizzi che esse rendono di fatto impossibile lesercizio del diritto - ove si faccia, quindi, una questione di effettivit del diritto allo stabilimento (ma eventualit manifestamente estranea allattuale vicenda processuale) - ovvero se si metta in discussione la loro proporzionalit, cio la loro adeguatezza a perseguire lobiettivo e non andare oltre tale obiettivo. (28) Gli insegnamenti della Corte, come noto, sono stati recepiti nella nuova Direttiva concessioni , di prossima pubblicazione, un cui considerando recita: This Directive should not affect the freedom of Member States to choose, in accordance with Union law, methods for organising and controlling the operation of gambling and betting, including by means of authorisations. It is appropriate to exclude from the scope of this Directive concessions relating to the operation of lotteries awarded by a Member State to an economic operator on the basis of an exclusive right granted by means of a procedure without publicity pursuant to applicable national laws, regulations or administrative provisions in accordance with the Treaty. That exclusion is justified by the granting of an exclusive right to an economic operator, making a competitive procedure inapplicable, as well as by the need to retain the possibility for Member States, in compliance with the Union law, to regulate the gambling sector at national level in view of their obligations in terms of protecting public and social order. 75. Ora, nel giudicare la proporzionalit della regola sulla durata delle concessioni, chiaro che nessuna relazione pu stabilirsi tra tale elemento e lobiettivo di prevenzione delle frodi perseguito dal regime di autorizzazione. Pu, invece, discutersi se lelemento della durata sia stato stabilito per perseguire un diverso e non legittimo obiettivo, come quello di tutelare la posizione di mercato acquisita dagli operatori nazionali o da quelli gi stabiliti nel territorio italiano. 76. Ebbene, nella stessa sentenza di rinvio il giudice ha ampiamente dato conto di quali fossero le ragioni che hanno indotto le autorit italiane alla scelta di fissare una durata di quattro anni. Si tratta di motivazioni tuttaltro che artificiose, essendo del tutto evidente come un sistema di concessioni sia di pi agevole ed economica gestione, sul piano organizzativo, nel momento in cui tutti i rapporti vengano a scadenza contemporaneamente. Ci consentir di ricollocare contemporaneamente sul mercato tutti i diritti messi a gara, garantendo anche una pi corretta concorrenza tra gli offerenti. 77. La scelta di mettere a gara un pacchetto pi limitato di concessioni con scadenza allineata a quella della stragrande maggioranza dei rapporti in essere , pertanto, la scelta che, secondo una ragionevole valutazione delle autorit italiane, consentiva di assicurare lobiettivo voluto dalla sentenza Costa e Cifone con il minor sacrificio dellinteresse pubblico. 78. questo e non altro, pertanto, lobiettivo che si sono proposte le autorit italiane nello stabilire la durata delle nuove concessioni 79. E, per garantire lassoluta proporzionalit della misura, gli oneri a carico del concessionario sono stati ridotti notevolmente, pervenendo a un punto di equilibrio la cui bont oltre a non trovare smentita nelle affermazioni di parte ricorrente - testimoniata dalla larghissima partecipazione alla gara di cui d conto il giudice del rinvio. V. CONCLUSIONI 80. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai quesiti ad essa sottoposti affermando che: -le questioni proposte sono irricevibili o, in subordine, che: - gli artt. 49 e segg. e 56 e segg. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di Giustizia dellUnione Europea, nella sentenza 16 febbraio 2012 [cause riunite C-72/10 e C-77/10], devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che vengano poste in gara concessioni di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, ancorch la detta gara sia stata bandita al fine di rimediare alle conseguenze derivanti dallillegittimit dellesclusione di un certo numero di operatori dalle gare, allorquando si accerti - la relativa valutazione essendo rimessa al giudice nazionale - che tale inferiore durata, anche in considerazione delle condizioni alle quali attribuita la concessione, sia fissata sia in modo tale da consentire di ammortizzare gli investimenti e remunerare i capitali impiegati. Nella valutazione di tale condizione di proporzionalit della misura deve essere considerata, quale legittimo interesse tutelabile dalle autorit nazionali, anche lesigenza di riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze di tutte le concessioni attribuite. Roma, 16 dicembre 2013 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato ****** *** ECC.MA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA CAUSA C-463/13 STANLEY INTERNATIONAL BETTING E A. OSSERVAZIONI ORALI nellinteresse del Governo italiano. *** Signor Presidente, Signori Giudici. 1. Prima di concentrarmi sulle questioni su cui ci ha sollecitato la Corte, mi sembra opportuno ritornare, brevemente, sul contesto nel quale si colloca la vicenda processuale. 2. Come abbiamo osservato nella fase scritta del procedimento, le ricorrenti sono parte di un gruppo imprenditoriale che da anni presente, in maniera massiccia, sul mercato italiano dei giochi. Lo senza disporre del titolo concessorio cui, secondo la pacifica giurisprudenza della Corte, lItalia pu legittimamente subordinare laccesso a tale mercato. 3. Tale stato di cose si potuto determinare in virt dellinterpretazione che i giudici nazionali hanno dato di alcune sentenze di questa Corte, in particolare delle sentenze Placanica e Costa e Cifone: quelle sentenze si erano, in realt, limitate a riconoscere che il sistema di attribuzione delle concessioni in Italia aveva realizzato una discriminazione di Stanley nellaccesso al mercato e che, conseguentemente, la Repubblica italiana avrebbe dovuto individuare gli strumenti giuridici per rimediare a tale situazione, evitando, nel frattempo, di applicare sanzioni nei confronti delloperatore. La giurisprudenza interna, quanto meno sino alla sentenza Biasci e Rainone, ne ha tratto la conclusione che non potesse impedirsi a Stanley, e ai soggetti ad essa legati, di operare in Italia, anche per il futuro, a prescindere dallottenimento di una concessione. 4. La Stanley ha, dunque, operato senza che la propria attivit fosse circondata da quel- lapparato di garanzie e limitazioni che il rapporto di concessione legittimamente introduce, a salvaguardia della qualit del servizio e a tutela dei consumatori. 5. Se a questo si aggiunge che, muovendosi in questa area grigia, attraverso il sistema dei centri trasmissione dati (i cosiddetti CTD), Stanley ha potuto sfuggire allimposizione italiana - sia alle imposte specifiche sui giochi, sia alle imposte sui redditi (queste ultime sul presupposto, recisamente contestato dalle autorit italiane, che lattivit economica non si svolgerebbe in Italia, bens a Malta o nel Regno Unito, dove sono stabilite le imprese di Stanley) - si comprende quale sia il vantaggio competitivo di cui hanno goduto le ricorrenti in Italia. 6. E si comprende da dove abbia origine la poderosa penetrazione di Stanley nel mercato italiano, che stata prima descritta dalle parti private: non da una fisiologica concorrenza sui meriti, bens dalla possibilit di Stanley di proporre alla propria clientela condizioni di offerta e di prezzo precluse agli altri operatori, che agiscono nel rispetto della disciplina amministrativa e fiscale nazionale. 7. evidente, quindi, linteresse di Stanley a conservare questa condizione di soggetto discriminato - ma in realt paradossalmente privilegiato - piuttosto che disporsi ad accedere, finalmente, al mercato legale delle scommesse in Italia. 8. Basti pensare che, secondo le risultanze di una recentissima indagine per evasione fiscale avviata dalla Procura della Repubblica di Roma, il fatturato di Stanley in Italia era gi quantificabile in circa 212 Mil di euro nel 2008 ed cresciuto sino a 378 Mil di euro nel 2013. Ed in seno a tale procedimento, lo scorso 16 settembre un giudice del Tribunale di Roma, ritenendo che tale indagine abbia un serio fondamento, ha autorizzato il sequestro, nei confronti di alcuni rappresentanti dellimpresa, di beni per il valore di oltre 56 mil di euro, corrispondenti alle sole imposte sui redditi che limpresa avrebbe evaso in questo periodo. 9. Ora, il Governo italiano ritiene che la situazione che ho appena descritto non possa pi essere tollerata: non solo per la macroscopica distorsione della concorrenza che essa determina, ma soprattutto perch consente alloperatore di sottrarsi a quellapparato di regole e di controlli che essenziale per garantire la qualit del servizio, la tutela dei consumatori e, non ultima, la regolarit degli eventi sportivi sui quali si svolgono le scommesse. 10. noto, a tale riguardo, che il fenomeno, sempre pi preoccupante, del c.d. match fixing pu essere contrastato solo disponendo di informazioni tempestive su eventuali movimenti anomali di scommesse su un dato evento: informazioni di cui - nel caso di Stanley o di altri operatori che si sottraggono al regime delle concessioni - le autorit pubbliche non possono disporre, in quanto le scommesse raccolte da questi operatori sfuggono al sistema di tracciatura informatica cui, invece, soggiacciono le imprese che agiscono nel circuito ufficiale. 11. Per questa ragione, considerato che Stanley in questa sede torna a lamentare una discriminazione, auspichiamo che la Corte voglia cogliere loccasione per ribadire che eventuali discriminazioni - che nella circostanza, peraltro, assolutamente non esistono - danno diritto a misure riparatorie, come quelle descritte al punto 63 della sentenza Placanica e al punto 52 della sentenza Costa e Cifone, non anche ad operare senzaltro in Italia, nel frattempo, senza disporre dei titoli concessori e autorizzatori necessari. 12. Vengo, quindi, al punto specifico che ci stato richiesto di approfondire: la durata stabilita per le nuove concessioni messe a gara costituisce una restrizione allesercizio delle libert fondamentali garantite dal Trattato? E, qualora fosse da considerare una restrizione, sarebbe giustificabile con un motivo imperativo di interesse generale, il cui perseguimento passi attraverso lallineamento temporale della scadenza di tutte le concessioni? 13. Ora, alla prima di tali domande sembra agevole, a nostro giudizio, dare risposta negativa: la durata di una concessione non costituisce, di per s, una restrizione, ma costituisce solo una modalit operativa di una restrizione - quella della sottoposizione dellattivit in esame a un regime concessorio - che la Corte ha ripetutamente considerato giustificata. Si tratta, semmai, di stabilire se tale modalit non incida sulla effettivit del diritto e se essa non alteri la proporzionalit della misura di restrizione. 14. Ebbene, veramente non vediamo come si possa ritenere che ci accada della fattispecie. Come ha osservato la Commissione, ai punti da 34 a 36 delle osservazioni scritte, la durata delle concessioni messa a bando in Italia sembra prima facie conformarsi alle prescrizioni della giurisprudenza della Corte, recentemente codificate nella c.d. direttiva concessioni, n. 23 del 2014. Ci, a meno che non si dimostri che la durata della concessione renda a priori impossibile il recupero degli investimenti necessari. 15. Ora, come abbiamo gi osservato, la Corte, sulla base della sentenza di rinvio, non dispone degli strumenti per potere condurre unanalisi economica di una qualche accuratezza su tale punto: di qui anche la nostra eccezione di irricevibilit della questione. 16. Disponiamo, in effetti, di un solo elemento empirico di prova, ma particolarmente significativo: il dato della effettiva partecipazione alla gara. Ebbene, come ha spiegato il giudice del rinvio e come mi sembra abbia condiviso la Commissione, questo dato decisamente tranquillizzante: la partecipazione alla gara stata massiccia, con una richiesta di concessioni per negozi di gioco che superava della met lofferta (circa 3.000 a fronte delle 2.000 concessioni messe a gara); alla gara hanno partecipato anche diversi operatori stranieri non presenti sul mercato. 17. Operatori che, pertanto, a differenza delle ricorrenti, avrebbero dovuto avviare ex novo degli investimenti in Italia. E nonostante questo hanno ritenuto conveniente lofferta. Per Stanley, gi presente intensamente nel nostro mercato, lunico nuovo investimento, di rilievo veramente secondario, sarebbe consistito nellallacciamento della propria rete al sistema informatico nazionale. 18. chiaro, quindi, che - per riprendere le parole del punto 90 della sentenza Costa e Cifone -questa volta si pu ben addebitare ad un operatore, il fatto di aver rinunciato a presentare una candidatura per una concessione. Nessuna clausola del bando escludeva Stanley dalla partecipazione. La decisione di Stanley di non partecipare si deve a una sua libera scelta, giustificata con inesistenti considerazioni di carattere economico (smentite dallintenso interesse che hanno manifestato altre 119 imprese), ma in realt, a nostro avviso, pretestuosamente ispirata dalla volont di prospettare unennesima, ma stavolta inesistente, discriminazione. 19. Ma perch le autorit italiane - e vengo qui al punto fondamentale - hanno stabilito una durata tale da allineare la scadenza delle vecchie concessioni e di quelle nuove? 20. Nelle osservazioni scritte abbiamo fatto riferimento a innegabili ragioni di convenienza amministrativa, ispirate al perseguimento della coerenza nella politica nazionale dei giochi. Ragioni che sono state lucidamente colte da alcune delle parti intervenute: mi riferisco, ad esempio, alle osservazioni svolte dal Regno del Belgio ai punti 35 e 36 del suo intervento scritto, ai quali rinvio. 21. Ma abbiamo fatto riferimento, soprattutto, alle necessit di tutela della concorrenza e della corretta competizione tra le imprese. 22. Mi rendo conto che abbiamo, forse, dato per scontato il nesso esistente tra allineamento delle concessioni e tutela della concorrenza. Ma questo nesso si coglie con immediata evidenza ove si osservi che - in omaggio al principio pacta sunt servanda, comune al diritto degli Stati membri - ogni innovazione legislativa che incida sulle modalit di fornitura del servizio pu, di regola, ripercuotersi sulle concessioni in essere solo dal momento del loro rinnovo. 23. Se, ad esempio (come in effetti avvenuto in Italia), si stabilisce che debba esserci una certa distanza tra i punti di gioco e le scuole, questa nuova regola non pu riguardare - per ragioni intuitive - le concessioni in vigore, perch non si pu imporre a un operatore di rivedere, in corso dopera, il piano economico sulla base del quale ha partecipato alla gara. 24. In altre parole, le condizioni di esercizio della concessione devono restare, tendenzialmente, quelle esistenti al momento del suo affidamento. Di qui lesigenza, che mi sembra veramente manifesta, che tutte le concessioni siano affidate contemporaneamente: solo cos si pu garantire che gli operatori tra loro in concorrenza agiscano in un ambiente giuridico che assicuri pari condizioni. Se le concessioni del 2012 avessero avuto durata di nove anni, ci avrebbe di fatto impedito di inserire nei rapporti, sino al 2021, eventuali condizioni pi restrittive imposte della legge. Nel frattempo, nel 2016, sarebbero state rinnovate le concessioni gi esistenti, a condizioni necessariamente diverse. 25. Questo rischio, rilevabile in assoluto (e, ripeto, lo ha efficacemente colto il Regno del Belgio al punto 36 del proprio intervento), era, in Italia, reso particolarmente concreto dalla novit legislative che erano gi intervenute e che si prospettavano nel 2012, al momento in cui fu bandita la gara. Ci, nel quadro di una politica legislativa volta - dopo la fase innegabilmente espansiva degli anni precedenti - a circondare lofferta di gioco con maggiori garanzie, in vista, soprattutto, della tutela dei soggetti deboli, come i minori e le persone affette da c.d. ludopatia, oltre che di contrasto delle attivit illegali o criminali. 26. In questo solco - e mi avvio a concludere - si inscrivono lart. 24 della legge n. 88 del 2009, lart. 1, comma 70, della legge n. 220 del 2010 e lart. 24 della legge n. 98 del 2011: tre interventi regolatori di ampio respiro, che hanno ridisegnato le condizioni di esercizio dellattivit. Si inscrive, poi, soprattutto lart. 7 del decreto-legge n. 158 del 2012, in materia, appunto, di contrasto della ludopatia, che ha previsto, tra laltro, il ricordato intervento sulla collocazione geografica dei negozi di gioco rispetto ad aree sensibili come scuole o altri centri frequentati da giovani, luoghi di culto, case di cure etc. Ed particolarmente significativo come il comma 10 di tale articolo preveda, inevitabilmente, che tali nuove regole operino - cito testualmente -relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge: quindi dal 2016, per le vecchie concessioni, data alla quale era, pertanto, indispensabile allineare anche quelle nuove. 27. Sino ad arrivare, da ultimo, alla delega concessa con legge n. 23 del 2014 dal Parlamento al Governo, ad introdurre, entro il marzo del 2015, una nuova disciplina organica della materia, che, nuovamente, dovr prestare particolare e rinnovata attenzione ai fenomeni della ludopatia, del gioco dazzardo patologico e del gioco minorile. 28. chiaro, insomma, come solo laffidamento contestuale di tutte le concessioni possa garantire parit di condizioni fra imprese concorrenti. Ed chiaro che questa lesigenza principale che si sono poste le autorit italiane nel 2012, al momento della messa a gare, extra ordinem, di nuove concessioni, originata dalla necessit di corrispondere a quanto stabilito dalla Corte nella sentenza Costa e Cifone. 29. Concludo, pertanto, ringraziando la Corte per avermi ascoltato e chiedendo laccoglimento delle conclusioni che abbiamo rassegnato nelle osservazioni scritte. Sergio Fiorentino avvocato dello Stato Causa C-546/13 (*) - Materia: Libera circolazione delle merci. Unione doganale. Tariffa doganale comune - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte Suprema di Cassazione (Italia) il 22 ottobre 2013 - Agenzia delle Dogane e Ufficio di Verona dellAgenzia delle Dogane / ADL American Dataline Srl. La causa ruota attorno allesatta nomenclatura tariffaria che occorre attribuirsi a beni costituiti da casse acustiche prodotte dalla societ statunitense Harman Multimedia destinate ad essere utilizzate esclusivamente quali unit periferiche di uscita per computer del tipo APPLE. Nelle dichiarazioni doganali la merce stata dichiarata dalla parte con il codice identificativo NC 8471 90 (periferiche per computers), per il quale era prevista la esenzione daziaria. (*) Causa definita con sentenza della Corte (Decima Sezione) del 6 novembre 2014. Per lAutorit doganale italiana, invece, la merce stata erroneamente dichiarata per limportazione come periferica per computers CNC 84716090 con aliquota dazio nulla, poich va dichiarata come altoparlante con voce doganale 85182290 con aliquota dazio del 45%, poich la funzione di riprodurre e amplificare il suono prevalente rispetto alla utilizzabilit dei prodotti in un sistema informatico. La Commissione ha presentato osservazioni scritte aderenti alla tesi del Governo italiano. Con nota 19 giugno 2014 la Corte ha deciso che la causa sar giudicata senza conclusioni dellAvvocato generale e senza udienza dibattimentale. Seguono le osservazioni depositate. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d'Italia. nella causa C-546/13 promossa ai sensi dellart. 267 TFUE dalla Corte di Cassazione (Italia), con ordinanza del 19.05/11.10.2013 n. 23105/2013. Il giudizio a quo 1. La societ American Dataline s.r.l. nel periodo dicembre 2001/ottobre 2003 effettuava diciotto operazioni doganali, importando nel territorio doganale della Comunit casse acustiche prodotte dalla societ statunitense Harman Multimedia destinate ad essere utilizzate esclusivamente quali unit periferiche di uscita per computer del tipo APPLE. 2. Nelle dichiarazioni doganali la merce era identificata con il codice NC 8471 60 90 (periferiche per computers), per il quale era prevista la esenzione daziaria. 3. Nellanno 2005 lAgenzia delle Dogane - Ufficio doganale di Verona, in esito a procedimento di revisione dellaccertamento doganale divenuto definitivo, procedeva a contabilizzare a posteriori il dazio dovuto dalla societ, rilevando che la merce stata erroneamente dichiarata per limportazione come periferiche per computers CNC 84716090 con aliquota dazio nulla, anzich altoparlanti con voce doganale 85182290 con aliquota dazio del 45%. 4. Il giudizio di merito svoltosi avanti le competenti Commissioni tributarie ed avente ad oggetto la domanda di annullamento dei provvedimenti applicativi del dazio era definito con sentenza a favore della societ, poich con decisione n. 77 del 10.07.2009 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto riteneva corretta lindicazione del codice dichiarata dalla parte allimportazione. 5. LAgenzia delle Dogane impugnava la sentenza del giudice tributario dinnanzi alla Corte di Cassazione, deducendo, in sostanza, che vi era fondato sospetto che fosse stata dichiarata una qualit della merce diversa da quella effettiva con conseguente mancato assoggettamento della stessa al pagamento del dazio; in particolare, lAgenzia delle Dogane faceva presente che le questioni sollevate dalla parte, per contestare loperato della Dogane di Verona, concernono la presunta illegittimit degli atti impugnati sotto il profilo della motivazione per mancata allegazione di atti, da una parte, e per la diversit dei prodotti cui le rettifiche fanno riferimento rispetto a quelli importati, dallaltra. 6. Quanto alla prima questione, in entrambi i gradi del giudizio tributario, lOrgano Giurisdizionale si pronunciava sulla legittimit e validit degli atti impugnati, in primis perch gli accertamenti sono stati considerati sufficientemente motivati, poich hanno messo il contribuente nella condizione di approntare efficacemente la propria difesa ed anche perch lattivit di controllo eseguita dallUfficio, mediante visita fisica delle merci importate (su 9 delle 18 operazioni oggetto di contestazione), non pregiudica in alcun modo la possibilit, per il medesimo Ufficio, di svolgere ulteriori accertamenti sulle medesime operazioni. 7. Lesponente Agenzia precisava che, nel processo verbale di revisione dellaccertamento del 09/09/2004, allegato a tutti gli avvisi di accertamento impugnati, la parte era stata resa edotta dei motivi che avevano condotto alla successiva rettifica da parte dellUfficio delle Dogane di Verona, il quale, prendendo avvio dalla segnalazione INF N 132/2004, revisionava tutte le operazioni della specie e rettificava la classificazione tariffaria, attribuendo ai prodotti importati una voce doganale differente rispetto a quella dichiarata allatto dellimportazione. 8. Quanto alla seconda questione, relativa alla presunta diversit dei prodotti importati rispetto a quelli oggetto di revisione, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con le sentenze 76 e 77/2009, riteneva che la classificazione doganale attribuita dal contribuente ai dispositivi acustici fosse corretta. 9. Le predette sentenze erano, appunto, impugnate dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, poich la violazione della normativa sulla classificazione tariffaria costituisce una fattispecie di violazione di legge. La Corte di Cassazione, quindi, devolveva la questione alla Corte di Giustizia dellUnione Europea (odierna causa C-546/13). Il quesito 10. Con lordinanza n. 23105/2013 del 19.05/11.10.2013 la Corte di Cassazione civile italiana sospendeva il giudizio Nrg 23398/2010 promosso da ADL American Dataline srl contro lAgenzia delle Dogane e sottoponeva a codesta Corte di Giustizia i seguenti quesiti: a) se osti agli artt. 10 paragr. 2 e 12 del reg. CEE n. 2658/87 del Consiglio del 23.7.1987 nonch al principio di certezza del diritto, desumere dalle modifiche introdotte alle Note esplicative a corredo del capitolo 84 della Tabella dei dazi, Parte II dellAll. 1 dal regolamento CE n. 1549/06 della Commissione in data 17.10.2006 (che ha escluso le casse acustiche dalla voce 8471, se presentate separatamente dalle macchine automatiche per la elaborazione della informazione), elementi interpretativi per riconoscere che i prodotti importati dalla societ ADL s.r.l. -descritti alla lett. A punti 1, 3 e 4 della presente ordinanza- esercitano una specifica funzione (riproduzione ed amplificazione del suono) diversa da quella della elaborazione dellinformazione; b) se i prodotti importati dalla societ ADL s.r.l. -descritti alla lett. A punti 1, 3 e 4 della presente ordinanza- in quanto casse acustiche commercializzate separatamente dalla macchina automatica per la elaborazione della informazione, debbano ritenersi dispositivi che esercitano una specifica funzione diversa dalla elaborazione della informazione -ove tale debba essere considerata la funzione di riproduzione ed amplificazione del suono-, oppure non possano ritenersi unit di sistema esercenti una specifica funzione diversa dalla elaborazione della informazione in quanto, avuto riguardo alle specifiche caratteristiche tecniche (esclusivo collegamento con cavo USB; necessit di un sistema operativo MAC OS 9.) non svolgono funzioni che potrebbero esercitare senza lausilio d una macchina del genere [idest: di una macchina automatica per la elaborazione della informazione] (cfr. sentenze Corte giustizia 19.10.2000 in causa C-339/98, Peacock AG, punti 14 e 15 del 18.7.2007 in causa C-142/06, Olicom, punti 20, 29 e 30 -pur se riferite ad altro genere di dispositivo -schede di rete e schede cd. combinate- sembrano ricondurre lassenza d funzioni specifiche diverse, al duplice elemento dellesclusivo funzionamento del dispositivo attraverso PC e della capacit di ricevere e trasformare in uscita i segnali trasmessi dallelaboratore). Il contesto normativo Ai fini della soluzione dei quesiti, hanno diretta rilevanza le seguenti norme: n. 3, Titolo I, Regole generali, lettera A, parte I allegato I del reg. CEE n. 2658/1987 del Consiglio in data 23.07.1987 (nomenclatura tariffaria), come sostituito dai Reg. nn. 2031/2001 e 1832/2002, applicabili ratione temporis, per cui, qualora una merce sia classificabile in due o pi voci la voce pi specifica deve avere la priorit sulle voci di portata generale. Nota 5 del capitolo 84 della Tariffa doganale - TARIC, secondo cui Le macchine che esercitano una specifica funzione diversa dalla elaborazione dellinformazione che incorporano una macchina automatica di elaborazione dellinformazione o che lavorano in collegamento con tale macchina sono da classificare nella voce corrispondente a questa funzione o, in difetto, in una voce residua. 9. Sui quesiti proposti il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni. Il merito della controversia verte essenzialmente, per la soluzione di entrambi i quesiti, sullesatta classificazione doganale da attribuire ai prodotti importati da American Dataline S.r.l. con le bollette doganali indicate in 18 avvisi di accertamento, con cui lUfficio delle Dogane di Verona rettificava le voci tariffarie dei prodotti importati e calcolava i maggiori diritti doganali dovuti. 10. La societ dichiarava che i beni importati erano da ritenersi speakers (altoparlanti) multimediali. 11. In effetti, essi sono indiscutibilmente casse acustiche, in quanto hanno la funzione di riprodurre il suono mediante la trasformazione di un segnale elettromagnetico in onde sonore. Per esempio, il prodotto denominato Soundsticks una cassa acustica prodotta dallamericana Harman Kardon ed costituita da sub-woofer (uguale a iSub) e due stick; il sub-woofer comprende un amplificatore inserito nella base che serve anche i satelliti (gli sticks) per la riproduzione delle frequenze medio alte; gli sticks sono, invece, due bastoni collegati ad un anello metallico che serve da base ed allinterno del quale si trova un condotto che dovrebbe aumentare leffetto cassa armonica dello speaker. 12. Quindi, il prodotto importato, da un lato presenta le caratteristiche per essere classificato come altoparlante (voce 8518 2290 00), ma, dallaltro, essendo, secondo la ditta, utilizzabile esclusivamente se collegato a un personal computer, presenta, eventualmente, anche i requisiti per essere classificato come unit di uscita di macchine automatiche per lelaborazione dellinformazione (voce 8471 6090 00). 13. La possibilit di una duplice classificazione ha reso necessario il ricorso allapplicazione delle regole generali per linterpretazione del Sistema Armonizzato della Tariffa doganale. 14. ComՏ noto, 21quando la Corte adita con rinvio pregiudiziale in materia di classificazione doganale, la sua funzione consiste nel chiarire al giudice nazionale i criteri la cui attuazione gli permetter di classificare correttamente nella NC i prodotti di cui trattasi, piuttosto che nel procedere essa stessa a tale classificazione, tanto pi che questultima non dispone necessariamente di tutti gli elementi indispensabili a tale riguardo. In effetti, il giudice nazionale appare comunque avvantaggiato a far questo (sentenza 28 ottobre 2010, causa C423/ 09, X, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 14 e giurisprudenza ivi citata) (Corte di Giustizia UE VIII sez., 18-05-2011 causa Delphi Deutschland GmbH c. Hauptzollamt Dsseldorf e V Sez., 28 ottobre 2010, causa C-423/09, Staatssecretaris van Financin c. X BV). 15. In particolare, la citata sentenza della Corte del 2011 riporta che 23. Secondo costante giurisprudenza, per garantire la certezza del diritto e facilitare i controlli, il criterio decisivo per la classificazione tariffaria delle merci va ricercato, in linea di principio, nelle loro carat teristiche e propriet oggettive, quali definite nel testo della voce della NC e delle note delle sezioni o dei capitoli (v., segnatamente, sentenza X, cit., punto 15 e giurisprudenza ivi citata). 16. LUfficio delle Dogane ha rilevato che nel caso in trattazione fosse applicabile la REGOLA 3 PUNTO A, secondo la quale la voce pi specifica deve avere la priorit sulle voci di portata pi generale. 17. Infatti, il testo della voce 8471.60 (unit di uscita di macchine automatiche per lelaborazione dellinformazione) dichiarata dalla parte, evidentemente molto pi generico rispetto al testo della voce 8518 (altoparlanti), che, invece, identifica in modo molto pi specifico le caratteristiche e la funzione del prodotto importato. 18. Tale regola interpretativa generale trova, oltretutto, una specifica trasposizione nella NOTA 5.E del capitolo 84 della Tariffa doganale (richiamata a sua volta nella NOTA 5-B), secondo la quale le macchine che esercitano una specifica funzione diversa dallelaborazione del- linformazione, che incorporano una macchina automatica di elaborazione dellinformazione, o che lavorano in collegamento con tale macchina, sono da classificare nella voce corrispondente a questa funzione o, in difetto, nella voce residua. 19. Tanto premesso, avendo i prodotti importati la funzione principale di riprodurre e amplificare il suono, pure essendo utilizzabili esclusivamente o principalmente in un sistema automatico di trattamento dellinformazione, vanno classificati nella voce corrispondente alla funzione (quella di altoparlanti), quindi nella voce 8518. 20. Tale circostanza di fatto emerge chiaramente dalle dichiarazioni della stessa ditta, ragione per cui lattivit istruttoria stata diretta, prevalentemente, a verificare la sussistenza del requisito dellutilizzazione esclusiva degli apparecchi importati mediante collegamento ad un p.c. (NOTA 5.B.a del capitolo 84 della TARIC: essere del tipo utilizzato esclusivamente o principalmente in un sistema automatico di trattamento dellinformazione). 21. Lindagine condotta dalla Dogana di Verona e dalla Direzione Regionale di Venezia evidenziava che il prodotto pu essere utilizzato anche per altri impieghi. 22. Ne consegue che le considerazioni e le osservazioni tecniche effettuate dalla parte in sede giudiziale, oggetto dellordinanza della Corte di Cassazione di rimessione, in merito allutilizzabilit dei prodotti esclusivamente o principalmente in un sistema automatico di trattamento dellinformazione quali: ... le casse acustiche importate per il loro funzionamento riconoscono segnali di tipo digitale, cio scomposti e campionati in sequenze numeriche binarie (sequenze di 0-1, acceso- spento), sistema tipico posto a base del funzionamento dei personal computer. ... Tali caratteristiche tecniche rendono i prodotti importati incompatibili (cio non utilizzabili) sia con strumentazioni audio diverse da personal computer, sia con personal computer il cui funzionamento basato su sistemi operativi diversi dal Mac 0S9, tra i quali, tanto per citare il pi diffuso, il sistema operativo Windows non hanno alcuna rilevanza alla definizione del caso di specie, avendo la funzione specifica e principale del prodotto (riprodurre e amplificare il suono) di carattere prevalente rispetto alla sua utilizzabilit esclusivamente in un sistema informatico. 23. Pertanto, lesclusione delle casse acustiche dalla voce 8471 non che unapplicazione della regola della specificit della funzione (di cui alla norma interpretativa 3.A), dato che la funzione di riproduzione del suono pi specifica rispetto a quella dellelaborazione dellinformazione di cui alla voce 8471 dichiarata dalla parte e correttamente rettificata nella voce 8518 dallUfficio doganale italiano. La risposta che il Governo italiano propone per i quesiti , dunque, la seguente In presenza di importazione di beni, quali casse acustiche prodotte dalla societ statunitense Harman Multimedia, destinate ad essere utilizzate esclusivamente quali unit periferiche di uscita per computer del tipo APPLE, detti prodotti, pur essendo utilizzabili esclusivamente o principalmente in un sistema automatico di trattamento dellinformazione, hanno la funzione principale di riprodurre e amplificare il suono e vanno classificati, ai sensi della regola 3 punto A e della nota 5.E capitolo 84 Taric, nella voce corrispondente alla funzione specifica (quella, nel caso concreto, di altoparlanti, quindi nella voce tariffaria 8518 e non nella voce prevista per le unit di uscita di macchine automatiche per lelaborazione dellinformazione -voce 8471 6090 00), atteso che la funzione di riprodurre e amplificare il suono prevalente rispetto alla utilizzabilit dei prodotti in un sistema informatico. Fabrizio URBANI NERI AVVOCATO DELLO STATO Causa C-607/13 - Materia: Agricoltura e Pesca -Banane. Disposizioni finanziarie - Risorse proprie -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte Suprema di Cassazione (Italia) il 25 novembre 2013 - Ministero dellEconomia e delle Finanze e a. / Francesco Cimmino e a. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella causa C-607/13 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dellart. 267 TFUE dalla Corte di Cassazione (Italia), nella causa A) MINISTERO DELLECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONO POLI E COMMISSIONE EUROPEA contro CIMMINO FRANCESCO ED ALTRI * * * I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 1. Con ordinanza n. 2048/2013 del 10 luglio 2013, depositata il 31 ottobre 2013, la Corte di Cassazione, nellambito del procedimento che vede contrapposte le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni: a) Se lart. 11 del Regolamento CE n. 2362/98, il quale prevede a carico degli Stati membri lonere di accertare se gli operatori che esercitano una attivit di importazione per proprio conto come entit economica autonoma quanto alla direzione, al personale e allesercizio, debba essere interpretato nel senso che sono escluse dai benefici doganali accordati tutte le attivit di importazione eseguite per conto di un operatore tradizionale qualora queste siano svolte da soggetti solo formalmente in possesso dei requisiti previsti per i nuovi operatori dallo stesso Regolamento; b) Se il Regolamento CE n. 2362/98 consenta ad un operatore tradizionale di vendere ba nane che si trovano al di fuori del territorio dellUnione ad un operatore nuovo arrivato accordandosi con questultimo perch provveda a far entrare nel territorio dellUnione le banane a dazio agevolato e le rivenda allo stesso operatore tradizionale ad un prezzo concordato prima dellintera operazione, senza sopportare alcun effettivo rischio dimpresa e senza fornire alcuna organizzazione di mezzi quanto a tale operazione; c) Se laccordo di cui al precedente punto 2 integri una violazione del divieto di cessione di diritti dagli operatori nuovi agli operatori tradizionali di cui allart. 21, paragrado 2, del Regolamento CE n. 2362/98, con la conseguenza che la cessione effettuata resta priva di effetto e il dazio risulta dovuto nella misura piena e non in quella agevolata, ai sensi dellart. 4, paragrafo 3, del Regolamento n. 2988/95. II I FATTI E LA CONTROVERSIA NELLA CASUA PRINCIPALE 2. Nel giudizio principale si procede per il delitto di cui agli articoli 110, 81, secondo comma, cod. pen., 292, 295, secondo comma, lettera c), e terzo comma, 301 del D.P.R. n. 43 del 1973, in relazione ai Regolamenti CE 28 ottobre 1998, n. 2362/98 (in vigore dal 1 gennaio 1999) e 12 ottobre 1992, n. 2913/92, nei confronti di alcuni soggetti che sottraevano i diritti di confine (dazi doganali ed Iva allimportazione). 3. La condotta contestata consiste nellaver corrisposto diritti di confine nella misura ridotta di euro 75,00 o non averli corrisposti affatto, violando, attraverso fittizie interposizioni di soggetti giuridici nelle operazioni di importazione poste in essere, il divieto, sancito dallart. 21, ultimo paragrafo, del Regolamento CE n. 2362/98, di trasferire i diritti di importazione a dazio agevolato, derivanti dallutilizzo di certificati intestati ad altre aziende ammesse a godere di tale beneficio in quanto operatori nuovi arrivati, cos definiti dal- lart. 7 del citato Regolamento CE, agli importatori di banane denominati tradizionali in base allart. 3 del medesimo regolamento CE. 4. Nel procedimento si sono costituiti parte civile, allo scopo di richiedere il risarcimento dei danni subiti, il Ministero dellEconomia e delle Finanze, lAgenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Commissione Europea, quale organo esecutivo dellUnione Europea, in persona del Presidente, tutti rappresentati e difesi dallAvvocatura dello Stato. 5. Con sentenza del 21 dicembre 2005, il Tribunale di Verona ha dichiarato Misturelli Fabrizio responsabile dei reati ascritti per aver posto in essere operazioni di contrabbando, quale legale rappresentante della Nuova Rico Italia s.r.l. e dalla Cori s.r.l., e lo ha condannato alla pena indicata e al risarcimento del danno in favore delle parti civili, da liquidarsi in separato giudizio, con pagamento di una provvisionale di euro 286.607,96 in favore del Ministero dellEconomia e delle Finanze e dellAgenzia delle Dogane, ma non in favore della Commissione Europea. Il Tribunale ha assolto gli altri imputati. 6. La Corte dAppello di Venezia, con sentenza del 24 novembre 2011, ha dichiarato inammissibile limpugnazione delle parti civili agli effetti penali, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Misturelli Maurizio, per essere i reati a lui ascritti estinti per prescrizione ed ha confermato le statuizioni civili soltanto a carico del Misturelli. 7. La Corte dAppello ha basato la sua decisione sullinterpretazione del regolamento CE n. 2362/98 che, introducendo la distinzione tra operatori tradizionali e operatori nuovi arrivati, stabilisce i requisiti che tali ultimi devono possedere per poter ottenere i certificati Agrim: esercizio di unattivit commerciale come importatore nel settore degli ortofrutticoli freschi nei tre anni precedenti a titolo autonomo e la realizzazione, nellambito di tale attivit di importazioni per un valore dichiarato in dogana pari o superiore a 400.000 ecu. 8. Secondo la Corte dAppello, ad eccezione della societ del Misturelli, le altre societ operatori nuovi - erano realmente esistenti ed avevano agito con effettive operazioni commerciali per le quali erano state emesse regolari fatture, acquistando banane estere, utilizzando i certificati Agrim e pagando il relativo dazio agevolato, per poi rivendere alla stessa entit commerciale, nella specie la S.I.M.B.A. s.p.a., la merce, che fisicamente non si spostava mai dal luogo dello stoccaggio. 9. Secondo la Corte dAppello anche loperatore nuovo subiva il rischio dimpresa, atteso che lo stesso, allo scopo di ottenere certificati Agrim, doveva versare, un anno prima, idonea cauzione e dichiarare, con congruo anticipo, il quantitativo di banane che avrebbe avuto intenzione di acquistare, con lalea effettiva di non riuscire a reperire la merce da importare, perdendo, cos, quanto gi versato. 10. Ad avviso del giudice di secondo grado, non viene, in sostanza ravvisata alcuna anomalia nella prassi consistente nella vendita di banane da sdoganare da parte di un operatore tradizionale a un operatore nuovo arrivato, nella nazionalizzazione di tali banane ad opera del nuovo arrivato mediante propri certificati Agrim e nella successiva rivendita delle banane nazionalizzate allo stesso operatore tradizionale che le aveva vendute, perch ci costituisce una consuetudine diffusa e consentita dalla normativa comunitaria applicabile. 11. Pertanto, essendo stata verificata la reale esistenza delle ditte contraenti e delle transazioni commerciali tra i nuovi arrivati e loperatore tradizionale S.I.M.B.A. s.p.a. doveva essere esclusa uninterposizione fittizia. 12. Avverso la sentenza della Corte dAppello hanno proposto ricorso per cassazione le parti civili, deducendo diversi motivi di censura. 13. Ai fini che interessano nella presente questione pregiudiziale, la difesa erariale evidenziava che le pratiche di rilascio dei certificati Agrim erano state svolte da un unico soggetto che poi non aveva mai inoltrato i certificati ai nuovi operatori, che ne erano titolari, ma direttamente alla S.I.M.B.A. s.p.a.; i nuovi operatori non si erano avvalsi di unagenzia per lo svolgimento delle pratiche di importazione, ma si erano rivolti alla societ concorrente Rico Italia, la quale deteneva le fotocopie degli Agrim; i certificati Agrim non utilizzati erano stati pagati con fondi della S.I.M.B.A. s.p.a. e restituiti alla Rico Italia; tutti i nuovi operatori, i quali erano privi di mezzi per la custodia e la conservazione delle banane e non erano mai concretamente entrati sul mercato, avevano rivenduto le banane sempre e soltanto alla S.I.M.B.A. e tutti allo stesso prezzo, inferiore al prezzo di mercato. Vi sarebbe, dunque, violazione dellart. 21 del Regolamento CE 1998/2632, nonch del- lart. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, perch, con le operazioni sopradescritte, loperatore tradizionale acquisiva la disponibilit di merce sdoganata ad un prezzo concorrenziale e loperatore nuovo riceveva un compenso del tutto svincolato da una reale attivit commerciale e dalle fisiologiche variazioni del prezzo delle merci. 14. La Corte di Cassazione, quale giudice del rinvio, rappresenta che nella fattispecie, quanto ai profili di fatto evidenziati dalla Corte dappello e dalle difese degli imputati relativamente alla ricostruzione delle condotte di reato, emergono allo stato i seguenti elementi: a) gli operatori nuovi arrivati erano privi di strutture per la conservazione e il trasporto delle banane e le acquistavano al solo fine dello sdoganamento a dazio agevolato, rivendendole poi ad un prezzo predeterminato allo stesso soggetto che gliele aveva vendute; b) gli operatori nuovi arrivati non affrontavano il rischio della cauzione, perch esso gravava interamente sullimportatore tradizionale, attraverso un meccanismo di indennizzo; c) il pagamento del dazio da parte dellimportatore era computato nel corrispettivo globale pattuito in anticipo; d) il rischio-prezzo era escluso, essendo i prezzi di acquisto e di ven dita delle banane preventivamente concordati; e) era del pari esclusa, per gli operatori nuovi, ogni possibilit di avvantaggiarsi delloscillazione dei prezzi; f) Del Monte pagava a S.I.M.B.A. la provvigione una sola volta e non pagava nessuna provvigione ai nuovi operatori; dunque questi ultimi erano commercialmente irrilevanti. III LA NORMATIVA COMUNITARIA ED INTERNA RILEVANTE E LE MOTIVAZIONI DELLA GIURISDIZIONE DI RINVIO. 15. I quesiti posti nellordinanza di rinvio vertono sullinterpretazione di alcune disposizioni del regolamento CE n. 2362/98 (recante modalit dapplicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio), con riguardo al regime dimportazione delle banane nella Comunit. 16. il sesto considerando del regolamento prevede che una parte dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali deve essere riservata agli operatori nuovi arrivati; che tale assegnazione globale deve essere sufficiente a consentire agli operatori di impegnarsi in questo commercio dimportazione e a favorire una sana concorrenza; 17. lottavo considerando del regolamento prevede che lesperienza acquisita nel corso di vari anni di applicazione del regime comunitario dimportazione delle banane induce a rafforzare i criteri definiti per lammissibilit di nuovi operatori in modo da evitare la registrazione di semplici agenti prestanome e la concessione di assegnazioni per domande artificiose o speculative; che opportuno esigere in particolare unesperienza minima nel commercio dimportazione di prodotti analoghi, dei prodotti freschi dei capitoli 7 e 8 dei prodotti del capitolo 9, a determinate condizioni, della nomenclatura combinata; che per evitare parimenti domande di assegnazioni annue sproporzionate rispetto alle capacit effettive degli operatori e alle quali non farebbero seguito domande dei titoli dimportazione per quantitativi corrispondenti, opportuno subordinare la presentazione della domanda di assegnazione annua alla costituzione di una cauzione che sostituisca la cauzione relativa al titolo dimportazione; che tale cauzione deve essere svincolata senza indugio proporzionalmente ai quantitativi per i quali loperatore utilizza effettivamente la propria assegnazione annua; che nello stesso intento occorre subordinare la concessione di unassegnazione, negli anni successivi, ad unutilizzazione minima del- lassegnazione annua precedente; che occorre infine stabilire le condizioni di accesso dei nuovi arrivati al gruppo degli operatori tradizionali. 18. Lart. 7 del regolamento detta specifici requisiti per lottenimento della qualifica di nuovo operatore, stabilendo che: Ai fini del presente regolamento operatore nuovo arrivato, ai fini dellimportazione nellambito dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali, lagente economico stabilito nella Comunit al momento della sua registrazione e in possesso dei seguenti requisiti: a) esercizio di unattivit commerciale come importatore nel settore degli ortofrutticoli freschi dei capitoli 7 e 8, come pure dei prodotti del capitolo 9 della nomenclatura tariffaria e statistica e della tariffa doganale comune qualora abbia effettuato anche importazione dei prodotti suddetti dei capitoli 7 e 8, per proprio conto e a titolo autonomo, durante uno dei tre anni immediatamente precedenti lanno per il quale chiesta la registrazione; b) realizzazione, nellambito di tale attivit, di importazioni per un valore dichiarato in dogana pari o superiore a 400.000 ECU durante il periodo di cui alla lettera a). 19. Lart. 11 del regolamento stabilisce che: 1. Gli Stati membri controllano il rispetto delle disposizioni della presente sezione. Verificano in special modo se gli operatori interessati esercitano unattivit dimportazione nel settore indicato allarticolo 7, per proprio conto, come entit economica auto noma quanto alla direzione, al personale e allesercizio. Qualora vi fossero indizi che dette condizioni potrebbero non essere rispettate, la ricevibilit delle domande di registrazione e di assegnazione annua subordinata alla presentazione, da parte delloperatore interessato, di prove ritenute soddisfacenti dallautorit nazionale competente. 2. Gli Stati membri e la Commissione si comunicano tutte le informazioni utili per lapplicazione del presente articolo. 20. Lart. 21 del regolamento stabilisce che: 1. I diritti derivanti dai titoli dimportazione rilasciati conformemente al presente capo sono trasferibili, alle condizioni di cui allarticolo 9 del regolamento (CEE) n. 3719 /88, a un solo cessionario, salvo il disposto del paragrafo 2 del presente articolo. 2. Il trasferimento dei diritti pu aver luogo come segue: a) fra operatori tradizionali registrati in applicazione dellarticolo 5; b) dagli operatori tradizionali agli operatori nuovi arrivati registrati in applicazione dellarticolo 8; o c) tra operatori nuovi arrivati. Il trasferimento dei diritti non ammesso da un operatore nuovo arrivato a favore di un operatore tradizionale. Quanto alla normativa interna, rileva la disposizione di cui al D.p.r. 23 gennaio 1973, n. 43 (approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), secondo cui Chiunque, fuori dei casi preveduti negli articoli precedenti, sottrae merci al pagamento dei diritti di confine dovuti, punito con la multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti medesimi. La Corte di Cassazione, con lordinanza di rinvio, premessi i profili di fatto riportati al numero 14 delle presenti osservazioni, ritiene che risulti essenziale, allo scopo di esercitare il sindacato attribuitogli dallart. 606, comma 1, lettere b) ed e), cod. proc. pen., sul- linosservanza o lerronea applicazione della legge penale e sulla mancanza, contraddittoriet o manifesta illogicit della motivazione procedere alla corretta interpretazione della disposizione che costituisce il presupposto per lapplicazione della sanzione penale prevista dallordinamento interno, e cio del pi volte richiamato Regolamento CE n. 2362/1998. La Cassazione ha, peraltro, osservato che: altres evidente, in forza di quanto gi sopra osservato sub. 3, che linterpretazione di tale regolamento non risulta sufficientemente chiara e che ci rende necessaria una pronuncia da parte della Corte di Giustizia del- lUnione europea ai sensi dellart. 234, comma 3, del Trattato, essendo questa Corte suprema di cassazione una giurisdizione nazionale di ultima istanza, avverso le cui decisioni non pu essere proposto un ricorso giurisdizionale di diritto interno. IV. OSSERVAZIONI DEL GOVERNO ITALIANO. Sui quesiti. 21. Il Governo Italiano intende prendere posizione sulle questioni poste dal giudice di rinvio. 22. In ordine al primo quesito agevole rispondere in senso positivo sia in base al disposto letterale delle disposizioni del regolamento n. 2362/98, sia in virt della sua ratio ispiratrice, delineata nei considerando. 23. Il citato regolamento si prefiggeva lo scopo di riservare una parte dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali agli operatori nuovi arrivati, in modo da favorire una sana concorrenza nel settore; il sesto considerando stabiliva espressamente che i quantitativi di banane a dazio agevolato riservati agli operatori nuovi arrivati fossero calcolati in modo da essere sufficienti a consentire agli operatori di impegnarsi in questo commercio di importazione e a favorire una sana concorrenza. 24. Il regolamento, pertanto, perseguiva lobiettivo di garantire una sana concorrenza nel mercato internazionale delle banane, governato da oligopolio, obiettivo da realizzare mediante lincentivo del dazio agevolato concesso solo ai nuovi arrivati e per un periodo non superiore nel massimo a tre anni, al fine di favorire una loro evoluzione commerciale nel settore (pure espressamente prevista dagli artt. 10 e 11). 25. Per raggiungere tale fine il regolamento ha definito i criteri per lammissibilit di tali nuovi operatori, in modo da evitare la registrazione di semplici agenti prestanome e la concessione di assegnazioni di domanda artificiose o speculative (ottavo considerando); 26. Il nuovo operatore, ai sensi dellart. 7 del regolamento, per poter essere registrato come tale, deve esercitare unattivit commerciale nel settore degli ortofrutticoli freschi ed aver effettuato importazioni, per un determinato valore, dei predetti prodotti, per proprio conto e a titolo autonomo, durante uno dei tre anni immediatamente precedenti lanno per il quale richiesta la registrazione. 27. Alla luce dei predetti considerando evidente che lart. 11 debba essere letto nel senso di escludere dai benefici doganali accordati tutte le attivit di importazioni eseguite solo formalmente da nuovi operatori ma che in realt erano poste in essere a beneficio degli operatori tradizionali. 28. evidente che se si accordassero i benefici doganali a tali attivit si violerebbe apertamente il disposto dellart. 11, che richiede, quale condizione, per i nuovi operatori, lesercizio di unattivit di importazione nel settore indicato allarticolo 7, per proprio conto, come entit economica autonoma quanto alla direzione, al personale e allesercizio. 29. Infatti, la necessit di un reale ingresso di nuovi attori sul mercato collegata necessariamente allassunzione di uno specifico rischio di impresa nel nuovo settore commerciale intrapreso dai nuovi operatori, che possono concretamente accedere ad un mercato governato da un oligopolio in quanto siano predisposte, a loro favore, forti agevolazioni doganali. 30. Pertanto, in tutti i casi come quello da cui originata la presente questione pregiudiziale, in cui, come sottolineato nellordinanza di rinvio: a) gli operatori nuovi arrivati erano privi di strutture per la conservazione e il trasporto delle banane e le acquistavano al solo fine dello sdoganamento a dazio agevolato, rivendendole poi ad un prezzo predeterminato allo stesso soggetto che gliele aveva vendute; b) gli operatori nuovi arrivati non affrontavano il rischio della cauzione, perch esso gravava interamente sullimportatore tradizionale, attraverso un meccanismo di indennizzo; c) il pagamento del dazio da parte del nuovo importatore era computato nel corrispettivo globale pattuito in anticipo; d) il rischio- prezzo era escluso, essendo i prezzi di acquisto e di vendita delle banane preventivamente concordati; e) era esclusa, per gli operatori nuovi, ogni possibilit di avvantaggiarsi delloscillazione dei prezzi, si deve ravvisare sia la violazione dellart. 11 che dellart. 21 del citato regolamento con conseguente revoca dei benefici doganali accordati, in quanto i nuovi operatori facevano esclusivamente da prestanome e non hanno mai assunto il rischio di impresa nel settore in cui sono apparentemente entrati. 31. Sul secondo quesito 32. Dalla risposta negativa al primo quesito discende anche quella di uguale segno al secondo quesito. 33. Pur essendo astrattamente ammissibile una formale operazione di acquisto della merce allo stato estero e di successiva rivendita dopo limportazione, per non essere la stessa vietata dal regolamento, tuttavia tale operazione, inserita nel contesto sopra descritto, ha comportato la mancata realizzazione degli obiettivi del regolamento, in particolare non ha realizzato lingresso nel mercato di nuovi operatori commerciali, per non avere questi ultimi assunto alcun effettivo rischio dimpresa e per non aver posto in essere alcuna organizzazione di mezzi riguardo alle operazioni di importazione. 34. Unoperazione di tipo essenzialmente cartolare non pu rendere chi la compie un nuovo operatore del mercato in cui compiuta, se non si inserisce in unautonoma strategia commerciale del soggetto che deve essere associata ad una serie di elementi a ci indispensabili: investimenti crescenti in funzione dei rischi sostenuti, pluralit di soggetti e di partners commerciali, spese correlate agli oneri sostenuti, dotazione o disponibilit di mezzi da adibire al commercio del prodotto, spese di promozione commerciale. 35. Loperazione di importazione compiuta a dazio agevolato dal nuovo operatore non pu considerarsi compiuta in proprio conto dallo stesso importatore; infatti, in fattispecie come quella oggetto del giudizio principale, loperatore tradizionale tornava semplicemente in possesso della stessa quantit di merce che aveva in precedenza ceduto allo stato estero senza che fosse stato aggiunto ad essa, dal nuovo importatore, alcun valore se non, unicamente, lo sdoganamento della stessa a dazio agevolato. 36. Ne discende da tale operazione lassenza del rischio di impresa, incompatibile con lesercizio di attivit imprenditoriale e con la sana concorrenza, obiettivo del regolamento n. 2362/98. 37. Sul terzo quesito 38. Il terzo quesito merita una risposta positiva. 39. Lart. 21 del Reg. n. 2362/98, paragrafo 2, prevede che il trasferimento dei diritti non ammesso da un operatore nuovo arrivato a favore di un operatore tradizionale. 40. La risposta positiva al quesito discende sia dalle disposizioni del Regolamento sia dalla giurisprudenza di Codesta Corte in tema di abuso del diritto. 41. Pur prevedendo il regolamento n. 2362/98 il divieto di trasferimento dei diritti derivanti dai titoli di importazione e non disciplinando alcun divieto di vendita da parte di un operatore nuovo arrivato ad un operatore tradizionale di un prodotto gi messo in libera pratica, tuttavia, la risposta negativa al terzo quesito discende da quanto detto sopra in relazione ai precedenti quesiti, ossia dallobbligo, in capo alloperatore nuovo di effettuare, per conto proprio, limportazione nella Comunit, assumendo il rischio dimpresa. 42. La risposta positiva al quesito conforme a quanto statuito da Codesta Corte in materia di pratiche abusive. 43. Nella sentenza Emsland-Starke GmbH, C 110/99 Codesta Corte ha affermato che 52 La constatazione che si tratta di una pratica abusiva richiede, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa comunitaria, lobiettivo perseguito dalla detta normativa non stato raggiunto. 53 Essa richiede, daltra parte, un elemento soggettivo che consiste nella volont di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa comunitaria mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento. Lesistenza di un simile elemento soggettivo pu essere dimostrata, in particolare, dalla prova di una collusione tra lesportatore comunitario, beneficiario delle restituzioni e limportatore della merce nel paese terzo. 54 Spetta al giudice nazionale stabilire lesistenza dei due detti elementi, la cui prova pu essere fornita conformemente alle norme del diritto nazionale, purch ci non pregiudichi lefficacia del diritto comunitario. 44. Nella fattispecie, oggetto della causa principale, sussistono entrambi gli elementi richiesti da Codesta Corte affinch si configuri una pratica abusiva. 45. Le circostanze oggettive, che provano il mancato raggiungimento dellobiettivo perseguito dal Regolamento che consisteva nel favorire una sana concorrenza, consentendo ad i nuovi operatori di impegnarsi nel commercio di banane, sono evidenziate a pagina 21 dellordinanza di rimessione della Corte di Cassazione: a) gli operatori nuovi arrivati erano privi di strutture per la conservazione e il trasporto delle banane e le acquistavano al solo fine dello sdoganamento a dazio agevolato, rivendendole poi ad un prezzo predeterminato allo stesso soggetto che gliele aveva vendute; b) gli operatori nuovi arrivati non affrontavano il rischio della cauzione, perch esso gravava interamente sullimportatore tradizionale, attraverso un meccanismo di indennizzo; c) il pagamento del dazio da parte dellimportatore era computato nel corrispettivo globale pattuito in anticipo; d) il rischio-prezzo era escluso, essendo i prezzi di acquisto e di vendita delle banane preventivamente concordati; e) era del pari esclusa, per gli operatori nuovi, ogni possibilit di avvantaggiarsi delloscillazione dei prezzi; f) Del Monte pagava a S.I.M.B.A. la provvigione una sola volta e non pagava nessuna provvigione ai nuovi operatori; dunque questi ultimi erano commercialmente irrilevanti. 46. Lelemento soggettivo, consistente nella volont di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa comunitaria mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento, emerge dallintera operazione commerciale posta in essere al solo fine di continuare ad importare banane a dazio agevolato da parte degli operatori tradizionali. V. CONCLUSIONI 47. In conclusione, il Governo Italiano, suggerisce di rispondere ai quesiti sottoposti al suo esame nel seguente modo: a) Lart. 11 del Regolamento CE n. 2362/98, il quale prevede a carico degli Stati membri lonere di accertare se gli operatori che esercitano unattivit di importazione per proprio conto come entit economica autonoma quanto alla direzione, al personale e allesercizio, deve essere interpretato nel senso che sono escluse dai benefici doganali tutte le attivit di importazione eseguite per conto di un operatore tradizionale qualora queste siano svolte da soggetti solo formalmente in possesso dei requisiti previsti per i nuovi operatori dallo stesso Regolamento; b) Il Regolamento CE n. 2362/98 non consente ad un operatore tradizionale di vendere banane che si trovano al di fuori del territorio dellUnione ad un operatore nuovo arrivato accordandosi con questultimo perch provveda a far entrare nel territorio dellUnione le banane a dazio agevolato e le rivenda allo stesso operatore tradizionale ad un prezzo concordato prima dellintera operazione, senza sopportare alcun effettivo rischio dimpresa e senza fornire alcuna organizzazione di mezzi quanto a tale operazione; c) Laccordo di cui al precedente punto b integra una violazione del divieto di cessione di diritti dagli operatori nuovi agli operatori tradizionali di cui allart. 21, paragrafo 2, del regolamento CE n. 2362/98, con la conseguenza che la cessione effettuata resta priva di effetto e il dazio risulta dovuto nella misura piena e non in quella agevolata, ai sensi del- lart. 4, paragrafo 3, del Regolamento n. 2988/95. Roma, 13 marzo 2014 avvocato dello Stato Anna Collabolletta Causa C-653/13 - Materia: Ambiente - Rifiuti -Ricorso presentato il 10 dicembre 2013 - Commissione europea / Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA CONTRORICORSO del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia, - resistente contro la COMMISSIONE EUROPEA (in prosieguo la Commissione), rappresentata dalle Sig.re Donatella Recchia e Eulalia Sanfrutos Cano, membri del suo Servizio giuridico, in qualit di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, edificio BECH, 2721, presso la Sig.ra Merete Clausen, anchella membro del suo Servizio giuridico, - ricorrente nella causa C-653/13 introdotta con ricorso ai sensi dellart. 260, par. 2, TFUE INDICE I I FATTI E LA PROCEDURA. IL CONTESTO NORMATIVO DELLUNIONE EUROPEA (punti da 1 a 8) II SULLA MANCATA ESECUZIONE DELLA SENTENZA pg. 3 [80] (punti da 9 a 51) II.1 Lautosufficienza nazionale nella gestione dei rifiuti indifferenziati (punti da 10 a 18) II.2 La stabilit del sistema di gestione dei rifiuti urbani nella regione Campania (punti da 19 a 26) II.3 Le misure adottate per la creazione di una rete integrata di gestione dei rifiuti nella regione Campania (punti da 27 a 51) III SULLA RICHIESTA DI APPLICAZIONE DELLE SANZIONI pg. 5 [82] pg. 6 [82] pg. 9 [85] pg. 11 [86] (punti da 52 a 67) IV CONCLUSIONI pg. 18 [89] (punto 68) *** pg. 21 [91] I I FATTI E LA PROCEDURA. IL CONTESTO NORMATIVO DELLUNIONE EUROPEA. 1. Con ricorso depositato in data 11 dicembre 2013, ai sensi dellart. 260, par. 2, TFUE, la Commissione ha chiesto che la Corte: dichiari che, non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia dellUnione europea del 4 marzo 2010, nella causa C297/ 08, nella quale stato dichiarato che la Repubblica italiana, non avendo adottato, per la regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute delluomo e senza recare pregiudizio al- lambiente e, in particolare, non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 4 e 5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, re lativa ai rifiuti (in prosieguo la sentenza di accertamento), la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che le incombono in virt dellarticolo 260, paragrafo 1, TFUE; ordini alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una penalit giornaliera pari a EUR 256.819,2 (cio EUR 85.606,4 al giorno per ogni categoria di installazione), meno leventuale riduzione risultante dalla formula di degressivit proposta, dal giorno in cui sar pronunciata la sentenza nella presente causa fino al giorno in cui sar stata eseguita la sentenza nella causa C-297/08; ordini alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una somma forfetaria il cui importo risulta dalla moltiplicazione di un importo giornaliero pari a EUR 28.089,6 per il numero di giorni di persistenza dellinfrazione dal giorno della pronunzia della sentenza nella causa C-297/08 alla data alla quale sar pronunziata la sentenza nella presente causa, condanni la Repubblica italiana al pagamento delle spese di giudizio. 2. Il ricorso contiene una compiuta descrizione del contenuto della sentenza di accertamento, delle vicende che hanno caratterizzato la procedura di infrazione e degli altri antefatti processuali. Si pu fare rinvio a tale descrizione ai fini del presente controricorso. 3. Lesecuzione della sentenza di accertamento deve essere valutata alla luce delle pertinenti disposizioni della direttiva 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE (in prosieguo: la direttiva rifiuti), direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti, che ha abrogato, tra le altre, la direttiva 2006/12/CE. 4. La materia in precedenza regolata dallart. 4 della direttiva 2006/12/CE ora disciplinata dagli artt. 13 e 36, par. 1, della direttiva rifiuti. 5. Lart. 13, rubricato Protezione della salute umana e dellambiente, stabilisce quanto segue: Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio allambiente e, in particolare: a) senza creare rischi per lacqua, laria, il suolo, la flora o la fauna; b) senza causare inconvenienti da rumori od odori e c) senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse. 6. Lart. 36, intitolato Applicazione e sanzioni, al par. 1, dispone: Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare labbandono, lo scarico e la gestione incontrollata dei rifiuti. 7. La materia gi regolata dallart. 5 della direttiva 2006/12/CE ora contenuta nellart. 16 della direttiva rifiuti, intitolato Principi di autosufficienza e prossimit, il quale dispone quanto segue: 1. Gli Stati membri adottano, di concerto con altri Stati membri qualora ci risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili. In deroga al regolamento (CE) n. 1013/2006, al fine di proteggere la loro rete gli Stati membri possono limitare le spedizioni in entrata di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia stato accertato che tali spedizioni avrebbero come conseguenza la necessit di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i loro piani di gestione dei rifiuti. Gli Stati membri notificano siffatta de cisione alla Commissione. Gli Stati membri possono altres limitare le spedizioni in uscita di rifiuti per motivi ambientali come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006. 2. La rete concepita in modo da consentire alla Comunit nel suo insieme di raggiungere lautosufficienza nello smaltimento dei rifiuti nonch nel recupero dei rifiuti di cui al paragrafo 1 e da consentire agli Stati membri di mirare individualmente al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessit di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti. 3. La rete permette lo smaltimento dei rifiuti o il recupero di quelli menzionati al paragrafo 1 in uno degli impianti appropriati pi vicini, grazie allutilizzazione dei metodi e delle tecnologie pi idonei, al fine di garantire un elevato livello di protezione dellambiente e della salute pubblica. 8. 4. I principi di prossimit e autosufficienza non significano che ciascuno Stato membro debba possedere lintera gamma di impianti di recupero finale al suo interno. II SULLA MANCATA ESECUZIONE DELLA SENTENZA 9. Il Governo italiano intende contestare le conclusioni che la Commissione pone a fondamento del proprio ricorso. Nel prosieguo del presente scritto, pertanto, si cercher di dimostrare che: - non (pi) violato il principio di autosufficienza, come definito dallart. 16 della direttiva 2008/98/CE: alla data di scadenza prevista dalla lettera di messa in mora, la capacit nazionale di smaltire e recuperare i rifiuti urbani indifferenziati dimostrata dai dati certificati dallIstituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA); -non sono (pi) rinvenibili rischi per la salute e per lambiente e, conseguentemente, non sono (pi) violati i principi di cui agli artt. 13 e 36 della direttiva 2008/98/CE, secondo il quale gli Stati membri devono garantire che i rifiuti siano smaltiti senza recare pregiudizio allambiente e senza pericolo per la salute delluomo: alla data di scadenza della messa in mora non erano pi presenti, da mesi, rifiuti per le strade della regione Campania; - sono state adottate le misure necessarie alla piena attuazione della sentenza di accertamento, al fine di completare una rete integrata di gestione dei rifiuti anche nella regione Campania. II.1 Lautosufficienza nazionale nella gestione dei rifiuti indifferenziati 10. La Commissione afferma che ( l)a produzione annua di rifiuti in Campania ammonta all8,41% della produzione nazionale e la popolazione della suindicata regione rappresenta il 9,70% della popolazione nazionale. Come gi ricordato dalla Corte, una carenza importante nella capacit della Campania di smaltire i rifiuti che essa produce tale da compromettere seriamente la capacit della Repubblica italiana di perseguire lobiettivo dellautosufficienza nazionale (punto 121 del ricorso). 11. Questa affermazione resta, evidentemente, ancorata alla situazione esistente alla data della sentenza di accertamento e non tiene conto dellevoluzione successiva registratasi in Italia (e, in particolare, della messa in opera di sufficientemente efficaci sistemi di cooperazione interregionale e transfrontaliera). 12. A confutazione di quanto dedotto dalla Commissione, si producono i dati certificati dal- lISPRA in una propria relazione del 3 marzo 2014, vertente appunto sulla capacit dello Stato italiano di assicurare lobiettivo dellautosufficienza nazionale, i quali dimostrano incontestabilmente come, nella gestione dei rifiuti urbani indifferenziati, tale obiettivo possa dirsi raggiunto e come, conseguentemente, sia da ritenersi erroneo lassunto della Commissione. 13. Nel rinviare al contenuto di tale relazione (allegato B.1 al presente controricorso), si evidenziano, di seguito i principali elementi di informazione. 14. Di particolare rilevanza, innanzitutto, sono i dati relativi ai flussi di rifiuti per il 2012, i quali evidenziano che, dallanalisi della banca dati MUD, contenente tutte le dichiarazioni dei soggetti che producono e gestiscono rifiuti sul territorio italiano (1), emerge che non ci sono quote di rifiuti urbani indifferenziati che dalla Campania vengono esportate per essere gestite in altri Stati membri o fuori dallUnione europea. Meno di 140 mila tonnellate di frazione secca prodotta dagli impianti di trattamento meccanico biologico (STIR) presenti sul territorio regionale sono state esportate nel 2012 a impianti di incenerimento/recupero di energia localizzati nei Paesi Bassi (circa 127 mila tonnellate), in Svezia (7000 tonnellate) e in Germania (2000 tonnellate) (all. B.1, pag. 4, penultimo paragrafo - enfasi e sottolineature nostre) (2). 15. Il dato dimostra chiaramente, per il 2012, la sufficiente capacit nazionale di smaltimento e recupero di tutti i rifiuti urbani indifferenziati nazionali, ivi compresi quelli prodotti nella regione Campania e, quindi, il rispetto degli obiettivi di autosufficienza, nei limiti in cui questi sono fissati dallart. 16 della direttiva 2008/98/CE, il cui paragrafo 4 chiarisce espressamente che i principi di prossimit e autosufficienza non implicano che ciascuno Stato membro debba possedere lintera gamma di impianti di recupero finale al suo interno. 16. Tale risultato si deve, come anticipato, alla realizzazione da parte delle autorit italiane, successiva alla sentenza di accertamento, di un sistema di cooperazione interregionale che ha garantito e garantisce la capacit della rete nazionale di smaltire e recuperare, a livello nazionale, la totalit dei rifiuti urbani indifferenziati, compresi quelli prodotti nella regione Campania. (1) Il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (MUD) stato istituto dalla legge n. 70 del 1994 e, a partire dal 1996, rappresenta la principale fonte di informazione in merito alla produzione, gestione, trasporto dei rifiuti speciali ed urbani a livello nazionale. La Banca dati MUD formata dal- linsieme delle informazioni risultanti da tali dichiarazione. Le dichiarazioni presentate dai soggetti obbligati sono, in particolare, raccolte dalle Camere di commercio, che le informatizzano per la trasmissione agli enti competenti (Catasto Nazionale, Agenzie Regionali per lAmbiente, Province, organi di controllo) e predispongono una raccolta statistica articolata su base provinciale. Nel corso degli anni sono variati i soggetti obbligati alla presentazione e i dati da comunicare: dal 2013 la trasmissione del MUD esclusivamente telematica, fatta eccezione per i piccoli produttori di rifiuti. Sono tenuti alla presentazione della comunicazione produttori e gestori di rifiuti speciali, Comuni, Consorzi e Comunit Montane per le raccolte di rifiuti urbani e assimilabili, Consorzi, gestori di veicoli fuori uso e produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Il portale consente di ricercare e consultare le dichiarazioni MUD presentate a partire dal 2005 dai soggetti obbligati (circa 400 mila ogni anno) e di stampare visure ed elenchi di dichiarazioni. Gli enti competenti possono inoltre scaricare gli archivi contenenti tutte le dichiarazioni di propria competenza. (2) Gli S.T.I.R. (Stabilimenti di Tritovagliatura e Imballaggio dei Rifiuti) sono degli impianti nei quali si realizza il processo di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati (R.U.I.), attraverso varie fasi, allesito delle quali i R.U.I. vanno, in prevalenza, a costituire una frazione secca tritovagliata, che pu essere utilizzata quale combustile in un termovalorizzatore, e in una frazione umida tritovagliata, da destinare al riciclaggio (attraverso il processo di ossidazione, tale frazione si trasforma in un materiale organico stabilizzato, con basso contenuto di umidit e non putrescibile, in genere utilizzato per interventi di riqualificazione ambientale, come ad esempio bonifiche di cave o di discariche). Lo scarto ferroso viene inviato a recupero. Lo scarto di raffinazione - ossia quella parte della frazione umida non stabilizzabile - viene avviata al ciclo dei rifiuti. 17. Il fondamento di tale aspetto del ricorso della Commissione postulerebbe, quindi, la dimostrazione da parte di essa (onerata, evidentemente, della prova) dellerroneit dei dati certificati dallISPRA, i quali, viceversa, attestano incontrovertibilmente che la rete nazionale tale da garantire persino una capacit residua di trattamento: () dalla regione Campania vengono avviate fuori regione circa 862 mila tonnellate di rifiuti delle quali solo 380 tonnellate sono di rifiuti urbani indifferenziati (CER 200301). Le altre quote di rifiuti urbani, destinati a impianti fuori regione sono rappresentate da frazioni merceologiche di raccolta differenziata (carta, vetro) avviata al recupero di materia. In particolare, per quanto riguarda la frazione organica, le quote principali sono destinate ad impianti di compostaggio localizzati in Puglia e al centro-nord del Paese. Gli impianti di compostaggio localizzati al nord che ricevono questa frazione, anche in presenza di elevati livelli di raccolta differenziata. Dispongono di capacit impiantistica in grado di sostenere anche il trattamento di rifiuti provenienti da altre regioni. A tal riguardo, si evidenza che il principio di prossimit non si applica alle quote di rifiuti urbani destinate al recupero. A livello nazionale, i quantitativi di rifiuti organici da raccolta differenziata complessivamente trattati dagli impianti operativi di compostaggio e di digestione anaerobica ammontano, nel 2012, a quasi 4,2 milioni di tonnellate. Includendo anche altre tipologie di rifiuti (tra cui fanghi, rifiuti organici di provenienza agroindustriale, ecc.) il totale gestito ammonta a circa 5,1 milioni di tonnellate. La quantit complessiva autorizzata degli impianti operativi risulta di poco inferiore a 6.9 milioni di tonnellate da cui ne consegue una percentuale residua di trattamento pari al 26,9% (quasi 1,8 milioni di tonnellate) (all. B.1, pag. 3, ultimo paragrafo e ss.). 18. La relazione attesta, inoltre, che una capacit residua disponibile per le altre tipologie di impianti: (i) La potenzialit degli impianti operativi di trattamento meccanico-biologico localizzati sullintero territorio nazionale, rilevata nellultimo censimento ISPRA riferito al 2011, pari a circa 14 milioni di tonnellate, mentre i quantitativi di rifiuti effettivamente trattati sono pari a circa 9,2 milioni di tonnellate. Risulta quindi una capacit residua di trattamento di circa 4,8 milioni di tonnellate (all. B.1, pag. 5, penultimo paragrafo - enfasi aggiunta); (ii) La capacit residua delle discariche per rifiuti non pericolosi che hanno ricevuto rifiuti urbani, calcolata al 31 dicembre 2012 sulla base dei dati trasmessi dagli enti locali (Province, Agenzie regionali e provinciali per la protezione dellambiente e Regioni), pari a circa 37,5 milioni di metri cubi. Tale valore, riferendosi al 67% degli impianti, rappresenta una sottostima delleffettiva capacit disponibile alla data di rilevazione (per la restante quota i dati della capacit residue non sono attualmente disponibili). Al riguardo, si rileva, inoltre, che a livello nazionale sono presenti ulteriori discariche per rifiuti non pericolosi che attualmente ricevono altre tipologie di rifiuti ma che potrebbero, comunque, essere autorizzate allo smaltimento degli RU, incrementando ulteriormente la volumetria complessiva disponibile per lo smaltimento di tale tipologia di rifiuti (all. B.1, pag. 7, secondo paragrafo - enfasi aggiunta); (iii) Anche le quote di rifiuti urbani indifferenziati, frazione secca e CSS (provenienti dal trattamento degli RU) avviate a incenerimento, calcolate in percentuale rispetto alla produzione, mostrano una progressiva crescita negli anni, con una capacit residua di trattamento, che potrebbe essere utilizzata ai fini della gestione di ulteriori quote di rifiuti urbani, pari, nel 2012, al 13,5% della quantit totale autorizzata (circa 870 mila tonnellate). II.2 La stabilit del sistema di gestione dei rifiuti urbani nella regione Campania 19. La sentenza di accertamento stabilisce, indubbiamente, un nesso diretto tra la presenza di quantitativi ingenti di rifiuti ammassati per le strade, nella fattispecie nella regione Campania, e la prova, da un lato, del mancato rispetto dei principi di autosufficienza e prossimit e, dallaltro lato, del pregiudizio - o quanto meno del rischio di pregiudizio -agli obiettivi tutelati dalla direttiva rifiuti e, in particolare, dai suoi attuali artt. 13 e 36, par.1. 20. La situazione di accumulo dei rifiuti abbandonati per le strade cittadine ha, in altre parole, portato la Corte a ravvisare, nella sentenza di accertamento, la violazione del principio, fondamentale nellimpianto della direttiva rifiuti, che impone agli Stati membri di assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute delluomo e senza pregiudizio per lambiente (3). 21. La valutazione contenuta nella sentenza di accertamento si fondava, infatti, principalmente sulla circostanza che nel marzo del 2008, data di scadenza del termine fissato dalla Commissione nel parere motivato ex art. 226 CE, i rifiuti giacenti nelle strade ammontavano a circa 55.000 tonnellate e che gli stessi si aggiungevano ai rifiuti, stimabili in una cifra compresa tra 110.000 e 120.000 di tonnellate, che si trovavano in attesa di trattamento nei siti comunali di stoccaggio. 22. Si deve convenire che, qualora tale situazione non fosse stata risolta a data attuale, o quanto meno non fosse stata modificata in maniera molto significativa, a giusto titolo la Commissione potrebbe contestare la mancata esecuzione della sentenza da parte delle autorit italiane. 23. Sennonch, la Commissione - nella lettera di costituzione in mora che ha proceduto lodierno ricorso e nel ricorso medesimo - contesta questo profilo di inadempimento bench lattuale situazione di fatto non sia in alcun modo paragonabile a quella che ha fondato la prima sentenza. 24. Non solo la censura non in alcun modo provata, ma costituisce fatto notorio il contrario: che, cio, alla scadenza del termine fissato nella lettera di costituzione in mora per dare esecuzione alla sentenza di accertamento (15 gennaio 2012), non erano presenti, da mesi, rifiuti per le strade della regione Campania. 25. La stessa Commissione appare perfettamente consapevole che il blocco nello smaltimento dei rifiuti urbani, verificatosi nei mesi di giugno e luglio 2011, ha avuto carattere del tutto episodico, atteso che essa, al punto 56 del ricorso, riconosce espressamente che le criticit evidenziate nella lettera di messa in mora del 30 settembre 2011, erano gi risolte da met agosto 2011 (() secondo quanto riferito dagli organi di stampa, laccumularsi di tonnellate di rifiuti era continuato durante tutto il mese di luglio 2011 e sino alla met del- lagosto 2011). 26. La Commissione, pertanto, non pu fondatamente sostenere che tale situazione caratterizza in modo sistematico la gestione dei rifiuti della regione Campania. In effetti, dalla (3) Cfr., ad esempio, punto 106 della sentenza di accertamento: (u)n accumulo nelle strade e nelle aree di stoccaggio temporanee di quantitativi cos ingenti di rifiuti, come avvenuto nella regione Campania alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, ha dunque indubbiamente creato un rischio per lacqua, laria, il suolo e per la fauna e la flora ai sensi dellart. 4, n. 1, lett. a), della direttiva 2006/12. Inoltre, tali quantitativi di rifiuti provocano inevitabilmente inconvenienti da odori, ai sensi del n. 1, lett. b), di tale articolo, in particolare se i rifiuti rimangono per un lungo periodo abbandonati a cielo aperto nelle strade o nelle vie. met dellagosto 2011, episodi di questo tipo - allepoca determinati da una pronuncia di un giudice amministrativo italiano, come riferisce la stessa Commissione - non si sono pi riprodotti. Il che costituisce una riprova di quanto gi affermato nella risposta alla Commissione delle autorit italiane, le quali avevano evidenziato il carattere contingente dei fattori che avevano portato alla crisi della met del 2011, in un quadro di sostanziale adeguatezza delle misure adottate per dare esecuzione alla sentenza di accertamento, le quali avrebbero garantito, senza soluzione di continuit, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani indifferenziati. II.3 Le misure adottate per la creazione di una rete integrata di gestione dei rifiuti nella regione Campania 27. Le autorit italiane avevano adottato - alla data di scadenza fissata dalla lettera di costituzione in mora (15 gennaio 2012) e tanto pi, alla data di deposito del ricorso - tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza di accertamento, anche nelle parti in cui questa richiama al rispetto al principio di prossimit (v. punti 64 e 65): principio che, peraltro, la Commissione finisce per enfatizzare eccessivamente nel proprio ricorso, tanto da stabilire un nesso - assolutamente inesistente in questi termini - tra ladeguatezza delle rete impiantisca della regione Campania e la violazione (anche) del principio di autosufficienza nazionale previsto dallart. 5 della direttiva 2006/12/CE (ora art. 16 della direttiva 2008/98/CE) (4) . 28. La sentenza di accertamento, al punto 66, chiarisce effettivamente che gli Stati membri devono ... adoperarsi per disporre di una rete che consenta loro di soddisfare lesigenza di impianti di stabilimento quanto pi vicini possibili ai luoghi di produzione, ma aggiunge che resta ferma la possibilit di organizzare una rete siffatta nellambito di cooperazioni interregionali, o addirittura transfrontaliere che rispondano a propria volta al principio di prossimit. 29. Non , quindi, possibile stabilire un nesso diretto tra principio di autosufficienza nazionale -il quale attiene alla capacit complessiva dello Stato membro di gestire i rifiuti, eventualmente avvalendosi dei meccanismi di cooperazione transfrontaliera - e principio di prossimit, il quale attiene alla capacit dello Stato di garantire lo smaltimento dei rifiuti o il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica in impianti quanto pi possibile vicini al luogo di produzione dei rifiuti o di far ricorso alla cooperazione interregionale o transfrontaliera con il minimo possibile pregiudizio del criterio della vicinanza territoriale. 30. In altre parole, il ricorso alla cooperazione interregionale e transfrontaliera non implica necessariamente la violazione del principio di prossimit, mentre leventuale violazione di tale principio non implica necessariamente la violazione del principio di autosufficienza nazionale, la quale deve essere autonomamente dimostrata dalla Commissione. (4) Si veda, ad esempio, il punto 39 e, soprattutto, il punto 121 del ricorso: (...) una carenza importante nella capacit della Campania di smaltire i rifiuti che essa produce tale da compromettere seriamente la capacit della Repubblica italiana di perseguire lobiettivo dellautosufficienza nazionale . Questa constatazione , bens, contenuta anche nel punto 70 della sentenza di accertamento, ma essa va inquadrata nel contesto di fatto esaminato dalla Corte (cio alla situazione esistente allepoca della scadenza del primo parere motivato), nel quale - alla accertata inadeguatezza, al tempo, della rete di trattamento dei rifiuti della regione Campania - si accompagnava linsufficiente attivazione dei meccanismi di cooperazione interregionale o transfrontaliera. 31. Comunque, come gi anticipato, le autorit italiane ritengono di avere adottato tutte le misure possibili per adeguare la rete di impianti della regione Campania alle esigenze di trattamento dei rifiuti proprie di tale regione e, nel contempo, per gestire la fase transitoria -quella, cio, che condurr allassetto definitivo del sistema di gestione del ciclo dei rifiuti, previsto per il 2016 - in modo che siano pienamente salvaguardati gli interessi tutelati dalla direttiva rifiuti. 32. Su tali aspetti, sia consentito, al fine di non appesantire eccessivamente il presente scritto difensivo, rinviare alla relazione prodotta dalla regione Campania (allegato B.2 al controricorso), il cui contenuto - che sar richiamato solo per alcuni passaggi essenziali - si abbia qui per integralmente riprodotto. 33. Da tale relazione si evince, innanzi tutto, che le autorit competenti, oltre ad avere risolto definitivamente - gi da agosto 2011, come gi detto - la situazione dellaccumulo di rifiuti abbandonati per le strade cittadine, hanno provveduto, nel gennaio 2012, alla necessaria revisione del Piano Regionale Gestione Rifiuti Urbani (PRGRU - testo pubblicato nel Bollettino ufficiale della regione Campania n. 5 del 24 gennaio 2012), secondo quanto prescritto dalla Commissione per la risoluzione concordata della procedura di infrazione. 34. Il processo di revisione del PRGRU stato, infatti, caratterizzato da una permanente collaborazione tra lIstituzione dellUnione - che ha costantemente preso posizione sulladeguatezza del piano - e le autorit italiane, come dimostra il ripetuto invio di versioni successive della bozza di piano, di cui la Commissione d atto ai punti da 11 a 15 del ricorso. 35. Il piano stato, quindi, condiviso con la Commissione ed stato messo in pratica, come riconosce in pi punti il ricorso medesimo (si veda, per tutti, il punto 160): in esso, era chiarito che le misure necessarie a rendere intrinsecamente autosufficiente il ciclo di gestione dei rifiuti in Campania sarebbero divenute operative nel 2016, come confermato dalla ricorrente nel punto 23 dellatto introduttivo, nel quale si d conto anche della circostanza che, nella riunione del 25 gennaio 2012, la Commissione, posta a conoscenza dei contenuti del piano, ha invitato le autorit italiane a far s che in Campania i rifiuti venissero gestiti in modo adeguato anche durante il periodo transitorio 2012 2016 fino alla entrata in funzione di tutti gli impianti previsti dal piano. 36. La sostanziale accettazione del percorso proposto dalle autorit italiane da parte della Commissione, fa s che ogni eventuale contestazione dovrebbe oggi appuntarsi sullefficacia delle misure transitorie predisposte nella regione Campania. 37. Ora, nella relazione della regione Campania (All. B.2, pag. 2, ultimo paragrafo) si evidenzia che il programma di gestione del periodo transitorio stato elaborato ed stato, anchesso, trasmesso alla Commissione. Landamento di tale programma stato illustrato, come concordato con la Commissione, attraverso report trimestrali (il quinto dei quali, non conosciuto dalla Commissione allepoca della redazione del ricorso, viene qui prodotto quale allegato B.3 al presente controricorso). 38. Alla pagina 3 e 4 della relazione prodotta allallegato B.2 si descrivono sinteticamente i risultati dellattuazione del programma, poi pi diffusamente analizzati nel resto della relazione, attraverso unanalisi suddivisa per le seguenti aree tematiche: - incremento della raccolta differenziata con particolare riferimento alla citt di Napoli (All. B.2, pagg. da 5 a 8); - capacit di trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta separatamente (All. B.2, pagg. da 9 a 15); - dotazione impiantistica per il recupero energetico (termovalorizzatori) e per lo smalti mento (discariche) dei rifiuti urbani residuali della raccolta differenziata (All. B.2, pagg. da 16 a 20); -gestione dei rifiuti stoccati (ecoballe e altri rifiuti storici) (All. B.2, pagg. da 20 a 22); - smaltimento dei rifiuti urbani residuali alla raccolta differenziata nel 2013 (All. B.2, pagg. da 22 a 26). 39. Ne emerge un sistema di gestione di rifiuti stabile, che si mantiene in equilibrio e che contrariamente a quanto affermato nel ricorso (cfr., in particolare, il punto 59) - dipende solo in misura ridotta dai trasferimenti fuori regione, anche in ragione della costante diminuzione della quantit complessiva di rifiuti prodotti. 40. Nel rinviare, come gi detto, ai contenuti integrali della relazione, merita soffermarsi sul dato sintomatico - e come tale considerato nel ricorso della Commissione - della raccolta differenziata (in prosieguo: RD). 41. Il dato complessivo della RD nella regione, a dicembre 2013, si attesterebbe al 50%, secondo i dati provvisori forniti dallUfficio flussi delle regione Campania (v. quinto report trimestrale - All. B.3, pag. 2, penultimo paragrafo). Il dato certificato dallISPRA, riferito al 2012, del 41,5% (cfr. all. B.1, pag. 2, prima tabella e primo paragrafo). 42. Anche limitandosi alla sola provincia di Napoli, il trend dei risultati positivo: nel 2012 la RD in provincia di Napoli ha raggiunto il 36,48%, con un incremento di 5 punti percentuali rispetto allanno precedente. Nel 2013, tale percentuale si ulteriormente incrementata di 4 punti, secondo i dati forniti dallUfficio flussi regionale (non ancora certificati al momento in cui si redige il presente atto) (5). 43. Non si vede come questi dati, sostanzialmente rispondenti a quelli che le autorit italiane avevano comunicato come obiettivo, possano giustificare il giudizio di insufficienza che ne trae la Commissione, la quale sorprendentemente finisce per fare leva sul differenziale che si registra tra il risultato della provincia di Napoli e il risultato complessivo dalla regione Campania (con la conseguenza, paradossale, che quanto pi le autorit italiane migliorassero i risultati nel resto della regione, tanto pi negativo sarebbe il giudizio sullesecuzione della sentenza, che la Commissione evidentemente indirizza sulle sole realt territoriali pi funzionali alle proprie necessit processuali). Non sembra, comunque, inutile ricordare che i dati della sola provincia di Napoli sono in linea con la media europea di raccolta differenziata, che, nel 2012, si attestava al 34% (6). 44. N sembra pertinente largomento utilizzato dalla Commissione, secondo il quale la realt della provincia di Napoli sarebbe pi significativa, in quanto in tale parte delle regione concentrata la maggior produzione di rifiuti: se ci vero, come vero, anche vero che il dato di tale provincia ha finito inevitabilmente per influenzare in maniera determinante la media regionale (la quale si determina sulla base del totale dei rifiuti regionali e sul totale di quelli per cui effettuata la RD). Ma ci non ha impedito che questa si attestasse alle percentuali di cui si detto. 45. Altro accenno particolare merita la situazione dei c.d. rifiuti storici, di cui la Commissione tratta nei punti da 89 a 106 del proprio ricorso e che essa assume quale fattore di aggrava (5) In particolare, a fronte di un dato costante, non del tutto soddisfacente, della comune di Napoli (ca. 1.000.000 di abitanti), che si fermato a una percentuale del 21% nel 2012 e nel 2013, il resto della provincia di Napoli (ca. 2.000.000 di abitanti) ha registrato una raccolta differenziata del 45% del 2012 e tale percentuale aumentata al 49%, secondo le stime riferite al 2013. (6) Fonte Eurostat 2012. mento dellillecito, ai fini della determinazione della sanzione (punto 154 del ricorso). 46. Nella relazione della regione Campania, si attesta che utilizzando la diponibilit della discarica di San Tammaro si proceduto a svuotare quasi completamente il sito di Ferrandelle e che a fronte di uno stoccaggio complessivo iniziale di circa 500.000 tonnellate di rifiuti, al momento rimangono da conferire in discarica circa 30.000 tonnellate. Il sito oggi si presenta con 17 piazzole su 18 completamente svuotate e lattivit di svuotamento era in via di completamento al momento della redazione della relazione (All. B.2, pag. 20, ultimo paragrafo). 47. Si pu confermare, quindi, il raggiungimento dellobiettivo indicato al punto 101 del ricorso della Commissione. 48. Nel contempo, peraltro, in via di avanzata esecuzione lattivit di svuotamento delle piazzole di stoccaggio provvisorio del sito di San Tammaro: rispetto alla circa 190.000 tonnellate di rifiuti urbani stoccati, ne sono stati smaltiti circa 130.000 ton.; lattivit di conferimento si concluder entro aprile. Inoltre, stato completato lo svuotamento di circa 90.000 di FST in balle; resta da completare lo svuotamento dellultima piazzola n. 6 per circa 40.000 ton. (All. B.2, pag. 21, primo paragrafo). 49. Ancora, nella relazione della regione Campania attestato che ( l)attivit di svuotamento degli impianti STIR stata definitivamente compiuta nellanno 2012 e che il materiale in giacenza in tali impianti solo quello in corso di lavorazione (All. B.2, pag. 21 secondo paragrafo e ss.). 50. Anche in questo caso, si deve, quindi, confermare il raggiungimento dellobiettivo che si erano poste le autorit italiane, richiamato dalla Commissione al punto 103 del proprio ricorso. 51. Quanto alla situazione delle c.d. ecoballe, si rinvia alle pagine 21 e 22 della medesima relazione della regione Campania (all. B.2), nella quale si evidenzia che tale materiale costantemente monitorato e che i soggetti preposti intervengono immediatamente ogniqualvolta si manifestino possibili rischi per lambiente o per la salute. III SULLA RICHIESTA DI APPLICAZIONI DI SANZIONI 52. Il governo italiano contesta di non avere dato esecuzione alla sentenza di accertamento e, conseguentemente, ritiene che non vi sia titolo per lapplicazioni di sanzioni. 53. In ogni caso, qualora emergesse che solo ad alcuni degli aspetti di inadempimento rilevati nella sentenza di accertamento non si sia ancora data efficace risposta, chiaro che la sanzione richiesta dalla Commissione - la cui determinazione presuppone, invece, lintegrale fondamento del proprio ricorso - andr proporzionalmente ridotta, intervenendo sullelemento della gravit dellinfrazione e, quindi, sul coefficiente 8 da essa proposto in funzione di tale elemento. 54. Fuori da tali considerazione, anche assumendo -quod non - per integralmente fondate le deduzioni della Commissione, la proposta sanzione si dimostra, a giudizio del Governo italiano, eccessiva alla luce degli stessi criteri da essa enunciati nella Comunicazione del 13 dicembre 2005 sullapplicazione dellarticolo 228 del trattato CE (in prosieguo: la comunicazione del 2005). 55. In effetti, dalla lettura del ricorso si ritrae che la gravit dellinfrazione stata essenzialmente desunta dalla natura dellinteresse tutelato dalle norme che si assumono violate, oltre che dal tasso di recidiva, per cos dire, evidenziato dallItalia nella materia delle infrazioni nel settore ambientale. 56. Ora, premesso che la violazione contestata comunque non rientra tra quelle che la stessa comunicazione del 2005, al punto 16.1, considera gravissime, dalla lettura della comunicazione medesima si evince che elementi fondamentali per la determinazione della gravit dellinfrazione sono anche il grado dellinadempimento contestato, la condotta tenuta dalle autorit dello Stato membro successivamente allemissione della sentenza della Corte che ha accertato linfrazione e il contesto di fatto nel quale lo Stato membro si trovato a operare per rimediare allinfrazione. 57. Al punto 16.3 della comunicazione del 2005, la Commissione enuncia, infatti, che occorre tener conto del caso in cui lo Stato membro abbia adottato misure che ritiene sufficienti per conformarsi alla sentenza della Corte, mentre la Commissione le reputa inadeguate, che una mancanza di cooperazione leale con la Commissione nella procedura prevista dallarticolo 228, paragrafo 2, primo comma costituisce una circostanza aggravante e che il fatto che ... esistano difficolt intrinseche particolari per assicurarne lesecuzione in un breve lasso di tempo, va invece considerato una circostanza attenuante. 58. In altre parole, ipotizzato un certo coefficiente di gravit - in relazione allimportanza delle disposizioni dellUnione oggetto dellinfrazione - per il caso in cui lo Stato membro non abbia adottato alcuna misura di esecuzione, tale coefficiente andr significativamente ridotto ove consti che lo Stato medesimo abbia, invece, messo in atto un complesso di misure per porre rimedio allinfrazione, abbia cooperato con la Commissione nella ricerca delle soluzioni pi appropriate e si sia mosso in un contesto di fatto di particolare complessit (altro , ad esempio, rimediare una violazione che consiste nellintroduzione di una norma giuridica contraria al diritto dellUnione, altro dover rimediare a una situazione di fatto, e particolarmente complessa come quella determinata dalla crisi nella gestione dei rifiuti nella regione Campania sussistente allepoca della sentenza di accertamento). 59. Ora, si evince dalla stessa lettura del ricorso della Commissione che tutti e tre gli elencati possibili fattori di attenuazione della sanzione sono presenti nella fattispecie. 60. La stessa Commissione - pur arrestando la propria analisi a unepoca notevolmente anteriore alla data di proposizione del ricorso - riconosce, ripetutamente, che la situazione di fatto non era affatto rimasta quella esistente alla data di emissione della sentenza di accertamento, ma erano stati fatti progressi (7). 61. La leale collaborazione delle autorit italiane nella gestione dellinfrazione appare fuori discussione: ne d conto la stessa Commissione nellintera sezione 2 del proprio ricorso, nella quale si fa costante riferimento a incontri, invio di bozze di proposte di piano, modifiche di tali proposte in conseguenza delle osservazioni della Commissione, invio di report trimestrali, etc. 62. E altrettanto fuori discussione - non sembra necessario diffondersi particolarmente su questo punto - la complessit del contesto di fatto nel quale le autorit italiane si sono trovate a operare. 63. Ora, di tutti questi possibili fattori di attenuazione, la Commissione ne prende in considerazione solo uno, peraltro svalutandone limportanza. Attribuisce, infatti, il valore di circostanza attenuante - che, tuttavia, non si capisce quale peso abbia - al fatto che un piano di gestione sia stato approvato dalle autorit italiane e che esse abbiano cominciato (7) Ad esempio: punto 60 (la Commissione del parere che le autorit italiane abbiano utilizzato i trasferimenti fuori regione per far fronte allemergenza); punto 69 (nonostante gli sforzi e i progressi compiuti dalle autorit italiane, la RD non appare tuttora sufficiente); punto 159 (nonostante le autorit italiane siano riuscite a migliorare la situazione (...)), etc. a metterlo in pratica, sebbene accumulando ritardi tali da compromettere lapplicazione e la piena efficacia del suddetto piano. Tra laltro, la Commissione omette di considerare che le autorit italiane hanno affiancato, al piano di gestione da completare nel 2016, il piano per la gestione del periodo transitorio 2012-2016, di cui essa stessa d conto ripetutamente nel ricorso (cfr., ad es., il punto 49 del ricorso). 64. In definitiva, ritiene il Governo italiano che, anche in caso di accoglimento integrale del ricorso, il coefficiente di gravit - ipotizzandone un importo base pari a 10 (si deve, infatti, procedere per ipotesi, non avendo la Commissione fornito una rappresentazione analitica del proprio calcolo) - debba subire due attenuazioni, stimabili in un terzo del suo importo, in considerazione dellattivit compiuta dalle autorit italiane (pur limitandosi a quella descritta dalla Commissione nel proprio ricorso) e in considerazione della notevole complessit del contesto di fatto. La misura che ne risulta dovrebbe essere, ad avviso del Governo italiano, equitativamente ridotta a 3, in considerazione del notevole grado di collaborazione prestato dalle autorit italiane nella gestione della fase successiva allemissione della sentenza di accertamento. 65. Da ultimo, si vuole contestare anche lattribuzione del coefficiente massimo (3) allelemento della durata dellinfrazione: nel determinarlo, la Commissione si limita - erroneamente, ad avviso del Governo italiano - a valutare lelemento cronologico in senso stretto, senza dare alcun peso alla complessit dellintervento necessario a sanare linfrazione. 66. Sembra, invece, evidente che il coefficiente di aggravamento in funzione della durata dellinfrazione deve essere attribuito in relazione al tempo che si stima necessario a risolvere linfrazione: sei mesi possono essere eccessivi, se si tratta semplicemente di eliminare una norma contraria al diritto dellUnione, mentre trentanove mesi possono non esserlo, in relazione a una situazione complessa come quella qui in esame. 67. Pertanto, ritiene il Governo italiano che il coefficiente di durata dellinfrazione, anche in caso di integrale accoglimento del ricorso della Commissione, non possa essere stabilito in misura superiore a due. IV CONCLUSIONI 68. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano chiede alla Corte di: -in via principale, rigettare il ricorso proposto dalla Commissione europea; -in via subordinata, per il caso di parziale accoglimento delle contestazioni della Commissione, attenuare limporto delle sanzioni in misura corrispondente; -in via ulteriormente subordinata, per il caso di accoglimento integrale delle contestazioni della Commissione, determinare limporto delle sanzioni attribuendo un coefficiente di gravit non superiore a 3 e un coefficiente di durata non superiore a 2; -condannare la Commissione europea alle spese. Roma, 23 aprile 2014 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato Causa C-657/13 - Materia: Libert di stabilimento -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Dsseldorf (Germania) il 12 dicembre 2013 - Verder LabTec GmbH & Co. KG / Finanzamt Hilden. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella causa C-657/13 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dellart. 267 TFUE dal Finanzgerichthof Dsseldorf (Germania), nella causa VERDER LAB TEC GMBH & CO. KG; - ricorrente contro FINANZAMT HILDEN [Ufficio delle entrate di Hilden] -convenuto *** I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 1. Con decisione del 5 dicembre 2013, depositata il successivo 12 dicembre, il Finanzgerichtshof (organo giurisdizionale di primo grado della Repubblica federale di Germania, competente per le controversie tributarie), ha sottoposto alla Corte la seguente questione: Se sia compatibile con la libert di stabilimento sancita dallarticolo 49 TFUE il fatto che una normativa nazionale stabilisca che il trasferimento, nellambito di una medesima impresa, di un bene economico da una stabile organizzazione nazionale ad una stabile organizzazione estera costituisce un prelevamento di beni aziendali destinato a finalit estranee allesercizio dellimpresa, sicch, per effetto dellemersione di riserve latenti, viene in essere un utile da prelevamento di beni aziendali, e che unulteriore normativa nazionale offra la possibilit di ripartire uniformemente tale utile su cinque o dieci esercizi annuali. II IL DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA RILEVANTE 2. La Corte si ripetutamente occupata della compatibilit con la libert di stabilimento, o con altre libert fondamentali garantite dai Trattati, di meccanismi impositivi nazionali che, per comodit, possiamo qui definire exit taxes - i quali comportano lassoggettamento a tassazione delle plusvalenze esistenti allo stato latente nel patrimonio di un soggetto, in occasione del trasferimento in altro Stato membro di tale patrimonio (per effetto del trasferimento della residenza del soggetto medesimo o per effetto del trasferimento di singole attivit patrimoniali). 3. Per limitarsi alla giurisprudenza pi recente, merita di essere ricordata, innanzitutto, la sentenza National Grid Indus (1), relativa a una normativa dei Paesi Bassi in virt della quale sono assoggettate a imposizione le plusvalenze latenti relative agli attivi di una societ, in occasione del trasferimento della sede amministrativa della societ in un diverso Stato membro. 4. La Corte ha, al riguardo, chiarito che la disparit di trattamento che tale normativa realizza, tra societ che trasferiscono la propria sede amministrativa allinterno del territorio (1) Sentenza 29 novembre 2011, causa C-371/10, National Grid Indu BV. olandese e societ che la trasferiscono allestero, costituisce una restrizione in linea di massima vietata dalle disposizioni del Trattato relative alla libert di stabilimento (punto 40). Tale restrizione si dimostra, tuttavia, giustificata da motivi legati alla tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, che costituisce un obiettivo legittimo, riconosciuto dalla Corte (v., in particolare, punti 45 e 46 e giurisprudenza ivi citata, nonch punto 48). Una simile restrizione , per, contraria al principio di proporzionalit se fa coincidere con il momento del trasferimento della sede amministrativa anche la riscossione immediata delle imposte dovute in relazione alle plusvalenze virtuali, e non la sola determinazione di tale imposte (che verrebbero poi riscosse al momento delleffettivo realizzo). Maggiormente rispondente al principio di proporzionalit sarebbe, piuttosto, una normativa che lasciasse al contribuente la scelta tra lonere finanziario costituito dal- limmediata pagamento dellimposta e lonere amministrativo rappresentato dalla necessit, in caso di opzione per il pagamento differito, di mantenere obblighi permanenti di dichiarazione nei confronti dello Stato membro di origine (v. punti 73 e 81). 5. Nella successiva sentenza Commissione c. Portogallo (2), la Corte ha affermato che introduceva una restrizione alla libert di stabilimento una misura normativa portoghese la quale stabiliva che, in caso di trasferimento in altro Stato membro della sede statutaria e della direzione effettiva di una societ o di trasferimento parziale o totale, verso tale Stato, degli attivi di una stabile organizzazione portoghese di una societ non residente in Portogallo, nel momento in cui analoghe condotte realizzate allinterno del territorio portoghese non producevano il medesimo effetto (punti 27 e 28). Pertanto, tale misura poteva considerarsi giustificata e conforme al principio di proporzionalit solo alla condizione non realizzata dal regime normativo portoghese, nella versione esaminata dalla Corte che essa rispondesse ai criteri indicati al punto 73 della sentenza National Grid Indus, che imponevano di riconoscere alla societ il diritto di differire il concreto pagamento dellimposta al momento delleffettivo realizzo della plusvalenza (punti 31 e 32). 6. Principi sostanzialmente analoghi sono stati enunciati nella sentenza Commissione c. Danimarca (3), nella quale la Corte si occupata di una norma danese che assimila alla vendita, cos tassando le plusvalenze latenti, il trasferimento di attivi da una societ danese a una stabile organizzazione estera o a una sede situata allestero, mentre analoghe conseguenze non discendono da un analogo trasferimento che si verifichi allinterno del territorio danese (misura che la Corte ha reputato essere una restrizione alla libert di stabilimento che, in ragione delle modalit di riscossione dellimposta, andava oltre lobiettivo - in s legittimo - di tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri). 7. Infine, nella sentenza DMC Beteilungsgesellschaft (4), la Corte si occupata di una misura tedesca che determina limmediata imponibilit delle plusvalenze generate sul territorio tedesco, quando il detentore di attivi non sia pi tassato in Germania sullulteriore cessione degli attivi medesimi (5). La Corte ha esaminato la vicenda in relazione alla li (2) Sentenza 6 settembre 2012, causa C-38/10, Commissione c. Portogallo. (3) Sentenza 18 luglio 2013, Commissione c. Danimarca. (4) Sentenza 23 gennaio 2014, causa C-164/12, DMC Beteilungsgesellschaft mbH. (5) La disposizione tributaria tedesca disponeva, in particolare, quanto segue: la societ di capitali deve fissare il valore degli attivi societari al loro valore di stima qualora, al momento del conferimento in natura, la Repubblica federale di Germania non abbia potest impositiva sulla plusvalenza derivante dalla cessione societarie attribuite al conferente. bera circolazione di capitali, atteso che la norma tedesca trova applicazione indipendentemente dalla circostanza che le partecipazioni oggetto di tassazione conferiscano una posizione di controllo nella societ. La Corte ha, quindi, nuovamente reputato che una simile previsione introduce una restrizione alle libert fondamentali, giustificata dal- lobiettivo del mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri alla condizione, da accertarsi da parte del giudice nazionale, che lo Stato membro si trovi effettivamente nellimpossibilit di esercitare il proprio potere impositivo su tali plusvalenze al momento della loro effettiva realizzazione (punto 58). 8. Quanto alla proporzionalit della misura, la Corte - richiamati i principi enunciati al punto 73 della sentenza National Grid Indus e ai punti 31 e 32 della sentenza Commissione c. Portogallo - ha affermato che la normativa oggetto del procedimento lasciando la scelta al contribuente tra una riscossione immediata o scaglionata su cinque annualit (...) non va al di l di quanto necessario per conseguire lobiettivo di tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (punto 64). Per contro, va oltre tale obiettivo la richiesta di fornire una garanzia bancaria in caso di rateizzazione del debito fiscale, se tale onere viene imposta indiscriminatamente e non solo in presenza di un rischio effettivo di mancato recupero dellimposta (punti 66 e 67). III I FATTI DI CAUSA E IL DIRITTO NAZIONALE 9. In sintesi, la controversia a seguito di una verifica fiscale condotta dallAmministrazione finanziaria tedesca che, allesito di tale verifica, ha emesso un provvedimento con il quale ha preteso di sottoporre a tassazione le plusvalenze latenti relative ad alcuni attivi (diritti su brevetti, marchi e modelli di utilit) che la ricorrente, societ con sede in Germania, aveva trasferito nel 2005 a una propria stabile organizzazione olandese. 10. Secondo quanto si ricava dallordinanza di rinvio, infatti, lAmministrazione finanziaria ha ritenuto che tale fattispecie ricadono nel campo di applicazione dellart. 4, par. 1, terzo periodo della legge tedesca sullimposta sul reddito (Einkommengesetz EStG), il quale stabilisce che la esclusione o la limitazione del potere impositivo della Repubblica federale di Germania in relazione allutile risultante dallalienazione o dallutilizzo di un bene economico sono considerate equivalenti a un prelevamento di beni aziendali destinato a finalit estranee allesercizio dellimpresa. 11. Ci in quanto al successivo quarto periodo di tale articolo - inserito nel 2010, successivamente ai fatti di causa, ma espressamente dichiarato applicabile ai periodi dimposta precedenti (6) -lEStG stabilisce che (s)i determina unesclusione o una limitazione del potere impositivo in relazione allutile risultante dallalienazione di un bene economico segnatamente nel caso in cui un bene economico sino ad allora imputabile ad una stabile organizzazione nazionale del soggetto passivo debba essere imputato ad una stabile organizzazione estera. (6) Secondo quanto si ricava dallordinanza di rinvio, la giurisprudenza tedesca, a seguito di una sentenza del luglio 2008 del Bundesgerichthof, si era orientata nel senso di ritenere inapplicabile la presunzione di prelevamento di beni aziendali, di cui allart. 4, par.1, terzo periodo dellEStG, al caso del trasferimento di un bene economico di unimpresa tedesca ad una stabile organizzazione estera di tale impresa, laddove questa fosse situata in uno Stato legato alla Germania da convenzione contro la doppia imposizione sui redditi. Ci, in quanto le norme convenzionali avrebbe consentito al Fisco tedesco di assoggettare a tassazione le plusvalenze al momento delleventuale realizzo, con riferimento allaumento di valore del bene verificatosi mentre questo si trovava in Germania. Ecco perch la norma del 2010, che potremmo definire di interpretazione autentica, stata dichiarata applicabile anche ai fatti verificatisi prima della sua entrata in vigore. 12. Il trasferimento ad altra sede del bene, pertanto, determina lemersione di una plusvalenza, a misura della differenza tra il valore di bilancio del bene e il suo valore corrente, ossia il suo valore di mercato (art. 6, par. 1, punto 4, primo periodo dellEStG). 13. Quanto alla riscossione dellimposta cos dovuta, lart. 4g, par. 1, dellEStG, in sostanza, prevede, attraverso un meccanismo di iscrizione di una posta contabile compensativa, la possibilit, a richiesta dellinteressato, di spalmarne il pagamento in rate costanti, nel corso di cinque esercizi sociali. Dalla lettura dellordinanza di rinvio si evince, tuttavia, che le autorit fiscali tedesche ritengono che il debito fiscale della ricorrente possa essere estinto in dieci anni (cfr. 3 dellordinanza) e tale eventualit presa in considerazione anche dal giudice del rinvio ( 38): ci, a quanto dato capire, poich la disposizione test citata dellEStG risale al 2006, sicch la fattispecie di causa dovrebbe essere regolata dalla prassi precedentemente instauratasi, secondo la quale lestinzione della posta contabile creata con riferimento alle plusvalenze latenti - e quindi il pagamento della relativa imposta - doveva avvenire in rate annuali costanti, in ragione del residuo periodo di utilizzazione del bene e, comunque, non oltre i dieci anni. IV ANALISI 14. Sembra al Governo italiano che la fattispecie possa essere agevolmente definita sulla base della giurisprudenza richiamata nella Sezione 2 del presente scritto (punti da 2 a 8). 15. Lanalisi delle sentenze ivi citate consente, innanzitutto, di affermare che la misura normativa in esame introduce una restrizione alla libert di stabilimento, nel momento in cui fa emergere le plusvalenze latenti nel caso del trasferimento del bene a una stabile organizzazione estera di unimpresa tedesca, mentre analogo effetto non si produce nel caso di trasferimento a una stabile organizzazione tedesca della medesima impresa. 16. Tuttavia - e sembra averlo riconosciuto la medesima ricorrente nel corso del giudizio principale - tale restrizione , in astratto, giustificata dallobiettivo di garantire la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, nel senso di assicurare a ciascuno di tali Stati membri limposta relativa al presupposto imponibile (lincremento di valore del bene) realizzatasi sul proprio territorio. 17. La questione che si pone , dunque, quella della proporzionalit della misura: proporzionalit che, secondo la ricorrente, non sarebbe rispettata dalla normativa tedesca, perch questa prevede la riscossione dellimposta al momento del trasferimento del bene (sia pure con la descritta rateizzazione) e non al momento delleffettivo realizzo della plusvalenza. 18. Questa opinione condivisa dalla giurisdizione del rinvio che, richiamando i principi affermati al punto 73 della sentenza National Grid Indus, ritiene che, al fine di non eccedere lobiettivo che giustifica la restrizione, la norma tedesca dovrebbe lasciare al contribuente la scelta tra il pagamento immediato dellimposta o il suo pagamento al momento delleffettivo realizzo della plusvalenza (sia pure, in tale secondo caso, facendosi carico degli oneri amministrativi derivanti dalla necessit di mantenere un costante rapporto con le autorit fiscali tedesche). 19. Considerata lepoca di deposito dellordinanza di rinvio, tuttavia, il Finanzgerichthof non poteva conoscere la citata sentenza DMC Beteilungsgesellschaft, nella quale la Corte ha affermato essere a propria volta conforme al principio di proporzionalit una misura che lasciasse al contribuente la scelta tra la riscossione immediata o scaglionata su cinque annualit. 20. Questa condizione sembra, invece, verificarsi nel caso di specie, nel quale - a differenza della fattispecie esaminata dalla sentenza DMC Beteilungsgesellschaft - non consta che la rateizzazione del debito dimposta sia condizionata dal previo rilascio, da parte del contribuente, di una garanzia reale o personale. 21. Alla stregua di quanto precede, sembra al Governo italiano che debba concludersi che la normativa tedesca oggetto del rinvio pregiudiziale sia compatibile con la libert di stabilimento. V CONCLUSIONI 22. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere al quesito sottoposto al suo esame affermando che: La libert di stabilimento sancita dallarticolo 49 TFUE non si oppone a una normativa nazionale che stabilisce che il trasferimento, nellambito di una medesima impresa, di un bene economico da una stabile organizzazione nazionale ad una stabile organizzazione estera costituisce un prelevamento di beni aziendali destinato a finalit estranee allesercizio dellimpresa - con la conseguenza che, per effetto dellemersione di riserve latenti, viene in essere un utile da prelevamento di beni aziendali - in quanto tale misura costituisce una restrizione alla suddetta libert giustificata dallobiettivo di garantire la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri e che non va oltre tale obiettivo, se al contribuente lasciata la scelta tra il pagamento immediato dellimposta o la sua ripartizione uniforme su cinque esercizi annuali (condizione viepi soddisfatta ove sia consentita una ripartizione su dieci esercizi annuali). Roma, 1 aprile 2014 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato Causa C-68/14 - Materia: Concorrenza - Intese - Aiuti concessi dagli Stati -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Ordinario di Aosta (Italia) il 10 febbraio 2014 - Equitalia Nord SpA / CLR di Camelliti Serafino & C. Snc. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella causa C-68/14 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dellart. 267 TFUE dal Tribunale di Aosta (Italia), nella causa EQUITALIA NORD - opponente contro C.L.R. DI CAMELLITTI SERAFINI & C S.N.C. - opposta *** I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 1. Con ordinanza del 12 dicembre 2013, depositata presso la Cancelleria della Corte l11 febbraio 2014, il Tribunale di Aosta, nellambito di un giudizio civile di primo grado, di opposizione a decreto ingiuntivo, vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte la seguente questione: (primo quesito) Se la normativa italiana vigente di cui allart. 3, commi 1 e 4, del de- creto-legge 6 luglio 2012, n. 95, come parzialmente modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui prevede che in considerazione delleccezionalit della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per gli anni 2012, 2013 e 2014, laggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente, non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dallIstituto nazionale di statistica ai sensi dellarticolo l, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonch dalle Autorit indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societ e la borsa (Consob) per lutilizzo in locazione passiva di immobili per finalit istituzionali, ed inoltre, al comma 4, che ai fini del contenimento della spesa pubblica, con riferimento ai contratti di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, come individuate dallIstituto nazionale di statistica ai sensi dellarticolo l, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonch dalle Autorit indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societ e la borsa (Consob) i canoni di locazione sono ridotti a decorrere dal 1 gennaio 2015 della misura del 15 per cento di quanto attualmente corrisposto, laddove a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto la riduzione di cui al periodo precedente si applica comunque ai contratti di locazione scaduti o rinnovati dopo tale data sia in contrasto con il dettato di cui allart. 106, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul Funzionamento dellUnione Europea in quanto idonea ad assicurare a soggetti operanti in regime di concorrenza un vantaggio ingiustificato e discriminatorio rispetto alla posizione di altri soggetti che esercitino la medesima attivit pur non risultando beneficiari della normativa medesima. (secondo quesito) se la predetta normativa, in quanto idonea ad accordare a soggetti operanti in regime di concorrenza un vantaggio ingiustificato e discriminatorio rispetto alla posizione di altri soggetti che esercitino la medesima attivit pur non risultando beneficiari della normativa medesima, possa considerarsi aiuto di stato ai sensi e per gli effetti di cui allart. 107, paragrafo l, del TFUE. II IL DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA RILEVANTE 2. I quesiti pregiudiziali vertono sullinterpretazione di due disposizioni del Trattato sul funzionamento dellUnione europea. 3. Lart. 106 del TFUE dispone: 1. Gli Stati membri non emanano n mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui lapplicazione di tali norme non osti alladempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dellUnione. 3. (...). 4. Lart. 107 del TFUE stabilisce: 1. Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. 2. 3. (...). III LE NORME NAZIONALI RILEVANTI E I FATTI DI CAUSA III.1. LE NORME NAZIONALI 5. In Italia, usuale che il canone dei contratti di locazione subisca un adeguamento annuale parametrato a una grandezza che misura il diminuito potere dacquisto della valuta: la variazione dellindice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertata dallIstituto nazionale di statistica (ISTAT). 6. Tale stato di cose leffetto dellart. 28 della legge n. 392 del 1978 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) che, nella sua versione pi recente, derivante da modifiche introdotte da ultimo nel 2009, dispone: Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della [lira]. Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui allarticolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dallISTAT, dellindice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. (). 7. Sebbene laumento parametrato allindice di variazione dei prezzi rilevato dallISTAT (in prosieguo, lindice ISTAT), secondo un costante orientamento della giurisprudenza italiana, non sia automatico, ma deve essere espressamente pattuito dalle parti, tale disposizione - che stabilisce, con riferimento alle tipologie di contratti da essa previste, la misura massima delladeguamento che le parti possono convenire - ha fatto s che divenisse socialmente tipica, nei contratti di locazione, la clausola di automatico adeguamento allindice ISTAT (nella misura del 75% nei casi previsti dal comma secondo, in misura piena negli altri casi). Conseguentemente, la realt del mercato delle locazioni immobiliari italiano si caratterizza per lesistenza di rapporti di locazione che normalmente prevedono tale forma di adeguamento automatico. 8. In questo contesto intervenuto il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135, intitolato Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonch misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario (in prosieguo il d.l. 95/2012 o, secondo la denominazione giornalistica a suo tempo data al decreto, il d.l. spending review). 9. Lart. 3 del d.l. 95/2012, rubricato Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive, ha, in particolare, stabilito quanto segue (sottolineature nostre): 1. In considerazione delleccezionalit della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per gli anni 2012, 2013 e 2014, laggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dallIstituto nazionale di statistica ai sensi dellarticolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonch dalle Autorit indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societ e la borsa (Consob) per lutilizzo in locazione passiva di immobili per finalit istituzionali. 2. 2-bis. () 3. Per i contratti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni e gli enti locali hanno facolt di recedere dal contratto, entro il 31 dicembre 2013, anche in deroga ai termini di preavviso stabiliti dal contratto. 4. Ai fini del contenimento della spesa pubblica, con riferimento ai contratti di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, come individuate dallIstituto nazionale di statistica ai sensi dellarticolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonch dalle Autorit indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societ e la borsa (Consob) i canoni di locazione sono ridotti a decorrere dal 1 luglio 2014 della misura del 15 per cento di quanto attualmente corrisposto. A decorrere dalla data dellentrata in vigore della legge di conversione del presente decreto la riduzione di cui al periodo precedente si applica comunque ai contratti di locazione scaduti o rinnovati dopo tale data. La riduzione del canone di locazione si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dellarticolo 1339 c.c., anche in deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti, salvo il diritto di recesso del locatore. Analoga riduzione si applica anche agli utilizzi in essere in assenza di titolo alla data di entrata in vigore del presente decreto. Il rinnovo del rapporto di locazione consentito solo in presenza e coesistenza delle seguenti condizioni: a) disponibilit delle risorse finanziarie necessarie per il pagamento dei canoni, degli oneri e dei costi duso, per il periodo di durata del contratto di locazione; b) permanenza per le Amministrazioni dello Stato delle esigenze allocative in relazione ai fabbisogni espressi agli esiti dei piani di razionalizzazione di cui dellarticolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ove gi definiti, nonch di quelli di riorganizzazione ed accorpamento delle strutture previste dalle norme vigenti. 5. () 6. Per i contratti di locazione passiva, aventi ad oggetto immobili ad uso istituzionale di propriet di terzi, di nuova stipulazione a cura delle Amministrazioni di cui al comma 4, si applica la riduzione del 15 per cento sul canone congruito dallAgenzia del Demanio, ferma restando la permanenza dei fabbisogni espressi ai sensi dellarticolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nellambito dei piani di razionalizzazione ove gi definiti, nonch in quelli di riorganizzazione ed accorpamento delle strutture previste dalle norme vigenti. 7. Fermo restando quanto previsto dal comma 10, le previsioni di cui ai commi da 4 a 6 si applicano altres alle altre amministrazioni di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in quanto compatibili. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente al fine di conseguire risparmi non inferiori a quelli derivanti dallapplicazione della presente disposizione. 8. 9. () 10. Nellambito delle misure finalizzate al contenimento della spesa pubblica, gli Enti pubblici non territoriali ricompresi nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuato dallISTAT ai sensi dellarticolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, fermo restando quanto previsto dallarticolo 8 del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122, comunicano allAgenzia del Demanio, entro, e non oltre, il 31 dicembre di ogni anno, gli immobili o porzioni di essi di propriet dei medesimi, al fine di consentire la verifica della idoneit e funzionalit dei beni ad essere utilizzati in locazione passiva dalle Amministrazioni statali per le proprie finalit istituzionali. LAgenzia del Demanio, verificata, ai sensi e con le modalit di cui al comma 222 dellarticolo 2 della legge n. 191 del 2009, la rispondenza dei predetti immobili alle esigenze allocative delle Amministrazioni dello Stato, ne d comunicazione agli Enti medesimi. In caso di inadempimento dei predetti obblighi di comunicazione, lAgenzia del Demanio effettua la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti. La formalizzazione del rapporto contrattuale avviene, ai sensi del citato comma 222, con le Amministrazioni interessate, alle quali gli Enti devono riconoscere canoni ed oneri agevolati, nella misura del 30 per cento del valore locativo congruito dalla competente Commissione di congruit dellAgenzia del Demanio di cui allarticolo 1, comma 479, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. 10. Si vede, quindi, come tale articolo, con il chiaro obiettivo di contenere i costi a carico della finanza pubblica, abbia stabilito, in relazione a una serie di contratti di locazione gravanti su bilancio pubblico, che: -nonostante leventuale diversa pattuizione delle parti, cessasse immediatamente di avere applicazione la clausola di adeguamento del canone allindice ISTAT; -a decorrere dal 1 luglio 2014, il canone pattuito fosse automaticamente ridotto del 15%, salvo, in tal caso, il diritto di recesso del locatore. Questa stessa riduzione avrebbe dovuto essere applicata ai contratti rinnovati, sia pure tacitamente, dopo lentrata in vigore della legge di conversione d.l. 95/2012 (ossia dal 15 agosto 2012). 11. I locatari cui si applicano tali disposizioni sono le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate, sempre dallISTAT, ai sensi dellart. 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, ivi incluse - per espressa previsione della norma le autorit indipendenti (di cui , in effetti, tuttora controverso se debbano, o meno, essere inserite nella citata categoria). Si fornisce, in allegato al presente scritto, lelenco di tali soggetti, pubblicato dallISTAT nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 229 del 30 settembre 2013 (cfr. allegato A.1 al presente atto di intervento). III.2. I FATTI DI CAUSA E LE MOTIVAZIONI DEL RINVIO 12. La questione pregiudiziale sorta in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso da Equitalia Nord S.p.A. (in prosieguo Equitalia o la locataria) nei confronti della C.L.R. di Camellitti Serafino & C. s.n.c. (in prosieguo la locatrice). 13. Tra le parti in corso un contratto di locazione a uso commerciale, avente ad oggetto un complesso immobiliare situato in Aosta, di propriet della locatrice. Tale contratto stato stipulato in data 1 febbraio 2007, per il canone annuo iniziale di 44.000,00, oltre IVA, da pagarsi in rate trimestrali anticipate. Il contratto, che aveva inizialmente scadenza al 31 gennaio 2013, stato automaticamente rinnovato per un ulteriore periodo di sei anni, fino al 31 gennaio 2019. 14. Secondo quanto si evince dallordinanza di rinvio, al contratto ineriva una clausola di adeguamento allindice ISTAT, con la conseguenza che il canone, al gennaio 2013, sarebbe divenuto pari a 48.857,72, oltre IVA. 15. Nel corso del 2013, la locatrice ha chiesto lemissione di un decreto ingiuntivo, che intimasse alla locataria il pagamento della somma di 5.025,00, oltre interessi e spese del procedimento, in ragione del fatto che la locatrice aveva corrisposto, per i trimestri febbraio/ aprile 2013 e maggio/luglio 2013, limporto di soli 12.562,54, IVA compresa, per trimestre, anzich, come dovuto da contratto, di 15.075,04 per trimestre. 16. Equitalia ha proposto opposizione, eccependo: -che il canone pattuito doveva considerarsi automaticamente ridotto del 15%, ai sensi del- lart. 3, comma 4, del d.l. spending review, in mancanza di recesso della locatrice dal con tratto o, meglio, avendo la locatrice consentito la rinnovazione tacita del contratto nonostante la previsione del citato articolo: circostanza, questa, che sarebbe stata preventivamente comunicata da Equitalia alla locatrice con lettere del 2 agosto e del 12 ottobre 2012; - che il canone non poteva risentire delladeguamento allindice ISTAT, in applicazione dellart. 3, comma 1, del d.l. spending review. 17. Ci, in quanto Equitalia era, appunto, contemplata nellelenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della Repubblica italiana. 18. Nel resistere allopposizione, la locatrice ha fatto valere la contrariet della disposizione di legge allart. 107 TFUE, nella misura in cui essa attribuisce un beneficio a soggetti che, come Equitalia, opererebbero in regime di concorrenza nellattivit di riscossione dei tributi. Ci, sia nella parte in cui la norma esclude ladeguamento allindice ISTAT per gli anni 2012, 2013 e 2014, sia nella parte in cui essa stabilisce la riduzione del 15% in sede di rinnovo del contratto e, comunque, a decorrere dal 1 luglio 2014 (1). Sosteneva, quindi, che la normativa interna andasse disapplicata nei confronti di Equitalia. 19. Sebbene esso abbia poi finito per sollevare una questione anche riferita allart. 107 TFUE, il giudice del rinvio dubita della pertinenza, nella fattispecie, della normativa dellUnione europea in materia di aiuti di Stato. 20. Esso prospetta, tuttavia, una possibile violazione dellart. 106 TFUE. La disposizione nazionale, infatti, accorderebbe a taluni soggetti, qualificati soggettivamente e non gi in riferimento allattivit obiettivamente svolta, un regime privilegiato nellesecuzione dei rapporti di locazione passiva di immobili per finalit istituzionali, accordando a tali loca- tari una riduzione degli oneri locativi. 21. In relazione alla posizione specifica di Equitalia, il Tribunale di Aosta rileva, in particolare, che (a)nche ammesso (...) che lattivit di riscossione dei tributi sia qualificabile come servizio di interesse economico generale (sieg), non dato, tuttavia, comprendere perch solo taluni dei soggetti esercenti detta attivit, in concorrenza con gli altri operatori di servizio analogo, debbano godere di tale beneficio, n potrebbe fondatamente sostenersi che il rispetto della disciplina di concorrenza imposta dal TFUE sia di ostacolo allesercizio di attivit della tipologia riguardata. IV ANALISI IV.1. SULLA RICEVIBILIT DELLE QUESTIONI 22. Ritiene il Governo italiano che occorra innanzi tutto interrogarsi sulla complessiva ricevibilit delle questioni pregiudiziali. 23. Lirricevibilit dei quesiti sembra, infatti, discendere dal loro carattere meramente ipotetico, nel momento in cui il giudice del rinvio trascura di approfondire le caratteristiche di Equitalia e di spiegare perch essa rientrerebbe nella nozione di diritto dellUnione europea di impresa (nozione presupposta da entrambe le disposizioni del TFUE di cui il giudice chiede linterpretazione). Il giudice a quo non spiega, in particolare, alla Corte - e alle parti eventualmente interessate a intervenire - i motivi per i quali non attribuisca a tale societ pubblica la natura di soggetto sostanzialmente pubblico, n chiarisce perch non possa applicarsi ad essa la nota giurisprudenza Eurocontrol (2) e Diego Cal (3), se (1) Nellordinanza di rinvio si fa riferimento alla diversa data del 1 gennaio 2015. Ci si deve a un refuso, verosimilmente dovuto a precedenti versione della norma. (2) Sentenza 19 gennaio 1994, causa C-364/92, SAT Flugegesellschiaft (pi nota come Eurocontrol). (3) Sentenza 18 marzo 1997, causa C-343/95, Diego Cal. condo la quale non costituisce attivit economica quella attraverso la quale si estrinsecano le prerogative istituzionali che, per ragioni imperative di interesse pubblico, lo Stato riserva a se medesimo. 24. Come noto, al fine di stabilire se determinate attivit si ricollegano, o meno, allesercizio delle prerogative dei pubblici poteri rileva, tra laltro, la circostanza che il soggetto disponga di facolt o poteri coercitivi derogatori rispetto al diritto comune (4), mentre non decisivo - ai fini della qualificazione dellattivit come attivit economica - il fatto che tale servizio venga reso dietro un corrispettivo, tanto pi se previsto dalla legge e non determinato, direttamente o indirettamente, dal soggetto medesimo. 25. Equitalia S.p.A., capogruppo delle societ del gruppo Equitalia, una societ a capitale interamente pubblico (il 51% detenuto dallAgenzia delle entrate e il 49% dallINPS Istituto nazionale della previdenza sociale), che esercita, sulla base di un compenso di riscossione predeterminato per legge, lattivit di riscossione coattiva dei tributi statali e pu esercitare, ai sensi dellart. 52, comma 5, lett. b) del decreto legislativo n. 446 del 1997, lattivit di riscossione coattiva di entrate degli enti locali (i quali, in alternativa allaffidamento a Equitalia, possono esercitare tali attivit in proprio o affidare il servizio a terzi). 26. Ora, lattivit di riscossione coattiva dei tributi statali costituisce tipica espressione delle prerogative dei pubblici poteri, come chiarito, fra laltro, proprio dalla sentenza Eurocontrol, al punto 28. Lo Stato italiano, del resto, non ha introdotto meccanismi di mercato per esercizio dellattivit in questione, che affidata a Equitalia per legge. La natura del- lattivit non muta, evidentemente, per il fatto che essa sia esercitata, dallAgenzia delle entrate, attraverso una societ per azioni, trattandosi di una scelta organizzativa meramente interna dellautorit pubblica. 27. Quanto allattivit di riscossione dei tributi degli enti locali, ben vero che tra i modelli disponibili - alternativi alla gestione in proprio, eventualmente attraverso una societ in house e allaffidamento a Equitalia - vi anche quello dellaffidamento a terzi, da selezionare tramite procedura di gara, con la conseguenza che, in tal caso lattivit va qualificata come attivit economica (5). Ciononostante, nel caso in cui lente locale - in genere per le sue ridotte dimensioni o per il limitato ammontare delle entrate da riscuotere - decida invece di avvalersi della facolt di affidare il servizio a Equitalia, si deve nuovamente ritenere che lattivit da essa svolta non costituisca attivit economica. Anche in tal caso, infatti, si tratterebbe di una societ a totale controllo pubblico che esercita unattivit pubblicistica nellinteresse esclusivo di un ente pubblico locale. Se pure si ritenesse il contrario, si dovrebbe verificare se tale attivit di Equitalia sia scindibile dalla sua attivit principale, anche alla luce delle modalit con cui essa viene svolta (di regola, ad esempio, Equitalia riscuote i tributi statali e degli enti locali congiuntamente, avvalendosi delle medesime prerogative e dei medesimi poteri) (6). 28. Si vede, insomma, come la questione dellapplicabilit, dal punto di vista soggettivo, degli articoli 106 e 107 del TFUE al caso di Equitalia presupponga lanalisi di situazioni (4) Sentenza Eurocontrol, cit., punto 24. (5) V. sentenza 10 maggio 2012, cause riunite da C-357/10 a C-359/10, Duomo Gpa e a. (6) Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, infatti, lesercizio di unattivit economica che sia indissociabile dallesercizio dei pubblici poteri, fa s che lintera attivit svolta dal soggetto debba considerarsi attivit che si ricollega allesercizio di tali poteri: cfr. sentenza 26 marzo 2009, causa C-113/07 P, Selex/Commissione, punto 69 e 12 luglio 2012, causa C-138/11, Compass-Datenbank, punto 36. di fatto complesse, in relazione alle quali il giudice del rinvio non ha fornito elementi di valutazione sufficienti affinch la Corte e le parti diverse da quelle principali possano formulare con cognizione di causa le proprie valutazioni. 29. Non si vuole ignorare che, nellambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali stabilita dallart. 267 TFUE, spetti esclusivamente al giudice nazionale, cui stata sotto- posta la controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. 30. Nella giurisprudenza della Corte si trova, tuttavia, costantemente affermato che lesigenza di giungere a uninterpretazione del diritto dellUnione che sia utile per il giudice nazionale impone che questultimo definisca lambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate, o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (7). 31. necessario, inoltre, che questi elementi risultino gi dal provvedimento di rinvio perch, diversamente, non si consentirebbe ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate di presentare, con cognizione di causa, osservazioni ai sensi dellart. 20 dello Statuto della Corte (8). 32. Ora, lordinanza di rinvio che ha incardinato la presente fase del procedimento non contiene, manifestamente, indicazioni che soddisfino i requisiti sopra ricordati. 33. Ci acquista particolare gravit in una materia quale quella qui trattata, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza della Corte, le esigenze di chiarezza e completezza valgono in modo del tutto particolare nel settore della concorrenza, caratterizzata da situazioni di diritto e di fatto complesse (9). 34. Infatti, il giudice del rinvio fornisce delle indicazioni chiaramente insufficienti sul contesto di fatto e di diritto della controversia, senza soffermarsi sulle caratteristiche del mercato in cui opererebbe Equitalia - e in cui essa si potrebbe eventualmente trovare ad agire in concorrenza con altri operatori economici - n sulle condizioni alle quali essa pu avere accesso a tale mercato (non chiarisce, ad esempio, se Equitalia S.p.A. partecipi alle gare di affidamento dei servizi di riscossione in favore di enti diversi dalle Amministrazione centrali e se lo faccia attraverso proprie controllate che svolgono, nel contempo, lattivit di agenti di riscossione o attraverso societ diverse, anche economicamente separate). 35. La situazione sembra, in conclusione, del tutto analoga a quella che ha condotto recentemente la Corte a dichiarare manifestamente irricevibile altra questione, sollevata da un giudice italiano in materia di diritto della concorrenza e riferita, appunto, a Equitalia (10). IV.2. SUL PRIMO QUESITO 36. Con il suo primo quesito, il giudice del rinvio chiede se le disposizioni contenute nellart. (7) Cfr., ex plurimis, sentenze 26 gennaio 1993, cause da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a., punto 6; 19 aprile 2007, causa C-295/05, Asociacin Nacional de Empresas Forestales, punto 33; 9 novembre 2006, causa C-205/05, Nemec, punto 26 nonch ordinanze 17 settembre 2009, causa C-181/09, Canon Kabushiki Kaisha, punto 8 e 8 settembre 2011, causa C-144/11, Abdallah, cit., punto 10. (8) V. ordinanze Abdallah, cit., punto 11; 7 giugno 2012, causa C-21/11, Volturno, punto 13; 14 giugno 2005, causa C-358/04, Caseificio Valdagnese, punto 9; 22 febbraio 2005, causa C-480/04, DAntonio, punto 6; 21 aprile 1999, cause riunite C-28/98 e C-29/98, Charreire, punto 9. (9) V. sentenza Telemarsicabruzzo, cit., punto 7 e sentenza 17 febbraio 2005, causa C-134/03, Viacom Outdoor, punto 23 e giur. ivi citata. (10) Ordinanza 27 febbraio 2014, causa C-181/13, Acanfora. 3 del d.l. spending review, nella misura in cui si applicano a soggetti che esercitano attivit economica, quale si assume essere Equitalia, attribuiscano un indebito vantaggio concorrenziale, in violazione dellart. 106 TFUE. 37. Al riguardo, mette conto anzitutto rilevare - sebbene tali finalit emergano con evidenza dal testo dellarticolo di legge e dallintero contesto normativo in cui le disposizioni si inseriscono - che lintervento realizzato con il d.l. 95/2012 ispirato essenzialmente dal- lobiettivo di contenere i costi a carico del bilancio pubblico, con lintento di far fronte alla crisi finanziaria che ha colpito lItalia a partire dallanno 2009, divenendo particolarmente acuta dalla met dellanno 2011. 38. Lintervento sulle locazioni pubbliche passive si inscrive in questo contesto, essendo, tuttavia, anche giustificato dal notorio andamento decrescente del mercato immobiliare negli ultimi anni. La soluzione autoritativa della riduzione ope legis si giustifica, in particolare, con la considerazione che i committenti pubblici sono tenuti allosservanza di procedure amministrative standardizzate e al rispetto di modelli tipo di contratti (ad esempio, con riferimento alla durata, a eventuali clausole di recesso volontario, etc.). Questo stato di cose fa s che, indiscutibilmente, i contraenti pubblici hanno maggiori difficolt ad adeguare, con il solo strumento negoziale, i contratti in corso alle mutate condizioni di mercato e dunque, anche, a reagire con tempestivit ed efficacia a eventuali oscillazioni favorevoli dei prezzi. Di qui lopportunit di provvedere con lo strumento normativo. 39. Cos, contro una prassi che fa ritenere normalmente congruo il rinnovo di un contratto di locazione alle condizioni di prezzo precedentemente pattuite, il comma 4 dellart. 3 in esame impone ai soggetti pubblici di astenersi dallaccettare proposte di rinnovo dei contratti in scadenza - e di evitare che tali contratti si rinnovino automaticamente per mancata disdetta - a meno che il corrispettivo non sia rinegoziato, sino a una misura inferiore di almeno il 15% di quello che caratterizzava il contratto scaduto. 40. Ammesso che tale condotta procuri un vantaggio, evidente che nulla impedisce ai soggetti privati, presunti concorrenti di Equitalia, di adottarla anchessi. 41. Questo meccanismo, come si visto, stato appunto invocato da Equitalia nel giudizio a quo. Essa ha, infatti, fatto valere di avere preventivamente comunicato alla locatrice che il rinnovo del contratto di locazione, alla scadenza del gennaio 2013, sarebbe avvenuto sula base di un compenso del 15% inferiore a quello previsto dal contratto in scadenza. La locatrice non ha comunicato alcuna disdetta del rapporto, sicch si deve ritenere che il nuovo contratto - tale dovendosi considerare il contratto di locazione automaticamente rinnovato - si sia perfezionato alle nuove condizioni (11). 42. Altra regola prevista dal comma 4 dellart. 3 quella che concerne lautomatica riduzione del 15% dei corrispettivi dei contratti che siano tuttora in corso alla data del 1 luglio 2014, con decorrenza da tale medesima data, salvo recesso da parte del locatore. 43. Al riguardo, va anzitutto rilevato che il quesito pregiudiziale meramente ipotetico - e, pertanto, irricevibile - nella parte in cui concerne tale aspetto. Infatti, come si visto, il rapporto oggetto del giudizio principale scadeva il 31 gennaio 2013, sicch la diminuzione del 15% stata inserita nel contratto al momento del rinnovo, con la conseguenza che il rapporto non (11) Non escluso, naturalmente, che la locatrice possa far valer leventuale errore in cui sia incorsa, sempre che si tratti di uno dei casi in cui lerrore pu assumere rilevanza ai sensi del codice civile italiano. In tal caso, peraltro, essa avrebbe diritto allannullamento del contratto e non alla sua esecuzione alle condizioni erroneamente ritenute esistenti. sar interessato dalla riduzione automatica del corrispettivo a partire del 1 luglio 2014. 44. In disparte tale rilievo, al fine di escludere che la norma attribuisca vantaggi non reperibili sul mercato ai soggetti pubblici interessati - i quali peraltro, come si ripete, non sono imprese pubbliche: non lo Equitalia e non lo alcuno degli altri soggetti contemplati nel- lelenco ISTAT di cui allAll. A.1 - decisiva la considerazione che fatto salvo il diritto del recesso del locatore. Sar, quindi, questultimo a valutare se la riduzione disposta ex lege corrisponda o meno alle effettive condizioni di mercato: eserciter il recesso qualora la domanda di locazione sia tale da offrirgli la possibilit di lucrare un canone pi elevato e, qualora non lo far, sar lecito presumere che le nuove condizioni contrattuali corrispondano alla mutata situazione di mercato. 45. Il soggetto pubblico, pertanto, conseguir un vantaggio contrattuale alla condizione che questo gli venga accordato dal locatore. E, se ci vero, lecito presumere che un equivalente vantaggio potrebbe essere grosso modo ottenuto, su base negoziale, anche da un contraente privato. 46. Venendo allesclusione delladeguamento allindice ISTAT, si tratta, evidentemente, di una misura eccezionale, giustificata dalla necessit di perseguire con assoluta tempestivit lobiettivo imperativo di interesse pubblico della riduzione dei costi dellapparato statale, come si desume anche dalla sua immediata entrata in vigore. 47. Essa non va oltre tale obiettivo - non proponendosi, in particolare n di favorire le imprese pubbliche (peraltro del tutto assenti, come si detto, dal novero dei soggetti interessati), n di porre i costi del risanamento della finanza pubblica a carico di una particolare categoria di cittadini (i proprietari degli immobili dati in locazione ai soggetti pubblici) sia per la sua incidenza economica individuale tutto sommato ridotta, sia, come pi volte ripetuto, per la sua corrispondenza agli effettivi andamenti del mercato delle locazioni immobiliari: perch, in altre parole, essa mira ad attribuire anche ai soggetti pubblici, in genere vincolati da condizioni contrattuali pi stabili e difficilmente rinegoziabili, benefici corrispondenti a quelli ottenibili in condizioni analoghe dai privati, i quali si trovano ad agire in un contesto giuridico pi duttile e pi in grado di rispondere prontamente alla mutate condizioni della domanda e dellofferta. IV.3. SUL SECONDO QUESITO 48. Con il secondo quesito, il Tribunale di Aosta chiede alla Corte di chiarire se le misure sin qui analizzate costituiscano aiuto di Stato, ai sensi dellart. 107 TFUE. 49. A tale questione agevole dare risposta negativa. Come gi rilevato nellordinanza di rinvio, infatti, difetta nella fattispecie quanto meno uno degli elementi essenziali dellaiuto di Stato e, cio, quello della concessione del presunto beneficio mediante risorse statali. V. CONCLUSIONI Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai quesiti ad essa sottoposti affermandone lirricevibilit o, in subordine, dichiarando che lart. 106 TFUE non si oppone alladozione di misure quali quelle previste dallart. 3, commi 1 e 4, del d.l. n. 95/2012, le quali, inoltre, non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dellart. 107 TFUE. Roma, 26 maggio 2014 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato Causa C-104/14 - Materia: Ravvicinamento delle legislazioni -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte Suprema di Cassazione (Italia) il 5 marzo 2014 - Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali / Federazione Italiana Consorzi Agrari e a. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella causa C-104/14 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dellart. 267 TFUE dalla Corte suprema di cassazione (Italia), nella causa MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI - ricorrente contro -FEDERAZIONE ITALIANA CONSORZI AGRARI (FEDERCONSORZI), S. COOP. A R.L. IN CON CORDATO PREVENTIVO - LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DEI BENI CEDUTI A CREDITORI DEI BENI DELLA FEDERCON SORZI IN CONCORDATO PREVENTIVO - controricorrenti *** I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 1. Con ordinanza del 28 novembre 2013, depositata presso la Cancelleria della Corte il 5 marzo 2014, la Corte di cassazione italiana, nellambito di un giudizio civile di ultimo grado vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte la seguente questione: (primo quesito) Se il rapporto di mandato ex lege intercorrente tra lAmministrazione statale ed i Consorzi agrari (rapporto dal quale nato il credito successivamente ceduto dai Consorzi alla Federconsorzi e da questa ai suoi creditori nellambito di una procedura concorsuale) per lapprovvigionamento e la distribuzione di prodotti agricoli, quale risultante dal d. lgs. n. 169/1948 e dalla legge n. 1294/1957, rientri nella definizione di transazione commerciale, come definita dallart. 2 della direttiva 2000/35/CE e dallart. 2 della direttiva 2011/7/UE. (secondo quesito) Nel caso di positiva risposta al quesito sub 1), se lobbligo di recepimento delle direttive 2000/35/CE (art. 6 par. 2) e 2011/7/UE (art. 12 par. 3), con la possibilit di lasciare in vigore norme pi favorevoli, implichi lobbligo di non mutare in peius, o addirittura escludere, il tasso di mora applicabile ai rapporti gi in corso al momento della entrata in vigore delle direttive. (terzo quesito) Nel caso di positiva risposta al quesito sub 2), se lobbligo di non mutare in peius il tasso di mora applicabile ai rapporti gi in corso debba essere valutato come operante rispetto ad una regolazione unitaria degli interessi, che preveda fino ad un certo momento (nella specie dal 31 gennaio 1982 al 31 dicembre 1995) il riconoscimento di un saggio extralegale e di una capitalizzazione, sia pure annuale e non semestrale come richiesta dal creditore, e dopo il predetto momento soltanto la corresponsione di un interesse legale, con una disciplina che, attesi gli estremi della controversia in atto, non necessariamente sfavorevole per il creditore. (quarto quesito) Se lobbligo di recepimento delle direttive 2000/35/CE (art. 6) e 2011/7/UE (art. 12), nella parte in cui, in relazione alla proibizione dellabuso della libert contrattuale in danno del creditore, prevedono, rispettivamente agli artt. 3, par. 3, e 7, linefficacia di clausole contrattuali o prassi inique, implichi il divieto per lo Stato di intervenire con norme che, con riferimento a rapporti di cui lo Stato parte e che sono in corso al momento di entrata in vigore delle direttive, escludano la corresponsione di interessi moratori. (quinto quesito) Nel caso di positiva risposta al quesito sub 4, se lobbligo di non intervenire in rapporti in corso, e nei quali lo Stato sia parte, con norma di esclusione degli interessi di mora sia operante rispetto ad una regolazione unitaria degli interessi, che preveda fino ad un certo momento (nella specie dal 31 gennaio 1982 al 31 dicembre 1995) il riconoscimento di un saggio extralegale e di una capitalizzazione, sia pure annuale e non semestrale come richiesta dal creditore, e dopo il predetto momento soltanto la corresponsione di un interesse legale, con una disciplina, che, attesi gli estremi della controversia in atto, non necessariamente sfavorevole per il creditore. II IL DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA RILEVANTE 2. I quesiti pregiudiziali vertono sullinterpretazione delle disposizioni di due successive direttive, relative alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. 3. La direttiva 29 giugno 2000, n. 2000/35/CE, allart. 1, rubricato Ambito di applicazione , stabilisce: La presente direttiva si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale. 4. Il successivo art. 2, contenente le Definizioni, dispone: Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) transazioni commerciali: contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro pagamento di un prezzo; pubblica amministrazione: qualsiasi amministrazione o ente, quali definiti dalle direttive sugli appalti pubblici [.]; impresa: ogni soggetto esercente unattivit economica organizzata o una libera professione, anche se svolta da una sola persona; 2 5) (). 5. Lart. 6 della direttiva 2000/35, intitolato Recepimento, stabilisce: 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente all8 agosto 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento allatto della pubblicazione ufficiale. Le modalit del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri possono lasciare in vigore od emanare norme che siano pi favorevoli al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente direttiva. 3. Nellattuare la presente direttiva gli Stati membri possono escludere: a) i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore; b) contratti conclusi prima dell8 agosto 2002; e c) richieste di interessi inferiori a 5 EUR. 4. 5. (). 6. La materia oggetto della direttiva 2000/35/CE attualmente disciplinata dalla direttiva 16 febbraio 2011, n. 2011/7/UE, che ha operato una rifusione della precedente direttiva, che stata contestualmente abrogata. 7. Lambito di applicazione e le definizioni della direttiva sono rimaste, per quanto qui interessa, sostanzialmente invariate. 8. Lart. 12 della nuova direttiva, rubricato Recepimento, dispone: 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 8 e allarticolo 10 entro il 16 marzo 2013. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. (). 2. (). 3. Gli Stati membri possono mantenere in vigore o adottare disposizioni pi favorevoli al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente direttiva. 4. Nel recepire la presente direttiva, gli Stati membri decidono se escludere contratti conclusi prima del 16 marzo 2013. 9. Lart. 13 della nuova direttiva, intitolato Abrogazione, stabilisce: La direttiva 2000/35/CE abrogata con effetto dal 16 marzo 2013, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione. Essa continua tuttavia ad applicarsi ai contratti conclusi prima di tale data ai quali in virt dellarticolo 12, paragrafo 4, non si applica la presente direttiva. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza figurante nellallegato. 10. Linterpretazione di tali due articoli agevolata dai seguenti considerando: (37) Lobbligo di recepire la presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che rappresentano modificazioni sostanziali della direttiva 2000/35/CE. Lobbligo di recepire le disposizioni rimaste immutate deriva da questultima direttiva. (38) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione della direttiva 2000/35/CE. III LE NORME NAZIONALI RILEVANTI E I FATTI DI CAUSA III.1. LAMMASSO OBBLIGATORIO DI CEREALI E I CONSEGUENTI CREDITI DEI CONSORZI AGRARI 11. Il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, allart. 12, comma 6, stabilisce: I crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto e nellinteresse dello Stato, diversi da quelli estinti ai sensi dellarticolo 8, comma 1, della legge 28 ottobre 1999, n. 410, come modificato dallarticolo 130 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, quali risultanti dai rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi del Ministro dellagricoltura e delle foreste e registrati dalla Corte dei conti, che saranno estinti nei riguardi di coloro che risulteranno averne diritto, nonch le spese e gli interessi maturati a decorrere dalla data di chiusura delle relative contabilit, indicata nei decreti medesimi, producono interessi calcolati: fino al 31 dicembre 1995 sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale; per il periodo successivo sulla base dei soli interessi legali. 12. Questa disposizione di inserisce nel contesto di una delle pi lunghe vicende processuali italiane, che contrappone il Ministero delle politiche agricole e forestali e gli aventi causa da 58 consorzi agrari provinciali che, nel dopoguerra e fino al 1967, hanno gestito i c.d. ammassi obbligatori di grano: si cercher, con lo sforzo della massima sintesi, di ripercorrerne i tratti essenziali e rilevanti ai nostri fini. 13. Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, le autorit italiane, per far fronte alla drammatica situazione socio-economica che si era prodotta anche in Italia, hanno fatto ricorso allistituto dellammasso obbligatorio del grano (istituto, peraltro, gi utilizzato dal precedente regime, quale strumento di politica agricola e di sostegno, o di controllo, dei prezzi dei prodotti), ossia alla gestione centralizzata dallapprovvigionamento dei cereali, cui i produttori e gli importatori erano tenuti a conferire la propria produzione. 14. Lo strumento per la gestione dellammasso fu individuato nei preesistenti consorzi agrari. Questi erano organizzazioni di agricoltori costituiti in forma di societ cooperativa, su base provinciale. Federconsorzi era lorganizzazione di livello nazionale che riuniva i suddetti consorzi: nel corso degli anni essa si resa cessionaria di larga parte dei crediti maturati dai singoli consorzi agrari (in particolare, dei 58 consorzi agrari indicati nel provvedimento di rinvio). 15. In particolare, con il decreto legislativo 23 gennaio 1948 n. 169, intitolato assunzione a carico dello Stato dellonere risultante dalle importazioni di cereali derivati e prodotti comunque destinati alla pani - pastificazione a decorrere dalla campagna cerealicola 1946/47 si stabilito che per le importazioni dallestero dei cereali, dei loro derivati, degli altri prodotti comunque destinati alla panificazione e alla pastificazione e delle paste alimentari effettuate per conto dello Stato dalla Federazione Italiana dei Consorzi Agrari, a cominciare dalla campagna cerealicola 1946/47, la Federazione medesima deve provvedere al preventivo finanziamento del controvalore in lire della valuta occorrente per gli acquisti, nonch a quello delle spese occorrenti per la resa, delle merci importate franco vagone porto Italiano o franco vagone stazione di confine. 16. Successivamente, la legge 22 dicembre 1957 n. 1294, rubricata acquisti dallestero per conto dello Stato di materie prime, prodotti alimentari ed altri prodotti essenziali, ha previsto - pur in condizioni economiche decisamente progredite - che in relazione alle esigenze indispensabili per assicurare lapprovvigionamento del paese la facolt delle Amministrazioni interessate di stabilire che gli acquisti, la gestione e la vendita delle merci ... siano affidati ad enti pubblici e privati, che lente gestore provvede al finanziamento per gli acquisti e per le importazioni ed a tutte le spese accessorie e che, conseguentemente, esso era soggetto, per le operazioni effettuate, alla resa del conto da presentare alle amministrazioni interessate ai fini della liquidazione delle spese sostenute per acquisti, finanziamenti, spese generali, ecc. 17. Nelle disposizioni transitorie e finali, la legge disciplinava espressamente la posizione di Federconsorzi, prevedendo che si intendono condotte per conto e nellinteresse dello Stato le gestioni delle merci importate in Italia per incarico del Governo Italiano da parte della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari in esecuzione di una serie di accordi di cooperazione economica (cfr. artt. 11, 12 e 15), e che per le importazioni di cereali, dei loro derivati e degli altri prodotti derivati dalla pani - pastificazione effettuata e da effettuare per conto dello Stato dalla Federazioni Italiana dei Consorzi Agrari al di fuori degli accordi... restano ferme le disposizioni emanate con Decreto Legislativo n. 169 del 26 gennaio 1948 (Art. 18). 18. In buona sostanza, lo Stato affid alla rete dei consorzi agrari e, quanto alle esigenze di carattere nazionale, direttamente alla Federazione che li riuniva la funzione di garantire lapprovvigionamento dei prodotti agroalimentari in questione, riconoscendo ampia autonomia di azione sia in senso gestionale che finanziario, con il solo obbligo del rendiconto annuale (cui faceva da contropartita lobbligo dello Stato alla refusione delle spese). 19. Le fonti normative sopra richiamate hanno, dunque, dato origine a quello che il giudice del rinvio qualifica come mandato ex lege. 20. Fondamentale, in questambito, la questione degli interessi, il cui rimborso - considerata la necessit dei consorzi agrari di finanziarsi sul mercato bancario - costituiva elemento decisivo anche per il raggiungimento delle finalit, quanto meno iniziali, di sostegno allofferta che ispirava listituzione del regime dellammasso. Tale questione fu disciplinata fin dallorigine, con il decreto legislativo luogotenenziale 8 maggio 1946 n. 579, il quale stabil che fossero posti a carico del bilancio dello Stato gli interessi sulle somme anticipate dagli istituti di credito per il pagamento delle quote integrative di prezzo e premi dovuti ai conferenti agli ammassi dei cereali, delle fave e dellolio. 21. Il principio generale stabilito da tale disposizione stato declinato, nel tempo, da una serie di provvedimenti amministrativi, che hanno via via specificato il tasso di interesse dovuto dallo Stato, fissando in un livello agganciato al tasso ufficiale di sconto (TUS), ossia al tasso con cui la Banca centrale concede prestiti alle altre banche, maggiorato di una percentuale, con capitalizzazione semestrale. 22. Il succedersi di fonti di regolazione spesso di difficile interpretazione, oltre alla complessit dellattivit di rendicontazione delle spese, ha dato origine, nel corso degli anni, a un articolato contenzioso tra i consorzi e lo Stato italiano. 23. In questo contesto sono intervenuti ulteriori provvedimenti normativi, tra i quali si deve citare la legge 28 ottobre 1999, n. 410 che - anche per effetto di modifiche introdotte dalla successiva legge n. 388 del 2000 - ha stabilito, allart. 8, che i crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto e nellinteresse dello Stato, maturati alla data del 31 dicembre 1997, sarebbero stati estinti mediante assegnazione di titoli di Stato e che i relativi interessi sarebbero stati cos calcolati: fino al 31 dicembre 1995 sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale; per gli anni 1996 e 1997 sulla base dei soli interessi legali. 24. Il giudizio a quo verte, tra laltro, sul calcolo degli interessi dovuti. Come riferisce lordinanza di rinvio, la Corte dAppello ha ritenuto che la norma appena citata non fosse opponibile a Federconsorzi, perch essa era finalizzata a estinguere i contenziosi con i singoli consorzi agrari e, pertanto, non si applicava a soggetti diversi, ivi compresi i cessionari dei crediti dei consorzi. 25. Il Ministero delle politiche agricole e forestali ha proposto ricorso per cassazione contestando tale interpretazione e, successivamente, chiedendo lapplicazione dello ius superveniens introdotto dal decreto-legge n. 16/2012. 26. Ritenendo tale decreto-legge potenzialmente applicabile alla fattispecie, la Corte di cassazione ha sollevato le questioni pregiudiziali che hanno dato origine al presente giudizio incidentale. III.2. IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE CONTRO I RITARDI DI PAGAMENTO 27. La direttiva 2000/35/CE stata recepita in Italia con il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, che, allart. 11, recante le Norme transitorie finali, stabiliva: 1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai contratti conclusi prima dell8 agosto 2002. 2. Sono fatte salve le vigenti disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina pi favorevole per il creditore. 3. () 28. La direttiva 2011/7/UE stata trasposta in Italia con il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, che ha apportato modifiche al d.lgs n. 231 del 2002 e, allart. 3, contenente le Disposizioni finali, ha stabilito: 1. Le disposizioni di cui al presente decreto legislativo si applicano alle transazioni commerciali concluse a decorrere dal 1 gennaio 2013. (). IV ANALISI IV.1. SUL PRIMO QUESITO 29. Con il suo primo quesito, la Corte di cassazione chiede se un rapporto quale quello intercorrente tra lo Stato italiano e i consorzi agrari rientri astrattamente nel campo di applicazione oggettivo delle direttive sui ritardi di pagamento, come rispettivamente definito dai loro articoli 2: se, cio, tale rapporto rientri nella nozione di transazione commerciale rilevante ai fini dellapplicazione delle direttive. 30. Il giudice del rinvio ha gi chiarito che tale rapporto si modella sul mandato, ossia sul contratto in forza del quale una parte si obbliga a compiere uno o pi atti giuridici per conto dellaltra. Il rapporto ha, dunque, indiscutibilmente a oggetto la prestazione di servizi. Pu, parimenti, darsi per scontato che i consorzi agrari rientrino nella nozione di impresa recepita dalle direttive. 31. Il dubbio del giudice del rinvio sembra, dunque, originare principalmente dalla fonte legale, e non contrattuale, del rapporto: fonte che, prima facie, lo colloca al di fuori del perimetro della nozione di transazioni commerciali, perch questa riguarda i contratti, ossia, secondo il comune significato del vocabolo, gli accordi tra due o pi parti aventi un contenuto patrimoniale. Nel nostro caso, non stato concluso alcun contratto: le parti sono state obbligate per legge a fornire le proprie prestazioni (i servizi da un lato, i corrispettivi dallaltro). 32. A giudizio del Governo italiano occorre, tuttavia, considerare che, nella sentenza 25 febbraio 2010, causa C-172/08, Pontina Ambiente (1), la Corte ha gi dato uninterpretazione estensiva della nozione di transazione commerciale e di pagamento effettuato a titolo di corrispettivo. Si trattava, nella fattispecie, di unimpresa incaricata della gestione di una discarica, la quale era tenuta ad anticipare alla Regione limporto del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, potendo poi rivalersi sulle amministrazioni locali che effettuavano il versamento dei rifiuti in discarica. La Corte ha, nelloccasione citata, ritenuto che ricadesse nellambito di applicazione della direttiva anche il rapporto di rivalsa tra il gestore della discarica e le amministrazioni locali, bench questo non avesse fonte negoziale. 33. Sembra, quindi, al Governo italiano che la Corte abbia recepito una nozione di contratto, rilevante ai fini dellart. 2 delle due direttive, che si fonda sul contenuto del rapporto e non sulla sua fonte (negoziale, legale o - laddove consentito che cos sorgano rapporti negoziali - anche di fatto). Rientrerebbero, dunque, in tale nozione tutti i rapporti giuridici che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo, indipendentemente dal fatto che essi abbiano fonte in un previo accordo tra le parti. 34. Questa lettura appare rafforzata dalle disposizioni della nuova direttiva, che, allart. 7, sancisce lilliceit - oltre che delle clausole contrattuali contrarie alla direttiva - anche (1) Si veda anche la successiva sentenza 24 maggio 2012, causa 97/11, Amia, riguardante la medesima fattispecie di diritto interno. delle prassi inique, cos contribuendo a chiarire che anche gli aspetti del regolamento negoziale non regolati dallaccordo delle parti debbono ricadere nel campo di applicazione della direttiva medesima (2). Non avrebbe senso, daltra parte, reprimere le prassi contrarie alle direttive e disinteressarsi di leggi nazionali che istituiscono e/o regolano rapporti commerciali in difformit con le disposizioni imperative della direttiva. 35. Alla luce di questa giurisprudenza, sembra al Governo italiano che alla questione posta dal primo quesito - che, tuttavia, come si cercher di dimostrare, questione irrilevante ai fini della risoluzione della controversia principale - debba darsi risposta positiva. IV.2. SUL SECONDO QUESITO 36. Con il secondo quesito, la giurisdizione del rinvio chiede alla Corte di stabilire se la direttiva 2000/35/CE vietasse agli Stati membri di modificare in peius per il creditore le condizioni dei rapporti contrattuali sorti anteriormente alla scadenza della direttiva medesima (o se, comunque, tale divieto derivi dalle disposizioni della direttiva 2011/7/UE). 37. Essendo pacifico che gli Stati membri fossero liberi di rendere applicabili le disposizioni della direttiva ai contratti conclusi dopo la scadenza della direttiva 2000/35/CE (8 agosto 2002) e che lItalia si avvalsa di tale facolt, un simile divieto potrebbe ritenersi discendere, secondo la Corte di cassazione, dalla disposizione, contenuta nellart. 6, par. 2 della direttiva medesima (e riproposta nellart. 12, par. 3, della direttiva 2011/7/UE), secondo la quale gli Stati membri possono mantenere - oltre che adottare - disposizioni pi favorevoli per il creditore. 38. A tale quesito, sembra al Governo italiano quanto mai agevole dare risposta negativa. 39. Discende pianamente dalla lettura dellart. 6, par. 3, lettera b) della direttiva 2000/35/CE che i contratti conclusi prima dell8 agosto 2002 non rientrano nellambito del ravvicinamento delle legislazioni attuato dalla direttiva. La disciplina di tali contratti, pertanto, resta nella competenza dei singoli Stati membri, fermo restando che questi debbono esercitare tale competenza nel rispetto dei Trattati e di eventuali altre fonti di diritto derivato (rispetto che, nella fattispecie, non messo in discussione). 40. Anche la clausola di non regresso - clausola, peraltro, relativa e non assoluta (non essendo vietato agli Stati membri intervenire sulle norme pi favorevoli) - si riferisce, e non potrebbe che riferirsi, ai contratti che ricadono nel campo di applicazione della direttiva. La clausola prevista dallart. 6, par. 2, della direttiva 2000/35/CE si limita, in altre parole, a stabilire che gli Stati membri possono mantenere - o anche introdurre - disposizioni pi favorevoli per i creditori per i contratti stipulati a partire dall8 agosto 2002, ossia per i contratti che ricadono nel campo di applicazione della direttiva. 41. Neanche tale clausola, pertanto, riguarda i contratti precedenti, rispetto ai quali il legislatore dellUnione non intervenuto con la direttiva. N, probabilmente, avrebbe avuto titolo per intervenire: verosimilmente, una competenza dellUnione avrebbe potuto esercitarsi, senza incorrere nel divieto di esercizio retroattivo delle competenze (divieto che costituisce naturale corollario del principio di attribuzione), in relazione alle sole obbligazioni non ancora eseguite dei contratti precedenti alla scadenza della direttiva. Ma non certo in relazione ai rapporti che, a tale data, fossero gi esauriti. 42. Ecco, allora, la reale funzione dellart. 6, par. 3, lettera b) della direttiva 2000/35/CE: esso sta, appunto, a indicare che lesercizio delle competenze dellUnione non si estende (2) La direttiva 2000/35/CE, allart. 3, par. 3, si riferiva invece ai soli accordi iniqui. come forse avrebbe avuto - ai rapporti in corso, disciplinando le obbligazioni non ancora eseguite in seno a tali rapporti, ma riguarda solo i rapporti futuri. 43. Se ne deve concludere che, a maggior ragione, nessuna influenza possono avere le disposizioni della direttiva sui contratti che, alla data della sua scadenza, non solo erano stati conclusi, ma erano anche stati integralmente eseguiti. 44. Tale stato di cose non mutato con ladozione della direttiva 2011/7/UE, come si evince agevolmente dai suoi artt. 12 e 13 e dai considerando nn. 37 e 38. IV.3. SUL TERZO QUESITO 45. La risposta negativa che si suggerita per il secondo quesito, consente di prescindere dallesaminare il terzo quesito. IV.4. SUL QUARTO QUESITO 46. Con il quarto quesito, la Corte di cassazione chiede se un divieto di intervenire sui contratti in corso alla data di scadenza delle direttive discenda eventualmente dallart. 3, par. 3, della direttiva 2000/35/CE o dallart. 7 della direttiva 2011/7/UE, nella parte in cui proibiscono labuso della libert contrattuale in danno del creditore. 47. Il divieto riguarderebbe, in particolare, i contratti in cui parte lo Stato, quale debitore dellobbligazione pecuniaria, perch sarebbe appunto lo Stato, attraverso un proprio atto (la legge), a inserire nel regolamento contrattuale un elemento iniquo (3). 48. Giova premettere che la stessa Corte di cassazione, nella formulazione del terzo e del quinto quesito, rileva come la norma introdotta dal decreto-legge n. 16 del 2012 non necessariamente peggiorativa per il creditore, avuto riguardo a quanto poteva ritenersi ad esso spettare in base alla previgente normativa. E comunque si deve rilevare - in sintesi, onde non affaticare la Corte con questioni di diritto interno - che la disposizione contenuta nellart. 12, comma 6, del decreto-legge non esclude la corresponsione di interessi mora- tori, ma ne prevede il pagamento secondo un calcolo diverso. Viene, in particolare, richiamato il tasso previsto dalla legge n. 410 del 1999 che, secondo uninterpretazione (quella fatta propria dalla Corte dAppello, ma non ancora avallata dalla Corte di cassazione), si rendeva applicabile alle sole posizioni creditorie dei consorzi agrari non cedute a Federconsorzi (in pratica, ai consorzi agrari che avevano agito in regime di separazione contabile). Con un intervento che appare tuttaltro che irragionevole, il legislatore italiano ha quindi stabilito espressamente che questo medesimo regime si applicasse agli altri casi. 49. Tanto premesso, la risposta negativa al quesito della Corte di cassazione discende, a giudizio del Governo italiano, dagli argomenti che si sono esposti nellanalizzare il primo quesito. 50. Le due direttive sono, infatti, chiarissime nellindicare che le disposizioni delle direttive (3) La Corte di cassazione, con approccio sostanzialistico, ritiene, quindi, che si debba prescindere da sottili distinzioni tra c.d. Stato-legislatore e Stato-amministrazione, imputando comunque la variazione del regolamento contrattuale alla volont di una delle parti (lo Stato), bench essa sia riferibile a un organo del tutto diverso da quello concretamente debitore (il legislatore e non lautorit amministrativa tenuta al pagamento). Tale approccio appare, invero, percorribile, ma solo in relazione agli obblighi derivanti dallappartenenza allUnione europea, in relazione ai quali lentit statuale assume contorni unitari. Non sembra che questo stesso approccio - lo si deve qui evidenziare a futura memoria, ad evitare fraintendimenti della posizione che assume il Governo italiano - potrebbe essere automaticamente riproposto sul piano interno, nel caso in cui la legittimit della norma fosse messa in discussione in relazione a parametri di diritto costituzionale: in questo diverso ambito, infatti, lautorit amministrativa debitrice assumerebbe la veste di persona giuridica soggetta, al pari di tutte le altre, allapplicazione della legge, che espressione della volont del Parlamento e non dellamministrazione medesima. medesime non si applicano ai rapporti in corso. Gli Stati membri erano, evidentemente, liberi di estendere a tali rapporti la regolazione contenuta nella direttiva, ma anche ove si fossero avvalsi di tale facolt (e lItalia non lo ha fatto), essi avrebbe agito nellesercizio di una propria competenza. Con la conseguenza che essi avrebbero potuto intervenire nuovamente, sempre nellesercizio di tale competenza e senza violare il diritto del- lUnione europea, sulla disciplina dei rapporti in questione. 51. Quindi, gli obblighi che discendono dallart. 3, par. 3, della direttiva 2000/35/CE e dallart. 7 della direttiva, riguardano le clausole, originarie o sopravvenute, che ineriscono ai contratti disciplinati dalle direttive e le prassi (inique) che eventualmente si instaurino in relazione a tali contratti, non anche le clausole e le prassi che riguardano i rapporti in corso alla data della scadenza delle direttive medesime (ammesso che possa definirsi in corso il rapporto tra il Ministero delle politiche agricole e forestali e Federconsorzi). 52. A tale lettura potrebbe obiettarsi che laccordo modificativo di un contratto in corso costituisce, esso stesso, un contratto, con la conseguenza che, ove questo intervenga dopo la scadenza della direttiva, esso dovrebbe essere soggetto alle sue disposizioni. E quindi, secondo il parallelismo su cui si convenuto nella risposta al primo quesito, a tali disposizioni dovrebbero essere soggette anche le modifiche di rapporti commerciali introdotte per legge. 53. Tuttavia, sembra evidente che una simile obiezione avrebbe un fondamento nel momento in cui laccordo di modifica di un contratto rientri, di per s, nella definizione di transazione commerciale contenuta nellart. 2 della direttiva 2000/35/CE (o nellanaloga definizione contenuta nella direttiva 2011/7/UE): se, cio, esso comporti la consegna di (ulteriori) merci o la prestazione di (ulteriori) servizi, contro il pagamento di un prezzo. 54. evidente, in altre parole, che qualora le parti di un rapporto in corso alla data di scadenza della direttiva convengano una modifica in forza della quale una di loro tenuta a consegnare ulteriori merci o a fornire ulteriori servizi, i termini di pagamento dei corrispettivi di tali prestazioni saranno regolati dalla direttiva, perch le parti hanno dato vita a un (nuovo) rapporto, che non vi sarebbe ragione per sottrarre allapplicazione della direttiva medesima. 55. Ma nulla di tutto ci ha a che vedere con la fattispecie che oggetto del giudizio principale, nella quale il creditore ha eseguito, gi da decine di anni, la propria prestazione e non tenuto, in forza del decreto-legge n. 16 del 2012, a eseguirne altre. IV.5. SUL QUINTO QUESITO 56. La risposta negativa che si suggerita per il quarto quesito consente di prescindere dal- lesame del quinto quesito. V. CONCLUSIONI 57. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere complessivamente ai quesiti ad essa sottoposti dichiarando che: Lobbligo di recepimento delle direttive 2000/35/CE e 2011/7/UE non implica lobbligo di non mutare in peius il tasso di mora applicabile ai rapporti in corso al momento dellentrata in vigore della direttiva, non discendendo, un simile obbligo, n dalla possibilit di lasciare in vigore norme pi favorevoli (rispettivamente, art. 6, par. 2 e art. 12, par. 3 delle due direttive), n dalle disposizioni che impongono di reprimere labuso della libert contrattuale del debitore in danno del creditore (rispettivamente, art. 3, par. 3, e 7 delle due direttive). Roma, 23 giugno 2014 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato Causa C-125/14 - Materia: Propriet intellettuale, industriale e commerciale - Brevetti -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal F.vrosi Trvnyszk (Ungheria) il 18 marzo 2014 - Iron & Smith Kft. / Unilever NV. CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA OSSERVAZIONI del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia nella causa C-125/14 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dellart. 267 TFUE dal F.vrosi Trvnyszk (Ungheria), nella causa IRON & SMITH - ricorrente contro UNILEVER NV - controinteressato *** I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 1. Con ordinanza del 10 marzo 2014, depositata presso la Cancelleria della Corte il successivo 18 marzo, il F.vrosi Trvnyszk (Tribunale della Capitale ungherese), nellambito di un giudizio civile di primo grado vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte la seguente questione: (primo quesito) Se, ai fini della prova della notoriet di un marchio comunitario ai sensi dellarticolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95/CE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi dimpresa (in prosieguo: la direttiva), possa essere sufficiente il fatto che tale marchio goda di notoriet in un solo Stato membro, anche nel caso in cui la domanda di registrazione di marchio nazionale, oggetto di opposizione sul fondamento di tale notoriet, sia stata presentata in un paese diverso da detto Stato membro. (secondo quesito) Se, nellambito dei criteri territoriali utilizzati per lesame della notoriet di un marchio comunitario, possano essere applicati i principi stabiliti dalla Corte di giustizia dellUnione europea in relazione alluso effettivo del marchio comunitario. (terzo quesito) Se, qualora il titolare del marchio comunitario anteriore dimostri la notoriet del suo marchio in paesi - che coprano una parte sostanziale del territorio del- lUnione europea - diversi dallo Stato membro in cui stata presentata la domanda di registrazione nazionale, possa essergli richiesto, indipendentemente da ci, di fornire una prova sufficiente anche per quanto riguarda detto Stato membro. (quarto quesito) Se, in caso di risposta negativa alla questione precedente, considerando le peculiarit del mercato interno, possa accadere che un marchio utilizzato in modo intensivo in una parte sostanziale dellUnione europea non sia noto al pubblico nazionale pertinente e che, pertanto, non venga soddisfatto il secondo requisito per la sussistenza dellimpedimento alla registrazione a norma dellarticolo 4, paragrafo 3, della direttiva, non ricorrendo il rischio che il marchio nazionale rechi pregiudizio alla notoriet o al carattere distintivo del marchio anteriore o tragga indebito vantaggio da essi; in tal caso, quali elementi debba dimostrare il titolare del marchio comunitario perch il requisito menzionato sia soddisfatto. II IL DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA RILEVANTE 2. I quesiti pregiudiziali portano sullinterpretazione di alcune disposizioni della direttiva 22 ottobre 2008 n. 2008/95/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi dimpresa (Versione codificata) (in prosieguo la direttiva). 3. Lart. 4 della direttiva, rubricato Altri impedimenti alla registrazione o motivi di nullit relativi ai conflitti con diritti anteriori, al par. 3, stabilisce: 3. Un marchio di impresa altres escluso dalla registrazione o, se registrato, pu essere dichiarato nullo se identico o simile a un marchio di impresa comunitario anteriore ai sensi del paragrafo 2 e se stato destinato a essere registrato o stato registrato per prodotti o servizi i quali non sono simili a quelli per cui registrato il marchio di impresa comunitario anteriore, quando il marchio di impresa comunitario anteriore gode di notoriet nella Comunit e luso del marchio di impresa successivo senza giusto motivo trarrebbe indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notoriet del marchio di impresa comunitario anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi. 4. Il successivo art. 5, intitolato Diritti conferiti dal marchio dimpresa, al par. 2 dispone: 2. Ciascuno Stato membro pu inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso stato registrato, se il marchio di impresa gode di notoriet nello Stato membro e se luso immotivato del segno consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notoriet del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi. 5. Nellinterpretazione di tali disposizioni, sono di ausilio i seguenti considerando: (10) fondamentale, per agevolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, procurare che i marchi di impresa registrati abbiano negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri la medesima tutela; ci non priva tuttavia gli Stati membri della facolt di tutelare maggiormente i marchi di impresa che abbiano acquisito una notoriet; (11) La tutela che accordata dal marchio di impresa registrato e che mira in particolare a garantire la funzione dorigine del marchio di impresa dovrebbe essere assoluta in caso di identit tra il marchio di impresa e il segno, nonch tra i prodotti o servizi. La tutela dovrebbe essere accordata anche in caso di somiglianza tra il marchio di impresa e il segnoe tra i prodotti o servizi. indispensabile interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione; il rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notoriet del marchio di impresa sul mercato, dallassociazione che pu essere fatta tra il marchio di impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati, dovrebbe costituire la condizione specifica della tutela. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le norme procedurali nazionali alle quali spetta disciplinare i mezzi grazie a cui pu essere constatato il rischio di confusione, e in particolare lonere della prova. 6. Ai fini della risoluzione della questione pregiudiziale, occorrer tenere conto anche del Reg. (CE) 26-2-2009 n. 207/2009, Regolamento del Consiglio sul marchio comunitario (Versione codificata) (in prosieguo: il regolamento) e, in particolare, del suo art. 9, intitolato Diritti conferiti dal marchio comunitario, che, al par. 1, stabilisce: Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio: a) b) (...) c) un segno identico o simile al marchio comunitario per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali questo stato registrato, se il marchio comunitario gode di notoriet nella Comunit e se luso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notoriet del marchio comunitario o reca pregiudizio agli stessi. III I FATTI DI CASUA 7. La ricorrente ha chiesto allUfficio ungherese della propriet intellettuale (in prosieguo lUfficio) la registrazione come marchio del segno figurativo a colori be impulsive. La controinteressata si opposta, invocando i diritti derivanti dai propri preesistenti marchi denominativi, comunitari e internazionali, Impulse. 8. Secondo quanto si evince dallordinanza di rinvio, i marchi preesistenti non erano registrati per prodotti o servizi identici a quelli per cui la ricorrente chieda la registrazione del proprio marchio. Lopponente, attuale controinteressata, ha tuttavia fatto valere che luso del marchio be impulsive avrebbe arrecato pregiudizio al carattere distintivo o alla notoriet dei propri marchi Impulse - da qualificare marchi notori - o, comunque, avrebbe consentito alla ricorrente di trarre indebito vantaggio da esso. 9. Lopponente non ha dimostrato la notoriet del marchio Impulse in Ungheria, ma lUfficio ha accertato che essa aveva venduto grandi quantitativi di prodotti contraddistinti dal proprio marchio comunitario e li aveva pubblicizzati nel Regno Unito e in Italia. LUfficio ha, quindi, concluso che era dimostrata la notoriet del marchio in una parte sostanziale dellUnione europea e - ricorrendo le altre condizioni previste dalla norma ungherese con cui stato recepito lart. 4, par. 3, della direttiva - ha rigettato la domanda di registrazione. 10. Iron & Smith ha presentato ricorso giurisdizionale avverso la decisione dellUfficio e ne ha chiesto lannullamento, ritenendo erronea la decisione dellUfficio nella parte in cui aveva dichiarato la notoriet del marchio comunitario della concorrente sulla sola base del fatto che questa deteneva una quota di mercato del 5% nel Regno Unito e dello 0,2% in Italia. 11. Alla domanda si opposta la controinteressata. IV ANALISI IV.1. SUL PRIMO QUESITO 12. Si deve premettere che il Governo italiano intende prendere posizione esclusivamente su primi due quesiti posti dal giudice del rinvio. 13. Con il suo primo quesito, il Tribunale ungherese chiede alla Corte di chiarire se la notoriet del marchio comunitario, rilevante ai fini dellart. 4, par. 3, della direttiva, possa derivare anche dalla sola circostanza che il marchio goda di notoriet in un unico Stato membro, diverso da quello nel quale richiesta la registrazione del nuovo marchio. 14. Ad avviso del Governo italiano, la questione della notoriet, o meno, di un marchio comunitario implica essenzialmente una valutazione di fatto, in via di principio rimessa allapprezzamento del giudice nazionale. Ci anche perch, come osserva il giudice del rinvio, nel diritto dellUnione europea non si rinviene una indicazione puntuale al riguardo. 15. , tuttavia, quanto mai opportuno che la Corte fornisca alla giurisdizione del rinvio indicazione precise circa la cornice giuridica entro la quale inserire e risolvere tale questione di fatto. 16. Ora, nella sentenza General Motors (1), la Corte ha stabilito che lespressione gode di (1) Sentenza 14 settembre 1999, causa C-375/99, General Motors. notoriet nello Stato membro, contenuta nellattuale art. 5, par. 2, della direttiva, non consente di esigere che il marchio sia notorio su tutto il territorio dello Stato membro, essendo sufficiente che lo sia in una in una parte sostanziale di esso (punto 28). 17. Parallelamente, nella sentenza Pago International (2), la Corte - occupandosi in qual caso di un marchio comunitario e, dunque, dellinterpretazione dellart. 9, par. 1, lett. c) del regolamento - ha stabilito che per godere della protezione prevista da detta disposizione, un marchio comunitario deve essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi contraddistinti dal marchio, in una parte sostanziale del territorio della Comunit (punto 30). 18. Essa ha, poi, chiarito che tenuto conto delle circostanze della causa principale, il fatto che la notoriet del marchio fosse stata accertata in un solo Stato membro, lAustria, poteva ritenersi sufficiente a ritenere integrato il suddetto requisito. 19. Come osserva il giudice del rinvio, si pu ritenere - o, quanto meno, non si pu escludere -che le circostanze della causa principale, cui la Corte ha attribuito peso decisivo, consistessero nel fatto che il titolare del marchio comunitario avesse proposto opposizione alla registrazione di un marchio nazionale proprio in Austria, cio nello Stato membro in cui era stata provata la notoriet del marchio comunitario. 20. Da tale sentenza non pu, quindi, desumersi automaticamente che la notoriet del marchio comunitario in uno Stato membro sia sufficiente affinch il suo titolare possa beneficiare, in tutto il territorio dellUnione, della tutela pi estesa e intensa attribuiti ai marchi notori. 21. In tal senso depongono le conclusioni depositate, nella causa Pago International, dal- lAvvocato generale Sharpston - conclusioni che il Governo italiano ritiene meritino integrale condivisione - nella quali si legge che: - non possibile stabilire se un marchio comunitario goda di notoriet nella Comunit basandosi sul fatto che esso goda, o meno, di notoriet in un solo Stato membro. Dal carattere unitario del marchio comunitario discende che il territorio della Comunit dovrebbe essere considerato nel suo complesso. La sentenza General Motors va applicata per analogia per stabilire quale sia una parte sostanziale della Comunit. Ci va accertato in ogni caso specifico tenendo conto del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi contraddistinti dal marchio e dellimportanza dellarea in cui sussiste la notoriet, come identificata da fattori quali lambito geografico, la popolazione e limportanza economica nel territorio comunitario inteso nel suo complesso (punto 40); -(...) Ci che, a tal fine, costituisce una parte sostanziale della Comunit non dipende dai confini nazionali, ma devessere accertato con una valutazione di tutte le circostanze pertinenti del caso, tenendo conto, in particolare, (i) del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi contraddistinti dal marchio e della percentuale di quel dato pubblico che conosce il marchio e (ii) dellimportanza dellarea in cui sussiste la notoriet, come definita in base a fattori quali il suo ambito geografico, la popolazione e limportanza economica (punto 41). 22. Occorre, dunque, concludere che, in considerazione del carattere unitario del marchio comunitario, il fatto che esso goda di notoriet in un qualsiasi Stato membro non condizione sufficiente per stabilire che esso sia notorio in una parte sostanziale del territorio dellUnione e, conseguentemente, che sia integrato il requisito previsto dallart. 9, par. 1, (2) Sentenza 6 ottobre 2009, causa C-301/07, Pago International. lett. c) del regolamento. Il riferimento allambito geografico, alla popolazione e allimportanza economica dellarea interessata dalla notoriet del marchio, contenuto nelle citate conclusioni dellAvvocato generale Sharpston, chiarisce che tale condizione ben pu mancare ancorch il marchio sia sicuramente notorio nellintero territorio di uno degli Stati dellUnione. 23. Parallelamente, la notoriet in uno Stato membro non pu ritenersi neanche condizione necessaria per stabilire la notoriet del marchio comunitario, potendosi, in astratto, identificare le relative condizioni anche nel caso in cui il marchio sia notorio in una parte soltanto del territorio di uno Stato membro, laddove tale condizione soddisfi comunque i requisiti di importanza geografica, economica e di popolazione necessari. IV.2. SUL SECONDO QUESITO 24. Con il secondo quesito, la giurisdizione del rinvio chiede alla Corte di stabilire se, nel- lambito dei criteri territoriali utilizzati per stabilire la notoriet di un marchio comunitario, si possa fare applicazione nei principi indicati nella sentenza Leno Merken (3) in relazione alluso effettivo del marchio comunitario. 25. Sembra al Governo italiano che, proprio nella sentenza Leno Merken, al punto 53, debbano rintracciarsi le ragioni per dare risposta tendenzialmente negativa al quesito. In tale passaggio della decisione, la Corte ha, infatti, negato che la giurisprudenza rilevante per stabilire se sussista il requisito della notoriet in una parte sostanziale dello Stato membro e dellUnione abbia rilievo ai fini dellindividuazione della condizione delluso effettivo, affermando che tale giurisprudenza riguarda linterpretazione delle disposizioni relative alla tutela estesa accordata ai marchi che godono di notoriet e di rinomanza nella Comunit o nello Stato membro nel quale sono stati registrati. Orbene, tali disposizioni perseguono un obiettivo diverso da quello del requisito delluso effettivo, il quale potrebbe condurre al rigetto dellopposizione o addirittura alla decadenza del marchio, come previsto segnatamente allarticolo 51 del regolamento n. 207/2009. 26. Ci, anche perch lestensione territoriale delluso costituisce non gi un criterio distinto dalluso effettivo, bens una delle componenti di tale uso, che deve essere inserita nel- lanalisi complessiva ed essere studiata parallelamente alle altre componenti dello stesso. 27. La stessa dimensione territoriale , quindi, un criterio che pu giocare diversamente ai fini della verifica della notoriet di un marchio comunitario e ai fini della verifica di un suo uso effettivo nellUnione (e, peraltro, nella sentenza Leno Merken, la Corte ha chiarito che luso effettivo in uno Stato membro non pu costituire sintomo di un uso effettivo nellUnione, non essendo, tra laltro, vincolante la dichiarazione comune del Consiglio e della Commissione annessa al verbale di riunione, allatto delladozione del reg. n. 40/94). 28. In maniera speculare, sembra, quindi, doversi escludere che i fatti rilevanti ai fini della verifica delluso effettivo possano, di per s, giocare un ruolo nella soluzione della diversa questione relativa alla notoriet di un marchio nazionale o comunitario. 29. Ci non esclude, naturalmente, che vi sia una possibile interferenza tra le due questioni di fatto, nel senso che alcuni fatti possono venire in considerazione in entrambi i casi. IV.2. SUL TERZO E SUL QUARTO QUESITO 30. Come gi anticipato, il Governo italiano non prende posizione sulle questioni poste dal terzo e dal quarto quesito, rimettendosi al giudizio della Corte. (3) Sentenza 19 dicembre 2012, causa C-149/11, Leno Merken. 31. Sembra, tuttavia, che tali questioni debbano essere risolte considerando che la notoriet del marchio costituisce solo il presupposto per la sua tutela. Lapplicazione della regola posta dallart. 4, par. 3, della direttiva richiede, quindi, che siano accertate le autonome condizioni di fatto che la giustifichino - e, dunque, il fatto che il segno che si intende registrare o utilizzare, in ragione della sua percezione presso il pubblico, sia suscettibile di arrecare effettivamente pregiudizio al marchio notorio anteriore o consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notoriet di questultimo - le quali non possono presumersi sulla base della sola notoriet del marchio comunitario. 32. Ai fini della verifica di tali circostanze non sembra, peraltro, potersi richiedere che il marchio comunitario goda di notoriet nello Stato membro interessato. N, daltra parte, pu stabilirsi alcuna presunzione assoluta circa lirrilevanza della registrazione o dalluso del segno dalla circostanza che il marchio comunitario non goda di notoriet nello Stato membro interessato. 33. Cos ragionando, infatti, si finirebbe per imporre - in contrasto con lart. 9, par. 1, lettera c) del regolamento - un presupposto ulteriore per la tutela del marchio comunitario, la quale, come si visto, ha come unica condizione quella della notoriet del marchio in una parte sostanziale dellUnione e non anche quella della sua notoriet nellarea territoriale di registrazione o uso del segno che si pone in conflitto con tale marchio. V. CONCLUSIONI 34. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai primi due quesiti ad essa sottoposti dichiarando che: Ai fini della prova della notoriet di un marchio comunitario ai sensi dellarticolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95/CE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi dimpresa, non sufficiente il fatto che tale marchio goda di notoriet in un solo Stato membro, dovendosi condizione identificare, allesito di una valutazione di fatto, tenendo conto del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi contraddistinti dal marchio e dellimportanza dellarea in cui sussiste la notoriet, come identificata da fattori quali lambito geografico, la popolazione e limportanza economica nel territorio dellUnione inteso nel suo complesso. Nellambito dei criteri territoriali utilizzati per lesame della notoriet di un marchio comunitario, non assumono di per s rilievo i principi stabiliti dalla Corte di giustizia del- lUnione europea in relazione alluso effettivo del marchio comunitario. Roma, 1 luglio 2014 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato Causa T-527/13 - Materia: Concorrenza - Aiuti concessi dagli Stati - Ricorso proposto il 30 settembre 2013 - Italia/Commissione. TRIBUNALE DELLUNIONE EUROPEA RICORSO del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia - ricorrente contro la COMMISSIONE EUROPEA, in persona del legale rappresentante pro tempore (in prosieguo la Commissione) -convenuto - per ottenere lannullamento, ai sensi dellart. 263 del TFUE, della decisione della Commissione n. C (2013) 4046 final del 17 luglio 2013, notificata il successivo 18 luglio, relativa allaiuto di Stato SA.33726 (11/C) [ex SA.33726 (11/NN)] concesso dallItalia (proroga del pagamento dei prelievi sul latte in Italia). *** INDICE E DEFINIZIONI INDICE INTRODUZIONE da 1 a 3 IN FATTO da 4 a 37 I Il quadro normativo e fattuale da 4 a 22 I.1 Il regime dei prelievi supplementari sul latte e la decisione di autorizzazione da 4 a 7 I.2 Lattuazione della decisione di autorizzazione nellordinamento italiano da 8 a 16 I.3 I pi recenti interventi del legislatore italiano: la misura contestata nella decisione impugnata. Il procedimento di indagine da 17 a 21 II La decisione impugnata da 22 a 37 IN DIRITTO da 38 a 67 III Primo motivo di ricorso. Violazione dellart. 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 da 38 a 47 IV Secondo motivo di ricorso. Violazione dellart. 3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1535/2007, dellart. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 659/1999 e dellart. 4, par. 1, del regolamento (CE) n. 794/ /2004. Insufficiente motivazione da 48 a 67 V Conclusioni 68 *** DEFINIZIONI Ai fini del presente ricorso si intender per: a) decisione o decisione impugnata: la decisione della Commissione n. C (2013) 4046 final del 17 luglio 2013, oggetto di impugnazione; b) decisione di autorizzazione: la decisione del Consiglio dellUnione europea n. 2003/530/CE del 16 luglio 2003, sulla compatibilit con il mercato comune di un aiuto che la Repubblica italiana intendeva concedere ai suoi produttori di latte; c) aiuto esistente: il regime conseguente alla decisione di autorizzazione; d) programma di rateizzazione: il piano di rateizzazione del debito dei produttori, adottato in Itala con decreto-legge n. 49 del 2003 e con D.M. del 30 luglio 2003, in esecuzione della decisione di autorizzazione; e) programma complementare di rateizzazione: il piano oneroso di ulteriore rateizzazione del debito dei produttori, adottato in Italia con il decreto-legge n. 5 del 2009 (convertito dalla legge n. 33 del 2009); f) prima proroga: la proroga semestrale del termine di pagamento di una rata, da parte dei produttori, adottata in Italia con lart. 40-bis del decreto-legge n. 78 del 2010; g) seconda proroga o misura contestata: la proroga semestrale del termine di pagamento di una rata, da parte dei produttori, adottata in Italia con decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, nella versione risultante dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10. INTRODUZIONE 1. Con il presente ricorso, la Repubblica italiana impugna la decisione della Commissione n. C (2013) 4046 final del 17 luglio 2013 (in prosieguo, la decisione o la decisione impugnata: Allegato A.1 al presente ricorso), con la quale la Commissione ha: -dichiarato che una proroga di pagamento della rata in scadenza il 31 dicembre 2010 dei prelievi sul latte, disposta in Italia appunto nel dicembre 2010, costituisce, anche in ragione delle sue modalit di applicazione, un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno; -dichiarato che il mancato rispetto delle condizioni fissate nella decisione 2003/530/CE (in prosieguo la decisione di autorizzazione: Allegato A.2), determinato dalla proroga di pagamento di cui sopra, costituisce un aiuto incompatibile con il mercato interno; - ordinato allItalia di farsi rimborsare dai beneficiari della proroga di pagamento limporto dei suddetti aiuti incompatibili, aumentato degli interessi. 2. Con un primo motivo di ricorso, il Governo italiano lamenta la violazione dellart. 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007, in quanto la decisione impugnata fa applicazione di tale disposizione sullerroneo presupposto che laiuto esistente, autorizzato con decisione del Consiglio n. 2003/530/CE del 16 luglio 2003, rappresentasse limporto massimo che poteva essere concesso ai produttori di latte, con la conseguenza che ogni eventuale ulteriore misura di aiuto, ancorch rientrante nel regime de minimis (e ancorch di entit assolutamente marginale), avrebbe ipso iure determinato, per effetto del cumulo, unintensit daiuto superiore a quella consentita. Per effetto di tale erronea valutazione in diritto, la Commissione ha omesso di verificare se effettivamente lintensit complessiva degli aiuti, risultante dal cumulo del pro rata dellaiuto esistente (calcolato in relazione al triennio rilevante) e dellequivalente sovvenzione della proroga, superasse quella consentita dal regolamento n. 1535/97. 3. Con un secondo motivo di ricorso, il Governo italiano lamenta la violazione dellart. 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007, dellart. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 659/1999 e dellart. 4, par. 1, del regolamento (CE) n. 794/2004, nonch insufficiente motivazione. Infatti, la decisione impugnata ha fatto applicazione del citato art. 3, par. 2 -che riguarda il cumulo di aiuti ciascuno dei quali rientri, di per s, nel regime de minimis -in un caso in cui laiuto in de minimis si innestava su un aiuto esistente. Inoltre, la decisione ha errato nel qualificare la misura contestata quale modifica di aiuto esistente, rilevante ai fini dellart. 1, lett. c), del reg. n. 659. Infatti, la proroga semestrale del termine di una delle rate annuali costituiva una misura a s stante e, comunque, non determinava unalterazione sostanziale dellaiuto esistente. Inoltre, essa non comportava un aumento non superiore al 20% della dotazione originaria del regime di aiuti esistenti e non incideva sulla valutazione di compatibilit di tale regime. In ogni caso, la Commissione ha omesso di motivare sufficientemente su tali punti. IN FATTO I IL QUADRO NORMATIVO E FATTUALE I.1 IL REGIME DEI PRELIEVI SUPPLEMENTARI SUL LATTE E LA DECISIONE DI AUTORIZZAZIONE 4. Tra gli strumenti della politica agricola comune dellUnione europea, stato da tempo istituito, con lobiettivo di ridurre il divario tra lofferta e la domanda e le conseguenti eccedenze strutturali, cos da conseguire un migliore equilibrio del mercato, un sistema di prelievi nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari [si veda, in particolare, il Reg. (CEE) 31 marzo 1984 n. 856/84, poi sostituito dal Reg. (CEE) 28 dicembre 1992 n. 3950/92 e infine dal Reg. (CE) 29 settembre 2003 n. 1788/2003]. 5. In estrema sintesi, tale sistema mira al contingentamento della produzione attraverso limposizione agli allevatori europei di un prelievo finanziario per ogni chilogrammo di latte prodotto oltre un limite stabilito (c.d. quota latte). Le quote latte sono assegnate ai diversi Stati membri in base alla produzione accertata nel 1983 e vengono periodicamente rinegoziate (da ultimo ci avvenuto il 18 novembre 2008). Questo prelievo parafiscale - o, se si preferisce, sanzionatorio - viene di regola riscosso dagli acquirenti di latte (latterie, caseifici, ecc.), che devono quindi verificare le consegne di latte dei produttori propri conferenti e, nel momento in cui questi ultimi superano la quota latte, devono trattenere dai corrispettivi dovuti il prelievo stabilito dalle norme dellUnione europea. 6. Nel periodo dal 1995/1996 al 2001/2002, gli allevatori italiani - anche a causa, a loro dire, di una sottostima dei dati su cui era stata calcolata la quota italiana - hanno prodotto quantitativi di latte superiori a quelli di riferimento, risultando debitori dellUnione europea, a titolo di prelievo supplementare, per un importo di 1 386 475 250 EUR. Il gran numero di produttori di latte coinvolti e le gravi conseguenze finanziarie per il settore che avrebbe comportato un recupero immediato, unitamente allandamento insoddisfacente del contenzioso tra tali produttori e le autorit nazionali italiane, ha indotto queste ultime a chiedere lautorizzazione a una misura di aiuto ai sensi dellart. 88, par. 2, comma 3 CE (attuale art. 108, par. 2, comma 3 TFUE). 7. Con decisione n. 2003/530/CE del 16 luglio 2003(Allegato A.2) il Consiglio dellUnione europea ha, quindi, dichiarato compatibile con il mercato interno una misura di aiuto che, in sintesi, presentava le seguenti caratteristiche: -lItalia si sarebbe sostituita negli obblighi di pagamento dei produttori nei confronti dellUnione; - lItalia avrebbe esercitato la rivalsa verso i produttori mediante pagamenti differiti effettuati su vari anni, senza interessi; -la rivalsa sarebbe stata comunque completa, mediante rate annuali di uguale importo; -il periodo di rimborso non avrebbe comunque superato i quattordici anni. I.2 LATTUAZIONE DELLA DECISIONE DI AUTORIZZAZIONE NELLORDINAMENTO ITALIANO 8. Sulla scorta della decisione di autorizzazione del Consiglio, lItalia ha approvato alcune disposizioni nel contesto del decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, recante Riforma della normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, poi convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119. 9. Lart. 10 di tale decreto-legge (1), al comma 34, ha in particolare previsto quanto segue: I produttori di latte, relativamente agli importi imputati e non pagati a titolo di prelievo supplementare latte, per i periodi di commercializzazione compresi tra gli anni 19951996 e 2001-2002, versano limporto complessivamente dovuto, senza interessi. Il versamento pu essere effettuato in forma rateale in un periodo non superiore a trenta anni. 10. In esecuzione di tale disposizione stato adottato il decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali: il D.M. 30 luglio 2003 che, nel suo articolo unico, ha previsto quanto segue (sottolineatura nostra): 1. Il versamento complessivo senza interessi del prelievo supplementare imputato e non pagato per i periodi di commercializzazione dal 1995/1996 al 2001/2002 pu essere effettuato, direttamente dal produttore, in rate annuali di pari importo per un massimo di quattordici; limporto delle singole rate non pu in ogni caso essere inferiore a 10 euro. 2. (...). 3. Per accedere alla facolt di cui al comma 1, il produttore interessato deve recarsi, a partire dal 15 settembre 2003 e non oltre il 15 novembre 2003 (2), presso gli uffici preposti della regione o provincia autonoma competente per territorio, e sottoscrivere una apposita istanza, da redigersi utilizzando il modello di cui allallegato 1 del presente decreto. 4. 14. (...). 11. successivamente intervenuto il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33. Tale decreto-legge ha istituto, allart. 8-ter, un Registro nazionale dei debiti dei produttori agricoli, collocandolo presso lA.G.E.A. (Agenzia per le erogazioni in agricoltura). Il successivo art. 8-quater, rubricato Rateizzazione dei debiti relativi alle quote latte, ha stabilito quanto segue (sottolineature aggiunte): 1. Al fine di consolidare la vitalit economica a lungo termine delle imprese, accelerare le procedure di recupero obbligatorio degli importi del prelievo latte dovuti dai produttori e deflazionare il relativo contenzioso, il produttore agricolo, che vi abbia interesse, pu richiedere la rateizzazione dei debiti iscritti nel Registro nazionale di cui allarticolo 8ter derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte per i quali si sia realizzato laddebito al bilancio nazionale da parte della Commissione europea. 2. La rateizzazione di cui al comma 1 consentita: a) per somme non inferiori a 25.000 euro; b) per una durata non superiore a tredici anni per i debiti inferiori a 100.000 euro; c) per una durata non superiore a ventidue anni per i debiti compresi fra 100.000 e 300.000 euro; d) per una durata non superiore a trenta anni per i debiti superiori a 300.000 euro. 3. Sul debito di cui richiesta la rateizzazione si applica il seguente tasso dinteresse: a) per le rateizzazioni di durata non superiore a tredici anni, il tasso di riferimento di base valido per lItalia, calcolato dalla Commissione europea in conformit con la comunicazione 2008/C 14/02, e successivi aggiornamenti, maggiorato di 60 punti base; b) per le rateizzazioni di durata superiore a tredici anni e non superiore a ventidue anni, (1) Si fa qui riferimento, per brevit, ad una versione risultante da modifiche introdotte da un successivo decreto-legge, il n. 16 del 27 gennaio 2004. (2) Termine cos prorogato da successivi decreti ministeriali. il tasso di riferimento di base valido per lItalia, calcolato dalla Commissione europea in conformit con la comunicazione 2008/C 14/02, e successivi aggiornamenti, maggiorato di 140 punti base; c) per le rateizzazioni di durata superiore a ventidue anni e non superiore a trenta anni, il tasso di riferimento di base valido per lItalia, calcolato dalla Commissione europea in conformit con la comunicazione 2008/C 14/02, e successivi aggiornamenti, maggiorato di 220 punti base (3). 12. infine intervenuto il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che allart. 40-bis, intitolato quote-latte, ha previsto quanto segue (sottolineatura nostra): 1. Al fine di far fronte alla grave crisi in cui, principalmente a seguito della negativa congiuntura internazionale e degli accertamenti in corso, versa il settore lattiero-caseario e favorire il ripristino della situazione economica sui livelli precedenti il 1 gennaio 2008, il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010 previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, prorogato fino al 31 dicembre 2010. 2. Allonere di cui al presente articolo, pari a 5 milioni di euro per lanno 2010, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente, iscritto nello stato di previsione del Ministero delleconomia e delle finanze, come determinato dalla Tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191. 3. (...). 13. Si vede, in conclusione, come il legislatore italiano, a seguito della decisione di autorizzazione, ha adottato due successivi piani di rateizzazione del debito dei produttori relativo alla restituzione degli importi che, in forza della medesima decisione di autorizzazione, il governo italiano aveva anticipato al bilancio dellUnione europea. Un primo programma di rateizzazione, risultante dal decreto-legge n. 49 del 2003 e dal D.M. del 30 luglio 2003, ha autorizzato i produttori a chiedere che il debito fosse estinto in quattordici rate annuali, senza il pagamento di interessi. Un programma complementare di rateizzazione, introdotto dal de- creto-legge n. 5 del 2009 (convertito dalla legge n. 33 del 2009), ha autorizzato i produttori ad aderire a un ulteriore piano di estinzione del debito, di durata variabile, che prevedeva il pagamento di interessi ad un tasso corrispondente a quello indicato dalla Commissione nella comunicazione 2008/C 14/02, con un maggiorazione da 60 a 220 punti base. 14. Nessuna delle due misure ha suscitato obiezioni da parte della Commissione, che, verosimilmente, ha reputato che il primo piano di rateizzazione fosse conforme alla decisione di autorizzazione e che il secondo piano non integrasse un aiuto di Stato, in ragione della previsione di interessi non inferiori al tasso di mercato (ma, anzi, certamente superiori a tale tasso). Come si vedr meglio nel prosieguo, peraltro, solo una quota limitata dei produttori ha aderito al primo piano di rateizzazione, perch tale adesione implicava la rinuncia ai contenziosi in corso e/o futuri. Tra costoro, poi, solo una quota molto limitata ha aderito al piano complementare di rateizzazione, reputando conveniente la dilazione, che veniva concessa a titolo oneroso. (3) Per lesecuzione di tale norma stato adottato, da un Commissario straordinario appositamente nominato per lattuazione di questa e altre disposizioni del decreto-legge n. 5 del 2009, il decreto 3 marzo 2010. 15. Inoltre, con il decreto-legge n. 78 del 2010, lItalia ha adottato unulteriore misura (in prosieguo: la prima proroga), di carattere puntuale - e del tutto identica a quella oggi contestata - con la quale ha differito di sei mesi il termine di pagamento della rata in scadenza il 30 giugno 2010. 16. Neanche questa ulteriore misura stata contestata: nella decisione impugnata (Allegato A.1) la Commissione d atto, al punto 22, di avere ricevuto, da parte di un terzo interessato, osservazioni inerenti la proroga semestrale disposta con decreto-legge n. 78 del 2010; tuttavia, al punto 55 della decisione medesima, essa afferma che [p]er quanto riguarda le osservazioni formulate dalla prima parte interessata (si veda il punto 22) la Commissione sottolinea che la rinvio del pagamento previsto dallart. 40 bis della legge n. 122/2010, per una rata da versare nel quadro di un programma di rateizzazione complementare istituito dalla legge n. 33/2009, non si applica il procedimento oggetto della presente decisione, poich esso non concerne il programma di rateizzazione complementare istituito dalla decisione 2003/530/CE). I.3 I PI RECENTI INTERVENTI DEL LEGISLATORE ITALIANO: LA MISURA CONTESTATA NELLA DECISIONE IMPUGNATA. IL PROCEDIMENTO DI INDAGINE. 17. Il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, nella versione risultante dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10, ha prorogato al 30 giugno 2011 il pagamento della rata dei prelievi sul latte in scadenza al 31 dicembre 2010. II costo della proroga stato imputato su una dotazione globale di 5 milioni di EUR destinata a molteplici fini. 18. In particolare, lart. 1, comma 12-duodecies, di tale decreto-legge (in prosieguo la seconda proroga o la misura contestata) ha stabilito quanto segue (sottolineatura aggiunta): Al fine di fare fronte alla grave crisi in cui versa il settore lattiero-caseario, sono differiti al 30 giugno 2011 i termini per il pagamento degli importi con scadenza 31 dicembre 2010 previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, e al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, come prorogato dallarticolo 40-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Agli oneri conseguenti, valutati in 5 milioni di euro per lanno 2011, si provvede a valere sulle disponibilit di cui all articolo 1 comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, come incrementate ai sensi del presente provvedimento. 19. Le autorit italiane hanno precisato che lequivalente sovvenzione di tale misura sarebbe stato imputato sullaiuto de minimis previsto per lItalia dal regolamento (CE) n. 1535/2007 della Commissione, del 20 dicembre 2007, relativo allapplicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti de minimis nel settore della produzione dei prodotti agricoli. 20. Con lettera dell11 gennaio 2012 (Allegato A.3), la Commissione ha affermato che, sulla base delle informazioni in proprio possesso, essa non poteva concludere che lequivalente sovvenzione della proroga di pagamento disposta dallautorit italiane non superasse i 7 500 EUR, n che, cumulato con altri aiuti de minimis per gli esercizi fiscali 2011, 2010 e 2009, non comportasse per nessun beneficiario un superamento della soglia di 7 500 EUR (punto 16). Essa ha, inoltre, constatato che la proroga di pagamento veniva ad aggiungersi a un aiuto approvato dal Consiglio, che, a giudizio della Commissione, avrebbe dovuto essere considerato come aiuto unico massimo non cumulabile con nessun altro tipo di intervento (punto 19). La Commissione ha, poi, affermato che linosservanza delle condizioni del rimborso stabilite nella decisione del Consiglio - la restituzione in rate annuali di eguale importo - faceva s che laiuto quale modificato dalla proroga non corrisponda pi allaiuto approvato dal Consiglio e divenga, pertanto, un nuovo aiuto, non notificato (punto 27). 21. Con lettera del 24 aprile 2012 (Allegato A.4), le autorit italiane hanno comunicato alla Commissione: -di avere identificato i beneficiari che hanno usufruito del programma di rateizzazione e, dunque, dellaiuto esistente e di avere constatato che - degli 11.271 produttori aderenti - solo 1.291 avevano usufruito della misura contestata. Altri 9.965 produttori, pari all88,41%, avevano effettuato il versamento entro il 31 dicembre 2010 e, dunque, in conformit alla decisione di autorizzazione e alloriginario programma di rateizzazione (mentre altri 15 produttori non avevano effettuato alcun versamento e, pertanto, sarebbero stati dichiarati decaduti dal programma di rateizzazione); - che lutilizzo della misura contestata da parte di solo il 11,45% dei produttori dimostrava che non era stato compromesso il buon andamento del programma di rateizzazione, che restava sostanzialmente conforme alla decisione di autorizzazione; -che, per quanto riguarda i 1.291 beneficiari della misura contestata, il beneficio concesso attraverso la proroga senza interessi era quantificabile - ipotizzando un finanziamento alternativo al tasso euribor a tre messi maggiorato di 100 punti base - gli aiuti erano quantificabili entro un minimo di 0,08 e un massimo di 694,19. Come emergeva da una tabella allegata, 1.187 di tali imprese avevano beneficiato di un aiuto inferiore a 100,00; -che non vi era alcun concreto rischio di violazione della condizione prevista dallart. 3, par. 2, del regolamento n. 1535/2007, in quanto il totale degli aiuti percepiti dai beneficiari della proroga ( 50.877,41) era ampiamente al di sotto dellimporto cumulativo massimo previsto dal regolamento stesso; -che nessuna base giuridica precludeva di per s ai beneficiari dellaiuto esistente di percepire, in regime de minimis, una diversa misura di aiuto, perch non emergeva che laiuto esistente corrispondesse al massimale autorizzabile. II LA DECISIONE IMPUGNATA 22. Con la decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la proroga di pagamento della rata dei prelievi sul latte in scadenza il 31 dicembre 2010, introdotta come comma 12 duodecies allarticolo 1 del decreto legge n. 225 del 29 dicembre 2010 dalla legge n. 10/2011, non rispetta le condizioni fissate nella decisione 2003/530/CE del Consiglio e viola larticolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dellUnione europea, costituendo un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno. 23. Conseguentemente, la Commissione ha dichiarato che lItalia tenuta a farsi rimborsare dai rispettivi beneficiari della misura contestata gli aiuti incompatibili, con gli interessi dalla data in cui gli aiuti sono stati posti a disposizione dei beneficiari alla data del loro effettivo recupero, calcolati secondo il regime dellinteresse composto a norma del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004. 24. La Commissione ha precisato che il recupero deve riguardare unicamente coloro che hanno effettivamente usufruito della proroga di pagamento introdotta con il citato comma 12 duodecies, e hanno quindi beneficiato dellaiuto incompatibile con il mercato interno, e deve comprendere i seguenti importi: a) gli interessi connessi alla proroga del pagamento della rata di prelievo che scadeva il 31 dicembre 2010, maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; b) gli interessi maturati sugli annualit giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009 (il capitale di tali annualit stato pagato prima che la proroga di pagamento comportasse una violazione della decisione del Consiglio), maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; c) gli interessi maturati sulle annualit giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2011 e 2012 (nessuna informazione dimostra che il capitale non stato pagato alla scadenza), maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; d) il capitale e gli interessi connessi alle annualit che giungono a scadenza il 31 dicembre 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017, data ultima dello scadenzario istituito con decisione del Consiglio. 25. La Commissione ha deciso che il recupero degli aiuti immediato ed effettivo, e ha stabilito che lItalia dovesse provvedere affinch la decisione in esame sia eseguita nei quattro mesi successivi alla data della notifica. 26. Ha altres previsto che entro due mesi dalla notifica della decisione, lItalia tenuta a comunicare alcune informazioni: a) lelenco dei beneficiari che hanno ricevuto aiuti nel quadro dei regimi di aiuto di cui allarticolo 1 e limporto complessivo degli aiuti ricevuti da ciascuno di loro nellambito del regime; b) limporto complessivo (capitale e interessi) che deve essere recuperato presso ogni beneficiario che abbia ricevuto aiuti cui non sia applicabile la regola de minimis; c) una descrizione dettagliata delle misure gi adottate e previste per conformarsi alla decisione; d) i documenti attestanti che ai beneficiari stato imposto di rimborsare gli aiuti. 27. Infine, ha deciso che lItalia dovr informare la Commissione dei progressi delle misure nazionali adottate per lattuazione della decisione fino al completo recupero degli aiuti concessi nel quadro dei regimi in esame e che lItalia dovr trasmettere immediatamente, dietro semplice richiesta della Commissione, le informazioni relative alle misure gi adottate e previste per conformarsi alla decisione, fornendo inoltre informazioni dettagliate riguardo allimporto dellaiuto e degli interessi gi recuperati presso i beneficiari. 28. La decisione si fonda sulle argomentazioni che qui di seguito sinteticamente si riportano. 29. La Commissione ha anzitutto riconosciuto che le autorit italiane hanno dimostrato che gli interessi connessi alla proroga di pagamento rientrano in una forcella che va da 0,08 EUR a 694,19 EUR. La Commissione ha altres constatato che limporto degli interessi relativi alla proroga, presi isolatamente, non supera i 7 500 EUR previsti dallarticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 e ha preso atto del fatto che limporto totale degli aiuti concessi con la proroga, ossia 50 877,41 EUR, non ha comportato il superamento del massimale di 320 505 000 EUR previsto per 1Italia nellallegato dello stesso regolamento. 30. Tuttavia, affermando di non disporre di alcun nuovo elemento che dimostri che il massi- male individuale di 7 500 EUR non sia stato superato in nessun caso computando anche tutti gli aiuti de minimis ricevuti dallo stesso beneficiario nellarco di tre esercizi fiscali, la Commissione ha affermato di non poter concludere che il massimale dellaiuto individuale summenzionato fosse stato rispettato in ogni caso, tanto pi che essa deve anche tenere conto dellulteriore aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione n. 2003/530/CE. 31. La Commissione ha precisato al riguardo di dover esaminare complessivamente la misura in oggetto (laiuto connesso alla proroga del pagamento concessione dellequivalente di un prestito senza interessi - e il nuovo aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione), osservando che un considerevole numero di beneficiari (oltre 1250) hanno beneficiato della proroga del pagamento e limporto dellaiuto comprende anche una parte del principale (quella corrispondente alle annualit che scadono il 31 dicembre degli anni 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017) con interessi, oltrepassando ampiamente gli interessi relativi alla proroga del pagamento presi in considerazione dalle autorit italiane a sostegno delle loro argomentazioni. 32. La Commissione ha poi ricordato che larticolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 della Commissione dispone che [gli] aiuti de minimis non sono cumulabili con aiuti pubblici concessi per le stesse spese ammissibili se tale cumulo d luogo a unintensit daiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, dalla normativa comunitaria. A questo proposito, la Commissione aveva gi indicato, avviando il procedimento di cui allarticolo 108, paragrafo 2, del trattato, che la proroga di pagamento veniva ad aggiungersi a un aiuto approvato dal Consiglio, che doveva essere considerato il massimo concedibile in questo contesto. 33. La Commissione ha ritenuto non condivisibile la posizione espressa sulla questione dalle autorit italiane, secondo le quali la proroga del pagamento dovrebbe essere valutata quale misura a s stante, vista la scarsa adesione da parte dei produttori, lesiguit degli importi e la non modificazione del programma di rateizzazione, che resta intatto nella sua struttura, sia con riguardo al numero complessivo delle rate, sia alla scadenza e, in ogni caso, laiuto autorizzato dal Consiglio non rappresenta limporto massimo che pu essere concesso ai produttori di latte, dato che lesistenza delle circostanze eccezionali che hanno portato allautorizzazione del piano di rateizzazione dei pagamenti non costituisce di per s un fattore di esclusione di qualsiasi possibilit, per i beneficiari, di ottenere un qualsiasi altro sostegno, dal momento che il trattato si limita a citare le circostanze eccezionali senza imporre restrizioni relative alla natura e alle modalit di applicazione degli aiuti autorizzati. 34. La Commissione ha invece rilevato in contrario che la proroga in argomento non pu essere considerata priva di qualsiasi relazione con la rateizzazione istituita con decisione 2003/530/CE; inoltre, pur riconoscendo che il trattato stabilisce allarticolo 108, paragrafo 2, terzo comma, che [...] il Consiglio, deliberando allunanimit, pu decidere che un aiuto (...) deve considerarsi compatibile con il mercato interno [...] quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione e che il punto 8 del preambolo della decisione 2003/530/CE recita [...] si riconosce lesistenza di circostanze eccezionali che, [...] autorizzano a considerare laiuto [...] compatibile con lorganizzazione comune dei mercati, ha tuttavia ritenuto che lo stesso Consiglio, nel dispositivo della propria decisione, ha stabilito che laiuto considerato compatibile con il mercato interno eccezionalmente e non tenuto conto delle circostanze eccezionali, di talch avrebbe inteso segnalare la concessione dellaiuto conferendogli un carattere unico, nonostante lesistenza di circostanze eccezionali di cui al punto 8 del preambolo, per cui il riferimento allunanimit effettuato dalle autorit italiane, se pu dimostrare effettivamente una procedura eccezionale, non pu rimettere in discussione il carattere unico dellaiuto definito nella decisione. 35. Conseguentemente, ad avviso della Commissione, dato che laiuto approvato dal Consiglio, per il suo carattere unico, costituiva il massimo concedibile in quel determinato contesto, vale a dire lequivalente di un aiuto al 100%, laggiunta di una proroga di pagamento ha comportato lapplicazione automatica delle disposizioni dellarticolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 (Gli aiuti de minimis non sono cumulabili con aiuti pubblici concessi per le stesse spese ammissibili se tale cumulo d luogo a unintensit daiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, dalla normativa comunitaria), cosicch lequivalente sovvenzione della proroga di pagamento non pu essere considerato compreso nel campo di applicazione del suddetto regolamento, e rappresenta quindi un elemento di aiuto di Stato, la cui compatibilit con il mercato interno deve essere analizzata alla luce delle regole sulla concorrenza in vigore al momento della concessione della proroga. 36. A seguito di tale analisi, la Commissione ha ritenuto che laiuto connesso alla proroga dei pagamenti e, di conseguenza, il nuovo aiuto istituito con il mancato rispetto del quadro della decisione 2003/530/CE costituiscono di conseguenza aiuti unilaterali, destinati semplicemente a migliorare la situazione finanziaria dei produttori senza contribuire in alcun modo allo sviluppo del settore, vale a dire aiuti al funzionamento incompatibili con il mercato interno. 37. La decisione della Commissione appare erronea ed ingiusta, e va annullata per le seguenti ragioni. IN DIRITTO III PRIMO MOTIVO DI RICORSO. VIOLAZIONE DELLART. 3, PARAGRAFO 7, DEL REGOLAMENTO (CE) N. 1535/2007. 38. Larticolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 dispone che [g]li aiuti de minimis non sono cumulabili con aiuti pubblici concessi per le stesse spese ammissibili se tale cumulo d luogo a unintensit daiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, dalla normativa comunitaria. 39. La Commissione ha ritenuto che la misura contestata, la quale ha prorogato al 30 giugno 2011 il pagamento della rata dei prelievi sul latte in scadenza al 31 dicembre 2010, costituisce un elemento di aiuto di Stato che, cumulato con laiuto esistente, determina unintensit di aiuto superiore a quella stabilita dalla decisione di autorizzazione, che gi di per s rappresentava il massimo concedibile in questo contesto. 40. Il presupposto sul quale la Commissione ha fondato tale decisione sinteticamente il seguente: il Consiglio, nel dispositivo della decisione di autorizzazione, aveva stabilito che laiuto di Stato ivi contemplato andava considerato compatibile con il mercato interno eccezionalmente e non tenuto conto delle circostanze eccezionali, di talch avrebbe inteso segnalare la concessione dellaiuto conferendogli un carattere unico, nonostante lesistenza di circostanze eccezionali di cui al punto 8 del preambolo. 41. Lassunto non appare condivisibile. In particolare, non appare corretta linterpretazione data dalla Commissione alla decisione di autorizzazione, nel senso che laiuto con la stessa approvato costituiva il massimo concedibile in quel determinato contesto, vale a dire lequivalente di un aiuto al 100%. 42. Si deve al riguardo osservare che laiuto autorizzato dal Consiglio, in applicazione del- larticolo 108, paragrafo 2, terzo comma, del trattato ([...] il Consiglio, deliberando al- lunanimit, pu decidere che un aiuto (...) deve considerarsi compatibile con il mercato interno [...] quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione), non rappresentava affatto limporto massimo che poteva essere concesso ai produttori di latte, dato che lindubbia esistenza delle circostanze eccezionali, che avevano portato allautorizzazione del piano di rateizzazione dei pagamenti, non poteva costituire di per s un fattore di esclusione di qualsiasi possibilit, per i beneficiari, di ottenere in futuro un eventuale ulteriore sostegno. Infatti, a ben vedere, sia il trattato che la decisione del Consiglio si li mitano a citare le circostanze eccezionali, senza imporre restrizioni di alcun genere in relazione alla natura e alle modalit di applicazione degli aiuti autorizzati. 43. La motivazione testuale che ha indotto il Consiglio a ritenere compatibile con il mercato comune laiuto ivi contemplato conferma tale assunto. Il considerando n. 8 della relativa decisione recita: [p]er evitare ai singoli produttori di latte italiani interessati insostenibili problemi finanziari, che sarebbero probabilmente causati da un immediato recupero globale degli importi dovuti, e quindi allentare le tensioni sociali esistenti, si riconosce lesistenza di circostanze eccezionali che, in deroga alle disposizioni dellarticolo 87 del trattato, autorizzano a considerare laiuto che la Repubblica italiana intende concedere ai suddetti produttori di latte, sotto forma di anticipi e pagamenti differiti, compatibile con lorganizzazione comune dei mercati, in deroga allarticolo 87 del trattato. 44. Dallevidente assenza di restrizioni esplicite o implicite in ordine alla natura e alle modalit di applicazione degli aiuti autorizzati consegue che ingiustificatamente la Commissione ha affermato che il Consiglio avrebbe inteso segnalare la concessione dellaiuto conferendogli un carattere unico, nonostante lesistenza di circostanze eccezionali di cui al punto 8 del preambolo. 45. Pertanto, se la misura della rateizzazione istituita con la decisione di autorizzazione non rappresentava il massimo concedibile in questo contesto, vale a dire lequivalente di un aiuto al 100%, laggiunta della proroga disposta con la misura contestate non poteva comportare in via automatica lapplicazione delle disposizioni dellarticolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007, come erroneamente deciso dalla Commissione. 46. Si consideri, peraltro, che il beneficio accordato con la misura contestata, rappresenta una misura assolutamente marginale, vista la scarsa adesione da parte dei produttori, lesiguit degli importi e la non modificazione del programma di rateizzazione, che resta intatto nella sua struttura, sia con riguardo al numero complessivo delle rate, sia alla scadenza. Tali elementi sono stati riconosciuti persino nella decisione della Commissione, laddove si legge espressamente che le autorit italiane hanno dimostrato che gli interessi connessi alla proroga di pagamento rientrano in una forcella che va da 0,08 EUR a 694,19 EUR (punto 34) e che limporto degli interessi relativi alla proroga, presi isolatamente, non supera i 7 500 EUR previsti dallarticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 e ha preso atto del fatto che limporto totale degli aiuti concessi con la proroga, ossia 50 877,41 EUR, non ha comportato il superamento del massimale di 320 505 000 EUR previsto per 1Italia nellallegato dello stesso regolamento (punto 35). 47. In conclusione, la Commissione ha tuttaltro che dimostrato, nella decisione impugnata, che laiuto esistente costituisse il massimo dellimporto concedibile e che, pertanto, la concessione di aiuto ulteriore, ancorch di misura marginale, comportasse lautomatico superamento dellintensit daiuto massima autorizzata dalle norme dellUnione europea. IV SECONDO MOTIVO DI RICORSO. VIOLAZIONE DELLART. 3, PARAGRAFO 2, SECONDO COMMA, DEL REGOLAMENTO (CE) N. 1535/2007, DELLART. 1, LETT. C), DEL REGOLAMENTO (CE) N. 659/1999 E DELLART. 4, PAR. 1, DEL REGOLAMENTO (CE) N. 794/2004. INSUFFICIENTE MOTIVAZIONE. 48. Larticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 consta di due commi, che dispongono nei termini che seguono: Limporto complessivo degli aiuti de minimis concessi a una medesima impresa non supera 7 500 EUR nellarco di tre esercizi fiscali. Tale massimale si applica indipendentemente dalla forma degli aiuti o dallobiettivo perseguito. Il periodo da prendere in considerazione determinato facendo riferimento agli esercizi fiscali utilizzati dallimpresa nello Stato membro interessato. Se per una misura di aiuto limporto complessivo dellaiuto concesso supera il massimale di cui al primo comma, tale importo complessivo non pu beneficiare dellesenzione prevista dal presente regolamento, neppure per la frazione che non supera detto massimale. In questo caso, tale misura daiuto non pu beneficiare delle disposizioni del presente regolamento, n al momento della concessione dellaiuto, n in un momento successivo. 49. Dallesame del punto 50 della decisione impugnata si evince che la Commissione, pur senza affermarlo espressamente, ha inteso applicare alla fattispecie la norma predetta, e in particolare il secondo comma del richiamato paragrafo, dal momento che ha previsto un recupero circoscritto unicamente a coloro i quali hanno effettivamente usufruito della proroga di pagamento e hanno quindi beneficiato di un aiuto complessivamente incompatibile con il mercato interno, ordinando il recupero dei seguenti importi: a) gli interessi connessi alla proroga del pagamento della rata di prelievo che scadeva il 31 dicembre 2010, maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; b) gli interessi maturati sugli annualit giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009 (il capitale di tali annualit stato pagato prima che la proroga di pagamento comportasse una violazione della decisione del Consiglio), maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; c) gli interessi maturati sulle annualit giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2011 e 2012 (nessuna informazione dimostra che il capitale non stato pagato alla scadenza), maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; d) il capitale e gli interessi connessi alle annualit che giungono a scadenza il 31 dicembre 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017, data ultima dello scadenzario istituito con decisione del Consiglio. 50. Dunque, la Commissione ha applicato la severa disposizione di cui allarticolo 3, paragrafo 2, comma 2, del regolamento n. 1535/2007, per la quale, nellipotesi in cui, in virt di una misura di aiuto de minimis, limporto complessivo dellaiuto concesso supera il massimale di cui al primo comma del medesimo paragrafo, ossia di un precedente aiuto de minimis, a tutto limporto complessivo negato il beneficio dellesenzione prevista dal regolamento, persino alla frazione che non supera detto massimale. In questo caso, addirittura, tale misura daiuto non pu beneficiare delle disposizioni del predetto regolamento, n al momento della concessione dellaiuto, n in un momento successivo. 51. La Commissione ha errato nellapplicare tale disciplina per un duplice ordine di ragioni. 52. Anzitutto, come dimostrato con il primo motivo di ricorso, non sussistono i presupposti indicati dalla norma. Infatti, non vi prova che la misura contestata abbia determinato un importo complessivo dellaiuto concesso che supera il massimale di cui al allarticolo 3, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 1535/2007. E anzi, vi sono dati che comprovano proprio il contrario. 53. Inoltre, la norma non potrebbe comunque applicarsi alla fattispecie, che non rientra affatto nellambito di applicazione del paragrafo 2 citato, circoscritto ai soli aiuti de minimis. Infatti, tenendo conto dellarchitettura del testo, la disposizione contenuta al secondo comma del paragrafo 2, proprio per la sua specifica collocazione, pu riferirsi solo al cumulo di pi aiuti de minimis contemplato al primo comma, e non gi avere ambito di applicazione generalizzato (si evidenzia linciso [...] supera il massimale di cui al primo comma [...]). 54. Conseguentemente, anche volendo accettare la non cumulabilit dellaiuto de minimis in commento con il precedente aiuto di cui alla decisione del Consiglio 2003/530/CE, che non aveva le caratteristiche del de minimis, la disapplicazione della misura contestata da parte dellamministrazione competente, vale a dire laddebito degli interessi corrispondenti al periodo di ritardo nel pagamento della settima rata, rappresenterebbe, gi di per s, la massima conseguenza prevista dal trattato per gli aiuti non autorizzati, vale a dire la soppressione dellaiuto concesso. 55. Laddebito degli interessi come sopra indicato, e quindi la soppressione dellulteriore aiuto concesso, dovrebbe essere quindi sufficiente a garantire il pieno rispetto dellarticolo 3, paragrafo 7, del regolamento n. 1535/2007, che si limita a sancire la non cumulabilit degli aiuti de minimis con altri aiuti concessi per le stesse spese ammissibili, mentre la soppressione dellaiuto de minimis non dovrebbe comportare anche lannullamento del- laiuto legalmente concesso; non pu invero applicarsi, al caso in specie, larticolo 3, paragrafo 2, secondo comma del medesimo regolamento. Le disposizioni ivi contenute sembrano piuttosto finalizzate ad evitare che con una serie di aiuti de minimis concessi allo stesso soggetto possa essere aggirato il rispetto del massimale stabilito. 56. In altre parole, non vi sono elementi che consentano di stabilire che i beneficiari dellaiuto esistente, i quali abbiamo usufruito della misura contestata, debbano essere chiamati a restituire non solo limporto corrispondente alla misura contestata, ma anche quello ricevuto a titolo di aiuto esistente (e, dunque, gli interessi non versati, sulla base della decisione di autorizzazione, con riferimento al primo programma di rateizzazione). 57. N pu ritenersi che lestensione della decisione di recupero anche allaiuto esistente possa essere legittimamente fatta discendere dalla individuazione di una modifica sostanziale di quellaiuto, idonea a far considerare le due misure come un unico aiuto nuovo, non notificato alla Commissione e quindi illegale. 58. Una simile conclusione sarebbe levidente effetto del travisamento della nozione di modifica dellaiuto esistente, rilevante ai fini dellapplicazione dellart. 1, lett. c) del Reg. n. 659/1999. In ogni caso, la Commissione sarebbe lontana dallaver fornito unadeguata motivazione circa la sussistenza delle condizioni di fatto per lapplicazione di tale nozione. 59. noto che la definizione della predetta nozione si ricava dal primo paragrafo dellart. 4 del Regolamento (CE) n. 794 del 2004, il quale dispone (sottolineature nostre): 1. Ai fini dellarticolo 1, lettera c) del regolamento (CE) n. 659/1999 si intende per modifica di un aiuto esistente qualsiasi cambiamento diverso dalle modifiche di carattere puramente formale e amministrativo che non possono alterare la valutazione della compatibilit della misura con il mercato comune. Un aumento non superiore al 20% della dotazione originaria di un regime di aiuti non tuttavia considerata come una modifica di un aiuto esistente. 60. Ora, nel nostro caso emerge ictu oculi che la misura contestata - anche a volerla ritenere quale modifica dellaiuto esistente - fosse ampiamente contenuta al di sotto del 20% della dotazione originaria. La circostanza emerge dalla semplice considerazione che la proroga semestrale del termine di una della quattordici rate annuali del programma di rateizzazione corrisponde, appunto, alla met di 1/14 delloriginario equivalente sovvenzione. 61. chiaro, quindi, che la modifica dellaiuto esistente - consideriamola per il momento come tale - era largamente allinterno dei limiti che consentivano di fare applicazione della presunzione assoluta di (perdurante) compatibilit dellaiuto, posta dallart. 4, par. 1, del Reg. 794/2004. 62. N si vede perch questultima disposizione non debba trovare lapplicazione allorquando la compatibilit dellaiuto sia stata riconosciuta da una decisione del Consiglio ai sensi dellart. 108, par. 2, comma 3 TFUE, anzich da una decisione della Commissione. Una simile interpretazione, del tutto innovativa e contraria al tenore letterale delle pertinenti disposizioni di diritto dellUnione, giustificherebbe, quanto meno a titolo di tutela del- laffidamento dello Stato membro coinvolto e dei beneficiari, che la decisione di recupero si limitasse agli importi concessi con la misura nuova e non si estendesse a quanto percepito per effetto dellaiuto esistente. 63. Inoltre, anche a voler ritenere inapplicabile la presunzione di compatibilit, la Commissione avrebbe dovuto chiarire, in omaggio alla regola generale posta dal citato art. 4, par. 1, del Reg. 794/2004, perch la ritenuta modifica dellaiuto esistente finisse per alterare la valutazione della compatibilit della misura con il mercato interno. Questa motivazione non stata fornita dalla Commissione perch essa ha preso le mosse, nuovamente, dellerroneo convincimento che laiuto esistente fosse, in buona sostanza, gi incompatibile con il mercato interno. Ma, in effetti, nessuna istituzione dellUnione ha mai dato questa valutazione di incompatibilit, la quale non si ricava dalla considerazione che la misura stata autorizzata allunanimit del Consiglio. Infatti, come si evince dalla procedura descritta dallart. 108, par. 2, comma 3 TFUE la decisione del Consiglio interviene prima della eventuale decisione della Commissione sulla compatibilit e nulla autorizza a ritenere, ora per allora, che questa decisione sarebbe stata negativa. 64. Ma, come si prima anticipato, neanche pu darsi per scontato - cos come, invece, ha sostanzialmente fatto la Commissione - che la misura contestata costituisse una modifica dellaiuto esistente e non una misura di aiuto a s stante. 65. Nella giurisprudenza del Tribunale si trova affermato che, qualora le modifiche apportate ad un regime di aiuti esistenti siano chiaramente separabili dal regime inizialmente previsto, sono soltanto queste che assumono la qualificazione di aiuti nuovi, senza pregiudicare la perdurante attribuzione della qualifica di aiuto esistente al regime originario e che Ǐ (...) solo nellipotesi in cui la nuova modifica incida sulla sostanza stessa del regime iniziale che tale regime viene trasformato in un regime di aiuti nuovo (4). 66. La Commissione avrebbe, pertanto, dovuto ben altrimenti chiarire per quale ragione la proroga semestrale concessa - soprattutto alla luce dei limitatissimi effetti incontestatamente da essa prodotti - incidesse sulla sostanza stessa del regime iniziale, ossia comportasse una non marginale alterazione degli effetti distorsivi del mercato da esso prodotti, anzich limitarsi ad affermare, come ha fatto al punto 39 della decisione impugnata, che la proroga non pu (...) considerarsi priva di qualsiasi relazione con la rateizzazione istituita con decisione 2003/530/CE. Infatti, non ogni relazione con laiuto esistente integra la nozione normativa di modifica di aiuto esistente, ma solo quella relazione che incide sulla sostanza di tale aiuto. 67. La decisione impugnata , pertanto, illegittima anche per non avere sufficientemente motivato sul rigetto dellargomentazione delle autorit italiane, secondo la quale il regime contestato rappresentava una misura a s stante e non una integrazione dellaiuto esistente. (4) Sentenza 30 aprile 2002, cause riunite T-195/01 e T-207/01, Government of Gibraltar c. Commissione, punti 109 e 111. V CONCLUSIONI 68. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano chiede al Tribunale dellUnione europea, in accoglimento dei proposti motivi di ricorso, di: - annullare la decisione della Commissione n. C (2013) 4046 final del 17 luglio 2013, notificata il successivo 18 luglio, relativa allaiuto di Stato SA.33726 (11/C) [ex SA.33726 (11/NN)] concesso dallItalia (proroga del pagamento dei prelievi sul latte in Italia), per le ragioni illustrate nei motivi di ricorso; - in subordine, di annullare la suddetta decisione nella parte (art 2, lettere b, c e d) in cui estende lobbligo di recupero agli aiuti derivanti dalla decisione del Consiglio n. 2003/530/CE; - condannare la Commissione al pagamento delle spese. Roma, 27 settembre 2013 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato Paolo Grasso avvocato dello Stato TRIBUNALE DELLUNIONE EUROPEA MEMORIA DI REPLICA del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dellAgente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso lAmbasciata dItalia - ricorrente contro La COMMISSIONE EUROPEA, rappresentata e difesa dalla sig.ra Petra Nemeckova e dai signori Daniele Nardi e Davide Grespan, membri del Servizio giuridico, con domicilio eletto in Lussemburgo, edificio Bech, 2721, presso la sig.ra Merete Clausen, anchessa membro del Servizio giuridico - convenuta - nella causa T-527/13 avente ad oggetto la domanda di annullamento, ai sensi dellart. 263 del TFUE, della decisione della Commissione n. C (2013) 4046 final del 17 luglio 2013, notificata il successivo 18 luglio, relativa allaiuto di Stato SA.33726 (11/C) [ex SA.33726 (11/NN)] concesso dallItalia (proroga del pagamento dei prelievi sul latte in Italia). *** 1. Letto il controricorso depositato dalla Commissione europea (in prosieguo la Commissione o Controparte), il Governo italiano espone, con il presente scritto, alcune brevi considerazioni in replica. 2. A sostegno del proprio ricorso, il Governo italiano ha dedotto due distinti motivi: la violazione dellarticolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 e quella dellarticolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1535/2007. 3. Con il primo motivo di ricorso, il Governo italiano ha contestato linterpretazione data dalla Commissione alla decisione 2003/530/CE del Consiglio, ossia che laiuto con la stessa approvato costituiva il massimo concedibile in quel determinato contesto, vale a dire lequivalente di un aiuto al 100%, argomentando in contrario che laiuto autorizzato dal Consiglio, in applicazione dellarticolo 108, paragrafo 2, terzo comma, del trattato, non rappresentava affatto limporto massimo che poteva essere concesso ai produttori di latte, dato che lindubbia esistenza delle circostanze eccezionali, che avevano portato allautorizzazione del piano di rateizzazione dei pagamenti, non poteva costituire di per s un fattore di esclusione di qualsiasi possibilit, per i beneficiari, di ottenere in futuro un eventuale ulteriore sostegno. 4. Con il secondo motivo di ricorso, il Governo italiano ha rilevato che la Commissione, pur senza affermarlo espressamente, ha in concreto inteso applicare alla fattispecie il secondo comma dellarticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007, dal momento che ha previsto un recupero circoscritto unicamente a coloro i quali hanno effettivamente usufruito della proroga di pagamento ed hanno quindi beneficiato di un aiuto complessivamente incompatibile con il mercato interno. Ha quindi contestato tale applicazione per insussistenza dei presupposti, non essendo provato che la proroga avesse comportato il superamento del massimale consentito ai sensi del primo comma della citata disposizione nonch per la riconducibilit della norma al solo cumulo di pi aiuti de minimis. 5. Nel controricorso, la Controparte ha eccepito, in ordine al primo motivo di ricorso, che, ai fini dellapplicazione dellarticolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007, le condizioni stabilite dalla decisione di approvazione definivano lintensit massima daiuto che poteva essere concesso, e che pertanto qualsiasi regime che avesse previsto un aiuto ulteriore avrebbe comportato la concessione di un aiuto di intensit superiore a quella prevista dalla normativa dellUnione (paragrafo 16 del controricorso). 6. Con riguardo al secondo motivo di ricorso, la Controparte ha sostanzialmente sottolineato lerroneit degli assunti su cui lo stesso fondato, ossia che la Commissione avrebbe applicato al caso di specie il secondo comma dellarticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 ed avrebbe ritenuto che la proroga costituisse una modifica sostanziale e non separabile del regime di aiuti di cui alla decisione di autorizzazione. Al riguardo ha eccepito, da una parte, che la Commissione non doveva e non ha fatto applicazione del secondo comma dellarticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 (paragrafo 31 del controricorso) e, dallaltra, che la stessa ha sempre fatto riferimento a due misure di aiuto ben distinte, di cui la prima costituita dallaiuto connesso alla proroga di pagamento e la seconda dal nuovo aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione (paragrafo 34 del controricorso), concludendo che entrambi gli aiuti sono incompatibili. 7. Ad avviso del Governo italiano, le argomentazioni difensive offerte dalla Commissione non appaiono idonee ad inficiare la correttezza e la fondatezza dei motivi di ricorso pro- posti avverso la decisione impugnata ed a convincere circa la legittimit di questultima. 8. Con riguardo al primo motivo di ricorso, si osserva che la materia del contendere ruota fondamentalmente intorno alla corretta interpretazione dellarticolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 (gli aiuti de minimis non sono cumulabili con aiuti pubblici concessi per le stesse spese ammissibili se tale cumulo d luogo a unintensit daiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, dalla normativa comunitaria), dovendosi verificare se la misura della rateizzazione istituita con decisione 2003/530/CE del Consiglio rappresentava o meno il massimo concedibile in questo contesto, vale a dire lequivalente di un aiuto al 100%, e dunque se la proroga introdotta con la legge n. 10/2011 abbia determinato o meno il superamento dellintensit massima dellaiuto autorizzato. 9. La Commissione ha ritenuto sul punto (paragrafo 14 del controricorso), condivisibilmente, che laiuto eccezionalmente considerato compatibile, e tuttavia ha poi aggiunto, apoditticamente e dunque contestabilmente, semprech talune condizioni siano rispettate. Ha spiegato (paragrafo 15) che il rispetto delle condizioni della decisione di approvazione costituiva un elemento sine qua non della compatibilit dellaiuto, che (paragrafo 17) la proroga incideva su una delle condizioni stabilite dalla decisione di approvazione, e che dunque (paragrafo 18) essa, consentendo ai produttori di non rispettare la normativa comunitaria applicabile, non era configurabile come aiuto de minimis. 10. Il ragionamento di Controparte infondato giacch poggia su un presupposto erroneo, quello per cui il Consiglio, nel dispositivo della propria decisione 2003/530/CE, aveva stabilito che laiuto di Stato ivi contemplato andava considerato compatibile con il mercato interno eccezionalmente e non gi tenuto conto delle circostanze eccezionali, di talch avrebbe inteso segnalare la concessione dellaiuto conferendogli un carattere unico, nonostante lesistenza di circostanze eccezionali di cui al punto 8 del preambolo. 11. Si deve al contrario ribadire (richiamando quanto rilevato ai paragrafi 42 e seguenti del ricorso) che laiuto autorizzato dal Consiglio, in applicazione dellarticolo 108, paragrafo 2, terzo comma, del trattato, non rappresentava affatto limporto massimo che poteva essere concesso ai produttori di latte, dato che lindubbia esistenza delle circostanze eccezionali , che avevano portato allautorizzazione del piano di rateizzazione dei pagamenti, non poteva costituire di per s un fattore di esclusione di qualsiasi possibilit, per i beneficiari, di ottenere in futuro un eventuale ulteriore sostegno. Infatti, a ben vedere, sia il Trattato che la decisione del Consiglio si limitavano a citare le circostanze eccezionali, senza imporre restrizioni di alcun genere in relazione alla natura e alle modalit di applicazione degli aiuti autorizzati. 12. La motivazione testuale che ha indotto il Consiglio a ritenere compatibile con il mercato comune laiuto ivi contemplato conferma tale assunto. Lottavo considerando della relativa decisione recita: Per evitare ai singoli produttori di latte italiani interessati insostenibili problemi finanziari, che sarebbero probabilmente causati da un immediato recupero globale degli importi dovuti, e quindi allentare le tensioni sociali esistenti, si riconosce l'esistenza di circostanze eccezionali che, in deroga alle disposizioni dell'articolo 87 del trattato, autorizzano a considerare l'aiuto che la Repubblica italiana intende concedere ai suddetti produttori di latte, sotto forma di anticipi e pagamenti differiti, compatibile con l'organizzazione comune dei mercati, in deroga all'articolo 87 del trattato. 13. Dallevidente assenza di restrizioni esplicite o implicite in ordine alla natura e alle modalit di applicazione degli aiuti autorizzati consegue che ingiustificatamente la Commissione ha affermato che il Consiglio avrebbe inteso segnalare la concessione dellaiuto conferendogli un carattere unico, nonostante lesistenza di circostanze eccezionali di cui al punto 8 del preambolo. 14. Pertanto, se la misura della rateizzazione istituita con decisione 2003/530/CE del Consiglio non rappresentava il massimo concedibile in questo contesto, vale a dire lequivalente di un aiuto al 100%, laggiunta della una proroga di pagamento di cui alla legge italiana n. 10/2011, che ha introdotto allarticolo 1 del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, il comma 12 duodecies, non poteva comportare in via automatica lapplicazione delle disposizioni dellarticolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007, come erroneamente deciso dalla Commissione. 15. Con riguardo al secondo motivo di ricorso, la Controparte ha negato di aver applicato al caso di specie il secondo comma dellarticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 ed ha sottolineato di avere sempre fatto riferimento a due misure di aiuto ben distinte: la prima costituita dallaiuto connesso alla proroga di pagamento e la seconda dal nuovo aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione, concludendo che entrambi gli aiuti sono incompatibili. 16. In ordine al primo profilo, si prende atto dellaffermazione di Controparte che la decisione impugnata non costituisce applicazione del secondo comma dellarticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007, e pertanto si rileva, di conseguenza, che essa risulta priva di riferimenti normativi che possano legittimarla. 17. Infatti, il secondo comma dellarticolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 (Se per una misura di aiuto limporto complessivo dellaiuto concesso supera il massi- male di cui al primo comma, tale importo complessivo non pu beneficiare dellesenzione prevista dal presente regolamento, neppure per la frazione che non supera detto massi- male. In questo caso, tale misura daiuto non pu beneficiare delle disposizioni del presente regolamento, n al momento della concessione dellaiuto, n in un momento successivo) costituiva a ben vedere lunico appiglio positivo su cui la decisione avrebbe potuto astrattamente basarsi. Avendo per la Controparte esplicitamente e ufficialmente escluso, con il controricorso, che la suddetta disposizione rappresenti la base normativa che sorregge il recupero cos come concretamente disposto (1), ne discende che, per ci solo, il recupero che coinvolge misure diverse rispetto a quella veicolata con la legge italiana n. 10/2011, che ha introdotto allarticolo 1 del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, il comma 12 duodecies, si rivela illegittimo, con conseguente fondatezza della domanda di annullamento, in parte qua, della decisione impugnata. 18. In ordine al secondo profilo, qualificato dalla Controparte (cfr. paragrafo 32 del contro- ricorso) come il secondo fraintendimento su cui si basa il ricorso (ovvero che la Commissione avrebbe considerato la proroga come modifica sostanziale e non separabile del regime di aiuti di cui alla decisione dautorizzazione), la Commissione ha sottolineato di avere sempre fatto riferimento a due misure di aiuto ben distinte: la prima costituita dallaiuto connesso alla proroga di pagamento e la seconda dal nuovo aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione, concludendo che entrambi gli aiuti sono incompatibili (cfr. paragrafo 34 del controricorso). 19. Questa difesa contesta recisamente tale impostazione, facendo rilevare che la qualificazione di un unico intervento normativo (la proroga introdotta con la legge italiana n. 10/2011) come ambivalente, ossia autonomamente illegittimo da una parte e contestualmente avente riflessi modificativi di una misura precedente a suo tempo approvata (1) Il recupero disposto dalla Commissione circoscritto unicamente a coloro i quali hanno effettivamente usufruito della proroga di pagamento ed hanno quindi beneficiato di un aiuto complessivamente incompatibile con il mercato interno, ed ha ad oggetto i seguenti elementi: a) gli interessi connessi alla proroga del pagamento della rata di prelievo che scadeva il 31 dicembre 2010, maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; b) gli interessi maturati sugli annualit giunte a scadenza ii 31 dicembre degli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009 (il capitale di tali annualit stato pagato prima che la proroga di pagamento comportasse una violazione della decisione del Consiglio), maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; c) gli interessi maturati sulle annualit giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2011 e 2012 (nessuna informazione dimostra che il capitale non stato pagato alla scadenza), maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; d) il capitale e gli interessi connessi alle annualit che giungono a scadenza il 31 dicembre 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017, data ultima dello scadenzario istituito con decisione del Consiglio. con la decisione di autorizzazione, si traduce in unalterazione surrettizia e ingiustificata del contesto in esame, giungendo a conseguenze aberranti. 20. Non appare invero ragionevole sostenere che un unico aiuto possa possedere doppia valenza, come se consistesse in due distinte misure, di cui una costituita dallaiuto connesso alla proroga di pagamento e laltra da un fantomatico nuovo aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione, giungendo per tale via al punto di dichiarare che entrambi gli aiuti sono incompatibili e di ordinare la restituzione degli importi concessi ai sensi delle due misure. 21. Si rileva in contrario che laiuto concesso con la misura del 2010 - cio il differimento di sei mesi del pagamento di una rata - deve essere preso in considerazione e giudicato solo in se stesso come entit autonoma, per cui, laddove dovesse essere ritenuto illegale, ben potrebbe essere eliminato attraverso la sola disapplicazione della norma che lo introduce nellordinamento da parte dellamministrazione competente e, quindi, con il recupero degli interessi corrispondenti al periodo di ritardo nel pagamento della settima rata rappresenterebbe, gi di per s, la massima conseguenza prevista dal trattato per gli aiuti non autorizzati, ossia la soppressione dellaiuto concesso. 22. Laddebito degli interessi come sopra indicato, e quindi la soppressione del nuovo aiuto concesso, dovrebbe essere quindi sufficiente a garantire il pieno rispetto dellarticolo 3, paragrafo 7, del regolamento CE n. 1535/2007, che si limita a sancire la non cumulabilit degli aiuti de minimis con altri aiuti concessi per le stesse spese ammissibili, mentre la soppressione dellaiuto de minimis non dovrebbe comportare anche lannullamento del- laiuto legalmente concesso. 23. Non invece possibile considerare tale misura, nel contempo, elemento di un nuovo aiuto, che faccia decadere i beneficiari anche dallaiuto autorizzato dal Consiglio (cos come fa la Commissione, al punto 35 della decisione, ripreso al par. 28 del controricorso). Ci anche perch, come illustrato nel ricorso (v. punti da 56 a 66, ai quali per brevit si rinvia), per giungere a tale conclusione la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che fossero integrati i presupposti previsti dallart. 4 del Reg. (CE) n. 794 del 2004, che descrive appunto la nozione di modifica dellaiuto esistente, stabilendo le condizioni in forza delle quali una simile modifica integra un aiuto nuovo. 24. In conclusione, poich nessuno degli argomenti sollevati dalla Controparte appare fondato, il ricorso dovr essere accolto. *** 25. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo della Repubblica Italiana, richiamata ogni ulteriore argomentazione e deduzione formulata nei precedenti scritti difensivi, insiste nelle conclusioni rassegnate nel ricorso e confida nel loro accoglimento. Roma, 27 gennaio 2014 Sergio Fiorentino avvocato dello Stato Paolo Grasso avvocato dello Stato Causa T-695/13 - Materia: Reti transeuropee -Ricorso proposto il 31 dicembre 2013 - ENAC / Commissione e TEN-T EA. TRIBUNALE DELLUNIONE EUROPEA RICORSO Ai sensi dellart. 263 del TUEF per LENAC Ente Nazionale per lAviazione Civile in persona del Direttore pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 (posta elettronica certificata: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it; fax 06-96514000) ricorrente contro La COMMISSIONE DELL'UNIONE EUROPEA, in persona del suo rappresentante pro tempore, e contro La TRANS-EUROPEAN TRANSPORT NETWORK EXECUTIVE AGENCY, in persona del suo rappresentante pro tempore resistente e nei confronti della SACBO S.P.A., con sede in Grassobbio (Bergamo-Italia), via Orio al Serio n. 49/51 (CF. 00237090162), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante Sig. Palmiro Radici (C.F. RDCPMR41A10E509N) per l'annullamento della nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 3321778 avente ad oggetto: studio per lo sviluppo dellintermodalit dellAeroporto di Bergamo Orio al Serio con la quale la Commissione Europea ha preannunziato linizio della procedura per il rimborso di parte del contributo concesso per la realizzazione di detto studio e linvio di una debit note per lammontare di euro 158.517,54; della determinazione datata 18 marzo 2013 adottata dalla Trans-European Transport Network Executive Agency (TEN-T EA), richiamata nella predetta nota del 23 ottobre 2013, ed avente ad oggetto la Chiusura dell'azione 2009-IT-91407-S - "Studio per lo sviluppo intermodale dell'Aeroporto di Bergamo-Orio al Serio" - Decisione della Commissione C(2010)4456, nella parte in cui ha considerato non riconoscibili e, pertanto, non sovvenzionabili i costi relativi alle attivit 1, 2.1, 4, 5, 6 e 7, gi da tempo espletate, richiedendo la restituzione dell'importo di Euro 158.517,54. FATTO 1 La SACBO S.p.A., societ di gestione dellAeroporto di Bergamo-Orio al Serio ha attivato una richiesta di cofinanziamento per lassegnazione di un contributo per lo sviluppo delle reti transeuropee dei trasporti (TEN-T) con riferimento allAnnual Work Programme 2009 presentando lo Studio per lo sviluppo dellintermodalit dellAeroporto di Bergamo Orio al Serio. 2 A seguito di parere favorevole sul progetto, espresso dalla competente Direzione Pianificazione Aeroportuale (oggi Direzione Pianificazione e progetti) lENAC, in qualit di soggetto proponente, ha predisposto la documentazione per la successiva presentazione della domanda di partecipazione al bando per il tramite del Ministero italiano delle Infrastrutture e dei Trasporti. 3 Con Decisione n. C(2010) 1108 del 05/03/2010, in esito alle procedure selettive riguardanti il Bando Annuale 2009, il suddetto studio stato selezionato per un cofinanziamento dalla parte della Commissione Europea. 4 In data 24/06/2010 la Commissione Europea, con Decisione n. C(2010)4456 (cfr Allegato n. 1) ha concesso, a favore del predetto Studio, un contributo finanziario dellammontare massimo di 800.000,00 Euro, pari al 50% del costo totale stimato dello studio. 5 La Decisione individua lENAC come Beneficiario del contributo finanziario messo a disposizione e riconosce la presenza di un ente attuatore e cofinanziatore (c.s. implementing body) per la realizzazione delle singole attivit di cui composto lo studio. 6 Al fine di definire i ruoli e le responsabilit in capo al soggetto beneficiario e al soggetto attuatore nonch cofinanziatore (SACBO S.p.A.). in conformit a quanto stabilito nella Decisione di finanziamento, e di individuare le modalit per il trasferimento del finanziamento da ENAC in favore di SACBO, stata stipulata una Convenzione tra IEnte e Ia SACBO S.p.A (cfr. Allegato n. 2). 7 Nel corso dello svolgimento dellazione, IENAC ha provveduto ad erogare in favore di SACBO la somma di 400.000,00 Euro ricevuta dalla Commissione a titolo di prefinanziamento e a trasmettere, in qualit di Beneficiario, le relazioni intermedie predisposte dalla SACBO, riguardanti lo stato davanzamento del progetto allAgenzia Ten-T (Agenzia istituita dalla Commissione Europea per lattuazione del programma della rete transeuropea di trasporto.) 8 Lazione terminata il 31/12/2011 ed il Master Plan Finale dello Studio in data 29/03/2012 stato formalmente approvato dallo Steering Committee composto dalling. Alessandro Cardi per conto dellENAC e da qualificati rappresentanti della SACBO. 9 A seguito dellultimazione dello Studio (31/12/2011), in adempimento alla Decisione Comunitaria, lENAC (ente Beneficiario) ha presentato allAgenzia la relazione finale ed il rendiconto finanziario dellattivit svolta (c.d. Final Report and Financial Statement), validati dal Ministero italiano delle Infrastrutture e dei Trasporti. 10 Sulla base della suddetta documentazione, lAgenzia Ten-T ha effettuato delle procedure di verifica per determinare i costi ammissibili ed il saldo del finanziamento a favore dello Studio. 11 LAgenzia con nota prot. ARES(2013)363828 del 18/03/2013 (cfr. Allegato n.3) ha comunicato che non sono stati ritenuti ammissibili i costi di alcuni affidamenti in quanto non conformi alla normativa Europea sugli affidamenti ed ha per altro, rideterminato il contributo finanziario comunitario concesso in 241.482,46 Euro. 12 Tenuto conto che la Commissione Europea aveva provveduto ad erogare aIlENAC Ia quota di 400.000,00 Euro a titolo di pre-finanziamento, lAgenzia ha altres comunicato che avrebbe provveduto ad emettere una nota di debito. 13 In seguito, in linea con le indicazioni contenute nella richiamata Decisione, si svolto il contraddittorio tra Agenzia Ten-T e Beneficiario e quindi il soggetto attuatore per Ia presentazione di osservazioni e controdeduzioni alla nota di chiusura dellAzione. 14 Contemporaneamente la SACBO SpA ha impugnato la nota di chiusura dellAzione dellAgenzia TEN-T ed il giudizio attualmente pende innanzi a codesto On. Tribunale Europeo. 15 LAgenzia TEN-T, esaminate le osservazioni formulate dalla SACBO SpA (Allegati n. 4 e n. 6), ha confermato, con lettera prot. Ares (2013) 3321778 del 23/10/2013 (cfr. Allegati n. 5 e n. 7), le conclusioni precedentemente formulate ed ha trasmesso al Beneficiario in data 5/11/2013 Ia nota di debito (cfr. Allegato n. 8) per la restituzione, entro il termine perentorio del 19/12/2013, della somma di 158.517,54 Euro corrispondente alle spese non riconosciute ammissibili a finanziamento. 16 Con nota prot. 0132394/DG del 22/11/2013 lENAC (cfr. Allegato n. 9) ha provveduto a richiedere alla SACBO SpA la restituzione dellimporto dovuto entro il 2/12/2013 per il successivo e tempestivo trasferimento alla Commissione Europea, in conformit alle previsioni della Convenzione sottoscritta tra ENAC e SACBO SpA il 25/11/2010, in base alle quali le spese non riconosciute ammissibili rimangono a carico del soggetto attuatore - SACBO SpA. 17 lENAC, destinatario della citata nota di debito in qualit di beneficiario, al fine di evitare che potessero comunque decorrere, a partire dal 19 dicembre p.v., interessi moratori, ha provveduto al pagamento, con espressa riserva di ripetizione allesito del giudizio. 18 VՏ da rilevare che la determinazione finale dellAgenzia TEN-T sicuramente errata a fronte dellindubbio risultato ottenuto. Infatti, la determinazione in data 18 marzo 2013 (notificata all'ENAC in data 26 marzo 2013), ha escluso dal cofinanziamento la massima parte delle voci di spesa, considerando riconoscibili costi per soli euro 482.964,91 (a fronte delle spese complessive, integralmente sostenute e provate per ogni singola componente, di euro 1.485.604,03). 19 La motivazione di siffatta grave decurtazione del seguente tenore: "The external costs related to activities 1, 2.1, 4, 5, 6 and 7 are considered ineligible due to non-compliance with EU procurement rules. The referred activities were implemented through separate contracts which all have been awarded directly without respecting the principle of sound financial management and without allowing for a sound, transparent and competitive process. In particular the splitting-up of the contracts concerned has not been justified and the reasons given by the implementing body for derogating from public procurement rules are neither technically nor legally acceptable. In addition, it has been established that the subject of the contracts concerned are so closely linked that they should have been tendered together, therefore considering the aggregate value of the contracts it has been concluded that the contracts was artificially split up to avoid application of national and EU public procurement rules. This is not in compliance with Article 17 (2) of Directive 2004/17/EC and thus, in accordance with Article III.3.7 (f) of Commission Decision (2010) 4456, the costs related to all the directly awarded contracts are considered ineligible and cannot be co-financed". 20 Conseguentemente, dunque, il contributo comunitario stato limitato ad euro 241.482,46 (euro 482.964,91: 2) e la SACBO, che pure ha gi sostenuto l'intero costo del- l'operazione e che ha ricevuto (tramite l'ENAC) soltanto l'anticipo europeo di 400.000,00 euro, dovrebbe altres restituire a TEN-T EA il cospicuo ulteriore importo di euro 158.517,54. 21 La suddetta determinazione datata 18 marzo 2013 adottata dalla Trans-European Transport Network Executive Agency (TEN-T EA), richiamata nella impugnata nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 3321778 avente ad oggetto: studio per lo sviluppo dellintermodalit dellAeroporto di Bergamo Orio al Serio quindi gravemente illegittima (nella parte in cui ha considerato non riconoscibili e, pertanto, non sovvenzionabili i costi sostenuti dalla SEBCO, per attivit gi da tempo espletate, richiedendo la restituzione dell'importo di Euro 158.517,54) e pertanto se ne chiede lannullamento per gli stessi motivi gi in parte esposti dalla SACBO nel giudizio pendente presso codesto On. Tribunale e che di seguito si riportano DIRITTO Primo motivo. Motivazione insufficiente, contraddittoria (intrinseca ed estrinseca) e assertoria. 22 Limpugnata nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 3321778 avente ad oggetto: studio per lo sviluppo dellintermodalit dellAeroporto di Bergamo Orio al Serio che come si pi volte detto richiama la precedente determinazione datata 18 marzo 2013 adottata dalla Trans- European Transport Network Executive Agency (TEN-T EA) cos apoditticamente motivata: I regret to inform you that the Agency hasnt noted any new elements allowing us to modify our previous assessment. I therefore consider that the assessment of the final report and financial statement as communicated to you in our letter of 18 March 2013 ref. Ares (2013) 3321778) is now final. 23 La motivazione su riportata omette del tutto di illustrare quali siano le ragioni di fatto e di diritto per le quali la Commissione abbia ritenuto di respingere le obiezioni rivolte al suo precedente assessment. 24 In particolare, la Trans- European Transport Network Executive Agency (TEN-T EA) ha confermato le sue precedenti posizioni omettendo di chiarire le ragioni di fatto e gli argomenti di diritto sulla cui base giunta a tale determinazione. 25 La nota impugnata merita dunque di essere annullata. Infatti principio di diritto comune che il provvedimento amministrativo viziato tutte le volte in cui la sua motivazione risulti meramente apparente, e cio pur essendo materialmente individuabile nel testo scritto, tuttavia non consente di rilevare quale sia stata la ratio decidendi. 26 Ci accade sicuramente quando il provvedimento motivato unicamente per relationem mediante rinvio a precedenti richiamati in modo acritico, omettendo un qualsiasi riferimento ai fatti specifici oggetto di critica. 27 Il provvedimento impugnato avrebbe dovuto contenere tra laltro lesposizione dei motivi in fatto e in diritto che hanno indotto lAgenzia a ritenere che hasnt noted any new elements allowing us to modify our previous assessment. 28 In tema di contenuto sempre necessaria una disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso logico seguito. Non viene fornita, infatti, spiegazione alcuna di come i principi generali regolanti la materia, n le norme di riferimento debbano essere applicati nella concreta fattispecie. 29 Una siffatta esposizione, alla luce dei principi normativi e giurisprudenziali sopra esposti, non pu soddisfare assolutamente lobbligo di motivazione di un atto amministrativo. 30 In particolare, risulta meramente apparente sia la parte c.d. statica della motivazione (si da atto di aver esaminato le controdeduzioni e i documenti senza indicarne nemmeno succintamente il contenuto), sia quella c.d. dinamica, necessaria alla ricostruzione delliter logico seguito. 31 cos impedita la comprensione di quali questioni di fatto e/o di diritto la Commissione abbia preso in esame e su quali elementi di legittimit e di merito abbia fondato la propria decisione. 32 N sufficiente il generico richiamo alla correttezza del precedente assessment al fine di ritenere assolto lobbligo di motivazione, nemmeno sub specie di motivazione per relationem. 33 E invero, che lAgenzia avesse espresso, quandanche sinteticamente, le ragioni della conferma della precedente decisione in relazione ai motivi di critica proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva dei due atti risulti appagante e corretto. 34 Il che presuppone che sia comunque riportato, ancorch sommariamente, il contenuto dellatto precedente e delle critiche ad esso rivolte in modo da rendere chiaro e trasparente il contenuto del ragionamento al quale lAgenzia ha inteso aderire. 35 In conclusione. La nota impugnata insufficiente in ordine alla reale motivazione della decisione. Il che implica che la stessa sia stata adottata in violazione delle forme sostanziali, dato che come tale dev'essere considerata una motivazione che che non consenta agli interessati di comprendere la reale giustificazione della misura assunta (Tribunale di primo grado, sez. V 4 marzo 2009, in causa T-445/05). 36 Pertanto va annullata la nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 3321778. Secondo motivo. Violazione dell'art. 17, par. 2 e 6 della Direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004. Violazione dell'art. 296, par. 2, del T.F.U.E. e dell'art. 41 par. 2 lett. c) della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Motivazione insufficiente, contraddittoria (intrinseca ed estrinseca) e assertoria. Violazione dell'art. II.2.3 della decisione della Commissione (2010) 4456 del 24 giugno 2010. 37 La decisione, a cui rimanda per relationem limpugnata nota del 23 ottobre 2013, nella sua parte motiva, asserisce che "i costi relativi alle attivit 1, 2.1, 4, 5, 6 e 7 sono ritenuti inammissibili per mancato rispetto della normativa europea sugli appalti". Ma, per dimostrare l'assunto, opera un ragionamento profondamente contraddittorio: da un lato afferma che vi sarebbe stata una ingiustificata "frammentazione dei contratti" (addirittura arrivando a parlare di "contratto... artificiosamente diviso"), ma d'altro lato afferma che "l'oggetto dei contratti" sarebbe "talmente connesso" che gli stessi avrebbero dovuto essere oggetto di una procedura unitaria di affidamento. 38 Ma chiaro che la seconda affermazione di per s idonea a confutare la prima. Se, infatti, si tratta di contratti ad oggetto connesso, si potr discutere sulla necessit di un loro affidamento unitario, ma si deve escludere -per la contraddizione che non lo consente- che vi sia stata indebita frammentazione di un contratto unitario: non vi pu essere unitariet di contratto ed unicit del suo oggetto, se vi connessione tra contratti diversi. 39 In conclusione. La decisone impugnata intrinsecamente contraddittoria e tale da non dare sicurezza in ordine alla reale motivazione della decisione. Il che implica che la stessa sia stata adottata in violazione delle forme sostanziali, dato che come tale dev'essere considerata una motivazione che presenti contraddizioni interne (Corte Giust. Grande sez. 10 luglio 2008 causa C-413/06). 40 In ogni caso non vero che vi sia stata frammentazione di un contratto unitario (infra, par. 1.3, 1.4 e 16.5), cos come non vero che vi fosse necessit di un affidamento unitario di pi contratti tra di loro strettamente connessi (infra par. 16.6). 41 Quanto al primo addebito (indebita frammentazione di un appalto unitario), la relativa confutazione scaturisce dall'oggetto dei singoli contratti, dalle diverse specializzazioni dei possibili contraenti, dall'ordine logico della relativa esecuzione e dalle valutazioni operate dalla stessa Commissione con la Decisione (2010) 4456 del 24 giugno 2010 di concessione del contributo finanziario. 42 Che si tratti di appalti ad oggetto eterogeneo dimostrato dal fatto che essi riguardano di volta in volta categorie diverse di servizi, alla stregua delle tabelle contenute negli allegati XVII A e XVII B della Direttiva 2004/17/CE. Si va, infatti, da servizi di consulenza tecnica (per le attivit contrassegnate nella decisione di concessione del finanziamento come 1 e 6), a servizi di architettura e ingegneria (attivit 2.1), a servizi legali (attivit 4), a servizi di consulenza gestionale ed affini (attivit 7) e cos via. Ed chiaro che a ciascuna di tale tipologia di servizi corrispondono diverse specializzazioni e diverse figure professionali di possibili esecutori. 43 Inoltre tali servizi sono stati concepiti dalla decisione di concessione del finanziamento in rapporto di presupposto-consequenzialit, nel senso che l'espletamento dell'uno presuppone la gi avvenuta esecuzione (totale o parziale) dell'altro, con una tempistica affatto differenziata, come risulta dalla tabella contenuta a pag. 10 di detta decisione. Sicch non v' dubbio che nella decisione di concessione del contributo tali servizi siano stati considerati ad oggetto differenziato, come dimostrato anzitutto dalle espressioni usate (si parla di "singoli studi che costituiranno la base del piano generale", si parla di "attivit individuali descritte nella ripartizione del bilancio di cui all'art. II.3.3", si parla di "costi effettivi che rientrano nelle categorie indicate nell'importo previsto". 44 E come confermato anche dalla puntuale ed analitica descrizione dei contenuti delle singole attivit ed anche delle sottoattivit e persino dalla determinazione dei costi, individuati separatamente, per singole macroattivit, da 1 ad 7 (cfr. Tabella contenuta a pag. 20 della Decisione pi volte citata). 45 Particolarmente significativa in proposito la disciplina delle modifiche al piano di ripartizione dei costi, cos come contenuto nella tabella da ultimo richiamata. Si legge infatti nell'art. III.2.7 della decisione di concessione del contributo (pag. 25) che "Durante l'esecuzione dell'azione il beneficiario pu adeguare i costi delle attivit individuali descritte nella ripartizione del bilancio di cui all'articolo II.3.3, a condizione che tale adeguamento sia necessario per realizzare gli obiettivi dell'azione e che il trasferimento tra attivit non sia superiore al 20% del costo totale ammissibile di cui all'articolo II.3.1". 46 Si tratta di una disciplina del tutto incompatibile con la tesi del contratto unitario. Essa ha un senso infatti solo in un contesto di una pluralit di attivit, ciascuna con un proprio tetto di costi, sia pure nell'ambito del budget complessivo previsto per l'intera iniziativa relativa allo sviluppo intermodale dell'aeroporto di Orio al Serio. 47 Il che dimostra, appunto, che in base alla decisione di concessione del contributo dette attivit di studio erano da considerare autonomamente anche dal punto di vista dei costi. E la decisione in questa sede impugnata, che viceversa ha ipotizzato una indebita frammentazione di un servizio unitario, contrasta non solo con la realt delle cose, ma anche e soprattutto con la valutazione operata dalla stessa Commissione all'atto della concessione del contributo. 48 Non v' stato, dunque, alcun "splitting up" dei contratti, diverso da quello gi contemplato per le principali attivit (contrassegnate da 1 a 7) dalla decisione di concessione dei contributi. E non v' stata alcuna "suddivisione dei progetti" (art. 17, par. 2, della Direttiva 2004/17/CE), idonea a portare artificiosamente sotto soglia i singoli contratti, per eludere la disciplina europea degli appalti pubblici. 49 Ora noto che "vietati sono dunque i frazionamenti artificiosi di un appalto unitario. Sebbene la Corte valuti in modo assolutamente rigoroso tale divieto, un simile intento elusivo non pu essere presunto tout court. Ogni singolo affidamento di appalto in forma frazionata va valutato alla luce del contesto e delle particolarit del caso, controllando, in particolare, se ci siano motivi seri che depongano in senso favorevole oppure contrario al frazionamento di volta in volta considerato" (cfr. Conclusioni dell'Avvocato generale Verica Trstenjak, in data 14 aprile 2010 in causa C-271/08 punto 165). E alla luce del contesto sinora esaminato (e tenuto conto anche delle approvazioni delle fasi intermedie, di cui si dir nel successivo motivo di ricorso) la sussistenza di un intento elusivo non pu che essere esclusa in radice. 50 Ne deriva che la decisione impugnata ha operato una erronea applicazione del richiamato art. 17, par. 2, incorrendo in una chiara violazione, per cattiva applicazione, di una regola di diritto, rilevante ai sensi dell'art. 263 del T.F.U.E. 51 Va soggiunto -per evitare equivoci- che se pur vero che vi stata una qualche ulteriore suddivisione di attivit, rispetto a quanto contemplato nella decisione di concessione dei contributi, essa tuttavia assolutamente irrilevante, ai fini del menzionato art. 17, par. 2. Si trattato, infatti, di una suddivisione in subattivit di attivit (o macroattivit) gi di per s ampiamente al di sotto della soglia comunitaria, sicch risultata del tutto ininfluente. 52 E, invero, tale ulteriore suddivisione ha riguardato le attivit contrassegnate con i numeri 4 (fattibilit giuridica e amministrativa) e 5 (fattibilit finanziaria, economica e gestionale). Per le quali, appunto, sono stati assegnati contratti diversi, a seconda che la fattibilit fosse giuridica o amministrativa, nel primo caso, ovvero finanziaria, economica e gestionale, nel secondo caso. 53 Ma, come si diceva, si tratta di attivit che gi nella loro unitaria consistenza risultavano e risultano ampiamente inferiori alla soglia comunitaria, oltre la quale sarebbe scattato l'obbligo di applicazione della normativa europea sugli appalti pubblici. 54 Infatti l'attivit 4 prevedeva un costo complessivo di appena 50.000 euro e l'attivit 5 prevedeva un costo complessivo di appena 80.000 euro: sicch entrambe erano di gran lunga lontane dalla soglia di 387.000 prevista dall'art. 16 della Direttiva 2004/17/CE, per imporre l'applicazione della relativa disciplina. 55 Risulta cos confermato che non v' stata alcuna elusione della normativa CE ed alcuna artificiosa suddivisione degli studi e dei servizi affidati a terzi, rilevante ai sensi dell'art. 17, par. 2 della citata Direttiva ( chiaro infatti che "un siffatto frazionamento da considerarsi contrario alle citate direttive solo qualora persegua lo scopo di sottrarre la prevista acquisizione di beni e servizi all'applicazione delle direttive medesime": conclusioni dell'Avvocato Generale Verica Trstenjak cit. punto 165). N pu esservi elusione dal momento che la suddivisione delle attivit era gi stata considerata dalla stessa Commissione in sede di approvazione. In quella sede si deve dare per presupposto che il controllo della Commissione sia stato attento e approfondito. In ogni caso si tratterebbe di un errore in cui incorsa la stessa Commissione, errore che esclude "a priori" la possibilit che si tratti di elusione. 56 Del pari risulta destituita di fondamento anche l'accusa (opposta alla prima) di non aver proceduto ad un affidamento unitario, trattandosi di contratti ad oggetto strettamente connesso. 57 La relativa smentita scaturisce ancora una volta dalla decisione di concessione dei contributi, che viceversa ha ritenuto di ben distinguere i contenuti delle attivit da 1 ad 7, individuandone specificamente, analiticamente e separatamente gli oggetti. Ed ha anche individuato separatamente i costi di ogni singola attivit, compiendo cos un'operazione che sarebbe stata superflua, in caso di necessario affidamento unitario di tutto il complesso delle attivit (per il quale gi sussisteva l'indicazione complessiva -euro 1.600.000- dell'intera operazione). 58 Ma al di l di quest'ultima osservazione, la censura risulta infondata anche per quel che concerne il suo presupposto. Essa, infatti, presuppone che vi fosse un obbligo di accorpamento di contratti "connessi", che peraltro non certo contemplato nella Direttiva comunitaria. 59 Quest'ultima, invero, all'art. 17, par. 6, prevede il caso di "un progetto di acquisto di servizi" che pu "dar luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti". Ma si tratta di ipotesi diversa da quella prefigurata nel provvedimento impugnato (essa incide sul computo del singolo lotto, da affidare comunque separatamente, e non impone un affidamento unitario) e comunque non applicabile neppure essa al caso di specie. 60 Anzitutto perch per le diverse attivit o macroattivit (contemplate nella decisione di concessione del contributo e contrassegnate con i numeri da 1 a 7) non si pu parlare di "lotti" di un stesso appalto, dato che il concetto di "lotto" implica la ripetitivit qualitativa della attivit, che nella specie, come si visto, non esiste. In secondo luogo perch nel nostro caso -e ancora una volta per espressa determinazione della decisione di concessione del contributo- le varie attivit contrassegnate da 1 a 7 dovevano essere eseguite con tempistiche diverse: sicch era previsto un ordine logico (ad esempio, lo studio preliminare -categoria 1doveva essere concluso prima delle altre attivit) e temporale del tutto incompatibile con un affidamento "contemporaneo" di tutte le attivit relative all'intera iniziativa finanziata. 61 Le censure che precedono sono assorbenti. Infatti, gli ulteriori aspetti motivazionali, che si rinvengono nella decisione impugnata, non sembrano autonomi, ma appaiono mere articolazioni dei motivi gi trattati e censurati. Il che vale in particolare con riferimento al cenno di mancato rispetto del "principio di sana gestione finanziaria", contenuto nell'art. III.3.7, lett. f) della decisione di concessione del contributo, che nel provvedimento impugnato appare una mera conseguenza della asserita frammentazione di un unico contratto: si legge infatti nella decisione impugnata che detta asserita frammentazione sarebbe "in violazione dell'Articolo 17, comma 2, della Direttiva 2004/17/CE e, quindi, conformemente all'Articolo III.3.7, lett. f), della Decisione della Commissione (2010)4456, i costi relativi ai contratti affidati direttamente non sono ammissibili e, pertanto, non possono essere co-finanziati". 62 Ove cos non fosse, valgono le ulteriori censure che si passa ad esporre. Una violazione del principio di "sana gestione finanziaria", di cui all'art. III.3.7, lett. f), nella specie non configurabile anzitutto per carenza di motivazione. Infatti, una volta escluso che esso dipenda da una artificiosa divisione di un unico contratto (che nella specie non esiste), non v' nulla nella motivazione della decisione impugnata che spieghi le ragioni per le quali vi sarebbe stata detta violazione. 63 Detta violazione, comunque non sussiste neanche nella realt delle cose, dato che i costi per gli incarichi professionali appaltati a terzi risultano inferiori ai costi pro die del personale interno qualificato di SACBO, utilizzato per lo sviluppo dell'attivit e riconosciuti come ammissibili dalla stessa agenzia TEN-T EA (punto 12). 64 Se infine si ritenesse che la decisione impugnata abbia comunque lamentato la violazione del diritto europeo, pur trattandosi di contratti "sotto soglia", la stessa risulterebbe ancora una volta illegittima per assoluta mancanza di motivazione. chiaro infatti che uno o pi contratti "sotto soglia" possono ledere i principi scaturenti dalle libert fondamentali del Trattato, se e in quanto si dimostri che detti contratti presentino o avessero presentato un "interesse transfrontaliero certo" (cfr. Corte di Giustizia, sez. II, 21 febbraio 2008 in causa C412/ 04, Commissione/Italia e Corte di Giustizia, Grande Sezione, 13 novembre 2007, in causa C-507/03, Commissione/Irlanda; Comunicazione Interpretativa della Commissione 2006/C 179/02, sub par. 1.3): e poich nulla di simile si trova nella decisione impugnata, n in altro atto della procedura relativa al progetto cofinanziato, in nessun caso si pu parlare di violazione del diritto europeo anche sotto il profilo da ultimo preso in considerazione. Terzo motivo. Violazione dell'art. I.3.1 della Decisione della Commissione (2010) 4456, in data 24 giugno 2010. Violazione dell'art. 41 par. 2 lett. c) della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Violazione dell'art. 296 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. Motivazione insufficiente, contraddittoria (intrinseca ed estrinseca) e assertoria. Violazione del principio dell'affidamento. 65 Le affermazioni poste alla base della decisione impugnata sono, dunque, totalmente infondate per quel che si sinora dedotto. Ma, ancor pi radicalmente, esse configurano censure in ordine all'operato di SACBO che appaiono addirittura inammissibili, prima ancora che infondate, in quanto in contrasto con i riconoscimenti e le approvazioni gi compiute da TEN-T EA, con riferimento alle Relazioni gi presentate da SACBO medesima nel corso della procedura di espletamento dell'attivit cofinanziata. 66 Infatti, come si gi esposto in fatto, SACBO aveva gi presentato ben due Relazioni, prima di quella finale. Ed entrambe sono state approvate incondizionatamente o, comunque, senza alcuna riserva che possa essere ricollegata aduna presunta necessariet di un appalto unitario da affidare a terzi. 67 La prima relazione riguarda lo Strategic Action Plan (SAP), nell'ambito della quale Sacbo aveva indicato i contratti gi stipulati con One Works SpA e relativi all'attivit 1 e 7. Nel medesimo SAP sono state puntualmente indicate le ragioni di tali due primi affidamenti diretti. 68 Come pure si visto (supra in fatto), l'assegnazione di tali contratti stato oggetto di puntuale approfondimento da parte di TEN-T EA, con richiesta di delucidazioni e con successivi chiarimenti da parte della SACBO. Ed chiaro che gi tali prime due assegnazioni escludevano che si potesse trattare di un appalto unitario per tutte le attivit programmate (da 1 ad 7), tanto pi se si considera che venivano fornite indicazioni anche sul modus procedendi dei successivi contratti da assegnare ove si prospetta una distinzione tra contratti sopra e sotto soglia, con differenti modalit di affidamento nei due casi). 69 Il SAP inoltre conteneva un preciso cronoprogramma, con distinzione delle varie attivit da 1 ad 7 e con inizio delle singole attivit, relativa durata e conclusione delle stesse assolutamente differenziati l'una dall'altra. Sicch gi da tale cronoprogramma scaturiva, anche per l'incisivit grafica dei distinti colori e dei distinti periodi di riferimento, che si trattava di attivit diverse e ad esecuzione differenziata. 70 Il SAP stato approvato, come si visto, senza riserva alcuna. Sicch, oltre all'assegnazione diretta dei primi due contratti, quel che risulta certo e incontestato che si trattasse di contratti differenti, da assegnare individualmente, indipendentemente da ogni diversa questione sul metodo da utilizzare per l'affidamento di ogni singolo contratto. 71 E analoga vicenda si ripetuta a proposito dell'Action Status Report 2011 (che si riferiva all'attivit del 2010). Tale rapporto conteneva un elenco pi ampio dei contratti fino a quel momento stipulati con terzi (e relativi alle attivit 1, 2.1, 5.1, 5.2 e 7), nonch le ragioni per le quali non erano state applicate le procedure comunitarie degli appalti pubblici. E ancora una volta la relazione stata approvata senza alcuna contestazione sulla assegnazione di contratti diversi. 72 Vero che quest'ultima approvazione contiene la riserva di non costituire accettazione "di possibili deviazioni dagli originari piani di implementazione per i quali la decisione prevede specifiche procedure di approvazione" . 73 Ma tale riserva non riguarda affatto il problema della unicit o della pluralit del o dei contratti con i terzi, dato che le procedure di modificazione della decisione di concessione del contributo riguardano, come si visto, problematiche ben diverse. 74 Le "deviazioni dagli originari piani di implementazione", che necessitavano di adeguata procedura di approvazione, riguardavano, infatti, il superamento dei costi previsti per le "attivit individuali" indicate all'art. II.3.3 della decisione di concessione del contributo. 75 E, infatti, le sole modifiche apportate in sede di esecuzione hanno riguardato esclusivamente talune sottoattivit (o tappe), attraverso l'accorpamento delle tre "tappe" della attivit 1 in un unico contratto e la suddivisione delle attivit contrassegnate con i numeri 4 (fattibilit giuridica e amministrativa) e 5 (fattibilit finanziaria, economica e gestionale), di cui si gi parlato supra. 76 E poich tali modifiche meramente operative non riguardavano le macroattivit di cui all'art. II.3.3 della decisione di concessione del contributo e non rientravano pertanto tra le modifiche che necessitavano di previa approvazione, ai sensi dell'art. III.2.7 della medesima decisione, la "riserva" contenuta nell'approvazione dell'Action Status Report del 2011 viceversa, che l'attivit svolta fino a quel momento stata approvata senza riserva alcuna. 77 Risulta cos confermato, in altri termini, da un lato che sono state accettate senza riserve le assegnazioni relative ad un ampio numero di attivit (1, 2.1, 5.1, 5.2 e 7) e, d'altro lato, che risultato pacifico e incontroverso che non si trattasse di un unico contratto per l'in tera attivit relativa allo studio di fattibilit, sibbene di una pluralit di contratti, da affidare in relazione alle proprie specifiche caratteristiche (e a seconda che si trattasse di contratti sotto o sopra soglia). E la decisione in questa sede impugnata, che inopinatamente e per la prima volta ha prospettato la tesi che si trattasse sostanzialmente di un unico contratto, contrasta anzitutto con le decisioni pregresse, con le approvazioni dei contratti cui esse si riferivano, nonch con l'affidamento creato per i contratti successivi, sulla acquisita certezza che si trattasse comunque di contratti distinti da affidare separatamente. 78 Il che tanto pi grave se si considera che la fase di approvazione delle varie relazioni serve anche a consentire eventuali correzioni, di fronte alle contestazioni che il beneficiario del contributo o il soggetto attuatore dovessero ricevere (sub art. I.3 e sub art. III.4.2.3). Sicch, in mancanza di contestazioni, non pu che consolidarsi l'affidamento in ordine alla correttezza del proprio comportamento e, nella specie, della interpretazione accolta in relazione alla pluralit e non unicit dei contratti da affidare a terzi. 79 Nella specie tale affidamento stato ingenerato da una Istituzione comunitaria (cfr. sentenza del Tribunale di primo grado, VI sez. 27 settembre 2012 in causa T-387/09 punto 57), dall'incondizionata approvazione di tutto quanto contenuto nel SAP e nell'Action Status Report 2011 (come si sottolineato la riserva relativa a quest'ultimo atto non riguarda affatto il tema della pluralit dei contratti), dall'inequivoco contenuto di detta approvazione, certamente non in contrasto con la normativa applicabile, dato che la circostanza che si tratti di un unico contratto o di una pluralit di contratti questione di puro fatto, che di per s non contrasta con atti normativi. 80 Risultano presenti dunque tutte le condizioni previste dalla giurisprudenza perch si crei un legittimo affidamento (Tribunale di primo grado, sez. VI, 27 settembre 2012, cit. punto 58 e Tribunale di primo grado, III sez. 19 settembre 2012, in causa T-265/08, punto 142). E la decisione in questa sede impugnata risulta a sua volta in contrasto con tale legittimo affidamento ed come tale illegittima. Quarto motivo. In subordine, violazione dell'art. 40, par. 2, lett. b), c) e d) della Direttiva 2004/17/CE. 81 In subordine e anche nella non creduta ipotesi che l'appalto o gli appalti affidati a terzi dovessero seguire la disciplina prevista dalla Direttiva 2004/17/CE, nondimeno l'assegnazione diretta di detti appalti si sottrae alle censure contenute nella decisione in questa sede impugnata. Anche a voler coltivare tale ipotesi infatti non sarebbe stato necessario procedere con gara pubblica, anche secondo la menzionata Direttiva 2004/17/CE, per tutta una serie di ragioni che si passano ad esporre. 82 Anzitutto perch nella specie ci troviamo di fronte ad appalti relativi ad uno "studio di fattibilit". Ed noto che "gli enti aggiudicatori possono ricorrere ad una procedura senza previa indizione di gara ... b) quando un appalto destinato solo a scopi di ricerca, di sperimentazione, di studio o di sviluppo... purch l'aggiudicazione dell'appalto non pregiudichi l'indizione di gare per appalti successivi che perseguano, segnatamente, questi scopi". 83 N potrebbe essere altrimenti. Gli appalti che hanno ad oggetto ricerche, studi e prospettive di sviluppo di una certa area o di una certa attivit produttiva hanno caratteristiche particolari, perch presuppongono conoscenze specifiche locali ed uno spiccato rapporto fiduciario col committente (intuitus personae): sich la specifica e derogatoria disciplina, prevista dalla direttiva 2004/17/CE, costituisce il portato di tali esigenze. 84 Orbene, che il nostro caso rientri nell'ambito degli appalti di servizio aventi come scopo la ricerca e lo studio non pu essere messo in dubbio. Infatti si legge nella Decisione (2010) 4456 di concessione del contributo che "L'azione consiste in uno studio di fattibili sull'accesso all'aeroporto e l'inter-scambio modale. Attualmente l'aeroporto di Bergamo non collegato alla rete ferroviaria nazionale e pu essere raggiunto soltanto in automobile o in autobus. 85 L'obiettivo perseguito quindi agevolare l'accesso al terminal dal bacino di utenza tenendo conto delle previsioni di traffico. In particolare, lo studio intende verificare la realizzazione di un complesso di infrastrutture per collegare l'attuale terminal e i servizi aeroportuali a un nuovo raccordo ferroviario ... Gli studi riguarderanno inoltre la fattibilit tecnica, giuridica, amministrativa e finanziaria dei lavori previsti. Saranno valutati la sostenibilit e l'impatto sull'ambiente e sul sistema socioeconomico. Il prodotto finale sar un piano generale globale, il quale dovr essere approvato dai responsabili politici che parteciperanno ai lavori e alle operazioni future" (pag. 9 e 10). 86 Dunque non solo si tratta di mera attivit di studio e di sviluppo, ma la stessa certo non pregiudica l'indizione di gare per la progettazione ed esecuzione dei lavori e delle operazioni future, rispetto ai quali lo studio di fattibilit, oggetto di co-finanziamento, costituir un sicuro punto di riferimento, senza alcun condizionamento per le modalit di espletamento per l'attivit futura. 87 Il mancato espletamento di una previa procedura di gara risulta poi anche giustificato per un altro ordine di ragioni. Che riguardano da un lato la sostanziale vincolativit della scelta del possibile affidatario e dall'altro la tempistica dell'esecuzione dell'intera operazione. 88 E cos, sotto il primo profilo, l'individuazione ad esempio di One Works per il conferimento dell'incarico dello Studio preliminare di fattibilit (attivit 1) stata in realt una scelta necessitata, trattandosi dell'unico possibile operatorie in grado di svolgere detta attivit, avendo gi provveduto a realizzare il Master Plan degli investimenti dei successivi 20 anni nell'area aeroportuale. Dunque, l'unico possibile contraente (o "operatore economico determinato", ex art. 40 par. 3, lett. c della Direttiva 2004/17/CE), soprattutto in considerazione dei tempi strettissimi, entro cui doveva svolgere il suo compito. 89 Il che si ricollega al secondo profilo sopra cennato. Come si ampiamente esposto, infatti, la decisione di concessione del contributo in data 24 giugno 2010 prevedeva delle tempistiche di realizzazione di alcune attivit del tutto incompatibili con l'espletamento della ben che minima gara. Ci si riferisce in particolare all'attivit 1, che avrebbe dovuto essere iniziata il 1 dicembre 2009 e conclusa il 31 luglio 2010 e all'attivit 7, che avrebbe dovuto essere iniziata sin dal 31 dicembre 2009. E poich viceversa la decisione di concessione sopraggiunta solo in data 24 giugno 2010, sussistevano quelle ragioni di "estrema urgenza", previste dall'art. 40, par. 3, lett. d) della direttiva 2004/17/CE, che giustificano per altro verso l'aggiudicazione senza previa indizione di gara. 90 La Commissione era assolutamente consapevole delle ristrette tempistiche necessarie per la realizzazione del progetto e ci comprovato dall'approvazione che, intervenuta solo nel giugno 2010, esplicitamente conteneva i riferimenti alle attivit gi avviate all'esecuzione fino dal 1 dicembre 2009. Quinto motivo. In estremo subordine: violazione del principio di proporzionalit. 91 Ai sensi dell'art. III.4.2.4 della Decisione di concessione del contributo "In caso di risoluzione, i pagamenti della Commissione sono limitati ai costi ammissibili realmente sostenuti dal beneficiario alla data effettiva della risoluzione, nel rispetto delle disposizioni della decisione di concessione del contributo finanziario". 92 Nella specie non vi stata risoluzione del rapporto di concessione del contributo, sebbene solo una riduzione del contributo stesso, ai sensi (verosimilmente) dell'art. III.4.2.2, paragrafo 2, lett. b. Tuttavia, pur trattandosi di misura sicuramente meno grave della risolu zione (la quale a sua volta presuppone ben pi gravi violazioni), le conseguenze in termini di costi riconosciuti e costi dichiarati inammissibili stata la medesima. 93 Il che risulta in contrasto con il principio di proporzionalit. chiaro infatti che non possono essere disposte le stesse conseguenze pregiudizievoli per due fattispecie notevolmente diverse tra di loro. 94 La risoluzione riguarda casi di violazioni gravi, come si diceva, che si trovano elencate essenzialmente nell'art. III.4.2.2., paragrafo 4, della Decisione (2010) 4456. Si tratta di casi di inottemperanza "ad un obbligo sostanziale", casi di condanna penale per un reato riguardante la condotta professionale, casi di dichiarazioni false e dolose, ecc. 95 Ma nel nostro caso non si verificato nulla di simile e, comunque, l'intera operazione stata condotta a buon fine e sono stati raggiunti i risultati cui il contributo comunitario mirava. Sicch penalizzare il soggetto attuatore allo stesso modo ed agli stessi termini previsti per i casi sopra indicati di risoluzione della concessione appare illogico ed in contrasto con ogni rapporto di proporzionalit. 96 Va del resto ribadito che anche nella denegata ipotesi in cui la suddivisione delle attivit fosse considerata contraria ai principi comunitari, la scelta della ricorrente non potrebbe comunque essere ricondotta ad un intento elusivo della normativa. Come si ampiamente dimostrato, con la documentazione allegata, la indicata suddivisione stata fin dall'origine dal rapporto con la Commissione e cos da quest'ultima conosciuta e approvata. 97 Tale assetto dei rapporti comporta che l'esecuzione del progetto cofinanziato stata al massimo frutto di errore in cui incorsa non solo la ricorrente, ma la stessa Commissione. 98 Quanto a quest'ultima, certo che se avesse tempestivamente rilevato l'errore, in sede di approvazione, avrebbe permesso alla ricorrente di non reiterarlo e, cos, di circoscrivere la riduzione del finanziamento come oggi determinata e contestata. Sesto motivo. Violazione dell'art. 13 par. 1 del Regolamento CE n. 680/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007, nonch dell'art. III.4.2.2 e III.4.2.3 della decisione della Commissione (2010) 4456 del 24 giugno 2010. 99 Occorre, infine osservare, a completamento dei profili di ricorso sopra evidenziati che nonostante lENAC e SACBO, come si visto, hanno pi volte interloquito con lAgenzia TEN-T EA, tuttavia mai stata attivata la procedura di "denuncia", di cui all'art. III.4.2.3 della delibera di concessione del finanziamento, nonostante che tale procedura fosse necessaria anche per i casi di riduzione del contributo finanziario. 100 Mai lAgenzia, nella pur ampia corrispondenza ed interlocuzione con il beneficiario del contributo e con il soggetto attuatore e co-finanziatore dello Studio, ha contestato e sollevato la questione principale, sulla quale poi ha basato la decisione di riduzione del finanziamento, in questa sede impugnata. Mai infatti lAgenzia TEN-T ha posto, prospettato o anche solo ventilato l'ipotesi che si sia realizzata una artificiosa suddivisione di un unico contratto in pi contratti, al fine di evitare l'applicazione della disciplina europea sugli appalti pubblici. 101 E poich quest'ultima, come si pu agevolmente constatare, la principale censura evidenziata dallAgenzia, chiaro come sia stato violato il principio del contraddittorio. 102 Per le suesposte ragioni la nota impugnata merita di essere annullata in accoglimento delle seguenti CONCLUSIONI Voglia codesto On. Tribunale Europeo annullare 1) la nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 3321778 avente ad oggetto: studio per lo sviluppo dellintermodalit dellAeroporto di Bergamo Orio al Serio con la quale ha preannunziato linizio della procedura per il rimborso del di parte del contributo concesso ad a tal fine linvio di una debit note per lammontare di euro 158.517.54; 2) la determinazione datata 18 marzo 2013 adottata dalla Trans- European Transport Network Executive Agency (TEN-T EA), richiamata nella predetta nota del 23 ottobre 2013, ed avente ad oggetto la Chiusura dell'azione 2009-IT-91407-S - "Studio per lo sviluppo intermodale dell'Aeroporto di Bergamo-Orio al Serio" - Decisione della Commissione C(2010)4456, nella parte in cui ha considerato non riconoscibili e, pertanto, non sovvenzionabili i costi relativi alle attivit 1, 2.1, 4, 5, 6 e 7, gi da tempo espletate, richiedendo la restituzione dell'importo di Euro 158.517,54. Roma, 13 ottobre 2014 Pietro Garofoli avvocato dello Stato CONTENZIOSO NAZIONALE Lonere della prova nel mobbing CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAV., SENTENZA 14 MAGGIO 2014 N. 10424 Lannullamento in autotutela e la pluralit soggettiva degli organi mobbizzanti contribuiscono ad escludere la responsabilit per mobbing della Pubblica Amministrazione Emanuele Grippaudo* SOMMARIO: 1. La fattispecie decisa con la sentenza 10424/2014 - 2. Storie di cocci che non si riparano - 3. Il mobbing nel diritto vigente - 4. Elementi costitutivi del mobbing - 5. Lazione di risarcimento - 6. Considerazioni conclusive. 1. La fattispecie decisa con la sentenza 10424/2014. La sentenza in commento ha ad oggetto una fattispecie quantomai attuale, attinente ad un argomento, quello del mobbing, fino a pochi anni fa terra di conquista del diritto vivente, di merito come di legittimit, e ad oggi ancora spesso inesplorato nei suoi meandri tecnici. Tizio proponeva ricorso al tribunale di Mistretta nei confronti dellAmministrazione (1) al fine di ottenere il riconoscimento dei danni subiti in ragione di comportamento asseritamente vessatorio del datore di lavoro. In seguito al rigetto della domanda, Tizio impugnava il provvedimento innanzi alla Corte dAppello di Messina, la quale a sua volta confermava la sentenza di primo grado ritenendo che, sebbene il rapporto lavorativo fosse stato connotato da aspra conflittualit tra le parti, la maggior parte degli atti posti in essere dall'Amministrazione erano neutri, legittimi o giustificati, e che, in ogni caso, nessun intento vessatorio del datore nei confronti del dipendente era stato provato. (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) Per un approfondimento in merito alla difesa della P.A. in giudizio vedi A. BRUNI, G. PALATIELLO, La difesa dello Stato nel processo, Torino, 2010. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore. Resiste lAmministrazione con controricorso. Con il primo motivo di ricorso, Tizio lamenta, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione di legge in relazione agli articoli 1218, 2087 e 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata rigettato la domanda per mancata prova da parte del lavoratore dell'intento vessatorio del datore. A detta del ricorrente, il giudice di seconde cure avrebbe trascurato il carattere contrattuale della responsabilit datoriale e l'obbligo di protezione gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'articolo 2087 c.c., giacch ad essere onerato della prova dell'adempimento dell'obbligo contrattuale sarebbe dovuto essere il datore di lavoro. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la sentenza impugnata mal valutato i vari fatti dedotti dal lavoratore e, per altro verso, per aver omesso di considerare il complesso di fatti medesimi, visti nella loro successione temporale e nella loro connessione, secondo una valutazione globale del comportamento datoriale. La Suprema Corte dichiara infondati entrambi i motivi di ricorso. Quanto al primo, ricorda, anzitutto, al fine di fare chiarezza sul tema, che l'attribuzione di rilevanza ai soli obblighi di protezione del lavoratore, pretesa dal lavoratore nel primo motivo di ricorso, questione diversa dal mobbing dedotto nellatto introduttivo del processo innanzi al tribunale e discusso nei precedenti gradi di giudizio. Difatti, i detti obblighi possono venire in gioco in s, anche al di fuori dei casi di mobbing, tutte le volte in cui fatti del rapporto di lavoro, ancorch privi di connotazione emulativa, siano comunque obiettivamente pericolosi per il lavoratore, in ragione della loro potenzialit dannosa per lintegrit psicofisica del lavoratore. La sentenza impugnata non avrebbe dunque fatto gravare sul lavoratore, che aveva dedotto di aver subito mobbing, oneri probatori diversi da quelli configurabili a suo carico: a) la molteplicit di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalit del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio allintegrit psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cio dell'intento persecutorio. La corte non solo ritiene lintento persecutorio non desumibile dai comportamenti posti in essere dalla parte datoriale, ma, anche analizzando singolarmente gli atti compiuti dallAmministrazione, non rileva alcuna violazione di legge, escludendo sia la responsabilit per mobbing che per violazione degli obblighi di protezione del prestatore di lavoro. Quanto a questi ultimi, il collegio riafferma il principio in base al quale, se, da un lato, vero che in tema di responsabilit del datore di lavoro per CONTENZIOSO NAZIONALE violazione delle disposizioni dell'articolo 2087 c.c., la parte che subisce l'inadempimento non deve dimostrare la colpa dell'altra parte, dato che ai sensi dell'articolo 1218 c.c., il debitore-datore di lavoro che deve provare che limpossibilit della prestazione o la non esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che colpisce la controparte derivano da causa a lui non imputabile; dallaltro, l'articolo 2087 c.c., non configura un'ipotesi di responsabilit oggettiva, in quanto la responsabilit del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento e, quindi, la presunta vittima ҏ comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del fatto materiale ed anche le regole di condotta che assume essere state violate, provando che l'asserito debitore ha posto in essere un comportamento contrario o alle clausole contrattuali che disciplinano il rapporto o a norme inderogabili di legge o alle regole generali di correttezza e buona fede o alle misure che, nell'esercizio dell'impresa, debbono essere adottate per tutelare lintegrit fisica e la personalit morale dei prestatori di lavoro. La medesima sorte segue il secondo motivo di ricorso. La valutazione effettuata dalla corte territoriale viene infatti ritenuta adeguatamente e congruamente motivata quanto agli episodi dedotti dal lavoratore, sia singolarmente considerati, i quali sono stati ritenuti espressione al pi di un rapporto conflittuale tra le parti, ma non di un intento vessatorio nei confronti del lavoratore, sia nella loro globalit, essendosi evidenziato che si trattato talora di atti legittimi discrezionali (e talora doverosi) dell'amministrazione, altre volte di atti illegittimi ma nei confronti dei quali il lavoratore ha comunque visto soddisfare il proprio interesse oppositivo (attivando i rimedi previsti a tutela dal- l'ordinamento), ed in genere di fatti che, per la circostanza di provenire da persone diverse dell'amministrazione, per di pi in un arco temporale ampio (si parla di una ventina di fatti nell'arco di un decennio), hanno anche una portata lesiva in s modesta; sia esaminati nella loro globalit, perch posti in essere in un arco temporale ampio, da diverse persone fisiche che hanno rivestito nel tempo la qualit di organi dellamministrazione (con conseguente esclusione di una connessione tra i vari fatti), in buona parte legittimi e dovuti o, comunque, annullati dalla stessa amministrazione in autotutela. Ne consegue linidoneit degli stessi a costituire un intento persecutorio nei confronti del lavoratore. Con questo provvedimento, il giudice di legittimit conferma loperato della Corte dAppello che, dopo aver esaminato singolarmente e nella loro globalit gli atti allegati dal ricorrente, aveva rigettato il ricorso per mancato raggiungimento della prova del mobbing. Sono rari i casi in cui questultima viene raggiunta, non di rado difettano uno o pi elementi costitutivi della fattispecie, ma la sentenza in epigrafe, facendo luce su vecchie e nuove problematiche della materia, permette una costruzione razionale dellistituto dalla quale non ci si pu tirare indietro. 2. Storie di cocci che non si riparano. Negli anni 70 dello scorso secolo, lo zoologo ed etologo austriaco Konrad Lorenz, nel dare un nome al comportamento di alcune specie animali che, al fine di allontanare un proprio simile dal branco, lo circondano e lo assalgono rumorosamente in gruppo, conia per primo il termine mobbing. Ad un simile atteggiamento, che da sempre ha riscontrato grande successo nel genere umano, pi che in quello animale, mietendo vittime fin dallalba dei tempi, finalmente viene dato un nome, un nome nuovo per una malattia antica (2). La patologia in questione trova il suo fondamento nella natura delluomo, che spesso e volentieri preferisce essere non uomo, ma lupo per laltro uomo (3), prendendolo di mira, accalcandoglisi attorno, aggredendolo, schernendolo ( questo il significato del verbo to mob), fino a farlo allontanare da una qualsivoglia forma di societ, naturale e non. Diversi autori hanno inteso tale locuzione come applicabile in tutti i campi in cui lindividuo possa essere oggetto di vessazioni da parte del prossimo: in numerosi scritti si parla di mobbing familiare (4), mobbing nelle scuole, nella sanit (5), nella societ. A tale opinione si contrappone quella del noto psicologo del lavoro Harald Ege, che ritiene il mobbing un problema concernente esclusivamente lambiente lavorativo, reputandone non scientificamente attendibile ogni altra forma (6). Questultima impostazione da preferire in quanto si deve ritenere, cavalcando londa provocata da una recentissima statuizione della Corte di Cassazione (7), che la nozione di mobbing assuma, in campi diversi da quello lavorativo, un rilievo meramente descrittivo. Il mobbing pu manifestarsi sotto diverse sembianze: orizzontale, verticale e ascendente. Il primo caso (45% dei casi in Italia (8)) si integra attraverso una serie di atti e comportamenti ostili, vessatori e di persecuzione psicologica (calunnie, disprezzi, spregi e pettegolezzi), attuati, in maniera volontaria e costante, da per (2) Cfr. I. TUBALDO, Mobbing. Un nome nuovo per una malattia antica, Torino, 2003. (3) Cfr. PLAUTO, Asinara, a. II, sc. IV, Lupus est homo homini, non homo, quom, qualis sit, non novit. (4) Per un approfondimento sulla tematica del mobbing familiare, cfr. FACCI G., I nuovi danni nella famiglia che cambia, Milano, 2009, 44. (5) Cfr. V. IACOVINO, Mobbing: tutela civile, penale ed assicurativa, Milano, 2006, 126. (6) H. EGE, La valutazione peritale del danno da mobbing, Milano, 2002, 16: "Non ha alcun senso parlare di mobbing al di fuori del contesto lavorativo () Lasciamo per da parte il termine mobbing per ci che riguarda quei conflitti che si generano al di fuori di quel che succede sul posto di lavoro: chiamiamo quest'ultimi con il proprio nome e affrontiamoli con gli strumenti pi adatti al caso specifico!. (7) Cfr. Cass. civ. sez. I, 19 giugno 2014, n. 13983, Diritto & Giustizia, 2014, 19 giugno. (8) Per un caso di mobbing orizzontale, cfr. Cass. civ., sez. VI, 27 settembre 2012, n. 16503, che ha stabilito che Sono riscontrabili gli estremi della giusta causa di licenziamento nella condotta del lavoratore consistita nell'avere posto in essere un vero e proprio comportamento persecutorio nei confronti di un collega di lavoro, per di pi affetto da grave handicap psichico, e nell'aver pesantemente insultato altri colleghi intervenuti per difenderlo. Vedila in Diritto e Giustizia online, 2012, 27 settembre. CONTENZIOSO NAZIONALE sone che ricoprono lo stesso livello di potere della vittima; nel secondo caso (50% dei casi in Italia), invece, il mobber un superiore gerarchico (o il datore di lavoro stesso); nel terzo caso (5% dei casi in Italia), infine, questultimo la vittima, la cui autorit viene messa in discussione da un singolo dipendente o, come avviene nella quasi totalit dei casi, da gruppi di dipendenti, al fine di ottenerne la sostituzione con un altro ritenuto pi vicino alle proprie esigenze (9). Le cause che spingono il mobber a compiere i c.d. atti persecutori sono molteplici, e vanno ricercati sia in comuni vizi umani, come linvidia (ad esempio verso un collega pi competente o pi fortunato) o la bramosia di potere, sia in delle vere e proprie scelte di opportunit. Gli scopi di tali atti spaziano dalla semplice volont di perseguitare il prossimo poich si degli altrui danni pi lieto assai che di ventura propria (10), alla necessit di isolare la persona che rappresenta una minaccia per il futuro proprio o dellazienda, al- lutilit di privarla di ogni opportunit di crescita professionale, magari bloccandogli la carriera. Infine, nei casi pi drastici, lintento quello di indurre la vittima ad abbandonare il posto di lavoro. Le fattispecie elencate sono tanto indegne quanto antiche e se ne hanno chiare tracce nella storia dellumanit, fin dalla sua alba. Vera e propria macchina attraverso la quale rendere effettivi tali intenti persecutori fu lostracismo (11), che nellantica polis di Atene ebbe un ruolo centrale per tutto il V secolo a.c. La procedura, introdotta da Clistene (12), noto riformatore Ateniese vissuto a cavallo tra il VI ed il V secolo a.c., consisteva nel far designare, da un voto dellassemblea alla quale dovevano partecipare almeno seimila cittadini, luomo o gli uomini che sembravano rappresentare un pericolo per la citt. I votanti scrivevano su dei cocci (13) (straka) i nomi degli uomini, in genere politici, che meritavano di essere mandati in esilio per un periodo di dieci anni. La stessa procedura venne ripresa nelle colonie della magna graecia e propriamente a Siracusa, dove fu adottata la variante del petalismo (14), nella quale i nomi non venivano scritti su frammenti di vasi ma bens su foglie dulivo (ptalos). Attraverso tale mezzo, politici e militari tra i pi influenti vessavano i propri colleghi, minacciando di farli cacciare dalla citt nel caso in cui avessero espresso opinioni divergenti. Tale sorte tocc infatti ad Aristide, che si era opposto alla c.d. legge na (9) Le percentuali sono indicate in B. CAPICOTTO, Mobbing: elementi costitutivi, tipologie e tutela del lavoratore mobbizzato, pubblicato su Diritto.net. (10) Cfr. DANTE, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto XIII, versi 109-111. (11) Cfr. C. MOSS, Il cittadino nella Grecia Antica, Roma, 1998, 116. (12) Cfr. G. CAMASSA, Atene: la costruzione della democrazia, Roma, 2007, 91. (13) Secondo un'altra ricostruzione i cittadini davano il loro voto scrivendo il nome dellaccusato sopra una conchiglia, cfr. E.J. MONCHABLON, Dizionario compendioso dantichit, Napoli, 1783, 185. (14) Cfr. C. ROLLIN, Storia antica, Venezia, 1802, 220. vale di Temistocle, il quale, al fine di farlo ostracizzare, sparse nel popolo la voce che si volesse far tiranno (15). Successivamente, fu lo stesso Temistocle ad essere ostracizzato, perch contrario al programma di Cimone e degli spartani di continuare la guerra contro i Persiani. Come non citare leclatante caso di mobbing posto in essere da Ottaviano ai danni del collega Marco Antonio, nel I secolo a.c., quando, al fine di convincere lintera classe politica romana a privare del potere lex alleato, lo calunni con lausilio di pettegolezzi (16) e di superstizioni (17), arrivando a farlo dichiarare nemico pubblico. Di particolare interesse sono, infine, i casi di mobbing verticale susseguitisi fin dallantichit allinterno della Chiesa Cattolica (18), tra cui spicca quello subito nei primi anni del XIX secolo dal sacerdote inglese John Henry Newman, messo da parte sia dal suo diretto superiore che usava sottoporlo a continue umiliazioni (19), sia dalla Chiesa romana, che gli affidava incarichi irrealizzabili. Il fenomeno, dunque, muta nel tempo e nello spazio, e provoca reazioni differenti nella vittima a seconda del contesto sociale in cui questa inserita. Ad esempio, in Italia si sviluppato il fenomeno del c.d. doppio mobbing (20), che si ha quando gli effetti del mobbing non si producono esclusivamente in ambito lavorativo ma anche nella vita di relazione, seriamente compromettendo sia i rapporti coniugali sia quelli di amicizia e costringendo non di rado la vittima ad utilizzare il proprio tempo libero a curarsi e difendersi. Tale particolare effetto una diretta proiezione del ruolo particolare che la famiglia ricopre nello stivale, partecipando attivamente alla definizione personale e sociale dei suoi membri, legati spesso da rapporti particolarmente intensi. Il lavoratore andr dunque cercando nella famiglia il sostegno per affrontare le (15) Cfr. PLUTARCO, Vite dei nobili greci e romani, trad. it. G. POMPEI, Le vite degli uomini illustri, Napoli, 1839, 378: levati avendo i tribunali, con quel suo giudicare da per s solo tutte le cose, aveasi di soppiatto formata una unonarchia senza custodi che la guardassero. (16) Cfr. PLUTARCO, Vite dei nobili greci e romani, trad. it. L. DOMENICHI, Vite di Plutarco, II, Venezia, 1582, 363: Ad Antonio fu levato il magistrato, cegli aveva gi conceduto ad una donna; aggiungeva di pi Cesare queste parole; che Antonio essendo ammalato da beveraggi amorfi, non si poteva n reggere n governare, ma che contra i Romani facevano guerra Mardione eunucho, Fotino, Ira barbiere di Cleopatra, e Charmio, i quali erano quegli che governavano per lo pi limperio di Antonio. (17) Cfr. PLUTARCO, Vite dei nobili greci e romani, trad. it. L. DOMENICHI, Vite di Plutarco, II, Venezia, 1582, 363: Dicesi, che innanzi alla guerra avvennero questi prodigi, la citt di Pesaro poco lontano da Hadria, dove Antonio aveva menato una colonia, fu inghiottita dalla terra. In Patra, mentre che Antonio era quivi, il tempio dHercole fu percosso dal folgore, e abbruci. In Athene dalla battaglia d giganti Bacco levato per forza di venti casc gi nel teatro: e, come i dissi sopra, Hercole era auttore del suo sangue e Bacco guida della sua vita, e perci egli era chiamato Bacco il giovane. Quel medesimo temporale gett per terra i colossi di Eumene e dAttalo, i quali erano in Athene, intitolati in Antonio, e quei soli tra molti altri che verano. (18) Cfr. I. TUBALDO, op. cit., 34. (19) Cfr. J.H NEWMAN, Diario intimo e poesie, Vicenza, 1990, 36. (20) Cfr. S. CARLUCCI, Mobbing e organizzazioni di personalit. Aspetti clinici e dinamici, Milano, 2009, 52. CONTENZIOSO NAZIONALE vessazioni sul posto di lavoro, esponendosi a crisi e reazioni difensive dei familiari (21), che non sopportano di dover gestire la rabbia, la depressione, l'aggressivit, il malumore della vittima e la iniziano a vedere come una minaccia per l'integrit e la salute del nucleo familiare (22). 3. Il mobbing nel diritto vigente. Solo sul finire degli anni 80 si inizia a parlare di mobbing quale condizione di persecuzione psicologica nellambiente di lavoro, grazie allo psicologo tedesco ma cittadino svedese Heinz Leymann, che fornisce la seguente definizione dellistituto: Una forma di terrorismo psicologico che implica un atteggiamento ostile e non etico posto in essere in forma sistematica, e non occasionale ed episodica, da una o pi persone, nei confronti di un solo individuo il quale viene a trovarsi in una condizione indifesa e fatto oggetto di una serie di iniziative vessatorie e persecutorie. Secondo tale autorevole voce, le iniziative debbono ricorrere con una determinata frequenza (almeno una volta la settimana) e nellarco di un lungo periodo di tempo (almeno sei mesi) e determinano considerevoli sofferenze mentali, psicosomatiche e sociali (23). Nel corso del successivo decennio, una parte degli Stati europei decide di affrontare frontalmente il problema, seguendo lesempio della Norvegia che, fin dal 1977, aveva introdotto una specifica previsione contro il mobbing allinterno della legge sulla tutela dellambiente di lavoro, e aggiorna la propria legislazione al fine di contrastare il fenomeno (24): il 31 marzo 1994, la Svezia si dota di unordinanza (integrata successivamente nel 1997) sul mobbing recante misure da adottare contro ogni forma di persecuzione psicologica negli ambienti di lavoro; nel 2002, la Francia si dota di una legge tra le pi organiche nellambito (Lutte contre le harclement moral au travail); l11 giugno 2002, il Belgio regolamenta il fenomeno anchessa con legge (Loi relative la protection contre le violence et le harclement moral ou sexual au travail). LItalia, nonostante la risoluzione del Parlamento europeo A5-0283/2001 del 20 settembre 2001 abbia esortato gli Stati membri a verificare e ad uniformare la definizione della fattispecie di mobbing (25) e nonostante abbia riconosciuto il mobbing tra le malattie da costrittivit organizzativa (26) (fra laltro, tra quelle caratterizzate da limitata probabilit di origine lavorativa, (21) Cfr. L. ORSINI, Mobbing: le linee generali di un fenomeno complesso, in AranNewsletter, 6, 2003, 8. (22) Cfr. H. EGE, Il mobbing in Italia, Bologna, 1997, 97 ss. (23) Cfr. C. CARDARELLO, Licenziamento, lavoro a progetto, agenzia, Milano, 2008, 151. (24) Per approfondire la tematica del mobbing in chiave comparata cfr. STAIANO R., Mobbing, comportamenti e tutele processuali, Santarcangelo di Romagna (RN), 2012, 7 ss. (25) Cfr. N. GIRELLI, La protezione del benessere psicofisico dei lavoratori: mobbing, molestie sessuali, straining, in Lavoro nella Giur., 2012, 5, 466. (26) Cfr. D.M. 27 aprile 2004, in Redazione Ipsoa, ISL Igiene e sicurezza del Lavoro. Il codice, Milano, 2007, 2097 ss. comportando la non automaticit dellindennizzo), non si dotata di una legislazione nazionale specifica in materia, tanto che la nozione stessa dellistituto, introdotta nellordinamento da due sentenze del Tribunale di Torino (27) della fine del secolo scorso, continua ad essere modellata esclusivamente dalla giurisprudenza, attraverso sentenze che spesso ne rendono poco chiara la struttura e lambito di applicazione (28). Daltronde, questa la volont del giudice delle leggi, che ha dichiarato costituzionalmente legittime solo quelle leggi regionali che non disciplinano il fenomeno (29), limitandosi a prevenirne e contrastarne linsorgenza e la diffusione, riconducendo la disciplina del mobbing alla materia dellordinamento civile, prevista dallart. 117, comma 2, Cost., di competenza esclusiva dello Stato e alle materie della tutela e sicurezza del lavoro e della tutela della salute, previste dallart. 117, comma 3, Cost., entrambe di competenza legislativa concorrente Stato-Regioni (30). Tenuto conto che la sentenza in epigrafe ha ad oggetto un caso di mobbing verticale, ci si limiter ad analizzare unicamente questa fattispecie. 4. Elementi costitutivi del mobbing. Non tutti gli istituti hanno la possibilit di affondare le loro radici nella Carta costituzionale, il mobbing uno di questi. Difatti, non solo appartiene alla nostra cultura giuslavoristica gi dal 1942, come dimostra la presenza nel codice civile dellart. 2087 c.c. (31) (Tutela delle condizioni di lavoro: Limprenditore tenuto ad adottare nellesercizio dellimpresa le misure che, secondo la particolarit del lavoro, lesperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare lintegrit fisica e la personalit morale dei prestatori di lavoro), ma trova una conferma nella successivamente promulgata Costituzione allart. 41, comma 1, in cui stabilito che liniziativa economica privata non pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana (32). Si tratta, dunque, di un istituto, la cui ratio (27) Cfr. Trib. Torino, 16 novembre 1999, in Riv. Ital. Dir. Lav., 2000, II, 102, con nota di PERA; Trib. Torino, 30 dicembre 1999, in Danno e Resp., 2000, 406, con nota di BONA e OLIVA. (28) Cfr. Corte dAppello Torino, 21 febbraio 2000, in Foro it., 2000, parte I, col. 1555: la Corte, in una fattispecie di separazione con addebito, ha riassunto nella formula del mobbing, tutti quei comportamenti emarginanti o irriguardosi, le offese e le mortificazioni esternate in privato e in pubblico e, pi sinteticamente, le azioni commesse in violazione "del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi posto dall'art. 3 della Costituzione che trova nell'art. 29 la sua conferma e specificazione". (29) Si tratta delle leggi 11 agosto 2004, n. 26, della Regione Abruzzo, 28 febbraio 2005, n. 18, della Regione Umbria e 8 aprile 2005, n.7, della regione Friuli Venezia Giulia. (30) Cfr. C. Cost., 19 dicembre 2003, n. 359, secondo cui: incostituzionale la l. reg. Lazio 11 luglio 2002 n. 16 la quale contiene una definizione generale ed una disciplina del fenomeno mobbing. Vedila in Contratti, 2004, 177, nota di ALPA. Per un approfondimento sulla vicenda, Cfr. R. STAIANO, Dequalificazione professionale e mobbing. Profili applicativi, Matelica (MC), 2006, 83-85. (31) Cfr. F. CARINGELLA, L. BUFFONI, Manuale di diritto civile, Roma, 2013, 1384. (32) Cfr. L. TRAMONTANO, Il risarcimento danni da attivit lavorativa, Piacenza, 2009, 22. CONTENZIOSO NAZIONALE era quindi presente tra i principi fondanti della nuova codicistica nostrana, rimasto latente nei gangli del diritto, fino a quando levoluzione dei rapporti sociali, progressivamente rivelatasi contraria a quelle aspirazioni che la Costituzione aveva espresso e recepito, ne ha suscitato lemersione attraverso quel diritto vivente (33), che in Germania si chiama das lebende Recht o lebendes Recht e in Francia flexible droit e che sovente copre i vuoti di tutela lasciati dal legislatore. Tuttavia, nonostante listituto presentasse un titolo pi che valido ed una prenotazione risalente ai tempi in cui il Vassalli rimproverava al Carnelutti che il ricondurre il rapporto matrimoniale ad un diritto reale (ius in corpore ) delluomo sulla donna fosse un macabro scherzo (34), il legislatore ne ha ripetutamente negato limbarco su una qualsiasi forma di atto avente valore normativo, garantendo, come di consueto in questi casi (35), attraverso qualche timido decreto (36), forme di assistenza postume. Sulla base di diverse pronunce, di merito come di legittimit, di giudici ordinari del lavoro come amministrativi (37), il mobbing pu essere definito come una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e pro- tratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nellambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui pu conseguire la mortificazione morale e lemarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalit (38). Da tale pronuncia si possono estrarre gli elementi necessari al fine della configurabilit della condotta lesiva del datore di lavoro. Il primo di questi la pluralit di azioni lesive (39). Difatti, come ha affermato la Corte di Cassazione in una sua nota sentenza (40), La condotta di mobbing integrata da una pluralit di atti, giuridici, o meramente materiali, anche intrinsecamente legittimi, sorretti dalla volont diretta alla persecuzione o allemarginazione del dipendente. I fatti lamentati dalla vittima vanno dunque accertati con una valutazione complessiva e non episodica della condotta (33) Cfr. V. CARBONE, Le difficolt dellinterpretazione giuridica nellattuale contesto normativo: il diritto vivente, in Corr. giur., 2011, 153 ss.; M. CAVINO, Diritto vivente [aggiornamento-2010], in Digesto pubbl., Utet, 134; ALPA, Il diritto giurisprudenziale e il diritto vivente - Convergenza o affinit dei sistemi giuridici?, in Sociologia dir., 2008, fasc. 3, 47. (34) Cfr. F. VASSALLI, Del Ius in corpus, Del debitum coniugale e della servit damore, Roma, 1944, 143. (35) Per un eventuale approfondimento sulla disciplina del negato imbarco sugli aeromobili, Cfr. G. MASTRANDREA, Trasporto aereo di cose, in M. DEIANA, Diritto alla navigazione, Milano, 2010, 493. (36) Cfr. D.M. 27 aprile 2004, in Redazione Ipsoa, op cit. (37) Cfr. Cons. St., sez. VI, 15 aprile 2008, n. 1739, in R. CHIEPPA, V. LOPILATO, S. TENCA, Giurisprudenza amministrativa 2012, Milano, 2012, 94. (38) Cfr. Cass. civ., 17 febbraio 2009, n. 3785, in Mass. giur. lav., 2009, 683, nota VINCIGUERRA. (39) Cfr. F. BARTOLINI, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e civile, Piacenza, 2013, 23. (40) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 9 settembre 2008, n. 22858, in Danno e resp., 2009, 394, nota FLICK. datoriale, che potrebbe rivelarsi, se valutata in relazione ai singoli comportamenti, pienamente rispettosa delle norme poste dallart. 2087 del Codice civile a tutela del lavoratore subordinato (41). Nella sentenza in commento, i fatti allegati dal lavoratore sono stati giudicati in buona parte legittimi e dovuti, cos come sporadici e privi di una connessione tra di loro, escludendo a priori lintegrarsi della fattispecie di mobbing. Le azioni mobbizzanti possono essere ricondotte entro cinque categorie: attacchi ai contatti umani (limitazioni alle possibilit di esprimersi, continue interruzioni del discorso, rimproveri e critiche frequenti, sguardi e gesti con significato negativo); isolamento sistematico (trasferimento in un luogo di lavoro isolato, atteggiamenti tendenti ad isolare la vittima, divieti di parlare od avere rapporti con questa); cambiamenti delle mansioni (privazione totale delle mansioni, assegnazione di lavori inutili, nocivi o al di sotto delle capacit della vittima); attacchi contro la reputazione (pettegolezzi, ridicolizzazioni, anche calunnie, umiliazioni); violenza o la minaccia di violenza (minacce o atti di violenza fisica, anche a sfondo sessuale) (42). Secondo e terzo elemento costitutivo sono, rispettivamente, levento lesivo della salute psico-fisica e dellintegrit del dipendente ed il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e la lesione stessa. il medico legale che si occupa di accertare se il soggetto presunto vittima abbia subito un effettivo danno alla salute o alla personalit, come ad esempio lo stato di disagio psicologico o linsorgenza di una serie di disturbi incidenti sulla sfera relazionale, e se tale patologia possa essere riconducibile al rapporto di lavoro svolto. Successivamente, esprime un doppio giudizio di probabilit: ex post, sulla possibilit o meno che levento dannoso sia il risultato dellazione vessatoria, ed ex ante, sullidoneit dellazione vessatoria a procurare danno (43). La prova del nesso di causalit tra la patologia del lavoratore e le condizioni dellambiente di lavoro raggiunta se levento consegue dalla causa in termini di alta probabilit (44). Quarto ed ultimo elemento costitutivo lelemento soggettivo, ossia lintento persecutorio, di cui devono essere impregnati la totalit degli atti diretti verso il dipendente e la cui assenza nella fattispecie decisa con sentenza in epigrafe, ha portato i giudici di legittimit ad estromettere la vicenda dallambito di applicazione del mobbing. Giudice ordinario e giudice amministrativo concordano infatti sulla necessit della finalit di persecuzione e di discriminazione dei comportamenti datoriali (45), concorrente con lesteriorizzazione (41) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 6 marzo 2006, n. 4774, in Riv. giur. lav., 2006, II, 632, nota FEDERICI. (42) Il periodo integralmente riportato da M. BERTONCINI, Il mobbing secondo la cassazione, in Resp. Civ. e prev., 2009, 2, 290. (43) Cfr. P. G. MONATERI, Accertare il mobbing. Profili giuridici, psichiatrici e medico legali, Milano, 2007, 350. (44) Cfr. M. GENTILE, Il mobbing. Problemi e casi pratici nel lavoro pubblico, Milano, 2009, 82. CONTENZIOSO NAZIONALE e concretizzazione di questa finalit in comportamenti oggettivamente vessa- tori e la portata discriminatoria degli stessi, nel senso che il trattamento riservato dal mobber alla vittima diverso da quello che in casi simili avrebbe riservato ad altri ( dunque da escludersi qualsiasi forma mobbing generalizzato (46)). Lelemento psicologico, inoltre, non potr rinvenirsi nella colpa ma esclusivamente nel dolo, potendosi ritenere lillecito sussistente solo se si accerti che lunica ragione della condotta consistita nel procurare un danno al lavoratore, mentre lo si deve escludere in caso contrario, indipendentemente dalla prevedibilit o meno degli effetti (47). Difatti, come ha recentemente stabilito il Supremo Consesso di giustizia amministrativa (48), non ogni contrasto o pur anche un giudizio sullattivit lavorativa dun sottoposto sicura volont di discriminazione ed emarginazione di questi, cos come non si pu lecitamente ritenere esistente il mobbing sulla base di percezioni irrealistiche, se non distorte delle cose. Dunque, non sconfinano nella fattispecie n gli screzi o i conflitti interpersonali, che sono frequenti nel mondo del lavoro e che per loro stessa natura non sono dovuti ad una volont persecutoria, ma bens a fenomeni di rivalit, ambizione o antipatie reciproche (49), n le sollecitazioni che, in caso di rapporto tra amministratore e dipendenti caratterizzato da informalit, vengono non di rado rivolte al dipendente, perch finalizzate a stimolare una maggiore produttivit dello stesso (50). Parte della dottrina (51) e della giurisprudenza di merito (52) ritengono necessario, oltre al dolo generico (animus nocendi) di voler nuocere psicologicamente il lavoratore, il dolo specifico di volerlo emarginare dal gruppo e allontanare dallimpresa. Difatti, nella quasi totalit dei casi, la condotta del mobber diretta ad uno specifico scopo: emarginazione, danneggiamento della (45) Cfr. Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4063, in Giust. civ., 2010, 9, 1984 e Cons. St., sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2272, in Foro amm. CdS, 2010, 832. (46) Cfr. N. SAPONE, La discriminazione componente essenziale del mobbing?, in Giur. merito, 2011, 9, 2112. Secondo lautore, se il mobbing implica un elemento discriminatorio, e se discriminare significa fare differenza, deve rilevarsi che non si pu fare la differenza nei confronti di tutti. Dunque un mobbing generalizzato - ossia posto in essere in pregiudizio di tutti i dipendenti - sul piano giuridico una contraddizione in termini. Della stessa idea Trib. Milano, sez. lav., 5 ottobre 2012, che non ha ammesso le prove dedotte dalla ricorrente, ritenendo le circostanze dedotte da parte attrice in parte inammissibili, perch generiche e valutative, e in parte inidonee a provare lesistenza di una volont persecutoria diretta solo nei confronti della ricorrente, in quanto si trattava di episodi riferiti anche ad altri dipendenti della convenuta. Vedila in Lavoro nella Giur., 2013, 1, 96, nota COLLIA e ROTONDI. (47) Cfr. Cons. St., sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 14, in Danno e Resp., 2012, 2, 196, nota GIOIA. (48) Cfr. Cons. St., sez. III, 21 febbraio 2014, n. 846, in Foro it., 2014, III, 289. (49) Cfr. Cons. St., sez. VI, 19 marzo 2013, n. 1609, in Riv. infortuni, 2013, II, 84. (50) Cfr. Trib. Milano, sez. lav., 7 novembre 2011, in Lavoro nella Giur., 2012, 2, 198, nota COLLIA e ROTONDI. (51) Cfr. D. SIMEOLI, Mobbing, inadempimento contrattuale e dolo del mobber, in Giust. civ., 2009, 12, 2770. (52) Cfr. ex multis Corte app. lAquila, sez. lav., 16 gennaio 2013, n. 1398, in Guida al dir., 2013, 13, 74. carriera, abbandono del posto di lavoro, e cos via. Nei casi in cui la condotta non sia dovuta ai rapporti tra il mobber e la sua vittima ma ad una strategia aziendale, la fattispecie assume il nome di mobbing strategico (53). Un esempio di scuola quello che si verifica nei casi in cui la parte datoriale, cui non (pi (54)) consentito recedere ad nutum dal rapporto obbligatorio instaurato con il dipendente, compie (o, come non di rado avviene, far compiere ai propri dipendenti) atti vessatori verso la vittima, al fine di rendergli insopportabile la vita lavorativa e costringerlo, cos, di fatto, ad abbandonare il posto di lavoro (55). Resta infine da valutare cosa avviene nel caso in cui il giudice ritenga i comportamenti denunciati non idonei ad essere unificati da un preciso intento persecutorio e vessatorio. In questo caso, come ha riaffermato (56) la sentenza in epigrafe, il giudice comunque tenuto a valutare se i comportamenti denunciati, esaminati singolarmente ma sempre in correlazione con gli altri, possano essere considerati vessatori e mortificanti e, quindi, ascrivibili a responsabilit del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. Il datore di lavoro pu, dunque, essere ritenuto responsabile di singoli episodi nei confronti del prestatore di lavoro anche nel caso in cui siano privi della unicit del disegno-intento persecutorio (57). 5. Lazione di risarcimento. Non prevedendo il nostro ordinamento norme specifiche appositamente codificate aventi ad oggetto il fenomeno del mobbing, per poter affrontare il fenomeno necessario procedere ad unapplicazione analogica di quanto previsto dal codice civile in materia di contratto di lavoro e di fatti illeciti. La giurisprudenza ammette entrambe le forme di responsabilit aquiliana e contrattuale, anche se la loro possibilit di cumulo oggetto di posizioni contrastanti (58) e comunque riservata al caso in cui il mobber ed il datore di lavoro coincidano. Quanto alla prima, si fa valere in giudizio una generica violazione del (53) Cfr. S. PETRILLI, Il contrasto al fenomeno del mobbing nelle P.A.: il ruolo dei comitati unici di garanzia, in Azienditalia - Il Personale, 2012, 4, 185. (54) Quando, con la legge 15 giugno 1966, n. 604, viene positivamente stabilito che il licenziamento del prestatore di lavoro non pu avvenire che per giusta causa ai sensi dellart. 2119 del Codice civile o per giustificato motivo, e lart. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, introduce, in caso di licenziamento illegittimo, la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, si creano tutte le condizioni affinch questa forma di mobbing verticale possa espandersi a macchia dolio. (55) Cfr. R. ROMANI, Mobbing ed elemento soggettivo, in Resp civ. e prev., 2012, I, 139, in cui La finalit specifica di tale condotta , spesso, proprio quella di indurre il dipendente divenuto scomodo a rassegnare le dimissioni con atteggiamenti consistenti in minacce reiterate, rimproveri, atteggiamenti severi, talvolta anche sabotaggi di difficile dimostrazione da parte dei vertici della dirigenza. (56) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 5 novembre 2012, n. 18927, in Foro it. 2013, 1, I, 140. (57) Cfr. M. RINALDI, Mobbing senza azioni vessatorie: il lavoratore va comunque risarcito, in Altalex, 20 novembre 2012. CONTENZIOSO NAZIONALE principio del neminem laedere, previsto dallart. 2043 c.c., dal quale sia derivato un danno, di norma psicofisico, al dipendente. Tale norma viene prevalentemente invocata quando il mobber non coincide con il datore di lavoro (mobbing verticale da parte di un superiore gerarchico; mobbing orizzontale (59)), poich in questo caso mobber e vittima non sono legati da alcun vincolo contrattuale e questultima non pu imputare al primo alcuna violazione del- lart. 2087 c.c. Tale responsabilit potr, tuttavia, concorrere con quella imputata alla parte datoriale, responsabile per culpa in vigilando, ex art. 2049 c.c., dei danni arrecati dal fatto illecito dei suoi domestici e commessi nel- l'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti (60). In questo secondo caso, per, il datore di lavoro responsabile nel solo caso in cui ricorra il c.d. nesso di occasionalit necessaria fra gli atti lesivi e lattivit lavorativa, rinvenibile ogni qual volta le mansioni del dipendente abbiano reso possibile o agevolato la sua condotta, e quindi anche nel caso che egli agisca autonomamente nel- lambito dellincarico, e persino ove lo stesso ecceda dai limiti concessi o trasgredisca agli ordini ricevuti, attuando anche una condotta contraria alle direttive e non riconducibile agli interessi del datore (61). Quanto al regime probatorio, la vittima deve fornire la prova dei quattro elementi indicati nel paragrafo precedente, compreso quindi lintento vessatorio datoriale che, stante limpossibilit di provare un intento che risiede nella sfera volitiva altrui, pu essere dedotto, come riaffermato nella sentenza in epigrafe, dalla sistematicit e durata dell'azione nel tempo e dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza della violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato; in breve, da presunzioni gravi, precise e concordanti ex art. 2729 c.c. (62). La disciplina ordinaria della responsabilit extracontrattuale si applica anche al caso di specie, comportando un termine di prescrizione di 5 anni e la competenza del giudice ordinario. La forma di responsabilit invocata dallattore della sentenza in epigrafe , invece, quella contrattuale, che si caratterizza per un termine di prescrizione pi lungo (10 anni) e la competenza del giudice del lavoro. (58) Per unopinione contraria allipotesi delleventuale cumulo N. GIRELLI, op cit; per unopinione favorevole si veda F. DE STEFANI, Danno da mobbing, Milano, 2012, 24, secondo cui, nel caso in cui cumulativamente vengano invocate entrambe le tipologie di responsabilit il regime di ripartizione dellonere della prova quello pi favorevole al dipendente e pertanto quello contrattuale. Tra i primi a sostenere questa posizione vi il Tribunale di Forl con le due sentenze 15 marzo 2001 e 28 gennaio 2005. (59) Cfr. F. PUCCINELLI, Vessazioni sul lavoro: il mobbing nel nostro ordinamento, in Resp. Civ. e prev., 2008, 1, 133. (60) Cfr. Cass. civ., 25 maggio 2006, n. 12445 in Foro it., 2006, I, 2738. Cfr. anche L. AUGUARDA, Demansionamento non vuol dire mobbing, in Resp. civ. e prev., 2013, 2, 0530C. (61) Cass. civ., sez. I, 20 gennaio 2012, n. 789, in Diritto e Giustizia online, 2012, 26 gennaio. (62) Cfr. M. GENTILE, op. cit., 82. Fonte della stessa lart. 2087 c.c., che milita in tal senso: il datore di lavoro tenuto ad adottare, nellesercizio dellimpresa, le misure che, secondo la particolarit del lavoro, lesperienza e la tecnica sono necessarie per tutelare lintegrit psicofisica e la personalit morale del prestatore di lavoro. La norma, che inaugura un obbligo accessorio di protezione, gravita intorno alla prestazione principale, assicurando, in piena applicazione di quanto previsto dallart. 1175 c.c. in materia di buona fede e correttezza tra i contraenti e tenendo conto della mutevole realt socioeconomica, la piena realizzazione di tutti gli interessi per il soddisfacimento dei quali il vincolo sorto o che comunque a tale vincolo si ricollegano (63). La norma in questione non va considerata esclusivamente nella sua sola eccezione negativa, ma va tenuto conto anche della sua componente positiva, che si realizza nelladozione di misure di prevenzione e tutela dei lavoratori. Tuttavia, opportuno riaffermare, come ha diverse volte ricordato la Cassazione (anche nella pronuncia che qui si commenta), che lart. 2087 non configura unipotesi di responsabilit oggettiva, poich la vittima avr, comunque, lonere di provare non solo la lesione alla propria integrit psicofisica, ma anche il nesso di causalit tra questultima e leventuale inadempimento datoriale, rimanendo esentato dal provare, data la forma della responsabilit, lelemento psicologico. In seguito, sar il datore di lavoro a dover provare di aver ottemperato allobbligo di adottare tutte le misure necessarie ad impedire il verificarsi del danno, o che lo stesso non ricollegabile allinosservanza di tali obblighi. Le regole fin qui richiamate in tema di (in)adempimento delle obbligazioni (artt. 1218 e 1176 c.c.), di inadempimento dovuto al fatto del- lausiliario (art. 1228 c.c.), come di responsabilit extracontrattuale per fatto illecito di domestici e commessi (art. 2049 c.c.), richiedono tutte che la condotta imputabile alla parte datoriale sia almeno colposa, se non dolosa (64). Infatti, si avr inadempimento dellobbligazione di sicurezza posta dallart. 2087 c.c. solo nel caso in cui il debitore non presenti la diligenza oggettiva richiesta per ladempimento da quella specifica obbligazione (art. 1176 c.c.) e dunque se versi in colpa come in dolo; ovvero, potr essere imputato al debitore linadempimento dellobbligazione di sicurezza solo se tale inadempimento sia dovuto al fatto doloso o colposo dellausiliario (art. 1228 c.c.); infine, sar imputata al datore di lavoro (come padrone o committente) la responsabilit per fatto del lavoratore subordinato (come domestico o commesso) se tale fatto illecito ai sensi dellart. 2043 c.c. (lart. 2049 c.c.), cio, doloso o colposo. Se, come nel caso di specie, il lavoratore omette di fornire la prova della condotta mobbizzante realizzata in proprio danno sul posto di lavoro, (63) S. MAZZAMUTO, Il mobbing, Milano, 2004, 24. (64) Per un approfondimento sul tema, cfr. M.T. CARNICI, Il mobbing: alla ricerca della fattispecie, in Quad. dir. Lav., 2006, 29. CONTENZIOSO NAZIONALE inutile sar ogni eventuale indagine sugli altri 2 elementi ed il risarcimento non sar dovuto, difettando un elemento costitutivo della fattispecie (65). Quando a far valere la responsabilit contrattuale un dipendente pubblico non privatizzato, la domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (66). Tale giudice si dovr cos pronunciare non sulla legittimit di uno o pi atti amministrativi (che fra laltro, come affermato, possono essere pienamente legittimi), ma bens sulla legittimit di un intero rapporto (67), quello tra la P.A. ed il dipendente, rimanendo cos nel solco tracciato dalle ultime pronunce del Consiglio di Stato (68). Di conseguenza, specularmente a quanto affermato precedentemente in materia di obbligazioni, anche il legittimo impiego del potere pubblico non si misura pi soltanto in relazione allo schema normativo che ne descrive astrattamente lesercizio, ma in considerazione del modo in cui, alla luce di una serie di altri elementi, esso si profila come potenzialmente lesivo di un diritto del lavoratore a esercitare la propria professionalit in un ambiente lavorativo che ne rispetti integrit fisica e personalit morale (69). 6. Considerazioni conclusive. Al di la delle dichiarazioni e dei richiami svolti dalla sentenza, un punto determinante risulta quello in cui si afferma che i giudici di merito hanno valutato i fatti dedotti dal lavoratore nella loro globalit, chiarendo che lindagine non si svolta sullelemento psicologico ma sui fatti concreti allegati dal lavoratore. In particolare, va tenuta presente la qualificazione dei fatti richiesti, giudicati in buona parte legittimi e dovuti, ma, soprattutto, sporadici e privi di una connessione tra di loro, con la precisazione che una parte degli stessi sono stati dalla stessa P.A. annullati in autotutela, escludendo lintento persecutorio per il lavoratore (70) e provando che lAmministrazione ha agito secondo i canoni di buona fede e correttezza (71). Difatti, come sostiene il Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa (72), il potere di autotutela mediante annullamento degli atti rappresenta, pur in presenza di provvedimenti ritenuti (65) L. R. BIAN, Le prove necessarie al danno da emarginazione lavorativa o mobbing, in Giur. Merito, 2012, 5, 1192. (66) Cfr. Cons. St., sez. VI, 15 aprile 2008, n. 1739, in Foro It., 2008, 7-8, 3, 349. (67) Per un approfondimento sul passaggio dal giudizio sullatto al giudizio sul rapporto, cfr. F. CARINGELLA, Manuale di Diritto Amministrativo, Roma, 2012, 131-146. (68) Cfr. Cons. St., ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3, in Foro amm., CDS, 2011, 3, 826. (69) Cfr. A. PIOGGIA, Tutela dal mobbing nellimpiego pubblico non privatizzato: prove di evoluzione del sindacato sul pubblico potere, in Giur. It., 2012, 2, 369. (70) Della stessa opinione Cons. St., sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3695, in Foro amm. - Cons. Stato, 2010, 1221. (71) Il collegamento tra annullamento dufficio e dovere di buona fede e correttezza gi presente nella materia del diritto tributario, cfr. F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, parte generale, Torino, 2006, 166. (72) Cfr. Cons. St., sez. VI, 7 gennaio 2014, n. 12, in Foro Amministrativo, 2014, 1, 138. illegittimi, una facolt attribuita allamministrazione e mai un obbligo (73), da esercitare sempre previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse. Significativo altres il richiamo ad una pluralit soggettiva di organi dellAmministrazione, che esclude in radice il mobbing, legato ad un rapporto soggettivo tra gli stessi soggetti. La sentenza conferma dunque lorientamento dei giudici di legittimit e del Consiglio di Stato in materia di mobbing, che si dimostra idoneo ad arginare i danni dovuti allinesistenza di una specifica disciplina normativa che ne riconosca effetti e rimedi. Nonostante la fattispecie di matrice giurisprudenziale sia alquanto soddisfacente, il vuoto normativo lasciato dal Legislatore ha portato ad una serie di spiacevoli conseguenze: da un lato, si sottovalutato il problema, dando eco ad una molteplicit di inutili ironie (74) da parte di soggetti che, un po per ignoranza, un po per convenienza, hanno ricondotto soprusi e vessazioni, incidenti sullintegrit della salute, alla fisiologica e stimolante competizione sul lavoro, considerandolo un problema minore o, persino, insignificante (75) (si tenga conto del fatto che, nonostante il fenomeno non abbia ancora raggiunto la drammatica estensione che ha in altri paesi (76), stato calcolato che, in Italia, circa il 13% dei suicidi riconducibile a pratiche di mobbing (77)); dallaltro, si assistito ad una proliferazione dei processi, in quanto la facolt di allegare tra i comportamenti vessatori fatti leciti e, soprattutto, la possibilit di avvalersi della responsabilit da inadempimento, che esonera la presunta vittima dal provare lelemento psicologico, ha spinto alcuni lavoratori dipendenti a instaurare processi dalla durata decennale a fronte di atti che spesso si dimostrano totalmente privi del carattere persecutorio che dovrebbe caratterizzarli. In qualche raro caso, gli ermellini, che pioneristicamente avevano introdotto la fattispecie nellordinamento (78), sono dovuti intervenire cassando statuizioni di giudici di merito che avevano prestato tutela a presunte vittime del mobbing, rivelatesi successivamente affette da disturbi psichici (79). Purtroppo, la fattispecie viene anche utilizzata come mezzo attraverso cui ottenere risarcimenti per aver subto sanzioni disciplinari giustificate (80) e, quindi, erogate nel pieno rispetto della normativa giuslavoristica. (73) Cfr. Cons. St., sez. V, 25 luglio 2014, n. 3964, in Redazione Giuffr amministrativo, 2014. (74) Molti dei casi che indicher sono trattati in M. MEUCCI, Danni da mobbing e loro risarcibilit, Roma, 2012, 61-62. (75) Per unapprofondita analisi del fenomeno del Mobbing anche allestero, cfr. M. DUFFY, L. SPERRY, Overcoming mobbing: a recovery guide for workplace aggression and bullying, Oxford, 2014, 17. (76) A livello europeo, secondo un sondaggio eseguito per conto dellUe, l8% dei lavoratori della Comunit, corrispondente a 12 milioni di casi, stato vittima del mobbing sul posto di lavoro. Le percentuali pi elevate si registrano nel Regno Unito (16,3%), Svezia (10,2%), Francia (9,9%), Irlanda (9,4%), Germania (7,3%); lItalia guida la parte bassa della classifica con il 6% e precede Spagna (5,5%), Belgio (4,8%) e Grecia (4,7%). (77) P. CENDON, Lavoro vol. 4: licenziamento, mobbing, processo del lavoro, Torino, 2009, 234. CONTENZIOSO NAZIONALE Dalla sentenza in commento si pu facilmente comprendere la soluzione adottata dai giudici di legittimit, che consiste nellescludere categoricamente il mobbing, senza neanche indagare sullesistenza o meno degli ulteriori elementi costitutivi della fattispecie, ogni qual volta gli atti o comportamenti allegati dalla presunta vittima non siano idonei ad essere unificati da un preciso intento persecutorio e vessatorio. In definitiva, si deve condividere lorientamento adottato dalla Corte di Cassazione (e delle corti di merito) sulla prova del mobbing, perch disincentiva dallesperire azioni prive di effettivo supporto probatorio e si dimostra in grado di bilanciare ex ante gli interessi sostanziali di entrambe le parti, lavoratore e datore di lavoro. Per affrontare e regolamentare il fenomeno del mobbing necessario un intervento legislativo che, nel creare una fattispecie apposita, da un lato, renda al bersaglio dei soprusi un diritto per cui lottare (81) e, dallaltro, imponga al giudice regole precise entro cui applicare la fattispecie (82). Una lodevole soluzione proviene dalla vicina Francia, dove lillecito sanzionabile attraverso articoli di leggi speciali del settore civile, penale ed amministrativo (83) e dove la vittima pu servirsi dellassistenza sul campo del delegato del personale (84). Ci si chiede, a questo punto, come si comporter il nostro legislatore: come un re della Grecia antica, che crea un diritto nuovo ed autoctono, secondo quella concezione del diritto espressa da Carl Schmitt, allievo di Max Weber, e contenuta in Der Nomos der Erde im Volkerrecht des Jus Pubblicum Europaeum, che difende la legalit statale che si esplica rispetto ad un dato (78) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 8 gennaio 2000, n. 143. (79) Cfr. ex multis Cass. civ., sez. lav., 28 agosto 2013, n. 19814, in Corr. giur., 2013, 10, 1314, nota CARBONE, in cui non solo non sono emersi elementi idonei ad avvalorare la tesi di un intento vessatorio ma le risultanze della prova testimoniale, unitamente a quelle medico-legali espresse nella c.t.u., avevano tratteggiato un atteggiamento tendente a personalizzare come ostile ogni avvenimento e tale da creare tensione nei rapporti di lavoro. (80) Cfr. ex multis Cass. civ., sez. lav., 21 gennaio 2014, n. 1149, in Lavoro nella Giur., 2014, 5, 501, in cui i supremi giudici hanno escluso la sussistenza di alcun intento discriminatorio, posto che la societ datrice di lavoro si era limitata ad applicare, a fronte di palesi atti di insubordinazione o di violazione delle regole aziendali, la sanzione disciplinare pi lieve e talvolta, in caso di mancanza di chiari elementi di prova (nonostante l'accusa provenisse da superiori gerarchici del ricorrente) non aveva provveduto disciplinarmente nei suoi confronti, il che ha condotto al definitivo rigetto del ricorso e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. (81) Cfr. R. V. JHERING, La lotta per il diritto, Bari, 1935. (82) Si veda anche Cass. civ., sez. lav., 8 marzo 2011, n. 5437, in Riv. critica dir. lav., 2011, 1, 147, in cui il danno psichico da mobbing era stato liquidato dalla Corte dAppello richiamando il criterio dell'equit ed individuando una somma in modo apodittico e non, come prevede la legge, attraverso una valutazione del medico legale. (83) D. HANOT, Les sanctions du harclement au travail dans les secteurs privs et publics, Paris, 2008, 16. Cfr. anche il libro I, titolo V, capitolo II del Code du travail, dedicato alla c.d. molestia morale (harclement morale). (84) Cfr. F. DUMONT, Droit du travail. Cours et exercise corriges, Paris, 2012. territorio (85); o come un re della Grecia moderna, che sceglie di importare il diritto straniero nel suo paese (86), noncurante del differente contesto (87) in cui lattivit di interpretazione giuridica deve operare? Cassazione civile, Sez. lavoro, sentenza 14 maggio 2014 n. 10424 -Pres. Stile, Rel. Buffa, P.M. Servello (difforme) - F.A. (avv. Andronico) c. Agenzia delle entrate (avv. gen. Stato). Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. Con sentenza del 28 aprile 2010, la Corte d'appello di Messina ha confermato la sentenza del tribunale di Mistretta che aveva rigettato la domanda proposta da F.A. nei confronti del Ministero dell'Economia e dell'Agenzia delle Entrate, volta al riconoscimento dei danni subiti in ragione di comportamento asseritamente vessatorio del datore di lavoro. 2. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che, sebbene il rapporto lavorativo sia stato connotato da aspra conflittualit tra le parti, la maggior parte degli atti posti in essere dall'amministrazione erano neutri, legittimi o giustificati, e che in ogni caso nessun intento vessatorio del datore nei confronti del dipendente era stato provato. 3. Propone ricorso avverso tale sentenza il lavoratore, per due motivi, illustrati da memoria. Resiste l'Agenzia delle Entrate con controricorso; il Ministero rimasto intimato. 4. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, violazione di legge in relazione agli artt. 1218, 2087 e 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata rigettato la domanda per mancata prova da parte del lavoratore dell'intento vessatorio del datore, trascurando il carattere contrattuale della responsabilit datoriale e l'obbligo di protezione gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c., sicch era il datore di lavoro che era onerato della prova dell'adempimento dell'obbligo contrattuale. 5. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la sentenza impugnata mal valutato i vari fatti dedotti dal lavoratore e, per altro verso, per aver omesso di considerare il complesso di fatti medesimi, visti nella loro successione temporale e nella loro connessione, secondo una valutazione globale del comportamento datoriale. 6. Il primo motivo di ricorso infondato. Il lavoratore ha dedotto di aver subito mobbing e, in relazione a tale fattispecie, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che costituisce mobbing la condotta del datore di lavoro, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolva, sul piano oggettivo, in sistematici e reiterati abusi, idonei a configurare il cosiddetto terrorismo psicologico, e si caratterizzi, sul piano soggettivo, con la coscienza ed intenzione del datore di lavoro di arrecare danni - di vario tipo ed entit - al dipendente medesimo (Sez. L, Sentenza n. 18836 del 7 agosto 2013), sicch, se occorre il compimento di una pluralit di atti (giuridici o meramente materiali ed, eventualmente, anche leciti), questi devono essere diretti alla persecuzione o all'emarginazione del dipendente (Sez. L, Sentenza n. 18093 del 25 luglio 2013). Quanto alla prova richiesta al (85) SCHMITT, Der Nomos der Erde im Volkerrecht des Jus Pubblicum Europaeum, Berlin 1974, trad. it., Il Nomos della terra, Milano, 1991, 19 s. (86) Cfr. Giornale del foro, Roma, 1840, 123, in cui si legge: nel 1837 fu pubblicata una traduzione greca del codice di commercio francese e le fu data forza di legge. (87) IRTI, Testo e contesto, Padova, 1996. CONTENZIOSO NAZIONALE lavoratore, si specificato (Sez. L, Sentenza n. 3785 del 17 febbraio 2009) che, ai fini della configurabilit della condotta lesiva del datore di lavoro sono rilevanti: a) la molteplicit di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalit del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio al- l'integrit psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cio dell'intento persecutorio. L'idoneit offensiva della condotta del datore di lavoro pu essere dimostrata (come chiarito da Sez. L, n. 4774 del 6 marzo 2006), per la sistematicit e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza della violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato. 7. La sentenza impugnata, che ha rilevato che i fatti dedotti dal lavoratore non hanno dimostrato un loro carattere pretestuoso e che il lavoratore non ha provato alcun intento persecutorio del datore, si attenuta a tali principi. 8. L'attribuzione di rilevanza ai soli obblighi di protezione del lavoratore - pretesa dal lavoratore nel primo motivo di ricorso - questione diversa dal mobbing dedotto nel ricorso introduttivo del giudizio e discusso nei precedenti gradi di giudizio, potendo i detti obblighi venire in gioco in s, anche al di fuori dei casi di mobbing, tutte le volte in cui fatti del rapporto di lavoro, ancorch privi di connotazione emulativa, siano comunque obiettivamente pericolosi per il lavoratore, in ragione della loro potenzialit dannosa per l'integrit psicofisica del lavoratore. Si infatti affermato (Sez. L, n. 18927 del 5 novembre 2012) che, nella ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrit psico-fisica in conseguenza di una pluralit di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura asseritamente vessatoria, il giudice del merito, pur nella accertata insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare tutti gli episodi addotti dall'interessato e quindi della configurabilit di una condotta di "mobbing", tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti denunciati - esaminati singolarmente, ma sempre in sequenza causale - pur non essendo accomunati dal medesimo fine persecutorio, possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili a responsabilit del datore di lavoro, che possa essere chiamato a risponderne, nei limiti dei danni a lui imputabili. 9. Ma anche cos ricostruita in astratto il regime della responsabilit datoriale, va evidenziato (con Sez. L, n. 2038 del 29 gennaio 2013) che l'art. 2087 c.c., non configura un'ipotesi di responsabilit oggettiva, in quanto la responsabilit del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attivit lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocivit dell'ambiente di lavoro, nonch il nesso tra l'uno e l'altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi. Nello stesso senso, Sez. L, n. 8855 del 11 aprile 2013 (nonch, in precedenza, Sez. L, Sentenza n. 9817 del 14 aprile 2008) ha affermato che, in tema di responsabilit del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell'art. 2087 c.c., la parte che subisce l'inadempimento non deve dimostrare la colpa dell'altra parte - dato che ai sensi dell'art. 1218 c.c., il debitore-datore di lavoro che deve provare che l'impossibilit della prestazione o la non esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che colpisce la controparte derivano da causa a lui non imputabile - ma comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del fatto materiale ed anche le regole di condotta che assume essere state violate, provando che l'asserito debitore ha posto in essere un comportamento contrario o alle clausole contrattuali che disciplinano il rapporto o a norme inderogabili di legge o alle regole generali di correttezza e buona fede o alle misure che, nell'esercizio dell'impresa, debbono essere adottate per tutelare l'integrit fisica e la personalit morale dei prestatori di lavoro. 10. La sentenza impugnata non ha dunque fatto gravare sul lavoratore oneri probatori diversi da quelli - rimasti nella specie del tutto insoddisfatti- configurabili a suo carico alla luce degli anzidetti principi, cui va data continuit, sicch il motivo di ricorso va rigettato. 11. Il secondo motivo di ricorso del pari infondato. 12. La sentenza esamina distintamente i vari fatti dedotti dal ricorrente, consistenti in procedimenti disciplinari (dai quali era stato prosciolto o comunque verso i quali erano pendenti giudizi), un trasferimento illegittimo (poi annullato), note di qualifica penalizzanti, diniego di accesso a fascicolo personale (poi disposto con ordine giudiziale), mancata retribuzione del lavoro straordinario espletato, un procedimento penale (conclusosi con proscioglimento) e relativa sospensione cautelare (poi venuta meno) nonch sanzione disciplinare per i medesimi fatti, due denunce per danni erariali (poi archiviate dalla Procura della Corte dei Conti), assegnazione a sede in Calabria (malgrado la disponibilit di sedi in Sicilia), assegnazione a sedi diverse da quella spettante per le condizioni di salute del padre (attribuita a funzionario non dirigente). 13. La corte territoriale ha motivato ampiamente sui singoli episodi dedotti dal lavoratore, singolarmente considerati, i quali sono stati ritenuti, con valutazione di merito insindacabile in questa sede in quanto congruamente e specificamente motivata, espressione al pi di un rapporto conflittuale tra le parti, ma non di un intento vessatorio nei confronti del lavoratore, trattandosi di iniziative del datore talora doverose, ovvero giustificate o comunque, quand'anche illegittime, prive del carattere della pretestuosit o arbitrariet ed inidonee ad esprimere un intento emulativo. 14. La corte territoriale ha anche valutato i fatti dedotti dal lavoratore nella loro globalit, sottolineando che i vari fatti sono stati posti in essere in un arco temporale ampio da diverse persone fisiche che hanno rivestito nel tempo la qualit di organi dell'amministrazione, escludendo anche per tale pluralit soggettiva l'assenza di connessione tra i vari fatti e la inidoneit degli stessi, peraltro in buona parte legittimi e dovuti, ed in altra parte annullati dalla stessa amministrazione, a costituire espressione di un intento persecutorio nei confronti del lavoratore. 15. La valutazione della corte territoriale adeguatamente e congruamente motivata, essendosi evidenziato che si trattato talora di atti legittimi discrezionali (e talora doverosi) dell'amministrazione, altre volte di atti illegittimi ma nei confronti dei quali il lavoratore ha comunque visto soddisfare il proprio interesse oppositivo (attivando i rimedi previsti a tutela dall'ordinamento), ed in genere di fatti che, per la circostanza di provenire da persone diverse dell'amministrazione, per di pi in un arco temporale ampio (si parla di una ventina di fatti nell'arco di un decennio), hanno anche una portata lesiva in s modesta. 16. Le spese devono essere compensate in considerazione della complessit dei fatti e della difficolt della loro valutazione in una prospettiva unitaria, anche in relazione all'intento datoriale. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. Cos deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 marzo 2014. CONTENZIOSO NAZIONALE Alla ricerca del termine per lopposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia, con particolare riguardo alle competenze del C.T.U. (art. 15 D.L.vo 1 settembre 2011 n. 150) TRIBUNALE DI NAPOLI, ORDINANZA 17 APRILE 2014 Michele Gerardo* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Sistema normativo previgente - 3. Sistema normativo vigente - 4. Natura giuridica del provvedimento di liquidazione - 5. Termine entro il quale proporre lopposizione. 1. Premessa. Il provvedimento che si annota si inserisce nella problematica - tuttora in evoluzione - relativa al termine entro il quale proporre lopposizione avverso il decreto di liquidazione delle spese di giustizia, con particolare riguardo alle competenze del C.T.U., procedimento allattualit regolato dallart. 15 D.L.vo 1 settembre 2011 n. 150. 2. Sistema normativo previgente. Lart. 11 L. 8 giugno 1980 n. 319 stabiliva: La liquidazione dei compensi al perito, al consulente tecnico, all'interprete e al traduttore fatta con decreto motivato del giudice o del pubblico ministero che lo ha nominato. La liquidazione comunicata al perito, al consulente tecnico, all'interprete, al traduttore ed alle parti. [] Nei procedimenti civili il decreto di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente esecutivo nei confronti della parte a carico della quale posto il pagamento. Avverso il decreto di liquidazione il perito, il consulente tecnico, l'interprete, il traduttore, il pubblico ministero e le parti private interessate possono proporre ricorso entro venti giorni dall'avvenuta comunicazione davanti al tribunale o alla corte d'appello alla quale appartiene il giudice o presso cui esercita le sue funzioni il pubblico ministero ovvero nel cui circondario ha sede il pretore che ha emesso il decreto []. La legge n. 319/1980, ad eccezione dell'art. 4, stata abrogata dall'art. 299, D.L.vo. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. 3. Sistema normativo vigente. Lattuale sistema normativo costituisce il portato di due interventi legi (*) Avvocato dello Stato. slativi, operati - rispettivamente - con il D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (che ha sistematizzato la disciplina preesistente, con previsione dellufficio giudiziario in composizione monocratica a giudicare dellopposizione) e con il D.L.vo 1 settembre 2011 n. 150 (sulla semplificazione dei riti civili). Ai sensi dellart. 168 D.P.R. n. 115/2002 la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato effettuata con decreto di pagamento, motivato, del magistrato che procede, che comunicato al beneficiario e alle parti, compreso il pubblico ministero, ed titolo provvisoriamente esecutivo. Il successivo art. 170 del D.P.R. n. 115/2002 stabilisce che avverso il decreto di pagamento de quo, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione disciplinata dall'articolo 15 del D.L.vo 1 settembre 2011, n. 150 (1). Tale ultima disposizione cos recita: 1. Le controversie previste dall'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. 2. Il ricorso proposto al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero presso il tribunale competente il presidente del tribunale. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello competente il presidente della corte di appello. 3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente. 4. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato pu essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5. 5. Il presidente pu chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione. 6. L'ordinanza che definisce il giudizio non appellabile. La descritta disciplina in tema di opposizione si applica altres ai provvedimenti determinativi del compenso in relazione ad altre fattispecie disciplinate nel D.P.R. n. 115/2002 mediante opportune disposizioni di richiamo (2). 4. Natura giuridica del provvedimento di liquidazione. Il provvedimento di liquidazione viene pronunciato non dufficio, ma su (1) Il comma 2 dellarticolo 170 - abrogato dall'art. 34, comma 17, lett. b), D.Lvo n. 150/2011 prevedeva che il processo quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l'ufficio giudiziario procede in composizione monocratica. (2) Tra tali provvedimenti si citano quelli relativi a: onorari al difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato (art. 84); compenso spettante all'investigatore privato della parte ammessa al patrocinio (art. 104); onorario e spese al difensore di persona ammessa al programma di protezione dei collaboratori di giustizia (art. 115); onorario e spese al difensore di ufficio della parte, anche irreperibile o minore (artt. 116-118); compenso allavvocato e all'ausiliario del magistrato nei processi avverso il provvedimento di espulsione del cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea (art. 142) e nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 (art. 143). CONTENZIOSO NAZIONALE espressa domanda dellinteressato, da presentare entro un termine di decadenza (3). Lart. 168 del D.P.R. n. 115/2002 individua i requisiti del provvedimento di liquidazione che ci interessa. Innanzitutto la forma quella del decreto motivato. Lordinario decreto, previsto dal codice di rito civile allart. 135, ha una natura non decisoria, ma istruttoria, adottato solitamente senza contraddittorio e non motivato salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge. Allevidenza il decreto de quo devia dal tipo legale (4) atteso che il suo contenuto non istruttorio, ma decisorio, su diritti soggettivi; difatti si statuisce sulla pretesa dellausiliario al compenso. Inoltre il provvedimento di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente esecutivo. La qualit di titolo esecutivo implica che lo stesso pu, quindi, fondare ex art. 474 n. 1 c.p.c. lazione esecutiva. Sulla sua base lausiliario pu intimare precetto di pagamento e, successivamente, pignorare i beni della parte gravata del carico delle spese. Lo stesso non costituisce anche titolo per liscrizione di ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c. data lassenza di una specifica previsione in tal senso. Vi un provvedimento giurisdizionale su diritti adottato inaudita altera parte e al di fuori di un giudizio, costituente titolo esecutivo. Tale qualit esiste fino a che il decreto non venga eliminato dal mondo giuridico con il mezzo di contestazione tipicamente previsto, formato nel caso di specie dallopposizione ex art. 15 D.L.vo n. 150/2011. La caducazione consegue alla pronuncia del- lordinanza che definisce nel merito il giudizio. Nel rapporto decreto-definizione dellopposizione - tenuto conto dei caratteri del decreto e della natura di cognizione di primo grado del giudizio di opposizione - sono predicabili le seguenti conclusioni: a) la mera proposizione dellopposizione non determina la caducazione del decreto; b) la definizione del giudizio di opposizione con una pronuncia in rito quale la dichiarazione di inammissibilit (5) o di estinzione - lascia integro il decreto, come se lopposizione non fosse stata proposta. La purezza del decreto allesito dellestinzione del giudizio di opposizione non costituisce una deroga alla regola secondo cui Lestinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e le pronunce che regolano la competenza (art. 310 comma 2 c.p.c.) in quanto esso decreto non stato pronunciato nel corso del processo, ma in una autonoma fase anteriore. (3) Secondo la disciplina contenuta nellart. 71 del D.P.R. n. 115/2002 rubricato Domanda di liquidazione e decadenza del diritto per testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte. (4) Circostanza non insolita nel sistema. Caso analogo il decreto ingiuntivo. (5) Ad esempio: per carenza di legittimazione od interesse ad agire. Ove il giudizio di opposizione venga dichiarato inammissibile o si estingua o si definisca comunque in rito, lausiliario potr continuare ad avvalersi del decreto come titolo esecutivo, mentre il debitore inciso dal decreto potr contestare il suo debito riproponendo lopposizione ex art. 15, ove non ancora prescritta la relativa azione; c) la definizione del giudizio con lordinanza che pronuncia sul merito, sia di accoglimento che di rigetto dellopposizione, ha portata sostitutiva rispetto al decreto, del quale ne determina la caducazione. Nella evenienza che sia decorso il termine entro il quale proporre lopposizione e il decreto non sia caducato, la qualit di titolo esecutivo da provvisoria diviene definitiva. La definitivit del titolo non comporta anche che lo stesso acquisti la qualit di cosa giudicata ai sensi dellart. 2909 c.c. Allacquisto della cosa giudicata ostano diverse circostanze: -in primo luogo il decreto non germina allesito di un processo, di un giudizio nel contraddittorio tra le parti; -difetta una esplicita previsione normativa in tale senso; -infine, diversamente dal decreto ingiuntivo, con il quale ha alcune analogie, non sono previsti anche dei mezzi di contestazione straordinari, sulla falsariga degli art. 650 e 656 c.p.c., presupponenti il conseguimento della stabilit del giudicato. Il provvedimento de quo non ha natura di volontaria giurisdizione, non sussistendo i requisiti paradigmatici delineati nelle Disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio (artt. 737-742 bis c.p.c.). In conclusione: il decreto di liquidazione delle competenze un provvedimento giurisdizionale, a contenuto decisorio, su diritti soggettivi, costituente titolo esecutivo, inidoneo al giudicato. 5. Termine entro il quale proporre lopposizione. Prima della novella nel 2011 sulla semplificazione dei riti, si applicava il termine di venti giorni quale limite decadenziale alla proposizione dellopposizione. Ci in virt del vecchio testo dellart. 170 comma 1 D.P.R. n. 115/2002 per il quale "avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell'ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui affidato l'incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione, entro venti giorni dall'avvenuta comunicazione, al presidente dell'ufficio giudiziario competente". Termine non pi vigente atteso che la citata novella ha eliminato la relativa previsione. Tale eliminazione pu essere ascritta ad una svista del legislatore delegato atteso che in quasi tutti i giudizi oppositori disciplinati nel capo Terzo del D.L.vo n. 150/2011 relativo alle controversie regolate dal rito sommario di cognizione vi la previsione di un termine di decadenza di CONTENZIOSO NAZIONALE trenta giorni decorrente dalla fattispecie individuata dal legislatore (notificazione o altra, a seconda dei casi) (6). Da questa possibile svista non si pu per ricavare la conseguenza di applicare in via analogica le disposizioni citate nella nota 6 prevedenti il termine di trenta giorni. Vari fattori ostruiscono tale strada. In prima battuta si rileva che nel capo Terzo vi sono giudizi oppositori quali lopposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonch agli altri provvedimenti dell'autorit amministrativa in materia di diritto all'unit familiare (art. 20) per i quali non vi la previsione di un termine decadenziale. Sicch lindicato termine di decadenza solo tendenziale e non costituisce una regola generale. La decadenza, poi, costituisce un istituto eccezionale per il quale vi il divieto, sancito dallart. 14 delle preleggi, dellapplicazione analogica, pena altres la lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito (art. 24). Difatti, la decadenza non costituisce, a differenza della prescrizione, una causa generale di estinzione dei diritti sicch le relative norme non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati (7). Infine si rileva che gli artt. 168-170 del D.P.R. n. 115/2002 e 15 D.L.vo n. 150/2011 delineano un microsistema autosufficiente escludente la previsione di termini decadenziali. Sul punto il Ministero della Giustizia opina " da ritenersi che il termine per la proposizione di un'eventuale opposizione al decreto di pagamento ex art. 170 del DRP 115/02 vada individuato in quello espressamente previsto per il procedimento sommario di cognizione e, quindi, in quello di trenta giorni dall'avvenuta comunicazione (vedi art. 702-quater del c.p.c.)" (8). Tale opinione, icto oculi non condivisibile atteso che il termine di trenta giorni di cui allart. 702-quater c.p.c. si riferisce alla diversa fattispecie dellappello avverso lordinanza definitoria del giudizio sommario - appello peraltro inammissibile ai sensi dellultimo comma dellart. 15 D.L.vo n. 150/2011 nel (6) Vuol farsi riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 17, comma 3 (controversie in materia di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari), 18, comma 3 (controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell'Unione europea), 19, comma 3 (controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale), 21, comma 3 (opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio), 22, comma 4 (azioni popolari e delle controversie in materia di eleggibilit, decadenza ed incompatibilit nelle elezioni comunali, provinciali e regionali), 23, comma 3 (azioni in materia di eleggibilit e incompatibilit nelle elezioni per il Parlamento europeo), 24, comma 3 ('impugnazione delle decisioni della Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo), 26, comma 3 (impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai), 27, comma 4 (impugnazione delle deliberazioni del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti) e 29, comma 3 (controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilit). (7) F. ROSELLI, in Trattato di diritto privato. Tutela dei diritti. II, in Trattato di diritto privato, diretto da P. RESCIGNO, UTET, II edizione, 2002, 603. (8) Nota DAG 7 novembre 2012 n. 0148412U. giudizio che ci riguarda - e non al ricorso introduttivo del giudizio di opposizione da trattare con il rito sommario. Parte della dottrina suggerisce lapplicazione del termine di quaranta giorni dalla notificazione, in analogia con il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo (9). Il provvedimento in rassegna intervenuto nel corso di un procedimento di opposizione instaurato dalla Regione Campania, difesa dallAvvocatura dello Stato ex art. 107 comma 3 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, avverso vari decreti liquidatori delle competenze di ausiliari del giudice adottati nel corso di un giudizio civile. Il giudicante, sul punto esaminato nel presente paragrafo, reputa applicabile il vecchio termine di decadenza di venti giorni di cui all'art. 170 DPR 115/2002 che, seppur nella nuova formulazione non prevede testualmente il termine di 20 giorni per la presentazione dell'opposizione, la dottrina processualcivilistica e talune ordinanze di merito sul punto hanno riconosciuto che implicitamente detto termine permanga non risultando una esplicita voluntas legis di abrogarlo. Quanto opinato dal giudicante contrasta con lattuale disciplina della materia, come sopraevidenziata. A nostro giudizio, non essendovi - nella sedes materiae - la previsione di uno specifico termine entro il quale proporre lopposizione, si applica la disciplina generale sulla estinzione delle situazioni giuridiche soggettive. Per i principi, qualsiasi tipo di diritto - salve le imprescrittibilit ope legis - si estingue per prescrizione con il decorso del termine, assenti specifiche previsioni, di dieci anni ex artt. 2934 e 2946 c.c. Anche lazione giurisdizionale (artt. 24 Cost., 2907 c.c., 99 c.p.c), costituente un diritto soggettivo di natura potestativa, si prescrive. Da ci il corollario che lopposizione, essendo una specifica azione giurisdizionale, pu essere proposta entro il termine ordinario di prescrizione ex art. 2946 c.c., ossia entro dieci anni dalla pubblicazione del decreto. Va evidenziato che linidoneit al giudicato esclude lapplicazione del cd. termine lungo di cui allart. 327 c.p.c. (10). (9) Una sintesi delle varie tesi sul punto: M. FARINA, in B. SASSANI -R. TISCINI, La semplificazione dei riti civili, Dike Editrice Giuridica, 2011,142. (10) Conf. Cass. Civ. 06 ottobre 2011 n. 20485 secondo cui l'art. 327 cod. proc. civ., non applicabile, in materia di spese di giustizia, con riguardo all'opposizione del decreto di pagamento delle spettanze agli ausiliari emessi dal magistrato che procede. E ci per le seguenti ragioni.[]. La ratio dell'art. 327 cod. proc. civ., presuppone che si sia svolto un grado di giudizio a contraddittorio pieno che sia terminato con la pronuncia di una sentenza o di un provvedimento a contenuto decisorio. Tale evenienza non ricorre nel caso del decreto di pagamento adottato dal magistrato che procede, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168: tale decreto viene infatti emesso sulla base della mera istanza di liquidazione dell'ausiliario stesso, senza che ne siano in alcun modo informate e coinvolte le parti del procedimento nel quale si svolta l'attivit dell'ausiliario. Queste vengono a conoscenza del provvedimento emesso dal giudice sulla base della relativa istanza soltanto con la comunicazione da parte della cancelleria e possono promuovere, nei successivi venti giorni, un giudizio di cognizione a contraddittorio pieno, rivolto a contestare l'avvenuta liquidazione delle spettanze. CONTENZIOSO NAZIONALE Tribunale di Napoli, ordinanza 17 aprile 2014 -Regione Campania c. A.G., U.P. e societ H.C. s.p.a. Il Giudice, letti gli atti e sciogliendo la riserva che precede osserva quanto segue: il presente procedimento, introdotto nelle forme del rito ex art. 702 bis c.p.c. cos come previsto dal D.Lgs. 150/2011, ha ad oggetto l'opposizione alla liquidazione degli onorari CTU nel confronti dei dottori ..., disposta con provvedimento del GU dott. ... nell'ambito del procedimento civile con R.G. .../2010 introdotto da ..., nei confronti della Regione Campania. Dalla lettura degli atti si evince che la Regione Campania, costituitasi con comparsa di risposta del 30 novembre 2010 (doc. n. 3 al foliario avvocatura dello Stato) con il ministero dei difensori [appartenenti allAvvocatura Regionale] non ha indicato agli atti la pec ove inviare comunicazioni e/o notificazioni, in violazione dell'art. 125 1 comma c.p.c.; con comparsa di risposta del 28 marzo 2012 l'avvocatura dello Stato di Napoli ha assunto in via esclusiva la difesa della regione Campania indicando la pec per la trasmissione degli atti ...; dai decreti di liquidazione emerge che: a) La liquidazione degli onorari in favore di ... (dep. in data 4 ottobre 2012) stata trasmessa a mezzo fax all'avv. ... - cfr. all. 10 foliario avvocatura la quale per intervento del nuovo difensore non poteva esser considerato pi "procuratore costituito" al fine della comunicazione e notifica di atti b) Parimenti a dirsi per la liquidazione degli onorari nei confronti di ... la quale risulta comunicata a mezzo (cfr. All. 9 foliario atti Avvocatura dello Stato) che pu presumersi esser stato il precedente "collegio difensivo" della regione Campania; ad ogni buon conto dalla annotazione di comunicazione della cancelleria non si evince affatto che la comunicazione a mezzo fax sia stata diretta all'Avvocatura dello Stato alla pur segnalata utenza numero 081-4979313 (cfr. all. 5 foliario atti dell'avvocatura dello Stato) c) Se ne deduce che condivisibile l'argomento adoperato dall'Avvocatura dello Stato di aver avuto conoscenza dei provvedimenti de quibus mediante estrazione di copia dalla cancelleria giusta timbro accertante la copia conforme del 23 maggio 2013 data rispetto la quale pienamente tempestivo si palesa il deposito in data 12 giugno 2013 (esattamente il 20 giorno utile d cui all'art. 170 DPR 115/2002 che, seppur nella nuova formulazione non prevede testualmente il termine di 20 giorni per la presentazione dell'opposizione, la dottrina processualcivilistica e talune ordinanze di merito sul punto hanno riconosciuto che implicitamente detto termine permanga non risultando una esplicita voluntas legis di abrogarlo) ... Si comunichi alle parti ed al CTU. La giurisdizione in materia di contributi pubblici alle imprese CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA, SENTENZA 29 GENNAIO 2014 N. 6 Francesco Maria Ciaralli * SOMMARIO: 1. Premessa normativa: le sovvenzioni previste dalla l. 19 dicembre 1992, n. 488 - 2. Criteri tradizionali del riparto di giurisdizione - 3. Natura giuridica del contributo e principio di concentrazione: le ragioni della giurisdizione esclusiva nellapplicazione giurisprudenziale - 4. LAdunanza Plenaria conferma lassetto tradizionale - 5. Considerazioni conclusive: visione funzionalista dei contributi pubblici. 1. Premessa normativa: le sovvenzioni previste dalla l. 19 dicembre 1992, n. 488. Il decreto legge 22 ottobre 1992, n. 415, concernente la disciplina organica dellintervento straordinario nel Mezzogiorno e norme per lagevolazione delle attivit produttive, stato convertito con modificazioni nella legge 19 dicembre 1992, n. 488, la quale ha riformato il sistema dei contributi agevolati destinati alle imprese delle aree svantaggiate per la realizzazione di programmi di investimento nei settori dellindustria, turismo e commercio (1). Gli incentivi si articolano in una quota di contributo in conto capitale ed in un finanziamento agevolato, erogati alle imprese qualificatesi meritevoli a seguito dellistruttoria valutativa e di ammissibilit svolta dalla banca concessionaria convenzionata con il Ministero dello Sviluppo Economico, il quale predispone le apposite graduatorie pubblicate in Gazzetta Ufficiale. Giova porre sin da ora in evidenza che il sistema di agevolazioni disciplinato dalla l. 19 dicembre 1992, n. 488, persegue il fine pubblicistico di incrementare lo sviluppo del sistema economico e loccupazione in aree svantaggiate. In tale contesto, quindi, lattribuzione di un beneficio finanziario al privato imprenditore non costituisce lobiettivo dellintervento - del resto incompatibile con il divieto comunitario di aiuti alle imprese - ma si configura come strumento per il conseguimento delle finalit di interesse pubblico di (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) Il Servizio Studi della Camera dei Deputati cos descrive i tratti salienti dei contributi in esame: Le agevolazioni della legge n. 488/1992 sono concesse ai programmi di investimento alle imprese del settore industria, finalizzati alla costruzione, ampliamento e ammodernamento degli impianti produttivi relativi alle attivit estrattive e manifatturiere, alle attivit di produzione e distribuzione di energia elettrica, di vapore e acqua calda, alle attivit di costruzioni e, nei limiti del 5% delle risorse, alle attivit dei servizi reali alle imprese nel settore dell'informatica (e dei servizi connessi di formazione professionale), del trasferimento tecnologico e intermediazione dell'informazione, di consulenza tecnico-economica. Le agevolazioni sono state inoltre estese alle imprese, localizzate nelle aree sottoutilizzate, operanti nel settore turistico-alberghiero (art. 9 legge n. 449/1997) e alle imprese operanti nel settore del commercio (art. 54, comma 2, legge n. 448/1998). CONTENZIOSO NAZIONALE volta in volta individuate, quali ex pluris lo sviluppo di attivit di ricerca, il miglioramento della compatibilit ambientale delle attivit economiche, il recupero delle aree colpite da calamit naturali. Il procedimento di attribuzione degli incentivi si snoda attraverso tre fasi: listruttoria condotta al fine di verificare la presenza dei requisiti cui la legge subordina lammissione al regime di agevolazioni, ladozione del provvedimento di concessione provvisorio con conseguente pubblicazione delle graduatorie sulla G.U.R.I. ed infine ladozione della concessione definitiva. Alle suindicate fasi corrispondono differenti posizioni soggettive delle imprese richiedenti lagevolazione, rilevanti ai fini del riparto di giurisdizione tra autorit giudiziaria ordinaria ed amministrativa. Questioni di particolare delicatezza si pongono allorch lAmministrazione, servendosi degli istituti della revoca, decadenza o risoluzione, abbia ritirato la sovvenzione sulla scorta di un preteso inadempimento del beneficiario agli obblighi assunti in sede di concessione, ravvisando la giurisprudenza prevalente in tal caso una vicenda inerente al rapporto privatistico sorto a sguito della concessione, che ha determinato la formazione in capo allimpresa agevolata di un diritto soggettivo perfetto. 2. Criteri tradizionali del riparto di giurisdizione. Secondo lorientamento consolidato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nonch del Consiglio di Stato, il criterio di riparto della giurisdizione in materia di controversie riguardanti la concessione e revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche si fonda sulla natura della situazione soggettiva azionata (2). Con la conseguenza che ricorre un diritto soggettivo perfetto e dunque la giurisdizione del giudice ordinario allorch il finanziamento sia riconosciuto direttamente dalla legge, residuando in capo allAmministrazione solo la verifica delleffettiva sussistenza dei requisiti partitamente indicati dalla legge stessa (3). Qualora, invece, la legge demandi alla Pubblica Amministrazione di procedere alla valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati rispetto allinteresse primario cui funzionale lerogazione del contributo, si versa in unipotesi di apprezzamento discrezionale circa lan, il quid ed il quomodo dellattribuzione, sicch la giurisdizione spetta al giudice amministrativo. (2) In tali termini si esprime la sentenza del Cons. St., Ad. Plen., 29 gennaio 2014, qui in commento. La menzionata sentenza conferma il consolidato indirizzo giurisprudenziale, richiamando numerosi precedenti della Corte regolatrice (Cass. Sez. Un., ordinanza 25 gennaio 2013, n. 1776; Cass. Sez. Un., 24 gennaio 2013, n. 1710; Cass. Sez. Un., 18 luglio 2008, n. 19806; Cass. Sez. Un., 26 luglio 2006, n. 16896; Cass. Sez. Un., 10 aprile 2003, n. 5617, rinvenibili in gazzettaamministrativa.it) nonch del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 29 luglio 2013, n. 13, in giustizia-amministrativa.it, la quale sostiene invero un indirizzo parzialmente difforme dalla sentenza qui in commento). (3) In tal senso cfr. Cass. Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28041 e Cass. Sez. Un., 7 gennaio 2013, n. 150, in gazzettaamministrativa.it. A fronte di una valutazione discrezionale dellAmministrazione, come noto, limpresa titolare di un interesse legittimo pretensivo o dinamico avente per oggetto unistanza di ampliamento della propria sfera giuridica patrimoniale (4). Conseguentemente, lesclusione dellimpresa in tale fase - causata dalla presentazione di domanda irregolare o dallinsussistenza dei requisiti previsti dalla legge, con nota di rigetto formulata a cura dellistituto bancario che ha seguito listruttoria - pu essere contestata dinanzi allautorit giudiziaria amministrativa, secondo il generale criterio di riparto sancito dallart. 103, primo comma, della Costituzione repubblicana. Il medesimo criterio di riparto applicabile, secondo la giurisprudenza della Corte regolatrice, anche alle controversie sorte posteriormente alladozione di un provvedimento di concessione provvisorio (5). Occorre tuttavia considerare che, secondo un recente orientamento della giurisprudenza amministrativa condiviso da autorevole dottrina, la natura vincolata dal provvedimento non di per s idonea a fondare la giurisdizione del giudice ordinario (6). , infatti, necessario ricostruire la natura dellinteresse alla cui tutela funzionale la norma che impone il vincolo, con la conseguenza che il diritto soggettivo sorge solo qualora tale vincolo sia posto nellinteresse dei privati (7). In tal senso si espresso il Consiglio di Stato, rilevando come: anche a fronte di attivit connotate dallassenza in capo allamministrazione di margini di discrezionalit valutativa o tecnica, quindi, occorre aver riguardo, in sede di verifica della natura della corrispondente posizione soggettiva del privato, alla finalit perseguita dalla norma primaria, per cui quando lattivit (4) Ex multis, GAROFOLI - FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, 2013, p. 1896 s., ove si evidenza che tale nozione si fonda sulla considerazione della Pubblica Amministrazione come Leistungsverwaltung, entit deputata cio ad adottare provvedimenti incidenti positivamente sulla sfera giuridica del destinatario, determinandone un ampliamento. Logicamente complementare alla nozione di interesse pretensivo quella di interesse oppositivo (o statico), consistente nellistanza di conservazione della sfera giuridica negativamente incisa da un provvedimento amministrativo. Per quanto concerne la nozione generale di interesse legittimo, non essendo qui duopo proporre una ricognizione del dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia, giova evidenziare la dimensione marcatamente sostanziale dellinteresse legittimo che ormai costituisce jus receptum in giurisprudenza (la centralit che il bene della vita assume nella struttura di detta situazione soggettiva riconosciuta da numerose pronunce del Consiglio di Stato, tra cui, ex multis, Cons. St., A.P., 23 marzo 2011, n. 3, Cons. St., sez. VI, 27 dicembre 2011, n. 6838, nonch Cons. St., sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2578, in giustizia-amministrativa.it). (5) Cass. civ. Sez. Un., 16 dicembre 2010, n. 25398, ne ildiritto.it, in ipotesi di revoca del finanziamento gi provvisoriamente concesso, determinata a seguito dellaccertamento di spese non ammissibili perch sostenute prima della domanda di ammissione. (6) Si vedano, in tal senso: NIGRO, Giustizia amministrativa, III ed., Bologna, 1983, p. 188; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, I, Principi generali, VIII ed., Milano, 1958, p. 189; CASETTA, Diritto soggetivo e interesse legittimo: problemi della loro tutela giurisdizionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1952, pp. 611 e ss.; JANNOTTA, La giurisdizione del giudice amministrativo, Milano, 1985, pp. 176-178; SCOCA, Interessi protetti (dir. amm.), in Enc. Giur., XVII, Roma 1989, pp. 8-9; MAZZAROLLI, Ragioni e peculiarit del sistema italiano di giustizia amministrativa, in AA.VV., Diritto Amministrativo, Bologna, III ed., 2001, p. 1852. CONTENZIOSO NAZIONALE amministrativa, ancorch a carattere vincolato, tuteli in via diretta linteresse pubblico, la situazione vantata dal privato non pu che essere protetta in via mediata, cos assumendo connotazione di interesse legittimo (8). Linsegnamento dellAdunanza Plenaria stato rapidamente recepito in numerose pronunce di primo grado, tra cui pu citarsi la sentenza n. 2959 emessa il 17 settembre 2007 dalla II sez. del TAR Piemonte: considerato che l'attivit amministrativa relativa alla concessione di agevolazioni o contributi si svolge a tutela dell'interesse pubblico alla migliore gestione delle risorse, la posizione del privato in relazione al potere dell'amministrazione di negare o revocare l'attribuzione di agevolazioni di interesse legittimo, anche se l'attivit stessa presenti aspetti di carattere vincolato, e la controversia concernente la valutazione dei presupposti di interesse pubblico all'elargizione appartiene alla giurisdizione del g.a.. Sulla stessa linea il TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, n. 203 dell11 febbraio 2011: il vincolo normativo depone nel senso della sussistenza di un diritto soggettivo solo nel caso in cui esso sia posto nellinteresse del privato e non (come nel caso di specie) nellinteresse dellAmministrazione o, pi, in generale a tutela della correttezza, economicit e trasparenza del- lazione amministrativa (rispondendo ad un elementare esigenza di buona amministrazione che i benefici finanziari siano erogati solo nella misura in cui essi rispondano ad effettive finalit di interesse pubblico) (9). Tuttavia, in materia di contributi pubblici alle imprese, si sovente affermato che la giurisdizione inderogabilmente pertiene al plesso ordinario allorch il finanziamento sia direttamente riconosciuto alla legge, essendo allAmministrazione demandato soltanto il compito di verificare leffettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa lan, il quid, il quomodo dellerogazione, a prescindere dunque dalla natura dellinteresse a presidio del quale il vincolo posto (10). (7) LAvvocatura dello Stato ha posto in evidenza, in sede di memoria conclusiva, lobiettivo pubblicistico cui sono preordinati i contributi pubblici alle imprese: N pu esservi dubbio che i vincoli normativi siano, nel caso di specie, posti a presidio dellinteresse pubblico avuto di mira dallintervento agevolativo, che non certo rivolto ad arrecare un vantaggio finanziario al privato imprenditore questo lo strumento, non il fine ultimo dellimpiego delle risorse pubbliche - ma lo sviluppo del sistema economico, il sostegno alloccupazione o i pi specifici obiettivi di volta in volta individuati, quali lo sviluppo della ricerca o della tecnologia, il miglioramento della compatibilit ambientale delle attivit economico, il recupero di aree colpite da fenomeni di crisi o da calamit naturali, ecc. . (8) Cons. St., Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8, in giutizia-amministrativa.it. (9) Ed ancora, il TAR Molise - Campobasso, sezione I, con la sentenza n. 661 del 23.09.2009, per lulteriore precisazione che le norme che disciplinano tali aiuti oltre ad incidere sul mercato sono connotate e funzionalizzate ad uno scopo tipicamente pubblicistico che travalica la causa tipica dei rapporti di finanziamento di diritto privato. (10) In tali termini si esprime lAd. Plen. 29 gennaio 2014, n. 6, qui in commento, riprendendo lorientamento espresso dal Giudice del riparto con Cass. Sez. Un. 7 gennaio 2013, n. 150, in gazzettaamministrativa. it. 3. Natura giuridica del contributo e principio di concentrazione: le ragioni della giurisdizione esclusiva nellapplicazione giurisprudenziale. Il suesposto assetto della giurisprudenza in materia di contributi economici stato ritenuto suscettibile di rivisitazione dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato che, con ordinanza 15 luglio 2013, n. 3789, ha rimesso allAdunanza Plenaria la questione relativa allindividuazione del giudice avente giurisdizione sulla domanda relativa allimpugnazione della revoca delle agevolazioni o contributi concessi alle imprese ex l.19 dicembre 1992, n. 488. La Sezione rimettente, nella specie, qualifica il potere di revoca esercitato dallAmministrazione in termini di autotutela pubblicistica, a fronte della quale limpresa beneficiaria titolare di un interesse legittimo oppositivo da tutelare, alla stregua del tradizionale criterio di riparto, dinanzi al giudice amministrativo (11). Lordinanza di rimessione, tuttavia, non si limita a paventare lattrazione nellalveo della giurisdizione generale di legittimit delle controversie aventi per oggetto un atto di ritiro dellAmministrazione, ma ravvisa in materia di contributi pubblici alle imprese unipotesi di giurisdizione esclusiva ex art. 133, primo comma, lett. b), c.p.a., inerendo la revoca della misura agevolativa a rapporti di concessione di beni pubblici. Si argomenta, infatti, che il denaro pubblico, concesso alle imprese beneficiarie allesito di procedure ad evidenza pubblica disciplinate dal d.lgs. 123/1998, per il perseguimento di un interesse generale comunitariamente regolato, non possa costituire altro che un bene pubblico, rientrante nel genus dei beni destinati ad un pubblico servizio alla stregua di quanto previsto dallart. 826 c.c. Consente, daltronde, di opinare nella medesima direzione lart. 12 della legge sul procedimento amministrativo, che apertis verbis fa riferimento alla concessione di sovvenzioni, sussidi ed ausili finanziari. Depone nel senso della natura concessoria anche la configurazione strutturale dellattribuzione patrimoniale ex l. 19 dicembre 1992, n. 488, alla cui stregua limpresa beneficiaria resa destinataria di un provvedimento accrescitivo mirante al conseguimento di interessi pubblici (sviluppo di aree sottoutilizzate, sostegno alloccupazione, etc.), al quale il beneficiario deve contribuire mediante la realizzazione di attivit dimpresa di cui assume il ri (11) LAvvocatura erariale cos argomenta la natura pubblicistica del potere di revoca del contributo: Non occorre peraltro evidenziare che latto che incide sulla posizione soggettiva del beneficiario della concessione di un contributo, qualificato nella prassi amministrativa come revoca e frequentemente riqualificato dalla giurisprudenza come provvedimento decadenziale, ha certamente lefficacia e limperativit di ogni provvedimento amministrativo (non emesso in carenza di potere), fino a quando non sia annullato o sospeso dallAmministrazione in autotutela ovvero dal giudice legittimato a farlo (ai sensi degli artt. 113 Cost., 4 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 7 e 29 d.gls. 2.7.2010, n. 104). Si evidenzia, altres, che latto di ritiro adottato a sguito di un provvedimento amministrativo che contempla le garanzie procedimentali stabilite dalla l. 241/90, ivi incluso il modello di contraddittorio. CONTENZIOSO NAZIONALE schio, conformemente allo schema generale, comunitariamente imposto, del- listituto concessione siccome disciplinato dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 3, commi 11 e 12, che regola le procedure comparative ad evidenza pubblica, equivalenti a quelle previste in materia di contributi pubblici alle imprese. La qualificazione in termini concessori dei contributi economici, paventata dallordinanza di rimessione allAdunanza Plenaria, non priva di concreti riscontri giurisprudenziali. Si richiama, infatti, la sentenza del TAR Puglia Sezione di Lecce, 9 maggio 2012, n. 805, che, prescindendo dalla posizione soggettiva dellimpresa, ha ritenuto, la propria giurisdizione esclusiva, appunto in base allart. 133, primo comma, lettera b), del codice del processo amministrativo, che affida al G.A. le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a 133, primo comma, lett. B) rapporti di concessione di beni pubblici. E ci in quanto lerogazione del pubblico denaro riveste la forma della concessione (occorrendo valorizzare il dato normativo proveniente dallart. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che chiaramente si riferisce per lappunto alla concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari), non potendosi neanche dubitare che trattasi della concessione di un bene pubblico, tale essendo il denaro della collettivit. Alle medesime conclusioni giunto anche il Tribunale ordinario di Firenze che, mediante ordinanza 3 aprile 2013, n. 2126, resa ex art. 700 c.p.c. e dunque idonea ad acquisire stabilit, ha declinato la propria giurisdizione a favore di quella esclusiva del giudice amministrativo, in quanto lart. 12 L. 241/90 in materia di provvedimenti attributivi di vantaggi economici fa riferimento a concessioni di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari; lart. 133 comma 1 lett.b) cpa afferma la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo riguardo alle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici; anche la concessione di contributi economici pubblici rientra nella previsione della norma suddetta (v. in tal senso ord. Cons.di St. 28.1.13 n. 517. La Sezione rimettente enuclea, altres, un ulteriore profilo attrito tra la prassi applicativa ed il generale criterio di riparto fondato sulla causa petendi, rinvenibile nella difficolt di discernere tra diritti soggettivi ed interessi legittimi nella materia in questione, stante il fatto che il provvedimento di revoca del contributo ben pu essere fondato sia sullinadempimento dellimpresa beneficiaria sia sul difetto di un requisito originario, che pu essere scoperto anche in fase successiva allinizio dellesecuzione (12). (12) Il Tar Lecce, protagonista delle pi rilevanti aperture in materia di contributi pubblici, nella succitata sentenza n. 805/2012, ha altres affermato che non agevole distinguere se il provvedimento amministrativo che dispone la revoca delle agevolazioni si basi sulla mancanza di un requisito previsto o non, piuttosto, sullinadempimento del beneficiario, il richiamato indirizzo crea il rischio di suddividere tra i plessi la giurisdizione sulla medesima vicenda, tutte le volte in cui il ritiro della Tale promiscuit di situazioni soggettive dovuta al fatto che la fase di erogazione del contributo riconducibile, sia pure mediatamente, allesercizio del pubblico potere di concessione del beneficio, con la conseguenza che, quandanche non dovesse ravvisarsi in materia di agevolazioni unipotesi di giurisdizione esclusiva, le controversie concernenti la fase esecutiva sarebbero naturaliter attratte nellalveo della giurisdizione generale di legittimit, stante la necessit di concentrazione delle tutele sancita dallart. 44 della legge delega 18 giugno 2009, n. 69 nonch dallart. 7 c.p.a., il quale prevede che siano devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie riguardanti provvedimenti e comportamenti riconducibili, anche mediatamente, allesercizio del pubblico potere (13). Daltra parte, la stessa Corte costituzionale, con le sentenze 6 luglio 2004, n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191 ha valorizzato la riconducibilit del rapporto giuridico, riguardato in prospettiva sintetica e non atomistica, alla spendita di un pubblico potere, a prescindere dal fatto che successive fasi del rapporto involgano situazioni qualificabili in termini di diritto soggettivo (14). 4. LAdunanza Plenaria conferma lassetto tradizionale. Con sentenza 29 gennaio 2014, n. 6, resa dal Consiglio di Stato nella sua pi autorevole composizione, stato ribadito il tradizionale discrimen tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa, fondato sulla natura della situazione giuridica fatta valere, qualificata in termini di interesse legittimo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo beneficio nonch qualora tale provvedimento sia stato annullato per vizi di legittimit o revocato in autotutela, mentre si ravvisa un diritto soggettivo nel caso in cui il finanziamento sia direttamente riconosciuto dalla legge e quando la controversia attenga alla fase esecutiva del rapporto concessione del denaro pubblico sia dovuto ad entrambi i fattori, come di fatto accaduto (vedi TAR Lazio - Latina, 20 giugno 2008 n. 770), ponendo seri dubbi sulla capacit di assicurare in tal caso la pienezza ed effettivit della tutela, secondo il principio ora codificato dallart. 1 c.p.a. (13) Il riferimento al principio di concentrazione fatto proprio apertis verbis dallAvvocatura dello Stato nella memoria conclusiva: Ma soprattutto - e ci proprio nellottica della nota e pi volte richiamata sentenza C. cost. n 204/2004 - la definitiva inclusione delle controversie in materia di contributi ed agevolazioni nellambito della giurisdizione esclusiva potrebbe, una volta per tutte, eliminare lobiettiva incertezza del cittadino riguardo allautorit giudiziaria competente a tutelare le sue ragioni. Incertezza divenuta ormai tanto pi intollerabile, essendo notoria la negativa ricaduta, in termini di appetibilit del Paese per gli investimenti privati, dei sempre pi estenuanti riparti di giurisdizione. Si tratta di veri e propri nodi gordiani, che continua a creare unintrigata commistione di diritti e interessi legittimi, nel campo sempre pi vasto ed articolato degli strumenti economico-finanziari a disposizione delle imprese: patologia ormai cronica, per la quale non si vedrebbe altra terapia che un pi deciso ricorso a misure di giurisdizione esclusiva. (14) Autorevole dottrina opina, infatti, che ci che rileva il rapporto in seno al quale la condotta tenuta, pi che la condotta in s intesa e il suo legame atomistico con singoli atti abilitativi o autorizzativi (CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, 2014, p. 344). CONTENZIOSO NAZIONALE di sovvenzione e allinadempimento degli obblighi cui subordinato il concreto provvedimento di attribuzione. Il Consiglio di Stato non condivide lorientamento fatto proprio dal Tar Lecce e, in una significativa occasione, anche dal Tribunale ordinario di Firenze, ritenendo non potersi ravvisare un rapporto concessorio nellattribuzione del- lagevolazione pubblica che invece costituisce unipotesi di mero finanziamento, il quale implica un tipo di rapporto del tutto diverso, in forza del quale il finanziato acquisisce la piena propriet del denaro erogatogli ed eventualmente assume lobbligo di restituirlo in tutto o in parte ad una determinata scadenza. Suscita invero dubbi il successivo passaggio delliter logico-argomentativo seguito dal Consiglio di Stato, ove si afferma che la sussumibilit delle misure agevolative entro il genus concessione non sarebbe comunque utile a radicare la giurisdizione esclusiva per le controversie concernenti lerogazione e la ripetizione del contributo, atteso che ai sensi dellart. 133, lett. b), c.p.a. canoni, indennit ed altri corrispettivi sono devoluti alla giurisdizione ordinaria anche con riferimento ai rapporti concessori. Nel caso di specie, tuttavia, il denaro pubblico non costituisce, come pure afferma lAdunanza Plenaria, un compenso vantato dal concessionario, bens rileva direttamente come bene oggetto della concessione, attribuito al privato in vista del conseguimento di un interesse generale e non certo come contropartita di una prestazione. Per quanto concerne, poi, la prossimit tra posizioni di diritto soggettivo ed interesse legittimo, il Consiglio di Stato pone in rilievo che dalla richiamata giurisprudenza costituzionale non pu ricavarsi che ogni controversia comunque riconducibile, sia pure in via indiretta o mediata, allesercizio del potere pubblico possa essere ricondotta alla giurisdizione amministrativa di legittimit, involgendo, per ci solo, posizioni di interesse legittimo, poich il criterio della riferibilit al potere amministrativo si atteggia come limite costituzionale alla scelta legislativa di introdurre ipotesi di giurisdizione esclusiva. Il Consiglio di Stato, inoltre, qualifica in termini privatistici la revoca del contributo a sguito di inadempimento del beneficiario, atteso che i provvedimenti di ritiro sono ancorati a precisi requisiti stabiliti dalla legge sul procedimento amministrativo. Lordinamento, daltra parte, conosce altre tassative ipotesi di autotutela privatistica esperibile dallAmministrazione, le pi importanti delle quali si rinvengono nellesecuzione dei contratti pubblici, stante il diritto di recesso attribuito dallart. 134 cod. contr. publ., previo pagamento dei lavori eseguiti, valore dei materiali utili nonch decimo dellimporto delle opere non eseguite. 5. Considerazioni conclusive: visione funzionalista dei contributi pubblici. La sentenza in commento parrebbe disconoscere un elemento che emerge con forza dal contenzioso avente per oggetto la revoca dei pubblici contributi, che sovente si conforma ai caratteri tipici del sindacato di legittimit: le imprese beneficiarie, infatti, sono solite aggredire il provvedimento di revoca, contestandone in concreto i vizi, pur quando la lite sia incardinata innanzi allA.G.O. A prescindere dai rilievi concernenti la morfologia del contenzioso in subiecta materia, appare evidente come la posizione tradizionale, riconfermata dallAdunanza Plenaria, frustri le aperture di una pregevole giurisprudenza, sia amministrativa che ordinaria, la quale si avvede dellinscindibile nesso funzionalistico che avvince la fase attributiva con quella esecutiva del contributo, entrambe tese al perseguimento dellinteresse pubblico e non a riconoscere altrimenti inammissibili compensi alle imprese beneficiarie (15). Anche la fase esecutiva, infatti, discende dalla spendita del pubblico potere concessorio che permane durante tutto lo svolgimento del rapporto, potendo in ogni momento lAmministrazione revocare lagevolazione sia per il difetto di requisiti di ammissibilit sia per inosservanza successiva degli obblighi assunti dallimpresa, con provvedimento di ritiro adottato a sguito di un iter procedimentale scandito dagli adempimenti, soprattutto partecipativi, previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. lecito auspicare, pertanto, che le esigenze di concentrazione avvertite da numerosi organi giudiziari possano tradursi in una rivisitazione, quanto mai necessaria, del riparto di giurisdizione in materia di contributi pubblici alle imprese previsti dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 29 gennaio 2014 n. 6 -Pres. Giorgio Giovannini, Est. Roberto Giovagnoli - C.A. e C.M. (avv. Giovanni Bruno) c. Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dellEconomia e delle Finanze (avv. Stato Vittorio Russo). FATTO e DIRITTO 1. I signori A. e M.C., odierni appellanti, hanno chiesto la riforma della sentenza in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a decidere il ricorso n. 160 del 2013, proposto avverso latto - emesso il 12 settembre 2012 - di revoca delle agevolazioni gi concesse dalla Cassa (15) Il disagio per una lettura atomistica ed esclusivamente civilistica del complesso rapporto giuridico che scaturisce dalla concessione del beneficio plasticamente rappresentata dallAvvocatura erariale nella citata memoria conclusiva: Non di rado addentrandosi in laboriose tessiture sullautonomia del negozio di garanzia in questione, la cennata giurisprudenza civile arrestava il suo sguardo allo schema di Tizio che si garantisce attraverso Caio dallinsolvenza di Sempronio. Ma per tal via sembrando essa dimenticare, o comunque non adeguatamente valorizzare, in una chiave di lettura pur privatistica della vicenda, la peculiarit del substrato causale, di un negozio plurilaterale complesso funzionalizzato al pur sempre perseguimento di un interesse del soggetto Stato; il quale agisce s de jure privatorum, ma comunque per un obiettivo pubblico, di sviluppo. Mancandosi il quale anche a ragionarsi privatisticamente, si verserebbe in uninsanabile patologia del negozio. E, sul piano pubblico- economico, in una penalizzazione dei preminenti interessi della Collettivit, delle cui conseguenze pu, di questi tempi pi che mai, percepirsi tutta la gravit. CONTENZIOSO NAZIONALE per il Mezzogiorno il 20 febbraio 1985 alla loro dante causa, signora C.M., titolare della omonima ditta, a causa della diversit delleffettiva attivit esercitata (servizi di manutenzione) rispetto a quella (produzione in serie di mobili metallici) prevista nel programma dinvestimento a suo tempo approvato ai sensi e per gli effetti dellart. 69 d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno). 2. Nella fattispecie in esame, le circostanze che hanno determinato la contestata revoca sono emerse a seguito dellaccertamento di spesa previsto dallart. 73 del citato Testo unico, effettuato nello stabilimento della ditta M. il 18 settembre 1991, dopo il rilascio del provvedimento che ha disposto il beneficio, per la mancata produzione delle merci previste dalla classificazione ISTAT dichiarata nel programma approvato, sostituite da servizi non ammissibili ai benefici della legge 2 maggio 1976, n. 183 (Disciplina dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-80), e quindi per ragioni inerenti alla qualificazione dellattivit effettivamente esercitata. 3. Gli appellanti contestano la decisione, evidenziando che la revoca costituisce esercizio di un pubblico potere, sindacabile perci dal giudice amministrativo. 4. La Sesta Sezione, con ordinanza 15 luglio 2013, n. 3789, ha rimesso allAdunanza Plenaria la questione relativa alla individuazione del giudice avente giurisdizione sulla domanda relativa allimpugnazione della revoca dei contributi o agevolazioni concesse alle imprese. Lordinanza di rimessione richiama la consolidata giurisprudenza (delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del Consiglio di Stato) secondo cui sussiste la cognizione del giudice ordinario quanto alle controversie instaurate per contrastare lAmministrazione che, servendosi degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, abbia ritirato il finanziamento o la sovvenzione sulla scorta di un preteso inadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo in esame, mentre configurabile una situazione soggettiva dinteresse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimit o per contrasto iniziale con il pubblico interesse. 5. La Sezione remittente, pur riconoscendo che in fattispecie corrispondenti a quella ora in esame lindirizzo giurisprudenziale appena richiamato ravvisa pacificamente la sussistenza di un diritto soggettivo e, quindi, la giurisdizione civile, ritiene, tuttavia, che i principi espressi da tale giurisprudenza circa lindividuazione del giudice competente a pronunciarsi sulla legittimit della revoca (basata su considerazioni generali circa la nascita di un diritto soggettivo a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione, e sulla qualificazione in termini di provvedimento obbligato della revoca del finanziamento a causa della mancata conformit alle norme che lo consentono: cfr. Cass. Sez. Un. 21 novembre 2011, n. 24409) possano essere oggetto di una rimeditazione generale, che valga alla riconduzione sistematica delle diverse questioni alla sola giurisdizione amministrativa. 6. A sostegno del superamento del precedente indirizzo giurisprudenziale, la Sezione, in parte anche richiamando le considerazioni svolte nella precedente ordinanza di rimessione n. 517 del 2013, indica i seguenti argomenti: a) il potere di autotutela dellAmministrazione, esercitato con un atto di revoca (o di decadenza), in base ai principi del contrarius actus, incide di per s sempre su posizioni dinteresse legittimo (come si evince dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato attinente ai casi in cui una concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico sia ritirata per qualsiasi ragione, anche nellipotesi dinadempimento del concessionario); b) lart. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice amministrativo ha giurisdizione nelle controversie riguardanti provvedimenti, atti [] riconducibili anche mediatamente allesercizio del potere pubblico, fra i quali rientrerebbe anche il provvedimento di ritiro di un precedente atto a sua volta di natura autoritativa; c) la configurabilit di un potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza dellesercizio del potere di autotutela, risulta pi rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (divenendo latto di revoca inoppugnabile, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poich lesercizio del medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa (onde neppure si giustificherebbe sul piano della logica giuridica lattribuzione alla giurisdizione civile della controversia riguardante la legittimit dellatto di ritiro, mentre indubbiamente sussiste quella amministrativa per le controversie riguardanti la fase di ulteriore attribuzione delle risorse recuperate a seguito dellatto di ritiro); d) la sussistenza della giurisdizione amministrativa potrebbe anche essere affermata, in via esclusiva, in considerazione dellart. 12 della legge n. 241 del 1990, riguardante i provvedimenti attributivi di vantaggi economici, che disciplina la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari, attribuendo il nomen iuris di concessione a qualsiasi provvedimento che disponga lerogazione del denaro pubblico. Sotto tale profilo, potrebbe, allora, risultare rilevante lart. 133, comma 1, lettera b), cod. proc. amm. sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici. e) la portata applicativa delle disposizioni di legge sopra richiamate non sarebbe riducibile in via interpretativa, per il rilievo da attribuire allart. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha condotto allapprovazione del codice del processo amministrativo, disponendo che il riassetto del medesimo dovesse avvenire al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele). Infatti, la finalit di adeguamento alla giurisprudenza della Corte costituzionale ha consentito lelaborazione dellart. 7 del codice, ripetitivo di espressioni contenute nelle sentenze della Corte stessa 6 luglio 2004, n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191. Inoltre, la distinta, e parimenti rilevante, finalit di assicurare la concentrazione delle tutele pu aver giustificato lattribuzione alla giurisdizione amministrativa delle controversie riguardanti - per il tramite dellesercizio del potere di autotutela - il ritiro dei provvedimenti attributivi di vantaggi economici, aventi ex lege natura concessoria, e dunque delle controversie che peraltro gi di per s potevano essere riferite ai rapporti inerenti alla concessione di un bene pubblico (il denaro), prima ancora delle modificazioni disposte dal codice del processo amministrativo. 7. Alla camera di consiglio del 20 novembre 2013 la causa stata trattenuta per la decisione. 8. LAdunanza Plenaria ritiene di dover confermare il tradizionale e consolidato indirizzo giurisprudenziale, condiviso sia dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Cass. Sez. Un., ordinanza 25 gennaio 2013, n. 1776; Cass. Sez. Un. 24 gennaio 2013, n. 1710; Cass. Sez. Un. 7 gennaio 2013, n. 150; Cass. Sez. Un. 20 luglio 2011, n. 15867; Cass. Sez. Un. 18 luglio 2008, n. 19806; Cass. Sez. Un. 26 luglio 2006, n. 16896; Cass. Sez. Un. 10 aprile 2003, n. 5617), sia dal Consiglio di Stato (cfr., da ultimo, Ad. Plen. 29 luglio 2013, n. 13), secondo cui il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve CONTENZIOSO NAZIONALE essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che: -sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla Pubblica Amministrazione demandato soltanto il compito di verificare leffettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa lan, il quid, il quomodo dellerogazione (cfr. Cass. Sez. Un. 7 gennaio 2013, n. 150); -qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dallacclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purch essi si fondino sull'inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti, il privato titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui subordinato il concreto provvedimento di attribuzione (cfr. Cass. Sez. Un., ord. 25 gennaio 2013, n. 1776); -viceversa, configurabile una situazione soggettiva dinteresse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimit o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (Cass. Sez. Un. 24 gennaio 2013, n. 1710; Cons. Stato, Ad. Plen. 29 luglio 2013, n. 17). 9. Le pur suggestive ed articolate argomentazioni invocate nellordinanza di rimessione al fine di superare tale indirizzo giurisprudenziale non possono essere condivise. 10. Anzitutto, deve essere disatteso largomento che - muovendo dalla qualificazione del denaro come bene pubblico e, di conseguenza, dellatto di erogazione come provvedimento di natura concessoria - sostiene che le controversie in materia di attribuzione (e, quindi, di revoca) di contributi o agevolazioni finanziarie rientrerebbero nella giurisdizione esclusiva di cui il giudice amministrativo dispone in materia di concessioni di beni pubblici ai sensi dellart. 133, lett. b) cod. proc. amm. (tesi sostenuta, oltre che dallordinanza di remissione, anche da una parte minoritaria della giurisprudenza amministrativa: cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 1993, n. 727; Cons. Stato, sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4255; Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2005, n. 516). Come hanno bene evidenziato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza 19 maggio 2008, n. 12641, deve essere esclusa lequiparabilit tra concessione di beni ed erogazione del denaro, in quanto, anche se il denaro annoverabile nella categoria dei beni, non va confusa la figura della concessione a privati di benefici pubblici, che presuppone luso temporaneo da parte dei privati di detti bene per una finalit di pubblico interesse, con quella del finanziamento, che implica un tipo di rapporto giuridico del tutto diverso, in forza del quale il finanziato acquisisce la piena propriet del denaro erogatogli ed eventualmente assume lobbligo di restituirlo in tutto o in parte ad una determinata scadenza. Ben altrimenti, infatti, nel- l'uno e nell'altro caso, le finalit pubbliche s'intrecciano con l'interesse del concessionario o del finanziato, e le ragioni di non agevole distinguibilit tra posizioni di diritto soggettivo e dinteresse legittimo, che sottostanno alla scelta legislativa di attribuire alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di concessione di beni o servizi pubblici, non necessariamente ricorrono nei rapporti di finanziamento. N, daltronde, il carattere ecce zionale della giurisdizione esclusiva ne consente lapplicazione al di l dei casi indicati dalla legge (in questi termini Cass. Sez. Un. 19 maggio 2008, n. 12641, par. 3 della motivazione). 10.2. Inoltre, anche a prescindere dalla possibilit di riconoscere natura concessoria allatto di erogazione del contributo, va ulteriormente evidenziato che alla sussistenza della giurisdizione amministrativa osterebbe, comunque, la riserva, prevista dallo stesso art. 133, lett. b) cod. proc. amm., a favore della giurisdizione ordinaria di tutte le questioni patrimoniali inerenti a compensi vantati dal concessionario, qualunque sia il nomen in concreto utilizzato (canoni, indennit ed altri corrispettivi) (in tal senso cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2002, n. 1989; Cass. Sez. Un. 11 gennaio 1994, n. 215; Cass. Sez. Un. 10 dicembre 1993, n. 12164). 10.3. Linsussistenza di una giurisdizione esclusiva afferente, in generale, alla materia di contributi pubblici risulta, inoltre, confermata, argomentando a contrario, dalla recente introduzione, ad opera della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), nel testo dellart. 133 del codice del processo amministrativo della lettera z-sexies. La disposizione in esame ha espressamente devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative agli atti ed ai provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999, a prescindere dalla forma dell'aiuto e dal soggetto che lha concesso. In questo modo, la concessione di aiuti non notificati e il recupero di aiuti incompatibili diventano, per tabulas, materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Nel- lambito della variegata categoria dei contributi pubblici, il legislatore ha, dunque, selezionato una species, (quella dei contributi che costituiscono aiuti di Stato), attribuendoli espressamente alla giurisdizione esclusiva, realizzando cos una reductio ad unitatem, con leffetto di escludere le altre giurisdizioni nazionali (ordinaria e tributaria) e di superare le diversit delle molteplici discipline sostanziali. Appare evidente come una tale previsione, interferendo con la questione oggetto del presente giudizio, si giustifichi proprio sul presupposto che, in assenza di norme speciali, la giurisdizione in materia di contributi e agevolazioni finanziarie soggetta agli ordinari criteri di riparto, con il conseguente possibile concorso, a seconda del tipo di controversia e di situazione soggettiva dedotta, delle giurisdizioni ordinaria, amministrativa e tributaria. 11. Lesclusione della sussistenza di una giurisdizione esclusiva consente di superare anche largomento fondato sullart. 7 cod. proc. amm., laddove tale disposizione richiama, attraverso la formula atti [] rincoducibili anche mediatamente allesercizio del potere amministrativo le espressioni contenute nelle note sentenze della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191. Nella citata giurisprudenza costituzionale, invero, il riferimento alla riconducibilit della controversia, anche in via mediata o indiretta, allesercizio del potere viene utilizzato non come criterio generale di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, ma come criterio legittimante, sotto il profilo della compatibilit con il vincolo costituzionale delle particolari materie di cui allart. 103 Cost., la stessa giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In altri termini, dalla richiamata giurisprudenza costituzionale non pu ricavarsi che ogni controversia comunque riconducibile, sia pure in via indiretta o mediata, allesercizio del potere pubblico possa essere ricondotta alla giurisdizione amministrativa di legittimit, involgendo, CONTENZIOSO NAZIONALE per ci solo, posizioni di interesse legittimo. La Corte costituzionale, al contrario, ha individuato nella riconducibilit allesercizio, pure se in via indiretta o mediata, del potere pubblico, il criterio che legittima la scelta legislativa di introdurre una ipotesi di giurisdizione esclusiva, escludendo, per converso, tale possibilit ove detto collegamento sia assente. Ne deriva che il criterio della riconducibilit allesercizio del potere opera allinterno della giurisdizione esclusiva, come condizione in assenza della quale la controversia avente ad oggetto diritti soggettivi, nonostante lafferenza degli stessi alla materia oggetto della giurisdizione esclusiva, deve comunque essere devoluta al giudice ordinario. Lart. 7 cod. proc. amm. che tale espressione ha recepito deve, quindi, essere interpretato nel senso che, ferma la vigenza del generale criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla dicotomia tra diritti soggettivi e interessi legittimi, nelle materie di giurisdizione esclusiva comunque necessario che il diritto soggettivo sia stato leso da atti, accordi o comportamenti riconducibili, sia pure in via diretta o mediata, allesercizio del potere. 12. Non pu essere enfatizzata, per derogare a detto assetto, neanche la finalit di assicurare la concentrazione delle tutele, pur richiamata dallart. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69. Quello della concentrazione delle tutele , infatti, in primo luogo, un criterio direttivo che la legge delega ha posto allesercizio del potere legislativo delegato da parte del Governo e che ha legittimato, fra laltro, la scelta (gi avallata dalla sopra citata giurisprudenza costituzionale) di concentrare in campo al giudice amministrativo ogni forma di tutela dellinteresse legittimo, ivi compresa quella risarcitoria. Esso, tuttavia, non consente di attrarre, in via meramente interpretativa e senza base normativa, nellambito della giurisdizione amministrativa controversie relative a diritti soggettivi, pure a prescindere dallindividuazione di una disposizione legislativa fondante unipotesi di giurisdizione esclusiva. Ci a maggior ragione se si considera che nel caso di specie la domanda proposta ha ad oggetto esclusivamente diritti soggettivi (il diritto soggettivo al mantenimento del finanziamento gi erogato) e non vi alcuna connessione con domande contestualmente proposte relative ad interessi legittimi. 13. Non pu, peraltro, non ricordarsi come le Sezioni Unite, nella loro veste di giudice del riparto, hanno in pi occasioni disatteso la tesi dello spostamento della giurisdizione per motivi di connessione (anche in presenza di connessione tra domande contestualmente proposte di fronte ad un unico giudice, ma devolute a diverse giurisdizioni), affermando lopposto principio secondo cui salvo deroghe normative espresse, vige nellordinamento processuale il principio generale dell'inderogabilit della giurisdizione per motivi di connessione, potendosi risolvere i problemi di coordinamento posti dalla concomitante operativit della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa su rapporti diversi, ma interdipendenti, secondo le regole della sospensione del procedimento pregiudicato (cfr., da ultimo, Cass. Sez. Un. 19 aprile 2013, n. 9534; Cass. Sez. Un. 7 giugno 2012, n. 9185). vero che alcune sentenze delle Sezioni Unite, in presenza di controversie rimesse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed interessate parallelamente da domande consequenzialmente nascenti da pretese di diritto privato, di fronte allesigenza di decisione unitaria, hanno ritenuto che le norme costituzionali sul giusto processo e sulla sua ragionevole durata di esso (art. 111 Cost.) e sul diritto di difesa (art. 24 Cost.), coordinate con lart. 103 Cost., hanno escluso la possibilit di scindere il processo in tronconi affidati a giurisdizioni diverse ed hanno imposto il giudizio unitario, di modo che stata ritenuta prevalente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e si rimessa allo stesso anche la decisione sulle domande accessorie su cui avrebbe dovuto pronunziarsi il giudice ordinario (Cass. Sez. Un. 28 febbraio 2007 n. 4636 e 27 luglio 2005 n. 15660). La giurisprudenza successiva ha, tuttavia, definitivamente chiarito che la prevalenza del potere cognitivo del giudice amministrativo presuppone, oltre che la contestuale proposizione delle domande, che egli sia titolare di giurisdizione esclusiva, a fronte della giurisdizione sui soli diritti propria del giudice ordinario. In questo caso, infatti, il giudice amministrativo titolare di poteri maggiori che non quelli riconosciuti al giudice ordinario (cfr. Cass. Sez. Un. 24 giugno 2009, n. 14805; Cass. Sez. Un. 7 giugno 2012, n. 9185). Nel caso di specie, oltre alla gi rilevata circostanza dellassenza di domande propriamente connesse, assorbente la considerazione che il giudice amministrativo non titolare di giurisdizione esclusiva, il che esclude ulteriormente la possibilit di invocare la concentrazione delle tutele per giustificare deroghe allassetto del riparto della giurisdizione normativamente delineato. 15. A favore della tesi secondo cui il codice del processo amministrativo non abbia inteso, n direttamente, n indirettamente, innovare il criterio di riparto della giurisdizione previgente (quale desumibile dal diritto vivente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione) deve ancora richiamarsi quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 27 giugno 2012, n. 162, che ha dichiarato incostituzionali, per eccesso di delega, gli articoli 133, comma 1, lett. l); 134., comma 1, lett. c) e 135, comma 1, lett. c) del codice del processo amministrativo, nella parte in cui attribuiscono al giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, con competenza funzionale del T.a.r. Lazio, le controversie in materia di sanzioni amministrative applicate dalla Consob. La Corte costituzionale ha ravvisato la violazione dellart. 76 Cost. nella circostanza che il legislatore delegato, disattendendo lobbligo previsto dalla legge delega (art. 44 legge n. 69 del 2009) di tenere conto della giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, ha attribuito le sanzioni irrogate dalla Consob alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, discostandosi dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione formatasi sul tema (che, invece, avrebbe dovuto orientare lintervento del legislatore delegato, secondo quanto previsto dalla legge delega). evidente, quindi, che, anche alla luce dei principi affermati nella sentenza costituzionale n. 162 del 2012, deve escludersi una interpretazione delle norme del codice del processo amministrativo volta a riconoscere al giudice amministrativo spazi di giurisdizione innovativi rispetto a quelli gi ad esso attribuiti in base allassetto normativo previgente come risultante dallinterpretazione univocamente fornitane dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 16. Non risulta, del resto, condivisibile neanche largomento secondo cui gli atti di ritiro di cui si discute, in quanto espressione di autotutela, sarebbero per ci solo atti di esercizio di un potere autoritativo, a fronte del quale non potrebbe che configurarsi una posizione di interesse legittimo del privato. Nel caso di specie, al contrario, non viene in rilievo il generale potere di autotutela pubblicistica (fondato sul riesame della legittimit o dellopportunit del- liniziale provvedimento di attribuzione del contributo e sulla valutazione dellinteresse pubblico), ma lo speciale potere di autotutela privatistica dellAmministrazione (di cui peraltro lordinamento conosce altre tassative ipotesi, le pi importanti delle quali si riscontrano nel- lesecuzione dei contratti pubblici: cfr. le ipotesi di recesso e risoluzione di cui agli artt. 134136 d.lgs. 12 aprile 2006 recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), con il quale, nellambito di un rapporto ormai paritetico, lAmministrazione fa valere le conseguenze derivanti dallinadempimento del privato alle obbligazioni assunte per ottenere la sovvenzione. Latto in questione si configura come declaratoria della sopravvenienza di un fatto cui la legge ricollega leffetto di determinare la decadenza dal diritto di godere del beneficio e trova ragione non CONTENZIOSO NAZIONALE gi in una rinnovata ponderazione tra linteresse pubblico e quello privato, ma nellasserito inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario e nella verifica dei presupposti di esigibilit del credito. Ne deriva che le contestazioni che investono lesercizio di tale forma di autotutela, sono sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo e sono devolute a quella del giudice ordinario. 17. Alla luce delle considerazioni che precedono, lappello deve essere respinto, in quanto nel caso di specie la revoca del contributo finanziario stato disposto assumendo linadempimento da parte del beneficiario delle obbligazioni assunte, per avere realizzato un programma di investimento (servizi di manutenzione) diverso da quello approvato per lottenimento delle agevolazioni (produzione di mobili metallici). Ed invero, lerogazione del contributo - anche se avvenuto, come nella specie, in via provvisoria - crea un credito dellimpresa allagevolazione, che viene adempiuto, senza margini di discrezionalit, dallAmministrazione erogante, sussistendo gi, per effetto di una siffatta concessione, un diritto soggettivo (relativamente alla concreta erogazione delle somme di denaro oggetto del finanziamento e alla conservazione degli importi a tale titolo gi riscossi o da riscuotere), con la conseguenza che il giudice ordinario competente a conoscere le controversie instaurate per ottenere gli importi dovuti o per contrastare l'Amministrazione che, servendosi degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, abbia ritirato il finanziamento o la sovvenzione concessi, adducendo linadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo. 18. Le spese del giudizio di appello seguono la regola della soccombenza e sono liquidate in complessivi 1.500. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sullappello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna gli appellanti in solido al pagamento, a favore del Ministero dello Sviluppo Economico, delle spese del giudizio di appello, che liquida in complessivi 1.500 (millecinquecento). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dallautorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2013. Il dialogo partecipativo tra privato e p.A. nella fase di controllo successiva alla presentazione della segnalazione certificata di inizio attivit: s.c.i.a. e preavviso di rigetto TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA, SEZIONE II, SENTENZA 3 APRILE 2014 N. 880 Roberta Costanzi* SOMMARIO: 1. La sentenza - 2. La ricostruzione di matrice privatistica dellistituto e lorientamento prevalente che nega lapplicabilit dellart. 10 bis L. 241/90 alla s.c.i.a. - 3. I dubbi di parte della giurisprudenza (e dottrina) contraria alla tesi prevalente - 4. Osservazioni conclusive. 1. La sentenza. La sentenza TAR Lombardia, Milano, sez. II, 3 aprile 2014, n. 880 offre loccasione di affrontare la contrastata questione della sussistenza in capo alla p.a. dellobbligo di comunicazione dei motivi ostativi di cui allart. 10 bis della L. 241 del 1990 con riferimento alle istanze del privato sussumibili come s.c.i.a., anche alla luce della ormai consolidata ricostruzione privatistica dellistituto. Pi in generale, la pronuncia presenta profili di interesse che travalicano la materia stessa del decisum per investire, ad un pi ampio livello di analisi, la delicata questione della liberalizzazione delle attivit private e del rapporto tra p.A. e operatori economici. In essa linterprete, decidendo su di una controversia in materia di modifica delle caratteristiche trasmissive di impianti di telecomunicazione, si pronunciato a favore della amministrazione resistente ed ha respinto le doglianze del privato che chiedeva una pronuncia di illegittimit sia del provvedimento inibitorio della s.c.i.a. che del preavviso di rigetto che lo aveva preceduto. Il Collegio, in particolare, ha ritenuto legittimo il comportamento della amministrazione che aveva interrotto il termine per il consolidamento della s.c.i.a. a seguito della notifica del preavviso di rigetto con cui si sollecitavano integrazioni istruttorie da parte del privato operatore economico, argomentando tale statuizione con unanalisi di ampio respiro sistematico che giunge a sostenere lapplicabilit alla s.c.i.a dellistituto di dialogo partecipativo introdotto dalla L. 15/2005 per tutti i quei procedimenti ad istanza di parte che certamente si concluderanno con ladozione di un provvedimento negativo. Nel caso di specie il Collegio ha preliminarmente inquadrato la peculiare normativa di settore disciplinata dal d.lgs. n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) dove allarticolo 87-bis si legge che: fermo re (*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. CONTENZIOSO NAZIONALE stando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui allarticolo 87 nonch di quanto disposto al comma 3-bis del medesimo articolo, sufficiente la segnalazione certificata di inizio attivit, conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui allallegato n. 13. Qualora entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte dellente locale o un parere negativo da parte dellorganismo competente di cui allarticolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, la denuncia priva di effetti. Linterprete ha poi inteso colmare le evidenti lacune normative, tentando di conciliare la ratio di semplificazione (o meglio, liberalizzazione) procedi- mentale perseguita dal legislatore anche nel settore economicamente strategico degli impianti di telecomunicazione, con la necessit di mantenere inalterato il rigoroso controllo da parte della p.A. dei requisiti di legge finalizzati a tutelare diritti fondamentali - quali il diritto alla salute - che possono risultare compromessi se si sostituisce la procedura autorizzatoria con la segnalazione certificata da parte del soggetto interessato (1); si legge nel corpo della motivazione che la circostanza che il procedimento autorizzatorio sia stato sostituito, per effetto della legge statale, dalla segnalazione certificata di inizio di attivit non fa venir meno la rilevanza della fattispecie sul piano sostanziale e la necessit di trattarla, solo sotto questo profilo, al pari dellipotesi di installazione ed esercizio di un nuovo impianto. Per tali motivi, nel respingere le eccezioni del ricorrente di un ingiustificato aggravio procedimentale causato dalla richiesta di ulteriori certificazioni (come richiesto dalla normativa regionale in materia di telecomunicazioni (2)), ha ritenuto legittima la condotta del Comune che, con riferimento alla s.c.i.a. carente della documentazione che ne attestasse la validit (3), ha emanato il (1) Liberalizzazione che non comporta leliminazione dei vincoli regolativi, ma la sostituzione di un modulo autorizzatorio preventivo ad uno inibitorio successivo ed eventuale. La normativa italiana ha in tal senso recepito la Direttiva 2006/123/CE, entrata in vigore il 28 dicembre 2006, da recepirsi entro il 28 dicembre 2009, che prevede disposizioni generali finalizzate ad agevolare la libera circolazione dei servizi e la libert di stabilimento dei prestatori di servizi. Si legge al punto 42 e 43 della direttiva citata: Le norme relative alle procedure amministrative non dovrebbero mirare ad armonizzare le procedure amministrative, ma a sopprimere regimi di autorizzazione, procedure e formalit eccessivamente onerosi che ostacolano la libert di stabilimento e la creazione di nuove societ di servizi che ne derivano; ɏ necessario stabilire principi di semplificazione amministrativa, in particolare mediante la limitazione dellobbligo di autorizzazione preliminare ai casi in cui essa indispensabile e lintroduzione del principio della tacita autorizzazione da parte delle autorit competenti allo scadere di un determinato termine. (2) (3)Ai sensi del comma 2, lettere g) e h) articolo 7 della legge regionale n. 11 del 2001 Norme sulla protezione ambientale dallesposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione - per il rilascio della s.c.i.a. richiesta la produzione di un atto di impegno, sottoscritto dal titolare dell'impianto o da suo legale rappresentante, ad una corretta manutenzione dell'impianto ove, ai fini della protezione della popolazione, devono essere rispettate le indicazioni specificamente fornite dall'esperto di cui al comma 4 dell'articolo 3; atto con il quale Il titolare dell'impianto o il suo legale rappresentante si impegnano altres ad eseguire, nel caso di disat preavviso di diniego ex art. 10 bis L. 241/90 al fine di richiedere lintegrazione dei documenti necessari al corretto svolgimento dellattivit segnalata. In altri termini, linterprete ha inteso garantire a questa peculiare s.c.i.a. in ambito di telecomunicazioni le medesime tutele degli istituti del dialogo partecipativo che la normativa generale prescrive per i procedimenti amministrativi ad istanza di parte. Dapprima, sostenendo che lamministrazione, in questo caso specifico, correttamente pu comunicare il preavviso di diniego con la richiesta di integrazione degli atti allo scopo precipuo (e certamente non irragionevole) di dare garanzia alla collettivit sia in ordine alla regolare manutenzione del- limpianto a tutela della salute pubblica, sia in relazione al corretto smantellamento e ripristino ambientale in caso di dismissione dellinfrastruttura. Poi, con unanalisi di sistema, affermando che anche se lart. 10-bis della legge n. 241 del 1990 sia testualmente riferito ai procedimenti a istanza di parte, si tratta di disposizione avente una pi ampia portata di principio, in quanto costituente diretta applicazione dei canoni di imparzialit e buon andamento dellamministrazione e finalizzata ad assicurare la piena tutela dellinteresse alla partecipazione procedimentale del destinatario del provvedimento. Parafrasando il Collegio ha applicato estensivamente listituto de quo a tutte le istanze di parte, a prescindere dalla loro natura giuridica, al fine di mantenere inalterate le garanzie partecipative e di assicurare linteresse stesso del soggetto privato, che pu cos evitare ladozione di un provvedimento di segno negativo in presenza di semplici carenze o irregolarit. Per tali motivi conclude il giudice, deve ritenersi che sia consentito al Comune interrompere il termine di trenta giorni per il consolidamento della SCIA attraverso la sollecitazione del contributo istruttorio del privato, come, del resto, gi riconosciuto dalla giurisprudenza con riferimento alla diversa ipotesi di semplificazione procedimentale costituita da silenzio-assenso di cui al gi richiamato articolo 87, comma 9, del d.lvo n. 259 del 2003 (Cons. Stato, Sez. III, 28 gennaio 2014, n. 418). La sentenza impone pertanto una nuova riflessione sulla ammissibilit dei moduli partecipativi anche agli istituti di liberalizzazione delle attivit private, riflessione che superando il dato formalistico della lettera della legge, affronti la questione dal punto di vista della finalit pratica dellistituto stesso. 2. La ricostruzione di matrice privatistica dellistituto e lorientamento prevalente che nega lapplicabilit dellart. 10 bis L. 241/90 alla s.c.i.a. La soluzione normativa adottata dal legislatore con il d.l. n. 138/2011 tivazione, i relativi interventi sull'impianto fino alla completa demolizione, ripristinando il sito in armonia con il contesto territoriale (lettera g), nonch del certificato fideiussorio relativo agli oneri di smantellamento e ripristino ambientale (lettera h). CONTENZIOSO NAZIONALE convertito in L. n. 148/2011, ha avuto s il pregio di chiarire la natura giuridica da attribuire alla nuova s.c.i.a. e di definire le forme di tutela applicabili dalla amministrazione e dal terzo leso, ma ha lasciato aperti, come detto, rilevanti problemi di coordinamento con consolidati principi del diritto amministrativo sanciti dallart. 1 della L. 241/90, quali il principio di parit delle parti, di leale collaborazione, di imparzialit e buon andamento, impedendo di porre la parola fine al vivace dibattito intorno allistituto (4). Il legislatore del 2011 ha chiaramente qualificato la s.c.i.a. come atto soggettivamente ed oggettivamente privatistico e confermato che in virt del rapporto che si origina con la presentazione della segnalazione il privato dichiarante diviene titolare di una posizione soggettiva di vantaggio immediatamente riconosciuta dallordinamento, che lo abilita a realizzare direttamente il proprio interesse, previa instaurazione di una relazione con la p.a., ossia un contatto amministrativo, mediante linoltro della informativa (5). Lassunzione di responsabilit del privato e la semplificazione degli adempimenti istruttori necessari per la presentazione della dichiarazione giustificano la scelta di un termine relativamente contenuto a disposizione del- lamministrazione per la verifica dei requisiti richiesti per lo svolgimento dellattivit segnalata. Ci considerato, lorientamento maggioritario, contrario alla attivazione di forme di dialogo partecipativo nella fase successiva alla presentazione della s.c.i.a., muove dal presupposto - di natura strettamente formalistica - che la s.c.i.a., attesa la sua natura non provvedimentale, non sia configurabile come istanza di parte, ed invero, il potere inibitorio dellamministrazione non fa parte di alcun procedimento autorizzatorio, ma consiste in una potest di fonte normativa da esercitarsi officiosamente sulla base della mera informazione di fatto fornita tramite la denuncia, di talch sarebbe inapplicabile la comunicazione de qua (6). (4) Sulla natura giuridica della s.c.i.a. vi una copiosa bibliografia. Senza pregio di completezza, per la manualistica: FRACCHIA-CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffr, 2012; CARINGELLA F., Manuale di Diritto amministrativo, Parte II, Il procedimento amministrativo, Dike, 2012, p. 936 e seg.; CHIEPPA-GIOVAGNOLI, Manuale di Diritto Ammministrativo, Giuffr, 2012; ALPA-GAROFOLI Manuale di diritto Amministrativo, Nel Diritto editore, VII ed., 2014; tra le monografie, GIOVAGNOLI R., Il silenzio e la nuova scia, in Teoria e pratica del Diritto, Giuffr, 2011; F. MARTINES, La segnalazione certificata di inizio attivit. Nuove prospettive del rapporto pubblico-privato, Giuffr, 2011; SANDULLI M.A., Dalla dia alla scia: una liberalizzazione a rischio, in Riv. Giur. Edilizia, 2010, II, 466 e seg.; CORRADINO M., Il procedimento amministrativo, Giappichelli Ed., 2010; CLARICH-FONDERICO, La difficile vita della Scia, in Dir. e pratica amm., 2011, fasc. 9, 29; AMOVILLI P. Il preavviso di rigetto tra nuovi modelli di contraddittorio, deflazione del contenzioso e vizi formali non invalidanti, in Riv. Nel diritto, 2010, 230; FONDERICO G., La comunicazione dei motivi ostativi, la tutela processuale e la semplificazione (commento a TAR Lombardia, Milano, sez. III, 6 ottobre 2008, n. 4718), in Giornale di diritto amministrativo, 2009; SAITTA F., Preavviso di rigetto e atti di conferma: lerrore sta nella premessa, in Il foro amministrativo T.A.R., 2008, fasc. 11, pagg. 3235-3248. (5) Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, Sent. 29 luglio 2011, n. 15. (6) Vedi, in particolare, Cons. St. Sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828. Conformi, ex multis Tar Liguria, sez. I, 22 febbraio 2010, n. 663; Tar Campania, Napoli, sez. IV, 4 febbraio 2010, 566. Soccorre lorientamento maggioritario anche la considerazione di ordine pratico per cui, in ossequio al disposto di cui all'art. 21 octies, non annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento (ivi compreso lart. 10 bis) o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. In questo caso, anche affermando la sussistenza dellobbligo di comunicazione dei motivi ostativi allaccoglimento della istanza, la relativa omissione potrebbe essere tale da non comportare lannullamento del provvedimento inibitorio... ed allora la distanza tra i due richiamati orientamenti si assottiglierebbe sul piano delle conseguenze pratiche (7). La giurisprudenza chiama ad ulteriore sostegno lincompatibilit dellistituto del preavviso di rigetto con lintento perseguito dal legislatore di liberalizzare alcune attivit private e di trasferire la responsabilit della procedura istruttoria dalla P.A. al privato: di qui i tempi ristretti entro i quali lamministrazione deve, o per meglio dire dovrebbe, provvedere a seguito della presentazione della s.c.i.a., non essendo tra laltro possibile prevedere parentesi procedimentali produttive di sospensione del termine stesso (8). Diversamente opinando, si afferma, lente procedente riuscirebbe a prolungare artificialmente il termine di conclusione del procedimento, ogni volta giovandosi di una nuova integrale decorrenza. Linterruzione procedimentale prevista dallart. 10 bis in nome della completezza della istruttoria e correttezza della ponderazione degli interessi da tutelare, lungi dal tutelarlo, finirebbe col sacrificare linteresse del privato sotteso alla natura della s.c.i.a. Si tratta, nel silenzio del dettato normativo, di escludere estensivamente lapplicazione del preavviso di rigetto in tutti quei procedimenti nei quali il contraddittorio con lamministrazione risulta incompatibile con le esigenze di celerit della procedura (9). (7) AULETTA A., Dia e preavviso di rigetto, cit., pag. 720 e seg.; giurisprudenza conforme: TAR Puglia, Lecce, sez. III, 18 settembre 2013, 1937. (8) Ex multis, TAR Lazio, Roma, sez. II, 13 gennaio 2014, n. 350, in Diritto & Giustizia 2014, 20 gennaio; TAR Trento, sez. I, 9 febbraio 2012, n. 50, in Foro Amm., Tar, 2012, II, 377, dove si statuito: lordine di non iniziare o proseguire lattivit edilizia preannunciata non ha natura di rigetto in senso proprio ed inoltre l'onere del preavviso di diniego sarebbe incompatibile con il termine ristretto entro il quale l'amministrazione deve provvedere sulla DIA. (9) In tal senso: Cons. St. sent. 26 febbraio 2008, n. 2518; TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 6 marzo 2006, n. 2641; per i contributi dottrinali vedansi, MARTINES F. in La segnalazione certificata di inizio attivit, cit., pag. 68, il quale afferma che: Sostenere che la P.A. (tenuta ad intervenire per inibire lavvio dellattivit o per assumere altri comportamenti conformativi) in questo spatium temporis avrebbe dovuto curare anche la comunicazione ex art. 10 bis, significava escludere di fatto che i poteri pubblici potessero essere esercitati tempestivamente. Si riporta anche lanalisi di TARULLO S., Lart. 10 bis della legge 241/90: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa e collaborazione istruttoria, in www.giustamm.it 2005, dove in merito alle cause di esclusione espressamente previste dallart. 10 CONTENZIOSO NAZIONALE Nei procedimenti in questione pertanto lorientamento prospettato dalla maggioranza della giurisprudenza ha ritenuto che le esigenze di celerit dovessero prevalere sulle garanzie del contraddittorio. Tale conclusione appare maggiormente plausibile per listituto della s.c.i.a. che trae la sua origine dalla esigenza di de-procedimentalizzare e quindi incentivare le istanze di iniziativa economica. 3. I dubbi di parte della giurisprudenza (e dottrina) contraria alla tesi prevalente. Recentemente, in ordine alla compatibilit di s.c.i.a. e preavviso di rigetto, il dibattito si spostato sempre di pi da una prospettiva formalistica ad una sostanzialistica. Secondo tale orientamento persuade poco lidea che, in nome della semplificazione ed accelerazione nello svolgimento degli adempimenti burocratici in materia di attivit economiche private, si debbano sacrificare gli istituti partecipativi considerati, almeno in questo frangente, come zavorre da neutralizzare, anzich come mezzi di elevazione qualitativa dellistruttoria procedimentale (comunque necessaria) e di maggior garanzia del privato (10). Larticolo 10 bis si afferma non in contrasto con la ratio dellistituto della s.c.i.a. e con le finalit acceleratorie ad esso sottese, anche nella parte in cui prevede una nuova decorrenza del termine perentorio per esercitare il potere di verifica e controllo, poich controbilanciato dalla funzione di garanzia per il cittadino che aspira ad una determinata utilit (11). Limplementazione del contraddittorio successivamente alla presentazione della scia assolve ad una funzione di favor per il privato dichiarante, il quale attraverso lintegrazione del materiale documentale coopera allesplicazione del controllo amministrativo finalizzato alla verifica della conformit bis si legge, ... per i procedimenti in questione il legislatore ha ritenuto che le esigenze di celerit procedimentale dovessero prevalere sulle garanzie del contraddittorio. Tale conclusione appare plausibile non soltanto per le procedure di concorso pubblico, connotate in generale dallelevato numero dei partecipanti, ma anche per le gare dappalto (laddove la scelta acceleratoria si ripercuote anche in ambito processuale: cfr. lart. 23-bis nella legge n. 1034 del 6 dicembre 1971, introdotto dallart. 4 legge 21 luglio del 2000 n. 205). La deroga attinente ai procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale gestiti dagli enti previdenziali poggia anchessa sulla esigenza di salvaguardare la funzionalit delle pubbliche amministrazioni mettendola al riparo da una ipertrofia garantistica suscettibile (in particolare per gli enti previdenziali, destinatari di numerose domande) di intralciare la celere definizione delle pratiche. Si sono voluti cos impedire esiti opposti a quelli sottesi allo spirito della normativa del 1990, incentrata - cfr. il Capo IV della legge 241 - sulla semplificazione dell'azione amministrativa. (10) In tal senso, AULETTA A., Dia e preavviso di rigetto, cit., pag. 716 e seg., afferma che ҏ proprio con riferimento allesercizio di tale potere eventuale (inibitorio) che le garanzie procedimentali e partecipative, ivi inclusa quella prevista dallart. 10-bis, riassumono la loro originaria espansione (a discapito delle esigenze della semplificazione e della celerit), dovendosi infatti ritenere che lintervento inibitorio trovi il suo presupposto logico (non in una vera e propria istanza di parte, ma) nella iniziativa del privato piuttosto che in quella officiosa della pubblica amministrazione. (11) Tar Veneto, sez. III, 7 maggio 2008, n. 1256; conforme Tar Campania, Napoli, sez. VII, 7 maggio 2008, n. 3524. a legge dellattivit privata (12), evitando una pronuncia inibitoria dellattivit laddove si sia in presenza di semplici irregolarit o carenze documentali. Ed invero, la finalit acceleratoria evocata dalla giurisprudenza maggioritaria come principale impedimento alla applicabilit dellart. 10 bis allistituto in commento, non sarebbe in alcun modo incisa dallinterruzione del procedimento al fine di richiedere lintegrazione di documenti e certificazioni, atteso che lattivit del privato in ogni caso pu avere inizio sin dal giorno della presentazione della denuncia. Sin qui lanalisi dal punto di vista sistematico. altres pacifico affermare che il descritto fenomeno di liberalizzazione non comporta una totale sottrazione dellattivit privata al regime amministrativo, il quale si esplica obbligatoriamente con lattivit di verifica-controllo, ed eventuale inibizione: si parla, a tal proposito, di atto privato a regime amministrativo (13). La presentazione della denuncia ha pertanto la funzione di mettere in comunicazione il segmento privatistico con quello pubblicistico della fattispecie (14), e di far incontrare linteresse al bene della vita del privato con linteresse pubblico alla conformit a legge dellattivit denunciata. In disparte la querelle se lordine-diffida di non iniziare o proseguire i lavori sia configurabile come o meno come atto di diniego, lattivit di controllo che lo precede, pur se attivata da un atto privatistico, ha certamente natura di potest autoritativa della P.A. e determina gli stessi esiti inibitori o conformativi tipici di un provvedimento di diniego; sulla base di tale considerazione, possibile sostenere la legittimit della condotta della amministrazione che fa precedere latto inibitorio limitativo del diritto del privato al conseguimento del bene della vita con una attivit cooperativa nei confronti di questultimo (15). Lart. 10 bis, inoltre, nello specifico caso della s.c.i.a., si configura come comunicazione volta principalmente a contestare la carente produzione di documenti necessari ai fini della correttezza delle verifiche, per tale ragione il rapporto cos instaurato tra privato e P.A. dovrebbe beneficiare delle medesime garanzie partecipative, ove compatibili, di cui gode il procedimento amministrativo introdotto ad istanza di parte (16). A maggior ragione, se si considera che lattivit istruttoria di verifica (12) TARULLO, Lart. 10 bis della legge 241/90: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa e collaborazione istruttoria, cit. (13) La definizione, parzialmente diversa, di BOSCOLO E., I diritti soggettivi a regime amministrativo, Padova, 2001. (14) CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo. Il procedimento amministrativo, cit. pag. 935 e seg. (15) AULETTA A., D.i.a. e preavviso di rigetto, cit. pag. 720. Contra, TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 settembre 2005, n. 7202, ha ritenuto che listituto, imponendo un aggravio dei tempi e degli incombenti procedurali, non suscettibile di applicazione analogico od estensiva. CONTENZIOSO NAZIONALE della p.a. resa sempre pi difficoltosa in considerazione dellestensione del campo di operativit della s.c.i.a. anche a quelle istanze, come nel caso in esame, che richiedono valutazioni tecnico-discrezionali, anche a tutela di diritti costituzionalmente garantiti, che vanno ben oltre il mero accertamento tecnico (17) e che necessitano di una maggiore collaborazione tra le parti. In una recente pronuncia (18) stato rilevato inoltre che sul piano sostanziale, una previa interlocuzione con il privato dichiarante necessaria anche ove sia possibile che l'attivit di questi, non assentibile secondo quanto esposto in dichiarazione, possa essere conformata alla normativa vigente. Ne segue che il modulo partecipativo in commento pu trovare la sua ragion dessere oltre che nella circostanza di carenze o irregolarit documentali, anche nel caso, tipizzato dal dettato normativo, in cui la p.a. inviti linteressato a conformare lattivit oggetto della segnalazione alla normativa vigente. In ultimo, non pacifico il carattere recessivo delle norme contenute nel capo III della L. 241/90 rispetto ad altre regolanti specifici settori: ed invero tali disposizioni generali sono volte a tutelare linteresse del privato alla piena ed efficace tutela dei propri interessi, come statuito altres dal diritto dellUnione, e per tale motivo dovrebbero prevedere una deroga espressa alla loro applicazione (19). Avviandoci alla conclusione sia concessa unultima annotazione, nella for (16) Si v. la recente Sentenza Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., del 15 maggio 2014, n. 292, dove il Collegio di seconda istanza ha statuito che da ultimo l'appellante torna a lamentare il mancato invio da parte del comune del preavviso di rigetto. Al riguardo il TAR ha rilevato che il carattere assolutamente vincolato del diniego comunale determina l'irrilevanza dell'irregolarit procedimentale. A ci deve aggiungersi da un lato che sul piano formale la presentazione della S.C.I.A. non innesca in realt un procedimento ad istanza di parte; dall'altro che sul piano sostanziale nella disciplina speciale disegnata dall'art. 19 della legge n. 241 del 1990 una previa interlocuzione col dichiarante necessaria solo ove sia possibile che l'attivit di questi - non assentibile secondo quanto esposto in dichiarazione - possa essere conformata alla normativa vigente. (17) CASETTA E., Manuale di Diritto Ammministrativo, Giuffr, 2012; ALPA-GAROFOLI, Manuale di diritto Amministrativo, Nel Diritto editore, cit.; GIOVAGNOLI R., Il silenzio e la nuova scia, in Teoria e pratica del Diritto, cit.; MARTINES F., La segnalazione certificata di inizio attivit. Nuove prospettive del rapporto pubblico-privato, cit.; CORRADINO M., Il procedimento amministrativo, Giappichelli Ed., 2010; SANDULLI M.A., Dalla Dia alla scia: una liberalizzazione a rischio, cit. pag. 465 e seg.; CLARICH- FONDERICO, La difficile vita della Scia, cit.; LAVERMICOCCA D., La scia e la dia nelledilizia e nei procedimenti speciali - La semplificazione si complica, in Urbanistica e appalti, 2011, 579; GRECO, La scia e la tutela dei terzi al vaglio delladunanza plenaria: ma perch dopo il silenzio assenso e il silenzio inadempimento, non si pu prendere in considerazione il silenzio diniego? In Dir. proc. Amm., 2011, 359 e seg.; NITTI, Listituto della Scia sostituisce quello della Dia, in Nuova Rass., 2011, 84. (18) Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., sent. del 15 maggio 2014, n. 292, cit. (19) LIGUORI, Note sul diritto privato, atti non autoritativi, e nuova denuncia di inizio attivit, in www.giustamm.it.; LIGUORI-TUCCILLO, Commento allart. 23 del TU delledilizia, in Testo unico del- ledilizia, a cura di SANDULLI M.A., II ed., Milano, 2009, pagg. 424-425, i quali osservano che sebbene il privato sceglie di avvalersi della dia, la vicenda, di per s riconducibile al diritto privato, pu pur sempre trasformarsi in altro, facendo riemergere il potere se lamministrazione costretta ad intervenire a causa della inattendibilit della dichiarazione del privato. Contra: MARTINES, La segnalazione certificata, cit., pag. 60 e seg.; CARINGELLA F., Manuale di Diritto amministrativo, cit., pag. 437 e seg. mulazione interpretativa del Tar, desta qualche incertezza il riferimento allistituto della interruzione che si realizza a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto, evincendosi che linterprete - a dispetto del dato testuale - intendeva in realt introdurre una ipotesi di sospensione, ossia una parentesi temporale. Pertanto lespressione successiva deve escludersi che il termine di trenta giorni possa riprendere a decorrere fino a quando i documenti dovuti non siano stati effettivamente prodotti, sembra doversi intendere nel senso che linterprete si discostato dal dato normativo che prescrive che il termine decadenziale riprenda a decorrere ex novo. questo certamente un esempio delle difficolt di coordinamento del- listituto in esame con i consolidati principi che regolano il procedimento amministrativo, atteso il rischio di travalicare il principio di auto-responsabilit del privato e di incidere sulla certezza dei tempi, come auspicata dal legislatore dellUnione. 4. Osservazioni conclusive. Su un piano dogmatico generale lapplicabilit dellart. 10-bis alla s.c.i.a. ripropone questioni sorte successivamente la modifica della L. 241/90 e che vedono gli istituti partecipativi (almeno in determinati frangenti) come ostacoli da neutralizzare, e non come mezzi di implementazione ed elevazione (qualitativa e quantitativa) dellistruttoria procedimentale (20). Senza voler spingere il discorso troppo oltre, adottando una prospettiva di sistema, possibile individuare alcuni elementi indefettibili della L. 241/90, espressione di regole generali che possono governare il dialogo tra p.A. e privati. Lanima garantistica e partecipativa affiorante dalla lettura del Capo III della legge de qua a ben vedere potrebbe risultare funzionale con la finalit dellistituto disciplinato allart. 19 di liberalizzazione della attivit privata e di semplificazione procedimentale. Non difatti difficile scorgere che, nella concretezza della vita amministrativa, la possibilit per il privato di partecipare al procedimento di controllo o per lamministrazione di coinvolgerlo nelle scelte potrebbe avere il duplice effetto, per il privato, di conservare intatta la propria sfera giuridica evitando che essa sia autoritativamente intaccata dallesercizio del potere, per la p.A. di perseguire linteresse pubblico e la tutela di diritti costituzionalmente garantiti. Questa precisazione pone in evidenza come, ad una indagine non preconcetta, la comunicazione al privato del preavviso di rigetto, producendo, come detto, un miglioramento della necessaria fase istruttoria, in termini di interessi acquisiti, si possa coniugare perfettamente con lesigenza di semplificazione e liberalizzare tanto cara al legislatore europeo. (20) TARULLO, Lart. 10 bis della legge 241/90: il preavviso di rigetto, cit. CONTENZIOSO NAZIONALE Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Seconda, sentenza 3 aprile 2014, n. 880 -Pres. De Zotti, Est. Venera Di Mauro - Vodafone Omnitel N.V. (avv. Ghezzo) c. Comune di Magenta (avv. Bertacco). FATTO 1. Vodafone Omnitel N.V. impugna innanzi a questo Tribunale la nota in data 13 marzo 2013 con la quale il Dirigente del Settore territorio - Servizio territorio e servizi alla Citt - Ufficio Sportello unico per ledilizia del Comune di Magenta, nega (...) laccoglimento dellistanza in data 19/12/2012 Prot. 38999 per lavori di modifica delle caratteristiche trasmissive della stazione radiobase in Via Cavallari 19. Impugna altres la ricorrente, in quanto richiamati nel suddetto provvedimento, il Regolamento comunale per linstallazione di impianti per telecomunicazioni e radiotelevisione, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 29 del 29 giugno 2006 e il relativo Piano delle aree, nonch il preavviso di diniego del 16 gennaio 2013. 2. La ricorrente ha presentato segnalazione certificata di inizio di attivit, assunta al protocollo del Comune di Magenta n. 38999 del 19 dicembre 2012, per la modifica di un impianto con tecnologia UMTS su infrastruttura di telecomunicazioni preesistente, ai sensi degli articoli 86, 87, 87-bis e 88 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 e successive modificazioni. 3. La segnalazione stata seguita dalla nota comunale del 16 gennaio 2013, comunicata alla Societ il 17 gennaio mediante posta elettronica certificata, con la quale, ai sensi dellarticolo 10-bis della legge n. 241 del 1990, nelle more del parere di competenza di ARPA in merito al rispetto dei limiti previsti dalla vigente normativa ai sensi della L.R. 11/2001, si preannunciava ladozione di un provvedimento negativo, in quanto: -le modifiche allimpianto avrebbero determinato un aumento di potenza totale sul sito di 328.85 W per un totale di 626.96 W, non conforme ai limiti previsti per larea dal Piano, essendo classificata come area in cui consentita linstallazione di impianti di comunicazione e radiotelevisione ad eccezione di quelli con potenza totale ai connettori di antenna superiore a 300 W; -non risultava essere stata presentata la documentazione di cui comma 2 dellarticolo 7 della Legge regionale n. 11 del 2001 e, in particolare, quanto richiesto dalle lettere g) e h), poich, ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 7, qualora sia previsto laumento di potenza di emissione di un impianto, rispetto a quanto previsto nel provvedimento di autorizzazione, limpianto deve essere assoggettato ad un nuovo procedimento autorizzativo. In conseguenza dei motivi ostativi evidenziati, la nota comunale recava linvito alla Societ a presentare le proprie osservazioni entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, con espresso avviso che il termine per lefficacia della SCIA dovesse intendersi a tutti gli effetti interrotto e che lo stesso avrebbe ripreso a decorrere dalla data di presentazione della suddetta documentazione, o in mancanza di essa, dalla scadenza del sopraindicato termine di gg 30. 4. A seguito del preavviso di provvedimento negativo, la Societ ha trasmesso in data 12 febbraio 2013, mediante posta elettronica certificata, le proprie osservazioni, assunte al protocollo del Comune n. 6103 del 13 febbraio 2013, con le quali contestava sia la necessit di produrre ulteriore documentazione a supporto della segnalazione certificata di inizio attivit, sia la legittimit della nota comunale e del richiamato Piano delle aree, nella parte relativa allimposizione del limite di potenza di 300 W per le infrastrutture di telecomunicazione collocate nellarea ove sorge limpianto oggetto dellintervento. 5. Il Comune ha quindi adottato il provvedimento impugnato, in considerazione del mancato superamento delle ragioni ostative gi comunicate, evidenziando che non stata contestata la mancata presentazione di una nuova autorizzazione ai sensi dellart. 7 comma 2 della L.R. 11/2001 bens la mancata presentazione della documentazione prevista al comma 2 dellart. 7 della L.R. 11/2001, in particolare della documentazione prevista alle lettere g) e h) (...). 6. Vodafone Omnitel N.V. censura la determinazione comunale e gli atti ad essa presupposti, ritenendoli viziati per: violazione di legge sotto plurimi profili; eccesso di potere per insufficiente ed erronea motivazione; carenza di istruttoria; difetto dei presupposti di fatto e diritto; aggravamento del procedimento; violazione dei principi costituzionali e comunitari a tutela della libert di comunicazione, della libert di iniziativa economica e suo esercizio in regime di concorrenza; violazione dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella propria giurisprudenza in materia di disciplina degli impianti di telecomunicazione; sviamento; violazione dei principi di buon andamento e imparzialit dellazione amministrativa; illegittimit derivata. Sostiene, in particolare, la ricorrente che: 1) la SCIA sarebbe divenuta pienamente efficace, in quanto entro i trenta giorni dallacquisizione al protocollo del Comune della segnalazione non sarebbe intervenuto un provvedimento di diniego da parte dellente locale o un parere negativo dellARPA, secondo quanto richiesto dallart. 87-bis del d.lvo n. 259 del 2003; inoltre, anche a voler ritenere che il preavviso di diniego potesse determinare leffetto di interrompere il predetto termine, questo avrebbe ripreso nuovamente a decorrere dal 12 febbraio 2013 (data di trasmissione mediante posta certificata delle osservazioni della Societ) e sarebbe spirato il 14 marzo 2013, mentre il diniego da parte del Comune stato comunicato il 15 marzo 2013; 2) lefficacia della SCIA non sarebbe da ritenere subordinata allespressione di un parere favorevole dellARPA, essendo, invece, soltanto preclusa da un parere negativo; 3) sarebbe illegittima la previsione del regolamento comunale che pone limiti alla localizzazione degli impianti di telecomunicazioni di potenza superiore a 300 W, in quanto le competenze urbanistiche comunali non potrebbero essere esercitate in modo da introdurre surrettiziamente una regolamentazione delle emissioni degli impianti di telecomunicazioni, stante lesclusiva competenza statale in materia di tutela della salute mediante la fissazione di valori-soglia; lillegittimit del regolamento emergerebbe anche dallincongruit della previsione di limitazioni alla localizzazione degli impianti basate sulla potenza totale ai connettori di antenna, trascurando di considerare la diversa incidenza sulle persone che una pari potenza pu comportare in ragione di altri parametri pretermessi (tipologia di impianto, livelli di esposizione, angolo di puntamento, inclinazione delle antenne, numero massimo di canali e portanti attivabili, e via dicendo); 4) sarebbe illegittimo il richiamo allarticolo 7, comma 9, della legge regionale n. 11 del 2001, in quanto la disciplina cui fare riferimento contenuta allarticolo 87-bis del d.vo n. 259 del 2003, il quale prevede il ricorso alla segnalazione certificata di inizio di attivit; conseguentemente, non sarebbe applicabile il procedimento autorizzatorio previsto dalla richiamata norma regionale; questultima, anzi, sarebbe illegittima nella parte in cui prevede, per lipotesi di aumento della potenza dellimpianto, la produzione di ulteriori documenti, cos determinando un aggravamento procedimentale non consentito rispetto alliter semplificato prefigurato dalla norma statale. 7. In esito alla camera di consiglio del 13 giugno 2013, questa Sezione, chiamata a pronunciarsi sullistanza di sospensione del provvedimento impugnato avanzata dalla Societ ricorrente, ha pronunciato lordinanza n. 660 del 2013, con la quale sono stati richiesti documentati chiarimenti al Comune, che si successivamente costituito in giudizio. 8. Con ordinanza n. 818 del 12 luglio 2013, la Sezione ha ritenuto che le ragioni rappresentate da parte ricorrente fossero tutelabili con la sollecita definizione del giudizio nel merito, ai sensi dellarticolo 55, comma 10, cod. proc. amm., fissando per la discussione del ricorso ludienza pubblica del 6 marzo 2014. CONTENZIOSO NAZIONALE 9. Entrambe le parti hanno prodotto memorie. 10. Alludienza del 6 marzo 2014 la causa passata in decisione. DIRITTO 1. Il ricorso ha ad oggetto il provvedimento di diniego del Comune di Magenta, emesso a fronte della segnalazione certificata di inizio di attivit di Vodafone Omnitel N.V. concernente la modifica delle caratteristiche trasmissive di un impianto radiobase esistente. Le censure dedotte attengono da un lato alla ritenuta tardivit del provvedimento inibitorio e, dallaltro, allillegittimit dello stesso anche per ragioni sostanziali, dovute sia alla ritenuta assenza di un potere comunale di determinazione di limiti alla localizzazione degli impianti di telecomunicazione in relazione alla potenza di emissione, sia alla violazione del divieto di aggravamento procedimentale a causa della richiesta di documenti non dovuti. 2. Il ricorso infondato. 3. Deve anzitutto esaminarsi il quarto motivo di ricorso, concernente le censure avverso le integrazioni documentali ritenute necessarie dal Comune. 3.1. In proposito, rileva preliminarmente il Collegio che la disciplina applicabile alle installazioni di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive contenuta allarticolo 87-bis del decreto legislativo n. 259 del 2003, recante il Codice delle comunicazioni elettroniche, il quale stabilisce che: fermo restando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui allarticolo 87 nonch di quanto disposto al comma 3-bis del medesimo articolo, sufficiente la segnalazione certificata di inizio attivit, conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui allallegato n. 13. Qualora entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte dellente locale o un parere negativo da parte dellorganismo competente di cui allarticolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, la denuncia priva di effetti.. Tale disposizione, introdotta dallarticolo 5-bis, comma 1, del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, stata poi modificata dallarticolo 80, comma 1, lett. e), del decreto legislativo 28 maggio 2012, n. 70; prescrizione normativa, questultima, che ha sostituito listituto della SCIA in luogo della DIA, precedentemente prevista. La disposizione dellarticolo 87-bis ha quindi inteso introdurre una semplificazione procedimentale, stabilendo che, per gli interventi su infrastrutture di comunicazioni esistenti rientranti nelle ipotesi sopra richiamate, non sia necessaria la procedura autorizzatoria di cui allarticolo 87, potendo la stessa essere surrogata da una semplice segnalazione da parte del soggetto interessato. 3.2 Al riguardo, occorre peraltro evidenziare come la semplificazione prefigurata dalla nuova disciplina attenga solo ed esclusivamente al titolo di legittimazione dellintervento. Questultimo, infatti, nelle ipotesi previste, non richiede pi un provvedimento espresso dellamministrazione, ma pu essere effettuato sulla base di una semplice segnalazione da parte del soggetto interessato. Nessuna semplificazione ha, invece, inteso introdurre il legislatore quanto ai requisiti che lintervento previsto deve rispettare in base alla normativa ad esso applicabile. E invero, la differenza fra la soggezione al regime autorizzatorio e la liberalizzazione dellattivit attraverso la previsione della mera necessit di una segnalazione certificata del suo inizio attiene esclusivamente allaspetto formale e procedimentale, ossia al modo attraverso il quale deve essere comprovato il rispetto dei requisiti cui lintervento soggetto. Nel caso dellautorizzazione di cui allarticolo 87 del Codice, le condizioni per lo svolgimento dellattivit sono verificate dallamministrazione, che ne d atto attraverso un provvedimento espresso, il quale costituisce titolo per la realizzazione e lesercizio dellimpianto. In mancanza del provvedimento, gli stessi requisiti si intendono accertati positivamente decorso il termine di cui al comma 9, che determina la formazione del medesimo titolo per silenzio-assenso. Nelle ipotesi liberalizzate di cui allarticolo 87-bis , invece, linteressato a dover certificare il rispetto di tutte le condizioni di legge, assumendosene la responsabilit. Ne discende che la previsione normativa dellassoggettamento di una attivit a SCIA neutra dal punto di vista della determinazione dei requisiti richiesti dallordinamento per lo svolgimento di quanto segnalato, poich a tal fine rileva esclusivamente la disciplina sostanziale relativa allattivit oggetto di liberalizzazione. 3.3 Nel caso in esame, quindi da ritenere corretto loperato del Comune, il quale, rilevando che, per effetto dellintervento oggetto di segnalazione, la potenza di emissione dellimpianto avrebbe subito un significativo incremento, ha dato applicazione allarticolo 7, comma 9, della legge regionale 11 maggio 2001, n. 11, in base al quale: (...) Nel caso che, a causa delle modifiche da apportarsi, sia prevedibile un significativo aumento delle esposizioni o qualora si preveda l'aumento della potenza di emissione dell'impianto, rispetto a quanto previsto nel provvedimento di autorizzazione, l'impianto deve essere assoggettato ad un nuovo procedimento autorizzativo.. Correttamente, peraltro, il Comune non ha preso in considerazione la suddetta disposizione per la sua valenza procedimentale - certamente non operante per effetto della richiamata norma statale, che liberalizza gli interventi in esame assoggettandoli a mera segnalazione certificata di inizio di attivit - bens unicamente quanto al profilo, di rilievo sostanziale, attinente alla documentazione necessaria a supporto della SCIA. E invero, la disposizione regionale determina una soglia di rilevanza delle modifiche tecniche degli impianti, stabilendo che soltanto quelle che comportino un aumento di esposizione o di potenza di emissione debbano essere assoggettate a nuova autorizzazione; il che equivale a dire che tali interventi vanno considerati, sotto il profilo sostanziale dei requisiti richiesti per lesercizio dellattivit, come di nuova realizzazione. La circostanza che il procedimento autorizzatorio sia stato sostituito, per effetto della legge statale, dalla segnalazione certificata di inizio di attivit non fa venir meno la rilevanza della fattispecie sul piano sostanziale e la necessit di trattarla, solo sotto questo profilo, al pari del- lipotesi di installazione ed esercizio di un nuovo impianto. Legittimamente, pertanto, il Comune ha richiesto, in sede di preavviso di diniego, lintegrazione dei documenti, non allegati alla SCIA, necessari per lautorizzazione allinstallazione e allesercizio di nuove infrastrutture e, in particolare, la produzione - ai sensi del comma 2, lettere g) e h) del richiamato articolo 7 della legge regionale n. 11 del 2001 - di un atto di impegno, sottoscritto dal titolare dell'impianto o da suo legale rappresentante, ad una corretta manutenzione dell'impianto ove, ai fini della protezione della popolazione, devono essere rispettate le indicazioni specificamente fornite dall'esperto di cui al comma 4 dell'articolo 3; atto con il quale Il titolare dell'impianto o il suo legale rappresentante si impegnano altres ad eseguire, nel caso di disattivazione, i relativi interventi sull'impianto fino alla completa demolizione, ripristinando il sito in armonia con il contesto territoriale (lettera g), nonch del certificato fideiussorio relativo agli oneri di smantellamento e ripristino ambientale (lettera h). 3.4 N, per converso, possono trovare positiva valutazione le affermazioni di parte ricorrente secondo le quali la disposizione regionale dovrebbe essere disapplicata, in quanto introdurrebbe ingiustificatamente un aggravio procedimentale non previsto dalla disciplina statale di riferimento. Al riguardo, occorre considerare che la giurisprudenza ha ritenuto di ravvisare un siffatto aggravamento nel caso in cui, ad esempio, la normativa regionale imponga lassoggettamento dellimpianto a valutazione dimpatto ambientale (Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2014, n. CONTENZIOSO NAZIONALE 723), ossia a una fase procedimentale ulteriore e non richiesta dalla legge statale. Affatto diverso il caso di specie, nel quale il privato chiamato unicamente a produrre atti che rientrano nella sua esclusiva disponibilit e che - senza che sia previsto il coinvolgimento di alcuna amministrazione, n lintroduzione di fasi o segmenti procedimentali aggiuntivi - sono volti allo scopo precipuo (e certamente non irragionevole) di dare garanzia alla collettivit sia in ordine alla regolare manutenzione dellimpianto a tutela della salute pubblica, sia in relazione al corretto smantellamento e ripristino ambientale in caso di dismissione dellinfrastruttura. Non pu quindi ritenersi che la disposizione regionale determini un ingiustificato aggravamento procedimentale; nulla osta, pertanto, alla sua integrale applicazione. 3.5 In conseguenza di quanto precede, il quarto motivo di ricorso deve essere respinto. 4. Quanto affermato in merito alla necessit delle integrazioni documentali richieste dal Comune appare dirimente al fine di respingere il primo motivo di impugnazione, volto a contestare la legittimit del diniego comunale a causa della tardivit della relativa comunicazione. 4.1 Al riguardo, ritiene il Collegio che il preavviso di diniego inviato dal Comune abbia effettivamente interrotto il termine di trenta giorni normativamente previsto al fine del consolidarsi della SCIA. Non pu, infatti, condividersi la prospettazione di parte ricorrente, secondo la quale il Comune non avrebbe avuto il potere di interrompere il predetto termine, essendogli consentita esclusivamente ladozione di un provvedimento di diniego. Una siffatta soluzione appare contraria allinteresse stesso del soggetto privato che intenda procedere allintervento, perch imporrebbe al Comune di emettere un provvedimento di segno negativo anche in presenza di carenze o irregolarit suscettibili di integrazione. Daltra parte, bench lart. 10-bis della legge n. 241 del 1990 sia testualmente riferito ai procedimenti a istanza di parte, si tratta di disposizione avente una pi ampia portata di principio, in quanto costituente diretta applicazione dei canoni di imparzialit e buon andamento del- lamministrazione e finalizzata ad assicurare la piena tutela dellinteresse alla partecipazione procedimentale del destinatario del provvedimento. Deve quindi ritenersi che sia consentito al Comune interrompere il termine di trenta giorni per il consolidamento della SCIA attraverso la sollecitazione del contributo istruttorio del privato, come, del resto, gi riconosciuto dalla giurisprudenza con riferimento alla diversa ipotesi di semplificazione procedimentale costituita da silenzio-assenso di cui al gi richiamato articolo 87, comma 9, del d.lvo n. 259 del 2003 (Cons. Stato, Sez. III, 28 gennaio 2014, n. 418). 4.2 Daltra parte, qualora, come nel caso di specie, la comunicazione del Comune, emessa nei termini, sia volta, tra laltro, a contestare correttamente una carenza documentale della SCIA, deve escludersi che il termine di trenta giorni possa riprendere a decorrere fino a quando i documenti dovuti non siano stati effettivamente prodotti. E invero, il ricorso allistituto della segnalazione certificata dellinizio dellattivit presuppone lassunzione di responsabilit da parte del privato in ordine alla legittimit dellattivit che questi dichiara di voler svolgere e trova la sua ragion dessere nella circostanza che il potere di verifica dellamministrazione abbia modo di esercitarsi agevolmente e rapidamente nei confronti di documentazione corretta e completa. Sono proprio lassunzione di responsabilit del privato e la completezza della documentazione prodotta a corredo della segnalazione a giustificare tanto la liberalizzazione dellattivit, quanto la limitazione entro termini estremamente contenuti del tempo a disposizione dellamministrazione per la verifica della sussistenza delle condizioni per lo svolgimento di quanto segnalato. Pertanto, anche a voler ammettere che la SCIA possa produrre effetti a fronte di documenta zione incompleta - ci di cui invero lecito dubitare - in ogni caso da escludere che tali effetti possano permanere o addirittura consolidarsi per mero decorso del tempo, qualora la carenza documentale sia stata tempestivamente contestata dallamministrazione e non seguita dalla produzione di quanto debitamente richiesto. 4.3 Le considerazioni sopra esposte consentono di prescindere dalle argomentazioni di parte ricorrente, volte a dimostrare che il provvedimento finale sarebbe intervenuto il giorno successivo al trentesimo dalla produzione della memoria della ricorrente. Come detto, infatti, indipendentemente dalle modalit di computo del dies a quo e del dies ad quem per il decorso dei trenta giorni, da ritenere che, in mancanza dellintegrazione documentale necessaria e correttamente richiesta dal Comune, il termine stesso non potesse in ogni caso riprendere a decorrere. 5. Neppure pu trovare accoglimento il secondo motivo di ricorso, con il quale si censura il provvedimento impugnato rilevando che illegittimamente si sarebbe ritenuto necessario il parere positivo dellARPA per il consolidarsi della SCIA. Contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, la mancanza del parere dellARPA non figura tra le ragioni giustificatrici del diniego, che appaiono chiaramente indicate nellultimo punto della premessa al provvedimento impugnato e che risultano specificamente dettagliate alle lettere a, b, c, d ed e (pagg. 2 e 3). Il Comune, piuttosto, si limita correttamente a dare atto della mancanza di tale parere (secondo punto della premessa, pag. 1), nel quadro delle verifiche procedimentali dovute da parte dellEnte ai fini dellassunzione delle proprie determinazioni. 6. Va, infine, disatteso anche il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura il diniego comunale e il presupposto regolamento, sulla base della ritenuta assenza di un potere dellente locale di stabilire limiti alle localizzazioni degli impianti in ragione della potenza di emissione. 6.1 Mette conto di ricordare, al riguardo, che larticolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, stabilisce che I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.. In proposito, la giurisprudenza ha chiarito che il favor assicurato, soprattutto dagli artt. 86 ss. del d. lgs. 259/2003, alla diffusione delle infrastrutture a rete della comunicazione elettronica, se comporta una forte compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente spettanti ai Comuni, non arriva a derogare alle discipline poste a tutela degli interessi differenziati (in quanto espressione di principi fondamentali della Costituzione), (...) e che la potest assegnata ai Comuni dallart. 8, comma 6, della legge quadro 36/2001, deve tradursi nellintroduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico (ovvero, per ci che riguarda la minimizzazione dellesposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nellindividuazione di siti che per destinazione duso e qualit degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche), ma non pu trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 4.4.2013, n. 1873) (cos Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.). In tale prospettiva, la medesima giurisprudenza afferma la necessit di distinguere tra limiti o divieti di localizzazione, illegittimi, e criteri di localizzazione, legittimi (in quanto non impediscano di reperire soluzioni alternative che consentano la funzionalit del servizio) (Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.; Id., 10 luglio 2013, n. 3690). CONTENZIOSO NAZIONALE Nel solco del consolidato orientamento richiamato, la disciplina introdotta dai comuni , pertanto, da ritenere illegittima soltanto allorch determini (...) una generale limitazione alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, con la esclusione (...) di pressoch tutte le zone a destinazione residenziale e, comunque, con la esclusione di intere zone di P.R.G. e, soprattutto, senza la previsione di siti davvero idonei alla realizzazione di una rete UMTS efficientemente funzionante sullintero territorio comunale. (ancora Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.). 6.2 quindi da respingere laffermazione di parte ricorrente secondo la quale sarebbe precluso al Comune di regolamentare la localizzazione delle infrastrutture di comunicazione in ragione della potenza di emissione. Tale attivit , al contrario, legittimamente esercitabile, purch attraverso ladozione di criteri di localizzazione, che - senza introdurre divieti generalizzati o relativi a porzioni territoriali eccessivamente estese e senza impedire lindividuazione di soluzioni alternative tali da assicurare la piena efficienza della rete - siano volti tuttavia a preservare interessi di rilievo costituzionale primario, quale, tra gli altri, la tutela della salute, mediante la minimizzazione dellesposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. 6.3 Orbene, il regolamento del Comune di Magenta (doc. 2 prodotto dalla difesa comunale) appare effettivamente non censurabile sotto il profilo in esame. Latto prevede invero un divieto di installazione degli impianti solo ed esclusivamente nel perimetro di pertinenza di asili, scuole, ospedali, case di cura e residenze per anziani, oratori, aree a verde attrezzato con parco giochi (articolo 3, secondo comma, lettera a). Il territorio comunale poi regolamentato secondo una articolata suddivisione in: aree di particolare tutela, comprese entro il limite di 100 metri dal perimetro di pertinenza dei luoghi sopra indicati (articolo 2, primo comma, n. 3), ove prevista linstallazione di impianti di potenza fino a 300 W (articolo 3, secondo comma, lett. b); aree 1, ove prevista la localizzazione di impianti fino a 1000 W (articolo 3, secondo comma, lett. c); aree 2, ove consentita la localizzazione di ogni tipologia di impianti (articolo 3, secondo comma, lett. d). Come argomentato dalla difesa comunale e comprovato dallestratto del Piano delle aree depositato in prossimit delludienza, le aree di particolare tutela - nellambito delle quali localizzata linfrastruttura di comunicazione di cui Vodafone Omnitel N.V. intende incrementare la potenza -non appaiono di estensione manifestamente eccessiva o tale da compromettere la possibilit di individuare localizzazioni alternative al fine di assicurare la piena funzionalit delle infrastrutture di comunicazione. In queste aree, inoltre, non preclusa la localizzazione di infrastrutture di telecomunicazione, ma sono stabiliti unicamente limiti alla potenza di emissione. In definitiva, le determinazioni comunali, assunte nellesercizio della discrezionalit amministrativa spettante allEnte locale in materia, stabiliscono criteri di localizzazione degli impianti che non appaiono eccessivi n irragionevoli e non sono quindi censurabili sotto i profili dedotti dalla ricorrente. Il ricorso va quindi respinto. 7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna Vodafone Omnitel N.V. alle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2014. Laffidamento di incarichi esterni da parte della p.A. TAR CAMPANIA - SALERNO, SEZ. II, SENTENZA 16 LUGLIO 2014 N. 1383 Iolanda Luce* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il fatto - 3. Il quadro normativo - 4. I presupposti - 5. Il procedimento; differenza con lappalto di servizi. 1. Premessa. Una recente pronuncia del giudice amministrativo (1) ripropone alla attenzione degli operatori del diritto la questione delle modalit di affidamento, da parte della pubblica amministrazione, di incarichi di consulenza legale a professionisti terzi, esterni cio alla struttura burocratica dellente. Tale problematica risulta essere di forte attualit, soprattutto in un momento storico quale quello attuale, caratterizzato dalla sempre pi crescente esigenza, per lamministrazione pubblica, di contenimento della spesa a fronte di un quadro normativo la cui complessit impone, spesso, allente pubblico di ricorrere alla collaborazione di professionisti terzi particolarmente qualificati. Appare subito evidente, pertanto, come nella subiecta materia emergano due esigenze tra loro spesso contrapposte: da un lato quella di rivolgersi a professionisti esperti e qualificati, cui affidare un incarico dal carattere prettamente fiduciario basato, per sua intima natura, sullintuitu personae; dallaltro quella di limitare la spesa garantendo, nel contempo, la trasparenza e pubblicit delle procedure di affidamento dellincarico legale. A ci aggiungasi che il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, ormai costantemente reiterato dai recenti governi, rende sempre pi emergente la problematica del reperimento, da parte dei soggetti pubblici, di personale qualificato in grado di risolvere le problematiche giuridiche che la moderna azione amministrativa deve affrontare. 2. Il fatto. Un comune deliberava di assegnare a due avvocati, non incardinati nella propria struttura burocratico-amministrativa, un incarico di collaborazione esterna ad alto contenuto di professionalit per lo svolgimento di attivit di consulenza legale, giudiziale e stragiudiziale, da rendersi in maniera continuativa per la durata di un anno a favore di tutti gli organi dellente. Un altro avvocato impugnava, pertanto, la delibera comunale di affidamento del predetto incarico deducendo, tra gli altri vizi di legittimit, la violazione degli (*) Avvocato dello Stato. (1) Tar Campania - Salerno, Sez. II, 16 luglio 2014 n. 1383. CONTENZIOSO NAZIONALE articoli 7 del D. lgs. n. 165\2001 e 110 del D. lgs. n. 267\2000 (TUEL), nonch del Regolamento comunale recante la disciplina di affidamento degli incarichi. Secondo la prospettazione del ricorrente il Comune non avrebbe potuto procedere alla assegnazione in via fiduciaria della consulenza, ma avrebbe dovuto esperire una procedura di tipo selettivo e comparativo come richiesto dalle norme sopra citate. Le doglianze del ricorrente hanno trovato accoglimento da parte del TAR che, con la pronuncia in rassegna, ha disposto il conseguente annullamento della delibera comunale impugnata: pi in particolare il giudice amministrativo, premessa la propria giurisdizione (2), ha ritenuto illegittima la delibera con la quale il Comune ha affidato una serie di servizi legali a professionisti privati () senza esperire una procedura comparativa di tipo concorsuale per la scelta del miglior contraente, aperta alla partecipazione di tutti coloro che, in possesso di titoli e requisiti richiesti, potevano aspirare al conseguimento dellincarico, in violazione di quanto previsto, in via generale, dallart. 7 co. 6 del D.lgs. n. 165\2001, come modificato dallart. 32 del D.L. n. 223\2006 convertito in L. n. 248\2006. 3. Il quadro normativo. Il quadro normativo di riferimento (3) rappresentato, in primo luogo, dallart. 7 del D. lgs. n. 165\2001 che al comma 6 (come modificato dallart. 1 comma 147 della L. 28 dicembre 2012, n. 228) cos dispone: per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimit: a) loggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attri (2) TAR Campania cit.: sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo atteso che il ricorrente, lungi dall'invocare un proprio diritto al conseguimento dell'incarico e alla stipulazione del contratto con l'amministrazione, ha inteso contestare la correttezza dell'azione amministrativa (...) Deve quindi rilevarsi, in uno con la giurisprudenza amministrativa, che il petitum fatto valere nel presente ricorso non attiene alla pretesa del ricorrente di conseguire l'incarico, bens alla pretesa di legalit dell'azione amministrativa, ossia alla pretesa che l'amministrazione, pur quando agisce secondo il diritto privato, pervenga alla selezione del contraente sulla base di procedure amministrative trasparenti e non discriminatorie, aperte alla partecipazione di tutti gli aventi diritto. (3) L'art. 1 co. 9 e 11 del D.L. n. 168, conv. in L. 30.7.04, poi abrogato dalla L. 30.12.04 n. 311 (Finanziaria 2005), aveva individuato tre categorie di incarichi: di studio, di ricerca, di consulenza. Sul punto Corte dei Conti, sez. riun. di controllo, 15.2.05 n. 5, secondo la quale le norme attuali hanno per oggetto le tre categorie gi individuate dal D.L. n. 168/04 () Gli incarichi di studio possono essere individuati con riferimento ai parametri indicati dal D.P.R. n. 338/94 che determina il contenuto del- l'incarico nello svolgimento di un'attivit di studio, nell'interesse dell'amministrazione (...) Gli incarichi di ricerca, invece, presuppongono la preventiva definizione del programma da parte della pubblica amministrazione. Le consulenze, infine, riguardano richieste di pareri ad esperti. buite dallordinamento allamministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalit dellamministrazione conferente; b) lamministrazione deve avere preliminarmente accertato limpossibilit oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non ammesso il rinnovo; leventuale proroga dellincarico originario consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dellincarico; d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione. Per quanto riguarda gli enti locali, il TUEL prevede, allart. 110 comma 6, che per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento pu prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalit. La legge 24 dicembre 2007 n. 244, allart. 3 comma 6, ha poi previsto che con il regolamento sullordinamento degli uffici e dei servizi emanato ai sensi del citato d. lgs. 18.8.2000, n. 267, sono fissati, in conformit a quanto stabilito dalle disposizioni vigenti, i limiti, i criteri e le modalit per laffidamento di incarichi di collaborazione, di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei allamministrazione. Al fine di garantire la trasparenza e pubblicit delle procedure la L. 23 dicembre 1996, n. 662 ha previsto, allart. 1 comma 127, che le amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza retribuiti devono pubblicare gli elenchi sui conferimenti, da inviare semestralmente al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La predetta disposizione stata poi inserita nel D.lgs. n. 165\2001 (art. 53 comma 14, 15, 16) che ha previsto lobbligo per le amministrazioni di rendere noti, mediante linserimento nelle proprie banche dati di informazioni accessibili al pubblico, gli elenchi dei propri consulenti indicando, altres, le ragioni e la durata dellincarico nonch lammontare del compenso. A tali norme si sono aggiunte poi, nel corso degli anni, le disposizioni contenute nelle leggi finanziarie (4), che di volta in volta hanno imposto alle am (4) L. 24.12.07 n. 244 art. 3 co. 6 il limite massimo della spesa amministrativa per incarichi di collaborazione fissato nel bilancio preventivo degli enti territoriali. Con specifico riferimento ai vincoli di finanza pubblica, tale forma di collaborazione non pu essere utilizzata in caso di mancato rispetto del patto di stabilit interno nell'esercizio precedente (art. 76 comma 4, D.L. n. 112/2008 convertito in L. n. 133/2008). Le collaborazioni coordinate e continuative soggiacciono, poi, se l'ente che le dispone soggetto al patto di stabilit, al limite di cui al comma 557 bis dell'art.1 della legge n. 296/2006 per espressa previsione legislativa (art. 1, comma 557 bis, L. n. 296/2006) che pone un obbligo di riduzione progressiva della spesa del personale, sanzionato, in caso di mancato rispetto, con il divieto di assunzione CONTENZIOSO NAZIONALE ministrazioni limiti e tetti di spesa via via sempre pi rigorosi al dichiarato fine di contenere la spesa pubblica ed evitare che dietro laffidamento dellincarico si celassero rapporti sostanzialmente riconducibili ad assunzioni a termine. Le citate disposizioni, nella interpretazione che di esse ha fornito la giurisprudenza sia contabile che amministrativa, trovano il loro diretto fondamento nei canoni costituzionali di buon andamento e trasparenza dellazione amministrativa (5); esse, inoltre, se da un lato attestano che nel nostro ordinamento non sussiste un generale divieto per la pubblica amministrazione di ricorrere ad esternalizzazioni per lassolvimento di determinati compiti, dallaltro, tuttavia, confermano che lutilizzazione del modulo negoziale non pu concretizzarsi se non nel rispetto delle condizioni e dei limiti sopra specificati. 4. I presupposti. Quanto ai presupposti cos come delineati dallart. 7 citato, occorre in primo luogo osservare che requisito primario di legittimit del provvedimento di affidamento dellincarico risulta essere la impossibilit oggettiva, per lamministrazione conferente, di utilizzare le risorse umane disponibili al proprio interno: secondo linterpretazione prevalente in giurisprudenza (6) la norma non richiede la radicale e assoluta assenza, nella pianta organica, della professionalit richiesta, essendo piuttosto sufficiente laccertamento della impossibilit di utilizzare le risorse umane interne allapparato amministrativo; tale impossibilit, tuttavia, deve presentarsi in maniera oggettiva e motivata, a qualsiasi titolo (il comma 557 ter, inserito dall'art. 14 del D.L n. 78/2010, rinvia all'art. 76 comma 4 del D.L. n. 112/2008, convertito nella legge n. 122/2010). L'amministrazione locale altres tenuta a mantenere un determinato rapporto fra spese per il personale e spese correnti, previsto dall'art. 76, comma 7, del D.L. n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008. Infine, tale forma di collaborazione soggiace ai limiti di cui all'art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010 e successivamente modificato, che stabilisce che le amministrazioni possano avvalersi di personale assunto a tempo determinato e con altre forme di lavoro c.d. flessibile nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta, per le stesse finalit, nell'anno 2009 ovvero, in caso di assenza di spesa in tale anno, di quella concernente la media del triennio 2007-2009. A decorrere dal 2013 gli enti territoriali possono superare il predetto limite del 50% per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonch per le spese sostenute per lo svolgimento di attivit sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all'art. 70 n. 1 del D.lgs. 10.09.2003 n. 276, purch la spesa complessiva non sia superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalit nell'anno 2009. (5) Corte dei Conti, sez. autonomie, delib. 24.4.08 n. 6; Corte dei Conti, sez. giurisd. Lazio, delib. 18.1.11 n. 83: La pubblica amministrazione, in conformit al dettato costituzionale, deve uniformare i propri comportamenti ai criteri di legalit, economicit, efficienza e imparzialit, corollario, per ius receptum, il principio per cui essa, nell'assolvimento dei compiti istituzionali, deve avvalersi prioritariamente delle proprie strutture organizzative e del personale che vi preposto rendendo ammissibile il ricorso ad incarichi e a consulenze professionali esterne solo in presenza di specifiche condizioni quali la straordinariet e l'eccezionalit delle esigenze da soddisfare, la carenza di personale idoneo, il carattere limitato nel tempo e l'oggetto circoscritto della consulenza. (6) Corte dei Conti, sez. centrale di controllo della legittimit degli atti del Governo e delle autonomie locali, delib. 19.11.10 n. 25; Corte dei Conti, sez. reg. di controllo Molise, 23.7.09 n. 4. non essendo sufficiente il generico riferimento al bisogno di supportare il servizio interno con la ricerca di professionalit esterne (7). Quanto al requisito di cui allart. 7 sub a), ossia quello della necessaria coerenza tra loggetto dellincarico e le esigenze di funzionalit dellamministrazione conferente, stato sottolineato come non sia sufficiente che lincarico sia attinente alle competenze dellente, essendo necessaria anche una preventiva e specifica valutazione circa leffettiva utilit dello stesso. La consulenza deve inoltre essere a tempo determinato (8) e il suo contenuto specificamente determinato (9). Nella sentenza n. 463 del 22 novembre 2003 la Corte dei Conti sezione giurisdizionale per lEmilia Romagna ha tracciato un vero e proprio elenco dei presupposti di legittimit del conferimento degli incarichi esterni allamministrazione: la giurisprudenza della Corte dei Conti, condivisa da questo Collegio, ha ritenuto che per la nomina dei consulenti debbano essere rispettati i seguenti principi: a) che i conferimenti di incarichi di consulenza a soggetti esterni possono essere attribuiti ove i problemi di pertinenza dellamministrazione richiedano conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale dipendente e conseguentemente implichino conoscenze specifiche che non si possono nella maniera pi assoluta riscontrare nellapparato amministrativo; b) che lincarico stesso non implichi uno svolgimento di attivit continuativa bens la soluzione di specifiche problematiche gi individuate al momento del conferimento dellincarico delle quali debbono costituire loggetto espresso; c) che lincarico si caratterizzi per la specificit e la temporaneit dovendosi altres dimostrare limpossibilit di adeguato assolvimento dellincarico da parte delle strutture dellente per mancanza di personale idoneo; d) che lincarico non rappresenti uno strumento per ampliare surrettiziamente compiti istituzionali e ruoli organici dellente al di fuori di quanto consentito dalla legge; e) che il compenso connesso allincarico sia proporzionato allattivit svolta e non liquidato in maniera forfetaria; f) che la delibera di conferimento sia adeguatamente motivata al fine di consentire laccertamento della sussistenza dei requisiti previsti; g) che lorganizzazione dellamministrazione sia comunque caratterizzata (7) Corte dei Conti, sez. giurisd. Lazio, delib. 18.11.11 n. 1619: Vera finalit delle norme quella di escludere che ordinarie attivit (...) che potrebbero essere svolte da personale interno (...) siano affidate all'esterno con incarichi di consulenza. (8) Circolare Funzione Pubblica 11.3.08 n. 2; i contratti di collaborazione devono avere natura temporanea in quanto conferiti allo scopo di sopperire ad esigenze di carattere temporaneo: al riguardo si ritiene in giurisprudenza che l'incarico non sia rinnovabile n prorogabile, se non a fronte di un ben preciso interesse dell'amministrazione, adeguatamente motivato e al fine di completare l'attivit gi intrapresa. (9) Corte dei Conti, sez. giurisd. Trentino Alto Adige, delib. 19/02/09 n. 6; Corte dei Conti, sez. giurisd. Abruzzo n. 876/04; Corte dei Conti, sez. giurisd. Puglia n. 14/01. CONTENZIOSO NAZIONALE per il rispetto dei principi di razionalizzazione, senza duplicazione di funzioni e senza sovrapposizione allattivit e alla gestione amministrativa ; h) che lincarico non sia generico o indeterminato al fine di evitare un evidente accrescimento delle competenze e egli organici dellente ...; i) che i criteri di conferimento non siano generici perch la genericit non consente un controllo sulla legittimit dellesercizio dellattivit ammnistrativa di attribuzione degli incarichi. In senso conforme la Corte dei Conti, sezioni riunite di controllo, con deliberazione del 15 febbraio 2005 n. 6, ha precisato che la legittimit degli incarichi e delle consulenze esterne sussiste in presenza delle seguenti condizioni: 1) rispondenza dellincarico agli obiettivi dellamministrazione; 2) inesistenza, allinterno della propria organizzazione, della figura professionale idonea allo svolgimento dellincarico, da accertare per mezzo di una reale ricognizione; 3) indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dellincarico; 4) indicazione della durata dellincarico; 5) proporzione fra il compenso corrisposto allincaricato e lutilit con- seguita dallamministrazione. 5. Il procedimento; differenza con lappalto di servizi. Lart. 7 del D.lgs. 165\2001 sopra citato non delinea in modo specifico la procedura da seguire al fine della attribuzione dellincarico. La giurisprudenza, tuttavia, richiede, ormai pacificamente, quale requisito di legittimit, che lamministrazione ponga in essere una procedura di tipo comparativo previamente disciplinata e adeguatamente pubblicizzata (10), allesito della quale si instaura, tra lente conferente e lesperto, un contratto riconducibile allo schema del contratto di prestazione dopera delineato dagli artt. 2222 e ss. del codice civile, e, pi in particolare, del contratto dopera intellettuale di cui agli artt. 2229 e ss. (la Cassazione, con ordinanza 4 agosto 2011 n. 16997, ha richiesto la forma scritta a pena di nullit). Pi specificamente, si tratta di un contratto riconducibile al modello della locatio operis rispetto al quale assume rilevanza la personalit della prestazione resa dallesecutore. Il procedimento finalizzato alla stipulazione del predetto contratto, per quanto non formalizzato, deve in ogni caso prevedere criteri oggettivi di com (10) TAR Piemonte, sez. I, 29.9.2008, n. 2106: qualsivoglia amministrazione pu legittimamente conferire ad un professionista esterno un incarico di collaborazione, di consulenza, di studio, di ricerca, o quantaltro, mediante qualunque tipologia di lavoro autonomo continuativo o anche occasionale, solo a seguito dellespletamento di una procedura comparativa previamente disciplinata e adeguatamente pubblicizzata. In senso conforme Tar Campania - Napoli, sez. III, 15.3.2010 n. 14533; Cons. Stato, 28.5.2010, n. 3405. parazione, anche se basati sulla sola valutazione del curriculum (11); latto di conferimento, inoltre, dovr indicare tutti gli elementi costitutivi richiesti per qualsiasi contratto della pubblica amministrazione e, in particolare, loggetto della prestazione, la durata dellincarico, le ipotesi di recesso, le modalit di determinazione del corrispettivo e del suo pagamento e di verifica del risultato (12). Una volta delineati i principi generali cui ogni pubblica amministrazione deve attenersi qualora intenda affidare un incarico di consulenza a soggetti esterni al proprio apparato, occorre chiarire quale sia la procedura da seguire nella specifica ipotesi in cui lamministrazione intenda affidare ad esperti terzi un incarico di consulenza e\o patrocinio legale. Nella prassi accade, infatti, spesso che gli enti locali, soprattutto se privi di un avvocatura civica interna, decidano di avvalersi della collaborazione di avvocati esterni al proprio assetto burocratico, e ci sia per lassistenza e il patrocinio relativi ad una singola vertenza sia per una pi generale e continuativa attivit di consulenza giuridica, sostanziantesi non solo nella difesa processuale vera e propria ma anche nella pi generica attivit di assistenza e consulenza legale. Sul piano strettamente civilistico, lattivit del consulente esterno allamministrazione risulta, come sopra detto, riconducibile al contratto dopera intellettuale, assumendo rilievo preponderante e qualificante lelemento personalistico della prestazione resa e il carattere prettamente fiduciario che si instaura con lente conferente. Tali caratteristiche rendono dunque facilmente distinguibile tale tipologia contrattuale dal contratto di appalto di servizi che si connota, in special modo, per il carattere imprenditoriale del soggetto appaltatore, il quale opera (secondo la definizione codicistica) con organizzazione di mezzi propri e con gestione a proprio rischio. infatti ormai pacifico in giurisprudenza che il tratto qualificante il contratto di appalto operi, per lappunto, sotto il profilo soggettivo e organizzato- rio, presentandosi lappaltatore come soggetto avente la qualifica di imprenditore. Tale differenziazione, tuttavia, tende a sfumare quando si tratta di interpretare la normativa interna e comunitaria in tema di procedure di appalto e, pi in particolare, di appalto di servizi. Nella normativa interna e comunitaria sugli appalti pubblici, infatti, la nozione di appaltatore non coincide in senso stretto con quella civilistica di imprenditore e non si esaurisce in essa, potendo qualificarsi come appaltatore chiunque (e dunque anche il singolo operatore sfornito di una struttura organizzativa di tipo imprenditoriale) si ponga sul mercato e offra allamministra (11) Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per lEmilia Romagna, delib. 26.7.2012, n. 310. (12) Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, delib. n. 37/09. CONTENZIOSO NAZIONALE zione i propri servizi in condizioni di concorrenzialit con gli altri operatori economici. Tale nozione trova, peraltro, il suo fondamento normativo nel chiaro disposto dellart. 3 del codice dei contratti, a norma del quale (co. 19) i termini imprenditore, fornitore, e prestatore di servizi designano una persona fisica o una persona giuridica o un ente senza personalit giuridica che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi. Fatta tale necessaria premessa, occorre evidenziare che lattivit di consulenza resa ad una amministrazione pubblica rientra, senza dubbio, nella nozione codicistica di servizio, da affidare a mezzo di procedura di evidenza pubblica. Lart. 20 del codice dei contratti, infatti, nel disciplinare lappalto di servizi, prevede, per i servizi di cui allallegato II B (tra i quali vi sono appunto i servizi legali) lapplicazione delle (sole) previsioni di cui agli artt. 68, 65 e 225, mentre gli appalti di servizi di cui allallegato II A (tra i quali sono ricomprese le consulenze gestionali) restano soggetti alla integrale applicazione della normativa codicistica. Occorre dunque stabilire, nella ipotesi di affidamento, da parte dellamministrazione, di un incarico di consulenza legale ad un soggetto terzo, se lente debba necessariamente avviare una procedura di appalto di servizio, oppure possa procedere alla stipulazione del contratto senza ricorrere alle regole della evidenza pubblica. Secondo una certa corrente di pensiero (13) lamministrazione che intenda avvalersi di professionisti esterni dovrebbe sempre porre in essere una procedura ad evidenza pubblica: ci a prescindere dalla tipologia di incarico assegnato, e cio sia se esso attenga ad una singola e isolata difesa e consulenza processuale, sia se si riferisca, invece, ad una pi ampia e generica attivit di consulenza legale. Secondo tale linea di pensiero, pertanto, il codice dei contratti pubblici attrarrebbe nella nozione di appalto di servizi anche la singola e isolata prestazione di unopera intellettuale. Milita a sostegno di tale opinione la nozione omnicomprensiva, sopra vista, di appaltatore, nonch il dato testuale ricavabile del codice dei contratti che utilizza il termine servizi al plurale, come tale riferibile a qualunque tipologia di incarico. Viene infine richiamata la giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo la quale le norme e le nozioni giuridiche che definiscono lambito di (13) Tar Lazio - Latina, 20.7.2014, n. 604; Corte dei Conti, sez. Reg. di controllo per il Veneto, parere 14.1.2009 n. 7; L. OLIVERI: La configurazione delle consulenze e delle prestazioni dopera ai fini dellapplicazione del codice dei contratti. Le procedure comparative per gli incarichi di collaborazione, in Lexitalia.it, 2006. applicazione della normativa in tema di evidenza pubblica vanno interpretate in chiave estensiva. Una opposta linea interpretativa, di recente sostenuta dal Consiglio di Stato (14) e da numerose pronunce dei giudici contabili (15), attribuisce, invece, valore preponderante alle caratteristiche dellincarico che lente pubblico intenda attribuire, rimarcando la differenza ontologica tra questultimo e lassistenza e consulenza giuridica. Mentre, infatti, il primo ha carattere di episodicit, la seconda si caratterizza per la durata e la complessit dellincarico tali da inserirsi in un pi ampio contesto organizzativo: ne deriva che il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richiede un elemento di specialit, per prestazione e per modalit organizzativa, rispetto alla mera prestazione di patrocinio legale. Laffidamento di un servizio legale , a questa stregua, configurabile allorquando loggetto del servizio non si esaurisca nel patrocinio legale a favore dellente, ma si configuri quale modalit organizzativa di un servizio, affidato a professionisti esterni, pi complesso e articolato, che pu anche comprendere la difesa ma in essa non si esaurisce (16). Del resto il contratto di conferimento del singolo e isolato incarico legale non potrebbe soggiacere alle regole dellappalto in quanto la aleatoriet tipica delliter processuale non consente di individuare criteri oggettivi in base ai quali procedere ad una eventuale valutazione delle offerte. In senso conforme a tale orientamento la Corte dei Conti Lombardia, nel parere n. 178\2014, ha escluso la necessit dellappalto per il conferimento, da parte di un comune, di un incarico di consulenza da affidare ad uno psicologo psicoterapeuta, iscritto allalbo degli psicologi, al fine di garantire la corretta esecuzione, da parte dellamministrazione comunale, dei provvedimenti giurisdizionali in tema di affidamento e tutela dei minori. Secondo i giudici contabili, infatti, non pare ravvisarsi la necessit di una organizzazione aggiuntiva, tipica dellappalto, rispetto a quella che normalmente caratterizza il professionista, n pu assumere rilevanza, al fine di qualificare la fattispecie in termini di appalto di servizi, lutilizzo, da parte dello psicologo di strumenti quali tests diagnostici, cellulare, pc, trattandosi di mezzi che possono essere ricompresi tra gli ordinari strumenti cognitivi e operativi a disposizione di qualunque lavoratore del settore. Alla stregua di tale linea interpretativa, che a chi scrive sembra preferibile, lamministrazione (ed, in specie, lente locale) che intenda avvalersi del patrocinio di avvocati esterni, dovr preventivamente valutare il tipo di incarico da affidare a terzi e ricorrere, pertanto, alla procedura dellappalto qualora og (14) Consiglio di Stato, sez. V, 11.5.2013, n. 2730. (15) Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, parere n. 51\13 e n. 178\14. (16) Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, parere n. 178\14. CONTENZIOSO NAZIONALE getto dellaffidamento sia una attivit di consulenza giuridica pi ampia e articolata, di durata prolungata nel tempo. Lunicit, la singolarit e la specificit dellincarico, al contrario, nonch la determinatezza della sua durata consentiranno di qualificare la fattispecie come contratto dopera, non richiedente, ai fini della sua stipulazione, la procedura ad evidenza pubblica. Tribunale amministrativo regionale della Campania - Salerno, Sez. Seconda, sentenza 16 luglio 2014 n. 1383 -Pres. Luigi Antonio Esposito, Est. Rita Luce - L.A.B. (avv. Antonio Chiaravallo) c. Comune di Caposele (avv. Pasquale Salvo). FATTO Lavv. to B.L.A., titolare di uno studio legale in Calabritto ed avvocato iscritto allAlbo del Foro di S. Angelo dei Lombardi (AV), ha impugnato la delibera n. 1 del 11 giugno 2013 con la quale il Comune di Caposele ha conferito agli avv. ti P.M. e T.R. lincarico di collaborazione esterna ad alto contenuto di professionalit da svolgersi per la consulenza legale, giudiziale e stragiudiziale, a tutti gli organi comunali, per la durata di un anno. Il ricorrente ha dedotto lillegittimit di tale delibera per violazione dellart. 7 del D.Lgso n. 165/2001, dellart. 100 del T.U. n. 267/2000, del Regolamento sugli incarichi esterni del Comune di Caposele, approvato con delibera n. 102/2010, e dellart. 33 del R.O. del Comune. Ha, inoltre, censurato la delibera per illegittimit derivata dalla violazione degli artt. 21 e 23 della Carta Europea dei diritti dellUomo, dellart. 51 della Costituzione, dellart. 6 del T.U. n. 267/2000 e degli artt. 9 e 40 dello Statuto Comunale. Da ultimo, ha censurato la violazione degli artt . 78 e 49 del T.U. n. 267/2000. In sostanza, a detta del ricorrente, il Comune, vista la natura dellincarico in questione, non avrebbe potuto procedere al suo diretto conferimento agli avv. ti M. e R. ma avrebbe dovuto porre in essere una procedura concorsuale di tipo selettivo, aperta alla partecipazione di tutti coloro che, in possesso dei titoli e requisiti richiesti, aspiravano al conseguimento del- lincarico. Nella formazione della seduta consiliare del 10 giugno 2013, poi, non erano state rispettate le c.d. quote rosa, ed il Sindaco non si era astenuto, proponendo e affidando lincarico al coniuge di un parente entro il quarto grado, sottoscrivendo, altres, il parere tecnico sulla proposta di delibera impugnata. Per tali ragioni la delibera andava annullata. Si costituiva in giudizio il Comune di Caposele eccependo la tardivit del ricorso e la sua inammissibilit. Nel merito, il Comune ribadiva la legittimit della delibera in quanto emanata sulla base di una corretta interpretazione ed applicazione dellart. 6 del Regolamento disciplinante laffidamento degli incarichi esterni, approvato con delibera n. 102/2010 e rilevava che, comunque, il ricorrente non aveva dimostrato una propria seria ed apprezzabile possibilit di vincere la gara e vedersi conferito lincarico. Si costituiva in giudizio anche lavv. to P.M., deducendo linammissibilit del ricorso per carenza di legittimazione ed interesse, il difetto di giurisdizione del Tribunale amministrativo e linfondatezza, nel merito, delle censure sollevate dal ricorrente. Deduceva, in particolare, che listante non aveva provato che dallo svolgimento di uneven tuale procedura comparativa avrebbe ottenuto, con esito certo, lattribuzione dellincarico e ribadiva la legittimit delloperato del Comune. La contro-interessata, tuttavia, successivamente alla notifica del ricorso, rinunciava allincarico. Alla camera di consiglio del 26 settembre 2013 ladito Tribunale sospendeva, in via interinale, gli effetti dellatto gravato ritenendo il ricorso non manifestamente infondato. Venivano depositate ulteriori note difensive. Alludienza del 12 giugno 2014 la causa veniva trattenuta in decisione. Il ricorso fondato per le seguenti ragioni in DIRITTO In via preliminare, il Collegio osserva che, nella controversia in esame, sussiste la giurisdizione di questo Tribunale atteso che il ricorrente, lungi dallinvocare un proprio diritto al conseguimento dellincarico e alla stipulazione di un contratto con lamministrazione, ha inteso contestare la correttezza dellazione amministrativa, impugnando la delibera con la quale il Comune di Caposele, in luogo della attivazione di una procedura comparativa, aveva proceduto allaffidamento diretto, in via fiduciaria, dellincarico di consulenza ai due legali esterni. Deve, quindi, rilevarsi, in uno con la giurisprudenza amministrativa, che il petitum sostanziale fatto valere nel presente ricorso non attiene alla pretesa del ricorrente di conseguire lincarico bens alla pretesa di legalit dellazione amministrativa, ossia alla pretesa che lamministrazione, pur quando agisce secondo il diritto privato, pervenga alla selezione del contraente sulla base di procedure amministrative trasparenti e non discriminatorie, aperte alla partecipazione di tutti gli aventi diritto, con la conseguenza che la cognizione sulla presente controversia deve ritenersi pieno titolo ascritta al giudice amministrativo (T.a.r Campania, Napoli, Sez. V, 24 gennaio 2008 n. 382). Va, altres, disattesa leccezione di improcedibilit del ricorso per tardivit sollevata dal Comune atteso che il termine di impugnazione delle delibere comunali deve farsi decorrere, ove nelle stesse delibere non siano contemplati diretti e specifici destinatari, dal giorno in cui viene a scadere il termine della loro pubblicazione dellatto nellalbo pretorio (Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1918, Sez. V, 21 dicembre 2010 n. 9314), con la conseguenza che, nel caso in esame, a fronte di una delibera rimasta affissa allalbo pretorio del Comune dal 18 giugno 2013 al 18 luglio 2013, il ricorso notificato il 23 luglio 2013 risulta tempestivo. Infine, il ricorrente ha documentato di svolgere attivit forense, di essere iscritto allalbo del Foro di SanAngelo dei Lombardi e di avere svolto attivit legale di comprovata esperienza anche su incarico di enti pubblici, di modo che evidente il suo interesse a ricorrere avverso la delibera impugnata. Del resto, come gi rilevato, il ricorrente non invoca, in questa sede, il diritto a vedersi conferire lincarico di cui alla delibera impugnata ma lamenta la mancata attivazione, da parte dellamministrazione, di una procedura di tipo comparativo idonea a consentire, a tutti gli aventi diritto, di partecipare, in condizioni di parit e uguaglianza, alla selezione per la scelta del miglior contraente. Di qui il suo interesse a ricorrere, a prescindere dalla prova e consistenza delle chances di conseguire lincarico. Passando, ora, al merito delle censure proposte, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato. Il Collegio osserva che, nella fattispecie in esame, lincarico affidato ai legali esterni consisteva nella complessiva attivit di assistenza e consulenza legale da espletarsi in favore del Comune, ovvero nella gestione di tutto il servizio di attivit legale dellamministrazione, comprensivo, come specificato nello schema di convenzione, di attivit di consultazioni orali, scritte, e di redazione di pareri. In sostanza, non si trattava, nello specifico, dellaffidamento, in via fiduciaria, CONTENZIOSO NAZIONALE di un singolo incarico o di una singola attivit afferente ad una specifica vertenza legale, ma, piuttosto, della organizzazione di una complessiva attivit di assistenza in favore dellente locale, da farsi rientrare, a pieno titolo, nella nozione ampia di consulenza legale. Per tali ragioni, il Collegio ritiene che il Comune avrebbe dovuto attivare una procedura comparativa allo scopo di selezionare, secondo logiche concorrenziali, il proprio contraente. A sostegno di tale conclusione, soccorre anche quanto previsto nello stesso Regolamento per la disciplina degli incarichi esterni, approvato dal Comune di Caposele con delibera n. 102/10 che, allo scopo di garantire la trasparenza e pubblicit dellazione amministrativa, unitamente alla professionalit degli incarichi, ammette, allart. 6, la possibilit di procedere al conferimento diretto di incarichi legali a professionisti esterni nelle sole e limitate ipotesi di rappresentanza e difesa in giudizio e di particolari consulenze, laddove lente locale reputi che la scelta di un determinato professionista risulti utile al buon esito della lite, prevedendo, negli altri casi, lutilizzo di procedure selettive per la scelta del professionista esterno. Il tutto in conformit con quanto previsto, in via generale, dallart. 7 comma 6 del D. Lgs n. 165/01, come modificato dallart. 32 del D.L. n. 223/06, conv. in legge n. 248/06, a mente del quale le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, le procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione a professionisti esterni, potendo procedere al conferimento di incarichi individuali solo per soddisfare esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, ed alle condizioni e con i presupposti specificamente individuati dal legislatore. Giova, inoltre, ricordare quanto espresso di recente dalla giurisprudenza contabile (Corte Conti, Sez. Reg. Controllo Basilicata, parere n. 8/09) e dallautorevole orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo la quale occorre distinguere la nozione di servizio legale da quella di singolo incarico difensivo, caratterizzandosi il servizio legale per un quid pluris, sotto il profilo dellorganizzazione, della continuit e della complessit, rispetto al singolo contratto dopera intellettuale. Mentre il patrocinio legale, infatti, costituendo il contratto volto a soddisfare il solo e circoscritto bisogno di difesa giudiziale del cliente, deve essere inquadrato nellambito della prestazione dopera intellettuale, il servizio legale presenta qualcosa in pi, per prestazione o modalit organizzativa, che giustifica il suo assoggettamento alla disciplina concorsuale. Laffidamento di servizi legali , a questa stregua, configurabile allorquando loggetto del servizio non si esaurisce nel patrocinio legale a favore dellEnte, ma si configura quale modalit organizzativa di un servizio, affidato a professionisti esterni, pi complesso e articolato, che pu anche comprendere la difesa giudiziale ma in essa non si esaurisce (Autorit per la Vigilanza sui Contratti, determina n. 4 del 7 luglio 2011). Esso, quindi, soggiace alle regole delle procedure concorsuali di stampo selettivo, incompatibili con il solo contratto di conferimento del singolo e puntuale incarico legale, vista la struttura della fattispecie contrattuale, qualificata, alla luce dellaleatoriet delliter del giudizio, dalla non predeterminabilit degli aspetti temporali, economici e sostanziali della prestazioni e dalla conseguente assenza di basi oggettive sulla scorta delle quali fissare i criteri di valutazione necessari in forza della disciplina recata dal codice dei contratti pubblici (Cons. Stato, sez. V. 11 maggio 2012 n. 2730). Alla luce di tali argomentazioni, deve concludersi che, vista la natura e complessit dellincarico conferito dal Comune di Caposele, la mancata attivazione di una procedura comparativa di tipo concorsuale, da parte dellEnte locale, per la scelta del miglior contraente, abbia determinato lillegittimit della delibera gravata, che, per tale ragione, deve essere annullata. In conclusione, il ricorso fondato. La novit della questione giustifica la compensazione integrale delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie; compensa tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Poteri di autotutela della p.A. negli appalti di infrastrutture strategiche PARERE 06/10/2014-409286, AL 27575/12, SEZ. VII, AVV. ETTORE FIGLIOLIA Si riscontra la nota in epigrafe, e preso atto del contenuto dellatto di diffida alla stessa allegato, si ritiene di dover confermare integralmente la precedente consultazione resa da questo G.U. con la nota in data 5 luglio 2014 prot. 289317. In particolare va subito evidenziata la non condivisibilit della prospettazione operata dalla Impresa diffidante secondo cui il disposto dellarticolo 125 c.p.a. non consentirebbe alla stazione appaltante di risolvere in autotutela il contratto, tenuto conto, da un lato, che tale affermazione si pone in aperto contrasto con la stessa sentenza del Consiglio di Stato n. 3344 del 2014, e con la giurisprudenza amministrativa di primo grado (Tar Lombardia dec. n. 1802/2014), che, per converso, hanno ritenuto che detta norma non incide affatto sulle iniziative amministrative di annullamento del contratto invalido per effetto della riconosciuta illegittimit degli atti presupposti; dallaltro lato la portata interdittiva dellarticolo 125 citato nei confronti dellesercizio della potest giurisdizionale rispetto alla eventuale statuizione di rimozione del contratto a seguito dellannullamento giurisdizionale dellaggiudicazione non si estende allesercizio della possibile attivit di autotutela della committenza che, evidentemente, opera su un piano assolutamente diverso, appunto in quanto, notorio, lo spettro di valutazioni in tal caso rientra nella esclusiva potest discrezionale della stazione appaltante che chiamata a decidere secondo gli ordinari canoni che caratterizzano tale tipologia di potest laddove sussistano ragioni di opportunit e di interesse pubblico e concreto, in coerenza con il principio costituzionale di buon andamento che impegna senzaltro lAmministrazione ad adottare atti per la migliore realizzazione dellinteresse pubblico. Al riguardo utile chiarire, in via generale, anche richiamata la disposizione di cui allarticolo 21 nonies della legge n. 241 del 1990, che per effetto dellannullamento giurisdizionale degli atti presupposti del contratto certamente configurabile il potere della pubblica Amministrazione di procedere allannullamento dellatto convenzionale, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. quinta, 7 settembre 2011, 5032), che, appunto, proprio in virt della stretta conseguenzialit tra laggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, per il collegamento sostanziale tra i due atti, ha statuito che lintervenuta stipulazione del contratto non impedisce lesercizio da parte della Amministrazione del potere di annullamento dufficio. A ben vedere, pertanto, le argomentazioni dedotte nellatto di diffida non colgono la finalit che il legislatore con il richiamato art. 125 c.p.a. ha voluto perseguire, che quella di evitare che rispetto ad opere inerenti ad infrastrutture strategiche, la cui realizzazione tempestiva di particolare rilevanza per linteresse pubblico, il giudice amministrativo si sostituisca alla committenza nella valutazione della corrispondenza allo stesso interesse pubblico della permanenza o meno della vigenza del contratto invalido, e senza che tale impedimento allingerenza giurisdizionale possa sostanzialmente incidere in termini interdittivi sullazione di autotutela amministrativa, quale potest rientrante nelle esclusive prerogative della pubblica Amministrazione, cos opinando, il legislatore medesimo, che il risarcimento per equivalente costituisca per il concorrente vincitore nel giudizio amministrativo instaurato a carico della aggiudicazione intervenuta a favore di altro concorrente, misura adeguatamente satisfattiva dellinteresse leso, evidentemente privilegiando, rispetto allinteresse del medesimo concorrente vincitore al ristoro in forma specifica ad ottenere la rimozione del contratto invalido e lassegnazione dellappalto, la ponderazione, in via esclusiva, da parte della committenza della individuazione della migliore soluzione per linteresse nazionale rispetto allaccertamento giudiziale della illegittimit del proprio operato concorsuale. A tal proposito, come peraltro gi rilevato nel precedente parere del 5 luglio u.s., e come evidenziato negli atti difensivi della Scrivente depositati nel corso del giudizio amministrativo dappello, non risulta che il contratto vigente abbia avuto alcuna esecuzione con lapprovazione del progetto e la consegna dei lavori, e ci nonostante il decorso di circa un biennio dalla sottoscrizione del contratto medesimo, e ci evidentemente per la valutazione di non corrispondenza del progetto predisposto dallImpresa aggiudicataria, ora diffidante, ai parametri individuati da codesto Ente in coerenza con lo specifico quadro esigenziale afferente alla realizzazione dellopera pubblica di che trattasi, conformemente agli atti del procedimento concorsuale della scelta dellappaltatore, sicch del tutto conseguente che in linea di diritto non ricorrono elementi ostativi al possibile esercizio della potest di annullamento dellatto negoziale invalido in via derivata per effetto delle statuizioni del giudice amministrativo di accoglimento del ricorso in appello di che trattasi. Per tale PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO aspetto, quindi, neppure emergerebbero quelle ragioni di preminente interesse nazionale che permeano la lettera e la ratio della citata disposizione ex art. 125 c.p.a. ad evitare linsorgenza di soluzioni di continuit nella sollecita realizzazione dellopera pubblica commissionata. Ulteriormente va sottolineato che nella specie neppure riscontrabile lelemento, in via generale notoriamente condizionante lesercizio di tale potest, costituito dallaffidamento della parte privata che subisce latto di auto- annullamento alla stabilizzazione del rapporto giuridico in essere, stante la stessa pendenza del procedimento giurisdizionale instaurato dalla ATI M., successivamente allaggiudicazione, anche a carico dellimpresa vincitrice controinteressata, che appunto si concluso con il giudicato sfavorevole nei confronti di questultima e di codesta Societ. Non persuadono poi gli apprezzamenti formulati dalla Impresa diffidante afferenti alla opinata maggiore convenienza economica per lAnas della perpetuazione del rapporto convenzionale in essere, posto che, ferma la valutazione al riguardo di esclusiva competenza di codesto Ente, non pu non tenersi nella debita considerazione, in linea di diritto, che lofferta del Raggruppamento soccombente non suscettibile di costituire parametro alla stregua del quale scrutinare la convenienza dellofferta dellATI appellante, tenuto conto del giudicato amministrativo che ha statuito definitivamente lillegittimit della offerta oggetto della citata aggiudicazione, per cui non si pone nella fattispecie oggetto del presente parere un dovere di valutazione per la committenza improntato al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, nei sensi prospettati dalla Impresa autrice della diffida. Per quanto concerne poi le ulteriori valutazioni espresse dalla impresa diffidante in ordine alla ipotizzata esistenza di elementi di segno ostativo allaffidamento dellappalto al Raggruppamento ricorrente, premesso che in merito alle evidenziate circostanze questa Avvocatura Generale non dispone di alcun adeguato quadro informativo, nulla essendo infatti stato esposto nella nota di codesta Anas che si riscontra, e che, comunque, tale tipologia di apprezzamenti compete a codesta Committenza, appare subito necessario sottolineare che, certamente, stante il carattere preclusivo del decisum amministrativo, non possono essere ulteriormente vagliate situazioni rispetto alle quali sia gi intervenuta la delibazione del giudice dappello, anche a fronte delle contestazioni svolte dalla impresa controinteressata nella proposta impugnativa incidentale, sicch lo spettro di accertamenti che residuano nel- lattualit in capo a codesto Ente va senzaltro limitato a quelle eventuali situazioni rimaste estranee al contesto giudiziale, e quindi non incise dalla pronunzia del Consiglio di Stato, eventualmente sopravvenute rispetto al giudicato, ovvero insorte successivamente alle determinazioni allepoca gi adottate dalla stazione appaltante con riferimento alla stessa collocazione della ATI M. nella graduatoria finale della espletata procedura concorsuale. Infine, si suggerisce di estendere, preventivamente rispetto alla adozione delle iniziative di competenza inerenti al contesto, alla conoscenza della ATI M. latto di diffida in rassegna, al fine di assicurare il corretto contraddittorio acquisendo ogni elemento informativo utile funzionale alle successive adottande determinazioni, anche tenuto conto delle contestazioni contenute nel- latto di diffida in rassegna in ordine alla sostenuta inidoneit del Raggruppamento appellante alleventuale subentro nellappalto in questione. Nei sensi su esposti la richiesta consultazione, rimanendo ovviamente questo G.U. a disposizione per fornire ogni eventuale ulteriore assistenza in punto di diritto che codesto Ente dovesse ritenere necessaria, ... Sulle questioni di carattere generale affrontate nel presente parere stato sentito il Comitato Consultivo di questa Avvocatura nella seduta del 2 ottobre 2014. Il rimborso spese legali ex art. 18 D.l. 67/1997 per esercizio di funzioni parlamentari (opinioni espresse ai sensi dellart. 68 Cost.) PARERE 06/10/2014-410058, AL 44527/13, SEZ. I, AVV. EUGENIO DE BONIS Si riscontra la nota sopra indicata, relativa alla richiesta di rimborso spese ex art. 18 D.l. n. 67/1997 per il patrocinio legale del nominato in oggetto, per evidenziare quanto segue. Come noto il diritto al rimborso subordinato alla sussistenza di due concorrenti condizioni: a) il procedimento al quale il rimborso si riferisce deve essere stato promosso nei confronti del dipendente in conseguenza di atti o fatti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali; b) il procedimento deve essersi concluso con sentenza o con provvedimento che escluda la responsabilit del dipendente. Scopo della norma quello di sollevare i funzionari pubblici dal timore di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all'espletamento del servizio e tenere perci indenni i soggetti che abbiano agito in nome, per conto e nell'interesse dell'Amministrazione dalle spese legali sostenute per difendersi dalle accuse di responsabilit, poi rivelatesi infondate. Coerentemente con la ratio della norma, si deve affermare che nel caso di specie non sussiste il requisito di cui alla precedente lettera a), considerato che i fatti oggetto del procedimento civile non presuppongono condotte (attive od omissive) nello svolgimento delle funzioni di Ministro da parte del richiedente. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Come risulta dalla documentazione trasmessa, il procedimento civile si concluso con una sentenza di rigetto della domanda risarcitoria azionata nei confronti dellOnorevole determinata dalla delibera della Camera dei Deputati del 12 settembre 2007 nella quale si dichiara che i fatti per i quali in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nellesercizio delle sue funzioni, ai sensi dellart. 68, primo comma, della Costituzione. Orbene, in disparte i profili riguardanti il requisito sub b) (lesistenza o meno di una sentenza assolutoria di merito), non sembrano ricorrere nel caso di specie i presupposti per il diritto al rimborso atteso che la decisione del Tribunale scaturita dalla dichiarata esistenza della c.d. immunit di cui allart. 68 della Cost., concernente lo status e le prerogative di parlamentare della Repubblica. La ratio della normativa in oggetto (art. 18 D.l. n. 67/1997, convertito in legge n. 135/1997) invece indirizzata alla tutela dei pubblici dipendenti e dei funzionari dellAmministrazione - cui pu assimilarsi, a talune condizioni, la posizione degli organi di vertice - purch nellesercizio di funzioni afferenti al potere esecutivo, ma non riguarda la posizione dei membri del Parlamento, che esercitano un diverso potere dello Stato. Da ci consegue che, qualora (come nel caso di specie), lo stesso soggetto assommi due qualit (di membro dellesecutivo e di membro del Parlamento), potr essere in ipotesi equiparato ai funzionari ai fini dellapplicazione dellart. 18 citato, solo per le attivit riconducibili al potere esecutivo mentre, qualora lazione diretta nei confronti dello stesso sia riconducibile allattivit di parlamentare (come emerge dalla documentazione trasmessa) nessun rimborso delle spese legali potr essere posto a carico di codesta Amministrazione. A tale riguardo occorre rilevare che, secondo la Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 304/2007, richiamata e condivisa da Cort. Cost. n. 29/2014) risulta priva di fondamento la tesi, sviluppata dalla difesa del Senato della Repubblica, secondo cui, in caso di coincidenza della posizione di parlamentare con quella di ministro, la garanzia dell'insindacabilit, di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione, dovrebbe coprire le dichiarazioni extra moenia del parlamentare-ministro, anche se non ascrivibili a funzioni parlamentari tipizzate, per il solo fatto di essere riferibili o connesse alla carica ministeriale e alla realizzazione dell'indirizzo politico che con essa si manifesta. Prosegue la Corte rilevando che Il fatto che il parlamentare chiamato a ricoprire la carica di ministro si trovi in una condizione parlamentare particolare, per non essere in grado di svolgere un'attivit parlamentare piena, non consente di ritenere comprese nella sfera di operativit della garanzia dell'insindacabilit condotte poste in essere nell'esercizio delle attribuzioni del ministro, stante la oggettiva diversit fra queste ultime, di per s considerate, e le funzioni parlamentari. La coincidenza, nella stessa persona, della posizione di parlamentare e di ministro non giustifica in alcun modo l'applicazione estensiva al ministro della garanzia di insindacabilit di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione, propria del parlamentare, quando questi esercita funzioni attinenti alla carica di Governo. 3.5. - Per le ragioni che precedono risulta manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 68 e 96 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale - prospettata in via gradata dalla difesa del Senato della Repubblica - dell'art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140, nella parte in cui non include, tra le fattispecie cui si applica l'art. 68 Cost., condotte di natura politica, ascrivibili al parlamentare che sia anche ministro. Tenuto conto dellorientamento della Corte Costituzionale laddove, come nel caso di specie, una pronuncia giurisdizionale sia scaturita dallapplicazione dellart. 68 Cost., la stessa non pu intendersi riferita alla posizione giuridica di Ministro da parte del richiedente e non pu, per leffetto, esplicare alcun effetto utile ai fini della richiesta di rimborso. Appare opportuno precisare, per completezza, che la riconduzione delle dichiarazioni contestate allattivit di parlamentare (e non di Ministro), oltre a risultare dalla sentenza, stata conseguenza di unesplicita eccezione da parte del convenuto dalla quale scaturita lapplicazione della l. 140/2003, (normativa di attuazione dellart. 68 Cost.) che ha condotto alla delibera di insindacabilit da parte della Camera dei Deputati. Siffatta riconduzione, peraltro, non risulta essere stata posta in dubbio (dallAutorit giudiziaria) attraverso il mezzo del conflitto di attribuzioni denunciabile innanzi alla Corte Costituzionale. In tale situazione, anche ipotizzando (come dichiarato dal Senatore nella richiesta di rimborso inoltrata a codesta Presidenza) che il richiedente abbia assunto, come membro del Governo, delle posizioni compatibili ed in linea con le opinioni espresse quale membro del Parlamento, la circostanza appare giuridicamente irrilevante ai fini del rimborso delle spese legali, fondandosi la pronuncia favorevole esclusivamente sulle guarentigie del parlamentare. Si osserva, infine, che, sul piano fattuale, non risulta che le circostanze che hanno dato luogo al giudizio dinnanzi al Tribunale di Modena fossero connesse allesercizio delle funzioni di Ministro da parte del richiedente. Tanto a differenza della fattispecie sottoposta allesame della Scrivente (parere CS 46391/10 relativo alla richiesta di rimborso riguardante altro procedimento conclusosi con la sentenza 1655/08 del Tribunale di Milano) in relazione alla quale stato rilevato come indubbio che le dichiarazioni dellOnorevole che hanno dato luogo al giudizio fossero strettamente connesse allesercizio delle sue funzioni di Vice Presidente del Consiglio dei Ministri. Per le ragioni sopra esposte questa Avvocatura ritiene che, nel caso di specie, non sussistano i presupposti per dare positivo seguito alla richiesta di rimborso delle spese legali sostenute dal richiedente. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Sui profili di massima della questione stato sentito il Comitato Consultivo di questa Avvocatura che, nella seduta del 2 ottobre 2014, si espresso in conformit. Gli istituti della transazione e dellaccordo bonario nella disciplina dei contratti pubblici PARERE 07/10/2014-410698, AL 19442/14, SEZ. VII, AVV. ETTORE FIGLIOLIA Con il carteggio intercorso in ordine alloggetto posto a questo G.U. il quesito di carattere generale della praticabilit, in linea di diritto, di accordi transattivi con lappaltatore che rivesta lo status di contraente generale, nonch si chiede parere sullulteriore specifica problematica concernente la fondatezza delle molteplici pretese del soggetto appaltatore, contraente generale, che hanno caratterizzato landamento dellappalto inerente ai lavori di ammodernamento ed adeguamento di un tratto dellautostrada Salerno Reggio Calabria, rispetto a cui sono molteplici le riserve iscritte dal predetto contraente generale, gi determinanti una proposta di accordo bonario avanzata dalla commissione costituita ai sensi dellarticolo 240 del decreto legislativo 163 del 2006, intendendo codesto Ente definire stragiudizialmente ogni possibile contestazione onde evitare grave pregiudizio per la prosecuzione dei lavori. Osserva preliminarmente la Scrivente che il quesito riguardante la possibilit per la committenza di transigere nel corso dellappalto con il contraente generale le riserve dal medesimo iscritte, anteriormente quindi alla collaudazione delle opere, effettivamente comporta unapprofondita riflessione sul quadro normativo vigente relativo agli appalti pubblici, recentemente innovato dallarticolo 4 comma 2 lett. gg), n. 4), del decreto-legge 13 maggio 2011 numero 70 convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011 numero 106, che ha introdotto al comma 1 dellarticolo 240 del codice dei contratti il divieto dellaccordo bonario, istituto, appunto, previsto da tale articolo, ai contratti di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto, affidati a contraente generale, il che determina lesigenza di verificare se tale divieto possa ritenersi implicitamente esteso al contratto di transazione, previsto dallarticolo 239 dello stesso codice, rispetto al quale la citata novella legislativa nulla ha disposto, in particolare, tenuto conto, tuttavia, che il comma 18 del predetto articolo 240 statuisce espressamente che laccordo bonario in entrambe le forme previste dallo stesso articolo hanno natura di transazione. Orbene appare subito necessario procedere preventivamente nel presente percorso ermeneutico ad individuare puntualmente lambito applicativo della transazione ex articolo 239 del decreto legislativo 163 del 2006 in relazione al successivo articolo 240 concernente lambito dellaccordo bonario, onde definire specificamente lo spettro di efficacia delle relative discipline, valutando se esistano o meno delle disposizioni speciali dettate dal legislatore esclusivamente per il richiamato accordo bonario, che, in quanto tali, non possano essere estensivamente interpretate anche per lapplicazione al contratto transattivo nellambito delle quali poter opinare ricompreso il divieto sancito dalla test evocata novella legislativa. La corretta esegesi dellarticolo 239 del codice consente anzitutto di ritenere che, diversamente dallaccordo bonario, sono transigibili anche liti diverse dalla iscrizione di riserve o contestazioni sui documenti contabili, con la ovvia conseguenza che anche queste ultime sono suscettibili di essere composte con la sottoscrizione di una transazione che si pone perci quale strumento diverso rispetto allaccordo bonario medesimo, e senza che per laccordo transattivo siano rinvenibili limiti connessi alloggetto dellappalto o al suo valore, per cui bene possono essere con tale negozio definite le controversie relative a tutte le tipologie di appalti contemplate nel codice senza quelle perimetrazioni che, per converso, caratterizzano listituto ex articolo 240 del citato codice. E tale diversit trova la sua ragion dessere nella altrettanto palese diversit dei presupposti su cui si fondano i due istituti in esame, posto che, mentre la transazione espressione dellautonomia negoziale della Pubblica Amministrazione, esercitata nel rispetto dello statuto dellattivit contrattuale della pubblica amministrazione, statuto dato non soltanto dal diritto comune ma anche dal diritto speciale che costituisce il risultato del processo normativo di adattamento della disciplina generale del codice civile alle tipiche esigenze afferenti allazione amministrativa permeata dallinteresse pubblico, laccordo bonario, viceversa, costituisce il risultato di un procedimento normativamente tipizzato ad iniziativa dellappaltatore che, in quanto titolare di una posizione giuridica soggettiva tutelata dallordinamento, vincola la committenza pubblica ad attivarsi per promuovere le procedure tutte per addivenire alleventuale accordo bonario, senza possibilit quindi di sottrarsi alla compulsazione dellappaltatore medesimo rispetto al quale gi per effetto dellarticolo 31 bis della legge Merloni la Corte di Cassazione ebbe a precisare che trattasi di procedura che lAmministrazione ha il dovere di attivare al fine di accelerare la risoluzione delle controversie, configurandosi come una condizione di procedibilit della domanda giudiziale che deve precedere il ricorso al procedimento arbitrale (Cass. Civ., sezione prima, 7 marzo 2007, n. 5274); tanto vero che si ritenuto da parte di una giurisprudenza che linerzia della amministrazione sullistanza del privato finalizzata a concludere laccordo bonario in quanto illegittimo pu essere sindacata con il rito speciale previsto per il silenzio (Tar Catania, sent. n. 661/2003), mentre altra giurisprudenza ha opinato linammissibilit per difetto di giurisdizione del ricorso proposto innanzi PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO al giudice amministrativo per lannullamento del silenzio rifiuto formatosi sulla istanza dellappaltatore volta allattivazione della procedura di accordo bonario, ritenendo che non fossero configurabili posizioni di interesse legittimo bens, addirittura, di diritto soggettivo (Tar Reggio Calabria sent. n. 1211 del 2008). Ulteriore sostanziale divaricazione ricorrente tra i due istituti in questione emerge chiaramente rispetto all'oggetto dell'accordo bonario che viene concluso dalle parti, all'esito del relativo procedimento tipizzato, sulla base del riconoscimento totale o parziale della fondatezza delle riserve iscritte dall'appaltatore, rimanendo del tutto estraneo alla "ratio" dell'istituto il fondamentale presupposto del contratto transattivo costituito dalle "reciproche concessioni", e cio dalla consapevole rinunzia bilaterale dei contraenti alle rispettive pretese, per addivenire volontariamente ad una regolamentazione dei propri interessi sulla base di un "quid medium" rispetto alle prospettazioni iniziali. In altre parole muta del tutto nella transazione l'approccio della Amministrazione alla problematica delle controversie negli appalti pubblici: nell'ottica di deflazionare il contenzioso, la committenza risolve la lite attuale o potenziale addivenendo all"aliquid datum aliquid retentum" pur cosciente della effettiva consistenza dei propri diritti, e, parimenti, analoga condotta pone in essere l'appaltatore, entrambi non volendo affrontare l'alea del giudizio; per converso, nell'accordo bonario si sottoscrive una convenzione, anch'essa risolutiva del contrasto, ma senza rinunce di sorta, alla stregua di una valutazione delle pretese dell'appaltatore tendenzialmente corrispondente ad un giudizio oggettivamente formatosi sulla base delle risultanze documentali a corredo delle riserve iscritte. Orbene a fronte di tali elementi di spiccata eterogeneit dei due istituti in rassegna, deve ora procedersi alla identificazione della "ratio" della esclusione per il contraente generale dell'accesso a tale accordo bonario, al fine di verificarne l'oggettiva portata anche rispetto alla vigente disciplina codicistica concernente il contratto transattivo. Al riguardo opinione di questo G.U. che il legislatore, stante l'obbligazione di risultato che assume il contraente generale nei confronti della committenza, e disponendo di ampi poteri di organizzazione della propria attivit imprenditoriale in piena autonomia rispetto al soggetto pubblico committente, ha ritenuto incompatibile con un tale assetto pattizio, stante la specifica tipologia delle obbligazioni delle parti contraenti, lo status di sostanziale soggezione dello stesso soggetto pubblico alla pretesa del contraente generale di ottenere, al verificarsi dei presupposti di legge, il riconoscimento stragiudiziale delle riserve iscritte, secondo le procedure dettate dall'articolo 240 del codice, evidentemente non riconoscendo sussistente alcuna esigenza meritevole di tutela giuridica per il contraente generale stesso di ottenere la immediata giustiziabilit delle proprie domande ai maggiori compensi, nella oggettiva carenza di interesse per l'Amministrazione al raggiungimento di tale obiettivo. Per converso, rispetto al negozio transattivo, ricorre uno specifico interesse della stessa committenza, omogeneo rispetto a quello della controparte, ad ottenere la composizione del contrasto con l'appaltatore, e senza che rilevi a tali fini la eventuale qualit di quest'ultimo come contraente generale, tanto vero che per il perseguimento di detto obiettivo la committenza medesima coscientemente dispone di diritti di titolarit anche in termini parzialmente abdicativi, ritenendo conforme al pubblico interesse conseguire dalla controparte la corrispondente rinuncia alle pretese avanzate, ricorrendo perci una esigenza di superamento del contenzioso che certamente rimarrebbe insoddisfatta ove il divieto recato dalla novella legislativa dovesse ritenersi operante anche per il contratto de quo. Per quanto precede uneventuale interpretazione estensiva del divieto in rassegna si risolverebbe in un pregiudizio per gli interessi di titolarit dell'Amministrazione, cos a ben vedere violandosi proprio la "ratio" della interdizione recata dal novellato comma 1 dell'articolo 240 del codice, volta ad evitare ingiustificati vantaggi per il contraente generale e non certo per contenere le facolt della committenza afferenti alla gestione in aria pubblicistica dei diritti disponibili per il perseguimento del pubblico interesse. Alla stregua delle superiori considerazioni non sembra, ad avviso di questa Avvocatura Generale, che il comma 18 dell'articolo 240 del codice che, come ricordato del presente parere, dispone che l'accordo bonario ha natura di transazione, sia conducente rispetto ad una interpretazione estensiva della disposizione in rassegna, tenuto conto che il legislatore con il citato comma 18 ha soltanto avvertito la necessit di assicurare che l'accordo stesso fosse incontestabile, limitando le eventuali possibili cause di annullamento a quelle tipiche previste per il contratto di transazione, cos dotando l'accordo stesso di un carattere di definitivit tombale evidentemente pi coerente con le esigenze della stessa Amministrazione in un ambito, quale quello degli appalti pubblici, che riveste una particolare importanza anche per la rilevante consistenza degli impegni economici a carico delle risorse pubbliche. Conclusivamente, opinione di questo G.U. che in linea di diritto nulla osti a che codesto Ente proceda nel corso dell'appalto a comporre transattivamente il contesto controverso insorgente per l'appalto di che trattasi, avendo ovviamente cura di evitare la conclusione di eventuali accordi che possano avere un contenuto anche parzialmente novativo, con l'insorgenza di obbligazioni anche soltanto in parte diverse da quelle precedenti, evitando quindi che nel corpo dell'eventuale stipulando contratto siano presenti dichiarazioni di scienza che possano essere suscettibili di acquisire nel prosieguo valenza confessoria suscettibile di incidere sulla stessa regolarit dell'appalto cos come definito all'esito delle procedure di gara. Per quanto concerne poi la valutazione in diritto di competenza di que PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO stAvvocatura Generale rispetto ai contenuti delleventuale atto di transazione che potrebbe intercorrere a definizione stragiudiziale della contestazione in atto, tenuto conto delle pretese del contraente generale, e di cui alle riserve dal medesimo iscritte, va subito rilevato che se da un lato senzaltro ricorrono i presupposti per la rappresentata conciliazione in relazione alla sussistenza degli elementi della res dubia e dellaliquid datum aliquid retentum, peraltro gli aspetti di natura tecnica che effettivamente caratterizzano le pretese dellappaltatore afferiscono certamente a valutazioni di merito che non possono che essere attribuite a codesto Ente, e rispetto a cui la Scrivente evidentemente difetta di specifiche competenze. Ritiene tuttavia questo G.U. di dover esprimere in punto di diritto una serie di valutazioni in ordine a quanto perspicuamente rappresentato da codesta Anas con la nota 78517 dell11 giugno u.s. riguardo alle motivazioni che sorreggono le cinque perizie di variante intervenute, e rispetto alle quali il contraente generale non ha rinunciato agli oneri economici indicati nella stessa nota, posto che lo status di contraente generale dellappaltatore impone una serie di riflessioni che debbono tenere nella dovuta considerazione il complesso quadro delle obbligazioni di legge dal medesimo assunte con la sottoscrizione del contratto. Riferisce infatti codesto soggetto aggiudicatore che quattro perizie di variante sono state adottate non per fronteggiare solo eccezionali ed imprevedibili eventi meteorologici, ma per introdurre le necessarie modifiche progettuali dovute alla rilevazione in corso dopera di condizioni geologiche e geotecniche, che hanno richiesto un impegno organizzativo ed economico molto pi rilevante rispetto a quello previsto, che stato possibile definire solo in corso dopera in funzione di quanto riscontrato sulla base del monitoraggio: al riguardo, tuttavia, non pu non sottolinearsi come le carenze progettuali successivamente riscontrate potrebbero essere poste a carico dello stesso contraente generale quantomeno in mancanza di un compiuto accertamento riguardo alla insorgenza successiva di problematiche che oggettivamente non potevano essere affrontate gi nella precedente fase di progettazione, per cui ogni possibile giustificazione dei riconoscimenti in favore del contraente generale, sia pure nellottica transattiva, non pu ovviamente prescindere dal dato oggettivo costituito dal pertinente riferimento normativo di cui allarticolo 176 del codice dei contratti che, comՏ noto, al comma 4 lett. a) pone Le eventuali varianti necessarie ad emendare i vizi o integrare le omissioni del progetto redatto dallo stesso e approvato dal soggetto aggiudicatore a carico del contraente generale. In altre parole rispetto allincarico progettuale assegnato al contraente generale codesta Anas deve procedere ad una compiuta verifica se la inadeguatezza del progetto successivamente riscontrata poteva o meno essere rilevata dallo stesso contraente, nellesercizio delle prerogative di competenza. Ferma poi ogni valutazione di merito tecnico di competenza esclusiva di codesta stazione appaltante circa lapprezzamento delle situazioni di forza maggiore che possono aver determinato ladozione delle varianti in parola da porsi a carico del soggetto aggiudicatore ai sensi della seconda parte della disposizione legislativa test richiamata, e condivisa senzaltro la necessit evidenziata dal responsabile del procedimento che siano correttamente individuati e provati i danni che i terzi affidatari del contraente generale avrebbero subito, osserva la Scrivente, in relazione allanalisi comparativa condotta dallo stesso responsabile del procedimento contenuta nel parere dal medesimo espresso sullipotesi di transazione, che ogni valutazione in merito da parte di codesta Societ non pu non tenere nella dovuta considerazione che, quantomeno in via generale, lanomalo andamento lavori causativo di sottoproduzione non suscettibile di ristoro nei confronti del contraente generale che, notoriamente, soggetto deputato a fronteggiare adeguatamente gli eventuali impedimenti e ostacoli allesecuzione dei lavori, in modo cio senzaltro pi efficiente rispetto ad un appaltatore vero e proprio, sicch per la sua ampia capacit organizzativa tecnico realizzativa dovrebbe superare le difficolt che si presentano nella realizzazione dellopera nellambito proprio dei compiti che gli spettano, caratterizzanti tale ruolo specifico, per cui i ristori inerenti ai maggiori costi di produzione meritano approfondimenti da parte di codesto Ente sul piano tecnico alla luce dei richiamati principi di diritto, non ritenendosi per ci solo allo stato convincenti le conclusioni a cui sono addivenuti sia il Direttore dei lavori che il predetto Responsabile del procedimento. Per quanto precede si suggerisce di procedere, anche se del caso attivando a tal fine il Responsabile del procedimento, ad unanalisi maggiormente rigorosa e dettagliata delle pretese dellappaltatore che privilegi le note peculiarit del mandato del contraente generale, anche tenendo conto del dato rilevante che a fronte di situazioni insorte per fattori estranei sia alla committenza che allappaltatore, e che avrebbero pregiudicato il previsto andamento delle lavorazioni, intanto si possono ritenere prodotti aggravi economici per lappaltatore medesimo in quanto abbiano determinato sospensioni delle lavorazioni stesse e del cantiere, e fermo ovviamente laltrettanto dato incontrovertibile che attraverso la concessione di proroghe contrattuali, quanto meno in difetto di un diverso specifico contesto probatorio, lappaltatore dovrebbe ritenersi congruamente compensato. Tale aspetto della possibile compensazione con le disposte proroghe non sembra adeguatamente valorizzato dalla Direzione lavori e dal Responsabile del procedimento, per cui si ritiene di dover suggerire un ulteriore approfondimento di tale aspetto. E nella ulteriore indagine test proposta non pu, ad avviso di questo G.U., prescindersi da unattenta verifica del complesso delle iniziative eventualmente praticate con la necessaria tempestivit dal contraente generale, per ovviare proficuamente alle sopravvenute circostanze impeditive del regolare svolgimento dei lavori, sulla base di una PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO diversa organizzazione della produzione maggiormente corrispondente al contesto, e ci proprio nellesercizio di quella massima autonomia operativa che spetta a tale tipologia di appaltatore che deve essere in grado di fornire adeguate soluzioni alle problematiche insorte nel corso dellappalto. Per le suesposte considerazioni, nellipotesi che gli accertamenti di competenza di codesta Societ dovessero consentire di registrare nei confronti del contraente generale una inadeguata o intempestiva iniziativa per il superamento delle criticit verificatesi, da parametrarsi proprio alla stregua del complesso di prerogative spettantegli, non vi sarebbe affatto titolo per il contraente generale medesimo di pretendere alcunch. Nei sensi suesposti la consultazione richiesta che, in quanto di interesse generale per taluni aspetti, viene estesa alla conoscenza del Ministero in indirizzo. In ordine alle problematiche di carattere generale affrontate nel presente parere stato sentito il comitato consultivo di questa Avvocatura nella seduta del 2 ottobre 2014. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT E se cambiassimo strada sull'emergenza appalti?(*) Per combattere la corruzione e assicurare per tempo la fine dei lavori del- l'EXPO 2015 si invoca la necessit di poteri e norme eccezionali: una strada che appaga il bisogno psicologico di chi, di fronte alle inchieste giudiziarie in corso, avverte la responsabilit di una "scelta politica" forte. Ma non detto che sia una soluzione valida sul piano dell'efficacia. L'esperienza dal 1994 dimostra che la persistente continuit della corruzione negli appalti connessa proprio al sistema delle "deroghe", utilizzato dalle leggi speciali, adottate ogni volta che occorreva fare opere pubbliche in occasione di eventi, calamit naturali e/o per il perseguimento di obiettivi strategici; c' una sottile linea rossa che lega nel tempo "Tangentopoli" ai poteri derogatori dei commissari di governo e agli interventi straordinari. Forse oggi, di fronte a questo meccanismo che tende a riprodursi e alla necessit di innovare, si giustifica la ricerca di un'altra via. Per gestire e controllare gli appalti pubblici servono norme semplici e procedure ragionevoli: la misura pi utile sarebbe paradossalmente quella di sospendere, per le opere connesse all'EXPO 2015, tutta la legislazione nazionale in materia di appalti e concessioni ed applicare sic et simpliciter la sola disciplina comunitaria cos com'; per la normativa secondaria il vecchio regolamento, adottato con R.D. 25 maggio 1895, n. 350, nei limiti della sua compatibilit con le norme comunitarie, resta ancora il migliore. La nostra sovrabbondante disciplina nazionale sugli appalti e forniture infatti strutturalmente contraddittoria rispetto alla valenza e alla funzione delle norme comunitarie in materia, che devono comunque essere applicate anche nei casi di "deroga". Ecco le conseguenze: a) sul piano giustiziale, il cumulo delle due discipline (comunitaria e nazionale) crea effetti perversi, soprattutto innanzi (*) Versione integrale di articolo pubblicato su Il Sole 24 ore - 06 giugno 2014. al giudice amministrativo, poco idoneo ad essere "giudice dei contratti" (vedi sul punto gli scritti di Piero Calamandrei e la giurisprudenza della Cassazione fino al 1995); b) sul piano economico, l'affidamento diretto di un appalto (che lobiettivo naturale dei regimi in deroga) porta un'impresa a guadagnare pi del dovuto e questa diventa la premessa necessaria e sufficiente per avviare un percorso di corruzione. Se il margine operativo ridotto da un serio confronto concorrenziale difficile pagare tangenti. La linearit delle norme comunitarie, la concorrenza necessaria che ne deriva, la lealt e correttezza che tali norme richiedono alla stazione appaltante e alle imprese interessate, la celerit nelle procedure e nei lavori che le stesse - ove razionalmente applicate - consentono, sono condizioni non facilmente compatibili con una disciplina speciale "fatta in casa" sotto la spinta dell'urgenza: in Europa le procedure e le regole sono oggettive ed efficaci; in casa le regole risultano spesso predisposte e applicate "su misura". Ma nell'applicare le regole comunitarie, occorre un nuovo modo di amministrare legato alla capacit per chi decide di assumere piena responsabilit di quello che fa: le procedure di gara, e le altre procedure imposte dalle direttive comunitarie, non servono - come comunemente si ritiene in Italia - a concludere automaticamente un contratto pubblico; gare e trasparenza si fermano un attimo prima del contratto e servono solo per la "scelta (obbligata) del contraente", con il quale sedersi ad un tavolo e responsabilmente trattare, secondo regole di correttezza e buona fede; il contratto si concluder solo se risulter ad entrambe le parti conveniente, equo e ragionevole. In questo contesto noto come le nostre ditte, che spesso vincono le gare al massimo ribasso, si muovono in Italia nel presupposto di modificare nel corso dei lavori i prezzi concordati, mentre in Europa le stesse ditte, bench vincitrici della gara, non riescono neppure a concludere il contratto. In definitiva, l'impatto delle norme comunitarie con le nostre vecchie leggi di contabilit ha portato, sempre pi, ad un automatismo nelle aggiudicazioni e ad una deresponsabilizzazione dell'amministrazione pubblica; la paura dei ricorsi e del giudice penale ha fatto il resto. Ma allora occorre anche cambiare giudice e affidare il controllo su tutte le procedure, di concessione e appalto, dal bando di gara al collaudo dei lavori, al giudice naturale dei contratti, eliminando quel tipo di controllo da parte del giudice amministrativo sugli atti posti in essere dalla stazione appaltante, che troverebbe giustificazione solo quando si di fronte ad un vero e proprio potere autoritativo (vedi in tal senso sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale sui limiti della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mai estesa in tutta la sua valenza). Con questa scelta non avremmo sospensione dei lavori, se non in casi di palese violazione di legge e di danno grave ed irreparabile, secondo una prassi adottata dal giudice ordinario, nei procedimenti d'urgenza di cui all'articolo 700 del codice di procedura civile, con estrema cautela. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT In sostanza la proposta operativa si muove paradossalmente su un itinerario del tutto opposto a quello sino ad oggi praticato per affrontare e risolvere i cosiddetti "problemi dellemergenza"; non c' bisogno di nessuna deroga, di nessun commissario straordinario, se non per gli aspetti meramente contabili e ragioneristici. Le linee tracciate dalle norme europee e il controllo del giudice ordinario bastano ad assicurare la trasparenza negli appalti e la loro accelerazione in vista dell'EXPO 2015. Liberare le imprese concorrenti e le amministrazioni aggiudicatrici da una legislazione contraddittoria e farraginosa, da controlli plurimi che non riescono ad entrare nella sostanza delle cose, impedire l'uso spesso strumentale della giustizia amministrativa costituiscono la strada maestra per dare alle imprese che lavorano per EXPO 2015 dignit e rispetto di "operatori economici europei". Esistono, per contro, nelle amministrazioni pubbliche statali e regionali funzionari tecnici ed avvocati capaci ed onesti. arrivato il momento di dar loro una ragionevole possibilit di procedere con trasparenza e speditezza. g.f. La finanziaria light ormai soltanto un lontano ricordo? (Riflessioni in vista della prossima legge di stabilit 2015) Paolo Canaparo* SOMMARIO: 1. La crisi dellistituto della legge finanziaria e la riforma della procedura di bilancio - 2. Le prime vicende della legge di stabilit - 3. La proliferazione dei contenuti della legge di stabilit 2014 - 4. Il ricorso eccessivo alla normativa sub-primaria. - 5. La rete dei decreti-legge e luso improprio della legislazione durgenza - 6. La ricerca di nuovi equilibri istituzionali tra Governo e Parlamento in materia finanziaria - 7. Le soluzioni di pi lungo periodo. Quali prospettive per la Stabilit 2015? 1. La crisi dellistituto della legge finanziaria e la riforma della procedura di bilancio. Le ultime vicende politiche assegnano al prossimo disegno di legge di stabilit 2015 un ruolo dirimente per le tante questioni di politica finanziaria ancora insolute, che fa prevedere lennesima presentazione da parte del Governo (il termine stabilito al 15 ottobre) di un corpo normativo dalle rilevanti dimensioni ed una successiva navigazione parlamentare, inevitabilmente, molto complessa, tenuto conto anche delle fibrillazioni nella maggioranza. Ci nonostante molti temi delicati legati alla crescita economica e alla stabilizzazione dei conti pubblici siano stati affrontati nei gi convertiti decreti- legge 90 e 91 (il c.d. decreto-competitivit) e in quello c.d. sblocca-Italia che verr convertito prima dellavvio della sessione di bilancio. Il disegno di legge Stabilit 2015 sar chiamato, infatti, tra laltro, a tradurre in misure strutturali lazione (tanto discussa) di spending review disegnata dal Commissario straordinario Cottarelli, al fine di reperire le risorse necessarie per finanziare a regime il bonus Irpef di 80 euro, nonch di evitare che scattino le clausole di salvaguardia, sotto forma di tagli lineari, per la mancata riduzione delle detrazioni fiscali, e, soprattutto, di aumento di aliquote fiscali o accise previsto dalla legge di stabilit per il 2014 (1), varata dallEsecutivo Letta. Tutto, in altre parole, lascia presagire la conferma del sostanziale fallimento della riforma della procedura di bilancio adottata con la legge 196 del 2009 (2) che, tanto attesa e condivisa da tutte le parti politiche al momento del varo, non stata in grado, certamente non agevolata dalla perdurante crisi economico-finanziaria e dal difficile quadro politico in cui le ultime sessioni di bilancio si sono dibattute, di incidere effettivamente sulle vicende parlamentari di fine anno, riducendosi cos, ad oggi, il passaggio dalla legge finanziaria a quella di stabilit ad una mera modifica nominale. Le difficolt di (*) Viceprefetto in servizio presso lUfficio Affari legislativi e Relazioni parlamentari del Ministero del- lInterno. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT pervenire a governi stabili, sorretti da ampie maggioranze e sufficientemente coesi hanno finito, piuttosto, per rafforzare spinte localistiche e di tutela di interessi settoriali confermando come le vicende delle manovre finanziarie, a prescindere dalle procedure previste per la loro approvazione, risentano comunque profondamente delle diverse stagioni politiche ed economiche. Gli effetti inevitabili sui testi licenziati dalle Camere sono stati una frammentazione delle disposizioni in misura non minore di quella delle leggi finanziarie, tanto attese in quanto veicoli legislativi ciclici che tradizionalmente consentivano interventi in tutti i settori economici, spesso anche di impatto modesto, per le pressioni dei gruppi parlamentari di maggioranza e di minoranza destinate a micro-finanziamenti e non programmate esigenze. Le premesse della riforma della 196 erano peraltro ben diverse: segnare una netta linea di discontinuit rispetto alle finanziarie monstre per gli anni 2007 (3) e 2008 (4), che avevano raggiunto dimensioni inimmaginabili (5). Assalto alla diligenza, spettacolo ignobile, indecente calderone, massacro parlamentare sono i termini con i quali erano state apostrofate le due manovre dellultimo governo Prodi, approvate a seguito di interminabili trattative e rin (1) Legge 27 dicembre 2014, n. 147. (2) Legge 31 dicembre 2009, n. 196 , "Legge di contabilit e finanza pubblica". La legge definisce il quadro normativo unico volto ad adeguare le regole di gestione del bilancio e di coordinamento della finanza pubblica agli obblighi derivanti dallordinamento comunitario e ai nuovi rapporti economici e finanziari tra Stato ed enti decentrati derivanti dal processo di attuazione del federalismo fiscale. Il provvedimento si muove lungo quattro direttrici fondamentali: coordinamento della finanza pubblica; armonizzazione dei sistemi contabili; ridefinizione dei sistemi di controllo; riforma degli strumenti di governo dei conti pubblici. Successive modificazioni sono state adottate con la legge 7 aprile 2011, n. 39, Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, che ha recepito le nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. stata prevista una nuova scansione temporale nella presentazione dei documenti di bilancio al fine di adeguare il ciclo di programmazione economica nazionale al nuovo quadro europeo che ha rafforzato il coordinamento e la sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio nell'Unione europea e nell'Unione monetaria. (3) Legge 27 dicembre 2006, n. 296. (4) Legge 24 dicembre 2007, n. 244. (5) Si rammenta che la riforma della legge di contabilit del 1999 aboliva le leggi c.d. collegate di sessione alla manovra di finanza pubblica, volte a contenere tutte le disposizioni sostanziali che accompagnavano e rendevano possibile la manovra stessa: si trattava, in genere, di provvedimenti molto corposi, non infrequentemente approvati con la questione di fiducia, entrati in crisi proprio a causa della loro continua crescita. A titolo esemplificativo, la legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure per la razionalizzazione della finanza pubblica, era strutturata in tre articoli (sui quali stata posta la questione di fiducia), composti, rispettivamente, di 267, 224 e 217 commi (per un totale di 708 commi). Tutta questa massa di disposizioni che accompagnavano e rendevano possibile la manovra di bilancio sono finite, a seguito della richiamata riforma, nella legge finanziaria: sempre a titolo puramente esemplificativo, la legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388) risultava cos composta di 158 articoli, per un totale di 983 commi. Successivamente tale massa stata distribuita tra la legge finanziaria e un decreto- legge che accompagnava o precedeva la manovra, con il conseguente progressivo travaso di disposizioni dalla prima al secondo. Con le due finanziarie 2007 e 2008 si segn il ritorno alla finanziaria omnibus. vii in sede parlamentare e una quantit di emendamenti della maggioranza parlamentare, del governo e del relatore dei provvedimenti (complessivamente superiori a quelli delle forze politiche di opposizione) che aveva portato allironica notazione da parte degli osservatori politici, di una maggioranza che fa l'opposizione a se stessa". Il ricorso al maxi-emendamento proposto dal Governo, su cui porre la questione di fiducia, stato lo strumento per forzare il procedimento legislativo al fine di consentire il via libera, in un colpo solo, a tante norme e tanto eterogenee (6), ma ha rappresentato anche un colpo mortale per la qualit della legislazione (7), laddove ha condotto alladozione di provvedimenti cos importanti sostanzialmente illeggibili, in quanto composti da migliaia di commi. La Finanziaria 2008, al termine del suo iter parlamentare, risultata composta di soli tre articoli ma con ben complessivi 1193 commi (387 il primo articolo, 642 il secondo e 164 il terzo). Un vero e proprio record si registrato con la finanziaria precedente, un solo articolo e 1.364 commi (8). In realt dovevano essere 1.363. Perch nell'ultimo concitato vertice di maggioranza si era deciso di cassare uno di quei commi che avrebbe sottratto alla tagliola della Corte dei conti molti amministratori accusati di danno erariale. Ma la giungla di norme era talmente fitta e poi il comma era stato evidentemente scritto in maniera tanto criptica dal suo autore Pietro Fuda, allora Presidente della Commissione parlamentare per la semplificazione legislativa, che chi era stato incaricato di trovarlo per tagliarlo, non lo trov. Fu rintracciato dopo pi attente ricerche, ma siccome la Finanziaria era stata gi approvata, per abolire il contestato comma 1.343, fu necessario adottare lo stesso giorno un decreto-legge. Inutile dire che il messaggio spedito alle Camere il 16 dicembre 2004 dall' ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, dopo che il Senato aveva varato una finanziaria fatta da un unico maxi-emendamento di 593 commi (poca cosa rispetto a quello che poi succeduto), era finito subito nel dimenticatoio. Rispetto a queste finanziarie monstre aveva immediatamente cercato di marcare una linea di discontinuit il Ministro dellEconomia e delle Finanze Tremonti, che, pochi giorni dopo essere tornato al governo, nel giugno 2008, definiva la manovra di fine anno 2007, con notevole forza simbolica: Un film dell'orrore. Aggiungeva, perch le sue intenzioni non venissero equivocate: Che non vogliamo pi proiettare. Ma quella pellicola horror rimasta assente dalle sale un anno soltanto. La Finanziaria 2009 (9) ha mantenuto, infatti, contenuti sostanzialmente circoscritti: il testo, allesito del percorso parlamen (6) Per una ampia bibliografia sul tema del maxi-emendamento v. LUPO, Il potere di emendamento e i maxiemendamenti alla luce della Costituzione, in Quaderni regionali 2007, 261 ss. (7) V. AINIS, La legge oscura. Come e perch non funziona, Roma-Bari 2002. (8) La Finanziaria 2007 stata peraltro affiancata dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, composto, nella versione licenziata dal Consiglio dei Ministri, di 48 articoli, per un totale di ben 197 commi. (9) Legge 22 dicembre 2008, n. 203. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT tare, risultato composto di quattro articoli e complessivi 72 commi (di cui 4 nel primo articolo, 50 nel secondo, 11 nel terzo e 7 nellultimo), a fronte di un testo originario di tre articoli e 45 commi. Il successo in gran parte ascrivibile alla scelta del Governo di anticipare i contenuti della manovra finanziaria annuale con ladozione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (10), che, dopo tre passaggi (Camera-Senato-Camera) e la triplice apposizione della fiducia, pass comunque dai gi considerevoli 85 articoli e 491 commi originari a 96 articoli e ben 702 commi finali (11). Questa scelta ha consentito al Governo di presentare un disegno di legge finanziaria con una struttura non particolarmente complessa con lobiettivo di contenere le abituali pressioni parlamentari della sessione di bilancio. Diverso esito ha registrato la successiva Finanziaria 2010 (12), in netta controtendenza rispetto allobiettivo inizialmente dichiarato dallEsecutivo. Il 22 settembre del 2009, dopo il varo della manovra, Tremonti annunciava, infatti: Non una manovra. una finanziaria light, composta di soli tre articoli e relative tabelle, che ha il merito di anticipare di fatto gi quest'anno la riforma della legge di bilancio, attualmente in discussione alla Camera in seconda lettura. Aggiungeva il Ministro: La finanziaria non c' pi ed un bene per il Paese. Niente pi assalti alla diligenza dunque. La Finanziaria 2010 - spiegava ancora Tremonti - prevede anche lo stop ai micro-emendamenti, la cui somma ci ha portato al terzo debito pubblico mondiale. Del resto, nessun governo, di destra o di sinistra, democratico o autoritario, era in grado di superare la prova della Finanziaria italiana, con tre mesi di indiscrezioni, anticipazioni, smentite, scontri e discussioni. Non c' pi quello spettacolo ignobile che erano le Finanziarie. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, non manc di ringraziarlo pubblicamente: Ogni anno si parla della necessit della riforma della finanziaria. Questanno si far un passo serio, forte e deciso. Lo si deve a Giulio Tremonti, mentre anche il premier Silvio Berlusconi esultava: Si tratta di un cambiamento epocale. Abbiamo evitato l'assalto delle lobbies. Due mesi dopo quel cambiamento epocale, al termine di un interminabile e sofferto vertice di maggioranza notturno, arrivato il maxi-emendamento del Governo e la finanziaria light, prevalentemente "tabellare" secondo i propositi annunciati da Tremonti, ha perso la sua leggerezza. Rispetto ai 3 articoli e 30 commi del disegno di legge presentato dallEsecutivo, il testo della Finanziaria 2010 licenziato dalle Camere risultato cos composto di due soli arti (10) Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito dalla legge 6 agosto 2012, n. 133. (11) Sul punto cfr. la ricostruzione di LUPO, Le sessioni di bilancio, ieri e oggi, in (a cura di) CARBONI, La funzione finanziaria del Parlamento. Un confronto tra Italia e Gran Bretagna, Torino, Giappichelli, 2009, 37. (12) Legge 23 dicembre 2009, n. 191. coli, ma ai 4 commi del primo seguivano i ben 253 del secondo (13), con ci manifestando un evidente contrasto con le prescrizioni e gli obiettivi della riforma della procedura di bilancio, che veniva definitivamente approvata nel corso della sessione e, ironia della sorte, pubblicata il 31 dicembre 2009, ovvero il giorno successivo alla pubblicazione della finanziaria. La manovra 2010 stata, peraltro, anticipata dalladozione del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (14), secondo quello stesso schema adottato dal Governo lanno precedente, replicato con la medesima finalit (o meglio, con il medesimo auspicio, poi disatteso dai fatti) di agevolare lo svolgimento della sessione di bilancio. Il decreto, composto nella versione originaria di 26 articoli e 231 commi, risultato, al termine del procedimento di conversione, nel quale era stata posta la questione di fiducia nei passaggi in entrambe le Camere, di ben 46 articoli e 317 commi. Il passaggio per due sole letture ne ha limitato sostanzialmente lesame ad un solo ramo, quello di presentazione. Nel predetto contesto, il legislatore della 196/2009, al fine di decongestionare le manovre finanziarie annuali, ha provveduto ad una complessiva revisione delle modalit e della procedura e degli strumenti di bilancio. In particolare, larticolo 11 ha istituzionalizzato la finanziaria snella (o con il richiamato appellativo di Tremonti, della finanziaria light) (15), che diviene legge di stabilit (16), e riconosciuto alla legge di bilancio la possibilit di intervenire sulle leggi di autorizzazione di spesa, con ci innovando il previgente sistema (13) Si rammenta che nella legge finanziaria confluito il decreto-legge 23 novembre 2009, n. 168, recante disposizioni urgenti in materia di acconti di imposta e trasferimenti erariali ai comuni. (14) Provvedimenti anticrisi, nonch proroga di termini, conv. dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. (15) Larticolo 11 della legge n. 196 del 2009 ha sostanzialmente messo a regime il comma 1-bis dellart. 1 del decreto-legge 112/2008, introdotto in sede di conversione, con cui si stabiliva che in via sperimentale, la legge finanziaria per l'anno 2009 contiene esclusivamente disposizioni strettamente attinenti al suo contenuto tipico con l'esclusione di disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia nonch di carattere ordinamentale, micro-settoriale e localistico. (16) Si rammenta che l'origine della nuova denominazione della legge finanziaria in legge di stabilit fatta risalire al ministro Tremonti e al suo articolato intervento di fronte alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, del 20 febbraio 2002, dove ricord i tre cambiamenti che imponevano un ripensamento della legge di contabilit e cio: 1) I vincoli europei (i) impongono bilanci pubblici quanto pi possibile standardizzati su modelli europei, (ii) con la simmetrica necessaria rimozione dei differenziali domestici; 2) il nuovo titolo V della Costituzione [..] tempo per iniziare una riforma dellapparato contabile del Paese che sia coerente con il nuovo assetto costituzionale. Per favorirne, e non bloccarne, la realizzazione; 3) l'evoluzione tecnica per cui limpianto contabile italiano - e qui si torna al primo punto, allEuropa - deve essere quanto pi possibile coerente con il SEC 95, il sistema europeo dei conti pubblici. La tecnica contabile evoluta [..] Lobiettivo finale pu e deve essere quello di un bilancio realmente e direttamente leggibile dai cittadini. Il Ministro cos concludeva: Una ipotesi di riforma articolata in questi termini potrebbe essere sintetizzata nella formula della trasformazione della attuale legge finanziaria in una legge di stabilit. Nei suoi caratteri essenziali, comunque indicativamente, questo strumento dovrebbe (potrebbe) fissare: a) il tetto complessivo delle entrate e delle spese (quello per "saldi" pare ormai un metodo superato); b) il riparto di responsabilit relativo allattuazione del Patto di stabilit, tra lo Stato e gli altri governi; c) le altre misure necessarie per il rispetto del Patto di stabilit; d) gli ulteriori interventi necessari per attuare il programma di politica economica del Governo, come definito nella Risoluzione di approvazione del DPEF . LEGISLAZIONE ED ATTUALIT che, escludendo tale ipotesi, rimetteva, conseguentemente, alla legge finanziaria tutti gli interventi sulle singole leggi sostanziali di spesa da adottare in sede di manovra annuale, poi recepiti negli effetti dalla legge di bilancio (17). Alla legge di stabilit riservata la funzione di definire il quadro di riferimento finanziario e di regolare le grandezze finanziarie, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica in termini di saldi, in coerenza con gli impegni assunti dallItalia nel quadro del Patto di stabilit europeo. Dai contenuti propri sono escluse le norme prive di effetti finanziari nel triennio, quelle di delega (ivi comprese le modifiche a norme di delega gi in vigore) o di carattere ordinamentale (anche implicita) o organizzatorio, anche qualora caratterizzate da un rilevante miglioramento dei saldi. Sono ritenute inammissibili anche le misure finalizzate allo sviluppo delleconomia mediante maggiore spesa o minore entrata, ci in ragione della mancata riproposizione nel testo della legge n. 196/2009 della previgente lettera i) dellarticolo 11 dellabrogata legge n. 468 del 1978. Nella rinnovata articolazione della legge di stabilit possono essere previsti soltanto quei finanziamenti che, non compresi nel bilancio a legislazione vigente, rispondano a finalit di intervento pubblico di carattere generale (ad esempio, le risorse eventualmente necessarie per rinnovi dei contratti del pubblico impiego o quelle necessarie e coerenti con un ben definito programma di sostegno degli investimenti della crescita) o ad eventi straordinari - come le calamit naturali- che, per definizione, sfuggono ad ogni criterio di ordinata programmazione. Consegue la improponibilit di quegli interventi di natura localistica o micro-settoriali, per i quali le esigenze di sostegno pubblico, e, prima ancora, la ratio che ne giustifichi la sussistenza, devono essere sottoposte a ponderate verifiche in grado di valutare il grado di priorit o di urgenza delle misure proposte, in un bilanciamento con possibili impieghi alternativi (18). (17) Sul punto LUPO, Costituzione e bilancio, Roma, 2007, 14 ss. La ragione principale dell'introduzione della legge finanziaria nel nostro ordinamento risiedeva, essenzialmente, nell'art. 81 della Costituzione e nel carattere di legge formale conferito al documento di bilancio dal terzo comma di questo articolo. La legge finanziaria nasce, quindi, come strumento per consentire di apportare qualunque modifica sostanziale alla legislazione di entrata e di spesa in modo tale da togliere rigidit alla manovra di bilancio; con essa si opta per valorizzare non tanto la legge di bilancio bens la manovra di bilancio. (18) La Corte dei conti, nella Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2012, disponibile sul sito www.cortedeiconti.it, fa notare, in chiave prospettica, che la legge rinforzata n. 243 del 2012 ha sostanzialmente ribadito per la futura legge di bilancio unificata, che entrer in vigore dal 2015, in riferimento alla prima sezione, il quadro dei divieti contenutistici attualmente previsti per la legge di stabilit. Tale trasposizione avvenuta forse in maniera tralaticia senza considerare il ruolo sovraordinato della legge rinforzata, almeno per la parte in cui essa d attuazione ad un espresso richiamo contenuto dellart. 81 Cost., sesto comma, quale il caso in esame (contenuto della legge di bilancio). Ci potrebbe comportare - evidenzia la Corte - la conseguenza che, dalla sua eventuale violazione discenda un vulnus di natura costituzionale, con questioni in termini di giustiziabilit di non facile soluzione, tra laltro in riferimento a singole disposizioni. La questione resa pi complessa dal fatto che in tutte le leggi di stabilit sinora approvate si riscontrano norme la cui collocazione in tale sede sarebbe vietata. Le misure - anche quelle puntuali o di dettaglio - nei diversi settori ai fini dellaggiustamento tra obiettivi e vincoli di bilancio e singole politiche sono rimesse ai diversi strumenti legislativi. In particolare, gli interventi di sviluppo economico e tutto ci che ha rilevanza ordinamentale, anche se con riflessi sulleconomia, sono, in linea di principio e secondo logica, destinate ad apposti disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, con caratteristiche di organicit ed omogeneit per materia e per competenza delle amministrazioni, chiamati a concorrere al raggiungimento degli obiettivi programmatici fissati dalla Decisione di economia e finanza. La legge n. 196/2009 prevede che i disegni di legge collegati debbano essere indicati nella suddetta Decisione o nella successiva Nota di aggiornamento e presentati entro il mese di gennaio. Questo termine tuttavia non esclude la possibilit del Governo di presentare disegni di legge collegati durante la sessione di bilancio ma, piuttosto, riconosce lutilizzazione dei predetti strumenti legislativi entro un lasso di tempo pi ampio rispetto a quello di conclusione della sessione. Il ricorso ai collegati funzionale, tra laltro, a consentire alle Commissioni parlamentari di settore di riprendere centralit relativamente allesame delle misure della parte di manovra finanziaria di interesse, laddove limpropria confluenza di tutti i contenuti nella legge finanziaria ha finito per attrarre lintero esame della manovra alle competenze delle Commissioni bilancio, con il conseguente interessamento di quelle di merito limitatamente allespressione di un parere in sede consultiva. Un ruolo centrale per la semplificazione e la razionalizzazione dei contenuti della legge di stabilit assunto dai veicoli legislativi ciclici. Il riferimento alla legge c.d. comunitaria, profondamente riformata con la legge n. 234/2012 (19), funzionale alladempimento degli obblighi che derivano dal- lUnione europea, e alle leggi per il mercato e la concorrenza (20) e per il sostegno al sistema delle micro, piccole e medie imprese (PMI) (21), dirette a (19) Norme generali sulla partecipazione dellItalia alla formazione e allattuazione della normativa e delle politiche dellUnione europea. La tradizionale legge comunitaria stata sdoppiata in due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea, che il Governo presenta annualmente entro il 28 febbraio e che contiene solo le deleghe per lattuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro (se necessario un ulteriore disegno di legge di delegazione pu essere presentato, con dicitura secondo semestre, entro il 31 luglio di ciascun anno), e la legge europea, per la quale non previsto alcun termine di presentazione, che raccoglie le disposizioni di adempimento degli obblighi che derivano dallUE. Per un commento alla legge 234/2012 v. PARIS, La legge europea e di delegazione europea 2013. Osservazioni sulla prima attuazione dello sdoppiamento della legge comunitaria, in Osservatoriosullefonti. it, fasc. 1/2014; ESPOSITO, La legge 24 dicembre 2012, n. 234, sulla partecipazione del- lItalia alla formazione e allattuazione della normativa e delle politiche dellUE. Parte I - Prime riflessioni sul ruolo delle Camere, in federalismi.it., n. 2/2013. (20) Ex art. 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante Disposizioni per lo sviluppo e linternazionalizzazione delle imprese, nonch in materia di energia. Il disegno di legge, che deve essere presentato dal Governo al Parlamento entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della relazione annuale da parte dellAutorit garante della concorrenza e del mercato, diretto a rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, allapertura dei mercati, alla promozione dello sviluppo della concorrenza a e alla tutela dei consumatori. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT garantire la revisione - con cadenza periodica - di normative specifiche secondo criteri di maggiore organicit e coerenza, tutti interventi prima assunti in maniera impropria tra i contenuti della legge finanziaria. 2. Le prime vicende della legge di stabilit. In netta contrapposizione con il predetto disegno riorganizzativo della manovra finanziaria annuale, la legge di stabilit, nella sua pur breve esperienza (ad oggi ne sono state adottate soltanto quattro), ha mostrato una tendenza, crescente negli anni, ad assorbire i pi ampi contenuti. Pochi articoli, poche misure, con contenuti limitati e circoscritti, e qualche tabella, in questo modo la legge di riforma della procedura di bilancio ha definito i confini della legge di stabilit, per essere poi smentita (purtroppo) nei fatti. Il Governo, sopraffatto da questioni contingenti e da equilibrismi politici, ha finito, infatti, per presentare, prevedendo anche specifiche deroghe alle limitazioni di contenuto della legge n. 196/2009, disegni di legge di stabilit corposi ed articolati, che hanno costituito loccasione per ladozione di correttivi parlamentari caratterizzati, anche tenuto conto della perdurante debolezza degli Esecutivi, da una estrema parcellizzazione ed etereogenit dei contenuti ed una ridotta entit finanziaria e qualit degli interventi ivi previsti, in evidente contrasto sia con le richiamate prescrizioni di cui allarticolo 11, sia con gli stessi obiettivi di aggressione in modo incisivo delle dinamiche espansive della spesa pubblica e di realizzazione di una profonda azione in termini di ottimizzazione della qualit, dell'efficienza e dell'efficacia delle politiche pubbliche e di riallocazione delle risorse pubbliche verso gli impieghi pi produttivi. Le leggi di stabilit sono state precedute e seguite da decreti-legge secondo una tendenza ormai consolidata che riserva alcuni contenuti delle manovre di bilancio a provvedimenti durgenza originariamente collocati nel periodo primaverile e, negli anni pi recenti, spalmati su tutto lanno a seconda delle esigenze di correzione dellandamento delle finanze pubbliche e di sostegno alla crescita economica. La decretazione durgenza ha assunto cos una funzione polivalente in quanto destinata non solo alla gestione delle emergenze ma anche - impropriamente - alla definizione di importanti percorsi di riforma amministrativa, economica, fiscale e previdenziale, in una prospettiva di medio-lungo periodo e multisettoriale, con ci facendo propri i contenuti che dovrebbero essere riservati ai disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, strumenti questi ultimi ai quali il Governo non ha fatto pi ricorso dopo lapprovazione della legge n. 196/2009. Il numero dei decreti-legge e la loro ravvicinata adozione hanno alimentato la (21) Ex art. 18 della legge 11 novembre 2011, n. 180, Norme per la tutela della libert delle imprese. Statuto delle imprese. Il disegno di legge, che deve essere presentato dal Governo al Parlamento entro il 30 giugno di ciascun anno, chiamato a definire gli interventi per la tutela e lo sviluppo del sistema delle micro, piccole e medie imprese, le norme per limmediata riduzione degli oberi burocratici a loro carico, misure di semplificazione amministrativa. tendenza sempre pi forte alla volatilit delle norme, che mostrano di avere una sempre pi labile resistenza nel tempo. Con ci le manovre di finanza pubblica hanno assunto costantemente un carattere emergenziale e frammentario. In particolare, la prima legge di stabilit (22), a fronte di un disegno di legge governativo organizzato su un unico articolo e 13 commi, risultata composta di un solo articolo di 171 commi. Essa stata peraltro preceduta dal decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 (23), il cui testo originario di 56 articoli e 364 commi divenuto, allesito della conversione con la legge 30 luglio 2010, n. 122, di ben 63 articoli e 481 commi. Il provvedimento durgenza passato per due sole letture parlamentari, con lapposizione, in entrambe, della questione di fiducia. Un percorso rapido stato riservato alla Stabilit 2012 (24), approvata in via definitiva dal Parlamento gi il 12 novembre 2011, con un due soli passaggi parlamentari. In quei mesi lItalia si trovava in una fase di convulsa e tormentata crisi politico-istituzionale che, innestandosi sulla crisi economico-finanziaria, in breve tempo port alle dimissioni del IV Governo Berlusconi, alla nomina di un Governo c.d. tecnico, guidato dal neo-nominato senatore a vita Mario Monti e, in seguito, alla fine anticipata della XVI Legislatura. Dopo la resa ufficiale del premier Berlusconi, le cui dimissioni sarebbero seguite al- lapprovazione parlamentare della manovra, il Ministro Tremonti presentava un maxi-emendamento che recepiva tutte le riforme promesse alla UE gi nel corso dellesame in prima lettura del disegno di legge di stabilit in commissione Bilancio in Senato, con laccordo di maggioranza e opposizione di ritirare tutti i correttivi proposti al testo. Il disegno di legge veniva poi trasmesso alla Camera l11 novembre ed il giorno successivo approvato definitivamente e pubblicato. Al testo originario di 7 articoli e 147 commi seguiva il testo definitivo composto di 36 articoli e 330 commi. Lapprovazione della Stabilit 2012 stata peraltro seguita dalla adozione, subito dopo linsediamento del Governo Monti, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (25), che fu convertito, in tempi brevissimi, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. La stessa legge di stabilit era stata preceduta da ben tre provvedimenti durgenza in materia economico-finanziaria, adottati a seguito delle pressioni dei mercati e delle istituzioni europee e internazionali: si tratta dei decreti-legge n. 70 (26), n. 98 (27) e n. 138 (28). I testi definitivi di tutti e tre i richiamati provvedimenti di urgenza non subivano labituale incremento dei (22) Legge 13 dicembre 2010, n. 220. (23) Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivit economica. (24) Legge 12 novembre 2011, n. 183. (25) Disposizioni urgenti per la crescita, l'equit e il consolidamento dei conti pubblici (c.d. salva-Italia). (26) Decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, Semestre europeo - prime disposizioni urgenti per leconomia, conv. dalla legge 12 luglio 2006, n. 106. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT contenuti in sede di conversione in ragione della sostanziale blindatura dei testi governativi per la necessit di assicurarne una rapida approvazione: cos il primo decreto-legge passava da 12 articoli e 126 commi a 14 articoli e 149 commi, il secondo da 41 articoli e 435 commi a 41 e 445, lultimo da 20 articoli e 170 commi a 28 articoli e 252 commi. Lesigenza di una rapida approvazione limitava liter parlamentare del decreto-legge 98 a soli 9 giorni (dal 6 luglio, data di presentazione al Senato, al 14 luglio, data della definitiva approvazione da parte della Camera e contestuale pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). Una approvazione in tempi assai ristretti stata riservata anche al decreto- legge 138/2011, la c.d. manovra correttiva di ferragosto. Il provvedimento, presentato in Senato lo stesso giorno della sua pubblicazione, stato licenziato, in prima lettura, dal Senato il 7 settembre e, definitivamente, dalla Camera il 14 settembre, data in cui stato poi immediatamente pubblicato il testo convertito. Lesigenza stata quella di corrispondere in maniera rapida alle richieste formulate al Governo italiano con la lettera del 5 agosto 2011 firmata da Jean-Claude Trichet (presidente uscente della Banca centrale europea) e Mario Draghi (a fine mandato come governatore di Bankitalia, numero 1 in pectore dellEurotower), nella quale venivano indicate puntualmente le riforme ritenute necessarie a ristabilire la fiducia nel nostro Paese e le condizioni per una ripresa della crescita economica (29). La missiva inviata allItalia si impose allattenzione innanzitutto per la sua irritualit. Indirizzata al solo Presidente del Consiglio, essa sollecitava, infatti, ladozione di provvedimenti che comportavano anche (o esclusivamente) lintervento del Parlamento italiano. Ci che, tuttavia, dest ancor pi stupore risiedeva nel fatto che la Bce non si limitava a prospettare con puntualit le misure che lItalia avrebbe dovuto intraprendere per superare la fase di incertezza economico-finanziaria, ma arrivava, persino, ad individuare le modalit pi opportune per raggiungere quegli obiettivi. Si raccomandava, infatti, di intervenire con decreto-legge e, relativamente alle regole di bilancio, con una riforma costituzionale. Con ci, dunque, non solo venivano dettati i tempi e le modalit di approvazione degli interventi da essa raccomandati, ma cos facendo si finiva per ridurre il Parlamento italiano a mero esecutore dei provvedimenti del governo. Lesautoramento dellorgano parlamentare si consumava, peraltro, su due fronti: da un lato, si sottolineava che lurgenza delle misure elencate rendeva indispensabile intervenire attraverso decreti- legge, non essendo ritenuto possibile attendere i tempi ordinari di discussione (27) Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, conv. dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. (28) Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, conv. dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. (29) Come si ricorder, peraltro, quelli erano i giorni in cui, sul versante interno, il differenziale tra i tassi di interesse dei titoli di stato italiani (Btp) e quello dei titoli tedeschi (Bund) si aggirava intorno alla soglia dei quattrocento punti base. e deliberazione; dallaltro, si auspicava che la ratifica (rectius, conversione) dei suddetti decreti avvenisse comunque entro la fine di settembre 2011, con conseguente riduzione dei sessanta giorni costituzionalmente prescritti per la loro conversione da parte delle Camere. Per di pi la Bce riteneva opportuno che le riforme strutturali e le azioni intraprese al fine di raggiungere gli obiettivi di crescita e di sostenibilit delle finanze pubbliche fossero puntellati da una revisione costituzionale. Vi era evidentemente la convinzione che in questo modo si sarebbe scongiurata la sottrazione, in primo luogo del legislatore ordinario, alle rigorose regole di bilancio di l a venire (30). Vicende complesse, legate ad unaltra crisi politica, quella del Governo Monti, hanno poi interessato la Stabilit 2013 (31). In vista del successivo scioglimento delle Camere, il testo proposto dal Governo divenuto, infatti, lultimo strumento utile della legislatura e vi ha finito cos per confluire, in aperto contrasto con le prescrizioni della legge 196 sui contenuti della legge di stabilit (peraltro gi abbondantemente disattese), anche il tradizionale decreto di fine anno c.d. mille-proroghe. Il testo originario ha cos finito per assumere, dopo tre passaggi parlamentari, con lapposizione in ognuno di essi della fiducia su un maxi-emendamento del Governo, una conformazione finale di un solo articolo e di ben 561 commi. Lapprovazione della legge di Stabilit 2013 stata peraltro accompagnata dalla presentazione del decreto-legge 16 novembre 2012, n. 174 (32), e, secondo un modello ormai consolidato, era stata comunque preceduta da una manovra estiva di correzione dei conti pubblici, adottata con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (33). 3. La proliferazione dei contenuti della legge di stabilit 2014. Il record dei commi per una legge di stabilit spetta comunque alla stabilit 2014 che si compone di un solo articolo e di 749 commi. Gi loriginario impianto del disegno di legge, costituito da ben 26 articoli e 330 commi, nonostante i successivi stralci, con determinazione del Presidente del Senato (34), delle disposizioni (cinque) ritenute estranee al suo oggetto e la confluenza in autonomi disegni di legge, apparso difforme dalle prescrizioni della legge (30) Sul punto v. OLIVITO, Crisi economico-finanziaria ed equilibri costituzionali. Qualche spunto a partire dalla lettera della BCE al Governo italiano, in www.rivistaAIC.it, n. 1/2014. (31) Legge 24 dicembre 2012, n. 228. (32) Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, conv. dalla legge 7 novembre 2012, n. 213. (33) Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. (34) Il Presidente del Senato, sentito il parere della V^ Commissione permanente e del Governo, prima dellassegnazione, accerta se il disegno di legge di stabilit rechi disposizioni estranee al suo oggetto come definito dalla legislazione vigente, ovvero volte a modificare norme in vigore in materia di contabilit generale dello Stato. In tal caso il Presidente comunica allassemblea lo stralcio delle predette disposizioni (art. 126, c. 3, del Reg.). LEGISLAZIONE ED ATTUALIT n. 196/2009 in tema di semplificazione dei contenuti della manovra finanziaria e, dal punto di vista sostanziale, ha finito per lasciare spazi alla possibilit di inserire nuove disposizioni, di iniziativa parlamentare o dello stesso Governo, destinate ad ulteriormente ingigantire un testo gi di per s corposo. La prima lettura in Senato stata cos caratterizzata dalla proposizione di ben 3093 emendamenti in Commissione Bilancio in sede referente, accompagnati da 128 ordini del giorno. La mole di correttivi ha impedito alla Commissione di concludere lesame del disegno di legge, dopo pi di un mese di lavori (dal 24 ottobre al 25 novembre). In Assemblea, il Governo ha poi presentato un maxi-emendamento di un solo articolo e 561 commi che ha recepito esclusivamente le modifiche approvate in Commissione, apponendo sul testo la fiducia. In Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, il testo approdato il 3 dicembre ed stato licenziato il 17 dicembre. Gli emendamenti presentati sono stati 3772 (in Commissione alla Camera non possibile presentare ordini del giorno), di cui 172 delle Commissioni interessate sul testo in sede consultiva, 36 del Governo e 42 del relatore. Sul testo approvato dalla Commissione, il Governo ha poi chiesto la fiducia in Aula. Anche la successiva definitiva lettura in Senato si conclusa con lapposizione della questione di fiducia. La Stabilit 2014 ha assunto un significativo valore politico laddove, definendo direttamente la disciplina di interventi di dettaglio ed evidenziando anche una tendenza verso un ulteriore ampliamento del perimetro dellintervento pubblico sulleconomia, si posta in netto contrasto non solo con il complessivo disegno di razionalizzazione dei contenuti della manovra di programmazione finanziaria di fine anno ma, piuttosto, anche con lesigenza di una pi efficace azione di spesa pubblica, in linea con gli impegni di consolidamento dei conti pubblici assunti a livello comunitario. In particolare, limportante riduzione del valore finanziario delle misure connesse alle scelte governative e di quelle parlamentari ha fatto emergere, in maniera dirompente, il deterioramento dello strumento della legge di stabilit, che doveva concorrere a rendere pi trasparenti e governabili le sessioni di bilancio e che, invece, continua a risentire delle pressanti istanze parlamentari ed utilizzato per finalit redistributive diverse da quelle a cui istituzionalmente preposta e non rispondenti ad un disegno organizzato della politica di bilancio pubblico. Guardando ai soli interventi di aumento delle spese - pari nel complesso a 7,6 miliardi nel 2014, a 2,5 miliardi nel 2015 e a 2,2 miliardi nel 2016 -, oltre 130 hanno riguardato maggiori uscite corrente per importi medi assai contenuti (circa 30 milioni), mentre circa 50 interventi hanno previsto un aumento delle spese in conto capitale, per un importo medio al di sotto di 70 milioni (35). (35) V. le tavole elaborate dalla Corte dei conti, nella Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri. Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2012, cit., che classificano le misure che comportano maggiori spese Per lanno 2014, gli interventi di importo superiore a 50 milioni di euro sono stati solo 30 su un totale di poco meno di 200 interventi, a conferma della dispersione dei finanziamenti. In proposito, quanto al numero e sempre con riferimento al 2014, pi del 60 per cento degli interventi di spesa risultato deciso durante liter parlamentare, per effetto di emendamenti approvati. Ma se si guarda alla dimensione dei provvedimenti, la gran parte risultata gi prevista nel disegno di legge iniziale (ben 6,3 miliardi, pari a circa l80 per cento delle maggiori spese approvate), con ci evidenziando la originaria frammentazione delle politiche di spesa disegnate dal Governo. Questo quadro di impegni sinteticamente descritti ha evidenziato anche i richiamati limiti di coerenza della Stabilit 2014 con loperazione di complessiva revisione della spesa, a cui sono affidati gli obiettivi di conseguimento di nuovi e significativi risparmi rispetto quanto iscritto a legislazione vigente. La collocazione che lazione di spending review assume nellagenda del Governo avrebbe dovuto, piuttosto, suggerire (o meglio, imporre) di procedere a decisioni sulla base di un sostanziale azzeramento degli impegni futuri (al di l di quanto implicito nel quadro a legislazione vigente), per poter garantire una selezione degli oneri aggiuntivi mirata e non in contraddizione con gli indirizzi di contenimento e razionalizzazione della spesa nei diversi settori. In questo la legge di stabilit 2014 ha mostrato impulsi contraddittori laddove ha prefigurato consistenti tagli di spesa, crescenti nel biennio 2015-2016, ci mentre ha evidenziato, con la proliferazione in misura significativa degli interventi di limitata dimensione unitaria, un percorso di crescita della spesa corrente, in particolare per lanno 2014. La proliferazione di misure micro-settoriali nelle manovre finanziarie stata assunta, peraltro, tra le ragioni principali che hanno alimentato quellapproccio di tipo incrementale al bilancio, con il grosso della spesa pubblica definito di anno in anno con cambiamenti marginali, che alla base del consolidamento dei livelli di spesa (la c.d. spesa storica) senza un riesame approfondito della validit dei programmi in essere e della sempre pi scarsa rispondenza tra priorit del Governo e scelte di bilancio. Queste misure appaiono sempre condizionate da lobbies e contrattazioni con singoli parlamentari o piccoli gruppi, il pi delle volte rispondenti a logiche e interessi territoriali piuttosto che di appartenenza a partiti politici, con effetti non solo in termini di frammentazione e incoerenza degli interventi ma anche di opacit dei processi decisionali (36). La loro approvazione consegue alla tendenza del Governo a stabilire il contenuto della manovra finanziaria in via preliminare, riprendere in Parlamento le questioni rimaste aperte al suo interno, accogliere per dimensione quantitativa dellintervento e per settore prevalente. Gli effetti degli interventi sono misurati in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, secondo le definizioni della contabilit nazionale. Lesposizione dei dati distingue, inoltre, per ogni misura di intervento, gli effetti derivanti dalloriginario impianto del disegno di legge - e, quindi, connessi alle scelte governative - e quelli da attribuire alle modifiche introdotte prima alla Camera e poi al Senato. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT parte delle proposte presentate dai parlamentari al fine di superare gli ostacoli in sede di sessione di bilancio e, infine, scaricare sulle Camere lonere di non causare una crisi tramite la apposizione della questione di fiducia sul testo in Aula in tutti i passaggi parlamentari, strumentale a garantire il via libera alla manovra nei tempi previsti. Questo schema, tanto inviso, stato purtroppo replicato con la legge di stabilit 2014. 4. Il ricorso eccessivo alla normativa sub-primaria. La Stabilit 2014 ha confermato, peraltro, le criticit proprie della legislazione degli ultimi anni (37), principalmente legate alladozione di disposizioni - che assumono il pi delle volte valenza programmatica e dichiarativa -a cui corrisponde il rinvio ad una imponente mole di provvedimenti attuativi (38). Tale tecnica di rimando ad ulteriori atti deriva probabilmente dalla necessit di riservare spazi di successiva negoziazione tra le amministrazioni interessate, di superare ostacoli politici che si potrebbero frapporre allapprovazione di una norma primaria troppo dettagliata nei contenuti ed anche dalla rapidit con cui vengono concepite ed approvate le norme, che non consente di mettere a fuoco le singole questioni, disciplinandole in maniera esaustiva, ma semplicemente di porre le basi per ladozione di successivi (36) Su questi aspetti v. Camera dei deputati, Osservatorio sulla legislazione, XVI legislatura, Rapporto 2008 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, Tomo I, 10 ottobre 2008. Il rapporto, pag. 18, evidenzia: Lipertrofia della legge finanziaria e degli strumenti ad essa variamente associati, nei quali ha finito per concentrarsi una grande quota della legislazione annuale pi rilevante, rappresenta nella lunga durata un fattore di opacit e di riduzione delle garanzie democratiche di ordine, trasparenza e comprensione da parte dellopinione pubblica. (37) Sul punto v. Rapporto 2012 sulla legislazione, a cura dellOsservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, Capitolo IV, Dati e tendenze della legislazione statale, in leg16.camera.it/cartellecomuni/Leg16/documenti/2012/capitoloIV.pdf, 387. Da ultimo, Comitato per la legislazione, Rapporto sullattivit svolta dal Comitato per la legislazione, Primo turno di Presidenza (7 maggio 2013-6 marzo 2014), presentato il 18 giugno 2014, che evidenzia una produzione normativa sempre pi complessa e di difficile interpretazione, anche a causa delle numerose modifiche non testuali a previgenti disposizioni normative, condizionata da un alto numero di disposizioni derogatorie, che talora accompagnano persino la definizione della disciplina generale, che si deroga nel momento stesso in cui viene adottata, sempre pi intrecciata con fonti di rango subordinato, in forza di due fenomeni tra loro correlati: le modifiche a fonti secondarie con fonti di rango primario e la previsione di provvedimenti non sempre facilmente riconducibili al sistema delle fonti per modificare atti legislativi (c.d. delegificazione spuria). Sulla qualit e tecnica legislativa v. anche Corte dei conti, Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi pubblicate nel quadrimestre gennaio-aprile 2014, disponibile sul sito www.cortedeiconti.it, che fa riferimento allintroduzione di alcune tecniche normative inedite. (38) V. a tale proposito lEditoriale del n. 3/2011 dellOsservatoriosullefonti.it di TARLI, Delegificazione e decreti di natura non regolamentare nella "brace" del sistema delle fonti normative. V. altres Corte dei conti, Audizione dinanzi alla Commissione parlamentare per la semplificazione, del 12 marzo 2014, disponibile sul sito www.cortedeiconti.it, che evidenzia la frequente rinuncia allauto applicabilit normativa che sposta su una pluralit di sedi e livelli istituzionali ladozione dei necessari provvedimenti attuativi con una tempistica spesso oggetto di rinvii e proroghe anche a causa dellinsorgere di interessi contrapposti. provvedimenti che esulano spesso dal sistema delle fonti, prevedendo adempimenti che appaiono atipici o talora indefiniti (39). Si unisce lulteriore criticit di una struttura e una formulazione dei testi tali da rendere disagevole la lettura, per lampiezza e larticolazione delle singole parti normative e per la dispersione e talora la dissoluzione dei precetti in espressioni prevalentemente costituite da indicazioni di finalit, di motivazioni e del contesto nel quale le norme sono chiamate ad operare. In particolare, la legge di stabilit 2014, in ragione della espressa previsione della legge di contabilit che nega la possibilit di introdurre deleghe, ha fatto ricorso a procedure di delegificazione. Essa poi contiene una serie di norme che demandano a disposizioni sub-primarie la definizione degli aspetti finanziari per quanto concerne, sia lindividuazione degli oneri, sia il reperimento delle occorrenti fonti di copertura (40). Si confermata, quindi, la tendenza, gi segnalata dalla Corte dei conti nel recente passato, del ricorso ad un modello legislativo che prevede a determinate scadenze lacquisizione di una parte degli effetti finanziari della legge, che testimonia una difficolt nella definizione in dettaglio della materia da parte della normativa primaria. Tale scelta si sostanzia nel varo di una normativa dai risvolti finanziari tendenzialmente generici, la cui successiva individuazione rimessa allattuazione dei vari istituti, e dunque agli aspetti gestionali, con ci indebolendo il ruolo della stessa normazione primaria, che, sempre pi spesso, va assumendo un carattere di natura programmatica, e configura un quadro complessivo che richiede quanto meno un attento monitoraggio, soprattutto sulle potenzialit in ordine alleffettiva offerta di risorse per gli importi attesi sulla base della legge in vigore (41). (39) ampio il ricorso ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, che implicano la riconduzione di molte politiche settoriali alla diretta supervisione del Capo del Governo e ai decreti direttoriali, con un significativo spostamento della responsabilit della emanazione dal soggetto politico (Governo e Parlamento) ai vertici amministrativi. Molto diffuso anche il ricorso a decreti dei quali viene esplicitata la natura non regolamentare, con lobiettivo di evitare la complessa procedura degli atti regolamentari e di superare il limite imposto dallarticolo 117, sesto comma della Costituzione, che limita la potest regolamentare dello Stato alle materie di sua competenza legislativa esclusiva. Su questo ultimo fenomeno ha avuto modo di intervenire in maniera netta il Consiglio di Stato con la sentenza n. 9 del 4 maggio 2012. Il Consiglio, pronunciandosi in merito alla crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di fuga dal regolamento (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite ladozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari), ha sostenuto che deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, pi in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti atipici, di natura non regolamentare, specie laddove la norma che attribuisce il potere normativo nulla disponga (come in questo caso) in ordine alla possibilit di utilizzare moduli alternativi e diversi rispetto a quello regolamentare tipizzato dallarticolo 17 legge n. 400 del 1988. (40) Sul punto v. Corte dei conti, Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre- dicembre 2012, cit. (41) Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri. Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2012, cit. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Un aspetto particolarmente delicato la circostanza che molte delle forme non fisiologiche di legislazione hanno un impatto a volte diretto, altre volte indiretto, in ordine, sia alla effettiva agibilit delle coperture individuate, sia alla tenuta del quadro stesso degli oneri complessivamente considerati. Con riferimento a questo ultimo profilo occorre tenere conto che una serie di norme ha previsto lapprovazione in momenti successivi di atti amministrativi per realizzare quote di maggiori entrate e o di minori spese i cui effetti sono stati gi inseriti nei saldi a legislazione vigente il che rischia di rendere incerto il quadro previsionale, se poi tali effetti ascritti ex ante alla predetta normativa risultino difformi dalle previsioni (42). La delegificazione della decisione primaria finanziariamente rilevante, che riguarda lindividuazione degli oneri e la relativa copertura, oltre a rappresentare, di fatto, una riconfigurazione non irrilevante dellequilibrio tra i poteri dello Stato, non appare coerente con il principio dellautosufficienza della fonte legislativa, su cui insiste lobbligo di prevedere la copertura. Al riguardo, occorre ricordare che il rinvio alla fonte secondaria in materia di coperture, stante il principio della riserva di legge derivante dallart. 81 Cost., pu essere consentito solo nel caso in cui i problemi rimessi alla fonte amministrativa rivestano natura squisitamente tecnica (si veda, da ultimo, la sentenza della corte Costituzionale n. 88 del 2014). Per altro verso, la previsione dellapprovazione di atti amministrativi per la realizzazione di quote di maggiori entrate o di minori spese finisce con linfondere nel sistema elementi di incertezza circa leffettiva portata finanziaria delle disposizioni, il che rileva (42) Si segnala per esempio, in primis per la rilevanza quantitativa, il comma 430, in base al quale - ove non siano approvate a tutto il 2014 misure di maggiori entrate, ovvero di spending review, con effetti quantificati in 3 miliardi per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017 - con dPCM, da adottare entro il 15 gennaio 2015, saranno disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e delle detrazioni in vigore, al fine di assicurare i medesimi effetti. Tra le altre norme similari si ricorda, inoltre, il comma 427, che prevede economie derivanti dal lato della spesa per 0,6 miliardi per il 2015 e 1,3 miliardi per il 2016 e 2017, da realizzare con provvedimenti da adottare entro il 31 luglio 2014 (con una garanzia ad opera del successivo comma 428, che per intanto, accantona e rende indisponibili, per un importo pari circa alla met dei risparmi attesi, le spese rimodulabili dei Ministeri). Sarebbero venuti in rilievo anche i due commi 575-576, i quali prevedevano lattivazione, entro il 31 gennaio 2014, di unoperazione di razionalizzazione delle detrazioni e, in assenza, la riduzione delle detrazioni IRPEF per una serie di oneri, in vista del raggiungimento di un determinato gettito puntualmente quantificato dalle norme medesime in 0,4 miliardi per il 2014, 0,7 miliardi per il 2015 e 0,5 miliardi a decorrere dellanno 2016: con il decreto-legge n. 4 del 28 gennaio 2014 i due commi sono stati abrogati, incrementando i risparmi derivanti dalla spending review di cui al citato comma 427 (ad eccezione che per il primo anno) nonch, naturalmente, la connessa garanzia di cui al parimenti citato comma 428 (accantonamento e indisponibilit di spese rimodulabili dei Ministeri). Anche il successivo blocco ai commi 577-580 merita una segnalazione per il fatto di demandare ugualmente ad un dPCM, da adottare entro lo scorso 31 gennaio 2014, la individuazione delle quote di fruizione dei crediti dimposta individuati nellapposito allegato al fine di ottenere il gettito puntualmente quantificato dalle norme stesse (con il comma 580, in particolare, disposta una clausola di salvaguardia con una ulteriore possibilit di rideterminazione della materia, con decreto del Ministro delleconomia e delle finanze). anche dal punto di vista del rapporto che intercorre tra pubblica amministrazione e platea dei destinatari delle varie normative. Il richiamo , in particolare, al fenomeno segnalato dalla Corte dei conti del rinvio allazione amministrativa a proposito della specificazione dellentit dellobbligazione tributaria, con riferimento tanto alle imposte indirette (ad es. coperture mediante aumento delle accise) che a quelle dirette ( il caso ad esempio della riduzione delle detrazioni e delle deduzioni). Con tali tecniche si sposta quindi alla fase attuativa lindividuazione di aspetti cruciali dellobbligazione tributaria, che sarebbe compito della normativa primaria definire, che, invece, si limita a porre lunico vincolo in termini di gettito da acquisire. Ci pone profili che attengono anche allosservanza dei vincoli di cui allart. 23 Cost., con le implicazioni che ci finisce con il presentare in ordine ad un trasparente e responsabile rapporto tra le pubbliche amministrazioni e la collettivit, destinataria delle norme medesime. La Stabilit 2014 si inserita, inoltre, nellambito di quella tendenza, che si presenta ormai in modo ricorrente, delle leggi di natura non ordinamentale che sovraccaricano di competenze aggiuntive gli strumenti - legislativi e non di programmazione economica previsti a legislazione vigente ed introducono elementi di scarsa omogeneit ed organicit nellordinamento contabile, peraltro non ancora aggiornato. Il contenuto dei documenti di finanza pubblica, che oltretutto dovrebbe corrispondere ormai a prescrizioni di carattere comunitario, finisce in tal modo con il risultare assegnatario di una serie di funzioni collegate a materie di varia portata. In particolare, il testo della Stabilit 2014 assegna nuovi compiti al Documento di economia e finanza, nonch alle leggi di stabilit future, che non si inquadrano in quelle tipiche che lo stesso ordinamento assegna a tale veicolo normativo (43). Questi interventi, senza alcun impatto sui saldi di finanza pubblica, oltre ad apparire in contrasto il divieto della legge 196 di apporre modifiche allordinamento contabile in sede di legge di stabilit, rendono lo stesso ordinamento disomogeneo e frammentato, in quanto adottati in ragione di esigenze specifiche, al di fuori della sede naturale costituita dalla revisione della predetta legge. Le medesime conclusioni devono trarsi anche per laltra tendenza consolidata ad accentuare la flessibilit circa le modalit di gestione del bilancio, con la previsione, in qualche caso, di esplicite deroghe allordinamento in vigore destinate a produrre ricadute sia sul piano della trasparenza circa luso delle risorse pubbliche, sia su quello dellesercizio dello stesso controllo esterno, che non pu che risultarne in qualche modo indebolito. 5. La rete dei decreti-legge e luso improprio della legislazione durgenza. Con riferimento al suo contenuto complessivo, la Stabilit 2014 non ha (43) il caso, ad es., del comma 11, in materia di contenuto di relazioni che il Governo deve presentare e dei commi 431-435, in base al quale istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT registrato, come rilevato positivamente dalla Corte dei conti (44), quel sostanziale svuotamento della sua portata determinatosi nel recente passato (a partire dallanno 2009, con ladozione del richiamato decreto-legge 112 del 2008) per lanticipazione della definizione dei saldi di finanza pubblica in strumenti legislativi durgenza approvati prima della sessione di bilancio (le manovre c.d. estive). Per quella che la Corte definisce espressamente una anomalia istituzionale, sia pure legata a ragioni di tempestivit nel consolidamento del quadro finanziario in ragione della grave crisi che si manifestata in questi anni, alla legge finanziaria prima e alla stabilit poi stata attribuita, infatti, una funzione di mera ripartizione di risorse allinterno di obiettivi di finanza pubblica gi precedentemente fissati, cos pregiudicando la finalit stessa dello strumento e la centralit della sessione di bilancio. A fronte di questa significativa inversione di tendenza, che, nel rispetto della 196, ha valorizzato il ruolo e le funzioni della legge di stabilit in tema di programmazione finanziaria di medio periodo, stata comunque confermata una significativa stretta interrelazione di politiche e misure ivi previste con una vera e propria rete di provvedimenti di urgenza che lhanno preceduta e accompagnata, anche in ragione della querelle senza fine sulla abrogazione dellICI e la conseguente riforma del regime fiscale sugli immobili. I decreti sono stati modificati in corso di conversione, o, comunque, si sono intrecciati con altri analoghi provvedimenti appena convertiti o anche essi allesame parlamentare, finendo per alimentare una complicata stratificazione normativa, resa ogni giorno pi consistente in forza delle dimensioni e della complessit dei provvedimenti e della sempre pi pronunciata volatilit delle norme e la sovrapposizione al tessuto vigente di disposizioni prive delle necessarie clausole di coordinamento. In particolare, prima della pausa estiva dei lavori parlamentari, lEsecutivo ha adottato i decreti-legge n. 69 (45) e n. 76 (46). Il primo, sulla base, delle Raccomandazioni rivolte allItalia dalla Commissione europea il 29 maggio 2013 nel quadro della procedura di coordinamento delle riforme economiche per la competitivit (semestre europeo), ha recato un ampio novero di interventi rispondenti alle esigenze di semplificazione del quadro amministrativo e normativo per i cittadini e le imprese, nonch di deflazione del contenzioso civile e promozione del ricorso a procedure extragiudiziali; di sostegno al flusso del credito alle attivit produttive, anche diversificando e (44) V. Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2012, cit. (45) Decreto-legge 15 giugno 2013, n. 69, Disposizioni urgenti per il rilancio delleconomia, conv. dalla legge 9 agosto 2013, n. 9 (il c.d. decreto del Fare). (46) Decreto-legge 26 giugno 2013, n. 76, Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonch in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, conv. dalla legge 9 agosto 2013, n. 99. migliorando laccesso ai finanziamenti, e, infine, di prosecuzione dellazione di liberalizzazione nel settore dei servizi e di miglioramento della capacit infrastrutturale, incluso il settore dei trasporti; il secondo ha previsto un insieme di disposizioni di natura fiscale e in materia di lavoro, nonch varie misure di finanziamento di specifici interventi. Il decreto-legge 24 giugno 2013, n. 72 (47), decadeva, invece, per mancata conversione. Sono seguiti, a fine agosto, i decreti-legge n. 101 (48) e n. 102 (49) e, immediatamente prima della presentazione in Parlamento del disegno di legge di stabilit 2014, il decreto-legge n. 120 (50), diretto a garantire - con una manovra c.d. correttiva - il rispetto degli impegni assunti per il 2013 a livello comunitario in termini di saldi di finanza pubblica. Si aggiungeva ladozione, durante liter di esame del disegno di legge di stabilit, del decreto-legge n. 133 (51) e, immediatamente prima della sua definitiva approvazione, del de- creto-legge n. 145 (52). Il 21 febbraio 2014 stato poi presentato disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica "Disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitivit agricole del settore agricolo, agroalimentare e della pesca", che langue in Parlamento. Una vera e propria storia senza fine ha preso avvio, peraltro, con la presentazione, appena avviato lesame del disegno di legge di stabilit 2014, del decreto-legge n. 126 (53) (noto come decreto salva-Roma). Il provvedimento, dopo la prima lettura da parte del Senato, approdato alla Camera blindato in ragione dei ristretti tempi di conversione ed ha ottenuto un rapido via libera in Commissione Bilancio. Il Governo, dopo aver presentato il maxi-emendamento in Aula ed aver incassato la fiducia, il 23 dicembre 2013, prima del voto finale sul provvedimento, ha deciso per di rinunciare a proseguire liter di conversione allesito del colloquio fra il premier Letta e il Presidente della Repubblica, nel quale questultimo aveva manifestato tutto il suo disappunto per lo stravolgimento subito dal provvedimento nel passaggio parlamentare. Il (47) Misure urgenti per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale. (48) Decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, conv. dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. (49) Decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalit immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonch di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici, conv. dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124. (50) Decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, Misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonch in materia di immigrazione, conv. dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137. (51) Decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, Disposizioni urgenti concernenti lIMU, lalienazione di immobili pubblici e la Banca dItalia, convertito dalla 29 gennaio 2014, n. 5. (52) Decreto-legge 13 dicembre 2013, n. 145, Interventi urgenti di avvio del piano "Destinazione Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonch misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, convertito dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9. (53) Decreto-legge 29 ottobre 2013, n. 126, recante Misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT decreto, anche sfruttando la circostanza che lattenzione generale, politica e mediatica, era tutta rivolta al complicatissimo iter della legge di stabilit in Commissione Bilancio alla Camera, che, poi, come evidenziato, non sarebbe riuscita a chiudere lesame in sede referente, ha registrato, infatti, una crescita dei contenuti del suo testo originario di ben 10 articoli, per complessivi 90 commi. Il testo risultato cos appesantito da disposizioni provenienti da tutti i gruppi parlamentari e del tutto estranee alla materia inizialmente regolata, che passavano dal sistema di trasporto pubblico locale della Calabria, al servizio ferroviario di Campania, Sicilia e Valle dAosta; dagli oneri daffitto pagati dallo Stato, al restauro del palazzo municipale di Sciacca; dalle slot machines ad una serie di misure a favore dei territori colpiti da terremoti e alluvioni, fino ad arrivare al coordinamento delle strutture amministrative della Croce rossa (54). La decisione dellEsecutivo di abbandonare al destino della decadenza il decreto n. 126/2013 stata comunicata unitamente alla precisazione che le misure indifferibili - segnatamente le norme sul bilancio della Capitale - sarebbero comunque confluite nel decreto mille-proroghe inserito nellagenda del Consiglio dei Ministri del 27 dicembre. Ed proprio in quella data (e in concomitanza con i lavori dellEsecutivo) che il Capo dello Stato intervenuto formalmente per segnalare con una missiva indirizzata ai Presidenti delle due Assemblee legislative come nelliter di conversione il decreto-legge avesse incamerato ben ulteriori 10 articoli rispetto al contenuto originario e per fare cos appello (ancora una volta) alla responsabilit del sistema politico e ad un atteggiamento di leale e fattiva collaborazione istituzionale, al fine di porre termine ad una situazione che non appare pi sostenibile nel quadro costituzionale del sistema delle fonti e dei rapporti fra Governo e Parlamento con riguardo alla produzione normativa. Ove detta prassi fosse scarsamente arginata dai regolamenti parlamentari, il Capo dello Stato ne sollecitava quindi una revisione, ma, da parte sua, non esitava, secondo quanto gi accaduto in passato, a prospettare - come extrema ratio - il ricorso al rinvio ex art. 74 Cost. di leggi di conversione che presentassero contenuti abnormi e incoerenti rispetto alla normazione durgenza sottoposta allesame delle Camere (55). Ri (54) A leggere il parere del Comitato del 23 dicembre 2013, questo decreto-legge raccoglie quasi tutte le prassi distorsive che hanno caratterizzato liter di approvazione dei decreti-legge durante gli ultimi anni. Oltre ad essere notevolmente cresciuto durante la fase di approvazione parlamentare, passando da 2 a 10 articoli (per complessivi 90 commi), il decreto-legge ricorre ampiamente a norme temporanee, sperimentali, provvisorie, disposizioni a carattere transitorio, temporale o mere proroghe, e contiene alcune importanti deleghe legislative (introdotte dal Senato in fase di prima lettura). (55) Si tratta di una lettera che fa peraltro seguito a ben tre moniti nellarco di soli tre anni. Sul punto, occorre sottolineare che il Capo dello Stato ha sempre interpretato in modo assai restrittivo i poteri emendativi del Parlamento, aderendo a quella dottrina che rimarca il ruolo tipico della funzione parlamentare di conversione (v. SILVESTRI, Alcuni profili problematici dellattuale dibattito sui decreti- legge, in Pol. dir., 3/1996, 425 ss.). La precedente lettera inviata il 22 febbraio 2012 agli ex presidenti Fini e Schifani risaliva al 23 febbraio 2012. Nella missiva il Capo dello Stato avvertiva che, di fronte spetto a tale circostanza, il Presidente Napolitano non escludeva una parziale reiterazione delle norme del decreto legge (inevitabilmente) decaduto che ten[ga] conto dei motivi posti alla base della richiesta di riesame. Il monito del Capo dello Stato richiamava espressamente la giurisprudenza costituzionale intesa a porre alcuni limiti agli eccessi nelle vicende della decretazione d'urgenza (56) e, in particolare, la sentenza n. 22 del 2012 (57), a cui recentemente seguita la n. 32 del 2014 (58), depositata il 12 febbraio 2014. Due sentenze che guardano al versante parlamentare, concernendo eminentemente la conversione del decreto-legge e, solo di riflesso, trattando della decretazione d'urgenza in quanto tale (59). allabnormit dell'esito del procedimento di conversione, non avrebbe pi potuto rinunciare ad avvalersi della facolt di rinvio, pur nella consapevolezza che ci avrebbe potuto comportare la decadenza del- l'intero decreto-legge, non disponendo della facolt di rinvio parziale. Esprimeva, inoltre, l'avviso che, in tal caso, fosse possibile una parziale reiterazione che tenesse conto dei motivi posti alla base della richiesta di riesame. La richiamata lettera del Presidente seguiva, peraltro, un suo precedente monito in data 22 febbraio 2011 che riguardava i contenuti delle modifiche e delle aggiunte apportate, nel corso dell'esame al Senato, al disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle famiglie e alle imprese. A seguito delle modifiche apportate dalle Commissioni del Senato e dal Governo con il maxiemendamento in Aula, al testo originario del decreto-legge, costituito da 4 articoli (di cui il terzo relativo alla copertura finanziaria e il quarto all'entrata in vigore) e 25 commi, furono aggiunti altri 5 articoli e 196 commi. Il Capo dello Stato rilevava che questo modo di procedere, come aveva avuto modo in diverse occasioni, si ponesse in contrasto con i principi sanciti dall'articolo 77 della Costituzione e dall'articolo 15, comma 3, della legge di attuazione costituzionale n. 400 del 1988, recepiti dalle stesse norme dei regolamenti parlamentari. L'inserimento nei decreti di disposizioni non strettamente attinenti ai loro contenuti, eterogenee e spesso prive dei requisiti di straordinaria necessit ed urgenza, elude il vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione dei decreti legge. Inoltre l'eterogeneit e l'ampiezza delle materie non consentono a tutte le Commissioni competenti di svolgere l'esame referente richiesto dal primo comma dell'articolo 72 della Costituzione e costringono la discussione da parte di entrambe le Camere nel termine tassativo di 60 giorni. Aggiungeva il Presidente che il frequente ricorso alla apposizione della questione di fiducia realizza una ulteriore pesante compressione del ruolo del Parlamento. Tali considerazioni erano state peraltro espresse dallo stesso Capo dello Stato con la lettera ai capigruppo del 22 maggio 2010 che ha accompagnato la promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, in materia di incentivi, sottolineando come durante la procedura di conversione il decreto-legge fosse stato caricato di contenuti impropri e norme eterogenee e come la pratica del ricorso a fiducia e maxi-emendamenti indebolisca le prerogative parlamentari. Prima ancora il Presidente Napolitano aveva scritto: lettera del 25 giugno 2008 sul decreto-legge n. 112/08, in cui esprimeva preoccupazioni per il fatto che una manovra finanziaria fosse costretta nei tempi di esame di un disegno di legge di conversione del decreto-legge. Napolitano chiedeva, a tal fine, che la Camera intensificasse i lavori parlamentari per assicurare comunque un esame completo ed approfondito del provvedimento. In questa lettera non erano espressamente richiamati parametri costituzionali ma vi era il riferimento alla tutela delle prerogative del Parlamento; - lettera del 9 aprile 2009 inviata ai Presidenti di Senato e Camera, al Presidente del Consiglio e al Ministro delleconomia in occasione della promulgazione della legge di conversione del decreto-legge n. 5/09 sui settori industriali in crisi. Il Presidente evidenziava qui il problema connesso allappesantimento dei decreti-legge durante liter di conversione. A fronte di numerose modifiche al testo del decreto, era infatti resa ardua la verifica da parte del Presidente della Repubblica del contenuto della legge di conversione in vista della promulgazione, ove tale adempimento si collochi in prossimit della scadenza del decreto-legge stesso. Napolitano richiamava in tale sede gli articoli 77 e 81 Cost. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT (56) In tema di decretazione d'urgenza, le sentenze della Corte costituzionale hanno inciso a fondo sulla prassi costituzionale e sul concreto funzionamento dell'ordinamento, talora segnando veri e propri momenti di svolta. Cos stato riguardo alla sentenza n. 360 del 1996, che ha sostanzialmente posto fine al fenomeno della reiterazione dei decreti-legge, all'epoca giunto ad eccessi patologici. E cos stato per la sentenza n. 171 del 2007 (sulla sua scia, la sentenza n. 128 del 2008), riguardo alla sindacabilit dei presupposti di necessit e urgenza del decreto-legge. Con la sentenza n. 171 del 2007 la Corte costituzionale ha accolto - per la prima volta - censure relative alla insussistenza dei requisiti della decretazione d'urgenza. Essa riconosceva che, fino a quel momento, nella sua giurisprudenza fossero convissuti due distinti orientamenti: uno teso a negare la sindacabilit del decreto convertito (perch il decreto-legge convertito sanato dalla conversione operata dal Parlamento); laltro volto ad affermare la sindacabilit del decreto-legge anche dopo la conversione (perch il vizio originale del decreto-legge non sanato, ma si trasmette alla relativa legge di conversione). La Corte, con la sentenza n. 171, ha scelto la seconda via interpretativa - e lha percorsa sino a giungere all'annullamento della norma contestata. Tale orientamento stato successivamente ribadito con la sentenza n. 128 del 2008. La Corte vi ha ripreso largomento principale a favore del sindacato giurisdizionale: non possibile affermare che la conversione del decreto-legge, effettuata dal Parlamento, abbia unefficacia sanante, perch ci significherebbe attribuire al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione legislativa. E, secondo la Corte, tale riparto di competenze parte integrante della forma di Governo e dellassetto delle fonti voluti dai costituenti. (57) Nella sentenza la Corte ha rilevato lesclusione, per il Parlamento, della facolt di spezzare "un nesso di interrelazione funzionale" che deve esservi tra decreto-legge e legge di conversione. Conversione (non gi delle disposizioni ma) dell'atto, unitariamente considerato. Pertanto "l'oggetto del decreto-legge tende a coincidere con quello della legge di conversione". E dunque: "La necessaria omogeneit del de- creto-legge [...] deve essere osservata dalla legge di conversione". Il Parlamento pu s emendare il de- creto-legge, tuttavia rimanendo nell'alveo dei medesimi oggetti o delle medesime finalit di questo. Sui contenuti innovativi della sentenza costituzionale v. DICKMANN, La Corte sanziona la evidente estraneit di disposizioni di un decreto-legge inserite con la legge di conversione. Error in procedendo o vizio di irragionevolezza? (nota a Corte cost., 16 febbraio 2012, n. 22), in federalismi.it, 7 marzo 2012. (58) Con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha affermato che la fuoriuscita della legge di conversione dal nesso funzionale (proprio della medesima conversione) concreti non gi "esercizio improprio" di un potere - come aveva rilevato la sentenza n. 22 - ma "carenza" di esso. Ne segue, per la norma che figuri nella legge di conversione quale intrusa, un vizio radicale nella sua formazione. La legge di conversione segue infatti, a detta della Corte, un iter parlamentare semplificato e accelerato, costituzionalmente ritagliato sulla "sua natura di legge funzionalizzata alla stabilizzazione di un provvedimento avente forza di legge, emanato provvisoriamente dal Governo e valido per un lasso temporale breve e circoscritto". "Dalla sua connotazione di legge a competenza tipica derivano i limiti alla emendabilit del decreto-legge. La legge di conversione non pu, quindi, aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore". "Diversamente, l'iter semplificato potrebbe essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano l'atto con forza di legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare". Si rammenta che, tra le considerazioni di diritto che corredano la sentenza n. 32 del 2014, figurano alcune relative al procedimento parlamentare. L'equiparazione del trattamento sanzionatorio di droghe leggere e droghe pesanti (che in sede di conversione del decreto-legge n. 272 del 2005 si venne a disporre) fu una scelta normativa di rilievo. "Una tale penetrante e incisiva riforma, coinvolgente delicate scelte di natura politica, giuridica e scientifica, avrebbe richiesto un adeguato dibattito parlamentare, possibile ove si fossero seguite le ordinarie procedure di formazione della legge, ex articolo 72 della Costituzione". Un intervento normativo di quel rilievo, aggiunge la Corte, fu di contro "frettolosamente inserito in un maxi-emendamento del Governo, interamente sostitutivo del testo del disegno di legge di conversione", su cui inoltre fu posta la questione di fiducia. E qui la Corte annota che, in quel modo, "la presentazione in aula da parte del Governo di un maxi-emendamento al disegno di legge di conversione non ha consentito alle Commissioni di svolgere in Senato l'esame referente richiesto dal primo comma dell'articolo 72 della Costituzione". (59) La sentenza n. 220 del 2013 - depositata il 19 luglio 2013 - concerne, invece, pi il versante del titolare esclusivo dell'iniziativa, ponendo in evidenza alcuni elementi costitutivi propri dell'atto de- creto-legge. La sentenza, dichiarando costituzionalmente illegittima la cd. riforma delle Province, ha Al richiamato monito del Capo dello Stato del 27 dicembre 2013 ha fatto seguito, il giorno successivo, la missiva del Presidente del Senato inviata ai Presidenti delle Commissioni, nella quale esprimeva loro "una forte raccomandazione" affinch il vaglio sulla proponibilit degli emendamenti riferiti ai de- creti-legge fosse particolarmente scrupoloso e attento, specialmente sotto il profilo della necessaria coerenza per materia con il testo del decreto. Ove non dovesse riscontrare la necessaria collaborazione di tutti i soggetti istituzionali e politici, la Presidenza non esiter, nel corso della successiva discussione in Assemblea, a dichiarare improponibili, per estraneit alla materia, emendamenti di qualunque provenienza, anche se presentati dai relatori o dal Go riguardato l'attitudine dell'atto decreto-legge a dettare quel complessivo riordino. Un primo ordine di argomentazioni concerne il carattere ordinamentale delle norme introdotte con i decreti-legge impugnati. La competenza legislativa esclusiva dello Stato a disciplinare "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali" degli enti locali (ai sensi dell'articolo 117 secondo comma, lettera p) della Costituzione) non abilita un decreto-legge, ad avviso della Corte, a porre "norme ordinamentali, che non possono essere interamente condizionate dalla contingenza, sino al punto da costringere il dibattito parlamentare sulle stesse nei ristretti limiti tracciati dal secondo e terzo comma dell'articolo 77, concepito dal legislatore costituente per interventi specifici e puntuali, resi necessari dall'insorgere di casi straordinari di necessit e d'urgenza". Agire sulle componenti essenziali dell'intelaiatura dell'ordinamento degli enti locali, "per loro natura disciplinate da leggi destinate a durare nel tempo e rispondenti ad esigenze sociali ed istituzionali di lungo periodo", si palesa come "incompatibile, sul piano logico e giuridico, con il dettato costituzionale, trattandosi di una trasformazione radicale dell'intero sistema, su cui da tempo aperto un ampio dibattito nelle sedi politiche e dottrinali, e che certo non nasce, nella sua interezza e complessit, da un caso di straordinaria di necessit e d'urgenza". Rileva qui "la palese inadeguatezza dello strumento del decreto-legge a realizzare una riforma organica e di sistema, che non solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficaci, rinvii a sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge, secondo il disegno costituzionale". Ed a conclusione di tale svolgimento argomentativo, la Corte rileva "come non sia utilizzabile un atto normativo, come il decreto-legge, per introdurre nuovi assetti ordinamentali che superimo i limiti di misure strettamente organizzative". Un secondo ordine di considerazioni riguarda l'immediata applicazione delle misure disposte dal decreto- legge. "I decreti-legge traggono la loro legittimazione generale da casi straordinari e sono destinati ad operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessit". "Operare immediatamente", dunque, rileva la Corte costituzionale. Ed invero vigente la previsione (legislativa) secondo cui il de- creto-legge deve contenere "misure di immediata applicazione" (articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, la quale reca disciplina dell'attivit di Governo). Ebbene, la Corte sottolinea come siffatta disposizione della legge n. 400, "pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprime ed esplicita ci che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge". Pertanto il decreto-legge "entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo. N poteva valere, nel caso all'esame del giudice costituzionale, la possibile contro-deduzione di una non differita incidenza di risparmi di spesa, dal momento che la disciplina di riordino era recata dai due decreti-legge impugnati "senza che i perseguiti risparmi di spesa siano, allo stato, concretamente valutabili n quantificabili, seppur in via approssimativa". Sul tema dellesercizio delliniziativa governativa in tema di decretazione durgenza non mancata peraltro attenzione da parte della Commissione Affari costituzionali del Senato: cfr. le annotazioni critiche rese dalla Presidente di quella Commissione, sen. Finocchiaro, nella seduta del 24 settembre 2013, entro una procedura informativa volta a conoscere (mediante audizione del ministro per i rapporti con il Parlamento) gli orientamenti governativi in tema di decretazione d'urgenza. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT verno o gi approvati dalla Commissione con pareri favorevoli degli stessi relatori e dei rappresentanti dell'Esecutivo (60). Da parte sua, anche il Presidente della Camera dei Deputati intervenuta sulla questione con una lettera, in data 31 gennaio 2014, inviata al Presidente del Consiglio Letta, con cui sottolineava la numerosit dei decreti-legge in conversione che, unita al carattere spesso eterogeneo del loro contenuto, destinata a generare inevitabili tensioni nel rapporto tra maggioranza e gruppi di opposizione e finire per incidere molto negativamente sull'ordinato svolgimento dei lavori parlamentari, rendendo di fatto assai difficile una razionale programmazione dei lavori stessi. Tutto ci, peraltro, come ripetutamente rilevato anche da parte dei gruppi parlamentari, costringe di fatto l'Assemblea - chiamata a convertire entro il termine costituzionale una mole cos ingente di decreti legge - a concentrarsi pressoch esclusivamente nell'esame dei provvedimenti di urgenza, a scapito dell'esame di altri progetti di legge, anche di iniziativa parlamentare. Le raccomandazioni del Capo dello Stato sono, peraltro, ancora una volta, cadute nel vuoto, laddove la nuova normazione durgenza approvata dal Governo lo stesso giorno del monito ha, nella sostanza, riproposto il decreto forzatamente rinnegato alla vigilia di Natale. Le norme censurate dal Presidente della Repubblica (prima nel colloquio con il Premier Letta e poi, formalmente, nella lettera inviata alle Camere) sono rientrate dalla finestra di Palazzo Chigi, confluendo nel decreto omnibus di fine anno. Tanto che, per aggirare i rilievi critici di Napolitano, il Governo ha optato per una scomposizione del testo licenziato dal Consiglio dei Ministri in due provvedimenti, uno sulle proroghe (decreto-legge 150/2013) e uno sulle misure finanziarie indifferibili (decretolegge 151/2013, noto come salva-Roma bis) (61). Si trattato per di un mero ritocco di stile; unopera di razionalizzazione - affidata al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri - che non ha, per lappunto, richiesto un nuovo passaggio in Consiglio. Minimi, in effetti, sono stati i cambiamenti nei contenuti, che hanno riguardato il depennamento dellaumento delle accise sui tabacchi e della tassa di sbarco sulle isole minori. La (60) quanto poi avvenuto - in misura significativa, considerato il numero di proposte emendative ricusate dal vaglio presidenziale - nella seduta del 20 febbraio 2014, nell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 151 del 2013 (cd. salva-Roma bis). (61) Il decreto n. 151/2013 (pubblicato nella GU del successivo 30 dicembre) recava disposizioni riproduttive di alcune delle norme preesistenti nel testo del sopracitato DL n. 126/2013; in particolare quelle relative al commissariamento della citt di Roma. Degno di nota il preambolo che accompagna il nuovo provvedimento nel quale si d conto di quanto accaduto ricordando che il nuovo atto si rende necessario in quanto leterogeneit delle disposizioni introdotte nell'iter di conversione del decreto- legge 31 ottobre 2013, n. 126, non ha consentito, alla luce della giurisprudenza costituzionale, di portare a definizione il procedimento legislativo. Il preambolo continua, menzionando un altro importante elemento necessario per riaffermare la straordinaria necessit e urgenza di provvedere: la sussistenza di nuove ed aggravate ragioni di indifferibilit, rispetto alla originaria deliberazione di alcune disposizioni. Si rammenta che nel caso del decreto 150, la reiterazione parziale non stata accompagnata da alcuna dichiarazione circa i nuovi motivi di necessit e di urgenza. forma, in definitiva, ha salvato lomogeneit della normazione durgenza di fine anno e anche il Governo, che ha ottenuto la firma dei provvedimenti presentati al Capo dello Stato. Mentre il citato decreto-legge n. 150 del 2013 stato poi convertito dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, medesimo esito non ha avuto il decreto n. 151, il quale, analogamente al decreto n. 126, dopo una prima lettura sofferta, stato lasciato decadere dal Governo in Aula alla Camera dei deputati. Alcune misure di questultimo provvedimento sono state poi riprese dal decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 (62) (meglio noto come salva-Roma ter), convertito dalla legge 2 maggio 2014, n. 68. 6. La ricerca di nuovi equilibri istituzionali tra Governo e Parlamento in materia finanziaria. Quanto descritto evidenzia il nodo irrisolto della legge 196 del 2009 che non ha dispiegato tutto il suo potenziale riformatore volto a garantire un governo unitario e coerente delle politiche di bilancio. La predetta legge, rivedendo lintero sistema di programmazione della finanza pubblica, ha sostanzialmente ridefinito lassetto delle relazioni istituzionali tra Camere ed Esecutivo in materia di finanza pubblica. I due fattori principali di cambiamento sono stati, da una parte, la recente evoluzione della governance economica europea, con lintroduzione, a livello comunitario, di moduli decisionali ed operativi tesi a favorire un pi intenso coordinamento ex ante delle politiche economiche e di vigilanza degli Stati membri dellUE, e le nuove e stringenti regole in campo macroeconomico e fiscale (in particolare la regola sul debito e quella sulla spesa), derivanti dalla Riforma del Patto di stabilit e crescita e dall'approvazione del c.d. Fiscal compact (63); dall'altra, la definizione di un (62) Disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonch misure volte a garantire la funzionalit dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche. (63) Il Fiscal compact il Patto di bilancio europeo, formalmente Trattato sulla stabilit, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria, approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell'Unione europea, con l'eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, entrato in vigore il 1 gennaio 2013. Il patto contiene una serie di regole, chiamate "regole d'oro", che sono vincolanti nell'UE per il principio dell'equilibrio di bilancio. In particolare, prevede per i paesi contraenti, secondo i parametri di Maastricht fissati dal Trattato CE, l'inserimento, in ciascun ordinamento statale (con norme di rango costituzionale, o comunque nella legislazione nazionale ordinaria), di diverse clausole o vincoli tra le quali: obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio (art. 3, c. 1); obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del PIL (e superiore all'1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL); significativa riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL, pari ogni anno a un ventesimo della parte eccedente il 60% del PIL; impegno a coordinare i piani di emissione del debito col Consiglio dell'Unione e con la Commissione europea (art. 6). I principali punti contenuti nei 16 articoli del trattato sono: l'impegno ad avere un deficit pubblico strutturale che non deve superare lo 0,5% del PIL e, per i paesi il cui debito pubblico inferiore al 60% del PIL, l'1%; l'obbligo per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del PIL, di rientrare entro tale soglia nel giro di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell'eccedenza in ciascuna annualit; l'obbligo per ogni stato di garantire correzioni automatiche con scadenze deter LEGISLAZIONE ED ATTUALIT nuovo assetto dei rapporti finanziari tra lo Stato e le Autonomie territoriali a seguito del processo di federalismo fiscale prima e dell'attuazione del principio del pareggio di bilancio poi. Il cuore della riforma delle relazioni Parlamento-Governo costituito dalla ridefinizione delle modalit delle annuali procedure di bilancio (64), nella prospettiva di una riaffermazione del c.d. diritto al bilancio del Parlamento, a fronte della conferma della concentrazione nellEsecutivo delliniziativa legislativa in materia finanziaria (leggi di bilancio, legge di stabilit, collegati alla manovra finanziaria) (65). La gestione del bilancio nazionale diventa, per il legislatore della riforma, unattivit permanente che accompagna i lavori parlamentari e dell'Esecutivo per tutto l'anno secondo i nuovi termini dello scambio istituzionale che possono riassumersi: per il Parlamento, meno potere legislativo e prevalenti competenze di verifica e di indirizzo, alla luce dellimportante rafforzamento degli strumenti di conoscenza a disposizione (66) e al fine di valorizzarne la partecipazione ai complessi circuiti decisionali minate quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati; l'impegno a inserire le nuove regole in norme di tipo costituzionale o comunque nella legislazione nazionale, che verr verificato dalla Corte europea di giustizia; l'obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di sotto del 3% del PIL, come previsto dal Patto di stabilit e crescita; in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche; l'impegno a tenere almeno due vertici all'anno dei 18 leader dei paesi che adottano l'euro. Sui contenuti del Trattato v. Camera dei deputati XVI legislatura, Dossier di documentazione, n. 209, del 7 marrzo 2012, Il Trattato sulla stabilit, il coordinamento e la governance nellunione economica e monetaria (c.d. fiscal compact). (64) Su questi aspetti v. Ministero delleconomia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, La riforma della contabilit e della finanza pubblica, Novit, riflessioni e prospettive, Roma 2011, disponibile sul sito www.rgs.tesoro.it. (65) Sul punto v. RIVOSECCHI, Lindirizzo politico finanziario tra Costituzione italiana e vincoli europei, Cedam, 2007, 388 ss., e CABRAS, La nuova sessione di bilancio: gli effetti sullattivit del Parlamento, in federalismi.it, n. 16/2010. Questultimo autore evidenzia come in linea di massima i riflessi della riforma sullattivit parlamentare sono assumibili a due tipi: conservativo, se non riduttivo, delle competenze legislative; estensivo, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, della funzione di controllo. (65) Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale. (66) Il riferimento allarricchimento, quantitativo e qualitativo, del contenuto informativo dei principali documenti di finanza pubblica, allelaborazione di note esplicative delle metodologie di costruzione dei tendenziali di finanza pubblica, alla redazione di allegati informativi sullefficacia delle manovre di finanza pubblica. Nel nuovo contesto istituzionale la configurazione dei documenti di bilancio in missioni e programmi diretta non solo ad incrementare lefficienza e a rendere pi trasparenti le decisioni in merito allallocazione delle risorse, ma anche a dare conto delle attivit effettivamente svolte e degli obiettivi perseguiti dalle singole amministrazioni, individuando in modo inequivoco i responsabili della spesa. La nuova articolazione dei documenti di finanza pubblica e di bilancio si accompagna, peraltro, alla costruzione di un flusso periodico di informazioni dal Governo alle Camere, per il tramite del Ministero delleconomia e delle finanze (MEF) e della Ragioneria generale dello Stato (RGS), che ha uno sbocco in sede parlamentare sotto forma di relazioni, rapporti e documentazione informativa sugli andamenti della finanza pubblica, anche locale. Nella stessa ottica di implementazione della cultura della accountability" nella gestione delle risorse pubbliche, infine riconosciuta alle Camere la possibilit di accedere, sulla base di apposite intese, alle banche dati delle amministrazioni pubbliche - tra cui quella istituita presso il MEF al fine specifico di assicurare l'efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, nonch per acquisire gli elementi informativi necessari per dare at che coinvolgono Stato, Autonomie e Unione Europea; per il Governo, di riflesso, pi obblighi informativi e controlli pi pervasivi (67), a fronte del riconoscimento tanto della potest decisionale in materia di spesa pubblica, quanto delle connesse responsabilit, sia politiche, sia a livello di pubbliche amministrazioni (68). Il ruolo di vigilanza del Parlamento in materia finanziaria sancito dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (69), che, allarticolo 5, comma 4, riserva espressamente alle Camere lesercizio, secondo modalit stabilite dai rispettivi regolamenti, della funzione di controllo sulla finanza pubblica con particolare riferimento allequilibrio tra entrate e spese, nonch alla qualit e allefficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni. A questo riconoscimento di una competenza peraltro sostanzialmente gi svolta (70), si accompagna listituzione, presso le Camere e nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale sono attribuiti compiti di analisi e di verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dellosservanza delle regole di bilancio (71). Si rammenta che poi larticolo 7 della legge 24 dicembre 2013, n. 243 (72), ha intestato al Governo il compito di vigilare sui saldi di bilancio, sebbene anche su ci larticolo tuazione e stabilit al federalismo fiscale - e ad ogni altra fonte informativa gestita da soggetti pubblici rilevante ai fini del controllo della finanza pubblica, nonch la possibilit di stipulare apposite convenzioni con l'ISTAT per lacquisizione di dati ed elaborazioni considerate necessarie per lesame dei documenti di finanza pubblica. (67) CABRAS, I poteri di informazione e controllo del Parlamento in materia di contabilit e finanza pubblica alla luce della legge 31 dicembre, 2009, n. 196, 30 aprile 2010, www.forumcostituzionale.it, 3. (68) DICKMANN, La riforma della legislazione di finanza pubblica e del sistema di bilancio dello Stato e degli enti pubblici, in federalismi.it, n. 1/2010, 27. (69) Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale. (70) Il dossier Servizio studi del Senato, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, Disegni di legge AA.SS. nn 3047, 2384, 2851, 2881, 2890 e 2965, XVI legislatura, n. 322, dicembre 2011, 73, ha evidenziato come il contenuto innovativo della disposizione dellarticolo 5, comma 4, non appaia agevolmente individuabile posto che lesercizio di siffatto controllo non appare estraneo alle funzioni delle Camere gi come disegnate dal vigente ordinamento costituzionale. La norma letta nel complessivo contesto della revisione costituzionale sembrerebbe piuttosto assumere una funzione di tipo programmatico indicando alle Camere unopportunit. Analoga considerazione sul carattere programmatico della disposizione, in quanto ricognitiva di poteri vigenti, espressa nel dossier Servizio del Bilancio del Senato "Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale", XVI legislatura, n. 55, dicembre 2011, 19. (71) Art. 5, c. 1, della legge cost. n. 1/2012. Il dossier Servizio studi del Senato, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, Disegni di legge AA.SS. nn 3047, 2384, 2851, 2881, 2890 e 2965, ult. cit., 74, ha evidenziato come le due disposizioni possano essere poste in rapporto di correlazione ma non necessariamente di coincidenza, n nellattivit (ampia, quella del controllo delle Camere, pi circostanziata, quella dellorganismo indipendente), n nel soggetto (le Camere, da una parte, lorganismo, dallaltra), n nelle finalit (in ipotesi individuabili nel controllo e nellindirizzo politico, in un caso, nellaccertamento strumentale, nellaltro). (72) Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione. Si tratta della legge rinforzata adottata in attuazione della legge costituzionale n. 1 del 2012. Per un commento alla legge v. NARDINI, La legge n. 243/2012 e ladeguamento dellordinamento nazionale alle regole europee di bilancio, in Osservatoriosullefonti.it, fasc. 1/2013. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT 18 attribuisca funzioni di supervisione al citato organismo indipendente. In tal senso, larticolo 8 obbliga il Governo a intervenire quando, nel DEF, rilevi scostamenti con riguardo ai risultati dellesercizio precedente o dei due precedenti, cumulati, e se ritiene che tali scostamenti influenzino i risultati previsti per il periodo di riferimento (lanno in corso e i tre successivi). Non detto come lintervento debba articolarsi: molto lasciato alla discrezionalit del Governo. Alle Camere comunque riservata, con deliberazione a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, lautorizzazione per quegli scostamenti correlati a eventi eccezionali (73). La crisi economico-finanziaria ha evidenziato per alcune tendenze, peraltro gi in atto prima della riforma della 196, che si discostano dal quadro organizzativo descritto. In particolare, la pressione delle urgenze di consolidamento dei conti pubblici ha riproposto la questione della reale collocazione di Governo e Parlamento nei processi di formazione delle politiche di finanza pubblica e della salvaguardia dei principi di rappresentanza, garanzia democratica e trasparenza delle decisioni a fronte di procedure decisionali che sono state orientate sempre pi spesso verso laccentramento delle competenze e verso leccezionalit e straordinariet degli interventi adottati (74). Nellesperienza concreta, si rafforzata, infatti, la tendenza ad un generale accentramento delle decisioni finanziariamente rilevanti nella funzione di governo (75) e, sul piano della produzione normativa, lesercizio da parte dellEsecutivo di una posizione da vero e proprio dominus, con uno svilimento del ruolo dellorgano parlamentare (76), chiamato ad assumere una funzione sempre pi marginale rispetto a decisioni assunte a livello governativo in via emergenziale. In tal senso, i decreti-legge hanno subito una mutazione genetica da strumento essenzialmente di manutenzione normativa dalle connotazioni costituzionali di urgenza oggettiva e di portata generalmente modesta (salvo eccezioni, legate ad alcune specifiche tipologie) a strumento per la realizzazione delle pi importanti linee programmatiche del Governo (77), con il (73) Art. 6, c. 3, della legge 243/2012. (74) Sulla tendenza allaccentramento dei poteri e delle competenze in periodi di crisi economica vedi BILANCIA, La nuova governance dellEurozona e i riflessi sugli ordinamenti nazionali, in federalismi. it, fasc. 23/2012, 17 ss. (75) Sulla tendenza allaccentramento dei poteri e delle competenze in periodi di crisi econo mica vedi BILANCIA, La nuova governance dellEurozona e i riflessi sugli ordinamenti nazionali, in federalismi.it, fasc. 23/2012, 17 s. (76) Cos DI COSIMO, Il Governo pigliatutto: la decretazione durgenza nella XVI Legislatura, in Osservatoriosullefonti.it, fasc. 1/2013. (77) In tal senso v, Rapporto 2012 sulla legislazione, a cura dellOsservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, Dati e tendenze della legislazione statale, disponibile allindirizzo leg16.camera.it/cartellecomuni/Leg16/documenti/2012/capitoloIV.pdf, 387. Sulla questione v. i recenti contributi dottrinali contenuti nel Focus Fonti del diritto, Decretazione durgenza e giurisprudenza costituzionale. Una riflessione a ridosso della sentenza della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, n. 1 dell11 luglio 2014, in federalismi.it. quale impostare politiche di medio-lungo periodo, anche in relazione alla situazione economica e finanziaria (78) ai fini di imporre al Parlamento gli ambiti di intervento (quelli del testo originario del decreto-legge) e i tempi di approvazione (quelli perentori di conversione) (79). Analizzando il contenuto dei decreti-legge adottati dal Governo si evidenzia come il loro uso obbedisca allo stesso fine, cio, non tanto allimmediata entrata in vigore di disposizioni, quanto alla certezza di tempi dellesame parlamentare (80). Non un caso, infatti, che quasi tutti i decreti approvati contengono disposizioni non immediatamente applicative (quanto addirittura programmatiche) che richiedono ulteriori norme per divenire davvero efficaci. Questa constatazione se mostra ancora una volta luso improprio che si fa del decreto- legge, sottolinea dove sta il vero problema: lindeterminatezza dei tempi del procedimento legislativo (81). I provvedimenti di urgenza si sono imposti per il numero e per lampiezza e la molteplicit e leterogeneit degli interventi normativi sull'economia nazionale, sulla disciplina fiscale e sui settori pi disparati della pubblica amministrazione (82). Il loro succedersi ha determinato una accentuata stratificazione delle disposizioni e la sovrapposizione al tessuto vigente di misure prive delle necessarie clausole di coordinamento. Ci tenuto conto anche che il ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza ha comportato una conseguenza (78) MUSELLA, Governare senza il Parlamento? L'uso dei decreti legge nella lunga transizione italiana (1996-2012), in Rivista italiana di scienza politica, 3, 2012, 459 ss. (79) Sul punto v. Rapporto 2012 sulla legislazione, cit.. V. anche CIMINO, MORETTINI, PICCIRILLI, La decretazione d'urgenza in Parlamento, in Politica della legislazione oltre la crisi, a cura di L. DUILIO, Bologna, 2013, 55. (80) Come rilevato da PREDIERI, Il governo colegislatore, in Il decreto legge tra governo e parlamento, (a cura) di CAZZOLA, PREDIERI, PRIULLA, Milano, 1975, p. XXII. LAutore rileva come in altre parole, il processo del decreto-legge e la successiva conversione in legge sono diventati una alternativa al normale procedimento di formazione della legge su iniziativa governativa, che il governo presceglie per ragioni politiche di urgenza (che possono essere di pura tattica) (II), non gi perch vi siano presupposti di straordinariet, intesa come imprevedibilit. (81) LONGO, Dossier di approfondimento. Dati e tendenze dellattivit normativa del Governo nel primo anno della XVII legislatura, in Osservatoriosullefonti.it, fasc. 1/2014. Sul punto ha avuto modo di esprimersi anche il Presidente della Repubblica Napolitano con il comunicato dell8 agosto 2012, a seguito della promulgazione della legge di conversione del decreto legge per la revisione della spesa pubblica, in cui premettendo che si tratta di una prassi di antica data, su cui il Presidente ha espresso le sue preoccupazioni, tendendo a porvi freno, fin dall'inizio e in tutto il corso del suo mandato, pur vero che tale abitudine si resa necessaria sia per risolvere emergenze e urgenze senza precedenti, insorte in sede europea sia per la mancata approvazione di modifiche costituzionali e riforme regolamentari che garantissero un iter pi certo e spedito dei disegni di legge ordinari. (82) Sul punto v. RUGGERI; Ancora in tema di decreti-legge e leggi di conversione, ovverosia di taluni usi impropri (e non sanzionati) degli strumenti di normazione (a margine di Corte cost. nn. 355 e 367 del 2010), in Forum Quad. cost., 2010, 4. LAutore evidenzia come il mero dato numerico dei de- creti-legge adottati dal Governo riveli solo in parte il fenomeno consolidato del ricorso alla decretazione durgenza, laddove appaiono altrettanto significativi l'ampiezza e la molteplicit e leterogeneit degli interventi normativi con il risultato di rinnovare con forza lattenzione sugli aspetti distorsivi circa luso dei decreti-legge rispetto alle finalit cui essi sono preordinati. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT non secondaria, ovvero - come successo pi volte - l'entrata in vigore di norme che poi sono state modificate nella legge di conversione, creando spesso problemi in un quadro legislativo - quelle in tema di spesa e fiscalit - gi complicato per il cittadino-utente (si considerino, a titolo esemplificativo, le richiamate recenti vicende parlamentari sulla disciplina della fiscalit locale, in particolare sulla soppressione dellIMU) (83). In una sorta di azione e reazione allaumento a dismisura dei decreti-legge e alla conseguente forte pressione dellEsecutivo sulle Camere, si registrata peraltro la proliferazione di correttivi parlamentari, in contrasto non solo con le norme ordinamentali di rango costituzionale ma anche con lesigenza di definire unorganizzazione unitaria e coerente del quadro di programmazione di finanza pubblica per una credibile azione di risanamento dei conti pubblici, tenuto conto anche degli impegni assunti a livello comunitario. Il Parlamento si riappropriato di quegli spazi sottratti con la decretazione durgenza e il contingentamento dei tempi di esame dei provvedimenti concentrandosi, piuttosto che sulla analisi e sulla riallocazione, in unottica selettiva e fondata sulla valutazione dei risultati, dello stock della spesa pubblica, sulle decisioni al margine e sulla ripartizione di risorse incrementali - peraltro sempre pi scarse, con effetti anche di complicazione del quadro normativo. Si aggiunta la tendenza dei singoli Ministeri ad inserire in sede di conversione ci che non sono riusciti a introdurre nel decreto-legge o che non erano in condizione di inserire nel testo base se non allesito di una negoziazione condotta dopo ladozione del decreto. Non estranea alla richiamata complicazione del quadro normativo la circostanza che la persistente situazione di crisi ha reso pervasivo il ruolo delle scelte di politica economico- finanziaria, che hanno inciso in maniera determinante ed in modo trasversale su tutte le politiche di settore, con ci condizionando la stessa legislazione finanziaria che stata invasa da contenuti impropri ed ha perso i caratteri di organicit e sistematicit. Il ricorso ai provvedimenti durgenza peraltro accompagnato dalla limitazione alla sola prima lettura della possibilit di correttivi al testo originario e dallabituale prassi governativa di presentare, gi in quella occasione, maxiemendamenti (84) al momento dellapprodo del testo in Aula e apporre contestualmente la questione di fiducia, che diviene cos un mero espediente (83) Sulle specifiche criticit della produzione normativa in materia di tassazione immobiliare locale v. parere con osservazioni e raccomandazioni del Comitato per la legislazione del 18 giugno 2014 sul provvedimento di conversione in legge del decreto-legge 9 giugno 2014, n. 88, recante disposizioni urgenti in materia di versamento della prima rata TASI per lanno 2014. (84) Sulle prassi degenerative dei maxi-emendamenti, cfr. LUPO, Il potere di emendamento e i maxi-emendamenti alla luce della Costituzione, in Quaderni regionali, 2007, 243 ss.; IDEM, Presentazione. Alla ricerca di una nozione costituzionale di articolo, in Maxi-emendamenti, questione di fiducia, nozione costituzionale di articolo, Atti del seminario svoltosi presso la Luiss Guido Carli il 1 ottobre 2009, Padova, CEDAM, 2010, 4 ss. procedurale (85) per trovare una soluzione al problema della frammentazione in Assemblea e delle divisioni interne alla maggioranza parlamentare (86). In questo modo i contenuti del provvedimento vengono blindati gi allesito del primo passaggio parlamentare, con ci riservando, conseguentemente, al secondo ramo del Parlamento un esame spot del Parlamento in quanto estremamente ridotto nei tempi (a volte anche pochi giorni) in vista della scadenza del termine di conversione. Le conseguenze di tale procedura sono evidenti non solo in termini di sostanziale imposizione di una forma di bicameralismo alternato, o anche definito monocameralismo procedurale (87), che rischia di suscitare attriti tra i due rami del Parlamento a fronte del ruolo paritario riconosciuto dalla Costituzione ad entrambe le Camere (88), ma anche di significativa compressione delle loro prerogative (89), tenuto conto della sostanziale limitazione del potere emendativo sul testo governativo al solo ramo interessato in avvio di conversione e, per di pi, alle sole Commissioni in sede referente, con il coinvolgimento diretto, quindi, di sole poche decine di parlamentari. La circostanza poi che la legislazione in materia di finanza pubblica non abbia assunto un carattere organico e sistematico, ma che, piuttosto, sia confluita in provvedimenti durgenza che esprimono tanto consistenti quanto disomogenei interventi genericamente qualificati come finanziari al fine di salvaguardarne la coerenza complessiva, ha determinato, quale effetto distorsivo, la sostanziale prevalenza delle Commissioni Bilancio dei due rami del Parlamento per la conseguente inevitabile attrazione nella loro orbita di competenza primaria rispetto alle altre Commissioni di merito, relegate ad esprimere pareri sul testo. Non mancata, innanzi a tale andamento l'espres (85) Sulle degenerazioni nelluso della questione di fiducia e sulla perdita del suo carattere fiduciario v. FERRAJOLI, Labuso della questione di fiducia. Una proposta di razionalizzazione, in Diritto pubblico, 2/2008, 587. (86) MUSELLA, op.cit. (87) Sul punto DEODATO, op.cit., nota come si tratti dello svuotamento di fatto della stessa possibilit di esercizio della funzione legislativa da parte di una intera Camera, con i deputati o i senatori costretti a veicolare la loro iniziativa politica attraverso inconcludenti o velleitari ordini del giorno, anzich attraverso il fisiologico deposito di proposte emendative. (88) Vedasi, a titolo esemplificativo, la reazione dei componenti della V^ Commissione Senato a seguito della decisione del Governo di far decadere il decreto-legge n. 151 del 2013 al momento della sua definitiva conversione alla Camera dei Deputati per lostruzionismo in Aula, dopo che gli stessi avevano, invece, garantito la rapida conversione del decreto 150. (89) Sul punto v. anche RIVOSECCHI, Il Parlamento di fronte alla crisi economico-finanziaria, in www.rivistaAIC.it, n. 3/2012, che evidenzia come il pi significativo banco di prova sulla compressione del ruolo del parlamento nei procedimenti legislativi ai tempi della crisi tuttavia costituito dal ricorso combinato alla decretazione d'urgenza, ai maxi-emendamenti e alla questione di fiducia sui provvedimenti di governo dell'economia. Nonostante, infatti, il sostanziale rafforzamento del governo che emerge dalle riforme legislative e di contabilit degli ultimi trent'anni, gli atti normativi della corrente legislatura hanno segnato un consistente spostamento del baricentro delle procedure di bilancio in favore dellEsecutivo e, in particolare, del Ministero delleconomia e delle finanze. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT sione di un disagio da parte del Parlamento (90) a cui il Governo, al di l dei propositi pi volte manifestati di ricondurre nellalveo naturale la decretazione durgenza (91), ha limitatamente corrisposto con limpegno a porre la questione di fiducia sui testi licenziati dalle Commissioni di merito (92). Con graduale evoluzione si passati quindi da maxiemendamenti governativi che rispecchiavano nella sostanza il lavoro svolto in Commissione ma che contenevano anche misure non discusse in sede referente, alla limitazione dei loro contenuti ai soli correttivi ivi apportati, con lesclusione di alcun ulteriore intervento sul testo, salvo quelli strettamente legati allesigenza di assicurare il rispetto del vincolo di copertura finanziaria ex art. 81 Cost. La necessit di rispettare i termini di conversione, nonch la presentazione del maxi-emendamento e la contestuale apposizione della questione di fiducia, determinano la sostanziale riduzione del controllo parlamentare sulle politiche sostanziali di spesa (93) sotto i profili, sia degli oneri di spesa dichiarati, sia dei possibili riflessi sul quadro di bilancio delle disposizioni assunte come finanziariamente neutre, sia, infine, per quanto concerne la congruit degli stanziamenti rispetto alle esigenze che si intende soddisfare (90) Tra laltro se ne ha traccia in Senato, cos in seno alla Commissione Affari costituzionali, come in Assemblea. In seno alla Commissione cfr. il documento predisposto dal Presidente della Sottocommissione per i pareri della Commissione Affari costituzionali, sen. Palermo, recante "Linee guida per l'attivit consultiva sulle fonti normative", illustrato nella Commissione plenaria nelle sedute del 25 giugno e 9 luglio 2013. In Aula si rammenta l'ordine del giorno presentato e accolto dal Governo (pertanto non posto in votazione) nella seduta pomeridiana del 6 agosto del 2013, dalle Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio, le quali avevano condotto l'esame referente del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 69 del 2013 (c.d. decreto del fare: un testo inizialmente di 86 articoli). L'ordine del giorno recita: "Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge n. 974: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, considerato che: come in altri casi analoghi, anche di precedenti legislature, il nucleo essenziale del provvedimento importante e utile ma avvolto da una estensione ipertrofica di precetti; la dismisura dei decreti alimenta per azione e reazione, la proliferazione di emendamenti; l'esame parlamentare si compie cos in condizioni difficili, estenuato nella proposizione di altre misure, anzich impegnato in uno scrutinio critico idoneo a emendare i testi; la conversione in legge - in casi del genere - comunque un atto di esercizio responsabile della funzione legislativa, impegna il Governo: a provvedere mediante decreti d'urgenza, quando ammesso dalla Costituzione, secondo i canoni stabiliti dalla legge, nonch in base all'effettiva necessit di ogni intervento legislativo e in misura proporzionata ai risultati perseguiti; a esercitare le proprie potest di indirizzo e coordinamento affinch dalle Amministrazioni non provengano suggestioni regolatorie indiscriminate; a riferire in Parlamento, subito dopo la pausa estiva dei lavori parlamentari, sugli indirizzi che intende seguire in futuro nel ricorso ai de- creti-legge" (o.d.g. 9/974/1; numerazione resoconto Senato G. 100). (91) Sul tema v. Comunicazioni del Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attivit di Governo Dario Franceschini sugli orientamenti in tema di decretazione d'urgenza, 1 Commissione Seduta n. 45 (pom.) del settembre 2013. (92) Nel caso del Senato, ove non si forma un testo della Commissione sui disegni di legge di conversione, ma lAssemblea esamina distintamente i disegni di legge stessi e gli emendamenti eventualmente approvati dalle Commissioni di merito, limpegno quello a riprendere in un maxiemendamento esclusivamente i correttivi gi approvati in sede referente. (93) Cfr. RIVOSECCHI, Il Governo europeo dei conti pubblici tra crisi economico-finanziaria e riflessi sul sistema delle fonti, in Osservatoriosullefonti.it, n. 1/2010. (94). A parte i casi - meno frequenti - della totale mancanza nellesame di talune norme della relazione tecnica, spesso le disposizioni introdotte in sede di conversione - come pi volte evidenziato dalla Corte dei conti (95) - sono supportate da relazioni insufficienti e i necessari chiarimenti richiesti, come risulta dagli atti delle Commissioni bilancio, vengono forniti dalle amministrazioni in modo per lo pi sommario e comunque non aderente alle precise ed articolate osservazioni formulate. Gli effetti negativi determinati dal descritto consolidato modo di procedere si manifestano anche sulla qualit della normazione che risente - a seguito della presentazione del maxiemendamento - dellaccorpamento di tutte le disposizioni in un articolo unico (o in un corpus normativo frazionato in pochissimi articoli) di ben difficile lettura (96). 7. Le soluzioni di pi lungo periodo. Quali prospettive per la Stabilit 2015? Lesigenza appare ora quella di compiutamente realizzare un nuovo modello istituzionale per la programmazione e la gestione dei conti pubblici, tenendo sempre conto di quellintreccio indissolubile, e sempre pi evidente, tra la solidit e la qualit dell'assetto ordinamentale, le dinamiche economiche e, di conseguenza, il governo della spesa e il processo di consolidamento della finanza pubblica. (94) Su questi aspetti Camera dei deputati, Osservatorio sulla legislazione, XVI legislatura, Rapporto 2011 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, Nota di sintesi, Nuovi modelli di governance europea, quali spazi per il coordinamento tra le assemblee legislative?, 4 novembre 2011. (95) V, tra laltro, Corte dei conti - Sezioni riunite in sede di controllo, Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2011, deliberazione 30 dicembre 2011, in www.cortedeiconti.it, e Relazione concernente le tecniche di quantificazione degli oneri e le tipologie di copertura finanziaria delle leggi approvate dal Parlamento nel quadrimestre settembre-dicembre 2011, 27 marzo 2012, ivi. Le Relazioni evidenziano difetti antichi e recenti della legislazione di spesa, con riguardo sia al mancato rispetto delle regole di quantificazione e copertura, sia alla ridotta trasparenza del rapporto fra governo e parlamento: il primo, costantemente impegnato nellelaborazione di manovre finanziarie per far fronte, mediante decreti legge, a sempre nuove urgenze ed emergenze; il secondo, costretto ad esaminare i decreti governativi senza poterne approfondire, nei tempi previsti per la conversione in legge, i numerosi aspetti problematici e ad approvare, infine, maxi-emendamenti del governo (spesso contenenti disposizioni estranee al testo originario []), sui quali, con la richiesta governativa del voto di fiducia, si pone fine al dibattito parlamentare (ibidem). La Corte dei conti, peraltro, richiama lattenzione sugli effetti negativi determinati da tale processo, dal momento che [i]l maggior accentramento sostanziale delle decisioni finanziariamente rilevanti nella funzione di governo, attuato nella forma di provvedimenti durgenza, ha avuto come conseguenza un diminuito controllo parlamentare sulle decisioni stesse sia sotto quello dei possibili riflessi di spesa delle disposizioni assunte come finanziariamente neutre, sia sotto quello, infine, della congruit degli stanziamenti rispetto alle esigenze che si intende soddisfare. Il periodo di emergenza economico-finanziaria, acuitosi nella seconda parte dellanno, ha certamente contribuito ad aggravare tale situazione ed ha anche impedito il pieno dispiegamento degli effetti positivi che avrebbero dovuto essere connessi allanticipo delle manovre di bilancio []. (96) Su questi aspetti v. SALERNO, La legge finanziaria 2008 tra fondati timori e necessit di riforma, in federalismi.it, n. 19/2007. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT La crisi scoppiata nel 2008 ha costituito, daltronde, un fortissimo elemento di pressione sugli equilibri istituzionali prefigurati nelle carte costituzionali del secondo dopoguerra, alterando la tutela dei diritti fondamentali, i rapporti tra gli organi e le relazioni tra i livelli di governo. Il diritto costituzionale, pi di altri settori, ha risentito, infatti, degli interventi che ne sono conseguiti: questi non solo sono sembrati mettere in discussione il nucleo fondamentale delle Carte - la loro superiore normativit - ma talvolta, per i contenuti o le modalit di adozione, sono apparsi il risultato di vere e proprie forme di insofferenza nei riguardi della legalit costituzionale e delle sue garanzie (97), soprattutto a fronte di procedure decisionali orientate sempre pi spesso verso laccentramento delle competenze e verso leccezionalit e straordinariet delle soluzioni adottate. Si cos innescato un corto circuito senza precedenti tra la crisi economico-finanziaria e gli assetti costituzionali preesistenti: l dove la crisi si manifestata, gli equilibri costituzionali hanno finito per indebolirsi e, nellintento di mettere le istituzioni in condizione di fronteggiarla, stata con insistenza prospettata la necessit di modifiche anche radicali. Per lItalia pu, anzi, dirsi che non ci sia aspetto di interesse costituzionalistico che non sia stato in qualche modo toccato dai cambiamenti generati dalla crisi e dalle conseguenti soluzioni adottate a livello comunitario che hanno accentuato lesigenza di definire un disegno complessivo di attualizzazione della Carta costituzionale (98) e hanno profondamente indirizzato (o meglio vincolato) le riforme interne, ritenute anche affrettate (99). Una risposta (97) ANGELINI, Costituzione ed economia al tempo della crisi, in www.rivistaAIC.it, n. 4/2012. (98) In tale direzione si mossa, ad esempio, la Commissione per le riforme costituzionali, istituita con D.P.C.M. dell11 giugno 2013. Nella Relazione finale del 17 settembre 2013 (rinvenibile allindirizzo http://riformecostituzionali.gov.it/documenti-della-commissione/relazione-finale.html) si legge, infatti, che [p]er superare la crisi politica, economica e sociale la Commissione unanime ritiene necessari interventi di riforma costituzionale. Una correlazione espressa e immediata fra crisi economica, supposte inefficienze costituzionali e riforma costituzionale si trova anche nella relazione di accompagnamento al disegno di legge costituzionale n. 813 (Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali). Vi si legge, infatti, che [l]attuale situazione di crisi economica ha reso non pi tollerabili le inefficienze e i nodi irrisolti che il nostro sistema politico e istituzionale si trascina, ormai, da oltre trentanni. Si tratta di un costo che lItalia non pi in grado di assorbire in una situazione di recessione che non trova precedenti nella storia recente del Paese. Sul richiamo alla situazione di emergenza e sulla presentazione delle riforme costituzionali come strumento necessario per fronteggiare la crisi vedi criticamente AZZARITI, Tra crisi economica e scambio politico. La fretta e la furia di una riforma della Costituzione, SICLARI (a cura di), Listituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali, cit., 93; RIDOLA, Linnovazione costituzionale tra indirizzo politico ed emergenza istituzionale, ivi, 67. (99) Il riferimento alla tanto discussa formalizzazione nella Costituzione italiana del principio del pareggio di bilancio che, secondo molti economisti, ha rappresentato una improvvida decisione adottata per le pressioni europee - soprattutto a seguito dello specifico impegno assunto con il c.d. Fiscal Compact - e dei mercati finanziari. Come evidenzia RIVOSECCHI, Il c.d. pareggio di bilancio tra Corte e legislatore, anche nei suoi riflessi sulle regioni: quando la paura prevale sulla ragione, in www.rivistaAIC.it, n. 3/2012, la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, Introduzione del principio a tale necessit di riforma fornita dal disegno di legge costituzionale presentato dal Governo Renzi l8 aprile 2014 in Senato (100) ed approvato in prima lettura l8 agosto 2014. La stessa relazione al disegno di legge premette come il sistema istituzionale si sia dovuto confrontare con potenti e repentine trasformazioni. In particolare, evidenzia: lo spostamento del baricentro decisionale connesso alla forte accelerazione del processo di integrazione europea e, in particolare, l'esigenza di adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea (da cui sono discesi, tra l'altro, l'introduzione del Semestre europeo e la riforma del patto di stabilit e crescita) e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e della spesa); le sfide derivanti dall'internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale; le spinte verso una compiuta attuazione della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione tesa a valorizzare la dimensione delle Autonomie territoriali e, in particolare, la loro autonomia finanziaria (da cui originato il cosiddetto federalismo fiscale), e l'esigenza di coniugare quest'ultima con le rinnovate esigenze di governo unitario della finanza pubblica connesse anche ad impegni internazionali. Tutti queste importanti novit hanno dato luogo ad interventi di revisione costituzionale rilevanti, ancorch circoscritti, che hanno, da ultimo, interessato gli articoli 81, 97, 117 e 119, della Carta, ma che - sottolinea la relazione - non sono stati accompagnati da un processo organico di riforma in grado di razionalizzare in modo compiuto il complesso sistema di governo multilivello articolato tra Unione europea, Stato e Autonomie territoriali, entro il quale si dipanano oggi le politiche pubbliche. In mancanza del necessario processo di adeguamento costituzionale, il sistema istituzionale stato cos indotto ad adattamenti spontanei caratterizzati da risposte, spesso di carattere emergenziale, che si sono rivelate talora anomale e contraddittorie e che non hanno in definitiva rimosso alla radice i problemi. Con ci sono emerse patologie del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, stata approvata in esito a un iter parlamentare della durata complessiva inferiore ai sette mesi, se si assume come momento di avvio la presentazione del disegno di legge del Governo (risalente al 15 settembre 2011) e nell'assenza pressoch assoluta di dibattito pubblico e confronto con la societ civile: una specie di record, se comparato ai tempi e ai metodi che hanno costantemente caratterizzato le procedure di revisione costituzionale nel nostro ordinamento. Anche a prescindere da ogni altra considerazione attinente alla teoria economica in merito alla dubbia opportunit di un restringimento del vincolo di bilancio nei periodi di recessione, per rimanere a considerazioni attinenti al piano del diritto costituzionale e della contabilit pubblica v. PIROZZOLI, Il vincolo costituzionale del pareggio di bilancio (11 ottobre 2011), in www.rivistaAIC.it, n. 4/2011; CIOLLI, I paesi dell'eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l'emergenza economica fa saltare gli strumenti normativi ordinari (29 febbraio 2012), ivi, n. 1/2012; BILANCIA, Note critiche sul c.d. pareggio di bilancio (17 aprile 2012), ivi, n. 2/2012; BIFULCO, Jefferson, Madison e il momento costituzionale dell'Unione. A proposito della riforma costituzionale sull'equilibrio di bilancio (5 giugno 2012), ivi, n. 2/2012. (100) AS n. 1429, Disposizioni per il superamento del bicameralismo prioritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT riconducibili alla cronica debolezza degli Esecutivi nell'attuazione del programma di governo, alla lentezza e alla farraginosit dei procedimenti legislativi, al ricorso eccessivo - per numero e per eterogeneit dei contenuti - alla decretazione d'urgenza e all'emergere della prassi della questione di fiducia su maxiemendamenti, all'alterazione della gerarchia delle fonti del diritto e alla crescente entropia normativa, alle difficolt di attuazione di una legislazione alluvionale e troppo spesso instabile e confusa, all'elevata conflittualit tra i diversi livelli di governo. Ora il disegno di legge di riforma costituzionale ridefinisce lassetto dei pubblici poteri prevedendo il mantenimento del procedimento legislativo bicamerale paritario solo per i disegni di legge costituzionali. Per i disegni di legge non costituzionali, il Senato esclusivamente organo di seconda lettura, di "proposta" eventuale di modifiche. Cos anche per le deleghe legislative, l'amnistia e l'indulto, le ratifiche (e per la conversione dei decreti-legge, per la quale prevista una specifica tempistica per l'esame senatoriale). La trasmissione al Senato del disegno di legge ordinario obbligatoria. Tuttavia l'esame di esso subordinato alla richiesta di esame formulata, entro dieci giorni, da un terzo dei componenti. Alcune disposizioni concernono la decretazione d'urgenza ed il relativo procedimento di conversione. Si prevede che il rinvio da parte del Presidente della Repubblica di un disegno di legge di conversione di un decreto-legge, determini il differimento (di trenta giorni) del termine costituzionalmente previsto per la conversione. Si dispone che il decreto-legge non possa: provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione; reiterare disposizioni di decreti-legge non convertiti o regolare i rapporti giuridici sorti sulla loro base; ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento (101). Si dispone che il decreto-legge debba recare misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo (102). La legge di riforma costituzionale prevede, infine, il rafforzamento dellincidenza del Governo nel procedimento legislativo (non bicamerale paritario, salvo i disegni di legge costituzionale), riconoscendogli una triplice potest di richiesta circa un disegno di legge: - di iscrizione con priorit all'ordine del giorno della Camera dei deputati (previsione che (101) Sono in tal modo costituzionalizzate previsioni recate dalla legge n. 400 del 1988 (articolo 15, comma 2). (102) Sono in tal modo costituzionalizzate previsioni recate dalla legge n. 400 del 1988 (articolo 15, comma 3) e gi ribadite come elementi del giudizio di costituzionalit dalla recente giurisprudenza costituzionale. Si rammenta che per i disegni di legge di conversione, si ha una diversa modulazione dei tempi di esame presso il Senato (o per meglio dire, della loro decorrenza). Il termine di trenta giorni per disporre l'esame del disegno di legge di conversione in Senato decorre non gi dalla trasmissione del testo dalla Camera dei deputati bens dalla presentazione del testo alla Camera dei deputati. Decorre invece dalla trasmissione del testo dalla Camera dei deputati il successivo termine di dieci giorni, per la deliberazione eventuale di proposte di modificazione. verrebbe cos costituzionalizzata); - di esame e voto finale entro un termine determinato (sessanta giorni dalla richiesta governativa di iscrizione, o termine inferiore determinato in base al regolamento, "tenuto conto della complessit della materia"); - (decorso quel termine) di voto parlamentare bloccato, senza emendamenti agli articoli. Dietro richiesta del Governo, la votazione si fa secca, articolo per articolo, e votazione finale. A prescindere dai predetti correttivi in sede costituzionale e dai tempi necessari per la loro definitiva adozione, rimane comunque attuale lesigenza di una pi equilibrata ed efficace gestione da parte del Governo del disegno di legge di stabilit e della sessione di bilancio che, come evidenziato, da ultimo, dalla legge di stabilit 2014, nonostante la previsione di stringenti vincoli incrociati di natura contenutistica e procedimentale, frutto di progressivi affinamenti della normativa contabile, non riescono a garantire, n una adeguata trasparenza dell'indirizzo politico-finanziario sotteso alle manovre stante la molteplicit e disorganicit delle poste di entrata e di spesa -, n un elevato grado di ordine e di coerenza al complessivo processo di definizione delle priorit e di allocazione delle disponibilit finanziarie pubbliche. Ci al fine non solo di assicurare che loggetto della decisione parlamentare risponda al principio delle stretta ed esclusiva connessione alle finalit proprie della manovra di bilancio, ma anche ai criteri costituzionalmente rilevanti della chiarezza delle norme prescritte e della comprensibilit delle scelte adottate dal legislatore. Trattasi cio dei requisiti indispensabili, da un lato, per garantire che le Camere esprimano la loro volont con la necessaria consapevolezza, mediante un processo corretto e trasparente, e, dallaltro lato, per evitare che i cittadini siano assoggettati a prescrizioni legislative difficilmente decifrabili (103). Ci tenuto conto anche che il disegno di legge di stabilit 2015, in ragione degli stringenti vincoli europei di coordinamento delle politiche nazionali di finanza pubblica, dovr comunque definire una programmazione finanziaria unitaria e coerente con gli impegni assunti in sede comunitaria con i Programmi nazionali di stabilit e di riforma declinati nel Documento di economia e finanza 2014, dando riscontro alle susseguenti raccomandazioni dellUnione europea impartite nellambito del c.d. semestre europeo. Un potenziale significativo effetto sulla costruzione della manovra potr esplicare la consultazione preventiva con la Commissione europea sul progetto di bilancio ai sensi dellarticolo 6 del regolamento (UE) n. 473/2013 (104), compreso nel c.d. two-pack. Questultimo impone, infatti, a ciascun Stato membro dellUnione, nellambito del rafforzamento del monitoraggio delle politiche di bilancio nell'area euro ed al fine di garantire la piena coerenza dei bilanci nazionali con gli indirizzi di politica economica contenuti nel Patto europeo di stabilit e crescita, di trasmettere alla Commissione eu (103) V. SALERNO, op.cit. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT ropea e allEurogruppo, entro il 15 ottobre, un Documento programmatico di bilancio contenente, tra laltro, una descrizione e una quantificazione delle misure sul fronte delle spese e delle entrate da inserire nel progetto di bilancio per l'anno successivo (105). La descrizione pu essere meno dettagliata per le misure il cui impatto stimato sul bilancio sia inferiore allo 0,1% del PIL. Sul predetto documento, la Commissione, il prima possibile e, in ogni caso, entro il 30 novembre, chiamata ad esprimere un parere, reso pubblico e presentato all'Eurogruppo, che comprende una valutazione del seguito che i programmi di bilancio danno alle raccomandazioni formulate nell'ambito del semestre europeo nel settore dei bilanci. Su richiesta del Parlamento dello Stato membro interessato o del Parlamento europeo, la Commissione presenta il proprio parere al Parlamento che ne fa richiesta. Il parere ha una valore diverso a seconda dello stato di salute del saldo di bilancio. Per i Paesi pi virtuosi, con un deficit sotto il 3% del PIL, il parere della Commissione UE ha il valore di un consiglio. Diverso il caso dei Paesi con un deficit eccessivo (ovvero sopra il richiamato 3%) del PIL e sottoposti a procedura di rientro. Per loro il monitoraggio pi rigoroso con obblighi di informazioni aggiuntive e le raccomandazioni sono vincolanti. Se i predetti Paesi non seguono le indicazioni della Commissione tale comportamento diventa un fattore aggravante nella procedura. Il rischio pi evidente piuttosto che il prossimo disegno di legge di stabilit, costituendo lo strumento per la soluzione di quelle questioni finanziarie non altrimenti risolte, diventi, di nuovo, terreno di scontro tra Governo e Parlamento, il primo impegnato a portare a casa il risultato ad ogni costo, il secondo alla ricerca di ambiti di manovra negati dal Governo con la continua proposizione di decreti-legge. Ci tenuto conto di due profili. Il primo, la sostanziale negazione alle Camere di spazi utili per svolgere in modo nuovo le funzioni della rappresentanza garantendo la trasparenza dei processi di determinazione delle scelte, in primo luogo attraverso una serrata interlocuzione con il Governo sulle pi importanti decisioni. Ci in assenza di una effettiva (104) Regolamento (UE) n. 473/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dellUnione europea n. 140 del 27 maggio 2013. Il regolamento introduce un calendario e regole di bilancio comuni per gli Stati membri della zona euro (tavola 1) e prevede anche la presentazione, in autunno, dei piani di bilancio per lanno successivo. In particolare. Gli Stati membri della zona euro devono pubblicare entro il 30 aprile i loro piani di bilancio a medio termine (programmi di stabilit), indicando inoltre le loro priorit politiche per la crescita e loccupazione per i 12 mesi successivi (programmi nazionali di riforma) nellambito del semestre europeo sul coordinamento delle politiche economiche. Gli Stati membri della zona euro devono pubblicare entro il 15 ottobre i loro progetti di bilancio per lanno successivo. Gli Stati membri della zona euro devono pubblicare entro il 31 dicembre i loro bilanci per lanno successivo. (105) La prima trasmissione del documento avvenuta con la scorsa manovra finanziaria. valorizzazione, anche con riguardo alla cornice europea, di quelle funzioni parlamentari ulteriori rispetto a quella legislativa, come la valutazione ex ante ed il controllo ex post delle politiche pubbliche per la realizzazione di un processo sistematico di valutazione delle politiche che rappresenta un presupposto essenziale per l'avvio di politiche di bilancio selettive, volte a definitivamente superare quel tradizionale approccio "incrementale" nelle decisioni di bilancio che ancora emerge nelle sessioni di bilancio. Il secondo profilo, lassenza di una definizione in termini tendenzialmente stabili dei rapporti finanziari tra i diversi livelli di governo e dei rispettivi ambiti di entrate e di spesa, laddove i riflessi specifici sulla situazione finanziaria nazionale hanno portato piuttosto ad una pluralit di interventi anche incoerenti sulla finanza locale (106). Quel pi generale approccio che ha marginalizzato leffettivo coinvolgimento delle autonomie sulle scelte di risanamento fiscale in ragione di una legittimazione sostanziale del Governo centrale conseguente alla situazione dei conti pubblici e alla necessit di urgenti riforme, fortemente sollecitate dallUnione europea e dalle istituzioni internazionali (107) ha finito per attrarre verso lalto, modificando il sistema dellautonomia decisionale ed il ruolo di rappresentanza, anche quelle decisioni che atterrebbero alle istituzioni regionali e locali (con incremento del contenzioso costituzionale), secondo una sorta di movimento pendolare che dapprima, anche alla luce della entrata in vigore della legge 42 del 2009 sullattuazione del federalismo fiscale ha spostato (sia pure in maniera assolutamente parziale rispetto alle attese) talune decisioni verso il sistema delle autonomie e poi ha segnato un riaccentramento verso lo Stato, sia normativo che gestionale. Lesito pi evidente la supplenza da parte dei parlamentari nazionali sollecitati a risolvere, con la presentazione di emendamenti, tutte quelle questioni che il sistema delle autonomie non risuscito a definire in sede di confronto con il Governo, recuperando spazi di manovra da questultimo negati. (106) V. sul punto Audizione dinanzi alla Commissione bicamerale sullattuazione del federalismo fiscale del Direttore centrale della finanza locale del Ministero dellinterno, dott. Giancarlo Verde, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale, in cui auspica un fermo biologico degli interventi sul sistema di finanza locale, proprio al fine di superare sovrapposizioni e incongruenze di misure adottate con urgenza e che rischiano di disarticolare il predetto sistema. (107) Sul punto v. G.C. DE MARTIN, op. cit., che evidenzia una crescente disattenzione per la leale collaborazione e per i meccanismi di codecisione (che si era tentato invano di prefigurare nel protocollo istituzionale del 2002 e poi nella legge delega sul federalismo fiscale). G. PIPERATA, op. cit., evidenzia come gli Esecutivi preferiscano dialogare allesterno, con le istituzioni sovranazionali di governo delleconomia e poi presentare allinterno le misure attraverso la decretazione durgenza. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Green Public Procurement Fabio Fraternali* SOMMARIO: Introduzione - 1. Green Public Procurement: sinossi teorica - 1.1 Nozione di Green Public Procurement (GPP) - 1.2 Sinossi delle leggi e delle strategie riguardanti il Green Public Procurement - 1.3 Vantaggi, difficolt ed obiettivi del Green Public Procurement - 1.4 Corte dei Conti: Premio GPP Consip 2010 - 2. Best Practice: un caso esemplare - 2.1 Interventi di GPP presso gli uffici di Via Baimonti e Caserma Montezemolo - 3. Best Practice: una analisi economica - 3.1 Limpianto fotovoltaico - Conclusioni. INTRODUZIONE Lobiettivo del presente scritto portare allattenzione del lettore una pratica molto importante che meriterebbe diffusione su un piano applicativo: il Green Public Procurement (GPP). Cercher di dimostrare i vantaggi economici del GPP, suggerendo di conseguenza un cambio di mentalit. Spero di riuscire chiaramente a evidenziare limportanza vitale di salvaguardare lambiente e quali saranno le prospettive di vita non solo per le presenti ma anche per le generazioni future. Dopo aver fornito un quadro sinottico dei concetti che sono alla base della nozione del Green Public Procurement, sar illustrata la situazione normativa. In seguito si illustrer un caso di studio tratto dalla vita reale: la Corte dei Conti e luso delle strategie di GPP nelle sue strutture, con particolare attenzione allinstallazione dellimpianto fotovoltaico nella sede di Via Baiamonti. Si condurr una analisi della convenienza economica delle pratiche di GPP secondo il corretto principio del ciclo vitale e non quello del costo storico. Si concluder dunque che le pratiche di GPP non soltanto rispondono alle ragioni dellambientalismo e del rispetto dellambiente, ma anche a quelle di una scelta economica. Ecco perch lurgenza che queste pratiche diventino parte della nostra mentalit e della nostra cultura. 1. Green Public Procurement: sinossi teorica. 1.1 Nozione di Green Public Procurement (GPP). Recentemente si imposto un approccio alle politiche ambientali che mira ad integrare ed unire i controlli amministrativi e lapplicazione di sanzioni, i quali si sono dimostrati abbastanza inefficaci sia nella repressione che nella prevenzione di pratiche dannose per lambiente, con nuove forme di po (*) Dottore in Scienze dellEconomia - Universit degli Studi di Roma Tor Vergata. Si pubblica una sintesi della sua tesi su Green Public Procurement, sistema di acquisto di beni e servizi ambientalmente preferibili, gestito da e per conto delle pubbliche amministrazioni. litiche ambientali. Queste sono incentrate sulla promozione e sullincoraggiamento della produzione di prodotti pi verdi: la cosiddetta Politica Integrata di Prodotto (Integrated Product Policy - IPP), un approccio integrato che si occupa dellintero ciclo di vita dei prodotti (COM(2001)68-07/02/2001) e che mira a minimizzare il danno ambientale causato da beni e servizi nelleconomia di mercato. La Politica Integrata di Prodotto parte integrante della strategia europea per lo sviluppo sostenibile. Messa in atto gradualmente durante gli ultimi decenni, la Politica Integrata di Prodotto si basa su cinque principi generali: 1) analisi dei costi secondo il criterio del ciclo di vita; 2) gestione del mercato: introduzione di incentivi per indirizzare il mercato verso soluzioni pi sostenibili. Pi in particolare incoraggiamento di domanda ed offerta di prodotti pi verdi e premi ai pi innovativi ed alle compagnie che promuovono lo sviluppo sostenibile; 3) coinvolgimento degli stakeholder: incoraggiare cio coloro che entrano in contatto con il prodotto ad intervenire nel campo della loro influenza verso direzioni pi ecosostenibili, promuovendo la cooperazione tra le varie parti interessate (industrie, consumatori, Autorit Pubbliche); 4) miglioramento continuo: ogni compagnia pu mettere in atto miglioramenti legati al rapporto costo/efficacia; 5) una variet di strumenti di policy non solo nella creazione di nuovi strumenti, ma anche nellattivazione di un modo duso pi efficiente degli strumenti gi esistenti: da azioni volontarie a strumenti legislativi, da iniziative locali a interventi internazionali. Lesperienza derivata dalluso di alcuni metodi di gestione ambientale ha dimostrato che in un mondo competitivo il miglioramento pu aiutare le aziende a sostenere la loro competitivit nonch quella dei loro prodotti. La politica ambientale di prodotto mira a supportare queste aziende, offrendo loro soprattutto maggiore visibilit. Al fine di avere una effettiva Politica Integrata di Prodotto, necessario incoraggiare i produttori a produrre beni pi verdi ed i consumatori a comperarli. I mezzi utilizzabili per raggiungere questo obiettivo sono: 1) sostenere luso di misure fiscali per incoraggiare il consumo e la produzione di prodotti pi verdi; 2) considerare gli aspetti ambientali e verdi negli appalti pubblici (COM(2002) 412 finale17.7.002 e la direttiva 2004/18/ CE 31 marzo 2004); 3) promuovere lapplicazione del criterio dellanalisi del ciclo vitale; 4) integrare luso di strumenti volontari (Eco-labels, EMAS, DAP, Green Public Procurement, etc.); 5) fornire ai consumatori tutte le informazioni necessarie per una scelta consapevole nellacquisto, uso e dismissione dei prodotti. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT allinterno della Politica Integrata di Prodotto che incontriamo lo strumento degli appalti pubblici verdi, il Green Public Procurement (GPP). Il GPP regolato da un grande numero di leggi, sia a livello nazionale che europeo, e mira ad influenzare lofferta e la domanda di prodotti ambientalmente preferibili attraverso gli strumenti di mercato. Lobiettivo del Green Public Procurement usare la competizione tra imprese per ottenere miglioramenti nelle prestazioni ambientali dei prodotti, tenendo in considerazione anche le conseguenze sulla complessiva qualit ambientale che la spesa pubblica verde pu avere, e lesempio che famiglie e aziende possono trarre dal settore pubblico, incoraggiandole a modificare le loro scelte dacquisto. Il Green Public Procurement un sistema di approvvigionamenti pubblici che, allinterno delle procedure di acquisto dei beni e servizi necessari alla Pubblica Amministrazione per lavorare, considera criteri non solo legati alla convenienza economica, ma anche allimpatto ambientale dei beni e servizi stessi. Sustainable procurement is smart procurement: it means improving the efficiency of public procurement and at the same time using public market power to bring about major environmental and social benefits locally and globally (ICLEI, 2007). Tale sistema di acquisti ambientalmente preferibili se applicato in maniera olistica e diffusa avrebbe come effetto nel medio termine un rinverdimento della produzione industriale, stimolando il meccanismo competitivo basato non solo sui prezzi ma anche sulla sostenibilit ambientale dei prodotti. Vale la pena di ricordare che in media gli acquisti verdi operati dalle pubbliche amministrazioni contano per circa il 17% del PIL di ogni Stato. Lespressione Green Public Procurement viene dallunione di Public Procurement, il sistema di acquisti gestito dalla pubblica amministrazione per soddisfare il bisogno di fattori della produzione, e Green Procurement, un sistema di acquisti che considera e valuta anche, nellacquisto, limpatto ambientale lungo lintero ciclo vitale(1). Possiamo definire dunque il Green Public Procurement come un sistema di acquisto di beni e servizi ambientalmente preferibili, gestito da e per conto delle pubbliche amministrazioni. Bisogna specificare che possiamo chiamare ambientalmente preferibili tutti quei beni e servizi che hanno un minore o ridotto effetto sulla salute umana e sullambiente quando comparati con i beni e servizi concorrenti che servono il medesimo scopo (Presidential documents, Federal Register, 1998), considerando lintero ciclo di vita del prodotto. Da questa definizione possibile trarre due considerazioni di fondamentale importanza per la pratica del Green Public Procurement: (1) FIESCHI M., 2004, (edited by), Le Forniture Verdi in Italia - Green Procurement: norme, capitolati, e esperienze dacquisto di prodotti ambientalmente preferibili, Il Sole 24 Ore, Milano a) luso dei metodi di GPP, sia se intrapreso dalle autorit pubbliche che dalle compagnie private, non ha una diretta conseguenza sullacquisto di prodotti ambientalmente preferibili, ma piuttosto la considerazione, nella fase dacquisto delle qualit ambientali dei prodotti accanto ai pi tradizionali parametri di scelta come il prezzo e le caratteristiche qualitative. Se questo non fosse il caso, il sistema dacquisto, non considerando altri parametri di scelta, non stimolerebbe la competizione tra compagnie, ma rischierebbe di diventare statico protezionismo; b) lanalisi della preferibilit ambientale deve essere condotta sullintero ciclo di vita del prodotto (Life Cycle Assessment: the comprehensive examination of a products environmental and economic aspects and potential impacts throughout its lifetime, including raw material extraction, transportation, manufacturing, use and disposal) (2) e non soltanto su specifici aspetti. Poich tale analisi della performance ambientale di un prodotto durante il suo ciclo di vita pu essere difficilmente condotta da un consumatore medio, luso degli Eco-labels divenuta pratica sempre pi comune a livello europeo. 1.2 Sinossi delle leggi e delle strategie riguardanti il Green Public Procurement. Lanalisi della legislazione italiana riguardante il Green Public Procurement richiede, prima di tutto, alcune considerazioni introduttive sulla nozione di appalto e sulla relativa disciplina. Larticolo 1655 del Codice Civile ci offre la nozione di appalto, definendolo come il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di unopera o di un servizio, verso un corrispettivo in denaro. Lappalto nel diritto pubblico, invece, si caratterizza per la presenza di un contratto a diritto oneroso, stipulato in forma scritta tra unagenzia appaltante ed un vincitore di gara, avente come suo oggetto la realizzazione di un lavoro, di un prodotto dappalto oppure lesecuzione di servizi (art. 3, D. Lgs. 163/2006). In particolare, la nozione pubblicistica di appalto enfatizza una specifica procedura, la cosiddetta evidenza pubblica. Per realizzare infatti linteresse pubblico e la spesa di denaro pubblico, i metodi di stipulazione dei contratti debbono essere ricercati in specifiche procedure predefinite a livello normativo sia dal legislatore nazionale che da quello comunitario. La legislazione che disciplina gli appalti pubblici, un tempo divisa in settori (3), oggi disciplinata da un singolo corpo normativo: il Codice dei con (2) Criterio del Ciclo Vitale: lesame globale degli aspetti economici ed ambientali di un prodotto ed i potenziali impatti durante la sua vita, compresa lestrazione di materie prime, il trasporto, la produzione, luso e lo smaltimento. Presidential Documents, Federal Register, Sec. 201, Title 3, Executive Order 13101 of September 14, 1998, Greening the Government Through Waste Prevention, Recycling, and Federal Acquisition, vol. 63, no. 179. (3) (L. 109/94 per il lavoro , D. Lgs. 157/95 per i servizi e il D. Lgs. 358/92 per le forniture). LEGISLAZIONE ED ATTUALIT tratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (D. Lgs. 163/2006) - il quale recepisce le direttive europee 2004/18/CE per i settori ordinari e 2004/17/CE per i settori speciali. La legislazione europea comincia ad occuparsi degli appalti e del policymaking in materia ambientale nel 1996 con il Libro Verde: gli appalti pubblici nellUnione Europea (27/11/1996, COM(96) 583), il quale considera la possibilit di inserire aspetti ambientali nelle procedure dappalto. Fortunatamente, ci sono diverse istanze della legislazione europea tese a favorire la sostenibilit ambientale. Tra queste le pi importanti sono: La Decisione della Commissione Europea (24 gennaio 2001) concernente il Sesto Environment Action Programme (COM/2001/0031 final); Il Libro Verde sulla Politica Integrata di Prodotto COM(2001) 68, febbraio 2001; La Comunicazione dalla Commissione -UnEuropa sostenibile per un mondo migliore: una strategia europea per lo sviluppo sostenibile (Proposta della Commissione al Consiglio Europeo di Gothenburg) COM(2001)264 finale, maggio 2001; La Comunicazione dalla Commissione -Verso una strategia tematica sulla prevenzione ed il riciclo dei rifiuti [COM(2003) 301]; Comunicazione dalla Commissione -Politica Integrata di Prodotto COM(2003) 302 finale; 1 ottobre 2003 Comunicazione dalla Commissione - Per una strategia tematica finalizzata alluso delle risorse eco-friendly; 11 febbraio 2004 Comunicazione dalla Commissione - per una strategia tematica dello spazio urbano; 28 gennaio 2004 Comunicazione dalla Commissione -pianificare le tecnologie ambientali; Manuale Buying Green! (28 agosto 2004 Sec 1050) per informare la Pubblica Amministrazione sulle strategie per gli acquisti verdi; Comunicazione interpretativa della Commissione delle Comunit Europee [COM(2001)274] The community right on public contracts and the faculty of integration with environmental considerations in public contracts. Prima relazione sullattuazione della ETAP (Environmental Technologies Action Plan); Dichiarazione sui principi guida di uno sviluppo eco-friendly (2005). I pi rilevanti indicatori dellintroduzione di considerazioni ambientali nei contratti pubblici possono essere individuati in due sentenze storiche della Corte di Giustizia Europea (C-513/99 del 17 settembre 2002 Concordia Bus e C-448/01 del 4 dicembre 2003 Wienstrom). Inoltre, si dovrebbe menzionare anche la direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e 2004/17/CE del 31 marzo 2004. Il verdetto Concordia Bus riguarda un contratto di appalto per i servizi di trasporto nella citt di Helsinki, aggiudicato secondo il parametro dellofferta pi conveniente. La societ che offr il prezzo pi basso si rivolse alla Corte asserendo che lassegnazione di un punteggio supplementare al competitore che presentava monossido di azoto ed emissioni sonore pi bassi doveva essere considerata parziale e discriminatoria. I criteri di vincita dellappalto erano lofferta economicamente pi conveniente, comprendendo la qualit dei veicoli e la gestione ambientale. Riguardo ai criteri tecnici, un punteggio addizionale sarebbe stato attribuito per emissioni pi basse di 4g/kwh o 2g/kwh ed emission sonore inferiori a 77 dB. I Giudici della Corte di Giustizia europea considerarono che la scelta della Pubblica Amministrazione di Helsinki non contrastava con i principi espressi nel trattato europeo, disponendo che il parametro della offerta pi conveniente non escludeva altre considerazioni non economiche. In aggiunta, il verdetto afferm che era possibile introdurre standard al limite di impatto ambientale di un bene o servizio (assenza di emissioni sonore in questo caso), considerato che questi standard erano direttamente collegati con loggetto del contratto. I criteri ambientali dovevano essere stabiliti espressamente nellannuncio pubblico della gara. Inoltre, in accordo con i principi del Trattato, la Corte stabil che le autorit pubbliche non avrebbero dovuto avere una facolt di scelta senza limiti, intendendo che ogni requisito ambientale doveva essere specificato ed oggettivamente quantificabile. Nella causa Wienstrom, i documenti della gara specificavano che gli offerenti avrebbero dovuto fornire elettricit da fonti rinnovabili. Inoltre era incluso un criterio di vincita cos strutturato: una quantit del 45%, con punti in aggiunta, basata sullammontare di elettricit da fonti rinnovabili che il partecipante alla gara poteva offrire. Punti aggiuntivi sarebbero stati attribuiti per le quantit in eccesso al 45%. La Corte stabil che non era accettabile usare un criterio di vincita basato sullammontare totale di elettricit da fonti rinnovabili in eccesso allammontare richiesto dal contratto, in quanto questo non era collegato alloggetto del contratto stesso e avrebbe condotto a discriminazioni ingiustificate verso i partecipanti alla gara che rispettavano pienamente i requisiti del contratto. Tuttavia, i giudici affermarono anche che era possibile far uso di criteri ecologici premianti, anche se il criterio in questione non forniva un effetto economico immediato per lautorit che emetteva il bando di gara. La Corte aggiunse che era chiaramente ammissibile stabilire criteri premianti collegati ai metodi di produzione del prodotto acquistato (in questo caso energia da fonti rinnovabili), se rilevanti per il contratto. La Corte stabil che la quantit del 45%, data come criterio premiante, non era in conflitto con lobbligazione dellautorit appaltante di identificare lofferta economicamente pi conveniente. Al fine di dare le stesse opportunit a tutti i concorrenti nella formulazione LEGISLAZIONE ED ATTUALIT delle loro offerte, le autorit pubbliche dovevano chiaramente comunicare i criteri, cosicch a tutti i concorrenti fosse presentata una ragionevole quantit di informazioni che con adeguata diligenza potesse essere interpretata allo stesso modo. La Corte di Giustizia stabil, inoltre, che i criteri di vincita, per essere accettabili, dovevano poter essere verificabili, il che implicava che lautorit contraente richiedesse - attraverso la produzione di certificati ad esempio elementi tali da permettere la verifica delle informazioni fornite dai partecipanti alla gara in relazione ai criteri della stessa. Consideriamo ora la Direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo del 2004 sul coordinamento delle procedure per laggiudicazione di contratti di lavori pubblici, contratti di offerta pubblica e contratti di servizi pubblici, e la Direttiva 2004/17/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo del 2004 che coordina le procedure dappalto di entit operanti nei settori dellacqua, energia, trasporti e nel settore del servizio postale. In queste direttive sono richiamate e vengono ufficializzate alcune considerazioni circa le procedure per laggiudicazione degli appalti pubblici, gi contenute nella Comunicazione Interpretativa del 2001: in particolare quelle concernenti lintegrazione di criteri ambientali nella determinazione delle specifiche tecniche, i criteri daggiudicazione e desecuzione degli appalti pubblici. Nelle considerazioni iniziali della Direttiva 2004/17/CE, Il Parlamento Europeo ed il Consiglio affermano che la direttiva "[...] chiarisce le possibilit per gli enti aggiudicatori di soddisfare le esigenze del pubblico interessato, tra l'altro in materia ambientale e sociale" (1) e "Conformemente all'articolo 6 del trattato, le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente sono integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3 del trattato, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile. La presente direttiva chiarisce dunque in che modo gli enti aggiudicatori possono contribuire alla tutela dell'ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile, garantendo loro la possibilit di ottenere per i loro contratti il migliore rapporto qualit/prezzo " (12); al punto (13), inoltre, sottolinea che "Nessuna disposizione della presente direttiva vieta di imporre o di applicare misure necessarie alla tutela dell'ordine, della moralit e della sicurezza pubblici, della salute, della vita umana e animale o alla preservazione dei vegetali, in particolare nell'ottica dello sviluppo sostenibile, a condizione che dette misure siano conformi al trattato". Unaltra organizzazione sovranazionale che si occupa di sostenibilit ambientale lOrganizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). LOCSE, con pi di trenta stati membri, promuove politiche volte a: (a) realizzare la pi ampia espansione possibile dell'economia e dell'impiego e un miglioramento del tenore di vita nei paesi membri, mantenendo la stabilit fi nanziaria, contribuendo cos allo sviluppo dell'economia mondiale; (b) contribuire a una sana espansione economica nei paesi membri, e non membri, in via di sviluppo economico; (c) contribuire all'espansione del commercio mondiale su una base unilaterale e non discriminatoria conformemente agli obblighi internazionali (Convention on the Organisation for Economic Co-operation and Development, Paris, 14 dicembre 1960). Nelle Raccomandazioni del Consiglio sul miglioramento della performance ambientale degli appalti pubblici (4) (OCSE, 23 gennaio 2002), viene raccomandato che i Paesi membri pongano maggior attenzione a considerazioni di carattere ambientale nellacquisto di beni e servizi al fine di migliorare la performance ambientale degli appalti pubblici, e perci promuovere un miglioramento continuo nella performance ambientale dei beni e servizi. Recependo le normative europee il Ministero dellAmbiente e della Tutela del territorio e del mare ha creato il piano dazione per la sostenibilit ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione . Dora in avanti questo piano sar citato come P.A.N. G.P.P. Il piano, adottato con decreto dell11 aprile 2008 (G.U. n. 107 8 maggio 2008), tende a ottimizzare il divario delle pubbliche amministrazioni italiane in materia ambientale e di GPP, al fine di massimizzare miglioramenti ambientali economici ed industriali. Il P.A.N. G.P.P. fornisce indicazioni generali sul Green Public Procurement, definendo gli obiettivi nazionali, identificando le categorie di beni, servizi e lavori che debbono ricevere priorit per impatto ambientale e volume di spesa, definendo cos il criterio minimo ambientale. Il documento prescrive specifiche direttive per gli enti pubblici, ai quali richiesto di fare unanalisi delle loro necessit con lo scopo di razionalizzare il consumo; inoltre identifica uffici ed enti competenti allimplementazione del Green Public Procurement e interessati al processo di spesa, disegnando uno specifico piano interno per le azioni di implementazione nel campo del GPP. In dettaglio il documento invita le autorit locali a promuovere piani di efficienza per gli edifici scolastici dei quali sono responsabili. 1.3 Vantaggi, difficolt ed obiettivi del Green Public Procurement. Se la maggioranza degli uffici pubblici dirigesse la sua domanda verso prodotti a pi basso impatto ambientale, ci sarebbero effetti significativi per un mercato di prodotti eco-friendly e lindustria sarebbe stimolata ad accrescere la sua produzione. Il GPP produce un effetto domino sul mercato e sugli operatori: fornisce incentivi a trovare soluzioni produttive ambientalmente efficienti, diffonde linnovazione ed inoltre aiuta a spostare le preferenze dei (4) Recommendation of the Council on Improving the Environmental Performance of Public Procurement. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT consumatori in una direzione pi ecologica. Dedicare tutta la domanda del settore pubblico ad acquisti ambientalmente preferibili, oltre ad una riduzione di costi grazie ad economie di scala ed allaggregazione della domanda, offre inoltre tre significativi miglioramenti nel settore economico e sociale: a) sposta la produzione industriale verso prodotti ambientalmente preferibili ed ecosostenibili, stimolando la competizione tra le compagnie su tematiche ambientali; b) genera una consapevolezza dei cittadini in relazione ai prodotti ed al- lambiente, includendo in ci un comportamento dacquisto pi consapevole; c) riduce la spesa pubblica diminuendo i costi di gestione e, attraverso luso di prodotti ambientalmente preferibili, crea una internalizzazione ambientale di costi che in genere ricadono sul settore pubblico stesso. Linternalizzazione di questi costi non avviene in maniera immediata, ma nel lungo periodo pu dare un contributo, attraverso il miglioramento delle finanze, a far uso delle pratiche di GPP. Tutte le azioni intraprese nellambito del GPP debbono conformarsi ad alcuni principi chiave per la promozione dello sviluppo sostenibile: perseguire lobiettivo della dematerializzazione delleconomia, la quale genera una graduale riduzione di rifiuti e lottimizzazione nelluso delle risorse, materiali ed energetiche. Per raggiungere ci, concetti chiave sono il favorire linnovazione tecnologica nei cicli produttivi e sviluppare materiali da materie prime rinnovabili. Ma il GPP ha anche altre implicazioni per quelle organizzazioni che ne fanno uso ed in generale per il contesto delle politiche ambientali ed economiche: a) incoraggia la diffusione del consumo sostenibile e di modelli dacquisto ecologici da parte di imprenditori privati e di cittadini individuali, grazie allesempio del settore pubblico; b) incoraggia la razionalizzazione della spesa pubblica, da un lato per mezzo di un modello culturale che riguarda il frenare produzioni non pi necessarie, dallaltro per mezzo di una pi generale accettazione di un approccio pi corretto alla valutazione del prezzo del prodotto, servizio o lavoro che oggetto dacquisto da parte del settore pubblico; c) incoraggia lintegrazione di tematiche ambientali nelle policies di altre organizzazioni oppure indirettamente riguarda settori che tradizionalmente non si occupano di tematiche ambientali (ad es. il Ministero dellEconomia) come anche settori con un enorme potenziale sulla permormance ambientale complessiva come il settore infrastrutturale, dei trasporti o edile; d) promuove la diffusione di un modello culturale teso alle tematiche ambientali sia dal lato della domanda che dellofferta. La politica di appalto sostenibile rinforza significativamente gli incentivi esistenti in favore di ricerca e sviluppo ed innovazione, specialmente nel campo delle tecnologie ambientali; e) promuove la competenza dei dipendenti pubblici che si occupano di acquisti, in quanto incoraggia la responsabilit e labilit di ottimizzare scelte dac quisto da un punto di vista economico complessivo e non solo finanziario; f) stimola le imprese ad investire in ricerca e sviluppo e propone soluzioni ambientali innovative che possono soddisfare lacquirente pubblico. La domanda pubblica dunque pu essere indirizzata verso direzioni pi ecologiche, uno degli obiettivi della UE. Una ulteriore considerazione pu essere aggiunta al punto b) e cio che molti beni o servizi con un pi basso impatto ambientale spesso hanno un prezzo di mercato che pi alto di quello del prodotto o servizio con la stessa funzione ma con un pi alto impatto ambientale. Tuttavia, ci non necessariamente implica che il Green Public Procurement comporti un incremento di costi per il settore pubblico. In primo luogo, lacquisto di beni o servizi con un basso impatto ambientale si coniuga con una riduzione del loro consumo o di quello di beni e servizi connessi. Ad esempio, la fornitura di un servizio di pulizia ecologico generalmente basato sulluso di sostanze dannose per la salute e lambiente. Segue che i prodotti sono acquistati per un prezzo pi alto ma in quantit minori. Se prendiamo come esempio lacquisto di una fotocopiatrice ecologica cio con basso consumo energetico e di carta, con la funzione fronte - retro, il consumo di energia e carta diminuir e cos anche i costi. In secondo luogo, per calcolare se il GPP comporti un incremento nella spesa del settore pubblico fondamentale tenere in considerazione non solo il prezzo di mercato di un prodotto o servizio, ma anche il costo del prodotto durante il suo ciclo vitale. Ci implica di tenere in considerazione i costi collegati alluso ed alla fine della vita del prodotto, ad esempio lo smaltimento, che nel caso di prodotti a basso impatto sono, nella gran parte dei casi, ridotti. Le difficolt che possono essere incontrate nelluso del GPP sono: la difficolt di valutare la compatibilit ambientale dei prodotti; la difficolt di reperire questi prodotti sui mercati; pi alti costi (soprattutto costi storici) collegati alla compatibilit ambientale; la mancanza di sensibilit ambientale nel contesto sociale e culturale. Queste problematiche possono tuttavia essere superate: infatti si sta diffondendo luso di etichette ecologiche e certificazioni ambientali che migliora la comunicazione nel mercato e permette ai consumatori di valutare meglio limpatto ambientale dei prodotti. 1.4 Corte dei Conti: Premio GPP Consip 2010 (5). A dimostrare la crescente attenzione per le tematiche legate alla sostenibilit ambientale, nel 2009 il Ministero dellEconomia e delle Finanze e Consip S.p.A. hanno creato il premio Progetti sostenibili e Green Public Procurement dando riconoscimenti a due aree del settore pubblico e due societ del settore privato che durante i dodici mesi precedenti abbiano raggiunto LEGISLAZIONE ED ATTUALIT risultati significativi nellimplementazione di politiche ambientali sostenibili. Nel 2010 il premio per la categoria amministrazioni centrali stato vinto dalla Corte dei Conti per ladozione di un approccio organico, sia organizzativo che manageriale, nel campo della sostenibilit. Per alcuni anni la Corte dei Conti ha, in maniera crescente, preso in considerazione un approccio ecologico durante lanalisi del taglio dei costi e lottimizzazione delle attivit di management. Lo scopo era sostenere lefficienza e ridurre la spesa, come parte di un generale processo di rinnovamento e miglioramento delle attivit dellamministrazione dei settori operativi. Una serie di misure riguardanti diversi aspetti dellorganizzazione della Corte dei Conti sono state incluse nella sua corporate policy: aderenza allaccordo Consip servizio per lenergia integrata per tutti gli uffici della Corte situati in Roma; introduzione della chiusura obbligatoria il sabato per gli uffici della Corte in tutta Italia con lo scopo di contenere i costi di management e ridurre il consumo energetico; introduzione, dallinizio del 2010, per tutti gli uffici centrali e locali della posta elettronica certificata (PEC) per le comunicazioni ufficiali interne ed esterne. Ci oltre a velocizzare le attivit, comporta un significativo risparmio di carta, riduce luso di posta su gomma/binario, con la conseguente riduzione di emissioni atmosferiche; pubblicazione, per circa cinque anni, di documenti interni diretti a tutto lo staff della Corte in Italia esclusivamente sul sistema INTRANET della Corte o via mail; pubblicazione dei pi importanti documenti della Corte su piattaforme digitali; introduzione nel 2003 di un database giuridico digitalizzato invece del formato cartaceo della Gazzetta Ufficiale; introduzione di un nuovo sistema di gestione del parco automobili, che include luso di veicoli ecologici conformi agli standard Euro5, nonch linstallazione di dispositivi per il risparmio energetico (start and stop, risparmio di energia in frenata etc.); installazione di aree di parcheggio per biciclette con lo scopo di incoraggiare luso delle stesse tra i dipendenti; implementazione di sistemi di raccolta differenziata, compresa la sezione dedicata ai rifiuti organici; riciclo di supporti informatici obsoleti tramite il riuso. Gli stessi sono andati a scuole o associazioni caritative. Inoltre, lopportunit propizia si avuta con linizio di una serie di ristrutturazioni e progetti di mantenimento (un programma di lavori chiamato Progetto Efesto) lanciati nel 2007 e che hanno riguardato gli uffici centrali (5) Devo ringraziare la Corte dei Conti per aver gentilmente fornito i dati. della Corte. Tra i molteplici interventi merita di essere menzionata linstallazione di pannelli fotovoltaici di ultima generazione con numerosi vantaggi pratici ed economici verso lobiettivo finale della sostenibilit ambientale. Proprio questa ultima caratteristica stata loggetto della deliberazione Consip di attribuire il Premio GPP 2010 alla Corte. 2. Best Practice: un caso esemplare. 2.1 Interventi di GPP presso gli uffici di Via Baiamonti e Caserma Montezemolo. Confrontandosi con la necessit di allineare i vecchi edifici ai nuovi standard normativi, la Corte dei Conti non si limitata a rispettare alla lettera i requisiti minimi richiesti dalla normativa. Ma ha impostato un progetto di ristrutturazione generale con interventi che hanno riguardato ogni parte degli edifici: - sostituzione di tutte le porte e le finestre degli uffici centrali con soluzioni conformi alla normativa vigente in tema di riduzione del consumo energetico; -rimozione e smaltimento di tutte le tubature ed i canali obsoleti cio composti di materiali non pi accettati legalmente; -installazione di un sistema di aria condizionata centralizzato per sostituire il sistema esistente ormai obsoleto, con conseguente riduzione del consumo di energia. Lintervento ha introdotto linnovazione che, per la prima volta, era ormai possibile il management centralizzato per quasi tutti gli uffici con evidenti benefici in termini di risparmio e di comfort; -installazione di mobilio e oggetti darredamento a basso impatto ambientale, come ad esempio la sostituzione di lampade alogene nei corridoi dellintero edificio con luci a basso consumo, le lampade a LED; -acquisto di strumenti intelligenti per lo spegnimento automatico delle attrezzature. Un esempio per tutti: luso di sensori di movimento per lilluminazione delle stanze: quando il sensore non registra pi movimenti, la luce si spegne automaticamente da sola permettendo significativi risparmi di energia; -trasformazione dei circuiti elettrici da trifase 220 a trifase 380 volt+neutro, permettendo consistenti riduzioni di consumo; - ammodernamento dei cortili interni adeguandoli ai nuovi standard normativi. Tuttavia, lelemento pi importante non stata la dimensione complessiva del progetto stesso ma linstallazione dellimpianto fotovoltaico per il suo significato simbolico. Infatti, nelle costruzioni moderne gli impianti fotovoltaici sono disegnati per integrarsi perfettamente con il sistema elettrico locale e nazionale. In questo modo, nelle ore in cui il generatore fotovoltaico non pu produrre lenergia sufficiente a coprire la domanda di elettricit, questa viene fornita dal sistema. Viceversa, se limpianto fotovoltaico produce un surplus di energia, questo pu essere trasferito al sistema. stato realizzato anche un piano di rinnovamento di quella che in passato LEGISLAZIONE ED ATTUALIT era la caserma dellaviazione nazionale, la Caserma Montezemolo, ubicata anchessa in Via Baiamonti. Il restauro parte di un pi vasto progetto di riunire in un singolo edificio una serie di uffici situati in pi aree di Roma con significativi risparmi, non solo in termini di spesa ma anche di gestione dellefficienza. Per questo progetto la Corte, alla luce della nuova legislazione in materia di risparmio energetico e in linea con le normative sulla sicurezza antincendio e di prevenzione, ha definito una serie di lavori strutturali per i nuovi uffici che hanno portato allinnalzamento della classificazione energetica dellimmobile alla classe C. 3. Best Practice: una analisi economica (6). Dopo lanalisi descrittiva, intendiamo ora condurre unanalisi economica degli interventi di Green Public Procurement. In dettaglio, tra i diversi interventi realizzati nellIstituzione, quello che sembra pi significativo ed evocativo linstallazione dellimpianto fotovoltaico dal costo di 76900,00 euro. 3.1 Limpianto fotovoltaico. Prima di condurre unanalisi economica, necessario riportare una serie di dati necessari allanalisi stessa. Il prezzo totale di aggiudicazione, comprensivo di installazione e costi di sicurezza, stato di 92280,00 euro Iva inclusa. Nella seguente tavola sono illustrati i pi importanti dati dellimpianto fotovoltaico che fornisce energia elettrica alla biblioteca degli uffici della Corte dei Conti in Via Baiamonti 25. Valore Note Potenziale dellimpianto 18.900 kWp Dal progetto definitivo Produzione attesa 24.500 kWh/a year Considerata la latitudine di Roma e la media annuale dellirradiazione solare Costo 92.280 Iva inclusa Vita residua 25 anni Beneficie economici e garanzie per 20 anni dal giorno di collaudo dellimpianto (6) Si ringrazia la Corte dei Conti per aver concesso i dati necessari allanalisi economica. Nel 2011 le entrate da energia fotovoltaica furono 7400,00 euro e nel 2012 furono equivalenti a 10620,00 euro. Consideriamo, per gli scopi della nostra analisi, il pi basso ammontare del 2011 come lipotesi meno fortunata, cio lipotesi di un anno con bassi livelli di irradiazione solare. Riproduciamo lammontare per ogni anno, rivalutato ogni anno al 2%, al fine di ottenere una stima delle entrate dallimpianto fotovoltaico (il tasso del 2% un tasso teorico utilizzato per tutti i parametri). Anno Entrate annuali Rivalutazione al 2% 0 7400 148 1 7548 150.96 2 7698,96 153,792 3 7852,9392 157,058784 4 8009,997984 160,999597 5 8170,197944 163,4039589 6 8333,601903 166,6720381 7 8500,273941 170,0054788 8 8670,279419 173,4055884 9 8843,685008 176,8737002 10 9020,558708 180,4111742 11 9200,969882 184,0193976 12 9384,98928 187,6997856 13 9572,689065 191,4537813 14 9764,142847 195,2828569 15 9959,425704 199,1885141 16 10158,61422 203,1722844 17 10361,7865 207,23573 18 10569,02223 211,3804446 19 10780,40268 215,6080535 20 10996,01073 219,9202146 21 11215,93094 224,3186189 22 11440,24956 228,8049913 23 11669,05456 233,3810911 24 11902,43565 LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Rivalutiamo l'investimento residuo al tasso teorico del 2%, lo stesso tasso della rivalutazione delle entrate. L'investimento residuo calcolato sottraendo le entrate del primo anno dall'investimento iniziale. Quindi rivalutato del 2% e sottratto al guadagno dell'anno successivo. Ripetendo l'operazione per 25 anni otteniamo: Anno Investimento residuo = Investimento - guadagno Incremento del 2% 0 84880 1697,6 1 79029,6 1580,592 2 72911,232 1458,22464 3 66516,51744 1330,330349 4 59836,8498 1196,736996 5 52863,38886 1057,267777 6 45587,05473 911,7410946 7 37998,52189 759,9704377 8 30088,2129 601,7642581 9 21846,29215 436,9258431 10 0 0 11 0 0 12 0 0 13 0 0 14 0 0 15 0 0 16 0 0 17 0 0 18 0 0 19 0 0 20 0 0 21 0 0 22 0 0 23 0 0 24 0 Ora, al fine di ottenere dati pi eloquenti, analizziamo il trend delle differenze fra entrate e investimento residuo. Year Entrate investimento residuo 0 -77480 1 -71481,6 2 -65212,272 3 -58663,57824 4 -51826,85182 5 -44693,19091 6 -37253,45283 7 -29498,24795 8 -21417,93348 9 -13002,60715 10 9020,558708 11 9200,969882 12 9384,98928 13 9572,689065 14 9764,142847 15 9959,425704 16 10158,61422 17 10361,7865 18 10569,02223 19 10780,40268 20 10996,01073 21 11215,93094 22 11440,24956 23 11669,05456 24 11902,43565 Tutti questi dati mostrano che l'investimento iniziale di 92.280 euro risulterebbe totalmente coperto a partire dall'11 anno di vita dellimpianto. Cos, dall11 anno inizierebbero i guadagni per la Corte. Tutto ci, ripetiamo, prendendo a riferimento un anno sfortunato e non particolarmente soleggiato, cos come il 2011 sembra essere stato rispetto al 2012. Ora, analizziamo l'ipotesi ottimistica di un anno molto soleggiato, come assumiamo essere stato il 2012, con una entrata equivalente a 10620,00. Ripetiamo le stesse operazioni effettuate per l'ipotesi pessimistica. LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Riproduciamo questo ammontare per ogni anno. Ogni anno rivalutato al 2% allo scopo di avere una stima delle entrate dell'impianto fotovoltaico. Utilizziamo il tasso teorico del 2% sia per la rivalutazione delle entrate di investimento che per la rivalutazione del residuo di investimento stesso. Sappiamo che la vita utile di tali pannelli di 25 anni. Anno Entrate annuali Aumento del 2% 0 10620 212,4 1 10832,4 216,648 2 11049,048 220,98096 3 11270,02896 225,4005792 4 11495,42954 229,9085908 5 11725,33813 234,5067626 6 11959,84489 239,1968979 7 12199,04179 243,9808358 8 12443,02263 248,8604525 9 12691,88308 253,8376616 10 12945,72074 258,9144148 11 13204,63516 264,0927031 12 13468,72786 269,3745572 13 13738,10242 274,7620483 14 14012,86446 280,2572893 15 14293,12175 285,8624351 16 14578,98419 291,5796838 17 14870,56387 297,4112774 18 15167,97515 303,359503 19 15471,33465 309,426693 20 15780,76135 315,6152269 21 16096,37657 321,9275314 22 16418,3041 328,3660821 23 16746,67019 334,9334037 24 17081,60359 Rivalutiamo l'investimento residuo al tasso teorico del 2%, lo stesso tasso di rivalutazione delle entrate. L'investimento residuo calcolato sottraendo le entrate del primo anno dall'investimento iniziale. Quindi lo rivalutiamo al 2% e sottraiamo le entrate dell'anno successivo. Ripetendo l'operazione per 25 anni otteniamo: Ora, al fine di ottenere dati pi eloquenti, analizziamo il trend delle differenze fra entrate ed investimento residuo. Anno Investimento residuo = Investimento - entrate Aumento del 2% 0 81660 1633,2 1 72460,8 1449,216 2 62860,968 1257,21936 3 52848,1584 1056,963168 4 42409,69203 848,1938406 5 31532,54774 630,6509548 6 20203,3538 404,067076 7 8408,379087 168,1675817 8 0 0 9 0 0 10 0 0 11 0 0 12 0 0 13 0 0 14 0 0 15 0 0 16 0 0 17 0 0 18 0 0 19 0 0 20 0 0 21 0 0 22 0 0 23 0 0 24 0 LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Anno Entrate Investimento residuo 0 -71040 1 -61628,4 2 -51811,92 3 -41578,12944 4 -30914,26249 5 -19807,20961 6 -8243,508909 7 3790,662703 8 12443,02263 9 12691,88308 10 12945,72074 11 13204,63516 12 13468,72786 13 13738,10242 14 14012,86446 15 14293,12175 16 14578,98419 17 14870,56387 18 15167,97515 19 15471,33465 20 15780,76135 21 16096,37657 22 16418,3041 23 16746,67019 24 17081,60359 Tutti questi dati indicano che l'investimento iniziale di 92280,00 euro verrebbe totalmente coperto a partire dall'8 anno di vita dei pannelli e che quindi a partire dall'8 anno inizierebbero i guadagni annuali per la Corte. Tutto ci, ripetiamo, utilizzando dati di un anno particolarmente fortunato e soleggiato come il 2012, rispetto al meno fortunato 2011. Possiamo concludere, quindi, che nella migliore delle ipotesi l'investimento iniziale verrebbe coperto a partire dall'8 anno di vita dell'impianto, in seguito al quale l'impianto inizierebbe a generare un guadagno netto. Nella peggiore delle ipotesi l'ammortamento si completerebbe all'11 anno, con l'impianto che genera guadagno per i rimanenti 14 anni. CONCLUSIONI Il Green Public Procurement se valutato al criterio del costo storico economicamente non conveniente. Ma il criterio stesso non valido per certi tipi di investimenti. I sistemi di GPP sono investimenti da valutare secondo il criterio del ciclo vitale. Nel contesto italiano, la speranza che non solo il GPP diventi pratica comune ma che diventi obbligatoria come misura per proteggere lambiente e le future generazioni. Luso del GPP deve diventare parte della nostra cultura. Per questo il modello offerto dalla Corte dei Conti emblematico nel senso che rappresenta la concretizzazione di un avanzamento culturale. CONTRIBUTI DI DOTTRINA Considerazioni sui poteri del Presidente del Consiglio dei ministri nell'attivit normativa del Governo L'evoluzione del ruolo del Premier nei Governi degli ultimi vent'anni Carlo Deodato* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il regime costituzionale dei poteri del Presidente del Consiglio - 3. La disciplina ordinaria - 4. La prassi dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento nell'attivit normativa - 5. L'influenza del sistema elettorale e (pi in generale) di quello politico sul ruolo del Presidente del Consiglio - 6. Prospettive evolutive, de iure condito e de iure condendo - 7. L'evoluzione del ruolo del Presidente del Consiglio nell'esperienza degli ultimi vent'anni - 8. Il decisionismo monocratico nel Governo in carica - 9. Considerazioni finali. 1. Premessa. La personale esperienza maturata nelle collaborazioni con gli ultimi Governi ci suggerisce una disamina delle funzioni di indirizzo e di coordinamento assegnate dalla Costituzione al Presidente del Consiglio (segnatamente nella direzione dell'attivit normativa) e un'analisi dell'evoluzione del loro esercizio negli Esecutivi della c.d. Seconda Repubblica. Senza alcuna pretesa di esaustivit o di rigore accademico, ci limiteremo a rintracciare, nella declinazione operativa dell'art. 95 Cost., alcuni spunti di riflessione per una migliore comprensione del diritto vivente e degli sviluppi, di fatto (pi che di diritto), dell'interpretazione del ruolo del Primo Ministro nell'attuale sistema politico-istituzionale. La vistosa mancanza della revisione della forma di Governo e, in particolare, della disciplina del ruolo del Presidente del Consiglio (d'ora innanzi (*) Consigliere di Stato. Presidente) nel progetto di riforma costituzionale proposto dal Governo in carica (che si tradotto nella recente approvazione in prima lettura al Senato del relativo disegno di legge) impone, peraltro, una riflessione sull'esegesi dell'art. 95 della Costituzione, sulla sua applicazione nella prassi degli ultimi Governi e sulle prospettive della sua modifica (da pi parti avvertita come necessaria, al pari della riforma relativa al superamento del bicameralismo perfetto), anche al fine di comprendere la persistenza delle ragioni della sua revisione e di indagare le ragioni della suddetta lacuna. Ci occuperemo, in particolare, di descrivere la genesi dell'art. 95 Cost., di analizzare le diverse opzioni ermeneutiche, di studiare la sua declinazione nella legislazione ordinaria, di esaminarne le esperienze applicative e di illustrare le differenti proposte di revisione. Il perimetro dell'indagine rester, quindi, limitato allo scrutinio dei rapporti, interni al Governo, tra il Presidente, i Ministri e il Consiglio dei ministri, con particolare riguardo all'attivit normativa di competenza dell'Esecutivo. Non esamineremo, di conseguenza, le questioni attinenti alla forma di governo e, in particolare, ai rapporti dell'Esecutivo con gli altri organi costituzionali n le modalit di nomina del Presidente (se non nella misura in cui si rivelino strettamente funzionali allo scrutinio del tema principalmente esaminato). Dedicheremo, invece, un'attenzione particolare alla trasformazione del ruolo del Presidente, a costituzione invariata, rintracciabile nell'analisi dell'attivit degli ultimi Governi e (segnatamente) di quello attualmente in carica. Sotto un profilo pi strettamente metodologico giova, ancora, avvertire che la disamina del problema dei rapporti tra il Presidente e il Consiglio dei ministri sar condotta, oltrech alla stregua di parametri prettamente giuridici, sulla base di canoni pi propriamente politologici, non potendosi trascurare l'influenza dell'assetto politico-partitico sulla forza del Capo dell'Esecutivo nei riguardi dei Ministri. 2. 1l regime costituzionale dei poteri del Presidente del Consiglio. 2.1- La Costituzione descrive (all'art. 95) il ruolo del Presidente con espressioni (volutamente) generiche e, per certi versi, equivoche, tanto che la disposizione stata definita vaga e ambigua (1) e ha impegnato la dottrina in una complessa opera ermeneutica (2) (di cui daremo conto infra). (1) E. CATELANI, Art. 95, in Commentario alla Costituzione, a cura di P. Bifuico, A. Celotto, M. Olivetti, Torino, 2006, vol. II, 1842; E. CHELI - V. SPAZIANTE, Il Consiglio dei Ministri e la sua presidenza: dal disegno alla prassi, in L'istituzione Gov., pag. 43. (2) A. AMBROSI, voce Art. 95, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole e R. Bin, Cedam, Padova, 2008, pp. 863 ss.: L. BARRA CARACCIOLO, Evoluzione del potere di coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, disponibile sul sito www.centrostudiparlamentari.it.; P. BONETTI, L'ultimo tentativo di potenziare il ruolo costituzionale del Presidente del Consiglio dei Ministri: il riordino della Presidenza, in Rassegna parlamentare, 2000, fasc. 4, pp. 863 ss.; P. BONETTI, Il coor DOTTRINA 303 Ma, prima di illustrare le diverse tesi ricostruttive, appare utile una sintetica rassegna dei diversi modelli organizzativi (del Governo) esaminati dal- l'Assemblea Costituente, del dibattito che si svolto in seno ad essa e degli esiti decisori, poi cristallizzati nelle formule lessicali dell'art. 95 Cost. 2.2- Le opzioni esaminate possono essere classificate secondo il seguente catalogo: a) direzione politica monocratica (Kanzlersprinzip); b) direzione politica collegiale (Kabinettsprinzip); c) autonomia dei singoli Ministri (Ressortsprinzip) (3). Si sono, tuttavia, confrontati, in concreto, due soli modelli: quello collegiale e quello monocratico. La recente (all'epoca della Costituente) esperienza del regime fascista aveva, in particolare, indotto i comunisti a preferire il modello collegiale (fino al punto da rifiutare la stessa previsione in Costituzione della figura del Capo dell'Esecutivo), mentre i democristiani avevano manifestato una preferenza per il principio della preminenza del Presidente. Le forze di sinistra temevano che la costituzionalizzazione della respon dinamento della progettazione degli atti normativi del Governo: problemi e prospettive, in www.astrid.eu.; P.A. CAPOTOSTI, voce Presidente del Consiglio, in Enc. Dir., XXXV, Milano, 1986; E. CASTORINA, Direzione e coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri nel sistema della protezione civile, in www.forumcostituzionale.it; E. CATELANI, Art. 95, in Commentario alla Costituzione, a cura di P. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Torino, 2006, vol. II, pp. 1836 ss.; E. CATELANI, voce Presidente del Consiglio dei Ministri, in Dizionario di diritto pubblico, a cura di S. Cassese, Milano, Giuffr, 2006, pp. 4431-4440; P. CIARLO, Commento all'art. 95, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Zanichelli, Bologna, 1994, pp. 321 ss.; G.P. CIRILLO, Il potere di coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in www.giustizia.amministrativa.it; F. COCOZZA, L'ufficio centrale per il coordinamento dell'iniziativa legislativa, le "procedure di governo" e "il governo in Parlamento", in Il Foro italiano, 1989, fasc. 6, pp. 366-371; M. D'UBALDI, L'attuazione della riforma. I nuovi poteri del Presidente del Consiglio, in Parlamento, 1988, fasc. 11-12. pp. 53-54; E. LONGO, La mutazione del potere di direttiva del Presidente del Consiglio nella prassi pi recente, in Osservatorio sulle fonti, n. 1/2009; C. MANCINO - G. SAVIANI, Le strutture di coordinamento della presidenza del Consiglio: il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) e il Dipartimento per il coordinamento amministrativo (DICA), in amministrazioneincammino.luiss.it; S. MERLINI, Presidente del Consiglio e collegialit del Governo, in Quaderni costituzionali, 1982, fasc. I. pp. 7 ss.; M. MEZZANOTTE, La figura del Presidente del Consiglio tra norme scritte e prassi, in Politica del diritto, 2001, fasc. 2, pp. 325 ss.; A. PAJNO, La presidenza del consiglio dei ministri dal vecchio al nuovo ordinamento, in Commento ai decreti legislativi n. 300 e 303 del 1999 sulla riorganizzazione della presidenza del consiglio e dei ministeri, a cura di A. Pajno e L. Torchia, Il Mulino, Bologna, 2000, pp. 35 ss.; G.G. PALEOLOGO, L 'attivit normativa del governo nella legge sull'ordinamento della presidenza del consiglio dei ministri, in Il Foro italiano, 1989, fasc. 6, pp. 344-354; F. PIGA, Ordinamento della Presidenza del Consiglio e rapporto organi ausiliari -Governo, in Quaderni costituzionali, 1982, fasc. 1, pp. 81 ss.; G. PITRUZZELLA, Il Governo del Premier, in La Costituzione promessa. Governo del Premier e federalismo alla prova della riforma, a cura di P. Calderisi, F. Cintioli, G. Pitruzzella, Soveria Mannelli, Rubettino, 2004; A. PREDIERI, voce Presidente del Consiglio dei Ministri, in Enc. giur. Trccani, 1991; A. RUGGERI, Il Governo tra vecchie e nuove regole e regolarit (spunti problematici), in Atti del Convegno annuale dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti, Palermo, 2001; D. TRABUCCO, Il rapporto tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri: un difficile punto di equilibrio, in www.forumcostituzionale.it. (3) Per una compiuta rassegna del dibattito in senso all'Assemblea Costituente si vedano M. MEZZANOTTE e P. CIARLO, opere citate. sabilit politica dell'Esecutivo in capo al Primo Ministro potesse favorire una gestione personalistica e plebiscitaria del Governo, mentre quelle cattoliche giudicavano indispensabile affidare al Capo dell'Esecutivo il compito di assicurare unit ed efficienza all'azione di governo. Come accadde per diverse altre previsioni costituzionali che scontavano una significativa distanza ideologica tra le principali forze politiche e culturali rappresentate in seno alla Costituente (comunisti e democristiani), anche la redazione finale dell'art. 95 fu il frutto di un compromesso (implicante la reciproca rinuncia alle tesi di partenza). La mediazione raggiunta comporta il riconoscimento in capo al Consiglio dei ministri della responsabilit collegiale della politica generale dell'Esecutivo (tanto che, secondo l'opinione pi accreditata, l dove la Costituzione menziona genericamente il Governo, si deve intendere il Consiglio dei ministri (4)) e l'attribuzione al Primo Ministro (il cui ruolo risulta, quindi, costituzionalizzato) delle funzioni di direzione della stessa e di mantenimento dell'unit di indirizzo politico, nonch di promozione e di coordinamento dell'attivit dei Ministri. Rimasero, invece, disattese le istanze intese a rafforzare il ruolo del Presidente, quali quelle relative alla previsione di un sistema di cancellierato, all'introduzione della sfiducia costruttiva, all'intestazione del rapporto fiduciario al solo Primo Ministro, alla costituzionalizzazione di un consiglio di gabinetto (5). Resta cos confermato il carattere transattivo della soluzione votata. Si tratta, per altro verso, di una scelta determinata (oltrech dalla segnalata esigenza di sintesi politica) dal rilievo che le dinamiche dei rapporti tra il Presidente, i Ministri e il Consiglio dei ministri devono restare affidate alla dialettica propriamente politica interna all'Esecutivo e possono essere regolate, in astratto, solo con l'affermazione di principi generali che esigono una successiva declinazione nella legislazione ordinaria, oltre che (se non soprattutto) nella prassi (in conformit al principio di autodeterminazione del sistema politico). 2.3- La formulazione testuale della disposizione non appare, tuttavia, idonea a risolvere le questioni che sono state agitate in seno alla Costituente. Le difficolt ermeneutiche si appuntano, in particolare, sia sull'interpretazione dell'oggetto dell'attivit affidata alla responsabilit del Presidente, sia sui contenuti dei poteri allo stesso attribuiti. 2.4- Le nozioni di politica generale e di indirizzo politico e amministrativo sono apparse, infatti, di difficile decifrazione gi ai primi commentatori della Costituzione. Un primo problema quello che attiene ai rapporti tra i due concetti, non essendo chiaro se politica generale e indirizzo politico coincidono (6), se la (4) L. PALADIN, Governo, Enc. Dir., 706; A. RUGGERI, op. cit. (5) P. CIARLO, op. cit., 352. (6) L. PRETI, IL Governo nella Costituzione italiana, pag. 11 e ss. DOTTRINA 305 prima costituisce attuazione del secondo (7) o se, al contrario, il secondo costituisce attuazione della prima (8). Attesa l'impossibilit (prima che la difficolt) di stabilire un ordine tra le due attivit (risultando plausibili tutte e tre le interpretazioni sopra riportate) appare, invece, utile ribadire che la responsabilit della determinazione dei contenuti di entrambe resta pacificamente affidata al Consiglio dei ministri. Ma rimangono da chiarire i caratteri delle due funzioni, potendosi ritenere, ai fini che qui rilevano, quella di politica generale assorbita da quella di indirizzo politico (e, quindi, esaminabile congiuntamente a quest'ultima). L'interpretazione della nozione di indirizzo politico ha risentito, pi di altre, dell'evoluzione dell'organizzazione interna dello Stato e dei suoi rapporti con le istituzioni sovranazionali, nella misura in cui dall'originaria lettura di Mortati (9) (a sua volta influenzata dall'organicismo tedesco di Carl Schmitt (10)) quale funzione preordinata all'individuazione, con valenza normativa e cogente, dei fini generali dello Stato, passando per le esegesi di Crisafulli (11) e di Lavagna (12), che ne offrono una lettura riduttiva (l dove intendono tutelare l'autonomia degli altri organi costituzionali e la posizione sovraordinata della Costituzione nella determinazione delle finalit dello Stato), si giunge fino alle interpretazioni pi moderne (13) che imputano la titolarit della funzione in questione alle regioni, al Parlamento o all'Unione Europea, relativamente alle loro rispettive competenze istituzionali e politiche, e che riservano al Governo la sola individuazione degli obiettivi generali attinenti alla sua azione (e nei limiti delle sue attribuzioni costituzionali). 2.5- Anche le nozioni di direzione e di coordinamento hanno impegnato i costituzionalisti in una ardua opera ermeneutica. L'ambiguit semantica dell'uso del verbo dirigere ha imposto agli interpreti una difficile esegesi di una previsione che pu essere letta sia come significativa di un mero compito di indirizzo di decisioni affidate alla responsabilit collegiale del Consiglio dei ministri, sia come significativa di un pi incisivo compito di determinazione dei contenuti dell'azione di governo. La preferenza che dev'essere accordata alla prima opzione ermeneutica (come meglio chiarito infra) comporta il rilievo dell'assenza, in capo al Presidente, di efficaci strumenti di esigibilit delle direttive, la cui effettivit resta (7) T. MARTINES, in Enc. Dir., Indirizzo politico, pag.155; G. FERRARA, Il Governo di coalizione, pag. 144 e ss. (8) A. MANNINO, Indirizzo politico e fducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, pag. 52 e ss. (9) C. MORTATI, L'ordinamento del governo nel nuovo diritto pubblico italiano. (10) C. SCHIMITT, Teologia politica: quattro capitoli sulla dottrina della sovranit. (11) V. CRISAFULLI, Per una teoria giuridica dell'indirizzo politico, in Studi Urbinati, 1939. (12) C. LAVAGNA, Contributo alla determinazione dei rapporti giuridici tra Capo del Governo e ministri. (13) R. BIN - G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, 166; G. CUOMO, Unit e omogeneit nel governo parlamentare, 1957, 165; V. CRISAFULLI - D. NOCILLA, Nazione, Enc. Dir., 810. confinata al circuito politico dei rapporti di forza interni all'Esecutivo (ma anche al Parlamento) e, in definitiva, all'uso dell'unica vera arma di cui dispone il Primo Ministro: la minaccia della crisi. In alternativa, l'inadempimento del Ministro pu sempre essere sanzionato con la mozione di sfiducia individuale (secondo i canoni e le regole chiariti dalla Corte Costituzionale a proposito del caso Mancuso (14)), ma nell'ambito di una iniziativa politico-parlamentare (rispetto alla quale il Primo Ministro resta giuridicamente e formalmente estraneo). Pure l'attivit di coordinamento, di per s, non appare di agevole interpretazione. La struttura policentrica del Governo (tendente al ministerialismo (15)), infatti, impedisce una qualificazione esatta della funzione di coordinamento, che, tuttavia, pu essere definita come quella competenza mediante la quale il Presidente sintetizza le diverse iniziative dei Ministri e armonizza le loro differenti o contrastanti posizioni, assicurando la coerenza delle decisioni con il programma di Governo, dovendosi, invece, rifiutare le letture che ne evidenziano il carattere meramente circolare o equiordinato (16). 2.6- Ne risulta una oggettiva difficolt nella definizione del ruolo del Presidente e del nucleo dei poteri a esso affidati dalla Costituzione. Tuttavia, a fronte delle opinioni minoritarie, che intestano, per un verso, al Presidente la responsabilit dell'indirizzo politico del Governo (17) e, per un altro, al Consiglio dei ministri l'imputazione esclusiva della determinazione della politica generale dell'Esecutivo (18), la lettura prevalente (19) quella che, invece, rifiutando sia il principio monocratico sia quello collegiale (intesi in senso assoluto), preferisce il riconoscimento di una posizione differenziata del Presidente (di primus inter pares), sebbene non di preminenza, che si sostanzia nelle funzioni di impulso, indirizzo, direzione e coordinamento nei processi decisionali che impegnano l'indirizzo politico del Governo e che restano affidati alla responsabilit collegiale del Consiglio dei ministri. Si tratta, quindi, di un'interpretazione che sintetizza, armonizzandoli, i principi di direzione monocratica del Governo e di imputazione collegiale della determinazione dei contenuti della sua politica generale, che dovranno (14) Corte Cost., sentenza 18 gennaio 1996, n. 7. (15) L. PALADIN, Diritto Costituzionale, 411. (16) V. BACHELET, Profili giuridici dell'organizzazione amministrativa, pag. 16 e ss.; V. COCOZZA, Autonomia finanziaria regionale e coordinamento, pag. 31, P. CIARLO, op. cit., 377. (17) C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, 1975, 553; A. PREDIERI, Lineamenti della posizione costituzionale del Presidente del Consiglio, 1951: G. PITRUZZELLA, Il Presidente del Consiglio dei ministri e l'organizzazione del Governo, 1986, 202. (18) F. CUOCOLO, Il Governo nel vigente ordinamento italiano, 1959, 117; A. RUGGERI, Il Consiglio dei Ministri nella Costituzione italiana, 1981. (19) P. CIARLO, op. cit.; E. CHELI - V. SPAZIANTE, op. cit. DOTTRINA 307 essere coniugati secondo le dinamiche proprie dei rapporti politici e in coerenza con il sistema istituzionale di riferimento (20). In definitiva, secondo la comune lettura dell'art. 95 Cost., per come declinata nella legislazione ordinaria (secondo le regole descritte nel paragrafo che segue), l'assunzione delle decisioni che impegnano la politica generale del Governo (e, segnatamente, l'approvazione dei provvedimenti normativi) compete al Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, mentre residuano in capo al Presidente (che, tuttavia, viene classificato come "autonomo centro di potere" (21) e "organo costituzionale" (22) le sole funzioni di indirizzo e di coordinamento. 2.7- Si tratta, in ogni caso, di una disposizione dai confini (volutamente) elastici e flessibili, nella misura in cui il discrimine delle funzioni del Presidente, rispetto a quelle dei Ministri e del Consiglio dei ministri, resta, in definitiva, affidato alla dialettica politica delle relazioni di potere interne all'Esecutivo. 3. La disciplina ordinaria. 3.1- Il riparto delle competenze tra Presidente e Consiglio dei ministri, sanzionato dalla Costituzione con la sola affermazione dei principi generali appena esaminati, rimasto, quindi, affidato alla legislazione ordinaria. L'attuazione dell'art. 95 Cost. stata consacrata (solo) con l'approvazione della legge 23 agosto 1988, n. 400, e, poi, ulteriormente precisata con l'emanazione del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 303, del 1999, che si sono preoccupati (la legge) di definire, in coerenza con la lettura pi accreditata della suddetta previsione costituzionale, gli ambiti funzionali rispettivamente riservati al Presidente e al Consiglio dei ministri e (il decreto legislativo) di assicurare al Presidente un'organizzazione amministrativa funzionale all'esercizio delle sue funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento. 3.2- La legge n. 400 ha individuato, all'art. 2, le funzioni spettanti al Consiglio dei ministri e all'art. 5 quelle attribuite al Presidente. Dalla disamina del catalogo delle attribuzioni dettagliate in tali due disposizioni resta confermata la distinzione tra i compiti afferenti alla determinazione della politica generale del Governo, che rimangono affidati al Consiglio dei ministri, e quelli pertinenti alla promozione e al coordinamento dell'azione dell'Esecutivo, che restano intestati al Presidente. Per quanto concerne, in particolare, l'assunzione delle decisioni normative (che, si ricorda, costituisce l'oggetto principale del presente studio), competono al Consiglio dei ministri le deliberazioni relative all'approvazione dei disegni (20) S. BARTOLE, Governo, 638; R. BIN - G. PITRUZZELLA, op. cit., 169. (21) G. PITRUZZELLA, Il Presidente del Consiglio e l'organizzazione del Governo, 197. (22) C. MEZZANOTTE, op. cit., 346. di legge, dei decreti legge, dei decreti legislativi e dei regolamenti aventi la forma del d.P.R. (art. 2, comma 3, lett. b e c, l. cit.), mentre residuano in capo al Presidente le mere funzioni attinenti agli adempimenti relativi alle deliberazioni normative del Consiglio dei ministri (art. 5, comma 1, lett. e), d), e), l. cit.) e quelle, pi politiche, dettagliate all'art. 5, comma 2, l. cit. Tra queste ultime, rivestono una peculiare rilevanza, siccome espressive dei poteri di direzione cristallizzati in Costituzione, le attribuzioni che contemplano il potere di indirizzare direttive ai Ministri, di coordinare e promuovere la loro attivit (l dove incida sulla politica generale del Governo), di sospendere l'adozione di atti da parte dei Ministri competenti, sottoponendoli alla riunione successiva del Consiglio dei ministri, di deferire a quest'ultimo le decisioni sulle quali siano emersi contrasti tra amministrazioni e di concordare con i Ministri interessati le dichiarazioni pubbliche che impegnano la politica generale dell'Esecutivo. Merita, peraltro, un'attenzione particolare l'attribuzione al Consiglio dei ministri (anzich al Presidente) del potere di porre la questione di fiducia (art. 2, comma 2, lett. a), l. cit.). Nonostante alcune precedenti iniziative legislative avessero proposto la diversa soluzione di intestare direttamente al Presidente tale competenza, il legislatore del 1988 ha optato per la sua attribuzione al Consiglio dei ministri, sancendo, in tal modo, la titolarit collegiale della gestione del circuito fiduciario Governo-Parlamento. Si tratta, come evidente, di una scelta dirimente in ordine ai rapporti tra il principio monocratico e quello collegiale, atteso che la decisione sull'apposizione della questione di fiducia implica la scelta di una strategia (tutta politica) di governo dei rapporti tra l'Esecutivo, la maggioranza e l'opposizione (23). 3.3- Si tratta, come si vede, di un nucleo di poteri che conferma la qualificazione del Presidente come primus inter pares, nella misura in cui configura un ruolo di preminenza nella direzione dell'azione di Governo, ma non di supremazia sui singoli Ministri, che si declina nell'imputazione al Primo Ministro delle (sole) responsabilit di impulso, di indirizzo e di sintesi dell'attivit del- l'Esecutivo. 3.4- Peraltro, le predette funzioni, che servono ad assicurare l'esercizio del ruolo direttivo affidato dalla Costituzione al Presidente, restano, perlopi, sprovviste di sanzione e scontano, quindi, un deficit di effettivit, nel senso che l'inosservanza delle direttive o della promozione di specifiche iniziative normative genera, al pi, conseguenze politiche, ma non produce alcun effetto giuridico (24). In particolare, l'impossibilit (giuridica), per il Primo Ministro, di sosti (23) Come ben rilevato da P. CIARLO, op. cit., 42. (24) N.L. PALADIN, Governo, 695. DOTTRINA 309 tuirsi al Ministro inadempiente, di revocargli l'incarico (25) o di disporre l'annullamento degli atti adottati in violazione delle direttive impone, per un verso, di ricondurre a dinamiche puramente politiche eventuali conflitti interni al Governo e impedisce, per un altro verso, di riconoscere al Presidente un'effettiva posizione di preminenza nella determinazione dell'indirizzo politico dell'Esecutivo, in coerenza, in ogni caso, con l'esegesi prevalente della previsione costituzionale di riferimento. 3.5- Le lacune appena segnalate nella configurazione dei poteri del Primo Ministro hanno, peraltro, fondato le tesi, largamente accreditate e condivise, relative alla necessit di un rafforzamento del suo ruolo, mediante una revisione costituzionale che gli assegni responsabilit dirette di determinazione della politica generale dell'Esecutivo e una posizione di effettiva supremazia sui Ministri (che si esprima, ad esempio, mediante la potest di revoca dell'incarico a questi ultimi). 3.6- Si deve, in ogni caso, avvertire che, come in ogni organismo collegiale, il peso del Presidente sulle decisioni del collegio continuer a dipendere da fattori esterni alle regole di funzionamento di quest'ultimo. Ancorch, infatti, l'assunzione delle decisioni venga attribuita alla responsabilit del Consiglio dei ministri, l'influenza del Presidente resta condizionata dalla sua autorevolezza personale, dal peso politico della maggioranza parlamentare di riferimento, dalla forza (politica e personale) dei singoli Ministri, dall'intensit della legittimazione popolare del Premier, dalla natura composita o meno dell'Esecutivo. Dunque, bench la Costituzione e il legislatore ordinario si siano sforzati di disciplinare i ruoli del Presidente e del Consiglio dei ministri nell'esercizio delle funzioni del Governo, la regolazione che ne derivata rimane necessariamente elastica e flessibile, in modo da adattarsi alle diverse condizioni del contesto politico e partitico e consentire cos un'oscillazione dal modello propriamente collegiale (tipico di governi di coalizione generati da un sistema parlamentare a rappresentanza proporzionale) a un modello di preminenza del Primo Ministro (pi coerente con governi monocolore derivati da sistemi elettorali a forte impronta maggioritaria). 3.7- In passato si tentato di risolvere le difficolt di gestione dei rapporti interni al Governo ricorrendo a moduli organizzativi diversi quali i Comitati interministeriali o il Consiglio di gabinetto (istituito nel 1983 con il primo Governo Craxi), ma tali soluzioni si sono rivelate fallaci, nella misura in cui sono risultate fattori di complicazione, pi che di semplificazione, dei processi decisionali (26). (25) La dottrina prevalente nega la possibilit della revoca di un Ministro (L. PALADIN, op. cit., G. PITRUZZELLA, op. cit., M. VILLONE, Art. 94, Comm. Branca, G. AZZARTI, C. Cost., 1995, S. NICCOLAI, Il Governo), anche se sono registrabili opinioni favorevoli (V. GALIZIA, Studi sui rapporti tra Parlamento e Governo, A. PREDIERI, Lineamenti, C. MORTATI, Istituzioni). (26) P. CIARLO, op. cit., 382 e ss. 3.8- Quanto, invece, alla disciplina legislativa ordinaria dell'organizzazione delle strutture serventi (27), si deve rilevare che gli obiettivi fissati nella legge delega 15 marzo 1997, n. 59, in attuazione della quale stato emanato il d.lgs. n. 303 del 1999, riassumibili nella dismissione delle funzioni gestionali da parte della Presidenza del Consiglio e nel potenziamento dell'organizzazione strettamente funzionale all'esercizio, da parte del Presidente, dei compiti attribuitigli dall'art. 95 Cost., sono stati, in parte, disattesi. A fronte, infatti, dell'opportuna trasformazione dell'Ufficio centrale per il coordinamento dell'iniziativa legislativa e dell'attivit normativa del Governo, originariamente previsto dall'art. 23, comma 7, della legge n. 400 del 1988, nel Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (d'ora innanzi: DAGL) e, quindi, in una struttura pi articolata, non si pu non osservare che quest'ultimo non stato (amministrativamente) dotato di adeguate risorse umane e, soprattutto, che la Presidenza del Consiglio dei ministri rimasta un'amministrazione pletorica e (ancora) titolare di compiti operativi e gestionali (di quelli di cui, cio, la legge delega voleva l'eliminazione o il trasferimento presso altre amministrazioni), con la conseguente dispersione, nell'esercizio di funzioni di amministrazione attiva (che avrebbero dovuto essere allocate presso i Ministeri competenti), di risorse che, al contrario, dovrebbero essere impiegate per supportare il Presidente nell'esercizio dei suoi compiti costituzionali di indirizzo e di coordinamento. 4. La prassi dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento nell'attivit normativa. 4.1- Oltrech per effetto della legislazione ordinaria, l'art. 95 Cost. stato riempito di contenuti dalla normativa secondaria e, segnatamente, dai provvedimenti regolamentari intesi a disciplinare l'organizzazione della Presidenza del Consiglio e il funzionamento del Consiglio dei ministri, da circolari o istruzioni operative sull'istruttoria dei provvedimenti normativi e dalla prassi governativa. Tale complesso di norme, nel limitarsi a dettagliare gli adempimenti spettanti al Presidente e alle sue strutture amministrative serventi, nella organizzazione, direzione e attuazione delle decisioni spettanti al Consiglio dei ministri, conferma la ripartizione delle competenze tracciata dalla legislazione ordinaria appena esaminata. 4.2- In particolare, dall'analisi del d.P.C.M. 10 novembre 1993 (recante il Regolamento interno del Consiglio dei ministri), della Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2003 (che disciplina l'attivit di concertazione dei disegni di legge di ratifica degli atti internazionali), della Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 26 febbraio 2009 (che regola (27) Per una compiuta analisi dell'organizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si veda A. PAJNO, op. cit. DOTTRINA 311 l'istruttoria degli atti normativi del Governo), della Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri l0 novembre 2008 (che disciplina i tempi e le modalit di effettuazione dell'analisi tecnico-normativa), del d.P.C.M. 11 settembre 2008, n. 170 (recante la disciplina dell'analisi dell'impatto della regolamentazione) e del d.P.C.M. 19 novembre 2009, n. 246 (recante la disciplina della verifica dell'impatto della regolamentazione) emerge il ruolo di coordinamento che il Presidente svolge, tramite le strutture amministrative che dipendono da lui, e, in particolare, per mezzo del DAGL, nell'istruttoria, nella preparazione, nell'esame e nell'attuazione delle deliberazioni normative assunte dal Consiglio dei ministri. Il sistema configurato dalla formazione secondaria sopra indicata (nonch dalla relativa prassi applicativa) definisce una procedura che pu essere sintetizzata nei seguenti termini: il Ministero che propone l'approvazione di un provvedimento da parte del Consiglio dei ministri lo trasmette al DAGL, che ne controlla l'istruttoria con le Amministrazioni concertanti, verificando anche le relazioni di accompagnamento; il provvedimento, non appena ritenuto sufficientemente istruito, viene iscritto all'ordine del giorno della riunione preparatoria del Consiglio dei ministri (c.d. preconsiglio), dove si acquisisce il parere delle amministrazioni interessate, e viene diramato agli uffici legislativi di tutti i Ministri; esaurita l'istruttoria, il provvedimento viene iscritto all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, convocato dal Presidente; il provvedimento viene, poi, nuovamente diramato in vista della riunione del Consiglio dei ministri e pu essere approvato senza modifiche, con modifiche o salvo intese; al coordinamento delle modifiche deliberate dal Consiglio dei ministri e alla formalizzazione delle intese alle quali stata eventualmente subordinata l'approvazione provvede il DAGL; una volta definito il testo approvato, lo stesso viene trasmesso, dalle strutture della Presidenza competenti, prima al Ministero dell'economia e delle finanze per la c.d. bollinatura, poi al Presidente della Repubblica per la firma e, infine, in Parlamento (nei casi di disegni di legge o di decreti legge) per il successivo esame. Questa apparentemente inutile rassegna degli adempimenti che precedono e che seguono le deliberazioni normative del Consiglio dei ministri serve a documentare la declinazione operativa del ruolo assegnato dalla normativa di riferimento (costituzionale e ordinaria) al Presidente. 4.3- Dall'esame della procedura sopra descritta risulta che l'unica funzione effettivamente incisiva del Presidente quella che si esprime nel potere di convocazione del Consiglio dei ministri e di iscrizione dei provvedimenti pro- posti dai Ministri all'ordine del giorno (prima) del preconsiglio e (dopo) del Consiglio dei ministri. Si tratta, a ben vedere, di un potere che assume implicazioni sia tecniche sia politiche, nel senso che il Presidente valuter, ai fini dell'assunzione della relativa decisione, non solo il grado di istruttoria tecnica del provvedimento (valutazione affidata perlopi al DAGL), ma anche la coerenza dello stesso con l'indirizzo politico dell'Esecutivo, per come enunciato nel programma e interpretato dallo stesso Presidente. Resta inteso, ovviamente, che il grado di intensit di tale potere dipende dal contesto politico di riferimento, con la conseguenza che l'effettivit della sua stessa possibilit di esercizio resta condizionata dalla forza del Primo Ministro all'interno della compagine governativa (28). Ne discende che un Presidente "forte" potr decidere concretamente i tempi delle deliberazioni del Consiglio dei ministri, a prescindere dalle iniziative assunte dai Ministri competenti per materia, mentre un Presidente "debole" si limiter a registrare in maniera notarile le proposte dei Ministri e a dargli corso secondo le esigenze dettate dalla sola istruttoria tecnica (e, a volte, neanche da quelle) (29). 4.4- La sequenza procedurale sopra descritta ci consegna un'altra preziosa informazione: la diramazione dei provvedimenti in funzione dell'esame del Consiglio dei ministri serve a garantire il rispetto del principio di collegialit cristallizzato nella Costituzione (secondo la sua pi accreditata esegesi). L'imputazione collegiale delle decisioni normative, infatti, postula logicamente, prima che giuridicamente, che i testi dei provvedimenti siano conosciuti in tempo utile da tutti i Ministri. In difetto della preliminare e tempestiva diffusione dei testi, le deliberazioni del Consiglio dei ministri potranno essere imputate allo stesso solo formalmente, ma non sostanzialmente, con un evidente vulnus del principio di collegialit voluto dalla Costituzione. 4.5- Il regolamento interno del Consiglio dei ministri (che omette volutamente una disciplina dettagliata delle deliberazioni del Governo, non prevedendo quorum strutturali, maggioranze o sistemi di voto) sembra, peraltro, assegnare una posizione di preminenza al Presidente nelle decisioni relative alla presentazione degli emendamenti del Governo, che, appunto, devono essere autorizzati dallo stesso Presidente o, per sua delega, dal Ministro per i rapporti con il Parlamento (art. 17, comma 1, del regolamento). Sennonch, per un verso, la medesima disposizione prescrive che gli emendamenti particolarmente rilevanti o che incidono sulla politica generale del Governo devono essere approvati dal Consiglio dei ministri e, per un altro, la prassi dimostra che spesso gli emendamenti governativi vengono firmati dal Ministro competente per materia o vengono, comunque, veicolati per via parlamentare (eludendo la regola dell'autorizzazione del Presidente o del Ministro per i rapporti con il Parlamento). (28) G. RIZZA, Il Presidente del Consiglio dei ministri, 102. (29) A. RUGGERI, op. cit. e P.A. CAPOTOSTI rilevano come l'esercizio del potere in questione resta condizionato dal carattere politicamente composito del Governo. DOTTRINA 313 Anche sotto tale rilevante profilo, quindi, la preminenza del Presidente risulta ridimensionata da un sistema di regole che continua a privilegiare la competenza collegiale per l'assunzione delle decisioni di maggior rilievo politico e da una consuetudine che lo priva del controllo delle iniziative emendative sostanzialmente ascrivibili ai Ministri di settore. 5. L'influenza del sistema elettorale e (pi in generale) di quello politico sul ruolo del Presidente del Consiglio. 5.1- Nella ricostruzione del ruolo del Presidente del Consiglio, nelle relazioni con il Consiglio dei ministri e con gli stessi Ministri, non pu trascurarsi l'influenza esercitata dal sistema elettorale e, quindi, dalle modalit di selezione e di nomina del Primo Ministro, nella misura in cui si rivelano idonee a introdurre (di fatto) una diversa forma di governo (30) (anche in assenza di coerenti modifiche costituzionali). Trattandosi di un tema che esula dall'oggetto principale della presente analisi, ci limiteremo a segnalare le implicazioni del sistema elettorale e (pi in generale) di quello politico-istituzionale di riferimento sulle dinamiche di potere interne all'Esecutivo. 5.2- Premesso che (come gi rilevato supra) l'influenza concreta del Presidente sulla determinazione della politica generale del Governo dipende anche dalla sua forza politica, appare chiaro che, in un contesto ordinamentale nel quale la scelta del Primo Ministro risulta vincolata dagli esiti della consultazione elettorale (nel senso che la scelta del Presidente dev'essere coerente con l'indicazione, propria dei sistemi con significativi fattori maggioritari, emersa dai risultati delle elezioni politiche), il suo ruolo assumer i contorni di un'autentica leadership di Governo, mentre, al contrario, in un assetto ordinarnentale nel quale l'individuazione del Premier risulta il frutto della mediazione parlamentare all'interno di una coalizione di partiti (tipica di sistemi parlamentari con sistemi elettorali proporzionali), la sua posizione si riveler pi debole e sostanzialmente condizionata dai compromessi politici raggiunti al di fuori di Palazzo Chigi. Senza addentrarci nelle tecnicalit dei diversi possibili modelli elettorali e delle coerenti modalit di selezione o di nomina del Primo Ministro, ai fini del presente studio sufficiente rilevare come un sistema che prevede l'investitura elettorale diretta (mediante l'indicazione del candidato Premier nella scheda elettorale, meccanismi maggioritari di assegnazione dei seggi e la natura pressoch vincolata della nomina da parte del Capo dello Stato) produce l'effetto di assegnare una legittimazione popolare e, quindi, una forza politica al Presidente, il quale, anche a costituzione invariata, finisce per assumere un (30) Sui rapporti tra sistemi elettorali e forme di governo si veda, G. SARTORI, Ingegneria costituzionale comparata, 2005. ruolo di effettiva supremazia, rispetto ai Ministri, nelle decisioni di politica generale del Governo. Al contrario, un modello elettorale proporzionale, che implica la formazione di composite maggioranze parlamentari, mediazioni politiche sul programma di Governo, accordi di coalizione e, in definitiva, ampia libert (rispetto agli esiti delle elezioni politiche) nella scelta del Primo Ministro, finisce per indebolire il ruolo di quest'ultimo, che si trover a svolgere un ruolo fiacco di direzione e di coordinamento di decisioni politiche assunte (perlopi) in altre sedi o, comunque, con una sua partecipazione paritaria (e non preminente). 5.3- Sotto un altro, ma connesso, profilo, si rivela decisiva, sulla "forza" del Primo Ministro, anche la composizione della maggioranza di Governo, nel senso che in un Esecutivo di coalizione il Presidente dovr garantire le istanze politiche di tutti i partiti che compongono la compagine governativa, con il conseguente ridimensionamento del suo ruolo decisionale, mentre in Governi monocolore (che postulano un sistema elettorale maggioritario) la sua leadership ne risulter rafforzata. 5.4- Ovviamente modifiche costituzionali quali l'assegnazione al Presidente del potere di nominare e di revocare i Ministri e l'intestazione a esso solo del rapporto fiduciario con il Parlamento, implicherebbero la revisione della forma di governo e l'introduzione di un modello di premierato forte, da molti auspicato quale soluzione al problema della debolezza dell'Esecutivo e del suo Capo, che comporterebbe, a sua volta, l'effetto della costituzionalizzazione del principio monocratico (mediante l'attribuzione al Premier di una posizione, anche giuridica e formale, di supremazia sui Ministri). 6. Prospettive evolutive, de iure condito e de iure condendo. 6.1- La consapevolezza dei rischi insiti nella forma di governo parlamentare era ben presente gi ai Costituenti e risulta ben sintetizzata nell'ordine del giorno Perassi che mirava proprio a scongiurare le "degenerazioni del parlamentarismo" e a rafforzare la stabilit dell'azione di governo. Anche l'assetto dei poteri del Presidente, come disegnato nella Costituzione e declinato poi nella legislazione ordinaria, stato giudicato, da pi parti, inadeguato rispetto alle esigenze di leadership dell'Esecutivo, avvertite ormai come ineludibili nel contesto politico ed economico degli ultimi anni. Il gi riscontrato deficit di effettivit dei poteri di direzione assegnati dalla Costituzione al Premier, infatti, comporta significative difficolt (se non una vera e propria impotenza) nella guida dell'Esecutivo (31). In particolare, l'assenza di poteri di determinazione dell'indirizzo politico, l'impossibilit di sostituirsi a Ministri inadempienti (alle direttive) o semplicemente inerti (nell'attuazione del programma di Governo), l'impraticabilit (31) C. MEZZANOTTE, op. cit., 329. DOTTRINA 315 dell'avocazione di dossier strategici per l'azione dell'Esecutivo finiscono per disegnare una figura di chairman, ma non di chief (32). A fronte di tali lacune, risulta ormai condivisa la necessit di trasformare il Presidente da mero coordinatore di Ministri a leader dell'Esecutivo. L'esigenza di rafforzamento del ruolo del Presidente pu essere declinata sia de iure condito sia de iure condendo. 6.2- Secondo la prima prospettiva, de iure condito appaiono indispensabili e praticabili, a legislazione vigente, due iniziative: il rafforzamento della struttura di supporto del Presidente in materia economica e il potenziamento del DAGL. 6.2.1- Quanto alla prima, giova ricordare che uno dei fattori di debolezza del Presidente riscontrabile nelle esperienze degli ultimi Esecutivi senz'altro la sua dipendenza dalle (se non la sua subordinazione alle) strutture del Ministero dell'economia e delle finanze, nella misura in cui l'approvazione di pressoch tutti i provvedimenti normativi resta condizionata dagli esiti favorevoli delle verifiche tecniche della Ragioneria generale dello Stato. Sennonch, il monopolio amministrativo, in capo al MEF, delle informazioni relative ai costi dei provvedimenti e alle relative coperture finanziarie, unitamente alla indisponibilit delle stesse da parte della Presidenza del Consiglio, finisce per assegnare alla Ragioneria generale dello Stato un improprio ruolo di decisore di ultima istanza e per impedire al Presidente qualsivoglia controllo dell'attendibilit delle relative stime (che restano confinate nell'impenetrabile ed esoterica liturgia di Via XX Settembre). Non solo, ma l'inaccessibilit (diretta) di dati economici e di informazioni finanziarie da parte del Presidente e delle sue strutture impedisce, a prescindere dalla lealt della collaborazione istituzionale del Ministro dell'economia e delle finanze, un'effettiva partecipazione del Primo Ministro, che resta cos relegato in un'inaccettabile posizione di dipendenza informativa, alla progettazione della politica economica. Risulta, quindi, necessario, al fine di scongiurare l'estromissione del Presidente dalle informazioni finanziarie che servono all'assunzione di decisioni stabili e istruite, un rafforzamento delle strutture della Presidenza del Consiglio dedicate alla programmazione economica o, comunque, dello staff del Presidente, preordinato proprio a consentire a quest'ultimo una partecipazione diretta e (quantomeno) paritaria (rispetto al Ministro dell'economia e delle finanze) alle deliberazioni che rivestono carattere finanziario. Ovviamente le dotazioni aggiuntive di analisti e di economisti dovranno essere accompagnate da misure amministrative idonee a consentire agli stessi un accesso diretto alle informazioni e ai dati detenuti dal Ministero dell'economia e delle finanze, nella misura in cui si rivelino indispensabili a fornire al Presidente la base conoscitiva necessaria ad assumere decisioni autonome (32) S. FABBRINI - S. VASSALLO, Il Governo. Gli esecutivi nelle democrazie contemporanee, 154. e sufficientemente istruite anche sotto il profilo dell'impatto finanziario. 6.2.2- In merito alla seconda iniziativa sopra indicata, invece, appare necessaria un'implementazione delle risorse (umane e finanziarie) assegnate al DAGL, che serva a consentire un effettivo controllo dei testi dei provvedimenti normativi e del loro impatto, di guisa da evitare una legislazione troppo spesso disordinata, incoerente e inefficace (rispetto agli obiettivi dell'azione di governo). L'attuale organizzazione amministrativa del Dipartimento, infatti, non permette un soddisfacente svolgimento delle predette funzioni (che si rivelano indispensabili per assicurare qualit ed efficacia alla produzione normativa dell'Esecutivo) ed esige, quindi, un suo significativo rafforzamento. La restituzione al DAGL di un'effettiva capacit operativa di gestione del- l'istruttoria dei provvedimenti normativi da sottoporre all'esame del Consiglio dei ministri servirebbe, in particolare, al Presidente per esercitare le funzioni costituzionali di indirizzo e di coordinamento in maniera pi incisiva ed efficace di quanto riesca a fare con l'attuale organizzazione della sua struttura servente. 6.3- Quanto, invece, alle prospettive evolutive de iure condendo (che si possono riassumere nelle modifiche idonee a restituire al Presidente una posizione di preminenza all'interno dell'Esecutivo) ci limiteremo a esaminare i progetti di riforma costituzionale pi significativi degli ultimi anni, concentrando la nostra analisi sui rapporti interni al Governo, pi che sulle innovazioni (per quanto rilevanti) relative ai rapporti con gli altri organi costituzionali. 6.3.1- Nella proposta elaborata dalla Commissione bicamerale D'Alema nella XIII Legislatura, si prevede una forma di governo di tipo sempipresidenziale, dove la posizione del Presidente viene rafforzata mediante la sua nuova denominazione di Primo Ministro, la previsione della sua nomina tenendo conto dei risultati elettorali, il riferimento del potere di direzione al- l'azione (anzich alla politica generale) del Governo e la sanzione dell'ossequio che i Ministri devono prestare alle direttive del Primo Ministro (33). 6.3.2- Nel testo approvato nella XIV Legislatura (A.S. 2544-D c.d. "Devolution") e poi bocciato dal referendum, che costituisce il progetto pi avanzato di introduzione del c.d. "Premierato forte", il Primo Ministro risulta sostanzialmente designato dall'elettorato (attraverso un meccanismo che dovrebbe collegare in maniera diretta i risultati delle elezioni politiche con la selezione del candidato alla carica di Primo Ministro), nomina e revoca (egli stesso) i Ministri, determina (in luogo di dirige) la politica generale del Governo e garantisce (anzich mantiene) l'unit di indirizzo politico e amministrativo. 6.33- Nella c.d. "Bozza Violante" (elaborata nella XV Legislatura), invece, l'art. 95 non viene toccato, ma vengono introdotte misure che rafforzano (33) Nella relazione di maggioranza si legge che "la figura del Primo Ministro emerge nettamente non pi come primo fra eguali, ma come primo sopra ineguali, conformemente ai sistemi di premiership". DOTTRINA 317 i poteri del Governo in Parlamento (relativamente alla determinazione dei tempi di esame dei disegni di legge) e, soprattutto, il rapporto fiduciario viene intestato al Presidente del Consiglio (anzich all'Esecutivo). 6.3.4- Nella proposta A.C. 5386 (approvata al Senato nella XVI Legislatura), che propone una revisione della forma di governo in senso semipresidenziale (con l'elezione diretta del Presidente della Repubblica), vengono rafforzati i poteri del Governo in Parlamento, ma non viene modificato il ruolo del Primo Ministro (se non nella limitata innovazione di tale nuova denominazione). 6.4- Come si vede, si tratta di iniziative dichiaratamente finalizzate, per quello che riguarda l'oggetto del presente studio, a rafforzare il ruolo del Governo (in generale e in tutte le proposte) e del Primo Ministro (in particolare e in alcune di esse), seppur con modalit e strumenti diversi e nell'ambito di differenti schemi di revisione della forma di governo. Non ci resta, tuttavia, che constatare amaramente il fallimento di tutti i progetti di revisione dell'architettura costituzionale (con l'unica eccezione della riforma del Titolo V del 2001), nonostante la larghissima condivisione politica della sua necessit. Per quanto concerne l'oggetto della presente indagine, dobbiamo continuare a registrare l'insufficienza del regime, costituzionale e ordinario, del ruolo del Presidente e la necessit di un suo adeguamento alle esigenze del suo rafforzamento, imposte dalla presente congiuntura storico-economico (nella misura in cui esigono rapidit e tempestivit nell'assunzione e nell'attuazione delle decisioni governative). 7. L'evoluzione del ruolo del Presidente del Consiglio nell'esperienza degli ultimi vent'anni. 7.1- Cos ricostruite le prospettive di riforma dell'organizzazione del Governo, ci resta da esaminare l'esperienza degli ultimi vent'anni, al fine di scrutinare la declinazione operativa delle funzioni del Presidente nel mutato contesto politico-istituzionale della c.d. Seconda Repubblica. Possono registrarsi, al riguardo, due differenti tipologie di Esecutivi, che, tuttavia, rivelano (entrambe) il medesimo fenomeno del rafforzamento, a Costituzione invariata, del ruolo del Primo Ministro. 7.2- L'introduzione di formule elettorali maggioritarie (rintracciabili, anche se con diverse modalit, sia nel c.d. Mattarellum sia nel c.d. Porcellum), unitamente all'indicazione nella scheda elettorale del candidato Premier (prima di fatto e, poi, di diritto), ha prodotto, in primo luogo, l'effetto di "vincolare" la scelta del Primo Ministro agli esiti della consultazione elettorale e, poi, quello di assegnare allo stesso una investitura diretta. Tale configurazione del sistema elettorale consente di ritenere (seppur impropriamente su un piano strettamente giuridico) il Premier "eletto" dai cittadini e, quindi, legittimato dal consenso popolare, con la conseguente attri buzione allo stesso di una "forza" nei rapporti con i Ministri non rinvenibile nei Governi della c.d. Prima Repubblica (nei quali non era infrequente la scelta di Presidenti appartenenti a partiti politici minori). Ovviamente la storia degli ultimi vent'anni ci consegna anche esperienze di sostituzione, nella medesima legislatura, del Presidente "eletto" con Presidenti sprovvisti della medesima legittimazione popolare, come anche prassi di preminenza, all'interno del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'economia e delle finanze, anche rispetto allo stesso Primo Ministro. Ma tali anomalie non valgono ad inficiare la considerazione di fondo che le formule maggioritarie implicano un rafforzamento della posizione del Presidente scelto in coerenza con gli esiti elettorali. 7.3- Nel periodo considerato sono, nondimeno, riscontrabili anche esperienze di Governi tecnici o del Presidente (della Repubblica), perlopi originati da situazioni di acuta crisi economica o di stallo politico-istituzionale nella formazione dell'Esecutivo, nei quali la preminenza del Presidente (del Consiglio) trova la sua giustificazione nella sua competenza tecnica o nella fiducia accordatagli dal Capo dello Stato, dal quale riceve legittimazione e al quale va, in definitiva, riferita la guida dell'Esecutivo (34). 7.4- Si tratta, in ogni caso, di esperienze di governo che, seppur con modalit molto diverse e, forse, opposte, ci consegnano gli effetti di un rafforzamento del ruolo del Premier (soprattutto se confrontato con quello proprio dei Presidenti della Prima Repubblica) che appare, ormai, acquisito nella storia politica e istituzionale del Paese (anche se il peculiare caso del Governo attualmente in carica, esaminato nel paragrafo che segue, sembra forzare ulteriormente tale linea evolutiva). 8. Il decisionismo monocratico nel Governo in carica. 8.1- L'assenza, nel disegno di legge di revisione costituzionale deliberato dall'Esecutivo in carica (e approvato in prima lettura dal Senato), di ogni intervento di modifica dell'art. 95 Cost., gi segnalata all'inizio del presente studio, appare particolarmente vistosa (se confrontata con le modalit decisionali finora registrate), ma potrebbe trovare una spiegazione attendibile nelle considerazioni che seguono. L'analisi di questi primi mesi di lavoro dell'attuale Governo ci consegna, infatti, un'inedita trasformazione del ruolo del Presidente del Consiglio, a Costituzione invariata e in (parziale) discontinuit con le esperienze degli Esecutivi precedenti e con le relative prassi costituzionali. Si tratta di un processo di rafforzamento del ruolo del Premier, nell'ottica del progressivo consolidamento della preminenza della sua figura, che si svi (34) G. PITRUZZELLA, La lunga transizione: la forma di governo nellXI e nella XII legislatura, in Diritto Pubblico, 1996, 409. DOTTRINA 319 luppa sotto il doppio binario di modifiche della legislazione ordinaria, intese proprio all'imputazione di alcune funzioni (prima allocate presso il Consiglio dei ministri o presso i Ministri) in capo al Presidente, e di coerente implementazione delle consuetudini e delle convenzioni costituzionali. Esamineremo nell'ordine i due fattori di mutamento del ruolo del Primo Ministro. 8.2- Principiando dalla disamina delle iniziative normative preordinate all'accentramento di alcune funzioni in capo al Presidente, ci limiteremo ad una sintetica rassegna delle relative norme. L'art. 7, comma 1, lett. b), del c.d. d.d.l. Madia (A.S. 1577) contiene una delega legislativa finalizzata a definire gli strumenti normativi e amministrativi funzionali alla direzione della politica generale del Governo e al mantenimento dell'unit di indirizzo politico e amministrativo nonch a rafforzare il ruolo di coordinamento e promozione dell'attivit dei Ministri da parte del Presidente. Altre disposizioni, contenute sia nel predetto d.d.l. sia nel d.l. n. 133 del 2014 (c.d. Sblocca Italia), attribuiscono, invece, al Presidente il potere di emanare, in via sostitutiva, provvedimenti (sia normativi sia amministrativi) di competenza di altre amministrazioni, nelle ipotesi di ritardi o inerzie di queste ultime nell'adozione dei relativi atti o nella formulazione di concerti o nulla osta entro i termini prescritti. Come si vede, si tratta di due diverse tipologie di disposizioni: con la delega contenuta nel d.d.l. Madia si mira, infatti, ad implementare il ruolo di direzione e di coordinamento del Presidente, secondo l'auspicio pi volte formulato e in ossequio al dettato testuale dell'art. 95 Cost., anche se la genericit dei criteri impedisce di prefigurare le soluzioni regolative che il Governo immagina di inserire nei decreti legislativi attuativi e, quindi, di formulare qualsivoglia giudizio sulla loro utilit ed efficacia; con l'altro gruppo di norme, invece, si intende devolvere al Presidente l'emanazione di provvedimenti, di competenza, per materia, di Ministri, nei casi di ritardi, inadempienze o inerzie degli stessi. Pur condividendo la finalit di tali ultime disposizioni e astenendoci da qualsivoglia apprezzamento sulla loro compatibilit costituzionale, ci limitiamo ad osservare che la loro concreta attuazione postula una capacit amministrativa che le attuali strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri non sembrano possedere, con la conseguenza che, qualora non si provveda a un coerente rafforzamento delle esistenti dotazioni organizzative, le norme in questione rischiano di restare lettera morta. 8.3- Pi complessa si rivela l'analisi del secondo fattore di cambiamento del ruolo del Presidente nei processi decisionali normativi dell'Esecutivo. Bench formalmente ascrivibili al Consiglio dei ministri, le deliberazioni approvative di provvedimenti normativi appaiono, per molti versi, imputabili sostanzialmente al Presidente, quantomeno relativamente alle presupposte scelte di strategia politica. Sono diversi gli indici sintomatici dai quali possibile ricavare questo convincimento. Per intuibili ragioni, ci limitiamo ad accennare a tali indizi, evitando di trarre, da essi, conclusioni definitive. Appare, innanzitutto, significativo un dato temporale: la durata esigua (in relazione ai relativi ordini del giorno) di alcune riunioni del Consiglio dei ministri (35). Anche le comunicazioni dell'azione di governo, sia nella forma istituzionale che in quella pi innovativa inaugurata dal Presidente in carica, indicano la sua sostanziale ascrivibilit pi al Presidente che alla collegialit dell'Esecutivo. Il decisionismo del Presidente pare, inoltre, estendersi fino alla determinazione dei tempi di esame parlamentare dei disegni di legge governativi, mediante un'anticipazione (di fatto) degli effetti di diverse ipotesi di modifica costituzionale (che assegnano all'Esecutivo il potere di esigere la votazione delle sue proposte entro una certa data). L'impressione che se ne ricava quella di un'interpretazione estensiva del ruolo del Primo Ministro, che ci consegna un'inedita esperienza di premierato di fatto o di Governo del Presidente (questa volta va precisato: del Presidente del Consiglio, non del Presidente della Repubblica), nel quale le decisioni vengono sostanzialmente e prevalentemente assunte dal (o, comunque, imputate al) Primo Ministro (con una netta prevalenza del principio monocratico su quello collegiale). Ci troviamo, in altri termini, di fronte ad un'espansione del ruolo del Presidente - che pare determinare, pi che dirigere, la politica generale del Governo -fino agli estremi confini degli spazi applicativi consentiti dall'art. 95 Cost. Ne consegue un significativo e corrispondente sacrificio della dimensione collegiale del Governo (ricavabile anche dall'analisi dei tempi medi delle riunioni del Consiglio dei ministri (36)), che ne risulta diminuita e ridimensionata, nonostante la natura politicamente composita dell'Esecutivo (che resta, in ogni caso, di coalizione). 8.4- Ci limitiamo a registrare la mutazione del ruolo del Presidente, astenendoci da qualsiasi giudizio politico su di essa, che atterrebbe pi alla valutazione degli effetti di tale trasformazione sull'efficacia dell'azione di governo, (35) Il tempo occorso per la conclusione di alcuni Consigli dei ministri potrebbe, infatti, sembrare difficilmente compatibile con un compiuto esame collegiale dei provvedimenti iscritti all'ordine del giorno e appare, peraltro, inferiore a quella registrabile nelle paragonabili riunioni degli ultimi Esecutivi. vero che sono riscontrabili vistose eccezioni all'osservazione relativa al confronto con i Governi precedenti, ma anche vero che in quei casi la collegialit veniva sacrificata in favore del ruolo preminente del Ministro dell'economia e delle finanze, e non del Presidente del Consiglio (non che sia meglio, ma una situazione diversa, anche se maggiormente anomala). (36) Anche il tempo anomalo intercorso tra le riunioni in cui sono stati approvati alcuni provvedimenti e la loro trasmissione al Capo dello Stato sembra confermare lo scarso rilievo della collegialit in talune decisioni. DOTTRINA 321 che al rafforzamento, in s, del ruolo del Presidente, che si rivela, di per s, neutro, se non, addirittura, positivo. Ma tale apprezzamento esula dai confini della presente indagine. 9. Considerazioni finali. Resta, in conclusione, confermata l'esigenza di un rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio, per come definiti in Costituzione, al fine di consentire la configurazione istituzionale di un'autentica leadership, che serva ad assegnare al Primo Ministro un efficace e riconosciuto ruolo di guida del- l'Esecutivo. In attesa di una coerente riforma costituzionale, occorre, tuttavia, verificare se la trasformazione del ruolo del Presidente, avviata (o, comunque, proseguita) dall'attuale capo dell'Esecutivo, comporti una modifica stabile della Costituzione materiale, di per s sufficiente a consolidare la preminenza del principio monocratico su quello collegiale, ovvero se sia necessario un conseguente adeguamento delle regole costituzionali di riferimento. Si deve, quindi, valutare se la vigente cornice regolatoria (costituzionale e ordinaria) dell'organizzazione del Governo sia idonea a legittimare l'evoluzione sopra segnalata, oppure se quest'ultima necessiti di una nuova disciplina che la giustifichi e (soprattutto) la regoli. Mortati ammoniva che "una volta ammesso che diritto non l'insieme delle statuizioni consacrate in un testo di legge ed operanti pel solo fatto di tale consacrazione, ma quel complesso ordinato di situazioni e di rapporti che si raccoglie in un centro di autorit, e costituisce il diritto "vivente", valevole come tale anche se contrastante con quello legale, allorch l'osservazione documenti l'avvenuta sua stabilizzazione, non si rende possibile escluderne l'autonomo rilievo" (37). In conformit alle indicazioni metodologiche appena ricordate, occorre, in altri termini, giudicare se esista uno iato tra il "diritto vivente" e le formule testuali dell'art. 95 Cost., ovvero se la declinazione del ruolo del Presidente, per come ricavabile dall'analisi degli ultimi Governi (e segnatamente di quello attualmente in carica), sia consentita dall'elasticit della predetta formulazione letterale. E, ancora, se si ritiene plausibile la prima ipotesi, si devono identificare le modifiche pi appropriate per eliminare la segnalata divergenza tra la Costituzione materiale e quella formale. Spetter, poi, ai politologi valutare se siamo o meno in presenza di una trasformazione, di fatto, del sistema politico-istituzionale e, in particolare, di una modificazione profonda della fisionomia dei rapporti reciproci tra gli elettori, i partiti, il Parlamento e il Primo Ministro. (37) C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, IX ed., Padova 1975, Tomo I, p. 34. Senza avventurarci nella complessa analisi delle questioni sopra indicate, ci limitiamo a osservare che, se si dovesse consolidare nel tempo il ruolo politico- istituzionale del Presidente (per come sopra descritto), occorrerebbe provvedere a una revisione dell'art. 95 Cost., che cristallizzi il "diritto vivente" in coerenti formule costituzionali. Per il resto, basti aver sollevato il problema. In ogni caso, a prescindere dal regime giuridico (costituzionale o ordinario) delle funzioni del Premier, la forza e la stabilit della sua leadership devono essere ricondotte a fattori estranei alla (e indipendenti dalla) definizione legislativa del suo ruolo: la competenza, la credibilit, la seriet, ma, soprattutto, la capacit di vedere, interpretare e realizzare il bene della comunit affidata al suo governo. DOTTRINA 323 I limiti di ammissibilit del referendum abrogativo: il caso delle Prefetture Federico Casu e Giuseppe Cerrone* SOMMARIO: 1. Il quesito referendario: abrogazione delle prefetture o dei prefetti? - 2. Il giudizio di ammissibilit costituzionale: i limiti ulteriori rispetto a quelli dellart. 75 - 2.1. Divagazione n. 1: Due parole sulla sovranit popolare - 2.2 Divagazione n. 2: un altro aspetto della giurisprudenza della Corte in tema di ammissibilit dei referendum: la matrice razionalmente unitaria - 3. Lammissibilit costituzionale dellabrogazione dellistituto prefettizio: considerazioni preliminari - 3.1. Prima ipotesi di lettura: prefetture e struttura dello Stato - 3.2. Seconda ipotesi di lettura: prefetture e persona reale dello Stato - 4. Conclusioni. 1. Il quesito referendario: abrogazione delle prefetture o dei prefetti? Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Serie Generale, n. 36 del 13 febbraio 2014 e n. 46 del 25 febbraio 2014 - sono stati pubblicati due distinti annunci di richiesta di referendum popolare ai sensi dellart. 75 della Costituzione, i quali, per quanto non esattamente identici (1), risultano chiaramente accomunati dalla volont di sottoporre al giudizio referendario la figura, le funzioni e le competenze principali delle prefetture-UTG. Lo spirito delliniziativa, al di l del freddo riferimento a molteplici disposizioni normative, alcune delle quali particolarmente risalenti nel tempo e certamente ignote alla pi ampia platea del corpo elettorale, risulta facilmente desumibile dal materiale informativo che ha accompagnato lattivit di raccolta delle firme da parte del comitato promotore, riconducibile al movimento politico della Lega Nord: abolire le prefetture-Utg nella loro interezza, facendo in tal modo caducare, come in una sorta di effetto domino, tutte le competenze che ad esse sono state attribuite dalla tanta, copiosa legislazione di settore. Per ottenere questo risultato, la scelta adottata dal comitato promotore, forse muovendo proprio dalla oggettiva impossibilit di raccogliere tutte le disposizioni normative vigenti che alle prefetture (o ai prefetti) hanno attribuito, nel corso degli anni, le funzioni e le competenze attualmente svolte, stata quella di individuare alcune norme chiave che caratterizzano, forse pi (*) Viceprefetti Aggiunti in servizio presso gli Uffici centrali del Ministero dellInterno. (1) Le uniche differenze tra le due proposte sono rappresentate dalla presenza nel quesito pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2014 anche degli articoli 18 e 19 del R.D. 383 del 1934, corpo normativo integralmente abrogato dal testo unico degli enti locali del 2000 (decreto legislativo n. 267/2000), il quale, peraltro, non contiene pi le disposizioni che il quesito proponeva di sottoporre a referendum; di converso, la proposta pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio propone labrogazione anche dellart. 2 del R.D. n. 773 del 1931 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), disposizione che costituisce, tuttora, il fondamento giuridico delle c.d. ordinanze di necessit in capo al prefetto. di altre, la stessa collocazione dellistituto prefettizio nel nostro ordinamento. Non vi dubbio che lattuale formulazione dei quesiti in esame sia destinata a offrire il fianco ad innumerevoli censure di incoerenza, gi sotto il profilo tecnico giuridico (2). Tuttavia, scopo del presente studio non indugiare nella formulazione dei quesiti allo scopo di segnalarne difetti redazionali o contraddizioni, pi o meno palesi, nella convinzione di poter offrire argomenti giuridici circa la non ammissibilit degli stessi: un tale approccio, infatti, quandanche orientato al massimo scrupolo scientifico, sarebbe inesorabilmente destinato ad un taglio basso, innescando peraltro il dubbio - invero legittimo, attesa la provenienza degli autori - di voler, proprio confidando nella mancata ammissibilit dei quesiti, neutralizzare ogni forma di dibattito circa lattualit dellistituto prefettizio e la sua effettiva collocazione nel nostro ordinamento giuridico. La finalit di fondo del presente studio muove, invece, proprio da basi opposte, e, in particolare, dalla volont di considerare la proposizione dei quesiti rivolti alla abrogazione delle prefetture come una occasione imperdibile per indagare, utilizzando come parametro le conclusioni della giurisprudenza costituzionale in materia di ammissibilit dei referendum, la natura dellistituto prefettizio, ipotizzandone una collocazione - potremmo dire: implicita - nel solco pi autentico del nostro ordinamento costituzionale. 2. Il giudizio di ammissibilit costituzionale: i limiti ulteriori rispetto a quelli dellart. 75. Il travagliato percorso giurisprudenziale della Corte Costituzionale in materia di ammissibilit dei quesiti giurisprudenziali ha formato oggetto di ponderose analisi in dottrina, peraltro non prive di argomentazioni fortemente dialettiche da parte dei diversi autori. (2) Gi una lettura superficiale delle disposizioni di cui si propone labrogazione referendaria rende evidenti numerose contraddizioni, insite, sotto il profilo pi squisitamente logico-giuridico, nei quesiti in esame. Senza alcuno scopo di completezza, non essendo questo lobiettivo del presente studio, ci si limita a segnalare le principali e pi evidenti incoerenze, intrinsecamente connesse alle proposte abrogative in parola: la possibile abrogazione dellart. 13 della legge 1 aprile 1981, n. 121 (che disciplina i compiti del prefetto quale autorit provinciale di pubblica sicurezza) non tiene conto della presenza nello stesso testo di legge di numerosi riferimenti alle autorit provinciali (al plurale!) di pubblica sicurezza oltre che della sopravvivenza (art. 20) del Comitato provinciale per lordine e la sicurezza pubblica, quale organo ausiliare di consulenza del prefetto (sic!); allo stesso modo, lauspicata abrogazione del- lart. 11 del decreto legislativo 300/1999 (norma di istituzione della Prefettura-UTG) pone problemi di coordinamento con altra norma presente nello stesso testo (art. 15), che annovera gli uffici territoriali del governo nellambito dellorganizzazione periferica del Ministero dellInterno, peraltro anche con compiti di rappresentanza generale del Governo sul territorio; il riferimento al solo art. 1, comma 4 del R.D. n. 773 del 1931, che pure assume lo scopo di espungere il prefetto dal novero delle attribuzioni della autorit provinciale di pubblica sicurezza, lascerebbe, tuttavia, immutate, in un quadro di evidente incoerenza sistematica, le altre funzioni conferite dallo stesso corpo normativo allautorit prefettizia (si pensi a quelle in materia di armi, di esplosivi, di guardie particolari giurate ). DOTTRINA 325 Anzi, nel pervenire a soluzioni in merito a specifici aspetti indicati dalla giurisprudenza costituzionale, anche se solo parzialmente difformi dagli orientamenti precedenti, sempre forte risultata la tentazione di proporre nuove riflessioni sullautentica natura dellistituto referendario. La ragione di ci evidentemente insita nellessenza stessa del referendum, una delle forme pi formidabili ed innovative tra quelle in cui dato esercitare la sovranit popolare (art. 1 Cost.) e che, molto pi di altre, ha impegnato i costituenti in un dibattito lungo e appassionato nel quale si indugiato a lungo sulle radici, anche filosofiche, dellistituto. Di tutto questo complesso percorso dottrinale, peraltro diffusamente analizzato in altri pregevolissimi studi (3), non si potr dare conto in questa sede, se non limitatamente ad un aspetto che risulta determinante per inquadrare il contesto nel quale si pone il quesito referendario del quale si discute. Ci si riferisce al dibattito originato dalla stessa Corte Costituzionale nella celeberrima sentenza n. 16/1978 (4), con la quale, per la prima volta, fu affrontato, peraltro in modo sistematico, il tema dellesistenza di limiti ulteriori rispetto a quelli espressamente contenuti nellart. 75 Cost., secondo comma (5). Fu, infatti, tale sentenza ad affermare per la prima volta lesistenza di valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture od ai temi delle richieste referendarie, da tutelare escludendo i relativi referendum, al di l della lettera dellart. 75 secondo comma della Costituzione. Tali valori furono puntualmente indicati nella sentenza in parola, la quale ha individuato quattro principi che hanno informato tutta la seguente giurisprudenza in tema di ammissibilit dei referendum, per quanto con diversi gradi di coerenza. Mentre, infatti, non si sono registrati, fino ad ora, significativi scostamenti da tre dei quattro punti cardinali indicati dalla Corte (la necessit che il quesito risponda ad una matrice razionalmente unitaria o che non abbia ad oggetto la costituzione, le altre leggi di revisione costituzionale, le altre leggi costituzionali considerate dallart. 138 Cost., come pure gli atti legislativi dotati di una forza passiva peculiare o che, infine, non riguardi le cause di inammis (3) Per un inquadramento, sintetico ma allo stesso tempo esaustivo, delle principali posizioni dottrinali, oltre che per un breve riepilogo delle differenti posizioni emerse in Assemblea Costituente, si suggerisce la lettura del Commentario alla Costituzione a cura di R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, Vol. II, UTET, 2008; altra agevole lettura costituita da A. CHIMENTI, La storia del Referendum, Bari, Laterza, 1993 (seconda edizione nel 1999). (4) Tale sentenza, proprio per il suo valore capitale, stata definita didattica da parte di G. Azzariti, presidente emerito della Corte Costituzionale, nel corso del convegno Lammissibilit dei referendum sulla fecondazione assistita, Roma, 10 dicembre 2004. (5) Per memoria anche - e soprattutto - di chi scrive, si riporta il testo del secondo comma dellart. 75 della Costituzione: Non ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. sibilit testualmente descritte nellart. 75 cpv), un profondo travaglio ha attraversato il quarto ordine di limiti: quello dettato dal divieto di incidere sulle disposizioni legislative ordinarie a contenuto costituzionalmente vincolato. Tale categoria di leggi - che, nellimpostazione assunta dalla Corte nella sentenza 16/1978, risponde a quella il cui nucleo normativo non possa venire alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti dalla Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali) - ha, tuttavia, dimostrato fin dallinizio una particolare propensione alla estensione logica e, di converso, alla proporzionale riduzione degli spazi destinati allammissibilit dei quesiti referendari. stata la stessa Corte, peraltro, a presagire, gi nel corpo della stessa sentenza, lavvento di nuovi scenari in merito allarea delle leggi comunque sottratte al giudizio referendario: e lo ha fatto indulgendo in una preoccupata excusatio non petita - invero sollecitata dalle memorie erariali - che, per il suo rilievo, merita di essere integralmente riportata almeno in nota, in modo da averne presente la distinzione, in essa proposta, tra leggi costituzionalmente vincolate e leggi costituzionalmente obbligatorie, in forza della quale solo queste ultime erano ritenute suscettibili di abrogazione referendaria (6). Una sintesi del percorso che ha portato ad una estensione significativa se non ad una vera e propria confusione delle due categorie (7) - mirabilmente contenuta nella altrettanto celebre sentenza 45/2005, la quale ha fatto risalire a precedenti pronunce lemersione di nuovi profili limitativi dellabrogazione referendaria, ulteriormente sviluppati nel - contestatissimo - caso relativo allipotesi di abrogazione totale della legge n. 40 del 2004 in tema di procreazione medicalmente assistita (8): ci si riferisce, in particolare, alla sentenza n. 35 del (6) La Corte, infatti, si premura di precisare che non sostenibile che siano sottratte al referendum abrogativo tutte le leggi ordinarie comunque costitutive od attuative di istituti, di organi, di procedure, di principi stabiliti o previsti dalla Costituzione. A parte lovvia considerazione che il referendum verrebbe in tal modo a subire limitazioni estremamente ampie e mal determinate, il riferimento alle leggi costituzionalmente obbligatorie si dimostra viziato da un equivoco di fondo. La formula in questione farebbe infatti pensare che quelle leggi e non altre, con i loro attuali contenuti normativi, siano indispensabili per concretare le corrispondenti previsioni costituzionali. Cosi invece non , dal momento che questi atti legislativi - fatta soltanto eccezione per le disposizioni a contenuto costituzionalmente vincolato - non realizzano che una fra le tante soluzioni astrattamente possibili per attuare la Costituzione. (7) questa lopinione di molti autori che hanno commentato proprio la sentenza 45/2005, successivamente citata nel testo: in primis, esplicitamente V. SATTA, Scompare definitivamente la distinzione tra leggi costituzionalmente necessarie e leggi a contenuto costituzionalmente vincolato? Uno sguardo dinsieme alle sentenze sui referendum del 2005, tratto dal sito www.amministrazioneincammino.luiss.it, A. PUGIOTTO, ancora ammissibile un referendum abrogativo totale?, tratto dalla rivista dellAssociazione Italiana dei costituzionalisti, http://archivio.rivistaaic.it/materiali/anticipazioni/referendum_abrogativo,S. PENASA, Londivaga categoria delle leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, 2005, tratto da www.forumcostituzionale.it, P. CARNEVALE inabrogabilit di leggi costituzionalmente obbligatorie ed inammissibilit di referendum puramente abrogativi: ancora una svolta della giurisprudenza costituzionale in materia referendaria, commento alla sentenza 3 febbraio 1987, n. 29, in Giurisprudenza Costituzionale, pagg. 308 ss., 1987. DOTTRINA 327 1997, nella quale compare un primo riferimento a quelle leggi ordinarie la cui eliminazione determinerebbe la soppressione di una tutela minima per situazioni che tale tutela esigono secondo Costituzione e, soprattutto, alla sentenza n. 49 del 2000, secondo la quale le leggi costituzionalmente necessarie, in quanto dirette a rendere effettivo un diritto fondamentale della persona, una volta venute ad esistenza possono essere dallo stesso legislatore modificate o sostituite con altra disciplina, ma non possono essere puramente e semplicemente abrogate, cos da eliminare la tutela precedentemente concessa, pena la violazione diretta di quel medesimo precetto costituzionale della cui attuazione costituiscono strumento. Seguendo la linea argomentativa indicata dalla Corte in occasione della serie di sentenze che hanno interessato la legge 40/2004 emerge, con maggiore chiarezza rispetto alle decisioni precedenti, una mutazione genetica delle leggi costituzionalmente obbligatorie (le quali, peraltro, vengono ora appellate come necessarie, con ci ingenerando un ulteriore dibattito dottrinale (9)): ad esse, infatti, per quanto considerate ancora come espressione della discrezionalit del legislatore e, pertanto, non strettamente vincolate, viene riconosciuto il particolare status della intangibilit per mano referendaria, ma solo se considerate nella loro interezza: in altre parole, attesa la loro discendenza, in qualche modo, da precetti costituzionali che attendevano dalla legge ordinaria un loro bilanciamento, la Corte ha ritenuto che non potessero determinarsi, per effetto di abrogazione totale, pericolosi vuoti normativi, essendo, di converso, ammissibile ogni iniziativa finalizzata ad una abrogazione parziale delle stesse (10). Giova, peraltro, rammentare come la principale possibile eccezione a tale impostazione sia stata dalla Corte neutralizzata gi a partire da altra precedente sentenza (la n. 17 del 1997): se, infatti, muovendo dallart. 37, terzo comma della legge n. 352 del 1970 (il quale prevede la facolt per il Presidente della Repubblica di ritardare lentrata in vigore della abrogazione referendaria per un termine non superiore a 60 giorni dalla data della pubblicazione del decreto contenente lesito referendario), era lecito argomentare nella direzione della irrilevanza, nel giudizio di ammissibilit innanzi alla Corte, di ogni paventato vuoto normativo - essendo il Parlamento (ma pi ancora il Governo: come non notare una perfetta coincidenza del termine indicato nella citata norma rispetto a quello previsto per la conversione della decretazione durgenza) piena (8) Per la corretta comprensione della decisione assunta dalla Corte nella sentenza n. 45/2005, occorre necessariamente procedere ad una analisi diacronica anche delle altre coeve sentenze (dalla 46 alla 49) relative a differenti ipotesi abrogative parziali della medesima legge 40/2004, le quali, infatti, hanno formato oggetto di studi comuni da parte della dottrina prevalente. (9) Cfr. S. PENASA, cit. (10) A conferma della mutazione genetica prospettata nel testo, basti rileggere la definizione di leggi costituzionalmente obbligatorie fatta dalla Corte nella sentenza n. 16/1978, integralmente riportata nella precedente nota 6. mente in grado di ridisciplinare la materia intaccata dal referendum (11) -, la Corte ha fermamente ribadito in ogni occasione che la propria competenza dovesse concentrarsi esclusivamente sulla portata oggettiva dei quesiti posti al suo esame, indipendentemente da uno sguardo prognostico sulla eventuale necessit di correggere o integrare la disciplina di risulta (12). La rapida rassegna del percorso effettuato dalla Corte in tema di limiti ulteriori, nella quale pu registrarsi con chiarezza la tendenza pretoria a riconoscere spazi sempre pi angusti alle iniziative referendarie finalizzate ad incidere su materie che abbiano comunque un collegamento con i valori costituzionali (13), sar molto utile nella parte finale di questo studio, proprio per provare ad affermare che i predetti collegamenti sussistono anche in relazione allistituto prefettizio. Prima di passare ad argomentare tale tesi, che ha la presunzione di muovere da principi, ingiustamente ritenuti astratti, di teoria generale dello Stato, risulta opportuno dilungarsi in due lievi, ma brevi, divagazioni: una prima, in- vero astratta (ma chiss se poi tanto) in merito al rapporto tra listituto referendario e la sovranit popolare, ed una seconda, molto pi prosaica e concreta, con la quale lipotesi di quesito referendario in esame verr sottoposto al vaglio dellaltro fondamentale criterio espresso dalla giurisprudenza della Corte: lesigenza della matrice razionalmente unitaria. 2.1. Divagazione n. 1: Due parole sulla sovranit popolare. La speculazione dottrinale che ha accompagnato dapprima il dibattito in sede di Assemblea Costituente (14) e, in seguito, levolversi della giurisprudenza costituzionale in materia, ha dovuto interrogarsi, soprattutto dopo le prime decisioni della Corte, sulla collocazione dellistituto referendario nel (11) Peraltro, si deve segnalare che, anche sulla base della argomentazione in parola - muovendo, cio, dalla circostanza che il legislatore abbia da subito la possibilit di colmare il vuoto normativo creatosi per effetto dellabrogazione referendaria, se del caso giovandosi proprio del ritardo delleffetto abrogativo eventualmente disposto dal Presidente della Repubblica - la Corte ebbe modo di avvalorare la ammissibilit di un quesito relativo ad una legge asseritamente ritenuta costituzionalmente obbligatoria: la l. n. 20 del 1962 in materia di procedimenti e giudizi di accusa, una delle tante trattate nella sentenza n. 16 del 1978. Come si avuto modo di evidenziare nel testo, tale soluzione risultava coerente con la impostazione originaria di leggi costituzionalmente obbligatorie, secondo la quale esse, in quanto soggette alla comune discrezionalit del legislatore, ben possono essere soggette alla abrogazione referendaria. (12) La Corte, a tal riguardo, come anticipato nel testo, ha ripreso le affermazioni contenute nella sentenza n. 17 del 1997, secondo cui ci che conta la domanda abrogativa, che va valutata nella sua portata oggettiva e nei suoi effetti diretti, per esaminare, tra l'altro, se essa abbia per avventura un contenuto non consentito perch in contrasto con la Costituzione, presentandosi come equivalente ad una domanda di abrogazione di norme o princip costituzionali, anzich di sole norme discrezionalmente poste dal legislatore ordinario e dallo stesso disponibili (sentenza n. 16 del 1978 e n. 26 del 1981). (13) Di progressivo allargamento dellambito applicativo della categoria delle leggi costituzionalmente necessarie parla anche P. CARNEVALE, op. cit. (14) Cfr. Commentario alla Costituzione, cit. DOTTRINA 329 lambito delle (varie) forme di espressione della sovranit popolare. La concezione massimalista del referendum inteso come strumento supremo della sovranit, quasi come una rinnovazione - sebbene su temi specifici -del potere costituente (15), per quanto derivante dalle nobilissime suggestioni politico-filosofiche di Rousseau (16), dovette ben presto scontrarsi da una parte con il dato positivo adottato in Costituzione (che, trascurate ipotesi ben pi penetranti di consultazioni referendarie, ripieg sulla sola tipologia abrogativa, per di pi con i ben noti limiti di cui allart. 75 cpv.) e, successivamente, con lemersione di ancora ulteriori limiti, per effetto della giurisprudenza costituzionale. Se, peraltro, la ipotetica natura costituente dellistituto, determinata da un asserito rapporto privilegiato tra il corpo elettorale e la produzione del diritto, risultava coerente con linquadramento del risultato referendario nel novero delle fonti stesse del diritto (17), rimaneva in ogni caso insuperabile laporia determinata dallart. 138 della Costituzione, il quale, nel disciplinare il procedimento di revisione costituzionale (come noto, la migliore approssimazione possibile del potere costituente), considera come solo eventuale, ed in ogni caso subordinato al difetto della mediazione parlamentare, il ricorso al corpo elettorale. Tramontata, pertanto, loriginaria impostazione dottrinaria tesa a valorizzare il rapporto diretto tra listituto referendario e la sovranit popolare, ben pi coerenti con il dato positivo - e, soprattutto, con la giurisprudenza costituzionale - appaiono altre teorie che individuano lessenza dellistituto ora in un mero potere di controllo (18), appannaggio principalmente della minoranza parlamentare (19), ora in uno strumento di equilibrio - e, invero, non il pi importante - nellambito del complesso (e plurale) meccanismo di produzione normativa, la quale resta assegnata in prima istanza al circuito della rappresentanza parlamentare (20). La progressiva riduzione dello spazio lasciato alla libera ammissibilit dei quesiti referendari per effetto della giurisprudenza costituzionale risulta, pertanto, coerente con una concezione pi moderna dellistituto, la quale, scevra della cifra ideologica delle origini, pare prendere atto della intima necessit dellordinamento statuale - come spiegheremo meglio tra poco - di difendere il nocciolo duro dei suoi valori e della sua struttura da tentativi di cambia (15) DELPRE, Referendum e ordinamenti costituzionali, in Luciani, Volpi, 1992. (16) Cfr. in particolare Il contratto sociale, trad. it., Milano, 2001, passim, ma soprattutto 7678 e Libro III. (17) Su tutti, cfr. G. ZAGREBELSKY, Manuale di diritto costituzionale. 1. Il sistema delle fonti del diritto, Torino, 1988. (18) S. GALEOTTI, La garanzia costituzionale (presupposti e concetto), Milano, 1950, 81, 148-149. (19) BARBERA, MORRONE, La repubblica dei referendum, Bologna, 2003, 228. (20) Per unanalisi delle varie sfumature di tale posizione dottrinale, cfr. Commentario alla Costituzione, cit., in particolare: 2.4 Lopposta tesi del primato della rappresentanza parlamentare. mento che, per quanto sorretti dalla apparentemente pi autentica iniziativa popolare, potrebbero spingersi fino ad una possibile manomissione del funzionamento delle sue istituzioni. N pu trascurarsi come tali conclusioni risultino avvalorate dai riconosciuti difetti intrinseci del referendum abrogativo - che, peraltro, la Corte ha tentato di mitigare introducendo il valore, mai sconfessato, della matrice razionalmente unitaria del quesito -, il quale inevitabilmente riduce lapporto del corpo elettorale alla scelta binaria tra due alternative (21), di cui quella abrogativa si presenta, per di pi, dagli esiti incerti e indefiniti, non potendosi escludere effetti imprevedibili sulla disciplina di risulta. Una ulteriore conferma alla riduzione degli spazi referendari ci viene offerta -ex adverso - da altro, importantissimo filone della giurisprudenza costituzionale che, per quanto estraneo alla questione di ammissibilit referendaria, converge verso il medesimo assunto: quello della intangibilit del nucleo essenziale di valori e principi desumibili dalla nostra carta costituzionale. Ci si riferisce alla serie di decisioni, inaugurata dalla sentenza n. 1146 del 1988, in tema di limiti impliciti del procedimento di revisione costituzionale. Come noto, infatti, la Corte, a partire da tale giudizio, ha ritenuto che anche al legislatore costituzionale - per quanto soggetto al faticoso iter procedurale di cui allart. 138, concepito dai costituenti proprio per assicurare la pi ampia mediazione politica in sede parlamentare e garantire, per tal verso, un equilibrio, oltre che una rappresentanza, davvero simile a quella costituente - sia impedito incidere, oltre che su quanto esplicitamente contenuto nellart. 139 (la forma repubblicana), anche su quel nucleo di valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana. Anche sotto questo aspetto, dunque, la giurisprudenza della Corte fornisce validi strumenti per riaffermare il principio - caro, come vedremo, alla disciplina della teoria generale dello Stato - secondo il quale addirittura alla sovranit popolare, di cui il potere referendario e quello di revisione costituzionale costituiscono le espressioni pi dirette, rimanga preclusa la possibilit di accedere ad una zona presidiata esclusivamente dai valori supremi dellordinamento, tra i quali - questa la tesi di fondo di questo studio - deve essere annoverata lesigenza, tipica dello Stato moderno, di conservare un nucleo strutturale essenziale, deputato a garantirne la sicurezza e, in una parola, lesistenza. 2.2 Divagazione n. 2: un altro aspetto della giurisprudenza della Corte in tema di ammissibilit dei referendum: la matrice razionalmente unitaria. Una volta adottata in Costituzione la scelta dellintroduzione del solo referendum abrogativo, la Corte Costituzionale ha dovuto fronteggiare, sin da subito, taluni tentativi finalizzati, attraverso un uso distorto dellistituto, a reintrodurre (21) DI GIOVINE, Democrazia diretta e sistema politico, Padova, 2001, 15-16. DOTTRINA 331 di fatto quelle tipologie di referendum che i Costituenti avevano esplicitamente escluso (in particolare quello propositivo o quello c.d. di indirizzo). Nasce da questa esigenza - oltre che dalla gi citata necessit che il corpo elettorale, chiamato su un quesito specifico, sia messo in grado di esprimere una volont limpida e consapevole (22) - la scelta della Corte Costituzionale di indicare, quale primo dei gi citati limiti ulteriori nel giudizio di ammissibilit referendaria, quello della matrice razionalmente unitaria dei quesiti. Al riguardo, meglio e pi sinteticamente di qualunque commento, giova riportare le parole espresse direttamente dalla Corte nella solita sentenza n. 16/1978: Se vero che il referendum non fine a se stesso, ma tramite della sovranit popolare, occorre che i quesiti posti agli elettori siano tali da esaltare e non da coartare le loro possibilit di scelta; mentre manifesto che un voto bloccato su molteplici complessi di questioni, insuscettibili di essere ridotte ad unit, contraddice il principio democratico, incidendo di fatto sulla libert del voto stesso (in violazione degli artt. 1 e 48 Cost.). Per ci che riguarda loggetto di questo studio, giova rammentare come tale limite abbia, da solo, giustificato lesclusione di quesiti che, per tanti versi, assomigliano a quello in esame. Ci si riferisce ai tentativi di abolire per via referendaria il codice penale militare di pace e lintero ordinamento giudiziario militare (entrambi trattati nella sentenza n. 16/1978), il Ministero dellindustria, del commercio e del- lartigianato (sentenze n. 36/1993 e n. 23/1997) e, solo per certi aspetti, il Ministero della Sanit (sentenze n. 34/1993 e n.17/1997). In tali casi la reiezione dei quesiti referendari stata sempre motivata con brevi, ma decise, argomentazioni. Esemplare, al riguardo, risulta il caso del Ministero dellIndustria, del commercio e dellartigianato: non essendo il primo quesito riuscito a indicare tutta la stratificazione normativa comunque riferita al citato Dicastero, la Corte ha avuto modo di precisare che leventuale abrogazione referendaria avrebbe raggiunto un risultato parziale ed incoerente, poich sarebbe stata in grado solo di mutilare - (22) Sotto questo aspetto, la Corte Costituzionale, sempre nella citata sentenza n. 16 del 1978, coglie loccasione per denunciare i limiti della stessa legge attuativa dellistituto (la n. 352/1970) rea di non aver previsto meccanismi procedurali validi per effettuare una valutazione sulla omogeneit dei quesiti preferibilmente prima della fase della raccolta delle firme, la quale pure deve essere connotata da un sufficiente grado di consapevolezza. Su tale punto giova riportare integralmente il testo della citata sentenza: corrisponde alla naturale funzione dellistituto (aderendo ad alcune importanti indicazioni ricavabili dagli atti dellAssemblea Costituente) lesigenza che il quesito da porre agli elettori venga formulato in termini semplici e chiari, con riferimento a problemi affini e ben individuati; e che, nel caso contrario, siano previste la scissione od anche la integrale reiezione delle richieste non corrispondenti ad un tale modello. In coerenza con questi scopi, la legislazione attuativa dellart. 75 Cost. doveva e dovrebbe prevedere, dunque, appositi controlli delle singole iniziative, da effettuare - preferibilmente - prima ancora che vengano apposte le firme occorrenti a sostenere ciascuna richiesta; affinch gli stessi sottoscrittori siano messi preventivamente in grado dintendere con precisione il valore e la portata delle loro manifestazioni di volont. il termine usato proprio dalla Corte -il complesso organizzatorio che risponde al nome di Ministero dellIndustria, del commercio e dellartigianato (23). Quando, poi, ad un secondo tentativo di abrogazione del citato Ministero la stessa Corte ad ammettere che i proponenti sono stati in grado di migliorare sensibilmente la qualit del quesito, includendo tutte le disposizioni concernenti lorganizzazione ministeriale, ma non le altre alle prime strettamente connesse, cio quelle che attengono alle funzioni dellapparato, si reso necessario addivenire ad una ulteriore specificazione del principio della matrice razionalmente unitaria. Nella sentenza n. 23/1997 viene, infatti, effettuata un significativa specificazione dei requisiti - potremmo dire - minimi di cui deve essere corredato un quesito referendario, soprattutto ove intenda incidere sulla organizzazione o lordinamento istituzionale dello Stato: una consapevole espressione di voto non pu non vedere connessi gli aspetti organizzativi e funzionali del dicastero, affinch colui che manifesta la sua volont nellambito della consultazione referendaria sia posto in grado di conoscere quali funzioni verranno private dellattuale centro di imputazione. Diversamente, si determinerebbe una mancanza di chiarezza della domanda tale da rendere inammissibile il quesito. Che propriamente quanto si verifica nel caso di specie, dove vi una palese incongruit del quesito rispetto alloggetto reale del referendum, il quale - riguardando, come sՏ detto, la soppressione del Ministero dellIndustria - non pu non coinvolgere nella domanda desame delle molteplici funzioni che ad esso sono attribuite dalla complessa stratificazione normativa di cui si fatta test menzione. Per quanto, forse, basterebbero queste argomentazioni per denunciare lintima fragilit del quesito di cui oggi si discute - che, come detto, riguarda un nucleo, necessariamente incompleto, di disposizioni riguardanti listituzione prefettizia -, linteresse di questo studio avvalorare lipotesi che tale istituzione appartenga cos intimamente alla organizzazione dello Stato da dover essere esclusa per questo motivo - e non in base ad una semplice incompletezza dei quesiti - ogni ipotesi abrogativa per mano referendaria. Peraltro, lavvenuta ammissibilit dei quesiti relativi al Ministero delle partecipazioni statali e del Ministero dellagricoltura e delle foreste (24) devono costituire un monito per non indulgere ad affermare che ogni aspetto dellorganizzazione statuale sia di per s sottratta dal giudizio referendario, magari in nome di una asserita riserva in capo al legislatore parlamentare di tali temi - per quanto, invero, assai complessi. (23) Sentenza n. 36/1993. (24) Ad onor del vero, la Corte pervenuta allammissibilit dei quesiti in parola, con le sentenze n. 26 e 27/1993, argomentando anche in base alla relativa semplicit della disciplina di cui si proponeva labrogazione, essendo ben definito il corpus normativo relativo ai due dicasteri. DOTTRINA 333 Gli esempi di cui sopra non escludono, infatti, la astratta possibilit di ritenere ammissibili quesiti che risultino razionalmente unitari poich capaci di cogliere tutta la stratificazione normativa relativa ad un dato istituto - circostanza che, per avventura, potrebbe avvenire anche in riferimento allistituzione prefettizia. Il limite insuperabile diviene, allora, lancoraggio dellistituto di cui si propone labrogazione referendaria a quel nucleo di valori, di implicito rilievo costituzionale, di cui la giurisprudenza della Corte che si descritta dianzi ha dato ampio conto. Da qui deriva, dunque, il paradosso cui soggetto il quesito di cui si discute: esso, infatti, ad una prima lettura appare privo di quella matrice razionalmente unitaria che viene richiesta ad ogni quesito referendario, poich si propone di incidere solo su taluni aspetti e funzioni dellistituzione prefettizia; tuttavia, anche nella denegata ipotesi in cui si riuscisse, proprio in nome della esigenza della chiarezza ed univocit del quesito, a ottenere un consapevole risultato referendario su tutte le funzioni e su tutti gli aspetti organizzativi delle Prefetture, lo stesso quesito sarebbe in ogni caso interdetto dalla necessit, riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte, di non determinare un vuoto su profili, anche di rilievo costituzionale, che attengono alla pi intima organizzazione statuale. 3. Lammissibilit costituzionale dellabrogazione dellistituto prefettizio: considerazioni preliminari. Tornando alla terminologia usata dalla Corte in occasione della proposta abrogazione del Ministero dellIndustria, del commercio e dellartigianato, non pu non esprimersi lavviso, in via preliminare, circa la mera capacit del quesito in esame di solo mutilare la stratificazione normativa che risponde al nome di Prefettura (25). Ci detto e per quanto, come anticipato, non sia questa la cifra principale di questo studio, importante effettuare unanalisi sintetica del quesito referendario in esame innanzitutto alla luce dei principali, e pi consolidati orientamenti della giurisprudenza costituzionale, cos come dianzi meglio specificati: valutandone, cio, la matrice razionalmente unitaria e individuando le eventuali connessioni con valori di rilievo costituzionale tali da rendere non sostenibile labrogazione tout court delle disposizioni normative proposte. E cos, solo per fare qualche esempio, essendo, invero, molteplici le connessioni esistenti tra le norme di cui viene proposta labrogazione e la infinita disciplina residua, leliminazione dellart. 10 della legge 5 giugno 2003, n. (25) Abbiamo volutamente parafrasato lespressione contenuta nella Sentenza n. 36/1993, gi riportata nel testo, supra. 131 (26), potrebbe pregiudicare lattivit della Corte Costituzionale in tema di giudizio in via dazione sulla legittimit delle leggi regionali e di conflitto di attribuzione fra lo Stato e le Regioni e ci in quanto verrebbe a mancare lufficio deputato ad attivare i relativi procedimenti per conto della Presidenza del Consiglio. E, ancora, labrogazione dellart. 11 del d.lgs 30 luglio 1999, n. 300 (27), potrebbe privare improvvisamente il Ministero dellInterno dei suoi organi periferici, tramite i quali esso assicura, ai sensi dellart. 14 del medesimo decreto legislativo (peraltro non toccato dal quesito in esame) la garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali, i servizi elettorali, la vigilanza sullo stato civile e sullanagrafe, la tutela dei diritti civili, ivi compresi quelli delle confessioni religiose, di cittadinanza, immigrazione e asilo, la difesa civile etcc Si tratta - superfluo rimarcare - di competenze che risultano espressione di altrettante disposizioni di rilievo costituzionale: si pensi, solo per fare un esempio di estrema attualit, al fatto che la soppressione delle prefetture determinerebbe un impatto imprevedibile, sia di natura organizzativa che funzionale, sulle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato (28) e, in ogni caso, in merito allattivazione dei procedimenti di riconoscimento del diritto dasilo di cui al comma terzo dellart. 10 della Costituzione. Eliminare, inoltre, lart. 2 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (29), priverebbe lordinamento dellunico potere extra ordinem - sulla cui natura amministrativa o normativa non qui il caso dindugiare - che viene ricono (26) Recante Disposizioni per ladeguamento dellordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Lart. prevede che in ogni Regione a statuto ordinario il prefetto preposto allufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della Regione svolga le funzioni di rappresentate dello Stato con il sistema delle autonomie. In tale veste il Prefetto, per il tramite dellUfficio territoriale del Governo con sede nel capoluogo della Regione, espleta una serie di attivit fra le quali: 1) la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli Affari regionali e ai Ministeri interessati degli statuti regionali e delle leggi regionali, per le finalit di cui agli articoli 123 e 127 della Costituzione, e degli atti amministrativi regionali, agli effetti dellart. 134 della Costituzione, nonch il tempestivo invio dei medesimi atti allufficio dellAvvocatura dello Stato avente sede nel capoluogo regionale; 2) lesecuzione dei provvedimenti del Consiglio dei Ministri costituenti esercizio del potere costitutivo di cui allart. 120, secondo comma, della Costituzione, avvalendosi degli uffici territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede nel territorio regionale. (27) Recante Riforma dellorganizzazione del Governo, a norma dellarticolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59. (28) Proprio mentre si scrive, giunge notizia dellemanazione del d.l. 119/2014 il quale, dopo aver chiarito che Le Commissioni territoriali sono insediate presso le prefetture che forniscono il necessario supporto organizzativo e logistico, con il coordinamento del Dipartimento per le libert civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, nel prendere atto delle sempre maggiori esigenze connesse al fenomeno migratorio, non a caso oggetto di un provvedimento di urgenza, amplia il numero delle Commissioni in parola da 10 a 20. (29) Recante Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. DOTTRINA 335 sciuto in ambito provinciale e che consiste, come noto, nella facolt di adottare, in caso di urgenza e grave necessit, provvedimenti indispensabili per la tutela dellordine e della sicurezza pubblica: anche questi beni di sicuro rilievo costituzionale. Per non parlare - promesso: lultimo esempio! - della proposta abrogazione dellart. 13 della legge 1 aprile 1981, n. 121, la quale, oltre a non tener conto di tutti gli altri riferimenti interni allo stesso testo, i quali rimarrebbero, in tal modo, privi di significato (uno su tutti: anche dopo la denegata abrogazione referendaria sopravviverebbe lart. 20 della medesima legge 121/1981, che disciplina il Comitato provinciale per lordine e la sicurezza pubblica, quale organo ausiliare di consulenza del prefetto), determinerebbe altres una radicale trasformazione dellintero assetto della gestione dellordine pubblico. Tale ultimo caso, peraltro, risulta particolarmente utile ove si voglia valutare la capacit del quesito in rassegna di corrispondere a quei requisiti di chiarezza immancabilmente richiesti dalla giurisprudenza della Corte, in quanto orientati ad assicurare il livello minimo di consapevolezza del voto referendario: in altre parole, con riferimento alla parte di quesito relativo alla legge 121/1981, risulta tutta linadeguatezza della prova di resistenza consistente nella effettiva capacit del corpo elettorale di essere in grado di valutare, leggendo il quesito, la profonda trasformazione ordinamentale che si cela ove ritenuta ammissibile - dietro labrogazione di un solo articolo (30). Procedere, ancora, allindividuazione di ulteriori profili problematici intimamente connessi alla proposta di quesito in esame significherebbe, data la vastit delle attribuzioni che lordinamento assegna alle prefetture e al Corpo prefettizio, non certo esauribili in una sola proposta abrogativa, produrre una lunga casistica che suonerebbe come un tentativo di difesa dellistituzione, che nulla aggiungerebbe a quanto scritto sulle funzioni passate e presenti delle prefetture. Daltra parte non pu sottacersi - ed, anzi, il prenderne atto, lungi dal rappresentare un limite della tesi che si vuol sostenere, costituisce un aspetto particolarmente interessante - che sono stati soprattutto gli studiosi di Storia costituzionale o amministrativa e gli amministrativisti tout court ad occuparsi finora di prefetti e prefetture, mentre i manuali di Diritto costituzionale ne hanno fatto e ne fanno talvolta sporadico cenno solo per esemplificare i rap (30) Ci si riferisce alla possibile, profonda alterazione, per mano referendaria, di un intero assetto ordinamentale relativo a una funzione essenziale per lo Stato - lordine e la sicurezza pubblica - la quale, per antica tradizione avente giustificate ragioni anche di ordine storico, stata concepita in modo plurale in quanto articolata sullimpegno parallelo di due corpi di polizia ad ordinamento generale e di altri tre ad ordinamento settoriale. Tale sistema, come noto, trova il proprio equilibrio ed una delicata sintesi tramite i poteri di coordinamento, disciplinati sempre nella l. 121/1981, posti in capo, sia a livello periferico che a livello centrale, alla figura del prefetto. porti di gerarchia nellAmministrazione dello Stato o nel trattare il tema della rappresentanza organica. Eppure, non sarebbe azzardato sostenere che listituto prefettizio presenti campi dindagine di diretto interesse per il Diritto costituzionale e, pi nello specifico, per la Teoria generale dello Stato (31). 3.1. Prima ipotesi di analisi: prefetture e struttura dello Stato. Una prima ipotesi di analisi potrebbe essere quella di considerare le prefetture come una istituzione direttamente funzionale alla struttura dello Stato (31) Qualunque siano i criteri prescelti per articolare una bibliografia sullo Stato - che sconfinata ed in continua evoluzione - essi non potranno evitare, se non con molte difficolt, problemi di classificazione sistematica e ci in ragione della trasversalit disciplinare dellargomento. Nel presente lavoro ci si limitati ad una bibliografia essenziale e strettamente legata agli argomenti trattati e, quindi, basata su Autori quasi totalmente italiani perch , appunto, sullesperienza nostrana che queste pagine si concentrano. Essa impostata in base alla seguente suddivisione: testi di Diritto pubblico e costituzionale; testi di Dottrina o di Teoria generale dello Stato; testi di Storia generale e di Storia costituzionale o amministrativa dello Stato italiano; testi di Dottrina politica; testi di Filosofia e di Filosofia del Diritto. Testi di Diritto pubblico e costituzionale: BISCARETTI DI RUFFIA P., Diritto costituzionale, XI, ed., Jovene Editore, Napoli, 1977, pagg. 1-239; CARR DE MALBERG R., Contribution la Thorie gnrale de lՎtat, Libraire de la Societ du Recueil Sirey, Paris, 1920; CERETI C., Corso di Diritto costituzionale italiano, Giappichelli, Torino, 1955, pagg. 1-93, 101-110, 171-189, 421-428; CRISAFULLI V., Lezioni di Diritto costituzionale, Vol. I Introduzione al Diritto costituzionale italiano (Gli ordinamenti giuridici, Stato e Costituzione, Formazione della Repubblica italiana), CEDAM, Padova, 1970; DONATI D., La persona reale dello Stat, Estratto dalla Rivista di Diritto pubblico anno 1921 - parte I, Societ editrice Libraria, Milano, 1921- Casa Editrice dott. Francesco Vallardi, Milano, 1921; LAVAGNA C., Istituzioni di Diritto pubblico, VI ed., UTET, Torino, 1985, pagg. 1-131; MARTINES T., Diritto costituzionale, VIII ed., Giuffr, Milano, 1994, pagg. 3-260; MORTATI C., La Costituzione in senso materiale, Giuffr, Milano, 1998; MORTATI C., Istituzioni di Diritto pubblico, VI ed., CEDAM, Padova, 1962, pagg. 3-164, 531-561, 704-720; MORTATI C., Istituzioni di Diritto pubblico, IX ed., tomo I, CEDAM, Padova, 1975; ORLANDO V.E., Principi di Diritto costituzionale, G. Barbera Editore, Firenze, 1889, pagg. 13-66; PALADIN L., Diritto costituzionale, III ed., CEDAM, Padova, 1998; PERGOLESI F., Diritto costituzionale, XIV ed., CEDAM, Padova, 1960, pagg. 13-135; RANELLETTI O., Istituzioni di Diritto pubblico, parte generale, XIII ed., Giuffr, Milano, 1951, pagg. 3-159; ROMANO S., Corso di Diritto Costituzionale, VI ed. riveduta e aggiornata, CEDAM, Padova, 1941, pagg. 3-206; SPAGNA MUSSO E., Diritto costituzionale, II ed., CEDAM, Padova, 1986, pagg. 15-248. Testi di Dottrina o di Teoria generale dello Stato:BALLADORE PALLIERI G., Dottrina dello Stato, II ed., CEDAM, Padova, 1998; GROPPALI A., Dottrina dello Stato, Giuffr, Milano, 1942; GUELI V., Elementi di una Dottrina dello Stato e del Diritto come introduzione al diritto pubblico, Soc. Ed. del Foro Italiano, Roma, 1959; PASSERIN DENTRVES A., La Dottrina dello Stato. Elementi di analisi e di interpretazione, III ed., Giappichelli, Torino, 2009. Testi di Storia generale e di Storia costituzionale o amministrativa dello Stato italiano: ALLEGRETTI U., Profilo di Storia costituzionale italiana. Individualismo e assolutismo nello Stato liberale, il Mulino, Bologna, 1989; CASSESE S., Governare gli italiani. Storia dello Stato, il Mulino, Bologna, 2014; MELIS G., Storia dellAmministrazione italiana, il Mulino, 1996; ROMANELLI R. (a cura di), Storia dello Stato italiano dallUnit ad oggi, Donzelli, Roma, 1995; WOLFGANG R., Storia dello stato moderno, il Mulino, Bologna, 2010. Testi di Dottrina politica: BOBBIO N., Stato, governo, societ. Frammenti di un dizionario politico, Einaudi, Torino, 1995; MATTEUCCI N., Lo Stato moderno, il Mulino, Bologna, 1993; POGGI G., Lo Stato, il Mulino, 1992; TERNI M., Stato, Bollati Boringhieri, Torino, 2014. Testi di Filosofia e di Filosofia del Diritto: GENTILE G., Genesi e Struttura della Societ, Le Lettere, Firenze, 2011, in particolare pp. 57-105; KOJVE A., La Nozione di Autorit, Adelphi, Milano, 2011. DOTTRINA 337 italiano, cos comesso andato delineandosi in oramai pi di un secolo e mezzo di storia. Non facile rinvenire in dottrina una definizione del concetto di struttura utile a differenziarne il significato rispetto a quello di forma dello Stato. Eppure cՏ chi ha sostenuto che ... Forma e struttura dello Stato sono concetti diversi pur essendo inscindibilmente collegati Struttura qualcosa di pi ampio e di diverso degli elementi separatamente presi e dei singoli organi attraverso i quali lo Stato si attua e si afferma; il risultato di principi, di idee, di indirizzi che si sono politicamente e giuridicamente affermati negli ordinamenti e negli istituti statali (32). Tracce, seppur meno evidenti, della distinzione tra struttura e forma si rinvengono anche nel pensiero del Groppali (33), che individua nel concetto di scopo dello Stato un significato generale ed uno particolare o storicamente determinato: il primo, che consiste nella garanzia della difesa dallesterno e dellordine interno, nonch nel progresso di una comunit, attiene alla struttura dello Stato, costituendone la ragione suprema di vita, lelemento che meglio ne esprime e caratterizza lintima essenza (34); il secondo, invece, il modo concreto con il quale un dato Stato attua storicamente lo scopo generale, influendo sulla relativa forma (35). Anche il Santi Romano usa il termine struttura quando afferma che lo Stato ... ununit ferma e permanente; ha unesistenza a s oggettiva e concreta, esteriore e visibile; ha unorganizzazione o struttura che assorbe gli elementi che ne fanno parte e che superiore e preordinata cos agli elementi stessi come alle loro relazioni, in modo che non perde la sua identit, almeno sempre e necessariamente, per singole mutazioni di tali elementi... (36). (32) CERETI C., op. cit., pagg. 75-76. Nel pensiero del Gueli, la distinzione tra struttura e forma dello Stato sembra correre sulla linea di demarcazione concettuale fra regime politico e principio costituzionale dello Stato. Questultimo, infatti, inteso come ... lorganizzazione del rapporto politico fondamentale.. - fra governanti e governati (ovvero il rapporto che collega il potere sovrano ai sudditi dello Stato) -... secondo un dato principio giuridico..., ... la costituzione (in senso materiale) dello Stato: cfr. GUELI V., op. cit., pagg. 123-124. Il regime politico invece, quellelemento della struttura dello Stato definibile come ... la realizzazione del principio politico, che informa il rapporto fondamentale di una organizzazione statuale, nel principio giuridico costituzionale di essa e, tendenzialmente, in tutto il suo ordinamento giuridico...: cfr. GUELI V., op. cit., pagg. 121, 126, 131-132. Per usare unesemplificazione si potrebbe osservare che se la forma di uno Stato, ovvero il principio costituzionale, rappresenta il come un dato ordinamento giuridico disciplina il rapporto fondamentale tra governanti e governati, la struttura dello Stato, ovvero il regime politico, spiegherebbe il perch di siffatta disciplina. (33) GROPPALI A., op. cit., pag. 142. (34) GROPPALI A., op. cit., pag. 141. (35) GROPPALI A., op. cit., pag. 142. (36) ROMANO S., op. cit., pagg. 48. Interessante e in linea con Santi Romano risulta la definizione generale di Stato fornita dal Biscaretti di Ruffia che, oltre a struttura, utilizza il termine assetto: Da ci ne discende che lo Stato, presentandosi come un ente sociale con assetto stabile e permanente, pu, in pari tempo, considerarsi - secondo la teoria istituzionale - unistituzione o un ordinamento giuridico ..., che Il Donati per parte sua avverte che la persona dello Stato si presenta con struttura non di persona semplice (fisica), ma di persona complessa. Tale si rivela quella persona, le cui parti, considerate ciascuna per s, sono a loro volta persone, laddove ci non si verifica rispetto alle parti delle persone semplici (37). A prescindere, per, da queste definizioni e, pi in generale, da ogni discorso relativo alla natura della struttura dello Stato - ovvero se puramente normativa o, al contrario, sociologica o mista - e al di l di ogni riflessione sui suoi rapporti con la forma dello Stato o con le teorie della istituzione e della costituzione materiale, lautonomia concettuale di quel termine pu ricondursi al fatto che lo Stato ha in s un interesse e una finalit ultronei e costanti rispetto a quelli che, tradizionalmente, la dottrina riassume nella difesa e nel progresso di una data comunit organizzata su un determinato territorio. In altri termini, atteso che lo Stato ha il compito precipuo di garantire la conservazione e il progresso della comunit di riferimento e che tale compito pu declinarsi in vario modo a seconda delle epoche storiche - di tal ch il passaggio dal periodo moderno a quello contemporaneo ha, ad esempio, determinato laffiancamento alle tradizionali competenze di difesa militare allesterno, di garanzia dellordine e della sicurezza pubblica allinterno e di riscossione dei tributi quello di assicurare unarticolata serie di diritti sociali -, pu per sostenersi lesistenza di un interesse che nasce prima di ogni altro, non soggetto a modificazioni e strutturalmente legato allo Stato. Le caratteristiche concettuali di tale interesse sono rinvenibili in un passaggio della Filosofia del Diritto di Hegel secondo cui ... Il bene duno Stato ha un diritto del tutto diverso dal bene del singolo...: esso, infatti, ... ha la sua esistenza, cio il suo diritto, immediatamente in unesistenza non astratta, ma concreta, e soltanto questesistenza concreta, non una delle molte proposizioni generali, ritenute per precetti morali, pu essere principio del suo agire e del suo comportamento... (38). Norberto Bobbio ha interpretato questo passaggio osservando che, per il filosofo tedesco, il principio dellazione dello Stato deve essere ricercato nella sua stessa necessit di esistere, di unesistenza che la condizione stessa dellesistenza (non solo dellesistenza ma anche della libert e del benessere) degli individui (39). Si potrebbe, dunque, argomentare che attiene alla struttura dello Stato, abbraccia ed assorba nella sua organizzazione e struttura tutti gli elementi che ne fanno parte, acquistando rispetto ad essi una vita propria e formando un corpo a s, che non perde la sua identit per le eventuali successive variazioni degli elementi medesimi BISCARETTI DI RUFFIA P., op. cit., pagg. 33-34. (37) DONATO D., op. cit., pag. 17. (38) BOBBIO N., Stato, op. cit. pag. 76. (39) Ibidem. DOTTRINA 339 di ogni Stato, il fatto che lo stesso abbia unimprescindibile esigenza di esistere: il ch significa anche che afferisce alla struttura di ogni Stato linteresse -esistendo - a svolgere i suoi compiti (40). Peraltro, nessuno Stato nasce a termine, anche se pu, come tutte le organizzazioni sociali, avere una fine: di perpetuit dello Stato parla, ad esempio, il Santi Romano (41), mentre Carr de Malberg osserva che La personnalit de lՎtat rsulte dun second fait, qui est sa continuit. Tandis que les individus qui composent lՎtat ou qui expriment sa volont en qualit de governants, sont sans cesse ed changement, lՎtat demeure immuable, il est permanent et, en ce sens, perptuel.. (42). Alla luce di ci e con particolare riferimento al caso italiano e al tema preso in considerazione in questo lavoro, sono possibili due osservazioni: 1) la prima che le prefetture, nate con lo Stato moderno (italiano) per assicurane unit e continuit, rappresentano il principale modello organizzativo e gestionale di prossimit delle funzioni governative statali giunto sino ai giorni nostri; 2) la seconda che essendo le prefetture funzionali a garantire la sicurezza interna della Stato, nellambito del Sistema della sicurezza nazionale come disciplinato dalla legge 124 del 2007 (43), esse afferiscono direttamente alla struttura dello Stato, di guisa che una loro modifica, finanche una loro soppressione, per mano referendaria determinerebbe improvvise - e non ammissibili - lacune di sistema. PRIMA OSSERVAZIONE: le prefetture, nate con lo Stato moderno (italiano) per assicurane unit e durata, rappresentano il principale modello organizzativo e gestionale di prossimit delle funzioni governative statali giunto sino ai giorni nostri. Lo Stato un fenomeno storico perch nasce in una data epoca delluma (40) In dottrina un riferimento esplicito a tale concetto si rinviene in Spagna Musso, secondo cui ... unico vero fine primario identificabile a priori di una comunit statale quello di perseguire la propria esistenza in quanto tale...: cfr. SPAGNA MUSSO E., op. cit. pag. 55. (41) ROMANO S., op. cit., pag. 67. (42) CARR DE MALBERG. R., op. cit., pag. 48. Di continuit della persona statale parla anche Donato Donati secondo cui ... la differenziazione e la sintesi si operano, non soltanto rispetto al complesso dei funzionari coesistenti in un dato momento, ma anche rispetto al complesso dei funzionari succedentisi nel tempo. Per una via si ha la nozione della persona statale considerata in un dato momento, per laltra via si ha la nozione della continuit della persona stessa, si ha la nozione della persona dello Stato in quanto si mantiene nel tempo... cfr. DONATI D., op. cit., pag. 16. Biscaretti di Ruffia parla, come gi rilevato, di stabilit e permanenza dello Stato: cfr. BISCARETTI DI RUFFIA P., op. cit., pag. 2, mentre Gueli usa i termini di permanenza, continuit ed unit, durevole esistenza e stabilit e tendenziale perpetuit: cfr. GUELI V., op. cit., pagg. 31, 49-50, 104, 305. Il Mortati, invece, usa i termini di durata e stabilit dello Stato: cfr. MORTATI C., op. cit., pag. 128. (43) Recante Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto. nit (44). Dibattuto semmai fra i giuristi quando esso sia sorto, ovvero se nel 1648 (45), data in cui con la pace di Westfalia i grandi Stati europei affermarono la propria indipendenza sul Papato e lImpero (46), o, al contrario, in tempi pi risalenti, quando gli uomini passarono dallorganizzazione per famiglie ristrette a quella per clan gentilizi, per cui anche la polis greca e la Res pubblica (o Civitas) romana costituirebbero Stati a tutti gli effetti (47). Affermare che lo Stato sia un fenomeno storico significa sostenere, al contempo, lesistenza di una storia generale dello Stato nellambito della quale, affianco al concetto di struttura e al connesso interesse dello Stato ad unesistenza duratura, si delineano, nelle varie epoche storiche, diverse forme di Stato e di governo. Ma cos come esiste una storia generale dello Stato, esiste anche una storia specifica per ogni singolo Stato e, dunque, una specifica struttura e determinate forme di Stato e di governo succedutesi nel tempo: il rapporto tra la storia dello Stato in generale e quella specifica delle sue possibili strutture, pu essere esemplificativamente ridotto al rapporto tra luomo e il carattere: se, infatti, luomo in generale ha un carattere, ogni uomo in particolare ha un suo specifico carattere che non muta con il mutar del tempo, almeno nei suoi tratti essenziali. Insegna in proposito Vittorio Emanuele Orlando, al fine di spiegare la differenza tra Diritto costituzionale e Diritto amministrativo da una parte e Politica e Scienza dellAmministrazione dallaltra, che i primi due afferiscono allordine giuridico che ... suppone lo studio di rapporti naturali e necessari (48); e, in riguardo allo Stato, egli afferma che i vari rapporti cui esso d luogo ... paiono improntati allo stesso carattere di necessit, per cui con logica, obiettiva ed assoluta certezza, dato un popolo determinato, in un determinato ambiente, esso ha un insieme di istituzioni politiche, la cui portata, i cui termini, il cui contenuto deve necessariamente esser quello (49). Applicando tale metodo deterministico al caso italiano possibile rinve (44) MARTINES T., op. cit., pag. 37-38; MATTEUCCI N., op. cit., pag. 22; ORLANDO V.E, op. cit., pagg. 23-26; RANELLETTI O., op. cit., pag. 18. (45) Si tratta di una data convenzionale presa come punto di riferimento da chi sostiene la tesi del carattere storicamente moderno del fenomeno Stato, i cui processi di formazione iniziarono, comunque, ben prima con laccentramento del potere in capo alle grandi monarchie nazionali europee e con la formazione delle teorie sulla sovranit. (46) Cfr. BALLADORE PALLIERI G., Dottrina, op. cit., pagg. 3-12; CASSESE S., op. cit., pag. 15, 23; MARTINES T., op. cit., pagg. 37-39; MATTEUCCI N., op. cit., pagg. 15-22; PALADIN L., op. cit., pagg. 3034; POGGI G., op. cit., pag. 41-52; WOLFGANG R., op. cit. (47) Il Lavagna distingue, ad esempio, le fasi evolutive dello Stato in Stato gentilizio, Stato patrimoniale e Stato politico-territoriale in LAVAGNA C., op. cit., pag. 65. Si veda, altres, BISCARETTI DI RUFFIA P., op. cit., pag. 33-34, 37; CRISAFULLI V. op. cit., pagg. 56-57; GROPPALI A., op. cit. pagg. 8387; RANELLETTI O., op. cit., pag. 18. Sulla stessa linea sembrerebbe attestato il Gueli: cfr. GUELI V., op. cit., pagg. 4-7, 51-53, 96-97, 100-104, 113-114. (48) ORLANDO V.E., op. cit., pag. 29. (49) Ibidem. DOTTRINA 341 nire nella struttura del nostro Stato, a prescindere dalle forme istituzionali e di governo che in pi di un secolo e mezzo di storia si sono avvicendate, talune precise scelte di organizzazione che lo hanno connaturato, innanzitutto, in termini unitari e non federali. Persino con lavvento della Costituzione repubblicana, che ha previsto per quanto concerne i rapporti tra centro e periferia - una forma regionale e non federale di Stato, fu comunque affermato il principio dellunit e dellindivisibilit della Repubblica (art. 5), senza peraltro stravolgere, ma anzi riaffermandolo, quel sistema che prevede ancora oggi, in modo ancora pi netto, che i Comuni, oltre ad essere enti territoriali con autonome funzioni di rappresentanza politica, siano anche diramazioni dellorganizzazione dello Stato volte ad assicurare, con il coordinamento e il supporto delle prefetture, funzioni amministrative statali di prossimit quali, ad esempio, lanagrafe e lo stato civile o il servizio elettorale. In altri termini, come se esistesse nella storia nazionale un filo conduttore che dalla scelta di Cavour di accantonare ogni progetto federalistico (si pensi alla proposta Minghetti) conduce alla Carta repubblicana, non essendo forse un caso che lattuale legislatore stia ripensando - ancora una volta - in chiave statale la riforma della riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione. Ma quali le ragioni? Forse che lItalia, con le costanti sociali della questione meridionale (50) o di una radicata presenza di forti organizzazioni criminali in ampie parti del suo territorio, si presenta come un un Paese che necessita di una altrettanto forte amministrazione periferica dello Stato per assicurarne la tenuta istituzionale? Forse che la ricca variet di usi e costumi locali, che rendono lItalia positivamente unica al mondo, abbisogna, come contrappeso, di strumenti organizzativi che, bilanciando spinte centrifughe e centripete, assicurino un delicato equilibrio di sistema? Potrebbe darsi che proprio a tali scopi siano servite le prefetture, pur con i limiti di qualsiasi umana organizzazione? Ma quando nato lo Stato italiano? Anche questo un tema che ha animato i dibattiti fra i giuristi. Alcuni (51), con convincenti motivazioni, sosten (50) ALLEGRETTI U., op. cit., pag. 465; CASSESE S., op. cit., p. 105, 338-341; ROMANELLI R., in ROMANELLI R. (a cura di), op. cit., pag. 133. (51) In questo senso, con specifico riferimento alla fase di passaggio dal Regno sardo-piemontese al Regno dItalia, cfr. ROMANO S., op. cit., pagg. 199-206. Dello stesso avviso e in termini pi ampi fino alla nascita della Repubblica: cfr. BISCARETTI DI RUFFIA P., op. cit., pagg. 70- 76; CASSESE S., op. cit., pp. 327-368; CERETI C., op. cit., pag. 33, 39; CRISAFULLI V., op., cit., pagg. 110-141; LAVAGNA C., op. cit., pag., 98-98; PALADIN L., op. cit., pagg. 75-103. A parte lo Statuto del 1848, che divenne la costituzione del Regno dItalia, altri segni di continuit possono essere rinvenuti nel fatto che il Re mantenne la numerazione progressiva del titolo reale derivante dalloriginaria investitura, che la prima Legislatura del Regno dItalia fosse in realt la VIII - secondo la numerazione derivante dal Parlamento subalpino - e il al fatto che rimasero in vigore i trattati stipulati dal Regno di Sardegna, ma non quelli degli altri Stati italiani pre-unitari. Persino la deliberazione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 gono che le sue origini vadano ricercate nella nascita del Regno sardo-piemontese il quale, con successive incorporazioni territoriali, divenne Regno dItalia e successivamente Repubblica italiana. Il 17 marzo del 1861 non sorse, quindi, un nuovo Stato, n tantomeno ci accadde con le leggi di costituzionalizzazione (1925, 1928 e 1939) del Regime fascista o con il voto del Gran Consiglio del 25 luglio 1943, che diede la stura alla fase di transizione e poi a quella costituente, il tutto caratterizzato da una continuit istituzionale che la XV e XVII disposizione transitoria della Costituzione repubblicana hanno poi ratificato. Semmai, occorrerebbe innanzitutto individuare il momento della nascita del Regno sardo-piemontese: che non n il 1848 (data in cui Carlo Alberto concesse lo Statuto quale legge fondamentale del Regno che sarebbe divenuta la Costituzione del Regno dItalia), n il 1720 (data in cui Vittorio Amedeo II di Savoia acquis il Regno di Sardegna affiancandolo agli altri suoi possedimenti di terra ferma, fra i quali in primo luogo il Principato del Piemonte ed il Ducato di Savoia). La data , molto pi verosimilmente, il 27 novembre del 1847, quando una delegazione del Parlamento del Regno di Sardegna, recatasi a Torino, formalizz al Re la rinuncia alla secolare autonomia dellIsola e la richiesta della fusione perfetta (politica, finanziaria e amministrativa) con gli Stati della terra ferma: in quel momento che cess di esistere quella che potrebbe essere definita (anche se con le dovute accortezze) una mera Unione luglio del 1943 garant una continuit istituzionale, non forzata dal fatto che in un secondo momento il Re, ai sensi dellart. 5 e 6 dello Statuto e dellart. 2 della legge (fascista) 2263 del 1925 (Il Capo del Governo nominato e revocato dal Re), nomin il nuovo Primo Ministro senza prima consultare quellorganismo come, invece, stabilivano gli articoli 12 e 13 della legge 2693 del 1928 e ci proprio in forza dellampio mandato attribuitogli dallordine del giorno Grandi. Anche la Luogotenenza, nonostante gli inconsueti ampi poteri attribuiti nella circostanza al Luogotenente, garant la continuit istituzionale per il tramite dei due decreti legislativi luogotenenziali n. 151 del 1944 e 98 del 1946, che aprirono la strada al referendum istituzionale e allelezione dellAssemblea costituente e, quindi, alla fase repubblicana. Il Pergolesi, bench individui il 17 marzo del 1861 come la data formale della nascita del nuovo Stato italiano, sostiene la continuit dellordinamento statuale fino al regime repubblicano compreso: cfr. PERGOLESI F., op. cit., pagg. 18-55. Singolare, invece, la posizione del Mortati che, inizialmente, fu sostenitore della tesi della discontinuit. Egli, infatti - identificando lo Stato con la Costituzione materiale (intesa appunto come principio organizzativo dello Stato) e questultima come linsieme delle forze politiche dominanti ordinate intorno ad uno scopo, cio a valori politici fondamentali, ovvero i ...ceti dominanti le cui influenze poggiano su istituzioni sociali, economiche, religiose, culturali (MORTATI C., Istituzioni ed. 1962, op. cit., pagg. 77-78) - individu almeno due soluzioni di continuit nella storia delle istituzioni italiane: il 17 marzo 1861, nascita del nuovo Regno dItalia rispetto al Regno sardo-piemontese, e il colpo di stato del 25 luglio 1943 che apr la strada alla fase transitoria e costituente: cfr. MORTATI C., Istituzioni ed. 1962, op. cit. pag. 142, 153 159. In un secondo momento, lillustre costituzionalista ader alla tesi della continuit istituzionale rilevando che la costituzione materiale italiana, ovvero gli assetti politici, economici e sociali riconducibili alle lite dominanti, non fossero in realt mutati nel passaggio dal regime liberale a quello fascista e da questultimo al regime repubblicano e che la prova di ci fosse da rinvenire nella ritardata e incompleta attuazione dei principi costituzionali a pi di ventanni dallentrata in vigore della Carta repubblicana: cfr. MORTATI C., Istituzioni ed. 1975, op. cit., pag. 81-95. Per un approfondimento sul concetto di Costituzione materiale cfr. MORTATI, La Costituzione, op. cit. DOTTRINA 343 reale (52) per lasciare il posto ad uno Stato unitario (nuovo). Le prefetture, per come le conosciamo oggi, nascono poco pi tardi, con la legislazione Rattazzi del 1859 (53) - ma va ricordato che i piemontesi gi le avevano sperimentate nel 1807 nel c.d. Regnum Sardiniae (54) - e da quel momento sono divenute il principale strumento per lunitaria gestione politico-amministrativa del nuovo Stato. SECONDA OSSERVAZIONE: essendo le prefetture funzionali a garantire la sicurezza interna della Stato, nellambito del sistema della sicurezza nazionale come disciplinato dalla legge 124 del 2007, esse afferiscono direttamente alla struttura dello Stato di guisa che una loro modifica, finanche una loro soppressione, per mano referendaria determinerebbe improvvise - e non ammissibili - lacune di sistema. Anche in un sistema democratico, in cui risulta fondante il principio della trasparenza nellattivit dello Stato e dei rapporti fra questultimo e i cittadini, i segreti sono il male necessario ai fini di unefficace difesa della Res publica da attacchi esterni o interni (55). di strettissima attualit la considerazione per la quale le minacce cui soggetto uno stato moderno prendano forme imprevedibili e difficilmente sussumibili nellambito di una legislazione penale capace solo di (in)seguire levoluzione - anche tecnologica - dei vari agenti di rischio. Il nostro codice penale si limita, allora, a prefigurare fattispecie dai contorni labili, le quali costituiscono, tuttavia, largine, in termini di diritto positivo, assolutamente in (52) Per Unione reale va intesa la riconducibilit istituzionale di pi titoli, legittimanti al governo di pi Stati, ad una stessa Casa regnante, come ad esempio avvenne per i titoli di Re dItalia e Re dAlbania nel 1939: cfr. ROMANO S., op. cit., pagg. 95-100. Per una sintesi storica degli eventi cfr. ALLEGRETTI U., op. cit., pagg. 397-398. Sul concetto di Unione reale cfr. altres GROPPALI A., op. cit., pag. 249. (53) che prevedeva la suddivisione del Regno di Sardegna in province, circondari, mandamenti e comuni. A capo di ogni provincia era posto un Governatore poi rinominato Prefetto con il regio decreto 260 del 1861: sulla nascita dellordinamento prefettizio cfr. ALLEGRETTI U., op. cit., 456-484; CASSESE S., op. cit., pagg. 54-56, 97-107, 115-145; MELIS G., op. cit., pp. 15-113; ROMANELLI R., in ROMANELLI R. (a cura di), op. cit., pp. 126-143. (54) Pi nel dettaglio, listituto delle prefetture fu sperimentato dai Savoia gi agli inizi del 1800, proprio nei possedimenti di oltremare costituenti il Regno di Sardegna. Ancora prima, peraltro, nel- lagosto del 1776, il Vicer sabaudo Ferrero della Marmora interess il ministro Cordara di Calamandrana con una proposta d'istituzione delle prefetture in Sardegna. La risposta, interlocutoria, datata 9 aprile 1778 e giunse a Cagliari da Torino (dalla Segreteria di Stato per gli Affari di Sardegna), ma bisogner aspettare al 1807 quando Carlo Felice, con il regio editto del 4 maggio, suddivise la Sardegna in 15 Prefetture, con a capo un Prefetto, ridotte poi a 10 nel 1821. I due documenti del 1776 e del 1778 sono consultabili presso l'Archivio di Stato di Cagliari, rispettivamente in Segreteria di Stato, I serie, voI. 299, ff. 177-180 v. in Segreteria di Stato, I serie, voI. 48, f. 77-97 v. Sono, altres, consultabili sul sito istituzionale della Prefettura di Oristano nella sezione Documenti storico - giuridici. (55) BOBBIO N., Democrazia e Segreto, Einaudi, Torino, 2011; MORRONE A., Il nomos del Segreto di Stato, in ILLUMINATI G. ED ALTRI, Nuovi profili del segreto di Stato e dellattivit di intelligence, Giappichelli, Torino, 2010. valicabile, per la difesa dello Stato: attentati contro lintegrit, lindipendenza e lunit dello Stato (art. 241 c.p.), associazioni sovversive (art. 270 c.p.) o con finalit di terrorismo anche internazionale o di eversione dellordine democratico (art. 270 bis), attentato per finalit terroristiche o di eversione (art. 280 c.p.), attentato contro la Costituzione dello Stato (art. 283 c.p.) etc fuor di dubbio che nelleventualit in cui tali reati risultassero commessi, anche a livello di tentativo, si verificherebbe un danno allordinamento giuridico e nulla resterebbe da fare se non lasciare campo libero allattivit della magistratura per la necessaria opera di repressione. Talvolta, per, residua un ampio spazio allazione preventiva che lo Stato svolge tramite un proprio Sistema (o Organizzazione) a difesa della sicurezza nazionale. Naturalmente, in un qualsiasi ordinamento democratico, lattivit degli Apparati di sicurezza sottoposta al controllo politico che, nel caso del- lItalia, svolto, ai sensi della legge 124 del 2007: dal Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (56), composto dal Presidente del Consiglio e dai principali ministri del Governo (Affari esteri, Interno, Difesa, Giustizia, Economia e finanze e Sviluppo economico), il quale, ovviamente, a sua volta legato dal rapporto fiduciario con il Parlamento; dal Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (57), il quale assicura il diretto controllo parlamentare delle Camere sul funzionamento del Sistema per la sicurezza nazionale. Detta Organizzazione , in estrema sintesi, costituita da molteplici Organismi e Uffici: lOrgano nazionale alla sicurezza, che fa capo al Dipartimento per le Informazioni della Sicurezza presso la Presidenza del Consiglio, lUfficio centrale per la Segretezza, istituito nellambito del citato Dipartimento, e gli Organi centrali e periferici di sicurezza, prevalentemente facenti capo alle compagini ministeriali. Una lettura combinata della legge 124 del 2007 e del d.P.C.M. 22 luglio 2011 (58) consente di evidenziare che presso ciascuna Amministrazione dello Stato possono essere istituiti organismi centrali e periferici deputati alla trattazione (produzione, ricezione e trasmissione) di informazioni necessarie per la sicurezza nazionale; informazioni alle quali lordinamento assicura elevati standard di riservatezza sia in fase di custodia e trattazione che di trasmissione, attraverso quelli che lart. 50 del citato d.P.C.M. definisce materiali e documentazione COMSEC.., ovvero ... gli algoritmi e le logiche crittografiche, le apparecchiature ed i sistemi crittografici, le chiavi di cifratura, nonch (56) Art. 5 legge 124 del 2007. (57) Artt. 30 ss. legge 124 del 2007. (58) Recante Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate. DOTTRINA 345 le relative pubblicazioni, atti a garantire la sicurezza delle informazioni classificate trasmesse con mezzi elettrici o elettronici. In tale contesto, Ministero dellinterno e prefetture rappresentano una delle principali dorsali, se non la principale, per gli aspetti della sicurezza interna dello Stato, tantՏ che le stesse sono citate, a mo di esempio, dal d.P.C.M. 12 giugno 2009, n. 7/2009 (59) fra gli organismi cui conferito il potere di apporre i diversi livelli di classifica di segretezza (che vanno dal riservato al segretissimo, passando per il riservatissimo e il segreto) a documenti, atti, attivit, cose e luoghi, con la conseguente responsabilit di gestione degli stessi. Nella dorsale territoriale del Sistema della sicurezza nazionale la principale cinghia di trasmissione , per precisa scelta ordinamentale, costituita dalle Prefetture: e ci nonostante sia il Ministero dellInterno (per il tramite delle Questure e dei Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco) sia altre Amministrazioni (si pensi allArma dei Carabinieri, per il tramite dei Comandi Provinciali o di Compagnia) abbiano una presenza sul territorio parimenti - o, addirittura ancor pi - capillare. La motivazione, difatti, non risiede nella mera capillarit sul territorio, come se lambito provinciale fosse ritenuto ex se il terreno di elezione per un esercizio equilibrato del ruolo di sentinella che pure necessario nella funzione di cui si discute; le ragioni debbono, invece, essere tratte in considerazioni, pi ampie, di natura ordinamentale: non solamente, infatti, il prefetto (titolare della prefettura), avendo la responsabilit generale dellordine e della sicurezza pubblica (60) e poteri di coordinamento delle Forze di Polizia, rappresenta il collante tra gli ambiti di competenza, luno funzionale allaltro, della sicurezza pubblica e della sicurezza nazionale (61), ma soprattutto unAutorit civile, la cui nomina in tutto e per tutto politica nel senso nobile del termine, in quanto originata dal Consiglio di Ministri: mutata la visione prospettica, si pu anche sostenere che costituisce garanzia di democraticit il fatto che i prefetti rispondano direttamente e fiduciariamente al Governo della Repubblica e per il suo tramite al Parlamento - dello svolgimento di delicatissimi compiti connessi alla sicurezza pubblica e alla sicurezza e alla difesa dello Stato. Ma se cos , si pone la domanda se sia o meno costituzionalmente ammissibile sopprimere demble, per via referendaria, le prefetture senza la previsione di una valida organizzazione alternativa e con il pericolo di determinare un vuoto di sistema. E ad essa se ne aggiunge unaltra ovvero se (59) Recante Determinazione dellambito dei singoli livelli di segretezza, dei soggetti con potere di classifica, dei criteri dindividuazione delle materie oggetto di classifica nonch dei modi di accesso nei luoghi militari o definiti di interesse per la sicurezza della Repubblica (Decreto n. 7/2009). (60) Ai sensi dellart. 13 della legge 121 del 1981, che la proposta referendaria mirerebbe appunto ad abrogare. (61) Che sono tra loro connessi nel senso che buone politiche di sicurezza pubblica elevano i livelli di efficienza delle azioni in tema di sicurezza nazionale e viceversa. sia giusto chiamare i cittadini ad esprimersi su unistituzione la cui attivit pu essere, per ragioni di riservatezza funzionali alla sicurezza delle istituzioni repubblicane, fino ad un certo punto resa nota. In altri termini un qualsiasi quesito referendario volto allabolizione delle prefetture potrebbe presentare - anche sotto questo profilo - quegli stessi limiti intrinseci, in termini di chiarezza e unitariet, sistematicamente vagliati dalla Corte Costituzionale? Oppure - e ancor meglio - la materia della sicurezza interna dello Stato, per quanto sicuramente soggetta alla discrezionalit del legislatore nella sua declinazione concreta, non dovrebbe essere tuttavia annoverata nella nozione cui faticosamente pervenuta la giurisprudenza costituzionale in occasione della sentenza n. 45/2005 in merito alle leggi costituzionalmente necessarie: quelle leggi, cio, intangibili in sede referendaria ove considerate nella loro interezza - non potendosi determinare pericolose lacune normative in determinati ambiti - ma sicuramente soggette al generale e insopprimibile potere referendario in merito a scelte puntuali in esse contenute? Le pagine che hanno preceduto forniscono, ad avviso di scrive, molteplici argomentazioni per rispondere, con un ragionevole margine di serenit, a tali interrogativi. 3.2. Seconda ipotesi di analisi: prefetture e persona reale dello Stato nella concezione di Donato Donati (62). nota la tesi del Donati secondo cui ... la sostanza della persona reale dello Stato formata dal complesso dei suoi funzionari, in quanto tali, vale a dire da ci che suol chiamarsi lorganizzazione statale (63). Ed ancora: Sostanza della persona statale devono dirsi i pubblici funzionari. Soltanto si ha, che i cittadini, nel loro complesso integrale o in un complesso pi limitato, sono a loro volta assunti a funzionari pubblici (64). Non importa soffermarsi sulla questione teorica se per funzionari dello (62) Donato Donati (Modena 1880 - Padova 1946) fu professore di Diritto costituzionale a Camerino (1907), poi a Sassari, Macerata, Parma e infine a Padova (1919), dove nel 1938 fu costretto ad abbandonare la cattedra per motivi razziali: fu reintegrato dal 1944. Divenne socio corrispondente dei Lincei (1935-38, 1945). (63) DONATO D., op. cit., pag. 12. (64) DONATO D., op. cit., pag. 19. Assonanze con la tesi di Donati si ritrovano nella teoria dellAutorit di Kojve, che definisce governanti e funzionari come il supporto reale dello Stato. In realt, per, il filosofo russo considera lo Stato come unEntit ideale (e non gi reale) dotata di Autorit, questultima a sua volta definita come ... possibilit che un agente ha di agire sugli altri (o su un altro), senza che questi altri reagiscano nei suoi confronti, pur essendo in grado di farlo..: KOJVE A., op. cit., p. 20. Per Kojve lAutorit si esercita nello Stato mediante un autorit politica, la quale esercita un potere politico e che si attualizza per il tramite di individui o gruppi che, detenendo materialmente il potere, costituiscono appunto il ... supporto reale dello Stato. Per Kojve, infine, lautorit politica reale pu essere: a) autonoma: quella del Capo individuale o collettivo dello Stato; dipendente: quella del funzionario individuale o collettivo, che la esercita in funzione di quella del Capo. Cfr. KOJVE A., op. cit. pp.76-78. Critico con la tesi del Donati GROPPALI A., op. cit., pagg. 112-113, 160, 179, 256-257. DOTTRINA 347 Stato, secondo la ricostruzione donatiana, debbano oggi intendersi solo quelli onorifici, ovvero i governanti, o anche gli appartenenti alle strutture amministrative; se, in altri termini, costituiscano la persona reale dello Stato solo i titolari degli Uffici di rappresentanza politica oppure anche quelli che generalmente sono soliti rientrare nella pi ampia categoria giuridica del pubblico impiego. Ed infatti, quali che siano i confini di tale insieme concettuale, in esso rientrano certamente alcuni dei soggetti di cui allart. 1 del decreto legge 2002, n. 83 (65), ovvero le alte personalit istituzionali nazionali..., nonch le persone ... che per le funzioni esercitate o che esercitano o per altri comprovati motivi, sono soggette a pericoli o minacce, potenziali o attuali, nella persona propria o dei propri familiari, di natura terroristica o correlati al crimine organizzato, al traffico di sostanze stupefacenti, di armi o parti di esse, anche nucleari, di materiale radioattivo e di aggettivi chimici e biologici o correlati ad attivit di intelligence di soggetti od organizzazioni estere. Per la loro protezione lordinamento stabilisce che siano apprestate specifiche misure sulla base delle direttive impartite dal Ministro dellinterno, sentito il Comitato nazionale dellordine e della sicurezza pubblica e dintesa con la Presidenza del Consiglio (art. 1, comma secondo, decreto legge 83 del 2002) (66). A tal fine il Ministro coadiuvato, a livello centrale presso il Dipartimento della Pubblica sicurezza, dallUfficio centrale per la sicurezza personale (UCIS) e, a livello periferico nellambito delle prefetture-Utg, dallUfficio provinciale per la sicurezza personale, questultimo con compiti di raccolta ed analisi preliminare delle informazioni relative a situazioni personali a rischio, comunque acquisite a livello locale, nonch di raccordo informativo con lUCIS e con gli altri uffici interessati (67). Prosegue la legge stabilendo che per le esigenze del predetto Ufficio provinciale il prefetto convoca e presiede apposite riunioni di coordinamento, alle quali partecipano il questore ed i comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, nonch, con funzioni di segretario, il funzionario preposto all'Ufficio per la sicurezza, che cura la connessa attivit preparatoria ed istruttoria. Per le questioni di sicurezza relative a magistrati partecipa anche il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello competente per territorio. Per la sicurezza di altre personalit, il prefetto pu altres invitare alle riunioni le autorit eventualmente interessate alla questione. Sulla base delle valutazioni espresse nelle predette riunioni, il prefetto (65) Recante Disposizioni urgenti in materia di sicurezza personale ed ulteriori misure per assicurare la funzionalit degli uffici dellAmministrazione dellinterno (convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133). (66) Il comma terzo dello stesso articolo stabilisce che per ... specifiche circostanze e casi determinati il Presidente del Consiglio dei Ministri, dintesa con il Ministro dellinterno, pu definire modalit differenziate in ordine alla tutela e alla protezione di cui al comma 1. (67) Art. 5, comma 1, del decreto legge n. 83 del 2002. formula all'UCIS proposte motivate sull'adozione, sulla modifica e sulla revoca delle misure di protezione e di vigilanza (68). Alla luce di tale normativa si pone la questione se, nellambito di una teoria realista sulla natura dello Stato, con particolare riferimento allesperienza positiva italiana, le prefetture siano in qualche modo funzionali alla salvaguardia della struttura o, per usare i termini del Donati, della sostanza dello Stato. In ultima analisi, anche in questo, come nel precedente paragrafo, la questione se listituto referendario possa eliminare unistituzione cos fortemente connessa, si potrebbe dire organica, con linteresse primario dello Stato ad esistere - attraverso i propri funzionari - ed, esistendo, ad esercitare le proprie funzioni. 4. Conclusioni. Queste pagine hanno tentato di evidenziare il problema costituzionale dellammissibilit del referendum abrogativo delle prefetture, senza tuttavia spingersi sino ad una difesa preconcetta e ideologica dellistituto: il problema non se il legislatore, tramite quella ponderatezza di giudizio che i tempi e le fasi del procedimento legislativo consentono, possa o meno pervenire ad una riforma (69) e finanche ad un radicale superamento delle prefetture, bens se questa soluzione possa essere perseguita con lo strumento referendario. Esso, infatti, potrebbe non consentire al popolo una valutazione completa delle conseguenze di una decisione abrogativa e ci per la sussistenza di delicate competenze non conoscibili ai pi, in quanto svolte dalle Prefetture allinsegna della assoluta riservatezza. Ma nei paragrafi che precedono si cercato, altres, di abbozzare una riflessione sulle prefetture che vada al di l dei tradizionali parametri di riferimento offerti dal Diritto amministrativo, utilizzando categorie di analisi dei fenomeni giuridici tipiche del Diritto costituzionale e della Teoria generale dello Stato. Un discorso appena abbozzato, dunque, ma che vuole rappresentare una richiesta di soccorso rivolta al mondo accademico ed agli operatori del settore per verificare lipotesi di uninterpretazione in chiave costituzionale di una vicenda, quella delle prefetture, che dagli albori dello Stato italiano conduce direttamente sino a noi. (68) Art. 5, comma 1, del decreto legge n. 83 del 2002. (69) La conferma della piena legittimit di un percorso che possa portare anche ad un pieno superamento delle prefetture ci viene dalla pi stretta attualit: pende, infatti, al Senato (AS 1577) un disegno di legge delega al Governo per la Riforma della Pubblica Amministrazione nellambito della quale affrontato anche il tema della razionalizzazione e della riforma delle Prefetture, che pare preludere ad una loro profonda trasformazione. Nel corpo di tale proposta normativa non mancano, tuttavia, disposizioni specifiche per la riallocazione delle competenze che, a tuttoggi, sono esercitate dalle prefetture-Utg. DOTTRINA 349 BIBLIOGRAFIA 1. ALLEGRETTI U., Profilo di Storia costituzionale italiana. Individualismo e assolutismo nello Stato liberale, il Mulino, Bologna, 1989; 2. BALLADORE PALLIERI G., Dottrina dello Stato, II ed., CEDAM, Padova, 1998; 3. BARBERA-MORRONE, La repubblica dei referendum, Bologna, 2003, 228; 4. 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