ANNO LXII - N. 3 LUGLIO-SETTEMBRE 2010 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Maurizio Fiorilli - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Maria Vittoria Lumetti - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Antonella Quirini HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Ignazio Francesco Caramazza, Vincenzo Cardellicchio, Monica De Angelis, Chiara Di Seri, Enza Faracchio, Flavio Ferdani, Wally Ferrante, Gianfrancesco Fidone, Fabrizio Gallo, Giorgio Gasparri, Michele Gerardo, Lidia La Rocca, Giovanni Palatiello, Gabriella Palmieri, Morena Pirollo, Marina Russo, Francesco Scaglione, Adele Cecilia Tedeschi. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 antonella.quirini@avvocaturastato.it - tel. 066829205 ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Patrocinio dellAgenzia Nazionale per lamministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalit organizzata. Circolare A.G.S. n. 37 del 15 luglio 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Direttiva del Consiglio 2004/80/CE relativa allindennizzo delle vittime di reato. Cause risarcitorie. Circolare A.G.S. n. 41 del 23 luglio 2010. . Gestione del contenzioso del lavoro. Circolare A.G.S. n. 43 del 29 luglio 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Protocollo dintesa con lAgenzia delle Entrate per il triennio 2010-2013 sottoscritto il 13 maggio 2010. Circolare A.G.S. n. 46 del 9 settembre 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Chiara Di Seri, Le conseguenze dellinesatta trasposizione di direttive attuative di principi generali del diritto comunitario . . . . . . . . . . . . . 1.- Le decisioni della Corte di giustizia Ue Marina Russo, Le recenti pronunce della Corte in tema di farmacie (C. giustizia, Grande Sezione, sent. 1 giugno 2010 in cause riunite C-570/07 e C-571/07; C. giustizia, I Sez., sent. 1 luglio 2010 in causa C-393/08) Adele Cecilia Tedeschi, I poteri urbanistici e la nozione di appalto pubblio di lavori (C. giustizia, III Sez., sent. 25 marzo 2010 nella causa C- 451/08) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.- I giudizi in corso alla Corte di giustizia Ue Marina Russo, Agricoltura, causa C-229/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Previdenza sociale dei lavoratori migranti, cause riunite C-286/09 e C-287/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Unione doganale, causa C-495/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Politica sociale, causa C-20/10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marina Russo, Ambiente e consumatori, causa C-50/10 . . . . . . . . . . . . . Marina Russo, Spazio di libert, sicurezza e giustizia, causa C-145/10 . pag. 1 3 16 22 25 46 69 84 89 97 104 130 138 CONTENZIOSO NAZIONALE Morena Pirollo, Profili di costituzionalit e questioni interpretative della legge Pinto in punto di durata irragionevole. La prassi interna e lorientamento della Corte di Strasburgo (Cass. civ., Sez. Un., sent. 26 gennaio 2004 n. 1340; Cass. civ., Sez. Un., sent. 26 gennaio 2004 n. 1339; Cass., Sez. I civ., sent. 19 novembre 2007 n. 23844; C. cost., sent. 24 ottobre 2007 n. 348). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Maurizio Borgo, In materia di elezioni comunali e provinciali (C. cost., sent. 7 luglio 2010 n. 236; C. cost., sent. 15 luglio 2010 n. 257; Cons. Stato, Sez. V, sent. 10 settembre 2010 n. 6526) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Enza Faracchio, Il reclamo nel giudizio cautelare nel rito lavoro: considerazioni in merito allo ius postulandi dei funzionari delegati ai sensi dellart. 417 bis (Trib. di Vallo della Lucania, ord. 12 novembre 2009). LEGISLAZIONE ED ATTUALITA Vincenzo Cardellicchio e Fabrizio Gallo, Stazione Unica Appaltante: tenuta di un impinato e nuovi contesti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Monica De Angelis, Sullacccesso ai servizi sanitari. Un nodo per le liste di attesa: attuazione delle norme e responsabilit . . . . . . . . . . . . . . . . . . Michele Gerardo, SullAvvocatura dello Stato. Organizzazione e prospettive di riforma nel quadro istituzionale in trasformazione. . . . . . . . . . . . Flavio Ferdani, La cessione dei crediti di impresa. Con particolare riferimento alla disciplina dettata dalla normativa di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Gianfrancesco Fidone, Procedure per laffidamento di concessioni di lavori pubblici con prelazione per il promotore. Casi e problematicit nella disciplina della finanza di progetto successiva al terzo correttivo . . . . . Giorgio Gasparri, La Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob. Quadro normativo dinsieme e sintesi applicativa . . . . . . . . . . . . . . Lidia La Rocca, Rassegna giurisprudenziale sul diritto dellenergia. Le recenti decisioni riguardanti il PEARS. Intervento al Seminario di aggiornamento tenutosi a Palermo il 14 e 15 maggio 2010 su Levoluzione del diritto dellambiente: novit giurisprudenziali e rapporti con il diritto dellenergia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 145 174 193 201 226 251 279 285 304 346 Riccardo Montagnoli, Un bilancio a ventanni dalla L. 241/90. Il diritto di accesso nella prassi amministrativa, lintenzione del legislatore e laccesso partecipativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Francesco Scaglione, Lespropriazione per pubblica utilit. Atti emessi in carenza sopravvenuta di potest ablatoria e pregiudiziale amministrativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . RECENSIONI Simona Briccola, Libert religiosa e Res Publica, Casa editrice CEDAM, 2009. Recensione di Gabriella Palmieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 359 369 375 T E M I I S T I T U Z I O N A L I Patrocinio dellAgenzia Nazionale per lamministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalit organizzata* Come noto, il D.L. 4 febbraio 2010, n. 4, convertito con modificazioni, in legge 31 marzo 2010, n. 50, ha istituito lAgenzia Nazionale per lamministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalit organizzata. LAgenzia, cui lart. 1, comma 2, D.L. conferisce personalit giuridica di diritto pubblico e autonomia organizzativa e contabile, affidata al patrocinio dellAvvocatura dello Stato (art. 8 D.L.: si noti che la norma fa espresso richiamo allart. 1 R.D. n. 1611/1933, e non allart. 43, sicch si tratta di patrocinio necessario). Le competenze in materia dei beni di cui si tratta, gi esercitate dallAgenzia del Demanio, sono state immediatamente trasferite alla nuova Agenzia, che dunque inmediatamente subentrata nella gestione dei relativi rapporti, sostanziali e processuali, con il pieno accordo dellAgenzia del Demanio e con lavallo di questa Avvocatura Generale, che, con parere del 16 aprile 2010, n. 130714, ha ritenuto detto trasferimento di competenze, funzioni e situazioni giuridiche non condizionato alladozione dei regolamenti di cui allart. 4 D.L. Ci premesso, occorre ritenere che per la validit della costituzione in giudizio, nei procedimenti pendenti, della nuova Agenzia, con il patrocinio necessano dellAvvocatura dello Stato, non sia richiesto il previo interpello dellEnte. Questo, peraltro, ha rappresentato allAvvocatura Generale di dover rinunciare ai preavvisi di cortesia che, peraltro opportunamente in un quadro di correntezza e di collaborazione, gli Uffici dellAvvocatura inviano per ottenere una presa datto della costituzione in giudizio; chiarisce lAgenzia che a tale rinuncia costretta per leccessiva ristrettezza dei tempi che non con- (*) Circolare n. 37 - 15 luglio 2010 prot. 231342 - dellAvvocato Generale. 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 sentono, almeno nellattuale fase organizzativa, di rispondere nei termini processuali previsti. LAgenzia ha sottolineato, con nota del 1 luglio 2010, n. 1905, che comunque, per quanto possa occorrere, essa esprime fomalmente il consenso a che le varie Avvocature Distettuali dello Stato si costituiscano in giudizio, per conto di questa Agenzia, in tutti i procedimenti giudiziari ... sia pendenti con la costituzione dellAgenzia del Demanio sia da incardinare con costituzione non ancora eseguita. Con la predetta nota lAgenzia Nazionale ha infine evidenziato che in base ad intese raggiunte con la Direzione Generale dellAgenzia del Demanio, questultima continuer a curare, per conto di questa Agenzia, gli adempimenti istruttori, riservandosi questufficio la possibiIit di integrazione e modifica ove ritenuto opportuno. Naturalmente comunicazioni e richieste riguardanti procedimenti giudiziari dovranno pervenire oltre che alla scrivente, anche alle filiali ad alla Direzione - Beni Confiscati dellAgenzia del Demanio. Le SS.LL. vorranno prendere atto di quanto procede ed assumere i consenguenti comportamenti. LAVVOCATO GENERALE Avv. Ignazio Francesco Caramazza TEMI ISTITUZIONALI 3 Direttiva del Consiglio 2004/80/CE relativa allindennizzo delle vittime di reato. Cause risarcitorie* Con una recente sentenza, il Tribunale di Torino ha accolto la domanda risarcitoria della parte privata (vittima di violenza sessuale da parte di stranieri nullatenenti), ritenendo che lo Sato Italiano non avrebbe correttamente recepito la direttiva in oggetto, omettendo di prevedere specifici sistemi di indennizzo per le vittime dei reati intenzionali violenti. Cause analoghe pendono dinanzi al Tribunali di Roma e, si ha ragione di ritenere, dinanzi agli altri fori erariali; presumibilmente altre verranno promosse a breve, sulla scorta dei principi affermati dal Tribunale di Torino nella suddetta causa pilota. Tale nuovo contenzioso riveste notevole importanza per lErario che, ove si consolidasse lorientamento del Tribunale torinese, verrebbe condannato al pagamento di ingenti somme di denaro, con evidenti riflessi negativi sulla finanza pubblica. Questo Generale ufficio ha investito in via informale della questione la Presidenza del Consiglio Dipartimento per le Politiche Comunitarie, affinch valuti se sia necessario un ulteriore adeguamento del diritto interno alla direttiva 2004/80/CE, alla luce degli orientamenti che si stanno formando in giurisprudenza. Ci non di meno, in attesa di conoscere le determinazioni in merito della Presidenza, tutte le Avvocatura distrettuali dovranno trattare tali controversie con la massima cura, provvedendo, nel caso di soccombenza, a proporre appello con istanza di inibitoria. Ai fini del coordinamento dellattivit difensiva, si trasmette copia delle difese predisposte in subiecta materia da questa Avvocatura Generale, evidenziando, altres, che alla data odierna, il Tribunale di Roma ha emesso almeno due sentenze (Trib. Roma, Sez. II, 29 marzo 2010, n.7009; id., 21 aprile 2010, n. 8696) favorevoli alle ragioni erariali, anchesse allegate. LAvvocatura distrettuale di Torino pregata di far qui pervenire, non appena possibile, copia della su citata pronuncia sfavorevole del locale Tribunale. LAVVOCATO GENERALE Avv. Ignazio Francesco Caramazza (*) Circolare n. 41 - 23 luglio 2010 prot. 240170 - dellAvvocato Generale. 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Ct 31313/09 Avv. G. Palatiello TRIBUNALE CIVILE DI ROMA Sezione II R.G. 62440/09 G.I. Dott. Salvati Prima Udienza del 18 marzo 2010 COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, e per il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, entrambi rapp.ti e difesi dallAvvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ex lege in Roma via dei Portoghesi, 12 convenuti contro G.G. e G. A.M. con gli Avv.ti Claudio Defilippi e Debora Bosi, attori * * * Con atto di citazione notificato in data 11 settembre 2009, i sig.ri G.G. e G. A.M. - allegando che Z. J. (rispettivamente nipote e figlia di essi attori), in data 29 aprile 2006 (mentre si trovava al nono mese di gravidanza ed era, pertanto, prossima al parto), fu barbaramente uccisa dal N.L. - hanno convenuto in giudizio le Amministrazioni dello Stato in epigrafe al fine di sentir accertare la responsabilit delle stesse per il mancato recepimento della direttiva 2004/80/CE, e conseguentemente condannarle al risarcimento del danno morale iure proprio, biologico iure proprio, non patrimoniale da uccisione del congiunto, esistenziale e patrimoniale, per la somma complessiva di 500.000,000; in subordine, accertare la responsabilit ex artt. 2043 e 2059 c.c. delle medesime amministrazioni e conseguentemente condannarle al risarcimento dei danni subiti, sempre nella misura di 500.000,00. Con la presente comparsa si costituiscono le Amministrazioni in epigrafe, rilevando linammissibilit e linfondatezza delle avverse domande per le seguenti ragioni in DIRITTO 1. In via pregiudiziale si eccepisce il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Giustizia. La domanda risarcitoria di parte attrice trova fondamento nellasserito mancato recepimento della Direttiva 2004/80/CE e nella Convenzione europea del 24 novembre 1983, entrambe in materia di indennizzo delle vittime dei reati violenti. Orbene, al riguardo, al Ministero della Giustizia non imputata, n imputabile, alcuna delle condotte esposte nellatto di citazione, non avendo lo stesso alcuna competenza riguardo alladozione delle misure di recepimento della Direttiva 2004/80/CE o in merito alla Convenzione. Il mancato recepimento di norme comunitarie, quale fatto complessivamente imputabile allo Stato, un illecito che trova passivamente legittimata la sola Presidenza del Consiglio quale organo di vertice dellintero apparato amministrativo statale. 2. La domanda , comunque, palesemente infondata nel merito. 2 a) Va preliminarmente osservato che la Convenzione europea del 24 novembre 1983, invocata da controparte, non ha alcun rilievo nella presente causa perch non sottoscritta n, tantomeno, ratificata dallItalia. 2 b) Quanto alla Direttiva 2004/80/CE, contrariamente a quanto ex adverso dedotto, la stessa TEMI ISTITUZIONALI 5 ha trovato pieno recepimento nel nostro ordinamento con il D.lgs. n. 204/2007, emanato nellesercizio della delega contenuta nella l. n. 29/2006 - Legge comunitaria 2005, ossia della legge con cui lItalia, annualmente, provvede alladempimento degli obblighi derivanti dallappartenenza allUnione Europea. Riguardo a ci, parte attrice si limita ad affermare, nelle sole conclusioni, che tale Decreto legislativo non costituirebbe attuazione della Direttiva invocata, senza, tuttavia, fornire alcun chiarimento di tale generica ed apodittica asserzione. Dunque, se con ci parte attrice ha inteso denunciare il non corretto recepimento della Direttiva 2004/80/CE, lavverso atto di citazione sarebbe da considerasi nullo per mancata indicazione della causa petendi. 2 c) N le avverse domande possono trovare fondamento diretto nella normativa comunitaria. E noto che la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunit europee, a partire dalla celebre sentenza Francovich (cfr. Corte giust. 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C- 9/90), ha chiarito che i presupposti indispensabili affinch possa configurarsi, in capo allo Stato membro, la responsabilit civile per il mancato recepimento, nei termini stabiliti, delle direttive comunitarie non self executing sono che la Direttiva non recepita attribuisca in via diretta ai singoli un diritto e che vi sia un nesso causale tra il mancato recepimento e il danno lamentato dallinteressato. Ai fini del risarcimento , dunque, necessario che la direttiva, seppur non autoesecutiva, ovvero non dotata di efficacia diretta, attribuisca diritti ai singoli, e che tali diritti siano chiaramente desumibili dal contenuto della stessa; inoltre, deve sussistere il nesso di causalit tra violazione dellobbligo e danno lamentato, ci che si verifica ogni qual volta il danno discenda in via diretta dal fatto che la direttiva non stata recepita tempestivamente; ovverosia, che il diritto attribuito al singolo in sede comunitaria non possa essere tutelato in altro modo. (cfr. Corte giust. 5 marzo 1996, cause riunite C-46 e 48/93; Corte giust. 8 ottobre 1996, cause riunite C-178/94, C-179/94 e da C-188/94 a C-190/94; Corte giustizia CE 15 giugno 1999 causa C-140/97; Corte giust. 30 settembre 2003, causa C-224/01). Entrambe queste condizioni difettano nel caso di specie. Lo scopo della Direttiva in esame chiarito nei considerando che precedono larticolato; si legge, in particolare, che uno degli obiettivi della Comunit europea leliminazione di ogni ostacolo alla libera circolazione delle persone (1 considerando), di cui la tutela dellintegrit personale dei cittadini che si recano in un altro Stato membro costituisce un corollario (2 considerando); a tal fine, il 7 considerando precisa che La presente direttiva stabilisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato laccesso allindennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Ed infatti lart. 1 prevede proprio che gli Stati membri debbano assicurare che, se un reato intenzionale violento commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente risiede abitualmente, il richiedente ha diritto di presentare la domanda presso unautorit o qualsiasi altro organismo di questultimo Stato, ossia di quello di residenza. Dunque, scopo della direttiva disciplinare laccesso allindennizzo delle vittime di reati violenti nelle situazioni c.d. trasfrontaliere e non attribuisce alcun diritto ai residenti verso il proprio Stato di residenza. E ci in quanto, come noto, il diritto comunitario non disciplina le situazioni meramente in- 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 terne, tanto che lart. 12 della direttiva prevede che le disposizioni riguardanti laccesso allindennizzo nelle situazioni trasfrontaliere si applicano allinterno degli Stati membri sulla base dei rispettivi sistemi, quindi entro i limiti nei quali un sistema di indennizzo sia stato previsto. Il legislatore comunitario, quindi, nellambito dei rapporti tra i singoli Stati membri ed i loro residenti rimette alla discrezionalit del legislatore interno la scelta della tipologia dei sistemi di indennizzo da prevedere. Nellambito del nostro ordinamento esistono una serie di leggi speciali che prevedono sistemi di indennizzo (1) in relazione ad alcune specifiche tipologie di reati (associazione mafiosa, usura), individuate per il particolare allarme sociale che suscitano e per la loro pervasivit, ma non esiste alcun sistema di indennizzo per le vittime dei reati legati alla criminalit comune. Dunque, la direttiva in esame non costituisce fonte di alcun diritto direttamente azionabile dai residenti nei confronti del loro Stato di appartenenza. (1) Nel nostro ordinamento sono, presenti, numerose norme settoriali che disciplinano lerogazione di speciali elargizioni a favore di particolari categorie di vittime di reato, indicate nel seguente elenco: 1) legge 13 agosto 1980, n. 466, articoli 3 e 4, recante norme in ordine a speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche; 2) legge 20 ottobre 1990, n. 302, articoli 1, 3, 4 e 5, recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalit organizata; 3) decreto legge 31 dicembre 1991, n. 419 - convertito dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172 - articolo 1, di istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive; Manuale 80/2004 - ITALIA (it) 2; 4) legge 8 agosto 1995, n. 340, articolo 1 - nel quale sono richiamati gli articoli 4 e 5 della legge n.302/1990 - recante norme per lestensione dei benefici di cui agli articoli 4 e 5 della legge n. 302/1990, ai familiari delle vittime del disastro aereo di Ustica; 5) legge 7 marzo 1996, n. 108, articoli 14 e 15 recante disposizioni in materia di usura; 6) legge 31 marzo 1998, n. 70 articolo 1 - nel quale sono richiamati gli articoli 1 e 4 della legge n. 302/1990 - recante benefici per le vittime della cosiddetta Banda della Uno bianca; 7) legge 23 novembre 1998, n. 407, articolo 2, recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalit; 8) legge 23 febbraio 1999, n. 44 articoli 3, 6 , 7 e 8 recante norme in materia di elargizioni a favore dei soggetti danneggiati da attivit estorsiva; 9) D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510, art. 1, regolamento recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalit organizzata; 10) legge 22 dicembre 1999, n. 512, articolo 4, recante istituzione del Fondo di rotazione per la solidariet alle vittime dei reati di tipo mafioso; 11) decreto legge 4 febbraio 2003, n. 13 - convertito con modificazioni dalla legge n.56/2003 - recante disposizioni urgenti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalit organizzata; 12) decreto legge 28 novembre 2003, n. 337 - convertito con modificazioni dalla l.n. 369/2003 - articolo 1, recante disposizioni urgenti in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici allestero; 13) legge 3 agosto 2004, n. 206, articolo 1, recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice; 14) Legge 23 dicembre 2005, n. 266, finanziaria 2006, che allarticolo 1 commi 563, 564 e 565, detta disposizioni per la corresponsione di provvidenza alle vittime del dovere, ai soggetti equiparati ed ai loro familiari; 15) Legge 20 febbraio 2006, n. 91 norme in favore dei familiari dei superstiti degli aviatori italiani vittime delleccidio avvenuto a Kindu l11 novembre 1961; 16) D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 regolamento concernente termini e modalit di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati. TEMI ISTITUZIONALI 7 2 d) Peraltro, la Direttiva si limita a tutelare i soli cittadini comunitari che si spostino da uno Stato membro ad un altro e che per questo subiscano un reato: essa quindi esclude un diritto proprio allindennizzo a favore di soggetti (come per esempio i congiunti) diversi da chi stato la diretta vittima del reato. Anche sotto tale profilo, le avverse domande risultano sprovviste di fondamento nella parte in cui attengono a pretese avanzate iure proprio da soggetti danneggiati, diversi dalla vittima del reato. 2 e) Ulteriore causa di infondatezza delle domande attoree da individuarsi nella previsione di cui allart. 18 della Direttiva che, al paragrafo 2, stabilisce che Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva si applichino unicamente ai richiedenti le cui lesioni derivino da reati commessi dopo il 30 giugno 2005. Ci significa che il legislatore comunitario ha rimesso alla discrezionalit degli Stati membri la scelta se rendere o meno (e fino a quale momento) retroattive le disposizioni sullindennizzo. Ci, oltre a dimostrare ulteriormente linesistenza di qualsivoglia diritto derivante direttamente dalla direttiva, rende ragione della piena legittimit della previsione dellart. 6 del D.lgs. 204/2007, con il quale, il legislatore nazionale, avvalendosi della facolt concessa dallart. 18 n. 2 della direttiva, ha disposto allart. 6 che Le disposizioni del presente decreto si applicano alle procedure per erogazione dei benefici economici conseguenti ai reati commessi dopo il 30 giugno 2005. 2 f) Ulteriore dimostrazione del fatto che la direttiva non costituisce fonte di alcun diritto in capo ai residenti nei confronti dei loro Stati di residenza da rinvenirsi nel disposto dellart. 12 par. 2 della Direttiva, che si limita a stabilire che le normative nazionali garantiscano un indennizzo equo e adeguato (art. 12 par. 2), senza, tuttavia, prevedere le condizioni al cui verificarsi subordinato il diritto allindennizzo, n tantomeno, come gi detto, che a chiunque abbia subito un reato intenzionale violento spetta, per ci solo, un risarcimento a carico dello Stato. Dunque, la discrezionalit che il legislatore comunitario lascia agli Stati membri nel determinare il modello di tutela indennitaria amplissima, potendo la stessa comՏ avvenuto in Italia essere limitata solo ad alcune tipologie di reati ovvero essere subordinata a determinate condizioni (ad esempio, alla verifica del comportamento della vittima, che non deve avere, neppure colposamente, agevolato o provocato la commissione del reato, alla dimostrata insolvenza del responsabile del reato; e cos via). Ci dimostra, inoltre, che la Direttiva non detta disposizioni sufficientemente specifiche e tali da escludere ogni discrezionalit degli Stati membri nel recepirle, con conseguente mancanza di entrambe le condizioni di responsabilit dello Stato, ossia lesistenza di un diritto derivante direttamente dalla direttiva e il nesso di causalit tra il mancato recepimento e il danno lamentato. Ed infatti, anche qualora lo Stato italiano non avesse recepito la direttiva (cosa che invece, come detto, ha fatto), considerati gli amplissimi margini di discrezionalit lasciati al legislatore interno, non risulterebbe mai dimostrabile che il recepimento della direttiva avrebbe necessariamente comportato linsorgenza del diritto azionato nellodierna sede. E quindi palesemente infondata anche la domanda proposta a titolo di applicazione diretta della Direttiva. 2 g) Il nesso causale che potrebbe giustificare pretese basate sulla Direttiva in questione poi insussistente anche sotto laspetto dellimpossibilit di ottenere il risarcimento dal responsabile 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 del fatto, che costituisce condizione di accesso allindennizzo. La sig.ra G. A. M., come la stessa riferisce nellatto di citazione, si costituita parte civile nel processo penale che ha visto la condanna del sig. N. L. per lomicidio di J. Z.. Nella sede penale N. L. stato condannato anche al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili costituite, da quantificarsi in separata sede, oltre che ad una provvisionale di 80.000, per quanto riguarda G. A. M.. Riguardo a questultima provvisionale, parte attrice si limita genericamente ad affermare di non essere riuscita ad ottenerne il pagamento, senza specificare che tipo di azioni a tal fine siano state intraprese. Non , poi, fornita alcuna notizia circa lavvio del procedimento civile per la quantificazione integrale dei danni subiti. 3. La domanda risarcitoria , sotto altro profilo, infondata innanzitutto perch configurata come una domanda di ristoro integrale dei danni che lattore avrebbe subito direttamente in conseguenza del delitto. Essa , cio, configurata nei medesimi termini in cui lo sarebbe stata una domanda indirizzata nei confronti del responsabile civile delle lesioni. Ma la ratio della normativa nazionale e comunitaria in tema di indennizzo delle vittime di reati violenti non certo quella di sostituire (o aggiungere) lo Stato allautore del delitto nella responsabilit verso le vittime. Lobbligo che la Direttiva pone agli Stati membri solo quello di predisporre un indennizzo equo e adeguato. I criteri di liquidazione di tale indennizzo (e, quindi, del presunto danno conseguente al mancato recepimento della Direttiva) dovrebbero pertanto essere del tutto autonomi rispetto ai parametri di liquidazione del risarcimento ordinario dovuto dal responsabile del fatto. 3.1.) N lo Stato, in base al diritto interno, pu essere chiamato a rispondere dellomicidio commesso da N. L., non ricorrendo alcuna delle fattispecie di responsabilit (diretta e/o indiretta) dello Stato per il fatto altrui ai sensi degli artt. 185 cod. pen. e 2043 e 2047 e ss. cod. civ.. 4. Per completezza si osserva che, in ogni caso, la domanda attrice appare del tutto sfornita di prova circa i titoli e lentit del risarcimento richiesto. Esaminando le singole voci di danno richieste fermo restando quanto gi precisato in ordine allinfondatezza delle pretese risarcitorie avanzate iure proprio da soggetti danneggiati, diversi dalla vittima del reato - si osserva che: a) Quanto alle varie voci di danno non patrimoniale richieste iure proprio (ossia il danno morale, il danno biologico, il danno non patrimoniale da uccisione del congiunto, ed il danno esistenziale), da osservare, in primo luogo, che, nellavversa citazione, si rinviene soltanto lallegazione da parte dellattrice della sua qualit di soggetto che avrebbe subito lesioni, e la trascrizione di principi dottrinali e giurisprudenziali in materia. Manca ogni indicazione delle circostanze concrete che dovrebbero condurre ad ipotizzare la lesione della sfera psico-fisica di parte attrice in conseguenza dellillecito. E, poi, da osservare che la pi recente giurisprudenza della Suprema Corte, ha evidenziato che sebbene il risarcimento del danno non patrimoniale alla salute debba essere liquidato in modo da tenere conto di tutti i pregiudizi patiti, non risulta, tuttavia, possibile duplicare il risarcimento attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, quale la congiunta attribuzione del danno morale, del danno alla vita di relazione e del danno esistenziale, categoria, questultima, priva nel nostra ordinamento di configurazione autonoma (v. Cass. SS.UU. n. 26972/2008). TEMI ISTITUZIONALI 9 b) Si contesta, comunque, la quantificazione di tutte le voci di danno, effettuata senza laggancio ad alcun parametro di valutazione. * * * Sulla base di quanto dedotto, le Amministrazioni in epigrafe rassegnano le seguenti CONCLUSIONI Voglia il Tribunale adito dichiarare inammissibili o, comunque, infondate le avverse domande. Con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese di lite. Con riserva di ulteriori deduzioni e/o produzioni nei termini di rito. Salvis Iuribus Roma, 15 febbraio 2010 LAvvocato dello Stato Giovanni Palatiello Ct 37724/09 Avv. G. Palatiello TRIBUNALE CIVILE DI ROMA Sezione II R.G. 74650/09 G.I. Dott. Scalia - udienza 23 febbraio 2011 MEMORIA ex art. 183, comma 6, n.1 Nellinteresse di: Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero della Giustizia con lAvvocatura Generale dello Stato; convenuti contro P. M., rappr. e dif. come in atti; attore * * * L omicidio per cui causa fu commesso in data 19 maggio 1985, per cui lattore non pu vantare alcun diritto derivante direttamente dalla Direttiva 2004/80/CE, applicabile esclusivamente ai fatti commessi dopo il 30 giugno 2005 (cfr. art. 18, par. 2 della direttiva, nonch lart. 6 del D.lgs 204/2007): in tale senso si veda Trib. Roma, sezione II, 29 marzo 2010, n. 7009 (est. dott. Pontecorvo, resa nella causa n. 77163/2007 di r.g.). In ogni caso, la disposizione dellart. 12, par. 2 - a mente del quale tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime - non pu essere estrapolata dal testo della direttiva 2004/80/CE e deve essere interpretata alla luce dei considerando in essa contenuti, in particolare, ai numeri 1, 2, 6, 7, 11, 12 e 14, dai quali si evince il chiaro intento del legislatore europeo di creare e disciplinare un sistema di collaborazione transfrontaliera in ordine allavvio ed allistruttoria della procedura di concessione dell'indennizzo, volto a rendere pi agevole il suo ottenimento per le vittime che risiedano in uno Stato membro diverso da quello ove hanno patito le conseguenze dannose del reato. Cos come si legge nel considerando n. 7, la direttiva stabilisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 che dovrebbe operare sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Dovrebbe essere pertanto istituito in tutti gli Stati membri un meccanismo di indennizzo. La Corte di Giustizia, chiamata ai sensi dellart. 234 del Trattato a fornire la corretta interpretazione della direttiva 80/2004/CE, ha confermato che questultimo atto normativo disciplina le situazioni transfrontaliere, chiarendo, al punto 57 della pronuncia resa, che la direttiva istituisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo in situazioni transfrontaliere. Essa intende assicurare che, se un reato intenzionale violento stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui la vittima risiede abitualmente, quest'ultima sia indennizzata da tale primo Stato (Cfr. Corte di Giustizia CE, Sent. n. 467 del 28 giugno 2007). La direttiva non disciplina, invece, lindennizzo per le vittime di reati <> allo Stato membro, come sicuramente nel caso presente: cos Trib. Roma, sezione II, 21 aprile 2010, n. 8696 (est. dott. Cricenti, resa nella causa n. 2028/2008 di r.g.). La direttiva 2004/80/CE, dunque, impone agli Stati membri di attuare misure di collaborazione transfrontaliera al fine di eliminare discriminazioni tra cittadini europei con riferimento al godimento dei diritti di indennizzo conseguenti a reati violenti di cui i medesimi cittadini siano rimasti vittima in uno Stato diverso da quello di residenza. Imprescindibile presupposto di tale collaborazione transfrontaliera l'esistenza, in ogni Stato membro, di una normativa volta ad assicurare forme di indennizzo a carico dello Stato stesso in favore delle vittime dei reati violenti: tale indispensabile condizione prevista dallart. 12, par. 1, secondo cui Le disposizioni della presente direttiva riguardanti l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. (par. 1). Come si detto, il secondo paragrafo dellart. 12 soggiunge che: Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime. Il secondo paragrafo della norma non pu che essere interpretato alla luce del primo, nel senso che lart. 12, mentre nel paragrafo primo rimanda ai sistemi di indennizzo gi previsti dai singoli Stati membri, nel secondo paragrafo prescrive agli altri Stati membri, che ne siano sprovvisti, di predisporre un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, Il secondo paragrafo dellart. 12 non si applica, dunque, agli Stati membri (come lItalia) che, allentrata in vigore della direttiva, si fossero gi muniti di un tale sistema di indennizzo (v. nota 1 alle pagine 6 e 7 della comparsa di risposta, ove stato riportato lelenco puntuale delle leggi italiane che prevedono indennizzi per i reati pi disparati, anche violenti, come i reati di tipo mafioso, i reati di terrorismo ed i reati di estorsione). N possibile ritenere che il legislatore europeo abbia voluto imporre a tutti gli Stati membri (anche a quelli, come lItalia, i cui ordinamenti gi prevedessero un adeguato sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori) di introdurre, con legge, una ulteriore ipotesi di indennizzo (rispetto a quelle gi esistenti de iure condito) in favore delle vittime del reato di omicidio volontario, come ex adverso supposto. Ed invero, la concreta tipologia di reato rispetto al quale introdurre lindennizzo questione meramente interna che non disciplinata dal diritto europeo al quale, in funzione della coo- TEMI ISTITUZIONALI 11 perazione transfrontaliera nelle procedure indennitarie, interessa solo che un qualche sistema di indennizzo sia previsto nei singoli Stati membri, a prescindere dallampiezza di tale sistema e dalle singole ipotesi di reato ivi contemplate. A ben vedere, infatti, la direttiva, che nell'impianto complessivo risulta sufficientemente precisa e analitica con riferimento alla predisposizione delle misure organizzative volte ad ottenere una migliore cooperazione tra gli Stati membri, utilizza, invece, nellart. 12 in esame, la generica e ampia categoria dei reati intenzionali violenti, per i quali sancito l'obbligo di provvedere alla predisposizione di sistemi di indennizzo (obbligo che, come si visto, lItalia ha gi adempiuto), ma non menziona mai espressamente il delitto di omicidio, ad ulteriore dimostrazione dellinsussistenza, in capo agli Stati, dellobbligo di prevedere lindennizzo anche per tale reato. Un ulteriore argomento a sostegno della tesi qui patrocinata si ricava dalla previsione, nel corpo dellart. 18, par. 1, della direttiva, di due diversi termini per l'attuazione della stessa: un primo termine, fissato al 1 luglio 2005, entro il quale gli Stati membri (sprovvisti di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti) avrebbero dovuto dare attuazione alla disposizione contenuta nell'art. 12, par. 2, dando immediata comunicazione alla Commissione delle norme approvate al riguardo; ed un secondo, e successivo termine, fissato al 1 gennaio 2006, entro il quale, sulla base dei sistemi di indennizzo introdotti ex art. 12, par. 2, cit., mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Il termine del 1 luglio 2005 per l'attuazione dell'art. 12, comma 2, , dunque, stabilito per i soli Stati membri che, sprovvisti di sistemi di indennizzo per le vittime di reati violenti, debbano introdurli ex novo nei rispettivi ordinamenti, onde, poi, potersi conformare, nel successivo termine del 1 gennaio 2006, alle altre norme della direttiva, di natura organizzativa e procedurale, poste a tutela delle situazioni transfrontaliere. Ne riprova il fatto che la Commissione Europea ha contestato alla Repubblica Italiana unicamente il mancato adempimento, entro il secondo termine menzionato nell'art. 18, par. 1, (1 gennaio 2006), dell'obbligo di adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva, e non anche l'inadempimento del par. 2 dellart. 12; e ci, evidentemente, perch la Repubblica Italiana, come si visto, era gi munita di un articolato sistema di indennizzo per varie categorie di reati intenzionali violenti (cfr. Corte di Giustizia CE, Sent. 112 del 29 novembre 2007), non imponendo, viceversa, la direttiva alcun obbligo di prevedere forme di indennizzo anche per il reato di omicidio volontario. In via ulteriormente subordinata, nella denegata ipotesi in cui si ritenesse di non condividere gli argomenti che precedono, vorr codesto Tribunale, data la notevole rilevanza della questione, rivolgere alla Corte di Giustizia dellUE ex art. 234 Trattato il seguente quesito pregiudiziale: dica codesta Corte di Giustizia se lart. 12, par. 2, della Direttiva 2004/80/CE, a mente del qualetutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime, debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri hanno lo specifico obbligo di introdurre, nei rispettivi ordinamenti, norme nazionali che istituiscano forme di indennizzo in favore delle vittime del delitto di omicidio volontario, o se, invece, tale secondo paragrafo del predetto art. 12 si limiti ad imporre agli Stati membri che ne siano sprovvisti lobbligo di predisporre un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi terri- 12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 tori, a prescindere dallampiezza di tale sistema e dalle singole ipotesi di reato ivi contemplate, di talch il predetto art. 12, par. 2 non si applica agli Stati membri che, come lItalia, gi prevedessero, alla data di entrata in vigore della direttiva, un adeguato sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Con riserva di ulteriori deduzioni e/o produzioni nei termini di rito. Roma, 20 luglio 2010 LAvvocato dello Stato Giovanni Palatiello REPUBBLICA ITALIANA N. 7009 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA SEZIONE SECONDA In composizione monocratica in persona del giudice dr. Lorenzo Pontecorvo ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa civile di primo grado iscritta al n. 77163 del R.G.A.C.C. dellanno 2007, trattenuta in decisione nelludienza del 17.12.2009 e vertente TRA V. P. e S. E. elett.te dom.ti in Roma, via Licia n. 44, presso lo studio dellavv.to Lauricella M. Federica rappresentati e difesi dallavv. Claudio Defilippi per delega a margine della citazione. ATTORI E Presidenza del Consigli di Ministri, Ministero della Giustizia e Ministero dellInterno elett.te dom.ti in Roma, via dei Portoghesi 12, presso lAvvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende per legge CONVENUTI CONCLUSIONI Alludienza di precisazione delle conclusioni del 17.12.2009 i procuratori delle parti hanno come da verbale. Svolgimento del processo Con citazione ritualmente notificata V. P. e S. E. , genitori di A. V., uccisa durante una rapina avvenuta in data 9 agosto 2002 alla periferia di Livorno, hanno convenuto in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Ministero della Giustizia ed il Ministero dellInterno per sentire dichiarare loro responsabili per non avere attuato, nei termini stabiliti, la direttiva del Consiglio CEE 2004/80 che impone agli Stati membri di introdurre norme che prevedano un risarcimento a favore di vittime di reato. A sostengo della pretesa azionata hanno esposto che la legge nazionale di recepimento n. 29/2006, entrata in vigore il 23.2.2006, delega il Governo ad adottare entro il termine di diciotto mesi alla data della sua entrata in vigore i decreti legislativi recanti le norme occorrenti TEMI ISTITUZIONALI 13 per dare concreta attuazione alla direttiva comunitaria. Hanno, altres, chiesto il risarcimento dei danni per motivi di cui in narrativa. In tale narrativa gli esponenti hanno riassunto le diverse indagini che avevano portato allindividuazione ed al rinvio a giudizio di un soggetto al quale stato imputato lomicidio di A. V. ed hanno imputato al Ministero della Giustizia di non essersi prontamente adoperato per dar corso ad una rogatoria internazionale nei confronti di un cittadino inglese sospettato dellomicidio con ci violando l'art. 2 CEDU nella parte in cui prevede che lo Stato, nel garantire la protezione del diritto alla vita, deve anche protare avnati indagini con lo scopo di individuare le singole responsabilit. Si sono costituite le Ammisnirazioni i convenute escludendo lesistenza di ritardi imputabili nonch la mancanza delle condizioni stabilite per il riconoscimento del risarcimento. La causa stata trattenuta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti alla udienza in epigrafe indicata. Motivi della decisione La direttiva del Consiglio CEE 2004/80 allart. 12 dispone che gli Satti membri debbano provvedere a che le loro normative nazionali introducano misure che garantiscano un indennizzo equo ed adeguato in favore delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispetti territori. Il successivo art. 18 consente agli Stati membri di prevedere che le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva si appicchino unicamente ai richiedenti le cui lesioni derivino da reati commessi dopo il 30 giugno 2005. E, quindi, intervenuto il DL n. 204/2007, adottato in attuazione della direttiva comunitaria che, allart. 6, prevede che le disposizioni attributive dei benefici economici si applicano alle procedure conseguenti ai reati commessi dopo il 30 giugno 2005. Considerando pertanto nel caso concreto la fattispecie criminosa si consumata il 9 agosto 2002 da escludersi che gli attori possano aspirare allattribuzione dei benefici invocati. Per lo stesso motivo gli istanti non hanno titolo per potersi dolere della tardiva attuazione della direttiva comunitaria. Gli attori, ad ulteriore supporto della pretesa risarcitoria, sostengono di aver subito danni in qualche modo riferibili alle indagini effettuate a seguito del delitto della loro figlia assumendo che il Ministero della Giustizia non si sarebbe prontamente adoperato per dar corso ad una rogatoria internazionale nei confronti di un cittadino inglese sospettato dellomicidio. Una tale prospettazione non condivisibile. Ed, invero pur volando prescindere dalla assoluta adeguatezza delle indagini, come desumibile dalle stesse pressanti attivit investigative evidenziate in citazione, hanno portato, non sola alla individuazione di un imputato ma anche alla sua condanna come da sentenza della Corte di Assise di Livorno emessa in data 12.2.2008 non dato in alcun modo desumere in quali termini la parte istante avrebbe subito un danno in relazione ad un presunto (non dimostrato) tardivo adempimento di una rogatoria nei confronti di un soggetto che, come evidenziato dagli stessi attori, sarebbe risultato estraneo ai fatti. La particolare natura della controversia giustifica la integrale compensazione delle spese di lite. PQM Il Tribunale definitivamente pronunciando cos provvede: - rigetta le domande proposte da V. P. e S. E. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Giustizia e del Ministero dellInterno; 14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 - compensa interamente tra le parti le spese del giudizio. Cos deciso in Roma il 24.3.2010 IL GIUDICE (Lorenzo Pontecorvo) Depositato in Cancelleria Roma, l 29 MAR. 2010 TRIBUNALE DI ROMA N. 8696 Seconda sezione civile REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano Il TRIBUNALE DI ROMA, sezione seconda civile, in persona del giudice dott. Giuseppe Cricenti, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento civile di primo grado, recante nr. 2028/2008 vertente tra: M.D., G.D., M.T. D., (Avv. Debors Bosi) ATTORE E Ministero Interno, Ministero Economica, Ministero Giustizia (Avv. Avvocatura Stato). CONVENUTO OGGETTO: Responsabilit per omessa attuazione direttiva Conclusioni dellattore: come da atto introduttivo Conclusioni del convenuto: come da comparsa. Motivi della decisione Gli attori agiscono quali eredi di G.D.. Essi premettono che il loro fratello (per lappunto G. D.), stato ucciso a colpi di arma da fuoco da un tale D.R., condannato pi in via definitiva per tale omicidio. Gli attori ritengono che lo stato avrebbe dovuto recepire la direttiva 2004/80/CE la quale impegna gli Stati membri ad una disciplina di indennizzo per le vittime dei reati violenti. In particolare, gli attori sostengono che il ritardo con la quale lo Stato italiano ha recepito questa direttiva ha comportato lesclusione dal novero dei beneficiari del fratello ucciso, e dunque dei suo eredi. Chiedono pertanto la condanna dei Ministeri convenuti per la violazione del diritto comunitario, o meglio, per non avere recepito in tempo (o non averlo fatto adeguatamente) la direttiva suddetta. Si sono costituiti i Ministeri, i quali hanno svolto alcune eccezioni che sono del tutto condivisibili. Innanzitutto, non provata la legittimazione attiva degli attori. E pacifico che il defunto D. aveva coniuge e figli, mentre gli attori sono fratelli e sorelle. Si badi che gli attori agiscono, al contrario di quanto vorrebbero sostenere, non gi iure pro- TEMI ISTITUZIONALI 15 prio, ma iure hereditatis. Che sia cos, evidente, il congiunto agisce iure proprio per luccisione del parente nei confronti dellautore del fatto. Se il congiunto vuol fare valere un danno proprio derivante dalla morte del parente deve agire nei confronti dellautore del fatto illecito. Qui, invece, gli attori non fanno valere un diritto proprio, ma agiscono come eredi del defunto. Il diritto allindennizzo spetta alla vittima del reato violento, non ai suoi parenti, qualunque sia lordine ed il grado, e si trasferisce per successione ai suo eredi. I parenti della vittima non possono invocare il diritto allindennizzo come diritto proprio, perch il diritto della vittima, ma lo possono invocare come diritto ereditato da chi era il titolare. Ed infatti, pende altra causa nella quale agiscono gli eredi (coniuge e figli) della vittima. Inoltre difetta la legittimazione passiva dei Ministeri convenuti. Gli attori infatti lamentano una responsabilit dello Stato per la omessa o tardiva violazione della direttiva. Se la causa petendi questa (come pare che sia) allora il soggetto legittimato la Presidenza del Consiglio, quale organo di vertice dello Stato apparato. Non compito dei Ministeri attuare il diritto comunitario. Infine, la domanda infondata nel merito. Infatti, la direttiva di cui si lamenta la mancata (o tardiva attuazione) (2004/80/CE) riferita ai reati transfrontalieri, ossia ai casi in cui un cittadino di uno stato membro vittima di reato in altro stato membro (art.1). Non disciplina lindennizzo per le vittime di reati interni allo stato membro, come sicuramente nel caso presente. La direttiva non si applica quindi alla fattispecie in esame. Inoltre, anche se fosse, la direttiva ha lasciato discrezionalit agli stati membri circa il dies a quo della sua efficacia, ossia ha lasciato discrezionalit di escludere i reati commessi prima del 30.6.2005 (art. 18 par. 2). Lo Stato italiano ha attuato la direttiva con il decreto legislativo n. 204 del 2007, al cui art. 6 previsto che, in ottemperanza allart. 18 della direttiva, lindennizzo riguarda i reati commessi dopo il 30.6.2005. Lesclusione temporale del caso in esame dunque non gi dovuta ad un illecito, ma ad un potere discrezione dello Stato italiano esercitato conformemente alla direttiva europea. La domanda va pertanto respinta e le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Giudice cos provvede: 1. Rigetta la domanda 2. Condanna gli attori al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessive 3000,00 , oltre IVA E CPA. Roma, 15.4.2010 Depositato in Cancelleria Roma, l 21 APR. 2010 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Sulla gestione del contenzioso del lavoro La circolare sul contenzioso del lavoro n. 43 del 2010 ribadisce, in termini netti, una prassi gi in uso, per necessit oltre che per scelta, presso lAvvocatura Generale dello Stato, dove le controversie individuali di lavoro (anche se introdotte con rito monitorio o durgenza) restano affidate in primo grado per la quasi totalit alla difesa diretta delle amministrazioni interessate, siano esse a patrocinio obbligatorio che a patrocinio facoltativo . Laspetto nuovo che si introducono raccomandazioni e modalit operative con lobiettivo di indirizzare dallesterno le amministrazioni nella difficile attivit di difesa giudiziale. In altri termini lAvvocatura dello Stato si assume il compito di aiutare gli uffici del contenzioso delle amministrazioni a svolgere meglio il compito di legali dazienda che lart. 417 bis c.p.c. sembra, limitatamente al primo grado (1), voler loro attribuire: di tutta evidenza, infatti, che tale giudizio, con le preclusioni previste dal rito del lavoro, decisivo per il buon esito delle cause e che gli enti a patrocinio facoltativo spesso non hanno alcuna alternativa tra lAvvocatura dello Stato ed il ricorso a liberi professionisti esterni. In sintesi tutto ci che le amministrazioni non avranno in termini di difesa in primo grado sar fornito ed questo il senso della circolare dellAvvocato Generale in termini di assistenza tecnica e coordinamento. G. F. Circolare n. 43 - 29 luglio 2010 prot. 245983 In seguito alla devoluzione al Giudice ordinario delle controversie relative al cd. pubblico impiego privatizzato, ed in particolare alla introduzione, nel codice di rito, dellart. 417 bis concernente la difesa in giudizio delle Amministrazioni pubbliche, vennero fornite in sede di prima applicazione direttive interpretative con la Circolare n. 38 del 17 ottobre 1998. Fu inoltre reso un parere da parte del Comitato Consultivo in data 18 ottobre 1999 n. 99204. In particolare, sotto laspetto archivistico, nella citata Circolare si raccomodava alle Avvocature Distrettuali di evitare di attribuire un numero di Cs o di Ct alle pratiche trasmesse allamministrazione per la trattazione da parte di questa in primo grado, riservandosi lincardinazione del fascicolo solo al momento dellassunzione dellaffare ai fini delleventuale appello o in resistenza allappello avversario. Nessuna specifica indicazione relativa alle dette controversie risulta in- (1) V. nota a sentenza su questa Rass., pp. 193-199, Il reclamo nel giudizio cautelare nel rito lavoro: considerazioni in merito allo ius postulandi dei funzionari delegati ai sensi dellart. 417 bis. TEMI ISTITUZIONALI 17 vece contenuta, quanto ai criteri di impianto, nella Circolare n. 68 del 4 dicembre 2006 - che fa generico riferimento alla necessit di classificare come affari contenziosi quelli che presuppongono un rapporto processuale in atto nel quale lAmministrazione assuma la posizione di parte -, di tal che lunica menzione delle controversie stesse contenuta nella Circolare n. 7/2007, ove, ai fini della stima aggiornata dei carichi di lavoro, le Avvocatura Distrettuali sono invitate tra l'altro a precisare quali, tra gli affari contenziosi che risultato impiantati, siano direttamente trattati da codeste Avvocature, distinguendoli da quelli affidati alle cure dei funzionari delle Amministrazioni, con particolare riguardo alle controversie in materia di lavoro. Alla luce della prassi affermatasi in questi anni e del consolidarsi della giurisprudenza, atteso anche che si riscontrata difformit nellapplicazione dei criteri a suo tempo indicati, a fini di uniformit di trattamento degli affari concernenti il contenzioso del lavoro privatizzato - tanto nella fase dellimpianto quanto in quella di svolgimento dellattivit professionale -, si rende ora necessario impartire le seguenti direttive in materia. 1. Va in primo luogo ribadito che lart. 417 bis c.p.c., laddove dispone che, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro, limitatamente al giudizio di primo grado le Amministrazioni possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti, prevede quale regola generale che, nel detto grado, siano le Amministrazioni a provvedere alla difesa giudizio. Ci appare daltro canto perfettamente coerente con la previsione (art. 12 D.Lgs n. 165/2001) della costituzione di uffici del contenzioso in seno alle Amministrazioni per curare lefficace svolgimento di tutte le attivit stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie, uffici menzionati anche nella norma processuale in discorso. E da ritenere pertanto infondata linterpretazione sostenuta inizialmente da talune Amministrazioni che, valorizzando un argomento puramente letterale (possono), intendeva rimettere alla Amministrazione la scelta finale sulla difesa in giudizio. Una tale lettura, peraltro in evidente contrasto con il disposto del comma successivo, agevolmente superata dalla considerazione che la norma intende piuttosto conferire eccezionalmente, e in deroga ai principi posti dallart. 82 dello stesso codice lo ius postulandi in capo a soggetti sprovvisti dei necessari requisti professionali. E da sottolineare avendo la ormai pressoch costante giurisprudenza di merito recepito le argomentazioni sviluppate al n. 1 del parere del Comitato Consultivo sopra richiamato che nel grado va ricompresa anche la eventuale fase cautelare ante causam e quella in sede di revoca, modifica (art. 669 decies c.p.c.) o reclamo (art. 669 terdecies c.p.c.) del provvedimento di urgenza. 2. La costituzione e lo svolgimento di attivit difensiva da parte dellAvvocatura dello Sato costituisce pertanto circostanza assolutamente eccezionale, 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 legata al ricorrere di questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici. Lindividuazione testuale evidentemente generica, il che consente alle singole Avvocature pur nel rispetto del su richiamato principio generale, al quale tutte le Sedi dovranno uniformarsi, di difesa diretta da parte delle Amministrazioni di tenere conto, nellapplicare i criteri indicati ai numeri 3., 4. e 5. della Circolare n. 38/98 e qui confermati, di eventuali specifiche e significative realt locali. Conformemente agli indirizzi giurisprudenziali, va confermato che la scelta operata dallAvvocatura di cui al secondo comma della disposizione citata costituisce atto interno, la cui ostensione in udienza non necessaria e non pu essere richiesta dal Giudice e dalla controparte, e che non in alcun modo sindacabile giudizialmente in quanto implicante valutazioni organizzative e/o di opportunit (ci in analogia con quanto ritenuto da Cass., SSUU, 26 maggio 2004, n. 10138). 3. Va, inoltre pi esattamente precisato quanto indicato nella circolare del 1998 (cfr. n. 2), al secondo comma, con riferimento ai soggetti ai quali si applica il meccanismo di valutazione da parte dellAvvocatura in ordine alla difesa nel primo grado, soggetti dalla norma individuati nelle Amministrazioni statali o ad esse equiparate. Se pur vero che tale indicazione deve essere correttamente riferita agli Enti muniti di patrocinio necessario, deve ritenersi incontestabile come gi si evidenzia nella precedente circolare che lo stesso procedimento pu e deve trovare applicazione in sede interpretativa anche nei confronti di tutti gli altri soggetti difesi ex art. 43 T.U. n. 1611/33. A tale inevitabile conclusione deve giungersi laddove ovviamente il coinvolgimento dellIstituto discenda da una richiesta in tal senso da parte dellEnte patrocinato, non essendo in tali casi di norma latto introduttivo notificato allAvvocatura dello Stato ad evitare uninterpretazione della norma scorretta sotto il profilo sistematico. Considerato, infatti, che: allEnte con patrocinio autorizzato trova applicazione il solo primo comma dellart. 417 bis, e che lo stesso, pertanto, secondo la regola generale, dovrebbe difendersi in giudizio da solo; atteso che detto Soggetto ben potrebbe tuttavia come gi si osservava nella circolare n. 38/98, al n. 2 richiedere allAvvocatura di essere difeso (principio generale, come noto, laddove non ricorrano le eccezioni indicate nei commi 3 e 4 dellart. 43); se in tal caso lAvvocatura, a semplice richiesta, fosse tenuta a concedere il patrocinio, essa finirebbe con laccordare allEnte non difeso necessariamente un trattamento potiore rispetto a quello riconosciuto alle amministrazioni statali o ad esse equiparate; conclusione, questa, che non appare evidentemente ragionevole. Deve pertanto ritenersi, scongiurando una inaccettabile lettura della disposizione, che lEnte a patrocino autorizzato ben possa provvedere alla pro- TEMI ISTITUZIONALI 19 pria difesa secondo quanto previsto dallart. 417 bis primo comma (difesa diretta, e non a mezzo di avvocato del libero foro, salvo che sia in presenza delle peculiari situazioni sopra richiamate di cui ai commi 3 e 4 dellart. 43 del Testo Unico); ma, laddove intenda richiedere la difesa in giudizio da parte dellAvvocatura fin dal primo grado, non possa che sottostare, come le Amministrazioni statali indicate al secondo comma, alla valutazione da parte dellAvvocatura sul rilevo delle questioni in trattazione. Ferme restando le valutazioni di opportunit proprie del singolo caso concreto, derivanti anche dalla natura del contensto e del soggetto richiedente, a fronte della richiesta di patrocinio in primo grado si vorr pertanto manifestare tale orientamento alle Amministrazioni difese ai sensi dellart. 43 T.U. n. 1611/33, evidenziando come sia applicabile nella fattispecie, quanto meno in via estensiva, la revisione dellart. 417 bis comma 2. 4. Nel caso in cui il patrocinio sia rimesso allAmministrazione, nel trasmettere alla stessa il ricorso introduttivo sar utile evidenziare alla stessa: a) che opportuno che lincarico di difesa (impropriamente definita quale procura dalla Suprema Corte nella sentenza che si cita qui di seguito) sia formalmente conferito (preferibilmente a funzionario dellufficio per il contenzioso del lavoro) dai dirigenti preposti (cfr. Cass. 13 settembre 2006, n. 19558) e sia fatto constare per iscritto. In ci si ritiene allo stato prudente discostarsi dallopinione espressa dal Comitato Consultivo nel richiamato parere dellottobre 1999, alla luce della pur contestabile opinione espressa in obiter dictum dalla richiamata pronuncia del Supremo Collegio. A nulla rileva invece la connotazione soggettiva del dipendente designato; b) che, allatto della costituzione, si vorr espressamente eleggere domicilio presso lufficio del contenzioso, ovvero, in caso di controversia fuori sede, presso altro ufficio locale dellAmministrazione, al fine di evitare notifiche presso la Cancelleria del Tribunale, con possibili anche rilevanti pregiudizi; c) che bench nulla osti formalmente in senso contrario appare in linea di principio preferibile tenere distante la designazione di un funzionario dipendente quale difensore da quella di rappresentate dellAmministrazione a conoscenza dei fatti di causa ai fini dellinterrogatorio libero delle parti; il rappresentate deve essere indicato con atto formale (procura) proveniente dal capo delluffio che ha il potere di transigere la controversia, e deve contenere il conferimento di detto potere. Ci al fine di evitare una possibile confusione nei ruoli dei soggetti che partecipano alludienza; d) che indispensabile che tutte le sentenze, ove notificate direttamente allAmministrazione (notifica utile a far decorrere il termine breve di impugnazione: Cass., 22 febbraio 2008, n. 4690) vengano immediatamente trasmesse allAvvocatura in una con il fascicolo di parte, copia dei verbali di udienza e una puntuale relazione sui fatti di causa contenente anche una valu- 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 tazione sullopportunit dellimpugnazione da parte dellorgano competente, eventualmente anticipata per via telematica. Eccezione a tale principio costituita dalle sentenze di contenuto identico ad altre gi trasmesse (cause ripetitite), per le quali sia gi stata esclusa la necessit di impugnazione. 5. LAvvocatura potr invece ritenere di trattare la causa anche in primo grado per la sua rilevanza di massima o per i notevoli riflessi economici. Come gi si ipotizzava nella Circolare n. 38/98, opportuno che una tale valutazione sia accentrata nella persona dellAvvocato Distrettuale o altro Avvocato alluopo dallo stesso designato. Nellipotesi che la controversia non involga questioni strettamente locali, la scelta dovr inoltre essere segnalata allAvvocato Generale aggiunto, alluopo designato, per garantire unit di indirizzo su tutto il territorio nazionale. In tali casi la difesa dovr essere in linea di principi estesa a tutte le cause similari, al fine di evitare la frantumazione in una pluralit di impostazioni difensive, che pu risolversi in pregiudizio (cos la Circolare n. 38/98). Allinvitabile aggravio nello svolgimento della funzione difensiva si potr sopperire nel caso di controversie fuori sede ricorrendo allo strumento della delega alla p.A. ex art. 2 T.U. n. 1611/33 (diversa dallipotesi di cui allart. 417 bis). Anche nei casi di controversie similari a quelle in cui il patrocinio stato assunto dallAvvocatura come illustrato al comma prencedente sar inoltre seriamente da considerare la possibilit che lAmministrazione si difenda in giudizio ai sensi del comma 1 dellart. 417 bis nei nuovi giudizi proposti: a) laddove per dette cause lAvvocatura costituita in precedenti giudizi abbia gi predisposto esaurienti difese in diritto; b) laddove si sia in presenza di un orientamento oramai consolidato della giurisprudenza (in linea di massima, in senso favorevole). In embrambi i casi sar cura dellAvvocatura trasmettere allAmministrazione copia degli atti difensivi svolti nelle cause precedentemente trattate, affinch gli stessi siano utilizzati nella predisposizione delle relative memorie. In ogni caso, quando si evidenzi la presenza di cause ripetitive, atteso che simili controversie per loro natura possono essere pendenti davanti a autorit giudiziarie di tutti i Distretti di Corte dAppello, lAvvocato Distrettuale avr cura di segnalare senza indugio lesistenza delle controversie, le difese adottate ed eventuali orientamenti giurisprudenziali gi manifestati in sede locale allAvvocatura Generale dello Stato, ai fini della diffusione a tutte le Avvocature delle necessarie informazioni e della adozione di linee comuni di azione previa eventuale sottoposizione della questione al Comitato Consultivo. 6. In coerenza con quanto fin qui disposto si vorr pertanto provvedere, allatto della notifica del ricorso e allesito della valutazione di assunzione o meno del patrocinio da parte dellAvvocatura, allimpianto dellaffare secondo le seguenti modalit: TEMI ISTITUZIONALI 21 a) se la difesa assunta dallAvvocatura laffare verr impiantato con le ordinarie modalit e con attribuzione del relativo codice-materia; b) in caso contrario, verr impiantato un affare contenzioso, al quale verr per attribuito apposito codice materia secondo le indicazioni tecniche che saranno fornite agli Uffici archivio; c) nel caso b), qualora si pervenga in un secondo momento allassunzione della difesa da parte dellAvvocatura, ovvero nellipotesi di prosecuzione del giudizio in secondo grado, il codice di cui alla lettera b) dovr essere esser sostituito dal codice-materia relativo al merito della controversia di cui alla lettera a). LAVVOCATO GENERALE Avv. Ignazio Francesco Caramazza 22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Protocollo dintesa con lAgenzia delle Entrate per il triennio 2010-2013 sottoscritto il 13 maggio 2010* In data 13 maggio 2010 stato sottoscritto con lAgenzia delle Entrate il Protocollo di intesa, allegato in copia (e gi diffuso in pari dati con messaggio di posta elettronica) (1). Alle previsioni della stessa occorre attenersi nei rapporti con gli Uffici della stessa Agenzia. Poich taluni suoi aspetti innovativi hanno suscitato perplessit applicative, sembra opportuno fornire di seguito alcune precisazioni. Con riguardo ai ricorsi per cassazione in materia tributaria (e di lavoro), va richiamata lattenzione: a) sul necessario rispetto dei termini di cui ai punti 2.4.3. e 2.4.10 del Protocollo (12 giorni prima della scadenza per i ricorsi; 5 giorni prima per i ricorsi incidentali), per la comunicazione del parere negativo sulla proposta di impugnazione della sentenza e sulla esigenza di evitare comunque decadenze pregiudizievoli per lAgenzia, in ipotesi di reiterata richiesta di impugnazione da parte della Direzione Regionale di questa (punti n. 2.4.5 e 2.4.6.); b) sulla utilizzazione prioritaria della notifica a mezzo posta da Roma, salvo i casi in cui, eccezionalmente, si ritenga indispensabile avvalersi degli Uffici dellAgenzia (in tali ipotesi il ricorso stesso dovr pervenire allUfficio competente almeno tre giorni liberi prima della scadenza: punto 2.1.7); c) sulla necessit di avvalersi degli uffici dellAgenzia (e non di avvocati del libero loro), ai sensi dellart. 2 del R.D. n. 1611/1933, per le cause che si svolgono davanti ad autorit guidiziaria avente sede diversa da quella dellAvvocatura, salvo diversa preventiva intesa con lAgenzia (punto 2.1.6); d) sulla necessit che le sentenze emesse dalla Corte di Cassazione siano prontamente trasmesse alle competenti Direzioni regionali, per quanto di ulteriore loro competenza. Nel caso di cassazione con rinvio alla CTR, alla comunicazione va allegata ove la Suprema Corte non abbia provveduto alla liquidazione delle spese della fase di legittimit ex art. 385 comma 3 cp.c. la nota delle spese relative alla stessa fase, con invito espresso per lUfficio di provvedere al suo deposito nelleventuale giudizio di rinvio ed alla richiesta della relativa liquidazione, nonch di inviare alla Avvocatura Generale la copia della sentenza una volta emessa da quel Giudice (punto 2.5). Le Avvocature Distrettuali dovranno tempestivamente informare lAvvocato Generale dei casi particolari di conflitto dinteressi tra lAgenzia ed altre Amministrazioni patrocinate (punto 2.1.9). (*) Circolare n. 46 - 9 settembre 2010 prot. 275256 - dellAvvocato Generale. (1) Gi pubblicato su questa Rass., 2010, II, 1-6. TEMI ISTITUZIONALI 23 Gli Avvocati Distrettuali vorranno, da ultimo, comunicare alla Segreteria particolare il nominativo dellAvvocato referente per i i rapporti con lAgenzia (Punto 5). LAVVOCATO GENERALE Avv. Ignazio Francesco Caramazza I L C O N T E N Z I O S O C O M U N I TA R I O E D I N T E R N A Z I O N A L E Le conseguenze dellinesatta trasposizione di direttive attuative di principi generali del diritto comunitario Chiara Di Seri* IN ALLEGATO: Sentenza della Corte di giustizia dellUnione europea, 19 gennaio 2010 , in causa C-557/07, Swedex. Con la sentenza 19 gennaio 2010, la Corte di giustizia si pronunciata sulle questioni pregiudiziali proposte nellambito di una controversia tra una dipendente (la sig.ra Kckdeveci) ed il suo datore di lavoro (la societ Swedex) in merito al criterio di calcolo della durata del preavviso del licenziamento. Il datore di lavoro aveva calcolato il termine di preavviso come se la dipendente avesse avuto unanzianit di 3 anni - bench fosse alle sue dipendenze da 10 anni - in applicazione di una disposizione del diritto nazionale tedesco che prevede di non tenere conto, per il calcolo della durata del preavviso di licenziamento, del periodo di servizio svolto in azienda prima del compimento del venticinquesimo anno di et del lavoratore. Il giudice tedesco, dubitando della compatibilit di tale disparit di trattamento collegata allet con il diritto comunitario - ed, in particolare con la direttiva 2000/78/CE, recepita da una legge del 2006 sulla parit di trattamento (Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz) - anche alla luce dei principi enunciati nella sentenza Mangold (1), ha chiesto alla Corte di chiarire: (*) Dottore di ricerca in Diritto amministrativo, Universit degli Studi di Roma Tre, ha svolto la pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) Corte di giustizia delle Comunit Europee, 22 novembre 2005, C-144/04, Mangold, con nota di MASSA PINTO, La Corte di Giustizia ricorda (involontariamente) alla Corte costituzionale lo strumento 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 - se la normativa nazionale determini una disparit di trattamento in base allet vietata dal diritto dellUnione, in particolare dal diritto primario o dalla direttiva 2000/78; - se il giudice nazionale, investito di una controversia tra privati, per poter disapplicare una normativa nazionale che ritenga contraria al diritto dellUnione, a fini di tutela del legittimo affidamento, debba previamente adire la Corte di giustizia in forza dellart. 267 TFUE, affinch questultima confermi lincompatibilit di tale normativa con il diritto dellUnione. A questo proposito, il giudice remittente ha inoltre sottolineato come la Costituzione tedesca impedisca di disapplicare una legge nazionale in assenza di una dichiarazione di incostituzionalit, escludendo che, secondo la sentenza Mangold, i giudici nazionali si vedano comunque attribuire tale potere di disapplicazione allo scopo di dare attuazione ai principi generali del diritto comunitario. La Corte, nellaffrontare la prima questione, ha precisato come il parametro di riferimento per valutare la compatibilit comunitaria della disposizione di diritto nazionale richiamata fosse il principio di non discriminazione in base allet, principio generale che trova una sua espressione concreta nella direttiva 2000/78/CE. Si tratta infatti di un principio che non discende direttamente dalla direttiva ma trova la sua fonte nelle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri ed ribadito nella Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea. La Corte ha poi ricordato come, in virt delle stessa direttiva, gli Stati membri dispongano di un margine di valutazione discrezionale nella scelta delle misure atte a realizzare i loro obiettivi in materia di politica sociale e di occupazione, purch i mezzi apprestati siano appropriati e necessari. La Corte ha tuttavia escluso che gli scopi del legislatore evidenziati dal giudice di rinvio - maggiore flessibilit nella gestione del personale e rafforzamento della tutela dei lavoratori in ragione del tempo trascorso nellimpresa - siano adeguatamente perseguiti con ladozione di una disciplina differenziata per il computo del termine di preavviso del licenziamento. Pertanto, la disparit di trattamento tra lavoratori aventi la medesima anzianit di servizio a seconda dellet in cui siano stati assunti ritenuta priva di giustificazione. Con riferimento alla seconda questione proposta, viene innanzitutto richiamata la giurisprudenza, ormai consolidata, che esclude lefficacia orizper riappropriarsi, almeno in parte, della competenza a giudicare in ordine alla conformit delle fonti statali allordinamento comunitario?, in www.costituzionalismo.it, CALVANO, Il caso Mangold: la Corte di giustizia afferma (senza dirlo) lefficacia orizzontale di una direttiva comunitaria non scaduta?, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, e PATERNITI, La Corte di Giustizia apre al sindacato diffuso di legittimit comunitaria?, in www.forumcostituzionale.it. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 27 zontale delle direttive a seguito della loro mancata o inesatta attuazione (2) e quella in tema di obbligo di interpretazione conforme (3). La Corte ha quindi ribadito la centralit del ruolo del giudice nazionale nel dare attuazione al principio generale di non discriminazione alla luce del (2) Secondo la giurisprudenza comunitaria ormai risalente, le direttive c.d. self-executing, in caso di mancato od inesatto recepimento, sono direttamente applicabili. Tale efficacia diretta stata ammessa solo in senso verticale, nel senso cio di consentire ai singoli di far valere un diritto verso lo Stato inadempiente, e non anche in senso orizzontale fra i privati. Muovendo infatti dal principio enunciato nella sentenza 26 febbraio 1986, in causa C-152/84, Marshall, secondo cui una direttiva non pu di per s creare obblighi a carico di un singolo e non pu quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti, la Corte di giustizia ha successivamente precisato che la possibilit di far valere una direttiva nei confronti degli enti statali fondata sulla natura cogente attribuita a tale atto dallart. 189 (ora 249) del trattato, natura cogente che esiste solo nei confronti dello Stato membro cui la direttiva rivolta e mira ad evitare che uno Stato possa trarre vantaggio dalla sua trasgressione del diritto comunitario. Sarebbe infatti inaccettabile che lo Stato al quale il legislatore comunitario prescrive ladozione di talune norme volte a disciplinare i suoi rapporti, o quelli degli enti statali, con i privati e a riconoscere a questi ultimi il godimento di taluni diritti potesse far valere la mancata esecuzione dei suoi obblighi al fini di privare i singoli di detti diritti. Estendere detta giurisprudenza allambito dei rapporti tra singoli significherebbe riconoscere in capo alla Comunit il potere di emanare norme che facciano sorgere con effetti immediati obblighi a carico di questi ultimi, mentre tale competenza le spetta solo laddove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti. Ne consegue che, in assenza di provvedimenti di attuazione entro i termini prescritti, un privato non pu fondare su una direttiva un diritto nei confronti di un altro privato, n pu farlo valere innanzi a un giudice nazione (Corte di giustizia delle Comunit Europee, 14 luglio 1994, in causa C-91/92, Faccini Dori). Lefficacia verticale unidirezionale: sono i privati che possono invocare loperativit di una direttiva inattuata nei confronti della Stato, ma non lo Stato a suo vantaggio nei confronti dei privati. La giurisprudenza comunitaria infatti consolidata nel ritenere che una direttiva non pu di per s creare obblighi a carico di un singolo e non pu quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (da ultimo, Corte di giustizia delle Comunit Europee, 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer). Nel contesto specifico di una situazione in cui una direttiva viene invocata nei confronti di un soggetto dalle autorit di uno Stato membro nell'ambito di procedimenti penali, la Corte, anche di recente, ha ribadito che una direttiva non pu avere come effetto, di per s e indipendentemente da una legge interna di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o aggravare la responsabilit penale di coloro che agiscono in violazione delle dette disposizioni (Corte di giustizia delle Comunit Europee, 3 maggio 2005, cause riunite C-387/02, C-391/02, C-403/02, Dell'Utri e a.). (3) Lobbligo di interpretazione conforme al diritto comunitario stato esplicitamente affermato dal giudice comunitario a partire dalla sentenza, 10 aprile 1984, in causa C-14/83, Von Colson, e poi diffusamente nella sentenza 13 novembre 1990, in causa C-106/89, Marleasing SA, secondo cui lobbligo degli stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato, come pure lobbligo, loro imposto dallart. 5 (ora 10) del Trattato, di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire ladempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nellambito della loro competenza, quelli giurisdizionali. Ne consegue che, nellapplicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva, onde conseguire il risultato perseguito da questultima e conformarsi pertanto allart. 189 (ora 249), comma 3, del Trattato. Si cfr., in argomento, CAFARI PANICO, Per uninterpretazione conforme, in Dir. pubbl. Comp. Eu., 1999, 383 e segg.; PALLOTTA, Interpretazione conforme e inadempimento dello Stato, in Riv. It. Dir. pubbl. Com., 2005, 253 e segg.; PINELLI, Interpretazione conforme (rispettivamente, a Costituzione e al diritto comunitario) e giudizio di equivalenza, in Giur. Cost., 2008, 1364 e segg.; RUVOLO, Interpretazione conforme e situazioni giuridiche soggettive, in Europa e Dir. Priv., 2006, 1407 e segg. 28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 primato del diritto comunitario. Infatti, come in precedenza affermato nella sentenza Mangold, il giudice nazionale, investito di una controversia in cui sia invocato il principio di non discriminazione in ragione dellet, tenuto ad assicurare la tutela giuridica che il diritto dellUnione attribuisce ai soggetti dellordinamento, garantendone la piena efficacia e disapplicando, ove necessario, ogni contraria disposizione di legge nazionale. Il giudice comunitario ha inoltre escluso che lobbligo di disapplicazione sia subordinato alla declaratoria di incompatibilit comunitaria, pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale. Ad avviso della Corte, la facolt riconosciuta dallart. 267, secondo comma, TFUE di chiedere alla Corte uninterpretazione pregiudiziale prima di disapplicare la norma nazionale contraria al diritto dellUnione non pu tuttavia trasformarsi in obbligo per il fatto che il diritto nazionale non consente a tale giudice di disapplicare una norma interna che egli ritenga contraria alla Costituzione, se tale disposizione non sia stata previamente dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale. Primaut e principi generali del diritto comunitario La decisione offre spunti interessanti sotto vari profili: nellaffermare il principio della primaut in relazione ai principi generali del diritto comunitario, lambisce il tema degli effetti orizzontali delle direttive, della comunitarizzazione delle norme della Carta di Nizza e mette in evidenza la distinzione tra il controllo accentrato di legittimit costituzionale ed il sindacato di compatibilit comunitaria, svolto a livello diffuso dai giudici nazionali in funzione di giudici comunitari. Il giudice comunitario ha posto al centro delle proprie argomentazioni il divieto di discriminazione nella sua veste di principio generale. In tale prospettiva, la Corte di giustizia ha evitato di fornire i chiarimenti, auspicati dallAvvocato generale Bot nelle sue conclusioni (4), sul problema Ove non sia possibile procedere ad uninterpretazione del diritto interno in conformit al diritto comunitario, il giudice nazionale ha lobbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, eventualmente disapplicando la disposizione nazionale, la cui applicazione, date le circostanze del caso, condurrebbe ad un risultato contrario al diritto comunitario (si vedano, in proposito, Corte di giustizia delle Comunit Europee, 4 febbraio 1988, in causa C-157/86, Murphy e Id., 28 settembre 1994, in causa C-200/91, Coloroll). Il giudice comunitario ha inoltre precisato che nel caso in cui il risultato prescritto dalla direttiva inattuata dal legislatore nazionale non possa essere conseguito mediante linterpretazione conforme del giudice nazionale il diritto comunitario impone agli Stati membri di risarcire il danno da essi causati ai singoli in conseguenza della mancata attuazione della direttiva (cos, Corte giustizia delle Comunit Europee, 14 luglio 1994, in causa C-91/92, Faccini Dori). (4) Conclusioni, 19 luglio 2009. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 29 della scissione tra leffetto diretto orizzontale delle direttive e la loro invocabilit al fine di escludere lapplicazione del diritto nazionale incompatibile nellambito di una controversia tra privati. LAvvocato generale, infatti, muovendo dal presupposto che la norma di riferimento rispetto alla quale doveva essere stabilita la sussistenza o meno di una discriminazione fondata sullet fosse la direttiva 2000/78/CE, aveva adombrato la possibilit di una specificazione della tradizionale ricostruzione sullefficacia orizzontale delle direttive. Al riguardo, aveva invitato la Corte a riconoscere che la direttiva 2000/78/CE potesse essere invocata ai fini della disapplicazione, ancorch nellambito di una controversia tra singoli, e a non limitarsi ad indicare il palliativo dellazione di responsabilit nei confronti dello Stato per linesatta trasposizione. Secondo limpostazione dellAvvocato generale, la specificit delle direttive che combattono le discriminazioni e la gerarchia delle norme dellordinamento giuridico comunitario permetterebbero di configurare unefficacia orizzontale sui generis, considerato che una direttiva adottata al fine di agevolare lattuazione del principio generale di uguaglianza e di non discriminazione non pu diminuirne la portata (5). Viene tuttavia precisato che laccoglimento di tale tesi non porterebbe comunque la Corte a ritornare sulla sua giurisprudenza relativa allassenza di effetto diretto orizzontale delle direttive (6): ad avviso dellAvvocato generale, infatti, anche se la Corte persistesse nellopinione di non riconoscere in modo generale la scissione tra leffetto diretto cosiddetto di sostituzione e linvocabilit di esclusione, la particolarit delle direttive volte a combattere la discriminazione le consentirebbe di adottare una soluzione con una portata pi ridottala quale, allo stesso tempo, ha il merito di essere coerente con la giurisprudenza da essa formulata in merito al principio generale di uguaglianza e di non discriminazione. In tale ottica, in quanto essa applica tale principio, nella sua dimensione che vieta le discriminazioni in ragione dellet, che la direttiva 2000/78 si vede attribuire una invocabilit rafforzata nelle controversie tra singoli. La Corte di giustizia non ha accolto linvito dellAvvocato generale. Tut- (5) Conclusioni, 19 luglio 2009, punto 70. (6) Conclusioni, 19 luglio 2009, punto 88: infatti, la presente causa ha come oggetto solo lesclusione di una disposizione nazionale incompatibile con la direttiva 2000/78, in questo caso lart. 622, n. 2, ultima frase, del BGB, per consentire al giudice nazionale di applicare le restanti disposizioni di tale articolo, nella fattispecie i termini di preavviso determinati sulla base della durata del rapporto di lavoro. Non si tratta quindi, in questo caso, di applicare direttamente la direttiva 2000/78 ad un comportamento privato autonomo che non segue alcuna particolare normativa statale come, ad esempio, la decisione che adotti un datore di lavoro di non assumere i lavoratori con pi di 45 anni di et o con meno di 35 anni di et. Solo tale situazione porterebbe ad interrogarsi sullopportunit di riconoscere a tale direttiva un vero effetto diretto orizzontale. 30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 tavia, pur non soffermandosi sui profili problematici sollevati dal tema degli effetti orizzontali, giunta alla medesima conclusione, valorizzando lassunto che anche i principi generali del diritto comunitario, come il principio di non discriminazione, godono della primaut. Merita, inoltre, qualche considerazione il richiamo operato nella sentenza alla Carta di Nizza (7). La Corte, nel ribadire lappartenenza del principio di non discriminazione alla categoria dei principi generali del diritto comunitario, sottolinea che il divieto di discriminazione enunciato anche nellart. 21 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, cui lart. 6 TUE attribuisce lo stesso valore giuridico dei Trattati (8). La comunitarizzazione della Carta costituisce lepilogo del dibattito, iniziato allindomani della sua adozione, sulla natura giuridicamente vincolante delle disposizioni in essa contenute (9). Come stato fatto notare (10), si determinato un mutamento di paradigma: la Carta da documento esterno al diritto dellUnione divenuta parte di esso. Sebbene la Corte, nella decisione in esame, non vi faccia pi accenno quando viene affermato il primato del diritto dellUnione con riferimento al principio di non discriminazione, il parallelismo principio fondamentale della Carta - principio generale evocato dallincorporazione della Carta nellordinamento dellUnione sembra legittimare la conclusione della diretta applicabilit della stessa al pari del diritto comunitario, con le relative conseguenze in termini di disapplicazione del diritto interno antinomico (11). (7) Punto 22 della decisione. Come stato evidenziato in una nota a prima lettura alla sentenza (CONTI, La prima volta della Corte di Giustizia sulla Carta di Nizza vincolante, in www.ipsoa.it), si tratta della prima volta in cui la Corte di giustizia ha avuto modo di riferirsi alla Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea dopo lentrata in vigore del Trattato di Lisbona. (8) Lart. 6 del Trattato di Lisbona prevede che lUnione riconosce i diritti, le libert e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dellUnione definite nei trattati. I diritti, le libert e i principi della Carta sono interpretati in conformit delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. (9) Su tale dibattito si vedano CELOTTO, PISTORIO, Lefficacia della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea (rassegna giurisprudenziale 2001-2004), in Giur. It., 2005, 427 e segg. e CARTABIA, CELOTTO, La giustizia costituzionale dopo la Carta di Nizza, in Giur. Cost, 2002, 4477 e segg. (10) Cos, SANDRO, Alcune aporie e un mutamento di paradigma nel nuovo articolo 6 del Trattato sullUnione europea, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2009, 903 e segg., il quale prospetta uninversione dei rapporti tra la Carta e la CEDU allindomani dellentrata in vigore del Trattato di Lisbona. (11) Sul punto, lAvvocato generale Bot aveva evidenziato che riguardo allintromissione sempre maggiore del diritto comunitario nei rapporti tra privati, la Corte sar, a mio parere, inevitabilmente confrontata ad altre ipotesi che sollevano il problema dellinvocabilit di direttive che contribuiscono a garantire i diritti fondamentali nellambito di controversie tra singoli. Tali ipotesi aumenteranno vero- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 31 In questa prospettiva, potrebbe consolidarsi, nel nostro ordinamento, linterpretazione secondo cui il giudice deve sempre applicare le disposizioni della Carta, disapplicando alloccorrenza - senza necessit di una previa sentenza della Corte costituzionale - le norme interne contrastanti (12). Lassimilazione della Carta di Nizza e della CEDU nellambito del diritto dellUnione potrebbe inoltre comportare un mutamento nei rapporti tra le Corti, con prevalenza delle pronunce delle Corti sovranazionali (Corte di giustizia e Corte Europea dei Diritti dellUomo) su quelle delle Corti costituzionali nazionali. Il riconoscimento della primaut dei principi generali, che trovano loro espressa enunciazione anche nella Carta di Nizza, assume infatti notevole rilevanza anche alla luce dellaffermazione, contenuta in unaltra recente sentenza della Corte di giustizia, secondo cui linterpretazione di tali principi fornita in sede di rinvio pregiudiziale in grado di prevalere su quella resa dalle Corti costituzionali nazionali, che siano state chiamate a pronunciarsi su analoghi principi generali (13). Un ulteriore profilo di interesse della decisione rappresentato, come si detto, dalla distinzione tra controllo accentrato di legittimit costituzionale e sindacato diffuso di compatibilit comunitaria. Al riguardo, la Corte, nel prendere atto della coesistenza dei due sistemi, ne sottolinea, ancora una volta, lindipendenza. Ad avviso del giudice comunitario, il giudice nazionale, investito di una controversia tra privati, non tenuto, ma ha la facolt di sottoporre alla Corte similmente se la Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea acquisir in futuro una forza giuridica vincolante, poich tra i diritti fondamentali ripresi in tale Carta, un determinato numero compare nellesperienza comunitaria sotto forma di direttive. In tale prospettiva, la Corte deve, a mio avviso, riflettere fin da oggi se lidentificazione di diritti garantiti da direttive come costituenti dei diritti fondamentali permetta o meno di rafforzare linvocabilit di questi nellambito di controversie tra singoli (Conclusioni, punto 90). (12) Si tratta di un orientamento, gi elaborato dalla giurisprudenza di merito con riferimento allefficacia della CEDU, nonostante la diversa ricostruzione offerta sul punto dalla Corte costituzionale. Per dei riferimenti pi puntuali si rinvia a MONTANARI, Giudici comuni e Corti sovranazionali: rapporti tra sistemi, Torino 2002, 130 e segg. e GUAZZAROTTI, I giudici comuni e la Convenzione alla luce del nuovo art. 117 della Costituzione, in Quad. cost., 2003, 25 e segg. (13) Laffermazione contenuta nella sentenza della Corte di giustizia delle Comunit Europee, 7 settembre 2006, in causa C-81/05, Anacleto Cordero Alonso v. Fondo de Garanca Salarial, adottata nellambito di rinvio pregiudiziale relativo allinterpretazione della stessa direttiva oggetto della storica sentenza Francovich, ossia la direttiva 80/987/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro. In tale occasione, il giudice comunitario giunto alla conclusione che le istituzioni amministrative e giurisdizionali spagnole, nellapplicare la citata normativa comunitaria, sono vincolate al rispetto del principio delleguaglianza dinanzi alla legge e di non discriminazione risultante dal diritto comunitario, nella portata dellinterpretazione fornitane dalla Corte, precisando altres che ci vale anche quando la normativa nazionale di cui trattasi, secondo la giurisprudenza costituzionale dello Stato membro interessato, conforme a un diritto fondamentale analogo riconosciuto dallordinamento giuridico nazionale . 32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 una questione pregiudiziale sullinterpretazione del principio di non discriminazione in base allet, quale espresso concretamente dalla direttiva 2000/78, prima di disapplicare una disposizione nazionale che ritenga contraria a tale principio. Il carattere facoltativo di tale adizione indipendente dalle modalit che si impongono al giudice nazionale, nel diritto interno, per poter disapplicare una disposizione nazionale che ritenga contraria alla Costituzione. Occorre tuttavia evidenziare che, nonostante lenfasi da sempre posta sullessenzialit del ruolo dei giudici nazionali, la Corte non ha mancato in altre occasioni di valorizzare la propria funzione nomofilattica. Infatti, fin dagli albori del processo di integrazione europea, alla funzione interpretativa svolta dalla Corte di giustizia stato attribuito un ruolo fondamentale nel raggiungimento dellobiettivo di garantire luniforme ed effettiva applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri ed, in particolare, da parte dei loro organi giurisdizionali. Tale posizione di privilegio ermeneutico discende innanzitutto dal riconoscimento dellesclusivit delle competenze attribuite alla Corte dal Trattato. A norma dellart. 19 TUE, la Corte di giustizia listituzione che assicura il rispetto del diritto comunitario nellinterpretazione e nellapplicazione dei trattati. Lattivit di interpretazione dunque riservata al giudice comunitario in via esclusiva. Tale esclusivit si proietta sia allesterno dellordinamento comunitario che allinterno dello stesso. Quanto al primo profilo, infatti, lart. 344 TFUE (ex art. 292 TCE) dispone che gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa allinterpretazione o allapplicazione dei trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso. La risoluzione delle controversie tra gli Stati membri va quindi ricondotta nellambito del quadro istituzionale comunitario, mediante la rimessione delle questioni interpretative alla Corte di giustizia, che ha delineato lambito delle sue attribuzioni in termini limitativi per lesercizio della giurisdizione da parte di altre Corti chiamate a giudicare controversie di rilevanza comunitaria (14). (14) Sul tema della possibile concorrenza della giurisdizione della Corte di Giustizia con quella degli altri giudici internazionali si veda la completa analisi di SHANY The Competing Jurisdictions of International Courts and Tribunals, Oxford, 2004 e ID., Regulating Jurisdictional Relations between National and International Courts, Oxford, 2007, il quale analizza rispettivamente i rapporti tra ordini giuridici globali e le relazioni tra ordinamenti statali e sovranazionali, considerando ambedue i tipi di judicial interaction, dal punto di vista della sovrapposizione e dei conflitti di giurisdizione. In giurisprudenza, si cfr. Corte di giustizia delle Comunit Europee, 30 maggio 2006, in causa C-459/03, MOX Plant, ed i relativi commenti di CASOLARI, La sentenza Mox: la Corte di Giustizia delle Comunit europee torna ad occuparsi dei rapporti tra ordinamento comunitario ed ordinamento internazionale, in Il diritto dellUnione Europea, 2007, 355 e segg. e LAVRANOS, The scope of the exclusive jurisdiction of the Court of Justice, in European Law Review, 2007, 83 e segg.. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 33 Quanto, invece, alla manifestazione dellesclusivit della potest interpretativa allinterno dellordinamento comunitario, occorre riferirsi alla sussistenza dellobbligo di rinvio pregiudiziale (15), gravante ai sensi dellart. 267 TFUE (ex art. 234 TCE), 3 comma, sui giudici nazionali di ultima istanza. In proposito, la Corte di giustizia ha avuto modo di affermare, in molte sue decisioni, che lobbligo di rinvio rientra nellambito della cooperazione istituita al fine di garantire la corretta applicazione e linterpretazione uniforme del diritto comunitario, nellinsieme degli Stati membri, fra i giudici nazionali, in quanto incaricati dellapplicazione delle norme comunitarie, e la Corte di giustizia. Lart. 177 (ora 234) mira, pi in particolare ad evitare che si producano divergenze giurisprudenziali allinterno della Comunit su questioni di diritto comunitario. La portata di tale obbligo va pertanto valutata tenendo conto di tali finalit in funzione delle competenze rispettive dei giudici nazionali e della Corte di giustizia (16). In questottica, il sistema del rinvio pregiudiziale si configura come dialogo tra giudici, in cui risulta assegnato al giudice comunitario un ruolo di interprete qualificato, chiamato a statuire in termini generali, in virt delle particolari conoscenze che il diritto comunitario richiede (17). La principale originalit del meccanismo del rinvio pregiudiziale si so- Negli ultimi anni, inoltre, si sono moltiplicati gli scritti che hanno approfondito lemersione del fenomeno di judicial globalization: si vedano, in particolare, CASSESE, La funzione costituzionale dei giudici non statali. Dallo spazio giuridico globale allordine giuridico globale, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2007, 609 e segg. e ID., Quando gli ordinamenti giuridici si scontrano. Dal dialogo alla cooperazione tra le Corti, in www.irpa.eu, DE BURCA, GERSTENBERG, The Denationalization of Constitutional Law, in Harvard International Law Journal, 2006, 243 e segg., FONTANELLI, MARTINICO, Alla ricerca della coerenza: le tecniche del dialogo nascosto fra i giudici nellordinamento costituzionale multi-livello, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2008, 351 e segg., TREVES, Fragmentation of International Law: the Judicial Perspective, in Comunicazioni e Studi, 2008, 42 e segg. (15) Sul meccanismo del rinvio pregiudiziale, si vedano, tra i contributi pi autorevoli, FERRARIBRAVO, Commento sub art. 177, in Commentario Cee, a cura di Quadri, Monaco, Trabucchi, Milano, 1965, 1310 e segg., SCHWARZE, Art. 234 EGV, in EU-Kommentar, Baden Baden, 2000, 2009 e segg., ID., The role of the European Court of Justice (ECJ) in the interpretation of uniform law among the member States of the European Communities, Baden-Baden, 1988 e WEILER, The European Court, National Courts and References for Preliminary Rulings the Paradox of Success: A revisionist View of Article 177 EEC, in AA. VV., Article 177 EEC: Experiences and Problems, 1987, 366 e segg. (16) Corte di giustizia delle Comunit Europee, 6 ottobre 1982, in causa C-283/81, Cilfit, nonch in precedenza Id., 27 marzo 1980, in causa C-61/79, Denkavit Italiana e Id., 27 marzo 1980, in cause riunite C-66, 127 e 128/79, Salumi. (17) Si cfr.no al riguardo le Conclusioni dellAvvocato generale Jacobs, 21 marzo 2002, in causa C-136/00, Danner, punto 38, secondo cui il primo compito della Corte nelle pronunce pregiudiziali non risolvere controversie specifiche sulla base di fatti scarsamente definiti, o risolvere un problema per il giudice nazionale in una particolare causa, ma stabilire chiaramente e con coerenza, a beneficio di tutti nella Comunit, la corretta interpretazione del diritto, ed emanare pronunce di portata generale. Solo tale pi ampia funzione giustifica il sistema delle domande di pronuncia pregiudiziale e spiega tale procedimento unico in cui gli Stati membri e la Commissione sono sistematicamente invitati a presentare osservazioni e appunto il perch la sentenza della Corte e le conclusioni dell'avvocato generale in ogni causa vengano pubblicate in non meno di undici lingue. 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 stanzia quindi nella cooperazione, dando vita ad un sistema di controllo unitario dal punto di vista funzionale, senza creare alcun legame gerarchico tra le autorit giudiziarie nazionali e la Corte di giustizia: al contrario la posizione di questultima nei suoi rapporti con i giudici degli Stati membri quella di un primus inter pares (18). Infatti, come stato ulteriormente osservato, la disposizione sullobbligo di rinvio non prevede uno strumento processuale per ovviare alle ipotesi in cui i giudici di ultima istanza si astengano dalladempiere a tale obbligo (19), con la conseguenza che lattuazione dei principi stabiliti nelle sentenze rese dai giudici del Lussemburgo viene rimessa alla libera scelta dei giudici nazionali (20). Si pu cos comprendere il motivo per il quale la Corte non abbia mai cessato - nel corso della sua attivit e, da ultimo, nella sentenza in epigrafe - di sottolineare il ruolo decisivo dei giudici nazionali nellattuazione del diritto comunitario, elaborando progressivamente una vera e propria etica giurisdizionale comunitaria (21). La funzione nomofilattica viene comunque garantita indirettamente attraverso altri istituti, alcuni dei quali frutto dellelaborazione giurisprudenziale della Corte: il riconoscimento della responsabilit degli Stati membri per violazione dellobbligo di rinvio commessa dagli organi giurisdizionali di ultima istanza (22), la sospensione dellefficacia degli atti legislativi nazionali di cui (18) La considerazione di WEILER, Il contesto istituzionale dellUnione Europea, in CARTABIA, WEILER, LItalia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, Bologna, 2000, 55 e segg. (19) In proposito si veda MANCINI, Le sfide costituzionali alla Corte di Giustizia europea, in Democrazia e costituzionalismo nellUnione europea, Bologna, 2004, 63, il quale osserva come la parte che intenda invocare il diritto comunitario, ma la cui richiesta di rinvio obbligatorio non venga accolta dalle Corti nazionali di ultima istanza, non ha accesso diretto alla Corte di giustizia di Lussemburgo e si trova nella disgraziata posizione di essere titolare di un diritto non giustiziabile. (20) Sul punto, MANCINI, op. ult. cit., 63-64, il quale sottolinea che la caratteristica pi saliente della procedura disciplinata dallart. 177 (ora 234, nds) del Trattato Ce consiste nel fatto che essa interamente dipendente dalla buona volont delle Corti nazionali: anche nel caso in cui la Corte nazionale recalcitrante venga persuasa ad effettuare un sia pur riluttante rinvio pregiudiziale e la Corte di giustizia si pronunci solennemente, riconoscendo i diritti attribuiti alle parti dallordinamento comunitario, non cՏ modo di assicurare che la sentenza sia poi applicata dai giudici nazionali. Questi ultimi, infatti, potrebbero non avere dimestichezza con lormai consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia sulla natura vincolante delle pronunce in via pregiudiziale, o rifiutare di applicarla, oppure semplicemente, potrebbero interpretare erroneamente la sentenza e applicarla in modo scorretto. Lesigenza di una volont di collaborazione dei giudici nazionali nellapplicare i principi enunciati dalla giurisprudenza comunitaria sottolineata anche da BARAV, La plnitude de comptence du juge national en sa qualit de juge communautaire, in AA.VV. LEurope et le droit. Mlanges en hommage Jean Boulouis, Pars, 1991, 1. (21) Per questa considerazione, GREVISSE, BONICHOT, Les incidences du droit communautaire sur lorganization et lexercice de la function juridictionelle dans ltats members, in AA. VV., LEurope et le droit, cit., 297 e segg. (22) Corte di giustizia delle Comunit Europee, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Kbler, in Foro It., 2004, IV, 4, con nota di SCODITTI Francovich presa sul serio: la responsabilit dello Stato per violazione del diritto comunitario derivante da provvedimento giurisdizionale. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 35 si contesti la legittimit in sede comunitaria (23) ed, infine, laffermazione dellautorit dellinterpretazione resa dal giudice comunitario, in grado di prevalere sul giudicato nazionale (24). Corte di giustizia (Grande Sezione) sentenza del 19 gennaio 2010 - Pres. V. Skouris, Rel. P. Lindh , Avv. gen. Y. Bot - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landesarbeitsgericht Dsseldorf (Germania) - Seda Kckdeveci/Swedex GmbH & Co. KG. Principio di non discriminazione in base allet Direttiva 2000/78/CE Legislazione nazionale in materia di licenziamento che, ai fini del calcolo dei termini di preavviso, non tiene conto del periodo di lavoro svolto prima che il dipendente abbia raggiunto let di 25 anni Giustificazione della norma Normativa nazionale contraria alla direttiva Ruolo del giudice nazionale (Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione del principio di non discriminazione in base allet e della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parit di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16). 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia tra la sig.ra Kckdeveci e il suo ex datore di lavoro, la Swedex GmbH & Co. KG (in prosieguo: la Swedex ), in ordine al calcolo dei termini di preavviso applicabili al suo licenziamento. (23) Nellambito del controllo sulla validit degli atti comunitari, lart. 278 TFUE (ex art. 242 TCE) stabilisce che i ricorsi proposti alla Corte di giustizia non hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la Corte pu, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dellesecuzione dellatto impugnato. Analogo potere di adottare provvedimenti sospensivi stato riconosciuto anche in capo ai giudici nazionali con riferimento ai provvedimenti nazionali di esecuzione degli atti comunitari di cui risulta contestata la validit. Oltre alla sospensione degli atti delle Istituzioni, la Corte pu disporre provvedimenti provvisori atipici. Infatti, in virt del successivo art. 279 TFUE (ex art. 243 TCE), la Corte di giustizia negli affari che le sono proposti, pu ordinare i provvedimenti provvisori necessari. (24) Si veda sul punto Corte di giustizia delle Comunit Europee, 18 luglio 2007, in causa C- 119/05, Lucchini. Per un esame approfondito della decisione, si cfr.no, tra i tanti, CONSOLO, La sentenza Lucchini della Corte di Giustizia: quale possibile adattamento degli ordinamenti processuali interni e in specie del nostro?, in Riv. Dir. Proc., 2008, 225 e segg., FONTANA, Qualche osservazione in margine al caso Lucchini. Un tentativo di spiegazione, in Dir. Comm. Internaz., 2008, 193, NEGRELLI, I1 primato del diritto comunitario e il giudicato nazionale: un confronto che si poteva evitare o risolvere altrimenti. (Brevi riflessioni a margine alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunit Europee, 18 luglio 2007, in causa C-119/05), in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2008, 1217 e segg., PICARDI, Eventuali conflitti fra principio del giudicato e principio della superiorit del diritto comunitario, in Giust. civ., 2008, 559 e segg., SCODITTI, Giudicato nazionale e diritto comunitario, in Foro It., 2007, 533 e segg., STILE, La sentenza Lucchini sui limiti del giudicato: un traguardo inaspettato?, in Dir. Com. Scambi Internaz., 2007, 733 e segg., ZUFFI, Il caso Lucchini infrange lautorit del giudicato nazionale nel campo degli aiuti statali, in Giur. It., 2008, 382. 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Contesto normativo La normativa dellUnione 3 La direttiva 2000/78 stata adottata sul fondamento dellart. 13 CE. I considerando primo, quarto e venticinquesimo della direttiva sono del seguente tenore: (1) Conformemente allarticolo 6 del trattato sullUnione europea, lUnione europea si fonda sui principi di libert, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libert fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono comuni a tutti gli Stati membri e rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950,] e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. (...) (4) Il diritto di tutti alluguaglianza dinanzi alla legge e alla protezione contro le discriminazioni costituisce un diritto universale riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti delluomo, dalla convenzione delle Nazioni Unite sulleliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, dai patti delle Nazioni Unite relativi rispettivamente ai diritti civili e politici e ai diritti economici, sociali e culturali e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali di cui tutti gli Stati membri sono firmatari. La Convenzione n. 111 dellOrganizzazione internazionale del lavoro proibisce la discriminazione in materia di occupazione e condizioni di lavoro. (...) (25) Il divieto di discriminazione basata sullet costituisce un elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione e la promozione della diversit nelloccupazione. Tuttavia in talune circostanze, delle disparit di trattamento in funzione dellet possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri. quindi essenziale distinguere tra le disparit di trattamento che sono giustificate, in particolare, da obiettivi legittimi di politica delloccupazione, mercato del lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere vietate. 4 Ai sensi del suo art. 1, la direttiva 2000/78 mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, let o le tendenze sessuali, per quanto concerne loccupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parit di trattamento. 5 Lart. 2 di tale direttiva del seguente tenore: 1. Ai fini della presente direttiva, per principio della parit di trattamento si intende lassenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui allarticolo 1. 2. Ai fini del paragrafo 1: a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui allarticolo 1, una persona trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata unaltra in una situazione analoga; (...) . 6 Lart. 3, n. 1, di tale direttiva precisa che: 1. Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunit, la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 37 pubblico, per quanto attiene: (...) c) alloccupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione; () . 7 Lart. 6, n. 1, della stessa direttiva cos dispone: Fatto salvo larticolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparit di trattamento in ragione dellet non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nellambito del diritto nazionale, da una finalit legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalit siano appropriati e necessari. Tali disparit di trattamento possono comprendere in particolare: a) la definizione di condizioni speciali di accesso alloccupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire linserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi; b) la fissazione di condizioni minime di et, di esperienza professionale o di anzianit di lavoro per laccesso alloccupazione o a taluni vantaggi connessi alloccupazione; c) la fissazione di unet massima per lassunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessit di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento. 8 Ai sensi dellart. 18, primo comma, della stessa direttiva, la sua trasposizione nellordinamento giuridico degli Stati membri doveva avvenire al pi tardi entro il 2 dicembre 2003. Tuttavia, ai sensi del secondo comma dello stesso articolo: Per tener conto di condizioni particolari gli Stati membri possono disporre se necessario di tre anni supplementari, a partire dal 2 dicembre 2003 ovvero complessivamente di sei anni al massimo, per attuare le disposizioni relative alle discriminazioni basate sullet o sullhandicap. In tal caso essi informano immediatamente la Commissione. (...). 9 La Repubblica federale di Germania si avvalsa di tale facolt, di modo che il recepimento delle disposizioni della direttiva 2000/78, relative alla discriminazione in base allet e sullhandicap, doveva essere effettuato in tale Stato membro entro il 2 dicembre 2006. La normativa nazionale La legge generale sulla parit di trattamento 10 Gli artt. 1, 2 e 10 della legge generale 14 agosto 2006, sulla parit di trattamento (Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz; BGBl. 2006 I, pag. 1897), che ha trasposto la direttiva 2000/78, cos recitano: Art. 1 Finalit della legge La presente legge ha lobiettivo di impedire o di eliminare qualsiasi trattamento sfavorevole basato sulla razza o sullorigine etnica, sul sesso, sulla religione o sulle convinzioni personali, sullhandicap, sullet o sullidentit sessuale. Art. 2 Ambito di applicazione (...) 4) zAi licenziamenti si applicano esclusivamente le disposizioni relative alla tutela generale e particolare contro i licenziamenti. 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 (...) Art. 10 Ammissibilit di talune disparit di trattamento collegate allet Fatto salvo lart. 8, ammissibile una disparit di trattamento collegata allet laddove essa sia oggettiva, ragionevole e giustificata da una finalit legittima. I mezzi per il conseguimento di tale finalit devono essere appropriati e necessari. Tali disparit di trattamento possono comprendere in particolare: 1. la definizione di condizioni speciali di accesso alloccupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di retribuzione e di licenziamento, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire linserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi; (). La normativa relativa al termine di preavviso di licenziamento 11 Lart. 622 del codice civile tedesco (Brgerliches Gesetzbuch, in prosieguo: il BGB) cos recita: 1) Il rapporto di lavoro di un operaio o di un impiegato (lavoratore) pu essere risolto rispettando un preavviso di quattro settimane, con effetto al quindicesimo o allultimo giorno del mese. 2) Per il licenziamento da parte del datore di lavoro, si applicano i seguenti termini di preavviso: se il rapporto di lavoro nellazienda o nellimpresa durato 2 anni: 1 mese, con effetto alla fine di un mese di calendario; se durato 5 anni: 2 mesi, con effetto alla fine di un mese di calendario; se durato 8 anni: 3 mesi, con effetto alla fine di un mese di calendario; se durato 10 anni: 4 mesi, con effetto alla fine di un mese di calendario; se durato 12 anni: 5 mesi, con effetto alla fine di un mese di calendario; se durato 15 anni: 6 mesi, con effetto alla fine di un mese di calendario; se durato 20 anni: 7 mesi, con effetto alla fine di un mese di calendario. Nel calcolo della durata dellimpiego non vanno considerati i periodi di lavoro svolti prima del compimento del venticinquesimo anno di et del lavoratore. Causa principale e questioni pregiudiziali 12 La sig.ra Kckdeveci nata il 12 febbraio 1978. Essa lavorava dal 4 giugno 1996, ossia dallet di 18 anni, alle dipendenze della Swedex. 13 Con lettera 19 dicembre 2006, la Swedex ha licenziato la dipendente, con effetto, considerato il termine di preavviso legale, al 31 gennaio 2007. Il datore di lavoro ha calcolato il termine di preavviso come se la dipendente avesse avuto unanzianit di 3 anni, bench essa fosse alle sue dipendenze da 10 anni. 14 La sig.ra Kckdeveci ha contestato il suo licenziamento dinanzi allArbeitsgericht Mnchengladbach. Dinanzi a tale organo giurisdizionale essa ha sostenuto che il termine di preavviso nei suoi confronti avrebbe dovuto essere di 4 mesi a decorrere dal 31 dicembre 2006, vale a dire fino al 30 aprile 2007, e ci in applicazione dellart. 622, n. 2, primo comma, punto 4, del BGB. Tale termine corrisponderebbe ad unanzianit di dieci anni. La causa principale vede quindi opposti questi due privati, vale a dire, da un lato, la sig.ra Kckdeveci e, dallaltro, la Swedex. 15 A parere della sig.ra Kckdeveci, lart. 622, n. 2, secondo comma, del BGB, nella parte in cui prevede che per il calcolo della durata del termine di preavviso non sono presi in considerazione i periodi di lavoro svolti prima del compimento del venticinquesimo IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 39 anno di et, costituisce una misura di discriminazione in base allet contraria al diritto dellUnione e va disapplicata. 16 Il Landesarbeitsgericht Dsseldorf, pronunciandosi in appello, ha constatato che alla data in cui avvenuto il licenziamento il termine per la trasposizione della direttiva 2000/78 era scaduto. Tale giudice ha considerato del pari che lart. 622 del BGB contiene una disparit di trattamento direttamente collegata allet, della cui incostituzionalit non convinto, ma di cui sarebbe invece discutibile la conformit al diritto dellUnione. Tale giudice si chiede, in proposito, se leventuale esistenza di una discriminazione diretta connessa allet debba essere valutata sulla base del diritto primario dellUnione, come sembra suggerire la sentenza 22 novembre 2005, causa C.144/04, Mangold (Racc. pag. I.9981), oppure alla luce della direttiva 2000/78. Sottolineando che la disposizione nazionale di cui trattasi chiara e non potrebbe essere, eventualmente, interpretata in un senso conforme a detta direttiva, il giudice del rinvio si chiede del pari se, per poter disapplicare tale disposizione in una controversia tra privati, esso debba, al fine di garantire la tutela del legittimo affidamento dei destinatari delle norme, sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte affinch questultima confermi lincompatibilit di tale disposizione con il diritto dellUnione. 17 sulla scorta di tali premesse che il Landesarbeitsgericht Dsseldorf ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) a) Se una normativa nazionale, secondo la quale i termini di preavviso di licenziamento che il datore di lavoro deve rispettare si prolungano progressivamente con laumentare della durata dellimpiego, senza tuttavia che siano presi in considerazione i periodi di lavoro svolti dal lavoratore prima di aver raggiunto il venticinquesimo anno di et, sia contraria al divieto di discriminazione in ragione dellet sancito dal diritto comunitario, e segnatamente dal diritto primario della CE o dalla direttiva (...) 2000/78 (...); b) se una ragione giustificativa del fatto che un datore di lavoro debba rispettare soltanto un termine di preavviso di base per il licenziamento dei lavoratori pi giovani possa essere ravvisata nella circostanza che al datore di lavoro viene riconosciuto un interesse economico ad una gestione flessibile del personale il quale verrebbe pregiudicato da termini di preavviso di licenziamento pi lunghi e che ai giovani lavoratori non viene accordata la tutela dei diritti quesiti e delle aspettative (garantita ai lavoratori pi anziani attraverso termini di preavviso pi estesi), ad esempio perch si presume una loro maggiore mobilit e flessibilit professionale e personale in ragione dellet e/o dei minori obblighi sociali, familiari e privati su di essi incombenti. 2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1 a) e negativa della questione sub 1 b): Se il giudice di uno Stato membro investito di una causa tra privati debba disapplicare una normativa contraria al diritto comunitario ovvero se debba tenere conto della fiducia riposta dai destinatari delle norme nellapplicazione delle leggi nazionali vigenti, in modo tale per cui linapplicabilit sopravvenga soltanto in seguito ad una decisione della Corte di giustizia delle Comunit europee sulla normativa contestata o su una normativa sostanzialmente analoga. Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 18 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale la quale prevede che i periodi 40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di lavoro compiuti dal dipendente prima del raggiungimento del suo venticinquesimo anno di et non sono presi in considerazione ai fini del calcolo del termine di preavviso di licenziamento costituisca una disparit di trattamento in base allet vietata dal diritto dellUnione, in particolare dal diritto primario o dalla direttiva 2000/78. Tale giudice chiede, in particolare, se una normativa siffatta sia giustificata dalla circostanza che occorrerebbe rispettare unicamente un termine di preavviso di base nel caso di licenziamento di giovani lavoratori, da un lato, per consentire ai datori di lavoro una gestione flessibile del personale, ci che non sarebbe possibile con termini di preavviso pi lunghi, e, dallaltro, in quanto sarebbe ragionevole esigere dai giovani lavoratori una mobilit personale e professionale maggiore di quella richiesta ai lavoratori pi anziani. 19 Per risolvere tale questione, occorre anzitutto precisare, come invita a fare il giudice del rinvio, se essa debba essere affrontata alla luce del diritto primario dellUnione o della direttiva 2000/78. 20 In proposito, va inizialmente ricordato che il Consiglio dellUnione europea, fondandosi sullart. 13 CE, ha adottato la direttiva 2000/78 in merito alla quale la Corte ha dichiarato che non sancisce essa stessa il principio della parit di trattamento in materia di occupazione e di lavoro, principio che trova la sua fonte in vari strumenti internazionali e nelle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, ma che essa ha il solo obiettivo di stabilire, in dette materie, un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate su diversi motivi, tra i quali rientra let (v. sentenza Mangold, cit., punto 74). 21 In tale contesto, la Corte ha riconosciuto lesistenza di un principio di non discriminazione in base allet che deve essere considerato un principio generale del diritto dellUnione (v., in questo senso, sentenza Mangold, cit., punto 75). La direttiva 2000/78 d espressione concreta a tale principio (v., per analogia, sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne, Racc. pag. 455, punto 54). 22 Va del pari rilevato che lart. 6, n. 1, TUE enuncia che la Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Ai sensi dellart. 21, n. 1, di tale Carta, [] vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, (...) [sul]let. 23 Affinch il principio di non discriminazione in base allet possa applicarsi in una fattispecie come quella di cui alla causa principale, anche necessario che tale fattispecie rientri nellambito di applicazione del diritto dellUnione. 24 A tal proposito, e a differenza della causa conclusasi con la sentenza 23 settembre 2008, causa C.427/06, Bartsch (Racc. pag. I.7245), il presunto comportamento discriminatorio adottato nella presente fattispecie in base alla normativa nazionale controversa ha avuto luogo successivamente alla data limite del termine impartito allo Stato membro per trasporre la direttiva 2000/78, termine che, per quanto riguarda la Repubblica federale di Germania, scaduto il 2 dicembre 2006. 25 In tale data, la direttiva ha avuto leffetto di far entrare nellambito di applicazione del diritto dellUnione la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale che affronta una materia disciplinata dalla stessa direttiva, vale a dire, nella fattispecie, le condizioni di licenziamento. 26 In effetti, una disposizione nazionale quale lart. 622, n. 2, secondo comma, del BGB, per il fatto di prevedere che, ai fini del calcolo del termine di preavviso di licenziamento, non siano presi in considerazione i periodi di lavoro compiuti dal dipendente prima di aver raggiunto il venticinquesimo anno det, incide sulle condizioni di licenziamento IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 41 dei dipendenti. Si deve pertanto considerare che una legislazione siffatta detti norme relative alle condizioni di licenziamento. 27 Da tali considerazioni risulta che in base al principio generale di diritto dellUnione vietante qualsiasi discriminazione in base allet, come specificato dalla direttiva 2000/78, che va esaminato se il diritto dellUnione osti ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale. 28 Relativamente, poi, alla questione se la normativa controversa nella causa principale contenga una disparit di trattamento in base allet, va ricordato che, ai sensi dellart. 2, n. 1, della direttiva 2000/78, ai fini di questultima, per principio della parit di trattamento si intende lassenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui allart. 1 della medesima direttiva. Lart. 2, n. 2, lett. a), della direttiva in questione precisa che, ai fini dellapplicazione del suo n. 1, sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui allart. 1 della direttiva in parola, una persona trattata in modo meno favorevole di unaltra in una situazione analoga (v. sentenze 16 ottobre 2007, causa C.411/05, Palacios de la Villa, Racc. pag. I.8531, punto 50, e 5 marzo 2009, causa C.388/07, Age Concern England, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33). 29 Nella fattispecie, lart. 622, n. 2, secondo comma, del BGB riserva un trattamento meno favorevole ai dipendenti che sono entrati in servizio presso il datore di lavoro prima dei 25 anni di et. Tale normativa nazionale crea quindi una disparit di trattamento tra persone aventi la medesima anzianit a seconda dellet in cui esse sono state assunte. 30 Cos, per due dipendenti aventi ciascuno 20 anni di anzianit, quello assunto allet di 18 anni avr diritto ad un termine di preavviso di licenziamento pari a cinque mesi, mentre tale termine sar pari a sette mesi per colui che stato assunto allet di 25 anni. Inoltre, come ha osservato lavvocato generale al paragrafo 36 della sue conclusioni, la normativa nazionale considerata nella causa principale tratta, in generale, in modo pi sfavorevole i giovani lavoratori rispetto ai lavoratori pi anziani, in quanto i primi come illustrato dalla situazione della ricorrente nella causa principale possono essere esclusi, malgrado unanzianit di servizio nellimpresa di diversi anni, dal poter beneficiare di un aumento progressivo dei termini di preavviso di licenziamento in funzione della durata del rapporto di lavoro, di cui possono invece giovarsi i lavoratori pi anziani aventi unanzianit equiparabile. 31 Ne consegue che la normativa nazionale considerata contiene una disparit di trattamento fondata sul criterio dellet. 32 Occorre, in una terza fase, esaminare se tale disparit di trattamento sia atta a costituire una discriminazione vietata dal principio di non discriminazione in base allet cui ha dato espressione concreta la direttiva 2000/78. 33 Al riguardo, lart. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2000/78 enuncia che una disparit di trattamento in base allet non costituisce discriminazione laddove essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nellambito del diritto nazionale, da una finalit legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalit siano appropriati e necessari. 34 Tanto dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio, quanto dalle spiegazioni date in udienza dal governo tedesco risulta che lart. 622 del BGB trae la sua origine in una legge del 1926. La fissazione della soglia di 25 anni ad opera di tale legge sarebbe il frutto 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di un compromesso tra, in primo luogo, il governo dellepoca che auspicava una proroga uniforme di tre mesi del termine di preavviso di licenziamento per i lavoratori di et superiore ai 40 anni, in secondo luogo, i fautori di una proroga graduale di tale termine per tutti i lavoratori e, infine, i sostenitori di una proroga graduale della durata del preavviso, che non tenesse per conto del periodo lavorato, avendo tale regola lo scopo di sollevare parzialmente i datori di lavoro dallonere dei termini di preavviso prolungati per i lavoratori di et inferiore ai 25 anni, 35 Secondo il giudice del rinvio, lart. 622, n. 2, secondo comma, del BGB rispecchia la valutazione del legislatore secondo cui i giovani lavoratori, in genere, reagiscono pi facilmente e pi rapidamente alla perdita del loro impiego e ci si pu attendere da loro una maggiore flessibilit. Infine, un termine di preavviso pi breve per i giovani lavoratori ne favorirebbe lassunzione aumentando la flessibilit della gestione del personale. 36 Finalit del tipo di quelle menzionate dal governo tedesco e dal giudice del rinvio appaiono rientrare in una politica in materia di occupazione e del mercato del lavoro, ai sensi dellart. 6, n. 1, della direttiva 2000/78. 37 Va per verificato, secondo il tenore stesso di tale disposizione, se i mezzi apprestati per conseguire siffatta finalit legittima siano appropriati e necessari. 38 Si deve, in proposito, ricordare che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di valutazione discrezionale nella scelta delle misure atte a realizzare i loro obiettivi in materia di politica sociale e di occupazione (v. citate sentenze Mangold, punto 63, e Palacios de la Villa, punto 68). 39 Il giudice del rinvio indica che lobiettivo del provvedimento di cui trattasi quello di offrire al datore di lavoro una maggiore flessibilit nella gestione del personale, alleviando lonere per tale datore di lavoro per quanto attiene al licenziamento dei giovani lavoratori, dai quali sarebbe ragionevole attendersi una pi elevata mobilit personale e professionale. 40 Nondimeno, tale provvedimento non appropriato per il conseguimento di detto obiettivo giacch si applica a tutti i dipendenti assunti dallimpresa prima del venticinquesimo anno di et, indipendentemente dalla loro et al momento del licenziamento. 41 Per quanto riguarda lobiettivo, perseguito dal legislatore nelladottare la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale e ricordato dal governo tedesco, di rafforzare la tutela dei lavoratori in funzione del tempo trascorso nellimpresa, risulta che, in forza di tale normativa, lallungamento del termine di preavviso di licenziamento a seconda dellanzianit del dipendente ritardato per qualsiasi lavoratore assunto dallimpresa prima dei 25 anni di et, anche laddove linteressato vanti, al momento del licenziamento, una lunga anzianit di servizio in tale impresa. Tale normativa non pu pertanto essere considerata idonea a realizzare la finalit dichiarata. 42 Va aggiunto che la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, come ricordato dal giudice del rinvio, incide sui giovani dipendenti in modo diseguale, in quanto colpisce i giovani che si impegnano presto nella vita attiva, senza formazione professionale, o dopo una breve formazione professionale, e non coloro che iniziano a lavorare pi tardi, dopo una lunga formazione professionale. 43 Risulta da tutte queste considerazioni che la prima questione va risolta dichiarando che il diritto dellUnione, in particolare il principio di non discriminazione in base allet, quale espresso concretamente nella direttiva 2000/78, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 43 prevede che, ai fini del calcolo del termine di preavviso di licenziamento, non vanno presi in considerazione i periodi di lavoro compiuti dal dipendente prima del raggiungimento dei 25 anni di et. Sulla seconda questione 44 Con la seconda questione il giudice del rinvio si chiede se, allorch investito di una controversia tra privati, per poter disapplicare una normativa nazionale che ritenga contraria al diritto dellUnione, egli debba previamente, a fini di tutela del legittimo affidamento dei soggetti di diritto, adire la Corte di giustizia in forza dellart. 267 TFUE, affinch questultima confermi lincompatibilit di tale normativa con il diritto dellUnione 45 Per quanto riguarda, in primo luogo, il ruolo del giudice nazionale chiamato a dirimere una controversia tra privati nella quale la normativa nazionale appaia contraria al diritto dellUnione, la Corte ha statuito che spetta ai giudici nazionali assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale derivante dalle norme del diritto dellUnione e garantirne la piena efficacia (v., in questo senso, sentenze 5 ottobre 2004, cause riunite da C.397/01 a C.403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I.8835, punto 111, nonch 15 aprile 2008, causa C.268/06, Impact, Racc. pag. I.2483, punto 42). 46 A questo proposito, con riferimento a controversie tra privati, la Corte ha dichiarato in maniera costante che una direttiva non pu di per s creare obblighi a carico di un singolo e non pu quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (v., in particolare, sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 48; 14 luglio 1994, causa C.91/92, Faccini Dori, Racc. pag. I.3325, punto 20, nonch Pfeiffer e a., cit., punto 108). 47 Tuttavia, lobbligo per gli Stati membri, derivante da una direttiva, di raggiungere il risultato previsto da questultima, e il loro dovere di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire ladempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi dei detti Stati, ivi compresi, nellambito della loro competenza, quelli giurisdizionali (v., in particolare, in questo senso, sentenze 10 aprile 1984, causa 14/83, von Colson e Kamann, Racc. pag. 1891, punto 26; 13 novembre 1990, causa C.106/89, Marleasing, Racc. pag. I.4135, punto 8; Faccini Dori, cit., punto 26; 18 dicembre 1997, causa C.129/96, Inter-Environnement Wallonie, Racc. pag. I.7411, punto 40; Pfeiffer e a., cit., punto 110, nonch 23 aprile 2009, cause riunite da C.378/07 a C.380/07, Angelidaki e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 106). 48 Ne consegue che, nellapplicare il diritto interno, il giudice nazionale chiamato ad interpretare tale diritto deve procedere per quanto pi possibile alla luce della lettera e dello scopo di tale direttiva, onde conseguire il risultato perseguito da questultima e conformarsi pertanto allart 288, terzo comma, TFUE (v., in tal senso, sentenze citate von Colson e Kamann, punto 26; Marleasing, punto 8; Faccini Dori, punto 26, nonch Pfeiffer e a., punto 113). Lesigenza di uninterpretazione conforme del diritto nazionale inerente al sistema del Trattato, in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia del diritto dellUnione quando risolve la controversia ad esso sottoposta (v., in questo senso, sentenza Pfeiffer e a., cit., punto 114). 49 Secondo il giudice del rinvio, tuttavia, per la sua chiarezza e precisione, lart. 622, n. 2, secondo comma, del BGB non si presta ad uninterpretazione conforme alla direttiva 2000/78. 50 A tal proposito, occorre ricordare, da un lato, che, come gi si detto al punto 20 della presente sentenza, la direttiva 2000/78 si limita a dare espressione concreta senza 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 sancirlo al principio di parit di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e, daltro lato, che il principio di non discriminazione in base allet un principio generale del diritto dellUnione, in quanto rappresenta unapplicazione specifica del principio generale della parit di trattamento (v., in questo senso, sentenza Mangold, cit., punti 74.76). 51 Ci considerato, compito del giudice nazionale, investito di una controversia in cui messo in discussione il principio di non discriminazione in ragione dellet, quale espresso concretamente nella direttiva 2000/78, assicurare, nellambito delle sue competenze, la tutela giuridica che il diritto dellUnione attribuisce ai soggetti dellordinamento, garantendone la piena efficacia e disapplicando, ove necessario, ogni contraria disposizione di legge nazionale (v., in questo senso, sentenza Mangold, cit., punto 77). 52 Per quel che riguarda, in secondo luogo, lobbligo che graverebbe sul giudice nazionale, investito di una controversia tra privati, di chiedere alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sullinterpretazione del diritto dellUnione prima di poter disapplicare una norma nazionale che ritenga contraria a tale diritto, si deve rilevare che dalla decisione di rinvio risulta che tale aspetto della questione motivato dal fatto che, in forza del diritto nazionale, il giudice del rinvio non pu disapplicare una disposizione vigente della legislazione nazionale se essa non sia stata previamente dichiarata incostituzionale dal Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale). 53 In proposito, occorre sottolineare che la necessit di garantire piena efficacia al principio di non discriminazione in base allet, quale espresso concretamente nella direttiva 2000/78, comporta che il giudice nazionale, in presenza di una norma nazionale, rientrante nellambito di applicazione del diritto dellUnione, che ritenga incompatibile con tale principio e per la quale risulti impossibile uninterpretazione conforme a questultimo, deve disapplicare detta disposizione, senza che gli sia imposto n gli sia vietato di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale. 54 La facolt cos riconosciuta dallart. 267, secondo comma, TFUE di chiedere alla Corte uninterpretazione pregiudiziale prima di disapplicare la norma nazionale contraria al diritto dellUnione non pu tuttavia trasformarsi in obbligo per il fatto che il diritto nazionale non consente a tale giudice di disapplicare una norma interna che egli ritenga contraria alla Costituzione, se tale disposizione non sia stata previamente dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale. Infatti, in virt del principio del primato del diritto dellUnione, di cui gode anche il principio di non discriminazione in ragione dellet, una normativa nazionale contraria, rientrante nellambito di applicazione del diritto dellUnione, deve essere disapplicata (v., in questo senso, sentenza Mangold, cit., punto 77). 55 Risulta da queste considerazioni che il giudice nazionale, investito di una controversia tra privati, non tenuto, ma ha la facolt di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sullinterpretazione del principio di non discriminazione in base allet, quale espresso concretamente dalla direttiva 2000/78, prima di disapplicare una disposizione nazionale che ritenga contraria a tale principio. Il carattere facoltativo di tale adizione indipendente dalle modalit che si impongono al giudice nazionale, nel diritto interno, per poter disapplicare una disposizione nazionale che ritenga contraria alla Costituzione. 56 In considerazione di tutto quel che precede, la seconda questione va risolta dichiarando che compito del giudice nazionale, investito di una controversia tra privati, garantire il rispetto del principio di non discriminazione in base allet, quale espresso IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 45 concretamente dalla direttiva 2000/78, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione contraria della normativa nazionale, indipendentemente dallesercizio della facolt di cui dispone, nei casi previsti dallart 267, secondo comma, TFUE, di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sullinterpretazione di tale principio. Sulle spese 57 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 1) Il diritto dellUnione, in particolare il principio di non discriminazione in base allet, quale espresso concretamente nella direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parit di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che prevede che, ai fini del calcolo del termine di preavviso di licenziamento, non sono presi in considerazione i periodi di lavoro compiuti dal dipendente prima del raggiungimento dei 25 anni di et. 2) compito del giudice nazionale, investito di una controversia tra privati, garantire il rispetto del principio di non discriminazione in base allet, quale espresso concretamente dalla direttiva 2000/78, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione contraria della normativa nazionale, indipendentemente dallesercizio della facolt di cui dispone, nei casi previsti dallart. 267, secondo comma, TFUE, di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sullinterpretazione di tale principio. 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Le recenti pronunce della Corte in tema di farmacie (Corte di giustizia dellUnione europea, Grande Sezione, sentenza del 1 giugno 2010 nelle cause riunite C-570/07 e C-571/07; Corte di giustizia dellUnione europea, Prima Sezione, sentenza del 1 luglio 2010 nella causa C-393/08) Ad un anno dal rigetto del ricorso proposto dalla Commissione delle Comunit Europee contro la Repubblica italiana, con lintento di fare affermare che questultima avesse violato gli obblighi di cui agli artt. 43 e 56 del Trattato, mantenendo in vigore una normativa che riserva il diritto di gestire una farmacia al dettaglio privata alle sole persone fisiche laureate in farmacia ed alle societ di gestione composte di soli farmacisti, nonch disposizioni legislative che sanciscono limpossibilit per le imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici di acquisire partecipazione nelle societ di gestione di farmacie comunali (causa C-531/06 Commissione delle Comunit europee/Repubblica italiana*), la Corte torna ancora una volta ad occuparsi delle farmacie. I principi elaborati nella causa C-531/06 tornano - quindi - di attualit, innanzi tutto nella sentenza che definisce le cause riunite C-570/07 e C-571/07 (Blanco Prez e Chao Gmez), aventi ad oggetto una questione pregiudiziale relativa allinterpretazione dellart. 49 TFUE. La Corte viene chiamata, in particolare, a valutare se la libert di stabilimento codificata in detto articolo osti ad una disciplina nazionale che condiziona lapertura di nuove farmacie al rilascio di una licenza concessa in relazione ad una pianificazione su base territoriale. Il punto di partenza del ragionamento seguito dalla Corte viene tratto proprio dalla sentenza C-531/06, che aveva a suo tempo ricondotto le farmacie nellambito dei servizi sanitari, il cui livello e la cui organizzazione sono riservati alla competenza degli Stati membri, con salvezza dei soli limiti imposti dal diritto comunitario. Anche in questo caso, dunque, si tratta di valutare se una limitazione alla libert di stabilimento, qual indubbiamente la subordinazione delle licenze ad un sistema di pianificazione territoriale, costituisca misura giustificata da unapprezzabile finalit di interesse pubblico, idonea allo scopo e ad essa proporzionata. La conclusione cui giunge la Corte positiva, sia pure con qualche pre- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE (*) V. Rass., 2009, III, 74-124. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 47 cisazione. In effetti, lo scopo della misura il medesimo che nella causa C-531/06 era stato individuato come ratio della normativa italiana in quella sede censurata dalla Commissione: assicurare cio un elevato standard qualitativo del servizio, che ciascuno Stato membro libero di stabilire al livello che reputa corretto. La Corte, poi, non dubita dellidoneit e proporzionalit a detto scopo di un sistema fondato sulla pianificazione territoriale e, nello specifico, di una pianificazione che tenga conto non solo delle aree geografiche, ma anche di altri parametri, calibrandoli fra loro: la pianificazione territoriale , infatti, nel caso in esame correlata a distanze minime e moduli di popolazione, cos da garantire la diffusione adeguata del servizio di distribuzione dei farmaci, anche in zone economicamente poco attraenti che rischierebbero in difetto di regolamentazione di restare sguarnite. Non mancano, inoltre, sistemi di aggiustamento tali da garantire al meccanismo una ragionevole flessibilit rispetto a situazioni particolari. Il giudizio finale viene reso, quindi, nel senso che lart. 49 TFUE non osta ad un sistema come quello descritto, purch esso non si risolva - paradossalmente, per zone con caratteristiche demografiche particolari - in un impedimento allapertura di un numero di farmacie sufficiente ad assicurare un servizio adeguato, ci che spetta peraltro al giudice nazionale valutare. Al tempo stesso, la Corte puntualizza che lart. 49 TFUE osta - invece - ad una disciplina in cui i criteri di selezione per laccesso alle licenze siano (comՏ nel caso di specie) discriminatori, in quanto privilegiano gli aspiranti, direttamente o meno, sulla base della cittadinanza. Nella causa 393/08 (Sbarigia), si posta la questione della compatibilit dei principi comunitari di tutela della libera concorrenza e della libera prestazione dei servizi con lassoggettamento delle farmacie al divieto di rinuncia alle ferie annuali, di apertura oltre i limiti di massimi di orario attualmente consentiti, e con il necessario assoggettamento - per poter ottenere nel Comune di Roma la deroga ai divieti suddetti - alla previa discrezionale valutazione dellAmministrazione della specificit dellambito comunale di ubicazione delle Farmacie richiedenti; si sollevata, inoltre, la questione della compatibilit con gli artt 152 e 153 del Trattato dellUnione Europea dellassoggettamento del servizio pubblico farmaceutico, a condizioni di limitazione o divieto della possibilit di incremento orario. La difesa del Governo italiano nel suddetto giudizio stata incentrata sullargomento della strumentalit di tali divieti alla realizzazione dellinteresse pubblico ad una capillare diffusione del servizio farmaceutico sul territorio, anche nelle zone economicamente non appetibili, finalizzato ad assicurare un elevato standard qualitativo, secondo lapprezzamento del singolo Stato membro. 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Ci si attendeva pertanto - dopo che la sentenza Blanco Prez ha valorizzato un interesse sostanzialmente analogo, quale giustificazione per la restrizione alla libert di stabilimento realizzata da un sistema di licenze correlato alla pianificazione territoriale - che la Corte si orientasse in analoga direzione anche per il caso Sbarigia, il cui esito pareva - alla luce della sentenza del 1 giugno 2010 - ragionevolmente prevedibile. In questo caso, tuttavia, la Corte manca loccasione, arrestandosi ad una pronuncia di irricevibilit del ricorso. Nel caso in esame, in effetti, la questione limitata ad un solo Stato membro e non coinvolge cittadini di altri Stati. Nel corso del giudizio, si fatto pertanto riferimento a quella giurisprudenza (richiamata anche nella causa Blanco Prez, in quel caso per pervenire ad un giudizio positivo sulla ricevibilit ) che riconosce lutilit di una pronuncia della Corte nei casi in cui il diritto nazionale imponga di riconoscere ad un cittadino gli stessi diritti di cui, in base al diritto dellUnione, godrebbe un cittadino di altro Stato membro, nella medesima situazione. Tuttavia, nella causa Sbarigia il diritto azionato ha ad oggetto unistanza che - senza mettere in discussione il sistema generale di regolamentazione degli orari e delle chiusure feriali delle farmacie - mira solo a conseguirne una deroga. Alla Corte apparsa pertanto evidente limpossibilit di ricondurre la fattispecie allambito applicativo degli artt. 49 e 43 CE (questultimo, a dire il vero, nemmeno indicato dal giudice a quo), come pure in quello delle altre, numerose disposizioni richiamate (peraltro in maniera quanto mai generica) nellordinanza di rimessione, risultate del tutto estranee alla fattispecie. Avv. Marina Russo* Corte di Giustizia (Grande Sezione) sentenza de1 1 giugno 2010 nelle cause riunite C- 570/07 e C-571/07 - Pres. V. Skouris, Rel. J. Malenovsk., Avv. gen. M. Poiares Maduro - Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunal Superior de Justicia de Asturias - - Spagna - Jos Manuel Blanco Prez, Mara del Pilar Chao Gmez/Consejera de Salud y Servicios Sanitarios (C-570/07), Principado de Asturias (C-571/07) - Intervento Governo italiano (avv. Stato G. Fiengo). Art. 49 TFUE Direttiva 2005/36/CE Libert di stabilimento Sanit pubblica Farmacie Vicinanza Approvvigionamento della popolazione in medicinali Licenze Ripartizione territoriale delle farmacie Introduzione di limiti fondati sul criterio della densit demografica Distanza minima tra le farmacie Candidati che hanno svolto attivit professionale su una parte del territorio nazionale Priorit Discriminazione (*) Avvocato dello Stato. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 49 (Omissis) 1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sullinterpretazione dellart. 49 TFUE. 2 Tali domande sono state presentate nellambito di due distinti procedimenti tra il sig. Blanco Prez e la sig.ra Chao Gmez, da un lato, e rispettivamente la Consejera de Salud y Servicios Sanitarios (Ministero della Salute e dei Servizi sanitari) (causa C.570/07) e il Principado de Asturias (causa C.571/07), dallaltro, in merito ad un bando di concorso per lassegnazione di licenze per lapertura di nuove farmacie nella Comunit autonoma delle Asturie. Contesto normativo La normativa dellUnione 3 A termini del considerando 26 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255, pag. 22), che sostanzialmente riprende il secondo considerando della direttiva del Consiglio 16 settembre 1985, 85/432/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti talune attivit nel settore farmaceutico (GU L 253, pag. 34): La presente direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attivit nel campo della farmacia e allesercizio di tale attivit. In particolare, la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbero continuare ad essere di competenza degli Stati membri. La presente direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle societ lesercizio di talune attivit di farmacista o sottopongono tale esercizio a talune condizioni. 4 Lart. 1 di detta direttiva enuncia quanto segue: La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (), che sul proprio territorio subordina laccesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per laccesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o pi Stati membri () e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione. 5 Lart. 45 della medesima direttiva, rubricato Esercizio delle attivit professionali di farmacista, dispone che: 1. Ai fini della presente direttiva le attivit di farmacista sono quelle il cui accesso ed esercizio subordinato, in uno o pi Stati membri, a condizioni di qualificazione professionale e che sono aperte ai titolari di uno dei titoli di formazione di cui allallegato V, punto 5.6.2. 2. Gli Stati membri fanno s che i possessori di un titolo di formazione in farmacia, a livello universitario o a livello considerato equivalente, che soddisfi le condizioni dellarticolo 44, siano autorizzati ad accedere e a esercitare almeno le seguenti attivit, con leventuale riserva di unesperienza professionale complementare: a) preparazione della forma farmaceutica dei medicinali; b) fabbricazione e controllo dei medicinali; c) controllo dei medicinali in un laboratorio di controllo dei medicinali; d) immagazzinamento, conservazione e distribuzione dei medicinali nella fase di commercio allingrosso; e) preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali nelle farmacie aperte al pubblico; f) preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali negli ospedali; g) diffusione di informazioni e consigli nel settore dei medicinali. 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 () 5. Se, alla data del 16 settembre 1985, in uno Stato membro esisteva un concorso per esami per scegliere, fra i titolari di cui al paragrafo 2, coloro che diverranno i titolari delle nuove farmacie di cui stata decisa lapertura nel quadro di un regime nazionale di ripartizione geografica, tale Stato membro pu, in deroga al paragrafo 1, mantenere il concorso e sottoporre ad esso i cittadini degli Stati membri in possesso di uno dei titoli di formazione di farmacista di cui allallegato V, punto 5.6.2 o che beneficiano del disposto dellarticolo 23 [relativo ai diritti acquisiti]. 6 I nn. 2 e 5 dellart. 45 della direttiva 2005/36 riprendono, in sostanza, i nn. 1-3 dellart. 1 della direttiva 85/432. La normativa nazionale 7 Dallart. 103, n. 3, del testo unico delle leggi sanitarie 14/1986 (Ley General de Sanidad del 25 aprile 1986, n. 14; BOE n. 102 del 29 aprile 1986, pag. 15207) risulta che le farmacie sono soggette alla pianificazione sanitaria alle condizioni stabilite dalla normativa speciale sui medicinali e sulle farmacie. 8 Lart. 2 della legge del 25 aprile 1997, n. 16, sul riordino dei servizi farmaceutici (Ley de Regulacin de los Servicios de las Oficinas de Farmacia; BOE n. 100 del 26 aprile 1997, pag. 13450), prevede quanto segue: 1. () [A]l fine di organizzare i servizi farmaceutici per la popolazione, le comunit autonome, cui compete assicurare tali servizi, pianificano lautorizzazione allapertura di farmacie secondo criteri specifici. () 2. La pianificazione delle farmacie tiene conto della densit demografica, delle caratteristiche geografiche e della dispersione della popolazione in modo da assicurare laccessibilit e la qualit del servizio, nonch una fornitura sufficiente di medicinali, secondo le necessit sanitarie di ciascun territorio. La ripartizione territoriale degli stabilimenti tiene conto del numero di abitanti per farmacia e della distanza tra le farmacie, che le comunit autonome avranno stabilito conformemente ai criteri generali di cui sopra. Le regole di ripartizione territoriale devono garantire, in ogni caso, un servizio farmaceutico adeguato a tutta la popolazione. 3. La popolazione minima ai fini dellapertura di una farmacia , di regola, di 2 800 abitanti per stabilimento. In funzione della concentrazione della popolazione le comunit autonome possono fissare moduli di popolazione superiori, con il limite di 4 000 abitanti per farmacia. Solo quando tale soglia superata, pu essere aperta una nuova farmacia e comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti. Fatte salve le disposizioni del paragrafo precedente, le comunit autonome possono fissare moduli di popolazione inferiori per le zone rurali, turistiche, di montagna o per le zone dove, a causa delle loro caratteristiche geografiche, demografiche o sanitarie, non possibile assicurare il servizio farmaceutico applicando i criteri generali. 4. La distanza minima tra le farmacie, tenuto conto dei criteri geografici e di dispersione della popolazione, , di regola, di 250 metri. In funzione della concentrazione della popolazione le comunit autonome possono autorizzare distanze inferiori; allo stesso modo, le comunit autonome possono limitare lapertura di farmacie in prossimit di un presidio sanitario. 9 In applicazione delle suddette norme, la Comunit autonoma delle Asturie ha adottato, il 19 luglio 2001, il decreto 72/2001, sullapertura e sullesercizio di farmacie e dispensari nel Principato delle Asturie (Decreto 72/2001 regulador de las oficinas de farmacia y boti- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 51 quines en el Principado de Asturias; BOPA n. 175 del 28 luglio 2001, pag. 10135). 10 A termini dellart. 1, n. 1, primo comma, di tale decreto: Il territorio della Comunit autonoma suddiviso in zone farmaceutiche che coincidono, di massima, con le zone sanitarie di base quali stabilite nellambito della pianificazione sanitaria del Principato delle Asturie. 11 Secondo le indicazioni fornite dalla Consejera de Salud y Servicios Sanitarios e dal Principado de Asturias, la Comunit autonoma delle Asturie suddivisa in 68 zone sanitarie di base che coincidono, di massima, con le zone farmaceutiche. 12 Lart. 2 di questo stesso decreto dispone quanto segue: 1. Per ogni zona farmaceutica il numero delle farmacie stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 2 800 abitanti. Quando tale rapporto superato, una nuova farmacia pu essere aperta in ragione di moduli superiori a 2000 abitanti. 2. In tutte le zone base del sistema sanitario e in tutti i distretti pu essere istituita almeno una farmacia. 13 Lart. 3 del decreto 72/2001 cos recita: Ai fini del presente decreto la popolazione computata sulla base dei dati risultanti dallultimo censimento comunale. 14 Lart. 4 di detto decreto dispone: 1. La distanza tra le farmacie non pu, di norma, essere inferiore a 250 metri, in qualunque zona farmaceutica esse siano ubicate. 2. La distanza di 250 metri andr osservata anche rispetto ai presidi sanitari delle zone farmaceutiche, sia pubblici sia privati convenzionati per lassistenza extraospedaliera o ospedaliera, dotati di ambulatori o di Pronto soccorso, gi in funzione o in costruzione. Non valgono distanze minime tra i presidi sanitari nelle zone farmaceutiche con ununica farmacia n nelle localit dove esiste attualmente ununica farmacia e nelle quali, considerate le caratteristiche del luogo, non da prevedere lapertura di nuovi stabilimenti. (). 15 La procedura per il rilascio delle licenze di apertura disciplinata dagli artt. 6-17 del decreto 72/2001. 16 Ai sensi di tali disposizioni, la Comunit autonoma delle Asturie tenuta ad avviare dufficio, almeno una volta allanno, una procedura di assegnazione di licenze per lapertura di nuove farmacie, per tener conto dellevoluzione della densit demografica. 17 Il bando di concorso indica la zona farmaceutica ed eventualmente il comune e la localit di stabilimento. Una volta pubblicato il bando, i farmacisti interessati presentano le loro domande e i documenti comprovanti i rispettivi titoli. Successivamente, una commissione composta da personale amministrativo, professionisti e associazioni di categoria si riunisce per valutare i candidati. 18 Ottenuta la licenza, il farmacista aggiudicatario tenuto ad indicare i locali in cui eserciter la propria attivit. Le autorit competenti verificano se i criteri di pianificazione territoriale imposti dalla normativa siano rispettati. 19 Il decreto 72/2001 reca, poi, in allegato, una tabella dei criteri di selezione, nella procedura summenzionata, di quanti si candidano alla titolarit di una nuova farmacia. 20 Detta tabella tiene conto, in particolare, della formazione dei candidati nonch della loro esperienza professionale e didattica. 21 Il decreto 72/2001 enuncia, inoltre, ai punti 4-7 dellallegato, quanto segue: 4. Non vengono presi in considerazione lesperienza di farmacista titolare o contitolare di 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 farmacia n altri titoli di merito allorch sono gi valsi ad ottenere unautorizzazione allinstallazione. () 6. Il punteggio per meriti professionali attribuito per lattivit svolta nel territorio del Principato delle Asturie maggiorato del 20%. 7. Nel caso in cui, in applicazione della presente tabella, si ottenga parit di punteggio, le autorizzazioni sono rilasciate secondo il seguente ordine di priorit: a) i farmacisti che non sono mai stati titolari di farmacia; b) i farmacisti che sono stati titolari di farmacie in zone farmaceutiche o in distretti con meno di 2 800 abitanti; c) i farmacisti che abbiano svolto attivit professionale nel Principato delle Asturie; (). Procedimenti principali e questioni pregiudiziali 22 Nel 2002 la Comunit autonoma delle Asturie decideva di avviare, conformemente agli artt. 6-17 del decreto 72/2001, una procedura di assegnazione di licenze per lapertura di nuove farmacie. 23 Con decisione 14 giugno 2002 la Consejera de Salud y Servicios Sanitarios bandiva una gara per il rilascio di licenze per lapertura di farmacie nella Comunit autonoma delle Asturie (BOPA n. 145 del 24 giugno 2002, pag. 8145; in prosieguo: la decisione del 14 giugno 2002). 24 Il bando di gara prevedeva lapertura di 24 nuove farmacie in funzione, segnatamente, della densit demografica, della dispersione della popolazione, della distanza tra le farmacie e dei moduli minimi di popolazione. 25 I ricorrenti nei procedimenti principali, farmacisti laureati, intendevano aprire una nuova farmacia nella Comunit autonoma delle Asturie senza, tuttavia, vedersi applicare il sistema di pianificazione territoriale istituito dal decreto 72/2001. 26 Per questo motivo, nellambito del primo procedimento principale, essi hanno impugnato la decisione del 14 giugno 2002 e quella del Consejo de Gobierno del Principado de Asturias, datata 10 ottobre 2002, che la confermava. 27 Nel secondo procedimento principale i medesimi ricorrenti hanno adito il Tribunal Superior de Justicia de Asturias impugnando la decisione implicita di rigetto del reclamo proposto contro il decreto 72/2001, segnatamente contro i suoi artt. 2, 4, 6 e 10 e contro la tabella dei criteri di selezione ad esso acclusa. 28 In queste due controversie i ricorrenti hanno contestato la legittimit delle decisioni summenzionate e del decreto 72/2001 perch avrebbero avuto leffetto di ostacolare laccesso dei farmacisti alle nuove farmacie nella Comunit autonoma delle Asturie. Detto decreto avrebbe previsto, inoltre, criteri inaccettabili di selezione dei titolari delle nuove farmacie. 29 In tale contesto il giudice del rinvio si domanda se il sistema istituito dal decreto 72/2001 costituisca una restrizione alla libert di stabilimento incompatibile con lart. 49 TFUE. 30 Per questo il Tribunal Superior de Justicia de Asturias ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale nella causa C.570/07: Se lart. [49 TFUE] osti a quanto stabilito agli artt. 2-4 del [decreto 72/2001] nonch ai punti 4, 6 e 7 dellallegato a tale decreto. 31 Nella causa C.571/07 il Tribunal Superior de Justicia de Asturias ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se lart. [49 TFUE] osti alle disposizioni normative della Comunit autonoma () delle LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 53 Asturie in materia di autorizzazione allapertura di farmacie. 32 Con ordinanza del presidente della Corte del 28 febbraio 2008, i procedimenti C.570/07 e C.571/07 sono stati riuniti ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonch della sentenza. Sulla ricevibilit 33 Il Consejo General de Colegios Oficiales de Farmacuticos de Espaa nonch i governi ellenico, francese, italiano e spagnolo contestano la ricevibilit delle domande di pronuncia pregiudiziale. 34 Il giudice del rinvio anzitutto non preciserebbe la situazione di fatto dei ricorrenti nei procedimenti principali. Non indicherebbe, poi, con chiarezza le disposizioni nazionali pertinenti n esporrebbe in maniera adeguata i motivi che lo hanno indotto a interrogarsi sulla compatibilit di tali disposizioni con lart. 49 TFUE. Infine, le questioni sollevate sarebbero ipotetiche, giacch le controversie di cui trattasi vedrebbero coinvolti solo cittadini spagnoli. In assenza di elementi transfrontalieri, le questioni non presenterebbero, cos, alcun nesso con il diritto dellUnione. 35 Ebbene, si deve rammentare che spetta soltanto al giudice nazionale cui stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano linterpretazione del diritto dellUnione, la Corte , in via di principio, tenuta a pronunciarsi (v., in tal senso, sentenze 13 marzo 2001, causa C.379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I.2099, punto 38, e 10 marzo 2009, causa C.169/07, Hartlauer, Racc. pag. I.1721, punto 24). 36 Ne consegue che le questioni relative allinterpretazione del diritto dellUnione godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale possibile, cos, soltanto qualora appaia in modo manifesto che linterpretazione del diritto dellUnione richiesta non ha alcun rapporto con leffettivit o con loggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenze 5 dicembre 2006, cause riunite C.94/04 e C.202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I.11421, punto 25, e 7 giugno 2007, cause riunite da C.222/05 a C.225/05, van der Weerd e a., Racc. pag. I.4233, punto 22). 37 Tenuto conto di questa giurisprudenza, si deve osservare, in primo luogo, che nelle ordinanze di rinvio il giudice nazionale ha motivato la sua decisione di formulare questioni pregiudiziali rilevando che la legittimit della normativa in questione nei due procedimenti principali dipende dallinterpretazione che la Corte offrir per lart. 49 TFUE. 38 In secondo luogo, non appare in modo manifesto che linterpretazione richiesta non abbia alcun rapporto con leffettivit o con loggetto dei procedimenti principali o che la questione sia di tipo ipotetico. 39 Certamente, pacifico che i ricorrenti principali sono cittadini spagnoli e che tutti gli elementi dei procedimenti a quibus sono limitati al territorio di un unico Stato membro. Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza, anche in tale circostanza la risposta della Corte pu risultare utile al giudice del rinvio, in particolare nellipotesi in cui il diritto nazionale gli imponga di far beneficiare un cittadino spagnolo degli stessi diritti di cui godrebbe, in base al diritto dellUnione, un cittadino di uno Stato membro diverso dal Regno di Spagna nella medesima situazione (v., in particolare, sentenze 30 marzo 2006, causa C.451/03, Servizi Ausi- 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 liari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I.2941, punto 29, e Cipolla e a., cit., punto 30). 40 Inoltre, se una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali, che si applica indistintamente ai cittadini spagnoli e ai cittadini degli altri Stati membri, deve, di regola, risultare conforme alle disposizioni relative alle libert fondamentali garantite dal Trattato solo in quanto si applica a situazioni che hanno un collegamento con gli scambi fra gli Stati membri, non si pu tuttavia escludere che cittadini di Stati membri diversi dal Regno di Spagna siano stati o siano interessati ad aprire una farmacia nella Comunit autonoma delle Asturie (v., in tal senso, sentenza 11 marzo 2010, causa C.384/08, Attanasio Group, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 23 e 24 nonch la giurisprudenza ivi citata). 41 In terzo luogo, occorre constatare che le decisioni di rinvio descrivono a sufficienza il contesto normativo e di fatto dei procedimenti principali e che le indicazioni fornite dal giudice nazionale permettono di determinare la portata delle questioni sottoposte. Tali decisioni hanno, dunque, offerto agli interessati una possibilit effettiva di presentare osservazioni conformemente allart. 23 dello Statuto della Corte di giustizia dellUnione europea, come testimonia del resto il contenuto delle osservazioni formulate nei presenti procedimenti. 42 Ci osservato, le domande di pronuncia pregiudiziale devono essere considerate ricevibili. Nel merito Osservazioni preliminari 43 In primo luogo, occorre ricordare che, conformemente allart. 168, n. 7, TFUE, come precisato tanto dalla giurisprudenza della Corte quanto dal ventiseiesimo considerando della direttiva 2005/36, il diritto dellUnione non restringe la competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi di previdenza sociale e ad adottare, in particolare, norme destinate allorganizzazione di servizi sanitari come le farmacie. Tuttavia, nellesercizio di tale competenza, gli Stati membri sono tenuti a rispettare il diritto dellUnione, in particolare le disposizioni del Trattato relative alle libert fondamentali, le quali comportano il divieto per gli Stati membri di introdurre o di mantenere ingiustificate restrizioni allesercizio di tali libert nellambito delle cure sanitarie (v., in tal senso, sentenze Hartlauer, cit., punto 29; 19 maggio 2009, causa C.531/06, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35, nonch cause riunite C.171/07 e C.172/07, Apothekerkammer des Saarlandes e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 18). 44 Nel valutare il rispetto di tale obbligo necessario tener conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale intendono garantire la tutela della sanit pubblica e il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poich detto livello pu variare da uno Stato membro allaltro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine discrezionale (v., in tal senso, sentenze 11 settembre 2008, causa C.141/07, Commissione/Germania, Racc. pag. I.6935, punto 51, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., cit., punto 19). 45 In secondo luogo, occorre rilevare che n la direttiva 2005/36 n alcun altro atto che dia attuazione alle libert fondamentali enunciano regole di accesso alle attivit del settore farmaceutico che intendano porre condizioni per lapertura di nuove farmacie nel territorio degli Stati membri. 46 vero che, lart. 45, n. 5, della direttiva 2005/36 stabilisce che, se, in uno Stato membro, alla data del 16 settembre 1985, era bandito un concorso per esami per selezionare i farmacisti che sarebbero diventati titolari delle nuove farmacie la cui creazione era stata decisa nel contesto di un sistema nazionale di ripartizione geografica, tale Stato membro pu mantenere LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 55 questo concorso e sottoporvi anche i cittadini degli altri Stati membri. 47 Ebbene, pacifico che a quella data in Spagna esisteva un tale concorso e che proprio di esso che si tratta nei procedimenti principali. Di conseguenza, detto Stato membro pu mantenere tale procedura di concorso e sottoporvi tutti i farmacisti, sempre che le norme che la disciplinano siano conformi al diritto dellUnione. 48 Ci non vuol dire, per, che le norme che disciplinano la procedura di cui trattasi siano sottratte alle disposizioni del Trattato per quanto riguarda i requisiti relativi alla ripartizione territoriale delle farmacie, giacch questo elemento rimane estraneo allambito di applicazione della direttiva 2005/36. 49 La direttiva in questione, infatti, ha come oggetto, conformemente al suo art. 1, di fissare le regole in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali per permettere ai titolari delle stesse di esercitare una professione regolamentata, come lavoratori autonomi o subordinati. Per contro, essa non contiene regole che disciplinino lo stabilimento delle farmacie o le condizioni di gestione delle stesse n, pi specificamente, la loro ripartizione territoriale 50 Tale constatazione peraltro corroborata dal ventiseiesimo considerando della direttiva 2005/36, a termini del quale questultima non coordina tutte le condizioni per accedere alle attivit nel campo della farmacia e lascia, in particolare, la ripartizione territoriale delle farmacie alla competenza degli Stati membri. 51 Ci considerato, le disposizioni del diritto nazionale qui in causa, relative alla ripartizione territoriale, devono essere esaminate alla luce delle disposizioni del Trattato, in particolare alla luce del suo art. 49. Sulla prima parte delle questioni pregiudiziali, attinente alle condizioni base relative alla densit demografica e alla distanza minima fra le farmacie 52 Con la prima parte delle questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se lart. 49 TFUE osti a una normativa nazionale, come quella in causa, che pone limiti al rilascio delle licenze per lapertura di nuove farmacie prevedendo che: in ciascuna zona farmaceutica possa essere aperta, in linea di principio, una sola farmacia ogni 2 800 abitanti; unulteriore farmacia possa essere aperta solo quando tale soglia superata e comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti, e ogni farmacia debba rispettare una distanza minima dalle farmacie gi esistenti che, per regola generale, di 250 metri. Sullesistenza di una restrizione alla libert di stabilimento 53 Secondo una giurisprudenza costante, ogni provvedimento nazionale che possa ostacolare o scoraggiare lesercizio, da parte dei cittadini dellUnione, della libert di stabilimento garantita dal Trattato costituisce una restrizione ai sensi dellart. 49 TFUE, pure se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza (v., in tal senso, sentenze 14 ottobre 2004, causa C.299/02, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I.9761, punto 15, e 21 aprile 2005, causa C.140/03, Commissione/Grecia, Racc. pag. I.3177, punto 27). 54 Costituisce una tale restrizione, in particolare, una normativa nazionale che subordini lo stabilimento di unimpresa di un altro Stato membro al rilascio di unautorizzazione preventiva, poich essa pu ostacolare lesercizio, da parte di questa impresa, della libert di stabilimento, impedendole di esercitare liberamente le proprie attivit tramite una stabile organizzazione. Infatti, da un lato, detta impresa rischia di sopportare gli oneri amministrativi ed economici aggiuntivi che qualunque rilascio di unautorizzazione simile comporta. Dallaltro, il sistema di autorizzazione preventiva esclude dallesercizio di unattivit autonoma 56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 gli operatori economici che non rispondano a requisiti predeterminati al cui rispetto subordinato il rilascio di detta autorizzazione (v., in tal senso, sentenza Hartlauer, cit., punti 34 e 35). 55 Una normativa nazionale costituisce una restrizione alla libert di stabilimento altres quando subordini lesercizio di unattivit ad una condizione connessa ai bisogni economici o sociali che tale attivit deve soddisfare, in quanto mira a limitare il numero dei prestatori di servizi (v., in tal senso, sentenza Hartlauer, cit., punto 36). 56 Nei procedimenti principali si deve osservare, in primo luogo, che la normativa nazionale subordina lapertura di una nuova farmacia al rilascio di una previa autorizzazione amministrativa, la quale pu peraltro essere accordata solo ai vincitori di concorso. 57 In secondo luogo, tale normativa permette, in ciascuna zona farmaceutica, lapertura di ununica farmacia per moduli di popolazione di 2 800 abitanti; unulteriore farmacia pu essere aperta solo quando tale soglia superata e comunque per moduli di almeno 2 000 abitanti. 58 In terzo luogo, la detta normativa osta a che i farmacisti possano esercitare unattivit economica indipendente nei locali di loro libera scelta, poich impone loro di rispettare, come regola generale, una distanza minima di 250 metri dalle farmacie gi esistenti. 59 Regole come queste hanno pertanto leffetto di ostacolare e di scoraggiare lesercizio in forma stabile, da parte dei farmacisti degli altri Stati membri, delle loro attivit nel territorio spagnolo. 60 Di conseguenza, una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali costituisce una restrizione alla libert di stabilimento ai sensi dellart. 49 TFUE. Sulla giustificazione della restrizione alla libert di stabilimento 61 Secondo una giurisprudenza costante, le restrizioni alla libert di stabilimento, che siano applicabili senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione dellobiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso (v. citate sentenze Hartlauer, punto 44, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 25). 62 Nei procedimenti principali si deve constatare, in primo luogo, che la normativa nazionale controversa applicabile senza discriminazioni basate sulla cittadinanza. 63 In secondo luogo, risulta dallart. 52, n. 1, TFUE che la tutela della sanit pubblica pu giustificare restrizioni alle libert fondamentali garantite dal Trattato come la libert di stabilimento (v., in particolare, citate sentenze Hartlauer, punto 46, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 27). 64 Pi precisamente, restrizioni alla libert di stabilimento possono essere giustificate dallobiettivo di garantire alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualit (v. citate sentenze Commissione/Italia, punto 52, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 28). 65 Limportanza di tale obiettivo confermata dagli artt. 168, n. 1, TFUE e 35 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, a termini dei quali, in particolare, nella definizione e nellattuazione di tutte le politiche ed attivit dellUnione europea garantito un livello elevato di protezione della salute umana. 66 Ne consegue che lobiettivo di assicurare alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualit pu giustificare una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali. 67 In terzo luogo, occorre esaminare se tale normativa sia idonea a garantire questo obiettivo. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 57 68 Al riguardo si deve rilevare, per prima cosa, che, tenuto conto del potere discrezionale ricordato al punto 44 della presente sentenza, il fatto che uno Stato membro imponga norme pi rigide in materia di tutela della sanit pubblica di quelle stabilite da un altro Stato membro non significa necessariamente che tali norme siano incompatibili con le disposizioni del Trattato relative alle libert fondamentali (v., in tal senso, sentenza 10 febbraio 2009, causa C.110/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I.519, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata). 69 Di conseguenza, per la soluzione della presente controversia non determinante la circostanza che gli Stati membri prevedano normative differenti in tale settore e, pi specificamente, che taluni di essi lascino aperto il numero di farmacie che possono essere create nel territorio nazionale, mentre altri contingentino tale numero assoggettandole a norme di pianificazione geografica. 70 Si deve ricordare, per seconda cosa, che, secondo la giurisprudenza della Corte, stabilimenti ed infrastrutture sanitarie possono essere oggetto di una pianificazione. Tale pianificazione pu comprendere una previa autorizzazione per linstallazione di nuovi prestatori di cure se questa si riveli indispensabile per colmare eventuali lacune nellaccesso alle prestazioni sanitarie e per evitare una duplicazione nellapertura delle strutture, in modo che sia garantita unassistenza medica adeguata alle necessit della popolazione, che copra tutto il territorio e tenga conto delle regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate (v., per analogia, sentenze 12 luglio 2001, causa C.157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I.5473, punti 76- 80; 16 maggio 2006, causa C.372/04, Watts, Racc. pag. I.4325, punti 108-110, nonch Hartlauer, cit., punti 51 e 52). 71 Orbene, tale conclusione pu essere pienamente trasposta ai prestatori di servizi sanitari di farmacia. 72 Per terza cosa, occorre rilevare che esistono agglomerati che possono apparire a numerosi farmacisti particolarmente redditizi, e per questo pi attraenti, come quelli situati nelle zone urbane, ed altre parti del territorio nazionale che invece potrebbero essere considerate meno attraenti, come le zone rurali, geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate. 73 Ci considerato, non si pu escludere che, se non ci fosse alcuna regolamentazione, le farmacie sarebbero concentrate in localit reputate attraenti, mentre in alcune localit meno attraenti si ritroverebbe un numero di farmacie insufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualit. 74 Per quarta cosa, si deve ricordare che, qualora sussistano incertezze sullesistenza o sulla portata di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro pu adottare misure di protezione senza dover attendere che la realt di tali rischi sia pienamente dimostrata (v. sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a., cit., punto 30). 75 In un contesto siffatto uno Stato membro pu ritenere che sussista un rischio di penuria di farmacie in talune parti del suo territorio e, conseguentemente, un rischio di inadeguato approvvigionamento di medicinali quanto a sicurezza e a qualit. 76 Tenuto conto di questo rischio, uno Stato membro pu allora adottare una normativa che preveda lapertura di non pi di una farmacia per un certo numero di abitanti (v. punto 57 della presente sentenza). 77 Ed invero una tale condizione pu sortire leffetto di canalizzare linsediamento di farmacie verso parti del territorio nazionale dove laccesso al servizio farmaceutico lacunoso, poich, impedendo ai farmacisti di impiantarsi in zone gi dotate di un numero sufficiente di farmacie, li invita a stabilirsi in zone nelle quali le farmacie scarseggiano. 78 Detta condizione quindi idonea a ripartire in maniera equilibrata le farmacie nel ter- 58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 ritorio nazionale, ad assicurare cos a tutta la popolazione un accesso adeguato al servizio farmaceutico e, conseguentemente, ad aumentare la sicurezza e la qualit dellapprovvigionamento della popolazione in medicinali. 79 Occorre inoltre rilevare che da sola la condizione relativa ai moduli di popolazione pu non consentire di evitare una concentrazione di farmacie, allinterno di unarea geografica determinata secondo tale condizione, in alcune localit attraenti di tale zona. Orbene, una tale concentrazione di farmacie potrebbe comportare una duplicazione delle strutture, mentre altre parti della medesima area potrebbero mancare di farmacie. 80 Ci considerato, lecito che uno Stato membro preveda condizioni supplementari che mirino ad impedire tale concentrazione, adottando, per esempio, una condizione come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che impone distanze minime tra le farmacie. 81 Tale condizione permette, infatti, per sua stessa natura di evitare una simile concentrazione e risulta, cos, idonea a ripartire le farmacie in maniera pi equilibrata allinterno di una determinata area geografica. 82 La condizione relativa alla distanza minima accresce anche, di conseguenza, la certezza per i pazienti che disporranno di una farmacia nei paraggi e, per ci stesso, che disporranno di un accesso facile e rapido ad un servizio farmaceutico adeguato. 83 Un tale accesso potrebbe essere ritenuto necessario ove si consideri, da un lato, che la somministrazione di medicinali pu rivelarsi urgente e, dallaltro, che tra i clienti delle farmacie vi sono persone a mobilit ridotta, come gli anziani e i malati gravi. 84 Cos, la condizione relativa alla distanza minima risulta complementare a quella collegata ai moduli di popolazione e pu, pertanto, contribuire alla realizzazione dellobiettivo di ripartire in maniera equilibrata le farmacie nel territorio nazionale, di assicurare in tal modo a tutta la popolazione un accesso adeguato al servizio farmaceutico e, di conseguenza, di aumentare la sicurezza e la qualit dellapprovvigionamento della popolazione in medicinali. 85 Occorre rilevare, infine, che il raggiungimento dellobiettivo perseguito dalle due condizioni summenzionate rafforzato da taluni criteri che intervengono, a termini del decreto 72/2001, al momento della selezione dei titolari delle nuove farmacie. 86 Infatti, conformemente al punto 7, lett. b), dellallegato a tale decreto, a parit di punteggio tra i candidati allassegnazione delle nuove farmacie, le autorizzazioni sono accordate di preferenza, dopo i farmacisti di cui al punto 7, lett. a), a quelli che sono stati titolari di farmacie in zone o in distretti con meno di 2 800 abitanti. 87 Siccome le aree geografiche con meno di 2 800 abitanti sono generalmente considerate dai farmacisti come meno attraenti (v. punto 72 della presente sentenza), detto criterio di assegnazione della licenza tende ad incoraggiare i farmacisti ad installarsi in tali zone con la prospettiva di essere ricompensati in futuro al momento della concessione di nuove licenze per lapertura di farmacie. 88 Tuttavia, i ricorrenti nei procedimenti principali e la Plataforma para la Libre Apertura de Farmacias fanno valere che il sistema in discussione non potrebbe essere considerato idoneo a raggiungere lobiettivo addotto, perch comporterebbe che taluni farmacisti siano privati di qualunque accesso allattivit professionale indipendente, mentre quelli gi presenti sul mercato beneficerebbero di profitti sproporzionati. 89 Tale argomento non pu essere accolto. 90 Occorre rilevare infatti, innanzitutto, che la libert di stabilimento degli operatori economici deve essere bilanciata con le esigenze di tutela della sanit pubblica e che la gravit degli obiettivi perseguiti in tale settore pu giustificare restrizioni che abbiano conseguenze LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 59 negative, anche gravi, per taluni operatori (v., in tal senso, sentenza 17 luglio 1997, causa C.183/95, Affish, Racc. pag. I.4315, punti 42 e 43). 91 Risulta, poi, dal fascicolo che le autorit competenti organizzano almeno una volta allanno una procedura di concorso per il rilascio delle autorizzazioni allapertura di nuove farmacie in funzione dellevoluzione demografica. Infatti, con la decisione del 14 giugno 2002, la Comunit autonoma delle Asturie ha bandito un concorso per lassegnazione di autorizzazioni allinstallazione di 24 nuove farmacie nel proprio territorio a partire dallanno 2002. 92 Infine, secondo il punto 4 dellallegato al decreto 72/2001, non vengono in considerazione n lesperienza professionale di farmacista titolare o contitolare di una farmacia n altro titolo di merito quando siano gi serviti per ottenere una licenza. Nello stesso senso, il punto 7, lett. a), del medesimo allegato enuncia che, a parit di punteggio secondo i criteri della tabella, le autorizzazioni sono accordate prioritariamente ai farmacisti che non siano gi stati titolari di una farmacia. 93 Una normativa nazionale basata su criteri del genere privilegia, nei suoi effetti, i farmacisti che ancora non hanno ottenuto unautorizzazione allinstallazione e mira, pertanto, a garantire a pi farmacisti laccesso allattivit professionale indipendente. 94 Se emerge da quanto precede che una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali in linea di principio atta a realizzare lobiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualit, occorre pure che il modo in cui essa persegue il detto obiettivo non sia incoerente. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, le singole disposizioni, come anche la normativa nazionale nel suo insieme, sono atte a garantire la realizzazione dellobiettivo fatto valere solo qualora rispondano effettivamente allintento di realizzarlo in modo coerente e sistematico (v., in tal senso, citate sentenze Hartlauer, punto 55, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 42). 95 Pertanto si deve esaminare se il decreto 72/2001 persegua in maniera coerente e sistematica lobiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualit allorch fissa il numero minimo di abitanti per farmacia, in principio, in 2 800 ovvero 2 000 e la distanza minima tra le farmacie, come regola generale, in 250 metri. Al riguardo occorre tener conto altres della legge 16/1997, visto che il decreto 72/2001 le d esecuzione. 96 Sul punto occorre constatare che si presume che le due condizioni previste da detto decreto, applicabili allintero territorio in questione, garantiscano alla popolazione un approvvigionamento in medicinali sicuro e di qualit sulla base di indicazioni forfetarie che tengono necessariamente conto degli elementi demografici ordinari, considerati come medi. Ne consegue che lapplicazione uniforme delle condizioni cos concepite rischia di non assicurare un accesso adeguato al servizio farmaceutico in zone che presentano talune particolarit demografiche. 97 Pu essere il caso, innanzitutto, di talune zone rurali dove la popolazione generalmente sparpagliata e poco numerosa. Tale particolarit pu avere leffetto che, se la condizione del numero minimo di 2 800 abitanti fosse applicata sempre e comunque, parte della popolazione interessata si troverebbe fuori della ragionevole portata locale di una farmacia e mancherebbe, cos, di un accesso adeguato al servizio farmaceutico. 98 Al riguardo si deve rilevare che la normativa nazionale prevede taluni meccanismi di adeguamento che permettono di attenuare le conseguenze dellapplicazione della regola di base dei 2 800 abitanti. Ai sensi, infatti, dellart. 2, n. 3, secondo comma, della legge 16/1997, le comunit autonome possono stabilire moduli di popolazione inferiori a 2 800 abitanti per 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 farmacia per le zone rurali, turistiche, di montagna o per le zone in cui, a causa delle loro caratteristiche geografiche, demografiche o sanitarie, lapplicazione dei criteri generali non consente di assicurare il servizio farmaceutico, e rendere cos una farmacia situata in una tale zona particolare pi accessibile al segmento della popolazione che vive nei dintorni. 99 Daltro lato, una stretta applicazione dellaltra condizione posta dal decreto 72/2001, relativa alla distanza minima tra le farmacie, pu non essere sufficiente ad assicurare un accesso adeguato al servizio farmaceutico in talune zone geografiche densamente popolate. In tali zone, infatti, la densit di popolazione attorno ad una farmacia pu superare nettamente il numero di abitanti fissato in via forfetaria. In queste specifiche circostanze lapplicazione della condizione della distanza minima di 250 metri tra le farmacie rischierebbe di condurre ad una situazione in cui il perimetro previsto per una sola farmacia includerebbe pi di 2 800 abitanti o addirittura pi di 4 000 nellipotesi di cui allart. 2, n. 3, della legge 16/1997. Non si pu escludere, pertanto, che gli abitanti delle zone con queste caratteristiche possano trovare difficolt, in conseguenza della rigida applicazione della regola sulla distanza minima, ad accedere ad una farmacia in condizioni che permettano di assicurare un servizio farmaceutico adeguato. 100 Ci detto, anche in tale ipotesi queste conseguenze possono essere attenuate dalla misura di flessibilit prevista allart. 2, n. 4, della legge 16/1997, in base al quale la distanza minima tra le farmacie fissata come regola generale in 250 metri, ma le comunit autonome possono autorizzare, in funzione della concentrazione della popolazione, una distanza inferiore e aumentare, cos, il numero di farmacie disponibili nelle zone ad altissima densit demografica. 101 Al riguardo si deve rilevare che, al fine di raggiungere in modo coerente e sistematico, in un caso come quello descritto al punto 99 della presente sentenza, lobiettivo di assicurare un servizio farmaceutico adeguato, le autorit competenti potrebbero perfino essere indotte ad interpretare la regola generale nel senso che possibile autorizzare lapertura di una farmacia a distanza inferiore ai 250 metri non solo in casi del tutto eccezionali, ma ogni volta che la rigida applicazione della regola generale dei 250 metri rischi di non garantire un accesso adeguato al servizio farmaceutico in talune zone geografiche densamente popolate. 102 In tali circostanze spetta al giudice nazionale verificare se le autorit competenti facciano uso, nel senso descritto ai punti 98, 100 e 101 della presente sentenza, della facolt concessa da disposizioni siffatte in ogni zona geografica con particolari caratteristiche demografiche nella quale lapplicazione rigida delle regole di base dei 2 800 abitanti e dei 250 metri rischierebbe di impedire lapertura di un numero di farmacie sufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico adeguato. 103 Alla luce di quanto precede si deve constatare che, salvo quanto considerato ai punti 94-100 della presente sentenza, la normativa controversa idonea a realizzare lo scopo perseguito. 104 Resta da esaminare, in quarto luogo, se la restrizione alla libert di stabilimento non ecceda quanto necessario per raggiungere lo scopo invocato, vale a dire se non esistano misure meno restrittive per realizzarlo. 105 Sul punto i ricorrenti nella causa principale, la Plataforma para la Libre Apertura de Farmacias e la Commissione europea fanno valere, in particolare, che sarebbe sufficiente prevedere un numero minimo di farmacie in zone geografiche determinate (in prosieguo: il sistema de minimis). In un tale sistema non potrebbe essere autorizzata lapertura di nessuna nuova farmacia come nel sistema attuale nelle zone gi dotate di un numero sufficiente di LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 61 farmacie fino a quando ciascuna delle zone geografiche individuate disponga del numero minimo di farmacie richiesto. Viceversa, lapertura di nuove farmacie sarebbe libera a partire dal momento in cui ciascuna di queste zone raggiunga tale numero minimo di farmacie. 106 A tale riguardo occorre, tuttavia, osservare che, tenuto conto del potere discrezionale di cui beneficiano gli Stati membri in materia di tutela della sanit pubblica, menzionato al punto 44 della presente sentenza, uno Stato membro pu ritenere che il sistema de minimis non permetta di raggiungere, con la stessa efficacia di quello attuale, lobiettivo di assicurare un approvvigionamento in medicinali sicuro e di qualit nelle zone poco attraenti. 107 Anzitutto si deve ricordare che, nel sistema attuale, il fattore che spinge i farmacisti ad installarsi nelle zone sprovviste di farmacie risulta essere quello che non possono installarsi in zone gi dotate di un numero sufficiente di farmacie, e ci in virt di un criterio demografico oggettivo, vale a dire fino al momento in cui la popolazione di queste zone superi la soglia fissata. Questo sistema non lascia cos, in linea di principio, alcunaltra scelta ai farmacisti desiderosi di esercitare unattivit professionale indipendente che quella di installarsi in zone prive di farmacie, dove lapprovvigionamento della popolazione in medicinali insufficiente e dove linstallazione di farmacie dunque autorizzata. 108 Occorre, poi, constatare che uno Stato membro, come il Regno di Spagna, pu legittimamente decidere un sistema di ripartizione territoriale su scala regionale, ovverosia conferire alle diverse regioni il compito di organizzare la ripartizione delle farmacie tra le aree geografiche dei rispettivi territori. 109 Orbene, per quanto riguarda linstallazione dei farmacisti la situazione pu cambiare notevolmente da una regione allaltra. 110 Pi precisamente, possibile che, allinterno di talune regioni, esistano una o pi zone geografiche in cui il numero minimo di farmacie prescritto non sia stato ancora raggiunto. Sar, dunque, solo in queste zone deficitarie che potranno essere aperte nuove farmacie. 111 Al contrario, in altre regioni pu succedere che tutte le zone geografiche siano gi dotate del numero minimo richiesto di farmacie e che pertanto, nel sistema alternativo de minimis descritto al punto 105 della presente sentenza, lintero loro territorio sia aperto alla libera installazione dei farmacisti, comprese le zone pi attraenti. Ebbene, questa situazione potrebbe pregiudicare lobiettivo nazionale, quale sancito dalla legge 16/1997, di canalizzare i farmacisti verso zone prive di farmacie in qualsiasi regione. Infatti, non si pu escludere che i farmacisti interessati preferiscano aggiungersi ai farmacisti gi stabiliti nelle regioni sature, e dunque aperte alla libera installazione, anzich prevedere di insediarsi nelle zone prive di farmacie delle regioni non sature. 112 Ci considerato, non si pu ritenere che la normativa in causa ecceda quanto necessario per raggiungere lobiettivo perseguito. 113 Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla prima parte delle questioni sottoposte dichiarando che lart. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, come quella oggetto dei procedimenti principali, che pone limiti al rilascio delle licenze per lapertura di nuove farmacie prevedendo che: in ciascuna zona farmaceutica possa essere aperta, in linea di principio, una sola farmacia ogni 2 800 abitanti; unulteriore farmacia possa essere aperta solo quando tale soglia superata e comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti, e ogni farmacia debba rispettare una distanza minima dalle farmacie gi esistenti che, per regola generale, di 250 metri. 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 114 Lart. 49 TFUE osta, tuttavia, a una normativa nazionale siffatta se le regole di base di 2800 abitanti o di 250 metri impediscono, nelle zone geografiche con caratteristiche demografiche particolari, lapertura di un numero di farmacie sufficiente per assicurare un servizio farmaceutico adeguato, cosa che spetta al giudice nazionale verificare. Sulla seconda parte delle questioni pregiudiziali, attinente ai criteri di selezione dei titolari delle nuove farmacie enunciati ai punti 4, 6 e 7, lett. a)-c), dellallegato al decreto 72/2001 115 Con la seconda parte delle questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se lart. 49 TFUE osti ai criteri di selezione dei titolari di nuove farmacie enunciati ai punti 4, 6 e 7, lett. a)-c), dellallegato al decreto 72/2001. 116 Per quanto concerne i criteri previsti ai punti 4 e 7, lett. a) e b), di tale allegato, dalle considerazioni esposte ai punti 86, 87, 92 e 93 della presente sentenza risulta che essi contribuiscono, in conformit con lart. 49 TFUE, a realizzare lobiettivo di interesse generale invocato. 117 Ci considerato, resta da esaminare se lart. 49 TFUE osti ai criteri previsti ai punti 6 e 7, lett. c), dellallegato summenzionato, atteso che tale articolo impone, in particolare, che i criteri applicabili nellambito di un regime di autorizzazioni amministrative non siano discriminatori (v. sentenza Hartlauer, cit., punto 64). 118 A tale proposito occorre ricordare che il principio della parit di trattamento vieta non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato (v. sentenze 26 giugno 2001, causa C.212/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I.4923, punto 24, e 19 marzo 2002, causa C.224/00, Commissione/Italia, Racc. pag. I.2965, punto 15). 119 Cos, a meno che non sia obiettivamente giustificata e adeguatamente commisurata allo scopo perseguito, una disposizione di diritto nazionale devessere giudicata indirettamente discriminatoria quando, per sua stessa natura, tende ad incidere pi sui cittadini di altri Stati membri che su quelli nazionali e, di conseguenza, rischia di essere sfavorevole in modo particolare ai primi (sentenza 18 luglio 2007, causa C.212/05, Hartmann, Racc. pag. I.6303, punto 30). 120 Nel caso di specie, il punto 6 dellallegato al decreto 72/2001 stabilisce che il punteggio attribuito per meriti professionali maggiorato del 20% se la professione stata esercitata nel territorio della Comunit autonoma delle Asturie. 121 Risulta, poi, dal punto 7, lett. c), dello stesso allegato che, a parit di punteggio secondo i criteri fissati nella tabella, le autorizzazioni sono accordate di preferenza, dopo i farmacisti delle categorie descritte al detto punto 7, lett. a) e b), ai farmacisti che hanno esercitato la loro attivit professionale nella Comunit autonoma delle Asturie. 122 Tali due criteri privilegiano, dunque, nel procedimento di selezione, i farmacisti che hanno esercitato la loro attivit su una parte del territorio nazionale. Orbene, ovviamente pi facile che soddisfino un simile criterio i farmacisti nazionali, i quali esercitano la loro attivit economica il pi delle volte nel territorio nazionale, che i farmacisti cittadini di altri Stati membri, i quali esercitano tale attivit pi frequentemente in un altro Stato membro (v., per analogia, sentenza Hartmann, cit., punto 31). 123 La Consejera de Salud y Servicios Sanitarios e il Principado de Asturias sostengono nondimeno che la differenza di trattamento pu essere giustificata dalla necessit di mantenere un livello di qualit del servizio farmaceutico, visto che tale livello sarebbe pi basso se i farmacisti installati non fossero immediatamente capaci di fornire il servizio farmaceutico. Effettivamente, per essere subito operativi i farmacisti dovrebbero, in particolare, conoscere i LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 63 programmi sanitari decisi dallamministrazione regionale nonch il funzionamento delle farmacie in tale regione. 124 Tale argomento non pu essere accolto, in quanto lart. 1, nn. 1 e 2, della direttiva 85/432 e lart. 45, n. 2, lett. e) e g), della direttiva 2005/36 richiedono che i possessori di un titolo di formazione universitaria in farmacia siano autorizzati ad accedere alle attivit di preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali nelle farmacie aperte al pubblico nonch alle attivit di diffusione di informazioni e consigli nel settore dei medicinali. Alla luce di ci, i requisiti menzionati al punto precedente non possono valere a giustificare una disparit di trattamento come quella oggetto dei procedimenti principali 125 Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla seconda parte delle questioni sottoposte dichiarando che lart. 49 TFUE, in combinato disposto con lart. 1, nn. 1 e 2, della direttiva 85/432 e con lart. 45, n. 2, lett. e) e g), della direttiva 2005/36, deve essere interpretato nel senso che osta a criteri di selezione dei titolari di nuove farmacie come quelli enunciati ai punti 6 e 7, lett. c), dellallegato al decreto 72/2001. Sulle spese 126 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 1) Lart. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, come quella oggetto dei procedimenti principali, che pone limiti al rilascio delle licenze per lapertura di nuove farmacie prevedendo che: in ciascuna zona farmaceutica possa essere aperta, in linea di principio, una sola farmacia ogni 2 800 abitanti; unulteriore farmacia possa essere aperta solo quando tale soglia superata e comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti, e ogni farmacia debba rispettare una distanza minima dalle farmacie gi esistenti che, per regola generale, di 250 metri. Lart. 49 TFUE osta, tuttavia, a una normativa nazionale siffatta se le regole di base di 2 800 abitanti o di 250 metri impediscono, nelle zone geografiche con caratteristiche demografiche particolari, lapertura di un numero di farmacie sufficiente per assicurare un servizio farmaceutico adeguato, cosa che spetta al giudice nazionale verificare. 2) Lart. 49 TFUE, in combinato disposto con lart. 1, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 16 settembre 1985, 85/432/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti talune attivit nel settore farmaceutico, e con lart. 45, n. 2, lett. e) e g), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, deve essere interpretato nel senso che osta a criteri di selezione dei titolari di nuove farmacie come quelli enunciati ai punti 6 e 7, lett. c), dellallegato al decreto 19 luglio 2001, 72/2001, sullapertura e sullesercizio di farmacie e dispensari nel Principato delle Asturie (Decreto 72/2001 regulador de las oficinas de farmacia y botiquines en el Principado de Asturias). 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Corte di giustizia (Prima Sezione) sentenza del 1 luglio 2010 nella causa C-393/08 - Pres. A. Tizzano, Rel. E. Levits, Avv. gen. N. Jskinen - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Emanuela Sbarigia / Azienda USL RM/A, Comune di Roma, Assiprofar - Associazione Sindacale Proprietari Farmacia, Ordine dei Farmacisti della Provincia di Roma - Intervento Governo italiano (avv. Stato M. Russo). Legislazione nazionale che disciplina gli orari di apertura e i giorni di chiusura delle farmacie Esenzione Potere decisionale delle autorit competenti (Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione degli artt. 49 CE, 81 CE . 86 CE, 152 CE e 153 CE. 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia tra la sig.ra Sbarigia, titolare di una farmacia, e lAzienda USL Roma A (in prosieguo: lASL RM/A), autorit competente per il Comune di Roma, in merito alla decisione dellASL RM/A che respinge le istanze della sig.ra Sbarigia ai fini dellautorizzazione a rinunciare agli orari e ai periodi di chiusura, in particolare alla chiusura annuale per ferie nellestate 2006. Contesto normativo 3 La legislazione applicabile nella causa principale la legge regionale del Lazio 30 luglio 2002, n. 26, sulla disciplina dellorario, dei turni e delle ferie delle farmacie aperte al pubblico (Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 23, Supplemento ordinario n. 5 del 20 agosto 2002, e GURI n. 24, Serie speciale n. 3 del 14 giugno 2003; in prosieguo: la L.R. 26/02). 4 Gli artt. 2.8 della L.R. 26/2002 fissano gli orari di apertura, il servizio volontario di guardia, il riposo settimanale e le ferie delle farmacie. Vengono imposti in particolare orari massimi di apertura, lobbligo di chiusura nei giorni di domenica e, settimanalmente, per una mezza giornata nonch nei giorni festivi e una durata minima delle ferie. 5 Lart. 10 della L.R. 26/02 ha il seguente tenore: 1. Per il Comune di Roma ciascuna [azienda sanitaria locale; in prosieguo: lASL)] adotta i provvedimenti di propria competenza previsti dalla presente legge previa intesa con le altre ASL interessate. 2. Per specifici ambiti comunali lorario settimanale di apertura al pubblico, le ferie delle farmacie urbane e la mezza giornata di riposo settimanale (...) possono essere modificati, con deliberazione della ASL territorialmente competente, dintesa con il sindaco del comune interessato, dellordine provinciale dei farmacisti e delle organizzazioni sindacali provinciali delle farmacie pubbliche e private maggiormente rappresentative. Causa principale e questioni pregiudiziali 6 La sig.ra Sbarigia titolare di una farmacia, situata in una zona del centro storico di Roma detta del Tridente. Tale quartiere, interamente pedonale, si trova nel cuore turistico della citt. 7 In ragione di tale ubicazione e del rilevante aumento del numero di clienti durante i mesi di luglio e agosto, la ricorrente della causa principale in data 31 maggio 2006 ha presentato, presso lASL RM/A, competente per territorio, unistanza basata sullart. 10, comma 2, della L.R. 26/02, finalizzata a ottenere lautorizzazione a rinunciare al periodo estivo di chiusura per ferie per il 2006. Tale istanza stata respinta con decisione del 22 giugno 2006, im- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 65 pugnata dalla sig.ra Sbarigia dinanzi al giudice del rinvio. 8 Nelle more dellesito di tale ricorso, con una seconda istanza del 18 ottobre 2006, la sig.ra Sbarigia ha ampliato la sua richiesta nel senso dellesenzione dalla chiusura per ferie annuali nonch dalla chiusura nei giorni festivi e dellestensione dellorario settimanale di apertura per tutto lanno. A tal riguardo, la sig.ra Sbarigia ha invocato il fatto che unautorizzazione simile era stata concessa, in data 8 settembre 2006, ad unaltra farmacia, situata nei pressi della stazione ferroviaria Termini, con la stessa particolare utenza della sua farmacia. 9 Anche tale istanza stata respinta dallASL RM/A, con decisione del 22 marzo 2007, n. 119945/P, rispetto alla quale la sig.ra Sbarigia ha dedotto motivi aggiunti di impugnativa, formulando altres richiesta di sospensiva. 10 Con ordinanza 22 giugno 2007, il giudice del rinvio ha accolto listanza cautelare di sospensione dellesecuzione della decisione del 22 marzo 2007, ai fini del suo riesame, da parte dellASL RM/A. 11 Di conseguenza, lASL RM/A ha adottato la decisione del 1 agosto 2007, n. 40249, con cui, su parere sfavorevole del Comune di Roma, dellOrdine dei Farmacisti della Provincia di Roma nonch delle associazioni professionali Assiprofar Associazione Sindacale Proprietari Farmacia (in prosieguo: lAssiprofar) e Confservizi, ha respinto nuovamente listanza della ricorrente della causa principale, sulla base dellart. 10, n. 2, della L.R. 26/02. 12 La sig.ra Sbarigia ha impugnato questultima decisione deducendo motivi aggiunti di ricorso nellambito del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio. 13 Secondo il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, la connotazione del servizio farmaceutico come servizio pubblico a tutela della salute degli utenti non sufficiente a giustificare le norme dirigistiche in tema di modalit di apertura delle farmacie. Una liberalizzazione degli orari e dellapertura di tutti gli esercizi peraltro raccomandata in una segnalazione del 1 febbraio 2007 dellAutorit garante della concorrenza e del mercato consentirebbe un ampliamento in generale dellofferta a favore dellutenza (considerato che le piante organiche assicurano una capillarit delle farmacie). 14 Le disposizioni della L.R. 26/02 sembrerebbero, inoltre, eccessive ed ingiustificate. Infatti, linteresse pubblico e le esigenze sottese al servizio farmaceutico sarebbero certamente meglio garantiti dalla liberalizzazione delle modalit di apertura delle farmacie, utili allo sviluppo della concorrenza. 15 Il giudice del rinvio dubita, pertanto, della compatibilit delle restrizioni in questione, da una parte, con i principi del diritto comunitario in materia di libera concorrenza delle imprese nonch, dallaltra, con lazione dellUnione europea diretta al miglioramento e alla tutela della salute. In particolare, a suo giudizio, in contrasto con tale obiettivo, il quadro legislativo relativo allorganizzazione del servizio farmaceutico attualmente in vigore nella Regione Lazio osta ad un contributo efficace alla tutela della salute pubblica. 16 Alla luce di quanto sopra, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le due questioni pregiudiziali seguenti: 1) Se sia compatibile con i principi comunitari di tutela della libera concorrenza e della libera prestazione dei servizi, di cui, tra laltro, agli artt. 49 [CE] e 81 [CE . 86 CE], lassoggettamento delle farmacie ai sopra specificati divieti di poter rinunciare alle ferie annuali e di poter rimanere liberamente aperte anche oltre i limiti di apertura massima attualmente consentiti dalle disposizioni sopra specificate di cui alla [L.R. 26/02], e il necessario assoggettamento 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 altres, ai sensi dellart. 10 comma 2 della stessa L.R., per poter ottenere nel Comune di Roma la deroga ai divieti suddetti, alla previa discrezionale valutazione dellAmministrazione (effettuata dintesa con gli enti e organismi specificati nel medesimo articolo) della specificit dellambito comunale di ubicazione delle farmacie richiedenti. 2) Se sia compatibile con gli artt. 152 [CE] e 153 [CE] lassoggettamento del servizio pubblico farmaceutico, bench finalizzato alla tutela della salute degli utenti, a condizioni di limitazione o divieto, come quelle stabilite dalla L.R. n. 26/2002, della possibilit di incremento orario, giornaliero, settimanale ed annuale del periodo di apertura dei singoli esercizi farmaceutici. Sulla ricevibilit della domanda di pronuncia pregiudiziale 17 Nelle loro osservazioni scritte, i governi italiano ed ellenico mettono in dubbio la ricevibilit della presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Alludienza, lAssiprofar e, implicitamente, lOrdine dei Farmacisti della Provincia di Roma hanno espresso la stessa opinione. 18 In particolare, il governo italiano sostiene che il giudice del rinvio non fornisce alcuna precisazione in merito agli elementi in fatto e in diritto che lhanno portato a interrogarsi sulla compatibilit della disposizione nazionale pertinente con le disposizioni del Trattato CE da esso menzionate. Il governo ellenico, lAssiprofar e lOrdine dei Farmacisti della Provincia di Roma affermano, da parte loro, che, in mancanza di elementi transfrontalieri, le questioni pregiudiziali non presentano alcun legame con il diritto dellUnione. 19 Va ricordato a tale proposito che spetta soltanto ai giudici nazionali cui stata sottoposta la controversia e che devono assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopongono alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano linterpretazione del diritto dellUnione, la Corte, in via di principio, tenuta a pronunciarsi (v., in particolare, sentenza 10 marzo 2009, causa C.169/07, Hartlauer, Racc. pag. I.1721, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). 20 Ne consegue che le questioni relative al diritto dellUnione godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale quindi possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che linterpretazione del diritto dellUnione richiesta non ha alcun rapporto con la realt effettiva o loggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi in fatto e in diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenze 5 dicembre 2006, cause riunite C.94/04 e C.202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I.11421, punto 25, nonch 7 giugno 2007, cause riunite da C.222/05 a C.225/05, van der Weerd e a., Racc. pag. I.4233, punto 22). 21 Ebbene, con riferimento alleccezione di irricevibilit sollevata dal governo italiano, occorre constatare che la decisione del giudice del rinvio descrive a sufficienza il contesto normativo e di fatto del procedimento principale, e che le indicazioni fornite dal giudice del rinvio permettono di determinare la portata delle questioni sollevate. Questa decisione ha, dunque, offerto agli interessati una possibilit effettiva di presentare osservazioni conformemente allart. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, come testimonia del resto il contenuto delle osservazioni sottoposte alla Corte. 22 Ne consegue che leccezione in esame non pu essere accolta 23 Quanto poi agli argomenti invocati dallAssiprofar, dallOrdine dei Farmacisti della Provincia di Roma e dal governo ellenico, a giudizio dei quali tutti gli elementi della causa LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 67 principale sono limitati ad un solo Stato membro, occorre ricordare che da una giurisprudenza costante della Corte emerge che la risposta di questultima pu risultare utile al giudice del rinvio anche in simili circostanze, in particolare nellipotesi in cui il diritto nazionale gli imponga di riconoscere ad un cittadino gli stessi diritti di cui godrebbe un cittadino di un altro Stato membro, in base al diritto dellUnione, nella medesima situazione (v., in particolare, sentenze 30 marzo 2006, causa C.451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I.2941, punto 29; Cipolla e a., cit., punto 30, nonch 1 giugno 2010, cause riunite C.570/07 e C.571/07, Blanco Prez e Chao Gmez, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36). 24 Nel caso di specie, lipotesi evocata nella giurisprudenza citata al precedente punto della presente sentenza riguarda, nellambito della causa principale, i diritti di cui un cittadino di uno Stato membro potrebbe godere in base al diritto dellUnione se si trovasse nella stessa situazione della sig.ra Sbarigia, quale gestore di una farmacia in unarea municipale specifica del Comune di Roma e destinatario di una decisione dellamministrazione nazionale competente che applica lart. 10, comma 2, della L.R. 26/02 in merito ad unistanza che non mette assolutamente in discussione il sistema generale della regolamentazione degli orari di apertura e delle ferie delle farmacie disciplinato da tale legge nazionale, ma che finalizzata unicamente ad ottenere lautorizzazione a rinunciare a qualsiasi periodo di chiusura, a titolo di deroga rispetto al suddetto regime generale. 25 In tal senso, alla luce delle specifiche circostanze della causa principale, risulta evidente che linterpretazione dellart. 49 CE, richiesta dal giudice del rinvio nella sua decisione, non pertinente ai fini della soluzione della causa principale. 26 Difatti, come lavvocato generale ha osservato ai paragrafi 72 e 73 delle sue conclusioni, da una giurisprudenza costante emerge che un cittadino di uno Stato membro che, in maniera stabile e continua, esercita unattivit professionale in un altro Stato membro soggetto al capo del Trattato CE relativo al diritto di stabilimento e non a quello relativo ai servizi (v., in particolare, sentenze 21 giugno 1974, causa C.2/74, Reyners, Racc. pag. 631, punto 21, e 30 novembre 1995, causa C.55/94, Gebhard, Racc. pag. I.4165, punto 28). 27 Del resto, relativamente proprio alla libert di stabilimento bench il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio non abbia espressamente chiesto alla Corte di interpretare lart. 43 CE manifesto che nemmeno linterpretazione di tale articolo pertinente nel contesto della causa pendente dinanzi al giudice del rinvio. 28 Infatti, nel caso di specie, come gi sottolineato al punto 23 della presente sentenza, la farmacia interessata una struttura stabile nellarea pedonale del centro della citt di Roma, il cui titolare, per ipotesi cittadino di un altro Stato membro, si troverebbe gi ad esercitare unattivit lavorativa continua. Pertanto, con tutta evidenza lesercizio del diritto di stabilimento sancito dallart. 43 CE non in questione nella causa principale. 29 Ci premesso, va constatato che le altre disposizioni del diritto comunitario in materia di concorrenza di cui il giudice del rinvio chiede linterpretazione, in particolare gli artt. 81 CE . 86 CE, risultano, del pari, manifestamente inapplicabili in un contesto quale quello del procedimento principale. 30 Infatti, in primo luogo, va constatato che gli artt. 83 CE . 85 CE sono del tutto inconferenti nel contesto della controversia di cui il giudice del rinvio stato investito, poich si tratta o di disposizioni con carattere meramente procedurale (artt. 83 CE e 85 CE) o di disposizioni transitorie (art. 84 CE). 31 In secondo luogo, quanto agli artt. 81 CE e 82 CE, se pur vero che essi riguardano esclusivamente la condotta delle imprese e non disposizioni legislative o regolamentari ema- 68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 nate dagli Stati membri, resta il fatto che tali articoli, letti in combinato disposto con lart. 10 CE, che instaura un dovere di collaborazione, obbligano gli Stati membri a non adottare o a mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei ad eliminare leffetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese (v. sentenza Cipolla e a., cit., punto 46 e giurisprudenza ivi citata). 32 A tal proposito, risulta tuttavia manifesto che la normativa nazionale in esame nella causa principale, relativa alleventuale concessione di una deroga per quanto concerne i periodi di apertura di una farmacia situata in una specifica zona municipale del Comune di Roma, non idonea, di per s o con la sua applicazione, a pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE (v., ex contrario, sentenze 17 ottobre 1972, causa 8/72, Vereniging van Cementhandelaren/Commissione, Racc. pag. 977, punto 29; 10 dicembre 1991, causa C.179/90, Merci convenzionali porto di Genova, Racc. pag. I.5889, punti 14 e 15, nonch 19 febbraio 2002, causa C.35/99, Arduino, Racc. pag. I.1529, punto 33). 33 Conseguentemente, si deve considerare che, con riferimento ai citati artt. 81 CE e 82 CE, la prima questione sollevata dal giudice del rinvio irricevibile. 34 In terzo luogo, il fatto che tali disposizioni del diritto dellUnione in materia di concorrenza non siano applicabili nella causa principale comporta che non lo nemmeno lart. 86 CE. 35 Per quanto riguarda lart. 28 CE, evocato da alcuni interessati che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, si deve constatare, per completezza, che, per i motivi evocati al punto 32 della presente sentenza, vanno senzaltro esclusi anche un pregiudizio al commercio tra Stati membri e, pertanto, un eventuale ostacolo alla libera circolazione delle merci. 36 Ne consegue, pertanto, che linterpretazione dellart. 28 CE non pertinente ai fini della soluzione della controversia di cui stato investito il giudice del rinvio. 37 Quanto, infine, agli artt. 152 CE e 153 CE, richiamati dal giudice del rinvio nella sua seconda questione, basta rilevare che, come affermato dallavvocato generale ai paragrafi 48.51 delle sue conclusioni, nonch sottolineato da quasi tutti gli interessati che hanno sottoposto osservazioni nel presente procedimento, tali articoli sono rivolti agli organi dellUnione e agli Stati membri, ed evidente che non possono essere invocati al fine di far esaminare la conformit di misure nazionali al diritto dellUnione. 38 Dallinsieme delle considerazioni che precedono risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame devessere ritenuta irricevibile. Sulle spese 39 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: La domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con decisione 21 maggio 2008 irricevibile. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 69 I poteri urbanistici e la nozione di appalto pubblico di lavori (Corte di giustizia dellUnione europea, Terza Sezione, sentenza del 25 marzo 2010 nella causa C-451/08) Con la decisione in commento, la Corte di Giustizia fornisce chiarimenti sulla corretta interpretazione della nozione di appalto pubblico di lavori, cos come definita dalla direttiva 2004/18/CE; sulla sua distinzione rispetto alle attivit di disciplina urbanistica esercitate dai pubblici poteri; nonch, infine, sulla applicabilit, o meno, di tali istituti ad una fattispecie specifica posta, in via pregiudiziale, da un giudice tedesco. In sintesi, la vicenda sottostante, sollevata dal giudice del rinvio, riguardava la vendita di un terreno da una pubblica amministrazione (comune tedesco) ad un soggetto privato (GSSI) che, successivamente, avrebbe dovuto eseguire alcuni lavori finalizzati a perseguire obiettivi di sviluppo urbanistico definiti dallamministrazione stessa. Unaltra impresa (Muller) interessata allacquisto, aveva ritenuto che la vendita non dovesse essere considerata valida proprio perch in violazione delle norme comunitarie sullappalto. Infatti, non vi era stato alcun procedimento di aggiudicazione regolare del terreno, mentre la vendita di tale bene, per la sua natura pubblica, avrebbe dovuto essere sottoposta al diritto degli appalti pubblici. Inoltre, la vendita era nulla, visto che la ricorrente non era stata informata in tempo utile quale candidata allacquisto. Il giudice tedesco, investito della controversia, solleva numerose questioni innanzi la Corte di Giustizia evidenziando i presupposti da cui esse muovono. In base alla sua visione, alla GSSI sarebbe stata affidata una concessione di lavori pubblici (con la quale, secondo tale giudice, non sarebbe in contrasto lacquisizione del diritto di propriet da parte della GSSI medesima) e quindi, si sarebbero dovute applicare le pertinenti disposizioni del diritto comunitario. Difatti, la preoccupazione maggiore che alcuni soggetti possano acquisire una posizione di vantaggio senza essere stati prima collocati in una situazione di parit rispetto ad altri soggetti potenzialmente interessati ad acquisire tale posizione. Nel caso in esame, poi, la posizione di vantaggio sarebbe avvalorata dallaumento di valore del terreno derivante dal permesso, dato dalla pubblica amministrazione stessa, a realizzare alcune attivit edilizie. Sembra chiaro ci che si chiede il giudice tedesco, ossia se altera o meno la concorrenza, una scelta urbanistica che, privilegiando alcuni terreni e non altri, consente ad un determinato operatore economico un apporto di ricchezza che favorisce oggettivamente il suo programma di investimenti (1). (1) Il corsivo tratto dalle osservazioni presentate dallAvvocatura Generale dello Stato nellinteresse del Governo italiano. 70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Appare altres evidente, tuttavia, come accettare tale posizione significa ammettere lipotesi, per quanto assurda, di sottoporre alle regole della direttiva ogni attivit di disciplina urbanistica: per definizione, infatti, i provvedimenti che disciplinano le possibilit di realizzare opere edilizie modificano, in maniera anche sostanziale, il valore dei terreni ai quali fanno riferimento. Se tutti tali provvedimenti fossero configurati come delle concessioni ovviamente ci comporterebbe delle conseguenze non irrilevanti. Ad ogni modo, la Corte adita ha esaminato minuziosamente ogni singola questione pregiudiziale posta dal giudice del rinvio. Con la prima e la seconda questione il giudice tedesco chiede se, affinch si configuri appalto pubblico ex direttiva 2004/18, sia necessario che loggetto dellappalto sia un bene materialmente acquisito dalla p.a. e rappresenti per essa unutilit economica diretta e se, in caso di risposta affermativa, tale acquisizione possa essere ravvisata nel semplice perseguimento di un fine pubblico (come ad esempio la regolamentazione in materia urbanistica). Al di l delle diverse posizioni delle parti intervenute in giudizio (Governo tedesco ed austriaco, Commissione, Governo dei Paesi Bassi, Avvocato Generale) senzaltro interessanti, ma per le quali si fa rinvio, importante rammentare le conclusioni chiare della Corte. Secondo il giudice comunitario il semplice esercizio delle competenze di regolamentazione in materia urbanistica non ha ad oggetto lottenimento di una prestazione contrattuale n la soddisfazione dellinteresse economico diretto dellamministrazione aggiudicatrice, come richiesto dallart. 1 n. 2 lett. a) della direttiva 2004/18 (secondo cui, ricordiamo, gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso). Inoltre, lesercizio di competenze di regolamentazione in materia urbanistica non configura un perseguimento dellinteresse e conomico diretto dellamministrazione (quindi non si concretizza la condizione di cui allart. 1 n.2 lett. b) direttiva 2004/18) e quindi non si realizza lipotesi di sussumere la regolamentazione in materia urbanistica nelle fattispecie previste dallart. 1 n. 2 lett. a) e b) della direttiva 2004/18 che identificano rispettivamente le peculiarit degli appalti pubblici e degli appalti pubblici di lavori. Con la terza e la quarta questione il giudice del rinvio chiede se sia essenziale, nellappalto pubblico di lavori, il fatto che lappaltatore si obblighi alla realizzazione delle opere e dei lavori e che tale obbligo sia esigibile in sede giurisdizionale. A tale interrogativo la Corte d risposta affermativa specificando che lesigibilit in sede giurisdizionale dipende dalle modalit stabilite dal diritto nazionale. La quinta e sesta questione pregiudiziale sono relative alla sola terza variante della nozione di appalto di lavori (esecuzione con qualsiasi mezzo di unopera rispondente ad esigenze specificate dellamministrazione aggiudicatrice). In particolare si chiede se le esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice consistano nel fatto che la p.a. ha il potere di garantire LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 71 che le opere da realizzare rispondano ad un interesse pubblico oppure nel potere riconosciuto alla p.a. di esaminare ed approvare i progetti edilizi. Tali questioni traggono origine dal fatto che nella causa principale la p.a. aggiudicatrice (il comune tedesco) si limitata ad esprimere la propria disponibilit ad esaminare il progetto proposto dallimpresa (GSSI) e ad avviare un procedimento allo scopo di redigere un piano regolatore corrispondente. Alla luce della normativa in esame, la Corte ha per stabilito che le esigenze di cui sopra non possono consistere nel semplice fatto che unautorit pubblica esamini taluni progetti di costruzione che le sono sottoposti ovvero assuma una decisione nellesercizio delle sue competenze in materia di regolamentazione urbanistica dando cos risposta negativa al quesito. Con la settima questione, viene sollevata dallOberlandesgericht Dusseldorf una problematica molto interessante. Si chiede, infatti, se si possa configurare una concessione di lavori pubblici ai sensi della direttiva 2004/18 qualora il concessionario sia titolare di un diritto di propriet che gi di per s gli conferisce il diritto di utilizzare il bene oggetto della concessione. Quindi, pi in generale si chiede lammissibilit, in base al diritto comunitario, di una concessione di durata illimitata e della compatibilit del diritto di propriet con una concessione di lavori pubblici. Sul punto diverse sono state le posizioni assunte dalle parti intervenute in giudizio. La conclusione a cui giunge il giudice comunitario, dopo unaccurata disamina degli elementi peculiari della concessione e del diritto di propriet, di ritenere che in circostanze quali quelle della causa principale, escluso che ricorra una concessione di lavori pubblici (quindi vi incompatibilit tra lesistenza di un diritto di propriet ed una concessione) e che lattribuzione di concessioni senza limiti temporali sarebbe contraria allordinamento giuridico dellUnione. Infine, con le ultime due questioni (lottava e la nona) si chiede se la disciplina della direttiva 2004/18 debba trovare applicazione gi a partire dal momento in cui la p.a., pur non avendo ancora formalmente deciso di procedere allaggiudicazione di un appalto pubblico, cede un terreno con lintenzione di aggiudicare poi un appalto relativo ad esso. Inoltre, si chiede se possibile considerare come un tuttuno, sotto il profilo giuridico, la cessione del terreno e la successiva aggiudicazione. Nel caso di specie, le circostanze della causa principale non confermano, secondo il Giudice comunitario, lesistenza dei presupposti per una simile applicazione della detta direttiva. Infatti, come rilevato dal governo francese, intervenuto in giudizio, le parti della causa principale non hanno assunto alcun obbligo giuridicamente vincolante e le intenzioni assunte non rappresentano obblighi vincolanti, n possono in alcun modo soddisfare il requisito di contratto scritto richiesto dalla nozione stessa di appalto pubblico. Alla luce di ci la Corte di Giustizia ha risolto la questione dichiarando che in circostanze quali quelle della causa principale, 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 le disposizioni della direttiva 2004/18 non trovano applicazione in una situazione in cui unautorit pubblica venda un terreno ad unimpresa, laddove unaltra autorit pubblica abbia intenzione di indire un appalto di lavori su detto terreno, pur non avendo ancora formalmente deciso di procedere allaggiudicazione di tale appalto. Il caso in esame ha fornito lopportunit alla giurisprudenza europea di analizzare unipotesi giuridica che, se fosse stata accettata secondo la visione, assolutamente notabile, acuta e lungimirante, del giudice del rinvio, avrebbe, di certo, smosso non di poco gli equilibri, anche nazionali, in tema di appalti pubblici e in tema di concessioni da parte della p.a. Le soluzioni a cui giunge la Corte sono state precise e di certo hanno il merito, non solo di fornire una lettura pi chiara e facilitata della normativa in esame (direttiva 2004/18), ma soprattutto di ridare il giusto equilibrio alle argomentazioni giuridiche senza permettere unalterazione dello status quo normativo. Dott.ssa Adele Cecilia Tedeschi* Corte di giustizia (Terza Sezione) sentenza del 25 marzo 2010 nella causa C-451/08 - Pres. e Rel. J.N. Cunha Rodrigues, Avv. gen. P. Mengozzi - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallOberlandesgericht Dsseldorf (Germania) - Helmut Mller GmbH/Bundesanstalt fr Immobilienaufgaben - Intervento Governo italiano (avv. Stato G. Fiengo). Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori Appalti pubblici di lavori Nozione Vendita da parte di un ente pubblico di un terreno su cui lacquirente intende eseguire successivamente taluni lavori Lavori rispondenti ad obiettivi di sviluppo urbanistico definiti da un ente pubblico territoriale (Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione della nozione di appalto pubblico di lavori ai sensi della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114). 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia che oppone la Helmut Mller GmbH (in prosieguo: la Helmut Mller) alla Bundesanstalt fr Immobilienaufgaben (amministrazione federale per le questioni immobiliari, in prosieguo: la Bundesanstalt), vertente sulla vendita da parte di questultima di un terreno sul quale lacquirente doveva eseguire successivamente taluni lavori tesi a perseguire obiettivi di sviluppo urbanistico definiti da un ente pubblico territoriale, nella fattispecie il Comune di Wildeshausen. (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 73 Contesto normativo La normativa dellUnione 3 Ai sensi del secondo considerando della direttiva 2004/18: Laggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico subordinata al rispetto dei principi del trattato [CE] ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libert di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch ai principi che ne derivano, quali i principi di parit di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti ed assicurare lapertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Di conseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpretate conformemente alle norme e ai principi citati, nonch alle altre disposizioni del trattato. 4 Lart. 1, nn. 2 e 3, della citata direttiva cos recita: 2. a) Gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o pi operatori economici e una o pi amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto lesecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva. b) Gli appalti pubblici di lavori sono appalti pubblici aventi per oggetto lesecuzione o, congiuntamente, la progettazione e lesecuzione di lavori relativi a una delle attivit di cui allallegato I o di unopera, oppure lesecuzione, con qualsiasi mezzo, di unopera rispondente alle esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice. Per opera si intende il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per s esplichi una funzione economica o tecnica. (...) 3. La concessione di lavori pubblici un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire lopera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 5 Ai sensi dellart. 16, lett. a), della direttiva 2004/18: La presente direttiva non si applica agli appalti pubblici di servizi: a) aventi per oggetto lacquisto o la locazione, quali che siano le relative modalit finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni; (...). La normativa nazionale 6 Lart. 10, n. 1, del codice delle costruzioni (Baugesetzbuch) del 23 settembre 2004 (BGBl. 2004 I, pag. 2414; in prosieguo: il BauGB) cos dispone: Il Comune adotta il piano regolatore con decreto. 7 Lart. 12 del BauGB cos formulato: 1) Il Comune pu determinare, mediante un piano regolatore in relazione a determinati lavori, la ricevibilit di un progetto qualora il promotore, sulla base di un piano desecuzione di un progetto concordato con il Comune nonch sulla base di misure di sviluppo (piano di progetto e di sviluppo), sia disposto a impegnarsi, e effettivamente si impegni, ad attuarlo entro un certo termine e a sostenerne, in tutto o in parte, le spese di pianificazione e di sviluppo prima della decisione ai sensi dellart. 10, n. 1 (contratto desecuzione). (...) (...) 3 a) Laddove un piano regolatore relativo a determinati lavori stabilisca, attraverso la determinazione di unarea edificabile (...) o in altro modo una destinazione delle opere (...), ne- 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 cessario (...) prevedere che, nellambito delle destinazioni stabilite, sono autorizzati esclusivamente i progetti alla cui realizzazione il promotore si impegnato nellambito del contratto di esecuzione. (...) (...). Causa principale e questioni pregiudiziali 8 La Bundesanstalt era proprietaria di un immobile denominato caserma Wittekind, di una superficie pari a quasi 24 ettari, sito a Wildeshausen (Germania). 9 Nellottobre 2005 il Consiglio municipale del Comune di Wildeshausen ha deciso, nella prospettiva di una riutilizzazione civile dei terreni in questione che rappresentano circa il 3% delle superfici edificate e non edificate di detto comune di avviare lo studio di un progetto di sviluppo urbano. 10 Nellottobre 2006 la Bundesanstalt ha reso noto, mediante Internet e la stampa quotidiana, che era sua intenzione vendere la caserma Wittekind. 11 Il 2 novembre 2006 la Helmut Mller, unimpresa operante nel settore immobiliare, ha presentato unofferta dacquisto per un prezzo di EUR 4 milioni, subordinandola, tuttavia, alla stesura di un piano urbanistico basato sul suo progetto dutilizzo dei terreni. 12 La caserma Wittekind stata smantellata allinizio del 2007. 13 Nel gennaio 2007 la Bundesanstalt ha formulato un bando di gara dappalto allo scopo di cedere quanto prima tale immobile nello stato in cui si trovava. 14 Il 9 gennaio 2007 la Helmut Mller ha presentato unofferta pari a EUR 400 000, che stata portata a EUR 1 milione il 15 gennaio 2007. 15 Unaltra impresa immobiliare, la Gut Spascher Sand Immobilien GmbH (in prosieguo: la GSSI), allepoca in corso di formazione, ha presentato unofferta pari a EUR 2,5 milioni. 16 Sono state presentate due ulteriori offerte. 17 Secondo una perizia prodotta dalla Bundesanstalt dinanzi al giudice del rinvio, il valore dei terreni in questione era pari, al 1 maggio 2007, ad EUR 2,33 milioni. 18 Secondo la decisione di rinvio, il Comune di Wildeshausen si fatto presentare i progetti degli offerenti, in presenza della Bundesanstalt, e ne ha discusso con questi ultimi. 19 Nel frattempo, la Bundesanstalt avrebbe valutato i progetti della Helmut Mller nonch della GSSI e avrebbe manifestato la propria preferenza per il progetto di questultima per ragioni urbanistiche, considerando che tale progetto implicasse una crescita di attrattiva per il Comune di Wildeshausen, e lavrebbe comunicato alla GSSI stessa. 20 Sarebbe stato quindi deciso di cedere il bene solo dopo che il Consiglio municipale del Comune di Wildeshausen avesse approvato progetto. La Bundesanstalt avrebbe affermato che intendeva rimettersi alla decisione del Comune di Wildeshausen. 21 Sempre secondo la decisione di rinvio, il Consiglio municipale del Comune di Wildeshausen si pronunciato in favore del progetto della GSSI e, in data 24 maggio 2007, ha deciso segnatamente quanto segue: Il Consiglio del Comune di Wildeshausen disposto a esaminare il progetto presentato dal sig. R. [lamministratore della GSSI] e ad avviare un procedimento ai fini della formulazione di un piano regolatore corrispondente (...). La legge non conferisce alcun diritto ad ottenere la formulazione di un piano regolatore (eventualmente collegato ad un progetto). La legge vieta [al Comune di Wildeshausen] di assumere impegni vincolanti in materia di edificabilit o di vincolare il proprio potere discrezionale (che peraltro giuridicamente circoscritto) prima della conclusione di un regolare procedimento di pianificazione urbanistica. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 75 Le decisioni precedenti non vincolano dunque in alcun modo il piano urbanistico del [Comune di Wildeshausen]. Il promotore e gli altri soggetti interessati al progetto assumono i rischi collegati alle spese di pianificazione e di altro genere. 22 Subito dopo tale decisione del 24 maggio 2007, il Consiglio municipale del Comune di Wildeshausen ha ritirato la decisione da esso assunta, nellottobre 2005, riguardante lavvio di studi preliminari urbanistici. 23 Con contratto stipulato in forma notarile in data 6 giugno 2007 la Bundesanstalt, con il consenso del Comune di Wildeshausen, ha venduto alla GSSI la caserma Wittekind. Essa ne ha informato la Helmut Mller il 7 giugno 2007. Nel gennaio 2008 la GSSI stata iscritta nel registro immobiliare quale proprietaria del bene in oggetto. Con contratto stipulato in forma notarile il 15 maggio 2008 la Bundesanstalt e la GSSI hanno confermato il contratto di vendita del 6 giugno 2007. 24 La Helmut Mller ha proposto ricorso dinanzi alla Vergabekammer (giudice competente in primo grado in materia di appalti pubblici) sostenendo che non vi era stato alcun procedimento di aggiudicazione regolare, bench la vendita di tale caserma fosse sottoposta al diritto degli appalti pubblici. La Helmut Mller ha affermato che il contratto di vendita era nullo dal momento che essa non era stata informata in tempo utile quale candidata allacquisto del terreno. 25 La Vergabekammer ha dichiarato il ricorso irricevibile in quanto, in sostanza, alla GSSI non era stato attribuito alcun appalto di lavori. 26 La Helmut Mller ha interposto appello avverso tale decisione di rigetto dinanzi allOberlandesgericht Dsseldorf adducendo che, date le circostanze, si doveva ritenere che la GSSI avesse ottenuto un appalto di lavori sotto forma di una concessione di lavori. Secondo la Helmut Mller, le decisioni rilevanti erano state assunte consensualmente dalla Bundesanstalt e dal Comune di Wildeshausen. 27 LOberlandesgericht Dsseldorf incline ad ammettere tale argomentazione. Detto giudice ritiene che, in un futuro non troppo lontano, ma che non pu ancora essere precisato, il Comune di Wildeshausen eserciter il suo potere discrezionale redigendo un piano regolatore in relazione a determinati lavori ai sensi dellart. 12 del BauGB e aggiudicando alla GSSI un contratto desecuzione ai sensi di questo stesso articolo, attribuendo in tal modo alla GSSI un appalto pubblico di lavori. 28 Posto che il Comune di Wildeshausen non sar tenuto a versare alcuna remunerazione, detto giudice ritiene che tale appalto pubblico di lavori dovrebbe essere aggiudicato nella forma giuridica di una concessione di lavori pubblici e che la GSSI dovrebbe sostenere il rischio economico inerente a tale operazione. Per questo stesso giudice, il trasferimento della propriet del terreno e lattribuzione di un appalto pubblico di lavori dovrebbero essere considerati come un tuttuno dal punto di vista del diritto degli appalti pubblici. Le incombenze spettanti alla Bundesanstalt e al Comune di Wildeshausen sarebbero semplicemente spostate nel tempo. 29 LOberlandesgericht Dsseldorf aggiunge di aver assunto la stessa posizione in altre controversie di cui stato investito, e segnatamente nella sua decisione 13 giugno 2007 riguardante il terreno daviazione di Ahlhorn (Germania). La sua analisi non sarebbe stata tuttavia unanimemente condivisa, dal momento che le concezioni prevalenti tra i giudici tedeschi vanno in unaltra direzione. Inoltre, secondo la decisione di rinvio, il governo federale tedesco era sul punto di modificare la legislazione tedesca in senso contrario alla posizione prospettata 76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 da detto giudice. 30 Il progetto di legge evocato dal giudice del rinvio prevedeva di apportare alcune precisazioni alla definizione della nozione di appalti pubblici di lavori di cui allart. 99, n. 3, della legge sulle restrizioni alla concorrenza (Gesetz gegen Wettbewerbsbeschrnkungen), del 15 luglio 2005 (BGBl. 2005 I, pag. 2114) nei seguenti termini, ove le modifiche previste sono riportate in corsivo: Gli appalti di lavori sono contratti aventi ad oggetto lesecuzione, ovvero la progettazione e lesecuzione insieme, per lamministrazione aggiudicatrice, di lavori o di unopera che sia il risultato di lavori edilizi o di genio civile che di per s esplichi una funzione economica o tecnica, o di unopera che presenti un interesse economico diretto per lamministrazione aggiudicatrice e che sia eseguita da terzi in conformit alle esigenze da questa precisate. 31 Sarebbe stato altres previsto di completare lart. 99 di tale legge con un nuovo n. 6, contenente la seguente definizione della concessione di lavori pubblici: Una concessione di lavori un contratto avente ad oggetto lesecuzione di un appalto di lavori in cui il corrispettivo dei lavori consiste non gi in una remunerazione, bens nel diritto di gestire linstallazione per un periodo determinato o, eventualmente, in tale diritto accompagnato da un prezzo. 32 Poco tempo dopo la proposizione della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, simili modifiche sono state adottate nellambito della legge sulla modernizzazione del diritto degli appalti pubblici (Gesetz zur Modernisierung des Vergaberechts) del 20 aprile 2009 (BGBl. 2009 I, pag. 790). 33 In tale contesto, lOberlandesgericht Dsseldorf ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se ai fini della sussistenza di un appalto pubblico di lavori ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della [direttiva 2004/18], occorra che lopera, intesa in senso oggettivo o materiale, sia acquisita dallamministrazione aggiudicatrice e costituisca per essa un vantaggio economico diretto. 2) Nel caso in cui la definizione dellappalto pubblico di lavori di cui allart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18 non consenta di prescindere dallelemento dellacquisizione: se, nellambito della seconda variante di tale disposizione, debba ammettersi che si ha unacquisizione allorch per lamministrazione aggiudicatrice i lavori siano funzionali al soddisfacimento di un determinato scopo pubblico (per esempio, contribuiscono allo sviluppo urbanistico di una parte del territorio comunale) e dallappalto scaturisca per lamministrazione aggiudicatrice la facolt di assicurare che lo scopo pubblico sia raggiunto e che lopera permanga in futuro al servizio di tale scopo. 3) Se la nozione di appalto pubblico di lavori, nella prima e seconda variante di cui allart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, richieda che limprenditore si obblighi direttamente o indirettamente allesecuzione delle opere, e, eventualmente, che si tratti di un obbligo giuridicamente esigibile. 4) Se la nozione di appalto pubblico di lavori, nella terza variante di cui allart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, richieda che limprenditore si obblighi allesecuzione di opere oppure che queste ultime costituiscano loggetto dellappalto. 5) Se rientrino nella nozione di appalto pubblico di lavori di cui alla terza variante dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18 gli appalti attraverso i quali, tramite le esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice, deve essere garantito che lopera da realizzare sia al servizio di uno scopo pubblico, e attraverso i quali viene conferita allaggiudicatrice (in LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 77 forza di una clausola contrattuale) la facolt di assicurare (nel proprio interesse indiretto) la destinazione pubblica dellopera. 6) Se la condizione delle esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice di cui allart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18 sia soddisfatta quando i lavori devono essere eseguiti conformemente a progetti esaminati ed approvati dallamministrazione aggiudicatrice. 7) Se debba escludersi la sussistenza di una concessione di lavori pubblici ai sensi dellart. 1, n. 3, della direttiva 2004/18 qualora il concessionario sia o divenga proprietario dellimmobile sul quale lopera deve essere realizzata, oppure qualora la concessione di lavori venga rilasciata a tempo indeterminato. 8) Se la direttiva 2004/18 debba applicarsi con il conseguente obbligo per lamministrazione aggiudicatrice di indire una gara anche nel caso in cui la cessione di un immobile ad opera di un terzo e laggiudicazione di un appalto pubblico di lavori avvengono in forma differita, qualora al momento della stipulazione del negozio giuridico concernente limmobile lappalto pubblico di lavori non sia stato ancora aggiudicato, ma lamministrazione aggiudicatrice si sia gi prefissata lobiettivo di aggiudicare tale appalto. 9) Se due negozi giuridici, aventi ad oggetto rispettivamente la cessione di beni immobili e un appalto pubblico di lavori, che sono distinti tra loro, eppure connessi, debbano essere valutati come un insieme unitario dal punto di vista della normativa sugli appalti nel caso in cui, al momento della stipulazione del contratto di cessione di beni immobili, laggiudicazione di un appalto pubblico di lavori fosse gi prevista, e le parti contraenti avessero consapevolmente messo in atto una stretta connessione tra i contratti dal punto di vista materiale e, eventualmente, temporale (v. sentenza 10 novembre 2005, causa C.29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I.9705). Sulle questioni pregiudiziali Osservazioni preliminari 34 Nella maggior parte delle versioni linguistiche della direttiva 2004/18 la nozione di appalti pubblici di lavori prevista dallart. 1, n. 2, lett. b), della stessa, comprende tre ipotesi. La prima consiste nellesecuzione, eventualmente accompagnata dalla progettazione, di lavori di costruzione rientranti in una delle categorie di cui allallegato I della direttiva stessa. La seconda ipotesi riguarda lesecuzione, eventualmente accompagnata dalla progettazione, di unopera. La terza ipotesi consiste nellesecuzione, con qualsiasi mezzo, di unopera rispondente alle esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice. 35 Per opera, ai sensi della stessa disposizione, si intende il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per s esplichi una funzione economica o tecnica. 36 Mentre la maggior parte delle versioni linguistiche utilizza il termine opera sia per la seconda che per la terza ipotesi, la versione tedesca utilizza due termini distinti, vale a dire Bauwerk (opera) per la seconda ipotesi e Bauleistung (attivit edilizia) per la terza. 37 Inoltre, la versione tedesca del citato art. 1, n. 2, lett. b), lunica che prevede che lattivit cui alla terza ipotesi debba essere realizzata non solo con qualsiasi mezzo, ma anche ad opera di terzi (durch Dritte). 38 Secondo una giurisprudenza consolidata, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dellUnione non pu essere lunico elemento a sostegno dellinterpretazione di questa disposizione n si pu attribuire ad essa a tal riguardo un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Infatti, tale modo di procedere sarebbe in contrasto con la necessit di applicare in modo uniforme il diritto dellUnione. In 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 caso di difformit tra le diverse versioni linguistiche, la disposizione di cui trattasi deve essere intesa in funzione del sistema e della finalit della normativa di cui fa parte (v. sentenze 27 marzo 1990, causa C.372/88, Cricket St Thomas, Racc. pag. I.1345, punti 18 e 19; 12 novembre 1998, causa C.149/97, Institute of the Motor Industry, Racc. pag. I.7053, punto 16, nonch 9 ottobre 2008, causa C.239/07, Sabatauskas e a., Racc. pag. I.7523, punti 38 e 39). 39 alla luce di tali considerazioni che occorre risolvere le questioni sollevate dal giudice del rinvio. Sulla prima e sulla seconda questione 40 Con le sue due prime questioni, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di appalti pubblici di lavori, ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, esiga che i lavori oggetto dellappalto siano eseguiti materialmente o fisicamente per lamministrazione aggiudicatrice e nellinteresse economico diretto di questultima, ovvero se sia sufficiente che tali lavori soddisfino un obiettivo pubblico, quale lo sviluppo urbanistico di una parte di un comune. 41 Si deve precisare anzitutto che la vendita ad unimpresa, da parte di unautorit pubblica, di un terreno non edificato o contenente immobili gi costruiti non rappresenta un appalto pubblico di lavori ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18. Infatti, per un verso, nellambito di un simile appalto, lautorit pubblica deve assumere una posizione di acquirente e non di venditrice. Per altro verso, loggetto di un tale appalto deve consistere nellesecuzione di lavori. 42 Il tenore letterale dellart. 16, lett. a), della citata direttiva avvalora tale analisi. 43 Pertanto escluso che una vendita, quale, nella causa principale, la vendita della caserma Wittekind da parte della Bundesanstalt alla GSSI, possa rappresentare di per s stessa un appalto pubblico di lavori ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18. 44 Tali questioni proposte dal giudice del rinvio non vertono tuttavia su questo rapporto tra venditore e acquirente, bens piuttosto sui rapporti tra il Comune di Wildeshausen e la GSSI, vale a dire tra lautorit pubblica competente in materia urbanistica e lacquirente della caserma Wittekind. Tale giudice intende sapere se siffatti rapporti possono costituire un appalto pubblico di lavori ai sensi della disposizione citata. 45 Occorre rilevare in proposito che, ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. a), della direttiva 2004/18, gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto. 46 La nozione di contratto essenziale nellambito della definizione dellambito dapplicazione della direttiva 2004/18. Come sancito dal secondo considerando della direttiva medesima, questa ha ad oggetto lapplicazione delle norme del diritto dellUnione allaggiudicazione degli appalti per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico. Altre categorie di attivit gravanti sulle autorit pubbliche non sono prese in considerazione nella citata direttiva. 47 Inoltre, solo un contratto stipulato a titolo oneroso pu rappresentare un appalto pubblico che ricade nellambito della direttiva 2004/18. 48 Il carattere oneroso del contratto implica che lamministrazione aggiudicatrice che abbia stipulato un appalto pubblico di lavori riceva, in base allo stesso, una prestazione a fronte di una contropartita. Tale prestazione consiste nella realizzazione dei lavori che lamministrazione aggiudicatrice intende ottenere (v. sentenze 12 luglio 2001, causa C.399/98, Ordine degli Architetti e a., Racc. pag. I.5409, punto 77, nonch 18 gennaio 2007, causa C.220/05, Auroux e a., Racc. pag. I.385, punto 45). 49 Una simile prestazione, in ragione della sua stessa natura nonch in ragione del sistema LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 79 e degli obiettivi della direttiva 2004/18, deve implicare un interesse economico diretto per lamministrazione aggiudicatrice. 50 Detto interesse economico chiaramente accertato ove si preveda che lamministrazione aggiudicatrice divenga proprietaria dei lavori o dellopera oggetto dellappalto. 51 Un siffatto interesse economico pu altres essere riscontrato qualora sia previsto che lamministrazione aggiudicatrice disponga di un titolo giuridico che le garantisca la disponibilit delle opere che sono oggetto dellappalto, in vista della loro destinazione pubblica (v., in tal senso, sentenza Ordine degli Architetti e a., cit., punti 67, 71 e 77). 52 Linteresse economico pu inoltre risiedere nei vantaggi economici che lamministrazione aggiudicatrice potr trarre dal futuro utilizzo o dalla futura cessione dellopera, nel fatto che essa abbia partecipato finanziariamente alla realizzazione dellopera o nei rischi che essa assume in caso di fallimento economico dellopera (v., in tal senso, sentenza Auroux e a., cit., punti 13, 17, 18 e 45). 53 La Corte ha gi dichiarato che una convenzione con cui una prima amministrazione aggiudicatrice affidi ad una seconda amministrazione aggiudicatrice la realizzazione di unopera pu costituire un appalto pubblico di lavori, indipendentemente dal fatto che sia o meno previsto che la prima amministrazione aggiudicatrice sia o divenga proprietaria in tutto o in parte di tale opera (sentenza Auroux e a., cit., punto 47). 54 Risulta da quanto precede che la nozione di appalti pubblici di lavori, ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, impone che i lavori oggetto dellappalto siano eseguiti nellinteresse economico diretto dellamministrazione aggiudicatrice, senza che sia necessario, tuttavia, che la prestazione assuma la forma dellacquisizione di un oggetto materiale o fisico. 55 Si pone la questione se tali condizioni siano soddisfatte ove i lavori progettati mirino a realizzare un obiettivo pubblico di interesse generale di cui lamministrazione aggiudicatrice abbia lobbligo di garantire il rispetto, quale lo sviluppo o la coerenza urbanistica di una parte di un comune. 56 Negli Stati membri dellUnione europea, lesecuzione di lavori edili, quanto meno laddove si tratti di lavori di una certa portata, devono normalmente costituire oggetto di unautorizzazione preliminare dellautorit pubblica competente in materia urbanistica. Tale autorit chiamata a verificare, nellesercizio delle sue competenze di regolamentazione, se lesecuzione dei lavori sia conforme allinteresse pubblico. 57 Orbene, il semplice esercizio delle competenze di regolamentazione in materia urbanistica, volte alla realizzazione dellinteresse generale, non ha ad oggetto lottenimento di una prestazione contrattuale n la soddisfazione dellinteresse economico diretto dellamministrazione aggiudicatrice, come richiesto dallart. 1, n. 2, lett. a), della direttiva 2004/18. 58 Di conseguenza, la prima e la seconda questione devono essere risolte nel senso che la nozione di appalti pubblici di lavori, ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, non esige che i lavori oggetto dellappalto siano eseguiti materialmente o fisicamente per lamministrazione aggiudicatrice, ove tali lavori siano eseguiti nellinteresse economico diretto di tale amministrazione. Lesercizio, da parte di questultima, di competenze di regolamentazione in materia urbanistica non sufficiente a soddisfare questultima condizione. Sulla terza e sulla quarta questione 59 Con la sua terza e quarta questione, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la nozione di appalti pubblici di lavori, ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, esiga che laggiudicatario assuma direttamente 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 o indirettamente lobbligo di realizzare i lavori che sono oggetto dellappalto e che tale obbligo sia esigibile in sede giurisdizionale. 60 Come rammentato ai punti 45 e 47 di questa sentenza, lart. 1, n. 2, lett. a), della direttiva 2004/18 definisce lappalto pubblico di lavori come un contratto a titolo oneroso. Tale nozione si basa sullidea che laggiudicatario si impegni a realizzare la prestazione che oggetto del contratto a fronte di un corrispettivo. Stipulando un appalto pubblico di lavori, laggiudicatario si impegna quindi ad eseguire o a far eseguire i lavori che ne rappresentano loggetto. 61 irrilevante che laggiudicatario esegua i lavori direttamente ovvero ricorrendo a subappaltatori (v., in tal senso, citate sentenze Ordine degli Architetti e a., punto 90, nonch Auroux e a., punto 44). 62 Posto che gli obblighi derivanti dallappalto sono giuridicamente vincolanti, la loro esecuzione deve poter essere esigibile in sede giurisdizionale. In mancanza di una disciplina prevista dal diritto dellUnione, e in conformit al principio di autonomia procedurale, le modalit di esecuzione di simili obblighi sono lasciate al diritto nazionale. 63 Di conseguenza, la seconda e la terza questione vanno risolte affermando che la nozione di appalti pubblici di lavori, ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, richiede che laggiudicatario assuma direttamente o indirettamente lobbligo di realizzare i lavori che sono oggetto dellappalto e che lesecuzione di tale obbligo sia esigibile in sede giurisdizionale secondo le modalit stabilite dal diritto nazionale. Sulla quinta e sulla sesta questione 64 Con la quinta e la sesta questione, da esaminarsi congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice, ai sensi della terza ipotesi contemplata dallart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, possano consistere o nel fatto che lamministrazione aggiudicatrice eserciti la competenza di assicurarsi che lopera da realizzare risponda a un interesse pubblico, ovvero nellesercizio della competenza riconosciuta allamministrazione aggiudicatrice di verificare ed approvare i progetti di costruzione. 65 Tali questioni traggono origine dal fatto che, nella causa principale, la presunta amministrazione aggiudicatrice, vale a dire il Comune di Wildeshausen, non ha redatto alcun capitolato doneri riguardante unopera da realizzarsi sui terreni della caserma Wittekind. Ai sensi della decisione di rinvio, tale Comune si limitato ad affermare di essere disposto ad esaminare il progetto proposto dalla GSSI e ad avviare un procedimento allo scopo di redigere un piano regolatore corrispondente. 66 Orbene, nellambito della terza ipotesi enunciata dallart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, si prevede che gli appalti pubblici di lavori abbiano ad oggetto la realizzazione di unopera rispondente alle esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice. 67 Per potersi ammettere che unamministrazione aggiudicatrice abbia specificato le proprie esigenze ai sensi di tale disposizione, necessario che questultima abbia adottato provvedimenti allo scopo di definire le caratteristiche dellopera o, quantomeno, allo scopo di esercitare uninfluenza determinante sulla progettazione della stessa. 68 Il semplice fatto che unautorit pubblica, nellesercizio delle sue competenze in materia di regolamentazione urbanistica, esamini taluni progetti di costruzione che le sono sottoposti o che assuma una decisione in applicazione di competenze in tale materia non soddisfa il requisito relativo alle esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice , ai sensi di tale disposizione. 69 Pertanto, la quinta e la sesta questione devono essere risolte dichiarando che le esigenze LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 81 specificate dallamministrazione aggiudicatrice, ai sensi della terza ipotesi contemplata dallart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, non possono consistere nel semplice fatto che unautorit pubblica esamini taluni progetti di costruzione che le sono sottoposti ovvero assuma una decisione nellesercizio delle sue competenze in materia di regolamentazione urbanistica. Sulla settima questione 70 Con la sua settima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se una concessione di lavori pubblici, ai sensi dellart. 1, n. 3, della direttiva 2004/18, sia da escludersi qualora lunico operatore cui la concessione pu essere attribuita sia gi proprietario del terreno su cui lopera deve essere edificata o qualora la concessione sia stata attribuita senza limiti temporali. 71 Ai sensi dellart. 1, n. 3, della direttiva 2004/18, la concessione di lavori pubblici Ǐ un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire lopera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 72 Affinch unamministrazione aggiudicatrice possa trasferire alla sua controparte il diritto di gestire unopera ai sensi di tale disposizione, necessario che tale amministrazione possa disporre della gestione dellopera stessa. 73 Ci non avviene, di norma, qualora il diritto di gestione abbia come unica origine il diritto di propriet delloperatore interessato. 74 Infatti, il proprietario di un terreno ha il diritto di gestirlo nel rispetto delle norme giuridiche vigenti. Fintantoch un operatore disponga del diritto di gestire il terreno di cui il proprietario, risulta essere esclusa, in linea di principio, la possibilit che unautorit pubblica attribuisca una concessione avente ad oggetto la gestione stessa. 75 Si deve inoltre rilevare che lelemento essenziale della concessione risiede nel fatto che il concessionario sopporta esso stesso il rischio economico principale o, in ogni caso, sostanziale, collegato alla gestione (v. in tal senso, in materia di concessione di servizi pubblici, sentenza 10 settembre 2009, causa C.206/08, Eurawasser, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 59 e 77). 76 La Commissione delle Comunit europee sostiene che tale rischio pu consistere nellincertezza dellimprenditore quanto alla questione se il servizio urbanistico dellente territoriale in questione approver o meno i suoi progetti. 77 Tale argomento non pu essere accolto. 78 In una situazione quale quella evocata dalla Commissione, il rischio sarebbe collegato alle competenze di regolamentazione dellamministrazione aggiudicatrice in materia urbanistica e non al rapporto contrattuale derivante dalla concessione. Di conseguenza, il rischio non sarebbe collegato alla gestione. 79 In ogni caso, per quanto riguarda la durata delle concessioni, seri motivi tra i quali vi , in particolare, il mantenimento della concorrenza inducono a ritenere che lattribuzione di concessioni senza limiti temporali sarebbe contraria allordinamento giuridico dellUnione, come rilevato dallavvocato generale ai paragrafi 96 e 97 delle sue conclusioni (v., nello stesso senso, sentenza 19 giugno 2008, causa C.454/06, pressetext Nachrichtenagentur, Racc. pag. I.4401, punto 73). 80 Si deve quindi risolvere la settima questione nel senso che, in circostanze quali quelle della causa principale, escluso che ricorra una concessione di lavori pubblici ai sensi dellart. 1, n. 3, della direttiva 2004/18. 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Sull ottava e sulla nona questione 81 Lottava e la nona questione del giudice del rinvio sono da esaminarsi congiuntamente. Tale giudice, con la sua ottava questione, chiede in sostanza se le disposizioni della direttiva 2004/18 trovino applicazione qualora unautorit pubblica venda un terreno ad unimpresa, mentre unaltra autorit pubblica abbia intenzione di indire un appalto di lavori su detto terreno, pur non avendo ancora formalmente deciso di procedere allaggiudicazione di tale appalto. La nona questione verte sulla possibilit di considerare come un tuttuno, dal punto di vista giuridico, la vendita del terreno e laggiudicazione successiva di un appalto di lavori riguardante il terreno stesso. 82 A tal proposito, corretto non escludere ab initio lapplicazione della direttiva 2004/18 ad un procedimento dattribuzione in due fasi, caratterizzato dalla vendita di un terreno che sar successivamente oggetto di un appalto di lavori, considerando tali operazioni come un tuttuno. 83 Tuttavia, le circostanze della causa principale non confermano lesistenza dei presupposti per una simile applicazione della detta direttiva. 84 Come rilevato dal governo francese nelle sue osservazioni scritte, le parti nella causa principale non hanno assunto alcun obbligo giuridicamente vincolante. 85 Anzitutto, il Comune di Wildeshausen e la GSSI non hanno sottoscritto alcun obbligo di tale natura. 86 Inoltre, la GSSI non ha assunto alcun obbligo di realizzare il progetto di ripristino del terreno acquistato. 87 Infine, i contratti di vendita in forma notarile non contengono alcun elemento dellaggiudicazione che sia assimilabile a un appalto pubblico di lavori. 88 Le intenzioni desumibili dal fascicolo non rappresentano obblighi vincolanti e non possono in alcun modo soddisfare il requisito di contratto scritto richiesto dalla nozione stessa di appalto pubblico, ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. a), della direttiva 2004/18. 89 Lottava e la nona questione devono quindi essere risolte dichiarando che, in circostanze quali quelle della causa principale, le disposizioni della direttiva 2004/18 non trovano applicazione in una situazione in cui unautorit pubblica venda un terreno a unimpresa, laddove unaltra autorit pubblica abbia intenzione di indire un appalto di lavori su detto terreno, pur non avendo ancora formalmente deciso di procedere allaggiudicazione di tale appalto. Sulle spese 90 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: 1) La nozione di appalti pubblici di lavori, ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, non esige che i lavori oggetto dellappalto siano eseguiti materialmente o fisicamente per lamministrazione aggiudicatrice, ove tali lavori siano eseguiti nellinteresse economico diretto di tale amministrazione. Lesercizio, da parte di questultima, di competenze di regolamentazione in materia urbanistica non sufficiente a soddisfare questultima condizione. 2) La nozione di appalti pubblici di lavori ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. b), della di- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 83 rettiva 2004/18 richiede che laggiudicatario assuma direttamente o indirettamente lobbligo di realizzare i lavori che sono oggetto dellappalto e che lesecuzione di tale obbligo sia esigibile in sede giurisdizionale secondo le modalit stabilite dal diritto nazionale. 3) Le esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice, ai sensi della terza ipotesi contemplata dallart. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 2004/18, non possono consistere nel semplice fatto che unautorit pubblica esamini taluni progetti di costruzione che le sono sottoposti ovvero assuma una decisione nellesercizio delle sue competenze in materia di regolamentazione urbanistica. 4) In circostanze quali quelle della causa principale, escluso che ricorra una concessione di lavori pubblici ai sensi dellart. 1, n. 3, della direttiva 2004/18. 5) In circostanze quali quelle della causa principale, le disposizioni della direttiva 2004/18 non trovano applicazione in una situazione in cui unautorit pubblica venda un terreno a unimpresa, laddove unaltra autorit pubblica abbia intenzione di indire un appalto di lavori su detto terreno, pur non avendo ancora formalmente deciso di procedere allaggiudicazione di tale appalto. 84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Causa C-229/09 - Materia trattata: agricoltura - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundespatentgericht (Germania) il 24 giugno 2009 - Rechtsanwaltssoziett Lovells/Bayer CropScience AG (avv. Stato M. Russo - AL 29076/09). LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE Se, ai fini dellapplicazione dellart. 3, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 23 luglio 1996, n. 1610, sullistituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari, rilevi esclusivamente unautorizzazione di immissione in commercio a norma dellart. 4 della direttiva 91/414/CEE , o se un certificato possa essere rilasciato anche sulla base di unautorizzazione di immissione in commercio ai sensi dellart. 8, n. 1, della direttiva 91/414/CEE. LE OSSERVAZIONI DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA A. Allorigine del presente contenzioso sta la normativa di cui al Regolamento n. 1610/96, sullistituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari. In particolare, lart. 3 n. 1 lett. b) di tale regolamento prevede: Il certificato viene rilasciato se, nello Stato membro nel quale presentata la domanda di cui all'articolo 7, e alla data di tale domanda: b) per il prodotto, in quanto prodotto fitosanitario, stata rilasciata un'autorizzazione, in vigore, di immissione in commercio a norma dell'articolo 4 della direttiva 91/414/CEE o di una disposizione equivalente di diritto nazionale (enfasi aggiunta); A sua volta, lart. 4 della Direttiva 91/414/CE disciplina i requisiti alla cui esistenza gli Stati membri devono subordinare la concessione di unautorizzazione di immissione in commercio definitiva, segnatamente prevedendo: Gli Stati membri prescrivono che un prodotto fitosanitario possa essere autorizzato soltanto se: a) le sue sostanze attive sono elencate nell'allegato I...; lo stesso articolo prosegue prevedendo che debbano essere soddisfatti anche una serie di requisiti, individuati nelle successive lettere da b) ad f) (che qui non si riproducono per brevit); B. Il giudizio a quo ha ad oggetto la pretesa, avanzata dalla societ ricorrente, di annullamento del certificato complementare rilasciato ad altra societ per la sostanza attiva iodosulfuron. La domanda di annullamento si fonda I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 85 sulla considerazione che detta sostanza non era coperta, allepoca della concessione del certificato complementare, n da unautorizzazione di immissione in commercio rilasciata a norma dellart. 4 della Direttiva 91/414/CE, n da unautorizzazione a norma di una disposizione equivalente di diritto nazionale, bens da unautorizzazione di immissione in commercio provvisoria, rilasciata a mente dellart. 8 della citata Direttiva. Tale ultima norma consente il rilascio di unautorizzazione di immissione in commercio provvisoria, stabilendo: In deroga all'articolo 4, gli Stati membri possono, allo scopo di permettere una valutazione graduale delle propriet delle nuove sostanze attive e facilitare la disponibilit per l'agricoltura di nuovi preparati, autorizzare, per un periodo provvisorio non superiore a 3 anni, l'immissione in commercio di prodotti fitosanitari contenenti una sostanza attiva non compresa nell'allegato I (enfasi aggiunta), purch siano soddisfatti una serie di requisiti indicati dalla norma stessa; C. Il giudice a quo dubita del fatto che tale ultimo tipo di autorizzazione di immissione in commercio provvisoria possa costituire presupposto per la concessione di un certificato complementare, apparentemente ostandovi il tenore letterale dellart. 3 n. 1 lett. b), il quale allude solo ad unautorizzazione a norma dellart. 4. Tuttavia, sempre a detta del giudice rimettente, sussistono anche argomenti a sostegno della tesi contraria: di qui, la decisione di sottoporre alla Corte la questione interpretativa [suesposta]. ** ** ** Il Governo italiano ritiene che un certificato protettivo complementare a mente del Regolamento n. 1610/96, possa essere rilasciato anche sulla base di unautorizzazione di immissione in commercio ai sensi dellart. 8 n. 1 della Direttiva 91/414. Ad illustrazione di tale posizione, si svolgono le seguenti osservazioni. I. Il V^ Considerando del Regolamento n. 1610/96 recita: il periodo che intercorre tra il deposito di una domanda di brevetto per un nuovo prodotto fitosanitario e l'autorizzazione di immissione in commercio dello stesso riduce la protezione effettiva conferita dal brevetto ad una durata insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca e a generare le risorse necessarie per mantenere una ricerca efficiente (enfasi aggiunta). Il VI^ Considerando evidenzia che le circostanze esposte al Considerando precedente determinano una protezione insufficiente che penalizza la ricerca fitosanitaria e la competitivit in questo settore; il VII^ Considerando recita infine : uno degli obiettivi essenziali del certificato protettivo complementare quello di porre lindustria europea nelle medesime condizioni di competitivit delle omologhe industrie nordamericana e giapponese. Ebbene, volendo realmente garantire il recupero di competitivit indispensabile 86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 ad ammortizzare gli investimenti e mantenere la ricerca, cos da superare il problema della riduzione della tutela brevettuale conseguente ai tempi di rilascio dellautorizzazione di immissione in commercio - il certificato complementare dovr - s - garantire al titolare del brevetto una tutela aggiuntiva rispetto a quella assicurata dal brevetto stesso ma, soprattutto, dovr assicurare una tutela che sia non solo nominale, ma effettiva. Tale considerazione fornisce un utile parametro di interpretazione della norma oggetto del quesito pregiudiziale, come meglio si illustrer infra, al punto IV; II. LVIII^ Considerando del Regolamento n. 1610/96 recita: il rafforzamento della protezione dell'ambiente impone di mantenere la competitivit economica dell'industria; il rilascio di un certificato complementare di protezione pu essere dunque considerato come una misura positiva a favore della protezione dell'ambiente (enfasi aggiunta). Da tale statuizione sembra potersi evincere che - in quanto il certificato complementare costituisce una misura positiva a favore dellambiente - la relativa concessione debba essere (sia pure, ovviamente, nei limiti consentiti dalle norme vigenti) ispirata ad una logica non eccessivamente restrittiva o penalizzante per il richiedente, posto che la tutela dellambiente rappresenta comunque un obiettivo privilegiato, a mente dellart. 2 del Trattato CE: La Comunit ha il compito di promuovere un elevato livello di protezione dell'ambiente e il miglioramento di quest'ultimo . III. Linterpretazione restrittiva dellart. 3 n. 1 lett. b), sostenuta dalla ricorrente (nel senso che unautorizzazione di immissione in commercio provvisoria non possa costituire presupposto per la concessione di un certificato complementare) oltre ad essere - in linea di principio - difficilmente conciliabile con la natura di misura positiva a favore dellambiente propria del certificato, come illustrato al precedente punto, contrasta peraltro anche con una lettura sistematica delle norme del Regolamento n. 1610/96. Infatti, lart. 13 del Regolamento in questione, nel disciplinare la durata del certificato, prevede, ai punti 1 e 3: 1.Il certificato ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunit, ridotto di cinque anni. 3. Per il calcolo della durata del certificato si tiene conto di una prima autorizzazione provvisoria di immissione in commercio soltanto se essa direttamente seguita da un'autorizzazione definitiva relativa allo stesso prodotto. La norma, dunque, nel computo della durata del certificato, prende in considerazione la prima autorizzazione di immissione in commercio e, per tale, intende anche quella provvisoria, cos lasciando intendere che anche questultima sia idonea a fondare il rilascio del certificato stesso. IV. La rilevanza dellautorizzazione provvisoria ai fini dellottenimento del certificato, del resto, appare giustificata anche in considerazione di quanto I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 87 si detto al punto I, e cio che tra le finalit del certificato complementare vi quella di offrire al titolare del brevetto una tutela aggiuntiva a quella assicurata dal brevetto stesso, tutela che per avere un senso deve essere effettiva. Se cos , allora non pu ignorarsi che linteresse economico del richiedente ad ottenere tale tutela sussiste fin dal momento della prima autorizzazione di immissione in commercio, anche se soltanto provvisoria, posto che linizio dello sfruttamento economico della sostanza coincide, appunto, con il rilascio di tale autorizzazione. Non sarebbe effettiva e reale una tutela che venisse assicurata, non gi a partire dal primo sfruttamento economico sul mercato, bens solo a partire dal momento (successivo) dellottenimento di unautorizzazione di immissione in commercio definitiva. V. Ancora, sarebbe illogico prendere in considerazione la prima autorizzazione (anche se provvisoria e, come tale, cronologicamente anteriore alla definitiva) ai fini della determinazione della durata del certificato (art. 13 del Regolamento: 1.Il certificato ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio , ridotto di cinque anni - enfasi aggiunta), e poi non considerarla anche ai fini dellinizio della decorrenza della protezione economica accordata dal certificato: in sostanza, la prima autorizzazione provvisoria rileverebbe solo in malam partem per il richiedente, avvicinando il dies ad quem del termine di efficacia del certificato al relativo dies a quo (quindi abbreviando la durata della protezione), ma non comportando la contestuale anticipazione dellinizio della tutela economica. VI. Si osserva ancora che, di fatto, il rilascio dellautorizzazione definitiva spesso richiede tempi lunghi: ancorare ad esso il rilascio del certificato significherebbe esporre il titolare del brevetto di base al rischio che questo scada nelle more del procedimento autorizzatorio. Il richiedente ha interesse a conseguire il certificato prima che il brevetto venga a scadenza: diversamente, egli rischia di non poter pi conseguire il certificato, che presuppone la titolarit di un brevetto di base in vigore al momento di presentazione della domanda, ex art. 3 n. 1 lett. a) del Regolamento, il che contrasta con il fine del Regolamento 1610/96 individuato al punto I. VII. Da ultimo, preme sottolineare che - anche accedendo allinterpretazione estensiva dellart. 3 n. 1 lett.b) fin qui sostenuta - sarebbe comunque salvo lobiettivo di tutela dellambiente, delluomo e degli animali sotteso alla Direttiva 91/414/CE, concernente limmissione in commercio di prodotti fitosanitari. Infatti, anche lart. 8 di detta Direttiva nel disciplinare lautorizzazione provvisoria esige un livello di garanzia elevato, posto che comunque trattasi di un livello ritenuto dal legislatore comunitario sufficiente a permettere la diffusione di sostanze attive sul mercato. VIII. Non sembra, infine, che possa rappresentare un ostacolo alla tesi 88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 sostenuta dal Governo italiano leventualit che lautorizzazione provvisoria non dovesse essere seguita dal rilascio di quella definitiva. Lo stesso giudice a quo, al penultimo paragrafo dellordinanza, individua la strada per il superamento di ogni dubbio al riguardo, suggerendo che in un caso del genere lautorizzazione ex art. 8 Dir. 91/414/CE vada revocata e che, di conseguenza in applicazione analogica dellart. 14 lett. d) del Regolamento n. 1610/96, il certificato debba estinguersi. Peraltro, anche a voler prescindere dalla soluzione prospettata (si ritiene, correttamente) dal giudice a quo, non pu non rilevarsi come in ogni caso limpossibilit di immettere sul mercato la sostanza, ormai priva di autorizzazione, varrebbe di per s stessa a privare di ogni pratico effetto il certificato complementare. ** ** ** Il Governo italiano propone pertanto di rispondere come segue al quesito sollevato dal giudice a quo: ai fini dellapplicazione dellart. 3 n. 1 lett. b) del Regolamento n. 1610/96, non rileva esclusivamente unautorizzazione di immissione in commercio a norma dellart. 4 della Direttiva 91/414; al contrario un certificato pu essere rilasciato anche sulla base di unautorizzazione di immissione in commercio ai sensi dellart. 8 n. 1 della Direttiva 91/414. Avv. Marina Russo I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 89 Cause C-286/09 e C-287/09 - Materia trattata: previdenza sociale dei lavoratori migranti - Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Corte d'appello di Roma (Italia) il 24 luglio 2009 - Convenuto: Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) (avv. Stato W. Ferrante - AL 38848/09). LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE Si chiede di statuire in via pregiudiziale ai sensi dell'art. 234 del Trattato CEE se gli artt. 17, 39 e 42 del Trattato e le normepertinenti del Regolamento n. 1408/71 non debbano essere interpretate nel senso che il principio della totalizzazione di tutti i periodi di assicurazione per l'apertura, il conseguimento ed il mantenimento del diritto alle prestazioni - principio attuato con l'adozione, da parte del Consiglio, del Regolamento n. 1408/71 - trovi applicazione in tutti i casi in cui necessario ricorrere al sistema della totalizzazione e proratizzazione per il riconoscimento del diritto ad una data prestazione, con la conseguenza che si debbano prendere in considerazione a tale fine sia i periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione di ciascuno Stato membro, che i periodi di assicurazione compiuti nel regime previdenziale applicabile ai dipendenti delle Istituzioni comunitarie. LE OSSERVAZIONI DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA 1. Con le due ordinanze [del 29 aprile 2009 della Corte dappello di Roma - sezione lavoro - Italia], di analogo contenuto, stato chiesto alla Corte di Giustizia delle Comunit europee di pronunciarsi, ai sensi dellart. 234 del Trattato CE, sulla [suesposta] questione pregiudiziale. Fatti di causa 2. La domanda pregiudiziale trae origine da due controversie tra lIstituto Nazionale Previdenza Sociale (di seguito INPS) e due ricorrenti che hanno prestato attivit lavorativa in Italia dal 1 giugno 1951 al 31 maggio 1958 e, rispettivamente, dal 1 dicembre 1953 al 1 agosto 1959, maturando una contribuzione assicurativa presso lINPS e, successivamente, hanno lavorato presso una Istituzione europea (rispettivamente presso il Comitato Economico e Sociale Europeo e presso la Commissione dellUnione Europea) dal 1 marzo 1960 al 31 agosto 1999 e, rispettivamente, dal 16 settembre 1975 al 30 giugno 2001. 3. Entrambi sono titolari di pensione di anzianit a carico del regime pensionistico comunitario e, nellottobre 2001, hanno chiesto allINPS la liquidazione di un pro rata di pensione di vecchiaia rapportato al periodo lavorativo svolto in Italia. 90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 4. LINPS ha respinto la domanda, assumendo che lente erogatore della pensione di anzianit comunitaria non rientra tra gli enti erogatori di fondi esclusivi, esonerativi o sostitutivi dellassicurazione generale obbligatoria e che pertanto non troverebbe applicazione il principio della totalizzazione dei contributi ai fini del diritto alla pensione a carico del sistema previdenziale italiano. 5. Il Tribunale di primo grado ha ritenuto infondato il ricorso in quanto lart. 42 del Trattato CE invocato in giudizio fa riferimento, ai fini della totalizzazione, ai contributi versati ai singoli Stati membri e non alle Istituzioni comunitarie. 6. La Corte dappello rileva che i dipendenti delle istituzioni dellUnione Europea sono cittadini lavoratori i cui diritti devono essere tutelati al pari di quelli degli altri lavoratori comunitari. 7. Osserva inoltre il giudice del rinvio che il Consiglio, adottando il Regolamento n. 1408/1971 in attuazione dellart. 42 del Trattato ed estendendone successivamente lapplicazione ai regimi speciali per i dipendenti pubblici, in forza del regolamento n. 1606/98, ha inteso assicurare a tutti i lavoratori migranti il cumulo dei periodi lavorativi presi in considerazione dalle diverse legislazioni nazionali per il sorgere del diritto alle prestazioni previdenziali. 8. Secondo il giudice del rinvio, lesclusione dei dipendenti delle istituzioni comunitarie dal campo di applicazione della normativa comunitaria in materia previdenziale, comportando la perdita dei diritti pensionistici acquisiti in uno Stato membro prima della loro entrata in servizio presso una istituzione comunitaria, costituirebbe una disparit di trattamento incompatibile con gli articoli 17, 39 e 42 del Trattato. 9. La Corte dappello richiama in proposito la giurisprudenza della Corte di giustizia che ha stabilito che il complesso delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone volto ad agevolare i cittadini comunitari nellesercizio di attivit lavorative di qualsiasi natura nellintero territorio della Comunit ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere unattivit lavorativa nel territorio di un altro Stato membro. 10. In particolare, una normativa nazionale che non tenga conto, ai fini del conseguimento del diritto alla pensione, dei periodi di assicurazione compiuti in affiliazione al regime pensionistico della Comunit europea sarebbe idonea a dissuadere i cittadini di uno Stato membro dallabbandonare tale Stato per esercitare unattivit professionale nellambito di unIstituzione dellUnione europea, in quanto accettando unoccupazione presso tale Istituzione, essi perderebbero la possibilit di beneficiare, in base alla normativa nazionale, di una prestazione pensionistica alla quale avrebbero avuto diritto se non avessero accettato tale lavoro (Corte di Giustizia, 16 febbraio 2006, causa C- 137/04, Amy Rockler e causa C-185/04, Ulf Oberg). I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 91 La normativa comunitaria rilevante 11. Per quanto concerne la normativa comunitaria primaria, il giudice del rinvio invoca gli articoli 17, 39 e 42 del Trattato. 12. Lart. 17 CE istituisce la cittadinanza dellUnione e prevede che i cittadini dellUnione godano dei diritti e siano soggetti ai doveri previsti dal Trattato. A tal proposito, la Corte di giustizia ha osservato che tale norma non pu ricevere unapplicazione autonoma rispetto alle disposizioni specifiche del Trattato che disciplinano i diritti ed i doveri dei cittadini dellUnione (sentenza del 16 dicembre 2004, causa 293/03, My, punto 32) come, per quanto qui interessa, lart. 39 CE e lart. 42 CE. 13. Lart. 39 CE garantisce la libera circolazione dei lavoratori allinterno della Comunit, precisando che essa implica labolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalit, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda limpiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. 14. Lart. 42 CE detta poi disposizioni specifiche in materia di sicurezza sociale sancendo che il Consiglio () adotta in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per linstaurazione della libera circolazione dei lavoratori, attuando in particolare un sistema che consenta di assicurare ai lavoratori migranti e ai loro aventi diritto: a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni, sia per il calcolo di queste; b) il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri (evidenza nostra). 15. Nulla dice la predetta norma per il caso di lavoro prestato, oltre che in uno o pi Stati membri, anche presso una Istituzione comunitaria. 16. Quanto alla normativa secondaria, in attuazione dellart. 39 CE, il Consiglio ha adottato il regolamento n. 1612/68 del 15 ottobre 1968 relativo alla libera circolazione dei lavoratori allinterno della Comunit, il cui art. 7 prevede che 1. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non pu ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato. 2. Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali. 17. In attuazione dellart. 42 CE, stato adottato il regolamento del Consiglio n. 1408/71 del 14 giugno 1971 relativo allapplicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano allinterno della Comunit, il cui art. 2 stabilisce che 1. Il presente regolamento si applica ai lavoratori subordinati o autonomi che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o pi Stati membri e che sono cittadini di uno degli Stati membri, oppure apolidi o profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri, nonch ai loro familiari e ai loro superstiti. 2. Inoltre il 92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 presente regolamento si applica ai superstiti dei lavoratori che sono stati soggetti alla legislazione di uno o pi Stati membri, indipendentemente dalla cittadinanza dei detti lavoratori, quando i loro superstiti siano cittadini di uno degli Stati membri oppure apolidi o profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri. 3. Il presente regolamento si applica agli impiegati pubblici ed al personale che, in base alla legislazione applicabile, ad essi assimilato, nella misura in cui siano o siano stati soggetti alla legislazione di uno Stato membro cui applicabile il presente regolamento. 18. Anche tale norma non fa alcun riferimento ai lavoratori che hanno lavorato alle dipendenze di unIstituzione comunitaria, oltre che di uno o pi Stati membri. 19. Il paragrafo 3 del predetto articolo 2 stato peraltro soppresso dallart. 1, par. 2) del regolamento n. 1606/98 del 29 giugno 1998 che ha disciplinato ex novo il regime previdenziale applicabile ai dipendenti pubblici. 20. In particolare, lottavo considerando del predetto regolamento n. 1606/98 precisa che, per tener conto delle peculiarit dei regimi pensionistici speciali per i dipendenti pubblici, giustificata una deroga limitata al principio generale del cumulo, cosicch nellambito di tali regimi i periodi compiuti in un regime speciale in un altro Stato membro, pur non dovendo essere presi in considerazione, non vanno perduti, poich si richiede che essi siano presi in considerazione nel regime generale del primo Stato membro, anche quando linteressato non ha completato un periodo in tale regime. 21. Tale regime derogatorio non sembra applicabile alla fattispecie, atteso che, pur non essendo specificato nelle ordinanze di rimessione se i ricorrenti abbiano lavorato in Italia in qualit di lavoratori privati o di lavoratori pubblici, la prima soluzione sembra derivare dal fatto che la prestazione previdenziale viene fatta valere nei confronti dellINPS e non gi dellINPDAP, ente previdenziale competente per i dipendenti pubblici. 22. Il principio della totalizzazione dei periodi di occupazione previsto dallart. 72 del regolamento n. 1408/71 in base al quale listituzione competente di uno Stato membro la cui legislazione subordina lacquisizione del diritto alle prestazioni al compimento di periodi doccupazione, tiene conto a tal fine, nella misura necessaria, dei periodi doccupazione compiuti nel territorio di ogni altro Stato membro, come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione chessa applica pu quindi incontrare delle deroghe. 23. Si tratta quindi di stabilire se lo stesso sia applicabile ai dipendenti delle istituzioni comunitarie. Sul quesito posto alla Corte 24. Il giudice del rinvio chiede nella sostanza alla Corte di chiarire se il principio della totalizzazione dei periodi contributivi debba trovare applicazione anche nei confronti dei dipendenti delle istituzioni comunitarie. I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 93 25. Occorre ricordare che il diritto comunitario non pregiudica la competenza degli Stati membri a organizzare i propri regimi di previdenza sociale e che in mancanza di unarmonizzazione a livello comunitario, spetta alla legislazione di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti per la concessione delle prestazioni di previdenza sociale nonch limporto e la durata delle stesse. Nellesercizio di tale competenza gli Stati membri devono tuttavia rispettare il diritto comunitario e, in particolare, le disposizioni del Trattato CE relative alla libera circolazione dei lavoratori o relative alla libert riconosciuta a ogni cittadino dellUnione europea di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri (Corte di giustizia, sentenza 21 febbraio 2008, causa C- 507/06, Klppel, punto 16; sentenza 23 novembre 2000, causa C-135/99, Elsen, punto 33). 26. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte infatti (sentenze 24 ottobre 1975, Petroni, causa C-24/75, punto 13; 23 febbraio 1986, De Jong, causa C-254/84, punto 15 e 14 dicembre 1989, Dammer, causa C-168/88, punto 21), lo scopo degli articoli 39-42 del Trattato non potrebbe essere perseguito se, in conseguenza dell'esercizio del diritto di libera circolazione, i lavoratori dovessero perdere vantaggi previdenziali loro garantiti, in ogni caso, dalla sola normativa di uno Stato membro. 27. E inoltre pacifico che una normativa nazionale che svantaggia taluni cittadini di uno Stato per il solo fatto che essi hanno esercitato la loro libert di circolare e soggiornare in un altro Stato membro rappresenta una restrizione delle libert riconosciute dagli artt. 18 e 39 CE a tutti i cittadini dellUnione (Corte di giustizia, sentenza, 11 luglio 2002, causa C-224/98, DHoop, punto 31; sentenza 29 aprile 2004, causa C-224/02, Pusa, punto 19). 28. In tale quadro, il regolamento n. 1408/71 mira a realizzare lobiettivo stabilito dallart. 42 CE attraverso la prevenzione di possibili effetti negativi che lesercizio della libert di circolazione dei lavoratori potrebbe avere sul godimento, da parte dei lavoratori e delle loro famiglie, delle prestazioni previdenziali, in particolare per quanto riguarda la carriera dei lavori migranti che hanno versato contributi a vari sistemi di previdenza sociale e quindi a offrire loro la certezza giuridica che manterranno i diritti a pensione derivanti dai loro contributi a sistemi previdenziali in modo analogo ad un lavoratore che non ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione allinterno della Comunit (Corte di giustizia, sentenza 3 aprile 2008, causa C-331/06, Chuck, punto 32). 29. Ci premesso, va sottolineato che le sentenze della Corte di giustizia citate nelle ordinanze di rinvio (16 febbraio 2006, causa C-137/04, Amy Rockler e causa C-185/04, Ulf Oberg), si riferiscono ad un caso - contrario rispetto a quello oggetto delle due cause principali - di lavoratori che sono stati alle dipendenze di Istituzioni comunitarie per brevi periodi (rispettivamente un anno e cinque anni) che, successivamente, hanno lavorato presso uno Stato 94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 membro e che hanno invocato da tale Stato membro prestazioni previdenziali nella specie assegni familiari che tenessero conto del periodo contributivo svolto presso lIstituzione comunitaria. 30. La Corte ha correttamente concluso che tale periodo dovesse essere preso in considerazione. 31. Nei casi oggetto delle cause principali invece si tratta di due ricorrenti che hanno lavorato per brevi periodi (rispettivamente sette anni e sei anni) presso uno Stato membro (lItalia) e successivamente hanno svolto tutto il resto della loro carriera lavorativa (rispettivamente 39 anni e 26 anni) presso unistituzione comunitaria. 32. Gli stessi percepiscono una pensione di vecchiaia a carico del regimo pensionistico comunitario e pretendono il riconoscimento, dallo Stato italiano, di una liquidazione pro rata di pensione di vecchiaia per il periodo di lavoro svolto in detto Stato membro. 33. La cronologia dei fatti rilevante per la soluzione del quesito. 34. Infatti, lo Statuto del personale delle Comunit europee (di seguito lo Statuto), adottato con regolamento n. 31 (C.E.E.) 11 (C.E.E.A.) relativo allo statuto dei funzionari e al regime applicabile agli altri agenti della Comunit Economica Europea e della Comunit Europea dellEnergia Atomica (GU 45 del 14 giugno 1962, pag. 1385), in esecuzione dellart. 283 CE, prevede una specifica disciplina del trattamento pensionistico dei dipendenti di istituzioni comunitarie. 35. In particolare, lart. 11, nn. 1 e 2 dellallegato VIII dello Statuto, nella versione vigente allepoca dei fatti di cui alle cause principali, distingue due distinte ipotesi, disponendo che: 1. Il funzionario che cessa dalle sue funzioni per: entrare al servizio di un'amministrazione ovvero organizzazione nazionale o internazionale che abbia concluso un accordo con le Comunit, esercitare un'attivit subordinata o autonoma per la quale egli maturi dei diritti a pensione in un regime i cui organismi di gestione abbiano concluso un accordo con le Comunit, ha diritto di far trasferire alla cassa pensioni di tale amministrazione ed organizzazione, ovvero alla cassa presso la quale il funzionario maturi dei diritti a pensione di anzianit per la sua attivit subordinata o autonoma, l'equivalente attuariale dei suoi diritti alla pensione di anzianit maturati nelle Comunit. 2. Il funzionario che entra al servizio delle Comunit dopo: aver cessato di prestare servizio presso un'amministrazione, un'organizzazione nazionale o internazionale, ovvero aver esercitato un'attivit subordinata o autonoma, ha facolt, all'atto della sua nomina in ruolo, di far versare alle Comunit sia l'equivalente attuariale sia il forfait di riscatto dei diritti alla pensione di I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 95 anzianit maturati per le attivit suddette. In tal caso l'istituzione, presso cui il funzionario presta servizio, determina, tenuto conto del grado di inquadramento, le annualit che computa, secondo il proprio regime, a titolo di servizio prestato in precedenza sulla base dell'importo dell'equivalente attuariale o del forfait di riscatto (evidenza nostra). 36. Da tale norma si evince che il principio della totalizzazione dei contributi contemplato dal regolamento n. 1408/71 non applicabile ai dipendenti di istituzioni comunitarie, il cui regime pensionistico espressamente disciplinato dallo Statuto e si fonda sul principio del trasferimento dei diritti pensionistici dal regime comunitario al regime nazionale e viceversa . 37. Lo Statuto prevede, da un lato, il trasferimento al sistema pensionistico dello Stato membro presso il quale il dipendente ha successivamente lavorato delle contribuzioni e delle posizioni previdenziali precedentemente maturate presso listituzione comunitaria (art. 11, n. 1 dellallegato VIII dello Statuto), dallaltro, il trasferimento al sistema pensionistico comunitario delle contribuzioni precedentemente maturate nei confronti di uno Stato membro, nel caso ricorrente nella fattispecie in esame, in cui il lavoratore abbia lavorato in un istituzione comunitaria in un momento successivo (art. 11, n. 2 dellallegato VIII dello Statuto). 38. Come statuito dalla Corte di giustizia (sentenza 3 ottobre 2000, causa C-411/98, Ferlini, punto 41; sentenza del 16 dicembre 2004, C-293/03, My, punto 35) i dipendenti delle Comunit europee non possono essere considerati lavoratori ai sensi del regolamento n. 1408/71. Essi non sono infatti assoggettati ad una normativa previdenziale nazionale, come richiesto dallart. 2, n. 1 del regolamento medesimo. 39. Per contro, lo status di lavoratore migrante di un dipendente delle Comunit europee non pu dar luogo ad alcun dubbio. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, un cittadino comunitario che lavori in uno Stato membro diverso dal suo Stato di origine non perde la qualit di lavoratore ai sensi dellart. 39 n. 1 del Trattato per il fatto di occupare un impiego allinterno di unorganizzazione internazionale, anche se le condizioni per il suo ingresso e il suo soggiorno nel paese in cui occupato sono specialmente disciplinate da una convenzione internazionale (Corte di giustizia, sentenza Ferlini cit., punto 42; sentenza My cit., punto 37; sentenza 15 marzo 1989, cause riunite C- 389/87 e C-390/87, Echternach e Moritz, punto 11; sentenza 27 maggio1993, causa C-310/91, Schimd, punto 20). 40. Il principio di libera circolazione dei lavoratori di cui allart. 39 CE viene per tutelato, nel caso dei dipendenti di Istituzioni comunitarie, non gi dal regolamento n. 1408/71 bens dallo Statuto. 41. Il sistema di trasferimento dei diritti pensionistici previsto dallart. 11, n. 2 dellallegato VIII dello Statuto, consentendo un coordinamento tra i regimi pensionistici nazionali e quello comunitario, mira ad agevolare il pas- 96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 saggio dagli impieghi nazionali, pubblici o privati, allamministrazione comunitaria e a garantire in tal modo alle Comunit le maggiori possibilit di scelta di personale qualificato che abbia gi unadeguata esperienza professionale (sentenza My cit. punto 44; sentenza 20 ottobre 1981, causa C- 137/80, Commissione/Belgio, punti 11 e 12). Conclusioni 42. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il quesito affermando che gli articoli 7, 39 e 42 del Trattato e le norme pertinenti del Regolamento n. 1408/71 debbano essere interpretate nel senso che il principio della totalizzazione di tutti i periodi contributivi per il conseguimento ed il mantenimento del diritto alle prestazioni previdenziali non trovi applicazione per i dipendenti delle Istituzioni comunitarie, per i quali vige il principio del trasferimento dei diritti previdenziali dal regime nazionale a quello comunitario e vice versa, previsto dallo Statuto del personale delle Comunit europee, altrettanto idoneo a garantire il diritto alla libera circolazione dei lavoratori allinterno dellUnione. Roma, 4 dicembre 2009 Avv. Wally Ferrante I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 97 Causa C-495/09 - Materia trattata: unione doganale - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) il 2 dicembre 2009 - Nokia Corporation/Her Majesty's Commissioners of Revenue and Customs (avv. Stato W. Ferrante - AL 6804/2010 - Poteri delle autorit doganali in caso di transito di merce con marchio contraffatto proveniente e diretto ad un paese terzo, a prescindere dalla possibile imissione in commercio nel territorio dellUnione). LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE Se merci non comunitarie recanti un marchio comunitario, soggette alla vigilanza doganale in uno Stato membro e in transito da uno Stato terzo ad un altro Stato terzo, siano in grado di costituire merci contraffatte ai sensi dellart. 2, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1383/2003/CE, qualora non esistano elementi idonei a provare che tali merci saranno immesse in commercio nellUE, che sia in conformit ad una procedura doganale o per mezzo di una diversione illegittima. LE OSSERVAZIONI DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA 1. Con lordinanza [26 novembre 2009, depositata il 2 dicembre 2009 della Court of Appeal of England and Wales - Regno Unito] stato chiesto alla Corte di Giustizia dellUnione europea di pronunciarsi, ai sensi dellart. 234 del Trattato CE, sulla [suesposta] questione pregiudiziale. Fatti di causa 2. La domanda pregiudiziale trae origine dal rinvenimento, durante dei controlli aeroportuali, da parte dellautorit doganale del Regno Unito (Her Majestys Commissioners of Revenue and Customs HMRC), di una partita di merci - telefoni cellulari ed accessori - spedite da Hong Kong e dirette in Colombia, contrassegnate da marchio (NOKIA) pacificamente contraffatto. 3. Accertata la contraffazione del marchio, le autorit doganali inglesi non hanno accolto la richiesta della societ titolare del marchio contraffatto di sequestrare le merci in applicazione del regolamento (CE) n. 1383/2003 del 22 luglio 2003, relativo allintervento dellautorit doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di propriet intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti. 4. Le autorit doganali inglesi hanno infatti ritenuto di non poter applicare tali disposizioni comunitarie in assenza di elementi attestanti il fatto che i prodotti sarebbero stati immessi in commercio nellUnione Europea. 98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 La normativa comunitaria rilevante 5. La normativa comunitaria di riferimento, costituita dal citato regolamento n.1383/2003 e dal regolamento n.1891/2004, recante disposizioni di applicazione del predetto regolamento n. 1383/2003, si pone lobiettivo di consentire alle autorit doganali di bloccare le spedizioni contenenti merce contraffatta in tutti i regimi doganali (immissione in libera pratica, esportazione, riesportazione, regimi sospensivi). 6. Tale impostazione, che mira a bloccare il commercio internazionale di merci contraffatte, si evince non solo dai considerando dei due regolamenti ma anche dalle relative disposizioni. 7. Al riguardo il terzo considerando del regolamento n.1383/2003 testualmente recita: Nei casi in cui le merci contraffatte o usurpative e, in genere, le merci che violano un diritto di propriet intellettuale sono originarie o provengono dai paesi terzi, occorrerebbe vietarne lintroduzione, compreso il trasbordo, nel territorio doganale della Comunit, limmissione in libera pratica nella Comunit, il vincolo ad un regime sospensivo, il collocamento in zona franca o in deposito franco, e istituire una procedura adeguata che consenta lintervento delle autorit doganali per assicurare, il pi efficacemente possibile, il rispetto di tale divieto (evidenza aggiunta). 8. Difatti, lart. 1, n. 1, lett. b) del regolamento n.1383/2003 stabilisce le condizioni di intervento dellAutorit doganale anche nei casi in cui le merci contraffatte siano scoperte in occasione di un controllo effettuato su merci vincolate ad un regime sospensivo. 9. Lintroduzione della possibilit per le autorit doganali di intervenire anche nei regimi sospensivi giustamente motivata dalla gravit che ha assunto, a livello mondiale, il commercio di prodotti contraffatti e dalla conseguente necessit di dotare le Autorit doganali di adeguati strumenti di intervento. 10. Pertanto, a livello comunitario, stato stabilito che in presenza di una spedizione di merce contraffatta, non solo in caso di transito ma addirittura anche in caso di trasbordo, debba essere prevista la possibilit di tale intervento; la connessa e sottostante esigenza proprio quella di bloccare tale commercio illecito, che costituisce comunque una violazione di un diritto di propriet intellettuale, a prescindere dal regime doganale sottostante. 11. Pertanto, tale normativa, in un certo senso, ha assimilato, quanto a gravit, il traffico illecito di merce contraffatta al traffico illecito di sostanze stupefacenti, al traffico di armi ed al traffico di T.L.E. (tabacchi lavorati esteri), settori nei quali stata originariamente prevista la possibilit per le dogane di intervenire anche nei regimi sospensivi. 12. Ai sensi del quarto considerando del regolamento n. 1383/2003, lintervento dellautorit doganale dovrebbe essere applicato anche alle merci contraffatte o usurpative e alle merci che violano taluni diritti di propriet in- I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 99 tellettuale, che sono in procinto di essere esportate, riesportate o in uscita dal territorio doganale della Comunit(evidenza aggiunta). 13. Il quinto considerando precisa inoltre che lintervento dellautorit doganale dovrebbe consistere o nella sospensione dellimmissione in libera pratica, dellesportazione e della riesportazione delle merci sospettate di essere contraffatte o usurpative o di violare taluni diritti di propriet intellettuale, o nel blocco di tali merci quando siano vincolate ad un regime sospensivo, in zona franca o in deposito franco, in procinto di essere riesportate previa notifica, introdotte nel territorio doganale o di lasciare tale territorio per tutto il tempo necessario ad accertare se si tratti effettivamente di merci siffatte(evidenza aggiunta). 14. Daltro canto, lottavo considerando stabilisce che le procedure avviate per determinare se vi sia stata violazione di un diritto di propriet intellettuale ai sensi della normativa nazionale, si svolgono in base ai criteri utilizzati per determinare se le merci prodotte nello Stato membro interessato violino i diritti di propriet intellettuale (evidenza aggiunta). 15. Dallesame delle predette disposizioni emerge che lintervento dellAutorit doganale non condizionato dalla circostanza che sussistano elementi idonei a provare che le merci acquisteranno la posizione di merci comunitarie. 16. Tale condizione non richiesta, n esplicitamente, n implicitamente dalle disposizioni del regolamento n. 1383/2003. 17. Argomentando a contrario e, cio, subordinando lintervento da parte delle dogane allesistenza di indizi che facciano presupporre la volont da parte del proprietario di immettere in commercio i prodotti contraffatti in uno degli Stati membri (nel quale il marchio gode di tutela), si finirebbe, in sostanza, per legittimare tale traffico illecito, che poi proprio quello che la disciplina comunitaria intende contrastare. 18. LAutorit doganale britannica ha tratto tale convincimento dalla definizione contenuta nellart. 2, par. 1, lettera a) del regolamento n. 1383/2003, in base al quale sono merci contraffatte i) merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della normativa comunitaria, quali previsti dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui presentata la domanda per lintervento delle autorit doganali (evidenza aggiunta) nonch ii) qualsiasi segno distintivo e iii) gli imballaggi recanti marchi delle merci contraffatte presentati separatamente che si trovino nella stessa situazione di cui al punto i). 100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 19. A loro volta, lart. 9 del regolamento (CE) n. 40/94 sul marchio comunitario e lart. 5 della direttiva 89/104/CEE sul riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa (di analogo contenuto) prevedono che il titolare di un marchio registrato ha il diritto di vietare a terzi di usare tale marchio nel commercio. 20. Secondo limpostazione dellautorit doganale britannica, dal momento che le merci in transito non vengono poste in commercio, viene applicato il conseguente sillogismo che non sarebbero, in quanto tali, neanche contraffatte. Sul quesito posto alla Corte 21. Il giudice remittente ha sollevato la questione pregiudiziale dando atto dellesistenza di due diversi orientamenti interpretativi della Corte di Giustizia in materia. 22. Infatti, in alcune pronunce (sentenza 6 aprile 2000, causa C-383/98 Polo/Lauren e sentenza 7 gennaio 2004, causa C-60/02 Montres Rolex), la Corte di giustizia ha affermato che il previgente regolamento n. 3295/94 del Consiglio del 22 dicembre 1994 relativo allintervento dellautorit doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di propriet intellettuale (precedente rispetto a quello ora vigente ma sostanzialmente analogo nei contenuti) doveva considerarsi applicabile anche alle merci in transito, con riferimento alle quali non vi fossero elementi specifici attestanti la possibile immissione in commercio nel territorio dellUE, mentre in altre decisioni (sentenza del 9 novembre 2006, causa C-281/05 Montex; sentenza del 18 ottobre 2005, causa C-405/03, Class International e sentenza del 23 ottobre 2003, causa C-115/02, Rioglass) la Corte ha affermato lapplicabilit del previgente regolamento, con conseguente potere di sequestrare le merci contraffatte, solo nellipotesi in cui il prodotto fosse suscettibile di essere immesso in commercio nello Stato membro nel quale era assicurata tutela. 23. Al riguardo, deve essere evidenziato che nella causa C-383/98, Polo/Lauren, le merci contraffatte, rinvenute in Austria, provenivano da un Paese terzo (Indonesia) ed erano destinate ad altro Stato allora terzo (Polonia), senza che dalla lettura dei fatti di causa, possa emergere che la Corte di giustizia abbia fondato la propria decisione sulla possibilit di immissione in commercio delle merci allinterno dellU.E.. 24. Anzi al punto 26 della richiamata sentenza, la Corte si espressamente occupata della possibilit di applicare il regolamento comunitario a merci contraffatte in transito da e per paesi terzi, chiarendo che lespressione regime sospensivo delle merci indica in particolare il transito esterno, cio un regime doganale che consente la circolazione da un punto ad un altro del territorio doganale della Comunit di merci non comunitarie senza che queste merci siano assoggettate a dazi allimportazione e agli altri tributi del codice doga- I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 101 nale comunitario. 25. La Corte ha espressamente affermato lapplicazione delle disposizioni comunitarie in tale ipotesi (punto 27), in quanto il transito esterno di merci non comunitarie non unattivit esterna al mercato interno e questa operazione pu aver unincidenza sul mercato interno in quanto merci contraffatte vincolate al regime di transito esterno rischiano di essere fraudolentemente introdotte nel mercato comunitario(punto 34). 26. Tale principio a maggior ragione applicabile alla fattispecie se si considera che il titolare del diritto di propriet intellettuale, che nel caso Polo/Lauren era non comunitario, nel caso della causa principale comunitario, essendo la NOKIA una societ finlandese. 27. Anche nella sentenza Montres Rolex (causa C-60/02) la Corte ha affermato che il previgente regolamento era applicabile al caso in cui merci in transito fra due Stati che non sono membri della Comunit europea sono provvisoriamente bloccate dalle autorit doganali di uno Stato membro (punto 64), facendo salva tuttavia la legislazione nazionale in materia di sanzioni penali, rette dal principio della certezza del diritto e della irretroattivit (punto 61) 28. Nelle sentenze in cui sembra essere stato affermato un principio contrario, in particolare nella causa C-281/05, Montex, dalla lettura dei fatti di causa, emerge che le merci lesive di un diritto di marchio nello Stato membro nel quale erano state rinvenute (Germania), erano pacificamente dirette in un diverso Stato membro (Irlanda) nel quale il titolare del marchio non poteva godere di un analogo diritto di esclusiva. 29. Quanto alla causa C-405/03, Class International, risulta che, in quel caso, le merci provenienti dal Sud Africa ed in transito in Olanda, dopo essere state sospettate di contraffazione, si erano poi rivelate originali. 30. Analoga situazione rinvenibile nella causa C-115/02, Rioglass in cui la Corte si occupata di merci legalmente fabbricate in uno Stato membro (Spagna) e destinate, dopo essere transitate nel territorio di un altro Stato membro (Francia), ad essere immesse in commercio in un Paese allepoca terzo (Polonia). 31. La fattispecie della causa principale riguarda invece un caso di accertata contraffazione e sembra essere piuttosto riconducibile al caso analizzato nella causa C-383/98, Polo/Lauren. 32. Deve, inoltre, rilevarsi che se la ratio del regolamento n. 1383/2003 quella di vietare lintroduzione, compreso il trasbordo, nel territorio doganale della Comunit, limmissione in libera pratica nella Comunit, il vincolo ad un regime sospensivo, di merci contraffatte o usurpative (terzo considerando) assicurando lintervento dellautorit doganale anche sulle merci contraffatte o usurpative e sulle merci che violano taluni diritti di propriet intellettuale, che sono in procinto di essere esportate, riesportate o in uscita dal territorio doganale della Comunit (quarto considerando), una interpretazione della di- 102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 sciplina comunitaria, che richieda laccertamento del rischio che le merci contraffatte vengano immesse nel territorio comunitario per applicare il blocco delle merci stesse, non garantirebbe il perseguimento delle finalit della norma. 33. Peraltro, deve essere rilevato che la commercializzazione anche in paesi terzi di merci contraffatte comunque idonea a ledere il mercato interno, se si considera che la immissione in commercio di tali merci sar presumibilmente causa di una diminuzione della domanda di merci originali, con intuibili conseguenze sulla produzione e diffusione delle merci originali. 34. Infatti, solo uninterpretazione non restrittiva della disciplina comunitaria, pu costituire un valido deterrente alla commercializzazione di merci contraffatte e garantire il pieno conseguimento degli obiettivi esposti nei considerando del regolamento. 35. A tale proposito, non pu che ribadirsi come il carattere contraffatto o meno di una merce non pu derivare dalla possibilit che la stessa sia messa in commercio, essendo invece necessario attenersi alla definizione di merce contraffatta contenuta nei regolamenti n.1383/2003 e n.1891/2004. 36. Come si visto, dalla lettura del terzo considerando del regolamento n. 1383/2003, si evince che la ratio del regolamento quella di attribuire allautorit doganale il potere di bloccare e sequestrare le merci contraffatte sia quando esse siano immesse in libera pratica, sia in caso di mero transito attraverso uno Stato membro. 37. Non essenziale ai fini del sequestro, pertanto, lesistenza di elementi idonei a provare che le merci in transito acquisteranno la posizione di merci comunitarie in quanto il transito delle merci contraffatte attraverso Stati membri, per essere esportate verso un altro Paese terzo, comporta il rischio generalizzato che tali merci siano fraudolentemente introdotte nel mercato comunitario. 38. Occorre sottolineare, inoltre, che lottavo considerando del citato regolamento sancisce il principio del Manufacturing Fiction (finzione della produzione), in base al quale lautorit doganale e, di conseguenza i tribunali, al fine di valutare se le merci violino o meno diritti di propriet intellettuale, devono considerarle come se fossero prodotte nel territorio dello Stato in cui sono state sottoposte a fermo. 39. Pertanto il Governo italiano ritiene che il regolamento n. 1383/2003 sia applicabile anche qualora non esistano elementi idonei a provare che le merci contraffatte, in transito da un Paese terzo ad altro Paese terzo, saranno immesse nel commercio UE. Conclusioni 40. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il quesito affermando che merci non comunitarie recanti un marchio comunitario, soggette alla vigilanza doganale in uno Stato membro e in transito da uno Stato I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 103 terzo ad un altro Stato terzo, costituiscono merci contraffatte ai sensi dellart. 2 n. 1, lett. a), del regolamento n. 1383/2003/CE, anche qualora non esistano elementi idonei a provare che tali merci saranno immesse in commercio nellUE, che sia in conformit ad una procedura doganale o per mezzo di una diversione illegittima. Roma, 31 marzo 2010 Avv. Wally Ferrante 104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Causa C-20/10 - Materia trattata: politica sociale - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Trani (Italia) il 13 gennaio 2010 -Vino Cosimo Damiano/Poste Italiane SpA (avv. Stato W. Ferrante - AL 18447/10). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se la clausola n. 8.3 dell'Accordo Quadro recepito dalla Direttiva 1999/70/CE osta ad una disciplina interna (come quella dettata dall'art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. 368/2001), che, in attuazione della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalla CES, dall'UNICE e dal CEF, abbia introdotto nell'ordinamento interno una fattispecie acausale per l'assunzione a termine dei dipendenti della s.p.a. Poste Italiane; 2) se per giustificare una reformatio in peius della precedente normativa in tema di contratto a tempo determinato e perch non operi il divieto di cui alla clausola n. 8.3 dell'accordo quadro recepito dalla Direttiva 1999/70/CE sia sufficiente il perseguimento da parte del legislatore interno di un qualsiasi obiettivo, purch diverso da quello di dare attuazione alla richiamata Direttiva, o se sia necessario che questo obiettivo non solo sia meritevole di una tutela quantomeno equivalente a quello penalizzato, ma sia anche espressamente dichiarato; 3) se la clausola n. 3.1 dell'Accordo Quadro recepito dalla Direttiva 1999/70/CE osta ad una disciplina interna (come quella dettata dall'art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. 368/2001), che, in attuazione della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalla CES, dall'UNICE e dal CEP abbia introdotto nell'ordinamento interno una fattispecie acausale per l'assunzione a termine dei dipendenti della S.p.a. Poste Italiane; 4) se il principio generale di non discriminazione e di uguaglianza comunitario osta ad una disciplina interna (come quella dettata dall'art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. 368/2001), che, in attuazione della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalla CES, dall'UNICE e dal CEP abbia introdotto nell'ordinamento interno una fattispecie acausale che penalizzi i dipendenti della S.p.a. Poste Italiane, nonch, rispetto a questa Societ, anche altre imprese dello stesso o di altro settore; 5) se gli artt. 82, comma 1, e 86, commi 1 e 2, del Trattato CE ostano ad una disciplina interna (come quella dettata dall'art. 2, comma 1 bis, del D. Lgs. 368/2001), che, in attuazione della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalla CES, dall'UNICE e dal CEP ha introdotto nellordina- I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 105 mento interno una fattispecie acausale a beneficio della sola S.p.a. Poste Italiane (impresa con capitale interamente pubblico), realizzando unipotesi di sfruttamento di posizione dominante; 6) nel caso in cui le precedenti questioni vengano risolte affermativamente, se il Giudice nazionale sia tenuto a disapplicare (o a non applicare) la normativa interna contrastante con il diritto comunitario. LE OSSERVAZIONI DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA 1. Con lordinanza [del 23 novembre 2009, depositata il 25 novembre 2009 del Tribunale di Trani in funzione del Giudice del lavoro - Italia] stato chiesto alla Corte di Giustizia dellUnione europea di pronunciarsi, ai sensi dellart. 267 TFUE, sulle [suesposte] questioni pregiudiziali. Fatti di causa 2. La domanda pregiudiziale trae origine da una controversia instaurata nel 2009 da un lavoratore nei confronti di Poste italiane S.p.A. avente ad oggetto laccertamento dellillegittimit del termine apposto al contratto di lavoro sottoscritto il 28 marzo 2008 ai sensi dellart.2, comma 1 bis del d.lgs. n. 368/2001. 3. In forza di detto contratto, il lavoratore ha lavorato con la qualifica di portalettere junior dal 1 aprile 2008 al 31 maggio 2008. La normativa comunitaria rilevante 4. La direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa allaccordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato premette, nel suo terzo considerando: il punto 7 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce tra l'altro che la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunit europea. Tale processo avverr mediante il ravvicinamento di tali condizioni, che costituisca un progresso, soprattutto per quanto riguarda le forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro interinale e il lavoro stagionale (evidenza nostra). 5. Al quinto considerando, la predetta direttiva, ricorda che le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessit di provvedimenti per incrementare l'intensit occupazionale della crescita, in particolare mediante un'organizzazione pi flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitivit (evidenza nostra). 6. Il sesto considerando della citata direttiva sottolinea inoltre che la risoluzione del Consiglio del 9 febbraio 1999 relativa agli orientamenti in ma- 106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 teria di occupazione per il 1999 invita le parti sociali a tutti i livelli appropriati a negoziare accordi per modernizzare l'organizzazione del lavoro, comprese forme flessibili di lavoro, al fine di rendere le imprese produttive e competitive e di realizzare il necessario equilibrio tra la flessibilit e la sicurezza (evidenza nostra). 7. Laccordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo, laccordo quadro), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE, prevede, nel suo preambolo: il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realt specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali (evidenza nostra). 8. La clausola 3 dellaccordo quadro prevede che l'apposizione del termine deve essere determinata "da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico". 9. La clausola 8 dellaccordo quadro dispone che "gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni pi favorevoli per i lavoratori", ma "che l'applicazione dell'accordo non costituisce un motivo valido per ridurre il livello di tutela offerto al lavoratore nell'ambito coperto dall'accordo". 10. Ai sensi dellart. 2, primo comma, della direttiva 1999/70/CE, gli Stati membri erano tenuti a mettere in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi ad essa entro il 10 luglio 2001. La normativa nazionale 11. Con legge 29 dicembre 2000, n. 422, recante disposizioni per ladempimento degli obiettivi derivanti dallappartenenza dellItalia alle Comunit europee legge comunitaria 2000, il legislatore nazionale ha delegato il governo italiano ad emanare i decreti legislativi necessari per recepire le direttive comunitarie di cui agli allegati A e B di tale legge. Nellallegato B in particolare menzionata la direttiva 1999/70/CE. 12. Lart. 2, n. 1, lett. b), della legge n. 422 del 2000 dispone in particolare che, per evitare disarmonie con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, saranno introdotte le occorrenti modifiche o integrazioni alle discipline stesse , e la stessa disposizione, alla lett. f), prevede che i decreti legislativi assicureranno in ogni caso che, nelle materie trattate dalle direttive da attuare, la disciplina disposta sia pienamente conforme alle prescrizioni delle direttive medesime. 13. La delega stata attuata dal Governo italiano con ladozione del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa allaccordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dallUNICE (Unione delle confederazioni delle industrie della Comunit I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 107 europea), dal CEEP (centro europeo dellimpresa a partecipazione pubblica) e dal CES (Confederazione europea dei sindacati). 14. Lart. 1, n. 1, del decreto legislativo n. 368 del 2001 dispone che ҏ consentita lapposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attivit del datore di lavoro (la parte in evidenza stata aggiunta dallart. 21 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria). Lart. 1, comma 2 prevede che lapposizione del termine priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1. Al comma 1 stato premesso dallart. 1, comma 39 della legge 24 dicembre 2007, n. 247 (legge finanziaria 2008) il seguente periodo: Il contratto di lavoro subordinato stipulato di regola a tempo indeterminato. 15. L'art. 2 del d.lgs. n. 368 stabilisce che "E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato quando l'assunzione sia effettuata da aziende di trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aeroportuali ed abbia luogo per lo svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell'organico aziendale che, al 1 gennaio dell'anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito ai servizi sopra indicati. Negli aeroporti minori detta percentuale pu essere aumentata da parte delle aziende esercenti i servizi aeroportuali, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro, su istanza documentata delle aziende stesse. In ogni caso, le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente articolo. 16. La previsione riportata ripete pedissequamente la formula gi usata nella lettera f) del c. 2, dell'art. 1 della legge n. 230/1962, introdotta dall'articolo unico della legge 25 marzo 1986, n. 84 che elencava le condizioni legittimanti l'assunzione a termine nelle aziende di trasporto aereo o esercenti i servizi aeroportuali. 17. Si deve anche rilevare come la previsione di cui all'articolo 2 del d.lgs. 368/2001 non sia l'unica nella quale viene consentito il ricorso al lavoro a termine indipendentemente dalla prova di una ragione di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. 18. Altre ipotesi sono: - le assunzioni a termine nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, 108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 per l'esecuzione di speciali servizi non superiori a tre giorni ai sensi dell'art. 10, c. 3 d.lgs. 368/2001; - le assunzioni di dirigenti, ammesse con il limite massimo di durata di cinque anni e senza obbligo di forma scritta in quanto fattispecie contrattuali unicamente soggette alle disposizioni degli artt. 6 e 8 (art. 10, c. 4 d.lgs. 368/2001); - la prosecuzione del lavoro del personale dipendente che abbia differito il pensionamento di anzianit ai sensi della legge n. 388/2000 art. 75 (art. 10, e 6 d.lgs. 368/2001); - le assunzioni di lavoratori in mobilit, ex art. 8 c. 2,1. n. 223/1991; - le assunzioni dei disabili ex art. 11 legge n. 68/1999. 19. Il comma 1 bis dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 368/2001 estende il campo di applicazione del primo comma. Esso stabilisce, infatti, che: "le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l'assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale, riferito al 1 gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente comma". 20. Per quanto riguarda la disciplina del settore postale in Italia, occorre precisare che, inizialmente, i servizi di cui all'art. 1 del codice postale erano forniti dall'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni; l'art. 1 del decreto legge 1 dicembre 1993, n. 487 (Trasformazione dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del Ministero), convertito in legge, con modificazioni, con la legge 29 gennaio 1994, n. 71, ha trasformato l'Amministrazione in un ente pubblico economico denominato "Ente Poste Italiane". 21. Successivamente, in base alla previsione gi contenuta nel c. 2 dello stesso art. 1 del decreto legge n. 487 del 1993, con la deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica 18 dicembre 1997, n. 244, l'Ente Poste Italiane stato trasformato, a decorrere dal 28 febbraio 1998, in una societ per azioni denominata "Poste Italiane Spa". Tutte le azioni di quest'ultima sono state attribuite al Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica. 22. Pur dopo la privatizzazione, la societ Poste Italiane ha continuato a svolgere - in ossequio agli obblighi imposti dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71 - determinate funzioni eminentemente pubblicistiche, e cio servizi non oggettivamente postali. 23. L'art. 2 della legge n. 71/94, relativo all'attivit di Poste Italiane, prevede che questa svolga le attivit e i servizi determinati nello statuto e nel con- I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 109 tratto di programma che deve essere concluso tra il Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni ed il Presidente di Poste Italiane. 24. L'art. 6 del contratto di programma concluso nel 1995 stabilisce: "Ferma la garanzia da parte [di Poste Italiane] di assicurare lo svolgimento dei servizi universali, riservati o non, [...] su tutto il territorio nazionale, [Poste Italiane] individuer i piccoli uffici postali periferici operanti in zone remote che non garantiscono condizioni di equilibrio economico, predisponendo per essi interventi di razionalizzazione della gestione tali da garantire la progressiva riduzione della perdita di gestione imputabile a ciascuno. Sulla base del principio di distinzione fra le funzioni imprenditoriali e le funzioni sociali [di Poste Italiane], le parti determineranno entro 3 mesi dalla chiusura di ciascun esercizio, l'entit degli obblighi di servizio universale derivanti dal mantenimento degli uffici predetti. A tal fine dovranno essere considerati per ciascun piccolo ufficio esclusivamente i costi diretti o indiretti, determinati su base consuntiva, di univoca imputabilit all'ufficio stesso a fronte dei quali non risultino ricavi derivanti dall'attivit del medesimo [...] Ove lo Stato stabilisca a carico [di Poste Italiane] comportamenti da cui scaturiscano oneri impropri ovvero l'applicazione di tariffe particolari esso provveder comunque ad assicurare la copertura delle spese o dei mancati ricavi [di Poste Italiane]". 25. Al fine di garantire "eque condizioni di concorrenza rispetto alle tariffe praticate per analoghi servizi dalle aziende concorrenti", Poste Italiane si impegnata, all'art. 11 dello stesso contratto di programma, ad adottare un sistema di contabilit su conti separati destinato a "consentire in particolare la verifica dell'insussistenza di sussidi incrociati tra i servizi riservati a favore di quelli non riservati nonch di pratiche discriminatorie". 26. Tale obbligo stato confermato dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, relativa a misure di razionalizzazione delle finanze pubbliche, il cui art. 2, n. 19, ultimo periodo, stabilisce: " fatto obbligo all'ente di tenere registrazioni contabili separate, isolando in particolare i costi e i ricavi collegati alla fornitura dei servizi erogati in regime di monopolio legale da quelli ottenuti dai servizi prestati in regime di libera concorrenza". 27. L'art. 41 del codice postale stato abrogato dal decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, che entrato in vigore il 6 agosto 1999 e che ha dato attuazione nell'ordinamento italiano alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 dicembre 1997, 97/67/CE, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari ed il miglioramento della qualit del servizio. 28. In base allart. 1 della direttiva 97/67/CE, "La presente direttiva fissa le regole comuni concernenti: - la fornitura di un servizio postale universale nella Comunit; - i criteri che definiscono i servizi che possono essere riservati ai fornitori del servizio universale e le condizioni relative alla fornitura dei servizi non 110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 riservati; - i principi tariffari e la trasparenza contabile per la fornitura del servizio universale; - la fissazione di norme di qualit per la fornitura del servizio universale e la creazione di un sistema che garantista il rispetto di queste norme; - l'armonizzazione delle norme tecniche; - la creazione di autorit nazionali di regolamentazione indipendenti. 29. L'art. 9, n. 4, della direttiva 97/67/CE prevede che, per garantire la salvaguardia del servizio universale come definito all'art. 3, gli Stati membri possono istituire un fondo di compensazione, che destinato a indennizzare il fornitore del servizio universale per gli oneri finanziari non equi che ad esso derivano dalla fornitura di tale servizio. Tale fondo pu essere finanziato mediante contributi di operatori autorizzati a fornire servizi non riservati, indipendentemente dalla loro appartenenza o meno al servizio universale. 30. Inoltre, l'art. 14 della direttiva 97/67/CE obbliga gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire che, entro due anni dalla data della sua entrata in vigore, i fornitori del servizio universale operino, nella loro contabilit interna, una separazione tra i diversi servizi riservati ed i servizi non riservati. 31. Come risulta dal ventottesimo considerando della direttiva 97/67/CE, questa separazione contabile ha come finalit di rendere trasparenti i costi effettivi dei vari servizi e di evitare che sovvenzioni incrociate dal settore riservato al settore non riservato possano alterare sfavorevolmente le condizioni di concorrenza in quest'ultimo settore. 32. Occorre poi evidenziare che, con l'art. 23 comma 2, d.lgs. 261/1999, stato formalizzato l'affidamento a Poste Italiane della concessione relativa al Servizio Universale di durata quindicinale (decorrente dal 6 agosto 1999), con successiva conferma da parte del Decreto Ministeriale 17 aprile 2000. 33. Il quadro sin qui delineato gi lascia intendere la rilevanza pubblicistica e sociale delle funzioni affidate alla societ Poste Italiane e quindi la posizione peculiare rivestita, nel sistema, dalla stessa, sia per l'aspetto soggettivo (esclusiva partecipazione statale), sia per l'innegabile rilevanza pubblica del servizio postale universale reso. 34. In particolare, quanto a quest'ultimo profilo, gli attributi di necessaria continuit, capillarit, qualit ed economicit del servizio affidato connotano, in maniera decisiva ed esclusiva il medesimo, ben giustificando un trattamento normativo a s stante nel contesto ordinamentale. 35. Si consideri, infatti, che l'art. 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, recante norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, alla lett. e) del c. 2, inserisce nel proprio ambito applicativo anche i servizi relativi alle "poste", in quanto riguardanti "la libert di comunicazione". I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 111 36. Inoltre, come si visto, Poste Italiane tenuta a mantenere strutture organizzative periferiche anche se diseconomiche, in adempimento delle proprie "funzioni sociali". 37. Non pu negarsi, allora, che ci trova dinanzi ad un soggetto in posizione non equiparabile ad ogni altro imprenditore privato operante sul mercato, con la conseguente razionalit, ed anzi necessit, di una sottodisciplina mirata. 38. Nel contesto ora delineato, il ricorso ai contratti a termine, storicamente, stato determinato dalla necessit di mantenere inalterato il flusso dei servizi postali, anche durante i periodi di ferie o di assenza a qualsiasi titolo del personale, come del resto avveniva nel corso del previgente regime pubblicistico, senza per determinare quel permanente appesantimento di bilancio e quella rigidit gestionale derivanti da un eventuale aumento, non necessario ma definitivo, dell'organico. 39. La ratio del comma 1 bis dell'art. 2 del decreto legislativo n. 368/2001 in esame risiede evidentemente, in primo luogo, in ragioni di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica, come attesta la stessa collocazione nella legge finanziaria 2006 (Legge 23 dicembre 2005, n. 266), cio in una legge contenente istituzionalmente "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato". 40. Nella stessa legge, peraltro, sono contenute altre disposizioni che, parallelamente e per altri profili, proprio in considerazione dell'essenza pubblicistica della propriet e delle funzioni attribuite, si preoccupano di salvaguardare l'equilibrio finanziario e gestionale della societ Poste Italiane. 41. In particolare, al comma 31, del medesimo art. 1 si prevede che "Il Ministero dell'economia e delle finanze e Poste italiane Spa determinano con apposita convenzione i parametri di mercato e le modalit di calcolo del tasso da corrispondere a decorrere dal 1 gennaio 2005 sulle giacenze dei conti correnti in essere presso la tesoreria dello Stato sui quali affluisce la raccolta effettuata tramite conto corrente postale, in modo da consentire una riduzione di almeno 150 milioni di euro rispetto agli interessi a tale titolo dovuti a Poste italiane Spa dall'anno 2005". 42. Inoltre, al successivo comma 96 si dispone che "ai fini dell'applicazione del contratto di programma 2003-2005 tra il Ministero delle comunicazioni, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze per quanto attiene gli aspetti finanziari, e Poste italiane Spa, in relazione agli obblighi del servizio pubblico universale per i recapiti postali, il Ministero dell'economia e delle finanze autorizzato a corrispondere a Poste italiane Spa l'ulteriore importo di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008". L'intenzione di fondo della Finanziaria 2006, sul punto, stata quella di predisporre misure di supporto finanziario o di contenimento di spesa, convergenti verso l'obiettivo di preservare, mediante interventi statali diretti, l'equilibrio 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di bilancio di Poste Italiane. 43. Quanto alla genesi storico-politica contingente del comma 558 dell'articolo 1 della Finanziaria 2006 (che ha appunto introdotto il comma 1 bis dell'articolo 2 del d.lgs. 368/2001), sistematicamente correlato con le norme test riportate, vanno tenuti presenti i seguenti dati storici: - l'esistenza di un vastissimo contenzioso in tema di assunzioni a termine da parte di Poste Italiane, con insorgenza di costi non preventivati ed incertezze gestionali; - la perdurante oggettiva necessit di risorse umane, pur quantitativamente limitate, ma comunque disponibili ratione temporis (punte o assenteismo stagionali) o per flessibilit pura, in connessione con la natura dei servizi; - linsostenibilit finanziaria dell'aggravio di quei costi fissi conseguenti all'eventuale ridimensionamento incrementativo in via definitiva della pianta stabile; - la non necessariet di aumento fisso del personale, col pericolo (gi concretizzatosi nella fase di trasformazione) di eccedenze ed esuberi. 44. Invero, le peculiari condizioni, non completamente comparabili con quelle di un normale imprenditore privato, in cui le Poste sono chiamate ad operare, sia per quanto riguarda il contenuto dei servizi sia per quanto riguarda l'autonomia e l'ambito delle scelte, ben giustificano sottodiscipline di settore; queste ultime, peraltro, in quanto rispondenti ad obiettive esigenze di interesse pubblico e sociale, portano ad escludere la lesione del principio di eguaglianza (che viene paventata con il quesito sub d) della ordinanza di rimessione del Giudice del Lavoro di Trani), con riguardo alla diversit di trattamento introdotta sia tra i lavoratori di Poste Italiane e gli altri lavoratori del settore privato, sia tra i lavoratori della predetta societ assunti con le diverse clausole utilizzabili. 45. La Corte costituzionale, chiamata gi in passato a pronunciarsi su questioni di legittimit costituzionale riguardanti norme che ponevano limitate deroghe ai principi della legge n. 230 del 1962 ha affermato che "rientra nella discrezionalit del legislatore, insindacabile se non risulti esercitata in modo irrazionale ed arbitrario, la scelta di quei settori relativamente ai quali, stanti le loro peculiari caratteristiche ed esigenze nonch la necessit di soddisfazione delle pi impellenti e pressanti finalit occupazionali specie giovanili, possa ragionevolmente disporsi una deroga al principio sancito dalla l. n. 230 del 1962" (ordinanza n. 347 del 1988). 46. La legittimit costituzionale di discipline differenziate del lavoro a termine, giustificate dalle peculiari caratteristiche dei singoli rapporti di lavoro, stata quindi gi riconosciuta dalla Corte costituzionale italiana (sentenza n. 80 del 1994, ordinanza n. 347 del 1988, cit.) ed ha costituito, in particolare, uno dei fulcri argomentativi della ritenuta legittimit costituzionale dellart. 9, comma 21, ultimo periodo, del decreto legge 1 ottobre 1996, n. 510 (Di- I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 113 sposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito nella legge 28 novembre 1996, n. 608, secondo cui "le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato effettuate dall'ente Poste Italiane, a decorrere dalla data della sua costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997, non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto". 47. In tale occasione, la Corte costituzionale osserv appunto che " sufficiente osservare che l'ente Poste Italiane ha operato in regime di concorrenza limitatamente ai servizi di tipo non universale e non riservato, restando peraltro obbligato - in base all'art. 1, c. 3, del contratto di programma del 17 gennaio 1995 - ad assicurare la prestazione, espressamente qualificata nello stesso Contratto di programma come prioritaria, di tutti i servizi universali e riservati, gi svolti dall'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni. Non sussistendo, dunque, nell'ambito dei servizi postali, una situazione di piena concorrenza, deve conseguentemente escludersi che la deroga apportata dalla norma denunciata alla disciplina dei contratti di lavoro a termine, limitatamente a quelli stipulati dall'ente Poste Italiane, possa considerarsi in contrasto con la libert di iniziativa economica privata sancita dall'art. 41 Cost". Quesito sub 1): In merito alla asserita "acausalit" dell'art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 368/2001 48. L'ordinanza del Tribunale remittente fondata sul presupposto per cui il legislatore italiano, abbia introdotto con il decreto legislativo n. 368/2001 - anzi, pi correttamente, con la legge 23 dicembre 2005, n. 266 che ha novellato il citato decreto legislativo n. 368 - "una fattispecie 'acausale' per l'assunzione a termine dei dipendenti della s.p.a. Poste Italiane". 49. In proposito, si deve evidenziare come la disposizione in esame introdotta dalla Finanziaria 2006 sia giustificata da evidenti esigenze produttive di carattere eccezionale, pur se riferite all'attivit ordinaria del settore postale. 50. La tipizzazione di una causale valida di assunzione a termine non fa altro che cristallizzare nel diritto positivo fenomeni riconosciuti come consolidati ed ineliminabili nella realt dei rapporti giuridici e nelle pronunce giurisprudenziali che, gi sotto il vigore della legge n. 230/1962, erano giunte a ritenere sussistenti in concreto certe causali di assunzione a termine sulla base della "comune esperienza" (ex multis, Corte di cassazione n. 276/1990). 51. Infatti, oltre alle citate e contingenti esigenze finanziarie, si deve prendere atto che per Poste Italiane S.p.a. necessario, in maniera ineludibile, poter disporre di un certo numero di risorse umane a tempo determinato per fronteggiare l'imprevedibilit delle concrete vicende gestionali, e ci durante tutto il corso dell'anno e massimamente nel periodo estivo. 52. La scelta legislativa, risulta, dunque, in radice assolutamente giusti- 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 ficata, ed anzi apprezzabile, sul piano del senso comune e della logica, rispondendo a criteri di razionalizzazione dell'assetto complessivo dell'impresa, risultando realmente funzionale a scongiurare, nell'immediato e per singoli settori, scompensi contingenti cui potrebbe essere contraddittorio, diseconomico ed irragionevole provvedere con assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, e ci sempre rimarcando la rilevanza sociale delle funzioni assicurate dalla societ. 53. Pertanto, mentre nell'articolo 1, con l'uso di una categoria riassuntiva (clausola generale), la legge ha lasciato all'autonomia contrattuale dei privati la concretizzazione delle ragioni per la contingente assunzione a termine, nell'art. 2, all'opposto, la stessa ha tipizzato una volta per tutte un'ipotesi, qualificata in via astratta e generale come giustificativa dell'apposizione di un termine finale. 54. In tale direzione, all'art. 2 sono fissati, in maniera rigida e tassativa, requisiti soggettivi (qualit del soggetto datore di lavoro) ed oggettivi (sia di tipo teleologico/mansionistico. sia di tipo temporale e quantitativo), che servono a tratteggiare una fattispecie astratta gi qualificata come giustificativa dell'assunzione a termine. Corollario ne che, quando ricorrono i presupposti indicati, automaticamente e certamente "consentita l'apposizione di un termine". 55. In realt, le ipotesi di lavoro a termine dell'art. 1 e dell'art. 2 si differenziano non per il requisito causalistico (in ambedue presente), ma solo per la tecnica normativa utilizzata: nell'articolo 1 l'uso di categorie riassuntive e concetti giuridici indeterminati, quindi l'atipicit delle fattispecie, controbilanciata dal controllo giudiziale intrinseco veicolato attraverso oneri formali specifici e pregnanti; nell'articolo 2, l'uso di formule normative tassative e dettagliate limita il ruolo del giudice al controllo esteriore della mera sussumibilit del caso concreto nellambito della fattispecie normativa e rende, quindi, superflui ulteriori oneri formali. 56. Infatti, a differenza dei casi atipici di cui all'art. 1, dove la indeterminatezza delle ipotesi richiede la correlata "specificazione" scritta delle ragioni contingenti investite (per consentire il controllo giudiziale causalistico), nel caso che interessa le ragioni sono in realt gi contenute nella norma di legge. 57. Pertanto, in sede contrattuale, non assolutamente necessaria l'indicazione di ulteriori causali concrete, rimanendo ben sufficiente il mero richiamo alla fattispecie di legge. 58. Detta soluzione - in relazione all'altra ipotesi contemplata dall'articolo 2 del d.lgs. 368/2001 e cio in relazione al trasporto aereo - stata immediatamente sposata anche dal Ministero del Lavoro il quale nella Circolare 1 agosto 2002, n. 42 (in G.U. 13 agosto 2002, n. 189) ha chiarito che, nel caso del trasporto aereo, "non richiesta la sussistenza di specifiche ragioni n, ovviamente, la relativa indicazione nel contratto". I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 115 59. In particolare, osserva il Ministero "le imprese di quel settore possono utilizzare tale tipologia contrattuale nei limiti di tempo prescritti dalla legge senza pur tuttavia essere tenute a specificarne le motivazioni. Ci si spiega in ragione del fatto che il settore in esame e caratterizzato da ciclici e ricorrenti incrementi di produttivit che il legislatore ha inteso codificare. Non escluso, peraltro, che le stesse imprese si avvalgano della norma generale di cui all'art. 1 per ulteriori necessit di implementazione temporanea dell'organico in periodi diversi e/o maggiori di quelli stabiliti dalla disposizione in esame, la quale - opportuno rilevarlo - non opera in via esclusiva ma limitata a sopperire alle sole implementazioni stagionali del settore che sono ritenute strutturali". 60. La chiusura e la tenuta del sistema sono, poi, assicurate dal controllo sindacale finale, veicolato attraverso gli obblighi di informazione prescritti dalla norma, nel rispetto della clausola di contingentamento. 61. La correttezza di tali argomentazioni stata confermata, da ultimo, dalla stessa Corte Costituzionale che, con la sentenza 19 luglio 2009. n. 214 ha giudicato infondata la questione di legittimit costituzionale dell'articolo 2, comma 1 bis del decreto legislativo n. 368/2001. 62. La Corte Costituzionale ha in proposito affermato che "la norma censurata costituisce la tipizzazione legislativa di un'ipotesi di valida apposizione del termine. Il legislatore, in base ad una valutazione - operata una volta per tutte in via generale e astratta - delle esigenze delle imprese concessionarie di servizi postali di disporre di una quota (15 per cento) di organico flessibile, ha previsto che tali imprese possano appunto stipulare contratti di lavoro a tempo determinato senza necessit della puntuale indicazione, volta per volta, delle ragioni giustificatrici del termine. Tale valutazione preventiva ed astratta operata dal legislatore non manifestamente irragionevole. Infatti, la garanzia alle imprese in questione, nei limiti indicati, di una sicura flessibilit dell'organico, direttamente funzionale all'onere gravante su tali imprese d assicurare lo svolgimento dei servizi relativi alla raccolta, allo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali, nonch la realizzazione e l'esercizio della rete postale pubblica i quali costituiscono attivit di preminente interesse generale, ai sensi dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 (Attuazione della direttiva 1997/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualit del servizio). In particolare, poi, in esecuzione degli obblighi di fonte comunitaria derivanti dalla direttiva 1997/67/CE, l'Italia deve assicurare lo svolgimento del ed. "servizio universale" (cio la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 chilogrammi; la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 chilogrammi; i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati: art. 3, comma 2, del 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 d.lgs. n. 261 del 1999); tale servizio universale assicura le prestazioni in esso ricomprese, di qualit determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili a tutti gli utenti (art. 3, comma 1); l'impresa fornitrice del servizio deve garantire tutti i giorni lavorativi, e come minimo cinque giorni a settimana, salvo circostanze eccezionali valutate dall'autorit di regolamentazione, una raccolta ed una distribuzione al domicilio di ogni persona fisica o giuridica (art. 3, comma 4); il servizio deve esser prestato in via continuativa per tutta la durata dell'anno (art. 3, comma 3). Non , dunque, manifestamente irragionevole che ad imprese tenute per legge all'adempimento di simili oneri sia riconosciuta una certa flessibilit nel ricorso (entro limiti quantitativi comunque fissati inderogabilmente dal legislatore) allo strumento del contratto a tempo determinato. Si aggiunga che l'art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001 impone alle aziende di comunicare ai sindacati le richieste di assunzioni a termine, prevedendo cos un meccanismo di trasparenza che agevola il controllo circa l'effettiva osservanza, da parte datoriale, dei limiti posti dalla norma. 63. Pertanto, l'ordinanza di rimessione del Tribunale di Trani si fonda sull'erroneo presupposto che il legislatore italiano abbia introdotto (con il comma 588 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 che ha novellato l'art. 2 del d.lgs. 368/2001 inserendovi il comma 1 bis) una fattispecie "acausale". 64. Non si tratta affatto - come ha chiarito la Corte Costituzionale - di una fattispecie acausale, bens di una ragione obiettiva che giustifica il ricorso al lavoro a termine tipizzata dallo stesso legislatore una volta per tutte, tenendo conto delle esigenze delle imprese del settore di disporre di una quota (15%) di organico sicuramente flessibile. 65. Fra la norma in questione e l'articolo 1 del decreto legislativo n. 368/2001 v' quindi l'unica differenza che - secondo una legittima scelta del legislatore - nel caso in esame si impone al giudice di verificare solo la ricorrenza in concreto di tutti gli elementi della dettagliata fattispecie legale, laddove invece l'articolo 1 impone un controllo giudiziale sulla sussistenza caso per caso di una ragione oggettiva giustificante il termine da specificarsi per iscritto nel contratto proprio in funzione di tale controllo. 66. La clausola 3.1 dell'Accordo Quadro ("ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo determinato " indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico") non imponeva, come scelta necessaria, una normativa, come quella poi adottata dal legislatore italiano, che prevedesse la legittimazione del contratto a termine con la "clausola generale" stabilita dal- I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 117 l'articolo 1 del decreto legislativo n. 368/2001. 67. E' una opzione, quella adottata dal legislatore italiano, che certo ben si conforma allo spirito antifraudolento della disciplina del lavoro a termine in quanto impone alle parti di esplicitare in anticipo, e cio in sede di stipulazione del contratto, la specifica causale obiettiva (di tipo tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo), di modo che la effettivit di tale causale (e la stessa congruit del termine) siano poi verificabili ex post in caso di contenzioso giudiziale; ovvero (verificabili) anche ex ante, qualora le parti decidano di avvalersi della procedura di certificazione del contratto introdotta dalla legge n. 30/2003 e dal successivo decreto legislativo di attuazione n. 276/2003 (legge Biagi), ottenendo cos una asseverazione in via amministrativa (con effetti di certezza del rapporto) della genuinit della qualificazione del contratto. 68. La clausola n. 3 dell'Accordo Quadro non vieta per certo al legislatore di prevedere ex ante la legittimit di contratti a termine in ragione di specifiche condizioni, cos come ha appunto fatto le legge italiana in ragione della valutazione delle esigenze delle imprese che operano nel settore del trasporto aereo, dei servizi aeroportuali e delle imprese concessionarie di servizi postali. 69. D'altra parte, il diritto vivente nella magistratura italiana che si occupata del tema delle assunzione a termine nel settore postale in base all'art. 2 del d.lgs. n. 368/2001 proprio nel senso qui prospettato. L'assunzione a termine cio consentita non in maniera acausale, bens previa valutazione dei requisiti soggettivi del datore di lavoro (che, per le peculiarit ritenute dal legislatore legittimano il ricorso a questa tipologia contrattuale), dei limiti quantitativi e dei limiti temporali dettati dalla legge (cfr., ex multis, da ultimo: Trib. Trapani 14 ottobre 2009, Corte d'Appello di Torino 11 ottobre 2007, n. 1103, Trib. Milano 8 ottobre 2007, n. 3231). 70. Come ha ribadito il Tribunale di Milano nella sentenza n. 3231/2007 ora richiamata: "Come gi sostenuto da precedenti di questo Tribunale (tra gli altri sentenza 2996/07) con il citato articolo 2 comma 1 bis il legislatore ha introdotto una ipotesi tipizzata in analogia con quanto gi previsto dall'articolo 2 comma 1 dello stesso decreto legislativo 368/01 [...] In buona sostanza il legislatore ha ritenuto opportuno estendere anche al settore postale una normativa pi snella che non indaga sulla singola ragione giustificatrice del termine in relazione a contratti comunque stipulati in un periodo che normalmente giustifica da un lato un incremento di attivit (traffico di persone e merci) e dall'altro una maggiore assenza del personale in pendenza delle ferie". 71. La stessa Corte Costituzionale, nella sentenza n. 214/2009 gi richiamata, ha affermato che la norma in questione "si limita a richiedere, per la stipula di contratti a termine da parte delle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, requisiti diversi rispetto a quelli valevoli in generale 118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 (non gi l'indicazione di specifiche ragioni temporali, bens il rispetto di una durata massima e di una quota percentuale dell'organico complessivo). Pertanto il giudice ben pu esercitare il proprio potere giurisdizionale al fine di verificare la ricorrenza in concreto di tutti gli elementi di tale dettagliata fattispecie legale". Quesito sub 2): In merito alla asserita violazione della clausola di non regresso 72. Non condivisibile altres la tesi del Giudice del Lavoro del Tribunale di Trani in merito alla asserita violazione della clausola di non regresso stabilita al punto 8, comma 3, dell'Accordo Quadro (l'applicazione del presente accordo non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito coperto dall'accordo stesso). 73. La disposizione dell'Accordo inibisce ai legislatori nazionali di recepire la fonte comunitaria in modo tale da introdurre discipline peggiorative rispetto a quelle gi vigenti in ciascuno Stato dell'Unione Europea. 74. La normativa italiana di recepimento della direttiva comunitaria non ha comportato un regresso del livello generale di tutela dei lavoratori con contratto a termine. 75. Sotto un primo profilo, il concetto di "ambito coperto dall'accordo stesso" espresso nella clausola di non regresso deve essere interpretato in maniera restrittiva in quanto si riferisce esclusivamente alla materia espressamente disciplinata dalle parti sociali. 76. Per espressa previsione di cui alla clausola 2, paragrafo 1, l'accordo quadro si applica, infatti, ai "lavoratori a tempo determinato con contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro" e non certo alla platea indistinta dei soggetti potenzialmente interessati ad una assunzione a termine. 77. Stando alla lettera dell'articolo 8, paragrafo 3, ci che si dovr valutare , a ben vedere, non la disciplina sul lavoro a termine in generale, ma unicamente quei profili che sono direttamente e specificatamente disciplinati dall'accordo stesso, di modo che il giudizio sulla eventuale violazione della clausola di non regresso andr compiuto unicamente rispetto alle disposizioni in tema di parit di trattamento e in tema di proroga e rinnovazione del contratto, non rientrando infatti le ipotesi di apposizione del termine al contratto di lavoro nell'ambito coperto dall'accordo. 78. Pertanto, poich la direttiva si occupa esclusivamente di regolare il rispetto del principio di non discriminazione e di prevenire gli abusi derivanti dalla successione di rapporti a termine, in riferimento a queste materie che deve essere valutata la nuova normativa nazionale, che, per questi temi, certamente non viola la fonte comunitaria. 79. La questione delle ipotesi di legittima apposizione del termine, per I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 119 contro, esula dagli obiettivi e dall'ambito coperto dall'accordo quadro, come espressamente stabilito dalla clausola 1, che parla di un quadro di garanzie volte a rendere effettivo il principio di non discriminazione rispetto ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, da un lato, e a creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti a termine, dall'altro lato. 80. Per altro verso si pu sottolineare come la disposizione contenuta nell'Accordo Quadro si limita a stabilire che l'applicazione della direttiva non deve costituire un "motivo valido per ridurre il livello generale di tutela... ". In sostanza il recepimento della fonte europea non pu diventare il "pretesto" per interventi regolatori che peggiorino la protezione garantita ai lavoratori dalla disciplina nazionale. 81. Nel 14 considerando della direttiva e nel preambolo dell'accordo, si dispone "il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realt specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volont delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parit di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori". 82. Dunque il legislatore europeo afferma espressamente la sua volont di stabilire dei minimi di regolamentazione, lasciando gli Stati membri liberi, a fronte di situazioni nazionali particolari, di introdurre regole di dettaglio anche diversificate: l'accordo quadro infatti un mero accordo cornice. Dunque, anche in questa prospettiva, la clausola di non regresso non pare violata. 83. Sul punto si deve richiamare la stessa giurisprudenza della Corte di giustizia che, con la sentenza del 22 novembre 2005, Grande Sezione, causa C-144/04, Mangold, affronta espressamente il problema della clausola di non regresso prevista dall'articolo 8 dell'accordo quadro in materia di contratto a termine. 84. La sentenza afferma che la clausola di non regresso non riguarda soltanto la normativa che recepisce la direttiva che contiene la clausola, ma anche le altre disposizioni legislative nazionali successive a quella che implementa la fonte comunitaria e che completano o modificano le norme nazionali gi adottate. 85. Si sottolinea, per che una riforma peggiorativa "della protezione offerta dei lavoratori del settore dei contratti a tempo determinato non , in quanto tale, vietata dall'accordo quadro quando non in alcun modo collegata con l'applicazione di questo'' (punto 52). 86. Peraltro, degno di rilievo che nelle conclusioni dell'Avvocato Generale nella predetta causa, viene riconosciuto che "non si qui in presenza 120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di una clausola di stand-still che vieti in assoluto un abbassamento del livello di protezione esistente nel diritto nazionale [...] si tratta invece [...] di una clausola di trasparenza [...] ci emerge anzitutto dalla lettera della clausola, la quale non preclude in generale la riduzione del livello di protezione assicurato ai lavoratori, ma esclude che l'applicazione della direttiva possa essa stessa costituire un motivo valido per operare tale riduzione. A ben vedere una diversa interpretazione non solo contraddirebbe la lettera, assai chiara della clausola, ma contrasterebbe anche con il sistema di ripartizione delle competenze voluto dal Trattato, il quale nel campo della politica sociale riserva alla Comunit il compito di "sostenere e completare l'azione degli Stati membri" in specifici settori". 87. Nella specie, la legislazione tedesca sottoposta alla valutazione della Corte non stata ritenuta introdotta per la necessit di applicare l'accordo quadro ma per realizzare la diverse finalit "di incentivare l'occupazione delle persone anziane in Germania"; pertanto, l'eventuale riforma peggiorativa doveva considerarsi legittima. Pertanto, una legge nazionale motivata da ragioni diverse dall'applicazione di una direttiva all'interno di uno Stato membro pu anche peggiorare lo standard di tutela preesistente purch vi sia una valida ragione giustificativa. 88. Si deve poi ricordare anche la sentenza della Corte di giustizia, Terza sezione, del 23 aprile 2009 cause riunite da C-378/07 a 380/07, Angelidaki che ha affermato che compito del Giudice nazionale verificare l'esistenza di un regresso del "livello generale" della tutela dei lavoratori. 89. Al riguardo, le sentenza precisa che: "140. Per quanto concerne, in secondo luogo, la condizione secondo cui la reformatio in peius deve riguardare il livello generale di tutela dei lavoratori a tempo determinato, essa implica che soltanto una reformatio in peius di ampiezza tale da influenzare complessivamente la normativa nazionale in materia di contratti di lavoro a tempo determinato pu rientrare nell'ambito applicativo della clausola 8, n. 3, dell 'accordo quadro. 141. Tuttavia, nel caso di specie, per quanto riguarda la modifica derivante dall'esclusione dei lavoratori che hanno stipulato un primo o unico contratto di lavoro a tempo determinato dall'ambito di applicazione del decreto presidenziale 164/2004, sembra che detta modifica non incida su tutti i lavoratori con un contratto di lavoro a tempo determinato, ma soltanto su quelli che, da un lato, operano nel settore pubblico, e, dall'altro, non sono parti contraenti di contratti di lavoro a tempo determinato successivi. 142. Fintanto che questi ultimi lavoratori non rappresentano una porzione significativa dei lavoratori impiegati a tempo determinato nello Stato membro in questione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, la riduzione della tutela di cui gode una siffatta, ristretta, categoria di lavoratori non di per s tale da influenzare complessivamente il livello di tutela I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 121 applicabile nell'ordinamento giuridico interno ai lavoratori con un contratto di lavoro a tempo determinato". 90. Secondo quanto si evince dalla giurisprudenza comunitaria ora richiamata, pertanto: - la normativa nazionale non pu essere considerata contraria alla clausola di non regresso nel caso in cui la reformatio in peius che essa comporta non sia in alcun modo collegata con l'applicazione dell'accordo quadro. Ci avverrebbe qualora detta reformatio in peius fosse giustificata non gi dalla necessit di applicare l'accordo quadro, bens da quella di promuovere un altro obiettivo, da essa distinto (sentenza Mangold, punto 52); - al fine di verificare la violazione della clausola di non regresso, si deve verificare altres se sia avvenuta una regressione del "livello generale" della tutela dei lavoratori, tenendo conto anche del dato numerico dei lavoratori coinvolti dalla applicazione della norma in questione e cio se essi rappresentano una porzione significativa dei lavoratori impiegati a tempo determinato nello Stato membro (sentenza Angelidaki, punto 142). 91. Ora, applicando i canoni ermeneutici tracciati, deve ribadirsi il rispetto della clausola di non regresso. In primo luogo, non solo non si individuano margini di effettivo deterioramento delle condizioni giuridiche dei lavoratori, alla luce degli argomenti sopra spesi, ma, in ogni caso, sussistono, come spiegato, plurime ragioni oggettive pienamente giustificative dell'assetto voluto. 92. Come si gi ampiamente sostenuto, la legge Finanziaria 2006 intervenuta a motivo delle peculiari esigenze del settore e le ragioni dellintervento sono senza dubbio valide. 93. Inoltre, i dipendenti con contratto a termine del settore dei servizi postali (21.732, come risulta dallordinanza di rimessione) non rappresentano certo una porzione maggioritaria dei lavoratori impiegati a tempo determinato in Italia. Quesito sub 3): In merito alla asserita violazione della clausola 3.1. dell'Accordo Quadro 94. La tesi del Tribunale di Trani - secondo cui la disposizione introdotta dalla Finanziaria 2006 in tema di assunzioni a termine nel settore dei servizi postali sarebbe contraria alla clausola n. 3.1 dell' Accordo Quadro - infondata sotto diversi profili. 95. Il risultato imposto dalla direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato chiaramente sancito dall'articolo 1 della medesima, che recita: "scopo della presente direttiva attuare l'accordo quadro sui contratti a tempo determinato". 96. L'accordo quadro, a sua volta, alla clausola n. 1, titolata "obiettivo" dispone: "l'obiettivo del presente accordo quadro a) migliorare la qualit del lavoro a tempo determinato garantendo il ri- 122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 spetto del principio di non discriminazione; b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato". 97. Tali scopi sono ripetuti anche nel 14 considerando della direttiva e nel preambolo dell'accordo, dove in aggiunta si dispone "il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realt specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volont delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parit di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori". 98. La direttiva quindi incentrata essenzialmente sulla volont di prevenire abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato: la ratio legis polarizzata sull'intento di controllare, limitandolo, l'uso continuato nel tempo dello schema tipologico in esame. Ci tanto vero che nella clausola n. 5 rubricata "misure per prevenire gli abusi", si introduce una disciplina specifica, proprio volta a delimitare con requisiti causalistici o con limiti massimi di durata, i casi di rinnovo o successione di pi contratti a termine. 99. All'opposto, per la diversa ipotesi del primo ed unico contratto a tempo determinato, le previsioni comunitarie sono molto meno incisive, limitandosi, la clausola n. 3 a prevedere che il termine sia "determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico". 100. A conferma di ci si ricordi che la nota sentenza della Corte di Giustizia del 4 luglio 2006, causa C-212/04, Adelener non assolutamente riferita alle causali del primo contratto a tempo determinato, ma soltanto alle ragioni obiettive previste nella direttiva 1999/70/CE che giustificano i rinnovi contrattuali. 101. Il risultato abusivo che la direttiva vuole scongiurare, come confermato dalla giurisprudenza comunitaria in materia, quindi l'utilizzo plurimo di contratti a termine. 102. Pertanto, si coglie la volont del legislatore comunitario (14 considerando) di ridurre l'intervento regolativo a quel minimum di tutela ritenuto necessario e comune a tutte le tipologie lavorative, riconoscendosi la possibilit ed anzi la necessit ("deve tener conto") di una modulazione delle tutele di dettaglio, declinata nel particolare, secondo gli specifici ambiti interessati, sul piano nazionale (quindi politico-ordinamentale), sul piano settoriale (quindi aziendale-produttivo) e sul piano stagionale (cio temporale-organizzativo). I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 123 103. Sul punto si richiama la pronuncia gi sopra citata del Tribunale di Milano n. 3231/2007, a conferma dell'interpretazione della norma da parte della magistratura italiana. "N a conclusioni diverse si pu pervenire sulla base delle definizioni contenute nella clausola 3 del accordo quadro ovvero in relazione alla definizione di lavoratore a tempo determinato contraddistinto dalla sussistenza di un contratto nel quale il termine sia determinato da condizioni oggettive quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico. Anche questa clausola non richiede affatto una indicazione specifica della causa giustificativa della apposizione del termine ma richiede unicamente la sussistenza di condizioni oggettive derivanti proprio dal raggiungimento di una certa data, requisito assolutamente presente nell'articolo 2 citato allorch si fa riferimento a contratti a termine da stipularsi tra l'aprile e l'ottobre". 104. Ed ancora, motiva il Tribunale di Milano: "d'altro canto dal "considerando" numero 10 dell'accordo medesimo si evince come sia stata demandata agli Stati membri e alle parti sociali la formulazione di disposizioni volte all'applicazione dei principi generali, dei requisiti minimi e delle norme in esso contenuti al fine di tener conto della situazione di ciascuno Stato membro e delle circostanze relative a particolari settori e occupazioni, comprese le attivit di tipo stagionale: l'articolo 2 del decreto legislativo 368/01 non altro che la realizzazione di una normativa specifica appunto a due particolari settori. 105. L'articolo 2 del d.lgs. 368/2001 dunque una norma che rispetto alla prima ed unica assunzione a termine tipizza in astratto un'adeguata e oggettiva ragione di assunzione a tempo determinato, con l'aggiunta di concorrenti sistemi delimitativi. Dunque, si nel pieno rispetto dei dettami della direttiva. 106. In questa direzione, avvalendosi di concetti propri della teoria generale del diritto, la norma del c. 1 bis non affatto una norma eccezionale, cio derogatoria rispetto ad un canone generale, del quale definirebbe una stortura regolativa; la stessa, al contrario, concretizza una norma che riflette e rispetta il criterio normativo generale, realizzando nel contempo un adattamento, sottotipologico, rispetto a fattispecie peculiari. Quesito sub 4): In merito alla asserita violazione del principio generale di non discriminazione e di eguaglianza 107. I principi di eguaglianza e di non discriminazione comunitari trovano sostanziale analogia con i principi sanciti dall'articolo 3 della Costituzione italiana. 108. L'articolo 3 della Costituzione - secondo cui tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla legge e devono essere 124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 in grado di sviluppare pienamente la loro personalit sul piano economico, sociale e culturale - comporta, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, la illegittimit delle norme che apportino irragionevoli discriminazioni. 109. Quanto alla asserita violazione del principio di non discriminazione e di eguaglianza, si deve allora richiamare integralmente la sentenza della Corte Costituzionale n. 214/2009 gi sopra citata, che ha escluso espressamente la illegittimit dell'articolo 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 368/2001 rispetto all'articolo 3 della Costituzione. 110. Come sopra si ampiamente sostenuto la norma in questione non pone una irragionevole discriminazione di situazioni giuridiche simili; semplicemente, il legislatore - con ragionevole esercizio della propria discrezionalit politica - ha tenuto conto delle peculiari esigenze del settore postale. Quesito sub 5): In merito all'asserito sfruttamento di posizione dominante 111. Infondata, infine, la tesi del Tribunale remittente circa un presunto sfruttamento di posizione dominante. 112. Gli articoli del Trattato asseritamente violati sarebbero gli articoli 82 ed 86, commi 1 e 2. 113. Lart. 82 dispone che: E' incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o pi imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo. Tali pratiche abusive possono consistere in particolare: a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque, b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori, c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando cos per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza, d) nel subordinare la conclusione di contratti all accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi. 114. I primi due commi dell'art. 86 prevedono quanto segue: 1. Gli Stati membri non emanano n mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi. I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 125 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunit. 115. La tesi che il Tribunale remittente pare voler sostenere si fonderebbe sul presupposto che la norma considerata consentirebbe a Poste Italiane S.pA. di utilizzare uno strumento di flessibilit nell'individuazione del personale da impiegare a termine con un'ampiezza e una possibilit operativa negate alle altre imprese che operano nel settore dei servizi postali, cui si applica (per non essere imprese "concessionarie") la pi rigida normativa generale prevista dall'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001. 116. L'assunto non condivisibile. E' necessario tener presente infatti che, ai sensi dell'art. 90, n. 1, del Trattato, gli Stati membri non emanano n mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche o delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del Trattato, in particolare all'art. 86. 117. L'art. 86 del Trattato vieta, qualora possa essere pregiudizievole per il commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo. 118. Per quanto qui interessa, la giurisprudenza comunitaria, assolutamente concorde, ritiene applicabile la norma in parola alle seguenti condizioni: - l'impresa detiene una posizione dominante, tenendo conto della sua quota di mercato nonch di altri fattori, quali la presenza di concorrenti credibili, l'esistenza di una rete di distribuzione propria, l'accesso privilegiato alle materie prime e cos via, fattori che complessivamente consentono all'impresa di sottrarsi alle normali regole della concorrenza; - l'impresa domina il mercato comune europeo o una sua "parte sostanziale"; - l'impresa abusa della propria posizione dominante, ad esempio praticando prezzi troppo elevati o prezzi troppo bassi per escludere dal mercato i concorrenti o i nuovi operatori o accordando a taluni clienti vantaggi discriminatori. 119. La Corte di giustizia ha gi in passato analizzato la posizione di Poste Italiane S.p.A., escludendo gli estremi di violazione delle norme del trattato in materia di concorrenza. 120. Si tratta dell'importante sentenza della Corte di giustizia, Sesta Sezione del 17 maggio 2001, Causa C-340/99, TNT Traco S.p.A. contro Poste Italiane S.p.A. 126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 121. Lautorevolezza, completezza e persuasivit degli argomenti spesi nella predetta pronuncia inducono semplicemente a ripercorrerne i tratti motivazionali salienti, assolutamente aderenti alla fattispecie in esame in questa sede. 122. La Corte sottolinea, innanzi tutto, che " indiscutibile che Poste Italiane, che titolare dei diritti speciali o esclusivi indicati, detiene una posizione dominante ai sensi dell'art. 86 del Trattato, in quanto risulta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia che il territorio di uno Stato membro, al quale si estende una posizione dominante, pu costituire una parte sostanziale del mercato comune (v., in tal senso, sentenza 25 giugno 1998, causa C- 203/96, Dusseldorp e a., Race, pag. 1-4075, punto 60; 26 novembre 1998, causa C-7/97, Bronner, Race. pag. 1-7791, punto 36, e 21 settembre 1999, causa C-67/96, Albany, Race. pag. 1-5751, punto 92)". 123. La medesima ritiene per "importante ricordare, in secondo luogo, che, secondo la giurisprudenza comunitaria il semplice fatto di creare una posizione dominante mediante la concessione di diritti speciali o esclusivi non , di per s, incompatibile con l'art. 86 del Trattato; tuttavia, uno Stato membro viola i divieti posti dal combinato disposto dell'art. 90, n. 1, e dell'art. 86 del Trattato quando adotta una misura legislativa, regolamentare o amministrativa che crea una situazione in cui un'impresa alla quale ha conferito diritti speciali o esclusivi necessariamente indotta ad abusare della propria posizione dominante" (v. in tal senso, in particolare, sentenze 17 luglio 1997, causa C-242/95, GT-Link, Race, pag. 1-4449, punto 33, e Dusseldorp e a., sopra menzionata, punto 61). 124. La Corte di giustizia spiega anche che esiste sfruttamento abusivo di una posizione dominante quando l'impresa detentrice di quest'ultima esige per i suoi servizi un corrispettivo iniquo o sproporzionato rispetto al valore economico della prestazione fornita (v., in particolare, sentenze 5 ottobre 1994, causa C-323/93, Centre d'insmination de la Crespelle, punto 25, e GT-Link, sopra menzionata, punto 39). 125. La Corte rileva altres, che, come risulta dalla formulazione dell'art. 86 del Trattato, tale normativa vietata ai sensi degli artt. 86 e 90, n. 1, del Trattato solo in quanto pu essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri. 126. A tale riguardo nella decisione in esame si riconosce "che in effetti dal combinato disposto dei nn. 1 e 2 dell'art. 90 del Trattato risulta che il n. 2 di tale norma pu essere fatto valere per giustificare la concessione, da parte di uno Stato membro, ad un'impresa incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale, di diritti speciali o esclusivi contrari, in particolare, all'art. 86 del Trattato, qualora l'adempimento della specifica missione affidatale possa essere garantito unicamente grazie alla concessione di tali diritti e purch lo sviluppo degli scambi non risulti compromesso in misura I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 127 contraria agli interessi della Comunit (v. in tal senso, in particolare, sentenza 23 maggio 2000, causa C-209/98, Sydhavnens Sten & Grus, punto 74)". 127. Al punto 53 della decisione si legge "Occorre constatare, in secondo luogo, che un'impresa quale Poste Italiane, incaricata in forza della normativa di uno Stato membro di assicurare il servizio postale universale, il che implica l'obbligo di raccogliere, trasportare e distribuire corrispondenza su tutto il territorio dello Stato membro interessato indipendentemente dalla redditivit del settore in cui viene fornito il servizio, costituisce un'impresa incaricata della gestione di un servizio di interesse economico generale ai sensi dell'art. 90, n. 2, del Trattato". 128. Ed ancora: "In terzo luogo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che non necessario, affinch siano soddisfatte le condizioni di applicazione dell'art. 90, n. 2, del Trattato, che risulti minacciato l'equilibrio finanziario o la redditivit economica dell'impresa incaricata della gestione di un servizio di interesse economico generale. E' sufficiente che, in mancanza dei diritti controversi, possa risultare compromesso l'adempimento delle specifiche funzioni assegnate all'impresa, quali precisate dagli obblighi e dai vincoli impostile, o che il mantenimento dei diritti di cui trattasi sia necessario per consentire al loro titolare di adempiere le funzioni di interesse economico generale affidategli in condizioni economicamente accettabili (v., in particolare, sentenza Albany, soprammenzionata, punto 107)". 129. A tal fine la Corte ritiene che possa addirittura risultare necessario prevedere non solo la possibilit di una compensazione tra i settori di attivit redditizi e i settori meno redditizi del titolare della "missione d'interesse generale" costituita dalla gestione del servizio universale (v., in tal senso, sentenza Corbeau, sopra menzionata, punto 17), ma anche l'obbligo per i fornitori di servizi postali che non rientrano in tale servizio universale di contribuire, mediante il pagamento di un diritto postale, al finanziamento di questo servizio universale e di consentire cos al titolare di tale missione di interesse generale di adempierla in condizioni economicamente equilibrate nei limiti dell'importo necessario per compensare le eventuali perdite che la gestione del servizio postale universale causa all'impresa che ne incaricata. 130. Dunque, in totale aderenza alle considerazioni della Corte, deve escludersi che Poste Italiane, attraverso la norma del c. 1 bis, realizzi un abuso di posizione dominante. 131. Difatti, in sintesi: - tale norma non crea una situazione in cui l'impresa alla quale ha conferito diritti speciali o esclusivi "necessariamente indotta ad abusare della propria posizione dominante"; - tale norma non risulta pregiudizievole al commercio tra Stati membri; - tale norma si giustifica comunque perch riguarda un'impresa incaricata della gestione di un servizio di interesse economico generale ai sensi dell'art. 128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 90, n. 2, del Trattato; - il mantenimento dei diritti di cui trattasi appare necessario per consentire al loro titolare di adempiere le funzioni di interesse economico generale affidategli in condizioni economicamente accettabili. 132. Dunque, anche per l'aspetto da ultimo considerato le assunzioni a termine avvenute ai sensi dell'art. 2, c. 1 bis, d.lgs. n. 368/2001, sono compatibili con l'ordinamento comunitario. Quesito sub 6): In merito al potere del giudice nazionale di disapplicare la normativa interna contrastante con il diritto comunitario 133. Avendo risposto negativamente alle precedenti questioni, il Governo italiano non ritiene necessario rispondere al quesito sub 6). Conclusioni 134. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il quesito sub 1) nel senso che la clausola n. 8.3 dell'Accordo Quadro non osta ad una disciplina interna (come quella dettata dall'art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 368/2001), che, in attuazione della direttiva 1999/70/CE, abbia introdotto nell'ordinamento interno una disciplina particolare per l'assunzione a termine dei dipendenti della s.p.a. Poste Italiane; 135. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il quesito sub 2) nel senso che per giustificare una reformatio in pejus della precedente normativa in tema di contratto a tempo determinato e perch non operi il divieto di cui alla clausola n. 8.3 dell'accordo quadro sufficiente il perseguimento - da parte del legislatore interno - di un obiettivo meritevole di una tutela quantomeno equivalente a quello penalizzato; 136. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il quesito sub 3) nel senso che la clausola n. 3.1 dell'Accordo Quadro non osta ad una disciplina interna (come quella dettata dall'articolo 2, comma 1 bis del d.lgs. 368/2001) che, in attuazione della direttiva 1999/70/CE, abbia introdotto nell'ordinamento interno una disciplina particolare per l'assunzione a termine dei dipendenti della s.p.a. Poste Italiane; 137. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il quesito sub 4) nel senso che il principio generale di non discriminazione e di uguaglianza comunitario non osta ad una disciplina interna (come quella dettata dall'art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. 368/2001) che, in attuazione della direttiva 1999/70/CE, abbia introdotto nell'ordinamento interno una disciplina particolare per i dipendenti della s.p.a. Poste Italiane rispetto a quella di altre imprese dello stesso o di altro settore; 138. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il quesito sub 5) nel senso che gli articoli 82, comma 1, e 86, commi 1 e 2, del Trattato CE non ostano ad una disciplina interna (come quella dettata dal- I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 129 l'art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. 368/2001) che, in attuazione della direttiva 1999/70/CE, ha introdotto nell'ordinamento interno una disciplina particolare a beneficio della sola S.p.a. Poste Italiane (impresa con capitale interamente pubblico); 139. Avendo risposto negativamente alle precedenti questioni, il Governo italiano non ritiene necessario rispondere al quesito sub 6). Roma, 4 giugno 2010 Avv. Wally Ferrante 130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Causa C-50/10 - Materia trattata: ambiente e consumatori - Ricorso presentato il 29 gennaio 2010 - Commissione europea/Repubblica italiana (avv. Stato M. Russo - AL 6807/10). IL CONTRORICORSO DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Con ricorso proposto ai sensi dellart. 258 II comma del Trattato sul funzionamento dellUnione Europea, notificato in data 11 febbraio 2010, la Commissione Europea ha adito la Corte di Giustizia dellUnione Europea allo scopo di far constatare che non avendo adottato le misure necessarie affinch le autorit competenti controllino, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma degli artt. 6 e 8, ovvero nei modi opportuni, mediante il riesame e, se del caso, laggiornamento delle prescrizioni, che tutti gli impianti esistenti ai sensi dellart. 2 paragrafo 4 della direttiva 2008/1/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dellinquinamento, funzionino secondo i requisiti di cui agli artt. 3, 7, 9, 10 e 13, allart. 14, lettere a) e b) ed allart. 15 paragrafo 2, della stessa direttiva, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi imposti dallart. 5 paragrafo 1 della suddetta direttiva. 1) La normativa comunitaria 1.1. La Direttiva n. 2008/1/CE del Parlamento e del Consiglio (dora in poi, la Direttiva IPPC) reca norme sulla prevenzione e la riduzione integrate dellinquinamento. Essa reca altres, a fini di razionalit e chiarezza, (I^ Considerando) la codificazione, della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dellinquinamento. 1.2. Lart. 2 paragrafo 4 della Direttiva IPPC, reca la definizione di impianto esistente un impianto che al 30 ottobre 1999, nellambito della legislazione vigente anteriormente a tale data, era in funzione o era autorizzato o che abbia costituito oggetto, a giudizio dellautorit competente, di una richiesta di autorizzazione completa, purch sia poi entrato in funzione non oltre il 30 ottobre 2000; 1.3 Allart. 5 paragrafo 1 della stessa Direttiva, stabilito: Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinch le autorit competenti controllino, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma degli articoli 6 e 8, ovvero, nei modi opportuni, mediante il riesame e, se del caso, laggiornamento delle prescrizioni, che entro il 30 ottobre 2007 gli impianti esistenti funzionino secondo i requisiti di cui agli articoli 3, 7, 9, 10 e 13, allarticolo 14, lettere a) e b) ed allarticolo 15, paragrafo 2, fatte salve altre disposizioni comunitarie specifiche. I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 131 2) La normativa nazionale 2.1 Con Decreto legislativo 18 febbraio 2005 n. 59, stata disposta l Attuazione integrale della Direttiva 96/61/CE. Lart. 5 comma 18 del medesimo D.lgs., nel suo testo originario, stabiliva: Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalit previste per la protezione dell'ambiente nel suo complesso di cui al presente decreto, secondo quanto indicato all'articolo 7, nonch l'indicazione delle autorizzazioni sostituite. L'autorizzazione integrata ambientale concessa agli impianti esistenti prevede la data, comunque non successiva al 30 ottobre 2007, entro la quale tali prescrizioni debbono essere attuate. Nel caso in cui norme attuative di disposizioni comunitarie di settore dispongano date successive per l'attuazione delle prescrizioni, l'autorizzazione deve essere comunque rilasciata entro il 30 ottobre 2007. L'autorizzazione integrata ambientale concessa a impianti nuovi, gi dotati di altre autorizzazioni ambientali all'esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, pu consentire le deroghe temporanee di cui al comma 5, dell'articolo 9; 2.2 Con Decreto legge n. 180 del 30 ottobre 2007, convertito in legge n. 243 del 19 dicembre 2007, stato disposto il differimento del termine di cui al precedente punto al 31 marzo 2008. Infatti, allart. 1 del Decreto Legge stesso si legge: Allart. 5 comma 18 del decreto legislativo 18 febbraio 2005 n. 59, le parole 30 ottobre 2007 sono sostituite dalle seguenti: 31 marzo 2008; 2.3 Allart. 2 del medesimo decreto legge 180/07, di cui al precedente punto, come integrato e modificato dalla legge di conversione, prevista la seguente norma transitoria: 1. Fino alla data del rilascio dellautorizzazione integrata ambientale, gli impianti esistenti di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per i quali sia stata presentata nei termini previsti la relativa domanda, possono proseguire la propria attivit, nel rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni stabilite nelle autorizzazioni ambientali di settore rilasciate per lesercizio e per le modifiche non sostanziali degli impianti medesimi; tali autorizzazioni restano valide ed efficaci fino alla scadenza del termine fissato per lattuazione delle relative prescrizioni, ai sensi dellarticolo 5, comma 18, del citato decreto legislativo n. 59 del 2005, come modificato dallarticolo 1, comma 1, del presente decreto. 1-bis. Le autorit che hanno rilasciato le autorizzazioni di settore di cui al comma 1 provvedono, anche su segnalazione del gestore, ove ne rilevino la necessit al fine di garantire il rispetto della normativa vigente, nonch degli articoli 3, 7, come modificato dallarticolo 2-bis del presente decreto, e 8 del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, alladeguamento di tali autorizzazioni, nelle more del rilascio dellautorizzazione integrata ambientale. In mancanza del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale entro il 31 marzo 2008, in sede di prima 132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 applicazione, per le domande di autorizzazione integrata ambientale relative ad impianti esistenti, regolarmente presentate entro i termini, i gestori possono procedere all'esecuzione degli interventi proposti finalizzati all'adeguamento dell'impianto alle migliori tecniche disponibili, con le modalit e i termini indicati nella domanda, qualora gli stessi interventi non siano soggetti a valutazione di impatto ambientale o, se a questa soggetti, per essi sia gi stato emanato provvedimento favorevole di conformit ambientale, dando contestualmente pieno avvio alle attivit di monitoraggio e controllo indicate nella domanda medesima. Le competenti Agenzie per la protezione dell'ambiente possono verificare, con oneri a carico del gestore, l'attuazione degli interventi e del piano di monitoraggio e controllo, riferendo, entro tre mesi dall'ultimazione degli interventi, all'autorit competente in ordine alle verifiche effettuate e all'efficacia degli interventi stessi rispetto a quanto dichiarato dal gestore. Le risultanze delle verifiche possono costituire causa di riesame del provvedimento di autorizzazione, di esse dovendosi comunque tenere conto nell'emanazione del provvedimento medesimo. 1-ter. Al fine di assicurare il rispetto dei termini di cui allarticolo 5, comma 18, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, come modificato dallarticolo 1, comma 1, del presente decreto, il Governo autorizzato ad esercitare il potere sostitutivo di cui allarticolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ove necessario applicando immediatamente la procedura durgenza di cui al comma 3 del medesimo articolo 5. 3) La procedura precontenziosa 3.1. Nel corso della procedura precontenziosa, la Commissione ha contestato al Governo italiano di essere venuta meno agli obblighi di cui allart. 5 paragrafo 1 della Direttiva IPPC, segnatamente: - per non aver tempestivamente adottato tutte le autorizzazioni richieste e non aver concluso, al 30 ottobre 2007, tutte le procedure di autorizzazione in corso; - per non aver fornito dati attendibili e completi relativamente allo stato di attuazione della Direttiva IPPC; 3.2 La Commissione ha quindi notificato parere motivato a mente dellart. 226 T.C.E., assegnando al Governo italiano un termine per conformarvisi di due mesi, decorrenti dalla data della notifica del parere stesso. Detto termine scaduto il 2 aprile 2009. Il Governo ha risposto al parere con nota del 14 aprile 2009 (prodotta dalla Commissione in allegato 10 al proprio ricorso), ma la Commissione stessa, ritenute insoddisfacenti le argomentazioni addotte dal Governo, ha proceduto a notificare ricorso a mente dellart. 258 TFUE. 3.3 Secondo i dati forniti dal Governo italiano con la nota del 14 aprile 2009, menzionata al precedente punto, a fine 2008 l85% degli impianti era dotato di autorizzazione integrata ambientale (dora in avanti, A.I.A.). Per il I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 133 7% degli impianti esistenti, il rispetto della disciplina di cui alla Direttiva IPPC era stato garantito tramite ladeguamento delle preesistenti autorizzazioni, in base al D.L. 180/07 conv. in l. 243/07. Per il restante 8% degli impianti, non era stata rilevata, da parte delle autorit competenti, la necessit di modificare le autorizzazioni preesistenti nelle more del rilascio delle A.I.A.. 3.4 Il Governo italiano, con successiva nota del 18 novembre 2009 (prodotta dalla Commissione in allegato 11 al proprio ricorso), forniva elementi integrativi precisando i dati di cui al precedente punto, secondo le informazioni aggiornate disponibili alla data del 30 ottobre 2009, come segue: il 79% degli impianti esistenti dotato di A.I.A.. Per tutti i rimanenti, il rilascio dell A.I.A. in corso. Per il 10% degli stessi impianti, le autorizzazioni preesistenti sono state riesaminate e, in qualche caso, aggiornate dopo il recepimento della disciplina IPPC. Per l11% degli impianti, le autorit competenti non hanno rilevato la necessit di riesaminare le autorizzazioni preesistenti per garantirne la conformit alla disciplina IPPC nelle more del rilascio delle A.I.A.. ** ** ** Il Governo italiano, alla luce di tutto quanto fin qui esposto, ritenendo di aver rispettato gli obblighi di cui allart. 5 paragrafo 1 della Direttiva IPPC, svolge le seguenti osservazioni. 4) Nel ricorso della Commissione, ai punti da 28 a 30, si sostiene in sintesi che: - il Governo italiano non avrebbe tempestivamente adempiuto agli obblighi di cui allart. 5 paragrafo 1 della Direttiva IPPC; - tale inadempimento persisterebbe alla data (2 aprile 2009) di scadenza del termine indicato nel parere motivato della Commissione, nonch alla data di introduzione del presente giudizio; - i dati forniti dal Governo italiano sarebbero inattendibili; 4.1 Il Governo italiano ritiene che gli assunti di cui al precedente punto siano infondati. Innanzi tutto, preme evidenziare come in base ai dati da ultimo forniti (punto 3.4.) per il 79% degli impianti sia stata ormai rilasciata lA.I.A, mentre per un altro 10% sia stato effettuato il riesame delle autorizzazioni esistenti. Il contestato inadempimento consisterebbe dunque, ad oggi, nel fatto che secondo i dati forniti dal Governo - una percentuale (l11%) degli impianti esistenti non sarebbe stata sottoposta n a rilascio di una nuova autorizzazione conforme alla direttiva, n al rinnovo delle autorizzazioni esistenti, per renderle conformi alla Direttiva. A ben considerare, tuttavia, linadempimento contestato dalla Commissione non corrisponde esattamente agli obblighi istituiti dallarticolo 5, paragrafo 1, della direttiva IPPC 2008/01/CE. proprio questa norma, infatti, ad ammettere - oltre al rilascio di A.I.A. 134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 - altres il semplice riesame, senza aggiornamento, delle prescrizioni preesistenti, ove non si rilevi la necessit di altre azioni: Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinch le autorit competenti controllino, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma degli articoli 6 e 8, ovvero, nei modi opportuni, mediante il riesame e, se del caso, laggiornamento delle prescrizioni, che entro il 30 ottobre 2007 gli impianti esistenti funzionino secondo i requisiti (enfasi aggiunta). I seicentonove impianti (rappresentanti l11% del totale) cui fa riferimento la Commissione nel suo ricorso, erano appunto in tale situazione al 30 ottobre 2009: le autorit competenti ad avviare procedimenti di riesame ed eventuale aggiornamento delle autorizzazioni di settore non avevano, cio, rilevato la necessit di intervenire su tali autorizzazioni per garantire il rispetto degli elementi fondamentali della disciplina IPPC, anche in considerazione delle nuove prescrizioni medio tempore introdotte dalla normativa ambientale, entrata in vigore dopo lemanazione della direttiva 96/61/CE e, tra laltro, dal D.Lgs. 152/06 recante Norme in materia ambientale. Ad ogni modo, si ribadisce che, come detto al punto 4.1, per i seicentonove impianti in questione, attualmente in corso di attuazione un cronoprogramma (cui si fa riferimento gi negli Elementi integrativi di risposta allegati alla nota del Governo italiano del 18 novembre 2009 di cui al punto 3.4.) per garantire, entro il prossimo mese di Giugno, il rilascio di tutte le A.I.A.. 4.2 La Commissione contesta, poi (punto 31 del ricorso) che anche per quanto attiene a quegli impianti per i quali stato effettuato il riesame - non vi sarebbe prova alcuna delleffettiva conformit delle autorizzazioni ai requisiti della direttiva IPPC. In proposito, si osserva che lItalia ha gi chiarito (pag. 3 ultimo paragrafo e 4 I e II paragrafo degli Elementi di risposta forniti con la nota del 14.4.09, citata al precedente punto 3.2.) che gli elementi essenziali della disciplina IPPC non possono non essere stati rispettati nei procedimenti di riesame ai sensi, tra laltro, dellarticolo 2, comma 1-bis, del D.L. 180/07: Le autorit che hanno rilasciato le autorizzazioni di settore di cui al comma 1 provvedono, anche su segnalazione del gestore, ove ne rilevino la necessit al fine di garantire il rispetto della normativa vigente, nonch degli articoli 3, 7, come modificato dallarticolo 2-bis del presente decreto, e 8 del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, alladeguamento di tali autorizzazioni, nelle more del rilascio dellautorizzazione integrata ambientale. . 4.3 La Commissione, ai punti 33 e 34 del ricorso, stigmatizza i costanti mutamenti dei dati forniti dalle autorit italiane nel corso della procedura precontenziosa e sostiene che tali mutamenti non hanno contribuito e non contribuiscono a garantire laffidabilit dei dati forniti . In proposito, il Governo italiano fa presente che le variazioni dei dati sono I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 135 state, in sintesi, determinate dalle circostanze qui di seguito esposte. - Fino al novembre 2007 non tutte le domande di autorizzazione erano state ancora presentate alle autorit competenti, pertanto i dati relativi al numero e impianti ed alle attivit da essi svolte era affetto da incertezze strutturali. - Dal 2008 a met 2009, le due maggiori autorit competenti (Regione Veneto e Regione Lombardia) hanno fornito alcune delle informazioni con ritardi ed approssimazioni, tali da far variare di alcune centinaia di unit i totali (come esposto negli Elementi di risposta di cui alle note del 14 aprile 2009 e del 18 novembre 2009 in allegato 10 e 11 al ricorso della Commissione). - Esiste infine unulteriore, minima, variazione del numero di impianti esistenti, nellordine di un centinaio di unit (2-3% del totale), che da considerarsi fisiologica al sistema, in conseguenza di dinieghi di A.I.A., chiusura di impianti, divisione di impianti in pi ragioni sociali, individuazione di impianti non precedentemente censiti ecc... In ogni caso, i dati da ultimo forniti alla Commissione, aggiornati al 30 ottobre 2009, sono quelli ottenuti a seguito della raccolta di informazioni programmata ai sensi della direttiva IPPC per la predisposizione del questionario 2006-2008. Tale circostanza appare sufficiente a garantire la dovuta affidabilit dei dati da ultimo trasmessi, la cui correttezza e completezza qui si ribadisce. 5 Si fa, ora, riferimento allargomento della Commissione esposto al punto 35 del ricorso, ove si individua nellart. 1 del D.L. 180/07 un ulteriore sicuro indice dellinadempienza dellItalia agli obblighi di cui allart. 5 paragrafo 1 della direttiva IPPC. Ci in quanto la norma introdotta con il citato D.L. 180/07, prorogando dal 30 ottobre 2007 al 31 marzo 2008 il termine di cui allart. 5 comma 18 del D.lgs 59/05, avrebbe violato la previsione di cui allart. 5 paragrafo 1 della Direttiva Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinch le autorit competenti controllino, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma degli articoli 6 e 8, ovvero, nei modi opportuni, mediante il riesame e, se del caso, laggiornamento delle prescrizioni, che entro il 30 ottobre 2007 gli impianti esistenti funzionino secondo i requisiti di cui agli articoli 3, 7, 9, 10 e 13, allarticolo 14, lettere a) e b) ed allarticolo 15, paragrafo 2, fatte salve altre disposizioni comunitarie specifiche (enfasi aggiunta). 5.1 Anche questo argomento non persuade, in quanto parte da un evidente errore prospettico. Il termine del 30 ottobre 2007, stabilito dallart. 5 comma 18 del D.lgs 59/05, prorogato al 31 marzo 2008 dal D.L. 180/07, non riferito al medesimo obbligo recato dallarticolo 5, paragrafo 1, della direttiva IPPC: il combinato disposto del D.lgs 59/05 e del D.L. 180/07, convertito con modifiche dalla legge 243/07, fa infatti riferimento allobbligo di dotare ogni impianto esi- 136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 stente di autorizzazione integrata ambientale: Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalit previste per la protezione dell'ambiente nel suo complesso di cui al presente decreto, secondo quanto indicato all'articolo 7, nonch l'indicazione delle autorizzazioni sostituite. L'autorizzazione integrata ambientale concessa agli impianti esistenti prevede la data, comunque non successiva al 31 marzo 2008, entro la quale tali prescrizioni debbono essere attuate. Nel caso in cui norme attuative di disposizioni comunitarie di settore dispongano date successive per l'attuazione delle prescrizioni, l'autorizzazione deve essere comunque rilasciata entro il 31 marzo 2008. (enfasi aggiunta). La Direttiva IPPC (art. 5, paragrafo 1) fa, invece, riferimento allobbligo di controllare, attraverso autorizzazioni integrate ambientali ovvero, nel modi opportuni, mediante il riesame e se del caso laggiornamento delle prescrizioni, che gli impianti funzionino secondo i requisiti IPPC: Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinch le autorit competenti controllino, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma degli articoli 6 e 8, ovvero, nei modi opportuni, mediante il riesame e, se del caso, laggiornamento delle prescrizioni, che entro il 30 ottobre 2007 gli impianti esistenti funzionino secondo i requisiti di cui (enfasi aggiunta).. Il sistema costruito dal D.L. 180/07, dunque, non fa che garantire nelle more del completamento del rilascio delle A.I.A., come disciplinato dallart. 5 comma 18 del D.lgs 59/08 proprio il rispetto degli obblighi individuati dallart. 5 della Direttiva, per assicurare che attraverso autorizzazioni rilasciate a norma degli articoli 6 e 8, ovvero, nei modi opportuni, mediante il riesame e, se del caso, laggiornamento delle prescrizioni, gli impianti esistenti funzionino secondo i requisiti (enfasi aggiunta), e ci fa attraverso la norma transitoria di cui allart.2, riportata ai precedenti punti 2.3 e 4.2. Il D.L. 180/07 , dunque, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, proprio lo strumento che assicura piena attuazione agli obblighi di cui alla Direttiva IPPC, art. 5 paragrafo 1, nelle more del rilascio delle A.I.A.. 6 In relazione a quanto sostenuto dalla Commissione (punto 36 del ricorso) circa la mancanza di dimostrazione dellequivalenza fra le autorizzazioni ambientali esistenti e le A.I.A. ai sensi della direttiva, dal che deriverebbe che non vi prova del rispetto dellart. 5 paragrafo 1 della Direttiva IPPC, si osserva quanto segue. 6.1 Lequivalenza tra i requisiti delle autorizzazioni integrate ambientali in corso di definizione e le prescrizioni definite dalle autorizzazioni ambientali preesistenti, come integrate dalle prescrizioni operanti ex lege in forza della normativa ambientale emanata dal 1996, oggetto di specifica valutazione da parte delle autorit che hanno rilasciato le autorizzazioni preesistenti, ai sensi dellarticolo 2, comma 1-bis del D.L. 180/07, convertito con modifiche dalla I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 137 legge 243/07, articolo che richiama puntualmente la trasposizione nazionale degli articoli 3, 7, 9, 10, 13, 14 (a, b) e 15 (2) della direttiva IPPC. In molti casi (circa il 10% degli impianti esistenti allottobre 2009, come detto al punto 3.4) tale equivalenza non apparsa evidente, pertanto sono stati condotti procedimenti di riesame delle autorizzazioni preesistenti, che in alcuni casi (circa il 4%) hanno portato ad aggiornamento delle autorizzazioni. In altri casi (circa l11 % degli impianti esistenti allottobre 2009) non cՏ stata alcuna evidenza di contrasto tra requisiti IPPC e prescrizioni in base alle quali gli impianti erano eserciti, pertanto le competenti autorit non hanno rilevato la necessit, nelle more del rilascio dellautorizzazione integrata, di alcun aggiornamento delle preesistenti autorizzazioni e conseguentemente non hanno avviato specifici procedimenti di riesame. 7 La Commissione ha da ultimo, al punto 37 del ricorso evidenziato che lesistenza di situazioni particolari locali, richiamata dallItalia nella fase precontenziosa, non pu costituire esimente rispetto ad un eventuale inadempimento degli obblighi e dei termini temporali derivanti da una direttiva. Sul punto, ci si limita a precisare che il Governo ha inteso il suddetto richiamo alle descritte situazioni locali con finalit meramente descrittive, per illustrare le difficolt pratiche incontrate nel dare attuazione alla direttiva IPPC. ** ** ** Alla luce di quanto esposto, il Governo italiano conclude affinch il ricorso sia rigettato, non sussistendo alla scadenza del termine assegnato con il parere motivato di cui al punto 4 una situazione di inadempimento agli obblighi di cui allart. 5 paragrafo 1 della Direttiva 2008/1/CE. In ogni caso, si riserva nel prosieguo del giudizio di aggiornare ulteriormente i dati e rendere noti gli sviluppi del cronoprogramma di cui al punto 4.1, con il quale sar completato il rilascio delle A.I.A.. Avv. Marina Russo 138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Causa C-145/10 - Materia trattata: spazio di libert, sicurezza e giustizia - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallHandelsgerichts Wien (Austria) il 22 marzo 2010 - Eva-Maria Painer/Standard VerlagsGmbH, Axel Springer AG, Sddeutsche Zeitung GmbH, SPIEGEL-Verlag Rudolf AUGSTEIN GmbH & Co KG, Verlag M. DuMont Schauberg Expedition der Klnischen Zeitung GmbH & Co KG (avv. Stato M. Russo - AL 26019/10). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se lart. 6, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale debba essere interpretato nel senso che non osta alla sua applicazione e, quindi, ad una trattazione unica, il fatto che domande formulate nei confronti di una pluralit di convenuti per violazioni del diritto dautore di contenuto identico siano basate su fondamenti normativi differenti a livello nazionale, ma identici negli elementi essenziali del contenuto, come si verifica per tutti gli Stati europei relativamente al diritto allinibitoria indipendentemente dalla colpa, al diritto ad un congruo indennizzo per le infrazioni del diritto dautore e al diritto al risarcimento del danno cagionato dallutilizzo illecito. 2) a) Se lart. 5, n. 3, lett. d), in combinato disposto con lart. 5, n. 5, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella societ dell'informazione, debba essere interpretato nel senso che non osta alla sua applicazione il fatto che un resoconto giornalistico che citi unopera o altri materiali protetti non sia unopera del linguaggio protetta dal diritto dautore. b) Se lart. 5, n. 3, lett. d), in combinato disposto con lart. 5, n. 5, della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che non osta alla sua applicazione il fatto che lopera citata o gli altri materiali protetti non siano corredati dal nome dellautore o dellinterprete o esecutore. 3) a) Se lart. 5, n. 3, lett. e), in combinato disposto con lart. 5, n. 5, della direttiva 2001/29, debba essere interpretato nel senso che la sua applicazione nellinteresse della giustizia penale, da tutelare nel contesto della sicurezza pubblica, presuppone un appello concreto, attuale ed esplicito delle autorit di pubblica sicurezza a pubblicare ritratti, ossia la pubblicazione di ritratti finalizzata alle ricerche deve essere indotta dalle autorit, pena la violazione delle norme. b) In caso di soluzione in senso negativo della questione 3a): se i mass media possano invocare per s lart. 5, n. 3, lett. e), della direttiva 2001/29 anche quando decidano motu proprio, senza una corrispondente richiesta di ricerche da parte dellautorit, se le pubblicazioni di ritratti abbiano luogo I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 139 nellinteresse della sicurezza pubblica. c) In caso di soluzione in senso affermativo della questione 3b): se sia sufficiente in questo caso che i mass media ritengano a posteriori che la pubblicazione di un ritratto abbia giovato alle ricerche o se sia comunque necessario un avviso concreto di ricerche per chiedere la collaborazione dei lettori a far luce su un reato che abbia un nesso diretto con la pubblicazione della fotografia. 4) Se lart. 1, n. 1, in combinato disposto con lart. 5, n. 5, della direttiva 2001/29 e lart. 12 della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979, in considerazione soprattutto dellart. 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali (CEDU) del 20 marzo 1952 e dellart. 17 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea , debbano essere interpretati nel senso che le opere fotografiche e/o le fotografie, in particolare i ritratti fotografici, non godono di alcuna tutela o di una tutela affievolita del diritto dautore rispetto allelaborazione in quanto, in considerazione della riproduzione realistica, presentano una potenzialit creativa troppo limitata LE OSSERVAZIONI DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il giudizio a quo A. Il presente giudizio trae origine da un procedimento pendente innanzi allHandelsgericht austriaco, riguardante lavvenuta pubblicazione, da parte di societ editrici che pubblicano riviste e giornali sia in Austria e Germania che sul web (dora in poi, le convenute), di alcune fotografie realizzate da una fotografa free lance (dora in poi la ricorrente). Tali foto ritraggono una giovane, rimasta vittima di un sequestro di persona protrattosi per lungo tempo. La pubblicazione delle foto avvenuta senza il consenso dellautrice, senza lindicazione del nome della stessa, ovvero con lindicazione di un autore diverso. Oltre alle foto realizzate dalla ricorrente, stata anche pubblicata unelaborazione grafica (cosiddetto identikit) di una di dette foto, volta ad attualizzare il ritratto, adeguandolo alle presunte attuali sembianze della persona ritratta. B. In particolare, nel giudizio a quo, la ricorrente ha proposto unistanza urgente volta ad ottenere linterdizione della riproduzione o diffusione delle foto, nonch una domanda di condanna delle convenute al pagamento di un indennizzo e di un risarcimento del danno. C. Con ordinanza dell8 marzo 2010, il giudice rimettente ha chiesto alla Corte di Giustizia dellUnione Europea di pronunciarsi sui [suesposti] quesiti. ** ** ** 140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni, che si concentreranno peraltro esclusivamente sui quesiti n. 2 lett. a) e b) e n. 4. I. Sul quesito n. 2 lett. a) Il giudice a quo intende conoscere se lart. 5, n. 3, lett. d), in combinato disposto con lart. 5, n. 5, della Direttiva 2001/29/CE, debba essere interpretato nel senso che non osta alla sua applicazione il fatto che un resoconto giornalistico che citi unopera o altri materiali protetti non sia unopera del linguaggio protetta dal diritto dautore. A tale quesito, il Governo italiano ritiene debba darsi risposta negativa, per i motivi che qui di seguito si esporranno. I.1 Il primo criterio da prendere in considerazione ai fini dellinterpretazione di una norma quello letterale. Nel caso di specie, il tenore della norma di cui allart. 5 n. 3 lett. d) sufficientemente chiaro, in quanto esige ai fini delle deroga ai diritti di cui ai precedenti artt. 2 e 3 - che si tratti di citazioni, per esempio a fini di critica o di rassegna, semprech siano relative a un'opera o altri materiali protetti (enfasi aggiunta). Leccezione ai diritti di cui agli artt. 2 e 3 della stessa Direttiva, quindi, pu operare solo qualora la citazione di immagine acceda ad unopera protetta dal diritto dautore. I.2 Quanto si sostenuto al precedente punto, sulla base del tenore letterale della norma, non senza ragione: infatti, anche leggendo la norma alla luce della ratio legis sottesa alla Direttiva 2001/29/CE, non si potrebbe pervenire a conclusioni diverse. Tale ratio desumibile, in particolare, dai Considerando 9, 10 e 45, i quali prevedono, rispettivamente: Ogni armonizzazione del diritto d'autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da un alto livello di protezione , Per continuare la loro attivit creativa e artistica, gli autori e gli interpreti o esecutori debbono ricevere un adeguato compenso per l'utilizzo delle loro opere Le eccezioni e limitazioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2, 3 e 4 non dovrebbero tuttavia ostacolare la definizione delle relazioni contrattuali volte ad assicurare un equo compenso ai titolari dei diritti (enfasi aggiunta). Ebbene, se lo scopo della Direttiva quello di assicurare la valorizzazione della propriet intellettuale, tramite un alto livello di protezione ed anche attraverso la garanzia di un adeguato compenso agli autori di opere protette, evidente che leccezione al diritto dautore per citazione si pu giustificare solo in quanto la citazione stessa abbia funzione servente rispetto ad unaltra opera protetta, completandola ed illustrandola. Leccezione non si giustificherebbe, invece, nel caso opposto, cio se unopera non protetta (qual , nella specie, il resoconto giornalistico art. 2 I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 141 comma VII della Convenzione di Berna La protezione della presente convenzione non si applica alle notizie del giorno od a fatti di cronaca che abbiano carattere di semplici informazioni di stampa) recasse citazione di unopera o altro materiale (come unimmagine) protetta. Infatti, in tale ultima ipotesi, il diritto dautore verrebbe svilito in modo incompatibile con la ratio della Direttiva, perch limmagine citata servirebbe non gi a corredare e completare unaltra opera tutelata dal diritto dautore, bens unicamente a dare valore ad uno scritto, di per s non meritevole della protezione riservata alla propriet intellettuale. I.3 Le ragioni esposte ai precedenti punti I.1 e I.2 sono, a parere del Governo italiano, di per s sufficienti a sostenere una risposta negativa al quesito 2.a). Tuttavia, per completezza, appare opportuno evidenziare che anche altri argomenti depongono in favore di una risposta negativa al quesito. In effetti, spostando langolo visuale del problema ad una prospettiva pi ampia, si perviene comunque ad escludere che un caso come quello descritto dal giudice a quo possa ricadere nellambito di applicazione dellart. 5 n. 3 lett. d) in combinato disposto con il n. 5 dello stesso articolo. Ci, peraltro, anche a prescindere dalla questione se la citazione sia relativa ad unopera non protetta dal diritto dautore. Vi sono, infatti, motivi di ordine pi ampio e generale atti a suffragare la tesi dellinapplicabilit della norma. Come gi detto pi volte, nel caso di specie si tratta della citazione, nellambito di un resoconto giornalistico, di immagini protette da diritto dautore, non accompagnata dalla corretta indicazione dellautore. Al riguardo, giova ricordare quanto affermato nelle conclusioni dellAvvocato Generale rassegnate nella causa C-5/08 (Infopaq), con riferimento allart. 5 n. 5 della Direttiva 2001/29. In particolare (al punto 134), lAvvocato Generale rileva: Risulta dallart. 5, n. 5, della direttiva 2001/29 che le eccezioni e limitazioni fissate allart. 5 della direttiva 2001/29 si applicano, in primo luogo, esclusivamente in determinati casi speciali, i quali, in secondo luogo, non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dellopera e, in terzo luogo, non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare. Tali condizioni sono cumulative. Le condizioni di cui allart. 5, n. 5, della direttiva 2001/29, spesso chiamate in dottrina test in tre fasi, sono state introdotte sul modello di trattati internazionali . Come risulta dal quarantaquattresimo Considerando della direttiva 2001/29, la facolt di applicare le eccezioni e le limitazioni previste nella presente direttiva deve essere esercitata nel rispetto degli obblighi internazionali. Ne consegue che lart. 5, n. 5, della direttiva 2001/29 devessere interpretato nel rispetto di tali trattati internazionali (enfasi aggiunta). I.4 Si tratta, allora, di verificare se nel caso di una citazione come quella descritta dal giudice rimettente la deroga ai diritti di cui agli artt. 2 e 3 della 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Direttiva resista o meno al test in tre fasi. In caso negativo, se ne dovr necessariamente desumere che la deroga di cui allart. 5 n. 3 lett. d) non si applica ad un caso come quello descritto nellordinanza. Ad avviso del Governo italiano, la risposta al suddetto test negativa, quanto meno con riferimento agli ultimi due parametri. Infatti, se le deroghe di cui allart. 5 n. 3 si giustificano sotto il profilo della ricorrenza di un caso speciale, esse non sembrano altrettanto ammissibili sotto il profilo del contrasto con lo sfruttamento normale dellopera e dellingiustificato pregiudizio ai legittimi interessi dei titolari dei diritti. La finalit speciale che giustifica il diritto di citazione, infatti, ravvisabile nel diritto di critica, di speculazione intellettuale o di informazione. Quanto, invece, allo sfruttamento normale dellopera, evidente che questo costituito dalla vendita: prova ne sia il fatto che la ricorrente aveva a suo tempo - corredato le foto del proprio indirizzo professionale e le aveva vendute. La pubblicazione delle stesse foto su riviste e giornali ed addirittura sul web (con conseguente agevole riproduzione da parte di chiunque vi acceda) incide negativamente sullo sfruttamento commerciale dellopera, in quanto ne riduce sensibilmente (o ne annulla) le possibilit di vendita in futuro. Proprio da ci, inevitabilmente, consegue il pregiudizio allinteresse legittimo della titolare del diritto dautore. Non essendo pertanto compresenti le condizioni cumulative di cui allart. 5 n. 5 della Direttiva, si deve escludere lapplicabilit delleccezione di cui allart. 5 n. 3 lett. d) al caso in esame. ** ** ** Il Governo italiano propone pertanto di rispondere al quesito n. 2 lett. a) nel seguente modo: Lart. 5, n. 3, lett. d), in combinato disposto con lart. 5, n. 5, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella societ dell'informazione, deve essere interpretato nel senso che osta alla sua applicazione il fatto che un resoconto giornalistico che citi unopera o altri materiali protetti non sia unopera del linguaggio protetta dal diritto dautore. ** ** ** II. Sul quesito n. 2 lett. b) Con il presente quesito, il giudice a quo mira a conoscere se lart. 5 n. 3 lett. d) in combinato disposto con lart. 5 n.5 della Direttiva possa interpretarsi nel senso che non osta alla relativa applicazione il fatto che lopera o il materiale citato non siano accompagnati dal nome dellautore. La soluzione , anche in questo caso, negativa. Infatti, la norma molto chiara nellesigere che si indichi, salvo in I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 143 caso di impossibilit, la fonte, incluso il nome dell'autore (enfasi aggiunta). Posto che la sola deroga allobbligo di indicazione del nome dellautore rappresentata dallimpossibilit, il giudice a quo dovr valutare se questultima sussista nel caso di specie, il che non sembra. Infatti, la tesi delle convenute (punto 17 dellordinanza) che avendo ottenuto le foto da agenzie esse non avrebbero potuto risalire allautrice. Inoltre, le convenute avrebbero fatto affidamento sul fatto che la concessione delle foto allagenzia implicasse anche la cessione dei relativi diritti. Poich, tuttavia, chi acquista una fotografia da unagenzia non pu non avere contezza dellesatta portata dei diritti che gli vengono trasferiti contrattualmente, da escludere che ricorra nella specie un caso di vera e propria impossibilit di risalire allautore, salva restando la responsabilit per eventuali condotte illegittime delle agenzie nei confronti delle convenute. ** ** ** La risposta al quesito 2 lett. b) che il Governo italiano propone , pertanto, la seguente: Lart. 5, n. 3, lett. d), in combinato disposto con lart. 5, n. 5, della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che osta alla sua applicazione il fatto che lopera citata o gli altri materiali protetti non siano corredati dal nome dellautore o dellinterprete o esecutore. ** ** ** III. Sul quesito n. 4 Il presente quesito attiene alla possibilit di accordare una tutela ridotta o addirittura nessuna tutela al ritratto fotografico rispetto alla relativa elaborazione, nel presupposto che esso presenti, rispetto a questultima, una minor potenzialit creativa. Il Governo italiano esclude che, alla luce della normativa indicata nel quesito, una simile possibilit sussista. Preliminarmente, deve rilevarsi che laffermazione secondo cui il ritratto fotografico presenterebbe un minor potenziale creativo rispetto alla sua elaborazione, assolutamente opinabile, atteso che lelaborazione stessa , in realt, unoperazione piuttosto banale, realizzabile tramite programmi informatici di agevole utilizzo. Va poi osservato che, tanto lart. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, quanto lart. 17 delle Convenzione di Berna, nel riconoscere e tutelare la propriet ivi compresa quella intellettuale, non recano indicazioni tali da legittimare una tutela diversificata o minore in ragione del (preteso) minor potenziale creativo del ritratto fotografico. Le norme in questione riconoscono al contrario in termini assai ampi il diritto di godimento, utilizzo e disposizione della propriet. Non sembra plausibile, poi, che un affievolimento (o addirittura unesclusione) della tutela della propriet intellettuale del ritratto fotografico possa es- 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 sere legittimata in base al comma II^ dellart. 1 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, che fa salvo il potere degli Stati di introdurre leggi finalizzate a controllare che luso della propriet sia conforme allinteresse generale. Non infatti possibile teorizzare la sussistenza di un interesse generale a che il ritratto fotografico riceva una tutela minore o nessuna tutela rispetto alla relativa elaborazione: innanzi tutto, come gi detto, la tesi della minore potenzialit creativa del primo rispetto alla seconda del tutto indimostrata; inoltre - atteso che al proprietario dellopera artistica espressamente attribuito il diritto esclusivo di autorizzare adattamenti, variazioni e trasformazioni (art. 17 della Convenzione di Berna) - evidente che tale diritto verrebbe svuotato di contenuto nel momento in cui proprio allopera originaria (il ritratto) non si accordasse alcuna tutela o, comunque, se ne accordasse una inferiore rispetto alla trasformazione compiuta con unelaborazione grafica. Infine, con riferimento a quanto illustrato al punto 29 dellordinanza di rimessione, si osserva che una limitazione del diritto di propriet intellettuale sul ritratto fotografico, quale quella ipotizzata nel quesito, non si giustifica neanche alla stregua del test in tre fasi ex art. 5 n. 5 della Direttiva 2001/29, di cui si detto al precedente punto I.3. Al punto 135 delle conclusioni dellAvvocato Generale della causa C-5/08 (citata al punto I.3), si afferma, infatti, che le eccezioni e limitazioni al diritto di propriet intellettuale devono essere chiaramente definite e trovare la propria ragion dessere in determinate finalit speciali. Non si comprende, per, a quali finalit speciali corrisponderebbe la minorata tutela della propriet di ritratti fotografici. Quanto alle ulteriori condizioni (mancanza di contrasto con lo sfruttamento normale dellopera e mancanza di ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi dellautore), valgono le stesse considerazioni gi esposte al punto I.4. ** ** ** Il Governo italiano propone pertanto di rispondere al quesito nei seguenti termini: Lart. 1, n. 1, in combinato disposto con lart. 5, n. 5, della direttiva 2001/29 e lart. 12 della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979, in considerazione soprattutto dellart. 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali (CEDU) del 20 marzo 1952 e dellart. 17 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, non debbono essere interpretati nel senso che le opere fotografiche e/o le fotografie, in particolare i ritratti fotografici, non godono di alcuna tutela o di una tutela affievolita del diritto dautore rispetto allelaborazione Avv. Marina Russo I L C O N T E N Z I O S O N A Z I O N A L E Profili di costituzionalit e questioni interpretative della legge Pinto in punto di durata irragionevole La prassi interna e lorientamento della Corte di Strasburgo (Cass. civ., Sez. Un., sentenza 26 gennaio 2004 n. 1340; Cass. civ., Sez. Un., sentenza 26 gennaio 2004 n. 1339; Cass., Sez. I civ., sentenza 19 novembre 2007 n. 23844; Corte costituzionale, sentenza 24 ottobre 2007 n. 348) Premessa La Corte Europea di Strasburgo, con le non pi recenti, ma certamente decisive sentenze emesse a carico dell'Italia il 10 novembre 2004 (1), ha espressamente statuito che il superamento del limite della ragionevole durata di un procedimento giudiziario colora di illegittimit lintero svolgimento dello stesso, con il conseguente obbligo per i giudici competenti di quantificare lequa riparazione da corrispondersi alla vittima della violazione dellart. 6, par. 1, C.E.D.U. sulla base dellintera durata del procedimento presupposto, e non del solo periodo di ritardo (rispetto al termine da ritenersi ragionevole) per la sua definizione. I giudici europei hanno cos sostituito al concetto di danno da irragionevole durata, quello di danno da durata, che ha come pre- (1) Tra queste, in particolare, si segnalano le pronunce sul ricorso n. 62361/00, proposto da Riccardi Pizzati c. Italia e sul ricorso n. 64897/01 proposto da Zullo c. Italia. Ivi, dopo avere ricordato che ogni sentenza che accerta una violazione obbliga lo Stato convenuto a porre termine alla violazione stessa e ad eliminarne le conseguenze e che, se la normativa nazionale non prevede altro che una parziale eliminazione, l'art. 41 C.E.D.U. consente alla Corte di accordare al ricorrente una soddisfazione in via equitativa, ritenuto che il risarcimento concesso in sede nazionale non costituisse una riparazione appropriata e sufficiente, la Corte Europea di Strasburgo, in applicazione del citato art. 41, ha condannato lo Stato Italiano al pagamento di ulteriori somme, prendendo quale base per la liquidazione del danno morale lintera durata del procedimento e non il periodo di ritardo (rispetto al termine da ritenersi ragionevole) per la sua definizione. 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 supposto, pur sempre, laccertamento della perpetrata violazione dellart. 6, par. 1, C.E.D.U. In tutte le sentenze in questione, la Corte Europea non mancava di evidenziare l'esistenza in Italia di una prassi contraria alle disposizioni della Convenzione (per la verit gi in passato denunciata), comportante, secondo i giudici di Strasburgo, una stridente violazione dellart. 6 della C.E.D.U. Ed in effetti, nonostante la Convenzione, una volta superato il limite della ragionevolezza, imponga di considerare ai fini della liquidazione dellindennizzo lintera durata del procedimento, tanto non consentito al giudice italiano, posto che secondo il disposto dellart. 2, c. 3, lett. a), della legge n. 89/2001, ai fini dellequa riparazione da corrispondersi per leccessiva durata dei processi rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole. Levidente discordanza tra il consolidato orientamento della Corte Europea e la disciplina legislativa nazionale in ordine alla base di calcolo da assumersi per il ristoro del danno morale ha creato terreno fertile allinoltro di numerose eccezioni di incostituzionalit della citata L. n. 89 del 2001, art. 2, da parte di molti privati, nel punto in cui essa ammette l'indennizzo solo per gli anni eccedenti la durata ragionevole, non potendo, a detta di costoro, il legislatore nazionale con legge ordinaria derogare alla Costituzione, al Diritto Comunitario ed alle Convenzioni Internazionali. 2. La funzione ermeneutica della Corte Europea e la potenziale vincolativit della C.E.D.U. Sin dalla nota sentenza sul caso Scordino c. Italia (2), la Corte Europea ha affermato il principio in forza del quale il giudice del merito, chiamato a riparare le conseguenze dannose derivanti dalla violazione delle norme convenzionali, vincolato al rispetto dei principi espressi dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dellUomo. In tale pronuncia, in particolare, i giudici di Strasburgo hanno sancito lobbligo fondamentale per i Giudici Nazionali di applicare le norme della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo secondo i principi ermeneutici espressi nella giurisprudenza della Corte Eu- (2) Corte Europea dei Diritti dellUomo, Grande Camera, sentenza 29 marzo 2006, Scordino c. Italia (ricorso n. 36813/1997). Nella sentenza in questione, al capo II, par. 63, i giudici europei richiamano le quattro sentenze rese dalla Corte di Cassazione il 27 novembre 2003 (nn. 1338, 1339, 1340, 1341), i cui testi furono depositati in cancelleria il 27 gennaio 2004, nelle quali la Corte Suprema italiana aveva affermato che la giurisprudenza della Corte di Strasburgo simpone ai giudici italiani per quanto concerne lapplicazione della legge n. 89/2001. In particolare, si riporta il principio declamato nella sentenza n. 1340, secondo cui la liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte dappello a norma dellart. 2 della Legge n. 89/2001, pur conservando la sua natura equitativa, tenuta a muoversi entro un ambito che definito dal diritto, perch deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo, da cui consentito discostarsi purch in misura ragionevole. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 147 ropea dei Diritti dellUomo . La Corte Europea, in buona sostanza, ha riconosciuto a se stessa il compito di interpretare la C.E.D.U. e di attualizzarne il contenuto in modo tale da garantire una uniforme ed efficace tutela dei diritti umani, cos che ogni norma della C.E.D.U., arricchita e specificata contenutisticamente dagli interventi giurisprudenziali della Corte Europea, vincolante per gli stati aderenti, ed in particolare per i giudici nazionali chiamati a darne concreta applicazione, non solo nel suo tenore letterale, ma anche nellinterpretazione che della stessa offre la Corte Europea. La Convenzione, infatti, vede come suo connaturale completamento la giurisprudenza dellorgano di tutela da esso costituito, che, attraverso una costante elaborazione, individua quello che potrebbe definirsi il diritto vivente europeo. Tanto indubbio l dove si consideri che, in virt delle modifiche introdotte dal Protocollo n. 11 (3), non esiste pi ad oggi la possibilit per uno Stato di siglare la Convenzione rifiutando al contempo la giurisdizione della Corte Europea. In questa prospettiva, la Corte di Strasburgo sarebbe da assimilare almeno su un piano funzionale ad una Corte Costituzionale e svolgerebbe una funzione dorientation generale vis-a-vis del Etats en matire des droits de lhomme , come plasticamente osservato. Orbene, con ferimento alla riparazione delle conseguenze dannose derivanti dalla violazione delle norme convenzionali, stata proprio la Corte Europea a prevedere che alle vittime delle violazioni suddette sia dovuta unequa soddisfazione ex art. 41 della C.E.D.U. Infatti, la citata norma prevede unicamente che se la Corte dichiara che vi stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dellAlta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando il caso, unequa soddisfazione alla parte lesa, senza stabilire modalit, criteri e parametri alla cui stregua lequa soddisfazione debba essere valutata. E stata, dunque, la Corte di Strasburgo, nella sua incessante opera di interpretazione della Convenzione Europea, ad aver individuato e precisato, con riferimento alla violazione di ogni singola norma convenzionale sottoposta al suo scrutinio, criteri e parametri di liquidazione dellequa soddisfazione ex art. 41. Tanto avvenuto anche con riferimento allequa soddisfazione da ri- (3) Il Protocollo n. 11, entrato in vigore il 1 novembre 1998 (ratificato dallItalia con L. 28 agosto 1997, n. 296), ha trasformato radicalmente il sistema di controllo della tutela dei diritti delluomo delineato dalla Convenzione di Roma, procedendo alla fusione della Commissione (organo istruttorio) e della Corte (organo distanza) in un unico organo: la Corte unica. Tale riforma si resa indispensabile in seguito alla constatazione che lormai accresciuto numero di ricorsi pendenti innanzi alla Commissione (frutto anche del moltiplicarsi degli Stati aderenti) non poteva pi essere esaminato speditamente con le precedenti procedure. Dopo un lungo dibattito, durato oltre dieci anni, stato deciso di procedere ad una completa revisione dei meccanismi varati nel 1950. 148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 conoscere per le violazioni dellart. 6, par. 1, della C.E.D.U. Con le note sentenze del 10 novembre 2004, in particolare, la Corte Europea ha stabilito che alla vittima dellaccertata violazione del termine di ragionevole durata del processo debba essere riconosciuta unequa soddisfazione ex art. 41 CEDU pari ad una somma compresa tra i 1000 e i 1500 euro per ogni anno di durata dellintero processo. Orbene, si pone con ogni evidenza la questione se lorientamento espresso in sede europea sia da considerarsi vincolante per il giudice nazionale chiamato, esso stesso, a conoscere dellistanza indennitaria connessa al danno da irragionevole durata, come gli avvocati delle parti private tendono a sostenere, rilevando, in proposito, che un eventuale scostamento del giudice nazionale chiamato a riconoscere unequa soddisfazione ex art. 41 in combinato disposto con la norma convenzionale che si assume violata, nella specie lart. 6, par. 1 rispetto allinterpretazione che delle stesse norme offre la Corte Europea, realizzerebbe una ulteriore e doppiamente illegittima violazione della Convenzione, colorando lintera procedura ex lege n. 89/2001 di inefficacia ai sensi dellart. 13 CEDU. Tale posizione stata recepita anche dalla Suprema Corte di Cassazione, nelle gi citate sentenze a Sezioni Unite del 26 gennaio 2004, ove si legge: deve, allora, concordarsi con la detta Corte Europea la quale, nella citata decisione sul ricorso Scordino (relativo allincompletezza della tutela accordata al giudice italiano in applicazione della legge n. 89/2001), ha affermato che deriva dal principio di sussidiariet che le giurisdizioni nazionali devono, per quanto possibile, interpretare ed applicare il diritto nazionale conformemente alla Convenzione (4). Con fermezza ancora maggiore, nella sentenza n. 1339, cit., si afferma ancora: Ǐ certo che lapplicazione diretta nellordinamento italiano di una norma della CEDU, sancita dalla legge n. 89/2001 (e cio dellart. 6, par. 1, nella parte relativa al termine ragionevole), non pu discostarsi dallinterpretazione che della stessa d il giudice europeo. Lopposta tesi, diretta a consentire una sostanziale diversit tra lapplicazione che la Legge 89/2001 riceve nellordinamento nazionale e linterpretazione data dalla Corte di Strasburgo al diritto alla ragionevole durata del processo, renderebbe priva di giustificazione la detta legge n. 89/2001 e comporterebbe per lo Stato italiano la violazione dellart. 1 della CEDU, secondo cui le Parti contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giu- (4) Corte di Cassazione, Sez. Un. Civ., sent. n. 1340/04 In senso conforme, Corte di Cassazione, Sez. Un. Civ., sent. nn. 1338/04, 1339/04, 1341/04. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 149 risdizione i diritti e le libert definiti al titolo primo della presente Convenzione (in cui compreso il citato art. 6, che prevede il diritto alla definizione del processo entro un termine ragionevole). Le ragioni che hanno determinato l'approvazione della legge n. 89/2001 si individuano nella necessit di prevedere un rimedio giurisdizionale interno contro le violazioni relative alla durata dei processi, in modo da realizzare la sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo, sancita espressamente dalla CEDU (art. 35: la Corte non pu essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne). Sul detto principio di sussidiariet si fonda il sistema europeo di protezione dei diritti dell'uomo. (). La tesi secondo cui, nell'applicare la legge n. 89/2001, il giudice italiano pu seguire un'interpretazione non conforme a quella che la Corte europea ha dato della norma dell'art. 6 CEDU (la cui violazione rappresenta il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla detta legge nazionale), comporta che la vittima della violazione, qualora riceva in sede nazionale una riparazione ritenuta incompleta dalla Corte Europea, ottenga da quest'ultimo Giudice l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU. Il che renderebbe inutile il rimedio predisposto dal legislatore italiano con la legge n. 89/2001 e comporterebbe una violazione del principio di sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo. Deve, allora, concordarsi con la Corte Europea dei diritti dell'uomo la quale, nella citata decisione sul ricorso Scordino (relativo alla incompletezza della tutela accordata dal giudice italiano in applicazione della legge n. 89/2001), ha affermato che "deriva dal principio di sussidiariet che le giurisdizioni nazionali devono, per quanto possibile, interpretare ed applicare il diritto nazionale conformemente alla Convenzione. Ancora pi espliciti sono, poi, i lavori preparatori della legge n. 89/2001. Nella relazione al disegno di legge del sen. Piceo (atto Senato n. 3813 del 16 febbraio 1999) si afferma che il meccanismo riparatorio proposto con l'iniziativa legislativa (e poi recepito dalla legge citata) assicura al ricorrente "una tutela analoga a quella che egli riceverebbe nel quadro della istanza internazionale", poich il riferimento diretto all'art. 6 della CEDU consente di trasferire sul piano interno i limiti di applicabilit della medesima disposizione esistenti sul piano internazionale, limiti che dipendono essenzialmente dallo stato e dalla evoluzione della giurisprudenza degli organi di Strasburgo, specie della Corte europea dei diritti dell'uomo, le cui sentenze dovranno quindi guidare () il giudice interno nella definizione di tali limiti. La tesi esposta presenta, ad avviso di chi scrive, due aspetti di debolezza. Il primo da ravvisarsi nel dato pacifico che la CEDU, anche per lipotesi della durata irragionevole del processo, non introduce norme di diritto interno, 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 cogenti per i giudici nazionali, ma accorda alla parte lesa, a mezzo del proprio organo giurisdizionale, una tutela di tipo suppletivo o sussidiario, invocabile al posto di quella mancante o ad integrazione di quella inadeguata offerta dai singoli ordinamenti (art. 41 della Convenzione). Ora, sebbene lart. 2 della l. n. 89/2001, con lobiettivo di apprestare una tutela interna tendenzialmente pari a quella concessa dalla Convenzione, faccia esplicito riferimento alle violazioni del citato art. 6, par. 1, e per il loro verificarsi stabilisca il diritto ad unequa riparazione, ove si sia prodotto un danno patrimoniale o non patrimoniale in dipendenza del perdurare della causa oltre il tempo ragionevole, da tale esplicito richiamo non pu giungersi a negare la presenza, nello stesso articolo, di una propria disciplina circa i parametri cui correlare la durata ragionevole del processo. Daltra parte, se non vՏ dubbio che le norme della CEDU non costituiscono vincoli diretti in capo agli Stati aderenti, tanto pi si potr obiettare che le pronunce della Corte Europea ancorch dotate di valore di precedente, di cui non si pu non tener conto, ai fini dellinterpretazione del contenuto dellart. 2, L. n. 89/2001, nella misura in cui questo richiama lart. 6, par. 1, della stessa Convenzione siano da ritenersi vincolanti per il Giudice italiano. Diversamente dalle sentenze della Corte di Giustizia Europea di Lussemburgo che, al pari dei regolamenti del Consiglio CE, hanno (per i profili dell'interpretazione della normativa comunitaria) diretta efficacia nellordinamento interno ai sensi dellart. 189 del Trattato CEE (5) e, se pronunciate in sede di rinvio pregiudiziale, vincolano espressamente il giudice rimettente per le sentenze della Corte EDU non sussistono, nel quadro delle fonti, analoghi meccanismi normativi che ne prevedano la diretta vincolativit per il giudice interno (6). Sembra, quindi, a chi scrive che la presenza di una disciplina interna unitamente allassenza di disposizioni che conferiscano carattere cogente alle decisioni della Corte europea dei diritti delluomo, porti a ritenere che il giudice italiano, chiamato ad attribuire lequa riparazione per la durata irragionevole del processo, non sia vincolato alle pronunce della Corte europea (anche se debba tenerne conto, quali autorevoli orientamenti giurisprudenziali e linee direttive per definire la nozione di ragionevole durata del processo (7)) e sia, (5) Cfr., sul punto, Corte Cost. n. 113/85 in relazione a n. 170/84. (6) In questi termini si espressa anche Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 11987 dell8 agosto 2002. (7) In tal senso si espressa la Corte di Cassazione, Sez. I, nella sentenza n. 16262 del 19 novembre 2002: Al fine di ricostruire i lineamenti del diritto all'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, introdotto nel nostro ordinamento ad opera della legge 24 marzo 2001, n. 89, le sentenze della Corte di Strasburgo in tema di interpretazione dell'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, pur non avendo efficacia direttamente vincolante per il giudice italiano, nondimeno costituiscono la prima e pi importante guida ermeneutica. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 151 viceversa, tenuto a riscontrare esclusivamente sulla scorta dellordinamento interno il verificarsi dellevento dannoso, quale concorrente requisito della nascita del diritto esercitato in giudizio (cfr. Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 5664 del 10 aprile 2003). Se ne deve dedurre, in conclusione, che il dovere per il giudice italiano, chiamato a dare applicazione alla L. n. 89 del 2001, di interpretare detta legge in modo conforme alla CEDU per come essa vive nella giurisprudenza della Corte europea, operi solo nei limiti in cui detta interpretazione conforme sia resa possibile dal testo della stessa L. n. 89 del 2001, alla quale egli pur sempre soggetto, non potendo certo violarne il disposto (8). Semmai, come appresso si vedr, un eventuale contrasto tra la L. n. 89 del 2001 e la CEDU porrebbe una questione di conformit della stessa con la Costituzione che allart. 111 tutela lo stesso bene della ragionevole durata del processo, oltre a garantire i diritti inviolabili dell'uomo (art. 2). Occorre, allora, accertare se possa darsi alla detta legge uninterpretazione che sia conforme alla CEDU, in applicazione del canone ermeneutico secondo cui va preferita l'interpretazione della legge che la renda conforme alla Costituzione. 3. La questione della tutela effettiva Il sistema di tutela posto in essere dalla Convenzione ed accentrato intorno alla Corte Europea dei Diritti dellUomo, si fonda sul principio di sussidiariet, sancito espressamente dallart. 35 CEDU, il quale recita: la Corte non pu essere adita se non dopo lesaurimento delle vie di ricorso interne. Da esso deriva il dovere degli Stati aderenti di garantire agli individui la protezione dei diritti riconosciuti dalla CEDU innanzitutto nel proprio ordinamento interno e di fronte agli organi della giustizia nazionale. E tale protezione deve essere "effettiva" (art. l3 della CEDU), e cio tale da porre rimedio alla doglianza, senza necessit che si adisca la Corte di Strasburgo. Dalla natura sussidiaria dellintervento della Corte di Strasburgo disceso lobbligo, per ciascuno Stato aderente alla Convenzione, di istituire una via di ricorso interna percorribile dai cittadini al fine di porre rimedio alle conseguenze dannose derivanti dalla violazione delle norme convenzionali, anche attraverso la corresponsione di unequa soddisfazione ex art. 41 CEDU, potendo nellipotesi contraria i cittadini adire direttamente la Corte di Strasburgo affinch conosca essa stessa dellazione riparatoria. Orbene, la legge n. 89/2001 costituisce la via di ricorso interno che la "vittima della violazione" (cos sfinita dall'art. 34 della CEDU) dell'art. 6 (sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole) deve adire prima di potersi rivolgere alla Corte Europea per chiedere la "equa soddisfazione" pre- (8) Cos Cass., Sez. Un., sentenza 26 gennaio 2004, n. 1340. 152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 vista dall'art. 41 della CEDU (9) , la quale, quando sussista la violazione, viene accordata dalla Corte soltanto "se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione". La legge n. 89/2001 ha, pertanto, consentito alla Corte Europea di dichiarare irricevibili i ricorsi ad essa presentati (anche prima dell'approvazione della stessa legge) e diretti ad ottenere l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU per 1a lunghezza del processo (sentenza 6 settembre 2001, Brusco c. Italia). Secondo un orientamento ormai assai diffuso in ambiente giurisprudenziale (10) , tuttavia, il meccanismo di attuazione della CEDU e di rispetto del principio di sussidiariet dell'intervento della Corte Europea di Strasburgo, per, non opera nel caso in cui essa ritenga che le conseguenze della accertata violazione della CEDU non siano state riparate dal diritto interno o lo siano state "in modo incompleto", perch, in siffatte ipotesi, il citato art. 41 prevede l'intervento della Corte Europea a tutela della "vittima della violazione". In tal caso il ricorso individuale alla Corte di Strasburgo ex art 34 della CEDU sarebbe ricevibile (sentenza 29 marzo 2006, Scordino c. Italia) e la Corte provvede a tutelare direttamente il diritto della vittima che essa ha ritenuto non completamente tutelato dal diritto interno. Si evidenziato (11), in buona sostanza, che lintervento della Corte Europea dovrebbe attuarsi anche laddove lo strumento di tutela predisposto in ambito nazionale non presenti il crisma della effettivit, ai sensi dellart. 13 CEDU. Tale norma stabilisce che la forma di protezione istituita sul piano interno deve essere effettiva, tale, cio, da porre rimedio alla lamentata violazione della norma convenzionale, eliminandone tutte le conseguenze dannose. Ove ci non si verifichi (12), la via di ricorso interna istituita a livello nazio- (9) Le ragioni che hanno determinato l'approvazione della legge n. 89/2001 si individuano, per lappunto, nella necessit d prevedere un rimedio giurisdizionale interno contro le violazioni relative alla durata dei processi, in modo da realizzare la sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo. Il rimedio interno introdotto dalla legge n. 89/2001, in precedenza, non esisteva nell'ordinamento italiano, con la conseguenza che i ricorsi contro l'Italia per la violazione dell'art. 6 della CEDU avevano "intasato" ( il termine usato dal relatore Follieri nella seduta del Senato del 28 settembre 2000) il giudice europeo. Rilevava la Corte di Strasburgo, prima della legge n. 89/2001, che le dette inadempienze dell'Italia riflettono una situazione che perdura, alla quale non si ancora rimediato e per la quale i soggetti a giudizio non dispongono di alcuna via di ricorso interna. Tale accumulo di inadempienze , pertanto, costitutivo di una prassi incompatibile con la Convenzione" (quattro sentenze della Corte in data 28 luglio 1999, su ricorsi di Bottazzi, Di Mauro, Ferrari e A.P. c. Italia). (10) Vedi, in proposito, Cass. Civ., Sez. Un., sentenza n. 1339 del 26 gennaio 2004. (11) Cos, tra molti, lAvv. Giovanni Romano, nel ricorso incidentale avverso il decreto della Corte dAppello di Potenza, Sez. Civile, del 28 aprile 2009, R.G. n. 95/2009, in materia di equa riparazione ex lege n. 89 del 24 marzo 2001. (12) Il giudice della completezza o meno della tutela che la vittima ha ottenuto secondo il diritto interno , ovviamente, la Corte Europea, alla quale spetta di fare applicazione dell'art. 41 CEDU per accertare se, in preserva della violazione della norma della CEDU, il diritto interno abbia permesso di riparare in modo completo le conseguenze della violazione stessa. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 153 nale non vale a sottrarre al ricorrente la qualit di vittima ex art. 34 CEDU, imponendo per conseguenza la necessit di un intervento, per cos dire, suppletivo, integrativo o correttivo della Corte Europea. Leffettivit, in questi termini, si traduce nellaffermazione in base alla quale al ricorrente, in sede nazionale, deve essere riconosciuta unequa soddisfazione idonea a ripararlo delle conseguenze dannose patite per effetto della violazione della norma convenzionale, pari a quella che egli avrebbe conseguito ove avesse investito la Corte di Strasburgo della cognizione della medesima domanda (13). Leffettivit del rimedio interno, cos intesa, imporrebbe una sostanziale equivalenza dellequa riparazione/soddisfazione concessa in sede nazionale, rispetto a quella conseguibile innanzi alla Corte di Strasburgo. Secondo i pi convinti sostenitori di questorientamento, affinch tale risultato si realizzi concretamente, indispensabile che il rimedio predisposto sul piano interno sia costruito, dal legislatore, ed applicato, dai giudici nazionali, in sintonia e nel pieno e rigoroso rispetto delle norme convenzionali (14), cos come interpretate ed arricchite dalla giurisprudenza della Corte Europea, la cui vincolativit (15) sarebbe, pertanto, da considerarsi condizione necessaria a garantire leffettivit del rimedio interno. E pertanto, se ne fa discendere che lattribuzione da parte dei giudici nazionali chiamati, ex legge Pinto, a riparare le conseguenze dannose derivanti dalla violazione dellart. 6, par. 1, CEDU di unequa soddisfazione/riparazione quantificata in difformit dai parametri elaborati dalla Corte Europea non integri il requisito di effettivit del rimedio interno alla stregua del disposto di cui allart. 13 CEDU, lasciando permanere in capo allindividuo la qualifica di vittima della violazione ex art. 34 CEDU. In verit, chi scrive dubita che il principio di effettivit di cui allart. 13 cit. si traduca nella necessaria equivalenza dei rimedi azionabili nella sede nazionale ed in quella comunitaria a tutela del diritto ad un processo di durata ragionevole. Lordinamento italiano, con la riformulazione dellart. 111 della Costituzione ad opera dellart. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999, (13) La sussidiariet, collegata al principio di effettivit ex art. 13, CEDU, non significa che il livello statale, a fronte di una via di ricorso interna non effettiva, perda le sue competenze a favore della Corte di Strasburgo, ma piuttosto che questa pu essere chiamata ad entrare in azione soltanto quando si alleghi che lautorit statale non ha esercitato le sue competenze nel modo dovuto. (14) Naturalmente, spetta alla Corte Europea ogni valutazione circa il rispetto della effettivit del rimedio interno alla stregua dei parametri convenzionali. (15) La vincolativit dei precedenti della Corte di Strasburgo opererebbe, secondo lorientamento de quo, su due piani: nei confronti del legislatore, che gi in astratto deve ricostruire la via di ricorso interna in maniera tale che sia conforme alle norme convenzionali cos come interpretate dalla Corte Europea; nei confronti del giudice nazionale, che parimenti deve applicare il rimedio interno utilizzando quegli stessi criteri e parametri di accertamento della violazione della norma convenzionale e di liquidazione dellequa soddisfazione ex art. 41 CEDU elaborati dalla Corte Europea con riferimento a casi simili. 154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 n. 2, ha recepito il canone della durata ragionevole del processo, demandando alla legge il compito di assicurarla. Ne deriva la presenza, nella norma in esame, di una propria disciplina interna circa i parametri cui correlare la durata ragionevole del processo, ed anche dellespressa previsione del danno, patrimoniale o non patrimoniale, quale elemento costitutivo del diritto all'equa riparazione. Per quanto, infatti, la CEDU, una volta superato il limite della ragionevolezza, consideri ai fini della liquidazione dellindennizzo lintera durata del procedimento, tanto non consentito al giudice italiano, posto che lart. 2, c. 3, lett. a), della legge n. 89/2001, espressamente sancisce che, ai fini della liquidazione dellindennizzo riconosciuto dal nostro diritto interno per leccessiva durata dei processi, rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole, onde finch il legislatore non riterr di modificare tale dato normativo (che non contrasta con le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute art. 10 Cost. n con i principi fondamentali dellordinamento comunitario art. 11 Cost. e, come gi rilevato, non contrasta neppure con la Convenzione, ma solo con un orientamento ermeneutico con la Corte di Strasburgo, che non pu prevalere su di unespressa disposizione di legge), i giudici italiani dovranno attenervisi. Questo parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata "ordinario" e "ragionevole", valorizzato invece dalla Corte di Strasburgo, non esclude la complessiva attitudine della legge n. 89 del 2001 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97, proposto da Scordino c. Italia (16). E sullargomento, la stessa Corte Europea di Strasburgo ha affermato che il principio di protezione effettiva posto dallart. 13 della Convenzione non giunge a consentire che si denunzi innanzi ai giudici nazionali la contrariet delle leggi dello Stato ai principi della Convenzione (sentenza del 26 ottobre 2000, Kudla c. Polonia). I Giudici della Corte Europea, infatti, hanno solamente riconosciuto, in alcuni casi, linadeguatezza dellindennizzo, che pu essere liquidato dal giudice nazionale, facendo applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, senza per escludere la complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001, a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, avendola, anzi, espressamente riconosciuta nella gi citata sentenza 27 marzo 2003, Scordino c. Italia, ed avendo questi affermato, addirittura nella sentenza Zullo c. Italia, resa sul ricorso n. 64897/01, che vari tipi di ricorso possono correggere la violazione in modo adeguato: uno tendente ad accelerare la procedura e laltro di natura in- (16) Cfr., sullargomento, Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 16936 del 29 novembre 2002; Sez. I, sent. n. 8603 del 26 aprile 2005; Sez. I, sent. n. 23844 del 19 novembre 2007. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 155 dennitaria (cfr. par. 79); che gli Stati possono anche scegliere di dare vita soltanto al ricorso per indennizzo, come ha fatto lItalia, senza che questo ricorso possa essere considerato come mancante di efficacia (cfr. par. 80); che, quando uno Stato ha fatto un passo significativo introducendo un ricorso per indennizzo, la Corte deve lasciargli un pi grande margine di valutazione, perch possa organizzare questo ricorso interno in modo coerente con il suo sistema giuridico e le sue tradizioni e in conformit con il tenore di vita del paese (cfr. par. 82). Sotto altro aspetto, poi, occorre tener conto che la L. n. 89 del 2001, citato art. 2, comma 3, lett. a), costituisce particolare applicazione dellart. 111 Cost., il quale, dopo aver recepito pienamente i canoni del giusto processo fissati dallart. 6, p. 1, della Convenzione, dispone che la legge ne assicura la ragionevole durata , cos sancendo che, nello stabilire quale durata debba ritenersi ragionevole, non si possa prescindere da quella minima imposta da una corretta applicazione, da parte del giudice, della disciplina che lo struttura. Sembra, quindi, logico dedurre che il diverso parametro di calcolo dellequa riparazione, introdotto dalla Corte Europea produca il solo effetto di aprire, alla "vittima" della violazione, la via sussidiaria dellapplicabilit dellart. 41 della CEDU sullequa soddisfazione, il quale dispone che Se la Corte dichiara che vi stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dellAlta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando il caso, unequa soddisfazione alla parte lesa. 4. Il rispetto degli obblighi internazionali Non sono mancate censure nel complesso tese a sostenere che lasserito contrasto dellart. 2, comma 3, lett. a) della legge L. 89/2001 con gli artt. 41 e 13 CEDU, come interpretati dalla Corte Europea, si tradurrebbe nellillegittimit costituzionale della norma stessa per contrasto con lart. 117, comma 1, Cost., il quale vincola la potest legislativa statale al rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali sarebbero inclusi quelli derivanti dalladesione alla CEDU, cos come interpretata ed attualizzata dalla Corte Europea. Sulla questione, peraltro, si fatto notare che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 348/2007, ha dichiarato lillegittimit costituzionale dellart. 5 bis, commi 1 e 2, del D.L. 11 luglio 1992, n. 333 (conv. con modif. dalla Legge 8 agosto 1992, n. 359) e dellart. 37, commi 1 e 2, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, proprio per contrasto con lart. 117 Cost. con riferimento allart. 1 Prot. 1 della CEDU cos come interpretato dalla giurisprudenza della Corte Europea (17) e che, nel procedere in tal senso, i giudici della Consulta hanno posto dei (17) Si , infatti, asserito che tale norma stata oggetto di una progressiva focalizzazione interpretativa da parte della Corte di Strasburgo, che ha attribuito alla disposizione un contenuto ed una 156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 principi fondamentali di indubbia rilevanza in relazione alla questione di legittimit della previsione contenuta nellart. 2, comma 3, lett. a) della Legge n. 89/2001. Essi, infatti, hanno evidenziato che lart. 117, primo comma, Cost. condiziona lesercizio della potest legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali indubbiamente rientrano quelli derivanti dalla Convenzione europea per i diritti delluomo ed ancora che il nuovo testo dellart. 117, primo comma, Cost., se da una parte rende inconfutabile la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordinarie successive, dallaltra attrae le stesse nella sfera di competenza di questa Corte, poich gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di legittimit costituzionale (Corte Costituzionale, sent. n. 348/2007). Alla luce dei principi affermati nelle richiamate sentenze, sembra che lart. 117 Cost. presenti una struttura simile a quella di altre norme costituzionali, che sviluppano la loro concreta operativit solo se poste in stretto collegamento con altre norme, di rango sub-costituzionale, destinate a dare contenuti ad un parametro che si limita ad enunciare in via generale una qualit che le leggi in esso richiamate devono possedere. Le norme finalizzate a tale scopo finiscono, quindi, per essere di rango subordinato s a quello delle norme costituzionali, ma maggiore delle leggi ordinarie. In definitiva, secondo i Giudici della Consulta, lart. 117, primo comma, Cost. diventa concretamente operativo solo se vengano determinati quali siano gli obblighi internazionali che vincolano la potest legislativa dello Stato e delle Regioni [] Nel senso specifico sottoposto alla valutazione di questa Corte, il parametro viene integrato e reso operativo dalle norme della CEDU, la cui funzione quindi di concretizzare nella fattispecie la consistenza degli obblighi internazionali dello Stato (Corte Costituzionale, sent. n. 348/2007). Sembrerebbe, quindi, alla luce di tali dicta, che le norme della CEDU, nellinterpretazione offertane dalla Corte Europea, vincolino il Legislatore nazionale ex art. 117 Cost. Infatti, come evidenziato dalla Consulta, la CEDU presenta, rispetto agli altri trattati internazionali, la caratteristica peculiare di aver previsto la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte Europea per i diritti delluomo, cui affidata la funzione di interpretare le norme della Convenzione stessa. Difatti lart. 32, par. 1, stabilisce: La competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti linterpretazione e lapplicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa alle condizioni previste negli art. 33, 34 e 47 () (Corte Costituzionale, sent. portata ritenuti dalla stessa Corte incompatibili con la disciplina italiana dellindennit di espropriazione (Corte Costituzionale, sent. n. 348/2007). IL CONTENZIOSO NAZIONALE 157 n. 348/2007). In conseguenza, secondo lintendimento di detta Corte, poich le norme giuridiche vivono nellinterpretazione che ne danno gli operatori di diritto, i giudici in primo luogo, la naturale conseguenza che deriva dallart. 32, par. 1, della Convenzione che tra gli obblighi internazionali assunti dallItalia con la sottoscrizione e la ratifica della CEDU vi quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione. Non si pu parlare quindi di una competenza giurisdizionale che si sovrappone a quella degli organi giudiziari dello Stato italiano, ma di una funzione interpretativa eminente che gli Stati contraenti hanno riconosciuto alla Corte europea, contribuendo con ci a precisare i loro obblighi internazionali nella specifica materia (Corte Costituzionale, sent. n. 348/2007). Non certamente dubitabile che nella citata sentenza la Corte Costituzionale abbia inteso dettare una serie di principi volti a precisare con chiarezza, per un verso, la portata applicativa dellart. 117 Cost., per laltro, il valore da attribuirsi alle norme della CEDU, cos come interpretate dalla Corte Europea. Per espressa affermazione della Suprema Corte, infatti, tali norme costituiscono un vincolo alla potest legislativa statale (e regionale), alla quale, pertanto, non dato esprimersi con ladozione di una normativa contrastante con il dettato in esse contenuto, specificato ed attualizzato attraverso i precedenti della Corte di Strasburgo. Orbene, il portato letterale dellart. 2, comma 3, lett. a) della L. n. 89/2001, nella parte in cui prevede che: Il giudice determina la riparazione a norma dell'articolo 2056 del codice civile, osservando le disposizioni seguenti: a) rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di cui al comma 1, e la prassi giurisprudenziale interna, rigorosamente conforme ai parametri di computo dettati dalla normativa nazionale, sembrano tratteggiare una sfacciata profanazione dellart. 117, comma 1, Cost. ed il principio del rispetto degli obblighi internazionali in esso richiamato. Questo rombante contrasto stato denunciato dai pi avveduti giuristi con risonanti cori di sdegno e censure che si rivelano, ad avviso di chi scrive, frettolose e superficiali, nei sensi che tra poco si vedranno. La previsione del rimedio indennitario a riparazione del solo lasso di tempo eccedente la durata ragionevole del processo presupposto ex L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), non pu dirsi confliggente con il disposto del richiamato art. 117, comma 1, Cost., non potendo darsi alla giurisprudenza della CEDU, in questione, diretta applicazione nellordinamento giuridico italiano, a differenza di quanto accade con riguardo alla normativa comunitaria. La Corte Costituzionale ha infatti chiarito, con le gi richiamate sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, altres che la Convenzione non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. Essa, infatti, configurabile come un trattato interna- 158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 zionale multilaterale, da cui derivano "obblighi" per gli Stati contraenti (e quindi anche quello dei giudici nazionali di uniformarsi ai parametri CEDU, esclusi i casi, come quello di specie, in cui siano tenuti a rispettare una norma nazionale, della cui legittimit costituzionale non si possa dubitare), ma non lincorporazione dellordinamento giuridico italiano in un sistema pi vasto, dai cui organi deliberativi possano promanare norme vincolanti, omesso medio, per tutte le autorit interne degli Stati membri. Ci per la semplice ed intuitiva ragione che un procedimento di incorporazione automatica ad hoc si rivelerebbe inadeguato e mal funzionante in relazione alle norme non self-executing contenute nella Convenzione de qua, la cui piena attuazione nel nostro ordinamento necessita di appositi interventi normativi nazionali, tesi ad integrare le norme di adattamento prodotte per il tramite dellordine di esecuzione. Daltra parte, lart. 117, primo comma, non potrebbe operare quale incorporatore automatico permanente di tutte le norme contenute nei trattati internazionali cui lo Stato Italiano aderisce, giacch unapplicazione che implicasse la costituzionalizzazione generalizzata di tutti gli accordi internazionali, a prescindere dal modo dintroduzione degli stessi nellordinamento interno, si porrebbe in contrasto con il principio della sovranit popolare, potendo portare a riconoscere lesistenza di vincoli alla potest legislativa derivanti da atti non sottoposti al parlamento. Le norme della CEDU, sotto altro aspetto, in quanto norme pattizie, restano escluse anche dall'ambito di operativit dell'art. 10, primo comma, Cost., in conformit alla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale sul punto. La citata disposizione costituzionale, con l'espressione norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, si riferisce soltanto alle norme consuetudinarie e dispone l'adattamento automatico, rispetto alle stesse, dell'ordinamento giuridico italiano. Le norme pattizie, ancorch generali, contenute in trattati internazionali bilaterali o multilaterali, esulano pertanto dalla portata normativa del suddetto art. 10. Di questa categoria fa parte la CEDU, con la conseguente impossibilit di assumere le relative norme quali parametri del giudizio di legittimit costituzionale, di per s sole (sentenza n. 188 del 1980), ovvero come norme interposte ex art. 10 della Costituzione (18). Dott.ssa Morena Pirollo* (18) Corte Cost., ordinanza n. 143 del 1993; conformi, ex plurimis, sentenze n. 153 del 1987, n. 168 del 1994, n. 288 del 1997, n. 32 del 1999, ed ordinanza n. 464 del 2005. (*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 159 Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 26 gennaio 2004 n. 1340 - Pres. Ianniruberto, Rel. Lupo, P.M. Esposito - C.L. (avv. G. Romano) c. Ministero della giustizia (avv. Stato G. Palatiello). (Omissis) Motivi della decisione 1.- I due motivi di ricorso sono strettamente connessi perch censurano il quantum del danno non patrimoniale liquidato dalla decisione impugnata. Con il primo motivo il ricorrente deduce "violazione e mancata applicazione dell'art. 2 della legge n. 89 del 2001. Contestuale violazione e mancata applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c. Contestuale violazione e mancata applicazione dell'art. 6 p. 1 e dell'art. 13 della CEDU. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5". Il ricorrente premette che la violazione del termine di durata ragionevole del processo determina la violazione di un diritto costituzionalmente ed internazionalmente tutelato, posto a presidio di un bene inviolabile, il cui valore non immediatamente valutabile in termini pecuniari e la cui compressione, pertanto, determina ex se un danno non patrimoniale; e rileva che il bene costituito dal diritto alla ragionevole durata del processo identico per chiunque sia parte di un processo e per ogni tipo di processo. Secondo il ricorrente, la decisione impugnata ha male utilizzato il parametro della "posta in gioco", dato che esso adoperato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo al fine di riconoscere con maggiore facilit, in ipotesi delicate, l'esistenza della lesione, mentre la Corte di appello vi ha fatto ricorso per arginare la pretesa del danneggiato. In tal modo il danno non patrimoniale stato determinato in misura "manifestamente iniqua in relazione ai parametri costantemente utilizzati dalla Corte di Strasburgo". Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e mancata applicazione dell'art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 89 del 2001 e dell'art. 13 della CEDU. Premesso che i diritti protetti dalla CEDU devono trovare anzitutto attuazione e tutela in sede nazionale, con il ricorso agli strumenti apprestati dai singoli ordinamenti, rileva che con l'impugnato decreto si stravolto il rimedio della legge n. 89 del 2001, pervenendosi ad una liquidazione del danno non patrimoniale "chiaramente violativa dei parametri e standards valutativi elaborati dalla Corte europea". 2.- La questione di massima posta dal presente ricorso concerne l'ambito del sindacato della Corte di Cassazione sui decreti della Corte di appello che determinano il quantum dell'equa riparazione spettante al ricorrente a titolo di danno non patrimoniale; in particolare, se possa costituire vizio della liquidazione del danno la mancanza di relazione ragionevole della somma accordata dalla Corte di appello ai parametri di commisurazione della equa soddisfazione (art. 41 CEDU) utilizzati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in casi simili. La soluzione della questione di massima richiede che si precisi quale effetto giuridico debba attribuirsi, nella liquidazione del danno non patrimoniale da indennizzare in applicazione della legge n. 89 del 2001, ai criteri seguiti dalla Corte europea nella riparazione dello stesso tipo di danno, e quindi alle pronunzie della stessa Corte sulle conseguenze della violazione del termine ragionevole di durata del processo. Il che, a sua volta, esige la considerazione della lettera e delle finalit della legge n. 89 del 2001. 3.- Come chiaramente si desume dall'art. 2, comma 1, della detta legge, il fatto giuridico che fa sorgere il diritto all'equa riparazione da essa prevista costituito dalla "violazione della 160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955 n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione". La legge n. 89 del 2001, cio, identifica il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo per relationem, riferendosi ad una specifica norma della CEDU. Questa Convenzione ha istituito un giudice (Corte europea dei diritti dell'uomo, con sede a Strasburgo) per il rispetto delle disposizioni in essa contenute (art. 19), onde non pu che riconoscersi a detto giudice il potere di individuare il significato di dette disposizioni e perci di interpretarle. Poich il fatto costitutivo del diritto attribuito dalla legge n. 89 del 2001 consiste in una determinata violazione della CEDU, spetta al Giudice della CEDU individuare tutti gli elementi di tale fatto giuridico, che pertanto finisce con l'essere "conformato" dalla Corte di Strasburgo, la cui giurisprudenza si impone, per quanto attiene all'applicazione della legge n. 89 del 2001, ai giudici italiani. Non necessario, allora, porsi il problema generale dei rapporti tra la CEDU e l'ordinamento interno, su cui si ampiamente soffermato il Procuratore Generale in udienza. Qualunque sia l'opinione che si abbia su tale controverso problema, e quindi sulla collocazione della CEDU nell'ambito delle fonti del diritto interno, certo che l'applicazione diretta nell'ordinamento italiano di una norma della CEDU, sancita dalla legge n. 89/2001 (e cio dall'art. 6, p. 1, nella parte relativa al "termine ragionevole"), non pu discostarsi dall'interpretazione che della stessa norma da il giudice europeo. L'opposta tesi, diretta a consentire una sostanziale diversit tra l'applicazione che la legge n. 89 del 2001 riceve nell'ordinamento nazionale e l'interpretazione data dalla Corte di Strasburgo al diritto alla ragionevole durata del processo, renderebbe priva di giustificazione la detta legge n. 89 del 2001 e comporterebbe per lo Stato italiano la violazione dell'art. 1 della CEDU, secondo cui "le Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libert definiti al titolo primo della presente Convenzione" (in cui compreso il citato art. 6, che prevede il diritto alla definizione del processo entro un termine ragionevole). Le ragioni che hanno determinato l'approvazione della legge n. 89 del 2001 si individuano nella necessit di prevedere un rimedio giurisdizionale interno contro le violazioni relative alla durata dei processi, in modo da realizzare la sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo, sancita espressamente dalla CEDU (art. 35: "la Corte non pu essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne"). Da esso deriva il dovere degli Stati che hanno ratificato la CEDU di garantire agli individui la protezione dei diritti riconosciuti dalla CEDU innanzitutto nel proprio ordinamento interno e di fronte agli organi della giustizia nazionale. E tale protezione deve essere "effettiva" (art. 13 della CEDU), e cio tale da porre rimedio alla doglianza, senza necessit che si adisca la Corte di Strasburgo. Il rimedio interno introdotto dalla legge n. 89 del 2001, in precedenza, non esisteva nell'ordinamento italiano, con la conseguenza che i ricorsi contro l'Italia per la violazione dell'art. 6 della CEDU avevano "intasato" ( il termine usato dal relatore Follieri nella seduta del Senato del 28 settembre 2000) il giudice europeo. Rilevava la Corte di Strasburgo, prima della legge n. 89 del 2001, che le dette inadempienze dell'Italia "riflettono una situazione che perdura, alla quale non si ancora rimediato e per la quale i soggetti a giudizio non dispongono di alcuna via di ricorso interna. Tale accumulo di inadempienze , pertanto, costitutivo di una prassi incompatibile con la Convenzione" (quattro sentenze della Corte in data 28 luglio 1999, su ricorsi di Bottazzi, Di Mauro, Ferran e A.P.). La legge n. 89 del 2001 costituisce la via di ricorso interno che la "vittima della violazione" IL CONTENZIOSO NAZIONALE 161 (cos definita dall'art. 34 della CEDU) dell'art. 6 (sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole) deve adire prima di potersi rivolgere alla Corte europea per chiedere la "equa soddisfazione" prevista dall'art. 41 della CEDU, la quale, quando sussista la violazione, viene accordata dalla Corte soltanto "se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione". La legge n. 89 del 2001 ha, pertanto, consentito alla Corte europea di dichiarare irricevibili i ricorsi ad essa presentati (anche prima dell'approvazione della stessa legge) e diretti ad ottenere l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU per la lunghezza del processo (sentenza 6 settembre 2001, Brusco c. Italia). Tale meccanismo di attuazione della CEDU e di rispetto del principio di sussidiariet dell'intervento della Corte europea di Strasburgo, per, non opera nel caso in cui essa ritenga che le conseguenze della accertata violazione della CEDU non siano state riparate dal diritto interno o lo siano state "in modo incompleto", perch, in siffatte ipotesi, il citato art. 41 prevede l'intervento della Corte europea a tutela della "vittima della violazione". In tal caso il ricorso individuale alla Corte di Strasburgo ex art. 34 della CEDU ricevibile (sentenza 27 marzo 2003, Scordino ed altri c. Italia) e la Corte provvede a tutelare direttamente il diritto della vittima che essa ha ritenuto non completamente tutelato dal diritto interno. Il giudice della completezza o meno della tutela che la vittima ha ottenuto secondo il diritto interno , ovviamente, la Corte europea, alla quale spetta di fare applicazione dell'art. 41 CEDU per accertare se, in presenza della violazione della norma della CEDU, il diritto interno abbia permesso di riparare in modo completo le conseguenze della violazione stessa. La tesi secondo cui, nell'applicare la legge n. 89 del 2001, il giudice italiano pu seguire un'interpretazione non conforme a quella che la Corte europea ha dato della norma dell'art. 6 CEDU (la cui violazione costituisce il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla detta legge nazionale), comporta che la vittima della violazione, qualora riceva in sede nazionale una riparazione ritenuta incompleta dalla Corte europea, ottenga da quest'ultimo Giudice l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU. Il che costringerebbe l'interessato ad un duplice giudizio, uno davanti al giudice nazionale per chiedere l'indennizzo previsto dalla legge n. 89 del 2001 e l'altro davanti alla Corte europea per ottenere l'integrazione della riparazione che il diritto interno ha consentito, in ipotesi, in modo soltanto incompleto (secondo il giudizio della stessa Corte europea). In tal modo il rimedio predisposto dal legislatore italiano con la legge n. 89 del 2001 diverrebbe sostanzialmente mutile e si realizzerebbe una violazione del menzionato principio di sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo. Deve, allora, concordarsi con la detta Corte europea la quale, nella citata decisione sul ricorso Scordino (relativo alla incompletezza della tutela accordata dal giudice italiano in applicazione della legge n. 89 del 2001), ha affermato che "deriva dal principio di sussidiariet che le giurisdizioni nazionali devono, per quanto possibile, interpretare ed applicare il diritto nazionale conformemente alla Convenzione". Nella stessa decisione Scordino si precisato, con specifico riferimento alla riparazione del danno non patrimoniale, che il giudice nazionale "pu allontanarsi da un'applicazione rigorosa e formale dei criteri adottati dalla Corte" europea, ma, pure conservando un "margine di valutazione", non pu liquidare somme che non siano in "relazioni ragionevoli con la somma accordata dalla Corte negli affari simili", restando quindi fermo il suo dovere di "conformarsi alla giurisprudenza della Corte cos accordando somme conseguenti". La legge n. 89 del 2001 non pone alcun ostacolo a tale dovere di prendere a punto di riferimento dell'equa riparazione del danno non patrimoniale la giurisprudenza della Corte europea, 162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 perch detta legge richiama, attraverso l'art. 2056 c.c., l''art. 1226 c.c., che prevede una valutazione con criteri equitativi, i quali possono essere commisurati, in linea generale, all'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU. Consegue che i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, anche se questi pu discostarsi in misura ragionevole dalle liquidazioni effettuate a Strasburgo in casi simili. Tale regola di applicazione della legge n. 89 del 2001, per quanto attiene alla riparazione del danno non patrimoniale, ha natura giuridica, perch inerisce ai rapporti tra la detta legge e la CEDU, onde il mancato rispetto di essa da parte del giudice del merito concretizza il vizio di violazione di legge denunziabile a questa Corte di legittimit. Occorre, cio, precisare che, mentre, in linea generale, il criterio adottato dal giudice del merito per la liquidazione equitativa del danno, in applicazione dell'art. 1226 c.c., non censurabile in cassazione, quando il relativo potere di scelta stato esercitato in maniera logica (v., ex plurimis, Cass. 5 giugno 1996 n. 5265; 10 aprile 1996 n. 3341), la liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte di appello a norma dell'art. 2 della legge n. 89 del 2001, pur conservando la sua natura equitativa, tenuta a muoversi entro un ambito che definito dal diritto, perch deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo, da cui consentito discostarsi purch in misura ragionevole. L'ambito giuridico della riparazione equitativa del danno non patrimoniale , in altri termini, segnato dal rispetto della CEDU, per come essa vive nelle decisioni, da parte di detta Corte, di casi simili a quello portato all'esame del giudice nazionale. L'accertamento dei casi simili e delle eque soddisfazioni del danno non patrimoniale in essi operate dalla Corte di Strasburgo, pur rientrando nei doveri di ufficio del giudice, pu giovarsi della collaborazione delle parti, ed in particolare dell'attore, che ha interesse a fornire al giudicante ogni elemento utile alla determinazione del quantum del danno nella misura da lui chiesta, anche nelle ipotesi in cui non sia configurabile a suo carico un onere probatorio (in senso analogo v. l'art. 14 della legge 31 maggio 1995 n. 218, per quanto attiene allo "aiuto delle parti" nell'accertamento della legge straniera, che pure compiuto di ufficio dal giudice). Va, infine, avvertito che, in ogni caso, nella determinazione del quantum dell'indennizzo, il giudice vincolato, sul piano processuale, al rispetto della domanda e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, onde egli non pu mai liquidare un ammontare superiore a quello chiesto dall'attore. 4.- Applicando i principi espressi nel precedente paragrafo, si rileva che la decisione impugnata ha liquidato come danno non patrimoniale, causato da un giudizio di primo grado in cui essa ha ravvisato un ritardo ingiustificato di otto anni, la somma di L. 1.000.000. La Corte europea, in due recenti decisioni emanate il 19 febbraio 2002 e relative a ritardi della giustizia italiana, ha determinato l'equa soddisfazione per il danno non patrimoniale nella somma di Euro 10.000 per un giudizio di primo grado che durato poco pi di otto anni (Sardo c. Italia) e nella somma di Euro 8.000 per un giudizio che durato sette armi ed undici mesi (Donato c. Italia). La decisione impugnata ha liquidato, quindi, una somma che meno di un decimo di quella accordata in casi simili dalla Corte europea, onde si ha, nel presente caso, un divario analogo a quello gi censurato dalla Corte europea nella citata decisione Scordino. La Corte di appello, a giustificazione della riparazione da essa effettuata, ha fatto richiamo ad altre due pronunzie della Corte europea del 19 febbraio 1991: quella sul caso Manzoni, in IL CONTENZIOSO NAZIONALE 163 cui stata liquidata la somma di L. 1.000.000 per un tempo di oltre sette anni e quella sul caso Pugliese in cui non stata riconosciuta alcuna somma per un tempo di oltre cinque anni (essendosi la Corte limitata al riconoscimento dell'avvenuta violazione). Va, per, rilevato che, come ha esattamente osservato il ricorrente, non vi alcuna somiglianza tra i due casi richiamati dalla decisione impugnata e la situazione posta a base del presente giudizio. In detti due casi si tratta di processi penali protrattisi per pi gradi di giudizio ed in cui la Corte ha emanato decisioni non recenti, mentre vanno preferite come punti di riferimento, in linea generale, decisioni recenti della Corte europea e, con riferimento al caso di specie, pronunce su ritardi verificatisi in giudizi non penali (come le due decisioni del 19 febbraio 2002 che si sono in precedenza qui richiamate). N la liquidazione esigua pu trovare giustificazione nella entit degli "interessi in gioco" nel processo presupposto. Tale entit pu determinare una riduzione significativa dell'indennizzo, ma non pu ridurlo a meno di un decimo di quanto normalmente venga liquidato dalla Corte europea in casi simili. 5.- In conclusione, la decisione impugnata, avendo fissato una riparazione del danno non patrimoniale in misura notevolmente ed irragionevolmente difforme dalla normativa della CEDU, per come essa vive nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, viziata per violazione di legge, onde essa va cassata. La causa va rinviata alla Corte di appello di Roma, che, in diversa composizione, determiner nuovamente l'indennizzo da corrispondere al ricorrente per la riparazione del danno non patrimoniale derivante dal mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo, adeguandosi ai criteri adottati in casi simili dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, pure se con un margine di valutazione che sia ragionevole. Il giudice di rinvio si pronunzier anche sulle spese del giudizio di Cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, anche per le spese del giudizio di Cassazione. Cos deciso in Roma, il 27 novembre 2003. Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 26 gennaio 2004 n. 1339 - Pres. Ianniruberto, Rel. Lupo, P.M. Esposito - (omissis) (avv. Romano) c. Ministero della giustizia (avv. Stato G. Palatiello). (Omissis) Motivi della decisione () 2.- Il presente ricorso pone la questione di massima di quale effetto giuridico debba attribuirsi - nell'applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, ed in particolare nella identificazione del danno non patrimoniale derivante da violazione del termine ragionevole del processo - alle pronunzie della Corte europea dei diritti dell'uomo, sia considerate in linea generale come orientamenti interpretativi che tale Corte ha elaborato in ordine alle conseguenze di detta violazione, sia con riferimento all'ipotesi specifica in cui la Corte europea abbia avuto gi modo di pronunziarsi sul ritardo verificatosi nella decisione di un determinato processo. () 164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 3.- La soluzione della questione di massima posta alle Sezioni unite esige la considerazione della lettera e delle finalit della L. n. 89 del 2001. Come chiaramente si desume dall'art. 2, comma 1, della L. n. 89 del 2001, il fatto giuridico che fa sorgere il diritto all'equa riparazione da essa prevista e' costituito dalla "violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, ratificata ai sensi della L. 4 agosto 1955 n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'arto, paragrafo 1, della Convenzione". La L. n. 89 del 2001, cio, identifica il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo per relationem, riferendosi ad una specifica norma della CEDU. Questa Convenzione ha istituito un giudice (Corte europea dei diritti dell'uomo, con sede a Strasburgo) per il rispetto delle disposizioni in essa contenute (art. 19), onde non pu che riconoscersi a detto giudice il potere di individuare il significato di dette disposizioni e perci di interpretarle. Poich il fatto costitutivo del diritto attribuito dalla L. n. 89 del 2001 consiste in una determinata violazione della CEDU, spetta al Giudice della CEDU individuare tutti gli elementi di tale fatto giuridico, che pertanto finisce con l'essere "conformato" dalla Corte di Strasburgo, la cui giurisprudenza si impone, per quanto attiene all'applicazione della L. n. 89 del 2001, ai giudici italiani. Non e' necessario, allora, porsi il problema generale dei rapporti tra la CEDU e l'ordinamento interno, su cui si e' ampiamente soffermato il Procuratore Generale in udienza. Qualunque sia l'opinione che si abbia su tale controverso problema, e quindi sulla collocazione della CEDU nell'ambito delle fonti del diritto interno, e' certo che l'applicazione diretta nell'ordinamento italiano di una norma della CEDU, sancita dalla L. n. 89 del 2001 (e cio dall'art. 6, p. 1, nella parte relativa al "termine ragionevole"), non pu discostarsi dall'interpretazione che della stessa norma d il giudice europeo. L'opposta tesi, diretta a consentire una sostanziale diversit tra l'applicazione che la L. n. 89 del 2001 riceve nell'ordinamento nazionale e l'interpretazione data dalla Corte di Strasburgo al diritto alla ragionevole durata del processo, renderebbe priva di giustificazione la detta L. n. 89 del 2001 e comporterebbe per lo Stato italiano la violazione dell'art. 1 della CEDU, secondo cui "le Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libert definiti al titolo primo della presente Convenzione" (in cui e' compreso il citato art. 6, che prevede il diritto alla definizione del processo entro un termine ragionevole). Le ragioni che hanno determinato l'approvazione della L. n. 89 del 2001 si individuano nella necessit di prevedere un rimedio giurisdizionale interno contro le violazioni relative alla durata dei processi, in modo da realizzare la sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo, sancita espressamente dalla CEDU (art. 35: "la Corte non pu essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne"). Sul detto principio di sussidiariet si fonda il sistema europeo di protezione dei diritti dell'uomo. Da esso deriva il dovere degli Stati che hanno ratificato la CEDU di garantire agli individui la protezione dei diritti riconosciuti dalla CEDU innanzitutto nel proprio ordinamento interno e di fronte agli organi della giustizia nazionale. E tale protezione deve essere "effettiva" (art. 13 della CEDU), e cio tale da porre rimedio alla doglianza, senza necessit che si adisca la Corte di Strasburgo. Il rimedio interno introdotto dalla L. n. 89 del 2001, in precedenza, non esisteva nell'ordinamento italiano, con la conseguenza che i ricorsi contro l'Italia per la violazione dell'art. 6 della CEDU avevano "intasato" (e' il termine usato dal relatore Follieri nella seduta del Senato del 28 settembre 2000) il giudice europeo. Rilevava la Corte di Strasburgo, prima della L. n. 89 del 2001, che le dette inadempienze dell'Italia "riflettono una situazione che perdura, alla IL CONTENZIOSO NAZIONALE 165 quale non si e' ancora rimediato e per la quale i soggetti a giudizio non dispongono di alcuna via di ricorso interna. Tale accumulo di inadempienze e', pertanto, costitutivo di una prassi incompatibile con la Convenzione" (quattro sentenze della Corte in data 28 luglio 1999, su ricorsi di Bottazzi, Di Mauro, Ferrari e A.P.). La L. n. 89 del 2001 costituisce la via di ricorso interno che la "vittima della violazione" (cos definita dall'art. 34 della CEDU) dell'art. 6 (sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole) deve adire prima di potersi rivolgere alla Corte europea per chiedere la "equa soddisfazione" prevista dall'art. 41 della CEDU, la quale, quando sussista la violazione, viene accordata dalla Corte soltanto "se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione". La L. n. 89 del 2001 ha, pertanto, consentito alla Corte europea di dichiarare irricevibili i ricorsi ad essa presentati (anche prima dell'approvazione della stessa legge) e diretti ad ottenere l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU per la lunghezza del processo (sentenza 6 settembre 2001, Brusco c. Italia). Tale meccanismo di attuazione della CEDU e di rispetto del principio di sussidiariet dell'intervento della Corte europea di Strasburgo, per', non opera nel caso in cui essa ritenga che le conseguenze della accertata violazione della CEDU non siano state riparate dal diritto interno o lo siano state "in modo incompleto", perch, in siffatte ipotesi, il citato art. 41 prevede l'intervento della Corte europea a tutela della "vittima della violazione". In tal caso il ricorso individuale alla Corte di Strasburgo ex art. 34 della CEDU e' ricevibile (sentenza 27 marzo 2003, Scordino ed altri c. Italia) e la Corte provvede a tutelare direttamente il diritto della vittima che essa ha ritenuto non completamente tutelato dal diritto interno. Il giudice della completezza o meno della tutela che la vittima ha ottenuto secondo il diritto interno e', ovviamente, la Corte europea, alla quale spetta di fere applicazione dell'art. 41 CEDU per accertare se, in presenza della violazione della norma della CEDU, il diritto interno abbia permesso di riparare in modo completo le conseguenze della violazione stessa. La tesi secondo cui, nell'applicare la L. n. 89 del 2001, il giudice italiano pu seguire un'interpretazione non conforme a quella che la Corte europea ha dato della norma dell'art. 6 CEDU (la cui violazione costituisce il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla detta legge nazionale), comporta che la vittima della violazione, qualora riceva in sede nazionale una riparazione ritenuta incompleta dalla Corte europea, ottenga da quest'ultimo Giudice l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU. Il che renderebbe inutile il rimedio predisposto dal legislatore italiano con la L. n. 89 del 2001 e comporterebbe una violazione del principio di sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo. Deve, allora, concordarsi con la Corte europea dei diritti dell'uomo la quale, nella citata decisione sul ricorso Scordino (relativo alla incompletezza della tutela accordata dal giudice italiano in applicazione della L. n. 89 del 2001), ha affermato che "deriva dal principio di sussidiariet che le giurisdizioni nazionali devono, per quanto possibile, interpretare ed applicare il diritto nazionale conformemente alla Convenzione". Questo dovere per il giudice italiano, chiamato a dare applicazione alla L. n. 89 del 2001, di interpretare detta legge in modo conforme alla CEDU per come essa vive nella giurisprudenza della Corte europea, opera "per quanto possibile", e quindi solo nei limiti in cui detta interpretazione conforme sia resa possibile dal testo della stessa L. n. 89 del 2001, non potendo certo il giudice violare quest'ultima legge, alla quale egli e' pur sempre soggetto (concetto esattamente sottolineato nella memoria del Ministero della giustizia). Ma un eventuale contrasto tra la L. n. 89 del 2001 e la CEDU porrebbe una questione di con- 166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 formit della stessa con la Costituzione che, come si e' visto, tutela lo stesso bene della ragionevole durata del processo, oltre a garantire i diritti inviolabili dell'uomo (art. 2). Occorre, allora, accertare se possa darsi alla detta legge uninterpretazione che sia conforme alla CEDU, in applicazione del canone ermeneutico secondo cui va preferita l'interpretazione della legge che la renda conforme alla Costituzione. () P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, anche per le spese del giudizio di Cassazione. Cos deciso in Roma, il 27 novembre 2003. Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 19 novembre 2007 n. 23844 - Pres. Panebianco, Rel. Giusti, P.M. Schiavon - M.C. (avv. Mindopi) c.Ministero della giustizia. (Omissis) Svolgimento del processo Che la Corte d'appello di Milano, adita da M.C. con ricorso ritualmente depositato al fine di conseguire l'equa riparazione per la lamentata irragionevole durata di un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 594, 595 e 612 c.p., svoltosi dinanzi al Giudice di Tortona e durato dal 21 febbraio 1997 al 15 dicembre 2003, con Decreto del 22 ottobre 2004 ha condannato il Ministero al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 1.920,00, nonch al rimborso della met delle spese processuali; che la Corte d'appello ha stimato in tre anni la durata ragionevole del procedimento ed ha ritenuto pertanto che il periodo eccedente la durata ragionevole era complessivamente pari a tre anni e dieci mesi, giudicando questo il periodo rilevante per determinare l'equa riparazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3; che per tale periodo la Corte territoriale ha quantificato il danno morale in via equitativa nella somma di Euro 1.920,00; che per la Cassazione di tale decreto la M. ha proposto ricorso, al quale l'intimato Ministero della giustizia non ha resistito. Motivi della decisione Che nel ricorso vengono denunciati come illegittimi la modestia della somma liquidata a titolo di danno non patrimoniale, in violazione dei parametri derivanti dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, e il mancato riconoscimento del diritto all'indennizzo con riferimento alla intera durata del processo presupposto (e non al solo periodo eccedente il termine ragionevole); che deve essere dichiarata manifestamente infondata la censura afferente alla necessit di liquidare l'indennizzo con riferimento alla durata dell'intero processo, posto che la legge nazionale (L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lettera a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalit sottese all'art. 6 della CEDU, impone di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole (Cass., Sez. 1, 13 aprile 2006, n. 8714); che detta modalit di calcolo non tocca la complessiva attitudine della citata L. n. 89 del 2001 ad assicurare l'obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del IL CONTENZIOSO NAZIONALE 167 processo, e, dunque, non autorizza dubbi sulla compatibilit di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana mediante la ratifica della Convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione medesima (art. 111 Cost., comma 2, nel testo fissato dalla Legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), dovendosi perci dichiarare manifestamente infondata l'eccezione di legittimit costituzionale sollevata dalla parte (in termini: Cass., Sez. 1, 13 aprile 2006, n. 8714, cit.); che, viceversa, manifestamente fondato, per quanto di ragione, il motivo attinente alla quantificazione del danno non patrimoniale, giacch la somma liquidata per anno di ritardo dalla Corte d'appello di Milano (Euro 500,00) si discosta in misura significativa dai parametri elaborati dalla Corte europea e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte; che, infatti, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito come la valutazione dell'indennizzo per danno non patrimoniale resti soggetta - a fronte dello specifico rinvio contenuto nella L. n. 89 del 2001, art. 2 - all'art. 6 Convenzione, nell'interpretazione giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo, e, dunque, debba conformarsi, per quanto possibile, alle liquidazioni effettuate in casi similari dal Giudice europeo, sia pure in senso sostanziale e non meramente formalistico, con la facolt di apportare le deroghe che siano suggerite dalla singola vicenda, purch in misura ragionevole (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2004, n, 1340); che, in particolare, detta Corte, con decisioni adottate a carico dell'Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Fizzati e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell'importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno la base di partenza per la quantificazione dell'indennizzo, ferma restando la possibilit di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarit della fattispecie, quali l'entit della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., ex multiis, Cass., Sez. 1, 26 gennaio 2006, n. 1630); che sulla base di quanto sin qui affermato, cassato il decreto in accoglimento della indicata censura, non essendo necessario accertare fatti di sorta, ben pu procedersi alla decisione ex art. 384 c.p.c., determinando, per gli individuati anni di eccedenza rispetto alla ragionevole durata, il dovuto indennizzo; che, tenuto conto dei parametri discendenti dalla giurisprudenza della CEDU, l'equa riparazione pu essere determinata in Euro 1.000,00 per ogni anno di ritardo, ed al pagamento, pertanto, di Euro 3.830,00, oltre interessi legali dal decreto della Corte d'appello al saldo, deve essere condannato il Ministero della giustizia in favore della ricorrente; che le spese del giudizio di merito e del presente giudizio di Cassazione vengono poste a carico del soccombente Ministero della giustizia nella misura della met, essendo la domanda accolta solo in parte, compensandosi per la restante parte. P.Q.M La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere a M.C. la somma di Euro 3.830,00 oltre agli interessi legali dal decreto della Corte d'appello al saldo, ed oltre alla met delle spese processuali, compensandole per la restante parte, spese che liquida, nella misura ridotta, in Euro 425,00 per il giudizio di merito (di cui Euro 150,00 per diritti ed Euro 220,00 per onorari), ed in Euro 350,00 per il giudizio di legittimit (di cui Euro 35,00 per esborsi), oltre a spese generali ed accessori di legge. Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 ottobre 2007. 168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Corte Costituzionale, sentenza 24 ottobre 2007, n. 348 - Ud. Pubb. 3 luglio 2007 - Pres. Bile, Red. Silvestri - Giudizi di legittimit costituzionale dell'art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, promossi con ordinanze del 29 maggio e del 19 ottobre 2006 (nn. 2 ordd.) dalla Corte di cassazione. Avv. Felice Cacace e Francesco Manzo per R.A., Nicol Paoletti per A.C., Nicol Paoletti e Alessandra Mari per M.T.G. e avv. Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri. (Omissis) Considerato in diritto 1. - Con tre distinte ordinanze la Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimit costituzionale dell'art. 5-bis del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, per violazione dell'art. 111, primo e secondo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, cui stata data esecuzione con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), ed all'art. 1 del primo Protocollo della Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, nonch dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione ai citati artt. 6 CEDU e 1 del primo Protocollo. La norma oggetto di censura nella parte in cui, ai fini della determinazione dell'indennit di espropriazione dei suoli edificabili, prevede il criterio di calcolo fondato sulla media tra il valore dei beni e il reddito dominicale rivalutato, disponendone altres l'applicazione ai giudizi in corso alla data dell'entrata in vigore della legge n. 359 del 1992. 2. - I giudizi, per l'identit dell'oggetto e dei parametri costituzionali evocati, possono essere riuniti e decisi con la medesima sentenza. 3. - Preliminarmente, occorre valutare la ricostruzione, prospettata dalla parte privata A.C., dei rapporti tra sistema CEDU, obblighi derivanti dalle asserite violazioni strutturali accertate con sentenze definitive della Corte europea e giudici nazionali. 3.1. - Secondo la suddetta parte privata, il contrasto, ove accertato, tra norme interne e sistema CEDU dovrebbe essere risolto con la disapplicazione delle prime da parte del giudice comune. Viene richiamato, in proposito, il Protocollo n. 11 della Convenzione EDU, reso esecutivo in Italia con la legge 28 agosto 1997, n. 296 (Ratifica ed esecuzione del protocollo n. 11 alla convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, recante ristrutturazione del meccanismo di controllo stabilito dalla convenzione, fatto a Strasburgo l'11 maggio 1994). L'art. 34 di tale Protocollo prevede la possibilit di ricorsi individuali diretti alla Corte europea da parte dei cittadini degli Stati contraenti, mentre, con l'art. 46, gli stessi Stati si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie delle quali sono parti. () 3.2. - La prospettata ricostruzione funge da premessa alla richiesta, avanzata dalla predetta parte privata, che la questione sia dichiarata inammissibile, posto che i giudici comuni avrebbero il dovere di disapplicare le norme interne che la Corte europea abbia ritenuto essere causa di violazione strutturale della Convenzione. 3.3. - L'eccezione di inammissibilit non pu essere accolta. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 169 Questa Corte ha chiarito come le norme comunitarie debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Stati membri, senza la necessit di leggi di ricezione e adattamento, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese della Comunit, s da entrare ovunque contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione eguale ed uniforme nei confronti di tutti i destinatari (sentenze n. 183 del 1973 e n. 170 del 1984). Il fondamento costituzionale di tale efficacia diretta stato individuato nell'art. 11 Cost., nella parte in cui consente le limitazioni della sovranit nazionale necessarie per promuovere e favorire le organizzazioni internazionali rivolte ad assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni. Il riferito indirizzo giurisprudenziale non riguarda le norme CEDU, giacch questa Corte aveva escluso, gi prima di sancire la diretta applicabilit delle norme comunitarie nell'ordinamento interno, che potesse venire in considerazione, a proposito delle prime, l'art. 11 Cost. non essendo individuabile, con riferimento alle specifiche norme pattizie in esame, alcuna limitazione della sovranit nazionale (sentenza n. 188 del 1980). La distinzione tra le norme CEDU e le norme comunitarie deve essere ribadita nel presente procedimento nei termini stabiliti dalla pregressa giurisprudenza di questa Corte, nel senso che le prime, pur rivestendo grande rilevanza, in quanto tutelano e valorizzano i diritti e le libert fondamentali delle persone, sono pur sempre norme internazionali pattizie, che vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti nell'ordinamento interno, tali da affermare la competenza dei giudici nazionali a darvi applicazione nelle controversie ad essi sottoposte, non applicando nello stesso tempo le norme interne in eventuale contrasto. L'art. 117, primo comma, Cost., nel testo introdotto nel 2001 con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, ha confermato il precitato orientamento giurisprudenziale di questa Corte. La disposizione costituzionale ora richiamata distingue infatti, in modo significativo, i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario da quelli riconducibili agli obblighi internazionali. Si tratta di una differenza non soltanto terminologica, ma anche sostanziale. Con l'adesione ai Trattati comunitari, l'Italia entrata a far parte di un "ordinamento" pi ampio, di natura sopranazionale, cedendo parte della sua sovranit, anche in riferimento al potere legislativo, nelle materie oggetto dei Trattati medesimi, con il solo limite dell'intangibilit dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. La Convenzione EDU, invece, non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. Essa configurabile come un trattato internazionale multilaterale - pur con le caratteristiche peculiari che saranno esaminate pi avanti - da cui derivano "obblighi" per gli Stati contraenti, ma non l'incorporazione dell'ordinamento giuridico italiano in un sistema pi vasto, dai cui organi deliberativi possano promanare norme vincolanti, omisso medio, per tutte le autorit interne degli Stati membri. Correttamente il giudice a quo ha escluso di poter risolvere il dedotto contrasto della norma censurata con una norma CEDU, come interpretata dalla Corte di Strasburgo, procedendo egli stesso a disapplicare la norma interna asseritamente non compatibile con la seconda. Le Risoluzioni e Raccomandazioni citate dalla parte interveniente si indirizzano agli Stati contraenti e non possono n vincolare questa Corte, n dare fondamento alla tesi della diretta applicabilit delle norme CEDU ai rapporti giuridici interni. 3.4. - Si condivide anche l'esclusione - argomentata nelle ordinanze di rimessione - delle norme CEDU, in quanto norme pattizie, dall'ambito di operativit dell'art. 10, primo comma, Cost., in conformit alla costante giurisprudenza di questa Corte sul punto. La citata disposizione costituzionale, con l'espressione norme del diritto internazionale generalmente rico- 170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 nosciute, si riferisce soltanto alle norme consuetudinarie e dispone l'adattamento automatico, rispetto alle stesse, dell'ordinamento giuridico italiano. Le norme pattizie, ancorch generali, contenute in trattati internazionali bilaterali o multilaterali, esulano pertanto dalla portata normativa del suddetto art. 10. Di questa categoria fa parte la CEDU, con la conseguente impossibilit di assumere le relative norme quali parametri del giudizio di legittimit costituzionale, di per s sole (sentenza n. 188 del 1980), ovvero come norme interposte ex art. 10 della Costituzione (ordinanza n. 143 del 1993; conformi, ex plurimis, sentenze n. 153 del 1987, n. 168 del 1994, n. 288 del 1997, n. 32 del 1999, ed ordinanza n. 464 del 2005). 4. - La questione di legittimit costituzionale dell'art. 5-bis del decreto-legge n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992, sollevata in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., fondata. 4.1. - La questione, cos come proposta dal giudice rimettente, si incentra sul presunto contrasto tra la norma censurata e l'art. 1 del primo Protocollo della CEDU, quale interpretato dalla Corte europea per i diritti dell'uomo, in quanto i criteri di calcolo per determinare l'indennizzo dovuto ai proprietari di aree edificabili espropriate per motivi di pubblico interesse condurrebbero alla corresponsione di somme non congruamente proporzionate al valore dei beni oggetto di ablazione. Il parametro evocato negli atti introduttivi del presente giudizio l'art. 117, primo comma, Cost., nel testo introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Il giudice rimettente ricorda infatti che la stessa norma ora censurata gi stata oggetto di scrutinio di costituzionalit da parte di questa Corte, che ha rigettato la questione di legittimit costituzionale, allora proposta in relazione agli artt. 3, 24, 42, 53, 71, 72, 113 e 117 Cost. (sentenza n. 283 del 1993). La sentenza citata stata successivamente confermata da altre pronunce di questa Corte del medesimo tenore. Il rimettente non chiede oggi alla Corte costituzionale di modificare la propria consolidata giurisprudenza nella materia de qua, ma mette in rilievo che il testo riformato dell'art. 117, primo comma, Cost., renderebbe necessaria una nuova valutazione della norma censurata in relazione a questo parametro, non esistente nel periodo in cui la pregressa giurisprudenza costituzionale si formata. 4.2. - Impostata in tal modo la questione da parte del rimettente, in primo luogo necessario riconsiderare la posizione e il ruolo delle norme della CEDU, allo scopo di verificare, alla luce della nuova disposizione costituzionale, la loro incidenza sull'ordinamento giuridico italiano. L'art. 117, primo comma, Cost. condiziona l'esercizio della potest legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali indubbiamente rientrano quelli derivanti dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo. Prima della sua introduzione, l'inserimento delle norme internazionali pattizie nel sistema delle fonti del diritto italiano era tradizionalmente affidato, dalla dottrina prevalente e dalla stessa Corte costituzionale, alla legge di adattamento, avente normalmente rango di legge ordinaria e quindi potenzialmente modificabile da altre leggi ordinarie successive. Da tale collocazione derivava, come naturale corollario, che le stesse norme non potevano essere assunte quali parametri del giudizio di legittimit costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 188 del 1980, n. 315 del 1990, n. 388 del 1999). 4.3. - Rimanevano notevoli margini di incertezza, dovuti alla difficile individuazione del rango delle norme CEDU, che da una parte si muovevano nell'ambito della tutela dei diritti fondamentali delle persone, e quindi integravano l'attuazione di valori e principi fondamentali pro- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 171 tetti dalla stessa Costituzione italiana, ma dall'altra mantenevano la veste formale di semplici fonti di grado primario. Anche a voler escludere che il legislatore potesse modificarle o abrogarle a piacimento, in quanto fonti atipiche (secondo quanto affermato nella sentenza n. 10 del 1993 di questa Corte, non seguita tuttavia da altre pronunce dello stesso tenore), restava il problema degli effetti giuridici di una possibile disparit di contenuto tra le stesse ed una norma legislativa posteriore. Tale situazione di incertezza ha spinto alcuni giudici comuni a disapplicare direttamente le norme legislative in contrasto con quelle CEDU, quali interpretate dalla Corte di Strasburgo. S' fatta strada in talune pronunce dei giudici di merito, ma anche in parte della giurisprudenza di legittimit (Cass., sez. I, sentenza n. 6672 del 1998; Cass., sezioni unite, sentenza n. 28507 del 2005), l'idea che la specifica antinomia possa essere eliminata con i normali criteri di composizione in sistema delle fonti del diritto. In altre parole, si creduto di poter trarre da un asserito carattere sovraordinato della fonte CEDU la conseguenza che la norma interna successiva, modificativa o abrogativa di una norma prodotta da tale fonte, fosse inefficace, per la maggior forza passiva della stessa fonte CEDU, e che tale inefficacia potesse essere la base giustificativa della sua non applicazione da parte del giudice comune. Oggi questa Corte chiamata a fare chiarezza su tale problematica normativa e istituzionale, avente rilevanti risvolti pratici nella prassi quotidiana degli operatori del diritto. Oltre alle considerazioni che sono state svolte nel paragrafo 3.3 (per pi ampi svolgimenti si rinvia alla sentenza n. 349 del 2007), si deve aggiungere che il nuovo testo dell'art. 117, primo comma, Cost, se da una parte rende inconfutabile la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordinarie successive, dall'altra attrae le stesse nella sfera di competenza di questa Corte, poich gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di legittimit costituzionale. Il giudice comune non ha, dunque, il potere di disapplicare la norma legislativa ordinaria ritenuta in contrasto con una norma CEDU, poich l'asserita incompatibilit tra le due si presenta come una questione di legittimit costituzionale, per eventuale violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., di esclusiva competenza del giudice delle leggi. Ogni argomentazione atta ad introdurre nella pratica, anche in modo indiretto, una sorta di "adattamento automatico", sul modello dell'art. 10, primo comma, Cost., si pone comunque in contrasto con il sistema delineato dalla Costituzione italiana - di cui s' detto al paragrafo 3.4 - e pi volte ribadito da questa Corte, secondo cui l'effetto previsto nella citata norma costituzionale non riguarda le norme pattizie (ex plurimis, sentenze n. 32 del 1960, n. 323 del 1989, n. 15 del 1996). 4.4. - Escluso che l'art. 117, primo comma, Cost., nel nuovo testo, possa essere ritenuto una mera riproduzione in altra forma di norme costituzionali preesistenti (in particolare gli artt. 10 e 11), si deve pure escludere che lo stesso sia da considerarsi operante soltanto nell'ambito dei rapporti tra lo Stato e le Regioni. L'utilizzazione del criterio interpretativo sistematico, isolato dagli altri e soprattutto in contrasto con lo stesso enunciato normativo, non sufficiente a circoscrivere l'effetto condizionante degli obblighi internazionali, rispetto alla legislazione statale, soltanto al sistema dei rapporti con la potest legislativa regionale. Il dovere di rispettare gli obblighi internazionali incide globalmente e univocamente sul contenuto della legge statale; la validit di quest'ultima non pu mutare a seconda che la si consideri ai fini della delimitazione delle sfere di competenza legislativa di Stato e Regioni o che invece la si prenda in esame nella sua potenzialit normativa generale. La legge - e le norme in essa contenute - 172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 sempre la stessa e deve ricevere un'interpretazione uniforme, nei limiti in cui gli strumenti istituzionali predisposti per l'applicazione del diritto consentono di raggiungere tale obiettivo. Del resto, anche se si restringesse la portata normativa dell'art. 117, primo comma, Cost. esclusivamente all'interno del sistema dei rapporti tra potest legislativa statale e regionale configurato dal titolo V della parte seconda della Costituzione, non si potrebbe negare che esso vale comunque a vincolare la potest legislativa dello Stato sia nelle materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo, di competenza esclusiva statale, sia in quelle indicate dal terzo comma, di competenza concorrente. Poich, dopo la riforma del titolo V, lo Stato possiede competenza legislativa esclusiva o concorrente soltanto nelle materie elencate dal secondo e dal terzo comma, rimanendo ricomprese tutte le altre nella competenza residuale delle Regioni, l'operativit del primo comma dell'art. 117, anche se considerata solo all'interno del titolo V, si estenderebbe ad ogni tipo di potest legislativa, statale o regionale che sia, indipendentemente dalla sua collocazione. 4.5. - La struttura della norma costituzionale, rispetto alla quale stata sollevata la presente questione, si presenta simile a quella di altre norme costituzionali, che sviluppano la loro concreta operativit solo se poste in stretto collegamento con altre norme, di rango sub-costituzionale, destinate a dare contenuti ad un parametro che si limita ad enunciare in via generale una qualit che le leggi in esso richiamate devono possedere. Le norme necessarie a tale scopo sono di rango subordinato alla Costituzione, ma intermedio tra questa e la legge ordinaria. A prescindere dall'utilizzazione, per indicare tale tipo di norme, dell'espressione "fonti interposte", ricorrente in dottrina ed in una nutrita serie di pronunce di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 101 del 1989, n. 85 del 1990, n. 4 del 2000, n. 533 del 2002, n. 108 del 2005, n. 12 del 2006, n. 269 del 2007), ma di cui viene talvolta contestata l'idoneit a designare una categoria unitaria, si deve riconoscere che il parametro costituito dall'art. 117, primo comma, Cost. diventa concretamente operativo solo se vengono determinati quali siano gli "obblighi internazionali" che vincolano la potest legislativa dello Stato e delle Regioni. Nel caso specifico sottoposto alla valutazione di questa Corte, il parametro viene integrato e reso operativo dalle norme della CEDU, la cui funzione quindi di concretizzare nella fattispecie la consistenza degli obblighi internazionali dello Stato. 4.6. - La CEDU presenta, rispetto agli altri trattati internazionali, la caratteristica peculiare di aver previsto la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte europea per i diritti dell'uomo, cui affidata la funzione di interpretare le norme della Convenzione stessa. Difatti l'art. 32, paragrafo 1, stabilisce: La competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l'interpretazione e l'applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa alle condizioni previste negli articoli 33, 34 e 47. Poich le norme giuridiche vivono nell'interpretazione che ne danno gli operatori del diritto, i giudici in primo luogo, la naturale conseguenza che deriva dall'art. 32, paragrafo 1, della Convenzione che tra gli obblighi internazionali assunti dall'Italia con la sottoscrizione e la ratifica della CEDU vi quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione. Non si pu parlare quindi di una competenza giurisdizionale che si sovrappone a quella degli organi giudiziari dello Stato italiano, ma di una funzione interpretativa eminente che gli Stati contraenti hanno riconosciuto alla Corte europea, contribuendo con ci a precisare i loro obblighi internazionali nella specifica materia. 4.7. - Quanto detto sinora non significa che le norme della CEDU, quali interpretate dalla Corte di Strasburgo, acquistano la forza delle norme costituzionali e sono perci immuni dal IL CONTENZIOSO NAZIONALE 173 controllo di legittimit costituzionale di questa Corte. Proprio perch si tratta di norme che integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello sub-costituzionale, necessario che esse siano conformi a Costituzione. La particolare natura delle stesse norme, diverse sia da quelle comunitarie sia da quelle concordatarie, fa s che lo scrutinio di costituzionalit non possa limitarsi alla possibile lesione dei principi e dei diritti fondamentali (ex plurimis, sentenze n. 183 del 1973, n. 170 del 1984, n. 168 del 1991, n. 73 del 2001, n. 454 del 2006) o dei principi supremi (ex plurimis, sentenze n. 30 e n. 31 del 1971, n. 12 e n. 195 del 1972, n. 175 del 1973, n. 1 del 1977, n. 16 del 1978, n. 16 e n. 18 del 1982, n. 203 del 1989), ma debba estendersi ad ogni profilo di contrasto tra le "norme interposte" e quelle costituzionali. L'esigenza che le norme che integrano il parametro di costituzionalit siano esse stesse conformi alla Costituzione assoluta e inderogabile, per evitare il paradosso che una norma legislativa venga dichiarata incostituzionale in base ad un'altra norma sub-costituzionale, a sua volta in contrasto con la Costituzione. In occasione di ogni questione nascente da pretesi contrasti tra norme interposte e norme legislative interne, occorre verificare congiuntamente la conformit a Costituzione di entrambe e precisamente la compatibilit della norma interposta con la Costituzione e la legittimit della norma censurata rispetto alla stessa norma interposta. Nell'ipotesi di una norma interposta che risulti in contrasto con una norma costituzionale, questa Corte ha il dovere di dichiarare l'inidoneit della stessa ad integrare il parametro, provvedendo, nei modi rituali, ad espungerla dall'ordinamento giuridico italiano. Poich, come chiarito sopra, le norme della CEDU vivono nell'interpretazione che delle stesse viene data dalla Corte europea, la verifica di compatibilit costituzionale deve riguardare la norma come prodotto dell'interpretazione, non la disposizione in s e per s considerata. Si deve peraltro escludere che le pronunce della Corte di Strasburgo siano incondizionatamente vincolanti ai fini del controllo di costituzionalit delle leggi nazionali. Tale controllo deve sempre ispirarsi al ragionevole bilanciamento tra il vincolo derivante dagli obblighi internazionali, quale imposto dall'art. 117, primo comma, Cost., e la tutela degli interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della Costituzione. In sintesi, la completa operativit delle norme interposte deve superare il vaglio della loro compatibilit con l'ordinamento costituzionale italiano, che non pu essere modificato da fonti esterne, specie se queste non derivano da organizzazioni internazionali rispetto alle quali siano state accettate limitazioni di sovranit come quelle previste dall'art. 11 della Costituzione. () PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimit costituzionale dell'art. 5-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359; dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimit costituzionale, in via consequenziale, dell'art. 37, commi 1 e 2, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilit). Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2007. 174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 In materia di elezioni comunali e provinciali (Corte costituzionale, sentenza 7 luglio 2010 n. 236; Corte costituzionale, sentenza 15 luglio 2010 n. 257; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10 settembre 2010 n. 6526) Si segnalano due recentissime pronunce della Consulta in materia elettorale. Con la prima (n. 236/10) stata dichiarata lillegittimit costituzionale dellart. 83-undecies del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), introdotto dallart. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), nella parte in cui esclude la possibilit di unautonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorch immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. Al proposito, deve evidenziarsi che il legislatore, con la disposizione dellart. 44 della legge n. 69 del 2009, ha delegato il Governo ad adottare norme che consentano lautonoma impugnabilit degli atti cosiddetti endoprocedimentali immediatamente lesivi di situazioni giuridiche soggettive. Il Codice del Processo amministrativo, allart. 129 prevede, al comma 1, che I provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l'esclusione di liste o candidati possono essere immediatamente impugnati, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, innanzi al tribunale amministrativo regionale competente, nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati. Il che significa che limpugnazione immediata degli atti preparatori pu essere proposta esclusivamente dai delegati delle liste escluse e dai candidati esclusi, mentre la mancata esclusione potr essere impugnata dai contro interessati solo unitamente allatto di proclamazione degli eletti. Con la sentenza n. 257/10, la Consulta ha dichiarato inammissibile la questione di legittimit costituzionale degli articoli 30 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 48, secondo comma, 51, primo comma, e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria. Al proposito, la Corte, accogliendo la nostra eccezione, ha evidenziato come il remittente abbia inammissibilmente prospettato la necessit di un intervento manipolativo che esorbita dai poteri di questa Corte, risolvendosi in un ampliamento dei compiti della Commissione elettorale circondariale che solo il legislatore pu prevedere. Il remittente chiede, in definitiva, una pronuncia a contenuto non costituzionalmente obbligato, proponendo un petitum additivo a carattere creativo rientrante soltanto nella discrezionalit del legislatore IL CONTENZIOSO NAZIONALE 175 (ex plurimis: sentenza n. 138 del 2010; ordinanze n. 243 del 2009, n. 316 del 2008, n. 185 del 2007). Si segnala, altres, la recentissima sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 10 settembre 2010, n. 6526) con la quale i giudici di palazzo Spada hanno ribadito che nei giudizi elettorali, aventi ad oggetto i risultati delle elezioni amministrative (ivi compresi quelli con i quali si chiede il risarcimento del danno per gli errori commessi dagli uffici elettorali), parte necessaria solo lente locale cui si riferiscono le elezioni e non anche gli uffici elettorali che, quali organi straordinari del Ministero dellInterno, cessano di funzionare e si sciolgono a seguito della proclamazione degli eletti; un orientamento giurisprudenziale, quest'ultimo, che stato, per cos dire, ratificato normativamente, dall'art. 130 del nuovo Codice del Processo amministrativo il quale prevede che il ricorso elettorale deve essere notificato esclusivamente all'ente locale della cui elezione si tratta. M.B. Corte costituzionale, sentenza 7 luglio 2010, n. 236 - Ud. pubb. 8 giugno 2010 - Pres. Amirante, Red. Cassese - Giudizio di legittimit costituzionale dellart. 83-undecies del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), introdotto dallart. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria. Avv. Piergiorgio Alberti per L.B. ed altri e avv. Stato Claudio Linda per il Presidente del Consiglio dei ministri. (Omissis) Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione seconda, con ordinanza del 28 maggio 2009, notificata il 12 giugno 2009, ha sollevato questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, 48, 49, 51, 97 e 113 della Costituzione, dellart. 83-undecies del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), introdotto dallart. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), nella parte in cui esclude la possibilit di unautonoma impugnativa degli atti endoprocedimentali del procedimento elettorale, ancorch immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. 1.1. Il Tribunale rimettente riferisce che i ricorrenti nel giudizio principale hanno impugnato in qualit di elettori, delegati alla presentazione di lista e candidati per la carica di Consigliere provinciale di Savona per la lista n. 12 denominata Il Popolo della Libert Berlusconi per Vaccarezza i provvedimenti con cui stata ricusata la lista stessa dalla competizione elettorale. In particolare, i ricorrenti hanno chiesto lannullamento degli atti impugnati con concessione di adeguate misure cautelari provvisorie, atte a salvaguardare i loro diritti elettorali nelle more della decisione nel merito. 176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Nel giudizio a quo, riporta il giudice rimettente, si costituita lAvvocatura distrettuale dello Stato di Genova, la quale ha eccepito linammissibilit del ricorso. 1.2. Il Tribunale rimettente rileva che, successivamente alla decisione dellAdunanza plenaria del Consiglio di Stato del 24 novembre 2005, n. 10, la giurisprudenza ha costantemente escluso la possibilit di unautonoma impugnativa degli atti endoprocedimentali del procedimento elettorale, anteriormente alla proclamazione degli eletti, talch questa interpretazione dellart. 83- undecies del d.P.R. n. 570 del 1960 costituirebbe ormai una regola di diritto vivente. 2. La rilevanza della questione, sostiene il giudice a quo, sarebbe evidente, dato che il ricorso ha per oggetto gli atti di ricusazione di una lista da una competizione elettorale che non si ancora svolta. Il Tribunale rimettente osserva che lapplicazione della norma della cui legittimit costituzionale si dubita costringerebbe il giudice a dichiarare linammissibilit del gravame e della accessiva istanza cautelare, precludendo definitivamente ai ricorrenti la partecipazione alla attuale competizione elettorale con conseguente compressione dei diritti elettorali costituzionalmente garantiti. Il Tribunale rimettente, inoltre, rileva che il ricorso, al primo esame consentito nella sede cautelare, evidenzia la sussistenza del requisito del fumus boni iuris, il che induce ad una prognosi favorevole sullesito del gravame, corroborando ulteriormente la rilevanza della questione. Lapplicazione della norma censurata, infatti, osserva il giudice a quo, condurrebbe a negare la tutela cautelare, dichiarando linammissibilit del ricorso in relazione ad una pretesa, prima facie, fondata. Per queste ragioni, il Tribunale rimettente, con lordinanza in epigrafe, da un lato, ha sospeso il giudizio e disposto limmediata trasmissione degli atti a questa Corte, e, dallaltro, ha accolto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento di esclusione della lista ad tempus, fino alla restituzione degli atti del giudizio da parte della Corte costituzionale. 3. In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente ritiene che lart. 83-undecies del d.P.R. n. 570 del 1960, limitando la proponibilit del giudizio contro latto di esclusione o di ammissione di una lista o di un candidato alle elezioni, voli gli artt. 3, 24, 48, 49, 51, 97 e 113 Cost. 3.1. Ad avviso del Tribunale rimettente, gli artt. 24 e 113 Cost. sarebbero violati, in primo luogo, in quanto la norma, unico caso nellordinamento di preclusione processuale allesercizio dellazione in presenza di fatto o evento lesivo, costituirebbe una limitazione del diritto di difesa a particolari mezzi di impugnazione (e cio soltanto alla tutela di merito, con esclusione della tutela cautelare) ed a particolari categorie di atti (e cio soltanto quelli conclusivi del procedimento), con esclusione di quelli endoprocedimentali immediatamente lesivi, posti in essere prima della proclamazione degli eletti nellambito del procedimento elettorale. In secondo luogo, la norma non consentirebbe la tutela cautelare nel giudizio elettorale, impedendo lesperibilit di uno strumento di tutela, componente essenziale del diritto di difesa, senza che sussistano motivate ed effettive ragioni di tutela di interessi pubblici prevalenti su questultimo diritto, costituzionalmente garantito. 3.2. Gli artt. 48, 49 e 51 Cost. sarebbero violati, ad avviso del giudice a quo, con riguardo al diritto di elettorato passivo e attivo e al diritto, connesso, di partecipare alla formazione della volont politica dei corpi amministrativi locali. In questo caso, la norma, innanzitutto, limiterebbe il risarcimento in forma specifica (costituito dalla partecipazione al procedimento elettorale) di colui o coloro i quali sono stati lesi dal provvedimento illegittimo dellautorit al solo rinnovo delle operazioni elettorali, non consentendo la immediata riammissione dellescluso o la immediata esclusione dellammesso dal procedimento elettorale. Inoltre, la reiterazione delle elezioni, da un lato, sarebbe sicuramente un impegno ed un onere rilevante che gi di per s IL CONTENZIOSO NAZIONALE 177 incide, limitandolo senza ragione, sul diritto di elettorato passivo e, dallaltro, determinerebbe una violazione del diritto di elettorato attivo a causa dellimpatto negativo in termini di sfiducia da parte degli elettori nei confronti del sistema elettorale, concorrendo a scoraggiare laffluenza alle urne e la partecipazione al voto. Infine, sotto il profilo delleguaglianza sostanziale di cui allart. 3 Cost., del principio di pari opportunit nellaccesso alle cariche elettive e nellesercizio del diritto di elettorato passivo, la norma viene censurata in quanto nelle more del giudizio, chi ha ottenuto la vittoria nelle elezioni invalide continua a conservare lamministrazione locale per un determinato periodo di tempo (il tempo necessario a concludere il processo), il che non ovviamente senza effetto sul consolidamento di posizioni di vantaggio politico ottenute a danno di chi da quelle elezioni stato illegittimamente escluso o, di chi, in esse, si dovuto confrontare subendoli con candidati o formazioni che non avrebbero dovuto esservi ammessi . 3.3. Il giudice rimettente lamenta, inoltre, la lesione degli artt. 3 e 97 Cost. Lart. 3 Cost. viene invocato per irrazionalit della norma, disparit di trattamento processuale e disparit di trattamento sostanziale tra i candidati alle elezioni locali. Ci in quanto, in casi che, rispetto alla materia elettorale, sarebbero di altrettanta gravit ed importanza per linteresse pubblico ad esse connesso, verso gli atti endoprocedimentali immediatamente lesivi oggi possibile una intensa e celere tutela sia cautelare che di merito, ed addirittura la tutela ante causam con la possibilit del ricorso al decreto monocratico di cui allart. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali). La norma, quindi, verrebbe a sacrificare i diritti effettivi di difesa non per assicurare la corretta consultazione elettorale e la correlativa volont del corpo elettorale, ma solo per garantire la cadenza dei tempi procedurali e quindi, in definitiva, per tutelare il lavoro e lattivit degli organi preposti al governo del procedimento elettorale medesimo. Con riguardo allart. 97 Cost, in primo luogo, la norma determinerebbe un deficit di tutela cautelare che impedisce alle parti di ottenere lazione correttiva del giudice quando ancora possibile intervenire per ripristinare la legittimit dellazione amministrativa, a maggiore garanzia della stabilit del risultato elettorale e degli organi eletti in carica. In secondo luogo, il differire limpugnazione degli atti endoprocedimentali allesito della competizione elettorale finisce con il fare gravare con assoluta sicurezza il rischio della invalidit dellintero procedimento e della invalidit dellinsediamento dei nuovi organi rappresentativi, con necessit di ricorrere a gestioni commissariali che interrompono il naturale andamento del governo dellente locale. 4. Con atto depositato il 6 ottobre 2009, si sono costituti in giudizio i ricorrenti nel giudizio principale, chiedendo che sia dichiarata lillegittimit costituzionale della norma censurata. La memoria di costituzione riporta, innanzitutto, che, a seguito della ordinanza del giudice rimettente, la lista elettorale n. 12 denominata Il Popolo della Libert Berlusconi per Vaccarezza stata riammessa alle elezioni provinciali di Savona del 6 e 7 giugno 2009. Allesito di esse, e del successivo ballottaggio, il Presidente dellUfficio elettorale centrale ha proclamato eletto alla carica di Presidente della Provincia di Savona il sig. Angelo Vaccarezza ed eletti alla carica di consiglieri provinciali dieci candidati della lista n. 12, tra i quali uno dei tre ricorrenti. Lavvenuto svolgimento della competizione elettorale, ad avviso dei ricorrenti, non riverbera sulla fondatezza della questione, in quanto il giudice a quo deve ancora pronunciarsi sul merito del ricorso. I ricorrenti, inoltre, rilevano che la norma censurata non affermerebbe in maniera inequivoca linammissibilit o limprocedibilit n vieterebbe espressamente la proposizione del ricorso 178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 nei confronti degli atti del procedimento elettorale immediatamente lesivi. I ricorrenti aggiungono che la formula operazioni per elezioni dei consiglieri comunali dovrebbe essere riferita alle operazioni elettorali in senso stretto, quali, ad esempio, lo scrutinio delle schede, il conteggio dei voti, il riparto dei seggi, e non dunque ai provvedimenti di ammissione o di esclusione delle liste elettorali. Infine, viene ribadito che la norma censurata, cos come interpretata dalla giurisprudenza amministrativa e in particolare dallAdunanza plenaria del Consiglio di Stato nella decisione n. 10 del 2005, produrrebbe leffetto di comprimere il diritto anchesso costituzionalmente garantito ad ottenere unadeguata e tempestiva tutela cautelare. 5. intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimit costituzionale sia dichiarata inammissibile o, in subordine, manifestamente infondata. La difesa dello Stato rileva, in primo luogo, che il giudice a quo, in sede cautelare, ha ammesso la lista in questione, disapplicando la norma censurata. La partecipazione alla competizione elettorale avrebbe cos determinato il conseguimento dello scopo che i ricorrenti avevano perseguito, impugnando il provvedimento di esclusione, e avrebbe ormai esaurito i suoi effetti in modo irreversibile. Inoltre, essendosi svolte le elezioni e non essendo stata impugnata la pronuncia cautelare, n risultando proposte altre impugnative avverso la proclamazione degli eletti volte a contestare lirregolarit della competizione a causa della partecipazione della lista ammessa in sede cautelare, la eventuale dichiarazione di inammissibilit dei ricorsi nel merito non potrebbe determinare n loperativit del provvedimento di esclusione, n la ripetizione della consultazione elettorale senza la partecipazione della lista. Di conseguenza, ad avviso della Avvocatura generale dello Stato, la questione sarebbe priva del requisito della rilevanza, come del resto si sarebbe verificato in ipotesi analoga decisa da questa Corte con lordinanza n. 90 del 2009. Nel merito, la difesa dello Stato sostiene la non fondatezza della questione. Il principio secondo cui limpugnazione di operazioni elettorali ammissibile solo dopo la proclamazione degli eletti, operante anche in materia di elezioni del Parlamento nazionale, dei membri del Parlamento europeo e dei Consigli regionali, troverebbe fondamento nelle esigenze di speditezza del procedimento elettorale sancite dallart. 61 Cost. Limpugnazione dellatto finale, inoltre, tutelerebbe pienamente le posizione dei soggetti che dovessero ritenersi lesi da atti intermedi del procedimento. Ne discende, pertanto, la legittimit costituzionale della disposizione, come interpretata dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 10 del 2005, posto che la scelta effettuata dal legislatore di concentrare tutte le impugnative in una fase successiva allo svolgimento delle elezioni risponde anche allesigenza di evitare la proposizione di eventuali impugnative meramente strumentali e propagandistiche, senza per questo incidere negativamente sui menzionati diritti costituzionali. 6. In data 18 maggio 2010, i ricorrenti nel giudizio a quo hanno depositato una memoria illustrativa, con la quale sono ribadite sia la rilevanza che la fondatezza della questione. 6.1. Quanto alla rilevanza, si assume che debba essere respinta leccezione di inammissibilit sollevata dalla Avvocatura generale dello Stato, dal momento che il giudice a quo deve ancora pronunciarsi sul merito del ricorso. I ricorrenti, inoltre, riportano che il verbale di proclamazione degli eletti stato impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Liguria da alcuni cittadini i quali hanno, tra laltro, contestato la partecipazione alla tornata elettorale della lista n. 12 Il Popolo della Libert Berlusconi per Vaccarezza. Con sentenza 21 gennaio 2010, n. 165, il Tar Liguria, sezione seconda, ha dichiarato inammissibile limpugnativa, non avendo i ricorrenti instaurato correttamente il contraddittorio. Tale pronuncia, si legge IL CONTENZIOSO NAZIONALE 179 nella memoria, non risulta essere ancora passata in giudicato. Ne deriva, pertanto, che la decisione dellincidente di costituzionalit e rimane rilevante ai fini della definizione del giudizio a quo. 6.2. Con riguardo alla fondatezza, i ricorrenti contestano la posizione espressa dalla Avvocatura generale dello Stato, in base alla quale la regola dellimpugnazione delle operazioni elettorali dopo la proclamazione degli eletti opererebbe anche per le elezioni del Parlamento nazionale, del Parlamento europeo e dei Consigli regionali. Queste disposizioni, infatti, si riferirebbero, ad avviso dei ricorrenti, allimpugnabilit delle operazioni elettorali, che costituiscono, concettualmente, qualcosa di diverso dai provvedimenti di esclusione delle liste dalla competizione elettorale, con la conseguenza che le relative discipline processuali non possono essere confuse o sovrapposte. Ad avviso dei ricorrenti, inoltre, il differimento dellimpugnativa ad un momento successivo alla proclamazione degli eletti non sarebbe un mero spostamento temporale di quella stessa azione giurisdizionale che avrebbe potuto essere esercitata nellimmediatezza dellatto lesivo, ma implicherebbe linstaurazione di una controversia finalizzata ad ottenere un bene della vita (il rifacimento delle elezioni) distinto rispetto a quello (riammissione della lista alla competizione elettorale) che si sarebbe chiesto se si fosse potuto contestare lesclusione. 7. In data 18 maggio 2010, il Presidente dal Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, ha depositato una memoria illustrativa, con la quale si conferma la richiesta di una dichiarazione di inammissibilit o, in subordine, di manifesta infondatezza della questione. La difesa dello Stato ribadisce che la norma censurata non escluderebbe n limiterebbe larea di esercizio del potere cautelare, ma fisserebbe un criterio di accorpamento di tutte le impugnative riferibili allo stesso procedimento elettorale, ragionevolmente giustificato dallintendimento del legislatore di consentire lo svolgimento della consultazione elettorale nel termine stabilito. In generale, lAvvocatura generale dello Stato contesta il complessivo impianto argomentativo dellordinanza di rimessione. Infatti, il legislatore, dopo aver tracciato una procedura improntata ai criteri di accentuate garanzie di imparzialit e di obiettivit, avrebbe volutamente escluso la possibilit di intervento e di coinvolgimento del potere giudiziario amministrativo, prima dellatto finale delle elezioni, in questioni connotate da caratteri eminentemente politici, perch un intervento anticipato degli organi giurisdizionali amministrativi potrebbe provocare artificiose iniziative finalizzate alla strumentalizzazione di eventuali provvedimenti cautelari favorevoli o, comunque, necessitati rinvii delle elezioni, per consentire un minimo di par condicio nella campagna elettorale delle liste eventualmente riammesse negli ultimi giorni prima delle votazioni. La possibilit dellintervento del giudice amministrativo nella fase prodromica del procedimento elettorale conclude la difesa dello Stato rischierebbe di creare dubbi ed incertezze nel corpo elettorale, che costituisce il primo organo costituzionale, in quanto titolare della sovranit popolare , sicch anche per questa ragione, la scelta del legislatore, criticata dal giudice a quo, risulta invece pienamente giustificata, razionale e corretta sul piano costituzionale. Considerato in diritto 1. Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione seconda, con ordinanza del 28 maggio 2009, notificata il 12 giugno 2009, ha sollevato questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, 48, 49, 51, 97 e 113 della Costituzione, dellart. 83-undecies del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), intro- 180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 dotto dallart. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), nella parte in cui esclude la possibilit di unautonoma impugnativa degli atti endoprocedimentali del procedimento elettorale, ancorch immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. Lart. 83-undecies prevede, al comma primo, che contro le operazioni per lelezione dei consiglieri comunali, successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque altro vi abbia diretto interesse, pu proporre impugnativa davanti alla sezione per il contenzioso elettorale, con ricorso che deve essere depositato nella segreteria entro il termine di giorni trenta dalla proclamazione degli eletti. Tale disposizione, secondo linterpretazione assunta quale regola di diritto vivente dal giudice rimettente, escluderebbe lautonoma impugnabilit di atti del procedimento elettorale immediatamente lesivi, come lesclusione di liste o di candidati, la cui legittimit potrebbe cos essere contestata solo in sede di impugnazione dellatto conclusivo dellintero procedimento, vale a dire la proclamazione degli eletti, cos impedendo la tutela cautelare. 2. Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilit sollevate dallAvvocatura generale dello Stato. 2.1. In primo luogo, non pu essere accolta leccezione in base alla quale, essendosi svolte le elezioni e non essendo stata impugnata la pronuncia cautelare, n risultando proposte altre impugnative avverso la proclamazione degli eletti volte a contestare lirregolarit della competizione a causa della partecipazione della lista ammessa in sede cautelare, la eventuale dichiarazione di inammissibilit del ricorso nel merito non potrebbe determinare n loperativit del provvedimento di esclusione, n la ripetizione della consultazione elettorale senza la partecipazione della lista. Il giudizio a quo, infatti, ha per oggetto gli atti di ricusazione di una lista da una competizione elettorale che, al momento in cui lordinanza di rimessione stata emessa, non si era ancora svolta. Pertanto, lavvenuto svolgimento della competizione elettorale, con la partecipazione della lista presentata dai ricorrenti, non ha effetti sulla rilevanza della questione, in quanto il giudice a quo che ha sospeso il giudizio in sede cautelare deve ancora pronunciarsi sul merito del ricorso. 2.2. In secondo luogo, non pu ritenersi che il giudice a quo, ammettendo la lista dei ricorrenti, abbia esaurito il proprio potere cautelare, rendendo cos inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione sollevata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la potestas iudicandi non pu ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare fondata, quanto al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimit costituzionale, dovendosi in tal caso la sospensione dellefficacia del provvedimento impugnato ritenere di carattere provvisorio e temporaneo fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo lincidente di legittimit costituzionale (ordinanza n. 25 del 2006). Nel caso in questione, il Tribunale rimettente ha concesso la misura cautelare nel presupposto della non manifesta infondatezza della questione sollevata e ad tempus, ossia fino alla restituzione degli atti del giudizio da parte della Corte costituzionale. Il giudice a quo, pertanto, non ha esaurito la propria potestas iudicandi. 2.3. La difesa dello Stato, inoltre, richiama lordinanza n. 90 del 2009, con cui questa Corte ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimit costituzionale dellart. 83-undecies del d.P.R. n. 570 del 1960, ritenendo che il giudice a quo non avesse dimostrato la rilevanza della questione, in considerazione della circostanza che i ricorrenti nel giudizio principale avevano ottenuto la tutela cautelare contro i provvedimenti di esclusione, con conseguente partecipazione della lista esclusa alla consultazione elettorale. In quella occasione, IL CONTENZIOSO NAZIONALE 181 tuttavia, diversamente da quanto verificatosi nel presente giudizio, il Tribunale rimettente aveva sollevato la questione nella fase di merito e non in sede cautelare. Con lordinanza n. 90 del 2009, questa Corte ha rilevato anche che lo stesso giudice a quo aveva posto in dubbio lesistenza di un diritto vivente che precludesse limpugnabilit immediata degli atti endoprocedimentali in materia elettorale, ancorch lesivi di situazioni soggettive di privati. Ci non si riscontra nellordinanza di rimessione relativa al presente giudizio, nella quale il Tribunale rimettente sostiene, in modo plausibile, che linterpretazione fornita dallAdunanza plenaria del Consiglio di Stato regola di diritto vivente, e per questo solleva la questione di legittimit costituzionale dinanzi a questa Corte. Anche in sede legislativa, del resto, successivamente allordinanza n. 90 del 2009, linterpretazione della norma censurata fornita dalla decisione n. 10 del 2005 della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato stata intesa quale regola di diritto vivente, tanto che ne stata proposta una modifica parziale: lo schema di Codice del processo amministrativo trasmesso alla Camera dei deputati il 30 aprile 2010, sulla base della delega legislativa di cui allart. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitiva nonch in materia di processo civile), prevede, da un lato, labrogazione dellart. 83-undecies del d.P.R. n. 570 del 1960 (All. 4, art. 2, comma 1, lett. b), e, dallaltro, la possibilit di impugnare immediatamente lammissione o la esclusione delle liste elettorali, senza attendere la proclamazione degli eletti (art. 129). Il citato art. 44 della legge n. 69 del 2009, infatti, ha delegato il Governo a razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi [...], mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni. 3. Nel merito, la questione fondata. Secondo quanto affermato da questa Corte, il potere di sospensione dellesecuzione dellatto amministrativo elemento connaturale di un sistema di tutela giurisdizionale incentrato sullannullamento degli atti delle pubbliche amministrazioni (sentenza n. 284 del 1974). Nel caso in questione, la posticipazione dellimpugnabilit degli atti di esclusione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni preclude la possibilit di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti, con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost. Infatti, posto che linteresse del candidato quello di partecipare ad una determinata consultazione elettorale, in un definito contesto politico e ambientale, ogni forma di tutela che intervenga ad elezioni concluse appare inidonea ad evitare che lesecuzione del provvedimento illegittimo di esclusione abbia, nel frattempo, prodotto un pregiudizio. 3.1. Una simile compressione della tutela giurisdizionale non pu trovare giustificazione nelle peculiari esigenze di interesse pubblico che caratterizzano il procedimento in materia elettorale. A tal riguardo, necessario distinguere tra procedimento preparatorio alle elezioni, nel quale inclusa la fase dellammissione di liste o di candidati, e procedimento elettorale, comprendente le operazioni elettorali e la successiva proclamazione degli eletti. Gli atti relativi al procedimento preparatorio alle elezioni, come lesclusione di liste o di candidati, debbono poter essere impugnati immediatamente, al fine di assicurare la piena tutela giurisdizionale, ivi inclusa quella cautelare, garantita dagli artt. 24 e 113 Cost. Lo stesso legislatore, del resto, con la disposizione dellart. 44 della legge n. 69 del 2009, ha delegato il Governo ad adottare 182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 norme che consentano lautonoma impugnabilit degli atti cosiddetti endoprocedimentali immediatamente lesivi di situazioni giuridiche soggettive. 3.2. N pu accogliersi la tesi, sostenuta dalla difesa dello Stato, in base alla quale la regola della non impugnabilit dei provvedimenti di esclusione delle liste elettorali sarebbe necessariamente imposta dalle esigenze di speditezza del procedimento elettorale sancite dallart. 61 Cost. Tale disposizione costituzionale si riferisce alle elezioni delle Camere e non afferma espressamente un principio di speditezza, n tanto meno una prevalenza di detto principio sul diritto, garantito dagli artt. 24 e 113 Cost., a una tutela giurisdizionale piena e tempestiva contro gli atti della pubblica amministrazione. 3.3. Deve rilevarsi, inoltre, che gli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, riconoscono, tra laltro, un diritto ad un ricorso effettivo, che verrebbe vanificato laddove lart. 83-undecies del d.P.R. n. 570 del 1960 fosse inteso nel senso di escludere limpugnabilit immediata degli atti relativi al procedimento preparatorio alle elezioni, come lesclusione di liste o di candidati, che siano immediatamente lesivi di situazioni giuridiche soggettive. 3.4. N pu sostenersi, infine, la tesi della difesa dello Stato in base alla quale la possibilit dellintervento del giudice amministrativo nella fase iniziale del procedimento elettorale rischierebbe di creare incertezze nel corpo elettorale, che costituisce il primo organo costituzionale, in quanto titolare della sovranit popolare. A prescindere dalla circostanza che la sovranit popolare esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1, secondo comma, Cost.), il sindacato giurisdizionale sugli atti immediatamente lesivi relativi al procedimento preparatorio alle elezioni rappresenta una garanzia fondamentale per tutti i cittadini. In un ordinamento democratico, infatti, la regola di diritto deve essere applicata anche a tali procedimenti e, a questo fine, essenziale assicurare una tutela giurisdizionale piena e tempestiva, nel rispetto degli artt. 24 e 113 Cost. 4. Va quindi dichiarata lillegittimit costituzionale dellart. 83-undecies del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, introdotto dallart. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147, nella parte in cui esclude la possibilit di unautonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorch immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura dedotti dal giudice rimettente. RER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara lillegittimit costituzionale dellart. 83-undecies del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), introdotto dallart. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), nella parte in cui esclude la possibilit di unautonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorch immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2010. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 183 Corte costituzionale, sentenza 15 luglio 2007 n. 257 - Ud. Pubb. 8 giugno 2010 - Pres. Amirante, Red. Quaranta - Giudizio di legittimit costituzionale degli articoli 30 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria con ordinanza del 1 ottobre 2009. Avv. Federico Sorrentino per G.B. ed altro, e avv. Stato Maurizio Borgo per il Presidente del Consiglio dei ministri. (Omissis) Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con ordinanza del 1 ottobre 2009, ha sollevato questione di legittimit costituzionale degli articoli 30 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali) nella parte in cui non prevedono che la Commissione elettorale circondariale, entro il giorno successivo a quello . rispettivamente . della presentazione delle candidature e della presentazione delle liste, elimina i nomi dei candidati alla carica di sindaco a carico dei quali viene accertata la sussistenza della condizione di ineleggibilit di cui allart. 60, comma 1, numero 12, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e ricusa le liste collegate agli stessi, per contrasto con gli articoli 3, 48, secondo comma, 51, primo comma, e 97 della Costituzione. Lart. 60, comma 1, numero 12, sopra richiamato, prevede che non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale: i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente in altro comune, provincia o circoscrizione. 2. Il giudizio a quo, proposto da cittadini elettori residenti nel comune di Cengio, ha ad oggetto limpugnazione del verbale di proclamazione degli eletti alla carica di sindaco e di consigliere comunale del suddetto comune, adottato dallAdunanza dei presidenti delle sezioni elettorali a seguito delle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno 2009. 3. Il remittente ha premesso in fatto quanto di seguito, in sintesi, riportato. La sottocommissione elettorale circondariale di Cairo Montenotte ammetteva alla consultazione elettorale del 6 e 7 giugno 2009 tre liste: Lista civica Cengio cՏ; Noi per Cengio; Cengio cambia Bagnasco Sindaco Lista civica. Questultima lista indicava quale candidato sindaco Arnaldo Bagnasco, consigliere comunale del comune di Cairo Montenotte. Lincarico consiliare presso questultimo comune rendeva ineleggibile il Bagnasco alla carica di sindaco del comune di Cengio ai sensi dellart. 60, comma 1, numero 12, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sullordinamento degli enti locali). Ci nonostante, la sottocommissione elettorale circondariale di Cairo Montenotte, non rilevando tale condizione di ineleggibilit, ammetteva la lista Cengio cambia Bagnasco Sindaco Lista civica, alla consultazione elettorale. A seguito di un esposto, la Prefettura di Savona, sul punto, precisava che la commissione elettorale circondariale deve rilevare solo le cause di incandidabilit, mentre non ha il potere di impedire la presentazione della lista per ragioni di ineleggibilit. In tal senso si esprimeva anche la suddetta sottocommissione elettorale. In data 8 giugno 2009 lAdunanza dei presidenti delle sezioni elettorali proclamava i risultati elettorali ed assegnava alla suddetta lista un solo seggio, attribuito al candidato sindaco Arnaldo Bagnasco. Questultimo, in data 16 giugno 2009, rassegnava le dimissioni dalla carica 184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di consigliere comunale di Cengio, con ci determinando il subentro del proprio figlio Emil Bagnasco, primo dei non eletti della lista a lui collegata. 4. Tanto premesso, il TAR remittente, in ordine alla rilevanza della questione, afferma di condividere lorientamento della Corte di cassazione, secondo il quale lart. 60, comma 1, numero 12, del d.lgs. n. 267 del 2000, con luso dellavverbio rispettivamente intende prefigurare non gi una pedissequa simmetria, quanto alle limitazioni alla eleggibilit, tra cariche identiche (sindaco con sindaco di altro comune, consigliere comunale con consigliere di altro comune), bens limitare, a chi rivesta una carica allinterno dellorgano elettivo, laccesso ad altro organo omologo, sia come consigliere che come sindaco, posta la indiscutibile appartenenza di questultimo al consiglio comunale e la sua partecipazione alle relative funzioni. Disciplina analoga, ricorda il giudice a quo, era gi contenuta nel combinato disposto di cui allart. 2, numero 13 (recte: numero 12), della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilit ed incompatibilit alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilit degli addetti al Servizio sanitario nazionale) e dellart. 6 del d.P.R. n. 570 del 1960. N, daltronde, il d.lgs. n. 267 del 2000, per sua natura, in ragione della delega conferita dellart. 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265 (Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonch modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142), sarebbe stato idoneo ad innovare detta disciplina senza incorrere in un eccesso di delega. 5. Ci premesso, il TAR ligure dubita della legittimit costituzionale dei citati artt. 30 e 33 del d.P.R. n. 570 del 1960, nei termini sopra esposti. Tali articoli contengono una elencazione analitica dei casi di esclusione dei candidati e di ricusazione delle liste da parte dellUfficio elettorale in questione, che ha carattere tassativo. In base alle suddette disposizioni, la Commissione elettorale non ha il potere di escludere una lista per ragioni di ineleggibilit del candidato sindaco al quale la stessa collegata. Ogni verifica infatti rinviata alla prima seduta consiliare (art. 41 del d.lgs. n. 267 del 2000), con la conseguenza, ad avviso del giudice remittente, che se il candidato ineleggibile viene eletto sindaco, la decadenza che lo riguarda rende necessaria la celebrazione di nuove elezioni; se, invece, rimane soccombente, le elezioni resteranno valide e si verifica solo la decadenza del candidato sindaco dalla carica di consigliere comunale ( richiamata la decisione del Consiglio di Stato, sezione V, 15 giugno 2000, n. 3338). 6. Il TAR precisa che le cause di ineleggibilit, tra le quali figura quella di cui allart. 60, comma 1, numero 12, del d.lgs. n. 267 del 2000, riguardano coloro che, ricoprendo un incarico o una funzione pubblica di notevole rilievo sociale, politico o istituzionale, possono trarne immediato giovamento, in termini di prestigio personale e di potenziale aumento del consenso elettorale, esercitando la captatio benevolentiae. Esse divergono dalle cause di incompatibilit, che offrono invece al candidato eletto la facolt di scegliere tra la carica elettiva e lufficio o lincarico da cui discende limpedimento. Coloro che non abbiano rimosso la causa di ineleggibilit prima del termine di legge incorrono in una causa di decadenza. Lineleggibilit, pertanto, opera come temporanea sospensione del diritto di elettorato passivo. 7. Orbene, ad avviso del TAR remittente, occorre considerare che tale assetto normativo sorto nel vigore del precedente sistema elettorale, il quale prevedeva lelezione del sindaco ad opera del consiglio comunale, nel suo ambito, alla prima adunanza, subito dopo la convalida degli eletti (art. 34 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che reca Ordinamento delle autonomie locali, nel testo in vigore anteriormente alla sostituzione operata dallart. 16 della IL CONTENZIOSO NAZIONALE 185 legge 25 marzo 1993, n. 81, che reca Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale). In tale contesto, appariva dunque del tutto ragionevole che la causa di ineleggibilit del candidato determinasse soltanto la sua decadenza, senza travolgere lintero procedimento elettorale. Il giudice a quo deduce, quindi, che tale situazione sia radicalmente mutata a seguito dellentrata in vigore della citata legge n. 81 del 1993, con specifico riguardo alla situazione dei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, comՏ il caso del comune di Cengio. Con lentrata in vigore dellart. 5 della legge n. 81 del 1993 (successivamente abrogato dal d.lgs. n. 267 del 2000, ma sostanzialmente riprodotto nellart. 71 del medesimo d.lgs.), infatti, sorto un rapporto di stretta integrazione tra il candidato alla carica di sindaco e la lista a questultimo collegata, rapporto che costituisce il tratto pi significativo della riforma del sistema elettorale amministrativo attuata con tale legge. A sostegno delle proprie argomentazioni il remittente pone in evidenza: a) che con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere allalbo pretorio; b) che ciascuna candidatura alla carica di sindaco collegata ad una lista di candidati alla carica di consigliere comunale; c) che nella scheda elettorale indicato, a fianco del contrassegno, il candidato alla carica di sindaco; d) che a ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere si intendono attribuiti tanti voti quanti sono i voti conseguiti dal candidato alla carica di sindaco ad essa collegato, di modo che nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, lindicazione di voto apposta sul nominativo del candidato alla carica di sindaco o sul rettangolo che contiene il nominativo stesso vale anche come voto alla lista collegata. Ne consegue che la presentazione della lista integra, oggi, una fattispecie di cui sono elementi essenziali sia lindicazione del candidato alla carica di sindaco, sia lelenco dei candidati al consiglio comunale. Tanto ci vero che, nel caso del candidato sindaco che versi nella situazione di incandidabilit ai sensi della disciplina antimafia, le norme contenute negli artt. 30, comma 1, lettera c), e 33, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 570 del 1960 prevedono espressamente lesclusione del nominativo del candidato. A ci consegue che la lista a lui collegata, venendo a mancare dellindefettibile requisito di ammissibilit costituito dallindicazione del candidato sindaco (art. 71, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000), diviene a sua volta inammissibile e, come tale, immediatamente esclusa dalla competizione elettorale. 8. Un primo profilo di illegittimit della normativa in questione, ravvisato dal TAR per la Liguria nella violazione del principio di eguaglianza, di cui allart. 3 Cost. Bench in entrambe le ipotesi (incandidabilit ed ineleggibilit del candidato sindaco) sussista un inscindibile collegamento tra la presentazione della candidatura alla carica di sindaco e quella della lista dei candidati al consiglio comunale ad essa collegata tale per cui simul stabunt, simul cadent non sarebbe dato comprendere perch in un caso (incandidabilit) linammissibilit della candidatura alla carica di sindaco debba essere rilevata prima della celebrazione delle elezioni ex artt. 30, comma 1, lettera c), e 33, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 570 del 1960 e determini linammissibilit anche della lista collegata, mentre nellaltro (ineleggibilit) debba essere dichiarata soltanto dopo, ex art. 41, comma 1, del d.lgs. n. 267 186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 del 2000, con il rischio concreto di invalidare (nel caso di elezione del candidato sindaco ineleggibile) lintero procedimento elettorale. 9. Sussisterebbe, altres, la violazione dei parametri costituzionali di cui agli artt. 48, secondo comma, e 51, primo comma, Cost. Da un lato, infatti, le cause di ineleggibilit, di cui agli artt. 60 e 61 del d.lgs. n. 274 del 2000, sono stabilite allo scopo di garantire la eguale e libera espressione del voto, tutelata dallart. 48, secondo comma, primo periodo, Cost., rispetto a qualsiasi possibilit di captatio benevolentiae o di metus potestatis. Dallaltro, esse sono intese a garantire pari opportunit tra coloro che concorrono alle cariche pubbliche ( richiamata la sentenza n. 84 del 2006). Invece, in ragione della disciplina censurata, i candidati alla carica di consigliere comunale eletti in una lista collegata ad un candidato sindaco ineleggibile, si trovano nella condizione di avvantaggiarsi degli effetti positivi della candidatura di questultimo. 10. Le disposizioni de quibus sarebbero, inoltre, in contrasto con il principio di buon andamento dellattivit amministrativa, di cui allart. 97 Cost., che vale anche per il procedimento amministrativo elettorale. Diversamente dal passato, deduce il TAR, la posizione nella quale il legislatore ha individuato una causa di ineleggibilit in grado di alterare non solo il risultato personale del candidato, ma anche il risultato della lista cui egli collegato. In tale mutato contesto, dunque, non sarebbe pi ragionevole e conforme al principio di buon andamento che la causa di ineleggibilit del candidato determini soltanto la sua decadenza a posteriori, senza travolgere lintero procedimento elettorale. Sul punto, ricorda il remittente, la Corte costituzionale, seppure nellambito di una decisione di inammissibilit della questione sottopostale, per carenza di incidentalit, ha gi affermato di essere consapevole che la vigente normativa consente di rilevare lesistenza di cause di ineleggibilit nonostante che queste siano intese a garantire la pari opportunit fra i concorrenti soltanto dopo lo svolgimento delle elezioni (). Si tratta di una normativa evidentemente incongrua: non assicura la genuinit della competizione elettorale, nel caso in cui lineleggibilit sia successivamente accertata; induce il cittadino a candidarsi violando la norma che, in asserito contrasto con la Costituzione, ne preveda lineleggibilit; non consente che le cause di ineleggibilit emergano, come quelle di incandidabilit, in sede di presentazione delle liste agli uffici elettorali (gi citata sentenza n. 84 del 2006). 11. Si costituita la parte ricorrente del giudizio a quo che ha concluso per la fondatezza della questione di costituzionalit. 12. intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi non fondata la questione sollevata dal TAR Liguria richiamando le motivazioni della decisione del Consiglio di Stato n. 3338 del 2000. 13. In data 18 maggio 2010, hanno depositato memoria i ricorrenti in prime cure. La difesa privata, pone in evidenza, in particolare, come, in ragione della disciplina vigente, lunica finalit che pu perseguire un soggetto ineleggibile, che si candidi a sindaco in un comune con popolazione inferiore a quindicimila abitanti, quella di attirare voti per favorire candidati inseriti nella lista a lui collegata. Tale finalit incide in modo distorsivo sulla par condicio elettorale ed pregiudizievole in ordine alla genuinit del voto ( richiamata la sentenza di questa Corte n. 84 del 2006). contrastata, altres, la difesa dellAvvocatura dello Stato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 187 14. Anche la difesa dello Stato ha depositato memoria con la quale ha ribadito le argomentazioni svolte e le conclusioni gi rassegnate. Ad avviso dellAvvocatura dello Stato, la diversa ratio che sottende le ipotesi di incandidabilit rispetto a quelle di ineleggibilit giustificherebbe la rilevabilit di questultima, nella fattispecie in esame, dopo lo svolgimento delle elezioni. La corretta composizione degli organi elettivi affidata, infatti, a controlli successivi, in occasione dellinsediamento degli organi stessi. La pronuncia additiva richiesta, infine, inciderebbe sulla discrezionalit che lordinamento affida al legislatore. Considerato in diritto 1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con ordinanza in data 1 ottobre 2009, ha sollevato questione di legittimit costituzionale degli articoli 30 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali) nella parte in cui non prevedono che la Commissione elettorale circondariale, entro il giorno successivo a quello . rispettivamente . della presentazione delle candidature e della presentazione delle liste, elimina i nomi dei candidati alla carica di sindaco a carico dei quali viene accertata la sussistenza della condizione di ineleggibilit di cui allart. 60, comma 1, numero 12, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e ricusa le liste collegate agli stessi, per contrasto con gli articoli 3, 48, secondo comma, 51, primo comma, e 97 della Costituzione. 2. Il giudice a quo, con riguardo alla dedotta violazione del principio di eguaglianza, invoca, quale tertium comparationis, lart. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosit sociale), il quale, occorre ricordare, risulta formalmente abrogato, dallart. 274, comma 1, lettera p), del citato d.lgs. n. 267 del 2000, ma il suo contenuto precettivo stato integralmente riprodotto dal combinato disposto degli artt. 58, comma 1, lettera a), e 59, comma 1, lettera a), e comma 4, del medesimo decreto (sentenza n. 25 del 2002). 3. In particolare, il remittente lamenta la mancata previsione, nelle disposizioni censurate, della competenza della predetta Commissione elettorale ad eliminare dalle liste i nomi dei candidati alla carica di sindaco e a disporre la conseguente ricusazione delle liste stesse, in presenza della causa di ineleggibilit di cui al citato art. 60, comma 1, numero 12, del d.lgs. n. 267 del 2000, in analogia a quanto espressamente previsto dallart. 15, comma 1, della legge n. 55 del 1990, in una fattispecie a suo dire per alcuni aspetti analoga. Il suddetto art. 60, comma 1, numero 12, prevede che non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale () i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente in altro comune, provincia o circoscrizione. A sua volta, lart. 58, come nel tempo modificato, del citato d.lgs. n. 267 del 2000, prevede, al comma 1, con disciplina analoga a quella del richiamato art. 15 della legge n. 55 del 1990, che non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente 188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 delle aziende speciali e delle istituzioni di cui allarticolo 114, presidente e componente degli organi delle comunit montane coloro che hanno riportato condanna penale definitiva per determinati reati, o coloro nei cui confronti stata applicata, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, o comunque criminale, che perseguono finalit o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso. 3.1. In riferimento alla prospettata violazione dei suindicati parametri costituzionali, il TAR remittente ha dedotto che i candidati alla carica di consigliere comunale, eletti in una lista collegata ad un candidato sindaco ineleggibile, sarebbero avvantaggiati dagli effetti positivi della candidatura di questultimo, con lesione sia del diritto degli elettori comunali alla libera espressione del voto, sia di quello degli aspiranti alla carica di consigliere comunale, appartenenti ad altre liste, di concorrere in condizioni di sostanziale eguaglianza. 3.2. Infine, con specifico riferimento alla prospettata violazione dellart. 97 Cost., il remittente afferma come non sia ragionevole e conforme al principio costituzionale di buon andamento che la causa di ineleggibilit del candidato determini soltanto la sua decadenza a posteriori, senza travolgere lintero procedimento elettorale. Ci ancor pi, laddove si consideri che lart. 76 del d.lgs. n. 267 del 2000 disciplina lanagrafe degli amministratori locali e regionali, che contiene i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali ed agevolmente consultabile da chiunque, sicch la situazione di ineleggibilit del candidato, che versi in tale condizione, accertabile in modo semplice e rapido. 4. In via preliminare, occorre precisare che il thema decidendum del presente giudizio verte sulle limitazioni al diritto di elettorato passivo alla carica di sindaco, che rientra fra quelli inviolabili riconosciuti dallart. 2 Cost., per cui la sua restrizione ammissibile soltanto nei limiti strettamente necessari alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti e secondo le regole della necessit e della ragionevole proporzionalit (sentenze n. 240 del 2008 e n. 141 del 1996). Da ci deriva che le norme che derogano al principio della generalit di tale diritto elettorale passivo sono di stretta interpretazione e devono essere applicate nei limiti di quanto sia necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate (sentenze n. 306 del 2003 e n. 364 del 1996). E deve anche essere precisato che, come questa Corte ha pi volte affermato, la previsione della ineleggibilit tende a prevenire che il candidato ponga in essere, in ragione della carica ricoperta o delle funzioni svolte, indebite pressioni sugli elettori (sentenza n. 217 del 2006), esercitando una captatio benevolentiae o inducendo un metus publicae potestatis, idonei ad alterare la par condicio tra i candidati. Tale funzione distingue listituto in questione da quello dellincompatibilit, che volta, invece, ad evitare il conflitto di interessi nel quale venga a trovarsi il soggetto che sia stato eletto (citata sentenza n. 217 del 2006). Orbene, nella specie, la doglianza del remittente si appunta sulle modalit con le quali lineleggibilit, sancita dallart. 60, comma 1, numero 12, del d.lgs. n. 267 del 2000, deve essere rilevata, nonch sulle ricadute di essa sul complessivo sistema elettorale per lelezione del sindaco e dei consiglieri comunali. 5. Cos precisato loggetto del contendere, deve essere esaminata, innanzi tutto, leccezione di inammissibilit della questione sotto il profilo secondo cui essa sarebbe diretta ad ottenere una pronunzia additiva a contenuto non costituzionalmente obbligato. 6. Leccezione fondata. Il remittente, nel prospettare la necessit della integrazione, ad opera di questa Corte, delle norme censurate nel senso suindicato, invoca una parificazione tra lipotesi della ineleggibilit IL CONTENZIOSO NAZIONALE 189 disciplinata dallart. 60, comma 1, numero 12, del T.U. n. 267 del 2000 e quella della incandidabilit gi prevista dallart. 15 della legge n. 55 del 1990, la quale sarebbe funzionale a salvaguardare la libert del voto e la partecipazione alla competizione elettorale in posizione di uguaglianza tra i concorrenti. Tuttavia, luguaglianza delle situazioni poste a confronto, che dovrebbe giustificare la invocata identit di trattamento normativo, non appare rispondente n alla ratio degli istituti in esame, n al quadro normativo di riferimento. Occorre considerare, innanzitutto, la ratio sottesa alle disposizioni contenute nella citata normativa antimafia. Come questa Corte ha gi affermato, le previsioni contenute in tale normativa speciale sono dirette ad assicurare la salvaguardia dellordine e della sicurezza pubblica, la tutela della libera determinazione degli organi elettivi, il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche allo scopo di fronteggiare una situazione di grave emergenza nazionale coinvolgente gli interessi dellintera collettivit (sentenza n. 352 del 2008, che richiama laffermazione della sentenza n. 288 del 1993). Il legislatore, in tal modo, ha inteso essenzialmente contrastare il fenomeno dellinfiltrazione della criminalit organizzata nel tessuto istituzionale locale e, in generale, perseguire lesclusione dalle amministrazioni locali di coloro che per gravi motivi non possono ritenersi degni della fiducia popolare (citata sentenza n. 352 del 2008 che richiama laffermazione della sentenza n. 407 del 1992). Ci comporta che speculare al potere della Commissione elettorale circondariale di escludere i candidati che versino nelle condizioni di cui al citato art. 15 della legge n. 55 del 1990, la sanzione della nullit dellelezione, sancita prima dal medesimo art. 15 e ora dallart. 58 del d.lgs. n. 267 del 2000. Si , dunque, in presenza di una specifica causa ostativa alla candidatura, dalla quale lordinamento fa scaturire le suddette conseguenze. Diversa , invece, lipotesi di ineleggibilit prevista dallart. 60, comma 1, numero 12, del T.U. n. 267 del 2000, che rientra tra quelle per le quali le limitazioni del diritto di elettorato passivo sono fondate sul timore di distorsione della volont degli elettori a causa dellinfluenza che su di essi pu essere esercitata da chi ricopre determinati uffici, o sono comunque fondate su elementi di carattere personale (sentenza n. 450 del 2000). A ci da aggiungere che la ratio di limitazioni analoghe a quelle in esame stata ravvisata nella diversa circostanza che chi di una di tali amministrazioni fa parte si consideri cos strettamente legato da doveri e da responsabilit verso la comunit prescelta da non potere partecipare agli organi rappresentativi degli interessi omologhi di altra comunit dello stesso tipo, con lassunzione di altrettanti doveri e responsabilit verso di essa (sentenza n. 97 del 1991). Anzi, il potere attribuito alla Commissione elettorale circondariale dalle norme censurate rispetto alla incandidabilit ex art. 15 della legge n. 55 del 1990, ha fondamento proprio nella sanzione della nullit, in quanto tende ad evitare, in unottica di buon andamento dellamministrazione, relativa anche al procedimento elettorale, che si dia luogo ad una consultazione elettorale destinata ad essere travolta. Daltronde, come ha avuto modo di rilevare la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione V, decisione 15 giugno 2000, n. 3338), le citate disposizioni, oltre a sancire il divieto di candidatura, regolano anche un potere di controllo su questa causa di impedimento, che pu risolversi nella radicale esclusione del candidato consigliere ineleggibile, come anche nellesclusione della lista collegata al candidato sindaco ineleggibile. 190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 , dunque, evidente che, nel bilanciamento fra i principi previsti dagli artt. 51 e 97 Cost., spetta esclusivamente al Parlamento valutare, sulla base della ragionevolezza e con scelte di carattere certamente politico, le diverse ipotesi e, in relazione alla gravit di ciascuna di esse, graduare il trattamento normativo pi appropriato e proporzionato (sentenza n. 240 del 2008). 7. Quanto sopra, da un lato, fa emergere lincompletezza della ricostruzione normativa posta dal giudice remittente a fondamento della lesione del principio di eguaglianza; dallaltro, mette in luce come il remittente stesso prospetti la necessit di un intervento manipolativo che esorbita dai poteri di questa Corte, risolvendosi in un ampliamento dei compiti della Commissione elettorale circondariale che solo il legislatore pu prevedere. Il remittente chiede, in definitiva, una pronuncia a contenuto non costituzionalmente obbligato, proponendo un petitum additivo a carattere creativo rientrante soltanto nella discrezionalit del legislatore (ex plurimis: sentenza n. 138 del 2010; ordinanze n. 243 del 2009, n. 316 del 2008, n. 185 del 2007). 8. Il giudice a quo, nella sua ordinanza, nel prospettare le ragioni poste a base della valutazione di non manifesta infondatezza della questione, ha fatto, tra laltro, riferimento a quanto osservato nella sentenza n. 84 del 2006 da questa Corte, la quale, pronunciandosi su una fattispecie connotata dalla mancanza del carattere di incidentalit della questione di costituzionalit allora proposta, ha affermato di essere consapevole che la vigente normativa consente di rilevare lesistenza di cause di ineleggibilit nonostante che queste siano intese a garantire la pari opportunit fra i concorrenti soltanto dopo lo svolgimento delle elezioni. E la Corte ha aggiunto che si tratta di una normativa evidentemente incongrua: non assicura la genuinit della competizione elettorale, nel caso in cui lineleggibilit sia successivamente accertata; induce il cittadino a candidarsi violando la norma che, in asserito contrasto con la Costituzione, ne preveda lineleggibilit; non consente che le cause di ineleggibilit emergano, come quelle di incandidabilit, in sede di presentazione delle liste agli uffici elettorali. Pur ribadendo quanto osservato nella citata sentenza, questa Corte, tuttavia, non pu che dichiarare inammissibile la questione in esame, in quanto essa, comunque, si risolve nella richiesta di un intervento manipolativo che, esulando dai suoi poteri, spetta soltanto al legislatore nella sua discrezionale valutazione con specifico riferimento agli aspetti anche di natura politica che connotano la materia elettorale. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibile la questione di legittimit costituzionale degli articoli 30 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 48, secondo comma, 51, primo comma, e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con lordinanza in epigrafe. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 7 luglio 2010. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 191 Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza del 10 settembre 2010 n. 6526 - Pres. Baccarini, Est. Saltelli - S.A., C.A., C.P. (avv.ti G. Russiello e M. Zuppardi) c. Comune di Napoli (avv.ti E. Barone, G. Tarallo e A. Pulcini), Ministero Interno (avv. Stato M. Borgo). (Omissis) FATTO 1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. I, con la sentenza n. 1809 del 2 aprile 2008 ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai signori A.S., A.C. e P.C., eredi del signor V.C., per ottenere il risarcimento del danno subito dal loro dante causa per effetto dellannullamento parziale giusta sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, n. 4339 dell11 luglio 2002 - del verbale di proclamazione degli eletti al Consiglio Circoscrizionale di Miano del Comune di Napoli, nella misura corrispondente ai gettoni di presenza, ex art. 82, comma 2, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, dalla data di proclamazione degli eletti fino al 30 luglio 2002, data del decesso, nonch di quello patrimoniale ex art. 2059 C.C., sotto forma di danno esistenziale e morale, da liquidare in forma equitativa, ex artt. 1226 e 2059 C.C. Secondo il tribunale, infatti, la domanda doveva essere proposta nei confronti del Comune di Napoli (comera avvenuto per limpugnazione del verbale di proclamazione degli eletti), ente cui si riferivano le elezioni e quindi unico soggetto passivo legittimato, e non gi del Ministero dellInterno e dellUfficio Elettorale Circoscrizionale di Miano, questi ultimi essendo, alla stregua di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, organi temporanei abilitati esclusivamente a dichiarare i risultati finali del procedimento elettorale, destinati a dissolversi con la stessa proclamazione degli eletti. 2. I predetti signori A.S., A.C. e P.C., hanno chiesto la riforma di tale sentenza, articolando tre motivi di gravame, rubricati rispettivamente Error in judicando per difetto di motivazione e contrasto con i precedenti (primo motivo); Error in judicando. Violazione di legge: art. 7, lettera C legge 21/7/2000 n. 205 e successive modifiche e art. 82 D. Lgs. 18/8/2000 n. 267 e successive modificazioni ed integrazioni (secondo motivo), nonch Error in judicando. Violazione di legge: art. 7, lettera C legge 21/7/2000 n. 205 e successive modifiche. In sintesi, gli appellanti, evidenziato che i primi giudici avevano omesso di considerare che con altra sentenza (sez. II, n. 20402 del 16 dicembre 2005) sulla stessa controversia avevano affermato il principio esattamente opposto (escludendo che gli errori commessi nel computo delle schede potessero configurare una responsabilit risarcitoria dellamministrazione comunale, da individuarsi solo nei confronti degli uffici elettorali), hanno insistito per laccoglimento della domanda risarcitoria, rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sussistendone tutti i presupposti. Il Comune di Napoli, cui il gravame stato notificato, ha dedotto linfondatezza di tutti gli spiegati motivi di appello. 3. Alla pubblica udienza del 27 luglio 2010, dopo la rituale discussione, la causa stata trattenuta in decisione. DIRITTO 4. Lappello deve essere respinto. 4.1. La Sezione non ritiene di doversi discostare dal prevalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui nei giudizi elettorali la qualit di parte pubblica necessaria (passivamente legittimata) non spetta agli organi straordinari a carattere temporaneo preposti al compimento delle 192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 operazioni, destinati a sciogliersi subito dopo la definizione del procedimento, ma compete esclusivamente all'ente locale interessato, che si appropria del risultato elettorale e sul quale si riverberano gli effetti dell'annullamento o della conferma della proclamazione degli eletti (C.d.S., sez. V, 8 agosto 2003, n. 4587; C.G.A.R.S., 22 luglio 2002, n. 443). E stato anche precisato che nel procedimento elettorale, anche se l'ente locale tenuto a subire eventuali effetti negativi della condotta posta in essere da organi non incardinati nel proprio apparato organizzativo, il consolidamento di tali effetti in capo all'ente medesimo fa s che esso divenga il portatore istituzionale dell'interesse alla conservazione dei propri organi nella composizione ad essi conferita dall'atto di proclamazione degli eletti: l'ente locale pertanto parte necessaria del giudizio proposto per l' annullamento dell'atto di proclamazione degli eletti (C.d.S., sez. V, 25 febbraio 2003, n. 1076, fattispecie in tema di correzione del risultato elettorale). 4.2. Per completezza la Sezione osserva che, in ogni caso, anche nel merito la pretesa destituita di fondamento. Innanzitutto lesercizio delle funzioni elettive, tra cui rientra anche quella di consigliere circoscrizionale, d luogo ad un rapporto di servizio onorario, il cui compenso escluso, ai sensi dellarticolo 54 della Costituzione, da qualsiasi connotato di sinallagmaticit (Cass. SS.UU. 20 aprile 2007, n. 9363; 10 aprile 1997, n. 3129; 13 febbraio 1991, n. 1521). La corresponsione del gettone di presenza, previsto dallinvocato articolo 82, comma 2, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non costituisce quindi retribuzione, ai sensi dellarticolo 36 della Costituzione, bens soltanto una somma a titolo di indennit per lattivit onoraria effettivamente prestata per la partecipazione a consigli e commissioni, con la conseguenza che qualora tale attivit sia stata prestata nulla dovuto, indipendentemente dalla causa che ha determinato la mancata partecipazione. Ci esclude, ad avviso della Sezione, anche la ricorrenza del danno non patrimoniale, sotto forma di danno esistenziale e/o morale, tanto pi che nel caso di specie, anche a prescindere dalla evidente carenza di prova, sempre necessaria al riguardo (Cass., sez. III, 8 aprile 2010, n. 8360), non sussiste alcuna violazione a diritti inviolabili della persona, individuati dalla Suprema Corte (SS.UU, 11 novembre 2008, n. 26972; III, 25 settembre 2009, n. 20684) nel diritto alla salute (art. 32 Cost.), nel diritto alla reputazione, allimmagine, al nome e alla riservatezza (artt. 2 e 3 Cost.), nei diritti inviolabili della famiglia (art. 2, 29 e 30 Cos.), non essendo risarcibile il danno non patrimoniale consistito in meri disagi e fastidi (non scaturenti da lesioni gravi di diritti costituzionalmente garantiti, Cass. civ., III, 9 aprile 2009, n. 8703). 5. In conclusione lappello deve essere respinto. Sussistono nondimeno giusti motivi, in ragione della peculiarit della controversia, per dichiarare compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello proposto dai signori A.S., A.C. e P. C. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. I, n. 1809 del 2 aprile 2008, lo respinge. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 luglio 2010. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 193 Il reclamo nel giudizio cautelare nel rito lavoro Considerazioni in merito allo ius postulandi dei funzionari delegati ai sensi dellart. 417 bis (Tribunale di Vallo della Lucania, ordinanza del 12 novembre 2009) Si prende spunto da una recente pronuncia del Tribunale di Vallo della Lucania per esaminare il regime di ius postulandi nel rito lavoro nellambito della fase cautelare, anche alla luce della novella del 2006 che ha interessato il giudizio cautelare. Con la citata pronuncia, il Collegio del Tribunale campano ha ritenuto che il reclamo proposto dal Ministero della Giustizia avverso un provvedimento emanato ex art. 700 c.p.c. dal Giudice del Lavoro fosse inammissibile per difetto di ius postulandi dei funzionari delegati ex art. 417 bis c.p.c., essendo onerata la P.A., in tali occasioni, a ricorrere inderogabilmente al patrocinio legale dellAvvocatura dello Stato. Tale assunto deriva dalla considerata inapplicabilit del disposto dellart. 417 bis c.p.c. al giudizio di reclamo avverso i provvedimenti emessi ex art. 700 c.p.c.. Liter argomentativo del Collegio si sviluppa partendo dal confronto fra i contrapposti orientamenti rinvenibili in giurisprudenza sul punto: un primo restrittivo che, optando per la natura impugnatoria del giudizio di reclamo, esclude la possibilit per lAmministrazione di difendersi per mezzo di propri funzionari; un secondo orientamento maggiormente elastico e pi diffuso tra i giudici di merito che, negando la configurabilit del giudizio sul reclamo come procedimento di impugnazione, ritiene pienamente applicabile il disposto dellart. 417 bis c.p.c.. Confrontate le opposte alternative, il Tribunale di Vallo della Lucania ha creduto di aderire allorientamento restrittivo, considerando il giudizio di reclamo comunque un giudizio in senso lato di secondo grado, atteso che esso si svolge dinanzi a un collegio di cui non pu far parte il giudice che ha emanato il provvedimento oggetto di censura che deve pronunciarsi su eventuali errores in procedendo o in iudicando del giudice a quo provvedendo a confermare o riformare, in tutto o in parte, la pronuncia oggetto di reclamo. Tale conclusione viene ulteriormente argomentata in ragione della novella disciplina del giudizio cautelare ante causam disciplinata dallart. 669 octies c.p.c. che ha reciso il nesso di strumentalit tra fase cautelare e fase di merito, conferendo ai provvedimenti emanati ex art. 700 c.p.c. autonoma efficacia e irretrattabilit in caso di mancata introduzione della fase di merito, ora, infatti, solo eventuale. Lopzione per il carattere impugnatorio del reclamo viene, inoltre, sup- 194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 portata adducendo che, ai fini del rispetto del principio costituzionalmente tutelato del doppio grado di giurisdizione, lordinanza cautelare potenzialmente idonea a costituire pronuncia stabile tra le parti deve essere oggetto di un procedimento di secondo grado. Liter logico-giuridico esposto dal Collegio del Tribunale di Vallo della Lucania non pu essere condiviso. In primo luogo, si evidenzia che dottrina e giurisprudenza autorevoli e consolidate negano il carattere strettamente impugnatorio del procedimento di reclamo. Sul punto, in dottrina, si sono sviluppate due contrapposte teorie: una sostiene la natura impugnatoria del reclamo, adducendo come indizi in tal senso il carattere subprocedimentale dello stesso, lintroduzione per mezzo di una domanda di riesame da proporsi innanzi a un giudice diverso, anche se appartenente al medesimo ufficio giudiziario, lobbligo di esclusione nella formazione del collegio del giudice a quo (1); laltra teoria propende per una configurazione del reclamo come giudizio di prosecuzione del procedimento cautelare, da considerarsi, quindi, unitario, atteso che il collegio che decide sul reclamo ha i medesimi poteri del giudice cautelare, circostanza che va ad escludere gli oneri di riproposizione caratteristici del giudizio di appello (2). Dalle descritte teorie emerge, in ogni caso, il carattere sui generis di tale strumento processuale che porta a distanziare lo stesso anche secondo i sostenitori della natura impugnatoria del reclamo dai mezzi di impugnazione in senso stretto, nominativamente e tassativamente previsti ex art. 323 c.p.c.. E proprio in virt della tassativit nellambito del nostro ordinamento processuale dei mezzi di impugnazione si evince limpossibilit di classificare il reclamo come procedimento di secondo grado. Cospicua e consolidata giurisprudenza milita in tal senso; in particolare, il Tribunale di Roma (3) con chiarezza inequivocabile ha ritenuto che sia liniziale fase di trattazione ante causam che la successiva fase di reclamo in sede cautelare debbano farsi rientrare nel primo grado di giudizio, con la conseguenza che la P.A. pu stare in giudizio attraverso propri funzionari, operando la limitazione di cui allart. 417 bis, comma 1, c.p.c. solo nellordinario giudizio di cognizione (4). N riescono a minare tale conclusione gli argomenti suggeriti dal Tribunale di Vallo della Lucania. Irrilevanti, in merito, risultano le modifiche introdotte dalla novella del (1) Cfr. CORSINI F., Il reclamo cautelare, Torino, 2002, 100 ss. (2) Cfr. ARIETA G., Problemi e prospettive in tema di reclamo cautelare, in Riv. dir. proc., 1997, 408 ss. (3) Trib. Roma, 15 aprile 2000, Giust. civ. 2001, I, 1977. (4) Per una panoramica sulle varie pronunce in tal senso v. FINOCCHIARO M.(a cura di), La giurisprudenza sul codice di procedura civile coordinata con la dottrina, libro II, tomo IV, 2006, 3144 ss. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 195 2006 che hanno escluso la necessaria complementarit tra la fase cautelare e quella di merito, rendendo questultima meramente eventuale; non si vede come, infatti, questimportante e rivoluzionaria riforma possa incidere sul carattere impugnatorio o meno del giudizio di reclamo. Infondata, poi, si rivela la considerazione sulla tutela a copertura costituzionale del doppio grado di giudizio che, secondo i Giudici cilentani, renderebbe necessaria la previsione di un mezzo di impugnazione rispetto alle pronunce ex art. 700 c.p.c., tanto pi che esse oggi rivestono un carattere di tendenziale stabilit. Come noto, nel nostro ordinamento il principio del doppio grado di giudizio pur fortemente radicato non rivestito di tutela costituzionale (5). Lart. 111 Cost., comma 7, si limita, infatti, a tutelare limpugnabilit delle sentenze e dei provvedimenti sulla libert personale emanati da organi giurisdizionali ordinari o speciali attraverso ricorso in Cassazione. Da tale disposizione, al contrario, si dedotta la non indispensabilit del doppio grado di giurisdizione, ma solo la necessit della ricorribilit innanzi al Supremo Consesso dei citati provvedimenti. Dalle considerazioni svolte si ricava che la limitazione al giudizio di primo grado prescritta dallart. 417 bis c.p.c. in ordine alla possibilit della P.A. di stare in giudizio per mezzo di propri dipendenti non si mostra applicabile in sede di reclamo. Un regime di ius postulandi differente da quello della pregressa fase cautelare, oltre a risultare incongruente rispetto alla configurazione tecnico-giuridica dello strumento del reclamo, si presenterebbe contrastante con la stessa ratio dellart. 417 bis c.p.c. e con lintera normativa che disciplina la rappresentanza in giudizio dello Stato. Sul punto, in primo luogo si evidenzia, che il legislatore ha introdotto nel codice di rito lart. 417 bis c.p.c. attraverso lart. 42 del D.Lgs. n. 80 del 1998, che rappresenta unalternativa rispetto alla difesa ope legis dellAvvocatura dello Stato a favore delle Amministrazioni statali. Tale Organo Legale ha, comunque, ai sensi del comma 2, la facolt di avocare a s il patrocinio in presenza di questioni di massima o di particolare rilievo economico, previa comunicazione ai competenti uffici dellAmministrazione coinvolta. Tale novella persegue lo scopo di consentire allAmministrazione una forma di rappresentanza che, in ogni caso, allevii il carico di lavoro gravante sullAvvocatura dello Stato ed eviti, soprattutto per i giudizi che si tengono fuori dal foro erariale, aggravi di spesa a carico della P.A.(6). Per quanto, invece, riguarda la normativa in tema di rappresentanza e di- (5) cfr. VERDE G., Profili del processo civile, 2. Processo di cognizione, 2006, 246. (6) Per una panoramica sulla difesa dello Stato nel rito lavoro v. SGARBI L., La difesa delle pubbliche amministrazioni nelle controversie di lavoro, in Lavoro nella Giur., 1998, 12 1019. 196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 fesa in giudizio dello Stato, si evidenzia che il criterio generale di competenza dettato allart. 25 del nostro codice di rito, pur derogato nel rito lavoro dal criterio di collegamento speciale dellart. 409 c.p.c., conserva la propria vis attrattiva, manifestandola proprio nei giudizi di secondo grado. Tale forza espansiva del principio generale del foro erariale, nellattuale tenore del nostro ordinamento processuale, non pu essere facilmente apprezzata nellambito del processo in materia di lavoro e previdenza; soppresso lufficio pretorile, lodierna ripartizione di competenza per gradi in tale materia appartiene al Tribunale e alla Corte dAppello. Pertanto, i giudizi a cognizione piena, in primo grado, ex art. 409 c.p.c., si tengono innanzi al tribunale in cui ha sede il lavoratore, mentre, in secondo grado, si tengono innanzi alla Corte dAppello, che ha sede nel capoluogo del Distretto di riferimento in cui si trovano anche gli uffici dellAvvocatura Distrettuale. Tale riparto rende oggi superflua ogni riflessione sulla possibilit di applicazione dellart. 25 c.p.c. in fase di gravame, a differenza di quanto prima, invece, avveniva in caso di impugnazione di sentenze emesse dai pretori e in ordine alle quali la giurisprudenza di legittimit si pronunci sancendo, anche in materia di lavoro, la proponibilit dellappello innanzi al tribunale del foro in cui ha sede la competente Avvocatura Distrettuale e non innanzi al tribunale del circondario cui apparteneva il giudice di prime cure (7). Tali considerazioni, utilmente applicate al caso di specie, fanno emergere in maniera lampante laporia in cui incorso il Collegio del Tribunale di Vallo (7) Vedi Cass. 28 dicembre 1999 n. 14629 che ha statuito che, in materia di lavoro, avverso le pronunce del pretore, debba proporsi appello al tribunale del luogo in cui ha sede lAvvocatura Distrettuale competente in ossequio allart. 25 c.p.c. Conferma tale statuizione anche Cass. civ., sez. lav., n. 7699/2001. Tale pronuncia prende vita da unanalisi della ratio degli art. 409 e 25 c.p.c.; ritengono i giudici di legittimit che, per le cause trattate con il rito del lavoro, prevalga il criterio speciale di competenza territoriale di cui allart. 409 c.p.c., atteso che la citata disposizione risponde allesigenza non solo di facilitare laccesso al giudice della parte pi bisognosa di assistenza, ma anche a rendere meno gravoso il diritto del lavoratore a stare in giudizio personalmente ex art. 417 c.p.c. e, in ogni caso, a consentire agevolmente la presenza alle udienze e a svolgere lattivit istruttoria nel foro pi vicino al luogo di lavoro. Tali esigenze, prevalenti in primo grado, risultano recessive nelle fasi successive, facendo prevalere, questa volta, nel contemperamento degli opposti interessi, lesigenze sottese allordinaria regola del foro dello Stato, e, in particolare, quella del coordinamento della difesa erariale e il risparmio della spesa pubblica. Sul punto cfr. anche la chiarificatrice Cass. Civ., sez. lav., n. 7785/1998, in cui si sostiene autorevolmente che il sistema del foro erariale vigentecontempera per il processo del lavoro la esigenza di avvicinare in primo grado il processo al lavoratore, secondo i criteri dell'art. 413 c.p.c., con le esigenze pubbliche del foro erariale in appello secondo la regola dellart. 25 c.p.c. Infatti, se per la comparizione personale delle parti e per la raccolta delle prove, caratteristiche del primo grado, v' l'esigenza della vicinanza del luogo ove si svolge il processo al lavoratore, questa sfuma in appello, ove presenza personale delle parti e prove non sono di regola previste, e pu darsi luogo alla soddisfazione di quegli interessi pubblici che sottendono al foro erariale, conformi alla Costituzione secondo le sentenze n. 118 del 1964 e n. 12 del 1974 della Corte Cost. Consegue che lo spostamento della competenza territoriale in appello per le cause di lavoro non appare violare n i principi di eguaglianza n il diritto alla difesa contemperando razionalmente la tutela degli interessi dei lavoratori e quelli della difesa della P.A.. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 197 della Lucania. Portando alle estreme conseguenze il gi contestato iter logico-giuridico delineato nella pronuncia in esame, infatti, dovrebbe ricavarsi che il reclamo sarebbe da proporre non al medesimo ufficio giudiziario cui appartiene il giudice a quo, bens, riattivando il criterio del foro erariale ex art. 25 c.p.c. in ragione dellapertura di una fase di secondo grado, innanzi allo speculare collegio presso il Tribunale in cui ha sede la competente Avvocatura Distrettuale. In definitiva pur nellimpossibilit di affidarsi al lume della giurisprudenza di legittimit non pu ritenersi che il nuovo regime del giudizio cautelare abbia inciso sullapplicabilit anche in sede di reclamo dellart. 417 bis c.p.c.. Dott.ssa Enza Faracchio* Tribunale di Vallo della Lucania in composizione collegiale, ordinanza del 12 novembre 2009 - Pres. Tringali, Rel. Sorrentino. (Omissis) Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato l11 dicembre 2008 il dott. (omissis), dipendente del Ministero della Giustizia quale Cancelliere con posizione economica C1 ha esposto che al fine di assistere i propri genitori, che soffrono di malattie gravissime meglio indicate in ricorso, veniva trasferito, su sua istanza, per tre mesi, a decorrere dal 15 settembre 2008, dalla Procura della Repubblica di Lecco al Tribunale di Vallo della Lucania, ove svolge attualmente le funzioni di Cancelliere, e ha lamentato che il Ministero non ha ancora risposto alla sua successiva istanza del 10 novembre 2008 volta ad ottenere il trasferimento definitivo presso il Tribunale di Vallo della Lucania ai sensi dell'art. 33 co. 5 L. 104/1992. Su tale base, l'istante ha chiesto al Tribunale d Vallo della Lucania di assegnarlo, con provvedimento di urgenza, presso il Tribunale medesimo, in luogo dell'amministrazione inadempiente. Instaurato il contraddittorio, ha resistito il Ministero della Giustizia, che ha eccepito l'incompetenza per territorio del Giudice adito e, nel merito, ha chiesto di rigettarsi il ricorso per carenza dei presupposti di legge. All'esito, il GD, con ordinanza del 15 gennaio 2009, in accoglimento del ricorso, ha ordinato all'amministrazione resistente di trasferire il ricorrente, con effetto immediato e con qualifica di cancelliere C1, presso il Tribunale medesimo, e ha compensato le spese di lite. Avverso l'ordinanza in questione, il Ministero della Giustizia ha interposto reclamo dinanzi a questo Tribunale mediante atto depositato il 2 febbraio 2009, con il quale ha insistito per l'eccezione di incompetenza territoriale e, subordinatamente e nel merito, ha chiesto la revoca dell'ordinanza e il rigetto del ricorso cautelare, per difetto dei requisiti del fumus e del periculum. Instaurato il contraddlttorio, ha resistito (omissis), il quale ha eccepito l'inammissibilit del reclamo per difetto di ius postulandi delle funzionarie che rappresentano il Ministero reclamante ai sensi dell'art. 417 bis c.p.c. e, nel merito, ha chiesto il rigetto del reclamo. All'esito della comparizione delle parti all'udienza del 20 ottobre 2009, il Collegio si riservato (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di decidere. II reclamo inammissibile, per difetto di ius postulando delle funzionarie che hanno difeso e rappresentato il Ministero nel presente giudizio di reclamo ai sensi dell'art. 417 bis c.p.c. La disposizione prevede che nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell'art. 413 c.pc, le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti, limitatamente al giudizio di primo grado. Il Tribunale, in proposito dell'avviso, cosi come eccepito dalla difesa del reclamato, che l'art. 417 bis c.p.c non trovi applicazione in relazione al giudizio di reclamo, nel quale di conseguenza quando si tratti di cause relative al rapporti di lavoro dei dipendenti della PA, le amministrazioni hanno lonere di stare in giudizio con il patrocinio di un avvocato, secondo la regola generale fissata dallart. 82 co. 2 c.p.c. In difetto di pronunce espresse di legittimit sulla questione, nell'ambito della giurisprudenza di merito, a fronte dell'orientamento restrittivo che fa leva sulla natura latu sensu impugnatoria del giudizio di reclamo (v. Trib. Caltanissetta 29 marzo 2000, in Lav. pubbl. amm., 2000, 944), si registrano diverse pronunce pi liberali secondo cui il reclamo non costituisce un nuovo grado di giudizio sull'istanza cautelare in merito alla quale si gi verificata la prima pronuncia, ma costituisce "un mezzo generale di riesame della domanda cautelare all'esito del quale si pronuncia un provvedimento destinato a sostituirsi integralmente al primo" (cos, Trib. Catanzaro, ord. coll. 19 aprile 2004), ovvero secondo cui "Nelle controversie di lavoro, in sede di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso il provvedimento ex art. 700 c.p.c., il tribunale del lavoro in composizione collegiale deve essere ritenuto organo di primo grado, in quanto il reclamo rappresenta una fase eventuale del procedimento cautelare e non una impugnazione, per cui la p.a. pu difendersi tramite un proprio funzionario autorizzato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 417 bis c.p.c. (Trib. Caltanissetta 23 agosto 2001, in Giur. Merito 2002, 970). Si , ancora, osservato che "Poich sia l'iniziale fase di trattazione del giudizio cautelare ante causam, che quella concernente il reclamo proposto avverso il provvedimento emesso in via d'urgenza devono farsi rientrare nel giudizio di primo grado, la p.a. pu stare in giudzio attraverso propri dipendenti, concernendo la limitazione posta dall'art, 417 bis comma 1 c.p.c. solo l'ordinario giudizio di cognizione" (Trib. Roma 15 aprile 2000, Gius. Civ, 2001, 1, 1977 ove si trova anche la conforme Trib. Padova - giugno 2000). Sennonch, il Tribunale ritiene di aderire al primo orientamento, per i motivi che seguono. In primo luogo, il giudizio di reclamo, qualunque sia la definizione condivisa (procedimento di impugnazione o di riesame), un giudizio in senso lato di secondo grado, in quanto si svolge dinanzi ad un organo collegiale, di cui non pu far parte il giudice che ha pronunziato il provvedimento cautelare impugnato, chiamato a verificare eventuali errores di merito o di rito del giudice, come s suole dire, di prime cure, con poteri di conferma o riforma, totale o parziale, del provvedimento. L'appartenenza al medesimo ufficio, ossia al Tribunale, che organo di regola di primo grado, del Giudice che emana il provvedimento cautelare e del Collegio del reclamo circostanza di natura organizzativa che non incide sul diverso profilo dell'articolazione del giudizio cautelare quale giudizio strutturalmente e funzionalmente distinto rispetto al giudizio di merito che anticipa ovvero in cui si inserisce, se proposto in corso di causa - in una fase di primo grado e in una di secondo grado, le quali vengono trattate e decise da organi giudiziali diversi, su impulso di distinti atti introduttivi. Si tratta, con evidenza, del medesimo schema procedimentale che connota i giudizi ordinari di impugnazione. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 199 A nulla vale, poi, che il giudizio di reclamo sia meramente eventuale, in quanto anche i gradi successivi al giudizio di merito di primo grado sono tali, in forza del principio della domanda che permea il processo civile nella sua accezione pi lata. Va osservato, in secondo luogo, che a seguito della riforma del d.l. 14 marzo 2003 n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005 n. 80, che ha riformato, per quanto maggiormente interessa in questa sede, l'art. 669 octies c.p.c., il giudizio cautelare ante causam, quale il giudizio presente, ha perso quel rapporto di strumentalit necessaria che lo vincolava inderogabilmente al giudizio di merito, ed destinato a concludersi con un provvedimento suscettibile di restare efficace ed irretrattabile, salvo il sopravvenire di circostanze di fatto o di diritto idonee a modificarlo o revocarlo, anche quando il giudizio di merito non sia instaurato affatto. In tale evenienza, unico rimedio che consente di riesaminare la vertenza e di superare, se del caso, il dictum del giudice che ha emanato il provvedimento, di accoglimento o di rigetto della domanda che sia, resta il giudizio di reclamo. Si aggiunga che la tendenziale stabilit dell'ordinanza cautelare, nell'ottica che disconosce natura impugnatoria al giudizio di reclamo e che ravvisa nel giudizio cautelare un unico grado, mal si concilia, sul piano sistematico, con il principio costituzionalmente garantito del doppio grado di giurisdizione, a maggior ragione se si considera che l'ordinanza di reclamo, a sua volta, insuscettibile di sindacato a mezzo di ricorso per Cassazione. In base alla riforma citata, inoltre, il legislatore ha espressamente previsto che il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato non possa far parte del collegio dinanzi al quale fu proposto il reclamo - art. 669 terdecies c.p.c., cosi superando una linea interpretativa che ne ammetteva di fatto la possibilit, escludendosi la sussistenza di cause di incompatibilit. Ebbene, l'espresso divieto pu ritenersi un indice rivelatore dell'intentio legis di parificare o, comunque, di assimilare il giudizio di reclamo ai giudizi di impugnazione, non essendo mai stato posta in discussione la necessit che il giudice dell'impugnazione sia diverso dal giudice che ha steso l'atto impugnato. Va, infine, fatta una osservazione di fondo, che pare rafforzare le conclusioni svolte. Il problema della natura della fase del reclamo va esaminato e risolto unitariamente, a prescindere che si tratti di giudizio cautelare ante causam ovvero in corso di causa, e, in tale seconda evenienza, a prescindere dalla fase in cui si trova il giudizio di merito. La tesi, invero, che esclude la natura impugnatoria del giudizio di reclamo pare essersi formata con riferimento esclusivo all'ipotesi di domanda cautelare proposta ante causam, con la prospettazione di una sorta di binomio tra il giudizio ordinario di primo grado e il giudizio cautelare, e che tuttavia pare incontrare difficolt ermeneutiche non indifferenti, quando il giudizio cautelare sia proposto in corso del giudizio di appello, che per definizione un giudizio di secondo grado, in quanto trattasi di evenienza senz'altro poco diffusa, ma del tutto ammissibile (cfr., sul piano normativo, art. 669 terdecies co. 2 c.p.c). In definitiva, il reclamo va dichiarato inammissibile per difetto di ius postulandi del funzionari che rappresentano il Ministero della Giustizia e non potendosi applicare l'art. 417 bis c.p.c, che norma eccezionale, e dunque insuscettibile di applicazione analogica, in quanto derogatoria del principio generale sancito dagli artt. 82 ss. Per giusti motivi si ritiene di compensare le spese giudiziali, in ragione della controvertibilit della questione esaminata. P.Q.M. Dichiara il reclamo inammissibile, con compensazione delle spese di lite tra le parti. Vallo della Lucania, 12 novembre 2009 L E G I S L A Z I O N E E D A T T U A L I TA Stazione Unica Appaltante: tenuta di un impianto e nuovi contesti Vincenzo Cardellicchio e Fabrizio Gallo* SOMMARIO: 1. Impostazione generale; 2. Diffusione ed evoluzione dellistituto della S.U.A; 2.1 Le Stazioni Uniche Appaltanti delle province calabresi e di Caserta; 2.2 La Stazione Unica Appaltante di Napoli; 2.3 La S.U.A. di Crotone; 2.4 La Stazione Unica Appaltante della Regione Calabria; 3. Gruppi interforze e grandi opere; 4. Monitoraggio dei flussi finanziari negli appalti; 5. Conclusioni. 1. Impostazione generale La criminalit organizzata di tipo mafioso rappresenta tuttora una verminosa piaga per il nostro Paese. Ci malgrado la forte intensificazione della risposta repressiva, mai tanto aggressiva e prolungata, essa dotata di uno spirito di adattamento alle nuove situazioni che addirittura precorre con mirate scelte di investimento e di contro con sprofondamenti nelle pi ataviche tradizioni che le consente di permeare sempre pi profondamente e sempre con maggiore estensione territoriale la vita nazionale. Preoccupazioni crescenti si sono registrate, negli ultimi anni, in aree del Paese, come lAbruzzo martoriato dal terremoto, e la Milano dellExpo (1) (*) Vincenzo Cardellicchio, Vice Capo di Gabinetto Vicario del Ministero dellInterno. Fabrizio Gallo, Vice Prefetto, Capo di Gabinetto della Prefettura di Crotone. (1) La Commissione bicamerale sul fenomeno della mafia ha svolto un ciclo di audizioni nel capoluogo lombardo a fine gennaio. Nelloccasione, si svolto un vivace dibattito, anche sui mass-media sul grado di diffusione della criminalit organizzata nellhinterland milanese che, al di l delle specifiche posizioni pretestuosamente equivocate, testimonia in modo evidente lestensione del fenomeno criminale (SANDRO DE RICCARDIS, Il Prefetto: a Milano non c' la mafia, in www.milano.repubblica.it). 202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 che per lunghi anni di miopia sono state ritenute immuni o comunque non profondamente toccate dal fenomeno. Ed invece la criminalit organizzata, in modo sempre pi evidente si spinge decisamente ad aggredire direttamente i circuiti economici del territorio nazionale (2), investendo ingenti risorse provenienti da guadagni illeciti e forzando con lintimidazione e la violenza non necessariamente brutale ed ottusa, le regole della concorrenza. Lambito storicamente preferito per operare tale illecita intromissione quello degli appalti pubblici grazie ai quali la criminalit mafiosa non solo individua occasioni di guadagno ma si va ad interporre negli spazi lasciati vuoti da inefficienze pubbliche per affermare nel proprio territorio la sua autorit criminale (3). Per la ragione esposta, unazione di contrasto antimafia non pu svolgersi solo sul versante della repressione giudiziaria, pure di prioritaria importanza, ma deve potersi espandere in un novero di attivit preventive attraverso le quali recidere i tentativi di infiltrazione (4). In questambito, attraverso unopera di revisione della legge originaria antimafia, L. 575/1965, si pervenuti ad approntare un esteso sistema di decadenze ed interdizioni agganciate allesistenza di procedimenti per lirrogazione di misure di prevenzione od alla loro effettiva applicazione. In tal modo, si tentato di porre un argine, rispetto alla possibilit di partecipare a procedure per la stipula di contratti pubblici, nei confronti di imprese per le quali si ritengano sussistenti tentativi di infiltrazione mafiosa. Lattuale corpus della normativa relativa alle informazioni antimafia contenuto nel D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 che d attuazione alla norma di delegificazione contenuta allart. 20 della L. 59/1997. In sintesi (5), la certificazione antimafia pu essere suddivisa in due grandi articolazioni: la comunicazione, disciplinata dallart. 3 del D.P.R. 252/1998, e linformazione antimafia, prevista dallart. 10 della menzionata fonte normativa. Il criterio (2) Il Rapporto semestrale D.I.A., relativo al secondo semestre 2008, evidenzia che il 52,48% delle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, pervenute a quellUfficio dallUnit dinfomazione bancaria presso la Banca dItalia, sono provenienti dal settentrione (v. in www.interno.it/dip_ps/dia). Proprio le necessit di riciclaggio spingono le consorterie criminali, secondo la D.I.A., a ricercare idonee proiezioni su regioni diverse da quelle di origine. (3) Una delle analisi pi approfondite dello stretto legame tra inefficienza della pubblica amministrazione e sviluppo della criminalit organizzata il frutto della riflessione del Sen. Luigi De Sena, gi prefetto di Reggio Calabria (LUIGI DE SENA, Rapporto sulla sicurezza in Calabria 2006, p. 11). (4) Si potrebbe parlare, al riguardo, di difficile antimafia, come suggerito dal titolo di una raccolta di interventi in materia di beni confiscati ove, tra laltro, si pone in rilievo la difficolt, in quellambito, di dare effettivit alle disposizioni normative (VALLEFUOCO-GIALANELLA, La difficile antimafia, Atti del seminario di studi dell11 dicembre 2001, pubblicati a cura dellUfficio del Commissario Straordinario del Governo per la gestione dei beni confiscati, p. 13). (5) RUSCICA, Le informazioni prefettizie antimafia: natura e criticit, in Altalex, Quotidiano dinformazione giuridica, 8 ottobre 2009, p. 3. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 203 distintivo tra i due istituti, posti in ordine crescente di forza preventiva, dato dal tipo e dallimporto dellatto pubblico cui si fa riferimento. La disciplina delle certificazioni antimafia stata, quindi, oggetto di un dettato normativo puntuale, oggetto di unattenta opera ricostruttiva ed interpretativa della dottrina. Nellultimo decennio, peraltro, emersa lesigenza di sostenere limpatto delle preclusioni con una struttura adeguata alla necessit, allo scopo di evitare che il piano del diritto sostanziale sia considerato esaustivo e, in tal modo, rischi di diventare largamente inattuato (6). Sono proliferate, cos, esperienze di articolazioni organizzative, spesso sorte dalla prassi, dirette a realizzare un diaframma tra criminalit organizzata ed appalti pubblici, che hanno assunto forme, funzioni ed operativit diversificate. Su tale questione, invero la riflessione ricostruttiva e dottrinale stata pi limitata (7) e soprattutto non sembra avere affrontato il tema della riconsiderazione sistematica dei modelli organizzativi, allo scopo di individuare possibili soluzioni complessive. Con il presente lavoro, pertanto, sintendono, analizzare due filoni di attivit relativi allambito trattato che hanno, finora, avuto un relativo approfondimento: la stazione unica appaltante ed i gruppi interforze costituiti, in vari ambiti, allo scopo di monitorare le ditte che partecipano ad appalti pubblici. Tutto ci per fare il punto della situazione attuale, sullevoluzione dei modelli organizzativi in questione e sulle loro possibili interazioni. 2. Diffusione ed evoluzione dellistituto della S.U.A. LIstituto della S.U.A., o S.U.A.P. (Stazione Unica Appaltante Provinciale), figura organizzativa consistente nellesercizio associato dellattivit di espletamento di gare per la selezione del contraente (8), ha avuto una notevole diffusione ed evoluzione a partire dalla relativa comparsa sulla scena della concreta esperienza amministrativa, tra il 2006 ed il 2007, con listituzione dellUfficio in questione nella provincia di Crotone. (6) Ibidem, p.7. LAutore, muovendo da un commento sulle innovazioni recate nel settore dalla l. 15 luglio 2009, n. 94, individua le tre tendenze di fondo evidenziatesi nella ricerca di far conseguire al sistema maggiore effettivit. Esse consistono nella pi ampia utilizzazione dei gruppi interforze previsti dal D.M. 14 marzo 2003, nella generalizzazione del sistema delle stazioni uniche appaltanti provinciali e nella diffusione dei protocolli di legalit con linserimento di clausole contrattuali specifiche tendenti anche alla tracciabilit dei flussi finanziari. (7) SDANGANELLI, La Stazione Unica Appaltante (SUA) nella Regione Calabria, in www.lexitalia.it e CARDELLICCHIO GALLO, La Stazione unica appaltante provinciale (S.U.A.P.) di Crotone: genesi e prospettive evolutive, in Rass. Avvocatura dello Stato, 2007, I, 26 ss. (8) Ibidem. 204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Per alcune nuove esperienze, specificatamente quelle delle province di Vibo Valentia, Reggio Calabria e Caserta, si tratta di revisioni del modello gi adottato a Crotone, peraltro con modifiche, innovazioni e specificazioni degne di nota. Nella configurazione della S.U.A. di Napoli, invece, pare prevalere lottica dellindividuazione di un nuovo strumento antimafia da utilizzare in determinate fattispecie, analogamente ad altri di diversa natura, piuttosto che quella della definizione di una struttura in cui accentrare totalmente lesperimento delle procedure di gara della provincia, cos come avviene nellesperienza di matrice calabrese. Carattere ulteriormente diverso rinvenibile nella Stazione Unica Appaltante della Regione Calabria, peraltro istituita con legge regionale, che si prefigge lo scopo fondamentale di ricondurre ad un unico ufficio lespletamento delle gare dellEnte in questione. Allesame di tali esperienze e delle relative innovazioni o radicali diversit di impostazione, deve seguire una verifica di funzionalit della S.U.A. che pu essere effettivamente svolta con riguardo allUfficio operante in provincia di Crotone, di cui si dispone di dati strutturati e complessivi triennali (2007 2009), liberamente consultabili (9). 2.1 Le Stazioni Uniche Appaltanti delle province calabresi e di Caserta La Stazione Unica Appaltante della provincia di Reggio Calabria stata istituita con una convenzione del 12 marzo 2009 ed destinataria, nella prima fase di applicazione, che terminer il 30 settembre 2010, dei procedimenti di appalti per lavori pubblici di importo pari o superiore ad 150.000,00. Latto in questione si fonda sulla base giuridica dellart. 33 del D.L.vo 163/2006, ai sensi del quale le amministrazioni aggiudicatrici, sulla base di apposito disciplinare, possono affidare le funzioni di stazione appaltante ai Servizi integrati infrastrutture e trasporti (10) ed alle Amministrazioni provinciali. Lart. 3, comma 4, esclude che la convenzione costituisca una delega di funzioni, trattandosi, invece di modalit organizzativa per lespletamento delle attivit di selezione del contraente. Le funzioni (11) attribuite alla S.U.A.P. sono, sostanzialmente, quelle previste nella convenzione madre di Crotone ed attengono allacquisizione dei piani annuali e triennali delle opere pubbliche degli enti aderenti, alla comunicazione di dati allOsservatorio sui contratti pubblici e, soprattutto, allo svolgimento dellattivit materiale del procedimento di gara che parte dalla (9) www.sua.provincia.crotone.it. (10) Oggi Provveditorati interregionali alle opere pubbliche. (11) V. art. 3 della Convenzione per la gestione di una stazione unica appaltante, n. Rep. 17839 del 12 marzo 2009, in www.provincia.rc.it. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 205 definizione del bando fino alla trasmissione degli atti allEnte aderente per laggiudicazione definitiva. Sotto il profilo finanziario (12), la S.U.A.P. di Reggio Calabria replica il sistema crotonese che prevede linserimento nel quadro economico generale di un contributo predeterminato in ragione dellimporto dellappalto. La Provincia, il Comune di Reggio Calabria ed i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono assicurare, a proprie spese, la dotazione delle risorse umane alla S.U.A.P. potendo usufruire, in tal caso, di una riduzione del contributo pro - gara. Sempre sotto il profilo degli oneri finanziari, un successivo regolamento interno, approvato con delibera di giunta provinciale (13), ha costituito un fondo per il funzionamento che dovr essere ripartito in spese per il personale, spese generali, corsi di formazione, spese varie. La Convenzione di Reggio Calabria si caratterizza anche per due aspetti: la valorizzazione del Nucleo operativo per le opere pubbliche, istituito presso la Prefettura, e lintegrazione del testo pattizio con le previsioni tipiche di un protocollo di legalit. In particolare, gli artt. 7, 8 e 9 dettano norme in materia di definizione del collegamento sostanziale tra imprese, ai sensi dellart. 34, co. 2, del D.L.vo 163/2006, di estensione delle cautele antimafia anche sotto le soglie previste dalla normativa vigente, con estensione a forniture e servizi resi in settori sensibili predeterminati. Il Nucleo operativo per le opere pubbliche organo con composizione plurale (14) che concorre con la S.U.A.P. a predisporre gli schemi tipo di bandi di gara. Ad esso compete ogni funzione di consulenza amministrativa e di raccordo. A latere di tale organismo, si prevede lattivazione, sempre in Prefettura, di un Nucleo interforze cui sono affidati gli approfondimenti investigativi sulle anomalie segnalate dalla S.U.A.P.. La Stazione Unica Appaltante di Caserta stata, invece, costituita con convenzione del 28 luglio 2009 ed operativa per lavori da 250.000,00 e servizi e forniture da 50.000,00 (15). La convenzione casertana si caratterizza per la presenza degli organismi istituiti a latere della S.U.A., dettagliatamente definiti nel regolamento interno, che si individuano nel Nucleo operativo per i contratti pubblici (16), che svolge (12) V. art. 11 della Convenzione cit. (13) Delibera di Giunta provinciale n. 23, in data 9 febbraio 2009, in www.provincia.rc.it. (14) Il Nucleo composto da un dirigente prefettizio, da un dirigente della Provincia, da un dirigente del Comune di Reggio Calabria e da un rappresentante del Provveditorato alle opere pubbliche. (15) V. Convenzione per la costituzione della stazione appaltante unica provinciale, in www.provincia. caserta.it. (16) Art. 10 delle Modalit operative per il funzionamento della stazione appaltante unica provinciale, in: www.prefettura.it/caserta. Lorgano composto da due dirigenti prefettizi, di cui uno con funzioni di coordinatore, dal Segretario generale della Provincia e da un esperto nel settore degli appalti. 206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 unattivit di consulenza amministrativa anche nella fase di determinazione dei modelli di atti (determina di indizione delle gare, bandi, capitolati) e nel Nucleo Investigativo Interforze, nominato dal prefetto, destinato ad effettuare le verifiche antimafia. Lorganismo da ultimo menzionato incaricato di effettuare il proprio monitoraggio sulle imprese partecipanti a gare dappalto, in tal modo anticipando il momento della verifica in una fase antecedente allaggiudicazione. Il meccanismo di finanziamento analogo a quello delle strutture snelle istituite in precedenza. Infine, il 25 ottobre 2009, stata stipulata la convenzione per listituzione della Stazione Unica Appaltante provinciale di Vibo Valentia. Nella provincia vibonese, si rimarca il ruolo promotore della Conferenza permanente ex art. 11, D.L.vo 300/1999 (17). La struttura disegnata dallatto in questione ricalca complessivamente il modello originario gi testato nella provincia di Crotone. 2.2 La Stazione Unica Appaltante di Napoli Diversa connotazione contraddistingue, invece, lo strumento della stazione unica appaltante nellesperienza napoletana. In quella provincia, il nuovo ufficio sembra destinato ad essere utilizzato quale soluzione specifica per determinate esigenze e non sembra tendere allintegrazione complessiva delle stazioni appaltanti, cos come le consorelle calabresi e casertana. In particolare, nella provincia partenopea, listituzione della S.U.A. trae le mosse dallanalisi della specifica area Torrese-Stabiese per la quale, essendo definiti importanti programmi di deindustrializzazione nellambito di un Contratto darea, stato stipulato un Protocollo per lo sviluppo in sicurezza e legalit. In tale atto si prevede la possibilit che i Comuni di Castellammare di Stabia, Torre Annunziata e Torre del Greco facciano richiesta di attivazione dellUfficio unico. Ulteriore specifica caratteristica della S.U.A. napoletana che lufficio di cui ci si avvale quale supporto non lAmministrazione provinciale ma il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per il quale si fa particolare richiamo alla figura della centrale di committenza di cui allart. 33, D.L.vo 163/2006 (18). (17) Largomento stato trattato nella riunione del 1 ottobre 2009. In quellambito sono state messe in rilievo le ragioni di fondo poste a base della costituzione del nuovo ufficio, riconducibili al recupero di efficienza nella gestione delle procedure contrattuali e nella prevenzione da ogni possibile ingerenza di interessi illeciti. Si rimarca, altres, la finalit di sostegno ai comuni di dimensioni minori. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 207 Gli importi minimi previsti ammontano ad 250.000 per lavori e ad 50.000 per servizi e forniture. Infine, lesperienza napoletana si caratterizza per una particolare attenzione alla fase esecutiva che si sostanzia nella possibile consulenza sulle perizie di variante e sulla disponibilit dellUfficio unico ad effettuare tutte le necessarie incombenze di carattere tecnico, dalla progettazione, alla direzione dei lavori, alla validazione dei progetti. 2.3 La S.U.A. di Crotone Lanalisi dellattivit della Stazione Unica Appaltante di Crotone indispensabile, ai fini della ricognizione dei modelli operativi in esame, in quanto lunica per la quale si disponga dei dati di funzionamento per un triennio (2007-2009), pubblicamente consultabili (19). La S.U.A. della provincia di Crotone, a seguito della relativa costituzione, avvenuta con convenzione del 20 dicembre 2006, stata parzialmente rivista con la successiva convenzione del 21 gennaio 2008. Con latto da ultimo citato, in particolare, la nuova struttura ha acquisito la competenza a trattare anche i procedimenti relativi a servizi e forniture dellimporto minimo di 100.000,00 ed stata determinata la durata illimitata del vincolo convenzionale, fatta salva la facolt di recesso (20). A seguito della revisione convenzionale, si sono registrate nuove adesioni tra cui si notano, per la peculiare importanza, lAzienda Sanitaria Provinciale, in breve diventata il pi importante cliente della Stazione Unica Appaltante per forniture e servizi, e la Soakro, societ a responsabilit limitata, ad integrale partecipazione pubblica, affidataria del servizio idrico integrato. Landamento delle gare nel triennio, evidenzia, in un quadro di tenuta della struttura, il tendenziale incremento delle gare trattate. Dalle 113 gare del 2007, si scesi a 103 nel 2008 per poi passare al picco della curva triennale nel 2009, con 127 procedimenti introitati. I dati in questione, testimoni della stabilit, nel triennio, dellaffidamento alla struttura convenzionata evidenziano in tal modo che, nel periodo esaminato, non si sono verificate tendenze allelusione del sistema (21) ed anzi si potuto registrare un incremento dellattivit, in gran parte dovuto alle richie- (18) Si tratta di istituto di provenienza comunitaria che deriva dallesperienza compiuta da numerosi paesi europei negli anni novanta, relativa alla creazione di strutture centralizzate volte ad ottimizzare la spesa pubblica in un contesto diffuso di difficolt di finanza pubblica. (19) www.sua.provincia.crotone.it. (20) V. art. 7 della convenzione 21 gennaio 2008, ibidem. (21) Lunica esperienza precedente alla Stazione Unica Appaltante della provincia di Crotone risale allultimo decennio del secolo scorso ed relativa allUfficio regionale per lespletamento di gare per lappalto dei lavori pubblici (U.RE.GA.), istituito nellambito della legislazione regionale 208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 ste dei nuovi soggetti aderenti. Anche gli elementi informativi disponibili sul numero di enti che hanno richiesto lattivazione della S.U.A. (20 soggetti allanno in media) inducono a confermare la tendenziale stabilit del nuovo ufficio. La direzione incrementale dellattivit della S.U.A. crotonese poi evidentemente rilevabile attraverso lanalisi degli importi complessivi delle gare trattate che, da oltre 40 milioni di euro del 2007, sono passati a circa 80 milioni nel 2009, con un raddoppio del valore in esame. Anche qui, i dati finanziari consentono di notare limpatto determinante, al riguardo, dallingresso nel sistema dellAzienda Sanitaria Provinciale. Per lanalisi dellefficienza della struttura, stato elaborato un indice di riferimento nella trattatazione delle gare che uguale al valore percentuale dei bandi pubblicati rispetto alle richieste di attuazione. Il valore in questione in calo costante nel triennio, con acutizzazione nel confronto 2008-2009. Si evidenzia, al riguardo, il rischio di un calo di performance sotto il profilo dellefficienza della nuova struttura che, ad una prima analisi, sembra inversamente proporzionale al notevole incremento degli importi. Invero la forza determinante della volont di scelta, lindividuazione di profili professionali di altissima qualit ed il massimo coinvolgimento di apparati statali locali e territoriali hanno prodotto un elevatissimo standard di performance di lavoro che ha convinto e che si imposto in assoluto come una best practices. Non vՏ dubbio che lanalisi organizzativa della struttura faccia ora rilevare la necessit di un pronto adeguamento della stessa al mutamento del quadro di impegni da fronteggiare; in particolare, sembrerebbe che, a fronte di una diversificazione degli ambiti trattati (ampliamento dellattivit a servizi e forniture) ed allincremento di dimensione degli importi gestiti non si sia provveduto ad una congrua riarticolazione della S.U.A. Tutto ci, da rimarcare, non incontrandosi limiti dal punto di vista finanziario perch, come notato in precedenza, le convenzioni istitutive delle stazioni uniche appaltanti provinciali prevedono un lungimirante meccanismo di auto-sostentamento fondato sulla previsione di un contributo a carico dei quadri economici degli interventi, in grado di adeguare automaticamente le disponibilit di risorse alle nuove esigenze. I dati consultabili, infine, evidenziano le notevoli potenzialit dello strumento della S.U.A. dal punto di vista della conoscibilit del settore degli apsiciliana. In quel contesto si verificata la tendenza delle amministrazioni locali a cercare di sottrarsi alla gestione regionale riducendo limporto dei lavori sotto la soglia minima, oppure continuando ad appaltare progetti validati prima dellentrata in vigore delle nuove norme legislative (CARDELLICCHIO GALLO, La Stazione unica appaltante provinciale (S.U.A.P.) di Crotone: genesi e prospettive evolutive, in Rass. Avvocatura dello Stato, 2007, I, 26 ss. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 209 palti, sia dal punto di vista delle dinamiche amministrative sia sotto il profilo della prevenzione antimafia: per le strategie dindagine e per lapprontamento di misure difensive ed in prospettiva offensive. I dati registrati dallanno 2009 danno conto in modo esaustivo dei picchi di attivit contrattuale, individuandoli, in linea di massima con la tarda primavera - inizio estate e con lautunno. Ci, ad una prima valutazione, sembrerebbe connesso allefficacia dei bilanci degli enti locali che diventa piena proprio nella fase primaverile per andare ad estinguersi al termine dellanno finanziario. I dati aggregati consentono, altres, di individuare i principali attori del sistema nel Comune capoluogo, nella Provincia e nellAzienda Sanitaria provinciale, che risulta la pi impegnata nei settori delle forniture e dei servizi. Si tratta di valutazioni che si fondono su dati aggregati, costantemente sintetizzati nellattivit di ununica struttura, nella quale convergono la massima parte dei contratti di lavori, servizi e forniture del territorio provinciale. Proprio la tendenziale esaustivit del materiale informativo sugli appalti, in forma di dati dettagliati per ogni singola opera, gestito con un semplice foglio excel, in grado di fornire alle Forze di Polizia, in modo costante, un colpo docchio complessivo su ditte aggiudicatarie, percentuali di ribasso, andamento del procedimento, importi di gara ed ulteriori notizie facilmente accorpabili, secondo le necessit, per far risaltare gli elementi di cui si abbisogna. 2.4 La Stazione Unica Appaltante della Regione Calabria Unattenzione particolare merita, sotto il profilo della ricostruzione dellistituto, la S.U.A. della Regione Calabria, sia per la fonte legislativa speciale posta a suo fondamento sia per i numerosi aspetti che la connotano rispetto allarchetipo promosso dalle prefetture calabresi. La S.U.A. della Regione Calabria sorta con un articolato percorso legislativo (22) che ha preso le mosse con la L.R. 11 maggio 2007, n. 7. Il provvedimento in questione era il collegato alla finanziaria regionale e, in quella sede, lAssemblea consiliare ha ritenuto opportuno dare un segnale politico di attenzione al tema, rinviando ad una successiva legge regionale leffettiva istituzione del nuovo ufficio. Limpegno in questione stato puntualmente adempiuto con la L.R. 7 dicembre 2007, n. 26 Istituzione dellautorit regionale denominata Stazione Unica Appaltante e disciplina della trasparenza in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture. Lintervento normativo appena citato, fin dalla sua istituzione, palesa lin- (22) In una delle infrequenti occasioni di esercizio dellautentica funzione consiliare (SDANGANELLI, cit., p.1). 210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 tento di costituire un nuovo soggetto di amministrazione attiva, la S.U.A. appunto, e quello complementare di disciplinare i parametri di trasparenza del settore dei contratti pubblici, anche in modo ulteriore rispetto a quanto previsto nel D.L.vo 163/2006 (codice degli appalti), individuando nellorgano sopra indicato il controllore (23). Subito dopo lemanazione della legge regionale n. 26/2007, il Governo ha ritenuto necessario promuovere la questione della legittimit costituzionale di alcune sue norme (24). Tuttavia, con successiva L.R. 5 marzo 2008, n. 2, sono state approntate modifiche al testo della precedente legge n. 26/2007, tali da corrispondere alle eccezioni sollevate dal Governo. Pertanto, la Corte Costituzionale, con ordinanza 18 febbraio 2009, n. 49, tenuto conto che il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva rinunciato al ricorso per lavvenuto recepimento delle questioni rilevate, ha dichiarato lestinzione del processo. Venendo allesame del merito dellistituto introdotto nella legislazione regionale, significativo rilevare che lambivalenza della trama normativa rilevabile a partire dalle finalit che accanto allefficienza, tipica dellamministrazione attiva, includono anche la vigilanza (nel testo normativo, lassicurazione) sulla correttezza e trasparenza, precipua dellamministrazione di controllo. Cos, se il compito fondamentale della SUA senzaltro quello di svolgere lattivit di preparazione, indizione e di aggiudicazione delle gare a favore della Regione e degli Enti ed aziende ad essi collegate, accanto ad esso si staglia quello ulteriore relativo al controllo sullesecuzione dei contratti (25). A tale ulteriore riguardo, assume peculiare rilievo listituzione, allinterno della SUA, dellOsservatorio regionale di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (art. 8), con compiti statistici, di pubblicit, di monitoraggio delle gare di importo sotto soglia e di monitoraggio dei prezzi di mercato. Laccostamento delle funzioni di vigilanza, in analogia a quanto previsto per lAutorit nazionale di cui al D.L.vo 163/2006, a quelle che sembrano pi proprie di amministrazione attiva sono state oggetto di perplessit in dottrina (26) sia sotto il profilo della natura giuridica dellistituto sia in riferimento alla concreta possibilit, per lUfficio, di svolgere i diversi compiti affidatigli (27). Tornando alla competenza fondamentale, al nucleo centrale, occorre ri- (23) Ibidem, p. 4. (24) A titolo di esempio era stato censurato lart. 2, comma 2, relativo allistituzione di un elenco di aziende subappaltatrici, lart. 11, comma 1 sullobbligo di redazione del piano di sicurezza per lavori di importo superiore ad 150.000 ed il gi menzionato art. 2 nelle parti in cui si prevedono le funzioni di vigilanza della S.U.A. (v. ibidem, p. 2). (25) Art. 2, comma 3, lett. n). (26) Ibidem, p. 4. (27) Lo stesso Presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, nel corso di unaudizione presso la Commissione parlamentare dinchiesta sul fenomeno della mafia, tenutasi il 17 novembre 2009, ha LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 211 levare che la legge in esame fa obbligo di ricorso alla S.U.A. agli uffici della Regione, agli enti, aziende, organizzazioni ed organismi da essa diretti o vigilati o ad essa collegati, agli enti del servizio sanitario regionale ed alle societ miste in maggioranza regionale. Per gli altri enti pubblici della Calabria prevista la possibilit di ricorso alla S.U.A. in regime di convenzione. Non sancita lestensione dellobbligo in questione agli uffici del Consiglio regionale ma, a norma dellart. 15, comma 3, lAssemblea pu affidare singole fattispecie alla S.U.A. (28). Gli organi della Stazione Unica Appaltante sono il Direttore Generale ed il Comitato di Sorveglianza. Il Direttore Generale deve essere in possesso di una particolare qualificazione che pu essere relativa alla pregressa esperienza di dirigente della Pubblica Amministrazione, di docente universitario, di avvocato dello Stato, di magistrato, di libero professionista. Il Comitato di sorveglianza, nominato dal Presidente della Giunta, composto da cinque membri, di cui due appartenenti alla magistratura contabile od amministrativa. Si prevede, inoltre, che il regolamento definisca forme di coinvolgimento del Ministero dellInterno e delle relative strutture periferiche nellattivit della SUA. Si tratta di una norma di principio che sinora ha avuto difficolt di applicazione nella concreta esperienza che si venuta ipotizzando. Per venire, infine, alla specifica attivit della S.U.A., in quello che stato definito il nucleo duro, si rinvengono evidenti profili di similitudine, anche se non di uguaglianza, tra la S.U.A. regionale e le esperienze promosse dalle prefetture. Alla S.U.A. sono attribuite, dallart. 2, una serie di specifiche competenze che sono relative alla collaborazione con lUfficio proponente per lindividuazione del procedimento opportuno e per la redazione dei necessari atti di gara, allespletamento di tutti gli incombenti di gara fino allaggiudicazione definitiva. Rimangono affidate allEnte proponente le competenze specifiche del R.U.P. e la stipula del contratto (29). Mentre nel rodato meccanismo delle stazioni uniche appaltanti dispirarilevato che la nuova struttura oberata di lavoro in quanto i suoi compiti sono delicati e richiedono prolungata attenzione (Commissione parlamentare dinchiesta sul fenomeno della mafia, Resoconto stenografico della 31^ seduta:marted 17 novembre 2009, in www.parlamento.it). (28) SDANGANELLI, cit., p. 5. La previsione in questione non ha mancato di suscitare perplessit in dottrina non apparendo sufficiente giustificazione la piena autonomia dellamministrazione consiliare. (29) Lo SDANGANELLI esprime perplessit sulla permanenza della competenza alla stipula del contratto in capo allente originario in quanto ritiene che si sia costituito un indesiderato effetto navetta che potrebbe pregiudicare le finalit di buon andamento sottese alla normativa in esame (ibidem, p. 6) 212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 zione prefettizia, lUfficio unico si pone solo come articolazione interna convenzionata che sostiene il lavoro di R.U.P. e dirigente ma non si sostituisce nellespletamento delle funzioni amministrative ad essi attribuite, nella S.U.A. regionale si assiste ad una vera e propria delegazione, da parte dellUfficio proponente, di competenze funzionali proprie degli uffici committenti. Ed infatti, lart. 6, comma 6, qualifica laggiudicazione definitiva, tipicamente affidata allEnte appaltante, come adempimento dellattivit di delegazione. A seguito di ci, il procedimento torna allEnte proponente. Anche il sistema di finanziamento, definito allart. 10, simile a quello previsto per le Stazioni uniche appaltanti provinciali e consiste nellaccantonamento, a tali fini, dell1% dellimporto posto a base dei singoli provvedimenti di gara. Particolarmente significativo il rilievo della S.U.A. nellambito del piano regionale di riqualificazione del Servizio Sanitario, approvato con delibera di Giunta regionale 10 settembre 2009, n. 585. In quellimportante sede, in cui lEnte Regione definisce la strategia per la revisione del settore sanitario interessato da gravi problematiche, si attribuiscono alla Stazione Unica Appaltante funzioni di definizione e monitoraggio del budget di spesa per gli acquisti, di acquisizione delle forniture in forma aggregata, di implementazione di piattaforme di e-procurament e di realizzazione di osservatori dei prezzi e diffusione di sistemi di benchmarking. Sostanzialmente, lUfficio unico viene chiamato alla funzione di vera e propria centrale di committenza allo scopo di razionalizzare la spesa e produrre risparmi. Nello stesso documento pianificatorio, infine, si da atto che tali attivit erano gi state espletate con riguardo alla fornitura di vaccini antinfluenzali per la campagna 2009. Da ultimo, in tema di legislazione regionale, si deve far cenno anche allistituzione della S.U.A. nella normativa della Campania. Lart. 60 della L.R. 30 giugno 2008, n. 1, legge finanziaria per la Campania, ha infatti istituito presso gli uffici del genio civile di ogni provincia, dintesa con le prefetture competenti per territorio, una stazione unica appaltante. Ad essa, i Comuni possono trasferire le procedure dappalto per lavori superiori ad 250.000,00. 3. Gruppi interforze e grandi opere Lulteriore, rilevante, tendenza, in tema di strutture organizzative dirette a prevenire le infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti si muove, per cos dire, a valle della conclusione dei procedimenti negoziali. Si tratta dellistituzione di gruppi interforze che hanno la funzione di effettuare verifiche antimafia dirette a rendere applicabili le ostativit di cui allart. 10 del D.P.R. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 213 252/98 e, pi in generale, delle cautele antimafia previste dallordinamento vigente. In questambito, la matrice della struttura in esame da individuare nella legislazione sulle grandi opere. Essa prende le mosse dalla L. 21 dicembre 2001, n. 443 (la c.d. legge - obiettivo) che si prefiggeva di definire una disciplina specifica per le grandi opere, in modo tale da semplificarne la realizzazione, prevedendo, in particolare la figura del contraente unico o general contractor. In tale contesto, peraltro, allo scopo di evitare che le misure semplificatrici potessero rendere pi agevole lazione di infiltrazione della criminalit organizzata si era posta attenzione allindividuazione di specifiche misure di contrasto. Cos, con il Decreto legislativo attuativo della delega contenuta nella L. 443/2001, il n. 190/2002, si prevedeva, allart. 15, comma 5, che con provvedimento del Ministro dellInterno, di concerto con i Ministri della Giustizia e delle Infrastrutture e dei Trasporti, si individuassero le procedure per il monitoraggio delle infrastrutture ed insediamenti industriali, per la prevenzione e repressione dei tentativi di infiltrazione. La norma in questione stata poi inclusa nel D.L. vo 163/2006 (codice dei contratti pubblici), allart. 180, comma 2. Ad essa stata data attuazione con il D.M. 14 marzo 2003 che ha disposto un complesso sistema organizzativo volto a dare corpo alla norme indicate. In realt, lopzione costruita con il citato decreto ministeriale non era scontata ed anzi, si obiettato in dottrina che la scelta normativa contenuta allart. 15, comma 5 della menzionata fonte legislativa attenesse alla mera definizione di procedure per il monitoraggio, senza lasciare intendere la necessit di costituire nuovi soggetti (30). Il sistema disegnato dal decreto che qui si rammenta prevede una struttura bipolare governata dal principio di leale collaborazione, da un lato, e dal criterio dellaccentramento dallaltro (31). Infatti, la base della struttura costituita da una rete di monitoraggio, con ampia partecipazione, in cui, accanto alle amministrazioni centrali interessate, compaiono gli enti territoriali, le amministrazioni periferiche ed anche le imprese aggiudicatarie. Il vertice accentrato del sistema invece costituito dal Comitato di coordinamento per lalta sorveglianza delle grandi opere cui corrisponde in periferia, il gruppo interforze. Il Comitato di coordinamento per lalta sorveglianza delle grandi opere (30) LACAVA, Lalta sorveglianza delle grandi opere: quali strutture e quali procedure?, in Giornale Dir. Amm., 2005, 1, p.105. (31) Ibidem. 214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 costituito a norma dellart. 3 del D.M. 14 marzo 2003 ed ha una composizione mista con rappresentanti del Ministero dellInterno, delle Infrastrutture e dei Trasporti e dellEconomia e delle Finanze, della Direzione Nazionale Antimafia e dellAutorit per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (32). Lambito di interesse delle procedure di monitoraggio definito allart. 1 del decreto in commento e riguarda le aree territoriali ove devono essere realizzate le opere, la tipologia dei lavori e la qualificazione delle imprese, le procedure di affidamento e subaffidamento dei lavori, gli assetti societari e le rilevazioni effettuate nei cantieri. A livello provinciale, i gruppi interforze (33) costituiti presso le prefetture, che lavorano in collegamento con la D.I.A., svolgono attivit di monitoraggio anche attraverso accessi ispettivi sui cantieri diretti a verificare il rispetto della normativa in materia di lavoro; un particolare riguardo offerto alla sicurezza fisica dei lavoratori, argomento tragicamente sempre presente nelle cronache italiane, che nel percorso sin qui tracciato dal settennato del Presidente Napolitano ha trovato una rinnovata costante centralit ed una imbarazzante, tuttora poco efficace, risposta. A questo punto occorre chiedersi quale sia lattivit concreta che il Comitato di coordinamento debba svolgere e la risposta rinvenibile allart. 3 del decreto che individua tre funzioni: lanalisi integrata dei dati, il supporto dellattivit dei prefetti sul territorio, lesame congiunto delle segnalazioni. In sostanza, dunque, la previsione del Comitato di coordinamento e dei gruppi interforze provinciali ha la finalit di professionalizzare e specializzare lattivit di verifica antimafia. In altri termini, una soluzione di carattere organizzativo diretta a realizzare effettivamente ed approfonditamente lapplicazione della normativa in materia di prevenzione antimafia negli appalti, nella sua versione attuale, recata dal D.P.R. 252/1998. Lesigenza muove dalla peculiarit delle grandi opere e costituisce anche limplicita ammissione dei limiti del quadro strutturale nellazione preventiva. (32) Del Comitato fanno parte: tre componenti in rappresentanza del Ministero dellInterno, di cui uno della Direzione Investigativa Antimafia; tre componenti designati dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti; tre componenti del Ministero dellEconomia e delle Finanze; due componenti della Direzione Nazionale Antimafia; due componenti dellAutorit per la Vigilanza sui Lavori Pubblici. I componenti sono stati nominati con D.M. 24 giugno 2004. (33) Ai sensi dellart. 5, comma 3, D.M. 14 marzo 2003, i gruppi provinciali interforze sono coordinati da un funzionario della prefettura e composti da un funzionario della Polizia di Stato, da un ufficiale dellArma dei Carabinieri, da un ufficiale della Guardia di Finanza, da un rappresentante del Provveditorato alle opere pubbliche, da un rappresentante dellIspettorato del lavoro e da un funzionario della D.I.A. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 215 Ne conferma lassetto pi generale che si accompagna allistituzione degli organi sopra indicati e che prevede, tra laltro, lobbligo del soggetto aggiudicatario di stipulare appositi accordi con le autorit di pubblica sicurezza finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori per poter consentire il monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione dei lavori e dei soggetti che le realizzano (34). Dalle analisi del Comitato sorta lesigenza di estendere il controllo anche per i contratti che non sarebbero sottoposti, in ragione del loro importo, allo specifico regime informativo di cui allart. 10 del D.P.R. 252/1998, per consentire una tutela avanzata dellinteresse pubblico al contrasto delle infiltrazioni criminose. Da qui sorta la prassi dei protocolli di legalit con i quali limpresa aggiudicataria si assoggetta a verifiche antimafia per qualunque importo, anche per eventuali sub - appalti, provvedendo ad estendere alle imprese sub-contraenti tale vincolo per via civilistica (35). Larchetipo degli organi di cui al D.M. 14 marzo 2003 conosce diverse filiazioni e, proprio per tale ragione, costituisce la matrice di una delle grandi direttrici dellazione pubblica in materia di strutture per la prevenzione antimafia negli appalti. A seguito dellevento sismico de LAquila, allo scopo di fronteggiare lemergenza ricostruzione in Abruzzo e di garantire la trasparenza nei relativi appalti, sono stati costituiti, conformemente alla previsione di cui allart. 16 del Decreto Legge del 28 aprile 2009, n. 39 e del successivo Decreto Interministeriale del 3 settembre 2009, la Sezione Specializzata del Comitato di Coordinamento per lAlta Sorveglianza delle Grandi Opere presso la Prefettura de LAquila (36) ed il Gruppo Interforze Centrale per lEmergenza e Ricostruzione - GICER, istituito presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Il primo organo garantisce il coordinamento e lunit di indirizzo di tutte le attivit finalizzate alla prevenzione di infiltrazioni della criminalit organizzata, in stretto raccordo sia con il Comitato di Coordinamento per lAlta Sorveglianza delle Grandi Opere sia con il G.I.C.E.R. Questultimo svolge (34) LACAVA, cit. (35) Ibidem. (36) Lorganismo coordinato dal Prefetto di quella provincia, ed composto da: un rappresentante della Prefettura de LAquila; un rappresentante del Dipartimento della P.S.; un rappresentate della Direzione Nazionale Antimafia; un rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti un rappresentante dellAutorit per la Vigilanza dei Contratti Pubblici; un rappresentante della Regione Abruzzo; un rappresentante della Provincia de LAquila; un rappresentante del Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche; un rappresentante della Direzione Regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici dellAbruzzo. 216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 compiti di monitoraggio ed analisi delle informazioni concernenti: le verifiche antimafia e i risultati dei controlli presso i cantieri interessati alla ricostruzione di opere pubbliche, effettuati dal gruppo interforze istituito presso la Prefettura de LAquila; le attivit legate al cosiddetto ciclo del cemento, con conseguente mappatura delle cave limitrofe al territorio interessato dal sisma; le attivit di stoccaggio, trasporto e smaltimento dei materiali provenienti dalle demolizioni sul territorio interessato dal sistema; i trasferimenti di propriet di immobili e beni aziendali, al fine di verificare eventuali attivit di riciclaggio ovvero concentrazioni o controlli da parte di organizzazioni criminali (37). Un altro importante esempio di applicazione del sistema in questione relativo al caso dellEsposizione Universale di Milano 2015 (38) per la quale, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in data 22 ottobre 2008, sono stati individuati gli organi e soggetti competenti a porre in essere gli interventi necessari per la realizzazione della manifestazione (39). La gestione dellevento stata affidata alla Societ di gestione Exp Milano 2015 S.p.A.. Il tema della prevenzione e contrasto di possibili infiltrazioni di sodalizi criminosi negli appalti apparso particolarmente sensibile nel dibattito sullargomento e ci ha prodotto, allo stato, diverse soluzioni organizzative, non sempre supportate da un disegno complessivo. In primo luogo, la particolare sensibilizzazione delle autorit provinciali di pubblica sicurezza ha dato luogo ad un protocollo dintesa, stipulato il 31 luglio 2009, tra il Presidente della Regione, il Prefetto di Milano e soggetti imprenditoriali, teso a rendere trasparenti gli appalti con clausole contrattuali che ripetono il contenuto di analoghi atti, dirette ad impegnare le imprese a denunciare ogni richiesta illecita e ad estendere le verifiche antimafia anche ai sub-appalti. E stato, inoltre, costituito un Comitato per la legalit e la trasparenza (37) Il G.I.C.E.R. coordinato da un dirigente delle Forze di polizia in servizio presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, designato dal Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezza. E composto da: un funzionario e due appartenenti ai ruoli non direttivi della Polizia di Stato; un ufficiale e due marescialli dellArma dei Carabinieri; un ufficiale e due marescialli della Guardia di Finanza; un funzionario e due appartenenti ai ruoli non direttivi del Corpo Forestale dello Stato; un funzionario e due appartenenti ai ruoli non direttivi della Direzione Investigativa Antimafia; quattro appartenenti ai ruoli non direttivi per il supporto logistico ed informatico della Direzione Centrale della Polizia Criminale. (38) LEsposizione universale, sul tema Nutrire il Pianeta, energia per la vita, si svolger a Milano dal 1 maggio al 31 ottobre 2015. (39) Sono stati previsti il Commissario Straordinario Delegato del Governo per lExp 2015 (CO.S.DE), la Commissione di Coordinamento per le Attivit connesse allExp (COEM) ed il Tavolo istituzionale per il governo complessivo degli interventi regionali e sovraregionali. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 217 delle procedure regionali, con il quale si vuole svolgere unazione di vigilanza preventiva per gli appalti di competenza regionale. I risultati dellanalisi del Comitato andranno a beneficio di dirigenti regionali, attraverso giornate di formazione, e degli imprenditori che saranno destinatari di un vademecum. Il target del Comitato in questione , allevidenza, pi a monte delle tendenziali verifiche antimafia e, in qualche modo, risponde ad unesigenza simile a quella che ha dato luogo alle stazioni uniche appaltanti e cio quella di fare in modo che le procedure di selezione del contraente siano trasparenti, efficienti e di ostacolo ad eventuali infiltrazioni. Non appare casuale che, nellambito del Comitato in questione, sieda il Commissario della S.U.A. della Regione Calabria. Ancora, stato istituito un Tavolo istituzionale per il governo complessivo degli interventi regionali e sovraregionali presieduto dal Presidente della Regione Lombardia e con composizione mista. Da ultimo, con decreto interministeriale del 23 dicembre 2009, presso la Prefettura di Milano, stata costituita la Sezione specializzata del Comitato per lAlta Sorveglianza delle Grandi Opere (40), alla quale sono conferite le funzioni proprie del Comitato, ed un Gruppo Interforze Centrale per lExp 2015 (G.I.C.EX.) (41), istituito presso il Ministero dellinterno Dipartimento della Pubblica Sicurezza, con il compito di svolgere analisi in materia di verifiche antimafia e sui cantieri, sulle attivit di movimentazione ed escavazione terra, di smaltimento dei rifiuti e di passaggi proprietari tra aziende. Rimane, infine, operativo il gruppo interforze provinciale di cui al D.M. 13 ottobre 2003. Si tratta, come evidente, di un quadro articolato e complesso, che sembra rispondere a tre esigenze diverse. La prima relativa alle verifiche antimafia sulle aziende aggiudicatarie, la seconda riguarda la correttezza ed efficienza dei procedimenti di gara, la terza relativa al governo della complessit ed allarmonizzazione degli interventi di natura preventiva. (40) La Sezione, coordinata dal Prefetto di Milano, composta da: un esperto nella materia; un rappresentante della Prefettura; un rappresentante del Dipartimento della Pubblica Sicurezza; un rappresentante della Direzione Nazionale Antimafia; un rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti; un rappresentante dellAutorit di Vigilanza sui Contratti Pubblici; un rappresentante del Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche. (41) E coordinato da un dirigente della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e composto da funzionari ed ufficiali del menzionato Ufficio, della Direzione Investigativa Antimafia, della Polizia di Stato, dellArma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. 218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 4. Il monitoraggio dei flussi finanziari negli appalti Sotto il profilo sostanziale, i protocolli di legalit che, come si detto, costituiscono una delle estrinsecazioni delle linee generali in materia di monitoraggio antimafia dellesecuzione degli appalti pubblici, riservano ormai costantemente alcune disposizioni alla tracciabilit dei flussi finanziari. Non vi dubbio, infatti, che una sempre pi efficace azione di contrasto alla criminalit organizzata richieda anche lapprontamento di concrete azioni contro il riciclaggio dei proventi di attivit illecite (42) e che, in tale ambito, rivesta particolare rilievo la limitazione delluso di contante e lutilizzo degli intermediari finanziari autorizzati, presso cui fare confluire i dati sui soggetti delle transazioni e sulle relative entit (43). Proprio in tale direzione, i pi recenti sviluppi della legislazione antiriciclaggio hanno definito un corpus legislativo di norme dirette a limitare luso del contante fissando una soglia massima oltre la quale tale modalit di pagamento vietata (44) e sancendo lobbligo di identificazione dei soggetti interessati (45). La rilevanza del monitoraggio dei flussi finanziari trova, inoltre, una sua base giuridica di livello europeo nel Programma dellAja: Rafforzamento delle liberta, della sicurezza e della giustizia nellUnione Europea(46). Il Programma dellAja adottato dal Consiglio europeo il 4 e 5 novembre 2004, il documento fondamentale che individua le dieci priorit dazione nel settore libert, sicurezza e giustizia per il successivo quinquennio. In tale contesto, al capitolo 2, Rafforzamento della sicurezza, nellindividuare le azioni da porre in essere in funzione anti-terrorismo, si evidenzia come il Consiglio europeo ritenga opportuno migliorare lefficienza degli strumenti definiti, con particolare riguardo al controllo dei flussi finanziari sospetti. In altri termini, e sotto un diverso profilo, si rilevato come la lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo costituisca un presidio fondamentale per la tutela dellintegrit del sistema economico-finanziario (47). Ed infatti, lanalisi dellandamento del fenomeno, ha consentito di verificare un (42) KROGH, Le novit introdotte dal D.L. 112/1998 alle limitazioni alluso del contante e dei titoli al portatore, in Notariato, 2008, 5, p. 540. (43) Il Governatore della Banca dItalia, nellaudizione tenuta presso la Commissione parlamentare antimafia, ha rilevato che lItalia si distingue in Europa per lo scarso ricorso a mezzi di pagamento diversi dal contante: 62 per abitante nel 2006 a fronte di 150 nellEurosistema nel 2004, ibidem. (44) Art. 49, D.L.vo n. 231/2007. (45) PISANI, Antiriciclaggio: gli obblighi di identificazione e conservazione delle informazioni per gli intermediari finanziari, in Fisco, 2006, 25, p. 3842. (46) Gazzetta Ufficiale Unione Europea, n. c55 del 3 marzo 2005. (47) TARANTOLA, Il contributo della Banca dItalia nella lotta al riciclaggio, in www.bancaditalia.it, 2010, p. 3. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 219 tendenziale incremento dellimpegno di capitali provenienti da attivit illecite in imprese economiche del circuito legale, con conseguenti fenomeni di distorsione della concorrenza ed aumento di influenza e potere dei gruppi criminali (48). Partendo da tali premesse, largomento della tracciabilit dei flussi finanziari ha avuto un notevole approfondimento nellazione di prevenzione delle infiltrazioni criminali nei contratti pubblici. Appare palese, infatti, che la trasparenza della movimentazione finanziaria, sia in uscita che in entrata del bilancio dei principali soggetti attori dei rapporti negoziali, costituisca un valido deterrente, se coerentemente attuata (49). In questo ambito, notevole stata lattivit del Comitato di alta sorveglianza sulle grandi opere (C.A.S.G.O.) istituito presso il Ministero dellInterno che, fin dal 2005 ha avviato una riflessione sul tema, con la collaborazione dellUfficio Italiano Cambi, in ragione della specifica competenza attribuita a tale organismo in materia di antiriciclaggio, che ha avuto un primo momento di applicazione nel protocollo dintesa sottoscritto il 2 agosto 2005 tra il C.A.S.G.O. e la Societ concessionaria, con riguardo alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina (50). Successivamente, il sistema di monitoraggio della tracciabilit finanziaria ha avuto un ulteriore sviluppo con le linee guida, emanate dal C.A.S.G.O. ai sensi dellart. 176, comma 3, lett. e) del D.L.vo. 163/2006, concernenti i lavori di realizzazione di un tratto della linea C della metropolitana di Roma. La predetta norma del Codice dei contratti pubblici, cos come modificata dallart. 3, comma 1, lett. l) del D.L.vo n. 113/2007, ha demandato al C.I.P.E. il compito di definire i contenuti degli accordi in materia di sicurezza e di prevenzione e repressione della criminalit sulla base di linee guida indicate dal C.A.S.G.O., prevedendo una specifica ed autonoma rilevanza per il monitoraggio dei flussi finanziari connessi alla realizzazione dellopera. In conseguenza di ci, il C.I.P.E., con delibera n. 50 del 27 marzo 2008, sulla base delle proposte avanzate dal C.A.S.G.O., ha approntato un primo nucleo di misure di monitoraggio per lopera sopra menzionata che prevede lobbligo di pagamento tramite bonifici, con indicazione del Codice Unico di Progetto (C.U.P.), e di utilizzo di conti dedicati. Dopo una prima sperimentazione, il C.A.S.G.O. ha rilevato la necessit di supportare lattivit di monitoraggio con un apparato sanzionatorio, al fine (48) Per una ricostruzione delle iniziative antiriciclaggio in chiave internazionale, ibidem, p. 5 e ss. (49) MICONI, Vigilanza, monitoraggio finanziario e white-list nella ricostruzione post sisma del 6 aprile 2009, in www.veneziastudisrl.it, 2009, p. 7. (50) FRATTASI, Le infiltrazioni della mafia nel sistema dei pubblici appalti: lesperienza del Comitato interministeriale di coordinamento presso il Ministero dellInterno per lalta sorveglianza sulle gradi opere pubbliche, in www.csm.it, 2006, p. 16. 220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di incrementarne la cogenza (51) e, conseguentemente, il C.I.P.E., con delibera n. 107 del 18 dicembre 2008, ha definito un complesso di clausole civilistiche sanzionatorie da inserire nei contratti e subcontratti stipulati con lappaltante. In particolare, si prevedeva linserimento di una clausola risolutiva espressa da attivare in caso di violazione dellobbligo di ricorso ad intermediari abilitati, ai sensi del D.L.vo n. 231/2007, con lulteriore conseguenza dellapplicazione di una penale a carico del soggetto inadempiente. Si fissavano, inoltre, le misure di penali per i casi di inosservanza dellobbligo di utilizzo dei conti dedicati e di pagamento attraverso bonifico. Per le fattispecie in questione, al contraente non inadempiente si attribuiva un onere di informazione nei confronti della Direzione Investigativa Antimafia (52). Il punto di approdo del know-how in materia di tracciabilit dei flussi finanziari relativi alla realizzazione di gare pubbliche oggi data dallesperienza degli interventi successivi al terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009. In quel contesto, lart. 16 del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito con legge 24 giugno 2009, n. 77, detta le norme di prevenzione delle infiltrazioni criminali e, nello specifico, il comma 5 prevede la tracciabilit dei flussi finanziari per due categorie distinte: 1. i contratti pubblici, con i relativi subcontratti, aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture; 2. le erogazioni di provvidenze pubbliche (53). Le misure in questione sono state oggetto di specifiche linee guida elaborate dal C.A.S.G.O., oggetto del comunicato del Ministero dellInterno in data 8 luglio 2009 (54), che meritano di essere analizzate puntualmente proprio perch costituiscono, come detto, lattuale stato degli strumenti in subiecta materia. Preliminarmente, occorre precisare che le misure in questione attengono al progetto C.A.S.E. (complessi antisismici sostenibili eco-compatibili), prima fase degli interventi di ricostruzione post-sismica (55). Ai soggetti aggiudicatari fatto obbligo di un primo ed importante adempimento, ai fini della razionalizzazione del sistema, che consiste nella realizzazione di un archivio informatico relativo allanagrafe degli esecutori che deve contenere, tra laltro, indicazione del conto dedicato. Proprio lo strumento da ultimo indicato, il conto dedicato, larchitrave del sistema di monitoraggio finanziario. Tutti i soggetti imprenditoriali e gli operatori economici che intervengono negli ambiti stabiliti dalla norma devono accendere un conto corrente, postale o bancario, dedicato al progetto C.A.S.E. (51) C.I.P.E., Deliberazione 18 dicembre 2008, in G.U. 14 marzo 2009, n. 61. (52) Ibidem. (53) MICONI, cit., p. 7. (54) Pubblicato su G.U. 8 luglio 2009, n. 159. (55) Ibidem. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 221 Sui conti in questione devono transitare tutti gli incassi e pagamenti da e verso altri conti dedicati e quindi relativi, a mero titolo desempio, ai noli a freddo e a caldo, a definite tipologie di forniture, ai trasporti, al movimento terra ed allo smaltimento dei rifiuti. Inoltre, sul medesimo conto devono necessariamente essere appoggiate le transazioni finanziarie anche verso conti non dedicati e relativi, in via di esemplificazione, a stipendi, contributi previdenziali e pagamenti di pubblici servizi (56). Sono esenti dallobbligo di utilizzo del conto dedicato le piccole spese giornaliere, legate al funzionamento del cantiere, ciascuna di importo inferiore o uguale a 500,00. I conti devono essere aperti esclusivamente presso intermediari abilitati di cui al decreto legislativo n. 231/2007. E in ogni caso fatto divieto di utilizzo del contante ed suggerito luso di bonifico bancario, postale ed on-line (57). Nella causale del bonifico andr evidenziato il codice unico di progetto (C.U.P.). Il sistema, come si nota, si fonda su una serie di obblighi di natura civilistica che devono essere introdotti nei contratti e subcontratti attraverso specifiche clausole che rinvengono la propria matrice nel bando di gara. Conseguentemente, le linee guida, a supporto degli strumenti di monitoraggio, prevedono articolate sanzioni. Il comportamento pi grave individuato nella violazione dellobbligo di avvalersi di intermediari abilitati e ci comporta la risoluzione del contratto e lapplicazione di una penale pari al 10% della transazione. Linadempimento dellobbligo di utilizzo del conto dedicato comporta lapplicazione di una penale pecuniaria commisurata al 5% delloperazione (58). La prassi amministrativa venutasi a creare, nel modo descritto, anche attraverso puntuali interventi legislativi, nelle intenzioni del legislatore dovrebbe ora divenire norma generale per tutti i contratti pubblici. Infatti, il disegno di legge delega (59) presentato dal Governo in esecuzione del Piano straordinario contro le mafie (Atto Camera C3290), prevede lintroduzione nellordinamento legislativo del principio generale dellobbligatoriet dellutilizzo dei conti dedicati (60) e del pagamento tramite bonifici bancari o postali, che devono contenere lindicazione del codice C.U.P., per tutti i soggetti imprenditoriali interessati, a qualsiasi titolo, a lavori, servizi e (56) MICONI, cit., p. 8. (57) Ibidem. (58) Nel sistema di monitoraggio previsto dal protocollo dintesa per la linea C della metropolitana di Roma, lA.B.I. ed il C.B.I., organismi bancari nazionali ed internazionali, assicuravano la centralizzazione di tutti i movimenti finanziari. Per la ricostruzione post-sisma, invece, non essendovi tale partecipazione, la consultazione delle informazioni in questione deve essere effettuata presso tutti gli istituti bancari interessati (v. MICONI, cit., p. 8). (59) Attualmente allesame della II^ Commissione permanente Giustizia. (60) Gli estremi identificativi devono essere comunicati alla stazione appaltante entro sette giorni dallaccensione. 222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 forniture pubbliche. Nel disegno di legge, sono esclusi dallobbligo i pagamenti relativi ad oneri tributari, previdenziali, assicurativi ed istituzionali, quelli a favore di gestioni e forniture di pubblici servizi nonch le spese generali purch inferiori al tetto giornaliero di 500,00. La disciplina sulla tracciabilit dei flussi finanziari, nellemananda norma, ha il carattere dellinderogabilit e la mancata inclusione nei contratti e nei subcontratti sar sanzionata con la nullit assoluta (61). 5. Conclusioni Nella strategia organizzativa di prevenzione nel settore degli appalti pubblici, si sono andati affermando, nellultimo decennio, due istituti specifici, la Stazione Unica Appaltante ed i Gruppi Interforze per la sorveglianza delle grandi opere (62). Non si trattato, peraltro, di un disegno preordinato trasfuso in un tessuto normativo organico ma, come si tentato di dimostrare, di un processo altalenante, non scevro di contraddizioni, eppure fortemente diretto ad unaffermazione delle strutture indicate nella prassi amministrativa. Tutto ci appare sorretto da alcuni aspetti fortemente positivi degli organismi descritti che hanno dato luogo, a seguito delle prime sperimentazioni, a repliche diffuse. Per ci che concerne la Stazione Unica Appaltante, essa tuttora, a distanza di tre anni dallattuazione del primo esperimento crotonese, ritenuta uno standard innovativo e funzionale nel contesto delle infiltrazioni criminali negli appalti pubblici (63) ed ha dimostrato una specifica efficacia nellallontanare il luogo delle decisioni dagli ambiti ove maggiormente poteva esplicarsi il tentativo di pressione criminale per portarlo in un ambiente contraddistinto dalla massima professionalizzazione, cui diretta lattenzione delle Forze di polizia (64). (61) V. Relazione illustrativa al disegno di legge recante Piano straordinario contro le mafie, nonch delega al Governo in materia di normativa antimafia, in www.giustizia.it. (62) BUCCHIERI, Scacco alla mafia economy, in www.poliziamoderna.it, dicembre 2009. LAutore evidenzia come i gruppi interforze costituiscano ormai uno strumento rodato del Dipartimento della Pubblica Sicurezza mentre invece la stazione unica appaltante costituisca un modello di cooperazione interistituzionale da affinare. (63) Significativa, al riguardo, la discussione sviluppatasi sul tema nellambito dellaudizione al Presidente della Regione Calabria, Loiero, in sede di Commissione parlamentare antimafia, avvenuta il 17 novembre 2009. In quel contesto, le valutazioni dei commissari e della stessa personalit audita, pur in pi punti contraddistinte da diverse posizioni, convergevano nellattestare lefficacia della stazione unica appaltante (v. Commissione parlamentare dinchiesta sul fenomeno della mafia, cit.). (64) Ladesione alla Stazione Unica Appaltante stata utilizzata anche come argomento per segnalare una volont di contrasto alle infiltrazioni criminali nellambito di due processi amministrativi proposti avverso il provvedimento di scioglimento degli organi ordinari del Comune di Amantea, emesso LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 223 In altri termini, il risultato fondamentale della Stazione Unica Appaltante quello di aver ricondotto ad ununica struttura tendenzialmente tutti gli appalti di lavori, servizi e forniture e, per questa via, reso possibile un monitoraggio non dispendioso, completo ed efficace. Per ci che riguarda il nucleo duro incontestato della S.U.A. (65) il giudizio favorevole, legato anche ai risultati in termini di efficienza e competenza, pu ritenersi acquisito. In particolare, si fa riferimento ad un ufficio cui affidato, in via di volontaria adesione o per previsione normativa, lo svolgimento del procedimento di gara, dalla predisposizione degli atti di indizione fino allaggiudicazione (provvisoria o definitiva, a seconda dei due modelli fin qui affermatisi, quello di origine prefettizia e quello della Regione Calabria). Pi meditato deve essere invece il giudizio relativamente a competenze ulteriori che sempre sono state affidate alla S.U.A., dal monitoraggio sullesecuzione dei lavori, alla vigilanza su tutti i contratti pubblici in un dato territorio (66). Al riguardo, si ritenuto, non senza ragione che laccostamento di funzioni promiscue attive, consultive e di controllo non solo rendono difficoltoso linquadramento giuridico della S.U.A. ma inducono a dubitare, sotto il profilo pratico sulla possibilit reale che i compiti affidati possano essere espletati, tenuto anche conto dei mezzi finanziari messi a disposizione della struttura. Non bisogna, inoltre, sottovalutare il rischio che limprecisa definizione di funzioni ed il mancato adeguamento delle risorse compromettano il ruolo essenziale che la prassi ha affidato alla S.U.A. depauperando, malgrado sia stato definito un flessibile strumento di finanziamento, una notevole potenzialit di prevenzione antimafia. Daltra parte, il sistema organizzativo di controllo antimafia nei confronti delle ditte aggiudicatarie, formatosi attraverso la legge sulle grandi opere e definito nel D.M. 14 marzo 2003, ha corrisposto allesigenza di professionalizzare le attivit di verifica in questione provvedendo, altres, a imprimere un carattere di maggiore centralizzazione allo scopo di massimizzare le sinergie informative (67). Le strutture che si sono andate formando in progressione di tempo sul troncone originario del Comitato di coordinamento per lalta sorveglianza delle grandi opere, sono, a ben vedere, lespressione di una tendenza legislativa particolarmente affermatasi negli ultimi anni e volta ad individuare nei prefetti ex art. 143 del D.L.vo 267/2000. In quelle circostanze, il Giudice amministrativo adito ha affermato che latto di adesione indubbiamente rilevante ma che pu provare unicamente una determinata volont politica e non leffettiva capacit di contrastare il fenomeno di infiltrazione (T.A.R. Calabria, Sez. I, 21 ottobre 2009, nn. 1124 e 1125). (65) SDANGANELLI, cit., p.3. (66) Ibidem, p.4 (67) LACAVA, cit. 224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 e nelle strutture da esse dirette, i principali attori in tutta una serie di attivit di prevenzione antimafia, tra cui si segnalano in primo luogo il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati ed il contrasto alle infiltrazioni negli appalti pubblici e privati, tanto da far ritenere, in dottrina, che lattivit di quella figura istituzionale si vada a collocare, obiettivamente, a ridosso dellazione di accertamento della magistratura (68). Accanto a risultati significativi che le strutture di monitoraggio in questione hanno riportato negli ultimi anni in diversi ambiti, anche grazie alluso intelligente di strumenti pattizi che hanno consentito di estendere le verifiche antimafia sotto le soglie di cui al DPR. 252/1998, ed anche ad imprese private, emergono peraltro elementi di criticit. Essi sono sostanziati (69) nella proliferazione di strutture che vanno a realizzare un sistema non sempre integralmente conseguente e nella difficolt di monitoraggio dellinsieme dei soggetti aggiudicanti ed aggiudicatari. La descritta vicenda dellExpo 2015 di Milano pu essere significativa. La molteplicit di strutture di monitoraggio costituite, fa emergere la necessit di mantenere unomogeneit a monte per restituire razionalit al sistema. Ed infatti, a fronte dellistituzione della Sezione Specializzata del Comitato di coordinamento per lalta sorveglianza delle grandi opere e del Gruppo Interforze centrale per lExp 2015 (G.I.C.EX.), nonch della stipula di un protocollo di legalit a livello territoriale, sono stati costituiti un Tavolo di coordinamento generale ed un Gruppo di controllo sulle procedure regionali di affidamento di appalti. Ne emerge lesigenza che il quadro delle attivit contrattuali e procedimentali da verificare sia omogeneo per consentire un monitoraggio efficace ed intelligente. Allora, a ben vedere, si potrebbe concludere rilevando che lesperienza degli ultimi dieci anni ha evidenziato che unefficace azione di contrasto alle infiltrazioni criminali nel settore degli appalti pubblici deve contenere almeno due aspetti imprescindibili: il corretto ed efficiente espletamento delle procedure di gara ad opera di un unico centro di imputazione e lo svolgimento delle attivit di monitoraggio sulle ditte aggiudicatarie e sub-aggiudicatarie ad opera di gruppi interforze specializzati e determinati, supportati da organi centrali di coordinamento informativo. Un ulteriore aspetto, che peraltro merita un approfondimento particolare, costituito dalla direzione unitaria delle esecuzioni dei lavori, sullesempio di quanto emerso dallesperienza della stazione unica appaltante napoletana (68) CISTERNA, Le misure di contrasto alla criminalit organizzata nel Pacchetto sicurezza, in Dir. pen. e processo, 2009, 9, p. 1069. (69) LACAVA, cit. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 225 che completerebbe un sistema semplice e virtuoso di controllo. Se le considerazioni sopraesposte rispondono alla constatazione del quadro conoscitivo illustrato nelle pagine precedenti, occorre muoversi sulla strada della costruzione razionale di un sistema che preveda larmonico intersecarsi dellazione della S.U.A., della fase di espletamento delle gare, e dei gruppi interforze nella fase delle verifiche sulle imprese esecutrici. Tale articolazione, opportunamente ispirata ai principi di sussidiariet verticale, prevista come strumento per aggredire i fenomeni mafiosi nelle aree in cui questi si manifestano in modo pi rilevante, potrebbe essere matura per un inserimento stabile nella legislazione attuale, eventualmente quale novella nel codice degli appalti pubblici, anche in esecuzione di quanto previsto dal Piano straordinario contro la criminalit organizzata di recente presentato in sede di riunione del Consiglio dei Ministri (70). Un percorso quasi decennale perverrebbe, in questo modo, ad una propria sistemazione complessiva da cui potrebbe derivare una nuova linfa per unazione di contrasto ulteriormente rafforzata. (70) Nella riunione del Consiglio dei Ministri tenutasi il 28 gennaio 2010 presso la Prefettura di Reggio Calabria stato presentato il Piano al cui interno una sezione specificamente dedicata al potenziamento dellazione antimafia nel settore degli appalti. Nel documento in questione si fa esplicito riferimento alla promozione al ricorso alla stazione unica appaltante per assicurare trasparenza, regolarit ed economicit nella gestione dei contratti pubblici (v. www.interno.it). 226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Sullaccesso ai servizi sanitari Un nodo per le liste di attesa: attuazione delle norme e responsabilit Monica De Angelis* Lattenzione alla qualit dei servizi pu assumere una importanza capitale allinterno di un quadro economico critico come quello attuale. La scarsit di risorse dovrebbe allora spingere ad una maggiore concentrazione sui servizi gi esistenti, cercando di migliorarne le performances. Se noto che le declinazioni della qualit dei servizi sanitari possono essere molteplici, altrettanto noto come qualit e soddisfazione dei cittadini rappresenti un binomio inscindibile, binomio che in non pochi casi pu tradursi in semplificazione dei percorsi di accesso ai servizi sanitari. Uno degli elementi chiave nellaccesso costituito dalle lista di attesa, la cui sola menzione evoca spesso nei pazienti sentimenti negativi. Obiettivo del lavoro valutare lo stato dellarte sullattuazione delle norme volte a limitare il fenomeno in Italia. La lettura del quadro giuridico sembra essere apprezzabile, soprattutto in termini quantitativi; se si passa allaspetto qualitativo, per, i motivi di soddisfazione calano in maniera vertiginosa non solo per lelusione delle misure previste, ma anche per lassenza di misure sanzionatorie concrete volte ad integrare sostanzialmente le fattispecie di responsabilit previste e dunque i relativi effetti sul miglioramento del servizio. La soluzione del problema oggi, in ogni caso, non pu prescindere dallesito della discussione sulla proposta di direttiva comunitaria sulle liste di attesa e dallapplicazione ad ampio raggio delle- health. 1. Introduzione. Qualit del servizio e liste di attesa: scenari Lattenzione alla qualit dei servizi pu assumere una importanza capitale allinterno di un quadro economico critico come quello attuale. La scarsit di risorse dovrebbe allora spingere ad una maggiore concentrazione sui servizi gi esistenti, cercando di migliorarne le performances. Se noto che le declinazioni della qualit dei servizi sanitari possono essere molteplici, altrettanto noto come qualit e soddisfazione dei cittadini rappresenti un binomio in- (*) Dipartimento di Scienze sociali, Facolt di Economia G. Fu, Universit Politecnica Marche. Il presente saggio frutto della rielaborazione e dellampliamento della relazione dal titolo Qualit du service sanitaire et listes d'attente: le problme de la ralisation des rgles presentata al Convegno Calass, Lussemburgo 10-12 settembre 2009. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 227 scindibile, binomio che pu anche tradursi in semplificazione dei percorsi di accesso ai servizi sanitari: e uno degli elementi chiave nellaccesso costituito dalle liste di attesa, la cui sola menzione evoca spesso nei pazienti sentimenti negativi. Merita subito precisare che il fenomeno delle liste di attesa non un caso italiano, ma si presenta generalmente in tutti gli Stati dove il servizio sanitario offre un livello di assistenza avanzato, qualunque sia il modello organizzativo adottato. Per il peculiare impatto che riveste sia sullorganizzazione del servizio sanitario, che sul diritto dei cittadini allerogazione delle prestazioni, deve quindi costituire oggetto di un impegno costante e forte da parte di tutti gli attori istituzionali e professionali inseriti nel sistema: occorre lavorare costantemente su modalit risolutive efficaci per il problema, con la consapevolezza, tuttavia, che non esistono soluzioni semplici e univoche, ma vanno poste in essere azioni complesse ed articolate. Come si vedr di seguito, lintroduzione di norme volte a limitare il fenomeno non ne garantisce affatto il (progressivo) assorbimento, generando al massimo almeno nel caso italiano una realt di efficienza/inefficienza e soddisfazione/insoddisfazione a macchia di leopardo. La lettura del quadro giuridico porta ad esprimere un giudizio apprezzabile, soprattutto in termini quantitativi; se si passa allaspetto qualitativo, per, i motivi di soddisfazione calano in maniera vertiginosa non solo per lelusione delle misure previste, ma anche per la limitatezza dellattivazione delle sanzioni volte ad integrare le fattispecie di responsabilit contemplate dalle norme e dunque i relativi effetti sul miglioramento del servizio. La tematica delle liste di attesa, comunque, oggi se deve tenere sicuramente conto (a tacere delle problematiche gestionali e organizzative) delle difficolt di attuazione delle norme e della mancata attivazione delle responsabilit, non pu tuttavia prescindere dallesito della discussione sulla proposta di direttiva comunitaria sulle cure transnazionali e dallapplicazione ad ampio raggio delle-health: elementi questi che se opportunamente sviluppati possono dare un contributo non indifferente alla complessa soluzione del problema. 2. La normativa nazionale sulle liste di attesa: una ricognizione Che le liste di attesa siano state percepite subito come una delle questioni centrali per la soddisfazione dei bisogni di salute del cittadino, si nota sin dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn): allart. 25, commi 8- 10 stabilito infatti che lutente pu accedere agli ambulatori e strutture convenzionati per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio per le quali, nel termine di tre giorni, le strutture pubbliche non siano in grado di soddisfare la richiesta di accesso alle prestazioni stesse. In tal caso lUnit Sanitaria Locale (Usl) rilascia immediatamente lautorizzazione con apposita annotazione sulla richiesta stessa. Si precisa poi che nei casi di richiesta urgente motivata da parte del medico in relazione a particolari condizioni di 228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 salute del paziente, il mancato immediato soddisfacimento della richiesta presso le strutture pubbliche equivale ad autorizzazione ad accedere agli ambulatori o strutture convenzionati. In ogni caso, le Usl attuano misure idonee a garantire che le prestazioni urgenti siano erogate con priorit nellambito delle loro strutture (1). Dopo la riforma dei primi anni Novanta, con la c.d. aziendalizzazione e lentrata in vigore di leggi rivoluzionarie per il rapporto amministrazione-cittadino, il legislatore statuisce (2) che al fine di garantire il diritto di accesso di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le Usl, i presidi ospedalieri e le aziende ospedaliere devono tenere, sotto la personale responsabilit del direttore sanitario, il registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio e dei ricoveri ospedalieri ordinari. Tale registro sar soggetto a verifiche ed ispezioni da parte dei soggetti abilitati ai sensi delle vigenti disposizioni. Tutti i cittadini che vi abbiano interesse possono richiedere alle direzioni sanitarie notizie sulle prenotazioni e sui relativi tempi di attesa, con la salvaguardia della riservatezza delle persone. Quanti utenti abbiano fatto valere queste ultime norme difficile dirlo: peraltro, va anche notato che il paziente non dovrebbe rivolgersi normalmente alle direzioni sanitarie per ottenere questo genere di dati. Infatti ci sarebbe in contraddizione con una visione moderna di pubblica amministrazione, secondo la quale lamministrazione che si apre al cittadino (e non il contrario) e ne al servizio: quasi un obbligo, nellopera di revisione dellintero apparato amministrativo italiano portata avanti negli anni Novanta, la trasparenza sulle modalit di prestazione del servizio. Non a caso, nella Carta dei servizi sanitari del 1995, in riferimento ai ricoveri programmati, si legge che lospedale, nel rispetto dei principi di uguaglianza e imparzialit, deve predisporre un registro dei ricoveri ospedalieri ordinari contenente lelenco delle attivit svolte, nonch i tempi massimi di attesa per ciascun reparto e per le principali patologie. Il mancato rispetto dei tempi di attesa deve essere sempre motivato. Viene precisato altres che la Asl provveder ad individuare appositi strumenti di rilevazione del rispetto dei tempi di attesa indicati e di quelli realmente registrati. Periodicamente, i risultati delle rilevazioni dovranno essere inviati alla Conferenza dei Sindaci e allOsservatorio regionale, nonch portati a conoscenza degli utenti mediante apposite pubblicazioni. Lelenco delle attivit svolte ed i relativi tempi di attesa contenuti nel registro dei ricoveri ospedalieri ordinari, fermo restando la salvaguardia della riservatezza delle persone, dovranno essere consultabili presso lufficio informazioni, a disposizione dei (1) Una elencazione esaustiva delle norme relative alle liste di attesa a partire dalla nascita del Ssn si rinviene anche in ASSR, Liste di Attesa: una questione di responsabilit, luglio 2006. (2) Legge 23 dicembre 1994 n. 724 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica - Articolo 3, comma 8 - LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 229 medici di famiglia e pubblicizzati nelle forme pi opportune (3). Anche qui viene da chiedersi quanti pazienti hanno avuto la possibilit di accedere a tali elenchi e quanta pubblicit sia stata data a queste rilevazioni. Si noti che pure in tali disposizioni si prevede una responsabilit del registro e della gestione delle liste dattesa in capo al Direttore Sanitario. La situazione sulle liste di attesa non deve essere migliorata se nel 1998, si ritiene utile lemanazione di ulteriori norme (4) volte a specificare che entro tre mesi dalla loro entrata in vigore, le regioni disciplinano i criteri secondo i quali i direttori generali delle aziende sanitarie determinano il tempo massimo che pu intercorrere tra la data della richiesta delle prestazioni e lerogazione della stessa. Di tale termine data comunicazione allassistito al momento della presentazione della domanda della prestazione, nonch idonea pubblicit a cura delle aziende unit sanitarie locali ed ospedaliere. Qui vengono in rilievo, altres, ladeguata pubblicizzazione delle informazioni ed il ruolo chiave dei direttori generali; addirittura previsto che in caso di mancata definizione di questi aspetti, il Ministro della sanit vi provvede, previa diffida, tenendo conto dellinteresse degli utenti, della realt organizzativa delle aziende sanitarie della regione, della media dei tempi fissati dalle regioni adempienti. Sembra quasi attivarsi dunque un potere sostitutivo a garanzia dei diritti degli utenti: tuttavia le cronache istituzionali non registrano attivit di questo tipo, sebbene in molte regioni la situazione delle liste di attesa rilevi elevati livelli di insoddisfazione. Le nuove previsioni legislative, pur emanate in un contesto ordinamentale sempre pi orientato verso la totale devoluzione delle funzioni organizzative alle singole regioni, entrano nel dettaglio andando a delimitare lazione delle stesse regioni, le quali dovranno disciplinare, anche mediante ladozione di appositi programmi, il rispetto della tempestivit dellerogazione delle predette prestazioni, con losservanza di principi e criteri direttivi quali lassicurazione allassistito della effettiva possibilit di vedersi garantita lerogazione delle prestazioni nellambito delle strutture pubbliche attraverso interventi di razionalizzazione della domanda; interventi tesi ad aumentare i tempi di utilizzo delle apparecchiature e delle strutture; interventi volti ad incrementare la capacit di offerta delle aziende anche attraverso il ricorso allattivit libero-professionale intramuraria, ovvero a forme di remunerazione legate al risultato. Sempre tali norme (nazionali) sottolineano la necessit di (3) E per non lasciare (ipotetici) margini di incertezza, la norma prescrive altres che allatto della prenotazione del ricovero, per garantire la piena attuazione del principio di partecipazione mediante una adeguata informazione, dovr essere consegnato allutente un opuscolo informativo sulle condizioni di ricovero ospedaliero. Allatto dellingresso dovr essere consegnata allutente una seconda scheda informativa del reparto di destinazione ed un modulo per la presentazione di eventuali reclami. (4) Articolo 3, commi 10-15, D.lgs. 29 aprile 1998 n. 124, Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni a norma dellart. 59, comma 50, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 . 230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 garantire leffettiva co-responsabilizzazione del personale sanitario dipendente e convenzionato e contemplano la previsione di idonee misure da adottarsi nei confronti del direttore generale delle aziende sanitarie in caso di reiterato mancato rispetto dei termini individuati per lerogazione delle prestazioni (sulla scorta dei risultati dellattivit di vigilanza e controllo). Per dare pi concretezza alle indicazioni normative - e quasi a pi completo rispetto dei diritti dei pazienti secondo la lettura sostanziale dellart. 32 Cost. nonch sulla scorta della giurisprudenza costituzionale e ordinaria pi accorta - il legislatore stabilisce che fino allentrata in vigore delle discipline regionali, qualora lattesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale, lassistito pu chiedere che la prestazione venga resa nellambito dellattivit libero-professionale intramuraria, ponendo a carico delle aziende sanitarie presso cui richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e leffettivo costo di questultima, sulla scorta delle tariffe vigenti. E evidente leffetto dirompente di una tale previsione: si obbliga la regione a provvedere, la si spinge verso una maggiore responsabilizzazione, pena un effetto negativo sul proprio bilancio; tuttavia la portata della norma assai limitata essendo il suo effetto circoscritto ad un periodo transitorio: se il legislatore avesse esteso la sanzione anche alla mancata implementazione delle norme, probabilmente il problema in discussione avrebbe ben altro rilievo. E poco vale sottolineare che il direttore generale dellazienda sanitaria vigila sul rispetto delle disposizioni adottate, anche al fine dellesercizio dellazione disciplinare e di responsabilit contabile nei confronti dei soggetti ai quali sia imputabile la mancata erogazione della prestazione nei confronti dellassistito, se allo stesso tempo manca, o non chiaro nel dettato positivo, la sanzione immediata per omessa o insufficiente vigilanza. Proprio (forse) a conforto di quanto sin qui rilevato a proposito dellinadeguatezza di norme cos concepite, a livello istituzionale si sente il bisogno di intervenire ulteriormente (5): si chiede dapprima alle regioni e alle aziende sanitarie, nellambito di linee di indirizzo che individuano le priorit assistenziali e gli obiettivi gestionali, di elaborare programmi per labbattimento dei tempi di attesa per i ricoveri ospedalieri e laccesso alle prestazioni specialistiche ambulatoriali utilizzando al massimo le risorse assistenziali disponibili e migliorando il pi possibile lappropriatezza delle prescrizioni, grazie anche al coinvolgimento dei medici prescrittori e a una adeguata informazione ai cittadini. Si statuisce altres (6) che anche al fine di concorrere alla riduzione (5) Con DPR 23 luglio 1998 Approvazione del Piano sanitario nazionale 1998 2000, dove appositamente individuabile la sezione relativa alle liste si attesa. (6) D. lgs 19 giugno 1999 n. 229 - Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dellart. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419, Articolo 15 quinquies, comma 3. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 231 progressiva delle liste dattesa, lattivit libero professionale della dirigenza sanitaria non pu comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazione superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali (7). Tutte le pi recenti previsioni sembrano avere due fuochi: la responsabilit del direttore generale e gli incentivi economici: ad esempio nel dpcm 16 aprile 2002 (8) relativo a Linee guida sui criteri di priorit per laccesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi dattesa allart. 7 sancisce che le Regioni e le Province autonome in casi di particolare urgenza, al fine di eliminare il problema delle liste dattesa devono garantire: a) leventuale attribuzione alle equipe sanitarie, sulla base di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, di forme dincentivazione finalizzate specificamente al rispetto dei tempi di attesa di cui allaccordo sancito dalla Conferenza Stato Regioni nella seduta del 14 febbraio 2002; b) leventuale espletamento di prestazioni liberoprofessionali nei confronti dellazienda stessa da parte del proprio personale dipendente (dirigenti sanitari, infermieri, ostetriche e tecnici di radiologia medica) finalizzate al rispetto delle liste dattesa. Le prestazioni libero-professionali devono essere espletate fuori dallorario di servizio ed in misura aggiuntiva non superiore a quelle rese in regime istituzionale; c) leventuale stipula di contratti a termine con liberi professionisti in possesso dei requisiti professionali associati purch accreditati, anche se provvisoriamente. Nel quadro disciplinare delineato paiono dunque esserci tutte le condizioni giuridiche per poter procedere finalmente senza ostacoli di sorta al concreto ridimensionamento del fenomeno, grazie anche alla guida offerta dal Dpcm del 29 novembre 2001, il quale definisce i Livelli essenziali di assistenza (Lea) da garantire a tutti gli assistiti del Ssn. (7) Tali norme vengono concretizzate nel Dpcm 27 marzo 2000 Atto di indirizzo e coordinamento concernente lattivit libero-professionale intramuraria del personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale, che allart. 10 (rubricato esplicitamente Riduzione delle liste dattesa) stabilisce che 1. al fine di assicurare che lattivit libero-professionale comporti la riduzione delle liste dattesa per lattivit istituzionale delle singole specialit, anche in attuazione delle disposizioni regionali di cui allarticolo 3, comma 12, del decreto legislativo 29 aprile 1998 n. 124, il direttore generale concorda con i singoli dirigenti e con le equipe, i volumi di attivit istituzionale che devono essere comunque assicurati in relazione ai volumi di attivit libero professionale con particolare riferimento alle prestazioni non differibili in ragione della gravit e complessit della patologia. 2. Per la progressiva riduzione delle liste dattesa, il direttore generale, avvalendosi del collegio di direzione: programma e verifica le liste dattesa con lobiettivo di pervenire a soluzioni organizzative, tecnologiche e strutturali che ne consentano la riduzione; assume le necessarie iniziative per la razionalizzazione della domanda; assume interventi diretti ad aumentare i tempi di utilizzo di apparecchiature e ad incrementare la capacit di offerta dellazienda. 3. Lattivit professionale resa per conto dellazienda nelle strutture aziendali, se svolta in regime libero-professionale, deve essere finalizzata alla riduzione dei tempi di attesa. A tali fini nellautorizzare lo svolgimento dellattivit, lazienda valuta lapporto dato dal singolo dirigente allattivit istituzionale e le concrete possibilit di incidere sui tempi dattesa. Al fine di ridurre le liste dattesa, oltre che la partecipazione ai proventi, i contratti aziendali prevedono specifici incentivi di carattere economico per il personale di supporto. (8) D.P.C.M. pubblicato sulla G.U. n. 122 del 27 maggio 2002. 232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 2.1 Lattuazione delle norme: la situazione odierna Al contrario di quanto sembrerebbe logico, con la legge finanziaria del 2003 gi si ritiene nuovamente opportuno intervenire: la situazione non sembra nei fatti assai migliorata e si tenta allora di pressare le Regioni nelladempimento dei loro obblighi (9). Queste ultime, infatti, se vogliono accedere a ulteriori finanziamenti rispetto a quelli previsti, proprio nella prospettiva delleliminazione o del significativo contenimento delle liste dattesa e allo scopo di ampliare notevolmente lofferta dei servizi, devono attuare nel proprio territorio adeguate iniziative volte a favorire lo svolgimento, presso gli ospedali pubblici, degli accertamenti diagnostici in maniera continuativa, con lobiettivo finale della copertura del servizio nei sette giorni della settimana, recuperando anche risorse temporaneamente utilizzate per finalit non prioritarie (10). Nel decreto di approvazione del Piano sanitario nazionale del triennio successivo, si nota poi uno specifico Progetto (il 2.1. Attuare, monitorare ed aggiornare laccordo sui livelli essenziali ed appropriati di assistenza e ridurre le liste dattesa) che, nellambito dellaccordo sui Lea, prevede di dare particolare importanza alla questione della corretta gestione degli accessi e delle attese per le prestazioni sanitarie, dal momento che per il cittadino il tempo di attesa rappresenta la prima risposta che riceve dal sistema (11). In conseguenza di richieste appropriate, si specifica altres che il diritto allaccesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche deve essere messo in relazione, per i tempi e per i modi, con una ragionevole valutazione della prestazione richiesta e della sua urgenza. In tal modo vanno individuati obiettivi strategici mirati, disponendo di un consolidato sistema di monitoraggio dei Lea e dellutilizzo dei dati elaborati dal Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), si fissano indicatori volti ad operare in maniera esaustiva a tutti e i livelli di verifica (ospedaliero, territoriale e dellambiente di lavoro); i valori monitorati dei tempi di attesa vanno pubblicizzati, garantendo il raggiungimento del livello previsto; la costruzione degli indicatori di appropriatezza deve avvenire su scala territoriale e saranno centrati sul paziente e non pi sulle prestazioni; sar indispensabile effettuare bench-marking su costi e qualit a livello regionale ed aziendale, promuovendo i migliori protocolli di appropriatezza sperimentati e validati per le prestazioni di assistenza. Seguono a queste altre norme di aggiustamento (12), ma negli ultimi anni (9) Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), art. 52, comma 4, lettera c). (10) E ci in concerto con quanto previsto dallaccordo tra il Ministro della salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 14 febbraio 2002, sulle modalit di accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e indirizzi applicativi sulle liste dattesa. (11) D.P.R. 23 maggio 2003 Approvazione del Piano sanitario nazionale 2003-2005. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 233 il persistere del fenomeno delle liste di attesa viene affrontato in parallelo al problema della spesa eccessiva nel Ssn. Con la c.d. legge finanziaria 2006 (13), si stabilisce che lerogazione degli importi per il ripiano dei rispettivi disavanzi subordinata anche alla realizzazione da parte delle Regioni degli interventi previsti dal Piano Nazionale di Contenimento dei Tempi di Attesa (PNCTA) con lindicazione di una serie di obiettivi stringenti, che riprendono in qualche modo quanto in passato le norme avevano gi previsto. Inoltre, sempre in tale legge, disposto che alle aziende sanitarie sia vietato tranne che per certificati motivi tecnici - sospendere le attivit di prenotazione delle prestazioni a garanzia della tutela della salute dei cittadini. Al fine di evitare il persistere di comportamenti elusivi da parte di taluni attori del sistema, si contempla altres listituzione della Commissione nazionale sullappropriatezza delle prescrizioni, cui sono affidati compiti di promozione di iniziative formative e di informazione per il personale medico e per gli utenti del Servizio sanitario; di monitoraggio, studio e predisposizione di linee-guida per la fissazione di criteri di priorit e di appropriatezza delle prestazioni nonch di idonee forme di controllo dellappropriatezza delle prescrizioni delle medesime prestazioni (con promozione di analoghi organismi a livello regionale e aziendale). Sempre la legge in parola statuisce che presso il Ministero della Salute, al fine di verificare che i finanziamenti siano effettivamente tradotti in servizi per i cittadini, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, realizzato un Sistema Nazionale di Verifica e Controllo sullAssistenza Sanitaria (SiVeAS), che si avvale delle funzioni svolte dal Nucleo di supporto per lanalisi delle disfunzioni e la revisione organizzativa (SAR) (14). Negli stessi mesi la Conferenza Stato-Regioni si impegna a mettere a punto le coordinate per lattuazione concreta del PNCTA (15) ed infine con l. n. 120/2007 (legge che (12) Sulla stessa linea nel D.M. 18 maggio 2004 (rubricato Applicazione delle disposizioni concernenti la definizione dei modelli di ricettari medici standardizzati e di ricetta medica a lettura ottica Allegato 1 - Disciplinare tecnico della ricetta SSN e SASN) vengono definite le priorit di ogni prescrizione. (13) Legge 23 dicembre 2005 n. 266 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Articolo 1, commi 279-284, 288, 289, 309. (14) Per le finalit del SiVeAS e del SAR, il Ministero della Salute pu avvalersi, anche tramite specifiche convenzioni, della collaborazione di istituti di ricerca, societ scientifiche e strutture pubbliche o private, anche non nazionali, operanti nel campo della valutazione degli interventi sanitari, nonch di esperti nel numero massimo di 20 unit. Per consentire allASSR di far fronte, tempestivamente e compiutamente, ai compiti previsti da tale legge in materia di liste dattesa e in particolare per lattivit di supporto al Ministero della Salute nel monitoraggio dei tempi di attesa, il Ministro della salute pu disporre presso lAgenzia medesima, su richiesta della stessa, il distacco fino a 10 unit di personale di ruolo del Ministero della Salute, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato. (15) E del 28 marzo 2006 la stipula dellIntesa sul Piano Nazionale di contenimento dei tempi di attesa del triennio 2006/08, con sua adozione. Il Piano ha lobiettivo di realizzare sinergie di intervento tra i vari soggetti istituzionali deputati a contrastare il fenomeno e condividere un percorso che tenga conto della applicazione di criteri rigorosi sia di appropriatezza che di urgenza delle prestazioni e che garantisca la trasparenza del sistema a tutti i livelli. 234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 racchiude la regolamentazione dellattivit libero professionale dei medici in regime di intramoenia) si prevede di effettuare periodici controlli sulle liste dattesa allo scopo di assicurare il rispetto dei tempi medi che devono essere stabiliti con provvedimenti regionali e lerogazione di prestazioni urgenti non oltre 72 ore dalla richiesta. Ecco dunque una breve ricognizione dellimpianto normativo di riferimento per le liste di attesa: come si pu notare le disposizioni sono tante, ripetitive in molti casi. Ma quante di queste vengono effettivamente impiegate? Non c' bisogno di grandi sforzi intuitivi per immaginare che se anche una sola parte di queste fosse concretamente implementata, il governo delle liste di attesa presenterebbe ben altro aspetto. Non meraviglia certo se, dopo quindici anni di norme, nel 2006 si sia parlato di Piano nazionale sulle liste di attesa con lintenzione di condividere fra tutte le Regioni un percorso sulla gestione delle liste di attesa finalizzato a garantire un appropriato accesso dei cittadini ai servizi sanitari e in modo da realizzare sinergie di intervento tra tutti i livelli istituzionali deputati a contrastare il fenomeno. Tale Piano affronta il problema delle liste di attesa secondo due dimensioni: la prima si riferisce allobbligo previsto per le Regioni di dotarsi di uno strumento programmatico unico e integrato nel quale fare confluire e rendere coerenti tutti gli atti e i provvedimenti gi adottati sul tema delle liste di attesa. La seconda si riferisce al livello locale e riguarda lerogazione di 100 prestazioni prioritarie terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera per le quali le Regioni dovranno fissare entro 90 giorni i tempi massimi di attesa presso specifiche strutture pubbliche o accreditate (16). Il Piano - articolato in Piani regionali attuativi che garantiscono tempi massimi per le prestazioni e promuovono linformazione e la comunicazione sulle liste (16) Alle regioni, cio, si chiede specificamente: a) lelenco di prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera, per le quali sono fissati nel termine di novanta giorni dalla stipula dellintesa, nel rispetto della normativa regionale in materia, i tempi massimi di attesa da parte delle singole regioni; b) la previsione che, in caso di mancata fissazione da parte delle regioni dei tempi di attesa di cui alla lettera a), nelle regioni interessate si applichino direttamente i parametri temporali predeterminati; c) fermo restando il principio di libera scelta da parte del cittadino, il recepimento dei tempi massimi di attesa da parte delle unit sanitarie locali, in attuazione della normativa regionale in materia, nonch in coerenza con i parametri temporali determinati in sede di fissazione degli standard, per le prestazioni di cui allelenco previsto dalla lettera a), con lindicazione delle strutture pubbliche e private accreditate presso le quali tali tempi sono assicurati; d) la determinazione della quota minima delle risorse per il perseguimento dellobiettivo del Piano Nazionale di Contenimento dei Tempi di Attesa, ivi compresa la realizzazione da parte delle regioni del Centro Unico di Prenotazione (CUP), che opera in collegamento con gli ambulatori dei medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e le altre strutture del territorio (utilizzando in via prioritaria i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta); e) lattivazione nel Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) di uno specifico flusso informativo per il monitoraggio delle liste dattesa, che costituisca obbligo informativo; f) la previsione che a certificare la realizzazione degli interventi in attuazione del PNCTA provveda il Comitato permanente per la verifica dellerogazione dei LEA. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 235 dattesa - diventa cos per le Regioni una sorta di vademecum sul tema del contenimento delle liste dattesa: esse dovranno attivarsi utilizzando al massimo le opportunit legate alladeguata organizzazione della libera professione, riordinando il sistema delle prenotazioni in modo ottimale in funzione dei bisogni del territorio. Al fine di evitare inappropriati ricorsi a prestazioni ambulatoriali e di ricovero, inoltre, elaborano piani di intervento per il miglioramento della qualit prescrittiva, mediante ladozione di linee guida e percorsi diagnostico-terapeutici condivisi con i soggetti prescrittori per quelle prestazioni a maggiore criticit e con liste dattesa pi lunghe, anche in coerenza con quanto previsto dalla Commissione Nazionale sullappropriatezza (17). In caso di mancata adozione del Piano regionale attuativo, le Aziende sanitarie applicano direttamente i tempi fissati a livello nazionale ed entro 90 giorni dalladozione del Piano attuativo regionale, le aziende adottano un programma attuativo aziendale. Fermo restando il principio di libera scelta da parte del cittadino, il programma attuativo aziendale provvede a recepire i tempi massimi di attesa per le prestazioni previste nel Piano nazionale; in esso, sentite le organizzazioni sindacali del comparto e della dirigenza medica e i rappresentanti delle associazioni dei pazienti e dei consumatori, sono definite le misure previste in caso di superamento dei tempi stabiliti, senza oneri a carico degli assistiti, se non quelli dovuti come partecipazione alla spesa in base alla normativa vigente. 3. Le liste di attesa fra mancata responsabilizzazione e sanzioni non applicate Come visto, nel corso degli anni non sono mancati i tentativi di porre argine al fenomeno in analisi, che, soprattutto in alcune zone del territorio e per alcune tipologie di prestazioni, si presenta in termini davvero preoccupanti. Nel panorama dei servizi sanitari la persistenza di lunghe liste di attesa non (17) Nonch con quanto previsto, per tale materia, dagli accordi collettivi nazionali dei medici convenzionati. Il Piano nazionale prevede un elenco (da rivedere annualmente) di prestazioni ambulatoriali ed ospedaliere individuate a partire dallesperienza di monitoraggio dei tempi di attesa svolte in attuazione dellaccordi Stato-Regioni del 2002 e stilato rispetto alla criticit nei tempi di erogazione e/o al loro particolare impatto sulla salute dei cittadini e sulla qualit dei servizi. Lelenco comprende prestazioni individuate: in specifiche aree critiche di bisogno assistenziale; prime visite specialistiche in branche caratterizzate da una forte domanda assistenziale; in settori ad alta complessit tecnologica, per le quali, al contrario, si rileva un frequente ricorso inappropriato, a fronte di un costo elevato delle stesse; in ambiti che presentano forti differenze di accessibilit nelle diverse realt regionali. Le aree prese in considerazione sono quelle oncologica, cardiovascolare, materno infantile, geriatrica nonch le visite specialistiche di maggior impatto. Per le prestazioni comprese in queste aree, il tempo massimo di attesa individuato dalla Regione dovr essere garantito per il 90% dei pazienti, a prescindere dallindividuazione delle priorit di accesso alle medesime, che comunque andranno a garantire classi di priorit con un arco temporale minore rispetto a quello evidenziato, per alcune prestazioni ambulatoriali e di ricovero. 236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 leccezione in diverse regioni: quello che ci si sente di affermare in questa sede che il problema maggiore risiede, probabilmente, nella mancata attuazione o nellelusione di molte norme. Non ci si deve meravigliare dunque di fronte a notizie come quella secondo cui con una assai recente delibera, approvata dalla giunta regionale toscana, l'assessore per il diritto alla salute impegna ancora i servizi sanitari sul fronte delle liste di attesa e mette sul piatto un investimento di 2,5 milioni di euro per nuove tecnologie e risorse professionali. Il provvedimento stabilisce che a decorrere dal 30 ottobre prossimo il tempo massimo di attesa per le visite di chirurgia generale e di urologia non potr superare i 15 giorni. Nel caso in cui l'Azienda sanitaria non riuscisse a fornire la prestazione entro questa scadenza, almeno in uno dei suoi presidi (sia pubblico, sia privato accreditato), dovr corrispondere al cittadino un indennizzo di 25 euro. In queste pagine, lesempio riportato per mettere in evidenza come ormai gli amministratori pi avveduti colleghino lattuazione della suddetta normativa allintegrazione di forme di responsabilit e di risarcimento che dovrebbero indurre le strutture sanitarie ad una pi solerte attivit, pena la perdita di efficienza e competitivit, oltre allaumento dei costi di gestione. A due anni dalla sottoscrizione dellaccordo per lo sviluppo del PNCTA, il potenziamento dei CUP regionali ha sicuramente facilitato laccesso dei cittadini alle prestazioni ed dunque migliorata la gestione dei tempi di erogazione dei servizi; tuttavia le politiche di contenimento dei costi sanitari hanno, di fatto, attenuato gli effetti benefici dei CUP a causa della inadeguatezza delle risorse umane e strutturali (18). Questa carenza di risorse alimenta linsoddisfazione degli utenti e genera una empasse organizzativa che alla lunga potrebbe trasformarsi in volano per ricorsi onerosi contro le amministrazioni sanitarie, come dimostra anche la sentenza n. 2444/01 della Cassazione che ha riconosciuto ad un cittadino il diritto al rimborso delle spese mediche sostenute, in quanto, a causa tempi di attesa troppo lunghi, era stato costretto al ricovero presso una clinica privata per salvaguardare il proprio diritto alla salute (19). E risaputo che le problematiche maggiori che determinano lallungamento dei tempi nella somministrazione degli interventi sanitari si focalizzano sostanzialmente attorno a due fattori: il numero elevato delle prestazioni da erogare e le scarse potenzialit in risorse umane e strumentali delle strutture sanitarie (nei due fattori specifico peso hanno rispettivamente (18) Infatti, in alcune branche specialistiche sono ancora evidenti i ritardi nellerogazione di prestazioni importanti. Cfr. http://fnp.cisl.it/conquiste08.nsf/b826bc64b76665cdc1256bb80033ed00/c3b15 40776e93f15c125744f0056ad7c/$FILE/Indagine%20sulle%20liste%20d'attesa%20nella%20sanit%C% A0.pdf (19) http://www.ricercagiuridica.com/sentenze/index.php?num=86&search=rimborso%20spese% 20mediche LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 237 la limitata collaborativit fra attori coinvolti nella prescrizione delle prestazioni e linsufficiente utilizzo delle tecnologie dellICT) (20). Questi ingredienti sono fondamentali per il perseguimento degli obiettivi di salute e per il rispetto dei tempi delle prestazioni richieste, ma ci che si vuole sostenere in questa sede che esiste anche un aspetto pi giuridico se cos si pu dire della questione liste di attesa e della soddisfazione per il servizio reso. Si tratta del fattore responsabilizzazione e sanzione: in particolare, si vuole sottolineare come il mancato rispetto degli obiettivi sulle liste di attesa non sembra aver peso specifico nella valutazione dirigenziale sebbene la riforma delle norme sulla dirigenza ben postulerebbe il contrario (21), laddove non raggiungendo il risultato organizzativo atteso e richiesto pu integrarsi la fattispecie del danno erariale: e ci soprattutto grazie allevoluzione della giurisprudenza contabile che si dimostrata particolarmente sensibile al mutamento del quadro dei rapporti tra PA e cittadino, adeguandosi a nuove esigenze di tutela: a fronte della tradizionale concezione che faceva leva sul pregiudizio economico subito dalla pubblica amministrazione e, quindi, sullesclusiva lesione del patrimonio dello Stato o dellente pubblico [] la giurisdizione contabile stata cos estesa fino a coprire ipotesi di danno ambientale, di danno alla finanza pubblica, di danno [] al buon andamento dellamministrazione tanto che essa sembra ormai coprire il danno alla col- (20) Il numero di esami che possono essere evasi al giorno da ciascun ospedale o ambulatorio dipende da un preciso insieme di fattori: la disponibilit di medici, tecnici e, soprattutto, di apparecchiature e ci in relazione al fatto che ogni esame richiede un determinato tempo per la preparazione del paziente, per lesecuzione, per la raccolta e lanalisi del materiale da parte del medico, per la refertazione, per la firma e larchiviazione. In questo calcolo della tempistica necessaria per ogni singolo esame, non va dimenticato che bisogna riservare quotidianamente uno spazio per gli esami urgenti. Cos, ad esempio, gli ospedali principali hanno spesso moltissime richieste, ma sono anche quelli che dispongono delle risorse economiche necessarie per acquistare pi macchinari e quindi erogare un maggior numero di prestazioni. Eppure le file restano un problema, perch la domanda sempre troppo alta rispetto alle possibilit della struttura. Allo stesso modo gli ospedali pi piccoli, o con una specializzazione minore, hanno tempi dattesa lunghi perch il numero di richieste che ricevono comunque spesso troppo elevato per le loro potenzialit. In generale diventa di primaria importanza il ruolo svolto dai Medici di medicina generale (o medici di famiglia) i quali dovrebbero proporsi, rispettando il principio dellappropriatezza delle cure, come filtro per le strutture sanitarie di erogazione delle prestazioni. Troppo spesso, infatti, si assiste ad un uso improprio degli esami diagnostici da parte dei cittadini. E dunque di primaria importanza la partecipazione dei rappresentanti della categoria dei professionisti (verso i quali sussiste la responsabilit contabile, secondo un orientamento estensivo della Corte dei conti. Cfr. nota n. 12 in L. TRUCCHIA, Le funzioni di direzione e gestione della dirigenza medica. Nuove tendenze in tema di responsabilit, in Diritto pubblico, 2, 2003, pag. 659) ai tavoli di lavoro per la razionalizzazione delle prestazioni, onde evitare la perpetuazione di un eccesso dal lato della domanda. (21) E appena il caso di ricordare che il citato d.p.c.m. 16 aprile 2002 allart. 5 dispone solo che: l'inosservanza dei tempi massimi dattesa costituisce un elemento negativo da valutare ai fini dell'attribuzione della quota variabile del trattamento economico del direttore generale connesso ai risultati di gestione ottenuti e agli obiettivi di salute conseguiti. Il Direttore Generale valuta la responsabilit dell'inosservanza dei tempi d attesa e dei criteri di appropriatezza ed urgenza all'interno dell'azienda sanitaria anche al fine dell'attribuzione della retribuzione di risultato del Direttore Sanitario e dei dirigenti di struttura complessa o semplice interessati. 238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 lettivit (22). In sostanza, in tema di responsabilit le problematiche pi complesse sono orami da collegare alle funzioni ed ai poteri tipicamente manageriali che il medico dirigente chiamato a svolgere []. Volendo riservare particolare attenzione alla responsabilit conseguente alle scelte organizzative e di gestione, acquistano rilevanza i rapporti tra responsabilit dirigenziale e responsabilit c.d. amministrativa verso la struttura, derivante dallaver cagionato alla struttura stessa un pregiudizio patrimoniale. Entrambe sono poste, infatti, a tutela dellefficienza dellefficacia e delleconomicit dellazione amministrativa (23) sebbene siano differenti i presupposti ed i meccanismi di funzionamento e diverse siano le conseguenze. Invero oggi, da un lato, sono ben pi estese le ipotesi di danno erariale configurabili in capo al dirigente: non a caso la giurisprudenza e la dottrina tendono sempre pi a individuare il danno erariale anche nel danno per impiego non funzionale ed efficiente nelle risorse pubbliche, nella mancanza totale o parziale di utilit nella destinazione di risorse pubbliche, nel mancato conseguimento del risultato prefissato allazione dei pubblici poteri(24); dallaltro, riferendosi alla responsabilit dirigenziale tout court, va ribadito che lazione amministrativa deve essere giudicata e valutata per i risultati che ottiene e la responsabilit per tali risultati deve potersi individuare specificamente in capo a soggetti determinati che assumono poteri, obblighi e doveri proprio in misura corrispondente a quei ri- (22) Cos L. TRUCCHIA, cit, pag. 655 e ss. (23) Cos L. TRUCCHIA, cit, ibidem. (24) L. TRUCCHIA, cit., pag. 661. Qui la. fa riferimento al caso specifico di danno conseguente alla cattiva gestione di fondi sanitari. A fronte dellutilizzo inefficiente o inefficace delle risorse, si dovrebbe procedere alla valutazione del pregiudizio facendo riferimento alla minore quantit o inferiore qualit delle prestazioni rese, oppure al maggior costo sostenuto per lerogazione delle stesse e, cio, alla lesione dellinteresse concreto alla maggior quantit e alla miglior qualit possibile delle prestazioni in relazione alla risorse disponibili. Pi in generale la Corte dei Conti ha avuto modo di precisare in numerose sentenze che il danno allerario pu essere rinvenuto anche nei casi di disservizio, quando la condotta dolosa o gravemente colposa di un singolo soggetto abbia prodotto effetti negativi nella gestione di un servizio pubblico desostanziandolo. Nel caso di organizzazioni pubbliche con investimenti e costi di gestione giustificati dalle attese di utilit e di previsti benefici, il disservizio consisterebbe, in particolare, nel mancato raggiungimento delle utilit che erano state previste nella misura e qualit ordinariamente ritraibile dalla quantit delle risorse investite e perci, in maggiori costi dovuti a spreco di risorse economiche o nella mancata utilit ritraibile dalle somme spese. In effetti anche nella ipotesi in cui lamministrazione o lazienda pubblica non sopporti alcuna spesa ulteriore per assicurare lerogazione del servizio pubblico, indubbio che, a fronte di un disservizio che abbatte il livello della qualit delle prestazioni erogate, il minore risultato conseguito a livello di efficienza fa crescere il costo unitario della prestazione, con un riflesso immediato nel rapporto tra costi sostenuti e risultati effettivamente conseguiti anche qualora il costo complessivo sia rimasto immutato. Comunque tanto nel caso di accertamento di risultati negativi che nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati la responsabilit del dirigente sembra avere come presupposto la violazione di obblighi, definiti in particolare da direttive ed indirizzi dellorgano di governo, ma anche da atti normativi o da atti di portata generale come le carte di servizi, che confluiscono inevitabilmente a determinare lampiezza della prestazione di lavoro del dirigente qualora a questultimo siano stati affidati compiti organizzativi e di gestione (pag. 694). LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 239 sultati attesi. Per esaminare la responsabilit dei dirigenti, dunque, non si pu prescindere dal valutare le prestazioni dellamministrazione sanitaria di riferimento e le scelte effettuate sotto il profilo della corrispondenza tra direttive impartite, obiettivi assegnati e risultati ottenuti. Inevitabilmente, del resto, vi sono riflessi nella valutazione dei risultati con lintroduzione di criteri di economicit ed efficienza nella gestione del servizio sanitario e con lobbligo giuridico di modulare la propria attivit non solo in funzione della qualit e dellappropriatezza delle cure (25). A questo punto doveroso chiedersi in che misura in termini qualitativi e quantitativi sia avvenuta limplementazione di tali norme nel valutare lattivit dei dirigenti dei servizi sanitari. Considerando gli esiti, lecito dubitare della loro sostanziale applicazione. 4. Una complicazione/soluzione del problema? La direttiva europea sulle liste di attesa Ora, in questa disamina giuridica, non si pu ignorare il ruolo che altre norme non nazionali hanno e potrebbero avere nellambito della questione liste di attesa: in particolare lattenzione va posta sulla proposta di direttiva sulle cure transfrontaliere attualmente in discussione in sede comunitaria. E noto come generalmente le persone preferiscano ricevere cure mediche e/o prestazioni sanitarie vicino al luogo di residenza; ci nonostante gi da tempo la Corte di Giustizia ha affrontato il tema delle cure sanitarie allestero e dellimpatto del diritto della circolazione sulla tutela del diritto alla salute (26). Del resto non mancano certo le circostanze in cui possibile per i pazienti trarre benefici nel ricevere cure sanitarie altrove rispetto al luogo dove abitualmente vivono: non solo nelleventualit che il pi vicino centro di cure sia (25) Lart. 15 ter, co.3, d.lgs. n. 502/1992 prevede che gli incarichi, sia di direzione di struttura che di natura professionale, sono revocati secondo le procedure previste dalle disposizioni vigenti e dai contratti collettivi nazionali di lavoro in caso di: inosservanza delle direttive impartite dalla direzione generale o dalla direzione del dipartimento; mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati; responsabilit grave e reiterata; in tutti gli altri casi previsti dai contratti di lavoro. Ed infatti il conseguimento degli obiettivi assistenziali, di diagnosi e cura e di tutela della salute pubblica considerato [] perno produttivo dellazienda sanitaria e fine istituzionale di essa, perseguito ad ogni livello e, per questo, costituisce parametro di valutazione per tutti i dirigenti []. Con riferimento, invece, allaccertamento dei risultati negativi della gestione, si sottolineato come le attivit organizzativo-gestionali, funzionali allassistenza, debbano essere orientate a correggere le inefficienze dellattuale sistema: se producono sprechi di risorse, se consentono il mancato rispetto di tempi e di standard qualitativi e quantitativi, se tollerano inerzie ed omissioni e se, nel complesso, tutto ci ha evidenti riflessi negativi sullintera struttura, il dirigente sar chiamato a risponderne. Cos L. TRUCCHIA, cit., pag. 693-694. (26) Nelle cause riunite 286/83 e 26/83, Graziana Luisi e Giuseppe Carbone c. Ministero del Tesoro [1984] Racc. I-377, la Corte ha affermato un principio generale di estrema importanza secondo il quale la libera prestazione dei servizi comprende la libert, da parte dei destinatari dei servizi, di recarsi in un altro stato membro per fruire ivi di un servizio, senza essere impediti da restrizioni [] e che i turisti, i fruitori di cure mediche e coloro che effettuano viaggi di studio o daffari devono essere considerati destinatari di servizi (paragrafo 16). 240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 oltre il confine, ma soprattutto quando ci si voglia curare in un centro deccellenza o quando i trattamenti sanitari risultino essere erogati pi velocemente. E quasi superfluo sottolineare come lapertura delle frontiere ai pazienti, bench concepita secondo logiche di mercato, costituisca un potenziamento della tutela alla salute, rafforzando il diritto di scelta. E tuttavia evidente che la circolazione dei pazienti disgiunta da adeguate risorse economiche assume una pronunciata connotazione elitaria (ad es. in mancanza del rimborso delle spese mediche sostenute) (27): non a caso la Corte di giustizia ha cercato di individuare le basi giuridiche di riferimento relative al sostegno economico per le cure allestero, alla tipologia di cure che possono essere rimborsate, alle condizioni di rimborso. Nelle sue pronunce sono stati enunciati principi che hanno finito per mettere in discussione alcuni dei presupposti fondanti dei sistemi di protezione sociale statali e si trovano aperture sostanziali per lampliamento dei diritti dei pazienti europei. In particolare grazie alle sentenze della Corte si passati a sostenere la possibilit di ricevere il rimborso condizionata allottenimento di unautorizzazione da parte delle autorit sanitarie dello stato di origine del paziente (28), alla precisazione secondo la quale il requisito dellautorizzazione non deve costituire un ostacolo alla libera prestazione dei servizi (29). In pratica si comincia a concretizzare la possibilit per i pazienti di fruire di (27) Cfr. MARCO DANI, Il diritto costituzionale nellepoca della circolazione dei fattori di produzione, in http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0030_dani. pdf (28) Per un lungo periodo, infatti, il diritto al rimborso delle spese mediche sostenute in altri stati membri stato disciplinato dallart. 22 del regolamento n. 1408 del 1971 (sostituito da art. 20 del Regolamento (CE) n. 883/2004, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, in GU L 166 del 30 aprile 2004, p. 1). Tale autorizzazione era dovuta se sussistevano due requisiti, ossia se le cure mediche fruite allestero erano previste dalla legislazione dello stato dorigine e se il trattamento richiesto non era disponibile entro il lasso di tempo normalmente necessario per il suo ottenimento nello stesso stato dorigine. Soddisfatte queste condizioni, il paziente aveva diritto al rimborso integrale delle spese da parte del proprio stato. Si veda Causa 117/77, Bestuur Van Het Algemeen Ziekenfonds Drenthe-Platteland c. G. Pierik [1978] Racc. I-825. (29) Come si legge in M. DANI, cit., alla fine degli anni 90, si verificano quasi contemporaneamente due vicende che porteranno la Corte di giustizia ad ampliare la possibilit di ottenere il rimborso delle spese mediche. In un primo caso, un genitore lussemburghese, nonostante il diniego dellautorizzazione da parte dellufficio medico della previdenza sociale, decide ugualmente di far curare la figlia da un ortodontista stabilito in Germania e, vistosi rifiutare il rimborso, ricorre di fronte al giudice nazionale. Nel secondo caso, sempre un cittadino del Lussemburgo agisce in giudizio per ottenere il rimborso delle spese sostenute in Belgio per lacquisto non autorizzato di un paio di occhiali. Si tratta di casi solo apparentemente marginali: la Corte di giustizia, infatti, pone le premesse per decisioni future assai importanti. In Kohll (Causa 158/96, Raymond Kohll c. Union des caisses de maladie [1998] Racc. I-1931) e Decker (Causa 120/95, Nicolas Decker c. Caisse de maladie des employs privs [1998] Racc. I-1831) si inizia in altre parole a valutare quale sia limpatto del diritto della circolazione sulla materia previdenziale. La Corte sottolinea nella propria decisione che il diritto comunitario non lede la competenza degli stati membri ad organizzare i loro LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 241 cure somministrate in altri stati membri anche al di fuori dei margini previsti dalla legislazione comunitaria, fatta eccezione per le cure ospedaliere (30); per queste ultime, tuttavia, in ossequio al principio di proporzionalit, la Corte ha ridefinito la cornice entro cui lautorizzazione pu essere rilasciata sistemi previdenziali. Ma, nellesercizio delle proprie competenze gli stati devono rispettare gli obblighi comunitari e, segnatamente, il principio della libera prestazione dei servizi (artt. 49-50 TCE). Precisa, poi, che se lart. 22 del regolamento 1408/71 stabilisce una procedura per il rimborso delle spese mediche, gli artt. 28, 49 e 50 TCE a loro volta possono dare luogo a rimborso di spese che non siano state preventivamente autorizzate. Bench compatibili con lart. 22, infatti, le autorizzazioni richieste dalla legislazione statale determinano ostacoli alla circolazione dei servizi e delle merci in quanto, subordinando il rimborso dei servizi o dei beni acquistati allestero ad un procedimento amministrativo non previsto qualora lo stesso acquisto si verifichi nello stato dorigine, esse hanno leffetto di scoraggiare gli interessati dal rivolgersi a medici o rivenditori di prodotti sanitari stabiliti in altri stati membri! Occorre dunque verificare se simili ostacoli possono essere giustificati. Gli argomenti fatti valere dai governi nazionali a sostegno del procedimento autorizzatorio riguardano da un lato la necessit di garantire un controllo sulla qualit delle prestazioni mediche fruite allestero, dallaltro lesigenza di mantenere il controllo sulle spese sanitarie: il primo argomento viene agevolmente superato osservando che le qualifiche di medici e operatori sanitari stabiliti nei vari stati membri sono state uniformate da apposite direttive comunitarie che, di conseguenza, garantiscono la qualit dei servizi offerti nel mercato comune. Per il secondo argomento, invece, la Corte riconosce che in astratto il rischio di una grave alterazione dellequilibrio finanziario del sistema previdenziale pu giustificare lesistenza di un ostacolo alla circolazione, ma afferma altres che tale rischio non si verifica nei casi in questione. Si evidenzia infatti che i rimborsi richiesti dai ricorrenti, essendo commisurati alle tariffe dello stato dorigine, non vanno ad incidere significativamente sullequilibrio finanziario del sistema previdenziale. (30) La questione viene affrontata in Smits e Peerbooms (Causa 157/99, B.S.M. Smits, coniugata Geraets c. Stichting Ziekenfonds VGZ e H.T.M. Peerbooms c. Stichting CZ Groep Zorgverzkeringen [2001] Racc. I-5473). In un primo caso, la signora Smits aveva fruito in Germania di un trattamento specialistico per il morbo di Parkinson. Il signor Peerbooms, invece, era stato ricoverato in Austria per essere sottoposto a terapia intensiva mediante neurostimolazione, cura non disponibile nello stato dorigine. In entrambi i casi i pazienti si erano rivolti senza successo alla propria cassa malattia per ottenere il rimborso. Per la legge olandese, le cure mediche allestero vanno autorizzate e per poterlo essere devono risultare necessarie e rientrare tra le cure usuali (e, quindi, non sperimentali) secondo la concezione prevalente nellambito medico nazionale. La Corte di giustizia, dopo aver precisato che tutte le attivit mediche, comprese quelle ospedaliere, rientrano nella nozione comunitaria di servizi (laddove si sia proceduto a remunerazione degli istituti di cura), e aver ribadito che il requisito dellautorizzazione determina un ostacolo alla libera prestazione dei servizi, si chiede se esistono ragioni che inducono a mantenere il procedimento di autorizzazione. La Corte ne individua in astratto tre: gli ostacoli alla libera prestazione di servizi nellambito delle cure ospedaliere si possono giustificare quando vi sia un rischio di grave alterazione dellequilibrio finanziario del sistema previdenziale, quando siano funzionali al mantenimento di un servizio medico ospedaliero equilibrato ed accessibile a tutti, quando sia in gioco la conservazione del sistema sanitario nazionale o di una competenza medica nel territorio nazionale. A differenza di quanto visto in Kohll, nel caso di cure ospedaliere il requisito dellautorizzazione viene ritenuto un valido strumento per conseguire quegli obiettivi. La Corte riconosce la natura specifica delle prestazioni mediche dispensate dagli istituti ospedalieri. In particolare, viene sottolineata la necessit per gli stati di sottoporre tali prestazioni a programmazione al fine da un lato di assicurare la possibilit di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure ospedaliere di qualit, dallaltro di garantire un controllo dei costi ed evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche ed umane. Su queste basi, il requisito della previa autorizzazione allassunzione degli oneri finanziari per cure ospedaliere prestate in altro stato membro viene ritenuto necessario e ragionevole. 242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 (31): precisamente, lautorizzazione alle cure ospedaliere non pu dipendere dalla discrezionalit delle singole amministrazioni nazionali ma deve riferirsi a requisiti di obiettivit (internazionali) affermati in relazione alla tipologia delle cure rimborsabili (32). La Corte introduce anche un tema che nel futuro dar luogo ad importanti evoluzioni: la tempestivit del trattamento e dunque la rilevanza del fattore tempo nella valutazione della necessit della cura per la quale si richiede lautorizzazione (33). In altre parole lautorizzazione dovuta quando il trattamento richiesto, pur previsto nelle strutture ospedaliere nazionali convenzionate, non sia disponibile nei tempi richiesti dalla condizione clinica e dagli antecedenti del paziente. Ecco, dunque, che linterpretazione delle norme sulla circolazione dei servizi (cure mediche) e delle persone (pazienti) si avvia ad incidere sulle liste di attesa e spinge in qualche modo i servizi sanitari allefficienza: ci perch, se vero che lo stato dorigine non pu avvantaggiarsi economicamente della mancata cura di un (31) Va ricordato che nel caso Smits e Peerbooms (paragrafi 86-87) la legislazione olandese faceva riferimento alle cure usuali secondo la prevalente concezione medica nazionale. Qui la Corte non interviene di fronte alle scelte compiute in autonomia dagli stati membri, sostenendo che gli stati membri possono definire elenchi di trattamenti medici ed ospedalieri coperti dal sistema di protezione sociale senza interferenza da parte del diritto comunitario (paragrafo 90). La Corte, tuttavia, afferma altres che un regime di previa autorizzazione amministrativa non pu legittimare un comportamento discrezionale da parte delle autorit nazionali, tale da privare le disposizioni comunitarie, in particolare quelle relative ad una libert fondamentale [] di unapplicazione utile []. Pertanto, un regime di previa autorizzazione amministrativa, perch sia giustificato anche quando deroga ad una libert fondamentale, deve essere fondato in ogni caso su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo alle imprese interessate, in modo da circoscrivere lesercizio del potere discrezionale delle autorit nazionali affinch esso non sia usato in modo arbitrario. (32) La Corte ha stabilito cio che la legislazione olandese non rispetta questi requisiti di obiettivit, laddove registra che la presa in considerazione dei soli trattamenti normalmente praticati nel territorio nazionale al fine della verifica della loro natura usuale rischia di privilegiare nei fatti i prestatori di cure olandesi (Smits e Peerbooms, paragrafi 96-97). (33) E chiaro che tale soluzione suggerita dalla Corte amplia lofferta di cure per i pazienti, ma altrettanto evidente che essa finisce per interferire in maniera rilevante con lequilibrio finanziario dei sistemi sanitari nazionali e, in particolare, di quelli dotati di minori risorse. Si noti che contestualmente a Smits e Peerbooms, la Corte di giustizia decide anche il caso Vanbraekel (Causa 368/98, Abdon Vanbraekel e altri c. Alliance nationale des mutualits chrtiennes (ANMC) [2001] Racc. I-5363. ). Qui il tema principale la quantificazione dellimporto del rimborso per cure mediche ricevute allestero in assenza di autorizzazione. Qui la Corte non si limita ad affermare che linteressato a cui sia stata illegittimamente negata lautorizzazione a rivolgersi a strutture sanitarie di altri stati membri ha diritto di ottenere in base al regolamento 1408/71 la copertura totale delle spese di ricovero ospedaliero. Poich nel caso in questione il costo delle cure sostenute allestero era inferiore allimporto previsto dalla tariffa dello stato dorigine, la Corte afferma che, in base allart. 49 TCE, il paziente ha diritto anche ad un rimborso complementare pari alla differenza tra i due importi. Le implicazioni di tale principio sono di notevole importanza e riguardano ancora la diversa intensit che pu assumere il principio di proporzionalit. Non solo la Corte di giustizia chiarisce che lo stato dorigine non pu risparmiare a seguito della migrazione dei propri pazienti approfittando delle tariffe meno costose degli stati dove la cura viene effettivamente erogata. Implicito alla soluzione adottata vi anche il riconoscimento che i cittadini hanno diritto ad un quantum di rimborso che essi possono spendere in strutture statali o, nel rispetto di determinate condizioni, in strutture straniere cos M. DANI, cit. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 243 proprio cittadino (se le cure da rimborsare sono pi basse), assai probabile che possa rimetterci. Infatti, in primo luogo, il principio della presa in carico integrale delle cure sostenute allestero in base allart. 22 vige anche quando queste siano pi costose di quelle nazionali; in secondo luogo, il fatto che lo stato dorigine sia obbligato a riconoscere al proprio paziente limporto delle cure sostenute allestero non lo sottrae certo dal sostenere le spese per il mantenimento delle proprie strutture ospedaliere. Si concorda quindi con chi ha osservato che lo stato dorigine si pu trovare in realt a dover pagare - a causa della sua inefficienza - due volte per uno stesso paziente, con leffetto perverso di minare alle basi lequilibrio finanziario (34). Limportanza del tema sulle liste di attesa sembra aumentare allorquando la Corte di giustizia ribadisce che, nel valutare le condizioni per il rilascio dellautorizzazione ad un trattamento allestero, devono trovare accoglimento considerazioni relative ai tempi di attesa troppo lunghi e tali da compromettere lefficacia delle cure (35). Largomento in questione diventa centrale, poi, nel momento in cui le modifiche allart. 22 del regolamento 1408/71 prevedono lobbligo di concedere lautorizzazione qualora le cure non possano essere praticate nello stato dorigine entro un lasso di tempo accettabile sotto il profilo medico: un sistema di liste dattesa rimane ammissibile, ma questo non pu andare a discapito dellefficacia delle cure ai pazienti (36). Si richiede perci un nuovo bilanciamento tra esigenze organizzative e finanziarie dello stato e diritti individuali dei cittadini: ovvero necessit economiche e organizzative possono essere tenute in considerazione nella misura in cui non si rive- (34) G. DAVIES, The Process and Side-Effects of Harmonisation of European Welfare States, Jean Monnet Working Paper, 2/06, http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/06/060201.html, p. 30. (35) Causa 385/99, Mller-Faur e Van Riet [2003] Racc. I-4509. Qui la Corte consente alle autorit nazionali di poter rifiutare lautorizzazione a recarsi allestero solo se analogo trattamento pu essere erogato tempestivamente dalle strutture ospedaliere nazionali convenzionate tenuto conto della condizione clinica del paziente richiedente. (36) Si noti che la disposizione del nuovo art. 22 entra nella decisione delle cause Inizan (Causa 56/01, Patricia Inizan c. Caisse primarie dassurance malarie des Hauts-de-Seine [2003] I-12403) e Watts (Causa 372/04, The Queen (on the application of Yvonne Watts) v. Bedford Primary Care Trust, Secretary of State for Health [2006] Racc. I-4325). In questultima, la Corte di giustizia affronta la vicenda di una signora inglese che, affetta da artrite acuta e preoccupata dai tempi di attesa stabiliti dal National Health Service, chiede di potersi fare operare in Francia per lapposizione di una protesi allanca. Rientrata in patria dopo loperazione, inoltra domanda di rimborso spese e, a fronte di un diniego, ricorre in giudizio. Secondo la Corte se i tempi previsti in base al sistema delle liste sono inferiori o uguali a quello accettabile alla luce di una valutazione medica obiettiva dei bisogni clinici del paziente, le autorit amministrative sono legittimate a rifiutare lautorizzazione. Consentire il rimborso dei trattamenti in questi casi, infatti, significherebbe compromettere gli sforzi di pianificazione e razionalizzazione compiuti dai sistemi sanitari nazionali. Se per i tempi delle liste eccedono quelli richiesti dalle condizioni del paziente, lautorizzazione dovuta, anche se il costo per il sistema nazionale dorigine pu risultare superiore (Watts, paragrafi 70-79). La Corte precisa, tuttavia, che in caso di mancata assunzione integrale delle spese da parte dello stato ospitante, non vi un diritto al rimborso totale da parte dello stato di origine, tenuto a garantire la copertura delle spese nei limiti della quota virtuale prevista per la cura in questione dalla tariffa nazionale. 244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 lino pregiudizievoli per il singolo paziente. Qualora tale eventualit si verifichi, questultimo pu decidere di recarsi allestero per ottenere le cure e spedire il conto al proprio stato. Ci che si vuole assicurare, in sostanza, lalta qualit dei servizi sanitari messi a disposizione dei pazienti: la questione di primaria importanza, non a caso il diritto alle cure sanitarie riconosciuto dalla Carta dei Diritti Fondamentali dellUnione Europea. Oramai un dato di fatto che i sistemi sanitari e le relative politiche dei Paesi membri stanno diventando sempre pi interconnesse e ci non solo grazie alla circolazione di pazienti e professionisti, ma anche per la diffusione di nuove tecnologie mediche e lutilizzo di quelle informatiche. Le maggiori interconnessioni, tuttavia, amplificano talune problematiche di politica sanitaria: la richiesta dinformazioni per pazienti; la qualit e laccesso a trattamenti sanitari; la preparazione dei professionisti; la cooperazione sanitaria; larmonizzazione delle norme, etc. (37). A tal fine, da tempo la Commissione Europea ha invitato i ministri degli Stati Membri e i rappresentanti della societ civile a prendere parte ad un processo di riflessione sulla mobilit dei pazienti e lo sviluppo del sistema sanitario in Europa (38). A seguito di questa consultazione, nel luglio 2004 la Commissione affida ad un High Level Group la verifica della messa in pratica di una direttiva sulla fattiva collaborazione tra i sistemi sanitari nazionali nellUE. E nel luglio 2008 viene predisposta una proposta di direttiva sullassistenza sanitaria transfrontaliera (39), che ha come obiettivo l'istituzione di un quadro normativo comunitario sulla mobilit dei pazienti. Tale quadro comprende principi comuni a tutti i sistemi sanitari dell'UE; norme specifiche per l'assistenza sanitaria transfrontaliera; e modalit per la cooperazione nei sistemi di assistenza. Tenendo conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, la proposta in oggetto mira a costruire precisi riferimenti giuridici per lassistenza sanitaria transfrontaliera all'interno del territorio comunitario. Da un punto di vista pratico, la sua approvazione consentirebbe ai cittadini europei di fruire dell'assistenza sanitaria negli altri Stati membri con conseguente rimborso dei costi, senza autorizzazione preventiva se si tratta di cure non ospedaliere e su base di autorizzazione preventiva in caso di cure ospedaliere e specializzate (40). (37) E appena il caso di ricordare che gli Stati membri dellUnione Europea sono i principali responsabili dei propri Sistemi Sanitari; ogni Stato membro gestisce lorganizzazione ed eroga prestazioni sanitarie e cure mediche nel proprio territorio secondo lArt. 152 TEC, in alcuni stati le cure sono gratuite, in altri parzialmente gratuite, mentre in altri ancora occorre pagare le spese sanitarie per intero e poi chiederne il rimborso: ad esempio chi si dovr recare al pronto soccorso di Madrid o Londra non sar tenuto a pagare la prestazione medica ricevuta, mentre in altri casi, come a Bruxelles, sar vincolato dal pagamento della cura ricevuta e a richiederne il rimborso al rientro. (38) Comunicazione sulla mobilit dei pazienti e lo sviluppo della sanit nellUE, COM (2004) 301 del 20 Aprile 2004, in http://ec.europa.eu/health/ph_overview/co_operation/mobility/docs/comm_ health_services_comm2006_it.pdf (39) Proposta di direttiva 2008/0142. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 245 La direttiva prevede anche il riconoscimento delle prescrizioni mediche rilasciate in un altro Stato membro, lo sviluppo di reti europee dei fornitori di assistenza sanitaria, la realizzazione di sistemi di sanit elettronica (e-Health) e una pi forte cooperazione in materia di gestione delle nuove tecnologie sanitarie (41). Con il nuovo impianto normativo, dunque, la possibilit di scegliere il luogo in cui andare a curarsi verrebbe giuridicamente definita e porrebbe i cittadini europei su un piano di maggiore parit sia nel settore della sanit pubblica che in quella privata. Il risultato che si vorrebbe ottenere quello di consentire ad un paziente di non subire le conseguenze di un sistema sanitario che funziona male, dandogli la possibilit di andare nel Paese in cui ritiene ci siano condizioni migliori. Le ricadute di questa direttiva potrebbero comunque avere un forte impatto sulla spesa sanitaria dei singoli Stati membri. Non un caso allora se il provvedimento continua ad essere rimandato da mesi per paura di un incremento su larga scala del turismo della salute e risulta ostacolato soprattutto dai Paesi con sistemi sanitari meno efficienti o in cui ci sono lunghe liste dattesa. Lunico limite al rischio di ricadute negative sui bilanci delle strutture di assistenza sanitaria risiede in una norma paracadute: ciascun Paese potr prevedere un tetto massimo di spesa da finanziare per evitare il dissesto. In Italia le cose sono complicate ulteriormente perch a decidere rimborsi (40) Ci sono, ovviamente, pareri diversi. Si veda per esempio http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7140; oppure http://www.prcbergamo.it/index2.php?option=com_content& do_pdf=1&id=804 (41) Nel campo delle-Health, in particolare, la direttiva propone l'interoperabilit transfrontaliera dei sistemi delle cartelle cliniche elettroniche. I pazienti, ma soprattutto i medici, potrebbero accedere cos, in qualsiasi momento e ovunque si trovino, a informazioni importanti archiviate in sistemi di registrazione elettronica dei dati clinici. Per dimostrare i benefici di tale interoperabilit la Commissione ha cofinanziato un progetto, sostenuto da 12 Stati membri tra cui l'Italia, che si chiama Smart Open Services (SOS). La registrazione elettronica dei dati avverr su base puramente volontaria e su richiesta del cittadino, rispettando il suo diritto alla riservatezza. Sar elaborato un quadro sintetico delle informazioni da inserire nelle banche dati sanitarie, come il gruppo sanguigno, le allergie note, i problemi medici e informazioni specifiche su eventuali terapie seguite dal paziente. Sempre su base volontaria, i centri specializzati dei diversi Stati membri potranno partecipare a reti europee di riferimento, che hanno l'obiettivo di fornire ai pazienti un accesso pi agevole a cure altamente specializzate. Il progetto costituisce il primo passo verso la soluzione dei problemi che i medici incontrano con i pazienti che necessitano di trattamenti sanitari all'estero. Si pensi alla prescrizione di farmaci essenziali che il paziente pu aver perso, alla comunicazione delle condizioni di salute a medici che parlano un'altra lingua, alla diagnosi di malattie e alla prescrizione dei farmaci pi adatti senza avere una conoscenza approfondita della storia clinica del paziente. Anche se vari Stati membri hanno gi istituito cartelle cliniche elettroniche, molti di questi sistemi (nazionali) non sono in grado d'interagire. Il progetto tenter di garantire la compatibilit delle informazioni mediche in formato elettronico indipendentemente dalla lingua o dalla tecnologia utilizzata, senza richiedere l'istituzione di un sistema comune per l'intera Europa. Ci consentir ai professionisti del settore sanitario di accedere elettronicamente, nella loro lingua, ai dati di un paziente proveniente da un altro paese, utilizzando tecnologie e sistemi diversi. Il progetto permetter inoltre alle farmacie il trattamento elettronico delle prescrizioni di farmaci effettuate in altri Stati membri, in modo che i pazienti che si spostano nell'UE possano ottenere i medicinali necessari. 246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 ed autorizzazioni sono le Regioni. Oggi un paziente intenzionato a curarsi allestero deve presentare una richiesta alla sua Asl, allegando i pareri dello specialista che lo ha visitato; dopo aver avviato la pratica deve attendere il responso dell' Azienda sanitaria; se il parere negativo, al paziente garantito il diritto di scegliere un ospedale o un medico oltreconfine, ma il Sistema sanitario nazionale non rimborser le spese sostenute. La risposta positiva condizionata dalla mancanza in Italia di strutture specializzate ( il caso di molte malattie rare), o alla lunghezza delle liste d'attesa. Con la nuova direttiva, se il caso del paziente rientrer nelle condizioni ivi previste, non si potr pi negare il rimborso delle spese sostenute. In altre parole in una condizione come quella italiana, lapprovazione di questa direttiva potrebbe incrementare il fenomeno dellemigrazione sanitaria, attualmente non molto significativo e condizionare quello delle liste di attesa (42): lesasperazione dei pazienti per i tempi di attesa troppo lunghi, la facilit di spostamento e costi pi bassi rispetto al passato per recarsi nel luogo scelto per la cura potrebbero stimolare una maggiore mobilit. Sfruttando le possibilit offerte dal diritto di scelta, i pazienti emigrerebbero e in taluni casi si potrebbe verificare un decongestionamento delle file, con effetti non del tutto positivi per: da un lato infatti non pu non ravvisarsi un effetto di selezione dei pazienti (emigrano i pi informati, i pi abbienti, etc.) (43); dallaltro vi il rischio che le strutture sanitarie paghino di pi la prestazione richiesta (non solo perch il costo allestero maggiore ma anche per la diminuzione di eventuali effetti positivi da economie di scala). Per evitare questa eventualit, sicuramente possibile in condizioni di aumentata concorrenza, occorre accrescere la propria efficienza, provando a migliorare il rapporto costi/benefici: per non perdere pazienti e quindi la rimunerativit dei fattori di produzione si dovr puntare ad una maggiore competitivit e lavorare instancabilmente sulla qualit del servizio offerto, anche e soprattutto in termini di tempi di attesa (44). (42) L'Eurobarometro ha contribuito allo studio con un'indagine volta alla comprensione dell'effettiva mobilit transfrontaliera dei pazienti, dei benefici e dei problemi legati alle cure mediche all'estero. Lo si veda in http://ec.europa.eu/health/ph_overview/co_operation/healthcare/docs/ebs_210_en.pdf. Sulla sostenibilit finanziaria dei sistemi sanitari si veda invece http://www.epicentro.iss.it/temi/politiche_ sanitarie/financingHealthCare09.asp. Che il fenomeno dellemigrazione possa aumentare in breve tempo dimostrato dagli effetti della legge n. 140/2004 sulla procreazione assistita. Cfr. a titolo esemplificativo http://www.clicmedicina.it/pagine%20n%2028/fecondazione-assistita.htm; o http://salute24. ilsole24ore.com/bioetica/nascere_e_morire/1925_Legge_40:fecondazione_all_esteroper_10_mila _coppie.php (43) Per ottenere informazioni in merito alle liste di attesa di ogni Paese dellUnione Europea occorre rivolgersi ad ogni singolo Stato; se un cittadino europeo vuole curarsi in uno stato diverso da quello di appartenenza dovr rivolgersi allo Stato prescelto e attenersi alle regole sulle liste dattesa ivi vigenti. Non esistono liste dattesa che privilegiano i cittadini europei (nel rispetto del principio di uguaglianza), nella proposta di direttiva sono per previsti punti informativi dislocati in ogni stato (in numero da definirsi), in grado di dare la pi ampia e completa informazione al cittadino europeo che voglia curarsi oltreconfine. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 247 5. Prospettive future fra esigenze di responsabilizzazione, innovazione tecnologica e interazione fra norme Le difficolt nel governare il fenomeno delle liste di attesa non emergono ovviamente solo da queste pagine: sono avvalorate, infatti, da numerosi studi, i quali sottolineano tutti che la via maestra per contenere e risolvere il suddetto fenomeno va trovata allinterno di un sistema armonico di strumenti di varia natura (giuridici, organizzativi, etc.) ed utilizzando modi di collaborazione appropriati fra tutti gli attori del sistema, sia quelli operanti sul versante prescrittivo sia quelli di tutela del cittadino. Ogni sforzo deve essere volto a promuovere al massimo la capacit del servizio sanitario - a livello centrale e periferico - di intercettare il reale bisogno di prestazioni dei cittadini per garantire lincontro pi adeguato fra domanda e offerta di cure; le strutture sanitarie, in particolare, dovranno avere la consapevolezza di dover affrontare la continua sfida del soddisfacimento dei bisogni di salute attraverso con un servizio efficiente rapido ed economico in un contesto di risorse disponibili che sembra ridursi nel tempo. E noto che in unepoca come quella attuale la continua crescita delle richieste di prestazioni specialistiche genera una notevole pressione sulle strutture sanitarie ambulatoriali sia territoriali che ospedaliere le quali, pur organizzandosi per affrontare al meglio il problema, non riescono a soddisfare in tempi rapidi tutte le richieste, con conseguente incremento - in non tutti i casi - delle liste di attesa e del malcontento. E altrettanto noto poi come laumento del numero delle prestazioni erogate provochi una dilatazione della spesa globale dando origine ad una paradossale situazione che vede un (44) Sui possibili effetti negativi la stessa relazione alla proposta di direttiva rileva: Per evitare un impatto insostenibile, inoltre importante assicurare un trattamento non discriminatorio dei pazienti indipendentemente dal fatto che essi siano o no iscritti a un dato sistema nazionale. Da un punto di vista economico, si evitano cos incentivi perversi consistenti nel dare la precedenza ai pazienti stranieri rispetto ai pazienti nazionali e si evita di compromettere nel lungo periodo gli investimenti in conto capitale nella sanit. Da un punto di vista sanitario, trattare i pazienti in modo equo essenziale se si vuole garantire che l'impatto dell'assistenza sanitaria transfrontaliera sulla salute, ad esempio in termini di tempi di attesa, resti ragionevole e gestibile. [] La prestazione di assistenza a pazienti di altri paesi non deve comunque compromettere la finalit primaria dei sistemi sanitari degli Stati membri, che consiste nel fornire cure sanitarie ai propri residenti. La direttiva proposta chiarisce che le norme da essa dettate in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera non conferiscono alle persone provenienti dall'estero il diritto di essere curate pi tempestivamente dei pazienti nazionali. Laddove esistano liste di attesa per un determinato trattamento, i pazienti di altri Stati membri dovrebbero esservi inseriti secondo gli stessi criteri e attendere lo stesso tempo dei pazienti nazionali che presentino un analogo bisogno di cure. I fornitori di assistenza sanitaria non sono neppure obbligati ad accettare per trattamenti programmati pazienti provenienti dall'estero qualora ci comprometta il mantenimento delle strutture sanitarie o delle competenze mediche nello Stato membro di destinazione. Se, invece, quest'ultimo paese dispone della capacit di assistere i pazienti con maggiore tempestivit del paese di origine senza che ci determini un allungamento dei tempi di attesa di altri utenti e se i pazienti interessati sono disposti ad accettare il disagio di doversi spostare in un altro paese per ricevere le cure, il risultato un'assistenza pi efficiente per tutti. 248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 contemporaneo aumento dei carichi di lavoro degli operatori, dei tempi di attesa del cittadino e delle difficolt di gestione. Sembra chiaro dunque come a fronte delle diverse cause che incidono sulle liste di attesa occorrano rimedi di diversa natura: in queste pagine si voluto dimostrare che le liste di attesa possono non decrescere o addirittura aumentare pur in presenza di una copiosa normativa di sostegno al contenimento, e ci perch si pecca nella concreta applicazione delle disposizioni soprattutto quelle relative alla responsabilizzazione dei dirigenti. Il tema dellattivazione delle responsabilit, tuttavia, pu diventare assai importante nel combattere il fenomeno in oggetto soprattutto in considerazione dellampliamento delle fattispecie che la giurisprudenza pi avveduta ha messo in rilievo: non solo responsabilit per mancato raggiungimento del risultato, ma anche responsabilit amministrativa per danno allerario, integrabile per ipotesi assai variegate. Il tentativo di arginare le lunghe liste dattesa con lo strumento dellintramoenia o di forme di remunerazione legate al risultato possono essere utili, ma se le norme non vengono adeguatamente applicate o risultano eluse (45), si rischia di perpetuare lo spreco di risorse e di non contrastare le disfunzioni organizzative assai radicate in taluni contesti. Peraltro appena il caso di ricordare che facendo leva sulla insoddisfazione dei pazienti e sullurgenza delle cure che si d adito alle compagnie di assicurazione ed alle strutture sanitarie private di minare la bont del servizio sanitario pubblico, offrendo s prestazioni in tempi rapidi ma compromettendo ulteriormente la remunerazione e dunque lefficienza delle cure prestate dalle strutture pubbliche. Buone prospettive di miglioramento (soprattutto dal versante della razionalizzazione delle risorse e della intercettazione dei bisogni dei cittadini) viene dalluso sempre pi massiccio dellIct. Il rapporto Servizi Digitali al Cittadino: una Sanit sempre pi accessibile", recentemente pubblicato dallOsservatorio Ict in Sanit della School of Management del Politecnico di Milano offre, a riguardo, un quadro complessivo dellattuale utilizzo dei servizi elettronici in campo sanitario e delle prospettive future (46): dallimpiego di un supporto fondamentale come la cartella clinica (45) Cfr. i casi di maladministration relativi allintroemenia citati in M. DEANGELIS, Spesa sanitaria e prestazioni nel servizio sanitario nazionale, in La spesa sanitaria: i controlli, le violazioni, la tutela penale e amministrativo-contabile. Atti del Convegno 22 maggio 2007, Ancona, Guardia di Finanza Ed. (46) Il rapporto dellOsservatorio Ict in Sanit si trova in: http://www.osservatori.net/ict_in_sanita/ rapporti/rapporto/journal_content/56_INSTANCE_0HsI/10402/520454. Il rapporto fornisce un quadro della diffusione dei servizi elettronici nella sanit italiana e del ruolo degli enti. La ricerca si basa su undici casi studio e su una survey che ha coinvolto 67 CIO (Chief Information Officer) e oltre 120 tra direttori generali e sanitari, rappresentativi delle principali strutture sanitarie italiane. Lo studio vuole affrontare con sguardo critico lutilizzo delle tecnologie informatiche in ambito sanitario e vuole, allo stesso tempo, stimolare luso ottimale dellIct in questo campo da parte dei decision makers. La ricerca si focalizzata su quattro ambiti: la cartella clinica elettronica; i servizi digitali al cittadino; i sistemi di supporto alla clinical governance; la dematerializzazione dei documenti. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 249 elettronica alluso sempre pi massiccio di servizi digitali al cittadino per aumentare laccessibilit ai percorsi di cura e diagnosi. Secondo i dati raccolti, i servizi riconducibili allarea e-government in campo sanitario (download documenti, pagamenti on line, prenotazione di prestazioni e farmaci) sono abbastanza diffusi e hanno interessanti prospettive di una maggiore estensione nellimmediato futuro. In particolare ampio margine di crescita previsto per il servizio di prenotazione, che ad oggi rimane il servizio pi diffuso ( presente nel 45% delle aziende contattate per la ricerca) (47). Secondo le stime del rapporto, la sua diffusione arriver, entro breve tempo, al 70%. Per lapplicazione di altri tipi di supporti innovativi utili al contenimento delle liste di attesa e alla soddisfazione degli utenti (per esempio forum, blog, chat...) si rileva una forte marginalit (meno del 10%) e ci anche dovuto alla poca volont mostrata dalle aziende sanitarie di investire in tale direzione. Levoluzione in positivo del fenomeno delle liste di attesa, in ogni caso, non pu dipendere solamente da soluzioni sul versante dellorganizzazione dellofferta e dei volumi della produzione, ma occorre coniugare il diritto alle cure del cittadino con adeguate strategie di governo della domanda che tenga conto dellapplicazione di rigorosi criteri sia di appropriatezza che di urgenza delle prestazioni (e a tal fine si conviene con quanto previsto nel PNCTA sulla necessit di individuare adeguate sedi e strumenti di governo clinico ai diversi livelli del sistema che coinvolgano direttamente tutti i professionisti, prescrittori e non). Senza ignorare limportanza cruciale dellapplicazione delle norme sanzionatorie relative alla responsabilit di risultato e amministrativa. Norme sanzionatorie che vanno in primis riferite ai direttori generali e ai responsabili delle strutture e che si adottano non solo per i casi che evidenziano danno o colpa grave ma anche - e finalmente - per fattispecie come il danno allimmagine del servizio sanitario nazionale, rivalsa per risarcimento da danno per liste di attesa troppo lunghe, etc. Si noti, a questo punto, che leventuale approvazione della direttiva sulle cure transfrontaliere potrebbe sostenere la via della maggiore responsabilizzazione in virt del principio secondo cui occorre risarcire il danneggiato per omessa o tardiva attuazione di direttive comunitarie (48). E in ogni caso ben venga questa direttiva perch, anche se con tutti i dubbi sulla concreta efficacia in termini di miglioramento delle chances di cura per tutti i cittadini, mira a costruire precisi riferimenti giuridici (con (47) Si osservi che la crescita dellutilizzo delle tecnologie informatiche in un campo delicato come quello della salute dei cittadini solleva le preoccupazioni del Garante per la protezione dei dati personali. A tal proposito, il Garante ha approvato specifiche Linee guida in tema di referti on line (http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1630271) che individuano misure e accorgimenti a garanzia dei cittadini, sia per quanto riguarda la ricezione del referto via mail, sia per il download degli esami clinici direttamente dal sito web della struttura sanitaria. (48) Cfr. Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili 17 aprile 2009, n. 9147 sulla omessa o tardiva attuazione di direttive comunitarie. 250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 garanzia di cure sicure e di qualit nonch procedure di rimborso dei costi chiari e trasparenti) per lassistenza sanitaria transfrontaliera senza che vengano frapposti ostacoli ingiustificati dal paese di origine di un paziente o lassistenza sia contrastata dall'incompatibilit delle disposizioni dei paesi interessati: vero che la Carta Europea di assistenza sanitaria prevede gi la possibilit di andare ad effettuare cure all'estero, ma il problema che al momento i sistemi nazionali non rimborsano facilmente le spese o lo fanno soltanto in seguito al ricorso del paziente. Con la nuova direttiva dovrebbe bastare lindicazione della "preferenza soggettiva" per un ospedale straniero o dimostrare "il costo minore" del trattamento per vedersi garantito il diritto al rimborso. In altre parole la possibilit di scegliere il luogo in cui andare a curarsi dovrebbe essere giuridicamente ben definita con il risultato finale di consentire ad un paziente (rectius ad un numero sempre pi crescente di pazienti) di non subire le conseguenze di un sistema sanitario che funziona male, limitando i vincoli nella decisione di andare in un Paese in cui ci sono condizioni migliori. In altre parole, lazione congiunta di norme comunitarie e norme nazionali con loperato costante e sempre pi incisivo degli organi di controllo - potrebbe costituire nel medio periodo una delle strategie vincenti volte a contrastare il fenomeno delle liste di attesa, uno stimolo ad attivare quelle sinergie (di cui si parla anche nel PNCTA) fra i vari soggetti istituzionali e non deputati a contrastare linefficienza, un percorso per migliorare la soddisfazione dei pazienti e i risultati dei servizi offerti. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 251 SullAvvocatura dello Stato Organizzazione e prospettive di riforma nel quadro istituzionale in trasformazione Michele Gerardo* SOMMARIO: 1. Osservazioni generali - 2. Carico di lavoro dellAvvocatura dello Stato - 3. Costo dellAvvocatura dello Stato - 4. Problemi inerenti lAvvocatura dello Stato implicanti la necessit di interventi riformatori - 5. Modifica dellIstituto sul modello dellAttorney General anglosassone - 6. Modifica dellIstituto sul modello delle Autority - 7. Interventi riformatori nellalveo dellattuale struttura dellIstituto. I. Osservazioni generali LAvvocatura dello Stato, che si articola nellAvvocatura Generale dello Stato con sede a Roma e nelle Avvocature Distrettuali dello Stato (in numero di 25 presso le sedi di Corte di Appello), lorgano legale dello Stato e degli enti pubblici autorizzati ad avvalersi del suo patrocinio. organo incardinato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e difensore in giudizio in via organica ed esclusiva dei soggetti abilitati ad avvalersi del suo patrocinio, rende i pareri obbligatori per legge (negli atti di transazione) e quelli facoltativamente richiesti. Lordinamento, la struttura e le funzioni dellAvvocatura dello Stato sono disciplinati in specie dai seguenti testi: 1) R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611 (approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche nella rappresentanza e difesa in giudizio dellAvvocatura dello Stato); 2) L. 3 aprile 1979 n.103 (Modifiche dellordinamento dellAvvocatura dello Stato). Il ruolo organico degli avvocati e procuratori dello Stato composto da 370 unit, delle quali 332 in servizio e 6 in posizione di fuori ruolo (alla data del 1 gennaio 2008). Il ruolo organico del personale amministrativo dellIstituto composto da 878 unit, delle quali 810 in servizio (alla data dell1 gennaio 2008). In ordine al patrocinio in giudizio si osserva che lo stesso viene reso: (*) Avvocato dello Stato. Il presente contributo non inserito nella sezione della Rassegna dedicata ai temi istituzionali in quanto non esprime in toto una linea deliberata dallIstituto. Nondimeno lutilit e linteresse dello studio sono indiscusse ed alcune soluzioni proposte anche condivise (GF). 252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 1) nei giudizi davanti la Corte Costituzionale (conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, tra Stato e Regioni; impugnative in via principale di leggi statali o di leggi regionali; questioni di legittimit costituzionale sorte in via incidentale; giudizi sullammissibilit di referendum abrogativi): L. 11 marzo 1953 n. 87; 2) nei giudizi innanzi a Collegi Internazionali (quale la Corte Internazionale di Giustizia dellAja): art. 9 L. n. 103 cit.; 3) nei giudizi innanzi a Giudici Comunitari (Tribunale di prima istanza e Corte di Giustizia dellUnione europea con sede in Lussemburgo): art. 9 L. n. 103 cit.; 4) nei giudizi davanti al Tribunale Militare di Pace (lo Stato potr costituirsi parte civile col patrocinio dellAvvocatura dello Stato territorialmente competente): art. 9 L. n. 103 cit.; 5) nei giudizi davanti al T.A.R. e al Consiglio di Stato: art. 9 L. n. 103 cit.; 6) nei giudizi davanti alla Corte dei Conti (in materia di pensioni tanto in primo grado dinanzi alla Sezione Giurisdizionale Regionale quanto in secondo grado dinanzi alla Sezione Contabile). Sul punto vi lart. 13 comma 3, L. n. 103 cit. (confermato dallart. 6 comma 4 decreto legge 15 novembre 1993 n. 453 conv. L. 14 gennaio 1994 n. 19) per il quale: lAmministrazione, ove non ritenga di avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, pu farsi rappresentare in giudizio da un proprio dirigente o da un funzionario appositamente delegato; 7) nei giudizi davanti alle Commissioni Tributarie (art. 12 comma 4 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 : lufficio del Ministero delle Finanze, nel giudizio di secondo grado pu essere assistito dallAvvocatura dello Stato; 8) nei giudizi dinanzi al Giudice Ordinario (Giudice di Pace, Tribunale, Corte di Assise di Appello e Corte di Cassazione) Civile e Penale: art. 9 l. n. 103 cit.; 9) nei giudizi dinanzi a qualsiasi altro giudice speciale in cui sia parte un soggetto patrocinato. In ordine ai soggetti patrocinati si osserva che questi sono costituiti da: 1) Ministeri (art. 1 R.D. n. 1611 cit.). 2) Amministrazioni dello Stato organizzate ad ordinamento autonomo (art. 1 R.D. n. 1611 cit.), tra queste rilevanti sono gli Istituti e Scuole Statali costituenti organi dello Stato. Sul punto confermativo lart. 14 comma 7 bis del D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275 (introdotto dal D.P.R. 4 agosto 2001 n. 352) secondo cui: lAvvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e la difesa di tutte le Istituzioni scolastiche. 3) Regioni a Statuto Speciale A) Sicilia (art. 1 D.lgs. 2 marzo 1948 n. 142); LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 253 B)Sardegna (art. 55 D.P.R. 19 maggio 1949 n. 250 e art. 73 D.P.R. 19 giugno 1979 n. 348); C)Trentino Alto Adige (art. 42 D.P.R. 30 giugno 1951 n. 574 e art. 39 D.P.R 1 febbraio 1973 n. 49); D)Friuli Venezia Giulia (art. 1 D.P.R. 23 gennaio 1965 n.78 e D.P.R. 15 gennaio 1987 n. 469); E)Valle DAosta (art. 59 L. 16 maggio 1978 n.196). Per le Regioni Sardegna e Friuli Venezia Giulia il patrocinio dellAvvocatura dello Stato non organico ed esclusivo bens facoltativo. 4) Regioni a Statuto Ordinario A) patrocinio organico ed esclusivo (istituzionale o sistematico) ex art. 10 commi 1, 2, 4 e 5 L. n. 103 cit.: Molise (deliberazione 17 novembre 1999 n. 368 in G.U. S.G. del 30 gennaio 2000); B) patrocinio facoltativo ex art. 107 comma 3 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. 5) Universit Statali (art. 56 T.U. 31 agosto 1933 n.1592 e art. 43 R.D. n. 1611 cit.). 6) Agenzie Fiscali (Agenzia delle Entrate, Agenzia del Territorio, Agenzia delle Dogane, Agenzia del Demanio: art. 72 D.l.vo 30 luglio 1999 n. 300). 7) Amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposizioni di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 43 R.D. n. 1611 cit.). Tra i soggetti patrocinati vi sono: lAgenzia Autonoma per la Gestione dellAlbo dei segretari Comunali e Provinciali, lAgenzia nazionale per la sicurezza di volo, lAgenzia nazionale per le erogazioni in Agricoltura (AGEA), lAgenzia per la rappresentanza nazionale nelle Pubbliche Amministrazioni (ARAN), la Croce Rossa Italiana, le Autorit Portuali, lAzienda di Stato per le Foreste Demaniali, la CONSOB, i Conservatori di Musica, il Consiglio Nazionale della Ricerca, i Convitti Nazionali, lEnte Nazionale Nuove Tecnologie (ENEA), lEnte Nazionale per lAviazione civile, gli Enti autonomi Lirici e le Istituzioni concertistiche, lEnte parco nazionale, gli Enti per il diritto dello studio universitario, gli Enti regionali di sviluppo agricolo, il Garante della concorrenza e del Mercato ed altre Autorit indipendenti, lIstituto Centrale di Statistica (ISTAT), lIstituto per i servizi assicurativi del Commercio estero (SACE), lIstituto Postelegrafonici, la ANAS s.p.a., la CONI servizi s.p.a. e le Organizzazioni estere ed internazionali (quali le Comunit Europee): art. 48 R.D. n.1611 cit. . Elenchi sugli enti patrocinati dallAvvocatura dello Stato si possono rinvenire, tra laltro, in Appendice al libro di P. PAVONE Lo Stato in giudizio Giuffr ed. Milano 2002, nel Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa a cura di A. ROMANO Cedam ed. Padova 2001 pp. 1260-1266, 254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 sulla Rassegna Avvocatura dello Stato anno 2002 n. 2, pp. 26-49 e anno 2003 n. 4 pp. 1-21 (a cura di VINCENZO RAGO ) oltre che sulla sezione Chi difende del sito Internet istituzionale dellAvvocatura dello Stato. 8) Dipendenti dello Stato autorizzati ad avvalersi della difesa erariale ex art. 44 R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611. ** *** ** Dalla costituzione dellAvvocatura dello Stato (1876) ad oggi, lo Stato Italiano nelle sue articolazioni ha subito varie modificazioni: Stato liberale, Stato autoritario (a partire dagli anni 20 del secolo scorso, con ampio interventismo nelleconomia), Stato sociale e si giunti oggi a parlare di Stato federale. Il settore pubblico ha visto, comՏ noto, ridurre la presenza di poteri e competenze dello Stato con riallocazione degli stessi verso il basso (Comuni, Province, Regioni) o verso lalto (Unione Europea). LIstituto, attraversando tre secoli, ha mantenuto una accentuata posizione di indipendenza funzionale. ** *** ** Sugli aspetti ora descritti ampie sintesi sono rinvenibili nelle voci enciclopediche dedicate alla Avvocatura dello Stato. Si citano le voci sul Novissimo digesto, UTET, vol. I 1958, pp. 1685-1690 di S. SCOCA; sulla Enciclopedia Giuridica Treccani, Vol. IV, Roma 1988, pp. 1-5 di P.G. FERRI; su Il Diritto. Enciclopedia Giuridica del Sole 24 Ore, Vol. II, pp. 308-313 di V. CESARONi; sulla Enciclopedia del Diritto, Giuffr, Vol. IV, Milano 1959, pp. 670-680 di G. BELLI. Informazioni si trovano altres sul sito Internet istituzionale dellAvvocatura dello Stato - nelle sezioni dedicate a Lorganizzazione, La normativa, Le funzioni, Storia, Lamministrazione in giudizio - e nel testo di P. PAVONE Lo Stato in giudizio II edizione, Giuffr, Milano, 2002. 2. Carico di lavoro dellAvvocatura dello Stato Al fine di individuare levoluzione del carico di lavoro dellIstituto si riportano i numeri complessivi degli affari trattati in determinati anni a partire dal 1942. Anno Numero affari contenziosi e consultivi nuovi pervenuti 1942 16.809 1950 31.665 1956 33.616 1960 35.020 LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 255 Appare evidente che dal 1942 al 1980 il contenzioso progressivamente aumentato passando da 17.000 a 48.000 affari nuovi annui. Poi, nel ventennio 1980-1998 esploso per giungere, con progressivi elevati aumenti, a 213.000 affari. Ci deve ascriversi, in buona parte, alla trattazione del contenzioso previdenziale. Infine, nellultimo periodo (1999-2009) il contenzioso - con andamento altalenante (oscillando da 170.000 a 230.000 affari nuovi annui) - si stabilizzato sulle cifre raggiunte sul finire degli anni 90 del secolo scorso. ** *** ** Aspetto rilevante lanalisi del contenzioso dallanno 1998 per ciascuna Avvocatura Distrettuale e per lAvvocatura Generale. Ci importante perch a partire dallanno 1999 sono divenuti operativi i trasferimenti delle competenze, in vaste materie, dallo Stato alle Regioni o ad altri enti locali (in attuazione delle varie leggi cosiddette Bassanini e con la modifica del titolo V della parte II della Costituzione operata con la legge costituzionale del 18 ottobre 2001 n. 3 ) e inoltre - a far data dal 3 settembre 1971 49.045 1975 36.130 1976 41.275 1980 47.721 1985 71.136 1990 157.379 1994 197.067 1996 212.623 1998 213.472 1999 186.158 2000 215.771 2001 222.617 2002 231.381 2003 218.000 2004 209.000 2005 219.626 2006 169.930 2007 200.000 2008 169.371 2009 178.000 256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 1998 - si avuto il trasferimento della competenza nella materia della erogazione dei trattamenti assistenziali agli invalidi dallo Stato (Ministero dellInterno) allINPS o alla Regione; noto, infatti, che il contenzioso previdenziale ha avuto un notevole peso sul lavoro dellAvvocatura dello Stato. Tale fenomeno, facendo venire meno delle competenze in capo allo Stato, ha fatto venire meno altres una certa quantit di contenzioso. Va evidenziato che tale fisiologica riduzione stata compensata dal sopravvenire di nuove tipologie di contenzioso, come ad es. le cause ex legge Pinto, sicch nella sostanza, come rilevato sopra, non si avuto un calo sensibile del contenzioso. Per ciascuno degli anni in esame sono stati di seguito trascritti gli affari nuovi pervenuti, tanto contenziosi (civili, penali ed esecutivi) che consultivi, nella loro globalit. Sono stati esclusi dal computo gli affari dordine, che impegnano la struttura essenzialmente con lufficio impianti e con pochi altri incombenti. Difatti, considerare detti affari nel carico di lavoro avrebbe sensibilmente alterato i dati, tenuto conto che in alcune Avvocature distrettuali in certi anni il numero degli affari dordine supera la met dellintero contenzioso. 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 A.G.S. 60.609 59.102 65.454 71.121 67.636 65.378 57.784 63.433 48.135 47.140 47.369 44.745 AN 3.035 1.188 1.301 2.942 3.026 2.823 2.666 3.736 3.960 2008 1.826 1967 BA 7.498 4.822 6.551 7.511 6.245 7.650 8.820 10.565 7.132 7.340 7.100 7.467 BO* 5.124 4.552 4.789 4.431 3.980 4.704 5.851 4.395 4.207 3.292 3.686 4.751 BS 2.065 2.485 1.759 1.561 2.392 2.559 3.038 2.132 1.854 1.640 1.774 1.885 CA 5.366 4.416 5.028 4.173 4.001 4.110 3.705 4.510 4.537 3.545 2.751 3.146 CL 1.362 1.267 971 1.534 1.304 1.636 2.571 2.475 862 863 1.173 1.519 CB 1.138 876 1.161 1.120 1.148 1.375 1.435 1.708 3.599 1.841 1.945 1.947 CT** 7.541 6.517 --- --- --- --- --- --- 6.567 --- 6.772 8.025 CZ 7.841 5.329 5.135 6.042 6.400 6.740 9.817 10.773 6.902 8.683 8.419 9.256 FI 6.962 5.820 6.320 5.980 5.962 7.308 7.125 8.334 5.650 3.717 4.062 4.333 (*) Per gli anni 2000, 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2007, 2008 e 2009 i dati riportati sono la somma dei contenziosi civili e penali e dei consultivi. (**) Per alcuni anni non sono stati reperiti dati. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 257 Dallanalisi sopra riportata emerge un quadro variegato. Poche Avvocature - tra cui Campobasso, Catanzaro, Trento e Venezia - hanno aumentato il carico di lavoro. Bari, Bologna, Brescia, Caltanissetta, Catania, Messina, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Salerno e Trieste hanno mantenuto - nella sostanza - stabile il carico di lavoro. Le restanti Avvocature hanno visto diminuire il carico di lavoro in modo accentuato (ed il caso di Cagliari, Firenze, lAquila e Lecce ) o in modo lieve (come per lAvvocatura Generale, Ancona, Genova, Messina, Napoli e Palermo). 3. Costo dellAvvocatura dello Stato Le spese di finanziamento delle strutture dellAvvocatura dello Stato nellanno 2006 ammontano ad euro 157.133.000, dei quali euro 143.356.000 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 GE 4.747 3.793 3.913 3.618 3.328 4.296 5.213 3.982 2.277 2.415 2.493 3.165 AQ 5.907 4.699 4.489 4.307 4.541 4.630 5.459 6.931 2.860 2.908 3.396 3.309 LE 8.754 7.725 8.615 8.839 10.177 10.508 7.127 3.983 3.365 3.310 3.841 4.716 ME** 4.896 4.633 --- --- --- --- --- --- 3.689 --- 4.303 4.208 MI 6.625 5.801 6.519 6.695 4.951 5.712 7.867 6.681 5.478 4.829 5.357 5.218 NA 35.555 27.258 25.756 25.377 30.560 32.166 19.208 17.563 17.614 18.596 23.897 24.444 PA 13.003 12.383 14.181 13.392 12.824 13.431 13.152 15.483 10.732 10.497 10.866 10.826 PG 2.596 1.917 1.503 2.548 2.638 2.182 2.299 2.226 2.058 1.939 2.138 2.405 PZ 1.971 2.107 1.901 3.006 1.857 2.576 2.316 3.313 3.014 2.272 1.697 1.726 RC 4.428 4.671 5.868 5.936 5.408 5.721 6.696 6.402 5.519 4.720 4.796 5.704 SA 3.825 3.287 5.047 5.998 11.311 4.835 6.945 8.907 4.552 3.233 3.599 3.785 TO** 4.521 4.572 --- ---- ---- ---- ---- ---- 6.898 --- ---- ---- TR 760 734 886 784 1.079 739 907 900 1.500 1.715 1.644 2.270 TS 1.972 2.033 1.840 1.642 1.648 2.116 2.217 1.798 1.672 1.632 1.800 2.068 VE 5.371 4.151 4.852 4.702 4.211 5.119 5.522 6.011 5.878 5.534 5.552 6.169 258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 per il personale. Ci significa che la P.A. rapportando la spesa annuale per far funzionare lAvvocatura dello Stato al numero degli affari legali aperti nel 2006 in tale anno ha speso in media per difendersi 785 euro a causa, ossia il 10% dellonorario di un avvocato del libero foro. Quindi per lo Stato affidare la gestione delle cause a un organo interno di gran lungo pi economico che rivolgersi a professionisti esterni. I dati indicati sono ricavati dalla Relazione della S.S.P.A: sullAvvocatura dello Stato, ampiamente riportata su il Sole 24 ore del 10 dicembre 2007 a pagina 11. 4. Problemi inerenti lAvvocatura dello Stato implicanti la necessit di interventi riformatori Da pi parti vengono evidenziati taluni fattori che dovrebbero determinare una riforma radicale - anche nella identit, secondo alcune prospettazioni - dellAvvocatura dello Stato. Tali fattori sono : 1) contenzioso seriale, massivo, polvere che ha appesantito la macchina organizzativa dellAvvocatura dello Stato; 2) riduzione, assottigliamento dello Stato, che ha quale conseguenza una riduzione e perdita dimportanza del relativo contenzioso. Le cause di tale assottigliamento provengono tanto dallalto (Unione Europea che sta lentamente acquisendo importanti competenze, da ultimo quelle nella politica monetaria, sottraendola agli Stati tradizionali) quanto dal basso (federalismo con trapasso di ampie competenze alle Regioni ed agli enti territoriali). Tale riduzione altres cagionata dalla trasformazione di apparati dello Stato in societ private; ci per esigenze di efficienza, meglio conseguibile con forme soggettive privatistiche rispetto alla pi lenta macchina burocratica pubblica. Il fattore n. 2 dovrebbe determinare, in prospettiva, una riduzione radicale del contenzioso trattato dallAvvocatura dello Stato, specie nelle sedi distrettuali, sicch si porrebbe in dubbio la ragione stessa dellesistenza dellAvvocatura dello Stato cos come essa attualmente , visti i costi per il suo mantenimento in funzione rispetto al contenzioso trattato. 5. Modifica dellIstituto sul modello dellAttorney General anglosassone Da varie parti si suggerisce la trasformazione dellAvvocatura dello Stato in una struttura che abbracci anche il Pubblico Ministero. Alluopo richiamiamo le parole del Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi allinsediamento dellAvvocato Generale dello Stato Luigi LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 259 Mazzella in Roma il 20 febbraio 2002: ... potrebbe trovare posto una modifica istituzionale volta ad avvicinare la nostra Avvocatura al modello dellAttorney General, di matrice anglosassone. Anche senza giungere ad attribuirle funzioni di pubblico ministero, come nel modello statunitense, si pu appunto ipotizzare un potenziamento del suo ruolo nella gestione del <>. La riforma in senso federale e la determinazione del governo di rendere operativa, ovunque sia possibile, il principio di sussidiariet, alleggeriscono, in molti settori, il peso dello Stato centrale che del resto, nella nuova formulazione dellart. 114 della Costituzione, risulta essere solo uno degli elementi costitutivi della Repubblica, insieme con i Comuni, le Province, le Citt Metropolitane e le Regioni (pg. 1 del Discorso pubblicato sulla Rassegna dellAvvocatura dello Stato, gennaio-dicembre 2001 p. VII). Illuminante sul punto anche il colloquio nel 2002 dellallora Ministro della Funzione Pubblica Luigi Mazzella con la giornalista Anna Maria Greco. Alluopo si trascrive il testo dellarticolo apparso su Il Giornale del novembre del 2002. << Trasformiano i P.M. in Avvocati dello Stato >> . Anna Maria Greco da Roma: Lidea non nuova, ma il neoministro della Funzione Pubblica Luigi Mazzella , in questo clima trova un nuovo ascolto. <> e alla fine degli anni Novanta in << Lirresistibile vento dellovest>>. In qualche modo il ministro ipotizza un ritorno al passato e per realizzare 260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 questo passo sono necessari due passaggi: una modifica costituzionale e il passaggio dellAvvocatura dello Stato dalla pubblica amministrazione in senso stretto allambito delle Autorit indipendenti di carattere generale. Il pubblico ministero avvocato dello Stato quello del modello americano. E anche da noi la tradizione sarebbe rispettata perch la stessa Avvocatura, ricorda Mazzella, nasce da una costola del pubblico ministero. In passato, infatti, era il PM a svolgere tutte le funzioni che oggi sono state trasferite allAvvocatura dello Stato . << Ma anche negli Stati Uniti - spiega il giurista -, considerato il Paese con la democrazia pi avanzata e progredita, nellAttorney General, lequivalente della nostra Avvocatura dello Stato, confluiscono le due anime della difesa e dellaccusa esercitate entrambi a tutela dellinteresse pubblico>>. Per attuare questa riforma del Pm avvocato dello Stato bisogna per modificare la Carta Costituzionale. << Ma anche necessaria - afferma il ministro - una legge ordinaria che, oltre a prevedere il pubblico ministero come Avvocato dello Stato, collochi lAvvocatura nellambito delle Autorit indipendenti>>. Questi due passaggi risolverebbero, secondo Mazzella, i problemi legati allunitariet dei giudici e pubblici ministeri, garantendo per a questi ultimi << la necessaria indipendenza>>. Infine, nel giugno 2009 la stampa (tra cui la Repubblica e Lespresso) ha riportato la notizia che il Governo avrebbe predisposto una bozza normativa istituente lAvvocato Pubblico e/o dellAccusa nel quale far confluire i magistrati titolari di funzioni requirenti. Ci al fine di pervenire ad una legge che determini la separazione delle carriere tra magistrati del P.M. e magistrati giudicanti. Rumors in ordine a tale notizia si rincorrono ancora nellaprile di questanno. I dati ora citati fanno germinare varie riflessioni. In primo luogo si richiama quale modello quello dellAttorney General. interessante analizzare come questo modello configurato in uno dei Paesi di origine, ossia gli Stati Uniti. Una sintesi riportata nella Relazione di EDWARD G.RE lAvvocato, la sua professione ed il suo ruolo negli U.S.A. al Convegno internazionale lAvvocatura nei principali ordinamenti giuridici (pubblicato in Atti del Convegno internazionale lAvvocatura nei principali ordinamenti giuridici Roma 1990, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato). Lavvocato come difensore dello Stato In una descrizione del ruolo dellavvocato degli Stati Uniti, pu essere interessante per lavvocato non americano qualche informazione circa il ruolo dellavvocato come rappresentante dello Stato innanzi alle Corti. Negli U.S.A. tutti gli Stati e il Governo federale hanno un ufficio di Attorney General. LUfficio dell Attorney General di uno Stato un importante ufficio legale allinterno del Governo di quello Stato. Oltre ad una molteplicit di attivit per lapplicazione della legge, anche funzione dellufficio dell LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 261 Attorney General quella di difendere il Governo dello Stato in ogni lite portata dinanzi a qualsiasi Corte contro lo Stato. In tutte le controversie nelle quali lo Stato pu essere convenuto, esso difeso da avvocati che sono dipendenti dello Stato e sono componenti dellufficio dellAttorney General. Ancorch lorganizzazione amministrativa pu in qualche misura differire, lufficio dell Attorney General ha di norma una pluralit di settori secondo la natura della lite che pu essere iniziata dalla Stato o nella quale lo Stato deve difendersi. Ad esempio settori composti da avvocati di solito denominati <>, possono esistere per iniziare o difendere le controversie innanzi le varie Corti dello stato. Altres pu esservi un settore per gli appelli che sono portati contro le decisioni delle varie Corti. In aggiunta allufficio dellAttorney General in tutti gli Stati ogni Comune o Ente locale pu avere un ufficio legale o come nel caso di New York un ufficio del <>. Questo pu essere un ufficio paragonabile ad un dipartimento di giustizia o ad un grande ufficio legale. In aggiunta ad una funzione investigativa e di applicazione della legge questi uffici comunali o locali curano anche la difesa in tutte le liti che, secondo la legge di ciascuno Stato, possono essere proposte dal o contro il Comune o lEnte. Negli U.S.A., per il Governo federale, cՏ il Dipartimento di Giustizia diretto dallAttorney General degli U.S.A. L Attorney General , componente del Gabinetto del Presidente, il pi elevato funzionario legale degli U.S.A. ed considerato il consulente legale del Presidente. LAttorney General., come del Dipartimento di giustizia, rappresenta gli U.S.A. nelle materie legali in generale, e d consigli non soltanto al Presidente ma anche, quando ne viene richiesto, ai capi dei dipartimenti dellesecutivo. Il Dipartimento di Giustizia con le sue migliaia di avvocati, investigatori e agenti, pu essere considerato come il pi grande studio legale del Paese. Le unit allinterno del Dipartimento di Giustizia danno una buona idea delle sue varie responsabilit. Le varie unit riflettono le esigenze legali del Governo. Il seguente elenco di queste unit, con una breve descrizione delle loro funzioni o responsabilit, pu essere utile o di aiuto. La Divisione Anti-trust responsabile del mantenimento della competizione dei mercati attraverso lapplicazione delle leggi federali anti-trust. Questa responsabilit, che la principale funzione della Divisione, comporta attivit investigativa sulle possibili violazioni, trattazione di procedimento dinanzi al << Grand Jury>>, preparazione delle controversie e trattazione degli appelli, nonch attivazione delle decisioni. Le leggi anti-trust proibiscono una variet di pratiche restrittive del commercio, come i cartelli per la fissazione dei prezzi, le fusioni societarie volte a ridurre la competizione in particolari mercati, e gli atti volti ad acquisire o mantenere un potere monopolistico. La divisione reprime le gravi e volontarie violazioni della legge anti- 262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 trust redigendo decreti di citazione in giudizio penale che possono condurre a pene detentive o pecuniarie. La Divisione Civile cura il contenzioso per conto degli U.S.A., dei suoi dicasteri ed agenzie, dei parlamentari, dei funzionari del Gabinetto del Presidente, e di altri dipendenti federali allorch agiscono nellesercizio delle loro funzioni ufficiali. Il lavoro della Divisione tanto vario e ampio quanto lo sono le attivit del Governo. Perch i dicasteri e le agenzie del Governo sono impegnati in innumerevoli rapporti commerciali come di compravendita, appalti, trasporti marittimi, produzione di energia, assicurazioni e rapporti bancari, le liti originate da queste attivit offrono un completo spettro dei problemi legali affrontati anche dalle imprese private. Le controversie possono essere trattate innanzi a tutte le Corti e lattivit contenziosa curata da avvocati della Divisione o da avvocati degli USA e attraverso consulenti esteri operanti sotto la supervisione della divisione. La Divisione ha sei rami: responsabilit civile, liti commerciali, programmi federali, tutela del consumatore, affari dellimmigrazione e relativo <>. LUfficio per le Liti allEstero, che fa parte del ramo che si occupa delle liti commerciali, responsabile per tutti i procedimenti legali che si svolgono dinanzi a tribunali esteri nei confronti di agenti diplomati e consolari in giudizio per atti che essi possono aver commesso nel corso del loro servizio governativo. La Divisione per i Diritti Civili fu istituita nel 1957 in risposta alla necessit di assicurare effettiva applicazione a livello federale delle leggi sui diritti civili. Questa Divisione responsabile per lapplicazione delle leggi federali sui diritti civili le quali proibiscono discriminazioni sulla base della razza, origine nazionale, religione e, sotto certi profili, sesso oppure handicaps, nelle aree del diritto di voto, delleducazione, dellimpiego, delledilizia popolare, del credito, dellaccesso alle provvidenze pubbliche e nellamministrazione di programmi con contributi federali. La Divisione Penale cura lapplicazione ed esercita una generale supervisione su tutte le leggi penali federali eccettuate quelle specificamente assegnate alla divisione anti trust, diritti civili, ecologia e tributi. La divisione penale, inoltre, sovrintende a certe controversie civili concernenti la legge federale su alcolici, narcotici, gioco, armi da fuoco, dogane, agricoltura ed immigrazione nonch alle liti risultanti da istanze di <> proposte da componenti delle Forze armate, azioni concernenti i prigionieri federali, asseriti abusi investigativi e azioni legali connesse con lattivit dei servizi segreti. La Divisione per le Risorse Naturali e del Territorio responsabile per la trattazione delle iniziative legali sia dinanzi alle Corti federali che a quelle Statali concernenti non soltanto levidenziazione e la protezione degli interessi in specifiche propriet e risorse naturali possedute o da acquistarsi ad opera LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 263 del Governo federale oppure tenute in affidamento dal Governo federale per conto di trib indiane o individui ma concernenti anche la protezione in generale dellambiente. La Divisione Tributi responsabile della difesa degli USA e dei suoi funzionari in tutte le controversie civili e penali concernenti le leggi fiscali diverse da quelle che si svolgono dinanzi alla Tax Court degli USA. La Divisione rappresenta lAmministrazione delle Imposte Dirette e gli USA in molti differenti tipi di controversie civili e penali concernenti linterpretazione delle leggi fiscali federali. Una speciale menzione deve essere fatta per lUfficio del Solicitor General. Il Solicitor General rappresenta lo Stato federale nelle controversie di fronte alla Corte Suprema. Il Solicitor General decide quali controversie il Governo debba proporre dinanzi alla Suprema Corte e quale posizione il Governo debba prendere nelle controversie dinanzi alla Corte. Il Solicitor General responsabile per la preparazione e supervisione delle memorie del Governo dinanzi alla Suprema Corte e degli altri documenti legali e per la discussione orale dinanzi alla Corte. In aggiunta alla discussione delle pi importanti controversie i doveri del Solicitor General includono anche il decidere se gli USA debbano appellare in tutte le controversie nelle quali sono risultati soccombenti nei gradi inferiori. In aggiunta alle sue Divisioni, il Dipartimento della Giustizia ha una variet di uffici che lo aiutano ad espletare le sue funzioni. Esso ha anche potest su parecchi importanti uffici; tra questi uffici lF.B.I. , lufficio delle prigioni, il servizio degli ufficiali giudiziari federali, lInterpol, il servizio immigrazione e naturalizzazione e la D.E.A. Poich negli USA vi sono molte << agenzie amministrative>> autonome o quasi autonome, interessante sapere come il lavoro legale di queste agenzie svolto. Le agenzie amministrative americane sono per solito organizzate secondo linee funzionali. La funzione contenziosa sia di iniziativa che di difesa solitamente concentrata in un ufficio di consulenza generica chiamato <>. Gli avvocati di questufficio legale proprio dellagenzia sono responsabili per la preparazione e trattazione di tutte le controversie allinterno dellagenzia stessa. Lagenzia Amministrativa pu anche avere un ufficio o una unit di giudici amministrativi o di funzionari addetti allesame dei ricorsi. Questi giudici o funzionari svolgono unattivit giudiziale e, secondo la legislazione in vigore, le loro decisioni possono essere accettate, modificate o respinte dalle agenzie stesse, o da funzionari governativi di solito chiamati <>. I Commissioners, che sono per solito nominati dal Presidente con il parere conforme del Senato, hanno la responsabilit di amministrare la legge istitutiva dellAgenzia, legge nella quale sono stabiliti le funzioni e i poteri della stessa. Unagenzia amministrativa pu avere la necessit di adire le Corti per 264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 ottenere lapplicazione di taluno dei suoi ordini o decreti. Quando unagenzia compare innanzi alle Corti federali sia come attrice che come convenuta, rappresentata dinanzi alle Corti da unapposita divisione del Dipartimento di Giustizia degli USA. Le controversie in atto dinanzi alla Corte sia in 1 che in 2 grado, sono trattate da avvocati dellapposita Divisione del Dipartimento di Giustizia degli U.S.A. Questi avvocati del Dipartimento sono solitamente assistiti da avvocati dellagenzia amministrativa che hanno una maggiore familiarit con la natura specialistica della particolare controversia (Atti citati pg. 94 97). Sostanzialmente simile il modello nella Gran Bretagna. In unopera giuridica sul diritto anglo-americano, nel passare in rassegna i principali operatori del diritto inglesi, i <>, vale a dire lAttorney General ed il Solicitor General, si osserva che: Essi sono consiglieri giuridici della Corona, soltanto vagamente apparentabili con le figure a noi familiari del Pubblico Ministero e dellAvvocato dello Stato, in quanto ricoprono molti ulteriori compiti di natura politica ed amministrativa. Entrambi sono membri della House of Commons; lAttorney General quivi rappresentante del Lord Chancellor, ed inoltre Head of the Bar, vale adire <>; egli rappresenta la Corona in certe importanti cause civili, ed in tutti casi penali di treason, o comunque contenenti gravi aspetti politici o costituzionali. Ai sensi della section 1 del Law Officiers Act del 1944, la posizione del Solicitor General sostanzialmente quella di un vice Attorney General: egli pu infatti esercitare qualsiasi potere conferito per legge allAttorney General se questultimo ufficio vacante, se il titolare ammalato, o, pi semplicemente, se delegato dallAttorney General. Se si vuole trovare un responsabile generale della pubblica accusa in Inghilterra, occorre guardare allufficio del << Director of Public Prosecution>>, figura operante sotto la supervisione dellAttorney General. La sua presenza come esercente dellazione penale peraltro riscontrabile soltanto nei casi pi gravi e complessi, stante il diverso ruolo della pubblica accusa in un processo penale a modello accusatorio quale quello inglese, in cui lazione penale solitamente esercitata dalla polizia( UGO MATTEI: Common Law, UTET ed. 1992,Torino, pg. 310). Cos delineati i connotati originari dellAttorney General, risulta evidente che il rispetto di tale modello implica la creazione di un corpo - una nuova Avvocatura dello Stato - nel quale inglobare i 370 Avvocati e Procuratori dello Stato e gli oltre 2000 pubblici ministeri (2291 alla data del gennaio 2002), nonch una intima compenetrazione di tale nuovaAvvocatura dello Stato con il potere Esecutivo. Difatti, nel modello di origine lAttorney General altro non che il Ministro della Giustizia a capo del relativo Ministero. Sempre nel modello di origine, poi, lazione penale non obbligatoria, bens discrezionale. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 265 Tanto in Inghilterra quanto negli Stati Uniti, essa (lazione penale) oggi condotta sotto la responsabilit di un prosecutor, i cui rapporti con la polizia sono organizzati in vario modo. Principio fondamentale tuttavia quello della discrezionalit dellazione penale, indubbiamente una caratteristica profonda del sistema di common law. In America, la discrezionalit si sostanzia in maniera assai eclatante nellistituto del plea bargain (patteggiamento): esso consiste nel negoziato che si svolge tra il prosecutor e limputato intorno al capo di imputazione e alla pena. Di fronte allaccusa di aver commesso un determinato reato (contenuta, nei casi pi gravi, nellindictment), limputato non ha solamente lalternativa tra plea of guilty e plea of innocent: egli potr dichiararsi pure colpevole di un reato diverso e men grave di quello contestatogli; il patteggiamento interviene in virt di questa possibilit. Il prosecutor, con a mente le necessit di una giustizia rapida ed efficiente, e considerate soprattutto le difficolt di ottenere una condanna dalla jury, potr accontentarsi di condannare uno stupratore per il solo reato di molestie sessuali. Dal canto suo, il reo che non intende correre il rischio di una condanna grave, potr ritener conveniente dichiararsi colpevole del reato men grave. Naturalmente il patteggiamento non interverr sempre, perch in certi casi un punto di incontro tra domanda ed offerta pu non trovarsi a causa (ad esempio) dellintransigenza del procurator in reati gravi intorno ai quali egli disponga di prove a suo avviso schiaccianti (U.MATTEI, cit. pg. 359-360). Da quanto detto evidente che il recepimento del modello anglosassone, implica necessariamente - in chiave di armonicit di sistema - una riforma del testo costituzionale, almeno per quanto riguarda lart. 102 comma 2 (I giudici sono soggetti soltanto alla legge; allinterno del concetto di giudice occorre espungere il P.M.), lart.104 (occorre espungere al III comma le parole: e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione), lart.105 e lart.107 (dai quali occorre escludere il P.M. dal concetto di magistrato), lart.108 ( dal quale occorre espungere le parole del Pubblico Ministero presso di esse) e lart.112 (il Pubblico Ministero ha lobbligo di esercitare lazione penale che va abrogato in toto). Se il problema della compatibilit della nuovaAvvocatura di matrice anglosassone con il nostro ordinamento pu essere superato mediante una accorta modifica del testo costituzionale, occorre per tener presente lestrema diversit del sistema giudiziario a Common Law rispetto a quello di Civil Law. Alluopo elementi di diversit sono tanto la norma applicata dal giudice (nel sistema giudiziario a Common Law preponderante il ruolo del precedente, il che mette in pericolo un granitico principio dei sistemi di Civil Law, ossia la certezza del diritto conseguente alla preesistenza di una norma giuridica al fatto da applicare) quanto la struttura dellorgano giudicante (nel si- 266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 stema a Common Law opera la giuria popolare, organo sostanzialmente estraneo nel sistema di Civil Law). Questultimo dato empirico potr essere risolto solo con una adeguata nuova cultura degli operatori del diritto. A giudizio di chi scrive il modello proposto difficilmente attuabile perch richiede una profonda revisione del testo costituzionale e perch visceralmente estraneo alla nostra cultura latina. 6. Modifica dellIstituto sul modello delle Autority Tra le proposte di modifica - molto in auge agli inizi del 2000, ora un po recessiva - vi anche quella della trasformazione dellAvvocatura dello Stato in una Autority, che si strutturi sul modello della attuale Avvocatura dello Stato oppure che inglobi tanto la attuale Avvocatura dello Stato quanto lorgano del Pubblico Ministero (scorporato dallA.G.O.). Soffermiamoci sul primo modello ossia sulla trasformazione della attuale Avvocatura dello Stato in Autority che non inglobi lorgano del Pubblico Ministero. E necessario premettere, in sintesi, i caratteri delle c.d. Autority o Amministrazioni Indipendenti. Si afferma che il modello delle Amministrazioni Indipendenti caratterizzato dalla sottrazione delle strutture compiute allindirizzo politico e/o amministrativo dello Stato o, con pi precisione, del Governo. In ordine al concetto di indipendenza occorre fare riferimento al modo di operare: tali amministrazioni operano in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione, ossia non sono tenute ad adeguarsi ad alcun indirizzo o direttiva da qualsiasi parti provenienti. In particolare non sono soggette allindirizzo politico ed amministrativo di cui allart. 95 Cost. e sono istituite per controllare lazione degli operatori, sia economici che politici, dotati dei forti poteri dinfluenza. Non sufficiente che la piena autonomia e lindipendenza di giudizio e valutazione siano semplicemente affermate, ma occorre anche che siano garantite dal trattamento riservato ai titolari degli organi delle Amministrazioni Indipendenti. Le misure di sostegno e di garanzia dellindipendenza degli organi (siano essi monocratici o collegiali) riguardano in genere le modalit e i criteri di nomina, il livello morale e professionale delle persone nominate, la durata della carica (senza possibilit di riconferma), un rigoroso regime di incompatibilit con qualsiasi attivit lavorativa. stato osservato che lindipendenza ha due aspetti: da un lato separatezza dallindirizzo politico, dallaltro si traduce nel momento dellesercizio delle funzioni in una capacit di decisione autonoma atta a manifestare una incidenza consistente nel settore regolato. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 267 Un filone dottrinario attento alle esperienze straniere (in particolare a quella statunitense) di Amministrazioni dotate di forte autonomia rispetto al Governo, ritiene che il modello sia caratteristico anche sotto il profilo funzionale. Secondo tale indirizzo il modello dovrebbe riferirsi (esclusivamente) alle autorit alle quali affidata la regolazione di settori e di materie in cui interessi collettivi e diffusi, anche costituzionalmente garantiti, richiedono una particolare protezione in quanto sono minacciati dalla presenza e dallazione di operatori, prevalentemente economici dotati di forti poteri di influenza. Il modello sarebbe riscontrabile se le finalit da perseguire fossero di regolazione e di controllo di un settore determinato; in vista di ci, le funzioni attribuite dovrebbero essere, insieme, di natura normativa (per fissare le regole tipiche del settore) e di natura decisoria (per stabilire se le regole siano state rispettare o violate) e dovrebbe trattarsi di settori particolarmente delicati per il rilievo costituzionale degli interessi (privati) coinvolti e per la presenza di poteri forti e minacciosi (c.d. settori sensibili). Le amministrazioni indipendenti, cos concepite, sarebbero diverse da quelle propriamente amministrative anche sotto altro profilo: non avrebbero interessi pubblici specifici e concreti mediante attivit discrezionale ma sovrintenderebbero al corretto andamento di settori determinati, regolando e controllando lattivit di privati operatori. Per questo indirizzo, in definitiva, il tratto essenziale della figura dovrebbe essere individuato nella funzione di regolazione di settore, rispetto alla quale il profilo organizzativo della indipendenza sarebbe strumentale (necessario per lo svolgimento di funzioni arbitrali, o neutrali con serenit ed imparzialit). Sempre sulla base delle esperienze estere (in particolare statunitense e francese) si tende ad individuare uno spazio peculiare delle Amministrazioni indipendenti, costituito dai cosiddetti settori sensibili della vita della comunit, individuabili nei settori in cui le esigenze di protezione della libert e regolazione sociale appaiano indissociabili e la loro armonizzazione presenta un elevato grado di complessit. Quanto allinteresse curato da tali amministrazioni, nellescludere che esso sia assimilabile agli interessi pubblici concreti in posizione dialettica con altri interessi concreti (soprattutto privati), si affermato che tale interesse, certamente anchesso pubblico, non ha contenuto sostanziale, identificandosi con il mantenimento dellequilibrio fra i diversi interessi privati (su tali concetti AA.VV., Diritto Amministrativo, Monduzzi editore, III ed., Bologna, 2001, vol. I pg. 598 613). Tutto ci detto, ove si voglia trasformare la attuale Avvocatura dello Stato in Autority sono necessari almeno due requisiti: a) la nuova Avvocatura dello Stato dovr necessariamente perdere la funzione di difesa in giudizio dellAmministrazione patrocinata, la c.d. funzione contenziosa. Difatti la difesa di un interesse in giudizio, ancorch sui 268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 generis (prima giudici e poi Avvocati consigliava Mantellini nellapprocciare la difesa in giudizio dello Stato) incompatibile con la funzione regolativa propria delle autority in posizione determinata. Anche sganciando lAvvocatura dello Stato dal rapporto organico con la Presidenza del Consiglio dei Ministri per farne un ente giuridico autonomo con i connotati sopra riportati delle Autority, comunque la funzione contenziosa incompatibile logicamente con i connotati delle Autority, qualunque sia lAmministrazione patrocinata. Occorre quindi avere consapevolezza che la trasformazione in Autority determina quale logica conseguenza il venire meno della funzione contenziosa con tutti i corollari (perdita necessaria delle c.d. propine ex art 21 R.D. n.1611 cit. costituenti una componente del trattamento economico del personale togato; la presumibile perdita dello status giuridico di aggancio alle Magistrature, etc.); b) persa la funzione contenziosa la novella Avvocatura quale Autority dovrebbe svolgere funzioni amministrative consultive e di controllo (rectius: regolative); non anche la funzione di amministrazione attiva, attesa la incompatibilit logica della funzione di amministrazione attiva con i connotati caratterizzanti le cd. Autority. In ordine alle funzioni di controllo attribuibili in sede di riforma alla nuova Avvocatura dello Stato viene prospettata lassegnazione della funzione di controllo sugli atti normativi regionali al fine di sollevare eventuali conflitti di attribuzione e lassegnazione della funzione di dirimere controversie tra le Amministrazioni tradizionali e le Autority di settore. Tale materia appare veramente poco rilevante. Difatti il controllo sugli atti normativi della Regione pu ben farsi a quadro normativo invariato - nellambito dellattivit informativa ex art.10 comma 2 lett. b) L. 5 giugno 2003 n.131 - con piccole modifiche organizzative. La funzione di dirimere le controversie tra Amministrazioni tradizionali e Autority del tutto vaga e di carattere paragiurisdizionale, il che incompatibile con i caratteri connotanti le Autority. Inoltre le funzioni che si intenderebbe attribuire all?Avvocatura dello Stato in sede di riforma dellIstituto sono tali che potrebbero attribuirsi anche a legislazione vigente con modifiche organizzative (questo il caso della funzione di monitorare la normativa comunitaria per valutarne la ricaduta nella Repubblica con le sue molteplici articolazioni, dallo Stato ai Comuni). Allevidenza concreto il rischio che, ove si riformi lAvvocatura dello Stato sul modello delle Autority, venga creato un nuovo ente chiamato Avvocatura dello Stato privo delle funzioni contenziose, con compiti generici e poco rilevanti, con aumento dei costi per lo Stato (che dovrebbe pagare gli attuali 370 Avvocati dello Stato e dovrebbe altres pagare, a prezzo di mercato, gli Avvocati del libero foro ai quali verrebbero assegnate le cause non pi in attribuzione della nuova Avvocatura dello Stato). Tale nuova figura sarebbe LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 269 senzaltro destinata, nelle annuali previsioni contenute nella legge finanziaria che delegano il Governo a semplificare la P.A., ad essere liquidata. In conclusione si rileva che, anche se si trasformasse lAvvocatura dello Stato in Autority con perdita della funzione contenziosa, con una accentuata funzione consultiva e con acquisizione della funzione di controllo, tale nuovo soggetto sarebbe comunque difficilmente riconducibile alla nozione di vera Autority cos come configurata nel modello di origine francese e statunitense, perch si troverebbe ad operare in settori diversi da quelli sensibili (che connotano il carattere dellAutority). Soffermiamoci ora sul modello di Autority come nuova struttura che inglobi tanto lattuale Avvocatura dello Stato quanto lorgano del Pubblico Ministero (scorporato dallA.G.O.). Se venisse creata una nuova struttura sul modello dellAttorney General sopradescritto (quindi non una vera Autority), lAvvocatura dello Stato dovrebbe, nella sostanza, rimanere come attualmente , mentre il P.M. dovrebbe cambiare pelle con le necessarie modifiche costituzionali sopra descritte. Ove la nuova struttura fosse una vera autority, lAvvocatura dello Stato dovrebbe cambiare pelle sul modello sopradescritto e il Pubblico Ministero subirebbe modifiche conservando intatta lindipendenza e lobbligatoriet dellazione penale; tali modifiche implicano una riforma degli artt. 104, 105 e 108 Cost.. Va per rilevato che lappartenenza del P.M. ad una Autority costituisce aspetto atipico, per cui comunque la nuova struttura non costituirebbe una vera Autority secondo i connotati caratterizzanti sopra descritti. In nessuno degli Stati dove sono sorte le Autority il P.M. stato considerato una di esse. N negli USA e in Gran Bretagna, dove anzi costituisce una componente del governo, n in Francia, dove sotto il ferreo controllo del potere esecutivo. Inoltre il P.M. si atteggia comunque, nellattuale processo penale italiano, come una parte, ancorch imparziale (art. 358 c.p.p. del 1988). Infine deve rilevarsi che il nuovo P.M. non si troverebbe comunque ad operare nei cd. settori sensibili, gli unici - come rilevato sopra - per i quali predicabile la sussistenza di una vera Autority. 7. Interventi riformatori nellalveo dellattuale struttura dellIstituto opinione di chi scrive che i problemi riguardanti lAvvocatura dello Stato vadano risolti nellambito di un intervento riformatore gi, in alcuni casi, a livello di organizzazione amministrativa che conservi nella sostanza la struttura dellAvvocatura dello Stato quale essa . Trattazione del contenzioso seriale In ordine al contenzioso seriale deve rilevarsi che lo stesso si affronta con 270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 un adeguato supporto organizzativo. Il contenzioso seriale da sempre ha interessato, nelle diverse epoche storiche, lAvvocatura dello Stato. Nel secondo dopoguerra si sono avute le cause delle derequisizioni belliche, negli anni 80 esploso il contenzioso previdenziale. Vuol dirsi che un difensore, qualsiasi difensore e a maggior ragione un difensore che abbia importanti clienti ha cause seriali. Le cause seriali costituiscono anche ragione giustificatrice dellesistenza di una struttura quale lAvvocatura dello Stato. LAvvocatura, con la sua struttura, pu in modo completo ed esaustivo curare tali tipi di cause assicurando uniformit nella strategia difensiva. Se le cause seriali venissero trattate male, si determinerebbero pregiudizi notevoli per le casse dello Stato. Inoltre, se venissero affidate ad Avvocati del libero foro vi sarebbero certamente costi comparativamente maggiori rispetto a quelli richiesti per la difesa erariale. Peraltro va notato che gi nel sistema vi sono gli strumenti tesi a massimizzare le risorse nelle cause seriali, essendo possibile garantire il patrocinio dellAvvocatura dello Stato solo nelle cause pilota, nelle cause importanti, nelle cause involgenti questioni di massima. Alluopo si richiama lart. 417 bis c.p.c., secondo cui nel primo grado di giudizio del c.d. pubblico impiego privatizzato, le Amministrazioni dello Stato e gli enti patrocinati dallAvvocatura dello Stato possono stare in giudizio tramite propri dipendenti, salvo che lAvvocatura dello Stato determini di assicurare direttamente la trattazione della causa; si richiama altres il gi citato art. 13 comma 3 L. n. 103 inerente ai giudizi pensionistici innanzi alla Corte dei Conti. Riduzione delle competenze dello Stato e dinamiche del contenzioso In ordine al fenomeno della riduzione dello Stato si osserva che il fenomeno della perdita di potere dello Stato a fronte dellampliamento delle competenze dellUnione Europea irrilevante sul problema dellaumento o riduzione di controversie dello Stato. Tale fenomeno determina unicamente una diversa allocazione della fonte di produzione di una data attivit normativa in materia, che dallo Stato passa allUnione Europea. Lattuazione della normativa di fonte comunitaria spetta esclusivamente agli Stati con le loro articolazioni territoriali, che intervengono secondo le regole interne di competenza. La non attuazione della normativa comunitaria genera un giudizio di responsabilit dello Stato davanti alla Corte di Giustizia Europea (in tale sede lo Stato Italiano patrocinato, come detto sopra, dallAvvocatura dello Stato). Il fenomeno della perdita di potere dello Stato, a fronte dellampliamento delle competenze delle Regioni e degli altri enti territoriali, determina senzaltro una contrazione del contenzioso ma non con connotati tali da determinare la fine specie in sede periferica del contenzioso interessante lo Stato. Alluopo si rileva: LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 271 1. Il venir meno del contenzioso riguardante lo Stato si avrebbe solo se venisse meno lo Stato Centrale. Il solo fatto che persista lo Stato centrale con competenze comunque importanti implica il persistere del contenzioso che lo riguarda. Il catalogo delle competenze dello Stato in materia legislativa , in base allart. 117 commi 2 e 3 della Costituzione, il seguente: Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con lUnione Europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini non appartenenti allUnione Europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezioni del Parlamento europeo; g) ordinamento ed organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile ed anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sullistruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e citt metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statico ed informatico dei dati dellamministrazione statale, regionale e locale; opere dellingegno; s) tutela dellambiente, dellecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative: rapporti internazionali e con lUnione Europea delle Regioni; commercio con lestero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva lautonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dellistruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno allinnovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; 272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dellenergia; previdenza complementare ed integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e promozione ed organizzazione di attivit culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario ed agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la podest legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Tale catalogo delle competenze legislative dovrebbe, quale conseguenza, comportare una correlativa competenza amministrativa dello Stato (art. 118 comma 1 Cost.: le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare lesercizio unitario, sono conferite a province, Citt metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza). 2. A riprova di quanto detto deve evidenziarsi che in vari Stati federali sussiste comunque una struttura federale che cura il contenzioso dello Stato Federale. Basti richiamare la struttura dellAttorney General negli USA che tratta il contenzioso dello Stato Federale e quella della Finanzprokurator in Austria. Con ci vuol dirsi che non vi una incompatibilit tra Stato Federale ed Avvocatura dello Stato, la quale patrocinerebbe il solo Stato Federale. 3. Le modificazioni e le trasformazioni dello Stato implicano, invece, il mutamento della tipologia del contenzioso che lo riguarda. Fino agli anni 60 lAvvocatura dello Stato trattava in prevalenza cause tributarie; negli anni 70 esploso il contenzioso del lavoro; ladesione sempre pi convinta dellUnione Europea ha determinato un contenzioso interno conseguenza di inadempimenti ad obblighi comunitari; le nuove frontiere della responsabilit civile hanno determinato la nascita di nuovi tipi di responsabilit dello Stato (quale la responsabilit per omesso controllo del sangue trasfuso e per omessa vigilanza nellattivit bancaria, etc.); la stipula della Convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti delluomo ha germinato - a partire dal 2002 - le cause in tema di cd. legge Pinto. Dunque il contenzioso muta, ma non sparisce. La contrazione dello stesso, che verosimilmente si avr allesito della completa attuazione del federalismo, deve essere vista con favore e non con diffidenza. Il minor numero delle cause, infatti, implicher qualitativamente un recupero di efficienza nellattivit difensiva. Siamo abituati, analizzando le statistiche, a trattare un numero notevolissimo di cause, e ci a partire dagli anni 80. Fino agli anni 80 il contenzioso non era numeroso come oggi. Nel 1950 il numero degli affari nuovi pervenuti era, come detto, sulle 30.000 unit, laddove nel 1997 era sulle 215.000 unit. Fino al 1980 il numero degli Avvocati di ruolo era di 200 e LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 273 quello dei Procuratori di 42, nel 1980 il numero degli Avvocati nel ruolo era di 300 e quello dei Procuratori di 70. Dalle statistiche che sono riportate deve quindi acclararsi un continuo aumento del contenzioso a fronte di un pressocch stabile organico dellAvvocatura dello Stato. La paventata contrazione del contenzioso permetter conducendo il sistema dalla patologia alla fisiologa una trattazione completa del contenzioso e del consultivo affidato allAvvocatura dello Stato, tornando a quel rapporto numero degli affari/numero degli Avvocati e Procuratori esistente fino agli anni 70. Ci consentirebbe di trattare al meglio il contenzioso esistente, ossia di curare direttamente le cause seriali, quelle in materia di pubblico impiego anche in primo grado, quelle in materia pensionistica davanti alla Corte dei Conti aventi implicazioni di diritto (ad es. quelle di ripetizione di indebito, etc.) e quelle penali. Peraltro, come rilevato sopra nella descrizione del carico di lavoro dellAvvocatura dello Stato nel periodo 1998/2009, il contenzioso si mantenuto elevato nonostante il venire meno delle cause previdenziali ed il decentramento operato con le cosiddette Leggi Bassanini. In ordine alla trasformazione di settori statali in strutture privatistiche si osserva: fino a che la trasformazione in societ privatistiche non determiner il venir meno del controllo dello Stato logicamente sostenibile e naturale che il patrocinio delle strutture privatistiche spetti allAvvocatura dello Stato. Ci, infatti, compatibile con il sistema e in specie con lart. 43 R.D. n. 1611 cit. Autorevole dottrina sul punto enuncia: pu ritenersi che la mera trasformazione della veste formale dellEnte, che non incida sulla sua identit, lascia operante lautorizzazione gi disposta del patrocinio dellAvvocatura dello Stato fino a che, fuoriuscito lEnte privato dalla sfera pubblica, non venga espressamente revocato il patrocinio dellAvvocatura (cos P. PAVONE, Lo Stato in giudizio pg. 370-371 Giuffr ed. 2002). In generale vuol dirsi che venendo in rilievo un organismo di diritto pubblico con i connotati previsti nella disciplina comunitaria logicamente compatibile il patrocinio dellAvvocatura dello Stato in favore di esso organismo. Questa la linea di tendenza anche del legislatore, che in casi recenti di trasformazione di strutture pubbliche in societ di diritto privato (come nel caso dellANAS) ha previsto il patrocinio dellAvvocatura dello Stato. Redistribuzione delle risorse umane Per conseguire lo svolgimento in modo efficiente del carico di lavoro potrebbe operarsi una oculata redistribuzione delle risorse umane. Si notato sopra che, tanto nel ruolo del personale togato quanto nel ruolo amministrativo, vi sono delle carenze. A ranghi ridotti tuttavia opportuno che le risorse umane siano razionalmente distribuite negli uffici, onde evitare in una situazione gi sofferente sperequazioni di carico lavorativo. 274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Alluopo si proceduto a rilevare il carico di lavoro annuo alla luce degli affari consultivi e contenziosi per singola Avvocatura. Onde ottenere un dato che eviti fluttuazioni accidentali in un singolo anno, si operata per gli ultimi due anni una media annua degli affari, ossia per ciascuna Avvocatura si sono sommati i consultivi ed i contenziosi del 2008 e 2009 e la somma stata divisa per due. Quindi, sulla base di tale dato, si operata la media del numero degli affari affidati a ciascun avvocato, tenendo conto del numero di avvocati presso ciascun Distretto alla data dell1 gennaio 2008. Infine si individuato il rapporto tra il numero del personale togato e il numero del personale amministrativo, sempre alla data del 1 gennaio 2008, al fine di misurare lentit del supporto ausiliario alla funzione difensiva. Distretti Numero di Avvocati assegnati Numero di impiegati assegnati Numero cause per Avvocato Rapporto Avvocato/ Impiegato Ancona 3 12 632 4 Bari 11 24 662 2,18 Bologna 12 23 351,5 1,91 Brescia 5 14 365 2,8 Cagliari 8 21 368 2,62 Caltanissetta 3 11 448 3,66 Campobasso 4 10 486 2,5 Catania 9 32 822 3,55 Catanzaro 8 25 1.104 3,12 Firenze 11 23 381 2,09 Genova 8 16 353 2 LAquila 7 16 478 2,28 Lecce 10 39 427 3,9 Messina 5 21 851 4,2 Milano 14 39 377 2,78 Napoli 25 80 966 3,2 Palermo 19 40 570 2,1 Perugia 6 11 378 1,83 LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 275 Nel valutare il rapporto avvocati/impiegati va precisato che il rapporto nazionale (ricavato dalla divisione della somma del personale amministrativo in servizio alla data del 2008 ed il personale togato in servizio alla data del 2008) di 2,44. Dal quadro sopra riportato emerge che il carico di lavoro del personale togato delle Avvocature del Centro (escluso Roma e Perugia) e del Sud comparativamente maggiore rispetto a quello delle Avvocature del Nord e dellAvvocatura Generale. Dallo stesso si rileva altres che il supporto del personale amministrativo al lavoro dei togati delle Avvocature del Centro (escluso Roma e Perugia) e del Sud comparativamente maggiore rispetto a quello delle Avvocature del Nord e dellAvvocatura Generale. Tale situazione determina delle aporie nella gestione del lavoro. Da colloqui con colleghi delle Avvocature del Nord ad es. di Torino e di Bologna risulta che il personale togato batte a macchina ordinariamente i propri atti, fa le copie dei documenti, predispone il fascicolo di costituzione; ci per far fronte a carenze di supporto amministrativo. Con intuitivo disagio e dispendio di energie . Appare peraltro significativo osservare come linformatizzazione ha patologicamente determinato di fatto un travaso tra lattivit di competenza del personale amministrativo verso il personale togato. Risulta in tal modo evidente una disarmonia organizzativa che, sia pur variamente articolata, incide sullattivit degli avvocati e procuratori di tutte le sedi. A tali aporie occorre rimediare completando lorganico del ruolo del personale togato, da assegnare poi presso le Avvocature con il maggiore carico Distretti Numero di Avvocati assegnati Numero di impiegati assegnati Numero cause per Avvocato Rapporto Avvocato/ Impiegato Potenza 4 15 427 3,75 Reggio Calabria 7 22 750 3,14 Roma 122* 230 377 1,88 Salerno 7 20 527 2,85 Torino 7 19 ---** 2,71 Trento 3 7 652 2,33 Trieste 3 13 644 4,33 Venezia 11 22 532 2 (*) Esclusi i 6 Avvocati fuori ruolo. (**) Non si dispone dei dati necessari. 276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di lavoro per i togati, e completando lorganico del ruolo del personale amministrativo da assegnare poi presso le Avvocature del Nord e lAvvocatura Generale e di Perugia, dove il supporto del personale amministrativo al lavoro dei togati comparativamente minore rispetto a quello delle Avvocature del Centro (escluso Roma e Perugia) e del Sud. Diversamente, lasciando inalterato lorganico effettivo, una possibile tecnica di intervento potrebbe essere quella di spostare magari in sede di immissione di nuove risorse umane a fronte della cessazione dal servizio di quelle esistenti unit di personale togato presso le Avvocature con maggiore carico di lavoro ed unit di personale amministrativo presso quelle sedi con carenze. Lassegnazione di unit di personale amministrativo presso le sedi con carenze va tuttavia ponderata tenendo presente che presso le sedi in questione vi pu essere un minore carico di lavoro rispetto alle altre. Del tutto peculiare la situazione dellAvvocatura Generale, che al 2008- 2009, se comparata con le altre sedi (comparazione da fare cum grano salis attesa limportanza delle funzioni svolte), appare con un basso carico di lavoro, tenendo conto della media degli affari nuovi assegnati a ciascun avvocato, e con alta carenza di personale amministrativo. Deve ritenersi che tale situazione la conseguenza del concorso di tre fattori. Nel decennio 1998-2008 presso lAvvocatura Generale si sono verificati: a) una lenta, altalenante, riduzione del contenzioso che passato da 60.609 a 47.369 affari; b) un aumento progressivo del numero del personale togato: nel 1998 i togati in servizio erano 99, nel 2002 erano 102, nel 2008 sono 122 (dal calcolo vengono esclusi i fuori ruolo); c) una diminuzione progressiva del numero del personale amministrativo: nel 1998 i dipendenti amministrativi in servizio erano 275, nel 2002 erano 272, nel 2008 sono 230. Sicch nel 1998 un avvocato presso la Generale ha avuto assegnati in media 612 affari, in luogo dei 377 affari nel periodo 2008-2009. Inoltre nel 1998 per ogni togato vi erano 2,77 impiegati, laddove nel 2008 ve ne sono 1,88. In termini di carico di lavoro, quindi, alla diminuzione del contenzioso non corrisposta una pi agevole gestione degli studi professionali degli avvocati in quanto anche allAvvocatura Generale si verificata una anomala ricaduta sugli avvocati e procuratori del gi esaminato processo di informatizzazione. Processo di informatizzazione e valorizzazione del personale non togato Sul piano rigorosamente amministrativo si dovranno garantire misure efficaci ed idonee per assicurare la migliore funzionalizzazione del processo di informatizzazione in modo da valorizzare al massimo la professionalit del personale non togato al fine di costituire un valido e ineludibile supporto del LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 277 personale togato in ci che attiene alla gestione telematica ed informatica del contenzioso. Interventi legislativi di riforma dellIstituto Nel prospettato quadro appare utile tracciare delle possibili linee evolutive da tener conto nellauspicata ed attesa riforma legislativa dellIstituto e del suo ruolo e di cui di seguito si delineano sinteticamente taluni profili : 1. Lautonomia finanziaria dellAvvocatura dello Stato, con listituzione di un capitolo unico di bilancio, nellambito dello stanziamento previsto ed approvato con la legge finanziaria e di bilancio dellanno. 2. La dirigenza amministrativa. Momento necessario per il recupero della efficienza della macchina organizzativa dellAvvocatura dello Stato la creazione, in sede di riforma legislativa, della figura del Dirigente amministrativo accanto allAvvocato Generale e agli Avvocati Distrettuali. Tale figura dovrebbe gestire le risorse umane e materiali strumentali per lidoneo svolgimento dellattivit defensionale dellAvvocatura dello Stato. 3. La durata determinata degli incarichi dirigenziali. In armonia con lattuale disciplina del management pubblico gli incarichi dirigenziali (Avvocato Generale, Avvocato Distrettuale, Dirigente Amministrativo) devono avere durata determinata con controllo della gestione. 4. La trattazione di parte del contenzioso tributario. E auspicabile un parziale recupero del contenzioso tributario in capo allAvvocatura dello Stato. Sul punto si condividono in pieno le parole dellallora Avvocato Generale Luigi Mazzella, pronunciate nella Relazione al Service sulla Giustizia del Lions Club Salerno 2000, secondo cui: ..LAvvocatura dello Stato, forte della sua articolazione territoriale, potrebbe assicurare, sia in sede consultiva che contenziosa, la centrale funzione svolta nelle controversie tributarie, ormai concentrate tutte dinanzi alle Commissioni Tributarie con lultima riforma in materia, laddove vengono in rilievo questioni di massima o particolare valore economico o pendono ricorsi pilota in grado di influenzare significativamente il futuro contenzioso. A tal fine sarebbe sufficiente un intervento legislativo, sul tipo di quello previsto dal D.lgs. 29/93 in tema di patrocinio dello Stato nelle cause di pubblico impiego privatizzato, che rimetta alla valutazione dellAvvocatura dello Stato la scelta, in base alla importanza della questione, se difendere lAmministrazione o se rimettere, come avviene tuttora, direttamente ai funzionari della stessa la rappresentanza e difesa in giudizio (pg. 32, Relazione pubblicata altres nella Rassegna dellAvvocatura dello Stato gennaio-dicembre 2001 p. XXVIII). 5. La possibilit di delega (sul modello dellart. 2 R.D. n. 1611 cit.) nei giudizi penali. Tale minuscola modifica consentirebbe una razionale ed efficiente organizzazione della strategia difensiva nel penale, sterilizzando i tempi morti in udienza. 6. La modifica della composizione del Consiglio degli Avvocati e Procu- 278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 ratori dello Stato (con prevalenza della componente elettiva), con valore vincolante dei suoi pareri nelle materie su cui analogamente deliberano in modo vincolante gli organi di autogoverno operanti nella magistratura ordinaria, contabile e amministrativa. In tal modo si agevolerebbe, intuitivamente, la gestione amministrativa dellIstituto. Nel presente lavoro si tenuto conto : a) del ruolo di anzianit situazione al 1 gennaio 1998 , del ruolo di anzianit situazione al 1 gennaio 2002 e del ruolo di anzianit situazione al 1 gennaio 2008 dellAvvocatura dello Stato al fine di individuare ruolo, effettivi e sede del personale togato e non togato; b) dei dati statistici riportati nelle relazioni quinquennali dellAvvocatura dello Stato e nella Rassegna dellAvvocatura dello Stato, per la rilevazione del contenzioso fino al 1999; c) dei dati ricavabili: da articoli e da discorsi dellAvvocato Generale in occasione della cerimonia di inaugurazione degli anni giudiziari apparsi sulla Rassegna dellAvvocatura dello Stato, dalla citata Relazione della S.S.P.A: sullAvvocatura dello Stato e dal Sistema Informatico dellAvvocatura dello Stato (grazie allaiuto del dott. Vittorio Vigoriti e alla collaborazione di colleghi di diverse sedi), per la rilevazione del contenzioso dal 2000 al 2009. Nellassemblare i dati potrei aver commesso degli errori di calcolo e me ne scuso sin dora. LAutore. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 279 La cessione dei crediti dimpresa Con particolare riferimento alla disciplina dettata dalla normativa di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52 Flavio Ferdani* Il presente articolo si propone quale scopo precipuo quello di effettuare una compiuta ed esauriente analisi delle problematiche che riguardano la cessione dei crediti di impresa, con particolare riferimento a quello che il regime dettato dalla normativa di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52 che disciplina appunto tale tipologia di cessione. La suddetta normativa bench rivesta particolare importanza soprattutto per i factors, non disciplina tuttavia il contratto di factoring, del quale non fornisce infatti nemmeno la definizione, n tantomeno n regola il funzionamento. In realt essa prevede la disciplina di ogni tipologia di cessione dei crediti di impresa che rivesta i requisiti previsti dal dettato normativo della legge medesima ed indipendentemente dal titolo in virt del quale viene disposto il trasferimento (1) . Ne deriva quindi che la legge n. 52/1991 non pu essere considerata essenzialmente una normativa sul factoring, bens una legge che detta la disciplina su un particolare tipo di cessione dei crediti. La normativa oggetto desame non costituisce un sistema autonomo rispetto a quello previsto dal legislatore dal 1942. Infatti, secondo lorientamento della dottrina (2), entrambe le discipline prevedono tutta una serie di regole e di principi che devono essere necessariamente adeguate alle fattispecie concrete, che per non sono sempre assolutamente separabili e incomunicabili. Ci nel senso che tra quella che la normativa che disciplina i crediti di impresa e quella che norma i crediti ordinari, di cui al dettato previsto dagli artt. 1260 e seguenti non sussistono sovrapposizioni, n margini attraverso i quali operare eventuali integrazioni, anche se va precisato che non tutte le regole dettate dalla legge speciale hanno contenuti diversi da quelli che sono stati previsti dal legislatore del 1942 (3). (*) Vice Prefetto, Capo di Gabinetto della Prefettura di Pisa. (1) GALGANO, Commentario breve al codice civile, CELT, 2006, p. 1006. (2) PERLINGIERI, Le cessioni dei crediti ordinari e dimpresa. Nozioni, orientamenti giurisprudenziali e documenti, Esi, 1993, p. 101 ss. (3) PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, in Commentario Scialoja-Branca, Zanichelli-Foro it., 1982. 280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Da ci ne deriva conseguentemente che la normativa relativa alla cessione dei crediti di impresa sottrae tale fattispecie di cessione a quelle che sono le limitazioni previste dal legislatore del 1942, con riferimento alle cessioni ordinarie del credito. Resta inteso che viene fatta salva, comunque, lapplicazione delle norme del codice civile per tutte quelle cessioni di credito che siano prive dei requisiti richiesti dalla legge stessa. La nuova disciplina offre, pertanto, un fondamento normativo a quella che la cessione in massa dei crediti relativi alle imprese, e tutto questo al fine di sottrarre tali cessioni a quelle che sono le regole comuni dettate dagli artt. 1260 e seguenti del codice civile. La legge n. 52/1991, quindi, pone in essere una disciplina di tipo qualificato di cessione del credito ed caratterizzata dal fatto che essa costituisce una disciplina speciale che va applicata a determinate ipotesi di cessione; ne deriva pertanto, che essa pu essere considerata una sorte di appendice alla normativa prevista dal legislatore del 1942. Tutto questo ci permette di tracciare una distinzione tra le due normative: infatti, mentre le disposizioni del codice dettano una disciplina generale alla quale vanno soggetti tutti i negozi di cessione del credito, al contrario la legge n. 52/1991 contiene, invece, una disciplina di natura cosiddetta speciale che va applicata nelle ipotesi di cessione che presentano i requisiti richiesti dalla legge medesima. 1. La cessione dei crediti nel factoring Prima di procedere allesame della suddetta problematica, opportuno delineare i tratti essenziali del contratto di factoring, dove, come noto, un imprenditore si impegna a cedere ad un altro imprenditore (factor) tutti i crediti derivati o, quelli futuri, derivanti dallesercizio della sua impresa (4). Pi in particolare il factoring costituisce un contratto atipico che si concretizza attraverso la cessione della titolarit dei crediti di un imprenditore, che derivano dallesercizio della sua impresa, ad un altro imprenditore factor, in virt di un effetto traslativo che pu concretizzarsi in due momenti diversi: gi al momento dello scambio dei consensi tra i medesimi nellipotesi in cui la cessione globale e i crediti sono esistenti, ovvero differito al momento in cui i crediti vengono ad esistenza se sono futuri. In ogni caso, comunque, leffetto traslativo, si concretizza attraverso il perfezionamento della cessione tra cedente (fornitore) e cessionario (factor), indipendentemente dalla volont e dalla conoscenza del debitore ceduto (Cass. (4) CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 3, Contratti, titoli di credito, procedure concorsuali, UTET, Torino, 2001, p. 151 ss. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 281 2 febbraio 2001, n. 1510) (5). Il contratto di factoring (6) costituisce un contratto di natura atipico in cui sussiste un elemento tuttavia costante che la gestione della totalit dei crediti di unimpresa, che viene attuata attraverso lo strumento delle cessione dei crediti. Quindi siamo di fronte essenzialmente ad una operazione fondata sulla cessione dei crediti in quanto un imprenditore trova un accordo con un altro imprenditore, cosiddetto factor, il cui elemento fondante finalizzato a cedere a questultimo tutti i crediti via via derivanti dallattivit di impresa, ovviamente dietro il pagamento di una determinata percentuale delle somme da riscuotere. Nonostante lavvento della legge n. 52/1991 che disciplina, come gi detto, la fattispecie della cessione dei crediti di impresa, il contratto di factoring ha mantenuto i caratteri tipici di un contratto atipico in quanto non ne viene data n una definizione n una precisa regolamentazione. Apertis verbis la nuova disciplina, in altri termini, non ha provveduto a tipizzare quello che il contratto di factoring, eliminando cos il problema della sua qualificazione giuridica. Anzi, al contrario tale normativa non provvede nemmeno a definirlo, occupandosi unicamente della cessione dei crediti di impresa. Conclusivamente va sottolineato come, nellambito del contratto di factoring, per quanto concerne la disciplina della cessione dei crediti, vale quanto previsto dalla disciplina dettata dalla legge n. 52/1991 nel caso in cui il cedente ricopra determinate figure e pi dettagliatamente: un imprenditore, il cessionario una banca o un intermediario finanziario, il cui oggetto sociale preveda lesercizio dellattivit di acquisto dei crediti di impresa. Al di fuori di queste ipotesi vale quella che lordinaria disciplina dettata dal codice civile (7). 2. Disciplina speciale della cessione dei crediti di impresa Si tratta di una debita e doverosa premessa e soprattutto andava chiarito che il dettato di cui alla legge n. 52/1991, progettata dal Legislatore per regolare il contratto di factoring, ha in realt disciplinato un tipo speciale di cessione dei crediti, che utilizzabile anche per altri tipi di convenzione, oltre che per quella del factoring stesso (8). (5) Cass. 2 febbraio 2001, n. 1510 in Giust. civ. 2001, I, p. 1856 ss. (6) ZATTI, Manuale di diritto civile, CEDAM, 2006, p. 725 ss.; GALGANO, Commentario breve al codice civile, CELT, 2006, p. 1003 ss.; FINELLI, nota di commento, La cessione dei crediti dimpresa come schema di contratto atipico a prestazioni corrispettive, in Nuova giur. civ., 2004, I, p. 162 ss. (7) GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, p. 1314, 1315. (8) PERLINGIERI, Le cessioni dei crediti ordinari e dimpresa. Nozioni, orientamenti giurispru- 282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Premesso ci ora opportuno passare allanalisi degli aspetti peculiari e caratterizzanti la disciplina della cessione dei crediti di impresa al fine di mettere in evidenza le differenze rispetto alla disciplina generale dettata dal codice civile. Si tratta, pertanto, di procedere, seppur in maniera sintetica, allesame delle disposizioni contenute nella legge 21 febbraio 1991, n. 52 che prevede, appunto, una normativa di tipo speciale per la cessione dei crediti di impresa e contiene delle deroghe a quella che la disciplina generale della cessione dei crediti prevista dal codice civile. 3. Ambito di applicazione della legge n. 52/1991 Lapplicazione della legge speciale, contenente la disciplina dei crediti di impresa, si applica soltanto nelle ipotesi in cui ricorrono determinate condizioni sia di carattere soggettivo (che devono essere presenti sia nel cedente i crediti sia nel cessionario) sia di carattere oggettivo (9). Per quanto concerne le condizioni soggettive, il cedente deve rivestire la figura di un imprenditore (art. 1, lett. a, l. cit.). Ne deriva pertanto che il possesso della qualit di imprenditore costituisce condizione necessaria per lesistenza del tipo contrattuale. Molto pi puntuale la caratterizzazione che la legge richiede per la figura del cessionario (art. 1, lett. c), il quale deve essere una banca o un intermediario finanziario ed il cui oggetto sociale preveda lesercizio dellattivit dacquisto di crediti di impresa. Per quanto concerne invece le condizioni oggettive la legge indica in modo preciso che la cessione deve essere effettuata dietro corrispettivo e che possono essere oggetto di cessione soltanto i crediti che sorgono da contratti stipulati dal cedente nellesercizio dellimpresa (art.1, lett. b). Inoltre, larticolo 3 ammette la possibilit di una cessione anche dei crediti futuri, cio di quei crediti che sorgeranno da contratti ancora da stipulare e consente, altres, anche la cessione di crediti in massa, purch, se futuri, derivanti da contratti da stipulare in un periodo non superiore a ventiquattro mesi. La cessione dei crediti in massa si considera con oggetto determinato anche con riferimento a crediti futuri, se indicato il debitore ceduto. Ne deriva quindi che se tali condizioni non ricorrono, allora la cessione va soggetta alla regolamentazione prevista dalla disciplina generale dettata dal codice civile. denziali e documenti, Esi, 1993, p. 102 ss.; GALGANO, Commentario breve al codice civile, CELT, 2006, p. 1003 ss. (9) ZATTI, Manuale di diritto civile, CEDAM, 2006, p. 726. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 283 4. Garanzia e solvenza Per le sue caratterizzazioni del tutto innovative, rispetto alla disciplina codicistica, si connota la disciplina delle garanzie dovute dal cedente. Lart. 4, della legge speciale infatti, rovescia quello che il principio stabilito dallart. 1267 del codice civile, in quanto pone a carico del cedente, fatto salvo la rinuncia del cessionario, la garanzia della solvenza del debitore. Si tratta, quindi, di regola, di una cessione del credito che possiamo definire pro solvendo (10) secondo il dettato di cui allart. 1267 del codice civile che disciplina appunto tale ipotesi di cessione. In questo caso il cedente risponde anche della solvenza del ceduto, solo quando ne abbia assunto la garanzia. Il secondo comma dellart. 1267 codice civile prevede, poi, che qualora il cedente ha fornito la garanzia circa la solvenza del debitore, la garanzia viene meno se la mancata realizzazione del credito dovuta allinsolvenza del debitore viene a dipendere da negligenza del cessionario nelliniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso. Ci comporta quindi, che il cessionario , comunque, tenuto a un obbligo di diligenza. La cessione di credito pro solvendo, che, come noto, si perfeziona attraverso il solo consenso dei contraenti, produce immediatamente leffetto reale tipico di trasferire in capo al cessionario la titolarit del credito, mentre leffetto liberatorio nei confronti del cedente si realizza solamente nel momento del pagamento da parte del ceduto al cessionario... (Cass. civ., sez. I, 19 gennaio 1995, n. 575). 5. Effetti della cessione rispetto ai terzi Una disciplina che presenta delle differenziazioni regola quelli che sono gli effetti della cessione rispetto ai terzi. Larticolo 5 fa salva, con il secondo comma, per il cessionario, la facolt di rendere la cessione opponibile ai terzi nei modi previsti dal codice, ma introduce anche, con il primo comma, un criterio nuovo, fondato sulla data certa del pagamento, totale o parziale del corrispettivo della cessione. Gli articoli 6 e 7 disciplinano, poi, rispettivamente le ipotesi di fallimento del ceduto e di fallimento del cedente (11). Nellipotesi in cui si verifichi il fallimento del ceduto, il pagamento effettuato da questultimo in favore del cessionario non soggetto a revocatoria (10) GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, p. 1315.; TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, CEDAM, 2004, p. 671. (11) GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, p. 1315. 284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 fallimentare. Tale azione pu essere, peraltro, iniziata nei confronti del cedente, nellipotesi in cui il curatore provi che egli, al momento del pagamento, conosceva lo stato di insolvenza del debitore. In questa ipotesi viene fatta salva la rivalsa del cedente verso il cessionario, che abbia rinunciato alla garanzia di solvenza del debitore (art. 6). Qualora si verifichi lipotesi di un fallimento del cedente, l opponibilit della cessione subordinata alla sussistenza di determinati requisiti. In particolare alla priorit della data certa del pagamento del corrispettivo rispetto a quella della sentenza dichiarativa, a meno che il pagamento da parte del cessionario che conosceva lo stato di insolvenza del cedente sia avvenuto entro lanno precedente alla sentenza stessa e prima della scadenza del credito ceduto (art. 7). Per quanto concerne invece l efficacia della cessione rispetto al debitore ceduto, va detto che sulla base di quanto si ricava dallarticolo 5, lefficacia della cessione rispetto al debitore ceduto regolata, anche in questo caso, dal dettato di cui allarticolo 1264 del codice civile e, pertanto, non sono richiesti particolari requisiti formali. D O T T R I N A Procedure per laffidamento di concessioni di lavori pubblici con prelazione per il promotore Casi e problematicit nella disciplina della finanza di progetto successiva al terzo correttivo Gianfrancesco Fidone* SOMMARIO: 1. La finanza di progetto e la prelazione del promotore: storia di un rapporto conflittuale; 2. La procedura in due fasi con prelazione del promotore; 3. Il diritto di prelazione nel caso delliniziativa privata conseguente alla mancata pubblicazione del bando di gara; 4. Valutazioni conclusive. 1. La finanza di progetto e la prelazione del promotore: storia di un rapporto conflittuale Il d.lgs. 11 settembre 2008 n. 152, terzo decreto correttivo al d.lgs. 163/2006, Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha sostanzialmente modificato le procedure di aggiudicazione delle concessioni su iniziativa privata, cosiddetta finanza di progetto o project financing (1). Infatti, lart. 1, co. 1 lett. ee) ff) gg) del correttivo sostituisce integramente il precedente testo degli artt. 153 e ss. del Codice. Tale riforma costituisce il momento (per ora) conclusivo di una lunga elaborazione legislativa che pi volte ha modificato la disciplina della finanza di progetto, introdotta dalla l. 415 del 1998 (c.d. Merloni ter) nellimpianto della l. 109 del 1994 (c.d. Merloni), allart. (*) Avvocato amministrativista e professore a contratto di diritto amministrativo - Universit degli Studi di Roma La Sapienza. (1) Per un commento al terzo correttivo si veda: R. DE NICTOLIS, Le novit del terzo (e ultimo) decreto correttivo del codice dei contratti pubblici, Urbanistica e Appalti, n.11, 2008, pp. 1225 e ss. 286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 37 ter (2). La controversa vita della finanza di progetto ha ruotato intorno alla dibattuta presenza (o soppressione) del diritto di prelazione concesso al promotore (3). Tale previsione stata una delle novit rilevanti introdotte dalla l. 166/2002, c.d. Merloni quater, che aveva novellato lart. 37-ter della l. 109/1994. Esso consisteva nel riconoscimento al promotore della facolt di adeguarsi, a parit di condizioni, allofferta di un concorrente che lammini- (2) Tra i pi recenti contributi in tema di finanza di progetto, precedenti al terzo correttivo: E. PICOZZA, Le nuove prospettive della finanza di progetto nel Codice dei contratti pubblici (Relazione al convegno organizzato dal Centro di studi amministrativi "Ignazio Scotto" sul tema: "La finanza di progetto con particolare riferimento al ruolo del sistema bancario", Velletri, 15 ottobre 2007), in Giurisdizione amministrativa, 2007, fasc. 9 pp. 301 ss.; R. DI PACE, La finanza di progetto, in I contratti con la pubblica amministrazione, a cura di C. FRANCHINI, pp. 1029 ss.; D. SPINELLI e P.L. LA VECCCHIA, La struttura di unoperazione di project financincg, in Opere Pubbliche: nuove modalit di realizzazione, Il Sole 24 ore s.p.a., 2007; S.M. SAMBRI, Project financing. La finanza di progetto per la realizzazione di opere pubbliche, in Trattato di Diritto dellEconomia, Cedam, Padova, 2006; B. RAGANELLI, Finanza di progetto e opere pubbliche. Quali incentivi?, Giappichelli, Torino, 2006; G. FIDONE, Aspetti giuridici della finanza di progetto, Luiss University Press, Roma, 2006; D. IELO, Due puntualizzazioni del Consiglio di Stato in tema di project financing, in Urb. app., 2006, n. 12, p. 1459 ss; G. PASQUINI, Il project financing e la discrezionalit, in Gior. dir. amm., 2006, n. 10, p. 1112 ss.; G. GUZZO, La finanza di progetto: fu vera gloria? Alcune riflessione sul project financing alla luce delle recenti pronunce del Cons. St., V, 10 novembre 2005, n. 6287, del Cons. giust. amm. Reg. siciliana, 22 dicembre, in Rivista trimestrale degli appalti, 2006, n. 1, p. 105 ss; V. REALE, Il project financing quale strumento per la realizzazione di opere pubbliche attraverso lapporto di capitali privati, in Nuova rass. legisl., dottr. giur., 2006, n. 2, p. 198 ss.; A. CAMARDA, ivi, 2006, n. 2, p. 235 ss; SARACINO, La finanza di progetto tra dialogo competitivo e tutela della concorrenza, in Foro amm., TAR, 2006, pp. 3118 ss.; M. RICCHI, Finanza di progetto, contributo pubblico, controllo ed equit, in Dir. ec., 2006, p. 570; E. PICOZZA, La finanza di progetto con particolare riferimento ai profili pubblicistici, Giappichelli, Torino, 2005; A. VIGNUDELLI, La disciplina della finanza di progetto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, in Dir. Amm., 2005, n. 3, p. 487 ss.; FRACCHIA, Finanza di progetto: i profili di diritto amministrativo, in Project financing e opere pubbliche. Problemi e prospettive alla luce delle recenti riforme, a cura di G. F. FERRARI e F. FRACCHIA, Egea, Milano, 2004, p. 57 ss.; F. CARINGELLA & G. DE MARZO, La nuova disciplina dei lavori pubblici. Dalla legge quadro alla Merloni-quater, Ipsoa, 2003; E. PICOZZA, La finanza di progetto nel sistema dellattivit contrattuale privata e pubblica, in Il Consiglio di Stato, n. 12, 2002, p. 2047 ss.. (3) Nella versione degli artt. 153 e ss. precedenti alla riforma, il procedimento previsto per laffidamento della concessione ha inizio con la presentazione di una proposta da parte di un privato, laspirante promotore, adeguatamente qualificato, avente ad oggetto lesecuzione e la gestione di un intervento gi inserito dallamministrazione nella propria programmazione triennale o negli strumenti di programmazione approvati ed ivi previsto da realizzarsi con finanziamento privato. La proposta presentata sottoposta alla valutazione dellamministrazione, sotto profili diversi espressamente specificati dalla stessa norma. Nel caso in cui siano presentate pi proposte relative al medesimo progetto, previsto che le stesse siano esaminate anche comparativamente. Ove la proposta sia ritenuta di pubblico interesse, essa posta a base di una licitazione privata, da aggiudicarsi secondo il criterio dellofferta economicamente pi vantaggiosa, finalizzata alla selezione delle due migliori offerte da contrapporre a quella del promotore (che non partecipa a tale gara). La concessione di costruzione e gestione viene, infine, affidata attraverso una procedura negoziata che coinvolge le due migliori offerte, o lofferta migliore nel caso alla gara abbia partecipato un unico soggetto, e quella del promotore, mediante valutazione comparativa effettuata dallamministrazione. A seguito di tale ultima fase, il promotore poteva esercitare il diritto di prelazione e adeguare la propria offerta a quella eventualmente migliore di un concorrente, e cos aggiudicarsi la concessione. DOTTRINA 287 strazione avesse ritenuto migliore, con conseguente aggiudicazione della concessione. La norma, riprodotta nellart. 154 del codice dei contratti pubblici, prevedeva che nella procedura negoziata il promotore potesse adeguare la proposta a quella giudicata dallamministrazione pi conveniente. In questo caso, il promotore risulter aggiudicatario della concessione. La disposizione trovava il suo fondamento, da un lato nel riconoscimento al promotore dei maggiori oneri, di natura economica e imprenditoriale, sopportati nella presentazione della proposta, dallaltro nella volont di incentivare liniziativa dei soggetti privati, vista la scarsit di proposte presentate nel periodo precedente alla 166/2002 (4). La stessa Autorit di Vigilanza sui Lavori Pubblici aveva affermato che lintroduzione del diritto di prelazione per il promotore era inteso a rimuovere quegli elementi di criticit che nel primo periodo di applicazione dellistituto hanno costituito una remora al suo sviluppo(5). Fin dalla sua introduzione, tuttavia, la disposizione aveva posto questioni giuridiche rilevanti, tra cui innanzitutto la compatibilit con il diritto comunitario della concorrenza e, in particolare, con il principio di parit di trattamento tra i partecipanti ad una procedura ad evidenza pubblica (6). In tale prospettiva, infatti, lattribuzione di un diritto di prelazione al promotore, insieme agli altri meccanismi di incentivo contenuti nella normativa, aumentava evidentemente le possibilit che questi divenisse aggiudicatario della concessione. La conseguenza del diritto di prelazione era quella di scoraggiare le imprese dal partecipare alle gare nelle fasi successive a quella della scelta del promotore. Come evidenziato dallAutorit di Vigilanza sui lavori pubblici la disposizione in questione a parte la configurabilit di disarmonie rispetto ai principi comunitari, se da un lato pu incentivare la presentazione di proposte, dallaltro rischia di limitare linteresse del mondo produttivo a partecipare alla gara per lindividuazione dei due partecipanti alla prevista procedura negoziata, gara il cui risultato pu essere vanificato con lanzidetta prelazione(7). Pi nello specifico, lesistenza del diritto di prelazione aveva leffetto, nellambito dellintera procedura di gara, di disincentivare comportamenti virtuosi degli attori coinvolti. Il promotore, confidando nella possibilit di adeguare in seguito la sua (4) Si veda, ad esempio, F. CARINGELLA, I procedimenti amministrativi nella realizzazione delle opere pubbliche con il project financing, in F. FONTANA e M. CAROLI (a cura di), Infrastrutture, finanza di progetto e competitivit del sistema Italia, Luiss Guido Carli Scuola di Managment, Atti del Convegno, Rirea, Roma, 2002: la circostanza che la valutazione positiva della proposta non determini una immediata aggiudicazione, ma comporti un rimescolamento successivo allesito della gara, sicuramente un fattore deflattivo. (5) Autorit di Vigilanza sui lavori pubblici Determinazione n. 27 del 2002. (6) G. FIDONE e B. RAGANELLI, Finanza di progetto e diritto comunitario: Compatibilit con il principio di parit di trattamento della c.d. prelazione del promotore in Rivista italiana del diritto pubblico comunitario, anno XV, Fasc. 3-4, 2005. (7) Autorit di Vigilanza sui lavori pubblici Determinazione n. 27 del 2002. 288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 proposta a quella eventualmente risultante migliore, poteva essere indotto a presentare inizialmente una proposta mediocre a costi elevati. Daltro canto, in considerazione del vantaggio attribuito al promotore, i soggetti potenziali concorrenti potevano risultare disincentivati a presentare offerte nella successiva gara, viste le scarse possibilit di aggiudicazione della concessione, peraltro dipendenti dalla scelta di adeguarsi o meno dello stesso promotore. La procedura ristretta di cui alla seconda fase della procedura poteva cos andare deserta, con aggiudicazione diretta ex art. 155 comma 2 al soggetto promotore che aveva inizialmente presentato la proposta mediocre, con evidente danno per la pubblica amministrazione. Veniva, pertanto, a mancare il passaggio concorrenziale che, anche attraverso il controllo incrociato delle offerte dei concorrenti, pu avere leffetto benefico di attenuare gli effetti del fisiologico svantaggio informativo della pubblica amministrazione nei confronti dei soggetti privati (8). La Commissione Europea aveva intrapreso una procedura dinfrazione contro la Repubblica italiana per la presenza nellordinamento interno, in materia di opere pubbliche, di alcune norme, tra cui proprio il diritto di prelazione, in contrasto con i principi comunitari ed in primo luogo quelli della concorrenza e della par condicio (9). In realt, la Commissione non aveva ritenuto che listituto della prelazione di per s costituisse una violazione dei principi comunitari ma aveva ritenuto contrario al principio di parit di trattamento la mancata previsione dellobbligo di rendere noto in sede di avviso pubblico il diritto di prelazione riconosciuto al promotore: la concorrenza doveva essere garantita ex ante, mettendo tutti gli interessati nella condizione di valutare, sulla base delle informazioni fornite, se proporsi o meno come promotore. Inoltre, la Commissione aveva censurato il fatto che nello stesso avviso pubblico non fosse obbligatorio predeterminare i criteri di scelta del promotore, che, invece avrebbero dovuto essere enunciati con chiarezza prima dellinizio del procedimento. In risposta a tali censure, la legge Comunitaria 2004 n. 62 del 2005 aveva introdotto nellart. 37 bis della 109/1994 lobbligo, in sede di avviso pubblico, di pubblicizzare in modo trasparente ed espresso lesistenza del c.d. diritto di prelazione e lobbligo di indicare i criteri attraverso i quali selezionare il promotore. Soprattutto tale ultima modifica aveva, peraltro, avuto leffetto di creare numerosi problemi intepretativi in relazione alla natura concorsuale o (8) Si veda: G. FIDONE, Unapplicazione di analisi economica del diritto: la procedura per la scelta del concessionario nel c.d. project financing su Rivista Giuridica dellEdilizia, Anno XLIX, Fasc. 2006. (9) Commissione Europea, procedura dinfrazione n. 2001/2182 ex art. 226 del Trattato CE. Si veda ancora: G. FIDONE e B. RAGANELLI, Finanza di progetto e diritto comunitario: Compatibilit con il principio di parit di trattamento della c.d. prelazione del promotore in Rivista italiana del diritto pubblico comunitario, anno XV, Fasc. 3-4, 2005. DOTTRINA 289 meno della fase della selezione del promotore, come si ampiamente descritto in precedenza. Tali osservazioni, come detto, hanno indotto il legislatore con il d.lgs. 113/2007 ad eliminare il diritto di prelazione. A dire il vero tale abolizione stata effettuata in modo troppo frettoloso, senza ladeguamento delle altre norme che ne subiscono i riflessi, e senza la previsione di una disciplina transitoria per le procedure in corso. Peraltro, la Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 21 febbraio 2008 (Causa C-412/04) ha ritenuto che le censure sollevate dalla Commissione Europea, tra le quali quelle riguardanti il diritto di prelazione, fossero generiche e irricevibili, in mancanza dellindicazione da parte della commissione delle norme comunitarie violate dalle disposizioni italiane. Dunque, pur trattandosi di una sentenza di rigetto per motivi di rito, la pronuncia in questione ha, di fatto, sospeso il giudizio sulla legittimit dellistituto della prelazione. Seppur abolito dal secondo correttivo d.lgs. 113/2007, il diritto di prelazione del promotore ha per continuato ad essere applicato alle procedure per le quali gli avvisi pubblici erano stati pubblicati prima dellentrata in vigore del d.lgs. 113/2007. Infatti, in mancanza di una norma transitoria, si pose il problema dellapplicabilit del diritto di prelazione alle procedure i cui avvisi sono stati pubblicati prima del d.lgs. 113/2007. Si tratta, peraltro, di un problema specularmene opposto a quello che si ebbe nel 2002, quando il diritto di prelazione fu introdotto. Se si fosse utilizzato il criterio che lAutorit aveva suggerito in tale occasione, ossia quello dellindividuazione della lex applicabile al momento della pubblicazione del bando di gara per la procedura ristretta di cui alla fase due, la conseguenza sarebbe stata quella che il diritto di prelazione non poteva essere concesso neanche alle procedure gi avviate e neppure nel caso di promotori gi individuati prima dellentrata in vigore della l. 113/2007 (10). Tale pericolo (10) Allepoca dellintroduzione, operata dalla l. 166/2002, del diritto di prelazione si discusse della possibilit di applicare listituto della prelazione del promotore ai procedimenti gi in corso allentrata in vigore della stessa l. 166/2002. LAutorit di vigilanza, con determinazione n. 27 del 2002 si era pronunciata sulla questione. In mancanza di specifiche disposizioni transitorie, veniva richiamata lapplicazione del principio, consolidato nella Giurisprudenza del Consiglio di Stato della vincolativit della lex specialis fissata con gli atti di gara, ancorch non coerente con lo ius superveniens eventualmente intervenuto dopo la loro emanazione. Dunque, in linea generale, il procedimento doveva essere assoggettato alla disciplina vigente allepoca di pubblicazione del bando, momento iniziale del procedimento stesso, e le modifiche normative intervenute successivamente a tale data, per quel procedimento, dovevano considerarsi irrilevanti. Tuttavia, lAutorit concludeva il suo ragionamento affermando che nella procedura di project financing ҏ, invece, pi corretto ritenere bando quello pubblicato per la scelta di colui o coloro che competeranno con il promotore. Tale atto, infatti, introduce una vera e propria procedura di gara. Pertanto, allavviso pubblico precedentemente emesso non veniva riconosciuta valenza di introdurre un fase procedurale, coerentemente con quanto affermava la Giurisprudenza dei TAR e poi del Consiglio di Stato, in merito alla natura non concorrenziale di tale fase della procedura. Su tale base, lAutorit concludeva che il diritto di prelazione avrebbe trovato applicazione anche per i pro- 290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 aveva, ovviamente, causato una forte preoccupazione tra le imprese gi nominate promotori e seriamente comprometteva la realizzazione di molte opere. Si doveva, inoltre, tenere conto della disposizione di cui allart. 253 del codice che afferma che le disposizioni di cui al presente codice si applicano alle procedure e ai contratti i cui bandi o avvisi con cui si indice una gara siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore. Dunque, al fine dellapplicazione del diritto di prelazione alle procedure gi avviate prima dellentrata in vigore del d.lgs. 113/2007, occorreva che gli avvisi in questione fossero considerati avvisi con cui si indice una gara. Ci, per, contraddiceva la Giurisprudenza prevalente che affermava il carattere non concorsuale della scelta del promotore (11). Come era accaduto nel 2002, lAutorit di vigilanza stata chiamata, in attesa di eventuali pronunce della Giurisprudenza, a dare al problema una prima soluzione a caldo, che evitasse di bloccare le procedure in corso ed stata costretta a capovolgere lorientamento che aveva affermato nella determinazione n. 27 del 2002, superando la posizione della Giurisprudenza in ordine alla natura della fase della scelta del promotore. Secondo lAutorit, lindividuazione della legge speciale della gara deve essere fatta al momento dellavviso pubblico che, dunque, deve essere considerato avviso che introduce una fase assimilabile ad una gara (cio la scelta del promotore). Pertanto, il diritto di prelazione doveva essere attribuito a tutti quei promotori che fossero stati selezionati in relazione a procedure i cui avvisi siano stati pubblicati in epoca precedente allentrata in vigore del d.lgs. 113/2007 (12). cedimenti le cui proposte erano gi state presentate al momento della entrata in vigore della l. 166/2002, ma il cui bando di gara per la seconda fase non fosse stato ancora pubblicato. Tale conclusione non era tuttavia condivisa dalla Commissione europea che rilevava che il riconoscimento del diritto di prelazione al promotore, nellipotesi di procedimenti avviati o conclusi prima dellentrata in vigore della legge n. 166 del 2002, sarebbe stato in contrasto con il principio di parit di trattamento. In questi casi, infatti, la pubblicizzazione dei programmi delle amministrazioni, non aveva avuto ad oggetto la previsione successivamente introdotta dalla Merloni quater allart. 37 ter. Il diritto di prelazione riconosciuto a favore di promotori gi individuati si sarebbe tradotto in una manifesta violazione dei principi di concorrenza e parit di trattamento tra i concorrenti. Tale conclusione era coerente con il principio secondo cui i criteri che conducono allindividuazione dellaggiudicatario non possono essere modificati nel corso della procedura e devono essere applicati in maniera oggettiva e uniforme a tutti i partecipanti. (11) Per tutte si veda, C.d.S. n. 6287/2005. Sul punto, si veda pure: G. FIDONE, Finanza di progetto: la centralit della valutazione della proposta e della scelta del promotore in Rivista Giuridica dellEdilizia, Anno XLIX Fasc. 2 2006. (12) Determinazione n. 8 del 2007 Project Financing a seguito del d.lgs. 31 luglio 2007 n. 113. Al fine di salvare il diritto di prelazione per le procedure gi avviate, lAutorit ha affermato che Con la modifica apportata dalla legge 62/2005, il carattere unitario della procedura di project trova, quindi, il suo momento unitario nella pubblicazione dellavviso indicativo e ci comporta lapplicazione delle regole proprie della procedura ad evidenza pubblica gi dalla sua pubblicazione ex art. 153. E continua: pur con le sue peculiarit, dunque, anche la fase di scelta del promotore deve rispondere ai canoni procedimentali che connotano le vere e proprie gare. E aggiunge che lavviso latto con cui lamministrazione avvia una procedura concorsuale ad evidenza pubblica per la scelta del concessionario. DOTTRINA 291 Il cortocircuito che si cre a seguito della delibera citata dellAutorit e il rischio che la pre-vigente procedura per laggiudicazione della concessione in finanza di progetto potesse condurre alla necessit di espletare tre diverse fasi di gara ha condotto alla riforma introdotta dal terzo decreto correttivo, con la quale il Legislatore ha soppresso le precedenti norme e previsto tre diverse nuove procedure (13): a) la gara unica senza diritto di prelazione per il promotore (art. 153 commi 1-14); b) la gara in due fasi con diritto di prelazione (art. 153 comma 15); c) la procedura ad iniziativa del privato nel caso di inerzia dellamministrazione (mancata pubblicazione del bando di gara entro sei mesi dallinserimento dellopera nella programmazione triennale), con diritto di prelazione in alcuni casi (art. 153 comma 16)(14). In relazione alle vicende della prelazione del promotore, si deve anche considerare che lintroduzione o labolizione di tale diritto ha leffetto di mutare gli equilibri dellintera procedura e del peso specifico delle singole fasi della stessa. Il riconoscimento al promotore di un simile vantaggio carica di importanza la fase della selezione dello stesso e impoverisce le successive fasi di gara. Al contrario, leliminazione del diritto di prelazione, svuota di importanza la fase della selezione del promotore (che, peraltro, nel corso degli anni era stata procedimentalizzata proprio per renderla compatibile con i principi comunitari, al fine di attribuire legittimamente il diritto di prelazione) e, nuovamente, aumenta il peso delle altre fasi, che tornano ad essere decisive al fine dellaggiudicazione finale. Nei paragrafi successivi del presente scritto saranno esaminate criticamente le procedure per laffidamento della concessione di lavori successive al terzo correttivo nelle quali previsto il diritto di prelazione del promotore. Si tratta delle procedure previste dallart. 153 comma 15, cio quella a due fasi, e dallart. 153 comma 16, ossia quella ad iniziativa del privato nel caso di mancata pubblicazione del bando di gara entro sei mesi dallinserimento dellopera nella programmazione triennale. (13) La riforma tiene, peraltro, conto delle osservazioni della Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana sulla trasposizione delle direttive in materia di appalti, di cui alla procedura di infrazione n. 2007/2329 e nota di costituzione in mora inviata il 1 febbraio 2008, della sentenza della Corte di Giustizia CE 15 maggio 2008 C-147/06 e C-148/06, delle osservazioni formulate dal Consiglio di Stato nel parere n. 3262 del 2007 reso sullo schema di regolamento di esecuzione ed attuazione del codice ex art. 5, delle osservazioni formulate dalla Corte dei Conti nel parere n. 51/I del 26 maggio 2008 e della preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 27 giugno 2008. (14) Il comma 2 dellart. 1 prevede un regime transitorio per lapplicazione della nuova disciplina sulla finanza di progetto di cui allart. 153. E disposto che questa non produce effetti sulle procedure in corso allentrata in vigore del decreto, ma si applica la disciplina in vigore alla data di pubblicazione del bando. Il dies a quo per la decorrenza del termine di sei mesi di cui allart. 153, co. 16 fissato nella data di approvazione del programma triennale 2009-2011. 292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 2. La procedura in due fasi con prelazione del promotore In alternativa alla procedura in ununica fase prevista dallart. 153 commi 2 14, cos come riformulato dal terzo correttivo, le amministrazioni aggiudicatici possono decidere di intraprendere una procedura di aggiudicazione distinta in due diverse fasi (15). I presupposti di tale seconda procedura sono gli stessi che consentono ladozione della prima: si deve, cio, trattare di lavori pubblici o di pubblica utilit gi inseriti nella programmazione triennale e nellelenco annuale di cui all'articolo 128, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, finanziabili in tutto o in parte con capitali privati. Inoltre, analogamente a quanto accade per la procedura in ununica fase, lamministrazione deve aver gi predisposto uno studio di fattibilit da porre a base di gara. Dunque, la scelta di adottare la procedura in una fase o quella in due fasi deve considerasi rimessa alla completa discrezionalit dellamministrazione aggiudicatrice. Non si riscontrano, infatti, ragioni giuridiche o economiche per le quali lamministrazione dovrebbe scegliere un procedimento piuttosto che laltro. A tale procedura si applicano, in quanto compatibili le disposizioni dei commi precedenti al 15 dello stesso art. 153, cos come riformulato dal terzo decreto correttivo, con leccezione delle norme espressamente richiamate dallo stesso comma 15 ultimo periodo, e cio il comma 10, lettere d) - e), il comma 11 e il comma 12. Le norme richiamate sono quelle che prevedono laggiudicazione diretta al termine della prima fase della procedura e, dunque, appare logico che non si applichino. Le due fasi della procedura consistono in una prima fase finalizzata alla scelta del promotore, al quale viene attribuito il diritto di prelazione e in una seconda fase che costituisce un ulteriore passaggio concorrenziale per individuare lofferta economicamente pi vantaggiosa, alla quale, eventualmente, il promotore potr adeguarsi. Tale complessa procedura, come si vede, pi simile a quella precedente al terzo correttivo, disciplinata dai pre-vigenti artt. 153 e ss. e ne eredita alcune problematicit e incoerenze. (15) Per un commento completo alla nuova disciplina della finanza di progetto, si rinvia a: Autorit per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, det. 14 gennaio 2009, n. 1, Linee guida sulla Finanza di progetto dopo lentrata in vigore del c.d. Terzo Correttivo (d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152), p. 20, www.avlp.it; M. RICCHI, La nuova Finanza di Progetto nel Codice dei Contratti, Documento UTFP-PCM, gennaio 2009, www.utfp.it; G. FIDONE e B .RAGANELLI, Il promotore e la societ di progetto, Commentario al Codice dei Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, coordinato dal Prof. MARCELLO CLARICH, Giappichelli (in corso di pubblicazione). Da tale ultimo lavoro sono ispirati i paragrafi 2 e 3 di questo scritto. DOTTRINA 293 La prima fase della procedura non comporta laggiudicazione al promotore prescelto, ma lattribuzione allo stesso del diritto di essere preferito al migliore offerente individuato. Essa, se pure in un diverso contesto, dunque, ripristina listituto della prelazione del promotore, che era stato abolito dal secondo decreto correttivo, d.lgs. 113/2007, di cui si gi ampiamente trattato nei paragrafi precedenti. Tale reinserimento, probabilmente, dovuto anche al fatto che la Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 21 febbraio 2008 (Causa C-412/04) ha ritenuto che le censure sollevate dalla Commissione Europea riguardanti il diritto di prelazione (come le altre oggetto della pronuncia) fossero generiche e irricevibili, in mancanza dellindicazione da parte della commissione delle norme comunitarie eventualmente violate, salvando, cos, la legittimit dellistituto. In ogni caso, secondo la nuova previsione, il diritto di prelazione viene assegnato espressamente sulla base di una procedura a tutti gli effetti concorrenziale. Infatti, essa introdotta dalla pubblicazione di un bando di gara che ha contenuto analogo a quello previsto dallart. 153 comma 3, primo periodo, per la procedura in ununica fase: esso, cio deve avere il contenuto prescritto dallart. 144 del codice. Lo stesso bando deve precisare che la procedura non comporta laggiudicazione al promotore prescelto, ma lattribuzione allo stesso del diritto di essere preferito al migliore offerente individuato, ove intenda adeguare la propria offerta a quella ritenuta pi vantaggiosa (comma 15 lett. a). Si tratta di una prescrizione analoga a quella, precedente al d.lgs. 113/2007, che prevedeva che nellavviso pubblico che avviava la procedura di finanza di progetto allepoca vigente dovesse essere espressamente menzionata lesistenza del diritto di prelazione del promotore. Tale norma era stata inserita su pressione della Commissione Europea che aveva ritenuto legittima lattribuzione della prelazione al promotore solo se adeguatamente pubblicizzata (si veda, procedura di infrazione 2001/2182). Una volta selezionato il promotore attraverso il primo passaggio concorrenziale, lamministrazione deve provvedere alla approvazione del progetto preliminare in conformit al comma 10, lettera c), analogamente a quanto avviene nella procedura in ununica fase (comma 15 lett. b). Essa, cio, pone in approvazione il progetto preliminare presentato dal promotore, con le modalit indicate all'articolo 97. In tale fase onere del promotore procedere alle modifiche progettuali necessarie ai fini dellapprovazione del progetto, nonch a tutti gli adempimenti di legge anche ai fini della valutazione di impatto ambientale, senza che ci comporti alcun compenso aggiuntivo, n incremento delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte indicate nel piano finanziario. Con riguardo a tale sub-procedimento di approvazione della progettazione preliminare contenuta nellofferta del promotore, deve essere fatta 294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 una riflessione che deve valere anche per la procedura in ununica fase, prevista dai commi 3 e ss. dello stesso nuovo art. 153. Essa, infatti, consente di superare un limite della precedente versione della finanza di progetto, consistente nellindeterminatezza del potere della pubblica amministrazione di richiedere modifiche al progetto preliminare presentato dal promotore. Peraltro, come stato notato, tale soluzione non lascia dubbi riguardo alla possibilit di apportare le modifiche prescritte in sede di conferenza di servizi disciplinate dagli artt. 14 bis e ss. della l. 241/1990 per il richiamo del successivo comma 10 lett. c allart. 97 del Codice( 16). Tuttavia, la nuova formulazione non supera il problema che tali poteri sono conferiti in relazione ad uno stadio ancora embrionale della progettazione, quale quello preliminare. Il fatto che laggiudicazione avvenga su tale livello di progettazione espone, infatti, lamministrazione alla possibilit di successive variazioni che si potranno rendere necessarie al fine della redazione del definitivo e che, dunque, potrebbero, almeno parzialmente, vanificare le prescrizioni date in sede di preliminare e imporre necessari riequilibri del piano economico-finanziario. In ogni caso, dopo lapprovazione del progetto preliminare presentato dal promotore, lamministrazione aggiudicatrice procede a bandire una nuova procedura selettiva, ponendo a base di gara lo stesso progetto preliminare approvato e le condizioni economiche e contrattuali offerte dal promotore, con il criterio della offerta economicamente pi vantaggiosa (comma 15 lett. c). Questa seconda fase pu concludersi in due diversi modi. Il contratto aggiudicato direttamente al promotore, se in sede di gara non siano state presentate offerte economicamente pi vantaggiose rispetto a quella del promotore stesso. Ove, invece, siano state presentate una o pi offerte valutate economicamente pi vantaggiose di quella del promotore posta a base di gara, quest'ultimo pu esercitare il diritto di prelazione: egli, cio, entro il termine di quarantacinque giorni dalla comunicazione dellamministrazione aggiudicatrice, ha la facolt di adeguare la propria proposta a quella del migliore offerente, aggiudicandosi il contratto, ai sensi dellart. 153 comma 15 lett. e). Diversamente, nel caso in cui il promotore non adegui nello stesso termine di quarantacinque giorni la propria proposta a quella del miglior offerente individuato in gara, laggiudicazione del contratto avverr a questultimo. Pertanto, il termine di quarantacinque giorni entro il quale il promotore ha il diritto di esercitare la prelazione deve considerarsi perentorio e il decorso dello stesso fa venire meno tale diritto in capo al promo- (16) M. RICCHI, La finanza di progetto nel codice dei contratti a seguito del terzo correttivo d.lgs. 152/2008, in Urbanistica e Appalti, 12/2008. DOTTRINA 295 tore, con aggiudicazione al migliore offerente in sede di gara. Anche la procedura bifasica in commento prevede un meccanismo di rimborsi per i soggetti non aggiudicatari. In primo luogo, previsto un rimborso per il soggetto (migliore offerente nella gara di cui alla fase due) a danno del quale esercitata la prelazione: in questo caso lamministrazione aggiudicatrice rimborsa a tale soggetto, a spese del promotore, le spese sostenute per la partecipazione alla gara, nella misura massima di cui al comma 9, terzo periodo e cio nella misura massima del 2,5 per cento del valore dell'investimento, come desumibile dallo studio di fattibilit posto a base di gara. In secondo luogo, previsto un rimborso per il promotore non aggiudicatario, nel caso di mancato esercizio della prelazione: in tale caso, lamministrazione aggiudicatrice rimborsa al promotore, a spese dellaggiudicatario, le spese sostenute nella misura massima di cui allo stesso art. 153 comma 9, terzo periodo, di cui si appena detto. In conclusione, deve essere fatta unosservazione legata allesperienza passata. Nella procedura pre-vigente al secondo correttivo (nella vigenza del diritto di prelazione per il promotore) la partecipazione di concorrenti alle fasi successive alla scelta del promotore (le fasi due e tre) era pressoch nulla, dal momento che tale diritto di prelazione per il promotore disincentivava i potenziali concorrenti a prendere parte ad una procedura che li avrebbe, ragionevolmente visti perdenti, nel caso di adeguamento del promotore. Se ci si verificasse (ed logico prevedere che sar proprio cos) anche per la nuova procedura con prelazione prevista dal terzo correttivo, le due procedure previste dallart. 153 comma 3 e dallart. 153 comma 15 finirebbero, di fatto, per coincidere. Dunque, la previsione di tale duplicazione potrebbe rilevarsi, nella pratica, inutile. 3. Liniziativa privata nel caso di mancata pubblicazione del bando di gara Il comma 16 dellart. 153 cos come riformulato dal terzo decreto correttivo, prevede unulteriore e distinta procedura che, per, ha presupposti diversi rispetto alle prime due. Tale procedura, infatti, presuppone che da un lato vi sia stato linserimento dei lavori in questione nellelenco annuale di cui allart. 128, richiamato dallart. 153 comma 1. Tuttavia, deve anche ricorrere il caso in cui le amministrazioni aggiudicatici, dopo tale inserimento nella programmazione, non provvedano alla pubblicazione dei bandi di gara entro sei mesi dalla approvazione dello stesso elenco annuale. Il comma 2 dellart. 1 del d.lgs. 152/2008, peraltro, prevede che, in sede di prima applicazione della nuova disciplina, il termine di sei mesi in questione decorra dalla data di approvazione del programma triennale 2009-2011. Si tratta, dunque, di una procedura che ha la finalit di sostituire al- 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 linerzia dellamministrazione protrattasi per sei mesi, liniziativa di un promotore privato (17). Si ricordi, che a norma del comma 2 dello stesso articolo al fine dellattivazione di una delle due procedure alternative di cui ai commi 3 e ss. e 15, sufficiente che lamministrazione abbia almeno predisposto uno studio di fattibilit da mettere a base di gara. Qualora, invece, lamministrazione abbia gi a disposizione un progetto di livello almeno preliminare, potr direttamente bandire una concessione ai sensi degli artt. 143 e ss. Dunque, al fine dellesperibilit della procedura in esame, lamministrazione aggiudicatrice non deve aver bandito una gara entro sei mesi dallinserimento dellopera nellelenco annuale. In tale caso, i soggetti privati che abbiano il possesso dei requisiti di cui al comma 8, e cio quelli previsti dal regolamento per il concessionario (anche associando o consorziando altri soggetti e fermi restando i requisiti di cui allarticolo 38), possono presentare una proposta entro e non oltre quattro mesi dal decorso del termine di sei mesi di cui si gi detto (decorrente dallinserimento dellopera nellelenco annuale). Tale termine, in analogia con quanto anche la Giurisprudenza aveva affermato in relazione al termine per la presentazione delle proposte nelle procedure di project financing disciplinate dalle norme pre-vigenti al terzo decreto correttivo, deve considerarsi perentorio, poich consente di realizzare leffettiva par condicio tra i concorrenti. In relazione a tale momento della procedura si apre un primo problema interpretativo. La norma, infatti, non specifica se, decorso il termine di sei mesi di inerzia dellamministrazione (ossia dal momento in cui i privati sono legittimati a prendere liniziativa), ad essa sia comunque consentito di pubblicare il bando introduttivo delle procedure alternative previste dai commi 3 e 15 dello stesso art. 153. Se ci fosse consentito, potrebbe essere, infatti, vanificata lattivit che i privati avessero medio tempore intrapreso, ingenerando un problema di affidamento del privato. Ci a maggior ragione dovrebbe valere dopo leventuale presentazione della proposta da parte del privato. Daltra parte, parrebbe irragionevole e antieconomico, decorso il termine dei sei mesi, non consentire allamministrazione di procedere alla pubblicazione di un bando e obbligarla ad attendere che il privato presenti una proposta, con inizio di una procedura che (come si vedr) molto pi lunga e complessa di quelle previste dai commi 3 e 15 (18). La proposta ha il contenuto dellofferta di cui al comma 9 dello stesso art. 153: essa deve, dunque, contenere un progetto preliminare, una bozza di (17) Il promotore in questione stato con efficacia definito additivo da M. RICCHI, La finanza di progetto nel codice dei contratti a seguito del terzo correttivo d.lgs. 152/2008, in Urbanistica e Appalti, 12/2008. (18) Nel senso di non ammettere la pubblicazione del bando decorsi i sei mesi in questione si veda: M. RICCHI, La finanza di progetto nel codice dei contratti a seguito del terzo correttivo d.lgs. 152/2008, in Urbanistica e Appalti, 12/2008. DOTTRINA 297 convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da una banca e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione. Il piano economico- finanziario deve comprendere l'importo delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell'ingegno di cui all'articolo 2578 del codice civile e non pu superare il 2,5 per cento del valore dell'investimento, desumibile dallo studio di fattibilit posto a base di gara. Inoltre, la proposta deve essere garantita dalla cauzione di cui allarticolo 75 (ossia, pari al due per cento del prezzo base indicato), corredata dalla documentazione dimostrativa del possesso dei requisiti soggettivi, contenere limpegno a prestare una cauzione nella misura dellimporto del 2,5 per cento del valore dell'investimento, come desumibile dallo studio di fattibilit posto a base di gara, ai sensi del comma 9, terzo periodo, nel caso di indizione di una delle gare ai sensi delle lettere a), b), c) dello steso comma 16, che si descriveranno di seguito. Entro i successivi sessanta giorni (decorrenti dalla scadenza del termine di quattro mesi di cui si detto sopra), le amministrazioni aggiudicatrici provvedono a pubblicare un avviso con le modalit di cui allarticolo 66 ovvero di cui allarticolo 122, secondo limporto dei lavori, contenente i criteri in base ai quali si proceder alla valutazione delle proposte pervenute. Tale pubblicazione di avviso obbligatoria anche nel caso in cui sia prevenuta una sola proposta. Con riguardo a tale previsione, deve essere rilevato che il fatto che i criteri di valutazione siano elaborati successivamente (e sulla base) della proposta presentata desta non poche perplessit. Essa, infatti, sembra costituire una violazione della par condicio tra il promotore originario e gli altri eventuali concorrenti successivi la cui proposta verr valutata sulla base di tali criteri. Tale violazione della par condicio non sembra del tutto eliminata dalle successive disposizioni che si stanno per descrivere. Entro novanta giorni dalla pubblicazione di tale avviso contenente i criteri di valutazione, le proposte gi presentate possono essere rielaborate e ripresentate alla luce dei medesimi, cos come ulteriori soggetti legittimati possono presentare nuove proposte. Lesame di tutte le proposte presentate (cio quelle gi presentate e non rielaborate, quelle presentate e rielaborate e quelle nuove), da parte delle amministrazioni aggiudicatici, deve avvenire entro sei mesi dalla scadenza del termine di novanta giorni di cui si appena detto (19). (19) Secondo M. RICCHI, La finanza di progetto nel codice dei contratti a seguito del terzo correttivo d.lgs. 152/2008, in Urbanistica e Appalti, 12/2008, in relazione a tale scelta potrebbe ventilarsi la violazione della par condicio nei confronti di tutti quei concorrenti la cui proposta viene valutata una sola volta al fine di dichiararla di pubblico interesse. Tuttavia, poi, lAutore conclude in senso contrario. 298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Successivamente a tale valutazione le amministrazioni aggiudicatici, verificato preliminarmente il possesso dei requisiti, individuano la proposta ritenuta di pubblico interesse. Lesame, dunque, si conclude con la valutazione di pubblico interesse di una proposta e con la scelta del promotore. Anche in questo passaggio la nuova disposizione non sembra felice ed eredita alcune delle problematiche della procedura di finanza di progetto disciplinata dagli artt. 153 e ss. previgenti al terzo correttivo. Infatti, la nuova disposizione non specifica la natura della valutazione di pubblico interesse appena descritta, se sia cio una valutazione meramente discrezionale (se pure conseguente allapplicazione dei criteri indicati nellavviso), o una valutazione comparativa con caratteri concorsuali. Dalla lettera della norma, sembrerebbe trattarsi di una valutazione meramente discrezionale dellamministrazione aggiudicatrice: tuttavia, se cos fosse, nel caso in cui la nomina a promotore attribuisse il diritto di prelazione (cio, nel caso di scelta della procedura ex comma 16 lett. c)), si riproporrebbero tutte le problematiche inerenti alla nomina a promotore nella disciplina pre-vigente al terzo correttivo. Individuata la proposta di pubblico interesse, la norma individua tre possibili ipotesi di svolgimento della gara successiva e detta alcune disposizioni comuni alle tre ipotesi stesse. In primo luogo, se il soggetto che ha presentato la proposta prescelta e nominato promotore non partecipa alle gare bandite, lamministrazione aggiudicatrice incamera la garanzia di cui allarticolo 75. Tale penale, evidentemente, ha la finalit di rendere non conveniente per il promotore disertare la gara che stata avviata grazie alla sua stessa iniziativa e dovrebbe garantire la seriet delle stesse iniziative intraprese. In secondo luogo, secondo il comma 17, ultimo periodo, del nuovo art. 153, in tutte e tre le gare di cui al comma 16 (lett. a), b), c)) si applicano le disposizioni contenute nel comma 13 dello stesso articolo. Pertanto, le offerte devono essere corredate dalla garanzia di cui all'articolo 75 e da unulteriore cauzione fissata dal bando in misura pari al 2,5 per cento del valore dell'investimento, come desumibile dallo studio fattibilit posto a base di gara; successivamente, il soggetto aggiudicatario tenuto a prestare la cauzione definitiva di cui allarticolo 113; dalla data di inizio dellesercizio del servizio, il concessionario deve prestare una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dellopera, nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalit di cui allarticolo 113; in ultimo, viene specificato che la mancata presentazione di tale ultima cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale. Tornando alle tre differenti ipotesi di gara disciplinate dal comma 16, la prima trova il suo presupposto nel caso in cui il progetto preliminare presentato dal promotore necessiti di modifiche. In tale caso, secondo la lett. a), qualora DOTTRINA 299 ricorrano le condizioni di cui allarticolo 58 viene indetto un dialogo competitivo e vengono posti a base di gara il progetto preliminare e la proposta presentata. Se il promotore non risulti aggiudicatario, ha diritto al rimborso, con onere a carico dellaffidatario, delle spese sostenute per la partecipazione alla gara, nella misura massima di cui al comma 9, terzo periodo e cio nella misura massima del 2,5 per cento del valore dell'investimento, come desumibile dallo studio di fattibilit posto a base di gara. Anche in questo passaggio la norma appare affrettata e si pongono problemi di coordinamento con la disciplina del dialogo competitivo dettata dallart. 58 che, tra laltro, presuppone, ai fini delladozione del dialogo competitivo, la particolare complessit dellappalto. Nel caso di specie, infatti, lavvio del dialogo competitivo trova fondamento solo nella necessit di modifica del progetto preliminare presentato dal promotore e, dunque, potrebbe riguardare anche opere assolutamente semplici, contravvenendo i presupposti generali dellart. 58. Tuttavia, secondo il testo della lettera a) il dialogo competitivo potrebbe essere avviato solo qualora ricorrano le condizioni di cui allarticolo 58 e dunque non per opere semplici o non particolarmente complesse. Dunque, vi un vero e proprio buco della norma, laddove nulla previsto in relazione a proposte che abbiano da un lato la necessit di adeguamento del progetto preliminare e, dallaltro, siano semplici o non particolarmente complesse o, comunque, nel caso in cui non ricorrano le condizioni per lapplicazione dellart. 58 (20). Peraltro, non si comprende perch nel caso di necessit di modifica del progetto preliminare del promotore non possa essere consentita lattivazione di una sub-fase, assimilabile a quella disciplinata dallo stesso art. 153 comma 10 lett. c), che renda obbligatorio al promotore apportare le varianti richieste alla progettazione presentata, al fine dellesperimento della successiva gara. Peraltro, sembra contraddetta anche la prescrizione dellart. 58 che attribuisce alla scelta del dialogo competitivo carattere di residualit rispetto alladozione di altri tipi di procedure di selezione, che nel caso di specie, una volta modificato il progetto preliminare sarebbero assolutamente percorribili. In ultimo, dal momento che il secondo correttivo, d.lgs. 113/2007, ha sospeso lefficacia delle disposizioni sul dialogo competitivo sino allentrata in (20) Secondo lAutorit: La disposizione non prevede quale sia lesito della procedura nel caso in cui, sebbene il progetto necessiti di modifiche, non sussistano le condizioni per il ricorso al dialogo competitivo. Si potrebbe, in tal caso, ritenere che lamministrazione stessa modifichi il progetto preliminare, adeguandolo alle modifiche richieste in sede di approvazione, predisponga il piano economicofinanziario ed indica una gara ai sensi dellart. 143 del Codice; altrimenti lamministrazione potrebbe procedere con le modalit dellart. 15, lett. b), c), d), ed f) previa indicazione di entrambe le possibilit nellavviso di gara, poich la disposizione non ne richiama lapplicazione, invitando in ogni caso il promotore, det. 1 del 14 gennaio 2009, cit., pag. 28. 300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 vigore del Regolamento attuativo, la procedura in questione, sino a tale momento, dovrebbe ritenersi non percorribile. Se, invece il progetto preliminare non necessita di modifiche, lamministrazione aggiudicatrice ha due diverse opzioni alternative. E con riferimento a tali ipotesi che viene nuovamente previsto il diritto di prelazione del promotore. Pu, dopo avere approvato il progetto preliminare presentato dal promotore, bandire una concessione ai sensi dellarticolo 143, ponendo a base di gara lo stesso progetto preliminare presentato dal promotore e invitando il promotore alla gara (comma 16, lett. b). In tale caso, dunque, la procedura di scelta del concessionario avverr ai sensi dellart. 144 del codice e il promotore dovrebbe partecipare in una posizione assolutamente paritaria rispetto a quella dei suoi eventuali concorrenti, senza godere di alcuna posizione privilegiata. Alternativamente, sempre dopo avere approvato il progetto preliminare presentato dal promotore, pu bandire una gara ex art. 153 comma 15 lettere c), d), e), f), ponendo a base di gara lo stesso progetto del promotore e invitando questultimo alla gara (comma 16 lett. c). Si tratta della seconda fase della procedura bifasica disciplinata dallart. 15, di cui si trattato nel paragrafo precedente. Dunque, la procedura disciplinata dal comma 16 pu considerarsi come alternativa, nel caso del diverso presupposto dellinerzia dellamministrazione di cui si gi detto, alla prima fase della procedura disciplinata dal comma 15 lettere a) e b). In tale caso, differentemente, dalla precedente opzione, il promotore allinterno della procedura da svolgersi godrebbe di una posizione di vantaggio rispetto agli altri concorrenti poich allo stesso viene conferito il diritto di prelazione che dovr essere esercitato entro i quarantacinque giorni decorrenti dalla comunicazione dellamministrazione aggiudicatrice ai sensi del comma 15 lett. e). Peraltro, rispetto a tali due differenti ipotesi, deve essere osservato che la scelta dellamministrazione dovrebbe essere manifestata sin dallinizio della procedura, al momento dellavviso pubblico a presentare proposte, ai sensi del comma 16 comma 1 secondo capoverso. La fattispecie, infatti, appare assolutamente analoga a quella prevista dalla versione dellart. 143 pre-vigente al terzo correttivo, a proposito della quale la Commissione Europea aveva segnalato lillegittimit del conferimento del diritto di prelazione in assenza di adeguata pubblicit, tanto da provocarne la modifica operata dalla l. 166/2002 che aveva espressamente previsto che, appunto, lavviso introduttivo della procedura indicasse lesistenza del diritto di prelazione. Inoltre, appare necessario che gli aspiranti promotori, al momento di presentare le proposte ai sensi del comma 16 sappiano se a loro, nelleventualit in cui fossero scelti promotori, spetti o meno il diritto di prelazione, al fine di consentire loro di effettuare corretti calcoli di convenienza in ordine allintrapresa delliniziativa o alla partecipazione alla procedura in una fase successiva. DOTTRINA 301 Un ulteriore problema sembra derivare dallambigua formulazione del comma 18 dello stesso art. 153 che afferma che nelle due procedure alternative da ultimo descritte al promotore che non risulti aggiudicatario nelle procedure, si applica quanto previsto dal comma 15, lettere e) ed f). Tale disposizione sembra doversi interpretare solo limitatamente ai rimborsi previsti da tali norme, dal momento che sono usate le parole al promotore che non risulti aggiudicatario. Dunque, la disposizione avrebbe riferimento alla sola fase successiva al momento dellaggiudicazione e, pertanto, non potrebbero trovare applicazione i riferimenti alla prelazione del promotore, contenuti nelle stesse lettere e) e f) del comma 15, che attengono evidentemente ad un momento antecedente allaggiudicazione. Daltra parte, se cos non fosse e se in entrambi i casi si applicasse il diritto di prelazione, le due procedure alternative finirebbero per coincidere nella sostanza. Allo stesso modo, non si capisce il riferimento alla lettera e) che si riferisce ai rimborsi spettanti al migliore offerente (concorrente del promotore) che ha subito lesercizio della prelazione, dal momento che il richiamo limitato al solo promotore che non risulti aggiudicatario (21). Limitando loperativit del richiamo in questione al solo rimborso del promotore non aggiudicatario (e, dunque, solo alla lettera f del comma 15) a questi, dunque, lamministrazione, a spese dellaggiudicatario, dovr rimborsare le spese sostenute nella misura massima di cui allo stesso art. 153 comma 9, terzo periodo, di cui si gi detto. Il riferimento, sar dunque al promotore non aggiudicatario nel caso di gara ex art. 16 lett. b) e al promotore (sempre non aggiudicatario) che non ha esercitato il diritto di prelazione nel caso di gara ex art. 16 lett. c). Come si vede da alcuni dei problemi interpretativi evidenziati, la norma posta dallart. 16 appare, per alcuni versi, ambigua e incompleta e, sicuramente, creer numerosi problemi applicativi. Essa, ha fortissime similitudini con la procedura pre-vigente al terzo correttivo che ha generato e continua a generare (per le procedure in corso) un fortissimo contenzioso, con pronunce discordanti da parte dei giudici amministrativi. Tra latro, il procedimento in questione potrebbe essere largamente utilizzato, dal momento che appare verosimile che si verificheranno con una certa regolarit le situazioni di inerzia protratta per sei mesi da parte dellamministrazione concedente, presupposto della procedura in oggetto. Linterpretazione delle procedure sub lettere b) e c) che si appena esposta deve considerarsi preferibile a quella data delle stesse procedure dalla de- (21) Di diverso avviso lAutorit di Vigilanza, secondo la quale: Si noti che, in entrambe le procedure di cui al precedente n. 3 [cio, quelle di cui alle lettere b) e c)], il promotore gode del diritto di prelazione. Non sussiste il diritto di prelazione qualora il progetto preliminare necessiti invece di modifiche, det. 1 del 14 gennaio 2009, cit., pag. 28. 302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 termina dellAutorit di Vigilanza, det. 1 del 14 gennaio 2009, e dalla UTFP del gennaio 2009, che invece pretenderebbero di applicare la prelazione ad entrambe le fattispecie previste dallart. 153 comma 16 lett. b) e c). In ogni caso, allo scopo di evitare il ripetersi degli inconvenienti legati alla pre-vigente procedura della finanza di progetto, auspicabile che, almeno per la procedura prevista dal comma 16, di cui si discute, il Legislatore, con una certa urgenza, torni ad intervenire. 4. Valutazioni conclusive Leffettiva concorrenzialit di una procedura di gara, garantita dalla par condicio tra i partecipanti, ha la funzione principale di garantire limparzialit delle scelte dellamministrazione. La messa in concorrenza , inoltre, anche uno strumento di controllo (nellinteresse dellamministrazione) dei comportamenti dei soggetti competitori, in quanto linterazione con altri soggetti e il controllo incrociato tra gli stessi riducono il potere e la libert di azione degli stessi soggetti coinvolti nel confronto concorrenziale. Inoltre, gli effetti della concorrenza, come noto, sono quelli di ridurre il margine di profitto dellaggiudicatario finale, sia in termini di prezzo corrisposto dallAmministrazione, sia in termini di proventi della gestione della concessione, anche con riferimento alla durata della stessa. Dunque, in linea di principio, leffettiva concorrenza consente allamministrazione di ottenere soluzioni progettuali e condizioni contrattuali pi convenienti (22). La prelazione del promotore , certamente, uno strumento che crea allinterno di un medesimo procedimento uno status differenziato per il soggetto che ne dispone, rispetto a quelli che ne sono privi. Si potrebbe trattare, dunque, di una limitazione delleffettiva concorrenzialit della procedura che potrebbe condurre a effetti indesiderati. Tuttavia, la previsione della prelazione del promotore ha anche la ratio di incentivare i soggetti privati (aspiranti promotori) al coinvolgimento nelle operazioni di finanza di progetto, nel caso in cui liniziativa privata comporti grandi costi di avvio della procedura a carico dellaspirante promotore, a fronte del rischio che il promotore possa perdere la concessione e dunque non essere compensato con laggiudicazione del contratto. In tale ottica, dovranno essere esaminate, sotto lesame dellapplicazione pratica, le procedure descritte, previste dallart. 153, commi 15 e 16, del Codice, verificando, da un lato, se siano in grado di assicurare uneffettiva messa in concorrenza, nonostante la previsione del diritto di prelazione, o se al contrario tale previsione produca effetti distorsivi e disincentivanti. Allo stesso (22) Si veda: M. CAFAGNO, Lo Stato Banditore, Giuffr Editore, 2001. DOTTRINA 303 tempo, dallaltro lato, deve essere valutato se lattuale formulazione delle procedure esaminate preveda effettivi eccezionali sforzi iniziali del promotore, maggiori rispetto alle procedure ordinarie, tali da giustificare la previsione del diritto di prelazione per tale soggetto. Di tale circostanza, almeno con riferimento alla procedura prevista dallart. 153 comma 15, si ha fondato motivo di dubitare, apparendo nella realt tale procedura sostanzialmente ad iniziativa pubblica, vista la previsione di un bando di gara sulla base di uno studio di fattibilit gi predisposto dallamministrazione. 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 La Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob Quadro normativo d'insieme e sintesi applicativa Giorgio Gasparri* SOMMARIO: 1. La tutela degli interessi collettivi degli investitori-consumatori. - 2. Le procedure di conciliazione e arbitrato per la risoluzione stragiudiziale delle controversie sorte fra investitori e intermediari: listituzione della Camera di conciliazione e arbitrato presso la CONSOB (CCA). - 2.1. Lambito di applicazione soggettivo e oggettivo dei procedimenti amministrati dalla CCA. - 2.2. La composizione, i compiti e il funzionamento della CCA. - 2.3. Gli elenchi dei conciliatori e degli arbitri tenuti dalla CCA. - 2.4. Le modalit di attivazione e gestione della conciliazione stragiudiziale. - 2.5. Le modalit di attivazione e gestione dellarbitrato amministrato di tipo ordinario. - 2.6. Le modalit di attivazione e gestione dellarbitrato amministrato di tipo semplificato. 1. La tutela degli interessi collettivi degli investitori-consumatori Lart. 7, d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164, ha inserito il capo IV-bis del titolo II della parte II del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (c.d. TUF), relativo alla tutela degli investitori: i nuovi artt. 32-bis e 32-ter, TUF, hanno provveduto a estendere alla prestazione dei servizi e delle attivit di investimento le previsioni del Codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) in materia di legittimazione ad agire delle associazioni di consumatori, nonch le previsioni della legge sulla tutela del risparmio (art. 27, l. 28 dicembre 2005, n. 262) in materia di procedure di conciliazione e arbitrato. In particolare, lart. 32-bis, TUF, ha attribuito la legittimazione ad agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori, connessi alla prestazione di servizi e attivit di investimento e di servizi accessori e di gestione collettiva del risparmio alle associazioni dei consumatori inserite nellelenco di cui allart. 137 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 nelle forme previste dagli artt. 139 e 140. Tale disposizione non ha, peraltro, sollevato lo stesso clamore dellintroduzione dellart. 140-bis, Cod. Cons., istitutivo dellazione di classe a tutela degli interessi individuali omogenei di categorie di consumatori. In effetti, lart. 32-bis consente una legittimazione attiva alle sole associazioni regolamentate ai sensi dellart. 137, Cod. Cons., mentre la class action aperta anche a gruppi non necessariamente coincidenti con le associazioni dei consumatori (*) Avvocato e funzionario CONSOB, ha svolto la pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. Il lavoro riflette le opinioni dellautore e non impegna in alcun modo lIstituto di appartenenza. DOTTRINA 305 e degli utenti rappresentative a livello nazionale, eventualmente sorti in funzione dello stesso esperimento dellazione collettiva. La disposizione dellart. 32-bis , insomma, limitativa rispetto allart. 140-bis, Cod. Cons. Il rimando contenuto nellart. 32-bis allart. 140, Cod. Cons., comporta che la legittimazione delle associazioni dei consumatori si esplichi nellinibitoria delineata secondo le disposizioni generali di rito. Attraverso la class action, invece, il legislatore ha, da un lato, creato un iter processuale ad hoc e, dallaltro, ha eletto lazione collettiva a mezzo di protezione a cospetto della lesione di posizioni di diritto volte a far conseguire il ristoro del danno e quindi unintegrazione patrimoniale. Le disposizioni dellart. 32-bis, comma 1, e dellart. 140-bis sono, peraltro, fra loro compatibili e cumulabili, anche se la loro coesistenza, secondo alcuni, porrebbe qualche dubbio di coerenza costituzionale: la pi ampia legittimazione attiva concessa dallart. 140-bis farebbe dubitare della legittimit delle restrizioni stabilite dallart. 32-bis mediante il rinvio alla sola disposizione di cui allart. 140. Quanto al contenuto della disposizione, a prima lettura potrebbe apparire che essa introduca nel diritto dei mercati finanziari unequazione investitoriconsumatori, con la conseguenza che, una volta posta lendiadi entro il sistema delle tutele, princpi e regole del diritto dei consumatori potrebbero, per ci stesso, divenire princpi e regole della tutela degli investitori. Il discorso, in verit, va esattamente ribaltato. Invero, larea della legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori riconosciute dallart. 139, Cod. Cons., dalla stessa disposizione generale rigorosamente circoscritta alle ipotesi di violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle materie disciplinate dal Codice del Consumo e da altre disposizioni legislative. Ne viene che la disposizione del TUF non pu estendere tale area, attribuendo alle associazioni una competenza rappresentativa di interessi che ben possono riguardare investitori (cio controparti dellintermediario) anche diversi dalle persone fisiche che agiscono per scopi estranei alla loro attivit imprenditoriale, commerciale o professionale (cc.dd. consumatori). Le associazioni dei consumatori possono, dunque, intervenire e chiedere ex art. 140, Cod. Cons., linibizione di atti e comportamenti, ladozione di misure idonee a correggerne o eliminarne gli effetti e la pubblicazione dei provvedimenti, se e in quanto lazione dellintermediario sia volta in pregiudizio di investitori che siano anche consumatori (1). Poich, lattivit dellintermediario svolta sistematicamente e continuativamente presso clienti del pi diverso tipo e poich essa in grado di riverberare i propri effetti sui rischi acquistabili sul mercato (o gi acquistati e rivendibili), in uno svolgimento senza soluzione di continuit (1) Si ricordi, in proposito, che lart. 67-noviesdecies, Cod. Cons., gi le legittimava al reclamo e allazione di inibitoria nel caso di violazione delle disposizioni sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari a consumatori. 306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 di operazioni di segno reciproco, la competenza delle associazioni di consumatori tendenzialmente generale, in quanto su quel mercato, in ogni momento e per qualunque tipologia di operazione ammessa, possono divenire attori anche soggetti aventi qualifica di consumatori, nei cui confronti la violazione degli obblighi dellintermediario pu, quindi, per definizione, produrre effetto, magari manifestandosi ex post, quando il consumatore ha gi effettuato linvestimento. La tutela degli interessi collettivi degli investitori garantisce, quindi, la tutela degli interessi dei consumatori attualmente (o potenzialmente) ricompresi nella pi ampia categoria di investitori, assieme a soggetti aventi diversa qualificazione giuridica. Ci spiega perch lart. 32-bis, TUF, non richiami lart. 140-bis, Cod. Cons.: tale disposizione, infatti, opera, in ogni caso, nei limiti posti dalla disciplina di legge, a prescindere dalla specificit della materia. La relativa applicazione ai rapporti finanziari non postula lidentit tipologica tra consumatore e investitore e, anzi, conferma che, tra gli investitori, i consumatori sono semplicemente soggetti a disposizioni speciali in materia di tutela, che si aggiungono a quelle comuni. Tra queste ultime si segnala proprio lart. 32-ter, TUF, in materia di risoluzione stragiudiziale delle controversie, nel contesto del quale il legislatore italiano ha, peraltro, approfittato dello spazio impostogli dallart. 53, Dir. 21 aprile 2004, n. 2004/39/CE (c.d. MiFID)(2), per istituire sistemi aperti non soltanto ai consumatori, ma anche agli investitori in generale. E, con perfetta simmetria, il d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179 (ma gi lart. 27, l. n. 262/05, sulla tutela del risparmio) applica la speciale disciplina della conciliazione e arbitrato presso la CONSOB (in cui torna la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori ex art. 140, Cod. Cons.) e la tutela del Fondo di garanzia a tutti gli investitori e risparmiatori, escludendone solo quelli professionali , e quindi includendovi anche investitori non consumatori. 2. Le procedure di conciliazione e arbitrato per la risoluzione stragiudiziale delle controversie sorte fra investitori e intermediari: listituzione della Camera di conciliazione e arbitrato presso la CONSOB (CCA) Si appena ricordato lart. 32-ter, TUF, in tema di risoluzione stragiudiziale di controversie: secondo tale disposizione, ai fini della risoluzione stragiudiziale di controversie sorte fra investitori e soggetti abilitati e relative alla prestazione di servizi e di attivit di investimento e accessori e della gestione collettiva del risparmio, trovano applicazione le procedure di conciliazione e arbitrato definite ai sensi dellart. 27, l. 28 dicembre 2005, n. 262; fino allistituzione di tali procedure prevista lapplicazione dellart. 141, Cod. (2) In tema di controversie in materia di consumo relative alla prestazione di servizi di investimento e di servizi accessori da parte delle imprese di investimento. DOTTRINA 307 Cons. Seguendo modelli gi diffusi in altri sistemi, lart. 27, commi 2 e 3, l. n. 262/05 aveva, invero, previsto lintroduzione di procedure di conciliazione e di arbitrato in materia di servizi di investimento. Secondo il disegno tracciato dalla l. n. 262, tali procedure da svolgersi dinanzi alla CONSOB, nel contraddittorio delle parti, tenuto conto di quanto disposto dal d.lgs. n. 5/03, secondo criteri di efficienza, rapidit ed economicit erano destinate alla decisione di controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori (esclusi gli investitori professionali), da un lato, e le banche o gli altri intermediari finanziari, dallaltra lato, in merito alla lamentata violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela. In attuazione di tale delega, stato successivamente adottato il d.lgs. n. 179/07, relativo allistituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, di un sistema di indennizzo e di un fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori. In particolare, ai fini che qui interessano, lart. 2, comma 1, d.lgs. n. 179, ha provveduto ad istituire una Camera di conciliazione e arbitrato presso la CONSOB per lamministrazione [] dei procedimenti di conciliazione e di arbitrato promossi per la risoluzione di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori, rinviando ad un successivo regolamento della CONSOB: - la definizione dellorganizzazione della Camera di conciliazione e arbitrato (CCA); - le modalit di nomina dei conciliatori e degli arbitri; - le norme per lo svolgimento dei procedimenti di conciliazione e di arbitrato. Lart. 3 ha, inoltre, previsto per il caso in cui, a seguito dellesperimento delle procedure di arbitrato amministrato dalla CCA, risulti linadempimento da parte dellintermediario degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza la possibilit per linvestitore, di ottenere un indennizzo per il ristoro delle conseguenze pregiudizievoli derivanti da siffatto inadempimento. Successivamente, nellagosto 2008, la CONSOB ha pubblicato un documento di consultazione contenente la bozza del regolamento disciplinante la CCA, invitando tutte le parti interessate a far pervenire le proprie osservazioni, sulla scorta delle quali stata, quindi, redatta la versione definitiva del regolamento di attuazione del d.lgs. n. 179, adottato con la delibera CONSOB del 29 dicembre 2008, n. 16763 (Gazz. Uff. 8 gennaio 2009, n. 5). La CONSOB ha, in tal modo, definito: - la composizione, i compiti e il funzionamento della CCA (artt. 2-4); - i requisiti di accesso agli elenchi dei conciliatori e degli arbitri (artt. 5-6); - le modalit di attivazione e gestione della conciliazione stragiudiziale 308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 (artt. 7-16); - le modalit di attivazione e gestione dellarbitrato amministrato di tipo ordinario (artt. 17-27); - le modalit di attivazione e gestione dellarbitrato amministrato di tipo semplificato (artt. 28-34); - le tariffe applicabili alla conciliazione stragiudiziale e allarbitrato (allegato). 2.1. Lambito di applicazione soggettivo e oggettivo dei procedimenti amministrati dalla CCA Prima di procedere allesame delle singole disposizioni che disciplinano le procedure di conciliazione e di arbitrato, appare necessario procedere a una delimitazione, in termini soggettivi e oggettivi, dellambito di applicazione dei procedimenti amministrati dalla CCA. Si appena visto che, a norma dellart. 2, comma 1, d.lgs. n. 179, tali procedimenti sono quelli promossi per la risoluzione di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi ultimi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori. Allo stesso modo si esprime anche lart. 4, comma 1, del. n 16763. Nonostante lampia portata della definizione, a seguito di una pi approfondita analisi sembra possibile affermare che leffettivo ambito di applicazione della del. n 16763 non sia cos vasto. In ordine al profilo soggettivo, lart. 1, comma 1, lett b), del. n 16763, chiarisce che per investitori si intendono gli investitori diversi dalle controparti qualificate (di cui allart. 6, comma 2-quater, lett. d), TUF) e dai clienti professionali (di cui allart. 6, commi 2-quinquies e 2-sexies, TUF). Nel campo di applicazione soggettiva della del. n. 16763 rientrano, pertanto, solo le controversie tra gli intermediari e i clienti al dettaglio (categoria, per lappunto, residualmente individuata dallart. 26, comma 1, lett. e, del. CONSOB 29 ottobre 2007, n. 16190, c.d. Regolamento Intermediari, con riferimento a tutti i soggetti che non sono n clienti professionali n controparti qualificate). Occorre, peraltro, ricordare che la normativa regolamentare prevede la possibilit per il cliente di richiedere un differente status di classificazione (c.d. sistema degli ascensori), con conseguente incremento o diminuzione del livello di protezione rispetto a quello assicurato dalla propria categoria di appartenenza. In sintesi: - i clienti professionali di diritto (All. n. 3, parte I, Reg. Intermediari) e le controparti qualificate (art. 58, comma 4, Reg. Intermediari) possono chiedere di essere trattati come clienti al dettaglio (cc.dd. clienti al dettaglio su richiesta), beneficiando, in tal modo, di una protezione maggiore (3); - i clienti al dettaglio (All. n. 3, parte II.1, Reg. Intermediari) e le contro- DOTTRINA 309 parti qualificate (art. 58, comma 4, Reg. Intermediari) possono chiedere di essere trattati, rispettivamente, come clienti professionali (cc.dd. clienti professionali su richiesta), beneficiando, per leffetto, di una protezione, rispettivamente, minore o maggiore (4). Alla luce della descritta flessibilit, ci si chiesti se rientrano nel campo di applicazione della del. n. 16763 solo le controversie tra gli intermediari e i clienti al dettaglio di diritto oppure anche quelle controversie che coinvolgono clienti professionali (e/o controparti qualificate) che abbiano chiesto di essere considerati come clienti al dettaglio (cc.dd. clienti al dettaglio su richiesta). A tale riguardo, si osservato che, una volta concluso laccordo scritto tra il cliente professionale (o la controparte qualificata) e lintermediario, necessario affinch i primi siano considerati clienti al dettaglio (su richiesta), con conseguente applicazione del regime informativo e comportamentale previsto per i clienti al dettaglio, non vi sarebbe ragione per negare loro la possibilit di beneficiare delle procedure di conciliazione e di arbitrato de quibus. Analogamente, dovrebbe ritenersi che il cliente al dettaglio che abbia ottenuto di essere considerato cliente professionale su richiesta perda il diritto ad avvalersi delle procedure conciliative ed arbitrali in oggetto. In buona sostanza, la nozione di investitore rilevante ai fini della del. n. 16763 sarebbe comprensiva di tutti i clienti al dettaglio, anche di quelli su richiesta. Con riferimento, invece, alla nozione di intermediari, lart. 1, comma 1, lett. c), del. n 16763, considera tali i soggetti abilitati di cui allart. 1, comma 1, lett. r), TUF (5), e la societ Poste Italiane - Divisione Servizi di Banco Posta (autorizzata ai sensi dellart. 2, d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144). Decisamente pi articolata si presenta la definizione del campo di applicazione oggettivo della del. n. 16763. Come visto, lart. 4, comma 1, del. n. 16763, si riferisce genericamente alle controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori. Alla luce di ci, simpone allinterprete unaccurata definizione sia della tipologia dellattivit svolta dagli intermediari, sia degli obblighi (3) Al fine di rientrare nella categoria dei clienti al dettaglio su richiesta, il cliente professionale di diritto (All. n. 3, parte I, Reg. Intermediari) o la controparte qualificata (art. 58, comma 5, Reg. Intermediari) devono stipulare con limpresa di investimento un accordo scritto, nel quale vengono precisati i prodotti, i servizi e le operazioni cui si applica il regime informativo e comportamentale previsto per i clienti al dettaglio. (4) E comunque prescritto il rispetto dei criteri e delle procedure menzionate allAll. n. 3, parti II.1 e II.2, Reg. Intermediari. (5) Si tratta delle SIM, delle imprese di investimento comunitarie con succursale in Italia, delle imprese di investimento extracomunitarie, delle SGR, delle SGA, delle SICAV, nonch degli intermediari finanziari iscritti nellelenco speciale di cui allart. 107, TUB, delle banche italiane, delle banche comunitarie con succursale in Italia e delle banche extracomunitarie, autorizzate allesercizio dei servizi o delle attivit di investimento. 310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 che si assumono violati. Quanto al primo aspetto, la disposizione di riferimento quella dellart. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 179, secondo cui per intermediari sintendono i soggetti abilitati alla prestazione dei servizi e delle attivit di investimento di cui allart. 1, comma 1, lett. r), TUF. In base a allart. 1, comma 5, TUF, per servizi e attivit di investimento si intendono, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: la negoziazione per conto proprio; lesecuzione di ordini per conto dei clienti; la sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dellemittente; il collocamento senza assunzione a fermo n assunzione di garanzia nei confronti dellemittente; la gestione di portafogli; la ricezione e trasmissione di ordini; la consulenza in materia di investimenti; la gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. Sennonch, tali previsioni vanno coordinate con quanto previsto dal d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, c.d. TUB) in materia di sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie insorte tra la clientela e le banche e gli intermediari finanziari. Lart. 128-bis, TUB, inserito dallart. 29, l. n. 262/05, stabilisce che le banche e gli intermediari finanziari sono tenuti ad aderire a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela, rimettendo ad una delibera del CICR, su proposta della Banca dItalia, i criteri di svolgimento delle procedure e di composizione dellorgano decidente, in modo che risulti assicurata limparzialit dello stesso e la rappresentativit dei soggetti interessati. Con del. CICR 29 luglio 2008, n. 275, stato stabilito che tali sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie riguardino solo le contestazioni relative alle operazioni e ai servizi bancari e finanziari, con lesclusione di quelli non assoggettati al tit. VI del TUB, ai sensi dellart. 23, comma 4, TUF (esclusi, quindi, i servizi e le attivit di investimento, il collocamento di prodotti finanziari, nonch le operazioni e i servizi che siano componenti di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione). Le disposizioni applicative della delibera CICR sono state emanate in data 18 giugno 2009 e 15 febbraio 2010 dalla Banca dItalia con listituzione del c.d. Arbitro Bancario Finanziario (ABF). In prima battuta, pertanto, deve osservarsi che le controversie relative a operazioni e servizi bancari e finanziari rientrano nel campo di applicazione dellABF, mentre le controversie relative ai servizi e alle attivit di investimento rientrano nel campo di applicazione della del. n. 16763. Tale summa divisio, peraltro, non in grado di eliminare completamente possibili dubbi interpretativi. Si pensi, infatti, allattivit di collocamento di prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari: da un lato, essa rientra tra le attivit e i servizi cui non si applica il Titolo VI, capo I, TUB, con conseguente esclusione dallambito di applicazione dellABF; dallaltro lato, tut- DOTTRINA 311 tavia, a stretto rigore essa non rientrerebbe neppure nel novero dei servizi di investimento, che hanno riguardo ai soli strumenti finanziari (e non gi anche a tutti i prodotti finanziari) e, pertanto, sembrerebbe esclusa anche dallambito di applicazione della del. n. 16763. Considerazioni analoghe si impongono in relazione ai servizi aventi a oggetto prodotti finanziari (diversi dagli strumenti finanziari) emessi da banche ed assicurazioni. Allo scopo di risolvere possibili dubbi relativi allambito delle reciproche competenze, lart. 4, comma 2, del. n. 16763, prevede che la CCA stipuli un protocollo dintesa con lABF. Analogamente, nel Resoconto della consultazione sulle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, la Banca dItalia, preso atto che la definizione della linea di confine tra le materie di competenza dellABF e quelle oggetto dei procedimenti amministrati dalla CCA investe il tema pi generale dellinterpretazione dellart. 23, comma 4, TUF, con particolare riguardo alla nozione di prodotto finanziario e di componenti di prodotti finanziari (cc.dd. prodotti misti), ha individuato, nello stipulando protocollo dintesa, lo strumento attraverso cui potranno essere regolati gli aspetti operativi della collaborazione tra i due sistemi stragiudiziali, in modo da assicurare che i clienti, in caso di inesatta individuazione del sistema di risoluzione stragiudiziale applicabile alla propria controversia, vengano indirizzati al sistema competente. Informazioni sulle controversie che possono essere sottoposte allABF (e sullesistenza di altri meccanismi di risoluzione stragiudiziale nelle materie affini) saranno pubblicate sul sito internet dellABF, che preveder anche un percorso guidato per lutenza volto ad agevolare lindividuazione dei casi in cui pu essere adito lABF. Per contro, non sembrano sussistere dubbi in ordine al fatto che il del. n. 16763 si applichi anche nel caso di controversie aventi ad oggetto lattivit di gestione collettiva del risparmio e i servizi accessori. In primo luogo, infatti, si osserva che le SGR costituiscono, a tutti gli effetti, dei soggetti abilitati alla prestazione dei servizi di investimento; in secondo luogo, lart. 6, d.lgs. n. 179, nel fissare la regola della vincolativit della clausola compromissoria per il solo intermediario, si riferisce espressamente sia ai servizi di investimento, sia ai servizi accessori e ai contratti di gestione collettiva del risparmio; in terzo luogo, il citato art. 32-ter, TUF, stabilisce che, ai fini della risoluzione stragiudiziale di controversie sorte fra investitori e soggetti abilitati e relative alla prestazione dei servizi di investimento e accessori e alla gestione collettiva del risparmio, trovano applicazione le procedure di conciliazione e arbitrato definite ai sensi dellarticolo 27, l. n. 262; infine, lart. 1, comma 1, lett. c), del. n. 16763, a differenza dellart. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 179, si riferisce unicamente ai soggetti abilitati di cui allart. 1, comma 1, lett. r), TUF, senza alcun riferimento alla nozione di servizi e attivit di investimento. Si consideri altres il documento di consultazione della CONSOB in data 4 agosto 312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 2008, secondo cui lopzione ermeneutica volta a comprendere anche le controversie in tema di gestione collettiva del risparmio risulta preferibile, in quanto il richiamato art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 179, costituisce norma definitoria, afferente al soggetto generalmente legittimato a prendere parte alle procedure di conciliazione e di arbitrato. La norma, quindi, assume esclusiva valenza di individuazione dei soggetti che solo potranno essere parti del procedimento conciliativo ovvero di quello arbitrale (investitori e intermediari); e, sotto questo profilo, non vՏ dubbio che anche la SGR debba essere presa in considerazione, rientrando nellalveo dei soggetti abilitati enumerati allart. 1, comma 1, lett. r), TUF, ed essendo essa senzaltro abilitata alla prestazione di servizi di investimento (6). Lart. 2, comma 1, d.lgs. n. 179, nel disciplinare lambito oggettivo di operativit delle procedure, fornisce una perimetrazione del thema decidendum con esclusivo riferimento alla natura degli obblighi asseritamente violati dagli intermediari (tra cui rientrano come detto anche le SGR) e non anche alla natura dei rapporti contrattuali con gli investitori (gli obblighi d informazione, correttezza e trasparenza, dunque, ben possono afferire al servizio di gestione collettiva, oltrech ai servizi di investimento). Lart. 6, d.lgs. n. 179, nel disciplinare . conformemente ai princpi desumibili dal Cod. cons. . lefficacia della clausola compromissoria (vincolante solo per lintermediario) testualmente fa menzione dei contratti di gestione collettiva del risparmio, ove detta clausola pu essere inserita; ebbene, tale disposizione sarebbe priva di senso (ed anzi incoerente con il complessivo sistema), ove si intendesse escludere il servizio di gestione collettiva dalle procedure di conciliazione ed arbitrato amministrate dalla CCA. Per quanto riguarda, invece, la tipologia degli obblighi degli intermediari che linvestitore assume essere stati violati, le perplessit maggiori derivano da una non completa corrispondenza tra gli obblighi cui fa riferimento lart. 4, comma 1, del. n. 16763, e quelli previsti dallart. 21, comma 1, TUF. La prima norma, infatti, si riferisce alla violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori; per contro, in base alla seconda norma citata, gli intermediari, allorch prestano servizi di investimento, sono tenuti a comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza per servire al meglio linteresse dei clienti e per lintegrit dei mercati. In dottrina si osservato che lobbligo di informazione andrebbe considerato come una specificazione dellobbligo di diligenza, per modo che, in caso di violazione di un obbligo di diligenza a contenuto informativo, la relativa controversia rientrerebbe sicuramente nellambito di applicazione della del. n. 16763. Per contro, potrebbero senzaltro (6) Dallautorizzazione al servizio di gestione collettiva del risparmio discende naturaliter la possibilit per la SGR di prestare professionalmente nei confronti del pubblico il servizio di gestione individuale di portafogli ed il servizio di consulenza in materia di investimenti: cfr., art. 18, comma 2, TUF. DOTTRINA 313 ipotizzarsi obblighi di diligenza a contenuto non informativo (si pensi, ad es., allart. 45, Reg. Intermediari, secondo cui gli intermediari adottano tutte le misure ragionevoli e, a tal fine, mettono in atto meccanismi efficaci, per ottenere, allorch eseguono ordini, il miglior risultato possibile per i loro clienti, avendo riguardo al prezzo, ai costi, alla rapidit e alla probabilit di esecuzione e di regolamento, alle dimensioni, alla natura dellordine o a qualsiasi altra considerazione pertinente ai fini della sua esecuzione: c.d. best execution). In questo caso, uninterpretazione strettamente letterale dellart. 4, comma 1, del. n. 16763, imporrebbe di ritenere la controversia relativa alla violazione dellobbligo di best execution esclusa dallambito di applicazione della del. n. 16763. Secondo alcuni, non rientrerebbe nel novero delle controversie arbitrabili neppure quella relativa alla violazione dellobbligo della forma scritta per la conclusione del contratto di intermediazione finanziaria ex art. 23 TUF. Cos delineato lambito di competenza delle procedure amministrate dalla CCA, ci si chiesti se siano configurabili eventuali conflitti di competenza tra questultima e altri organismi di conciliazione, chiamati a svolgere funzioni similari nellambito delle controversie nascenti nel mercato finanziario. A tale riguardo, viene in considerazione la previsione contenuta nellart. 7, del. n. 16763, la quale ribadendo quanto gi previsto dallart. 4, comma 2, d.lgs. n. 179 individua tra le condizioni di ammissibilit dellistanza volta allattivazione della procedura di conciliazione amministrata dalla CCA la non precedente sottoposizione della controversia ad altro organismo di conciliazione. Tale previsione confermerebbe la possibilit di un concorso di competenze tra diversi organismi di conciliazione e, al contempo, escluderebbe la configurabilit in capo alla CCA di una competenza esclusiva (anche ove la controversia riguardi esclusivamente una delle violazioni indicate allart. 4 comma 1, del. n. 16763). Invero, prospettando la possibilit di scelta (irrevocabile? (7)) del ricorrente tra pi organismi egualmente competenti, la norma parrebbe collocare la CCA in una posizione paritaria e concorrenziale con gli altri organismi di conciliazione (anche se la del. n. 16763 tende chiaramente a rafforzare tale posizione, in termini di qualit e professionalit del servizio offerto). (7) La del. n 16763 non del tutto chiara al riguardo: lart. 7 prevede come detto che listanza volta allattivazione della procedura di conciliazione pu essere presentata esclusivamente dallinvestitore quando per la medesima controversia non siano state avviate, anche su iniziativa dellintermediario a cui linvestitore abbia aderito, altre procedure di conciliazione. Ora, sulla base di uninterpretazione rigorosa della disposizione, la presentazione da parte dellinvestitore dellistanza o ladesione da parte di costui allistanza dellintermediario precluderebbero in via definitiva allinvestitore di promuovere il procedimento di conciliazione amministrato dalla CCA, a prescindere dalle sorti del procedimento in precedenza instaurato. Una lettura pi flessibile (per certi versi preferibile) della norma vedrebbe, invece, la condizione in parola quale limite alla contemporanea pendenza di pi procedure conciliative relative alla medesima controversia, facendo salva la possibilit per le parti, una volta fallito un primo tentativo davanti ad altro organismo di conciliazione, di concordare lavvio di un nuovo procedimento conciliativo gestito dalla CCA. 314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Lespressa previsione nel d.lgs. n. 179 (art. 4, comma 8) e nella del. n. 16763 (art. 9, comma 4) della possibilit che la CCA deleghi lo svolgimento delle procedure conciliative di sua competenza ad altri organismi di conciliazione, attraverso una sorta di outsourcing dellattivit (8), parrebbe, daltra parte, qualificare tale posizione concorrenziale in termini cooperativi (piuttosto che competitivi) in vista della costruzione di una rete conciliativa diffusa su tutto il territorio nazionale. 2.2. La composizione, i compiti e il funzionamento della CCA La CCA ha carattere collegiale ed composta da un presidente (9) e da quattro membri (che formano il collegio camerale(10)), nominati dalla (8) Lart. 9 comma 4, del. n 16763, configura tale possibilit in termini residuali, stabilendo le condizioni in presenza delle quali la CCA pu ricorrere alla delega in questione. La possibilit di stipulare apposite convenzioni con altri organismi di conciliazione potrebbe, peraltro, rivelarsi particolarmente utile, al fine di promuovere la cooperazione tra enti e organismi interessati, in un settore quello della conciliazione che pu certamente beneficiare della collaborazione tra i suoi operatori. (9) A norma dellart. 7, St. CCA, il presidente: a) rappresenta la CCA nei settori di competenza e mantiene i rapporti con la CONSOB, con le istituzioni, nonch con gli organismi preposti alla risoluzione stragiudiziale delle controversie istituiti da enti pubblici e privati; b) convoca il collegio camerale, stabilisce lordine del giorno e ne dirige i lavori; c) vigila sullattuazione delle deliberazioni del collegio camerale, dettando le necessarie direttive e tenendone informato il collegio stesso; d) presenta al collegio camerale, per lapprovazione, lo schema di relazione sullattivit svolta da sottoporre alla CONSOB ai sensi dellarticolo 3, comma 5, del. n. 16763; e) sovrintende allattivit istruttoria della segreteria e riferisce al collegio camerale per ladozione delle conseguenti delibere; f) sulla base delle risultanze istruttorie presentate dalla segreteria, dispone, se del caso, per ladozione delle necessarie correzioni e integrazioni che le parti delle procedure di conciliazione e di arbitrato amministrato sono tenute a trasmettere in ordine alle domande gi inoltrate; g) adotta, in caso di urgenza, provvedimenti di competenza del collegio camerale che sottopone a ratifica dello stesso nella prima riunione successiva; h) d istruzioni sul funzionamento della segreteria e verifica i risultati dellattivit svolta; i) sovrintende al sito internet della CCA, verificando che la segreteria ne curi il funzionamento e laggiornamento sulla base delle direttive ad essa impartite; l) esercita ogni altra funzione prevista dalle disposizioni di legge o di regolamento; m) pu delegare a singoli componenti specifici incarichi temporanei, informandone il collegio camerale. (10) Ai sensi dellart. 9, St. CCA, il collegio camerale esercita collegialmente tutte le attribuzioni conferite alla CCA dalle disposizioni di legge o di regolamento. Esso delibera, inoltre, in via generale: a) le modalit per lo svolgimento dei compiti di natura istruttoria e gli adempimenti tecnico-procedurali necessari allamministrazione delle procedure conciliative e arbitrali e alla tenuta degli elenchi; b) le norme in materia di protocollazione, archiviazione di atti e documenti e organizzazione e gestione del sistema informativo; c) le norme che disciplinano lattribuzione della firma per gli atti della CCA non aventi contenuto deliberativo; d) le modalit per la tempestiva circolazione fra i componenti e con la segreteria delle informazioni necessarie allesercizio dei suoi compiti, anche per via telematica. DOTTRINA 315 CONSOB (11) e scelti tra persone dotate di specifica e comprovata esperienza e competenza e di riconosciuta indipendenza (12), allevidente scopo di salvaguardare lo svolgimento delle relative funzioni in piena autonomia, assicurando, al contempo, un certo grado di autorevolezza alla CCA (13). Dei 5 membri della CCA uno designato dal Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico (CNCU), e laltro, congiuntamente, dalle associazioni di categoria degli intermediari maggiormente rappresentative. I restanti 3 componenti, fra i quali il presidente, sono designati dalla CONSOB, la quale, di norma, li individua allinterno di ciascuno dei gruppi di categorie di cui al citato art. 2, comma 3, del. n. 16763. I membri della CCA durano in carica 7 anni, senza possibilit di essere confermati, e sono revocabili solo per giusta causa con provvedimento motivato della CONSOB (art. 2, del. n. 16763). Le indennit loro spettanti sono determinate con delibera della CONSOB. I requisiti professionali richiesti ai fini della designazione e la composizione parzialmente rappresentativa della CCA mirano evidentemente a garantire la qualit dellattivit svolta e limparzialit del suo operato, in relazione alla natura delle controversie e I relativi componenti: a) partecipano alla discussione e alle deliberazioni; b) verificano lattivit della CCA; c) presentano proposte sullattivit della CCA e sul suo funzionamento. (11) Il termine iniziale dellufficio di ciascun componente della CCA decorre dalla data della delibera di nomina da parte della CONSOB o dalla diversa data in essa indicata, mentre il termine di assunzione delle funzioni decorre dalla riunione della CCA a cui ciascun componente partecipa per la prima volta (art. 4, St. CCA). (12) I componenti della CCA devono appartenere a una delle seguenti categorie (art. 2, comma 3, del. n. 16763): 1) avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio avanti alle magistrature superiori; dottori commercialisti iscritti nella Sez. A) dellalbo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili da almeno 12 anni; 2) notai con almeno 6 anni di anzianit di servizio; magistrati ordinari, in servizio da almeno 12 anni o in quiescenza; magistrati amministrativi e contabili con almeno 6 anni di anzianit di servizio o in quiescenza; 3) professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed economiche in servizio o in quiescenza; dirigenti dello Stato o di Autorit indipendenti con almeno 20 anni di anzianit di servizio laureati in discipline giuridico/economiche, in servizio o in quiescenza. (13) Al fine di evitare situazioni di incompatibilit pervero non previste dal legislatore lart. 2, comma 1, del. n. 16763, ha stabilito che i membri della CCA non possono ricoprire incarichi presso altri organismi di conciliazione e di arbitrato, istituiti da enti pubblici e privati e operanti in qualsiasi settore, n esercitare attivit di conciliazione o di arbitrato ovvero ogni altra attivit che ne possa compromettere lindipendenza e lautonomia di giudizio. Allo stesso modo, previsto che loriginaria inesistenza o la sopravvenuta perdita dei requisiti necessari a ricoprire lincarico ovvero il grave inadempimento degli obblighi gravanti in capo ai componenti della CCA comportino la decadenza dalla carica. La decadenza viene pronunciata dalla CCA entro 30 giorni dalla nomina o dalla conoscenza della perdita dei requisiti ovvero dalla conoscenza dei fatti che integrano grave inadempimento dei richiamati obblighi. In caso di inerzia, la decadenza pronunziata direttamente dalla CONSOB. Per le norme di dettaglio in punto di decadenza dallufficio e dimissioni si rinvia alla lettura dellart. 5, St. CCA. 316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 alla qualit delle parti coinvolte. In merito al funzionamento della CCA la del. n. 16763 fissa una disciplina abbastanza soft, intesa a consentire un corretto svolgimento delle riunioni e a chiarire le modalit di adozione delle delibere. In particolare, le deliberazioni della CCA sono adottate collegialmente con la presenza di almeno 3 componenti, i quali, salvo che non sia prevista una maggioranza diversa, deliberano a maggioranza dei votanti (e, comunque, con non meno di 2 voti favorevoli); in caso di parit, prevale il voto del presidente. Per il resto, la del. n. 16763 demanda la definizione delle norme di organizzazione e di funzionamento alle disposizioni dello Statuto della CCA, il quale va approvato con la maggioranza di almeno 4 componenti e va comunicato alla CONSOB (che, entro 30 giorni dal suo ricevimento, pu chiedere chiarimenti e modifiche) (14); decorsi 30 giorni dal ricevimento da parte della CONSOB delle disposizioni statutarie (o dei chiarimenti e delle modifiche richiesti), le stesse si intendono approvate (art. 3, del. n. 16763). La CCA ha sede presso gli uffici delle sedi della CONSOB (15) e svolge la propria attivit avvalendosi di strutture e risorse individuate e fornite dalla stessa CONSOB (16), che pu impartire direttive relative ai controlli sui requisiti richiesti per liscrizione negli elenchi dei conciliatori e degli arbitri. La CONSOB pu, inoltre, richiedere alla CCA informazioni sulle attivit e sui compiti istituzionali da essa svolti. In ogni caso, entro il mese di febbraio di ogni anno, la CCA tenuta a presentare alla CONSOB una relazione sullattivit svolta nellanno precedente (art. 3, del. n. 16763). Mette conto rilevare che, in sede di prima lettura della l. n. 262/05, alcuni studiosi avevano espresso alcuni dubbi in merito a tale nuova attivit demandata alla CONSOB, in quanto, nel suo ruolo istituzionale di regolazione del mercato mobiliare, essa avrebbe potuto trovarsi in una posizione difficile rispetto alle diverse funzioni ora illustrate. In effetti, la nuova previsione legislativa, nello stabilire che le procedure erano destinate a svolgersi dinanzi alla CONSOB, sembrava prefigurare un nuovo ruolo giurisdizionale per lAutorit di vigilanza, finalizzato alla gestione di strumenti di risoluzione di controversie tra privati. Ad una pi approfondita analisi , tuttavia, apparso chiaro come alla CONSOB non sia stato attribuito alcun potere giurisdizionale, essendole stato affidato, per contro, un mero compito di gestione delle proce- (14) Lo Statuto della CCA stato adottato dalla CCA con del. n. 3/2010 e approvato dalla CONSOB con del. n. 17204/2010 (Gazz. Uff. n. 67/2010). (15) La sede principale della CONSOB si trova a Roma, mentre la sede secondaria operativa si trova a Milano. La previsione ribadita anche dallart. 3, comma 2, St. CCA. (16) La CONSOB provvede alla copertura delle spese di amministrazione delle procedure di conciliazione e di arbitrato con le contribuzioni versate dagli intermediari ai sensi dellart. 40, comma 3, l. n. 724/94 (in tema di meccanismi di autofinanziamento), oltrech con gli importi posti a carico degli utenti delle procedure stesse. DOTTRINA 317 dure di conciliazione e di arbitrato, alla stessa stregua di quanto accade per la Camera Arbitrale per i contratti pubblici presso lAutorit per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (17) ovvero per le procedure arbitrali gestite dallAutorit per lEnergia Elettrica e per il Gas. La stessa CONSOB, nellemanare i regolamenti di sua pertinenza, ha fatto in modo di preservare e garantire la sua posizione di neutralit, posizione che le stata sempre riconosciuta sin dalla sua costituzione. Il punto pi delicato nella regolamentazione secondaria, da adottarsi sentita la Banca dItalia, era dato proprio dal meccanismo di nomina di conciliatori ed arbitri, che doveva garantire nel modo pi assoluto la loro indipendenza, neutralit, imparzialit e professionalit. Daltro canto, la particolare collocazione della CCA dovrebbe garantirne lindipendenza dalla CONSOB, quanto meno in termini di gestione delle procedure e di organizzazione del servizio: il rapporto tra luna e laltra stato, infatti, configurato in termini di alterit, anzich di immedesimazione, riconoscendo alla CCA una propria autonomia statutaria e funzionale (18). Peraltro, come appena visto, lautonomia non riguarda il versante patrimoniale, giacch la CCA non dispone di proprie risorse, ma si avvale delle strutture e delle risorse messe a disposizione dalla CONSOB. In effetti, al di l dellautonomia funzionale e statutaria, la CCA secondo alcuni osservatori non godrebbe nemmeno di una propria personalit giuridica, in particolare per quanto riguarda i rapporti con i terzi (aspetto, questo, particolarmente interessante, anche per le sue implicazioni di ordine pratico). Tale condizione finirebbe per riflettersi pericolosamente sul rapporto con i potenziali utenti delle procedure, i quali, nel momento in cui si rivolgeranno alla CCA per usufruire dei relativi servizi, instaureranno (inconsapevolmente?) un rapporto (di natura contrattuale?) con la CONSOB, la quale, per leffetto, dovrebbe considerarsi responsabile della qualit del servizio offerto dalla CCA. A tale riguardo, per la verit, deve osservarsi che le previsioni regolamentari sembrano rafforzare lautonomia del rapporto tra conciliatore e parti, rispetto al rapporto tra queste e la CCA o la CONSOB: infatti, come si avr modo di illustrare in seguito, il conciliatore viene investito direttamente della procedura di conciliazione, pi di quanto normalmente avviene nellambito delle altre procedure di conciliazione amministrate. Peraltro, il fatto che i conciliatori siano nominati dalla CCA e necessariamente accreditati e inserititi in un apposito elenco dovrebbe comunque radicare in capo alla CCA e, per essa, alla CONSOB quanto meno una responsabilit solidale per eventuali irregolarit commesse dal conciliatore (17) La Camera arbitrale per i contratti pubblici presenta caratteristiche per molti versi simili a quella della CCA, in quanto anchessa costituita presso unAutorit indipendente che provvede con proprio personale al suo funzionamento. (18) Lart. 3, comma 1, St. CCA, ribadisce che la CCA esercita i compiti ad essa assegnati dalle disposizioni di legge e di regolamento con indipendenza e autonomia funzionale e organizzativa. 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 nominato, cos come per eventuali violazioni agli obblighi di riservatezza e di imparzialit. Diversamente da quanto in genere stabiliscono i regolamenti di conciliazione amministrata, lart 16, del. n. 16763, prevede, infatti, che la liquidazione del compenso e il rimborso delle spese sostenute per lesecuzione dellincarico di conciliatore vengono compiuti dalla CCA, dietro proposta del conciliatore, in maniera vincolante per le parti. Si conferma, pertanto, lautonomia del rapporto tra parti e conciliatore, nonch la funzione di garanzia della CCA in ordine alla correttezza e alla qualit di tale rapporto. Quanto ai compiti precipuamente affidati alla CCA, occorre chiarire che la del. n. 16763 esclude categoricamente un diretto coinvolgimento della CCA nel merito delle procedure alternative di risoluzione delle liti: a tenore dellart. 4, comma 1, del. n. 16763, essa non interviene in alcun modo nel corso della procedura di conciliazione e del giudizio arbitrale nel merito delle controversie, limitandosi a organizzare i servizi di arbitrato e di conciliazione. La CCA principalmente chiamata a occuparsi dellistituzione di un elenco di conciliatori e arbitri, scelti tra persone di comprovata imparzialit e indipendenza (19), professionalit e onorabilit. In particolare, secondo lart. 4, comma 1, la CCA cura la tenuta degli elenchi dei conciliatori e degli arbitri e provvede ad aggiornarli con cadenza semestrale. Inoltre, la CCA redige e aggiorna il codice deontologico dei conciliatori e degli arbitri e lo sottopone allapprovazione della CONSOB (20). Giova, da ultimo, considerare che, a norma dellart. 2, comma 5, lett. e), d.lgs. n. 179, la CONSOB pu attribuire in via regolamentare alla CCA altre funzioni. Tra quelle sinora assegnate meritano di essere menzionate: - la promozione dei servizi di arbitrato e conciliazione e la diffusione della conoscenza mediante attivit di documentazione, elaborazione dati e studio, anche attraverso la predisposizione di azioni comuni con altre istituzioni ov- (19) Lart. 2, Cod. deont. CCA, chiarisce che il conciliatore e larbitro, nello svolgimento della loro attivit: a) rifiutano la nomina o interrompono lo svolgimento delle funzioni, informandone tempestivamente la CCA, ogni qualvolta ritengano di subire (o anche solo di poter subire) condizionamenti in ordine a un neutrale svolgimento dellincarico; b) non accettano altri incarichi n svolgono attivit che, per la natura, la fonte o le modalit di conferimento, possano in concreto condizionarne lindipendenza; c) garantiscono e difendono con la propria coscienza lindipendente esercizio delle loro funzioni da ogni tipo di pressione (diretta o indiretta); d) valutano senza pregiudizio i fatti della controversia, esaminando con scrupolo gli argomenti prospettati dalle parti e gli atti del procedimento e interpretando le norme da applicare con obiettivit; e) ispirano il proprio comportamento a imparzialit e curano di rispecchiarne limmagine anche allesterno; f) evitano ogni possibile situazione di conflitto di interessi. (20) Il Codice deontologico dei conciliatori e degli arbitri iscritti negli elenchi tenuti dalla CCA stato adottato dalla CCA con del. n. 2/2010 e approvato dalla CONSOB con del. n. 17205/2010 (Gazz. Uff. n. 67/2010). DOTTRINA 319 vero con associazioni economiche e altri organismi (pubblici o privati) attivi nel settore dei servizi finanziari e delle procedure di conciliazione e arbitrato; - lorganizzazione di corsi di formazione e aggiornamento per i conciliatori e per gli arbitri. 2.3. Gli elenchi dei conciliatori e degli arbitri tenuti dalla CCA Secondo la delega attribuita con lart. 2, comma 5, d.lgs. n. 179, la CONSOB, sentita la Banca dItalia, era chiamata a definire in via regolamentare: - le modalit di nomina dei componenti dellelenco dei conciliatori e degli arbitri, prevedendo anche forme di consultazione delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui allarticolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e delle categorie interessate, e perseguendo la presenza paritaria di donne e uomini; - i requisiti di imparzialit, indipendenza, professionalit e onorabilit dei componenti dellelenco dei conciliatori e degli arbitri; - la periodicit dellaggiornamento dellelenco dei conciliatori e degli arbitri. La delega stata esercitata tramite la citata del. n. 16763, alla stregua della quale, possono essere iscritti, a domanda, nellelenco dei conciliatori i soggetti che sono in possesso dei seguenti requisiti (21): 1) di professionalit: - professori universitari in discipline economiche o giuridiche; - professionisti iscritti ad albi professionali in materie economiche o giuridiche (con anzianit di iscrizione di almeno 15 anni (22)); - magistrati in quiescenza; - laureati in materie giuridiche o economiche ovvero professionisti iscritti in albi professionali in materie giuridiche o economiche (con anzianit di iscrizione anche inferiore a 15 anni) che abbiano seguito con successo un corso specifico di formazione per conciliatori tenuto da enti pubblici, universit o enti privati alluopo accreditati (23); (21) Tali requisiti sono individuati dallart. 5, del. n. 16763, mediante una mera relatio ai requisiti richiesti ai conciliatori, nel contesto della conciliazione stragiudiziale delle controversie civili in materia societaria, dallart. 4, comma 4, lett. a) e b), D.M. n. 222/04. Si veda altres quanto disposto dal D. Dirett. Min. Giust. 24 luglio 2006, in Gazz. Uff. n. 35/07. (22) In linea generale, la CCA ha chiarito che il periodo di iscrizione in albi professionali per gli aspiranti conciliatori (e/o arbitri) da intendersi come effettivo, cio al netto di eventuali lassi temporali in cui il candidato non risulti, per una qualsiasi ragione, iscritto ovvero risulti sospeso. Tali periodi, quindi, non concorrono ai fini del computo del periodo necessario a integrare il requisito di professionalit. (23) Parte della dottrina ritiene che non si sia sufficientemente valorizzata la valutazione delle competenze specifiche in materia di conciliazione, in particolare per quanto ha tratto alle capacit di gestione della procedura e di applicazione delle tecniche conciliative. In effetti, per lo meno con riferi- 320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 2) di onorabilit: - non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione; - non avere riportato condanne a pena detentiva, applicata su richiesta delle parti, non inferiore a 6 mesi; - non essere incorso nellinterdizione (perpetua o temporanea) dai pubblici uffici; - non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza; - non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dallavvertimento. La CCA, a seguito della ricezione della domanda di iscrizione nellelenco, corredata dei documenti attestanti il possesso dei requisiti richiesti, ne verifica la regolarit e delibera liscrizione del conciliatore. E, peraltro, previsto, a pena di cancellazione, che i conciliatori non possano svolgere attivit di conciliazione per pi di due organismi di conciliazione (24) e comunichino senza indugio alla CCA la perdita dei requisiti richiesti per liscrizione. Pi specifici sono, invece, i requisiti richiesti per liscrizione nellelenco degli arbitri, stante il loro potere di decidere la controversia (25). Si tratta dei seguenti requisiti: 1) di professionalit (26): - avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio avanti alle magistrature superiori; - dottori commercialisti iscritti nella sez. A) dellalbo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (con anzianit di iscrizione di almeno 12 anni); - notai (con anzianit di servizio di almeno 6 anni); - magistrati ordinari in servizio (da almeno 12 anni) o in quiescenza; - magistrati amministrativi e contabili in servizio (da almeno 6 anni) o in quiescenza; mento ai professionisti in possesso dei prescritti anni di iscrizione ai rispettivi albi, non richiesta una comprovata esperienza in materia di conciliazione. E stato altres sottolineato come ladozione di questo modello, astrattamente adeguato in considerazione dellelevato livello di specialit giuridico-economica delle controversie coinvolte, potrebbe comportare un rischio non sottovalutabile: una volta che si affidi la conciliazione a conciliatori-avvocati/commercialisti/notai/ex magistrati, la procedura assumer probabilmente le sembianze di un giudizio semplificato incentrato sui profili giuridici della lite, anzich i tratti di unalternativa al giudizio stesso, in ci frustrando le potenzialit dello strumento in termini di flessibilit, atipicit e creativit. (24) Dalla consultazione della sezione del sito internet della CONSOB dedicata alla CCA si apprende che la CCA ha interpretato tale previsione nel senso che il numero di due organismi comprensivo della stessa CCA. Nellavviso per liscrizione , quindi, previsto che il conciliatore dichiari di non svolgere attivit di conciliazione per pi di un altro organismo di conciliazione autorizzato, [indicando] leventuale organismo di conciliazione per cui svolge la relativa attivit. (25) La CONSOB ha chiarito sul suo sito internet che certamente possibile, avendone i requisiti, presentare domanda di iscrizione allelenco dei conciliatori come a quello degli arbitri. (26) Si tratta degli stessi requisiti professionali richiesti per i componenti della CCA. DOTTRINA 321 - professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed economiche in servizio o in quiescenza; - dirigenti dello Stato o di Autorit indipendenti, laureati in discipline giuridico/ economiche, in servizio (da almeno 20 anni) o in quiescenza. 2) di onorabilit: - non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione; - non avere riportato condanne a pena detentiva, applicate su richiesta delle parti, pari o superiore a 6 mesi; - non essere incorsi nella interdizione (perpetua o temporanea) dai pubblici uffici; - non essere stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza; - non aver riportato sanzioni disciplinari diverse dallavvertimento. Anche in tal caso, la CCA, a seguito della ricezione della domanda di iscrizione nellelenco degli arbitri, corredata dei documenti attestanti il possesso dei requisiti richiesti, ne verifica la regolarit e delibera liscrizione. Allo stesso modo, gli arbitri sono tenuti a comunicare senza indugio alla CCA la perdita dei requisiti richiesti per liscrizione. Ogni 6 mesi la CCA deve disporre laggiornamento degli elenchi dei conciliatori e degli arbitri (27), procedendo alle nuove iscrizioni e alla cancellazione: - di quanti, medio tempore, abbiano perso i citati requisiti di professionalit e onorabilit; - dei conciliatori che abbiano svolto attivit di conciliazione per pi di un altro organismo di conciliazione autorizzato; - degli iscritti che abbiano fatto domanda di cancellazione. La cancellazione pu altres essere disposta nei casi di grave inadempimento degli obblighi stabiliti dal codice deontologico o, comunque, connessi alla funzione svolta. La cancellazione, ove non richiesta dallo stesso interessato, viene pronunciata dalla CCA previa audizione dellinteressato. Sul piano della lealt e della correttezza, lart. 3, Cod. deont. CCA, stabilisce che il conciliatore e larbitro: a) tengono con la CCA e con le parti un rapporto corretto e leale, nonch rispettoso della diversit dei ruoli svolti; b) non accettano compensi diversi da quelli previsti per lincarico conferito e non si avvalgono del loro ruolo per ottenere benefci o privilegi; (27) La CONSOB ha optato per lesclusione di limitazioni temporali alla permanenza dellarbitro o del conciliatore nei rispettivi elenchi, considerando che soggetti con unesperienza pluriennale nel campo della conciliazione e dellarbitrato possono contribuire positivamente allinnalzamento qualitativo delloperato della CCA. Peraltro, ci finir col rendere assai ampia la composizione degli elenchi stessi, con conseguente ampliamento del ventaglio delle scelte rimesse alla CCA in sede di designazione dei soggetti da investire delle specifiche controversie. 322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 c) valutano con obiettivit e rigore lesistenza di situazioni di possibile astensione per motivi di opportunit; d) informano le parti dei contenuti del Cod. deont. CCA nel loro primo incontro; e) invitano i terzi incaricati di collaborare nel procedimento ad attenersi ai princpi contenuti nel Cod. deont. CCA. Il conciliatore e larbitro sono, inoltre, tenuti ad assolvere i compiti loro affidati con diligenza, sollecitudine e professionalit, riservando agli affari trattati lattenzione e il tempo necessari, quali che siano la tipologia e il valore delle controversie. Essi sono altres chiamati a curare la loro formazione continua e laggiornamento nelle materie attinenti alle controversie trattate, anche attraverso la partecipazione ai corsi alluopo organizzati o accreditati dalla CCA. Il Cod. deont. CCA fissa, infine, delle regole particolari per il conciliatore (28) e per larbitro (29) (artt. 7-8). (28) Il conciliatore: a) accetta la nomina conferitagli solo quando sia qualificato per la definizione della controversia per la quale stato designato; b) si assicura, al primo incontro di conciliazione, che le parti abbiano compreso: - la natura, le finalit, gli oneri e i vantaggi della procedura di conciliazione; - il loro ruolo e quello del conciliatore; - gli obblighi di riservatezza a loro carico e quelli a carico del conciliatore; c) prepara gli incontri di conciliazione studiando la controversia e la documentazione prodotta dalle parti, accertando che le parti o i loro rappresentanti abbiano i poteri necessari per concludere un eventuale accordo e stabilendo tempi e modi degli incontri che consentano losservanza dei princpi generali stabiliti per la procedura; d) accerta che il proprio domicilio (o quello diverso scelto di comune accordo con le parti) sia idoneo a consentire un ordinato, riservato e sereno svolgimento degli incontri di conciliazione; e) conduce la procedura di conciliazione con autorevolezza, applicando le tecniche di composizione dei conflitti e creando un clima di dialogo e di fiducia con le parti, e si adopera per far loro raggiungere un accordo soltanto fino a quando sia manifesto che tale obiettivo non sia conseguibile; f) si comporta con lealt nei confronti delle parti, evitando di compiere atti che possano essere o apparire ad esse discriminatori e di esercitare la sua influenza a favore di una di loro; g) ascolta attentamente, nel corso degli incontri, le dichiarazione delle parti e acquisisce, anche rivolgendo loro domande, ogni documento e informazione utili sulla controversia, sui punti di vista, sulle pretese e aspettative di ciascuna parte nonch sui loro reciproci rapporti, al fine di individuare soluzioni idonee a comporre la controversia; h) impiega, nei colloqui con le parti, un linguaggio comprensibile a entrambe; i) si assicura che le parti si determinino con sufficiente grado di consapevolezza e che siano avvertite della possibilit di adire comunque lAGO in caso di mancata conciliazione della controversia; j) redige, con tempestivit e sentite le parti, i documenti conclusivi della procedura di conciliazione. (29) Larbitro: a) si comporta con riserbo, assicurando lordinato svolgimento del giudizio, e cura la segretezza della camera di consiglio; b) evita, in ogni fase del procedimento, contatti unilaterali e scambi di opinioni personali con singole parti o con i loro difensori; c) non influenza le parti, rappresentando loro la possibilit o lopportunit di una conciliazione della controversia o mostrando di aver maturato un convincimento sullesito del procedimento; DOTTRINA 323 2.4. Le modalit di attivazione e gestione della conciliazione stragiudiziale La conciliazione come noto un mezzo non contenzioso di composizione delle controversie, la cui funzione di condurre le parti a una definizione della lite prescindendo dallazione in giudizio. E un servizio reso generalmente da uno o pi soggetti, diversi dal giudice o dallarbitro, in condizioni di imparzialit rispetto agli interessi in conflitto e avente lo scopo di dirimere una lite gi insorta o che pu insorgere tra le parti, attraverso modalit che comunque ne favoriscono la composizione autonoma. Lelemento caratterizzante , dunque, rappresentato dalla finalit di assistenza delle parti nella ricerca di una composizione non giudiziale di una controversia. Recentemente il d.lgs. n. 28/2010, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, ha qualificato conciliazione la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione: la conciliazione rappresenta, pertanto, lesito positivo dellattivit svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o pi soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. La conciliazione pu essere facilitativa o valutativa (detta anche aggiudicativa), a seconda del ruolo svolto dal conciliatore nella procedura: nel primo caso che maggiormente corrisponde alla finalit di autodeterminazione dello strumento il conciliatore si limita ad agevolare il raggiungimento ad opera delle parti di un accordo, compiendo con loro un percorso cooperativo e creativo; a differenza del giudice, egli non strettamente vincolato al principio della domanda e pu trovare soluzioni della controversia che abbiano riguardo al complessivo rapporto tra le parti; inoltre, non si limita a regolare questioni passate, ma guarda anche a una ridefinizione della relazione intersoggettiva in prospettiva futura (30). Nel modello della conciliazione valutativa, fondato sulla logica adversarial del torto e della ragione, il conciliatore formula, invece, una proposta di soluzione della vertenza, tenendo conto delle ragioni delle parti. Si distingue, inoltre, tra conciliazione endoprocessuale e stragiudiziale: la prima attivata dal giudice, anche in virt di una previsione normativa, ed d) evita qualsiasi atteggiamento non collaborativo o ostruzionistico nellambito del collegio arbitrale, garantendo una fattiva partecipazione alla fase di deliberazione del lodo; e) assicura, in fase di redazione delle motivazioni dei provvedimenti, anche collegiali, che siano valutati adeguatamente i fatti e le ragioni prospettati dalle parti e che siano rappresentate fedelmente le argomentazioni della decisione; f) evita che nei verbali e nei lodi siano inserite espressioni offensive o irriguardose. (30) Inutile sottolineare che una mediazione in cui la definizione complessiva del rapporto tra le parti incentivata si presenta assai pi appetibile per le parti, consentendo loro non soltanto unabbreviazione dei tempi, ma anche il conseguimento di risultati che il processo inidoneo ad assicurare. 324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 parte integrante dellazione civile; la seconda, invece, frutto di un accordo tra le parti e non inserita nellambito di un procedimento giurisdizionale. Infine, la procedura di conciliazione pu essere amministrata (in presenza di un organismo preposto alla gestione e al controllo del procedimento conciliativo, secondo specifiche regole prestabilite) o paritetica (se la mediazione e il tentativo di composizione della lite si realizzano per il tramite di due conciliatori che rappresentano le parti, in genere sulla scorta di un protocollo dintesa fra associazioni di consumatori e imprese, senza lintervento di un soggetto super partes). I vantaggi del ricorso alla conciliazione per definire le controversie in ambito finanziario sono evidenti, sia per linteresse degli investitori, in considerazione del risparmio di costi e di tempi che la conciliazione consente in vista della pronta soddisfazione delle loro pretese, sia per linteresse generale, dato che alla diffusione degli strumenti alternativi di risoluzione delle liti consegue una semplificazione dellamministrazione della giustizia. Sul fronte strettamente procedimentale occorre dar conto di una recente novit legislativa, in grado di influenzare limportanza stessa del meccanismo conciliativo. Sino al 20/3/2011, il tentativo di conciliazione di carattere stragiudiziale previsto dallart. 4, d.lgs. n. 179, sar denotato dal carattere della facoltativit (Gli investitori possono attivare la procedura di conciliazione): esso non assurger, quindi, a condizione di procedibilit della domanda in giudizio da parte dellinvestitore (31). Per i processi in materia di contratti finanziari che inizieranno dopo il 20/3/2011, invece, secondo il combinato disposto degli artt. 5, comma 1, e 24, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, loperativit dello strumento conciliativo costituir condizione di procedibilit della domanda proposta in via ordinaria dagli investitori: il legislatore, infatti, nellintento di favorire il potenziamento dellistituto della conciliazione, ha stabilito che, a far data dal 20/3/2011, chi intender esercitare in giudizio unazione relativa ad una controversia in materia di contratti finanziari dovr preliminarmente esperire il procedimento di conciliazione previsto dal d.lgs. n. 179, per le materie ivi regolate; lesperimento del procedimento di mediazione sar condizione di procedibilit della domanda giudiziale; limprocedibilit andr eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata ex officio dal giudice, non oltre la prima udienza. (31) Peraltro, in virt dellespresso richiamo previsto dallart. 4, comma 5, d.lgs. n. 179, alla disciplina societaria (peraltro abrogata proprio dal d.lgs. n. 28/2010), ben possibile linserimento di una clausola di conciliazione nel contratto stipulato tra risparmiatore e intermediario, con leffetto processuale di consentire allintermediario, convenuto in sede giudiziale, di eccepire il mancato esperimento del tentativo di conciliazione contrattualmente previsto. In caso di accertata inottemperanza allimpegno di far precedere al perseguimento della via giurisdizionale il tentativo di conciliazione davanti a un organismo, il giudice dovr disporre la sospensione del procedimento, fissando un termine per il deposito dellistanza di conciliazione. DOTTRINA 325 Quanto alle condizioni di ammissibilit, lart. 7, del. n. 16763, stabilisce che listanza volta allattivazione della procedura di conciliazione possa essere presentata (esclusivamente dallinvestitore (32)) quando per la medesima controversia: - non siano state avviate (eventualmente su iniziativa dellintermediario a cui linvestitore abbia aderito) altre procedure di conciliazione (33); - sia stato presentato reclamo allintermediario cui sia stata fornita espressa risposta; - sia decorso il termine di 90 giorni (o il termine pi breve eventualmente stabilito dallintermediario per la trattazione del reclamo) senza che linvestitore abbia ottenuto risposta al suo reclamo. La disposizione regolamentare riproduce quasi alla lettera la norma dellart. 4, comma 2, d.lgs. n. 179, ribadendo il concetto che la possibilit di avviare la procedura conciliativa rimessa unicamente alla volont dellinvestitore e non anche allintermediario (34). Ci non significa, peraltro, che la domanda di conciliazione debba essere materialmente presentata dallinvestitore, ben potendo questultimo farsi assistere da un legale nella redazione e nellinoltro, come espressamente previsto dal successivo art. 8, comma 1, lett. a)(35) . Dalla norma si evince, inoltre, che il tentativo di conciliazione promosso dallinvestitore ha carattere tanto preventivo quanto successivo, potendo essere attivato sia prima sia dopo linstaurazione di un ordinario giudizio civile. Listanza, sottoscritta dallinvestitore e corredata della documentazione attestante le condizioni di ammissibilit e il pagamento delle spese di avvio del procedimento, pu essere redatta utilizzando lapposito formulario predisposto dalla CCA. Essa, in ogni caso, deve contenere: - le generalit e i recapiti dellistante; - limpegno a osservare gli obblighi di riservatezza e le altre norme di procedura; - la descrizione della controversia e delle pretese (36), con indicazione (32) E stato affermato che la scelta di riservare al solo investitore liniziativa conciliativa potrebbe risultare penalizzante in termini di diffusione della conciliazione, fornendo, al contempo, una visione eccessivamente consumeristica dello strumento. (33) Tra le pi affermate in materia di servizi di investimento si ricordi quella gestita dal Conciliatore Bancario Finanziario, associazione promossa dallABI, impegnata altres nella gestione del noto (e diverso) servizio denominato Ombudsman - Giur bancario. (34) Alcuni hanno criticato la mancata possibilit di presentare una domanda congiunta, quale forma semplificata di avvio del procedimento, particolarmente apprezzabile in presenza di una clausola conciliativa. (35) Il difensore devessere naturalmente munito di regolare procura alle liti, con la quale gli sia attribuito il potere di conciliare e transigere. (36) Durante la fase di consultazione stato proposto di prevedere che listanza contenesse una descrizione puntuale e precisa degli obblighi (di informazione, di correttezza e di trasparenza) asserita- 326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 del relativo valore (da determinarsi ai sensi degli artt. 10 ss. c.p.c.: cfr. art. 15, del. n. 16763). Per effetto del richiamo allart. 39, comma 1, d.lgs. n. 5/03, operato dallart. 4, comma 5, d.lgs. n. 179, tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di conciliazione sono esenti da ogni imposizione fiscale (imposta di bollo, ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura), con la conseguenza ispirata chiaramente al favor conciliationis che gli stessi possono essere prodotti in carta semplice. La normativa affida direttamente alle parti linstaurazione del contraddittorio: una volta redatta, listanza devessere, a cura dellinvestitore, comunicata allintermediario (37) (con mezzo idoneo a dimostrarne lavvenuta ricezione (38)) e depositata presso la CCA nei successivi 30 giorni Ricevuta listanza, la CCA, entro 5 giorni dal suo deposito, tenuta a valutarne lammissibilit e pu invitare listante a procedere, entro un congruo termine, a eventuali integrazioni e correzioni (39). La CCA, ove ritenga che listanza (eventualmente dopo le integrazioni fornite dallinvestitore) soddisfi le prescritte condizioni di ammissibilit, entro 5 giorni dal suo deposito (ovvero dal ricevimento delle integrazioni e correzioni) invita lintermediario ad aderire al tentativo di conciliazione (trasmettendogli le eventuali integrazioni e correzioni). A questo punto, lintermediario, non oltre i 5 giorni successivi alla comunicazione dellinvito della CCA, deve comunicare alla stessa CCA e allinvestitore (con mezzo idoneo a dimostrarne lavvenuta ricezione) la propria adesione al tentativo di conciliazione, con apposito atto contenente limpegno a osservare gli obblighi di riservatezza e le altre norme della del. n. 16763, corredato: - dei documenti attestanti il pagamento delle spese di avvio della procemente violati. Tale suggerimento non stato, per, accolto, in quanto, potendo listanza essere redatta direttamente dallinvestitore senza lausilio di un legale, tale previsione avrebbe finito col gravare linvestitore di un onere eccessivo. Daltra parte, la CONSOB ha ricordato che eventuali carenze nel contenuto dellistanza ben possono essere integrate in un momento successivo, a seguito di richiesta della stessa CCA. (37) In virt del rinvio allart. 40, comma 4, d.lgs. n. 5/03, la comunicazione allintermediario dellistanza di conciliazione produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale, ovverosia interrompe la prescrizione e impedisce il verificarsi di una decadenza. La ratio della previsione chiaramente quella di evitare che il periodo di svolgimento della procedura conciliativa possa compromettere il diritto sostanziale che linvestitore intende far valere. (38) Lampia dizione utilizzata lascia allinvestitore la facolt di scegliere il mezzo ritenuto pi idoneo, nonch la possibilit di avvalersi, oltrech della tradizionale raccomandata con avviso di ricevimento, anche di strumenti informatici in grado di assicurare la ricezione dellistanza da parte dellintermediario. In caso di contestazioni, si ritiene che sar la CCA a valutare ladeguatezza del mezzo di trasmissione utilizzato. (39) Dopo il vano decorso del termine eventualmente assegnato a tal fine, la CCA dichiara linammissibilit dellistanza, dandone tempestiva comunicazione allinvestitore e allintermediario. DOTTRINA 327 dura; - della documentazione afferente al rapporto contrattuale controverso (40) (ivi compreso il reclamo proposto dallinvestitore e le eventuali determinazioni assunte al riguardo). Se, invece, lintermediario non comunica la propria adesione al tentativo di conciliazione nel termine indicato, la CCA deve attestare la mancata tempestiva adesione dellintermediario al tentativo di conciliazione (41). I tempi previsti per linstaurazione del contraddittorio e la costituzione delle parti, secondo alcuni, sarebbero eccessivamente rigorosi rispetto a quelli normalmente previsti nei regolamenti di conciliazione (42), e ancor pi stringenti considerati gli oneri imposti alle parti in sede di redazione degli atti introduttivi. Si , in proposito, auspicato che la CCA e gli stessi conciliatori applichino le norme nel modo pi flessibile e antiformalistico, evitando di configurare decadenze o impedimenti di carattere formale, che, lungi dal semplificare la soluzione del conflitto, rischierebbero di complicarla ulteriormente. Successivamente al deposito dellistanza conciliativa, la CCA procede senza indugio alla nomina di un conciliatore iscritto nellapposito elenco da essa tenuto, avendo riguardo ai seguenti criteri, indicati senza ordine di priorit dallart. 9, del. n. 16763 (43): a) vicinanza territoriale allinvestitore; b) numero di controversie pendenti innanzi al conciliatore; c) esperienza maturata dal conciliatore sulle questioni specifiche oggetto della controversia; d) equa distribuzione degli incarichi; e) tendenziale parit di trattamento tra uomini e donne. Mette conto evidenziare che, se nella provincia dove linvestitore ha il domicilio o la sede non presente un conciliatore iscritto nellelenco ovvero i conciliatori presenti sono gravati da eccessivi carichi di lavoro e, comunque, non possibile assicurare un adeguato e sollecito svolgimento della procedura, la CCA pu investire della controversia, con decisione motivata, gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro degli organismi di conciliazione (40) Tale previsione chiaramente posta a maggior tutela dellinvestitore, il quale spesso, non trovandosi in possesso della documentazione, non ha la materiale possibilit di produrre tale documentazione. (41) Sebbene lart. 8, comma 6, del. n. 16763, nulla dica al riguardo, da pi parti ritenuto ragionevole che la CCA comunichi allinvestitore la mancata adesione dellintermediario, s da consentirgli di adottare le valutazioni del caso. (42) In sede di consultazione non mancato chi ha suggerito un allungamento dei termini (ABI) ovvero un allentamento complessivo del rigore formale, maggiormente in linea con il carattere flessibile e informale della conciliazione (Camera Arbitrale di Milano). (43) La CCA gode di un ampio margine di discrezionalit nellindividuazione del conciliatore ritenuto pi idoneo a definire amichevolmente la controversia. 328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 (istituito con D.M. n. 222/04 (44)) che abbiano manifestato, anche attraverso la stipulazione di apposite convenzioni, la propria disponibilit, optando per quello ritenuto pi idoneo tenendo conto dei criteri individuati sub lett. a) e c). La CCA, ricevuto latto di ladesione dellintermediario, comunica senza indugio la nomina allo stesso conciliatore e alle parti. Il conciliatore, una volta ricevuta la comunicazione della nomina e la documentazione prodotta dalle parti, trasmette la dichiarazione di accettazione (45) alla CCA entro i successivi 5 giorni (46). Non prima di 5 giorni e non oltre 10 giorni dalla data di accettazione, il conciliatore fissa la data e la sede (47) per la prima (e, in linea di massima, unica) riunione, dandone tempestiva comunicazione alle parti e alla CCA. Quanto allo svolgimento della procedura, occorre evidenziare che la del. n. 16763 ha attribuito al conciliatore un ruolo pi incisivo rispetto a quello normalmente riconosciuto a tale figura nel contesto delle altre procedure di conciliazione amministrate: in effetti, la CCA, una volta ricevuti gli atti introduttivi e individuato il conciliatore incaricato della singola controversia, gli affida sostanzialmente lintera gestione del procedimento, dovendo esso determinare, in piena autonomia, le modalit di svolgimento del tentativo di conciliazione e potendo esso alluopo condurre gli incontri senza formalit di procedura e senza obbligo di verbalizzazione e nel modo che ritiene pi opportuno, tenendo conto delle circostanze del caso, della volont delle parti e della necessit di trovare una rapida soluzione alla lite. Lunico temperamento a tale amplissima elasticit e semplificazione di forme ricavabile dal disposto dellart. 11, del. n. 16763, in forza del quale la procedura di conciliazione si ispira a princpi di imparzialit e garanzia del contraddittorio (48) (gi, peraltro, imposti dallart. 4, comma 3, d.lgs. n. 179), (44) Tale Registro destinato ad essere sostituito dal Registro degli organismi di mediazione, da istituirsi, sempre con decreto del Ministro della giustizia, ai sensi dellart. 16, d.lgs. n. 28/2010. (45) Con la dichiarazione di accettazione il conciliatore attesta la permanenza dei requisiti per liscrizione nellelenco e linesistenza: - di rapporti con le parti e con i loro rappresentanti tali da incidere sulla sua imparzialit e indipendenza; - di personali interessi (diretti o indiretti) relativi alloggetto della controversia. Nel corso della procedura il conciliatore , peraltro, tenuto a comunicare tempestivamente alla CCA e alle parti eventuali circostanze sopravvenute idonee a incidere sulla sua indipendenza e imparzialit. (46) In caso di mancata tempestiva accettazione, la CCA provvede senza indugio a nominare un altro conciliatore. (47) La sede coincider con il domicilio del conciliatore o altro luogo attrezzato per lo svolgimento dellattivit di conciliazione. (48) E opportunamente fatta salva la possibilit per il conciliatore di sentire separatamente le parti, onde individuare pi facilmente possibili punti di accordo (artt. 4, comma 3, d.lgs. n. 179, e 11, comma 3, del. n. 16763). Invero, nelle procedure di conciliazione le parti non subiscono la soluzione, ma concorrono a determinarla, con la conseguenza che il principio del contraddittorio assume un significato necessariamente diverso da quello usuale nel terreno del contenzioso processuale. Il rispetto del DOTTRINA 329 unitamente ai princpi di celerit, immediatezza, concentrazione e oralit, nonch al dovere di riservatezza (49). Questultimo, in particolare, grava non solo sulle parti, ma sulla stessa CCA (50) e sul conciliatore (51). Quanto ai princpi di immediatezza e concentrazione, lart. 12, commi 1 e 2, del. n. 16763, stabilisce che la conciliazione si svolge, di regola, nel luogo in cui si trova il domicilio del conciliatore (52), il quale come si accennato tenuto a fissare la data e la sede per la prima riunione non prima di 5 giorni e non oltre 10 giorni dalla data di accettazione, dandone tempestiva comunicazione alle parti e alla CCA. Sotto il profilo della celerit, pu osservarsi che lart. 13, del. n. 16763, fissa in 60 giorni a decorrere dal deposito dellistanza (ovvero dal successivo deposito delle integrazioni) il termine massimo per la conclusione della procedura (53), facendo salva la possibilit per il conciliatore, con il consenso delle parti, di prorogare tale termine per un periodo non superiore a ulteriori 60 giorni, comunicandolo alla CCA, nel caso in cui: - ricorrano oggettivi impedimenti del conciliatore o delle parti; - occorra acquisire informazioni e documenti indispensabili ai fini delcontraddittorio, dunque, non impedisce al conciliatore di sentire le parti separatamente, n di fare ricorso ad altre tecniche di mediazione e di comunicazione comunemente impiegate per favorire il raggiungimento dellaccordo; in tale ambito il contraddittorio si traduce, piuttosto, nel potere-dovere per il conciliatore di assicurare alle parti pari possibilit di interloquire e di partecipare in modo spontaneo e cosciente alla definizione della soluzione conciliativa. (49) Allo scopo di accentuare la garanzia di riservatezza, lart. 4, comma 7, d.lgs. n. 179, stabilisce che le dichiarazioni rese dalle parti nel procedimento di conciliazione non possono essere utilizzate nelleventuale procedimento sanzionatorio nei confronti dellintermediario innanzi allautorit di vigilanza competente per lirrogazione delle sanzioni amministrative previste per le medesime violazioni. Si aggiunga che, in forza del rinvio allart. 40, comma 3, d.lgs. n. 5/03, compiuto dallart. 4, comma 5, d.lgs. n. 179, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio promosso a seguito dellinsuccesso del tentativo di conciliazione, n possono essere oggetto di prova testimoniale. (50) Lart. 11, del. n. 16763, impone, invero, alla CCA di assicurare adeguate modalit di conservazione e di riservatezza degli atti introduttivi della procedura di conciliazione, nonch di ogni altro documento proveniente dai soggetti che hanno partecipato a qualsiasi titolo alla procedura di conciliazione o formatosi nel corso della procedura stessa. Si consideri, inoltre, che, a tenore degli artt. 16 e 20, St. CCA, i componenti del collegio camerale sono tenuti al rispetto del segreto dufficio e lo stesso personale di segreteria tenuto al rispetto del segreto dufficio relativamente allo svolgimento delle attivit della CCA, nonch a mantenere riservata qualsiasi notizia o informazione inerente lo svolgimento delle procedure di conciliazione e di arbitrato amministrato. (51) Il conciliatore, a mente dellart. 5, Cod. deont. CCA, sono tenuti al segreto sulle notizie acquisite per ragioni del loro ufficio o per le funzioni esercitate e non devono utilizzarle in maniera indebita, astenendosi da comportamenti che possano influire sullo svolgimento o sullesito di altre controversie. (52) Nel documento sugli esiti della consultazione del gennaio 2009 la CONSOB ha, in proposito, affermato che per la maggiore diffusione delle procedure di conciliazione importante assicurare che le stesse si svolgano, per quanto possibile, vicino alle parti e, in particolare, allinvestitore in quanto parte debole del rapporto con lintermediario. (53) Peraltro, su accordo delle parti, possibile derogare alla sospensione feriale (1 agosto 15 settembre) del termine per la conclusione della procedura (art. 13, comma 3, del. n. 16763). 330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 lesperimento del tentativo di conciliazione; - sussista la ragionevole possibilit di un esito positivo della procedura (54). Con riferimento al principio delloralit, lart. 12, comma 3, oltre alla gi vista libert di forme, prevede che il conciliatore possa sentire le parti separatamente e in contraddittorio tra loro, al fine di meglio chiarire i termini della controversia e far emergere i punti di accordo, potendo altres disporre lintervento di terzi, dietro congiunta proposta delle parti e a loro spese. La del. n. 16763 non contiene specifiche previsioni in merito al funzionamento della conciliazione e al modo in cui il conciliatore debba intervenire per promuovere la soluzione conciliativa. Appare ragionevole immaginare che il conciliatore, in veste di dominus della procedura, interroghi liberamente le parti, invitandole a esporre i fatti sottesi alla controversia e a precisare le loro pretese (55). Una volta che siano stati puntualizzati gli aspetti significativi della res litigiosa, il conciliatore provveder a orientare le parti nella ricerca di un accordo in grado di soddisfare gli interessi di entrambe, vagliando le soluzioni idonee a realizzare un punto di equilibrio fra le contrapposte pretese. In ordine alla fase finale della procedura, lart. 14, del. n. 16763, ha dato attuazione al rinvio alla disciplina della conciliazione societaria operato dallart. 4, comma 5, d.lgs. n. 179 (56): ne seguita ladozione di un modello misto, analogo a quello adottato nellambito della disciplina della conciliazione societaria. In una prima fase della procedura, il conciliatore svolge una funzione esclusivamente facilitativa, volta ad aiutare e ad assistere le parti nel raggiungimento di un accordo pienamente satisfattivo; in una seconda fase che assume, invece, carattere eventuale, essendo condizionata alla comune volont delle parti il conciliatore assume una funzione propositiva, elaborando una proposta non vincolante (57), rispetto alla quale saranno le parti (54) Va da s che la mancata osservanza dei termini conclusivi non determina linvalidit dellaccordo eventualmente raggiunto, non potendosi certamente limitare la possibilit per le parti di raggiungere unintesa anche oltre il termine normativamente prestabilito. (55) Va da s che il tentativo di conciliazione deve ritenersi fallito in ipotesi di mancata comparizione di una delle parti (generalmente, il convenuto). (56) Si veda ora lart. 11, d.lgs. n. 28/2010, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali. (57) In relazione ai concreti contenuti della proposta, la del. n. 16763 non ha riprodotto espressamente la previsione contenuta nellart. 4, comma 6, d.lgs. n. 179, in forza della quale il conciliatore dovrebbe tener conto dei criteri stabiliti dalla CONSOB, sentita la Banca dItalia, per la determinazione dellindennizzo (cfr. art. 3, comma 2, d.lgs. n. 179). Peraltro, nel documento di consultazione relativo alla del. n. 16763, la CONSOB stessa precisa che, nel formulare la sua proposta, il conciliatore dovr tener conto di tutti gli elementi fattuali emersi nel corso della procedura (e della loro idoneit a supportare le reciproche rivendicazioni delle parti), nonch del contegno complessivamente tenuto dalle parti, id est dei criteri rilevanti per la determinazione dellindennizzo contemplato nel procedimento di arbitrato semplificato (cfr. art. 33, comma 2, del. n. 16763). E stato, al riguardo, osservato che tale omissione potrebbe spiegarsi considerando che, almeno in sede conciliativa, la soluzione della lite po- DOTTRINA 331 stesse a doversi pronunziare (secondo il modello pi sopra illustrato della conciliazione valutativa). In questultimo caso, se le parti riterranno equa la proposta di soluzione della lite, potranno recepirla; diversamente, potranno semplicemente ignorarla ovvero utilizzarla come mera indicazione per proseguire le trattative, compiendo, sulla base della stessa, autonome determinazioni. In ultima analisi, gli scenari possibili sono i seguenti: - in caso di successo della procedura, i contenuti dellaccordo compositivo (58) sono riportati in apposito processo verbale (59) (sottoscritto dalle parti e dal conciliatore (60)), fermo restando che, se le parti non danno spontanea esecuzione alle previsioni dellaccordo, il verbale previo deposito ad opera della parte interessata presso la cancelleria del tribunale del circondario in cui ha avuto luogo la conciliazione (61) e una volta accertata la sua regolarit formale (62) omologato con decreto del Presidente del tribunale e costituisce titolo esecutivo per lespropriazione forzata, per lesecuzione in forma specifica e per liscrizione di ipoteca giudiziale (63); - qualora, invece, non sia stato possibile raggiungere un accordo, su istanza congiunta delle parti il conciliatore formula una proposta, rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali disposta a conciliare; di tali posizioni il conciliatore d atto in apposito verbale di fallita conciliatrebbe anche prescindere da una soluzione in termini di indennizzo, ben potendo il conciliatore fornire alle parti una proposta di contenuto atipico, suggerendo altres forme non usuali di riparazione in favore dellinvestitore. Appare, peraltro, ragionevole immaginare che, ove il conciliatore intenda proporre allintermediario il riconoscimento di un ristoro del pregiudizio causato al patrimonio dellinvestitore, faccia riferimento proprio ai criteri ora citati. In tale evenienza, infatti, lintervento valutativo, per essere equo e, al contempo, apprezzabile dalle parti, dovrebbe assumere i contorni di una prognosi obiettiva e giuridicamente realistica del possibile esito della lite, alla luce delle allegazioni delle parti e degli elementi (di fatto e di diritto) da ciascuna di esse prodotti. (58) Tale accordo, beninteso, pu anche investire solo parte della controversia, lasciando il resto della vertenza alla definizione arbitrale o giudiziale. (59) Ai sensi dellart. 39, comma 2, d.lgs. n. 5/03, richiamato dallart. 4, comma 5, d.lgs. n. 179, il verbale di conciliazione esente dallimposta di registro entro il limite di valore di 25.000. Si tratta come detto di disposizione abrogata. Il rinvio dinamico conduce allapplicazione dellart. 17, comma 3, d.lgs. n. 28/2010, secondo cui il verbale di accordo Ǐ esente dallimposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti limposta dovuta per la parte eccedente. (60) Lintesa raggiunta ha un valore negoziale analogo a quello di una transazione, e infatti la relativa efficacia non subordinata al provvedimento di omologazione da parte del tribunale. (61) La CONSOB ha scelto di radicare la competenza per lexequatur nel luogo in cui si espletata la procedura conciliativa, in quanto tale luogo sar con ogni probabilit quello pi vicino al domicilio/sede dellinvestitore. (62) Laccertamento, quindi, non entra nel merito dellaccordo raggiunto, limitandosi a verificare la sussistenza e la regolarit delle sottoscrizioni, la natura giuridica della res litigiosa e la sussistenza della competenza in ordine allomologazione del verbale. (63) Cfr. lart. 40, comma 8, d.lgs. n. 5/03, richiamato dallart. 4, comma 5, d.lgs. n. 179, da ritenersi attualmente sostituito dallart. 12, d.lgs. n. 28/2010. 332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 zione (64). In ogni caso, al termine della procedura, il conciliatore trasmette gli atti (65) alla CCA, che provvede a rilasciarne copia alle parti che ne fanno richiesta (66), adottando tutti gli opportuni accorgimenti idonei a evitare lesioni alla riservatezza dei soggetti coinvolti (67). Quanto ai costi della procedura di conciliazione, la fruizione del servizio di conciliazione offerto dalla CCA d luogo a tre distinte voci di spesa: - le spese amministrative per lavvio della procedura (pari a 30 per ciascuna parte), che sono versate alla CCA dalle parti allatto del deposito, rispettivamente, dellistanza iniziale e dellatto di adesione; - il compenso del conciliatore, determinato sulla base della tabella allegata al del. n. 16763 (68). - le spese sostenute dal conciliatore per lesecuzione dellincarico (69). (64) E stato correttamente osservato che tale verbale va altres redatto nel caso in cui le parti non siano addivenute a un accordo e non abbiano avanzato concordemente al conciliatore la richiesta di una proposta conciliativa. In tal caso, secondo alcuni, il conciliatore dovrebbe far constare nel verbale le posizioni delle parti e le condizioni a cui sarebbero disposte a conciliare, ci allo scopo di creare una buona base di partenza per il giudice o larbitro delleventuale futuro giudizio. (65) Per tali intendendosi gli atti introduttivi, i documenti ad essa allegati e il processo verbale della riunione. (66) Le copie degli atti del procedimento (in particolare, il verbale) a voler intendere come statico il rinvio operato dallart. 4, comma 5, d.lgs. n. 179, allabrogato art. 40, comma 5, d.lgs. n. 5/03 possono essere utilizzate nelleventuale futuro processo ai fini della decisione sulle spese di lite, anche a norma dellart. 96 c.p.c.; il giudice potr, quindi, valutare il contegno tenuto dalle parti in occasione del tentativo di conciliazione stragiudiziale, eventualmente sanzionando la parte che, esibendo un atteggiamento poco collaborativo, ha indotto la controparte a ricorrere o resistere nel successivo giudizio contenzioso. Ove, al contrario, si reputi mobile tale rinvio, dovr aversi riguardo agli artt. 8, comma 5 (secondo cui dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice pu desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dellart. 116, comma 2, c.p.c.) e 13, comma 1, d.lgs. n. 28/2010 (secondo cui, ferma lapplicabilit degli artt. 92 e 96 c.p.c., quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonch al versamento allentrata del bilancio dello Stato di unulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto). Questultima previsione chiaramente finalizzata a sanzionare la parte irragionevolmente litigiosa. (67) La scelta di accentrare in capo alla CCA il compito di rilasciare tutti gli atti della procedura si spiega alla luce degli obblighi di conservazione e di riservatezza che la stessa tenuta a rispettare ai sensi dellart. 11, comma 2, del. n. 16763. (68) La tabella prevede un compenso massimo dovuto da ciascuna parte che va da 40 ad 10.000, a seconda dello scaglione relativo al valore della controversia. Per i compensi minimi, invece, si considerano quelli dovuti come massimi per il valore della lite ricompreso nello scaglione immediatamente precedente a quello effettivamente applicabile; il compenso minimo relativo al primo scaglione liberamente determinato. Limporto massimo del compenso per ciascun scaglione di riferimento pu essere aumentato in misura non superiore al 5%, tenuto conto della particolare importanza, complessit o difficolt dellaffare. (69) La scelta di permettere il rimborso al conciliatore delle spese sostenute per lamministrazione della relativa procedura dovuta allaccoglimento da parte della CONSOB di una proposta in tal senso proveniente da unassociazione partecipante alla consultazione. La ratio quella di evitare che di tali DOTTRINA 333 Da notare che la liquidazione del compenso del conciliatore e il rimborso delle spese sostenute (ove opportunamente documentate) avviene ad opera della CCA, dietro proposta dello stesso conciliatore (70), con decisione vincolante per le parti (71). Interessante si rivela altres la previsione ispirata al favor conciliationis di cui allart. 16, comma 3, del. n. 16763, in base alla quale, se la conciliazione riesce, il pagamento del compenso del conciliatore grava in capo alle parti in via solidale; per contro, in caso di mancata conciliazione, la met del compenso posta a carico della CCA, mentre la parte residua continua a gravare sulle parti in via solidale (72). 2.5. Le modalit di attivazione e gestione dellarbitrato amministrato di tipo ordinario Accanto al tentativo di conciliazione stragiudiziale sin qui illustrato il d.lgs. n. 179 ha introdotto anche un procedimento di arbitrato amministrato dalla CCA (73), affidando, anche in tal caso, a un regolamento deliberato dalla spese debba farsi carico il conciliatore, stante lentit gi abbastanza contenuta del compenso a lui spettante. (70) Secondo la CONSOB il potenziale conflitto di interessi del conciliatore impedito dal controllo che la CCA comunque tenuta ad esercitare sulla proposta fatta. Peraltro, viene evidenziato che il conciliatore senzaltro la persona maggiormente in grado di apprezzare leventuale complessit della procedura ai fini dellesatta quantificazione del compenso. (71) Al fine di esercitare un adeguato controllo sulle spese da rimborsare, allesito della consultazione si stabilito che la CCA determini in via generale quali siano le spese necessarie per lesecuzione dellincarico rimborsabili al conciliatore e valuti la congruit e la ragionevolezza delle singole richieste che saranno avanzate. (72) Mette conto notare che la bozza di delibera posta in consultazione prevedeva che, in caso di fallita conciliazione, nulla fosse dovuto dalle parti per il compenso del conciliatore, al quale avrebbe provveduto la CCA, mediante risorse fornitele dalla stessa CONSOB. In sede di consultazione lABI ritenne opportuno far presente, da un lato, che la gratuit del servizio avrebbe rischiato di trasformare la conciliazione in una dannosa fase procedurale, in termini di tempo e di costi, che finiva con lincentivare gli investitori ad attivare procedure pretestuose o infondate; dallaltro lato, tale previsione avrebbe avvantaggiato la CCA rispetto agli altri organismi di conciliazione, ai quali il D.M. n. 223/04 impedisce di rendere gratuite le proprie conciliazioni. Accogliendo in parte tali commenti, la CONSOB ha riformulato lart. 16, comma 3, ponendo a carico delle parti, in caso di fallita conciliazione, soltanto la met del compenso del conciliatore, mirando, in tal modo, a contemperare lesigenza di favorire la pi ampia diffusione delle procedure (...) con quella di evitare luso strumentale delle procedure stesse. Sar, peraltro, interesse della CCA adottare misure idonee a prevenire comportamenti scorretti delle parti, le quali, allo scopo di approfittare della previsione promozionale, poterebbero omettere di formalizzare davanti al conciliatore un accordo gi raggiunto o comunque posticiparne la formalizzazione al solo scopo di usufruire dello sconto ora illustrato. (73) Occorre, al riguardo, distinguere concettualmente larbitrato ad hoc dallarbitrato amministrato. In questultimo, le parti fanno generalmente ricorso a un articolato regolamento predisposto da una delle associazioni che prestano professionalmente il servizio di arbitrato, giovandosi, in tal modo, di un forte ausilio nella soluzione delle questioni organizzative e procedimentali connesse alla procedura. Nellarbitrato ad hoc le parti sono, invece, libere di regolare personalmente le varie fasi della futura 334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 CONSOB (74) sentita la Banca dItalia, la disciplina della procedura. Lart. 5, d.lgs. n. 179, ha previsto che la CONSOB, nel dettare la disciplina attuativa dellarbitrato, tenga conto, sia pure con la clausola della compatibilit, degli artt. 34, 35, 36, d.lgs. n. 5/03, in tema di arbitrato societario, nonch degli artt. 806 ss. c.p.c., relativi allarbitrato di diritto comune, fermo in ogni caso il rispetto del contraddittorio. E stata altres affidata alla disciplina regolamentare della CONSOB: - la determinazione delle modalit di nomina del collegio arbitrale (o dellarbitro unico); - le ipotesi di incompatibilit, ricusazione e sostituzione degli arbitri; - la responsabilit degli arbitri; - gli onorari spettanti agli arbitri; - le tariffe per il servizio di arbitrato dovute alla CCA. E, infine, stabilito che tale arbitrato ha natura rituale (75), ispirato a criteri di economicit, rapidit ed efficienza e il lodo sempre impugnabile per violazione di norme di diritto (errores in procedendo e in judicando). Sulla base di queste indicazioni, lart. 18, del. n. 16763, ha ribadito che larbitrato amministrato dalla CCA ha natura rituale ed regolato dalle disposizioni di cui agli artt. 806 ss. c.p.c. (76) (opportunamente integrate dalle diprocedura arbitrale: possono, quindi, scegliere di comune accordo il numero degli arbitri, le modalit della loro designazione, la sede dellarbitrato, il diritto applicabile, etc. In altre parole, possono fissare i vari aspetti dellarbitrato nel modo pi rispondente alle esigenze del caso specifico, amministrando il procedimento direttamente e in prima persona, senza lausilio di organismi permanenti esterni e di regolamenti predeterminati: le norme saranno, infatti, indicate direttamente nella clausola arbitrale (o nel compromesso), senza alcun riferimento a fonti regolamentari esterne. Questultimo tipo di arbitrato pu offrire alcuni vantaggi di ordine pratico, come una maggiore rapidit e riservatezza e un possibile risparmio di costi, a condizione che gli arbitri chiamati a dirimere la lite contribuiscano, in quanto competenti e professionali, a rendere snello, poco macchinoso e spedito il procedimento. (74) Si tratta, naturalmente, della pi volte citata del. CONSOB n. 16763/08. (75) Larbitrato rituale come noto quello avente la funzione e la struttura del giudizio: le parti affidano a uno o pi arbitri, attraverso il compromesso o la clausola arbitrale, un vero e proprio giudizio privato, la cui struttura sufficiente per attribuire al lodo arbitrale lefficacia della pronuncia giurisdizionale (eccezion fatta per lefficacia esecutiva e lidoneit alliscrizione dellipoteca e alla trascrizione, subordinate al deposito del lodo presso la cancelleria del Tribunale e al successivo ottenimento dellexequatur). (76) Nella disposizione regolamentare non sono stati richiamati gli artt. 34-36, d.lgs. n. 5/03. Le ragioni di tale scelta vanno rintracciate, da un lato, nella parziale incompatibilit delle norme in tema di arbitrato societario con la particolare struttura del giudizio arbitrale amministrato dalla CCA, connotato da tratti peculiari in ordine alle questioni compromettibili e alla natura giuridica dei soggetti destinati ad assumere la veste di parti necessarie del procedimento (intermediari e investitori); dallaltro lato, nella parziale confluenza delle stesse previsioni nellimpianto del codice di rito, per effetto dellentrata in vigore del d.lgs. n. 40/06, recante la riforma del diritto arbitrale. In particolare, lart. 34, d.lgs. n. 5/03, relativo alloggetto e agli effetti delle clausole compromissorie statutarie era chiaramente inapplicabile alla materia dei rapporti contrattuali tra intermediari e investitori; lart. 35, commi 1, 2, 4 e 5 era, del pari, inapplicabile, in quanto presupponeva lesistenza di una clausola compromissoria contenuta nellatto costitutivo di una societ ovvero lesistenza di domande, di statuizioni e di potest cautelari arbitrali del tutto sconosciute allarbitrato amministrato dalla CCA; quanto alla previsione dellart. 35, comma DOTTRINA 335 sposizioni di dettaglio introdotte dalla stessa del. n. 16763), confermando altres che gli arbitri sono chiamati ad applicare nelle loro decisioni le norme di diritto. Mette conto evidenziare che, secondo lart. 6, d.lgs. n. 179, la clausola compromissoria inserita nei contratti di investimento e di gestione collettiva del risparmio stipulati con gli investitori vincolante solo per lintermediario (77), a meno che questo non provi che linclusione della clausola sia avvenuta per effetto di una trattativa diretta svolta dalle parti contraenti (78). Si tratta di una disposizione volta a riconoscere allinvestitore, quale parte debole del rapporto, la possibilit di ricorrere liberamente allAutorit Giudiziaria Ordinaria, a meno che, allesito di una trattativa effettiva e libera, non abbia raggiunto un accordo con lintermediario, finalizzato a compromettere in arbitri le eventuali future controversie. Ne consegue che, nel caso di clausola arbitrale contenuta nei contratti conclusi con gli investitori, linvestitore potr scegliere liberamente se perseguire la strada dellarbitrato oppure adire la giustizia ordinaria (79); lintermediario, invece, qualora intenda far valere la clausola nei confronti dellinvestitore, al fine di devolvere la controversia alla cognizione degli arbitri, dovr dimostrare che la clausola compromissoria ha formato oggetto di trattativa individuale e diretta con linvestitore, s da superare la presunzione di vessatoriet della clausola stessa. Le forme di arbitrato contemplate dallart. 5, commi 1 e 2, d.lgs. n. 179, sono come accennato due: larbitrato ordinario, volto al risarcimento pieno del pregiudizio subto dallinvestitore, e larbitrato semplificato, volto, invece, 3, primo periodo, la stessa stata assorbita dalla nuova formulazione dellart. 819 c.p.c., cos come la nuova dictio dellart. 829, comma 4, n. 2, c.p.c. riprende il contenuto precettivo degli artt. 35, comma 3, secondo periodo, e 36, d.lgs. 5/03. (77) La vincolativit della clausola per il solo intermediario naturalmente non comporta l'obbligatoriet dellarbitrato: come noto, infatti, larbitrato c.d. necessario costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 24 e 102 Cost., secondo il costante insegnamento della Corte Cost., in base al quale solo la libera scelta delle parti intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in negativo, del diritto di agire in giudizio di cui all'art. 24 Cost. pu derogare al divieto di istituzione di giudici speciali di cui all'art. 102, comma 2, Cost. (v., tra le altre, la sentt. nn. 127/77, 488/91, 49/94, 206/94, 232/94, 54/96, 152/96, 381/97). Ne consegue, pertanto, che l'intermediario pienamente libero di scegliere se inserire o meno la clausola arbitrale nel contratto con l'investitore. La rapidit e la snellezza del procedimento arbitrale de quo potrebbero, peraltro, non presentare alcun vantaggio per l'intermediario, considerato che la procedura lo vede inevitabilmente coinvolto nella veste di convenuto, e quindi non necessariamente interessato ad una celere soluzione della vertenza. (78) E facile osservare, al riguardo, che, in presenza di contratti standardizzati, la prova di una trattativa diretta si risolver in una probatio diabolica in capo all'intermediario. (79) E stato, al riguardo, osservato che il riconoscimento di una pressoch assoluta libert di scelta in capo allinvestitore potrebbe rappresentare un ulteriore disincentivo per l'intermediario a ricorre all'arbitrato de quo, in quanto finirebbe col privarlo dei possibili vantaggi, in termini di uniformit di gestione delle controversie, conseguenti alla concentrazione di tutte le vertenze presso l'arbitrato amministrato dalla CCA, a fronte della dispersione, anche territoriale, delle controversie giudicate dal giudice ordinario. 336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 al ristoro del solo danno patrimoniale patito dallinvestitore, mediante il riconoscimento di un indennizzo. Soffermando per il momento lattenzione sullarbitrato ordinario, giova innanzitutto considerare che, in base allart. 17, del. n. 16763, la CCA amministra lo svolgimento degli arbitrati, alternativamente: - sulla base di una convenzione di arbitrato che richiami espressamente le norme del d.lgs. n. 179 e la del. n. 16763 o faccia comunque rinvio allarbitrato amministrato dalla CCA (80); - quando di tale arbitrato le parti facciano concorde richiesta scritta. Peraltro, anche nel caso in cui non esista tra le parti una convenzione di arbitrato che rinvii al giudizio disciplinato dalla del. n. 16763, ciascuna parte pu farne richiesta con latto introduttivo del giudizio arbitrale (81). In questo caso, tuttavia, affinch larbitrato possa svolgersi, occorre che ladesione della controparte a tale richiesta pervenga alla CCA non oltre il termine stabilito dallart. 20, comma 2, del. n. 16763, per il deposito dellatto congiunto di nomina dellarbitro unico o del terzo arbitro (82). In mancanza di tale adesione, la CCA informa senza indugio le parti e gli arbitri di non poter amministrare lo svolgimento dellarbitrato. Quanto alla sede dellarbitrato, la CONSOB, pur riconoscendo che la sua definizione sia espressione dellautonomia delle parti e, come tale, miri essenzialmente a soddisfare esigenze di comodit logistica, ha nondimeno ritenuto opportuno prevedere che, trattandosi di arbitrato amministrato e onde consentirebbe alla CCA di assistere pi efficacemente i collegi arbitrali, larbitrato in questione abbia sempre sede presso la CCA, fatta salva la diversa concorde volont delle parti (83) (art. 19, del. n. 16763). Peraltro, alla luce del rinvio alle norme del codice di rito, resta ferma la possibilit per gli arbitri di tenere udienza, compiere atti istruttori, deliberare e sottoscrivere il lodo anche in luogo diverso dalla sede dellarbitrato (se del caso, persino allestero), (80) Il caso pi tipico, con ogni probabilit, sar rappresentato dallinserimento nei contratti relativi ai servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio di unapposita clausola, anche se non escluso che le associazioni di categoria degli intermediari decidano di stipulare convenzioni per i propri aderenti, in cui si preveda il ricorso allarbitrato amministrato dalla CCA. (81) Si tratta dellatto con cui, a norma dellart. 810, comma 1, c.p.c., la parte pi diligente notifica allaltra parte, a mezzo di ufficiale giudiziario, il nome del proprio arbitro, invitandola a rendere note le generalit del proprio arbitro. (82) Vale a dire entro 10 giorni dalla scadenza del termine previsto dallart. 810, comma 1, c.p.c., e quindi, al pi tardi, entro 10 giorni dalle notifiche di cui allart. 810, comma 1, c.p.c. (83) Si tratta di soluzione diversa rispetto a quella adottata per le procedure di conciliazione, per le quali non viene privilegiata una sede a priori, ma si tende verosimilmente a favorire la vicinanza del conciliatore rispetto al luogo di residenza dellinvestitore. Il diverso trattamento si giustifica, secondo la CONSOB, in ragione della maggiore diffusione che le procedure di conciliazione, in quanto pi economiche e rapide, sono presumibilmente destinate ad avere rispetto agli arbitrati, soprattutto per le controversie di minore entit, che potrebbero scoraggiare linvestitore ove la procedura dovesse svolgersi distante dal suo domicilio. DOTTRINA 337 semprech la convenzione di arbitrato non disponga diversamente (art. 816, u.c., c.p.c.). Le controversie sono decise da un arbitro unico (84), nominato con atto congiunto delle parti, depositato presso la CCA entro 10 giorni dalla scadenza del termine previsto dallart. 810, comma 1, c.p.c., salvo che le parti (85) decidano di deferire la controversia a un collegio formato da tre arbitri, nominati con gli atti indicati allart. 810, comma 1, c.p.c. (86). In questultimo caso, il terzo arbitro, chiamato a svolgere le funzioni di presidente del collegio (87), nominato con atto congiunto delle parti (oppure degli arbitri da esse nominati), depositato presso la CCA sempre entro il termine sopra ricordato. La scelta dellarbitro unico o degli arbitri deve, in ogni caso, avvenire tra i soggetti iscritti nellapposito elenco tenuto dalla CCA. Nel caso in cui non si sia provveduto tempestivamente alla nomina di uno o pi arbitri, onde evitare la paralisi della procedura arbitrale, sar la CCA, in funzione suppletiva e residuale, a provvedervi (88), entro 15 giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma 2 per il deposito dellatto di nomina dellarbitro unico o del terzo arbitro. In tal caso, la del. n. 16763 ha ritenuto opportuno fissare alcuni criteri che la CCA deve osservare nel procedere alla nomina degli arbitri: - il numero di controversie pendenti innanzi allarbitro; (84) La preferenza accordata dalla del. n. 16763 per larbitro unico (dovuta, peraltro, allaccoglimento dei rilievi dei partecipanti alla consultazione) si dimostra apprezzabile sia sul piano delleconomia processuale, sia dal punto di vista del contenimento delle spese di arbitrato (destinate, infatti, inevitabilmente ad aumentare in presenza di un collegio arbitrale). (85) Da notare, al riguardo, che il documento di esito della consultazione recava sul punto la seguente dizione, difforme rispetto a quella poi apparsa in Gazz. Uff. (che ovviamente prevale): salvo che linvestitore decida di deferire la controversia a un collegio composto da tre arbitri. (86) Nonostante la norma richiami unicamente gli atti di cui allart. 810, comma 1, c.p.c., non sembra potersi dubitare che le parti, in ossequio al principio cardine della sovranit delle parti stesse sul processo arbitrale, possano optare per un arbitrato a tre gi in fase di redazione della convenzione di arbitrato. Inoltre, si ritiene che le parti, di comune accordo, possano decidere per larbitro unico o per il collegio composto da tre arbitri anche in contrasto rispetto a quanto previsto dalla convenzione di arbitrato. In particolare, se la convenzione arbitrale prevede larbitro unico, il mancato successivo accordo delle parti sulla designazione di tale arbitro legittima senzaltro le parti, ove non intendano deferire la controversia a un arbitro designato dalla CCA, ad accordarsi per un arbitrato a tre. Infine, ancorch la convenzione arbitrale preveda larbitro unico, linvestitore, con latto introduttivo, ben potr chiedere larbitrato a tre: nel qual caso, se lintermediario accetta, nulla quaestio; viceversa, ove lintermediario non acconsenta, la controversia dovr essere devoluta allarbitro unico. Peraltro, posto che come visto la clausola compromissoria vincola solo lintermediario, a meno che questi non provi che sia frutto di una trattativa diretta, resta sempre la facolt per linvestitore di rinunciare allarbitrato e ricorrere al giudice ordinario. (87) Il presidente del collegio arbitrale, con il consenso delle parti, pu nominare un segretario che assista il collegio nelladempimento delle proprie funzioni. (88) Nelle disposizioni regolamentari stata, dunque, preservata, in linea di principio, la libert delle parti nella nomina degli arbitri, conferendo alla CCA soltanto un ruolo "suppletivo", analogamente a quanto prevede il codice di rito con riferimento alle funzioni svolte dal presidente del tribunale. 338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 - lesperienza maturata dallarbitro sulle specifiche questioni oggetto della controversia; - la necessit di perseguire, quanto meno in via tendenziale, la parit di trattamento tra uomini e donne; - lequa distribuzione degli incarichi; - la vicinanza del luogo di domicilio dellarbitro alla sede dellarbitrato (quando larbitrato non ha sede presso la CCA). Tali criteri come gi previsto per la nomina del conciliatore sono da intendersi senza ordine di priorit. Una volta nominati, gli arbitri esprimono la loro accettazione per iscritto, con atto da depositarsi presso la CCA entro 10 giorni dalla comunicazione della nomina stessa. Con la dichiarazione di accettazione gli arbitri attestano la permanenza dei requisiti per liscrizione nellelenco e linesistenza di rapporti con le parti e con i loro difensori tali da incidere sulla loro imparzialit e indipendenza, nonch di ogni personale interesse (diretto o indiretto) relativo alloggetto della controversia (89). Tali requisiti di indipendenza e imparzialit devono permanere in capo agli arbitri durante tutto il corso del procedimento arbitrale: a tal uopo, lart. 22, comma 3, del. n. 16763 impone agli arbitri lobbligo di comunicare tempestivamente alla CCA e alle parti eventuali circostanze sopravvenute, idonee a incidere sulla loro indipendenza e imparzialit. La disciplina della ricusazione degli arbitri si ispira a quella delineata dal codice di rito, con alcune rilevanti differenze. Ai sensi dellart. 23, comma 1, del. n. 16763, infatti, ciascuna parte pu ricusare larbitro in presenza delle condizioni enumerate dallart. 815, commi 1-2, c.p.c. (90), presentando alla CCA istanza motivata entro il termine di 10 giorni dal momento in cui ha avuto (89) Si tratta di una dichiarazione analoga a quella prevista per il conciliatore ex art. 10, del n. n. 16763. (90) E previsto che un arbitro possa essere ricusato: 1) se non ha le qualifiche espressamente convenute dalle parti; 2) se egli stesso (o un ente, associazione o societ di cui sia amministratore) ha interesse nella causa; 3) se egli stesso (o il coniuge) parente fino al quarto grado o convivente o commensale abituale di una delle parti, di un rappresentante legale di una delle parti o di alcuno dei difensori; 4) se egli stesso (o il coniuge) ha causa pendente o grave inimicizia con una delle parti, con un suo rappresentante legale o con alcuno dei suoi difensori; 5) se legato ad una delle parti (a una societ da questa controllata, al soggetto che la controlla o a societ sottoposta a comune controllo) da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione dopera retribuita ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono lindipendenza; inoltre, se tutore o curatore di una delle parti; 6) se ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delle parti in una precedente fase della vicenda o vi ha deposto come testimone. Si tratta di motivi che corrispondono in gran parte a quelli previsti dallart. 51 c.p.c., ma opportunamente integrati e rivisitati alla luce delle peculiarit del procedimento arbitrale e dei contesti in cui questo pu aver luogo. Peraltro, una parte non pu ricusare larbitro che essa ha nominato o contribuito a nominare se non per motivi conosciuti dopo la nomina. DOTTRINA 339 conoscenza della dichiarazione di imparzialit rilasciata dallarbitro. La CCA decide sullistanza nei 15 giorni successivi alla sua presentazione, sentito larbitro ricusato e le parti e assunte, ove occorra, sommarie informazioni. Diversamente da quanto previsto allart. 815, comma 5, c.p.c. la proposizione dellistanza di ricusazione sospende il procedimento. Secondo la CONSOB, tale diversa disciplina si giustifica in considerazione della presumibile celerit con la quale listanza verr definita dalla CCA, evitando il rischio di veder vanificata lattivit svolta dagli arbitri in caso di successivo accoglimento della stessa. Deve, peraltro, osservarsi che la manifesta inammissibilit o infondatezza dellistanza valutata dagli arbitri ai fini della ripartizione tra le parti delle spese da queste sostenute per ottenere la decisione, salvo il limite inderogabile di cui allart. 27, comma 5, del. n. 16763, secondo cui, in ogni caso, linvestitore, ancorch soccombente, non potr essere condannato alla refusione delle spese (91). Quando, per qualsiasi motivo, vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati (92), si provvede tempestivamente alla loro sostituzione nei modi e nei tempi previsti dalle disposizioni che disciplinano i meccanismi di nomina (cfr. art. 20, del. n. 16763). Affinch lo svolgimento dellarbitrato possa avere inizio, necessario che le parti depositino presso la CCA, entro 10 giorni dalla notifica, gli atti di cui allart. 810, comma 1, c.p.c., nonch, se del caso, latto congiunto di nomina dellarbitro unico o del terzo arbitro, unitamente alla convenzione di arbitrato e allattestazione dellavvenuto pagamento della tariffa per il servizio di arbitrato ( 100 per ciascuna parte). Esperiti tali adempimenti preliminari, la CCA chiamata a verificare: - il deposito della dichiarazione di accettazione della nomina degli arbitri; - la completezza e la regolarit formale della documentazione depositata; - la sussistenza delle condizioni per lesperimento del procedimento arbitrale amministrato dalla CCA. Se occorre, la CCA inviter le parti a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi entro un congruo termine e proceder, ove ne ricorrano le condizioni, alla nomina degli arbitri di sua competenza. Inoltre, nellipotesi in cui la CCA reputi manifestamente insussistenti le (91) Come noto, il legislatore codicistico, nellintento di scoraggiare iniziative strumentali, tese a rallentare lo svolgimento del procedimento arbitrale, ha previsto per la parte che ha proposto unistanza di ricusazione manifestamente inammissibile o manifestamente infondata la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata, che non sia comunque superiore al triplo del massimo del compenso spettante allarbitro singolo, in base alla tariffa forense. (92) E il caso, ad es., della mancata accettazione o della rinuncia allincarico; del grave inadempimento degli obblighi stabiliti dal codice deontologico o, comunque, connessi alla funzione svolta; della sopravvenuta situazione di infermit; dellaccoglimento dellistanza di ricusazione. 340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 condizioni per lesperimento del procedimento arbitrale de quo (93), essa pu rifiutarsi di amministrarne lo svolgimento, informandone senza indugio le parti e gli arbitri, ove gi nominati. In tal caso, gli arbitri, se gi nominati, valuteranno, nel corso della prima riunione, le questioni sollevate dalla CCA, decidendo su di esse anche ai sensi dellart. 817 c.p.c. La decisione degli arbitri, unitamente alla convenzione di arbitrato come eventualmente emendata dalle parti, andr trasmessa alla CCA, acciocch valuti in via definitiva se sussistono o meno le condizioni per amministrare lo svolgimento dellarbitrato (94). Nel corso della prima riunione, inoltre, gli arbitri chiedono alle parti una somma di denaro (determinata dalla CCA (95) su proposta degli arbitri stessi) a titolo di acconto dei diritti loro spettanti, nonch delle spese di difesa che le parti sosterranno per ottenere la decisione, stabilendone altres i criteri di riparto fra le parti stesse. Il mancato versamento dellacconto, nella misura in capo a ciascuna delle parti gravante, entro 15 giorni dalla comunicazione della richiesta (ovvero entro il diverso termine eventualmente stabilito dagli arbitri), importa la improcedibilit del giudizio. In relazione al concreto svolgimento della procedura, la del. n. 16763 rinvia come gi detto alle disposizioni del codice di rito (96). La disciplina sui termini per la decisione ricalca quella contenuta nel codice di rito per larbitrato, con alcune modifiche: a fini acceleratori della definizione del giudizio arbitrale il termine per la pronuncia del lodo stato fissato nella met di quello previsto dallart. 820 c.p.c. (120 giorni dallaccettazione della nomina, anzich 240 giorni) (97). E stata, inoltre, ripresa la di- (93) Il rifiuto della CCA pu fondarsi, ad es., oltrech sulla manifesta invalidit o inefficacia ex se della convenzione di arbitrato, anche sulla sua inettitudine a costituire fonte dellarbitrato amministrato dalla CCA (ad es., per la presenza di pattuizioni in contrasto con i princpi contenuti nella del. n. 16763), senza considerare il caso-limite della estraneit della vertenza rispetto al campo di applicazione della del. n. 16763. (94) La CCA ha, quindi, lultima parola in ordine alla sussistenza delle condizioni per lo svolgimento del giudizio arbitrale, senza essere vincolata dalle considerazioni dellarbitro unico e del collegio arbitrale. (95) Come correttamente osservato da un partecipante alla consultazione, la possibilit di determinare la somma da versare a titolo di acconto rappresenta un potere che in tutti i regolamenti arbitrali affidato al soggetto terzo (c.d. istituzione arbitrale) che, per il tramite del regolamento unilateralmente predisposto, fornisce al pubblico i propri servizi di amministrazione dellarbitrato. La circostanza che la CCA, nella bozza di regolamento posta in consultazione, non avesse un potere di controllo sugli acconti richiesti dagli arbitri a pena di improcedibilit rappresentava, quindi, uninopportuna stranezza. (96) Un breve cenno merita solo il tema del regime probatorio. Lart. 23, comma 6, TUF, stabilisce come noto che [n]ei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati lonere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta; ora, pur nel silenzio sul punto del d.lgs. n. 179 e della del. n. 16763, appare condivisibile la tesi di chi, evidenziando che le controversie relative alla violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza nascenti da un contratto di intermediazione finanziaria rientrano senzaltro nellambito di applicazione del TUF, ha sostenuto lapplicabilit della surricordata disciplina probatoria anche con riferimento ai procedimenti arbitrali amministrati dalla CCA. DOTTRINA 341 sposizione dellart. 820, comma 3, c.p.c., relativa alla possibilit di prorogare il suddetto termine, prima della sua scadenza, per un periodo non superiore a 120 giorni, qualora lo richiedano tutte le parti con dichiarazioni scritte indirizzate agli arbitri o venga deciso dalla CCA, su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti. Peraltro, il termine prorogato de jure di 120 giorni nei casi seguenti (e per non pi di una volta nellambito di ciascuno di essi): - se devono essere assunti mezzi di prova; - se disposta CTU; - se pronunciato lodo non definitivo o lodo parziale; - se modificata la composizione del collegio arbitrale o sostituito larbitro unico. In ogni caso di sospensione del procedimento arbitrale, il termine rincomincer a decorrere dal giorno in cui depositata presso gli arbitri listanza di prosecuzione e, se il termine residuo inferiore a 45 giorni, si estender sino a raggiungere tale durata. I costi del procedimento arbitrale comprendono gli onorari per gli arbitri, le spese da loro sostenute (98) e la tariffa poste a carico degli utenti per il servizio prestato dalla CCA (questultima come detto fissata in 100 per ciascuna parte). Lart. 27, comma 1, del. n. 16763, stabilisce che gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese da loro sostenute e allonorario per lopera prestata, a meno che non vi abbiano rinunciato al momento dellaccettazione o con atto scritto successivo. Contrariamente a quanto previsto dallart. 814, comma 2, c.p.c. (99), lart. 27, comma 2, del. n. 16763, ha previsto un meccanismo in forza del quale la CCA, su proposta degli arbitri, a provvedere alla liquidazione delle spese e degli onorari, secondo la tabella allegata alla del. n. 16763 (100), in analogia a quanto previsto per le indennit spettanti al conciliatore. Tale liquidazione vincolante per le parti, che sono tenute al pagamento in (97) Da notare che non stata prevista la possibilit per le parti, con la convenzione di arbitrato o con un accordo anteriore allaccettazione degli arbitri, di fissare un diverso termine per la pronuncia del lodo. (98) Il rapporto che si instaura tra le parti e larbitro e che fonda il diritto di questultimo al compenso costituito da un contratto dopera intellettuale. (99) In base al quale la liquidazione delle spese e dellonorario effettuata direttamente dagli arbitri non vincolante per le parti che non laccettano. (100) La tabella allegata al del. n. 16763 fissa gli onorari degli arbitri sulla base di un minimo e di un massimo determinato per scaglioni relativi al valore della controversia, distinguendo a seconda che si tratti di arbitro unico o di collegio arbitrale. Per ciascuno scaglione gli onorari minimi e massimi devono essere aumentati dello 0,5% sulleccedenza del valore della controversia rispetto allimporto minimo dello scaglione. Gli onorari massimi riportati nella tabella possono essere raddoppiati dalla CCA con decisione motivata in relazione alla particolare importanza, complessit e difficolt della controversia. Per dissuadere le parti alla scelta del collegio arbitrale si provveduto ad aumentare di circa un terzo i valori minimi e massimi previsti per le tariffe spettanti alarbitro unico. 342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 via solidale, salvo rivalsa fra di loro. Spetta, invece, agli arbitri liquidare nel lodo le spese di difesa (101) sostenute dalle parti per ottenere la decisione. Per quanto riguarda la ripartizione degli oneri connessi al compenso degli arbitri e alle spese di difesa, lart. 27, comma 4, del. n. 16763, richiama espressamente il criterio della soccombenza, centrale nell'assetto normativo sulle modalit di distribuzione del carico delle spese processuali sancito dagli artt. 91 e 92 c.p.c. Tuttavia, secondo il comma 5 dellart. 27, in caso di soccombenza (totale o parziale) dellinvestitore, non determinata dalla temerariet della pretesa da questi azionata, gli oneri connessi ai diritti degli arbitri e alle spese di difesa gravano sulle parti in eguale misura. Ci significa, in buona sostanza, che linvestitore soccombente sar tenuto a rimborsare allintermediario le spese sostenute per larbitrato solo in caso di azione temeraria (102); in ogni altro caso, le spese saranno compensate (103). La del. n. 16763 non contiene alcuna disposizione in materia di impugnazione del lodo. In virt del generale richiamo alle disposizioni degli artt. 806 ss. c.p.c. contenuto nell'art. 18, comma 1, del. n. 16763, pu, pertanto, affermarsi che la disciplina applicabile quella contenuta nel codice di rito, con la precisazione che il lodo sar impugnabile anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia (104). 2.6. Le modalit di attivazione e gestione dellarbitrato amministrato di tipo semplificato La seconda forma di arbitrato amministrata dalla CCA costituita dal c.d. arbitrato semplificato. Espressamente previsto dall'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 179, e regolato dagli artt. 28 ss., del. n. 16763, il procedimento arbitrale semplificato finalizzato al ristoro del solo danno patrimoniale sofferto dall'investitore, per effetto dell'inadempimento da parte dell'intermediario degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti con- (101) Si tratta delle spese per lassistenza di un difensore, per lausilio di tecnici e consulenti et similia. (102) Si ricorda che il carattere temerario della lite, per costante giurisprudenza, va ravvisato nella coscienza dellinfondatezza della domanda e delle tesi sostenute oppure nel difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta consapevolezza. (103) La stessa CONSOB non ha mancato di riconoscere che siffatta deroga al principio della soccombenza potrebbe disincentivare gli intermediari a inserire la clausola arbitrale allinterno dei contratti di investimento da loro predisposti, finendo, cos, per limitarne fortemente la diffusione. Nonostante le forti pressioni in senso contrario manifestate in sede di consultazione, la CONSOB ha comunque ritenuto di non modificare tale scelta regolamentare, adottata al chiaro scopo di garantire allinvestitore una posizione di maggior favore. (104) In forza del combinato disposto dell'art. 829, comma 3, c.p.c. (secondo cui l'impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge) e dellart. 5, comma 4, d.lgs. n. 179 (in base al quale il lodo sempre impugnabile per violazione di norme di diritto). DOTTRINA 343 trattuali con gli investitori, mediante il riconoscimento di un indennizzo (105). Lobiettivo della semplificazione viene perseguito articolando lorganizzazione della procedura in modo da realizzare una sensibile riduzione dei tempi e dei costi rispetto allarbitrato amministrato di tipo ordinario. Affinch possa essere attivata la procedura semplificata occorre che la possibilit di ricorrervi risulti espressamente dal testo della convenzione di arbitrato (106). L'art. 29, comma 2, del. n. 16763, precisa, inoltre, che il giudizio pu essere attivato soltanto dall'investitore (107). Infine, analogamente a quanto previsto per la conciliazione, la domanda proponibile solo se sulla medesima controversia linvestitore abbia gi presentato reclamo all'intermediario, a cui abbia fatto seguito unespressa risposta negativa, ovvero sia decorso il termine di 90 giorni (o il termine pi breve eventualmente stabilito dall'intermediario per la trattazione del reclamo) senza che l'investitore abbia ottenuto risposta (108). Il procedimento si svolge dinanzi a un arbitro unico, nominato dalle parti nei modi e nei tempi gi analizzati a proposito dell'arbitrato ordinario; in mancanza di accordo, la nomina demandata alla CCA, che vi provvede tenendo conto dei criteri parimenti gi ricordati. Liter procedimentale congegnato per soddisfare esigenze di economia processuale e impedire labuso del diritto di difesa da parte del convenuto. In particolare, la rapidit del procedimento correlata alla natura sommaria della cognizione demandata allarbitro, fondata esclusivamente sulle prove precostituite acquisite al giudizio per il tramite degli atti introduttivi (domanda di accesso dellinvestitore e atto di risposta dellintermediario). A tal proposito, stabilito che le parti, a pena di decadenza, indichino in tali atti i documenti che intendono offrire in comunicazione; lintermediario deve altres depositare tutta la documentazione afferente al rapporto controverso (analogamente a quanto previsto per il tentativo di conciliazione). Tali previsioni limitano fortemente lattivit istruttoria delle parti, imponendo un rigido regime di preclusioni, funzionale alla massima tempestivit del giudizio arbitrale, destinato a svolgersi tendenzialmente in ununica udienza (109), da tenersi non oltre 15 (105) Una simile forma di arbitrato (c.d. Arbitrato Rapido) gi nota in Italia e viene utilizzata presso alcune camere arbitrali, quali la Camera arbitrale della provincia di Modena e il Centro di Mediazione ed arbitrato Curia Mercatorum, istituito dalla C.C.I.A.A. di Treviso. (106) La clausola compromissoria pu anche prevedere entrambi i tipi di arbitrato. (107) Se si ha riguardo alloggetto necessario della domanda, rappresentato dalla riparazione del solo detrimento patrimoniale cagionato allinvestitore, la prescrizione appare decisamente pleonastica. (108) Secondo la CONSOB, tale condizione di ammissibilit risponde alla necessit di portare allesame dellarbitro, il quale opera allinterno di un procedimento a cognizione sommaria, questioni sulle quali entrambe le parti hanno gi avuto modo di confrontarsi. (109) Laddove sussistano determinate circostanze ovvero particolari esigenze anche di tipo istruttorio, larbitro pu fissare una nuova udienza, in prosecuzione di quella gi conclusa, da tenersi nei 20 giorni successivi. 344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 giorni dallintervenuta accettazione dellarbitro. Nel corso delludienza, l'arbitro, una volta verificata la regolarit del contraddittorio, procede allinterrogatorio libero delle parti, richiede loro, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica eventualmente le questioni rilevabili ex officio di cui ritiene opportuna la trattazione. Al termine della discussione, l'arbitro invita le parti a precisare le conclusioni. A questo punto, l'arbitro, nei 20 giorni successivi alla data di precisazione delle conclusioni, deve pronunciare il lodo rebus sic stantibus, cio unicamente sulla base dei documenti prodotti e degli elementi emersi nel corso dell'udienza (110). La domanda potr trovare accoglimento se, alla luce delle deduzioni formulate dall'intermediario e dei soli documenti introdotti in giudizio, larbitro riterr sussistenti i fatti costitutivi, condannando l'intermediario al pagamento in favore dell'investitore di una somma di denaro a titolo di indennizzo, idonea a ristorare il solo danno patrimoniale dallo stesso patito, quale conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento dell'intermediario, nei limiti della quantit del danno per cui ritiene raggiunta la prova (111). (110) A tale riguardo, la CONSOB ha affermato che la scelta di circoscrivere il regime probatorio alle sole prove precostituite giustificata dal carattere sommario dellarbitrato semplificato e dalla celerit che caratterizza tale procedura. Il diritto di difesa, peraltro, non ne risulterebbe compromesso, considerando che il principio di vicinanza della prova e lobbligo di corretta tenuta della documentazione gravante sullintermediario consentono senzaltro allintermediario di approntare nel modo migliore la difesa delle proprie posizioni. (111) In merito alla natura giuridica di tale indennizzo le opinioni divergono. Secondo alcuni, si tratterebbe di una pena privata. In senso contrario stato, per, rilevato che il riconoscimento di una pena privata prescinde dall'esistenza del danno e dalla sua prova ed disposto automaticamente in caso di accertamento della violazione di una norma, mentre il riconoscimento dell'indennizzo de quo subordinato all'accertamento (sommario) del pregiudizio patrimoniale subto dall'investitore, nonch all'accertamento (pieno) della violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza da parte dell'intermediario. A chi ha ravvisato nella fattispecie gli estremi di un indennizzo di tipo civilistico stato correttamente replicato che alla base del riconoscimento di un indennizzo in senso tecnico si pone, di norma, un fatto lecito; la determinazione del quantum debeatur , inoltre, frutto di una valutazione equitativa ad opera dellorgano decidente; infine, il ristoro ottenuto con l'indennizzo esclusivo e tacitativo di ogni pretesa. La soluzione che ha raccolto maggiori consensi considera l'indennizzo in parola come una somma riconosciuta a titolo di provvisionale, sulla falsariga di quanto previsto dall'art. 278 c.p.c. per il caso della condanna generica. Si tratterebbe, in sostanza, di unanticipazione parziale e provvisoria del risarcimento dei danni causati all'investitore dall'inadempimento dell'intermediario agli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza. In effetti, tenuto conto che il riconoscimento a favore dell'investitore dell'indennizzo presuppone, in ogni caso, l'accertamento del danno subto, la natura di tale indennizzo non potrebbe essere altro che risarcitoria. Peraltro, come si illustrer pi oltre nel testo, all'investitore sempre riconosciuto il diritto di ottenere giudizialmente il risarcimento del maggior danno patito in conseguenza dell'inadempimento dell'intermediario. Se, quindi, l'investitore ha la possibilit di ottenere il pieno ed integrale ristoro di tutti i danni subiti, sembra chiaro che l'indennizzo finalizzato a ristorare il solo danno patrimoniale configuri un'anticipazione provvisoria e parziale del danno subto. Rispetto, tuttavia, alla provvisionale di cui all'art. 278 c.p.c., l'indennizzo de quo si differenzia per il fatto di discendere da una procedura a cognizione sommaria: in sostanza, mentre nel procedimento ordinario la provvisionale emessa sulla base di una cognizione completa dellan debeatur, nellarbitrato semplificato la determinazione dell'indennizzo basata sulla raggiunta prova del quantum, allesito di un accertamento fondato unicamente su prove precostituite. DOTTRINA 345 Il lodo va, quindi, depositato dall'arbitro presso la CCA, che lo sottopone alla CONSOB per il visto di regolarit formale di cui all'art. 3, comma 4, d.lgs. n. 179. Il lodo, anche nellipotesi in cui sia stato riconosciuto lindennizzo in favore dellinvestitore, pu essere dallo stesso impugnato davanti allAutorit Giudiziaria Ordinaria, onde ottenere la condanna dellintermediario al risarcimento del maggior danno (112) derivante dal suo inadempimento contrattuale (art. 3, comma 3, d.lgs. n. 179). In ogni caso, contro il lodo che non ha riconosciuto lindennizzo sempre possibile limpugnazione da parte dellinvestitore per i motivi di nullit di cui allart. 829 c.p.c. Il lodo, per gli stessi motivi, impugnabile anche da parte dellintermediario. A tal proposito, al fine di rispettare la volont delle parti di affidare a un arbitro la risoluzione della controversia, si , peraltro, stabilito che la Corte di appello, ove accolga limpugnazione per nullit del lodo semplificato, non possa comunque pronunciare sul merito dei fatti oggetto di controversia, dovendosi limitare al giudizio rescindente. Siffatta tassativa esclusione del giudizio rescissorio si discosta decisamente da quanto previsto dallart. 830 c.p.c., secondo cui, in taluni casi, la Corte dappello pu decidere nel merito la controversia, in assenza di diversa volont contraria delle parti, contenuta nella convenzione d'arbitrato o espressa con accordo successivo (113). Mette conto osservare, da ultimo, che il legislatore non ha concesso allintermediario la possibilit di adire il giudice ordinario per ottenere una piena istruzione sui fatti di causa, in grado eventualmente di riformare la decisione presa in favore del risparmiatore al temine dellarbitrato semplificato (114). (112) Secondo la CONSOB, tale maggior danno deve derivare da elementi non considerati nellambito del giudizio arbitrale, il quale di natura semplificata e sommaria ed circoscritto ai soli danni patrimoniali. (113) La CONSOB ha osservato, in proposito, che la derogabilit della disposizione codicistica legittima pienamente la rigida soluzione regolamentare, tanto pi ove si consideri che la volont delle parti di ricorrere alla procedura in discorso si presenta "rafforzata" dalla necessit di farvi espresso richiamo nella convenzione di arbitrato. (114) Tale preclusione, secondo la CONSOB, troverebbe giustificazione in considerazione del fatto che lintermediario in grado di difendersi adeguatamente gi in sede arbitrale, potendo portare in giudizio tutte le prove documentali a suo favore. Inoltre, lintermediario, nel momento in cui partecipa alla procedura arbitrale semplificata, ben a conoscenza dellesistenza e dei termini della controversia (essendo prevista come condizione di ammissibilit la previa presentazione di un reclamo da parte dellinvestitore) ed in possesso di tutti i documenti e le registrazioni riguardanti il rapporto controverso (avendo lobbligo di produrli al momento della costituzione in giudizio). 346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 Rassegna giurisprudenziale sul diritto dellenergia Le recenti decisioni riguardanti il PEARS Lidia La Rocca* La presente rassegna si concentrer, essenzialmente, sui pi recenti arresti giurisprudenziali in tema di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ed eolica in particolare, quale settore nel quale continua a registrarsi (ed, anzi, ad intensificarsi) lemersione, in sede giudiziale, di rilevanti nodi interpretativi afferenti alla corretta interpretazione della vigente disciplina, nonch, in definitiva, al rapporto esistente - nel quadro costituzionale di riferimento - tra i soggetti pubblici titolari dei poteri e delle competenze autorizzatorie e le aspettative degli operatori economici del settore. Ed infatti, come di recente osservato in dottrina (S. PICONE, Tutela dellambiente e realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in giustizia-amministrativa.it), palesemente crescente la quantit e la complessit del contenzioso amministrativo riguardante la materia delle energie rinnovabili, e ci a causa, oltre che dellevidente rilevanza degli interessi economici in gioco, dei seguenti fattori specifici (alcuni dei quali emersi nel corso degli interventi che mi hanno preceduto): - il sempre maggiore protagonismo delle regioni nella regolazione del settore dellenergia, a fronte di un riparto delle competenze sul quale intervenuta, con funzione chiarificatrice, la Corte Costituzionale, ma che appare ancora piuttosto problematico (specie con riferimento alle regioni a statuto speciale); - la problematicit di alcuni istituti procedimentali, come lautorizzazione unica ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003, o gli accordi tra privati e pubblica amministrazione, che, pur essendo ispirati ad esigenze di semplificazione, efficacia ed efficienza dellazione amministrativa, danno origine a dubbi interpretativi. Trattasi, come vedremo, di aspetti tra loro strettamente connessi, che determinano, allo stato attuale, linsorgenza di un elevatissimo contenzioso e la sostanziale rimessione allautorit giudiziaria (chiamata in qualche modo a supplire alle carenze ed ai limiti degli altri poteri) di decisioni in materia di diritto dellenergia e dellambiente che dovrebbero piuttosto attenere alla sfera politico amministrativa (con il rischio, da taluni autorevolmente paventato, (*) Avvocato dello Stato. Intervento al Seminario di aggiornamento tenutosi a Palermo il 14 e 15 maggio 2010 su Levoluzione del diritto dellambiente: novit giurisprudenziali e rapporti con il diritto dellenergia. DOTTRINA 347 di pervenire ad un superamento del giusto equilibrio tra valutazioni politico amministrative e valutazioni giudiziarie). In particolare, la mancata adozione e pubblicazione, da parte della Conferenza unificata, delle linee guida (previste dal comma 10 dellart. 12 D.Lgs. n. 387/2003) per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione unica disciplinato dalla suddetta legge in attuazione della Direttiva 2001/77/CE, ha sin qui costituito unevidente ostacolo al corretto sviluppo della normativa regionale, primaria e secondaria, inerente ai procedimenti di autorizzazione alla costruzione ed allesercizio degli impianti di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, quale settore prevalentemente rientrante come chiarito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 383/2005) nella materia produzione, trasporto e distribuzione nazionale dellenergia di cui allart. 117, comma 3, Cost. e dunque appartenente alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, da esercitarsi nel rispetto dei principi fondamentali fissati dallo Stato. Nelle varie pronunce in materia, inoltre, il Giudice delle leggi ha chiarito che lindubbia inerenza del settore delle energie rinnovabili anche ad altri interessi e materie costituzionali, quali, ad esempio, ambiente e governo del territorio (sentenza n. 364/2006), ovvero, tutela del paesaggio (sentenza n. 166/2009), non esclude che esso incida primariamente, cio in modo prevalente, sullinteresse della collettivit alla produzione energetica ed allapprovvigionamento energetico (per di pi in forme non inquinanti, in omaggio al favor verso le fonti energetiche rinnovabili emerso nella normativa internazionale, comunitaria e nazionale). Sotto altro profilo, poi, va considerato che lintero settore del mercato dellenergia si inserisce, sempre in forza di precise scelte del legislatore comunitario e nazionale, in un ambito di attivit dimpresa concorrenziale, sottoposta a controllo e regolazione amministrativa, ma non pi riservata alla mano pubblica, n soggetta a regime di privativa o contingentamento. In tale contesto, poi, ancor pi marcata risulta, a scopo incentivante (cfr., L. RICCI, Procedure autorizzative per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e pluralit di domande, in Riv. Giur. Ambiente 2009, 06, 889), la liberalizzazione delle attivit di produzione di energia mediante fonti rinnovabili, avendo la direttiva 2001/77/CE imposto agli stati membri di ridurre gli ostacoli normativi o di altro tipo allaumento delle produzione di elettricit da fonti energetiche rinnovabili, di razionalizzare ed accelerare le procedure amministrative e di garantire oggettivit, trasparenza e carattere non discriminatorio alle norme in materia (principi di cui costituiscono come detto attuazione il D.Lgs. n. 387/2003 e la L. n. 239/2004). In base alle suddette normative, dunque, lattivit di realizzazione e gestione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili costituisce unattivit dimpresa liberalizzata, suscettibile di essere realizzata da chiunque, sulla base di 348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3 /2010 unautorizzazione amministrativa unica rilasciata dalla Regione; sicch si fermamente escluso, a livello giurisprudenziale, la sussistenza di un potere dellautorit comunale di instaurare procedure pubblicistiche di natura concessoria a presidio dellattivit di produzione di energia elettrica da fonti tradizionali o rinnovabili (Tar Puglia Bari, Sez. I, 1 aprile 2008 n. 709), ovvero di approvare linee-guida per la realizzazione e la gestione di impianti eolici sul territorio comunale da parte di privati contenenti, tra laltro, condizioni economiche, garanzie ed impegni richiesti alle societ proponenti (Cons. Stato, Sez. III, 14 ottobre 2008 n. 2849; commentata da M. VITUCCI in Riv. Giur. Ambiente 2009, 2, 359). Per quanto, infatti, si tratti di attivit che rivestono una significativa importanza nellottica dellapertura e dello sviluppo del mercato comunitario e dellambiente, esse non rientrano nella nozione di servizio pubblico locale ai sensi dellart. 112 e ss. D. Lgs. n. 267/2000. La piena liberalizzazione dellattivit ed il conseguente limitato potere a disposizione delle singole autorit comunali (ad esempio non legittimate dallordinamento a stabilire unilateralmente le eventuali misure compensative, di cui si dir meglio oltre) rendono dunque arduo il ricorso, in tale materia (cos come in quella, parzialmente affine, dellurbanistica) allo strumento degli accordi tra privati e pubbliche amministrazioni di cui allart. 11 L. n. 241/1990, che rischia di determinare disparit di trattamento tra le imprese, ovvero di far perdere di vista, in unottica contrattualizzata ed individuale, gli interessi pubblici di cura e gestione del territorio e dellambiente comunque sottesi alla materia. Di tali profili, specificamente relativi alla ristretta competenza in materia dei Comuni, si ad esempio recentemente occupato il Tar Sicilia Palermo Sez. II nella sentenza n. 273 dell11 gennaio 2010, resa su un ricorso proposto da una societ (la Gamesa Energia Italia s.p.a.) avverso gli atti con cui il Comune di Gangi aveva espletato una selezione informale per lindividuazione della proposta progettuale per la realizzazione e la gestione di un parco eolico, procedendo poi allapprovazione di uno schema di convenzione e concessione con la societ che aveva presentato la proposta ritenuta pi vantaggiosa e conveniente. I decidenti, infatti, dopo aver riconosciuto la sussistenza dellinteresse ad agire della ricorrente (quale impresa che aveva in precedenza presentato alla Regione, ai fini della V.I.A. e dellautorizzazione ex art. 12 D. Lgs. n. 387/2003, un progetto, ancora non esitato, per la realizzazione di un parco eolico nella medesima area), hanno in primo luogo affermato che nel presente quadro normativo di riferimento, caratterizzato dallassenza di una legislazione regionale di recepimento dei principi fissati dal D.Lgs. n. 387/2003 e dalla Dir. 2001/77/CE, il parametro di legittimit degli atti comunali impugnati deve rinvenirsi nella legislazione statale (per lappunto costituita dal D.Lgs. n. 387/2003 e dalla L. n. 239/2004), la quale assegna unicamente alle Regioni (o alle Province da esse eventualmente delegate) le DOTTRINA 349 funzioni abilitative in materia, da esercitarsi tassativamente nelle forme procedimentali dellautorizzazione unica prevista dallart. 12. Come inoltre gi precedentemente affermato dal Consiglio di Stato nel sopra citato parere n. 2849 del 14 ottobre 2008, deve ritenersi preclusa per il Comune ogni possibilit di aggravare il procedimento di autorizzazione unica regionale, indicendo una gara per la selezione della migliore proposta per la realizzazione di un parco eolico, posto che cos operando, si trasforma unattivit libera, soggetta ad autorizzazione (intesa come rimozione di un limite allesercizio di un diritto preesistente), in unattivit riservata ai poteri pubblici, soggetta a concessione (intesa come atto costitutivo di un diritto che non preesiste). Da qui, dunque, lillegittimit degli atti comunali impugnati, sostanzialmente inquadrati in unottica concessoria. ** *** ** Il contenzioso pi rilevante ha comunque di recente riguardato il versante, ben pi nevralgico, relativo allesatta individuazione dei limiti della potest legislativa ed amministrativa delle Regioni, su tale terreno essendosi maggiormente evidenziati i limiti operativi e la sostanziale paralisi derivante dalla mancata applicazione delle linee guida previste dallart. 12, comma 10, D. Lgs. n. 287/2003 (forse finalmente in vista di pubblicazione). Per quelle regioni, infatti, che hanno proceduto allesercizio della propria potest legislativa concorrente in materia, adottando normative volte in qualche modo a specificare ed arricchire dal punto di vista contenutistico il procedimento volto al rilascio dellautorizzazione unica regionale, si aperta come gi visto la strada delle questioni di legittimit costituzionale, necessaria al fine di stabilire nel quadro del corretto riparto di competenze tra Stato e regioni la conformit delle impugnate disposizioni regionali ai principi fondamentali della materia fissati dal Legislatore statale e rinvenibili, per lappunto, nellart. 12 D. Lgs. n. 387/2003 e nella L. n. 239/2004. In quella sede, pertanto, si affermato (Corte Cost. n. 282/2009) che lart. 12 D.Lgs. n. 387/2003 (nonch la successiva L. n. 239/2004, di riordino dellintero settore energetico) costituisce principio fondamentale nella materia della produzione, trasporto e distribuzione dellenergia, in quanto tale norma risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerit, garantendo, in modo uniforme sullintero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo; il D.Lgs. n. 387/2003 riveste dunque lo stesso carattere non derogabile delle statuizioni della direttiva N. 2001/77/CE di cui costituisce attuazione (Corte Cost. n. 124/2010). E la natura assolutamente vincolante e speciale del procedimento delineato dallart. 12 (ancor pi ispirato, dopo le modifiche della legge finanziaria 2008, L. n. 244/2007, ad evidenti finalit di accelerazione e semplificazione) 350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3 /2010 ha ad esempio costituito, in ambito regionale siciliano, il criterio per definire i rapporti esistenti tra lautorizzazione unica ed il procedimento di valutazione di impatto ambientale per i progetti relativi alla realizzazione di energia mediante lo sfruttamento del sole disciplinato dal D.P.R. 12 aprile 1996 (Atto di indirizzo e coordinamento per lattuazione dellart. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale), a sua volta richiamato nel Decreto dellAssessore regionale del Territorio e dellAmbiente del 17 maggio 1996. Come chiarito, infatti, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa con una serie di recenti decisioni (n. 57 del 25 gennaio 2010, ma anche nn. 40, 41 e 42 del 2010), non vՏ dubbio che la VIA rappresenta un sub procedimento dotato di spiccata autonomia, anche in considerazione degli interessi protetti e della loro rilevanza assolutamente prioritaria; ma tale esatta considerazione non sufficiente per affermare la prevalenza della relativa disciplina in materia, anche nella parte in cui essa preveda tempi di conclusione del procedimento diversi e pi lunghi rispetto a quelli, perentori, indicati dalla normativa sullautorizzazione unica, fissati nel ragionevole limite di centottanta giorni, che appare compatibile anche con le possibili complessit tecniche della V.I.A.. Va dunque pienamente condivisa la tesi secondo cui la VIA costituisce parte del procedimento per il rilascio dellautorizzazione unica per lattivazione di impianti di energia rinnovabile, sicch anche lAssessorato Territorio e Ambiente, competente alladozione della VIA, va considerato alla stregua di amministrazione interessata ai sensi dellart. 12 D.Lgs. n. 387/2003 (il quale non prevede affatto che il termine di 180 giorni possa iniziare a decorrere solo dopo lespletamento della VIA). Con tale ricostruzione si pone tuttavia palesemente in contrasto il consolidato orientamento del Tar Sicilia Palermo secondo cui in tema di realizzazione di impianti di energia eolica, il procedimento di valutazione di impatto ambientale ex D.P.R. 12 aprile 1996 autonomo rispetto a quello di autorizzazione unica previsto dallart. 12 D.Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 (Sez. III, 22 maggio 2009 n. 955; in senso conforme, Sez. I, 27 maggio 2008 n. 683; nonch, da ultimo, Sez. I, 15 maggio 2010 n. 2923). In base a tale prospettazione, invero, i Giudici di prime cure continuano a ritenere assistita da un autonomo interesse ad agire limpugnativa proposta avverso i pareri negativi espressi dalla Soprintendenza BB.CC.AA. ai fini del rilascio della V.I.A., ma relativi a progetti per i quali la societ ricorrente non abbia ancora attivato la procedura per lautorizzazione unica ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 (nellambito della cui conferenza di servizi dovrebbero invece essere acquisiti, nella ricostruzione sistematica ed unitaria delineata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, tutti i pareri delle amministrazioni interessate). Da questo punto di vista, dunque, la tesi del Tar Palermo sembra in qualche modo tradire le stesse istanze di semplificazione, di diretta derivazione DOTTRINA 351 comunitaria, sottese allart. 12 D.Lgs n. 387/2003, favorendo una sorta di duplicazione dei procedimenti e dei pronunciamenti dellautorit preposta alla tutela del paesaggio (coinvolta, ove ne ricorrano i presupposti, sia nel procedimento di VIA che in quello di autorizzazione unica) che, oltre ad aggravare lazione amministrativa, determina anche una sovrapposizione dei giudizi relativi alluna o allaltra delle due procedure, con possibile strumentalizzazione della stessa tutela giurisdizionale (1) . Lautonomia tra i due procedimenti stata poi ribadita dal Tar Sicilia Palermo (sempre ai fini del riconoscimento dellinteresse ad agire anche in caso di mancata attivazione del procedimento per lautorizzazione unica ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003) in unaltra serie di recenti ed importanti decisioni (nn. 2919, 2920, 2921, 2922 e 2923 del 2010), rese con riferimento alle impugnative proposte avverso due rilevanti atti amministrativi generali adottati dallAssessorato regionale territorio e ambiente in materia di valutazione dimpatto ambientale su progetti relativi ad impianti di produzione di energia eolica: la Circolare 14 dicembre 2006 n. 17 (G.U.R.S. n. 1/2007) ed il decreto n. 91/GAB del 25 giugno 2007 (G.U.R.S. n. 31/2007). La circolare n. 17/2006, in particolare, era stata adottata al fine di garantire la salvaguardia, in sede di autorizzazione allistallazione di impianti di produzione di energia eolica e nelle more dellapprovazione del piano energetico regionale (di cui si dir meglio oltre), dei piani paesistici e del piano paesistico regionale, dellambiente e del paesaggio attraverso la determinazione di misure idonee ad assicurare tali finalit di tutela, essenzialmente consistenti nella riclassificazione rispetto alle direttive contenute nel precedente D.A. 28 aprile 2005 delle aree in cui risulta suddiviso, ai fini del regime autorizzativo, il territorio regionale (zone escluse, zone sensibili e zone consentite). Si erano cos fatte rientrare nelle zone escluse (per le quali non consentita la realizzazione di impianti eolici) non soltanto, come in precedenza previsto, le aree di riserva integrale, le oasi, le riserve naturali, le zone S.I.C. e Z.P.S. e relative aree di rispetto, ma anche (in adesione alle indicazioni fornite dallAssessorato BB.CC.AA. con circolare n. 14 del 26 maggio 2006) le aree archeologiche ed i beni vincolati; mentre erano state incluse nelle zone sensibili (nei quali la possibilit di istallazione va valutata caso per caso) i beni e le bellezze naturali gravati da vincolo paesaggistico o sottoposte a tutela (1) Si veda, per, Corte Cost. 26 marzo 2010 n. 120, che, pronunciandosi sulla questione dei rapporti tra procedura di VIA ed autorizzazione regionale per i progetti relativi a linee ed impianti elettrici con tensione fino a 150.000 V., ha affermato che i due procedimenti sono autonomi e finalizzati alla cura di interessi distinti, pur se lesito della VIA condiziona il merito della procedura autorizzatoria. Sebbene sia indubbio il collegamento, in termini di utilit concreta e finale per il richiedente, tra il procedimento diretto alla espressione del giudizio di compatibilit ambientale per la realizzazione di un impianto ed il procedimento per il rilascio dellautorizzazione, sono distinte le norme che individuano le autorit coinvolte e le rispettive modalit e termini per il compimento degli atti. 352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3 /2010 dai piani paesaggistici approvati o le aree tutelate ex lege ai sensi dellart. 142 del Codice dei beni culturali e ambientali di cui al D.Lgs. n. 42/2004. Si era inoltre prevista la necessaria partecipazione della Soprintendenza BB.CC.AA. alla procedura preliminare di scoping prevista dallart. 6, comma 2, D.P.R. 12 aprile 2006. Orbene, il Tar Palermo ha dichiarato lillegittimit di tale provvedimento per violazione del sistema gerarchico delle fonti, avendo ravvisato nelle relative previsioni non gi i contenuti tipici della circolare (cio, mere disposizioni interne allamministrazione, espressione di poteri di indirizzo e di direzione finalizzati ad indirizzare in modo uniforme lattivit degli enti o degli organi sottordinati), bens di disposizioni aventi le caratteristiche della novit (perch introduttive di condizioni e prescrizioni ulteriori rispetto a quelle sino a quel momento richieste per il rilascio dellautorizzazione unica), della generalit e dellastrattezza, e dunque atteggiantesi a vere e proprie norme di carattere secondario. Nellordinamento regionale siciliano, invece, non consentita lintroduzione di norme di carattere regolamentare attraverso una circolare, dagli artt. 2 e 3 del D.Lgs. Pres. Reg. sic. 28 febbraio 1979 n. 70 ricavandosi che i regolamenti (e cio gli atti di normazione secondaria) devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre ladozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza; e non assumendo rilievo, in senso contrario, la previsione del 9 comma dellart. 91 della L. reg. sic. 3 maggio 2001 n. 6, in quanto relativa ad un ben delimitato ambito (quello delle Norme sulla valutazione di impatto ambientale), estraneo a quello cui si riferiscono le disposizioni della Circolare n. 17/2006 (prevede infatti tale norma: Con decreto l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente definisce per le tipologie progettuali e/o aree predeterminate, sulla base degli elementi indicati nell'allegato D del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, l'incremento o il decremento delle soglie di cui all'allegato B del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 nella misura massima del 30 per cento). In base a tali argomentazioni, dunque, stata dichiarata lillegittimit della suddetta circolare (e dei provvedimenti in base ad essa adottati), e tale pronuncia di annullamento, proprio in quanto relativa ad un atto normativo secondario o comunque amministrativo generale - vale a dire rivolto a destinatari indeterminati ed indeterminabili a priori - si sottrae ai limiti soggettivi del giudicato amministrativo, assumendo efficacia erga omnes (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 17 settembre 2008 n. 4390; Sez. IV, 22 marzo 2007 n. 1383), posto che i limiti soggettivi della caducazione di un atto amministrativo non possono non coincidere con quelli dell'atto caducato. Ragioni del tutto analoghe hanno poi condotto allannullamento, sempre DOTTRINA 353 da parte del Tar Sicilia Palermo (sentenze nn. 2924, 2925, 2926 e 2927 del 2010), del gi citato decreto n. 91/GAB del 25 giugno 2007, emanato dallAssessorato Territorio e Ambiente al fine di introdurre talune misure idonee a garantire la tutela dellambiente e del paesaggio ai fini del rilascio della V.I.A. per gli impianti per lo sfruttamento dellenergia eolica; misure consistenti, essenzialmente, nellintroduzione di una nuova soglia minima di produttivit degli impianti da assentire, pari ad almeno 2.700 ore di vento equivalenti stimate annue, con una produzione effettiva in linea con il P75 (75% delle probabilit che in dato livello di produzione elettrica sia superato ogni anno). Si prevedeva, inoltre, che tali nuove prescrizioni sarebbero state applicate a tutti i progetti per i quali non fosse intervenuto, alla data di pubblicazione del decreto, il provvedimento favorevole di D.I.A.. Ravvisato invero linteresse della societ ricorrente (che aveva in corso un procedimento per il rilascio della V.I.A.) ad impugnare le disposizioni nuove ed assolutamente cogenti del suddetto decreto, anche tale provvedimento stato ritenuto illegittimo per violazione delle norme che disciplinano in ambito regionale il potere regolamentare, e ci in relazione non soltanto degli artt. 2 e 3 del D.Lgs. Pres. Reg. sic. n. 70/1979, ma anche del combinato disposto dellart. 12 dello Statuto e dellart. 13 del D.C.P.S. 204 del 25 marzo 1946, a mente del quale i regolamenti esecutivi di norme di legge regionale sono adottati con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale. Lintroduzione con decreto assessoriale (e dunque con uno strumento non idoneo a tale scopo) di disposizioni, come quelle sopra illustrate, aventi la caratteristica della novit, generalit ed astrattezza ed impositive di prescrizioni ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti per il rilascio della V.I.A., e dunque atteggiantesi a vere e proprie norme di carattere secondario, avvenuta pertanto in violazione delle competenze relative alla predisposizione degli atti a contenuto normativo. Come a suo tempo affermato, infatti, da Corte Cost. 9 giugno 1961 n. 32, le norme statutarie sulle forme di emanazione dei regolamenti regionali siciliani (di rango costituzionale, e dunque non modificabili per legge ordinaria) rappresentano una garanzia per lautonomia regionale, quali norme di attribuzione di competenza. ** *** ** Maggiormente complesse sono invece le argomentazioni che hanno condotto il Giudice amministrativo di primo grado ad annullare, con una serie di recenti decisioni, il Piano energetico ambientale siciliano (PEARS), adottato (con delibera di Giunta regionale n. 1 del 3 febbraioi 2009 emanata con D.P.R.S. del 9 marzo 2009) ai sensi dellart. 5, comma 2, della L. 9 gennaio 1991 n. 10, che attribuisce alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano il compito di predisporre un piano relativo alluso delle fonti rinno- 354 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3 /2010 vabili di energia, e contenente, tra laltro, lindividuazione dei bacini energetici territoriali e le procedure per lindividuazione e la localizzazione di impianti per la produzione di energia fino a 10 megawatt elettrici per impianti installati al servizio dei settori industriale, agricolo, terziario, civile e residenziale, nonch per gli impianti idroelettrici. Orbene, talune rilevanti disposizioni del PEARS come sopra adottato dalla Regione siciliana sono state impugnate innanzi al Tar Sicilia Palermo perch contenenti previsioni destinate ad incidere sui presupposti e sulle modalit del procedimento di autorizzazione unica ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003, nonch in quanto asseritamente contrastanti con i principi fondamentali fissati dalla suddetta norma. Le decisioni del Tar sono invero necessariamente partite da una preliminare ricostruzione del sistema delle competenze legislative ed amministrative nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, cos come delineate dalla Corte Costituzionale nelle sopra menzionate decisioni (nn. 383/2005, 364/2006, 166/2009, 282/2009). Con specifico riferimento, poi, alleccezione difensivamente sollevata dallamministrazione secondo cui il PEARS si collocherebbe nellambito di talune materie (quelle del paesaggio, dei beni culturali e dellindustria) rientranti nella competenza legislativa esclusiva riservata alla Regione dallart. 14 dello Statuto, i decidenti hanno ritenuto opportuno ribadire che la materia, pacificamente ricondotta dalla Corte Costituzionale a quella della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dellenergia di cui allart. 117, comma 3, Cost., incide primariamente sullinteresse della collettivit alla produzione energetica, aspetto da ritenersi prevalente su quelli pur connessi in forza dellimpatto territoriale degli impianti per la produzione di energia eolica della tutela dellambiente e del governo del territorio. Va osservato, inoltre, che la conclusione cui pervenuto il Tar (che ha in definitiva escluso che sussista, in materia, una competenza legislativa esclusiva della Regione siciliana) risulta confermata dalla recentissima sentenza n. 168 del 6 maggio 2010 della Corte Costituzionale, che per la prima volta ha significativamente affermato la correttezza del superiore inquadramento materiale anche con riferimento a norme adottate da una regione a statuto speciale (la Valle dAosta), ed afferenti alla localizzazione degli ambiti territoriali di insediamento degli impianti di energia eolica: in tale occasione infatti la Corte si limitata a constatare che lo Statuto regionale non contemplava la suddetta materia della produzione, trasporto e distribuzione regionale dellenergia, con conseguente titolarit in materia, da parte della Val dAosta, in virt dellart. 10 della L. Cost. n. 3/2001, della stessa potest legislativa concorrente delle regioni a statuto ordinario, vincolata al rispetto dei principi fondamentali dettati dal Legislatore statale. Secondo il Tar, peraltro, la questione relativa al corretto inquadramento del tipo di potest legislativa di cui risulta titolare, in materia, la Regione si- DOTTRINA 355 ciliana destinata a rivestire carattere meramente teorico sin quando perdurer il mancato esercizio delle suddette competenze legislative, ai cui contenuti dovrebbe eventualmente uniformarsi la successiva attivit regolamentare. Constatato infatti che la Regione siciliana non ha ad oggi esercitato la potest legislativa di dettaglio per il recepimento dei principi fondamentali stabiliti dal D.Lgs. n. 387/2003 o per il recepimento della direttiva n. 2001/77/CE, si osservato (sentenze nn. 2537/2010, 2536/2010, 2280/2010, 1952/2010) che tale circostanza determinerebbe lassunzione, da parte della vigente normativa statale, del carattere suppletivo o sostitutivo previsto dallart. 117, comma 5, Cost. e dagli artt. 11 e 16 della L. n. 11/2005 recante la procedura per lesecuzione degli obblighi comunitari, con conseguente necessaria individuazione, come parametro di legittimit degli atti impugnati, nella normativa dettata dal D.Lgs. n. 387/2003 e dalla L. n. 239/2004 (rispetto alla quale debbono dunque anche porsi in rapporto di non contraddizione le norme regolamentari adottate in ambito regionale). Ed infatti, quanto alla natura giuridica delle disposizioni contenute nel PEARS, si ribadito quanto gi affermato in altra serie di decisioni (nn. 1632/2009, 1716/2009 e 1775/2010) in ordine al carattere formalmente amministrativo, ma sostanzialmente normativo, e dunque regolamentare, di tale provvedimento, stante la novit, la generalit e lastrattezza delle relative disposizioni; da tale qualificazione discende pertanto, sul piano della gerarchia delle fonti, la subordinazione dei contenuti normativi del Piano alle fonti di diritto di rango primario, nonch, sotto il profilo della disciplina del procedimento autorizzativo, la qualificazione come ius superveniens rispetto alle istanze gi presentate (censurabile con particolare riferimento a quelle istanze presentate da pi di 180 gg., in palese contrasto rispetto al principio fondamentale sancito dallart. 12 D.Lgs. n. 387/2003). Passando poi allesame, nel merito, delle singole disposizioni impugnate, si affermata lillegittimit di quelle relative alla: - imposizione di distanze minime tra gli impianti alimentati da fonti rinnovabili (art. 21). Alla stregua, infatti, delle argomentazioni usate dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 307/2003 (resa in materia di impianti elettromagnetici), si rilevato che da tale disposizione (che impone un evidente vincolo) non dato evincere quale sia stato il parametro tecnico o scientifico assunto a riferimento per stabilire la distanza minima, e che, pi in generale, la previsione generalizzata della distanza minima denota un cattivo uso del potere regolamentare, introducendo un possibile ingiustificato ostacolo agli insediamenti produttivi (sentenza n. 2537/2010). Il Tar ha infine richiamato il parere n. 2849/2008 della Sez. II del Consiglio di Stato, secondo cui il potere di localizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili dovrebbe essere esercitato nellambito del Piano Urbanistico regionale, quale sede propria di 356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3 /2010 svolgimento delle competenze regionali di pianificazione. Come peraltro affermato dalla Corte Costituzionale nella sopra citata sentenza n. 168/2010 (come gi nelle precedenti nn. 166 e 282/2009 e n. 119/2010), il meccanismo previsto dallart. 12, comma 10, D.Lgs. n. 387/2003 non consente alle regioni di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa; - misure di mitigazione ambientale e misure di compensazione (artt. 6 e 7). La determinazione delle misure di riequilibrio ambientale e territoriale (previste dallart. 12 D.Lgs. n. 387/2003) e delle misure compensative (ammesse, a seguito di Corte Cost. n. 383/2005, anche relativamente ad impianti alimentati da fonti rinnovabili, e consistenti nella monetizzazione degli effetti negativi che limpatto ambientale dellimpianto determina, purch non si tratti di corrispettivi di natura patrimoniale a favore della Regione, bens di servizi o prestazioni volti a mitigare limpatto ambientale) potrebbe avvenire, secondo il Tar, soltanto con norme di legge regionale, e non per via regolamentare. Dette misure compensative, inoltre, dovrebbero essere concrete e realistiche e fondate sui precisi presupposti indicati nel gi citato parere n. 2848/2009 del Consiglio di Stato. Quanto, tuttavia, allaffermata necessit di una copertura legislativa, deve rilevarsi che lart. 1, comma 5, della L. n. 239/2004 afferma il diritto delle Regioni e degli enti locali di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale (e consistenti nellassunzione dellimpegno ad una riduzione delle emissioni inquinanti da parte delloperatore economico proponente cfr., Corte Cost. n. 124/2010); - documentazione attestante la disponibilit giuridica dellarea di impianto in capo al richiedente (art. 2, lett. b). Tale requisito si porrebbe in contrasto con lart. 12 D.Lgs. n 387/2003, che attribuisce agli impianti autorizzati la qualificazione di opere di pubblica utilit indifferibili ed urgenti allevidente fine di consentire la loro realizzazione anche oltre e al di l della limitazione costituita dalla attuale disponibilit dellarea in capo al richiedente lautorizzazione; - autocertificazione con la quale il richiedente assume nei confronti dellamministrazione la responsabilit, diretta e non trasmissibile, per linterezza delle fasi di realizzazione e avvio dellimpianto. Tale disposizione stata ritenuta suscettibile di incidere sulla circolazione dei beni giuridici, e delle correlate posizioni soggettive, connessi alla realizzazione di impianti eolici, in contrasto con lart. 41 Cost. e con le libert fondamentali del Trattato CE; - comunicazione, ai fini della celerit dei procedimenti, della sede legale DOTTRINA 357 istituita dal richiedente in Sicilia e limpegno al suo mantenimento nel territorio della regione per il tempo di efficacia dellazione (art. 2). Tale disposizione si porrebbe in contrasto con i principi comunitari di libert di circolazione e stabilimento, imponendo alle imprese un adempimento irragionevolmente sproporzionato rispetto allesigenza di garantire celeri comunicazioni da e per le stesse, avuto riguardo alle attuali possibilit tecnologiche ed al regime giuridico delle stesse; - priorit temporale, nellesame delle istanze, ai progetti che garantiscono la filiera industriale completa allinterno del territorio regionale nellobiettivo dello sviluppo e dellincremento delloccupazione nella Regione (art. 1). La tempistica (unica) imposta dallart. 12 D.Lgs. n. 387/2003 sarebbe incompatibile con declinazioni localistiche di carattere premiale o disincentivante, ed anche in considerazione dellestraneit alla materia trattata degli obiettivi di sviluppo ed incremento occupazionale, il regime dellautorizzazione unica non pu essere modificato in unottica protezionistica o proibizionistica contraria ai principi ed alle libert imposti dal diritto comunitario. La stessa Corte Costituzionale, del resto, ha chiarito che discriminare le imprese in base ad un elemento di localizzazione territoriale contrasta con il principio secondo cui la Regione non pu adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle cose e delle persone tra le Regioni, discendendo da ci il divieto per i legislatori regionali di frapporre barriere di carattere proibizionistico alla prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale (nonch, in base ai principi comunitari sulla libera prestazione di servizi, in qualsiasi paese dellUnione europea (Corte Cost. n. 124/2010, resa su norma della Regione Calabria che istituiva una riserva strategica del 20% della potenza autorizzabile per ogni fonte in favore delle azioni volte a garantire lo sviluppo del tessuto industriale regionale); - presentazione di una comunicazione del gestore della rete circa la capacit ricettiva di questultima in relazione allenergia prodotta dallimpianto autorizzando (art. 3). Tale disposizione si pone in contrasto con la liberalizzazione del settore energetico e con il principio di legge secondo cui il gestore della rete di trasmissione regionale ha lobbligo di connettere alla rete tutti i soggetti che ne facciano richiesta (art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 79/1999): dunque la capacit della rete di trasmissione a dovere essere funzionale allattivit di produzione di energia, e non viceversa; - comunicazione da parte delle Soprintendenze BB.CC.AA. in sede di conferenza di servizi circa la sottoposizione a vincolo delle aree o avvio per le stesse di procedimento per limposizione del vincolo (art. 4). Tale disposizione si tradurrebbe in un allargamento ingiustificato del no- 358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3 /2010 vero dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, includendovi necessariamente le Soprintendenze anche se non titolari di competenze in ordine allaffare da deliberare; - applicabilit delle prescrizioni del PEARS ai procedimenti in corso. Le disposizioni del Piano, avendo natura normativa e regolamentare, non potrebbero applicarsi ai procedimenti avviati prima della sua entrata in vigore, secondo le regole generali in tema di efficacia delle norme nel tempo. Sul punto, peraltro, utile segnalare che con la gi citata sentenza n. 124/2010 la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di legittimit relativa ad una norma regionale calabra che prevedeva lapplicabilit alle procedure in corso delle nuove disposizioni in tema di autorizzazione unica, e ci sia in considerazione del principio tempus regit actum (tale per cui ogni atto amministrativo deve essere conforme alla legge in vigore al momento in cui viene posto in essere), sia in relazione al fatto che il soggetto che presenta listanza di avvio del procedimento titolare di una mera aspettativa, e non di una situazione giuridica consolidata. DOTTRINA 359 Un bilancio a ventanni dalla L. 241/90 Il diritto di accesso nella prassi amministrativa, lintenzione del legislatore e laccesso partecipativo Riccardo Montagnoli* La L. 7 agosto 1990, n. 241 fu salutata alla sua approvazione come una svolta epocale, tra laltro, in ordine alle relazioni tra pubbliche amministrazioni ed amministrati; essa richiedeva una vera e propria rivoluzione copernicana nellatteggiamento reciproco da parte di amministratori e cittadini / utenti, nel senso che i principi in tema di partecipazione al procedimento (e nellambito di questa il diritto daccesso) dovevano servire ad attuare la regola per cui le determinazioni amministrative, specie se discrezionali, sono adottate previa acquisizione di tutti gli elementi informativi disponibili, anche con la collaborazione degli interessati, in modo da perseguire il miglior contemperamento dei vari interessi in gioco. Nella realt lintenzione del legislatore stata finora realizzata in misura limitata: soprattutto per quanto concerne le decisioni pi rilevanti (opere pubbliche), le amministrazioni hanno continuato per lo pi ad assumere prima le loro decisioni e ad aprire poi il procedimento per legittimarle formalmente; dal canto loro i cittadini hanno spesso utilizzato la partecipazione in funzione meramente oppositiva, come meglio si vedr in seguito. Nellottica del legislatore il diritto di accesso doveva essere una componente della partecipazione procedimentale e doveva servire a fornire agli interessati gli elementi conoscitivi per contribuire alla miglior decisione amministrativa. Esso doveva cio avere una funzione essenzialmente partecipativa, tanto nellipotesi di accesso cosiddetto procedimentale (art. 10 lett. a)), quanto in quella di accesso cosiddetto extraprocedimentale (art. 22). Si pu anzi affermare che, contrariamente a quanto parrebbe ad un primo sommario esame, linnovazione pi radicale abbia riguardato il riconoscimento del diritto daccesso nellambito del procedimento piuttosto che come diritto in generale volto allacquisizione di elementi informativi in possesso dellamministrazione (dato che sotto questo profilo esisteva qualche precedente: il diritto daccesso alle informazioni in materia ambientale, quello dei consiglieri comunali e provinciali). Nella realt prevalsa uninterpretazione dellaccesso come strumento di controllo sullattivit amministrativa, soprattutto in vista della contestazione dei suoi risultati; in altri termini, da una visione del diritto di accesso preva- (*) Avvocato dello Stato. 360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 lentemente ispirata allattuazione dellart. 97 Cost. (principio di buon andamento e di imparzialit dellattivit amministrativa) si passati ad una sua declinazione ispirata prevalentemente allart. 111 Cost. (tutela dei diritti ed interessi legittimi contro gli atti della P.A.). Per contro (ma sarebbe arduo stabilire quale sia la causa e quale leffetto) le amministrazioni non hanno ancora del tutto recepito il rovesciamento del principio della segretezza degli atti procedimentali operato dallart. 22 co. 3, tanto che tuttora capita di ricevere richieste di collaborazione da parte di amministrazioni alla ricerca di motivi che giustifichino un diniego di accesso o che, pi radicalmente, si domandano con riferimento ad una determinata istanza se il diritto daccesso debba essere riconosciuto, anzich chiedersi se esista una di quelle situazioni eccezionali che consentono un diniego; in altre parole, continuano a ritenere il diritto daccesso leccezione e non la regola. 1. Laccesso esplorativo La conseguenza che gli interessati, con i loro avvocati, raramente esercitano il diritto daccesso con lintenzione di cogliere gli elementi in base ai quali lamministrazione dovr prendere una decisione e prima che questa sia assunta, ma piuttosto lo esercitano per ricercare elementi utili per contestare una decisione dopo che essa stata assunta (va detto che in alcuni casi lo stesso legislatore che, per vari motivi, ha favorito questo orientamento, procrastinando alla fine del procedimento lesercizio del diritto daccesso (1)). Da un punto di vista pratico, le conseguenze sono modeste: a differenza dellaccesso partecipativo, quello esplorativo ha quasi sempre un oggetto scarsamente determinato, cio riguarda non gi documenti specificamente indicati, ma tutto il fascicolo amministrativo, ci che comporta evidente dispendio di energie e di costi tanto per chi lo esercita quanto per lamministrazione (2); (1) Il caso pi rilevante quello dei procedimenti di evidenza pubblica, in relazione ai quali lart. 13 D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163 stabilisce addirittura a pena di sanzione penale casi di differimento dellesercizio del diritto daccesso (co. 2, 3 e 4), nonch ipotesi di esclusione dello stesso, talvolta assoluta (lett. c) e d) del co. 5), talaltra limitata alle fattispecie in cui listanza non sia formulata in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nellambito della quale viene formulata la richiesta di accesso (lett. a) e b) del co. 5, in relazione al co. 6). (2) E nonostante lart. 24 co. 3 disponga linammissibilit dellaccesso preordinato ad un controllo generalizzato delloperato delle pubbliche amministrazioni. La giurisprudenza interpreta tuttavia la disposizione come riferita allattivit amministrativa in generale e non al sindacato su un intero procedimento: cfr. TAR Lombardia sez. Brescia, 16 giugno 2008, n. 645, con riferimento ad una domanda di accedere a ogni documento amministrativo () riguardante la procedura di mobilit che ha interessato lo scrivente nonch le procedure di mobilit concluse con lassunzione di altri soggetti presso le circoscrizioni territoriali di Brescia: La domanda di accesso del ricorrente non pu essere qualificata come istanza diretta a un controllo generalizzato dellorganizzazione del personale in contrasto con lart. 24 comma 3 della legge 241/1990. Al contrario la conoscenza degli atti delle procedure di DOTTRINA 361 ma dal punto di vista della cultura amministrativa (degli amministrati e dellamministrazione) le conseguenze sono assai pi rilevanti, perch laccantonamento (o il tradimento) del modello partecipativo che aveva ispirato la L. 241/90 perpetua la tradizionale contrapposizione amministrati / amministrazione. Di qui proviene lenfatizzazione, in funzione di giustificazione del diniego, di quei minimi oneri che lart. 25 pone a carico di richiede laccesso ed in particolare di quello di specificarne loggetto (3). Enfatizzazione che assume caratteri di particolare rilievo, non senza ragione, laddove il cittadino pretenda di accedere ad un documento che non esiste, vuoi perch non (pi) nella disponibilit dellamministrazione, per distruzione o smarrimento (4), vuoi perch non mai esistito e la sua esistenza solo supposta o sospettata dallinteressato. In queste ipotesi si possono sviluppare controversie che assumono contorni alquanto grotteschi, tra un ricorrente che pretende di ottenere copie di qualcosa che non esiste e lamministrazione che si difende asserendone appunto linesistenza; in genere il giudice amministrativo rifugge dallimpegno di fissare riferimenti certi allistituto e si limita ad affermare che la domanda di accesso deve riferirsi a specifici documenti gi esistenti e non pu invece comportare la necessit di un'attivit di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta(5). Forse tutto ci si potrebbe evitare se solo si applicasse la legge che imponendo al ricorrente di indicare, almeno con approssimazione, il documento cui intende accedere, pare implicare che debba anche indicare da quali elementi desuma (con certezza) lesistenza del documento stesso; va ricordato daltra parte che lart. 210 c.p.c. (sul quale torneremo in seguito, ma che pare mobilit soddisfa un interesse ben definito e individualizzato. Si tratta di informazioni che hanno per oggetto una precisa forma di reclutamento del personale, entro un periodo di tempo limitato, e sono collegabili in modo chiaro alla necessit del ricorrente di difendere in sede giudiziaria le aspettative circa la possibile evoluzione del proprio rapporto di lavoro. (3) Sullonere di specificare (che non significa elencare compiutamente, ma individuare in modo sufficientemente preciso) i documenti cui si chiede di accedere, cfr. TAR Sicilia, sez. I, 27 gennaio 1993, n. 81 e, soprattutto, Cons. Stato, sez. VI, 15 ottobre 2001, n. 5437. Ora lonere di indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta ovvero gli elementi che ne consentano lindividuazione testualmente previsto dallart. 5 co. 1 D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 per esercitare laccesso informale; ad avviso di chi scrive, tuttavia, si dovrebbe trattare di un requisito minimo di qualsiasi richiesta di accesso. (4) Vale la pena di ricordare che lart. 22 co. 6 dispone che Il diritto di accesso esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha lobbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere; lart. 2 co. 2 D.P.R. 184/2006 specifica ora che Il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data da una pubblica amministrazione. (5) Cos, a titolo esemplificativo, TAR Lombardia sez. Brescia, 26 febbraio 2009, n. 461, che si rif espressamente a precedenti del Consiglio di Stato (sez. VI, 5 dicembre 2007, n. 6201 e sez. IV, 10 febbraio 2006, n. 555). Il principio secondo cui La pubblica amministrazione non tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso ora esplicitato dallart. 2 co. 2 D.P.R. 184/2006. 362 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 invocabile quanto meno per analogia) impone a chi pretende lesibizione di un documento nel processo civile lonere di provarne lesistenza (6). Daltra parte, se quello allaccesso un diritto (soggettivo), appena il caso di ricordare che senza loggetto non si d obbligazione (arg. ex art. 1256 cod. civ.) e quindi se manca il documento il diritto non esiste. Sotto analogo profilo, interessante la vicenda relativa al diritto daccesso spettante al consigliere comunale o provinciale ai sensi dellart. 43 co. 2 T.U.E.L. n. 267/2000 in ordine a tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili allespletamento del loro mandato; un piccolo Comune, per far fronte a richieste di accesso mediante estrazione di copia di documenti, che mettevano a dura prova tanto il personale amministrativo quanto le casse dellente, aveva adottato un regolamento secondo il quale I documenti, oggetto del diritto, devono essere concretamente individuati dal richiedente oppure essere individuabili e, qualora listanza avesse avuto ad oggetto atti elaborati (esemplificati in tavole di P.R.G., varianti e comunque comprendenti planimetrie e tavole progettuali di rilevanti dimensioni), consentiva il soddisfacimento mediante modalit alternative (in particolare la riproduzione in formato pdf su CDRom). Il Consiglio di Stato, confermando la decisione del giudice di primo grado, riteneva legittimo loperato del Comune, osservando che Se, infatti, non appare revocabile in dubbio che - ai sensi dellart. 43, comma 2 del D.Lgs. n. 267/2000 - la funzione esercitata dal consigliere comunale (e provinciale) esige che al medesimo vengano fornite tutte le notizie e le informazioni utili allespletamento del suo mandato, in guisa che notevolmente pi ampio il contenuto del suo diritto di accesso rispetto a quello riconosciuto alla generalit dei cittadini a norma degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990, occorre per considerare che il soddisfacimento di tale diritto non pu essere esclusivo, completo ed incondizionato e trarre origine da richieste generiche ed indiscriminate, in disparte quelle emulative, sol perch volto a consentire lottimale esercizio di una pubblica funzione; ma soggiace alle limitazioni che derivano dalla molteplicit dei servizi che il Comune deve assicurare ai cittadini amministrati, nel rispetto degli impegni di contenimento della finanza pubblica e di progressiva razionalizzazione delle spese generali di gestione dellente. Non si nega, invero, che al consigliere comunale non possa essere opposto alcun diniego, salvo casi eccezionali e contingenti, determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che quella di verificare che il sindaco e la giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855). Ci che preme, tuttavia, rilevare che il carattere strumentale dellin- (6) Giurisprudenza costante: da ultimo cfr. Cass. 5 agosto 2002, n. 11709; Cass. lav. 22 febbraio 2003, n. 2772; Cass. lav. 20 dicembre 2007, n. 26943. DOTTRINA 363 formazione resa al consigliere comunale, rispetto al compito ascritto al supremo organo di governo dellente locale cui linteressato appartiene, di esercitare il generale potere di indirizzo e di controllo politico - amministrativo sullente medesimo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471), non pu prescindere dallesigenza di garantire che lesercizio di tale diritto, fatta salva la facolt del consigliere di prendere visione di tutti gli atti utili allespletamento del mandato, avvenga in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali, sia dal punto di vista organizzativo che economico (cfr. Corte dei Conti, Sez. controllo Liguria, n. 1 del 12 marzo 2004), anche se le amministrazioni pubbliche sono tenute (tendenzialmente) a dotarsi di tutti i mezzi (personale, strumentazioni tecniche, materiali vari) necessari allassolvimento dei loro compiti(7). 2. Laccesso strumentale ad altri interessi ed il tema della tutela della riservatezza Sin dalla sua entrata in vigore, lattuazione del diritto daccesso ha posto problemi di tutela della riservatezza degli elementi informativi, contenuti in documenti amministrativi, relativi a soggetti terzi; tantՏ vero che uno dei punti in cui si maggiormente articolata la disciplina di legge e quella regolamentare, stabilendo eccezioni al diritto daccesso, stata lindividuazione dei casi in cui documenti contenenti informazioni relative a terzi sono sottratti allaccesso stesso (e ci ben prima che il tema della tutela della riservatezza dei dati personali irrompesse nel nostro ordinamento con la L. 675/96). Peraltro, la giurisprudenza amministrativa si era occupata quasi da subito del problema del bilanciamento tra diritto daccesso e riservatezza dei dati relativi a terzi, affermando in linea di principio la prevalenza del primo, quanto meno entro i limiti del necessario per controllare la legittimit dellazione amministrativa (8). Ci che appare logico nella prospettiva che vede laccesso, appunto, come strumento di controllo a posteriori, meno in quella che ne fa (7) Cons. Stato, sez. V, n. 6742 del 20 aprile 28 dicembre 2007. (8) Cfr. Cons Stato, sez. VI, 23 settembre 1998, n. 1292 (che pare individuare nellart. 22 L. 241/90 una sorta di autorizzazione generale alla comunicazione e diffusione dei dati personali ai sensi dellart. 27 L. 675/96); TAR Campania sez. Salerno, 23 giugno 2000, n. 510. Non sono mancate tuttavia anche decisioni in senso contrario: Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 1999, n. 59 (che, contrariamente a quanto ritenuto dalla medesima sezione nella decisione menzionata sopra, ritiene necessaria una specifica deroga al principio della non comunicabilit dei dati personali a terzi), seguita da TAR Lombardia, sez. II, 22 marzo 1999, n. 871. Questione diversa (anche se talora erroneamente ricondotta al tema della tutela della riservatezza dei dati personali) quella dellostensibilit di atti di denuncia o segnalazione di illeciti o inefficienze dellattivit amministrativa, ad istanza dei soggetti cui la denuncia o segnalazione si riferisce: in questi casi il timore quello di esporre i denuncianti ad eventuali azioni ritorsive da parte dei denunciati, ma non pare seriamente contestabile il diritto di questi ultimi di conoscere integralmente il contenuto delle denunce, ivi compreso il nominativo di chi le ha avanzate (Cons. Stato, ad. plen., 4 febbraio 1997, n. 5). 364 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 uno strumento di partecipazione a priori. Il tema assume connotati di particolare delicatezza nelle ipotesi in cui i dati relativi a terzi attengono alla sfera di quelli sensibili, situazione che si verifica non di rado con riferimento alla compilazione di graduatorie nelle quali sono previste preferenze o punteggi specifici in relazione a condizioni inerenti la salute dellinteressato o dei propri familiari (9). Sotto il profilo procedimentale, recependo una soluzione che in base ai principi della stessa L. 241/90 si era affermata nella prassi delle pubbliche amministrazioni, lart. 3 D.P.R. 184/2006 impone che la pubblica amministrazione cui indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui allarticolo 22, comma 1, lettera c), della legge, tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione (); leventuale opposizione dei controinteressati non giustifica tuttavia di per s il rifiuto di accesso, imponendo allamministrazione di ponderare i contrapposti interessi (10). Tuttavia queste situazioni si collocano ancora nellambito dei rapporti amministrativi, cio relativi allattivit che lamministrazione espleta con effetti sui destinatari. La questione della riservatezza assume invece contorni assai differenti e problematici allorch laccesso (evidentemente in questo caso non procedimentale) viene esercitato per acquisire elementi informativi spendibili nella prospettiva di rapporti cui lamministrazione estranea. Una fattispecie che presenta qualche singolarit si verificata con riguardo ad unistanza presentata ad una scuola elementare dal padre di un alunno, per prendere visione ed estrarre copia dei temi scritti dalla figlia; lintenzione del genitore (peraltro non esplicitata nellistanza, bens riferita solo verbalmente) non era di verificare landamento scolastico della bambina: i ge- (9) Va peraltro osservato come la stessa qualificazione del diritto daccesso in termini di diritto soggettivo, che parrebbe da tempo acquisita, sia in realt posta talora in discussione dalla stessa giurisprudenza: Cons. di Stato, sez. IV, 29 novembre 2002, n. 6510 affermava infatti che In materia di accesso ai documenti amministrativi regolato dagli art. 22-25 l. 7 agosto 1990 n. 241, il termine diritto va considerato atecnico, essendo ravvisabile la posizione di interesse legittimo quando il provvedimento amministrativo impugnabile, come nel caso del diritto di accesso, entro un termine perentorio, pure se incidente su posizioni che nel linguaggio comune sono pi spesso definite come di diritto, e la di poco successiva Cons. di Stato, sez. V, 8 settembre 2003, n. 5034 statuiva che La decisione dellente pubblico sulla prevalenza/recessione del diritto di accesso ai documenti amministrativi rispetto alla riservatezza di terzi costituisce esercizio di un potere-dovere espressione di una valutazione ampiamente discrezionale. (10) In questo senso, che parrebbe peraltro giustificato dalla formulazione letterale dellart. 3 co. 2 (Entro dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 1 i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione di cui al comma 1), si orientata la giurisprudenza amministrativa: TAR Sicilia, sez. IV Catania, 20 luglio 2007, n. 1277; TAR Lazio, sez. II ter, 26 novembre 2009, n. 11753. DOTTRINA 365 nitori avevano avviato la causa di separazione ed il padre riteneva di poter rinvenire negli elaborati della piccola elementi di prova circa presunte frequentazioni della propria abitazione, in sua assenza, da parte di terzi (11). In casi simili non si tratta, per il privato che chiede laccesso, di contribuire al buon andamento dellattivit amministrativa, n di verificarne la legittimit: lamministrazione viene richiesta in realt di cooperare alla realizzazione di taluni interessi privati in conflitto con altri interessi (pure privati), mettendo a disposizione di uno dei contendenti gli elementi informativi e documentali in proprio possesso. La soluzione del dilemma in cui si viene a trovare dovrebbe risiedere in una rigorosa valutazione del requisito dellinteresse ad esercitare il diritto daccesso (12): non solo il richiedente deve formalmente specificare il motivo per cui chiede di esercitarlo (art. 25 co. 2), ma lamministrazione deve altres valutare se tale interesse possa trovare protezione nella norma istitutiva, quanto meno allorch lesercizio del diritto rischi di incidere sullaltrui diritto alla riservatezza. In particolare, linciso dellart. 22 lett. b) alla connessione dellinteresse ad esercitare il diritto di accesso con una situazione () collegata al documento pare potersi interpretare nel senso che il diritto daccesso riconosciuto in funzione della tutela di interessi nei confronti dellamministrazione (e non anche di terzi privati) (13). . 3. Diritto di accesso ed ordine di esibizione ex artt. 210 e 213 c.p.c. Forse tuttavia questo tipo di situazioni non rientra a rigore nei confini del tema dellaccesso ai documenti amministrativi, nel senso che altri sono gli istituti previsti nellordinamento per soddisfare leventuale interesse ad acquisire dallamministrazione elementi spendibili nellambito di una controversia (11) Una fattispecie per molti aspetti analoga si verificata con riguardo allistanza di un genitore di accedere alla domanda di iscrizione presentata dal coniuge separato ad un istituto superiore di citt diversa da quella di residenza e considerato indizio della volont di quello di trasferire la propria residenza e quella del figlio, da presentare nellambito del procedimento di separazione. (12) Lart. 22 lett. b) definisce interessati in relazione alle disposizioni del capo V Accesso ai documenti amministrativi tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse concreto, diretto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ad un documento al quale chiesto laccesso. (13) Va ricordato tuttavia che per la giurisprudenza La nozione di situazione giuridicamente rilevante (contenuta nellart. 22 l. n. 241 del 1990), per la cui tutela attribuito il diritto di accesso, nozione diversa e pi ampia rispetto allinteresse allimpugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo; cos che la legittimazione allaccesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dellaccesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti od indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante lautonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante allimpugnativa dellatto (cos Cons. Stato, sez. VI, 27 ottobre 2006, n. 6440). 366 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 tra privati. Nella fattispecie precedentemente descritta (nella quale peraltro, a detta delle insegnanti, non sarebbe emersa alcuna notizia interessante per il padre) il suggerimento rivolto alla scuola fu di respingere la richiesta, in quanto non suffragata da un interesse protetto, salvo naturalmente esibire la documentazione a fronte delleventuale ordine impartito dal giudice ex art. 213 c.p.c.. Infatti, queste fattispecie consentono di apprezzare la relazione tra diritto daccesso (e connessa tutela giurisdizionale ex art. 25 L. 241/90) e acquisizione di informazioni dalla P.A. in sede processuale ex art. 213 c.p.c., strumento che, come noto, presuppone lestraneit della stessa P.A. alla controversia in corso e, significativamente, costituisce un mezzo di acquisizione di elementi conoscitivi a disposizione del giudice e non delle parti, a conferma del fatto che lordinamento impone una valutazione dellorgano giudiziario investito della controversia tra le parti circa la necessit dellacquisizione (14). Peraltro tale riferimento potrebbe offrire anche uno spunto per riesaminare la questione, precedentemente accennata, dellaccessibilit di documenti contenenti dati personali di terzi utilizzati nellambito di un procedimento amministrativo, ogni qual volta la controversia sottesa (al di l del dato formale di riguardare un procedimento amministrativo ed il suo esito) coinvolge in effetti due o pi parti private, tra le quali lamministrazione dovrebbe rivestire una posizione di imparzialit. E il caso degli elementi utilizzati per formare la graduatoria di un pubblico concorso, tra i quali rientrano elementi attinenti a situazioni personali o familiari di carattere sanitario, che possono dare diritto a particolari benefici, ma al tempo stesso costituiscono dati sensibili e come tali da maneggiare con estrema cautela (15). Si potrebbe forse sostenere che (14) Va peraltro segnalato che parte della giurisprudenza pare non cogliere differenza sostanziale tra il diritto daccesso e linteresse processuale ad ottenere lesibizione di documenti amministrativi ex art. 210 o 213 cod. proc. civ., subordinando la stessa possibilit di chiedere lesibizione allinfausto esperimento di una richiesta di accesso amministrativo (Trib. Cagliari 23 marzo 2008; Corte conti, sez. giur. Campania, 22 novembre 2001, n. 1740; Trib. Palmi 2 luglio 2004). Pi correttamente la Suprema Corte ha osservato che Il rigetto della istanza di esibizione di un documento della p.a., proposta ai sensi dellart. 210 c.p.c., non viola lart. 22 l. 7 agosto 1990 n. 241 (recante norme in materia di accesso ai documenti amministrativi); infatti, le due disposizioni operano su un piano diverso, avendo la l. n. 241 del 1990 assunto linteresse del privato allaccesso ai documenti come interesse sostanziale, apprestando a tutela dello stesso una specifica azione prevista dallart. 25, mentre lacquisizione documentale ai sensi dellart. 210 c.p.c. costituisce esercizio di un potere processuale e lacquisizione del documento resta pur sempre subordinata alla valutazione della rilevanza dello stesso, ai fini della decisione, da parte del giudice al quale spetta di pronunciarsi sulla richiesta istruttoria ai sensi dellart. 210 c.p.c. (Cass. 9 agosto 1996, n. 7318). (15) La medesima posizione di terziet imparziale tra interessi privati contrapposti potrebbe essere ravvisata anche nei procedimenti di evidenza pubblica, quanto meno laddove, procedendosi allaggiudicazione in favore dellofferta economicamente pi vantaggiosa, si possa ritenere che linteresse pubblico sia esaurito dalla definizione delle prestazioni da acquisire e che il procedimento valga solo ad individuare (mediante il riferimento al miglior prezzo) quale tra gli interessi privati coinvolti sia meritevole di soddisfacimento. DOTTRINA 367 in questi casi il diritto daccesso non possa essere consentito dallamministrazione senza lesplicito consenso del titolare dei dati (consenso che, in ipotesi, potrebbe anche essere acquisito in limine con la domanda di partecipazione al concorso, purch in forma esplicita), in difetto del quale spetta al giudice decidere se ed in quali limiti ordinare allamministrazione lesibizione degli atti. 4. Diritto di accesso ed investigazioni difensive nel processo penale Altra disciplina di settore incidente con quella amministrativistica del diritto daccesso quella penalistica in tema di investigazioni difensive. Se per la parte pubblica di un processo penale lacquisizione di dati informativi da una P.A. passa attraverso strumenti pi o meno autoritativi (richieste, ordini, perquisizioni e sequestri), la documentazione utile alla difesa dellimputato (o anche a quella delle altre parti private) deve essere acquisita mediante lo svolgimento dellattivit di indagine difensiva e, nellambito di questa, mediante il procedimento previsto dallart. 391 quater cod. proc. pen.: 1. Ai fini delle indagini difensive, il difensore pu chiedere i documenti in possesso della pubblica amministrazione e di estrarne copia a sue spese. 2. Listanza deve essere rivolta allamministrazione che ha formato il documento o lo detiene stabilmente. 3. In caso di rifiuto da parte della pubblica amministrazione si applicano le disposizioni degli articoli 367 e 368. A questo riguardo devono svolgersi alcune osservazioni: - in evidente considerazione della rilevanza del diritto di difesa, lacquisizione dei documenti amministrativi ai fini di investigazione difensiva non incontra i limiti previsti per il diritto di accesso; pare peraltro evidente che il difensore (o il diverso soggetto tra quelli indicati dallart. 391 bis cod. proc. pen.) debba quanto meno far constare il proprio ruolo e fornire qualche indicazione, almeno sommaria, sulloggetto del procedimento in corso, che consenta di apprezzare la non manifesta irrilevanza della documentazione richiesta ai fini difensivi; - ci vale a fortiori allorch, lacquisizione di documenti amministrativi esercitata a fini di attivit investigativa preventiva (art. 391 nonies cod. proc. pen.), vale a dire in forza di un mandato conferito per leventualit che si instauri un procedimento penale; - in caso di rifiuto da parte dellamministrazione, il co. 3 prevede il ricorso al procedimento previsto dagli artt. 367 e 368 cod. proc. pen.: istanza al pubblico ministero affinch disponga il sequestro della documentazione e, ove il P.M. non ritenga di doverlo disporre, trasmissione degli atti per la decisione al Giudice per le indagini preliminari; tale procedura sostituisce 368 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3/2010 quella, inapplicabile in questi casi, dellart. 25 L. 241/90 (16); - va peraltro ricordato che La circostanza che gli atti oggetto della domanda di accesso presentata ai sensi dellart. 22 l. 7 agosto 1990 n. 241 siano relativi ad un giudizio penale non di per s sufficiente a renderne legittimo il diniego, non essendo la sola pendenza di tale giudizio una circostanza idonea ad ingenerare in capo allamministrazione uno specifico obbligo di segretezza e, di riflesso, ad escludere o limitare la facolt per il soggetto interessato di averli in visione(17). In generale, come puntualmente affermato dalla giurisprudenza, La risposta dellAmministrazione ad una richiesta di documenti nellambito di un processo penale (sia pure nella fase delle indagini preliminari), formulata dal Pubblico Ministero, dalla Polizia Giudiziaria o, dopo la legge n. 397/00, anche dal difensore incaricato di investigazioni difensive non costituisce certo attivit volta al raggiungimento di obiettivi di pubblico interesse che possa essere qualificata in termini provvedimentali, ma attivit materiale nel cui ambito lente pubblico non esplica poteri autoritativi, e sulla quale non si pu quindi formulare un giudizio di legittimit / illegittimit ma solo di liceit / illiceit, il quale ultimo non compete al Tribunale adito ma al Giudice Penale, come del resto prevede, si ripete, lart. 391 quater, comma 3, c.p.p.(18). (16) TAR Lombardia, sez. I, 17 ottobre 2006, n. 2013 e n. 2022; Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 2007, n. 1896. Si segnala in particolare la prima pronuncia, nella quale si delinea la differenza tra la richiesta di documenti nellambito delle investigazioni difensive, tendente allindividuazione di elementi di prova utilizzabili nellambito di un processo penale, ed il diritto di accesso generalmente riconosciuto a chi sia titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata alla documentazione richiesta e finalizzato ad attuare la trasparenza e a verificare limparzialit dell'operato della pubblica amministrazione. (17) Cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 13 ottobre 1999, n. 1577; Cons. di Stato, sez. VI, 26 aprile 2005, n. 1896; vedi invece Cons. di Stato, sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1923, secondo cui Tra i casi di segreto previsti dallordinamento a preclusione del diritto di accesso, rientra quello istruttorio in sede penale, delineato dallart. 329 c.p.p., a tenore del quale gli atti di indagine compiuti dal p.m. e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando limputato non ne possa avere conoscenza e comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. (18) Cfr. TAR Lombardia, sez. I, 17 ottobre 2006, n. 2013, citata nella nota 16. DOTTRINA 369 Lespropriazione per pubblica utilit Atti emessi in carenza sopravvenuta di potest ablatoria e pregiudiziale amministrativa Francesco Scaglione* Nel campo dellespropriazione per pubblica utilit, da sempre, il Giudice Ordinario ritiene disapplicabili, perch emessi in carenza di potest ablatoria, i provvedimenti espropriativi pronunziati dopo la scadenza dei termini fissati per il compimento delle opere e delle espropriazioni (e la conseguente decadenza della pubblica utilit). Il Giudice Amministrativo, invece, ha, da sempre, ritenuto quei provvedimenti illegittimi e, perci, annullabili, mediante ricorso giurisdizionale, da esperirsi entro il termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica, o dalla conoscenza; o, al limite, mediante Ricorso Straordinario al Capo dello Stato, con un termine decadenziale doppio. In mancanza di tempestiva impugnazione, il provvedimento, bench illegittimo, consolidava, per sempre, la sua efficacia. Fino a quando lazione demolitoria e quella risarcitoria appartenevano, luna, alla giurisdizione del Giudice Amministrativo e, laltra, a quella del Giudice ordinario, il contrasto non creava gravi problemi, perch, chi aveva interesse ad una riparazione in forma specifica, sperimentava tempestivamente lazione demolitoria, mentre la disapplicazione del provvedimento, da parte del Giudice Ordinario, non incideva sulla disponibilit del bene da parte del beneficiario del provvedimento ablatorio illegittimo, dato che il detto Giudice accordava riparazioni solo per equivalente (avendo creato la figura, pur inaccettabile sul piano sistematico, del trasferimento della propriet alloccupante, per accessione invertita). Il contrasto divenuto, invece, problematico, allorch larticolo 34 del Decreto Legislativo 80/1998, come reiterato dallarticolo 7 della Legge 205/2000, ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo le azioni risarcitorie nascenti da comportamenti della Pubblica Amministrazione, che, pur essendo illeciti, siano, comunque, espressioni dellesercizio del potere alla stessa attribuito; o, quantomeno, da quando, dopo un lungo periodo di incertezza in ordine alla costituzionalit di detta attribuzione, la sentenza 11 maggio 2006 n. 191 della Corte Costituzionale lha resa pacifica. Da allora, un decreto di espropriazione emesso in sopravvenuta carenza di potest ablatoria, ma non tempestivamente impugnato per lannullamento, (*) Avvocato in Locri del Foro di Reggio Calabria. 370 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3 /2010 determina una situazione paradossale ed in evidente contrasto, sia con gli articoli 42 e 24 della Costituzione, sia con larticolo 1 del Protocollo Aggiuntivo 1 e con larticolo 6, paragrafo 1, della C.E.D.U.. Chi si rivolgesse alla Corte dAppello, Giudice di Unico Grado, per la liquidazione giudiziale dellindennit, ne avrebbe una sentenza di inammissibilit della domanda, per disapplicazione del decreto di espropriazione, la cui efficacia presupposto indefettibile del diritto allindennit. Chi si rivolgesse al T.A.R., per ottenere il risarcimento del danno per occupazione divenuta illegittima, si vedrebbe opporre la cosiddetta pregiudiziale amministrativa e sentenziare linammissibilit della domanda, essendo inconcepibile il risarcimento a seguito di un provvedimento efficace, perch non tempestivamente impugnato. In conclusione, il proprietario non potrebbe conseguire, n indennit, n risarcimento! N situazioni come quella ipotizzata sono rare, perch, come si detto, solo da qualche anno, chiaro, a tutti, che lazione demolitoria da proporsi in ogni caso, tanto pi che la riparazione, cos in forma specifica, come per equivalente, pu essere domandata, contestualmente, allo stesso Giudice Amministrativo; sono, perci, molti i decreti di espropriazione intempestivi rispetto ai termini di decadenza della pubblica utilit non impugnati per annullamento negli anni precedenti ed in quelli immediatamente successivi alla Legge 205/2000. Un tentativo di buon senso per risolvere il problema era stato operato in due arresti, uno del T.A.R. di Trento (24 aprile 2008 n. 97) ed uno della Quinta Sezione (31 maggio 2007 n. 2822), che, pur tenendo ferma lefficacia dei provvedimenti non impugnati e limpossibilit, perci, di una reintegrazione in forma specifica, avevano dichiarato ammissibile una verifica incidentale dellillegittimit di quei provvedimenti, allo scopo di accordare una riparazione per equivalente. Ma tali arresti erano stati disattesi da successive pronunzie dellAdunanza Plenaria. Infine, le Sezioni Unite (con una sentenza che d limpressione, in verit, di unautentica forzatura, perch il tema affrontato non era neanche funzionale rispetto al decisum) pur dichiarando inammissibile il ricorso principale e rigettando quello incidentale avverso una sentenza del Consiglio di Stato, che aveva opposto al ricorrente la pregiudiziale amministrativa, pronunziava, ai sensi dellarticolo 363 c.p.c., nellinteresse della legge, il principio di diritto: Proposta al Giudice Amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al risarcimento del danno prodotto nellesercizio illegittimo della funzione amministrativa, viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del Giudice Amministrativo che nega DOTTRINA 371 la tutela risarcitoria degli interessi legittimi, sul presupposto che lillegittimit dellatto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento (vedi S.U. 23 dicembre 2008 n. 30254). La presa di posizione delle Sezioni Unite ha creato una impasse presso la Giustizia Amministrativa, le cui sentenze, se avessero opposto la pregiudiziale amministrativa, sarebbero state suscettibili di annullamento. Sembrava che il contrasto fosse destinato ad essere sanato attraverso lattuazione della delega conferita al Governo dallarticolo 44 della Legge 18 giugno 2009 n. 69 per il riordino del processo amministrativo, che stabiliva che i decreti delegati dovessero disciplinare le azioni e le funzioni del Giudice prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la parte vittoriosa. Il Governo, avvalendosi della facolt di cui allarticolo 14 n. 2 del testo Unico 26 giugno 1924 n. 1054, commetteva al Consiglio di Stato una proposta di articolato per il decreto legislativo e, presso il Consiglio di Stato, secondo le prescrizioni dello stesso articolo 44 n. 4 della Legge 69/2009, si formava una Commissione costituita da Magistrati della Giurisdizione Amministrativa, esperti esterni e membri dellAvvocatura dello Stato. Il testo licenziato dalla Commissione era rimesso al Governo, che lo modificava notevolmente e lo inviava, il 30 aprile 2010, al Presidente del Senato, per lacquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari. Nel detto testo e per quel che interessa il problema sopra segnalato, larticolo 30 ammette che lazione di condanna al risarcimento del danno possa essere proposta, nei casi di giurisdizione esclusiva, autonomamente, rispetto a quella di annullamento; ma, al terzo comma, fissa, per lazione di risarcimento per lesione di interessi legittimi, un termine di decadenza di centoventi giorni dal fatto o dalla conoscenza del provvedimento. Termine coincidente, in pratica, con quello per il Ricorso straordinario al Capo dello Stato, che costituisce lalternativa, per la domanda demolitoria, al Ricorso giurisdizionale. Vero che il termine di decadenza riguarda la domanda risarcitoria per la lesione di interessi legittimi e non dei diritti soggettivi; ma, soltanto nella prospettiva di disapplicazione del provvedimento espropriativo illegittimo, la pretesa di reintegrazione del proprietario pu considerarsi fondata sulla lesione del diritto soggettivo riespanso. Se il provvedimento si considera, alla stregua della Giurisprudenza Amministrativa, consolidato dalla mancata impugnazione ed efficace, la situazione soggettiva sottesa alla pretesa risarcitoria potrebbe restare classificabile come interesse legittimo e lazione risarcitoria, perci, soggetta al termine decadenziale. Il compromesso in ordine alla pregiudiziale amministrativa , perci, soltanto apparente, dato che, sul piano sostanziale, la situazione resta im- 372 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 3 /2010 mutata. Non prevista neanche una norma transitoria, che, almeno, salvi le domande risarcitorie pendenti e, per le situazioni pregresse non ancora dedotte in giudizio, faccia decorrere il termine di decadenza dallentrata in vigore del decreto legislativo in gestazione. Continuer il braccio di ferro con la Cassazione? Certo, situazioni come quella sopra ipotizzata, di negazione, da parte della giurisdizione ordinaria del diritto allindennit e, da parte di quella amministrativa, del diritto alla reintegrazione per equivalente, potranno essere denunziate alla Corte Europea dei Diritti dellUomo. E, se vi sar una decisione che condanni la detta situazione come in contrasto con le gi ricordate clausole della convenzione, i Giudici interni vi si dovranno adeguare direttamente, senza necessit di un previo intervento della Corte Costituzionale sotto il parametro dellarticolo 117 della Costituzione. La definitiva entrata in vigore, nellUnione, del Trattato di Lisbona, che recepisce nellambito del diritto comunitario la Convenzione Europea dei Diritti dellUomo, ne rende le clausole direttamente applicabili dal Giudice interno, che si deve, peraltro, attenere allinterpretazione datane dalla Corte di Strasburgo. Non pi, cio, la Corte Costituzionale che, in applicazione dellarticolo 117, deve imporre al legislatore interno, salvi i controlimiti, di adeguarsi al trattato internazionale, bens il Giudice interno, che direttamente soggetto al diritto comunitario. Daltronde, larticolo 1 del progetto del Codice del Processo Amministrativo recita: La Giurisdizione Amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo. Dati i tempi, ormai lunghi, della Corte di Strasburgo, soffocata da una quantit enorme di Ricorsi, si potrebbe anche tentare di chiedere la denunzia alla Corte Costituzionale, sotto i parametri degli articoli 42 e 24, dellarticolo 30 del decreto allegato (ove restasse nella formulazione attuale), in quanto non prevede lesenzione dal termine decadenziale delle azioni risarcitorie pendenti, proposte rispetto a provvedimenti ablatori non tempestivamente impugnati per annullamento e, per quelle non ancora proposte, non prevede che il termine decorra dallentrata in vigore della Legge. Non cՏ dubbio, infatti, che, da quando pacifico, dopo la sentenza n. 19/2006 della Corte Costituzionale, che la giurisdizione esclusiva di cui allarticolo 34 del Decreto Legislativo 80/1998, come reiterato dallarticolo 7 della Legge 205/2000 comprende le domande risarcitorie da provvedimenti espropriativi pronunziati in carenza sopravvenuta di potest ablatoria, si pu anche ritenere che la tutela della relativa situazione soggettiva sia sufficiente, perch nota, cos lopportunit di ricorrere, contestualmente, per lannul- DOTTRINA 373 lamento e per il risarcimento, come, da quando entrer in vigore larticolo 30 del Decreto delegato in questione, la possibilit di optare, entro lo stretto termine decadenziale, per la sola domanda risarcitoria. Ma altrettanto indubbio che non sufficiente la tutela per le analoghe situazioni soggettive dovute a provvedimenti pronunziati prima del maggio 2006, allorch chi optava per la reintegrazione per equivalente era certo di potersi rivolgere al Giudice ordinario, che avrebbe disapplicato il provvedimento ed accordato il risarcimento del danno. R E C E N S I O N I SIMONA BRICCOLA, Libert religiosa e Res Publica (Pubblicazioni della Universit di Pavia, Facolt di Giurisprudenza, Studi nelle Scienze Giuridiche e Sociali, Casa editrice CEDAM, 2009) Recensione di Gabriella Palmieri* Il libro scritto da Simona Briccola intitolato "Libert religiosa e Res Publica", pubblicato dalla casa editrice CEDAM, affronta la tematica della libert religiosa muovendosi nell'ottica delle discipline pubblicistiche in generale e del diritto amministrativo in particolare, come, peraltro, precisato dalla stessa autrice nell'introduzione al libro. L'autrice muove dalla considerazione che sia possibile costruire una diversa configurazione giuridica del diritto di libert religiosa in relazione ai diversi rami del diritto vigente che se ne occupano, sino a delineare una sorta di "codice amministrativo ecclesiastico", anche in considerazione della rilevante produzione giurisprudenziale amministrativa in materia, ricordando, a titolo esemplificativo e successivamente approfondendola, la questione della legittimit della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. Lautrice ricostruisce anche l'apporto dottrinale, invero meno copioso di quello giurisprudenziale, che affonda le sue radici nella visione illuministica e liberale del diritto di libert religiosa, ripercorrendone lo sviluppo intellettuale sino al Concilio Vaticano II; e sottolineando come il risveglio post-conciliare sia da attribuire pi agli autori di opere di diritto costituzionale italiano che agli autori di opere di diritto amministrativo. Come dichiara la stessa autrice, lo scopo principale del suo lavoro quello di descrivere, senza alcuna pretesa di esaustivit, ma nel modo pi (*) Avvocato dello Stato. 376 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N.3/2010 organico ed obiettivo possibile, la problematica delle manifestazioni del credo religioso all'interno degli spazi pubblici istituzionali, muovendo a tal fine dall'oggetto del diritto anzich dai soggetti che ne sono titolari. Prende, pertanto, in considerazione i principali contesti politico-istituzionali, analizza la giurisprudenza amministrativa del plesso TAR Consiglio di Stato, con uno sguardo alla giurisdizione europea, verso la quale, invece, secondo l'autrice, il giudice nazionale mostra ancora troppo scarso interesse; senza trascurare l'esame delle prassi amministrative e dei regolamenti comunali. Il libro suddiviso in tre capitoli che rappresentano anche le tre linee concettuali della tesi sostenuta dallautrice: 1) la libert religiosa esaminata nei suoi ambiti di definizione e nei suoi ambiti di espansione, dove si segnala, in particolare, lanalisi dell'interazione del fattore religioso con gli spazi pubblici sotto molteplici profili (ristorazione; l'ambito sanitario-ospedaliero; luoghi di culto; cimiteri; circoncisione); 2) la libert religiosa esaminata alla luce della recente giurisprudenza amministrativa in determinati ambiti (come labbigliamento, con particolare attenzione verso il velo islamico, al c.d. affaire du foulard, con ampi riferimenti giurisprudenziali italiani e, soprattutto, con particolare riguardo alla decisione della CEDU del 2008 in tema di libert religiosa e del Consil d'Etat francese; o come il crocifisso), con una valutazione finale sulle interazioni con il diritto di libert religiosa negli spazi pubblici, in precedenza analizzato; 3) la libert religiosa che si afferma tra lambito normativo e la prassi amministrativa (in tema di soggiorno obbligato al fine di esercizio del culto e in tema di cerimonie religiose). La trattazione dei predetti argomenti avviene su un doppio livello teorico e pratico-giurisprudenziale, giungendo alla conclusione che il pi corretto approccio alla soluzione dei problemi pratici che sorgono sul tema della libert religiosa sia rappresentato dallequo bilanciamento tra le esigenze di manifestazione di appartenenza religiosa dei singoli utenti di un pubblico servizio e il principio di laicit dello stato. Secondo lautrice, infatti, la ricerca deve approdare all'individuazione di una "identit culturale" all'interno di un sistema pluralistico religioso, enfatizzando il dialogo interreligioso e interculturale e giungendo, quindi, ad assicurare la libert effettiva dei propri cittadini da parte di uno Stato laico senza discriminazioni nei confronti della scelta religiosa. Il libro affronta cos una tematica interessante, di grande e immediata attualit con un approccio concettuale che privilegia lottica del diritto amministrativo. Il libro va senzaltro segnalato per la completezza della trattazione, anche se la data della sua pubblicazione, nel 2009, non ha consentito all'Autrice di occuparsi della recente e ormai famosissima decisione in ma- RECENSIONI 377 teria di esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche emanata dalla CEDU, in relazione alla quale in corso di esame da parte della Grand Chambre il ricorso presentato dal Governo italiano (1). Si pu, quindi, suggerire allautrice di preparare, dopo la decisione definitiva della CEDU, una nuova edizione del libro, per analizzare in dettaglio e commentare diffusamente tale pronuncia. (1) Gli atti della causa Lautsi c. Italia sono consultabili sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento affari giuridici e legislativi - Ufficio contenzioso, per la consulenza giuridica e per i rapporti con la Corte europea dei diritti delluomo, www.governo.it/Presidenza/contenzioso. Finito di stampare nel mese di ottobre 2010 Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma