ANNO LXII - N. 4 OTTOBRE - DICEMBRE 2010 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Maurizio Fiorilli - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Maria Vittoria Lumetti - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Antonella Quirini HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giuseppe Albenzio, Mario Capolupo, Ignazio Francesco Caramazza, Dorian De Feis, Roberto De Felice, Enrico De Giovanni, Michele Gerardo, Gianni Letta, Sara Lucia, Grazia Matteo, Adolfo Mutarelli, Gabriella Palmieri, Carmela Pluchino, Jacopo Polinari, Marina Russo, Massimo Salvatorelli, Agnese Soldani, Daniele Spuri, Marco Stigliano Messuti, Barbara Tidore, Dalida Torsello, Francesco Vignoli, Mariagiovanna Zubbo. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 antonella.quirini@avvocaturastato.it - tel. 066829205 ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Insediamento dellAvvocato Generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza. Intervento del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dott. Gianni Letta - Roma, 14 ottobre 2010 - Sala Vanvitelli, Palazzo S. Agostino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Discorso di insediamento dellAvvocato Generale Ignazio Francesco Caramazza, Roma, 14 ottobre 2010 - Sala Vanvitelli, Palazzo S. Agostino . Codice del processo amministrativo - Circolare A.G.S. n. 52/2010 del 29 settembre 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Svolgimento della funzione consultiva - Circolare A.G.S. n. 53/2010 del 12 ottobre 2010. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Mario Capolupo, Limiti allaccesso per i pareri legali dellAvvocatura dello Stato (Cons. St., Sez. VI, sent. 30 settembre 2010 n. 7137). . . . . . CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Dalida Torsello, Evoluzione e problematicit del diritto di accesso ambientale nellordinamento comunitario e nazionale. . . . . . . . . . . . . . . . . CONTENZIOSO NAZIONALE Maurizio Borgo, La censura della Consulta sulla acquisizione sanante dellart. 43 del T.U.Espropri (C. cost., sent. 8 ottobre 2010 n. 293) . . . . Roberto De Felice, Sara Lucia, Un duplice commento alla decisione 22 gennaio n. 1170 della Cassazione tributaria. Litisconsorzio necessario in caso di contenzioso a carico di una societ di persone. Procedimento di prevenzione nella legislazione antimafia e sua opponibilit al Fisco (Cass., Sez. V, sent. 22 gennaio 2010 n. 1170). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Grazia Matteo, Mariagiovanna Zubbo, Alloggio di servizio e casa coniugale (Trib. Bari, Sez. Altamura, ord. 11 maggio 2010; Trib. Bari, Sez. II civ., ord. 11 maggio 2009) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco Vignoli, Ammissibilit della costituzione di parte civile nei confronti dellente imputato ex d.lgs. n. 231/01 (Trib. Milano. Sez. IV pen., ord. 16 settembre 2010) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 6 24 47 49 59 87 101 116 132 PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Gabriella Palmieri, Accise sui tabacchi. Il depositario, che fruisce del regime di sospensione dallaccisa, responsabile in caso di ammanco, da equiparare alla immissione in consumo - AL 46391/08 . . . . . . . . . . . . . . Agnese Soldani, Rito del lavoro: sulle conseguenze non decadenziali della notifica effettuata oltre il termine ordinatorio di 10 giorni prescritto dallart. 435, comma 2, c.p.c., (ma entro il termine a comparire di 25 giorni prescritto dal comma 3) per la notifica del ricorso in appello e del decreto di fissazione delludienza - AL 38942/09. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Stefano Varone, Sullassunzione del patrocinio da parte dei docenti universitari a tempo definito in controversie contro le amministrazioni di appartenenza - AL 42048/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Carmela Pluchino, Applicabilit della normativa in materia di Documento Unico di Regolarit Contributiva (DURC) alle acquisizioni in economia di beni, servizi e lavori i sensi dellart. 125 D.lgs 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici) - AL 15682/10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Massimo Salvatorelli, Patrocinio extra districtum degli avvocati e procuratori dello Stato. Proposta per lautorizzazione alla trattazione di giudizio incidentale dinanzi alla Corte costituzionale - AL 24626/10 . . . . . Barbara Tidore, Legge quadro per lassistenza, lintegrazione sociale e i diritti delle persone handicappate: applicazione delle agevolazioni previste dallarticolo 33 comma 3 della legge 104/92 - AL 29102/10 . . . . . Dorian De Feis, Transazioni commerciali: non pu considerarsi usuraio il tasso dinteresse direttamente stabilito dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231; per le cessioni di beni e servizi allo Stato lobbligo del pagamento dellIVA diviene esigibile allatto dei relativi pagamenti; la parte soccombente in giudizio non tenuta al rimborso dellIVA sullonorario legale ove la parte vittoriosa assistita sia a sua volta soggetto I.V.A - AL 33552/10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Albenzio, Pubblico impiego contrattualizzato. Restitutio in integrum relativa a periodi di sospensione obbligatoria dal servizio conseguente alladozione di misure restrittive della libert personale - AL 90/06 Marina Russo, Testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni. Pagamenti nei confronti delle societ cessionarie in caso di fallimento della societ cedente: spettanza dei crediti ceduti - AL 6569/10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Enrico De Giovanni, Istanze di rimborso delle spese legali ex art. 18 D.L. n. 67/97. Proscioglimento ex art. 425 comma 3 cod. proc. pen.. Spettanza - AL 36023/10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 137 141 156 158 162 164 166 170 172 176 Marco Stigliano Messuti, Responsabilit esclusiva del Dirigente per le sanzioni amministrative irrogate per violazione della normativa in materia di tutela della salute dei non fumatori. Non addebitabilit allAmministrazione di appartenenza - AL 12531/10 . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Michele Gerardo, Adolfo Mutarelli, Indagine sul processo civile in Italia. Irragionevole durata del processo e possibili ragionevoli linee di intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Jacopo Polinari, La possibile deflazione delle controversie amministrative. Transazione e altri mezzi di prevenzione e/o risoluzione. Premesse ad uno studio sullarbitrato nel diritto amministrativo . . . . . . . . . . . . . . Francesco Vignoli, Il creditore erariale dissenziente al concordato preventivo. Spunti di riflessione tratti dalla giurisprudenza del Tribunale di Monza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 181 185 268 314 T E M I I S T I T U Z I O N A L I Insediamento dellAvvocato Generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza Intervento del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dott. Gianni Letta Roma, 14 ottobre 2010 Sala Vanvitelli, Palazzo S. Agostino Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente della Camera, Signora Vice Presidente del Senato, Signori Ministri, Autorit. Nel portare oggi il saluto del Governo e mio personale al nuovo Avvocato Generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza, desidero vivamente rallegrarmi per una scelta felice, da tutti condivisa. Rivolgo, inoltre, un sincero ringraziamento all'Avvocato Fiumara e agli eminenti predecessori che, nel corso del tempo, hanno rivestito questa prestigiosa carica. Illustre Avvocato Generale, nel corso di un lunga carriera al servizio delle Istituzioni, ricca di riconoscimenti, Ella ha avuto modo di evidenziare qualit professionali sempre spiccate. Dal 1964 nell'Avvocatura dello Stato - Istituto da Lei coordinato per dieci anni come Segretario generale -, non vi giurisdizione ove non abbia sostenuto con successo la difesa erariale nei pi delicati processi. Ha, inoltre, operato sia in ambito internazionale, prestando la Sua consulenza a prestigiosi organismi delle Nazioni Unite, sia a livello di Governo, ricoprendo l'incarico di Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno. E' stato un impegno fecondo che, in altri ruoli, prosegue anche oggi. In questo momento, ad esempio, Ella sta dando alla Presidenza del Consiglio dei 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ministri - e in primo luogo a me - un contributo molto importante quale Vice Presidente della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. Nel ringraziarLa per il Suo aiuto, colgo l'occasione per estendere un sincero ringraziamento all'intera Avvocatura dello Stato, che assicura una preziosa funzione di supporto giuridico alle pubbliche amministrazioni. Quella dell'Avvocato dello Stato - come ebbe modo di ricordare un altro grande Avvocato Generale dello Stato, Giorgio Zagari -, una figura peculiare, che partecipa, ad un tempo, della natura dell'avvocato, di quella del funzionario e, sotto un certo profilo, anche di quella del magistrato. Analoghe riflessioni riecheggiavano, ancor prima, in un dibattito parlamentare della fine dell'Ottocento. Come gli altri protagostisti del Foro, l'Avvocato dello Stato in primo luogo un avvocato e deve impiegare le sue elevate competenze tecniche per conseguire un risultato processuale. Si tratta, tuttavia, di un'attivit di difesa legale con connotati particolari, perch per un verso essa affidata a uno specifico ufficio statale al servizio esclusivo degli interessi pubblici - e in questo l'Avvocato dello Stato opera come un pubblico funzionario -, mentre, per altro verso, esercitata in posizione di indipendenza funzionale rispetto alle autorit politiche, e ci avvicina l'Avvocato erariale al magistrato. Questi caratteri singolari hanno avuto modo di manifestarsi pienamente nel corso della storia dell'Avvocatura, ma erano rinvenibili con chiarezza gi nei lineamenti fondativi dell'Istituto. Quanto alla posizione di indipendenza funzionale, ad esempio, gi il primo Avvocato Generale dello Stato - Giuseppe Mantellini - nel suo celebre Decalogo invitava i suoi Avvocati dello Stato, "nel trattare gli affari erariali" a essere "prima giudici che avvocati". Parimenti, l'assunzione diretta da parte dello Stato della rappresentanza e difesa in giudizio delle pubbliche Amministrazioni, affidata ad un particolare corpo di avvocati pubblici, era un carattere gi rinvenibile nell'Avvocatura regia del Granducato di Toscana, sul cui modello venne concepita l'Avvocatura erariale italiana. Questi elementi, pur importanti, non sono, tuttavia, sufficienti a descrivere compiutamente l'Avvocatura dello Stato. Occorre, infatti, fare cenno anche ad un altro fondamentale profilo che, anch'esso, caratterizza l'Istituto sin dalla sua nascita: l'essere un organismo, ad un tempo, unitario, per assicurare indirizzi omogenei alla difesa erariale in tutta l'Italia, e, contemporanemante, articolato sul territorio, a presidio delle diverse realt locali che connotano il nostro Paese. Sotto questo profilo l'Avvocatura venne configurata, sin dal suo regolamento istitutivo del 1876, come organismo dotato di elevate competenze tecniche, che fosse coordinato a livello centrale, ma in grado di conoscere, TEMI ISTITUZIONALI 3 attraverso la rete delle Avvocature distrettuali, le specifiche esigenze locali. Se questi sono i caratteri che contraddistinguono da sempre l'Avvocatura dello Stato, sorprendente notare quanto essi risultino attuali. Si considerino, in particolare, le due principali tendenze evolutive che caratterizzano il nostro ordinamento: l'una, in senso orizzontale, che si esprime attraverso quel processo di valorizzazione e incremento delle competenze regionali e locali, culminato nella modifica del Titolo V della Costituzione; l'altra, in direzione verticale, nel senso di ampliare progressivamente i livelli di integrazione del nostro ordinamento con realt sopranazionali e internazionali. Quanto al primo aspetto, in un ordinamento che si avvia ad assumere un assetto federale, l'Avvocatura dello Stato, proprio per la sua struttura capillare e la sua posizione di indipendenza, si candida a svolgere un importante ruolo di collegamento e di mediazione fra le diverse Amministrazioni statali e fra queste, le Regioni e gli enti locali, conservando una visione d'insieme degli interessi pubblici. Del resto, sempre nel Decalogo di Mantellini si affidava, con lungimiranza, agli Avvocati dello Stato il compito di essere "pacieri sempre fra Stato e Comuni" - all'epoca principale forma di autonomia locale presente nell'ordinamento -, perch i Comuni "sono parti di Stato". Questo ruolo acquista preminente rilievo soprattutto quando l'Avvocatura dello Stato svolge un'attivit di consulenza legale. Ancor pi della difesa giudiziaria - che comporta, talvolta, soluzioni obbligate -, la consulenza consente di garantire la tutela non tanto e non soltanto dell'interesse contingente e parziale della singola Amministrazione, ma anche degli interessi pubblici generali, realizzando in concreto il principio di legalit. Il suo carattere tecnico consente, dunque, all'Istituto di tutelare gli interessi non solo dello Stato-apparato, ma anche dello Stato-comunit. Riprova di questa attitudine la proficua attivit di assistenza che l'Avvocatura presta anche alle Autorit indipendenti. L'Istituto , inoltre, in grado di svolgere le sue funzioni in relazione alle nuove forme di organizzazione delle attivit di rilevanza pubblica, come le societ per azioni costituite per la privatizzazione di enti pubblici economici e aziende autonome. Questo compito - come si innanzi anticipato - non destinato ad affievolirsi, anzi, si rafforza con l'evoluzione della forma dello Stato in senso federale. La competenza tecnica e la visione unitaria espresse al livello pi elevato dall'Avvocatura dello Stato costituiscono, ad esempio, un indispensabile ausilio nella gestione del contenzioso costituzionale tra lo Stato e le Regioni, al fine, da un lato, di ridurre la conflittualit; dall'altro, di indirizzare lattivit dell'Amministrazione centrale nell'alveo dei principi delineati dalla Corte Costituzionale. Il Vostro Istituto assume, tuttavia, una posizione di rilievo anche rispetto 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 all'altro importante cambiamento che sta interessando la nostra forma di Stato. Lo Stato nazionale, da alcuni decenni, si sta, infatti, evolvendo oltre la sua tradizionale dimensione interna di Stato-comunit e il suo, pur indispensabile, profilo territoriale, per misurarsi e integrarsi sempre di pi con ordinamenti giuridici sovranazionali e internazionali. Occorre, quindi, che lo Stato, nell'esercizio delle proprie funzioni, operi avendo riguardo ad un orizzonte pi ampio di quello interno, perch qualsiasi sua azione ha oggi ripercussioni anche oltre i confini del Paese. Questa evoluzione porta a valorizzare in modo particolare l'apporto dell'Avvocatura dello Stato, che assicura la difesa e la rappresentanza del nostro Paese anche nell'ambito di tali ordinamenti. L'attitudine dell'Istituto, maturata in primo luogo nel contenzioso costituzionale, a considerare in modo unitario e come espressione complessiva lo Stato, gioca un ruolo determinante proprio in questi nuovi ambiti. L'Avvocatura dello Stato partecipa, esprimendo le sue elevate competenze e la sua professionalit, ai processi che si svolgono innanzi alle corti internazionali - come la Corte internazionale di Giustizia e la Corte europea dei Diritti dell'Uomo - in controversie di particolare complessit. Ricordo, di recente, quella sulla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. Un rilievo particolare assume, poi, l'attivit defensionale svolta davanti alla Corte di Giustizia e al Tribunale dell'Unione europea. L'ampliamento del numero degli Stati componenti l'Unione europea a 27 Paesi Membri, l'intensificarsi delle relazioni fra gli Agenti dei rispettivi Governi nazionali e l'entrata in vigore, dal 1 dicembre 2009, del Trattato di Lisbona, hanno reso ancor pi centrale la funzione di rappresentanza degli interessi statali nella fase contenziosa e indispensabile la funzione di raccordo fra la difesa innanzi ai Giudici nazionali e quella innanzi ai Giudici dell'Unione europea. Il ruolo dell'Avvocatura dello Stato altrettanto prezioso nella fase precontenziosa delle relazioni con la Commissione europea, ove occorre rappresentare la posizione nazionale calandola nel peculiare contesto comunitario. Per tutte le ragioni esposte indispensabile che l'Avvocatura dello Stato sia messa nelle condizioni di assolvere con efficacia alle sue delicate funzioni. Nei primi due anni di questo Governo sono stati adottati alcuni provvedimenti di natura organizzativa in favore dell'Avvocatura dello Stato mirati a rendere pi agevole lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali. Ulteriori interventi si rendono, peraltro, necessari. Il Governo non ignora, ad esempio, che la recente riforma del processo amministrativo, cos come le modifiche al codice di procedura civile introdotte con la legge n. 69 del 2009, impongono anche all'Avvocatura dello Stato un significativo onere di adeguamento. Signor Presidente della Repubblica, TEMI ISTITUZIONALI 5 la storia di quasi centoquarant'anni di vita dell'Avvocatura dello Stato conferma che questa Istituzione ha sia le capacit tecniche sia l'attitudine professionale per assolvere, con equilibrio e correttezza istituzionale, alle sue tradizionali funzioni e per svolgere tutti quei nuovi compiti imposti dall'evoluzione dei sistemi giuridici. L'Istituto, con le sue antiche origini - e proprio in ragione di esse -, si rivela particolarmente idoneo a rispondere alle continue modificazioni del nostro ordinamento. Esso, costituisce, oggi come in passato, una risorsa vitale e fondamentale per il Paese. A Lei, Avvocato Caramazza, e a tutti gli Avvocati e Procuratori dello Stato, a quelli che svolgono le proprie funzioni istituzionali a Roma e a quelli che operano in tutte le Regioni d'Italia, al personale dell'Avvocatura, i pi fervidi auguri di buon lavoro. 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Discorso di insediamento dellAvvocato Generale Ignazio Francesco Caramazza Roma, 14 ottobre 2010 Sala Vanvitelli, Palazzo S. Agostino SOMMARIO: 1.- Saluti e ringraziamenti 2.- Origini preunitarie dellIstituto 3.- La regia Avvocatura erariale e lAvvocatura dello Stato 4.- LAvvocatura dello Stato dal 1948 ad oggi 5.- La funzione consultiva 6.- Lorganizzazione interna dellAvvocatura dello Stato e laggiornamento professionale 7.- Attualit e criticit 8.- Il contributo fornito dalla digitalizzazione 9.- Auspici di miglioramento 10.- Conclusioni. 1.- Saluti e ringraziamenti Signor Presidente della Repubblica, a nome di tutta l'Avvocatura dello Stato desidero esprimerLe i sensi della pi viva gratitudine per aver voluto onorare, con la Sua partecipazione, questa cerimonia di insediamento. Siamo particolarmente lusingati che essa si svolga al cospetto del Capo dello Stato, sommo garante della Costituzione e dell'unit nazionale, che si sempre dimostrato attento e sensibile ai problemi del diritto e della difesa dello Stato e delle sue Istituzioni democratiche, nella Sua prestigiosa esperienza di parlamentare e di uomo di Stato. Mi sia anche consentito rivolgere un sentito ringraziamento al Presidente della Camera dei Deputati, al Presidente della Corte Costituzionale, alla Vice Presidente del Senato della Repubblica, al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti emeriti della Corte Costituzionale, ai Ministri, ai giudici costituzionali, al Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, al Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, ai Sottosegretari di Stato e ai Presidenti delle commissioni parlamentari presenti in questa sala. Un ringraziamento fervido ai Presidenti del Consiglio di Stato e della Corte dei conti e al Procuratore Generale della Corte di Cassazione. Un sentito grazie anche agli illustri rappresentanti delle Autorit indipendenti ed al Capo di Stato Maggiore della Marina che rappresenta il Capo di Stato Maggiore della Difesa. Un grato saluto a tutti i magistrati presenti, a tutte le altre Autorit civili e militari, al Presidente del Consiglio Nazionale Forense ed a tutti i colleghi del libero foro, cui tanti e profondi legami di comune milizia forense ci legano, a tutti i colleghi dell'Avvocatura dello Stato con sentimenti di stima ed amicizia. TEMI ISTITUZIONALI 7 Saluto, ancora, con simpatia le organizzazioni sindacali del personale togato e non togato e con affetto tutto il personale amministrativo dellAvvocatura dello Stato. Un grato saluto, infine, a tutti coloro che hanno voluto, con la loro presenza, onorare questo Istituto. Un sentimento di sincera e particolare gratitudine, desidero esprimere a Lei, signor Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la fiducia che mi stata accordata con la nomina a questa carica e per le lusinghiere parole che ha voluto rivolgere allIstituto ed a me personalmente, che costituiscono, per me e per tutti coloro che operano nellAvvocatura, un ambto riconoscimento del nostro impegno professionale ed uno stimolo per la nostra attivit futura. Un omaggio di stima, di amicizia e di affetto vorrei da ultimo, ma non certo per ultimo, indirizzare agli Avvocati Generali che mi hanno preceduto nella carica, e che con saggezza e prestigio hanno in questi anni del nuovo secolo guidato l'Istituto: Luigi Mazzella, gi Ministro della funzione pubblica e ora giudice della Corte Costituzionale, e Oscar Fiumara, che da ultimo ha retto il nostro Istituto e al quale ho l'onore ed il privilegio di succedere. Nella solennit che a questa cerimonia conferisce la presenza del Capo dello Stato, nelle parole del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella partecipazione di tante Autorit, di tanti illustri personaggi e colleghi, mi sia consentito cogliere un augurio di buon lavoro. Un augurio che mi particolarmente gradito per la consapevolezza che ho della gravit dei miei compiti e delle responsabilit che assumo verso le Istituzioni dello Stato e verso la Comunit nazionale. 2.- Origini preunitarie dellIstituto LAvvocatura dello Stato - una delle pi antiche istituzioni dello Stato unitario - rappresenta originale soluzione di uno dei grandi problemi posti dallassoggettamento dello Stato al giudizio dei suoi giudici, capitolo quanto mai delicato della giustizia amministrativa, non comprensibile - come insegnava Mario Nigro - se non attraverso la storia. Mi sia consentito dunque un breve riferimento al passato, necessario per comprendere il presente e forse anche azzardare qualche accenno al futuro. Il problema dello Stato in giudizio e del come possa essere organizzata la sua difesa suole generalmente essere collegato al principio della divisione dei poteri ed considerato figlio della Rivoluzione francese sotto letichetta dellassoggettamento dellesecutivo al giudiziario. E questa una semplificazione riduttiva che appiattisce cento anni di storia in una sintesi imprecisa, in quanto il problema nacque ben prima della rivoluzione francese e questa, lungi dallassoggettare lesecutivo al giudiziario volle 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 creare, invece, unamministrazione senza giudice. Bisogna, infatti, attendere la seconda met dellottocento perch quellassoggettamento possa considerarsi realizzato. In Francia come in Italia, come in molti altri Paesi a regime amministrativo. Per la verit lesigenza che lo Stato, quanto meno in qualche suo aspetto, debba essere assoggettato al giudizio stata avvertita anche in tempi antichissimi. Il diritto romano dellet imperiale, come noto, distingueva lAerarium - patrimonio pubblico - dal Fiscus, patrimonio non personale ma privato dellimperatore, affidatogli perch potesse provvedere - da privato qualera - ad amministrare i servizi di Stato. Il fisco come tale era dunque soggetto al giudizio ordinario. La natura essenzialmente privata del diritto elaborato dai romani e la particolare valenza costituzionale della carica imperiale rendono peraltro scarsamente produttiva ogni comparazione diacronica con quel sistema. Levocazione delladvocatus fisci come predecessore va quindi relegata nel campo delle suggestioni romantiche. Let di mezzo, con la sua assoluta confusione di poteri, risospinse il problema nellindistinto e bisogna attendere i regimi preliberali dellassolutismo illuminato per vedere ricomparire il concetto e vederlo anzi precisare in termini dogmatici di assoluta chiarezza. Mentre nellassolutismo puro vigeva il principio - consacrato nelleditto di Saint Germain - della assoluta inassoggettabilit a giudizio della pubblica Amministrazione, nei regimi di assolutismo illuminato - si parla della Prussia di Federico II il Grande, dellAustria di Maria Teresa, della Toscana di Pietro Leopoldo di Lorena - si distingueva lattivit pubblica, ad actum principis, posta in essere iure imperii, come tale non giustiziabile (ma, a differenza che nellassolutismo puro, gi autolimitantesi con le regole della cameralistica e del diritto di polizia) dallattivit privata, iure gestionis, dello Stato inteso come ente patrimoniale, come tale assoggettata al sindacato dei giudici ordinari. Si tratta dei famosi giudici di Berlino che gi conosceva il mugnaio di Sans-Souci, si tratta dei giudici ordinari di Firenze, cui Pietro Leopoldo commise le cause riguardanti fisco, regalie e patrimonio, affidandone la difesa ad un avvocato regio alluopo istituito nel 1777. Al tardo settecento prerivoluzionario va dunque datata la nascita del problema della difesa dello Stato in giudizio e nella stessa epoca va collocata la prima soluzione adottata, quella lorenese dellAvvocato regio, predecessore dellAvvocatura erariale del 1876 e dellattuale Avvocatura dello Stato italiana. Interessante notare in proposito la singolare modernit della ratio legis enunciata dal sovrano lorenese, che, per essere illuminato, era pur sempre un sovrano assoluto, il quale precis che la magistratura dellAvvocato regio veniva istituita: per la difesa delle cause interessanti il Fisco, le Regalie ed il Nostro Patrimonio ... le quali vogliamo siano trattate e difese con puro spirito TEMI ISTITUZIONALI 9 di verit e di giustizia e che linteresse del Fisco non prevalga mai alla ragione dei privati. 3.- La regia Avvocatura erariale e lAvvocatura dello Stato Per una singolare eterogenesi, lantico istituto lorenese, ispirato, come si visto, a principi quanto mai progressisti, fu trapiantato nello Stato italiano in funzione di controspinta conservatrice. La riforma del 1865, ispirata al modello inglese, mediato dalla Costituzione belga del 1831, aveva devoluto al giudice ordinario, come giudice unico, la competenza a decidere anche le cause in cui fosse parte una pubblica Amministrazione e per oltre un decennio era fiorita la primavera di una giurisprudenza liberale costante in tutte le Cassazioni del Regno e modellata su quella belga, che garantiva ai cittadini il risarcimento dei danni causati da provvedimenti autoritativi. Era unaffermazione ante litteram del principio di risarcibilit degli interessi legittimi e che era evidentemente troppo in anticipo sui tempi e troppo avanzata per la societ italiana di fine ottocento. Governo e Parlamento corsero ai ripari con una controspinta conservatrice che consistette nella istituzione, nel 1876, della Regia Avvocatura Erariale, modellata sullAvvocato Regio di Toscana, con il dichiarato intento di apprestare difese atte a contenere i poteri del giudice nei confronti delle Amministrazioni pubbliche. Il che subito puntualmente avvenne attraverso la vittoriosa affermazione dellantico principio della assoggettabilit dello Stato al giudizio solo per la sua attivit iure gestionis. Il cittadino italiano restava quindi del tutto privo di tutela nei confronti dellattivit autoritativa delle amministrazioni pubbliche, sottratte a qualunque sindacato. Lesigenza di giustizia nellamministrazione attravers allora linverno del pi profondo scontento fino alla istituzione, nel 1889, della IV sezione del Consiglio di Stato, propugnata da Silvio Spaventa ma fortemente appoggiata anche dal primo Avvocato Generale Giuseppe Mantellini. LAvvocatura sostenne anche - e con successo - dinanzi alla Cassazione romana la natura giurisdizionale del nuovo organo. Prendeva cos vita, anche in Italia, come in Francia, un giudice amministrativo. LAvvocatura cresceva, quindi, abbandonando le originarie dimensioni meramente patrimonialistiche per assurgere alla difesa delle Amministrazioni anche nella loro principale epifania di potere esecutivo, tanto che la sua denominazione mut da Avvocatura erariale in Avvocatura dello Stato. La storia dellistituto fino alla seconda guerra mondiale fu quella dellavvocato di una parte che un po meno parte dellaltra, come disse argutamente Piccardi, utilizzando una locuzione ambivalente che se, da un lato, accolla allavvocato pubblico lonere di difendere le cause in nome di un prin- 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 cipio di legalit (prima giudice che avvocato, diceva Mantellini), dallaltro d atto del fatto che lavvocato dello Stato godeva, allepoca, di privilegi processuali assai significativi. Ricordo soltanto, esemplificativamente, nel processo civile, il principio del solve et repete vigente nelle cause tributarie, che rendeva inammissibile ogni reclamo del contribuente non preceduto dal pagamento del tributo e nel processo amministrativo il principio della presunzione di legittimit dellatto amministrativo. Fino alla Costituzione repubblicana potremmo dunque dire, sinteticamente, che lAvvocatura dello Stato fu il difensore delle prerogative del potere esecutivo di fronte al giudiziario. In quel torno di anni si deline, peraltro, con precisione, una caratteristica essenziale dellistituto, che ne fa tuttora un unicum nel panorama comparato delle possibili forme di difesa dello Stato in giudizio. LAvvocatura venne infatti disciplinata come organo tecnico costituito da un corpo di avvocati incardinato con rilevanza meramente esterna al vertice dellapparato esecutivo - oggi la Presidenza del Consiglio - e distinto da tutte le singole branche dellAmministrazione rappresentate, difese e consiliate. Il che consente unitariet di indirizzo sia nella consultazione legale che nella strategia difensiva, entrambe adottate nellottica di una difesa dello Stato nella sua complessit al di l di contingenti interessi particolari. Scelta, questa, lungimirante, se si considera che anche nel settore privato, all'impellente e quotidiana esigenza dei grandi gruppi economici e anche di associazioni con finalit sociali e culturali di confrontarsi con leggi e ordinamenti disparati e complessi, la professione forense risponde costituendo grandi studi associati, capaci di prestare, in modo efficace, la propria assistenza specialistica su vari fronti e in varie materie, garantendo, al tempo stesso, un indirizzo unitario e complessivo alla cura degli interessi tutelati. 4.- LAvvocatura dello Stato dal 1948 ad oggi La Costituzione repubblicana e levolvere della societ e dellordinamento giuridico italiano nellultimo sessantennio hanno comportato, come ovvio, anche per lAvvocatura importanti innovazioni. Va ricordato, anzitutto, che lIstituto ha assunto nuovi compiti di particolare rilievo. In primis, la partecipazione ai giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale, nei quali lIstituto interviene in difesa della legittimit delle leggi o delle competenze statuali in conflitto con quelle regionali o del Governo come potere dello Stato in conflitto con altri poteri o in materia di ammissibilit di referendum. Occorre ricordare, in secondo luogo, la rappresentanza e la difesa dello Stato italiano dinanzi ai Collegi comunitari ed internazionali sanzionata dalla TEMI ISTITUZIONALI 11 Legge 3 aprile 1979 n. 103 che ha razionalizzato e cristallizzato in norma scritta una consuetudine ormai ben radicata. Gli esempi pi importanti sono la Corte di Giustizia della Unione Europea e la Corte Internazionale di Giustizia dellAja, dinanzi alle quali lAvvocatura rappresenta e difende lItalia come soggetto di diritto sovranazionale ed internazionale, nonch, nei casi pi delicati, la Corte Europea dei Diritti dellUomo. Orbene, non occorrer certo dilungarsi per chiarire come, in entrambe le tipologie di giudizio adesso ricordate, lIstituto operi non gi in difesa dello Stato-amministrazione o anche, pi in generale, del Potere esecutivo ma offra, a seconda dei casi, una collaborazione dialettica per la tutela dello Stato-ordinamento o rappresenti gli interessi dello Stato come personificazione anche esterna di tutta la comunit nazionale. Un altro ampliamento della sfera di competenza dellIstituto stato effettuato, attraverso la concessione del patrocinio ex artt. 43 e 48 T.U. 1933, n. 1611 a numerosi Stati stranieri, attraverso la rappresentanza e difesa delle loro rappresentanze diplomatiche e ad organizzazioni internazionali quali la Commissione Europea, la Banca Europea degli Investimenti e la F.A.O.. Ulteriore ampliamento non solo quantitativo delle competenze dellAvvocatura , poi, lattribuzione ad essa della consulenza e difesa in pro di nuovi soggetti pubblici di particolare rilevanza quali le Autorit Indipendenti o di garanzia e le Agenzie. Nel contenzioso tradizionale civile, amministrativo e penale lAvvocatura dello Stato sconta, da un lato, la perdita di tutti i privilegi processuali del passato, con conseguente piena equiordinazione al difensore della parte privata, dallaltro deve affrontare la marea montante di una crescente litigiosit, particolarmente avvertita nelle cause contro la pubblica amministrazione, larea delle cui responsabilit enormemente aumentata sia nel civile che nellamministrativo per il sinergico operare di legislazione e giurisprudenza. A ci si aggiungano le radicali modifiche introdotte di recente nel processo civile con: - la riforma del giudizio per cassazione, suscettibile di determinare, nella pratica, unattenta selezione di avvocati cassazionisti per la complessit della tecnica richiesta; - il rigoroso regime generalizzato delle decadenze nel giudizio di merito e lesecutivit delle sentenze di primo grado, che aumentano in modo particolare le difficolt e la complessit della difesa delle Amministrazioni, anche tenuto conto del possibile contemporaneo svolgersi del giudizio di cognizione in fase di merito e del connesso procedimento esecutivo, in relazione ai tempi tecnici delle relazioni procedimentali tra Istituzione di difesa ed Amministrazioni assistite; - la stabilit dei provvedimenti cautelari e durgenza che impone assoluta tempestivit e snellezza operativa nella trattazione dei rispettivi procedimenti; 12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 - laumentato numero dei procedimenti speciali; - la valorizzazione del cd. giudicato implicito anche in tema di giurisdizione, con drastica restrizione dei limiti di esperibilit del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, gi inciso da precedenti interventi legislativi rispetto alloriginaria disciplina codicistica; - il passaggio al giudice civile del lavoro della giurisdizione sul pubblico impiego privatizzato. Quanto al processo amministrativo non pu non constatarsi un analogo radicale mutamento con - la riforma del sistema dei ricorsi amministrativi con la perdita di essenzialit e di centralit del ricorso gerarchico; - listituzione del giudice amministrativo di primo grado, che, in una con la riforma anzidetta, ha determinato lesplosione della domanda di giustizia amministrativa ed una significativa evoluzione della tradizionale giurisprudenza del Consiglio di Stato; - la profonda revisione della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo con esclusione della giurisdizione sullimpiego alle dipendenze della P.A. (salvo che per alcune categorie non contrattualizzate) ed il notevole ampliamento della sfera della giurisdizione esclusiva, che porta ormai a configurare il giudice amministrativo come il giudice del diritto pubblico delleconomia; - lampliamento dei poteri del giudice amministrativo, con lintroduzione del procedimento cautelare atipico, anche ante causam, e lattribuzione dello strumento della tutela risarcitoria, nonch le novit della disciplina processuale specificamente inerenti alla decisione in forma semplificata ed ai motivi aggiunti, con tendenziale configurabilit del rapporto, e non pi dellatto, come oggetto del giudizio amministrativo; - il contemporaneo aumento di protezione assicurato dallordinamento a posizioni sostanziali, con laffermazione di risarcibilit degli interessi legittimi, il riconoscimento di interessi collettivi e dei consumatori nel sistema di tutela della concorrenza, dei valori ambientali e culturali; laffermazione della categoria degli interessi legittimi pretensivi. Tale radicale mutamento si concluso con il codice del processo amministrativo, di recente entrato in vigore, che ha razionalizzato limpetuosa e talvolta disordinata evoluzione della giustizia amministrativa, bruscamente acceleratasi nellultimo quindicennio. Tale codice segna, in estrema sintesi, la piena equiordinazione al processo civile di quello amministrativo, ormai fornito di un completo istrumentario cautelare, probatorio e decisorio. Il che, se assicura alla parte privata il pi giusto dei processi, assegna per allavvocato pubblico il pi difficile dei compiti. Il Codice del processo amministrativo, infatti, nel pur lodevole intento di TEMI ISTITUZIONALI 13 accorciare la durata dei processi, introduce alcuni termini talmente brevi che sono di difficile rispetto per il libero foro ma di pressoch impossibile rispetto per lAvvocatura dello Stato, questa volta un po meno parte dellaltra nel senso non di privilegio ma di minorata difesa. Non si tenuto, infatti, conto della doppia isteresi burocratica che ineludibilmente sconta la parte pubblica. Ogni atto notificato presso lAvvocatura dello Stato deve essere, infatti, protocollato in arrivo, dare vita ad un nuovo affare da assegnare ad un avvocato o essere inserito in affare gi esistente, essere fotocopiato o scannerizzato ed inviato allAmministrazione competente presso la quale dovr compiere un suo iter per arrivare alla scrivania del funzionario competente a stendere il documentato rapporto da inviare allAvvocatura. Rapporto essenziale perch lAvvocatura possa produrre i documenti e redigere le sue difese ed anchesso bisognoso di doppi tempi burocratici per arrivare dalla scrivania del funzionario ministeriale a quella dellavvocato dello Stato. Non sempre possibile, infatti, ricorrere alluso delle-mail e si fa presente che la sola Avvocatura Generale dello Stato riceve nellanno oltre 71.000 atti notificati (71.585 nel 2009) con picchi giornalieri prossimi alle 600 unit. Perci non posso che cogliere con favore l'auspicio che il nuovo codice, il cui straordinario significato non pu essere sottaciuto, non sia considerato un punto d'arrivo nel percorso diretto ad assicurare effettivit e pienezza alla tutela del privato nei confronti delle pubbliche amministrazioni, ma si ponga anche e soprattutto come punto di partenza di un'evoluzione che tenga conto di tutti gli interessi delle parti in gioco. 5.- La funzione consultiva Non meno importante della funzione di rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato la funzione consultiva, per la quale si spesso posto il problema di analogie e differenze con quella del Consiglio di Stato. E stato in proposito rilevato come esegesi letterale e storico-sistematica convergano insieme a qualificare la seconda, quale consulenza giuridico-amministrativa originariamente prestata in pro del Monarca assoluto, come ausilio di merito; la prima, quale consulenza legale sin dallorigine data ad un esecutivo soggetto al giudiziario, come consiglio di legittimit. Lintuizione acuta ma non appagante, in quanto riduttiva di entrambe le funzioni consultive. Sembra pi aderente alla realt normativa attuale riportare la funzione di consulenza del Consiglio di Stato a quella valutazione in veste neutra ed imparziale che propria della giurisdizione dallo stesso Consiglio esercitata ed alla quale, quindi, la consulenza va assimilata. La funzione di consulenza dellAvvocatura dello Stato va ricondotta, in- 14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 vece, alla matrice unitaria, afferente in ogni caso alla funzione propria dellavvocato, che non solo quella di assistenza legale per le controversie in atto, ma anche di prevenzione di quelle meramente potenziali. In questo senso la consulenza dellAvvocatura funzione immanente e necessaria allo svolgimento dellazione amministrativa, dovendo essa per legge assicurare la difesa giudiziaria non a favore dellinteresse contingente e parziale della singola amministrazione, ma a tutela degli interessi pubblici generali nel rispetto del principio di legalit. Ci non significa che tale consulenza debba avere dimensioni riduttivamente giudiziarie nel senso di rigorosa correlazione con liti in atto o in potenza, poich il caso o la questione (o pi spesso la serie aperta ed indeterminata di numerosissimi casi o questioni) che il parere dellAvvocatura considera vanno intesi non nella accezione processuale tradizionale ma in quella ben pi vasta derivante dalla intera gamma di giudizi cui istituzionalmente partecipa: non solo, quindi, giudizi penali, civili o amministrativi, ma ogni tipo di giudizio (costituzionali, nel loro complesso e diverso atteggiarsi, internazionali e comunitari). Una consulenza, dunque, afferente ad ogni tipo di rapporto: dal rapporto particolare gi costituito a quello da costituire con atti contrattuali privatistici o con strumenti pubblicistici; dalla conformit delle leggi alla Costituzione, ai limiti di attribuzione dei soggetti istituzionali pubblici statali e non statali; dallammissibilit di un referendum popolare alla conflittualit tra Stato e Regione o tra poteri dello Stato; alla ricerca di un consenso sulla regola iuris da applicare per la corretta composizione sia di contrastanti interessi pubblici, diversamente graduati nellunit dellordinamento, sia di interessi pubblici confliggenti con quelli privati, individuali o di gruppo fino al contenzioso internazionale e comunitario. In tale dilatata dimensione del giudizio ben pu dirsi che ogni consulenza dellAvvocatura ad esso funzionalizzata in quanto sempre riferibile al parametro del sindacato di un atto o di un comportamento alla stregua di una norma invocabile dinanzi ad un giudice. La funzione consultiva dellAvvocatura si affianca cos (per gli organi che possono fare capo ad entrambi gli istituti) a quella del Consiglio di Stato ispirandosi agli stessi criteri giustiziali ma con poteri ed in vista di obbiettivi diversi. Luna funzione ausiliaria dellattivit di Governo e come tale si estende ad ogni profilo di legalit coinvolto dai quesiti in veste, come si visto, neutra ed imparziale; laltra funzione di prevenzione degli esiti negativi di un giudizio, intesa lespressione nella lata accezione suindicata. Trattasi, come evidente, di funzione di particolare importanza, perch opera in via preventiva in quanto volta sia a favorire la legalit dellazione amministrativa, sia a prevenire il sorgere del contenzioso o a risolvere in via transattiva un contenzioso insorto, con conseguente effetto deflattivo della li- TEMI ISTITUZIONALI 15 tigiosit. In considerazione di tutto quanto ora detto, una delle mie prime preoccupazioni stata quella di creare per gli affari consultivi un canale privilegiato atto a consentirne il disbrigo quanto pi possibile celere ed attento. 6.- Lorganizzazione interna dellAvvocatura dello Stato e laggiornamento professionale Per quanto attiene alla struttura interna dellIstituto giova richiamare la legge di riforma n. 103 del 1979 che ha introdotto il principio di collegialit sia nella trattazione delle questioni pi delicate attraverso la istituzione del Comitato Consultivo, sia nel governo dellIstituto, attraverso listituzione del Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato, elettivo per met dei suoi componenti, che ha, fra i suoi compiti principali di governo del personale togato, il rendere parere o deliberare sulle assegnazioni di sede, i trasferimenti, gli avanzamenti di carriera, il conferimento di incarichi o la relativa autorizzazione. Compiti che acquistano particolare rilevanza nella valutazione meritocratica dei risultati dellattivit professionale degli avvocati. Altro importante contenuto della legge la disciplina della autonomia professionale sia dellIstituto nei confronti delle Amministrazioni assistite che dei singoli avvocati nella trattazione dei loro affari. Lautonomia dellIstituto fa s che ad esso e ad esso soltanto spetti la scelta tecnica del responso da offrire in sede consultiva e della linea difensiva da adottare in sede contenziosa, fermo il potere in capo al Ministro (o a diverso organo di vertice dellorganismo pubblico difeso) di adottare con atto non delegabile la decisione definitiva sullesercizio del potere di azione o di impugnazione. Lautonomia dellavvocato, in caso di divergenza di opinioni con la dirigenza dellIstituto, fa s che esso possa chiedere che sul disaccordo si pronunci il Comitato Consultivo e lesonero dalla trattazione del parere o della causa se la sua tesi risulti disattesa dallorgano collegiale. LAvvocato dello Stato italiano dunque avvocato nel pieno e nobile senso della parola, con la differenza, rispetto al collega del libero foro, che il soggetto pubblico da lui rappresentato e difeso soggetto al vincolo costituzionale del rispetto del principio di legalit. Non gli si attaglia, quindi, il motto scritto sulla volta a cupola dello studio dellAttorney General degli Stati Uniti dAmerica (da cui dipendono gli organismi di difesa in giudizio di quel Paese, le Procure ed il Solicitor General): gli Stati Uniti vincono la loro causa ogni qualvolta fatta giustizia nei loro tribunali. Il motto, scritto circolarmente e senza punteggiatura, ha due significati a seconda che lo si legga come sopra trascritto o che lo si legga come segue: ogni qualvolta fatta giustizia nei loro Tribunali gli Stati Uniti vincono la 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 loro causa. Il primo significato comporta latarassica accettazione di ogni sentenza, quale che essa sia, con un pieno e preventivo consenso ad un pronunciato normalmente reso in unico grado. Il secondo postula il sospetto di una istituzionale prevaricazione dellesecutivo sul giudiziario. LAvvocatura dello Stato italiano non pu, quindi, condividere quel motto n nella prima n nella seconda accezione. Non nella prima perch lavvocato dello Stato italiano sposa la causa che difende, e se convinto della fondatezza delle sue tesi, si arrende al giudizio sfavorevole solo dopo aver percorso tutti i gradi di impugnazione (non a caso previsti dal nostro ordinamento). Non nella seconda, perch lo Stato italiano non gode di alcun privilegio in causa, scontando, anzi, se mai, qualche sfavorevole pregiudizio nei confronti delloperare pubblico. Quanto allaggiornamento professionale, deve rilevarsi che esso assolutamente necessario in un periodo caratterizzato, come lo il nostro, da profonde trasformazioni dellordinamento giuridico. Di tale aggiornamento lIstituto deve darsi carico. Carico, peraltro, non pesante sia per lelevatissimo livello di preparazione dei colleghi che entrano in carriera attraverso due successive rigorosissime selezioni concorsuali, sia perch lattivit di avvocato seriamente svolta di per s uno stimolo allaggiornamento. Comunque tradizione che lAvvocato Generale, con il prezioso ausilio degli uffici di supporto, dirami tempestivamente circolari illustrative di ogni legge rilevante in materia di giustizia ed altres tradizione che, in occasione di ogni importante riforma - quale ad esempio il codice del processo amministrativo - vengano organizzati dei seminari tematici. 7.- Attualit e criticit Nellesame della situazione attuale la prima constatazione che si impone quella del preoccupante aprirsi di una forbice fra aumento della quantit degli affari e forza-lavoro disponibile. Gli affari legali nuovi, che erano 41.275 nel 1976, sono stati nel 2009 ben 209.988. Gli avvocati e procuratori dello Stato erano 276 nel 1976 e sono oggi 370. Le date di riferimento non sono prese a caso. Nel 1976 fu pubblicato infatti uno studio storico su LAvvocatura dello Stato in occasione del centenario dellIstituto. In esso si rappresentava linadeguatezza della consistenza dei ruoli organici ormai giunta ad un punto di rottura ed il conseguente pregiudizio allefficienza ed allesistenza stessa dellIstituto; ci in quanto rispetto ai 276 posti dellorganico professionale dellepoca il numero annuale di nuovi affari era di 41.275. Orbene, mentre il ruolo organico si incrementato da al- TEMI ISTITUZIONALI 17 lora del 34%, passando da 276 a 370 unit, il numero annuale dei nuovi affari si incrementato di pi del 408,75%, passando da 41.275 a 209.988 nel 2009! Gli impiegati amministrativi, poi, che erano 951 nel 1986, sono oggi soltanto 878. A ci si aggiunga che non si sono pi potuti assumere impiegati amministrativi per concorso pubblico sin dallo stesso anno 1986. Il personale di concorso, destinato alla scomparsa per esaurimento, rappresenta oggi meno della met della forza lavoro non togata, perch i ricambi (parziali) dei pensionamenti sono avvenuti mediante comandi, distacchi o mobilit, e quindi attraverso strumenti non altrettanto selettivi del concorso ad hoc. Ciononostante, lasciatemi dire con orgoglio che lefficienza dellIstituto non diminuita ed il controllo di risultato e lanalisi costi-benefici della assistenza legale forniti dallAvvocatura danno risultati altamente positivi. Posso permettermi di dire questo senza essere accusato di presunzione perch i risultati cui faccio riferimento non sono certo merito mio ma degli Avvocati Generali che mi hanno preceduto, di tutti i colleghi avvocati e procuratori e di tutto il personale amministrativo che hanno fin qui operato. Scriveva alcuni decenni fa un giurista della statura di Arturo Carlo Jemolo: Quante volte sento affermare che lo Stato sempre servito peggio dei privati, mi sorge spontanea lobbiezione: Per cՏ lAvvocatura dello Stato. In questo crederei arduo dimostrare che vi sia grande impresa che dal lato dellassistenza legale ottenga un servizio migliore di quello che presta lAvvocatura. Credo che le cifre dimostrino che quelle parole di alto apprezzamento sono ancora attuali. Faccio riferimento ad un recente studio della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione ripreso dal Sole 24 Ore (che ha dedicato al tema due intere pagine) dal quale si desume che il costo che lo Stato sopporta per lesistenza e la gestione dellAvvocatura di 164,4 milioni di euro annui, comprensivi di ogni voce ivi compresi i redditi figurativi degli immobili utilizzati e gli onorari riscossi nelle cause vinte, e che ogni causa quale che sia la sua durata ed il numero di gradi di giudizio costa quindi allo Stato in media 785. Da quello studio risulta ancora che le cause vinte sono pressoch i due terzi del totale (si precisa che la statistica relativa stata condotta in modo assolutamente rigoroso, di talch sono considerate vinte solo le cause in cui la domanda avversaria totalmente rigettata, e quindi se chi pretendeva 1000 ha ottenuto 1 la causa si considera persa). Visto quanto sopra sembra legittimo domandarsi se esiste altro sistema di difesa in giudizio altrettanto economico ed efficiente. Lo studio della Scuola Superiore concludeva testualmente che a differenza di molti altri settori della 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 P.A., la gestione del contenzioso dello Stato tramite un organo interno di gran lunga pi economica di una difesa affidata a professionisti esterni. Il che stato ampiamente dimostrato da esperienze recenti e meno recenti. Aggiunge ancora lo studio che il vantaggio economico monetizzabile in un risparmio del 90% sul costo di mercato e che a tale vantaggio se ne aggiungono altri non monetizzabili e funzionali quali la uniformit e imparzialit della condotta processuale, la coerenza fra attivit consultiva e contenziosa, le sinergie difensive ai vari livelli di giurisdizione, la garanzia di riservatezza, la assoluta selettivit dei sistemi di reclutamento del personale togato. Ci aggiunge ancora la relazione nonostante lattuale carico di lavoro sia rappresentato dalla impressionante cifra di 550 nuovi affari contenziosi allanno pro capite. Il che, aggiungiamo noi, considerata la durata media dei processi in Italia, significa che ogni avvocato dello Stato ha sul ruolo circa 4000 affari pendenti. 8.- Il contributo fornito dalla digitalizzazione La gestione di una tale massa di lavoro ha ricevuto un indubbio aiuto dallinformatica, attraverso il varo di alcune iniziative di digitalizzazione della nostra attivit promosse a pi riprese dal Governo, al quale va il mio sentito ringraziamento. Senza linformatizzazione di alcune attivit fondamentali dell'Istituto non avremmo potuto far fronte con efficacia alla mole di lavoro sempre crescente ad organici sostanzialmente invariati. Essa occupa un ruolo strategico per lo svolgimento dei compiti istituzionali. Gli sforzi compiuti ed i risultati raggiunti con le risorse a disposizione costituiscono un grande traguardo. Abbiamo modernizzato le tecnologie con unoperazione perfettamente riuscita, migliorando la piattaforma tecnologica del nostro sistema, con il duplice obiettivo, da un lato, di migliorare e accelerare la gestione dei servizi interni e, dall'altro, di "aprire l'Istituto all'esterno", attraverso la consultabilit delle sue banche-dati da parte delle pubbliche amministrazioni. In tale contesto si inserisce il potenziamento e miglioramento del nostro sito istituzionale, in linea con le recenti direttive ministeriali in materia, e finalizzato a fornire, tramite internet, informazioni corrette, puntuali e sempre aggiornate, nonch ad erogare servizi sempre pi fruibili. L'uso della posta elettronica ormai capillare e sono ampiamente sviluppati i progetti di scambio con le amministrazioni e con le giurisdizioni. Laccesso informatico alle banche dati del giudice amministrativo - che consente di conoscere in tempo reale lo stato del giudizio e gli atti depositati - e la consultabilit dei dati presenti in buona parte delle cancellerie civili sono gi una realt, e sono in fase avanzata lo studio del fascicolo elettronico e della ge- TEMI ISTITUZIONALI 19 stione telematica del processo, sia civile che amministrativo. Sono fermamente convinto dell'importanza delle nuove tecnologie nello sviluppo della nostra attivit. LAvvocatura infatti una pubblica Amministrazione e perci guarda con attenzione alle iniziative del Governo per lo sviluppo delle nuove tecnologie, alla luce del nuovo Piano d'azione europeo per la Societ dell'informazione e l'ICT (la c.d. "Europe's Digital Agenda" per il 2020). Pur se di fronte ai giudici perfettamente paritaria rispetto ai colleghi del libero foro, l'Avvocatura e resta una Istituzione pubblica, con la conseguente necessit di contenere la spesa, armonizzare lefficienza del proprio servizio in accordo con le giurisdizioni e trovare nelle amministrazioni le collaborazioni e le effettive soluzioni per rendere insieme un servizio migliore alla collettivit. Queste sono state e continuano ad essere le nostre priorit. E lo sono anche per il legislatore, che ha previsto il contributo dellAvvocatura dello Stato nelle determinazioni da assumere su alcune innovazioni tecnologiche relative al processo civile. 9.- Auspici di miglioramento Lausilio dellinformatica stato, come si visto, di grandissimo aiuto, ma la sproporzione fra forza lavoro (rimasta sostanzialmente immutata) e carico di affari (enormemente aumentato) tale che nemmeno una completa e perfetta digitalizzazione arriverebbe a colmare il fossato: risultato per il quale occorrerebbero pi uomini e pi mezzi. Non a caso il gi citato studio cos concludeva I pochi risparmi che si sono ottenuti in questi anni riducendo costantemente lorganico amministrativo (passato negli ultimi 7 anni da un totale nazionale di 951 unit a 871) non appaiono significativi rispetto al vantaggio ottenibile con una migliore e pi produttiva difesa in giudizio. In una situazione quale quella fotografata nella relazione della SSPA, investimenti diretti ad adeguare sia lorganico degli avvocati (fermo a circa trenta anni fa, a fronte di un contenzioso allepoca di 55.000 affari annui, ad oggi pi che triplicato) che del personale amministrativo, potrebbero garantire un ritorno in termini economici per cause vinte, ben superiore al loro costo. Notevoli risultati si potrebbero ottenere portando il costo di ciascuna causa da 785 del 2006, a soli 900. Ci consentirebbe, ad esempio, di assumere 80 tra avvocati e procuratori, 50 impiegati e 50 dirigenti. ................... Un maggior numero di avvocati, in quella che si pu certamente definire una delle pi grandi scuole di diritto in Italia (per la peculiarit del ruolo 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 dellAvvocatura e la estrema variet dellattivit svolta), avrebbe anche il vantaggio di poter fornire al Governo una quota di collaboratori e consulenti di certo superiore a quella odierna, consentendo cos di trasferire nellattivit amministrativa e legislativa il notevole bagaglio di esperienza dellAvvocatura dello Stato. Indubbiamente un incremento di uomini e di mezzi renderebbe lIstituto ancora pi efficiente ma la coscienza della drammatica temperie economica che, a livello planetario, stiamo vivendo mi induce a limitare le mie aspettative di innovazioni normative a quelle che sono a costo zero e che si rendono per necessarie a compensare alcune distorsioni che si sono verificate o stanno per verificarsi come effetti collaterali di mutamenti normativi e di esigenze sociali. So bene che la prassi protocollare delle cerimonie di insediamento non prevede che vengano avanzate richieste di riforme o anche solo di innovazioni normative se non sotto forma di segnalazione dellemergenza di esigenze portate dai tempi nuovi che si offrono allattenzione degli organi politici competenti per le iniziative che saranno ritenute opportune. Il Governo ed il Parlamento, in questa legislatura, hanno dimostrato particolare attenzione ai problemi dellAvvocatura, attraverso ladozione di provvedimenti da tempo attesi. Mi riferisco, in particolare, alla legge 18 giugno 2009 n. 69 che ha affrontato e ridisciplinato il problema della ripartizione degli onorari spettanti agli avvocati e procuratori dello Stato per le cause vinte e per gli incarichi arbitrali espletati, attribuendo una quota di essi al personale amministrativo. E stato cos razionalizzato il sistema e ristabilita una antica tradizione, improvvidamente interrotta negli anni 70. La stessa legge ha esteso allAvvocatura dello Stato la facolt di notificare gli atti a mezzo posta, gi concessa al libero foro, con notevoli benefici per lattivit di Istituto. Il Decreto Legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009 n. 102 ha, poi, completato il passaggio dallo Stato allINPS del contenzioso di invalidit civile, eliminando ogni legittimazione passiva in materia dei Ministri dellInterno e dellEconomia, con conseguente risparmio di una pesante attivit di protocollazione ed archivio ed eliminazione di non pochi contrasti giurisprudenziali. Tale particolare attenzione dimostrata da Governo e Parlamento per lAvvocatura dello Stato attraverso ladozione dei provvedimenti ora indicati, che erano da lungo tempo attesi e per i quali esprimo il ringraziamento pi sentito, mi spingono a segnalare due emergenze meritevoli di particolare attenzione. La prima riguarda la situazione di sofferenza dei procuratori dello Stato, cio dei giovani avvocati che dellIstituto sono il domani. Due successivi innalzamenti dellet pensionabile hanno determinato una sorta di blocco del TEMI ISTITUZIONALI 21 ruolo che impedisce alla maggior parte di essi il passaggio alla qualifica di avvocato in tempi ragionevoli. Mi permetto di insistere su questo problema risolvibile con facilit ed a costo zero, come analiticamente esposto nelle opportune sedi, perch la componente giovane rappresenta il futuro e la garanzia di continuit dellIstituto e non mi sentirei in pace con la mia coscienza se non mi rendessi interprete anche in questa sede della loro legittima aspettativa. Del pari a costo zero - o addirittura comportante un risparmio di spesa - sarebbe lo snellimento della procedura del concorso a procuratore dello Stato, al quale partecipano, per un numero di posti in genere inferiore a dieci, migliaia di candidati, con conseguente dispendio di tempo e di risorse umane ed economiche. Un terzo problema di cui tenere conto il progressivo mutamento della struttura statuale per effetto del massiccio trasferimento di potest e funzioni dello Stato alle autonomie locali e ad entit sovranazionali. Daltronde il malessere rivendicativo delle autonomie locali fenomeno non solo italiano ma ormai fenomeno endemico europeo. I casi della Spagna, dellInghilterra, del Belgio, persino della supercentralistica Francia sono sotto i nostri occhi. In tale contesto, alla erosione dello Stato dal basso per effetto delle spinte autonomistiche, si accompagna la sua compressione dallalto ad opera della Unione Europea. Credo proprio che il crollo del muro di Berlino con quel che lo ha accompagnato e seguito, se non ha segnato la fine della storia, ha messo per, fine a quel terribile secolo breve di cui ha scritto Hobsbawm ed ha accelerato il processo di trasformazione degli Stati nazionali. Daltronde ogni epoca storica ha il suo modello politico di perfetta vita associata. Per mille anni il mondo civile visse nella convinzione che limpero romano fosse lunico modello statuale valido, tanto vero che, dopo il suo crollo, nel buio e nella confusione di un medio evo privo di punti di riferimento politici precisi, gli sforzi dei migliori, per un altro millennio, furono tesi alla ricostituzione di quellimpero, cui laffermarsi della Chiesa di Roma aveva aggiunto lappellativo di Sacro. Quel Sacro Romano Impero che non era sacro, non era romano, ma, soprattutto, non fu mai un impero. E solo nel XVII secolo che si consolid e venne teorizzata da Jean Bodin una nuova forma di aggregazione politica, lo Stato nazionale, forma che ci ha accompagnato fino ai giorni nostri. Ebbene lo Stato nazionale come modello di entit politica in crisi di trasformazione, come gi profetizzava anni fa Massimo Severo Giannini, anche se questa trasformazione non potr mai giungere come Ella, Signor Presi- 22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 dente della Repubblica giustamente ha di recente ribadito ad intaccare lunitariet dello Stato italiano, sancita dallarticolo 5 della nostra Costituzione come principio fondamentale e quindi non soggetto neanche a revisione costituzionale. Nondimeno la crescita delle autonomie sembra inarrestabile e bisogna quindi ragionevolmente prevedere un sensibile mutamento della fisionomia del contenzioso pubblico, indotta dalla riduzione di competenze degli organi periferici dello Stato e dalla prevedibile nuova dimensione del contenzioso costituzionale fra Stato e Regioni. Il che non potr non riflettersi sulla struttura organizzativa dellAvvocatura, nei modi e nelle misure che risulteranno necessari a riforma compiuta, quando tutta la normativa delegata sar stata adottata ed operer a regime. 10.- Conclusioni Nell'accingermi a concludere, desidero rivolgere un pensiero affettuoso ed un saluto cordiale a tutti i colleghi che operano nel nostro Istituto ed in particolare ai giovani che da poco hanno intrapreso la nostra attivit e che rappresentano il futuro dellAvvocatura. Un caldo saluto, desidero anche rivolgere al personale amministrativo dell'Avvocatura, del quale, nell'esercizio della mia attivit professionale e nel lungo periodo in cui sono stato Segretario Generale, ho avuto modo di apprezzare le qualit professionali e lo spirito di dedizione. Signor Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, non posso nasconderLe che all'atto della nomina ho avvertito una qualche preoccupazione suscitata dalla consapevolezza delle responsabilit connesse alla carica; per superarla sono state e mi sono di grande aiuto la stima e la fiducia accordatemi dal Governo nonch la ferma convinzione che l'Avvocatura dello Stato che sono stato chiamato a dirigere rappresenta un solido Istituto con radici antiche ma capace di affrontare i tempi nuovi e che ha sempre svolto e continua a svolgere, come Ella ha voluto amabilmente rilevare, in modo altamente positivo il proprio compito di consulenza e difesa dell'Amministrazione. Sono consapevole del fatto che il particolare momento storico attraversato dal Paese richiede impegni non formali ma concreti nello svolgimento delle funzioni e realismo ed equilibrio nell'azione quotidiana. Doti tutte che credo siano nelle corde dellIstituto. In coerenza con questa convinzione, penso di poter assicurare a Lei, Signor Presidente della Repubblica ed a Lei, Signor Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che l'Avvocatura dello Stato continuer a svolgere nel modo pi impegnato, con spirito di servizio, i propri compiti istituzionali nell'interesse del Paese. Le sue tradizioni ultrasecolari, che ci trasmettiamo di generazione in ge- TEMI ISTITUZIONALI 23 nerazione di servitori dello Stato, sono la migliore garanzia dellaffidabilit della nostra Istituzione. Grazie Signor Presidente della Repubblica, grazie Signor Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri della disponibilit e della fiducia e grazie a tutte le Autorit e a tutti i presenti per la cortese attenzione. 24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Codice del processo amministrativo* Nella Gazzetta ufficiale del 7 luglio 2010, n. 156, stato pubblicato il decreto legislativo del 2 luglio 2010, n. 104, recante Attuazione dellarticolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo. Il decreto legislativo entra in vigore il 16 settembre 2010 (art. 2) ma per i termini che sono in corso alla data della sua entrata in vigore continuano a trovare applicazione le norme previgenti (art. 2 all. 3). Il Codice risponde ad unesigenza di razionalizzazione attraverso la raccolta in un unico corpo normativo di disposizioni contenute in una pluralit di fonti, anche risalenti nel tempo, che vengono contestualmente abrogate ed introduce rilevanti novit nella disciplina del processo amministrativo, spesso recettive di orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati, come il principio (art. 39) secondo il quale, per quanto non disciplinato dal Codice, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali. Il provvedimento legislativo composto da 2 articoli e 4 allegati: - il primo allegato contiene il codice del processo amministrativo e consta di 137 articoli; - il secondo allegato contiene le norme di attuazione e consta di 16 articoli; - il terzo allegato contiene le norme transitorie e consta di 3 articoli; - il quarto allegato contiene le norme di coordinamento e le abrogazioni e consta di 4 articoli. Il Codice composto da cinque libri: - il primo reca le disposizioni generali; - il secondo dedicato al processo amministrativo di primo grado; - il terzo riguarda le impugnazioni; - il quarto ha per oggetto lottemperanza e i riti speciali; - il quinto contiene le norme finali. Qui di seguito si evidenziano le principali norme di portata innovativa. ALLEGATO 1: Codice del processo amministrativo LIBRO PRIMO: Disposizioni generali 1) Giurisdizione, giudicato implicito e translatio iudicii: - Il Codice, dopo aver espressamente sancito che la giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimit, esclusiva ed estesa al merito (art. 7, comma 3), precisa che nelle materie attribuite alla giurisdi- (*) Circolare n. 52 - 29 settembre 2010 prot. 297377 - dellAvvocato Generale. TEMI ISTITUZIONALI 25 zione generale di legittimit il giudice amministrativo conosce delle controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma mentre nelle materie rientranti nella giurisdizione esclusiva (elencate allart. 133) il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi (art. 7, comma 5) e infine nella materie attribuite alla giurisdizione estesa al merito (elencate allart. 134), il giudice amministrativo pu sostituirsi allamministrazione (art. 7, comma 6). - Particolarmente innovativa (e conforme alla pi recente giurisprudenza della Corte di Cassazione) la disciplina del giudicato implicito sulla giurisdizione che consente il rilievo dufficio del difetto di giurisdizione solo in primo grado mentre nei giudizi di impugnazione lo stesso rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione (art. 9). - Come previsto dallart. 30 l. TAR, nel giudizio di primo grado ammesso il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c. In tale ipotesi, nel giudizio sospeso, possono essere chieste misure cautelari, ma il giudice non pu disporle se non ritiene sussistente la propria giurisdizione (art. 10), contrariamente a quanto gi previsto dallart. 30 l. TAR, in base al quale la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione non precludeva lesame della domanda di sospensione del provvedimento impugnato. - Come gi disposto dallart. 59 della l. n. 69/2009 recante modifiche al processo civile (cfr. Circolare n. 31 del 23 giugno 2009), lart. 11 prevede la translatio iudicii, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute ma con salvezza degli effetti processuali e sostanziali, se il giudizio riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia del giudice amministrativo che declina la propria giurisdizione entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato. Analogo meccanismo previsto nel caso inverso di una controversia introdotta davanti ad altro giudice qualora le sezioni unite della Corte di cassazione, investite della questione di giurisdizione, attribuiscano questultima al giudice amministrativo. In tale caso, il termine di tre mesi per la riproposizione del giudizio decorre dalla pubblicazione della decisione delle sezioni unite. Le misure cautelari perdono la loro efficacia trenta giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione del giudice che le ha emanate. 2) Competenza: - Una delle principali novit introdotte dal Codice rappresentata dallinderogabilit della competenza territoriale (art. 13, comma 4) e dalla rilevabilit dufficio dellincompetenza, sia territoriale che funzionale, da parte 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 del giudice di primo grado, finalizzata ad arginare il fenomeno del c.d. forum shopping. - Lart. 14 prevede la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, per le controversie elencare nellart. 135 nonch la competenza funzionale inderogabile del TAR Lombardia, sede di Milano, per le controversie relative ai poteri esercitati dallAutorit per lenergia elettrica e il gas. La competenza funzionalmente inderogabile anche per i giudizi di ottemperanza e per quelli di cui allart. 119 (gi disciplinate dallart. 23 bis l. TAR). - Mentre lart. 31 l. TAR prevedeva che lincompetenza per territorio non costituisse motivo di impugnazione della decisione, lart. 15, comma 1 dispone ora che, nei giudizi di impugnazione, il difetto di competenza rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla competenza. - Il termine per il deposito dellistanza di regolamento di competenza (che pu esser notificata finche la causa non decisa in primo grado e non pi entro settanta giorni dalla notificazione del ricorso, come era previsto dagli artt. 31, 22 e 21 l. TAR) di quindici giorni dallultima notificazione (art. 15, comma 2). - Il termine per riassumere il giudizio innanzi al TAR indicato come competente dal Consiglio di Stato resta di trenta gironi dalla notificazione dellordinanza che pronuncia sul regolamento (come gi previsto dallart. 31, comma 11 l. TAR) ovvero di sessanta giorni dalla sua pubblicazione (art. 15, comma 4). - La competenza territoriale e funzionale inderogabile anche in ordine alle misure cautelari (art. 16, comma 1) e pertanto, quando proposta domanda cautelare, il TAR adito, ove non riconosca la propria competenza non decide su tale domanda e pu rilevare dufficio la propria incompetenza indicando il giudice competente (art. 16, comma 2) ovvero pu investire della questione il Consiglio di Stato con ordinanza con la quale indica il TAR che reputa competente (art. 15, comma 5). - Della camera di consiglio fissata per regolare la competenza dato avviso, almeno dieci giorni prima, ai difensori che si siano costituiti davanti al Consiglio di Stato che possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima delludienza (art. 15, comma 6). - Le pronunce sullistanza cautelare rese dal giudice dichiarato incompetente perdono comunque efficacia dopo trenta giorni dalla data di pubblicazione dellordinanza che regola la competenza. - Il termine per impugnare con regolamento di competenza, lordinanza con cui il giudice adito dichiara la propria competenza o incompetenza di trenta giorni dalla notificazione ovvero di sessanta giorni dalla pubblicazione (art. 16, comma 3). - Ove non si tratti di competenza funzionale inderogabile, non considerata questione di competenza la ripartizione delle controversie tra TAR con sede nel capoluogo e sezione distaccata. Tuttavia, la parte che ritiene che sia TEMI ISTITUZIONALI 27 stato erroneamente adito il TAR con sede nel capoluogo anzich nella sezione staccata o viceversa pu eccepirlo entro novanta giorni dalla notificazione del ricorso (art. 47, comma 2) e non pi entro quarantacinque giorni (come era previsto dallart. 32, comma 2 l. TAR). Il presidente del TAR provvede sulleccezione con ordinanza motivata non impugnabile. 3) Difesa personale delle parti: - Le parti possono stare in giudizio personalmente senza lassistenza del difensore nei giudizi in materia di accesso, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dellUnione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (art. 23). Tale norma non applicabile ai giudizi di impugnazione (art. 95, comma 6). - Tuttavia in materia di acceso, lamministrazione pu essere rappresenta e difesa da un proprio dipendente a ci autorizzato (art. 116, comma 3) anche nei giudizi di impugnazione (art. 116, comma 5). E comunque preferibile, in linea di principio, che innanzi al Consiglio di Stato lamministrazione sia rappresentata e difesa dallAvvocatura dello Stato anche in materia di accesso. 4) Azioni di cognizione: - La principale novit introdotta dal Codice nella disciplina del azioni riguarda lesperibilit dellazione risarcitoria pura, cio sganciata dalla necessaria impugnazione del provvedimento lesivo, che viene per assoggettata ad un breve termine di decadenza. Viene cos risolto, con una soluzione intermedia, il contrasto tra la giurisprudenza della Corte di Cassazione e quella del Consiglio di Stato sulla c.d. pregiudiziale amministrativa ovvero sulla necessit o meno del previo annullamento del provvedimento amministrativo per poter chieder il risarcimento del danno. Le azioni esercitabili innanzi al giudice ammistrativo sono: - lazione di annullamento, proponibile nel termine di decadenza di sessanta giorni (art. 29); quando, nel corso del giudizio, lannullamento del provvedimento impugnato non risulta pi utile per il ricorrente, il giudice accerta lillegittimit dellatto se sussiste linteresse ai fini risarcitori (art. 34, comma 3); - lazione di condanna, che pu esser proposta contestualmente ad altra azione o in via autonoma (art. 30, comma 1), nellambito della quale disciplinata lazione di risarcimento del danno per lesione di diritti soggetti (art. 30, comma 2) nonch per lesione di interessi legittimi, proponibile nel termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento (art. 30, comma 3) ovvero nel termine di centoventi giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso sulla connessa domanda di annullamento (art. 30, comma 5); nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo della parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando lordinaria diligenza, anche attraverso lesperimento degli strumenti di tutela previsti (art. 30, comma 3); 28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 per il risarcimento delleventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dellinosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di centoventi giorni non decorre fintato che perdura linadempimento ma inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere (art. 30, comma 4); - lazione averso il silenzio, proponibile finch perdura linadempiento e comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del proecedimento (art. 31, comma 2); il giudice pu pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attivit vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalit e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dallamministrazione; - lazione di declaratoria di nullit, proponibile entro il termine di decadenza di centottanta giorni, opponibile dalla parte resistente o rilevabile dufficio dal giudice (art. 31, comma 4); tale norma non applicabile alla dichiarazione di nullit degli atti in violazione o elusione del giudicato, per la quale restano applicabili le norme sul giudizio di ottemperanza. LIBRO SECONDO: Processo amministrativo di primo grado 5) Ricorso incidentale e domanda riconvenzionale: - Il ricorso incidentale o la domanda riconvenzionale dipendente da titoli gi dedotti in giudizio nelle controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi possono essere proposti nel termine di sessanta giorni dalla ricevuta notificazione del ricorso principale (come gi previsto dallart. 37 T.U. CdS e dallart. 22 l. TAR, per il ricorso incidentale) e depositati nel termine di trenta giorni dallultima notificazione (art. 42, comma 2). - Il termine per presentare memorie e documenti in caso di ricorso incidentale o di domanda riconvenzionale elevato da venti giorni (come era previsto dallart. 44 R.D. n. 642/1907 in combinato disposto con lart. 37 T.U. CdS per il ricorso incidentale) a sessanta giorni dalla notificazione del ricorso principale (art. 42, comma 3). - La cognizione del ricorso incidentale o della domanda riconvenzionale attribuita al giudice competente per quello principale, salvo che la domanda introdotta con il ricorso incidentale o la domanda riconvenzionale siano devolute alla competenza del TAR Lazio, sede di Roma, ovvero alla competenza funzionale di altro TAR (art. 42, comma 4). 6) Costituzione delle parti: - Il ricorso deve essere depositato entro trenta giorni decorrente dal momento in cui lultima notificazione si perfezionata anche per il destinatario (art. 45), come gi previsto dallart. 21 l. TAR e le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova e produrre documenti entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso (art. 46), termine ele- TEMI ISTITUZIONALI 29 vato rispetto a quello di cinquanta giorni (trenta + venti) gi previsto dagli articoli 21 e 22 l. TAR. 7) Intervento per ordine del giudice: Il Codice introduce un istituto nuovo per il giudizio amministrativo: lintervento per ordine del giudice. Contemplato dallart. 107 c.p.c. Oltre allintervento volontario ad adiuvandum (volto ad ottenere lannullamento dellatto impugnato) e ad opponendum (volto ad ottenere la conservazione dellatto impugnato) gi previsti dallart. 22 l. TAR, viene cos disciplinato lintervento iussu iudicis, che soggiace alle stesse regole dellintegrazione del contraddittorio (art. 49): se la parte alla quale stato ordinato di chiamare il terzo in giudizio non provvede alla notificazione degli atti indicati dal giudice nel termine assegnato, il ricorso dichiarato improcedibile (art. 51). 8) Computo e abbreviazione dei termini: - I termini assegnati dal giudice, salva diversa previsione, sono perentori (art. 52, comma 1). - Se il giorno di scadenza festivo il termine fissato dalla legge o dal giudice per ladempimento prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo anche per i termini che scadono nella giornata del sabato (art. 52, commi 3 e 5). - Per i termini computati a ritroso, la scadenza anticipata al giorno antecedente non festivo (art. 52, comma 4). Analoga previsione non prevista per i termini a ritroso scadenti di sabato che quindi non devono ritenersi anticipati al venerd. - Nei casi durgenza, il presidente del tribunale pu, su istanza di parte, abbreviare fino alla met i termini previsti per la fissazione di udienze o di camere di consiglio; conseguentemente sono ridotti proporzionalmente i termini per le difese della relativa fase (art. 53). - La presentazione tardiva di memorie o documenti, su richiesta di parte, pu essere eccezionalmente autorizzata dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, quando la produzione nel termine di legge risulta estremamente difficile (art. 54). 9) Procedimento cautelare: - Le principali innovazioni in materia cautelare sono la necessaria presentazione dellistanza di fissazione delludienza di merito, salvo che essa debba essere fissata dufficio, quale condizione di procedibilit della domanda cautelare (art. 55, comma 4), la fissazione della data di discussione del ricorso nel merito con lordinanza che dispone una misura cautelare (art. 55, comma 11) onde evitare il procrastinarsi indefinito di situazioni di incertezza nonch la tutela cautelare ante causam, gi prevista in materia di appalti, attivabile nei casi di eccezionale gravit e urgenza (art. 61). - Sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventisimo giorno dal perfezionamento, anche per il de- 30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 stinatario, dellultima notificazione e, altres al decimo giorno, dal deposito del ricorso. Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio (art. 55, comma 5). Allampliamento del termine dilatorio per la fissazione delludienza cautelare corrisponde quindi unanticipazione del termine per depositare memorie e documenti, che prima potevano essere prodotti anche il giorno delludienza. Il collegio, per gravi ed eccezionali ragioni, pu autorizzare la produzione in camera di consiglio di documenti (ma non memorie), con consegna di copia alle altre parti fino allinizio di discussione (art. 55, comma 8). - Altra novit riguarda la previsione secondo la quale, ai fini del giudizio cautelare, se la notificazione effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non ancora in possesso dellavviso di ricevimento, pu provare la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dellattestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. E fatta salva la prova contraria. - Conformemente a quanto previsto dallart. 16, secondo il quale la competenza di cui agli articoli 13 e 14 inderogabile anche in ordine alle misure cautelari, viene ribadito che il giudice adito pu disporre misure cauteleri solo se ritiene sussistente la propria competenza (art. 55, comma 13). - Con lordinanza che decide sulla domanda, il giudice provvede sulle spese della fase cautelare. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza (art. 57). La pronuncia sulle spese in sede cautelare quindi non pi n facoltativa, n provvisoria, n condizionatata al rigetto, inammissibilit o irricevibilit dellistanza (come gi previsto dallart. 21, comma 11 l. TAR). - Le parti possono riproporre la domanda cautelare al collegio o chiedere la revoca o la modifica del provvedimento cautelare collegiale se si verificano mutamenti nelle circostanze o se allegano fatti anteriori di cui si acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso, listante deve fornire la prova del momento in cui ne venuto a conoscenza. La revoca pu essere altres richiesta nei casi di revocazione cui allarticolo 395 c.p.c. (art. 58). - In sede di decisione della domanda cautelare, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio o dellistruttoria, sentite sul punto le parti costituite, pu definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata (come gi previsto dallart. 21, comma 10 l. TAR), salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione (art. 60). Tale ultima precisazione stata introdotta allo scopo di consetire alle parti di lamentare ulteriori profili di illegittimit dellatto nonch di eccepire il difetto di giurisdizione o il difetto di competenza. - Quanto ai due tipi di misure cautelari provvisorie monocratiche, oltre TEMI ISTITUZIONALI 31 al decreto presidenziale gi introdotto dallart. 3 della l. 205/2000 e confluito nellart. 21 l. TAR, ora disciplinato dallart. 56 per i casi di estrema gravit e ugenza, vengono previste per la prima volta, in linea generale, le misure cautelari anteriori alla causa (gi introdotte in materia di appalti dal d.lgs n. 163/2006) per i casi di eccezionale gravit e urgenza (art. 61). - Quanto al primo tipo di misura cautelare monocratica, rispetto alla disciplina previgente, lart. 56 precisa che la domanda cautelare improcedibile finch non presentata listanza di fissazione delludienza di merito, salvo che essa debba essere fissata dufficio; che il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la competenza del TAR adito (comma 1); che il presidente o un magistrato da lui delegato provvede con decreto non impugnabile (comma 2) ma sempre revocabile o modificabile su istanza di parte notificata (comma 4); che la notificazione pu avvenire da parte del difensore anche a mezzo fax (comma 2) ma che in tal caso le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie (comma 5); che il presidente, ove ritenuto necessario, sente fuori udienza e senza formalit anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima dellemanazione del decreto (comma 2); che il presidente pu subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare alla prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione (comma 3); che nel decreto deve essere comunque indicata la camera di consiglio nella quale il collegio provveder sulla domanda cautelare (comma 4). - Quanto al secondo tipo di misura cautelare monocromatica, lart. 61 prevede invece che, in caso di eccezionale gravit ed urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto presidenziale, il soggetto legittimato al ricorso pu proporre istanza per ladozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare in corso di causa (comma 1); listanza, notificata con le forme prescritte per la notificazione del ricorso, si propone al presidente del TAR competente per il giudizio (comma 2); il provvedimento di accoglimento notificato dal richiedente alle altre parti entro il termine perentorio fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni; il provvedimento di accoglimento perde comune effetto ove entro quindici giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare ed esso non sia depositato nei successivi cinque giorni corredato da istanza di fissazione di udienza; in ogni caso la misura concessa perde effetto con il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso di causa (comma 5); lart. 61 non applicabile al giudizio di appello (comma 7). - Contro le ordinanze cautelari ammesso appello al Consiglio di Stato, da proporre nel terminie di trenta giorni dalla notificazione dellordiananza, 32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ovvero sessanta giorni dalla sua pubblicazione (e non pi dalla comunicazione del deposito) e da depositare nei successivi trenta giorni (art. 62, commi 1 e 2). I termini (breve e lungo) per la proposizione dellappello cautelare sono quindi dimezzati rispetto a quanto previsto dallart. 28, comma 3 l. TAR. Il termine per il deposito dellappello resta invece invariato. - Nel giudizio cautelare dappello sono rilevati dufficio il difetto di giurisdizione e il difetto di competenza. In caso di incompetenza, il giudice dappello sottopone la questione al contraddittorio delle parti e regola dufficio la competenza. Quando dichiara lincompenza del TAR adito, con la stessa ordinanza annulla le misure cautelari emanate (art. 62, comma 4). 10) Mezzi di prova e attivit istruttoria: - I mezzi di prova espressamente previsti sono lordine di esibizione ex art. 210 cp.c., lispezione, la prova testimoniale, che sempre assunta in forma scritta ai sensi del codice di procedura civile, la verificazione (riguardante gli accertamenti tecnici) e la consulenza tecnica. Il giudice pu disporre anche lassunzione degli altri mezzi di prova previsti dal codice di rito, ad esclusione dellinterrogatorio formale e del giuramento (art. 63). - Il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonch i fatti non specificamente contestati dalle parti costiutite (art. 64, comma 2). Tuttavia, il giudice pu disporre, anche dufficio, lacquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilit della pubblica amministrazione (art. 64, comma 3). 11) Udienza di discussione: - Il termine per depositare listanza di fissazione di udienza ridotto da due anni (come era previsto dallart. 23, comma 1 l. TAR) a un anno dal deposito del ricorso o dalla cancellazione della causa dal ruolo (art. 71, comma 1) e di conseguenza il terminie di perenzione ordinario ridotto da due anni (come era previsto dallart. 40, comma 2 T.U. CdS) a un anno (art. 81). - Il decreto di fissazione comunicato a cura dellufficio di segreteria, almeno sessanta giorni prima delludienza fissata (e non pi quaranta giorni prima, come previsto dallart. 23, comma 3 della l. TAR) sia al ricorrente che alle parti costituite in giudizio. Tale termine ridotto a quarantacinque giorni, su accordo delle parti, se ludienza di merito fissata a seguito di rinuncia alla definizione autonoma della domanda cautelare. - Il termine per produrre documenti anticipato da venti giorni (come era previsto dallart. 23, comma 3 l. TAR) a quaranta giorni liberi prima delludienza di discussione (art. 73, comma 1); il terminie per produrre memorie anticipato da dieci giorni (come era previsto dallart. 23, comma 4 l. TAR) a trenta giorni liberi prima delludienza di discussione (art. 73, comma 1); viene inoltre introdotto un termine per presentare repliche di venti giorni liberi prima delludienza di discussione (art. 73, comma 1). - Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rile- TEMI ISTITUZIONALI 33 vata dufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva questultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie (art. 73). 12) Sospensione e interruzione del processo: - In caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dellatto che fa vener meno la causa della sospensione (art. 80, comma 1). Le ordinanze di sospensione sono appellabili: lappello deciso in camera di consiglio (art. 79, comma 3). - Il processo interrotto prosegue se la parte nei cui confronti si verificato levento interruttivo presenta nuova istanza di fissazione di udienza. In mancanza, il processo deve essere riassunto, a cura della parte pi diligente, con apposito atto notificato a tutte le altri parti, nel terminie perentorio di novanta giorni (e non pi di sei mesi come gi previsto dallart. 24, comma 2 l. TAR) dalla conoscenza legale dellevento interruttivo, acquista mediante dichiarazione, notificazione o certificazione (art. 80, commi 2 e 3). 13) Estinzione (perenzione e rinuncia) e improcedibilit: - Il giudice dichiara lestinzione del giudizio per perenzione, per rinuncia e se il guidizio non viene proseguito o riassunto nel terminie perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice (art. 35, comma 2). Sono previsti tre tipi di perenzione: - La perenzione ordinaria che ridotta da due anni (come era previsto dallart. 40, comma 2 T.U. C.d.S) ad un anno e che consegue al mancato compimento di atti di procedura nel corso di detto periodo; il termine non decorre dalla presentazione dellistanza di fissazione di udienza e finch non si sia provveduto su di essa (art. 81); - La perenzione ultraquinquennale che consegue comunque alla mancata presentazione di una nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui allart. 24 e dal suo difensore, entro centottanta giorni dalla data di ricevimento dellavviso con il quale la segreteria, dopo il decorso di cinque anni dal deposito del ricorso, comunica alle parti costituite lonere di prestare una nuova istanza di fissazione di udienza. In difetto di tale nuova istanza, il ricorso dichirato perento (art. 82, comma 1); se, in assenza del predetto avviso, comunicato alle parti lavviso di fissazione delludienza di discussione nel merito, il ricoso deciso qualora il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione (art. 82, comma 2); - La perenzione dei ricorsi pendenti da pi di cinque anni alla data di entrata in vigore del Codice, regolamentata da una norma transitoria, che consegue alla mancata presentazione di una nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui allart. 24 e dal suo 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 difensore, nel termine di centottanta giorni dalla entrata in vigore del codice (15 marzo 2011), in assenza di un avviso da parte della segreteria. In difetto di tale nuova istanza, il ricorso dichiarato perento con decreto del presidente (art. 1 comma 1, all. 3). Se tuttavia, nel termine di centottanta giorni dalla comunicazione del decreto, il ricorrente deposita un atto, sottoscritto dalla parte personalmente e dal difensore e notificato alle altre parti, in cui dichiara di avere ancora interesse alla trattazione della causa, il presidente revoca il decreto disponendo la reiscrizione della causa sul ruolo di merito (art. 1, comma 2, all. 3). Se nella pendenza del termine di centottanta giorni dalla entrata in vigore del codice, comunicato alle parti lavviso di fissazione delludienza di discussione, il ricorso deciso qualora il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione (art. 1, comma 3, all. 3). Alla luce dellordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 4447/07 che ha ritenuto la doppia sottoscrizione necessaria anche per le amministrazioni patrocinate dallAvvocatura dello Stato, prudenzialmente, sara necessario, ove i tempi lo consentano far sottoscrivere listanza di cui allart. 82, comma 1 e quella di cui allart. 1, commi 1 e 2 all. 3 anche allamministrazione (cfr. circolare n. 40 del 13 settembre 2007). In assenza di contrarie indicazioni del titolare dellaffare, lavvocato dello Stato presente alludienza fissata ai sensi dellart. 82, comma 2 o dellart. 1, comma 3, all. 3 dovr , di regola, dichiarare la persistenza dellinteresse alla decisione nelle cause in cui lamministrazione appellante. - La parte pu rinunciare al ricorso mediante dichiarazione sottoscritta da essa stessa o dallavvocato munito di mandato speciale e depositata presso la segreteria, o mediante dichiarazione resa in udienza e documentata nel relativo verbale. La rinuncia deve essere notificata alle altri parti almeno dieci giorni prima delludienza. Se le parti che hanno interesse alla prosecuzione non si oppongono, il processo si estingue. Il rinunciante deve pagare le spese, salvo che il collegio, avuto riguardo a ogni circostanza, ritenga di compensarle (la condanna alle spese era invece obbligatoria ai sensi dellart. 46 R.D. n. 642/1907). Anche in assenza delle predette formalit, il giudice pu desumere, dallintervento di fatti o atti univoci ed altres dal comportamento delle parti, argomenti di prova della sopravvenuta carenza dinteresse alla decisione della causa (art. 84). - Il giudice dichiara limprocedibilit del ricorso quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato ovvero sopravvengono altre ragioni ostative alla pronuncia di merito (art. 35, comma 1). La materia del contendere (gi prevista dallart. 26, comma 7 l. TAR) da intendersi ricompresa nella dichiarazione di improcedibilit. - Nel disciplinare lopposizione ai decreti che pronunciano lestinzione o TEMI ISTITUZIONALI 35 limprocedibilit del giudizio (art. 85, comma 3 e art. 87, comma 2, lett. e), il Codice non fa pi riferimento allopposizione al decreto che dichiara la perenzione (gi autonomamente contemplata dallart. 26, comma 7 l. TAR) ma tale opposizione deve intendersi ammessa dal combinato disposto della predette norme e lart. 35, comma 2, lett. b) atteso che la perenzione costituisce una delle tre cause di estinzione del giudizio. Il termine per proporre opposizine al collegio, con atto notificato a tutte le altri parti, resta di sessanta giorni dalla comunciazione del decreto. Lopposizione decisa in camera di consiglio con ordinanza e tutti i termini processuali sono dimezzati (art. 87, comma 3). Quindi il termine per depositare lopposizione non pi di dieci giorni (come gi previsto dallart. 26, comma 7 l. TAR) ma di quindici giorni. Avverso lordinanza che decide sullopposizione pu essere proposto appello secondo le regole ordinarie; ludienza di discussione fissata dufficio con priorit (art. 85, commi 7 e 8). - Lopposizione da notificare nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione del decreto, disciplinata dallart. 85, quindi proponibile avverso i decreti di perenzione annuale ex art. 81 e i decreti di perenzione ultraquinquennale ex art. 82 mentre per ottenere la revoca dei decreti di perenzione ultraquinquennale ex art. 1, all. 3 sufficiente depositare, nel terminie di centottanta giorni dalla comunicazione del decreto, un atto in cui si dichiara di aver ancora interesse alla trattazione della causa. 14) Procedimenti in camera di consiglio: Ai sensi dellart. 87, si trattano in camera di consiglio: - i giudizi cautelari e quelli relativi allesecuzione delle misure cautelari; - il giudizio in materia di silenzio; - il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi; - i giudizi di ottemperanza; - i giudizi in opposizione ai decreti che pronunciano lestinzione o limprocedibilit del giudizio. In tutti i predetti giudizi, ad eccezione di quelli cautelari, tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, tranne quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidente e dei motivi aggiunti. La camera di consiglio fissata dufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate (quindi dopo sessanta giorni dalla notifica del ricorso). LIBRO TERZO: Impugnazioni 15) Mezzi di impugnazione e termini: - Ai sensi dellart. 38, le disposizioni del Libro II, se non espressamente derogate, si applicano anche alle impugnazioni e ai riti speciali. - I mezzi di impugnazione delle sentenze sono lappello, la revocazione, 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 lopposizione di terzo e il ricorso per cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione (art. 91). - Il termine breve per impugnare le sentenze rimasto di sessanta giorni dalla notificazione mentre il termine lungo stato dimezzato a sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, come gi doveva dedursi dalla modifica dellart. 327 c.p.c. da parte della l. n. 69/2009 (cfr. Circolare n. 31 del 23 giugno 2009, punto 4). Detta abbreviazione applicabile non solo ai giudizi instaurati dopo lentrata in vigore della predetta l. n. 69/2009 (4 luglio 2009) ma anche ai processi pendenti alla data di entrata in vigore del Codice (16 settembre 2010) in cui la sentenza sia stata depositata dopo tale data (art. 2 all. 3). - Per il rito abbreviato di cui allart. 119 (nelle materie gi disciplinate dallart. 23 bis l. TAR), il termine breve per impugnare la sentenza resta di trenta giorni dalla sua notificazione mentre il temine lungo ridotto da centoventi giorni a tre mesi dalla pubblicazione della sentenza. - Anche per i giudizi in materia di silenzio, di accesso e di ottemperanza, il termine breve per impugnare la sentenza dimezzato (art. 87, comma 3) ed quindi di trenta giorni dalla sua notificazione mentre il termine lungo di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza. - Il termine per il deposito dellappello rimasto di trenta giorni dallultima notificazione (art. 94) e di quindici giorni dallultima notificazione per i riti in cui i termini sono dimezzati. - In caso di notifica non andata a buon fine perch il domiciliatario si trasferito senza notificare una formale comunicazione alle parti, pu essere presentata unistanza al presidente del TAR o al presidente del Consiglio di Stato, secondo il giudice adito con limpugnazione, corredata dallattestazione dellomessa notificazione, per la fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione o per la rinnovazione dellimpugnazione (art. 93). - Limpugnazione incidentale tempestiva ex art. 333 c.p.c. pu essere rivolta contro qualsiasi capo della sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione (art. 96, comma 3); limpugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c. pu investire anche capi autonomi della sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla data in cui si perfezionata nei suoi confronti la notificazione dellimpugnazione principale e depositata entro dieci giorni (art. 93, commi 4 e 5). Nel silenzio della legge, per il deposito dellimpugnazione incidentale tempestiva deve ritenersi applicabile il termine ordinario di trenta giorni; cautelativamente, lo scadenziere per il deposito dellimpugnazione incidentale sar in ogni caso di dieci giorni. 16) Appello: - Una notevole novit stata introdotta con la disposizione in base alla TEMI ISTITUZIONALI 37 quale si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nellatto di appello o, per le parti diverse dallappellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio (art. 101, comma 2), ovvero sessanta giorni dalla notificazione dellappello (art. 46, comma 1). Tale disposizione non applicabile agli appelli depositati prima dellentrata in vigore del codice (art. 3, all. 3). - Viene inoltre introdotto listituto della riserva facoltativa di appello: contro le sentenze non definitive proponibile lappello ovvero la riserva di appello, con atto notificato entro il termine per lappello; in tale ultimo caso, la riserva di appello depositata nei successivi trenta giorni presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale (art. 103). - Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande fermo restando che ove lannullamento del provvedimento impugnato non risulti pi utile, il giudice pu accertare lillegittimit dellatto se sussiste linteresse ai fini risarcitori n nuove eccezioni non rilevabili dufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonch il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza stessa (art. 104, comma 1). Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono esser prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (art. 104, comma 2). Possono esser proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati (art. 104, comma 3). 17) Revocazione, opposizione di terzo e ricorso per cassazione: - Le sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione nei casi previsti dagli articoli 395 e 396 c.p.c. ma contro le sentenze dei TAR la revocazione ammessa se i motivi non possono essere dedotti con lappello (art. 106). Contro la sentenza emessa nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione ma esclusa una seconda impugnazione per revocazione (art. 107). - Conformemente alla sentenza della Corte costituzionale n. 177/1995, stata espressamente prevista lopposizione di terzo, contro le sentenze dei TAR o del Consiglio di Stato, anche passate in giudicato, qualora il terzo sia titolare di una posizione autonoma e incompatibile e sia pregiudicato da una sentenza pronunciata tra altri soggetti. E altres ammessa lopposizione di terzo revocatoria, quando la sentenza sia effetto di dolo o collusione a danno degli aventi causa e dei creditori di una delle parti (108). Lopposizione di terzo proposta davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza ma se proposto appello 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 contro la sentenza di primo grado, il terzo deve introdurre la domanda intervenendo nel giudizio di appello (art. 109). - Il ricorso per cassazione ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione (art. 110). Il Consiglio di Stato su istanza di parte, in caso di eccezionale gravit ed urgenza, pu sospendere gli effetti della sentenza impugnata e disporre le altre opportune misure cautelari (art. 111). LIBRO QUARTO: Ottemperanza e riti speciali 18) Giudizio di ottemperanza: - Ai sensi dellart. 112, lazione di ottemperanza pu essere proposta per ottenere ladempimento dellobbligo della pubblica amministrazione di conformarsi: - alle sentenze esecutive e agli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo (come gi previsto dallart. 33, comma 5 e, rispettivamente, dallart. 21, comma 14 l. TAR); - alle sentenze passate in giudicato del giudice amministrativo; - alle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario; - alle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati dei giudici speciali per i quali non sia previsto il rimedio dellottemperanza; - ai lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili (tale ultima categoria costituisce una novit). Viene quindi recepita espressamente la giurisprudenza che richiedeva il passaggio in giudicato dei provvedimenti emessi da giudici diversi dal giudice amministrativo quale presupposto per lesperibilit del giudizio di ottemperanza (Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5208). - E stata inoltre prevista la possibilit di proporre azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonch azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione, violazione eo elusione del giudicato (art. 112, comma 3), oltre alla domanda risarcitoria, proponibile per la prima volta in sede di ottemperanza, nel termine di centoventi giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso sulla connessa domanda di annullamento; in tale caso il giudizio di ottemperanza si svolge nelle forme, nei modi e nei termini del processo ordinario (art. 112, comma 4). Il ricorso pu essere proposto anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalit di ottemperanza e quindi anche dalla pubblica amministrazione tenuta allesecuzione (art. 112, comma 5). - Per lottemperanza ai provvedimenti del giudice amministrativo, il ricorso si proporne al giudice che ha emesso il provvedimento medesimo e comunque la competenza del TAR anche per i suoi provvedimenti confermati TEMI ISTITUZIONALI 39 in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado mentre per i provvedimenti del giudice ordinario, dei giudici speciali e dei collegi arbitrali, il ricorso si propone al TAR nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui chiesta lottemperanza (art. 113). Viene quindi cos notevolmente circoscritta la competenza del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza (cfr. il folto contenzioso per lesecuzione dei decreti della Corte dappello e delle sentenze della Suprema Corte in materia di legge Pinto), prima prevista in linea generale (art. 37, comma 2 l. TAR) e ormai divenuta residuale. - Viene espressamente prevista la previa notificazione del ricorso per lottemperanza e contestualmente viene eliminato lobbligo della previa diffida e messa in mora (art. 114); non inoltre richiesta lapposizione della formula esecutiva (art. 115, comma 3). Al ricorso allegata in copia autentica la sentenza di cui si chiede lottemperanza, con la prova del suo passaggio in giudicato (in caso di sentenza emessa da giudice diverso dal giudice amministrativo: art. 114, comma 2). Non quindi onere dellamministrazione eccepire il mancato passaggio in giudicato della sentenza, come talvolta richiesto in udienza dal Consiglio di Stato. - Il giudice decide con sentenza in forma semplificata o con ordinanza se chiesta lesecuzione di unordinanza (art. 114, comma 3 e 5). Come gi previsto dalla l. n. 69/2009, il giudice pu fissare, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nellesecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo (art. 114, comma 4, lett. e). Infine, risolvendo ogni dubbio in ordine alla necessit di distinguere tra violazione ed elusione del giudicato e tra atti autonomi e atti dipendenti dal giudicato, viene definitivamente chiarito che il giudice conosce di tutte le questioni relative allesatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario ad acta (art. 114, comma 6). 19) Riti speciali: accesso, silenzio, decreto ingiuntivo: - Come si gi detto sub 14), i giudizi in materia di accesso e di silenzio si trattano in camera di consiglio, tutti i termini processuali sono dimezzati (art. 87) e il giudice decide con sentenza in forma semplificata. - Ai sensi dellart. 116, contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione allamministrazione e agli eventuali controinteressati. In pendenza di un giudizio cui la richieda di accesso concessa, il ricorso pu essere proposto con istanza deposita presso la segreteria della sezione cui assegnato il ricorso principale, previa notificazione allamministrazione e agli eventuali controinteressati. Listanza decisa con ordinanza 40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio. Come si gi detto sub 3), lamministrazione pu essere rappresentata e difesa, anche nei giudizi di impugnazione, da un proprio dipendente a ci autorizzato (art. 116, commi 3 e 5). E comunque preferibile, in linea di principio, che innanzi al Consiglio di Stato lamministrazione sia rappresentata e difesa dallAvvocatura dello Stato. - Ai sensi dellart. 117, il ricorso avverso il silenzio proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato allamministrazione e ad almeno un controinteressato fintanto che perdura linadempimento e, comune, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento (art. 31, comma 2). Se nel corso del giudizio sopravviene il provvedimento espresso questo pu essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento e lintero giudizio prosegue con tale rito (art. 117, comma 5). Se lazione di risarcimento del danno da ritardo proposta congiuntamente a quella avverso il silenzio, il giudice pu definire con il rito camerale questultima e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria (art. 117, comma 6). - Per il procedimento di ingiunzione, nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, il Codice rinvia agli articoli 633 e seguenti c.p.c. Lopposizione si propone con ricorso. 20) Rito abbreviato: - Lart. 119 disciplina il rito abbreviato nelle materie ivi elencate, gi disciplinate dallart. 23 bis l. TAR, comprese le controversie in materia di appalti (art. 119, comma 1, lett. a) che vengono per ulteriormente disciplinate, con alcune disposizioni specifiche, dagli articoli da 120 a 125. - Tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonch quelli per la proposizione dellappello cautelare (che sono quindi, come per le altre materie, di trenta giorni dalla notifica dellordinanza e di sessanta giorni dalla sua pubblicazione) ma non anche quello per il deposito dellappello cautelare, che (e resta come gi previsto allart. 23 bis l. TAR) di quindici giorni (art. 119, comma 2). - Come si gi detto sub 15), per il rito abbreviato di cui allart. 119, il termine breve per impugnare la sentenza resta di trenta giorni dalla sua notificazione mentre il termine lungo ridotto da centoventi giorni a tre mesi dalla pubblicazione della sentenza. - Come gi previsto dallart. 23 bis l. TAR, sempre che non venga definito il giudizio in camera di consiglio, in sede di decisone della domanda cautelare ex art. 60, con sentenza in forma semplificata il TAR, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta lintegrazione dello stesso, se ritiene, a un primo sommario esame, la sussistenza di profili di fondatezza del ricorso e di TEMI ISTITUZIONALI 41 un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dellordinanza, disponendo altres il deposito dei documenti necessari e l'acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti. Analoga disposizione prevista in caso di accoglimento dellistanza cautelare da parte del Consiglio di Stato (art. 119, comma 3). - La pubblicazione del dispositivo entro sette giorni dalla decisione non pi prevista automaticamente ma solo ove una delle parti dichiari a verbale di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza (art. 119, comma 5). - Come gi previsto dallart. 23 bis l. TAR, la parte pu chiedere al Consiglio di Stato la sospensione dellesecutivit del dispositivo proponendo appello entro trenta giorni dalla relativa pubblicazione, con riserva dei motivi. In tale caso, resta di trenta giorni dalla notificazione della sentenza il termine breve per proporre i motivi mentre ridotto da centoventi giorni a tre mesi dalla pubblicazione della sentenza il termine lungo per proporre i motivi medesimi. La mancata richiesta di sospensione dellesecutivit del dispositivo non preclude la possibilit di chiedere la sospensione dellesecutivit della sentenza dopo la pubblicazione dei motivi (art. 119, comma 6). 21) Rito in materia di appalti: - Gli articoli da 120 a 125 dettano disposizioni specifiche per gli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attivit tecnico-amministrative ad esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonch i connessi provvedimenti dellAutorit per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Per quanto non espressamente previsto dalle predette norme, si applica lart. 119 (art. 120, comma 3). - Con le citate disposizioni, stata inserita nel codice la disciplina processuale del contenzioso sugli appalti pubblici dettata dal decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53 di recepimento della c.d. direttiva ricorsi 2007/66/CE e corrispondente agli articoli 245 (strumenti di tutela), 245-bis (inefficacia del contratto in caso di gravi violazioni), 245-ter (inefficacia dei contratti negli altri casi), 245-quater (sanzioni alternative), 245-quinquies (tutela in forma specifica e per equivalente) e 246 (norme processuali ulteriori per le controversie relative a infrastrutture e insediamenti produttivi) del codice dei contratti (d.lgs. n. 163/2006). Ai sensi dellart. 3, comma 19, all. 4, le predette norme del codice dei contratti sono modificate nel senso che operano un rinvio mobile alle disposizioni del codice del processo amministrativo. - Gli articoli da 121 a 125 riproducono testualmente i corrispondenti articoli da 245-bis a 246 del codice dei contratti, salvo, per lart. 124 (tutela informa specifica e per equivalente), leliminazione dellinciso in grassetto dalla seguente frase: se il giudice non dichiara linefficacia del contratto dispone, 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 su domanda e a favore del solo ricorrente avente titolo allaggiudicazione, il risarcimento del danno per equivalente subito e provato. Si rimanda pertanto alla circolare n. 26 del 4 giugno 2010. - Lart. 120, riguardante gli strumenti processuali contiene invece numerose innovazioni rispetto allart. 245 del codice dei contratti, come modificato dal d.lgs. n. 53/2010. In particolare, sono stati eliminati alcuni temi che sono rimasti in vigore esclusivamente dal 27 aprile 2010 al 16 settembre 2010: il termine di quindici giorni per impugnare lordinanza cautelare comunicata o notificata, che resta di sessanta giorni dal deposito o di trenta giorni dalla notifica (art. 62, comma 1 e art. 119, comma 2); il termine di dieci giorni per il deposito dellappello cautelare, che resta di quindici giorni (art. 62, comma 2 e art. 119, comma 2); il termine di cinque giorni dalla notifica del ricorso per depositare memoria in caso di domanda cautelare, che ora di un giorno libero prima delludienza (art. 55, comma 5 e art. 119, comma 2). - Rispetto allart. 119, le disposizioni specifiche dellart. 120 prevedono un rito ancor pi accelerato e dispongono che: il termine per la notificazione del ricorso e dei motivi aggiunti di trenta giorni; quando il giudizio non immediatamente definito allesito delludienza cautelare ex art. 60, ludienza di merito, ove non indicata dal collegio ai sensi dellart. 119, comma 3, immediatamente fissata dufficio con assoluta priorit; il giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare, anche se ordina adempimenti istruttori, se concede termini a difesa, o se solleva o vengono proposti incidenti processuali; il dispositivo del provvedimento con cui il TAR definisce il giudizio pubblicato (a prescindere da una richiesta di parte in tal senso) entro sette giorni dalla data della sua deliberazione (tale norma non applicabile innazi al Consiglio di Stato); tutti gli atti di parte e i provvedimenti del giudice devono essere sintetici e la sentenza redatta, ordinariamente, in forma semplificata. 22) Contenzioso elettorale: - La disciplina del contenzioso sulle operazioni elettorali nel quale non ammesso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (art. 128) prevede due tipi di procedimenti: la tutela anticipata avverso gli atti di esclusione di liste o candidati dai procedimenti elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali, introdotta ex novo (art. 129) e il contenzioso relativo alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo concernente tutti gli atti del procedimento elettorale successivi allemanazione dei comizi elettorali, impugnabili solo unitamente allimpugnazione dellatto di proclamazione degli eletti (art. 130). La delega non stata invece esercitata per la parte relativa allintroduzione ex novo di una tutela specifica per la fase preparatoria delle elezioni politiche. - Quanto al primo tipo di procedimento, lart. 129 stabilisce che lesclusione di liste o candidati pu essere immediatamente impugnata, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, nel TEMI ISTITUZIONALI 43 termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, degli atti impugnati. Il ricorso deve essere notificato, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, allufficio che ha emanato latto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, ai controinteressati e depositato presso la segreteria del TAR, che provvede ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico. Ludienza di discussione si celebra nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, senza avvisi. Il giudizio deciso allesito delludienza con sentenza in forma semplificata da pubblicarsi nello stesso giorno. Il ricorso in appello deve esser notificato nelle stesse forme del ricorso entro due giorni dalla pubblicazione della sentenza e depositato sia presso il TAR che ha emesso la sentenza, sia presso la segreteria del Consiglio di Stato. - Quanto al secondo tipo di procedimento, lart. 130 prevede che gli atti del procedimento elettorale sono impugnati da qualsiasi candidato o elettore dellente della cui elezione si tratta con ricorso da depositare nella segreteria del TAR entro trenta giorni dalla proclamazione degli eletti. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione delludienza, notificato, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla data di comunicazione del decreto medesimo allente della cui elezione si tratta, allUfficio elettorale centrale nazionale in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo ed ad almeno un controinteressato ed successivamente depositato nella segreteria del TAR entro dieci giorni con la prova dellavvenuta notificazione. Lamministrazione e i controinteressati depositano le proprie controdeduzioni nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si perfezionata nei loro confronti. - Gli articoli 131 e 132 disciplinano il procedimento di appello a seconda che si tratti di operazioni elettorali di comuni, province e regioni (art. 131) ovvero di operazioni elettorali del Parlamento europeo (art. 132). Nel primo caso lappello proposto entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza o della sua pubblicazione nellalbo pretorio del comune; al giudizio si applicano le norme che regolano il processo di appello innanzi al Consiglio di Stato e i relativi termini sono dimezzati. Nel secondo caso, le parti possono proporre appello mediante dichiarazione da presentare presso la segreteria del TAR che ha pronunciato la sentenza entro il temine di cinque giorni dalla pubblicazione della sentenza o del dispositivo; latto di appello contenente i motivi deve essere depositato entro il termine di trenta giorni dalla ricezione dellavviso di pubblicazione della sentenza. LIBRO QUINTO: Norme finali 23) Giurisdizione esclusiva e di merito, competenza inderogabile del TAR Lazio: - Il Codice opera un ampliamento delle materie rientranti nella giurisdizione esclusiva, elencate allart. 133, evidenziando la portata generale della giurisdizione esclusiva su tutti i provvedimenti anche sanzionatori adottati 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 dalle autorit indipendenti ad eccezione del Garante per la privacy (ivi comprese le sanzioni irrogate da Banca dItalia e Consob in materia creditizia e mobiliare, con conseguente abrogazione dellart. 145 d.lgs n. 385/1993 e 195 d.lgs. n. 58/1998 che prevedevano la giurisdizione ordinaria e, segnatamente, la competenza della Corte dappello di Roma) esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati (comma 1, lett. l). A seguito dellintervento additivo della sentenza della Corte costituzionale n. 191/2006, viene inoltre esplicitata che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia espropriativa concerne anche i comportamenti amministrativi, che non si traducono in atti formali, riconducibili anche mediatamente allesercizio di un pubblico potere (comma 1, lett. g). - Sono state invece fortemente ridimensionate dallart. 134 le materie di giurisdizione estesa al merito gi elencate dallart. 27 T.U. CdS (da 17 a 5 categorie) tra le quali vanno per annoverate, innovativamente, le controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle autorit indipendenti (comma 1, lett. c). - Lart. 135 elenca le controversie devolute alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, tra le quali sono state inserite quelle in materia di rimozione di amministratori locali e di scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose (comma 1, lett. q) nonch quelle concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW nonch quelle relative ad infrastrutture di trasposto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti, fatta salva la competenza inderogabile del TAR Lombardia, sede di Milano per le controversie relative ai poteri esercitati dallAutorit per lenergia elettrica e il gas, prevista dallart. 14, comma 2 (comma 1, lett. f). 24) Indirizzi telematici e depositi informatici: - I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo il proprio indirizzo di posta elettronica certifica e il proprio recapito di fax dove intendono ricevere le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. E onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati (art. 136, comma 1). Con successiva circolare, verr previsto lindirizzo P.E.C. da indicare negli atti. - I difensori costituti forniscono copia in via informatica di tutti gli atti di parte depositati e, ove possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa. Il difensore attesta la conformit tra il contenuto del documento in formato elettronico e quello cartaceo. Il deposito del materiale informatico, ove TEMI ISTITUZIONALI 45 non sia effettato unitamente a quello cartaceo, eseguito su richiesta della segreteria nel termine da questa segnalato, esclusa ogni decadenza. In casi eccezionali il presidente pu dispensare dallosservanza di quanto previsto dal presente comma (art. 136, comma 2). A tale fine modificata la richiesta di rapporto come da indicazioni in calce alla presente Circolare. Le segreterie del TAR e del Consiglio di Stato si sono riservate di comunicare lindirizzo P.E.C. al quale inviare gli atti e i documenti in formato elettronico nonch le modalit di trasmissione degli stessi. Con successiva circolare verranno fornite le indicazioni operative in merito. ALLEGATO 2: Norme di attuazione 25) Orario dei depositi: - Nei casi in cui il codice prevede il deposito di atti o documenti sino al giorno precedente la trattazione di una domanda in camera di consiglio, il deposito deve avvenire entro le ore 12,00 dellultimo giorno consentito. In ogni caso assicurata la possibilit di depositare gli atti in scadenza sino alle ore 12,00 dellultimo giorno consentito (art. 4, commi 2 e 4, all. 2). 26) Copie degli atti: - A norma dellart. 5, all. 2, ciascuna parte, allatto della propria costituzione in giudizio, consegna il proprio fascicolo, contenente gli originali degli atti e i documenti di cui intende avvalersi nonch il relativo indice (comma 1). Gli atti devono essere depositati in numero di copie corrispondente ai componenti del collegio e alle altre parti costituite. Se il fascicolo di parte ed i depositi successivi non contengono le copie degli atti di cui al presente comma gli atti depositati sono trattenuti in segretaria e il giudice non ne pu tener conto prima che la parte abbia provveduto allintegrazione del numero di copie richieste (comma 2). - La predetta norma, anche nei commi successi, distingue sempre tra atti e documenti; il numero di copie corrispondente ai componenti del collegio e alle parti costituite e la conseguenza pregiudizievole che deriva dal mancato deposito nel numero di copie indicato sono previsti esclusivamente per gli atti e non anche per i documenti. Per quanto riguarda questi ultimi, il deposito dovr quindi avvenire, come in passato, in tre copie. 27) Ritiro e trasmissione dei fascicoli di parte e del fascicolo dufficio: I documenti e gli atti prodotti davanti al TAR non possono essere ritirati dalle parti prima che il giudizio sia definito con sentenza passata in giudicato. In caso di appello, il segretario del giudice di appello richiede la trasmissione del fascicolo dufficio al segretario del giudice di primo grado, salvo che sia appellata una sentenza non definitiva ovvero unordinanza cautelare. Tuttavia il giudice di appello, pu, se lo ritiene necessario, chiedere la trasmissione del fascicolo dufficio, ovvero ordinare alla parte interessata di produrre copia di determinati atti (art. 6, all. 2). 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ALLEGATO 3: Norme Transitorie 28) Nuova istanza di fissazione di udienza e perenzione: Lart. 1 all. 3 prevede che per i ricorsi pendenti da oltre cinque anni, va depositata una nuova istanza di fissazione di udienza entro 180 giorni dallentrata in vigore del codice (15 marzo 2011), pena la perenzione del ricorso. Si richiama quanto gi dedotto sub 13). 29) Ultrattivit della disciplina previgente: Per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti. Con riferimento ai termini a ritroso per il deposito di atti e documenti, in assenza di una esplicita norma transitoria al riguardo, tra la tesi che ritiene applicabili le nuove norme solo quando lavviso di udienza sia stato comunicato dopo il 16 settembre 2010 e quella che ritiene applicabili le nuove norme quando sia comunque rispettato (tenendo conto della sospensione feriale) il temine di sessanta giorni tra lavviso di udienza (anche comunicato prima del 16 settembre 2010) e la data delludienza, appare precauzionalmente preferibile attenersi, ove possibile, alla seconda soluzione. ALLEGATO 4: Norme di coordinamento e abrogazioni 30) Norme di coordinamento e abrogazioni: Loperazione di codificazione ha consentito, da un lato, linserimento nel Codice di numerose disposizioni previste da altre fonti, modificate da norme di coordinamento che operano un rinvio mobile alla disciplina del Codice (art. 1, 2 e 3, all. 4), dallaltro, labrogazione di circa 50 fonti normative, tra le quali il regolamento di procedura del Consiglio di Stato R.D. n. 642/1907; gran parte del T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato R.D. n. 1054/1924; gran parte della legge istitutiva dei TAR l. n. 1034/1971; alcuni articoli della legge sul procedimento amministrativo l. n. 241/1990; gran parte delle disposizioni in materia di giustizia amministrativa l. 205/2000 (art. 4 all. 4). LAVVOCATO GENERALE Avv. Ignazio Francesco Caramazza Per ragioni di spazio, si omettono gli allegati in calce alla presente circolare riguardanti le istruzioni per la modifica degli scadenzieri e la richiesta di rapporto alle amministrazioni. TEMI ISTITUZIONALI 47 Svolgimento della funzione consultiva* La funzione consultiva dellAvvocatura dello Stato appare di fondamentale importanza in quanto idonea a prevenire defatiganti e costose liti e ad assicurare la legittimit dellazione amministrativa. Detta funzione contribuisce, inoltre, al formarsi dellimmagine di una pubblica amministrazione trasparente ed imparziale. Affinch tutto quanto si realizzi occorre, per, che i quesiti siano evasi tempestivamente. Il che purtroppo non sempre accade, perch troppo spesso lincombere pressante di oggettive e ineludibili scadenze processuali non consente la sollecita stesura del parere richiesto, con conseguente progressiva riduzione delle richieste di consultazione da parte delle Amministrazioni, scoraggiate dagli usuali lunghi tempi di risposta. Ritengo pertanto prioritaria e indifferibile necessit che si proceda ad un rilancio, ad una velocizzazione dellattivit consultiva, anche nello spirito del disposto dellart. 16, comma 6, della L. n. 241/90, attraverso le misure sperimentali che seguono. Le stesse riguardano, al momento, i soli pareri di massima, ferma restando lesigenza che tutta lattivit consultiva sia svolta con ogni possibile celerit. Ciascun Vice Avvocato Generale designer, nellambito della propria Sezione, secondo un criterio di specifica competenza e con periodica rotazione, un numero di Avvocati o Procuratori dello Stato variabile in dipedenza della frequenza con la quale le Amministrazioni patrocinate formulano quesiti aventi rilevanza generale. Gli Avvocati e Procuratori designati renderano con la massima urgenza i detti pareri di massima; al fine di consentire lo svolgimento di tale attivit in via prioritaria, il carico di lavoro ordinario degli stessi potr essere adeguatamente ridotto secondo la prudente valutazione del Vice Avvocato Generale competente. Allatto dellimpianto, il nuovo affare recante la richiesta di parere sar segnalato tramite linvio di copia allAvvocato Generale Aggiunto, gi da me delegato con la circolare n. 28 dell8 giugno 2010 al monitoraggio sui tempi e le modalit di espletamento dellattivit consultiva di massima. Contestualmente allimpianto, sar prenotato, a cura dellArchivio, apposito scadenziere (trenta giorni) di nuova istituzione, avente funzione meramente sollecitatoria, al fine di consentire il completamento del procedimento in termini ragionevoli. Analoga comunicazione sar inviata a cura del Vice Avvocato Generale competente allAvvocato Generale Aggiunto ove una questione di massima richiedente la pronuncia di un parere dovesse emergere nel corso della trattazione di affare gi impiantato. (*) Circolare n. 53 - 12 ottobre 2010 prot. 310238 - dellAvvocato Generale. 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 La bozza di parere predisposto dallAvvocato o Procuratore incaricato verr quindi inviata allAvvocato Generale Aggiunto, il quale, ove necessario, provveder affinch la trattazione della questione sia sottoposta con urgenza allesame del Comitato Consultivo. In caso contrario, il parere sar sottocritto dal Vice Avvocato Generale competente e dallAvvocato o Procuratore estensore. Una volta reso, il parere, a cura dellAvvocato incaricato, sar massimato ed inserito in apposita banca dati a cura del Coordinatore di Sezione o di altro soggetto alluopo designato. La massimazione dovr avvenire con la seguente forma: Con la nota in riferimento viene posta la questione se la risposta deve essere (positiva, o negativa, o articolata). LAvvocato Generale Aggiunto e i Vice Avvocati Generali provvederanno ad informarsi periodicamente dellandamento del consultivo di massima nella prima fase applicativa ai fini degli eventuali interventi correttivi che la concreta prassi rendesse necessari. Gli Avvocati Distrettuali vorranno conformare lorganizzazione delle rispettive Avvocature ai principi ispiratori della presente circolare. LAVVOCATO GENERALE Avv. Ignazio Francesco Caramazza TEMI ISTITUZIONALI 49 Limiti allaccesso per i pareri legali dellAvvocatura dello Stato (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30 settembre 2010 n. 7237) 1. Premessa Con la sentenza nr. 7237 del 30 settembre 2010, la VI Sezione del Consiglio di Stato , nuovamente, intervenuta sulla delicata tematica della compatibilit tra il principio di trasparenza e pubblicit dellattivit amministrativa ed il diritto della Pubblica Amministrazione alla riservatezza e segretezza di atti che contengono impostazioni difensive relativi a contenziosi attuali o futuri. Come noto, lart. 24, co. 1, della Legge 7 agosto 1990, n. 241, stabilisce che il diritto di accesso ҏ escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dellarticolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, nonch nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dallordinamento. Lart. 2 del D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200 (1), rubricato categorie di documenti inaccessibili nei casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dallordinamento, prevede che a ai sensi dellart. 24, comma 1, della Legge 7 agosto 1990, n. 241, in virt del segreto professionale gi previsto dallordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti tra difensore e difeso, sono sottratti allaccesso i seguenti documenti: a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b)(2). Orbene, con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha ribadito il proprio consolidato orientamento in materia (3), tipizzando le ipotesi nelle quali il diritto di accesso deve ritenersi escluso in base al combinato disposto degli artt. 24, co. 1, della Legge nr. 241/1990 e 2 del D.P.C.M. nr. 200/1996. (1) Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti dell'Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso. (2) La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la disposizione sopra citata ha portata generale ed applicabile a tutti gli avvocati, siano essi del libero foro o appartenenti ad uffici legali di Enti pubblici (cfr. T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. II, 14 maggio 2010, n. 1135; Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2003 n. 6200; Cons. Stato, Sez. IV, 27 agosto 1998 n. 1137). (3) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2008, n. 3119; Cons. Stato, Sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893; Cons. Stato, Sez. IV, 8 febbraio 2001, n. 513; Cons. Stato, Sez. V, 26 settembre 2000, n. 5105; Cons. Stato Sez. VI, 20 agosto 1999, n. 1101; si veda anche, nella giurisprudenza di primo grado pi recente: T.A.R. Sicilia - Catania, Sez. III, 19 febbraio 2010, n. 341; T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. I, 12 gennaio 2010, n. 17; T.A.R. Lazio - Roma Sez. III quater, 27 agosto 2008, n. 7930. 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 2. La fattispecie concreta La pronuncia del Consiglio di Stato interviene a definizione del ricorso proposto, ai sensi dellart. 25 della Legge nr. 241/1990 da alcuni dipendenti dellUniversit degli Studi della Basilicata in relazione al diniego allaccesso, opposto dal Direttore amministrativo dellAteneo, su due note con cui lAvvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza, a fronte di una richiesta di parere richiesto dalla predetta Universit, aveva, dapprima, richiesto unintegrazione istruttoria e, successivamente, reso il sollecitato parere. Linteresse dei dipendenti alla conoscenza di dette note scaturiva dalla circostanza che: il Rettore dellAteneo, dopo aver stipulato con gli stessi, gi inquadrati nella categoria D, un contratto di lavoro a tempo indeterminato ed a tempo pieno, con inquadramento nella superiore categoria EP 1 (a definizione di una controversia scaturita dallesito sfavorevole di una procedura selettiva per laccesso alla predetta categoria EP 1), aveva, unilateralmente, sospeso lefficacia giuridica ed economica dei menzionati contratti con riserva di assumere definitive determinazioni allesito del parere richiesto allAvvocatura distrettuale dello Stato di Potenza, al Collegio dei revisori dei conti ed al Nucleo di valutazione dellAteneocon lo scopo dievitare di esporre lEnte ad effetti risarcitori nei confronti di chi si ritiene leso nei propri diritti ed interessi; una volta acquisito il parere richiesto allAvvocatura Distrettuale dello Stato, il Direttore amministrativo dellUniversit aveva comunicato lavvio del procedimento diretto allannullamento, in via di autotutela, delle determinazioni amministrative relative al loro inquadramento nella categoria EP 1. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, evidenziando che lUniversit aveva richiesto il parere dellAvvocatura dello Stato nellambito di un procedimento amministrativo. Sicch, trattandosi di mero atto endoprocedimentale, per di pi essenziale per unadeguata difesa degli interessi dei ricorrenti nellambito del procedimento di autotutela, il parere (al pari della nota con cui era stata richiesta da parte dellOrgano Legale unintegrazione istruttoria) doveva considerarsi pienamente accessibile, avendo perso i connotati di atto sottoposto al segreto professionale di cui agli artt. 622 c.p. e 200 c.p.p. Contro detta decisione lUniversit degli Studi della Basilicata proponeva appello dinnanzi al Consiglio di Stato, evidenziando: a) che le due note dellAvvocatura dello Stato dovevano ritenersi non ostensibili, ai sensi dellart. 24, co. 1, delle Legge nr. 241/1990 e 2, co. 1, lett. a, del D.P.C.M. nr. 200/1996, in quanto relative ad una lite potenziale(alcuni ricorrenti avevano, infatti, impugnato lesito sfavorevole della procedura selettiva dinnanzi al compente giudice amministrativo; a seguito dellavvio della procedura di riesame, tutti i ricorrenti avevano inviato degli atti di diffida e messi in mora nei confronti dellAmministrazione); b) che il giudice di primo TEMI ISTITUZIONALI 51 grado aveva consentito laccesso dopo aver accertato che il parere non conteneva tesi e strategie difensive dellAmministrazione, da assumere nelleventuale controversia giurisdizionale con unevidente inammissibile incisione del ruolo e delle prerogative proprie del difensore. 3. La sentenza nr. 7237/2010 Con la sentenza nr. 7237/2010, il Consiglio di Stato ha respinto lappello proposto dallUniversit degli Studi della Basilicata, qualificando il parere, cos come la precedente nota istruttoria, come meri atti endoprocedimentali, in quanto: a) lAmministrazione aveva provveduto a richiedere il parere in sede di riesame di un procedimento amministrativo gi definito; b) alcun giudizio risultava instaurato da parte dei dipendenti, alla data della formulazione della richiesta allAvvocatura dello Stato. Tanto premesso, la sentenza in commento si segnala, soprattutto, in quanto, riepilogando lo stato attuale della giurisprudenza amministrativa in materia, ha affermato che: 1) il diritto di accesso escluso: a) con riferimento agli atti defensionali; b) con riferimento ai pareri resi da legali: - dopo lavvio di un procedimento contenzioso; - dopo lavvio di un eventuale procedimento precontenzioso; - nella fase intermedia successiva alla definizione del rapporto amministrativo allesito del procedimento, ma precedente linstaurazione di un giudizio o lavvio di un eventuale procedimento precontenzioso, come allorquando venga richiesta allAmministrazione ladozione di comportamenti materiali, giuridici o provvedimentali, finalizzati a porre rimedio ad una situazione che si assume illegittima o illecita. 2) il diritto di accesso deve essere, viceversa, riconosciuto con riferimento ai pareri richiesti nellambito dellattivit istruttoria prodromica alladozione del provvedimento amministrativo. Con riferimento alla seconda quaestio iuris sollevata dallappellante Amministrazione (possibilit per il giudice amministrativo di sindacare la sussistenza o meno dei presupposti per laccesso ai pareri resi dai legali in ragione del contenuto degli stessi), si evidenzia che il Consiglio di Stato si limita ad affermare che, nella fattispecie dinteresse, non era configurabile alcuna lesione delle prerogative difensive, essendo il legale dellAmministrazione stato avvertito delliniziativa assunta dai giudici di primo grado. Trattasi di affermazione non persuasiva in quanto: - logicamente, non conciliabile con la tipizzazione, sulla base di criteri meramente estrinseci, delle fattispecie nelle quali laccesso , legittimamente, negato; 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 - il legislatore ha escluso laccesso in ragione non gi della specifica enunciazione nei pareri e nella corrispondenza di tesi o strategie difensive, quanto piuttosto della loro afferenza ad unattivit coperta dal segreto professionale ai sensi e per gli effetti degli artt. 622 c.p. e 200 c.p.p.. Dott. Mario Capolupo* Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza del 30 settembre 2010 n. 7237 - Pres. Barbagallo, Est. Cafini - Universit degli Studi della Basilicata (avv. Stato Di Palma) c. (omissis) costituiti in giudizio personalmente (senza assistenza di difensore ai sensi dellart. 25, comma 5 bis, della L. 7 agosto 1990 n. 241). (Omissis) DIRITTO 1. Il Tribunale amministrativo regionale della Basilicata ha ricordato, con la sentenza n. 32/2010, ora impugnata, che, secondo lorientamento giurisprudenziale dominante, i pareri legali si considerano soggetti allaccesso ove siano riferiti alliter procedimentale e vengano pertanto ad innestarsi nel provvedimento finale, mentre sono coperti dal segreto professionale (artt. 622 c.p. e 200 c.p.p.) quando attengano alle tesi difensive in un procedimento giurisdizionale: conclusione confermata anche dagli artt. 2 e 5 del D.P.C.M. 26.1.1996, n. 200, di approvazione del Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nellambito delle attribuzioni dellAvvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso. Sulla base di tale generale premessa, il giudice di primo grado, ha ritenuto che il parere dellAvvocatura distrettuale dello Stato di Potenza in data 25.8.2009 (di cui alle istanze dei ricorrenti del 14.9.2009), reso in relazione ad apposita richiesta dellUniversit degli studi della Basilicata, sia riferibile alla fase procedimentale amministrativa (riesame dellinquadramento gi riconosciuto in favore dei ricorrenti originari, con i quali erano stati stipulati i relativi contratti a tempo indeterminato) e, pertanto, da ritenersi oggetto del diritto di accesso ai sensi dellart. 25 della legge n. 241 del 1990. Contro la sentenza anzidetta lUniversit degli studi della Basilicata ha proposto appello, con il quale sostiene che i pareri ritenuti ostensibili dal TAR sarebbero, in realt sottratti allaccesso, mentre dal canto suo gli originari ricorrenti, hanno replicato alle argomentazioni dellateneo appellante, evidenziando la correttezza della pronuncia dei primi giudici e ribadendo quindi lillegittimit del diniego allaccesso, contenuto nei provvedimenti impugnati con il ricorso di prime cure, riferendosi ad atti che nella sostanza erano da annoverare tra gli atti procedimentali e, dunque, accessibili. La questione sottoposta allesame del Collegio, dunque, si pone, nella sostanza, in un ambito peculiare di contrapposizione fra due distinti diritti tutelati dallordinamento; ossia, da un canto, la tutela di trasparenza nellattivit amministrativa e, dallaltro, la tutela di riservatezza e segretezza di atti che contengono impostazioni difensive relativi a contenziosi attuali o fu- (*) Procuratore dello Stato. TEMI ISTITUZIONALI 53 turi, contrapposizione in relazione alla quale lordinamento, a livello statale, intervenuto approvando la specifica disciplina contenuta nel DPCM 26 gennaio 1996, n. 200 e di seguito meglio precisata. 2. Cos delineata, in sintesi, la materia del contendere in relazione alle tesi svolte dalle parti, il Collegio ritiene che lappello come sopra proposto non sia meritevole di accoglimento. Ed invero, come questo Consiglio di Stato ha avuto occasione di osservare (cfr., in particolare, C.d.S., Sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893 e 15 aprile 2004 n.2163; Sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6200, questultima richiamata dallAmministrazione universitaria ricorrente e anche dagli odierni appellati, sia pure a sostegno delle rispettive opposte tesi), la normativa statale di cui allart. 7 della legge 8 giugno 1990 n. 142 e agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241, pur affermando lampia portata della regola dellaccesso, la quale rappresenta la coerente applicazione del principio di trasparenza, che governa i rapporti tra Amministrazione e cittadini, introduce alcune limitazioni di carattere oggettivo, definendo le ipotesi in cui determinate categorie di documenti sono sottratte allaccesso. Lart. 24 della legge n. 241/1990 esprime tale principio, stabilendo che il diritto di accesso ҏ escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, nonch nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento; disposizione questa che testimonia come linnovazione legislativa introdotta con la legge n. 241/1990, se ridimensiona la portata sistematica del segreto amministrativo, non travolge tuttavia le diverse ipotesi di segreti, previsti dallordinamento, finalizzati a tutelare interessi specifici, diversi da quello, riconducibile alla mera protezione dellesercizio della funzione amministrativa. I documenti, seppure formati o detenuti dallAmministrazione, in tale eventualit non sono suscettibili di divulgazione, giacch il principio di trasparenza cede innanzi alla esigenza di salvaguardare linteresse protetto dalla normativa speciale sul segreto. Sulla base del richiamato orientamento giurisprudenziale, i due criteri direttivi volti ad orientare linterprete per lesatta delimitazione delle discipline sul segreto non travolte dalla nuova normativa in materia di accesso ai documenti vanno individuati, da un lato, nel fatto che il segreto preclusivo dellaccesso ai documenti non deve costituire la mera riaffermazione del tramontato principio di assoluta riservatezza dellazione amministrativa e, dallaltro lato, nella circostanza che il segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990 deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in cui esso mira a salvaguardare interessi di natura e consistenza diversa da quelli genericamente amministrativi. E stato affermato, in tale contesto, dalla giurisprudenza sopra indicata, che, nellambito dei segreti sottratti allaccesso ai documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con lAmministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale. Pi specificamente, si precisato che la previsione contenuta nellart. 2 del DPCM 26 gennaio 1996, n. 200, mira proprio a definire con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto professionale, fissando una regola che appare sostanzialmente ricognitiva dei principi applicabili in questa materia, anche al di fuori dellambito della difesa erariale. In particolare, la disposizione riferita alle categorie di documenti inaccessibili nei casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dallordinamento, dispone, come accennato, che, ai sensi dellart. 24, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in virt del segreto professionale gi previsto dallordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rap- 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 porti tra difensore e difeso, sono sottratti allaccesso i seguenti documenti: a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b). La medesima giurisprudenza sopra menzionata ha chiarito poi che la detta regola ha una portata generale, codificando il principio, valevole per tutti gli avvocati, siano essi del libero foro o appartenenti ad uffici legali di enti pubblici, secondo cui, essendo il segreto professionale specificamente tutelato dallordinamento, sono sottratti allaccesso gli scritti defensionali, rispondendo il principio in parola ad elementari considerazioni di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie ed ha, altres, chiarito, che, quanto alle consulenze legali esterne, a cui lAmministrazione pu ricorrere in diverse forme ed in diversi momenti dellattivit di sua competenza, che, nellipotesi in cui il ricorso alla consulenza legale esterna si inserisce nellambito di unapposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere richiesto al professionista con lespressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed poi richiamato nella motivazione dellatto finale, la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto privatistico, normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, soggetto allaccesso, perch oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo. Allorch la consulenza si manifesta dopo lavvio di un procedimento contenzioso oppure dopo linizio di tipiche attivit precontenziose e lAmministrazione si rivolge ad un professionista di fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva, il parere del legale, invece, non affatto destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire allente pubblico tutti gli elementi tecnicogiuridici utili per tutelare i propri interessi; in tal caso le consulenze legali restano caratterizzate dalla riservatezza, che mira a tutelare non soltanto lopera intellettuale del legale, ma anche la stessa posizione dellAmministrazione, la quale, esercitando il proprio diritto di difesa, protetto costituzionalmente, deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di qualsiasi altro soggetto dellordinamento. Peraltro, il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta pure nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo allesito del procedimento, ma precedente linstaurazione di un giudizio o lavvio delleventuale procedimento precontenzioso, perch, pure in tali casi, il ricorso alla consulenza legale persegue lo scopo di consentire allAmministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, pu considerarsi quanto meno potenziale; il che avviene, in particolare, quando il soggetto interessato chiede allAmministrazione ladempimento di una obbligazione, o quando, in linea pi generale, la parte interessata domanda allAmministrazione ladozione di comportamenti materiali, giuridici o provvedimentali, intesi a porre rimedio ad una situazione che si assume illegittima od illecita. 3. Da tale orientamento, correttamente seguito dai primi giudici, il Collegio non ha ragione di discostarsi ai fini della soluzione della controversia in esame. Il parere dellAvvocatura dello Stato in ordine al quale il TAR ha riconosciuto il diritto daccesso sembra, infatti, avere la funzione di esprimere il richiesto avviso nellambito del procedimento amministrativo in cui viene ad inserirsi e non comunque collegato n con una lite attuale, n con una lite potenziale, in quanto non contiene considerazioni volte a delineare la condotta processuale pi conveniente per lAmministrazione; n sembra detto parere in- TEMI ISTITUZIONALI 55 tervenuto in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo allesito del procedimento, ma precedente allinstaurazione di un giudizio, non avendo chiesto nella specie gli interessati allAmministrazione ladempimento di unobbligazione, n chiesto atti o provvedimenti volti a porre rimedio ad una situazione ritenuta illegittima o illecita, secondo quanto precisato dalla citata giurisprudenza del Consiglio di Stato, ma essendo stata lAmministrazione stessa a chiedere, in sede di riesame di un procedimento in effetti gi definito, allAvvocatura distrettuale dello Stato, (oltre che ai revisori dei conti e al Nucleo di valutazione dellateneo) che esprimesse parere in merito alla legittimit delle procedure seguite. Daltra parte, va osservato, che al parere di cui trattasi hanno fatto espresso riferimento, nel loro contesto: sia il D.R. n.250/2009 (che sospendeva lefficacia giuridica ed economica dei contratti di lavoro stipulati il 20.4.2009 con i quali gli interessati erano stati inquadrati nella categoria EP 1, con riserva di assumere definitive determinazioni allesito dei richiesti pareri e comunque non oltre 60 giorni dal presente atto); sia il D.R. n.355/2009 (con cui era stata rinnovata la sospensione dellefficacia giuridica ed economica dei contratti anzidetti, precisando nelle premesse che la sospensione veniva disposta nelle more della ricezione dei pareri che lAmministrazione richiedeva allAvvocatura dello Stato, ai revisori dei conti e al Nucleo di valutazione dellateneo); sia, ancora, il D.R n.398/2009 (volto a rinnovare la sospensione dellefficacia giuridica ed economica dei menzionati contratti stipulati il 20.4.2009, nel cui preambolo veniva ribadito che la sospensiva veniva disposta nelle more della ricezione dei pareri dianzi menzionati e che lulteriore sospensione veniva disposta considerato che in data 25 agosto 2009 perveniva il parere dellAvvocatura dello Stato); sia, infine, anche il provvedimento del direttore amministrativo n.293/2009, con il quale venivano annullati in autotutela i DD.RR. nn.221, 222 e 223 del 16.4.2009, prodromici alle conciliazioni intervenute in data 17.4.2009 e nel quale si confermava lavviso gi espresso di non ostensibilit del parere reso in materia dallAvvocatura distrettuale dello Stato. Da quanto ora accennato emerge con evidenza, quindi, che il parere in parola stato in effetti un presupposto essenziale per ladozione dei vari provvedimenti impugnati nel giudizio di prime cure, che ha inciso anchesso sulla sfera giuridica degli interessati, ai quali dunque non pu essere negato il diritto di prenderne comunque visione. Non pu condividersi, pertanto, la tesi della parte appellante, secondo cui il parere dellAvvocatura dello Stato suddetto dovrebbe considerarsi un atto defensionale reso in relazione ad una lite in atto o potenziale, in quanto lo stesso, al contrario, si inserisce in effetti nellambito di unarticolata istruttoria, come appunto emerge dai provvedimenti dianzi richiamati, nei quali viene fatto cenno alla sospensione del procedimento in corso (o meglio della esecuzione di provvedimenti gi approvati e dei relativi contratti) in attesa del parere medesimo. Del resto, il parere medesimo stato richiesto allAvvocatura dello Stato in data 12.5.2009, data alla quale occorre fare riferimento per considerare se, a quel momento, era avviato o no un contenzioso tra i ricorrenti originari e lAmministrazione universitaria, dovendosi riconoscere in caso positivo valenza di atto defensionale al richiesto parere. Orbene, alla data anzidetta non risultava avviato alcun contenzioso da parte dei sigg. (omissis); n era in atto alcun contenzioso potenziale, essendo stato semplicemente avviato un procedimento amministrativo, ad iniziativa dellAmministrazione universitaria, volto genericamente al riesame degli atti di inquadramento dei dipendenti predetti nella categoria EP 1, i quali, come sopra accennato, erano gi inquadrati nella detta categoria e avevano gi sti- 56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 pulato regolari contratti di lavoro stipulati (il 20.4.2009), svolgendo le relative mansioni e fruendo della retribuzione riferita alla qualifica di appartenenza, sicch non vi erano ragioni da parte degli stessi di avanzare istanze o pretese di alcun tipo; n poteva dirsi che la richiesta di parere era intervenuta in una fase intermedia, nel senso sopra accennato, non avendo domandato gli interessati allAmministrazione, per quanto precisato, ladozione di alcun atto in proprio favore, inteso a rimediare ad una situazione ritenuta illegittima ed essendo stata invece la richiesta stessa avanzata dallAmministrazione, in sede di autotutela, per essere state sollevate contestazioni da pi parti con riferimento alla suddetta selezione interna per laccesso dalla categoria D alla categoria EP 1. Nel caso in esame, dunque, stata lAmministrazione universitaria che, mentre il rapporto di lavoro degli interessati si svolgeva regolarmente, ha ritenuto di richiedere, di sua iniziativa, un parere allAvvocatura distrettuale dello Stato, (oltre che ai revisori dei conti e al Nucleo di valutazione dellateneo) perch si pronunciasse in merito alla legittimit delle procedure seguite e degli atti che ne sono derivati e, eventualmente in caso di rilevata illegittimit, ai rimedi da porre in essere, dando notizia il 12.5.2009, agli interessati (con D.R. n. 250/2009), dellavvio del procedimento amministrativo, volto a ad assumere, dopo lacquisizione del menzionato parere, le definitive determinazioni e comunque non oltre 60 giorni. Pertanto, appare evidente che lAmministrazione, nel procedere al riesame di un inquadramento gi deliberato e di contratto di lavoro gi in corso di esecuzione, ha ritenuto cautelativamente nella specie di investire, per acquisirne il relativo parere, lAvvocatura distrettuale dello Stato di Potenza, i revisori dei conti e il Nucleo di valutazione delluniversit in ordine alla valutazione della legittimit del proprio operato, sicch certamente il detto parere, richiesto nellambito del predetto procedimento amministrativo di riesame, non da considerarsi comunque collegato n con una lite attuale, n con una lite potenziale, per cui deve reputarsi ostensibile, come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, il quale nella sentenza oggetto di esame ha ordinato allUniversit degli studi della Basilicata di consentire ai ricorrenti la visione e lestrazione di copia, oltre che della richiesta di integrazione istruttoria dellAvvocatura distrettuale dello Stato di Potenza del 15.7.2009, avanzata con istanze del 16.7.2009, del parere dellAvvocatura medesima in data 25.8.2009, richiesto dai ricorrenti con istanze del 14.9.2009. 4. Quanto, infine, allo specifico profilo di doglianza - con il quale lUniversit appellante deduce la singolarit della sentenza impugnata, per avere esaminato i primi giudici, a seguito dell ordinanza istruttoria n. 73 del 18.11.2009, il parere pervenuto in apposito plico dallAvvocatura distrettuale dello Stato, oggetto del giudizio di accesso, al fine di saggiare quali punti dello stesso fossero ostensibili o no, perch espressione della strategia difensiva e per avere concluso, quindi, nel senso di non avervi rinvenuto parti che si riferissero alle tesi e strategie difensive dellAmministrazione da assumere nelleventuale futura controversia giurisdizionale, statuendo, in conclusione, che poteva consentirsi agli interessati laccesso a tale parere legale - il Collegio osserva che il rilievo, come dianzi formulato, si appalesa inconferente, giacch la critica apportata dallappellante alla modalit procedurale seguita nella specie dal TAR non si ritiene abbia arrecato lasserita inammissibile incisione nel ruolo e nelle prerogative della funzione del difensore, il quale, in ogni caso, stato regolarmente portato a conoscenza della accennata iniziativa discrezionale assunta in proposito dai primi giudici. 5. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso in esame deve essere, in conclusione, respinto. TEMI ISTITUZIONALI 57 Quanto alle spese giudiziali, avuto riguardo alla particolarit del caso, esse devono essere compensate per questo grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe specificato, lo respinge, e per leffetto, conferma la sentenza impugnata. Compensa le spese per questo grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2010. I L C O N T E N Z I O S O C O M U N I TA R I O E D I N T E R N A Z I O N A L E Evoluzione e problematicit del diritto di accesso ambientale Nellordinamento comunitario e nazionale Dalila Torsello* SOMMARIO: 1. Natura giuridica del diritto di accesso alle informazioni in materia ambientale: evoluzione della disciplina in materia nellordinamento comunitario e riflessi nellordinamento nazionale. 2. Laccesso alle informazioni ambientali nellordinamento interno. 3. Riflessi del diritto di accesso alle informazioni ambientali nella Costituzione. 4. Riflessioni sulle modalit di attuazione della direttiva 90/313/CEE. 5. Prospettive de iure condendo. 1. Natura giuridica del diritto di accesso alle informazioni in materia ambientale: evoluzione della disciplina in materia nellordinamento comunitario e riflessi nellordinamento nazionale Il diritto di accesso alle informazioni sullo stato dellambiente stato tra le pi importanti tematiche affrontate dallUnione Europea in materia di politica ambientale (1). Tale diritto rappresenta la principale applicazione del prin- (*) Dottore in Giurisprudenza. Il presente articolo un approfondimento della tesi di laurea dellAutrice, praticante forense presso lo studio legale del Prof. Avv. Eugenio Picozza, membro del Comitato scientifico della Rivista. (1) Tra i tanti contributi sulla politica ambientale dellUnine Europea, alcuni dei pi significativi sono: BIANCHI-CORDINI, Comunit Europea e protezione dellambiente, Padova, 1983; CORDINI, Tutela dellambiente nel diritto delle Comunit Europee, in Dig. disc. pubbl., Torino, 1991; CAPRIA, Direttive ambientali CEE e stato di attuazione in Italia, in Quaderni della rivista giuridica ambientale, Milano, 1992; FOIS, Il diritto ambientale nellordinamento dellUnione europea, in Diritto ambientale. Profili internazionali europei e comparati, a cura di CORDINI-FOIS-MARCHISIO, Torino, 1995; GARABELLO, Le 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 cipio di trasparenza, riconosciuto, a partire dal Trattato di Maastricht (art. 191 A, ora art. 255 TCE), tra i principi generali dell'ordinamento comunitario, dando luogo ad una manifestazione della tendenza verso un pi ampio riconoscimento dei diritti umani fondamentali e una maggiore democratizzazione della struttura istituzionale della Comunit (2) . Fin dagli Ottanta, si riscontra nellambiente giuridico comunitario laffermazione di tale principio, inteso sia come garanzia di visibilit del potere pubblico e della sua attivit, sia come strumento propedeutico ad un controllo degli apparati pubblici da parte degli amministrati (3), attraverso laccesso dei cittadini agli atti prodotti nellespletamento di questultima. La ratio di tale fenomeno , in primo luogo, lesigenza delle istituzioni europee di conferire importanza al diritto allinformazione dei cittadini, al fine di radicare in essi la fiducia nel funzionamento degli organi della Comunit, ed inoltre assicurare a questi ultimi un livello di tutela del loro diritto non inferiore a quello previsto dalle legislazioni dei singoli Stati di appartenenza. Tutto ci finalizzato al perseguimento dello scopo pi generale di eliminare il deficit democratico che, nel settore dellaccesso come in altri settori, caratterizza lapparato istituzionale comunitario (4). La difficolt della dottrina di rintracciare nellordinamento comunitario le basi giuridiche del diritto di accesso agli atti delle Istituzioni comunitarie, ed in particolare a quelli contenenti informazioni sullo stato dellambiente, costituisce il principale ostacolo alla qualificazione giuridica dello stesso (5). Si osservato come il dibattito fiorito nella dottrina italiana tra coloro che attribuiscono al diritto di accesso natura giuridica di diritto soggettivo pieno e coloro che invece lo qualificano in termini di interesse legittimo, non pu esnovit del Trattato di Amsterdam in materia di politica ambientale comunitaria, in Riv. Giur. Ambiente, 1999, pag. 151; CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dellambiente, Milano, 2000; CARAVITA, Diritto dellambiente, Bologna, 2001; LANDI, Lambiente nel diritto comunitario, in Manuale di diritto ambientale, a cura di MEZZETTI, Padova, 2001, pag. 39; CHITI, Ambiente e <> europea: alcuni nodi problematici, in Ambiente e diritto, a cura di GRASSI-CECCHETTI-ANDRONICO, Firenze, 1999, pag. 131. (2) MIGLIAZZA, Commentario breve ai trattati della Comunit e dellUnione europea, a cura di POCAR, Padova, 2001, pag.782 e ss. (3) CARINGELLA-GAROFALI-SEMPREVIVA, Laccesso ai documenti amministrativi. Profili sostanziali e processuali, Milano, 2003, pag 671 e ss. (4) Rileva infatti Santini in Principio di trasparenza nellordinamento dellUnione, Milano, 2004, che <>. (5) C. DI SAN LUCA, Diritto di accesso e interesse pubblico, Jovene Editore, Pubblicazioni della Facolt di Giurisprudenza Seconda Universit degli Studi di Napoli, Napoli, 2006, pag. 78 e ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 61 sere riproposto in ambito comunitario, poich tale distinzione ad esso sconosciuta (6). Nellordinamento europeo, il diritto allinformazione ambientale deve riconoscersi certamente come diritto soggettivo perfetto e non un mero interesse legittimo (7). Gi con lentrata in vigore del Trattato di Amsterdam, infatti, maturata la convinzione che laccesso debba essere qualificato alla stregua di un principio generale, fondato su una norma di diritto comunitario primario, lart. 255 TCE (8). Il Trattato di Lisbona ha successivamente recepito le indicazioni provenienti dal TCE e dalle politiche ambientali dei singoli Stati membri, integrandole nel Titolo XX, nel quale sono racchiusi i punti principali della politica ambientale comunitaria (9). Secondo lart. 191 (10), che riprende quasi (6) GAROFOLI, in I profili comunitari del diritto di accesso, in Riv. It. dir. pubbl. com., 1998, pag. 1292, nota n. 15, evidenzia che <>. (7) GRAZIA, Il diritto allinformazione ambientale: tra situazioni soggettive e interessi pubblici, Rimini, 1998. (8) In questi termini FRANCHINI, Il diritto di accesso tra lordinamento comunitario e quello nazionale, in Giorn. Dir, amm., 1996, pag 826, il quale ancor prima dellentrata in vigore del Trattato, aveva suggerito uninterpretazione delle conclusioni a cui era giunta la Corte di Giustizia nella causa Paesi Bassi contro Consiglio nel senso di un riconoscimento della <>. Dopo lintroduzione nel panorama giuridico comunitario dellart. 255 TCE, si espresso in questi termini anche PULVIRENTI, Brevi note sulla natura giuridica del diritto di accesso, in Dir. pubb. comp. eur., 2002, pag. 1743. (9) Testo integrale del Trattato sul Funzionamento dellUnione Europea, www. eur-lex.europa.eu. (10) Art. 191: <<1. La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualit dell'ambiente, protezione della salute umana, utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversit delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonch sul principio chi inquina paga. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 integralmente quanto gi sancito dallart. 174 TCE, lUnione Europea mira, attraverso una solida politica ambientale, a salvaguardare, tutelare e migliorare la qualit dellambiente, a proteggere la salute umana, a sfruttare in modo accorto e razionale le risorse e a promuovere le misure idonee a fronteggiare i problemi ambientali, sia a livello regionale sia a livello mondiale. La politica ambientale comunitaria basata, prosegue la norma, sui dati scientifici e tecnici disponibili, sulle peculiarit ambientali delle varie regioni, sui vantaggi e gli oneri che possono conseguire ad un comportamento attivo o inattivo e, pi in generale, sullo sviluppo socio-economico della Comunit. Si evince, da una lettura della norma sopra menzionata, che i Trattati non danno una definizione specifica del diritto di accesso alle informazioni sullo stato dellambiente, inserendolo allo stesso tempo tra le finalit perseguite dallUnione (11). Linterpretazione generale della normativa sopracitata, tuttavia, ad oggi concorde nel ricondurre tale diritto allinformazione ad un <>( 12), che genera una pretesa diretta e immediata in chiunque voglia accedere agli atti e ai documenti contenenti informazioni di carattere ambientale in possesso dellautorit pubblica (13). dell'Unione. C 115/132 IT Gazzetta ufficiale dellUnione europea 9 maggio 2008. 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l'Unione tiene conto: dei dati scientifici e tecnici disponibili, delle condizioni dell'ambiente nelle varie regioni dell'Unione, dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall'azione o dall'assenza di azione, dello sviluppo socioeconomico dell'Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle su singole regioni. 4. Nell'ambito delle rispettive competenze, l'Unione e gli Stati membri collaborano con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalit della cooperazione dell'Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli Stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali. (11) ALIBERTI, Diritto di accesso e divulgazione dellinformazione ambientale nellordinamento comunitario, in Informazione ambientale e diritto di accesso, ALIBERTI-COLACINO-FALLETTA, a cura di GIORGIO RECCHIA, Padova, Cedam, 2007; CORSETTI-FERRARA-FRACCHIA-OLIVETTI RASON, Diritto dellambiente, Roma-Bari, 2005; CORDINI, Diritto ambientale comparato, Padova, 2002; PILLITU, Ambiente, in Commentario breve ai Trattati della Comunit europea, a cura di POCAR, Padova, 2001, pag. 661; ANNIBALE, Le comunit europee e la tutela ambientale, in Regioni e comunit locali, 1996, pag. 51; PRIEUR, Il controllo e la tutela dellambiente in ambito europeo ed internazionale, in Diritto pubblico dellambiente, a cura di DOMENICHELLI-OLIVETTI RASON-POLI, Padova, 1996, pag. 59 e ss. (12) Significativa in questo senso la pronuncia della Corte dei Conti (Sez. II, 14 dicembre 1987, n. 191, in Foro amm., 1987, pag. 1193), nella quale non solo riconosce che <>, ma sancisca anche lesistenza di un <>. (13) In questo senso, POSTIGLIONE, Lo spazio giuridico dellinformazione, partecipazione e azione del cittadino e delle associazioni in relazione allambiente in Italia, in Diritti delluomo e dellambiente, Padova, 1990, pag. 112; LABRIOLA, Diritto di accesso del cittadino e doveri della pubblica amministrazione nella legge istitutiva del Ministero dellambiente, in Scritti in onore di M.S. Giannini, vol. II, Mi- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 63 Anche la Giurisprudenza ha consolidato tale orientamento. La Corte di Giustizia Europea ha tentato a sua volta di contribuire alla definizione dello status del diritto di accesso alle informazioni sullo stato dellambiente, ed in particolare delloggetto di tale diritto, avvicinandolo anchessa ai principi generali dellordinamento comunitario (14). In numerose pronunce, la Corte ha ridimensionato la natura del diritto di accesso attibuendogli portata generale, in quanto ha riconosciuto, in corrispondenza di tale diritto, quello complementare alla difesa in giudizio avverso eventuali violazioni (15), nonostante rimetta la disciplina sostanziale dellaccesso alle regolamentazioni interne. Ferme restando queste considerazioni di base (16), la Corte di Giustizia ha affermato, in relazione alle questione della tutela ambientale e della salute dei cittadini, limperativit delle norme che lordinamento comunitario ha predisposto a tutela dei <> (17) alla salubrit dellambiente in cui vivono. La direttiva 313/90 (18), considerata il sostrato normativo fondamentale di ogni azione legislativa rivolta alla tutela dellambiente e allaccesso alle informazioni ad esso inerenti, da parte dei cittadini, legittima ogni persone fisica o giuridica, che ne faccia richiesta, ad esercitare tali diritti, senza dover dimostrare il proprio interesse (19). irrilevante la circostanza che altre direttive in materia non siano state fonti di diritti immediati, a causa del deficit dei requisiti di incondizionatezza e sufficiente precisione (20). La mancanza di requisiti per lefficacia diretta lano, pag. 269; LIBERTINI, Il diritto allinformazione in materia ambientale, Riv. Cri. Dir. priv., 1989, pag. 639; VIRGA, Attivit istruttoria primaria e processo amministrativo, Milano, 1990, pag 119; DE FRANCESCHI, La libert di accesso alle informazioni ambientali: verso un nuovo diritto civico?, in Riv. Giur. Pol. Loc., 1992, pag 287. (14) Relativamnete al contributo della Corte di Giustizia nella definizione del diritto di accesso allo stato dellambiente, si vedano gli approfondimenti di CORDINI, Diritto ambientale comparato, op. cit., pag. 202; FONDERICO, La giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di ambiente, in Diritto ambientale comunitario, a cura di Cassese, Milano, 1995. (15) C. DI SAN LUCA Diritto di accesso e interesse pubblico, op. cit., 2006, pag. 79 e ss. (16) CARANTA, Giustizia amministrativa e diritto comunitario, Napoli, 1992, pag. 180 e ss.; dello stesso autore, Nuove questioni su diritto comunitario e forme di tutela giurisdizionale, in Giur. It., 1993, pag. 662 e ss. (17) Sentenza 30 maggio 1991, Causa 361/881, riguardante le disposizioni della direttiva 80/779/CEE sui valori limite sugli indicatori guida della salubrit dellaria. (18) Concernete Libert di accesso allinformazione in materia ambientale, in G.U.C.E. L 158 del 23 giugno 1990, pag. 56. (19) Art. 3 della direttiva 90/313/CEE. (20) Emblematico il caso dellart. 4 della direttiva 75/442/CEE in tema di rifiuti secondo il quale <>, in relazione al quale la Corte ha espressamente negato lidoneit a conferire diritti ai cittadini comunitari, presentandosi privo delle caratteristiche di incondizionatezza e sufficiente precisione (Sentenza 23 febbraio 1994, Causa 236-92, in Riv. trim. dir. pubbl., 1994, pag. 978 e ss. con nota di CARANTA, Intorno al problena dellindividuazione delle posizioni giuridiche soggettive del cittadino comunitario, in Riv Giur. Amb, 1994, pag 401 e ss.). 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 delle disposizioni di una determinata direttiva nellambito degli ordinamenti dei vari Stati membri, ravvisabile anche nelle direttive concernenti altre materie, non incidendo quindi nella qualificazione giuridica del diritto di accesso alle informazioni sullo stato dellambiente quale diritto soggettivo pieno, anche se la direttiva definisce tale pretesa come semplice libert, e non specificamente diritto, avendo voluto il legislatore rispettare la specificit degli ordinamenti nazionali nellindividuazione di quale posizione giuridica soggettiva potesse meglio rispondere alla peculiarit della materia ambientale (21). Lart. 2 chiarisce, in senso ampio, il concetto di informazione ambientale, riconducendo a tale espressione <>. Il dovere di soddisfare le istanze di accesso incombe su tutte le autorit pubbliche degli Stati membri e su tutti i soggetti di diritto da esse controllati, in capo ai quali incombono responsabilit in materia ambientale (22). Le informazioni devono essere divulgate a chi ne ha fatto richiesta nel pi breve tempo possibile e comunque entro due mesi dallistanza. Leventuale rifiuto deve essere motivato ed avverso il rigetto ritenuto ingiusto, o un non pieno soddisfacimento della richiesta, linteressato ha il diritto di chiedere il riesame della domanda, prima in sede amministrativa e, quindi, eventualmente, in quella giurisdizionale, in conformit con le forme di tutela preposte dallordinamento dello Stato membro di appartenenza. La direttiva prevede, infine, tassativamente i casi in cui lesercizio di tale diritto pu essere limitato. Si tratta di circostanze particolari, inerenti alle relazioni internazionali e alla sicurezza pubblica, alle informazioni relative ad attivit investigative, alla riservatezza commerciale ed industriale, alla privacy dei soggetti terzi pubblici e privati ed, infine, alle informazioni che, se divulgate, potrebbero arrecare un danno allambiente, proprio in virt del loro contenuto (23). I principi ai quali la Comunit si ispira nel perseguimento degli obbiettivi posti in materia di tutela dellambiente sono molteplici: il principio della correzione, dei danni creati allambiente, quello del chi inquina paga, quello (21) ALIBERTI, Informazione ambientale e diritto di accesso, op. cit., pag. 143. (22) Art. 2 e 6 della dierttiva 90/313/CEE. Questultimo specifica quali siano le autorit pubbliche a cui si riferisce la direttiva, identificandole in <>. (23) In dottrina, sui caratteri della direttiva 90/313/CEE, MONTINI, Il diritto di accesso allinformazione in materia ambientale: la mancata attuazione della direttiva CE 90/313, in Riv. Giur. Ambiente, 1997, pag. 325 e ss.; ALIBERTI, Informazione ambientale e diritto di accesso, op. cit., pag. 143. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 65 dellintegrazione delle esigenze connesse alla protezione dellambiente con altre esigenze derivanti dalle altre politiche comunitarie, in particolare con la politica industriale perseguita dallUnione, quello dellelevato livello di tutela e quello precauzionale (24), ed infine, il principio dellazione preventiva, che ha finito per assumere un ruolo di centro gravitazionale intorno al quale ruota ogni iniziativa comunitaria in materia di ambiente (25). Ed in unottica che prevede laccesso alle informazioni sullo stato dellambiente, in possesso delle Istituzioni comunitarie, come strumento prioritario ai fini di una adeguata difesa dellambiente, e linformazione quale fondamento delleducazione collettiva al rispetto dello stesso, che si inserisce la direttiva 7 giugno 1990, n. 313 CEE (26). Il diritto di accesso assume, in questa ottica di prevenzione, la veste di strumento efficace nel prevenire le cause del degrado ambientale, consentendo la diffusione delle informazione tra i cittadini (27), i principali attori della politica ambientale. E ormai pacifico che lintervento del diritto deve essere orientato a preservare la stabilit dellambiente, prevenendo il verificarsi dellevento dannoso piuttosto che rifarsi ai tradizionali strumenti repressivi e risarcitori, che risultano comunque inutili di fronte a talune attivit cos dannose da eccedere qualsiasi possibilit riparatoria. Tale consapevolezza stata tradotta in una normativa puntuale nel 1986 con LAtto Unico Europeo, che ha dato impulso, inserendo il primo titolo specificamente dedicato allambiente ed una serie di interventi legislativi a livello comunitario, recepiti successivamente, anche se non sempre in modo pieno, dagli ordinamenti nazionali. La politica ambientale comunitaria si quindi sviluppata attraverso una serie di Programmi dazione, che hanno determinato la linea di condotta comunitaria sullargomento ambiente (28). Fino ad oggi sono stati approvati ben sei Programmi contenenti le linee guida della politica (24) Art. 1914, p.to 2 del Trattato di Lisbona. (25) CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dellambiente, op. cit, pag. 169; DELLANNO, Il ruolo dei principi del diritto ambientale europeo: norme di azione o di relazione?, in Gazzetta ambiente, 2003, pag. 131; ALIBERTI, Diritto di accesso e divulgazione dellinformazione ambientale nellordinamento comunitario, op. cit., pag. 95. (26) In particolare GRASSI, Considerazioni introduttive su libert di informazione e tutela dellambiente, in Nuove dimensioni dei diritti di libert, Scritti in onore di Paolo Barile, 1990, sostiene che per nessun altro bene, come per lambiente, indispensabile al fine di identificare gli oggetti e le modalit della tutela, lacquisizione e la diffusione delle informazione e delle conoscenze. Negli stessi termini anche PELOSI, Laccesso allinformazione ambientale tra fonti normative e tutela dellambiente. Considerazioni, in Quaderni della Rassegna dellOrdine degli Avvocati di Napoli, 2003. (27) Il IV considerando della direttiva 90/313 si esprime proprio in questi termini, sancendo che <>. (28) Per un approfondimento in merito ai Programmi dazione comunitario in ambito ambientale, si vedano tra gli altri: BIANCHI-CORDINI, Comunit europea e protezione dellambiente, op. cit., pag. 59; RECCHIA, La tutela dellambiente in Italia, Dai principi comunitari alle discipline nazionali di settore, in I <> nello Stato sociale in Trasformazione, a cura di FERRARA e VIPIANA, Padova, 2002, pag. 30; DACLON-TAMBURRINO, LEuropa e lambiente, Rimini, 1989. 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ambientale comunitaria, in un lasso di tempo che va dal 1973 al 2010. Essi hanno la natura di atti giuridicamente non vincolanti ma rientranti nellambito delle Soft Law (29), atti di indirizzo a carattere politico che determinano il modus operandi dellUnione in un certo ambito, successivamente recepiti in norme vere e proprie dai Trattati. Il Primo Programma dazione comunitaria in materia ambientale (30), cha ha regolato gli interventi finalizzati alla tutela dellambiente per il periodo dal 1973 al 1977 introduce il concetto di unespansione sostenibile dalluomo, che procuri il migliore ambiente di vita possibile e che preservi lambiente naturale, prevenendo linquinamento, mantenendo lequilibrio ecologico, evitando lo sfruttamento delle risorse ed una organizzazione del territorio che possa alterarlo. Si prefigge altres di ricercare soluzioni ai problemi ecologici a livello internazionale. Gli obbiettivi primari individuati dal programma sono, in generale, la riduzione dellinquinamento e degli inconvenienti ambientali da esso derivanti. In questottica, il ruolo dellaccesso allinformazione quello di far aderire agli obbiettivi di salvaguardia e prevenzione le decisioni tanto degli operatori economici e politici, quanto quelle dei comuni cittadini. Esso incentiva la conclusione di accordi di scambio di informazioni tecnologiche e tecniche, relative alla prevenzione di danni ambientali causati dai processi industriali inquinanti, ed impegna le Istituzioni comunitarie ad operare un confronto tra le legislazioni nazionali e la loro efficacia, allo scopo di favorire la circolazione di notizie sui sistemi di controllo e sulle misure, adottate negli ordinamenti dei singoli Stati, contro linquinamento e le sue conseguenze (31). Le informazioni devono essere raccolte e organizzate in modo sistematico e completo, auspicando il Programma la creazione di un sistema europeo di documentazione, finalizzato allelaborazione e alla divulgazione dei dati riguardanti la protezione dellambiente. Il Secondo Programma, relativo agli anni dal 1977 al 1981, si sviluppa sulla scia del primo, in unottica protezionistica stavolta perseguita attraverso (29) DE BERNARDINI, Soft Law, in Dizionario di diritto pubblico, a cura di CASSESE, Vol. I, Milano, 2006, pag. 5605; SNYDER, Soft Law e prassi istituzionale della Comunit europea, in Sociologia dir., 1993, pag. 79; WELLENS-BORCHARDT, Soft Law in European Community Law, in European Law Rewiew, 1989, pag. 267; GRUCHALLA-WISIERSKI, A framework for Understanding <>, in McGill Law Journal, 1984, pag. 37. (30) In G.U.C.E., C 112, 20 dicembre 1973. (31) In tale prospettiva stato concluso lAccordo del 5 marzo 1973 (G.U.C.E. C9 del 15 marzo 1973, pag. 3), che instaura una procedura di informazione della Commissione e degli Stati per larmonizzazione dei provvedimenti urgenti in materia ambientale, assicurando una costante acquisizione delle informazioni ed essi relative. Successivamente, stato stipulato un secondo Accordo, il 15 marzo 1974 (G.U.C.E. C9 del 20 luglio 1974, pag. 2), al fine di rafforzare i propositi del primo attraverso lestenzione dei casi e delle procedure in esso previste anche ai progetti di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative dei singoli Stati in materia ambientale, volte alla realizzazione del programma di azione. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 67 unefficacie lotta allinquinamento (32). con il Terzo Programma che si giunge ad una evoluzione rispetto al periodo precedente, affermandosi progressivamente, nel perido dal 1982 al 1986, il principio dellazione preventiva, che sarebbe diventato il cardine di tutta la politica ambientale comunitaria (33). Da questo momento in poi la politica ambientale europea si connota di un carattere non solo protettivo, volto alla riduzione dei fattori inquinati fonte di alterazioni dello stato ambientale, ma acquisisce una funzione propulsiva di incentivo ad una crescita economica che integri la prospettiva della salvagardia dellambiente. In questo quadro, la diffusione delle informazioni appare condizione necessaria affinch possa essere realizzato lintento preventito espresso nel Programma (34): proprio la diffusione delle informazioni ambientali a consentire la prevenzione delle condizioni inquinanti. Il miglioramento dellaccesso alle informazioni in materia ambientale riconosciuto come uno dei settori principali, cui rivolgere lazione comunitaria di stampo preventivo, dal Quarto Programma di azione delle comunit europee in materia ambientale, cha abbraccia il periodo dal 1987, proclamato anno europeo dellambiente, al 1992 (35). La sottoscrizione dellAtto Unico europeo ha inserito ufficialmente lambiente nei Trattati comunitari, dando un sostrato normativo chiaro allazione comunitaria ambientale (36). Rientra in questo programma la Direttiva 90/313/CEE, del 7 giugno 1990, latto normativo sullambiente sicuramente pi rilevante adottato dallUnione Europea, nonch quello che per primo ha riconosciuto lesistenza di un diritto di accesso alle informazioni in materia ambientale (37). Il Quinto programma dazione (1993/2000) si allinea a quanto emerso nel programma precedente, evidenziando come il presupposto ad una effettiva tutela dellambiente debba essere rintracciato in un accesso sia quantitativo che qualitativo alle informazioni esistenti relative allambiente e alla sua tutela. Il Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992, introduce come obbiettivo principale una crescita sostenibile e rispettosa dellambiente, uno sviluppo economico e sociale che non danneggi lequilibrio naturale (38). Per la prima volta, con il Trattato di Maastricht, la politica ambientale diventa (32) Il XXI considerando del Programma ribadisce nuovamente come laccesso alle informazioni sia necessario per ottenere il contributo di tutta la popolazione e delle varie forze sociali della Comunit alla protezione e al miglioramento dellambiente (G.U.C.E. C 139 del 13 giugno 1977). (33) ALIBERTI, Informazione ambientale e diritto di accesso, op. cit, pag. 107. (34) FROSINI, Sul nuovo diritto allinformazione ambientale, in Giur. Cost., 1992, pag. 4465. (35) G.U.C.E. C 328 del 7 dicembre 1987. (36) ALIBERTI, Informazione ambientale e diritto di accesso, op. cit, pag. 110. (37) Sul punto, MONTINI, Informazione, partecipazione ed accesso alla giustizia nel diritto ambientale: profili comparatistici ed internazinalistici, in Studi Senesi, 1996, Vol. I, pag. 37. (38) FALOMO, Lincidenza del Trattato di Maastricht sul diritto comunitario ambientale, in Rivista di diritto europeo, 1992, pag. 587. 68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 una vera e propria politica dellUnione, nel senso che si passa dal concepire la tematica ambientale non pi come unazione comunitaria, ma come uno degli obbiettivi specifici per i quali la Comunit costituita (39). Il Sesto Programma, valido per il periodo 2000/2012, ribadisce come il perseguimento degli obbiettivi dellUnione in materia ambientale necessiti di maggiore attenzione alla prevenzione, introducendo, a supporto di questo principio, ormai radicatosi grazie agli interventi normativi precedenti, il principio di precauzione (40). Con esso, lintervento a tutela dellambiente diventa obbligatorio anche qualora levento lesivo prospettato solo come eventuale, senza che occorrano certezze scientifiche del suo verificarsi. La legislazione conferma, quale punto di partenza necessario per qualsivoglia azione comunitaria di carattere ambientale, la completa e corretta attuazione della normativa ambientale da parte dei membri della Comunit (41). Lintegrazione delle politiche ambientali tra le altre politiche perseguite dallUnione avvenuta con il Trattato di Amsterdam, che codifica il tema ambiente tra i principi generali dellordinamento comunitario (art. 6 del Trattato), modificando la sua orginaria collocazione che lo relegava esclusivamente al capo specificamente dedicato allambiente. Linformazione si riconferma, anche nel Sesto Programma, lo strumento fondamentale per lattuazione di efficaci politiche ambientali. La diffusione delle notizie relative allambiente viene considerata sotto molteplici profili, dallacquisizione dei dati esistenti, da parte delle sedi decisionali, alla diffusione delle stesse in chiave preventiva, fino al riconoscimento in capo ai cittadini del diritto di accedere alle nozioni ambientali. 2. Laccesso alle informazioni ambientali nellordinamento interno Anche a livello nazionale il diritto di accesso allinformazione ambientale stato oggetto di una peculiare normatizzazione. Lanalisi delle principali disposizioni vigenti nellordinamento interno sul tema evidenzia come il diritto di accesso sia stato qualificato come una <> (42). La legittimazione allesercizio di tale diritto riconosciuta in capo a chiunque ne faccia richiesta, a fronte di un potere discrezionale della pubblica amministrazione fortemente limitato, riguardo la definizione dei casi, le modalit e i tempi di rilascio delle notizie (39) CHITI, Ambiente e <> europea: alcuni nodi problematici, op. cit, pag. 138. (40) G.U.C.E. L 242 del 10 settembre 2002. Si legga, in particolare, il V considerando. (41) ALIBERI, Informazione ambientale e diritto di accesso, op. cit., pag. 127; CARAVITA, Diritto dellambiente, op. cit., pag. 95; CORDINI, Diritto ambientale comparato, op. cit., pag 172. (42) LABRIOLA, Diritto di accesso del cittadino e doveri della pubblica amministrazione nella legge istitutiva del Ministero dellambiente, op. cit, pag 271. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 richieste (43). Il primo atto normativo relativo alla tematica ambientale dato dalla legge 349/86, istitutiva del Ministrero per lambiente (44). E significativo osservare che lordinamento italiano ha riconosciuto la necessit di garantire laccesso alle informazioni, in funzione della tutela ambientale, anticipatamente rispetto alla Comunit Europea. Il diritto comunitario, infatti, traduce in una disposizione normativa vera e propria quanto emerso dai programmi dazione europei in materia ambientale, solo con lemanazione della direttiva n. 90/313 CEE del 1990, che ha dato impulso allo sviluppo della normativa in materia di accesso ambientale, accogliendo, quindi, a notevole distanza di tempo, quanto sancito nella Dichiarazione di Stoccolma del 1972, in merito allimportanza di tale fattispecie particolare di accesso, quale strumento essenziale per la tutela e la valorizzazione dell' ambiente umano (45). E apparsa immediatamente anche al legislatore nazionale la connessione tra la tutela dellambiente e la diffusione delle informazioni ad esso relative. Collocando il diritto di accesso allinformazione ambientale nellambito della trasparenza amministrativa, di cui maggior espressione il pi generale diritto di accesso agli atti delle pubbliche amministrazioni, si osserva, rispetto a questultimo, una caratteristica ulteriore. Laccesso ai documenti della pubblica amministrazione, soddisfa in generale le esigenze di trasparenza nellesercizio del potere amministrativo, al fine di verificarne imparzialit (46). Nellaccesso alle informazioni ambientali, il momento conoscitivo altres finalizzato allapplicazione del principio di prevenzione e di conservazione dellequilibrio naturale, alla luce della grande rilevanza riconosciuta oggi alla protezione dellecosistema (47). Lart. 14 della legge n. 349/86 secondo il quale <>, individua nei cittadini i legittimati a richiedere le notizie in possesso dellautorit pubblica, non ravvisando limitazioni allesercizio di tale diritto soggettivo, se non nellassunto, oltremodo generico, in conformit con le leggi vigenti(48). Tuttavia, le evidenti imperfezioni dovute al tenore ambiguo della disposizione, alla limitazione della legittimazione allaccesso ai soli cittadini, con apparente esclusione delle personalit giuridiche che spesso li rappresentano, allassenza di riferimenti alla procedura per lesercizio del diritto in oggetto e di unesplicita previsione di una forma specifica di tutela, hanno negato la natura precettiva della disposizione, riducendola ad una norma programmatica (49). La legge n. 349/86 stata cos nel concreto scarsamente applicata, considerata come una norma quadro che, pur avendo sancito lesistenza di un diritto di accesso alle informazioni sullo stato dellambiente, ha subordinato leffettivo esercizio di tale diritto allemanazione di una normativa di dettaglio. Alla legge istitutiva del Ministero dellambiente fece immediatamente seguito una cospiqua legislazione sia statale (50) che regionale. In particolare, stato rilevato (51) come le leggi regionali in materia di accesso alle informazioni ambientali perseguono la finalit di estendere il principio del libero accesso agli atti di competenza regionale, ispirandosi allart. 14 della legge 349/86 e alla direttiva comunitaria 90/313 (52). La pi innovativa ed incisiva (48) MONTINI, Il diritto allinformazione ambientale: la mancata attuazione della direttiva CE 90/313, op. cit., pag. 328 e ss.; GRASSI, Considerazioni introduttive su libert di informazione e tutela dellambiente, op. cit, pag. 319. (49) PELOSI, Laccesso allinformazione ambientale tra fonti normative e tutela dellambiente. Considerazioni, op. cit., pag 14. (50) A titolo di esempio, si ricordi la legge 36/94, inserita nella riforma complessiva dei servizi idrici e recante disposizioni in materia di risorse idriche. Lart. 23, comma 2, obbliga i gestori dei servizi a garantire <>. Ed inoltre il programma triennale per gli anni 1994-96 per la tutela ambientale, il quale al punto 2.1.6 pone tra gli obbiettivi da seguire linformazione e leducazione dei cittadini sui problemi dellambiente, attraverso inziative di sensibilizzazione. (51) GRAZIA, Il diritto allinformazione ambientale: tra situazioni soggettive e interessi pubblici, op. cit., pag . 60. Per un ulteriore approfondimento sullaccesso ambientale come disciplinato nelle leggi regionali, si veda BORGONOVO RE-NESPOR, Qualit ed efficacia delle informazioni effettivamente fornite ai destinatari delle azioni ecologiche, in Confronti, 1991. (52) La legge regionale Lazio n. 43, del 12 settembre 1986, denominata Norme per il libero accesso alle informazioni ambientali, riconosce a tutti i cittadini il diritto di accesso agli atti amministrativi relativi ad <>. Significativa anche legge regionale Emilia Romagna n. 15/96, la quale stabilisce che la Regione, in conformit alle indicazioni fornite dalla legge n. 349/86 e seguenti, in materia ambientale, predispone una serie di strumenti atti a favorire il concreto esercizio del diritto di accesso ambientale, come un programma di informazione ed educazione ambientale, centri di informazione ed educazione ambientale, sportelli ambientali e relazioni periodiche della Regione sullo stato dellambiente nel suo territorio. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 71 normativa emanata a livello regionale la legge regionale del Lazio 12 settembre 1996, n. 15. Oltre a costituire la prima legge regionale in materia ambientale, si preoccupa che laccesso alle informazioni richieste sia effettivamente soddisfatto entro i tempi previsti. Tale norma prevede infatti un procedimento disciplinare per il funzionario che, tenuto a fornire le informazioni ambientali, provochi un ritardo nellacquisizione delle stesse, superiore a quindici giorni dal ricevimento della richiesta scritta. Resta il fatto che in assenza di una disciplina specifica relativa allesercizio concreto del diritto di accesso in materia ambientale, divengono automaticamente operative anche in questo ambito le regole generali sullaccesso alle informazioni amministrative, contenute nel capo V della legge n. 241/90 (53). Gli articoli dal 22 al 28 della legge disciplinano dettagliatamente la materia dellaccesso. Legittimato ad accedere alle informazioni contenute negli atti amministrativi chiunque vi abbia interesse, abbracciando cos ogni persona fisica e giuridica presente nel territorio dello Stato. Il diritto di accesso si esercita non solo nei confronti delle amministrazioni pubbliche propriamente dette, ma anche delle aziende autonome, degli enti pubblici e dei cessionari di pubbici servizi. I casi di esclusione dallaccesso sono tassativamente previsti dallart. 24 della suddetta legge e sono dovuti alla soccombenza della pretesa conoscitiva del richiedente di fronte ad interessi di rango superiore (54) . Per la tutela del cittadino avverso il diniego allaccesso alle informazioni richieste, lart. 25 predispone un rito ad hoc, abbreviato e semplificato, azionabile di fronte al giudice amministrativo autonomamente rispetto al giudizio relativo alla posizione giuridica soggettiva alla cui difesa sottesa la richiesta dellistanza di accesso respinta. Alla legge 241/90 stata data attuazione attraverso il Regolamento contenuto nel D.P.R. 352/92, con il quale sono state integrate le norme della legge sul procedimento amministrativo in materia di accesso agli atti, con particolare riguardo alle modalit di esercizio dello stesso e di gestione delle istanze di accesso, da parte delle pubbliche amministrazioni. Le questioni pi rilevanti rispetto alla compatibilit tra la legge 349/86 in materia di accesso ambientale e la legge n. 241/90, che detta regole generali sul diritto allinformazione, riguardano la natura del diritto di accesso ambientale e lautorit competente a tutelarne lesercizio. (53) Lart. 22 della legge 241/90 dispone che: <>. (54) I casi di esclusione riguardano infatti la sicurezza nazionale e le questioni ad essa affini, lordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalit, la tutela della privacy, prevalendo per, in ogni caso, su questi ultimi il diritto di accesso, qualora appaia strumentale allesercizio del diritto di difesa di una propria posizione giuridica soggettiva. 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Relativamente alla prima problematica, parte della dottrina (55) ritiene che il diritto di accesso ai dati relativi allo stato dellambiente non sia esercitabile incondizionatamente, ma che la sua azionabilit dipenda dalla previa dimostrazione di un interesse personale ad ottenere linformazione richiesta. Lart. 14 della legge 349/86, ed in particolare la fumosa espressione in conformit delle leggi vigenti(56), da interpretarsi come una norma che conferisce al diritto di accesso ambientale un generale riconoscimento, rinviando alle norme generali, contenute nellart. 22 della legge 241/90, la disciplina procedurale relativa al suo esercizio. Nessuna specialit dunque data al diritto allinformazione sullo stato dellambiente: la legge 349/86 solamente una una norma programmatica, intesa a riconoscere in termini generali un diritto del cittadino alla conoscenza delle notizie sullambiente, da esercitarsi in conformit con le leggi vigenti. Altra parte della dottrina (57) sostiene, invece, che la legge n. 349/86 identifichi quale titolare del diritto di accesso alle informazioni ambientali qualsiasi cittadino. Il fondamento di tale assunto risiede nel carattere diffuso degli interessi ambientali. Le informazioni raccolte in materia dalle autorit pubbliche sono tanto pi utili al raggiungimento dellobbiettivo della prevenzione e della salvaguardia dellambiente, quanto pi ampia la partecipazione dei cittadini alla loro conoscenza (58). Concorda chi scrive con laffermazione che uninterpretazione riduttiva dei soggetti legittimati allesercizio del diritto allinformazione sullo stato dellambiente, che li identifica unicamente nei portatori di un interesse qualificato dalla finalit di tutela di unaltra situazione giuridica soggettiva, un retaggio di una amministrazione ancorata al principio del segreto, che fatica ad adeguarsi al generale riconoscimento della peculiarit del tema ambientale, come pure della disciplina dellaccesso alle informazioni ad esso relative, la cui maggior diffusione possibile appare necessaria per lap- (55) MONTINI, Il diritto allinformazione ambientale: la mancata attuazione della direttiva CE 90/313, op. cit., pag. 332; LANDI, La tutela processuale del diritto di accesso, Padova, 1990, pag. 164 e ss., il quale sostiene cha la disciplina speciale in materia di accesso ambientale contenuta nella legge n. 349/86, sia da ritenersi implicitamente abrogata dalla legge n. 241/90, la quale avrebbe assorbito anche la normativa del settore ambientale ad essa precedente, dando luogo ad una disciplina generale ed onnicomprensiva in materia di accesso ai documenti della pubblica amministrazione. (56) GRASSI, Considerazioni introduttive su libert di informazione e tutela dellambiente, op. cit, pag. 319; LIBERTINI, Il diritto allinformazione in materia ambientale, op. cit, pag. 638; VIRGA, Attivit istruttoria primaria e processo amministrativo, op. cit., pag. 120, secondo il quale lassunto rinvia alle varie categorie di segreto; nello stesso senso, DELLANNO, La ponderazione degli interessi ambientali, in Riv. Trim. dir. pubbl., 1990, pag. 99 e ss., secondo il quale <>. (57) IACOVONE, Diritto allinformazione ambientale dopo la legge 241/90, Bari, 1996, dagli atti del Convegno su Laccesso ai documenti amministrativi, 5-6 maggio, 1995, pag. 11 e ss.; LANDI, La tutela processuale del diritto di accesso, op. cit., pag. 164 e ss. (58) LIBERTINI, Il diritto allinformazione in materia ambientale, op. cit., pag. 633. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73 plicazione dei riconosciuti principi di prevenzione e salvaguardia (59). La specialit della disciplina ad hoc dellaccesso in materia ambientale deriva infatti anche dalla legittimazione a proporre istanza di accesso alle informazioni sullo stato dellambiente, dalla particolare rilevanza del bene in questione, in virt della quale riconosciuta la prevalenza dellinteresse allinformazioni sulle condizioni ambientali, consentendo, in tal modo, il controllo diffuso su tali beni (60). Quanto al problema dellindividuazione del foro competente a dirimere le controversie relative allaccesso alle informazioni sullo stato dellambiente, nessuna indicazione particolare data dalla legge n. 349/86. Da ci, la soluzione non univoca, ma dipende dal criterio interpretativo adottato relativamente allart. 14 della legge sopra menzionata. Se infatti, conformemente alla prima delle pozioni dottrinali esaminate, si ritiene che lart. 14 riconosca in termini generali il diritto di conoscere le informazioni sullo stato dellambiente, ponendosi come norma programmatica in materia, e che lesercizio di tale diritto disciplinato dalle regole generali sullaccesso date dalla legge n. 241/90, la tutela applicabile al diritto di accesso ambientale quella dettata dallart. 25 della legge sul procedimento amministrativo, e il tribunale competente quello amministrativo. Se invece si abbraccia la tesi della seconda parte della dottrina analizzata, e si ritiene che lart. 14 della legge istitutiva del Ministero dellAmbiente conferisca a chiunque un diritto soggettivo incondizionato ad accedere alle notizie relative allambiente, il giudice civile sar lorgano competente a trattare le questioni relative al diniego alle istanze di accesso. Per i principi generali dellordinamento, infatti, questultimo competente a conoscere le controversie conseguenti la violazione di diritti soggettivi, e pertanto anche del diritto allinformazione ambientale. La successiva evoluzione normativa consiste nel decreto legislativo n. 39 del 24 febbraio 1997, che si affianca alla visione pi ampia del diritto di accesso in materia ambientale da ultimo osservata, rispetto ai dettami in materia contenuti nella legge n. 241/90. Con esso viene data attuazione ai principi comunitari riguardanti laccesso allinformazione ambientale, insiti nella direttiva 90/313. Lemanazione di questo decreto legislativo ha segnato, relativamente allambito dellaccesso alle informazioni sullo stato dellambiente, (59) La specialit della disciplina contenuta nella legge n. 349/86 si evince inoltre dallart. 6 della stessa, che prevede la partecipazione dei cittadini alle istruttorie sulla valutazione dellimpatto di singoli progetti sullambiente (come approfondito da SCOVAZZI, La partecipazione del pubblico alle decisioni sui progetti che incidono sullambiente, in Riv. Giur. Amb., 1989, pag. 496 e ss., il quale evidenzia come purtroppo nel concreto tale partecipazione sia decisamente marginale), nonch da una serie di norme ad essa successive, come la legge n. 183/89, relativa alla tutela del suolo: lart. 9, comma 4, lett. c, sancisce che i Servizi tecnici nazionali hanno, tra le altre, la funzione di fornire dati, pareri e consulenze, a chiunque ne faccia richiesta. (60) TORTORA, Informazione ambientale e diritto di accesso: normativa in ambito nazionale e comunitario, in www.filodiritto.com. 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 e delle corrispondenti forme di tutela predisposte dallordinamento, limplicita abrogazione del tormentato art. 14 della legge n. 349/86 (61). 3. Riflessi del diritto di accesso alle informazioni ambientali nella Costituzione Linquadramento costituzionale del diritto di accesso ambientale e la sua collocazione su un piano gerarchico rispetto agli altri valori espressi nella Costituzione (62) ha richiesto un particolare sforzo del legislatore, alla luce dellenovit che ancora rappresentano i c.d. diritti civici (63). Essi rappresentano un tertium genus nella tradizionale distinzione tra c.d diritti di libert e diritti sociali, allinterno di un processo evolutivo, intrapreso da numerose costituzioni occidentali, a fronte dellaffermazione sempre pi forte della bioetica nel panorama legislativo mondiale (64). Superando il tradizionale dualismo cittadino-pubblica amministrazione, i diritti civici rappresentano una nuova espressione dei diritti di libert, in quanto consistono nella pretesa della predisposizione delle condizioni strutturali e istituzionali, da parte delle autorit pubbliche, che consentano <> (65). Il diritto allaccesso alle informazioni detenute dalle pubbliche autorit pu essere qualificato come un diritto civico, nel senso che non consiste solo nella pretesa dei cittadini di visionare documenti contenenti informazioni ambientali, ma anche nellesigenza che le stesse pubbliche amministrazioni provvedano alla pi ampia diffusione delle stesse. Nel tentativo di ricondurre il diritto di accesso ambientale ad un sostrato normativo costituzionale, il primo riferimento allart. 9, comma 2, della Costituzione, secondo il quale <>, essendo riconosciuto il valore della diffusione della conoscenza in materia ambientale per la sua salvaguardia. Un secondo collegamento ravvisabile altres con lart. 41, comma 2, della Carta Fondamentale, che vincola liniziativa economica a garantire <>, nelle quali si riflette la tutela dellambiente. Il fondamento costituzionale della normativa sullaccesso ambientale per riscontrabile nellart. 97, comma 1, della Costituzione. In tale articolo sono sanciti i principi fondamentali intorno ai quali ruota lattivit amministrativa, il principio di impar- (61) PELOSI, Laccesso allinformazione ambientale tra fonti normative e tutela dellambiente. Considerazioni, op. cit., pag. 16. (62) GRAZIA, Il diritto di accesso allinformazione ambientale: tra situazioni soggettive e interessi pubblici, op. cit., pag. 74. (63) FOIS, Nuovi diritti di libert, in Nuove dimensioni dei diritti di libert, in Scritti in onore di Paolo Barile, Padova, 1990. (64) GRASSI, Considerazioni introduttive su libert di informazione e tutela dellambiente, op. cit., pag. 308. (65) In questi termini si espresso GRASSI, op. cit., pag. 308. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 zialit e del buon andamento, il rispetto dei quali vincola lamministrazione - nel caso specifico - a raccogliere, coordinare e mettere a disposizione dei cittadini, in modo adeguato, le informazioni sullo stato dellambiente, predisponendo al suo interno un apparato idoneo al raggiungimento di tale scopo. Solo in questo modo pu diventare effettivo lesercizio del diritto di accesso alle informazioni ambientali. La Corte Costituzionale intervenuta nel definire la portata del valore ambiente e nel collocarlo allinterno della Costituzione nella seconda met degli anni Ottanta, iniziando con il promuovere il paesaggio, secondo lart. 9 della Costituzione, a <>, giungendo a definire ogni questione legata alla materia ambientale <>. Le successive pronunce della Suprema Corte hanno affermato la necessit di modernizzare lapproccio normativo alla materia ambientale, elevando la propria giurisprudenza in materia al rango di principi integrativi della Costituzione, considerando equivalenti i concetti di vincolo paesaggistico, gi sottoposti ad una disciplina esaustiva, e di vincolo ambientale (68). Tale orientamento della Corte giustificabile alla luce della considerazione del diritto ambientale quale diritto primario, con la conseguente impossibilit di subordinarlo a qualsiasi altro. Si osserva laccoglimento di una visione dellambiente in senso forte, come un minimun ethicum (69) di riferimento per ogni azione dei pubblici poteri potenzialmente confliggente con esso. Lambiente assurge non a valore tra i valori, in riferimento ad una scala gerarchica rigida, ma a valore trasversale rispetto agli altri principi ritenuti primari dalla Costituzione, in modo da piegare la realizzazione di questi ultimi alla piena attuazione delle politiche ambientali. Ed in questa prospettiva che va letto il diritto di accesso alle informazioni ambientali dal punto di vista costituzionale, come un diritto che non pu soccombere di fronte ad altri, in quanto strumentale al compimento della tutela dellambiente. Il vero problema da risolvere, alla luce del giudizio di primariet attribuito al tema ambiente, la fisiologica lentezza della riflessione giuridica, del confronto politico e della produzione legislativa che contribuisce a rendere irraggiungibili i ritmi e la velocit della ricerca scientifica e tecnologica e della conseguente individuazione di sempre nuove ipotesi da disciplinare (70). (66) Corte Cost., 21 dicembre 1985, n. 359, in Foro It., 1986, Vol. I, pag. 1196 e ss. (67) Corte Cost., 28 maggio 1987, n. 210, Foro It., 1998, Vol. I, pag. 329 e ss. (68) Corte Cost., 10 marzo 1988, n. 302, in Foro It. 1988, Vol. I, 1017 e ss. Per una riflessione della dottrina si rinvia a DALFINO, Per un diritto procedimentle dellambiente (vecchie frontiere e nuove vie del diritto), in Amministrazione e politica, 1992. (69) IACOVONE, Diritto allinformazione ambientale dopo la L. 241/90, op. cit., pag. 9. (70) PALAZZANI, Introduzione alla biogiuridica, Torino, 2002, pag. 7; CASONATO, Bietica e pluralismo nello Stato costituzionale, in www.forumcostituzionale.it. 76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 4. Riflessioni sulle modalit di attuazione della direttiva 90/313/CEE La specialit della disciplina sopra descritta nella sommaria analisi del contenuto della direttiva comunitaria 90/313, tuttavia, non stata accolta immediatamente in tutta Europa. Allo scadere del termine per il recepimento della direttiva 90/313, infatti, il 31 dicembre 1992, lItalia non aveva ancora provveduto a dare ad essa efficacia, avvenuta solo a sette anni dalladozione dellatto comunitario, con il D.lgs n. 39 del 1997, mantenedo quindi la poca chiarezza della legislazione nazionale in materia di accesso ambientale, dovuta principalmente allincertezza dellinterpretazione dellart. 14 della legge 349/86, che introduce nel nostro ordinamento una disciplina per laccesso alle informazioni ambientali, ma anche allo scarso contributo della giurisprudenza (71). Questultima circostanza conferma la reticenza dei giudici amministrativi ad applicare la normativa europea, circostanza che nel caso specifico ha prodotto una soluzione singolare. Infatti, il giudice italiano ha riconosciuto la specialit della disciplina sullaccesso alle informazioni ambientali rispetto a quella pi generale ricavabile dalla legge sul procedimento amministrativo, ma nel farlo, non ha tenuto conto del pi significativo contributo normativo esistente, cio del contenuto della direttiva 90/313. Emerge da quanto appena detto uno dei profili di problematicit della mancata applicazione da parte dellordinamento, fino al 1997, della suddetta direttiva in materia di accesso ambientale (72). In generale, il dibattito relativo al problema del coordinamento della disciplina speciale sullaccesso ambientale con i contenuti della legge n. 241/90, recante disposizioni generali relative allaccesso ai documenti amministrativi, ha trovato nella direttiva 90/313 un indirizzo risolutivo che, ancor prima del recepimento, attraverso il D.lgs. n. 39/97, ha consentito ai giudici nazionali, con laccoglimento della tesi del c.d. effetto diretto, di riconoscere nelle loro pronunce la diretta applicabilit dei contenuti della suddetta direttiva, consentendo uninterpretazione corretta e piena dei contenuti della legge n. 349/86, che allart. 14, con ampio anticipo rispetto al diritto comunitario (73), aveva disciplinato specificamente lipotesi dellaccesso alle informazioni ambientali. (71) FALLETTA, Informazione ambientale e diritto di accesso, op .cit., pag. 226 e ss., il quale rileva in proposito che <>. (72) FALLETTA, op. cit., pag. 227. (73) PRESTA, ll diritto di accesso allinformazione ambientale, 2008, in www.lexambiente.it. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 77 Altro profilo di questa problematicit (74), emerge poi dalle affermazioni contenute nella XI Relazione annuale al Parlamento europeo sul controllo dellapplicazione del diritto comunitario del 1993, nella quale si afferma che: <>. La Commissione ritornata sul punto anche lanno successivo, ribadendo lobbligo per i Tribunali nazionali, seppur in caso di mancata conformit del diritto nazionale alla direttiva sopracitata, di applicare interamente le disposizioni della direttiva che hanno efficacia diretta, cio quelle che appaiono incondizionate e dotate di sufficiente precisione (75). Il riconoscimento giunto da varie fonti dellimmediata applicabilit dei precetti contenuti nelle direttive, probabilmente allorigine della scelta della Commissione di non adire la Corte di giustizia affinch sanzionasse il perdurare della mancata attuazione della direttiva da parte dello Stato italiano (76). Il giudicato dei Tribunali nazionali italiani, tuttavia, stato indirizzato dallapplicazione dei principi generali in tema di risoluzione delle controversie tra norme comunitarie e norme interne, in particolare della c.d. dottrina delleffetto diretto delle direttive comunitarie (77). Questa tesi sostiene che una (74) MONTINI, op. cit., pag. 327. (75) Posizione che sar riconosciuta poi dal Consiglio di Stato nel 1995, nella sentenza n. 498, nella quale ha affermato la diretta applicabilit <> delle direttive comunitarie che <>. In dottrina, DELLANNO, Lattuazione del diritto comunitario tra supremazia delle fonti e disapprovazione amministrativa, in Riv. Trim. dir. pubbl., 1994, pag. 364, il quale ha affermato che la <> delle direttive riferibile alle disposizioni normative che presentano i seguenti connotati distintivi: linearit e puntualit dei concetti, mancanza di condizioni sospensive, immediata efficacia anche senza lintervento del legislatore nazionale con norme di recepimento. (76) In ogni caso, nel 1994, la Commissione ha emesso nei confronti dello Stato italiano un parere motivato sul mancato recepimento della direttiva, per poi riaffermare, nella XII Relazione annuale al Parlamento europeo sullapplicazione del diritto comunitario (G.U.E.C.E. C 154/44 del 6 giugno 1994), che << nel quadro della non conformit del diritto nazionale alla direttiva 313/90 o di unattuazione inadeguata della direttiva, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (causa C-103/88, fratelli Costanzo) si evince che le amministrazioni e i tribunali nazionali hanno lobbligo di applicare pienamente le disposizioni delle direttive che hanno efficacia diretta e di disapplicare le disposizioni di diritto nazionale incompatibili con la medesima>>. (77) PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunitario, Torino, 2004, pag. 73 e ss., il quale aderisce a quanto espresso nella sentenza Van Gend e Loos, 5 febbraio 1963, causa C-26/62, nel riconoscere che <>. Egli osserva che anche lordinamento italiano si sia allineato allindirizzo europeo, come dimostrato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale italiana che, con la sentenza n. 64/90, ha sancito leffetto diretto delle direttive self-executing. Inoltre prosegue segnalando, come conseguenza del recepimento della tesi del- 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 norma di diritto comunitario ha effetto diretto se si intende conferire ai cittadini europei, sulla base di suoi contenuti normativi dettagliati e non sottoposti a condizioni, un diritto che debba essere fatto valere dal giudice nazionale, anche in assenza di una specifica disposizione di attuazione, allo scadere del termine a disposizione dello Stato per conferirgli efficacia interna. Nel caso della direttiva 90/313/CEE, la dottrina (78) a ritenuto che sussistessero le condizioni appena menzionate, permettendo che il suo contenuto fosse considerato immediatamente applicabile nellordinamento italiano. Gi a decorrere quindi dal 31 dicembre 1992, termine ultimo per il recepimento della direttiva, le disposizioni della stessa dotate dei requisiti di sufficiente precisione e incondizionatezza, potevano ritenersi produttive di effetti nellordinamento interno (79). La Corte di Giustizia ha infatti chiarito che in generale, non sempre richiesta lemanazione, da parte del legislatore nazionale, di disposizioni di legge che formalmente riproducano le norme di una direttiva quando <>. Ci quello che la Corte stessa ha ritenuto si configurasse nel caso specifico della direttiva 90/313, relativamente allart. 3, secondo paragrafo, della quale ha rinvenuto uno specifico obbligo per gli Stati membri di consentire laccesso a quelle informazioni rispetto alle quali risulta chiara lassenza di eccezioni legate alla tutela della riservatezza e del segreto, disciplinando <>. Nonostante laccertata efficacia diretta delle disposizioni prive di incertezze o condizioni nellordinamento interno, nonostante una specifica normativa di attuazione della direttiva 313/90/CEE, alcuni Tribunali amministrativi regionali hanno emesso sentenze contraddittorie con i contenuti della medesima. leffetto diretto, che <> (pag 75). Anche DELLANNO, Lattuazione del diritto comunitario tra supremazia delle fonti e disapprovazione amministrativa, op. cit., 1994, pag. 364, sostiene che la <> delle direttive riferibile alle disposizioni normative che presentano i seguenti connotati distintivi: linearit e puntualit dei concetti, mancanza di condizioni sospensive, immediata efficacia anche senza lintervento del legislatore nazionale con norme di recepimento. (78) FALLETTA, op. cit., pag. 228 e ss.; MONTINI, op. cit., pag. 339 e ss. (79) GRAZIA, Il diritto allinformazione ambientale: tra situazioni soggettive e interessi pubblici, op. cit, pag. 56. (80) Corte Giust. Com. Eu., Sent. 26 giugno 2003, n. 233/00. (81) Corte Giust. Com. Eu., Sent. 9 settembre 1999, n. 217/97. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 79 Il Tar Campania, in una pronuncia del 1995 (82), ha dichiarato legittimo il rigetto dellistanza di accesso avanzata da una associazione ambientalista non riconosciuta, basando tale decisione sullart. 13 della legge n. 349/86, dimostrando di non aderire al contenuto della direttiva che amplia il novero dei soggetti legittimati a richiedere informazioni in materia ambientale, anche alle persone giuridiche. Nello stesso senso si pronunciato il TAR Toscana, che nella sentenza 21 luglio 1994 n. 443, asserisce che una associazione ambientalista non inclusa nellelenco ministeriale previsto dalla legge n. 349/86 non ha diritto di partecipare ai procedimenti in materia ambientale n di prendere visione degli atti relativi. Tale decisione contraddice indiscutibilemnte la previsione della direttiva secondo la quale chiunque legittimato ad accedere alle informazioni sullo stato dellambiente. Il recepimento della direttiva nel D.lgs 39/97 ha risolto, in ambito soggettivo, il problema del riconoscimento formale della specialit della disciplina dellaccesso ambientale. La disciplina della legittimazione in esso contenuta, infatti risulta coerente alla ratio della direttiva appena menzionata, riconoscendo la titolarit del diritto alla conoscenza delle informazioni sullo stato dellambiente a <>. Si giunge cos al superamento di una delle pi aspre problematiche relative al rapporto tra la normativa generale sullaccesso, contenuta nella legge n. 241/90, e quella specifica in materia di accesso ambientale data dallart. 14 della legge 349/86, della quale ora possibile una interpretazione chiara e conforrme alla direttiva comunitaria, nel senso di un riconoscimento indifferenziato, in ambito soggettivo, della titolarit del diritto allinformazione sulle condizioni dellambiente (84). Come le persone fisiche, anche le persone giuridiche, per effetto della c.d. tutela desoggettivata prevista dallart. 3 del D.lgs. 39/97, non devono pi dimostrare lesistenza di uno specifico interesse allaccesso, n di uno stabile collegamento con lambiente, che ne giustifichi liniziativa (85). Lunico onere a ca- (82) TAR Campania, Salerno, 3 maggio 1995, n. 268, in Foro amm., 1996, pag. 239. (83) Art. 3 D.lgs. n. 39/97. (84) In questo senso si sono orientate le successive pronunce dei tribunali amministrativi nazionali: T.A.R. Lombardia, Brescia, Sent. 30 aprile 1999, n. 397 (nota di BELTRAME, Informazioni sullambiente. Laccesso ai documenti amministrativi incondizionato, in Ambiente, 1999, pag. 647) nella quale si afferma che il D.lgs. n. 39/97 <> . (85) Anche il Consiglio di Stato, in una recente pronuncia (Cons. St., Sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5795), ha confermato la specialit della disciplina dellaccesso ambientale, asserendo che il D.lgs. n. 39/97, emanato in attuazione della direttiva 90/313/CEE, ha introdotto una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si distingue rispetto a quella generale contenuta al capo V della legge sul procedimento amministrativo per due significative novit: lampliamento dei soggetti legittimati a richiedere le informazioni e loggetto dellistanza stessa. Il primo profilo di novit consiste nel supera- 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 rico del richiedente quello della propria identificazione, finalizzato al soddisfacimento delle sigenze di documentazione interna della pubblica amministrazione e per perseguire eventuali usi illeciti delle informazioni da parte del richiedente. Anche in ambito oggettivo, ossia relativamente ai documenti che possono essere oggetto di una richiesta da parte del cittadino, il decreto legislativo da ultimo citato conforme al contenuto della direttiva 90/313: lart. 2 del D.lgs. 39/97 ripropone la definizione di informazione relativa allambiente tracciata dalla direttiva comunitaria, particolarmente ampia e completa, sancendo lavvenuta formalizzazione, anche dal punto di vista oggettivo, del recepimento della direttiva (86), superando totalmente la genericit che aveva contraddistinto lart. 14 della legge n. 349/86. In tale definizione rientrano non solo i diversi settori che compongono lambiente nella sua complessit, ma anche tutte le attivit, comprese quelle nocive, che possono incidere negativamente sullo stato degli stessi, e in contrapposizione ad esse, quelle previste per garantirne la tutela (87). Inoltre, loggetto dellaccesso ambientale non pi limitato alle informazioni contenute in un documento amministrativo, ma esteso ad ogni dato, contenuto o meno in un atto, purch riconducibile ad una attivit della amministrazione ed attinente alla materia ambientale (88). 5. Prospettive de iure condendo La necessit di porre fine ai contrasti interpretativi e applicativi delle mento dellesistenza di un interesse effettivo, quale requisito per proporre listanza di accesso alle informazioni ambientali, e lestensione di tale innovazione anche alle persone giuridiche. (86) In proposito, il T.A.R. Lombardia, nella sentenza n. 397/99 ha precisato che, qualora si riconosca il diritto di accedere a determinate notizie relative a <> sullo stato dellambiente, con tale espressione si devono intendere <>. Anche il Consiglio di Stato, in una recente pronuncia (Cons. St., Sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5795), ha confermato la specialit della disciplina dellaccesso ambientale, asserendo che il D.lgs. n. 39/97, emanato in attuazione della direttiva 90/313/CEE, ha introdotto una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si distingue rispetto a quella generale contenuta al capo V della legge sul procedimento amministrativo per due significative novit: lampliamento dei soggetti legittimati a richiedere le informazioni e loggetto dellistanza stessa. Il primo profilo di novit consiste nel superamento dellesistenza di un interesse effettivo, quale requisito per proporre listanza di accesso alle informazioni ambientali, e lestensione di tale innovazione anche alle persone giuridiche. Come per le persone fisiche, anche le persone giuridiche, per effetto della c.d. tutela desoggettivata prevista dallart. 3 del D.lgs. 39/97, non devono pi dimostrare lesistenza di uno specifico interesse allaccesso, n di uno stabile collegamento con lambiente, che ne giustifichi liniziativa. (87) PELOSI, Laccesso allinformazione ambientale tra fonti normative e tutela dellambiente. Considerazioni, op. cit., pag. 17 e ss. (88) CIAMMOLA, Il diritto di accesso dalla legge istitutiva del ministero dellambiente al dl. g. n. 195 del 2005, in Foro Amm. C.d.S., 2007, pag. 675; CARINGELLA-GAROFALI-SEMPREVIVA, Laccesso ai documenti amministrativi, Milano, Giuffr, 2007, pag. 57 e ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 81 norme contenute nel D.lgs 39/97, con lesigenza di adeguare la disciplina in materia con quanto specificato nella Convenzione di Aarthus del 1998 e con la successiva direttiva 2003/4/CEE sullaccesso del pubblico alle informazioni ambientali, ha portato allemanazione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195. Esso costituisce attualmente il testo pi evoluto di regolamentazione del diritto di accesso alle informazioni ambientali, in considerazione degli sviluppi delle tecnologie per la diffusione delle informazioni, per la loro raccolta e organizzazione. Tale decreto legislativo conferma lampiezza riconosciuta alla legittimazione ad invocare la violazione del diritto di accesso allinformazione ambientale, di fronte al diniego apposto allistanza che chiunque pu presentare alla pubblica amministrazione, la quale non deve indagare le ragioni alla base di tale domanda. Dispone infatti lart. 4 del D.lgs. n. 195/2005 che: <>. Linformazione ambientale, alla luce della direttiva 2003/35/CE, non pi inquadrata come oggetto di un diritto di accesso agli atti in materia, ma viene ora intesa come partecipazione attiva dei cittadini ai processi decisionali dellautorit pubblica relativi allambiente. In ci consiste uno dei maggiori riflessi delle conclusioni a cui giunta la Convenzione di Aarthus (89). Quanto alla legittimazione passiva, ha ridefinito il ruolo della pubblica amministrazione (90) stessa, che da soggetto passivo destinatario delle istanza di accesso da parte del cittadino, ruolo assegnatole dalla legge n. 241/90, contenente la disciplina generale relativa al diritto di accesso, diviene organo propulsore della diffusione delle informazioni (91) sullo stato dellambiente. Lart. 3 regola il procedimento dellaccesso ambientale, disponendo che lamministrazione si attivi nei confronti dellistanza, ad essa sottoposta dal cittadino, entro trenta giorni dal suo recepimento, <>. (91) TORTORA, op. cit. 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 stificano>>. Prosegue il quarto comma disciplinando la fattispecie in cui il contenuto della domanda di accesso risulta essere troppo generico. Prima di respingere listanza, <> (92). Un aspetto importante, su cui si misura leffettiva partecipazione del cittadino nella prospettiva evolutiva in materia di informazione ambientale determinata dalla normativa in esame, la disciplina dei casi di esclusione dellaccesso alle informazioni ambientali. Il d.lgs n. 195/2005 non consente laccesso nelle ipotesi in cui lautorit non detiene linformazione richiesta, fermo restando lobbligo di questultima di inoltrarla a quella competente, se conosciuta, o di comunicarlo al richiedente, oppure se la richiesta irragionevole o generica, o quando la domanda riguarda dati, documenti, o materiali, non ancora completi oppure concerne comunicazioni interne allente stesso. Ricompare anche in questa sede lipotesi in cui la divulgazione delle informazioni provoca una lesione del diritto alla riservatezza dellamministrazione riguardo alle sue deliberazioni interne, o, pi in generale, alle relazioni internazionali, alla difesa nazionale, allordine e alla sicurezza pubblica, ma anche al sereno svolgimento dei procedimenti giudiziari e delle attivit dindagine, nonch alla riservatezza commerciale o industriale e della propriet intellettuale. Inoltre la disciplina si sofferma sullipotesi in cui il titolare del diritto alla privacy sia un soggetto terzo, controinteressato alla divulgazione di determinate informazioni ambientali, secondo quanto disciplinato in generale dalla legge n. 196/2003, ed in infine sulla necessit della tutela della persona che abbia fornito spontaneamente delle informazioni. In questi casi, la dottrina e la giurisprudenza (93), concordano nel riconoscere la supremazia del diritto di accesso, anche nel caso di informazioni (92) La Commissione per laccesso ai documenti della pubblica amministrazione (nella Relazione per lanno 2007 sulla trasparenza dellattivit della pubblica amministrazione, pag. 27) ha specificato, in relazione alla generalit, che non necessaria la puntuale indicazione degli atti sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di una determinato contesto, che deve essere specificato, per costituire in capo allamministrazione lobbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrit dei luoghi interessati dallistanza, elaborarle e comunicarle al richiedente. In dottrina, PRESTA, Il diritto di accesso allinformazione ambientale, gi cit., ha ravvisato nella previsione dei cataloghi a cui si fa riferimento nellart. 3, nei quali si da notizia delle informazioni ambientali in possesso di quella particolare amministrazione pubblica, un preciso obbligo, in capo a questultima, di assistenza al cittadino richiedente nellesercizio del suo diritto. (93) PRESTA, gi cit. Dello stesso pensiero anche FRANZOSO, Il diritto di accesso alle informazioni ambientali, in Riv. Giur. Amb., 2006, pag. 635. In giurisprudenza, T.A.R. Lazio, Sez. III, sent. n. 934/2004. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 83 epersonali relative a terzi, purch la conoscenza sia rilevante ai fini della tutela della situazione giuridica soggettiva a cui laccesso funzionale. La tutela del diritto di accesso ambientale, invece, non oggetto nemmeno nella nuova disciplina predisposta dal D.lgs. n. 195/2005 di una disciplina ad hoc (94). Tale decreto legislativo rinvia in proposito alle regole generali sul procedimento speciale dinanzi al giudice amministrativo, contenute nellart. 25, comma 5, della legge n. 241/90. A garanzia della effettiva partecipazione del cittadino allattivit amministrativa concernente lambiente, prevista anche la possibilit di ricorrere, avverso il supposto illegittimo diniego, al difensore civico, secondo le modalit previste dalla legge generale sul procedimento amministrativo (95), nonch alla Commissione per laccesso ai documenti della pubblica amministrazione, in relazione alla provenienza dellatto. Ci garantisce allistante cos la possibilit di opporsi alle illegittime frustrazioni del suo diritto allinformazione, sia con lesperimento della tutela giurisdizionale, sia con i rimedi alternativi di natura giustiziale (96). Ulteriori evoluzioni sono state recentemente apportate alla disciplina in materia di informazione ambientale con il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, e il d.lgs 16 gennaio 2008, n. 4, Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, recante norme in materia ambientale, i quali rappresentano la conclusione dellopera di riordino e di razionalizzazione della materia fin qui descritta. Lart. 3 del decreto legislativo da ultimo citato, secondo il punto di vista (97) della Commissione per lacceso ai documenti amministrativi, rafforza il principio del diritto di accesso alle informazioni ambientali e il principio di partecipazione allattivit amministrativa in materia, da parte dei cittadini, a scopo collaborativo, stabilendo che <>. Per un approfondimento in dottrina, NESPOR, Laccesso alla giustizia nelle controversie giudiziarie in materia ambientale: considerazioni su due recenti volumi, in Riv giur. Ambiente, 2004, pag. 861. (97) Commissione per lacceso ai documenti amministrativi, Relazione per lanno 2007 sulla trasparenza dellattivit della pubblica amministrazione, pag. 26. 84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dallItalia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, pu accedere alle informazioni relative allo stato dellambiente e del paesaggio nel territorio nazionale>>. Il recepimento, seppur graduale, del tema ambiente come valore costituzionale negli ordinamenti interni successivo allinserimento dello stesso tra i principi primari dei Trattati comunitari, dimostra come le moderne societ post industriali abbiano compreso il valore centrale che le politiche ambientali rivestono nel contesto attuale. La sempre pi attenta legislazione in materia mira alla preservazione delle risorse naturali senza le quali inconcepibile un progresso equilibrato, non concepito ormai se non nellottica dello <>. Le politiche ambientali sono mutate sia livello comunitario che a livello nazionale: non pi come finalizzate alla riparazione dei danni provocati dalle attivit umane allambiente, ma basate sui concetti di prevenzione e di salvaguardia, alla base dei quali risulta fondamentale la diffusione delle informazioni sullo stato dellambiente. Consentire laccesso alle informazioni ambientali equivale a far crescere sempre di pi la coscienza sociale del problema ambientale nei cittadini, destinatari ultimi dellambiente stesso. 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Espropri (Corte costituzionale, sentenza dell8 ottobre 2010 n. 293) Lart. 43 del D.P.R. n. 327/01 (T.U. espropri) incostituzionale per eccesso di delega. Questa la lapidaria e un po sorprendente affermazione compiuta dalla Consulta nella sentenza n. 293/10, pubblicata in data 8 ottobre. Queste, in sintesi, le motivazioni del Giudice di legittimit. La legge-delega aveva conferito, sul punto, al legislatore delegato il potere di provvedere soltanto ad un coordinamento formale relativo a disposizioni vigenti. Listituto previsto e disciplinato dalla norma impugnata, viceversa, connotato da numerosi aspetti di novit, rispetto sia alla disciplina espropriativa oggetto delle disposizioni espressamente contemplate dalla legge-delega, sia agli istituti di matrice prevalentemente giurisprudenziale. In primo luogo, non dato ravvisare nelle leggi indicate nel citato allegato I, alla legge n. 59 del 1997, alcuna norma che potesse giustificare un intervento della pubblica amministrazione, in via di sanatoria, sulle procedure ablatorie previste. Inoltre, neppure pu farsi riferimento al contesto degli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, in quanto pi profili della cosiddetta acquisizione sanante, cos come disciplinata dalla norma censurata, eccedono con tutta evidenza dagli istituti della occupazione appropriativa e della occupazione usurpativa, cos come delineati da quegli orientamenti. Il citato art. 43, infatti, ha anzitutto assimilato le due figure, introducendo la possibilit per lamministrazione e per chi utilizza il bene di chiedere al giudice amministrativo, in ogni caso e senza limiti di tempo, la condanna al risarcimento in luogo della restituzione. Peraltro, esso estende tale disciplina 88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 anche alle servit, rispetto alle quali la giurisprudenza aveva escluso lapplicabilit della cosiddetta occupazione appropriativa, trattandosi di fattispecie non applicabile allacquisto di un diritto reale in re aliena, in quanto difetta la non emendabile trasformazione del suolo in una componente essenziale dellopera pubblica. Infine, la norma censurata differisce il prodursi delleffetto traslativo al momento dellatto di acquisizione. Si tratta di elementi di sicuro rilievo e qualificanti, i quali dimostrano che la norma in esame non solo marcatamente innovativa rispetto al contesto normativo positivo di cui era consentito un mero riordino, ma neppure coerente con quegli orientamenti di giurisprudenza che, in via interpretativa, erano riusciti a porre un certo rimedio ad alcune gravi patologie emerse nel corso dei procedimenti espropriativi. Siffatto carattere della norma impugnata trova conferma significativa nella circostanza che, secondo la giurisprudenza di legittimit, in materia di occupazione di urgenza, la sopravvenienza di un provvedimento amministrativo non poteva avere unefficacia sanante retroattiva, determinata da scelte discrezionali dellente pubblico o dai suoi poteri autoritativi. Nel regime risultante dalla norma impugnata, invece, si prevede un generalizzato potere di sanatoria, attribuito alla stessa amministrazione che ha commesso l'illecito, a dispetto di un giudicato che dispone il ristoro in forma specifica del diritto di propriet violato. Il legislatore delegato, in definitiva, non poteva innovare del tutto ed al di fuori di ogni vincolo alla propria discrezionalit esplicitamente individuato dalla legge-delega. Questa Corte ha in proposito affermato, infatti, che, per quanta ampiezza possa riconoscersi al potere di riempimento del legislatore delegato, il libero apprezzamento del medesimo non pu mai assurgere a principio od a criterio direttivo, in quanto agli antipodi di una legislazione vincolata, quale , per definizione, la legislazione su delega (sentenze n. 340 del 2007 e n. 68 del 1991). Si apre, adesso, soprattutto per le amministrazioni, il fondamentale capitolo di come risolvere lassetto proprietario delle aree illegittimamente occupate; urge un intervento legislativo che, attesa la situazione, dovrebbe avvenire nelle forme di un decreto-legge e dovrebbe avere carattere retroattivo attesa la necessit di dare una copertura normativa a tante fattispecie che, fino alla pronuncia in commento, avrebbero trovato definizione merc lapplicazione dellart. 43 del T.U. espropri. M.B. CONTENZIOSO NAZIONALE 89 Corte costituzionale, sentenza dell8 ottobre 2010 n. 293, Ud. Pubbl. del 7 luglio 2010 - Pres. Amirante, Red. Tesauro - Giudizi di legittimit costituzionale dellarticolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilit), promossi dal Tribunale amministrativo regionale della Campania con due ordinanze del 28 ottobre e con una ordinanza del 18 novembre 2008, rispettivamente iscritte ai nn. 114, 115 e 116 del registro ordinanze 2009 - Avv. Guerriero e Sasso per N.D. ed altri, Sasso per M.R.P. ed altri, Vittoria per il Comune di Casapesenna e lavv. Stato Borgo per il Presidente del Consiglio dei ministri. (Omissis) Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con tre ordinanze di identico tenore, pronunciate in altrettanti giudizi, le prime due del 28 ottobre 2008 (r.o. n. 114 e n. 115 del 2009) e la terza del 18 novembre 2008 (r.o. n. 116 del 2009), ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 42, 76, 97, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimit costituzionale dellarticolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilit). 1.1. Le prime due ordinanze (r.o. n. 114 e n. 115 del 2009), relative ad identiche fattispecie, espongono che i ricorrenti sono tutti proprietari di un fondo in Casapesenna, oggetto di procedura ablatoria, in ordine alla quale il medesimo TAR, con sentenze rispettivamente n. 73 e n. 74 del 2008, aveva annullato gli atti impugnati e condannato il Comune di Casapesenna a restituire il terreno, previo ripristino dello stato dei luoghi. Gli attori, con distinti ricorsi, poi riuniti dal TAR, hanno proposto ricorso per lesecuzione del giudicato, chiedendo la restituzione del fondo, ed hanno impugnato la delibera del Consiglio comunale con la quale il Comune ha disposto, ex art. 43, comma 2, del citato d.P.R., lacquisizione al patrimonio indisponibile delle aree in questione, corrispondendo una somma a titolo di risarcimento dei danni. 1.2. I rimettenti premettono ancora, in fatto, che la vicenda era stata oggetto di una prima pronuncia dello stesso tribunale (sentenza 23 gennaio 2003, n. 387) con la quale era stato censurato loperato dellamministrazione in ragione del mancato compimento delliter previsto per la formazione della variante urbanistica, e per violazione del contraddittorio con i soggetti interessati. Nel procedimento di cui allordinanza r.o. n. 114 del 2009, con successive sentenze veniva poi annullata una nota del comune di diniego di restituzione del suolo occupato e disposta la restituzione dello stesso con ripristino dello stato dei luoghi (sentenza 5 giugno 2003, n. 7290), ed ancora veniva accolto il ricorso per lesecuzione del relativo giudicato con nomina di un commissario ad acta. In seguito il Consiglio di Stato, con sentenza 3 maggio 2005, n. 2095, dichiarava che sullamministrazione gravava lobbligo di restituire larea occupata. Successivamente, con le gi indicate sentenze del medesimo TAR (n. 73 e n. 74 del 2008), erano stati annullati per incompetenza gli atti inerenti alla procedura ex art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, con condanna del comune alla restituzione del terreno previo ripristino dello stato dei luoghi. Infine, era intervenuto il provvedimento di acquisizione sanante ai sensi del citato art. 43. 1.3. La terza ordinanza (r.o. n. 116 del 2009) espone, in fatto, che il ricorrente, proprietario di un fondo sito nel Comune di San Giuseppe Vesuviano (Napoli), ne aveva subito da parte di detto comune loccupazione, senza alcun procedimento espropriativo. Dopo alterne vicende in punto di giurisdizione, il Tribunale di Nola, ritenendo la propria giu- 90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 risdizione, radicandola per la natura usurpativa delloccupazione, aveva, infine, negato lacquisto della propriet in capo alla pubblica amministrazione. In seguito, era stato adottato da parte del responsabile del Servizio lavori pubblici ed urbanistica ed Ufficio espropriazioni del Comune di San Giuseppe Vesuviano, il decreto n. prot. 2006 0020376, impugnato nel giudizio principale, con il quale veniva disposta lacquisizione coattiva al patrimonio indisponibile comunale dellarea, prevedendo, altres in favore del proprietario oltre lindennizzo, il risarcimento del danno nonch il computo degli interessi moratori a decorrere dal giorno in cui il terreno sia stato occupato senza titolo. In particolare, il ricorrente deduceva la violazione degli artt. 43 e 57, comma l, del d.P.R. n. 327 del 2001, lamentando linapplicabilit al caso di specie del procedimento ex art. 43 ed invocando lapplicazione del regime transitorio ex art. 57, comma 1, con obbligo di restituzione dellimmobile e risarcimento del danno ex art. 2043 del codice civile per lillegittima, ulteriore occupazione. 1.4. Ci posto, i giudici a quibus ricordano che, in caso di annullamento giurisdizionale degli atti relativi alla procedura di espropriazione per pubblica utilit, il proprietario pu chiedere mediante il giudizio di ottemperanza la restituzione del bene piuttosto che il risarcimento del danno per equivalente monetario, anche se larea sia stata irreversibilmente trasformata in conseguenza dellesecuzione dellopera pubblica. Inoltre, lunico rimedio per evitare la restituzione dellarea sarebbe lemanazione di un provvedimento di acquisizione cosiddetto sanante ex art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, in assenza del quale lamministrazione non pu addurre la intervenuta realizzazione dellopera pubblica quale causa di impossibilit oggettiva e, quindi, come impedimento alla restituzione. 1.5. Il TAR Campania, dopo aver ricordato la giurisprudenza di legittimit relativa alla cosiddetta occupazione appropriativa, assume che tale ricostruzione sarebbe incompatibile con la disciplina normativa introdotta dal d.P.R. n. 327 del 2001 ed entrata in vigore il 30 giugno 2003, in quanto la disposizione oggi censurata subordina alladozione di apposito provvedimento discrezionale il trasferimento di propriet dei beni immobili utilizzati per scopi di interesse pubblico, a seguito di trasformazione, determinatasi in assenza del valido ed efficace provvedimento espropriativo o dichiarativo della pubblica utilit. Inoltre, non potrebbe ritenersi che lart. 43 disponga solo per il futuro, trattandosi di disposizione, avente natura processuale riferita a tutti i casi di occupazione sine titulo, anche gi sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico (a conforto, richiama: Cons. Stato, IV, 21 maggio 2007, n. 2582; A.P., 29 aprile 2005, n. 2; TAR. Emilia-Romagna, Bologna, I, 27 ottobre 2003, n. 2160). 1.6. I rimettenti, quanto alla giurisdizione, ritengono di doversi conformare al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in materia di procedimenti di espropriazione per pubblica utilit, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie nelle quali si faccia questione, anche a fini risarcitori, di attivit di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilit e con essa congruenti, anche in presenza di atti poi dichiarati illegittimi. 1.7. Ci posto, con riferimento alla delibera di acquisizione delle aree, il Tribunale richiama la giurisprudenza secondo cui tale atto persegue una finalit di sanatoria di situazioni prive di procedure legittime di esproprio, senza che rilevi la causa della illegittimit del comportamento: sia essa conseguente allassenza di una dichiarazione di pubblica utilit od allannullamento di essa oppure determinata da altre cause, risultando in proposito rilevante il solo fatto che linteresse pubblico non potrebbe essere soddisfatto se non con il mantenimento della situazione ablativa. CONTENZIOSO NAZIONALE 91 In punto di rilevanza i rimettenti assumono che, aderendo a tale orientamento, nella specie il ricorso in ottemperanza dovrebbe essere dichiarato improcedibile, in virt dellatto formale di acquisizione sanante, mentre il ricorso avverso la delibera consiliare dovrebbe essere rigettato, perch il provvedimento oggetto di impugnazione deve ritenersi conforme al modello astratto di cui al citato art. 43. 1.8. Il Tribunale amministrativo campano dubita, tuttavia, della legittimit costituzionale di tale norma, per violazione degli artt. 3, 24, 42, 76, 97, 113 e 117, Cost.. In particolare, quanto agli artt. 3, 24, 42, 97 e 113 Cost., il Tribunale evidenzia come lesercizio del potere autoritativo di acquisizione dellarea, attraverso ladozione di un atto amministrativo, che consente di evitare la restituzione del bene e di sanare la pregressa illegalit, avrebbe assunto la natura di strumento ordinario, attraverso il quale si legalizza lillegale, rimuovendo lillecito aquiliano attraverso latto di acquisizione. In tal modo risulterebbe capovolta la garanzia costituzionale del diritto di propriet di cui allart. 42, Cost., nella misura in cui la norma consente alla pubblica amministrazione, anche deliberatamente, [] di eludere gli obblighi procedimentali della instaurazione del contraddittorio, delle tre fasi progettuali e della verifica delle norme di conformit urbanistica, norme peraltro imposte non soltanto dallautorit comunale, ma anche da quelle preposte alla tutela di ulteriori e distinti vincoli. Labuso di tale strumento imporrebbe, invece, una lettura restrittiva della disposizione, dal momento che ben difficilmente nella pratica sarebbe possibile immaginare ipotesi in cui lAmministrazione non possa giustificare il proprio operato, con la necessit di perseguire uno scopo pubblico. Per altro verso, a giudizio dei rimettenti, non si potrebbe prescindere dai principi costituzionali e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), (infra: anche CEDU o Convenzione europea), in base ai quali il diritto di propriet potrebbe essere acquistato dallAmministrazione soltanto attraverso lemanazione di un formale provvedimento amministrativo. Inoltre, si precisa, la questione di legittimit costituzionale viene appunto sollevata, prendendo atto che, di fatto, la sentenza che ha dichiarato lillegittimit della procedura si pone come una sorta di atto presupposto del procedimento che si perfeziona con latto di acquisizione, con conseguente grave lesione del principio generale dellintangibilit del giudicato amministrativo [] sostanzialmente vanificato da un atto amministrativo di acquisizione per utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico. Del resto, andrebbe pure considerato che lacquisizione sanante ben potrebbe essere reiterata allinfinito, divenendo non pi uno strumento straordinario, ma ordinario, con conseguente vanificazione dei principi di certezza giuridica e di tutela delle posizioni giuridiche. In questo contesto, il Tribunale specifica di aver esperito inutilmente ogni tentativo di interpretazione adeguatrice, al fine attribuire alla norma un significato costituzionalmente corretto. 1.9. Con riferimento, poi, allart. 117, primo comma, Cost., il Tribunale, dopo aver richiamato la sentenza di questa Corte n. 349 del 2007, con riguardo al rapporto fra norma statale ed obblighi derivanti dalla CEDU, assume che la norma censurata non sarebbe conforme ai principi della Convenzione europea ed allart. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), in base al quale lUnione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamen- 92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 tali, [...] in quanto principi generali del diritto comunitario. In questo senso deporrebbe la costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti delluomo (20 aprile 2006; 15 novembre 2005; 17 maggio 2005), la quale avrebbe pi volte affermato la non conformit allart. 1, prot. 1, della Convenzione, della prassi sulla cosiddetta espropriazione indiretta, secondo cui lamministrazione diventerebbe proprietaria del bene in assenza di un atto ablatorio. 1.10. Infine, i rimettenti censurano lart. 43 anche con riferimento allart. 76, Cost., in quanto lart. 7, comma 2, lettera d) della legge-delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998) avrebbe delegato al Governo il mero coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo. La norma in questione, invece, non troverebbe riferimento o principi e criteri direttivi in norme preesistenti, non potendosi sostenere che lacquisizione sanante fosse una modifica necessaria per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa. 2. Nel giudizio innanzi alla Corte si sono costituiti i ricorrenti dei giudizi principali (N.D. ed altri, quanto allordinanza r.o. n. 114 del 2009 e M.R.P. ed altri, quanto allordinanza r.o. n. 115 del 2009), con atti di identico tenore in diritto, chiedendo che la questione sia accolta. 2.1. La difesa delle parti private, dopo aver ripercorso le motivazioni sottese allordinanza di rimessione, assume, in primo luogo, che latto acquisitivo previsto dalla disposizione impugnata, in quanto finalizzato a sanare unattivit posta in essere dalla pubblica amministrazione contra ius, determinando la perdita della propriet, violerebbe gli artt. 3, 24, 42, 97 e 117, Cost., conducendo a legalizzare lillegale, consentendo lillecito aquiliano. I ricorrenti, riportando peraltro ampi brani di sentenze della Corte di cassazione sul fenomeno delloccupazione acquisitiva, ritengono che il censurato art. 43 si porrebbe al di fuori dei canoni di legittimit costituzionale, dal momento che attribuisce alla pubblica amministrazione il potere di disporre lacquisizione del bene, anche nellipotesi in cui non vi sia stata alcuna preventiva dichiarazione di pubblica utilit, o la medesima sia stata annullata o resa inefficace ex tunc. In definitiva, la norma censurata determinerebbe uno squilibrato vantaggio per il soggetto pubblico, pregiudicando la certezza dei rapporti giuridici e sacrificando laffidamento dei soggetti nella possibilit di far valere le proprie ragioni sulla base di condizioni normative operanti nellordinamento vigente in un determinato periodo storico. 2.2. Quanto alla violazione dellart. 117, primo comma, Cost., le parti assumono che la norma si porrebbe in conflitto con i principi che sorreggono la Convenzione europea su diritti delluomo (CEDU), aventi diretta rilevanza nellordinamento interno, nonch con larticolo 6 del Trattato di Maastricht, modificato dal Trattato di Amsterdam. Tale contrasto sarebbe evidente, alla luce del costante orientamento della Corte Europea dei diritti delluomo in materia di espropriazione cosiddetta indiretta. In particolare, si ricordano alcune decisioni di quella Corte nelle quali stato affermato che lespropriazione indiretta tende a stabilizzare una situazione di fatto derivante dalle illegalit commesse dallamministrazione e che, sia in virt di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come lart. 43 del testo unico, lespropriazione indiretta non dovrebbe costituire un mezzo alternativo allespropriazione operata in forma corretta. I ricorrenti ricordano altres, come lanomalia italiana abbia formato oggetto anche di una risoluzione interinale, in data 14 febbraio 2007, da parte del Comitato dei ministri del Consiglio dEuropa, con cui le Autorit nazionali sono state incoraggiate ... a proseguire i loro CONTENZIOSO NAZIONALE 93 sforzi e ad adottare rapidamente tutte le misure necessarie addizionali al fine di rimediare in maniera definitiva alla pratica della espropriazione indiretta. In tale contesto europeo, poi, le Autorit governative italiane avrebbero expressis verbis ammesso che la norma dettata dallart. 43 t.u. in materia di espropriazione per pubblica utilit ex se non coerente con i principi della Convenzione, tantՏ che ne viene suggerita unapplicazione ed interpretazione correttiva. 2.3. Infine, le parti private, citando giurisprudenza di questa Corte, aderiscono alla censura formulata con riguardo allart. 76, Cost., in quanto lipotesi dellacquisizione, introdotta dallart. 43 d.P.R. n. 327 del 2001, sarebbe priva di addentellati con la vigente normativa, nel mentre il legislatore delegato non era stato autorizzato ad integrare o correggere le previsioni vigenti, ma semplicemente a riordinarle, attraverso un intervento di mero coordinamento. 3. Nel giudizio relativo alle ordinanze r.o. n. 114 e n. 115 del 2009, si costituito il Comune di Casapesenna, criticando le argomentazioni sottese ai provvedimenti del giudice a quo. In primo luogo, il Tribunale campano, affermando che listituto in questione nelle intenzioni del legislatore doveva conservare una natura eccezionale, nel mentre avrebbe assunto la natura di strumento ordinario, confonderebbe lipotetica applicazione scorretta della norma in questione, con la sua illegittimit costituzionale. Inoltre, non sarebbe neppure corretto affermare che lart. 43 consentirebbe lillecito aquiliano, in quanto, al contrario, la norma in questione avrebbe proprio escluso in radice che leventuale illecito aquiliano possa in s determinare, come accadeva in passato, lacquisto della propriet da parte della pubblica amministrazione. Il giudice a quo non coglierebbe nel segno neppure con riguardo alla pretesa elusione degli obblighi procedimentali, in quanto il provvedimento di acquisizione deve dare conto specificamente degli interessi in conflitto, compiendo unesaustiva comparazione dei medesimi, attraverso una congrua motivazione della sussistenza attuale di un interesse pubblico specifico e concreto. In questo senso, dunque, lo stringente obbligo di motivazione consente, proprio al giudice amministrativo, di valutarne la logicit e ragionevolezza. 3.1. Quanto, poi, al contrasto con la giurisprudenza di Strasburgo, il Comune di Casapesenna ritiene che, diversamente da quanto opinato dai rimettenti, gli arresti della CEDU non hanno avuto ad oggetto lapplicazione dellart. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, ma la pratica dellaccessione invertita, della quale proprio lart. 43 costituirebbe la soluzione legislativa. 3.2. Infondata sarebbe pure la censura di violazione del giudicato amministrativo, in quanto la norma in esame non sarebbe in grado di mettere in discussione n lannullamento degli atti preordinati allesproprio, n il diritto al risarcimento del privato illegittimamente spossessato, limitandosi piuttosto a consentire alla pubblica amministrazione di optare per il risarcimento monetario, piuttosto che per quello in forma specifica. Anzi, il citato art. 43, piuttosto che ledere il precedente giudicato, ne garantirebbe una pi piena esecuzione, in quanto limiterebbe a singoli casi ed alla ricorrenza di specifici presupposti la facolt della pubblica amministrazione di optare per il risarcimento monetario, in luogo di quello in forma specifica. 3.3. Da ultimo, con riferimento alla violazione dellart. 76 Cost., si rileva che il t.u. sulle espropriazioni, in quanto volto al riordino normativo ed alla semplificazione delle norme procedurali ed organizzative, avrebbe natura innovativa e non meramente compilativa, potendo apportare, in sede di coordinamento delle disposizioni vigenti, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa. 4. In tutti i giudizi promossi intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, che, nei distinti atti, di contenuto so- 94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 stanzialmente identico, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile ed infondata. 4.1. La difesa dello Stato eccepisce, in primo luogo, linammissibilit della questione per difetto di rilevanza, ricordando che questa Corte, nella sentenza n. 191 del 2006, ha espressamente escluso che la norma censurata abbia valore di norma processuale, sicch i rimettenti avrebbero dovuto chiedersi se essa fosse o meno applicabile alla fattispecie concreta. Il tema dellapplicabilit dellart. 43 del t.u. in materia di espropriazioni alle occupazioni sine titulo, perfezionatesi prima dellentrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001, rappresenterebbe, infatti, uno dei temi pi dibattuti sia in dottrina che in giurisprudenza. Oltre allorientamento richiamato dallordinanza di rimessione, infatti, sarebbe dato riscontrare, in senso contrario, in primo luogo quello della Corte di cassazione che, con le sentenze 22 settembre 2008, n. 23943 e 19 dicembre 2007, n. 26732, ne ha escluso lapplicabilit in considerazione del fatto che lart. 57 del d.P.R. n. 327 del 2001, nel disciplinare lapplicabilit della nuova disciplina (e non soltanto delle norme di natura sostanziale), ha introdotto un criterio fondato esclusivamente sul dato temporale del primo atto del procedimento espropriativo, a prescindere dalle sue successive vicende e dai successivi provvedimenti che lespropriante potesse emanare. Inoltre, lo stesso Consiglio di Stato, con la sentenza 26 settembre 2008 n. 4660, avrebbe negato lapplicazione del citato art. 43 ad una fattispecie perfezionatasi, come quella in esame oggi, anteriormente allentrata in vigore del t.u. 4.2. La questione sarebbe, ancora, inammissibile perch i rimettenti non avrebbero sperimentato uninterpretazione costituzionale della norme censurata. Ci in quanto il Tribunale muoverebbe da unapplicazione della disposizione da parte delle amministrazioni e da parte del diritto vivente, che a suo giudizio avrebbe condotto a risultati abnormi, quali quello relativo alloperativit dellart. 43 in sede di ottemperanza, suscettibile di caducare laccertamento del diritto alla restituzione del fondo e di travolgere la forza del giudicato. Ad avviso dellAvvocatura dello Stato, tuttavia, nulla avrebbe impedito ai giudici rimettenti di valutare alla stregua di uninterpretazione costituzionalmente orientata lillegittimit dellatto acquisitivo, nel corso del giudizio di ottemperanza, per le medesime ragioni che sono state poste a sostegno della questione di costituzionalit. 4.3. Nel merito, la difesa dello Stato precisa in primo luogo che lo strumento della cosiddetta acquisizione sanante, lungi dallessere uno strumento ordinario, si sostanzierebbe invece come una legale via duscita dalle situazioni di illegalit, verificatesi nel corso degli anni. Quanto, poi, al rapporto con il giudicato relativo alla restituzione del fondo, si sottolinea che la disposizione in esame non costituisce, di per s, uno strumento di elusione del giudicato, ma sarebbe semmai luso non funzionale della norma da parte dellAmministrazione, che potrebbe determinare tale conseguenza. Sarebbe, quindi, compito del giudice amministrativo verificare con rigore quella comparazione di interessi sottesa al provvedimento, secondo i criteri della ragionevolezza e proporzionalit. Il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia, poi, come nel caso di specie il giudice ben avrebbe potuto dichiarare, ai sensi dellart. 21 septies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), la nullit del provvedimento di acquisizione adottato dallamministrazione comunale, per violazione del giudicato. 4.4. In ordine alla questione relativa alla violazione dellart. 117, primo comma, Cost., per violazione della CEDU, lAvvocatura dello Stato, nonostante i dubbi di legittimit costituzionale paventati da alcune decisioni della Corte di cassazione (sentenza n. 26732 del 2007, cit.), premette che la questione della compatibilit dellart. 43 non sarebbe mai stata affrontata CONTENZIOSO NAZIONALE 95 dalla Corte di Strasburgo. Ci posto, il giudice rimettente avrebbe potuto, comunque praticare uninterpretazione conforme ai canoni CEDU, prima ancora di sollevare la questione di legittimit costituzionale. Del resto la giurisprudenza amministrativa si sarebbe pi volte espressa nel senso della piena compatibilit dellart. 43 con le disposizioni CEDU, come interpretate dalla Corte europea dei diritti delluomo. 4.5. Infine, con riferimento al denunciato vizio di eccesso di delega, il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda, ancora, la giurisprudenza del giudice amministrativo che avrebbe negato la sussistenza di tale vizio. 4.6. Da ultimo lAvvocatura dello Stato sottolinea come leventuale caducazione della norma impugnata avrebbe come inevitabile conseguenza il ritorno in auge degli istituti di creazione pretoria delloccupazione acquisitiva ed usurpativa, che esporrebbero lo Stato ad ulteriori e numerosissime condanne da parte della Corte di Strasburgo. Considerato in diritto 1. Le questioni sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con tre distinte ordinanze di contenuto in larga misura coincidente (r.o. n. 114, n. 115 e n. 116 del 2009), riguardano larticolo 43 del decreto del Presidente della Repubbica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilit), con il quale viene disciplinata la Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico. 1.1. I giudizi hanno ad oggetto la stessa norma, censurata con riferimento agli stessi parametri, sotto gli stessi profili e in gran parte con le stesse argomentazioni; ponendo, pertanto, unidentica questione, vanno riuniti e decisi con ununica pronuncia. 2. La norma censurata ha ad oggetto la disciplina dellutilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico e consente allautorit che abbia utilizzato a detti fini un bene immobile in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilit, di disporne lacquisizione al suo patrimonio indisponibile, con lobbligo di risarcire i danni al proprietario. La disposizione regola, inoltre, tempo e contenuto dellatto di acquisizione, limpugnazione del medesimo, la facolt della pubblica amministrazione di chiedere che il giudice amministrativo disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo, fissando i criteri per la quantificazione del risarcimento del danno. Secondo il Tribunale rimettente, in punto di rilevanza, lapplicazione della disciplina di cui al citato art. 43 determinerebbe limprocedibilit dei ricorsi in ottemperanza, in considerazione dellatto formale di acquisizione sanante; nello stesso tempo, i ricorsi avverso la delibera di acquisizione dovrebbero essere rigettati, perch il provvedimento oggetto di impugnazione dovrebbe ritenersi conforme al modello astratto disegnato dallintera disposizione, nonostante, in questo caso, fosse gi intervenuta una pronuncia di restituzione (in particolare nei giudizi iscritti al r.o. n. 114 e n. 115 del 2009, a seguito dellannullamento gli atti inerenti alla procedura ex art. 43). La norma si porrebbe in contrasto anzitutto con gli articoli 3, 24, 42, 97 e 113 della Costituzione, in quanto essa consentirebbe, secondo linterpretazione assunta come diritto vivente, la sanatoria di espropriazioni illegittime, a causa della mancanza della dichiarazione di pubblica utilit, dellannullamento degli atti ovvero per altra causa. In tal modo, sarebbe prefigurato lesercizio di un potere autoritativo di acquisizione dellarea che impedirebbe la restituzione del bene, rimuovendo lillecito aquiliano anche a dispetto di un giudicato ammi- 96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 nistrativo, consentendo alla pubblica amministrazione, anche deliberatamente, di eludere gli obblighi procedimentali della instaurazione del contraddittorio, delle tre fasi progettuali e della verifica delle norme di conformit urbanistica con grave lesione del principio generale dellintangibilit del giudicato amministrativo, sostanzialmente vanificato da un atto amministrativo di acquisizione per utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico. 3. Ad avviso del TAR, la norma impugnata si porrebbe, inoltre, in contrasto con lart. 117, primo comma, Cost., in quanto non sarebbe conforme ai principi della Convenzione europea dei diritti delluomo, come interpretati dalla Corte di Strasburgo, che ha ritenuto in contrasto con lart. 1, prot. 1, la prassi della cosiddetta espropriazione indiretta; violando peraltro anche lart. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), in base al quale lUnione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, [...] in quanto principi generali del diritto comunitario. 4. I rimettenti, infine, ritengono che il citato art. 43 impugnato recherebbe vulnus allart. 76, Cost., in quanto sarebbe stato emanato in violazione dei criteri della legge-delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi Legge di semplificazione 1998). 5. LAvvocatura dello Stato ha eccepito linammissibilit delle questioni, per difetto di rilevanza nel giudizio a quo, in quanto questa Corte, la Corte di cassazione ed il Consiglio di Stato avrebbero escluso lapplicabilit del citato art. 43 alle occupazioni appropriative verificatesi prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001. 5.1. Leccezione non fondata. La questione dellapplicabilit della norma in esame non stata risolta in modo univoco dalla giurisprudenza. La Corte di cassazione esclude, infatti, lammissibilit delladozione di un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 43 con riguardo alle occupazioni appropriative verificatesi prima dellentrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001 (sentenze 22 settembre 2008, n. 23943, 28 luglio 2008 n. 20543, 19 dicembre 2007, n. 26732). Diversamente, nella giurisprudenza del Consiglio di Stato ormai prevalente il principio secondo cui la procedura di acquisizione in sanatoria di unarea occupata sine titulo, descritta dal citato articolo 43, trova una generale applicazione anche con riguardo alle occupazioni attuate prima dellentrata in vigore della norma (Cons. Stato, Sez. IV, 26 marzo 2010, n. 1762, Sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3509, inoltre: Ad. Plen. 29 aprile 2005, n. 2; Sez. IV, 16 novembre 2007, n. 5830, esaminata senza rilievi sulla giurisdizione da Cass., SS.UU., 16 aprile 2009, n. 9001). In presenza di tale contrasto, le ordinanze di rimessione hanno motivato in maniera non implausibile in ordine allapplicabilit della norma, richiamando la giurisprudenza assolutamente prevalente ed il diritto vivente del Consiglio di Stato. 6. Nel merito, vanno esaminate in via preliminare le censure riferite allart. 76, della Costituzione. Spetta, infatti, a questa Corte valutare il complesso delle eccezioni e delle questioni costituenti il thema decidendum devoluto al suo esame e stabilire, anche per economia di giudizio, lordine con cui affrontarle nella sentenza e dichiarare assorbite le altre (da ultimo, sentenze n. 181 del 2010 e n. 262 del 2009), quando si in presenza di questioni tra loro autonome per linsussistenza di un nesso di pregiudizialit (sentenza n. 262 del 2009). Nella specie, palese la pregiudizialit logico-giuridica delle censure riferite allart. 76 Cost., giacch esse investono il corretto esercizio della funzione legislativa e, quindi, la loro eventuale fondatezza eliderebbe in radice ogni questione in ordine al contenuto precettivo della CONTENZIOSO NAZIONALE 97 norma in esame. 6.1. I rimettenti denunciano la violazione dellart. 76 Cost., deducendo che lart. 43 non troverebbe riferimento o principi e criteri direttivi in norme preesistenti, in quanto la leggedelega n. 50 del 1999 prevedeva il mero coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, e consentiva, nei limiti di tale coordinamento, le sole modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio. 7. La questione fondata. 8. La norma impugnata disciplina listituto cosiddetto della acquisizione sanante. In particolare essa dispone, fra laltro, al comma 1, che, valutati gli interessi in conflitto, lautorit che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilit, pu disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni. Viene, poi, precisato, al comma 2, che latto di acquisizione ...a) pu essere emanato anche quando sia stato annullato latto da cui sia sorto il vincolo preordinato allesproprio, latto che abbia dichiarato la pubblica utilit di unopera o il decreto di esproprio;. Si tratta, dunque, della possibilit di acquisire alla mano pubblica un bene privato, in precedenza occupato e modificato per la realizzazione di unopera di interesse pubblico, anche nel caso in cui lefficacia della dichiarazione di pubblica utilit sia venuta meno, con effetto retroattivo, in conseguenza del suo annullamento o per altra causa, o anche in difetto assoluto di siffatta dichiarazione (assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilit). 8.1. La norma censurata contenuta nel testo unico, in materia di espropriazioni, redatto in attuazione della legge n. 50 del 1999, a sua volta collegata alla legge 15 marzo 1997 n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), che aveva previsto un generale strumento permanente di semplificazione e di delegificazione. In particolare, la delega riguardava il riordino delle norme elencate nellallegato I alla legge n. 59 del 1997 (nel testo risultante a seguito dellart. 1, legge 24 novembre 2000, n. 340 Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi Legge di semplificazione 1999), che contemplava, quale oggetto, il procedimento di espropriazione per causa di pubblica utilit e altre procedure connesse: legge 25 giugno 1865, n. 2359; legge 22 ottobre 1971, n. 865. 8.2. Il chiaro tenore delle norme richiamate rende palese che la delega oggetto delle medesime concerneva esplicitamente il tessuto normativo costituito dalle leggi n. 2359 del 1865 e n. 865 del 1971. Il sistema dellespropriazione per pubblica utilit risultante da dette leggi era articolato, in sintesi, in un procedimento che presupponeva il provvedimento dichiarativo della pubblica utilit dellopera e la fissazione di termini, con la connessa disciplina dei casi di indifferibilit ed urgenza. In seguito, la legge n. 865 del 1971 aveva previsto la concentrazione del procedimento in ununica fase, ricollegando la dichiarazione di pubblica utilit, unitamente alla dichiarazione di indifferibilit ed urgenza delle opere pubbliche, allapprovazione dei progetti delle opere da parte degli organi competenti. Successivamente, ed in presenza di una nutrita serie di patologie dei procedimenti amministrativi di espropriazione, consistenti nellaccertamento delloccupazione sine titulo da parte della pubblica amministrazione, la giurisprudenza di legittimit aveva elaborato gli istituti 98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 delloccupazione appropriativa ed usurpativa. In sintesi, la prima era caratterizzata da una anomalia del procedimento espropriativo, a causa della sua mancata conclusione con un formale atto ablativo, mentre la seconda era collegata alla trasformazione del fondo di propriet privata, in assenza di dichiarazione di pubblica utilit. Nel primo caso (il cui leading case si rinviene nella sentenza delle Sezioni Unite 26 febbraio 1983, n. 1464), lacquisto della propriet conseguiva ad uninversione della fattispecie civilistica dellaccessione di cui agli artt. 935 ss. cod. civ., in considerazione della trasformazione irreversibile del fondo. Secondo questa ricostruzione, la destinazione irreversibile del suolo privato illegittimamente occupato comportava lacquisto a titolo originario, da parte dellente pubblico, della propriet del suolo e la contestuale estinzione del diritto di propriet del privato. La successiva sentenza delle Sezioni Unite 10 giugno 1988, n. 3940, precis poi la figura della occupazione acquisitiva, limitandola al caso in cui si riscontrasse una valida dichiarazione di pubblica utilit che permetteva di far prevalere linteresse pubblico su quello privato. Loccupazione usurpativa, invece, non accompagnata da dichiarazione di pubblica utilit, ab initio o per effetto dellintervenuto annullamento del relativo atto o per scadenza dei relativi termini, in quanto tale non determinava dunque leffetto acquisitivo a favore della pubblica amministrazione. 8.3. E questo, in sostanza, il contesto normativo in cui stato inserito il citato art. 43, comprensivo anche dei ricordati istituti di origine giurisprudenziale, i quali hanno nel tempo disciplinato la materia. Nella redazione del testo unico il legislatore delegato era tenuto ad osservare i seguenti principi e criteri direttivi, contenuti nellart. 7, comma 2, della citata legge n. 50: la puntuale individuazione del testo vigente delle norme (lettera b dellart. 7 cit.); lindicazione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni (lettera c); il coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo (lettera d). La legge-delega imponeva, poi, lindicazione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restavano comunque in vigore (lettera e) e lesplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni, non richiamate, che regolavano la materia oggetto di delegificazione, con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato al testo unico (lettera f). 8.4. Occorre verificare, pertanto, se il legislatore delegato abbia osservato i suindicati principi e criteri direttivi. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il sindacato di costituzionalit sulla delega legislativa si esplica attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli. Il primo riguarda le norme che determinano loggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalit poste a fondamento della legge di delegazione. Il secondo riguarda le norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega (ex plurimis, sentenze n. 230 del 2010, n. 98 del 2008, n. 54 del 2007, n. 280 del 2004, n. 199 del 2003). Pertanto, da un lato, deve farsi riferimento alla ratio della delega; dallaltro, occorre tenere conto della possibilit, insita nello strumento della delega, di introdurre norme che siano un coerente sviluppo dei principi fissati dal legislatore delegato; dallaltro ancora, sebbene rientri nella discrezionalit del legislatore delegato emanare norme che rappresentino un coerente CONTENZIOSO NAZIONALE 99 sviluppo e, se del caso, anche un completamento delle scelte espresse dal legislatore (sentenza n. 199 del 2003; ordinanza n. 213 del 2005), nondimeno necessario che detta discrezionalit sia esercitata nellambito dei limiti stabiliti dai principi e criteri direttivi. Inoltre, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, qualora la delega abbia ad oggetto, come nella specie, la revisione, il riordino ed il riassetto di norme preesistenti, queste finalit giustificano un adeguamento della disciplina al nuovo quadro normativo complessivo, conseguito dal sovrapporsi, nel tempo, di disposizioni emanate in vista di situazioni ed assetti diversi. Lintroduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente , tuttavia, ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalit del legislatore delegato (sentenza n. 170 del 2007 e n. 239 del 2003). 8.5. Alla luce di questi principi, risulta chiara la fondatezza delle censure svolte dai giudici rimettenti. La legge-delega aveva conferito, sul punto, al legislatore delegato il potere di provvedere soltanto ad un coordinamento formale relativo a disposizioni vigenti. Listituto previsto e disciplinato dalla norma impugnata, viceversa, connotato da numerosi aspetti di novit, rispetto sia alla disciplina espropriativa oggetto delle disposizioni espressamente contemplate dalla legge-delega, sia agli istituti di matrice prevalentemente giurisprudenziale. In primo luogo, non dato ravvisare nelle leggi indicate nel citato allegato I, alla legge n. 59 del 1997, alcuna norma che potesse giustificare un intervento della pubblica amministrazione, in via di sanatoria, sulle procedure ablatorie previste. Inoltre, neppure pu farsi riferimento al contesto degli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, in quanto pi profili della cosiddetta acquisizione sanante, cos come disciplinata dalla norma censurata, eccedono con tutta evidenza dagli istituti della occupazione appropriativa e della occupazione usurpativa, cos come delineati da quegli orientamenti. Il citato art. 43, infatti, ha anzitutto assimilato le due figure, introducendo la possibilit per lamministrazione e per chi utilizza il bene di chiedere al giudice amministrativo, in ogni caso e senza limiti di tempo, la condanna al risarcimento in luogo della restituzione. Peraltro, esso estende tale disciplina anche alle servit, rispetto alle quali la giurisprudenza aveva escluso lapplicabilit della cosiddetta occupazione appropriativa, trattandosi di fattispecie non applicabile allacquisto di un diritto reale in re aliena, in quanto difetta la non emendabile trasformazione del suolo in una componente essenziale dellopera pubblica. Infine, la norma censurata differisce il prodursi delleffetto traslativo al momento dellatto di acquisizione. Si tratta di elementi di sicuro rilievo e qualificanti, i quali dimostrano che la norma in esame non solo marcatamente innovativa rispetto al contesto normativo positivo di cui era consentito un mero riordino, ma neppure coerente con quegli orientamenti di giurisprudenza che, in via interpretativa, erano riusciti a porre un certo rimedio ad alcune gravi patologie emerse nel corso dei procedimenti espropriativi. Siffatto carattere della norma impugnata trova conferma significativa nella circostanza che, secondo la giurisprudenza di legittimit, in materia di occupazione di urgenza, la sopravvenienza di un provvedimento amministrativo non poteva avere unefficacia sanante retroattiva, determinata da scelte discrezionali dellente pubblico o dai suoi poteri autoritativi. Nel regime risultante dalla norma impugnata, invece, si prevede un generalizzato potere di sanatoria, attribuito alla stessa amministrazione che ha commesso l'illecito, a dispetto di un giudicato che dispone il ristoro in forma specifica del diritto di propriet violato. 100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Il legislatore delegato, in definitiva, non poteva innovare del tutto ed al di fuori di ogni vincolo alla propria discrezionalit esplicitamente individuato dalla legge-delega. Questa Corte ha in proposito affermato, infatti, che, per quanta ampiezza possa riconoscersi al potere di riempimento del legislatore delegato, il libero apprezzamento del medesimo non pu mai assurgere a principio od a criterio direttivo, in quanto agli antipodi di una legislazione vincolata, quale , per definizione, la legislazione su delega (sentenze n. 340 del 2007 e n. 68 del 1991). In contrario, non giova dedurre, come sostenuto dallAvvocatura dello Stato, che il legislatore delegato abbia inteso tenere conto delle censure mosse dalla giurisprudenza di Strasburgo alla pratica delle espropriazioni indirette. Indipendentemente sia da ogni considerazione relativa al fatto che ci non era contemplato nei principi e criteri direttivi di cui al pi volte citato art. 7 della legge n. 50 del 1999, sia dal legittimo dubbio quanto alla idoneit della scelta realizzata con la norma di garantire il rispetto dei principi della CEDU, che in questa sede non possibile sciogliere, quella prefigurata costituisce soltanto una delle molteplici soluzioni possibili. Il legislatore avrebbe potuto conseguire tale obiettivo e disciplinare in modi diversi la materia, ed anche espungere del tutto la possibilit di acquisto connesso esclusivamente a fatti occupatori, garantendo la restituzione del bene al privato, in analogia con altri ordinamenti europei. E neppure mancato qualche rilievo in questo senso della Corte di Strasburgo, la quale, infatti, sia pure incidentalmente, ha precisato che lespropriazione indiretta si pone in violazione del principio di legalit, perch non in grado di assicurare un sufficiente grado di certezza e permette allamministrazione di utilizzare a proprio vantaggio una situazione di fatto derivante da azioni illegali, e ci sia allorch essa costituisca conseguenza di uninterpretazione giurisprudenziale, sia allorch derivi da una legge con espresso riferimento allarticolo 43 del t.u. qui censurato , in quanto tale forma di espropriazione non pu comunque costituire unalternativa ad unespropriazione adottata secondo buona e debita forma (Causa Sciarrotta ed altri c. Italia Terza Sezione sentenza 12 gennaio 2006 ricorso n. 14793/02). Anche considerando la giurisprudenza di Strasburgo, pertanto, non affatto sicuro che la mera trasposizione in legge di un istituto, in astratto suscettibile di perpetuare le stesse negative conseguenze dellespropriazione indiretta, sia sufficiente di per s a risolvere il grave vulnus al principio di legalit. Alla stregua dei rilievi svolti, va dichiarata lillegittimit costituzionale dellintero art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, poich la disciplina inerente allacquisizione del diritto di servit, di cui al comma 6 bis, appare strettamente ed inscindibilmente connessa con gli altri commi, sia per espresso rinvio alle norme fatte oggetto di censura, sia perch ne presuppone lapplicazione e ne disciplina ulteriori sviluppi applicativi (cfr. sentenza n. 18 del 2009). 9. La pronuncia di illegittimit costituzionale con riferimento allart. 76 Cost., determina lassorbimento delle questioni poste con riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97, 113 e 117, primo comma, Cost. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara lillegittimit costituzionale dellarticolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilit). Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 ottobre 2010. CONTENZIOSO NAZIONALE 101 Un duplice commento alla decisione 22 gennaio 2010 n. 1170 della Cassazione tributaria Litisconsorzio necessario in caso di contenzioso a carico di una societ di persone Procedimento tributario Accertamento in rettifica delle dichiarazioni dei redditi di societ di persone Ricorso proposto da un socio Ricorso fondato su eccezione personale Litisconsorzio necessario originario nel processo tributario Insussistenza Ragioni (D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 5; D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 40; D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 14, 29). 1.- In lite relativa ad accertamento IRPEF, consequenziale ad accertamento ILOR nei confronti di societ di persone, promossa dal socio, se il socio non contesta laccertamento societario ma si limiti ad eccepire la propria estraneit (perch prestanome di terzi) alla compagine sociale tale eccezione personale e non comporta lapplicazione del litisconsorzio necessario. 1.- La presente sentenza si segnala allattenzione, in primo luogo, per aver aderito allormai consolidato orientamento giurisprudenziale espresso, per la prima volta, dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 14815 del 4 giugno 2008, secondo cui: la unitariet dellaccertamento che (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle societ ed associazioni di cui allart. 5 TUIR e dei soci delle stesse (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della societ a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla societ, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la societ ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e la controversia non pu essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 14, comma 1), perch non ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bens la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto allobbligazione dedotta nellatto autoritativo impugnato, cio gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dellobbligazione (Cass. SS.UU. 1052/2007); trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, con la conseguenza che: - il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati, destinatario di un atto impositivo, apre la strada al giudizio necessariamente collettivo ed il giudice adito in primo grado deve ordinare lintegrazione del contraddittorio (a meno che non si possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 29); - il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti ne- 102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 cessari nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui allarticolo 101 c.p.c. e articolo 111 Cost., comma 2, e trattasi di nullit che pu e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche dufficio. (conformi Cassazione civile, sez. tributaria, 6 aprile 2009, n. 8253; Cassazione civile, sez. tributaria, 4 dicembre 2009, n. 25567). La sentenza oggetto della presente disamina concerne laccertamento di un maggior reddito sociale tassabile ai fini ILOR, da cui deriva necessariamente laccertamento, relativamente al periodo dimposta considerato, di un reddito di partecipazione tassabile ai fini IRPEF a carico dei soci di una societ di persone (art. 5 D.P.R. n. 917/1986 e art. 40 D.P.R. n. 600/1973). Il Collegio, nel caso di specie, pur richiamando il principio di diritto sopra esposto, ne ha escluso loperativit poich rispetto a tale contestazione, il socio ha sollevato la questione dellinterposizione di persona, al fine di negare la propria legittimazione passiva in ordine alla pretesa erariale. Pertanto, trattandosi di eccezione personale relativa alla persona del socio, contribuente, che non pone in discussione n lesistenza n la quantificazione del maggior reddito della societ personale, non operante nella specie il principio affermato nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 14815 del 4 giugno 2008 . Il principio di diritto esposto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sent. n. 14815 del 4 giugno 2008 ha costituito una coraggiosa e opportuna scelta di campo a favore della semplificazione del contenzioso tributario, in caso di accertamento di maggiori redditi a carico degli enti di cui allart. 5 del D.P.R. 917/1986. Prima di tale pronuncia, infatti, dottrina e giurisprudenza non avevano mai dubitato che, poich la societ e i singoli soci sono distinti debitori dimposta, portatori di distinti interessi, potessero sia collettivamente (ossia con un unico atto) che separatamente (ossia con una pluralit di atti) impugnare in sede contenziosa gli atti di accertamento ognuno per il profilo che lo riguardasse. Nessun problema si poneva nel caso in cui i soci e la societ proponevano un ricorso cumulativo. In tali casi, infatti, il giudice adito doveva semplicemente accertare il reddito della societ per lanno in contestazione e determinare, in conseguenza di quanto accertato nei confronti della societ, quale fosse, ai fini IRPEF, il reddito di partecipazione dei singoli soci. La difficolt nasceva qualora, come costante nella pratica del contenzioso tributario, i vari atti di accertamento fossero oggetto di distinti atti di impugnazione. Posto che i vari ricorsi, salvo il caso in cui il singolo socio prospetti questioni personali, quali ad esempio la propria qualit di socio o la propria quota di partecipazione alla societ, sono volti allaccertamento dei medesimi fatti, si era palesata la necessit di una regola generale che fosse in grado di disciplinare il concorso tra i vari rimedi giurisdizionali proposti. La precedente giurisprudenza di legittimit era solita ritenere che tra il contenzioso relativo allaccertamento a carico della societ e quello relativo ai singoli soci esistesse un vincolo di consequenzialit necessaria << in virt del quale, nel caso di CONTENZIOSO NAZIONALE 103 autonoma e distinta instaurazione delle relative vertenze dinanzi al giudice tributario, si rende inevitabile che la decisione intervenuta nel primo dei suddetti contenziosi si rifletta sulla pronuncia afferente al secondo, il che impone al giudice chiamato a statuire su questultimo di prendere atto della decisione intervenuta nella prima controversia, anche se, in ragione dei limiti soggettivi stabiliti dallarticolo 2909 cod. civ., il giudicato che si formi nei rapporti tra la societ e lerario in relazione allILOR non opponibile al socio, che non sia stato parte in detto contenzioso, per lIRPEF da lui dovuta sui redditi posseduti nel periodo, compreso il reddito di partecipazione alla societ >>. Secondo tale giurisprudenza, dunque, in tali casi non ricorreva una situazione di litisconsorzio necessario tra la societ e i soci n sarebbe stato altrimenti ravvisabile un rapporto di pregiudizialit che imponesse la necessaria sospensione del giudizio relativo ai soci, in attesa della definizione di quello avente ad oggetto laccertamento del reddito della societ; nei confronti dei soci, infatti, non era opponibile il giudicato relativo al reddito della societ, formatosi senza la partecipazione degli stessi al processo (Cass. 14417/2005; conf. 9446/2006). Allo stesso modo, la societ non poteva considerarsi parte necessaria del giudizio relativo allopposizione proposta dal socio contro laccertamento del proprio reddito di partecipazione, non ricorrendo, nemmeno in tale specifica ipotesi, una situazione di litisconsorzio necessario (Cass. sent. 25 giugno 2005 n. 13814). I giudici di merito, per non contraddire tale orientamento della giurisprudenza di legittimit, da un lato, non sospendevano i giudizi promossi dai singoli soci, in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, di quelli promossi dalla societ, dallaltro, per, risolvevano le cause introdotte dai soci facendo propria la sentenza emessa dai giudici di primo grado nei confronti delle societ, fingendo di aver valutato in modo autonomo i medesimi elementi gi vagliati dalla precedente pronuncia. Una simile prassi non solo implicava il moltiplicarsi del contenzioso ma non escludeva, che per tale via, si giungesse a giudicati tra loro contrastanti. E evidente che, tale essendo lo stato delle cose, spettava al legislatore intervenire, determinando una puntuale disciplina della materia. A fronte del silenzio normativo, le Sezioni Unite della Cassazione con il principio di diritto espresso attraverso la sent. n. 14815, che, lungi dal rimanere una pronuncia isolata, stata alla base di numerose altre sentenze della Corte di Cassazione, si sono sostituite al legislatore, rivoluzionando la precedente giurisprudenza in materia. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sent. 4 giugno 2008, n. 14815, Guida al diritto 2008, 34, pp. 69-71, con nota di M. FINOCCHIARO, Una coraggiosa scelta di campo in favore della semplificazione). ** *** ** 104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Procedimento di prevenzione nella legislazione antimafia e sua opponibilit al Fisco Giudizio civile e penale (rapporto) Cosa giudicata penale Autorit nel processo tributario Sentenza emessa a seguito di procedimento di prevenzione ex l. 575/65 Oggetto Confisca di quote di societ di persone ritenute nella disponibilit di soggetto terzo indiziato di mafia Valore di giudicato in ordine alla estraneit dellintestatario al rapporto societario Esclusione Ragioni. (L. 575/1965, art. 2 ter; Cod. Civ. art . 2909; Cod. Proc. Civ. art. 654; D.P.R. 600/73 art. 37). 2.- Non sono opponibili al Fisco i giudicati resi in procedimenti di prevenzione, che dispongono la confisca di un bene ai sensi della normativa antimafia, anche ove tali giudicati accertino la fittizia intestazione di un bene ad altro soggetto, di conseguenza per il Fisco, obbligati al pagamento dei tributi derivanti da quel bene sono gli intestatari formali, salvo il rimborso di quanto pagato, ex art. 37 DPR 600/73, una volta accertata in via definitiva anche dal Fisco la fittizia intestazione. 2.- Ci che pi interessa, per, il nucleo centrale della sentenza, sul quale si fonda la seconda massima sopra esposta e secondo cui: alla sentenza emessa a seguito del procedimento di prevenzione, disciplinato dalla legge n. 575 del 1965, avente ad oggetto la confisca di quote sociali ritenute nella disponibilit di una persona diversa dallintestatario, indiziata di appartenenza ad associazione di tipo mafioso, non pu essere riconosciuto valore di giudicato nel processo tributario promosso dal titolare formale delle quote sociali, al fine di dimostrare la propria estraneit rispetto al rapporto societario e, quindi, evitare limputazione dei redditi di partecipazione secondo quanto dispone lart. 5 del D.P.R. n. 917/86. Il presupposto per ladozione della misura di prevenzione antimafia, infatti, consiste nellesistenza di un rapporto con il bene che include situazioni giuridiche anche formalmente non riconducibili alla categoria dei diritti reali, risultando, invece, sufficiente la possibilit, da parte del terzo appartenente alla consorteria mafiosa, dellutilizzo di fatto di un bene intestato ad altri (Corte di Cassazione, sent. 22 gennaio 2010, n. 1166, CED Cassazione 2010, Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex 24). Ma vediamo come la Corte di Cassazione ha nello specifico argomentato per giustificare la non opponibilit, al Fisco, del giudicato formatosi nel procedimento di prevenzione. La struttura portante del ragionamento giudiziale poggia essenzialmente su due assunti. Il primo, che il Collegio ritiene di poter dedurre dalla preventiva disamina della giurisprudenza di legittimit, coincide con la tesi in base alla quale << in materia di prevenzione non applicabile il principio dellintangibilit della decisione, in quanto non pu verificarsi una situazione di cosa giudicata in senso proprio >>. Il secondo assunto, che si fonda sui limiti soggettivi ed oggettivi del giudicato di prevenzione, secondo quanto disposto dallarticolo 2909 del codice civile, si risolve nella seguente presa datto: << sotto il profilo soggettivo, il soggetto che si assume interponente non parte del presente giudizio. Quanto ai limiti oggettivi, la legislazione antimafia di cui alla L. n. 575 del 1965 prevede la confisca dei CONTENZIOSO NAZIONALE 105 beni che, bench appartenenti a terzi, si trovino comunque nella disponibilit del soggetto proposto, al fine di evitare che vengano eluse le misure patrimoniali che si intendono infliggere e lorganizzazione criminale o laffiliato possano godere di illeciti proventi. Lunico requisito richiesto dalla citata legge, ai fini dellapplicazione delle misure di prevenzione del sequestro e della confisca, che lassociato disponga, direttamente o indirettamente del bene, a nulla rilevando che ne sia o meno giuridicamente il proprietario. Vi , dunque, una dilatazione del concetto civilistico di appartenenza, che viene esteso sino ad includere nella figura anche situazioni giuridiche non formalmente riconducibili alla categoria dei diritti reali, risultando sufficiente che il soggetto possa di fatto utilizzare il bene, anche se apparentemente appartenente a terzi>>. Secondo la Corte, per, la controversia in esame riguarda una fattispecie diversa da quella appena esposta, riguarda, cio, laccertamento, relativamente al periodo dimposta considerato, di un reddito di partecipazione tassabile ai fini IRPEF a carico dei soci di una societ di persone. La questione dellinterposizione di persona, dunque, rispetto al presente thema decidendum, stata introdotta da contribuente al solo scopo di negare la propria legittimazione passiva rispetto al rapporto tributario in questione. Una simile eccezione, quindi, a vista della Corte, non risulta pertinente, non essendo in discussione un accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, la cui disciplina risulta invocabile dagli interposti solo qualora, diversamente da quanto avvenuto nel caso di specie, << provino di aver pagato imposte in relazione a redditi successivamente imputati ad altro contribuente e lamministrazione procede al rimborso solo dopo che laccertamento nei confronti dellinterponente sia divenuto definitivo ed in misura non superiore allimposta effettivamente percepita a seguito di tale accertamento >>. Da qui la conclusione che, stante loggettiva differenza dei rapporti giuridici controversi nelle rispettive sedi, soggetto passivo del rapporto tributario, oggetto di tale giudizio, il preteso interposto, il quale, difettando dei requisiti sopra menzionati, non pu invocare la disciplina prevista dallart. 37, commi 3 e 4 del D.P.R. n. 600/73. Quanto al primo assunto, giurisprudenza costante che il principio dellintangibilit del giudicato operi, in tema di misure di prevenzione, nei limiti della condizione rebus sic stantibus (L. FILIPPI, Il procedimento di prevenzione patrimoniale. Le misure antimafia tra sicurezza pubblica e garanzie individuali, Cedam, 2002, p. 589). A tal fine opportuno richiamare quanto disposto dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione nella sentenza del 7 febbraio 2000, Madonia, richiamata nella motivazione della presente sentenza dalla stessa Corte. Nella causa Madonia, la Suprema Corte ha affermato che i provvedimenti relativi alle misure di prevenzione danno luogo ad una preclusione processuale tale da impedire a qualsiasi giudice di prendere cognizione della questione gi decisa, in mancanza di deduzione di fatti nuovi 106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 modificativi della situazione definita allo stato degli atti. La Corte, attraverso tale sentenza, ha chiarito che la preclusione ha, in questo ambito, una efficacia pi ristretta di quella propria del giudicato perch include solo le questioni dedotte e non anche quelle deducibili, restando condizionata alla situazione di fatto che, solo se immutata, rende applicabile il principio del ne bis in idem. Secondo le Sezioni unite, dunque, i provvedimenti relativi alle misure di prevenzione hanno natura sostanziale di sentenza e acquistano unintangibilit relativa, divenendo suscettibile di costituire un ostacolo allistaurarsi di un analogo procedimento. Nel caso di specie, la Corte ha precisato che nessuna preclusione deriva da un precedente rigetto della richiesta di sequestro dei beni dellindiziato di appartenere ad una associazione mafiosa, in quanto nessuno sbarramento pu derivare dallesercizio di poteri cautelari del tribunale, essendo quello in esame un provvedimento non suscettibile di passare in cosa giudicata. Le Sezioni unite hanno trovato una conferma normativa di tale tesi nellart. 7, comma 2, della l. 27 dicembre 1956, n. 1423, il quale dispone che il provvedimento applicativo delle misure di prevenzione, su istanza dellinteressato e sentita lautorit di pubblica sicurezza che lo ha proposto, pu essere revocato o modificato dallorgano che lo ha emanato, quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato. Ci, secondo la Cassazione, costituisce conferma dei limiti preclusori del << giudicato di prevenzione>>, essendo relativa limmutabilit del provvedimento definito rebus sic stantibus che, accertando la pericolosit sociale di una persona, non ha il crisma della definitivit, poich gli elementi non presi in considerazione sfuggono alla preclusione. La Corte prosegue affermando che la misura di prevenzione, poich finalizzata al contenimento della pericolosit sociale e quindi alla prevenzione dei reati, vista anche la sua affinit con le misure cautelari, ha carattere strumentale e, dunque, ha insita la provvisoriet. La conclusione alla quale le Sezioni unite giungono in materia di prevenzione ҏ linapplicabilit del principio dellintangibilit della decisione, in quanto non pu verificarsi una situazione di << cosa giudicata>> in senso proprio(Cass. Sez. un., 7 febbraio 2001, Madonia, in Cass. pen., 2001, p. 2050; conformi Cass. Sez. un., 3 luglio 1996, Simonelli ed altri, in Cass. pen., 1996, p. 3609; Cass., sez. I, 31 marzo 1995, Seccia, in Cass. pen., 1996, p. 921; Cass., sez. I, 3 dicembre 1993, Labate ed altri, Cass. pen., 1995, p. 163; Cass., sez. V, 3 febbraio 1998, Damiani, Cass. pen. 1999, p. 1599; Cass., sez II, 21 marzo 1997, Nobile ed altri, Cass. pen. 1997, p. 3170; Cass., sez. I, 29 luglio 1993, Alula, Cass. pen., 1995, p. 164). Le teorie della giurisprudenza e della dottrina, fino ad oggi dominanti, per, sono destinate a cadere di fronte alle modifiche apportate alla L. 575/65 con la L. 25 luglio 2009 n. 94, prima, e con la L 31 marzo 2010 n. 50, poi. La legge 15 luglio 2009 n. 94, infatti, al comma 6 bis dellart. 2, L. 575/65, ha disposto che: le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono es- CONTENZIOSO NAZIONALE 107 sere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosit sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione. Ora, se le misure di prevenzione patrimoniale possono essere applicate a prescindere dalla pericolosit sociale del soggetto, chiaro che la tesi della Corte di Cassazione, secondo cui la sentenza resa al termine di un procedimento di prevenzione ha insito il carattere della provvisoriet poich accerta la pericolosit sociale del soggetto, non pu pi essere condivisa. Dal tenore letterale della norma, difatti, si evince che, al termine di un procedimento di prevenzione, il giudice pu emettere una sentenza, che disponga la confisca di beni, indipendentemente dalla pericolosit sociale o meno del soggetto proposto. In attesa che la Suprema Corte si pronunci al riguardo e a prescindere dalla copiosa giurisprudenza prima riportata, la sentenza resa al termine del procedimento di prevenzione non potrebbe, comunque, essere opponibile al Fisco, come gi disposto dal giudice di seconde cure, poich il giudicato penale opponibile al Fisco solo ove questultimo si sia, ai sensi dellart. 654 c.p.p., costituito parte civile nel processo penale, costituzione, per, non ricorrente nel caso di specie. Ma come pu il Fisco divenire parte del procedimento di prevenzione? Ai sensi dellart. 2 ter, comma 5, della legge 575 del 1965 se risulta che i beni sequestrati appartengano a terzi, questi sono chiamati dal tribunale, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento e possono, anche con lassistenza di un difensore, nel termine stabilito dal tribunale, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere lacquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca. Sulla scorta di tale disposizione, si potrebbe dedurre che il terzo, formale intestatario dei beni, possa, nello svolgere le proprie difese, chiamare in causa il Fisco. Si deve per considerare che, secondo linterpretazione dominante, non solo la presenza dei terzi, formali proprietari dei beni, nel procedimento di prevenzione meramente eventuale, per cui la loro mancata citazione non comporta la nullit del procedimento ma una mera irregolarit che, in quanto tale, non inficia n il medesimo procedimento n lapplicazione della misura di prevenzione patrimoniale, ma soprattutto, si deve considerare che, anche qualora il terzo fosse chiamato ad intervenire in causa e una volta intervenuto decidesse di chiedere lintervento del Fisco, listanza da lui proposta potrebbe essere respinta. A ci si deve aggiungere che la L. 31 marzo 2010 n. 50, modificando lart. 2 sexies, ha introdotto, attraverso il comma 15, la seguente statuizione: Nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o societ sequestrati, i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dellarticolo 1253 del codice civile. Ora, lecito chiedersi come i giudici, tanto di merito quanto di legittimit, interpreteranno tale norma. Invero, se i crediti erariali si estinguono, ex art. 2 sexies, comma 15, potrebbe addirittura non porsi il problema dellopponibilit della sentenza al Fisco al quale pi nulla 108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 dovuto ma, poich lestinzione dei crediti erariali deriva dalla confisca dei beni, aziende o societ confiscati, e, quindi, scaturisce dalla sentenza emessa a seguito del procedimento di prevenzione, i giudici potrebbero, ancora una volta, decidere per la non opponibilit al Fisco della sentenza e, di conseguenza, dellestinzione dei crediti, nel caso in cui il Fisco non avesse preso parte al procedimento di prevenzione. Allo stato degli atti, dunque, non esiste una puntuale disciplina che assicuri una piena tutela del terzo, che gli consenta, nello specifico, di far intervenire il Fisco nel procedimento di prevenzione, cos da rendergli opponibile la decisione resa al termine del procedimento di prevenzione. A nostro avviso se il decreto di prevenzione destinato a estinguere per confusione i crediti dellErario, le svariate amministrazioni titolari di tali crediti devono essere chiamate in giudizio, pena la violazione dei principi costituzionali di cui allart. 111 della Carta. Il momento della chiamata in causa va individuato nella fase di merito successiva al sequestro di prevenzione, su rapporto dellamministratore nominato in quella cautelare sede. Passando alla disamina del secondo assunto, sul quale la Suprema Corte ha fondato la motivazione della sentenza oggetto di studio, lart. 2 ter, comma 2 della l. 575 del 1965 richiede, ai fini delladozione del sequestro e della successiva confisca, che risulti che il proposto sia nella disponibilit diretta o indiretta del bene, esigendo, quindi, la prova, e non semplici indizi, di tale disponibilit. Siffatto presupposto non richiede che la persona nei cui confronti stato iniziato un procedimento di prevenzione risulti titolare del diritto sul bene; la legge, infatti, richiede un requisito assai meno pregnante, quello cio della disponibilit diretta o indiretta sulla res, ossia un potere di fatto, sintomatico delleffettiva appartenenza uti dominus sulla cosa. In dottrina si precisato che il concetto di disponibilit non deve necessariamente concretarsi in tipici istituti giuridici, essendo sufficiente che il proposto utilizzi, di fatto, i beni, anche se formalmente appartenenti ad altri, come se ne fosse il proprietario (L. FILIPPI Il procedimento di prevenzione patrimoniale. Le misure antimafia tra sicurezza pubblica e garanzie individuali, cit., p. 213 214; A. GIORDA e G. SPANGHER, Codice di procedura penale commentato, Ipsoa 2007, p. 7610). Questo rapporto di disponibilit, invero, si impernia su di una situazione di mero fatto, in virt della quale si abbia unutilizzazione autonoma del bene purch, ai fini dellapplicazione della presente disciplina, non occasionale o temporanea (C. TAORMINA, Il procedimento di prevenzione nella legislazione antimafia, Giuffr 1988, p. 253). In tale contesto, dunque, il concetto di disponibilit si avvicina alla nozione civilistica di possesso, che si realizza anche attraverso la detenzione dei beni di propriet altrui. Infatti, lart. 2 ter, comma 5, l. 575/1965 prevede che la confisca sia possibile anche nel caso in cui risulti che i beni sequestrati appartengano a terzi. Appartenenza, dunque, non sinonimo di disponibilit, ma sta ad indicare CONTENZIOSO NAZIONALE 109 la mera titolarit formale del diritto di propriet o di altri diritti reali o relativi sulla cosa, che solo apparentemente implicano la disponibilit del bene. Pertanto, la formale intestazione dei beni a terzi non preclude la possibilit del sequestro e della successiva confisca di prevenzione poich il concetto di disponibilit di cui allart. 2 ter, comma 2, l. 575/1965, previsto anche nella forma indiretta che, in concreto, consiste nella fittizia intestazione del bene a terzi. Ai fini del sequestro e della confisca dunque sufficiente provare che il soggetto proposto possa in qualsiasi maniera determinare la destinazione o limpiego del bene (L. FILIPPI Il procedimento di prevenzione patrimoniale. Le misure antimafia tra sicurezza pubblica e garanzie individuali, cit., p. 214 218). Il Collegio, una volta trattato il tema della disponibilit del bene, ha concluso sostenendo che la questione della disponibilit diretta e indiretta del bene e quella relativa dellinterposizione di persona esulano dal thema decidendum della presente causa poich sono state introdotte dal ricorrente al solo fine di escludere la legittimazione passiva rispetto al rapporto tributario in questione. La Corte, come gi sopra menzionato, ha dunque negato che una simile eccezione possa risultare pertinente, non essendo in discussione un accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37. Ora, se vero che il terzo interposto non possa invocare la norma ora citata nella parte in cui dispone che le persone interposte, che provino di aver pagato imposte in relazione a redditi successivamente imputati, a norma del comma terzo, ad altro contribuente, possono chiederne il rimborso, in quanto il terzo non afferma, n prova di aver pagato imposte su redditi imputati ad altro contribuente, non sufficientemente motivata la non applicazione, nel caso di specie, del comma 3 dellart. 37 D.P.R. 600/73, il quale ordina che in sede di rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne l'effettivo possessore per interposta persona. Orbene, volendo escludere lefficacia di giudicato alla sentenza emessa in seguito al procedimento di prevenzione e la sua opponibilit al Fisco, possibile che una sentenza, che provi che un determinato bene sia nelleffettiva disponibilit del soggetto proposto, non possa nemmeno configurare gli estremi di quelle presunzioni gravi, precise e concordanti, richieste dallart. 37 D.P.R. 600/73, allo scopo di dimostrare che un determinato contribuente sia leffettivo possessore di un bene per interposta persona e dunque il soggetto passivo del rapporto tributario? Da tutto quanto detto emerge come il terzo interposto, formale titolare dei beni, non goda di una piena tutela e di un pieno diritto alla difesa. E evidente che il vuoto normativo una scelta del legislatore che riflette istanze e preoccupazioni politico-criminali. A ben vedere, anche nelle decisioni dei giudici gioca un ruolo non affatto secondario linterferenza di giudizi di va- 110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 lore, relativi al carattere illecito e moralmente riprovevole del contesto-base in cui la condotta si inserisce. La Corte, infatti, nel motivare la propria decisione, ha chiarito come il criterio della disponibilit sia utilizzato al fine di evitare che vengano eluse le misure patrimoniali che si intendono infliggere e lorganizzazione criminale o laffiliato possano godere di illeciti proventi. Sebbene i terzi intestatari di beni, siano essi estranei o parenti delleffettivo possessore, possano essersi resi titolari dei beni anche volontariamente e fruire di questi, determinando, cos, una concatenazione di interessi e, dunque, lagevolazione dellassociazione illecita, lintestazione di beni, non infrequentemente, non costituisce indice di connivenza con lindiziato. Spesso, infatti, lintestazione fittizia, si tratti di estranei o di soggetti di cui allart. 2 bis, comma 2, in pratica subita o imposta dal terzo. In questi casi, anche in ragione del principio delleffettiva capacit contributiva ex art. 53 della Costituzione, non sembra legittimo che a pagare i tributi sui beni oggetto del presente studio siano i terzi che, bench risultino i formali titolari, dispongano del bene solo apparentemente. E evidente che, al fine di evitare che la fittizia intestazione di beni costituisca un troppo comodo marchingegno per eludere il sequestro prima e la confisca poi di tali beni, lintervento preventivo di tipo patrimoniale sia irrinunciabile, ma, daltra parte, non si pu continuare a non tener conto di come esista una zona grigia costituita da tutti coloro che, bench intestatari del bene, non solo non ne abbiano mai goduto ma abbiano subito limposizione di tale intestazione. In tal senso, un importante passo avanti stato fatto con la legge 31 marzo 2010, n. 50 che, in sede di conversione del D.L. 4 febbraio 2010, n. 4, allart. 2 ter, comma 5, L. 575/65, ha aggiunto che per i beni immobili sequestrati in quota indivisa, o gravati da diritti reali di godimento o di garanzia, i titolari dei diritti stessi possono intervenire nel procedimento con le medesime modalit al fine dellaccertamento di tali diritti, nonch della loro buona fede e dellinconsapevole affidamento nella loro acquisizione. Sebbene il limitato ambito di applicazione, che si estende ai soli beni immobili sequestrati in quota indivisa, o gravati da diritti reali di godimento o garanzia, piuttosto che, come sarebbe auspicabile, a tutti i beni indistintamente gravati da diritti di terzi, la norma, finalmente, sancisce la possibilit per i terzi titolari di tali diritti di prender parte al procedimento di prevenzione, anzich far valere i propri diritti attraverso incidente di esecuzione. Lart. 2 ter, comma 5, inoltre, dispone che con la decisione di confisca, il tribunale pu, con il consenso dellamministrazione interessata, determinare la somma spettante per la liberazione degli immobili dai gravami ai soggetti per i quali siano state accertate le predette condizioni. Posto che uno dei motivi principali del mancato riutilizzo dei beni immobili confiscati sia proprio quello della presenza su tali beni di diritti reali di garanzia o di godimento, la modifica introdotta permette che i beni immobili, una volta confiscati, possano essere destinati ad una delle finalit CONTENZIOSO NAZIONALE 111 di cui allart. 2 undecies, L. 575/65, a prescindere dal riconoscimento o meno dei diritti dei terzi, cui spetter eventualmente una mera tutela risarcitoria. Ci che sembra condurre ad una concreta svolta, in realt, la parte dellart. 2 ter che oggi prevede che quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con la sentenza che dispone la confisca il giudice dichiara la nullit dei relativi atti di disposizione. Ai fini di cui al comma precedente, fino a prova contraria si presumono fittizi: a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell'ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonch dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado; b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione. Orbene, qualora la sentenza emessa al termine di un procedimento di prevenzione, con cui il giudice abbia accertato che taluni beni confiscati siano stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi e attraverso la quale abbia dichiarato la nullit dei relativi atti di disposizione, fosse opponibile al Fisco, non si porrebbero problemi di sorta circa lindividuazione del soggetto al quale imputare i redditi derivanti da tali beni. Alla luce delle recenti modifiche apportate alla L. 575/65, chiaro che lo stato di incertezza generato dallindeterminatezza della vigente normativa in materia, sarebbe superato solo attraverso ulteriori e mirati interventi del legislatore, il quale, tra laltro, potrebbe inserire nellart. 37 del D.P.R. 600 del 1973 un ulteriore periodo che specifichi che la sentenza emessa al termine di un procedimento di prevenzione che accerti che il bene sia nella disponibilit di un soggetto diverso da quello che appare il legittimo proprietario, costituisca piena prova ai fini di quanto disposto dallart. 37, comma 3, del D.P.R. 600/73. Insomma, in sede di rettifica o di accertamento d'ufficio dovrebbero essere imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, al termine di un procedimento di prevenzione, che egli ne l'effettivo possessore per interposta persona, salvo che, durante il procedimento di prevenzione, non sia dimostrato che anche il terzo interposto abbia effettivamente goduto della disponibilit del bene e quindi dei redditi che da esso derivano. Unultima notazione. Lart. 53 Cost. non consente di colpire una capacit contributiva fittizia, quale quella dellapparente titolare dei beni. Pertanto, poich questi non ha che la possibilit di segnalare allufficio delle Entrate le circostanze di cui allart. 37 co. 3 D.P.R. 600/73, mentre lUfficio potrebbe non emettere laccertamento per un ventaglio di ragioni (prima la decadenza) contro il vero titolare, cos consentendo allapparente titolare il rimborso ex art. 37 co. 4, va concluso, che, a seguito della disposizione che dispone la estinzione dei crediti erariali sui cespiti confiscati, linterposto possa giovarsi 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 di tale forma di estinzione dellobbligazione, in quanto assume la posizione sostanziale di garante delle obbligazioni tributarie derivate dalle situazioni in cui figura, cos ottenendo il rimborso. Dott.ssa Sara Lucia* Avv. Roberto De Felice** Corte di cassazione, Sez. Tributaria, sentenza del 22 gennaio 2010 n. 1170 - Pres. Plenteda, Rel. Giacalone, P.M. Apice - R.A. (avv. Rossi Lucio Modesto Maria) c. Agenzia delle entrate, Ministero delleconomia e delle finanze (avv. gen. Stato). Sent. Comm.Trib. Reg. Napoli n. 149/2004. (Omissis) Svolgimento del processo La controversia ha ad oggetto l'impugnativa proposta dal contribuente sopra indicato avverso l'avviso di accertamento in rettifica dei redditi di partecipazione IRPEF per il periodo d'imposta in contestazione, determinati D.P.R. n. 917 del 1988, ex art. 5 a seguito di rettifica operata a carico della societ di persone di cui era socio, assumendo di essere estraneo all'accertamento in forza di sentenza in procedimento di prevenzione che aveva riconosciuto la totale disponibilit delle quote in capo ad altra persona, effettivo possessore del reddito per interposte persone, costituite da tutti gli altri soci. La C.T.P. rigettava il ricorso; la C.T.R., con la sentenza in epigrafe, respingeva l'appello del contribuente, affermando che l'invocata sentenza non poteva avere alcuna efficacia probatoria, neanche indiziante, nel presente giudizio, posto che il procedimento di prevenzione comporta una valutazione a carattere essenzialmente sintomatico circa la pericolosit sociale del proposto, che si fonda su indizi di qualsiasi specie idonei a sorreggere il convincimento dei giudici. Avverso tale decisione, la parte privata propone ricorso per cassazione, con due motivi; la parte erariale resiste con controricorso. Motivi della decisione Va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero, il quale non stato parte del giudizio di appello, instaurato dopo il 1 gennaio 2001 (Cass. S.U. n. 3116 e 3118/06). Col primo motivo, la parte ricorrente deduce violazione dell'art. 2909 c.c., art. 654 c.p.p., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 perch la C.T.R. avrebbe in modo inconferente interpretato ed applicato l'art. 654 c.p.p., dato che nella specie, caratterizzata da confisca delle quote sociali a seguito di procedimento di prevenzione ai sensi della L. n. 575 del 1965, avrebbe dovuto applicarsi l'art. 2909 c.c., essendosi il Tribunale pronunciato, con sentenza definitiva, non sulla sussistenza di comportamenti penalmente rilevanti, (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (**) Avvocato dello Stato. CONTENZIOSO NAZIONALE 113 ma sulla titolarit di un diritto su un bene (quote sociali) con gli effetti civilistici della cosa giudicata; dovendosi imputare il reddito all'effettivo possessore e non al titolare meramente apparente e considerare, ove si voglia ricondurre la fattispecie all'art. 654 c.p.p., la contraddittoriet che emergerebbe dal giudizio di prevenzione e da quello tributario in ordine alla figura dello Stato, non potendo l'efficacia della sentenza di accertamento della titolarit dei beni confiscati essere "ripudiata" e contraddetta nel procedimento di accertamento tributario. La decisione impugnata resiste alle censure mosse con tale motivo. Invero, la controversia concerne l'accertamento di un maggior reddito sociale tassabile ai fini ILOR, da cui deriva necessariamente l'accertamento, relativamente al periodo d'imposta considerato, di un reddito di partecipazione tassabile ai fini IRPEF a carico dei soci di una societ di persone (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40). Rispetto a tale contestazione, il socio ha sollevato la questione dell'interposizione di persona, al fine di negare la propria legittimazione passiva in ordine alla pretesa erariale. Pertanto, trattandosi di eccezione personale relativa alla posizione del socio, contribuente, che non pone in discussione n l'esistenza n la quantificazione del maggior reddito della societ personale, non operante nella specie il principio affermato nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 14815 del 4 giugno 2008, secondo cui l'unitariet dell'accertamento che (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle societ ed associazioni di cui all'art. 5 TUIR e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della societ a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla societ, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la societ ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e la controversia non pu essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1), perch non ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bens la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, cio gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione; trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, con la conseguenza che il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui all'art. 101 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 2. Quanto al nucleo centrale della censura, si osserva che, riguardo alla controversia in esame, come sopra qualificata, non opponibile il "giudicato" che si assume derivante da Cass. Pen. sez. 2^, n. 1773 dep. 12.5.1999, riguardante la conferma della confisca di prevenzione nei confronti di R.S.. In primo luogo, si deve ribadire che, secondo la giurisprudenza penale di questa S.C., in materia di prevenzione non applicabile il principio dell'intangibilit della decisione, in quanto non pu verificarsi una situazione di "cosa giudicata" in senso proprio (Cass. pen. S.U., 13 dicembre 2000 n. 36, Madonia, che ha escluso proprio riguardo a misure di prevenzione patrimoniali la non configurabilita di un "giudicato" in senso stretto; Cass. Pen. 5^, 24 febbraio 2003 n. 13358). N pu fondatamente invocarsi l'applicazione dell'art. 2909 c.c., ostandovi gli intuitivi limiti soggettivi ed oggettivi dell'assunto "giudicato" di prevenzione. Sotto il profilo soggettivo, il soggetto che si assume interponente non parte del presente giudizio. Quanto ai limiti oggettivi, la legislazione antimafia di cui alla L. n. 575 del 1965 prevede la 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 confisca dei beni che, bench appartenenti a terzi, si trovino comunque nella disponibilit del soggetto "proposto", al fine di evitare che vengano eluse le misure patrimoniali che si intendono infliggere e l'organizzazione criminale o l'affiliato possano godere di illeciti proventi. L'unico requisito richiesto dalla citata legge, ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione del sequestro e della confisca, che l'associato disponga, direttamente o indirettamente del bene, a nulla rilevando che ne sia o meno giuridicamente il proprietario. Vi , dunque, una dilatazione del concetto civilistico di "appartenenza", che viene esteso sino ad includere nella figura anche situazioni giuridiche non formalmente riconducibili alla categoria dei diritti reali, risultando sufficiente che il soggetto possa di fatto utilizzare il bene, anche se apparentemente appartenente a terzi. La controversia in esame, invece, riguarda, come si visto, la diversa fattispecie dell'accertamento, relativamente al periodo d'imposta considerato, di un reddito di partecipazione tassabile ai fini IRPEF a carico dei soci di una societ di persone. Rispetto al thema decidendum della presente controversia la questione dell'interposizione di persona stata introdotta esclusivamente dal contribuente, al fine di negare la propria legittimazione; ma essa non si rivela pertinente, non essendo in discussione un accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3. Invero, la disciplina di cui a detta disposizione risulta invocabile dagli "interposti" solo allorch diversamente da quanto avvenuto nel caso di specie - provino di aver pagato imposte in relazione a redditi successivamente imputati ad altro contribuente e l'amministrazione procede al rimborso solo dopo che l'accertamento nei confronti dell'interponente sia divenuto definitivo ed in misura non superiore all'imposta effettivamente percepita a seguito di tale accertamento. Soggetto passivo del rapporto tributario oggetto del presente giudizio , quindi, il preteso interposto, il quale, in difetto dei relativi presupposti, non pu invocare la disciplina di cui al citato art. 37, commi 3 e 4 (disposizione, quest'ultima, applicabile ratione temporis all'accertamento in lite). Nessuna contraddizione , quindi, prospettabile tra quanto accertato ai fini della misura di prevenzione patrimoniale ed il thema decidendum del presente giudizio, stante l'oggettiva differenza dei rapporti giuridici controversi nelle rispettive sedi. Con il secondo motivo, denunciando ulteriore violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 e vizio di motivazione, la parte ricorrente lamenta che la C.T.R., pur non avendo applicato alla specie i principi della coerenza giuridica dei giudicati, avrebbe dovuto applicare quelli della coerenza logica degli stessi; avrebbe, inoltre, omesso l'esame degli argomenti dedotti nei motivi di appello e non avrebbe considerato che la titolarit delle quote in capo al possessore effettivo si fondava su oggettivi elementi patrimoniali che hanno portato ad escluderne la titolarit da parte dei soci apparenti; l'illegittima posizione assunta dalla C.T.R. le avrebbe impedito di effettuare quel doveroso esame e valutazione degli elementi acquisiti nel giudizio di prevenzione, ancorch quali elementi presuntivi, alla quale era stata chiamata attraverso il ricorso in appello e che avrebbe dovuto trovare espressine in una motivazione sufficiente e coerente. La censura si rivela inammissibile, in quanto formulata in violazione del requisito dell'autosufficienza del ricorso per cassazione. Infatti, ove venga dedotto - come nella quasi totalit dell'esposizione di tale motivo - il vizio della motivazione della sentenza impugnata per mancata o insufficiente od erronea valutazione di risultanze processuali (nella specie, contenuto degli elementi acquisiti al giudizio di prevenzione ed argomentazioni formulate nei motivi di appello), imprescindibile, al fine di consentire alla Corte di effettuare il richiesto controllo, specialmente in ordine alla relativa CONTENZIOSO NAZIONALE 115 decisivit, che il ricorrente precisi - pure mediante integrale trascrizione delle medesime nel ricorso (non solo con la generica indicazione di risultanza che sarebbero contrarie a quelle puntualmente rilevate nell'impugnata sentenza) - le risultanze che asserisce decisive e insufficientemente o erroneamente valutate, in quanto per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione il controllo deve essere consentito sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la S.C. accesso agli atti del giudizio di merito (Cass. 31 maggio 2006 n. 12984; Cass. 18 aprile 2007 n. 9245; Cass. 17 luglio 2007 n. 15952, secondo cui il ricorrente che denuncia, sotto il profilo di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, l'omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l'onere di indicarne specificamente il contenuto). Allo stesso modo, quando denunziata violazione e falsa applicazione della legge - come nel presente motivo rispetto al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 - e non risultano indicate anche le argomentazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le medesime o con l'interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimit o dalla prevalente dottrina, il motivo inammissibile, in quanto non consente alla Corte di cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione. Non infatti sufficiente un'affermazione apodittica (nella specie, il semplice e generico richiamo alla possibilit d'imputare i redditi al contribuente effettivo - che, come si detto, non parte del presente giudizio - anche su base presuntiva, senza alcun aggancio al contenuto dell'impugnata sentenza) e non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. giurisprudenza sopra citata). Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero e rigetta quello contro l'Agenzia. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida complessivamente in favore di entrambi i resistenti in Euro 700,00, di cui Euro 500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge. Cos deciso in Roma, il 2 dicembre 2009. 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Alloggio di servizio e casa coniugale (Tribunale di Bari, Sez. distaccata di Altamura, ordinanza 11 maggio 2010; Tribunale di Bari, Sez. II civ., ordinanza 11 maggio 2009) Le ordinanze Tribunale di Bari, Sezione distaccata di Altamura, 11 maggio 2010 e Tribunale di Bari, Sezione II, 11 maggio 2009, oggetto della presente disamina, vertono in tema di rilascio coattivo dellalloggio di servizio. Entrambe dichiarano il difetto di giurisdizione del G.O. per la giurisdizione del G.A. e avallano linterpretazione secondo cui lalloggio di servizio non pu assurgere a casa coniugale. Infatti, solo in presenza dei presupposti della permanenza delle esigenze di servizio - in virt delle quali lalloggio concesso al militare - e del vincolo matrimoniale il coniuge del militare ha titolo alla fruizione dellalloggio. Ne deriva che allorch venga meno uno dei due presupposti (cessazione dellincarico che legittima loccupazione dellalloggio o separazione legale e/o divorzio) decadono le condizioni che consentono al coniuge del militare di fruire dellalloggio. La permanenza nellalloggio di servizio da parte del coniuge, che non ha alcun rapporto con lAmm.ne, ha titolo solo ed esclusivamente nel vincolo coniugale che lo lega al dipendente militare. Venuto meno il titolo dellavente diritto allalloggio cessa automaticamente il diritto del coniuge di questultimo a permanere nellunit abitativa. In tale contesto si comprende come, in sede di separazione, lalloggio di servizio non possa assumere rilevanza quale casa coniugale: la sentenza di separazione consensuale, che dovesse disporre in ordine allassegnazione dellalloggio di servizio come casa familiare, pur costituendo un assetto di interessi omologato da un giudice, non sarebbe comunque opponibile allAmministrazione (1). Si tratta di un tema ancora poco affrontato dalla giurisprudenza che, considerato il numero dei militari assegnatari, , tuttavia, significativamente rilevante anche alla luce dei nuovi scenari ermeneutici ed applicativi che lentrata in vigore del codice dellordinamento militare sembra prefigurare. 1. Fatto I casi oggetto delle due pronunce, una in sede di art. 700 c.p.c., laltra in sede di opposizione a sfratto, sono similari. Con atto di concessione era stato affidato ad un militare lalloggio di servizio, sito nella caserma sede della Compagnia dei Carabinieri e da lui occu- (1) Non si rinvengono precedenti editi. CONTENZIOSO NAZIONALE 117 pato, insieme con la propria moglie e i figli, in relazione allincarico ricoperto in tale sede. Significativa appare la previsione espressa nellatto di concessione che lalloggio fosse concesso nellinteresse esclusivo della Pubblica Amministrazione e quale elemento accessorio dellincarico. Inoltre lart. 1 dellatto di concessione testualmente disponeva la concessione sottoposta alla condizione risolutiva, accettata dal beneficiario, della cessazione dallincarico o comando; lart. 2 stabiliva che lalloggio risultava concesso per uso esclusivo di abitazione propria dellassegnatario e delle persone costituenti il nucleo familiare; lart. 3 prevedeva che una volta decaduto dal diritto ad occupare lalloggio, lo stesso deve essere lasciato libero entro 20 giorni e alla lettera b) era sancito che lassegnatario dellalloggio per tutti gli impegni assunti con il presente atto, obbliga in ogni pi ampia forma di legge, se stesso e le persone costituenti il nucleo familiare, che hanno titolo ad occupare lalloggio in questione. Successivamente il carabiniere chiedeva ed otteneva il trasferimento in unaltra citt (2). LAmministrazione, nel frattempo, avendo interesse ad acquisire la disponibilit del bene, emetteva ordinanza di rilascio dellalloggio. In entrambi i casi insorgeva contro il provvedimento, ai sensi dellart. 700 c.p.c. nel caso esaminato dal Tribunale di Altamura e ai sensi dellart. 624 c.p.c. nella fattispecie esaminata dal Tribunale di Bari, la coniuge separata del militare vantando pretese sullalloggio che, nel secondo caso, risultava, in sede di separazione consensuale, assegnato alla medesima. Si costituiva in giudizio il Ministero della difesa eccependo il difetto di giurisdizione del G. O. per la giurisdizione del G. A. in sede esclusiva, il difetto di legittimazione attiva della ricorrente, linammissibilit del ricorso e linfondatezza di esso per difetto dei presupposti della tutela cautelare (3). In entrambi i casi il giudice ordinario ha accolto leccezione di difetto di giurisdizione. Nellordinanza del Tribunale di Altamura il giudice ha argomentato facendo riferimento alla natura dellalloggio, che era stato assegnato al coniuge [ ] in quanto militare in servizio [ ] per agevolare lo svolgimento delle sue mansioni ed assicurare una sua maggiore presenza e migliore reperibilit nel luogo di prestazione della propria attivit lavorativa(4). Lordinanza del Tribunale di Bari ha dichiarato il difetto di giurisdizione, (2) Nel caso deciso con lordinanza del Tribunale di Bari il militare otteneva anche lassegnazione di un altro alloggio di servizio nella nuova sede di lavoro. (3) Nel caso esaminato dal Tribunale di Altamura il Ministero della difesa eccepiva altres lincompetenza territoriale della sede distaccata di Altamura in favore della competenza della sede centrale del Tribunale di Bari. (4) Trib. Bari, Sez. distaccata di Altamura, ord. 11 maggio 2010. 118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ritenendo che la opposizione attiene a sfratto disposto in via amministrativa sulla base di provvedimento di revoca dellassegnazione dellalloggio di servizio ovvero che il rapporto di godimento dellalloggio trae origine da concessione amministrativa alluso di beni pubblici, rigettando listanza di sospensione dellesecuzione in quanto la revoca della concessione ha efficacia nei confronti di qualunque occupante lalloggio; inoltre non individuabile un titolo autonomo di godimento in capo al coniuge separato, per effetto del subingresso nel rapporto di godimento dellalloggio di servizio, e comunque tale sub ingresso non potrebbe avere effetto oltre la cessazione dello stesso rapporto di servizio (5). Il godimento dellalloggio di servizio in tanto pu essere mantenuto in quanto lo stesso spetti in dipendenza delle funzioni esercitate: la ratio quella di assicurare gli alloggi al personale appartenente ai corpi militari in ragione delle esigenze di servizio e giammai per soddisfare mere esigenze personali, per cui lalloggio concesso nellinteresse esclusivo della Pubblica Amministrazione e quale elemento accessorio dellincarico e solo in subordine come abitazione del dipendente e della sua famiglia (v. art. 2 D.M. 3 giugno 1989). La particolare natura dellalloggio di servizio, che bene demaniale, strumentale alle esigenze di difesa militare dellAmministrazione, nonch la natura concessoria dellatto amministrativo, col quale viene assegnato ai dipendenti militari che prestano lincarico relativamente ad un determinato luogo, consentono di ritenere che il coniuge legalmente separato non abbia alcun titolo autonomo per continuare a detenere lalloggio allorch il beneficiario che vi risiedeva sia assegnato ad una nuova sede di servizio incompatibile con la permanenza nella sede precedente. Sotto ulteriore profilo, si pu affermare che leventuale assegnazione dellalloggio come casa coniugale, nellambito di un procedimento di separazione consensuale, al coniuge del militare non opponibile allAmministrazione, atteso che lalloggio di servizio non pu rientrare nella nozione di casa coniugale, o meglio pu considerarsi tale solo in virt del rapporto di pubblico impiego che lega il militare allAmministrazione dello Stato e solo finch permangono gli obblighi derivanti dal vincolo matrimoniale (v. art. 143) . Quando vengono meno il legame di servizio che unisce lalloggio al militare nonch gli obblighi derivanti dal vincolo matrimoniale il coniuge e comunque i familiari non hanno pi alcun titolo autonomo per continuare ad occuparlo. LAmm.ne ha pertanto il diritto di conseguire la disponibilit dellalloggio per consentirne lassegnazione al nuovo avente titolo, anche in virt di quanto sancito dallart. 823 c.c. che statuisce linalienabilit dei beni del demanio (5) Trib. Bari, sez. II, ord. 15 aprile 2009. CONTENZIOSO NAZIONALE 119 pubblico e l impossibilit, in linea di principio, di formare oggetto di diritti a favore di terzi. Non a caso lart. 306 del D.Lgs 15 marzo 2010 n. 66, codice dellordinamento militare, rubricato dismissione degli alloggi di servizio del Ministero della Difesa, riguarda solo gli alloggi di servizio... non realizzati su aree ubicate allinterno di basi, impianti, istallazioni militari o posti al loro diretto e funzionale servizio e dispone che gli stessi siano ritenuti transitabili in regime di locazione ovvero alienabili anche mediante riscatto. 2. La natura giuridica dellalloggio di servizio Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato tutte le opere eseguite allinterno di basi, impianti o installazioni militari sono considerate, ai sensi dellart. 5 della legge 497 del 1978, infrastrutture militari (6), quindi opere destinate alla difesa militare, compresi gli alloggi di servizio per il personale militare, essendo strutture logistiche operative funzionali allespletamento delle funzioni assegnate (7) per cui esse sono soggette ad un regime speciale (8). La giurisprudenza ha contribuito a definire le opere destinate alla difesa militare che sono quelle cos qualificate da una norma definitoria ovvero per le quali intervenuto un formale atto di riconoscimento o di destinazione (9). Il problema che non si rinviene una definizione legislativa di opera destinata alla difesa nazionale. Infatti lart. 822 c.c. non contiene una elencazione tassativa dei beni compresi nel demanio militare (10). In particolare lart. 2 comma 9, 10, 11 e 12 del d.p.r. 19 aprile 2005 n. 170 contiene una elencazione esemplificativa delle infrastrutture rientranti nella definizione di opera destinata alla difesa militare. Sulla scorta di quanto affermato dalla Corte Costituzionale sulla necessit di procedere allindividuazione dei criteri di qualificazione dellopera quale (6) V. G. MATTEO, Art. 51. Lespropriazione per opere militari, in Codice dellespropriazione forzata, (a cura di) R. GAROFOLI e G. FERRARI, Roma, 2008, pp. 811-32; PASTORE, Difesa (Beni destinati alla difesa militare), in Enc. Dir., Milano, 1944, XII. (7) V. Cons. St., sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4543, in Giornale dir. Amm., 2001, II, 59; Cons. St., 28 ottobre 1999, n. 2638; Cons. St. 25 giugno 1983, n. 470, in Foro amm., 1983, 1, 1318; Cons. St., comm. Spec., 11 maggio 2009, 1096, in Foro amm. CDS, 2009, 5, 1378. (8) V. legge n. 97 del 1978; d.m.1 marzo 1980; legge n. 831 del 1936; legge n. 472 del 1987; d. l. 3 giugno 1989; Corte Cost., 1 aprile 1992, n. 150, in Giur. It., 1993, I, 1, 1182. Per un approfondimento sulla natura militare degli alloggi di servizio si veda G. MATTEO, Art. 51- Espropriazione per opere militari, cit., 811. (9) Cons. St., sez. VI, 3 novembre 1999, n. 1712. (10) V. art. 5, l. 18 agosto 1978, n. 497; art. 1, comma 5, d.l. C.M. 10 agosto 1988; art. 2, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383; art. 7, comma 1, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; art. 2, commi 9, 10, 11, 12; D.P.R. 19 aprile 2005, n. 170. 120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 bene destinato alla difesa militare (11) stata proposta lapplicazione cumulativa di criteri sia soggettivi (natura militare dellamministrazione) sia oggettivi (caratteristiche e finalit dellopera). In particolare stato affermato il principio secondo il quale tutte le opere eseguite allinterno di basi, impianti, installazioni militari sono opere militari e quindi destinate alla difesa nazionale( 12) se sono destinate, in modo esclusivo o prevalente, ad uso militare. Per quanto riguarda gli alloggi di servizio, lart. 3 della legge 6 febbraio 1985 n. 16 equipara alle opere destinate alla difesa militare le sole sedi di servizio e relative pertinenze necessarie a soddisfare le esigenze logistiche operative dellArma dei Carabinieri, in quanto forza permanentemente accasermata. Il problema allora valutare le effettive esigenze di difesa e sicurezza in relazione alle varie tipologie destinate alla difesa militare. In ordine alla natura degli alloggi destinati ai militari la giurisprudenza approdata a soluzioni non uniformi soprattutto relativamente alla applicabilit della disciplina urbanistica ed edilizia (13). Si cos affermato, ad esempio, che gli alloggi per i militari a servizio delle istallazioni militari sono infrastrutture militari ai sensi dellart. 5 della legge 18 agosto 1978 n. 497 solo se sono posti a diretto servizio delle istallazioni militari (14). Infatti lalloggio di servizio situato allinterno della caserma innanzitutto una struttura logistica operativa funzionale allespletamento delle funzioni distituto ed in secondo luogo concesso al militare per s e la propria famiglia. Non a caso lart. 2 D.M. 3 giugno 1989 testualmente riconduce la ratio dellassegnazione dellalloggio, per quanto riguarda lArma dei Carabinieri, allesigenza di assicurare la costante ed immediata disponibilit del titolare dellincarico, nonch lefficienza dei servizi e la sicurezza delle caserme. Il G.A. ha affermato che la ratio complessiva del sistema quella di riconoscere il beneficio del godimento dellalloggio a personale in sia per alleviare le difficolt abitative che per salvaguardare le esigenze di buon funzionamento dellamministrazione assicurando un pronto ed efficace utilizzo dei dipendenti nelle rispettive sedi di servizio; in ragione della stessa ratio della normativa in materia lesistenza del rapporto di servizio e le esigenze ad esso connesse sono il presupposto per la concessione del beneficio dellalloggio, ne deriva, pertanto, che qualsiasi modifica intervenga in capo al dipendente si riverbera sul godimento dellalloggio che deve tornare nella disponibilit dellAmministrazione; in definitiva, la giurisprudenza ha pi (11) Corte Cost., 1 aprile 1992, n. 150. (12) V. Cons. St., sez. IV, 16 novembre 1998, n. 1531; Cons. St., sez. V, 21 luglio 1995, n. 1112. (13) V. Tar Liguria, sez. I, 7 aprile 2006, n. 339. (14) Cons. St., sez. IV, 25 giugno 1983, n. 470. CONTENZIOSO NAZIONALE 121 volte ritenuto che legittima la revoca degli alloggi da parte dellAmministrazione quando vengano meno le esigenze di servizio (cfr. Cons. St., sez. IV, 13 marzo 1998, n. 417)(15). 3. Lincompatibilit intrinseca della natura dellalloggio di servizio con la nozione di casa familiare Per comprendere le ragioni sottese alle pronunce in esame necessario procedere ad una analisi, seppur breve, della nozione di casa coniugale o familiare. Si tratta di un istituto giuridico (16) al quale il legislatore fa espressamente riferimento negli artt. 155 quater c.c. e 6, 6 c. l. div. e che assume rilevanza nel momento in cui acclarata, giuridicamente, la crisi del vincolo matrimoniale. Secondo lorientamento giurisprudenziale consolidato la casa familiare costituisce un insieme di beni, immobile e mobili, finalizzati allesistenza domestica della comunit familiare e allesigenza di conservare, anche nelle fasi patologiche, lhabitat domestico (17), inteso quale centro di affetti e di interessi in cui si esprime e si articola la vita familiare (18), e deve essere intesa in ci che era lo stato duraturo e prevalente nella convivenza familiare(19). Recentemente la casa familiare stata intesa quale bene con vincolo di (15) V. Tar Lazio Roma, sez. I, 1 febbraio 2008, n. 873, in Foro amm. Tar 2008, 2, 486. (16) V. E. QUADRI, Laffidamento dei figli e lassegnazione della casa familiare: la recente riforma, in Famiglia, 2006, pp. 397 ss; E. ZANETTI VITALI, La separazione personale dei coniugi. Artt. 155-158, in Il Codice Civile. Commentario fondato da Piero Schlesinger e diretto da Francesco Donato Busnelli, App. di agg., Milano, 2006; M. DELLUTRI, Laffidamento condiviso nel sistema dei rapporti familiari, in Giur. it., 2006, pp. 1554 ss.; G. FREZZA, La casa (gi) familiare, in Trattato di diritto di famiglia, Agg. (2003-2006), Milano, 2006, pp. 209 ss., II; L. A. SCARANO, Coabitazione e casa familiare, Milano, 2006; M.G. CUBEDDU, Lassegnazione della casa familiare, in Laffidamento condiviso, (a cura di) S. PATTI, L. ROSSI CARLEO, Milano, 2006, pp. 181 ss.; M.G. CUBEDDU, La casa familiare, Milano, Suppl. di Giustizia civile n. 12/2005; G. FREZZA, I luoghi della famiglia, Torino, 2004; G. GABRIELLI, I problemi dellassegnazione della casa familiare al genitore convivente con i figli dopo la dissoluzione della coppia, in Riv. Dir. Civ., 2003; G. GABRIELLI, Lassegnazione della casa familiare: evoluzione legislativa e attuali orientamenti giurisprudenziali, in N. giur. civ. comm., 1998, II; M. FINOCCHIARO, Casa familiare (attribuzione della), in Enc. giur., Agg., vol. I, Milano, 1987, pp. 271 ss; ; M. DI NARDO, La casa familiare nella crisi del matrimonio, in N. giur. Civ. comm., 1986, II, pp. 339 ss. (17) G. FREZZA, Casa familiare (attribuzione della), in Enc. giur. Dir. del Sole24ore, Agg. Aprile, 2009. (18) V. Cass., 12 gennaio 1995, n. 334, in Giur. Civ. mass. App., 1995; Cass., 20 marzo 1993, n. 5793, in Giur. It., I, 1, p. 242; Cass., 28 agosto 1993, n. 9157, Matrimonio, in Foro it. Rep., 1993, n. 16; Cass., 5 giugno 1990, n. 5384, in Giust. civ., 1990, I, p. 2900. (19) Cass., 9 settembre 2002, n. 13065, in Giust. civ. mass. App., 2002; Cass., 29 ottobre 1998, n. 10797, in Giust. civ. mass. App., 1998; Cass, 17 luglio 1997, n. 6559, in Dir. Fam., 1998, p. 52; Cass., 22 marzo 1993, n. 5793, in Giust. civ. mass. App., 1993; Cass., 16 luglio 1992, n. 8667, in Giust. civ., 1992, I, 3002; Trib. Bari, 12 luglio 1978, in Dir. Fam., 1979, p. 745. 122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 finalizzazione, bene destinato ad uno scopo, vincolo di destinazione dellimmobile finalizzato alle esigenze abitative familiari(20) . La specifica funzione del provvedimento di assegnazione della casa familiare quella di assicurare al nucleo familiare che origina dalla separazione (coniuge assegnatario e figli) la conservazione dello stesso ambiente di vita domestica, dello stesso standard e qualit di vita gi goduti nel corso del matrimonio. Alla luce di ci, ben si comprende, quindi, come la giurisprudenza civile sia concorde nellescludere lassegnazione della casa familiare tutte le volte in cui limmobile, al momento della separazione, abbia cessato, per qualunque motivo, di svolgere la funzione di casa coniugale, per essersi i coniugi, uno solo o entrambi, gi trasferiti altrove. significativo, sotto questo profilo, il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 9 settembre 2002 n. 13065: Per la corretta interpretazione dellart. 155, 4 comma, c.c., occorre distinguere fra due diverse accezioni dellespressione casa familiare, la prima delle quali connota materialmente il bene immobile in cui si svolse, per un certo periodo storicamente concluso, la vita coniugale e familiare; la seconda significa, invece, il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza (...), ossia lambiente fisico in cui persiste, nonostante la separazione dei coniugi, linsieme organizzato dei beni che costituisce, o ha costituito, anche in senso psicologico, lhabitat domestico che deve continuare a svolgere, preferibilmente e se possibile, la funzione di abitazione del nucleo composto da uno dei genitori separati e dalla prole. La norma in esame fa riferimento a questa seconda accezione; quindi non vՏ ragione di ricorrere allassegnazione della casa ai sensi dellart. 155, 4 comma, c.c. allorquando, per un qualsiasi motivo, al momento della separazione la casa familiare nel senso sopra accolto non esista pi. Labitualit e la stabilit nel godimento dellimmobile costituiscono i criteri cui ispirarsi nellidentificare la cosiddetta casa familiare, in quanto il provvedimento di assegnazione della casa non pu assolvere alla funzione sua propria di preservare la continuit delle abitudini e delle relazioni domestiche dei figli nell'ambiente nel quale durante il matrimonio esse si sviluppavano in ogni caso in cui, a seguito della separazione, la casa familiare abbia cessato di essere tale e la prole si sia gi definitivamente sradicata dal luogo in cui la sua vita domestica si svolgeva(21). Ne consegue, pertanto, che pu costituire oggetto di assegnazione esclusivamente quellimmobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i (20) Cass., S.U., 21 luglio 2004, n. 13603, in Dir. Fam., p. 53. (21) Cass., 18 settembre 2003, n. 13736. CONTENZIOSO NAZIONALE 123 coniugi avessero la disponibilit e che comunque usassero in via temporanea o saltuaria(22). In tale quadro di riferimento si colloca lalloggio di servizio la cui disponibilit sia stata concessa ad uno dei coniugi in ragione delle specifiche funzioni prestate da questi in qualit di dipendente pubblico. Infatti gli immobili adibiti ad alloggi di servizio non possono costituire oggetto di provvedimento di assegnazione della casa, attesa la peculiare natura giuridica dellalloggio di servizio (che , giova ribadirlo, bene appartenente al demanio militare) e la particolare connessione funzionale che lo lega al suo assegnatario e questultimo, a sua volta, alle funzioni distituto che ne hanno determinato la necessit di essere facilmente reperibile. Pertanto lalloggio di servizio pu essere considerato casa familiare solo nella fisiologia del vincolo matrimoniale, in virt del rapporto di pubblico impiego che lega il militare allAmministrazione dello Stato in ragione dellincarico prestato in quella determinata sede e soltanto finch sussistono i presupposti dellatto di concessione, ovvero finch permangono le esigenze che hanno precedentemente richiesto la costante presenza del dipendente nella sede di servizio (23). Allorquando venga meno, per qualunque motivo, quel legame di servizio che unisce lalloggio al militare e quindi la famiglia di questi allalloggio, il coniuge e comunque i familiari non hanno pi alcun titolo autonomo per continuare ad occuparlo. In definitiva, le ordinanze che si annotano si pongono in linea, sebbene in termini di obiter dictum, con i principi affermati dalla giurisprudenza in ordine alla natura di bene demaniale dellalloggio di servizio, optando per uninterpretazione funzionale dellalloggio di servizio, che lo rende incompatibile con listituto della casa coniugale. 4. Le controversie relative al rilascio coatto dell alloggio di servizio La natura di opera destinata alla difesa militare, quindi di bene appartenente al demanio militare costituisce la ratio del principio, ormai consolidato nella giurisprudenza, circa lattribuzione delle controversie relative al rilascio dei locali costituenti alloggi di servizio alla giurisdizione esclusiva del G.A.. noto infatti come lart. 5 della legge 1034 del 1971, nel devolvere alla competenza dei tribunali amministrativi regionali, in sede di giurisdizione esclusiva, i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, fa salva la giurisdizione dellautorit giudiziaria ordinaria solo relativamente alle controversie concernenti indennit, canoni ed altri cor- (22) Cass., 16 luglio 1992, n. 8667. (23) Cons. St., sez. IV, 1 marzo 2010, n. 1167. 124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 rispettivi. Tale disposizione ora riprodotta fedelmente anche nellart. 133 comma 1 del nuovo codice del processo amministrativo, decreto legislativo n. 104 del 2 luglio 2010, che recita testualmente: Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: . b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennit, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche. Ne deriva che le condizioni di uso e di revoca dellassegnazione, disciplinate da una specifica normativa (quale era il Decreto interministeriale del 3 giugno 1989), sono devolute senzaltro alla giurisdizione esclusiva del G.A. La giurisprudenza civile e amministrativa non ha mai dubitato della pertinenza alla cognizione del G.A. delle controversie relative al rilascio coatto di alloggio di servizio precedentemente assegnato al dipendente per agevolarne lo svolgimento delle mansioni e assicurarne una maggiore presenza ed una migliore reperibilit nel luogo di prestazione dellattivit lavorativa, poich si tratta di questioni inerenti ad un trattamento connesso con il rapporto di pubblico impiego. In particolare la Cassazione con sentenza n. 12341 del 1995 ha affermato testualmente: con riguardo ad un alloggio di servizio (nella specie, appartamento sito in un fabbricato di propriet di un ente previdenziale, locato dalla p.a. e destinato a caserma dei carabinieri e ad alloggi per le famiglie di ufficiali e sottoufficiali dellarma), assegnato in godimento al pubblico dipendente al fine di agevolarne lo svolgimento delle mansioni e di assicurarne una maggiore presenza ed una migliore reperibilit nel luogo della prestazione dellattivit lavorativa, la controversia concernente il rilascio dellalloggio in questione (promossa nellipotesi, dal militare per invalidare il provvedimento di revoca della concessione, adottato dalla p.a. a seguito di sospensione cautelare dal servizio del militare medesimo) rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto inerente ad un trattamento connesso con il rapporto di pubblico impiego(24). La stessa Corte ricorda altres come Questo Supremo Collegio ha gi affermato (S.U. del 5 giugno 1975 n. 2236; 7 maggio 1981 n. 2953; 7 novembre 1981 n. 5886; 15 ottobre 1982 n. 5353; 14 febbraio 1983 n. 1107; 25 gennaio 1989 n. 425; 9 giugno 1989 n. 2781; 18 ottobre 1990 n. 10181) che lalloggio di servizio costituisce parte integrante del trattamento spettante, nellambito del rapporto di pubblico impiego, al dipendente che svolga determinate funzioni o sia destinato in determinate localit, per cui lassegnazione di tale alloggio risponde al pubblico interesse del migliore svolgimento delle (24) Cass. S.U., 29 novembre 1995, n. 12341, in Giust. civ. Mass., 1995, 11. CONTENZIOSO NAZIONALE 125 mansioni perseguito dall Amministrazione con lassicurare una maggiore presenza in sede ed una migliore reperibilit del dipendente. Si tratta di un costante e consolidato orientamento giurisprudenziale che non venuto meno neppure a seguito del nuovo riparto di giurisdizione delineato dal d.lgs. 80/1998 e dalla legge n. 205 del 2000, come interpretato dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza del 6 luglio 2004 n. 204; daltra parte il rapporto di lavoro dei Carabinieri non stato privatizzato (art. 3 del d.lgs. 165/2001). In particolare, gi prima della legge n. 497 del 1978, che ha dettato una prima regolamentazione della materia, si riteneva che nel caso di controversie aventi ad oggetto alloggi di servizio per il personale militare la giurisdizione spettasse al G.A., a meno che non si trattasse di controversie aventi ad oggetto indennit, canoni o corrispettivi. Tuttavia in alcune pronunce era stato affermato che rientrano nella giurisdizione del G.A. persino le controversie in cui la misura del canone sia meramente consequenziale rispetto alla questione principale, vertente sulla qualificazione giuridica o sulla natura intrinseca dellatto concessorio (Cons. St., sez. IV,. 7 dicembre 1994, n. 1741). Dalla novella di cui al d.lgs. 80/1998 e alla legge 205/2000 e dalla natura degli alloggi concessi ai militari per esigenze di servizio come beni demaniali e patrimoniali indisponibili deriva che spetta necessariamente allAmministrazione della Difesa il potere di autotutela sugli atti di assegnazione e al G.A. la giurisdizione sulle controversie relative alla tutela della situazione soggettiva del concessionario di fronte allesercizio di tale potere (25), qualificabile come interesse legittimo. In termini si richiama lorientamento del G.A secondo cui linteresse a godere dellalloggio concesso assume i contorni dellinteresse legittimo nei rapporti con lAmministrazione, dotata del potere di disporre la revoca delloriginaria assegnazione per ragioni di preminente interesse pubblico (v. Tar Sardegna Cagliari, 1 dicembre 1998, n. 1202; Tar Lazio Roma, sez. I, 10 maggio 2006, n. 3432 (26)). Pertanto, qualora non sussistano pi i presupposti per la concessione dellalloggio di servizio, il quale risulti occupato senza titolo, lAmministrazione ha il diritto di riacquistarne la disponibilit ai fini dellassegnazione ad altri militari aventi titolo. La ragione dellattribuzione della cognizione di tali controversie alla giurisdizione del G.A. pu essere rintracciata anche nella genesi della procedura (25) V. Cons. St., sez. IV, 2 marzo 2007, n. 1382, in Foro amm. CDS, 2007, 3, 877; Tar Liguria n. 857 del 2005; Tar Campania Napoli, sez. VI, 14 gennaio 2005, n. 8, in Foro amm. TAR, 2005, 1, 207; Tar Lazio, sez. I, 1 giugno1983, n. 477. (26) Tar Sardegna Cagliari, 1 dicembre 1998, n. 1202, in Massima redazionale, Giuffr, 1999, Tar, 1999; Tar Lazio Roma, sez. I, 10 maggio 2006, n. 3432, in Foro amm. Tar 2006, 5, 1692. 126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 per il rilascio coatto di un alloggio di servizio che riconducibile anche alla materia del pubblico servizio. In definitiva deve ritenersi ormai consolidato in giurisprudenza lorientamento che riconosce la giurisdizione del G.A., giurisdizione esclusiva, sulle controversie attinenti al rilascio degli alloggi di servizio (27). 5. Il decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010: orientamenti esegetici ed applicativi alla luce del codice dellordinamento militare Il 15 marzo 2010 sono stati emanati il d.lgs. 66, recante il codice dellordinamento militare, e il D.P.R. n. 90, T.U. delle disposizioni regolamentari, destinati a sostituire le numerose leggi primarie e i vari regolamenti finora applicabili. Il Governo ha cos recepito le indicazioni provenienti dal Consiglio di Stato (28) e dal Presidente del Consiglio dei Ministri (29) e orientate verso la necessit di un riordino della normativa esistente in materia di ordinamento militare, costituita da un elevato numero di fonti, alcune delle quali risalenti addirittura allOttocento. Il codice dellordinamento militare costituito da nove libri e disciplina aspetti che spaziano dallorganizzazione dellordinamento militare alla disciplina dei beni, dallamministrazione alla contabilit, dal personale militare, civile e ausiliario, al trattamento economico, assistenziale e previdenziale (la stessa articolazione la si ritrova nel testo unico regolamentare). Nonostante la nobile intenzione del legislatore di semplificare la normativa dellordinamento militare, inserendola appunto in un unico corpus, il codice comunque costituito da un notevole numero di articoli (2.272). Il risultato raggiunto pu essere comunque considerato soddisfacente, poich la complessit propria dellordinamento militare, che un ordinamento normativo multilivello, caratterizzato da un elevato grado di dettaglio (30), imponeva un atteggiamento prudente nella ridefinizione della disciplina. Daltra parte ladozione di un codice dellordinamento militare costituisce una scelta legislativa perfettamente in linea con i principi costituzionali in ma- (27) V. Tar Lazio Roma, 9 febbraio 2009, n. 1313, in Foro amm. TAR, 2009, 2, 428; Cons. St., sez. IV, 22 marzo 2007, n. 1382, in Foro amm. CDS, 2007, 3, 877; Tar Sicilia Palermo, sez. II, 7 aprile 2004, n. 639, in Foro amm., 2004, 1190; Tar Sicilia Catania, 20 gennaio 2004, n. 45, in Foro amm. TAR, 2004, 204; Tar Sardegna Cagliari, 17 ottobre 2003, n. 1276; Cass. civ., S.U., 16 gennaio 2003, n. 594; Cons. St., sez. IV, 31 marzo 1999, n. 1999; Tar Puglia Lecce, sez. II, 14 settembre 1998, n. 626. (28) Cons. St., sez. normativa, parere 21 maggio 2007, n. 2024/07, in Foro it., Rep. 2007, voce Amministrazione dello Stato, nn. 178, 181, 211 e Giurisdiz. Amm., 2007, I, 868. (29) Relazione concernente la ricognizione della legislazione statale vigente, presentata al Parlamento il 14 dicembre 2007. (30) V. POLI, Il codice dellordinamento militare e il t.u. delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, in Il Foro it. , 2010, pp. 245 a 250. CONTENZIOSO NAZIONALE 127 teria, soprattutto con lart. 52 comma 3 della Costituzione, secondo il quale Lordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. Criteri ordinatori della disciplina in esame sono lautonomia dellordinamento militare rispetto agli altri settori dellordinamento giuridico e il riconoscimento delle specifiche esigenze funzionali proprie degli strumenti militari. Entrambi i principi sono rinvenibili nella nuova disciplina specifica degli alloggi di servizio del personale militare, i cui articoli, cos come formulati, recepiscono pienamente le conclusioni alle quali era gi pervenuta la giurisprudenza in materia di giurisdizione. La regola quella, ora codificata nellart. 231 commi 1 e 4, che tutti gli alloggi di servizio per il personale militare realizzati su aree ubicate allinterno di basi, impianti, installazioni militari o posti al loro diretto e funzionale servizio, essendo infrastrutture militari destinate alla difesa nazionale, appartengono al demanio militare. Passando allesame degli articoli del codice relativi agli alloggi di servizio, deve farsi riferimento innanzitutto alla sezione I intitolata Alloggi di tipo economico , in particolare al capo VII. Lart. 279 distingue varie classi di alloggi di servizio di tipo economico, tra le quali vengono espressamente individuati gli alloggi di servizio gratuito per consegnatari e custodi (ASGC), connessi allincarico, con o senza annessi locali di rappresentanza (ASIR-ASI), e gli alloggi di servizio di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari (AST). Il carattere della temporaneit testualmente richiamato in relazione ai terzi: gli alloggi di servizio di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari di cui al comma 1, lettera c), dellarticolo 279, sono assegnati in base a criteri di rotazione e secondo modalit stabilite con il regolamento, al personale che presta servizio nella localit in cui situato lalloggio (art. 283). Gli alloggi di servizio connessi allincarico, invece, sono assegnati al personale militare dipendente cui sono affidati incarichi che richiedono lobbligo di abitare presso la localit di servizio, e la concessione decade con la cessazione dallincarico dal quale lutente trae titolo (art. 281 comma 1 e 4). Anche la concessione degli alloggi di servizio gratuito per consegnatari e custodi scade con la cessazione dellincarico dal quale lutente trae titolo (art. 280). Dunque anche per queste tue tipologie di alloggi permane il carattere della temporaneit, seppur dipendente e connessa al permanere dellincarico specificatamente qualificato. Relativamente al regime cui assoggettata lassegnazione degli alloggi sancito che per tutto quanto non previsto nella presente sezione e nelle relative norme regolamentari, lassegnazione degli alloggi assoggettata al regime delle concessioni amministrative (art. 290). 128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 La disciplina della costituzione, classificazione e destinazione degli alloggi di servizio di tipo economico trova una regolamentazione pi dettagliata nelle disposizioni del Capo I, Titolo III, del D.P.R. n. 90. In particolare la sezione IV dedicata alla cessazione, decadenza e revoca delle concessioni, alle proroghe e al recupero degli alloggi. Infatti lart. 329 prevede espressamente che la concessione di qualsiasi tipo di alloggio cessa con la perdita del titolo del quale la stessa abbia avuto luogo. Costituiscono motivo di perdita del titolo, tra laltro, la cessazione dellincarico per il quale stato concesso lalloggio ASGC, ASIR e ASI e, limitatamente al concessionario di alloggio AST, il trasferimento in altra sede, fatte salve le movimentazioni nellambito della stessa circoscrizione alloggiativa, o limbarco su unit navale ascritta ad altra sede, ottenuto a domanda, previa acquisizione del parere tecnico della competente commissione di controllo per gli alloggi (art. 331 commi 1, 4 e 5). Nellambito degli alloggi di servizio per il personale militare dellArma dei Carabinieri vengono individuate ulteriori specifiche categorie (v. art. 295 comma 1): gli alloggi di servizio gratuiti connessi allincarico, la cui concessione decade con la cessazione dellincarico, ASGI, e gli alloggi di servizio in temporanea concessione, ASTC (v. art. 295 comma 2). Viene nuovamente ribadita, quindi, la natura temporanea della concessione, espressamente oppure in relazione funzionale alla durata dellincarico. La disciplina attuativa degli alloggi di servizio dei carabinieri si ritrova nel Capo II del D.P.R. n. 90, dagli artt. 362 a 397, i quali regolamentano la classificazione delle due tipologie di alloggi proprie dellArma dei Carabinieri. Gli alloggi ASGI, i quali sono assegnati ai titolari degli incarichi al fine di assicurare la loro costante e immediata disponibilit, nonch lefficienza dei servizi e la sicurezza delle caserme (art. 363). La concessione degli alloggi ASTC dura 8 anni, rinnovabile per una sola volta e in caso di trasferimento in comune limitrofo al comune di sede dellalloggio, la concessione cessa al termine del novantesimo giorno dalla data di effettuazione del movimento del militare, o dalla data in cui avrebbe dovuto effettuarsi ed prorogata fino al termine dellanno scolastico in corso in caso di trasferimento del concessionario con figli a carico aventi obblighi di studio (art. 371). La concessione cessa con la perdita del titolo in virt del quale la stessa ha avuto luogo; costituiscono motivi di perdita del titolo, tra laltro, il termine della durata della concessione di alloggi di servizio in temporanea concessione, la cessazione dal servizio attivo e il trasferimento in altra sede. Sotto ulteriore profilo, in relazione alla previsione di un programma pluriennale per la costruzione, ristrutturazione e acquisto degli alloggi di servizio costituenti infrastrutture militari e opere destinate alla difesa nazionale, si distinguono tre tipi di alloggi: gli alloggi da assegnare al personale per il periodo CONTENZIOSO NAZIONALE 129 di tempo in cui si svolgono particolari incarichi di servizio richiedenti la costante presenza del titolare nella sede di servizio; gli alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile in ragione delle esigenze di mobilit e abitative; gli alloggi da assegnare con possibilit di opzione di acquisto mediante riscatto (v. art. 297). Pertanto, la temporaneit caratterizza anche queste tipologie di alloggi, essendo esplicitamente richiamata per le prime due categorie, le quali richiamano quelle di cui agli artt. 279, 281 e 283 del codice dellordinamento militare. Infine, lart. 306, rubricato Dismissione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa, (capo I, titolo IV Valorizzazione e dismissione di beni immobili e mobili), riferendosi agli alloggi di servizio non realizzati su aree ubicate allinterno di basi, impianti, installazioni militari o posti al loro diretto e funzionale servizio, quindi non necessari (cio ad una ipotesi residuale rispetto alloggetto dellintera disciplina ex art. 231), consente che, nella misura in cui tali alloggi sono ritenuti inutili dalla pubblica amministrazione (tanto da poter essere locati o alienati), su questi possa essere mantenuta, in relazione a parametri reddituali da individuare, la conduzione in capo agli utenti degli alloggi di servizio, ancorch si tratti di personale in quiescenza o di coniuge superstite non separato n divorziato, ovvero, se legalmente separato o divorziato, ovvero titolare, in virt del provvedimento di separazione o di divorzio, ovvero del provvedimento giudiziale provvisorio, del diritto allassegnazione dellalloggio adibito a residenza familiare, purch non siano proprietari di altro alloggio di certificata abitabilit (per una disciplina pi dettagliata si veda lart. 403 del D.P.R. n. 90) Il dato positivo incontrovertibile lespressa qualificazione degli alloggi di servizio di cui allart. 231 del d.lgs. 66/2010 come appartenenti al demanio militare in virt della loro peculiare natura funzionale, e soggetti, quindi, ad una concessione amministrativa caratterizzata dalla temporaneit, per espressa previsione legislativa o per connessione funzionale con lo specifico incarico. In altri termini il dato positivo conferma linconciliabilit dellalloggio di servizio con listituto dellassegnazione della casa coniugale. Avv. Grazia Matteo* Dott.ssa Mariagiovanna Zubbo** (*) Avvocato dello Stato. (**) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Tribunale di Bari, Sezione distaccata di Altamura, ordinanza dell11 maggio 2010 - Giudice monocratico Errede. (Omissis) Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 20.10.2009 A. G. chiedeva all'intestato Tribunale di voler "disporre alla Amministrazione della Difesa, Al Comando Regionale dei Carabinieri Puglia ed al Comandante della Stazione dei Carabinieri di Altamura quei provvedimenti opportuni e necessari per la tutela dei diritti della parte ricorrente in particolare rinviando l'eventuale rilascio dell'alloggio all'esito dell'udienza presidenziale e dei conseguenti provvedimenti urgenti ed indifferibili in ordine alla casa coniugale ed all'affido dei figli. Con termine per l'avvio del procedimento di merito nei confronti del coniuge S. O. teso all'ottenimento del risarcimento dei danni morali e materiali che il suo comportamento sta causando all'istante ed ai suoi figli. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio". Deduceva la ricorrente che aveva contratto matrimonio concordatario il 12.08.1989 con S. O., brigadiere dei carabinieri, dal quale erano nati due figli, V. e A., quest'ultimo minore, che il proprio coniuge dal 14.12.2008 si era allontanato dalla casa coniugale costituita dall'alloggio di servizio sito in Altamura alla via (omissis) chiedendo ed ottenendo il trasferimento al (omissis) e l'assegnazione di un nuovo alloggio di servizio nella nuova sede di lavoro, che in data 29.09.2009 le era stato notificato ricorso per separazione giudiziale con addebito nel quale il S. chiedeva l'assegnazione dell'alloggio occupato dalla ricorrente e dai figli, che il Comando Interregionale dei Carabinieri aveva disposto il rilascio di quell'alloggio di servizio disponendo a richiesta del S. un differimento del rilascio sino al 01.09.2009, ci dedotto la ricorrente prospettandone i presupposti del fumus, relativamente al diritto di occupare l'alloggio quale casa coniugale, e del periculum in mora, derivante dal rilascio dell'alloggio specie per il figlio minore, invocava tutela cautelare urgente al fine di rinviare l'eventuale rilascio dell'alloggio. Resisteva il Ministero della difesa eccependo il difetto di giurisdizione del Tribunale adito per essere la relativa controversia devoluta alla cognizione del giudice amministrativo in sede esclusiva, l'incompetenza territoriale della sezione distaccata di Altamura in favore della competenza della sede centrale del Tribunale di Bari, quale giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato, il difetto di legittimazione attiva della ricorrente, l'inammissibilit del ricorso e l'infondatezza di esso per difetto dei presupposti della cautela, concludendo per la declaratoria del difetto di giurisdizione, dell'incompetenza territoriale, di inammissibilit, improponibilit del ricorso ovvero per il suo rigetto, il tutto con vittoria di spese, competenze ed onorari. Resisteva, inoltre, S. O. eccependo l'inammissibilit del ricorso, difettando il presupposto della residualit del rimedio ex art. 700 c.p.c per avere l'ordinamento predisposto nell'ambito del procedimento di separazione i rimedi tipici rappresenti dai provvedimenti presidenziali, e nel merito l'infondatezza del ricorso di cui chiedeva il rigetto. L'eccezione preliminare di difetto di giurisdizione del Tribunale adito sollevata dal Ministero resistente fondata. Rileva il giudicante, infatti, nel caso di specie trattasi di controversia relativa al rilascio dell'alloggio di servizio assegnato al coniuge S. O. in quanto militare in servizio presso i CC di Altamura per agevolare lo svolgimento delle sue mansioni ed assicurare una sua maggiore presenza e migliore reperibilit nel luogo di prestazione della propria attivit lavorativa, con atto di concessione del Comando Regione Carabinieri Puglia del 1 dicembre 2003 (cfr. doc. 3 fascicolo Ministero resistente). CONTENZIOSO NAZIONALE 131 Ne deriva che rilevando una questione inerente un rapporto di concessione di uso di beni pubblici e non avendo la ricorrente titolo autonomo per continuare ad usare il bene, essendo venuti meno i presupposti di cui al Decreto interministeriale dell'interno e della difesa datato 03.06.1989 (relativo alla disciplina dell'assegnazione degli alloggi di servizio gratuiti connessi all'incarico del S.), n avendo la ricorrente prospettato una carenza di potere in astratto o in concreto relativamente all'intimato rilascio dell'alloggio, deve affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo. La particolarit della vicenda e delle questioni interpretative trattate impone la totale compensazione delle spese di questo giudizio. PQM Visti gli artt. 700 e 669 septies c.p.c, dichiara il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo competente a conoscere della domanda cautelare presentata con ricorso depositato il 20.10.2009 da A. G. Spese compensate per intero. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di rito Altamura, 08.05.2010 Tribunale di Bari, II Sezione civile, ordinanza dell11 maggio 2009 - Giudice dellesecuzione Di Lalla. (Omissis) II Giudice della Esecuzione, letti gli atti relativi del procedimento promosso da D. L. nei confronti della Amministrazione della Difesa; rilevato che la opposizione attiene a sfratto disposto in via amministrativa sulla base di provvedimento di revoca della assegnazione dell'alloggio di servizio; considerato che il rapporto di godimento dell'alloggio trae origine da concessione amministrativa dell'uso di beni pubblici, si che ogni controversia in ordine al rilascio, in dipendenza di eventuali vizi del provvedimento di revoca della concessione, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo; ritenuto che non residui spazio per la giurisdizione del giudice ordinario, atteso che: a) la revoca della concessione ha efficacia nei confronti di qualunque occupante l'alloggio; b) non configurabile, n viene prospettata, ipotesi di carenza assoluta di potere nella adozione del provvedimento; e) non individuabile un titolo autonomo di godimento in capo al coniuge separato, per effetto del subingresso nel rapporto di godimento dell'alloggio di servizio; d) comunque tale subingresso non potrebbe avere effetto oltre la cessazione dello stesso rapporto di servizio; ritenuto che, per le stesse ragioni, non possano essere adottati da parte del giudice ordinario provvedimenti di differimento dell'esecuzione in applicazione dei benefici previsti in materia dalla disciplina delle locazioni urbane; PQM rigetta la istanza di sospensione della esecuzione e per l'effetto revoca il decreto di sospensione del 25 marzo 2009; fissa il termine di giorni trenta per la instaurazione del giudizio di opposizione. Bari, 15 aprile 2009 132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Ammissibilit della costituzione di parte civile nei confronti dellente imputato ex d.lgs. n. 231/01 (Tribunale di Milano, Sezione IV Pen., ordinanza 16 settembre 2010) Per la prima volta, con la pronuncia che si pubblica di seguito, il Tribunale di Milano ha ammesso al dibattimento la costituzione di parte civile nei confronti dellente chiamato a rispondere ex d.lgs. n. 231 del 2001. Lordinanza stata emessa nel procedimento, noto per linteresse che ha destato sugli organi di informazione, relativo alle c.d. quote latte. Gli imputati persone fisiche venivano tratti a giudizio ex artt. 110, 640 II c. e 314 c.p. perch, ricoprendo cariche apicali nelle societ imputate ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, si appropriavano di somme e aggiravano gli obblighi di versamento del prelievo supplementare, inducendo in errore gli enti pubblici preposti alla gestione e al controllo del regime delle quote latte, procurando a loro stessi e alle citate societ, nonch ai produttori che a queste avevano conferito latte, un ingiusto profitto costituito dallimporto di prelievo non versato pari a una somma complessiva particolarmente cospicua. La difesa erariale, nellinteresse di Agea, chiedeva la costituzione di parte civile nei confronti delle persone fisiche e delle societ imputate. Giova soffermarsi, seppure sinteticamente, sulle ragioni dedotte a sostegno della richiesta costituzione di parte civile nei confronti degli enti collettivi. Lart. 185 c.p. vincola alla responsabilit civile chi abbia commesso un reato dal quale scaturiscano conseguenze patrimoniali o non patrimoniali. E stato sostenuto in giurisprudenza che, siccome il d.lgs. n. 231 del 2001 non introduce un illecito penale, lente non potr essere chiamato a rispondere delle conseguenze civilistiche di un illecito penale che non pu commettere. Pertanto potr essere citato esclusivamente in qualit di responsabile civile ai sensi degli artt. 83 s. c.p.p. Lassunto non persuade dal momento che la qualificazione dellillecito come amministrativo non di per s stringente n vincolante. A sostegno di ci, spontanea linvocazione alle misure di sicurezza definite amministrative dal codificatore, ma sulla cui natura penalistica non si dubita. Come per le misure di sicurezza, al di l del nomen juris, assumono rilievo le regole del processo e lautorit competente a emettere la decisione. Inoltre, nella fattispecie, il quid tutelato costituito dal bene giuridico del reato-presupposto della responsabilit dellente. Il sistema di imputazione della responsabilit in capo alla persona morale, tendenzialmente a rimbalzo, opera nella conclamata ipotesi di commissione di un illecito penale nellinteresse o vantaggio dellente collettivo. E pertanto CONTENZIOSO NAZIONALE 133 imprescindibile, sotto il profilo della lesione del bene giuridico tutelato, un rapporto di pregiudizialit fra il reato e lillecito dellente. Coincidendo i beni giuridici tutelati, non vi fondata giustificazione per ritenere che il legislatore individui nella condotta umana un reato e, di contro, uninfrazione amministrativa per lente collettivo. Ma anche nellipotesi in cui si volesse ritenere che il d.lgs. cit. introduce una responsabilit amministrativa (e non penale) dellimpresa, si ritiene che la costituzione di parte civile nei confronti dellente collettivo sia ammissibile. Il provvedimento di riforma del 2001 configura indubbiamente una nuova ipotesi di illecito che pu essere fonte di responsabilit civile. E il combinato disposto dellart. 2043 c.c. e del d.lgs. n. 231 del 2001 ad ammettere lesercizio dellazione civile che potr proporsi nelle forme del giudizio civile oppure nel processo a carico della societ davanti al giudice penale. La costituzione di parte civile non costituisce altro che lesperimento della pretesa civilistica di tipo aquiliano nascente da un illecito per il quale competente il giudice penale. A ci non si oppone lart. 185 c.p., specificazione dellart. 2043 c.c., per il quale certamente non invocabile il divieto di analogia giacch non viene a costituire norma penale, pur essendo prevista dal Codice Rocco, ma civile in quanto disciplina la responsabilit risarcitoria. A sostegno della tesi proposta si fa richiamo alle norme di chiusura del mini-codice della responsabilit dellente che prevedono, nel procedimento relativo a illeciti amministrativi dipendenti da reato, losservanza delle disposizioni del codice di procedura penale (art. 34 d.lgs. cit.) nonch lapplicazione delle disposizioni relative allimputato in quanto compatibili (art. 35). A fronte della richiesta presentata da Agea, e altres dalla Regione Lombardia, il Tribunale ha ammesso la costituzione di parte civile con motivazione convincente che fa richiamo alla natura della responsabilit da reato, introdotta dal d.lgs. n. 231/01 per igli enti collettivi, e alle esigenze di tutela della vittima cui preposto altres il superamento del principio societas delinquere non potest. Per scrupolo difensivo, lAgenzia chiedeva in giudizio la citazione delle societ imputate indicate in epigrafe in qualit di responsabili civili. Citazione del responsabile civile e costituzione di parte civile nei confronti delle societ sopra indicate non sono incompatibili giacch presuppongono responsabilit differenti. Luna indiretta, ai sensi dellart. 2049 c.c., in ragione del rapporto che lega limputato allente; la seconda diretta con riguardo allautonoma responsabilit del soggetto collettivo a titolo di illecito amministrativo dipendente da reato. Potrebbe in ipotesi configurarsi, essendo autonomi gli illeciti contestati a societ e imputati, lassoluzione dei secondi e la responsabilit dellimpresa. E dunque giustificata la richiesta contestuale di costituzione di parte civile e 134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 citazione del responsabile civile nei confronti delle sopra menzionate societ. Il Tribunale ha escluso la citazione in qualit di responsabile civile con motivazione non del tutto convincente. Ad avviso del Collegio citazione del responsabile e costituzione di parte civile costituirebbero una sorte di duplicazione. Laffermazione pu essere condivisa in ossequio al principio di concentrazione, ma non per le ragioni addotte dal Tribunale. Secondo i giudici di merito, va escluso che il medesimo soggetto sia chiamato a rispondere civilisticamente oltre per fatto proprio (come si ritenuto), anche per fatto altrui. La motivazione, ove interpretata letteralmente, rischia di rappresentare un passo avanti rispetto alla precedenza giurisprudenza, nellammettere la costituzione di parte civile, e contestualmente un pericoloso passo indietro, nellescludere la responsabilit indiretta dellente. Vi motivo di ritenere che la pronuncia vada interpretata nel senso che la esclusione della citazione di parte civile sia dettata dallesigenza di rispettare il principio di ragionevole durata del giudizio, ossia volta a non ritardare linizio del dibattimento con riguardo a un soggetto che gi in causa. Pertanto, viene consentito alla parte civile di dispiegare, al contempo, con la predetta costituzione, tanto lazione risarcitoria per la dedotta responsabilit autonoma dellente ex art. 2043 c.c., quanto quella per responsabilit indiretta dellente, ai sensi dellart. 2049 c.c. Si realizza cos una esigenza di concentrazione finalizzata ad assicurare la pi ampia gamma di tutela alla persona offesa. Avv. Francesco Vignoli* Tribunale di Milano, Sezione IV penale, ordinanza del 16 settembre 2010 - Pres. Magi. (Omissis) OSSERVA 1) La richiesta di esclusione della costituzione di parte civile nei confronti delle persone giuridiche poggia sull'osservazione della assenza di tale istituto nel corpo sistematico del d.l.vo. 231/2001. A sostegno della presente istanza, le parti hanno richiamato l'ordinanza del GUP dr.ssa Di Censo in data 01.03.2010 che ha concluso per l'inammissibilit della costituzione di parte civile nei confronti delle persone giuridiche. Ritiene il Collegio che gli argomenti spesi nella suddetta ordinanza, seppure pregevoli, non siano condivisibili. E ci in forza di un'interpretazione sistematica e parallela delle norme che disciplinano la responsabilit amministrativa dell'ente e delle norme processualpenalistiche Si tratta di profilo che - a parere del Tribunale - non involge alcuna analogia in malam partem (*) Avvocato dello Stato, presso lAvvocatura distrettuale dello Stato di Milano. CONTENZIOSO NAZIONALE 135 limitandosi a toccare aspetti ermeneutici. Come noto, la questione stata trattata ormai in varie pronunce di merito, con risultati contrastanti. L'orientamento seguito da questo Tribunale poggia sulla formulazione del giudizio di compatibilit delle norme relative alla costituzione di parte civile rispetto al sistema di responsabilit delle persone giuridiche introdotto dal ben noto d.l.vo 231/2001. Giudizio l cui formulazione richiesta dal combinato disposto degli artt. 34 e 35 del suddetto D.L.vo. Il richiamo alla applicabilit delle norme del codice di procedura penale in quanto compatibili viene ad introdurre il ventaglio degli istituti processualpenalistici nel corpo dell'apparato normativo di cui al D.L.vo 231/2001, con il filtro del giudizio di compatibilit. Orbene il richiamo dell'art. 34 rimanda direttamente al contenuto dell'art. 74 cpp e da qui, pare potersi altrettanto affermare, al contenuto dell'art. 185 cp. In altre parole, ritiene questo Tribunale che il tracciato dell'art. 185 cp, vale a dire il concetto di "responsabilit da reato" sia direttamente collegabile alla nozione di "responsabilit dipendente da reato" di cui all'art. 1 d.l.vo 231/2001. Si tratta di titolo di responsabilit per fatto proprio, causalmente collegato alla commissione del fatto reato con la sola peculiarit di promanare dalla complessiva condotta di un soggetto avente personalit giuridica. Peculiarit che comunque temperata dal richiamo operato dall'art. 35 d.l.vo 231/2001 che dispone l'applicabilit all'Ente delle norme processuali previste per l'imputato (in quanto compatibili). Il giudizio di compatibilit deve, inoltre, tener conto della ratio sottostante al sistema del d.l.vo 231/2001, che prevede la diretta sollecitazione di condotte "virtuose" tramite l'introduzioni di effetti premiali per l'ente. Tra tutti giova qui ricordare la significativa pregnanza dell'integrale risarcimento del danno e della eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, laddove tali condotte siano state tenute dall'ente prima dell'apertura del dibattimento (artt. 12 e 17 d.l.vo cit). Al di l degli aspetti pi strettamente premiali, non pu non rilevarsi un chiaro e significativo interesse del legislatore per il momento risarcitorio che verrebbe fortemente compromesso dalla prospettiva della non azionabilit della pretesa civile in questa sede. Non ultimi, poi, vanno richiamati i principi di concentrazione e di economia processuale che pu affermarsi sottendano all'intero sistema processualpenalistico (secondo una lettura costituzionalmente orientata), tanto pi laddove si ricordi che l'accertamento della responsabilit di cui al D.L.vo 231/2001 devoluto al solo giudice penale. Gli argomenti sopra svolti portano pertanto il Tribunale a ritenere ammissibile la costituzione di parte civile nei confronti delle persone giuridiche qui imputate, dovendosi pertanto rigettare la richiesta di esclusione qui formulata; 2) Deve invece qui trovare accoglimento l'istanza svolta in via subordinata dalla difesa della (omissis), in relazione alla richiesta di citazione delle medesime persone giuridiche quali responsabili civili. In effetti la ritenuta ammissibilit della costituzione di parte civile nei confronti delle persone giuridiche esclude in via logica ancor prima che giuridica che il medesimo soggetto sia chiamato a rispondere civilisticamente oltre per fatto proprio (come si ritenuto), anche per fatto altrui; (omissis) P.Q.M. AMMETTE la costituzione delle parti civili che ne hanno fatto richiesta anche nei confronti di.... Milano, 16.9.2010 P A R E R I D E L C O M I TAT O C O N S U LT I V O A.G.S. - Parere del 28 aprile 2010 prot. 144637 - avv. Stato Gabriella Palmieri - AL 46391/08. Accise sui tabacchi. Il depositario, che fruisce del regime di sospensione dallaccisa, responsabile in caso di ammanco, da equiparare alla immissione in consumo 1. Codesta Amministrazione ha chiesto a questa Avvocatura un parere circa il particolare regime della responsabilit del soggetto distributore (rectius depositario fiscale di destinazione) con riferimento alla disciplina giuridica dei depositi fiscali di tabacchi lavorati. Nella richiesta di parere si richiama la normativa comunitaria e nazionale di riferimento, in particolare, la direttiva 92/12/CEE del 25 febbraio 1992 e la legge di recepimento, il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427. Si ricordano, inoltre, le modalit di trasferimento nel territorio nazionale dei tabacchi lavorati, con riguardo alla DAA (documento amministrativo di accompagnamento) e si fa, quindi, riferimento alla fattispecie concreta rappresentata dall'ipotesi in cui, presso un deposito fiscale situato in Italia, risultino mancanti, successivamente alla presa in carico, tabacchi lavorati spediti da altro deposito fiscale. Codesta Amministrazione ritiene che, in applicazione dei principi regolanti la materia delle accise, in tale ipotesi specifica, sia il titolare del deposito di destinazione a dover rispondere dell'accisa corrispondente. Alcuni depositari ritengono, invece, che, nell'ipotesi in cui si accertino, dopo la presa in carico del prodotto spedito, mancanze all'interno delle confezioni perfettamente sigillate, non si possa applicare la presunzione di immissione in consumo, perch non potrebbe ritenersi immesso, nemmeno irregolarmente, ci che non mai pervenuto; e, riterrebbero, quindi, pi corretto imputare tali mancanze al deposito produttivo di spedizione. 138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 2. Acquisiti chiarimenti anche per le vie brevi, si osserva quanto segue. Nel caso in esame occorre, preliminarmente, ricordare che, come precisato anche da codesta Amministrazione, per mancanza all'origine si intende il caso in cui il deposito destinatario di una spedizione di tabacchi (depositario fiscale autorizzato), dopo aver preso in carico il quantitativo di prodotto indicato nel documento amministrativo di accompagnamento, all'atto dell'apertura di una confezione integra, riscontri una mancanza di prodotto. In base alle disposizioni vigenti in materia (direttiva 92/12/CEE, recepita con il citato decreto-legge n. 331/93, convertito nella citata legge n. 427/93 e direttiva 2008/118/CE del 18 dicembre 2008, recentemente recepita con il decreto legislativo 29 marzo 2010 n. 48), con la presa in carico del prodotto da parte del destinatario, il deposito mittente esonerato da qualsiasi responsabilit di natura fiscale. Codesta Amministrazione ha, quindi, ritenuto che della mancanza riscontrata debba rispondere il depositario fiscale di destinazione, sul quale, pertanto, incombe lonere di versare, in applicazione del principio per il quale lo svincolo irregolare da un regime sospensivo equiparato all'immissione in consumo, l'accisa gravante sui tabacchi mancanti. Codesta Amministrazione, pertanto, riscontrata la mancanza del prodotto, ha chiesto al deposito di destinazione di versare l'accisa corrispondente. Attesa la peculiarit della fattispecie in esame (l'integrit dei pallettes o delle stecche lascia presumere che non ci sia stato un furto durante il trasporto), codesta Amministrazione, nel 2003, aveva predisposto una procedura in base alla quale il depositario di destinazione versava l'accisa gravante sul prodotto mancante, soltanto dopo che il deposito mittente, interessato al riguardo, avesse comunicato che presso il proprio deposito non era stata accertata una corrispondente eccedenza o che la mancanza del prodotto non era dipesa da un difetto di condizionamento (note circolari dell'Amministrazione in tema di identificazione dei depositi fiscali). Si procedeva, quindi, allo scarico della partita contabile con debito d'accisa. Come osservato da codesta Amministrazione, per, tale procedura ha presentato una serie di criticit dovute al fatto che il deposito mittente e quello di spedizione hanno finito per far ricadere l'uno sull'altro la responsabilit della mancanza del prodotto, con la conseguenza che, per le mancanze di prodotto riscontrate nell'arco temporale 2001 - maggio 2008, risultano ancora non versate all'Erario, a titolo di accisa, cospicue somme di denaro. Riferisce codesta Amministrazione di aver attivato, pertanto, dal 1 giugno 2008 una procedura pi restrittiva, in base alla quale il deposito di distribuzione, dopo il riscontro della mancanza di prodotto, debitamente annotata sui registri contabili, tenuto a versare immediatamente, a prescindere dalla dichiarazione del deposito mittente, l'accisa corrispondente. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 139 La societ, attualmente titolare della quasi totalit della rete distributiva dei tabacchi lavorati, non si attenuta alle disposizioni impartite da codesta Amministrazione ed ha posto in evidenza la opportunit di individuare una procedura che, nel rispetto degli indubbi interessi sottostanti, coinvolga anche i produttori (deposito mittente) che, rispetto alle mancanze di prodotto all'origine hanno, a suo avviso, la maggiore responsabilit, considerato che i suddetti eventi avvengono proprio all'interno dei siti produttivi. 3. Occorre ricordare che la citata direttiva 2008/118/CE del Consiglio, relativa al regime generale delle accise, ha abrogato la precedente direttiva 92/12/CE, e che ad essa stata data attuazione con il citato decreto legislativo n. 48/2010. La predetta direttiva 2008/118/CE non ha, per, modificato la disciplina previgente con riferimento allindividuazione dell"immissione in consumo". All'art. 7, comma 1, infatti, ha ribadito che "l'accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell'immissione in consumo"; e, al comma 2, che "ai fini della presente direttiva per immissione al consumo" si intende, in base alla lettera a), "lo svincolo, anche irregolare, dei prodotti sottoposti ad accisa da un regime di sospensione dell'accisa". La direttiva ha, quindi, confermato l'equiparazione dell'immissione in consumo allo svincolo irregolare prevista dall'art. 6 della previgente direttiva e disciplinata, con una norma di identico tenore, dall'art. 2, comma 2, lett. b), del decreto-legge n. 331/1993 citato. Tale equiparazione , poi, corroborata dal successivo art. 8 della direttiva 2008/118/CE, che individua, alla lettera a), il debitore dell'accisa avvenuta esigibile, nellipotesi in questione, art. 7, paragrafo 2, lettera a), al punto i), il depositario autorizzato. D'altronde, la Corte di Cassazione (Sez. Penale, a settembre 2006, n. 31404), in fattispecie analoga, ha statuito, in relazione al reato di sottrazione di prodotti al pagamento dell'accisa previsto dall'art. 43 D.Lgs. 26 ottobre 1995 n. 504, che devono considerarsi soggetti obbligati al pagamento: a) nel caso di regime sospensivo (che consente la fabbricazione, la detenzione e la circolazione dei prodotti in condizione di esenzione fino al momento in cui l'accisa diventa esigibile e, cio, fino al momento dellimmissione in consumo del prodotto nel territorio dello stato; immissione che comprende anche lo svincolo dal regime sospensivo o la fabbricazione o la importazione avvenuta al di fuori di un regime sospensivo), gli esercenti di depositi fiscali autorizzati dai quali avviene l'immissione in consumo, oppure gli operatori professionali, registrati o non registrati che ricevono prodotti in regime sospensivo o infine, i rappresentanti fiscali designati da depositari autorizzati di altro stato comunitario che esportino nel territorio nazionale; b) solo nel caso di circolazione del prodotto al di fuori del regime sospensivo, invece, i soggetti che procedono alla fabbricazione o all'importazione del prodotto. 140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Ha chiarito la Cassazione, dal sistema normativo complesso per il pagamento dellaccisa, analogo a quello vigente nella materia in questione, risulta che il debito tributario diventa esigibile al momento dellimmissione in consumo del prodotto; che la circolazione in regime sospensivo consentita solo fra depositi fiscali autorizzati e che, in caso di circolazione in regime sospensivo, soggetti obbligati al pagamento sono gli esercenti di depositi fiscali autorizzati dai quali avviene limmissione in consumo. Deve, quindi, concludersi nel senso che, in relazione alla titolarit degli obblighi e della conseguente responsabilit fiscale, questultima incombe sul titolare del deposito fiscale sino a quando il prodotto non viene consegnato ad altro deposito fiscale: la responsabilit dellesercente il deposito fiscale mittente, pertanto, cessa con lavvenuta conclusione delloperazione di trasporto (v. in tal senso, circolare n. 48/D dellAgenzia delle Dogane in data 26 luglio 2002). Daltronde, proprio in tema di pagamento di dazi doganali e di obbligazione tributaria doganale per le merci, la Corte di Giustizia CE, Sezione III, con la sentenza in data 5 ottobre 1983, nelle cause riunite 186 e 187/82, ha statuito che, secondo le norme comunitarie vigenti in materia doganale, la sottrazione, anche senza colpa del debitore, di merce soggetta a dazio doganale, non estingue la relativa obbligazione. Successivamente, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 373/1988, sulla base anche di un esame comparato degli altri ordinamenti e delle convenzioni internazionali (Kioto 1973), ha sottolineato, in linea con la citata decisione della Corte di Giustizia, in considerazione del tributo doganale (art. 37 D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 e successive modificazioni), come sia non obbligata e appartenga al contribuente la scelta di tenere in deposito le merci destinate alla circolazione commerciale, sicch il rischio che dipende dalla sua scelta, deve essere da lui sopportato senza che sia possibile addossarlo allAmministrazione finanziaria. Non pu, infatti, sottacersi che la disciplina dei rapporti fra mittente produttore (deposito mittente) e distributore fiscale (depositario fiscale di destinazione) attiene a un rapporto privatistico al quale codesta Amministrazione e deve restare estranea; che pu essere regolato da specifiche modalit della custodia e/o con la previsione di idonee garanzie accessorie, in applicazione del criterio generale dellordinaria diligenza e in correlazione dellassunzione del rischio dimpresa da parte del depositante. 4. Va, in conclusione, ribadito che, in base alla normativa comunitaria e alla normativa nazionale di recepimento vigenti, il produttore mittente liberato dalla responsabilit per il pagamento dellaccisa corrispondente al prodotto con la consegna al depositario fiscale, il quale tenuto, dalla consegna del prodotto, al pagamento dellaccisa relativa, che diventa esigibile nel momento dellimmissione in consumo alla quale equiparato lo svincolo irrego- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 141 lare da un regime sospensivo dellaccisa. La questione stata esaminata dal Comitato Consultivo che si espresso in conformit nella seduta del 14 aprile 2010 . A.G.S. - Parere del 12 giugno 2010 prot. 197534 - avv. Stato Agnese Soldani* - AL 38942/09. Rito del lavoro: sulle conseguenze non decadenziali della notifica effettuata oltre il termine ordinatorio di 10 giorni prescritto dallart. 435, comma 2, c.p.c. (ma entro il termine a comparire di 25 giorni prescritto dal comma 3) per la notifica del ricorso in appello e del decreto di fissazione delludienza LAvvocatura Distrettuale dello Stato di Milano ha investito questo G.U. della questione relativa alloggetto, in considerazione del fatto che la Direzione regionale delle Entrate di Milano, su sollecitazione della Direzione Centrale del Personale dellAgenzia delle Entrate, lha invitata, in una serie di appelli pendenti relativi a cause di lavoro nei quali lAmministrazione parte appellata, a sollevare eccezione di tardivit della notifica del ricorso in appello di controparte perch effettuata oltre il termine di 10 giorni prescritto dallart. 435, comma 2, c.p.c., sulla scorta del principio di diritto affermato nella sentenza delle SSUU n. 20604 del 30 luglio 2008, a tenore del quale nel rito del lavoro lappello pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione delludienza non sia avvenuta non essendo consentito - alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata (art. 111 Cost., comma 2) - al giudice di assegnare ex art. 421 c.p.c. allappellante, previa fissazione di unaltra udienza di discussione, un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dellart. 291 c.p.c.. Si concorda con lavviso dellAvvocatura Distrettuale circa il carattere di massima della questione, attesa lesigenza di adottare un indirizzo unitario, sia nei casi in cui lamministrazione difesa dallAvvocatura dello Stato parte appellata sia in quelli in cui appellante. Si tratta perci di stabilire se il principio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza menzionata debba ritenersi estensibile, dallipotesi di omessa notifica espressamente vagliata dal Collegio, a quella della notifica dellappello effettuata oltre il predetto termine di 10 giorni, per giungere alla conse- (*) Nella stesura del parere la Relatrice si avvalsa della collaborazione del dott. Daniele Spuri, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 guenza che anche la notifica tardiva importerebbe decadenza e conseguente improcedibilit del ricorso in appello. Al fine di fornire esauriente risposta al quesito posto due sono i passaggi logici che sembra opportuno affrontare, in quanto si tratta di stabilire: 1) quali siano le ragioni che hanno indotto le Sezioni Unite a ritenere che la omessa notifica dellappello e del decreto di fissazione delludienza (e dunque la totale inerzia dellappellante) comporti limprocedibilit dellappello; 2) se tali ragioni possano essere spese anche per stabilire quali siano le conseguenze della diversa ipotesi della tardiva notifica dellappello e del decreto di fissazione delludienza, vale a dire della notifica effettuata oltre il termine di 10 giorni stabilito dallart. 435, comma 2 c.p.c. Non sembra tuttavia inutile premettere, allesame delle cennate questioni, una precisazione riguardo alla decorrenza del termine di cui allart. 435, comma 2 c.p.c.. La Corte Costituzionale, con la sentenza del 4 gennaio 1977 n. 15 ha dichiarato lincostituzionalit di detta norma - per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione - nella parte in cui prevedeva che il decreto giudiziale dovesse essere notificato, unitamente al ricorso in appello, entro il termine di 10 giorni decorrenti dal deposito del decreto medesimo, anzich dalla sua comunicazione allappellante. Il Giudice delle Leggi ha infatti chiarito che nel quadro della garanzia costituzionale della difesa, ove un termine sia prescritto per il compimento di una certa attivit, la cui omissione si risolva in un pregiudizio della situazione tutelata, deve essere assicurata allinteressato la conoscibilit del momento di iniziale decorrenza, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il termine assegnatogli. Con siffatto principio, appunto, contrasta la disposizione impugnata, giacch ricollega il dies a quo del termine per la notificazione del decreto presidenziale di fissazione delludienza ad un evento (quale il deposito del provvedimento) di cui ben possibile che la parte non abbia tempestiva conoscenza. Tale premessa sintetizza i risultati maturati, seppur con riferimento ad altre norme, nella precedente giurisprudenza costituzionale e, in particolare, nelle sentenze 12 dicembre 1967 n. 139, 26 febbraio 1970 n. 34, 28 giugno 1971 n. 159, 7 novembre 1974 n. 255 e 4 gennaio 1977 n. 14 (1). Secondo la Corte il principio affermato deve ritenersi valido sia se si ritenga che il termine in questione ha natura perentoria, sia se ritenga che detto (1) La sentenza n. 139/67 ha dichiarato lincostituzionalit dellart. 305 c.p.c. (vecchio testo) in relazione allart. 301 c.p.c.; la sentenza n. 34/70 ha dichiarato lincostituzionalit dellart. 297, primo comma, c.p.c. (vecchio testo); la sentenza n. 159/71 ha dichiarato lincostituzionalit dellart. 305 c.p.c. (vecchio testo) in relazione allart. 299 c.p.c.; la sentenza n. 255/74 ha dichiarato lincostituzionalit degli artt. 131, primo e terzo comma, l.f. (vecchio testo) e 183, primo ed ultimo comma, l.f. (vecchio testo); la sentenza n. 14/77 ha dichiarato lincostituzionalit degli artt. 426 c.p.c. e 20 l. n. 533/73. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 143 termine ha natura ordinatoria (cos privando di rilevanza, ai fini della soluzione della questione di costituzionalit, lindagine sulla effettiva natura del termine in questione), in quanto anche a voler avallare la tesi della natura ordinatoria del termine, non ogni conseguenza pregiudizievole per il diritto di difesa sarebbe stata superata. Invero, la ritenuta non perentoriet del termine consentirebbe, infatti, di escludere, che pur dopo il suo decorso, resti allappellante preclusa la notificazione del decreto, ma non lo porrebbe al riparo dalle conseguenze che con particolare riguardo al procedimento di impugnazione possono riconnettersi alla violazione del termine a comparire che proprio in dipendenza della non tempestiva conoscenza del decreto lappellante non fosse stato in grado di rispettare. Il pregiudizio della difesa (nel senso sopra indicato) neppure pu essere, daltra parte, (sempre) evitato con luso della normale diligenza da parte del procuratore dellappellante. Basta considerare lipotesi in cui il Presidente del tribunale abbia (come gli consentito dal comma primo dellart. 435 cit.) fissato ludienza di discussione in coincidenza con la scadenza del termine (di 35 giorni) risultante dallesatto computo di dieci giorni previsti per la notifica del ricorso (ex comma secondo) e dei 25 giorni stabiliti come termine minimo di comparizione (ex comma terzo art. 435 cit.). Con riferimento a tale ipotesi, la diligenza dovrebbe, infatti, spingersi (con ci superando il limite della normalit) fino al punto di un controllo giornaliero: anche oltre il termine (meramente ordinatorio) di giorni cinque (dal deposito del ricorso) per la emanazione del decreto presidenziale di fissazione dudienza. Dal principio enunciato dalla Corte Costituzionale, discende che si costituito in capo alla cancelleria un vero e proprio obbligo di comunicazione del decreto di fissazione delludienza e che solo dalla data di tale comunicazione possa validamente decorrere il termine di 10 giorni - a prescindere dalla sua ritenuta natura ordinatoria o perentoria - per la notifica allappellato, a cura dellappellante, del ricorso in appello e del decreto medesimo. Ulteriore corollario di tale principio, poi, la considerazione che, nel caso di omessa comunicazione da parte della cancelleria, la parte che non provveda alla notifica non incorre in alcuna decadenza, perch il relativo termine non ha mai iniziato a decorrere. Pare tuttavia opportuno precisare che costituisce senzaltro strumento equipollente alla comunicazione de qua il rilascio, a richiesta dellappellante, di copia del decreto di fissazione delludienza, sicch in tale ipotesi il termine decorrer dalla data di tale rilascio. Tanto premesso, chiarito che il problema delle conseguenze della inosservanza del termine per notificare lappello si pone solo nellipotesi in cui la omessa o tardiva notifica non sia stata causata da una mancata comunicazione del decreto di fissazione delludienza da parte della cancelleria, si possono affrontare nella corretta prospettiva le questioni che pi direttamente investono 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 la problematica allesame di questo G.U. 1) La sentenza delle Sezioni Unite del 30 luglio 2008 n. 20604: le ragioni della non concedibilit di un nuovo termine per notificare lappello in caso di omessa notifica allappellato, da parte dellappellante, del ricorso in appello e del decreto di fissazione delludienza 1.1 Levoluzione giurisprudenziale precedente alla sentenza 20604/2008 Il problema della rinnovabilit del termine per la notifica dellappello in caso di omessa notifica da parte dellappellante oggetto di vexata quaestio date le ondivaghe pronunce dei giudici di legittimit - stato, da ultimo, risolto nella sentenza 30 luglio 2008 n. 20604 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione adottando conclusioni che si discostano profondamente dai precedenti arresti giurisprudenziali delle stesse Sezioni Unite. Il laitmotiv della pronuncia costituito dalla rilettura dellimpianto normativo concernente la corretta procedura di instaurazione dellappello nel rito del lavoro (in particolare, gli artt. 153, 154 e 291 c.p.c. in relazione allart. 435 c.p.c.), alla luce del nuovo principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Prima di procedere allesame della pronuncia, e al fine di comprenderne a pieno la portata, non sembra inutile tracciare un sintetico excursus storico che delinei i due indirizzi che nel tempo si sono maggiormente accreditati. La Cassazione, con pronunce speculari relative a casi di omessa notifica, aveva affermato, ora che lappello doveva essere dichiarato improcedibile, ora che doveva essere attribuita efficacia sanante alla rinnovazione del termine per la notifica ex art. 291, primo comma, c.p.c., a tenore del quale Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullit nella notificazione della citazione, fissa allattore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza. Se il convenuto non si costituisce neppure alludienza fissata a norma del comma precedente, il giudice provvede a norma dellarticolo 171 ultimo comma. A sostegno della tesi dellimprocedibilit dellappello si era rilevato che linesistenza in fatto o in diritto della notifica produceva inevitabilmente una situazione definitiva di carenza del contraddittorio - non emendabile ai sensi dellart. 291, primo comma, c.p.c. che poteva essere applicato solo al diverso caso della nullit della notifica - tale da imporre la definizione del giudizio di gravame con una pronuncia dichiarativa di improcedibilit. In senso contrario, a favore dellefficacia sanante della rinnovazione del termine per la notifica ex art. 291, primo comma, c.p.c., altro orientamento giurisprudenziale (inaugurato con la sentenza delle Sezioni Unite PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 145 del 1 marzo 1988 n. 2166) aveva posto laccento sulle differenze, tra rito ordinario e rito del lavoro, della fattispecie introduttiva del giudizio di secondo grado: nelle cause di lavoro la fattispecie introduttiva del giudizio dappello (editio actionis) si esaurisce con il deposito del ricorso in cancelleria, mentre resta estranea al suo perfezionamento (diversamente da quanto avviene nel rito ordinario) la fase della notifica che, nel rito speciale del lavoro, ha la mera funzione di vocatio in ius. Ne consegue che tanto la nullit radicale o inesistenza giuridica, oppure la omissione della notificazione del ricorso introduttivo e del decreto con cui il giudice fissa ludienza, quanto la nullit dovuta al mancato rispetto del termine minimo per la comparizione (artt. 415 comma 5 e 435 comma 3) sono vizi passibili di sanatoria mediante costituzione del convenuto o appellato o mediante rinnovazione disposta dal giudice, in ogni caso, soltanto con effetto ex nunc, con salvezza, cio, dei diritti quesiti. A tale contrasto giurisprudenziale avevano (apparentemente) posto fine le sentenze delle Sezioni Unite 29 luglio 1996 n. 6841 e 25 ottobre 1996 n. 9331, identiche nella parte motiva, che hanno sposato il secondo dei due orientamenti sopra citati, in virt della considerazione che lautonomia formale e strutturale, nel rito del lavoro, tra la fase della editio actionis e quella della vocatio in ius, impedisce che i vizi relativi alla seconda fase, quella dellinstaurazione del contraddittorio, possano produrre conseguenze sulla prima, quali laffermazione della inammissibilit del gravame. La nullit o insistenza della notifica un vizio che attiene alla instaurazione del contraddittorio, sanabile ai sensi dellart. 421, comma 1, c.p.c. - dettato in tema di rito del lavoro - per il quale il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarit degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi. Secondo la Corte tale ragionamento doveva valere sia per il caso di nullit della notifica che per lipotesi di mancanza o inesistenza (giuridica o di fatto) della stessa, in quanto la notificazione della vocatio in ius si presenta sia come fattispecie autonoma che come elemento di una fattispecie complessa, composta dalla combinazione di pi atti elementari, quali il decreto del giudice di fissazione della prima udienza, la comunicazione allappellante dellavvenuto deposito del provvedimento e la notificazione allappellato del ricorso e del decreto sicch se manca la notifica, manca solo uno degli elementi di tale fattispecie, il che rende la vocatio in ius nulla e non inesistente, con conseguente possibilit di disporne la rinnovazione. 1.2 La sentenza delle SSUU n. 20604/2008 Venendo alla pronuncia delle Sezioni Unite del 30 luglio 2008 n. 20604, la sentenza deve essere contestualizzata, anzitutto, nel nuovo panorama normativo, di rango costituzionale, che ne ha fortemente condizionato 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 il contenuto. Invero, lintroduzione, da parte della legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, del comma 2 dellart. 111 Cost. (2) vista, dagli stessi giudici di legittimit, come un nuovo riferimento normativo verso cui orientare lermeneutica delle norme processuali, in primis quelle concernenti i termini. Invero, secondo le Sezioni Unite, a fronte di una interpretazione del dettato costituzionale di carattere riduttivo - che ha portato a sostenere che lart. 111 Cost., comma 2, contiene "una indicazione programmatica dal valore meramente esortativo", essendosi in presenza di una norma di "mero indirizzo", capace di incidere poco sulla lentezza del giudizio per avere esplicitato ci che gi costituiva un presupposto implicito del nostro sistema giudiziario, risultando autenticamente nuove solo le disposizioni contenute nei commi 4 e 5 del testo novellato relative al processo penale - autorevole dottrina ha invece riconosciuto una portata espansiva al nuovo dettato costituzionale, sottolineando come sebbene non possa riconoscersi alla norma costituzionale efficacia immediatamente precettiva ci non toglie che detto principio costituisca ora "un preciso parametro costituzionale ai fini della conformit a costituzione di tutte le norme che direttamente o indirettamente determinano una ingiustificata durata del processo, fornendo agli addetti ai lavori, ed in primo luogo al giudice, uno strumento per verificare la tenuta e la portata delle singole norme del codice di rito e per garantirne una interpretazione costituzionalmente orientata". Nella giurisprudenza di legittimit il principio della "ragionevole durata" del processo divenuto punto costante di riferimento nellermeneutica delle norme processuali e nellindividuazione del loro ambito applicativo. Anche il recepimento attraverso norma ordinaria (legge 24 marzo 2001 n. 89) dellart. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo disciplinante la ragionevole durata del processo ed i criteri liquidatori dellequo indennizzo in caso di violazione della suddetta disposizione depone a favore della natura precettiva e non meramente programmatica dellart. 111, comma 2, Cost. (ex multis, Sezioni Unite 26 gennaio 2004, n. 1338). Pertanto, la fattispecie dellomessa notifica dellappello nel rito del lavoro, nel mutato quadro normativo ora descritto, ha sollecitato una rimeditazione delle norme che la disciplinano (artt. 153, 154 e 291 c.p.c. in relazione allart. 435 c.p.c.), soggette adesso ad una necessitata interpretazione costituzionalmente orientata. La pronuncia delle Sezioni Unite 30 luglio 2008 n. 20604 che ora si andr ad esaminare - supera quindi definitivamente lorientamento giurisprudenziale precedentemente consolidatosi con le Sezioni Unite 29 luglio 1996 (2) Articolo 111, commi 1 e 2, Cost.: La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parit, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 147 n. 6841 e 25 ottobre 1996 n. 9331, in virt dellesigenza di una rilettura costituzionalmente orientata della tematica alla luce dellart. 111, comma 2 Cost. Nella motivazione si legge che la mancata tenuta dellorientamento ora ricordato emerge solo che si consideri che la novella dellart. 111 Cost., comma 2, rende doverosa una rinnovata e maggiore attenzione alla lettera delle norme codicistiche al fine di dedurre che n lespressione di cui allart. 291 c.p.c., comma 1, ("Se...il giudice istruttore rileva un vizio che importi la nullit della citazione fissa allattore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza") e tanto meno quella dellart. 421 c.p.c., comma 1, ("il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarit degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti") possono offrire alcuna copertura giuridica al suddetto orientamento, data limpossibilit concettuale di rinnovare e tanto meno di rettificare linesistente (giuridico o di fatto). Per di pi osta a che venga adottata nella problematica in oggetto una soluzione che, in violazione del principio della "ragionevole durata del processo" - e con riflessi di indubbia incoerenza dellintero sistema processuale - finisca per penalizzare rispetto al processo ordinario il rito del lavoro con un ingiustificato allungamento dei tempi di giustizia con contestuale disapplicazione dei principi chiovendani della oralit, concentrazione ed immediatezza, che hanno inspirato il legislatore del 1973 e che caratterizzano il processo cadenzando i tempi del giudizio su un reticolato di preclusioni e di decadenze, sicuramente pi rigido e severo di quello riscontrabile nel giudizio ordinario. Ora, per quanto concerne il punto di forza del precedente orientamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite del 1996, ossia la distinzione strutturale delle fattispecie introduttive dei riti ordinario e del lavoro, la Corte aggiunge: n per andare in contrario avviso ed avallare una penalizzazione, in termini di durata del processo del lavoro rispetto al rito ordinario, vale il richiamo alla duplice fase della editio actionis e della vocatio in ius, per sostenerne la reciproca autonomia nonch linsensibilit degli atti della prima fase, una volta perfezionatisi, rispetto ai vizi che ne inficiano la seconda. Nel processo del lavoro si indubbiamente in presenza di un sistema, caratterizzato da una propria fase iniziale, incentrata sul deposito del ricorso, che suscettibile di effetti prodromici e preliminari, suscettibili per di stabilizzarsi solo in presenza di una valida vocatio in ius, cui non pu pervenirsi attraverso lapplicazione degli artt. 291 e 415 c.p.c., giacch non pensabile la rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente, non esistendo una disposizione che consenta al giudice di fissare un termine per la notificazione, mai effettuata, del ricorso e del decreto presidenziale, e non essendo consentito, nel silenzio normativo, allungare - con condotte omissive prive di valida giustificazione e talvolta in modo sensibile, come nel caso in esame - i tempi del processo s da disattendere il principio della sua "ragionevole durata". 148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Corollario di quanto ora detto che il ricorso dellappellante, anche se valido, perde la sua efficacia di fronte alla invalidit degli atti successivi che non sia possibile risanare sicch lappello stesso va dichiarato improcedibile. In pratica, la tesi della non rinnovabilit dellatto inesistente e dunque della definitiva irrimediabilit dellomessa notifica dellappello, che sembrava definitivamente superata a seguito delle pronunce delle Sezioni Unite del 1996, torna alla ribalta perch considerata lunica compatibile con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Pertanto, in applicazione del nuovo (anzi, rivitalizzato) principio di diritto, nel rito del lavoro allomessa notifica, da parte dellappellante, del ricorso in appello e del decreto di fissazione delludienza allappellato, consegue la sanzione processuale dellimprocedibilit dellappello con conseguente definizione del giudizio con decisione in rito e dunque la preclusione per il giudice della possibilit di assegnare allappellante, previa fissazione di unaltra udienza di discussione, un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dellart. 291, primo comma, c.p.c. Ma la motivazione della sentenza si spinge oltre, e qui si giunge al punto nevralgico della pronuncia ai fini che in questa sede interessano. Le Sezioni Unite infatti, si soffermano specificamente sulla natura e sul conseguente regime del termine di 10 giorni entro il quale, ai sensi dellart. 435, secondo comma, c.p.c. lappello deve essere notificato, affermandone, s, la natura ordinatoria (in coerenza con lorientamento pressoch unanime di dottrina e giurisprudenza), ma affermando anche (e in questo senso la pronuncia costituisce un vero e proprio inedito) la necessit di superare il tradizionale criterio di distinzione tra termini processuali perentori e ordinatori, che la dottrina pi autorevole aveva sempre individuato nella diversa conseguenza correlata alla loro inosservanza: i termini perentori sono infatti stabiliti a pena di decadenza, quelli ordinatori no (3). In sintesi, il concetto espresso dalla Corte che, invece, tutti i termini, siano essi ordinatori o perentori, se non osservati importano decadenza: Anche se in dottrina si sostenuto che la scadenza del termine ordinatorio non possa mai di per s determinare alcuna decadenza, finendosi per in tal modo per giungere alla conclusione che si sia in presenza di un termine sostanzialmente "innocuo", la chiara formulazione degli artt. 153 e 154 c.p.c. e una interpretazione "costituzionalmente orientata" anche di tali norme nel rispetto della "ragionevole durata" del processo, portano a condividere lassunto che la differenza tra termini "ordinatori" e termini "perentori" risieda (3) S. SATTA C. PUNZI, Diritto processuale civile, Padova, Cedam, 2000, pag. 238; L. MONTESANO G. ARIETA, Diritto processuale civile, vol. I, Torino, Giappichelli, 1999, pagg. 330 e ss.; con specifico riferimento alla fattispecie in epigrafe, C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, Vol. I, Torino, Giappichelli, 2009, pagg. 212 e 257. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 149 nella prorogabilit o meno dei primi, perch mentre i termini perentori non possono in alcun caso "essere abbreviati o prorogati, nemmeno sullaccordo delle parti" (art. 153 c.p.c.), in relazione ai termini ordinatori consentito, di contro, al giudice la loro abbreviazione o proroga, finanche dufficio, sempre per "prima della scadenza" (art. 154 c.p.c.). Una volta, pertanto, scaduto il termine ordinatorio senza che si sia avuta una proroga si determinano, per il venir meno del potere di compiere latto, conseguenze analoghe a quelle ricollegabili al decorso del termine perentorio. Di conseguenza, linosservanza del termine di 10 giorni fissato per la notifica dellappello nel rito del lavoro dallart. 435, secondo comma, c.p.c. sia pure qualificato come ordinatorio comporterebbe, qualora dopo la sua scadenza il giudice concedesse a torto allappellante che non ha provveduto alla notifica un nuovo termine a tal fine, il compimento di un atto (notifica tardiva) in carenza di potere, con conseguente sua inefficacia. La ratio di una simile sanzione, secondo la Corte, da rinvenirsi nella considerazione che, omettendo la notifica, lappellante ha dilazionato irragionevolmente (nel senso letterale di senza una valida ragione) i tempi del processo, in palese violazione del principio espresso dallart. 111, secondo comma, Cost. 2) La non estensibilit del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite alla diversa ipotesi della tardiva notifica allappellato, da parte dellappellante, del ricorso in appello e del decreto di fissazione delludienza, effettuata dopo il termine di 10 giorni ex art. 435, comma 2, c.p.c. ma prima del termine a comparire di 25 giorni ex art. 435, comma 3, c.p.c. Il caso concreto vagliato dalla Sezioni Unite nella sentenza 30 luglio 2008 n. 20604 riguarda unipotesi di omessa notifica. Si tratta a questo punto di stabilire se il principio di diritto affermato da quella pronuncia sia estensibile dallipotesi della radicale omessa notifica a quella non specificamente vagliata dalla sentenza - della tardiva notifica dellappello. In particolare, lestensione tout court del suddetto principio di diritto comporterebbe che qualora la notifica del ricorso in appello sia stata fatta nel pieno rispetto del termine a comparire di 25 giorni prima deludienza stabilito dallart. 435, comma 3, ma dopo la scadenza del termine di 10 giorni dalla comunicazione del deposito del decreto di fissazione delludienza di cui al comma 2 dello stesso articolo, lappello dovrebbe essere dichiarato comunque improcedibile. Tale soluzione non sembra tuttavia condivisibile per un duplice ordine di ragioni: 2.1) la considerazione che lefficacia di una notifica effettuata dopo lo scadere dei 10 giorni (ma pur sempre entro il termine a comparire) non incide sulla durata complessiva del processo e, quindi, non viola lart. 111, 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 comma 2 della Costituzione; 2.2) la peculiarit del termine di 10 giorni previsto dallart. 435, comma 2 c.p.c., che si presenta come un termine intermedio, nella procedura della instaurazione del contraddittorio nel rito del lavoro, rispetto al termine finale di 25 giorni prima delludienza, fissato dal terzo comma della stessa norma. 2.1) Quanto al primo profilo, allipotesi della tardiva notifica non pu essere applicato il ragionamento delle SSUU alla stregua del quale una lettura costituzionalmente orientata dellart. 154 c.p.c., compatibile con il principio della ragionevole durata del processo, imporrebbe di affermare che anche il termine ordinatorio, se non osservato, importa decadenza. Invero, la notifica effettuata successivamente al termine di cui allart. 435, comma 2, c.p.c. - ma nel rispetto del termine a comparire - non incide in alcun modo sulla durata complessiva del processo (n, tantomeno, sulla costituzione del rapporto processuale, sul contraddittorio o sul diritto di difesa). Per meglio chiarire il concetto baster fare un esempio: se il giudice fissa ludienza di discussione il 25 maggio (cos che la notifica, dovendo giungere latto al destinatario almeno 25 giorni prima delludienza, dovr perfezionarsi entro il 30 aprile), il rilievo che lappellante notifichi entro 10 giorni dalla data della comunicazione del deposito del decreto giudiziale ovvero successivamente - ma sempre entro il 30 aprile - non ha concreti effetti pregiudizievoli sulla durata del processo, atteso che tale tardiva notifica non provoca n unanticipazione n un differimento delludienza gi fissata al 25 maggio. Inoltre, poich la suddetta notifica comunque intervenuta 25 giorni prima delludienza fissata dal giudice, non viene leso n il diritto di difesa dellappellato, che ha tutto il tempo di predisporre le sue difese in modo da arrivare preparato alludienza fissata per la discussione (a questo del resto serve il c.d. termine a comparire), n tantomeno il contraddittorio tra le parti, atteso che tale udienza sar regolarmente celebrata senza che a queste ultime ovvero al giudice siano precluse le attivit processuali previste per tale udienza dal codice di procedura civile. In questo senso si del resto di recente espressa la Corte Costituzionale, che con ordinanza n. 60 del 22 febbraio 2010 ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dellart. 435, comma 2 c.p.c. sollevata dalla Corte dAppello di Genova. Ebbene la Corte Costituzionale pervenuta alla declaratoria di manifesta infondatezza proprio sulla base della considerazione che il principio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza 20604/2008 riguardava unipotesi di radicale omessa notifica (e dunque di inosservanza non solo del termine di 10 giorni stabilito dallart. 435, comma 2 c.p.c., ma anche del termine a comparire di 25 giorni stabilito dal successivo comma 3) e che tale principio non pu essere esteso anche al caso di notifica tardiva rispetto al primo termine, ma tem- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 151 pestiva con riferimento al secondo, perch il rispetto di tale secondo termine comporta la conseguente astratta possibilit dello svolgimento delludienza di discussione e della realizzazione del diritto di difesa dellappellato. 2.2) Quanto al secondo profilo, connesso alla particolare natura del termine di 10 giorni stabilito dallart. 435, comma 2 c.p.c., si detto che le Sezioni Unite hanno affermato che la distinzione tra termini ordinatori e perentori risiederebbe esclusivamente nel fatto che, prima della loro scadenza, i primi sono prorogabili, i secondi no. Invece sotto il profilo delle conseguenze della loro inosservanza, una volta che il termine sia scaduto, la disciplina la medesima, nel senso che tanto linosservanza del termine ordinatorio quanto linosservanza del termine perentorio comporta decadenza ed esclude pertanto la sua rinnovabilit. Con ci la Cassazione ha ritenuto di superare la tradizionale distinzione dottrinale tra termini ordinatori e perentori che invece si era sempre basata sulla considerazione che la conseguenza decadenziale, derivante dalla inosservanza, fosse riferibile esclusivamente a quelli perentori. Per la verit, tale impostazione tradizionale trovava conforto normativo nella lettera dellart. 154 c.p.c. che, rubricato Prorogabilit del termine ordinatorio , dispone che Il giudice, prima della scadenza, pu abbreviare o prorogare, anche dufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non pu avere una durata superiore al termine originario. Non pu essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato. Dal dettato di tale norma (ed in particolare dalla lettura combinata della rubrica e del corpo della stessa) sembra dunque chiaramente evincersi la regola di equivalenza termine ordinatorio = termine non stabilito a pena di decadenza, nel senso che la scelta del legislatore del 42 sembrava essere stata quella di utilizzare indifferentemente, in modo fungibile, le espressioni ordinatorio (rubrica) e che non sia stabilito a pena di decadenza (corpo della norma). Ma anche a voler prescindere dal dato letterale della norma contenuta nellart. 154 c.p.c., in virt della invocata esigenza di una interpretazione costituzionalmente orientata delloriginario impianto normativo del codice del 42 che risulti compatibile con il principio della ragionevole durata del processo, il percorso argomentativo delle Sezioni Unite deve comunque essere completato alla luce della riforma del processo civile intervenuta con la legge 18 giugno 2009 n. 69, della quale peraltro le Sezioni Unite non hanno certo potuto tenere conto perch emanata successivamente alla sentenza qui in esame. Nellambito di tale riforma il legislatore ha aggiunto allart. 153 c.p.c. un secondo comma che recita: La parte che dimostra di essere incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile pu chiedere al giudice di essere ri- 152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 messa in termini. Il giudice provvede a norma dellarticolo 294, secondo e terzo comma. Con tale norma si inteso generalizzare listituto della rimessione in termini, prima confinato dallart. 184 bis c.p.c. allambito della sola fase istruttoria del processo. Tale generalizzazione, per, non assoluta. Lart. 153 c.p.c. resta infatti rubricato Improrogabilit dei termini perentori: dunque listituto generale della rimessione in termini stato collocato nellambito di una norma che si riferisce esclusivamente alla disciplina dei termini perentori. Analoga disposizione non stata introdotta nellart. 154 c.p.c., che rubricato come gi si detto prorogabilit del termine ordinatorio disciplina invece questi ultimi. Atteso che la rimessione in termini costituisce lunico rimedio processuale previsto per la decadenza, se la decadenza - come affermato dalla Sezioni Unite prima della riforma - la sanzione processuale comminata allinosservanza tanto dei termini ordinatori quanto di quelli perentori, il legislatore della riforma avrebbe a rigore dovuto novellare anche lart. 154 c.p.c., che disciplina i termini ordinatori, o quanto meno creare un articolo ad hoc sullistituto della rimessione in termini, concernente tutti indistintamente i termini processuali. Diversamente ragionando, ne deriverebbe che mentre la parte decaduta potrebbe essere rimessa in termini se non ha osservato, per causa non imputabile, un termine perentorio, non potrebbe invece essere rimessa in termini se non ha osservato un termine ordinatorio. Con la illogica conseguenza che alla violazione pi grave (quale linosservanza di un termine perentorio) potrebbe porsi rimedio, mentre a quella meno grave (quale linosservanza di un termine ordinatorio) no, il che porrebbe evidenti problemi di legittimit costituzionale del sistema sotto il profilo della ragionevolezza. Dunque delle due luna: o la decadenza istituto che appartiene per natura ai soli termini perentori (e allora si spiegherebbe la scelta del legislatore di prevedere listituto generale della rimessione in termini con esclusivo riferimento ai termini perentori, in coerenza con la gi menzionata regola di equivalenza termine ordinatorio = termine non stabilito a pena di decadenza), oppure il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite (secondo il quale tutti i termini, siano essi perentori o ordinatori, se non osservati implicano decadenza) comporta la necessit di una lettura costituzionalmente orientata degli artt. 153 e 154 c.p.c., nel senso che listituto della rimessione in termini, espressamente previsto solo per i termini perentori, deve essere ritenuto applicabile anche a quelli ordinatori. Va precisato a questo punto che, ai sensi dellart. 58, primo comma della legge di riforma il neo introdotto art. 153, secondo comma, c.p.c. si applica PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 153 solo ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore (4 luglio 2009) e non anche a quelli pendenti a tale data. Ci tuttavia non toglie che la tematica non sia di immediata applicazione anche per i processi in corso: del resto la generalizzazione dellistituto della rimessione in termini, ben oltre i confini della sola fase istruttoria del processo, era gi avvenuta a livello di prassi giurisprudenziale, sicch in questo senso la novella legislativa non altro che una codificazione di un principio gi affermato dal diritto vivente. In conclusione, dallesigenza di completamento del percorso argomentativo inaugurato dalle Sezioni Unite con la successiva novella legislativa che ha interessato listituto della rimessione in termini, consegue, in linea generale, che: a) se, con colpa, non viene osservato un termine, sia esso ordinatorio o perentorio, il Giudice non pu concedere un nuovo termine e fissare una nuova udienza perch ci implicherebbe un allungamento ingiustificato della durata complessiva del processo; b) se, senza colpa, non viene osservato un termine, sia esso ordinatorio o perentorio, la rimessione in termini sempre possibile, anche a costo di una dilazione del processo e dunque anche se ci comporta la necessit di fissare una nuova udienza (perch in tal caso si tratterebbe di una dilazione giustificata); c) i termini ordinatori, prima della scadenza, sono sempre prorogabili, quelli perentori no, a meno che la necessit della proroga non derivi da causa non imputabile alla parte che la richiede e che ha gi reso, prima della scadenza del termine, definitivamente impossibile la sua osservanza (perch allevidenza non avrebbe senso non consentire la proroga prima della scadenza ma consentire poi la rimessione in termini dopo la scadenza). I principi generali appena enunciati, per, a ben vedere non riguardano la fattispecie concreta in questa sede esaminata, perch qualora la parte appellante nel rito del lavoro notifichi lappello dopo la scadenza del termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto di fissazione delludienza previsto dallart. 435, comma 2 c.p.c., ma osservando il termine di 25 giorni dalla prima udienza di comparizione stabilito dal successivo comma 3, non si pone n un problema di proroga n un problema di rimessione in termini. Ci in quanto il termine di dieci giorni fissato dallart. 435, comma 2 c.p.c. presenta la particolarit di costituire, nellambito della procedura di instaurazione del contraddittorio nel rito del lavoro (vocatio in ius) un termine intermedio rispetto a un termine finale (quello del successivo comma 3). Tale termine finale, nella sequenza procedimentale descritta dallart. 435 c.p.c. in realt lunico termine che corrisponda effettivamente ad un interesse della parte appellata, linteresse cio a conoscere con sufficiente anticipo i motivi di gravame per poter predisporre le proprie difese e, dunque, perch sia ga- 154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 rantito il contraddittorio sostanziale. La notifica dellappello effettuata dopo dieci giorni dalla comunicazione del decreto di fissazione delludienza non pregiudica alcun concreto ed effettivo interesse della parte se tale notifica comunque effettuata nel rispetto del termine a comparire di 25 giorni dalludienza. Se dunque non pregiudicato alcun concreto interesse processuale dalla sua inosservanza, detta inosservanza non pu certo essere sanzionata con la decadenza (con conseguente affermazione che la notifica tardiva sarebbe compiuta in carenza di potere e quindi sarebbe nulla), perch ci implicherebbe lintroduzione di un vuoto formalismo, sganciato dallesigenza di protezione di uno specifico e concreto interesse meritevole di tutela nel processo. La stessa Corte Costituzionale ha del resto in molteplici occasioni affermato che sono illegittime le disposizioni legislative che frappongono ostacoli non giustificati da un preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del processo civile adeguato alla funzione ad esso assegnata, nell'interesse generale, a protezione di diritti soggettivi dei cittadini (si vedano le sent. Nn. 113/1963, 520/2002, 98/2004) e che il sistema processuale deve essere volto a garantire la tutela delle parti in posizioni di parit, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilit in danno del soggetto che si intende tutelare (sent. n. 189/2000). A tali principi si informata la giurisprudenza della Cassazione, che ha riconosciuto lesigenza di ricercare la ratio giustificatrice delle prescrizioni codicistiche, al fine di ridurre al minimo larea delle inammissibilit alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme, rispettosa dellart. 24 della Costituzione (cfr. Cass. SSUU 22641/2007). Applicando tali principi al caso di specie, la notifica dellappello effettuata dopo la scadenza del termine di 10 giorni fissato dallart. 435, comma 2 c.p.c., ma comunque osservando il termine a comparire di 25 giorni stabilito dal comma 3, non pu comportare decadenza e conseguente improcedibilit dellimpugnazione, perch ci significherebbe comminare una sanzione processuale che pregiudica irrimediabilmente e definitivamente la posizione processuale di una delle parti (lappellante), senza che ci corrisponda ad un concreto ed effettivo interesse meritevole di tutela dellaltra parte (lappellato). Non vi , dubbio, infatti, che nella fase processuale della vocatio in ius, linteresse dellappellato meritevole di tutela rappresentato dallesigenza che venga garantita linstaurazione di un contraddittorio non solo formale ma anche sostanziale, e questo interesse protetto e soddisfatto dal rispetto del termine di 25 giorni stabilito dal comma 3 dellart. 435 c.p.c. Parimenti, come gi si ampiamente argomentato, non viene nemmeno intaccato linteresse pubblico alla rapida celebrazione del processo in quanto, proprio perch la notifica stata effettuata 25 giorni prima delludienza di PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 155 comparizione, non vi alcuna necessit di differire ulteriormente la trattazione di quella udienza, alla quale tanto le parti che il Giudice sono messi in condizioni di arrivare preparati. Diverso sarebbe invece il discorso se la notifica fosse tardiva anche rispetto al termine di 25 giorni fissato dallart. 435, comma 3 c.p.c., in quanto il mancato rispetto di quel termine comporterebbe, invece, qualora lappellato non si costituisca, la necessit per il Giudice di fissare una nuova udienza. La possibilit di vedersi concedere un nuovo termine per la notifica in caso di mancata costituzione dellappellato potrebbe per essere ritenuta incompatibile con il principio della ragionevole durata del processo, con la conseguenza che in questo caso potrebbe non a torto ritenersi che tale possibilit possa essere concessa solo ove lappellante dimostri che linosservanza del termine sia dipesa da causa non imputabile (cos fruendo dellistituto della rimessione in termini ai sensi dellart. 153, comma 2 c.p.c.). Ma questo problema legato allinosservanza del termine finale di 25 giorni di cui al comma 3 e non allinosservanza, in s, del termine di 10 giorni di cui al comma 2 dellart. 435. Quindi, ai fini della notifica dellappello nel rito del lavoro, linosservanza del termine di 10 giorni dalla comunicazione dellavviso di fissazione delludienza comporta improcedibilit del ricorso solo se essa si manifesti sub specie di radicale omessa notifica dellappello e non anche di notifica tardiva (ma tempestiva rispetto al termine a comparire). E la ragione di tale differente disciplina risiede nella considerazione che solo nellipotesi di radicale omessa notifica persiste la necessit di coordinare la disciplina codicistica con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, principio che invece, come si visto, non viene inciso dalla notifica tardiva, purch effettuata entro il termine a comparire. * ** * In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni, questo G.U. esprime lavviso che il principio affermato dalla Cassazione sia compatibile con una lettura costituzionalmente orientata delle norme codicistiche solo se inteso nel senso che il mancato ed ingiustificato rispetto di un termine ordinatorio non pu ritardare lo svolgimento del processo e quindi non autorizza il giudice a concedere un nuovo termine, con conseguente differimento delludienza gi fissata ed allungamento dei tempi del processo. Ma se tale mancato rispetto non incide sulla durata del processo, come nel caso della notifica dellappello nel rito del lavoro effettuata oltre il termine ordinatorio di 10 giorni prescritto dallart. 435, comma 2 c.p.c. (ma nel rispetto del termine a comparire di 25 giorni prescritto dal comma 3), non si produce alcuna conseguenza decadenziale. Tale principio applicabile, per identit di disciplina codicistica, anche 156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 al termine stabilito dallart. 415, comma 4 c.p.c. per la notifica del ricorso di primo grado nel rito del lavoro, il che rileva soprattutto in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, atteso che la ritenuta conseguenza decadenziale della notifica tardiva porterebbe ad una pronuncia di improcedibilit dellopposizione, con conseguente passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto. Pertanto, mentre ovvie ragioni di cautela processuale consigliano di effettuare le notifiche attenendosi al rispetto del termine di 10 giorni (decorrente dalla data dellavviso di deposito del decreto di fissazione delludienza o dalla equipollente data di rilascio delle copie dellappello e del decreto di fissazione delludienza per la notifica), qualora per qualsiasi ragione il predetto termine risulter non essere stato rispettato si insister nelle sedi giudiziarie nella tesi espressa nel presente parere. Ci allo stesso tempo rende inopportuno, per evidenti ragioni di coerenza, sollevare la questione della eventuale tardivit della notifica del ricorso in appello quando lamministrazione risulti invece parte appellata, questione che peraltro comunque rilevabile dufficio dal Giudice. Sulla questione stato sentito il Comitato Consultivo che si espresso in conformit. A.G.S. - Parere del 10 luglio 2010 prot. 226686 - avv. Stato Stefano Varone - AL 42048/09. Sullassunzione del patrocinio da parte dei docenti universitari a tempo definito in controversie contro le amministrazioni di appartenenza Si riscontra la richiesta di parere in ordine alla legittimit dellassunzione del patrocinio in controversie contro lamministrazione di appartenenza da parte dei professori universitari a tempo definito. ( ... ) Passando allesame del merito del quesito occorre considerare che la legge 25 novembre 2003 n. 339, che detta norme in materia di incompatibilit dell'esercizio della professione di avvocato, esclude che per l'iscrizione agli albi degli avvocati si applichino le ordinarie disposizioni previste per i dipendenti pubblici dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662. In particolare la norma prevede che Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 56, 56-bis e 57, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, non si applicano all'iscrizione agli albi degli avvocati, per i quali restano fermi i limiti e i divieti di cui al regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni. Risulta pertanto espressamente inapplicabile alla professione di avvocato PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 157 anche lart. 56 bis della legge 662/1996 che, per quel che qui interessa, prevedeva che Ai dipendenti pubblici iscritti ad albi professionali e che esercitino attivit professionale non possono essere conferiti incarichi professionali dalle amministrazioni pubbliche; gli stessi dipendenti non possono assumere il patrocinio in controversie nelle quali sia parte una pubblica amministrazione. Lintento del legislatore appare daltronde chiaro l dove ritiene di assoggettare la regolamentazione della fattispecie ai limiti e i divieti di cui al regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578. Ci significa che per i professori universitari (a tempo definito ex art. 11 DPR 382/1980) da un lato non vige alcuna incompatibilit con lesercizio della professione di avvocato, dallaltro che risulta inapplicabile il divieto di assumere il patrocinio in controversie nelle quali sia parte una pubblica amministrazione previsto per gli altri pubblici dipendenti dallart. 56-bis della legge 662/1996. Tale ricostruzione della vigente normativa pare daltronde suffragata dalla specifica regolamentazione concernente lo svolgimento di attivit extrauniversitaria da parte dei docenti a tempo definito dettata dallart. 53 d.lgs 165/2001, per pi aspetti assimilati ai liberi professionisti nello svolgimento dellattivit in questione. Non infatti richiesta la specifica autorizzazione da parte dellamministrazione di appartenenza, (si esclude in tal modo il preventivo vaglio del se ladempimento dellincarico sia conciliabile con lassolvimento dei doveri dufficio e con leffettivo rispetto degli orari di lavoro) e lattivit pienamente assimilata a quella svolta da liberi professionisti privati sotto il profilo fiscale dellIVA. Tali indici sembrano pertanto suffragare, anche sotto il profilo della ricostruzione sistematica della figura, le forti differenze rispetto agli altri dipendenti pubblici, differenze che legittimano una diversa regolamentazione del regime delle incompatibilit. Su queste basi possibile concludere che sul piano della costituzione del rapporto processuale nessuna invalidit ipotizzabile nel caso in cui un docente a tempo definito assuma il patrocinio in cause contro lUniversit di appartenenza, trattandosi piuttosto di profilo da analizzare in sede di rapporti interni fra docente e amministrazione, nonch sotto il profilo deontologico. Ci implica che la predetta assunzione di patrocinio, analizzate le peculiarit di ogni singola fattispecie, potr concretizzare la violazione di norme interne o comunque dei doveri lealt e fedelt nei confronti dellamministrazione di appartenenza, che potranno rilevare, sempre in ragione dellesame della fattispecie concreta, ai fini dellapplicazione di una sanzione disciplinare da parte dellUniversit, previa adozione del previsto iter procedurale. Parallelamente da considerare che la predetta assunzione di patrocinio contro luniversit pu essere giudicata contrastante con i doveri professionali 158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ed etici, come delineati dallart. 37 del Codice Deontologico Forense nella parte in cui prevede che L'avvocato ha l'obbligo di astenersi dal prestare attivit professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale. In tali fattispecie evidentemente occorrer dare pronta comunicazione della situazione di conflitto di appartenenza al consiglio dellOrdine per ladozione delle iniziative di competenza. Il presente parere stato reso su delibera del Comitato Consultivo. A.G.S. - Parere del 12 luglio 2010 prot. 228103 - avv. Stato Carmela Pluchino - AL 15682/10. Applicabilit della normativa in materia di Documento Unico di Regolarit Contributiva (DURC) alle acquisizioni in economia di beni, servizi e lavori ai sensi dellart. 125 D.lgs 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici) Codesta Avvocatura Distrettuale ha sottoposto alla valutazione della Scrivente la richiesta di parere avanzata dallUniversit degli Studi di (omissis), relativamente alla necessit del D.U.R.C. anche per le acquisizioni in economia di beni, servizi e lavori di cui allart. 125 del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, effettuate mediante procedure di cottimo fiduciario. Al riguardo si osserva quanto segue. LUniversit, premesso che sta ottemperando agli adempimenti in tema di DURC risultanti dal combinato disposto: dellart. 2, comma 1, D.L. 25 settembre 2002 n. 210, convertito dalla L. 22 novembre 2002 n. 266; dellart. 38, c. 2 (rectius 1) lett. i e c. 3, dellart. 118, c. 6, D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163; dellart. 16 bis, c. 10, D.L. 29 novembre 2008 n. 185, convertito dalla L. 28 gennaio 2009 n. 2; attenendosi allinterpretazione dellapplicabilit di tali norme anche alle fattispecie contrattuali di cui alloggetto avanzata limitatamente al cottimo fiduciario dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali con nota prot. n. 25/I/0002599 del 20 febbraio 2009 in risposta a istanza di interpello n. 10/2009 avanzata dallUniversit degli Studi di (omissis); evidenziando lallungamento dei tempi dei procedimenti di spesa anche di modesta entit causato dai suddetti adempimenti, a scapito dellesigenza di maggiore celerit di cui allart. 9, co. 1, del D.L. 1 luglio 2009 n.78, convertito dalla L. 3 agosto 2009 n. 102, ha chiesto parere in ordine allapplicabilit del succitato art. 38, co. 1 lett. i e co. 3, anche alle acquisizioni in economia di beni, servizi e lavori effettuate mediante procedura di cottimo fiduciario. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 159 Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con la nota del 20 febbraio 2009 sopra richiamata, ha chiarito che per quanto riguarda i contratti sotto soglia comunitaria, tra i quali rientrano le acquisizioni in economia, lart. 121 dispone che si applicano, se non derogate, le norme della parte II del Codice. Lart.125 che disciplina per lappunto le acquisizioni in economia non contiene alcuna deroga espressa allart. 38, comma 3 (contenuto nella parte II del Codice), secondo il quale resta fermo per laffidatario, lobbligo di presentare la certificazione di regolarit contributiva di cui allarticolo 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n.210, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 266 e di cui allarticolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e successive modificazioni e integrazioni; Tutto ci premesso si ritiene che il DURC debba essere richiesto, senza alcuna eccezione, per ogni contratto pubblico e, dunque, anche nel caso degli acquisti in economia o di modesta entit. Rispetto a tali acquisti, evidentemente, il DURC sar richiesto solo nel caso di cottimo fiduciario ex art. 125, comma 1 lett. b), D.Lgs. n.163/2006 attraverso il quale le prestazioni avvengono mediante affidamento a terzi e non anche nel caso di ricorso allamministrazione diretta, attraverso la quale le acquisizioni sono effettuate con materiali e mezzi propri o appositamente acquistati o noleggiati e con personale proprio delle stazioni appaltanti, o eventualmente assunto per loccasione (). La Scrivente ritiene condivisibile linterpretazione offerta dal Ministero succitato per le considerazioni che seguono. Innanzitutto, limporto del contratto irrilevante ai fini della verifica dei requisiti di ordine generale relativi alla materia previdenziale e consente solo una semplificazione della procedura di individuazione del contraente rispetto a quella ordinaria. La ratio della normativa in materia di DURC invero di verificare che le imprese che operano nel settore pubblico rispettino la normativa previdenziale, a prescindere dallimporto del contratto e dalla procedura di selezione adottata, nonch la trasparenza e la parit di condizioni tra i concorrenti. Daltra parte, nella Circolare INPS n. 92 del 26 luglio 2005 viene espressamente ribadito che il DURC riguarda tutti gli appalti pubblici nonch i lavori privati in edilizia soggetti al rilascio di concessione ovvero a denuncia di inizio attivit (DIA). Il Consiglio di Stato (cfr. sez. V, sentenza n. 4273 del 1 agosto 2007) ha ulteriormente sottolineato lampia portata del requisito di regolarit contributiva chiarendo che Non si pu ritenere che il requisito di regolarit contributiva di cui allart. 2 D.L. n. 210/2002 possa coincidere con quello di cui allart. 75, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 554/1999. Questultimo, infatti, facendo unicamente riferimento a gravi infrazioni debitamente accertate risultanti dai dati in possesso dellOsservatorio dei lavori pubblici, fa emergere 160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 un concetto di irregolarit legata solo ad infrazioni contributive che hanno dato luogo a contenzioso e che siano state portate a conoscenza dellOsservatorio. Il requisito, invece, previsto dallart. 2 D.L. n. 210/2002, dispone un pi ampio ambito di applicazione, prevedendo lassenza di qualsiasi inadempienza agli obblighi previdenziali (iniziando dal mancato tempestivo pagamento delle somme dovute a seguito di dichiarazioni e denunce da parte del medesimo soggetto interessato). Tale requisito, quindi, non riferendosi solo a quelle evenienze in cui, soprattutto a seguito di accertamenti o rettifiche da parte degli enti previdenziali, possano sorgere contenziosi di non agevole e pronta definizione ovvero alle (non frequenti) ipotesi in cui si tratta di verificare le condizioni per un condono o per una rateizzazione, determina lesclusione, dalla contrattazione con le amministrazioni, di quelle imprese che non siano corrette in relazione agli obblighi previdenziali, anche con riferimento alle ipotesi in cui non si adempia ad obblighi rispetto ai quali non vi siano ragionevoli motivi per non effettuare o comunque ritardare il pagamento. N pu ritenersi che tale obbligo contrasti con la ratio dellarticolo 125 del Codice dei contratti pubblici, volta ad introdurre elasticit nel sistema, per far fronte a situazioni di imprevedibilit, indifferibilit ed urgenza; in quanto ci non pu comunque consentire di prescindere dallaccertamento dei requisiti prescritti in materia previdenziale, pena un evidente vulnus alle finalit perseguite dalla relativa disciplina. Daltra parte, il richiamo contenuto nel comma 12 del suddetto articolo 125 ai requisiti di idoneit morale, capacit tecnico-professionale ed economico- finanziaria prescritta per prestazioni di pari importo affidate con le procedure ordinarie di scelta del contraente, richiesti allaffidatario di lavori, servizi, forniture in economia da intendersi come comprensivo anche del requisito di regolarit contributiva, al lume delle considerazioni che di seguito si espongono. Come sottolineato dal TAR Lazio sez. II, nella sentenza del 5 novembre 2009, n.10877, Sotto un profilo sistematico, va osservato che la regolarit contributiva - contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente - requisito indispensabile non solo per la partecipazione alla gara ma anche per la stipulazione del contratto (cfr. TAR Umbria 12 aprile 2006, n. 221; TAR Abruzzo, Pescara, 7 aprile 2005, n. 173; Consiglio di Stato, sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8215). Per conseguenza, limpresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarit per tutto lo svolgimento della procedura di gara La regolarit contributiva nei confronti degli enti previdenziali costituisce, infatti, indice rivelatore della correttezza dellimpresa nei rapporti con le proprie maestranze e deve, pertanto, poter essere apprezzata in relazione a tutti i periodi durante i quali limpresa stessa era tenuta ad effettuare i relativi versamenti (TAR Basilicata, Potenza, 27 agosto 2001, n. 667). Giova ulteriormente precisare che (cfr. TAR PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 161 Veneto sez. I 17 maggio 2007, n. 1507) soltanto laccertamento della regolarit nel tempo del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e, quindi, della capacit dellimpresa di far fronte alle relative obbligazioni idoneo a soddisfare linteresse pubblico primario che viene in rilievo nelle gare dappalto, incentrato sullaffidabilit dellimpresa concorrente attraverso lindice rivelatore della sua pi efficiente ed efficace gestione economico- produttiva (con il conseguente condivisibile rilievo secondo il quale la regolarit contributiva non rileva quale espressione di un mero rapporto obbligatorio tra due soggetti, ma come qualificazione soggettiva dellimpresa in termini di rispetto degli obblighi normativi e, dunque, espressione di affidabilit, costituente presupposto per la partecipazione alla procedura concorsuale: cfr. TAR Campania, Salerno, sez. I, 7 marzo 2001, n. 227). Trasparente , nello stesso tempo, il coordinamento della disposizione comunitaria e nazionale allinteresse pubblico secondario relativo alla pi piena e penetrante tutela della posizione assicurativa previdenziale e assistenziale dei lavoratori dipendenti delle imprese assicurate alla partecipazione alle gare dappalto, anche in una chiave volta ad assicurare leffettivit della concorrenza, che sarebbe frustrata qualora talune di esse potessero giovarsi della propria posizione dirregolarit contributiva per proporre prezzi pi bassi rispetto alle altre in regola, conseguendo economie di spese generali e gestionali proprio attraverso la violazione degli obblighi contributivi e assistenziali. Daltro canto, la regolarizzazione successiva non elimina lirregolarit riscontrata e le sue conseguenze sul piano della correttezza ed affidabilit dellimpresa aggiudicataria (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 maggio 2007 n. 5574). Per quanto riguarda la prospettata esigenza di celerit, si rappresenta che la recente L. n. 2/2009, allart. 16 bis, co. 10 ha previsto che, in tutti i casi in cui richiesto dalla legge, il DURC debba essere acquisito dufficio dalle stazioni appaltanti pubbliche. Lacquisizione pu avvenire anche attraverso strumenti informatici, che dovrebbero consentire una maggiore rapidit nellespletamento dei suddetti adempimenti. Diversamente opinando, ossia ritenendo la non necessit del DURC nel caso delle acquisizioni in economia mediante procedura di cottimo fiduciario, si esporrebbe la stazione appaltante al rischio di travolgimento successivo delle procedure espletate, in quanto per giurisprudenza consolidata le irregolarit contributive dellaggiudicatario, seppure rilevate in epoca successiva alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara, costituiscono elemento impeditivo per laffidamento dellappalto; sicch, leventuale accertamento di una pendenza di carattere previdenziale o assistenziale in capo allimpresa, pur dichiarata aggiudicataria dellappalto, emessa in epoca successiva alla scadenza del termine per partecipare alla procedura selettiva, 162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 non pu che implicare, a seconda dei casi, limpossibilit per la stazione appaltante di stipulare il contratto con limpresa medesima e la conseguente esclusione, ovvero la risoluzione del contratto gi stipulato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 30 gennaio 2006 n. 288). Si ritiene pertanto, secondo un interpretazione sistematica e letterale delle disposizioni succitate, necessaria lacquisizione e verifica del DURC anche per le acquisizioni in economia di beni, servizi e lavori, mediante procedure di cottimo fiduciario. Sulla questione stato sentito il Comitato Consultivo che si espresso in conformit in data 8 luglio 2010. Si invita a darne comunicazione allAmministrazione interessata. A.G.S. - Parere del 14 luglio 2010 prot. 230688 - avv. Stato Massimo Salvatorelli - AL 24626/10. Patrocinio extra districtum degli avvocati e procuratori dello Stato. Proposta per l autorizzazione alla trattazione di giudizio incidentale dinanzi alla Corte costituzionale 1. Con nota 3 giugno 2010, nel trasmettere copia dellordinanza 25 maggio 2010 con la quale il TAR per lUmbria ha sollevato questione di legittimit costituzionale dellart. 2 comma 1 e dellart. 3 comma 1 del DPR n.1032/1973 nonch dellart. 9 comma 1 del D.Lgs. n. 207/1947, codesto Ufficio, considerato che la controversia di merito nella quale la questione di costituzionalit stata posta stata trattata da Avvocato dello Stato in servizio presso la locale Avvocatura Distrettuale dello Stato, richiede se sia possibile autorizzare detto Avvocato, ai sensi dellart. 9 della L. n. 103/79, alla trattazione della fase incidentale di legittimit costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale. La formulazione del quesito deve essere intesa quale proposta ai sensi del comma 3 della richiamata disposizione. 2. In linea generale, quanto al patrocinio avanti la Corte Costituzionale, si osserva quanto segue. Il citato art. 9, nellidentificare nella Circoscrizione territoriale lelemento in base al quale procedere al riparto della competenza nella trattazione dei giudizi e delle questioni consultive sottoposte allAvvocatura Generale e alle Avvocature Distrettuali dello Stato, precisa in particolare (comma 1) che lAvvocatura generale dello Stato provvede alla rappresentanza e difesa delle amministrazioni nei giudizi davanti alla Corte costituzionale, alla Corte di cassazione, al Tribunale superiore delle acque pubbliche, alle altre supreme giurisdizioni, anche amministrative, ed ai collegi arbitrali con sede in Roma, PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 163 nonch nei procedimenti innanzi a collegi internazionali o comunitari. Il comma 3 dispone, poi, che gli avvocati ed i procuratori dello Stato possono essere incaricati della rappresentanza e difesa delle amministrazioni in cause che si svolgono fuori della circoscrizione del loro ufficio. Attesa il generale tenore della norma, nel diritto vivente si ritenuto che essa consenta, in via di principio, che un Avvocato dello Stato in servizio in un Ufficio distrettuale possa patrocinare lAmministrazione anche presso le Autorit giurisdizionali superiori menzionate dal primo comma sopra riportato. Tuttavia la disposizione non ha mai trovato applicazione con riferimento ai giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale, nei quali lAvvocatura non assiste unAmministrazione parte di un giudizio di merito, bens il Presidente del Consiglio dei Ministri, interveniente ai sensi dellart. 25 della L. n. 87/53. La partecipazione dellAvvocatura dello Stato al giudizio incidentale di costituzionalit, nei casi in cui sia deliberato lintervento, regolata dallart. 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale, che prevede (comma 1) che lintervento in giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri ha luogo con il deposito delle deduzioni, comprensive delle conclusioni, sottoscritte dallAvvocato generale dello Stato o da un suo sostituto. La norma, interpretata nella sua originale stesura (anteriore alla riforma dellIstituto contenuta nella L. n. 103/79) come riferita al sostituto avvocato generale, specifica qualifica oggi corrispondente a quella di Avvocato dello Stato alla terza classe di stipendio, stata successivamente ricollegata, in termini pi generici, ad un Avvocato dello Stato designato dallAvvocato generale. Nessuna altra previsione specifica posta per quanto riguarda il deposito di memorie (art. 10 delle Norme integrative) e la partecipazione alludienza pubblica (art. 16). 3. Tale essendo il quadro normativo, non vi ragione di ritenere inapplicabile in linea di principio la generale previsione dellart. 9 comma 3 della L. n. 103/79 alle ipotesi di intervento in giudizio in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri dinanzi alla Corte Costituzionale. 4. Diverso problema , ovviamente, la valutazione che dovr essere svolta in punto di opportunit in ordine al miglior perseguimento dellinteresse pubblico nel caso concreto. Sulla questione va osservato che labituale trattazione delle cause dinanzi alla Corte Costituzionale da parte di Avvocati in forza allAvvocatura Generale dello Stato - alluopo designati dallAvvocato Generale quali suoi sostituti - risponde a fondamentali esigenze defensionali. Per un verso, essa garantisce uniformit di difesa in un giudizio contraddistinto da caratteristiche forme in rito e da specifiche particolarit; per altro verso, discende dalla necessit di un costante contatto con gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai quali spetta di comunicare, anche in tempi ristrettissimi, quanto deliberato 164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 in ordine allintervento in giudizio, ovvero alla impugnazione di leggi regionali, o ancora alla resistenza in caso di impugnazione di legge statale. Ci suggerisce che, in via di regola, risponda alla miglior tutela dellinteresse pubblico e a principi di economicit la circostanza che a detti giudizi lAvvocatura intervenga a mezzo di Avvocati dellAvvocatura Generale. 5. Poich, tuttavia, come in precedenza illustrato, nessun ostacolo normativo sembra sussistere in astratto a che nella redazione degli atti defensionali ovvero nella partecipazione alla pubblica udienza intervenga un Avvocato appartenente ad Avvocatura Distrettuale, si ritiene che, in circostanze eccezionali, ad esempio con riferimento alla natura delle questioni trattate - in ipotesi riferite a specifiche tematiche, anche di carattere tecnico, ovvero a normative particolari riguardanti peculiari realt locali - o ad altri elementi oggettivi e soggettivi rilevanti, che non possono essere individuati nella semplice circostanza che la questione di costituzionalit stata sollevata in un giudizio nel quale lAvvocatura Distrettuale costituita, possa farsi luogo da parte del competente Avvocato Distrettuale ad una richiesta specificamente motivata che illustri le particolari ragioni che rendano preferibile, nel perseguimento dellinteresse pubblico della miglior difesa in giudizio, lesercizio del patrocinio extra districtum. Dette richieste saranno pertanto sottoposte allAvvocato Generale con la procedura di cui allart. 9, comma 3, della L. n. 103/79. 6. Tanto premesso in linea di principio, nella specifica questione di cui alla nota in riscontro, si ritiene che manchi allo stato la richiesta motivata di cui al numero che precede, che consenta una piena valutazione dellinteresse pubblico al fine dellautorizzazione richiesta. Si rimane pertanto in attesa dellinvio da parte di codesta Avvocatura distrettuale della documentazione necessaria ai fini della definitiva statuizione di competenza. Sui profili di massima della questione stato sentito il Comitato Consultivo dellAvvocatura dello Stato, il quale, nella seduta del 13 luglio 2010, si espresso in conformit. A.G.S. - Parere del 20 settembre 2010 prot. 285549 - avv. Stato Barbara Tidore - AL 29102/10. Legge-quadro per l'assistenza, lintegrazione sociale e i diritti delle persone handicappate: applicazione delle agevolazioni previste dallarticolo 33 comma 3 della legge 104/92 Nella nota in riferimento si descrive una prassi, sino ad oggi seguita da PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 165 codesta Autorit, in base alla quale sono stati accordati i permessi previsti dallarticolo 33 comma 3 della legge 104/92, in favore di dipendenti che si trovavano in situazioni nelle quali veniva in rilievo una condizione di handicap non definibile come grave secondo la dizione di cui al terzo comma dellarticolo 3 della stessa L. 104. Tali situazioni, originariamente circoscritte ai casi in cui lhandicap riguardava lo stesso dipendente o un familiare affidato alla sua cura (genitore o figlio), sono state successivamente ravvisate anche laddove veniva prospettata la necessit di assistenza ad altri familiari del dipendente. Come correttamente osservato nella richiesta di parere, la distinzione tra situazioni gravi e non gravi si rinviene nella lettura comparata del primo e del terzo comma dellarticolo 3 cit., dai quali si evince che il tratto distintivo della condizione di gravit risiede nella necessit, propria della persona portatrice di handicap, di ricevere un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale. La previsione di cui allarticolo 33 comma 3 (Agevolazioni) individua espressamente lavente diritto alla concessione dei permessi nel dipendente che assiste una persona con handicap in situazione di gravit, con esso convivente. Il quadro normativo rilevante include, infine, le disposizioni contenute nellarticolo 4 della L. 104, secondo cui gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficolt, alla necessit dellintervento assistenziale permanente e alla capacit complessiva individuale residua, di cui allarticolo 3, sono effettuati dalle unit sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui allarticolo 1 della legge 15 ottobre 1990 n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unit sanitarie locali. Tale ultima disposizione interpretata dalla giurisprudenza, con orientamento univoco e consolidato, nel senso della inderogabilit e non sostituibilit degli accertamenti medici in questione, in quanto strumento specifico indicato dalla legge (cos Cass. sez lav. sent. 8068/98, 8436/03, 4623/10-par. 3.1, Sez. Unite n. 16102/09). Il sistema complessivo si regge pertanto, ai fini che qui rilevano, sui due seguenti principi: a) solo le situazioni di handicap gravi, in quanto comportanti la necessit di assistenza continuativa, possono dare luogo alla concessione di permessi ex art. 33 comma 3, che rappresentano dei benefici indiretti in favore della persona portatrice di handicap; b) qualora si renda necessario, a qualsiasi fine (ivi incluso quello di ottenere un permesso ex art. 33 comma 3 cit.), rappresentare ufficialmente una situazione di handicap grave, questa deve emergere dalla certificazione medica rilasciata dai competenti organi di verifica delle unit sanitarie locali secondo 166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 la previsione di cui allart. 4, costituente una vera propria condizione indefettibile per la concessione del beneficio (cos Cass. 8436/03 cit.). E stato infatti escluso espressamente che la condizione di gravit possa essere documentata mediante certificazione di diversa provenienza o accertamenti effettuati da organi diversi dalle apposite commissioni (Cass. 8068 cit.). Per quanto precede, si ritiene pertanto che la legge non consenta di estendere in via applicativa listituto del permesso previsto dallart. 33 comma 3 (al pari delle altre agevolazioni per le quali sono previste analoghe condizioni, come ad es. quella di cui al comma 5 dello stesso art. 33), al di fuori dei casi in cui sia addotta e comprovata, unicamente mediante la certificazione medica rilasciata dalle competenti commissioni secondo quanto previsto dallart. 4, lesistenza di una situazione di handicap grave, intendendosi per tale esclusivamente quella rispondente alla definizione normativa contenuta nellart. 3 comma 3 della stessa legge. Rispetto al caso concreto prospettato, in assenza della condizione di gravit in capo al familiare convivente (ovvero, come sembra di capire, della certificazione medica che attesti tale gravit), il beneficio non potr dunque essere riconosciuto. Sul presente parere, in quanto involgente profili di massima, stato sentito il Comitato Consultivo che nella seduta del 17 settembre 2010 si espresso in conformit. A.G.S. - Parere del 20 settembre 2010 prot. 301334 - avv. Stato Dorian De Feis - AL 33552/10. Transazioni commerciali: non pu considerarsi usuraio il tasso dinteresse direttamente stabilito dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231; per le cessioni di beni e servizi allo Sato lobbligo del pagamento dellIVA diviene esigibile allatto dei relativi pagamenti; la parte soccombente in giudizio non tenuta al rimborso dellIVA sullonorario legale ove la parte vittoriosa assistita sia a sua volta soggetto I.V.A. Con la nota in riscontro, lintestata Amministrazione ha richiesto alla Scrivente Avvocatura dello Stato un parere in ordine ai seguenti quesiti: 1) Se possa configurarsi un conflitto tra la disposizione di cui allart. 5, primo comma, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), ai sensi del quale,salvo diverso accordo tra le parti, il saggio degli interessi, ai fini del presente decreto, determinato in misura pari al saggio d'interesse del principale strumento di rifinanziamento PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 167 della Banca centrale europea applicato alla sua pi recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di sette punti percentuali. Il saggio di riferimento in vigore il primo giorno lavorativo della Banca centrale europea del semestre in questione si applica per i successivi sei mesi, e la normativa dettata, in tema di usura, dalla legge 7 marzo 1996, n. 108, la quale ha modificato lart. 644 del codice penale ed inciso sullart. 1815 del codice civile. 2) Se siano dovuti gli interessi moratori su quanto dovuto dal creditore allErario a titolo di I.V.A. 3) Se la parte soccombente nel processo, condannata al pagamento delle spese processuali e dellonorario spettante al difensore della parte vittoriosa, sia tenuta a rimborsare anche lI.V.A. relativa allonorario, qualora la parte vittoriosa sia un soggetto passivo I.V.A. (esercente attivit dimpresa, professione o arte) e la vertenza inerisca lesercizio della propria attivit dimpresa, professione o arte. 1) Con riferimento al primo quesito, si osserva quanto segue. Lintroduzione, nel nostro ordinamento, di un tasso dinteresse che, sia pure con il dichiarato scopo di incentivare il tempestivo pagamento del corrispettivo di beni e servizi nelle transazioni commerciali, pu assumere valori superiori a quello ordinariamente previsto in tema di obbligazioni pecuniarie dallart. 1284 del codice civile, come integrato, da ultimo, dal D.M. 4 dicembre 2009, ha indotto taluni operatori ad interrogarsi sulla compatibilit tra i due complessi normativi. In particolare, si posto il problema di risolvere lapparente conflitto che si verifica nellipotesi in cui il tasso di interesse, calcolato in via automatica sulla base dei criteri previsti dal primo comma dellart. 5 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, superi la soglia, anchessa stabilita ex lege, oltre la quale il tasso di interesse viene considerato usurario. Sul punto, si ritiene che la compatibilit rispetto ai limiti del tasso previsto dal gi citato art. 5, primo comma, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, con le norme dettate in tema di usura, sia ex ante assicurata dalla sua previsione normativa, non potendo, pertanto, in alcun caso porsi un problema di usurariet di un tasso espressamente individuato, anche in maniera indiretta, dalla legge. In primis, infatti, si evidenzia che sia lart. 644 del codice penale, sia lart. 1815, secondo comma, del codice civile, come integrati dallart. 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, appaiano tassativamente collegabili alla sola pattuizione o promessa di interessi della cui usurariet si discute, avendo quale substrato e presupposto di applicabilit la fonte convenzionale del tasso dinteresse da valutare. Nellipotesi del saggio previsto dallart. 5, primo comma, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, allopposto, il tasso, salvo sue deroghe, sta- 168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 bilito per legge, e non convenzionalmente, e non pu, in quanto tale, considerarsi usurario. In secondo luogo, si osserva che la stessa fonte sovranazionale e la natura di normativa di adeguamento ad obblighi comunitari assunti dal nostro ordinamento fa, dellarticolato in commento, una fonte c.d. rinforzata, in quanto tale prevalente su disposizioni interne eventualmente contrastanti od incompatibili, anche al fine di assicurare quella soglia di tutela minima dei debitori nellambito delle transazioni commerciali. 2) Con riguardo al secondo quesito, si ritiene di poter condividere quanto sostenuto da codesta Amministrazione, argomentando in base al disposto di cui allart. 6, quinto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ai sensi del quale per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte allo Stato limposta diviene esigibile allatto del pagamento dei relativi corrispettivi . Infatti, posto che, come correttamente osservato dallintestata Amministrazione, lI.V.A., nei confronti del soggetto passivo non consumatore finale, costituisce una mera partita di giro, in quanto la stessa viene da questi versata allErario nellidentico importo ricevuto dal committente e, comunque, soltanto al momento del pagamento da parte del committente medesimo, non pu ritenersi sussistente alcun danno da risarcire, in via forfettaria, con il pagamento di interessi moratori sulla somma originariamente dovuta. A ci deve aggiungersi che, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (ex multis, Corte di cassazione, Sez. I, 2 giugno 2000, n. 7308), deve escludersi l'esistenza nell'ordinamento di un principio secondo cui i pagamenti da parte dello Stato (nella specie, per corrispettivi di opere in appalto pubblico) siano subordinati alla previa fatturazione. Tale principio non pu desumersi, infatti, n dall'art. 277 del r.d. n. 827 del 1924 (regolamento sulla contabilit dello Stato), che non fa alcun riferimento n implicito, n esplicito alla necessit della fatturazione quale condizione di esigibilit dei crediti verso lo Stato, n dagli art. 6 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, per i quali ultimi l'obbligo della fatturazione [da parte del soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio, n.d.r.] non sorge prima del pagamento del compenso. Pertanto, non essendovi alcun obbligo di fatturazione, da parte del soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio, prima del pagamento del compenso da parte del committente, sembra evidente come non sorga, sino a quel momento, alcun obbligo, da parte del soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio, nei confronti dellErario. 3) Con riguardo, infine, al terzo ed ultimo quesito prospettato a questo Legale Ufficio, si osserva che, con circolare n. 203/E del 6 dicembre 1994, il Dipartimento delle Entrate dellallora Ministero delle Finanze, conformandosi ad un parere reso dalla Scrivente Avvocatura dello Stato, ha chiarito che alla PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 169 parte vittoriosa nel processo spetta il diritto di conseguire dal soccombente, condannato al pagamento delle spese processuali, anche il pagamento dellonorario spettante al proprio difensore. Ha, altres, specificato che lI.V.A. relativa allonorario non dovr essere rimborsata dalla parte soccombente qualora la controparte sia, come nel caso di specie, un soggetto passivo I.V.A. (esercente attivit dimpresa, professione o arte) e la vertenza inerisca allesercizio della propria attivit dimpresa, professione o arte. In tal caso, infatti, non dovuto il rimborso dellimposta perch la parte vittoriosa potr esercitare il diritto di rivalsa di detrazione dellimposta (art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) e potr, quindi, portare in detrazione limposta medesima, pagata al difensore, in sede di liquidazione periodica. Ci trova conferma nel consolidato orientamento giurisprudenziale in forza del quale il credito del difensore antistatario nei confronti della parte soccombente, a seguito del provvedimento di distrazione delle spese giudiziali, comprende, oltre agli onorari non riscossi ed alle spese anticipate, il correlativo importo dellI.V.A., quando la parte vittoriosa non sia autorizzata a portare in detrazione tale imposta, atteso che il suddetto credito ha la medesima natura e consistenza di quello spettante al cliente nei confronti della controparte per la rifusione delle spese processuali, le quali includono quanto si corrisposto o si dovr corrispondere al proprio difensore a titolo di rivalsa dellI.V.A. (senza possibilit di riversare il relativo carico su altri soggetti), e che inoltre la disciplina dellI.V.A., identificante in via esclusiva nel cliente del professionista il soggetto passivo dellobbligazione di rivalsa, non osta a che, in forza dellautonomo e distinto obbligo nascente dalla pronuncia di condanna alle spese, il denaro occorrente alla attuazione della rivalsa venga fornito da un terzo estraneo al rapporto professionale, fermo restando lobbligo del difensore distrattario di emettere la fattura sempre nellambito di tale ultimo rapporto, cio nei confronti del cliente, indicando nella fattura stessa lI.V.A. percepita ed il suo pagamento da parte del soccombente, in base al provvedimento di distrazione (Corte di cassazione, S.U., 12 giugno 1982, n. 3544). Il presente parere stato sottoposto allesame del Comitato Consultivo di cui allart. 26 della legge n. 103/1979 nella seduta del 17 settembre 2010, il quale si espresso in conformit. 170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 A.G.S. - Parere del 21 settembre prot. 294165/86 - avv. Stato Giuseppe Albenzio - AL 90/06. Pubblico impiego contrattualizzato. Restitutio in integrum relativa a periodi di sospensione obbligatoria dal servizio conseguente alladozione di misure restrittive della libert personale 1. LAgenzia delle Dogane chiede di rivedere o di confermare il parere reso da questa Avvocatura Generale al Ministero in indirizzo in data 12 maggio 2006, concernente la pretesa di ricostruzione economica della carriera per il periodo di sospensione cautelare dal servizio disposta dallAmministrazione nei confronti del dipendente sottoposto a misure restrittive della libert personale nellambito di procedimenti penali conclusisi poi con sentenza di assoluzione con formula piena. Ai fini del riesame della questione lAgenzia richiama le disposizioni del CCNL del Comparto Ministeri 2002, riprodotte nel CCNL del Comparto Agenzie fiscali 2004, ed osserva che il principio generale desumibile anche da Cass. 19169/2006 potrebbe portare al riconoscimento del diritto alla restitutio in integrum per il dipendente sospeso obbligatoriamente dal servizio in seguito a misura restrittiva della sua libert personale ma, poi, assolto con formula piena con sentenza definitiva. 2. Riesaminando la questione, la Scrivente osserva quanto segue. La giurisprudenza sopravvenuta al parere del 2006 ha confermato lorientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa (v. Tar Liguria, sez. I, 12 agosto 1996 n. 285; Tar Lombardia, sez. I, 10 febbraio 2003 n. 229; Tar Lazio, sez. III, 21 maggio 1993 n. 835, oltre le decisioni menzionate nel detto parere), nel senso che la sospensione del sinallagma contrattuale dovuta a causa non imputabile allamministrazione (quale, appunto, in seguito a sospensione obbligatoria dal servizio per restrizione in carcere del dipendente) non comporta in linea di principio il diritto del dipendente che non abbia effettuato la prestazione lavorativa alla restitutio in integrum in seguito ad assoluzione in sede penale: Ai fini della restitutio in integrum in favore del dipendente disciplinarmente sanzionato, deve essere dedotto il periodo di tempo in cui la prestazione lavorativa non vi stata per effetto della eventuale misura interdittiva di sospensione dal servizio inflitta ai sensi dellart. 289 c.p.p., trattandosi di misura cautelare penale (che evidentemente interrompe il sinallagma contrattuale). (C. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 575); ai fini della restitutio in integrum deve essere dedotto il periodo di tempo in cui la prestazione lavorativa non vi stata per effetto della misura interdittiva di sospensione dal servizio inflitta ai sensi dellart. 289 c.p.p., trattandosi di misura cautelare penale, che evidentemente interrompe il sinallagma contrattuale (C. Stato, sez. IV, 12 luglio 2007, n. 3986). Peraltro, precedenti decisioni dello stesso Consiglio di Stato si esprimono PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 171 in termini che paiono aprire alla possibilit di eccezioni al principio sopra delineato [Lart. 97 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, che prevede espressamente lipotesi in cui limpiegato sospeso dal servizio sia assolto con formula piena nel procedimento penale e nei suoi confronti sia stata disposta la restitutio in integrum, ha natura eccezionale, in quanto volutamente derogatoria del principio fondamentale di sinallagmaticit delle due prestazioni (obbligo retributivo e prestazione lavorativa), C. Stato, sez. VI, 26 giugno 2003, n. 3827], mentre dalla citata sentenza della Cassazione n. 19169/2006 si pu dedurre a contrario il diverso principio secondo cui, quando la mancata prestazione (e conseguente interruzione del rapporto sinallagmatico) non sia imputabile al lavoratore, questi non deve sopportare gli effetti sfavorevoli (in riferimento, in particolare, alla retribuzione), indipendentemente dalla colpa del datore di lavoro. 3. In questa situazione di incertezza sul piano giurisprudenziale interviene (per il comparto che ci interessa) il CCNL che, negli art. 15, commi 7-8, (CCNL 2002) e 70, commi 7-8, (CCNL 2004) disciplina il caso in esame, cos disponendo: il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libert personale sospeso dufficio dal servizio con privazione della retribuzione per la durata () dello stato restrittivo della libert al dipendente sospeso ai sensi dei commi da 1 a 5 sono corrisposti unindennit pari al 50% della retribuzione () nonch gli assegni del nucleo familiare e la retribuzione individuale di anzianit, ove spettanti nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o proscioglimento () quanto corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennit verr conguagliato con quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennit o compensi per servizi speciali o per prestazioni di carattere straordinario. La giurisprudenza sulla quale si era basato il precedente parere di questa Avvocatura concerneva casi nati sotto la vigenza del dpr 3/1957, mentre quella citata nel precedente paragrafo non ha preso in considerazione le clausole del CCNL sopra riportate, o clausole analoghe, che invece, ad avviso della Scrivente, vanno valorizzate con conseguente riesame del precedente parere reso al Ministero. Si potrebbe, pertanto, ritenere che i casi segnalati da codesta Agenzia debbano essere regolati secondo le disposizioni del CCNL vigente, in ossequio al principio generale per i rapporti di pubblico impiego contrattualizzato; il testo contrattuale da tenere presente dovr essere quello del momento in cui, con lassoluzione in sede penale, maturato per il dipendente il diritto alla restitutio in integrum, in considerazione della validit temporale dei contratti per i periodi negli stessi indicati e della necessit di tenere presente, come gi detto, il momento in cui si riespande il diritto del dipendente, altrimenti precluso dalla obbligatoriet della sospensione a suo tempo disposta (si veda, a conforto, la giurisprudenza della Cassazione in ordine al momento in cui con- 172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 siderare compiuto il presupposto per la determinazione dellindennit per ingiusta detenzione: Cass. pen., sez. IV, 18 dicembre 2000 e 11 maggio 1993; sez. I, 20 gennaio 1992). Le disposizioni del CCNL sopra citate (e vigenti allepoca della maturazione del diritto) sono chiare nel senso di riconoscere al dipendente il diritto alla restitutio nei termini ivi indicati, in ossequio al principio che il rischio retributivo non resta a carico del lavoratore qualora linterruzione del sinallagma contrattuale non sia allo stesso imputabile. La soluzione proposta non supportata da pronunzie giurisprudenziali specifiche per il comparto de quo e, quindi, il presente parere suscettibile di riesame in relazione ad una diversa interpretazione della norma contrattuale che dovesse sopravvenire in sede giudiziaria. Il parere stato sottoposto allesame del Comitato Consultivo che si espresso in conformit nella seduta del 17 settembre 2010. A.G.S. - Parere del 1 ottobre 2010 prot. 299933/49/61 - avv. Stato Marina Russo - AL 6569/10. Testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni. Pagamenti nei confronti delle societ cessionarie in caso di fallimento della societ cedente: spettanza dei crediti ceduti Viene nuovamente sottoposta allattenzione della Scrivente la questione in oggetto, relativamente alla quale stato gi reso parere con nota prot. 170250 del 20 maggio 2010. In detto parere, la Scrivente esprimeva avviso favorevole a che lAmministrazione desse corso ai pagamenti nei confronti delle societ cessionarie, salvi alcuni adempimenti prudenziali, segnatamente la richiesta al curatore fallimentare di rendere nota leventuale pendenza di azione revocatoria ovvero la sua imminente proposizione. LAmministrazione in indirizzo segnala, ora, di non aver ancora dato corso ai pagamenti nei confronti delle societ cessionarie, e ci in considerazione di quanto qui di seguito si sintetizza: a) la Direzione di Amministrazione dellEsercito, in situazione analoga a quella che interessa lArma dei Carabinieri, ha ritenuto di continuare ad eseguire i pagamenti nei confronti delle societ cedenti, medio tempore fallite; b) la curatela dei fallimenti non ha dato formale riscontro alla richiesta di informazioni circa eventuali azioni revocatorie, ma in un caso ha informalmente suggerito di attendere una statuizione del giudice fallimentare, da PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 173 adottarsi auspicabilmente nellambito di una prossima udienza, fissata per il 24 novembre 10 (peraltro, non si conosce lo specifico incombente processuale per il quale detta udienza fissata, sicch la possibilit che - in quella sede - il giudice affronti la questione della revocabilit della cessione appare dubbia); c) uno dei dipendenti mutuanti stato nelle more segnalato alla Centrale dei rischi come cattivo pagatore dalla societ cessionaria (ci che ben potrebbe verificarsi prossimamente anche in danno di molti altri), sicch lAmministrazione in indirizzo chiede anche di conoscere se sia possibile diffidare la suddetta Centrale dei rischi dalladottare analoghe iniziative in futuro. ****** Tanto premesso, con la presente nota si espone quanto segue. Occorre innanzi tutto procedere ad un chiarimento preliminare: la questione dellefficacia nei confronti dellAmministrazione della cessione dei crediti aventi ad oggetto il quinto dello stipendio va tenuta ben distinta rispetto alla questione del sopravvenuto fallimento delle societ mutuanti che detta cessione hanno effettuato. Infatti una cessione che fosse rispettosa delle forme di cui allart. 69 del R.D. 2440/1923, ed alla quale, in ipotesi, non ostasse (sul che ci si diffonder infra) la norma di cui allart. 42 III comma del D.P.R. 180/50 non potrebbe perdere efficacia solo per effetto della dichiarazione di fallimento del cedente. La cessione perderebbe infatti efficacia unicamente nel caso in cui il curatore agisse in revocatoria, ottenendo sentenza favorevole. In mancanza, il debitore ceduto non potrebbe che dar corso ai pagamenti nei confronti del cessionario, e ci indipendentemente dalla sopravvenuta dichiarazione di fallimento del cedente. Pertanto il suggerimento, di cui al parere reso il 20 maggio 2010, di acquisire informazioni dai curatori fallimentari circa leventuale pendenza di azioni revocatorie, deve intendersi finalizzato ad acquisire conoscenza dellesistenza di un contenzioso in sede giudiziale tra il fallimento della societ cedente ed il cessionario, avente ad oggetto la spettanza dei crediti ceduti, essenzialmente in quanto - in presenza di tale contenzioso - lAmministrazione potrebbe fare ricorso alla procedura del sequestro liberatorio, onde mettere i crediti contestati a disposizione di chi, allesito dellazione revocatoria, ne risultasse titolare. Tuttavia, poich i curatori fallimentari, pur richiestine, non hanno comunicato la pendenza o limminente avvio di azioni revocatorie, non resta che verificare se alla cessione de qua osti la norma di cui al menzionato art. 42 III comma, o se - invece - la cessione stessa sia efficace nei confronti dellAmministrazione e questa debba pertanto pagare il dovuto ai cessionari. Quanto sopra, fermo restando che - ove la proposizione di azioni revoca- 174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 torie dovesse constare in futuro - il sequestro liberatorio delle somme ancora dovute potr comunque essere richiesto in tal sede. Venendo, quindi, allesame dellart. 42 III comma cit., si osserva quanto segue. La norma, come noto, recita: Sono inefficaci rispetto allo Stato ed agli altri enti dai quali i cedenti dipendono, i sequestri, i pignoramenti e le alienazioni delle quote di stipendio o di salario cedute. Volendo ricostruire la ratio della norma, sembra che linefficacia dei pignoramenti e dei sequestri sia finalizzata a tutelare linteresse, tanto del dipendente quanto del mutuante, a che iniziative di terzi non compromettano lesecuzione del contratto di mutuo. Quanto al divieto di alienazione delle quote di stipendio cedute, la norma sembra assai meno chiara: prova ne sia il fatto che la Ragioneria Generale dello Stato, nella nota del 20 aprile 2010 n. 32216 richiamata nel parere del 20 maggio 2010, ha auspicato un intervento normativo. Ed invero, deve innanzi tutto escludersi che le alienazioni cui si riferisce la norma siano quelle poste in essere dallo stesso dipendente mutuatario (la norma sarebbe in tal caso superflua, atteso che il dipendente non potrebbe in nessun caso anche indipendentemente da quanto afferma lart. 42 III comma legittimamente disporre della quota di stipendio di cui ha gi in precedenza disposto con la cessione). Si tratta, allora, di verificare quale possa essere una ragionevole giustificazione al divieto di alienazioni (che costituisce peraltro deroga al principio generale della libera cedibilit dei crediti), nellassunto che le alienazioni in questione si identifichino con quelle poste in essere da parte del mutuante. Ritiene al riguardo la Scrivente che una giustificazione al divieto di alienazione delle quote cedute potrebbe essere ravvisata unicamente nellesigenza di evitare che, tramite la cessione, il diritto alla quota di stipendio possa essere trasferito a soggetti diversi da quelli che - soli - a mente dellart. 15 del D.P.R. 180/50 sono ammessi a concedere prestiti e che, per leffetto, da una parte hanno titolo a ricevere il periodico pagamento delle quote dallAmministrazione e, dallaltra, possono essere (e frequentemente sono) convenzionalmente tenuti a corrispondere alla stessa eventuali indennizzi, a copertura delle spese di accredito. Analoga ratio ricorreva, ad esempio, nel caso dei limiti alla sequestrabilit e cedibilit dei crediti per corrispettivo di contratti in corso di cui allart. 9 dellAll. E alla legge 2248/1865 (Sul prezzo dei contratti in corso non potr avere effetto alcun sequestro, n convenirsi cessione, se non vi aderisca l'amministrazione interessata). I cessionari diversi dai soggetti di cui allart. 15, infatti, potrebbero non garantire le stesse caratteristiche di affidabilit ed onorabilit di questi ultimi, sicch cos come lart. 15 mira ad evitare che i dipendenti pubblici assumano PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 175 obbligazioni nei confronti di soggetti la cui seriet non pu essere certa - altres opportuno evitare che lAmministrazione si trovi, a sua volta, di fatto costretta ad interagire - a seguito di atti dispositivi delle quote di stipendio cedute - con soggetti che non assicurino lo standard di affidabilit di quelli enumerati allart. 15. Ci premesso - linterpretazione letterale dellart. 42 III comma cit. dovrebbe condurre alla conclusione che nessuna alienazione delle quote di stipendio cedute, operata dal mutuante, pu essere opposta allAmministrazione, in linea con quanto previsto dallart. 1260 c.c. Il creditore pu trasferire il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purch il trasferimento non sia vietato dalla legge. Tuttavia, una lettura del richiamato articolo che tenga conto della ratio legis come sopra ricostruita, ben pu indurre a ritenere, in via di interpretazione adeguatrice, e come sostenuto dalla Scrivente nel parere del 20 maggio 2010, che in un caso come quello che ne occupa la soluzione possa essere diversa, allorch la modifica soggettiva del creditore risulta di fatto ininfluente. Pi precisamente, il mutamento della persona del creditore indifferente, allorquando i cessionari (nella specie Barclays Bank e Neos Finance) sono, a loro volta, istituti esercenti il credito e rientrano, come tali, nella previsione dellart. 15 del D.p.r. 180/50. Tale circostanza - unitamente alla non secondaria considerazione, valorizzata anche dalla Ragioneria Generale dello Stato nella citata nota del 20 aprile 2010 n. 32216, dei possibili pregiudizi (gi effettivamente insorti) che una diversa soluzione implica per gli incolpevoli dipendenti che hanno subto la vicenda, ritrovandosi sostanzialmente inadempienti nei confronti dei soggetti cessionari del credito - induce la Scrivente a confermare il parere gi reso in data 20 maggio 2010 con nota n. 170250. Quanto, infine, alla possibilit di indirizzare una formale diffida alla Centrale dei rischi, come meglio illustrato al punto c), si rappresenta che eventuali iniziative in tal senso competono unicamente al diretto interessato. Per parte sua, tuttavia, lAmministrazione, in unottica di collaborazione, potrebbe per contribuire a chiarire la vicenda alla Centrale stessa con apposita nota, illustrando in particolare come le somme siano state finora versate ai fallimenti, in ragione delle incertezze interpretative del caso e nelle more del necessario approfondimento ai fini di una corretta interpretazione normativa. Sulla questione stato sentito il Comitato Consultivo, che si espresso in conformit. 176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 A.G.S. - Parere del 12 ottobre 2010 prot. 311287 - avv. Stato Enrico De Giovanni - AL 36023/10. Istanze di rimborso delle spese legali ex art. 18 D.L. n. 67/97. Proscioglimento ex art. 425 comma 3 cod. proc. pen. Spettanza LAvvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli pone, per leventuale sottoposizione al Comitato Consultivo, un quesito in merito alla spettanza del rimborso delle spese legali richiesto da dipendenti di Amministrazioni statali ex art. 18 D.L. n. 67 del 1997 a fronte di sentenze penali di non luogo a procedere emesse ex art. 425 comma 3 del c.p.p. dal giudice delludienza preliminare. Come noto il citato comma 3 cos recita: 3. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere laccusa in giudizio. LAvvocatura Distrettuale di Napoli, con due schemi di parere, riguardanti fattispecie analoghe sotto i profili che saranno approfonditi, esaminati ed approvati a maggioranza come posizione della medesima Avvocatura Distrettuale in riunione collegiale dell11 agosto 2010, ritiene (si prende qui a riferimento il CS 950/09) che nel caso di specie dalla lettura della sentenza di non luogo a procedere si evince che la responsabilit del prevenuto non risulta affatto esclusa, con riguardo alle ipotizzate fattispecie penali. Anzi, dalla predetta sentenza emergono significativi elementi di sospetto nonch rilevanti elementi indiziari. Pertanto, prosegue lAvvocatura distrettuale, giacch il G.U.P. ha ritenuto una situazione processuale di insufficienza degli elementi di accusa non possibile, in relazione al perentorio disposto dellart. 18 D.L. 67/97, superare largine del formale proscioglimento che quella norma richiede per la concessione del rimborso; non vi in sentenza, infatti, la dimostrazione della totale mancanza di responsabilit dellimputato. Analoghe considerazioni valgono per laltro schema di parere predisposto dallAvvocatura distrettuale. Va immediatamente segnalato che nessun atto processuale stato allegato alla richiesta di parere; non si dispone pertanto neanche delle sentenze di non luogo a procedere: si ritiene comunque di poter rendere un parere di massima, che, senza inerire specificamente a tutti i profili dei casi di specie, riguardi la generale possibilit che il rimborso in questione venga disposto in presenza di sentenza emessa ex art. 425 c. 3 c.p.p. In sostanza, volendo estrapolare un principio di ordine generale dal contenuto dello schema di parere sopra riassunto, nonch dellaltro di analogo contenuto che per brevit si intende cognito, pu affermarsi che lAvvocatura napoletana opina che il rimborso non pu, in quel caso, essere concesso, tranne che dalla lettura della sentenza non emergano circostanze che consentano di PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 177 escludere la responsabilit penale del richiedente il rimborso. Siffatta conclusione, pur se pregevolmente e ampiamente argomentata, non pu essere condivisa per le ragioni di seguito esposte. ****** La sentenza ex art. 425 c. 3 nel testo introdotto dallart. 23 L. 16 dicembre 1999, n. 479, costituisce, secondo la condivisibile lettura della giurisprudenza della Suprema Corte, decisione che attesta la circostanza che linsufficienza o contraddittoriet degli elementi probatori acquisiti a carico dellimputato non appaiono ragionevolmente superabili nel dibattimento, con conseguente prognosi dellinutilit del dibattimento in senso favorevole allaccusa (cfr. Cass. Pen. VI, sent. 45275/01; Cass. Pen. II, sent. 14034/08; Cass. pen. IV, sent. 46403/08); non vi dubbio che qualora il giudice possa invece pervenire ad un giudizio prognostico di innocenza dellimputato la sentenza di non luogo a procedere debba emettersi ex art. 425 comma 1. In generale, in merito alla genesi della disposizione, giova ricordare che la norma contenente la regola di giudizio in questione, volta a guidare il passaggio dalla fase delludienza preliminare a quella del dibattimento, ha formato oggetto di discussione fin dal 1988, anno di entrata in vigore del codice di rito. Se si considerano, poi, gli effetti della triplice interpolazione di cui lart. 425 c.p.p. stato fatto oggetto (vedi l. 8 aprile 1993, n. 105; l. 16 dicembre 1999, n. 479 e d.l. 7 aprile 2000, n. 82, convertito con modificazioni nella l. 5 giugno 2000, n. 114), ben si comprende la complessit della regolamentazione che ne scaturita, caratterizzata da formule normative eterogenee e ambivalenti: le conseguenti difficolt interpretative, tuttavia, a giudizio di questo G.U. possono essere affrontate e risolte con particolare attenzione al rispetto dei principi costituzionali applicabili in subiecta materia e ad una corretta collocazione sistematica della singole norme. Appare utile al riguardo rammentare anche talune posizioni manifestatesi in dottrina in merito alla ricordata produzione normativa. In particolare si affermato che il comma 3 dellart. 425 c.p.p., introdotto dallart. 23 della Legge 16 dicembre 1999, n. 479, appare ricollegabile a due diversi criteri di giudizio rinvenibili altrove nel codice di rito (Cfr. AMODIO, Lineamenti della riforma, in AA.VV., Giudice unico e garanzie difensive. La procedura penale riformata, Milano 2000, 30-31): da un lato, al criterio di insufficienza probatoria previsto nellart. 530 comma 2 c.p.p. in relazione allassoluzione dibattimentale (in base al quale il giudice pronuncia lassoluzione anche quando manca, insufficiente o contraddittoria la prova); dallaltro, il criterio di inidoneit probatoria (lespressione di GREVI, Archiviazione per inidoneit probatoria ed obbligatoriet dellazione penale, in Riv. dir. proc. pen. 1990, 1274) previsto nellart. 125 disp. att. per larchiviazione (secondo cui il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene linfondatezza della notizia di reato perch gli elementi 178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere laccusa in giudizio). Nel caso di specie ci si muove, evidentemente, nellambito del primo dei due criteri di giudizio. La sentenza di non luogo a procedere resa ex art. 425 comma 3 costituisce decisione che attesta la circostanza per cui linsufficienza o conflittualit degli elementi probatori acquisiti a carico dellimputato, non appaiono ragionevolmente superabili nel dibattimento, con conseguente prognosi dellutilit nel dibattimento in senso favorevole allaccusa (di nuovo cfr. Cass. Pen., VI sez., sent. 45275/2001; Cass. Pen., II sez., sent. 14034/2008; Cass. Pen., IV sez., sent. 46403/2008). Presupposti per emettere sentenza di non luogo a procedere ai sensi della prima parte del comma 3 sono dunque non soltanto linsufficienza o contraddittoriet delle prove, ma un giudizio prognostico del G.U.P. sugli sviluppi dibattimentali. La situazione di insufficienza o contraddittoriet in quanto tale non implica, dunque, pronuncia di non luogo a procedere in ogni caso, ma esclusivamente quando vi la convinzione che lincertezza non potr essere risolta in dibattimento, perch il materiale presentato ha esaurito tutta la sua potenzialit (Cfr. APRILE, Giudice unico e processo penale. Commento alla legge Carotti 16 dicembre 1999, n. 479, Milano 2000, 115 ss.). Dunque, se da un lato la sentenza di non luogo a procedere non accerta in modo definitivo che limputato non colpevole del reato ascrittogli (tanto che suscettibile di revoca, ex art. 434 c.p.p., nellipotesi in cui vengano scoperte nuove prove a carico), va altres considerato che essa non concreta nemmeno un semplice provvedimento di tipo processuale, destinato nullaltro che a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero (contra Corte Cost. 27 giugno 1997 n. 206). La dottrina ha infatti sottolineato che, a rigore, ci vale unicamente nellipotesi in cui la sentenza de qua contenga un puro accertamento di rito, ossia quando il g.u.p. emani il proscioglimento poich sussiste una causa per la quale lazione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita. In tutti gli altri casi, il non luogo a procedere impedisce la piena cognizione sul merito sulla base di una valutazione che, tuttavia, ha ad oggetto il fatto addebitato allimputato (cos, CARRERI, Il giudice delludienza preliminare: giudice di rito o giudice di merito?, in Cass. pen. 1994, 2834 ss.). Si aggiunga che, in seguito alla riforma del 1999, larga parte della dottrina giunta ad affermare che i nuovi poteri conferiti al g.u.p. hanno trasformato la sentenza di non luogo a procedere in un vero e proprio provvedimento di merito (ex multiis BASSI, I rapporti fra il giudizio di gravit in materia cautelare e il decreto che dispone il giudizio allindomani della riforma del giudice unico, in Cass. pen. 2001, 353). La stessa Corte costituzionale, mettendo in evidenza come lesigenza di completezza delle indagini, il potere di integrazione probatoria in capo al g.u.p. e le nuove cadenze delle PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 179 investigazioni difensive siano tutti elementi di novit che postulano, allinterno delludienza preliminare, da un lato, un contraddittorio pi esteso rispetto al passato, e, dallaltro, un incremento degli elementi valutativi, cui necessariamente corrisponde quanto alla determinazione conclusiva un apprezzamento del merito ormai privo di quei caratteri di sommariet che prima della riforma erano tipici di una delibazione tendenzialmente circoscritta allo stato degli atti. In particolare, significativamente, la Corte rileva che lalternativa decisoria che si offre al giudice quale epilogo delludienza preliminare, riposa, dunque, su una valutazione del merito della causa ormai non pi distinguibile quanto ad intensit e completezza del panorama delibativo da quella propria di altri momenti processuali (vedi Corte cost. n. 224 del 2001). Questa prospettiva appare confortata da autori come V. GAROFOLI, (Udienza preliminare e regole minime per evitare inutili dibatittimenti, in Diritto penale e processo, n. 5/2005, 533 ss.), il quale parla, in forza delle modifiche apportate con la legge c.d. Carotti, di diversa e maggiore pregnanza delludienza preliminare, di una nuova fisionomia tale da avvicinarla sempre di pi ad un giudizio di merito, finalizzato a tracciare il discrimen tra colpevolezza e innocenza (lautore considera, in particolare, i nuovi poteri istruttori consegnati al G.U.P. ai sensi dellart. 421-bis e 422 c.p.p.). ****** Alle considerazioni finora svolte altre due se ne devono aggiungere, di estrema rilevanza. Argomento di fondamentale importanza che spinge a sostenere la tesi della esclusione della responsabilit del dipendente prosciolto ai sensi del terzo comma dellart. 425 c.p.p. prima parte, la lettura di tale disposizione allinterno del sistema delle sentenze di non luogo a procedere messe dal GUP. del tutto logico, infatti, equiparare la suddetta ipotesi alle altre delineate dal comma 1 dellart. 425, come uno dei casi, ex multiis, di esclusione della responsabilit, se si presta la dovuta attenzione al contesto ordinamentale, che comunque, bene ribadirlo, retto dal principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza di cui allart. 27 Cost.. La sentenza di non luogo a procedere, resa ex art. 425 comma 3, senzaltro sentenza di non accertata colpevolezza, e, letta in combinato disposto con lart. 27 della Costituzione, sentenza di non accertata responsabilit. Si tratta, come agevole intuire, di una fattispecie per pi versi differente da quella rappresentata da una sentenza che, pur affermando la responsabilit, neghi, poi, la punibilit, come accadrebbe ad esempio se il reato in questione fosse prescritto o la querela rimessa. A nulla servirebbe obbiettare a ci che la sentenza di non luogo a procedere ricorribile per cassazione da parte dell'imputato, salvo che con la sen- 180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 tenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso (lett. b, comma 1, dellart. 428, rubricato impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, cos sostituito dallart. 4 della L. 20 febbraio 2006, n. 46). Dal tenore di questa norma si ravvisa infatti il diritto dellimputato a vedersi prosciolto con una assoluzione piena, dal momento che si nega limpugnabilit solamente nei casi del comma 1 dellart. 425; pertanto, poich anche allinterno del comma 1 si ritrovano formule che esprimono una assoluzione vera e propria (se il fatto non costituisce reato o non previsto dalla legge come reato) e danno comunque luogo a impugnabilit, evidentemente con la norma di cui alla lett. b, comma 1, dellart. 428 il legislatore ha inteso equiparare, o comunque assimilare, la sentenza ex art. 425 c. 3 a queste ultime. ****** Altro argomento che appare comunque decisivo ex se scaturisce dalla constatazione che il rimborso ex art. 18 d.l. 67/97 spetta, senza dubbio alcuno, ai dipendenti di Amministrazioni statali che siano stati assolti in sede dibattimentale dopo aver subito un rinvio a giudizio da parte del g.u.p.; negando il rimborso nei casi previsti dallart. 425 co. 3 c.p.p. ci si troverebbe dinanzi allincongrua e illogica situazione di concedere il beneficio a chi abbia tenuto una condotta rispetto alla quale erano emersi elementi idonei a sostenere laccusa in giudizio e di negarlo a coloro nei cui confronti tale situazione non si era neanche verificata, finendo con il cagionare una disparit di trattamento in danno di soggetto pi meritevole di essere tenuto indenne dalle spese legali. ****** Ad abundantiam si sottolinea ancora che la decisione ex comma 3 art. 425 in parola appare ontologicamente connessa ad una valutazione che non giunge ad affermare linnocenza dellimputato, cosicch lindagine, pur acutamente svolta dallAvvocatura Distrettuale, in merito agli specifici contenuti della sentenza non appare necessaria: lo schema normativo, infatti, tale da escludere in radice, a fronte di una decisione ex comma 3 art. 425, la possibilit di rinvenire in motivazione affermazioni di piena esclusione della responsabilit penale dellimputato. ****** Tutto ci premesso si ritiene che la norma in parola debba necessariamente essere interpretata ed applicata alla luce dellart. 27, secondo comma della Costituzione, in virt del quale limputato non considerato colpevole sino alla condanna definitiva. La presunzione di innocenza si riverbera dunque sul significato e valore da attribuire alla decisione di non doversi procedere ex art. 425, comma 3; poich o si innocenti o colpevoli (dopo la condanna definitiva), la circostanza che venga meno la pendenza di un giudizio penale poich non vi sono elementi PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 181 idonei a sostenere laccusa in giudizio non pu che determinare la conseguenza che il prosciolto debba essere considerato innocente, il che significa che tale decisione idonea ad escludere la responsabilit dellagente concretandosi, cos, il presupposto richiesto dallart. 18 D.L. 67/97 per la concessione del rimborso delle spese legali. In tal senso si espresso il Comitato Consultivo nella seduta del 30 settembre 2010. A.G.S. - Parere del 2 novembre 2010 prot. 335322 - avv. Stato Marco Stigliano Messuti - AL 12531/10. Responsabilit esclusiva del Dirigente per le sanzioni amministrative irrogate per violazione della normativa in materia di tutela della salute dei non fumatori. Non addebitabilit allAmministrazione di appartenenza Si chiede a questo Generale Ufficio se possano essere addebitate a codesta Autorit le sanzioni amministrative inflitte al dott. (omissis), Direttore del Servizio del Personale e delle Risorse Finanziarie, per il mancato aggiornamento dei cartelli "VIETATO FUMARE", cos come invece previsto dalla l. 16 gennaio 2003, n. 3, art. 51, dal d.p.c.m. di attuazione n. 12753 del 23 dicembre 2003, dalla l. 30 dicembre 2004, n. 311. Il Dirigente ha addotto a suo favore: a) che l'adeguamento dei cartelli di divieto di fumo concreta una attivit di indirizzo politico-normativo, nella disponibilit dell'organo collegiale e non anche della Dirigenza Generale ai sensi dell'art. 12, commi 2 e 4 lett. d), della delibera 316/02/CONS del 9 ottobre 2002: d'altra parte il modello di riferimento contenuto nell'all. B) alla delibera 188/04/CONS del 9 giugno 2004, avente natura precettiva e non meramente esemplificativa del disposto legislativo e regolamentare; b) che con riferimento alla condotta in esame, sussiste un rapporto di immedesimazione organica tra Dirigenza Generale e Autorit: il comportamento contestato si assume come "compiuto nellesercizio delle attribuzioni affidate [], cos che vi sia stato un nesso di strumentalit tra ladempimento del dovere e il compimento dellatto"; in altre parole, "il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non ponendo in essere quella determinata" azione, donde la addebitabilit a carico della amministrazione delle sanzioni irrogate durante lo svolgimento delle dovute mansioni; c) che l'onere di adeguamento dei cartelli grava sull'Autorit, la quale avrebbe dovuto modificare la delibera 188/04, rendendola compatibile con la l. 16 gennaio 2003, n. 3, art. 51, il d.p.c.m. di attuazione n. 12753 del 23 di- 182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 cembre 2003, e la l. 30 dicembre 2004, n. 311; al contrario, il Direttore del Personale ha il solo dovere di sollecitare l'Autorithy a conformarsi rispetto alle determinazioni legislative, come opportunamente fatto il 18 novembre 2004 ed il 12 gennaio 2005; d) che l'adozione di un cartello difforme rispetto ai requisiti di legge avvenuta ad opera del precedente Capo del Servizio del Personale: questa violazione non sarebbe dunque imputabile all'attuale dirigenza. Tali obiezioni appaiono infondate. In primo luogo non si pu considerare la delibera 188/04 come uno strumento di indirizzo politico-normativo, di competenza esclusiva di codesta Autorit ai sensi dell'art. 2, co. 10, della l. 14 novembre 1995, n. 481. Un atto politico di necessit "un atto o provvedimento emanato dal governo, nellesercizio del potere politico, anzich di attivit meramente amministrativa"( C. Stato, sez. V; 7 ottobre 2009, n. 6167). Un atto, che ambisce ad esser ritenuto "politico", nonch fonte di un rapporto di identit funzionale tra pubblico dipendente ed Amministrazione, deve addurre novit rispetto alle vigenti prescrizioni e non rispecchiare fedelmente queste ultime. La qualcosa, tuttavia, non si ravvisa con riferimento alla delibera 188, che non importa alcuna innovazione rispetto al d.p.c.m. del 23 dicembre 2003. Tutt al pi essa si pone come "traduzione interna" per gli uffici dell'Autorit delle prescrizioni gi vigenti in materia di divieto di fumo nei locali delle amministrazioni pubbliche: recita infatti l'art. 1, co. 1, della delibera 188/04/CONS: "LAutorit per le garanzie nelle comunicazioni, di seguito denominata Autorit, con il presente regolamento si impegna a far rispettare il divieto di fumo stabilito dalle norme vigenti, in particolare, la legge 11 novembre 1975, n. 584 e successive modifiche ed integrazioni e la Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 14 dicembre 1995". Ne consegue l'assoluta specularit tra le previsioni del d.p.c.m. del 2003, punto 7, e quelle della delibera 188, art. 2 co. 4, in tema di caratteristiche generali del cartello "VIETATO FUMARE". A ci si aggiunge che l'obbligo di conformazione rispetto alla vigente normativa deriva direttamente da quest'ultima e non anche dalla delibera collegiale. Cos il TAR Lazio ha recentemente sostenuto che "la necessit di un adeguamento dei locali ai parametri tecnici indicati nel d.p.c.m. 23 dicembre 2003 non discende" dallatto amministrativo impugnato, "ma direttamente dalla l. 16 gennaio 2003 n. 3 (art. 51)" (TAR Lazio, ord., 17 febbraio 2005, n. 841). Dunque, con riferimento al caso di specie, i dirigenti sono immediatamente tenuti a conformarsi rispetto alle disposizioni del legislatore, senza attendere ulteriori interventi da parte delle autorit sovraordinate. Specularmente non possono invocare la necessit di intervento da parte dei predetti organi per giustificare le proprie manchevolezze rispetto agli obblighi di legge. N PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 183 si pu obiettare la sussistenza di un rapporto di immedesimazione organica tra dirigente ed Amministrazione di appartenenza, cosicch alla stessa siano addebitate le sanzioni per illeciti amministrativi connessi alla attivit lavorativa del primo: questi tenuto ad agire in base alla normativa, legislativa e regolamentare, vigente, ancor di pi se gli obblighi di comportamento e buona amministrazione sono dettati da quest'ultima. Infine, si rappresenta che la responsabilit amministrativa del dirigente non "intuitu personae" e quindi riferibile a chi ricopriva l'incarico al tempo della condotta illecita. Al contrario, vige il principio funzionalistico in materia. Il punto 7 del d.p.c.m. del 2003 e l'art. 2, co. 4, della delibera 188/04/CONS impongono al Direttore del Servizio del Personale e Risorse Finanziarie, indipendentemente dal momento in cui questi abbia assunto l'incarico, un adeguamento del cartello "VIETATO FUMARE", indicando nello stesso il responsabile per l'accertamento delle sanzioni ed il suo sostituto, la normativa di legge vigente, le sanzioni attualizzate. Spetta al dirigente generale avente funzione di capo del personale "ogni attivit di gestione" dello stesso (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3546), ivi inclusa l'attuazione di direttive del legislatore, immediatamente esecutive ed efficaci, volte a regolare la vita lavorativa negli uffici pubblici. D'altra parte il Direttore del Servizio Amministrazione e Personale di codesta Autorit individuato dal regolamento interno come il responsabile dell' "organizzazione del lavoro, in attuazione delle norme regolamentari" (comb. disp. art. 21, co. 1 lett. d) e co. 2, e art. 23, co. 1, delibera 316/02/CONS). Relativamente al periodo in cui gli illeciti, amministrativi e disciplinari sono accertati, questi responsabile di tutto quanto accade negli uffici, nulla importa l'origine del comportamento non conforme alla legge. La responsabilit del dirigente funzionale e non personale, dacch il medesimo tenuto a verificare la corrispondenza dei suoi uffici rispetto alle "prescrizioni contrattuali", alle "regole deontologiche previste per i dipendenti pubblici", alle "prescrizioni formali previste dal legislatore" (Direttiva del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione del 6 dicembre 2007, n. 8). Da ultimo va osservato, sotto un profilo di natura processuale, che la legittimazione passiva del Dirigente, si consolidata per effetto dell'acquiescenza al provvedimento di rigetto del ricorso amministrativo dallo stesso proposto dinanzi al Prefetto di Roma. Ne consegue che in via di rivalsa nessuna legittimazione passiva (obbligo di rimborso), fa capo a codesta Autorit. In conclusione, con riferimento all'obbligo di adeguamento dei cartelli "VIETATO FUMARE" rispetto alle vigenti prescrizioni legislative e regolamentari, si ritiene che tale condotta richiesta ai capi degli uffici direttamente dal legislatore, mentre non necessita un intervento ulteriore dell'organo colle- 184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 giale. Per di pi i dirigenti devono immediatamente conformarsi alla pi recente normativa in quanto ci pretende un corretto svolgimento del loro incarico. La loro responsabilit non personale, ma funzionale: essa legata al periodo dell'accertata violazione e non pure della condotta contestata. Sul presente parere si espresso in conformit il Comitato consultivo nella seduta del 28 ottobre 2010. D O T T R I N A Indagine sul processo civile in Italia Irragionevole durata del processo e possibili ragionevoli linee di intervento Michele Gerardo e Adolfo Mutarelli* SOMMARIO: 1.- Introduzione. Metodo di lavoro 2.- Sintesi delle fonti del processo civile 3.- Brevi cenni sullorganizzazione ed amministrazione giudiziaria, con particolare riferimento al processo civile 4.-Analisi del carico di lavoro dei giudici ordinari 5.- Durata dei giudizi civili: analisi dei tempi eccessivi del loro svolgimento 6.- Proposte di modifica. Aspetti generali 7.- Proposte di modifiche ordinamentali 8.- Proposte di modifiche procedimentali 9.- Conclusioni. 1. Introduzione. Metodo di lavoro osservazione condivisa sia dagli utenti del servizio giustizia che dagli addetti ai lavori che la giustizia civile in Italia versa in uno stato di grave crisi a causa delleccessiva ed intollerabile in via generale durata dei processi. Altrettanto diffusa lopinione secondo cui il processo civile debba essere riformato al fine di assicurare una maggiore efficacia e funzionalit della giustizia civile. Del resto, la preoccupazione di ogni Governo in queste ultime legislature stata proprio quella di proporre novelle processuali mirate a modificare singoli aspetti di volta in volta individuati come critici del processo civile. Con il presente lavoro si intende proporre delle riflessioni alfine di enucleare una possibile linea di riforma sistematica del processo civile in Italia, evidenziando come la ragionevole durata del processo deve costituire la ine- (*) Avvocati dello Stato. 186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ludibile ricaduta sul piano giudiziario delladeguatezza processuale e costituzionale degli interventi normativi proposti. La proposte formulate nel presente lavoro, traggono spunto da diversificati stimoli: a) esistenza di incongruenze sistematiche delle attuali norme processuali; b) analisi delle esperienze del processo civile in Italia e verifica se il processo civile italiano possa essere contaminato - ed in che modo - da soluzioni processuali di altri sistemi giuridici. Quanto precede nella consapevolezza che singoli istituti possono essere del tutto peculiari di un ordinamento processuale rinvenendo la propria funzionalit solo in quanto inquadrabili in quel sistema. E infatti sin troppo evidente che prendere acriticamente a modello istituti di altri ordinamenti potrebbe condurre a delle aporie sistematiche e non conseguire i dichiarati obiettivi di funzionalit e accelerazione. Si ritenuto pertanto di procedere alla analisi in modo sintetico di taluni sistemi giuridici di riferimento, al fine di verificare se in relazione agli specifici istituti esaminati possa ritenersi conseguito un equo contemperamento tra una giusta durata del processo e garanzia del diritto di difesa a parit di armi (art. 24 Cost.) in presenza di un giudice terzo; c) proposte di riforme, numerose ed articolate, formulate in sede legislativa o dalla dottrina. Latteggiamento cui informato il presente lavoro pu essere riassunto con le parole di un illustre Autore (1), componente della cd. Commissione Tarzia, il quale, nellillustrare la conclusione dei lavori in ordine al processo di primo grado, dichiar: Noi... non abbiamo fatto altro che tentare di sviluppare con ordine e sistematicit un atteggiamento comune a tutti quanti siamo che studiamo e pratichiamo diritto, un atteggiamento che nasce appunto dalla pratica, la quale fa sorgere in ciascuno laspirazione ad essere legislatore. Quante volte, trovandoci insieme tra avvocati, ci si mette a parlare di lavoro, ed uno dice: <> ed un collega gli risponde condividendo, contrastando, controproponendo, ma sempre con lo stesso interesse e spirito di ricerca del meglio! da questo atteggiamento diffuso in tutti che nasce laspirazione a farsi legislatori, ed incomprimibile, anche se noi siamo saturi di riforme. Ad un certo punto, a forza di tentare e di insistere (<< bussate, bussate e vi sar aperto >>) qualche idea entra in circolo, qualche norma buona finalmente si afferma; ed con questo spirito, partendo dallesistente, cercando ogni possibile spazio di miglioramento, dalle semplici ripuliture verbali fino anche a scelte drastiche e coraggiose dove lo consentiva il tessuto normativo (1) S. LA CHINA, in G.TARZIA (a cura di), Il progetto di riforma organico del processo civile, Giuffr ed., Milano, 1998, p. 31. DOTTRINA 187 preesistente, che [si tentato di operare] . 2. Sintesi delle fonti del processo civile Come noto, il processo civile in Italia trova la sua disciplina nella Costituzione, in norme del diritto internazionale, nel codice di procedura civile e in numerose leggi speciali. Disciplina solo mediata si rinviene nella normativa scaturente dallUnione Europea. Costituzione La Costituzione, sulla materia, enuncia le seguenti regole: Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge (art. 3 comma 1); Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24, comma 1); La difesa un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24, comma 2); Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione (art. 24, comma 3); La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari (art. 24, comma 4); Il Consiglio di Stato organo di tutela della giustizia nellamministrazione (art. 100, comma 1); Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi (art. 103, comma 1); La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilit pubblica e nelle altre specificate dalla legge (art. 103, comma 2); La giustizia amministrata in nome del popolo (art. 101, comma 1); I giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101, comma 2); La funzione giurisdizionale esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sullordinamento giudiziario (art. 102, comma 1); Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura (art. 102, comma 2); La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo allamministrazione della giustizia (art. 102, comma 3); La legge sullordinamento giudiziario pu ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli (art. 106, comma 2); Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati allufficio di consigliere di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di universit in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni desercizio e siano iscritti negli 188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 albi speciali per le giurisdizioni superiori (art. 106, comma 3); La legge assicura lindipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano allamministrazione della giustizia (art. 108, comma 2); La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge (art. 111, comma 1); Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parit, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata (art. 111, comma 2); Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati (art. 111, comma 6); Contro le sentenze pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge (art. 111, comma 7); Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione (art. 111, comma 8); Contro gli atti della Pubblica Amministrazione sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa (art. 113, comma 1); Tale tutela giurisdizionale non pu essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti (art. 113, comma 2); La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della Pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa (art. 113, comma 3). La sintesi delle richiamate regole : processo ad armi pari tra i litiganti, titolari del diritto di difesa, dinanzi ad un giudice indipendente ed imparziale il quale deve decidere in tempi ragionevoli. Norme del diritto internazionale Norme del diritto internazionale incidenti sulla materia del processo civile sono contenute nei seguenti testi: Dichiarazione Universale dei diritti delluomo Approvata dallAssemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 10 dicembre 1948, costituente cos il suo Preambolo un ideale comune da raggiungere da tutti i popoli e da tutte le nazioni: Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un'eguale tutela da parte della legge (art. 7); Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilit di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge (art. 8); Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri (art. 10). DOTTRINA 189 Si osserva che La Dichiarazione universale dei diritti delluomo pu essere considerata la pi grande prova storica del consensus omnium gentium in ordine a un determinato sistema di valori(2) e Le successive evoluzioni giurisprudenziali consentono, ormai, di qualificare la Dichiarazione come appartenente ai principi generali del diritto internazionale(3). Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali Firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955 n. 848, nellart. 6, comma 1: Ogni persona ha diritto ad unequa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma laccesso alla sala dudienza pu essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nellinteresse. Tale Convenzione ha istituito una Corte Europea dei Diritti delluomo (artt. 19-51) al fine di assicurare il rispetto degli impegni derivanti alle Alte Parti contraenti della Convenzione e dei suoi protocolli (art. 19 della Convenzione). La Corte Europea ha pi volte ribadito lesigenza di una corretta amministrazione della giustizia; e ne ha tratto la conclusione che il diritto alla celerit del giudizio deve essere contemperato con il diritto al contraddittorio; o pi in generale con il diritto di difesa(4). Patto internazionale sui diritti civili e politici Adottato a New York il 16 dicembre 1966, reso esecutivo con L. 25 ottobre 1977 n. 881: Tutti sono eguali dinanzi ai tribunali e alle corti di giustizia. Ogni individuo ha diritto ad un'equa e pubblica udienza dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale, stabilito dalla legge, allorch si tratta di accertare i suoi diritti ed obblighi mediante un giudizio civile (art. 14, comma 1); Tutti gli individui sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge (art. 26). Le norme citate, allevidenza, enunciano principi e precetti gi ampiamente garantiti dalla nostra Costituzione. Codice di procedura civile Lattuale codice di procedura civile contenuto nel R.D. 28 ottobre 1940 n. 1443, in vigore dal 21 aprile 1942. Constava di 831 articoli ed diviso in (2) C. ZANGHI., voce Dichiarazione Universale dei diritti delluomo, in Il diritto. Enciclopedia giuridica, Corriere della sera, Il sole 24Ore, Milano, 2007, vol. V, p. 49. (3) C. ZANGHI, op. ult. cit., p. 51. (4) A. NAPPI , Guida al Codice di procedura penale, Giuffr ed., Milano, 2007, pp. 26-27. 190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 quattro libri: Disposizioni generali (artt. 1-162), Del processo di cognizione (artt. 163-473), Del processo di esecuzione (artt. 474-632) e Dei procedimenti speciali (artt. 633-831). Il processo disciplinato nel codice con norme dalla forma rigorosa. Checch si voglia concludere intorno alla bont di certe soluzioni e di certi compromessi, va riconosciuto che tale codice costituisce il cosciente epilogo di almeno trentanni di studi e dispute, di fecondo lavoro della scienza processualistica italiana, della quale certo non ignora i risultati (5). Nel processo di cognizione, come concepito dal legislatore del 1942, dinanzi al Tribunale si prevedono le figure del giudice istruttore che istruisce la causa al fine di renderla matura per la decisione e del Collegio, che in una fase successiva decide la causa. Il giudice istruttore era dotato di notevoli poteri, quali quello di fissare la prima udienza e di consentire alle parti di sollevare nuove eccezioni e chiedere nuovi mezzi di prova dopo la prima udienza. Furono previsti moltissimi termini perentori, la cui inosservanza comportava preclusioni processuali. Lappello era una mera revisio prioris istantiae. Il descritto originario assetto processuale ha subito, nel corso degli anni, ampie modifiche. Tra queste citiamo: L. 14 luglio 1950 n. 581 che ripristin la citazione a udienza fissa e abrog la disciplina delle preclusioni, in specie si ebbe la totale abolizione della preclusione delle allegazioni e prove durante tutto il corso del primo grado; L. 11 agosto 1973 n. 533 di riforma del processo del lavoro, con la quale si assegnarono le cause di lavoro alla competenza per materia del pretore, con la previsione di rigide preclusioni in capo alle parti, si vietarono le udienze di mero rinvio, si dispose che il giudice dovesse leggere in udienza il dispositivo, che la sentenza di primo grado dovesse essere esecutiva e che lappello fosse una mera revisio; L. 26 novembre 1990 n. 353 di riforma del processo civile, reintroducente, tra laltro, varie preclusioni, lesecutivit della sentenza di primo grado, lappello quale revisio e il cd. procedimento cautelare uniforme; L. 21 novembre 1991 n. 374 sullistituzione del Giudice di Pace; L. 20 dicembre 1995 n. 534 di conversione del D.L. 18 ottobre 1995 n. 432, che ha diluito le preclusioni introdotte con la L. n. 353/90; D.Lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 introduttiva del giudice unico togato di 1 grado; D.L. 14 marzo 2005 n. 35 conv. in L. 14 maggio 2005 n. 80, L. 28 dicembre 2005 n. 263, L. 8 febbraio 2006 n. 54 e D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 (5) Cos E. FAZZALARI, voce Codice di procedura civile in Novissimo Digesto, Appendice, ACOD, 1980, UTET ed., Torino, p. 1296; analogamente, S. SATTA, voce Codice di procedura civile, in Enc. del Diritto, vol. VIII, Giuffr ed., Milano, 1960, pp. 279-283. DOTTRINA 191 modificativi del regime della fase iniziale del processo di cognizione, del giudizio in Cassazione (con lintroduzione del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.), del processo esecutivo e dellarbitrato. D.L. 25 giugno 2008 n. 112, conv. L. 6 agosto 2008 n. 133, modificativo degli artt. 181 c.p.c, 421 c.p.c. e 429 c.p.c. L. 18 giugno 2009 n. 69 che, tra laltro, ha disposto: accorciamento di vari termini procedimentali e dimezzamento del cd. termine lungo per limpugnazione delle sentenze ex art. 327 c.p.c., snellimento della cd. forma-contenuto della sentenza, abrogazione del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. e riforma delliter per la dichiarazione della inammissibilit del ricorso per cassazione, introduzione dellart. 614 bis prevedente cd. astraintes nel caso della inosservanza degli obblighi di fare infungibili o di non fare, introduzione degli artt. 702 bis, 702 quater c.p.c. disciplinanti il procedimento sommario di cognizione, delega al governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili (da attuare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge), delega al governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali (attuata con D.L.vo n. 28 del 4 marzo 2010). In ampie parti la novella ha ripreso, con adattamenti, spunti contenuti nel d.d.l. 1524/S/XV, presentato nellaprile 2007 redatto su iniziativa del Ministro della Giustizia e poi decaduto per la fine anticipata della legislatura (6). Gli interventi processuali attuati dal 2005 al 2009 si connotano per essere stati adottati senza un adeguato approfondimento, in assenza di dialogo con il mondo accademico e delle professioni (7), nonch per lassenza di investimenti nel settore giustizia (c.d. leggi a costo zero) ed, infine, per la repentinit dei ripensamenti in ordine alla funzionalit di taluni istituti (emblematica la vicenda (8) del quesito di diritto in cassazione, introdotto nel 2005 ed eliminato nel 2009); da ultimo tali interventi di rimaneggiamento del codice di procedura civile appaiono attuati in modo puntinistico, senza una visione sistematica del modello di processo proposto. Pi ampie, nel corso del tempo, le proposte legislative di modifica del codice di rito. (6) Sullampia novella del 2009 vedi: L. P . COMOGLIO, Ideologie consolidate e riforme contingenti del processo civile in Riv. dir. proc. 2010, pp. 521-543; A. PROTO PISANI, La riforma del processo civile: ancora una legge a costo zero (note a prima lettura) in Foro It. 2009,V, cc. 221-227; AA.VV., Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69), in Foro It. 2009, cc. 249-361; C. PUNZi, Le riforme del processo civile e degli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie in Riv. dir. proc. 2009, pp. 1197-1239. (7) cfr. C. PUNZI, op.ult.cit. p. 1238; per A. PROTO PISANI op. ult. cit. c. 226 nota 1: La qualit e la quantit degli svarioni... tale da dare limpressione che n lufficio legislativo del ministero della Giustizia, n gli uffici tecnici delle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato si siano avvalsi della consulenza di processualcivilisti di una qualche levatura. (8) Costituente un caso di schizofrenia legislativa e di rapida obsolescenza di nuovi istituti processuali per C. PUNZI, op. ult. cit., rispettivamente, p. 1199 e p. 1221. 192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 In estrema sintesi, possiamo ricordare la proposta per una riforma del processo civile di cognizione (9) predisposta dalla Commissione presieduta dal prof. Enrico Tullio Liebman, insediatasi su incarico del Ministro della Giustizia, le cui conclusioni (nuovo testo dellintero libro II del c.p c., esclusa la disciplina del processo del lavoro e lintera disciplina delle prove in uno a breve relazione illustrativa) furono rimesse al Ministro in data 25 luglio 1977. In tale lavoro si proponeva: a) ladozione di un giudice unico di prima istanza; b) proposizione della domanda nella forma del ricorso con le modalit adottate per il processo del lavoro; c) udienza preliminare con la funzione di preparare ludienza principale di istruzione e dibattimento. Nelludienza preliminare vՏ il controllo della regolarit del contraddittorio, la decisione immediata delle questioni processuali (testo dellart. 172), linterrogatorio delle parti e tentativo di conciliazione, la trattazione della causa, la decisione della lite se la causa pu essere definita senza lassunzione di mezzi di prova, adozione dellordinanza ammissiva dei mezzi di prova e assunzione delle prove oppure ove non possibile fissazione alluopo di nuova udienza; d) riunione in un unico testo di tutta la disciplina delle prove prevedendo: labolizione del giuramento decisorio, il principio della libert del convincimento del giudice e la limitazione della prova legale alla materia della prova documentale; e) abolizione del regolamento di competenza e trasformazione del regolamento di giurisdizione in mezzo di impugnazione; f) eliminazione, tra i motivi di ricorso per Cassazione, della previsione di cui al n. 5 dellart. 360 c.p.c. Altra proposta modificativa contenuta nel Testo del disegno di legge delega(10) redatto dalla Commissione presieduta dal prof. Giuseppe Tarzia, insediata su incarico del Ministro della Giustizia e ad esso trasmesso in data 28 giugno1996. Con tale testo si proponeva una ampia revisione dellintero codice di procedura civile razionalizzando lesistente con modifiche, non radicali, del processo civile. Tra le direttive rilevanti, tra le cinquantadue proposte, possono ricordarsi: a) soppressione del regolamento facoltativo di competenza e di quello dufficio (direttiva n. 5); b) attribuzione della legittimazione processuale ai minori, inabilitati e agli interdetti per la tutela dei diritti della personalit, sulla base della loro effettiva capacit (direttiva n. 9); c) limitazione della compensazione delle spese ai casi di soccombenza reciproca, di complessit della causa o di novit delle questioni decise (direttiva n. 11); d) pronuncia del dispositivo della sentenza in pubblica udienza (direttiva n. 16); e) ammissibilit di rimessione in termini per inosservanza dovuta a causa non imputabile (direttiva n. 17); f) previsione della cessazione della materia (9) Proposte per una riforma del processo civile di cognizione, in Riv. dir. proc. 1977, II, 452- 499 (premessa, relazione e schema del testo). (10) Il Testo di legge delega, in uno alla Relazione, in Riv. dir. proc., 1996, II, 945-1029 ed in G. TARZIA (a cura di), Il progetto di riforma organica del processo civile, Giuffr ed., Milano, 1998. DOTTRINA 193 del contendere (direttiva n. 22); g) potere del giudice, che accerti la violazione di un obbligo di fare o di non fare o di un obbligo di consegna o rilascio, di fissare una somma dovuta al creditore, oltre al risarcimento del danno, per ogni giorno di ritardo nellesecuzione dellobbligo inadempiuto (direttiva n. 25); h) esonero del lavoratore, che abbia un reddito inferiore al triplo della pensione sociale, dal pagamento delle spese processuali conseguenti alla soccombenza in processi previdenziali e assistenziali, salvo che la pretesa sia manifestamente infondata (direttiva n. 30); i) forti poteri di indagine del G. E. al fine della ricerca dei beni da pignorare (direttiva n. 35); l) estensione del procedimento di ingiunzione a tutela dei diritti al rilascio di beni immobili e a prestazioni fungibili di facere (direttiva n. 39); m) esclusione dellonere della parte istante in procedimento ex art. 700 c.p.c., di promuovere la causa di merito (direttiva n. 43); n) distinzione tra procedimenti unilaterali e procedimenti bilaterali o plurilaterali in ordine ai procedimenti di volontaria giurisdizione (direttiva n. 46). Ulteriore modello organico di riforma del codice di procedura civile stato elaborato dalla Commissione Ministeriale presieduta dal prof. Romano Vaccarella, posto poi a base del disegno di legge delega per la riforma del codice di procedura civile, presentato alla Camera dei Deputati il 19 dicembre 2003 con il n. 4578 dai Ministri Castelli e Tremonti e di cui ha costituito anticipazione e banco di prova il testo del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 per la definizione dei procedimenti in materia di diritto societario (11). I citati progetti, nel loro complesso, non sono sfociati in testi normativi di riforma del codice di rito. Singole specifiche proposte, in particolare quelle contenute nei cd. progetti Liebman e Tarzia, nel tempo sono state viceversa recepite nelle varie novelle al codice di procedura civile (12). Deve infine registrarsi pi di recente la articolata proposta dottrinale di riforma del codice di rito elaborata da autorevole dottrina (13) che sintetizza in modo sistematico le idee di riforma gi formulate nel corso del tempo. Nella disciplina del processo a cognizione piena lAutore, tra laltro, propone lintroduzione del processo con ricorso, la chiusura semplificata del processo in prima udienza nel caso di contumacia o non contestazione o riconoscimento del diritto da parte del convenuto, la previsione di fasi preparatorie (relative a repliche, controrepliche e indicazione delle prove) differenziate a seconda che il giudice nel corso della prima udienza qualifichi la controversia come semplice o complessa. (11) C. PUNZI, op. ult. cit. p. 1198. (12) F. CIPRIANI, voce Codice di procedura civile, in Il diritto. Enciclopedia giuridica, Corriere della sera, Il sole 24Ore, Milano, 2007, vol. III, p. 240 auspica che sia varato un c.p.c. in linea con i valori della nostra Costituzione. (13) A. PROTO PISANI, Per un nuovo codice di procedura civile, in Foro It. 2009, V, cc. 1-104. 194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Leggi speciali Sempre pi spesso leggi speciali incidono sul processo civile disciplinando, su specifiche materie, il procedimento giurisdizionale con deviazioni rispetto a quello ordinario (14). Tra i provvedimenti pi significativi si citano: T.U. 14 aprile 1910, n. 639 relativo al giudizio di opposizione avverso lingiunzione fiscale, tuttora utilizzabile per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (15); L.16 giugno 1927, n.1766 disciplinante il procedimento sulla definizione delle controversie in materia di usi civici; R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, contenente il T. U. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, che istituisce il Tribunale delle Acque, giudice specializzato, con la partecipazione al collegio giudicante di un esperto della materia. Il rito previsto nel T.U. deve essere integrato, per quanto non previsto, dalle regole ordinarie contenute nel c.p.c. in virt dellart. 208 T.U. che fa rinvio, pel caso che manchino norme espresse, alle norme della procedura civile (16). Il rito connotato da rapidit e presenta, rispetto al codice di procedura civile, delle particolarit che, talora, costituiscono piccole insidie processuali (ad es. non ammesso il rinvio ex art. 309 c.p.c.); R.D. L. 20 luglio 1934, n. 1404 conv. in L. 27 maggio 1935 n. 835 sullIstituzione e funzionamento del Tribunale per i minorenni; R.D. 16 marzo 1942, n. 267, in tema di procedimenti giurisdizionali germinati nel corso della procedura concorsuale; L. 13 giugno 1942, n. 794 che per la liquidazione degli onorari di avvocato per prestazioni giudiziarie in materia civile prevede (art. 29) un processo speciale caratterizzato da estrema sommariet; L. 2 marzo 1963, n. 320 sul processo agrario che si caratterizza per la peculiarit dellapplicazione del rito del lavoro da parte di un giudice collegiale quali le sezioni specializzate agrarie (art. 47 L. 3 maggio 1982, n. 203) (17); T.U. 20 marzo 1967, n. 223 relativo ai giudizi nelle controversie in ma- (14) noto come il progressivo aumento della durata del processo ordinario di cognizione sia la causa principale del proliferare dei riti speciali a cognizione piena. Si pu dire che non vi stata riforma importante del diritto sostanziale che non abbia indotto il legislatore a sottrarre le relative controversie al rito ordinario prevedendo lintroduzione di riti speciali a cognizione piena (cos PROTO PISANI A., Dai riti speciali alla differenziazione del rito ordinario, in Foro It., 2006, V, p. 87). (15) A seguito della emanazione del d.p.r. 28 gennaio 1988 n. 43 la quasi totalit delle tasse ed imposte indirette (artt. 67 e 68) e inoltre importanti entrate di diritto pubblico non tributarie e le entrate patrimoniali (art. 69) sono riscosse dal Concessionario del servizio della riscossione. (16) Operando un radicale mutamento rispetto alla precedente giurisprudenza, la Corte di cassazione ha affermato, in una sentenza del 1981, che il codice di procedura da applicare quello vigente, e non pi quello del 1865 in vigore al tempo della istituzione dei tribunali in questione: cos A. M SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Jovene ed., Napoli, 1989, vol. II, p. 1342. (17) C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Giappichelli ed., Torino, 2007, vol. III, p. 308. DOTTRINA 195 teria di elettorato attivo e T.U. 16 maggio 1960, n. 570 relativo ai giudizi sulle questioni di eleggibilit a consigliere comunale e provinciale (e anche regionale in virt della L. 17 febbraio 1968, n. 108). Il rito molto rapido con termini decadenziali per proporre lazione e con termini processuali abbreviati; Art. 35 L. 23 dicembre 1978, n. 833 relativo ai giudizi in materia di ricovero obbligatorio di infermi di mente; L. 24 novembre 1981, n. 689 in tema di giudizio avverso le sanzioni amministrative pecuniarie (artt. 22-23); L. 13 aprile 1988, n. 117, sul rito relativo ai giudizi sulla responsabilit dei magistrati; L. 24 marzo 2001, n. 89, in tema di riparazione in caso di violazione del termine ragionevole di durata del processo; Art. 54 D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 che disciplina il procedimento di opposizione alla liquidazione dellindennit di espropriazione operata in via amministrativa. Il procedimento caratterizzato dal fatto che il giudizio di merito si svolge in unico grado davanti alla Corte di Appello e deve essere instaurato entro un breve termine decadenziale; D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, il quale allart. 170 disciplina il rito sulle controversie relative al compenso dellausiliario del magistrato; D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali). Il rito per le controversie che concernono lapplicazione delle disposizioni del Codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, pressoch analogo a quello relativo allopposizione avverso le sanzioni amministrative pecuniarie ex L. n. 689/81 ed disciplinato nellart. 152 del predetto Codice (18); D.Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30, in tema di processo sulla materia della propriet industriale (artt. 117 e ss.). D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 205 (cd. Codice delle Assicurazioni). Il Codice contiene norme processuali (art. 140: concorso di una pluralit di danneggiati e supero del massimale; art. 141: risarcimento del terzo trasportato; art. 149: procedura di risarcimento diretto) ispirate alla semplificazione, con la previsione di condizioni di procedibilit e rigorose preclusioni (19); L. 1 marzo 2006, n. 67 che promuove la piena attuazione del principio di parit di trattamento e delle pari opportunit nei confronti delle persone con disabilit al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, (18) Sul punto, M. GIORGETTI, La tutela della privacy e i dati giudiziari, in Riv. dir. proc. 2007, pp. 325-348, per una sintesi, ove si evidenzia che il rito ha carattere di speditezza e semplificazione procedurale (pp. 335, op. ult. cit.) e si conclude con sentenza impugnabile unicamente con ricorso in Cassazione. (19) Cfr., sul punto, T. M. PEZZANI, Le norme processuali del nuovo codice delle assicurazioni, in Riv. dir. proc. 2007, pp. 683-697. 196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 politici, economici e sociali. Lazione individuale contro la discriminazione disciplinata dallart. 3 della legge mediante il rinvio allart. 44 commi da 1 a 6 e 8 del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286 e si conclude con unordinanza (20); D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici), che disciplina il procedimento arbitrale per i contratti pubblici (21). pertanto da condividere la critica secondo cui: Occorre opporsi alla aggravata tendenza di forgiare nuovi e svariati riti in corrispondenza dei tipi di rapporti sostanziali (vecchi e nuovi): la tutela giurisdizionale civile deve volgere allunit e la cd. tutela differenziata (equivoca espressione la page), lungi dal proliferare come escogitazione di conditores impreparati, va circoscritta a pochissimi modelli, disciplinati una volta per tutte (dal Codice di rito, intendo, con fisionomie chiare e munite), mettendo in ordine nellattuale congerie e prevenendo future improvvisazioni (22). Tali considerazioni sono particolarmente pregnanti tenuto conto che gi nel codice di procedura civile sono presenti riti differenziati, come quello del lavoro, delle locazioni, dei procedimenti camerali, dei procedimenti di separazione e divorzio, monitorio, possessorio. Su tale quadro intende incidere la citata legge n.69/2009. Questa legge (art. 54) ha delegato il Governo ad adottare, entro 2 anni, provvedimenti normativi rivolti ad inglobare i riti previsti nella legislazione speciale nellambito della giurisdizione ordinaria in tre modelli: a) ordinario, davanti al Tribunale o al Giudice di Pace; b) rito del lavoro, al quale vanno ricondotti i procedimenti in cui sono prevalenti esigenze di concentrazione processuale ovvero di officiosit dellistruzione; c) rito sommario di cognizione (con esclusione della conversione del rito ex art. 702 ter comma terzo c.p.c.) al quale vanno ricondotti i procedimenti, anche se in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dellistruzione della causa. Va evidenziato che restano esclusi dalla delega i riti differenziati disciplinati dal codice di rito (23). (20) Cfr. R. MARUFFI, Le nuove norme sulla tutela giudiziaria delle persone con disabilit vittime di discriminazione, in Riv. dir. proc. 2007, pp. 123-132. (21) G. DALEFFE, C. SPACCAPELO, Le disposizioni processuali del nuovo codice dei contratti pubblici, in Riv. dir. proc. 2007, pp. 949-967. (22) E. FAZZALARI, voce Codice di procedura civile, cit., p. 1298. (23) Osservazioni critiche sulla delega sono formulate da L. SALVANESHI, La riduzione dei tempi del processo nella nuova riforma dei primi due libri del codice di rito in Riv. dir. proc. 2009, pp. 1564- 1565. DOTTRINA 197 Norme comunitarie LUnione europea non produce norme direttamente operative nel processo civile. Il Trattato istitutivo della Comunit Europea, firmato a Roma il 25 marzo 1957, cos come modificato dal Titolo II del Trattato di Maastricht firmato il 7 febbraio 1992, contiene disposizioni relative alla cooperazione nel settore della giustizia, dalle quali scaturiscono solo poteri di indirizzo e di controllo nelle materie, che si estrinsecano in studi, indagini conoscitive, rapporti, memorandum, risoluzioni, pareri, raccomandazioni, regolamenti. Il Trattato dellUnione europea ha introdotto, accanto al sistema comunitario propriamente detto, il nuovo settore della cooperazione nel settore della giustizia. Tale settore principalmente governato dalla cooperazione intergovernativa, anche se non mancano una serie di collegamenti tra le istituzioni e le politiche comunitarie ed il settore or indicato (24). In specie, mediante lo strumento dei regolamenti fonti dotate di immediata efficacia prevalente sulle norme dei singoli Stati membri la Comunit ha avviato lattuazione di un programma di elaborazione di un nucleo comune di diritto processuale europeo coesistente e da coordinare con i singoli ordinamenti nazionali nellobiettivo di una graduale e reciproca armonizzazione. Questi orientamenti hanno a loro base lart. 65 del Trattato CEE, contenente i criteri direttivi nella adozione delle misure comunitarie nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenta implicazioni transfrontaliere (25). In armonia con tali presupposti sono stati adottati, tra laltro: il reg. C.E. 28 maggio 2001 n. 1206 in materia di cooperazione per lassunzione delle prove; il reg. C.E. 29 maggio 2000 n. 1348 in materia di notificazione; il reg. C.E. 22 dicembre 2001 n. 44 sulla competenza e il riconoscimento delle sentenze; il reg. C.E. 21 aprile 2004 n. 805 istitutivo del titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati; il reg. C.E. 12 dicembre 2006 n. 1896 istitutivo del procedimento europeo di ingiunzione; il reg. C.E. 11 luglio 2007 n. 861 sul procedimento europeo per le controversie di modesta entit (26); la dir. 21 maggio 2008/52/CE relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (27). (24) M. P. CHITI, Diritto amministrativo europeo, Giuffr ed., Milano, 1999, pp. 180-182. (25) C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, Giappichelli ed., Torino, 2007, I, pp. 506-507. (26) Su tale regolamento M. BINA, Il procedimento europeo per le controversie di modesta entit (Reg. CE n. 861/2007) in Riv. dir. proc. 2008 pp. 1629-1643. (27) Sulla quale M. F. GHIRGA, Strumenti alternativi di risoluzione della lite: fuga dal processo o dal diritto? (riflessioni sulla mediazione in occasione della pubblicazione della Direttiva 2008/52/CE) in Riv. dir. proc. 2009 pp. 357-379. 198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 3. Brevi cenni sullorganizzazione ed amministrazione giudiziaria, con particolare riferimento al processo civile (28) Ai sensi dellart. 110 della Costituzione: Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Le risorse stanziate per la Giustizia nellanno 2006 sono state di euro 8.928.518.542, ossia il 2,1% della spesa pubblica statale (29). Le funzioni giurisdizionali sono espletate da magistrati professionali, cd. togati, e da magistrati onorari. I magistrati professionali esercitano funzioni giudicanti o inquirenti (Ufficio del P.M. che ha un ruolo marginale nel civile con leccezione del P.M. in Cassazione). Il numero complessivo dei magistrati professionali (sia nel civile che nel penale, sia esercenti funzioni giudicanti che inquirenti) allattualit di 10.109 (cfr. pianta organica della magistratura ordinaria, riportata quale allegato 1 del D.L.vo 23 gennaio 2006 n. 24). Nel corso del 900 il numero, nel ruolo organico, dei cd. togati progressivamente aumentato: n. 4967 nel 1947 (D.L. 21 dicembre 1947 n. 1634), n. 6882 nel 1963 (L. 4 gennaio 1963 n. 1 sullingresso delle donne in magistratura), n. 7202 nel 1973 (L. 11 agosto 1973, n. 533) e n. 8509 nel 1991 (D.L. 20 novembre 1991, n. 363 conv. in L. 20 gennaio 1992, n. 8). I magistrati onorari esercitano funzioni giudicanti (Giudice di Pace e Giudice Onorario di Tribunale) o inquirenti (Vice Procuratore Onorario, operante solo nel penale). Contributo significativo allesercizio della giurisdizione civile dato dal Giudice di Pace (il cui numero complessivo nella pianta organica di 4.700) che opera in prevalenza nel civile. Il personale ausiliario dellamministrazione giudiziaria composto da 49.652 persone (30). Gli organi esercenti le funzioni giudiziali sono: a) Corte di Cassazione (31), unica nellintero territorio nazionale con sei sezioni che si occupano della materia civile a cui sono addetti circa 130 consiglieri (32). b) 26 Corti di Appello, oltre a 3 sezioni distaccate, a cui sono addetti 400 (28) Una sintesi sullorganizzazione della giustizia in Italia si rinviene in GUARNIERI C., La giustizia in Italia, 2001, Il Mulino ed., Bologna. (29) Dati riportati in Il sistema amministrativo italiano a cura di L. TORCHIA, Il Mulino, Bologna 2009, pp. 76-77. (30) Tanto risulta dalla Tabella A allegata al D.P.C.M. del 20 dicembre 2001. (31) Sullorganico della Corte di Cassazione D.P.R. 15 luglio 1982 n. 549 e D.M. 20 gennaio 1994. (32) Dati desunti da A. PROTO PISANI, Principio deguaglianza e ricorso per cassazione in Foro It. 2010, V, c. 65. DOTTRINA 199 giudici (33); c) 165 Tribunali, oltre a 220 sezioni distaccate, a cui sono addetti 2.200 giudici (34); d) 848 Giudici di Pace, con un organico di 4700 giudici (art. 3 comma 1 L. 21 novembre 1991 n. 374). 4. Analisi del carico di lavoro dei giudici ordinari Il carico di lavoro costituito dalla somma delle cause sopravvenute e delle cause pendenti rispetto allarco di tempo considerato (35). Appare pertanto utile ai fini della presente indagine riportare, con riferimento a taluni anni, il carico di lavoro registrato presso gli uffici giudiziari. Numero dei procedimenti di cognizione di primo grado sopravvenuti per ufficio giudiziario, ossia dinanzi al Giudice Conciliatore funzionante fino al 1995, sostituito poi dal Giudice di Pace, dinanzi al Pretore (fino alla soppressione nel 1998), dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte di Appello Nellanno 1900 il numero era di 1.991.512 dinanzi al Conciliatore, di 224.168 dinanzi al Pretore, di 74.335 dinanzi al Tribunale e di 2.725 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1912 il numero era di 1.349.891 dinanzi al Conciliatore, di 252.013 dinanzi al Pretore, di 102.587 dinanzi al Tribunale e di 1.614 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1924 il numero era di 733.155 dinanzi al Conciliatore, di 388.067 dinanzi al Pretore, di 226.623 dinanzi al Tribunale e di 678 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1936 il numero era di 751.148 dinanzi al Conciliatore, di 230.786 dinanzi al Pretore, di 127.919 dinanzi al Tribunale e di 322 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1948 il numero era di 108.207 dinanzi al Conciliatore, di 175.760 dinanzi al Pretore, di 117.344 dinanzi al Tribunale e di 297 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1960 il numero era di 112.722 dinanzi al Conciliatore, di 205.930 dinanzi al Pretore, di 174.483 dinanzi al Tribunale e di 2.450 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1972 il numero era di 44.013 dinanzi al Conciliatore, di 265.115 dinanzi al Pretore, di 240.346 dinanzi al Tribunale e di 1.582 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1984 il numero era di 7.195 dinanzi al Conciliatore, di 441.555 (dei quali 99.332 in materia di lavoro e 89.973 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Pretore, di 395.653 dinanzi al Tribunale e di 2.677 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1996 il numero era di 278.171 dinanzi al Giudice di Pace, di 861.704 (dei quali 209.193 in materia di lavoro e 336.514 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Pretore, di 285.765 dinanzi al Tribunale e di 3.725 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 2000 il numero era di 438.866 dinanzi al Giudice di Pace, di 794.142 (dei quali 162.006 in materia di lavoro e 239.659 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Tribunale e di 2.536 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 2007 il numero era di 441.990 dinanzi al Giudice di Pace, di 828.101 (dei quali 145.046 in materia di lavoro e 293.514 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Tribunale e di 3.007 dinanzi (33) Dati desunti da F. CIPRIANI, Il problema dellarretrato in Foro it., 1995, V, c. 279. (34) Dati desunti da F. CIPRIANI, op. ult. cit., c. 279. (35) I dati relativi sono facilmente reperibili sui siti del Ministero della Giustizia e dell ISTAT dedicati alle statistiche giudiziarie. Una ampia analisi con dati completi, contenuta nel libro di S. PELLEGRINI, La litigiosit in Italia, Giuffr ed., Milano, 1997. Puntuali analisi e statistiche sono altres riportate in svariati interventi di F. CIPRIANI e A. PROTO PISANI sulle colonne del Foro Italiano degli ultimi venti anni. 200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 alla Corte di Appello. Numero dei procedimenti di cognizione di primo grado pendenti per ufficio giudiziario, ossia dinanzi al Giudice Conciliatore funzionante fino al 1995, sostituito poi dal Giudice di Pace, dinanzi al Pretore (fino alla soppressione nel 1998), dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte di Appello Nellanno 1900 il numero era di 107.031 dinanzi al Conciliatore, di 33.371 dinanzi al Pretore, di 23.248 dinanzi al Tribunale e di 124 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1912 il numero era di 127.551 dinanzi al Conciliatore, di 70.908 dinanzi al Pretore, di 53.197 dinanzi al Tribunale e di 432 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1924 il numero era di 81.236 dinanzi al Conciliatore, di 119.838 dinanzi al Pretore, di 89.783 dinanzi al Tribunale e di 186 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1936 il numero era di 365.165 dinanzi al Conciliatore, di 145.396 dinanzi al Pretore, di 100.856 dinanzi al Tribunale e di 109 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1948 il numero era di 11.077 dinanzi al Conciliatore, di 29.841 dinanzi al Pretore, di 36.688 dinanzi al Tribunale e di 66 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1960 il numero era di 71.142 dinanzi al Conciliatore, di 224.167 dinanzi al Pretore, di 296.824 dinanzi al Tribunale e di 1873 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1972 il numero era di 51.153 dinanzi al Conciliatore, di 386.479 dinanzi al Pretore, di 538.076 dinanzi al Tribunale e di 1472 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1984 il numero era di 5.317 dinanzi al Conciliatore, di 499.993 (dei quali 93.377 in materia di lavoro e 150.217 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Pretore, di 1.001.336 dinanzi al Tribunale e di 7.604 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1996 il numero era di 152.499 dinanzi al Giudice di Pace, di 1.721.388 (dei quali 333.708 in materia di lavoro e 864.183 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Pretore, di 1.426.665 dinanzi al Tribunale e di 13.402 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 2000 il numero era di 463.875 dinanzi al Giudice di Pace, di 2.545.000 ca. (dei quali 317.303 in materia di lavoro e 800.000 ca. in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Tribunale e di 8.290 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 2007 il numero era di 558.698 dinanzi al Giudice di Pace, di 1.896.206 (dei quali 273.401 in materia di lavoro e 650.250 in materia di previdenza e assistenza ) dinanzi al Tribunale e di 13.506 dinanzi alla Corte di Appello. Numero dei procedimenti di cognizione di secondo grado sopravvenuti per ufficio giudiziario, ossia dinanzi al Pretore (fino alla soppressione nel 1998), dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte di Appello Nellanno 1900 il numero era di 7.813 dinanzi al Pretore, di 15.430 dinanzi al Tribunale e di 19.782 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1912 il numero era di 8.053 dinanzi al Pretore, di 17.968 dinanzi al Tribunale e di 16.750 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1924 il numero era di 3.746 dinanzi al Pretore, di 21.442 dinanzi al Tribunale e di 24.894 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1936 il numero era di 3.388 dinanzi al Pretore, di 22.931 dinanzi al Tribunale e di 22.587 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1948 il numero era di 8.165 dinanzi al Pretore, di 11.662 dinanzi al Tribunale e di 10.500 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1960 il numero era di 1.135 dinanzi al Pretore, di 12.162 dinanzi al Tribunale e di 22.045 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1972 il numero era di 384 dinanzi al Pretore, di 11.159 dinanzi al Tribunale e di 32.048 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1984 il numero era di 772 dinanzi al Pretore, di 40.524 dinanzi al Tribunale e di 22.539 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1996 il numero era di 70.674 (dei quali 22.077 in materia di lavoro e 38.487 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Tribunale e di 27.382 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 2000 il numero era di 6.524 dinanzi al Tribunale e di 81.280 (dei quali 16.168 in materia di lavoro e 29.190 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi alla Corte di Appello. DOTTRINA 201 Nellanno 2007 il numero era di 26.038 dinanzi al Tribunale e di 108.389 (dei quali 27.334 in materia di lavoro e 35.172 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi alla Corte di Appello. Numero dei procedimenti di cognizione di secondo grado pendenti per ufficio giudiziario, ossia dinanzi al Pretore (fino alla soppressione nel 1998), dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte di Appello Nellanno 1900 il numero era di 416 dinanzi al Pretore, di 4.606 dinanzi al Tribunale e di 6.239 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1912 il numero era di 1.159 dinanzi al Pretore, di 7.867 dinanzi al Tribunale e di 11.387 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1924 il numero era di 922 dinanzi al Pretore, di 11.510 dinanzi al Tribunale e di 18.298 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1936 il numero era di 2.092 dinanzi al Pretore, di 18.641 dinanzi al Tribunale e di 13.160 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1948 il numero era di 3.261 dinanzi al Pretore, di 892 dinanzi al Tribunale e di 1.850 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1960 il numero era di 1.994 dinanzi al Pretore, di 18.602 dinanzi al Tribunale e di 32.633 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1972 il numero era di 710 dinanzi al Pretore, di 19.960 dinanzi al Tribunale e di 63.493 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1984 il numero era di 1.007 dinanzi al Pretore, di 57.656 dinanzi al Tribunale e di 52.078 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 1996 il numero era di 183.449 (dei quali 63.117 in materia di lavoro e 76.991 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi al Tribunale e di 83.758 dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 2000 il numero era di 27.000 ca. dinanzi al Tribunale e di 174.000 ca. (dei quali 12.893 in materia di lavoro e 80.000 ca. in materia di previdenza e assistenza) dinanzi alla Corte di Appello. Nellanno 2007 il numero era di 51.081 dinanzi al Tribunale e di 329.848 (dei quali 61.814 in materia di lavoro e 90.031 in materia di previdenza e assistenza) dinanzi alla Corte di Appello. Numero dei procedimenti sopravvenuti, definiti e pendenti presso la Corte di Cassazione Nellanno 1900 ne sono sopravvenuti 2.600, ne sono stati definiti 1.905 e ne erano pendenti 3.628. Nellanno 1912 ne sono sopravvenuti 2.843, ne sono stati definiti 2.669 e ne erano pendenti 3.338. Nellanno 1924 ne sono sopravvenuti 7.089, ne sono stati definiti 2.175 e ne erano pendenti 4.914. Nellanno 1936 ne sono sopravvenuti 3.776, ne sono stati definiti 3.617 e ne erano pendenti 5.167. Nellanno 1948 ne sono sopravvenuti 2.983, ne sono stati definiti 2.213 e ne erano pendenti 770. Nellanno 1960 ne sono sopravvenuti 4.625, ne sono stati definiti 3.845 e ne erano pendenti 6.531. Nellanno 1972 ne sono sopravvenuti 4.962, ne sono stati definiti 4.216 e ne erano pendenti 14.057. Nellanno 1984 ne sono sopravvenuti 8.404, ne sono stati definiti 7.551 e ne erano pendenti 28.467. Nellanno 1994 ne sono sopravvenuti 14.642, ne sono stati definiti 13.555 e ne erano pendenti 36.194. Nellanno 1998 ne sono sopravvenuti 22.664, ne sono stati definiti 15.519 e ne erano pendenti 45.834. Nellanno 2002 ne sono sopravvenuti 33.332, ne sono stati definiti 19.929 e ne erano pendenti 82.791. Nellanno 2007 ne sono sopravvenuti 32.278, ne sono stati definiti 29.776 e ne erano pendenti 102.588. Nellanno 2008 ne sono sopravvenuti 30.406, ne sono stati definiti 32.928 e ne erano pendenti 99.066. I dati riportati consentono di avere una significativa base per lanalisi del lavoro che sostanzialmente grava sui giudici impegnati nel settore civile. Non si tenuto conto del numero dei procedimenti diversi da quelli di cognizione ordinaria e di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, atteso che limpegno richiesto non comparabile con leccezione della materia fallimentare e societaria con quello richiesto nei procedimenti a cognizione ordinaria e nel rito lavoro; trattasi comunque di procedimenti che impegnano lintera struttura giudiziaria (giudici e soprattutto amministrativi). 202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Per avere unidea del numero di tali diversi procedimenti si rileva che nellanno giudiziario 2005/2006 dinanzi al Giudice di Pace a fronte della sopravvenienza di 420.139 procedimenti di cognizione ordinaria sono sopravvenuti 365.585 procedimenti speciali (in buona parte procedimenti ingiuntivi), 667.286 opposizioni alle sanzioni amministrative, 6.455 conciliazioni non contenziose e 14.461 ricorsi in materia di immigrazione. Nello stesso anno giudiziario dinanzi al Tribunale a fronte della sopravvenienza di 486.239 procedimenti di cognizione ordinaria (ai quali aggiungere 146.245 in materia di lavoro e 259.922 in materia di previdenza) sono sopravvenuti, tra i pi significativi, 185.242 procedimenti in materia di famiglia, 11.532 in materia di fallimento, 380.032 procedimenti esecutivi mobiliari, 42.915 procedimenti esecutivi immobiliari, 577.508 procedimenti speciali, 10.825 in materia societaria e 340.396 procedimenti di volontari giurisdizione (36). Dalla ricognizione effettuata emerge che nel primo cinquantennio del 900 il numero delle cause sopravvenute annuali in primo grado, in termini assoluti, lentamente diminuito (da ca. 2.300.000 cause a ca. 400.000 cause). La maggior parte del contenzioso - con punte anche dell 80% - era assorbito dal Giudice Conciliatore. Nel tempo il numero delle cause proposte dinanzi al Giudice Conciliatore - causa il mancato adeguamento dei limiti di competenza per valore del giudice onorario, sintomo della scarsa attenzione del legislatore sul punto - si progressivamente ridotto (si passati da 1.991.512 sopravvenute al Giudice Conciliatore - su un totale di 2.292.740 - nellanno 1900, a 108.207 sopravvenute al Giudice Conciliatore - su un totale di 401.608 - nellanno 1948). Nello stesso periodo il numero delle cause sopravvenute annuali in secondo grado si mantenuto, nella sostanza, stabile. Nel secondo cinquantennio del 900 il contenzioso in primo grado, sempre in termini assoluti, progressivamente aumentato (da ca. 400.000 cause sopravvenute nel 1948 a ca. 1.300.000 cause sopravvenute nel 2000); si confermata la progressiva riduzione delle cause sopravvenute al Giudice Conciliatore, fino alla cessazione dello stesso. Il Giudice Conciliatore stato sostituito dal Giudice di pace che ha assorbito un 20-30% dellintero contenzioso. Levidenziato aumento progressivo ha riguardato anche - nello stesso periodo - le cause sopravvenute annuali in secondo grado: si passati dai 35.000 ca. giudizi del 1960 agli 88.000 ca. del 2000. Deve registrarsi inoltre lincremento notevole del contenzioso in materia di previdenza e assistenza; nel 1984 il cd. contenzioso previdenziale costituiva il 10% della globalit delle cause sopravvenute, mentre nel 1996 lo stesso saliva al 23% della globalit delle cause sopravvenute e tale si mantenuto anche nel 2007. (36) I dati relativi sono stati ricavati da A. PROTO PISANI, Intervento sconsolato sulla crisi dei processi civili a cognizione piena, in Foro It. 2008, V, cc. 15-18. DOTTRINA 203 Ancora, va posto laccento sullesplosione del contenzioso dinanzi alla Corte di Cassazione. Nei primi ottanta anni del 900 il numero delle cause annuali sopravvenute sempre stato inferiore a 10.000, passando da n. 2.600 nel 1900 a n. 8.404 nel 1984 con un aumento progressivo, ma lieve. Nel decennio 1985-1994 il numero delle cause annuali sopravvenute ha oscillato sulle 11.000 unit. Nellultimo quindicennio il numero delle cause annuali sopravvenute aumentato a dismisura attestandosi negli ultimi anni a ca. 30.000 unit. Infine, va rilevato per tutto il periodo preso in esame il costante aumento delle cause pendenti, ossia la formazione del cd. arretrato. Le cause pendenti in primo grado erano 163.774 nel 1900, 594.006 nel 1960, 1.514.250 nel 1984 e 2.468.410 nel 2007; le cause pendenti in secondo grado erano 11.261 nel 1900, 53.229 nel 1960, 110.741 nel 1984 e 380.929 nel 2007; le cause pendenti in cassazione erano 3.628 nel 1900, 6.531 nel 1960, 28.467 nel 1984 e 102.588 nel 2007. Tale fenomeno ha riguardato, allevidenza, tutti gli uffici giudiziari e costituisce sintomo della incapacit del sistema a esaurire la totalit del lavoro; larretrato altres sintomo di notevole lavoro in capo ai giudici in quanto questi in uno alle cause nuove (sopravvenute) devono smaltire anche le vecchie (larretrato). In conclusione, a far data dal secondo dopoguerra, il contenzioso , nel tempo, progressivamente aumentato. Rispetto a tale andamento deve osservarsi che la popolazione italiana, nel 2000, quasi raddoppiata rispetto a quella dellinizio del XX secolo. Le cause dellaumento del contenzioso sono molteplici. a) Notevole contributo allaumento del contenzioso stato determinato dalla accresciuta maggiore tutela giurisdizionale dei sempre pi diversificati diritti riconosciuti ai cittadini. In tale prospettiva appare confermata losservazione secondo cui: I processi aumentano perch aumentano i diritti (37); b) Rilevante fattore dellaumento del contenzioso costituito dalla non applicazione rigorosa del principio di soccombenza nel governo delle spese di lite. Una applicazione rigorosa del principio avrebbe funzionato e funzionerebbe da deterrente rispetto a pretese giudiziarie opinabili (se non addirittura di chiara marca speculativa), specie se di non elevato valore; c) Ulteriore causa individuabile nella diffusa ed atavica tendenza alla litigiosit, quale difetto insito nel carattere degli italiani; a differenza degli omologhi europei il cittadino italiano sembra faticare ad instaurare un sereno e umile rapporto di convivenza con gli altri. Stenta a reprimere le sue (37) F. CIPRIANI, Giudice di pace e riparto della competenza (ovvero come distribuire quattro milioni di procedimenti civili allanno), in Foro it., 1995, I, c. 3020; ID., Per un nuovo processo civile, in Foro it. 2001, V, c. 321. 204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 passioni e pulsioni, il suo scontento, la sua frustrazione verso laltro, ci si pone in contrapposizione, pronto allo scontro frontale, oppure si litiga per inezie, per bagattelle, per riaffermare se stesso agli altri. Questa litigiosit repressa, latente nel corpo della societ civile si manifesta in plurime situazioni; in automobile e sulle strade, nei luoghi pubblici, in famiglia, nella scuola, sui campi sportivi, nelle relazioni di vicinato, negli organismi associativi, nei condomini (38); d) Sullaumento del contenzioso incidono anche le fasi di recessione delleconomia italiana. Allesito di unattenta analisi sociologico-giuridica si avanzata lipotesi che ad uno sviluppo delleconomia potrebbe corrispondere un calo della litigiosit, mentre in un periodo di recessione potrebbe verificarsi un aumento del contenzioso (39); e inoltre alla luce degli studi in materia possiamo giungere alla conclusione che in periodi di sviluppo economico vi maggiore circolazione di denaro e quindi i soggetti hanno maggior possibilit di rispettare i rapporti commerciali e persino di essere solubili (40); e) Proliferazione di riti speciali che assorbono e disperdono energie professionali dellapparato giudiziario; f) Causa non trascurabile del fenomeno - come si illustrer ampiamente al paragrafo 7 - costituita dall elevatissimo numero di avvocati presenti nel nostro Paese (41); g) Insoddisfacente funzionamento - con particolare riguardo al cd. contenzioso previdenziale - della fase amministrativa strutturata come condizione di procedibilit dellazione giurisdizionale. 5. Durata dei giudizi civili: analisi dei tempi eccessivi del loro svolgimento Si riportano taluni individuati dati statistici significativi (42) idonei per individuare diacronicamente la durata media dei giudizi civili. Negli anni 30 e 40 la durata dei giudizi stata di 100 gg. in primo grado e di 150 gg. in appello (43). Negli anni 50 e 60 la durata stata di 350 gg. in primo grado e di 450 gg. in appello (44). (38) R. MASONI, La ragionevole durata del giusto processo nellapplicazione giurisprudenziale, Giuffr ed., Milano, 2006, p. 42. (39) S. PELLEGRINI, La litigiosit in Italia, Giuffr ed., Milano, p. 164. (40) S. PELLEGRINI, op. ult. cit., p. 165. (41) Cos B. CAPONI, Giustizia civile: nuovi modelli verso lEuropa, in Foro It., 1993, V, c. 227, il quale evidenzia nel luogo citato, alla nota 44, che il rapporto tra numero di giudici e numero di avvocati di 3,4 in Germania Federale [prima della riunificazione], 4,7 in Francia, 3,8 in Olanda e 7,3 in Italia. Contrario alla tesi secondo cui in Italia ci sarebbe un eccessivo numero di avvocati F. CIPRIANI, Troppi avvocati?, in Foro It., 1997, V, cc. 241-245. (42) Desunti dalle medesime fonti riportate alla precedente nota 35. (43) A. PROTO PISANI Appunti sullarretrato, in Foro It., 1995, V, c. 284. (44) A. PROTO PISANI, op. ult. cit. DOTTRINA 205 Negli anni 70 la durata dei procedimenti civili stata di 652 gg. in primo grado (597 gg. per le cause di lavoro e 586 gg. per quelle di previdenza e assistenza) e 547 gg. in appello (462 gg. per le cause di lavoro e 525 gg. per quelle di previdenza e assistenza). Negli anni 1981-1985 la durata media dei processi stata di 618 gg. in primo grado (289 gg. per le cause di lavoro e 400 gg. per quelle di previdenza e assistenza) e 525 gg. in appello (278 gg. per le cause di lavoro e 339 gg. per quelle di previdenza e assistenza). Negli anni 1986-1990 la durata media dei processi stata di 748 gg. in primo grado (363 gg. per le cause di lavoro e 416 gg. per quelle di previdenza e assistenza ) e 665 gg. in appello (456 gg. per le cause di lavoro e 488 gg. per quelle di previdenza e assistenza). Negli anni 1991-1994 la durata media dei processi stata di 1.208 gg. in primo grado (523 gg. per le cause di lavoro e 527 gg. per quelle di previdenza e assistenza) e 966 gg. in appello (867 gg. per le cause di lavoro e 606 gg. per quelle di previdenza e assistenza). Dinanzi al Giudice di Pace la durata media delle controversie stata di 165 gg. nel 1996, di 387 gg. nel 2000, di 411 gg. nel 2002, di 425 gg. nel 2005 e di 460 gg. nel 2007. Dinanzi al Tribunale la durata media delle controversie civili di cognizione ordinaria di primo grado stata di 1.641 gg. nel 1996, di gg. 1.024 nel 2000, di 979 gg. nel 2002, di 873 gg. nel 2005 e di 904 gg. nel 2007. Dinanzi alla Corte di Appello la durata media delle controversie civili di cognizione ordinaria di primo grado stata di 1.189 gg. nel 1996, di 1.125 gg. nel 2000, di 994 gg. nel 2002, di 652 gg. nel 2005 e di 1.524 gg. nel 2007. Dinanzi al Tribunale la durata media delle controversie civili di cognizione ordinaria di secondo grado stata di 1.489 gg. nel 1996, di 959 gg. nel 2000, di 972 gg. nel 2002, di 892 gg. nel 2005 e di 822 gg. nel 2007. Dinanzi alla Corte di Appello la durata media delle controversie civili di cognizione ordinaria di secondo grado stata di 1.098 gg. nel 1996, di 858 gg. nel 2000, di 879 gg. nel 2002, di 1.179 gg. nel 2005 e di 1.501 gg. nel 2007. La durata media delle controversie in materia di lavoro e in materia di previdenza e assistenza in primo grado stata, rispettivamente, di 818 gg. e 969 gg. nel 2000, di 847 gg. e di 935 gg. nel 2002, di 779 gg. e di 911 gg. nel 2005 , di 786 gg. e di 813 gg. nel 2006; in secondo grado la stessa stata, rispettivamente, di 864 gg. e di 898 gg. nel 2000, di 1.018 gg. e di 904 gg. nel 2002, di 749 gg. e di 848 gg. nel 2005, di 701 gg. e di 834 gg. nel 2006. La durata media del procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione stata di 821 gg. nel 1998, di 866 nel 2002, di 966 gg. nel 2005 e di 909 gg. nel 2006. Da quanto precede emerge che nel corso del tempo la durata del procedimento si progressivamente dilatata. Tale dato riguarda tutti i giudici e tutti i gradi di giurisdizione. Nellarco temporale 2006-2007, la durata media dei procedimenti si attestata - tanto in primo grado, quanto in secondo grado che in Cassazione - intorno ai 3 anni, con leccezione del Giudice di Pace (presso il quale la durata delle liti di un anno e poco pi) e delle cause con il rito lavoro (la cui durata lievemente inferiore a quella delle cause a cognizione ordinaria in primo grado e sensibilmente inferiore a quella delle cause a cognizione ordinaria in secondo grado). Nellattuale momento storico si registra, quindi, una eccessiva durata del processo civile italiano, circostanza evidenziata dalla Corte Europea dei diritti dellUomo che per tale ragione ha ripetutamente condannato lItalia. A giudizio della Corte il tempo massimo di durata del processo affinch la durata sia non eccessiva di tre anni per un grado di giudizio e di sei anni per la durata dellintero processo da ritenersi concluso solo con la definitivit della sentenza 206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 (45). Dalla giurisprudenza della Corte Europea (46) si evince che un processo il cui primo grado, non abbia superato il limite di tre anni, non pu essere ritenuto di durata irragionevole. Per i processi aventi ad oggetto lo stato delle persone, fallimenti, diritti pensionistici, materia di lavoro, e diritti primari in generale, ossia diritti fondamentali della persona, la durata del processo non stata ritenuta ragionevole se superiore al minor termine di due anni e sette mesi. Deve, infine, considerarsi di durata ragionevole un giudizio che in tutte le sue fasi (Cassazione compresa) non abbia impiegato pi di sei anni, ovvero otto anni se ne seguito un giudizio di rinvio, ed undici anni in caso di secondo rinvio. Costituisce orientamento oramai ampiamente consolidato della Cassazione rifarsi ai criteri in ordine alla ragionevole durata del processo fissati dalla Corte Europea. E infatti massima tralaticia quella secondo cui la nozione di non irragionevole durata del processo va considerata in concreto, con riferimento al singolo processo, in base ai criteri stabiliti dall art. 2, comma 2, della L. n. 89 del 2001, tenendo presenti i parametri cronologici elaborati dalla giurisprudenza della Corte Europea di Strasburgo, le cui sentenze, pur non avendo efficacia direttamente vincolante per il giudice italiano, nondimeno costituiscono la prima e pi importante guida ermeneutica (47). LItalia il Paese dellUnione Europea in cui i procedimenti civili, considerando i tre gradi di giudizio, hanno maggiore durata (in media 116 mesi, il 68% in pi rispetto alla media UE)(48). Diverse le cause della dilatazione della durata del processo: a) Aumento progressivo del numero dei processi, con forte accelerazione a seguito dellintroduzione del cd. processo del lavoro (49); b) Effetto cumulativo dellarretrato. Si rilevato che se osserviamo il rapporto tra procedimenti sopravvenuti e procedimenti esauriti nel corso degli anni, ci rendiamo subito conto che, nel secondo dopoguerra, il numero dei procedimenti esauriti ogni anno costantemente, seppur non di molto, al di sotto del numero dei procedimenti sopravvenuti. Il fenomeno comporta un effetto devastante sulla durata processuale, perch determina, man mano che il tempo passa, un aumento senza fine del numero di cause che giacciono sul ruolo del singolo giudice. Facciamo un esempio banale. Se un giudice che inizia senza arretrato esaurisce l80% delle controversie sopravvenute ogni (45) C. RECCHIA, Il danno da non ragionevole durata del processo ed equa riparazione, Giuffr ed., Milano, 2006, pp. 5-6 e pp. 171-172. (46) Riportata in C. RECCHIA, cit., pp. 5-6. (47) cfr. Cass., 2 marzo 2004, n. 4207. (48) BANCA DITALIA, Relazione economica per lanno 2000, 2001, Roma, 110 (citata in Foro It., 2002, V, c. 252). (49) S. PROTO PISANI, Il processo del lavoro a diciotto anni dalla sua riforma, in Foro It., 1992, V, c. 83. DOTTRINA 207 anno, diciamo 240 su 300, si trover dopo ventanni con 1.200 cause sul ruolo!(50). c) Riduzione del contenzioso affidato a giudici onorari. Il rapporto tra controversie devolute al giudice togato e controversie devolute a giudici onorari era come impazzito: a fronte del 67% delle controversie devolute a giudici onorari negli anni 30 si passava al 7% negli anni 70. Il dato faceva e fa riflettere perch dimostra con levidenza dei numeri che la giustizia civile aveva funzionato in Italia solo in periodi storici in cui il 70% o 80% delle controversie erano devolute ai giudici onorari (51); d) Vuoti nellorganico della magistratura. Dal sito del C.S.M. emerge che nella magistratura togata sono vacanti 1.220 posti (su un organico, come visto sopra, di ca.10.100 posti), mentre in quella onoraria su ca. 10.220 circa posti ne sono scoperti 4.153. Ossia le vacanze in organico sono del 26%. Allevidenza nessuna struttura privata o pubblica pu funzionare bene con un tale carenza di organico. e) Insufficienza del numero dei magistrati togati (52) in uno allo svolgimento di attivit extragiudiziarie ad opera dei magistrati togati (quali la partecipazione ad attivit di concorsi nella qualit di commissari, incarichi di insegnamento universitario, incarichi arbitrali). Numerosi giudici ordinari sono impegnati in un numero elevato di attivit sociali, politiche ed economiche che esulano dalla loro attivit giudiziaria (53). f) Tendenza a pi elevati tassi di litigiosit: crisi dei tradizionali apparati di mediazione e composizione dei conflitti (famiglia, istituzioni religiose e politico-sindacali); complessit, instabilit, spesso inconoscibilit della legge(54); g) Condotta di una data parte del ceto forense. Una parte degli avvocati che tratta cause relative al recupero credito ed infortunistica stradale ricava le fonti del proprio sostentamento da un contenzioso di massa a basso tenore normativo e svolge un ruolo talvolta realmente parassitario, privilegiando il guadagno del professionista agli interessi del cliente. Ci vale in particolare per i professionisti di piccolo e medio livello che, avendo spesso poche cause, hanno linteresse a farle durare di pi o ad incoraggiare la presentazione di (50) S. CHIARLONI, La giustizia civile e i suoi paradossi, in Storia dItalia. Annali 14, Legge Diritto Giustizia, Giulio Einaudi ed., Torino,1998, p. 419. (51) Cos A. PROTO PISANI, Giuristi e legislatori: il processo civile, in Foro It., 1997, V, c. 20; analogamente F. CIPRIANI Il problema dellarretrato, in Foro it., 1995, V, c. 276. (52) Il problema della durata del processo civile in Italia deriva innanzi tutto dal sovraccarico dei giudici togati che sono chiamati a gestire i processi a cognizione piena, i processi esecutivi, i processi sommari e cautelari, ecc.: A. PROTO PISANI, I modelli di fase preparatoria dei processi a cognizione piena in Italia dal 1940 al 2006, in Foro It., 2006, V, c. 384. (53) Sul punto, S. PELLEGRINI, La litigiosit in Italia, cit., pp. 220-221. (54) Cos G. CARRIERO, Crisi del processo civile e giustizia stragiudiziale: l<> bancario, in Foro It., 2002, V, c. 250. 208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 domande per controversie altrimenti risolvibili in maniera stragiudiziale. Inoltre, il processo ordinario come strutturato ancora oggi (scritto, privo di preclusioni e con lunghi rinvii) funzionale allorganizzazione del lavoro nei medi e grandi studi legali che sono strutturati in organizzazioni gerarchiche e accentrate dove il lavoro quotidiano e di routine svolto nella maggioranza dei casi da comparsisti o praticanti. Un processo rapido, basato sulloralit, scardinerebbe questa organizzazione impedendo di fatto lassunzione di un maggior numero di cause e la facilit di programmazione dellufficio dettata dai lunghi rinvii(55). h) Ingresso delle donne in magistratura con conseguente occasionale effetto del cd. congelamento dei ruoli per congedi per maternit. 6. Proposte di modifica. Aspetti generali E di tutta evidenza che la grave crisi in cui versa il processo civile comporta una pluralit di costi per i cittadini. Oltre, infatti, al costo etico di una giustizia che garantisca una tendenziale tutela dei diritti azionati in giudizio deve registrarsi il costo economico che i ritardi dei tempi giudiziari comporta. La crisi del processo genera ulteriore contenzioso gravante sulle Corti di Appello con significativo aggravio degli oneri per il bilancio statale che deve far fronte a crescenti costi per il pagamento dellindennizzo per la riparazione della ingiusta durata del processo attualmente disciplinata dalla L. 24 marzo 2001 n. 89 (previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole di durata del processo). Ed infatti allattualit secondo gli orientamenti della Corte Europea dei Diritti dellUomo - come evidenziato sopra - la giusta durata del processo civile, di ordinaria complessit, in primo grado di tre anni nella sua globalit (fino alla definizione con decisione definitiva) di sei anni. Superata la giusta durata del processo per ogni anno di durata in pi (56) spetta alle parti (a prescindere dalla ragione e dal torto) un indennizzo che ristori le lesione del bene giuridico dellinteresse ad essere giudicati entro un termine ragionevole. La somma annua di indennizzo oscilla secondo i parametri della Corte Europea tra 1.000 e 1.500 euro. Inoltre limporto nel caso di posta in gioco considerevole pu essere aumentato fino ad euro 2.000 (ad esempio, nelle cause concernenti il diritto del lavoro, lo stato e la capacit civile delle persone e le pensioni o i procedimenti particolarmente gravi relativi alla salute o alla vita (55) Cos O. VIDONI GUIDONI, Quale giustizia per il Giudice di pace?, Giuffr ed., Milano, 2006, p. 93; sul punto, con ampie argomentazioni, CHIARLONI S., La giustizia civile, cit., pp. 442-446. (56) Va evidenziato sul punto un contrasto tra Corte Europea e Giudice di legittimit nazionale. Per la Corte Europea la somma annua va attribuita per anno di durata del procedimento (e non per anno di ritardo), laddove la Corte nazionale, seguendo la lettera della legge Pinto, continua a considerare il solo periodo eccedente la ragionevole durata. DOTTRINA 209 degli individui) (57). Una riduzione dellimporto applicata in funzione del comportamento delle parti (precisamente nel numero di mesi o di anni dovuti ai rinvii ingiustificati imputabili alle parti), della posta in gioco per esempio, se laspetto patrimoniale ha scarsa importanza per il ricorrente ed in funzione del livello di vita del Paese (58). Alla luce di quanto illustrato in tema di durata media del processo civile in Italia, nellattuale momento storico, emerge che pressoch la totalit dei processi dinanzi al giudice togato - ove si articolino nei tre gradi di giurisdizione - superano la giusta durata. Pertanto, ove tutti gli interessati proponessero domanda di ristoro ex L. n. 89/2001, la somma da erogare da parte dello Stato italiano ammonterebbe a miliardi di euro. Il Ministro della Giustizia, nellaudizione tenutasi il 27 giugno 2006 davanti alla Commissione Giustizia del Senato ha riferito i termini dellincremento notevolissimo degli esborsi sopportati dallo Stato a causa delle condanne subite in questi anni. Il Ministro, ha riferito che, nel 2002, i decreti di condanna pronunciati sono stati 2681, con un esborso economico ammontante a 1.266.356,84 euro; nel 2003, 1.654 decreti con un esborso pari a 5.478.871,69 euro; nel 2004, i decreti sono stati 2.014 con condanne per 6.627.975 euro; lanno successivo, i decreti hanno raggiunto i 2.494, con un onere economico di 8.921,525 (59). Il trend delle cause in materia di leggi Pinto in costante ascesa: nel 2005 sono sopravvenuti 12.130 ricorsi, nel 2006 il numero di 20.633, nel 2007 il numero di 20.135 e nel 2008 il numero di 28.383. La situazione cos grave che allinizio del luglio 2010 stato presentato dal Governo un emendamento, alla manovra economica sulla quale stata posta la fiducia, che prevedeva la creazione della figura del giudice ausiliario (da attingere in un albo formato da avvocati, giudici onorari e notai anche in pensione, Avvocati dello Stato, giudici ordinari, contabili e amministrativi a riposo, docenti e ricercatori universitari di materie giuridiche) per smaltire le cause pendenti. Arretrato giunto secondo la dichiarazione resa il 22 luglio 2010 dal Ministro della Giustizia dinanzi alla Giunta della Confindustria (60) a 5.600.000 di giudizi pendenti. Lemendamento stato subito ritirato per le vibranti proteste della classe forense anche se sensazione diffusa nel (57) Corte Europea 10 novembre 2004, Riccardi Pizzati c/Italia; Corte Europea 21 ottobre 2004, Zullo c/Italia. (58) Corte Europea 10 novembre 2004, Pizzati c/Italia. Su tali dati, ricognitivamente, C. RECCHIA, op. cit., pp. 124-131. Va, peraltro, evidenziato che la Corte Europea ha sempre tenuto a precisare che eventuali comportamenti dilatori non escludono in assoluto la responsabilit dello Stato, giacch, anche in un processo impostato sul principio dispositivo come il nostro, il giudice resta sempre titolare del diritto/ dovere di indirizzo e direzione del processo, pertanto ha sempre lobbligo di garantire il sollecito svolgimento del processo stesso cos C. RECCHIA, op. cit., p. 7. (59) Cos R. MASONI, La durata ragionevole del giusto processo nellapplicazione giurisprudenziale, Giuffr ed., Milano, 2006, p. 195. (60) Riportata su Il Sole 24 ore del 23 luglio 2010 p. 23. 210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 predetto ordine professionale che il provvedimento destinato a riemerge in un prossimo futuro. Risorse della collettivit interamente bruciate per effetto della eccessiva durata del processo civile. Miliardi di euro ove la durata del processo fosse ragionevole diversamente e utilmente spendibili per rendere efficiente il processo civile o da utilizzare per la soddisfazione di altri interessi pubblici. Conseguenza logica, obbediente ad una pacata analisi dei dati, la necessaria, imperativa e non eludibile riforma del processo civile, a tutti i livelli normativi, anche costituzionali, onde pervenire ad una giustizia che risponda in tempi ragionevoli alle domande dei cittadini. Un efficace intervento postula necessariamente la modifica tanto degli aspetti ordinamentali quanto delliter del processo civile. Lun aspetto si coniuga con laltro. osservazione pacifica, infatti, che alcuna riforma del rito civile potr sortire effetti ove il processo civile non sia dotato di uomini e di mezzi per poter funzionare. Unidea fissa che assumono i lavori preparatori di ogni riforma in materia di procedura civile: quella di riassorbire larretrato e di accelerare il corso dei processi Un giorno bisogner pur ammettere che le regole di procedura non sono tutto. Fintanto che lapparato giudiziario non sar dotato di mezzi che sono richiesti dalla proliferazione delle cause, vano sperare che i ritardi possano essere seriamente ridotti. E ancora oltre i mezzi sufficienti e ad una procedura efficace, ci vorr sempre la buona volont, se non labnegazione degli operatori di giustizia, avvocato, magistrato, cancelliere. Come dire che lobiettivo di una giustizia pi efficace, nei limiti in cui realizzabile, non pu che essere il prodotto di una sapiente mescolanza di differenti ingredienti. significativo osservare come il brano ora riportato non si riferisca alla giustizia civile in Italia, bens alla giustizia civile in Lussemburgo (61). E questo in quanto la eccessiva durata dei processi un problema che interessa pressoch tutti gli Stati membri dellUnione Europea (62), anche se in modo molto pi marcato lItalia. 7. Proposte di modifiche ordinamentali Modificazione della geografia giudiziaria osservazione condivisa che il carico di lavoro tra gli uffici giudiziari non equamente ripartito. Nel tempo si assistito alla conservazione, per motivi storici e/o campanilistici, di Uffici giudiziari con ridotti bacini di utenza (61) M. ELVINGER, La giustizia civile in Lussemburgo, in E. FAZZALARI (a cura di), La giustizia civile nei Paesi comunitari, CEDAM ed., Padova, vol. I, 1994, pp. 313-314. (62) Cos B. CAPONI, La giustizia civile: nuovi modelli verso lEuropa, in Foro it., 1993, V, c. 222, nota 17. DOTTRINA 211 ed alla proliferazione di nuovi uffici giudiziari istituiti talora per la non sempre ponderata motivazione di sgravare uffici giudiziari di pi grosse dimensioni (Roma, Napoli, Milano) e talora in conseguenza della creazione di nuovi enti territoriali (nuove province). pertanto evidente che lefficienza dellapparato giudiziario (come ogni altro servizio reso allutenza) postula una geografia giudiziaria coerente con i bacini di fruizione del servizio dovendosi abbandonare ogni altro elemento di valutazione. Ne consegue la necessit (63) della verifica dellattuale assetto al fine di modificare le circoscrizioni (accorpando uffici, separandone altri, eliminando sezioni distaccate) in modo da pervenire ad un razionale rapporto tra il numero dei giudici e il numero della popolazione residente nelle circoscrizioni giudiziarie ponderato con il tasso di litigiosit. Alla luce dei dati statistici (numero della popolazione, circoscrizioni giudiziarie con i giudici assegnati, tasso di litigiosit, etc.) occorrer modificare la geografia giudiziaria. La soppressione di uffici giudiziari con poco carico di lavoro permetter una migliore gestione delle risorse (magistrati, personale ausiliario, spese di amministrazione ordinaria e straordinaria degli uffici giudiziari) e la riduzione di individuati costi (ad es. costo per gli immobili adibiti a sedi giudiziarie). La linea tendenziale di una revisione della geografia giudiziaria dovrebbe essere quella della concentrazione degli uffici. E del resto una capillare articolazione territoriale degli uffici giudiziari aveva senso nel 1800, allorch le non agevoli vie di comunicazione (carrozze, cavalli o, pi tardi, treni per determinate tratte) rendevano opportuna la creazione di uffici giudiziari anche per piccoli centri in modo da garantire una effettivit di tutela giurisdizionale. Nel momento attuale, in cui le linee di comunicazione sono tendenzialmente agevoli e soprattutto in vista del futuribile processo telematico, non si appalesa pi come razionale unintensa articolazione territoriale degli uffici allorch dalla stessa consegua altres una evidente diseconomia del servizio giustizia. Alla luce di tale criterio non appaiono condivisibili le proposte (64), pur adeguatamente motivate, di garantire la prossimit territoriale del Giudice di pace nelle grandi citt ossia il decentramento degli uffici del Giudice di pace delle grandi citt nei quartieri, utilizzando uffici comunali e circoscrizionali, per garantire una giustizia capillare, pi diffusa. Proposte che comporterebbero la polverizzazione di risorse di uomini e mezzi con costi aggiuntivi e non un efficace coordinamento dellesercizio della funzione giurisdizionale. Analogamente andrebbero soppresse le sezioni distaccate di Tribunale, la cui esistenza determina la dispersione di dotazione organica del personale (63) Da ultimo evidenziata da A. PROTO PISANI, Intervento sconsolato sulla crisi dei processi civili a cognizione piena in Foro It. 2008, V, c. 12. (64) VIDONI GUIDONI O., Quale giustizia per il Giudice di pace?, cit., p. 83. 212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 togato e amministrativo, nellobiettivo di pervenire ad una geografia giudiziaria che preveda la esistenza di Tribunali che coincidano con le sedi della Provincia ove il bacino di utenza e di litigiosit lo consenta. Riforma della dirigenza degli uffici giudiziari Da pi parti si avverte lesigenza di intervenire per il riordino della dirigenza amministrativa negli uffici giudiziari. In particolare, viene proposta lapplicazione del cd. principio della doppia dirigenza (65): competenza in tema tabellare e di organizzazione del lavoro giudiziario attribuita ad un magistrato e competenza amministrativa attribuita ad un tecnico, selezionato tramite concorso di secondo grado (cui potrebbero partecipare anche i magistrati). Di recente intervenuto in materia il D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 240 con cui si inteso valorizzare il ruolo dei dirigenti amministrativi e introdurre il decentramento del Ministero della Giustizia trasferendo alcune funzioni decisionali (in materia di organizzazione giudiziaria) ad organi periferici; lintervento normativo si muove sempre nellambito del distinguo tra competenza dei magistrati capi degli uffici e dirigenti amministrativi. Difatti lart. 1 del decreto prevede lattribuzione al magistrato capo dellUfficio giudiziario, tra laltro, della competenza ad adottare i provvedimenti necessari per lorganizzazione dellattivit giudiziaria, laddove lart. 2 del decreto conferisce al dirigente amministrativo la responsabilit della gestione del personale amministrativo; i due dirigenti ora indicati, poi, redigono, per ciascun anno, il programma delle attivit da svolgere nel corso dellanno secondo la disciplina contenuta nellart. 4 del decreto. In realt sia lintervento legislativo che le proposte formulate in dottrina postulano quale presupposto che lorganizzazione del lavoro giudiziario debba essere riservato al personale togato, con levidente conseguenza che professionalit acquisite in campo giudiziale (di solito agli apici di carriera) vengono utilizzate per funzioni di carattere rigorosamente organizzativo rispetto a cui i magistrati non hanno maturato alcuna idonea e specifica professionalit . Parrebbe pertanto pi corretto ricondurre nellalveo della dirigenza amministrativa, secondo il modello contenuto nel D.Lgs. 165/01, tutte le funzioni riconducibili allamministrazione della giustizia intesa quale organizzazione del lavoro. In tal modo si otterrebbe un duplice effetto: richiamare a funzioni di coordinamento delle sezioni giurisdizionali il magistrato che ha maturato la massima esperienza, liberando capi degli uffici e vicari da funzioni non propriamente giurisdizionali e, dallaltro, realizzare un assetto organizzativo nei Tribunali secondo omogenei, riconosciuti e consolidati criteri di continuit manageriale (evitandosi in tal modo la personificazione di assetti organizzativi (65) F. CIPRIANI, M. G. CIVININI, A. PROTO PISANI, Una strategia per la giustizia civile nella XIV legislatura, in Foro It., 2001, V, c. 83. DOTTRINA 213 che dovrebbero essere uniformi allinterno del pianeta giustizia). Composizione degli organi giurisdizionali di merito Attualmente organi giurisdizionali collegiali (collegio di tre giudici) sono costituiti dal Tribunale in composizione collegiale su specifiche materie (art. 50 bis c.p.c.) e dalla Corte dAppello. Il principio della pi completa ponderazione delle questioni giuridiche che milita in favore della composizione collegiale dellorgano giurisdizionale un principio assoluto e, come tale, potrebbe ritenersi ineludibile per ogni organo giudiziale. E tuttavia costituisce valutazione politica quella attuata nellodierno sistema di applicarlo solo alle controversie presumibilmente pi complesse e difficili. La politicit della scelta in assenza di una norma costituzionale che imponga la composizione collegiale degli organi giurisdizionali non esclude una composizione monocratica di ogni organo giudicante nel merito nellevidente fine di liberare risorse umane da destinare allo svolgimento di altri processi in termini ragionevoli (66). E auspicabile, quindi, una riforma legislativa che stabilisca la composizione monocratica del Tribunale e della Corte di Appello. Ove venisse accolta la proposta delle composizione monocratica di ogni organo giudicante nel merito, al fine del maggior possibile coordinamento giurisdizionale potrebbe prevedersi che, su specifica e motivata richiesta del giudice monocratico designato, il Presidente dellUfficio (o il Presidente di Sezione, ove lUfficio si articoli in sezioni) possa disporre la trattazione collegiale del giudizio nelle limitate ipotesi che vengano in rilievo questioni di massima di particolare importanza (ex art. 374 c.p.c.) o aventi notevole rilievo economico (ex art. 417 bis c.p.c.). Snellimento della composizione della Corte di Cassazione Allattualit i collegi giudicanti presso la Suprema Corte sono composti da cinque giudici. Il numero dei giudici (che era di sette) stato cos ridotto dalla L. 8 agosto 1977 n. 532. Quando la Suprema Corte pronuncia a sezioni unite, il Collegio giudicante composto da nove giudici. Presso la Corte di Cassazione vi la Procura generale, che interviene alludienza, esponendo motivatamente il suo punto di vista circa le censure sollevate (art. 379 c.p.c.). Tale struttura pu essere utilmente snellita senza pregiudicare le garanzie di adeguata ponderazione dei giudizi. Potrebbe prevedersi la riduzione a tre dei componenti il collegio giudicante ed individuare in sette la composizione della Corte a Sezioni Unite. Sem- (66) Il modello sopra suggerito stato adottato negli anni 80 nel processo belga (STORME M., Sintesi del diritto processuale belga, in La giustizia civile nei Paesi comunitari, cit., vol. I, p. 7) ed ampiamente diffuso negli Stati Uniti dAmerica (HAZARD G. C., TARUFFO M., La giustizia civile negli Stati Uniti, Il Mulino ed., Bologna, 1993, pp. 52, 55-56). 214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 bra potersi ritenere che in tal modo la avvertita esigenza di collegialit sia adeguatamente tutelata. auspicabile anche leliminazione dellistituto del Pubblico Ministero (67) presso la Corte di Cassazione. Difatti nellattuale ordinamento costituzionale, sono venute meno le ragioni della presenza del P.M. in Cassazione. Ragioni illo tempore costituite dalla necessit di un controllo politico sulla Corte di Cassazione al fine di evitare che il supremo giudice di legittimit travalicasse le proprie competenze. Tale intervento avrebbe un doppio benefico effetto: da un lato di eliminare un passaggio del procedimento presso il giudice di legittimit, snellendo lo stesso e, dallaltro, liberare risorse umane (il numero dei giudici addetti alla Procura Generale presso la Corte di Cassazione presenta un organico di 68 unit) da destinare alla composizione dei collegi giudicanti. La partecipazione del P.M. in sede di legittimit verrebbe cos circoscritta alle limitate ipotesi in cui la partecipazione di tale organo prevista anche per le fasi di merito. Meccanismi di riduzione del contenzioso A fronte del dato della inidoneit dellattuale sistema giudiziario a giudicare in tempi ragionevoli le domande di giustizia appaiono percorribili due strade: o ridurre il numero del contenzioso o aumentare il numero dei giudici. evidentemente scelta di politica legislativa seguire luna o laltra strada. In ordine ai meccanismi di riduzione del contenzioso si osserva quanto segue. A Costituzione invariata si appalesa difficile lintroduzione di efficaci meccanismi selettivi o di filtro dei giudizi, al fine di pervenire ad una riduzione del contenzioso. Meccanismi deflattivi del contenzioso sono stati sinora individuati in: a) Mediazione La mediazione istituto creato negli Stati Uniti (Mediation) uno degli strumenti per lAlternative dispute resolution (A.D.R.), caratterizzato dal fatto che lintervento di un terzo tende solo a facilitare un accordo diretto delle stesse parti (68); nella mediazione lintervento di un terzo esperto di mero ausilio per favorire il raggiungimento di un accordo ,le cui condizioni devono essere negoziate e accettate dalle parti. Quindi, mediazione come attivit delle stesse parti ,sia pure con lausilio del terzo esperto, finalizzata al (67) Secondo una proposta di F. CIPRIANI, Nuovi presidenti e vecchi problemi, cit., c. 1875 e F. CIPRIANI, M. G. CIVININI, A. PROTO PISANI, Una strategia, cit., c. 83, nel contesto di una proposta di riforma mirante allabrogazione dellintervento obbligatorio del P. M. nel processo civile; analogamente, in questultimo senso, F. CIPRIANI, Per un nuovo processo civile, in Foro It. 2001, V, c. 325. (68) Cos C. PUNZI, Mediazione e conciliazione in Riv. dir. proc. 2009, p. 845. DOTTRINA 215 raggiungimento del loro accordo diretto (69). E prevista nellart. 342 ter, comma 2, cod. civ. a proposito del contenuto degli ordini di protezione contro gli abusi familiari e nellart. 155 sexies, comma 2, cod. civ. in ordine ai poteri del giudice e ascolto del minore nelle situazioni di crisi della famiglia coniugale (70). La mediazione si distingue dalla conciliazione perch in questultima vi lintervento di un terzo che svolge un ruolo attivo, formulando una proposta, che le parti sono libere di accettare, perfezionando, con laccettazione della proposta, la conciliazione (71). Alla luce di tale criterio discretivo la mediazione finalizzata alla conciliazione di cui al D.L.vo 4 marzo 2010, n. 28 non pu ritenersi tecnicamente riconducibile alla mediazione strictu sensu, ma come si illustrer tra breve allarea della conciliazione, atteso che lintervento del terzo il quale media e formula una proposta altro non che un tentativo di conciliazione. b) Tentativo facoltativo di conciliazione E un procedimento liberamente attivabile dalle parti mediante il quale queste, alla presenza di un terzo, compongono una controversia tra loro insorta; nella conciliazione il terzo deve valutare le contrapposte posizioni delle parti e individuarne la giusta composizione e, su questa base, deve offrire alle parti il suo consilium e provocarne il concilium , cio laggregazione e lincontro e, quindi, la conciliazione(72). Listituto pu trovare spazio nelle controversie su diritti disponibili. Nella spinta verso metodi di ADR il legislatore italiano guarda in questi ultimi anni con crescente favore alla conciliazione amministrata da istituzioni. In tale ruolo spiccano le camere di commercio, alle quali lart. 2, comma 4, della L. 580/93, nel quadro del loro riordinamento, riconosce il potere di promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per le controversie tra imprese, nonch tra imprese e consumatori(73). Coerente con le indicate direttrici il citato D.L.vo n. 28/10 sulla mediazione finalizzata alla conciliazione, nel quale il termine mediazione, come gi evidenziato, identifica il procedimento per giungere alla conciliazione. Il procedimento di mediazione per la conciliazione di una controversia civile o commerciale vertente su diritti disponibili attivabile da chiunque (art. 2 D.L.vo cit.). In tal senso un tentativo facoltativo di conciliazione (ed ha una disciplina identica allipotesi in cui la mediazione condizione di procedibilit dellazione giudiziaria); tuttavia chi viene convenuto nel procedimento non (69) Op. ult. cit. p. 859. (70) L. P. COMOGLIO, La durata ragionevole del processo e le forme alternative di tutela, in Riv. dir. proc. 2007, p. 615. (71) Cos C. PUNZI, op.ult.cit. p. 853. (72) C. PUNZI, op. ult. cit. p. 849. (73) Cos R. CAPONI, La conciliazione, cit., c. 169. 216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 libero di rifiutarlo, deve subirlo; sicch dal punto di vista di questultimo obbligatorio. Va evidenziato che, in esperienze ben distinte dalla nostra, quale quelle del processo statunitense (ossia in un Paese di common law) pi del 90% delle controversie viene conciliato prima del dibattimento (74), in specie meno del cinque per cento delle cause arriva davvero al dibattimento(75). c) Tentativo obbligatorio di conciliazione E il procedimento sopradescritto al punto b) da attivare obbligatoriamente dalle parti (o da subire dalla parte evocata) prima di instaurare una lite giudiziaria; una disciplina completa dellistituto era contenuta negli artt. 410 e ss. c.p.c., trasformato in facoltativo con la novella di cui alla L. 4 novembre 2010 n. 183. Il tentativo obbligatorio di conciliazione presente, altres, nelle controversie agrarie (art. 46 della L. 3 maggio 1982, n. 203), nelle controversie sui licenziamenti nelle unit produttive minori (art. 5 della L. 11 maggio 1990, n. 108), nelle controversie previdenziali (art. 443 c.p.c.), nelle controversie in materia di lavori pubblici (art. 240 d.L.vo 12 aprile 2006 n. 163), nelle controversie in tema di subfornitura (art. 10 della L. 18 giugno 1998 n. 192); contemplato un tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi alle Camere di Commercio nelle controversie tra operatori e tra operatori e utenti in materia di telecomunicazioni (art. 1 della L. n. 249/1997). Forte impulso al tentativo de quo stato impresso dal D.L.vo 4 marzo 2010 n. 28 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali vigente dal 20 marzo 2010 (ad eccezione del tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 5 che acquister efficacia il 20 marzo 2011) (76). Tale testo recepisce indicazioni provenienti dal diritto comunitario da ultimo: direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale ed in linea di continuit con alcune soluzioni contenute nello schema di disegno di legge concernente la Disciplina della conciliazione in sede non contenziosa redatto da una Commissione nominata con D.M. 15 febbraio 1993 dal Ministro di Grazia e Giustizia e presieduta da Elio Fazzalari con conclusione dei lavori il 18 marzo 1994 (77). (74) G. C. HAZARD, M. TARUFFO, La giustizia civile negli Stati Uniti, cit., p. 122. (75) G. C. HAZARD, M TARUFFO, La giustizia civile negli Stati Uniti, cit., p. 253. (76) Su tali temi: L. DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel D.lgs. n. 28 del 4 marzo 2010 in Riv. dir. proc. 2010 pp. 575-594; G. CANALE, Il decreto legislativo in materia di mediazione in Riv. dir. proc. 2010 pp. 616-630; R. CAPONI - G. ARMONE - P. PORRECA - D. DALFINO, La giustizia civile alla prova della mediazione (a proposito del d.leg. 4 marzo 2010 n. 28) in Foro It. 2010, V, cc. 89-107; A. PROTO PISANI, Appunti su mediazione e conciliazione in Foro It. 2010, V, cc. 142-146; G. SCARSELLI, La nuova mediazione e conciliazione: le cose che non vanno in Foro It. 2010, V, cc. 146-151. (77) La relazione e lo schema di disegno di legge sono pubblicati sul Foro Italiano 1994, V, cc. 285-292, sotto il titolo sulla disciplina della conciliazione in sede non contenziosa. DOTTRINA 217 Per il decreto legislativo n. 28/2010 la mediazione lattivit, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o pi soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia (conciliazione), sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa (art. 1). Come pi volte evidenziato, la mediazione il procedimento mentre la conciliazione un possibile sbocco del procedimento. Il procedimento di mediazione attivabile ad iniziativa di parte in due distinte ipotesi : a) liberamente da chiunque intenda promuovere una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili (art. 2). Va ricordato per che il soggetto evocato deve sottostare alla disciplina del procedimento, non pu rifiutarlo. Onde stimolare la diffusione della mediazione finalizzata alla conciliazione stato previsto (art. 4) che lavvocato allatto del conferimento dellincarico deve informare lassistito della possibilit di avvalersi del procedimento di mediazione de qua e delle agevolazioni fiscali collegate; b) obbligatoriamente,quale condizione di procedibilit della domanda giudiziaria, da chi intende promuovere una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilit medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicit, contratti assicurativi, bancari e finanziari (art. 5). In ambedue i casi il procedimento uguale. La domanda di mediazione presentata mediante deposito di unistanza presso un organismo ente pubblico o privato individuato dallistante (art. 4); il procedimento ha una durata non superiore a 4 mesi (art. 6), si svolge senza formalit e dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo il giudice pu desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dellart. 116 c.p.c. (art. 8). E prevista una disciplina a tutela del riserbo (aa. 9-10). Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento sono esenti da tributo, spesa o diritto; il procedimento tuttavia oneroso per le parti le quali devono pagare unindennit allorganismo di mediazione per lattivit prestata (art. 17) anche se possono beneficiare entro dati limiti e con dimezzamento se la mediazione non ha successo di un credito dimposta commisurato allindennit liquidata (art. 20). Se viene raggiunto un accordo amichevole il mediatore forma un processo verbale (art. 11) che in seguito ad omologa giudiziaria su istanza dellinteressato, costituisce titolo esecutivo per lespropriazione forzata, per lesecuzione in forma specifica e per liscrizione di ipoteca giudiziale (art. 12); il verbale di accordo esente dallimposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti limposta dovuta per la parte eccedente (art.17). Se non raggiunto laccordo il mediatore pu formulare una proposta di conciliazione ed tenuto a formularla a seguito di concorde richiesta delle 218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 parti (art.11); ove nelleventuale successivo giudizio la parte vincitrice che ha rifiutato la proposta ottenga una decisione che corrisponde interamente al contenuto della proposta viene previsto (art.13) che il giudice: a) escluda la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice inclusa lindennit di mediazione riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa; b) condanni la parte vincitrice al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente, inclusa lindennit di mediazione, relative allo stesso periodo, nonch al versamento allerario di una ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto; invece ove la decisione non corrisponde interamente al contenuto della proposta il giudice pu escludere ricorrendo gravi ed eccezionali ragioni la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per lindennit di mediazione (art. 13). Questa in sintesi la disciplina della mediazione introdotta con il D.L.vo n. 28/10. Deve ritenersi, con i correttivi di seguito indicati, che la mediazione de qua in presenza di organismi di conciliazione qualificati e indipendenti e della disponibilit della classe forense ad investire professionalit nello strumento pu contribuire a definire in via stragiudiziale i contrasti con effetto evidentemente deflattivo del contenzioso. La disciplina, al fine di diffondere il meccanismo, contiene incentivi (fiscali) e conseguenze sanzionatorie in caso di ingiustificato fallimento del tentativo. La disciplina ha per, a nostro giudizio, bisogno dei seguenti correttivi al fine di renderla funzionale allo scopo: a) lattivazione libera e facoltativa del procedimento di mediazione ad opera dellinteressato (art. 2) deve trovare il consenso della controparte evocata. Con la attuale disciplina la parte evocata obbligata a subire un procedimento con tempi, impegni e costi che potrebbe essere non gradito; b) eliminazione in capo alle parti del carico dellindennit allorganismo di mediazione. Al fine di incentivare il procedimento potrebbe prevedersi che lonere delle spese a carico dello Stato; in tal caso vi sarebbe una sicura - intuitiva - collaborazione delle parti. E ragionevole ritenere che tale onere delle spese, a disciplina invariata, contribuisca a dissuadere le parti ad attivare facoltativamente il procedimento. Tale eliminazione andrebbe prevista in favore della parte che ha ragione almeno nel caso in cui il procedimento obbligatorio. Difatti con la disciplina attuale ove un soggetto abbia ragione in toto e lorganismo di conciliazione favorisca un accordo bonario che accolga le richieste della parte che ha ragione, questultima vede limitata la tutela dei propri diritti: la limitazione dovuta al fatto di sopportare parte delle spese della mediazione. In parte qua la disciplina attuale sul punto presenta profili di dubbia costituzionalit per contrasto con lart. 24 comma 1 della Costituzione; DOTTRINA 219 c) ridurre le materie dove obbligatoria ex art. 5 la mediazione. Le materie, allattualit, ricomprese nel citato art. 5 sono del tutto eterogenee. E osservazione diffusa che i tentativi di conciliazione possono avere un loro spazio in ordinamenti settoriali, quali quelli dei servizi pubblici, ovvero nel rapporto tra consumatori e imprese, e comunque in quei settori in cui, si registra una omogeneit dei contrapposti interessi coinvolti ed un rapporto diuturno e continuo tra le parti che fa sorgere linteresse reciproco a conservare buoni rapporti nel tempo. Con lulteriore conseguenza che, nellattuale assetto normativo, appare difficilmente perseguibile lobiettivo di formazione di mediatori per tutto il contenzioso in quanto leterogeneit delle controversie (e quindi delle materie trattate) finirebbe con il provocare un inefficace appesantimento burocratico, non idoneo a realizzare n il mirato obiettivo deflattivo n una adeguata formazione professionale dei mediatori. Sembrerebbe pertanto auspicabile che il ricorso allistituto della mediazione venga circoscritto de iure condendo a settori specifici individuando altres una meditata corrispondenza tra blocchi di materie e professionalit degli organismi preposti alla mediazione al fine di garantire non solo la concreta efficacia deflattiva dellistituto ma anche lefficienza e la professionalit nellespletamento della funzione assegnata ai singoli organismi. Nella delineata prospettiva andrebbe eliminata lobbligatoriet della mediazione quantomeno nelle cause di responsabilit aquiliana, in cui, come noto, il rapporto tra le parti del tutto accidentale e non connotato certo dallesistenza di rapporti iterativi; d) eliminare la disciplina delle spese ex art. 13 comma 1 prevista nel caso che nel giudizio il vincitore consegua interamente il contenuto della proposta, rifiutata in sede di mediazione fallita. Lo spirito della norma chiaro: creare conseguenze sanzionatorie in caso di ingiustificato fallimento della mediazione. Tuttavia la disciplina presenta numerose aporie: pone il carico delle spese in capo alla parte vincitrice con dubbio di costituzionalit in chiave di tutela dei diritti ex art. 24 comma 1 della Costituzione; doppiamente squilibrata a carico del vincitore, perch in primo luogo la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente prescinde dalla circostanza che la proposta di mediazione sia stata accettata da questultima e perch in secondo luogo alcun meccanismo sanzionatorio previsto in capo al soccombente che in sede di mediazione abbia rifiutato la relativa proposta (il cui contenuto sia stato poi accolto nel giudizio). Per realizzare lobiettivo avuto di mira dal legislatore potrebbe esser sufficiente una norma secondo cui (sulla falsariga dellart. 92 comma 1 seconda parte c.p.c.) il giudice pu, indipendentemente dalla soccombenza ,condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per linosservanza dellonere di partecipare e comportarsi con lealt nel procedimento di mediazione, essa ha causato allaltra parte. 220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 d)Tentativo obbligatorio di conciliazione conducente alla formazione eventuale di un titolo esecutivo stragiudiziale In funzione deflattiva ed al fine di ricondurre a tempi di ragionevolezza la durata del processo civile autorevole dottrina (78), nellambito di una strategia complessiva di proposte di riforma del processo civile, ha suggerito ladozione di uno strumento molto efficace (massimo conseguibile, a Costituzione invariata) costituito dalla formazione di un titolo esecutivo stragiudiziale sul modello dellart. 18 della L. 24 novembre 1981 n. 689. L Autore citato osserva testualmente: Orbene, un intervento possibile sarebbe a mio avviso questo: prevedere che con riferimento ad alcune, determinate, categorie di controversie relative a diritti disponibili, individuate in ragione della materia (ad es. controversie di lavoro e previdenziali, controversie locatizie, controversie da infortunistica stradale, controversie successorie), sia introdotto, in via legislativa, quale condizione di procedibilit del processo o come condizione di proponibilit della domanda, il preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi ad un terzo imparziale (notaio o altro pubblico ufficiale, funzionari specializzati delle camere di commercio, ex avvocati dello Stato, giudici onorari o giudici di pace, funzionari della pubblica amministrazione, ecc.). Perch un simile istituto abbia successo e possa incidere sui grandi numeri che affliggono la giustizia civile, occorre per prevedere: a) in primo luogo, che il tentativo di conciliazione sia effettuato da un collegio di conciliazione costituito dal terzo imparziale che lo presiede e da due rappresentanti delle parti (che ben potrebbero essere gli stessi difensori) appositamente designati dalle parti stesse; b) in secondo luogo: che la richiesta del tentativo di conciliazione debba contenere, a pena di inammissibilit, lesposizione sommaria dei termini della controversia, dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa; che debba essere preventivamente comunicata alla controparte e che questa debba depositare osservazioni scritte tramite le quali prendere posizione specifica sui fatti posti dallistante a fondamento della sua pretesa; allo scopo di rendere effettiva questa presa di posizione specifica si potrebbe sanzionare la sua mancanza con il valore di ammissione legale (ficta confessio) dei fatti posti dallistante a fondamento della sua richiesta, ammissione legale che avrebbe per valore solo nella fase cd. precontenziosa; c) in terzo luogo, che davanti al collegio di conciliazione debbano comparire personalmente le parti per essere interrogate liberamente; (78) A. PROTO PISANI, Per un nuovo titolo esecutivo di formazione stragiudiziale, in Foro It., 2003, V, c. 117 ss.; ID., Verso la residualit del processo a cognizione piena?, in Foro it., 2006, V, c. 53 ss.; ID., Per un nuovo codice di procedura civile, citato, cc. 103-104 ove vi una proposta di articolato normativo nei punti da 6.1 a 6.7. DOTTRINA 221 d) in quarto luogo, che in caso di mancato accordo il collegio di conciliazione, anzich limitarsi a formulare una proposta per la bonaria composizione della controversia, una volta fallita anche questultima possibilit di accordo, debba redigere un verbale contenente tale accertamento, ove sia nel senso di accoglimento dellistanza, abbia ex lege valore a tutti gli effetti di titolo esecutivo stragiudiziale, senza determinare per preclusione alcuna nel futuro eventuale processo a cognizione piena instaurato. Si tratterebbe, nella sostanza, in ipotesi di accoglimento dellistanza, di creare una nuova ipotesi di titolo esecutivo di formazione stragiudiziale alla stessa stregua di quanto ad es. effettuato dallart. 18 L. 689/81 riguardo allordinanza irrogatrice della sanzione amministrativa. Vi di pi. Con un poco di immaginazione si potrebbe pensare che laccertamento allo stato degli atti sia idoneo a costituire non solo ex lege titolo esecutivo di formazione stragiudiziale, ove sia nel senso di accoglimento dellistanza, ma, indipendentemente dal se laccertamento sia positivo o negativo, sia anche destinato a divenire immutabile ove nessuna delle parti instauri un processo a cognizione piena di primo grado entro un determinato termine perentorio. Anche qui il regime dellordinanza irrogatrice della sanzione amministrativa sta ad indicare quanto meno la possibilit di una tale scelta (79). La proposta, condivisibile nellimpianto, richiede delle puntualizzazioni ed integrazioni. Andrebbe, in primo luogo, previsto un limite di valore fino al quale praticabile il tentativo di cui si discute. Appare infatti apprezzamento prudente di comune esperienza evitare che titoli esecutivi per liti di rilevante valore vengano formati in via stragiudiziale. Sotto convergente profilo dovrebbe inoltre prevedersi il massimo rigore formale a presidio della formazione del titolo esecutivo stragiudiziario con previsione che il titolo debba essere notificato a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c., esclusa la notificazione al domicilio eletto e che dalla data di notifica decorra un termine dilatorio congruo ad esempio non inferiore a 120 gg. per contestare dinanzi allA.G.O. lingiunzione. Sar opportuno prevedere che lopposizione sospenda ex lege lefficacia esecutiva del titolo stragiudiziale nonch una pena pecuniaria a carico dellopponente che risulta integralmente soccombente nel giudizio in rapporto percentuale al valore della condanna. La prospettata opzione appare un equo bilanciamento degli interessi in conflitto. Da un lato listante ottiene un titolo esecutivo immediatamente azionabile in caso di mancata opposizione e la previsione della pena pecuniaria scoraggia la promozione di opposizioni palesemente infondate e, dallaltro, la previsione della sospensione ex lege dellesecutivit del titolo pone al riparo lopponente non pretestuoso da pregiudizi per unesecuzione ingiusta. (79) A. PROTO PISANi, Verso la residualit del processo a cognizione piena?, cit., cc. 54-55. 222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Infine, per ragioni che saranno illustrate di seguito, andrebbe espunta lefficacia di ficta confessio alla condotta di inerzia dei partecipanti al procedimento. e) Arbitrato facoltativo (artt. 806-840 c.p.c.) Lesperienza insegna che tale meccanismo ha contribuito solo in modo molto limitato a realizzare un effetto deflattivo. Il ricorso a tale istituto stato pressoch circoscritto a liti tra parti cd. forti (P.A., imprese), mentre alcun seguito ha avuto negli altri giudizi e in particolare in quelli seriali in cui vi sono per lo pi contrapposizioni tra parti ineguali, ad es. le liti che coinvolgono i consumatori. Pertanto la possibilit di un incremento del ricorso a tale istituto, che presuppone la comune volont delle parti, potrebbe essere ottenuto prevedendo delle agevolazioni fiscali in favore delle parti in lite, anche se sembra di dover escludere che lincentivo fiscale sia in grado da solo di conseguire leffetto sperato. Allincentivo fiscale dovrebbe sommarsi un significativo impulso delle organizzazioni di categoria. Del resto va rilevata la diffusione ancorch limitata ovvero nella forme di progetti pilota di modelli di conciliazione ed arbitrato provenienti dagli interessati nel settore dei servizi pubblici con il contributo attivo della classe forense (che ha predisposto camere di conciliazione presso i consigli dellordine); la stessa avvocatura al tempo stesso concausa efficiente e vittima dello stato di degrado in cui versa lamministrazione della giustizia sta prendendo atto che la sua funzione professionale e sociale si sviluppa (anche) mediante la risoluzione dei conflitti e la diffusione della nuova conciliazione, a tutto vantaggio logica di servizio di cui lavvocatura deve rendersi interprete, in sede sia istituzionale che sindacale( 80). f ) Arbitrato obbligatorio Larbitrato obbligatorio , a costituzione invariata, inammissibile. Vi osta il dettato dellart. 24 della Cost. in virt del quale Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (81) . In proposito in dottrina non si mancato di evidenziare come: da tempo ripeto che sarebbe auspicabile, per le controversie di tipo seriale, la predisposizione di metodi di composizione delle liti con ampio ricorso agli arbitrati e alle conciliazioni. Ma, se gli uni e le altre dovessero sfociare in provvedimenti di natura decisoria, come riterrei necessario per rendere efficace il ricorso a tali strumenti, sarebbe difficile evitare il giudizio di incostituzionalit (80) Cos B. CAPPONI, cit., c. 233. In ordine alla giustizia stragiudiziale, agli Alternative dispute resolution, Methods cd. ADR, brevi sintesi sono contenute, oltrech nellor citato scritto di CAPPONI, anche in G. CARRIERO, Crisi del processo civile e giustizia stragiudiziale: l<> bancario, in Foro It. 2002, V, c. 249 ss. e in R. CAPONI, La conciliazione stragiudiziale con metodo di ADR (<>), in Foro It. 2003, V, cc. 165 ss. (81) Sullincostituzionalit dellarbitrato obbligatorio: Corte Costituzionale, sentenza 27 dicembre 1991 n. 488. DOTTRINA 223 per contrasto con lart. 102 Cost., che pone divieto alla introduzione di giudici speciali... Ritengo che su queste garanzia occorra fare una riflessione. Le posizioni intransigenti sono le pi facili da argomentare. Ma la stagione della intransigenza, nel campo giudiziario, alle nostre spalle. Si ormai aperta la stagione delle compatibilit, per cui il meglio non sta nella soluzione in astratto pi conforme ai nostri ideali, ma nella soluzione capace di offrire i risultati migliori nella situazione storica nella quale ci troviamo ad operare( 82). Alluopo sarebbe necessaria una modifica della Costituzione che consenta, specie per le cause cd. bagatellari, la previsione dellarbitrato obbligatorio nel primo grado di giudizio. Lordinamento potrebbe intervenire altres con la disciplina di esperti (iscritti in un apposito albo presso ogni Tribunale) designabili come arbitri. Misura concorrente potrebbe essere quella, previo adeguamento dellart. 24 della Costituzione, di consentire il diritto di agire in sede giudiziaria solo per le liti non bagatellari (con uneccezione che si illustrer), con un valore superiore ad un minimo da determinarsi; ci nellevidente obiettivo di evitare che qualsivoglia pretesa giunga nelle aule di giustizia. Un ordinamento giuridico in grado di far fronte a qualsiasi istanza di giustizia pu permettersi che tutti possano agire in giudizio per portarvi tutte le possibili istanze. Un tale ordinamento per probabilmente non esiste e sicuramente non attualmente vigente nel nostro Paese. Il consentire tutto a tutti conduce a quello che attualmente vi in Italia: sensibile e sostanziale diniego di giustizia per tutte le cause. Difatti decidere qualsiasi controversia in un tempo irragionevole anche se non implica un formale diniego di giustizia, sicuramente compromette in modo eccessivo il diritto alla tutela giurisdizionale. Sicch misura razionale quella del diniego di giustizia per le liti di scarso valore. Tale misura, inevitabilmente, condurr gli interessati alla ricerca e alla attuazione di necessarie alternative di giustizia. Eccezione alla regola del diniego di giustizia per le cause cd. bagatellari quella di consentire - previa autorizzazione dellA.G.O. in sede di volontaria giurisdizione - lazione in giudizio ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici (arg. ex art. 417 bis, comma 2, c.p.c.). Per le cause che potremmo definire, convenzionalmente, sottosoglia lazione giudiziaria sarebbe condizionata dalla preventiva autorizzazione dellA.G.O. Aumento del numero dei giudici Per conseguire un aumento del numero dei giudici, rectius dei giudicanti, si potrebbe ricorrere alle seguenti misure: (82) Cos G. VERDE, In favore di un processo normale, in Foro It. 2002, V, c. 57. 224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Aumento del numero dei giudici togati Tale misura ovvia ed evidente sconta tuttavia diversi ostacoli (83). In prima analisi, concreti limiti di bilancio. Laumento del numero dei giudici implica inoltre laumento del personale ausiliario, delle infrastrutture, di mezzi e quindi in definitiva aumento notevole dei costi del servizio giustizia. Anche di recente lorientamento politico-legislativo non mai dimostrato concretamente propenso a prevedere un aumento dei costi della giustizia. Viene, tra laltro, al riguardo opposto il rilievo che negli altri Paesi europei il numero dei giudici in relazione alla popolazione grosso modo corrispondente a quello italiano. Tuttavia non sembrano questi motivi plausibili per sottrarsi allinvestimento nel settore della giustizia auspicandosi quantomeno, a ruoli invariati, un abbassamento dellet pensionabile del personale togato tenuto conto anche che lattuazione e la concreta efficacia dellincombente processo telematico passa anche per un ricambio generazionale. Aumento del numero dei giudici non togati Tale aumento dovrebbe riguardare tanto il numero dei Giudici di Pace (attualmente di 4.700), quanto il numero dei giudici onorari addetti agli organi giurisdizionali togati (ad es. i Giudici onorari di tribunale disciplinati negli artt. 42 bis, 42 ter, 42 quater, 42 quinquies, 42 sexies, 42 septies, 43 bis del R.D. 30 gennaio 1941 n. 12). Tale misura implica, intuitivamente, costi minori rispetto allaumento dei giudici togati. Il carattere temporaneo che pu essere impresso alla stessa consente inoltre di adeguare costantemente il ruolo dei giudici non togati in modo elastico rispetto alle esigenze di bilancio. Unificazione delle giurisdizioni Attualmente accanto alla giurisdizione ordinaria vi sono numerose giurisdizioni speciali. In specie: a) giurisdizione amministrativa, affidata a giudici speciali ai quali la legge attribuisce, in via generale, la cognizione degli interessi legittimi e, in determinati casi, la cognizione anche dei diritti soggettivi nelle controversie la cui particolarit sta nel fatto che la tutela chiesta nei confronti della P.A. Tale giurisdizione esercitata da vari giudici: 1. Giudici ordinari amministrativi (TAR, Consiglio di Stato); 2. Giudici speciali amministrativi, quali il Tribunale Superiore delle Acque pubbliche con riguardo allimpugnazione di atti amministrativi in materia di acque pubbliche (R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, art. 143); b) giurisdizione contabile (Corte dei conti), in materia di contabilit pubblica, comprensiva dei giudizi di conto e di responsabilit amministrativa e contabile; (83) Si evidenzia in A. PROTO PISANI, Attualit e prospettive per il processo civile, in Foro It. 2002, V, c. 5: Un aumento dei magistrati professionali auspicabile, ma sarebbe illusorio pensare che si tratti di un traguardo risolutivo e raggiungibile in tempi brevi. DOTTRINA 225 c) giurisdizione tributaria (Commissione tributaria provinciale - Commissione tributaria regionale); d) altre giurisdizioni speciali con cognizione sui diritti soggettivi, quali: Commissari Regionali liquidatori degli usi civici ai quali lart. 29, comma 2, L. 16 giugno 1927 n. 1766 attribuisce giurisdizione in materia di controversie di usi civici. Al fine di una razionale ed efficiente amministrazione della giustizia civile potrebbe stabilirsi - con le opportune modifiche costituzionali - lunificazione di tutte le giurisdizioni speciali a quella ordinaria con la previsione, in via esclusiva, di ununica giurisdizione, ossia di magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sullordinamento giudiziario (art. 102, comma 1, Cost.). Con tale modifica si opererebbe un razionale ed ottimale utilizzo di mezzi per il corretto funzionamento della giurisdizione eliminando duplicazioni e questioni pregiudiziali che rallentano il corso della giustizia. In misura non trascurabile sovente il procedimento dinanzi alla giurisdizione ordinaria si definisce, dopo alcuni anni, con la pronuncia di carenza di giurisdizione a favore di un giudice speciale e viceversa. Con lunificazione delle giurisdizioni troverebbero soluzione anche diverse aporie collegate alle giurisdizioni speciali. In specie: a) con leliminazione della giurisdizione speciale attribuita alla Corte dei Conti e al Consiglio di Stato si garantirebbe il ricorso in Cassazione per violazione di legge nelle liti attribuite a questi giudici attualmente ammesso avverso le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, ma escluso (ad eccezione dei motivi inerenti la giurisdizione) avverso le decisioni della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato; b) con leliminazione della giurisdizione attribuita alla Corte dei Conti e al Consiglio di Stato si porrebbe fine ai dubbi sulla imparzialit ed indipendenza di questi organi. Dubbi costituenti la conseguenza delle modalit di nomina politica (ad opera del Governo e in pi, come accade per la Corte dei Conti, ad opera del Consiglio regionale e del Consiglio delle autonomie locali) di una significativa aliquota dei componenti ed altres - per il Consiglio di Stato - dellesercizio anche di funzione consultiva e della circostanza che numerosi componenti rivestono incarichi extragiudiziari presso i Ministeri (capo di gabinetto, capo dellufficio legislativo, etc.) (84). La ratio della specificit che giustifica le (84) Dubbi chiaramente evidenziati da G. SCARSELLI, La terziet e lindipendenza dei giudici del Consiglio di Stato, in Foro It., 2001, III, cc. 269-273, in ordine ai quali si avuta la replica di C. CALABR, A proposito di indipendenza del Consiglio di Stato, in Foro It., 2001, III, cc. 555-556, con successiva controreplica di R. ROMBOLI, A. PROTO PISANI, G. SCARSELLI, Ancora sullindipendenza dei giudici del Consiglio di Stato, in Foro It., 2001, III, cc. 556-558. 226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 giurisdizioni speciali, costituita dalla creazione di un organo particolarmente versato e preparato sulla materia da giudicare, potr essere agevolmente garantita con la creazione di sezioni specializzate per determinate materie istituite presso gli organi giudiziari ordinari (in aderenza a quanto previsto nellart. 102, comma 2, Cost.)(85). Del resto il problema della unit o meno delle giurisdizioni dipende anche da scelte di politica del diritto. Nei Paesi di civil law , difatti, dato constatare una pluralit di giurisdizioni; in quelli di common law, invece, sostanzialmente realizzato il principio dellunit delle giurisdizioni(86). Lunificazione delle giurisdizioni dovrebbe arrecare anche un sensibile contributo ad abbreviare i tempi del processo. noto che la durata dei processi dinanzi ai TAR e alla Corte dei Conti eccessiva ed vieppi superiore a quella dei processi svolgentisi dinanzi ai giudici ordinari e si evidenzia che da anni il numero dei ricorsi sopravvenuti dinanzi ai tribunali amministrativi regionali supera di oltre il dieci - venti per cento il numero dei ricorsi esauriti fino a giungere nel dicembre 1999 alla pendenza di circa 900.000 ricorsi a fronte degli 83.000 sopravvenuti e dei 57.000 definiti. Sempre nel 1999, 281 giudici del TAR hanno esaurito (non deciso) 57.000 ricorsi, cio 204 ricorsi ciascuno a fronte della capacit dei 2.200 giudici di merito togati ordinari di esaurire 1.030.000 processi, con 408 processi ciascuno(87). Non un caso che il gran numero delle cause attivate dinanzi alla Corte di Appello mirante a conseguire lindennit ex cd. Legge Pinto trae genesi da ricorsi attivati e non decisi in tempi congrui dai TAR: tale situazione gravissima e determina un notevole esodo di risorse pubbliche. Peraltro levoluzione legislativa delle giurisdizioni speciali, come testimoniato da ultimo dallintroduzione del c.d. nuovo processo amministrativo (D.Lvo 2 luglio 2010, n. 104) e lo stesso istituto della translatio hanno scolorito le ragioni storiche giustificative dellesistenza di peculiari giudici speciali. Tale evoluzione ha comportato - da un lato - lattribuzione al giudice speciale di strumenti istruttori e cognitori un tempo propri del solo giudice ordinario. Emblematico in tal senso il giudizio pensionistico dinanzi alla Corte dei Conti omogeneizzato al rito lavoro dinanzi al giudice ordinario, in virt dellart. 5 comma 2 L. 21 luglio 2000 n. 205 secondo il quale Innanzi al giudice unico delle pensioni si applicano gli articoli 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile. La descritta evoluzione - dallaltro lato - ha determinato lespansione (85) Sulla perdita di giustificazione della giurisdizione speciale amministrativa, specie in seguito alla novella contenuta nel D. Lgs. 80/98 e nella L. 205/00, e sulla necessit dellintroduzione di una giurisdizione unica, si veda A. PROTO PISANI, Verso il superamento della giurisdizione amministrativa?, in Foro It., 2001, V, cc. 21-29, spec. cc. 26-27. (86) A. PIZZORUSSO, Corso di diritto comparato, 1983, Giuffr ed., Milano, p. 177. (87) Cos A. PROTO PISANI, Verso il superamento della giurisdizione amministrativa?, cit., c. 27. DOTTRINA 227 dellambito in cui viene riconosciuta al giudice speciale la giurisdizione su diritti, tendendosi alla attribuzione a questultimo di blocchi di materie. I dati ora delineati convergono nel senso di rendere concepibile la prospettata misura di unificazione delle giurisdizioni, che solo trenta anni or sono sarebbe stata bollata come meramente provocatoria . N pu dimenticarsi che per effetto del T.U. 1775/1933 opera da tempo una Autorit Giudiziaria che riassume in s la qualit di giudice dei diritti e degli interessi. Ed infatti il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche sedente in Roma - oltre a costituire giudice di secondo grado per le sentenze emesse dai Tribunali Regionali delle Acque - investito della giurisdizione in unico grado per i ricorsi con i quali si deduce la illegittimit dei provvedimenti concernenti la utilizzazione delle acque (con competenza di legittimit e di merito) e con applicazione degli istituti tipici del processo civile(88). Proprio partendo dalla trasversalit dei principi che devono presidiare il processo in quanto tale (a prescindere cio se abbia ad oggetto diritti od interessi), il Tribunale Superiore della Acque giunto a ritenere - ribaltando la propria monolitica giurisprudenza - che avverso il diniego della misura cautelare ammissibile il reclamo al collegio in applicazione dellart. 669 terdecies c.p.c. (89). Limitare il numero degli avvocati Tra le cause dellaumento del contenzioso viene di consuento anche annoverato leccessivo numero degli avvocati esistenti in Italia in Italia abbiamo pi di 230 mila iscritti allalbo degli avvocati, un numero che non ha paragoni in alcun paese europeo e cresce ogni anno di circa 15 mila nuovi praticanti (90). Nel 2008 in Spagna vi erano 154.953 avvocati, in Gran Bretagna ve ne erano 139.789, in Francia ve ne erano 47.765 e in Germania ve ne erano 146.910 (91). La distribuzione geografica del numero degli avvocati non uniforme sullintero territorio nazionale. La maggiore densit data rinvenirla nel Meridione dItalia. Non a caso quindi le statistiche giudiziarie registrano una maggiore percentuale del contenzioso diffuso nel Sud. Si evidenziato in un recente, attento, studio che un ruolo importante nella distribuzione del carico di lavoro svolto dalla Regione Campania, dove, per truffe legate alle assi- (88) P. VIRGA, La tutela giurisdizionale nei confronti della P.A., Giuffre ed., Milano, 2003, p. 300, osserva come poich tuttavia il rito speciale innanzi al Tribunale Superiore delle Acque comporta lapplicazione degli istituti tipici del processo civile, le norme del T.U. del Consiglio di Stato debbono essere necessariamente integrate dalle norme del codice di procedura civile. (89) T.S.A.P., 28 maggio 2001, in Foro it., 2002, III, c. 462. (90) Cos G. ALPA, S.O.S avvocati su LEspresso n. 16 del 22 aprile 2010 p. 49. (91) Dati riportati su LEspresso, cit., p. 49. 228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 curazioni e modalit di gestione e moltiplicazioni delle cause a scopi economici da parte di alcuni giudici, i dati sulla litigiosit appaiono abnormi. Si pensi che da quella Regione, nel 2003, sono arrivati il 30% dei procedimenti ordinari iscritti davanti al giudice di pace, mentre la popolazione pari all8% del totale nazionale(92). Dalle statistiche ISTAT in tema di Procedimenti di cognizione ordinaria sopravvenuti presso lufficio del giudice di pace per tipo di procedimento per lanno 2007 dato evincere che nelle regioni del Nord Italia il numero delle cause di risarcimento danni per circolazione dei veicoli e natanti costantemente inferiore al numero delle cause relative a beni mobili fino a 2.582,28 euro. Nelle regioni del Sud Italia (ad eccezione della Basilicata) il rapporto invece rovesciato con un numero di cause per incidenti stradali pari al triplo (es. Puglia e Sicilia) o oltre il quadruplo (es. Campania) delle cause relative ai beni mobili. Nel 2007 in Campania sono sopravvenute 24.762 cause relative a beni mobili e 121.554 cause relative ad incidenti stradali, tenendo conto che il numero totale in Italia delle cause relative ad incidenti stradali stato, nel 2007, di 252.577. Tale trend, in Campania stato ancora pi accentuato (ad eccezione dellanno 2004) nel periodo 2000-2006. Tale fenomeno al Sud Italia ha unaggravante. Lattivit dellavvocato al Sud appare privilegiare la via giudiziaria rispetto a quella stragiudiziaria (consulenze, conciliazioni, transazioni, etc.). La predilezione per la via giudiziaria comporta, quale intuibile corollario, la frammentazione di cause seriali bagatellari e la moltiplicazione delle procedure esecutive (conseguita la condanna della controparte e la distrazione delle spese si attivano due procedure esecutive: una per la sorta capitale, laltra per le spese di giudizio). Leccessivo numero di avvocati ha determinato quindi uno svilimento della professione liberale. Rimedio alla riduzione del numero degli avvocati non il numero chiuso (peraltro presente in altre professioni liberali, ad esempio, nella professione medica), in quanto ci contrasterebbe con il diritto al lavoro costituzionalmente garantito e con il precetto comunitario della libert di circolazione dei servizi. In tale contesto sembra rimedio praticabile una adeguata selezione e una formazione obbligatoria e continua della classe professionale. Tale risultato non pu conseguirsi con il mero inasprimento degli esami di abilitazione (gi rigorosi se confrontati a quelli previsti per altri ordini professionali). In tal senso necessario incidere significativamente a monte sia orientando i corsi di laurea in funzione della preparazione per la professione forense sia modificando laccesso allabilitazione prevedendo, quale requisito di partecipazione alla prova abilitante, laver superato individuati esami universitari quantomeno con la media di 25/30 (cos come dovrebbe avvenire per la partecipazione al concorso in magistratura ed ad altri equivalenti) e la partecipa- (92) Cos, O. VIDONI GUIDONI, Quale giustizia, cit., p. 108. DOTTRINA 229 zione con profitto a Scuole autorizzate (universitarie e non) per la formazione dei laureati in giurisprudenza alle professioni legali. Lo studente in tal modo sarebbe consapevole che limpegno profuso nel corso di laurea costituisce ineludibile presupposto per il suo futuro professionale. Consapevolezza che oggi assolutamente latitante in quanto gli studenti rinviano al post-laurea la verifica della propria disponibilit alla professione. Potrebbe in tale prospettiva prevedersi un corso di laurea quinquennale mirato allesercizio dellattivit forense che, dopo uno studio istituzionale, nella seconda parte del corso abbia un taglio teorico-pratico, forense. Atteso lattuale fase di profonda evoluzione sociale in un quadro di economia globale e di europeizzazione del diritto appare inoltre necessaria una formazione permanente degli addetti ai lavori, con lobbligo di frequentare corsi di aggiornamento per tutta la carriera. Controllo sulla produttivit dellattivit dei magistrati La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni potere (art. 104 Cost.). Nel rispetto delle predette guarentigie costituzionali, ciascun magistrato, quale pubblico impiegato, deve esercitare la propria funzione in modo tale da assicurare definiti (rectius: definibili) standard di efficienza. La preminente ed assoluta esigenza di tutela della indipendenza e lautonomia dei giudici rende non agevole lelaborazione di criteri di valutazione oggettivi alla luce dei quali verificare la diligenza professionale profusa dal singolo e valutabile in termini di laboriosit. Allo stato non vi omogeneit nel modo di svolgimento dellattivit giurisdizionale. necessario quindi che sia conseguita una produttivit omogenea e adeguata. Con la L. 30 luglio 2007 n. 111 (cd. Riforma Mastella) stato previsto che i magistrati sono sottoposti a valutazioni di professionalit ogni quattro anni, valutazione che si fa verificando la capacit, la laboriosit, la diligenza e limpegno; la valutazione riservata al C.S.M. sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario e della relativa documentazione, nonch sulla base dei risultati delle ispezioni ordinarie. Il C.S.M. pu anche assumere ulteriori elementi di conoscenza. Si dovr attendere lapplicazione della legge sul punto onde verificare se lesercizio del potere di valutazione verr effettuato in modo efficace. Alluopo si evidenziato che la riforma Mastella ha il pregio di riaffermare il valore insopprimibile dellindipendenza della magistratura da ogni altro potere dello Stato, ma anche il difetto di escludere, o fortemente limitare, ogni possibilit di controllo esterno delloperato dei giudici (93) da parte di organi non facenti parte dellorganizzazione giudiziaria. (93) Cos G. SCARSELLI, voce Ordinamento giudiziario (Dir. proc. civ), in Il diritto. Enciclopedia giuridica, Corriere della sera, Il sole 24Ore, Milano, 2007, vol. X, pp. 442-443. 230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 8. Proposte di modifiche procedimentali Verranno ora illustrate le proposte di modifiche del procedimento giurisdizionale e dei soggetti che intervengono nello stesso, individuati quali mezzi per garantire le giusta durata del processo nel rispetto degli altri principi costituzionali ricordati nel paragrafo primo. Nellillustrare le modifiche si seguir - per la prima parte - la sistematica dellattuale codice di procedura civile. 8.1. Primo libro del c.p.c. (artt. 1-162) Abrogazione del regolamento di giurisdizione e competenza Con tali strumenti viene adita in via immediata la Corte di Cassazione perch dia la parola ultima su dubbi in tema di giurisdizione e competenza. Nellattuale momento storico la Corte di Cassazione gi gravata - come noto - da un ampio contenzioso. Con leliminazione dei regolamenti si darebbe un seppur modesto contributo deflattivo del carico di lavoro della Suprema Corte. Nella relazione del disegno di legge Mastella sulla riforma della giustizia civile del 2007 si legge che labolizione del regolamento di competenza esperibile ad istanza di parte comporta una riduzione del carico di lavoro complessivo della Corte di Cassazione stimato nella misura pari al 10% circa del totale. Del resto autorevole dottrina ha evidenziato come il regolamento di giurisdizione sia un istituto ontologicamente facoltativo, del quale le parti non hanno alcunissimo bisogno (94), e come il regolamento di competenza sia un altro strumento inessenziale perch quello necessario pu ben essere sostituito dallappello e dal ricorso ordinario, che non producono alcuna sospensione; quello facoltativo gi per definizione non necessario(95) . Applicazione del principio di soccombenza, senza eccezioni, nel governo delle spese di lite coniugata come si illustrer in seguito con la previsione obbligatoria del preavviso dellatto introduttivo del giudizio, avente contenuto di atto di costituzione in mora; riduzione delle esenzioni nel pagamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo Lapplicazione del principio di soccombenza - quale strumento finalizzato a conseguire un effetto deflattivo del contenzioso - conduce, ora, allesame del rapporto con la previsione codicistica della compensazione delle spese per gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione ex art. 92 comma 2 c.p.c., come novellato con la legge n. 69/09. La previsione originaria prevedeva la compensazione concorrendo giusti motivi. (94) Cos F. CIPRIANI, Nuovi presidenti e vecchi problemi della Corte di Cassazione, in Foro it. 1999, I, c. 1874. (95) Cos F. CIPRIANI, op. ult. cit., c. 1875. Analogamente, e in sintesi, per la proposta di abrogazione dei due istituiti, cfr.: F. CIPRIANI, M. G. CIVININI, A. PROTO PISANI, Una strategia per la giustizia civile nella XIV legislatura, cit., c. 83; e ancora F. CIPRIANI, Per un nuovo processo civile, in Foro it. DOTTRINA 231 Gli osservatori hanno evidenziato che, nella sostanza, la novella non modifica significativamente lambito della previsione originaria (96). Per realizzare un concreto effetto modificativo del regime della compensazione - orientato nel senso dellapplicazione del principio di soccombenza, senza eccezioni, nel governo delle spese di lite - sembra sufficiente procedere allabrogazione dellinciso o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione contenuto nellart. 92, comma 2, c.p.c. e dellart. 152 d.a.c.p.c. ad eccezione dellultimo periodo aggiunto ex l. n. 69/09. Come correttamente rilevato in dottrina (97), non vi sono vincoli costituzionali, ma solo scelte politiche in ordine alla sopportazione definitiva del carico delle spese di lite. Nella Relazione ministeriale sul primo libro del progetto di Codice di procedura civile, presentato il 26 novembre 1863, al punto 298, si evidenzia altres che un principio di ragion naturale proclama che la parte soccombente debba essere condannata alle spese del giudizio (98). Lattuale previsione della possibilit del giudice di disporre la compensazione delle spese di lite ricorrendo gravi ed eccezionali ragioni pu venire incontro a persuasive ragioni per derogare al principio della soccombenza (ragioni costituite dalla obiettiva opinabilit ed incertezza della normativa regolante la materia, dalla novit o particolarit delle questioni, dalla condizione sociale delle parti in lite, etc.). Tuttavia tale possibilit pu allentare - ed ha allentato nella prassi - i freni inibitori, la adeguata ponderazione del caso ad opera dellattore. La circostanza che il giudice - al lume dei costanti orientamenti giurisprudenziali - possa disporre la compensazione delle spese in caso di rigetto della domanda, ancorch essa potesse ritenersi ab inizio di dubbia fondatezza costituisce un sicuro incentivo ad agire in giudizio. Leccessivo ricorso alla compensazione delle spese ha finito inevitabilmente per costituire incentivo alla litigiosit e spesso odiosa punizione per la parte vittoriosa. Nel processo previdenziale vi un esonero (di recente temperato dalla circostanza che lesenzione collegata al possesso di un reddito inferiore a un certo ammontare) dalla condanna alle spese di lite nel caso di soccombenza, che diventa motivo di abuso del processo(99). Nellattuale momento storico della giustizia civile caratterizzata da una eccessiva durata del processo e dalla (96) G. SCARSELLI, Le novit del processo civile (l.18 giugno 2009) III Le modifiche in tema di spese in Foro It. 2009, V, c. 262. (97) MANDRIOLI C., Diritto processuale civile, XIX ed., Giappichelli Ed., Torino, 2007, vol. I, pp. 357-359. (98) Codice di procedura civile del Regno dItalia 1865, in N. PICARDI e A. GIULIANi, Testi e documetni per la storia del processo, Giuffr ed., Milano, 2004, p. 152. (99) Cos, IANNIRUBERTO G., Contenzioso previdenziale e ruolo della giurisdizione, in Foro it. 2001, V, c. 100. 232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 piaga dei processi cd. bagatellari, il principio della compensazione per gravi ed eccezionali ragioni un istituto che lordinamento giuridico non pu permettersi. Unapplicazione meccanica del principio di soccombenza determinerebbe una adeguata igiene sociale, come osservato da Francesco Carnelutti (100) il quale evidenziava che la soluzione tendenzialmente accolta nel nostro ordinamento giuridico in ordine al governo delle spese processuali quello della causa che rende necessario il servizio, ossia la spesa deve essere sopportata non dalle parti in genere, ma da una di queste, cio dalla parte che con il suo contegno ha dato causa al processo. Tale soluzione, secondo lillustre Autore, corrisponde insieme a un principio di giustizia distributiva e a un principio di igiene sociale: da un lato giusto che chi ha reso necessario il servizio ne sopporti il carico; dallaltro opportuno perch la previsione di questo carico reagisce nel suo contegno nel senso di renderlo pi cauto. Cos la responsabilit della parte, che ha dato causa al processo, per le spese mostra fin da ora quella funzione di controstimolo dellazione, per cui essa rientra nellampia nozione del rischio processuale (101). Linteressato, prima di instaurare unazione giudiziaria, dovr ponderare adeguatamente i pro e i contro, mettendo in conto che ove risultasse soccombente nella instauranda lite dovr pagare oltre che il proprio avvocato, anche le spese di giudizio e il compenso dellavvocato della controparte: La regola della soccombenza impone attenta riflessione a colui che intende promuovere un processo, perch deve calcolare la probabilit di successo. Il rischio di essere responsabile per le spese scoraggia molte persone che non hanno reale probabilit di successo(102). Si consapevoli che tale soluzione potrebbe non risultare conforme, a volte, alla giustizia del caso concreto. Tuttavia, nella materia, occorre ponderare costi e benefici della attuale regola della compensazione delle spese. I benefici sono costituiti dalla maggiore capacit di adattamento al caso concreto; i costi sono formati dalla incentivazione del contenzioso in giudizio anche grazie alla tendenza dei giudici a compensare per determinate ragioni con motivazioni talora anodine anche in cause dove non vi sarebbe nessuna ragione per compensare le spese di lite. Pur nella consapevolezza che la Corte costituzionale (103), chiamata a giudicare sulla novella dellart. 152 d.a.c.p.c. (che aveva eliminato (100) Citato da ANDRIOLI V., Diritto processuale civile, Jovene editore, 1979, vol. I, p. 422. (101) Op. loc. ult. cit. (102) Cos U. JACOBSSON, La giustizia civile nei Paesi comunitari, vol. II, p. 120, a proposito del processo civile in Svezia, dove vige il principio tutto o niente ossia che le spese seguono la soccombenza. (103) Sentenza del 13 aprile 1994 n. 134, in Foro it. 1994, I, c.1303 e ss., enunciante: illegittimo, per violazione degli artt. 3, 24 e 38 Cost., lart. 4, 2 comma, D.L. 19/09/1992 n. 384, convertito, con modificazioni, in L. 14/11/1992 n. 438, perch indifferenziatamente (senza tener conto della speciale esigenza di tutela dei non abbienti) abroga la disciplina dellesonero del lavoratore soccombente dal pagamento delle spese nel processo previdenziale, quale prevista dagli artt. 152 disp. Att. C..p. c. e 57 L. 30/04/1969 n. 153. DOTTRINA 233 il diniego di condanna alle spese di lite nei confronti dellinteressato soccombente) ha ritenuto incostituzionale la nuova disciplina, pu fondatamente ritenersi che tale precedente non sia vincolante in quanto la Consulta, nel caso di specie, sovrappose due piani da tenere ben distinti: a) quello del carico delle spese in ordine al quale rimesso alle scelte politiche del legislatore graduare il peso definitivo; b) quello delle condizioni economiche precarie dellinteressato che pu implicare la concessione del gratuito patrocinio, non linammissibilit del carico delle spese in applicazione del principio di soccombenza. Anche lattuale versione dellart. 152 disp. att. c.p.c. (104) (diretta conseguenza delle censure rilevate della Corte costituzionale) sovrappone i due piani confondendoli. Ove nel concetto costituzionale di patrocinio dei non abbienti ex art. 24, comma 3, Cost. voglia inglobarsi anche la sopportazione delle spese di lite nel caso di soccombenza, principio armonico quello di fare rientrare integralmente nel patrocinio a spese dello Stato la conseguenza della soccombenza e non, invece, prevedere la compensazione delle spese di lite. Una razionale disciplina del governo delle spese della lite nelle cause previdenziali la seguente: a) Abrogare lart. 152 disp. att. c.p.c. ad eccezione come detto dellultimo periodo; b) Prevedere loperativit del principio di soccombenza in tali cause; c) Linteressato che abbia i requisiti di legge pu essere ammesso al gratuito patrocinio il cui ambito riguarda anche la conseguenza della soccombenza nel governo delle spese di lite. Il patrocinio a spese dello Stato assicurato nel processo civile al cittadino non abbiente le cui ragioni risultino non manifestamente infondate (art. 74, comma 2, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115). Se il cittadino non abbiente non pu permettersi i costi del processo e quindi pu beneficiare del gratuito patrocinio; se non abbiente il cittadino non ha neppure la possibilit di pagare, in caso di soccombenza in relazione (104) Art. 152 Esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali. 1. Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali la parte soccombente, salvo comunque quanto previsto dall'articolo 96, primo comma, del codice di procedura civile, non pu essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari quando risulti titolare, nell'anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall'ultima dichiarazione, pari o inferiore a due volte l'importo del reddito stabilito ai sensi degli articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della repubblica 30 maggio 2002, n. 115. L'interessato che, con riferimento all'anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell'atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell'anno precedente. Si applicano i commi 2 e 3 dell'articolo 79 e dell'articolo 88 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della repubblica n. 115 del 2002. Le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio. 234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ad una lite valutata ex ante non manifestamente infondata, le spese processuali alla controparte. quindi giusto che il gratuito patrocinio copra le conseguenze della soccombenza. In uno alla applicazione del principio di soccombenza, senza eccezioni, nel governo delle spese di lite opportuno ridurre per la analoga ratio le ipotesi delle esenzioni nel pagamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo. Difatti anche lesenzione dal pagamento delle spese di giustizia una circostanza che non induce a ponderare in modo attento la proposizione della lite e quindi non ha funzione deterrente del contenzioso. Solo nei processi ad interesse oggettivo - come quelli di volontaria giurisdizione - occorrerebbe conservare lattuale regime di esenzione. Previsione di criteri di redazione della forma-contenuto della sentenza di cui allart. 132 c.p.c. unosservazione diffusa che una delle ragioni di allungamento dei tempi del processo costituito dalla fase di redazione delle sentenze (105). Invero, sul punto, notevoli novit sono state introdotte dalla l. n. 69/09. Il n. 4 dellart. 132 c.p.c. - disciplinante il contenuto della sentenza - stato sostituito con il precetto la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, con la specificazione che la motivazione della sentenza consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi (art. 118, comma 1 d.a.c.p.c., anchesso novellato nel 2009) (106). E necessario tuttavia che vengano previsti altres puntuali criteri, tecniche per conseguire una motivazione snella, in modo da ridurre i tempi del procedimento. Alluopo almeno due sono le vie percorribili: a) utilizzo della tecnica del considerato che(107); (105) Chi ha esperienza del lavoro del giudice civile sa che il momento pi costoso in termini di tempo dato dallo studio della controversia e dalla redazione delle sentenze cos in A. PROTO PISANI, Attualit e prospettive per il processo civile, in Foro It. 2002, V, c. 4. (106) Peraltro in dottrina si evidenzia che quelle introdotte siano novit abbastanza modeste cos R. RORDORF, Nuove norme in tema di motivazione della sentenza e di ricorso per cassazione in Riv. dir .proc. 2010 p. 136 rispetto alla disciplina preesistente. (107) Secondo la tradizione francese ove le sentenze sono per lo pi formulate mediante una serie di proposizioni subordinate, introdotte ciascuna dellespressione <> od altra analoga, in modo da costruire sintatticamente una frase unica (eccetto il dispositivo), cos A. PIZZORUSSO, cit., p. 172. Auspica lutilizzo di tale tipo di motivazione E. LUPO, Il funzionamento della Cassazione civile, in Foro It. 1999, V, c. 202, nel sistema attuale in relazione alla sentenza della Corte di Cassazione; lutilizzo di tale motivazione definita dallAutore a forma contratta, in alternativa a quella tradizionale di tipo discorsivo, dovrebbe essere frutto di una scelta del Collegio giudicante in ordine alla decisione di ricorsi che deducono vizi di motivazione (sul giudizio di fatto) e alle decisioni di ricorsi che propongono questioni giuridiche sulle quali esistono precedenti della Corte che non vengono seriamente messi in discussione e, pertanto, la motivazione pu limitarsi ad un rinvio ai precedenti (cfr. op. ult. cit., c. 203); lAutore evidenzia, altres, che grazie soprattutto al diverso stile delle proprie deci- DOTTRINA 235 b) potrebbe essere previsto, recependo quanto previsto nel processo civile germanico (108), la non necessit della motivazione se le parti vi hanno rinunciato entro un dato termine. vero che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati (art. 111, comma 6, della Cost.), ma anche vero che la tutela giurisdizionale dei propri diritti disponibile (art. 24, comma 1, della Cost.); orbene, se disponibile il diritto di azione, a fortiori sar disponibile il diritto alla motivazione del provvedimento che decide sullazione esercitata. Semplificazione del procedimento notificatorio Anche le notifiche possono essere semplificate. Accogliendo il suggerimento di un autorevole studioso, si pu consentire alle parti le notificazioni a mezzo posta senza rivolgersi allufficiale giudiziario, come del resto gi previsto dagli art. 16 e 20 D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, per il processo tributario. Altra semplificazione pu ottenersi consentendo agli avvocati di notificare direttamente ad altri avvocati: ma bisognerebbe consentirlo senza la sterile diffidenza che sottesa alla l. 21 gennaio 1994 n. 53, non a caso miseramente fallita (109). Inoltre, andrebbe consentita nellipotesi di notifica a mezzo di ufficiale giudiziario la facolt di notifica a mezzo del servizio postale, da parte di qualunque ufficiale giudiziario, senza distinzione di competenza territoriale, sullo stimolo delle proposte (punto 16) del cd. Progetto Tarzia. 8.2 Secondo Libro del c.p.c. (artt. 163-447 bis) Preavviso dellatto introduttivo del giudizio, avente contenuto di atto di costituzione in mora Al fine di evitare un precipitoso sbocco giudiziario di ogni pretesa e in conformit a principi di correttezza e buona fede, potrebbe rivelarsi utile prevedere che colui che intenda agire in giudizio sia tenuto a costituire preventivamente in mora la controparte, ossia richieda in via stragiudiziale quanto preteso con lavvertimento che, elasso un termine anche minimo (30 gg.), si agir in via giudiziaria per il conseguimento del dovuto, con aggravio di spese. Ovviamente tale misura sarebbe assorbita, ove prevista, in determinate materie dal tentativo obbligatorio di conciliazione. Con tale istituto si d, quindi, valore al comportamento pre-processuale delle parti con riguardo alla necessit della lite e si giustifica in via sistematica la proposta generalizzata applicazione del principio di soccombenza nel governo delle spese di lite. E evidente, infatti, che un debitore, pu ad esempio non avere adempiuto per semplice disioni, la Corte di Cassazione francese, con un numero di magistrati di gran lunga inferiore a quello della nostra Corte di Cassazione, ha emanato, nel 1998, 19.815 pronunce, di cui 13.776 sentenze (arrets) e 6.039 ordinanze, laddove in Italia le sentenze emanate sono state, invece, 12.908 (op. ult. cit., c. 102). (108) W. J. HABSCHEID, La giustizia civile nei Paesi comunitari, cit., vol. I, p. 120. (109) Cos F. CIPRIANI, Per un nuovo processo civile, in Foro It. 2001, V, c. 326. 236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 menticanza. In tale evenienza, ricevendo la previa messa in mora, potr adempiere pagando il dovuto. Ove lo stesso debitore, inadempiente, non paghi il dovuto, nonostante la previa messa in mora, subir il preannunciato giudizio allesito del quale, in caso di soccombenza, dovr sopportare anche le spese di lite al creditore vittorioso. La proposta tiene conto della rilevanza riconosciuta per prassi dalla giurisprudenza al comportamento pre-processuale delle parti ai fini della configurazione dei giusti motivi o (a partire dal 2009) delle gravi ed eccezionali ragioni di compensazione delle spese di lite ex art. 92, comma 2, c.p.c. (110). Contenuto degli atti processuali di ingresso della parte nel processo (atto di citazione, comparsa di risposta, comparsa di intervento) A livello organizzativo, tenuto conto che nel processo vengono introdotte ogni anno centinaia di migliaia di cause, anche modifiche nella forma degli atti (contenuto-forma; stringatezza del contenuto) possono contribuire ad una migliore funzionalit del processo. Potrebbe in proposito prevedersi che il codice di rito contenga lo schematipo dellatto processuale di ingresso, quasi una sorta di formulario con delle parti in bianco da riempire in via obbligatoria e da completare con punti ben definiti nello schema dellatto ove esporre i requisiti dello stesso. Tale modello operante per vari settori dellordinamento: nel diritto commerciale, il bilancio deve essere redatto seguendo, ex art. 2424 cod. civ., uno schema ben delineato, nellevidente intento di facilitare la leggibilit ad opera dellinteressato. Si pensi ancora nel diritto comunitario agli atti procedimentali delle procedure di selezione dei contraenti negli appalti che debbono seguire uno schema vincolato. Tale modello, nello specifico ambito del processo civile, gi operante anche in alcuni Paesi comunitari. Il writ, atto introduttivo della procedura di prima istanza in Inghilterra e Galles, ҏ un modulo pre-stampato che lattore pu acquistare da qualsiasi rivenditore autorizzato. Oltre ad elementi formali ed ai nomi delle parti in causa, il writ deve contenere lesposizione della domanda dellattore, pur se in modo strigliato e non dettagliato (111); caratteristiche analoghe ha il summons, atto introduttivo della procedura di prima istanza in Scozia (112). Anche nel procedimento europeo per le controversie di modesta entit previsto che lattore (art. 4 del Reg. CE n. 861/2007) introduca liter compilando il modulo di domanda standard ed previsto che il convenuto (art. 5 del Reg. CE n. 861/2007) risponda compilando un modulo di replica standard. (110) Su cui C. MANDRIOLI, cit., vol. I , pp. 363-364. (111) Cos J. A. JOLOWICZ, in La giustizia civile nei Paesi comunitari, cit., I, p. 153. (112) I. WILLOCK, in La giustizia civile nei Paesi comunitari, cit., I, p. 181. DOTTRINA 237 Tale proposta di modifica pu avere varie ricadute positive a livello organizzativo: a) adeguata leggibilit degli atti ad opera degli operatori giudiziari; b) tentativo di stringatezza del contenuto; prevedendo (sul modello degli schemi del diritto comunitario in tema di appalti) limiti massimi nel contenuto di determinate parti (ad es. gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda ex art. 163, comma 3 n. 4, c.p.c.). Nel diritto nord americano, vi la previsione che gli atti di parte non possano superare un determinato numero di pagine (normalmente 30 pagine in appello e dinanzi alla Corte Suprema degli Stati Uniti (113)). Modifica del processo di cognizione di primo grado dinanzi al Tribunale I criteri che presiedono al riparto della competenza in primo grado tra Giudice di Pace e Tribunale (od anche Corte di Appello quale giudice di unico grado) fanno riferimento alla presumibile importanza della causa (per valore ovvero per materia). Il procedimento dinanzi al Giudice di Pace (artt. 311-321 c.p.c.) snello e consente uno svolgimento del processo in tempi ragionevoli. Dalla analisi, invece, della durata media dei processi dinanzi al Tribunale emerge che la disciplina normativa (artt. 163-310 c.p.c.) non si rilevata idonea ad assicurare la sollecita definizione del processo nel rispetto del diritto di difesa della parti. Il procedimento di cognizione ordinaria dinanzi al Tribunale sia nella composizione collegiale che in quella monocratica (che non appaiono, invero, diversificarsi significativamente nella scansione dei tempi processuali) in estrema sintesi si articola come segue: 1. Atto introduttivo costituito dalla citazione a comparire a udienza fissa (prima udienza di comparizione) con un termine a comparire di almeno 90 gg. e preclusioni nellattivit assertivo-deduttiva dellattore. 2. Costituzione del convenuto almeno 20 gg. prima delludienza con preclusioni nellattivit assertivo-deduttiva. 3. Udienza di prima comparizione ex art.183 c.p.c., per controlli sulla regolarit del contraddittorio, per la trattazione e per lo svolgimento del tentativo di conciliazione. Solo in assenza di specifiche irregolarit e di appendici di trattazione, o non dovendosi assumere mezzi di prova, o mancando la richiesta anche di una sola delle parti della concessione del triplice termine ex art. 183 comma 6 c.p.c., vi la possibilit della rimessione della causa in decisione ex art. 80 bis d.a.c.p.c., previa precisazione delle conclusioni. 4. Ulteriore udienza di prima comparizione ove sia necessario regolarizzare il procedimento o esperire il tentativo di conciliazione ex art.185 c.p.c. (113) Si veda G. HAZARD, M. TARUFFO, cit., pp. 212-217. 238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 5. Udienza (o udienze) per lassunzione dei mezzi di prova allesito delludienza di prima comparizione o delle richieste formulate nei termini ex art.183 commi 6 e 7 c.p.c. con rimessione della causa in decisione, previa precisazione delle conclusioni. 6. Termine di 60 gg. dalla rimessione della causa in decisione riducibile a 20 onde consentire alla parti di depositare la comparsa conclusionale. 7. Successivo termine di 20 gg. per le repliche. 8. Successivo termine di 60 gg. (o di 30 gg. ove il giudice sia monocratico) per il deposito della sentenza. Tra una udienza e laltra dovrebbe intercorrere un termine massimo di 15 gg. (art. 81 d.a.c.p.c.) che nella pratica - per varie ragioni - non viene di fatto (quasi) mai rispettato. In alternativa al procedimento ora delineato, dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, a scelta dellattore attivabile il processo di cognizione con rito sommario (artt. 702 bis - 702 quater c.p.c. introdotti con la l. n. 69/09) che in estrema sintesi presenta il seguente iter: 1. Latto introduttivo il ricorso allesito del quale il giudice adto fissa ludienza di comparizione delle parti (nella norma non vengono fissati termini, tra laltro, entro il quale stabilire ludienza) con un termine a comparire di almeno 40 gg. e preclusioni nellattivit assertivo-deduttiva in capo al ricorrente. 2. Costituzione del convenuto non oltre 10 gg. prima delludienza con preclusioni nellattivit assertivo-deduttiva. 3. Udienza di comparizione allesito della quale ove le difese svolte dalle parti richiedano unistruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa ludienza ex art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II; altrimenti il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalit non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene pi opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione alloggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza allaccoglimento o al rigetto delle domande. 4. Il provvedimento definitorio della lite costituito da una ordinanza (che dotata degli stessi effetti della sentenza (114)) appellabile entro 30 gg. dalla sua comunicazione o notificazione. 5. In appello sono ammessi nuovi mezzi di prova nei limiti previsti dallart. 702 quater c.p.c.. Il procedimento di cognizione ordinario dinanzi al Tribunale, cos come sopra delineato, presenta talune aporie. In primo luogo un procedimento che talora assicura alle parti termini pi ampi rispetto alle esigenze processuali e, comunque, non compatibili con (114) G. OLIVIERI, Il procedimento sommario di cognizione, in Le norme sul processo civile nella legge per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitivit, a cura di F. AULETTA, S. BOCCAGNA, G. P. CALIFANO, G. DELLA PIETRA, G. OLIVIERI e N. RASCIO, Jovene ed., Napoli, 2009, p . 94. DOTTRINA 239 lesigenza di realizzare un processo ragionevole per durata. Alcuni passaggi non sono strettamente funzionali ed , peraltro, un procedimento poco elastico e non modulabile sulla concreta complessit del singolo giudizio in quanto la disciplina dettata prescindendo del tutto dal concreto carattere della lite (anche ove vengano in rilievo questioni di puro diritto il giudice, a richiesta anche di una sola delle parti in causa, tenuto a concedere il triplice termine ex 6 comma dellart. 183 c.p.c. e gli inibito decidere statim la lite). Nellobiettivo di rendere pi agile lordinario percorso processuale (nellimplicito presupposto che venga in rilievo una controversia di natura semplice (115)) stato introdotto il procedimento sommario di cognizione. Proprio in virt di tale rito sommario gi nelludienza di comparizione possibile decidere subito controversie ad istruttoria assente o semplificata come quelle: a) di mero diritto; b) che non presentano fatti controversi in quanto pacifici o non contestati o nelle ipotesi di riconoscimento della domanda; c) che presentano fatti dimostrabili solo con prove precostituite (documenti, presunzioni, etc.); d) che pur presentando fatti controversi richiedano prove costituende non complesse con il loro esaurimento in un tempo ragionevolmente breve (116); e) che costituiscono fase di merito di un precedente provvedimento cautelare, anticipatorio o conservativo, in quanto le parti gi conoscono le rispettive posizioni processuali. Con il procedimento sommario di cognizione viene conferito al giudice il potere discrezionale di dettare attesi i connotati della specifica controversia i tempi del procedimento, individuando le forme pi adatte alla causa. Ci in armonia con lesigenza che il principio della trattazione con giustizia implichi che le controversie siano definite in modo proporzionato allammontare del valore in contesa, allimportanza del caso, alla complessit delle questioni coinvolte ed alla posizione finanziaria di ciascuna delle parti, ed implichi cos che a ciascuna lite venga destinata una parte adeguata delle risorse del sistema giudiziario, tenendo presente la necessit di riservare una altrettanto adeguata porzione di risorse a tutte le altre controversie che richiedano lintervento giudiziale (117). (115) Sullambito di applicazione del rito sommario vedi: C. FERRI, Il procedimento sommario di cognizione in Riv. dir. proc. 2010, p. 94; M. BINA, Il procedimento sommario di cognizione in Riv. dir. proc. 2010, p. 123-124. G. OLIVIERI, Il procedimento sommario di cognizione, cit., 81 e ss. (116) Nel Protocollo dellosservatorio valore prassi di Verona, in Foro It. 2010, V, cc. 86-88 che recepisce, tra laltro, indicazione del presidente del Tribunale di Verona si precisa : le cause che richiedano lacquisizione di prove costituende devono ritenersi compatibili con il rito sommario, ove listruttoria sia breve ed agevole (come, ad esempio, le cause in cui listruttoria testimoniale sia limitata a poche circostanze di fatto o a poche testimonianze, ovvero a quelle che implichino una c.t.u. limitata nel contenuto ed espletabile in tempi brevi, ovvero ancora le cause che richiedano lacquisizione di documenti o prove tramite gli strumenti di cui agli art. 118, 210, 213 c.p.c. (c. 88). (117) Cos M. DE CRISTOFARO, Case management e riforma del processo civile, tra effettivit della giurisdizione e diritto costituzionale al giusto processo, in Riv. dir. proc. 2010, p. 290. 240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Modelli in tal senso sono rinvenibili in dottrina (118) ed altres in sistemi procedurali stranieri (119). E opinione diffusa che lintrodotto procedimento sommario nellattuale disciplina sia inidoneo ad assicurare una durata pi celere del processo (120). Difatti: 1. la scelta del procedimento sommario rimessa, ad libitum, allattore e non in alcun modo circoscritta alle ipotesi che ricorrano liti di particolare natura (ovverosia a istruttoria assente o semplificata). La valutazione della sommariet dunque rimessa al ricorrente ed idonea a porre il convenuto in una situazione di soggezione processuale in conseguenza dei ritmi serrati del procedimento. Per il pi efficace perseguimento degli obiettivi di funzionalit dellistituto parrebbe opportuno prevedere - in sede di modifica normativa - che per le controversie individuate normativamente come semplici lattore tenuto, a pena di inammissibilit, ad avvalersi del procedimento sommario ovvero prevedere (con opzione che sembra preferibile) che allesito di un unico modello di fase introduttiva del giudizio sia il giudice a dover stabilire se il procedimento debba proseguire in via di cognizione ordinaria o sommaria. Il rischio avvertito con lattuale procedimento sommario di cognizione che una parte, anche in ipotesi di controversie ad istruttoria complessa, attivi tale procedimento sommario per strozzare i tempi di difesa del convenuto. La decisione del giudice di fissare ludienza di cui allart. 183 non salva comunque il convenuto dalle preclusioni non istruttorie gi eventualmente maturate; 2. depositato il ricorso non vi sono termini rigorosi quantomeno presi- (118) Alluopo nella proposta di A. PROTO PISANI, Per un nuovo codice di procedura civile, cit, vi , dai punti 2.14 ai punti 2.21, la previsione della chiusura semplificata del processo in prima udienza in caso di contumacia, non contestazione o riconoscimento del diritto da parte del convenuto ed altres in caso di prova documentale dei fatti controversi; vi altres, dai punti 2.22. a.2.30 la previsione di fasi preparatorie differenziate a seconda che il giudice nel corso della prima udienza qualifichi la controversia come semplice o complessa, tenendo conto che la semplicit o complessit della controversia determinata dal giudice in base alla entit e qualit dei fatti controversi, o comunque da provare e alle esigenze di trattazione (punto 2.22 dellarticolato). (119) Le CPR inglesi consentono al giudice di scegliere tra diversi tracks, con un livello crescente di articolazione delle forme procedimentali (small claim tracks, fast tracks e multi tracks) in funzione del valore della controversia e della sua complessit.... Analoghi sono i poteri che lordinamento francese attribuisce al Presidente del Tribunale che, in relazione alla complessit della causa, pu scegliere se la causa deve essere trattata secondo il circuit cort (applicabile alle cause che sembrano pronte per essere decise ...), il circuit moyen (rito intermedio senza la nomina di un giudice istruttore... ), o il circuit long (che prevede la nomina del juge de al mise en tat,affinch provveda allistruttoria... ) in M. BINA, op.ult.cit., p. 120 nota 10; una sintesi di tali modelli rinvenibile anche in M. DE CRISTOFARO, op. cit. p. 282 e ss.. (120) Talune anomalie del procedimento sommario erano state anticipate gi con riferimento al disegno di legge: M. GERARDO - A.MUTARELLI, Prime riflessioni intorno al procedimento sommario di cui al disegno di legge 1082, in Lexitalia.it, marzo 2009. DOTTRINA 241 diati da illecito disciplinare in capo al giudice per la fissazione delludienza di comparizione (121). Pertanto il giudice pu discrezionalmente fissare ludienza ben al di l di quello che costituisce lordinario termine di vocatio in ius nel giudizio ordinario e, tuttavia, lattore con sapiente notifica alla scadenza ottiene pur sempre leffetto di mettere alle corde il convenuto. Quasi inevitabilmente nei grandi uffici giudiziari con sovraccarico di lavoro (ad esempio: Tribunale di Roma o Napoli) il giudice sar costretto a fissare ludienza a lungo. Del resto allattualit, per il sovraccarico di lavoro, presso il Tribunale di Napoli nel rito lavoro viene fissata in primo grado ludienza di comparizione dopo 9-12 mesi dal deposito del ricorso e viene fissata in secondo grado ludienza di comparizione dopo 3-4 anni dal deposito dellappello. Intuitivamente, presso il predetto Tribunale, nel caso di attivazione massiccia del procedimento sommario, dopo una prima fase di solerte novit, venendo in rilievo un rito diverso da quello del lavoro i tempi di fissazione delludienza di comparizione saranno comparativamente maggiori di quelli patologicamente correnti nel rito lavoro; 3. violazione del principio di proporzionalit nella disciplina dei termini concessi al convenuto per articolare le proprie difese. Nel rito sommario il termine a comparire di 40 gg. (art. 702 bis comma 3 c.p.c.) con un termine per la difesa di 30 gg. (atteso lonere per evitare le preclusioni non istruttorie della costituzione 10 giorni prima delludienza: 702 bis commi 3 e 4 c.p.c.), laddove dinanzi al Giudice di Pace (preposto alla trattazione di giudizi di minor rilievo giudiziario) il termine a comparire di 45 gg. (art. 318 comma 2 c.p.c.) con un termine per la difesa di 45 gg. (attesa la possibilit senza preclusioni della costituzione in udienza ex art. 319 c.p.c.). Non sembra coerente che siano garantiti dinanzi al Giudice di Pace termini proporzionalmente piu ampi di quelli assicurati dal procedimento sommario nelle cause in cui il Tribunale giudica in composizione monocratica (art. 702 bis comma 1 c.p.c.); 4. alla rigorosa previsione di preclusioni assertivo-deduttive si accompagna, poco coerentemente, lassenza di preclusioni istruttorie (122), con possi- (121) Nel citato Protocollo dellosservatorio valore prassi di Verona, si tenta di delineare una disciplina integrativa della materia - ҏ opportuna la determinazione di un termine per la notifica del decreto di fissazione delludienza quando questa sia fissata ben oltre il termine minimo ... al fine di assicurare al convenuto un periodo di tempo maggiore per preparare la propria difesa,con la precisazione che si tratta di un termine ordinatorio, la cui violazione pu solo giustificare la richiesta del convenuto di differimento della prima udienza sempre allo scopo di meglio preparare la propria difesa (c. 87) -, la quale si palesa, a sua volta fonte di lungaggini processuali. (122) Rilevano tale circostanza: L. DITTRICH, Il nuovo procedimento sommario di cognizione in Riv. dir. proc. 2009, p. 1592; C. FERRI, op. cit. p. 96; G. BALENA Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69). III, Il procedimento sommario di cognizione in Foro It. 2009, V, c. 326; R. CAPONi, Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69). XVII, Un modello ricettivo delle prassi migliori: il procedimento sommario di cognizione in Foro It. 2009, V, c. 335. 242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 bile frammentazione della prima udienza; 5. alla sommariet del primo grado del giudizio si accompagna, ancora poco coerentemente, la cognizione piena dellappello con la possibilit della prova libera, senza le preclusioni previste dallart. 345 c.p.c. nel caso del rito ordinario; difatti viene previsto che sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione (art. 702 quater c.p.c.) (123). Alla luce delle illustrate considerazioni appare seriamente dubitabile ritenere che il modello del rito sommario possa arrecare, a parit di armi delle parti, un apprezzabile vantaggio alla durata complessiva del processo (124). Se, pertanto, la previsione di una pluralit di riti processuali non sembra sin qui idonea ex se alla compressione dei tempi di giustizia appare ragionevole verificare se tale obiettivo possa essere meglio avvicinato con lintervento su specifiche fasi del processo e delineando un modello unico di procedimento. In particolare : a) Adozione del ricorso quale unico schema di atto introduttivo del processo Dalle norme del codice di rito latto introduttivo del processo a volte assume la forma dellatto di citazione (secondo lo schema dellart. 163 c p.c., con levocazione del convenuto in giudizio ad udienza fissa mediante atto notificatogli e poi prodotto dinanzi al giudice con liscrizione a ruolo) e, a volte, assume la forma del ricorso (125) (secondo lo schema, ad es., dellart. 414 (123) Aspetto evidenziato da C. PUNZI Le riforme del processo civile... cit. p. 1206 secondo il quale tale aspetto spinger inevitabilmente chi rimasto soccombente nella fase sommaria a proporre appello, appello che, svolgendosi... sul modello tipico dellappello ordinario, finisce con il vanificare lintento di semplificazione e di accelerazione del processo, che ha portato allintroduzione del nuovo modello di procedimento; A. PROTO PISANI, La riforma del processo civile ancora una legge a costo zero.. .cit., cc. 223-224 il quale rileva che con la previsione del procedimento sommario di cognizione si grava la corte di appello (cio lufficio giudiziario pi in crisi del nostro ordinamento) dello svolgimento del primo ed unico grado a cognizione piena con assunzione di nuove prove (ovviamente purch rilevanti). Non mi sembra che si sentiva proprio la necessit di una simile novit; R.CAPONI op. ult. cit., c. 336. (124) L. DITTRICH, op. ult. cit., p. 1600 il quale precisa: Pu servire questo nuovo rito a rendere pi celere il processo civile? E dunque, consigliabile il suo utilizzo ad un avvocato, in luogo del rito ordinario? Se la valutazione dovesse essere oggettiva, lesito di tale analisi sarebbe negativa. In realt, lattuale rito civile ordinario sarebbe perfettamente idoneo a veicolare decisioni in tempi ragionevolmente brevi; certo,il termine minimo di comparizione eccessivo... e le memorie ex art. 183, comma 6 c.p.c., richiedono qualche mese; ma anche cos il processo ordinario di cognizione potrebbe di regola concludersi entro lanno, senza la necessit di riti alternativi pi o meno deformalizzati. Come noto, se il processo italiano eccessivamente lento ci avviene sia a causa delle scarse risorse, sia della pessima organizzazione degli uffici:ma non vՏ motivo per cui tali endemici mali non contagino anche il neonato processo sommario; A. PROTO PISANI, op. ult. cit., c. 223; G. BALENA op. ult. cit., c. 334. (125) Del tutto peculiare il ricorso per Cassazione, atto che viene prima notificato alla controparte (senza lindicazione di una data udienza per la quale citare la controparte) e poi depositato presso il Giudice che fissa ludienza di comparizione delle parti. DOTTRINA 243 c.p.c., con la domanda di giustizia proposta al giudice il quale fissa ludienza di comparizione delle parti e successiva notifica del ricorso e del decreto di fissazione delludienza alla controparte). Deve ritenersi sostanzialmente inesistente una diversit ontologica tra la forma dellatto introduttivo mediante citazione o mediante ricorso; la adozione del ricorso implica solo che il thema decidendum viene conosciuto prima dal giudice e poi dalla controparte. Difatti allattualit non previsto che il giudice adto con ricorso, prima di fissare ludienza di comparizione delle parti, possa gi svolgere unattivit istruttoria (ad es. disporre C.T.U., cosa che peraltro - nella prassi - avviene contra legem, ad esempio nel processo previdenziale), o addirittura decisoria (ad es., rigettare inaudita altera parte il ricorso se le pretese ivi contenute siano manifestamente infondate). Al fine di uniformit delle procedure, si propone ladozione dellatto di ricorso quale unico schema di atto introduttivo del processo, con la previsione di unattivit giurisdizionale antecedente allevocazione del contraddittorio, rispettando - nella sostanza - il diritto di difesa delle parti. In tale prospettiva sembra praticabile lopzione di prevedere che il ricorso (prima della sua notificazione alla parte convenuta) debba essere preventivamente delibato dal giudice designato e che allo stesso, gi in sede di provvedimento di fissazione di udienza di comparizione, sia riservata la possibilit di esercitare talune individuate attivit istruttorie e/o decisorie su questioni pregiudiziali (mai evidentemente di merito della lite). Quale attivit decisoria in sede delibativa pu pensarsi, esemplificativamente alle ipotesi in cui il giudice riscontri la carenza di un presupposto processuale o di una condizione dellazione o la mancata integrazione da parte del ricorrente degli elementi mancanti di una domanda incompleta (sempre che lirregolarit non sia tale da rendere improcedibile il giudizio) secondo le modalit ed i termini fissati dal giudice (126). In tali ipotesi il giudice dovr dichiarare inammissibile la domanda con una sentenza impugnabile dal ricorrente (con idoneit, quindi, a divenire res iudicata in capo al ricorrente). Ove il giudice abbia emesso il decreto di fissazione delludienza di comparizione - in quanto ha ritenuto sussistenti le condizioni per la pronuncia di merito sulla domanda - ed il ricorso sia stato notificato alla controparte la sentenza conclusiva del procedimento potr, evidentemente, essere impugnata dal convenuto soccombente anche in ordine ai capi relativi alla sussistenza dei presupposti e delle condizioni processuali ritenuti esistenti nella fase inaudita altera parte. (126) Come previsto in Finlandia H.TOIVIAINEL, in La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., vol. II, p. 59 tra le ipotesi di decisione senza dibattimento. 244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Il modello introduttivo cos concepito imporrebbe al giudice limmediata delibazione del thema decidendum (e non la sola mera adozione di un provvedimento organizzatorio del carico delle udienze di comparizione) evitando la prassi che il contatto con la questione oggetto della controversia sia relegata in occasione delludienza di comparizione (127). Accogliendo la prospettiva di riforma sopra delineata la possibile disciplina normativa potrebbe assumere quale modello il primo comma dellart. 702 bis c.p.c. - eliminando linciso Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, sostituendo linciso pu essere con ҏ e aggiungendo il seguente periodo A pena di decadenza va fatta lindicazione di cui al citato numero 5) - e il secondo comma dellart. 702 bis c.p.c., disciplinando altres lattivit delibativa che compete al giudice nella fase inaudita altera parte. b) Delineare in modo preciso i termini a comparire Eopportuno che lattuale termine a comparire nel procedimento ordinario di cognizione (90 giorni) sia abbreviato a 60 giorni (come previsto sino al 2005). La proposta riduzione del termine nella misura prospettata appare idonea a coniugare il diritto di difesa del convenuto con lesigenza di ridurre i tempi di giustizia. Del resto significativo rilevare come la dottrina ha da tempo evidenziato che gi il termine a comparire di 60 gg. il pi lungo rispetto agli altri ordinamenti (che concedono dai quattordici ai venti giorni al convenuto per difendersi) osservando che se indiscutibile che: il convenuto ha diritto di difendersi, il suo diritto inviolabile, ma non sembra che concedendogli venti venticinque giorni si menomi la sua difesa (128). Evidenziamo che, dalla comparazione con vari ordinamenti giuridici, si evince che lattuale termine di 90 gg. minimo concesso al convenuto eccessivo. Nel diritto nordamericano il convenuto ha un periodo di tempo determinato, solitamente di 30 gg., per rispondere (129). Peraltro un breve termine a comparire previsto, nel nostro ordinamento giuridico, nel procedimento sommario di cognizione (art. 702 bis, comma 3 c.p.c.: 40 gg.) e nel rito del lavoro (art. 415, comma 5, c.p.c.: 30 gg.). Andrebbe altres ridotto a 30 giorni lattuale termine a comparire di 45 giorni previsto per i giudizi dinanzi al Giudice di Pace atteso che il convenuto conserva integra la sua capacit difensiva, potendo costituirsi senza preclusioni direttamente in udienza ex art. 319 c.p.c.. La disciplina normativa potrebbe avere quale modello il terzo comma - (127) Per lanalisi di analogo modello di schema introduttivo in Austria cfr. B. KONING, in La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., II, p. 14. (128) F .CIPRIANI, Per un nuovo processo civile in Foro It. 2001, V, c. 323. (129) Cos G. C. HAZARD, M.TARUFFO, cit, p. 125. DOTTRINA 245 sostituendo linciso trenta con cinquanta, al fine di garantire al convenuto un termine a comparire di almeno sessanta giorni - dellart. 702 bis c.p.c. , con unintegrazione che disciplini il termine entro il quale il giudice fissa ludienza di comparizione e il termine massimo che deve intercorrere tra il deposito del ricorso e la data delludienza di comparizione. Parrebbe altres opportuno prevedere un termine perentorio per la notificazione del ricorso e decreto di fissazione delludienza di comparizione al fine di evitare, ottenuto il provvedimento, che parte ricorrente ritardi la notifica al convenuto attendendo saggiamente (ma poco eticamente) di curare la notificazione allo spirare del rispetto del termine a comparire. c) Disciplina della costituzione del convenuto e ruolo della contumacia La disciplina della costituzione del convenuto potrebbe essere rinvenuta nel quarto comma dellart. 702 bis c.p.c., inserendo tra le parole indicare e i mezzi linciso a pena di decadenza (al fine di disciplinare le preclusioni istruttorie) ed altres nel quinto comma di tale articolo, sostituendo la parola garanzia con causa (eliminando tout court ogni incertezza in ordine alle restrizioni della chiamata in causa del terzo (130) ). Al fine di ridurre i tempi del processo in dottrina si proposto di riconoscere valore di ammissione dei fatti alla contumacia del convenuto in modo da pervenire subito alla decisione, senza istruttoria, sulla base dei fatti costitutivi attorei non contestati. In specie si propone di prevedere in materia di diritti disponibili lintroduzione dellistituto della ficta confessio (o dellesonero dellattore dallonere di provare i fatti costitutivi) in caso di contumacia del convenuto; il tutto con gli adeguati correttivi idonei a garantire il diritto di difesa (131). Sempre in relazione alla condotta in concreto osservata dal convenuto - con pi ampio respiro - si altres proposto quanto segue: Un ulteriore congegno se non di esclusione, di certo di eccezionale semplificazione del processo a cognizione piena, dato dallintroduzione di un processo semplificato con decisione in prima udienza (o con immediata entrata in fase decisoria in prima udienza) allorch, riguardo ai soli processi relativi a diritti disponibili, il convenuto regolarmente citato: a) non si costituisca e non compaia neanche in prima udienza ovvero b) pur essendosi costituito non contesti i fatti costitutivi posti dallattore a fondamento della domanda e non sollevi eccezioni (contestando eventualmente solo il fondamento della domanda in diritto), ovvero c) riconosca addirittura il diritto fatto valere in giudizio dallattore. In (130) G. OLIVIERI, Il procedimento sommario di cognizione, cit., p. 89 osserva come sebbene lart. 702 bis c.p.c. enunci soltanto la chiamata in garanzia da ritenere pena lirragionevolezza della disposizione possibile listanza di parte per lintervento del terzo in tutti i casi concessi dallart. 106 c.p.c. (esemplare la contestazione della c.d. legittimazione attiva o passiva). (131) Cos F. CIPRIANI, M. G. CIVININI, A. PROTO PISANI, Una strategia... , cit., c. 82; analogamente F. CIPRIANI, Per un nuovo processo civile, cit., c. 326. 246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 tutte e tre queste ipotesi fare svolgere il processo nelle forme auliche del processo a cognizione piena, forme che presuppongono una controversia effettiva in fatto e in diritto, sarebbe un inutile spreco. a) Di qui lopportunit da sempre sentita di attribuire ex lege alla contumacia del convenuto il valore di ammissione legale dei fatti costitutivi (ficta confessio) consentendo al giudice la sola valutazione in iure della fondatezza della domanda con conseguente possibilit di risolvere la controversia in prima udienza con sentenza semplificata dettata a verbale o stesa in calce allatto di citazione. In Italia tale tecnica, da tempo utilizzata a favore del locatore nel cd. procedimento di convalida di sfratto, in via di estensione riguardo a tutti i processi relativi a diritti disponibili (v. art. 13 D.Lgs. 5/03 relativo al processo societario e punto 23 del disegno di legge delega di riforma del processo civile n. 4578 del 19 dicembre 2003). b) Analogamente sarebbe da prevedere anche qui conformemente a quanto da sempre disposto a favore del locatore nel cd. procedimento di convalida di sfratto in ipotesi di non opposizione (cio di non contestazione dei fatti costitutivi e di non proposizione di eccezioni) del convenuto costituitosi e/o comparso. c) Quanto, infine, allipotesi di riconoscimento del diritto dellattore da parte del convenuto costituitosi (ipotesi da sempre prevista dal 307 della ZPO tedesca) egualmente si dovrebbe prevedere una conclusione semplificata in prima udienza del processo, salvo lapprofondimento dommatico in ordine al valore negoziale o no della figura del riconoscimento della domanda Un prolungamento della sola fase decisoria del processo potrebbe aversi unicamente nellipotesi sub b) ove il convenuto contesti in diritto il fondamento della domanda dellattore e le questioni giuridiche da risolvere siano di particolare delicatezza; ci in conseguenza della ragionevole osservazione dato che per le controversie in via atipica soggette al rito ordinario non possibile sapere prima dellinizio dello svolgimento della fase preparatoria se la singola controversia complessa o no, non resta che prevedere una differenziazione della conclusione della fase preparatoria a seconda della complessit o no della controversia, complessit o no verificata dal giudice nel contraddittorio delle parti (di cui andrebbe prevista la obbligatoria partecipazione alla prima udienza) e dei loro difensori dopo lo scambio degli atti introduttivi del giudice al termine della prima udienza (effettiva) di trattazione (132). Taluni ordinamenti dei Paesi comunitari attribuiscono alla contumacia valore ammissivo dei fatti allegati dallattore o di riconoscimento delle pretese (132) Cos A. PROTO PISANI, Dai riti speciali alla differenziazione del rito ordinario, in Foro It., 2006, V, cc. 56-57 e 88; alluopo nella proposta di A. PROTO PISANI, Per un nuovo codice di procedura civile, cit., vi , dai punti 2.16 ai punti 2.21, la previsione - come gi evidenziato - della chiusura semplificata del processo in prima udienza in caso di contumacia, non contestazione o riconoscimento del diritto da parte del convenuto ed altres in caso di prova documentale dei fatti controversi. DOTTRINA 247 ex adverso azionate: cos nel processo civile tedesco secondo cui in caso di contumacia del convenuto: si presume che questi abbia ammesso lesistenza dei fatti allegati dallattore. Lassunzione delle prove si rende pertanto superfluo. Se le allegazioni dellattore sostengono la domanda, questa viene accolta con una sentenza contumaciale. In caso contrario, cio se la domanda infondata, il rigetto della domanda avviene mediante <> sentenza di merito Il contumace pu fare opposizione alla sentenza contumaciale entro quattordici giorni Questo rimedio giuridico si rivolge allo iudex a quo, che riapre la trattazione della causa. La sentenza contumaciale viene <> e la trattazione orale porta ad una sentenza che conferma la sentenza contumaciale oppure la annulla e respinge la domanda dellattore(133). Anche in Inghilterra e in Galles con un modello analogo a quello tedesco nel caso di contumacia del convenuto lattore pu ottenere una sentenza in proprio favore salvo la possibilit di revoca della sentenza contumaciale su richiesta del convenuto (134). Simile, tranne che su alcune materie, la soluzione accolta anche in Scozia (135); cos pure in Irlanda (136) e Austria (137) ove la disciplina processuale ricorda quella inglese. In Grecia la mancata comparizione del convenuto equivale a un sostanziale riconoscimento della pretesa, risolvendosi nellemissione di una pronuncia a favore dellattore, sempre che vi siano i presupposti processuali e sussista un titolo idoneo (138), con limitata possibilit di riapertura del processo contumaciale nelle sole ipotesi in cui la parte non stata regolarmente convocata alludienza o non potuta comparire per forza maggiore (139). Nel nostro attuale ordinamento giuridico, in continuit con la disciplina contenuta nel codice di procedura civile del 1865 (140), la contumacia considerata neutra rispetto alla posizione processuale della parte. Nel nostro sistema, la contumacia del convenuto non impedisce lo svolgimento unilaterale (eremodiciale) del rapporto processuale, e come essa non modifica sostanzialmente la serie delle attivit processuali necessarie per laccertamento dei fatti. Nel nostro sistema la contumacia del convenuto non considerata n come una reazione al potere del giudice e come tale punita; n come una rinuncia alla difesa; n come una remissione alla gestione del magistrato; n (133) Cos W. J. HABSCHEID, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p. 115. (134) Cos A. J. JOLOWICZ, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p. 159-160. (135) Cos I. WILLOCH, La giustizia civile nei paesi comunitari,cit., I, p. 182. (136) Cos A.WHELAN, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p .245. (137) Cos B. KONIG, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit.,II, p. 19. (138) Cos K. D. KERAMEUS, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., II, p. 207. (139) K. D. KERAMEUS, op. ult. cit., p. 213. (140) Su cui G. CHIOVENDA, Principi di diritto processuale civile, Jovene ed., Napoli, 1923, pp. 757-758. 248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 come una presunta ignoranza dellesistenza della lite: ma per quello che in ogni caso: una completa inattivit alla udienza. A differenza del sistema secondo cui la semplice contumacia del convenuto importa soccombenza ; a differenza del sistema secondo cui la contumacia del convenuto importa ammissione dei fatti dedotti dallattore ; il nostro giudice deve esaminare se i fatti sono provati dallattore: la contumacia per se stessa non dispensa lavversario dalla prova. Per ottenere leffetto della ficta confessio si deve deferire anche al contumace un espresso interrogatorio (141). Eccezione al sistema, cos come riassunto, si ha nel procedimento per convalida di sfratto in cui linattivit dellintimato comporta soccombenza (art. 663 c.p.c.). invece caduta la regola secondo cui la contumacia del convenuto nel processo societario comporta lammissione dei fatti dedotti dallattore, ossia la ficta confessio. Difatti, lart. 13, comma 2 (delloramai abrogato) D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, contenente tale precetto, venne dichiarato incostituzionale per eccesso di delega dalla Corte Costituzionale con sentenza 12 ottobre 2007, n. 340 (142). Alla luce dellillustrato breve excursus deve ritenersi non condivisibile lorientamento diretto a riconoscere natura di ficta confessio alla contumacia del convenuto. Appare incongruo pretendere che, a fronte di una pretesa attrice manifestamente infondata e, come tale, meritevole di rigetto (es. fatti costitutivi posti dallattore alla base di un dedotto credito pecuniario in ordine ai quali vi sono, oggettivamente, fatti estintivi e/o modificativi oppure linesistenza dei fatti stessi) il convenuto debba vedersi pressocch costretto ad attivarsi per difendersi (con anticipo di spese, fastidi, perdita di tempo). Non appare giustificabile attribuire alla contumacia valore di riconoscimento tout-court della pretesa attrice esonerando la stessa dallonere della prova dei fatti allegati (art. 2697 c.c). Del resto la contumacia costituisce, al pari della costituzione in giudizio, un contegno processuale espressivo del diritto di difesa. N appare auspicabile che parte attrice possa confidare pi nella contumacia del convenuto che nella autonoma fondatezza della azione proposta. Tale orientamento potrebbe costituire un incentivo alla litigiosit nei casi in cui lattore a conoscenza di circostanze che rendano improbabile la costituzione del convenuto. La ficta confessio pone, peraltro, dubbi di compatibilit costituzionale per contrasto sia con lart. 24 comma 2 della Costituzione in quanto, a fronte del riconoscimento del diritto di difesa, vi sarebbe in capo al convenuto - nel caso di specie - lobbligo (rectius: onere) di difesa sia con lart.111, 2 comma della Costituzione in quanto verrebbe alterata la parit di armi delle parti in causa. Da ultimo aggiungasi che lipotizzato risparmio di tempi processuali (141) Cos G. CHIOVENDA, op. ult. cit., pp. 757-758; analogamente C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, vol. II, Giappichelli ed., Torino, 2007 p. 324. (142) Corte costituzionale, sentenza 12 ottobre 2007 n. 340 in Foro It. 2008, I, cc. 721 e ss. DOTTRINA 249 potrebbe rivelarsi effimero in ipotesi di fondata impugnazione della sentenza emessa nel procedimento contumaciale. d) Modello unico della udienza di comparizione delle parti Evidenti esigenze di concentrazione consigliano che, sulla falsariga di quanto attualmente previsto negli attuali artt. 183 e 420 c.p.c., il giudice in occasione della udienza di comparizione svolga le seguenti attivit: - verifichi dufficio la regolarit del contraddittorio (art. 183 commi 1 e 2, con la fissazione di una nuova udienza di comparizione), - interroghi liberamente le parti presenti e tenti la conciliazione della lite (art. 420 commi 1 - tranne lultimo periodo - , 2 e 3), - richieda alle parti - sulla base dei fatti allegati - i chiarimenti necessari e indichi le questioni rilevabili dufficio delle quali ritenga opportuna la trattazione (art. 183 comma 4), - valuti, ove proposte, lammissibilit e la rilevanza delle richieste di prove costituende, - ove disposti dufficio mezzi di prova, assegnazione alle parti di un termine perentorio di 10 gg. per dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli disposti e fissazione, con ordinanza emanata fuori udienza da pronunciare nei successivi 30 gg., di una o pi udienze (secondo il calendario del processo alluopo predisposto) per lassunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti . Andrebbe inoltre previsto il diritto dellattore di proporre difese consequenziali a quelle articolate dalla controparte, con la fissazione di una nuova udienza di comparizione per chiamare un terzo se lesigenza sorta dalle difese del convenuto, e il diritto delle parti di operare la emendatio libelli (art.183 comma 5 c.p.c.). e) Definizione immediata del procedimento allesito dellespletamento degli incombenti della udienza di comparizione delle parti Espletate le attivit proprie delludienza di comparizione la causa, seppur in ipotesi circoscritte, pu essere gi matura per la decisione. Tali ipotesi sono quelle per le quali stato pensato il procedimento sommario ex artt. 702 bis e ss. c.p.c.. Ossia, in particolare: a) questione pregiudiziale di rito o questione di merito avente carattere preliminare, quando la decisione di esse pu definire il giudizio; b) causa involgente esclusivamente profili di diritto; c) riconoscimento della domanda di controparte; d) mancata richiesta di prove costituende o non ammissione delle chieste prove costituende o mancata disposizione dufficio di mezzi di prova. In tali ipotesi occorre prevedere la doverosit, previo invito alle parti alla discussione nel corso della quale precisare le conclusioni, della riserva in decisione immediata della lite. Riserva in decisione immediata al termine delludienza di comparizione, 250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 senza possibilit per le parti di chiedere un rinvio del procedimento per le ragioni che si illustreranno nella successiva lettera. f) Assunzione delle prove costituende e conseguente definizione immediata del procedimento Ove allesito dellespletamento degli incombenti della udienza di comparizione, non si possa procedere alla riserva in decisione della lite (in quanto il giudice valutata lammissibilit e la rilevanza abbia ammesso prove costituende) la causa andr rinviata ad una o pi udienze successive, secondo il calendario del processo alluopo predisposto, per lassunzione dei mezzi di prova. Esaurita lassunzione delle prove occorre prevedere la doverosit, previo invito alle parti alla discussione nel corso della quale precisare le conclusioni, della riserva in decisione immediata della lite. Non ha senso la prassi attuale che spesso consente, espletata listruttoria, il rinvio richiesto dalle parti e concesso dal giudice, per esame della prova testimoniale escussa, per esame della depositata C.T.U., etc. Tale prassi probabilmente contra legem atteso il tenore dellart. 188 c.p.c., secondo cui: il giudice istruttore provvede allassunzione dei mezzi di prova e, esaurita listruzione, rimette le parti al collegio per la decisione a norma dellarticolo seguente. necessario che il tenore della disposizione escluda in radice la ammissibilit di tali rinvii potendo ogni attivit difensiva essere svolta ancora in sede di scritti difensivi successivi alla rimessione della causa in decisione. Quindi decisione immediata, senza spazi per le parti di chiedere un rinvio del procedimento. Va evidenziato che in ordine al diritto delle parti ad ottenere un rinvio, autorevole dottrina ha sostenuto quanto segue: Quanto ai rinvii, alla luce dellart. 24, comma 2, Cost., sembra doveroso stabilire che ogni parte, per esercitare la difesa, ha diritto ad un rinvio: infatti, se viene in considerazione la difesa, che inviolabile, il rinvio non pu essere rimesso alla discrezione del giudice, ma deve essere un diritto della parte. Il problema si pone diversamente per i rinvii che le parti concordemente chiedono perch pendono trattative di bonario componimento o, comunque, perch preferiscono che per il momento non si giudichi. A me sembra che tale problema vada risolto tenendo presente che le parti, se sono daccordo, devono potere in linea di massima disporre dei tempi del processo. Pi precisamente, le parti devono avere diritto a qualche rinvio, ma, dopo un certo numero di rinvii, il giudice deve poter cancellare la causa dal ruolo dufficio e anche contro la concorde volont delle parti. Ci significa che sembra opportuno prevedere listituto della cancellazione della causa dal ruolo per eccesso di rinvii, che un tempo ebbe grande successo nel processo civile italiano e che di recente stato riproposto allattenzione degli studiosi sia in sede ministeriale, sia in sede DOTTRINA 251 scientifica (143). Deve rilevarsi che, alla luce del principio della ragionevole durata del processo, tale diritto al rinvio non pu essere ammesso. La fase introduttiva del processo si caratterizza per prevedere specifiche cadenze per articolare in via definitiva il thema decidendum ed il thema probandum ed una eventuale fase centrale di assunzione di prove costituende. La lite va, quindi, decisa. Vuol dirsi che un potere generalizzato di rinvio non strumentale ad un efficiente servizio giustizia. Il processo, una volta introdotto esige un impegno attento dei difensori onerati a comparire ad ogni udienza adeguatamente edotti sullo stato del giudizio. Sicch, ove allesito dellescussione dei testimoni, una parte intenda deferire allaltro il giuramento decisorio deferibile in qualunque stato della causa ex art. 233, primo comma, c.p.c. sar tenuta a chiederlo alla fine delludienza di escussione. Non razionale lattribuzione di un diritto al rinvio al fine di valutare il risultato probatorio in vista di possibili future richieste istruttorie. Sempre sul tema dei tempi dei processi, altra dottrina evidenzia: vero che le garanzie devono avere dei limiti, poich altrimenti il sistema rischia la paralisi, per anche vero (a mio parere): In primo luogo che i tempi del processo devono essere rimessi alla libera determinazione delle parti e non allautorit del giudice, poich la ragionevole durata del processo regola che va garantita senzaltro se almeno uno dei litiganti la chiede ma non anche imposta quando nessuno la vuole. Sono pertanto fermamente contrario (ad esempio) allabolizione dellart. 309 c.p.c., oppure il divieto di udienze di mero rinvio o a qualunque limite si pensi di introdurre alla determinazione consensuale dei litiganti alla durata del processo, poich non sussiste un diritto pubblico superiore da garantire contro le parti; soprattutto se si pensa che queste sopportano dei tributi giudiziari ingiusti e non dovuti, e in ogni caso (presumibilmente) in grado di coprire i costi della giustizia civile ; cosicch, contenere o vietare i rinvii chiesti concordemente da tutti i litiganti da considerare un atto di prepotenza pi che uno di giustizia (144). Non si ritiene di poter aderire alla riferita prospettiva. Deve ritenersi, infatti, che lart. 111, comma 2 della Costituzione ha introdotto quale nuovo interesse di rilevanza costituzionale quello della giusta durata del processo in s e per s. Messo in moto il processo, questo deve definirsi in tempi ragionevoli con sentenza sul rito o di merito. Deve considerarsi che, rispetto al carico di lavoro dei magistrati, ladesione a semplici rinvii comporta lo slittamento di altri giudizi sul ruolo dei singoli giudici con evidente diseconomia organizzativa. In ordine alla considerazione che il processo riguarda pur sempre inte- (143) F. CIPRIANI, Per un nuovo processo civile, cit., cc. 324. (144) Cosi G. SCARSELLI, La ragionevole durata del processo civile, in Foro It. 2003, V, cc. 129. 252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 ressi privati delle parti, si osserva che i litiganti possono incidere sul processo rinunciando allazione processuale (non mediante il riconoscimento del diritto ad udienze di mero rinvio) oppure prevedere che, ove le parti chiedano concordemente un mero rinvio delludienza, le esse parti debbano accollarsi, secondo parametri da stabilirsi normativamente, lonere economico del disservizio procurato. g) fase decisoria Riservata la causa in decisione - con o senza istruttoria - opportuno prevedere, onde consentire alle parti di argomentare in fatto e in diritto le richieste fatte,che le parti possano depositare memorie illustrative entro 30 gg. dal introito della causa a sentenza. Quindi la sentenza dovr essere depositata in cancelleria entro 40 gg. dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie illustrative. Abbreviazione dei termini di impugnazione della sentenza Come noto il codice prevede che le parti possono entro sei mesi dalla data della pubblicazione (cd. termine lungo) in assenza della decorrenza del termine breve ex art. 325 c.p.c. impugnare la sentenza (definitiva o meno). Linflusso dei principi internazionali e la costituzionalizzazione del principio della giusta durata del processo dallatto introduttivo al giudicato, comporta che tale termine (peraltro di un anno fino alla novella del 2009) non pu ritenersi piu funzionale ad un ordinato svolgimento dei tempi del processo. Va evidenziato che in numerosi ordinamenti di Paesi comunitari sconosciuto il cd. termine lungo per impugnare le sentenze. Ad es., in Danimarca per lappello avverso le sentenze delle Corti cittadine giudice di prima istanza in via normale il termine normale di quattro settimane (145); in Olanda il termine per impugnare di tre mesi dopo ladozione della sentenza (146); in Finlandia, il termine per proporre lappello di trenta giorni dalla pronuncia della sentenza (147). E il tempo dunque (e le esigenze di celerit della giustizia lo impongono) di ridurre il termine di impugnazione delle sentenze intervenendo sulla relativa disciplina. Sembra possibile fissare in 90 giorni il termine di impugnazione con abolizione del cd. termine breve ex art. 325 c.p.c.. Il dies a quo del termine per impugnare le sentenze potr farsi decorrere sulla falsariga di quanto avviene nel processo penale (art. 585 c.p.p.) dalla scadenza del termine stabilito dalla legge per il deposito della sentenza ovvero quando la sentenza non depositata entro il termine stabilito dalla legge (145) E. SMITH, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p. 54 ove si evidenzia altres che il Ministro della Giustizia pu, in via eccezionale, concedere il termine di un anno a partire dallemissione della sentenza. (146) N. S. SNIJDERS, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p. 344. (147) H. TOIVIAINEN, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., II, p. 63. DOTTRINA 253 dal giorno in cui stata eseguita la comunicazione dellavvenuto deposito. Corollario di tale scelta che il ritardo nel deposito della sentenza dovr essere giustificato sul piano disciplinare. Mantenimento, generalizzandolo, del doppio grado di giurisdizione Sovente in dottrina viene formulata la proposta di introdurre nel nostro sistema giuridico un unico grado di giurisdizione nel merito con labolizione del secondo grado per lasciare alle attuali corti di appello (da trasformarsi in sezioni distaccate della Corte di cassazione per ottemperare al disposto dellart. 111 Cost.) la funzione di un appeal in senso angloamericano, ossia di un giudizio di tipo lato sensu cassatorio, consistente nella riparazione di errori non solo di diritto(148). Ci sulla base dellassunto della non utilit del doppio grado di giurisdizione. E di solare evidenza che laccoglimento di una tale proposta contribuirebbe allabbreviazione dei tempi del processo. Di recente tale opzione stata riproposta (149) quale strumento per risolvere la grave crisi di operativit nella quale versa la Corte di cassazione. Il doppio grado di giurisdizione sul merito, in assenza di prescrizione nella nostra Grundnorm, non trova fondamento nella Costituzione (150). A livello operativo, onde garantire una ragionevole durata del processo, si proposta leliminazione o la riduzione dellappello onde le sentenze sarebbero inimpugnabili salvo il ricorso per cassazione. La scelta di porre limite allappello operante altres in diversi Paesi comunitari nei quali il limite si presenta in due diverse vesti: a) Inappellabilit della sentenza in cause di non elevato valore o anche di media importanza. Nel processo belga lappello proponibile se la domanda eccede, a seconda dei casi, 50.000 o 75.000 franchi belga del 1994 (151); nel processo francese, lappello proibito ove vengano in rilievo cause di media importanza, in base al valore della domanda (152), in Germania lappello ammesso se il valore delloggetto del gravame supera i 1.500DM del 1994 (153); in Grecia lappello non ammesso riguardo alle controversie di scarso valore, ossia fino a 150.000 dracme del 1994 (154); nel processo olandese la sentenza inappellabile per cause di valore non superiore a 2.500 fiorini del- (148) Opinione di Cappelletti riportata in C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, Giappichelli ed.,Torino 2009, vol. II, p. 402, nota 1. (149) Da A. PROTO PISANI, Principio deguaglianza e ricorso per cassazione, in Foro It. 2010, V, c. 67. (150) Tale affermazione stata fatta dalla Corte Costituzionale, sent. 15 aprile 1981 n. 62, in Foro It. 1981, I, c. 1497 e ribadita dalla Corte Costituzionale con le sentenze 3 aprile 1982 n. 69, in Foro It. 1982, I, c. 1293 e sent. 31 dicembre 1986 n. 301, in Foro It. 1987, I, c. 2962. (151) M. STORME, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p. 7. (152) J. NORMAND, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, pp. 81-82. (153) W. J. HARSCHEID, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I., p. 125. (154) K. D. KERAMEUS, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I., p. 213. 254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 lanno 1994 (155); nel processo portoghese la decisione impugnata deve avere pronunciato su controversia di valore eccedente la alcada del giudice a quo, ossia il limite di valore della decisione non soggetta ad appello (156); in Spagna lappello non ammesso contro le sentenze emesse in giudizi di valore non eccedente 80.000 pesetas del 1994 (157); b) Appellabilit solo previa autorizzazione di una Autorit amministrativa o giurisdizionale. Questo un criterio molto diffuso nei Paesi di common law, il cui prototipo individuabile nella giustizia civile in Inghilterra e in Galles, ove in molti casi lappello possibile solo se colui che intende appellare ha precedentemente ottenuto un <>, cio unautorizzazione ad appellare, che pu essere concessa sia dalla Corte a qua che dalla Corte ad quam (158). Nel processo danese, se la causa di valore non superiore a 2.500.000 circa del 1994, la sentenza pu essere appellata solo previa autorizzazione del Ministro di Grazia e Giustizia (159); in Svezia nelle controversie aventi ad oggetto diritti disponibili, il cui valore non eccede la somma base (che nel 1995 era di 35.770 sek), e nelle controversie di scarso valore richiesta lautorizzazione allappello. Essa pu essere concessa quando ricorrono determinati presupposti: se la soluzione della controversia ritenuta importante come indirizzo per le future decisioni delle Corti inferiori; se sussistono ragioni per modificare la sentenza: se ci sono altre ragioni straordinarie per riconsiderare il caso (160). Nellordinamento giuridico processuale italiano attuale, in linea tendenziale, vige il doppio grado di giurisdizione di merito con appellabilit delle sentenze di primo grado senza necessit di autorizzazioni. Linappellabilit leccezione (prevista, ad es., nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi). La scelta tra il doppio grado (mantenendo lattuale regime, magari estendendolo per singole eccezioni) e lunico grado una scelta di politica del diritto in assenza di vincoli costituzionali. Si del parere della scelta del doppio grado di giurisdizione nel merito senza bisogno di autorizzazione per almeno due ragioni: a) Necessit di un nuovo esame sul merito della causa ad opera di un altro giudice onde pervenire ad una sentenza ponderata e oggetto di controllo; b) Sgravare la Corte di Cassazione della immediata impugnabilit della sentenza di primo grado al fine di evitare il definitivo oscuramento del ruolo di giudice di terza istanza di legittimit. Occorre recuperare alla Corte di Cassazione il ruolo di terza istanza di legittimit. Alluopo si evidenzia in dottrina (155) H. J. SNIDJDERS, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I., p. 345. (156) A. VAREUA, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I., p. 377. (157) V. F. GUILLEN, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I., p. 397. (158) J. A. JOLOWICZ, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I., p. 163. (159) E. SMITH, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I., p. 53. (160) Cos U. JACOBSSON, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., II., p. 124. DOTTRINA 255 nel criticare proposte miranti alla previsione di una fase di giudizio di merito in unico grado che lappello ҏ uno strumento indispensabile per assicurare lunico filtro attualmente praticabile rispetto al ricorso per cassazione. Sopprimere il giudizio di appello significa inevitabilmente dirottare tutte le esigenze di garanzia soggettiva dellimpugnazione verso il giudizio di cassazione, con un aumento inevitabile del numero dei ricorsi in cassazione (161). Tali osservazioni formulate dieci anni fa sono ancor pi pregnanti nel momento attuale nel quale il numero dei ricorsi per cassazione pendenti si aggira come visto sopra sulle centomila unit. Appare quindi opportuno conservare lattuale regime del doppio grado di giurisdizione nel merito, con generalizzazione del principio fissato nellart. 339 comma 1 c.p.c. eliminando le ipotesi speciali di inappellabilit della sentenza. Attribuzione allappello di un effetto sospensivo della efficacia della sentenza Obiettivo ineludibile quello di far s che il giudizio si svolga secondo una durata ragionevole (dal momento della proposizione della domanda alla adozione di una sentenza irrevocabile). In tale prospettiva la sentenza di primo grado , pertanto, solo un momento intermedio del procedimento. Recuperata la complessiva ragionevole durata del processo civile non sembra giustificabile il mantenimento della esecutivit ex lege della sentenza di primo grado. Una delle ragioni ispiratrici della novella dellart. 282 c.p.c. (operata mediante la l. 26 novembre 1990, n. 353), con previsione della esecutivit ex lege della sentenza di primo grado in luogo della precedente previsione di segno opposto, fu quella di attribuire una tutela alla parte vittoriosa tenendo conto della eccessiva durata del processo, ossia un palliativo ad una patologia. Tale novella pu moltiplicare - come accaduto - il contenzioso. Difatti a fronte della riforma della sentenza di primo grado di condanna al pagamento di somme di danaro spesso germina un nuovo contenzioso per il recupero di quanto pagato ove il vincitore di primo grado non restituisca spontaneamente il dovuto. Ricordiamo che altra ragione della novella dellart. 282 c.p.c. citata fu quella di evitare impugnazioni con la finalit di procrastinare il momento della formazione del giudicato, attribuendo in via immediata al creditore lazione esecutiva. Tale effetto pu essere superato - ove si reintroduca leffetto sospensivo dellimpugnazione - con la ricordata applicazione automatica del principio di soccombenza nel governo delle spese di lite e dallaccorciamento dei tempi del processo. La sospensione dellesecutivit, nel caso di appello, (161) A. PROTO PISANI, La giustizia del lavoro dopo il D.Lgs. 80/98, in Foro It. 1999, V, c. 64; analogamente F. CIPRIANI, M. G. CIVININI, A. PROTO PISANI, Una strategia... cit., c. 83 e F. CIPRIANI, Per un nuovo... cit., c. 327. 256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 operante in vari Paesi comunitari, quali la Danimarca (162), il Lussemburgo (163), lOlanda (164), lAustria (165). Eliminazione della translatio della lite al giudice inferiore (166) Il codice di rito prevede: a) La rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione (art. 353 c.p.c.) e per altri motivi (art. 354 c.p.c.), ad opera del giudice di appello; b) La cassazione della sentenza con rinvio, cd. proprio ad effetto prosecutorio (art. 383, commi 1 e 2, c.p.c.) ovvero con rinvio cd. improprio ad effetto restitutorio (art. 383, comma 3, c.p.c.). Tenuto conto - come evidenziato - che il principio del doppio grado di giurisdizione non ha rilievo costituzionale, costituisce una scelta squisitamente di politica del diritto prevedere un rigoroso doppio grado di giurisdizione sul merito (alla base dellistituto del rinvio) oppure un doppio grado di giurisdizione attenuato, ossia che ammetta una statuizione nel merito anche in un solo grado di giudizio (con la conseguente abolizione di ogni possibilit di rinvio). sempre la stella polare della giusta durata del processo che ovviamente milita a favore della eliminazione degli istituti della rimessione della causa al primo giudice e la cassazione con rinvio (167). Con la proposta eliminazione il giudice dovr giudicare il merito della lite (in cassazione allo stato degli atti). Meccanismi selettivi per il ricorso per cassazione Nel precedente paragrafo 4 si rilevato che nel corso degli ultimi anni aumentato enormemente il numero dei ricorsi per la cassazione. Ci ha determinato un sovraccarico di lavoro per il giudice di legittimit ed altres, una difficolt ad esaurire le cause con la formazione di un enorme arretrato. Inevitabilmente la qualit delle pronunce del supremo giudice calata. La mole di lavoro non consente al meglio la funzione nomofilattica della cassazione. Sicch da tutti sentita la necessit di riformarne la disciplina al fine di rendere funzionale il controllo di legittimita. Si propongono interventi tesi a limitare il numero di ricorsi che pervengono in cassazione. Con la novella del 2009 stato inserito lart. 360 bis nel codice di rito in modo da creare un filtro che possa limitare il lavoro e recuperare lefficienza (162) E. SMITH, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p. 55. (163) M. ELVINGER, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p. 307. (164) H. L. SNIJDERS, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., I, p. 344. (165) B. KONIG, La giustizia civile nei paesi comunitari, cit., II, p. 20. (166) Analogamente F. CIPRIANI, M. G. CIVININI, A. PROTO PISANI, Una strategia... , cit., c. 83. (167) In termini F. CIPRIANI, Contro la cassazione con rinvio, in Foro It. 2002, I, cc. 2522-2523 e S. CAPORUSSO, Struttura del giudizio civile di cassazione e ragionevole durata del processo, in Foro It. 2005, I, c. 527. DOTTRINA 257 della Corte di cassazione, potenziandone la funzione di nomofilachia (168). Recita la norma introdotta: Il ricorso inammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e lesame dei motivi non offre elementi per confermate o mutare lorientamento della stessa; 2) quando manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. La pronuncia dellinammissibilit avviene in camera di consiglio. Sennonch, da pi parti, si osservato in dottrina che il bersaglio mirato non stato in realt centrato (169). Ci in quanto nellipotesi di cui al numero 1 dell art. 360 bis c.p.c. viene disciplinata la fattispecie della manifesta infondatezza sostanziale nel merito dei motivi di ricorso (170). Mentre nellipotesi di cui al successivo numero 2 viene disciplinata la fattispecie della manifesta infondatezza delle censure di rito del ricorso; lintera gamma, quindi, degli errores in procedendo atteso che tutte le violazioni della legge processuale valgono contemporaneamente come violazione ai principi regolatori del giusto processo (171). Ossia ipotesi gi disciplinate nel codice dal vecchio art. 375 c.p.c.. Vuol dirsi che ove linfondatezza fosse stata manifesta, i ricorsi rientranti nelle previsioni dellattuale art. 360 bis c.p.c. avrebbero potuto essere avviati alla trattazione in camera di consiglio gi a tenore dellart. 375 c.p.c. ante novella del 2009. La novella del 2009 ha solo imposto ladozione di una maggiore attenzione, ponderazione ed impegno professionale nel redigere il ricorso. Sicuramente questo costituisce un effetto apprezzabile ma non certo lobiettivo che la legge 69/2009 si era proposto. Non stato infatti introdotto un vero filtro per limitare le ipotesi nelle quali, a termini dellart. 360 c.p.c., possibile proporre ricorso per cassazione. La previsione della limitazione de qua avrebbe imposto la modifica dellart. 111, 7 comma della Costituzione secondo cui Contro le sentenze pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sempre ammesso ricorso (168) Su tale novella G. RAITI, Brevi note sul filtro in Cassazione secondo la legge di riforma al codice di rito civile 18 giugno 2009 n. 69 in Riv. dir .proc. 2009, pp.1601-1614; G. F. RICCI, Ancora insoluto il problema del ricorso per cassazione in Riv. dir. proc. 2010, pp. 102-116; R. RORDORF Nuove norme in tema di motivazione delle sentenze e di ricorso per cassazione in Riv. dir. proc. 2010, pp.134- 145; R. POLI Il c.d. filtro di ammissibilit del ricorso per cassazione in Riv. dir. proc. 2010, pp. 363- 384; G. SALME Il nuovo giudizio di cassazione in Foro It. 2009, V, cc. 437-444; G. COSTANTINO Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69)XII. Il nuovo processo in Cassazione in Foro It. 2009, V, cc. 301-310; G. SCARSELLI Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69). XIII. Il processo in Cassazione riformato in Foro It. 2009, V, cc. 310-314. (169) In tali termini A. PROTO PISANI, Principio deguaglianza e ricorso per cassazione, cit., c. 66; G. SALME, op. ult. cit, c. 439; G. SCARSELLI Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69)..., cit., c. 311. (170) In tali termini R. POLI, op. ult. cit., p. 365. (171) Aspetto evidenziato da G. RAITI, op. cit., p. 1609; in tal senso, analogamente, R. RORDORF, cit., p. 142. 258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 in Cassazione per violazione di legge. Non pu pertanto condividersi lorientamento dottrinario per il quale gi il diritto costituzionale vigente (in via del bilanciamento tra il valore del ricorso per violazione di legge e il valore della ragionevole durata del processo) consente di limitare i ricorsi alle sole ipotesi che coinvolgono una questione di carattere generale o che sia stata risolta dal giudice di merito in contrasto con gli orientamenti della Corte di cassazione(172). Secondo tale impostazione (173) il 7 comma dellart. 111 Cost. deve essere coniugato con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) certamente violato allorch la Corte di Cassazione - a causa dellattuale carico di lavoro causato dallassenza di limiti al ricorso - non riesce a svolgere il ruolo ad essa assegnato. Lillustrato orientamento tuttavia isolato e appare obiettivamente in contrasto con il dato testuale dellart. 111, 7 comma della Cost. Deve infatti condividersi losservazione (174) che la funzione di nomofilachia fissata dallart. 65 r.d. n. 12 del 1941, mentre il diritto dei cittadini al controllo di legalit dei provvedimenti giurisdizionali che incidono su diritti stabilito dallart. 111 Cost. Fuori da ogni retorica, credo debba esser affermato che il compito primo della Cassazione proprio questultimo, e solo in tale occasione essa, anche, assicura luniforme interpretazione della legge e lunit del diritto oggettivo nazionale. A Costituzione invariata al fine di migliorare la funzionalit della Suprema Corte occorre, pertanto, intraprendere percorsi alternativi rispetto ai filtri di ammissibilit. Tra questi si indicano: a) Aumento del numero dei giudici che siedono in Cassazione (175). Nel precedente paragrafo 7 si rilevato che gi con gli attuali organici un contributo pu essere realizzato abolendo lufficio del P.M. in Cassazione; b) individuazione di rigorosi criteri professionali per linserimento nellalbo degli avvocati abilitati a patrocinare in Cassazione (176); c) previsione di una specifica ipotesi di responsabilit aggravata allorch la Corte dichiara che il ricorso proposto era manifestamente inammissibile. (172) Cos A. PROTO PISANI, Per un nuovo codice di procedura civile, cit., c. 3, il quale al punto 2.178 n. 1) dellarticolato propone la seguente disciplina, tra i casi di impugnazione con ricorso per cassazione: per violazione di norme di diritto sostanziale o processuale,... quando la violazione involga una questione di rilievo generale o sia stata risolta in contrasto con orientamenti costanti della cassazione, ovvero sussistano orientamenti difformi della Corte di cassazione negli ultimi cinque anni anteriori alla proposizione del ricorso (c. 51). (173) A. PROTO PISANI, Principio deguaglianza e ricorso per cassazione, cit., cc. 68-69. (174) G. SCARSELLI, Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69)..., cit., c. 313. (175) Cos G. F. RICCI, op. ult. cit., p. 114 e G. SCARSELLI, Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69)..., cit., c. 314. (176) Cos G. F. RICCI, op. ult. cit., p. 115, il quale evidenzia che attualmente in Italia vi sono oltre 40.000 cassazionisti, a fronte di valori inferiori a 100, rispettivamente per la Francia e per la Germania (questultima nel 2007 ne aveva 44). DOTTRINA 259 Riforma del procedimento amministrativo di previdenza con effetto deflattivo del cd. processo previdenziale (artt. 442 - 447 c.p.c.) Il procedimento amministrativo volto allerogazione di una prestazione previdenziale o assistenziale, come allo stato disciplinato, prevede che: linteressato proponga una domanda allEnte previdenziale o assistenziale al fine di vedersi riconosciuto il beneficio di legge. LEnte valuta lesistenza dei presupposti giuridici e medico-sanitari richiesti dalla legge per ottenere la invocata erogazione (ossia lo stato di salute al fine del riconoscimento dellassegno di invalidit, della pensione di inabilit, dellindennit di accompagnamento, etc). Per laccertamento di questi ultimi, linteressato viene sottoposto a visita medica da organi riconducibili allEnte. Ove la domanda non venga accolta linteressato potr proporre ricorso dinanzi allAutorit Giudiziaria (giudice del lavoro) al fine di conseguire in via giudiziaria quanto non conseguito in via amministrativa, previo ove previsto ex art. 443 c.p.c. ricorso amministrativo (costituente presupposto di procedibilit del ricorso). Proposto il ricorso, il giudice del lavoro - tranne i casi, invero rari, in cui il ricorso sia privo dei presupposti processuali o delle condizioni dellazione o della prova del requisito economico richiesto per beneficiare della prebenda - nella stragrande maggioranza dei casi dispone la C.T.U. al fine di accertare la sussistenza del requisito sanitario. Espletata la consulenza la causa viene decisa. E comune esperienza che la lite in questi casi si risolve sostanzialmente alla luce della consulenza e le sentenze anche come dato statistico si limitano a recepire le risultanze della consulenza con abusate formule di stile. La sentenza si riduce per lo pi in un cd. stampone nel quale occorre inserire solo gli estremi del ricorrente e qualche altro dato formale. Aggiungasi che il costo della C.T.U. viene accollato allEnte previdenziale. Dalla fotografia dellesistente consegue: a) il fallimento sostanziale della fase amministrativa (e in sede di domanda del beneficio e in sede ove presente di ricorso amministrativo); b) la indebita traslazione allA.G.O. di unattivit sostanzialmente amministrativa (quale laccertamento del requisito sanitario) sebbene con caratteristiche di imparzialit atteso che laccertamento medico affidato ad un consulente individuato dellA.G.O. e non dalla P.A. tenuta ad erogare il beneficio. LA.G.O. si nella sostanza sostituita alla P.A. nellaccertamento del beneficio. Tale situazione comporta gravi problemi: a) dilatazione, per linteressato, dei tempi per ottenere lerogazione del beneficio; b) costi complessivi onerosi in capo allEnte previdenziale, dovendo sopportare le spese del giudizio e della C.T.U. anche nella fase amministrativa c) abnorme aggravio del carico di lavoro dei giudici togati - come evi- 260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 denziato sopra nel paragrafo 4 - a causa dellinefficacia della fase amministrativa, che non assicura una reale e significativa funzione deflattiva. Per deflazionare il carico di lavoro derivante dalle controversie previdenziali sarebbe auspicabile prevedere che nella fase amministrativa dinanzi al richiesto Ente previdenziale laccertamento del cd. requisito sanitario venga attribuito ad un consulente designato dallA.G.O. in sede di volontaria giurisdizione. La prospettata misura appare idonea ad operare una crasi tra il procedimento amministrativo (in cui il requisito sanitario viene accertato da un medico non imparziale in quanto individuato dallEnte previdenziale) e il procedimento giurisdizionale (in cui il processo si esaurisce di fatto nello svolgimento e nel rinvio alle risultanze di una accertamento medico ad opera di un consulente designato dal giudice). Nella delineata prospettiva nella fase amministrativa lEnte erogatore accerta i requisiti legali per godere del beneficio allesito di un istruttoria che, in ordine al requisito sanitario, recepisce le risultanze della consulenza affidata ad un esperto designato dallA.G.O. Il medico scelto dallA.G.O. quindi in posizione di imparzialit e sar cos in grado di meglio dialogare con i consulenti di parte (del ricorrente e dellEnte). Dovr ovviamente istituirsi presso lA.G.O. un albo di esperti ai quali attingere nella nomina dei C.T.U. in sede di volontaria giurisdizione prevedendo un vincolo di incompatibilit per gli stessi che non potranno assumere la qualit di consulenti di parte in procedimenti amministrativi e controversie in materia previdenziale e assistenziale. prevedibile che linteressato, a fronte del mancato accoglimento della propria richiesta conseguenza del recepimento da parte dellEnte delle risultanze istruttorie di un medico designato dallA.G.O., difficilmente adir la via giurisdizionale Per ottenere leffetto deterrente sperato la misura andrebbe inoltre coniugata con una meccanica applicazione del principio di soccombenza nel governo delle spese di lite. Dovrebbe in tal modo ottenersi il drastico calo delle cd. controversie previdenziali e assistenziali in quanto i ricorsi giurisdizionali si circoscriveranno alle ipotesi di eventuali errori valutativi oggettivi dellaccertamento effettuato dal consulente nominato dal Tribunale senza che sulla propensione al ricorso incida, come allo stato, lintimo convincimento che laccertamento sanitario sia stato pregiudizialmente inquinato dalla politica gestionale e dal bilancio dellEnte tenuto allerogazione. 8.3 Terzo Libro del c.p.c. (artt. 474-632) Trust in sede esecutiva Il processo esecutivo, in epoca recente, ha avuto profonde modificazioni al fine di renderlo pi funzionale e idoneo a soddisfare la parte creditrice in tempi ragionevoli. Una linea di tendenza che le evidenziate riforme hanno privilegiato quella di delegare a professionisti varie fasi del processo esecutivo, DOTTRINA 261 specie in ordine alla liquidazione dellattivo (su tutti: art. 591 bis c.p.c. Delega delle operazioni di vendita). Tale linea di tendenza sembra suscettibile di ulteriore potenziamento. Un utile strumento potrebbe essere lutilizzo del trust recepito nel nostro ordinamento giuridico in virt della L. 16 ottobre 1989 n. 364 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a LAja il 1 luglio 1985) in fase esecutiva. Potrebbe essere prevista la facolt per il giudice dellesecuzione di attribuire i beni esecutati in trust a professionisti al fine di accelerare i tempi esecutivi e conseguire una pi remunerativa liquidazione dei beni per il maggior soddisfacimento dellinteresse dei creditori. Misure compulsive dirette a stimolare lesecuzione spontanea delle sentenze di condanna Ulteriore misura per accrescere lefficienza del processo esecutivo potrebbe essere quella del ricorso a misure compulsive, quali astraintes del diritto francese, al fine di stimolare il debitore ad adempiere senza la necessit di espletare lintero procedimento esecutivo. Ad es., nellipotesi il debitore sia un imprenditore e non adempia i propri debiti, potrebbe prevedersi la misura compulsiva di inibirgli temporaneamente lo svolgimento dellattivit di impresa. Applicando cio una sorta di sanzione afflittiva di natura amministrativa non pecuniaria. Con la recente novella di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69 stato introdotto lart. 614 bis c.p.c. che, a presidio dellattuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare, oggetto di un provvedimento di condanna, prevede la fissazione di somma di danaro (astraintes) dovuta dallobbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nellesecuzione del provvedimento. La norma introdotta per timida rispetto allo scopo in quanto esclude dalla sfera di azione degli obblighi di fare o di non fare tutte le controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui allart. 409 c.p.c.. Se pu condividersi lesclusione dellobbligo di fare del lavoratore al fine del rispetto della libert e dignit della persona non altrettanto si giustifica lesclusione dellobbligo di fare del datore di lavoro. Inoltre, la norma non abbraccia anche lattuazione degli obblighi di dare e di fare fungibile. Andrebbero altres indagati i margini di compatibilit e di adattabilit della misura compulsiva cd. contempt of court del common law al nostro ordinamento. Nel sistema nordamericano una sanzione a disposizione del giudice per ottenere lesecuzione della sentenza di dichiarare che la parte che non ottempera sia contempt of court. Lespressione designa in termini generali il ri- 262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 fiuto di obbedire ad un ordine diretto di una corte. In conseguenza di tale rifiuto, il convenuto pu subire una sanzione pecuniaria o detentiva la sentenza di contempt civile condanna la parte responsabile alla detenzione oppure alternativamente alla detenzione ed una sanzione pecuniaria, fino a che la parte accetta di obbedire allordine della Corte. Lo scopo di costringere la parte ad eseguire lordine La premessa necessaria perch una parte possa essere responsabile di contempt civile che esista un ordine diretto che impone specificamente alla parte di fare o astenersi dal fare qualcosa Per contro, le sentenze a contenuto pecuniario non sono una premessa sufficiente per il contempt of court Questa limitazione allarea di applicazione del contempt si fonda sul principio stabilito da lungo tempo per cui il debitore non pu essere imprigionato per lincapacit di pagare i suoi debiti(177). Abrogazione (o quantomeno riduzione) delle previsioni normative che sanciscono limpignorabilit del denaro della P.A. Altra misura opportuna pu essere quella di eliminare (o almeno ridurre) le numerose fattispecie normative di impignorabilit del denaro della P. A.. Tali ipotesi esentive non si conciliano con la tendenziale parificazione dellattivit svolta dalla P.A. in regime di diritto privato rispetto allattivit dei privati cittadini. N, sul piano teorico, le ricorrenti necessit di bilancio e/o la giustificazione che tali norme tendono a garantire il corretto svolgimento della funzione pubblica appaiono poter legittimare la perpetuit di tale privilegio. Impignorabilit sono previste, tra laltro dalle seguenti norme: a) art. 159 del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 che pone gravi limiti allesecuzione forzata contro Enti locali; b) art. 1 del D.L. n. 313 del 25 maggio 1994, conv. L. n. 460 del 22 luglio 1994, che prevede limpignorabilit di varie contabilit speciali di organi dello Stato. Tali ipotesi di impignorabilit, provocano una situazione indecorosa (178), e meritano di essere eliminate perch determinano una diseguaglianza tra i debitori; il titolo esecutivo va onorato, a maggior ragione in quanto vengono amministrate risorse della collettivit, da un debitore pubblico. Le giuste ragioni di ordine contabile in capo allEnte ben possono essere soddisfatte con il gi esistente termine dilatorio ex art. 14 D.L. 31 dicembre 1996 n. 669 conv. L. 28 febbraio 1997 n. 30 concesso alla P.A. per provvedere alla provvista delle risorse. A quanto precede aggiungasi leffetto boomerang per i conti dello Stato che consegue ai regimi di impignorabilit. Difatti, a fronte delle procedure (177) Cos G. C. HAZARD, M. TARUFFO, op.cit., pp. 240-241. (178) C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, IV, cit., p. 82. DOTTRINA 263 esecutive attivate dagli interessati, lopponibilit ex art. 615 c.p.c dellimpignorabilit determina la proliferazione di controversie giudiziarie con aggravio del carico pendente degli uffici giudiziari per liti che non sarebbero mai nate in caso di tempestiva adempimento da parte della P.A. debitrice; il tutto con lievitazione dei costi del contenzioso per le parti (di volta in volta onerate dalle spese). 8.4. Libro IV del Codice di procedura civile (artt. 633-840 c.p.c.) Una deflazione del contenzioso potrebbe conseguirsi anche ampliando la possibilit di utilizzo del procedimento per decreto ingiuntivo che, da un punto di vista quantitativo, allattualit il pi importante dei procedimenti speciali (179). E al riguardo condivisibile la proposta (180) di estendere il procedimento monitorio ad altre categorie di crediti pecuniari. Si pensi ai crediti vantati da: a) lavoratori autonomi, sulla base di prezziari delle prestazioni pubblicamente consultabili; b) lavoratori subordinati, sulla base di un conteggio vistato dal sindacato. 8.5. Unificazione dei riti mediante la previsione di un modello standard Si gi posto laccento sulla circostanza che lattuale ordinamento giuridico prevede, accanto al rito di cognizione ordinario e sommario, una molteplicit di riti speciali, disciplinati nel codice di procedura civile (ad es. il rito del lavoro e locatizio), nel codice civile e in varie leggi speciali. Oltre a riti sommariamente individuati nel precedente paragrafo 2 e contenuti in leggi speciali, vi sono gli ulteriori riti contenuti nel codice di procedura civile, tra cui, solo per citare i pi rilevanti e pi diffusi: a) il processo del lavoro e previdenziale (artt. 409 - 447 c.p.c.); b) il processo locatizio (art. 447 bis c.p.c.). La ratio della creazione dei riti speciali duplice: quella, in determinate materie e a fronte della lentezza del rito ordinario, di abbreviare i tempi di definizione del giudizio, e quella, in presenza di interessi superindividuali, di conferire incisivi poteri ufficiosi al giudice (ad es. processo di divorzio e di separazione personale dei coniugi). Al fine di ridurre e semplificare i riti speciali la citata legge n. 69/2009, allart. 54, ha delegato il Governo ad adottare, entro 2 anni, provvedimenti normativi rivolti ad inglobare i procedimenti civili di natura contenziosa autonomamente regolati dalla legislazione speciale in tre modelli: (179) Ogni anno si emanano in Italia molti pi decreti ingiuntivi che sentenze nei processi ordinari (617.179 contro 350.936 nel 1992), cos S. CHIARLONI, La giustizia civile e i suoi paradossi, cit., p. 429. (180) S. CHIARLONI, op. ult. cit., p. 430. 264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 a) ordinario, davanti al Tribunale o al Giudice di Pace; b) rito del lavoro, al quale vanno ricondotti i procedimenti in cui sono prevalenti caratteri di concentrazione processuale ovvero di officiosit dellistruzione; c) rito sommario di cognizione - esclusa la conversione del rito ex art. 702 ter comma terzo c.p.c. - al quale vanno ricondotti i procedimenti, anche se in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dellistruzione della causa. Dalla analisi della delega si pu evincere che la programmata semplificazione dei riti di portata limitata (181). Restano, in prima battuta, esclusi dalla delega i riti differenziati disciplinati dal codice di rito e dal codice civile nonch i procedimenti di volontaria giurisdizione ed, infine, sono espressamente esclusi determinati procedimenti civili di natura contenziosa autonomamente regolati dalla legislazione speciale (tra gli altri: procedure concorsuali, di famiglia e minori). La legge delega individua, inoltre, quale modelli il rito ordinario, quello del lavoro e quello sommario di cognizione finendo, in concreto, per postulare la mera riduzione della pluralit dei riti esistenti. Pu ragionevolmente ritenersi che lattuazione di tale limitata delega non arrecher un contributo dirompente alla razionalizzazione dei riti speciali. Parrebbe viceversa auspicabile proporsi il coraggioso obiettivo della tendenziale eliminazione dei riti speciali. Una pluralit di esigenze sembrano militare a favore del pi radicate intervento semplificativo proposto: a) nellattuale momento storico vi il principio della giusta durata del processo, il quale impone di prevedere che tutti i processi pervengano ad una rapida definizione. Non si giustifica, pertanto, che per alcuni processi vi sia una procedura differenziata che meglio contribuisca alla pi celere definizione del giudizio (questa la prima ratio evidenziata di previsione di riti speciali nella legislazione); b) la necessit di attribuire poteri ufficiosi al giudice (la seconda ratio evidenziata di previsione di riti speciali nella legislazione ed a tal proposito sono emblematici i casi del rito lavoro e del processo divorzile) pu essere realizzata con previsione normativa del tipo di potere attribuito al giudice nel corso del processo, senza necessit di ricorrere alla configurazione di un rito ad hoc (182); (181) Circostanza evidenziata, tra gli altri, da G. BALENA, Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69). La delega per la riduzione e semplificazione dei riti, in Foro It. 2009, V, c. 352 e L. SALVANESCHI, La riduzione del tempo del processo nella nuova riforma dei primi due libri del codice di rito, in Riv. dir. proc. 2009, p. 1564. (182) Nel pi volte citato progetto di riforma elaborato da PROTO PISANI Per un nuovo codice di procedura civile, - che dai punti 2.226 ai punti 2.268 contiene un articolato nel segno della unificazione dei riti - lillustre Autore (c. 3) cos precisa Disciplinato il processo (ordinario) a cognizione piena, DOTTRINA 265 c) lunificazione dei riti opportuna in quanto ad un modello standard consegue linstaurazione di prassi consolidate alle quali le parti possono fare affidamento con velocizzazione dei tempi del processo; d) se indiscutibile che la previsione di riti differenziati non in quanto tale incostituzionale essendo riconosciuta al legislatore la potest di predisporre apposite e differenziate discipline (sempre che siffatta differenziazione sia ragionevole (183)), tuttavia non dubitabile che la molteplicit dei riti (talora con significative divaricazioni di disciplina) non agevola il funzionamento della macchina giudiziaria. Per il primo grado di giudizio si propone, con carattere di estrema sintesi, ladozione dei seguenti modelli: a) Giudice di pace. Il procedimento dinanzi allo stesso quello delineato nel titolo II del libro II del c.p.c. artt. 311-321 (Del procedimento davanti al Giudice di pace). b) Tribunale ordinario di primo grado. Il procedimento dinanzi allo stesso quello delineato nel titolo I del libro II del c.p.c. artt. 163-310 (Del procedimento davanti al Tribunale). Tale rito, integrato da disposizioni che tengano conto delle peculiarit della materia, andr assunto anche per le sezioni speciali create nellambito del giudice ordinario. Tenendo conto poi della tipologia delle liti, sar opportuno prevedere la modifica dellattuale disciplina codicistica secondo le direttive gi illustrate nei precedenti punti da 8.1 a 8.4. 8.6. Conseguenza di quanto detto sopra in ordine allunificazione dei riti , quindi, labrogazione degli artt. 409-447 bis c.p.c. sul cd. rito del lavoro e rito locatizio Devono ritenersi venute meno le ragioni che storicamente hanno determinato la previsione del cd. rito del lavoro, differenziato rispetto a quello ordinario, e individuabili nella: a) Rapidit del procedimento determinata dalla circostanza che a giudicare vi un giudice monocratico, dalla previsione di rigide preclusioni in capo alle parti nonch dalla circostanza che la sentenza esecutiva ex lege. Orbene a partire dallanno 1998 la regola per lintero processo ordinario che il giudice - di regola - monocratico. Inoltre a partire dallanno 2005 il regime delle preclusioni del processo ordinario stato sensibilmente adeguato al modello stato agevole sopprimere tutti i riti speciali a cognizione piena oggi esistenti ed introdurre soltanto, ove effettivamente necessario, norme processuali speciali riguardo ai processi dinanzi al giudice di pace, alle controversie di lavoro e previdenza, alle controversie di locazione, alle opposizioni avverso ordinanze irrogatrici di sanzioni amministrative, alle controversie relative alla potest parentale e al suo esercizio, ecc.. (183) Sul punto L. P. COMOGLIO, Tutela differenziata e pari effettivit nella giustizia civile, in Riv. dir. proc. 2008, p. 1526. 266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 del processo del lavoro. Infine a partire dal 1990 anche per il processo ordinario stato generalizzato il principio della esecutivit ex lege delle sentenze. In ordine, poi, alla rapidit del processo del lavoro si evidenziato che in effetti il bilancio, dopo ventanni di applicazione del nuovo rito, tuttaltro che positivo. ormai ricorrente la diagnosi del fallimento totale del processo del lavoro(184); b) peculiarit di disciplina divergente da quella ordinaria, quale la pronuncia sugli accessori ex art. 429, ultimo comma, c.p.c. Ove, in sede di riforma del codice, si intenda mantenere tale peculiare disciplina, la stessa potr essere contenuta nel diritto sostanziale (ad esempio, emendando e integrando il codice civile), senza la necessit della previsione di un rito speciale. Egualmente la previsione della necessit del tentativo obbligatorio di conciliazione potrebbe essere contenuta in norme sostanziali, come avviene attualmente per il cd. pubblico impiego privatizzato. Sul punto un autorevole autore (185) evidenzia: Ci su cui dovrebbe riflettersi, semmai, la sopravvivenza della dicotomia rito ordinario-rito del lavoro, dopo che la distanza tra i due modelli processuali profonda ed evidentissima nel 1973 si andata drasticamente attenuando alla luce della pi recente evoluzione normativa del processo ordinario; cos come andata parallelamente sfumando, del resto, liniziale illusione circa le capacit intrinsecamente acceleratorie del processo del lavoro. I tempi dovrebbero essere ormai maturi, insomma, per superare ogni pregiudizio ideologico e chiedersi serenamente ad es., se il sistema del ricorso sia davvero preferibile a quello della citazione, quando lesperienza ha dimostrato chesso consente al giudice di fissare la prima udienza della causa (e dunque di far cominciare, di fatto, il processo) finanche a qualche anno di distanza dalla proposizione della domanda; se davvero sia logico precludere allattore lavoratore il diritto di adattare le proprie richieste e produzioni istruttorie al contenuto dellavversa memoria difensiva, per poter concretamente sfruttare i fatti in essa non contestati dal convenuto; se il paternalismo sotteso alle disposizioni che attribuiscono al giudice ampi poteri istruttori ufficiosi nella realt utilizzati in ipotesi del tutto eccezionali, e dunque per ci stesso particolarmente invisi ai litiganti meriti o no di prevalere rispetto al principio di legalit cui invece ispirato lart. 2697 c.c. Allesito di una siffatta disamina ci si potrebbe accorgere, se non erro, che questi due modelli processuali ben si prestano, oggi, ad essere ricondotti ad unit; preferendo, beninteso, il rito ordinario, che a me sembra complessivamente pi razionale ed eventualmente conservando per le cause di lavoro (184) Cos S. PELLEGRINI, La litigiosit in Italia, cit., p. 204. (185) G. BALENA, Le novit per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69). La delega per la ri duzione e semplificazione dei riti, in Foro It. 2009, V, cc. 353-354. DOTTRINA 267 le sole peculiarit normative che dovessero ritenersi davvero utili ed irrinunciabili. 9. Conclusioni Il quadro complessivo illustrato rivela che, al di l di lodevoli eccezioni di magistrati e/o uffici giudiziari virtuosi, il funzionamento della giustizia civile in Italia , nonostante il progresso tecnico e linformatizzazione degli uffici, ancora ben lungi dal raggiungere uno stato di ragionevole efficienza. E tuttora ricorrente esperienza verificare che - presso taluni uffici giudiziari - ludienza di comparizione nei giudizi di impugnazione con rito lavoro viene fissata a distanza di quattro anni dalla data del deposito del ricorso in appello. E intuitivo leffetto frustrante e la disaffezione verso lo Stato che tale situazione provoca per le parti litiganti e, pi in generale, per i cittadini. Le soluzioni sopra delineate vogliono costituire modesto contributo per una pi ampia riflessione sul processo civile e, in tale, chiave, spunto di dibattito non solo sulla bont di singole misure organizzative e scelte processuali (e/o istituzionali) proposte ma sulla necessit che qualsiasi intervento normativo tenga conto sinergicamente e contemporaneamente di tutti i profili organizzativi, ordinamentali e di bilancio che rendono un processo costituzionalmente ragionevole. Nella riferita prospettiva vanno privilegiate scelte che, anche arditamente (o addirittura a costo di sembrar provocatorie), siano disposte a sacrificare alla funzionalit del processo opzioni ricostruttive o istituzionali pur se consolidate. Nota degli Autori: Nellassemblare i dati statistici potremmo aver commesso degli errori di trascrizione e/o di calcolo e ce ne scusiamo sin dora. Ringraziamo la dott.ssa Tiziana Cattedra per il prezioso ausilio nelle ricerche dottrinali. 268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 La possibile deflazione delle controversie amministrative Transazione e altri mezzi di prevenzione e/o risoluzione. Premesse ad uno studio sullarbitrato nel diritto amministrativo Jacopo Polinari* SOMMARIO: 1.- Premessa 2.- Individuazione delle controversie amministrative 3.- La transazione 4.- La disponibilit del potere amministrativo e suoi limiti 5.- La disponibilit dellinteresse legittimo 6.- La transigibilit delle situazioni giuridiche soggettive di diritto pubblico 7.- La conciliazione 8.- La conciliazione e la pubblica amministrazione 9.- Larbitraggio 10.- La perizia arbitrale. 1. Premessa Il fenomeno dei mezzi alternativi di risoluzione delle controversie viene tradizionalmente ricollegato allesigenza di decongestionare i tribunali al fine di porre rimedio al peccato originale della irragionevole durata dei processi e del deficit di effettivit della tutela che questa situazione porta in dote. Un sistema che preveda lutilizzo di strumenti che consentano alle parti di addivenire ad una rapida ed economica definizione dei conflitti, vuoi prevenendone linsorgere, vuoi componendoli quando siano gi scoppiati, sembrato a numerose voci in dottrina (1) il metodo migliore per contrastare la lentezza dei processi e recuperare effettivit alla tutela (non) giurisdizionale dei diritti. Si peraltro osservato che paradossalmente, sarebbe proprio lefficienza del sistema giurisdizionale a costituire il maggior incentivo alla utilizzazione di strumenti alternativi di soluzione delle controversie (2). Se infatti la parte che ritiene di avere torto non ha nulla da temere dallesercizio dellazione, perch sa che linefficienza della macchina giudiziaria gli consentir di vedere posticipato di diversi anni il momento della condanna, non sar per nulla attratta da strumenti rapidi ed efficienti di soluzione delle controversie, n sar indotta ad aderire ai tentativi di conciliazione pre-processuali (3). (*) Avvocato e dottore di ricerca. (1) COMOGLIO L.P., La durata ragionevole del processo e le forme alternative di tutela, in Riv. dir. proc. 2007, 591 ss.; TARUFFO M., Adeguamenti delle tecniche di composizione dei conflitti di interesse, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1999, 779 ss.; PICARDI N., Manuale del processo civile, Milano 2006, 598 s.; BENVENUTI F., Larbitrato tra Stato e societ, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, Milano 1991, 22. (2) Cos COSTANTINO G., Il processo civile tra riforme ordinamentali, organizzazione e prassi degli uffici (una questione di metodo), in Riv. trim. dir. proc. civ. 1999, 77 ss., spec. 86. (3) Cfr. sempre COSTANTINO G., op. loc. ult. cit. DOTTRINA 269 Limportanza degli strumenti alternativi per la soluzione delle controversie, da un altro punto di vista, viene anche colta nella logica di sussidiariet della giurisdizione, secondo la quale lintervento autoritativo del giudice deve essere visto come lultima delle chances a disposizione, alla quale si deve ricorrere quando le altre non riescono allo scopo (4). Sotto una prospettiva completamente diversa, anche se sempre connessa con il principio di effettivit della tutela, il fenomeno pu anche essere ricondotto alle esigenze che sorgono con riferimento a controversie dal forte carattere tecnico, o afferenti a settori estremamente particolari delleconomia, rispetto alle quali la giurisdizione sovente non in grado di offrire una risposta adeguata n effettiva (5). La figura del giudice generalista, infatti, entra in crisi davanti a controversie ad alto contenuto tecnico e/o scientifico, che richiedono sempre di pi una dose elevata di competenza tecnica (quando non anche di specifica competenza giuridica) che spesso difettano nel giudice o nella persona che chiamata a dare il suo contributo nel superamento della controversia (6). La istituzione, presso i tribunali e le corti dappello, di sezioni specializzate che vedono lorgano giudicante integrato da tecnici estranei alla magistratura, come le sezioni specializzate agrarie e quelle in materia di propriet industriale, costituisce certamente una validissima risposta alle esigenze di tecnicit che il mercato richiede in chi giudica (7), ma si tratta di un rimedio (4) Cos LUISO F.P., La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2004, 1201, spec. 1205: prosegue lAutore ebbene, in questa ottica la priorit della giurisdizione costituisce un antico retaggio, che oggi mal si concilia con una realt che si fonda essenzialmente sul principio di sussidiariet, in base al quale lintervento autoritativo giurisdizionale che resta pur sempre possibile e costituzionalmente dovuto deve essere considerato come lultima delle chances a disposizione, alla quale si deve ricorrere quando le altre non riescono allo scopo. Un pi corretto ed attuale approccio al tema della tutela dei diritti, infatti, richiede che, al sorgere del bisogno di tutela: a) le parti cerchino di risolvere da sole la controversia, attraverso gli strumenti negoziali che lordinamento pone loro a disposizione; b) se non vi riescono, che tentino sempre la risoluzione negoziale mediante lintervento di un terzo, che funga da catalizzatore di una reazione chimica che non si spontaneamente verificata. Se gli strumenti consensuali non funzionano, allora necessario ricorrere a quelli aggiudicativi: c) allarbitrato anzitutto; d) ed infine, ma solo infine, se le parti non riescono neppure a raggiungere quellaccordo strumentale che il patto compromissorio, vi , garantita costituzionalmente, la giurisdizione statale. Dunque, la conciliazione e pi in generale i mezzi alternativi di risoluzione delle controversie non devono essere considerati un ripiego a fronte di una situazione drammatica della giurisdizione statale: quasi che, se questultima funzionasse bene, dei mezzi alternativi si potrebbe benissimo fare a meno. E non devono essere considerati neppure uno strumento deflattivo di una richiesta di tutela giurisdizionale, cui lapparato pubblico non riesce a far fronte (anche se, di riflesso, ogni conciliazione significa una controversia giurisdizionale in meno). Al contrario, conciliazione e arbitrato sono essenziali anche quando la giurisdizione statale offre un servizio di buon livello: per la stessa logica, in virt della quale lintervento pubblico opportuno solo ove si renda necessario. (5) Si esprime cos BENVENUTI F., op. cit., 23, 27 ss., nonch TARUFFO M., op. loc. ult. cit.; PICARDI N., op. cit., 590. (6) TARUFFO M., op. cit., 788. (7) TARUFFO M., op. loc. ult. cit. 270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 che pecca di flessibilit, e certamente non idoneo a far fronte ad esigenze estemporanee del mercato. Lo stesso dicasi per i processi a rito speciale disegnati in base alle particolarit del rapporto sostanziale controverso, come il rito del lavoro o il rito di cui allart. 23 bis della l. 1034/71. Inoltre non si pu certamente pensare che, fermo restando il diritto di tutti ad una tutela effettiva, lorganizzazione complessiva della giustizia si prenda carico delle particolarit di controversie relative a settori di impatto tutto sommato modesto. Ecco allora che in dottrina si iniziato a parlare di Alternative Dispute Resolution (ADR), mutuate dal mondo anglosassone (8), vale a dire strumenti alternativi per la risoluzione o prevenzione delle controversie, ritenuti generalmente pi adeguati dei canali tradizionali, perch consentirebbero di pervenire ad una soluzione di giustizia della questione in tempi pi rapidi ma soprattutto maggiormente confacenti alle caratteristiche delloggetto controverso (9). Tuttavia, pur non volendo aderire a posizioni estremistiche (10), comunque opportuno ricondurre il fenomeno alla sua giusta misura, osservando che da un lato le ADR, anche nellordinamento di origine, non hanno dimostrato di essere effettivamente la vera panacea dei mali della giustizia togata ed attraversano anzi una parabola discendente, e dallaltro che si tratta, generalmente, di variazioni rispetto a modelli di strumenti non sconosciuti (o addirittura connaturali) al nostro ordinamento, come la conciliazione, larbitraggio, la perizia arbitrale, e addirittura larbitrato, o taluni strumenti di deflazione processuali. In altre parole, se di ADR si vuole parlare, si deve tenere presente che non si tratta di un concetto a s stante, di un modello nuovo di prevenzione o soluzione delle controversie, ma di un concetto riassuntivo nel quale ricadono strumenti ben riconducibili al nostro ordinamento, che non hanno affatto il sapore esotico che parte della dottrina gli riconosce (11). Anzi, la stessa (8) Ovvero, nelle aree di influenza francese, Modes alternatifs de reglement des conflits (MARC). (9) La dottrina in tema di ADR ormai vastissima. Senza pretesa di completezza si vedano CHIARLONI S., Nuovi modelli processuali, in Riv. dir. civ. 1993, I, 269 ss.; CHITI M.P., Le forme di risoluzione delle controversie con la pubblica amministrazione alternative alla giurisdizione, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario 2000, 1 ss.; COMOGLIO L.P., La durata ragionevole del processo e le forme alternative di tutela, in Riv. dir. proc. 2007, 591 ss.; DANOVI R., Le Adr (alternative dispute resolutions) e le iniziative dellUnione europea, in Giur. it. 1997, IV, 326 ss.; DE FELICE S., Le A.D.R. (alternative disputes resolution) nei confronti della pubblica amministrazione, in www.giustizia-amministrativa.it 2004; NAZZINI R., Modelli conciliativi interni al processo (analisi comparativa e tests strutturali), in Riv. dir. proc. 2002, 844 ss.; PUNZI C., Relazioni fra larbitrato e le altre forme non giurisdizionali di soluzione delle liti, in Riv. arb. 2003, 385 ss.; SILVESTRI E., Osservazioni in tema di strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1999, 321 ss.; TARUFFO M., Adeguamenti delle tecniche di composizione dei conflitti di interesse, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1999, 779 ss. (10) Quale quella che vede nelle ADR una moda per tutto ci che nuovo e americano, come limportazione della Coca Cola e dei Blu Jeans SILVESTRI E., op. loc. ult. cit.. DOTTRINA 271 categoria delle ADR altro non sarebbe, ad unosservazione con occhi disincantati, che la categoria dei cd. equivalenti giurisdizionali (12) nella quale Carnelutti (13) faceva confluire rinuncia, riconoscimento, conciliazione e transazione, espungendo in un primo momento larbitrato, dal momento che con larbitrato siamo ormai sul terreno del processo o se si vuole i negozi di prevenzione o composizione delle controversie giuridiche descritti da Montesano (14). Ci tanto vero che, di fatto, le questioni che maggiormente hanno interessato la dottrina non riguardano tanto lin s delle ADR, ma piuttosto la loro definizione (15), le loro potenzialit applicative e la possibilit di una loro importazione nel nostro ordinamento, mentre al momento di individuare la disciplina applicabile ci si rif agli istituti consueti. Ci ancora pi evidente quando si fa riferimento ai mezzi alternativi per la soluzione e/o prevenzione delle controversie con la pubblica amministrazione. Al di l della transazione e dellarbitrato strumenti gi di per s oggetto di una disciplina piuttosto analitica, soprattutto nel settore dei contratti pubblici il legislatore ha previsto e prevede diversi strumenti volti a definire o prevenire situazioni di contenzioso con i privati o con altre amministrazioni, che la dottrina tende a ricondurre nellincerta categoria delle ADR. In realt, se si conduce unindagine con occhi disincantati, ci si avvede che si tratta sempre di strumenti pienamente riconducibili sul piano sistematico vuoi allo schema conciliativo, vuoi allarbitrato, vuoi ancora allarbitraggio o alla perizia contrattuale. Col presente contributo si intende fornire una panoramica dei mezzi di risoluzione delle controversie amministrative alternativi alla giurisdizione e allarbitrato, in modo da verificarne le potenzialit applicative e comprenderne la corretta collocazione sistematica. (11) Ecco perch non sembrano giustificate le remore (pur comprensibili) di parte della dottrina secondo cui la moda delle ADR dovrebbe confrontarsi con la specificit degli ordinamenti di common law di provenienza nonch con losservazione che detti strumenti, in particolare in nord America, si sarebbero dimostrati inefficienti, tanto che la saga americana delle alternative al processo sarebbe nella sua parabola discendente (SILVESTRI E., Op. loc. ult. cit.): strumenti analoghi a quelli americani sono gi ben conosciuti nel nostro ordinamento. (12) PUNZI C., Relazioni fra larbitrato e le altre forme non giurisdizionali di soluzione delle liti, cit., 386; Id., Disegno sistematico dellarbitrato, Padova 2000, vol. I, 33 ss. (13) CARNELUTTI F., Istituzioni del processo civile italiano, 5a ed., Roma 1956, vol. I, 60. (14) MONTESANO L., La tutela giurisdizionale dei diritti, 2a ed., Torino 1994, 41. (15) Si occupa con dovizia di particolari di trovare una condivisa definizione di ADR NAZZINI R., Modelli conciliativi interni al processo (analisi comparativa e tests strutturali), in Riv. dir. proc. 2002, 844 ss., spec. 847 ss. 272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 2 Individuazione delle controversie amministrative Prima di procedere alla disamina delle questioni appena accennate, opportuno chiarire cosa possa intendersi per controversie amministrative, intendendosi per tali quelle controversie in cui la natura della pubblica amministrazione o meglio la rilevanza del pubblico potere possono influire sulla disciplina dei mezzi alternativi di risoluzione delle controversie, diminuendo la disponibilit delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte, ovvero incidendo sulle regole procedimentali o processuali. Ci si deve preoccupare, infatti, di perseguire un disegno sistematico delle possibilit che nel diritto amministrativo hanno gli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie, ci che si pu fare solamente collocando, appunto in maniera sistematica, le diverse ipotesi di liti che vedono come parte la pubblica amministrazione, al fine di evitare di incorrere nellerrore di accomunare casi e questioni diverse, ovvero al contrario di non riconoscere tratti comuni in casi simili. Secondo la definizione tradizionale, sarebbero controversie amministrative quelle nelle quali almeno una delle parti sia un soggetto pubblico o una pubblica amministrazione (16). Detto criterio soggettivo non pare tuttavia dirimente. In senso lato, infatti, che la pubblica amministrazione sia semplicemente parte in una controversia non crea di per s questioni particolari, se non lapplicazione delle disposizioni riguardanti la rappresentanza in giudizio e il foro competente (17). Inoltre una definizione meramente soggettiva lascia fuori dal novero delle controversie amministrative tutte quelle liti tra privati in cui rilevi un provvedimento amministrativo o la spendita di un pubblico potere, nonch quelle controversie in cui un soggetto privato chiamato ad applicare disposizioni di diritto pubblico (18). Ebbene, in primo luogo non sono controversie amministrative propriamente dette quelle in cui la pubblica amministrazione non distinguibile sul piano dellagire sostanziale da un soggetto di diritto privato. Da un punto di vista estremamente ampio, la pubblica amministrazione (rectius le singole pubbliche amministrazioni) infatti una persona giuridica di diritto pubblico (art. 11 c.c.) che, al di fuori dei suoi scopi e delle sue funzioni istituzionali previsti per legge, agisce, ma prima di tutto Ǐ, in un contesto regolato dal diritto privato. Ad esempio la pubblica amministrazione proprietaria di beni mobili (16) CAIA G., Arbitrati e modelli arbitrali nel diritto amministrativo, cit., 1 e 31, che riprende la definizione di LA TORRE M., Larbitrato nel diritto amministrativo, cit., 327. (17) Si veda sullargomento AMORTH G., TOMASICCHIO T., Il giudizio civile con lo stato, Padova 1963, passim. (18) GASPARINI CASARI V., in AA.VV., Larbitrato. Profili sostanziali, cit., 1010. DOTTRINA 273 (anche animali) e immobili; detti beni possono a loro volta essere soggetti a particolari regimi a seconda della loro natura di bene demaniale, bene rientrante nel patrimonio indisponibile o disponibile dello Stato, di enti pubblici o di enti locali, regimi che ne limitano la disponibilit e/o li vincolano al perseguimento dellinteresse pubblico. In ogni modo per il regime giuridico cui detti beni sono sottoposti non muta la disciplina della responsabilit del proprietario o del custode ai sensi degli artt. 2051, 2052, 2053 e 2054 c.c. Ed allora qualora un cittadino lamenti nei confronti di una pubblica amministrazione di avere subito un danno a causa del dissesto di una strada o di un marciapiede, la relativa lite non sar soggetta a regole diverse da quelle ordinarie, salvo, in caso di amministrazione statale, il rispetto delle regole circa la rappresentanza in giudizio e il foro erariale (19). E ci vale per la stessa pubblica amministrazione che potr esperire verso i privati (o altre pubbliche amministrazioni) tutte le azioni a difesa della propriet che spettano al privato, oltre ai rimedi in via amministrativa (art. 823 c.c.). Ancora, la pubblica amministrazione pu disporre degli immobili di cui proprietaria e che non siano connessi allespletamento di fini istituzionali o non siano altrimenti vincolati, decidendo di venderli a terzi ovvero di concederli in locazione allo scopo di trarne profitto nellambito della sua capacit eminentemente privatistica (20). Quando la pubblica amministrazione esercita attivit pericolose soggetta, come ogni altra persona fisica o giuridica, al regime di presunzione di colpevolezza dellart. 2050 c.c. (21), salvo che le attivit fossero svolte per soddisfare imprescindibili esigenze della collettivit, nelle quali si identificano le sue stesse finalit istituzionali, nel qual caso non opera la presunzione di (19) In tal senso vedi, da ultimo, Cass. 6 giugno 2008, n. 15042, in Foro it. 2008, I, 2823, con nota di PALMIERI A., Custodia di beni demaniali e responsabilit: dopo il tramonto dellinsidia ancora molte incertezze sulla disciplina applicabile; Id., sez. un., 20 ottobre 2006, n. 22521, in Corriere giur. 2007, 41 ss., con nota di DE LUCAA.M., I comportamenti non sorretti da alcun potere. Ancora dubbi sulla giurisdizione, secondo la quale la domanda di risarcimento danni dovuto a dissesto del suolo pubblico (nella specie lincuria dellamministrazione aveva favorito uno smottamento che aveva seriamente danneggiato un edificio del ricorrente) deve essere proposta davanti al giudice ordinario giacch la domanda non investe scelte o atti autoritativi dellamministrazione, ma attivit soggetta al principio del neminem laedere. Nello steso senso v. anche Cass., sez. un., 14 gennaio 2005, n. 599; Id., 18 ottobre 2005, n. 20117; Id., 21 ottobre 2005, n. 20346; Id., 28 novembre 2005, n. 25035. (20) V. DELSIGNORE M., La compromettibilit in arbitrato nel diritto amministrativo, Milano 2007, 204 s. In tal senso anche Cons. Stato, 1 ottobre 2002 n. 5121, in Foro amm. CDS 2002, 2403, che precisa che lamministrazione, nellambito di unattivit meramente privatistica che pure deve riconoscersi legittimamente attribuibile ed esercitabile, pu svolgere liberamente la propria attivit negoziale senza dover applicare quelle metodologie procedimentali che la legge impone nellambito delle attivit pubblicistiche- istituzionali, avendo come soli limiti (derivatigli dalla sua natura pubblica) di cedere il bene alle migliori condizioni di mercato, tenendo conto del valore dello stesso secondo le stime dei propri organi tecnici. (21) Cass. 27 febbraio 1984, n. 1393, in Foro it. 1984, I, 1280 ss. 274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 colpa di cui alla norma citata (22). Ma nel caso in cui lamministrazione eserciti unattivit pericolosa al di fuori dei suoi fini istituzionali, allora risorgono i principi di cui allart. 2050 c.c. e le eventuali controversie non si differenzieranno in nulla da quelle tra privati. In questi casi la pubblica amministrazione non esercita i poteri che le sono attribuiti dalla legge per il perseguimento dellinteresse pubblico, ma sconta la propria responsabilit per essere e agire nellambito della vita di relazione alla stregua di ogni altro soggetto, che sia persona fisica o ente; e quindi se il suo essere e la sua attivit non si differenziano da quelli di ogni altro soggetto le relative controversie non seguiranno regole diverse da quelle che coinvolgono privati (23). Detti principi altro non sono che il risvolto sostanziale di quelli enunciati dalla Corte Costituzionale e dalla Suprema Corte nel corso degli ultimi anni in tema di riparto di giurisdizione e pregiudizialit amministrativa, che hanno scardinato il sistema del riparto fondato su blocchi di materie, da poco inaugurato, ed hanno aperto la via ad una assimilazione di fatto delle questioni di giurisdizione alle questioni competenza (24). Lo snodo centrale attorno al (22) Cass. 30 novembre 2006, n. 25479, in Danno e resp. 2007, 679 ss. (23) Nello stesso senso GASPARINI CASARI V., op. loc. ult. cit.; CASSESE S., Larbitrato nel diritto amministrativo, cit., 312, secondo il quale ove le amministrazioni pubbliche sono sottoposte al diritto comune, non vi sar neppure spazio per un vero e proprio arbitrato amministrativo, applicandosi alla pubblica amministrazione () listituto arbitrale di diritto comune ; AMORTH G., Annotazioni sullarbitrato nelle controversie amministrative, cit., 2163 s.; SCOCA F.C., La capacit della pubblica amministrazione di compromettere in arbitri, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1991, 103. (24) difficile sintetizzare in poche battute un revriment giurisprudenziale che da un lato ha scardinato il sistema del riparto di giurisdizione basato sui cd. blocchi di materie inaugurato dal legislatore verso la fine degli anni novanta, e dallaltro ha dato la stura ad un ripensamento generale non solo sul riparto di giurisdizione, ma addirittura sui rapporti tra giudici appartenenti a diversi ordini, che sempre pi viene ad assomigliare ad un rapporto di competenza, tanto da far sorgere il dubbio se ha pi senso lesistenza di un giudice diverso per sindacare lattivit dellamministrazione e se non sia pi corretto ipotizzare un giudice specializzato dellamministrazione (VERDE G., ancora in vita lart. 103, primo comma, Cost.?, cit.). Con la sentenza 6 luglio 2004, n. 204 (in Foro it. 2004, I, 2594, con note di BENINI S., TRAVI A., FRACCHIA F.; in Corriere giur. 2004, 1167 ss.; in Nuove autonomie 2004, 545 ss., con nota di TERESI F.; in Urb. e app. 2004, 1031, con nota di CONTI R.; in Riv. giur. edilizia 2004, I, 1211, con nota di SANDULLI A.M.; in Dir. proc. amm. 2004, 799, con note di CERULLI IRELLI V. e VILLATA R.; in Giust. civ. 2004, I, 2207, con note di SANDULLI A.M. e DELLE DONNE C.; in Giur. it. 2004, 2255) la Corte Costituzionale ha ritenuto non conforme allart. 103 Cost. lattribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di controversie per blocchi di materie, senza che si faccia questione dellesercizio del pubblico potere, non bastando a tal fine che la lite sia pervasa di pubblico interesse (nella specie stato dichiarato incostituzionale lart. 33, comma 1, d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dallart. 7, lett. a), l. 21 luglio 2000 n. 205): perch lart. 103 Cost. non sia violato il legislatore pu indicare particolari materie nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi, e rimetterle alla giurisdizione del giudice amministrativo in ossequio ai principi di concentrazione e di effettivit della tutela (si badi peraltro che il pregnante significato della congiunzione anche nellart. 103 Cost., venne gi messo chiaramente in risalto da LUIGI MONTESANO in Magistrature - ordinarie e speciali - e DOTTRINA 275 arbitri nella giustizia civile secondo la costituzione, in Riv. dir. proc. 1996, 646). Con la successiva sentenza 11 maggio 2006, n. 191 (in Foro it. 2006, I, 1625, con note di TRAVI A. e DEMARZO G.; in Corriere giur. 2006, 922, con nota di DIMAJO A.; in Danno e resp. 2006, 965, con nota di FABBRIZZI G.; in Giust. civ. 2006, I, 1107; in Giur. it. 2006, 1729; in Riv. giur. edilizia 2006, I, 465; in Foro amm. CDS 2006, 1359, con note di FERRERO G. e RISSO F.; in Nuova rass. 2006, 2549; in Dir. proc. amm. 2006, 1005, con note di MALINCONICO S. e ALLENA M.) la Corte delle leggi ha specificato che il legislatore non pu attribuire al giudice amministrativo le controversie che afferiscono a comportamenti dellamministrazione nemmeno mediatamente riconducibili al potere pubblico, quali i comportamenti posti in essere in via di fatto o in assoluta carenza di potere. Sempre nel 2006 la Corte di Cassazione con tre ordinanze gemelle (i riferimenti riguardano Cass., sez. un., 15 giugno 2006, n. 13911, in Corriere giur. 2006, 1073 ss.; in Foro amm. CDS 2006, 1359, con note di FERRERO G. e RISSO F.; in Riv. giur. edilizia 2006, I, 880, con note di SANDULLI A.M. e MARI G.) ha sviluppato quanto affermato dal giudice delle leggi precisando che lazione di risarcimento del danno, quando collegata allesercizio di un potere amministrativo appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo e si configura come una forma di tutela dellinteresse legittimo ulteriore e non necessariamente collegata pregiudizialmente alla tutela annullatoria del provvedimento. In altre parole il risarcimento del danno non sarebbe una posizione giuridica autonoma derivante dalla lesione dellinteresse legittimo ma sarebbe una forma di tutela di quello, e potrebbe essere domandata al giudice amministrativo a prescindere dalla richiesta di annullamento del provvedimento, contrariamente a quanto ritenuto dalla costante giurisprudenza amministrativa. Contro questa posizione della Suprema Corte, in aperto conflitto istituzionale, si schierata lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato 22 ottobre 2007, n. 12 (in Foro it. 2008, III, 1, con nota di TRAVI A.; in Corriere giur. 2008, 253, con note di DI MAJO A., PELLEGRINO G.; in Giur. it. 2008, 487; in Contratti Stato e enti pubbl., 2008, 97; in Urb. e app. 2008, 339, con nota di GALLO C.E; in Foro amm. CDS 2007, 2756; in Riv. corte conti 2007, fasc. 5, 265) che ha invece ribadito il carattere consequenziale e ulteriore della tutela risarcitoria rispetto a quella annullatoria. Peraltro la Corte di Cassazione, forse prevedendo la reazione non favorevole dei giudici di Palazzo Spada nei confronti della caduta della cd. pregiudiziale amministrativa, nelle tre ordinanze sopra citate si era premurata di precisare che eventuali provvedimenti del G.A. che avessero dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno sul presupposto della mancata previa impugnazione del provvedimento amministrativo avrebbero potuto essere impugnati davanti le stesse Sezioni Unite motivi attinenti alla giurisdizione. Ma leco della sentenza 204/2004 della Corte Costituzionale avrebbe condotto anche la Suprema Corte ad affermare il principio della translatio judicii tra giudice ordinario e giudici speciali (e viceversa) con la sentenza a Sezioni Unite del 22 febbraio 2007, n. 4109 (in Foro it. 2007, I, 1009, con nota di ORIANI R.; in Urb e app. 2007, 817, con nota di SIGISMONDI G.; in Riv. giur. edilizia 2007, I, 533; in Dir. proc. amm. 2007, 796, con nota di SIGISMONDI G.; Giur. it. 2007, 2253; in Riv. dir. proc. 2007, 1577, con nota di ACONE M.; in Giurisdiz. amm. 2007, III, 139). Decisione questa in seguito contestata espressamente da unulteriore sentenza della Corte Costituzionale che, nel non ravvisare nellordinamento norme che consentano la translatio judicii tra giudici appartenenti ad ordini diversi, ha tuttavia cassato lart. 30 l. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui non prevedeva che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione, contribuendo allavvicinamento, ormai inesorabile, tra la disciplina delle questioni di giurisdizione a quella delle questioni di competenza (Corte cost. 17 marzo 2007, n. 77, in Foro it. 2007, I, 1009, con nota di ORIANI R.; in Urb. e app. 2007, 814, con nota di SIGISMONDI G.; in Foro amm. CDS 2007, 753 ss.; in Giust. civ. 2007, I, 553 ss.; in Giornale dir. amm. 2007, 958, con nota di PAJNO A.; in Riv. giur. edilizia 2007, I, 487, con nota di SANDULLI A.M.; in Dir. proc. amm 2007, 796, con nota di SIGISMONDI G.; in Riv. dir. proc. 2007, 1577, con nota di ACONE M.). Sempre nel solco di un avvicinamento tra le giurisdizioni amministrativa e ordinaria si pone poi Corte cost. 27 aprile 2007, n. 140, cit., laddove afferma che, sempre e comunque nel rispetto dei principi esplicitati dalle sentt. 204/2004 e 191/2006, nessuna disposizione o principio impone al legislatore di riservare al giudice ordinario la tutela dei cd. diritti fondamentali, che pertanto ben possono essere rimessi alla competenza giurisdizionale del giudice amministrativo. Un ulteriore passo verso lavvicinamento delle questioni di giurisdizione alle questioni di competenza 276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 quale ruota il revriment giurisprudenziale iniziato nel 2004 culminato nellart. 59 l. 18 giugno 2009, n. 69, che disciplina la cd. translatio judicii tra giudice ordinario e giudice amministrativo e viceversa costituito, se si affronta la questione dal lato della giurisdizione, dal potere amministrativo: la Corte Costituzionale ha affermato che, in ossequio allart. 103 Cost., non ogni materia pu essere ricompresa nella giurisdizione amministrativa, ma soltanto quelle materie che siano almeno mediatamente toccate dallesercizio del potere amministrativo. Quando cio la pubblica amministrazione agisce al di fuori degli scopi che le sono attribuiti dalla legge per il perseguimento dellinteresse pubblico, rappresentato dal pronunciamento delle Sezioni Unite del 9 ottobre 2008, n. 24883 (al momento inedita) con la quale la Suprema Corte, promovendo uninterpretazione adeguatrice dellart. 37 c.p.c. alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (asse portante della nuova lettura della norma), ha statuito che il difetto di giurisdizione pu essere eccepito dalle parti in primo grado (e solo in primo grado) anche dopo la scadenza dei termini previsti dallart. 38 c.p.c., e la sentenza di primo grado di merito pu sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione, a prescindere che le parti abbiano o meno sollevato la relativa eccezione; viceversa le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione, e il giudice pu sollevare dufficio la questione, soltanto se sul punto non si formato il giudicato implicito o esplicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimit. Infine, con la sentenza 23 dicembre 2008, n. 30254, ancora inedita, le Sezioni Unite della Suprema Corte, dopo aver ribadito che similemente alle norme sulla competenza gli artt. 24 e 111 Cost. impongono la previsione di congegni che consentano alla parte di riparare lerrore compiuto nella scelta del giudice e di superare lerrore di questi nel denegare la giurisdizione, riaffermano facendo uso del potere che si era riservato di conoscere dei casi in cui il giudice amministrativo avesse rifiutato la tutela risarcitoria per la mancata previa impugnazione del provvedimento illegittimo che proposta al giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al risarcimento del danno prodotto dallesercizio illegittimo della funzione amministrativa, viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che lillegittimit dellatto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento. Le Sezioni Unite, nel dare continuit allindirizzo inaugurato nel 2006 (dalle ordinanze n. 13659, 13660 e 13911), danno conto dellevoluzione del concetto di giurisdizione, dovuta a molteplici fattori (il ruolo centrale della giurisdizione nel rendere effettivo il primato del diritto comunitario; il canone delleffettivit della tutela giurisdizionale; il principio di unit funzionale della giurisdizione nella interpretazione del sistema ad opera della giurisprudenza e della dottrina; il rilievo costituzionale del principio del giusto processo; lampliarsi delle fattispecie di giurisdizione esclusiva, ecc.), e della conseguente mutazione del giudizio sulla giurisdizione rimesso alla S.C., tradizionalmente inteso a livello di pura qualificazione della situazione soggettiva dedotta, alla stregua del diritto oggettivo. Infatti, giurisdizione, nella Costituzione (artt. 24, 111 e 113), termine che va inteso nel senso di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi e, dunque, in un senso che comprende le diverse tutele che lordinamento assegna ai diversi giudici per assicurare leffettivit dellordinamento. norma sulla giurisdizione non solo quella che individua i presupposti dellattribuzione del potere giurisdizionale (ripartito tra i diversi ordini di giudici a seconda del tipo di situazioni soggettive e di settori di materie), ma anche quella che d contenuto a quel potere stabilendo le forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca. Pertanto, rientra nello schema logico del sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione, rimesso alle S.U., loperazione che consiste nellinterpretare la norma attributiva di tutela, onde verificare se il giudice amministrativo, ai sensi dellart. 111, comma 8, Cost., la eroghi concretamente, e nel vincolarlo ad esercitare la giurisdizione rispettandone il contenuto essenziale (massima uff.). DOTTRINA 277 lart. 103 Cost. impedisce che eventuali controversie siano attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo (25). Quando cio oggetto della controversia sono meri comportamenti non distinguibili da quelli di qualunque altro soggetto privato e non rileva lesercizio del pubblico potere attribuito in virt di legge, la giurisdizione su eventuali controversie con lamministrazione appartiene al giudice ordinario (26), n il legislatore potrebbe attribuirla al giudice amministrativo senza violare lart. 103 Cost. (27). Ci significa, invertendo i termini della questione e privilegiando il punto dosservazione del diritto sostanziale, che quando la pubblica amministrazione non agisce esercitando i pubblici poteri nel perseguimento dellinteresse pubblico, la sua attivit e le sue relazioni con gli altri soggetti dellordinamento sono regolate dal diritto privato (28), le situazioni giuridiche sottostanti sono di diritto soggettivo pieno; mancando il pubblico potere nemmeno sono ipotizzabili in astratto posizioni di interesse legittimo capaci di giustificare la giurisdizione amministrativa. Ecco allora che eventuali controversie che potrebbero scaturire dellessere o dallagire della pubblica amministrazione come un soggetto privato, al di fuori delle sue incombenze istituzionali, rientrano tout court nel diritto privato. Da questa assimilazione non pu che discendere che dette controversie sono liberamente arbitrabili e transigibili come lo sono quelle tra privati, ferme restando tuttavia le disposizioni inerenti la responsabilit per danno erariale ex art. 28 Cost. Discorso analogo, in linea con quanto appena riferito, va fatto anche per le controversie riguardanti i danni subiti dal privato per causa di unattivit reale dellamministrazione, ossia quei danni derivanti al privato nellambito di scelte di mera opportunit tecnica, al di fuori di ogni valutazione afferente a discrezionalit amministrativa: vi sono pi modi per abbattere un edificio pericolante, eseguire una disinfezione, eseguire unanalisi chimica e simili. Queste scelte non hanno a oggetto la ponderazione di interessi pubblici, ma lapplicazione di tecniche. Se lazione sbagliata e ha esiti di danno ingiusto, lamministrazione o lautore della scelta rispondono per fatto illecito civile o altro (penale) (29). Se pertanto ci che ha prodotto danni al privato la scelta (25) PANZAROLA A., Riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in AA.VV., La giurisdizione nellesperienza giurisprudenziale contemporanea, a cura di MARTINO R., Milano 2008, 145 s., 154, 157, 164; SANINO M., Pregiudiziale, risarcimento, translatio. Lo stato della giurisprudenza. Spunti di riflessione, in AA.VV., Le nuove frontiere del giudice amministrativo, cit. 47. (26) V. ex multis Cass., sez. un., 30 gennaio 2008, n. 2029; Id., 5 marzo 2008, n. 5925; Id., 27 luglio 2005, n. 15660. (27) Corte cost. 11 maggio 2006, n. 191, cit. (28) SANINO M., op. loc. ult. cit.; SCOCA F.C., La capacit della pubblica amministrazione di compromettere in arbitri, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1991, 100. (29) Cos GIANNINI M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, IIa ed., Milano 2000, 270. 278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 dellamministrazione fondata su parametri esclusivi di opportunit, al di fuori dellesercizio del pubblico potere (ancorch nelloccasione), le relative controversie, sottratte al sindacato di legittimit del giudice amministrativo (salvi i casi tassativi di giurisdizione di merito) avranno ad oggetto diritti soggettivi e saranno transigibili e arbitrabili alla stregua del diritto comune (30). Parimenti non rientrano strictu sensu tra le controversie amministrative quelle che possono venire in essere quando lamministrazione agisce per lattuazione dei suoi fini istituzionali non gi avvalendosi della sua posizione di supremazia, ma servendosi degli strumenti di diritto privato che danno luogo a rapporti contraddistinti da diritti soggettivi perfetti (31). Un caso a parte rappresentato dalle controversie in materia di contratti pubblici. Come noto lart. 244 d.lgs. 163/06 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, incluse quelle risarcitorie, relative alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture svolte da soggetti (pubblici o privati) comunque tenuti allapplicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto delle procedure di evidenza pubblica. Fino a che non sia avvenuta la stipulazione del contratto lintera vicenda regolata dal diritto amministrativo (32), e in particolare dalle norme in tema di evidenza pubblica: il contraente pu vantare nei confronti della stazione appaltante solo posizioni di diritto amministrativo ed eventuali liti sono rimesse alla giurisdizione di legittimit del giudice amministrativo (33). (30) E cos se lamministrazione deve provvedere allabbattimento di un edificio pericolante, ferma la legittimit del provvedimento, potr farlo secondo diverse modalit: esplosivo, ricorso a mezzi meccanici ovvero esclusivamente al lavoro degli operai. Detta scelta risponde ad esigenze di mera opportunit, non ha cio i caratteri della discrezionalit amministrativa n in gioco il pubblico interesse: risponde infatti a pubblico interesse labbattimento delledificio pericolante, mentre la scelta delle modalit operative con cui il pubblico interesse viene perseguito afferisce a meri criteri di opportunit. Semmai la scelta dellamministrazione sar orientata dal principio del alterum non laedere di cui allart. 2043 c.c. Si tratta in altre parole, anche in questo caso, di meri comportamenti della pubblica amministrazione che, seppur mediatamente collegati allesercizio del pubblico potere, danno comunque luogo a posizioni di diritto soggettivo rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario, e pertanto transigibili e arbitrabili alla stregua del diritto comune. In senso analogo v. Cass., sez. un., 20 ottobre 2006, n. 22521, cit. (31) CAPACCIOLI E., Larbitrato nel diritto amministrativo, cit., 3 ss.; Cass. 2 febbraio 1966, n. 372, a proposito della compromettibilit per arbitri delle controversie relative alle forniture. (32) Lo spartiacque tra la giurisdizione del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, e prima ancora tra la fase di diritto pubblico e quella disciplinata dalle regole del diritto civile, rappresentata dalla stipulazione del contratto. In dottrina v. DALEFFE G., SPACCAPELO C., Le disposizioni processuali del nuovo codice dei contratti pubblici, cit., 955. (33) Sembra fare eccezione la posizione dellaggiudicatario nel caso in cui la stazione appaltante rifiuti di stipulare il contratto, al di fuori delle ipotesi di autotutela. Occorre infatti domandarsi, in tale situazione, di quale tipo sia la posizione soggettiva dellaggiudicatario, se interesse legittimo o diritto soggettivo. A nostro modo di vedere non sembra seriamente contestabile che la situazione giuridica soggettiva che si crea in capo allaggiudicatario sia un vero e proprio diritto soggettivo (Cass., sez. un., 11 giugno 1998, n. 5807, in Riv. C. Conti 1998, II, 240). Ritenere infatti che, a fronte dei poteri in capo alla amministrazione di non stipulare il contratto in esercizio di autotutela, la posizione dellaggiudicatario presenti la consistenza di un interesse legittimo al corretto uso del potere, pare contrastare, sul piano si- DOTTRINA 279 A valle della stipulazione del contratto si entra nella fase privatistica dei rapporti tra il contraente e la stazione appaltante; eventuali controversie rientrano pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario (34), essendo inerenti a rapporti di diritto privato. Pertanto, se ci vero, se ne dovrebbe ricavare che anche le liti in materia di contratti pubblici, dal momento che ineriscono a rapporti di diritto privato e rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, siano transigibili e arbitrabili alla stregua del diritto comune (35). Eppure cos non . Infatti, come si vedr nel paragrafo successivo, la disciplina della transazione nella materia dei contratti pubblici soggetta a vincoli formali, procedurali e sostanziali, mentre larbitrato stato da sempre oggetto di una disciplina particolarmente analitica e soprattutto in passato limitativa dellautonomia delle parti, senza contare che pi volte, lultima con lart. 3, comma 19, l. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) il legislatore ne ha espressamente vietato lutilizzo (36). stematico, con laffermata configurabilit di una responsabilit precontrattuale della P.A. di fronte al legittimo affidamento dellaggiudicatario alla stipulazione del contratto (v., ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 7 luglio 2003, n. 5991, in Foro Amm. T.A.R. 2003, 2297, con riferimento alla mancata stipula del contratto per sopravvenuta carenza di fondi; Cons. Stato, sez. IV, 7 marzo 2005, n. 920, in Foro Amm CDS 2005, 738; Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6, ivi, 2005, 2515). Sullargomento v., se si vuole, POLINARI J., Le fasi della formazione del contratto pubblico: brevi note a prima lettura sugli artt. 11 e 12 del codice dei contratti pubblici, in Rass. avv. Stato 2006, 185, spec. 189 s. (34) Ad eccezione delle controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti e quelle relative alla revisione dei prezzi, che restano appannaggio della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (35) Cos precisamente DELSIGNORE M., La compromettibilit, cit., 208, 212. (36) Con un velato eufemismo si pu dire che la vicenda normativa relativa allultimo divieto di arbitrato nel settore dei contratti pubblici complicata. Il divieto venne introdotto dallart. 3, comma 19, l. 24 dicembre 2007, n. 244. legge finanziaria per il 2008, che dett anche una complicata e difficilmente riconducibile a congruit disciplina transitoria e di entrata in vigore. In ogni modo lentrata effettiva in vigore del divieto successivamente stata pi volte rimandata, lultima con lart. 1 ter d.l. 23 ottobre 2008, n. 162, convertito con modificazioni in l. 22 dicembre 2008, n. 201, che ha differito al 30 marzo 2009 il termine gi differito con il d.l. 3 giugno 2008, n. 97, convertito in legge con modificazioni da l. 2 agosto 2008, n. 129, che ha anche disciplinato i rapporti conseguenti alla mancata conversione in legge del d.l. 30 giugno 2008, n. 113, e che appunto prevedeva il differimento di alcuni termini di entrata in vigore di alcune disposizioni normative. Nel frattempo, lart. 15, d.l. 31 dicembre 2007, n. 248 ha differito lentrata in vigore del divieto al 1 luglio 2008 al fine di consentire la devoluzione delle liti di oggetto del divieto alle costituende sezioni specializzate in materia di propriet industriale di cui al d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168. Sul divieto di arbitrato in materia di contratti pubblici, che richiama alla memoria il precedente divieto stabilito dalla prima versione dellart. 32 l. Merloni, si vedano CAPPONI B., La legge finanziaria per il 2008 e il divieto di arbitrato, relazione tenuta al convegno IGI in Roma, 17 gennaio 2008, in http://www.igitalia.it/doc/12.pdf; LOMBARDINI I., Arbitrato delle opere pubbliche, in AA.VV. Arbitrati Speciali, commentario diretto da CARPI F., Bologna 2008, 166 s.; MANFREDI G., Le stagioni dellarbitrato: dallobbligo al divieto?, in Urb. e app. 2008, 275 ss.; POLINARI J., Labolizione dellarbitrato in materia di contratti pubblici Riflessioni a margine di un rapporto controverso, in Appalti e contratti 2008, fasc. 8-9, 45 ss.; TRAVI A., Arbitrati negli appalti pubblici: nuovi divieti e incertezze persistenti, in Corriere giur. 2008, 499 ss. 280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Peraltro va osservato che le cautele che il legislatore ha introdotto nella disciplina della transazione, dellarbitrato e degli altri strumenti di soluzione e/o prevenzione delle controversie scompaiono del tutto nel caso in cui la medesima lite sia invece devoluta, per quanto di sua competenza, alla giurisdizione ordinaria. Le norme del codice dei contratti pubblici, tanto prodighe di prescrizioni verso la transazione, laccordo bonario e larbitrato, non dettano alcuna disciplina per le liti che si svolgono apud judicem, salvo alcune disposizioni in materia cautelare, peraltro applicabili solamente nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 245 d.lgs. 163/06), e norme capitolari che posticipano la risoluzione delle riserve a collaudo avvenuto (37). Losservazione che si pu trarre da questo panorama normativo che il legislatore, pur non disconoscendo affatto la natura eminentemente ed innegabilmente privata delle controversie in questione, non ha potuto non rilevare che lintera materia dei contratti pubblici attiene ad un settore delleconomia fortemente permeato di interesse pubblico, vuoi perch il committente ha quasi sempre natura pubblica e cos anche le risorse impiegate vuoi perch lesecuzione del contratto, che si tratti della realizzazione di unopera pubblica ovvero dellesecuzione di un servizio o di una fornitura, risponde sempre e comunque allesigenza di perseguimento dellinteresse pubblico. Ecco allora che sotto questa luce si giustificano non solo le limitazioni allautonomia negoziale delle parti nella costruzione negoziale del contratto dappalto, ma anche le disposizioni in tema di transazione e arbitrato. Il fatto poi che il legislatore non abbia dettato nessuna norma per le liti che si svolgono davanti al giudice ordinario significa solo che non ha ravvisato le stesse esigenze di cautela per il caso in cui la lite vada ad incardinarsi davanti ad un organo appartenente allorganizzazione giudiziaria, ritenendo che la sua posizione istituzionale dia garanzie sufficienti anche con riguardo alla salvaguardia dellinteresse pubblico, diversamente da quanto potrebbe invece attendersi quando la lite sia affidata allautonomia privata delle parti. Quindi, anche se nelle liti in materia di contratti pubblici, una volta varcato il momento dellaggiudicazione, non si pongono questioni circa leser- (37) V. lart. 33 d.m. Ministero dei Lavori Pubblici 19 aprile 2000, n. 145: 1. Lappaltatore che intenda far valere le proprie pretese nel giudizio ordinario o arbitrale deve proporre la domanda entro il termine di decadenza di sessanta giorni, decorrente dal ricevimento della comunicazione di cui allarticolo 149, comma 3, del regolamento, o della determinazione prevista dai commi 1 e 2 dellarticolo 32 del capitolato, oppure dalla scadenza dei termini previsti dagli stessi commi 1 e 2. 2. Salvo diverso accordo delle parti, e qualora la domanda non abbia ad oggetto questioni la cui definizione non differibile nel tempo, la controversia arbitrale non pu svolgersi prima che siano decorsi i termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 32. 3. Se nel corso dellappalto sono state proposte pi domande di arbitrato in relazione a diverse procedure di accordo bonario, queste sono decise in un unico giudizio ai sensi del comma 2. DOTTRINA 281 cizio - legittimo o meno - del pubblico potere, il fatto che loggetto della controversia, e prima ancora del contratto, sia fortemente permeato di pubblico interesse, se non muta la natura eminentemente privatistica del rapporto sostanziale, non sufficiente a consentire la devoluzione della controversia al giudice amministrativo (38), ma pu giustificare limposizione di una disciplina che, per il caso di composizione e/o risoluzione alternativa, limiti in qualche modo lautonomia privata delle parti (39). 3. La transazione La transazione il negozio col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite gi cominciata o prevengono una lite che pu insorgere tra loro (art. 1965 c.c.). Presupposti di validit della transazione sono lesistenza di un caput controversum, di una situazione di incertezza giuridica cui le parti intendono porre rimedio, e le reciproche concessioni, laliquid dare e laliquid retinere, che differenziano il negozio di cui ci si occupa dalle ipotesi di abdicazione al proprio diritto o riconoscimento dellaltrui, facendone un contratto a prestazioni corrispettive. I diritti che formano oggetto del negozio non devono essere sottratti, per loro natura o per disposizione di legge, alla disponibilit delle parti, pena la nullit del contratto (art. 1966 c.c.). Quanto alla forma, le disposizioni del codice civile non richiedono la forma scritta ad substantiam, ma solo quella ad probationem (art. 1967 c.c.), salvo che la transazione verta su controversie relative a rapporti giuridici di cui allart. 1350 c.c. nel qual caso la forma scritta sar richiesta per la validit dellatto (art. 1350, n. 12, c.c.) ovvero sia altrimenti disposto dalla legge. Si suole distinguere il negozio in due diverse fattispecie: a) transazione semplice, che si ha quando le parti si accordano per modificare o integrare il preesistente rapporto senza travolgerlo (art. 1965, comma 1, c.c.); b) transazione novativa o innovativa, caratterizzata dallestinzione del preesistente rapporto tra le parti, e dalla sua sostituzione con una diversa fonte di regolazione (art. 1976 c.c.). A questultima ipotesi assimilabile la cosiddetta transazione mista, che si ha allorch oggetto delle reciproche con- (38) La Corte Costituzionale, con la sentenza 204/2004, cit., ha infatti stabilito che, perch lart. 103 Cost. sia rispettato, perch una controversia possa legittimamente essere devoluta al giudice amministrativo non sufficiente che sia pervasa da pubblico interesse. (39) Il contratto dappalto di opere pubbliche considerato paradigmatico dei contratti di diritto privato speciale che in dottrina si sono distinti dai contratti di diritto pubblico quali concessioni, convenzioni urbanistiche, convenzioni in materia sanitaria, servizi: GRECO G., I contratti dellamministrazione tra diritto pubblico e privato, Milano 1986, 105 ss. 282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 cessioni siano rapporti diversi da quello controverso (art. 1965, comma 2, c.p.c.) (40). La transazione comporta un superamento del preesistente stato dei rapporti tra le parti, sia che lautonomia negoziale vi abbia solo apportato modifiche, come nel caso della transazione semplice, sia che lo abbia sostituito totalmente con una diversa fonte di regolazione avente origine negoziale (41). Quanto alle pubbliche amministrazioni, la transazione era gi prevista e disciplinata prima che il Codice degli Appalti codificasse, senza peraltro aggiungere particolari innovazioni, la facolt della stazione appaltante e dellesecutore dellopera pubblica di transigere ogni possibile lite gi insorta o sul punto di insorgere. La transazione infatti istituto a carattere generale, e pu essere utilizzata da tutti i soggetti dellordinamento comprese le pubbliche amministrazioni salvo che non vi sia unespressa esclusione di legge (42). Peraltro la natura pubblica di una delle parti ha imposto la disciplina di determinati aspetti della genesi e del modo di essere del contratto ulteriori rispetto a quanto previsto dal codice civile. In primo luogo la legge si preoccupa di individuare i soggetti titolari del potere di approvare le transazioni. Per quanto attiene le amministrazioni statali, lart. 16 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 individua nei dirigenti di uffici dirigenziali generali i soggetti titolari del potere di conciliare e di transigere (oltre a promuovere e resistere alle liti). Quanto agli altri soggetti pubblici il soggetto titolare del potere di concludere transazioni viene di volta in volta individuato dalla legge o dal regolamento interno dellente. Per quanto riguarda in particolare gli enti locali, il potere di stipulare transazioni dovrebbe rientrare tra i poteri della Giunta (43), non essendo espressamente menzionata tra le attribuzioni del Consiglio di cui allart. 42 del Testo Unico. Con riferimento alle amministrazioni statali e alle Regioni che intendono avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, lart. 13, l. 30 ottobre 1933, n. 1611 (testo unico sulla difesa in giudizio dello Stato), attribuisce al- (40) Sulla transazione in generale vedi TRABUCCHI A., Istituzioni di diritto civile, Padova 2000, 811 ss.; BONILINI G., Contratti diretti alla composizione e prevenzione delle liti, in Manuale di diritto privato, a cura di BESSONE M., Torino 2003, 896 ss.; DEL PRATO E., voce Transazione (diritto privato), in Enc. Dir. 1992, vol. XLIV, 813 ss.; MOSCARINI L. V., CORBO N., voce Transazione (diritto privato), in Enc. Giur. 1994, vol. XXI; SANTORO PASSARELLI F., La transazione, Napoli 1975; Id., Negozio e giudizio, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1956, 185 ss. (41) In questo senso vedi DEL PRATO E., voce Transazione (diritto privato), cit., 828 ss.; MOSCARINI L. V., CORBO N., voce Transazione (diritto privato), cit., 9. (42) V. Cons. Stato, sez. VI, 2 agosto 2004, n. 5365; Id., sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3045; T.A.R. Bologna 30 ottobre 1984, n. 462; Id. Catanzaro, sez. I, 4 maggio 2006, n. 485. FERRARI G., in AA.VV., Codice degli appalti pubblici, a cura di GAROFOLI R. e FERRARI G., Roma 2007, sub art. 239, 1290. (43) Arg. ex artt. 48, 107 e 42 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 testo unico delle leggi sullordinamento degli enti locali. Cos anche Cass. 2 febbraio 2005, n. 2072, nel vigore della l. 8 giugno 1990 n. 142. DOTTRINA 283 lAvvocatura la funzione di predisporre transazioni daccordo con le amministrazioni interessate o di esprimere parere su quelle redatte in proprio dalle amministrazioni medesime (44). Da ultimo, le delibere di approvazione di atti transattivi sono sottoposte al controllo preventivo della Corte dei Conti (45). Quanto alla forma, dal momento che la pubblica amministrazione pu concludere contratti solo per iscritto, la transazione richiede forma scritta ad substantiam (46). Lart. 239 d.lgs. 13 aprile 2006, n. 163, cd. codice degli appalti, detta per la prima volta una disciplina espressa della transazione nella materia dei contratti pubblici, e la configura come strumento parzialmente alternativo alla procedura di accordo bonario di cui allart. 240, fissandone requisiti e sottoponendola ad un procedimento ad hoc. Come si accennato supra, i rapporti nascenti da contratti pubblici non si differenziano da quelli che scaturiscono da contratti tra privati, se non per la rilevante presenza dellinteresse pubblico, che giustifica talune limitazioni alla autonomia privata delle parti (47). In particolare, con riferimento alla transazione, il legislatore ha previsto specifici adempimenti procedurali, quali la necessit di acquisire preventivamente il parere dellavvocatura che difende il soggetto pubblico (48). In deroga alla disciplina sopra riassunta, lart. 239 d.lgs. 163/06 richiede il parere dellavvocatura solo qualora il valore degli importi oggetto delle reciproche concessioni ecceda la soglia dei 100.000,00 euro, mentre non necessario per un importo pari od inferiore. In caso in cui la difesa in giudizio dellente non sia (44) Il parere dellAvvocatura dello Stato, quantomeno con riferimento alle sole amministrazioni statali, ritenuto da costante giurisprudenza della Corte dei Conti sufficiente per escludere la responsabilit contabile del dirigente (C. conti 26 giugno 2002, n. 212/A; Id. 31 maggio 2002, n. 173/A). N si ritiene sufficiente, perch i dirigenti siano liberi da responsabilit contabile, un parere dellavvocatura erariale purchessia: la Corte dei Conti ha infatti ritenuto che Ǐ improntato a superficialit e negligenza il comportamento di alcuni amministratori di un ente pubblico che hanno stipulato una transazione sulla base di un parere, generico ed apodittico, mentre sarebbe stata necessaria unapprofondita analisi, alluopo chiedendo il parere di un organo a ci deputato dallordinamento quale lAvvocatura Generale dello Stato. (45) Lart. 3, comma 1, lett. g), L. n. 20/1994, il controllo della Corte si esercita sui decreti che approvano contratti delle amministrazioni dello Stato, escluse le aziende autonome; attivi, di qualunque importo, ad eccezione di quelli per i quali ricorra lipotesi prevista dallultimo comma dellarticolo 19 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440; di appalto dopera, se di importo superiore al valore in ECU stabilito dalla normativa comunitaria per lapplicazione delle procedure di aggiudicazione dei contratti stessi; altri contratti passivi, se di importo superiore ad un decimo del valore suindicato. (46) FERRARI G., op. loc. ult. cit.; Cass. 2 febbraio 2005, n. 2072; Id. 29 novembre 2005, n. 26047; Id. 6 giugno 2002, n. 8192, in Nuova giur. civ. 2003, I, 185, con nota di PASSALALPI E.; Id. 30 luglio 1996, n. 6908, Foro it.1997, I, 891; Id. 23 marzo 1987, n. 2839. (47) DALEFFE G., SPACCAPELO C., Le disposizioni processuali del nuovo codice dei contratti pubblici, cit., 950. (48) Non necessariamente lAvvocatura dello Stato: qualora presso lente sia costituita unapposita avvocatura, come presso certi comuni o certe province, sar sufficiente il parere di quella. 284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 affidato ad unapposita avvocatura, sufficiente il parere del funzionario di grado pi elevato competente per il contenzioso (49). Altra deroga rispetto alle disposizioni codicistiche riguarda limpossibilit di concludere transazioni novative dal momento che le regole comunitarie e nazionali in tema di contratti pubblici impediscono che il rapporto tra il soggetto aggiudicatore e il privato possa essere modificato a tal punto da dare vita ad un rapporto del tutto nuovo (50). Venendo ai rapporti propriamente di diritto pubblico, si pu distinguere tra i rapporti in cui viene in gioco il pubblico potere gi esercitato, dai rapporti aventi invece ad oggetto proprio lesercizio del pubblico potere. I primi presuppongono che lesercizio del potere da parte dellamministrazione si sia esaurito e perfezionato in un provvedimento. Si tratta pertanto di rapporti che sorgono quali effetti del provvedimento amministrativo e da questo promanano; effetti che naturalmente non si esauriscono nellambito degli effetti desiderati dallamministrazione che lo ha posto in essere, ma che appunto possono dare vita ad una serie di rapporti tra privati dei quali lamministrazione non parte (51). Generalmente la transazione su questi rapporti persegue linteresse dellamministrazione alla salvaguardia del provvedimento amministrativo e dei suoi effetti dallimpugnazione da parte del privato, che viene tacitato dietro il riconoscimento di un bene o, pi spesso, dietro lesborso di una somma di denaro o altra utilit. Il secondo tipo di rapporti ha invece ad oggetto proprio lesercizio del potere amministrativo. Diversamente dai rapporti che si sono appena descritti, in questi loggetto non si riduce agli effetti di un potere amministrativo gi (49) Quid juris nel caso in cui presso lente non sia costituita unapposita avvocatura (e lente non sia rappresentato n ope legis n dietro volont dallAvvocatura dello Stato) ma disponga al suo interno di un servizio di consulenza legale? Sar comunque obbligatorio rivolgersi allufficio legale interno o, perch lart. 239 sia rispettato, sar sufficiente il parere del funzionario pi elevato in grado competente per il contenzioso? E il parere dellufficio legale sarebbe a sua volta sufficiente? Tale aspetto non pu essere risolto in via generale, dovendosi di volta in volta esaminare le regole che disciplinano il funzionamento dellamministrazione e le competenze del dirigente chiamato a decidere sulla transazione: infatti, potrebbe esistere una disposizione dello statuto, ovvero una delibera di Consiglio o di Giunta, che obblighino ad acquisire il parere dellufficio legale dellente, ovvero potrebbe verificarsi che la competenza di questi a pronunziarsi derivi dalle attribuzioni allo stesso spettanti in base allassetto organizzativo interno. In mancanza di disposizioni diverse sembrerebbe doversi ritenere che, nonostante la presenza di un ufficio di consulenza legale presso lente, non si possa prescindere dal parere del funzionario alluopo individuato, cui la norma di legge attribuisce la responsabilit amministrativa e contabile della transazione (arg. ex C. conti 26 giugno 2002, n. 212/A; Id. 31 maggio 2002, n. 173/A). (50) DALEFFE G., SPACCAPELO C., op. loc. ult. cit.; AMORIZZO M.G., La transazione, in AA.VV., La tutela in tema di appalti pubblici, Napoli 2007, 634; cos anche lAutorit di Vigilanza per i Contratti Pubblici, con deliberazione 13 settembre 2001, n. 308. (51) Si pensi al caso, che sar prospettato pi oltre, del rapporto che pu intercorrere tra il privato danneggiato dal provvedimento amministrativo, e pertanto interessato al suo annullamento, e il privato invece favorito dallinteresse pubblico, e pertanto interessato alla sua conservazione. DOTTRINA 285 esaurito e definito. Viceversa qui il potere amministrativo ancora in potenza, e oggetto del rapporto con i privati o le altre amministrazioni consiste proprio nelle future modalit di esercizio (o non esercizio) del potere stesso. Potere che spetta allamministrazione originariamente, ed ad essa attribuito dalla legge in vista della soddisfazione dellinteresse pubblico. La questione dellammissibilit di accordi con cui lamministrazione si vincola, nei confronti dei privati o di altre amministrazioni, nellesercizio (o non esercizio) del pubblico potere attiene al dibattito inerente il cd. contratto di diritto pubblico, inteso come contratto avente per oggetto proprio lo svolgimento o il non svolgimento di funzioni pubbliche, dibattito essenzialmente rivolto sulla ammissibilit teorica di una categoria di convenzioni in cui sia dedotto in obbligazione lesercizio stesso della potest amministrativa (52). Nel primo tipo di rapporti il potere amministrativo si esaurito e concretizzato almeno con riferimento alla soddisfazione dellinteresse speciale e concreto che ledizione dellatto voleva perseguire. Le situazioni giuridiche soggettive in gioco che residuano sono, pertanto, da una parte linteresse dellamministrazione a che il provvedimento amministrativo che essa assume emesso per la tutela dellinteresse pubblico (generale e specifico) non sia rimosso, dallaltro linteresse legittimo del privato eventualmente leso dallatto amministrativo, che egli assume illegittimo, a che questo sia posto nel nulla, oltre al risarcimento del danno. Nel secondo tipo di rapporti viene in rilievo primariamente la piena sussistenza del potere amministrativo che la pubblica amministrazione deve esercitare per il perseguimento dellinteresse pubblico (generale e speciale), oltre allinteresse legittimo del privato a che il potere sia legittimamente esercitato. La differenza tra le due situazioni palese. Nella prima lesercizio del potere si atteggia a presupposto, gi avvenuto ed eventuali controversie saranno tese ad accertare se tale esercizio sia stato o meno conforme alla legge. Non in discussione la spendita del potere amministrativo, ma il suo corretto esercizio nel caso concreto: lesercizio del potere amministrativo appartiene al passato e si tratter semmai di regolare gli effetti dellesercizio del potere. Nella seconda delle rappresentazioni prospettate invece lamministrazione non ha ancora esercitato il potere. in discussione proprio lesercizio in concreto di un potere che le attribuito originariamente e unilateralmente dalla legge. Un potere che, come si vedr subito, non libero ma doppiamente vincolato. La legge e linteresse pubblico non sono parametro della correttezza di una vicenda del passato ma sono faro per lesercizio di una potest per il futuro. (52) Cos NIGRO M., Conclusioni, in AA.VV., Laccordo nellazione amministrativa, a cura di MASUCCI A., in Quaderni Formez, Roma 1988, 86. V. in argomento, per un ampio excursus storico, il bel saggio di GRECO G., Accordi amministrativi, tra provvedimento e contratto, Torino 2003. 286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Si potrebbe dire che nel primo dei rapporti descritti ci si trova di fronte ad una realt statica e rivolta al passato, nel secondo ad una realt dinamica e rivolta al futuro. 4. La disponibilit del potere amministrativo e suoi limiti Tradizionalmente la dottrina, soprattutto quella anteriore alla l. 241/90, ha riferito lindisponibilit del potere amministrativo, senza peraltro fornire una qualsivoglia motivazione a questo assunto quasi dogmatico (53). Il potere amministrativo unilaterale (54), attribuito dalla legge alle pubbliche amministrazioni in casi tassativi e tipici (55) per la tutela e il perseguimento dellinteresse pubblico. Proprio perch attribuito in vista di uno scopo se ne inferisce che detto potere sia vincolato e doveroso, ossia vincolato alla soddisfazione dellinteresse pubblico quando e se viene esercitato, doveroso nel senso che, laddove ne ricorrano i presupposti, lamministrazione ha lobbligo di esercitare il potere per perseguire linteresse pubblico (56). Ne deriva che linteresse pubblico condiziona doppiamente il potere amministrativo: questo conferito allamministrazione dalla legge solo per la soddisfazione dellinteresse pubblico, e pu, e deve, essere esercitato solo per la soddisfazione dellinteresse pubblico. Se non fosse in gioco linteresse pubblico il potere non sarebbe stato conferito allamministrazione, e, una volta conferito, questa non pu esercitarlo che per la soddisfazione di quello; altrimenti latto sarebbe viziato di eccesso di potere (57). E quindi, ogni volta che si manifesti la necessit di tutelare linteresse pubblico, lamministrazione non pu che esercitare il potere. Corollario necessario di queste affermazioni che lattribuzione del potere ossia la funzione amministrativa intesa come soddisfazione dellinteresse pubblico per lamministrazione assolutamente indisponibile (58). Il potere attribuito per il perseguimento di interessi che non sono dellamministrazione , ma ne costituiscono il fine istituzionale: applicando quanto si detto sopra a proposito della disponibilit, in questo caso nemmeno si pu parlare di interessi coincidenti e concorrenti con quelli dellamministrazione, dal (53) CAIA G., Arbitrati e modelli arbitrali, cit., 199; Id., Materia compromettibili in arbitrato, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1999, 18; DE LISE P., Larbitrato nel diritto amministrativo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1991, 1196. (54) Ossia di fonte non contrattuale: CORSO G., Manuale di diritto amministrativo, Torino 2003, 140. (55) CORSO G., Lattivit amministrativa, Torino 1999, 122. (56) V. ancora CORSO G., Manuale, cit., 140 ss. (57) GRECO G., Accordi amministrativi, cit., 144. (58) Cos DE LISE P., DELFINO B., Arbitrato e pubblica amministrazione, in Arch. giur. oo. pp. 2000, 2053; DE LISE P., Larbitrato nel diritto amministrativo, cit., 1196; GOISIS F., La giustizia sportiva, cit., 261 s.; VERDE G., Nuove riflessioni su arbitrato e pubblica amministrazione, cit., 698. DOTTRINA 287 momento che nemmeno viene in rilievo un interesse proprio della struttura amministrativa; questa infatti stata creata e si giustifica solo per lesigenza di soddisfare il pubblico interesse tramite lesercizio del potere. Semmai si pu dire che linteresse istituzionale dellamministrazione coincida con linteresse pubblico per il quale stata posta in essere sul piano organizzativo. Il punto fondamentale per che lamministrazione non pu disporre dellattribuzione del potere amministrativo, dal momento che la rinunzia impedirebbe ipso facto la realizzazione dello scopo per cui stata creata. In altre parole lamministrazione non pu certamente vincolarsi verso i privati spogliandosi del potere, obbligandosi cio a non farne uso per il futuro (59): da un lato violerebbe la legge, dallaltro verrebbero meno i presupposti stessi della sua istituzione sul piano dellorganizzazione (60). La presenza dellinteresse pubblico e la necessit della sua soddisfazione, causa del potere amministrativo (61), lo configurano dal punto di vista dellattribuzione come assolutamente indisponibile, dal momento che proprio quella attribuzione di potere a giustificare lesistenza dellamministrazione. Occorre verificare, per, se, una volta che il potere stato attribuito allamministrazione, anche il suo concreto esercizio sia indisponibile. La legge si limita ad individuare linteresse pubblico da perseguire e soddisfare, ed attribuire allamministrazione il potere relativo. Non infatti possibile scrive Platone nel Politico che la legge ordini con precisione e per tutti la cosa pi buona e pi giusta indicando ci che assolutamente valido: le differenziazioni riscontrabili in concreto tra le cose umane, dovute a variabili spesso nemmeno facilmente individuabili, non consentono lindividuazione di un comando universalmente valido, soprattutto per la disciplina di questioni particolari. Ancora pi preciso Aristotele nellEtica Nicomachea: la legge statuisce prendendo in considerazione lid quod plerumque accidit, pur non disconoscendo lerrore dellapprossimazione e la necessit di integrazione e adattamento al caso concreto. Nondimeno essa corretta: la causa dellerrore non sta nella legge ma nella natura delle cose. Diviene dunque necessario prevedere dei soggetti incaricati di stabilire nel particolare quello che avrebbe stabilito il legislatore (62). E cos la legge attribuisce allamministrazione il potere per il perseguimento dellinteresse pubblico, e poi questa concretamente compir gli atti materiali per il suo perseguimento. Salvo che la legge stessa preveda analiticamente ogni momento della con- (59) GOISIS F., Op. loc. ult. cit.; CHIRULLI P., STELLA RICHTER P., voce Transazione (diritto amministrativo), in Enc. dir. 1992, vol. XLIV, 870. (60) La norma che attribuisce il potere infatti norma di organizzazione: v. NIGRO M., Giustizia amministrativa, VIa ed., Bologna 2002, 99. (61) GRECO G., Accordi, cit., 118, 144. (62) Platone e Aristotele sono richiamati anche da CORSO G., Manuale, 146 s. 288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 cretizzazione, per modo che lamministrazione ha il solo compito di chiudere un sillogismo perfetto (63), lattivit di perseguimento dellinteresse pubblico in concreto discrezionale, ossia lamministrazione lasciata libera di scegliere tra diverse modalit di azione, quella che ritiene pi opportuna. Ebbene, ferma restando lindisponibilit dellinteresse pubblico (64), e della attribuzione del potere in astratto, che afferiscono a valutazioni di esclusiva competenza del legislatore, le concrete modalit di esercizio del potere discrezionale sono invece disponibili per lamministrazione in virt dellespresso riconoscimento legislativo della categoria dei contratti di diritto pubblico (65). Come noto infatti lart. 11 l. 241/90 consente allamministrazione la conclusione di accordi con gli interessati per determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale, ovvero in sostituzione di questo. Detti accordi, che debbono essere stipulati per iscritto sotto pena di nullit e sono soggetti ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili, non possono pregiudicare linteresse di terzi e sono soggetti alla clausola rebus sic stantibus, dal momento che, per sopravvenuti motivi di (63) Nel qual caso si ha attivit vincolata, che taluno ritiene estranea addirittura allattivit amministrativa propriamente detta (CORSO G., Manuale, cit., 147 s.), dal cui esercizio deriverebbero posizioni di diritto soggettivo e non gi di interesse legittimo. Sarebbe corretto parlare di potere solamente se lamministrazione nellagire debba compiere una scelta quanto allassetto degli interessi in gioco; viceversa quando esclusa ogni possibilit di scelta in relazione a ciascuno degli aspetti del provvedere ma siano riscontrabili solamente posizioni di obbligo, lattivit dellamministrazione diverrebbe meramente esecutiva di quanto gi deciso dalla legge. In tal senso v. CAPACCIOLI E., Manuale di diritto amministrativo, Padova 1980, 279; ORSI BATTAGLINI A., Attivit vincolata e situazioni soggettive, in Studi in ricordo di E. Capaccioli, Milano 1988, 267. In senso contrario altri ha peraltro osservato che da un lato anche lattivit vincolata presuppone comunque margini valutativi, quantomeno relativamente ai presupposti (CARINGELLA F., Corso di diritto amministrativo, vol. II, IVa ed., Milano 2005, 1862 ss., cui si rimanda per lampia giurisprudenza rassegnata), e dallaltro, in ogni caso, leffetto non deriverebbe direttamente dalla legge, ma il potere amministrativo resterebbe tale ancorch predeterminato nel contenuto (CASETTA E., Compendio di diritto amministrativo, VIIIa ed., Milano 2008, 232). Questultima posizione sembra condivisa dalla giurisprudenza: Cons. Stato 10 dicembre 2007, n. 6344, in Vita not. 1157 ss.: anche in relazione a procedimenti finalizzati alla adozione di provvedimenti di natura sostanzialmente vincolata, come le autorizzazioni in materia edilizia, sussistono fasi in cui lamministrazione deve esercitare poteri discrezionali, quanto meno sotto il profilo tecnico (attinenti al quantum, al quomodo ed al quando degli adempimenti da eseguire); di conseguenza, anche in relazione a questi procedimenti ammissibile la stipulazione di un accordo procedimentale, ai sensi dellart. 11 l. 7 agosto 1990 n. 241, atteso che si tratta di uno strumento di semplificazione, idoneo a far conseguire a tutte le parti unutilit ulteriore rispetto a quella che sarebbe consentita dal provvedimento finale. (64) Non appare pertanto corretta laffermazione di ANTONIOLI M., Arbitrato e giurisdizione esclusiva, cit., 68, secondo il quale il mutato quadro normativo avrebbe reso disponibile linteresse pubblico, e non gi solo il concreto esercizio del potere. (65) Nel senso della disponibilit del concreto esercizio del potere pubblico, ferma restando lindisponibilit dellattribuzione del potere v. VERDE G., Nuove riflessioni su arbitrato e pubblica amministrazione, cit., 698; ROMANO TASSONE A., Giurisdizione amministrativa e arbitrato, in Riv. Arb. 2000, 249 ss. DOTTRINA 289 pubblico interesse lamministrazione recede unilateralmente dallaccordo, salvo lobbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato. Inoltre la pubblica amministrazione, nel concludere gli accordi, deve sempre tenere in considerazione la necessit del perseguimento del pubblico interesse (66). La disposizione ha unimportanza fondamentale nelleconomia del discorso che si sta affrontando perch consente di lasciar cadere ogni dubbio circa la possibilit per lamministrazione di vincolarsi nellesercizio del suo potere, pur con tutti i limiti che la particolarit delloggetto impone (67). Ossia, (66) Sulla figura, limitandosi alle opere monografiche, oltre gi citato saggio di GRECO G., Accordi amministrativi, cit., si vedano STICCHI DAMIANI E., Attivit amministrativa consensuale e accordi di programma, Milano 1992; BRUTI LIBERATI E., Consenso e funzione nei contratti di diritto pubblico (tra amministrazione e privati), Milano 1996; CIVITARESE M., Contributo allo studio del principio contrattuale nellattivit amministrativa, Torino 1997; FRACCHIA F., Laccordo sostitutivo, Padova 1998. (67) Cos anche VERDE G., Arbitrato e pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm. 1996, 220: ai nostri fini pu essere sufficiente rilevare che nel settore in cui ammessa la rilevanza degli accordi non pi possibile dire, senza entrare in una vistosa contraddizione con se stessi, che le situazioni coinvolte nel contrasto e definite consensualmente rientrano nellarea dellindisponibile giuridico. Nello stesso senso anche GRECO G., Accordi amministrativi, cit., 293: orbene, il tradizionale principio invocato in passato per escludere la compromettibilit in arbitrato delle controversie in tema di potestinteresse legittimo sempre stato rinvenuto nella non negoziabilit e nella correlativa intransigibilit del potere. Ma tale principio non pu essere pi fatto valere ora che, con gli accordi di cui pure gli accordi di programma sono espressione tale negoziabilit un dato ormai acquisito. V. ancora GOISIS F., La giustizia sportiva, cit., 246: pi di recente, al limite dalla indisponibilit delle controversie pubblicistiche, si opposto che il dettato dellart. 11 l. 241/1990 presupporrebbe la normale negoziabilit del potere amministrativo: il che dovrebbe quantomeno indirizzare verso una rimeditazione della sua supposta indisponibilit. Nello stesso senso v. anche DOMENICHELLI V., Giurisdizione amministrativa e arbitrato: riflessioni e interrogativi, cit., 240; PUGLIESE F., Poteri del collegio arbitrale, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1999, 65. In giurisprudenza v. TAR Lazio, 3 giugno 2005, n. 4362, in TAR 2005, I, 1779: Anzitutto, non vero e, anzi, smentito dalla pi recente formulazione dellart. 11 della l. 241/1990 e, pi in generale, degli accordi tra P.A. e privati su questioni attinenti a funzioni autoritative e non soltanto paritetiche lassunto attoreo secondo cui non sarebbe compromettibile per arbitri la tutela di interessi legittimi. assodato in base ai dati testuali che, pure fuori dalla materia sportiva, lordinamento generale non solo non esclude, ma anzi incoraggia accordi che coinvolgono siffatte situazioni soggettive, sostituendo la volizione unilaterale della P.A. con assetti negoziati che, pur se rivolti a soddisfare interessi privati, mirano comunque alla massimizzazione di quello pubblico con risultati di pari dignit ed efficacia dellazione amministrativa di livello pari a quanto si potrebbe ottenere con un provvedimento. Anzi, tali procedure negoziate, gi assai comuni in materia concessoria o urbanistica, trovano la loro massima utilizzabilit proprio in vicende contenziose, ove la qualit degli interessi coinvolti, la vasta diffusione delle questioni e la necessit di componimenti ante causam o di risoluzione anche in via equitativa delle stesse impongono formule deflattive e/o alternative alla giurisdizione, indipendentemente dal tipo di posizioni soggettive fatte valere in via di tutela. In senso contrario v. CHITI M.P. voce Arbitrato, in AA.VV., Dizionario di diritto pubblico, diretto da CASSESE S., Milano 2006, 406, e DE LISE P., DELFINO B., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit., 2053, secondo i quali dalle norme in questione non sarebbe possibile ricavare il principio della generale disponibilit del potere amministrativo, se non in una prospettiva evolutiva, mentre le ipotesi in cui gli accordi sono possibili sarebbero tassative e di stretta interpretazione. 290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 qualora linteresse pubblico per il quale lamministrazione ha avuto in attribuzione il potere possa essere pienamente perseguito secondo diverse modalit, lamministrazione pu convenire con linteressato una modalit determinata di esercizio del potere condivisa, vincolandosi in tal senso, e lordinamento riconoscer tale vincolo (68). Se pertanto allamministrazione riconosciuta questa possibilit significa che il potere amministrativo comunque situazione giuridica soggettiva disponibile in s (69), anche quando lamministrazione agisce autoritativamente, purch linteresse pubblico nel quale lattribuzione del potere si giustifica sia in concreto perseguito. Lamministrazione pu concludere accordi, ma anche qualora non ritenesse di farlo il potere resta comunque nella sua disponibilit, nel senso che non solo ha la possibilit di determinare per contratto lesercizio del suo potere per il futuro, ma anche che una volta esercitato il potere pu convenire con linteressato una nuova sistemazione dellassetto di interessi che ha concretizzato con ledizione del provvedimento (70). In altre parole una volta esercitato il potere questo resta nella signoria dellamministrazione, e non preclusa la possibilit di revocarlo, modificarlo (68) V. Cons. Stato 20 gennaio 2000, n. 264, in Foro amm. 2000, 114 ss.: qualora la p.a. utilizzi lo strumento contrattuale in luogo di quello provvedimentale, ai sensi della l. 7 agosto 1990 n. 241, art. 11, comma 1, per determinare il contenuto di proprie determinazioni o per sostituire provvedimenti amministrativi, lamministrazione vincolata al contratto, salva la possibilit dellesercizio del recesso unilaterale per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, giusta le indicazioni del 4 comma dellart. 11 l. n. 241 cit.. Non assolutamente condivisibile quanto affermato da DELSIGNORE M., La compromettibilit in arbitrato nel diritto amministrativo, cit., 165, secondo la quale perch si realizzi la disposizione del potere, necessario che lamministrazione riconosca in capo ad un soggetto terzo ed estraneo la capacit di esercitare il potere che le attribuito. Come si visto supra nel testo, infatti, la disponibilit non si concreta in altro se non nel fatto che lordinamento riconosca e dia sanzione vincolando il giudice ad un determinato assetto di interessi che le parti si danno. Che poi detto assetto si inserisca o meno in un pi ampio rapporto non aggiunge nulla alla nozione di disponibilit. Il potere disponibile nel senso che lamministrazione pu vincolarsi a sue determinate esplicazioni, cosa che peraltro la ratio degli accordi di diritto pubblico ex art. 11 l. 241/90. In nessun modo lamministrazione riconosce ad altri la capacit di esercitare il proprio potere. (69) V. cos anche VERDE G., Arbitrato e pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm. 1996, 215 ss., e in AA.VV., Diritto dellarbitrato, cit., 41, il quale afferma che dove ammessa la rilevanza degli accordi nel corso del procedimento amministrativo, in sostituzione del provvedimento finale, ovvero al fine di determinarne il contenuto, non pi possibile affermare che le situazioni coinvolte nel contrasto rientrino nellarea dellindisponibile giuridico, almeno nei casi in cui linteresse pubblico sia stato interamente prevalutato e non siano successivamente sorte situazioni che ne abbiano successivamente imposto una nuova valutazione. (70) Non cos PUGLIESE F., Poteri del collegio arbitrale e provvedimenti amministrativi, in AA. VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1999, 74 ss., secondo il quale il limite della disponibilit del potere sarebbe dato proprio dal ricorso ai moduli consensuali di esercizio del potere, mentre gi lesercizio del diritto di recesso con la sua carica di interesse pubblico sopravvenuto farebbe riemergere un provvedimento autoritativo (ormai residuale) e discrezionale, la cui sanzione di illegittimit (mediante lannullamento) non potrebbe che passare attraverso la valutazione del giudizio amministrativo di legittimit (rimanendo sullo sfondo se si tratti o meno di giurisdizione esclusiva). DOTTRINA 291 o integrarlo daccordo con linteressato, sempre con i limiti indicati dallart. 11 l. 241/90 (71). Ecco allora che, per concludere, se certamente lattribuzione per legge del potere amministrativo indisponibile dal momento che trova la sua ratio nel perseguimento dellinteresse pubblico, il concreto esercizio del potere amministrativo rientra pienamente nella disponibilit dellamministrazione (72), che pu vincolarsi a non esercitarlo, ad esercitarlo in un certo modo piuttosto che in un altro, ovvero in un dato momento, purch in concreto linteresse pubblico per il quale il potere era stato attribuito risulti perseguito e soddisfatto. Ancora non si vedono ragioni ostative ad accordi tra amministrazioni e privati per lesercizio dei poteri di revoca, annullamento dufficio e convalida di provvedimenti amministrativi (artt. 21 quinques e nonies l. 241/90). Certo il vincolo tra amministrazione e privato non pu essere identico ad un vincolo contrattuale tra privati: la natura del potere amministrativo e il suo scopo infatti impediscono che laccordo possa recare pregiudizio a terzi, e soprattutto la necesit per lamministrazione di perseguire il pubblico interesse, che sta fuori dellaccordo (73), si porr sempre come condizione risolutiva dellaccordo, che cadr non appena lassetto di interessi cristallizzato si rilever per cause sopravvenute inidoneo al suo perseguimento. Ci peraltro non toglie alcunch al fatto della disponibilit del potere amministrativo, almeno se disponibilit significa riconoscibilit da parte dellordinamento di una rinuncia o di un vincolo, a prescindere che si inseriscano in un contesto negoziale pi ampio, e a prescindere dal fatto che il riconoscimento della loro validit sia sottoposto ad alcune limitazioni. Che questa sia soggetta a limiti specifici e ben individuabili discende dalla (71) Attivit ammessa anche in sede processuale: ROMANO TASSONE A., Giurisdizione amministrativa e arbitrato, cit., 261. (72) V., PUGLIESE F., Poteri del collegio arbitrale e provvedimenti amministrativi, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1999, 77; GRECO G., Contratti e accordi, cit., n. 4; GOISIS F., Compromettibilit in arbitri e transigibilit delle controversie relative allesercizio del potere amministrativo, in Dir. proc. amm. 2006, 251. Condivisibilmente si notato in CHIRULLI P., STELLA RICHTER P., voce Transazione (diritto amministrativo), cit., 870, che non , di regola, dato, con la transazione, rinunciare allesercizio del potere anche per il futuro, in relazione alleventuale mutare delle circostanze, ovvero, addirittura, con riguardo a fattispecie diverse (seppure connesse a quella oggetto di transazione). Lamministrazione, infatti, non pu spogliarsi delle proprie attribuzioni, ma solo decidere se e come esercitarle in un caso concreto, rebus sic stantibus. V. anche PAOLANTONIO N., Contributo sul tema della rinuncia nel diritto amministrativo, Napoli 2003, 95: quel che inesauribile, oltre che irrinunciabile, la funzione non il potere, lidea della inesauribilit pare riferibile ad entit puramente oggettive, astratte dalla sfera di disponibilit del soggetto giuridico non potendo comunque estendersi tale attribuzione alla teorica delle situazioni giuridiche soggettive per definizione inesauribili La funzione correlata non certo ad una situazione soggettiva di potere o potest sibbene a un dovere giuridico vero e proprio. (73) Non n causa n motivo; cfr. GRECO G., Contratti e accordi della pubblica amministrazione con funzione transattiva, cit., n. 4. 292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 natura particolare delloggetto del potere e dal suo scopo primario, ma ci non intacca minimamente la caratteristica di disponibilit n la natura negoziale dellaccordo sullesercizio del potere. Del resto la clausola rebus sic stantibus una clausola abbastanza frequente anche nei contratti di diritto privato; si pensi anche allistituto della presupposizione: si tratta di casi in cui, nel diritto privato, il mutare delle circostanze giustifica lo scioglimento del vincolo negoziale per una delle parti. Ma questo non significa che il vincolo sia meno forte (74). Ci vale anche per i contratti risolutivamente condizionati: non si pu dire certo che il vincolo contrattuale sia meno forte solo perch destinato a venire meno al verificarsi di un evento futuro e incerto. 5. La disponibilit dellinteresse legittimo Ogni studio su temi di giustizia amministrativa si imbatte prima o poi sullo scoglio dellinteresse legittimo, rispetto alla cui controversa nozione necessario prendere posizione (75). Si tratta di unosservazione assolutamente vera, alla quale si pu aggiungere che di interesse legittimo esistano tante definizioni quanti sono gli autori che se ne sono occupati, anche perch il dibattito intorno alla figura inesauribile perch collegato al rapporto fra cittadino e p.a., mutevole nel tempo, cos che ogni concezione dellinteresse legittimo finisce con lessere storicamente determinata (76). Ai nostri fini interessa sapere se tale situazione giuridica soggettiva sia o meno disponibile, al fine di verificare se sia possibile che eventuali controversie possano essere risolte mediante transazione o arbitrato. Peraltro, come si appena fatto con il potere che costituisce il contraltare dellinteresse le- (74) In senso contrario DELSIGNORE M., La compromettibilit in arbitrato nel diritto amministrativo, cit., 166 ss., il ragionamento della quale, peraltro, prende le mosse da una malintesa nozione del concetto di disponibilit come capacit di muovere e cedere a terzi la propria situazione giuridica soggettiva. Pertanto limpossibilit, innegabile, per lamministrazione di cedere a terzi tout court lesercizio del potere ne esclude la disponibilit; ulteriore argomento andrebbe individuato proprio nel fatto che i poteri dellamministrazione di svincolarsi unilateralmente dal vincolo sarebbero a loro volta sintomatici della indisponibilit del potere. In realt, come si visto, dire che il potere amministrativo disponibile non significa che questa pu spogliarsi del potere attribuito dalla legge, ma che pu vincolarsi allatto del suo esercizio accordandosi con i privati, purch laccordo consenta la miglior realizzazione dellinteresse pubblico. Inoltre che gli accordi sullesercizio del potere siano conclusi rebus sic stantibus non ne diminuisce la validit e vincolativit. Cos la gi citata Cons. Stato 20 gennaio 2000, n. 264, cit.: qualora la p.a. utilizzi lo strumento contrattuale in luogo di quello provvedimentale, ai sensi della l. 7 agosto 1990 n. 241, art. 11, comma 1, per determinare il contenuto di proprie determinazioni o per sostituire provvedimenti amministrativi, lamministrazione vincolata al contratto, salva la possibilit dellesercizio del recesso unilaterale per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, giusta le indicazioni del 4 comma dellart. 11 l. n. 241 cit.. (75) GRECO G., Laccertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, Milano 1980, 109. (76) VERDE G., Nuove riflessioni su arbitrato e pubblica amministrazione, cit., 697. DOTTRINA 293 gittimo in capo allamministrazione per ottenere una risposta che sia soddisfacente occorrer indagare, sia pur brevemente, sulla sua natura (77). La definizione tradizionale vede linteresse legittimo come un interesse individuale strettamente connesso con linteresse pubblico e protetto dallordinamento attraverso la tutela giuridica di questultimo, protetto cio non in via diretta e specifica ma in via occasionale e indiretta (78). Detta definizione ha peraltro il difetto di non analizzare compiutamente il profilo del modo in cui avviene la tutela dellinteresse individuale e di considerarla come un mero accidente della tutela dellinteresse pubblico. Peraltro sembra difficilmente superabile la contraddizione che si ha laddove la tutela dellinteresse legittimo viene individuata in norme dettate per la tutela di un diverso interesse, tanto che si potuto affermare che gli interessi legittimi sorgono in relazione a norme che per definizione non si occupano di essi (79). Ecco allora che la dottrina, al fine di individuare unautonoma rilevanza dellinteresse legittimo, ha elaborato nuove nozioni (80). Tra tutte una che ha riscosso un particolare successo quella che vede nellinteresse legittimo un potere processuale di azione attribuito al soggetto a tutela del suo interesse leso dallesercizio dellattivit amministrativa (81). Ma anche questa defini- (77) Le posizioni della dottrina relativamente allindisponibilit dellinteresse legittimo sono le pi diverse, come del resto diverse sono le definizioni che se ne danno. La rassegna delle diverse posizioni della dottrina in argomento sar offerta infra, quando si approfondir larea della compromettibilit per arbitri nel diritto amministrativo. Per lintanto bastino AMORTH A., Annotazioni sullarbitrato nelle controversie amministrative, cit., 2173; PANZARINI G., Diritti disponibili, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1999, 123; ACQUARONE L., MIGNONE C., voce Arbitrato nel giudizio amministrativo, cit. 367; DE LISE P., Larbitrato nel diritto amministrativo, cit., 1169; CHIRULLI P., STELLA RICHTER P., voce Transazione (diritto amministrativo), cit., 867. (78) SPAGNUOLO VIGORITA R., Situazioni soggettive private e processo amministrativo: per lattuale difesa dellinteresse pubblico, in Dir. proc. amm. 1988, 319; SATTA S., Diritto processuale civile, 1947, 5; peraltro il Satta preferisce parlare di interesse occasionalmente leso piuttosto che di interesse occasionalmente protetto: La dottrina ha ad un tempo avvertito e misconosciuto questa indissociabile correlazione tra interesse pubblico e situazione soggettiva, quando ha creato la formula di interesse occasionalmente protetto, l dove pi giusto sarebbe dire, come ho accennato altre volte, che linteresse del soggetto occasionalmente offeso dallattivit della p.a. quando questa non rispetta la legge SATTA S., La responsabilit per lesione di interessi legittimi, in SATTA S., Soliloqui e colloqui di un giurista, Nuoro 2004, 333. (79) GUARINO G., Potere giuridico e diritto soggettivo, in Rass. dir. pubbl. 1949, 278. (80) E cos lo si qualificato come linteresse alla legittimit degli atti amministrativi (TOSATO E., Interesse materiale e interesse processuale nella giurisdizione amministrativa di legittimit, Padova 1937, 232), linteresse di fatto che ogni soggetto fa valere contro lamministrazione in regime di legalit (SATTA F., Giustizia amministrativa, Padova 1997, 152) o come linteresse dellamministrato a che il potere amministrativo, nel quale si imbatte la sua posizione soggettiva sostanziale, venga esercitato nel rispetto delle regole imposte dallordinamento allazione amministrativa SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1980, 107. (81) CHIOVENDA G., Princip di diritto processuale civile, Napoli 1965 (rist.), 50 e 358; GUICCIARDI E., Concetti tradizionali e principi ricostruttivi nella giurisprudenza amministrativa, in Arch. dir. pub. 1937, 15 ss.; ALLORIO E., Diritto processuale tributario, IVa ed., Torino 1962, 568; NIGRO M., Lappello nel processo amministrativo, vol. I, Milano 1960, 28 ss. 294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 zione appare incompleta, perch non tiene conto dei poteri n del ruolo che lordinamento espressamente riconosce ai privati gi allinterno del procedimento. La tutela del privato, infatti, non si esaurisce nella sola possibilit di impugnare innanzi ad un giudice il frutto dellazione amministrativa: questi pu dare impulso al procedimento, pu intervenire nel procedimento, presentare memorie e osservazioni cooperando alla corretta esplicazione del potere, correggendone le deviazioni. Lamministrazione ha lobbligo di comunicare allinteressato lavvio del procedimento (art. 7 l. 241/90). Addirittura il privato pu, come si appena visto, concordare con lamministrazione le modalit di esercizio concreto del potere. Ecco allora lautentica cifra dellinteresse legittimo andrebbe ricercata proprio in questa posizione che la legge riconosce al privato nei confronti dellagire amministrativo in generale. Posizione che gli d la possibilit di non essere mero spettatore e destinatario del provvedimento, ma di influire sul corretto esercizio del potere e nel perseguimento dellinteresse pubblico, vuoi partecipando al procedimento ed ivi esercitando i poteri previsti dalla legge, vuoi chiedendo al giudice un sindacato sul corretto esercizio del potere mediante limpugnazione giudiziale del provvedimento, al fine di provocarne lespunzione dal sistema qualora ne venga accertata lillegittimit, ma anche provocando lesercizio dei poteri di revoca, annullamento o convalida (82). Si tratta in altre parole di una posizione di cui il privato gode fin da quando allamministrazione dalla legge attribuito il potere e che conserva fino a quando lo stesso potere residua e pu essere esercitato, anche in via di autotutela o di ripensamento, in caso di sopravvenuti motivi di interesse pubblico o diversa valutazione dellinteresse pubblico originario. A far data dalla pronunzia delle Sezioni Unite della Cassazione 22 luglio 1999, n. 500 (83) alla lesione dellinteresse legittimo si accompagna anche il risarcimento del danno. Sulla qualificazione da riconoscere alla tutela risarcitoria, come noto, in atto uno scontro tra la giurisprudenza civile e amministrativa [lart. 30 del codice amministrativo ha scelto una soluzione mediata, ndr]: la prima vede nel risarcimento del danno il completamento della tutela (82) Cos NIGRO M., Giustizia amministrativa, VIa ed., Bologna 2002, 103, che muta e perfezione il suo precedente avviso: secondo il quale linteresse legittimo la posizione di vantaggio fatta ad un soggetto dellordinamento in ordine ad una utilit oggetto di potere amministrativo e consistente nellattribuzione al medesimo soggetto di poteri atti ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione della pretesa utilit (corsivo dellAutore). (83) In Foro it. 1999, I, 2487, con note di PALMIERI A.M. e PARDOLESI R.; Giornale dir. amm. 1999, 832, con nota di TORCHIA L.; Urb. e app. 1999, 1067, con nota di PROTTO R..; Arch. civ. 1999, 1107; Danno e resp. 1999, 965, con note di CARBONE V, MONASTERI P.G.; Corriere giur. 1999, 1367, con note di DI MAJO A. e MARICONDA V. DOTTRINA 295 che lordinamento riconosce allinteresse legittimo (84), la seconda invece vi riconosce un vero e proprio diritto soggettivo condizionato al previo annullamento del provvedimento (85). Ma a prescindere da questo scontro istituzionale e della natura da riconoscersi al risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo, le riferite caratteristiche di questo non possono che far concludere per la sua piena disponibilit (86). Si tratta infatti di una posizione di vantaggio che collegata esclusivamente alla salvaguardia degli interessi del titolare, che pu rinunciarvi senza ledere interessi coincidenti o concorrenti. Del resto lordinamento riconosce e tutela linteresse legittimo nellesclusivo interesse del titolare, ben potendo lamministrazione agire efficacemente anche senza riconoscere alcuna rilevanza alle posizioni del privato. Nel sistema postunitario, infatti, la preoccupazione maggiore del legislatore era proprio nel senso di dettare le guarentigie dellamministrazione nei confronti dellamministrato (87). Con- (84) Lorientamento della cassazione prende le mosse dalle citate ordinanze delle sezioni unite del 15 giugno 2006. (85) Lorientamento del Consiglio di Stato pi risalente. stato ribadito dallAdunanza Plenaria 22 ottobre 2007, n. 12 (cit.), proprio in risposta al revriment della Cassazione. (86) GOISIS F., La giustizia sportiva tra funzione amministrativa ed arbitrato, cit., 277; Id. Compromettibilit in arbitri e transigibilit delle controversie relative allesercizio del potere amministrativo, cit., 251; SCOCA F.G, La capacit della pubblica Amministrazione di compromettere in arbitri, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1991, 106: non cՏ dubbio che linteresse legittimo sia disponibile. Il problema non se esso sia disponibile, il problema semmai se sia disponibile la situazione soggettiva contrapposta allinteresse legittimo, cio il potere dellAmministrazione; CAIA G., Arbitrati, cit., 199; Id., Materie compromettibili in arbitrato con la pubblica amministrazione, in AA.VV., Arbitrato, cit. 1999, il limite rappresentato dalla esistenza nelle fattispecie di una situazione di potere amministrativo, il quale di per s inesauribile ed irrinunciabile; ROMANO TASSONE A., Larbitrato, in AA.VV., Il processo avanti al giudice amministrativo, commento sistematico alla l. 205/2000, IIa ed., Torino 2004, 525 ss., 532; VILLATA S.A., Controversie di pubblico impiego, arbitrato e disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, in Riv. dir. proc. 2000, 803 s. In senso contrario, ritiene linteresse legittimo indisponibile in quanto collegato allesercizio del potere amministrativo AMORTH A., Annotazioni sullarbitrato nelle controversie amministrative, cit., 2170; sempre in senso contrario LARCHENA R., voce Arbitrato, cit., 1, il quale afferma lindisponibilit tout court delle posizioni di interesse legittimo, senza peraltro offrire la spiegazione alcuna. La stessa Cassazione si espressa ripetutamente nel senso della transigibilit dellinteresse legittimo (inteso come diritto dazione o comunque di ricorso) in liti edilizie tra privati, perch nessuna disposizione vieta che si possa disporre di detto interesse personale, e che quindi lo stesso possa essere oggetto di transazione, qualificandosi o come aliquid datum o aliquid retentum Cos, Cass., sez. un., 22 gennaio 1982, n. 427, in Riv. giur. edilizia, 1982, I, 611 ss. Conformemente, Cass. 11 luglio 1978, n. 3479, in Foro it. 1979, I, 820 ss.; Id. 7 maggio 1981, n. 2979; Id. 2 aprile 1982, n. 2030; Cass., sez. un., 27 luglio 2004, n. 1409, in motivazione, che pure ritiene lart. 6 l. 205/00 preclusivo della arbitrabilit degli interessi legittimi. (87) La scarsa considerazione che il legislatore aveva per gli interessi legittimi rappresentata efficacemente dalle parole di Pasquale Stanislao Mancini, pronunciate nel corso dei lavori parlamentari che hanno portato allapprovazione della legge del 1865 di abolizione dei tribunali del contenzioso amministrativo: sia pure che lautorit amministrativa abbia fallito la sua missione, che non abbia provveduto con opportunit e saggezza, sia pure che essa abbia, e forse anche senza motivi, rifiutato ad un 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 siderazioni di efficienza dellagire amministrativo hanno consigliato di coinvolgere i privati (88) addirittura rendendo eccezionale lesercizio autoritativo del potere (89), ma certo anche senza lintervento di questi gli scopi dellamministrazione sarebbero comunque perseguibili. Va peraltro segnalato che, proprio in virt della definizione che si scelta, la disponibilit dellinteresse legittimo non si riduce esclusivamente alla possibilit di rinuncia al ricorso (90), ma anche possibilit di disporre di tutte le prerogative che discendono dallinteresse legittimo nella fase procedimentale e, dopo che il provvedimento stato reso, anche nella fase successiva, finch revoca, annullamento e convalida sono possibili. Se pertanto il cittadino rinunciasse alle sue prerogative nel corso del procedimento, o si obbligasse nei confronti dellamministrazione a non impugnare un provvedimento che ritiene illegittimo, o magari a rinunziare al giudizio, o ancora favorisse la convalida del provvedimento, non si vedono ostacoli al riconoscimento della vincolativit di tale accordo. Quanto alla fase procedimentale, le possibilit di impulso e partecipazione che sono riconosciute al privato non sembrano altro che il completamento della riconosciuta possibilit dei contratti di diritto pubblico: se lordinamento riconosce allamministrazione la possibilit di vincolarsi nei confronti del privato nellesercizio del suo potere, a fortiori deve riconoscersi a questultimo la possibilit di far valere i suoi interessi nel procedimento anche mediante accordi con lamministrazione. vero poi che linteresse legittimo trova la sua ragion dessere nel potere. Abbiamo visto infatti che questo sorge come posizione di vantaggio con riferimento ad unutilit oggetto di potere amministrativo. Ma le sue relazioni col potere finiscono in questa coessenzialit; ossia, linteresse legittimo come situazione giuridica soggettiva sorge solamente se in gioco il potere amministrativo e trova il suo epilogo nellesaurirsi di questo (91), ma non partecipano luno dellaltro. Ossia, per il resto, si tratta di due posizioni autonome e distinte perch autonoma e distinta ne la fonte e lambito di operativit. Anche se linteresse cittadino una permissione, un vantaggio, un favore, che ogni ragione di prudenza e di buona economia consigliasse di accordargli, sia pure che esso cittadino stato di conseguenza ferito, e forse anche gravemente, nei propri interessi: che perci? Che cosa ha sofferto il cittadino in tutte le ipotesi test discorse? Semplicemente una lesione degli interessi? Ebbene che vi si rassegni. (88) GASPARINI CASARI V., Arbitrato e controversie amministrative, AA.VV., Larbitrato, cit., 1021. (89) Cons. Stato 28 febbraio 2005, n. 727. (90) GOISIS F., La giustizia sportiva tra funzione amministrativa ed arbitrato, cit., 277. (91) Si pensi ad esempio al vincolo espropriativo posto sopra un bene immobile. Fino a che perdura il vincolo sul bene il proprietario ha una posizione di interesse legittimo nei confronti dellautorit espropriante. Ma una volta che il potere amministrativo sia venuto meno per qualunque ragione, e con esso il vincolo espropriativo, verr meno anche linteresse legittimo del proprietario. DOTTRINA 297 legittimo consente al privato di incidere sulla concreta esplicazione del potere, ci rientra solo nelle prerogative che la posizione di interesse legittimo conferisce al titolare: significa partecipazione al procedimento e non partecipazione alla attribuzione potere (92). Questo significa anche che linteresse legittimo si trova in una posizione di alterit rispetto allinteresse pubblico: certamente possibile che interesse legittimo e interesse pubblico coincidano, ed anzi ci avviene nella fisiologia delle cose, ma linteresse legittimo pur sempre una posizione di vantaggio riferita ad interessi personali del titolare, che pu liberamente rinunciarvi senza che linteresse pubblico ne risenta (93). 6. La transigibilit delle situazioni giuridiche soggettive di diritto pubblico Dopo che si visto quali sono i rapporti di diritto pubblico, e che si indagata la natura delle situazioni giuridiche soggettive che vi si riferiscono, appare indubitabile che la transazione sia ammissibile anche nei rapporti di diritto pubblico. Vista la disponibilit delle situazioni giuridiche soggettive che ne vengono coinvolte, non pare possa essere un argomento sufficiente il fatto che lart. 1966 c.c. faccia riferimento ai soli diritti e non anche ad altre situazioni giuridiche soggettive. Non pu infatti essere riconosciuto valore eccessivo ad unespressione contenuta in un testo (il codice civile) relativo a diritti soggettivi e che si occupa esclusivamente o almeno prevalentemente di rapporti di diritto privato; viceversa giustificato ritenere che i diritti soggettivi sono considerati riferimento riassuntivo a tutte le situazioni giuridiche soggettive disponibili (94). Peraltro appare pure chiaro come sia scorretto parlare della transigibilit dei soli interessi legittimi, senza considerare che oggetto di concessione pu essere anche lesercizio in concreto del potere amministratrivo, nei limiti in cui lamministrazione pu vincolarsi nel loro esercizio. In particolare se ci si riferisce solamente alla situazione in cui lammini- (92) V. in proposito GRECO G., Contratti e accordi, cit., n. 4; nonch GIANNINI M.S., Corso di diritto amministrativo, vol. III, 2, Milano 1967, 103, ove si sottolinea che la sola amministrazione titolare del potere/dovere di perseguire linteresse pubblico. (93) Non pertanto condivisibile, perch apodittica, laffermazione di DE LISE P., Larbitrato nel diritto amministrativo, cit., 1196, secondo il quale gli interessi legittimi non sarebbero disponibili stante la stretta connessione tra queste posizioni e linteresse pubblico. Manca in questo caso il requisito della disponibilit della res litigiosa, non potendosi ritenere disponibile, dalla pubblica amministrazione o dal privato, la legittimit dellesercizio della pubblica funzione, su cui linteresse legittimo fonda la propria tutela. 94 ) SCOCA F.G., La capacit della pubblica amministrazione di compromettere in arbitri, in AA. VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1991, 106; DEL SIGNORE M., La compromettibilit, cit., 120. 298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 strazione abbia gi concretizzato il suo potere in un provvedimento, si detto sopra che eventuali accordi transattivi sarebbero diretti a salvaguardare latto amministrativo e i suoi effetti, con rinuncia allimpugnazione da parte del privato, che viene tacitato attraverso un sacrificio consistente nella cessione di un bene o, pi spesso, dietro lesborso di una somma di denaro da parte della pubblica amministrazione (95). In questo caso oggetto della concessione la posizione soggettiva del privato, mentre il potere amministrativo ormai esercitato non rileverebbe nella vicenda transattiva, e le concessioni dellamministrazione consisteranno nel riconoscimento di una somma di denaro o altra utilit. Certo lamministrazione potrebbe, dopo la conclusione della transazione, annullare comunque latto amministrativo che ne costituiva loggetto, ovvero sostituirlo con un altro, se ci richiesto da un mutamento delle circostanze per il perseguimento dellinteresse pubblico, anche assecondando le istanze del privato. Ma quanto alla vicenda transattiva le concessioni dellamministrazione non hanno ad oggetto il potere amministrativo. Diversamente, nel caso in cui la transazione avvenga quando il potere amministrativo non stato ancora nel concreto esercitato, le rinunzie e le concessioni non potranno che riguardare da un lato linteresse legittimo del privato dallaltro lesercizio (o il non esercizio) del potere amministrativo. Il rapporto che scaturisce dal contratto di transazione sar pertanto un rapporto di diritto pubblico, ossia, in altre parole, la transazione sar inquadrabile nella categoria dei contratti di diritto pubblico ex art. 11 (e 15) l. 241/90 (96). Pertanto pi corretto parlare di transazione sui rapporti di diritto pubblico, salvo poi specificare quale sia la natura del rapporto di volta in volta coinvolto. Rifacendosi a categorie gi elaborate da autorevole dottrina si pu parlare, nel primo caso, di transazioni di diritto privato aventi ad oggetto rapporti di diritto pubblico e, nel secondo caso, transazioni di diritto pubblico (97): nel primo caso la transazione avr natura di contratto di diritto privato dal momento che loggetto delle concessioni attiene pienamente al diritto privato; nel secondo caso si avr un vero e proprio contratto di diritto pubblico ex art. 11 l. 241/90, dal momento che le concessioni possono avere ad oggetto lesercizio del potere amministrativo (98). Ecco allora che pu finalmente dirsi sciolta la riserva formulata nel precedente capitolo circa le effettive potenzialit della transazione nel diritto amministrativo. (95) GRECO G., Contratti e accordi, cit., n. 3, il quale peraltro fa notare che dette situazioni sono le uniche prese in considerazione dal Guicciardi proprio perch questi riteneva inammissibile la possibilit per lamministrazione di vincolarsi nellesercizio del potere. (96) GRECO G., Contratti e accordi, cit., n. 4 (97) GRECO G., op. cit., passim. (98) T.A.R. Veneto, sez. I, 24 maggio 2000, n. 1107, in Riv. amm. Veneto 2002, 103 ss. DOTTRINA 299 Lo stesso sciolta pu dirsi la riserva che si era formulata a proposito della procedura di precontenzioso in sede di gara di cui allart. 6, comma 7, lettera n) del codice degli appalti, ossia se fosse possibile per lamministrazione cristallizzare in un atto avente contenuto transattivo lassetto di interessi come ricostruito dallAutorit per i contratti pubblici nel parere non vincolante. Anche in quel caso la stazione appaltante e il concorrente ben possono concludere un accordo transattivo che vincoli il futuro esercizio del potere amministrativo nel corso della gara alla interpretazione offerta dalla autorit. Naturalmente il fatto che la procedura di gara si svolge in confronto di pi soggetti concorrenti detto accordo non potr risolversi in un danno nei confronti di questi (99). 7. La conciliazione La conciliazione pu essere intesa in due modi: a) come un risultato ovvero b) come unattivit diretta ad ottenere quel risultato (100). Quando la conciliazione intesa come attivit si caratterizza per lintervento di un terzo che offre alle parti di un rapporto controverso un consilium affinch queste possano autonomamente giungere al concilium (101), ossia (99) E quindi un accordo che consenta allimpresa illegittimamente esclusa di partecipare alle successive fasi della gara certamente ipotizzabile, lo stesso non pu dirsi di un accordo tra la stazione appaltante e un concorrente finalizzato alla esclusione di un altro concorrente determinato. N potrebbe essere ritenuto ammissibile un accordo che abbia leffetto di rendere maggiormente restrittivi (anche solo sul piano interpretativo) i requisiti di partecipazione alla gara o le valutazioni per lattribuzione dei punteggi utili ai fini dellaggiudicazione. Il parere dellAutorit reso tra stazione appaltante e concorrente potrebbe essere utilizzato anche al fine di raggiungere un accordo transattivo tra due concorrenti alla medesima gara, al fine ad esempio di ottenere la rinuncia allimpugnazione del bando o dellaggiudicazione. In tal caso, peraltro, la transazione intercorrendo tra soggetti privati sar necessariamente avulsa da aspetti pubblicistici e ricadr in toto nella fattispecie dellart. 1965 c.c.: la transazione sar novativa rispetto alla controversia ma non rispetto al rapporto sostanziale di diritto pubblico che permane immutato, ed anzi risulter rafforzato (v. Greco G., Contratti e accordi, cit., n. 3). (100) PICARDI N., Manuale, cit., 593. (101) Cos PUNZI C., Il processo civile, sistema e problematiche, vol. III, I procedimenti speciali e larbitrato, Torino 2008, 158; Id., Disegno sistematico dellarbitrato, cit., vol. I, 49 ss.; Id., Arbitrato e conciliazione, in Riv. dir. proc. 1995, 1028 ss.; Id., Relazioni fra larbitrato e le altre forme non giurisdizio- nali di soluzione delle liti, cit., 390 ss.; RUBINO SAMMARTANO M., Diritto dellarbitrato, 5a ed., Padova 2006, 5 ss. Sulla conciliazione in generale v., oltre alle opere citate, LUISO F.P., voce Conciliazione, in Il diritto-Encicl. giur. Il Sole 24 ore, Milano 2007, vol. III, 498 ss.; Id., La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2004, 1201 ss; SOLDATI N., La conciliazione, Milano 2007; BARTOLOMUCCI P., voce Conciliazione extragiudiziale, in Dig. civ. (agg.), vol. I, Torino 2007, 211 ss.; CAPONI R., La conciliazione stragiudiziale come metodo di Adr (Alternative Didispute Resolution), in Foro it. 2003, V, 165 ss.; DENTI V., I procedimenti non giudiziali di conciliazione come istituzione alternativa, in Riv. dir. proc. 1980, 410 ss.; CHIARLONI S., Stato attuale e prospettive della conciliazione stragiudiziale, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2000, 447 ss.; SATTA S., Dalla conciliazione alla giurisdizione, in Riv. dir. proc. 1939, I, 200 ss.; NICOLETTI C.A., La conciliazione nel processo civile, Milano 1963. 300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 comporre la controversia (102). Se il ruolo di offrire alle parti il concilium dalla legge riferito al giudice, si parla di conciliazione giudiziale, disciplinata da numerose disposizioni del codice di rito e leggi speciali (103). Tralasciando la conciliazione giudiziale, e dedicando attenzione alla sola conciliazione stragiudiziale, questa comunemente distinta, sulla base del ruolo svolto dal conciliatore, in conciliazione facilitativa, in cui il terzo si limita a far emergere i reali interessi delle parti astenendosi dal proporre qualunque soluzione o consiglio e consentendo alle parti stesse il raggiungimento di un accordo; e conciliazione valutativa, in cui il terzo, analizzate le rispettive pretese delle parti, e la loro fondatezza ed accoglibilit in sede giudiziaria, formula loro una proposta di accordo da esse liberamente valutabile e generalmente non utilizzabile nelleventuale giudizio ordinario (104). Sul piano funzionale la conciliazione stragiudiziale viene spesso usata dal legislatore quale filtro, obbligatorio (105) o facoltativo (106), attraverso il quale le parti possono giungere ad estinguere la controversia prima di ricorrere al giudice (107). Quanto alloggetto, non vi dubbio che la conciliazione pu avvenire solamente su situazioni giuridiche soggettive disponibili (108), n deve essere contraria ad ordine pubblico e buon costume (109). Quando il legislatore usa il termine conciliazione con riferimento a situazioni giuridiche indisponibili, (102) Accanto alla conciliazione si colloca la mediazione. Il termine mediazione viene utilizzato dal legislatore solo in rari casi (es. mediazione familiare) anche se in dottrina, in assenza di una sicura convenzione terminologica, i due termini vengono spesso utilizzati come equivalenti (PUNZI C., Il processo civile, cit., vol III, 158; PICARDI N., Manuale, cit., 593). La differenza fra la mediazione e la conciliazione stata talora individuata in dottrina nella necessaria presenza nella mediazione di un terzo qualificato ma diverso dal giudice (PICARDI N., op. loc. ult. cit.) e in altri casi, nel fatto che la conciliazione si conclude con un accordo di conciliazione stipulato dalle parti (ancorch aiutate dal conciliatore), mentre la mediazione prevede, invece, la possibilit che laccordo venga predisposto dal mediatore ed accettato dalle parti (v. PUNZI C., op. ult. loc. cit.). (103) Sullimportanza del ruolo del giudice nella conciliazione giudiziale si veda MONTESANO L., La tutela giurisdizionale dei diritti, cit., 39. La conciliazione giudiziale pu presentarsi come conciliazione preventiva, in sede non contenziosa e affidata al giudice di pace (art. 322 c.p.c.), o come conciliazione successiva, che si svolge allinterno e nel corso del processo (cfr. art. 183, commi 3 e 9, e art. 185, comma 1, c.p.c.; nonch art. 350, comma 3, c.p.c., per ci che attiene al processo ordinario di cognizione; art. 420 c.p.c. per il rito del lavoro; art. 708 c.p.c. per i procedimenti di separazione e divorzio; art. 696 bis c.p.c. in tema di accertamento tecnico preventivo). (104) Cos PUNZI C., Il processo civile, cit., 159 s. (105) Si pensi al tentativo obbligatorio di conciliazione previsto in materia di lavoro dallart. 410 c.p.c. (106) Non sono rare le clausole contrattuali con le quali le parti si autovincolano ad esperire un tentativo di conciliazione prima di adire il giudice. (107) PICARDI N., Manuale, cit., 593 s.; RUBINO SAMMARTANO M., Il diritto dellarbitrato, cit., 4. (108) PICARDI N., Manuale, cit. 591; LUISO F.P., La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, cit., 1026. (109) PICARDI N., Manuale, cit., 590. DOTTRINA 301 ad esempio nella cd. mediazione in materia familiare, attribuisce al termine un significato diverso da quello consueto e che si sta tratteggiando: non gi quella di favorire un accordo delle parti, idoneo a porre regole di condotta con effetti del tutto identici a quelli della sentenza, quanto quello di convincere le parti a tenere comportamenti conformi alle prescrizioni normative, o pi in generale idonei a meglio soddisfare gli interessi in gioco. Essa ha quindi la funzione di prevenire comportamenti illeciti o comunque inopportuni: non gi quella di porre termine ad una controversia giuridica (110). Quanto al frutto della conciliazione, tendenzialmente quando riesce le parti stipulano un accordo negoziale in cui cristallizzeranno le loro volont, e nel quale si identificher quel risultato di conciliazione di cui si parlava ad inizio paragrafo (111). Salvi i casi espressamente previsti dalla legge, laccordo conciliativo non assistito da efficacia esecutiva. Questo elemento potrebbe avere effetti dissuasivi al ricorso alle procedure conciliative qualora una parte dubiti che laltra mantenga fede agli impegni assunti in sede conciliativa (112); ma vanno a tal proposito fatte delle considerazioni. Da un lato infatti il ricorso allo strumento conciliativo anzich alla giurisdizione, e ancor pi il fatto che la conciliazione si sia effettivamente raggiunta, sono di per s sintomi del fatto che i rapporti tra le parti, seppur messi in crisi dalla controversia possibile o attuale si sono mantenuti buoni; pertanto, almeno in via tendenziale, sembra doversi escludere un inadempimento degli obblighi assunti in sede conciliativa. Dallaltro lato, il verbale di conciliazione potrebbe aprire la strada alla via monitoria nel caso in cui ne ricorrano i presupposti. Ancora, linadempimento in sede conciliativa potrebbe essere valutato come un comportamento idoneo, in esito ad un procedimento di cognizione, a fondare la responsabilit aggravata ex art. 96 c.p.c. Quando la conciliazione non riesce, si ritiene che lesito negativo del procedimento non produca alcun effetto. In particolare si ritiene che il comportamento delle parti costituisca una manifestazione di volont che assume rilievo come proposta contrattuale, e non ha alcun riflesso probatorio in un eventuale successivo giudizio (113). Il comportamento delle parti, invece, potrebbe avere un importante riflesso in tema di ripartizione delle spese di lite delleventuale successivo giu- (110) LUISO F.P., op. loc. ult. cit. (111) Laccordo negoziale che cristallizzer il cd. risultato conciliativo potr assumere la forma della transazione, della rinunzia o del riconoscimento; v. SANTORO PASSARELLI F., Negozio e giudizio, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1956, 1158. (112) LUISO F.P., op. cit., 1030. (113) Neppure come comportamento valutabile ai sensi dellart. 116, secondo comma, c.p.c.: cos in materia di controversie agrarie Cass. 22 giugno 2001 n. 8596, in Foro it. 2001, I, 3120 e sostanzialmente anche Cass. 1 giugno 2001 n. 7445, in Dir. e giur. agr. 2002, 250. 302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 dizio reso necessario dal rifiuto di una delle parti di una ragionevole proposta conciliativa. Se infatti la parte che ha rifiutato una ragionevole proposta conciliativa risulter successivamente soccombente, sar condannata alla rifusione delle spese processuali e potr anche essere chiamata a rifondere i danni ex art. 96 c.p.c. Nel caso in cui, invece, dovesse risultare vittoriosa non potr essere condannata ex art. 96 c.p.c., ma, in applicazione del principio di causalit, dovr sopportare le spese di lite. Questo principio stato recepito dal legislatore del processo societario: lart. 16, comma 2, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, espressamente dispone che ove il tentativo non abbia esito positivo, il tribunale pu tenerne conto ai fini della distribuzione delle spese di lite, anche ponendole, in tutto o in parte, a carico della parte formalmente vittoriosa che non comparsa o che ha rifiutato ragionevoli proposte conciliative. A parere di chi scrive detta disposizione non rappresenta uneccezione al criterio della soccombenza, ma unapplicazione espressa del criterio della causalit che sovrintende al riparto delle spese processuali nel nostro ordinamento (114). (114) stato giustamente affermato in dottrina che il principio di causalit, nel nostro ordinamento latente (PAJARDI P., La responsabilit per le spese ed i danni nel processo civile, Milano 1959, 255; VECCHIONE R., voce Spese giudiziali (diritto processuale civile), in Nov. dig. it. 1970, 1128). In effetti non agevole, per chi muova dalla pi ovvia e letterale interpretazione delle norme degli artt. 91 e 92 c.p.c. metterne in luce la fondamentale importanza. Ma, ad una pi attenta meditazione del diritto positivo, che deve necessariamente passare per una interpretazione sistematica di tutte le norme che dispongono in tema di spese, non si pu fare a meno di notare, come accaduto a Chiovenda (CHIOVENDA G., La condanna nelle spese giudiziali, Torino 1901, 247), che anche de iure condito, il criterio della soccombenza formale, se da una lato soffre numerose eccezioni, si presenta del tutto inadeguato a fornire una risposta in termini di equit e giustizia in situazioni in cui o la soccombenza non ravvisabile, o alla soccombenza formale non dovrebbe seguire la condanna alle spese. Risposta che viene necessariamente ricercata sul piano frammentario ed empirico della casistica, come avvenuto con il criterio della soccombenza ipotetica o virtuale per la ripartizione delle spese a seguito della dichiarazione di cessazione della materia del contendere. da ritenere invece che il criterio generale che il legislatore avrebbe posto a base della disciplina generale della ripartizione delle spese di causa sia proprio il principio di causalit, e non quello meramente formale della soccombenza. Se veramente si potesse sostenere che il criterio prescelto dal legislatore per la ripartizione delle spese di lite non si fondi sul mero dato formale della soccombenza, ma sul principio di causalit, si potrebbe anche ritenere che la soccombenza formale altro non sia che un elemento rivelatore della causalit stessa, nel senso che in genere la parte soccombente nel merito ad aver dato causa al processo, o ad aver, col suo comportamento, indotto laltra a servirsene (CHIOVENDA G., op. cit., 242 ss.). Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente il criterio della soccombenza impedirebbe in ogni caso di addossare totalmente le spese di lite alla parte formalmente vittoriosa (Cass. 18 gennaio 2000 n. 489, in Mass. Giur. It. 2000; Id. 18 ottobre 1997 n. 9762, in Mass. Giur. It. 1997; Id. 10 giugno 1997 n. 5174, in Giust. Civ. 1998, I, 493, ss.; Id. 9 luglio 1993 n. 7535, in Mass. Giur. It. 1993; Id. 11 giugno 1992 n. 7220, in Giur. It. 1993, I,1, 576 ss.). Peraltro non sono mancati casi in cui la Suprema Corte ha fatto ricorso al principio di causalit puro: v. Cass. 30 Maggio 2000 n. 7182, in Foro It. 2001, I, 955 ss., con nota di SCALA A. DOTTRINA 303 8. La conciliazione e la pubblica amministrazione A giudicare dal dato meramente numerico sembrerebbe che il legislatore veda nel settore delle controversie con la pubblica amministrazione il campo di elezione dello schema conciliativo. Numerosissime sono infatti le disposizioni che si rifanno, peraltro totalmente al di fuori di ogni sistematicit (115), a modelli conciliativi. A titolo di esempio si vedano lart. 2 l. 14 novembre 1995, in materia di servizi di pubblica utilit, lart. 65-bis d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, che disciplina il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito presso la Direzione provinciale del lavoro nella cui circoscrizione si trova lufficio cui il lavoratore addetto, lart. 11 l. 31 luglio 1997, n. 249, in tema di soluzione non giurisdizionale delle controversie nel campo delle telecomunicazioni; ancora attivit conciliativa, seppur sui generis, prevista dallart. 8 l. 12 giugno 1990, n. 146, in materia di esercizio del diritto di sciopero nel settore dei servizi pubblici essenziali. Un caso del tutto particolare di procedura conciliativa rappresentato, nel settore dei contratti pubblici, dalla procedura di accordo bonario di cui allart. 240 codice degli appalti (116). In tutte queste ipotesi la conciliazione riguarda sempre posizioni di diritto soggettivo, e, ove riesca, il verbale di conciliazione ad eccezione della conciliazione in materia di sciopero nel settore dei servizi pubblici essenziali ha efficacia di titolo esecutivo, o quantomeno viene cristallizzato in un atto che vincola le parti. Tra tutte, peraltro, la procedura conciliativa sicuramente pi interessante, quella di cui allart. 6, comma 7, lettera n), del codice degli appalti. Detta disposizione, nellelencare i compiti di competenza della Autorit Garante per (115) CHITI. M.P., Le forme di risoluzione delle controversie, cit., 3. (116) Che detta procedura sia riconducibile al tipo conciliativo, destinato a sfociare in una transazione, non possono sorgere dubbi, se non per lipotesi in cui alla commissione rimessa dalle parti la possibilit di assumere decisioni vincolanti, perfezionando, laccordo bonario risolutivo delle riserve ove sono chiari i caratteri dellarbitrato (irrituale?) Cos GRECO G., Contratti e accordi della Pubblica Amministrazione con funzione transattiva (appunti per un nuovo studio), cit., n. 2. Eppure non sempre cos stato interpretato. Infatti, con riferimento alla disciplina dellart. 31 bis l. 109/94, nel testo precedente alle modifiche apportate dalla legge 166/2002, stato sostenuto che laccordo bonario avrebbe dovuto essere inquadrato tra gli accordi amministrativi, ex art. 11 della legge 241. STICCHI DAMIANI E., in AA.VV., Lappalto di opere pubbliche, a cura di R. VILLATA, Padova 2001, 861. Non cos nella seconda edizione della stessa opera (Padova, 2004, 1006 ss.). Ma, a parte tale discutibile inquadramento, se si tien conto dei possibili contenuti dellaccordo bonario risulter facile escludere ogni esercizio di potest pubbliche, che rappresenta il proprium degli accordi ex art. 11 l. 241. Infatti, attraverso laccordo bonario, lAmministrazione riconosce eventuali ulteriori compensi (per maggiori oneri sostenuti dall'appaltatore), riconosce eventuali proroghe dei termini contrattuali (evitando cos allappaltatore i rischi delle penali), concorda eventuali nuovi prezzi e varianti (nei limiti consentiti, dallart. 24 della l. 109/94), ecc.: esercita, cio, n pi n meno quei poteri negoziali, connessi alla sua posizione contrattuale e alle relative obbligazioni. Cos precisamente, sempre GRECO G., op. loc. ult. cit. 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 i Contratti Pubblici, dispone: su iniziativa della stazione appaltante e di una o pi delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione. La norma detta la disciplina della cd. procedura di precontenzioso in sede di gara, ossia lattivit con cui lAutorit esprime il proprio parere in ordine a questioni che si potrebbero porre in sede di gara tra la stazione appaltante e le imprese concorrenti; questioni che potrebbero potenzialmente degenerare nella impugnazione del bando di gara ovvero dei provvedimenti di esclusione o aggiudicazione. Al fine di prevenire il contenzioso le parti possono ricorrere allAutorit affinch questa esprima il proprio parere non vincolante sulla vicenda formulando anche unipotesi di soluzione (117). Il provvedimento dellAutorit 10 gennaio 2008, che subentra al provvedimento 10 ottobre 2006, detta la disciplina per il procedimento. Listanza pu essere presentata dalla stazione appaltante o dalle parti interessate alla procedura, congiuntamente o disgiuntamente (118). Il procedimento si conclude in tempi strettissimi. prevista unattivit istruttoria ed garantita ad entrambe le parti la possibilit di partecipazione alla procedura. Qualora il procedimento avviato su istanza della parte privata, la stazione appaltante invitata a non porre in essere atti pregiudizievoli ai fini della risoluzione della questione fino alla definizione della stessa da parte dellAutorit (119). (117) Uno strumento simile venne inserito nello schema di regolamento generale di attuazione della Merloni su sollecitazione delle commissioni parlamentari. Nella relazione governativa al testo si leggeva: non essendo configurabile allo stato attuale dellordinamento al di la degli aspetti sanzionatori un potere dellAutorit di emettere statuizioni vincolanti erga omnes, e nemmeno verso i singoli (lAutorit infatti non regola in senso stretto) si ritenuto di prevedere un meccanismo che attribuisca allAutorit, investita del relativo potere dalla volont consensuale, la regolamentazione della specifica fattispecie, attraverso un momento di composizione stragiudiziale e pregiudiziale della possibile vertenza che consenta allAutorit di dettare la regola per il caso concreto. Fu la Corte del Conti a negare il visto alla disposizione per mancanza dei relativi fondi. Sul punto v. CORSINI M., inAA.VV., Codice degli appalti pubblici, cit., sub art. 6, 53. Ma un meccanismo di tal fatta esisteva ed era vigente nel nostro ordinamento, anche se poco conosciuto e poco applicato: era la procedura di conciliazione prevista dagli artt. 9 ss. Dir. CE 92/93 sui mezzi di ricorso, che tendeva a trovare un accorodo tra le parti nel rispetto del diritto comunitario. Su detta ultima procedura v. GRECO G., Modelli arbitrali e potest amministrative, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1999, 163 ss. (118) Diversamente da quanto sembra disporre il codice dei contratti, che invece richiede unistanza congiunta. (119) Si ritiene che detto invito non abbia carattere cogente: v. BALDI M., in AA.VV., La disciplina dei contratti pubblici. Commentario al Codice appalti, a cura di BALDI M., Tomei R., Milano 2007, sub art. 6, 82; VARLARO SINISI A., Fioccano i pareri consultivi dellAutorit in tema di cauzione provvisoria, subappalto, avvalimento, in Urb. e app. 2007, 420. Detto orientamento non pare condivisibile: quando una norma di legge o di altra fonte invita lamministrazione a fare o non fare qualcosa, non significa che lamministrazione sia libera di eseguire o non eseguire linvito, ossia il fatto che si usi il verbo invitare non intacca la cogenza dellordine e lamministrazione sar comunque tenuta ad uniformare il proprio comportamento alle previsioni della norma. La ragione del verbo invitare, infatti, va ad inci- DOTTRINA 305 Sulla natura conciliativa del procedimento non possono sorgere dubbi: nella eventualit del sorgere di una controversia in sede di gara un soggetto terzo offre il proprio consilium affinch le parti possano addivenire al concilium. Peraltro rispetto a tutte le ipotesi di conciliazione che si sono esaminate questa si caratterizza per il suo oggetto. Generalmente le ipotesi di conciliazione disciplinate dalla legge hanno ad oggetto situazioni di diritto soggettivo, magari fortemente connesse con situazioni di interesse legittimo, ma pur sempre di diritto soggettivo. Nel caso in esame invece oggetto della controversia (eventuale o gi insorta) una situazione di interesse legittimo come tale rientrante a pieno titolo nella giurisdizione del giudice amministrativo, dal momento che siamo nellambito della fase a diritto amministrativo (cd. ad evidenza pubblica) della contrattazione pubblica. Inoltre il parere dellAutorit non necessariamente dato quando lattivit amministrativa o, se si preferisce, lesercizio del potere si sono esauriti, ma la sua pi importante funzione di orientare lesercizio del potere provvedimentale della stazione appaltante al fine di evitare lillegittimit dellaggiudicazione: ossia, in altre parole, il parere dellAutorit ha la funzione di indicare allamministrazione aggiudicatrice eventuali vizi nellesercizio del potere in maniera che questa possa evitare che la procedura di gara, che si conclude con laggiudicazione, sia viziata e possa venire annullata dal giudice amministrativo, ad esempio perch un concorrente stato ingiustamente escluso dal concorso. Ci non pu che dar adito ad una serie di considerazioni. In primo luogo il legislatore non solo non ha ritenuto lo schema della conciliazione contrastante con la soluzione e/o prevenzione di controversie relative a posizioni di interesse legittimo, ma ha anche previsto che lintervento di un soggetto terzo possa influire, seppure in maniera non vincolante, sullesercizio futuro del potere amministrativo: nessuna disposizione impedisce lintervento di un soggetto conciliatore che, nel corso del procedimento, ponendo in risalto eventuali vizi dellagire dellamministrazione, proponga comportamenti alternativi rispetto a quelli che questa sta seguendo al fine di evitare linsorgere di una controversia probabile, o di porre fine ad una controversia gi in atto; sar in questultimo caso lamministrazione che, in esercizio dei suoi poteri di autotutela potr autonomamente scegliere di seguire il consilium e, se gi stato instaurato in giudizio, far cessare la materia del contendere. Altra questione riguarda la possibilit di cristallizzare in un atto negoziale leventuale risultato della conciliazione: la normativa tace sul punto, ma non dere sul momento della motivazione del provvedimento che si discosta dallinvito: la pubblica amministrazione pu tenere un comportamento diverso da quello al quale invitata, ma deve dare conto in motivazione delle ragioni per cui ha deciso di discostarsi dal parametro normativo. In caso contrario il provvedimento sar annullabile per violazione di legge per difetto di motivazione. 306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 sembra potersi escludere che le parti possano impegnarsi e fissare in un atto avente natura lato sensu transattiva lavvenuta conciliazione, ancorch loggetto delle reciproche concessioni possa riguardare non la disciplina delle conseguenze di un rapporto di diritto amministrativo gi esaurito, ma addirittura lesercizio stesso del potere. La questione peraltro presuppone la dimostrazione della ammissibilit della transazione su rapporti di diritto pubblico che come ci si riservati supra sar affrontata infra (120). Ancora, occorre verificare quali effetti il parere dellAutorit, espressamente definito non vincolante dalla legge, pu produrre nei rapporti tra le parti. Se le parti decidessero di adattarvisi, evitando linsorgere della controversia o ponendovi fine, affidando le loro volont ad un atto negoziale non vi sarebbero soverchie questioni, ma poco sopra ci si riservati di affrontare pi avanti il problema. Peraltro, anche qualora le parti non stipulassero nessun accordo, lesistenza del parere dellautorit non sarebbe comunque senza effetto. Come si detto sopra parlando della conciliazione in generale, si ipotizzato che, nel caso in cui la conciliazione non fosse consacrata in un accordo negoziale, la mancata adesione ad una ragionevole proposta conciliativa che nella specie consisterebbe nella proposta di soluzione della quaestio controversa avanzata dallAutorit avrebbe potuto aprire la strada alla responsabilit processuale ex art. 96 c.p.c., ovvero nel caso in cui la ragionevole proposta fosse stata rifiutata dalla parte successivamente vittoriosa in giudizio, il principio di causalit avrebbe aperto la strada alla sua condanna nelle spese processuali. Ci vale naturalmente anche nel caso di specie a nulla rilevando che ci si trovi di fronte a controversie appartenenti pleno titulo alla giurisdizione amministrativa: infatti anche davanti al giudice amministrativo trovano applicazione le disposizioni processuali civili in tema responsabilit in expensis (121), nonch lart. 96 c.p.c. in tema di responsabilit aggravata (122). Va inoltre considerato un aspetto del tutto peculiare: qualora il funzionario amministrativo competente ad esprimere la volont dellamministrazione ritenga di discostarsi dal parere formulato dallAutorit dovr ben motivare la decisione di non seguire il consilium per evitare di incorrere, in caso di successiva sconfitta in giudizio dellamministrazione cui appartiene, nella responsabilit amministrativa ex art. 28 Cost. (120) Per alcune considerazioni v. GRECO G., op. loc. ult. cit. (121) Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2001, n. 1171; AA.VV., Giustizia amministrativa, a cura di SCOCA F.G., 2a ed., Torino 2006, 165 s. (122) C.G.A. Reg. Sic., 21 settembre 2006, n. 518, in Riv. trim. appalti 2007, 527; T.A.R. Veneto, sez. I, 19 febbraio 2000, n. 637, in Foro amm. 2000, 1837; Cass. 25 gennaio 1989, n. 429, in Foro it. 1990, I, 238 ss. DOTTRINA 307 Ma limportanza della disposizione del codice dei contratti va ben al di la della sua portata operativa. Essa infatti conferma la possibilit che lo strumento conciliativo possa essere adoperato anche per controversie aventi ad oggetto posizioni di interesse legittimo, senza peraltro porre quelle questioni che invece parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono insuperabili con riferimento alla transazione, allarbitrato, allarbitraggio o alla perizia arbitrale. Con la conciliazione, come si visto sopra, leffetto conciliativo non si produce grazie ad una imposizione proveniente da un soggetto terzo rispetto alle parti, ma consegue ad una loro libera scelta maturata grazie al consilium di un soggetto particolarmente affidabile. Consilium che, anche se non si traduce in un atto negoziale, produce effetti considerevoli sulleventuale successivo processo in termini di responsabilit processuale ex art. 96 c.p.c. La decisione di mutare il proprio comportamento presa autonomamente dallamministrazione in base ad una meditata lettura della questione proveniente da un soggetto terzo rispetto ad ambo le parti, lettura che non vincola certo lattivit amministrativa, ma offre gli strumenti per poter ragionevolmente prevedere gli esiti di una lite presente, ovvero futura o eventuale. A quel punto lamministrazione potr prendere autonomamente le sue determinazioni, eventualmente anche discostandosi dal consilium del terzo, salvo poi il rischio, in caso di sconfitta in giudizio, di sopportare una condanna per le spese processuali, oltre alla responsabilit ex art. 96 c.p.c. e, per il funzionario competente, la responsabilit per danno erariale ex art. 28 Cost. 9. Larbitraggio Larbitraggio (123) disciplinato, al livello privatistico, da diverse disposizioni del codice civile, ed previsto da talune leggi speciali. Lart. 1349 c.c. disciplina la figura al livello generale: se la determinazione della prestazione dedotta in contratto deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa manifestamente iniqua o erronea, la determinazione fatta dal giudice. La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si pu impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo (123) Sullarbitraggio in generale v. CATRICAL A., voce Arbitraggio, in Enc. giur., vol. II, Roma 1988; CRISCUOLO F., Arbitraggio e determinazione delloggetto del contratto, Napoli 1996; CRISCUOLO F., voce Arbitraggio e perizia contrattuale, in Enc. dir., aggiornamento, vol. IV, Milano 2000, 60 ss.; MARANI G., In tema di arbitrato, arbitraggio, perizia contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1983, 610 ss.; SALANDRA V., Arbitrato irrituale, arbitraggio o perizia contrattuale?, in Assicurazioni 1940, 2, 185 ss.; SCHIZZEROTTO G., Arbitrato improprio e arbitraggio, Milano 1967; VECCHIONE R., Perizia contrattuale, arbitrato irrituale e arbitraggio, in Foro pad. 1953, I, 405 ss.; ZUDDAS G., Larbitraggio, Napoli 1992. 308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto nullo. Nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento . Tra le disposizioni inerenti il contratto di vendita lart. 1473 c.c. dispone: le parti possono affidare la determinazione del prezzo a un terzo, eletto nel contratto o da eleggere posteriormente. Se il terzo non vuole o non pu accettare lincarico, ovvero le parti non si accordano per la sua nomina o per la sua sostituzione, la nomina, su richiesta di una delle parti, fatta dal presidente del tribunale del luogo in cui stato concluso il contratto. Sempre in tema di contratto di vendita, lart. 82 disp. att. c.c. indica in quale modo si pu supplire alla mancata collaborazione di controparte nella nomina del terzo (124). Al livello di leggi speciali costituiscono arbitraggio, ad esempio, quello che lart. 37 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 definisce arbitrato (125), nonch il procedimento previsto dallart. 64, comma 4, d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 per la determinazione dellequo compenso in caso di invenzioni del dipendente. In cosa consista larbitraggio, e sui particolari che lo rendono diverso dallarbitrato, la dottrina ha gi detto molto. Per quanto interessa in questa sede sufficiente accennare che si ha arbitraggio quando le parti di un negozio rimettono ad un terzo la determinazione di alcuni elementi del negozio stesso, impegnandosi preventivamente ad accettare la determinazione. Che listituto opera anche nei negozi unilaterali (126) e che se le parti non hanno scelto di rimettersi allarbitrio del terzo questo deve procedere alla scelta con equo apprezzamento. Un aspetto che la dottrina mette raramente in risalto, in quanto probabilmente appare scontato, ma che fondamentale ai fini della nostra ricerca, che la determinazione, ancorch rimessa ad un terzo, appartiene alle parti che (124) Sempre nel codice civile altre norme individuano istituti riconducibili al tipo dellarbitraggio: allart. 630 c.c. si prevede la determinazione ad opera di terzi della individuazione dellistituto beneficiario, e delluso da farsi delle disposizioni testamentarie a favore dei poveri; allart. 631 c.c. la scelta del legatario tra pi persone, famiglie, categorie o enti determinati dal testatore; allart. 632 c.c. la determinazione della quantit e delloggetto del lascito disposto a titolo remunerativo per i servizi prestati in vita al testatore; agli artt. 664 e 665 c.c. la scelta della cosa determinata dal testatore soltanto nel genere e in caso di lagato alternativo; agli artt. 706 e 733 c.c. la divisione o la stima del progetto di divisione del patrimonio ereditario ad opera dellesecutore testamentario o di persona designata che non siano eredi o legatari; e ancora, allart. 778 c.c. la scelta del donatario tra pi soggetti indicati e loggetto tra pi cose desi-gnate tra o nei limiti stabiliti dal donatore. pure ammessa la scelta del terzo nella individua- zione dellobbligazione alternativa (artt. 1286 e 1287 c.c.) . (125) ZUCCONI GALLI FONSECA E., in AA.VV., Arbitrato, cit., sub art. 806, 102. (126) CATRICAL A., voce Arbitraggio, cit., 1. DOTTRINA 309 ne assumono pienamente la responsabilit; in altre parole, salvo che la determinazione sia in qualunque modo viziata, e venga perci posta nel nulla dal giudice, questa appartiene alle parti, che la fanno propria (127). Il terzo sar responsabile nei confronti delle parti per il suo operato, ma nei confronti di tutti gli altri terzi la sua determinazione appare come determinazione delle parti. Parte della dottrina ritiene impraticabile per la pubblica amministrazione la via dellarbitraggio dal momento che non sarebbe ammissibile che essa deferisca ad un terzo la determinazione della prestazione dedotta in contratto; le perplessit che dovrebbero indurre a ritenere larbitraggio inammissibile sarebbero addirittura pi evidenti di quelle che, sempre per il medesimo orientamento dottrinario, renderebbero impraticabile il ricorso allarbitrato libero, non potendosi nemmeno invocare ad argomento una pretesa univocit di funzioni tra le due forme di arbitrato. La pubblica amministrazione, pertanto, sarebbe impedita a ricorrere allarbitraggio poich le sarebbe impedito deferire a terzi la formazione della sua volont (128). Detta conclusione per da un lato apodittica, perch non sono spiegate le ragioni della impossibilit di deferire a terzi il momento volitivo dellamministrazione pubblica se non nella formazione della volont provvedimentale, almeno nel momento della formazione della volont negoziale e soprattutto dallaltro trova smentita in diverse disposizioni di legge che prevedono ipotesi in cui la formazione della volont amministrativa completata dallintervento di terzi (129). Si pensi ad esempio alle commissioni di determinazione di premi e indennit previste da diverse disposizioni del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dellarticolo 1 della legge 8 ottobre, n. 352 per il caso in cui il privato non accetti la determinazione del Ministro (130). (127) Larbitratore autorizzato dalle parti a volere per loro, nel senso che la volont dellarbitratore volont accessoria rispetto a quella delle parti, che completa il contenuto e determina lefficacia della dichiarazione principale rispetto alla quale un distinto negozio giuridico, con una sua propria rilevanza ed efficacia, sebbene di carattere ausiliario (corsivo dellAutore); cos SANTORO PASSARELLI F., Negozio e giudizio, cit., 1160. (128) CAIA G., Arbitrati e modelli arbitrali nel diritto amministrativo, cit., 27 s.; DE LISE P., Larbitrato nel diritto amministrativo, cit., 1199 s., (129) V. infatti LASCHENA R., voce Arbitrato, cit., 7: Lesistenza di arbitraggi necessari di diritto pubblico non dubbia, se non peraltro perch la legge espressamente ne prevede alcune forme. LAutore richiama a titolo di esempio lart. 2 l. 20 dicembre 1962, n. 1718. (130) Si tratta di determinazioni che la dottrina aveva ricondotto ad ipotesi di arbitraggio (CASSESE S., Larbitrato nel diritto amministrativo, cit., 315 ss.). Per la verit sembrerebbe pi corretto ricondurre dette ipotesi sotto legida dellarbitrato irrituale dal momento che le commissioni sono chiamate a risolvere un conflitto relativo al quantum debeatur per il caso di mancata accettazione delle stima del Ministro. Resta il fatto che in queste si ancora nella fase genetica del rapporto del quale occorre individuare un elemento; individuazione che rimessa allapprezzamento di un soggetto terzo, la cui determinazione fatta propria dallamministrazione. 310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Non si vede poi per quale ragione allamministrazione debba essere proibito rimettere a terzi la determinazione di taluni elementi di un contratto: si visto supra, infatti, che lamministrazione quando non esercita la propria attivit istituzionale si configura come una persona giuridica titolare di una capacit di diritto privato identica a quella di qualsiasi altro soggetto (131), e lo stesso vale quando esercita attivit contrattuale, seppure la presenza del pubblico interesse giustifica delle limitazioni alla sua autonomia privata; in linea generale, quindi, niente impedirebbe allamministrazione daccordo con controparte e nei limiti consentiti dalla legge di affidare a terzi la determinazione di taluni elementi contrattuali. Ma soprattutto, ci che rileva maggiormente come argomento a contrario, il ricorso allo strumento dellarbitraggio non significa che la volont dellamministrazione sia inammissibilmente rimessa a terzi. Come si visto supra, infatti, la volont finale pure sempre delle parti, ancorch una parte pi o meno importante del contenuto dellatto finale sia determinata da un terzo. Ci che rileva alla fine non la volont del terzo, ma la volont delle parti, che unica appare come determinante il concreto assetto di interessi raggiunto. Nei confronti di tutti gli altri terzi non appare che la volont negoziale delle parti, mentre il fatto che detta volont sia stata in parte determinata da un terzo ha rilievo esclusivamente nei rapporti tra le parti, e tra queste e il terzo. La decisione finale sul rapporto comunque delle parti mentre la determinazione del terzo si pone in un momento logicamente anteriore rispetto al perfezionamento del negozio. Inoltre che la determinazione di un elemento di un negozio o atto pi complesso sia rimessa ad un terzo, non significa che questi sostituisca la propria volont a quella delle parti: tutto al contrario sono le parti che fanno propria, anticipatamente, la manifestazione di volont del terzo, il quale ne perde la paternit. Quanto allattivit provvedimentale della pubblica amministrazione, occorre distinguere tra provvedimenti vincolati e provvedimenti a contenuto discrezionale. In caso di provvedimento vincolato non pare possa esservi spazio per larbitraggio. Se si segue lorientamento pi restrittivo, secondo il quale sarebbe da considerare vincolato soltanto latto i cui contenuti siano assolutamente predeterminati, in modo che lesercizio del potere si presenta come una semplice formalizzazione di un quid dal contenuto gi predeterminato, sembrerebbe da escludere lo spazio stesso per la determinazione di un terzo su taluni aspetti contenutistici del provvedimento. Allo stesso modo, se si segue una diversa impostazione e si considera invece vincolato anche quel provvedimento (131) BASSI F., Arbitrato irrituale e pubblica amministrazione, in AA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, cit. 1999, 63. DOTTRINA 311 il cui contenuto risulti legato allesito della istruttoria procedimentale, in modo che latto risulter vincolato non in virt di una predeterminazione normativa del suo contenuto ma per il combinarsi delle risultanze dellattivit istruttoria, cui la legge fa corrispondere senza alcuna discrezionalit degli effetti necessari (132) non vi pu essere spazio per larbitraggio. Al pi lamministrazione si potr rivolgere a terzi per svolgere valutazioni inerenti lattivit istruttoria, ma in tal caso non si tratter di arbitraggio dal momento che ci che viene chiesto al terzo non la determinazione vincolante di un elemento del rapporto, ma un accertamento ad usum dellattivit amministrativa vincolata, ossia una semplice consulenza tecnica. Del tutto diversa invece la conclusione con riferimento allattivit discrezionale che, a norma dellart. 11 l. 7 agosto 1990, n. 241, pu essere oggetto di accordi tra lamministrazione e linteressato al fine di determinare il contenuto del provvedimento, ovvero di sostituirlo con una determinazione negoziale. Ebbene, per tutto quanto si detto supra non si vedono motivi per escludere la rimessione a terzi della determinazione, con carattere vincolante per le parti, di taluni elementi di quello che sar il provvedimento finale. Provvedimento finale che sar espressione esclusivamente di volont pattizia (sempre nellottica del perseguimento del pubblico interesse), mentre in nessun modo rilever allesterno che taluni suoi elementi siano frutto della determinazione di un soggetto terzo. Lo stesso ragionamento vale per gli accordi tra pubbliche amministrazioni per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivit di interesse comune di cui allart. 15 l. 241/90. Ecco allora che, salvo che diverse disposizioni di legge o le caratteristiche del procedimento rendano impraticabile larbitraggio, deve ritenersi che le pubbliche amministrazioni possano liberamente farvi ricorso nellesercizio della loro attivit di diritto privato e sempre con il limite del rispetto e del perseguimento del pubblico interesse (133). 10. La perizia arbitrale Venendo alla perizia arbitrale, o perizia contrattuale, la figura emersa nellesperienza giurisprudenziale come incarico a terzi di svolgere, essenzialmente in base alla loro capacit tecnica, constatazioni o accertamenti che le parti si impegnano ad accettare, con riferimento ad una vicenda conclusa. La (132) E cos, ad esempio, se prima dellintroduzione della denunzia di inizio attivit io avessi depositato tutta la documentazione necessaria per ottenere una licenza edilizia, lamministrazione sarebbe stata vincolata a concedermela. Allo stesso modo, se dallattivit istruttoria ricorrono tutti i presupposti della guida in stato di ebbrezza, lagente accertatore non potr fare altro che procedere alla irrogazione della sanzione. (133) Cos FAZZALARI E., Larbitrato nellattivit della regione, cit., 162 s. 312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 determinazione del terzo verte su una valutazione eminentemente tecnica con esclusione di ogni potere discrezionale o equitativo. Si tratta di uno strumento in genere utilizzato nella prassi dei contratti assicurativi contro i danni, nei quali sovente previsto che in caso di contestazione sulla liquidazione del danno la determinazione sia affidata ad un collegio di periti (134). Sulla natura della perizia contrattuale o arbitrale non vi univocit di vedute. Secondo un primo orientamento la perizia contrattuale altro non sarebbe che unipotesi di arbitraggio (135), altri ritengono sia unipotesi di arbitrato irrituale (136), altri ancora le negano lautonoma configurabilit (137) mentre altri ne fa un istituto autonomo (138). Peraltro a chi scrive sembra che miglior cosa sia indagare caso per caso tutte le ipotesi in cui viene rimesso a terzi laccertamento di un dato prettamente tecnico, verificare la ratio di tale rimessione, e quindi individuare la natura dellistituto. Ecco allora che, qualora le parti si siano risolte di rimettere a terzi la determinazione di elementi tecnici a completamento di un negozio tra di loro nella sua fase genetica non si pu negare che ci si trovi di fronte ad un caso di arbitraggio; qualora invece le parti di un rapporto controverso rimettano ad un terzo, scelto per le sue particolari conoscenze, un aspetto prettamente tecnico staccandolo dal resto dellintera vicenda, allora si avr perizia arbitrale, che peraltro si presenta come un arbitrato, seppur ad oggetto limitato (139). Ecco allora che, se la perizia arbitrale altro non che una sorta di arbitrato (134) Cass. 18 febbraio 1998, n. 1721; Id. 28 agosto 1995, n. 9032; Id. 30 marzo 1995, n. 3791; Id. 11 novembre 1994, n. 9459; 16 luglio 1985, n. 4178. In dottrina v. BOVE M., La perizia arbitrale, Torino 2001; SCHIZZEROTTO G., Arbitrato improprio e arbitraggio, Milano 1967; DIMUNDO A., Larbitraggio la perizia contrattuale, in AA.VV., Larbitrato. Profili sostanziali, cit., vol. I, 143 ss., spec. 208 ss.; VECCHIONE R., Perizia contrattuale, arbitrato irrituale e arbitraggio, in Foro pad. 1953, I, 405 ss.; ZUDDAS G., Larbitraggio, Napoli 1992; CRISCUOLO F., voce Arbitraggio e perizia contrattuale, in Enc. dir., aggiornamento, vol. IV, Milano 2000, 60 ss.; Id., Arbitraggio e determinazione delloggetto del contratto, Napoli 1996. (135) Cos ASCARELLI T., Arbitri e arbitratori, in Riv. dir. proc. 1929, I, 308 ss.; ASCARELLI T., I c.d. collegi arbitrali per laccertamento del danno nellassicurazione infortuni, in Assicurazioni 1936, II, 2 ss.; FURNO C., Appunti in tema di arbitramento e di arbitrato, in Riv. dir. proc. 1951, II, 157 ss., spec. 161, 167-168; FAZZALARI E., Larbitrato, Torino 1997, 29 s.; GABRIELLI G., Arbitrato rituale, arbitrato irrituale ed arbitraggio nellaccertamento o nella transazione, in Vita not. 1993, 663 ss., spec. 665 ss. (136) SALANDRAV., Arbitrato irrituale, arbitraggio o perizia contrattuale?, in Assicurazioni 1940, 2, 185 ss., spec. 189; VECCHIONE R., Perizia contrattuale, arbitrato irrituale e arbitraggio, cit., 407. (137) ELIA L., In tema di arbitrato irrituale, in Giur. compl. cass. civ. 1948, II, 280 ss.; SCHIZZEROTTO G., Dellarbitrato, 3a ed., Milano 1988, 278 ss.; ZUDDAS G., Larbitraggio, cit., 219 ss.; DIMUNDO A., Larbitraggio la perizia contrattuale, cit., 214 ss. (138) BIAMONTI L., voce Arbitrato (diritto processuale civile), in Enc. dir., vol. II, Milano 1958, 955 ss.; RECCHIA G., voce Arbitrato irrituale, in Noviss. dig. it. Appendice, vol. I, Torino 1980, 366; MARANI G., In tema di arbitrato, arbitraggio, perizia contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1983, 610. (139) Cos LUISO F.P., Loggetto del processo arbitrale, in Riv. arb. 1996, 669 ss.; BOVE M., La perizia arbitrale, cit., passim, spec. 170 ss. DOTTRINA 313 ad oggetto irrituale per modo che la differenza tra larbitrato e la perizia arbitrale sarebbe di tipo meramente quantitativo (140), detto strumento sar utilizzabile da parte delle pubbliche amministrazioni nei limiti in cui si ritiene consentito lo strumento dellarbitrato (141). (140) BOVE M., op. loc. ult. cit. (141) Diversamente argomenta CAIA G., Arbitrati e modelli arbitrali, cit., 27 ss., secondo il quale la perizia arbitrale consisterebbe nel deferimento a terzi di una questione dal carattere prettamente tecnico. Egli stesso la ritiene inammissibile oltre che per il fatto che lamministrazione non potrebbe rimettere ad un terzo lesame di questioni tecniche dal momento che istituzionalmente dovrebbe essere dotata di un ufficio alluopo competente (argomento questo invero fantasioso, come ammette del resto lo stesso Autore) esattamente per le medesime ragioni per le quali ritiene inammissibile larbitraggio. 314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 Il creditore erariale dissenziente al concordato preventivo Spunti di riflessione tratti dalla giurisprudenza del Tribunale di Monza Francesco Vignoli* Quando Carnelutti giunse in Lombardia, per esercitare linsegnamento presso lUniversit di Milano, nella sua prolusione di esordio tenne a rimarcare che larrivo in una Accademia cos prestigiosa costituiva motivo di grande soddisfazione. Le ragioni di tale soddisfazione erano principalmente da ricondurre, secondo lesimio giurista, nella constatazione che, in sintonia con gli insegnamenti romanistici, il diritto nasce dai traffici commerciali e si evolve con questi. Pertanto non vi era sede migliore di Milano, e della Lombardia, per prestare la propria attivit. Prendendo spunto dal grande maestro, si potrebbe dire che esaminare le tematiche del concordato preventivo e della transazione fiscale in una sede quale quella di Monza significa dibattere di una materia viva e in continua evoluzione, perch viva e in evoluzione lattivit commerciale in questo spicchio della nostra Italia. Monza la terza citt della Lombardia, ha pi abitanti di comuni capoluogo di Regione quali ad esempio Trento, presenta una struttura commerciale e industriale che non ha bisogno di presentazioni. E sufficiente percorrere la strada che collega Milano alla Brianza per rimanere sbalorditi dal numero di imprese. Per segnalare solo un evento si rileva che, da recentissime stime della Camera di Commercio della citt, il Gran Premio di Monza, celebrato di recente, tra turismo e giro daffari una macchina che muove complessivamente oltre 110 milioni di Euro. Ve ne abbastanza per affermare che Monza costituisce un laboratorio importante per esaminare la portata applicativa di istituti di recente introduzione, la cui interpretazione si presta a una rimeditazione di noti principi. Lart. 53 Cost. dispone che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacit contributiva. L'obbligo di concorrere alle spese pubbliche dettato dalla fondamentale esigenza di reperire i mezzi ne- (*) Avvocato dello Stato. Relazione al Convegno Il concordato preventivo: le prassi del Tribunale di Monza, organizzato da CisCentro studi di impresa su incarico della Fondazione forense con il patrocinio dellOrdine degli avvocati e dei dottori commercialisti di Monza, tenutosi in Monza il 24 settembre 2010. DOTTRINA 315 cessari per consentire allo Stato ed agli altri enti pubblici di poter assolvere i loro compiti istituzionali. Tale esigenza fondamentale richiede che detti enti possano fare affidamento in tempi brevi su una consistente entit di risorse finanziarie la cui riscossione quindi deve essere certa. Cos si esprimono i giudici di legittimit nella parte motivazionale della sentenza Cass. civ. sez. I, 1 marzo 2010, n. 4861. Nella fattispecie, la Suprema Corte riconosce il privilegio ai crediti Irap anche per il periodo antecedente alla intervenuta modifica dellart. 2752 c.c, dovendosi ritenere la previsione di detto privilegio implicitamente inclusa in detta norma in base ad una consentita interpretazione estensiva della stessa. Va evidenziato che la sentenza disattende lorientamento ancora recentemente adottato dal Tribunale di Monza (cfr., da ultimo, la sentenza 4 febbraio 2010, n. 446) che ammettendo lIrap al chirografo si poneva, per il vero, in una posizione isolata rispetto agli altri Tribunali del distretto (ex multis, Tribunale di Como, sentenza n. 548/07; Tribunale di Milano, Sez. II, 28 maggio 2008, n. 7038) che avevano anticipato, nelle loro statuizioni, il recente arresto della Cassazione. La pronuncia del 2010 sopra richiamata ribadisce il tradizionale principio della indisponibilit dellobbligazione tributaria (cfr. Cass. civ. Sez. V, sent. 25 gennaio 2008, n. 1605). Linserimento nel corpus della disciplina fallimentare dellart. 182 ter pone linterprete di fronte a una possibile ipotesi di superamento del suddetto principio. La norma consente al debitore intenzionato a proporre una domanda di ammissione al concordato preventivo di integrare il piano concordatario, che sar sottoposto allapprovazione dei creditori, con la formulazione di una proposta nei confronti dellerario per il pagamento anche parziale dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali. Sono esclusi dalla falcidia i tributi costituenti risorse proprie dellUnione europea, e, con linserimento di una specificazione dettata da un contrasto esegetico circa la natura comunitaria, lIva, nonch, con linterpolazione operata dal recentissimo d.l. n. 78 del 2010, le ritenute operate e non versate. Il compito della difesa erariale stato di interpretare la nuova legge fallimentare in coerenza, principalmente, con i principi costituzionali di cui agli artt. 53 e 97 ed altres in sintonia con gli istituti tradizionali del diritto civile e tributario e, per quanto possibile, con lart. 49 del R.D. n. 827 del 1924 Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilit generale dello Stato in forza del quale nei contratti non si pu convenire esenzione da qualsiasi specie di imposte o tasse vigenti all'epoca della loro stipulazione. Lo sforzo sostenuto dalla difesa dellAgenzia, non certo aiutata da buona parte della dottrina spesso professionalmente interessata e, dunque, maggiormente incline agli interessi particolaristici del contribuente, si fondato prin- 316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 cipalmente sulla imprescindibilit della transazione fiscale in sede di proposta di concordato, sulla necessit di una attenta informazione allAmministrazione da parte del proponente il concordato in ogni fase dello stesso e sul rispetto della ratio del concordato, teso a consentire una ripresa dellattivit aziendale. Il nodo giuridico pi delicato, per, riguardava (e riguarda) la nozione di transazione fiscale. Nelle procedure di omologazione nelle quali lAgenzia ha manifestato il dissenso, stato sostenuto che lespressione transazione fiscale, cui fa espressamente ricorso lart. 182 ter L.F., richiama indiscutibilmente il contratto previsto dallart. 1965 c.c., caratterizzato dalla reciprocit delle concessioni. Ci implica una manifestazione di volont dellAmministrazione contraente che lunica a potere disporre del credito tributario che non pu essere falcidiato dalle unilaterali previsioni del debitore e, tanto meno, dalla deliberazione degli altri creditori. In altri termini, dapprima, attraverso il procedimento della transazione fiscale, viene raggiunto laccordo tra Amministrazione fiscale e contribuente; successivamente, se viene raggiunto laccordo, detto assenso viene manifestato attraverso lesercizio del voto. Si deve prendere atto che il Tribunale di Monza (fra le pi recenti si segnala la pronuncia 10 aprile 2010 - R.G. conc. n. 4/09), in linea con la giurisprudenza maggioritaria, ha escluso che la transazione sia un autonomo accordo, inquadrandola invece in una fase endoconcorsuale, che si chiude con ladesione o il diniego alla proposta di concordato mediante voto espresso nelladunanza dei creditori. Per leffetto, laccordo si identifica con il concordato stesso e non pu che condividerne gli effetti e le sorti nelle sue varie fasi fisiologiche (esecuzione) e patologiche (risoluzione ed annullamento). Dunque, confluendo nel concordato preventivo, la transazione fiscale finisce per partecipare a pieno titolo della natura di esso, posto che laccordo si realizza nel concordato preventivo, con conseguente identificazione degli effetti e dei rimedi per esso stabiliti dalla legge. Per leffetto, lavviso dellAmministrazione finanziaria non pu avere, ex se, effetto preclusivo, anche in virt della costruzione dellistituto in commento in termini del tutto peculiari rispetto al normale schema civilistico della transazione. La determinazione dellAmministrazione deve essere espressa in sede di adunanza dei creditori e questultima deve ritenersi soggetta alle regole per la formazione della maggioranza in ordine allapprovazione o meno della proposta. La transazione fiscale ha cos una natura dipendente rispetto al piano concordatario proposto dallimprenditore con conseguente soggezione del voto espresso dallAmministrazione alle regole dellapprovazione a maggioranza. DOTTRINA 317 La giurisprudenza del Tribunale di Monza aderisce cos a una nozione atecnica di transazione che non certamente quella civilistica, assenti le reciproche concessioni, e che rende disponibile lobbligazione tributaria anche senza il consenso dellAmministrazione che soggiace alle determinazioni della maggioranza concordataria. Chi scrive non nasconde una certa perplessit sulla soluzione adottata dal Tribunale, in ragione dellinvocato principio costituzionale di indisponibilit e in considerazione del fatto che sempre pi frequente, ma forse sarebbe pi corretto dire che risulta costante, che la societ proponente il concordato fondi la realizzazione del piano mediante la cessione di tutto il proprio patrimonio e la chiusura dellattivit aziendale. E stato sollevato, dal creditore dissenziente in sede di opposizione al concordato, il contrasto con la ragione ispiratrice degli istituti del concordato e della transazione fiscale che non sono stati previsti come forma di liquidazione della societ, ma come strumento di continuazione dellattivit di impresa. Lassunto stato disatteso dal Tribunale. Si segnala, in particolare, la pronuncia 10 aprile 2010 sopra richiamata. A sostegno delle tesi esposte, la difesa erariale aveva invocato il decreto 4 agosto 2009 emesso dal Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero delleconomia e delle finanze. Ai sensi dellart. 4 del predetto decreto gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie possono accedere alla proposta di accordo nel rispetto dei seguenti parametri valutativi: e) essenzialit dellaccordo ai fini della continuit dellattivit dellimpresa e di ogni possibile salvaguardia dei livelli occupazionali. Premesso che la disposizione letteralmente concerne gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, ma anche ammesso che operi per lAgenzia delle Entrate, il Tribunale ha ritenuto che applicare lart. 4 cit. significherebbe introdurre una conditio sine qua non, peraltro di fonte secondaria, che la disciplina fallimentare non prevede. Se la ratio ispiratrice del concordato preventivo - come vi motivo di ritenere e verr meglio esposto di seguito - quella di consentire una ripresa della attivit imprenditoriale in crisi, in assenza di disposizioni normative inequivoche, non agevole dimostrare de iure condito lillegittimit della prassi che si va consolidando e che individua nel concordato un strumento anticipato di risoluzione delle controversie, consentendo la distribuzione di ogni posta attiva ai creditori e la cessazione della attivit dellimpresa. E su tale profilo che si intende, in questa sede, insistere per precisare compiti e strategie assunte. Il Tribunale di Monza, con la pronuncia sopra richiamata, con affermazione ingenerosa e atecnica, ha enunciato che lamministrazione finanziaria costantemente tesa a porre barriere e limiti alla proposta accettabile, tali da 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2010 rendere per altri versi inutile listituto, per poi concludere, in maniera piuttosto involuta, che si tratta, in tutta evidenza, di un problema politico e di bilancio. Ad avviso dellesponente, lesigenza fondamentale che animava la riforma era quella di agevolare luscita delle imprese dalla crisi, risolvendo rapidamente la situazione di insolvenza, in funzione del salvataggio dellazienda e dei posti di lavoro. Diversamente sarebbe stato poco comprensibile lasserita attenuazione del principio di indisponibilit del credito tributario se non contemperandolo con analoghi principi, sempre di rango costituzionali, tesi a tutelare liniziativa economica privata e, soprattutto, la protezione del lavoro. Listituto del concordato daltronde fu introdotto con la legge 24 maggio 1903, n. 197 al fine di offrire al debitore onesto, ma sfortunato, il mezzo per evitare linesorabile distruzione della sua impresa, per se stessa vitale, come danno per la pubblica economia. Per arrivare ai giorni nostri, va soggiunto ed evidenziato che, come emerge nella relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 5 del 2006, lobiettivo della riforma quello di ispirarsi ad una prospettiva di recupero delle capacit produttive dellimpresa, nelle quali non pi individuabile un esclusivo interesse dellimprenditore, secondo la ristretta concezione del legislatore del 1942, ma confluiscono interessi economici o sociali pi ampi, che privilegiano il ricorso alla via del risanamento e del superamento della crisi aziendale. Il concordato preventivo, invece, ha assunto nella prassi una funzione solutoria volta a soddisfare celermente i creditori evitando una defatigante procedura fallimentare. Si tratta di una soluzione conveniente per limpresa privata che chiude, per i creditori che vengono (pi o meno) soddisfatti sollecitamente, ma non necessariamente per lerario e certamente non per la continuit aziendale. Va soggiunto che lAgenzia ha lamentato sovente che la proposta concordataria non era accompagnata da alcuna garanzia tesa ad assicurare leffettivo adempimento. Il Tribunale di Monza ha concentrato nella fase di omologazione il rispetto ai profili di legittimit della proposta riservandosi successivamente di intervenire, se sollecitato, in caso di vizio di funzionamento dellesecuzione del concordato. Pi volte il Tribunale di Monza ha rammentato ai creditori dissenzienti che il concordato, ancorch omologato, potr risolversi, su istanza del creditore interessato, ai sensi dellart. 186 L.F., qualora non venga correttamente adempiuto. Pertanto la carenza di seriet della proposta, ove venisse nei fatti confermata, potr costituire motivo di risoluzione dellaccordo. A fronte delle prime applicazioni giurisprudenziali, non propriamente favorevoli alle tesi dellerario, la preoccupazione del legislatore successivo alla DOTTRINA 319 riforma stata quella di eliminare alcuni crediti dalla falcidia. Dapprima intervenuto linserimento di una opportuna addenda interpretativa relativa allIva, dettata da un contrasto esegetico circa la sua natura di risorsa comunitaria, poi stata operata linterpolazione, con il recentissimo d.l. n. 78 del 2010, delle ritenute operate e non versate. Non sarebbe sorprendente annotare nel futuro ulteriori ritocchi. Nellambito di una disciplina che pare in divenire, oscillante, a seconda del tipo di intervento legislativo, fra la liberalizzazione delle procedure, in nome di una pi rapida definizione della trattazione della crisi, e la preoccupazione per i conti pubblici, in attesa che si affermi un consolidato orientamento giurisprudenziale, soprattutto di legittimit, vi motivo di ritenere che non si possa prescindere, dal rispetto della disciplina dellart. 182 ter L.F. Ci comporta che la falcidia e la dilazione del credito tributario ammissibile soltanto qualora il debitore si attenga puntualmente alle disposizioni che disciplinano la transazione fiscale. La transazione fiscale, dunque, non una semplice facolt. Non inganni il pu contenuto nellincipit dellart. 182 ter L.F. Nel vigilare sul pieno rispetto della normativa, lo sforzo da perseguire per il creditore dissenziente, nellambito di quella che stata definita come amministrazione di risultato, altres quello di valutare, in sede di disamina della proposta concordataria, il maggiore favore per le entrate dello Stato della procedura fallimentare rispetto al concordato. Ossia verificare con una valutazione prognostica, che tenga conto anche della maggiore speditezza della procedura concordataria, se la via fallimentare possa garantire maggiormente la collettivit. Quanto sopra allo scopo di assicurare al cittadino unamministrazione responsabile non solo della legittimit del proprio operato, ma anche dei risultati raggiunti. Finito di stampare nel mese di dicembre 2010 Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma