ANNO LXII - N. 1 GENNAIO-MARZO 2010 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Maurizio Fiorilli - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Maria Vittoria Lumetti - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Antonella Quirini HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Federica Angeli, Andrea Carbone, Antonino Cimellaro, Gabriella DAvanzo, Rolando Dalla Riva, Monica De Angelis, Federico Dinelli, Michele Dipace, Chiara Di Seri, Oscar Fiumara, Franco Giampietro, Flaminia Giovagnoli, Ennio La Placa, Morena Pirollo, Pamela Ricchio, Marina Russo, Aurelio Schiavone. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 antonella.quirini@avvocaturastato.it - tel. 066829205 ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO EDITORIALE TEMI ISTITUZIONALI Intervento dellAvvocato Generale dello Stato Avv. Oscar Fiumara in occasione della Cerimonia di Inaugurazione dellAnno Giudiziario 2010. Assemblea Generale della Corte Suprema di Cassazione Roma, 29 gennaio 2010 LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE Pamela Ricchio, Procedure di aggiudicazione di lavori pubblici: se la gestione non spetta al costruttore la gara di lavori e non una concessione (C. giustizia, III Sez., sent. 13 novembre 2008 nella causa C-437/07) Federica Angeli, Concessioni di pubblici servizi: per i partenariati pubblico- privati istituzionalizzati una singola procedura nel rispetto dei principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parit di trattamento (C. giustizia, III Sez., sent. 15 ottobre 2009 nella causa C-196/08) Lorenzo DAscia, Sulla coerenza del disegno comunitario del regime di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri (C. giustizia, III Sez., sent. 22 ottobre 2009 nelle cause riunite C-261/08 e C-348/08) Giuseppe Fiengo, La legittimazione dei soggetti pubblici a partecipare alle gare dappalto. Apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura pi ampia possibile (C. giustizia, IV Sez., sent. 23 dicembre 2009 nella causa C-305/08) Chiara Di Seri, Sulla necessaria equivalenza delle condizioni di ammissibilit dellazione di responsabilit dello Stato legislatore (C. giustizia, Grande Sezione, sent. 26 gennaio 2010 nella causa C-118/08) CONTENZIOSO NAZIONALE Michele Dipace, Sul procedimento di approvazione e modifica degli statuti regionali autonomi. Lo Stato in veste di garante della istanza unitaria che connota il pluralismo istituzionale della Repubblica, indirizzandolo verso losservanza della Costituzione (C. cost., sent. 8 maggio 2009 n. 149) pag. 1 3 9 19 40 53 64 73 Paolo Gentili, Limiti al valore probatorio degli studi di settore (Cass., Sez. Un., sent. 18 dicembre 2009 n. 26635). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Morena Pirollo, Prescrizione e decadenza del diritto allindennizzo in materia di legge Pinto (CdA di Napoli, Sez. quarta civ., decr. 17 marzo 2008; CdA di Potenza, Sez. civ., decr. 28 aprile 2009; CdA di Napoli, Sez. prima civ., decr. 4 agosto 2008; Cass. civ., Sez. Un., sent. 26 gennaio 2004 n. 1339; Cass. civ., Sez. Un., sent. 23 dicembre 2005 n. 28507; Cass. civ., Sez. I, sent. 13 aprile 2006 n. 8712; Cass. civ., Sez. I, sent. 20 giugno 2006 n. 14286) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Federico Dinelli, Sul rapporto fra tutela costitutiva e risarcitoria nel giudizio amministrativo: osservazioni sulla disapplicazione dei provvedimenti presupposti favorevoli al privato (Cons. St., Sez. IV, sent. 21 aprile 2009 n. 2435) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alfonso Mezzotero, LUfficio del Commissario Delegato ex art. 5, l. n. 225 del 1992: natura giuridica ed ambito dei poteri straordinari riguardo la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (TAR Lazio, Roma, Sez. I, sent. 18 febbraio 2009 n. 1656) . . . . . . . . . . Flaminia Giovagnoli, Sul contenuto e i limiti nellimposizione del vincolo di tutela indiretta (TAR Emilia Romagna, Parma, Sez. I, sent. 20 ottobre 2009 n. 684) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Michele Dipace, Contenzioso in tema di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato. Legge 15 luglio 2009 n. 94, art.1, co. 13 - AL 34186/08 Gabriella DAvanzo, Procedura esecutiva adottata dal creditore a seguito di pronuncie di equa riparazione - AL 13887/02 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marina Russo, Indennizzo ex legge n. 210/92. Rivalutazione di parte o dellintero importo dellindennizzo - AL 7530/06 . . . . . . . . . . . . . . . . . . Maurizio Borgo, Disciplina del dissenso in materia di autorizzazione per la costruzione e manutenzione di impianti alimentati da fonti rinnovabili - AL 9028/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alfonso Mezzotero, Gestione e procedimento di destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali - A.D.S. Catanzaro, AL 8190/2009 pag. 83 91 127 160 196 205 207 210 213 217 LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Antonino Cimellaro, La trascrizione del decreto desproprio (o dellatto equivalente) nel nuovo T.U. espropri e gli effetti sui diritti dei terzi. . . . Rolando Dalla Riva, I numeri degli avvocati pubblici ed il contenzioso delle pubbliche amministrazioni.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Monica De Angelis, Devoluzione e federalismo fiscale in sanit . . . . . . Ennio La Placa, Il dottorato di ricerca al servizio della pubblica amministrazione. Prospettive alla luce delle riforma Brunetta. . . . . . . . . . . . RECENSIONI AA.VV., a cura di Franco Giampietro, Commento alla direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti. Quali modifiche al Codice dellambiente?, IPSOA, 2009 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Andrea Carbone, Lazione risarcitoria nel processo amministrativo dopo la L. 69/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alfonso Mezzotero, La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo in attesa dellattuazione della direttiva ricorsi n. 2007/66 e del nuovo Codice del processo amministrativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 221 229 244 262 269 273 289 La Rassegna dellAvvocatura dello Stato deve molto allavv. Oscar Fiumara, direttore responsabile per sei anni (1999-2005) della Rivista e, poi, Avvocato Generale dello Stato, collocato in questi giorni a riposo, per raggiunti limiti det. Ha diretto la Rassegna in anni difficili, nel momento in cui sembrava che il dilagare dellinformatica e la crisi degli apparati dello Stato centrale non lasciassero pi spazio ai quattro fascicoli a stampa annuali della Rivista, che, pur aveva segnato, a partire dal Secondo Dopoguerra, un importante momento di elaborazione ed approfondimento del diritto delle pubbliche amministrazioni in Italia. Lavv. Oscar Fiumara invece ci ha creduto e, con pazienza, ha cominciato a riannodare le fila di un discorso culturale, che mantiene vivo il senso di unistituzione importante, qual lAvvocatura dello Stato; la tempestivit e la continuit della Rassegna ne sono un chiaro punto di emersione. La direzione della Rivista, affidata ad Oscar Fiumara, ha fatto alcune scelte importanti. In primo luogo, assecondando una vocazione professionale del direttore a lungo praticata, ha dato spazio al diritto comunitario, a quello espresso dalle decisioni della Corte di Giustizia dellUnione Europea e a quello in fieri nei giudizi in corso. In questo settore lAvvocatura dello Stato, che in nome del Governo italiano pu intervenire in tutte le questioni pregiudiziali ed assume la difesa sulle contestazioni di inadempimento, appare effettivamente in grado di offrire ai lettori un quadro sufficientemente preciso degli orientamenti del diritto europeo. Una seconda decisione importante stata quella di dar corso, previa autorizzazione delle amministrazioni interessate, alla pubblicazione delle consultazioni rese dallAvvocatura dello Stato, ed in particolare dei pareri esaminati dal Comitato Consultivo. Si tratta di atti che rischiavano di andare dispersi nella memoria delle prassi amministrative e che, invece, con la pub- E D I T O R I A L E 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 blicazione e con la diffusione presso gli operatori giuridici, divengono parte integrante della dottrina; ed effettivamente molti dei lavori dei nostri colleghi, per gli approfondimenti che recano e le soluzioni proposte, meritano unadeguata considerazione presso un pubblico pi esteso. La terza innovazione fatta dallavv. Oscar Fiumara ha invece carattere organizzativo: a partire dallanno 2000 la Rassegna dellAvvocatura dello Stato viene attrezzata con un Comitato Scientifico, composto, oltre che dallAvvocato Generale o da un suo Vice Avvocato Generale, dai professori universitari pi autorevoli nelle rispettive discipline. Lapertura culturale della Rivista compiuta attraverso il confronto istituzionale che si viene ad instaurare tra la ricerca universitaria nel settore giuridico e lAvvocatura dello Stato. Si tratta, come si vede, di innovazioni importanti. Eppure non sono questi i meriti principali che si avvertono nellattivit svolta. Gli elementi che pi caratterizzano la direzione della Rassegna di Oscar Fiumara e, poi, i suoi interventi sulla Rivista da Avvocato Generale dello Stato (si tratta pur sempre di una pubblicazione di servizio) vanno ricercati nel senso di serenit e libert che lIstituto ha offerto a quanti, collaboratori esterni o redattori-avvocati, hanno contribuito in questi dieci anni a fare la Rivista. Di questo senso di pienezza nel lavoro, dellequilibrio sempre manifestato nelle scelte delle cose da pubblicare e di quelle da approfondire, nella libert di scegliere temi e metodi scientifici che risultavano agli Autori pi consoni alla funzione svolta, caro Oscar, ti siamo grati. Nella seduta di oggi 1 marzo 2010 il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina ad avvocato generale dello Stato del collega vice avvocato generale Ignazio Francesco Caramazza con decorrenza 22 marzo prossimo, data del mio collocamento a riposo per raggiunti limiti di et. Allillustre collega e carissimo amico Ignazio formulo tutti i miei migliori auguri e invio un caloroso saluto e un abbraccio affettuoso. Oscar Fiumara(*) (*) Comunicato e-mail dellAvvocato Generale inviato luned 1 marzo 2010 - 14,04 da Segreteria Particolare. T E M I I S T I T U Z I O N A L I Intervento dellAvvocato Generale dello Stato Avv. Oscar Fiumara in occasione della Cerimonia di Inaugurazione dellAnno Giudiziario 2010 Assemblea Generale della Corte Suprema di Cassazione Roma, 29 gennaio 2010 Signor Presidente della Repubblica, Autorit, Signor Presidente della Corte di Cassazione, Signore e Signori ho lonore di poter evidenziare brevemente, in questa solenne circostanza, lapporto che lAvvocatura dello Stato continua a dare al Potere esecutivo, rappresentando e difendendo in giudizio, in modo organico ed esclusivo, le amministrazioni e gli enti che si avvalgono del suo patrocinio; al Potere giudiziario, contribuendo con lealt ed obiettivit alla risoluzione delle controversie; al Potere legislativo, suggerendo direttamente o indirettamente le soluzioni idonee alla miglior tutela degli interessi pubblici; il tutto in una sintesi che rappresenta la reale funzione dellIstituto a tutela dellinteresse pubblico e della collettivit. Anche nellanno 2009 il numero degli affari nuovi impiantati dallAvvocatura, nella sua struttura complessiva articolata nella sede romana e nelle 25 sedi distrettuali, stato imponente. Si tratta di 209.995 affari (che si aggiungono alle centinaia di migliaia antecedenti ancora pendenti nei vari gradi di giudizio): pur escludendo circa 35.000 fascicoli bagatellari senza effettivo seguito, residua sempre un cospicuo numero di circa 175.000 affari cui corrisponde un numero altrettanto elevato di sentenze di ogni ordine e grado, pari a 132.552: la percentuale di cause totalmente vinte si aggira, a seconda delle sedi, intorno al 60/65%; negli altri casi la soccombenza spesso molto limitata. 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Affrontiamo questo carico di lavoro con un organico di circa 370 avvocati e circa 850 impiegati amministrativi. La spesa per lo Stato, comprensiva di ogni voce, di 161.709.624 (il che significa che mediamente una causa costa allo Stato circa 900 euro): la parte preponderante di questa spesa costituita dagli oneri per il personale, mentre le spese di funzionamento ammontano a soli 10 milioni di euro di cui 2 milioni per linformatica. Ringrazio il Governo per aver proposto, accogliendo le nostre richieste, alcune norme di grande utilit per la funzionalit dellIstituto e ringrazio il Parlamento per averle approvate: mi riferisco, in particolare, alla recente norma che ha consentito una partecipazione del personale amministrativo alla distribuzione dei proventi per onorari di cause vinte, risolvendo cos, con equit ed equilibrio, unantica questione. Mi permetto per di insistere su alcune altre richieste che ho riformulato: ho chiesto listituzione di un ruolo, anche molto contenuto, di dirigenti amministrativi, perch sia loro affidato il compito di gestione di alcuni servizi dellAvvocatura, ora svolto impropriamente e illogicamente da avvocati, sottratti cos alle loro funzioni naturali (credo che lAvvocatura sia lunica amministrazione statale priva di dirigenti amministrativi); - ho chiesto altres alcune misure che consentano uno sviluppo di carriera ai giovani; - e ho sottoposto infine allattenzione della Presidenza del Consiglio lopportunit di costituire una sede dellAvvocatura a Lussemburgo, per una cura pi diretta degli affari comunitari, che ci impegnano ormai stabilmente, nonch eventualmente di alcune delle cause dinanzi alla Corte di Strasburgo, in sinergia con il Ministero della Giustizia. Tali misure, unite magari non appena possibile ad un sia pur modesto aumento degli organici, ormai indispensabile, in particolare per quanto riguarda il personale amministrativo gravemente carente, assicurerebbero un servizio certamente pi produttivo alle amministrazioni patrocinate e al sistema giustizia. Certamente di grande aiuto stato per noi lavvento dellinformatica, senza la quale non avremmo potuto far fronte alla mole di lavoro sempre crescente ad organici invariati. Essa occupa un ruolo strategico per lo svolgimento dei compiti istituzionali. Gli sforzi compiuti ed i risultati raggiunti con le risorse a disposizione costituiscono un grande traguardo. Abbiamo modernizzato le tecnologie con unoperazione ad altissimo rischio ma perfettamente riuscita, migliorando la piattaforma tecnologica del nostro sistema, mettendolo al riparo da un inevitabile tracollo. E abbiamo insistito nel completamento dei progetti di scambio con le amministrazioni, in particolare con lAgenzia delle Entrate, e con le giurisdizioni, automatizzando linvio delle sentenze, come gi avviene con alcuni TAR: queste sono state e continuano ad essere le nostre priorit. E lo sono anche per il legislatore, che ha previsto il contributo dellAvvocatura dello Stato nelle determinazioni da assumere su alcune innovazioni tecnologiche relative al processo civile. Ma tali priorit devono essere tenute presenti anche TEMI ISTITUZIONALI 5 da coloro che con lAvvocatura devono realizzare quanto concordato. LAvvocatura una Pubblica Amministrazione: pur se di fronte ai giudici perfettamente paritaria rispetto ai colleghi del libero foro, tuttavia e resta una Istituzione pubblica, con la conseguente necessit di contenere la spesa, armonizzare lefficienza del proprio servizio in accordo con le giurisdizioni e trovare nelle amministrazioni le collaborazioni e le effettive soluzioni per rendere insieme un migliore servizio alla collettivit. In uno scenario fatto di sistemi interagenti con un forte grado di accoppiamento, la lentezza o linadeguatezza di un sistema inevitabilmente condizionerebbe il percorso dellintero processo. Ne abbiamo avuto la riprova con la giustizia civile e con le difficolt di allineare gli scambi informatizzati imposti dal legislatore. Il successo dellautomazione anche per lAvvocatura si misurer a lungo termine: per poterlo ottenere necessaria una continuit di governo che va dal concepimento alla progettazione, dal monitoraggio dellimplementazione e la conduzione verso il normale esercizio, mantenendo tuttavia sempre allinterno della Pubblica Amministrazione il governo di tali processi, anche e soprattutto con un reale investimento su figure professionali idonee da inserire allinterno dei gangli delle amministrazioni. Il nostro lavoro si sviluppato, anche questanno, su tutti i fronti. In circa 800 affari abbiamo trattato importantissime questioni dinanzi alla Corte Costituzionale e ai Giudici comunitari: cito, ad esempio, per la prima, i giudizi relativi al segreto di Stato (in relazione alla nota vicenda Abu Omar) e alla normativa sulla sospensione dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato; il giudizio sulla legge regionale sarda istitutiva di unimposta sugli scali turistici nellisola, che ha provocato il primo rinvio pregiudiziale della Corte Costituzionale alla Corte di giustizia delle C.E.; e quanto al contenzioso comunitario mi limito a ricordare le sentenze della Corte di giustizia sui poteri cautelari dei giudici nazionali in materia di affidamento dei figli minori, nonch sulla titolarit delle imprese farmaceutiche e sul sistema nazionale di determinazione dei prezzi dei prodotti farmaceutici a carico del Servizio sanitario nazionale. Dinanzi alla Corte dellAja stiamo esponendo le nostre ragioni nella causa promossa dalla Germania a proposito della giurisdizione affermata dalla Corte di cassazione italiana sulle richieste risarcitorie avanzate in relazione ai crimini nazisti. Di mero supporto stata la nostra presenza nelle cause dinanzi alla Corte europea dei diritti delluomo (mi riferisco in particolare alla questione relativa alla confisca di beni sui quali siano stati commessi abusi edilizi): ma auspichiamo una nostra collaborazione pi incisiva. Vastissimo e variegato il contenzioso davanti ai giudici ordinari. Mi limito a ricordare le controversie relative allirragionevole durata dei processi (in applicazione della c.d. legge Pinto). Siamo nellordine di 26.000 cause 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 aperte nel 2009, che producono un esborso per lo Stato molto elevato, con un effetto perverso dato dal moltiplicarsi delle cause, con laccrescimento esponenziale della spesa, conseguente al ritardo nellesecuzione delle pronunce di condanna: assolutamente necessario che si snellisca il procedimento di pagamento effettuando tempestivi e idonei stanziamenti; ed , ovviamente, particolarmente necessario che si intervenga a livello normativo e organizzativo per ridurre alla radice il fenomeno della durata irragionevole dei processi, nefasto non solo e non tanto per le casse dello Stato, ma anche e soprattutto per linteresse dei cittadini ad una giustizia rapida ed effettiva. Cito ancora a titolo esemplificativo il vasto contenzioso in tema di lavori pubblici; sullemergenza rifiuti (particolarmente in Campania); sul risarcimento danni derivanti da contagio per trasfusione di emoderivati; sul flusso migratorio di cittadini extracomunitari (il Comune di Lampedusa ha rivendicato un danno allimmagine per il clamore mediatico dei respingimenti); ancora le cause risarcitorie per il disastro aereo di Ustica; i nostri interventi a favore di Stati esteri (Cina, Albania, Iran e altri Paesi mediorientali) minacciati da procedure esecutive nel territorio nazionale; le controversie sui compensi ai medici specializzandi; quelle sul trattamento carcerario fondate sulla convenzione europea per i diritti delluomo. Consistente il contenzioso in materia penale, dove il nostro ruolo essenzialmente quello della parte civile, pur non mancando posizioni di difesa di pubblici dipendenti incriminati per fatti e cause di servizio previa valutazione di coincidenza con gli interessi dellamministrazione di appartenenza: sotto il primo aspetto segnalo, fra i tanti, i processi relativi alla strage di piazza della Loggia a Brescia; a Calciopoli a Napoli; i processi contro i capi storici di Cosa Nostra e quello c.d. Addio Pizzo in Sicilia; le frodi relative allampliamento della linea metropolitana di Catania; i reati ambientali, con particolare riferimento alle discariche abusive, allo smaltimento e al mercato clandestino dei rifiuti (in specie in Campania); sotto il secondo profilo la difesa dei militari ritenuti incolpevoli nei processi relativi ai danni da contaminazione dellamianto sulle navi da guerra, o dei comandanti di unit navali incriminati per episodi pur dolorosi compiuti in servizio (episodio della corvetta Sibilia). Altrettanto importante e significativo il nostro contributo nellambito della giustizia amministrativa, dove ancor pi significativa la nostra posizione a tutela della correttezza e trasparenza dellazione amministrativa. Si tratta di oltre 25.000 cause dinanzi ai tribunali amministrativi regionali e oltre 4.000 cause dinanzi al Consiglio di Stato (o al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia: circa 700), dove la percentuale di cause vinte del 70%. Si sono agitate questioni, singole o seriali, di grande interesse sociale ed economico: cito fra le tante la prosecuzione delle cause relative allampliamento della base militare statunitense Dal Molin a Vicenza; la delicatissima questione della nutrizione e alimentazione nei confronti di persone in stato ve- TEMI ISTITUZIONALI 7 getativo persistente (caso Englaro); la vertenza Telecom / Ministero Economia e Finanze, sulla pretesa restituzione di somme versate a titolo di canone di concessione di servizi di telecomunicazione, il cui esito positivo definitivo, in un contesto molto delicato, ha evitato allo Stato un esborso di oltre 500 milioni di euro (pari ad almeno un triennio della spesa per lintera Avvocatura); le delicate cause relative ai provvedimenti delle Autorit indipendenti (circa 650); quelle relative alla spesa sanitaria in Sicilia; alla determinazione del prezzo dei farmaci e alle tariffe per la remunerazione delle prestazioni sanitarie; il vasto e delicato contenzioso, in continuo aumento, proposto da magistrati ordinari contro il Consiglio Superiore della Magistratura per lattribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi; i numerosissimi ricorsi relativi ai concorsi per notaio e per uditore giudiziario e agli esami di ammissione alla professione legale. Concludo questa sintesi ricordando una parte rilevantissima e prestigiosa del nostro lavoro, quello relativo alla nostra presenza dinanzi alla Corte di cassazione che oggi solennemente ci ospita. Nellanno decorso si sono avute ben 11.430 nuove cause, nelle quali abbiamo assunto le vesti di ricorrenti o resistenti, e abbiamo avuto 10.966 sentenze (il 60% favorevoli). Mi piace segnalare la grande armonia nella quale lavoriamo con i magistrati della Corte (e in primo luogo con il suo Presidente) e mi limito a segnalare il capillare lavoro interpretativo svolto dalla Corte in materia tributaria, attraverso 6.287 sentenze (il 55% di quelle emesse nelle nostre cause); lo sforzo per definire il pi rapidamente e funzionalmente possibile le controversie sulla legge Pinto (1.901 sentenze); la definitiva chiusura del delicato contenzioso sul trattamento tributario delle fondazioni bancarie; il riconoscimento della natura indennitaria dellobbligazione ex lege dello Stato per lomessa o tardiva trasposizione di direttive comunitarie (dove per emerso un dissenso della Sezione Lavoro). Mi sia permesso accennare, per, ad una notevole difficolt in cui operiamo per via di una interpretazione sempre pi preclusiva e formalistica del pur gi rigoroso art. 366 bis cod. proc. civ.: la norma ha certamente consentito la rapida eliminazione di un tipo di contenzioso sbadatamente proposto, ma la progressione nel tempo di criteri interpretativi sempre pi restrittivi, non prevedibili al momento della presentazione dei ricorsi, quanto al principio dellautosufficienza e alla formulazione del quesito di diritto, ha impedito e impedisce la risoluzione serena di controversie che meriterebbero un esame pi approfondito nel merito. A questo imponente lavoro, che ho sinteticamente esposto, si aggiunge non solo la resa di consultazioni alle amministrazioni, ma anche il supporto alle stesse nella loro attivit concreta. Mi limito a segnalare la continuazione dellopera di recupero di opere darte illegalmente esportate (questanno il Museo di Cleveland ha restituito alcune opere di grande valore, che si aggiungono a quelle esposte lanno scorso al Quirinale nella mostra Nostoi). Con- 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 siderevole stato il nostro impegno a sostegno della Protezione civile e delle strutture commissariali per le emergenze ambientali in varie zone dItalia. Nel manifestare la mia soddisfazione per limpegno e i risultati di tutti gli avvocati dello Stato e del personale amministrativo di ogni sede, mi piace di sottolineare la piena disponibilit dei componenti dellAvvocatura Distrettuale dellAquila che, alloggiati provvisoriamente presso la caserma di Coppito, e pur danneggiati essi stessi nei loro beni personali, hanno continuato a lavorare con continuit ed impegno, contribuendo allauspicata normalizzazione della martoriata terra dAbruzzo. Notte mai non s nera challa fin non habbia Aurora recita loratorio della SS.ma Vergine di Giovanni Carissimi, il nostro musicista seicentesco sepolto nella chiesa di SantApollinare, vicino alla sede dellAvvocatura: con questo augurio, che anche una convinzione, concludo. Grazie Signor Presidente della Repubblica, grazie a tutti per avermi ascoltato. L E D E C I S I O N I D E L L A C O R T E D I G I U S T I Z I A U E Procedure di aggiudicazione di lavori pubblici Se la gestione non spetta al costruttore la gara di lavori e non una concessione (Corte di giustizia delle Comunit europee, Terza Sezione, sentenza del 13 novembre 2008 nella causa C-437/07) Con la sentenza del 13 novembre 2008, causa C-437/07, la Corte di giustizia delle Comunit europee ha condannato la Repubblica italiana per aver considerato e gestito un appalto pubblico di lavori come una concessione di lavori pubblici, venendo meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva comunitaria 93/37. E opportuno riassumere brevemente il contesto fattuale che ha condotto allemanazione della pronuncia in commento, al fine di comprendere al meglio i punti intorno ai quali ruotano le argomentazioni della Corte di Giustizia. Con un ricorso, la Commissione delle Comunit europee chiede che la Corte voglia dichiarare che, avendo il Comune di LAquila attribuito un appalto pubblico di lavori avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione di una tramvia su gomma per il trasporto pubblico di massa in tale citt attraverso una procedura, quale quella propria della finanza di progetto, finalizzata allattribuzione di una concessione di lavori, e avendo proceduto a una modifica del progetto preliminare posto a base della gara successivamente alla pubblicazione del bando, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi a essa imposti rispettivamente dalla Direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, in particolare dei suoi articoli 7 e 11, nonch degli articoli 43 e 49 Ce e dei principi di trasparenza e non discriminazione che ne costituiscono il corollario. 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 In qualit di promotore, un raggruppamento di imprese propose al Comune di LAquila la progettazione e realizzazione di una tramvia per il trasporto urbano. Il Comune constat la fattibilit e il pubblico interesse dellopera, il cui costo ammontava a oltre 33.5 milioni, il cui 60% era finanziato con risorse pubbliche, e il restante 40 % dal raggruppamento di imprese (CGRT), al quale doveva assegnarsi la concessione del servizio di trasporto. Dopo lesito infruttuoso della gara per la mancata partecipazione di altri aspiranti, il Comune e il raggruppamento stipularono una convenzione con la seguente clausola: la gestione del trasporto urbano sarebbe stata affidata a un terzo, su cui gravava lobbligo di corrispondere al concessionario un canone annuo di circa 1.4 milioni di euro per la durata di 30 anni. Secondo la Commissione delle Comunit europee la suddetta convenzione configura un appalto pubblico di lavori ai sensi del diritto comunitario. Certo, la controprestazione dei lavori, nel caso di specie, consisterebbe in parte nel diritto di gestire lopera. Tuttavia, dato che il CGRT non gestisce in prima persona lopera, ma percepisce un canone garantito da un terzo incaricato della gestione di tale opera, il CGRT non si assumerebbe i rischi finanziari di detta gestione. Di conseguenza, tale operazione non potrebbe essere qualificata come appalto pubblico di lavori e richiederebbe il rispetto delle relative procedure di aggiudicazione. Pertanto, alla luce di tali considerazioni la Commissione delle Comunit europee sostiene che poich laggiudicazione di tale appalto tramite una procedura quale quella della finanza di progetto diretta allattribuzione di una concessione di lavori pubblici, sarebbe contraria alle disposizioni della direttiva 93/37. Nelle proprie difese il Governo italiano afferma che nel caso di specie, lo schema della concessione si realizzi pienamente. Il concessionario realizzerebbe lopera con un contributo finanziario fisso non superiore al 60% del prezzo dellopera. I rischi connessi a tale realizzazione sarebbero stati assunti dal concessionario, che non potrebbe pretendere alcunch oltre a tale contributo finanziario. In particolare, il Governo italiano ha affermato che in relazione al diritto di gestire linfrastruttura, il servizio di trasporto di massa sarebbe riservato nel Comune ad un solo operatore, vale a dire allAzienda della Mobilit Aquiliana SpA (AMA), che tenuta ad applicare nei confronti degli utenti un prezzo amministrato e ad utilizzare una biglietteria integrata con gli altri servizi di trasporto. Pertanto esso ha concluso che, il diritto di gestire lopera si trasformerebbe per il CGRT in un diritto di percepire dallAMA un canone fisso. Si tratterebbe di una modalit di gestione dellopera che non priva loperazione in LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 11 questione del suo carattere di concessione di lavori pubblici. La Corte di giustizia ha accolto la censura sollevata dalla Commissione, attraverso un ragionamento chiaro e persuasivo, scandito nella citata sentenza, dalle seguenti considerazioni. La Direttiva 93/37 distingue nettamente lappalto dalla concessione di lavori (1). In entrambi i casi lappaltatore o il concessionario si obbligano al compimento di unopera. Lente committente, invece: - Nel caso di appalto si obbliga a pagare un corrispettivo in danaro; - Nel caso della concessione, il corrispettivo essenzialmente il diritto di gestire lopera, ricavandone un profitto; tale corrispettivo pu anche accompagnarsi al pagamento di un prezzo. - Lelemento tipico della concessione per sempre la gestione dellopera attraverso attivit imprenditoriale. La Corte ha ritenuto che si in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalit di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che questultimo assume il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (2). Laggiudicazione in forma di concessione e non di appalto di lavori della tramvia del Comune di LAquila secondo il metodo di finanza di progetto viola la direttiva 93/37 dato che il rischio di gestione non viene attribuito al concessionario. La Corte, nellesame del caso ha rilevato che il concessionario esentato dal rischio di gestione in quanto la gestione della tramvia non attribuita al concessionario bens ad un gestore del servizio quale soggetto terzo cui, per convenzione, incombe lobbligo di corrispondere al concessionario un determinato corrispettivo per un periodo anchesso determinato. In sostanza, la Corte ha affermato che la previsione contrattuale di un canone fisso garantito al concessionario dal gestore effettivo del servizio tramite il comune concedente fa venir meno in capo al concessionario ogni elemento del rischio finanziario connesso alla gestione che, come noto, rappresenta, secondo il diritto comunitario, lelemento di differenzazione della concessione (1) Direttiva 93/37 definisce <> un contratto oneroso, verso pagamento di un prezzo, avente per oggetto lesecuzione, ed eventualmente anche la sua progettazione, di lavori relativi ad una delle attivit previste dalla Direttiva stessa. Definisce <> un contratto che presenta le stesse caratteristiche dellappalto, tranne il fatto che la controprestazione dei lavori consiste nel diritto di gestire lopera, o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Un contratto in cui laggiudicatario non retribuito con il <> non pu qualificarsi <>, e simula un <> di lavori pubblici, se dal suo contenuto appare evidente che laggiudicatario non assume il rischio insito nella gestione dellopera. (2) V. sentenza del 18 luglio 2007 relativa alla causa C-382/05, Commissione c. Italia, Racc., pag. 1-6657, punto 34, e giurisprudenza ivi citata. 12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dallappalto. Poich la convenzione prevedeva che il servizio di trasporto venisse svolto da un terzo, e che il concessionario ricevesse da questultimo un canone, convertendo unattivit a rischio in una di mero godimento, i giudici europei hanno condannato lItalia per aver adottato una procedura non conforme per una operazione da designare piuttosto come appalto pubblico di lavori e non come concessione di lavori pubblici. Corollario dellinesatta qualificazione dellappalto come concessione anche la violazione delle norme che disciplinano il contenuto del bando di gara e delle connesse regole di procedura per laggiudicazione. La Corte non si soffermata sulla seconda censura, che avrebbe avuto senso solo se si fosse trattato di concessione. Nellordinamento nazionale, anche la legge 109/1994, stata abrogata, sostituita dal Dlgs 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione). Larticolo 1 del decreto delegato ripete le medesime nozioni di appalto di lavori pubblici e di concessione di lavori pubblici come definite dalla Direttiva 93/37, a sua volta non modificata dalla Direttiva 2004/18 (3). Dott.ssa Pamela Ricchio* Corte di giustizia (Terza Sezione) sentenza del 13 novembre 2008 nella causa C-437/08 - Pres. A. Rosas, Rel. J.N. Cunha Rodrigues, Avv. gen. Y. Bot - Commissione delle Comunit europee / Repubblica italiana (avv. Stato G. Fiengo). Inadempimento di uno Stato Appalti pubblici Progettazione e realizzazione di una tramvia municipale Appalto pubblico di lavori Attribuzione tramite una procedura diretta allattribuzione di una concessione di lavori pubblici Violazione della direttiva 93/37 (Omissis) 1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunit europee chiede che la Corte voglia dichiarare che, avendo il Comune di LAquila (in prosieguo: il Comune) attribuito un appalto pubblico di lavori avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione di una tramvia su gomma per il trasporto pubblico di massa in tale citt attraverso una procedura, quale quella (3) La nuova direttiva 2004/18/CE definisce le concessioni di servizi come contratti che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che la contropartita della prestazione di servizi consiste o unicamente nel diritto di gestire il servizio, ovvero nello stesso diritto accompagnato da un prezzo. Tuttavia, le concessioni di servizi non sono sottoposte ad alcuna regola specifica della direttiva. (*) Dottore in Giurisprudenza, ha svolto la pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 13 propria della finanza di progetto, finalizzata allattribuzione di una concessione di lavori, ed avendo proceduto ad una modifica del progetto preliminare posto a base della gara successivamente alla pubblicazione del bando, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa imposti rispettivamente in forza dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54), in particolare dei suoi artt. 7 e 11, nonch degli artt. 43 CE e 49 CE e dei principi di trasparenza e di non discriminazione che ne costituiscono il corollario. Il contesto normativo La normativa comunitaria 2 Lart. 1, lett. a), della direttiva 93/37 definisce gli appalti pubblici di lavori come segue: gli appalti pubblici di lavori sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra un imprenditore e unamministrazione aggiudicatrice di cui alla lettera b), aventi per oggetto lesecuzione o, congiuntamente, lesecuzione e la progettazione di lavori relativi ad una delle attivit di cui allallegato II o di unopera di cui alla lettera c) oppure lesecuzione, con qualsiasi mezzo, di unopera rispondente alle esigenze specificate dallamministrazione aggiudicatrice . 3 Lart. 1, lett. d), della suddetta direttiva definisce la concessione di lavori pubblici nei termini seguenti: la concessione di lavori pubblici un contratto che presenta le stesse caratteristiche di cui alla lettera a), ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire lopera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 4 Lart. 7 della direttiva 93/37 prevede che, per attribuire gli appalti pubblici di lavori, le amministrazioni aggiudicatrici applicano o la procedura aperta o la procedura ristretta e che possono ricorrere alla procedura negoziata in certi casi eccezionali, tassativamente elencati. Tali obblighi non si applicano allattribuzione delle concessioni di lavori pubblici. 5 Lart. 11, nn. 2 e 3, della suddetta direttiva prevede quanto segue: 2. Le amministrazioni aggiudicatrici che intendono attribuire un appalto di lavori pubblici mediante procedure aperta, ristretta o negoziata nei casi previsti allarticolo 7, paragrafo 2, rendono nota tale intenzione con un bando di gara. 3. Le amministrazioni aggiudicatrici che intendono ricorrere alla concessione di lavori pubblici rendono nota tale intenzione con un bando di gara. La normativa nazionale 6 Gli artt. 37 bis 37 quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici (Supplemento ordinario alla GURI n. 41 del 19 febbraio 1994; in prosieguo: la legge n. 109/94), regolano lattribuzione degli appalti pubblici di lavori finanziati, in tutto o in parte, da soggetti privati. 7 Lart. 37 bis di tale legge consente a soggetti privati di presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilit e di firmare i contratti corrispondenti che dispongono il finanziamento e la gestione dei lavori. 8 Lart. 37 ter della stessa legge descrive la procedura di selezione del promotore. Cos, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici valutano la fattibilit delle proposte presentate sotto differenti profili: costruzione, urbanistica, ambiente, qualit progettuale, funzionalit, fruibilit dellopera, accessibilit al pubblico, rendimento, costo di gestione e di manutenzione, durata della concessione, tempi di ultimazione dei lavori della concessione, tariffe da applicare e metodologia di aggiornamento, valore economico e finanziario del piano e del contenuto 14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 della bozza di convenzione. Tali amministrazioni sono tenute a verificare lassenza di elementi ostativi alla realizzazione di tali previsioni e, dopo aver esaminato e comparato queste ultime e aver sentito i promotori che ne facciano richiesta, indicano quale proposta di pubblico interesse. 9 In questo caso, in applicazione dellart. 37 quater della legge n. 109/94, viene realizzata una procedura ristretta tesa ad indurre la presentazione di altre due offerte. La concessione viene in seguito attribuita nellambito di una procedura negoziata nel corso della quale vengono esaminate la proposta del promotore inizialmente selezionato e tali altre offerte. Nel corso di tale procedura, il suddetto promotore pu adattare la sua proposta a quella giudicata dallamministrazione aggiudicatrice pi conveniente. In tal caso, egli risulter aggiudicatario della concessione. 10 Tale procedura viene designata con il termine di finanza di progetto. Fatti e procedimento precontenzioso 11 Con delibera n. 49 del 29 gennaio 2002, il Comune ha constatato, ai sensi dellart. 37 ter della legge n. 109/94, la fattibilit e il pubblico interesse di una proposta presentata dal Raggruppamento CGRT (in prosieguo: il CGRT) in qualit di promotore, relativa alla progettazione ed alla realizzazione di una tramvia su gomma per il trasporto pubblico di massa in tale citt. Secondo tale decisione, limporto stimato dei lavori ammontava a EUR 33 569 698,44, di cui EUR 20 141 819,06, ovverosia il 60% del primo importo, finanziati direttamente dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, e EUR 13 427 879,38, ovverosia il restante 40%, finanziati dal CGRT. 12 Con delibera n. 212 del 26 marzo 2002, il Comune ha bandito una gara per lattribuzione di una concessione di lavori in vista della costruzione di tale tramvia. Il bando di gara per la concessione stato pubblicato segnatamente nella Gazzetta ufficiale delle Comunit europee, serie S, del 25 aprile 2002, con il numero di riferimento 2002/S 81 063094. 13 A seguito dellesperimento infruttuoso di tale bando di gara, con delibera n. 798 del 27 novembre 2002, il Comune ha attribuito tale concessione al CGRT. A seguito di tale attribuzione, in data 2 dicembre 2002, il Comune e il CGRT hanno quindi concluso una convenzione. 14 Il punto 12, lett. c), della premessa di tale convenzione indica che la persona incaricata della gestione del servizio di tramvia in forza di un contratto di servizio da concludere con il Comune sar tenuta a corrispondere un canone periodico al CGRT. 15 Lart. 5 di tale convenzione stabilisce in merito al corrispettivo del concessionario: (...) Come sopra menzionato in premessa al punto 12, lett. c), al fine di garantire il rispetto delle previsioni del piano economico finanziario allegato al progetto preliminare, e quindi la sostenibilit economico finanziaria delloperazione, al Concessionario, oltre al Contributo pubblico, riconosciuto, quale corrispettivo, il diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamante la Tramvia, per tutta la durata della Concessione, anche mediante la percezione di un corrispettivo indicato specificamente nel piano economico-finanziario allegato, dovuto per effetto dello sfruttamento e per lutilizzazione della Tramvia e delle connesse opere realizzate dal Concessionario da parte del Gestore del Servizio che avr stipulato con il Concedente un contratto di servizio. A tal fine, il Concedente, avuto riguardo alla necessit di garantire lequilibrio economico-finanziario del Concessionario e allessenzialit a tale scopo del puntuale adempimento da parte del Gestore del Servizio del pagamento al Concessionario del suddetto corrispettivo, si LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 15 obbliga con la presente Convenzione e per tutta la sua durata a prevedere espressamente nel/i bando/i, nelle relative documentazioni di gara per laffidamento del servizio di trasporto pubblico afferente la Tramvia ed in particolare nel contratto di servizio disciplinante lerogazione di detto servizio, lobbligo in capo al Gestore del Servizio di pagare al Concessionario il corrispettivo di cui sopra, indicato nel piano economico finanziario allegato al progetto preliminare . 16 Sulla base degli elementi contenuti nel fascicolo, limporto del canone che il gestore del servizio di tramvia sarebbe tenuto a corrispondere al CGRT stato fissato a EUR 1 446 079,32 annui per un periodo di trentanni. 17 Alla data di presentazione del presente ricorso, il Comune non aveva ancora designato il gestore del suddetto servizio. 18 Peraltro, il progetto preliminare dellopera, sul quale si basava la gara dappalto, stato modificato nel progetto definitivo che il CGRT ha presentato dopo la pubblicazione del bando di concessione. Tali modifiche sono state approvate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con nota del 29 settembre 2004. 19 Senza che il costo complessivo dellopera sia cambiato, il costo dei lavori rientranti nella categoria Edifici civili ed industriali, stimato in EUR 2 948 695,88 nel progetto preliminare, stato portato a EUR 7 613 505,11 nel progetto definitivo, mentre il costo dei lavori rientranti nella categoria Impianti per la trazione elettrica, stimato in EUR 3 956 137,32 nel progetto preliminare, stato portato a EUR 3 140 566,98 nel progetto definitivo. 20 In seguito ad un reclamo in merito allattribuzione dei lavori in questione, la Commissione ha preso contatto, in data 16 e 17 giugno 2005, con le autorit italiane, che le hanno fornito talune informazioni. 21 Non soddisfatta delle risposte comunicate da tali autorit, la Commissione ha indirizzato alla Repubblica italiana una lettera di messa in mora in data 18 ottobre 2005 e un parere motivato in data 4 luglio 2006, prima di proporre il presente ricorso. Sul ricorso 22 A sostegno del proprio ricorso la Commissione fa valere due censure. Sulla prima censura Argomenti delle parti 23 Con la sua prima censura la Commissione fa valere che la convenzione conclusa tra il Comune e il CGRT, in data 2 dicembre 2002, configura un appalto pubblico di lavori ai sensi del diritto comunitario. Certo, la controprestazione dei lavori, nel caso di specie, consisterebbe in parte nel diritto di gestire lopera. Tuttavia, dato che il CGRT non gestisce in prima persona lopera, ma percepisce un canone garantito da un terzo incaricato della gestione di tale opera, il CGRT non si assumerebbe i rischi finanziari di detta gestione. Di conseguenza, tale operazione non potrebbe essere qualificata come concessione di lavori pubblici. Essa dovrebbe essere qualificata come appalto pubblico di lavori e richiederebbe il rispetto delle relative procedure di aggiudicazione. 24 Laggiudicazione di tale appalto tramite una procedura quale quella della finanza di progetto, che diretta allattribuzione di una concessione di lavori pubblici, sarebbe contraria alle disposizioni della direttiva 93/37, e in particolare agli artt. 7 e 11 della direttiva. 25 La Repubblica italiana ritiene che, nel caso di specie, lo schema della concessione si realizzi pienamente. Il concessionario realizzerebbe lopera con un contributo finanziario fisso non superiore al 60% del prezzo dellopera. I rischi connessi a tale realizzazione sarebbero stati assunti dal concessionario, che non potrebbe pretendere alcunch oltre a tale contributo 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 finanziario. 26 In relazione al diritto di gestire linfrastruttura, il servizio di trasporto di massa sarebbe riservato nel Comune ad un solo operatore, vale a dire allAzienda della Mobilit Aquilana SpA (in prosieguo: la AMA), che tenuta ad applicare nei confronti degli utenti un prezzo amministrato e ad utilizzare una biglietteria integrata con gli altri servizi di trasporto. Per questa ragione il diritto di gestire lopera si trasformerebbe per il CGRT in un diritto di percepire dallAMA un canone fisso. Si tratterebbe di una modalit di gestione dellopera che non priva loperazione in questione del suo carattere di concessione di lavori pubblici. Giudizio della Corte 27 Dallart. 1, lett. d), della direttiva 93/37, applicabile al momento dei fatti, risulta che la concessione di lavori pubblici un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire lopera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 28 La Commissione fa valere, inoltre, che la concessione di lavori pubblici caratterizzata dal fatto che essa implica un trasferimento del rischio legato alla gestione dellopera al concessionario. 29 A tal proposito la Corte ha rilevato che si in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalit di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che questultimo assume il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v. sentenza 18 luglio 2007, C 382/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I 6657, punto 34, e giurisprudenza ivi citata). 30 Dalla giurisprudenza risulta altres che il mancato trasferimento al prestatario dei rischi legati alla prestazione dei servizi indica che loperazione in oggetto costituisce un appalto pubblico di servizi e non una concessione di servizi pubblici (v., in tal senso, sentenze 27 ottobre 2005, C 234/03, Contse e a., Racc. pag. I 9315, punto 22, e Commissione/Italia, cit., punti 35 e 37). 31 Tali considerazioni, affermate in relazione agli appalti e alle concessioni di servizi, valgono per gli appalti e le concessioni di lavori. 32 Nel caso di specie, se vero che lart. 5 della convenzione conclusa il 2 dicembre 2002 tra il Comune e il CGRT prevede che a questultimo venga riconosciuto quale corrispettivo, oltre al contributo pubblico, il diritto di gestire funzionalmente la tramvia in questione, risulta per dallo stesso art. 5, dal punto 12, lett. c), della premessa di tale convenzione nonch da altri elementi del fascicolo che la gestione della tramvia deve essere garantita da un gestore che tenuto a concludere un contratto di servizi, non con il concessionario, ma con il concedente che determiner limporto da pagare al concessionario. 33 Limporto del canone che dovrebbe essere pagato al CGRT dal futuro gestore del servizio di tramvia ammonta a EUR 1 446 079,32 annui per trentanni. Risulta dagli elementi contenuti nel fascicolo che tale importo fisso stato calcolato per garantire il pagamento al CGRT della quota del costo dellopera, pari al 40% di questultimo, di cui le autorit pubbliche italiane non assicurano direttamente il versamento. 34 In una situazione di questo genere il CGRT non si assume i rischi legati alla gestione dellopera in questione. 35 Ne consegue che occorre qualificare loperazione in questione come appalto pubblico di lavori e non come concessione di lavori pubblici. 36 Nel caso di specie pacifico che limporto stimato dei lavori considerati supera la soglia di applicazione della direttiva 93/37. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 17 37 Di conseguenza detti lavori avrebbero dovuto essere attribuiti conformemente alle procedure previste dalla direttiva 93/37 per laggiudicazione degli appalti pubblici di lavori. 38 Nel caso di specie pacifico che la procedura di aggiudicazione seguita dal Comune non corrisponde a tali procedure. 39 Occorre, pertanto, considerare fondata la prima censura fatta valere dalla Commissione. Sulla seconda censura Argomenti delle parti 40 Con la sua seconda censura, la Commissione afferma che la modifica del progetto preliminare dellopera in questione posto a base della gara, successivamente alla pubblicazione del bando della concessione, contrasta con gli artt. 43 CE e 49 CE nonch con i principi di trasparenza e di non discriminazione che ne costituiscono il corollario. 41 La Repubblica italiana ritiene che questa seconda censura sia priva di fondamento. Infatti, la gara si sarebbe svolta sulla base di un progetto preliminare a valenza sperimentale e una serie di aggiustamenti tecnici si sarebbero rivelati indispensabili al fine di dare sicurezza e funzionalit al progetto. Peraltro le modifiche tecniche apportate non avrebbero alterato i termini globali delloperazione n favorito un operatore a danno di un altro. Giudizio della Corte 42 Come presentata nellatto di ricorso, la seconda censura si riferisce ad una violazione delle norme applicabili alle concessioni, in particolare degli artt. 43 CE e 49 CE, del principio di non discriminazione e dellobbligo di trasparenza, mentre non si riferisce alle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici. A sostegno di tale censura la Commissione cita esclusivamente sentenze della Corte che hanno per oggetto concessioni e non appalti pubblici. 43 Questa censura avrebbe valore nellipotesi in cui loperazione in questione venisse qualificata come concessione di lavori pubblici e non come appalto pubblico di lavori, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione nellambito della sua prima censura. 44 Orbene, la Corte ha accolto la prima censura riconoscendo al punto 30 della presente sentenza che loperazione in questione costituisce un appalto pubblico di lavori e non una concessione di lavori pubblici. 45 In tale contesto, la Corte non si deve pronunciare sulla seconda censura fatta valere dalla Commissione. 46 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono occorre dichiarare che, avendo il Comune attribuito un appalto pubblico di lavori avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione di una tramvia su gomma per il trasporto pubblico di massa in tale citt attraverso una procedura diversa da quelle previste per laggiudicazione degli appalti pubblici di lavori dalla direttiva 93/37, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva. Sulle spese 47 Ai sensi dellart. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente condannata alle spese se ne stata fatta domanda. Poich la Commissione ha concluso per la condanna della Repubblica italiana e questultima risultata sostanzialmente soccombente nei suoi motivi di ricorso, essa deve essere condannata alle spese. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce: 1) Avendo il Comune di LAquila attribuito un appalto pubblico di lavori avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione di una tramvia su gomma per il trasporto pubblico di massa in tale citt attraverso una procedura diversa da quelle previste per laggiudicazione degli appalti pubblici di lavori dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva. 2) La Repubblica italiana condannata alle spese. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 19 Concessioni di pubblici servizi Per i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati una singola procedura nel rispetto dei principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parit di trattamento (Corte di giustizia delle Comunit europee, Terza Sezione, sentenza del 15 ottobre 2009 nella causa C-196/08) In tema di appalti pubblici la Corte di Giustizia Europea ha recentemente statuito la compatibilit con la normativa comunitaria dellaffidamento diretto di un servizio pubblico ad una societ mista pubblico-privata, appositamente costituita in vista della fornitura di tale servizio, qualora lindividuazione del socio privato sia avvenuta mediante una procedura ad evidenza pubblica. Con la sentenza Acoset, resa nella causa C-196/08 a seguito della questione pregiudiziale sollevata dal Tar Sicilia, la Corte interviene sul controverso punto della necessit o meno di una duplice gara per laffidamento di un servizio ad una societ mista pubblico-privata, risolvendo la nazionale diatriba che vedeva contrapporsi due orientamenti giurisprudenziali. Da un lato, la posizione secondo la quale laffidamento diretto sarebbe sempre possibile tutte le volte in cui la scelta del socio privato sia avvenuta mediante procedura ad evidenza pubblica, dallaltro, quella diametralmente opposta, secondo la quale la giurisprudenza comunitaria in tema di in house providing comporterebbe, in qualunque caso, anche lincompatibilit assoluta con i principi comunitari dellaffidamento a societ miste. Si tratta quindi di una pronuncia la cui importanza di tutta evidenza sol che si consideri lo stato di incertezza che finora aveva caratterizzato le alterne vicende dellistituto del partenariato pubblico privato di tipo istituzionalizzato (di cui la societ mista rappresenta il modello pi conosciuto). Stato di incertezza derivante da una pluralit di fattori, tra cui la mancanza, a livello comunitario, tanto di specifici riferimenti normativi in tema di PPPI, quanto di chiare ed univoche indicazioni giurisprudenziali sul punto. Inoltre un forte ruolo stato giocato proprio dalla confusione tra societ miste e in house providing, e dalla incertezza con cui venivano percepiti i rispettivi confini. La non chiara percezione della demarcazione tra societ miste e affidamento in house ha condotto ad un costante richiamo, a favore della tesi della doppia gara, di una giurisprudenza comunitaria pronunciata dalla Corte in tema di in house providing, la cui trasposizione, in tema di societ miste, non ha fatto che accrescere lo stato di dubbi ed incertezze che gi 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 regnavano in materia, tanto da far invocare la disapplicazione (1) dellart. 113 del D.lgs. 267 del 2000, (allora norma interna di riferimento in tema di societ miste), per incompatibilit con il diritto comunitario. A riprova dellimportanza della pronuncia in commento si evidenzia coma ad essa, sul piano nazionale, faccia da eco un nuovo e recentissimo intervento del Legislatore italiano in tema di servizi pubblici locali, mediante lart. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166. Il quadro di riferimento Sul piano nazionale, il modello delle societ miste trovava un esplicito riconoscimento normativo nel citato art. 113. comma 5, lett. b) del d.lgs. 267/00 (2). Le travagliate sorti dellart. 113 del TUEL, stigmatizzate da periodiche modifiche, pi o meno incisivi rimaneggiamenti e veri e propri stravolgimenti, hanno ridisegnato pi volte i due istituti delle societ miste e dellin house providing, nello sforzo di adeguarne il tenore ai mutevoli orientamenti comunitari. Lart. 113, comma 5, prevedeva tre diversi modelli organizzativi per laffidamento di un servizio pubblico locale (3). Nella sua lettera b) si occupava specificamente delle societ miste pubblico-private, come distinte dal fenomeno dellin house, subordinandone la validit alla circostanza che il socio privato venisse scelto mediante gare con procedure ad evidenza pubblica rispettose delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza. La lettera c) disciplinava il diverso modello dellaffidamento in house, (1) In tal senso si pronunciato il Consiglio di Giustizia Amministrativa delle Regione Sicilia il quale, nella decisione del 27 ottobre 2006 n. 589, ha ritenuto doversi pervenire ad una interpretazione restrittiva, se non addirittura disapplicativa, dellart. 113, comma 5, lett. b), nel senso che la costituzione di una societ mista, anche con scelta del socio a seguito di gara, non esime dalla effettuazione di una seconda gara per laffidamento del servizio. (2) Cos come sostituito dallart. 35 della l. 488/07 e modificato dallart. 14, comma 1 del dl. 269/03 convertito in legge con modificazioni dallart. 1 della l. 326/03. (3) Il comma 5 dellart. 113 recita infatti: Lerogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dellUnione europea, con conferimento della titolarit del servizio: a) a societ di capitali individuate attraverso lespletamento di gare con procedura ad evidenza pubblica; b) a societ a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso lespletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorit competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a societ a capitale interamente pubblico a condizione che lente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla societ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societ realizzi la parte pi importante della propria attivit con lente o gli enti pubblici che la controllano. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 21 recependo sostanzialmente le indicazioni della Corte di Giustizia contenute nella sentenza Teckal del 18 novembre 1999 (4). Lobbligo di scelta del socio privato mediante una procedura ad evidenza pubblica era altres ribadito dallart. 1, comma 2 (5), del d.lgs 163/06 (Codice dei contratti), configurandosi pertanto come dato acquisito e fatto proprio dallordinamento nazionale (6). Tale aspetto sembrava dunque assumere, nella vigenza dellart. 113, una rilevanza decisiva anche in ordine alla differenziazione della societ mista rispetto allaffidamento in house, tanto da un punto di vista strutturale e procedurale, quanto, e soprattutto, da un punto di vista del loro differente atteggiarsi rispetto al profilo della concorrenza e della relativa normativa comunitaria vigente in materia. E proprio sullobbligo di gara per la scelta del socio privato, il quale vale a garantire lapplicazione del principio dellevidenza pubblica, si fondavano (e si fondano) quelle posizioni, espresse in dottrina e giurisprudenza, volte ad escludere la necessit di una doppia gara. Il quadro test descritto muta tuttavia con lintroduzione dellart. 23 bis del D.L. 112/08 (7), il cui unidicesimo comma stabilisce labrogazione dellart. 113 del TUEL, nelle parti incompatibili con la disciplina introdotta dal D.L. stesso. Tale intervento del legislatore in materia di servizi pubblici di rilevanza economica ha destato non poche perplessit tanto in ambito nazionale quanto comunitario. A parte lincertezza circa le disposizioni da quel momento applicabili, uno specifico punto critico risultava essere il comma 2 del citato articolo 23 bis la cui formulazione sollevava numerosi dubbi, in particolare legati al mancato inserimento delle societ miste tra i soggetti ai quali era possibile affidare con gara la gestione del servizio di rilevanza economica. Il sistema introdotto dallart. 113 TUEL e basato sulla previsione di tre (4) Tale disposizione, infatti, subordinava laffidamento diretto a societ a capitale interamente pubblico alle due condizioni del controllo analogo (a quello esercitato sui propri servizi) da esercitarsi da parte dellente pubblico sulla societ in house e della prevalenza dellattivit svolta dalla societ con lente che la controlla. (5) Il secondo comma dellart. 1 del citato Codice dei contratti dispone infatti che nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di societ miste per la realizzazione e/o gestione di unopera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica. (6) Nello stesso senso si veda anche la circolare del Ministero dellAmbiente del 6 dicembre 2004, su Affidamento del servizio idrico integrato a societ a capitale misto pubblico-privato, la quale ribadisce fermamente lineludibile necessit di un previo confronto con altri soggetti operanti sul mercato e conseguentemente lobbligatoriet di una procedura ad evidenza pubblica per lindividuazione del partner privato. La circolare specifica inoltre la necessaria presenza, in riferimento al soggetto privato da selezionare, di determinati requisiti di capacit tecnico-gestionale oltrech finanziaria. (7) Come convertito dalla L. del 6 agosto 2008, n. 133. 22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 possibili modelli organizzativi per la gestione dei servizi pubblici, veniva cos sostituito da una generica e piuttosto nebulosa previsione di due modalit di conferimento della gestione dei servizi pubblici: una ordinaria, a favore di imprenditori o di societ in qualunque forma costituite da individuarsi mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, laltra, derogatoria rispetto alla prima, attivabile a fronte di situazioni che, per la loro peculiarit, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, con chiaro riferimento allaffidamento in house. Nella vigenza dunque della prima versione dellart. 23 bis scompare lesplicito riferimento alle societ miste, le quali tuttavia venivano comunque fatte rientrare tra le modalit ordinarie grazie allinciso societ in qualunque forma costituite; mentre laffidamento in house viene espressamente configurato come un modello gestorio non ordinario. Ultimo e recentissimo tassello nellevoluzione normativa della regolamentazione dei servizi pubblici dato dallennesimo intervento del legislatore sul tema, volto a modificare ulteriormente lart. 23 bis, ridisegnando i contorni dei servizi pubblici, e restituendo piena cittadinanza allistituto delle societ miste. Si tratta in particolare dellart. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 recante Disposizioni urgenti per lattuazione di obblighi comunitari e per lesecuzione di sentenze della Corte di Giustizia delle Comunit Europee, convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166. Con tale intervento infatti il legislatore configura un modello gestorio dei servizi pubblici economici che, in via ordinaria, pu realizzarsi mediante due modalit alternative, prevedendo accanto alle societ in qualunque forma costituite, anche laffidamento a societ a partecipazione mista pubblico-privata. Lart. 23 bis come modificato dallart. 15 comma 1, lett. b) del citato D.L., prevede infatti che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avvenga in via ordinaria: a) a favore di imprenditori o di societ in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunit europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicit, efficacia, imparzialit, trasparenza, adeguata pubblicit, non discriminazione, parit di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalit; b) a societ a partecipazione mista pubblico e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualit di socio e lattribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 23 sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento (8). Viene pertanto espressamente prevista, sulla falsariga dellart. 113 TUEL, la societ mista come modello organizzativo ordinario per la gestione del servizio pubblico locale, con lulteriore condizione di una soglia minima di partecipazione del socio privato e soprattutto, con lesplicita previsione, per lindividuazione del socio, di una gara cosiddetta con doppio oggetto, e cio ununica gara che provveda allattribuzione della qualit di socio e contestualmente allaffidamento dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio. Tale intervento mostra pertanto, sul punto, un positivo allineamento della disciplina interna con gli orientamenti giurisprudenziali comunitari espressi in materia e con gli indirizzi dellUnione Europea in materia PPP. Lart. 15 del D.L. 135/09 ribadisce, poi, il carattere eccezionale e derogatorio degli affidamenti in house, il cui regime, dettato dal comma 3 dellart. 23 bis, viene ulteriormente specificato, ancora una volta seguendo limpronta dellart. 113 TUEL, mediante linserimento della previsione espressa delle note condizioni comunitarie richieste per tale affidamento, tra cui il rispetto della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla societ e la prevalenza dellattivit svolta dalla stessa con lente o gli enti pubblici che la controllano. Il comma 3 prevede infine unulteriore condizione per laffidamento di un servizio in casa, stabilendo infatti che tale affidamento possa avvenire solo a favore di societ a capitale interamente pubblico, partecipata dallente locale. Ora, tale previsione sembra destare qualche perplessit alla luce del recente orientamento della giurisprudenza comunitaria il quale, al contrario, ha mostrato importanti margini di apertura verso il modello di gestione in house (9). Sul piano normativo va da ultimo segnalato lo schema del d.P.R. recante il regolamento di attuazione dellart. 23 bis approvato dal Consiglio dei Ministri n. 76 del 17 dicembre 2009, il quale detta criteri integrativi in tema di affidamento del servizio, fissa le soglie di rilevanza per il parere dellAutorit garante della concorrenza e del mercato di cui allart. 23 bis comma 4, e stabilisce labrogazione, tra laltro, dellart. 113 TUEL. (8) In corsivo le novit apportate al comma 2 dellart. 23 bis, dallart. 15, c.1, lett. b) D.L. 135/09 come convertito dalla L. 166/09. (9) Corte di Giustizia, sent. 17 luglio 2008, causa C-371/05, Commissione delle Comunit europee/ Repubblica italiana; Corte di Giustizia, sent. 10 settembre 2009, causa C-573/07, Sea/Comune di Ponte Nossa. 24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Breve excursus sullevoluzione dei PPPI: tra societ miste e in house providing Levoluzione dei PPPI, come anticipato, risulta profondamente segnata dalla mancata chiara delineazione dei confini tra societ miste e in house providing. La confusione tra i due istituti sembra doversi in parte ascrivere alla progressiva e graduale precisazione delle rispettive nozioni ad opera della giurisprudenza comunitaria, la quale ne ha profondamente segnato levoluzione avvenuta attraverso diverse fasi. Inizialmente il Giudice comunitario ha interpretato estensivamente la nozione di affidamento in house, tanto da ricomprendervi molte societ miste a partecipazione pubblica maggioritaria, con conseguente esclusione, in tutte queste ipotesi, del canone dellevidenza pubblica. Tale posizione ha determinato linevitabile contaminazione e il reciproco condizionamento dei due istituti nellambito delle loro rispettive evoluzioni. Un affidamento in house cos concepito, tuttavia, aveva leffetto di allargare eccessivamente le maglie della derogabilit della normativa comunitaria posta a tutela della concorrenza. Si giunti allora ad una nozione progressivamente sempre pi restrittiva, arrivando al principio secondo cui la partecipazione, anche se minoritaria (10) o potenziale (11), di unimpresa privata al capitale della societ esclude la configurabilit di una relazione interna tra amministrazione aggiudicatrice e societ stessa, sulla base del rilievo che il soggetto privato, per sua natura, tende a perseguire anche un interesse proprio, diverso dallinteresse pubblico in senso stretto. E su questo orientamento comunitario sembra attestarsi e arrestarsi lultimo intervento del Legislatore nazionale (12). In questottica i due istituti sarebbero per necessit logica incompatibili, con conseguente esclusione della riconducibilit della societ mista allaffidamento in house (13). Successivamente tuttavia si registra uninversione del trend giurisprudenziale precedente e una progressiva apertura comunitaria allin house providing, mediante un graduale ampliamento delle relative condizioni di applicabilit, (10) Corte di Giustizia, sent. dell11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle e RPL Lochau. (11) In unottica di un sempre maggiore restringimento dei cordoni di ammissibilit dellaffidamento in house, nella sent. del 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, il Giudice comunitario va oltre escludendo la sussistenza dei requisiti dellaffidamento in house qualora il capitale della societ affidataria sia aperto ai privati. (12) Con particolare riferimento alle modifiche introdotte dallart. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166. (13) In questo senso si veda Consiglio di Stato, sez. II, parere n. 456/07 e Ad. Plenaria n.1/08. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 25 a partire dalla sentenza Tragsa (14) fino alla recente sentenza Sea (15). Tuttavia tale apertura comunitaria, fatta di rivisitazione, mitigamento e, in buona misura, superamento delle rigidit espresse dalle pronunce Stadt Halle e Parking Brixen, sembra non trovare puntuale riscontro sul piano normativo interno, dove i recenti interventi sembrano invece puntare verso direzioni diametralmente opposte. La vicenda processuale Con ordinanza notificata il 19 giugno 2008 il TAR Sicilia ha sottoposto alla Corte di Giustizia delle Comunit Europee la seguente questione pregiudiziale: Se conforme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di trasparenza e libera concorrenza di cui agli articoli 43, 49 e 86 del Trattato, un modello di societ mista pubblico-privata costituita appositamente per lespletamento di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato con natura industriale ed operativa, sia selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, previa verifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che di quelli propriamente operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere e alle prestazioni specifiche da fornire. La questione viene sollevata in relazione alla organizzazione del servizio idrico integrato della provincia di Ragusa. Nel caso di specie si trattava dellaffidamento di un pubblico servizio attraverso una concessione trentennale, con conseguente inapplicabilit delle direttive 2004/18 e 2004/17. Come sottolineato dalla Corte, alle concessioni sono tuttavia viceversa applicabili le regole fondamentali del Trattato CE in generale, e il principio di non discriminazione sulla base della nazionalit in particolare (16). Trovano nello specifico applicazione gli artt. 43 CE e 49 CE. Oltre al principio di non discriminazione anche il principio della parit di trattamento tra offerenti (17). Tali principi comportano un obbligo di trasparenza a carico dellautorit pubblica, consistente nel dovere di garantire ad ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicit, che consenta lapertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonch il controllo (14) Sent. del 19 aprile 2007, causa C-295/95. (15) Sent. del 10 settembre 2009, causa C-573/07. (16) Punto 46 e nello stesso senso si veda anche sentenza C-410/04, del 6 aprile 2006, ANAV, punto 18; sentenza C-382/05 del 18 luglio 2007, Commissione/Italia, e da ultimo la recente Comunicazione della Commissione del 19 novembre 2009, COM (2009) 61, pag. 6. (17) Si veda in tal senso, sentenza Parking Brixen, cit., punti 47-49, e sentenza ANAV cit., punti 19 e 20. 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 sullimparzialit delle procedure di aggiudicazione. Le regole e i principi suesposti, come noto, trovano una deroga, nel solo caso dellaffidamento in house, a fronte del quale lindizione della gara non obbligatoria, con conseguente affidamento diretto del servizio ad un ente che giuridicamente distinto dallamministrazione aggiudicatrice (18). Liter argomentativo seguito dai giudici comunitari nella sentenza in commento pu dunque schematizzarsi come segue: 1) una volta escluso che nel caso di specie possa profilarsi unipotesi di in house providing, occorre allora verificare se laffidamento del servizio pubblico alla societ mista pubblico-privata senza indizione di gara specifica sia compatibile con il diritto comunitario, tenendo tuttavia a mente che lindividuazione del socio privato avvenuta attraverso una gara dappalto rispettosa degli artt. 43 e 49 CE, nonch dei principi di parit di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalit, cos come dellobbligo di trasparenza che ne discende. 2) Occorre in altri termini stabilire se, ai fini della compatibilit con il diritto comunitario, sia sufficiente ununica gara per la scelta del socio privato e contestuale affidamento del servizio, ovvero sia viceversa necessaria una duplice procedura ad evidenza pubblica: la prima per lindividuazione del socio privato, la seconda per laggiudicazione del servizio. Ora, se vero che dalla giurisprudenza comunitaria emerge che lattribuzione di un appalto pubblico ad una societ mista pubblico-privata senza indizione di gara pregiudicherebbe lobiettivo di una concorrenza libera e non falsata (19), dallaltro lato del pari vero che tutta la giurisprudenza che viene invocata a sostegno della necessit di una doppia gara, stata pronunciata dalla Corte in relazione a fattispecie sostanzialmente diverse. In tutti quei casi, infatti, nessuna gara era stata espletata neanche per la scelta del socio privato, con conseguente elusione tout court delle procedure ad evidenza pubblica. In tali ipotesi la Corte si era limitata ad escludere lapplicabilit del modello dellin house (lunico realizzabile al di fuori e senza alcuna procedura ad evidenza pubblica e dunque effettivamente derogatorio rispetto alla normativa comunitaria), senza tuttavia pronunciarsi espressamente sulle condizioni di applicabilit di altri modelli (come appunto le societ miste) nei quali fosse comunque presente unapplicazione dei principi dellevidenza pubblica, concretantesi nella gara espletata per lindividuazione del socio privato. Si trattava cio di societ miste per le quali la Corte aveva escluso lapplicabilit del regime in house; in cui la scelta del socio privato era avvenuta senza alcuna gara; e in cui il servizio era stato successivamente affidato direttamente (18) Punto 51 e nello stesso senso si veda anche sentenza ANAV cit., punto 24. (19) Sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, punto 51, e sentenza 10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, punto 48. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 27 a tali societ, (di nuovo senza alcuna gara), con conseguenti effetti distorsivi della concorrenza nonch palesi e conclamate violazioni del diritto degli appalti. Sembra pertanto che il richiamo a tale giurisprudenza comunitaria non sia pertinente e soprattutto che, lungi dal risultare utile per il corretto inquadramento del problema, abbia viceversa solamente accresciuto le incertezze caratterizzanti i gi fin troppo nebulosi confini tra societ mista e in house providing. Il problema, infatti, non quello di derogare lobbligo della gara sic et simpliciter (come pu avvenire in caso di affidamento in house e come avvenuto nelle fattispecie contemplate dalla richiamata giurisprudenza), bens quello pi sottile, relativo alla possibilit, e alla compatibilit con il diritto comunitario, di accorpare in ununica gara, evitandone la duplicazione, tanto la scelta del socio privato quanto laffidamento del servizio. In questottica la citata sentenza (20) chiarisce definitivamente che sebbene la mancanza di gara nel contesto dellaggiudicazione di servizi risulti inconciliabile con gli artt. 43 CE e 49 CE e con i principi di parit di trattamento e di non discriminazione, la scelta del socio privato nel rispetto degli obblighi suesposti nonch la tipologia stessa dei criteri di scelta del socio privato (il quale deve possedere le necessarie capacit non solo finanziarie ma anche tecniche) consentono di ovviare a tale situazione (21). Secondo la Corte si pu dunque ritenere che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo effettuata al termine di una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario, cosicch non si giustificherebbe una seconda procedura di gara ai fini della scelta del concessionario. Sulla base di tali argomentazioni la Corte dichiara che gli articoli 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano allaffidamento diretto di un servizio pubblico che preveda lesecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una societ a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dellofferta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di tra- (20) Punto 59. (21) I criteri di scelta del socio privato, infatti, si riferiscono non solo al capitale da questultimo conferito ma altres alle capacit tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, e dal momento che al socio in questione viene affidata lattivit operativa del servizio di cui trattasi e, pertanto, la gestione di questultimo, punto 60. 28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 sparenza e di parit di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni. Del resto orientamenti analoghi erano gi stati espressi, su un piano nazionale, dal Consiglio di Stato nel parere n. 456/07, e, sul versante comunitario, dalla Commissione nella Comunicazione interpretativa COM (2007) 6661 (22). Inoltre, come evidenziato dallAvvocato Generale nelle Sue conclusioni, il meccanismo della doppia gara sarebbe difficilmente conciliabile con leconomia delle procedure cui si ispirano i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, la cui istituzione individua contestualmente la scelta del socio economico privato e laggiudicazione della concessione alla societ a capitale misto da istituire appositamente. Conseguenza di tale duplice procedura, come osservato dalla sentenza (23), sarebbe quella di disincentivare le autorit pubbliche dalla costituzione di PPPI. Leffetto ultimo sarebbe poi quello di indirizzare le scelte delle amministrazioni verso modalit di gestione per cos dire estreme: rivolgersi interamente al mercato (anche per quei servizi per i quali appaia inopportuna una totale devoluzione ai privati), oppure ripiegarsi totalmente su se stesse, optando per unentit a totale partecipazione pubblica, e cadendo, dunque nel modello dellaffidamento in house. Risultato questultimo che appare paradossale, proprio muovendo dalla logica comunitaria della tutela della concorrenza (24). Andando oltre si potrebbe osservare che la circostanza che lindividuazione del socio privato debba avvenire mediante gara, non solo differenzia il fenomeno della societ mista da quello dellaffidamento in house ma soprattutto sembra suggerire come, nel caso del partenariato pubblico privato di tipo istituzionalizzato, non possa propriamente parlarsi di affidamento diretto del servizio, quale sarebbe invece quello caratterizzante lin house (25). (22) Secondo la Commissione, vista la difficile praticabilit di una doppia procedura, per costituire un PPPI conformemente ai principi comunitari pu procedersi come segue: il partner privato selezionato nellambito di una procedura trasparente e concorrenziale, che ha per oggetto sia lappalto pubblico o la concessione da aggiudicare allentit a capitale misto, sia il contributo operativo del partner privato allesecuzione di tali prestazioni e/o il suo contributo amministrativo alla gestione dellentit a capitale misto. La selezione del partner privato accompagnata dalla costituzione del PPPI e dallaggiudicazione dellappalto pubblico o dalla concessione allentit a capitale misto. (23) Punto 61. (24) Sul punto si veda anche il parere del Consiglio di Stato n. 456/07, par. 8.2.3. (25) Nello stesso senso si veda parere Consiglio di Stato cit., secondo il quale nellipotesi del socio industriale (di lavoro o operativo) lattivit che si ritiene affidata (senza gara) alla societ mista sia, nella sostanza, da ritenere affidata (con gara) al partner privato scelto con una procedura di evidenza pubblica che abbia ad oggetto, al tempo stesso, anche lattribuzione dei suoi compiti operativi e quella della qualit di socio. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 29 Osservazioni conclusive Alla luce delle considerazioni suesposte appare evidente linteresse destato dalla pronuncia in commento, nonch il favore con cui si presume il comparto giuridico saluter la sentenza Acoset, la quale pone un punto fermo in tema di PPPI, chiarendo la possibilit per unamministrazione aggiudicatrice di effettuare contestualmente tanto lindividuazione del socio privato quanto laffidamento del servizio alla societ mista. Posizione alla quale, con una certa lungimiranza, era pervenuto anche il nostro Consiglio di Stato, nel parere 456/07. Sembra infine apprezzabile lapproccio decisamente sostanzialistico adottato dalla Corte il quale consente di non cadere in rigidi e sterili formalismi, evitandone le relative ripercussioni sulla diffusione di un utile, e spesso indispensabile, strumento di gestione come il PPPI, il quale, attraverso una sinergia tra interesse pubblico e risultato commerciale, consente lottenimento del miglior risultato contenendone i costi, nonch una ripartizione del rischio e della responsabilit tra pubblico e privato. E del resto il favore comunitario per lutilizzo dei partenariati pubblicoprivati stato pi volte espresso, proprio sulla base di tali considerazioni (26). Alla luce di tutto quanto detto sembra dunque opportuno ribadire limportanza della sentenza in commento, non solo da un punto di vista strettamente giuridico ma anche alla luce dei riflessi di ordine pratico che la stessa in grado di esplicare sul grado di fattibilit di strumenti indispensabili come i PPPI, il cui sviluppo sarebbe stato senzaltro tarpato da un obbligo di doppia gara, che ne avrebbe quasi certamente decretato il fallimento. Dott.ssa Federica Angeli* (26) Si veda da ultimo la recente Comunicazione della Commissione del 19 novembre 2009 COM(2009) 615, la quale ribadisce e sostiene con forza limportanza dei PPP soprattutto nellottica della mobilitazione degli investimenti privati in funzione di cambiamenti strutturali a lungo termine, visti anche come validi e possibili strumenti per far fronte alla crisi economico-finanziaria. Secondo la Commissioni, infatti, i PPP sono forme di cooperazione tra le autorit pubbliche e il settore privato che rappresentano strumenti utili in vista della promozione dellefficienza dei servizi pubblici tramite la condivisione dei rischi e lo sfruttamento delle competenze del settore privato, ma possono anche alleggerire la pressione immediata sulle finanze pubbliche offrendo una fonte di capitale aggiuntivo. Nello specifico secondo la Commissione ormai dimostrato che i PPP possono tra laltro: - migliorare la realizzazione dei progetti, in quanto generalmente realizzati rispettando i tempi previsti e il bilancio concordato; - ridurre le spese per le infrastrutture; - migliorare la condivisione dei rischi; - favorire sostenibilit, innovazione, ricerca e sviluppo. (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Corte di giustizia (Terza Sezione) sentenza del 15 ottobre 2009 nella causa C-196/08 - Pres. J.N. Cunha Rodrigues, Avv. gen. D. Ruiz-Jarabo Colomer - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Acoset SpA / Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. ATO Idrico Ragusa, Comune di Comiso (RG), Comune di Modica (RG), Provincia Regionale di Ragusa, Comune di Acate (RG), Comune di Chiaramonte Gulfi (RG), Comune di Giarratana (RG), Comune di Ispica (RG), Comune di Monterosso Almo (RG), Comune di Pozzallo (RG), Comune di Ragusa, Comune di Vittoria (RG), Comune di Santa Croce Camerina (RG), Comune di Scicli (RG) (Per il governo italiano avv. Stato G. Fiengo). Artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE Aggiudicazione di appalti pubblici Attribuzione del servizio idrico a una societ a capitale misto Procedura a evidenza pubblica Designazione del socio privato incaricato della gestione del servizio Attribuzione al di fuori delle norme relative allaggiudicazione degli appalti pubblici (Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione degli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE. 2 Detta domanda stata presentata nellambito di una controversia che vede contrapposte lAcoset SpA (in prosieguo: lAcoset) e la Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. Ragusa (in prosieguo: la Conferenza) e a., in merito allannullamento da parte di questultima della procedura di gara per la selezione del socio privato di minoranza nella societ mista pubblico privata direttamente affidataria del servizio idrico integrato nella provincia di Ragusa. Contesto normativo La normativa comunitaria La direttiva 2004/18 3 Lart. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), dispone come segue: () 2. a) Gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o pi operatori economici e una o pi amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto lesecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva. (...) d) Gli appalti pubblici di servizi sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui allallegato II. () 4. La concessione di servizi un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. () . 4 Lart. 3 della direttiva 2004/18 ha il seguente tenore: Se unamministrazione aggiudicatrice concede ad un soggetto che non unamministrazione aggiudicatrice diritti speciali o esclusivi di esercitare unattivit di servizio pubblico, latto di concessione prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi nellambito di tale at- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 31 tivit, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione in base alla nazionalit. 5 Ai sensi dellart 7 della direttiva in parola: La presente direttiva si applica agli appalti pubblici (...) il cui valore stimato al netto dellimposta sul valore aggiunto (IVA) pari o superiore alle soglie seguenti: () b) 249 000 EUR: per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici diverse da quelle indicate nellallegato IV [Autorit governative centrali], () . 6 Il regolamento (CE) della Commissione 19 dicembre 2005, n. 2083, che modifica le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti (GU L 333, pag. 28), ha modificato lart. 7, lett. b), della direttiva 2004/18, nella versione risultante dal regolamento (CE) della Commissione 28 ottobre 2004, n. 1874 (GU L 326, pag. 17), sostituendo allimporto di EUR 236 000 quello pari a EUR 211 000 per il periodo dal 1 gennaio 2006 al 1 gennaio 2007. 7 Conformemente allart. 2 del regolamento (CE) della Commissione 4 dicembre 2007, n. 1422, che modifica le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/17/CE e 2004/18/CE riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti (GU L 317, pag. 34), detto importo stato modificato in EUR 206 000 a far data dal 1 gennaio 2008. 8 Secondo il disposto dellart. 17 della direttiva 2004/18: Fatta salva lapplicazione delle disposizioni di cui allarticolo 3, la presente direttiva non si applica alle concessioni di servizi definite allarticolo 1, paragrafo 4. 9 Ai sensi dellart. 21 della direttiva 2004/18: Laggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nellallegato II B disciplinata esclusivamente dallarticolo 23 e dallarticolo 35, paragrafo 4. 10 Rientrano nellallegato II B, categoria 27, di detta direttiva gli altri servizi, esclusi i contratti di lavoro, i contratti per lacquisizione, lo sviluppo, la produzione o la coproduzione di programmi da parte di emittenti radiotelevisive e i contratti concernenti il tempo di trasmissione. La direttiva 2004/17 11 Ai sensi dellart. 1, nn. 2 e 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 134, pag. 1): 2. (). b) Gli appalti di lavori sono appalti aventi per oggetto lesecuzione o, congiuntamente, la progettazione e lesecuzione di lavori relativi a una delle attivit di cui allallegato XII o di unopera, oppure lesecuzione, con qualsiasi mezzo, di unopera corrispondente alle esigenze specificate dallente aggiudicatore. Per opera si intende il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per s esplichi una funzione economica o tecnica. c) Gli appalti di forniture sono appalti diversi da quelli di cui alla lettera b) aventi per oggetto lacquisto, la locazione finanziaria, la locazione o lacquisto a riscatto, con o senza opzione per lacquisto, di prodotti. Un appalto avente per oggetto la fornitura di prodotti e, a titolo accessorio, lavori di posa in 32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 opera e di installazione considerato un appalto di forniture. d) Gli appalti di servizi sono appalti diversi dagli appalti di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui allallegato XVII. Un appalto avente per oggetto tanto dei prodotti quanto dei servizi ai sensi dellallegato XVII considerato un appalto di servizi quando il valore dei servizi in questione supera quello dei prodotti oggetto dellappalto. Un appalto avente per oggetto dei servizi di cui allallegato XVII e che preveda attivit ai sensi dellallegato XII solo a titolo accessorio rispetto alloggetto principale dellappalto considerato un appalto di servizi. 3. a) La concessione di lavori un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire lopera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. b) La concessione di servizi un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 12 Conformemente allart. 4 della direttiva 2004/17: 1. La presente direttiva si applica alle seguenti attivit: a) la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile, o b) lalimentazione di tali reti con acqua potabile. () . 13 Ai sensi dellart. 9, n. 1, della stessa direttiva: Ad un appalto destinato allesercizio di pi attivit si applicano le norme relative alla principale attivit cui destinato. Tuttavia la scelta tra laggiudicazione di un unico appalto e laggiudicazione di pi appalti distinti non pu essere effettuata al fine di escludere detto appalto dallambito di applicazione della presente direttiva o, dove applicabile, della direttiva 2004/18/CE. 14 Lart. 18 della direttiva 2004/17 cos dispone: La presente direttiva non si applica alle concessioni di lavori e di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o pi attivit di cui agli articoli da 3 a 7, quando la concessione ha per oggetto lesercizio di dette attivit. La normativa nazionale 15 Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che approva il testo unico delle leggi sullordinamento degli enti locali (Supplemento ordinario alla GURI n. 227 del 28 settembre 2000), come modificato dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dellandamento dei conti pubblici (Supplemento ordinario alla GURI n. 229 del 2 ottobre 2003), convertito in legge, in seguito a modifica, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (Supplemento ordinario alla GURI n. 274 del 25 novembre 2003; in prosieguo: il decreto legislativo 267/2000), cos dispone al suo art. 113, quinto comma: Lerogazione [di un servizio pubblico locale da parte di un ente territoriale] avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dellUnione europea, con conferimento della titolarit del servizio: a) a societ di capitali individuate attraverso lespletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a societ a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 33 lespletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorit competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a societ a capitale interamente pubblico a condizione che lente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla societ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societ realizzi la parte pi importante della propria attivit con lente o gli enti pubblici che la controllano. Causa principale e questione pregiudiziale 16 Il 10 luglio 2002 veniva conclusa la Convenzione di Cooperazione tra i Comuni iblei e la Provincia Regionale di Ragusa, che ha costituito lAmbito Territoriale Ottimale (in prosieguo: lATO) idrico di Ragusa, autorit locale incaricata del servizio idrico integrato di Ragusa. 17 In data 26 marzo 2004, la Conferenza, organo di gestione dellATO, sceglieva come forma di gestione del servizio di cui trattasi la societ mista a prevalente capitale pubblico di cui allart. 113, quinto comma, lett. b), del decreto legislativo n. 267/2000. 18 Il 7 giugno 2005 la Conferenza approvava gli schemi di atto costitutivo della societ per azioni e dello statuto della stessa, nonch il progetto relativo alla convenzione di gestione di detto servizio il cui art. 1 prevede laffidamento diretto del servizio, in via esclusiva, alla costituenda societ mista (gestore del servizio idrico integrato). 19 Successivamente, veniva pubblicato, in particolare nella Gazzetta ufficiale delle Comunit europee dell8 ottobre 2005 (GU S 195), un bando di gara per la selezione dellimprenditore, socio privato di minoranza, al quale affidare lattivit operativa del servizio idrico integrato e lesecuzione dei lavori connessi alla gestione esclusiva di tale servizio, intendendosi per essi i lavori previsti in particolare nel Piano Operativo Triennale approvato dalla Conferenza dei Sindaci il 15 dicembre 2003. 20 Ai sensi dellart. 1, punto 8, del disciplinare di gara, [l]e opere da realizzare sono quelle rientranti nel [Piano Operativo Triennale], cos come modificato e/o integrato dallofferta, nonch nel successivo progetto conoscenza previsto nel [Piano dAmbito] (), e per laffidamento dei lavori non eseguiti direttamente dal socio privato si dovr fare ricorso alle procedure di evidenza pubblica previste per legge. 21 Alla gara partecipavano tre raggruppamenti temporanei di imprese aventi come capogruppi mandatari, rispettivamente, la Saceccav Depurazioni Sacede SpA, lAcoset SpA e lAqualia SpA. La commissione di gara escludeva lAqualia SpA ed ammetteva gli altri. Successivamente, il responsabile della procedura invitava le ditte rimaste in gara a dichiarare se persistesse il loro interesse. Dava riscontro positivo a detto invito solo lAcoset SpA. 22 Risulta ancora dalla decisione di rinvio che la Conferenza, anzich prendere atto dellaggiudicazione e procedere alla costituzione della societ mista di gestione per limmediato avvio del servizio in argomento e la fruizione dei fondi comunitari, nella seduta del 26 febbraio 2007, paventando lillegittimit della procedura espletata per violazione del diritto comunitario, decideva di annullare la procedura di scelta dellAcoset. La segreteria tecnico operativa dellATO quindi, con nota del 28 febbraio 2007, comunicava allAcoset lavvio del procedimento di annullamento e lAcoset trasmetteva le proprie osservazioni con nota del 26 marzo 2007. 23 Il 2 ottobre 2007 la Conferenza si pronunciava a favore dellannullamento della procedura di gara in questione e adottava, quale forma di gestione del servizio idrico integrato di Ragusa, quella del consorzio. Con nota del 9 ottobre successivo, veniva comunicato al- 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 lAcoset lannullamento della procedura di gara. 24 Nellambito del proprio ricorso principale avverso la decisione del 2 ottobre 2007 e gli atti ad essa connessi, lAcoset chiedeva che le fosse riconosciuto il diritto a un risarcimento in forma specifica mediante laggiudicazione dellappalto e un risarcimento per equivalente dei danni subiti in conseguenza dei provvedimenti impugnati. LAcoset inoltre chiedeva, con domanda cautelare, la sospensione interinale degli atti impugnati. 25 Secondo lAcoset, laffidamento diretto della gestione di servizi pubblici locali a societ miste pubblico-private conformemente allart. 113, quinto comma, lett. b), del decreto legislativo n. 267/2000, nelle quali il socio privato stato scelto attraverso lespletamento di gare nel rispetto delle norme comunitarie in materia di concorrenza, compatibile con il diritto comunitario. 26 I convenuti nella causa principale ritengono invece che il diritto comunitario autorizzi un siffatto affidamento di opere e servizi, in via diretta e senza gara, solo in favore di societ a partecipazione pubblica totalitaria, le quali realizzino la parte pi importante della propria attivit con lente o gli enti pubblici che le controllano e sulle quali questi ultimi esercitino un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La partecipazione, anche minoritaria, di unimpresa privata al capitale di una societ alla quale partecipi anche lamministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta societ un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi (v., in particolare, sentenza 11 gennaio 2005, causa C 26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. pag. I 1). 27 Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia osserva che la questione, sollevata dallAcoset, in ordine alla compatibilit dellattribuzione diretta dellappalto di cui causa in relazione al diritto comunitario, pertinente e che la risposta a detta questione non pu essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza della Corte. 28 Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha quindi deciso di sospendere il giudizio in merito alla domanda di sospensione dellesecuzione formulata in via principale e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se [sia] conforme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di trasparenza e libera concorrenza di cui agli artt. 43 [CE], 49 [CE] e 86 [CE], un modello di societ mista pubblico- privata costituita appositamente per lespletamento di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale e con oggetto sociale esclusivo, che sia direttamente affidataria del servizio in questione, nella quale il socio privato con natura industriale ed operativa sia selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, previa verifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che di quelli propriamente operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere e alle prestazioni specifiche da fornire. Sulla ricevibilit 29 Il governo austriaco osserva che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile in quanto la decisione di rinvio non fornisce sufficienti informazioni riguardo al contesto fattuale e normativo in cui rientra il procedimento principale per consentire alla Corte di risolvere utilmente la questione pregiudiziale. In particolare, non sarebbero state fornite informazioni sulla specificit della prestazione o delle prestazioni di cui causa, sul contenuto del bando di gara e della procedura di aggiudicazione dellappalto nonch su alcune nozioni utilizzate nella questione sottoposta. 30 Per quanto riguarda le informazioni che devono essere fornite alla Corte nellambito di una decisione di rinvio, occorre ricordare che queste informazioni non servono solo a con- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 35 sentire alla Corte di dare soluzioni utili, ma devono anche conferire ai governi degli Stati membri nonch alle altre parti interessate la possibilit di presentare osservazioni ai sensi dellart. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. A tal fine, risulta da una giurisprudenza costante che, da un lato, necessario che il giudice nazionale definisca il contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Dallaltro, la decisione di rinvio deve indicare i motivi precisi che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sullinterpretazione del diritto comunitario e a ritenere necessaria la formulazione di questioni pregiudiziali alla Corte. In tale contesto, indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni comunitarie di cui chiede linterpretazione e sul nesso che individua tra quelle disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui alla causa principale (v., in particolare, sentenza 6 marzo 2007, cause riunite C 338/04, C 359/04 e C 360/04, Placanica e a., Racc. pag. I 1891, punto 34). 31 La decisione di rinvio del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia risponde a tali condizioni. 32 Infatti, il giudice nazionale menziona le disposizioni nazionali applicabili e la decisione di rinvio comporta una descrizione dei fatti che, sebbene sintetica, sufficiente per consentire alla Corte di statuire. Inoltre, il giudice a quo menziona i motivi che lhanno indotto a ritenere necessario sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte, in quanto essa contiene una descrizione dettagliata degli opposti punti di vista sostenuti dalle parti nella causa principale per quanto riguarda linterpretazione delle disposizioni comunitarie oggetto della questione pregiudiziale e, secondo il giudice del rinvio, la soluzione della detta questione non pu essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza della Corte. 33 Peraltro, la Conferenza osserva che, poich la procedura di selezione del socio privato di cui alla causa principale stata annullata, lAcoset non ha alcun interesse ad agire al fine di ottenere una soluzione per la questione sottoposta. 34 Al riguardo, sufficiente rilevare che lart. 234 CE ha previsto una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali attraverso un procedimento indipendente da ogni iniziativa delle parti e nel corso del quale queste ultime sono solamente invitate a presentare le loro osservazioni in merito a questioni che possono essere proposte esclusivamente dal giudice nazionale (v., in tal senso, in particolare, sentenza 9 dicembre 1965, causa 44/65, Singer, Racc. pag. 952). 35 Pertanto, occorre esaminare la questione sottoposta dal giudice del rinvio. Sulla questione pregiudiziale 36 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE ostino allaffidamento diretto di un servizio pubblico che preveda lesecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui alla causa principale, a una societ a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente ai fini della fornitura di detto servizio e con un oggetto sociale esclusivo, in cui il socio privato scelto mediante procedura ad evidenza pubblica previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione relativamente al servizio che deve essere erogato nonch delle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni da fornire. 37 In via preliminare, occorre osservare che lattribuzione di un servizio pubblico locale consistente nella gestione del servizio idrico integrato, come quello oggetto della causa principale, potrebbe rientrare, stando alla natura del corrispettivo di tale servizio, nella definizione di appalti pubblici di servizi o in quella di concessione di servizi ai sensi, rispettivamente, 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dellart. 1, nn. 2, lett. d), e 4, della direttiva 2004/18, oppure, eventualmente, dellart. 1, nn. 2, lett. d), e 3, lett. b), della direttiva 2004/17, il cui art. 4, n. 1, lett. a), prevede che questultima si applica alla messa a disposizione o alla gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile o allalimentazione di tali reti con acqua potabile. 38 La questione se unoperazione debba o meno essere qualificata come concessione di servizi o di appalti pubblici di servizi devessere valutata esclusivamente alla luce del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza 18 luglio 2007, causa C 382/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I 6657, punto 31). 39 La differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della fornitura di servizi (v., in particolare, sentenza 10 settembre 2009, causa C 206/08, WAZV Gotha, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51). Un appalto pubblico di servizi ai sensi delle direttive 2004/18 e 2004/17 comporta un corrispettivo che pagato direttamente dallamministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi (v., in particolare, sentenza 13 ottobre 2005, causa C 458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I 8585, punto 39). Si in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalit di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che questultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v., in particolare, sentenze 13 novembre 2008, causa C 437/07, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 29 e 31, nonch WAZV Gotha, cit., punti 59 e 68). 40 Il giudice del rinvio fa riferimento alla costituenda societ mista pubblico-privata da istituire in qualit di concessionario della gestione del servizio integrato idrico. Dal fascicolo emerge che la durata delloperazione fissata a trentanni. 41 Parimenti, il governo italiano osserva che si tratta in modo del tutto evidente dellaffidamento di un pubblico servizio attraverso concessione trentennale, il cui principale corrispettivo consiste nella possibilit di richiedere agli utenti la tariffa idrica che la procedura di gara individua come compensativa del servizio reso. 42 La Corte presuppone quindi che si tratti di una concessione. 43 La Corte ha ravvisato lesistenza di una concessione di servizi, in particolare, nei casi in cui la remunerazione del prestatore proveniva da pagamenti effettuati dagli utenti di un parcheggio pubblico, di un servizio di trasporto pubblico e di una rete di teledistribuzione (v. sentenze Parking Brixen, cit., punto 40; 6 aprile 2006, causa C 410/04, ANAV, Racc. pag. I 3303, punto 16, e 13 novembre 2008, causa C 324/07, Coditel Brabant, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24). 44 Lart. 17 della direttiva 2004/18 dispone che, fatta salva lapplicazione delle disposizioni di cui allart. 3 della stessa direttiva, questultima non si applica alle concessioni di servizi. Parimenti, lart. 18 della direttiva 2004/17 ne esclude lapplicazione alle concessioni di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o pi attivit di cui agli artt. 3 7, quando la concessione ha per oggetto lesercizio di dette attivit. 45 peraltro pacifico che lesecuzione dei lavori collegati alla gestione esclusiva del servizio idrico integrato su cui verte la causa principale presentano carattere accessorio rispetto alloggetto principale della concessione di cui trattasi consistente nella fornitura di detto servizio, di modo che questultima non pu essere qualificata come concessione di lavori pubblici (v., in tal senso, in particolare, sentenza 19 aprile 1994, causa C 331/92, Gestin Hotelera Internacional, Racc. pag. I 1329, punti 26-28, e art. 9, n. 1, della direttiva 2004/17). 46 Anche se i contratti di concessione di servizi pubblici sono esclusi dallambito applica- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 37 tivo delle direttive 2004/18 e 2004/17, le pubbliche autorit che li concludono sono tuttavia tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato CE in generale, e il principio di non discriminazione sulla base della nazionalit in particolare (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 18). 47 Le disposizioni del Trattato specificamente applicabili alle concessioni di servizi pubblici comprendono in particolare gli artt. 43 CE e 49 CE (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 19). 48 Oltre al principio di non discriminazione sulla base della nazionalit, si applica alle concessioni di servizi pubblici anche il principio della parit di trattamento tra offerenti, e ci anche in assenza di discriminazione sulla base della nazionalit (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 20). 49 I principi di parit di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalit comportano, in particolare, un obbligo di trasparenza che permette allautorit pubblica concedente di assicurarsi che tali principi siano rispettati. Lobbligo di trasparenza posto a carico di detta autorit consiste nel dovere di garantire, ad ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicit, che consenta lapertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonch il controllo sullimparzialit delle procedure di aggiudicazione (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 21). 50 Risulta inoltre dallart. 86, n. 1, CE che gli Stati membri non possono mantenere in vigore una normativa nazionale che consenta laffidamento di concessioni di servizi pubblici senza procedura concorrenziale, poich un simile affidamento viola gli artt. 43 CE o 49 CE o ancora i principi di parit di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 23). 51 Lapplicazione delle regole enunciate agli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, nonch dei principi generali di cui esse costituiscono la specifica espressione, esclusa se, allo stesso tempo, il controllo esercitato sul concessionario dallautorit pubblica concedente analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e se il detto concessionario realizza la parte pi importante della propria attivit con lautorit che lo detiene (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 24). In un caso siffatto, lindizione della gara non obbligatoria, anche se la controparte contrattuale un ente giuridicamente distinto dallamministrazione aggiudicatrice (v., in particolare, sentenza 10 settembre 2009, causa C 573/07, Sea, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36). 52 Detta giurisprudenza rileva sia per linterpretazione delle direttive 2004/18 e 2004/17 sia per quella degli artt. 43 CE e 49 CE nonch dei principi generali di cui essi costituiscono la specifica espressione (v., in particolare, sentenza Sea, cit., punto 37). 53 La partecipazione, anche minoritaria, di unimpresa privata al capitale di una societ alla quale partecipi anche lamministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta societ un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi (v., in particolare, sentenza Sea, cit., punto 46). 54 Tale il caso della concessione di cui trattasi nella causa principale, nel contesto della quale il socio privato deve sottoscrivere il 49% del capitale sociale della societ a capitale misto alla quale stata attribuita la concessione in questione. 55 Pertanto, occorre stabilire con maggiore precisione se laffidamento del servizio pubblico in questione alla societ mista pubblico-privata senza indizione di gara specifica sia compatibile con il diritto comunitario, dal momento che la gara dappalto finalizzata allindividuazione del socio privato cui affidare la gestione integrale del servizio idrico stata effet- 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 tuata nel rispetto degli artt. 43 CE e 49 CE nonch dei principi di parit di trattamento e di non discriminazione a motivo della nazionalit, cos come dellobbligo di trasparenza che ne discende. 56 Dalla giurisprudenza emerge che lattribuzione di un appalto pubblico ad una societ mista pubblico-privata senza indizione di gara pregiudicherebbe lobiettivo di una concorrenza libera e non falsata ed il principio della parit di trattamento, nella misura in cui una procedura siffatta offrirebbe ad unimpresa privata presente nel capitale di detta societ un vantaggio rispetto ai suoi concorrenti (sentenze Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 51, nonch 10 novembre 2005, causa C 29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I 9705, punto 48). 57 Peraltro, come osservato al punto 2.1 della Comunicazione interpretativa della Commissione sullapplicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI) (GU 2008, C 91, pag. 4), il fatto che un soggetto privato e unamministrazione aggiudicatrice cooperino nellambito di unentit a capitale misto non pu giustificare il mancato rispetto, in sede di aggiudicazione di concessioni a tale soggetto privato o allentit a capitale misto, delle disposizioni in materia di concessioni. 58 Tuttavia, come ha osservato lavvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, introdurre una doppia gara sarebbe difficilmente compatibile con leconomia delle procedure cui si ispirano i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, come quello su cui verte la causa principale, poich listituzione di questi organismi riunisce in uno stesso atto la scelta di un socio economico privato e laggiudicazione della concessione alla societ a capitale misto da istituire a tale esclusivo scopo. 59 Sebbene la mancanza di gara nel contesto dellaggiudicazione di servizi risulti inconciliabile con gli artt. 43 CE e 49 CE e con i principi di parit di trattamento e di non discriminazione, la scelta del socio privato nel rispetto degli obblighi ricordati ai punti 46-49 della presente sentenza e lindividuazione dei criteri di scelta del socio privato consentono di ovviare a detta situazione, dal momento che i candidati devono provare, oltre alla capacit di diventare azionisti, anzitutto la loro perizia tecnica nel fornire il servizio nonch i vantaggi economici e di altro tipo derivanti dalla propria offerta. 60 Dato che i criteri di scelta del socio privato si riferiscono non solo al capitale da questultimo conferito, ma altres alle capacit tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, e dal momento che al socio in questione viene affidata, come nella fattispecie di cui alla causa principale, lattivit operativa del servizio di cui trattasi e, pertanto, la gestione di questultimo, si pu ritenere che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo effettuata al termine di una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario, cosicch non si giustificherebbe una seconda procedura di gara ai fini della scelta del concessionario. 61 Il ricorso, in tale situazione, a una duplice procedura, in primo luogo, per la selezione del socio privato della societ a capitale misto e, in secondo luogo, per laggiudicazione della concessione a detta societ sarebbe tale da disincentivare gli enti privati e le autorit pubbliche dalla costituzione di partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, come quelli di cui trattasi nella causa principale, a motivo della durata inerente alla realizzazione di siffatte gare e dellincertezza giuridica per quanto attiene allaggiudicazione della concessione al socio privato previamente selezionato. 62 Occorre precisare che una societ a capitale misto, pubblico e privato, come quella di cui trattasi nella causa principale deve mantenere lo stesso oggetto sociale durante lintera LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 39 durata della concessione e che qualsiasi modifica sostanziale del contratto comporterebbe un obbligo di indire una gara (v., in tal senso, sentenza 19 giugno 2008, causa C 454/06, pressetext Nachrichtenagentur, Racc. pag. I 4401, punto 34). 63 Tenuto conto di quanto precedentemente considerato, si deve risolvere la questione sottoposta nel senso che gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano allaffidamento diretto di un servizio pubblico che preveda lesecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una societ a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dellofferta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parit di trattamento imposti dal Trattato per le concessioni. Sulle spese 64 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: Gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano allaffidamento diretto di un servizio pubblico che preveda lesecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una societ a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dellofferta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parit di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni. 40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Sulla coerenza del disegno comunitario del regime di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri (Corte di giustizia, Terza Sezione, sentenza del 22 ottobre 2009 nelle cause riunite C-261/08 e C-348/08) Con la decisione in commento, la Corte di Giustizia chiarisce la portata dellart. 11, par. 3, regolamento n. 562/2006, che nella traduzione spagnola sembrava affermare un obbligo di espulsione per gli Stati membri dei cittadini stranieri non in grado di dimostrare la persistenza del loro diritto di soggiorno, mentre in tutte le traduzioni al contrario prevista una semplice facolt di espulsione. La decisione, nel far prevalere la versione vigente in tutte le altre traduzioni, giunge a una conclusione tutto sommato scontata. Essa si segnala per per affrontare in maniera esplicita la portata dellart. 23, Convenzione applicativa dellaccordo di Schengen (CAAS), senza per fugare i dubbi che ruotano attorno a questa disposizione. opportuno ricordare che la disciplina comunitaria in tema di ingresso e soggiorno di cittadini stranieri (ossia provenienti da Paesi terzi) era prima contenuta nella CAAS: con il regolamento n. 562/2006, alcune delle disposizioni della CAAS sono state abrogate e riportate nel regolamento stesso (sono gli articoli da 2 a 8, CAAS). La norma centrale lart. 5 (prima della CAAS, ora del regolamento) che individua le condizioni che, a livello comunitario, i Paesi membri si obbligano a far rispettare per consentire lingresso nellarea Schengen di cittadini stranieri per soggiorni brevi fino a tre mesi. Lart. 5, par. 1 elenca le condizioni che (salve alcune deroghe elencate tassativamente dal par. 4) devono essere tutte possedute dallo straniero che aspira a ottenere il visto dingresso, in mancanza di una delle quali gli Stati membri sono tenuti a respingere la domanda di ingresso. Lart. 13 del regolamento precisa che sono respinti, quindi obbligatorio per gli Stati membri respingere, i cittadini di Paesi terzi che non soddisfino tutte le condizioni dingresso previste dallart. 5. A fronte di queste norme rigorose, che non offrono ai legislatori nazionali spazi di apertura (se non limitatissimi e contingentati dal par. 4 dello stesso art. 5), e che riguardano il momento dellingresso, si rinvengono alcune disposizioni in tema di soggiorno sicuramente derogatorie, che fanno emergere qualche dubbio sulla coerenza complessiva del disegno comunitario. Esse si rinvengono nellart. 11, regolamento 562/2006, e negli artt. 23 e 25, CAAS. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 41 Lart. 11, par. 6, regolamento 562/2006 stabilisce che se il cittadino straniero non in grado di dimostrare la data di ingresso nel Paese membro, e dunque di aver rispettato i limiti di durata autorizzata del suo soggiorno, le autorit competenti possono espellerlo, dal proprio territorio. Dunque da un lato lart. 5 impone a tutti gli Stati membri di non consentire lingresso a cittadini stranieri (e, ai sensi dellart. 13, regolamento 562/2006, respingerli) quando non abbiano i requisiti richiesti, dallaltro lato lart. 11 attribuisce solo una facolt di espellere il cittadino straniero che, parimenti, non ha pi i requisiti per soggiornare nellambito territoriale comunitario. Unaltra deroga, a valle, in fase di concessione del titolo di soggiorno, alle regole rigorose sullingresso, contenuta nellart. 25, CAAS, che ammette il rilascio del permesso di soggiorno a cittadini stranieri che non avrebbero titolo per fare ingresso nellUnione Europea, in quanto segnalati nel sistema SIS (v. art. 5, par. 1, lett. d), regolamento 562/2006), qualora sussistano motivi seri, e previa consultazione del Paese che ha effettuato la segnalazione. E significativo che invece lart. 11, par. 6 cit. non contenga alcuna delimitazione della facolt di decidere se espellere o meno lo straniero privo di titolo, senza subordinarla, ad esempio, alla sussistenza di motivi seri, ad esempio a carattere umanitario. Lart. 11, par. 6 va peraltro coordinato con la norma pi generale contenuta nellart. 23, CAAS che regola complessivamente tutte le ipotesi in cui lo straniero non soddisfi o non soddisfi pi le condizioni di soggiorno di breve durata applicabili nel territorio di una delle Parti contraenti (tra le quali, pertanto, anche quelle di cui allart. 5, regolamento 562/2006), e il cui contenuto racchiude sinteticamente le contraddizioni interne al sistema. Infatti il par. 1 dellart. 23 stabilisce che lo straniero che non ha pi titolo per soggiornare deve in linea di principio lasciare senza indugio i territori delle Parti contraenti; il par. 3 precisa che se non lo fa volontariamente, esso deve essere allontanato dal territorio della Parte contraente nel quale stato fermato. Sembra quindi configurarsi un obbligo del Paese che ferma lo straniero privo di titolo per soggiornare ad allontanarlo dal territorio, ossia, per utilizzare la terminologia italiana, ad espellerlo. Lobbligo in parola peraltro subito attenuato laddove lo stesso par. 3 dellart. 23 precisa che lallontanamento debba avvenire alle condizioni previste dal diritto nazionale, cos non chiarendo se per condizioni si intendono le modalit (che quindi in nulla intaccano la portata dellobbligo di espulsione), ovvero i presupposti, il che invece porterebbe a un sensibile ridimensionamento della natura vincolante della prescrizione in esame: se il diritto nazionale a stabilire in quali casi lo straniero irregolare pu o deve essere espulso, allora che significato ha il par. 3 laddove parla di obbligo di allonta- 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 namento a carico del Paese in cui stato fermato? E un obbligo dello Stato verso gli altri Stati contraenti, o una semplice facolt rimessa alle scelte dei legislatori nazionali? Ad aggrovigliare ulteriormente la matassa la seconda parte del par. 3 che contempla la possibilit che in applicazione del diritto nazionale lallontanamento non sia consentito, nel qual caso il Paese in questione pu ammettere linteressato a soggiornare nel suo territorio. Pare evidente quindi che non sussista alcun obbligo per i legislatori nazionali di prevedere lallontanamento dello straniero irregolare ai sensi del par. 3, ma ci non spiega come possa tenere lordinamento comunitario sia in relazione al passaggio dello stesso par. 3 in cui si dice che lo straniero irregolare deve essere allontanato, sia in considerazione dei principi di chiusura delle frontiere esterne sanciti inderogabilmente dallart. 5, regolamento 562/2006, e di quelle interne stabiliti dagli artt. 19, 20 e 21, CAAS. Appare infatti alquanto contraddittorio un ordinamento comunitario che sancisce lobbligo di respingimento degli stranieri irregolari che non soddisfino le condizioni sancite dallart. 5, regolamento 562/2006, ma nel contempo rimette ai Paesi membri la facolt (quindi il non obbligo) di espellere lo straniero irregolare che abbia ormai varcato illegalmente le frontiere esterne, o comunque si sia trattenuto per un tempo superiore a quello consentito. Ingresso e soggiorno non possono infatti che essere strettamente connessi tra loro, non potendo configurarsi - per ovvie ragioni di certezza del diritto - diversit di trattamento tra due stranieri irregolari, di cui uno sia stato fermato alla frontiera esterna, e laltro sia riuscito illegalmente a varcarla. Se dunque lingresso dello straniero irregolare ammissibile solo quando vi siano eccezionali condizioni (quelle sancite dallart. 5, regolamento 562/2006: motivi umanitari o di interesse nazionale o adempimento di obblighi internazionali), dovrebbe coerentemente affermarsi che anche il soggiorno (o il suo perpetuarsi) sia limitato al possesso dei medesimi requisiti, senza margini di valutazione per gli Stati membri. Questo per lovvia considerazione, riportata anche nel n. 6 del preambolo del regolamento 562/2006, che il controllo di frontiera nell'interesse non solo dello Stato membro alle cui frontiere esterne viene effettuato, ma di tutti gli Stati membri che hanno abolito il controllo di frontiera interno. Avv. Lorenzo DAscia* (*) Avvocato dello Stato. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 43 Corte di giustizia (Terza Sezione) sentenza del 22 ottobre 2009 nelle cause riunite C- 261/08 e C-348/08 - Pres. P. Lindh, Avv. gen. J. Kokott - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Superior de Justicia de Murcia - Spagna - Mara Julia Zurita Garca (C- 261/08), Aurelio Choque Cabrera (C-348/08) / Delegado del Gobierno en la Regin de Murcia. (Per il governo italiano avv.ti Stato G. Fiengo e W. Ferrante). Visti, asilo, immigrazione Misure relative allattraversamento delle frontiere esterne Art. 62, punti 1 e 2, lett. a), CE Convenzione di applicazione dellAccordo di Schengen Artt. 6 ter e 23 Regolamento (CE) n. 562/2006 Artt. 5, 11 e 13 Presunzione riguardante la durata del soggiorno Cittadini di paesi terzi in situazione irregolare nel territorio di uno Stato membro Normativa nazionale che consente di imporre, a seconda delle circostanze, o una sanzione pecuniaria o lespulsione (Omissis) 1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sullinterpretazione dellart. 62, punti 1 e 2, lett. a), CE nonch degli artt. 5, 11 e 13 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 15 marzo 2006, n. 562, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU L 105, pag. 1). 2 Tali domande sono state presentate nellambito di due controversie che vedono opposti cittadini boliviani, ossia la sig.ra Zurita Garca (causa C 261/08) e il sig. Choque Cabrera (causa C 348/08), al Delegado del Gobierno nella Regin de Murcia (rappresentante governativo nella regione della Murcia; in prosieguo: il Delegado del Gobierno) in merito ai provvedimenti despulsione dal territorio spagnolo, corredati del divieto dingresso nello spazio Schengen per cinque anni, adottati nei loro confronti. Contesto normativo La normativa comunitaria Il protocollo di Schengen 3 Ai sensi dellart. 1 del protocollo sullintegrazione dellacquis di Schengen nellambito dellUnione europea, allegato al Trattato sullUnione europea e al Trattato che istituisce la Comunit europea dal Trattato di Amsterdam (in prosieguo: il protocollo), tredici Stati membri dellUnione europea sono autorizzati ad instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel campo di applicazione dellacquis di Schengen, come definito nellallegato di detto protocollo. Tale cooperazione realizzata nellambito istituzionale e giuridico dellUnione europea e nel rispetto delle pertinenti disposizioni del Trattato sullUnione europea e del Trattato che istituisce la Comunit europea. 4 In forza dellart. 2, n. 1, primo comma, del protocollo, a decorrere dallentrata in vigore del Trattato di Amsterdam, vale a dire dal 1 maggio 1999, lacquis di Schengen si applica immediatamente ai tredici Stati membri elencati nellart. 1 del protocollo medesimo. 5 In particolare, rientrano in detto acquis lAccordo fra i governi degli Stati dellUnione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, relativo alleliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen il 14 giugno 1985 (GU 2000, L 239, pag. 13), nonch la Convenzione di applicazione dellAccordo di Schengen, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 (GU 2000, L 239, pag. 19), come modificata dal regolamento (CE) del Consiglio 13 dicembre 2004, n. 2133, che stabilisce lobbligo, per le autorit competenti degli Stati membri, di procedere allapposizione sistematica 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 di timbri sui documenti di viaggio dei cittadini di paesi terzi al momento dellattraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri e che modifica a tal fine le disposizioni della Convenzione di applicazione dellAccordo di Schengen e del manuale comune (GU L 369, pag. 5; in prosieguo: la CAAS). 6 In applicazione dellart. 2, n. 1, secondo comma, seconda frase, del protocollo, il Consiglio dellUnione europea ha adottato la decisione 20 maggio 1999, 1999/436/CE, che determina, in conformit delle pertinenti disposizioni del Trattato che istituisce la Comunit europea e del Trattato sullUnione europea, la base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono lacquis di Schengen (GU L 176, pag. 17). Dallart. 2 di tale decisione, in combinato disposto con lallegato A della medesima, risulta che il Consiglio ha indicato gli artt. 62 CE e 63 CE, che fanno parte del titolo IV del Trattato CE, rubricato Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone, quali fondamenti normativi dellart. 23 della CAAS. La CAAS 7 Lart. 6 ter della CAAS dispone quanto segue: 1. Se il documento di viaggio di un cittadino di un paese terzo non reca il timbro dingresso, le autorit nazionali competenti possono presumere che il titolare non soddisfa o non soddisfa pi le condizioni relative alla durata del soggiorno applicabili nello Stato membro in questione. 2. Questa presunzione pu essere confutata qualora il cittadino del paese terzo fornisca, in qualsiasi modo, elementi di prova attendibile, come biglietti di viaggio o giustificativi della sua presenza fuori del territorio degli Stati membri, che dimostrino che linteressato ha rispettato le condizioni relative alla durata di un soggiorno breve. (...) 3. Se la presunzione di cui al paragrafo 1 non confutata, le autorit competenti possono espellere il cittadino [del] paese terzo dal territorio de[llo] Stat[o] membr[o] in questione. 8 Ai termini dellart. 23 della CAAS: 1. Lo straniero che non soddisfa o che non soddisf[a] pi le condizioni di soggiorno di breve durata applicabili nel territorio di una delle Parti contraenti deve, in linea di principio, lasciare senza indugio i territori delle Parti contraenti. (...) 3. Qualora lo straniero di cui sopra non lasci volontariamente il territorio o se pu presumersi che non lo far, ovvero se motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico impongono limmediata partenza dello straniero, questultimo deve essere allontanato dal territorio della Parte contraente nel quale stato fermato, alle condizioni previste dal diritto nazionale di tale Parte contraente. Se in applicazione di tale legislazione lallontanamento non consentito, la Parte contraente interessata pu ammettere linteressato a soggiornare nel suo territorio. (...) 5. Le disposizioni del paragrafo 4 non ostano alle disposizioni nazionali relative al diritto di asilo n allapplicazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, quale emendata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, n alle disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo e dellarticolo 33, paragrafo 1 della presente Convenzione . Il regolamento n. 562/2006 9 Il regolamento n. 562/2006 codifica i testi esistenti in materia di controllo alle frontiere e mira a consolidare e sviluppare il corpus legislativo della politica di gestione integrata delle LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 45 frontiere precisando le norme relative allattraversamento delle frontiere esterne. 10 Ai sensi dellart. 5 di detto regolamento, relativo alle condizioni dingresso per i cittadini di paesi terzi: 1. Per un soggiorno non superiore a tre mesi nellarco di sei mesi, le condizioni dingresso per i cittadini di paesi terzi sono le seguenti: a) essere in possesso di uno o pi documenti di viaggio validi che consentano di attraversare la frontiera; b) essere in possesso di un visto valido, se richiesto a norma del regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta lelenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto allatto dellattraversamento delle frontiere esterne e lelenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [GU L 81, pag. 1], salvo che si sia in possesso di un permesso di soggiorno valido; c) giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e disporre dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o per il transito verso un paese terzo nel quale lammissione garantita, ovvero essere in grado di ottenere legalmente detti mezzi; d) non essere segnalato nel [sistema dinformazione Schengen] ai fini della non ammissione; e) non essere considerato una minaccia per lordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri, in particolare non essere oggetto di segnalazione ai fini della non ammissione nelle banche dati nazionali degli Stati membri per gli stessi motivi. (...) . 11 La formulazione dellart. 11, nn. 1 e 3, del regolamento n. 562/2006, relativo alla presunzione in ordine alle condizioni relative alla durata del soggiorno, ha ripreso quella dellart. 6 ter, nn. 1 e 3, della CAAS, salvo nella versione in lingua spagnola, che al n. 3 del citato art. 11 cos dispone: Se la presunzione di cui al paragrafo 1 non confutata, le autorit competenti espellono il cittadino [del] paese terzo dal territorio de[llo] Stat[o] membr[o] in questione. 12 A norma dellart. 13 di detto regolamento, che riguarda il respingimento: 1. Sono respinti dal territorio degli Stati membri i cittadini di paesi terzi che non soddisfino tutte le condizioni dingresso previste dallarticolo 5, paragrafo 1, e non rientrino nelle categorie di persone di cui allarticolo 5, paragrafo 4. Ci non pregiudica lapplicazione di disposizioni particolari relative al diritto dasilo e alla protezione internazionale o al rilascio di visti per soggiorno di lunga durata. (...) . 13 Ai sensi dellart. 39, n. 1, di questo stesso regolamento, gli artt. 2 8 della CAAS sono abrogati con effetto dal 13 ottobre 2006. 14 In forza del suo art. 40, il regolamento n. 562/2006 entrato in vigore il 13 ottobre 2006. La normativa nazionale 15 La legge organica 11 gennaio 2000, n. 4/2000, sui diritti e le libert degli stranieri in Spagna e sulla loro integrazione sociale (Ley Orgnica sobre derechos y libertades de los extranjeros en Espaa y su integracin social) (BOE n. 10 del 12 gennaio 2000, pag. 1139), stata modificata dalla legge organica 22 dicembre 2000, n. 8/2000 (BOE n. 307 del 23 dicembre 2000, pag. 45508), nonch dalla legge organica 20 novembre 2003, n. 14/2003 (BOE n. 279 del 21 novembre 2003, pag. 41193; in prosieguo: la legge sugli stranieri). 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 16 Lart. 28, n. 3, della legge sugli stranieri, che disciplina luscita degli stranieri dalla Spagna, prevede quanto segue: Luscita [dal territorio spagnolo] obbligatoria nelle seguenti situazioni: (...) c) in caso di rigetto amministrativo delle domande formulate dallo straniero per restare nel territorio spagnolo o in mancanza dautorizzazione a soggiornare in Spagna. 17 In forza dellart. 51 della legge sugli stranieri, le violazioni delle disposizioni relative allingresso e al soggiorno degli stranieri sono classificate in base alla loro gravit in lievi, gravi e gravissime. 18 Lart. 53, lett. a), di detta legge definisce violazione grave: il fatto di soggiornare illegalmente nel territorio nazionale spagnolo per non aver ottenuto una proroga del soggiorno o un permesso di soggiorno o perch tali documenti sono scaduti da pi di tre mesi, senza che linteressato ne abbia chiesto il rinnovo entro il termine prescritto . 19 Ai termini dellart. 55 della legge sugli stranieri, la sanzione in cui si incorre in caso di violazione grave unammenda di EUR 6 000 al massimo. Al momento di irrogare la sanzione, lautorit competente deve applicare criteri di proporzionalit, tenendo conto del grado di colpevolezza, del danno causato, del rischio derivante dalla violazione nonch delle relative ripercussioni. 20 Lart. 57 della legge sugli stranieri, relativo allespulsione dal territorio, dispone quanto segue: 1. Se i trasgressori sono stranieri la cui condotta viene qualificata dalla legge come violazione gravissima o grave ai sensi dellart. 53, lett. a), b), c), d), o f), della presente legge organica, in esito al corrispondente procedimento amministrativo pu essere disposta, invece dellammenda, lespulsione dal territorio nazionale spagnolo. 2. Costituisce altres causa di espulsione, previo esperimento del corrispondente procedimento amministrativo, la condanna dello straniero, in Spagna o al di fuori, per un comportamento doloso che nel nostro paese costitutivo di un reato punito con una pena privativa della libert personale superiore a un anno, salvo che i precedenti penali siano stati cancellati dal casellario giudiziale. 3. Le sanzioni dellespulsione e dellammenda non possono in alcun caso essere applicate cumulativamente. (...) . 21 Lart. 158 del regio decreto 30 dicembre 2004, n. 2393/2004, che ha adottato il regolamento dapplicazione della legge sugli stranieri (Reglamento de la Ley de Extranjera) (BOE n. 6 del 7 gennaio 2005, pag. 485), cos dispone: 1. In mancanza di autorizzazione a soggiornare in Spagna, in particolare perch non sono soddisfatte o non sono pi soddisfatte le condizioni di ingresso o di soggiorno, oppure in caso di rigetto amministrativo di domande di proroga di soggiorno, di permessi di residenza o di qualsiasi altro documento necessario affinch lo straniero possa restare in territorio spagnolo, (...) la decisione amministrativa deve informare linteressato del suo obbligo di lasciare il paese, fermo restando che sia fatta menzione di tale intimazione nel passaporto o in un documento analogo oppure in un documento a parte qualora linteressato si trovi in Spagna munito di un documento di identit che non consente di apporre la menzione ad hoc. (...) 2. Luscita obbligatoria dovr avvenire nel termine previsto dalla decisione di rigetto della LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 47 domanda o, eventualmente, entro il termine massimo di quindici giorni dalla notifica della decisione di rigetto, salvo che si verifichino circostanze eccezionali e linteressato possa provare di averi mezzi di sussistenza sufficienti; in tal caso, il termine pu essere prorogato fino a un massimo di novanta giorni. Trascorso il termine senza che linteressato abbia lasciato il territorio nazionale, si applicheranno le disposizioni previste dal presente regolamento per i casi cui si riferisce lart. 53, lett. a), della legge [sugli stranieri]. 3. Se gli stranieri cui si riferisce il presente articolo lasciano effettivamente il territorio spagnolo conformemente a quanto disposto ai precedenti paragrafi, non sar loro negato lingresso nel paese e essi potranno tornare in Spagna, nel rispetto delle norme che disciplinano laccesso al territorio spagnolo. (...) . 22 Emerge dalle decisioni di rinvio che le succitate disposizioni nazionali sono interpretate dal Tribunal Supremo nel senso che, essendo lespulsione una sanzione, la decisione che la dispone deve essere motivata in maniera specifica e deve rispettare il principio di proporzionalit. 23 Risulta dagli atti sottoposti alla Corte che, nella pratica, quando un cittadino di un paese terzo non ha titolo per entrare o soggiornare in Spagna e la sua condotta non ha dato luogo a circostanze aggravanti, la sanzione irrogata deve limitarsi a unammenda, in mancanza di ulteriori elementi che giustifichino la sostituzione dellammenda con lespulsione. Controversie principali e questione pregiudiziale 24 Nella causa C 261/08, il 26 settembre 2006 le autorit competenti avviavano un procedimento amministrativo per violazione dellart. 53, lett. a), della legge sugli stranieri nei confronti della sig.ra Zurita Garca, cittadina boliviana che si trovava in situazione irregolare in Spagna perch o non aveva ottenuto la proroga del soggiorno o il permesso di residenza, oppure perch tali documenti erano scaduti da oltre tre mesi senza che linteressata ne avesse chiesto il rinnovo. 25 Detto procedimento si concludeva il 15 novembre 2006 con ladozione di una decisione del Delegado del Gobierno, che disponeva lespulsione dellinteressata dal territorio spagnolo. Tale sanzione era accompagnata dal divieto di entrare nel territorio dello spazio Schengen per cinque anni. 26 La sig.ra Zurita Garca contestava detta decisione dinanzi al Juzgado de lo Contencioso- Administrativo n. 6 de Murcia, il quale respingeva il ricorso in primo grado. In appello, linteressata sosteneva che questa stessa decisione avrebbe dovuto essere annullata poich lamministrazione non aveva correttamente applicato il principio di proporzionalit nel valutare le circostanze della fattispecie, le quali non giustificavano assolutamente la sostituzione dellammenda con lespulsione. 27 Nella causa C 348/08, con decisione 30 luglio 2007, il Delegado del Gobierno disponeva lespulsione dal territorio spagnolo del sig. Choque Cabrera, cittadino boliviano che si trovava in situazione irregolare in Spagna, ai sensi dellart. 53, lett. a), della legge sugli stranieri, perch o non aveva ottenuto la proroga del soggiorno o il permesso di residenza, oppure perch tali documenti erano scaduti da oltre tre mesi senza che linteressato ne avesse chiesto il rinnovo. Tale sanzione era accompagnata dal divieto di entrare nel territorio dello spazio Schengen per cinque anni. 28 Il sig. Choque Cabrera contestava detta decisione dinanzi al Juzgado de lo Contencioso- Administrativo n. 4 de Murcia, il quale respingeva il ricorso in primo grado. In appello, linteressato sosteneva che questa stessa decisione avrebbe dovuto essere annullata poich le 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 autorit non avevano correttamente applicato il principio di proporzionalit nel valutare le circostanze della fattispecie e non avrebbero motivato la sostituzione dellammenda con lespulsione. 29 Alla luce di tali premesse, il Tribunal Superior de Justicia de Murcia ha deciso di sospendere i due procedimenti di cui era investito e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale, che formulata in termini identici in ognuna di dette cause: Se le norme del Trattato (), in particolare il suo art. 62, punti 1 e 2, lett. a), CE nonch il regolamento [n. 562/2006], segnatamente i suoi artt. 5, 11 e 13, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, quale quella spagnola e la giurisprudenza che la interpreta, la quale ammette la possibilit di sostituire con lirrogazione di unammenda lespulsione di un cittadino di un paese terzo sprovvisto di un titolo che autorizzi lingresso o il soggiorno nel territorio dellUnione europea. 30 Con ordinanza del presidente della Terza Sezione 27 marzo 2007, i procedimenti C 261/08 e C 348/08 sono stati riuniti ai fini della fase orale del procedimento nonch della sentenza. Sulla questione pregiudiziale Sulla ricevibilit della questione sollevata nella causa C 261/08 31 Il governo spagnolo eccepisce lirricevibilit della questione sollevata nella causa C 261/08 perch sarebbe puramente ipotetica. 32 Esso sostiene che il principio di irretroattivit della legge penale osterebbe allapplicazione ratione temporis dellobbligo, eventualmente previsto allart. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006, di sanzionare con lespulsione i fatti di cui alla causa principale, in quanto tale regolamento entrato in vigore solo il 13 ottobre 2006, mentre la situazione irregolare nel territorio spagnolo della ricorrente nella causa principale era gi stata denunciata il 26 settembre 2006. 33 A parere del governo spagnolo, dal momento che nella causa principale si tratta di una pratica amministrativa sanzionatoria, cui si applicano gli stessi principi sanciti nel processo penale, in particolare il principio di legalit e quello di tipicit, la normativa applicabile dovrebbe essere quella che era in vigore alla data dei fatti denunciati e non quella applicabile alla data delladozione da parte delle autorit nazionali della decisione despulsione, vale a dire il 15 novembre 2006, posizione che il giudice del rinvio pare sostenere. 34 A tale riguardo occorre ricordare che, nellambito di un procedimento ex art. 234 CE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale. Parimenti, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano linterpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, tenuta a pronunciarsi (v., segnatamente, sentenze 25 febbraio 2003, causa C 326/00, IKA, Racc. pag. I 1703, punto 27, 12 aprile 2005, causa C 145/03, Keller, Racc. pag. I 2529, punto 33, 22 giugno 2006, causa C 419/04, Conseil gnral de la Vienne, Racc. pag. I 5645, punto 19, e 16 luglio 2009, causa C 537/07, Gmez Limn, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24). 35 Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto comu- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 49 nitario non ha alcuna relazione con la realt o con loggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C 379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I 2099, punto 39; 22 gennaio 2002, causa C 390/99, Canal Satlite Digital, Racc. pag. I 607, punto 19, e Gmez-Limn, cit., punto 25). 36 Tuttavia, la Corte ha parimenti affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza (v., in tal senso, sentenza 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia, Racc. pag. 3045, punto 21). Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte investita, che quella di contribuire allamministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (sentenze Foglia, cit., punti 18 e 20; 3 febbraio 1983, causa 149/82, Robards, Racc. pag. 171, punto 19, nonch 16 luglio 1992, causa C 83/91, Meilicke, Racc. pag. I 4871, punto 25). 37 Nel caso di specie occorre rilevare che, alla data in cui stata denunciata la situazione irregolare nel territorio spagnolo della ricorrente nella causa principale del procedimento C 261/08, vale a dire il 26 settembre 2006, il regolamento n. 562/2006 non era ancora entrato in vigore, cosicch ci si pu chiedere se occorra interpretare detto regolamento rispetto ai fatti che hanno dato origine a tale causa. 38 lart. 6 ter della CAAS e non lart. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006 che dovrebbe applicarsi, qualora la data dei fatti fosse il criterio che determina la legge applicabile ratione temporis nella causa C 261/08. Infatti, lart. 6 ter della CAAS fra quelli abrogati, in forza dellart. 39 del regolamento n. 562/2006, a far data dal 13 ottobre 2006. 39 Tuttavia, come sottolineato dallavvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, lart. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006 non fa altro che riprendere il dettato dellart. 6 ter, n. 3, della CAAS, che era in vigore al momento in cui stata denunciata la situazione irregolare nel territorio spagnolo della ricorrente nella causa principale. 40 Inoltre, occorre constatare che il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale, dello stesso tenore, nellambito della controversia che ha originato la causa riunita C 348/08, i cui fatti si sono prodotti quando detto regolamento era gi in vigore. 41 Pertanto, occorre dichiarare ricevibile la questione sollevata in tali due cause riunite. Nel merito 42 In via preliminare, occorre rilevare che la domanda dinterpretazione verte sullart. 62, punti 1 e 2, lett. a), CE nonch sugli artt. 5, 11 e 13 del regolamento n. 562/2006. 43 Orbene, occorre precisare anzitutto che lart. 62, punti 1 e 2, lett. a), CE costituisce il fondamento normativo dellazione del Consiglio diretta a adottare misure volte a garantire che non vi siano controlli sulle persone allatto dellattraversamento delle frontiere interne nonch misure relative allattraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri e, come tale, non ha loggetto o leffetto di attribuire diritti ai cittadini dei paesi terzi n dimporre obblighi agli Stati membri. 44 Inoltre, lart. 5 del regolamento n. 562/2006 stabilisce le condizioni dingresso per i cittadini di paesi terzi allatto dellattraversamento di una frontiera esterna per un soggiorno non superiore a tre mesi nellarco di sei mesi, mentre lart. 13 di detto regolamento riguarda il respingimento dal territorio degli Stati membri dei cittadini di paesi terzi che non soddisfino tutte le dette condizioni. 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 45 Di conseguenza, gli artt. 5 e 13 del regolamento n. 562/2006 non disciplinano la situazione dei cittadini di paesi terzi, come la sig.ra Zurita Garca e il sig. Choque Cabrera, i quali si trovavano gi nel territorio spagnolo, da data indeterminata, quando stato emesso nei loro confronti lordine despulsione per soggiorno illegale. 46 Infine, alla luce del fatto che non si pu escludere che gli artt. 6 ter e 23 della CAAS possano trovare applicazione, ratione temporis, nella causa C 261/08 (v. punti 37 e 38 della presente sentenza), come suggeriscono il governo austriaco e la Commissione delle Comunit europee, per fornire al giudice del rinvio una risposta utile, occorre prendere in considerazione detti articoli della CAAS nellambito dellesame della questione pregiudiziale (v., per analogia, sentenze 29 gennaio 2008, causa C 275/06, Promusicae, Racc. pag. I 271, punto 46, e 3 aprile 2008, causa C 346/06, Rffert, Racc. pag. I 1989, punto 18). 47 Infatti, come risulta dalla sua formulazione, lart. 23 della CAAS si applica a tutti coloro i quali, non essendo cittadini di uno Stato membro, non soddisfano o non soddisfano pi le condizioni di soggiorno di breve durata applicabili nel territorio di uno degli Stati membri, il che, stando alla descrizione dei fatti esposta nelle decisioni di rinvio, sembra corrispondere alla situazione sia della sig.ra Zurita Garca sia del sig. Choque Cabrera. 48 Ne consegue che, sottoponendo la questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 6 ter e 23 della CAAS nonch lart. 11 del regolamento n. 562/2006 debbano essere interpretati nel senso che, quando un cittadino di un paese terzo si trova in situazione irregolare nel territorio di uno Stato membro perch non soddisfa o non soddisfa pi le condizioni di soggiorno di breve durata ivi applicabili, tale Stato membro obbligato ad adottare una decisione di espulsione nei suoi confronti. 49 Sia lart. 6 ter, n. 1, della CAAS sia lart. 11, n. 1, del regolamento n. 562/2006 stabiliscono una presunzione relativa secondo cui, se il documento di viaggio di un cittadino di un paese terzo non reca il timbro dingresso, le autorit nazionali competenti possono presumere che il titolare non soddisfi o non soddisfi pi le condizioni relative alla durata del soggiorno applicabili nello Stato membro in questione. 50 Lart. 6 ter, n. 2, della CAAS, cos come lart. 11, n. 2, del regolamento n. 562/2006, permette di confutare tale presunzione mediante la presentazione, da parte del cittadino del paese terzo, in qualsiasi modo, di elementi di prova attendibili, come biglietti di viaggio o giustificativi della sua presenza fuori del territorio degli Stati membri, che dimostrino che linteressato ha rispettato le condizioni relative alla durata di un soggiorno breve. 51 In forza dellart. 6 ter, n. 3, della CAAS, nonch dellart. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006, se la presunzione di cui al n. 1 di ciascuno di tali due articoli non confutata, le autorit competenti possono espellere il cittadino del paese terzo dal territorio dello Stato membro in questione. 52 La Commissione sottolinea, giustamente, che esiste una discordanza tra il testo in lingua spagnola dellart. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006 e quello delle altre versioni linguistiche. 53 Infatti, nella versione in lingua spagnola, tale disposizione impone un obbligo, in quanto prevede che le autorit competenti dello Stato membro interessato espellono dal suo territorio il cittadino di un paese terzo qualora la presunzione non sia confutata. In tutte le altre versioni linguistiche, invece, lespulsione risulta essere una facolt per le dette autorit. 54 Si deve a tal proposito ricordare che, conformemente ad una costante giurisprudenza, lesigenza che un atto comunitario sia applicato e quindi interpretato in modo uniforme esclude la possibilit di considerare isolatamente una delle versioni, e rende al contrario necessaria LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 51 linterpretazione basata sulla reale volont del legislatore e sullo scopo da questo perseguito, alla luce, segnatamente, di tutte le versioni linguistiche (v., in particolare, sentenze 12 novembre 1969, causa 29/69, Stauder, Racc. pag. 419, punto 3; 7 luglio 1988, causa 55/87, Moksel Import und Export, Racc. pag. 3845, punto 15; 20 novembre 2001, causa C 268/99, Jany e a., Racc. pag. I 8615, punto 47, nonch 27 gennaio 2005, causa C 188/03, Junk, Racc. pag. I 885, punto 33). 55 Secondo una giurisprudenza parimenti consolidata, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione comunitaria non pu essere lunico elemento a sostegno dellinterpretazione di questa disposizione n si pu attribuire ad essa, a tal riguardo, un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Infatti, tale modo di procedere sarebbe in contrasto con la necessit di applicare in modo uniforme il diritto comunitario (v. sentenze 12 novembre 1998, causa C 149/97, Institute of the Motor Industry, Racc. pag. I 7053, punto 16; 3 aprile 2008, causa C 187/07, Endendijk, Racc. pag. I 2115, punto 23, nonch 9 ottobre 2008, causa C 239/07, Sabatauskas e a., Racc. pag. I 7523, punto 38). 56 Nel caso di specie, essendo la versione in lingua spagnola dellart. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006 lunica a discostarsi dalla formulazione delle altre versioni linguistiche, occorre giungere alla conclusione che la volont reale del legislatore non stata quella dimporre agli Stati membri interessati lobbligo di espellere dal loro territorio il cittadino di un paese terzo se questi non riesce a confutare la presunzione di cui al n. 1 del medesimo articolo, ma quella di lasciar loro la facolt di farlo. 57 Questa interpretazione confermata, come rilevato dallavvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, dal fatto che la versione in lingua spagnola dellart. 6 ter della CAAS, la cui formulazione stata ripresa allart. 11 del regolamento n. 562/2006, in linea con le altre versioni linguistiche quanto al carattere facoltativo, per gli Stati membri interessati, dellespulsione del cittadino di un paese terzo che non riesce a confutare la detta presunzione. 58 Resta da esaminare se, come sostiene il governo austriaco, si evinca dallart. 23 della CAAS che gli Stati membri devono espellere dal loro territorio qualunque cittadino di un paese terzo che vi soggiorni irregolarmente, a meno che non vi sia un motivo per accordare il diritto di asilo o una protezione internazionale. In tal senso, detta disposizione osterebbe a che uno Stato membro possa sostituire un provvedimento despulsione con lirrogazione di unammenda. 59 Tale interpretazione dellart. 23 della CAAS non pu essere accolta. 60 Occorre sottolineare, a questo proposito, che la formulazione dellart. 23 della CAAS non si riferisce ad un obbligo despulsione espresso in termini cos rigidi, considerate le deroghe che contiene. 61 Da un lato, il n. 1 di detto art. 23, che fa parte del capitolo 4, dedicato alle condizioni di circolazione degli stranieri, del titolo II, relativo alla soppressione dei controlli alle frontiere interne e alla circolazione delle persone, privilegia la partenza volontaria del cittadino di un paese terzo che non soddisfa o non soddisfa pi le condizioni di soggiorno di breve durata applicabili nel territorio dello Stato membro interessato. 62 Lo stesso dicasi del n. 2 dello stesso art. 23, secondo il quale il cittadino di un paese terzo che in possesso di un titolo di soggiorno temporaneo in corso di validit rilasciato da un altro Stato membro deve recarsi senza indugio nel territorio di questultimo. 63 Dallaltro lato, l dove lart. 23, n. 3, della CAAS prevede che, in determinate circostanze, un cittadino di un paese terzo debba essere espulso dallo Stato membro nel territorio del quale stato fermato, questa conseguenza subordinata alle condizioni previste dal diritto 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 nazionale dello Stato membro interessato. Se in applicazione di tale diritto lespulsione non consentita, detto Stato membro pu ammettere linteressato a soggiornare nel suo territorio. 64 Spetta quindi al diritto nazionale di ciascuno Stato membro stabilire, in particolare per quanto riguarda le condizioni per procedere allespulsione, le modalit dapplicazione delle norme di base stabilite allart. 23 della CAAS, relative ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano pi le condizioni di soggiorno di breve durata applicabili nel suo territorio. 65 Nelle cause principali, risulta dalle informazioni fornite alla Corte nellambito della fase scritta del procedimento che, ai sensi del diritto nazionale, la decisione che irroga lammenda non un titolo valido per un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare per restare legalmente nel territorio spagnolo, che, a prescindere dal fatto che tale ammenda sia pagata o meno, tale decisione notificata allinteressato con lavvertimento di lasciare il territorio entro quindici giorni e che, se non ottempera allobbligo, pu essere perseguito ai sensi dellart. 53, lett. a), della legge sugli stranieri e rischia di essere espulso con effetto immediato. 66 Di conseguenza, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando che gli artt. 6 ter e 23 della CAAS nonch lart. 11 del regolamento n. 562/2006 devono essere interpretati nel senso che, quando un cittadino di un paese terzo si trova in situazione irregolare nel territorio di uno Stato membro perch non soddisfa o non soddisfa pi le condizioni di soggiorno di breve durata ivi applicabili, tale Stato membro non obbligato ad adottare una decisione di espulsione nei suoi confronti. Sulle spese 67 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: Gli artt. 6 ter e 23 della Convenzione di applicazione dellAccordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dellUnione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, relativo alleliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, come modificata dal regolamento (CE) del Consiglio 13 dicembre 2004, n. 2133, che stabilisce lobbligo, per le autorit competenti degli Stati membri, di procedere allapposizione sistematica di timbri sui documenti di viaggio dei cittadini di paesi terzi al momento dellattraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri e che modifica a tal fine le disposizioni della Convenzione di applicazione dellAccordo di Schengen e del manuale comune, nonch lart. 11 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 15 marzo 2006, n. 562, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), devono essere interpretati nel senso che, quando un cittadino di un paese terzo si trova in situazione irregolare nel territorio di uno Stato membro perch non soddisfa o non soddisfa pi le condizioni di soggiorno di breve durata ivi applicabili, tale Stato membro non obbligato ad adottare una decisione di espulsione nei suoi confronti. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 53 La legittimazione dei soggetti pubblici a partecipare alle gare dappalto Apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura pi ampia possibile (Corte di giustizia dellUnione europea, Quarta Sezione, sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa C-305/08) La decisione della Corte di Giustizia 23 dicembre 2009, in causa C- 305/08 CoNISMa, ancora una volta smentisce linterpretazione, tutta italiana e fortemente difesa dalla giurisprudenza amministrativa, del diritto europeo della concorrenza e degli appalti come riserva esclusiva di caccia delle imprese private. Le strutture pubbliche singole o associate (nel caso di specie si trattava di un Consorzio nazionale interuniversitario per la scienza del mare) in grado di offrire ad amministrazioni aggiudicatrici beni e servizi, non possono essere legittimamente escluse in quanto tali dalle pubbliche gare e sono contrarie alle norme comunitarie le disposizioni delle leggi nazionali che ne limitano in astratto, con presunzione iuris et de iure, la legittimazione ad offrire. I soggetti pubblici (le universit, gli enti di ricerca, gli enti pubblici, ma anche le stesse strutture amministrative dello Stato e degli enti territoriali, in quanto dotate di autonomia organizzativa e funzionale) possono concorrere agli appalti di altre amministrazioni, ove tale attivit risulti compatibile con i fini istituzionali (autorizzazione sulla compatibilit dellattivit svolta rispetto alla missione affidata) e la loro offerta non alteri in concreto (perch anomala e/o perch sorretta da evidenti aiuti di Stato) il quadro di sostanziale concorrenza tra i vari offerenti. La natura pubblica, la mancanza di fini di lucro e la stessa presenza di apporti pubblici, che non incidano direttamente sullofferta formulata, sono - secondo la Corte - aspetti del tutto irrilevanti per la normativa comunitaria. La decisione dei giudici europei si muove in una linea evolutiva coerente con le pi recenti pronunce sullin house providing e sul partenariato pubblico/privato ed indicano una sostanziale rivalutazione del ruolo delliniziativa pubblica nel contesto della stessa tutela della concorrenza e del mercato: loperatore economico pubblico svolge infatti unimportante funzione di promozione nella sperimentazione di nuove iniziative ed assicura comunque alle amministrazioni aggiudicatrici un utile strumento di paragone. Una rilettura critica della normativa nazionale italiana sugli appalti di lavori pubblici e sulle concessioni di servizi alla luce di questi orientamenti 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 della Corte di giustizia potrebbe portare ad una revisione funditus di tutto il dibattito svolto in Italia nellultimo decennio sui temi degli appalti pubblici e, da ultimo, sui servizi locali di interesse economico generale. Forse giunto il momento di avviare - dintesa, ove occorre, con la Commissione UE - tale rilettura. G.F. Corte di giustizia (Quarta Sezione) sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa C- 305/08 - Pres. K. Lenaerts, Avv. gen. J. Mazk - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia) il 4 luglio 2008 - CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare) / Regione Marche. Appalti pubblici di servizi Direttiva 2004/18 Nozioni di imprenditore, fornitore e prestatore di servizi Nozione di operatore economico Universit e istituti di ricerca Raggruppamento (consorzio) costituito da universit e amministrazioni pubbliche Preminente finalit statutaria non lucrativa Ammissione alla partecipazione ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico (Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione delart. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114). 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia che oppone il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (raggruppamento interuniversitario per le scienze del mare, in prosieguo: il CoNISMa) alla Regione Marche in merito alla decisione di questultima di non ammettere detto Consorzio a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi. Contesto normativo La normativa comunitaria 3 Il quarto considerando della direttiva 2004/18 enuncia quanto segue: Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinch la partecipazione di un offerente che un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati. 4 Ai sensi dellart. 1, n. 2, lett. a), della medesima direttiva: Gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o pi operatori economici e una o pi amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto lesecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva. 5 Lart. 1, n. 8, della suddetta direttiva cos dispone: I termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 55 o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi. Il termine operatore economico comprende limprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi. utilizzato unicamente per semplificare il testo. () . 6 Lart. 1, n. 9, della direttiva stessa formulato nei seguenti termini: Si considerano amministrazioni aggiudicatrici: lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o pi di tali enti pubblici territoriali o da uno o pi di tali organismi di diritto pubblico. Per organismo di diritto pubblico sintende qualsiasi organismo: a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) dotato di personalit giuridica, e c) la cui attivit sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo damministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali pi della met designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. () . 7 Lart. 4 della direttiva 2004/18, intitolato Operatori economici, cos prevede: 1. I candidati o gli offerenti che, in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, sono autorizzati a fornire la prestazione di cui trattasi non possono essere respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro nel quale aggiudicato lappalto, essi avrebbero dovuto essere persone fisiche o persone giuridiche. () 2. I raggruppamenti di operatori economici sono autorizzati a presentare offerte o a candidarsi. Ai fini della presentazione di unofferta o di una domanda di partecipazione le amministrazioni aggiudicatrici non possono esigere che i raggruppamenti di operatori economici abbiano una forma giuridica specifica; tuttavia al raggruppamento selezionato pu essere imposto di assumere una forma giuridica specifica una volta che gli sia stato aggiudicato lappalto, nella misura in cui tale trasformazione sia necessaria per la buona esecuzione dellappalto. 8 Lart. 44 della direttiva, intitolato Accertamento dellidoneit e scelta dei partecipanti, aggiudicazione, cos dispone al suo n. 1: Laggiudicazione degli appalti avviene in base ai criteri di cui agli articoli 53 e 55, tenuto conto dellarticolo 24, previo accertamento dellidoneit degli operatori economici non esclusi in forza degli articoli 45 e 46, effettuato dalle amministrazioni aggiudicatrici conformemente ai criteri relativi alla capacit economica e finanziaria, alle conoscenze od alle capacit professionali e tecniche di cui agli articoli da 47 a 52 e, se del caso, alle norme ed ai criteri non discriminatori di cui al paragrafo 3. 9 Lart. 55 della direttiva 2004/18, intitolato Offerte anormalmente basse, enuncia quanto segue: 1. Se, per un determinato appalto, talune offerte appaiono anormalmente basse rispetto alla prestazione, lamministrazione aggiudicatrice, prima di poter respingere tali offerte, richiede per iscritto le precisazioni ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi dellofferta in questione. 56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Dette precisazioni possono riguardare in particolare: a) leconomia del procedimento di costruzione, del processo di fabbricazione dei prodotti o del metodo di prestazione del servizio; b) le soluzioni tecniche adottate e/o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone lofferente per eseguire i lavori, per fornire i prodotti o per prestare i servizi; c) loriginalit dei lavori, delle forniture o dei servizi proposti dallofferente; d) il rispetto delle disposizioni relative alla protezione e alle condizioni di lavoro vigenti nel luogo in cui deve essere effettuata la prestazione; e) leventualit che lofferente ottenga un aiuto di Stato. 2. Lamministrazione aggiudicatrice verifica, consultando lofferente, detti elementi costitutivi tenendo conto delle giustificazioni fornite. 3. Lamministrazione aggiudicatrice che accerta che unofferta anormalmente bassa in quanto lofferente ha ottenuto un aiuto di Stato pu respingere tale offerta per questo solo motivo unicamente se consulta lofferente e se questultimo non in grado di dimostrare, entro un termine sufficiente stabilito dallamministrazione aggiudicatrice, che laiuto in questione era stato concesso legalmente. Quando lamministrazione aggiudicatrice respinge unofferta in tali circostanze, provvede a informarne la Commissione. La normativa nazionale 10 A norma dellart. 3, commi 19 e 22, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (Supplemento ordinario alla GURI n. 100 del 2 maggio 2006; in prosieguo: il decreto legislativo n. 163/2006): 19. I termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalit giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi. () 22. Il termine operatore economico comprende limprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi o un raggruppamento o consorzio di essi. 11 Lart. 34 del decreto legislativo n. 163/2006, intitolato Soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici (artt. 4 e 5 direttiva 2004/18), prevede quanto segue: 1. Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici i seguenti soggetti, salvo i limiti espressamente indicati: a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, le societ commerciali, le societ cooperative; b) i consorzi fra societ cooperative di produzione e lavoro (...) e i consorzi tra imprese artigiane (...); c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di societ consortili ai sensi dellarticolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, societ commerciali, societ cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui allarticolo 36; d) i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c) (); e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui allarticolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di societ (); LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 57 f) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) (); () . 12 In epoca successiva ai fatti della causa principale, il decreto legislativo 11 settembre 2008, n. 152 (GURI n. 231 del 2 ottobre 2008), ha aggiunto allelenco di cui sopra il seguente punto: f bis) operatori economici, ai sensi dellarticolo 3, comma 22, stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi. 13 Infine, ai sensi dellart. 2082 del codice civile italiano, limprenditore il soggetto che esercita professionalmente unattivit economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Causa principale e questioni pregiudiziali 14 Dalla decisione di rinvio risulta che la Regione Marche ha indetto una procedura di gara per laffidamento di un appalto di servizi avente ad oggetto lacquisizione di rilievi marini sismostratigrafici, lesecuzione di carotaggi e il prelievo di campioni in mare nella fascia costiera compresa tra Pesaro e Civitanova Marche. 15 Il CoNISMa si candidato per tale gara. Dopo aver formulato alcune riserve in ordine allammissibilit del CoNISMa alla procedura di aggiudicazione dellappalto in questione, lamministrazione aggiudicatrice ha deciso di escluderla mediante decisioni in data 4, 18 e 23 aprile 2007. 16 Il CoNISMa ha impugnato detta esclusione con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (procedimento specifico previsto dallordinamento giuridico italiano) sostenendo che interpretare lart. 34 del decreto legislativo n. 163/2006 come recante un elenco tassativo che non include le universit e gli istituti di ricerca, con la conseguente non ammissione di questi ultimi a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non sarebbe compatibile con le disposizioni della direttiva 2004/18. Nellambito del procedimento di ricorso straordinario, il Ministero dellAmbiente e della Tutela del Territorio ha chiesto il parere del Consiglio di Stato, come previsto dalla normativa nazionale pertinente. 17 Il giudice del rinvio osserva che, al fine di rendere il proprio parere, deve stabilire se un raggruppamento interuniversitario quale il CoNISMa possa essere considerato come un operatore economico ai sensi della direttiva 2004/18 e se, pertanto, sia ammesso a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi come quella oggetto della causa principale. Il giudice del rinvio esprime in proposito alcune riserve, fondate sulle seguenti considerazioni. 18 In via preliminare, il Consiglio di Stato rileva che il CoNISMa un raggruppamento (consorzio) costituito da ventiquattro universit italiane e da tre ministeri. In base al suo statuto, esso non perseguirebbe scopo di lucro e si proporrebbe di promuovere nonch di coordinare le ricerche e le altre attivit scientifiche e applicative nel settore delle scienze del mare tra le universit aderenti al raggruppamento. Esso potrebbe partecipare a procedure di gara e ad altre procedure di evidenza pubblica indette dalle amministrazioni pubbliche e dalle societ operanti nel settore pubblico e in quello privato. Le sue attivit sarebbero finanziate principalmente attraverso fondi concessi dal Ministero dellUniversit e della Ricerca e da altre amministrazioni pubbliche, nonch da enti pubblici o privati, italiani o stranieri. 19 In primo luogo, il Consiglio di Stato richiama lart. 1, lett. c), della direttiva del 58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), alla quale succeduta la direttiva 2004/18, a norma del quale sintendono per prestatori di servizi le persone fisiche o giuridiche, inclusi gli enti pubblici che forniscono servizi, e osserva che tale formulazione sembra rivelare lintenzione di riservare la possibilit di contrattare con le amministrazioni aggiudicatrici ai soggetti che svolgono istituzionalmente lattivit corrispondente alla prestazione che dovr essere fornita nellambito dellappalto di cui trattasi. Stando a tale tesi, potrebbero partecipare a gare dappalto, oltre agli operatori economici privati, soltanto gli organismi pubblici che forniscono a titolo lucrativo le prestazioni oggetto di tale appalto, conformemente alla missione loro conferita nellambito dellordinamento giuridico, con esclusione quindi degli organismi universitari. Questa tesi parrebbe esser confermata dalla sentenza della Corte 18 gennaio 2007, causa C 220/05, Auroux e a. (Racc. pag. I 385, punto 44), secondo cui la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici si applica allinteressato in quanto operatore economico attivo sul mercato. La stessa tesi sembrerebbe inoltre essere avvalorata dallart. 3, comma 19, del decreto legislativo n. 163/2006, ai sensi del quale il prestatore di servizi un operatore economico che offr[e] servizi sul mercato. 20 In secondo luogo, il giudice del rinvio osserva che la posizione della giurisprudenza italiana non univoca al riguardo. Taluni giudici riterrebbero che siano ammesse a partecipare ad un appalto pubblico le persone fisiche o giuriche che esercitino unattivit dimpresa, nonch gli organismi pubblici che offrano, secondo la loro organizzazione istituzionale, servizi analoghi a quelli oggetto del bando di gara. In tale ottica, le universit non potrebbero rientrare nelle categorie di imprenditori privati e pubblici, in quanto istituzionalmente preposte allo svolgimento di attivit di didattica e di ricerca. Stando a unaltra tesi, le universit pubbliche, nonch i loro raggruppamenti, sarebbero ammessi a partecipare ad appalti pubblici di servizi, sempre che la prestazione di servizi di volta in volta considerata sia compatibile con i loro fini istituzionali e le loro previsioni statutarie. 21 In terzo luogo, il Consiglio di Stato fa riferimento alla posizione dellAutorit per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la quale opera una distinzione tra gli operatori economici e i soggetti, come gli enti pubblici non economici, le universit e i dipartimenti universitari, che non rientrano nella prima categoria in quanto perseguono finalit diverse dallesercizio di unattivit economica, rivolta alla produzione di ricchezza. Di conseguenza, tali enti non sarebbero ammessi a partecipare ad appalti pubblici, salvo che gli stessi costituiscano apposite societ in base allautonomia riconosciuta alle universit dalla normativa nazionale. Siffatta tesi sarebbe confermata dallart. 34 del decreto legislativo n. 163/2006, che conterrebbe un elenco tassativo dei soggetti ammessi a partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici. 22 Da ultimo, per motivare le proprie riserve, il Consiglio di Stato richiama la giurisprudenza della Corte secondo cui le disposizioni comunitarie in tema di appalti pubblici devono essere interpretate alla luce di un criterio funzionale che consenta di evitare lelusione del principio fondamentale della concorrenza effettiva (sentenza 13 dicembre 2007, causa C 337/06, Bayerischer Rundfunk e a., Racc. pag. I 11173). Per quanto riguarda pi in particolare gli appalti pubblici di servizi, la Corte avrebbe evidenziato lobiettivo principale delle norme comunitarie in tale materia, vale a dire la libera circolazione dei servizi e lapertura ad una concorrenza non falsata e pi ampia possibile in tutti gli Stati membri (sentenza 11 gennaio 2005, causa C 26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. pag. I 1, punti LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 59 44 e 47). 23 Alla luce di tale giurisprudenza, il Consiglio di Stato rileva che lammissione delle universit, degli istituti di ricerca e dei loro raggruppamenti alla partecipazione ad appalti pubblici potrebbe violare il principio della concorrenza sotto un duplice profilo. Infatti, da un lato, essa rischierebbe di sottrarre al libero mercato quote di appalti pubblici ai quali un numero non irrilevante di imprese ordinarie avrebbe, di fatto, difficolt di accesso. Dallaltro, essa collocherebbe ingiustamente laffidatario in una posizione di privilegio che gli garantirebbe una sicurezza economica attraverso finanziamenti pubblici costanti e prevedibili di cui gli altri operatori economici non possono beneficiare. Tuttavia, come rileva il Consiglio di Stato, uninterpretazione restrittiva della nozione di operatore economico che fosse legata alla collocazione stabile di questultimo sul mercato e che impedisse quindi alle universit, agli istituti di ricerca e ai loro raggruppamenti di partecipare a gare dappalto sarebbe gravemente pregiudizievole per la collaborazione tra entit pubbliche e private, nonch tra attivit di ricerca e attivit dimpresa, e, in definitiva, rappresenterebbe una restrizione della concorrenza. 24 Sulla base di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se le disposizioni della direttiva 2004/18 (...) debbano essere interpretat[e] nel senso che vietano la partecipazione ad un appalto di servizi come quello di acquisizione di rilievi geofisici e campionatura a mare ad un consorzio costituito esclusivamente da universit italiane e amministrazioni statali (...). 2) Se le disposizioni dellordinamento italiano di cui allart. 3, commi 22 e 19, e allart. 34 del (...) decreto legislativo n. 163/2006 secondo i quali, rispettivamente il termine operatore economico comprende limprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi o un raggruppamento o consorzio di essi e i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalit giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) (...), che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi si ponga[no] in contrasto con la direttiva 2004/18 (...), se interpretat[e] nel senso di limitare la partecipazione ai prestatari professionali di tali attivit con esclusione di enti che abbiano preminenti finalit diverse da quelle di lucro, quali la ricerca. Sulle questioni pregiudiziali 25 Occorre preliminarmente ricordare, sulla scorta della giurisprudenza della Corte, che il Consiglio di Stato, quando emette un parere nellambito di un ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dellart. 234 CE (sentenza 16 ottobre 1997, cause riunite da C 69/96 a C 79/96, Garofalo e a., Racc. pag. I 5603, punto 27). Sulla prima questione 26 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2004/18 debbano essere interpretate nel senso che ostano alla partecipazione ad un appalto pubblico di servizi di un raggruppamento costituito esclusivamente da universit e amministrazioni pubbliche. 27 Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che le disposizioni della direttiva 2004/18 considerate dal giudice nazionale sono in particolare lart. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, poich fanno riferimento alla nozione di operatore economico. Inoltre, stando a tale domanda, il raggruppamento di cui trattasi non persegue un premi- 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 nente scopo di lucro, non dispone di una struttura organizzativa dimpresa e non assicura una presenza regolare sul mercato. 28 Per rispondere alla suddetta questione, si deve anzitutto rilevare che le disposizioni della direttiva 2004/18, da un lato, non contengono una definizione della nozione di operatore economico e, dallaltro, non operano distinzioni tra gli offerenti a seconda che essi perseguano o meno un preminente scopo di lucro, e tantomeno prevedono in modo esplicito lesclusione di enti come quello oggetto della causa principale. Nondimeno, tali disposizioni, considerate alla luce della giurisprudenza della Corte, contengono elementi sufficienti a fornire una risposta utile al giudice del rinvio. 29 Cos, il quarto considerando della direttiva 2004/18 evoca la possibilit, per un organismo di diritto pubblico, di partecipare in qualit di offerente ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. 30 Allo stesso modo, lart. 1, n. 8, primo e secondo comma, di tale direttiva riconosce la qualit di operatore economico non soltanto a ogni persona fisica o giuridica, ma anche, in modo esplicito, a ogni ente pubblico, nonch ai raggruppamenti costituiti da tali enti, che offrono servizi sul mercato. Orbene, la nozione di ente pubblico pu includere anche organismi che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno una struttura dimpresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato. 31 Inoltre, lart. 4 della medesima direttiva, intitolato Operatori economici, al suo n. 1 vieta agli Stati membri di prevedere che i candidati o gli offerenti i quali, in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, sono autorizzati a fornire la prestazione che costituisce loggetto di un bando di gara siano respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro in cui aggiudicato lappalto, essi dovrebbero essere o persone fisiche o persone giuridiche. Tale disposizione non stabilisce neppure una distinzione tra i candidati o gli offerenti a seconda del fatto che essi abbiano uno status di diritto pubblico oppure di diritto privato. 32 In ordine alla questione, sollevata dal giudice del rinvio, di una possibile distorsione della concorrenza a motivo della partecipazione ad un appalto pubblico di enti che, come il ricorrente nella causa principale, vanterebbero una posizione privilegiata rispetto a quella degli operatori privati grazie a finanziamenti pubblici che vengono loro erogati, si deve sottolineare che il quarto considerando della direttiva 2004/18 enuncia lobbligo per gli Stati membri di provvedere affinch una distorsione di questo tipo non si produca per il fatto della partecipazione di un organismo di diritto pubblico a un appalto pubblico. Detto obbligo si impone anche con riguardo ad entit come il suddetto ricorrente. 33 Si devono altres ricordare, al riguardo, gli obblighi e le facolt di cui dispone unamministrazione aggiudicatrice, ai sensi dellart. 55, n. 3, della direttiva 2004/18, in caso di offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che lofferente ha ottenuto un aiuto di Stato. Peraltro, la Corte ha riconosciuto che, in talune circostanze particolari, lamministrazione aggiudicatrice ha lobbligo, o quanto meno la facolt, di prendere in considerazione lesistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano (v., in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C 94/99, ARGE, Racc. pag. I 11037, punto 29). 34 Tuttavia, leventualit di una posizione privilegiata di un operatore economico in ragione di finanziamenti pubblici o aiuti di Stato non pu giustificare lesclusione a priori e senza ulteriori analisi di enti, quali il ricorrente nella causa principale, dalla partecipazione a un appalto pubblico. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 61 35 Dalle considerazioni che precedono risulta che il legislatore comunitario non ha inteso restringere la nozione di operatore economico che offre servizi sul mercato unicamente agli operatori che siano dotati di unorganizzazione dimpresa, n introdurre condizioni particolari atte a porre una limitazione a monte dellaccesso alle procedure di gara in base alla forma giuridica e allorganizzazione interna degli operatori economici. 36 Questa interpretazione suffragata dalla giurisprudenza della Corte. 37 La Corte ha, infatti, dichiarato che uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici costituito dallapertura alla concorrenza nella misura pi ampia possibile (v. in particolare, in tal senso, sentenza Bayerischer Rundfunk e a., cit., punto 39) e che nellinteresse del diritto comunitario che venga garantita la partecipazione pi ampia possibile di offerenti ad una gara dappalto (sentenza 19 maggio 2009, causa C 538/07, Assitur, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 26). Occorre aggiungere, in proposito, che siffatta apertura alla concorrenza pi ampia possibile prevista non soltanto con riguardo allinteresse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, bens anche nellinteresse stesso dellamministrazione aggiudicatrice considerata, la quale disporr cos di unampia scelta circa lofferta pi vantaggiosa e pi rispondente ai bisogni della collettivit pubblica interessata (v., in tal senso, in tema di offerte anormalmente basse, sentenza 15 maggio 2008, cause riunite C 147/06 e C 148/06, SECAP e Santorso, Racc. pag. I 3565, punto 29). 38 In tale ottica di apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura pi ampia possibile, la Corte ha altres statuito che la normativa comunitaria in materia applicabile qualora il soggetto con cui unamministrazione aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso sia a sua volta unamministrazione aggiudicatrice (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, ai sensi dellart. 1, n. 9, della direttiva 2004/18, unamministrazione aggiudicatrice un ente che soddisfa una funzione di interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale. Un organismo di questo tipo non esercita, a titolo principale, unattivit lucrativa sul mercato. 39 Analogamente, la Corte ha dichiarato che la normativa comunitaria osta a qualsiasi normativa nazionale che escluda dallaggiudicazione di appalti pubblici di servizi il cui valore superi la soglia di applicazione delle direttive candidati od offerenti autorizzati, in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, ad erogare il servizio in questione per il solo motivo che tali candidati od offerenti non hanno la forma giuridica corrispondente ad una determinata categoria di persone giuridiche (v., in tal senso, sentenza 18 dicembre 2007, causa C 357/06, Frigerio Luigi & C., Racc. pag. I 12311, punto 22). 40 Si deve inoltre ricordare, sulla scorta della giurisprudenza della Corte, da un lato, che il principio della parit di trattamento non violato per il solo motivo che le amministrazioni aggiudicatrici ammettono la partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di organismi che beneficiano di sovvenzioni che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli offerenti concorrenti non sovvenzionati e, dallaltro, che, se il legislatore comunitario avesse avuto lintenzione di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici ad escludere tali offerenti, lavrebbe espressamente indicato (sentenza ARGE, cit., punti 25 26). 41 Infine, sempre in base alla giurisprudenza della Corte, la normativa comunitaria non richiede che il soggetto che stipula un contratto con unamministrazione aggiudicatrice sia in grado di realizzare direttamente con mezzi propri la prestazione pattuita perch il 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 medesimo possa essere qualificato come imprenditore, ossia come operatore economico; sufficiente che tale soggetto abbia la possibilit di fare eseguire la prestazione di cui trattasi, fornendo le garanzie necessarie a tal fine (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2001, causa C 399/98, Ordine degli Architetti e a., Racc. pag. I 5409, punto 90). 42 Di conseguenza, sia dalla normativa comunitaria sia dalla giurisprudenza della Corte risulta che ammesso a presentare unofferta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire lesecuzione di detto appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. Leffettiva capacit di detto ente di soddisfare i requisiti posti dal bando di gara, come fa giustamente osservare il governo ceco, valutata durante una fase ulteriore della procedura, in applicazione dei criteri previsti agli artt. 44 52 della direttiva 2004/18. 43 Occorre aggiungere che uninterpretazione restrittiva della nozione di operatore economico avrebbe come conseguenza che i contratti conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici e organismi che non agiscono in base a un preminente scopo di lucro non sarebbero considerati come appalti pubblici, potrebbero essere aggiudicati in modo informale e, in tal modo, sarebbero sottratti alla norme comunitarie in materia di parit di trattamento e di trasparenza, in contrasto con la finalit delle medesime norme. 44 Per di pi, come sottolinea il giudice del rinvio, uninterpretazione di questo tipo sarebbe gravemente pregiudizievole per la collaborazione tra attivit di ricerca e attivit dimpresa e rappresenterebbe una restrizione della concorrenza. 45 In considerazione di quanto precede, si deve risolvere la prima questione nel senso che le disposizioni della direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di operatore economico , devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di unimpresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le universit e gli istituti di ricerca nonch i raggruppamenti costituiti da universit e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi. Sulla seconda questione 46 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, ostino a una normativa nazionale che recepisce tale direttiva nel diritto interno, qualora detta normativa sia interpretata nel senso che essa riserva la partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici ai soli prestatori che offrano servizi sul mercato in modo sistematico e a titolo professionale, con esclusione dei soggetti che, come le universit e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro. 47 Occorre in proposito ricordare che, come risulta dalla formulazione dellart. 4, n. 1, della direttiva 2004/18, gli Stati membri hanno il potere di autorizzare o meno talune categorie di operatori a fornire certi tipi di prestazioni. 48 Cos, come correttamente osserva la Commissione, gli Stati membri possono disciplinare le attivit di soggetti, quali le universit e gli istituti di ricerca, non aventi finalit di lucro, ma volte principalmente alla didattica e alla ricerca. In particolare, gli Stati membri possono autorizzare o non autorizzare tali soggetti ad operare sul mercato in funzione LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 63 della circostanza che lattivit in questione sia compatibile, o meno, con i loro fini istituzionali e statutari. 49 Tuttavia, se, e nei limiti in cui, siffatti soggetti siano autorizzati a offrire taluni servizi sul mercato, la normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/18 nel diritto interno non pu vietare a questi ultimi di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi. Un simile divieto contrasterebbe infatti con le disposizioni della direttiva 2004/18, come interpretate nellambito dellesame della prima questione pregiudiziale. 50 In tale ipotesi, spetta al giudice del rinvio interpretare il proprio diritto interno quanto pi possibile alla luce del testo e della finalit della direttiva 2004/18, allo scopo di raggiungere i risultati perseguiti da questultima, privilegiando linterpretazione delle disposizioni nazionali che sia maggiormente conforme a tale finalit per giungere quindi ad una soluzione compatibile con le disposizioni della medesima direttiva e, alloccorrenza, disapplicando ogni contraria disposizione di legge nazionale (v. sentenza 22 dicembre 2008, causa C 414/07, Magoora, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44). 51 Di conseguenza, si deve risolvere la seconda questione affermando che la direttiva 2004/18 devessere interpretata nel senso che essa osta allinterpretazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che vieti a soggetti che, come le universit e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, bench siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dellappalto considerato. Sulle spese 52 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce: 1) Le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di operatore economico, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di unimpresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le universit e gli istituti di ricerca nonch i raggruppamenti costituiti da universit e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi. 2) La direttiva 2004/18 devessere interpretata nel senso che essa osta allinterpretazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che vieti a soggetti che, come le universit e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, bench siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dellappalto considerato. 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Sulla necessaria equivalenza delle condizioni di ammissibilit dellazione di responsabilit dello Stato legislatore (Corte di giustizia dellUnione europea, Grande Sezione, sentenza del 26 gennaio 2010 nella causa C-118/08) Con la sentenza del 26 gennaio 2010 nella causa C-118/08, la Corte di giustizia si pronunciata sulla questione pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo del Regno di Spagna (Sala de lo contencioso administrativo) sul problema del rapporto tra il principio dellautonomia procedurale degli Stati membri nella disciplina dellazione di responsabilit per violazione del diritto comunitario ed i principi di equivalenza ed effettivit (1). La Corte di giustizia era stata chiamata, in particolare, a chiarire se la previsione legislativa di un differente regime per lazione di risarcimento a carico dello Stato - in funzione del fatto che tale azione si fondi su atti amministrativi adottati in applicazione di una legge incostituzionale ovvero di una disposizione interna in precedenza dichiarata incompatibile con il diritto comunitario ai sensi dellart. 226 T.C.E. - sia conforme ai principi comunitari di equivalenza e di effettivit. La Corte ha accolto la soluzione proposta dallAvvocato generale, fornendo delle argomentazioni simili nellimpianto logico ma non del tutto coincidenti nel merito. Ad avviso dellAvvocato generale, lanalisi in astratto degli elementi essenziali delle due azioni doveva condurre a ritenerle sovrapponibili, con conseguente violazione del principio di equivalenza, laddove, per far valer la responsabilit dello Stato legislatore, il diritto spagnolo prevede che il ricorrente abbia preventivamente esaurito tutti i rimedi interni diretti a contestare la validit dellatto amministrativo adottato sulla base di una legge in contrasto con il diritto comunitario. Nelle conclusioni del 9 luglio 2009, infatti, era stato evidenziato come lunica differenza tra le due azioni emergesse nel rapporto tra lamministrazione ed il soggetto leso, che - stante lobbligo di disapplicazione gravante anche sullamministrazione - gode di una protezione a livello diffuso contro la legge contraria al diritto comunitario della quale, invece, non gode contro la legge incostituzionale, in considerazione della presunzione di legittimit della legge e dei suoi atti attuativi e della natura accentrata del controllo di co- (1) Per unanalisi della questione pregiudiziale proposta e del regime della responsabilit dello Stato legislatore previsto dallordinamento spagnolo, si rinvia al contributo precedentemente pubblicato in questa Rivista, 2009, III, 51 e segg. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 65 stituzionalit. Tale differenza, tuttavia, non era stata comunque ritenuta idonea a giustificare la subordinazione dellazione di risarcimento a carico dello Stato per violazione del diritto comunitario al previo esaurimento di tutti i mezzi di ricorso, non soltanto amministrativi ma anche giurisdizionali, avverso latto amministrativo adottato sulla base della legge anticomunitaria. La Corte di giustizia ha svolto la verifica della somiglianza tra le due azioni con specifico riferimento alla posizione della societ Transportes Urbanos. Il giudice comunitario ha quindi rilevato come, secondo la ricostruzione fornita dalla decisione di rinvio, se la societ avesse potuto fondare la propria azione di responsabilit su una sentenza del Tribunal Constitucional che dichiara la nullit di detta legge per violazione della Costituzione, tale azione avrebbe potuto avere esito positivo, indipendentemente dal fatto che detta societ non avesse chiesto la rettifica di tali autoliquidazioni prima della scadenza dei termini previsti a tal fine. La Corte quindi giunta alla conclusione che lunica differenza esistente tra le due azioni menzionate () consiste nella circostanza che le violazioni di diritto su cui esse si fondano sarebbero constatate, per una di esse, dalla Corte in una sentenza pronunciata in forza dellart. 226 CE e, per laltra, da una sentenza del Tribunal Constitucional e che tale unica circostanza () non pu essere sufficiente per constatare una distinzione tra tali due azioni alla luce del principio di equivalenza. Il giudice comunitario ha inoltre richiamato lattenzione sul fatto che - contrariamente a quanto sembrava suggerire la giurisprudenza nazionale citata - il risarcimento del danno per violazione del diritto comunitario non comunque subordinato alla condizione del previo accertamento della stessa ad opera della Corte di giustizia, anche se, nel caso di specie, la societ aveva espressamente fondato lazione su una precedente decisione adottata in sede di ricorso per inadempimento (2). In conclusione, alla luce della pronuncia del giudice comunitario, il rigetto da parte dellamministrazione spagnola della domanda di risarcimento del danno proposta dalla Transportes Urbanos - per un importo corrispondente ai versamenti dellI.v.a. indebitamente percepiti dallamministrazione fiscale spagnola, nonch ai rimborsi che la societ avrebbe potuto esigere - non risulta fondato, nonostante la societ non abbia proceduto a rettificare le autoliquidazioni nel termine prescritto. Dott.ssa Chiara Di Seri* (2) Si tratta della sentenza 6 ottobre 2005, causa C-204/03, Commissione c. Spagna, in cui la Corte aveva dichiarato che le limitazioni della detraibilit dellI.v.a. previste dalla legge spagnola erano incompatibili con gli artt. 17, nn. 2 e 5, e 19 della sesta direttiva. (*) Dottore di ricerca in Diritto amministrativo presso lUniversit degli Studi di Roma Tre. 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Corte di giustizia (Grande Sezione) sentenza del 26 gennaio 2010 nella causa C-118/08 - Pres. V. Skouris, Avv. gen. M. Poiares Maduro - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 18 marzo 2008 - Transporte Urbanos y Servicios Generales S.A.L. / Stato spagnolo. Autonomia procedurale degli Stati membri Principio di equivalenza Azione di responsabilit nei confronti dello Stato Violazione del diritto dellUnione Violazione della Costituzione (Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione dei principi di effettivit e di equivalenza per quanto riguarda talune regole applicabili nellordinamento giuridico spagnolo alle azioni di responsabilit nei confronti dello Stato per violazione del diritto dellUnione. 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia pendente tra la Transportes Urbanos y Servicios Generales SAL (in prosieguo: la Transportes Urbanos) e lAdministracin del Estado in merito al rigetto del ricorso proposto da tale societ per far valere la responsabilit dello Stato spagnolo per violazione del diritto dellUnione. Contesto normativo La sesta direttiva 3 La sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata con direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: la sesta direttiva), al suo art. 17, nn. 2 e 5, nella versione risultante dallart. 28 septies di questultima, dispone quanto segue: 2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo autorizzato a [detrarre] dallimposta di cui debitore: a) limposta sul valore aggiunto dovuta o assolta allinterno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo; b) limposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per i beni importati allinterno del paese; c) limposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi dellarticolo 5, paragrafo 7, lettera a), dellarticolo 6, paragrafo 3 e dellarticolo 28 bis, paragrafo 6; () 5. Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la [detrazione] ammessa soltanto per il prorata dellimposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni. Detto prorata determinato ai sensi dellarticolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo. () . 4 Lart. 19 della sesta direttiva menziona i criteri per il calcolo del prorata di detrazione previsto allart. 17, n. 5, primo comma, di questultima. Il diritto nazionale 5 Lart. 163 della Costituzione spagnola (in prosieguo: la Costituzione) cos prevede: LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 67 Qualora un giudice consideri, durante un processo, che un testo avente rango di legge, applicabile alla fattispecie esaminata e dalla cui validit dipende lesito del giudizio, pu essere contrario alla Costituzione, esso investe il Tribunal Constitucional [Corte costituzionale] della questione nei casi, nelle forme e con gli effetti previsti dalla legge, che non saranno in alcun caso sospensivi. 6 La legge 28 dicembre 1992, n. 37, relativa allimposta sul valore aggiunto (BOE n. 312 del 29 dicembre 1992, pag. 44247), come modificata dalla legge 30 dicembre 1997, n. 66 (BOE n. 313 del 31 dicembre 1997, pag. 38517; in prosieguo: la legge n. 37/92), prevede talune limitazioni al diritto di un soggetto passivo di detrarre limposta sul valore aggiunto (in prosieguo: lIVA) relativa allacquisto di beni o servizi finanziati mediante sovvenzioni. Tali limitazioni sono entrate in vigore a partire dallesercizio fiscale 1998. 7 La legge n. 37/1992 prevede altres che qualsiasi soggetto passivo tenuto a presentare dichiarazioni periodiche in cui deve calcolare gli importi dellIVA da esso dovuti (in prosieguo: le autoliquidazioni). 8 Conformemente alla legge fiscale generale 17 dicembre 2003, n. 53 (BOE n. 303 del 18 dicembre 2003, pag. 44987), il soggetto passivo ha il diritto di chiedere la rettifica delle sue autoliquidazioni e, eventualmente, di esigere il rimborso dei versamenti non dovuti. Secondo gli artt. 66 e 67 di detta legge, il termine di prescrizione di tale diritto di quattro anni a decorrere, sostanzialmente, dal giorno successivo a quello in cui il versamento non dovuto stato effettuato, ovvero a quello della scadenza del termine per presentare lautoliquidazione, qualora il versamento non dovuto sia stato effettuato entro tale termine. La controversia principale 9 Con sentenza 6 ottobre 2005, causa C 204/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I 8389), la Corte ha sostanzialmente dichiarato che le limitazioni della detraibilit dellIVA previste dalla legge n. 37/1992 erano incompatibili con gli artt. 17, nn. 2 e 5, e 19 della sesta direttiva. 10 La Transportes Urbanos, che aveva effettuato talune autoliquidazioni per gli esercizi 1999 e 2000 conformemente alla legge n. 37/1992, non si avvalsa del suo diritto di chiedere, in applicazione della legge fiscale generale n. 58/2003, la rettifica di tali autoliquidazioni. infatti pacifico che tale diritto era prescritto alla data in cui la Corte ha pronunciato la citata sentenza Commissione/Spagna. 11 La Transportes Urbanos ha quindi avviato unazione di responsabilit dinanzi al Consiglio dei Ministri nei confronti dello Stato spagnolo. Nellambito di tale azione, essa sostiene di aver subto un danno pari a EUR 1 228 366,39 a causa della violazione, da parte del legislatore spagnolo, della sesta direttiva, violazione constatata alla Corte con la citata sentenza Commissione/Spagna. Tale importo corrisponde ai versamenti dellIVA indebitamente percepiti dallamministrazione fiscale spagnola durante detti esercizi, nonch ai rimborsi che la societ avrebbe potuto esigere per tali stessi esercizi. 12 Con decisione 12 gennaio 2007, il Consiglio dei Ministri ha respinto la domanda della Transportes Urbanos, considerando che la mancata presentazione nei termini, da parte di questultima, della domanda di rettifica di dette autoliquidazioni aveva fatto venir meno il nesso di causalit diretto tra la violazione del diritto dellUnione contestata allo Stato spagnolo ed il danno asseritamente subto da detta societ. 13 La decisione di rigetto del Consiglio dei Ministri si fonda in particolare su due sentenze del Tribunal Supremo, del 29 gennaio 2004 e del 24 maggio 2005 (in prosieguo: la giurisprudenza controversa), secondo cui le azioni di responsabilit nei confronti dello Stato per violazione del diritto dellUnione sono soggette ad una norma di previo esaurimento dei ri- 68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 medi, amministrativi e giurisdizionali, nei confronti dellatto amministrativo che arreca pregiudizio adottato in applicazione di una legge nazionale contraria a tale diritto. 14 Il 6 giugno 2007, la Transportes Urbanos ha proposto dinanzi al Tribunal Supremo un ricorso avverso detta decisione di rigetto del Consiglio dei Ministri. La decisione di rinvio e la questione pregiudiziale 15 Nella sua decisione di rinvio, il Tribunal Supremo ricorda che, secondo la giurisprudenza controversa, lesercizio di unazione di responsabilit nei confronti dello Stato fondata sul carattere incostituzionale di una legge non soggetto, contrariamente alla medesima azione fondata sullincompatibilit di tale legge con il diritto dellUnione, ad alcuna condizione di previo esaurimento dei rimedi dellatto amministrativo che arreca pregiudizio, fondato su tale legge. 16 La ragion dessere del diverso trattamento tra tali due azioni riguarderebbe le differenze esistenti tra i ricorsi che possono essere proposti nei confronti di un atto amministrativo a seconda che essi siano fondati sullincompatibilit di questultimo con il diritto dellUnione o sulla violazione della Costituzione da parte della legge nazionale in applicazione della quale latto stato adottato. 17 Infatti, secondo la giurisprudenza controversa, poich la legge nazionale gode di una presunzione di legittimit costituzionale, si presumono legittimi anche gli atti amministrativi fondati su tale legge. Ne consegue che n lautorit amministrativa n lautorit giudiziaria possono annullare tali atti senza che la nullit di una legge, derivante da illegittimit costituzionale, sia stata pronunciata con una sentenza del Tribunal Constitucional in seguito ad unazione per illegittimit costituzionale esercitata conformemente allart. 163 della Costituzione, azione la cui iniziativa spetta al solo giudice investito della controversia. 18 Di conseguenza, se come condizione per poter avviare unazione di responsabilit fondata su una violazione della Costituzione si esigesse il previo esaurimento dei rimedi amministrativi e giudiziari nei confronti dellatto amministrativo lesivo, si giungerebbe ad imporre ai cittadini lonere di impugnare latto amministrativo adottato in applicazione della legge asseritamente incostituzionale utilizzando, in primo luogo, il rimedio amministrativo e, in secondo luogo, il rimedio giurisdizionale, nonch esaurendo tutti i gradi fino a che uno dei giudici aditi decida infine di sollevare la questione di legittimit costituzionale di tale legge dinanzi al Tribunal Constitucional. Una siffatta situazione sarebbe sproporzionata ed avrebbe conseguenze inaccettabili. 19 Qualora, invece, la competente autorit amministrativa o giudiziaria consideri che un atto amministrativo stato adottato in applicazione di una legge incompatibile con il diritto dellUnione, essa tenuta, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, a disapplicare tale legge, nonch gli atti amministrativi adottati sul fondamento di questultima. Ne consegue che possibile chiedere direttamente a detta autorit lannullamento dellatto amministrativo lesivo ed ottenere in tal modo un risarcimento completo. 20 Inoltre, secondo la giurisprudenza controversa, lesistenza di una violazione del diritto dellUnione che pu comportare la responsabilit dello Stato dovrebbe essere accertata da una pronuncia pregiudiziale della Corte. Orbene, gli effetti di una sentenza pronunciata da questultima ai sensi dellart. 267 TFUE non sarebbero paragonabili a quelli di una sentenza del Tribunal Constitucional che dichiara lillegittimit costituzionale di una legge, nel senso che solo la decisione di questultima comporterebbe la nullit di tale legge con effetto retroattivo. 21 Alla luce di tali circostanze il Tribunal Supremo ha deciso di sospendere il procedimento LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 69 e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se risulti contraria ai principi di equivalenza e di effettivit lapplicazione di una diversa disciplina, elaborata dal Tribunal Supremo [nella giurisprudenza controversa], ai casi riguardanti ricorsi diretti a far valere la responsabilit patrimoniale dello Stato legislatore, in funzione del fatto che i detti ricorsi si fondino su atti amministrativi adottati in applicazione di una legge dichiarata incostituzionale ovvero di una norma dichiarata contraria al diritto [dellUnione] Sulla competenza della Corte 22 Secondo il governo spagnolo, la Corte incompetente a pronunciarsi sulla conformit al diritto dellUnione di decisioni giudiziarie come quelle che costituiscono la giurisprudenza controversa, dato che lo stesso Tribunal Supremo in grado di modificare detta giurisprudenza qualora la ritenga incompatibile con tale diritto. 23 Occorre ricordare, a tal riguardo, che, se vero che non spetta alla Corte pronunciarsi, nellambito di un procedimento pregiudiziale, sulla compatibilit di una normativa nazionale con il diritto dellUnione, essa ha reiteratamente dichiarato di essere competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi interpretativi attinenti a tale diritto che gli consentano di pronunciarsi sulla detta compatibilit per la definizione della causa della quale adito (v., in tal senso, segnatamente, sentenze 15 dicembre 1993, causa C 292/92, Hnermund e a., Racc. pag. I 6787, punto 8, nonch 31 gennaio 2008, causa C 380/05, Centro Europa 7, Racc. pag. I 349, punto 50). 24 A tal fine, come ha rilevato lavvocato generale al paragrafo 13 delle sue conclusioni, lorigine legislativa, regolamentare o giurisprudenziale delle regole di diritto nazionale di cui il giudice del rinvio dovr valutare la conformit al diritto dellUnione alla luce degli elementi interpretativi forniti dalla Corte non incide affatto sulla competenza di questultima a statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale. 25 Inoltre, secondo costante giurisprudenza, nellambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali stabilita dallart. 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Pertanto, dal momento che le questioni poste dei giudici nazionali riguardano linterpretazione di una norma del diritto dellUnione, la Corte , in via di principio, tenuta a statuire (v., in tal senso, segnatamente, sentenze 13 marzo 2001, causa C 379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I 2099, punto 38; 22 maggio 2003, causa C 18/01, Korhonen e a., Racc. pag. I 5321, punto 19, nonch 23 aprile 2009, cause riunite C 261/07 e C 299/07, VTB-VAB e Galatea, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32). 26 Orbene, nel caso di specie si chiede alla Corte non gi di interpretare il diritto nazionale o una sentenza di un giudice nazionale, bens di fornire al giudice del rinvio elementi di interpretazione dei principi di effettivit e di equivalenza, per consentirgli di valutare se, ai sensi del diritto dellUnione, esso sia tenuto a disapplicare norme nazionali relative alle azioni di responsabilit nei confronti dello Stato per violazione di tale diritto da parte di una legge nazionale (v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, causa C 119/05, Lucchini, Racc. pag. I 6199, punto 46). 27 La Corte pertanto competente a statuire sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale. 70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Sulla questione pregiudiziale 28 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il diritto dellUnione osti ad una regola di uno Stato membro in forza della quale le azioni di responsabilit dello Stato fondate su una violazione di tale diritto da parte di una legge nazionale siano subordinate ad una condizione di previo esaurimento dei rimedi contro latto amministrativo lesivo, sebbene le stesse azioni non siano subordinate ad una condizione siffatta qualora siano fondate su una violazione della Costituzione da parte della stessa legge. Osservazioni preliminari 29 Per risolvere tale questione occorre preliminarmente ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il principio della responsabilit dello Stato per danni causati ai soggetti dellordinamento da violazioni del diritto dellUnione ad esso imputabili inerente al sistema dei trattati sui quali questultima fondata (v., in tal senso, sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C 6/90 e C 9/90, Francovich e a., Racc. pag. I 5357, punto 35; 5 marzo 1996, cause riunite C 46/93 e C 48/93, Brasserie du pcheur e Factortame, Racc. pag. I 1029, punto 31, nonch 24 marzo 2009, causa C 445/06, Danske Slagterier, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 19). 30 A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che ai soggetti lesi riconosciuto un diritto al risarcimento purch siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica dellUnione violata sia preordinata a conferire loro diritti, che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata e, infine, che esista un nesso causale diretto tra la violazione in parola e il danno subto dai soggetti lesi (v., in tal senso, sentenza Danske Slagterier, cit., punto 20 e giurisprudenza ivi citata). 31 La Corte ha altres avuto modo di precisare che, fatto salvo il diritto al risarcimento, che si fonda direttamente sul diritto dellUnione qualora siano soddisfatte tali condizioni, nellambito della normativa interna sulla responsabilit che lo Stato tenuto a riparare le conseguenze del danno arrecato, restando inteso che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghi reclami di natura interna (principio di equivalenza) e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (principio di effettivit) (v., in tal senso, sentenze 30 settembre 2003, causa C 224/01, Kbler, Racc. pag. I 10239, punto 58, e 13 marzo 2007, causa C 524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, Racc. pag. I 2107, punto 123). 32 Come ha rilevato il giudice del rinvio, quindi alla luce di tali principi che devessere esaminata la questione sottoposta. Sul principio di equivalenza 33 Per quanto riguarda il principio di equivalenza, va rammentato che, secondo una giurisprudenza costante, esso richiede che la complessiva disciplina dei ricorsi si applichi indistintamente ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto dellUnione e a quelli simili fondati sulla violazione del diritto interno (v., in tal senso, sentenze 15 settembre 1998, causa C 231/96, Edis, Racc. pag. I 4951, punto 36; 1 dicembre 1998, causa C 326/96, Levez, Racc. pag. I 7835, punto 41; 16 maggio 2000, causa C 78/98, Preston e a., Racc. pag. I 3201, punto 55, nonch 19 settembre 2006, cause riunite C 392/04 e C 422/04, i-21 Germany e Arcor, Racc. pag. I 8559, punto 62). 34 Tuttavia, tale principio non pu essere interpretato nel senso che esso obbliga uno Stato membro a estendere il suo regime nazionale pi favorevole a tutte le azioni proposte in un certo ambito giuridico (sentenze Levez, cit., punto 42; 9 febbraio 1999, causa C 343/96, Di- LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLUNIONE EUROPEA 71 lexport, Racc. pag. I 579, punto 27, e 29 ottobre 2009, causa C 63/08, Pontin, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45). 35 Per verificare se il principio di equivalenza sia rispettato nella causa principale occorre quindi esaminare se, alla luce del loro oggetto e dei loro elementi essenziali, possano essere considerate simili tra loro lazione di responsabilit avviata dalla Transportes Urbanos, fondata sulla violazione del diritto dellUnione, e quella che tale societ avrebbe potuto avviare fondandosi su uneventuale violazione della Costituzione (v., in tal senso, sentenza Preston e a., cit., punto 49). 36 Orbene, per quanto riguarda loggetto delle due azioni di responsabilit menzionate al punto precedente, va rilevato che esse attengono esattamente allo stesso oggetto, cio il risarcimento del danno subto dal soggetto leso a causa di un atto o di unomissione dello Stato. 37 Quanto ai loro elementi essenziali, va rammentato che la regola del previo esaurimento di cui trattasi nella causa principale comporta una distinzione tra tali azioni, in quanto esige che il ricorrente abbia previamente esaurito i rimedi contro latto amministrativo lesivo solo allorquando lazione di responsabilit sia fondata sulla violazione del diritto dellUnione da parte della legge nazionale in applicazione della quale tale atto stato adottato. 38 Orbene, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sembrano suggerire taluni sviluppi della giurisprudenza controversa rammentati al punto 20 della presente sentenza, il risarcimento del danno causato da una violazione del diritto dellUnione da parte di uno Stato membro non subordinato alla condizione che lesistenza di una violazione siffatta risulti da una sentenza pronunciata dalla Corte in via pregiudiziale (v., in tal senso, sentenze Brasserie du pcheur e Factortame, cit., punti 94 96; 8 ottobre 1996, cause riunite C 178/94, C 179/94 e da C 188/94 a C 190/94, Dillenkofer e a., Racc. pag. I 4845, punto 28, nonch Danske Slagterier, cit., punto 37). 39 Si deve tuttavia constatare che, nella causa principale, la Transportes Urbanos ha espressamente fondato la sua azione di responsabilit sulla citata sentenza Commissione/Spagna, pronunciata in forza dellart. 226 CE, in cui la Corte ha constatato la violazione della sesta direttiva da parte della legge n. 37/1992. 40 Risulta inoltre dalla decisione di rinvio che la Transportes Urbanos ha investito di tale azione il Consiglio dei Ministri, in quanto i termini per la presentazione di una domanda di rettifica delle autoliquidazioni effettuate per gli esercizi 1999 e 2000 erano scaduti alla data in cui stata pronunciata la detta sentenza Commissione/Spagna. 41 Cionondimeno, come riportato ai punti 12 e 13 della presente sentenza, detta azione stata respinta dal Consiglio dei Ministri proprio in considerazione del fatto che la Transportes Urbanos non aveva chiesto la rettifica delle sue autoliquidazioni prima di avviare tale azione. 42 Se invece, secondo la decisione di rinvio, la Transportes Urbanos avesse potuto fondare la propria azione di responsabilit su una sentenza del Tribunal Constitucional che dichiara la nullit di detta legge per violazione della Costituzione, tale azione avrebbe potuto avere esito positivo, indipendentemente dal fatto che detta societ non avesse chiesto la rettifica di tali autoliquidazioni prima della scadenza dei termini previsti a tal fine. 43 Dalle considerazioni che precedono emerge che, nel particolare contesto allorigine della causa principale come descritto nella decisione di rinvio, lunica differenza esistente tra le due azioni menzionate al punto 35 della presente sentenza consiste nella circostanza che le violazioni di diritto su cui esse si fondano sarebbero constatate, per una di esse, dalla Corte in una sentenza pronunciata in forza dellart. 226 CE e, per laltra, da una sentenza del Tribunal Constitucional. 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 44 Orbene, tale unica circostanza, in mancanza di qualsiasi menzione, nella decisione di rinvio, di altri elementi che consentano di concludere nel senso dellesistenza di altre differenze tra lazione di responsabilit dello Stato effettivamente avviata dalla Transportes Urbanos e quella che questultima avrebbe potuto avviare sul fondamento di una violazione della Costituzione constatata dal Tribunal Constitucional, non pu essere sufficiente per constatare una distinzione tra tali due azioni alla luce del principio di equivalenza. 45 In una situazione siffatta, occorre rilevare che le due azioni sopramenzionate possono essere considerate simili tra loro ai sensi del punto 35 della presente sentenza. 46 Ne consegue che, considerate le circostanze descritte nella decisione di rinvio, il principio di equivalenza osta allapplicazione di una regola come quella di cui trattasi nella causa principale. 47 Tenuto conto di tale conclusione, non necessario esaminare la regola del previo esaurimento dei rimedi in questione alla luce del principio di effettivit. 48 Emerge da quanto precede che la questione sollevata devessere risolta dichiarando che il diritto dellUnione osta allapplicazione di una regola di uno Stato membro in forza della quale unazione di responsabilit dello Stato fondata su una violazione di tale diritto da parte di una legge nazionale, constatata da una sentenza della Corte pronunciata ai sensi dellart. 226 CE, pu avere esito positivo solo qualora il ricorrente abbia previamente esaurito tutti i rimedi interni diretti a contestare la validit dellatto amministrativo lesivo adottato sulla base di tale legge, sebbene una regola siffatta non sia applicabile ad unazione di responsabilit dello Stato fondata sulla violazione della Costituzione da parte di tale stessa legge, constatata dal giudice competente. Sulle spese 49 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: Il diritto dellUnione osta allapplicazione di una regola di uno Stato membro in forza della quale unazione di responsabilit dello Stato fondata su una violazione di tale diritto da parte di una legge nazionale, constatata da una sentenza della Corte di giustizia delle Comunit europee pronunciata ai sensi dellart. 226 CE, pu avere esito positivo solo qualora il ricorrente abbia previamente esaurito tutti i rimedi interni diretti a contestare la validit dellatto amministrativo lesivo adottato sulla base di tale legge, sebbene una regola siffatta non sia applicabile ad unazione di responsabilit dello Stato fondata sulla violazione della Costituzione da parte di tale stessa legge, constatata dal giudice competente. I L C O N T E N Z I O S O N A Z I O N A L E Sul procedimento di approvazione e modifica degli statuti regionali autonomi Lo Stato in veste di garante della istanza unitaria che connota il pluralismo istituzionale della Repubblica, indirizzandolo verso losservanza della Costituzione (Corte costituzionale, sentenza 8 maggio 2009 n. 149) Il presente articolo ha per oggetto la promulgazione della legge statutaria della regione Sardegna non approvata dal referendum regionale per il mancato raggiungimento del quorum. Il Consiglio regionale della Sardegna in data 7 marzo 2007 approvava la legge regionale sulla disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti fra gli organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della Regione, lesercizio del diritto di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit e incompatibilit alla carica di presidente della Regione, consigliere regionale assessore regionale. La legge in questione, ai sensi dellart. 15, comma 2, dello Statuto di autonomia (l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3) veniva dietro richiesta di 19 consiglieri, assoggettata a referendum confermativo, ai sensi dellart. 15, comma 4, dello statuto stesso. La consultazione vedeva una partecipazione popolare del 15,7%, con prevalenza dei voti contrari allapprovazione per cui non era, secondo la dichiarazione della Corte dappello, raggiunto il quorum previsto dallart. 14, comma 2, della l.r. 17 maggio 1957, n. 20 (secondo cui il referendum non dichiarato valido se non vi ha partecipato almeno un terzo degli elettori), cui faceva rinvio lart. 15, comma 1, della l.r. 28 ottobre 2002, n. 21 avente ad oggetto Disciplina del referendum sulle leggi statutarie. 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 La Corte di appello di Cagliari, alla quale, ai sensi del citato art. 14, demandato laccertamento del numero dei votanti e la conseguente proclamazione del risultato del referendum, sollevava alla Corte Costituzionale, tra le altre, la questione relativa alla legittimit dellart. 15 della l.r. n. 21/2002 in quanto, richiamando anche per il referendum relativo a legge statutaria lart. 14 della l.r. n. 20/1957, introduceva un quorum non previsto dallart. 15 dello Statuto, con il quale pertanto si poneva in contrasto. La Corte Costituzionale, tuttavia, con la decisione n. 16/2008, dichiarava inammissibile la questione di legittimit sollevata dalla Corte di Appello di Cagliari, affermando che detto giudice, non esercitando nel caso di specie funzioni giurisdizionali, non poteva sollevare la questione di legittimit davanti alla Corte costituzionale. La Corte di appello di Cagliari, applicando il citato art. 14, dichiarava non valido il referendum sulla legge statutaria per il mancato raggiungimento del quorum strutturale di un terzo degli elettori. Il Presidente della Regione tuttavia promulgava, con atto in data 10 luglio 2008, pubblicato sul B.U.R. n. 23 del 18 luglio 2008, la legge in questione, pur dando atto nellatto di promulgazione che la consultazione referendaria non ha raggiunto il quorum prescritto e che la Corte dappello di Cagliari non aveva conseguentemente dichiarato valido il referendum. La decisione del presidente della regione sarda di promulgare ugualmente la legge statutaria anche nel caso di referendum invalido per mancanza di raggiungimento del quorum sembra essere stata frutto dellopinione che la promulgazione sia un atto presidenziale vincolato, e che al presidente non sia consentito di valutare la legittimit costituzionale del procedimento di formazione della legge il cui sindacato non pu che essere attribuito alla Corte Costituzionale ove possa esservi un interesse giuridicamente qualificato ad impugnare latto di promulgazione. Unaltra tesi fa discendere lobbligo del presidente della regione sarda di promulgare la legge statutaria non avendo il referendum soddisfatto lonere legislativamente previsto. Secondo questa opinione il referendum sulle leggi statutarie delineato dallart. 15 dello statuto speciale della regione Sardegna si configura come uno strumento oppositivo - sospensivo per impedire lentrata in vigore della legge statutaria. La dichiarazione di invalidit del referendum per mancato raggiungimento del quorum quindi assimilabile alle ipotesi di mancata richiesta referendaria o di approvazione della legge da parte degli elettori; esiti tutti favorevoli ai sensi dellart. 12 della L.r. 21/2002 perch tutti idonei a far venire meno tale forza oppositiva - sospensiva. Il Governo italiano al contrario riteneva non costituzionalmente legittima la promulgazione della legge regionale statutaria della Sardegna per mancato raggiungimento del quorum referendario proponendo ricorso per conflitto di IL CONTENZIOSO NAZIONALE 75 attribuzione. La particolarit del ricorso per conflitto di attribuzione riguardava innanzi tutto quello di affrontare il problema dellinteresse ad impugnare, da parte del governo, il solo atto di promulgazione della legge regionale statutaria e non le disposizioni delle norme in essa contenute. Ai fini dellammissibilit del conflitto di attribuzione, si sostenuto che la promulgazione della legge statutaria della Regione sarda in carenza del requisito previsto dallart. 15 c. 4 dello Statuto di autonomia (norma di rango costituzionale) che consente la promulgazione della legge statutaria sottoposta a referendum soltanto se approvata dalla maggioranza dei voti validi, costituiva uninvasione dellattribuzione esclusiva dello Stato di stabilire con legge costituzionale il procedimento di approvazione e promulgazione della legge statutaria della Sardegna. Tale attribuzione dello Stato risulta dalla circostanza che il procedimento di approvazione e promulgazione di tale legge statutaria stato previsto con legge costituzionale (art. 3 della legge costituzionale n. 2 del 2001) dello Stato e pertanto pu essere integrato o modificato soltanto con legge costituzionale di competenza esclusiva dello Stato e non della Regione. Ove tale procedimento non sia stato osservato in esecuzione della norma costituzionale che lo prevede, come avvenuto nel caso in esame, rientra nella competenza dello Stato, attraverso il conflitto di attribuzione, richiedere lannullamento dellatto di promulgazione della legge statutaria facendo dichiarare lillegittimit costituzionale delle norme, anche eventualmente quanto alla interpretazione datane, in attuazione delle quali la promulgazione della legge stata effettuata. La Corte Costituzionale nella sentenza n. 149 del 2009 ha accolto il ricorso per conflitto di attribuzione, sia sotto il profilo dellammissibilit, che nel merito dichiarando che non spettava al Presidente della Regione Sardegna procedere alla promulgazione della legge statutaria non approvata dai voti di un referendum non valido. La sentenza molto importante perch stabilisce principi generali da condividere pienamente. Sotto il profilo dellammissibilit del conflitto di attribuzione la Corte ha accolto la tesi dellavvocatura stabilendo che il Governo pu utilizzare il conflitto di attribuzione per denunciare lasserita illegittimit dellatto di promulgazione per vizi precedentemente non rilevabili. In particolare la Corte ha precisato che lo Stato si pone con riguardo al procedimento di approvazione e di modifica degli Statuti regionali autonomi, in veste di garante della istanza unitaria che connota il pluralismo istituzionale della Repubblica, indirizzandolo verso losservanza della Costituzione. Nel merito ha ritenuto fondato il ricorso in quanto lart. 15 dello Statuto speciale della Regione Sardegna esige che si verifichi, per la promulgazione, la condizione dellapprovazione da parte della maggioranza dei voti validi, 76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 che nel caso di specie non vi stata, nel caso in cui la legge statutaria fosse sottoposta a referendum. La decisione non pu che ritenersi giuridicamente ineccepibile ove si consideri che la conseguenza giuridica della invalidit della consultazione popolare per mancato raggiungimento del quorum strutturale in un referendum, che previsto come espressamente confermativo o approvativo della legge in quanto regolato da disposizioni di contenuto analogo alla previsione dellart. 138 c. 2 della Cost., che la legge sottoposta a referendum non stata approvata. Una legge non approvata del tutto inesistente e non pu essere promulgata. Il presidente non ha il potere di promulgare una legge che non stata approvata, altrimenti farebbe egli stesso una legge. A ci si deve aggiungere che nel caso di specie il referendum (invalido) aveva dato linequivocabile esito di un voto popolare contrario allapprovazione della legge. Pertanto a prescindere dalla costituzionalit del quorum previsto per lapprovazione della legge statutaria della Sardegna (questione espressamente affrontata nel primo motivo del ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte in quanto la legge regionale che prevedeva il quorum non era stata a suo tempo impugnata), si deve rilevare che nel referendum c.d. approvativo quello che conta la volont popolare. La mancata maggioranza dei voti validi, quale che sia il valore del referendum che non ha raggiunto il quorum, avrebbe dovuto di per s impedire la promulgazione della legge. Avv. Michele Dipace* Corte costituzionale, sentenza 8 maggio 2009 n. 149 - Ud. Pubblica 21 aprile 2009 - Pres. Amirante, Red. De Siervo - Giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dell'atto di promulgazione, adottato dal Presidente della Regione Sardegna, della legge regionale 10 luglio 2008, n. 1 recante: Disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti fra gli organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione, l'esercizio del diritto di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit e incompatibilit alla carica di presidente della regione, consigliere regionale e assessore regionale, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri (avv. Stato Michele Dipace). (Omissis) Ritenuto in fatto 1. Con ricorso consegnato all'ufficiale giudiziario per la notifica il 16 settembre 2008, pervenuto presso la sede della destinataria Regione il successivo 19 settembre e depositato il (*) Vice Avvocato generale dello Stato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 77 giorno 23 dello stesso mese, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Sardegna, per l'annullamento dell'atto di promulgazione della legge statutaria della Regione Sardegna 10 luglio 2008, n. 1 (Disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti fra gli organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione, l'esercizio del diritto di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit e incompatibilit alla carica di presidente della regione, consigliere regionale e assessore regionale), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Sardegna 18 luglio 2008, n. 23, in riferimento all'art. 15, comma 4, dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna, adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (come modificata dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2). 2. Riferisce il ricorrente che la legge statutaria in parola, approvata dal Consiglio regionale della Sardegna il 7 marzo 2007, ai sensi dell'art. 15, secondo comma, dello statuto, era stata, su iniziativa di diciannove consiglieri regionali, assoggettata a referendum, ex art. 15, quarto comma, dello stesso statuto, referendum che si teneva il successivo 21 ottobre. La consultazione vedeva una partecipazione del 15,7% degli aventi diritto, con prevalenza dei voti contrari all'approvazione (votanti 228.440; voti favorevoli all'approvazione della legge 72.606; voti contrari 153.053), sicch non veniva raggiunto il quorum previsto, per effetto del rinvio di cui all'art. 15, comma l, della legge regionale 28 ottobre 2002, n. 21 (Disciplina del referendum sulle leggi statutarie), dall'art. 14, comma 2, della legge regionale 17 maggio 1957, n. 20 (Norme in materia di referendum popolare regionale), a mente del quale il referendum non dichiarato valido se non vi ha partecipato almeno un terzo degli elettori. La Corte di appello di Cagliari, nel corso del procedimento di verifica dei risultati del predetto referendum, sollevava, tra le altre, la questione di legittimit costituzionale del citato art. 15 della legge regionale n. 21 del 2002 censurando la previsione di un quorum non contemplato dall'art. 15 dello statuto speciale. Con la sentenza n. 164 del 2008, questa Corte ha dichiarato inammissibile la predetta questione, non riconoscendo alla rimettente la legittimazione a sollevare la medesima. A seguito di tale pronuncia, la Corte di appello di Cagliari, applicando il citato art. 14, dichiarava non valido il referendum per il mancato raggiungimento del suindicato quorum strutturale. Il Presidente della Regione, infine, ha promulgato la suddetta legge, con atto in data 10 luglio 2008, pubblicato nel Bollettino Ufficiale n. 23 del 18 luglio 2008. 3. Il ricorrente, in via preliminare, ritiene sussistere il proprio interesse a ricorrere avverso l'impugnato atto, trattandosi di promulgazione approvata all'esito di un procedimento ritenuto non conforme alle corrispondenti previsioni statutarie, provviste di rango costituzionale. Infatti, la promulgazione della legge statutaria, in carenza del requisito della maggioranza dei voti validi espressi in sede referendaria, costituisce invasione dell'attribuzione esclusiva dello Stato di stabilire con legge costituzionale il procedimento di approvazione e promulgazione della legge statutaria della Sardegna. Pertanto, rientra nella competenza dello Stato, attraverso il conflitto di attribuzione, richiedere l'annullamento dell'atto di promulgazione della legge statutaria facendo dichiarare l'illegittimit costituzionale delle norme, anche eventualmente quanto alla interpretazione datane, in attuazione delle quali la promulgazione della legge stata effettuata. Ricorda l'Avvocatura dello Stato che, con la sentenza n. 469 del 2005, questa Corte ha riconosciuto la possibilit per il Governo di utilizzare lo strumento del conflitto di attribuzione 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 per impugnare la promulgazione e la successiva vera e propria pubblicazione di un testo statutario in ipotesi incostituzionale per vizi non rilevabili tramite il procedimento di cui all'art. 123 Cost. di adozione dello statuto e per vizi anche successivi al primo eventuale giudizio della Corte sulla legge in questione. Il presente ricorso , per la difesa erariale, finalizzato a censurare vizi della promulgazione, sopravvenuti rispetto alla scadenza del termine di cui all'art. 15, terzo comma, dello statuto speciale, che evidentemente non si potevano dedurre in una fase antecedente e l'unico strumento utilizzabile quello del conflitto di attribuzione. 4. Nel merito, il ricorrente reputa palese l'illegittimit dell'atto di promulgazione. Pi precisamente, il ricorrente sostiene, innanzitutto, che l'impugnato atto di promulgazione sarebbe stato adottato sulla base di una disciplina (il combinato disposto degli artt. 14, secondo comma, della l.r. Sardegna n. 20 del 1957, e 15, comma 1, della l.r. Sardegna n. 21 del 2002) illegittima in quanto incompatibile con l'art. 15, quarto comma, dello statuto speciale della Regione Sardegna che non contempla (e, dunque, vieta) il quorum strutturale in ordine al referendum in oggetto. Al riguardo, l'Avvocatura dello Stato sottolinea l'analogia della disposizione statutaria invocata a parametro rispetto alla previsione dell'art. 138, secondo comma, della Costituzione, che non prevede alcun quorum minimo di votanti per la validit della consultazione referendaria, come, al contrario, sancito per il referendum abrogativo di leggi statali ordinarie dall'art. 75, terzo comma, della Costituzione. In subordine il ricorrente sostiene che il succitato art. 15 rinvia agli artt. 9, 10, 12, 13, 14 e 15 della l.r. n. 20 del 1957 esclusivamente con riguardo allo svolgimento del referendum. Ne consegue che il rinvio in questione non pu essere interpretato come esteso anche al secondo comma dell'art. 14 della l.r. n. 20 del 1957, il quale indica il quorum strutturale previsto dall'art. 32 dello statuto in relazione al referendum abrogativo. Sicch, il predetto rinvio deve essere inteso, in un senso costituzionalmente legittimo, come riferito esclusivamente al comma 1 e cio in relazione alla modalit del referendum e non alla sua validit: ci che lo statuto speciale ha inteso affidare al legislatore regionale ordinario Ǐ soltanto la disciplina del procedimento elettorale di svolgimento del referendum, e non certo, la previsione di ulteriori requisiti di validit della consultazione referendaria ovvero di ulteriori e diversi requisiti di promulgabilit della legge statutaria sottoposta a referendum popolare. 5. In secondo luogo, posto che ai sensi dell'art. 15, quarto comma, dello statuto speciale della Regione Sardegna la legge sottoposta a referendum non promulgata se non approvata dalla maggioranza dei voti validi, il Presidente della Regione non avrebbe potuto adottare l'impugnato atto di promulgazione e ci per il semplice motivo che la legge statutaria sottoposta validamente a referendum confermativo, una volta che sia stata dichiarata non valida la deliberazione popolare, non stata approvata dalla maggioranza dei voti validi e, dunque, una legge che non sia stata approvata del tutto inesistente. Il referendum dichiarato non valido per mancanza del quorum rimarca l'Avvocatura dello Stato non consente al Presidente della Regione di promulgare la legge, e ci per il semplice motivo che la legge statutaria sottoposta validamente a referendum confermativo, una volta che sia stata dichiarata non valida la deliberazione popolare, non stata approvata dalla maggioranza dei voti validi. In altri termini, la conseguenza giuridica della invalidit della consultazione popolare, in un referendum confermativo o approvativo, che la legge statutaria sottoposta a referendum non stata approvata e, dunque, non poteva essere promulgata ai sensi dell'art. 15, quarto comma, dello statuto sardo. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 79 Nel caso di specie conclude la difesa erariale il Presidente della Regione non avrebbe utilizzato le formule tassative di promulgazione previste negli artt. 4 (promulgazione della legge in caso di mancata richiesta di referendum); 8 (promulgazione della legge in caso di dichiarazione di illegittimit della richiesta di referendum); 12 (promulgazione della legge in caso di esito favorevole della legge), della legge regionale n. 21 del 2002, ma ha dato atto della dichiarazione di non validit del referendum, promulgando poi la legge regionale in questione. Egli avrebbe, cos, creato un'altra formula di promulgazione della legge regionale statutaria. 6. La Regione Sardegna, con atto di costituzione depositato il 15 ottobre 2008, e dunque tardivamente, ha illustrato molteplici profili di inammissibilit e, comunque, di infondatezza del conflitto. Considerato in diritto 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Sardegna, per l'annullamento dell'atto di promulgazione della legge statutaria della Regione Sardegna 10 luglio 2008, n. 1 (Disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti fra gli organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione, l'esercizio del diritto di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit e incompatibilit alla carica di presidente della regione, consigliere regionale e assessore regionale), in riferimento all'art. 15, quarto comma, dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (come modificata dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2). La legge statutaria, approvata dal Consiglio regionale della Sardegna ai sensi dell'art. 15, secondo comma, dello statuto, era stata assoggettata al referendum previsto dal quarto comma, primo periodo, dello stesso art.15, a mente del quale detta legge Ǐ sottoposta a referendum regionale, la cui disciplina prevista da apposita legge regionale, qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti del Consiglio regionale. L'art. 15, quarto comma, secondo periodo, dello statuto prevede, altres, che la legge sottoposta a referendum non promulgata se non approvata dalla maggioranza dei voti validi. Alla consultazione referendaria ha partecipato un numero di elettori inferiore al quorum previsto, per effetto del rinvio di cui all'art. 15, comma l, della legge regionale n. 21 del 2002, all'art. 14, secondo comma, della legge regionale n. 20 del 1957, ai sensi del quale il referendum non dichiarato valido se non vi ha partecipato almeno un terzo degli elettori. I voti favorevoli all'approvazione sono risultati inferiori rispetto ai voti contrari. Non essendo stato raggiunto il prescritto quorum, la Corte d'appello di Cagliari, nel corso del procedimento di verifica dei risultati, ha dichiarato non valido il referendum. A seguito di tale dichiarazione, il Presidente della Regione ha proceduto alla promulgazione della suddetta legge statutaria. L'odierno ricorso prospetta due ordini di censure a carico del medesimo atto. Il ricorrente sostiene, innanzitutto, che l'impugnato atto di promulgazione sarebbe stato adottato sulla base di una disciplina legislativa illegittima in quanto incompatibile con l'art. 15, quarto comma, dello statuto che non contempla (e, dunque, vieterebbe) il quorum strutturale in ordine al referendum in oggetto. In secondo luogo, per il ricorrente, il Presidente della Regione non avrebbe potuto adottare l'impugnato atto di promulgazione per il semplice motivo che la legge statutaria sottoposta 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 validamente a referendum confermativo, una volta che sia stata dichiarata non valida la deliberazione popolare, non stata approvata dalla maggioranza dei voti validi. 2. Va dichiarata, in via preliminare, l'inammissibilit della costituzione in giudizio della Regione Sardegna, dal momento che essa avvenuta in data 15 ottobre 2008, e cio dopo la scadenza del termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso (secondo quanto prevedeva, nella precedente formulazione, l'art. 27, terzo comma, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale, applicabile ratione temporis al presente giudizio), intervenuta il 16 settembre 2008 (fra le molte, si vedano le sentenze n. 313 del 2006; n. 169 del 1999; n. 331 del 1998 e n. 428 del 1997). 3. In relazione alla prima delle due doglianze, il ricorso inammissibile. Invero, il ricorrente ha inteso dimostrare che l'atto di promulgazione si basato su una disciplina del referendum (il combinato disposto degli artt. 14, secondo comma, della l.r. Sardegna n. 20 del 1957, e 15, comma 1, della l.r. Sardegna n. 21 del 2002) incompatibile con l'art. 15 dello statuto, che non prevede alcun quorum strutturale. L'illegittimit costituzionale di tale disciplina si estenderebbe all'atto di promulgazione. La censura cos formulata in realt si esaurisce nella prospettazione di un dubbio d'incostituzionalit su una legge regionale che, a suo tempo, non fu oggetto di alcuna impugnazione in via principale. Da ci la inammissibilit del ricorso in questa parte. Questa Corte ha in pi occasioni statuito che, altrimenti ritenendo, il ricorso per conflitto di attribuzioni si risolverebbe, da un lato, in strumento attraverso il quale si eluderebbero i termini perentori previsti dall'art. 127 Cost. per promuovere in via principale le questioni di legittimit costituzionale di leggi regionali o statali e, dall'altro lato, in mezzo utilizzabile per sottrarre al giudice a quo il potere-dovere di sollevare in via incidentale la questione di legittimit costituzionale dell'atto avente forza di legge, sul quale si fonda il provvedimento davanti ad esso giudice impugnato (sentenza n. 386 del 2005, si vedano anche le sentenze n. 375 del 2008; n. 386 del 2005 e n. 334 del 2000). 4. Ammissibile , invece, il ricorso in relazione alla seconda doglianza, l dove il ricorrente ha inteso censurare il fatto sopravvenuto dell'illegittima, sotto il profilo costituzionale, promulgazione della legge statutaria. Questa Corte ha gi avuto occasione di affermare nella sentenza n. 469 del 2005 che, dopo la scadenza dei termini per impugnare in via diretta e preventiva uno statuto regionale ordinario, ai sensi dell'art. 123, secondo comma, Cost., il Governo pu utilizzare il conflitto di attribuzione per denunciare l'asserita illegittimit dell'atto di promulgazione per vizi precedentemente non rilevabili. Ci analogamente a quanto, pur in un diverso contesto costituzionale, si era gi deciso, affermando che pu darsi il caso in cui proprio dalla intervenuta promulgazione si assuma risulti menomato un potere costituzionalmente spettante al Governo e la proposizione del conflitto sia l'unico mezzo del quale dispone per provocare una decisione di questa Corte che restauri l'ordine delle competenze (sentenza n. 40 del 1977). La particolare importanza degli statuti delle Regioni ad autonomia ordinaria e delle leggi statutarie delle Regioni speciali ha infatti indotto il Parlamento, dapprima in sede di revisione dell'art. 123 Cost. con la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni) e poi con la legge costituzionale n. 2 del 2001, a prevedere un possibile controllo preventivo, su istanza del Governo, sulla costituzionalit di queste fonti, secondo una opzione comune a tutte le Regioni gi sottolineata da questa Corte in precedenti pronunce (si vedano IL CONTENZIOSO NAZIONALE 81 le sentenze n. 469 del 2005 e n. 304 del 2002). Al tempo stesso, si prevede anche l'eventuale integrazione del procedimento di formazione della fonte statutaria autonoma tramite il referendum popolare, ove lo richiedano, entro tre mesi, determinati soggetti puntualmente individuati dall'art. 123 Cost. e dalle corrispondenti disposizioni degli statuti speciali (per la Sardegna, si vedano i commi 4 e 5 dell'art. 15 dello statuto regionale). Lo Stato si pone, pertanto, anche con riguardo al procedimento di approvazione e di modifica degli statuti regionali autonomi, in veste di garante della istanza unitaria che, come gi sottolineato da questa Corte (sentenza n. 274 del 2003), connota il pluralismo istituzionale della Repubblica, indirizzandolo verso l'osservanza della Costituzione. Nel caso di specie, la configurazione di un controllo preventivo azionabile dal Governo comprova la sussistenza in capo al medesimo di un interesse a preservare la supremazia delle previsioni contenute nello statuto speciale dalle lesioni che il procedimento regionale di approvazione o di modifica dello statuto autonomo possa infliggere loro. Tale interesse non si esaurisce con lo spirare dei termini previsti per sollevare questione di legittimit costituzionale sul testo della legge statutaria, quando il vizio d'illegittimit sopraggiunga nella fase ulteriore del procedimento e si consolidi a seguito dell'atto di promulgazione: esso si proietta, viceversa, anche su tale fase, in relazione alla quale il conflitto di attribuzione tra enti ad offrirsi quale strumento costituzionale per garantirne la tutela, preservando cos la competenza dello Stato ad impedire che entrino in vigore norme statutarie costituzionalmente illegittime. Tale competenza, di regola, si esercita secondo una sequenza procedimentale definita dalle corrispondenti norme dello statuto speciale: il Governo pu promuovere la questione di legittimit costituzionale entro trenta giorni dalla pubblicazione notiziale della delibera statutaria. Il controllo cos scandito pu, per, non consentire al Governo di denunciare l'intero spettro di vizi che possono, in ipotesi, inficiare la legge statutaria, atteso che avverso di essa non esperibile il controllo successivo previsto per le comuni leggi regionali. questo il caso in cui la lesione si consumi per effetto dell'adozione dell'atto di promulgazione che determini una autonoma e successiva violazione delle norme ad esso sovraordinate. In relazione a tali vizi , pertanto, attivabile il conflitto di attribuzione. 5. Nel merito, il ricorso fondato. Il quarto comma dell'art. 15 dello statuto speciale della Regione Sardegna prescrive espressamente che la legge statutaria sottoposta a referendum non promulgata se non approvata dalla maggioranza dei voti validi. Questa disposizione esige che si verifichi una condizione, ossia l'approvazione da parte della maggioranza dei voti validi, che, con tutta evidenza, non si avuta nel caso di cui al presente giudizio. Avendo il Presidente della Regione proceduto alla promulgazione malgrado il mancato verificarsi della condizione espressamente prescritta, si data efficacia ad una legge statutaria il cui procedimento di approvazione non era giunto a compimento. N la condizione prescritta dall'ultimo periodo del quarto comma dell'art. 15 dello statuto si realizza in ragione della dichiarazione d'invalidit del referendum per il mancato raggiungimento del previsto quorum strutturale, dal momento che la succitata previsione statutaria impone, invece, che, in mancanza di una maggioranza di voti validi, la legge statutaria non sia promulgata. Non rileva a tal fine che l'invalidit della procedura referendaria sia prevista da una legge regionale (la cui legittimit costituzionale non necessario in questa sede sindacare), ovvero 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 che essa sia stata successivamente dichiarata dalla Corte di appello di Cagliari, dato che nella disposizione statutaria ci si riferisce solo ad un dato oggettivo, costituito dalla prevalenza, fra i voti validamente espressi nel referendum, di quelli di approvazione, rispetto a quelli contrari: palese che tale condizione non stata soddisfatta, n alla luce dell'esito della consultazione, ove i voti contrari hanno prevalso, n, a maggior ragione, se si dovesse considerare invalido il procedimento referendario, e inidoneo come tale ad esprimere una valida maggioranza favorevole. Pertanto il Presidente della Giunta, promulgando ugualmente la legge statutaria, ha violato l'art. 15, quarto comma, dello statuto. Per tali motivi va dichiarato che non spettava al Presidente della Regione Sardegna promulgare la legge statutaria regionale n. 1 del 2008 in assenza della sua approvazione da parte della maggioranza dei voti validi di coloro che avevano preso parte all'apposito referendum popolare. Di conseguenza, va annullato l'atto di promulgazione della legge statutaria 10 luglio 2008 n. 1. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dallo Stato nei confronti della Regione Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe limitatamente alla parte relativa alla denunciata incompatibilit con l'art. 15 dello statuto sardo della normativa regionale in base alla quale stato emanato l'atto di promulgazione della legge statutaria della Regione Sardegna 10 luglio 2008, n. 1 (Disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti fra gli organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione, l'esercizio del diritto di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit e incompatibilit alla carica di presidente della regione, consigliere regionale e assessore regionale); dichiara che non spettava al Presidente della Regione Sardegna procedere alla promulgazione della suddetta legge statutaria della Sardegna n. 1 del 2008; annulla, per l'effetto, la promulgazione medesima. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2009. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 83 Limiti al valore probatorio degli studi di settore (Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 18 dicembre 2009 n. 26635) Allego questa importante sentenza delle Sezioni Unite, che in sostanza nega il valore di presunzione ai parametri e agli studi di settore, se non adeguati, attraverso il contraddittorio procedimentale, alla concreta situazione del contribuente. La sentenza precisa che i principi affermati valgono soltanto in relazione agli accertamenti eseguiti mediante parametri o studi di settore, e non anche in relazione agli accertamenti eseguiti secondo le procedure ordinarie previste dallart. 39 dpr 600/73. Lenfatizzazione del contraddittorio procedimentale con il contribuente, considerata dalla Corte un corollario diretto del principio costituzionale della capacit contributiva, sembra per suscettibile di applicazione pi ampia, estesa anche ad altri casi in cui laccertamento venga innescato da forme di presunzione legale. In particolare, si potrebbe pensare ai c.d. accertamenti bancari, nei quali spesso si fa questione dellomesso previo contraddittorio. In questi casi sar forse opportuno precisare che si tratta di presunzioni legali basate su fatti, quali i movimenti bancari, gi di per s specificamente attinenti alla posizione del contribuente. Il contraddittorio procedimentale non assume quindi, riguardo ad essi, quella funzione individualizzante che la sentenza allegata ritiene costituzionalmente necessaria quando si proceda, invece, sulla base di semplici estrapolazioni statistiche. Avv. Paolo Gentili* Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 18 dicembre 2009 n. 26635 - Pres. Carbone, Rel. Botta - Min. economia e finanze - Agenzia delle entrate (avv. Stato Antonio Volpe) c. P.G. (n.c.) (Omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La controversia concerne l'impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA ed IRPEF per l'anno 1996, con il quale l'Ufficio, ai sensi della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, avvalendosi dei parametri del settore previsti dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, rettificava in au- (*) Avvocato dello Stato. 84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 mento i ricavi dichiarati dal contribuente (attivit di parrucchiere per uomo): con l'impugnazione era eccepita la carenza di motivazione dell'atto impositivo non potendo i parametri costituire "prova, in quanto mancanti dei requisiti di gravit, precisione e concordanza, e la non corrispondenza ai parametri dell'attivit esercitata in un paese dell'entroterra lucano con attrezzature acquistate molto tempo addietro e ormai quasi tutte completamente ammortizzate. La Commissione adita rigettava il ricorso, rilevando che l'accertamento era fondato su precise disposizioni di legge e che il contribuente non aveva dato alcuna convincente prova del fatto che i ricavi effettivamente prodotti potevano e dovevano essere inferiori a quelli accertati. La decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, che riteneva i parametri insufficienti a sorreggere da soli la legittimit del'accertamento. Avverso tale sentenza il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione con unico motivo. Il contribuente non si costituito. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Va rilevata preliminarmente l'inammissibilit del ricorso del Ministero dell'Economia e delle Finanze: nel caso di specie al giudizio di appello ha partecipato l'Ufficio periferico di Pisticci dell'Agenzia delle Entrate (successore a titolo particolare del Ministero) e il contraddittorio stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del dante causa, che cos risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, v. Cass. n. 3557 del 2005), estromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione a proporre il ricorso (cos come il ricorso per cassazione) spettava alla sola Agenzia. In relazione a tale inammissibilit debbono essere compensate le spese della presente fase del giudizio, stante il consolidamento dei suddetti principi in epoca successiva alla proposizione del ricorso. 2. Con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 179 - 189. affermando che i parametri, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di merito, non sono presunzioni semplici, bens presunzioni legali cui deve essere opposta una precisa prova contraria ed evidenziando che nel caso di specie l'accertamento aveva tallo seguito al mancato pagamento di quanto concordato con il contribuente in sede di accertamento per adesione. 3. I parametri, istituiti con la finanziaria 1996 (L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 179 - 189), rappresentano una tappa centrale di un percorso evolutivo dell'ordinamento tributario che va dai coefficienti presuntivi introdotti nel 1989 agli studi di settore previsti dal D.L. n. 331 del 1993, ma poi attivati progressivamente con successivi aggiustamenti - nel processo di affinamento di metodi standardizzati di accertamento intesi a facilitare la lotta all'evasione fiscale e a ridurre il contenzioso tra contribuenti ed amministrazione, promuovendo la partecipazione del contribuente alla procedura di definizione del reddito mediante la "istituzionalizzazione" di un contraddittorio endoprocedimentale a carattere preventivo. 3.1. La legge istitutiva, dopo aver abrogato i coefficienti presuntivi (art. 3, comma 179) e prorogato al 31 dicembre 1996 il termine per la approvazione e la pubblicazione degli studi di settore (art. 3, comma 180), prevede che fino alla approvazione degli studi di settore, gli accertamenti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e successive modificazioni, possono essere effettuati, senza pregiudizio della ulteriore azione accertatrice con riferimento alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonch con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, utilizzando i parametri di IL CONTENZIOSO NAZIONALE 85 cui al comma 184, del presente articolo ai fini della determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d'affari. Il comma 184 prevede che il Ministero delle finanze - Dipartimento delle entrate, elabora parametri in base ai quali determinare i ricavi, i compensi ed il volume d'affari fondatamente attribuibili al contribuente in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attivit svolta. A tal fine sono identificati, in riferimento a settori omogenei di attivit, campioni di contribuenti che hanno presentato dichiarazioni dalle quali si rilevano coerenti indici di natura economica e contabile; sulla base degli stessi sono determinati parametri (approvati con le speciali modalit previste dal comma 186) che tengano conto delle specifiche caratteristiche della attivit esercitata. I parametri sono stati poi approvati con D.P.C.M. 29 gennaio 1996, modificato con D.P.C.M. 27 marzo 1997. La legge prevede altres (comma 185) che l'accertamento mediante i parametri sia definibile (c.d. accertamento per adesione) ai sensi del D.L. n. 546 del 1994, art. 2 bis, limitatamente alla categoria di reddito che ha formato oggetto di accertamento, con preclusione, se intervenuta la definizione, della possibilit per l'Ufficio di effettuare, per lo stesso periodo di imposta, l'accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38. 3.2. L'applicazione della procedura di accertamento per adesione costituisce la modalit con la quale si realizza il contraddittorio, come momento essenziale, del procedimento di determinazione presuntiva dei ricavi mediante i parametri: tanto emerge anche da quanto previsto dal p.6 della Circolare 13 maggio 1996, n. 117/E (esplicativa ed attuativa delle disposizioni della legge istitutiva del metodo standardizzato costituito dai parametri), dove si precisa che in sede di definizione dell'accertamento il contribuente potr valersi del diritto di fornire la prova, contraria, motivando e documentando idoneamente le ragioni in base alle quali la dichiarazione di ricavi e compensi di ammontare inferiore a quello presunto in base ai parametri pu ritenersi giustificata, in relazione alle concrete modalit di svolgimento dell'attivit. 3.4. Questa interpretazione rappresenta una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni della legge istitutiva dell'accertamento sulla base di parametri, in quanto: a) da un lato, il contraddittorio deve ritenersi un elemento essenziale e imprescindibile (anche in assenza di una espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l'azione amministrativa (in questo senso v. Cass. n. 2816 del 2008, sulla base di argomentazioni che il collegio condivide e conferma); b) dall'altro, esso il mezzo pi efficace per consentire un necessario adeguamento della elaborazione parametrica - che, essendo una estrapolazione statistica a campione di una platea omogenea di contribuenti, soffre delle incertezze da approssimazione dei risultati proprie di ogni strumento statistico - alla concreta realt reddituale oggetto dell'accertamento nei confronti di un singolo contribuente. 4. Secondo la Corte costituzionale (sent. n. 105 del 2003) il meccanismo di accertamento in base ai "parametri, previsto dalla L. n. 549 del 1996, art. 3, comma 181 - 189, costituisce disciplina transitoria (applicabile ai soli esercizi 1995, 1996 e 1997) collocata tra il vecchio sistema dell'accertamento secondo i coefficienti presuntivi di cui al D.L. 2 marzo 1989, n. 69, ed il nuovo sistema degli studi di settore (in vigore dall'esercizio 1998). A differenza dei coefficienti presuntivi, i parametri prevedono un sistema basato su presunzione semplice la cui idoneit probatoria rimessa alla valutazione del giudice di merito, in assenza di previsioni procedimentalizzate circa la partecipazione del soggetto passivo alla fase istruttoria che precede l'emanazione dell'atto di accertamento. 4.1. Il giudice delle leggi ha attribuito alle circolari 21 giugno 1999 n. 136 e 7 agosto 2000 n. 157 la funzione di promuovere forme di contatto preventivo tra amministrazione e contri- 86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 buente assoggettato al controllo, alle quali ricondurre l'adeguamento del reddito "astratto" risultante dai parametri al reddito "concreto" che deve essere oggetto dell'accertamento. 4.2. La circolare n. 136 del 1999 prevede specificamente che gli Uffici debbano procedere alla notifica degli inviti predisposti, attivando il procedimento di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5. In sede di contraddittorio con l'Ufficio, il contribuente potr esporre e documentare i fatti e le circostanze idonei a giustificare, in tutto o in parte, lo scostamento dei ricavi o dei compensi dichiarati rispetto a quelli determinati in base ai parametri. Gli elementi forniti e le osservazioni formulate dai contribuenti andranno attentamente valutati dagli uffici al fine di pervenire alla definizione dell'accertamento ovvero rilevare l'insussistenza delle condizioni di procedibilit dell'accertamento in base ai parametri. 4.3. A sua volta, la circolare n. 157 del 2000 evidenzia la direttiva ministeriale che richiama l'attenzione degli Uffici sull'esigenza di incentivare l'applicazione dell'accertamento con adesione quale fisiologico e trasparente strumento per la definizione del rapporto tributario e la prevenzione delle controversie con il contribuente e, ricordata la revisione dell'istituto dell'accertamento con adesione operata con il D.Lgs. n. 218 del 1997 (applicabile anche ai fini dell'accertamento mediante i parametri), sottolinea come nel procedimento di controllo assuma rilevanza la fase del contraddittorio con il contribuente, il quale consente all'Amministrazione di conoscere e considerare le specifiche caratteristiche dell'attivit esercitata e di adeguare il risultato dell'applicazione dei parametri alla particolare situazione dell'impresa o della professione esercitata. 4.4. Si conferma, per questa via, il valore dei riferimento, contenuto nella legge istitutiva dei parametri, alla procedura di accertamento per adesione quale indefettibile momento del contraddittorio tra contribuente ed amministrazione, che costituisce anche la via per giungere alla personalizzazione della stima necessaria a correggere la valutazione parametrica, lenendo conto delle diverse situazioni gestionali e della localizzazione dell'attivit svolta dal contribuente: una attivit utile, cio, a porre rimedio a quel difetto delle modalit applicative del procedimento di determinazione dei parametri, che la Corte costituzionale nella richiamata sentenza n. 105 del 2003 aveva ritenuto sottratte al proprio controllo di legittimit, in quanto dettate da norma subprimarie, ma aveva allo stesso tempo affermato essere sindacabili da parte del giudice di merito. 4.5. La legittimit costituzionale delle disposizioni istitutive dell'accertamento con applicazione dei parametri e, quindi, riconosciuta dalla Corte costituzionale in quanto la procedura in questione costituisce un sistema basato su una presunzione semplice, la cui idoneit probatoria rimessa alla valutazione del giudice di merito (sent. n. 105 del 2003; ord. 140 del 2003), ed in quanto l'astrattezza della elaborazione statistica trova un efficace correttivo nel contraddittorio preventivo con i soggetti destinatari dell'accertamento. Tra quest'ultimi, coloro che svolgano attivit d'impresa o arti e professioni in contabilit ordinaria possono essere destinatari di un accertamento con l'applicazione dei parametri solo laddove la contabilit risulti inattendibile a seguito di un verbale di ispezione (L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, lett. b)). 5. Sicch, una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni relative alla procedura di accertamento mediante l'applicazione dei parametri impone di attribuire a quest'ultimi una natura meramente presuntiva, in quanto, a ben vedere, essi non costituiscono un fatto noto e certo, capace di rivelare con rilevante probabilit il presunto reddito del contribuente, ma solo una estrapolazione statistica di una pluralit di dati settoriali elaborati sulla base dell'analisi delle dichiarazioni di un campione di contribuenti. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 87 5.1. Un siffatto orientamento si gi manifestato nella giurisprudenza della Corte con le sentenze nn. 23602, 26459 e 27648 del 2008 e la n. 4148 del 2009. Tra le altre, quest'ultima ben pone in evidenza che tali coefficienti rivelano valori, che, quando eccedano il dichiarato, integrano, in ogni caso, presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell'accertamento analitico - induttivo previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d); ma che, per i motivi sopra puntualizzati, sono, tuttavia, inidonei a supportare l'accertamento medesimo, ove contestati sulla base di allegazioni specifiche, se non confortati da elementi concreti desunti dalla realt economica dell'impresa. Ed questo - salvo le precisazioni che si faranno successivamente in ordine all'inquadramento dell'attivit accertativa de qua nel sistema di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, - l'indirizzo che il Collegio condivide e ritiene aderente alla realt normativa delle disposizioni mediante le quali stata istituita la possibilit di procedere al l'accertamento sulla base dei parametri. 6. In questa prospettiva va ribadito che quel che da sostanza all'accertamento mediante l'applicazione dei parametri il contraddittorio con il contribuente dal quale possono emergere elementi idonei a commisurare alla concreta realt economica dell'impresa la "presunzione" indotta dal rilevato scostamento del reddito dichiarato dai parametri. Pertanto, la motivazione dell'atto di accertamento non pu esaurirsi nel mero rilievo del predetto scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio: da questo pi complesso quadro che emerge la gravit, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui parametri e la giustificabilit di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente. 6.1. L'onere della prova, cui nemmeno l'Ufficio sottratto in ragione della peculiare azione di accertamento adottata, cos ripartito: a) all'ente impositore fa carico la dimostrazione dell'applicabilit dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell'accertamento; b) al contribuente, che pu utilizzare a suo vantaggio anche presunzioni semplici, fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realt dell'attivit economica nel periodo di tempo cui l'accertamento si riferisce. 7. L'esito del contradditorio endoprocedimentale non condiziona, tuttavia, la impugnabilit dell'accertamento innanzi al giudice tributario, al quale il contribuirne potr proporre ogni eccezione (e prova) che ritenga utile alla sua difesa, senza essere vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo, e anche nel caso in cui egli all'invito al contraddittorio non abbia risposto, restando inerte. In quest'ultimo caso, naturalmente, il giudice potr valutare nel quadro probatorio questo tipo di comportamento (la mancata risposta), mentre l'Ufficio potr motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione dei parametri dando conto della impossibilit di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito. 8. Alle stesse conclusioni si deve giungere in materia di accertamenti fondati sugli studi di settore introdotti con il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis, aggiunto in sede di conversione in legge (L. n. 427 del 1993), e la cui disciplina stata poi via via modificata ed integrata nel tempo. Gli studi di settore, pur costituendo fuor di dubbio uno strumento pi raffinato dei parametri, soprattutto perch la loro elaborazione prevede una diretta collaborazione delle categorie interessate, restano tuttavia una elaborazione statistica, il cui frutto una ipotesi probabilistica, che, per quanto seriamente approssimata, pu solo costituire una presunzione 88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 semplice. 8.1. Di presunzione semplice parla espressamente la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 14 bis, (introdotto con il D.L. n. 81 del 2007, art. 15, comma 3 bis), a proposito degli indicatori di normalit economica (approvati con D.M. 20 marzo 2007, modificato con D.M. 4 luglio 2007), che gli uffici devono utilizzare per gli accertamenti da effettuare fino alla revisione degli studi di settore: tali indicatori, che debbono essere idonei alla individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attivit svolta, hanno natura sperimentale e i maggiori ricavi, compensi o corrispettivi da essi desumibili costituiscono presunzioni semplici. Inoltre ai fini dell'accertamento l'Agenzia delle entrate ha l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli indicatori de quibus. Non solo, ma i contribuenti che dichiarano un ammontare di ricavi, compensi o corrispettivi inferiori rispetto a quelli desumibili dagli indicatori ... non sono soggetti ad accertamenti automatici e in caso di accertamento spetta all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati. 8.2. In buona sostanza, gli studi di settore - come, peraltro, in precedenza i parametri, anche se caratterizzati quest'ultimi da una minore approssimazione probabilistica - rappresentano la predisposizione di indici rilevatori di una possibile anomalia del comportamento fiscale, evidenziata dallo scostamento delle dichiarazioni dei contribuenti relative all'ammontare dei ricavi o dei compensi rispetto a quello che l'elaborazione statistica stabilisce essere il livello "normale" in relazione alla specifica attivit svolta dal dichiarante. Lo scostamento non deve essere "qualsiasi", ma testimoniare una "grave incongruenza" (come espressamente prevede il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, e come deve interpretarsi, in una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacit contributiva, la L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1, nel quale pur essendo presente un diretto richiamo alla norma precedentemente citata, non compare in maniera e-spressa il requisito della gravit dello scostamento): tanto legittima l'avvio di una procedura finalizzata all'accertamento nel cui quadro i segnali emergenti dallo studio di settore (o dai parametri) devono essere "corretti", in contraddittorio con il contribuente, in modo da "fotografare" la specifica realt economica della singola impresa la cui dichiarazione dell'ammontare dei ricavi abbia dimostrato una significativa "incoerenza" con la "normale redditivit" delle imprese omogenee considerate nello studio di settore applicato. 8.3. Ancora una volta, quindi, il contraddittorio - previsto espressamente dalla L. n. 146 del 1998, art. 10, come modificato dalla L. n. 301 del 2004, art. 1, comma 409, lett. b), e comunque gi affermato come indefettibile, a prescindere dalla espressa previsione, dalla giurisprudenza, in ossequio al principio del giusto procedimento amministrativo (v. Cass. n. 17229 del 2006), e dalla prassi amministrativa - l'elemento determinante per adeguare alla concreta realt economica del singolo contribuente l'ipotesi dello studio di settore. 8.4. Altrimenti lo studio di settore si trasformerebbe da mezzo di accertamento in mezzo di determinazione del reddito, con una illegittima compressione dei diritti emergenti dagli artt. 3, 24 e 53 Cost.: se appare ammissibile la predisposizione di mezzi di contrasto all'evasione fiscale che rendano pi agile e, quindi, pi efficace l'azione dell'Ufficio, come indubbiamente sono i sistemi di accertamento per standard (parametri e studi di settore), il limite della utilizzabilit degli stessi sta, da un lato, nella impossibilit di far conseguire, alla eventuale incongruenza tra standard e ricavi dichiarati, un automatismo dell'accertamento, che eluderebbe lo scopo precipuo dell'attivit accertativa che quello di giungere alla determinazione del IL CONTENZIOSO NAZIONALE 89 reddito effettivo del contribuente in coerenza con il principio di cui all'art. 53 Cost.; dall'altro, nel riconoscimento della partecipazione del contribuente alla fase di formazione dell'atto di accertamento mediante un contraddittorio preventivo, che consente di adeguare il risultato dello standard alla concreta realt economica del destinatario dell'accertamento, concedendo a quest'ultimo, nella eventuale fase processuale, la pi ampia facolt di prova (anche per presunzioni), che sar, unitamente agli elementi forniti dall'Ufficio, liberamente valutata dal giudice adito. 9. Alla luce di tali considerazioni quello dell'accertamento per standard appare un sistema unitario con il quale il legislatore, nel quadro di un medesimo disegno funzionale ad agevolare l'attivit accertatrice nel perseguire Invasione fiscale, ha individuato strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditivit, di determinate attivit catalogate per settori omogenei. Tali strumenti, rilevando, rispetto ai redditi dichiarali, eventuali significative incongruenze, legittimano l'avvio delle procedure di accertamento a carico del contribuente con invito a quest'ultimo, nel rispetto delle regole del giusto procedimento e del principio di cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente, a fornire, in contraddittorio, i propri chiarimenti e gli elementi giustificativi del rilevato scostamento o dell'inapplicabilit nella specie dello standard. 9.1. Il sistema delineato frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditivit, che giustifica la prevalenza in ogni caso dello strumento pi recente su quello precedente con la conseguente applicazione retroattiva dello standard pi affinato , pertanto, pi affidabile. 9.2. Tale sistema affianca la (e non si colloca all'interno della) procedura di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in quanto la procedura di accertamento standardizzato indipendente dall'analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarit, per i contribuenti in contabilit semplificata, non impedisce l'applicabilit dello standard, n validamente prova contro, e la cui irregolarit, per i contribuenti in contabilit ordinaria, costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata. Si tratta, poi, di un sistema, che diversamente da quello di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, trova il suo punto centrale nell'obbligatoriet del contraddittorio endoprocedimentale, che consente l'adeguamento degli standard alla concreta realt economica del contribuente, determinando il passaggio dalla fase statica (gli standard come frutto dell'elaborazione statistica) alla fase dinamica dell'accertamento (l'applicazione degli standard al singolo destinatario dell'attivit accertativa). 10. Si pu, pertanto, affermare il seguente principio di diritto: La procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravit, precisione e concordanza non ex lege determinata in relazione ai soli standard in s considerati, ma nasce proccdimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullit dell'accertamento, con il contribuente (che pu tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realt economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruit) della motivazione dell'accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attivit accertativa siano state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all'impugnazione dell'atto di accertamento, la pi ampia facolt di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice pu liberamente valutare tanto l'applicabilit degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata 90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dall'ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente. 11. Applicando il principio enunciato al giudizio in esame, il ricorso si rivela infondato dovendosi rispondere negativamente al quesito proposto dall'amministrazione ricorrente, secondo la quale i parametri costituirebbero, ex lege (L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 179 - 189), una presunzione legale relativa, che assolverebbe in s tanto la motivazione dell'accertamento, quanto l'onere della prova gravante sull'Ufficio. Il giudice di merito, nella libera valutazione delle risultanze probatorie, ha accertato in fatto che i parametri adottati non erano applicabili nel caso concreto, in relazione alla effettiva realt dell'impresa, trattandosi di attivit svolta in un piccolo paese dell'entroterra lucano, i costi erano riferiti a minime quantit di beni e servizi e i beni strumentali utilizzati erano ormai obsoleti e acquistati in tempi remoti. Il giudice di merito ha tratto il proprio convincimento anche dall'esito del contradditorio endoprocedimentale nel quale si era pervenuti alla definizione di un reddito inferiore a quello presunto su base parametrica, con successiva notifica di atto di accertamento sulla base del reddito originariamente contestato al contribuente: a seguito del mancato pagamento da parte di quest'ultimo di quanto definito per adesione: il giudicante, rilevata la discrasia rivelata dal contraddittorio tra reddito accertato su base parametrica e reddito definito per adesione, ne ha tratto la ragionevole conclusione di una non sicura e certa quantificazione del reddito effettivamente attribuibile al contribuente facendo apparire il maggior reddito e volume d'affari attribuito un mero riferimento. Pertanto il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, stante la mancata costituzione della parte intimata. P.Q.M. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso. Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio, del 1 dicembre 2009. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 91 Prescrizione e decadenza del diritto allindennizzo in materia di legge Pinto (Corte dAppello di Napoli, decreto 17 marzo 2008; Corte dAppello di Potenza, decreto 2aprile 2009; Corte dAppello di Napoli, decreto 4 agosto 2008; Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 26 gennaio 2004 n. 1339; Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 23 dicembre 2005 n. 28507; Cassazione civile, Sezione I, sentenza 13 aprile 2006 n. 8712; Cassazione civile, Sezione I, sentenza 20 giugno 2006 n. 14286) Il difetto di una specifica disciplina derogatoria contenuta nella legge n. 89 del 2001 e la previsione, allart. 4 della stessa normativa, del solo istituto della decadenza semestrale, ha ingenerato tra i cultori del diritto lormai tormentata questione se il principio generale di cui allart. 2934, comma 1, c.c., in forza del quale ogni diritto si estingue per prescrizione, debba ritenersi applicabile anche al diritto allindennizzo per lirragionevole durata del processo, qualora trascorrano pi di 10 anni senza che il cittadino avanzi alcuna pretesa a riguardo. Si pone, in altre parole, con tutta evidenza la necessit di definire se ed in che misura la previsione contenuta allart. 4 della legge Pinto secondo la quale: La domanda di riparazione pu essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, divenuta definitiva costituisca impedimento alla maturazione della prescrizione del diritto allequa riparazione. La questione ha incontrato, in diverse circostanze, la decisa opposizione delle Corti di merito, le quali hanno rilevato come il richiamo allistituto della decadenza effettuato dal citato articolo 4, faccia s che il danneggiato possa conseguire il recupero di tutto quanto gli spetta a titolo di equa riparazione secondo una regola di nuova compatibilit tra prescrizione e decadenza, che comporterebbe linopponibilit di qualsivoglia eccezione di prescrizione (1). La tesi che vede una regola di nuova compatibilit tra i due istituti di carattere temporale disciplinati nella codicistica civile, comՏ di tutta evidenza, non contraddice la previsione della tassativit delle ipotesi di sospensione della prescrizione ex artt. 2941 e 2942 c.c., in quanto non interpreta la previsione del termine di decadenza semestrale come automatica sospensione del termine di prescrizione. Principali oppositori delle teorie prospettate dallAvvocatura dello Stato circa loperativit della prescrizione anche nei giudizi indennitari ex legge Pinto sono stati i giudici partenopei, i quali non hanno esitato a giudicare, in (1) Vedi, ex multiis, Corte dAppello di Napoli, II Sez. Civ., decr. del 5 novembre 2008. 92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 maniera assai dirompente, prive di pregio le eccezioni a tal proposito espresse. Lintransigente orientamento de quo originato, per certi versi, da una lettura massimalista del citato art. 4, che prevede unicamente lipotesi della decadenza del diritto in caso di definizione del giudizio presupposto con sentenza passata in giudicato, e non prevede affatto un termine prescrizionale; per altri versi dalla ritenuta incompatibilit del termine prescrizionale tanto con la natura indennitaria della pretesa quanto con la necessaria valutazione di un termine ragionevole di durata collegato a vari fattori e non ad un preciso momento di esordio della prescrizione, valutazione, questultima, che pare in tutta franchezza irreprensibile, tantՏ vero che lo stesso art. 4 prevede che la domanda possa essere proposta sia durante la pendenza del giudizio nel cui ambito si assume essersi verificata la violazione, sia a giudizio definito. In altre parole, si sostenuto che, trovando listituto della prescrizione il proprio fondamento di rilevanza nellinerzia del titolare del diritto, esso concettualmente incompatibile rispetto ai giudizi, come quello per il ristoro dellirragionevole durata del processo, in cui linattivit necessaria perch possa maturarsi e possa farsi valere il diritto alla riparazione del danno da ritardo (2). Paradossalmente, infatti, ci condurrebbe ad ipotizzare che una domanda di indennizzo sia intempestiva laddove, ad esempio, la ragionevolezza della durata del giudizio presupposto sia da ritenersi superiore al termine convenzionalmente assunto di tre o di cinque anni dallinizio del giudizio di primo grado per la notevole complessit del giudizio stesso. Il termine di durata ragionevole, infatti, di creazione giurisprudenziale e non legale, con la conseguenza che ipotizzare in astratto un termine rispetto al quale agganciare lesordio della prescrizione costituirebbe operazione di mero arbitrio del giudicante, ingenerando nei soggetti interessati ad esperire lazione indennitaria ex legge n. 89/2001 incertezza in ordine al momento in cui introdurre la domanda, con rischio peraltro di inflazione dei ricorsi al fine di porre riparo ad eventuali eccezioni di prescrizione. Invero, pare doversi dare atto che lorientamento in questione, pur mantenendosi per certi aspetti aderente ad una lettura prudente dellart. 2934, comma 1, c.c. nonch rispettosa dei peculiari meccanismi caratterizzanti il giudizio per equa riparazione, per il resto sembra non distinguere la funzione propria dellistituto della decadenza e quella propria dellistituto della prescrizione, i quali presentano, al contrario, caratteri e finalit non omogenei (3). (2) E di questo avviso la Corte dAppello di Napoli, decreto 17 marzo 2009. (3) Sul punto, contrariamente, vedi G. ALPA, Istituzioni di diritto privato, Torino, 1997, p. 1203, ove si legge: Subito dopo l'entrata in vigore del codice del 1942, Saraceno ha scritto che gli istituti della prescrizione e della decadenza hanno identica causa (inerzia) e identico effetto (perdita di una posizione giuridica) per modo che non sarebbe ragionevole contrapporli. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 93 E infatti, mentre la prescrizione trova fondamento nellinerzia del titolare del diritto, sintomatica, per il protrarsi del tempo, del venir meno di un concreto interesse alla tutela, la decadenza ha operativit squisitamente processuale e si basa sul fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto entro un termine stabilito, nellinteresse generale o individuale, alla certezza di una determinata situazione giuridica. Ne deriva che la fissazione di un termine semestrale ai fini dellesercizio dellazione sul piano processuale postula come necessaria la piena sussistenza ed integrit del diritto sotteso sul piano sostanziale, il quale unicamente soggetto alla decorrenza del termine prescrizionale. Ben potr, dunque, il diritto allequa riparazione essersi prescritto (4) pur, invece, restando virtualmente integro lastratto esercizio dellazione speculare. Senza dubbio, non agevole formulare un criterio discretivo perfetto tra decadenza e prescrizione. A tal proposito, la giurisprudenza talvolta ha richiamato lesigenza di guardare allo spirito della legge; altre volte si fatto riferimento alla brevit del termine; altra volta ancora si ritenuto impossibile concettualizzare la differenza tra i due istituti. Per lo pi, comunque, i giudici, specie della Suprema Corte, si sono orientati nel ravvisare la prescrizione ove vi abbandono di un diritto per inerzia del titolare e la decadenza ove vi mancanza di un certo atto-contegno, cos individuando il fondamento di questultima nella necessit obiettiva del compimento di particolari atti, entro un termine perentorio stabilito dalla legge o dai privati (5), indipendentemente (4) Al riguardo, per completezza, pare opportuno riportare alcune precisazioni fatte dal GAZZONI, nel suo Manuale di diritto privato, p. 110, il quale ha sostenuto quanto segue: il riferimento operato dalla legge alla estinzione del diritto non appare del tutto proprio. In verit se la prescrizione operasse nel senso di estinguere il diritto, pi non si comprenderebbe la regola posta dall'art. 2940 secondo cui non ammessa la ripetizione di ci che stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto. Infatti se il diritto (di credito) pi non esistesse il pagamento sarebbe non pi dovuto ed regola del nostro ordinamento che il pagamento dell'indebito ammette la ripetizione (art. 2033). Dovrebbe allora ipotizzarsi che a seguito della prescrizione nascerebbe in capo al debitore un'obbligazione naturale ex art. 2034, con conseguente soluti retentio in caso di spontaneo adempimento. Sembra dunque pi opportuno dire che il diritto prescritto non si estingue ma perde la propria forza, nel senso che, se si agisce in giudizio, il terzo potr eccepire l'intervenuta prescrizione, in tal modo bloccando l'iniziativa giurisdizionale. Ma se tale eccezione non viene opposta, il diritto potr essere fatto valere ad ogni effetto. Con altra terminologia pu dirsi che la prescrizione non opera sul merito della pretesa esercitata, da cui prescinde, per determinare solo un effetto preclusivo e non gi estintivo. Se ne deduce la differenza tra i due istituti, i quali restano distinti sul piano empirico anche quanto agli effetti, giacch, secondo lautore, la decadenza Ǐ sanzionata con la perdita del diritto, mentre il diritto prescritto non si estingue ma perde la propria forza (). (5) In soluzione di continuit con questorientamento sono le tesi di Guarino e di Santi Romano, i quali ritenevano possibile effettuare una distinzione netta tra prescrizione e decadenza solo operando uno scostamento dal concetto di diritto soggettivo per fondare la nozione di potere: potere che rappresenta la pi tipica espressione della capacit di agire del soggetto di diritto, manifestandosi nella produzione di rapporti nei quali esso stesso non si esaurisce, essendone la fonte. Tali rapporti originano diritti soggettivi. , infatti, in forza di questi passaggi logici che SANTI ROMANO, nei suoi Frammenti distingue dalla prescrizione (che opera sul diritto soggettivo) la decadenza (che opera sul potere, o meglio sul suo esercizio). 94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dalle circostanze che abbiano determinato linutile decorso del tempo (6). Ci induce ad arguire che decadenza significherebbe causa di preclusione dellesercizio del potere (che di per s imprescrittibile)(7). Tanto chiarito sul piano della teoria, preme principalmente in questa sede affrontare la questione della possibile operativit di un termine prescrizionale con specifico riferimento ai giudizi in materia di equa riparazione per la durata irragionevole del processo e la sua eventuale compatibilit con lart. 4, l. 89/2001. A dire il vero, il buonsenso suggerisce di affrontare il problema non unicamente facendo riferimento alle congetture di pura dottrina che distinguono diritto soggettivo e potere desercizio, bens tenendo soprattutto conto delle intenzioni del legislatore, anche alla luce del conflitto di interessi in gioco, onde poter appurare se la previsione del solo termine semestrale ex art. 4 cit. riveli unicamente la volutas legis di limitare nel tempo la possibilit di attuare una data modificazione giuridica (decadenza), negando pertanto la possibilit giuridica di adeguare lo stato di diritto allo stato di fatto attraverso il rilievo della prescrizione. Ebbene, appare indubbio che laffermazione pi volte fatta da alcuni giudici dappello per la quale, con riferimento ai giudizi indennitari, linattivit del ricorrente necessaria perch possa maturarsi e possa farsi valere il diritto alla riparazione del danno da ritardo, sembra fondarsi sullassunto che obiettivo del legislatore del 2001 sia stato, con la succitata legge n. 89, quello di incentivare e promuovere linerzia di tutti coloro che si trovano a dover affrontare un processo onde far valere interessi meritevoli di tutela, ci al solo fine di ottenere un ristoro patrimoniale per una lungaggine procedimentale che, ironia del diritto, essi stessi hanno contribuito a determinare! Al contrario, sembra a chi scrive che il fine del legislatore con lemanazione della c.d. legge Pinto sia stato quello di offrire tutela a quei cittadini costretti, loro malgrado e per cause indipendenti dalla loro volont, ad attendere anni per vedere definito un processo, non senza dimenticare, tuttavia, di prendere in considerazione anche il comportamento di costoro. Le sofferenze psicologiche, le ansie ed i patemi danimo, che inevitabilmente colpiscono chi si trova a dover sopportare le lungaggini processuali, trovano ristoro (6) Vedi Cass. civ., 3 febbraio 1942, n. 327, in Rep. Foro it., 1942, voce Prescrizione civ., nn. 6- 9; Id., 30 luglio 1942, n. 2305, in Magistratura del lavoro, 1943, 37; Id., 15 marzo 1949, n. 532, in Temi, 1950, 1, con in nota lo studio di CANDIANAUR., Decadenza e prescrizione; Id., 12 giugno 1963, n. 1568, in Rass. Avv. Stato, 1963, 193; Id., 14 marzo 1968, n. 819, in Mass. Giust. civ., 1968, 411; Id., 12 settembre 1970, n. 1401, in Foro it., 1971, I, 1328 e in Giur. it., 1971, I, 1, 1196; Id. (Sez. un.), 21 agosto 1972, n. 2690, in Giust. civ. 1972, I, 1930 e in Rass. giur. Enel, 1973, 33. (7) Invero, talvolta il legislatore riferisce la decadenza al diritto soggettivo, il che accade, ad esempio, allart. 2966 c.c., a mente del quale, se il venditore riconosce il diritto del compratore alla risoluzione del contratto per vizi della cosa, non opera il termine di decadenza dellart. 1495 c.c. In relazione a siffatti casi acuta dottrina ha precisato che la norma va letta nel senso che, quando lesistenza di un diritto dipende dallesercizio di un potere, tale esercizio perde rilevanza se il diritto stesso riconosciuto dalla controparte. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 95 nel riconoscimento di un diritto allindennit da ritardo, il quale dovr necessariamente passare attraverso laccertamento di criteri predeterminati, tra i quali anche il comportamento tenuto dalle parti. In questordine di idee si collocata anche la Suprema Corte, che con la sentenza n. 2690 del 1972, a Sezioni Unite, osservando come la decadenza posta la sua pi rigorosa disciplina sia destinata ad attuare pi efficacemente della prescrizione lobiettivo di assicurare certezza e stabilit ai rapporti giuridici, ha osservato che per stabilire in concreto se un termine imposto dalla legge abbia natura prescrizionale ovvero decadenziale, occorre non soltanto fare riferimento allespressa definizione contenuta nella legge, quanto alla sua finalit: nella prescrizione, quella di ritenere, in via presuntiva, abbandonato il diritto per l'inerzia protrattasi per un certo tempo (termine di durata) del suo titolare, e nella decadenza, quella corrispondente alla necessit obiettiva di compimento di determinati atti entro un determinato tempo (termine fisso o perentorio)(8). Una soluzione degna di mettere fine al problema della plausibile coesistenza degli istituti de quibus sarebbe quella di ritenere che in ordine ai giudizi indennitari ex legge Pinto trovi applicazione analogica il costante orientamento giurisprudenziale relativo allart. 79 della legge n. 392/78 (9), il quale contempla, al secondo comma, analoga ipotesi di decadenza, disponendo che il conduttore pu ripetere, dal momento del pagamento e fino a sei mesi dopo la riconsegna dellimmobile, le somme corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti di legge. Ebbene, in siffatta ipotesi lorientamento della Corte di Cassazione quello di ritenere inoperante listituto della prescrizione per i crediti maturati nello svolgersi del rapporto contrattuale. Pi esattamente, secondo il supremo giudice di legittimit il rispetto del termine di decadenza semestrale per lesercizio dellazione di ripetizione ex art. 79, secondo comma, L. 27 luglio 1978, n. 392, consente al conduttore il recupero di tutto quanto indebitamente corrisposto fino al rilascio dellimmobile locato, rendendo inopponibile qualsivoglia eccezione di prescrizione; diversamente, la violazione del termine semestrale espone il conduttore al rischio delleccezione di prescrizione dei crediti maturati e non per linnanzi rivendicati (10). (8) E sempre dello stesso avviso la Suprema Corte, con le sentenze 27 febbraio 1975, n. 789 (in Mass. Giust. civ., 1975, p. 360) e 9 febbraio 1979, n. 896, affermando, in via generale, lirrilevanza della non esplicita qualificazione come di decadenza del termine legale o convenzionale imposto per il compimento di un atto, in quanto la lettura decadenziale del termine pu risultare anche implicitamente, purch in modo chiaro ed univoco con riferimento allo scopo perseguito e alla funzione che il termine destinato ad assolvere. Nello stesso senso, si veda anche Cass. civ., 8 gennaio 1981, n. 187 (in Mass. Giust. civ., 1981, p. 68). (9) Cos Corte dAppello di Napoli, II Sez. Civ., decreto 3 febbraio 2009. (10) Vedi Corte di Cassazione, sentenze 26 maggio 2004, n. 10128 e 11 giugno 2007, n. 13891, ove si legge: () il principio sancito da Cass. 26 maggio 2004, n. 10128, secondo cui il termine semestrale di decadenza per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma cor- 96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Vero , tuttavia, che nella realt contrattuale della locazione la rigida previsione di un termine semestrale decorso il quale si verifichi per il conduttore la decadenza di ogni diritto di ripetere i suoi indebiti pagamenti, incorrerebbe in unincontestabile sanzione di irragionevolezza, visto che detto termine sarebbe contemplato unicamente a detrimento del conduttore e, comՏ intuitivo, la mancata previsione di analoga decadenza in danno del locatore in relazione alle sue pretese di corrispettivi non versatigli, determinerebbe una ingiustificata disparit di trattamento tra i contraenti. Ora, con riferimento specifico ai giudizi per il ristoro dellirragionevole durata del processo, non sussiste alcuna analoga esigenza di circoscrivere in un lasso di tempo determinato la potenziale conflittualit dei contraenti e di realizzare la condizione della certezza delle situazioni giuridiche delle parti una volta cessato il rapporto contrattuale: lazione indennitaria , infatti, esercitata nei confronti di soggetti non solo estranei al procedimento presupposto di cui si lamenta la durata irragionevole, ma altres del tutto scevri dalla possibilit di analogo danno a proprio carico e il pi delle volte esenti da ogni responsabilit. E anzi, tanto per assumere piena coscienza della disparit di posizioni delle parti in causa, si consideri che mentre il diritto allequa riparazione spettante al privato ricorrente disponibile, non lo , invece, la posizione del soggetto passivo rispetto a tale diritto, cio dellAmministrazione pubblica chiamata a corrispondere il richiesto indennizzo, non potendo detta Amministrazione, soggetta alle norme sulla contabilit pubblica ed agli specifici vincoli di bilancio richiamati dall'art. 7 della legge n. 89/2001, rinunciare alla decadenza, avuto riguardo agli interessi pubblici che presiedono alla erogazione delle spese gravanti sui pubblici bilanci (11). Tale considerevole differenza induce ad escludere la sussistenza dei presupposti che configurino unipotesi di applicazione estensiva dellart. 79 citato, giacch non pu ritenersi operante, in ordine ai giudizi ex legge Pinto, un atteggiamento di favor per il ricorrente, in assenza di rapporto negoziale pregresso informato al principio generale della parit di trattamento dei contraenti (12). risposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, previsto, dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, comma 2, fa s che, se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa gi maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilit di qualsivoglia eccezione di prescrizione. (11) Il che giustifica, nei giudizi di specie, lassenza di preclusioni riguardanti la prospettazione di questioni nuove in sede di legittimit, preclusioni non valide allorch si tratti di questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo. (12) Al contrario, sembra doversi osservare che gli interventi legislativi susseguitisi da ultimo in materia siano tutti tesi alla maggiore responsabilizzazione di colui che lamenta il danno da ritardo. In proposito basti operare una riflessione sullinnovazione introdotta con il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, IL CONTENZIOSO NAZIONALE 97 Sulla questione, ormai sempre pi incandescente, lecito attendere una risolutoria pronuncia del Supremo Giudice delle leggi, il quale per la verit ha gi emesso sia consentito ravvisarlo un qualche smorzato sussurro di assenso alle tesi della Difesa Erariale attestanti loperativit della prescrizione. Con lordinanza n. 17703 del 27 giugno 2008, infatti, i giudici di Palazzaccio hanno riconosciuto che il diritto allindennizzo matura in relazione alla durata non ragionevole del processo inteso nella sua unitariet e pertanto la prescrizione comincia a decorrere dalla data in cui detto diritto viene fatto valere (nel caso di azione antecedente alla definizione del procedimento presupposto) ovvero in quella di definizione del processo (in cui comunque matura compiutamente il relativo diritto), non avendo alcuna autonoma rilevanza, se non ai fini del computo dell'indennizzo, le singole annualit in relazione alle quali viene operata la liquidazione. La citata statuizione giurisprudenziale, ancorch vanti il merito di riconoscere a chiare lettere loperativit dellistituto della prescrizione civile nei giudizi per il ristoro dellirragionevole durata dei processi, parsa a molti (13) essere inficiata da vistose incongruenze e strutturata su di un iter motivazionale notevolmente scarno. Anzitutto, viene completamente omessa ogni argomentazione riguardante la natura della condotta dello Stato e dellillecito perpetrato in ragione dellingiustificata lungaggine procedimentale, presa di posizione che si sarebbe rivelata alquanto provvidenziale, alla luce della crescente querelle generata dai molteplici e spesso contraddittori orientamenti delle Corti di merito. In secondo luogo, il momento di esordio del termine prescrizionale viene di fatto lasciato in bala delle scelte processuali del privato, giacch dipende dalliniziativa di questultimo la possibilit che la prescrizione decorra o meno in pendenza del giudizio presupposto, soluzione che non solo risulta essere palesemente in contraddizione con i principi di diritto disciplinanti listituto della prescrizione (i quali, peraltro, sono espressamente qualificati come inderogabili), ma finisce per agganciare loperativit di un istituto generale quale quello della prescrizione, rispondente a ben precise esigenze di certezza del diritto, ad un evento del tutto aleatorio. Si consideri, ancora, lopzione del tutto inspiegabile di far decorrere, nel caso che lazione indennitaria sia sollevata antecedentemente alla definizione del procedimento presupposto, la prescrizione dalla data in cui detto diritto viene fatto valere, affermazione che risulta vistosamente distonica e contradart. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, che ha trasformato listanza di cui allart. 51 del Regio Decreto 17 agosto 1907, n. 642 (volgarmente detta istanza di prelievo) in una vera e propria condizione di proponibilit dellazione indennitaria ex art. 2 della citata legge n. 89/2001. (13) Si legga, a riguardo, lopinione espressa dagli Avv.ti dello Stato A. MUTARELLIE - M. GERARDO, in Operativit della prescrizione in tema di ricorso per il ristoro della irragionevole durata del processo (cd. legge Pinto), in Rass. Avv. dello Stato, Anno LX n. 4. 98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dittoria, posto che giova ripeterlo il decorso del termine segnato proprio dallinerzia del titolare del diritto. Non si spiega davvero come un diritto possa iniziare a prescriversi (dunque, a perdere forza sul piano sostanziale) proprio nello stesso istante in cui linteressato ne opera la rivendica! Illogicit. Valutazioni di logicit e coerenza giuridica inducono ad arguire che la sottolineata incongruenza sia originata dallerrato riferimento di carattere temporale, inerente lutilizzo del passato prossimo (viene fatto valere), come ad indicare un evento gi compiuto nel passato recente. Diversamente, lannessione di un verbo servile indicante lidea della possibilit (pu esser fatto valere) ricondurrebbe il vaglio della Suprema Corte entro gli argini dei principi succitati, segnandone la piena conformit alla disciplina codicistica. Ne deriverebbe, in buona sostanza, una specifica regola dapplicazione dellistituto della prescrizione ai giudizi in materia di legge Pinto del tutto conforme ai dettami dellart. 2935 c.c., in quanto individuante il momento desordio di detto termine nel giorno in cui il diritto pu, per lappunto, essere fatto valere. Constatato, ormai, che lasse della prescrizione rappresentato dallinerzia del titolare del diritto e dimostrata la possibile operativit dellistituto de quo nei giudizi ex legge Pinto, si rende ora opportuno trattare la consequenziale (e non meno problematica!) questione dellistante che segna lesordio dellinerzia rilevante, elemento di accertamento non semplice, visto il considerevole affastellamento di norme. In astratto la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito potrebbe farsi decorrere o dalla data del fatto o dallesteriorizzazione del danno, con conseguenze radicalmente diverse. Invero, lart. 2935 c.c. che espressamente riferisce lesordio del termine al giorno in cui il diritto pu essere fatto valere deve essere letto senza ignorare il 1 comma dellart. 2947 c.c., che individua la decorrenza iniziale del termine astratto di prescrizione nel giorno in cui il fatto si verificato (14). Lanalisi di queste norme stata oggetto di numerosi approfondimenti da parte di giurisprudenza e dottrina (15). In particolare, con riferimento al fatto (14) In tal senso vedi AZZARITI - SCARPELLO, Della prescrizione, in Comm. C. C., a cura di Scialoja e Branca, Bologna, 1977, p. 292: Quanto allinizio della decorrenza del termine, la legge applica il principio dordine generale, stabilendo che il quinquennio o il biennio si computa dal giorno in cui il fatto si verificato. ovvio che per fatto non deve intendersi la semplice azione od omissione del soggetto colpevole, ma tutto levento lesivo considerato nel suo complesso, e cio comprensivo non solo del comportamento doloso o colposo dellagente, ma anche del verificarsi del danno, il che, dal punto di vista pratico, presenta una notevole importanza ai fini della decorrenza del termine, poich il comportamento illecito e il verificarsi del danno non sempre coincidono cronologicamente. Ed ancora, GRASSO, voce Prescrizione (diritto privato), in Enc. Dir., XXXV, Milano, 1986, p. 66: si ritiene unanimamente che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto, pur essendo perfetto e quindi potendo essere esercitato, non di fatto, esercitato dal suo titolare. (15) Si rinvengono pronunce su questa problematica gi da Cass., 27 luglio 1934 (Rep. Foro It., IL CONTENZIOSO NAZIONALE 99 illecito, la Corte di Cassazione ha statuito che Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non dal momento in cui il fatto del terzo determina la modificazione che produce danno allaltrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta allesterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile (16). Invero, sin dal 1982 la Suprema Corte era gi pervenuta ad affermare i principi successivamente ribaditi e pure accolti in sede comunitaria (17). Gi in tale occasione la Corte di Cassazione, partendo dalla considerazione che pu accadere che la lesione prodotta dallillecito si verifichi obiettivamente, ma resti occulta, affermava che sarebbe chiaramente incivile far dipendere una conseguenza tanto grave come il decorrere di una prescrizione breve dal verificarsi di una circostanza che resti occulta e che non possa quindi essere percepita dal danneggiato che pure faccia uso della normale diligenza . Sulla scorta di tali considerazioni la Suprema Corte ravvisava un principio generale che discende dal complesso del sistema: nei casi in cui la manifestazione del danno non sia immediata ed evidente agli occhi di un profano, e possa apparire quanto meno dubbia la sua ricollegabilit con nesso causale allazione di un terzo, il momento iniziale della prescrizione dellazione risarcitoria non pu essere ricollegato che al momento in cui il danneggiato ha avuto la reale e concreta percezione dellesistenza e della gravit del danno stesso e della sua addebitabilit ad un determinato terzo; ovvero 1934, voce Prescrizione civile, n. 24) ed ancora Cass., 27 gennaio 1948 (ivi, 1948, voce cit., n. 2). In dottrina: TRAVAGLINO, La prescrizione e lillecito extracontrattuale, in BAT, CARBONE, DE GENNARO, TRAVAGLINO, La prescrizione e dal decadenza, Milano, 2001, 174 e segg.; BONA e OLIVA, Prescrizione e danno alla persona, in MONATERI, BONA, OLIVA, PECCENINI, TULLINI, Il danno alla persona, Torino, 2000, II, 605 e segg. (16) Cos Cass., Sez. Lav., sentenza 20 luglio 2007, n. 16148, che ribadisce: non conforme al diritto sostenere che in caso di pluralit di fatti illeciti protratti nel tempo il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento della commissione del primo degli episodi denunciati, poich anche i successivi illeciti sono potenzialmente idonei a determinare una autonoma lesione del diritto e quindi a fondare una domanda di risarcimento. Neppure conforme a diritto far decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno dal fatto illecito lesivo anzich dal manifestarsi allesterno della produzione del danno. Infatti, in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sia per responsabilit contrattuale che per responsabilit extracontrattuale, questa Corte ha ripetutamente affermato che il termine di prescrizione ex art. 2935 c. c., inizia a decorrere non gi dal momento in cui il fatto del terzo viene a ledere laltrui diritto, bens dal momento in cui la produzione del danno si manifesta allesterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile. In senso conforme, vedi Cass., Sez. III, 9 maggio 2000, n. 5913, in Giust. Civ. Mass., 2000, 972; Id., Sez. III, 12 agosto 1995, n. 8845, ivi, 1995, 1517; Id., Sez. III, 5 luglio 1989, n. 3206, ivi, 1989, fasc. 7 e Id., Sez. II, 18 maggio 1987, n. 4532, ivi, 1987, fasc. 5. (17) Sul punto si veda il D. P. R. 10 maggio 1975, che ha adeguato alle convenzioni internazionali la L. 31 dicembre 1962, n. 1860 in materia di risarcimento danni dipendenti da incidenti nucleari, e che ha stabilito come dies a quo di decorrenza della prescrizione il giorno in cui il danneggiato ha avuto conoscenza del danno e della identit dellesercente responsabile oppure avrebbe dovuto ragionevolmente esserne venuto a conoscenza. 100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 al momento in cui il danneggiato avrebbe potuto pervenire alla percezione stessa usando della normale diligenza (18). Tale principio, risulta ribadito dalla giurisprudenza successiva e condiviso anche dalla dottrina (19) e, peraltro, stato affermato in evidente sintonia con quanto previsto dallart. 2947 c.c., che soggiace alla stessa norma generale, sopra descritta, mirante a far coincidere la decorrenza della prescrizione con lattualit dellinteresse che, per il danneggiato, si configura come attualit dellinteresse a reagire attraverso lesercizio dellazione risarcitoria. Da quanto argomentato consegue che, in virt del coordinamento con la norma generale dellart. 2935 c.c., se il danno, per qualsiasi ragione, rimane occultato, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dal momento della sua esteriorizzazione, che deve realizzarsi con modalit tali che non solo quel pregiudizio si realizzi nella sua completezza, ma che il diritto al risarcimento da esso derivante possa essere effettivamente fatto valere dai soggetti che ne sono legittimati. Risponde, quindi, ad un principio di civilt giuridica oltre che di interpretazione sistematica delle norme del codice civile fissare la decorrenza della prescrizione dallesteriorizzazione del danno (rectius, conoscenza del danno secondo lordinaria diligenza), momento che costituisce oggetto di apprezzamento da parte del giudice civile. La considerazioni pocanzi esposte, trasfuse alla disciplina della legge Pinto, inducono ad affermare che il diritto alla riparazione del disagio morale sopportato dal privato ricorrente cominci a prescriversi (e, quindi, possa essere fatto valere) solo a partire dal momento in cui egli in grado di percepire il verificarsi del suddetto disagio, che in soluzione di continuit con la disciplina dettata dallart. 2, comma 3, L. 89/2001 da ritenersi palesato allistante del superamento del termine di ragionevole durata (anni 3 per il giudizio di prima istanza). Ebbene, loperativit di una presunzione juris tantum tesa alla determinazione del tempo della ragionevole durata fa s che, in materia di equa riparazione, il momento del concretarsi del fatto e quello dellesteriorizzazione del danno giungano inevitabilmente a coincidere. Dalla richiamata giurisprudenza in materia di danno derivante da fatto illecito occorre prendere le distanze, daltronde, se si sceglie di aderire alla tesi, (18) Cos Cass., 6 febbraio 1982, n. 685, in Giust. Civ., 1982, I, 2782 e seg. (19) Si vedano in giurisprudenza: Cass., 6 febbraio 2004, n. 2287, C.E.D.; Id., 29 agosto 2003, n. 12666, in Foro. It. Mass., 2003, voce Prescrizione e decadenza, n. 32; Id., 9 maggio 2000, n. 5913, in Giust. Civ. Mass., 2000, 972; Id., 5 luglio 1989, n. 3206, ivi, 1989, fasc. 7; Trib. Roma, 11 agosto 2003, in Arch. Civ., 2004, 63; Id., Milano, 17 febbraio 2003, in Giur. di Merito, 2003, 2188. In dottrina: VITUCCI, op. cit., sub art. 2935, 97 e segg.; IANNACONE, La Prescrizione, a cura di Viticci, II, artt. 2941- 2963, in Comm. C. C., diretto da Schlesinger, Milano, 1990, sub art. 2947, 172 e segg.; LEBAN, Prescrizione e decadenza nel diritto privato, Padova, 2003, 44: In altri termini, ci che rileva non il momento in cui latto illecito viene realizzato, bens quello in cui si verifica il danno, sempre che - ovviamente - non si determini un contesto di coincidenza tra i due dati temporali. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 101 che ormai vede concordi molte Corti di merito, secondo la quale lobbligazione relativa allequa riparazione si configura come obbligazione ex lege di natura indennitaria e non come obbligazione ex delicto di natura risarcitoria. Si osservato, in particolare, che essa sorge per il fatto oggettivo delleccessiva durata del processo e non gi per il comportamento doloso o colposo degli organi giudiziari (20), costituendo jus receptum che lobbligazione avente ad oggetto lequa riparazione, quale obbligazione ex lege, sia riconducibile, in base allart. 1173 c.c., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformit dellordinamento giuridico (21). In altre parole, secondo la giurisprudenza maggioritaria, il diritto ad unequa riparazione in caso di mancato rispetto del termine ragionevole del processo, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, non richiede laccertamento di un illecito secondo la nozione contemplata dallart. 2043 c.c. n presuppone la verifica dellelemento soggettivo a carico dellagente: esso , invece, ancorato allaccertamento della violazione dellart. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, cio di un evento ex se lesivo del diritto della persona alla definizione del suo procedimento ad una durata ragionevole. Anche da ci sembra derivare che in materia di equa riparazione il momento del verificarsi del fatto coincida con quello dellesteriorizzazione del conseguente danno, quantomeno con riferimento ai danni di carattere non patrimoniale, i quali ben potranno dirsi maturati in virt del superamento del termine di ragionevole durata del processo. La questione potrebbe diversamente atteggiarsi con riferimento ai danni patrimoniali, che non necessariamente si manifestano col decorso della durata fisiologica, potendo invece venire ad esistenza successivamente, in ragione del prolungarsi ingiustificato del giudizio. In questo secondo caso giocoforza ritenere che debba trovare applicazione analogica la giurisprudenza pocanzi richiamata, individuante nellesteriorizzazione del danno listante desordio della prescrizione. Precisata, dunque, la natura indennitaria del diritto di cui trattasi, preme incentrare ora la questione sulla dibattuta problematica del dies a quo, argomento che vede la giurisprudenza di merito occupare posizioni certo non unanimi. Secondo un primo orientamento, detto termine decorrerebbe dal momento della cessazione del processo della cui irragionevole durata si tratta e, dunque, dal passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce, il che porta in questultimo caso il momento desordio della prescrizione a combaciare con quello della decadenza, ex art. 4. A fondamento di tale tesi si pongono argo- (20) Ex multiis, vedi Corte dAppello di Napoli, decreti n. 4449/08 e 6577/08 e Corte dAppello di Potenza, decr. n. 95 del 28 aprile 2009. (21) Cos anche Cass., sentenza 13 aprile 2006, n. 8712. 102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 menti diversi: alcuni osservano che il diritto allequo indennizzo pur sussistendo anche a prescindere dal suo riconoscimento con la L. n. 89/2001, non matura affatto giorno per giorno, ma va verificato in relazione al concreto andamento del singolo processo in rapporto alle caratteristiche di ogni fattispecie: sicch esso non liquido n esigibile prima della valutazione giudiziale e prima della proposizione della domanda o, se anteriore, della cessazione del processo medesimo (22); altri, invece, ritengono che la fattispecie integrerebbe ipotesi di illecito permanente il cui conseguente danno persiste nel tempo fin quando la relativa condotta non cessata e ci si verifica solo con il passaggio in giudicato della sentenza resa nel procedimento nel cui ambito si assume essersi verificata la violazione (23); altri ancora osservano come se il diritto di cui allart. 6 CEDU non scindibile in segmenti temporali implicando una risposta conclusiva sullistanza di giustizia e perci connesse valutazioni in base al risultato finale e non ai singoli gradi o stati n in rapporto ai singoli anni di norma esso pu essere fatto valere allorquando il procedimento stato definito, perch solo in quel momento si pu avere la visione dinsieme della maggiore o minore congruit dei tempi di risposta giudiziale resisi necessari in relazione alla natura del contenzioso (24). Questa tesi non appare convincente a chi scrive, perch priva della possibilit di operare concretamente sul piano giuridico. E, infatti, la pur costante superiorit temporale del termine di prescrizione rispetto a quello di decadenza non pu considerarsi atta a consentire che il danneggiato possa ottenere la tutela processuale del suo diritto ancorch perfettamente integro sul piano sostanziale oltre il decorso del termine semestrale fissato dallart. 4 della legge Pinto, essendogli precluso lesercizio del connesso potere. Il privato interessato ad attivare un giudizio riparatorio, in buona sostanza, si ritrover a distanza di qualche anno dal passaggio in giudicato della sentenza, ad essere si titolare del diritto allequo indennizzo sul piano sostanziale, ma sar sprovvisto, sul versante processuale, del potere di azionare gli strumenti adeguati a consentire la concreta tutela della sua pretesa! Tale situazione rende praticamente inutile prospettare listituto della prescrizione con riferimento ai giudizi de quibus, con la paradossale conseguenza che se prescrizione e decadenza vengono a combaciare, tanto vale eliminare una delle due, a tutto detrimento della specifica funzione che ciascuna chiamata ad adempiere. (22) Cos la Corte dAppello di Salerno, decr. 14 ottobre 2008. (23) Vedi Corte dAppello di Roma, decr. 9 luglio 2001, in Guida al diritto, 2001, n. 38, p. 30. (24) La tesi stata espressa dalla Corte dAppello di Potenza, decr. n. 96/2009, e sembrerebbe porti alla consequenziale conclusione che linizio della prescrizione decennale coincida con il passaggio in giudicato della sentenza che chiude il giudizio presupposto. Contrariamente ad ogni logica aspettativa, i giudici hanno invece ravvisato il dies a quo addirittura nel momento della notifica del ricorso introduttivo (quale momento in cui il processo ha cominciato ad avere ripercussioni importanti sulla vita della parte)! IL CONTENZIOSO NAZIONALE 103 Daltra parte, lindirizzo che facendo leva sullargomento della illiquidit ed inesigibilit del credito sotteso al danno da ritardo ritiene necessaria, ai fini del decorso del termine prescrizionale, la definitiva chiusura del giudizio presupposto, si palesa particolarmente inconferente anche nel merito: il diritto allequa riparazione vanta, infatti, il connotato dellesigibilit perch pu essere rivendicato da chi si ritenga leso attraverso una domanda di condanna attuale al pagamento, senza lapposizione di termini o condizioni. Quanto allilliquidit, deve allevidenza rilevarsi che trattasi di condizione connessa a qualunque richiesta di risarcimento del danno al momento della proposizione della relativa domanda, posto che solo lautorit giudiziaria ha il potere di deciderne in concreto lammontare. Ci dimostra che lincertezza sullan e sul quantum dellobbligo indennitario certamente non costituisce ostacolo a che il termine prescrizionale decorra dal momento in cui dato registrare la violazione. La tesi prevalente nella giurisprudenza, a contrario, ritiene che la prescrizione decennale ben pu cominciare a decorrere anche durante la pendenza del processo, e precisamente dal momento in cui si verifica il pregiudizio connesso allirragionevole durata di un processo (25). Ci vuol dire che esso decorre da ogni momento in cui, superato il periodo di fisiologica durata, il processo continua a protrarsi fino alla sua definizione. Tale sembra essere lindirizzo sposato anche dalla Corte di Cassazione con lordinanza n. 17703 del 27 giugno 2008, di cui sopra, il quale merita di essere condiviso perch in linea con i principi generali disciplinanti listituto della prescrizione, il cui termine decorre dal momento in cui il diritto pu essere fatto valere. Non vՏ dubbio, infatti, che listante determinante lesordio del potere desercizio del diritto coincida esattamente con quello in cui dato registrare il principio del danno suscettibile dindennizzo, ed giocoforza ritenere che questultimo cada proprio al superamento della cosiddetta durata ragionevole. Conseguentemente, e in analogia a quanto accade per lillecito permanente, per il quale la prescrizione comincia a decorrere per ciascuna frazione di risarcimento dal giorno in cui il relativo danno si verificato (cfr., per tutte, Cass. n. 5831/2007), il diritto allequa riparazione matura di giorno in giorno dal momento in cui viene superato il periodo di ragionevole durata in relazione al protrarsi ingiustificato del processo costituente fatto permanente produttivo di danni suscettibili di autonoma e frazionata valutazione (26). A rigore, merita precisare che il principio test affermato non subisce al- (25) Cfr., ex multiis, Corte dApp. di Napoli, decr. 4 agosto 2008; Corte dApp. di Reggio Calabria, decr. 7 novembre 2008 e Corte dAppello di Milano, decreto n. 4039 del 16 dicembre 2008. (26) Sul punto, si riporta il contrario indirizzo espresso dalle Corti dAppello di Napoli nel decreto n. 2327 del 17 marzo 2009, ove si afferma: il danno indennizzabile ex legge Pinto non sorge di continuo e di giorno in giorno, ma solo con il decorso di un termine ragionevole di durata del processo, con la conseguenza che, come corollario logico, il principio in base al quale gli effetti dannosi dellillecito permanente si prescrivono di giorno in giorno non applicabile alla fattispecie in esame. 104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 cuna deroga in virt della plurioffensivit della fattispecie presa in considerazione, ossia per il fatto che molteplici sono i danni in astratto derivabili dalleccessiva lentezza del processo (patrimoniali, non patrimoniali, perdita di chance, etc.) e che, di conseguenza, differenti sono anche i momenti in cui gli stessi possono effettivamente venire ad esistenza (27). Ebbene, laddove anche uno solo dei danni riportati maturasse solo al momento della conclusione del processo, il termine prescrizionale potrebbe farsi decorrere soltanto a partire da quellistante e ci non di certo a causa di una deroga apposta al caso di specie, bens semplicemente perch quel particolare danno non pu considerarsi sorto prima di allora (28). Si pu dire, pertanto, che piuttosto che un solo danno (concettualmente e logicamente isolabile) destinato a permanere nel tempo, sono concettualmente distinguibili diversi danni, ancorch della stessa tipologia, suscettibili di autonoma considerazione e valutazione, di volta in volta prodottisi a causa del reiterarsi della condotta lesiva nel tempo. Con riferimento ai danni originatisi successivamente al superamento della durata ragionevole e per effetto dellulteriore protrarsi del processo nel tempo, la prescrizione comincia a decorrere dalla loro verificazione di volta in volta. Sempre in punto di dies a quo, non sono mancati giudici decisi a ritenere opportuna loperativit in astratto della prescrizione solo a partire dalla data di entrata in vigore della l. n. 89/2001, osservando come, prima di allora, nessuno avrebbe potuto pretendere dal giudice italiano di essere indennizzato per lirragionevole durata di un processo, non essendo stato ancora riconosciuto dallordinamento nazionale il relativo diritto e mancando, di conseguenza, anche la possibilit legale di esercizio dello stesso, ai sensi dellart. 2935 c.c. (29). Tale tesi poggia sullassunto che il diritto allequa riparazione sia sorto in forza della legge Pinto o, comunque, che pur trovando anteriormente riconoscimento nellordinamento nazionale, solo la legge richiamata ne abbia introdotto uno strumento di tutela sul piano interno. Entrambi gli argomenti (30) Conclusivamente, questo giudicante ritiene che rispetto allillecito permanente costituito dalla durata irragionevole del processo la prescrizione non potrebbe che decorrere dalla cessazione della condotta lesiva, cessazione che si realizza con la sentenza definitiva assistita dallautorit di giudicato. (27) Daltra parte, in alcuni casi, esiste una tipologia di danni, non patrimoniali, legati alla durata del processo indipendentemente dal suo esito decisorio, sicch lindennizzo pu spettare anche al soccombente per il solo fatto di essere stato impegnato a lungo in una determinata controversia. Poich trattasi di danni destinati a rimanere tali qualunque sia la successiva evoluzione del processo (si pensi, ad esempio, allo stress, allo stato dincertezza e a tutte le sofferenze che ne derivano), se ne deve dedurre che correlativamente sorge e viene acquisito al patrimonio del soggetto danneggiato un diritto allindennizzo perfettamente esigibile e, come tale, suscettibile di estinzione per prescrizione laddove non tempestivamente esercitato. (28) In senso conforme, vedi Corte dAppello di Regio Calabria, sezione civile, decr. 7 novembre 2008. (29) Vedi, ex multiis, Corte dApp. di Brescia, decr. 4 marzo 2005. (30) Di cui il primo dovrebbe, a rigore, condurre a ritenere indennizzabili solo ritardi maturati successivamente alla data di emanazione della legge n. 89/2001. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 105 sono, tuttavia, smentiti dalla giurisprudenza della Cassazione, consolidatasi a partire dai fondamentali arresti di Cass. Sez. Un. 26 gennaio 2004, n. 1339, 1340 e 1341 e di Cass. Sez. Un. 23 dicembre 2005, n. 28507. Con le prime, le Sezioni Unite hanno identificato il fatto costitutivo prefigurato dallart. 2 della legge 89/2001 proprio del mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo stabilito dallart. 6 della CEDU, negando conseguentemente che la fattispecie prevista dalla norma interna assuma connotati diversi da quelli stabiliti dalla Convenzione, rispetto alla quale essa andrebbe considerata non gi costitutiva del diritto allequa riparazione, bens unicamente istitutiva della via di un ricorso interno, prima inesistente, diretta ad assicurare una tutela pronta ed efficace alla vittima della violazione del canone di ragionevole durata del processo in attuazione del disposto dellart. 13 della Convenzione. Con la seconda pronuncia, le Sezioni Unite hanno ulteriormente chiarito che non neppure predicabile una distinzione tra diritto ad un processo di ragionevole durata ex art. 6 della CEDU (o, addirittura, ad essa preesistente come valore costituzionalmente protetto), e un diritto allequa riparazione, introdotto in forza della legge n. 89/2001, in quanto la tutela assicurata dal giudice nazionale non si discosta da quella precedentemente offerta dalla Corte di Strasburgo, alla cui giurisprudenza tenuto a conformarsi il giudice nazionale. Alla luce di simili pronunce, sembra corretto sostenere che gi prima dellentrata in vigore della cd. legge Pinto al cittadino fosse possibile esercitare il diritto allequa riparazione per irragionevole durata di un processo, posto che con la citata normativa il legislatore ha solo istituito un rimedio giurisdizionale interno di riparazione della lesione di tale diritto, gi riconosciuto per mezzo della legge n. 848/1955 di ratifica della CEDU, in precedenza tutelato solo dal ricorso alla Corte Europea (31). (31) A tal proposito si consideri che la Convenzione Europea non solo afferma il diritto, sostanziale, allequa riparazione, ma come detto prevede anche uno strumento di tutela (sussidiario) che, prima dellintroduzione della legge Pinto, rendeva quel diritto direttamente azionabile davanti agli organi istituiti dalla CEDU da parte del soggetto che avesse subito danni dalla sua lesione (c.d. ricorso individuale, prima subordinato ad una dichiarazione dello Stato membro di riconoscere come obbligatoria la giurisdizione della Corte, dichiarazione avvenuta per lItalia solo con decorrenza dal 1 agosto 1973, artt. 25 e 26 della CEDU testo originario; poi reso sempre possibile senza alcuna facolt di disconoscimento da parte degli Stati membri, dopo lapprovazione del Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l11 maggio 1994, ed entrato in vigore in Italia l1 novembre 1998: nuovi artt. 32 e 34 Conv.); inoltre che tanto il diritto allequa riparazione quanto il ricorso individuale davanti agli organi di giustizia internazionali devono certamente considerarsi parte integrante dellordinamento interno, dato il fatto che la CEDU stata recepita nellordinamento interno con la legge 4 agosto 1955 n. 848, in particolare lo strumento del ricorso individuale deve ritenersi gi acquisito nel patrimonio dei diritti dei cittadini italiani dal 1 agosto 1973, valendo, dunque, quantomeno da quella data, a integrare la condizione cui lart. 2935 c.c. subordina il decorso del termine prescrizionale. A ci si aggiunga la considerazione che, di fatto, la Corte Europea (e prima di essa la Commissione Europea) gi da molti anni prima della l. 89/2001 esaminava richieste di satisfaction quitable, emettendo 106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 In ragione di questi argomenti si ritenuto ragionevole dedurre che lart. 2 della legge n. 89/2001 si concreti in una norma sulla giurisdizione. Si argomentato, infatti, che con la ratifica in Italia della CEDU, Ǐ stato introdotto nel nostro ordinamento sia il precetto primario (rinveniente dallart. 6 della CEDU) che impone allo Stato di garantire ai cittadini una giustizia dalla durata non irragionevole, sia il precetto secondario o sanzionatorio (rinveniente dallart. 41) secondo cui la violazione di questo dovere comporta per lo Stato lobbligo di assicurare al cittadino danneggiato unequa soddisfazione. Nel diritto italiano, dunque, la fattispecie normativa sostanziale secondo cui il soggetto leso dalleccessiva lentezza di un processo ha diritto ad essere indennizzato dallo Stato, era gi presente prima dellentrata in vigore della nostra legge. Quello che mancava al nostro diritto era soltanto il momento giustiziale diretto ad accertare la sussistenza dellobbligo riparatorio: momento che, ai sensi dellart. 34 della Convenzione, si realizzava necessariamente davanti alla Corte Europea. La legge n. 89/2001, in attuazione dellart. 13 della Convenzione (e dando quindi concretezza al principio secondo cui il singolo Stato deve garantire ai suoi cittadini un effettivo rimedio giurisdizionale interno contro le violazioni della Convenzione stessa) ha finalmente devoluto le controversie sulleccessiva durata dei processi e sulla conseguente obbligazione indennitaria dello Stato, ai giudici italiani. Lart. 2 della nostra legge, in questottica, si risolve allora in una semplice norma sulla giurisdizione: una norma che attribuisce anche alla magistratura italiana la potestas iudicandi su queste controversie(32). Sul punto giova osservare a chi scrive che: se vero che il diritto allequa riparazione trova il suo fondamento nellart. 6 della CEDU ed ha natura e contenuto esattamente identici a quello gi riconosciuto dallart. 41 della Convenzione medesima, se come tale esso ben pu essere maturato , in tutto o in parte, anteriormente allentrata in vigore della c.d. legge Pinto; se il ricorso giurisdizionale alla Corte Europea era volto proprio a prestare tutela a quel diritto e, come tale, era sostanzialmente sovrapponibile al ricorso alla Corte dAppello introdotto dallart. 3 legge 89/2001; se il primo era ed tuttora direttamente esperibile (in via sussidiaria in caso di insussistenza ma anche di inadeguatezza del ricorso interno rispetto allo scopo, imposto dallart. 13 della condanne nei confronti dellItalia direttamente esecutive nellordinamento interno, tanto che la legge Pinto stata emanata proprio e solo al fine di porre argine, attivando il filtro del previo esaurimento dei ricorsi interni ex art. 35 Conv., allaffollamento di ricorsi davanti alla Corte di Strasburgo. La sovrapponibilit delle tutele dimostrata anche dalla norma transitoria di cui allart. 6 della legge Pinto, che espressamente dispone che i ricorsi gi pendenti presso la Corte europea dei diritti delluomo e relativi alla violazione del termine ragionevole di durata del processo possono essere trasferiti alla Corte dappello competente sula base della nuova disciplina interna, sia pure entro un termine ristretto. (32) Cfr. Corte dAppello di Regio Calabria, Sez. Civile, decreto 7 novembre 2008. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 107 Convenzione, di consentire una tutela effettiva del diritto) e soprattutto lo era con esiti immediatamente efficaci, esecutivi e vincolanti nellordinamento interno; se tutto ci vero, non si vede allora perch il diritto in questione possa ritenersi non legalmente tutelabile prima dellintroduzione del nuovo ricorso interno per effetto della legge n. 89/2001 e, dunque, impedito nel suo esercizio ai fini dellart. 2935 c.c., se non sulla base di una nozione di legale possibilit di esercizio limitata al solo novero degli strumenti di tutela giurisdizionale interna che, per, non appare imposta da alcun cogente argomento sistematico ed, anzi, finirebbe con lobliterare gli effetti della legge 4 agosto 1955, n. 848 di ratifica ed esecuzione della CEDU. Si ritiene, in altre parole, che il diritto del cittadino ad un processo di ragionevole durata non sia stato introdotto nel nostro ordinamento dalla l. 24 marzo 2001, n. 89, bens dalla legge n. 848/1955 di ratifica della CEDU, che d immediata rilevanza interna al diritto posto dalla Convenzione. La prima normativa si sarebbe soltanto limitata ad istituire uno strumento interno di riparazione per la lesione di tale diritto, che in precedenza era tutelato davanti alla Corte di Strasburgo (33). Da ci discende che il diritto in questione poteva essere fatto valere gi prima del 2001 e nel momento stesso in cui, avendo la durata del procedimento oltrepassato il limite della ragionevolezza, la posizione soggettiva dellinteressato fosse stata lesa(34). Dalle osservazioni che precedono si snoda, a complicare ancor di pi lintera tematica, il problema dellimmediata precettivit del diritto alla ragionevole durata del processo sul piano dellazione. Trattasi di una questione di capitale importanza, tesa a valutare se il diritto alla ragionevole durata del processo, in quanto fondato direttamente nellart. 6, par. 1, della CEDU, abbia natura di diritto soggettivo perfetto e sia, pertanto, immediatamente precettivo, con la logica conseguenza che essendo stata la Convenzione Europea dei diritti delluomo ratificata dallo Stato italiano con la L. 4 agosto 1955, n. 848 esso troverebbe piena attuazione sin da allora, anche se solo nel 2001, con la cd. legge Pinto, lo Stato italiano ha previsto gli strumenti processuali onde consentirne lesercizio in concreto sul piano interno. Sul punto, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14286 del 20 giugno 2006, ha espressamente ritenuto che pur essendo stata la Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libert Fondamentali firmata in Roma il 4 novembre 1950, ratificata dal Presidente della Repubblica a seguito di autorizzazione conferitagli dalla Legge di esecuzione 4 agosto 1955, n. 848, ed entrata in vigore il 26 ottobre 1955, la tutela dei diritti umani, fra cui rientra la tutela mediante ricorso individuale della durata ragionevole del procedi- (33) Cfr. Corte di Cassazione, Sez. Un., sentenza n. 29507/2005. (34) E di questo avviso la Corte dAppello di Napoli, nei decreti n. 8160 del 14 ottobre 2008, n. 4449 del 4 agosto 2008 e n. 6416 del 27 ottobre 2008. 108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 mento prevista dall'art. 6, paragrafo 1, decorre solo dal 1 agosto 1973. Ci per la ragione che, ai sensi dellart. 25, par. 1, della Convenzione, che disciplinava prima del Protocollo n. 11 laccesso dei singoli individui alla Commissione, il diritto di ricorso spettante ad ogni persona fisica, vittima di una violazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione, era condizionato allaccettazione di una clausola opzionale che imponeva il riconoscimento, da parte dellAlta Parte Contraente chiamata in causa, della competenza della Commissione in materia. Tale dichiarazione stata resa dallItalia solo il 31 luglio 1973, con la conseguenza che i fatti precedenti a tale data non costituiscono fonte di responsabilit dello Stato italiano nei confronti del cittadino (35). Ne conseguirebbe che, siccome la finalit della L. 24 marzo 2001, n. 89, particolarmente emergente dai lavori preparatori, quella di apprestare un rimedio giurisdizionale interno analogo alla prevista tutela internazionale, anche nel quadro dellistanza nazionale rimarrebbe preclusa al Giudice italiano ogni valutazione in ordine al periodo precedente al 1 agosto 1973, data a partire dalla quale riconosciuta la facolt del ricorso individuale alla Commissione (oggi, alla Corte Europea dei diritti delluomo), con la possibilit di far valere la responsabilit dello Stato. Nonostante le eccezioni fermamente opposte dagli Avvocati dello Stato, molti privati hanno evidenziato come non possa dubitarsi che la citata norma pattizia, nella parte in cui prevede che ogni persona ha diritto ad unequa riparazione e pubblica udienza entro un termine ragionevole abbia introdotto nel nostro ordinamento giuridico, per altro per mezzo di una legge ordinaria, un diritto soggettivo perfetto, come tale immediatamente precettivo. A riconferma di ci si aggiunto che la stessa Convenzione fonda il diritto dazione, stabilendo allart. 13, con formula non meramente programmatica ma dimmediata efficacia, che la medesima persona alla quale stato appena riconosciuto il diritto sostanziale al processo di ragionevole durata (art. 6), ha pure diritto a un ricorso effettivo davanti ad unistanza nazionale. Le considerazioni espresse dagli avvocati di parte privata certamente lasciano terreno fertile allo svilupparsi di riflessioni di portata giuridica non poco rilevante, riguardanti non solo la strumentalit o autonomia del diritto dazione, ma soprattutto il rapporto che intercorre tra questo e il diritto sostan- (35) In questo senso indirizzata anche la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale premesso che the declaration made by Italy under Article 25 is, according to its own terms, valid only in relation to acts, decisions, facts or events occurring subsequently to 31 July 1973 (Foti e altri c. Italia, 10 dicembre 1982) ha precisato che, in tema di termine ragionevole di durata del processo, il periodo rilevante comincia a decorrere, appunto, from 1 August 1973, when the recognition by Italy of the right of individual petition took effect (Pretto ed altri c. Italia, 8 dicembre 1983), fermo restando che regard must be had, however, to the state of the case at that moment (Brigandi c. Italia, 19 dicembre 1991; vedi, altres, Baggetta c. Italia, 25 giugno 1987). IL CONTENZIOSO NAZIONALE 109 ziale che con lesercizio dellazione si fa valere. Evidente che linterrogativo riguarda la possibilit che la mancanza di uno specifico mezzo di tutela processuale sia di per s circostanza sufficiente ad escludere la sussistenza del diritto di cui si invoca la tutela, o se, al contrario, non debba ritenersi che sia il diritto sostanziale a costituire una delle condizioni desercizio del diritto dazione. Secondo lorientamento rilevante nelle pi recenti pronunce della Suprema Corte (36), La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, approvata il 4 novembre 1950, stata ratificata dallo Stato italiano in data 26 ottobre 1955. Essa peraltro non ha dato ingresso immediato allazione di riparazione per violazione del termine ragionevole del processo previsto all'art. 6, paragrafo 1, che era condizionata all'accettazione di una clausola opzionale consistente nel riconoscimento da parte dello Stato contraente della competenza della Commissione (pi tardi, Corte Europea dei diritti dell'uomo) in tale materia: dichiarazione, sopravvenuta, per lItalia, l1 agosto 1973. Ne consegue che solo da tale ultima data si introdotta una tutela internazionale, recepita poi con effetto retroattivo dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, che ha prestato in favore della vittima di un ritardo processuale la tutela interna individuale (Cass., Sez. 1^, 20 Giugno 2006, n. 14286). Se, dunque pur dovendosi ravvisare la fonte di riconoscimento del diritto sostanziale allequa riparazione nella norma contenuta allart. 6, par. 1, della Convenzione un rimedio giurisdizionale sul piano interno stato introdotto soltanto a partire dal 1 agosto 1973, dobbligo ritenere che il dies a quo della prescrizione in astratto in materia di legge Pinto non possa giammai precedere tale data. Alla luce della disamina compiuta, si pu concludere che il termine prescrizionale del diritto allequa riparazione matura dal momento in cui viene superato il periodo di ragionevole durata in relazione al protrarsi ingiustificato del processo, ma solo a cominciare dalla data del 1 agosto 1973, data in cui stato istituito il rimedio dazione a vantaggio dei cittadini. Ultima, e non meno intrigante, tematica quella afferente la durata della prescrizione, argomento vieppi associato a quello della natura giuridica del diritto allequa riparazione. In proposito, preme dare testimonianza della tesi manifestata nel corso di alcuni giudizi dallAvvocatura dello Stato, in specie quella partenopea, la quale evidenziando come la Suprema Corte abbia sempre parametrato il danno da lesione alle voci tipiche dellillecito aquiliano, con ci di fatto riconoscendone lintrinseca natura risarcitoria ha ravvisato (36) Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 10 luglio 2009, n. 16284; Cass. Civ., Sez. I, 5 dicembre 2008, n. 28828; Cass. Civ., Sez. I, 22 ottobre 2008, n. 25587; Cass. Civ., Sez. I, 18 dicembre 2007, n. 26666; Cass. Civ., Sez. I, 27 febbraio 2007, n. 4476. 110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 in 5 anni il termine prescrizionale da assegnarsi al diritto allequa riparazione, in ossequio al disposto dellart 2947 c.c. Si sostenuto, cos, che nei giudizi in materia di legge Pinto venga in rilievo la responsabilit risarcitoria oggettiva dello Stato, che con una condotta continuativa ha leso il diritto soggettivo assoluto della persona alla definizione del suo procedimento in una durata ragionevole a far data di inizio della durata del giudizio e fino alla data della decisione conclusiva in via definitiva dello stesso. Conseguentemente, si affermato che, in assenza di fatti interruttivi, il diritto allindennizzo debba ritenersi prescritto una volta spirato il termine per i danni verificatisi allatto del superamento del periodo di durata ragionevole e per quelli successivi derivati dallulteriore protrarsi del processo con il decorso di cinque anni dal loro verificarsi via via nel tempo. La pi consolidata giurisprudenza di merito (37), tuttavia, in soluzione di continuit con la tesi che postula la natura indennitaria, e non risarcitoria, dellequo indennizzo, afferma il termine di prescrizione avere durata ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., e che, pertanto, lindennizzo competerebbe a retroagire di 10 anni dalla data di notifica del ricorso per equo indennizzo, costituente atto introduttivo ai sensi dellart. 2943, comma 1, c.c. (38). Pi esattamente, per i danni originatisi allatto del superamento della durata ragionevole del processo, la prescrizione inizia a maturare dallistante in cui termina la fisiologica durata del processo fino al giorno anteriore di 10 anni dalla data di notifica del ricorso per equo indennizzo; analogamente, per i danni via via originatisi successivamente nel tempo per effetto dellulteriore protrarsi del processo, la prescrizione prende avvio dallistante della loro verificazione di volta in volta. Dott.ssa Morena Pirollo* (37) Vedi, ex multiis, Corte dAppello di Napoli, decr. n. 8160 del 14 ottobre 2008, n. 4449 del 4 agosto 2008 e n. 6416 del 27 ottobre 2008; Corte dAppello di Milano, decreto n. 4039 del 16 dicembre 2008. (38) Cos Corte dAppello di Milano, decreto n. 4039 del 16 dicembre 2008. (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 111 Corte di Appello di Napoli, Quarta Sezione Civile, decreto del 17 marzo 2008 - Pres. G. Annunziata, Rel. P. Cristiano - G.G. (Avv. P. Varriale) c. Ministero dellEconomia e delle Finanze (Avv. dello Stato A. Elefante - AL 1338/09). (Omissis) Svolgimento del processo Con ricorso depositato in data 25-6-2008, G.G. si rivolto alla Corte dAppello di Napoli chiedendo di essere indennizzato ai sensi della legge 24-3-2001 n. 89 per violazione dellart. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo. Tanto, per leccessiva durata di un giudizio, finalizzato al conseguimento del corretto inquadramento in ruolo e delle finanze retributive, da lui promosso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania con ricorso depositato il 28-10-92, tuttora pendente a distanza di anni 15 e mesi 7 circa, senza perlatro, che alcuna udienza fosse stata fissata nelle more. Si costituito il resistente Ministero per mezzo dellAvvocatura Distrettuale dello Stato eccependo la improponibilit della domanda, qualora mancante listanza di cui allart. 51, comma 2, del decreto legge n. 112 del 25-6-2008, convertito con modificazioni in legge 133 del 6-8-2008 nonch lestinzione parziale per prescrizione del diritto azionato ex adverso. Ha contestato, inoltre, il resistente la fondatezza della pretesa, sollecitando comunque lintegrale compensazione delle spese di lite. Alludienza camerale del 24-2-2009 la Corte si riservata la decisione. Motivi della decisione () Priva di pregio, si aggiunge, leccezione di prescrizione prospettata dallAvvocatura dello Stato, e ci, atteso il disposto del citato art. 4 che prevede solo lipotesi della decadenza dal diritto in caso di definizione del giudizio presupposto con sentenza passata in giudicato, e non prevede affatto un termine prescrizionale, che questa Corte ritiene incompatibile sia con la natura indennitaria della pretesa sia con la necessaria valutazione del rispetto di un termine ragionevole di durata collegato a vari fattori e non ad un preciso termine di esordio della prescrizione, tantՏ vero che lo stesso art. 4 prevede che la domanda pu essere proposta sia durante la pendenza del giudizio nel cui ambito si assume essersi verificata la violazione, sia a giudizio definito. In altre parole, poich listituto della prescrizione trova il suo fondamento di rilevanza nellinerzia del titolare del diritto, concettualmente incompatibile listituto in oggetto rispetto ai giudizi, come quello in esame, in cui linattivit necessaria perch possa maturarsi e possa farsi valere il diritto alla riparazione del danno da ritardo. () Deve ancora rilevarsi che nella materia in esame la condotta pregiudizievole dello Stato nella gestione della durata dei processi integra un illecito permanente che cessa con la cessazione della condotta lesiva, cio con la pronuncia definitiva che con autorit di giudicato pone fine alle controversie. In proposito , per, opportuno chiarire che circa gli effetti dannosi che si producono nel patrimonio di un soggetto in conseguenza di un comportamento illecito di un terzo, che solo una condotta contraria di questultimo pu eliminare, la giurisprudenza si varie volte pronunciata nel senso che la prescrizione decorre dalla cessazione del fatto lesivo solo con riguardo alle azioni dirette ad ottenere la restituito in integrum (ad esempio, restituzione di un fondo, demolizione di un manufatto abusivo, etc.) e non anche relativamente al diverso caso 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 del diritto alla reintegrazione patrimoniale che soggiace ai termini prescrizionali ( sul punto Cass. N. 14861 del 16.11.2000). Sulla scia di questo indirizzo, si , quindi, affermato il principio secondo cui la caratteristica dellillecito permanente di dar luogo al risarcimento dei danni, che si rinnovano di giorno in giorno e che contestualmente si prescrivono in modo continuo (Cass. N. 6512 del 2-4-2004). Tanto premesso, si puntualizza che questa Corte non intende mettere in discussione i suddetti principi, che sono pienamente condivisibili, volendosi solo evidenziare che essi non possono riferirsi alla fattispecie dellillecito permanente di cui alla legge Pinto, in cui il danno indennizzabile non sorge di continuo e di giorno in giorno, ma solo con il decorso di un termine ragionevole di durata del processo, con la conseguenza che, come corollario logico, il principio in base al quale gli effetti dannosi dellillecito permanente si prescrivono di giorno in giorno non applicabile alla fattispecie in esame. Conclusivamente, questo giudicante ritiene che rispetto allillecito permanente costituito dalla durata irragionevole del processo la prescrizione non potrebbe che decorrere dalla cessazione della condotta lesiva, cessazione che si realizza con la sentenza definitiva assistita dallautorit del giudicato. In teoria quindi i soggetti lesi dalla condotta pregiudizievole, fermo restando il loro diritto ad agire anche in pendenza della lite, avrebbero potuto secondo le regole del diritto comune far valere il diritto allindennizzo con la decorrenza del giudicato nel rispetto dei termini di prescrizione (quinquennale o, pi correttamente, decennale, qui non interessa); ma opportunamente intervenuto il legislatore con la previsione del termine di decadenza di cui allart. 4 della legge n. 89 del 2001 al fine di dare certezza ai rapporti giuridici. Per completezza si osserva, infine, che neanche potrebbe farsi coincidere lesordio della prescrizione con la pronuncia di primo grado, perch in astratto nulla esclude che la sentenza di primo grado possa intervenire in tempi ragionevoli, ed essere invece seguita da giudizi ulteriori in cui la stessa celerit non sia pi garantita, e ci a parte la considerazione che, comՏ pacifico, il danno indennizzabile deve essere commisurato alla durata complessiva del giudizio presupposto, e non alle singole frazioni in cui, per fasi o gradi processuali, il giudizio stesso si articola. P.Q.M. La Corte dAppello di Napoli cos provvede: a) accoglie il ricorso per quanto di ragione e, per leffetto, condanna il Ministero dellEconomia e delle Finanze al pagamento in favore di G.G. della di 6.292,00, oltre interessi legali decorrenti dalla data della presente decisione al soddisfo; (). Napoli, 24 febbraio 2009. Corte dAppello di Potenza, Sezione Civile, decreto del 28 aprile 2009 - Pres. T. De Angelis, Rel. E. Nesti - A.D.B. snc ed altri (Avv.ti G. Romano e P. Genito) c. Ministero dellEconomia e delle Finanze (Avvocatura dello Stato di Potenza - AL 3753/08). (Omissis) Con atto depositato il 31/10/2008 i ricorrenti indicati in premessa hanno chiesto a questa Corte il riconoscimento di unequa riparazione, ex l. n. 89/2001, per eccessiva durata di un IL CONTENZIOSO NAZIONALE 113 processo dinanzi al giudice amministrativo nel quale avevano assunto la veste di attori dinanzi al Tribunale amministrativo della Basilicata. Detto processo ha avuto inizio con ricorso depositato il 2/5/2002 ed stato definito con sentenza pubblicata il 2/5/2008. Istauratosi il contraddittorio con lamministrazione convenuta, che ha chiesto il rigetto della domanda o la riduzione delle pretese di parte attrice, alludienza del 10/2/2009, presenti i difensori delle parti, che si sono riportati alle rispettive conclusioni, ed acquisite le conclusioni del P.G., il quale ha espresso parere favorevole al riconoscimento della somma di 1000,00 per ogni anno oltre quello di durata ragionevole del processo, questa Corte si riservata di decidere. () Lamministrazione resistente eccepisce, in secondo luogo, il termine di prescrizione quinquennale previsto dallart. 2947 c.c. Questa Corte ha gi in altre occasioni avuto modo di affrontare la questione sollevata dalla difesa erariale. Il discorso deve muovere dalla natura indennitaria e non risarcitoria della prestazione oggetto della lite, come costantemente affermato dalla giurisprudenza. Pertanto, il diritto allequa riparazione ex lege 89/2001 non richiede la verifica n di un illecito contemplato secondo la nozione dellart. 2043 cc, n dellelemento soggettivo della colpa a carico del soggetto attivo, ma ancorato al mero accertamento della violazione dellart. 6, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo e delle Libert fondamentali, cio di un evento ex se lesivo del diritto della persona alla definizione del suo procedimento in una durata ragionevole, configurandosi lobbligazione avente ad oggetto lequa riparazione non gi come obbligazione ex delicto, ma come obbligazione ex lege riconducibile, in base allart. 1173 cc, ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformit dellordinamento giuridico (arg. ex multiis, Cas. 22-5-2007 n. 118453). Non essendosi, dunque, in presenza di un illecito aquiliano ma di una obbligazione ex lege, non appare conferente la giurisprudenza invocata da parte convenuta, che si riferisce, invece, al diverso caso dellillecito permanente ed alla conseguente decorrenza de die in diem del termine di prescrizione del diritto al risarcimento in relazione ai danni che via via si verificano. N appare configurabile tra il privato titolare del diritto alla ragionevole durata del processo e lamministrazione della giustizia un rapporto obbligatorio di durata in cui distinguere i singoli ratei che di volta in volta maturano e che poi si prescrivono, anche perch il diritto allequa riparazione non di per s frazionabile in tante rate distinte quanti sono gli anni o i mesi di durata del processo oltre il limite di sua ragionevole durata: invero, la liquidazione secondo siffatti parametri temporali, lungi dallessere dovuta, costituisce soltanto uno anche se assai diffuso dei possibili criteri di ristoro consentiti dalla legge, ma non esclude che le peculiarit del caso concreto suggeriscano parametri differenti. Diversamente opinando si dovrebbe riconoscere il diritto di formulare distinte domande per il primo e/o secondo grado di giudizio, cos come non pu il giudice scindere lunica domanda proposta, con riferimento allintero giudizio, atteso che il diritto allequa riparazione e la domanda diretta a farlo valere hanno carattere unitario e non sono suscettibili di essere frazionati o segmentati con riferimento ai singoli momenti della vicenda processuale. Se, dunque, il diritto di cui allart. 6 CEDU non frazionabile in segmenti temporali, perch si tratta di dare una risposta sullistanza di giustizia di tipo conclusivo, da valutare in base al risultato finale e non in relazione ai singoli gradi o stati o in rapporto ai singoli anni, di norma esso pu essere fatto valere nel momento in cui il procedimento stato definito, 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 perch solo in quel momento si pu avere la visione dinsieme della maggiore o minore congruit dei tempi di risposta giudiziaria resisi necessari in relazione alla natura del contenzioso ed alle necessit istruttorie. E infine sintomatico anche il decorso del termine semestrale di decadenza, che lart. 4 legge n. 89/2001 fissa allatto della definizione del procedimento: in tal modo il legislatore ha dimostrato di essere consapevole del fatto che solo in quel momento la parte ha la percezione completa del perch e di quanto la durata del giudizio presupposto abbia superato il limite ragionevole. Da quanto precede deve dedursi che la prescrizione del diritto allequa riparazione decorre dal momento in cui la parte pu pienamente rendersi conto del raggiungimento della soglia indennizzabile e della misura in cui tale soglia sia stata poi superata, conoscibilit che dipende da una serie di valutazioni globali circa la complessit del contenzioso. (). P.Q.M. La Corte di Appello condanna il Ministero dellEconomia e delle Finanze a pagare a ciascuno dei ricorrenti indicati in premessa la somma di euro 3000,00 oltre interessi legali a far data dal 31/10/2008 al soddisfo; (). Cos deciso a Potenza, 22/4/2009. Corte dAppello di Napoli, Sezione Prima Civile, decreto del 4 agosto 2008 - Pres. L. Martone, Rel. M. Cristiano - P.G. (Avv. R. Buonfantino) c. Ministero dellEconomia e delle Finanze (Avv. dello Stato M. Gerardo, Napoli - AL 12512/08). (Omissis) P.G., con ricorso in riassunzione depositato il 14 marzo 2008, ha lamentato leccessiva durata del procedimento da lui promosso dinanzi al TAR della Campania al fine di ottenere lannullamento della delibera della G.M. di Ischia che apponeva un termine finale alla proroga del suo mantenimento in servizio quale vigile urbano. Ha dedotto che il giudizio, introdotto con ricorso del 18 marzo 1988, tuttora pendente ed ha chiesto, pertanto, la liquidazione della somma di 33.500 a titolo di risarcimento dei danni morali subiti per la violazione del principio di ragionevole durata del procedimento giudiziario fissato dallart. 6, par. 1, della CEDU. Il Ministero dellEconomia e delle Finanze si costituito ed ha eccepito in via preliminare la parziale prescrizione dellazione; in subordine, nel merito, non ha contestato lan della pretesa ma ha chiesto la compensazione delle spese del procedimento. Tanto premesso, questa Corte osserva: Il ricorso, proposto prima ancora dellemissione della sentenza di primo grado, certamente proponibile ai sensi dellart. 4 L. n. 89/01. Leccezione di prescrizione svolta in via preliminare dal Ministero parzialmente fondata. Come noto, lobbligo indennitario dello Stato per leccessiva durata di un procedimento giudiziario pu sussistere anche se non sia ravvisabile colpa nella gestione del proce- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 115 dimento stesso da parte del giudice al quale esso stato affidato, infatti, lobbligo assunto a livello internazionale dalla Repubblica Italiana con la sottoscrizione e la ratifica della Convenzione impegna lo Stato unitariamente considerato in tutti i suoi poteri ed in tutte le sue articolazioni strutturali, sicch tutti devono, nei limiti delle loro attribuzioni, concorrere alladempimento di tale obbligo (v. sentenza CEDU 26 ottobre 1988, Martini Moreira c./ Portogallo), con la conseguenza che lo Stato risponde non solo per il comportamento negligente degli organi giudiziari, ma pi in genere per il fatto di non aver provveduto ad organizzare il proprio sistema giudiziario in modo da consentirgli di soddisfare con ragionevole velocit la domanda di giustizia (v. sentenza 12 ottobre 1992, Boddeart c./ Belgio). Pertanto se leccessivo carico di lavoro, che notoriamente affligge la maggior parte degli uffici giudiziari italiani, pu giustificare sul piano soggettivo il comportamento del singolo organo giudiziario, ci non rilevante ai fini della valutazione richiesta dalla L. 89/2001, che fonda unobbligazione ex lege e non ex delicto, che sorge per il fatto oggettivo delleccessiva durata del processo e non gi per il comportamento doloso o colposo degli organi giudiziari. Ne consegue che il termine di prescrizione dellazione quello ordinario decennale. Peraltro, come la S.C. ha avuto modo di porre in evidenza, il diritto del cittadino ad un processo di ragionevole durata non stato introdotto nel nostro ordinamento dalla L. n. 89/2001, ma dalla legge n. 848/55 di ratifica della CEDU, che ha immediata rilevanza interna al diritto posto dalla convenzione, la L. n. 89/01 si limitata ad istituire uno strumento interno di riparazione per la lesione di tale diritto, che in precedenza era tutelato dinanzi alla Corte di trasburgo. Da ci discende che il diritto in questione poteva essere fatto valere gi prima del 2001 e nel momento in cui, avendo la durata del procedimento oltrepassato il limite della ragionevolezza, la posizione soggettiva dellinteressato stata lesa. Poich si tratta di un diritto che matura giorno per giorno mentre si protrae il processo irragionevolmente lungo e sino a quando questo non venga definito (comՏ confermato dallart. 4 della legge che consente allinteressato di presentare istanza di equa riparazione quando il giudizio ancora in corso) ci si trova in una situazione analoga a quella dellillecito permanente, per il quale la prescrizione comincia a decorrere per ciascuna frazione del risarcimento (qui dellindennizzo) dal giorno in cui il relativo nocumento si verificato (Cass. n. 5831/07). Ora, anche in base ai parametri che possono ricavarsi dalla giurisprudenza della CEDU, questa Corte ritiene che per giudizi di ordinaria complessit e non coinvolgenti questioni di rilievo tale da imporre uno straordinario sforzo di efficienza da parte dellapparato giudiziario, una durata triennale per un grado di giudizio sia da considerare ragionevole, posto che ogni sistema giudiziario reale deve fare i conti con la contemporanea pendenza di numerosi procedimenti e, quindi, per quanto ben organizzato, non pu non diluire il proprio impegno su tutta la massa delle questioni da istruire, studiare e decidere. In sostanza, fisiologico e socialmente accettato che i processi abbiano una certa durata, misurabile in anni. Nel caso in esame, avente ad oggetto la richiesta di annullamento di una delibera, il limite triennale appare del tutto adeguato. Ne consegue che il diritto allindennizzo del P.G. iniziato a maturare dal 18 marzo 1991, risulta prescritto sino al 10 dicembre 1997 (data anteriore di dieci anni al deposito del primo ricorso, poi riassunto). Va ancora osservato che, per quanto la CEDU, una volta superato il limite della ragionevolezza, consideri ai fini della liquidazione dellindennizzo lintera durata del procedimento, tanto non consentito al giudice italiano, posto che lart. 2, c. 3, lett. a), della legge n. 89/2001, espressamente sancisce che, ai fini della liquidazione dellindennizzo riconosciuto 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dal nostro diritto interno per leccessiva durata dei processi, rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole. Pertanto, finch il legislatore non riterr di modificare tale dettato normativo (che non contrasta n con le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute (art. 10 Cost.) n con i principi fondamentali dellordinamento comunitario (art. 11 Cost.) n, infine, con la Convenzione, ma solo con un orientamento ermeneutico della Corte di Strasburgo, che non pu prevalere su di unespressa disposizione di legge, i giudici italiani non potranno che attenervisi. In definitiva, pu riconoscersi al P.G. solo lindennizzo per il periodo 11 dicembre 1997/4 luglio 2008 (10 anni e 7 mesi). Il P.G. ha chiesto solo lindennizzo per il danno morale che, secondo i parametri di valutazione della CEDU, cui il giudice nazionale tenuto ad adeguarsi, costituisce conseguenza ordinaria del prolungarsi del giudizio oltre i termini di ragionevole durata, sicch pu essere escluso solo in quei casi in cui specifici elementi di fatto dimostrino che la durata del procedimento corrisponde allinteresse del ricorrente (Cass., ss.uu., 26 gennaio 2004 n. 1338). () P.Q.M. La Corte dAppello di Napoli dichiara estinto per prescrizione sino all11 dicembre 1997 il diritto allequa riparazione di P.G. e condanna il Ministero dellEconomia e delle Finanze a pagare al ricorrente per tale titolo la somma di 8.466 oltre agli interessi legali dal 14 marzo 2008 al saldo (). Napoli, 4 luglio 2008 Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 26 gennaio 2004 n. 1339 - Pres. Ianniruberto, Rel. Lupo - (omissis)(Avv. G. Romano) c. Ministero della Giustizia (Avvocatura generale dello Stato). (Omissis) MOTIVI DELLA DECISIONE (Omissis) 3.- La soluzione della questione di massima posta alle Sezioni unite esige la considerazione della lettera e delle finalit della L. n. 89 del 2001. Come chiaramente si desume dall'art. 2, comma 1, della L. n. 89 del 2001, il fatto giuridico che fa sorgere il diritto all'equa riparazione da essa prevista e' costituito dalla "violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, ratificata ai sensi della L. 4 agosto 1955 n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'arto, paragrafo 1, della Convenzione". La L. n. 89 del 2001, cio, identifica il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo per relationem, riferendosi ad una specifica norma della CEDU. Questa Convenzione ha istituito un giudice (Corte europea dei diritti dell'uomo, con sede a Strasburgo) per il rispetto delle disposizioni in essa contenute (art. 19), onde non pu che riconoscersi a detto giudice il potere di individuare il significato di dette disposizioni e perci di interpretarle. Poich il fatto costitutivo del diritto attribuito dalla L. n. 89 del 2001 consiste in una determi- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 117 nata violazione della CEDU, spetta al Giudice della CEDU individuare tutti gli elementi di tale fette giuridico, che pertanto finisce con l'essere "conformato" dalla Corte di Strasburgo, la cui giurisprudenza si impone, per quanto attiene all'applicazione della L. n. 89 del 2001, ai giudici italiani. Non necessario, allora, porsi il problema generale dei rapporti tra la CEDU e l'ordinamento interno, su cui si e' ampiamente soffermato il Procuratore Generale in udienza. Qualunque sia l'opinione che si abbia su tale controverso problema, e quindi sulla collocazione della CEDU nell'ambito delle fonti del diritto interno, e' certo che l'applicazione diretta nell'ordinamento italiano di una norma della CEDU, sancita dalla L. n. 89 del 2001 (e cio dall'art. 6, p. 1, nella parte relativa al "termine ragionevole"), non pu discostarsi dall'interpretazione che della stessa norma da il giudice europeo. L'opposta tesi, diretta a consentire una sostanziale diversit tra l'applicazione che la L. n. 89 del 2001 riceve nell'ordinamento nazionale e l'interpretazione data dalla Corte di Strasburgo al diritto alla ragionevole durata del processo, renderebbe priva di giustificazione la detta L. n. 89 del 2001 e comporterebbe per lo Stato italiano la violazione dell'art. 1 della CEDU, secondo cui "le Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libert definiti al titolo primo della presente Convenzione" (in cui e' compreso il citato art. 6, che prevede il diritto alla definizione del processo entro un termine ragionevole). Le ragioni che hanno determinato l'approvazione della L. n. 89 del 2001 si individuano nella necessit di prevedere un rimedio giurisdizionale interno contro le violazioni relative alla durata dei processi, in modo da realizzare la sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo, sancita espressamente dalla CEDU (art. 35: "la Corte non pu essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne"). Sul detto principio di sussidiariet si fonda il sistema europeo di protezione dei diritti dell'uomo. Da esso deriva il dovere degli Stati che hanno ratificato la CEDU di garantire agli individui la protezione dei diritti riconosciuti dalla CEDU innanzitutto nel proprio ordinamento interno e di fronte agli organi della giustizia nazionale. E tale protezione deve essere "effettiva" (art. 13 della CEDU), e cio tale da porre rimedio alla doglianza, senza necessit che si adisca la Corte di Strasburgo. Il rimedio interno introdotto dalla L. n. 89 del 2001, in precedenza, non esisteva nell'ordinamento italiano, con la conseguenza che i ricorsi contro l'Italia per la violazione dell'art. 6 della CEDU avevano "intasato" (e' il termine usato dal relatore Follieri nella seduta del Senato del 28 settembre 2000) il giudice europeo. Rilevava la Corte di Strasburgo, prima della L. n. 89 del 2001, che le dette inadempienze dell'Italia "riflettono una situazione che perdura, alla quale non si e' ancora rimediato e per la quale i soggetti a giudizio non dispongono di alcuna via di ricorso interna. Tale accumulo di inadempienze e', pertanto, costitutivo di una prassi incompatibile con la Convenzione" (quattro sentenze della Corte in data 28 luglio 1999, su ricorsi di Bottazzi, Di Mauro, Ferrari e A.P.). La L. n. 89 del 2001 costituisce la via di ricorso interno che la "vittima della violazione" (cosi' definita dall'art. 34 della CEDU) dell'art. 6 (sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole) deve adire prima di potersi rivolgere alla Corte europea per chiedere la "equa soddisfazione" prevista dall'art. 41 della CEDU, la quale, quando sussista la violazione, viene accor data dalla Corte soltanto "se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione". La L. n. 89 del 2001 ha, pertanto, consentito alla Corte europea di dichiarare irricevibili i ricorsi ad essa presentati (anche prima dell'approvazione della stessa legge) e diretti ad ottenere l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU per la lunghezza del processo (sentenza 6 set- 118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 tembre 2001, Brusco c. Italia). Tale meccanismo di attuazione della CEDU e di rispetto del principio di sussidiariet dell'intervento della Corte europea di Strasburgo, per, non opera nel caso in cui essa ritenga che le conseguenze della accertata violazione della CEDU non siano state riparate dal diritto interno o lo siano state "in modo incompleto", perch, in siffatte ipotesi, il citato art. 41 prevede l'intervento della Corte europea a tutela della "vittima della violazione". In tal caso il ricorso individuale alla Corte di Strasburgo ex art. 34 della CEDU e' ricevibile (sentenza 27 marzo 2003, Scordino ed altri c. Italia) e la Corte provvede a tutelare direttamente il diritto della vittima che essa ha ritenuto non completamente tutelato dal diritto interno. Il giudice della completezza o meno della tutela che la vittima ha ottenuto secondo il diritto interno e', ovviamente, la Corte europea, alla quale spetta di fere applicazione dell'art. 41 CEDU per accertare se, in presenza della violazione della norma della CEDU, il diritto interno abbia permesso di riparare in modo completo le conseguenze della violazione stessa. La tesi secondo cui, nell'applicare la L. n. 89 del 2001, il giudice italiano puo' seguire un'interpretazione non conforme a quella che la Corte europea ha dato della norma dell'art. 6 CEDU (la cui violazione costituisce il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla detta legge nazionale), comporta che la vittima della violazione, qualora riceva in sede nazionale una riparazione ritenuta incompleta dalla Corte europea, ottenga da quest'ultimo Giudice l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU. Il che renderebbe inutile il rimedio predisposto dal legislatore italiano con la L. n. 89 del 2001 e comporterebbe una violazione del principio di sussidiariet dell'intervento della Corte di Strasburgo. Deve, allora, concordarsi con la Corte europea dei diritti dell'uomo la quale, nella citata decisione sul ricorso Scordino (relativo alla incompletezza della tutela accordata dal giudice italiano in applicazione della L. n. 89 del 2001), ha affermato che "deriva dal principio di sussidiariet che le giurisdizioni nazionali devono, per quanto possibile, interpretare ed applicare il diritto nazionale conformemente alla Convenzione". Questo dovere per il giudice italiano, chiamato a dare applicazione alla L. n. 89 del 2001, di interpretare detta legge in modo conforme alla CEDU per come essa vive nella giurisprudenza della Corte europea, opera "per quanto possibile", e quindi solo nei limiti in cui detta interpretazione conforme sia resa possibile dal testo della stessa L. n. 89 del 2001, non potendo certo il giudice violare quest'ultima legge, alla quale egli e' pur sempre soggetto (concetto esattamente sottolineato nella memoria del Ministero della giustizia). Ma un eventuale contrasto tra la L. n. 89 del 2001 e la CEDU porrebbe una questione di conformit della stessa con la Costituzione che, come si e' visto, tutela lo stesso bene della ragionevole durata del processo, oltre a garantire i diritti inviolabili dell'uomo (art. 2). Occorre, allora, accertare se possa darsi alla detta legge un interpretazione che sia conforme alla CEDU, in applicazione del canone ermeneutico secondo cui va preferita l'interpretazione della legge che la renda conforme alla Costituzione. (Omissis) P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, anche per le spese del giudizio di Cassazione. Cos deciso in Roma, il 27 novembre 2003. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 119 Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 23 dicembre 2005 n. 28507 - Pres. Carbone, Rel. Vitrone - C.C.S. (Avv.ti G.M. Giacomini) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvvocatura generale dello Stato). (Omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato il 17 aprile 2002 C.C.S. conveniva in giudizio dinanzi alla Corte d'Appello di Genova la Presidenza del Consiglio dei Ministri per sentirla condannare al pagamento di una somma a titolo di equo indennizzo dei danni patrimoniali e non patrimoniali per la non ragionevole durata di cinque giudizi da lui promossi dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, rispettivamente il 6 giugno 1990, il 9 novembre 1993, il 28 novembre 1997, il 16 febbraio 1998 e il 6 marzo 1998, tuttora in attesa di fissazione dell'udienza di discussione. Con decreto del 18 giugno - 17 luglio 2002 la corte adita rigettava la domanda osservando preliminarmente che il ricorrente non aveva titolo per far valere eventuali danni riferibili a ritardi maturati prima del 18 aprile 2001, data di entrata in vigore della L. n. 89 del 2001. Quindi, passando a esaminare i vari processi pendenti, affermava che per il primo di essi, promosso dalla sig.ra M.T.S., madre del ricorrente che in qualit di erede aveva provveduto alla riassunzione, la domanda non poteva trovare accoglimento poich la riassunzione era avvenuta solo il 4 settembre 2001, e non era trascorso neppure un anno dal momento in cui era divenuto parte processuale; che per il secondo e il terzo la domanda era priva di fondamento essendo decorsi solo tre anni dalla presentazione dell'istanza di prelievo; che parimente infondata doveva ritenersi la domanda per il quarto e il quinto processo per i quali l'istanza di prelievo non era stata neppure presentata. Contro la sentenza ricorre per Cassazione con due motivi C.C.S. Non ha presentato difese la Presidenza del Consiglio dei Ministri. (Omissis) MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo viene denunciata la violazione e la falsa applicazione dell'art. 6, n. 1, della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo ratificata con la L. 4 agosto 1955, n. 848, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, e si contesta l'affermazione secondo cui solo dalla data di entrata in vigore della L. n. 89 del 2001 sarebbe sorto il diritto all'equa riparazione, prima non esistente nel vigente sistema positivo, con la conseguente esclusione della legittimazione degli eredi alla proposizione della domanda di equo indennizzo per l'eccessiva durata di un processo instaurato dal loro dante causa prima di tale data. La questione stata sinora decisa in senso negativo dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha considerato che la L. n. 89 del 2001 contempla senza limitazioni temporali le violazioni del canone di ragionevole durata del processo verificatesi dopo la ratifica della Convenzione dei Diritti dell'Uomo, ma che, in assenza di una espressa previsione di retroattivit della norma interna costitutiva del diritto all'equo indennizzo, resta esclusa la nascita di tale diritto in capo a un soggetto deceduto prima della sua entrata in vigore e, conseguentemente, la sua trasmissibilit agli eredi (Cass. 11 dicembre 2002, n. 17650; 14 gennaio 2003, n. 360); e ci anche se la parte, poi deceduta, avesse gi proposto ricorso alla Corte di Strasburgo in quanto la fattispecie riparatoria prevista dalla normativa comunitaria non costituiva un diritto azionabile dinanzi a un giudice diverso da quello europeo. Tali considerazioni trovavano un ulte- 120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 riore elemento di conferma nel rilievo che la norma transitoria della L. n. 89 del 2001, art. 6 aveva natura di norma sostanziale e non processuale e non prevedeva alcun traslatio iudicii ma consentiva unicamente una circoscritta e limitata applicazione retroattiva del nuovo istituto dell'equa riparazione con riferimento ai soli giudizi per i quali si fosse gi avuto il tempestivo deposito del ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo e non fosse ancora intervenuta una dichiarazione di ricevibilit del ricorso stesso (Cass. 4 aprile 2003, n. 5264). Ci premesso, merita accoglimento l'invito a riconsiderare la fondatezza di tale orientamento interpretativo, contenuto nell'ordinanza di rimessione, sulla base dell'evoluzione della giurisprudenza delle Sezioni Unite le quali, con le sentenze in data 26 gennaio 2004, nn. 1339, 1340 e 1341 hanno identificato il fatto costitutivo prefigurato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 proprio nel mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo stabilito dall'art. 6 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo, e hanno negato, conseguentemente, che la fattispecie prevista dalla norma interna assumesse connotati diversi da quelli stabiliti dalla Convenzione, rispetto alla quale essa andrebbe considerata non gi costitutiva del diritto all'equa riparazione per la non ragionevole durata del processo, bens unicamente istitutiva della via di ricorso interno, prima inesistente, diretta ad assicurare una tutela pronta ed efficace alla vittima della violazione del canone di ragionevole durata del processo in attuazione del disposto dell'art. 13 della Convenzione il quale stabilisce il diritto a un ricorso effettivo davanti a un'istanza nazionale il cui esperimento preventivo opera, a norma dell'art. 35 convenzione citata, come condizione di procedibilit del ricorso alla Corte di Strasburgo che, ai sensi dell'art. 34 convenzione citata, era proponibile in via immediata e diretta prima dell'introduzione del ricorso negli ordinamenti nazionali. Va ricordato al riguardo che l'art. 1 della Convenzione stabilisce che le Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libert definiti dal titolo primo della Convenzione", tra i quali compreso il diritto ad un processo equo e di durata ragionevole (art. 6 citato), che dev'essere tutelato attraverso il ricorso a un'istanza nazionale (art. 13 citato), la cui introduzione nell'ordinamento vigente avvenuta tardivamente, solo a seguito del moltipllcarsi delle condanne nei confronti dello Stato in sede comunitaria per il pregiudizio derivante dalla non ragionevole durata dei processi. La L. 4 agosto 1955, n. 648, provvedendo a ratificare e rendere esecutiva la Convenzione, ha introdotto nell'ordinamento interno i diritti fondamentali, aventi natura di diritti soggettivi pubblici, previsti dal titolo primo della Convenzione e in gran parte coincidenti con quelli gi indicati nell'art. 2 Cost., rispetto al quale il dettato del la Convenzione assume una portata confermativa ed e semplificativa (Corte Cost. 22 ottobre 1999, n. 388). La natura immediatamente precettiva delle norme convenzionali a seguito di ratifica dello strumento di diritto internazionale stata gi del resto riconosciuta esplicitamente dalla giurisprudenza di questa Corte che ha affermato l'avvenuta abrogazione della R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, art. 34, comma 2, nella parte in cui escludeva la pubblicit della discussione della causa nel giudizio disciplinare a carico di magistrati per contrasto con la regola della pubblicit delle udienze sancito dall'art. 6 della Convenzione che pone precisi limiti alla discussione della causa a porte chiuse (SS.UU. 10 luglio 1991, n. 7662); parimenti ha riconosciuto il carattere di diritto soggettivo fondamentale, insopprimibile anche dal legislatore ordinario, al diritto all'imparzialit del giudice nell'amministrazione della giustizia, con richiamo all'art. 6 della Convenzione (Cass. 26 marzo 2002, n. 4297), e, infine, ha espressamente riconosciuto la natura sovraordinata alle norme della Convenzione sancendo l'obbligo per il giudice di disapplicare la norma interna in contrasto con la norma pattizia dotata di im- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 121 mediata precettivit nel caso concreto (Cass. 19 luglio 2002, n. 10542). Deve essere quindi superato l'orientamento secondo cui la fonte del riconoscimento del diritto all'equa riparazione dev'essere ravvisata nella sola normativa nazionale (Cass. 26 luglio 2002, n. 11046; 8 agosto 2002, n. 11987; 22 novembre 2002, n. 16502; 10 aprile 2003, n. 5664; 10 settembre 2003, n. 13211) e ribadito il principio che il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla legge nazionale coincide con la violazione della norma contenuta nell'art. 6 della convenzione, di immediata rilevanza nel diritto interno. N appare meritevole di consenso la distinzione adombrata in sede di discussine orale, tra diritto ad un processo di ragionevole durata, introdotto dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (o addirittura ad essa preesistente - come valore costituzionalmente protetto), e diritto all'equa riparazione, che sarebbe stato introdotto solo con la L. n. 89 del 2001, in quanto la tutela assicurata dal giudice nazionale non si discosta da quella precedentemente offerta dalla Corte di Strasburgo, alla cui giurisprudenza tenuto a conformarsi il giudice nazionale (SS.UU. 26 gennaio 2004, n. 1340). Da ci consegue che il diritto all'equa riparazione del pregiudizio derivato dalla non ragionevole durata del processo verificatosi prima dell'entrata in vigore della L. n. 89 del 2001 va riconosciuto dal giudice nazionale anche in favore degli eredi della parte che abbia introdotto prima di tale data il giudizio del quale si lamenta la non ragionevole durata, col solo limite che la domanda di equa riparazione non sia stata gi proposta alla Corte di Strasburgo e che questa si sia pronunciata sulla sua ricevibilit. L'accoglimento del primo motivo di ricorso non preclude l'esame del secondo motivo, avente natura autonoma, con il quale si lamenta il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento all'affermazione, posta a fondamento della statuizione di rigetto della domanda di equa riparazione per l'eccessiva durata dei processi pen denti dinanzi al giudice amministrativo, secondo cui la mancata o tardiva presentazione dell'istanza di prelievo escluderebbe la permanenza di un interesse alla decisione in capo al ricorrente, non essendo dato riscontare l'esistenza di una presunzione generale in tal senso. Va premesso al riguardo che nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della L. n. 205 del 2000 - al quale deve farsi riferimento per i giudizi dei quali si lamenta nella specie la non ragionevole durata - il processo amministrativo richiede, dopo il deposito del ricorso, un solo necessario, infungibile impulso di parte costituito dalla presentazione nei due anni dal deposito del ricorso (o dall'ultimo atto della procedura quando venga ordinata un'attivit istruttoria o la causa sia stata cancellata dal ruolo) di un'apposita istanza di fissazione, in mancanza della quale la causa si estingue per perenzione; una volta presentata tale istanza, infatti, il processo dominato dal potere di iniziativa del giudice e non costituisce, perci, adempimento necessario l'istanza di prelievo del ricorso dal ruolo, prevista dal R.D. n. 642 del 1907, art. 51, comma 2, che ha il solo fine di fare dichiarare il ricorso urgente onde ottenerne la trattazione anticipata sovvertendo l'ordine cronologico di iscrizione delle domande di fissazione dell'udienza di discussione. Orbene, con riferimento al problema dell'individuazione del momento iniziale dal quale decorre la durata del procedimento amministrativo instaurato prima dell'entrata in vigore della L. n. 205 del 2000 la giurisprudenza prevalente afferma che esso coincide con quello della presentazione dell'istanza di prelievo, ritenendo sufficiente a tal fine l'onere posto a carico del ricorrente di avvalersene per trarre il ricorso da una condizione di quiescenza e ottenerne l'effettiva trattazione, in considerazione del fatto che la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 esclude l'addebitabilit all'Amministrazione dei tempi imputabili alla negligente condotta della parte 122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 che non si sia avvalsa dello strumento acceleratorio posto a sua disposizione, sicch solo dalla momento della presentazione di tale istanza il decorso del tempo potrebbe considerar si parametro esclusivo di valutazione del comportamento del giudice adito al fine di valutare la ragionevolezza della durata del processo (Cass. 5 novembre 2002, n. 15445; 14 novembre 2002 n. 15992; 17 aprile 2003, n. 6180; 1^ dicembre 2004, n. 22503). A tale interpretazione si contrappone un orientamento minoritario secondo cui la mancata presentazione dell'istanza di prelievo non pu influire sul calcolo dei termini del processo, ma potrebbe incidere unicamente sulla determinazione dell'entit dell'equa riparazione spettante con riferimento al dettato dell'art. 2056 cod. civ. richiamato nella L. n. 89 del 2001, art. 2, che a sua volta richiama l'art. 1227 c.p.c., il quale al comma 2, esclude il risarcimento dei danni che il danneggiato avrebbe potuto evitate usando l'ordinaria diligenza, col risultato che la durata irragionevole del processo, ancorch accertata, non potrebbe porsi esclusivamente a carico dello Stato (Cass. 6 marzo 2003, n. 3347). Va segnalato che successivamente alla ordinanza di rimessione degli atti al Primo Presidente, intervenuta una nuova pronuncia (Cass. 13 dicembre 2004, n. 23187) con la quale, in adesione all'orientamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, ha gi proceduto alla re visione dell'interpretazione sinora prevalente affermando che la lesione del diritto ad una ragionevole durata del processo va riscontrata, anche per le cause proposte davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo di tempo decorso da, l'instaurazione del procedimento, senza che su di esso possa incidere la mancata o ritardata presentazione dell'istanza di prelievo. Tale interpretazione, che ha incontrato il con senso delle decisioni che si sono succedute sulla questione in esame (Cass. 21 settembre 2005, n. 18759; 12 ottobre 2005, n. 19801), merita ulteriore conferma in considerazione del fatto - evidenziato nella motivazione della citata pronuncia - che la presenza di strumenti sollecitatori non sospende n differisce il dovere dello Stato di pronunciare sul la domanda, n implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilit per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell'apprezzamento dell'entit del lamentato pregiudizio. In conclusione il ricorso merita accoglimento e conseguentemente il decreto impugnato dev'essere cassato con rinvio della causa ad altro giudice il quale si conformer ai principi di diritto innanzi enunciati. Al giudice di rinvio viene rimessa altres la pronuncia sulle spese del giudizio di Cassazione. In conclusione il ricorso merita accoglimento e conseguentemente il decreto impugnato dev'essere cassato con rinvio della causa ad altro giudice il quale si conformer ai principi di diritto innanzi enunciati. Al giudice di rinvio viene rimessa altres la pronuncia sulle spese del giudizio di Cassazione. P.Q.M. La Corte, pronunciando a sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, cui rimette altres la pronuncia sulle spese del giudizio di Cassazione. Cos deciso in Roma, il 15 dicembre 2005. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 123 Cassazione civile, Sezione I, sentenza 13 aprile 2006 n. 8712 - Pres. Morelli, Rel. Di Amato - M.V. (Avv.to E. Lucchetti) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri. (Omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - MOTIVI DELLA DECISIONE - che la Corte di appello di Roma, con decreto del 4 marzo 2004, accoglieva limitatamente ai danni non patrimoniali la domanda di equa riparazione, proposta da M.V., nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, per i danni subiti in conseguenza della non ragionevole durata di quattro procedimenti instaurati dalla Procura della Corte dei conti dei quali il primo, iniziato il 5.2.1988, era stato definito il 14.2.02; il secondo, iniziato il 20.3.1990, era stato definito il 22.5.02; il terzo, iniziato il 16.12.1991, era stato definito nel 2002; il quarto, iniziato il 18.4.1992, era stato definito il 22.5.02; - che, pertanto, con lo stesso decreto la Corte di Appello condannava la convenuta al pagamento della somma di Euro 2.000,00 oltre interessi dalla data del decreto, osservando, per quanto ancora interessa, che: 1) la durata ragionevole di ciascuno dai procedimenti era da stimare in anni sei, laddove uno di essi era durato 14 anni con una eccedenza di otto anni; 2) mancava la prova degli asseriti danni patrimoniali; - che, avverso detto decreto, M.V. ha proposto ricorso per Cassazione illustrato anche con memoria; - che la Presidenza del Consiglio dei ministri non ha svolto attivit difensiva; - che il ricorrente con il primo motivo deduce la violazione dell'art. 2056 cod. civ. e della L. n. 89 del 2001, art. 2, nonch il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la Corte territoriale aveva liquidato il danno globalmente e non per singolo procedimento, aveva calcolato in misura inadeguata l'eccedenza rispetto alla ragionevole durata ed aveva liquidato in misura eccessivamente modesta il danno; - che il motivo fondato per quanto di ragione; infatti, i procedimenti pendenti innanzi ad uno stesso ufficio giudiziario non possono essere considerati come un unico procedimento, atteso che per ciascuno di essi vale il principio della ragionevole durata ed atteso che la violazione di tale principio fonte in relazione a ciascuno di essi di autonomo danno; il motivo propone, invece, una generica censura di merito, per tale ragione inammissibile, quanto alla individuazione della ragionevole durata dei procedimenti e quanto liquidazione del danno per ogni anno di ritardo; - che il ricorrente con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 1323, 1226 e 2056 cod. civ. nonch il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la Corte Territoriale aveva escluso il danno patrimoniale in relazione alle spese sostenute per i quattro procedimenti (spese di viaggio, spese legali e perdita di tempo con nocumento per la propria attivit professionale); - che il motivo, indipendentemente dalla possibilit di individuare un danno in quelle spese del giudizio presupposto che nello stesso possono trovare ristoro, inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi, atteso che la Corte Territoriale ha ritenuto non provati gli asseriti danni patrimoniali subiti; - che il ricorrente con il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 1224, 1226 e 2056 cod. civ, nonch il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la Corte Territoriale, anche in mancanza di una specifica domanda, non aveva riconosciuto sulle somme liquidate il diritto alla rivalutazione ed interessi a far tempo dall'inizio dell'eccedenza rispetto alla ragionevole durata dei procedimenti; 124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 - che il motivo infondato; infatti, questa Corte ha rilevato che il superamento della ragionevole durata del processo non d luogo ad un'obbligazione ex delictu, ma ad un'obbligazione ex lege, riconducibile nell'ambito della previsione dell'art. 1173 cod. civ., ed avente natura indennitaria; dalla natura dell'equa riparazione ha poi desunto che essa non ha una finalit interamente compensativa, che non potrebbe ritenersi realizzata se la somma liquidata non fosse corredata dagli interessi, a decorrere dall'insorgenza dell'obbligazione, cos come avviene per le obbligazioni ex delictu; pertanto, gli interessi legali, che tenuto conto della natura dell'obbligazione alla quale accedono non hanno finalit compensativa, possono decorrere, semprech richiesti, dalla data della domanda di equa riparazione, in base al principio secondo cui gli effetti della pronunzia retroagiscono alla domanda (Cass., 17 febbraio 2003, n. 2382; Cass. 27 gennaio 2004, n. 1405), nonostante il carattere di incertezza e di illiquidit del credito prima della pronuncia giudiziaria; nessuna rivalutazione pu essere, invece, accordata in considerazione del gi ricordato carattere indennitario dell'obbligazione; - che, pertanto, il decreto impugnato deve essere cassato in relazione al motivo accolto e questa Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti ed alla stregua dei parametri indennitari rimasti fissati, pu pronunziare nel merito liquidando, a titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale, Euro 2.000,00 per il primo procedimento, Euro 1.500,00 per il secondo procedimento ed Euro 1.000,00 ciascuno per il terzo e quarto procedimento; - che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo ed il terzo motivo; cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento, in favore di M.V., della somma di Euro 5.500,00; condanna la Presidenza del Consiglio al rimborso delle spese di giudizio liquidate in Euro 750,00 (di cui 600,00 per onorari e 150,00 per spese) per il giudizio di primo grado ed in Euro 1.000,00 (di cui 900,00 per onorari) per il giudizio di Cassazione, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali come per legge. Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2006. Cassazione civile, Sezione I, sentenza 20 giugno 2006 n. 14286 - Pres. Proto, Rel. Giusti - T.M. (Avv. A. Centola) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della giustizia (Avvocatura generale dello Stato). (Omissis) MOTIVI DELLA DECISIONE 1.- Con il primo motivo (violazione dell'art. 111 Cost., dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, della "Legge Pinto" n. 89 del 2001, art. 2 e della L. 4 agosto 1955, n. 848, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, numeri 3 e 5), la ricorrente denuncia l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte di Napoli allorch ha completamente omesso di considerare tutto il periodo del procedimento intercorso dal 1968 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 125 al 31 luglio 1973. Essendo stata la Convenzione "ratificata dallo Stato italiano con la L. 4 agosto 1955, n. 848", la Convenzione stessa troverebbe "piena attuazione sin da allora", anche se solo nel 2001 con la "Legge Pinto" lo Stato italiano ha previsto gli strumenti processuali onde consentirei l'esercizio in concreto di tale diritto anche direttamente all'interno dello Stato italiano. 2. - Il motivo infondato. 2.1. - E' esatto che la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, prevedente, all'art. 6, paragrafo 1, il diritto di ogni persona a che la sua causa sia decisa entro un termine ragionevole, stata ratificata dal Presidente della Repubblica italiana in seguito ad autorizzazione conferitagli dalla Legge Esecuzione 4 agosto 1955, n. 848, con deposito dello strumento di ratifica il 26 ottobre 1955 a Strasburgo, ed entrata in vigore per l'Italia lo stesso giorno. Senonch, la giustiziabilit dei diritti umani, tra cui quello alla ragionevole durata del processo, per il tramite del ricorso individuale decorre dal 1 agosto 1973. Difatti, ai sensi del vecchio art. 25, paragrafo 1, della Convenzione, che disciplinava, prima del Protocollo n. 11, l'accesso degli individui alla Commissione, il diritto di presentare un ricorso individuale non era aperto indiscriminatamente nei confronti di tutti gli Stati che avessero ratificato la Convenzione, bens era condizionato alla accettazione di una clausola opzionale. In particolare, la citata norma della Convenzione collegava il diritto di ricorso spettante ad ogni persona fisica, vittima di una violazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione, al fatto che l'Alta Parte Contraente chiamata in causa avesse dichiarato di riconoscere la competenza della Commissione in tale materia. Tale dichiarazione facoltativa, per l'Italia, stata fatta dopo un periodo di riflessione, durato fino al 1 agosto 1973, con la conseguenza che i fatti precedenti non costituiscono fonte di responsabilit dello Stato italiano nei confronti del cittadino. In questo senso indirizzata la giurisprudenza della Corte di Strasburgo: la quale - premesso che the declaration made by Italy under Article 25 is, according to its own terms, valid only in relation to acts, decisions, facts or events occurring subsequently to 31 July 1973 (Foti e altri c. Italia, 10 dicembre 1982) - ha precisato che, in tema di termine ragionevole di durata del processo, il periodo rilevante comincia a decorrere, appunto, from 1 August 1973, when the recognition by Italy of the right of individual petition took effect (Pretto ed altri c. Italia, 8 dicembre 1983), fermo restando che regard must be had, however, to the state of the case at that moment (Brigandi c. Italia, 19 dicembre 1991; v., altres, Baggetta c. Italia, 25 giugno 1987). Ne consegue che, siccome la finalit della L. 24 marzo 2001, n. 89, particolarmente emergente dai lavori preparatori, quella di apprestare in favore della vittima della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6 della Convenzione, un rimedio giurisdizionale interno analogo alla prevista tutela internazionale, deve ritenersi che, anche nel quadro dell'istanza nazionale, al calcolo della ragionevolezza dei tempi processuali sfugga - corrispondentemente alla competenza, ratione temporis, della Corte di Strasburgo - il periodo di svolgimento del processo anteriore al 1 agosto 1973 - data a partire dalla quale riconosciuta la facolt del ricorso individuale alla Commissione (oggi, alla Corte europea dei diritti dell'uomo), con la possibilit di far valere la responsabilit dello Stato -, dovendosi peraltro tener conto dello stato in cui la causa si trovava a quel momento. (Omissis) 126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il secondo ed il terzo; cassa, in relazione alle censure accolte, il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione. Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 maggio 2006. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 127 Sul rapporto fra tutela costitutiva e risarcitoria nel giudizio amministrativo Osservazioni sulla disapplicazione dei provvedimenti presupposti favorevoli al privato (Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 21 aprile 2009 n. 2435) La problematica del rapporto fra azione di annullamento e azione di risarcimento nellambito del giudizio amministrativo viene per lo pi affrontata sotto il profilo della c.d. pregiudizialit amministrativa. La sentenza che qui si commenta (1) si concentra, invece, su un diverso e connesso aspetto, quello avente ad oggetto le conseguenze che, sul piano dellazione risarcitoria, pu produrre una declaratoria di improcedibilit del ricorso finalizzato allannullamento dellatto amministrativo lesivo. Sotto il profilo sostanziale, poi, la sentenza percorsa da un filo conduttore che si pu riassumere nei seguenti interrogativi: come deve essere effettuato il giudizio prognostico propedeutico al risarcimento di un interesse legittimo pretensivo? In astratto o in concreto? E soprattutto: pu il giudice disapplicare provvedimenti favorevoli al privato sui quali si fonda la pretesa risarcitoria? Particolarmente rilevante, allo scopo di mettere a fuoco lesatto contenuto delle questioni giuridiche emergenti e delle relative soluzioni, la ricostruzione dei fatti di causa. Il fatto e la decisione del T.A.R. La vicenda decisa dal Consiglio di Stato trae origine da una procedura di gara indetta dal Commissario Straordinario per le opere dintegrazione dellacquedotto del Sele-Calore, opere indicate tra quelle di valore strategico per effetto della delibera CIPE n. 121/2001. La ditta seconda classificata, impugnato il provvedimento di aggiudicazione, ne contesta la legittimit sotto il profilo della mancata esclusione dalla gara della ditta vincitrice; questultima, da parte sua, proponendo ricorso incidentale, segnala vari motivi per cui la ricorrente principale avrebbe dovuto a sua volta essere esclusa dalla procedura. In pendenza di giudizio, motivando sulla base del preminente interesse (1) Quando il presente contributo era gi in fase di pubblicazione, apparso il commento alla stessa sentenza di F. CORTESE, Il danno da provvedimento illegittimo e il dover essere del procedimento, in Giorn. dir. amm., 2009, 10, 1060 ss. 128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 nazionale alla celere realizzazione dei lavori, la stazione appaltante stipula il contratto dappalto con limpresa aggiudicataria. Ci viene a comportare lapplicabilit alla fattispecie della norma di cui allart. 246, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), ai sensi del quale, nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale, la sospensione o lannullamento dellaffidamento non comporta la caducazione del contratto gi stipulato e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente. Non avendo pi interesse allannullamento dellaggiudicazione che in ogni caso non potrebbe pi mettere in discussione lattribuzione dellappalto alla ditta prima classificata la societ aziona in via autonoma lunica forma di tutela ormai possibile, cio il risarcimento del danno provocatole dalla mancata aggiudicazione. Nellambito del separato giudizio instaurato con lazione risarcitoria, n lamministrazione, n la ditta vincitrice, provvedono a costituirsi. Si cominciano a questo punto a delineare le peculiarit del casus belli da dirimere: lassenza di contraddittori in sede di giudizio risarcitorio, sommata alla necessit di dichiarare limprocedibilit per sopravvenuta carenza di interesse dei ricorsi principale ed incidentale aventi ad oggetto laggiudicazione, sembrerebbero assicurare al proponente della domanda di risarcimento una favorevole posizione processuale e, quindi, ottime chances di accoglimento della propria pretesa. La collocazione al secondo posto in graduatoria una volta dimostrata lillegittimit dellammissione alla gara dellimpresa vincitrice dovrebbe infatti garantire alla ricorrente, secondo le prospettazioni di questultima, la spettanza dellequivalente risarcitorio dellaggiudicazione negatale. Sennonch il giudice amministrativo di primo grado risolve la questione in modo profondamente diverso, peraltro accompagnando la decisione con affermazioni di principio di notevole momento. Dopo aver disposto la riunione dei giudizi introdotti con il ricorso principale e con il ricorso per il risarcimento del danno, il T.A.R. Lazio (2) sviluppa infatti il seguente ragionamento: vero che il ricorso per lannullamento, unitamente al ricorso incidentale, deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, ma ci non toglie che il giudice amministrativo, dovendo accertare ai fini risarcitori e sulla base di un giudizio prognostico la spettanza del bene della vita (in tal caso laggiudicazione) alla ricorrente, possa comunque trarre dal ricorso incidentale proposto a difesa del provvedimento impugnato gli argomenti di prova da porre a fon- (2) Nella sentenza della Sezione I, n. 11330 del 19 novembre 2007. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 129 damento della propria decisione. Si afferma, in altri termini, il principio secondo cui il giudice amministrativo, per accertare la sussistenza in relazione ad una situazione di interesse legittimo pretensivo del danno ingiusto ai sensi dellart. 2043 c.c., pu ex officio servirsi di qualunque fonte di prova inerente al rapporto di cui sia a conoscenza perch acquisita agli atti di quel giudizio o di un giudizio connesso. La circostanza che il ricorso incidentale sia stato dichiarato improcedibile non costituisce pertanto ostacolo a che il giudice ne utilizzi il contenuto per respingere la pretesa risarcitoria. In concreto, ci consente al T.A.R. di escludere lingiustizia del danno lamentato dalla ricorrente principale, in quanto la stessa avrebbe dovuto essere estromessa dalla gara per le ragioni indicate nel ricorso incidentale dellaggiudicataria. Le difese delle parti in grado di appello (3) La motivazione cos sinteticamente riportata viene fatta oggetto di unacuta critica in grado di appello. La difesa della societ ricorrente mette in evidenza come il ragionamento del T.A.R., se portato alle estreme conseguenze, avrebbe per effetto la paradossale situazione per cui il giudice amministrativo, potendo/dovendo rilevare dufficio eventuali illegittimit in sede di prognosi sulla spettanza del bene della vita, sarebbe costretto a riconsiderare ogni volta tutta lattivit procedimentale e provvedimentale compiuta dallamministrazione, allo scopo di verificare che lintero operato di questultima sia stato svolto correttamente. In una fattispecie come quella in causa, ci comporterebbe che il giudice, una volta rilevata lillegittimit dellaggiudicazione alla prima classificata, prima di disporre il risarcimento del danno in favore della seconda, dovrebbe accertare non solo la legittimit della collocazione al secondo posto in graduatoria di questultima, ma anche la legittimit della sua ammissione alla gara, dellesclusione di eventuali concorrenti, nonch, ancor pi a monte, la legittimit del bando, della decisione di realizzare lopera e via dicendo. In sostanza, dovrebbe essere sottoposta a riesame tutta lattivit propedeutica allattribuzione finale del bene della vita, in quanto ogni eventuale illegittimit nella vicenda amministrativa presa in considerazione sarebbe idonea a privare del requisito della ingiustizia il danno lamentato dal ricorrente. Per evitare questo risultato, si sostiene che il giudice dovrebbe attenersi scrupolosamente alle allegazioni delle parti in causa, senza mettere in discussione la legittimit di provvedimenti non specificamente contestati nellambito del giudizio dinanzi a lui. Ne consegue che il T.A.R., avendo rilevato dufficio, (3) Le difese riportate in sintesi risultano in parte dagli atti di causa e in parte dalla discussione orale, alla quale chi scrive ha assistito personalmente. 130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 con lausilio di un ricorso incidentale dichiarato improcedibile e relativo ad un giudizio connesso, lillegittimit della partecipazione alla gara della ditta ricorrente, avrebbe ecceduto i limiti segnati dagli articoli 112 e 115 del codice di procedura civile, in ordine alla corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (4) e alla disponibilit delle prove (5). La correttezza di questo argomentare viene avvalorata, secondo la difesa della societ ricorrente, dallosservazione delle dinamiche processualcivilistiche. Si propone, cos, il seguente esempio: si pensi che Tizio (venditore), dopo avere stipulato con Caio un contratto di compravendita, scopra, prima ancora di consegnare la merce a Caio, che questultimo ha approfittato della sua buona fede per strappargli un prezzo di molto inferiore a quello di mercato. Ignorando che il contratto potrebbe essere annullato, Tizio decide di distruggere la merce pur di non consegnarla allacquirente in mala fede; Caio, a questo punto, pu chiedere al giudice il risarcimento del danno derivante dallinadempimento del venditore. Si ipotizzi che Tizio rimanga contumace nellambito del giudizio cos introdotto. Ebbene, la domanda che si pone : pu mai il giudice ordinario, in assenza di eccezioni di parte sul punto, rilevare dufficio lannullabilit del contratto sottostante al fine di rigettare listanza risarcitoria proposta dallacquirente in mala fede? Poich la risposta al quesito appare negativa, si vuole con ci dimostrare che neppure al giudice amministrativo dovrebbe essere consentito rilevare dufficio lillegittimit dellammissione in graduatoria della seconda classificata, al fine di negare alla stessa una volta acclarato che la prima classificata avrebbe dovuto essere esclusa il risarcimento del danno derivante dalla mancata aggiudicazione. A queste osservazioni la difesa dellamministrazione replica che il giudice di primo grado non ha affatto esorbitato dai limiti previsti dallart. 115 c.p.c., in quanto egli ha soltanto effettuato un tipico giudizio prognostico finalizzato a verificare la sussistenza del danno ingiusto ex art. 2043 c.c.. A questo fine, egli ha non solo il potere, ma anche il dovere di accertare dufficio che la pretesa del ricorrente non si fondi su un fatto la cui illegittimit priverebbe del requisito dellingiustizia il pregiudizio asseritamene subito. In funzione rafforzativa di questo argomento, si propongono diversi esempi dai quali possibile desumere lesistenza del principio generale dellordinamento secondo cui nessuno pu pretendere di trarre vantaggio da una situazione di illegittimit. Si cita, in questo senso, la consolidata giurisprudenza della Cassazione che, in caso di espropriazione di un fondo sul quale (4) Si lamenta soprattutto la violazione della norma di cui al secondo periodo dellart. 112 c.p.c., secondo cui il giudice non pu pronunciare dufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti. (5) Il primo comma dellart. 115 c.p.c. stabilisce che Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 131 sia stato realizzato un manufatto abusivo, esclude che il valore di questultimo possa essere preso in considerazione ai fini del computo dellindennizzo (6); e si cita, ancora, il noto orientamento del giudice amministrativo in materia di sindacato sulleccesso di potere, per cui non possibile invocare la disparit di trattamento quando latto che funge da parametro di comparazione sia illegittimo (7). Un conferma normativa di questo principio si pu inoltre individuare nella disposizione (8) che a differenza di quanto previsto per la revoca non prevede alcun indennizzo per il privato in caso di annullamento dufficio, in quanto lillegittimit originaria del provvedimento annullato esclude che al privato spettasse il bene sottrattogli con il provvedimento di secondo grado. Allesempio tratto dal diritto privato del contratto di vendita annullabile, si replica infine che, mentre lazione di annullamento si prescrive in cinque anni, la relativa eccezione pu essere fatta valere senza limiti di tempo quando la parte sia convenuta per ladempimento del contratto (9); ci ad ulteriore conferma che non possibile fondare una pretesa risarcitoria su un presupposto illegittimo. La decisione del Consiglio di Stato La sentenza 21 aprile 2009, n. 2435 della Sezione IV del Consiglio di Stato, che ha confermato la pronuncia del T.A.R., si caratterizza per lapproccio particolarmente dogmatico con cui affronta le diverse questioni sottoposte al suo scrutinio. Ampi sono gli spazi concessi allillustrazione delle motivazioni, cos come numerosi sono i rinvii alla giurisprudenza pregressa. Ne risulta un quadro fin troppo articolato di argomentazioni giuridiche, non sempre poste in rapporto di consequenzialit rispetto alle deduzioni delle parti (in sintesi riportate nel paragrafo precedente) e di stretta strumentalit rispetto alle problematiche da sciogliere in concreto. Ci premesso, lintento che ci si propone quello di estrapolare dal complesso iter motivazionale della pronuncia i passaggi fondamentali per dare risposta agli interrogativi posti in apertura. a) Il primo di questi interrogativi riguarda la possibilit di utilizzare i mo- (6) Cfr., tra le pi recenti, Cass. civ., Sez. Un., 10 marzo 2008, n. 6272 e Cass. civ., Sez. I, 14 settembre 2007, n. 26260. (7) Cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 29 aprile 2008, n. 1234; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 7 aprile 2006, n. 778; Cons. Stato, sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7243; Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 1998, n. 1163; Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 1994, n. 1071. (8) Si allude allart. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, come modificata dalla legge n. 15 del 2005. (9) Il quarto comma dellart. 1442 del cod. civ. stabilisce infatti che: Lannullabilit pu essere opposta dalla parte convenuta per lesecuzione del contratto, anche se prescritta lazione per farla valere . 132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 tivi di un ricorso incidentale dichiarato improcedibile nellambito di un giudizio connesso e riunito a quello risarcitorio, per rigettare la domanda introduttiva di questultimo. Ebbene, su questo punto il giudice amministrativo di secondo grado si mostra privo di incertezze nellaffermare che la concomitanza di azione annullatoria e risarcitoria, ancorch proposte con separati ricorsi, impone al giudice di conoscere in via principale dellunitario episodio in contestazione , tenuto conto che linteresse risarcitorio permane in un contesto (riunito) nel quale la domanda di risarcimento dei danni sostanzialmente contestuale a quella di legittimit, seppure questa ha poi preso la piega dellimprocedibilit . Si afferma che la stretta connessione tra la domanda caducatoria e quella risarcitoria si spiega con la necessit di accertare che loperato dellamministrazione si configuri come antigiuridico, giacch soltanto in questo caso possibile predicare lesistenza di un danno ingiusto, risarcibile ai sensi dellart. 2043 c.c. Ma lantigiuridicit devessere apprezzata con specifico riferimento alla situazione del soggetto che lamenta il danno, il che impone di verificare attraverso un esame prognostico condotto alla luce della normativa vigente che in assenza dellillegittimit denunciata il soggetto avrebbe ottenuto il bene della vita anelato. A questo fine il giudice pu certamente servirsi degli atti che si riferiscono al giudizio annullatorio, a nulla rilevando che, per via dellart. 246 del codice dei contratti pubblici non potendone derivare effetti concreti su una situazione di fatto ormai consolidatasi , questo sia stato dichiarato improcedibile. Il fatto, cio, che il giudice di primo grado, per motivi di economia processuale, abbia optato per la declaratoria di improcedibilit dei ricorsi principale ed incidentale, non pu precludergli lesame del loro contenuto in sede di valutazione della fondatezza della pretesa risarcitoria. Diversamente opinando si verrebbe ad incidere sulla realt giuridica sostanziale per effetto di una statuizione puramente processuale, neppure lontanamente sorretta, nel caso di specie, da ragioni di garanzia del diritto di difesa. N possibile sostenere, ad avviso del collegio giudicante, che, operando in questo modo, il giudice si sia appropriato degli spazi riservati per legge allattivit delle parti, nello specifico pronunciandosi su eccezioni non rilevabili dufficio. Questo perch, si fa notare, allinterno del nostro ordinamento processuale vige il principio dellacquisizione delle prove, in forza del quale il giudice libero di formare il suo convincimento sulla base di tutte le risultanze istruttorie, quale che sia la parte ad iniziativa della quale sia avvenuto il loro ingresso nello stesso giudizio () o in altro tra le stesse parti () (10). Se a (10) Vengono citati, in questo senso, i precedenti Cass. Civ., III, 10 ottobre 2008 n. 25028 e Cass. Civ., SS.UU., 8 aprile 2008 n. 9040. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 133 ci si aggiunge che il ricorso incidentale, secondo lorientamento maggioritario della giurisprudenza (11), pur essendo formalmente unautonoma azione di impugnazione, costituisce in realt uneccezione in senso tecnico, si ha che il giudice non ha fatto altro che pronunciarsi su uneccezione di parte. Avendone rilevato la fondatezza, il corollario da trarne non pu che essere nel senso della mancanza di danno ingiusto, in quanto il ricorrente, dovendo essere escluso dalla gara, mai avrebbe potuto conseguire laffidamento del contratto. b) Vi , in tale conclusione, limplicita risposta al secondo interrogativo rilevante in questa sede, cio se il giudizio prognostico debba essere compiuto tenendo conto dellastratto quadro normativo applicabile alla fattispecie, ovvero se si debba attribuire rilievo ad una valutazione probabilistica del modo in cui avrebbe potuto agire in concreto lamministrazione, in assenza della illegittimit denunciata dal proponente listanza di risarcimento. La questione si posta allinterno del processo in esame, in quanto limpresa ricorrente aveva svolto, tra laltro, questo argomento: una volta esclusa la ditta prima classificata, lamministrazione non si sarebbe certo accorta che anche la seconda in graduatoria non era in regola con i requisiti di partecipazione, quindi le avrebbe assegnato lappalto. In questottica, il giudice dovrebbe assumere, nel compiere il giudizio prognostico, non gi il punto di vista astratto di unamministrazione chiamata ad agire sulla base di determinate regole, bens quello concreto della specifica amministrazione agente, e considerare quindi con quale probabilit questultima avrebbe conferito il bene della vita alla ricorrente. Con il risultato che il risarcimento, in questo caso, non potrebbe che atteggiarsi alla stregua di una perdita di chance. Sennonch il Consiglio di Stato ha implicitamente smentito tale opzione, affermando che lantigiuridicit del danno, come condizione per il sorgere del risarcimento, deve essere valutata in base ad un ipotetico giudizio prognostico (virtuale) da condurre con riferimento alla normativa positiva di settore secondo i suoi effetti tipici e che quel che rileva ai fini risarcitori, non lessere del procedimento, bens il suo dover essere secondo legge. Se ne ricava, per deduzione, che si pu ricorrere al criterio della perdita di chance soltanto quando non vi siano dubbi sulla legittimit dellaspettativa del privato, ma il soddisfacimento della stessa dipenda da valutazioni di op- (11) Cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 11 maggio 2007, n. 2356; Cons. Stato, Sez. V, 29 agosto 2005, n. 4407; Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2004, n. 3456. In dottrina, sono numerosissimi i contributi dedicati alla tematica del ricorso incidentale. Tra i pi recenti, si segnala quello assai approfondito di R. VILLATA, Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel giudizio amministrativo di primo grado (Con particolare riguardo alle impugnative delle gare contrattuali), in Dir. proc. amm., 2009, p. 285 ss., al quale si rinvia per una ricognizione dellampia bibliografia in materia. 134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 portunit riservate allamministrazione (12) (quindi in corrispondenza di atti discrezionali). Questa situazione potrebbe verificarsi proprio in materia di appalti, giacch il Consiglio di Stato afferma, riportandosi alla propria giurisprudenza precedente, che nel caso in cui sia stato pronunciato lannullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione in un procedimento di pubblico appalto, per effetto della illegittima ammissione alla gara del soggetto primo classificato, non immediatamente operabile lo scorrimento della graduatoria con laggiudicazione dellappalto al secondo classificato (13). Lamministrazione rimane libera, infatti, di decidere nel pubblico interesse se vi siano le condizioni per stipulare il contratto con il secondo in graduatoria, ovvero se sia pi opportuno indire una nuova gara. Ne deriva che, in unipotesi del genere, il secondo classificato potrebbe ottenere il risarcimento del proprio interesse legittimo solo provando il consi- (12) Quella del risarcimento da perdita di chance una problematica molto complessa, sulla quale si registrano in giurisprudenza opinioni eterogenee. Secondo una linea argomentativa pi volte seguita dal Consiglio di Stato, la perdita di chance si identifica con un danno attuale derivante non gi dalla perdita di un risultato utile, bens dalla perdita della possibilit di conseguirlo. Ai fini del risarcimento occorre distinguere tra probabilit di riuscita (che d luogo ad una chance risarcibile) e mera possibilit di conseguire lutilit sperata (che d invece luogo ad una chance irrisarcibile). Laccertamento in ordine alla concretezza della probabilit deve essere effettuato statisticamente attraverso un giudizio sintetico che ammetta, con giudizio ex ante, secondo lid quod plerumque accidit, sulla base di elementi di fatto forniti dal danneggiato, che il pericolo di non verificazione dellevento favorevole, indipendentemente dalla condotta illecita, sarebbe stato inferiore al 50%. Cos Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 686, ripreso da Cons. Stato, Sez. VI, 14 settembre 2006, n. 5323. Cfr. anche, nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 4 luglio 2008, n. 3340 e Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1622. La sentenza n. 5323/2006 commentata criticamente da F. CORTESE, Evidenza pubblica, potere amministrativo e risarcimento del danno da perdita di chance, in Giorn. dir. amm,, 2007, p. 174 ss.. In altre occasioni, in particolare con riferimento ad ipotesi caratterizzare dalla persistenza in capo allamministrazione di significativi spazi di discrezionalit amministrativa pura, il Consiglio di Stato ha aderito allimpostazione secondo cui al giudice sarebbe preclusa lindagine ai fini risarcitori anche in termini di perdita di chance sulla spettanza del bene della vita, ammettendosi il risarcimento solo dopo e a condizione che lAmministrazione, riesercitato il proprio potere, abbia riconosciuto allistante il bene della vita. Nel qual caso, il danno ristorabile non pu che ridursi al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento del bene anelato. In tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 15 aprile 2003, n. 1945. Con specifico riguardo alla materia dellevidenza pubblica, poi, non sono mancate sentenze nelle quali il risarcimento per equivalente della perdita di chance stato negato sul presupposto che la ripetizione della gara, in seguito allannullamento dellaggiudicazione, desse vita ad una fattispecie di reintegrazione in forma specifica della chance violata. V. Cons. Stato, Sez. VI, 4 settembre 2002, n. 4435 e Cons. Stato, Sez. VI, 18 settembre 2001, n. 6281. In dottrina, fra i numerosi i contributi in argomento, si segnalano: G. FALCON, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimit e giurisdizione di spettanza, in Dir. proc. amm., 2001, p. 287 ss.; F. FRACCHIA Risarcimento danni da c.d. lesione di interessi legittimi: deve riguardare solo le posizioni a risultato garantito?, in Foro it., 2000, p. 481; A. DI MAJO, Danno ingiusto e danno risarcibile nella lesione di interessi legittimi, in Corr. giur., 2000, p. 388 ss.; R. PARTISANI, Lesione di un interesse legittimo e danno risarcibile: la perdita di chance, in Resp. civ. prev., 2000, p. 566 ss.; M. Protto, Responsabilit della P.A. per lesione di interessi legittimi: alla ricerca del bene perduto, in Urb. app., 2000, 1005 ss.; D. PAPPANO, Potere amministrativo e responsabilit civile. La riconsiderazione delle categorie dogmatiche, Napoli, 2008, p. 114 ss. (13) Cons. Stato, Sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 135 stente grado di probabilit che lamministrazione avrebbe optato, in seguito allannullamento dellaggiudicazione, non gi per la ripetizione dellintera procedura, bens per lo scorrimento della graduatoria gi formata. Brevi riflessioni sugli interrogativi irrisolti. Sulla disapplicabilit di provvedimenti illegittimi che costituiscono il presupposto di pretese giurisdizionali di soggetti privati In aggiunta a quelli direttamenti esaminati, linteressante caso giurisprudenziale qui descritto induce ad affrontare un altro profilo sul quale permangono elementi di incertezza. Si allude alla problematica legata alle modalit e ai limiti che debbono presiedere allo svolgimento del c.d. giudizio prognostico da parte del giudice amministrativo. Si visto che, nel caso esaminato, il giudice ha concluso per linsussistenza di un danno ingiusto in quanto, sulla base delle allegazioni contenute nel ricorso incidentale proposto in un giudizio connesso, risultava che la ricorrente seconda classificata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara. Ma cosa sarebbe accaduto se quel ricorso incidentale non fosse stato proposto? Avrebbe potuto il giudice, dufficio, mettere in discussione la legittimit dellammissione in graduatoria dellimpresa ricorrente cercando nelle carte le ragioni di una sua potenziale esclusione dalla gara? In ordine a questo interrogativo, non sembrano potersi cogliere nella sentenza del Consiglio di Stato precise indicazioni per una risposta. Diversamente, dalla sentenza del giudice di primo grado emerge una chiara inclinazione verso lopzione affermativa, laddove si asserisce che il potere di accertamento degli elementi costitutivi della fattispecie [risarcitoria] deve estendersi alla verifica delleffettiva spettanza del bene della vita, il che pu avvenire in qualunque modo, anche con leventuale esercizio di poteri istruttori attivabili dufficio, indipendentemente dalle deduzioni formulate dalle parti. In termini generali, la domanda che ci si pone pu essere tradotta in questo modo: fin dove si estendono i confini della vicenda amministrativa che il giudice pu legittimamente prendere in considerazione in sede di giudizio prognostico? E quali poteri dufficio pu egli esercitare? chiaro che si tratta di un punto cruciale, la cui soluzione destinata ad influire in molti casi sullan del risarcimento. Il problema capire se il giudice amministrativo possa constatare dufficio, al fine di disapplicarlo, lillegittimit del provvedimento che costituisce il presupposto della pretesa risarcitoria azionata dal privato (14). Se cos fosse, gli spazi per il risarcimento si restrin- (14) Lesempio proprio quello della collocazione al secondo posto in graduatoria, quando laggiudicazione sia stata annullata per mancata esclusione del vincitore. 136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 gerebbero in modo significativo, perch la disapplicazione del provvedimento priverebbe di fondamento la pretesa che lo presuppone. A ben vedere la questione che occorre esaminare non del tutto nuova, essendo gi stata affrontata dalla giurisprudenza con riferimento a fattispecie simili (15), anche se non sempre afferenti controversie di ordine risarcitorio. Daltra parte il vero nodo da sciogliere non esaurisce la propria rilevanza allinterno della problematica della responsabilit civile dellamministrazione, ma coinvolge, pi in generale, le dinamiche funzionali dellintera giustizia amministrativa. noto che, dopo un longevo orientamento negativo in ordine alla possibilit di disapplicare i regolamenti, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha mutato indirizzo, affermandone per la prima volta la disapplicabilit nella famosa sentenza n. 154 del 1992 (16). Di qui in poi la tesi favorevole alla disapplicazione c.d. normativa si consolidata attraverso numerose altre pronunce (17). Per altro verso, lo stesso Consiglio di Stato costante nel ritenere che al giudice amministrativo non sia consentito disapplicare provvedimenti puntuali (18), perch questo, oltre a non rientrare formalmente fra i poteri di sua spettanza, si tradurrebbe di fatto nellelusione del termine perentorio di impugnazione degli atti amministrativi. La circostanza che questo argomento figuri sistematicamente tra le motivazioni a sostegno della c.d. pregiudizialit amministrativa (19), sta a significare che il giudice amministrativo utilizza il divieto di disapplicazione come elemento ostativo allaccesso alla tutela risarcitoria (degli interessi legittimi) dinanzi a lui. Occorre ora verificare se lo stesso principio debba valere anche nellipotesi opposta, in cui il divieto di disapplicazione finirebbe per avvantaggiare, anzich pregiudicare, il ricorrente, la cui pretesa sia fondata su un provvedimento presupposto illegittimo. Un caso di questo tipo stato deciso dal T.A.R. Sardegna, con una sentenza che non sfuggita allattenzione della dottrina (20). La fattispecie ri- (15) V. note 20 e 27. (16) Cons. Stato, Sez. V, 26 febbraio 1992, n. 154. Per una trattazione completa del tema della disapplicazione dei regolamenti si rinvia al lavoro di F. CINTIOLI, Potere regolamentare e sindacato giurisdizionale. Disapplicazione e ragionevolezza nel processo amministrativo sui regolamenti, Torino, 2007. (17) Ex multis, v. Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 1993, n. 799; Cons. Stato, Sez. IV, 20 febbraio 1996, n. 222; Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2000, n. 2183; Cons. Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657; Cons. Stato, Sez. V, 20 maggio 2003, n. 2750; Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5099. (18) V., ad esempio, Cons. Stato, Ad. plen., 3 febbraio 1998, n. 1; Cons. Stato, Sez. V, 4 febbraio 2004, n. 367; Cons. Stato, Sez. IV, 22 settembre 2005, n. 5005; Cons. Stato, Sez. V, 27 ottobre 2005, n. 5992; Cons. Stato, Sez. IV, 6 marzo 2006, n. 1124; Cons. Stato, Sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5295; Cons. Stato, Sez. VI, 29 maggio 2008, n. 2552. (19) V. nota 24. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 137 guardava un provvedimento, adottato da un comune, di indizione di una gara avente ad oggetto lavori di ampliamento della rete idrica. Questi lavori erano compresi, per, allinterno delloggetto di una precedente e ancora vigente convenzione, stipulata dal comune stesso con una societ dal medesimo partecipata in via minoritaria e affidataria diretta della concessione del servizio idrico. Tale affidamento diretto, mai impugnato, contrastava col diritto comunitario, nello specifico con la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di in house providing, perch la societ concessionaria difettava del requisito del c.d. controllo analogo. Questa societ, impugnando il bando, ne chiedeva lannullamento, in quanto lappalto di lavori messo a gara rientrava, come detto, nelloggetto della propria concessione. Ebbene il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso, affermando che, per quanto la giurisprudenza sia ampiamente consolidata contro la disapplicabilit di atti puntuali non impugnati (ancorch anticomunitari (21) ), ci non pu valere nel caso in cui il ricorrente non contesti latto emanato in violazione del diritto comunitario, ma, al contrario, fondi su di esso le propri ragioni . In questo caso la disapplicazione diviene possibile, perch maggiormente conforme a canoni di legittimit sostanziale e non meramente formale dellazione amministrativa. Non vi ragione di limitare alle sole ipotesi di illegittimit per violazione del diritto comunitario la ratio decidendi di questa sentenza. Ad avviso di chi scrive, infatti, la soluzione adottata dal giudice sardo non dipende dalla causa dellillegittimit provvedimentale, ma trova giustificazione nel principio sostanziale sopra ricordato desumibile da diversi orientamenti giurisprudenziali e disposizioni normative (22) secondo cui nessuno pu pretendere di trarre vantaggio da una situazione di illegittimit, neppure quando questa si sia ormai consolidata. Costituisce specificazione di questo principio il noto brocardo temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum, recepito dallart. 1442, comma 4, c.c. Impostata in questi termini, la questione che si affronta in questa sede potrebbe trovare una prima soluzione proprio nel riconoscere al giudice amministrativo il potere di disapplicare atti presupposti illegittimi ogniqualvolta su di essi si fondino pretese, risarcitorie o annullatorie, avanzate dai privati. (20) La sentenza la n. 549 del 27 marzo 2007, commentata da M. MACCHIA, La violazione del diritto comunitario e leccezione disapplicatoria, in Giorn. dir. amm., 2007, p. 859 ss. (21) Per la problematica della disapplicazione degli atti amministrativi contrari al diritto comunitario, v. i recenti contributi apparsi in Riv. it. dir. pubbl. com., 2008, 2, ad opera di: M.P. CHITI, Le peculiarit dellinvalidit amministrativa per anticomunitariet, p. 477 ss.; G. GRECO, Illegittimit comunitaria e pari dignit degli ordinamenti, p. 505 ss.; G. MONTEDORO, Il giudizio amministrativo fra annullamento e disapplicazione (ovvero dell'"insostenibile leggerezza" del processo impugnatorio), p. 519 ss. (22) V. supra note 6 e 7. 138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Si tratterebbe quindi, come stato giustamente osservato, di introdurre il principio secondo cui il divieto di disapplicazione, anzich valere in ogni caso, verrebbe ad operare soltanto in malam partem rispetto al privato ricorrente (23). Sennonch questa soluzione non appare condivisibile. Non appare condivisibile perch delle due luna: o il giudice amministrativo effettivamente sprovvisto del potere disapplicatorio, e allora non si pu ammettere che ne faccia esercizio (neppure e soltanto) in danno del privato; oppure egli titolare di questo potere, nel qual caso dovrebbe esercitarlo anche in favore del ricorrente, a cominciare dalle ipotesi di risarcimento del danno richiesto senza la previa impugnazione del provvedimento lesivo. La coerenza interna alla giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia di pregiudiziale amministrativa non pu tollerare un atteggiamento ondivago in ordine alla spettanza al giudice amministrativo del potere di disapplicazione. Infatti, proprio perch limpossibilit per il g.a. di disapplicare atti amministrativi non regolamentari stata affermata con decisione in una serie di importanti sentenze (24), si deve ritenere che rappresenti una regola processuale ferrea, non suscettibile di applicazione differenziata in dipendenza del concreto atteggiarsi della pretesa sostanziale avanzata in giudizio. Forse perch consapevole di ci, lo stesso Consiglio di Stato (25), nel grado dappello della fattispecie decisa dal TAR Sardegna (26), ha annullato la sentenza di questultimo con la motivazione che un provvedimento amministrativo in contrasto con il diritto comunitario non pu essere sic et simpliciter disapplicato dal giudice amministrativo, ma deve essere rimosso con il ricorso ai poteri di autotutela di cui dispone lamministrazione. Con la precisazione, peraltro, che lesercizio di tali poteri obbedisce anche in questi casi ai principi oggi codificati allart. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 della corrispondenza dellatto di secondo grado allinteresse pubblico e della garanzia, anzitutto procedimentale, degli interessi incisi. In un altro caso (27), poi, il Consiglio di Stato ha negato espressamente che il mancato rilievo in fase di gara della carenza di un requisito di ammissione possa essere fatto valere come eccezione, da parte della p.a., in sede di giudizio promosso da unimpresa contro latto di aggiudicazione. Questo perch l'ammissione alla gara [] sorretta dalla presunzione di legittimit ed efficacia che assiste in generale gli atti amministrativi, con la conseguenza (23) Cfr. M. MACCHIA, op. cit., p. 865. (24) V. Cons. Stato, Ad. plen., 26 marzo 2003, n. 4, in www.giustamm.it, con commento di G. BACOSI, Per lAdunanza, ormai chiaro: il G.A. non risarcisce disapplicando ma demolisce risarcendo; Cons. Stato, Sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3338; Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 952. (25) Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4263. (26) V. nota 20. (27) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 11 maggio 2006, n. 2637. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 139 che potr essere caducata soltanto per effetto di una formale impugnazione proposta con ricorso incidentale dalla ditta controinteressata, ovvero, per quanto riguarda lamministrazione, in base allesercizio del potere di autotutela (28). Se ne ricava che n lamministrazione pu invocare la disapplicazione di un provvedimento illegittimo per sottrarsi ad unazione demolitoria, n, a maggior ragione, pu provvedervi il giudice dufficio (29). Ad analoga conclusione dovrebbe pervenirsi con riferimento ad unazione risarcitoria ancorch promossa per la tutela di interessi pretesivi , giacch non si rinvengono motivazioni idonee a giustificare in linea di principio un diverso trattamento di questa ipotesi (30). In tal caso il giudizio pronostico sulla spettanza del bene della vita al ricorrente dovr muovere da una base di partenza che non potr pi essere posta in discussione (se non da parte dellamministrazione in via di autotutela): questa coincider con il provvedimento (28) Nel caso deciso, limpresa ricorrente aveva ottenuto lannullamento in primo grado dellaggiudicazione e la reintegrazione in forma specifica rappresentata dallassegnazione del contratto in suo favore; dopodich, proponendo appello, lamministrazione faceva notare circostanza di cui non si era fin l avveduta che limpresa vittoriosa in primo grado non era a suo tempo legittimata a partecipare alla gara. Ebbene il Consiglio di Stato ha dichiarato linammissibilit di questa deduzione, in quanto essa non rientra [] tra le eccezioni in senso sostanziale di cui all'art. 345, comma 2, c.p.c, suscettibili di proposizione per la prima volta in grado di appello. Ma non solo: il giudice ha altres specificato che Sul piano processuale, la deduzione di una carenza dei requisiti di ammissione in capo alla ricorrente, non rilevata in sede di procedura di gara, da parte dell'Amministrazione appaltante, non avrebbe costituito motivo di rigetto (o di dichiarazione di inammissibilit) del ricorso di primo grado neppure se fosse stata dedotta in quella sede, proprio perch a ci ostava la presunzione di legittimit e di operativit degli atti amministrativi ancorch illegittimi. Tale carenza, perci, non avrebbe potuto essere rilevata dal giudice d'ufficio (ma, appunto, solo su domanda proposta con ricorso incidentale da una controinteressata), n fatta valere dall'Amministrazione al di fuori del caso suddetto dell'autoannullamento, dovendo altrimenti ammettersi un'integrazione postuma, in sede giudiziale, dell'attivit amministrativa sostanziale, lasciata nelle mani dell'Amministrazione "secundum eventum litis".In conclusione, l'eventuale mancato rilievo della carenza del requisito di ammissione alla gara non costituisce eccezione in senso processuale o sostanziale, deducibile solo come motivo di ricorso incidentale, e non si converte in motivo di appello ove, come nel caso, l'Amministrazione sostenga di esser venuta a conoscenza del vizio solo successivamente alla pronunzia di primo grado. (29) La sesta sezione del Cons. Stato, nella sentenza 12 aprile 2000, n. 2183, ha affermato che listituto della disapplicazione (o invalidazione), postulando un rapporto diretto di stampo genetico tra fonte normativa e provvedimento, non estensibile al caso in cui, in occasione delladozione del provvedimento impugnato (), possa essere stato sul piano motivazionale considerato, congiuntamente ad altri elementi, il rapporto con un diverso ed inoppugnato provvedimento (), applicativo della norma regolamentare asseritamente illegittima. Non si pu infine non rimarcare la difficile armonizzabilit con la caratterizzazione impugnatoria del processo amministrativo di legittimit, e pi in generale con il principio processuale della domanda, di una soluzione che, per il tramite di unanomala disapplicazione in peius, si traduce nella vanificazione - o comunque nel riscontro dell'illegittimit - di un provvedimento favorevole al ricorrente e, pertanto, da questi non impugnato e, quindi, non oggetto di cognizione da parte del Giudice. (30) Si consideri, tra laltro, che nel caso da ultimo riportato, la domanda annullatoria dellimpresa ricorrente era accompagnata anche da una richiesta risarcitoria, accolta dal giudice nella forma della reintegrazione in forma specifica. 140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 presupposto sul quale il privato fonda la propria pretesa, che il giudice dovr considerare alla stregua di un dato di fatto onde verificare il prevedibile esito che la successiva attivit amministrativa avrebbe (legittimamente) prodotto. Il che equivale a dire che il giudizio di spettanza non potr divenire la sede per un sindacato potenzialmente idoneo ad investire la legittimit di tutto loperato a monte della decisione illegittima fonte del danno, ma dovr piuttosto riguardare soltanto lo stesso episodio amministrativo che viene in considerazione in sede impugnatoria, nei limiti del thema decidendum segnato dai motivi del ricorso e delleventuale ricorso incidentale. Neppure, a stretto rigore, potrebbe trovare applicazione, in via analogica nellambito del giudizio amministrativo, la regola dellart. 1442, comma 4, c.c.. Evidentemente, infatti, anche in presenza di uneccezione ritualmente sollevata, diretta a far valere lillegittimit del provvedimento presupposto (31) (con il fine di escludere la spettanza al privato del bene della vita connesso al provvedimento successivo), il giudice dovrebbe comunque effettuare una disapplicazione che esula, come tale, dal suo strumentario (32). Ancor pi fondate appaiono queste conclusioni se si fa proprio il condivisibile ordine concettuale recentemente privilegiato dal Consiglio di Stato, secondo cui Il principio della pregiudiziale non si fonda () sullimpossibilit per il giudice amministrativo di esercitare il potere di disapplicazione, ma sullimpossibilit per qualunque giudice di accertare in via incidentale e senza efficacia di giudicato lillegittimit dellatto, quale elemento costitutivo della fattispecie della responsabilit aquiliana ex art. 2043 cod. civ. (33). Tale orientamento che conduce a considerare infondata nel merito, e non gi inammissibile, la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non impugnato muove dal presupposto per cui la mancata impugnazione dellatto fonte del danno consente a tale atto di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l'osservanza ai consociati; il che evidentemente impedisce che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dallAmministrazione in esecuzione dell'atto inoppugnato (34). (31) molto dubbio, peraltro, che una simile eccezione possa essere sollevata dalla stessa amministrazione che ha adottato il provvedimento presupposto: questa infatti dovrebbe al limite annullare il provvedimento illegittimo esercitando i propri poteri di autotutela. (32) Tra laltro, come rileva G. GRECO, La Cassazione conferma il risarcimento autonomo dellinteresse legittimo: progresso o regresso del sistema?, in Dir. proc. amm., 2009, p. 488, proprio lart. 1442, comma 4, cod. civ. dimostra come vi sia una profonda diversit fra gli istituti del contratto e del provvedimento, perch, mentre lannullabilit del contratto pu sempre essere eccepita (anche se prescritta la relativa azione), lillegittimit del provvedimento inoppugnabile non pu certo essere fatta valere per neutralizzarne lesecuzione. (33) V. nota successiva. (34) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1917, nonch Cons. Stato, Sez. VI, 21 aprile IL CONTENZIOSO NAZIONALE 141 Orbene, se vero che lassetto di interessi scolpito da un provvedimento illegittimo non pu pi considerarsi contra ius in seguito al decorso infruttuoso del termine di impugnazione (35), allora limpossibilit per il giudice di re- 2009, n. 2436, che rimette allAdunanza plenaria la questione sullesistenza della pregiudizialit amministrativa, previo esame della compatibilit della soluzione negativa data dalla Corte di Cassazione, nelle ordinanze 13 giugno 2006, n. 13659 e 13660, e, quindi, nella lettura da questa datane dellart. 7 legge n. 1034 del 1971, con il principio di ragionevolezza anche sistematica e con i principi di cui agli artt. 111, 81, 97, 103 e 113 Cost.. Per un commento di questultima sentenza v. F. CORTESE, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato sul risarcimento del danno da provvedimento illegittimo: motivi ulteriori contro e per la c.d. pregiudizialit amministrativa, in Dir. proc. amm., 2009, p. 511 ss. V., ancora, le seguenti sentenze: Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 587; Cons. Stato, Sez. VI, 19 giugno 2008, n. 3059; Cons. Stato, Ad. plen., 22 ottobre 2007, n. 12; Cons. Stato, Sez. IV, 8 maggio 2007, n. 2136. (35) Di contrario avviso, ovviamente, la Corte di Cassazione, la quale (da ultimo nella sentenza delle Sezioni Unite, 23 dicembre 2008, n. 30254, reperibile in www.giustamm.it, con commenti di A. ROMANO TASSONE, F. SATTA, R. VILLATA, C. MARRONE, P. CARPENTIERI, R. GISONDI, P. QQUINTO E M.A. SANDULLI) muove dal presupposto secondo cui la circostanza che la parte che potrebbe avere interesse all'annullamento dell'atto non lo chieda non comporta che esso divenga valido o cessi di essere rilevante la contrariet del comportamento alla sua regola [] Nel diritto amministrativo, l'inoppugnabilit non si traduce in convalidazione del provvedimento illegittimo, di cui resta possibile l'annullamento dall'amministrazione che lo ha emesso. E perci se, per non esserne stata chiesta la sospensione, l'atto non perde efficacia e pu continuare ad essere eseguito, il comportamento tenuto, prima nell'adottarlo e poi nell'eseguirlo, non perde i suoi tratti di comportamento illegittimo, fonte di responsabilit, per il fatto che dell'atto neppure sia stato poi chiesto l'annullamento. Secondo la Corte, ancora, quando si discute sulla spettanza del risarcimento del danno, si deve accertare che la parte ha subito un danno per effetto della mancata realizzazione del suo interesse e questo a causa dell'esercizio illegittimo della funzione pubblica. Si esercita, dunque, un potere che nulla ha a che vedere con quello di disapplicazione, che al contrario consiste nel tenere per non prodotti quegli effetti di un atto, che rilevano come presupposto della legittimit del provvedimento, esso oggetto della domanda di annullamento. Si tratta di un argomento pi volte espresso dalla dottrina, per cui ai fini del risarcimento non si tratta di considerare latto come non avesse prodotto alcun effetto ma, allinverso, di verificare, nellanalisi principaliter degli elementi costituitivi dellillecito, che esso ha prodotto un effetto nefasto, la cui perniciosit si intende elidere sul piano risarcitorio. Cos F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, Milano, 2003, p. 558. Per unanaloga impostazione v. L. TORCHIA, Commento, in Giorn. dir. amm., 2003, p. 584; F. VOLPE, Una falsa soluzione al problema del pregiudiziale annullamento dell'atto amministrativo illegittimo nelle azioni risarcitorie per lesione di interesse legittimo, in Corr. giur., 2004, p. 348; M. ALLENA, La pregiudizialit amministrativa fra annullamento e tutela risarcitoria, in Dir. proc. amm., 2006. Contrario alla disapplicazione, e critico con limpostazione descritta, G. GRECO, Inoppugnabilit e disapplicazione dellatto amministrativo nel quadro comunitario e nazionale (note a difesa della c.d. pregiudizialit amministrativa), in Riv. it. dir. pubbl. com., 2006, p. 523 s., secondo il quale la ricostruzione della Corte di Cassazione trascura la forza giuridica del provvedimento e, cio, la sua attitudine a realizzare un assetto di interessi, incompatibile ove non venga rimosso con ogni pretesa illiceit. Poich infatti, come rileva lAutore, la persistente efficacia del provvedimento amministrativo costituisce titolo legittimante della condotta o dellomissione che ne costituisce esecuzione, per potersi qualificare tale condotta o omissione in termini di illecito, occorre rimuovere il detto titolo. Ci che pu effettuarsi soltanto attraverso lannullamento, ovvero attraverso la disapplicazione del provvedimento. In altri termini, sostiene Greco, valutare il provvedimento e la sua illegittimit semplicemente come fatto rilevante ai fini del risarcimento significa depotenziarlo della sua capacit di produrre effetti (in particolare di rendere lecita la sua esecuzione), il che si traduce nel non applicarlo come tale, e quindi nel disapplicarlo. Daltra parte, se lattivit esecutiva di un provvedimento illegittimo non impugnato lecita e anzi doverosa, non si comprende come potrebbe contemporaneamente considerarsi illecita ai fini del risarcimento, senza con ci violare il principio di non contraddizione dellordinamento. In tal senso, dello stesso Autore, v. anche La Cassazione conferma, cit., p. 493. 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 spingere una pretesa privata che sia fondata su un provvedimento (presupposto) illegittimo ma inoppugnato, non dipender da una preclusione di ordine processuale (come la mancanza del potere di disapplicazione), bens da un elemento di carattere sostanziale: non sar cio possibile asserire lingiustizia del fondamento sostanziale della domanda proposta. Segue: peculiarit dellevidenza pubblica Se quella finora espressa limpostazione teorica che si ritiene pi coerente con le caratteristiche sistemiche della giustizia amministrativa (36), bisogna nondimeno effettuare alcune precisazioni con specifico riguardo alla materia dellevidenza pubblica, che poi lambito nel quale si verificata la fattispecie in commento. Occorre tenere presente che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, in caso di procedure di gara la collocazione al secondo posto in graduatoria non d automaticamente diritto allattribuzione dellappalto, una volta che sia stata annullata laggiudicazione in favore della prima classificata. Lamministrazione infatti, almeno fino alla stipulazione del contratto, conserva la facolt di escludere dalla gara, per difetto dei necessari requisiti, uno o pi concorrenti gi ammessi, nonch di richiedere agli stessi il completamento della documentazione atta a dimostrare la regolarit della loro partecipazione. Ma se cos, allora la valutazione compiuta dufficio dal giudice in sede di giudizio di spettanza sulla illegittimit della collocazione in graduatoria dellimpresa ricorrente, non si traduce nella disapplicazione di un provvedimento non impugnato; in realt loperazione logica che il giudice chiamato ad espletare diversa, e consiste nel valutare come lamministrazione avrebbe dovuto agire Autorevoli sostenitori della pregiudizialit amministrativa sono anche, fra gli altri, G. FALCON, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimit e giurisdizione di spettanza, cit., p. 312 ss.; G. ROSSI, Diritto amministrativo, Milano, 2005, p. 449; M.A. SANDULLI, Ancora un passo (indietro) nel gioco delloca sulla pregiudiziale di annullamento, in www.giustamm.it; P. DE LISE, I nuovi confini della giurisdizione esclusiva (origine, contenuto e conseguenze), in M.A. SANDULLI (a cura di), Le nuove frontiere del giudice amministrativo tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva, Milano, 2005, p. 101. (36) Le considerazioni qui espresse si basano in buona parte sul presupposto dellesistenza della pregiudizialit amministrativa come principio regolatore del rapporto tra azione demolitoria e azione risarcitoria davanti al giudice amministrativo. Nuovi scenari protrebbero dunque aprirsi in seguito allapprovazione del codice del processo amministrativo, in attuazione dellart. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che allart. 39 esclude la necessaria preventiva impugnazione del provedimento illegittimo come presupposto per la proposizione dellazione di risarcimento de danno. Pur con questa avvertenza, si ritiene comunque di una qualche utilit richiamare lattenzione su una problematica cui la dottrina si poco (o niente) dedicata, nonostante si colleghi ad una materia la responsabilit della p.a. investita negli ultimi anni da una copiosa produzione scientifica. Da ultimo, si segnala il volume di G. CORSO e G. FARES, La responsabilit della pubblica amministrazione, Torino, 2009, nel quale sono compendiate e commentate le sentenze pi interessanti con riferimento ai vari profili nei quali si articola la materia della responsabilit civile dellamministrazione. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 143 (e non, si badi, come avrebbe in concreto agito) nei confronti della seconda classificata in seguito allannullamento dellaggiudicazione gi disposta. Ora chiaro che, cos come lamministrazione avrebbe dovuto in tal caso rilevare le eventuali irregolarit nellammissione alla gara di tale impresa (con la conseguenza di non doverla individuare quale aggiudicataria), ugualmente il giudice potr e dovr accertare tali irregolarit nellambito del giudizio prognostico, con la conseguenza di negarle qualsiasi risarcimento. In pratica, la circostanza che residuino in capo allamministrazione agente margini di operativit compresi fra il provvedimento presupposto (collocazione al secondo posto) e il provvedimento attributivo del bene della vita finale (aggiudicazione), consente al giudice di accertare che lamministrazione, avendo lobbligo giuridico di annullare il provvedimento presupposto (cio di escludere limpresa gi ammessa in graduatoria), non avrebbe dovuto assegnare il bene al soggetto in questione. Si consideri che, cos facendo, lattenzione del giudice non ricade direttamente sul modo in cui lamministrazione ha gi agito (attraverso il provvedimento non impugnato), e non porta quindi a censurare tale operato mediante unipotesi di disapplicazione provvedimentale; ma ricade, al contrario, sullo sviluppo successivo che lazione amministrativa avrebbe dovuto ricevere a partire dalla constatazione che vi era un obbligo di non aggiudicare allimpresa illegittimamente ammessa. Il che comporter il diniego di qualsiasi forma di risarcimento, anche in termini di perdita di chance. Al di fuori di queste ipotesi, e di altre analoghe, non si potrebbe per ricorrere ad unargomentazione di questo tipo: poich lamministrazione pu sempre annullare in autotutela un provvedimento presupposto illegittimo, ci sufficiente ad escludere la spettanza del bene collegato al provvedimento presupponente (37). Cos non , in realt, perch da un lato non vero che lannullamento dufficio sempre consentito; dallaltro, perch il giudice non pu attribuire ad un fatto del tutto eventuale e discrezionale dellamministrazione e si badi che lamministrazione che ha adottato il provvedimento presupposto potrebbe anche non essere la stessa cui compete ladozione del provvedimento conseguente unefficacia escludente dellingiustizia del danno inferto ad interessi gi consolidati. Diversamente, ci troveremmo di fronte allinaccettabile paradosso di diritti o interessi a tutela dimidiata, solo perch (pi) esposti allalea di un futuro intervento restrittivo della p.a. Per fare un esempio che aiuti a comprendere il senso di quanto sostenuto, si potrebbe pensare ad unimpresa che, dopo aver ottenuto illegittimamente lautorizzazione allapertura di uno stabilimento industriale in unarea economicamente depressa, proponga istanza per la concessione di finanziamenti (37) Si consideri che il rapporto tra i due provvedimenti non necessariamente di presupposizione in senso tecnico, ma pu essere anche di mera consequenzialit logica o cronologica. 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 pubblici previsti con riferimento al suo settore di attivit. Si ipotizzi che il finanziamento le venga negato (ad esempio perch lamministrazione rileva erroneamente che listanza stata presentata oltre i termini), e che tale impresa agisca in giudizio contro lamministrazione stessa per il risarcimento del danno. Al che si domanda: potrebbe mai il giudice rigettare il ricorso, nel presupposto che lillegittimit-annullabilit (in autotutela) dellautorizzazione a monte valga ad escludere la spettanza del finanziamento? (38) Lart. 246 del codice degli appalti e la pregiudiziale amministrativa Alcune brevi osservazioni debbono infine essere dedicate allart. 246 del codice degli appalti, ai sensi del quale, come si visto, nelle procedure ad evidenza pubblica relative alle cc.dd. grandi opere, lannullamento dellaggiudicazione non pu comportare conseguenze di alcun tipo sul contratto gi stipulato. Si tratta di una norma molto particolare, la cui finalit consiste ovviamente nellassicurare la pi celere realizzazione possibile delle opere di valore strategico per leconomia e lo sviluppo del Paese. Lapplicazione di questa norma alla fattispecie esaminata ha fatto s che il T.A.R. abbia dichiarato limprocedibilit del ricorso proposto contro il provvedimento di aggiudicazione e si sia quindi pronunciato sulla sola istanza risarcitoria. Ora, il punto se si possa rinvenire in tale disposizione una implicita smentita circa la sussistenza della pregiudizialit amministrativa. Questo perch sembrerebbe chiara, in tal caso, la scissione tra rimedio caducatorio e rimedio risarcitorio, e quindi la non consequenzialit di questo rispetto al primo. A ben vedere, tuttavia, il tenore letterale della disposizione si presta ad una interpretazione addirittura antitetica, dalla quale piuttosto che una smentita parrebbe discendere una conferma della pregiudizialit. Stabilendo invero che la sospensione o lannullamento dellaffidamento non comporta la caducazione del contratto gi stipulato e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente, tale norma implicitamente afferma che alla sospensione o allannullamento dellaggiudicazione non osta la circostanza che il contratto sia gi stato stipulato. Il giudice quindi, anzich dichiarare limprocedibilit del ricorso contro il provvedimento, dovrebbe a stretto (38) Analogamente, si potrebbe anche domandare: lillegittimit del permesso di costruire sulla base del quale un soggetto ha realizzato sul proprio fondo un fabbricato pu forse impedire che il valore di questultimo assuma rilievo ai fini dellindennit di esproprio? Questo caso non evidentemente assimilabile, e richiede quindi una soluzione diversa, rispetto a quello della radicale mancanza del titolo abilitativo (che d luogo ad una fattispecie di abuso), sul quale la giurisprudenza consolidata si pronunciata nel senso che il valore dellimmobile abusivo non entra nel computo dellindennizzo (v., supra, nota 6). IL CONTENZIOSO NAZIONALE 145 rigore pronunciarsi nel merito dello stesso, anche se ci potr avere conseguenze soltanto sul piano della risarcibilit. Stimolato in tal senso dalla difesa dellamministrazione statale, il Consiglio di Stato ha lasciato intendere in pi di un passaggio della motivazione (39) di condividere questo approccio. Ci, in particolare, attraverso lesplicita affermazione secondo cui al limite si pu dubitare intorno alla esattezza della statuizione di improcedibilit del ricorso principale e connesso incidentale, non anche sul fondamento sostanziale di essa (40). In unanaloga fattispecie, tra laltro, il giudice di primo grado si determinato nel senso della procedibilit del ricorso, nel presupposto che una pronuncia di segno contrario non sia autorizzata dalla lettera della norma. Questa infatti un qualche effetto alleventuale annullamento dellaggiudicazione lo riconosce, e cio il risarcimento del danno (41). Si fa notare, in ogni caso, che se anche non si dovesse condividere questa ricostruzione pu sembrare eccessivo, in effetti, porre a carico del privato lonere di una tempestiva impugnazione del provvedimento, quando dallannullamento del medesimo non potrebbero discendere conseguenze concrete , si dovrebbe ugualmente rilevare che lart. 246 del codice degli appalti, in quanto norma di carattere eccezionale (42), non sarebbe comunque idoneo a fornire un argomento a sfavore della pregiudizialit. Anzi, proprio per il suo valore di eccezione, esso finirebbe inevitabilmente per confermare la regola. Ci detto non si possono tacere, conclusivamente, alcune perplessit sul contenuto sostanziale della norma in esame. Non vՏ dubbio che essa presenti aspetti di criticit sotto il profilo della compatibilit costituzionale della disciplina recata, soprattutto con riferimento ai canoni dellart. 113, comma 2, e dellart. 97, comma 1, della Costituzione. Lart. 113, comma 2, prevede, come noto, che la tutela contro gli atti della p.a. non pu essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. Si sancisce in tal modo il principio secondo cui la tutela nei confronti dellamministrazione deve essere piena, al pari di quella assicurata contro gli altri soggetti dellordinamento. Ma se cos, allora non pu che balzare agli occhi la problematicit di una norma che esclude la possibilit di avvalersi del rimedio annullatorio (assimilabile ad una (39) Ci si riferisce sempre alla sentenza n. 2435/2009 in commento. (40) In un altro passaggio, il Consiglio di Stato punta laccento sulla ritualit dellimpugnazione proposta in primo grado, la quale ha consentito la valutazione del ricorso (anche di quello incidentale) sulla fondatezza della pretesa. Ancora, si consideri che la scelta del T.A.R di dichiarare limprocedibilit dei ricorsi principale ed incidentale aventi ad oggetto laggiudicazione, oltre ad essere definita (solo) plausibile, viene giustificata in base a motivazioni di economia processuale. (41) Cos T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 29 ottobre 2008, n. 1480. In tale sentenza si richiama e si critica esplicitamente la sentenza del T.A.R. Lazio qui commentata. (42) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2009, n. 1589. 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 forma di reintegrazione in forma specifica), con riferimento a determinate categorie di atti, cio le aggiudicazioni nel campo delle grandi opere. vero che la non annullabilit (rectius, la sostanziale esclusione dellefficacia tipica dellannullamento) viene circoscritta alle sole ipotesi in cui sia gi intervenuta la stipulazione del contratto, ma ci non muta granch la situazione. Difatti, potendo il contratto vista la mancanza di una sanzione per il mancato rispetto dellart. 11, comma 10, del codice degli appalti (43) essere stipulato immediatamente, anche il tempo a disposizione del ricorrente per lattivazione del rimedio caducatorio potr ridursi in modo decisivo. Il che fa s che solo in via cautelare sar possibile conseguire un qualche risultato. Quanto allart. 97, comma 1, Cost., alcuni problemi si pongono rispetto al principio di imparzialit ivi enunciato. evidente, infatti, che la norma dellart. 246 presta il fianco a forme di abuso, nella misura in cui consente lassegnazione in via definitiva di unutilit ad un soggetto che non la meritava, ma che pu essere favorito con un tempestiva stipulazione del contratto prima che intervenga lannullamento dellaggiudicazione. Senza considerare, poi, le possibili collusioni che potrebbero verificarsi tra le imprese prima e seconda classificata, per ritardare ad un momento successivo rispetto alla stipulazione del contratto lattivazione del rimedio risarcitorio, in modo da assicurare ad entrambe un beneficio. Ci che entrerebbe in rotta di collisione anche con il principio del buon andamento. Proprio su questultimo principio fa leva lunica difesa che la norma pu ricevere sul piano della conformit alla Costituzione. Il buon andamento assicurato dalla rapidit della procedura e dallabbattimento della potenziale paralisi che verrebbe determinata dallinstaurazione di un contenzioso. Si deve per ritenere che una simile giustificazione possa essere accettata soltanto se il campo di applicazione della norma considerata sia veramente circoscritto ad ipotesi rare ed eccezionali (anche se le pi importanti sotto il profilo qualitativo, trattandosi di opere strategiche). Per questo, pi che sullart. 246 del codice degli appalti, le censure di incostituzionalit qui prospettate dovrebbe travolgere una norma di recente emanazione, e cio lart. 20, comma 8, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Questa estende il principio dellintangibilit del contratto gi stipulato a tutte le procedure amministrative che si riferiscono a investimenti pubblici, di competenza statale o regionale, individuati come prioritari per lo sviluppo economico del terri- (43) Secondo cui Il contratto non pu comunque essere stipulato prima di trenta giorni dalla comunicazione ai controinteressati del provvedimento di aggiudicazione, ai sensi dellarticolo 79, salvo motivate ragioni di particolare urgenza che non consentono allamministrazione di attendere il decorso del predetto termine. La deroga di cui al periodo precedente non si applica ai contratti relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi, di cui alla parte II, titolo III, capo IV. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 147 torio nonch per le implicazioni occupazionali ed i connessi riflessi sociali (44). Come se non bastasse, poi, il successivo comma 8-bis esclude lapplicabilit in questi casi del termine minimo di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione ai controinteressati dellaggiudicazione (45) prima di potersi procedere alla stipulazione del contratto, e riduce a trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento il termine per proporre ricorso al T.A.R. Risulta evidente che lapplicazione potenzialmente cos ampia di una norma a dir poco critica sotto il profilo costituzionale, ne rende prevedibile, oltre che auspicabile, la declaratoria di illegittimit. Dott. Federico Dinelli* Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 21 aprile 2009 n. 2435 - Pres. Trotta, Est. Carella - TOTO SpA (Avv.ti G. e G. Pellegrino) c. Min. infrastrutture (Avv.ti dello Stato A. Elefante e G. De Bellis). (Omissis) FATTO La Toto spa che si classificata seconda con il punteggio di 70,95 nellincanto pubblico ad offerta economicamente pi vantaggiosa (art. 21, comma 1 lettera b e ter, legge n. 109/1994) per la progettazione ed esecuzione dei lavori acquedottistici della galleria Pavoncelli bis (infrastruttura strategica ai sensi della legge n. 443 del 2001), rispetto alla prima graduata ATI Societ Italiana Condotte dAcqua Spa con punti 93,37 ha introdotto in primo grado due ricorsi che sono stati riuniti dalla sentenza odiernamente gravata. Con il primo (RG.7224/2006) tale societ nel chiedere in via principale lannullamento dellaggiudicazione provvisoria e in via derivata, come da motivi aggiunti, quella definitiva ha dedotto, alla stregua di cinque mezzi, che lATI aggiudicataria doveva essere invece esclusa in quanto la mandante Alicante aveva presentato una SOA irregolare, sostituita (in via postuma alla partecipazione) da altra SOA, peraltro inadeguata secondo quanto prescritto dal bando di gara; inoltre, a seguito dellaccesso e con successivi motivi aggiunti, la ricorrente ha proposto i seguenti ulteriori motivi dimpugnazione: 1) violazione art. 75 DPR 554/1999 e del punto 6 del disciplinare di gara, posto che le man- (44) La norma stabilisce che Le misure cautelari e l'annullamento dei provvedimenti impugnati non possono comportare, in alcun caso, la sospensione o la caducazione degli effetti del contratto gi stipulato, e, in caso di annullamento degli atti della procedura, il giudice pu esclusivamente disporre il risarcimento degli eventuali danni, ove comprovati, solo per equivalente. Il risarcimento per equivalente del danno comprovato non pu comunque eccedere la misura del decimo dell'importo delle opere che sarebbero state eseguite se il ricorrente fosse risultato aggiudicatario, in base all'offerta economica presentata in gara. Per una conferma che anche da tale norma si pu trarre in ordine alla sussistenza della pregiudiziale amministrativa, v. Cons. Stato, Sez. VI, 21 aprile 2009, n. 2436. (45) V. nota 43. (*) Dottore in giurisprudemza, ha svolto la pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 danti SELI S.p.a., con riguardo ad un soggetto munito di poteri di gerente e di rappresentante, ed Alicante Costruzioni S.r.l., con riguardo al direttore tecnico, non avrebbero prodotto le dichiarazioni richieste dalle norme rubricate; 2) Violazione art. 75 DPR 554/1999, atteso che non vi sarebbe traccia nella documentazione del certificato del casellario generale del procuratore speciale della mandante DEC S.p.a.; 3) Violazione artt. 38 e 47 DPR 445/2000, poich nella dichiarazione di conformit dei titoli di studio dei progettisti della Politecnica Ingegneria e Architettura Soc. Coop. mancherebbero i documenti didentit di alcuni ingegneri; 4) Violazione di legge (art. 13 co. 5 bis e 6 L. 109/1994. Violazione art. 93, co. 3, DPR 554/1999. Violazione del principio di immodificabilit del soggetto e di par condicio) ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, giacch lATI controinteressata ha modificato la compagine associativa accettando la dichiarazione di recesso della Alicante Costruzioni S.r.l.; 5) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 75, co. 1 lett. h, DPR 554/1999, art. 95, co. 4, DPR 554/1999, art. 3, co. 6, L. 34/2000, art. 13 L. 109/1994) ed eccesso di potere (difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, violazione del disciplinare di gara) in quanto la Alicante Costruzioni S.r.l. avrebbe presentato in sede di offerta false dichiarazioni attestando anche la sussistenza di requisiti smentiti dai bilanci 2003, 2004 e dalla bozza di bilancio 2005. LAvvocatura dello Stato, che ha eccepito linammissibilit del ricorso introduttivo in quanto proposto avverso un atto non definitivo, ha per concluso per il rigetto del ricorso, mentre le societ controinteressate, nel resistere alle censure dedotte, hanno proposto a loro volta ricorso incidentale avverso i verbali di gara ed i conseguenti provvedimenti adottati dallamministrazione nella parte in cui non stata disposta lesclusione della Toto spa, per le seguenti ragioni: a. Violazione e falsa applicazione di ogni norma e principio in materia di qualificazione (DPR 34/2000; art. 74 DPR 554/1999, art. 18 L. 55/1990 e s.m.i., lex specialis) ed eccesso di potere (difetto di istruttoria, carenza e erroneit dei presupposti) perch la Toto S.p.a. non avrebbe qualificazione per le categorie OG6 e OG9, a qualificazione obbligatoria, per cui avrebbe dovuto costituire unATI verticale o dichiarare di subappaltare i lavori afferenti dette categorie, mentre, dichiarando di voler subappaltare parte dei lavori rientranti nelle categorie OG4, OG1, OG6 e OG9, dovrebbe necessariamente eseguire in proprio parte dei lavori ricadenti nelle categorie per le quali non qualificata; b. Violazione e falsa applicazione del bando di gara e di principi generali (buon andamento, regolarit della procedura di gara, par condicio) ed eccesso di potere (difetto di istruttoria, carenza ed erroneit dei presupposti) in quanto la Toto S.p.a. avrebbe prodotto una garanzia fideiussoria nella quale la compagnia assicuratrice non ha rinunciato a far valere le eccezioni ex art. 1945 c.c. come espressamente richiesto dal disciplinare di gara ed, inoltre, tale ricorrente principale avrebbe individuato quale progettista la costituenda associazione temporanea tra le societ SWS Engineering S.p.a. ed ECO Consulting Ingegneria S.r.l., ma non sarebbe stata dichiarata n da tali Societ n dalla Toto S.p.a., come invece richiesto dal disciplinare, la ripartizione dei servizi di progettazione da eseguirsi; c. Violazione e falsa applicazione di legge (lex specialis, art. 17 L. 109/1994 e s.m.i., art. 51 DPR 554/1999) ed eccesso di potere (difetto di istruttoria, erroneit e carenza dei presupposti, difetto di motivazione), nellassunto che la ricorrente principale avrebbe individuato quale progettista una costituenda ATI senza prevedere la presenza nel raggruppamento di almeno un progettista che abbia conseguito il diploma di laurea da non oltre sette anni. Nelle successive memorie, la Toto S.p.a. ha dichiarato di avere esclusivo interesse alla tutela IL CONTENZIOSO NAZIONALE 149 risarcitoria per equivalente, unica tecnica di tutela prevista dallart. 246 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, rilevando limprocedibilit per sopravvenuta carenza di interesse, sia dellazione annullatoria che dello stesso ricorso incidentale il quale, peraltro, sarebbe inammissibile e infondato nel merito, mentre le controinteressate, hanno argomentato in contrario, insistendo per laccoglimento del ricorso incidentale e per la declaratoria di inammissibilit o comunque per il rigetto del ricorso. Il secondo ricorso di primo grado (RG n. 11449/2006) riguarda domanda di risarcimento del danno derivante dalla illegittima aggiudicazione dei lavori di completamento della galleria Pavoncelli bis, specificando diffusamente le ragioni di illegittimit degli atti causativi del danno (come sopra esposte), ed indicando altres criteri per la quantificazione dello stesso (10% dellofferta quale mancato utile, perdita della spendita delle lavorazioni in discorso nelle future gare, spese sostenute per la partecipazione alla gara, rivalutazione ed interessi): in questo gravame si costituita soltanto la difesa statale. Il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe indicato, con la impugnata sentenza, riuniti i ricorsi, ha dichiarato il primo gravame improcedibile con riferimento sia allimpugnativa principale che a quella incidentale, alla luce dellart. 246, comma 4, del d.lvo 12 aprile 2006 n. 163, non potendo la ricorrente principale allesito del giudizio eventualmente positivo ottenere una nuova aggiudicazione in suo favore e, daltra parte, neppure la ricorrente incidentale ricevere nocumento alcuno, con la conseguenza che la tutela sostanziale della posizione giuridica della Toto spa pu avvenire soltanto attraverso lo strumento risarcitorio. Sotto tale aspetto, la domanda risarcitoria stata ritenuta dal TAR ammissibile, ma nel concreto da respingere per lassenza di un danno ingiusto in relazione allinfondatezza della pretesa, non potendo la Toto spa conseguire il bene della vita reclamato e cos divenire legittima aggiudicataria in quanto doveva essere esclusa dalla gara sulla base degli argomenti desumibili dal ricorso incidentale proposto dallATI controinteressata nonch della documentazione prodotta e, in particolare: i. la Toto spa, come da attestazione SOA, non qualificata per le categorie OG6 e OG9, che sono a qualificazione obbligatoria per cui, avendo dichiarato di voler subappaltare partedelle lavorazioni (OG4 OG1 OG6 OG9) , finirebbe per eseguire direttamente lavori nelle categorie OG6 e OG9 per le quali non provvista di qualificazione; ii. a non diversa conclusione si perviene ove volesse ritenersi che lindicazione parte sia sul piano logico da riferire alle sole categorie per le quali la Toto qualificata (OG1 e OG4) e non anche alle categorie per le quali non dotata di qualificazione (OG6 e OG9), dovendo queste essere totalmente subappaltate, in quanto in tal caso limpresa, non operando nella dichiarazione siffatta distinzione ma utilizzando indifferentemente lindicazione parte per tutte e quattro le categorie di lavori, avrebbe reso una dichiarazione incompleta e tale da costituire anchessa causa di esclusione; iii. la Toto spa che ha individuato ex art. 19, comma 1 ter, della legge n. 109, il progettista nella costituenda ATI Societ SWS Engineering spa e Societ Eco Consulting Ingegneria doveva essere esclusa dalla gara, essendo stata omessa lindicazione dei servizi di progettazione che sarebbero stati eseguiti da parte di ciascuna di queste associate; iv. la fideiussione prodotta dalla Toto spa non contiene la espressa rinuncia a far valere le eccezioni di spettanza del garantito, sicch, anche volendo riconoscere alla clausola con cui il garante si impegna al pagamento a semplice richiesta scritta leffetto sostanziale di precludere lopponibilit al beneficiario delle eccezioni altrimenti spettanti al debitore principale ai sensi dellart. 1945 c.c., la fideiussione si presenta comunque incompleta e avrebbe dovuto 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 condurre allesclusione della candidata, non potendo ricorrere lamministrazione aggiudicatrice ad interpretazione di tipo sostanzialistico ma dovendo applicare alla lettera le regole di gara che, nel caso di specie, hanno previsto a pena di esclusione che nella fideiussione sia contenuta la dichiarazione da parte del fideiussore di rinuncia a far valere le eccezioni di spettanza del garantito. Con lappello in esame, listante originaria ha chiesto che il ricorso di primo grado di cui a RG n. 1449/06 sia accolta e lAmministrazione appellata condannata al risarcimento dei danni per come quantificati nel ricorso introduttivo e sub IV dellappello stesso, contestando il ragionamento sviluppato dal TAR con la articolazione argomentativa di seguito riportata: I. erroneit della decisione appellata nella parte in cui conclude per la carenza del requisito di ingiustizia del danno, avendo i primi giudici ritenuto di poter affermare (dufficio) lillegittimit dellammissione alla gara della ricorrente ed utilizzato le motivazioni proprie di una eccezione, senza che la stessa sia stata sollevata dallunica parte resistente nel giudizio risarcitorio (la difesa statale), violando in tal modo gli artt. 112 e 115 c.p.c. nonch disapplicando atti amministrativi e ribaltando regole fondamentali del nostro ordinamento nellintento di superare la c.d. pregiudiziale amministrativa; II. illegittimit dellaggiudicazione allATI Condotte, sostanzialmente riproponendo le censure di primo grado; III. inescusabilit delle illegittimit denunziate, essendo state violate elementari regole in materia di evidenza pubblica e appalti di lavori, ed in quanto nella materia speciale in discorso (art. 246 D.Lvo n. 163/2006) dette illegittimit costituiscono presupposto esclusivo e sufficiente per ottenere la tutela risarcitoria; IV. quantificazione del danno commisurato alla mancata aggiudicazione della gara e secondo una corretta analisi del bene della vita, essendo stata la ricorrente pacificamente ammessa e risultata seconda classificata (in reiterazione delle richieste economiche di primo grado); V. contestazione dei profili adottati dal TAR per affermare lesclusione della ricorrente (la locuzione parte da riferire soltanto alle categorie OG4 e OG1 in cui la Toto spa ha la qualificazione, mentre il subappalto avrebbe riguardato tutti i lavori rientranti nella categorie OG6 e OG9 e, comunque, versandosi in tema di mera incompletezza ovvero di irregolarit formale della dichiarazione, atteso che fin troppo noto che le lavorazioni scorporabili e rientranti in categorie a qualificazione obbligatorie possono essere realizzate solo da impresa in possesso della relativa qualificazione; nellappalto integrato i progettisti non assumono la qualit di concorrenti e, quindi, la prescrizione di cui al punto 1 bis del disciplinare ossia lindicazione della parte dei servizi che ciascuna impresa in ATI avrebbe svolto non indirizzata ai soggetti individuati ai sensi del comma 1 ter dellart. 19 legge n. 109 del 1994, ma soltanto al concorrente al pubblico incanto; la fideiussione presentata dalla Toto e rilasciata da Assitalia Assicurazioni dItalia SpA per quanto priva sul piano letterale del riferimento alla rinuncia alla possibilit di opporre eccezioni ai sensi dellart. 1945 c.c. stata in concreto modulata alla stregua di un contratto autonomo di garanzia, essendosi il Garante impegnato a pagare il creditore entro 15 giorni dalla semplice richiesta scritta inviata con lettera raccomandata. La controparte pubblica si costituita anche nellodierno grado, concludendo per il rigetto dellappello con conferma della sentenza impugnata, come da memoria depositata il 24 ottobre 2008. Lappellante ha replicato con la memoria versata il 21 novembre successivo. Alludienza del 2 dicembre 2008, sulle conclusioni rassegnate dalle parti dopo lampia di- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 151 scussione, la causa stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. Nel presente giudizio, controversa aggiudicazione di appalto integrato per la progettazione ed esecuzione dei lavori acquedottistici della galleria Pavoncelli bis che infrastruttura strategica ai sensi della legge obiettivo 21 dicembre 2001, n. 443 ed, in particolare, lammissibilit di una domanda risarcitoria riferita a lesione di interessi legittimi quando sussista, come nel caso di specie, declaratoria di improcedibilit riferita alla domanda di annullamento dellatto, cui dovrebbe ricondursi la lesione dellinteresse pretensivo fatto valere. Tale questione non nuova per questo Consiglio, che si gi pronunciato sui punti dibattuti tra le parti, con consolidata e persuasiva giurisprudenza dalla quale non vi ragione per discostarsi ed a cui si rinvia, ai sensi dellart. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205. 2. Preliminarmente occorre esporre in estrema sintesi i fatti di causa. La ricorrente originaria che si classificata seconda (punti 70,95) nellincanto pubblico per la realizzazione dellopera citata rispetto alla prima graduata ATI Condotte (punti 93) ha lamentato in primo grado, con due distinti ricorsi, la mancata esclusione del Raggruppamento controinteressato (RG 7224/2006) e, di conseguenza, ha reclamato il risarcimento danni derivante dalla illegittima aggiudicazione dei detti lavori (RG 11449/2006): con le memorie depositate nel primo ricorso, la Toto spa dichiarava di avere esclusivo interesse alla tutela risarcitoria per equivalente alla luce dellart. 246 del D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163, una volta stipulato il contratto dappalto, non soggetto per legge a nullit o annullabilit, e, pertanto, rappresentava limprocedibilit per sopravvenuta carenza di interesse dellazione annullatoria introdotta e del ricorso incidentale a sua volta promosso dal Raggruppamento Condotte avverso lomessa esclusione della ricorrente Toto spa. Con la impugnata sentenza il Tar adito, riuniti i due ricorsi, ha dichiarato improcedibili sia il ricorso principale che quello incidentale, con riguardo al ricordato art. 246, ritenendo in astratto ammissibile la separata domanda risarcitoria, ma nel concreto da respingere per lassenza di danno ingiusto in relazione allesclusione delibata della Toto spa con riferimento ai motivi incidentali (dichiarati improcedibili): in breve, la ricorrente principale mai sarebbe potuta divenire legittima aggiudicataria dei lavori in discorso. Come da esposizione in fatto, lappellante Toto spa, con il gravame in trattazione, contesta il ragionamento sviluppato dai primi giudici, ripropone le censure in primo grado specie quelle relative allesclusione della controinteressata ATI Condotte, confuta gli argomenti addotti dal TAR per la di lei esclusione prognostica ai fini risarcitori. Ci premesso, possono essere ora affrontate partitamente le questioni introdotte dalla societ appellante avverso la sentenza impugnata, che va invece ritenuta esente dalle censure mosse e, dunque, lappello deve essere respinto perch infondato. 3. Con una prima argomentazione, che abbraccia i motivi di censura rubricati dalla I alla IV della esposizione in fatto, la Toto spa, nel lamentarsi per la dichiarata assenza di un danno ingiusto, sostiene che erroneamente i primi giudici avrebbero ritenuto illegittima e disapplicata o ritirata dufficio la sua ammissione a gara, utilizzando lo strumento proprio di una eccezione che nella specie non era stata sollevata dalla difesa statale (in RG 11449/2006), cos sovvertendo gli automatismi propri dellevidenza pubblica e regole processuali fondamentali nellintento di superare la c.d. pregiudiziale amministrativa, ma con una analisi non corretta in termini di azione di danno delleffettivo bene della vita propugnato. Queste doglianze, alla luce delle loro interdipendenze, possono essere unitariamente scruti- 152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 nate. Le stesse non hanno pregio in quanto la societ appellante trascura di considerare la concomitanza di azione annullatoria e risarcitoria, ancorch alla stregua di due separati ricorsi (riuniti): come giustamente osservato dalla difesa statale nella memoria di appello (pag. 24), al limite si pu dubitare intorno alla esattezza della statuizione di improcedibilit del ricorso principale e connesso incidentale, non anche sul fondamento sostanziale di essa. Infatti, se le impugnative in parola fossero state respinte anzich dichiarate improcedibili, il discorso sviluppato dalla societ ricorrente non avrebbe ora senso. In ci lerrore in cui incorre la societ Toto: non che una diversa tecnica o decisione di tipo processuale, anzich altra, sposta i termini della questione sostanziale e modifica le ragioni di indole patrimoniale collegate (c.d. spettanza au fond della pretesa). N la versatile tecnica difensiva di rinunciare alla coltivazione del ricorso di legittimit e di dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse, non solo per s ma anche per la societ controinteressata che pure ha incidentalmente impugnato lammissione a gara della propria controparte, idonea ad inibire al giudice di conoscere in via principale dell unitario episodio in contestazione: difatti, linteresse risarcitorio permane in un contesto (riunito) nel quale la domanda di risarcimento dei danni sostanzialmente contestuale a quella di legittimit, seppure questa ha poi preso la piega dellimprocedibilit. Venendo cos al nodo centrale della controversia, lazione risarcitoria in esame, sia il passaggio della vicenda quello della inerenza alla giurisdizione amministrativa dannullamento, oppure sia la via da seguire quella di una domanda risarcitoria indipendente dalla caducatoria, comunque non pu prescindere dal considerare gli atti amministrativi controversi: in un caso, con riscontro diretto dellatto censurato a mezzo dei vizi tipici denunziati; nellaltro, con esame indiretto dello stesso atto per il tramite dei comportamenti denunziati come illeciti. In altre parole, la fattispecie di causa, attenga ad una ordinaria azione di risarcimento danni da (asserita) lesione di interessi legittimi o investa (secondo lo schema ipotizzato) una questione interpretativa connessa ad una situazione di c.d. pregiudizialit amministrativa, ad ogni modo essa non pu essere sottratta al preliminare accertamento che la censurata attivit della pubblica Amministrazione si configuri illegale (in termini di illegittimit o di illiceit): in sintesi, anche nel secondo caso latto amministrativo deve pur sempre risultare illegittimo in quanto manifestazione di attivit antigiuridica posta in violazione di norme di legge (Cons.St., IV, 11 dicembre 2007, n. 6346). Questa valutazione dellattivit come antigiuridica o meno si pone nellambito della fattispecie di illecito come condizione per il sorgere del risarcimento: ossia, levento ingiusto quando risulti contrastare con la situazione giuridicamente tutelata, in base ad un ipotetico giudizio prognostico (virtuale) da condurre con riferimento alla normativa positiva di settore secondo i suoi effetti tipici (Cass., SS.UU., 28 dicembre 2007 n. 27169). Tale processo virtuale volto a stabilire se il contenuto del provvedimento sarebbe stato diverso qualora lAmministrazione avesse agito legittimamente ovvero quale sarebbe stato il corso delle cose se il fatto antigiuridico non si fosse prodotto, vale a dire se lAmministrazione avesse agito correttamente (Cons. St., VI, 9 giugno 2008 n. 2751; Cass. SS.UU., 22 luglio 1999, n.500). Sulla base delle suddette precisazioni reso cos evidente come levento precede il danno dal punto di vista logico giuridico e gli conferisce la propria colorazione di ingiustizia: cio, il danno la possibile conseguenza della causa evento, ma ove questa sia realmente sussistente. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 153 Peraltro, il Collegio non pu neppure mancare di considerare che una domanda risarcitoria proposta in sede giurisdizionale per lesione di interessi legittimi ammissibile anche in caso di declatoria di improcedibilit riferita alla domanda di annullamento dellatto cui dovrebbe ricondursi la dedotta lesione (Cons.St., VI^, 18 marzo 2008, n. 1137): nella fattispecie, la declatoria di improcedibilit in nulla ha precluso lavvenuta valutazione concreta da parte dei primi giudici dellistanza risarcitoria con riguardo allatto lesivo ritualmente impugnato in primo grado con il ricorso principale (laggiudicazione) ed in relazione allutilit sostanziale perseguita (risarcimento). Inoltre, in disparte da ogni considerazione sullinteresse dellappellante a sollevare una siffatta censura quando la sua domanda risarcitoria stata comunque esaminata nel merito, giova osservare che, in realt, il ricorso incidentale deputato a svolgere la funzione di paralizzare la possibilit di accoglimento del ricorso principale, introducendo una ragione ostativa allaccoglimento delle censure dedotte (Cons.St., V, 14 aprile 2008, n. 1609) e, quindi, lo strumento incidentale funziona come uneccezione: secondo lopinione prevalente, invero, il ricorso incidentale, pur essendo formalmente una autonoma azione di impugnazione, da un punto di vista sostanziale (per lo meno in primo grado) consiste in una eccezione in senso tecnico in quanto mira a paralizzare lazione principale e a neutralizzare gli effetti derivanti da un eventuale accoglimento del ricorso principale, in questo caso con lobiettivo appunto di ribaltare la pronuncia in modo favorevole ad esso ricorrente incidentale e cos lasciare che il punto fondamentale controverso - immutato il medesimo assetto di interessi garantito dal provvedimento oggetto di impugnazione. Pertanto il TAR, nellesercizio dei poteri giurisdizionali, non ha affatto esorbitato dai propri limiti e, quindi, ritualmente ha potuto prendere in considerazione leccezione derivante dal ricorso incidentale, anche se dichiarato improcedibile. Ci in quanto, la finalit di concentrazione in ununica sede del contenzioso ingeneratosi tra le stesse parti in ordine a provvedimenti aventi il medesimo oggetto e la sovrapponibilit nelluno (giudizio annullatorio) come nellaltro caso (giudizio prognostico) del medesimo processo logico giuridico (accertamento dellantigiuridicit dedotta), rende plausibile la tecnica utilizzata della declatoria di improcedibilit dei ricorsi e di rigetto della domanda risarcitoria, siccome funzionale alle esigenze di effettivit della tutela giurisdizionale ed ai pi generali principi di giustizia sostanziale e di economia processuale. Per concludere ad avviso del Collegio la scissione tra formale pronuncia sulla legittimit del provvedimento impugnato (improcedibilit anzich annullamento) e valutazione dellistanza risarcitoria (collegata o indipendente che sia) non idonea di per s a pregiudicare la ragione sostanziale, se effettivamente sussistente, di un danno risarcibile secondo le regole proprie della responsabilit da fatto illegale di una Pubblica Amministrazione. I mezzi di censura (dalla prima alla quarta) vanno perci respinti in tutti i loro profili. 4. Nella discussione orale, labile difesa della societ appellante, a sostegno del ragionamento che lavvenuta ammissione non poteva essere rimessa in discussione dal giudice di prime cure, ha richiamato gli articoli 1421 e 1441 del codice civile su nullit ed annullamento del contratto. In sintesi, questo il senso della tesi: obbligo del giudice attenersi al petitum e dichiarare la nullit e/o annullamento del negozio in relazione alla causa indicata dallattore. Sul punto viene agevole rispondere che: a.- il giudice non tenuto a dichiarare una invalidit, pur risultante dagli atti, ove tale pronuncia non sia rilevante per la decisione della controversia (Cass. Civ., I, 18 aprile 1970, n. 154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 1127); b. il ricorso incidentale ha natura di eccezione riconvenzionale quando, come nella specie, la dedotta illegittimit dellatto presupposto (ammissione a gara) rivolta ad evitare il pregiudizio derivante dallesercizio dellazione giudiziale principale (impugnazione aggiudicazione), e perci si pone lesigenza di decidere simultaneamente e con ununica sentenza tutte le controversie esistenti fra i soggetti in lite (Cons.St., IV, 13 dicembre 1999, n. 1853; C.G.A., 30 giugno 1995, n. 249); c. il risarcimento del danno in via generale non pu essere riconosciuto se non vi sono gli estremi della antigiuridicit ed esso non , come noto, una conseguenza automatica dellannullamento giurisdizionale (Cons.St., V, 18 marzo 2002, n. 1562). Ma, soprattutto, lazione risarcitoria non soggetta alla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bens al principio dellonere della prova (art. 2697 cc e 115 cpc) in quanto inerente a processo avente ad oggetto diritti (risarcitori): questo giudizio verte principalmente sullesistenza delle condizioni (e relative prove) di danno ingiusto, rispetto alle quali pu essere strumentale, ma non ragione sufficiente (nella specie) lesclusione altrui. Pertanto non basta la deduzione, in base al principio dispositivo con metodo acquisitivo, dellillegittimit dellatto, essendo necessaria, in base al principio dispositivo, la dimostrazione, come da artt. 2697 c.c. e 115 comma 1 c.p.c., degli elementi che consentano di concludere in senso favorevole il giudizio sulla spettanza del risarcimento, e, cio, occorre innanzitutto la prova del danno ingiusto, nella sua esistenza (e nel suo ammontare), consistente nella verifica positiva degli specifici requisiti e, in particolare, nell accertamento di una effettiva lesione alla propria posizione giuridica soggettiva tutelata ovvero la violazione della norma giuridica che attribuisce la protezione a tale interesse (Cons. St., VI, 30 settembre 2008, n. 4689; Cass. Civ., I, 15 novembre 2005, n. 23029; Cons. St., IV, 03 maggio 2005, n.2136; e 17 settembre 2004, n. 6056). Lesame della correttezza delloperato dei primi giudici deve concentrarsi, dunque, sulla situazione in fatto legittimativa del diritto vantato rispettivamente dalle parti principale e incidentale: sotto tale aspetto va per vero riconosciuto che il TAR si semplicemente limitato ad esaminare i fatti introdotti ed a registrare le relative conseguenze ai fini risarcitori ed alla luce delle circostanze in appresso richiamate. Nella fattispecie non revocabile in dubbio che la controparte aveva fatto oggetto della propria tesi difensiva per lappunto lerronea ammissione della Toto Spa per le cause di esclusione opposte. Pertanto il giudice di prime cure non ha violato il principio di disponibilit delle prove, come da art. 115 del codice di procedura civile, secondo cui devono essere poste a base della decisione unicamente le allegazioni delle parti, cio le circostanze di fatto dedotte a fondamento della domanda o delleccezione e le prove offerte dalle parti medesime: nel vigente ordinamento processuale opera il principio dellacquisizione delle prove, in forza del quale il giudice libero di formare il suo convincimento sulla base di tutte le risultanze istruttorie, quale che sia la parte ad iniziativa della quale sia avvenuto il loro ingresso nello stesso giudizio (Cass. Civ., III, 10 ottobre 2008 n. 25028) o in altro tra le stesse parti (Cass. Civ., SS.UU., 8 aprile 2008 n. 9040). vero che, tanto con il ricorso principale quanto con quello incidentale, si tendeva ad ottenere una reciproca esclusione e, quindi, sulla base processuale di una parit logica tra parti contrapposte: tuttavia, correttamente il TAR ha stabilito di dichiarare improcedibili luno e laltro, ma nella sostanza effettivamente pronunciandosi, per economia processuale, sul ricorso inci- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 155 dentale tramite la domanda risarcitoria. Difatti, per stessa ammissione di parte ricorrente originaria, nella fattispecie, per lo speciale divieto di legge rammentato, non vera possibilit di eventuale rinnovazione della procedura di gara e vera preclusione legale a poter vedere annullato il contratto nascente dallaggiudicazione disposta nei confronti dellaltro concorrente, conch limpugnativa principale non poteva in ogni caso produrre il risultato di un effetto rispristinatorio, se non per equivalente risarcitorio. Recita, invero, lart. 246, comma quarto, del d.lvo 12 aprile 2006, n.163 che La sospensione o lannullamento dellaffidamento non comporta la caducazione del contratto gi stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente. La tesi sostenuta dallappellante non regge neppure alla controprova: invero, ove questo giudice di appello dovesse esaminare nel merito entrambe le ragioni di esclusione, dando anche priorit alle censure dedotte dalla societ appellante, in ogni modo costei non trarrebbe vantaggio alcuno, non tanto per la preclusione di legge, ma quanto per la circostanza che pur in ipotesi di accoglimento delle prospettazioni e, quindi, di annullamento prognostico dellaggiudicazione (limitato agli effetti risarcitori) nei confronti di Condotte ci non potrebbe mai precludere o escludere, ai fini dellinteresse risarcitorio perseguito, il doveroso esame preliminare del presupposto necessario per configurare un danno risarcibile in capo allappellante stessa (lantigiuridicit): vale a dire, contrariamente a quanto dedotto, che non meccanicisticamente configurabile unautomatica sostituzione nellaggiudicazione, in assenza di accertamento circa il regolare adempimento a quanto prescritto dal bando di gara (nella specie relativamente allammissione oggetto di contestazione incidentale). Su tale punto appare utile ricordare che la Toto spa seconda graduata nella gara in questione: da questa circostanza discende che, a prescindere dal vincolo limitativo dellopera strategica, anche in via ordinaria la sua pretesa alla stipula del contratto di cui trattasi si sarebbe fondata su un atto discrezionale dellAmministrazione che, anzich seguire la via principale della ripetizione della gara, avrebbe potuto eventualmente ricorrere allutilizzo della graduatoria predisposta in sede di gara. Ragionando in relazione a questultimo spaccato, va allora rilevato che: I.- nel caso in cui sia stato pronunciato lannullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione in un procedimento di pubblico appalto, per effetto della illegittima ammissione alla gara del soggetto primo classificato, non immediatamente operabile lo scorrimento della graduatoria con laggiudicazione dellappalto al secondo classificato(Cons. St., VI, 14 gennaio 2000, n. 244); II.- il potere di esclusione dalla procedura di gara per mancanza di uno dei requisiti o condizioni necessari per la partecipazione non pu dirsi esaurito con la fase tipica dellammissione delle offerte, perdurando esso per lo meno fino a quando la gara non sia conclusa (nellipotizzato affidamento diretto a Toto spa), il che avviene solo con laggiudicazione definitiva e con la stipula del conseguente contratto (Cons. St., IV, 31 maggio 2007, n. 2836); III.- la facolt dellAmministrazione di richiedere ai concorrenti nel procedimento di gara per laggiudicazione di un pubblico appalto il completamento della documentazione concernente il possesso dei requisiti dammissione alla gara stessa e fornire gli eventuali chiarimenti integrativi, non incontra limiti temporali tassativi o preclusioni, essendone rimesso lesercizio alla discrezionale valutazione dellAmministrazione nei limiti della par condicio dei concorrenti e nel presupposto della effettivit del possesso del requisito concorsuale (Cons.St., VI, 18 maggio 2001, n. 2781). 156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Ne deriva a corollario che: A.- la pretesa azionata non configurabile come fondata su gli automatismi propri del diritto soggettivo ma solo su posizioni di interesse legittimo al corretto uso di tali poteri, perch, nel caso in esame (di preteso subentro nellaggiudicazione), comunque ci si troverebbe in una fase anteriore alla stipula del contratto ed alla sua esecuzione, fase regolata da principi di diritto pubblico ed in cui linteresse generale sotteso alla disciplina dei contratti degli Enti Pubblici, ed i relativi poteri riconosciuti agli Enti stessi comprendono proprio quello di non procedere alla stipula ove sussistano interessi pubblici pregiudicati (Cons.St., V, 10 maggio 2005, n. 2344); B.- lappellante non pu pertanto oggi far valere una aspettativa diretta (in via virtuale) a stipulare ed eseguire quel contratto (la cui formazione sarebbe discrezionale) mirando, in definitiva, ad ottenere una sentenza sostitutiva in luogo del contratto con un meccanismo che riprodurrebbe nel settore dei contratti della Pubblica Amministrazione lesecuzione dellobbligo a contrarre disciplinata nei rapporti paritetici dallart. 2932 del codice civile. Da ci consegue, con riguardo alla fattispecie di causa, la esclusione di un obbligo automatico a contrarre cos come previsto nel diritto privato quale strumento di forzata conclusione della gara e la possibilit per la stazione appaltante di non dare luogo ad aggiudicazione ed anche di revocare per ragioni di pubblico interesse meritevole di tutela laggiudicazione stessa. Ci dimostra, con argomento in contrario: i.- lesattezza processuale della pronuncia di improcedibilit adottata dai primi giudici; ii.- la rilevanza processuale del fatto incidentale di controparte ai fini di potersi configurare lattivit della pubblica Amministrazione come illecita; iii.- il nodo centrale della questione controversa rappresentato dallesistenza effettiva del requisito di partecipazione oggetto di odierna verifica virtuale; iv.- la circostanza che il giudice del risarcimento, se non pu essere condizionato, certamente non pu neanche essere amputato nella valutazione prognostica dei fatti introdotti in giudizio dalle parti. Deve quindi essere esaminata la questione sostanziale riproposta in appello, che il vero argomento dominante in una domanda risarcitoria. 5. La quinta critica tende ad infirmare la pronuncia impugnata nei suoi tre rilievi addotti dal TAR per affermare la irregolarit dellammissione e, perci, ai fini risarcitori, la inevitabile esclusione della ricorrente principale: il subappalto dichiarato in parte per tutte le categorie a qualificazione obbligatoria OG4-OG1-OG6 e 0G9 (la Toto spa non ha qualificazione in OG6 e 0G9); la necessit di indicare le parti di progettazione che avrebbero svolto le societ professionali associande nellATI individuata come progettista; la carenza della fideiussione per laspetto delle garanzie dichiarate. In ordine alle predette lacune riscontrate nella partecipazione a gara della societ appellante, giustamente i primi giudici hanno rilevato che in sede di aggiudicazione di contratti con la pubblica amministrazione, la stazione appaltante tenuta ad applicare in modo incondizionato le clausole inserite nella lex specialis relative ai requisiti di partecipazione ovvero alle cause di esclusione, atteso che il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure di gara risponde, per un verso, ad esigenze pratiche di certezza e celerit e, per altro verso, alla necessit di garantire limparzialit dellazione amministrativa e la parit di condizioni tra i ricorrenti (Cons.St., IV, 5 settembre 2007, n. 4644). N, come ventilato in appello dalla ricorrente originaria, le cennate carenze nelle dovute dichiarazioni possono essere ritenute mere incompletezze ovvero irregolarit formali in IL CONTENZIOSO NAZIONALE 157 quanto esse attengono ai contenuti sostanziali della domanda di partecipazione a gara (e connessa offerta) sotto gli aspetti necessari della ineludibile qualificazione in capo ai soggetti partecipanti e delle prescritte garanzie reali in favore dellAmministrazione appaltante, rilevanti allo scopo di determinare con esattezza gli elementi essenziali del contratto dappalto. Viene cos in rilievo il punto 3, lett. I, del disciplinare di gara il quale prevede che nella busta A della documentazione amministrativa, da presentare a corredo dellofferta, la concorrente deve indicare quali delle lavorazioni appartenenti alla categoria prevalente ovvero appartenenti alla categorie diverse dalla prevalente intende subappaltare. La Societ appellante ha adempiuto a tale onere dichiarando di voler subappaltare parte dei lavori rientranti nelle seguenti categorie: OG4; OG1; OG6; OG9. Orbene, poich da ci si desume inequivocabilmente lintenzione della TOTO s.p.a. di eseguire direttamente una porzione quella non subappaltata non solo delle lavorazioni ricomprese nelle categorie OG4 e OG1, ma anche di quelle afferenti alle categorie, per le quali la stessa risulta sprovvista delle obbligatorie qualificazioni (OG6 e 0G9), si deve concludere che tanto avrebbe dovuto costituire causa di esclusione della Societ dalla gara. Avendo il TAR giustamente ritenuto in tal senso, lappellante ne contesta la decisione proponendo una propria interpretazione della sopra riportata dichiarazione: a suo dire, il sostantivo parte andrebbe riferito alle sole categorie OG1 e OG4, mentre le lavorazioni rientranti nelle categorie OG6 e OG9 dovrebbero intendersi come interamente da subappaltare. Ad una simile conclusione si dovrebbe pervenire, in unottica di favor partecipationis, considerando che fin troppo noto che le lavorazioni scorporabili e rientranti in categorie a qualificazione obbligatoria possano essere realizzate solo da impresa in possesso della relativa qualificazione: ma proprio perch cos noto, la societ appellante avrebbe dovuto esplicitare chiaramente la propria volont, e non certo puntare a postume interpretazioni correttive, per di pi sulla base di mere presunzioni. infatti pacifico che le dichiarazioni di subappalto debbono comunque specificare a quali lavori si riferiscano, anche allinterno della singola categoria, come si ricava dalart. 18 co. 3 n.1) della legge 55/90, nel testo sostituito dallart. 34 l. 109/94 e da ultimo modificato dallart. 231 D.P.R. 554/99, norma che espressamente prevedendo la possibilit che il subappalto riguardi opere rientranti allinterno di ununica categoria richiede pur sempre che la dichiarazione indichi i lavori o le parti di opere che si intendono subappaltare (e, del resto, si pensi ad unimpresa munita di qualificazione per una data categoria, ma in classifica insufficiente a coprire lintero importo delle relative opere): evidente che, in questo caso, la dichiarazione di subappalto dovr individuare con precisione a quali lavori si riferisca, anche allinterno di quella stessa categoria, onde consentire di verificare se la qualificazione posseduta autorizzi limpresa ad eseguire le lavorazioni rimanenti, escluse dal subappalto; a maggior ragione, nel caso di impresa del tutto sprovvista di qualificazione, la dichiarazione dovr riferirsi inequivocabilmente a tutte le opere appartenenti alla categoria (cfr. Cons. Stato, V, 1 dicembre 2006, n. 7090). Secondo le previste condizioni di capitolato lappellante Toto spa non poteva sfuggire al dilemma: o partecipare alla gara in associazione o indicare con esattezza le categorie da subappaltare, e non equivocamente in modo indistinto e a mucchio, con il risultato di lasciarsi le mani libere in fase di esecuzione. Ordunque - avuto riguardo allart.12 delle preleggi e a ben vedere - linterpretazione della dichiarazione che viene propugnata non , ai fini della ricerca dellintenzione del partecipante, il senso fatto palese dal significato proprio delle parole in base alle espressioni utilizzate, do- 158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 vendosi intendere per senso letterale delle parole tutta la formulazione negoziale , e non gi in una parte soltanto (Cass.Civ. II, 28 agosto 2007, n. 18180) con la conseguenza che TOTO Spa, che dovrebbe eseguire le restanti parti della OG6 ed OG9, viene ad essere sprovvista delle necessarie qualificazioni: bens, in applicazione di altro innominato criterio interpretativo fondato su interna corporis, si dovrebbe emendare un difetto contenuto in tale dichiarazione che va sostituito in senso additivo da un significato attribuito dallinterprete alla parola parte (non del tutto in elencazione, ma limitatamente alla OG6 ed OG9). Viene quindi agevole domandarsi: e perch non anche la OG1, e cos via. Ci dimostra come nello specifico in effetti non si discute di una ricognizione del contenuto della dichiarazione, ma piuttosto di una sua integrazione secondo un criterio riparatorio la cui variante di senso pu essere aperta alle pi diverse opzioni. La prospettazione dellappellante non pu quindi essere seguita. Altrettanto deve concludersi quanto alle altre cause di esclusione contestate, a fronte delle tassative indicazioni disposte dal bando a pena di esclusione. Il punto 10 bis, nel caso di costituendi associazioni o consorzi (il riferimento al RTI SWS Engineering Spa ed Eco Consulting Ingegneria s.r.l. individuato come progettista) prevede dichiarazione di individuazione delle parti dellopera o dei servizi di progettazione, secondo le categorie del bando di gara, che verranno eseguite da ciascuna associata o consorziata ovvero professionista individuato: la tesi che nellappalto integrato i progettisti non assumono la qualit di concorrenti non concludente, e va quindi disattesa, in relazione a tale espressa previsione di bando e con riguardo allineludibile esigenza che anche per i raggruppamenti professionali occorre conoscere anticipatamente chi fa cosa in relazione ai differenti contenuti prestazionali che possono essere vantati da ciascun associato in base alle diverse specializzazioni, competenze e specifiche esperienze professionali maturate. Relativamente alla progettazione (anche integrata) dei lavori pubblici, il Regolamento di attuazione (DPR 21 dicembre 1999 n. 554) della legge quadro in materia di lavori pubblici (11 febbraio 1994 n. 109 e s.m.i.) offre al soggetto appaltante un ampio margine di scelta (cfr. art.50 e ss) in base a parametri vari (difficolt, particolare complessit, particolare rilevanza) ed ai progettisti un ventaglio di forme organizzative (studio interno, societ di ingegneria, societ professionali), non esclusi i raggruppamenti temporanei tra professionisti: orbene, una volta scelto il modello utilizzato per partecipare alla gara (nella specie, ATI) non si vede perch mai non dovrebbero essere applicate le corrispondenze proprie del tipo prescelto in relazione alle comuni esigenze logico-operative proprie dellistituto giuridico del Raggruppamento (Cons.St., VI, 11 maggio 2007 n. 2310): n si pu sostenere che le attivit professionali devono essere ripartite tra tutti gli associati in linea meramente quantitativa perch anche il Regolamento considera le singole specifiche competenze e responsabilit. Le affermazioni al riguardo sviluppate dallappellante non hanno perci pregio. A sua volta, il punto 7, a proposito delle cauzioni richieste, dispone che la fideiussione o la polizza devono contenere, a pena desclusione dalla gara, la dichiarazione da parte del fideiussore o dellintermediario finanziario di rinuncia espressa al beneficio della previa escussione del garantito nonch la rinuncia a far valere le eccezioni di spettanza di questultimo: come si vede, le due dichiarazioni non sono per nulla equivalenti e/o fungibili. La tesi della ricorrente TOTO spa, secondo cui il garante si era impegnato a pagare su semplice richiesta, destinata a recedere di fronte alla constatazione che il bando richiede non un affidamento soltanto, ma anche l espressa rinuncia a far valere le eccezioni di spettanza del garantito e, quindi, luna e laltra dichiarazione funzionali a distinte certezze contrattuali: IL CONTENZIOSO NAZIONALE 159 noto lampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale in tema di contratto autonomo di garanzia (Cass.Civ., III, 24 aprile 2008 n. 10652; Cons. St., V, 8 luglio 2002 n. 3792), ma qui si sta discutendo di formazione del rapporto di base che deve essere assistito da una garanzia piena ed incondizionata che la sola a semplice richiesta non assicura. Anche questultima doglianza dunque da disattendere. 6. Conclusivamente e in sintesi quel che rileva ai fini risarcitori, non lessere del procedimento, bens il suo dover essere secondo legge. Inoltre, a sorreggere la virtuale esclusione in discorso, sufficiente una soltanto delle cause sopra esaminate, e questa di essere da sola capace a sostenere linsussistenza di una lesione da risarcire per effetto della illegittima ammissione. Per le esposte considerazioni il ricorso deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza gravata. Le spese di lite relative allodierno grado possono essere compensate tra le parti, sussistendone giusti motivi, in ragione della novit e complessit delle questioni trattate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV), respinge il ricorso dappello indicato in epigrafe e, per leffetto, conferma la sentenza impugnata. 160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 LUfficio del Commissario Delegato ex art. 5, legge n. 225 del 1992 Natura giuridica ed ambito dei poteri straordinari riguardo la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sez. I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 1656) Il T.A.R. del Lazio, con la pronuncia in esame, delinea i presupposti al ricorrere dei quali la pubblica amministrazione pu procedere alla scelta del proprio contraente attraverso una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, puntualizzando che la procedura negoziata ex art. 57, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, riveste un carattere eccezionale anche in ipotesi in cui lamministrazione procedente sia un Ufficio commissariale, istituito ai sensi dellart. 5, l. n. 225/1992. La pronuncia in commento consente di far il punto in ordine alla natura giuridica dellUfficio del Commissario delegato, procedendo ad unindagine ricognitiva del complesso sistema della protezione civile, che permetter di chiarire - in generale e, con specifico riferimento alla materia degli appalti pubblici - lambito e la valenza dei poteri straordinari e derogatori di cui allart. 5, l. n. 225/1992, conferiti - con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri - alla Struttura commissariale. I fatti In ragione dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilit nel territorio della Citt di Napoli, gi dichiarato con d.P.C.M. del 8 settembre 2006, con ordinanza n. 3566 del 5 marzo 2007, il Presidente del Consiglio dei Ministri nominava - fino al 31 dicembre 2008 - il Sindaco di Napoli quale commissario delegato per lattuazione degli interventi volti a fronteggiare la dichiarata emergenza, conferendogli poteri straordinari anche in deroga alle disposizioni di legge ivi, puntualmente, indicati. Con decreto del 9 febbraio 2008, il Dirigente Generale del Comune di Napoli, gi nominato Soggetto Attuatore dal Commissario delegato, in virt dellart. 2, O.P.C.M. n. 3566/2007, affidava alla Napolipark S.r.l. (societ in house del Comune di Napoli) il compito di procedere alla sperimentazione, implementazione e consegna al Comune di Napoli di un sistema integrato I.T.S. (Intelligent Transportation System) per il controllo e la regolamentazione del traffico urbano. La Societ in house manifestava allUfficio commissariale la necessit di appaltare lesecuzione del servizio ad unimpresa privata. Cos che con de- IL CONTENZIOSO NAZIONALE 161 creto n. 19 del 10 aprile 2008, il Commissario delegato affidava al Soggetto Attuatore il compito di procedere direttamente, previa indagine esplorativa di mercato, allaffidamento della progettazione e realizzazione del sistema integrato I.T.S. mediante procedura ristretta con il criterio dellofferta economicamente pi vantaggiosa e/o negoziata. Il Soggetto Attuatore indiceva, di seguito, la procedura negoziata di affidamento senza alcuna indagine esplorativa, approvando, di conseguenza, gli atti preordinati alla selezione. Con nota del 7 agosto 2008, la Kapsch Trafficcom S.r.l. e la Kapsch-Busi S.p.A., chiedevano di essere invitate alla trattativa privata. La Struttura commissariale respingeva listanza in ragione dellavvenuta preselezione dei soggetti da invitare e per aver gi svolto una preventiva indagine di mercato. Insorgevano la Kapsch Trafficcom S.r.l. e la Kapsch-Busi S.p.A. impugnando innanzi al T.A.R. Lazio gli atti inerenti la scelta dellAmministrazione di procedere allindividuazione del soggetto privato appaltatore attraverso la procedura negoziata di cui allart. 57, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, denunciando plurime violazioni di legge. Ravvisati i presupposti per accordare la richiesta tutela cautelare, con ordinanza n. 5997, pronunciata nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008, ladito T.A.R. accoglieva listanza cautelare, sospendendo, per leffetto, lesecuzione degli atti gravati preordinati alla selezione negoziale. Allesito del giudizio, con la pronuncia in esame, il Tribunale accoglieva il ricorso ravvisando, fra laltro, la carenza dei presupposti legittimanti lindizione della procedura negoziale, avendo cura di chiarire, altres, che i presupposti giustificanti la procedura negoziata non corrispondono, in modo automatico, ai presupposti inerenti la dichiarazione dello stato di emergenza. Invero, nellesercizio dei suoi poteri straordinari e derogatori di cui allart. 5, l. n. 255/92, lUfficio del Commissario delegato deve esternare una congrua motivazione indicando puntualmente le norme cui ha inteso derogare e le ragioni della medesima deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo per relationem alle OO.PP.CC.MM.. Il quadro normativo-sistematico e la natura giuridica dellUfficio del Commissario Delegato Il nostro ordinamento ha riconosciuto, progressivamente, un vero e proprio diritto pubblico dellemergenza finalizzato a fronteggiare, con speciali modalit di azione e con apparati organizzativi diversi da quelli ordinari, eventi eccezionali che non possono essere gestiti efficacemente con i normali strumenti operativi (1). (1) Si veda, in dottrina, SALVIA, Il diritto amministrativo e lemergenza derivante da fattori interni allamministrazione, in Dir. amm., 4, 2005, 763 ss.; FIORITTO, Lamministrazione dellemergenza tra 162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 In materia emergenziale, il testo normativo fondamentale la l. 24 febbraio 1992, n. 225 (che istituisce il Servizio nazionale della protezione civile), in forza della quale le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi della medesima legge legittimano lo Stato ad adottare - onde fronteggiarle efficacemente - specifiche ordinanze di necessit ed urgenza per ovviare a situazioni di emergenza. Tali ordinanze sono espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, che assume una valenza particolarmente pregnante quando sussistano ragioni di urgenza che giustifichino un intervento unitario da parte dello Stato(2). Il legislatore statale ha cos rinunciato ad un modello centralizzato per unorganizzazione diffusa a carattere policentrico (3). In particolare, le competenze amministrative inerenti il Servizio nazionale di protezione civile sono state cos ripartite tra i diversi livelli istituzionali di governo in relazione alle tipologie di eventi cui far fronte: - eventi da fronteggiare mediante interventi attuabili dagli enti e dalle amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lett. a); - eventi che impongono lintervento coordinato di pi enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lett. b); - calamit naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensit o estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari (art. 2, comma 1, lett. c). In particolare, sulla base di quanto previsto dallart. 5, l. n. 225 del 1992, lo Stato ha una specifica competenza a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di cui allart. 2, comma 1, lett. c) cit.. Infatti, lart. 5, l. n. 225/92, prevede un particolare procedimento, articolato in due fasi, che consente allAutorit statale di adottare i necessari provvedimenti per fronteggiare le situazioni di emergenza (4). autorit e garanzie, Bologna, 2008. Per unampia disamina del complesso sistema del Servizio di protezione civile, anche con riferimento alle esperienze normative antecedenti alla l. n. 225/1992, si vedano, in dottrina, CRISCI, Protezione civile e zone terremotate delle regioni Basilicata e Campania, ESI, 1982; DI PASSIO, La protezione civile. Funzione, organizzazione, Maggioli, 1987; PEPE, Protezione civile e pianificazione del territorio, Cedam, 2006; ID., Il diritto alla protezione civile, Giuffr, 1996; GIAMPAOLINO, Il servizio nazionale di protezione civile. Commento alla Legge n. 225 del 24 febbraio 1992, Giuffr, 1993; SEVERI, Le ordinanze della Legge n. 225/92 sulla protezione civile, Giuffr, 1996; SEVERI- MALO, Il servizio nazionale di protezione civile: Legge 24 febbraio 1992, n. 225 e norme collegate, Giappichelli, 1995. Tra i pi recenti contribuiti in materia, si vedano MARZOULI, Il Diritto amministrativo dellemergenza: fonti e poteri, Relazione al Convegno Il diritto amministrativo dellemergenza, organizzato dallAssociazione italiana dei Professori di Diritto Amministrativo, 6-7 ottobre 2005, Universit degli Studi Roma Tre; FRANCHINI, La figura del Commissario straordinario prevista dallart. 20 del d.l. n. 185/2008, in www.igi.it. (2) Cos, Corte cost., 16 luglio 2008, n. 277, in www.cortecostituzionale.it. (3) Cos, testualmente, Corte Cost., sent. 28 marzo 2006, n. 129, e sent. 30 ottobre 2003, n. 327, entrambe in www.cortecostituzionale.it. (4) Lart. 5 (stato di emergenza e potere di ordinanza), l. 225/92, dispone testualmente che: 1. Al verificarsi degli eventi di cui allarticolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dellarticolo 1, comma IL CONTENZIOSO NAZIONALE 163 In una prima fase, al verificarsi di calamit naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensit ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari (cos lart. 2, comma 1, lett. c), l. n. 225/92) il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualit ed alla natura degli eventi. Lo stato di emergenza pu poi essere revocato, con le medesime modalit con cui stato dichiarato, qualora ne vengano meno i presupposti (art. 5, comma 1, l. n. 225/92). In una seconda fase, sono emanate ordinanze finalizzate allattuazione degli interventi di emergenza. Dette ordinanze, per espressa previsione legislativa, possono essere adottate in deroga ad ogni disposizione vigente, purch esse rispettino i principi generali dellordinamento giuridico (art. 5, comma 2, l. cit.). In tale contesto, il Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, possono anche emanare ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose, e ci in coerenza con lo spirito generale della legge n. 225, che non solo quello di porre rimedio ai danni gi prodotti, ma anche di prevenirli, assumendo come carattere prioritario la tutela dellintegrit della vita e dei beni, indipendentemente dalle cause e dalle responsabilit che hanno prodotto la situazione di danno o di pericolo (5). In questultima ipotesi non consentita la deroga al regime normativo ordinario, se non con riguardo alla 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualit ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalit si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti. 2. Per lattuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dellordinamento giuridico. 3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dellarticolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, pu emanare altres ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose. Le predette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione. 4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dellarticolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per lattuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, pu avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalit del suo esercizio. 5. Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere lindicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate. 6. Le ordinanze emanate ai sensi del presente articolo sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonch trasmesse ai sindaci interessati affinch vengano pubblicate ai sensi dellarticolo 47, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142. (5) In tal senso, SALVIA, Il diritto amministrativo e lemergenza derivante da fattori interni allamministrazione, cit., 763 ss.. 164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 competenza che rimane di regola incardinata in modo derogatorio negli organi straordinari investiti di poteri (art. 5, comma 3, l. cit.). Lesercizio di tali poteri - come specificato dalla normativa successivamente intervenuta - deve avvenire dintesa con le Regioni interessate, sulla base di quanto disposto dallart. 107, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonch dallart. 5, comma 4-bis, d.l. 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attivit di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile), convertito, con modificazioni, dallart. 1, l. 9 novembre 2001, n. 401. Tuttavia, lart. 107, comma 1, lettere b) e c), d.lgs. n. 112 del 1998 ha chiarito che tali funzioni hanno rilievo nazionale, data la sussistenza di esigenze di unitariet, coordinamento e direzione, escludendo che la legislazione regionale possa attribuire poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente. Infatti, le norme di cui agli artt. 5, l. n. 225/1992 e 107, d.lgs. n. 112/1998 sono espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicch deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione)(6). La materia della protezione civile rientra appunto nellambito della potest legislativa concorrente ex art. 117, comma 3, Cost., sicch la l. n. 225/1992 e il d.lgs. n. 112/1998 appaiono espressivi di principi fondamentali - cui la Regione tenuta a prestare ossequio - ove ricorrano peculiari ragioni di urgenza che giustificano un intervento unitario da parte dello Stato. Lo Stato rinviene, altres, un ulteriore titolo a legiferare in ragione della propria competenza legislativa in materia di tutela dellambiente, nel cui ambito si colloca il settore relativo alla gestione dei rifiuti, frequentemente alla base della istituzione di Uffici commissariali nelle regioni meridionali (7). Ad ogni modo, il potere di intervento dellAutorit statale pu anche concretizzarsi nella nomina di Commissari Delegati (art. 5, comma 4, l. cit.) - il cui provvedimento di nomina deve indicare il contenuto della delega, i tempi e le modalit del suo esercizio - i quali, nel quadro di quanto previsto agli art. 12, 13, 14 e 15 della legge medesima, concentrano nel loro ufficio le competenze di regioni, province, prefetti e comuni, ed operano a mezzo di ordinanze, (6) Si veda, Corte cost., sentt. n. 82/2006 e n. 327/2003, in www.cortecostituzionale.it. (7) Cfr., Corte cost., sentenze nn. 161 e 62 del 2005; nn. 312 e 96 del 2003, in www.cortecostituzionale. it. Anteriormente alla l. n. 225/1992 un importante caso di amministrazione straordinaria (emergenziale) era quello previsto dallart. 5, l. 8 dicembre 1970, n. 996, che gi consentiva al Presidente del Consiglio dei Ministri di affidare ad un Commissario Governativo la direzione ed il coordinamento di tutti i servizi di soccorso nelle zone colpite da calamit naturali o catastrofi. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 165 che possono essere emanate in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dellordinamento giuridico (8). Infatti, in base alla disciplina di cui alla l. n. 225/92 tutte le ordinanze commissariali emanate una volta dichiarato lo stato di emergenza possono derogare alle leggi vigenti, salvi i principi generali dellordinamento, ed lorgano delegante (ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile) che trasmette al delegato (lUfficio commissariale) i propri poteri, cosicch anche tale potere di deroga alle leggi vigenti pu essere oggetto della delega (9). Inoltre, come gi chiarito dalla giurisprudenza (10), il rischio della compressione dei principi costituzionali in materia di decentramento e autonomie locali - per un verso - giustificato dal fatto che lo stato di emergenza deliberato in presenza di eventi che, per intensit ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, superando pertanto le stesse possibilit logistiche e finanziarie degli enti locali e - per altro verso - attenuato dal limite temporale e funzionale dei poteri commissariali (come risulta dallultimo periodo del comma 4 dellart. 5, l. n. 225/1992). Invero, la salvaguardia delle attribuzioni legislative regionali viene garantita attraverso la configurazione di un potere di ordinanza, eccezionalmente autorizzato dal legislatore statale, ben definito nel contenuto, nei tempi e nelle modalit di esercizio (11). La l. n. 225 del 1992 circoscrive, infatti, il potere dellAutorit statale in modo tale da non compromettere il nucleo essenziale delle attribuzioni regionali, attraverso il riconoscimento della sussistenza di un nesso di adeguatezza e proporzione tra le misure adottate e la qualit e natura degli eventi, con la previsione di adeguate forme di leale collaborazione e di concentrazione nella fase di attuazione e organizzazione delle attivit di protezione civile (art. 5, comma 4-bis, d.l. 343/2001), nonch la fissazione di precisi limiti, di tempo e di contenuto, allattivit del Commissario delegato (12). (8) Cfr., Corte Cost., 14 luglio 2006, n. 284, in www.cortecostituzionale.it. (9) Cos, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 16 maggio 2005, n. 981, in www.giustizia-amministrativa. it. (10) In tal senso, Cons. St., sez. V, 19 aprile 2000, n. 2361, in www.giustizia-amministrativa.it. (11) Cfr., Corte Cost., sent. n. 127 del 1995 e n. 418 del 1992, in www.cortecostituzionale.it; in ordine al rapporto ravvisabile tra potere di deroga al quadro normativo primario per effetto delladozione di ordinanze di protezione civile ex art. 5, l. n. 225/1992 ed i provvedimenti commissariali attuativi, si veda T.A.R. Lazio, sez. I, 19 maggio 2008, n. 4467, in www.giustizia-amministrativa.it. (12) Sulla base di tali premesse, parte della dottrina si posta in maniera critica in ordine alle soventi proroghe delle gestioni commissariali, sottolineando che si fatto un uso distorto dello strumento commissariale, in quanto vi si fatto ricorso in caso non tanto di effettiva esigenza, quanto di pericolo derivante da un cattivo esercizio del potere amministrativo, realizzando un intreccio tra regime straordinario e ordinario; cfr., con riferimento allemergenza ambientale calabrese, LEMETRE, La stabile temporaneit dei regimi commissariali: un ossimoro lesivo delle competenze regionali? Note minime a corte costituzionale 16 luglio 2008, n. 277, in www.giustamm.it.; nello stesso senso, FRANCHINI, La figura del commissario straordinario prevista dallart. 20 del d.l. n. 185/2008, in www.igi.it; in giurisprudenza, si vedano Cons. St., sez. V, 13 dicembre 2002, n. 6280 e n. 6809, in Giorn. dir. amm., 2003, 166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 In presenza di eventi che legittimano la deliberazione dello stato di emergenza in quanto talmente intensi ed estesi da richiedere mezzi e poteri straordinari, lunitariet e la unicit dei centri decisionali - anche a mezzo di commissari delegati - per provvedere allattuazione degli interventi necessari a fronteggiare lemergenza si impongono nel rispetto del principio della stessa unicit ed indivisibilit della Repubblica proclamato dallart. 5 della Costituzione. Sicch, lattribuzione dei poteri di promozione e coordinamento al Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, al Ministro per la protezione civile - nellambito del settore emergenziale - risulta coerente con le previsioni dellart. 95 della Costituzione e dellart. 5, l. 23 agosto 1988, n. 400, sulla disciplina dellattivit di Governo e sullordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri (13). Dal punto di vista formale, il potere di nomina di un commissario straordinario trova fondamento, in termini generali, nellart. 11, l. n. 400/1988, sulla disciplina dellattivit di Governo e sullordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (ove si fa riferimento alla necessit di realizzare obiettivi definiti o di soddisfare particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali), e, in termini specifici, in altre norme che disciplinano settori determinati. I Commissari Delegati sono nominati con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri. Lesperienza concreta ha visto listituzione di numerosi Commissari Delegati, nominati per fronteggiare emergenze ambientali (dissesto idrogeologico, smaltimento dei rifiuti, ecc.) verificatesi in diverse regioni italiane, tra cui Calabria, Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania. Dallart. 5, l. n. 225/92, che sancisce la specifica competenza dello Stato a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di cui allart. 2, comma 1, lett. 1157, con nota di MARTINI, Emergenza rifiuti e ordinanze extra ordinem e in Riv. giur. edil., 2003, I, 445 e ss., con nota di GANDINO, I limiti al potere di ordinanza in materia di protezione civile con riferimento alla nozione di gestione dei rifiuti); sulleccessiva dilatazione del concetto di emergenza ad opera della pi recente giurisprudenza, che ha prodotto una procedura di infrazione nei confronti dellItalia, si veda MARZUOLI, Il diritto amministrativo dellemergenza: fatti e poteri, in Annuario AIPDA, 2005, 5 ss.. (13) Si veda, in proposito, Corte Cost., 9 novembre 1992, n. 418, in www.cortecostituzionale.it., ove la Consulta, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalit dellart. 2, comma 2, l. 24 febbraio 1992, n. 225, ha chiarito che La legge istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, lungi dal modificare la ripartizione delle materie e delle competenze fra Stato e regioni, corrisponde allineludibile esigenza di una direzione unitaria degli interventi cui sono chiamati - tanto in fase di previsione e prevenzione dei rischi, che in fase di emergenza - molteplici organismi, sia statali che territoriali, qualificati come componenti del servizio; a tal fine - tenuto conto della rilevanza nazionale delle attivit di tutela nel loro complesso e dellampio coinvolgimento in esse dellamministrazione statale - giustificata lattribuzione di poteri di promozione e coordinamento al Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, al Ministro per la protezione civile (in coerenza con le previsioni dellart. 95 Cost. e con lart. 5, L. n. 400 del 1988), senza che ci comporti lesione alcuna di competenze regionali. Si vedano, da ultimo, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione e alla luce del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, Corte Cost., 16-30 ottobre 2003, n. 327, e Corte Cost., 3 marzo 2006, n. 82, citt. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 167 c) di tale legge, (deliberando e revocando lo stato di emergenza, determinandone la durata e lestensione territoriale in stretto riferimento alla qualit ed alla natura degli eventi, nominando Commissari delegati, investiti del potere di emanare ordinanze in deroga ad ogni disposizione di legge, ma pur sempre nel rispetto dei principi generali dellordinamento giuridico), lunanime giurisprudenza ricava la natura di amministrazione statale degli Uffici Commissariali. In proposito, la Corte Costituzionale ha affermato in pi occasioni tale natura statale, rilevando, in particolare, che i provvedimenti posti in essere dai commissari delegati sono atti dellamministrazione centrale dello Stato, in quanto emessi da organi che operano come longa manus del Governo, finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunit locali coinvolte dalle singole situazioni di emergenza, e ci in ragione tanto della rilevanza delle stesse, quanto della straordinariet dei poteri necessari per farvi fronte(14). Pi in particolare, per quanto riguarda i rapporti intercorrenti tra Presidenza del Consiglio dei Ministri e apparato organizzativo del Commissario Delegato, appare meritevole di adesione la teoria che li ricostruisce in termini di avvalimento (c.d. amministrazione indiretta) (15), poich si verifica che una Amministrazione dello Stato si avvale, per la cura di interessi nazionali (nellesercizio dei poteri emergenziali), di uffici regionali e locali, dintesa con gli enti interessati, con la peculiarit di conservare, tuttavia, la piena titolarit della funzione (e del potere) esercitato. La prassi ha, infatti, visto lutilizzo, presso gli Uffici Commissariali, di personale amministrativo proveniente dallamministrazione regionale, provinciale e comunale, limpiego di strutture e beni, mobili ed immobili, degli enti locali, e non di rado sono stati nominati Commissari Delegati i Presidenti delle Giunte delle Regioni interessate dalle situazioni emergenziali. Limpiego di personale amministrativo proveniente dalle amministrazioni regionali e locali, nonch la nomina a Commissario Delegato dei Presidenti delle Giunte Regionali, non vale certo ad escludere la natura statale degli Uffici Commissariali, n consente di affermare che la funzione emergenziale esercitata sia da imputare allente locale; al contrario, limpiego di personale amministrativo, di dirigenti e di strutture appartenenti ad altri enti, valutato alla luce della teoria dellavvalimento, consente di qualificare lUfficio del Commissario Delegato come organo statale straordinario di cui il Dipartimento della Protezione Civile si avvale per fronteggiare (14) Cos, testualmente, Corte Cost., 26 giugno 2007, n. 237, cit.; si vedano, inoltre, Corte Cost., sent. 26 giugno 2007, n. 237, cit.; ord. 5 dicembre 2007, n. 417, cit.; ord. 4 aprile 2008, n. 92, cit.; da ultimo, Corte cost., sent. 16 luglio 2008, n. 277, cit.; si veda, altres, T.A.R. Lazio, sez. I, 19 maggio 2008, n. 4467, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. St., sez. V, 20 agosto 2008, n. 3969, ivi. (15) La figura del c.d. avvalimento, detto anche di c.d. amministrazione indiretta, trova una sua precisa collocazione nellart. 118 Cost. nella formulazione vigente al momento di entrata in vigore della l. n. 225/1992 e nellart. 3, comma 1, lett. f), della c.d. legge Bassanini I (l. 15 marzo 1997, n. 59). 168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 lo stato di emergenza (16). Gli uffici di avvalimento operano, pertanto, alle dipendenze funzionali dellente che se ne avvale, pur restando strutturalmente incardinati nellente cui appartengono, per quanto riguarda lesercizio in concreto delle attivit ad essi affidate. La competenza rimane in capo al primo ente, il quale si limita ad utilizzare (a proprie spese) a titolo ausiliario lapparato organizzatorio di un ente diverso, disponendo direttamente (e non per tramite di questultimo) dellapparato stesso: ci troveremmo, cos, in presenza, secondo tale ricostruzione, ad un classico esempio di amministrazione c.d. indiretta o mediata in cui lufficio commissariale si atteggia ad organo (straordinario) del quale il Dipartimento della Protezione Civile si avvale per lo svolgimento degli interventi demergenza nei settori contemplati dalla legge istitutiva del Servizio Nazionale di Protezione Civile. In sintesi, attraverso tale modulo organizzatorio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, anzich dotarsi di propri uffici, si avvale degli uffici (del personale e delle attrezzature) di una diversa figura soggettiva, per lo svolgimento dei suoi poteri e delle sue funzioni, conservando in ogni caso, a differenza di quanto si verifica con il diverso modulo organizzatorio della delegazione amministrativa c.d. intersoggettiva (che si instaura tra enti diversi), la titolarit non solo della competenza, ma anche della funzione e le connesse responsabilit. In ci si rinviene la fondamentale differenza con la delegazione intersoggettiva delle funzioni, che effettivamente comporta una deroga allordine delle competenze tra enti diversi. Peraltro, questa ricostruzione dei rapporti tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e gli uffici commissariali ex lege n. 225/1992 era gi avallata dalla giurisprudenza amministrativa ancor prima dei recenti arresti della Consulta (17), la quale osservava come lesame dellintero impianto normativo deli- (16) Si vedano Cons. St., sez. IV, 28 aprile 2004, n. 2576 in Foro Amm. CdS, 2004, 1109; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 15 dicembre 2004, n. 2411, in www.giustizia-amministrativa.it; id., 1 marzo 2006, n. 236, ivi; di recente, con diffusa motivazione, Trib. Catanzaro, sez. II, 1 febbraio 2008, n. 72, in www.altalex.it e in Rass. Avv. St., 2007, IV, 58 ss.; T.A.R. Lazio, sez. I, 19 maggio 2008, n. 4467, cit.. (17) Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. IV, 22 gennaio 1992, n. 52, in Foro amm., 1999, 62, in Cons. Stato, 1999, I, 34; II, 1623 con nota di COSTA e in Giur. it., 1999, 1959, secondo cui Il commissario delegato non titolare di una potest direttamente conferita dalla norma, ma soggetto delegato nei cui confronti si opera un trasferimento di poteri gestionali e non della titolarit dellintervento che resta, comunque, in capo al Presidente del Consiglio, il quale pu, ai sensi dellart. 5, comma 4, legge 24 febbraio 1992, n. 225, appunto avvalersi di commissari delegati; nello stesso senso, Cons. St., Sez. IV, 29 agosto 2002, n. 4345, in www.giustizia-amministrativa.it., ove si affermato che Il quadro normativo di cui alla legge 24 febbraio 1992 n. 225, in deroga allordinaria funzione amministrativa relativa alla organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, prevede che competente in materia la Presidenza del Consiglio dei Ministri che pu avvalersi di delegati per lattuazione degli interventi (art.5, comma 4, l. n. 225 del 1992); pertanto, il Commissario delegato trova predefinito dalla Presidenza lorgano titolare del potere, lambito normativo derogabile mediante i provvedimenti di attuazione. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 169 neato dalla l. n. 225 del 1992 consente di ravvisare lintento di fondo del legislatore di prefigurare una gestione unitaria delle attivit di protezione civile (previsione, prevenzione, soccorso, superamento dellemergenza), la cui titolarit devessere ricondotta allautorit responsabile dellattivit governativa di coordinamento (art. 95 Cost. e art. 5, l. 23 agosto 1988, n. 400) e titolare di funzioni di soccorso e di prevenzione in stati di emergenza (art. 5, commi 2 e 3, l. n. 225/1992), sulla quale grava lobbligo di attuazione degli interventi conseguenti a dichiarazioni di stato demergenza, assunta, peraltro, collegialmente dal Consiglio dei Ministri. Cos affermata la natura di amministrazione statale del Commissario Delegato, si tratta di verificarne il carattere di soggetto autonomo di diritto, dotato di autonoma capacit sostanziale e processuale, ovvero, al contrario, di concludere per il suo carattere di mera articolazione periferica della Presidenza del Consiglio, come tale priva di autonoma rilevanza. Relativamente a tale problematica, chiarificatrici si dimostrano le disposizioni contenute nelle Ordinanze emanate dalla Presidenza del Consiglio, e destinate a disciplinare lattivit dellUfficio Commissariale: Il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri resta estraneo ad ogni rapporto contrattuale scaturente dalla applicazione della presente ordinanza e pertanto eventuali oneri derivanti da ritardi, inadempienze o da contenziosi sono da ritenersi a carico del Commissario Delegato che deve farvi fronte con i propri mezzi(18) e, per quel che maggiormente interessa la fattispecie analizzata dalla pronuncia in commento, Il Dipartimento della protezione civile estraneo ai rapporti comunque nascenti in dipendenza del compimento delle attivit del Commissario delegato(19). Dalle disposizioni contenute dalle citate ordinanze emerge che: 1) il Commissario Delegato, nellambito dellattivit emergenziale, gode di piena ed autonoma soggettivit, potendo concludere negozi che vincolano solo s medesimo; 2) di tali obbligazioni, il Commissario Delegato risponde solo con i fondi messi a sua disposizione dal Governo; 3) in eventuali controversie nascenti da detti rapporti, unico soggetto legittimato processualmente il Commissario Delegato, il quale pu costituirsi in giudizio autonomamente, pur se con lobbligatorio patrocinio della Difesa Erariale, in quanto amministrazione statale. Del resto, la giurisprudenza che si pronunciata su controversie che vedevano come parti Uffici Commissariali (istituiti in Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) si sempre espressa nel senso di riconoscere piena legittimazione (18) Cos dispone lart. 5, O.P.C.M. n. 3337/2004; di identico tenore sono lart. 8, O.P.C.M. n. 3106/2001; lart. 4, O.P.C.M. n. 3112/2001; lart. 5, O.P.C.M. n. 3132/2001; lart. 4, O.P.C.M. n. 3185/2002. (19) Cfr., art. 7, O.P.C.M. n. 3566 del 5 marzo 2007. 170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 al Commissario Delegato (20). Pertanto, il Commissario Delegato - pur qualificandosi come organo emergenziale, creato dal Governo al ricorrere dei presupposti di cui alla l. n. 225/1992 - ha, tuttavia, natura di autonomo soggetto di diritto, dotato di capacit processuale. In senso divergente da tale ricostruzione, riguardo la natura di autonomo soggetto di diritto del Commissario Delegato, deve, ad ogni modo, darsi conto dellopinione espressa, in sede consultiva, dallAvvocatura Generale dello Stato, secondo la quale gli Uffici Commissariali - proprio in ragione di organi straordinari della Presidenza del Consiglio dei Ministri - non avrebbero una compiuta soggettivit, trattandosi di organi straordinari dellAmministrazione da cui sono delegati (la Presidenza del Consiglio), e dalla quale non sarebbero pienamente autonomi, con la conseguenza che lAmministrazione delegante risponderebbe dei debiti contratti dal suo organo delegato. Secondo lAvvocatura dello Stato, qualora si reputasse il Commissario Delegato soggetto autonomo e distinto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si finirebbe infatti con lammettere, pur in mancanza di una espressa deroga al citato principio fondamentale di cui allart. 2740 c.c., una limitazione di responsabilit della Presidenza del Consiglio per debiti nascenti dallattivit di un suo organo straordinario, che appare comunque ad essa riferibile, giusta il disposto dellart. 5 comma 4 della Legge 24 febbraio 1992 n. 225, ai sensi del quale, come gi ricordato, Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per l'attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, pu avvalersi di commissari delegati. Una limitazione della responsabilit patrimoniale per loperato del Commissario, in mancanza di unespressa previsione normativa, costituirebbe poi un effetto del tutto ingiustificato ed esuberante rispetto alle finalit perseguite dalla legge 225/92(21). LUfficio del Commissario delegato gode del patrocinio obbligatorio ed esclusivo dellAvvocatura dello Stato, in ragione della sua natura giuridica di organo statale (22). (20) Si veda, ex multis, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 9 luglio 2007, n. 1754, in www.giustiziaamministrativa. it; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 giugno 2007, n. 6075, ivi; id., 3 maggio 2007, n. 4707, ivi; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2006, n. 236, cit.. (21) Cos, testualmente, parere dellAvvocatura Generale dello Stato del 12 gennaio 2009, prot. n. 8941, approvato da CO.CO. (comitato consultivo) dellorgano di Difesa erariale, allo stato inedito. (22) Si veda, in merito alla natura statale della Struttura commissariale, ex multis, Cons. St., sez. IV, 28 aprile 2004, n. 2576, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui Lufficio del commissario delegato per lemergenza rifiuti in Sicilia un ufficio che, sebbene autonomo, fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per cui evidente che gli atti assunti da tale organo sono riferibili alla stessa Presidenza del Consiglio, che ha nei confronti del commissario delegato un carattere di supervisione e di indirizzo. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 171 ComՏ noto, ai sensi dellart. 1, R.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sullordinamento dellAvvocatura dello Stato), la rappresentanza, il patrocinio e lassistenza in giudizio delle amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano alla difesa erariale, il cui patrocinio non pu coesistere con quello esercitato da altri legali (23). Le amministrazioni dello Stato devono ricorrere necessariamente alla difesa in giudizio dellAvvocatura dello Stato, pena la nullit radicale degli atti processuali compiuti (24). Come opportunamente evidenziato dalla giurisprudenza, la necessit del patrocinio e della rappresentanza delle amministrazioni dello Stato da parte dellAvvocatura dello Stato risulta pacificamente applicabile anche agli organi delegati dellAmministrazione centrale dello Stato ed alle gestioni commissariali la cui azione rientra nellambito di un munus statale, che, in quanto tale, implica necessariamente il patrocinio ex lege dellAvvocatura dello Stato (25). Ed, infatti, nessuna amministrazione dello Stato pu richiedere lassistenza di avvocati del libero foro se non per ragioni assolutamente eccezionali, inteso il parere dellAvvocato generale dello Stato e secondo norme stabilite dal Consiglio dei ministri (art. 5, R.d. cit.). Le speciali disposizioni in materia di rappresentanza obbligatoria dellAvvocatura dello Stato afferiscono allordine pubblico processuale, trattandosi di norme (23) In proposito, da ultimo, con diffusa e condivisibile motivazione, T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 25 marzo 2009, n. 190, in www.giustamm.it, con commento di MEZZOTERO - LUMETTI, Il patrocinio erariale autorizzato: organico, esclusivo e non presuppone alcuna istanza dellente allAvvocatura dello Stato. Il caso delle Autorit portuali in alcune recenti contrastanti decisioni del giudice amministrativo, ove il Collegio ha affermato il principio dellesclusivit del patrocinio dellAvvocatura dello Stato con riferimento ad un ente (nella specie, lAutorit Portuale di Gioia Tauro) che si avvale del patrocinio erariale autorizzato, ai sensi dellart. 43, R.d. 30 ottobre 1933, n. 1611. In forza di tale principio il Tribunale ha dichiarato la nullit dellatto di costituzione in giudizio a firma del difensore illegittimamente nominato dallEnte, per difetto di jus postulandi. (24) Cfr., GIOVAGNOLI, Il patrocinio dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni, in CARINGELLA, DE NICTOLIS, GIOVAGNOLI, POLI, Manuale di giustizia amministrativa, 2008, Roma, tomo I, 390; PAVONE, Lo Stato in giudizio, Enti pubblici e Avvocatura dello Stato, Milano, 2002; Trib. Milano, sez. X, 14 maggio 2007, n. 5833 (inedita), con la quale stata dichiarata la nullit dellatto di citazione, sottoscritto da un avvocato del libero foro nellinteresse dellUfficio del Commissario delegato, in quanto privo dello jus postulandi; nello stesso solco, con approfondita motivazione, Trib. Catanzaro, sez. II, 1 febbraio 2008, n. 72, cit. (25) Si veda, in proposito, Cass. civ., sez. I, 12 dicembre 2003, n. 19025, in Riv. arbitrato, 2005, 1, 76, con nota di GRASSO G., Istituzione del procedimento arbitrale, carenza di potestas iudicandi e fase rescissoria del giudizio di impugnazione per nullit, ove il principio stato affermato con riferimento al Sindaco ed al presidente della Giunta regionale quale commissario di Governo ai sensi della l. 14 maggio 1981 n. 219, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. 19 marzo 1981 n. 75, in materia di interventi di ricostruzione seguiti al terremoto del 1980 nellarea campana; in applicazione del principio dellobbligatoriet del patrocinio erariale, la Corte ha affermato, nella fattispecie, che per le citazioni in giudizio di detto commissario ovvero per gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi agli arbitri nei confronti di esso applicabile lart. 11, R.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 - sostituito dallart. 1, l. 25 marzo 1958 n. 260 - in tema di notifica presso lAvvocatura dello Stato. 172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dettate in materia di jus postulandi. Ne segue che la disciplina prevista e sancita dal R.d. 1611/1933, in ordine al patrocinio erariale necessario, imperativa ed inderogabile. La dottrina ha, infatti, evidenziato che lo jus postulandi dellAvvocatura dello Stato in merito alle amministrazioni dello Stato organico, obbligatorio ed esclusivo (26). La natura statale degli Uffici Commissariali giustifica, oltre il patrocinio obbligatorio dellAvvocatura dello Stato, il disposto normativo di cui allart. 3, co. 2-bis, d.l. 30 novembre 2005, n. 245, introdotto dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21, secondo il quale: In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dellarticolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimit delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per lemanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. I successivi comma 2- ter e 2-quater (27) dispongono che lincompetenza rilevata dufficio e che la norma si applica anche ai processi in corso. La competenza del T.A.R. del Lazio - scelta legislativa reputata dalla Consulta compatibile con il dettato costituzionale (28) - si radica in ragione della (26) In ordine al principio di c.d. esclusivit ed organicit del patrocinio erariale, si rinvia, per approfondimenti a PAVONE, Lo Stato in giudizio, Enti pubblici e Avvocatura dello Stato, Milano, 2002, 254; per una rassegna generale delle forme del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, si veda GIOVAGNOLI, op. ult. cit.. In giurisprudenza, sulla portata del principio, cfr., da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-ter, 7 luglio 2009, n. 6527, in www.lexitalia.it, ove stato ritenuto illegittimo, per contrasto con lart. 1, R.d. n. 1611/1933, un bando del Ministero delle Politiche Agricole per laffidamento del servizio di assistenza giudiziale, rivolto a studi legali, poich la normativa contenuta nel R.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 esclude la possibilit per le amministrazioni statali di affidare tale attivit agli avvocati del libero foro attraverso una gara ad evidenza pubblica nel caso in cui - come nella specie - non risultino esternati quei motivi eccezionali che consentono di avviare la procedura di autorizzazione per derogare alla norma che prevede il patrocinio obbligatorio dellAvvocatura dello Stato. Con specifico riguardo allo jus postulandi dellAvvocatura di Stato in ordine alla rappresentanza e difesa in giudizio dellUfficio del Commissario delegato ex lege 225/92, si veda, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2006, n. 236, cit., secondo cui Il Commissario Delegato, bench costituito presso lUfficio di Presidenza della Regione Calabria, ha veste di organo straordinario della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della Protezione Civile) di cui si avvale il competente apparato statale per lo svolgimento dei compiti attribuiti dalla legge n. 225/1992 in materia di protezione civile. Ne consegue che trovano piena applicazione le norme del R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611, nonch delle altre leggi in materia di rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, riguardanti il patrocinio dello Stato e la notificazione degli atti alle amministrazioni statali; in tal senso, anche gi, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 15 dicembre 2004, 2411, cit.; da ultimo, Trib. Catanzaro, sent. n. 72/08 cit., Trib. Milano, sent. n. 5833/2007 cit.. (27) Secondo cui: 2-ter Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate dufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dellart. 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dellart. 23-bis della stessa legge; 2-quater Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. Lefficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata pu riproporre il ricorso. (28) Cfr., in proposito, Corte Cost., 26 giugno 2007, n. 237, cit.. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 173 circostanza che le ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali sono finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunit locali, la cui cura richiede appunto lesercizio di poteri straordinari. Spetta, infatti, al Governo disciplinare gli eventi di natura straordinaria, rientrando tra le sue competenze il potere di deliberare, prorogare e revocare lo stato di emergenza - determinandone durata ed estensione territoriale in riferimento alla natura e qualit degli eventi - e, come detto, tali funzioni hanno rilievo nazionale, rispondendo ad esigenze di unitariet, coordinamento e direzione (29). Sicch, il carattere ultraregionale delle situazioni di emergenza - indipendentemente dal rispettivo ambito geografico di incidenza - giustifica la concentrazione del relativo contenzioso presso il T.A.R. del Lazio anche per limpugnazione dei provvedimenti attraverso i quali le gestioni commissariali, data la loro natura di longa manus del Governo, pongono in essere le misure idonee a fronteggiare le situazioni di emergenza (30). Tuttavia, allindomani della pronuncia della Consulta (Corte Cost., 26 giugno 2007, n. 237), parte della giurisprudenza ha chiarito che il disposto normativo di cui allart. 3, comma 2-bis, d.l. 30 novembre 2005, n. 245 (conv. l. n. 21/2006), non si riferisce, in modo indifferenziato, ad ogni tipologia di atto posto in essere dal Presidente del Consiglio del Ministri al verificarsi degli eventi di cui allart. 2, co. 1, lettera c), l. n. 225/1992, ovvero dai Commissari delegati nelle ipotesi di cui allart. 5, comma 4, l. cit.. La competenza del T.A.R. Lazio di cui allart. 3, comma 2-bis, cit., attiene, infatti, ai giudizi impugnatori di provvedimenti amministrativi posti in essere nellambito di situazioni di emergenza derivanti da eventi naturali o legati allazione delluomo fronteggiabili solo con poteri straordinari. Invero, la devoluzione alla competenza funzionale del T.A.R. Lazio ha riguardo solo alle impugnazioni delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali, poste in essere a seguito della dichiarazione di cui al comma 1 dellart. 5, l. n. 225/92, con precipuo riferimento sia, da un lato, allistituto delle cd. ordinanze in de- (29) In tal senso, gi, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 16 maggio 2005, n. 981, cit.; T.A.R. Sicilia, Catania, 22 giugno 2000, n. 1142, in www.giustizia-amministrativa.it; Corte cost., 9 novembre 1992, n. 418, cit.. (30) Si vedano, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 9 aprile 2009, n. 1889, in www.giustizia-amministrativa. it; Cons. Giust. Amm., 14 gennaio 2009, n. 15, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 17 novembre 2008, n. 19673, ivi; Cons. St., sez. V, 20 agosto 2008, n. 3969, ivi; T.A.R. Lazio, sez. I, 19 maggio 2008, n. 4467, cit.; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 15 maggio 2008, n. 4516, ivi; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 13 maggio 2008, n. 465, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 14 marzo 2008, n. 1299, ivi; id., 7 gennaio 2008, n. 26, ivi; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 20 novembre 2007, n. 3918, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 25 ottobre 2007, n. 10095, ivi; id., 24 luglio 2007, n. 6940, ivi; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 11 maggio 2007, n. 1312, ivi; in dottrina, per approfondimenti, DE LEONARDIS, La Corte costituzionale accresce la competenza territoriale del Tar Lazio: verso un nuovo giudice centrale dellemergenza?, in Dir. proc. amm., 2008, 2, 476 ss.; TEMPESTA, Stato di emergenza e competenza territoriale del Tar Lazio, in Il corriere del merito, 2008, 4, 481 ss.. 174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 roga, di cui allart. 5, comma 5, l. cit., che, dallaltro lato, alla diversa figura delle ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o cose, di cui al menzionato art. 5, comma 3, della stessa legge. Come chiarito dalla giurisprudenza, la norma in esame, attributiva della competenza del T.A.R. Lazio, di carattere eccezionale, in quanto derogatoria rispetto alle ordinarie regole in punto di competenza territoriale dettate dagli artt. 2 e 3, l. n. 1034/1971, e - in quanto tale - necessita interpretazione restrittiva (31). Pertanto, dallesame testuale dellart. 3, comma 2-bis, sopra richiamato, risulta che la deroga alla competenza territoriale ivi prevista non trovi applicazione nelle ipotesi in cui limpugnativa giurisdizionale concerna (non gi le ordinanze di cui allart. 5, cit., ovvero i provvedimenti ad esse conseguenti, bens) atti e provvedimenti amministrativi di diversa natura che costituiscono lesercizio di unordinaria attivit gestionale, sia pure inserita nellambito delle particolari situazioni di cui allart. 2, comma 1, lett. c), l. n. 225/1992. Sicch, parte della giurisprudenza ritiene che allorquando lAutorit deputata a dirimere lo stato di emergenza agisca attraverso strumenti giuridici ordinari, non strettamente funzionali a fronteggiare tali stati eccezionali (finalizzati a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose), la competenza a conoscere degli eventuali avverse impugnazioni va determinata secondo le regole generali che disciplinano la competenza dei TT.AA.RR., ex art. 2 e 3, l. TAR (32). (31) Cos, testualmente, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 28 gennaio 2008, n. 83, in www.giustizia- amministrativa.it; in ordine al carattere eccezionale e alla sua necessaria interpretazione restrittiva, si veda, inoltre, Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2007, n. 2994, in www.giustizia-amministrativa.it; altres, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 giugno 2007, n. 6075, ivi, secondo cui In ragione dellespresso richiamo alle situazioni di emergenza di cui allart. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, deve infatti ritenersi che le ordinanze adottate e []i consequenziali provvedimenti comissariali, la cui cognizione rimessa in via esclusiva al TAR romano, siano appunto gli atti strettamente funzionali a fronteggiare tali stati eccezionali e dunque le ordinanze contigibili e urgenti finalizzate a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose e i provvedimenti per lattuazione degli interventi di emergenza. (32) Cos, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 28 gennaio 2008, n. 83, cit.; ha avuto cura di chiarire che la giustificazione della disciplina processuale a regime cui ha dato vita, in particolare, il comma 2-bis del contestato art. 3, trova la sua ragion dessere proprio nella straordinariet delle situazioni di emergenza (e nella eccezionalit dei poteri occorrenti per farvi fronte) che costituiscono il presupposto dei provvedimenti amministrativi, l'impugnativa dei quali forma loggetto dei giudizi devoluti alla competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Corte Costituzionale 26.6.2007 n. 237). Appare evidente al Collegio che tale carattere di straordinariet ed emergenza non pu certo riscontrarsi in controversie meramente risarcitorie come la presente. Il tutto in assenza di una qualsiasi norma che estenda ai ricorsi per il risarcimento del danno la disciplina di cui sopra; altres, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 giugno 2007, n. 6075, ivi, secondo cui Quando si invece chiaramente al di fuori di tale sfera di attivit (vertendosi, ad esempio, di atti di organizzazione interna del commissariato di governo o, come nel caso in esame, della regolamentazione delle modalit di informazione e partecipazione dei cittadini), difettano i presupposti della competenza funzionale del Tar del Lazio, che IL CONTENZIOSO NAZIONALE 175 Lesercizio dei poteri straordinari e derogatori del Commissario delegato Come gi avvertito, i Commissari Delegati sono nominati con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri. Con tali provvedimenti, il Presidente del Consiglio dei Ministri delega i propri poteri agli Uffici commissariali delineando il contenuto della delega, i tempi e le modalit di esercizio e delimitando, altres, leventuale esercizio del potere di deroga, con puntuale indicazione delle singole disposizioni di legge cui poter derogare. In particolare, ai commissari delegati istituiti ai sensi della l. n. 225/1992 sulla protezione civile non consentito derogare ai principi di concorrenza di derivazione comunitaria, per come espressamente disposto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2004 (pubblicata nella Gazz. Uff., 21 dicembre 1998, n. 298), emanata ai sensi dellart. 5, comma 2, l. 23 agosto 1988, n. 400, che stata adottata a seguito di alcuni rilievi formulati dallUnione europea: nella direttiva, che tende a delimitare - anche alla luce delle censure formulate in pi occasioni dalla Corte costituzionale e dal Consiglio di Stato in relazione allutilizzazione di poteri straordinari quando questi risultano generici e non ben circoscritti - il ricorso al commissario a situazioni imprevedibili effettivamente caratterizzate dallo stato di emergenza, viene stabilito, tra laltro, che le ordinanze non possono comunque contenere deroghe alle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie relative agli appalti pubblici (33). Tale direttiva allart. 1 dispone che la durata degli stati di emergenza o di grande evento, dichiarati ai sensi dellarticolo 5 comma 1 della legge n. 225 del 1992 definita in stretta correlazione con i tempi necessari per la realizzazione dei primi indispensabili interventi (comma 1) , e che le ordinanze di protezione civile adottate ai sensi dellarticolo 5, comma 2 della legge 225 del 1992, per quanto citato in premessa, non devono contenere deroghe alle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie (comma 2 ). Ed inoltre, allart. 2 dispone che le ordinanze di protezione civile previste dallarticolo basata sul profilo oggettivo dellatto e non gi sul soggetto emanante, e tornano ad operare le consuete regole di riparto su base territoriale della competenza tra i diversi Tribunali Amministrativi Regionali; in tal senso, pure, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 20 novembre 2007, n. 3918, ivi, secondo cui: i provvedimenti impugnati (i.e.: lapprovazione del progetto definitivo di un sistema impiantistico complessivo e lautorizzazione alla realizzazione e gestione dello stesso) non sono annoverabili in alcun modo fra le ordinanze adottate [ed] i consequenziali provvedimenti commissariali, posti in essere a seguito della dichiarazione di cui al comma 1 dellart. 5, cit., atteso che essi costituiscono, al contrario, esercizio di attivit amministrative gestionali poste in essere (pur se nellambito di un quadro emergenziale) in attuazione di impegni assunti a seguito dellespletamento di un pubblico incanto e della conseguente aggiudicazione in favore dellodierna controinteressata. (33) Per una puntuale disamina dei limiti, interni e comunitari, allesercizio dei poteri commissariali derogatori in materia di appalti pubblici il rinvio dobbligo a SALOMONE, Le ordinanze di protezione civile ed il rispetto dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario con riguardo alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, in www.giustizia-amministrativa.it. 176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 5, comma 2 della legge n. 225/1992 laddove ineriscano a situazioni di emergenza ed a grandi eventi, ancora in atto, sono modificate nel senso di assicurare il rigoroso rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture. Lart. 3 dispone, inoltre, che alla ricorrenza di situazioni di urgenza e di necessit aventi carattere di assoluta imperiosit, le ordinanze di protezione civile previste dallart. 5, comma 2, l. n. 225/1992 potranno prevedere la deroga alle disposizioni della legge nazionale nella materia degli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilevo comunitario, nel rispetto, comunque, delle norme contenute nelle pertinenti direttive comunitarie. In via eccezionale, soltanto nellipotesi di assoluta eccezionalit dellemergenza, da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione dellintegrit della vita umana, il Capo del Dipartimento della protezione civile pu essere motivatamente autorizzato a procedere ad affidamenti diretti in materia di appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario, semprech non sia possibile provvedere altrimenti, in termini di rigorosa proporzionalit, e soltanto per periodi di tempo prestabiliti, limitati alla adozione dei primi indispensabili interventi (art. 4). A titolo di ulteriore puntualizzazione si dispone che i commissari delegati nominati, ai sensi dellart. 5, comma 4, l. n. 225, per lattuazione degli interventi previsti, provvedono alle aggiudicazioni necessarie per il superamento delle situazioni demergenza, nel rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture, sulla base di ordinanze di protezione civile adottate ai sensi dellart. 5, recanti la definizione puntuale della tipologia degli interventi e delle iniziative da adottarsi in deroga allordinamento giuridico vigente, nonch la specificazione di termini temporali e modalit di realizzazione (art. 5). Non pu in tale sede sottacersi che tali direttive - oltre ad impartire prescrizioni al Dipartimento della Protezione Civile - implicitamente suggeriscono, come si vede, un uso prudente nel ricorrere alle procedure durgenza (in ossequio, peraltro, ai principi generali, desumibili sia dal nostro ordinamento che dalla normativa comunitaria), limitato ai casi di effettiva indifferibilit ed urgenza dei lavori connessi al pubblico servizio di cui titolare lUfficio commissariale e solo per far fronte ad esigenze temporanee, non ripetibili nel tempo (secondo lunivoco indirizzo giurisprudenziale sopra segnalato); e ci fermo restando il principio, affermato dalla giurisprudenza, secondo cui lesercizio dei poteri derogatori ex art. 5, comma 2, l. 24 febbraio 1992, n. 225 necessita, comunque, di congrua esplicitazione motivazionale, da parte del Commissario delegato, con puntuale riferimento alle norme alla quale si sia inteso derogare ed alle ragioni della deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo per relationem alle Ordinanze di protezione civile che hanno previsto la derogabilit di norme di legge (34). (34) In tal senso, Cons. St., sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3276, in www.giustizia-amministrativa.it. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 177 Invero, il potere amministrativo di agire in deroga alle disposizioni vigenti, per far fronte alle situazioni emergenziali dichiarate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha natura assolutamente straordinaria ed extra ordinem, che si impone quale estrema ratio anche nellambito sistematico della l. n. 225/92. Dispone, infatti, lart. 5, comma 2, l. cit., che per lattuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede () anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dellordinamento giuridico. Ci significando che lamministrazione deputata a far fronte agli eventi emergenziali (in primis i Commissari delegati) agisce nel rispetto dei principi generali dettati dallordinamento giuridico attraverso propri poteri ordinari, alla stregua di unamministrazione comune. Sicch, lesercizio dei poteri derogatori - conferiti al Commissario delegato ex O.P.C.M. - implica unattenta e congrua valutazione di tutti i presupposti necessari alluso straordinario della deroga, limitata - in ogni caso - alle singole disposizioni normative indicate nella O.P.C.M. (35). A questi principi perfettamente si allinea la sentenza in commento. La procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ex art. 57, comma 2, lett. c), Codice degli Appalti pubblici, nellambito dellesercizio dei poteri straordinari e derogatori del Commissario delegato I principi generali in materia di appalti pubblici, rinvenibili nellordinamento giuridico comunitario ed interno, impongono alla stazione appaltante di procedere alla scelta del proprio contraente privato attraverso una selezione pubblica improntata alle regole di pubblicit e concorrenza. Invero, la finalit perseguita con la direttiva n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi) - trafusa nel d.lgs. n. 163/2006 - stata, in primo luogo, quella di garantire che nei singoli ordinamenti nazionali laggiudicazione degli appalti per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico avvenisse nel rispetto dei principi del Trattato istitutivo della Comunit Europea ed, in particolare, dei principi della libera circolazione delle merci, della libert di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch dei principi che ne derivano, quali i principi di parit di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit e di trasparenza(36). Si voluto, infatti, assicurare lapertura degli (35) Cos, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 18 febbraio 2009, n. 1656, in commento, secondo cui nellambito dellesercizio dei poteri derogatori di cui allart. 5 l. n. 225/92, non sufficiente il mero richiamo allOrdinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, ma devono essere indicate puntualmente le norme cui si intende derogare e le ragioni della medesima deroga; in questo senso, in dottrina, SALOMONE, op. cit. 178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 appalti pubblici alla concorrenza anche mediante regole dettagliate volte a garantire procedure di gara concorrenziali a livello della Unione europea (37). Invero, come gi chiarito dalla Corte di Giustizia della Comunit Europea, i principi di uguaglianza di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalit comportano un obbligo di trasparenza per la stazione appaltante, tale da garantire - in favore di ogni potenziale offerente - un adeguato livello di pubblicit, consentendo lapertura del mercato alla concorrenza, nonch il controllo sullimparzialit delle procedure di aggiudicazione (38). Tuttavia, sebbene taluni contratti siano esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE in materia di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici che li stipulano sono tenute a rispettare, in ogni caso, i principi fondamentali del Trattato istitutivo della Comunit Europea, che impongono, in via generale, allamministrazione di assicurare la pi ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore, in ossequio ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libert di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (39). La procedura di affidamento - volta allo scopo di garantire i predetti principi diretti a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti - fondamentalmente riconducibile alla materia della tutela della concorrenza. In proposito, la Corte Costituzionale ha rimarcato che si tratta di assicurare ladozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parit di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalit e di trasparenza. Sicch, la trasposizione dei sopra enunciati principi comunitari nel nostro ordinamento giuridico si traduce, essenzialmente, nellattuazione delle regole (36) Cfr., in proposito, Direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi), secondo cui Laggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libert di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch ai principi che ne derivano, quali i principi di parit di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti ed assicurare l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Di conseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpretate conformemente alle norme e ai principi citati, nonch alle altre disposizioni del trattato. (37) Cos, Comunicazione interpretativa della Commissione, relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici , del 1 agosto 2006. (38) Cfr., in particolare, Corte di Giustizia UE, causa C-324/98 Telaustria [2000] Racc. I-10745, paragrafo 62; id., causa C-231/03 Coname, sentenza del 21 luglio 2005, paragrafi da 16 a 19 e la causa C-458/03 Parking Brixen, sentenza del 13 ottobre 2005, paragrafo 49. (39) Cfr., art. 3, paragrafo 1, lettere c) e g); art. 4, paragrafo 1; artt. 23 - 31; artt. 39 - 60, del Trattato che istituisce la Comunit europea, del 25 marzo 1957. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 179 costituzionali dellimparzialit e del buon andamento (ex art. 97 Cost.), che caratterizzano lazione della pubblica amministrazione. In particolare, losservanza delle prescrizioni comunitarie ed interne dellevidenza pubblica garantisce il rispetto delle regole dellefficacia e dellefficienza dellattivit dei pubblici poteri. La selezione della migliore offerta assicura, infatti, la piena attuazione degli interessi pubblici in relazione al bene o al servizio oggetto dellaggiudicazione (40). Sul versante interno, il nostro ordinamento giuridico conosceva gi un principio di evidenza pubblica, prescrivendo lart. 3, R.d. 18 novembre 1923, n. 2440 (legge di contabilit di Stato) che ogni contratto della p.a. da cui derivi unentrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano le ipotesi eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata. La ratio del principio espresso dallart. 3, R.d. n. 2440/1923 quella di assicurare la par condicio tra tutti i potenziali interessati a contrattare con lamministrazione e di consentire allamministrazione stessa di contrattare alle condizioni pi vantaggiose mediante lacquisizione di un pluralit di offerte, tantoch lomissione della gara prescritta dalla legge per l'individuazione del contraente privato - omissione cui deve equipararsi l'espletamento meramente apparente delle formalit previste dalla legge - comporta la nullit del contratto per contrasto con norme imperative(41). La ratio sottesa al principio recato dallart. 3 cit., ha una portata tanto generale da doversi ritenere precettiva per qualsiasi attivit dellamministrazione, di modo tale che allorquando si presenti per i privati una possibilit di guadagno, tutti siano messi in grado di beneficiarne a parit di condizioni (42). Nondimeno, con il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (cd. Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, (40) Cos, testualmente, Corte Cost., sent. 23 novembre 2007, n. 401, in Giorn. dir. amm., 2008, 6, 624, con commento di LACAVA, in www.cortecostituzionale.it e LOPILATO, in www.giustizia-amministrativa. it, secondo cui, tra laltro, Deve, anzi, rilevarsi come sia stata proprio lesigenza di uniformare la normativa interna a quella comunitaria, sul piano della disciplina del procedimento di scelta del contraente, che ha determinato il definitivo superamento della cosiddetta concezione contabilistica, che qualificava tale normativa interna come posta esclusivamente nellinteresse dellamministrazione, anche ai fini della corretta formazione della sua volont negoziale; in particolare, la Consulta ha avuto modo di chiarire che la nozione comunitaria di concorrenza definita come concorrenza per il mercato, la quale impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto dei valori comunitari e costituzionali sopra indicati. (41) In questi termini, Cass. civ., sez. un., 5 maggio 2008, n. 11031, in www.lexitalia.it; nello stesso senso, T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 5 novembre 2008, n. 878, ivi. (42) Si vedano, in ordine al principio di evidenza pubblica ed, in particolare, alla vigenza dellart. 3, R.d. 2440/1923, Cons. St., sez. V, 4 marzo 2008, n. 889, in Urb. e app., 2008, 9, 1132 e ss., con nota di BALDI; in www.altalex.it, con nota di LOGIUDICE; si veda, inoltre, pi in generale, sul principio di evidenza pubblica, fra la giurisprudenza che si pronunciata prima dellentrata in vigore del Codice degli appalti pubblici, Cons. St., sez. VI, 15 novembre 2005, n. 6368, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui: anche quando un soggetto pubblico non direttamente tenuto allapplicazione di una specifica disciplina per la scelta del contraente, il rispetto dei principi fondamentali dellordinamento comunitario (ritraibili principalmente dagli art. 43 e 55 del trattato Ce), nonch dei principi generali 180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 servizi e forniture), il legislatore italiano ha dato attuazione alle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, recependo, nel nostro ordinamento giuridico, i principi generali dettati dalla normativa comunitaria in tema di appalti pubblici (43). Tuttavia, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che il principio di evidenza pubblica sia espressione di un pi generale principio di che governano la materia dei contratti pubblici impone allamministrazione procedente di operare con modalit che preservino la pubblicit degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese, merc lutilizzo di procedure competitive selettive; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 23 agosto 2006, n. 7375, ivi, secondo cui: il contraente pubblico obbligato a mantenere un contegno che, in relazione alla rilevanza economica della fattispecie, consenta a tutte le imprese interessate di venir per tempo a conoscenza dellintenzione amministrativa di stipulare il contratto e di giocare le proprie chances competitive attraverso lo formulazione di unofferta appropriata, cos da favorire la pi ampia partecipazione di aspiranti alle procedure selettive; e, pertanto, lobbligo di seguire le norme di evidenza pubblica, ivi incluse quelle concernenti ladeguata pubblicizzazione della selezione, regola generale, valevole anche per i contratti c.d. sotto soglia; da ultimo, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 21 maggio 2008, n. 1978, ivi, secondo cui: il principio di concorrenza e quelli che ne rappresentano attuazione e corollario, di trasparenza, non discriminazione e parit di trattamento () costituendo principi fondamentali del diritto comunitario, si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici e sono direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 6 dicembre 2008, n. 21241, ivi, in www.giustamm.it, secondo cui: I principi generali del Trattato sullUnione Europea, i quali impongono che il sistema di scelta del contraente sia ispirato a criteri di parit di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, valgono comunque anche per i contratti e le fattispecie diverse da quelle concretamente contemplate, quali la concessione di servizi, gli appalti sottosoglia e i contratti diversi dagli appalti tali da suscitare linteresse concorrenziale delle imprese e dei professionisti; ex pluribus, Cons. St., sez. VI, 10 gennaio 2007, n. 30, ivi. In particolare, con riguardo allaffidamento diretto dellappalto alle societ in house miste, Cons. St., Ad. Plen., 3 marzo 2008, n. 1, in Giorn. dir. amm., 2008, 11, 1119, con commento di CARANTA, secondo cui: Il principio di concorrenza uno dei principi cardini del Trattato, soprattutto in relazione al mondo delle commesse pubbliche. Esso garantisce la completa parit di accesso di tutte le imprese europee al monte dei contratti pubblici. La conseguenza rilevante che le imprese europee devono essere poste sullo stesso piano, concedendo loro le medesime opportunit; sia sotto il profilo dellaccesso ai contratti pubblici (e quindi attraverso il sistema ordinario dellevidenza pubblica), sia impedendo che particolari situazioni economiche pongano alcune di esse in una condizione di privilegio o comunque di favore economico. Da ci consegue che il sistema dellaffidamento diretto, in primo luogo, costituisce eccezione di stretta interpretazione al sistema ordinario delle gare; e, in secondo luogo, deve rispondere a ben precisi presupposti, in assenza dei quali laffidamento idoneo a turbare la par condicio e quindi a violare il Trattato (e le direttive); nello stesso senso, gi Cons. St., sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362, in Dir. maritt., 2007, 4, 1193; id., 30 dicembre 2005, n. 7616, in ivi, 2007, 4, 1190; id., 25 gennaio 2005, n. 168, in Giur. it., 2005, 851; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 26 giugno 2007, n. 1102, in Foro amm. TAR, 2007, 6, 2225. Si veda, in dottrina, VOLPE C., In house providing, Corte di Giustizia, Consiglio di Stato e legislatore nazionale. Un caso di convergenze parallele?, in Urb. e app., 2008, 12, 1141; altres, IMPASTATO, Brevi considerazioni sulla palingenesi della cd. manomorta attraverso il principio della redditivit della gestione patrimoniale pubblica, in www.giustamm.it; si veda, altres, Servizi Studi del Senato, Disegno di legge A.S. n. 1373, Misure a tutela dei segni distintivi delle Forze armate e costituzione della Societ Difesa Servizi Spa, marzo 2009, n. 100, in www.federalismi.it. (43) In particolare, il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice contratti pubblici) dispone allart. 27 (Principi relativi ai contratti esclusivi), comma 1, che Laffidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dallapplicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicit, efficacia, imparzialit, parit di trattamento, trasparenza, proporzionalit. Laffidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con loggetto del contratto. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 181 tutela della concorrenza nel e per il mercato, rinvenibile del Trattato istitutivo della Comunit Europea, che ha - nel nostro ordinamento giuridico - una sua precipua forza precettiva self-executing. Ne consegue che solo in casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge lamministrazione pu procedere alla scelta del proprio contraente attraverso una trattativa privata (rectius: procedura negoziata), cos derogando al principio di evidenza pubblica che impone allamministrazione ladozione - in ogni caso - di unidonea pubblicit degli atti di gara, tale da consentire un confronto concorrenziale caratterizzato da oggettivit e trasparenza (44). In proposito, le direttive in materia di appalti pubblici prevedono deroghe specifiche che autorizzano, a talune condizioni, procedure senza pre- Altres, il successivo art. 30 (Concessione di servizi), comma 3, prevede che La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicit, non discriminazione, parit di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione alloggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi. Lart. 92 (Procedure di affidamento), comma 1, dispone, inoltre, che: Gli incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo nel rispetto di quanto disposto allart. 120, comma 2-bis, di importo inferiore alla soglia di cui a comma 1 possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, ai soggetti di cui al comma 1, lettere d), e), f), f-bis), g) e h) dellart. 90, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parit di trattamento, proporzionalit e trasparenza, e secondo la procedura prevista dallart. 57, comma 6; linvito rivolto ad almeno cinque soggetti, se sussistono in tale numero aspiranti idonei. (44) Si veda, in ordine alla procedura negoziata ex artt. 56 e 57, Codice appalti pubblici, DE NICTOLIS, Le procedure aperte, ristrette e negoziate, in Trattato sui contratti pubblici, Vol. III, Sez. III, p. 1731 e ss.; cfr., par. 7 e 8 riguardo alle procedure negoziate; Cons. St., sez. V, 7 novembre 2007, n. 5766, in Foro amm. CdS, 2007, 11, 3148, secondo cui: La trattativa privata sempre stata intesa, nel diritto italiano, come la contrattazione diretta, senza gara, tra una pubblica amministrazione e un privato; Corte giustizia UE, grande sezione, 8 aprile 2008, n. 337, in Foro amm. CdS, 2008, 4, 972; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 26 giugno 2007, n. 1104, in Foro amm. TAR, 2007, 6, 2227, secondo cui: La trattativa privata - oggi definita procedura negoziata nelle direttive comunitarie e negli atti nazionali di recepimento - un criterio di selezione dei concorrenti di tipo eccezionale perch la necessit di tutelare i principi di libera concorrenza, parit di trattamento, non discriminazione, imparzialit e buon andamento impongono il ricorso alle procedure aperte o ristrette e la procedura negoziata, come si evince dal confronto tra il quarto e il secondo comma dellart. 54, d.lgs. n. 163 del 2006, pu essere utilizzata solo nei casi specifici in cui la legge lo preveda espressamente; si veda, altres, in merito alla procedura negoziale senza bando di gara quale procedura eccezionale derogatoria al principio di evidenza pubblica, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 marzo 2007, n. 1781, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Molise, Campobasso, sez. I, 16 luglio 2008, n. 689, ivi; T.A.R. Veneto, sez. I, 21 novembre 2008, n. 3620, ivi, che nellannullare gli atti di gara inerenti laffidamento diretto di progettazione ad un noto e prestigioso architetto, ha avuto cura di specificare che la regola della concorsualit non pu essere violata, posto che la nozione di affidamento, e la conseguente necessit dellevidenza pubblica comprendono espressamente anche i concorsi di idee: il che vuol dire che non solo non consentito alle Pubbliche Amministrazioni affidare senza procedimento concorsuale qualsivoglia tipo di progettazione, ma che anche la preliminare acquisizione di idee finalizzate alla progettazione deve comunque essere acquisita e remunerata solo previo procedimento ad evidenza pubblica. 182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 via pubblicazione di un avviso pubblicitario (45). I casi pi importanti riguardano le situazioni di estrema urgenza, risultanti da eventi imprevedibili, e gli appalti la cui esecuzione, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, pu essere affidata unicamente ad un determinato operatore economico. Il Codice degli appalti pubblici, recato dal d.lgs. n. 163/2006, sancisce che la procedura negoziata una gara in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici scelti dalla medesima amministrazione e negoziano con uno o pi di essi le condizioni dellappalto (art. 40, comma 3). In attuazione delle direttive comunitarie sopra richiamate, il legislatore italiano ha previsto e sancito due tipologie di procedure negoziate: previa pubblicazione del bando e senza bando. A differenza della procedura negoziata con pubblicazione del bando (ex art. 56), soggetta a pubblicit, ai termini per la presentazione dellofferta ed ai criteri di selezione dellofferta stessa, la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (ex art. 57) non soggetta a pubblicit, n a particolari regole procedimentali, salvo - qualora possibile - procedere ad una previa indagine di mercato individuando almeno tre imprese idonee ad espletare lappalto da invitare alla negoziazione (cfr. art. 57, comma 6). Lindagine di mercato, prescritta dalla norma, solo eventuale, poich in alcuni casi la negoziazione di fatto ad esecutore determinato, come nel caso dei lavori complementari o della ripetizione di servizi simili, mentre in altri casi lamministrazione deve valutarne la concreta possibilit, potendosi ad esempio verificare che lesigenza di tutelare lincolumit pubblica abbia unurgenza tale da non consentire neppure la negoziazione con tre imprese, ovvero che sussistano ragioni di natura tecnica talmente rilevanti per le quali laffidamento debba necessariamente avvenire ad opera delloriginario esecutore (46). Deve, in ogni caso ritenersi che in ipotesi di procedura negoziata preceduta da una consultazione informale lAmministrazione, che si sia autodisciplinata dettando regole procedimentali per lo svolgimento della negoziazione, vincolata al loro rispetto, anche per quanto attiene alla par condicio fra i partecipanti (47). (45) Cfr., in merito, art. 31 della direttiva 2004/18/CE e art. 40, paragrafo 3, della direttiva 2004/17/CE. (46) Si veda, in tal senso, LILLI, Legge 12 luglio 2006 n. 228: le prime modifiche in corsa al codice degli appalti, in www.giustamm.it; altres, ex pluribus, MACERONI, La procedura negoziata nel nuovo codice degli appalti, in ivi; si veda, in giurisprudenza, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 12 maggio 2008, n. 3886, in Foro amm. TAR, 2008, 5 1329, secondo cui: Le norme legislative che permettono laccesso a procedure negoziate senza bando, in deroga ai principi comunitari che regolano le procedure di evidenza pubblica aperte o ristrette, devono essere interpretate restrittivamente, gravando comunque sulla stazione appaltante lonere di dimostrare leffettiva sussistenza delle circostanze eccezionali cui le norme riconducono la deroga. (47) In tal senso, T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 7 luglio 2008, n. 335, in www.giustizia-amministrativa. it. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 183 La procedura negoziata senza bando consentita solo nei casi espressamente previsti dallart. 57, Codice appalti pubblici, da ritenersi tassativi ed insuscettibili di interpretazione analogica e/o estensiva, in ragione del carattere eccezionale della procedura, derogatoria del principio di evidenza pubblica sopra divisato (48). Fra le ipotesi contemplate dallart. 57 cit., la recente decisione del T.A.R. Lazio in commento si soffermata sulla procedura negoziale sub lett. c) (art. 57, comma 2), consentita nella misura strettamente necessaria, quando lestrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti. In particolare, il Tribunale ha chiarito che il ricorso alla procedura senza pubblicazione del bando di cui allart. 57 comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, trova fondamento nella presenza di circostanze tanto eccezionali che non consentono lindugio degli incanti e della licitazione privata e a condizione che lestrema urgenza risulti da eventi imprevedibili per la stazione appaltante e non dipenda invece da un ritardo di attivazione dei procedimenti ad essa imputabile. Tuttavia, lurgenza nel provvedere deve essere qualificata come estrema e deve derivare da circostanze che siano non prevedibili secondo lordinaria diligenza. Deve trattarsi, quindi, di unurgenza qualificata e non generica, tanto da corrispondere ad esigenze eccezionali e contingenti, tali da far ritenere che il rinvio dellintervento comprometterebbe irrimediabilmente il raggiungimento degli obiettivi che la stazione appaltante si posta mediante la realizzazione dellintervento stesso e non deve essere imputabile allinerzia della stazione appaltante (49). (48) Si veda, in merito, Corte Conti, sez. contr., 3 aprile 2007, n. 3, in Riv. Corte conti, 2007, 2 3. (49) Cfr., in proposito, Autorit di Vigilanza, determinazione n. 18 del 5 aprile 2000, secondo cui: ҏ, pertanto, illegittimo il ricorso a tale procedura nel caso in cui lurgenza sia sopravvenuta per comportamento colpevole dellamministrazione, la quale, pur potendo prevedere levento, non ne abbia tuttavia tenuto conto al fine di valutare i tempi tecnici necessari alla realizzazione del proprio intervento; in giurisprudenza, si veda, T.A.R. Molise, Campobasso, sez. I, 16 luglio 2008, n. 689, in www.giustizia- amministrativa.it, secondo cui: Lestrema urgenza dei lavori deve risultare da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, fermo restando che lurgenza non pu, n deve dipendere da un ritardo di attivazione dei procedimenti che sia imputabile allente pubblico; in tal senso, gi, Cons. St., sez. V, 16 novembre 2005, n. 6392, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 marzo 2007, n. 1781, ivi, secondo cui: ҏ da escludere che un ritardo imputabile alla stessa amministrazione possa giustificare la deroga ai principi dellevidenza pubblica ed il ricorso alla trattativa privata; si veda, inoltre, da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 12 maggio 2008, n. 3886, in Foro amm. TAR, 2008, 5, 1329, secondo cui: lurgenza, che pu giustificare lomissione dei giusti procedimenti di evidenza pubblica (senza con ci violare i principi di legalit, imparzialit e buon andamento fissati dallart. 97 della Costituzione), deve avere le caratteristiche della assoluta imprevedibilit e della non evitabilit altrimenti dei fatti o delle 184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 In ogni caso, lamministrazione ha facolt ad indire la procedura negoziata ovvero procedere alla selezione pubblica attraverso altre forme di gara, caratterizzate da pubblicit e trasparenza, in ossequio al principio di tutela della concorrenza e del mercato (50). In particolare, nellambito della procedura negoziata senza bando, lamministrazione procedente gode di ampia discrezionalit. Di guisa che lart. 57, comma 1, impone espressamente alla stazione appaltante di esternare unadeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre, tale da indicare puntualmente le ragioni che hanno indotto lamministrazione alladozione della procedura speciale. Lobbligo motivazionale cos funzionalizzato alla par condicio in ossequio ai principi costituzionali di imparzialit e buon andamento () in termini di efficienza, di economicit e snellezza da riferirsi sia alla scelta di procedere a trattativa privata, sia alla mancata considerazione di talune offerte, sia alle ragioni della scelta di stipulare con un determinato offerente( 51). Invero, nellambito della procedura negoziata senza pubblicazione del bando, i margini di discrezionalit della stazione appaltante sono sensibilmente maggiori rispetto alle tipiche procedure di evidenza pubblica (52). Cos che la garanzia del rispetto della par condicio e delle regole sulla concorrenza risiede nel rispetto, a monte, dei requisiti particolarmente restrittivi che, ai sensi dellart. 57, comma 2, lett. c), Codice appalti pubblici, legittimano il ricorso a siffatta procedura (53). Sicch, la valutazione della legittimit delloperato posto in essere dallamministrazione procedente transita attraverso una duplice verifica che atcircostanze che la caratterizzano, solo cos potendosi ammettere una cos grave violazione ai predetti principi costituzionali. (50) Si veda T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 31 gennaio 2009, n. 173, in www.giustizia-amministrativa. it, secondo cui: costituendo la trattativa privata ipotesi del tutto eccezionale, lamministrazione appaltante libera di indire una gara pubblica, pur quando si verifichino in astratto presupposti per aggiudicare i lavori mediante trattativa privata, senza neanche indicare le ragioni di tale scelta, rientrando ci nelle scelte ordinarie dell'amministrazione che lordinamento considera di per s preferibili (Consiglio Stato, sez. IV, 10 giugno 2004, n. 3721), piuttosto, al contrario, la scelta della P.A. di procedere a trattativa privata che v adeguatamente motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti specifici legali che di volta in volta la giustificano; mentre, qualora lamministrazione si orienti per la gara pubblica, non occorre addurre alcuna giustificazione, rientrando ci nelle opzioni normali che lordinamento considera di per s preferibili, anche quando si verifichino in astratto, i presupposti per aggiudicare laffare mediante procedura negoziata. Altres, Cons. St., sez. VI, 16 ottobre 2008, n. 5023, ivi, secondo cui: laddove si presenti lurgenza di provvedere lamministrazione ha il potere di scegliere il contraente mediante procedura negoziata senza pubblicazione di bando di gara; tale scelta peraltro non pu essere ritenuta automatica, e deve essere ponderata con i rischi per la spesa pubblica ed anche per la qualit della prestazione da ottenere, una volta che la concorrenza fortemente limitata o, come nel caso di specie, nel quale stata presentata una sola offerta valida, sostanzialmente annullata. (51) Cos, testualmente, DE NICTOLIS, op. cit., 1766-1767. (52) In tal senso, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 23 giugno 2008, n. 1540, in www.giustamm.it; Cons. St., sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3999, in www.giustizia-amministrativa.it. (53) Cos, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 23 giugno 2008, n. 1540, cit.. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 185 tiene, da un lato, allestrema urgenza nel provvedere in presenza di eventi imprevedibili, e, dallaltro, allostensione di un idoneo (rectius: adeguato) apparato motivazionale con il quale venga fornita congrua emersione alle relative ragioni. Tanto che, lesame delle determinazioni a contrarre deve consentire un positivo apprezzamento della sussistenza dei presupposti, sia per quanto concerne la situazione non altrimenti fronteggiabile, sia con riferimento alla emersione di ragioni che giustificano il ricorso alleccezionale procedura selettiva. Detto altrimenti, lurgenza del provvedere, da coniugarsi come la norma impone con limprevedibilit della situazione da fronteggiare, deve trovare riscontro nella fattispecie del caso concreto, in ragione della quale lamministrazione appaltante ha indetto la procedura negoziata. Sicch dallapparato motivazionale della determina a contrarre deve emergere il nesso di necessaria implicazione causale tra la situazione di estrema urgenza ed il ricorso alla trattativa privata. Non , dunque, sufficiente una mera formula di stile, essendo di contro necessaria una motivazione sostanziale, di modo tale che i relativi presupposti giustificanti lindizione della procedura negoziale vanno valutati ed apprezzati con il necessario rigore. Tuttavia, atteso il carattere singolare della procedura negoziale di cui alla lett. c), i presupposti per il ricorso alla procedura negoziata non corrispondono, in modo automatico, ai presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza. In ci sta il punto centrale della decisione del Tribunale amministrativo capitolino: non pu, invero, assumersi a priori che la situazione di emergenza che caratterizza la dichiarazione (ex art. 5, l. n. 225/92) dello stato emergenziale integri sic et simpliciter i presupposti necessari per lindizione della procedura negoziata di cui allart. 57, comma 2, lett. c), Codice appalti pubblici. Deve, quindi, escludersi la legittimit di una motivazione che identifica le ragioni di urgenza dellaffidamento richieste dalla lett. c) dellart. 57, comma 2, con i presupposti (emergenziali) inerenti al conferimento dei poteri commissariali. Detto in altro modo, i poteri emergenziali non giustificano in quanto tali lerosione dei principi comunitari di trasparenza e confronto concorrenziale, occorrendo un quid pluris, che lUfficio commissariale avr lonere di allegare a corredo della determinazione a contrarre. Avv. Alfonso Mezzotero* (*) Avvocato dello Stato. Con la collaborazione del dott. Aurelio Schiavone. 186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 1656 - Pres. Giovannini, Rel. Politi - Kapsch Trafficcom s.r.l. e Kapsch-Busi S.p.A. (Avv.ti M. Sanino e L. Montarsolo) c. Sindaco di Napoli, in qualit di Commisssario delegato ex O.P.C.M. 3566/2007, Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura generale dello Stato), Comune di Napoli (Avv.ti B. Ricci, G. Tarallo, B. Crimaldi, A. Cuomo, A.I. Furnari, G. Pizza, A. Pulcini, B. Accattatis Chalons DOranges, A. Andreottola, E. Carpentieri, G. Romano). (Omissis) FATTO Espongono preliminarmente le ricorrenti KAPSCH TRAFFICCOM s.r.l. e KAPSCH-BUSI S.p.A. (societ operative per il mercato italiano del gruppo KAPSCH TRAFFICCOM A.G. con sede in Vienna) che con ordinanza del 5 marzo 2007 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha nominato fino al 31 dicembre 2008 il Sindaco di Napoli Commissario delegato per lattuazione degli interventi volti a fronteggiare la situazione di emergenza nel settore del traffico e della mobilit urbana. Nominato nella persona del Direttore Generale del Comune di Napoli il Soggetto Attuatore, il predetto organo commissariale con decreto del 9 febbraio 2008 indicava lobiettivo di procedere alla sperimentazione, implementazione e consegna al Comune di Napoli di un sistema integrato ITS (Intelligent Transportation System) per il controllo e la regolamentazione del traffico urbano. Con il medesimo decreto veniva affidato a Napolipark s.r.l. (societ in house del Comune di Napoli) il compito di procedere allimplementazione del sistema integrato. Questultima, con nota del successivo 13 marzo, rappresentava al commissario delegato lesigenza di individuare il soggetto appaltatore per la realizzazione del sistema anzidetto a mezzo di gara ad evidenza pubblica. Nondimeno, il commissario delegato (decreto n. 19 del 10 aprile 2008) affidava al Soggetto Attuatore il compito di procedere direttamente allaffidamento della progettazione e realizzazione del sistema integrato ITS mediante procedura ristretta con il criterio dellofferta economicamente pi vantaggiosa e/o negoziata, procedendo ad apposita indagine esplorativa al fine di individuare gli operatori maggiormente qualificati per la formulazione degli inviti a partecipare alla procedura stessa. Successivamente, il Soggetto Attuatore stabiliva di indire procedura negoziata di affidamento ancorch in difetto dello svolgimento della pur prevista indagine esplorativa; ed approvava, conseguentemente, gli atti preordinati allindizione della selezione. Ci premesso, evidenza parte ricorrente di aver chiesto (nota del 7 agosto 2008) di essere invitata a partecipare alla trattativa privata. La struttura commissariale riservava, tuttavia, esito negativo allistanza da ultimo indicata, in ragione dellavvenuta preselezione dei soggetti da invitare in seguito allaffermato svolgimento di una preventiva indagine esplorativa. Assume ora parte ricorrente che gli atti come sopra impugnati siano illegittimi in ragione dei motivi di doglianza infra esposti. 1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1 E 3 DELLA LEGGE 241/1990. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLART. 57, COMMA 1, DEL D.LGS. 12 APRILE 2006 N. 163. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO IL CONTENZIOSO NAZIONALE 187 AL PRINCIPIO DI CONCORRENZIALIT, TRASPARENZA ED IMPARZIALIT. ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA. Nellosservare come la decisione del Commissario delegato di procedere allaffidamento dellappalto in esame a seguito di procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando sia immotivata, rileva parte ricorrente come leccezionalit di tale procedura avrebbe dovuto imporre lesplicitazione di un congruo apparato motivazionale recante lindicazione dei relativi presupposti giustificativi. 2) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLART. 57, LETT. B), DEL D.LGS. 12 APRILE 2006 N. 163. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL PRINCIPIO DI TRASPARENZA, PUBBLICIT ED IMPARZIALIT E DI PAR CONDICIO FRA I CONCORRENTI. VIOLAZIONE DELLART. 31 DELLA DIRETTIVA CE 2004/18. ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE PER DIFETTO ED ERRONEA MOTIVAZIONE, CONTRADDITTORIET E SVIAMENTO. Sarebbero, inoltre, insussistenti i presupposti fissati dalla pertinente normativa ai fini dellindizione di una procedura negoziata senza bando: in particolare, escludendosi che quanto allaffidamento del servizio de quo fosse rinvenibile unicamente un operatore determinato in grado di garantirne lesecuzione. 3) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLART. 57, LETT. C), DEL D.LGS. 12 APRILE 2006 N. 163. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL PRINCIPIO DI TRASPARENZA, PUBBLICIT ED IMPARZIALIT E DI PAR CONDICIO FRA I CONCORRENTI. VIOLAZIONE DELLART. 31 DELLA DIRETTIVA CE 2004/18. ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE PER DIFETTO ED ERRONEA MOTIVAZIONE, CONTRADDITTORIET, TRAVISAMENTO ED IRRAGIONEVOLEZZA. N, quanto alla fattispecie in esame, sarebbe comprovata la presenza di ragioni di urgenza nel provvedere allaffidamento dellappalto, tali da giustificare il ricorso alla procedura allesame: non potendosi ravvisare, secondo quanto sostenuto dalla parte ricorrente, tali ragioni nei presupposti per i quali stata dichiarata la situazione emergenziale in relazione ai problemi di traffico e di mobilit urbana nella Citt di Napoli. 4) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLART. 57, LETT. C), DEL D.LGS. 12 APRILE 2006 N. 163 SOTTO DIVERSO ED ULTERIORE PROFILO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL PRINCIPIO DI TRASPARENZA, PUBBLICIT ED IMPARZIALIT. VIOLAZIONE DELLART. 31 DELLA DIRETTIVA CE 2004/18. ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTO ED IRRAGIONEVOLEZZA. La disposizione di cui alla lett. c) dellart. 57 del D.Lgs. 163/2006 sarebbe, inoltre, stata violata nella parte in cui stabilisce un nesso di stretta proporzionalit fra loggetto dellaffidamento ed il superamento delle condizioni eccezionali dellurgenza. In particolare, se la norma consente di derogare ai principi di concorrenzialit nella misura strettamente necessaria a superare una situazione di emergenza, nel caso di specie stato pre- 188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 visto laffidamento di un sistema complesso quale quello per la regolamentazione ed il controllo del traffico urbano con ogni evidenza incompatibile con ladozione di interventi preordinati al superamento di contingenze aventi carattere di imprevedibilit ed urgenza. 5) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLART. 57, COMMI 1 E 6, DEL D.LGS. 12 APRILE 2006 N. 163. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1 E 3 DELLA LEGGE 241/1990. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI GARE PUBBLICHE, ANCHE DI DERIVAZIONE COMUNITARIA ED IN PARTICOLARE DEI PRINCIPI DI TRASPARENZA ED IMPARZIALIT. ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTO, CONTRADDITTORIET ED IRRAGIONEVOLEZZA. Parimenti viziata si rivela lindizione della procedura negoziata non proceduta dallo svolgimento di unindagine di mercato o esplorativa (come, peraltro, in un primo momento indicato nel decreto commissariale n. 20 del 15 aprile 2008). 6) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLART. 5 DELLA LEGGE 24 FEBBRAIO 1992 N. 225. VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 22 OTTOBRE 2004. VIOLAZIONE DELLO.P.C.M. N. 3566/2007. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI IN MATERIA DI PUBBLICHE GARE. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE SUE FIGURE SINTOMATICHE ED IN PARTICOLARE DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA. CONTRADDITTORIET. TRAVISAMENTO. N i provvedimento gravati trovano profili di legittimit nelladottbilit di determinazioni derogatorie del vigente quadro normativo, assunte ai sensi della legge 22571992, atteso che in essi non trovasi indicato alcun riferimento alle disposizioni suscettibili di essere derogate. 7) ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE TRAVISAMENTO DEI FATTI, ERRONEIT E CONTRADDITTORIET DELLA MOTIVAZIONE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, IRRAGIONEVOLEZZA, SVIAMENTO. La nota commissariale con la quale stata respinta la richiesta inoltrata dallodierna ricorrente ai fini della partecipazione alla procedura de qua sarebbe, poi, viziata non soltanto in via derivata con riferimento ai presupposti atti di indizione della procedura stessa, ma anche in ragione dellerroneit della circostanza (pregresso svolgimento di indagine esplorativa) nella nota medesima indicata a fondamento del diniego di invito. Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura. Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, hanno eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa. La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, stata da questo Tribunale accolta con ordinanza n. 5997, pronunziata nella Camera di Consiglio del 17 dicembre 2008. Con il medesimo provvedimento stata altres fissata, ai sensi dellart. 23-bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, lodierna pubblica udienza ai fini della trattazione del merito della presente controversia. DIRITTO Riveste assorbente rilevanza, ai fini dellaccoglimento dellimpugnativa allesame, la fondatezza della censura con la quale parte ricorrente ha contestato la sussistenza dei presupposti IL CONTENZIOSO NAZIONALE 189 per lo svolgimento di una procedura negoziata, senza previa pubblicazione di bando di gara, ai fini dellaggiudicazione della progettazione e realizzazione chiavi in mano del Sistema integrato di monitoraggio, gestione e controllo del traffico della Citt di Napoli. 1. Va preliminarmente osservato che lart. 57 del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 prevede, al comma 1, che le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre. Le coordinate applicative dellistituto sono precisate dal successivo comma 2; il quale stabilisce che, nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura in questione consentita: a) qualora, in esito all'esperimento di una procedura aperta o ristretta, non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura ; b) qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato; c) nella misura strettamente necessaria, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti. Un preliminare ordine di considerazioni va svolto con riferimento alloperativit, quanto alla vicenda in esame, della disposizione ora riportata. Ci in quanto la difesa del Comune di Napoli (da ultimo, con la memoria depositata il 21 gennaio 2009) pone in evidenza come lO.P.C.M. 3566/2007 abbia espressamente autorizzato il Commissario delegato a derogare, fra le altre, anche alla disposizione di cui allart. 57 del D.Lgs. 163/2006. Ora, impregiudicato il richiamo alla norma in questione operato dalle determinazioni commissariali che infra verranno individuate (circostanza che, anche se induttivamente, dimostra lassenza, allinterno della vicenda procedimentale allesame, di alcun intento derogatorio riguardante la previsione legislativa di che trattasi), va in linea di principio osservato che lesercizio dei poteri derogatori ex art. 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992 n. 225 necessita, comunque, di congrua esplicitazione motivazionale, da parte del Commissario delegato, con puntuale riferimento alle norme alla quale si sia inteso derogare ed alle ragioni della deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo per relationem alle OO.PP.CC.MM. che hanno previsto la derogabilit di norme di legge (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2008 n. 3276). Lassenza di alcuna manifestata volont derogatoria e, con essa, dei relativi presupposti giustificativi consente di escludere che, quanto alla sottoposta vicenda contenziosa, le disposizioni dettate dallart. 57 del D.Lgs. 163/2006 non dovessero trovare (con riferimento alle fattispecie ivi disciplinate ed alle relative modalit attuative) piena ed integrale applicazione: loperato nella circostanza posto in essere dalla procedente Autorit dovendo, conseguentemente, essere sottoposto a disamina in unottica di necessaria parametrazione con losservanza delle prescrizioni dalla citata norma dettate. Ci osservato, merita particolare attenzione, ai fini della delibazione della sottoposta vicenda contenziosa, lipotesi contemplata alla lett. c) del comma 2 dellarticolo in questione. Con essa, la valutazione della legittimit delloperato nella circostanza posto in essere dalla procedente Amministrazione transita attraverso una duplice verifica, riguardante: 190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 - da un lato, lestrema urgenza nel provvedere, per come qualificata dalla riportata disposizione (e coordinata alla presenza di eventi imprevedibili); - e, per altro verso, lostensione di un idoneo (rectius: adeguato, alla stregua del letterale tenore della disposizione in rassegna) apparato motivazionale con il quale venga fornita congrua emersione alle relative ragioni. 2. Lesame delle gravate determinazioni non consente un positivo apprezzamento della sussistenza degli indicati presupposti, n per quanto concerne lintrinsecit di una situazione non altrimenti fronteggiabile, n con riferimento alla emersione di ragioni giustificanti il ricorso alleccezionale procedura in discorso. 2.1 Va in primo luogo chiarito, a premessa delle considerazioni che il Collegio intende infra esporre, che effettivamente il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando riveste carattere di eccezionalit. Con la conseguenza che: - se i relativi presupposti giustificanti vanno valutati ed apprezzati con il necessario rigore, onde scongiurare che situazioni di pretesa (ma non compiutamente dimostrabile) urgenza possano costituire un commodus discessus rispetto allobbligo di individuare il privato contraente attraverso il confronto concorrenziale che solo la pubblica procedura di selezione consente di attuare con carattere di oggettivit e trasparenza; - daltro canto, lobbligo motivazionale, lungi dallatteggiarsi alla stregua di una mera estrinsecazione di un apparato giustificativo preconfezionato al solo scopo di offrire emersione alle scelte discrezionalmente operate dallAmministrazione, deve oggettivamente (quanto, con ogni evidenza, compiutamente) offrire lindicazione dei pertinenti presupposti legittimanti: e, con essi, della presenza di un nesso di necessaria (quanto univoca) implicazione causale, tale da imporre (in presenza di condizioni che la stessa legge qualifica, delimitandone loperativit alla misura strettamente necessaria, in termini di estrema urgenza e di imprevedibilit) il ricorso alla trattativa privata. Ci osservato, va in primo luogo escluso che la pretesa urgenza del provvedere, da coniugarsi come la norma impone con limprevedibilit della situazione da fronteggiare, nel caso in esame siano state comprovate in relazione alla concreta fattispecie a fronte della quale lorganismo commissariale ha indetto la contestata procedura. Si sostiene, da parte delle difese delle parti intimate (Commissario governativo; Amministrazione comunale di Napoli) che la stessa investitura dei poteri commissariali e, prima ancora, la declaratoria dello stato emergenziale evidenzino, con carattere di non misconoscibile rilievo, leccezionalit della situazione del traffico nel capoluogo partenopeo: di tal guisa che lindifferibilit del provvedere (e, con essa, la ricorribilit allipotesi di cui alla lett. c) dellart. 57 del D.Lgs. 163/2006) conseguirebbero ex se al complesso di determinazioni che, per effetto ed a seguito dellO.P.C.M. 3566/2007, hanno condotto alladozione degli atti ora avversati. Tale argomentazione, in effetti, si dimostra suscettibile di interpretazione in senso specularmente opposto rispetto alla prospettazione delle resistenti: ed adduce allattenzione del Collegio un primo elemento che, sia pure connotato dal carattere di presuntivit, nondimeno rivela univoca concludenza ermeneutica di confutazione dellesistenza dei presupposti di legge al fine di legittimare il ricorso alla procedura negoziata. 2.2 Se infatti vero che la situazione del traffico napoletano presentava elementi di criticit tali da indurre, ad opera del Presidente del Consiglio dei Ministri, la nomina (di cui allordinanza in data 5 marzo 2007) di un organo commissariale dotato degli straordinari poteri di cui allart. 5 della legge 225/1992, allora non pu non convenirsi sul carattere di incontroversa IL CONTENZIOSO NAZIONALE 191 (preesistenza e) notoriet che siffatta situazione, fin dal momento della sua emersione in termini emergenziali, ha assunto. Conseguentemente, appare arduo poter sostenere che soltanto in data 10 giugno 2008 lorgano commissariale abbia potuto prendere cognizione della presenza dei presupposti legittimanti il ricorso alla procedura negoziata ex art. 57: e, conseguentemente, emanare lavversato decreto di indizione della procedura stessa. Se, effettivamente, nella (mera) declaratoria dello stato di emergenza fosse ex se individuabile il presupposto di una situazione di indifferibile urgenza tale da giustificare la ripetuta procedura, non allora dato comprendere perch sia decorso fra la nomina dellorganismo commissariale e lemanazione del decreto da ultimo citato un arco temporale ragguagliabile ad oltre quindici mesi. In tale arco temporale peraltro opportuno soggiungere lo stesso organismo commissariale, una volta individuato (e nominato) nella persona del Direttore Generale del Comune di Napoli il Soggetto Attuatore degli interventi volti a fronteggiare la situazione emergenziale di che trattasi, ha indicato (decreto n. 9 del 26 febbraio 2008) lobiettivo di procedere alla sperimentazione, implementazione e consegna al Comune di Napoli di un sistema integrato ITS (Intelligent Transportation System) con funzioni di controllo e regolamentazione del traffico urbano. Con il provvedimento da ultimo citato, veniva inoltre affidato a Napolipark s.r.l. (societ in house del Comune) il compito di procedere allimplementazione del sistema integrato, fissandosi al 30 settembre 2008 la data di conclusione della fase sperimentale dellimpianto. A fronte di quanto rappresentato al Commissario da Napolipark con nota del 13 marzo 2008 (esigenza dellelaborazione di un capitolato tecnico da porre a base della procedura ad evidenza pubblica preordinata allindividuazione del soggetto incaricato della progettazione del sistema de quo), lo stesso Commissario (decreto n. 19 del 10 aprile 2008) affidava al Soggetto Attuatore il compito di procedere direttamente, attraverso la struttura commissariale, allaffidamento della progettazione e realizzazione del sistema integrato ITS; ulteriormente stabilendo che siffatto affidamento sarebbe dovuto intervenire mediante ricorso ad una procedura ristretta con il criterio dellofferta economicamente pi vantaggiosa e/o negoziata, tenuto conto dellindeterminatezza del numero di operatori qualificati che risultino effettivamente in possesso della tecnologia necessaria, nonch della necessit di contrarre al massimo i tempi di esecuzione, procedendo a tal fine ad apposita indagine esplorativa allo scopo di individuare i detti operatori qualificati, al fine del successivo loro invito alla procedura ristretta e/o negoziata. Come inequivocamente illustrato dal riportato contenuto del decreto 19/2008, non dato rinvenire la presenza dei presupposti legittimanti il ricorso alla procedura negoziata: e ci in quanto: - laddove fosse stato dato riscontrare, al momento delladozione del provvedimento de quo, leffettiva sussistenza di una situazione di estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili ed incompatibile con i termini imposti dalle procedure aperte o ristrette, - allora non dato comprendere perch lorgano commissariale, nellaffidamento dellincarico in questione al Soggetto Attuatore, abbia posto il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando in un rapporto di alternativit rispetto alla procedura ristretta da aggiudicare allofferta economicamente pi vantaggiosa. 2.3 Se lobbligo motivazionale imposto, ai fini in discorso, dallart. 57 del D.Lgs. 163/2006 non si dimostra, con ogni evidenza, assolto dal decreto commissariale n. 19/2008, a conclu- 192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 sioni difformi non dato pervenire a seguito della lettura della determinazione (n. 20 del 15 aprile 2008) con la quale il Soggetto Attuatore ha effettuato la scelta al medesimo rimessa optando per la procedura negoziata. In esso leggesi infatti che la scelta della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando giustificata in ragione della configurazione dei relativi tempi tecnici: i quali, in termini di ricezione delle offerte, sono inferiori a quelli prescritti per lespletamento di una procedura ristretta. Gi da tale pur scarno apporto motivazionale non dato comprendere, attesa la conoscibilit ex ante della tempistica della procedura ristretta, perch lurgenza (rectius: lestrema urgenza) legittimante il ricorso alla lettera c) del comma 2 dellart. 57 non abbia formato oggetto di pregresso apprezzamento. Carattere di rincarata incomprensibilit rivela, tuttavia, il successivo periodo del decreto 20/2008, laddove si afferma che sussistono le condizioni previste e disciplinate dallart. 57, comma 2, del D.Lgs. 163/2006 per il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ricorrendo, nella fattispecie in oggetto, le ragioni di natura tecnica invocate dalla predetta norma sub lett. b), nonch le motivazioni di urgenza dellaffidamento richieste sub lett. c) che costituiscono il presupposto degli stessi poteri conferiti con lO.P.C.M. n. 3566/2007. Se le ragioni di carattere tecnico richiamate dalla lett. b) del ripetuto articolo di legge formano oggetto di indimostrata affermazione (risolvendosi, per leffetto, la relativa postulazione in una apodittica asserzione sfornita di alcun supporto giustificativo), diversamente lapplicabilit della lett. c) dello stesso art. 57 viene ascritta (non gi al determinarsi di una situazione di urgenza occasionata dallinsorgenza di non prevedibili evenienze; quanto, piuttosto) agli stessi presupposti del conferimento dei poteri commissariali. Va al riguardo escluso che i presupposti per il ricorso alla procedura negoziata, valutati allinterno delle coordinate normative che ne consentono lesperimento, si atteggino in un rapporto di aprioristica (quanto automatica) corrispondenza con i presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza. A differenza di questultimo, infatti, il ricorso alla procedura senza pubblicazione del bando di cui all'art. 57 comma 2, lett. c), del D.Lgs. 163/2006 trova fondamento nella presenza di circostanze eccezionali che non consentano l'indugio degli incanti e della licitazione privata, previa esposizione delle ragioni giustificative della deroga, e a condizione che l'estrema urgenza risulti da eventi imprevedibili per la stazione appaltante e non dipenda invece da un ritardo di attivazione dei procedimenti ad essa imputabile (cfr. . Cons. Stato, sez. V, 16 novembre 2005 n. 6392; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 marzo 2007 n. 1781; T.A.R. Molise, 16 luglio 2008 n. 689). Deve quindi escludersi la legittimit di una motivazione, quale quella esposta nella determinazione da ultimo citata, che identifica le motivazioni di urgenza dellaffidamento richieste dalla lett. c) dellart. 57 con i presupposti (emergenziali) inerenti al conferimento dei poteri di cui allO.P.C.M. n. 3566/2007. 2.4 Sotto altro profilo, lo svolgimento stesso delle successive vicende procedimentali illustra la disinvolta configurazione del carattere di estrema urgenza che (quandanche si ritenga positivamente configurabile quanto alla vicenda in esame) ha suggerito allAutorit procedente di escludere lesperibilit di una procedura ristretta, imponendo il ricorso alla procedura negoziata. A quasi due mesi dalladozione della richiamata determinazione 20/2008, infatti, il decreto IL CONTENZIOSO NAZIONALE 193 commissariale n. 39 del 10 giugno 2008: - non soltanto ha dato atto che il dirigente incaricato di svolgere attivit esplorativa preordinata ai fini dellindividuazione di soggetti qualificati per laffidamento dellappalto non ha potuto svolgere, nel termine fissato al 29 aprile 2008, lincarico conferitogli; - ma, ulteriormente (e pur in presenza della elaborazione definitiva del capitolato prestazionale dappalto), ha fissato il termine ultimo per la presentazione delle offerte al 1 settembre 2008 (cio, a distanza di oltre due mesi e mezzo dalla data di adozione del provvedimento in rassegna). Lo svolgimento della tempistica procedimentale, per come precedentemente illustrato, consente di apprezzare: - non soltanto lomessa esplicitazione delle ragioni di urgenza che hanno imposto il ricorso alla procedura negoziata (non potendosi rinvenire idoneit giustificativa, come precedentemente esposto, nella mera, ancorch presupposta, presenza di un dichiarato stato emergenziale); - ma, anche, lassenza di alcuna effettiva dimostrazione in ordine alla necessit di esperire lanzidetta procedura in luogo della procedura ristretta (rectius: della incompatibilit dello svolgimento di questultima con la celerit del provvedere), atteso che, laddove il presupposto alluopo giustificativo venga individuato nella maggiore speditezza della relativa tempistica, allora non dato comprendere come larco temporale compreso fra la delibera del 15 aprile 2008 ed il termine ultimo individuato per la presentazione delle offerte si ragguagli a quattro mesi e mezzo (ed evidenzi una complessiva commisurazione ex se non certo incompatibile con lesperimento della procedura ristretta). 3. Le considerazioni dianzi esposte univocamente impongono di dare atto della fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente con riferimento al contestato esperimento di una procedura negoziata senza pubblicazione di bando: - sia per quanto concerne lindividuata carenza dei necessari presupposti giustificativi il ricorso a siffatta metodologia di individuazione del contraente; - sia in ragione della manifesta inadeguatezza ed incongruit del relativo apparato motivazionale; sotto entrambi gli indicati profili rinvenendosi univoci elementi di violazione delle indicazioni dettate al comma 2, lett. c) dellart. 57 del D.Lgs. 163/2006. Ci osservato, allaccoglibilit del gravame nei limiti dianzi indicati; e con inevitabile assorbimento dei rimanenti argomenti di censura non costituisce ostacolo la presenza di profili di inammissibilit del proposto mezzo di tutela, per come articolati (da ultimo con memoria depositata il 21 gennaio 2009) dalla difesa dellintimata Amministrazione comunale. Questultima, in particolare, sostiene: - che sia mancata la necessaria completezza del contraddittorio processuale, in ragione dellomessa evocazione in giudizio, da parte dellodierna ricorrente, di Napolipark s.r.l. (mutuante la qualit di parte necessaria dalla circostanza che a questultima, secondo quanto stabilito dal decreto commissariale n. 19/2008, far capo la gestione degli impianti di regolamentazione del traffico urbano); - della carenza di interesse, in capo a KAPSCH TRAFFICCOM, alla contestazione in sede giudiziale di una procedura negoziata alla quale la medesima societ ha manifestato lintendimento di essere invitata a partecipare; a tale manifestazione di volont accedendo una (tacita, ma asseritamente concludente) accettazione della tipologia di gara scelta dallAmministrazione. 194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 3.1 La prima delle indicate eccezioni di inammissibilit non rivela pregio. Nellosservare come Napolipark sia una societ strumentale del Comune di Napoli (della quale questultimo socio unico) per lo svolgimento in house dei servizi relativi al traffico ed alla mobilit, va rilevato come il decreto commissariale n. 9 del 26 febbraio 2008 abbia individuato nella predetta Amministrazione comunale il soggetto destinatario del sistema integrato ITS; in proposito rivelando univoca concludenza la disposizione, in tale atto contenuta, per cui lobiettivo perseguito risulta essere rappresentato dalla sperimentazione, implementazione e consegna al Comune di Napoli del sistema di che trattasi. Non pu, conseguentemente, essere disconosciuto che unicamente nellAmministrazione anzidetta notificataria del gravame; e, quindi, regolarmente evocata in giudizio vada ascritta una posizione legittimante ad opponendum; non rivelando omogeneo fondamento giustificativo il successivo affidamento gestionale del servizio a societ che, in quanto legata al Comune da vincolo di strumentalit, si atteggia, ai fini in discorso, quale articolazione organizzativa di questultimo (destinataria, conseguentemente, di un interesse oppositivo meramente derivato). 3.2 N si dimostra fondata leccezione di inammissibilit del ricorso per carenza di interesse, che viene dalla difesa comunale ricongiunta allintento dalla ricorrente manifestato di accettare il ricorso ad una procedura negoziata. Tale intento, in particolare, sarebbe comprovato dalla richiesta da questultima inviata allorgano commissariale (e pervenuta il 12 agosto 2008) di essere invitata a partecipare alla procedura di progettazione e fornitura del sistema integrato di monitoraggio, gestione e controllo del traffico della Citt di Napoli. La giurisprudenza (citata anche dalla resistente) ha in proposito sostenuto che sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure proposte con il ricorso giurisdizionale dal soggetto che ha partecipato ad una gara a trattativa privata, qualora siano dirette a contestare l'utilizzo di tale strumento di scelta del contraente per difetto delle necessarie condizioni legittimanti, in considerazione del fatto che, con la domanda di partecipazione alla gara, il partecipante medesimo ha evidenziato chiaramente e univocamente la volont di accettare la tipologia di gara scelta dall'Amministrazione procedente (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 11 giugno 2008 n. 1351; T.A.R. Sardegna, sez. I, 23 dicembre 2005 n. 2445; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 5 gennaio 2005 n. 4). Lapparente assolutezza dei menzionati arrets giurisprudenziali merita una precisazione. Ritiene infatti il Collegio che soltanto alla partecipazione senza riserve ad una procedura negoziata possa accedere l'inammissibilit, per intervenuta acquiescenza, delle censure fondate sull'assenza delle condizioni legittimanti l'impiego di tale metodo di contrattazione; e sempre purch l'interesse azionato non sia correlato all'aggiudicazione in s (il che avrebbe giustificato l'impugnazione congiunta del bando di gara e degli atti conclusivi della selezione), ma alla scelta iniziale di assegnare mediante tale tipologia di selezione il contratto in considerazione (cfr., in termini, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 19 gennaio 2006 n. 145; T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 22 giugno 2004 n. 360). Nella fattispecie allesame, al contrario, la ricorrente non ha partecipato alla procedura negoziata indetta dallorganismo commissariale; n alla mera richiesta di essere invitata pu fondatamente ricongiungersi, con carattere di univoca concludenza, una valenza abdicativa (veicolata da una condotta asseritamente acquiescente) ai fini della contestazione in sede giudiziale dei relativi presupposti giustificativi. Daltro canto, lindimostrata conoscenza, da parte di KAPSCH TRAFFICCOM, delle ragioni IL CONTENZIOSO NAZIONALE 195 che avevano indotto lAmministrazione a ricorrere alla suddetta procedura di selezione (conoscenza che non pu certo essere argomentata dalla mera presentazione di una richiesta di invito a partecipare) esclude che in capo ad essa possa essersi radicata una univoca volont acquiescente, la cui configurabilit potrebbe essere comprovata solo in presenza di una incontestata partecipazione allintera procedura di selezione (nella fattispecie, non intervenuta). 4. Conclusivamente ribadite le svolte considerazioni, accede alla fondatezza della censura sopra esaminata laccoglibilit del gravame, con assorbimento dei rimanenti profili di censura; conseguentemente imponendosi lannullamento delle gravate determinazioni. Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Sezione I accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per l'effetto, annulla gli atti con esso impugnati. 196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Sul contenuto e i limiti nellimposizione del vincolo di tutela indiretta (Tribunale Amministrativo Regionale per lEmilia Romagna, Parma, Sezione Prima, sentenza 20 ottobre 2009 n. 684) La pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale per lEmilia Romagna rappresenta un utile ed ulteriore approfondimento sul sempre attuale tema dellimposizione del vincolo di tutela indiretta in materia di beni culturali. La sentenza in commento offre, grazie alliter argomentativo del Giudice Amministrativo, unanalisi attenta circa il contenuto prescrittivo atipico nonch le finalit cui il vincolo de quo preposto, senza tralasciare i limiti di adozione delle misure indirette, cui lAmministrazione deve soggiacere al fine di una tutela efficace. Fatto In data 8 luglio 2000 con decreto n. 12612 il Direttore generale del Ministero per i Beni e le Attivit culturali sottoponeva a vincolo di tutela indiretta, ai sensi dellarticolo 49 del D.lgs. n. 490 del 1999 (1), vari immobili ubicati in prossimit delle Mura di cinta di Piacenza (2), tra cui unarea di propriet della Societ Immobiliare Elle.Bi S.r.l. Con tale decreto il Ministero poneva alcune prescrizioni volte ad introdurre lobbligo dellapprovazione da parte della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici dellEmilia per tutti gli interventi da realizzare allinterno delle aree soggette al vincolo, estendendo tale vincolo ad una fascia di rispetto di 40 metri nello spazio prospiciente il canale di pertinenza del bene tutelato e imponendo altres un limite massimo di altezza del nuovo edificato. Tali limitazioni impedivano la realizzazione di un progetto planivolumetrico ad opera della stessa Societ. Questultima proponeva impugnativa avverso il provvedimento ministeriale per lannullamento dello stesso. Listanza cautelare de qua veniva respinta dalla Sezione alla Ca- (1) Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali a norma dellarticolo 1 della legge 8 ottobre 1997 n. 352. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999, Supplemento Ordinario n. 229. (2) Le Mura di cinta di Piacenza, risalenti al XVI secolo, sono oggetto di tutela ai sensi dellarticolo 2 del Decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490 ove si legge: Sono beni culturali disciplinati a norma di questo Titolo: a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, o demo-etno-antropologico; b) le cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, rivestono un interesse particolarmente importante; c) le collezioni o serie di oggetti che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, rivestono come complesso un eccezionale interesse artistico o storico; d) i beni archivistici; e) i beni librari. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 197 mera di Consiglio del 5 dicembre 2000 con ordinanza n. 487. Alludienza del 6 ottobre 2009 il Tribunale Amministrativo Regionale per lEmilia Romagna respingeva il ricorso. Il vincolo di tutela indiretta nella normativa nazionale e nella giurisprudenza amministrativa Una compiuta ed esaustiva ricostruzione del vincolo indiretto non pu prescindere da un rinvio alla normativa vigente e alla pertinente giurisprudenza del Giudice amministrativo, il cui contributo stato fondamentale per definire i contorni giuridici di tale istituto. Il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, D.lgs. n. 490 del 1999, dedica la III Sezione, articoli 49-53, alle forme di tutela indiretta dei beni di interesse storico, artistico e archeologico (3). I primi due commi dellarticolo 49 del citato Decreto, riguardo alle prescrizioni indirette, dispongono che Il Ministero, anche su proposta del soprintendente, ha facolt di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo lintegrit delle cose immobili soggette alle disposizioni di questo Titolo e ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Lesercizio di tale facolt indipendente dalle previsioni dei regolamenti edilizi e degli strumenti urbanistici. Una lettura combinata di tale dato normativo e delle pi rilevanti decisioni del Giudice amministrativo (4) permette sia allinterprete che al cittadino, questultimo spesso compresso nel suo diritto di propriet ex articolo 42 della Costituzione, di cogliere i tratti essenziali di tale vincolo. (3) La disciplina era rappresentata dallarticolo 21 della Legge 1 giugno 1939, n. 1089 secondo cui Il Ministro per l'educazione nazionale ha facolt di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo la integrit delle cose immobili soggette alle disposizioni della presente legge, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. L'esercizio di tale facolt indipendente dalla applicazione dei regolamenti edilizi o dalla esecuzione di piani regolatori. Le prescrizioni dettate in base al presente articolo devono essere, su richiesta del Ministro, trascritte nei registri delle Conservatorie delle ipoteche ed hanno efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore, a qualsiasi titolo, della cosa cui le prescrizioni stesse si riferiscono. In seguito la disciplina stata modificata con il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dellarticolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004, Supplemento Ordinario n. 28. Secondo larticolo 45 del citato Decreto Il Ministero ha facolt di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo lintegrit dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici. (4) Si veda Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006 n. 3078 e 5 ottobre 2004 n. 6488, TAR Lazio, Sez. II, 16 febbraio 2006 n. 1171 e TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 10 maggio 2004 n. 1664 . 198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Il vincolo indiretto dei beni immobili, non ha per oggetto la tutela immediata di beni culturali (5) bens di beni diversi e distinti da quelli a cui riconosciuto tale valore, ma che per loro natura e funzione (6) contribuiscono mediatamente alla tutela e alla valorizzazione dei primi. Il vincolo archeologico indiretto viene dunque imposto su beni e aree circostanti ai beni immobili di interesse storico, artistico e archeologico sottoposti a vincolo diretto, per garantirne una migliore visibilit e fruizione collettiva, o migliori condizioni ambientali e di decoro (7). La decisione da parte dellAmministrazione di usare tale prescrizione indiretta costituisce espressione della cosiddetta discrezionalit tecnica (8) ed ispirata dallesigenza che il bene sottoposto al vincolo diretto sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale(9). Logico corollario di ci che anche i beni immobili non adiacenti (10) a quello tutelato - purch allo stesso accomunati dallappartenenza (5) Cfr. supra nota n. 2. (6) Il dato della vicinanza da un punto di vista geografico non preminente. In coerenza con ci si pone il principio per cui possono essere sottoposte al vincolo indiretto non solo le aree dalle quali risulti visibile il bene protetto, ma anche e soprattutto quelle che con tale bene facciano parte di un unitario e inscindibile contesto ambientale. Cons. Stato, Sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5784. Poich, nel caso di imposizione di vincolo indiretto, la contiguit con il bene direttamente tutelato non deve necessariamente essere solo fisica, o di carattere stilistico o estetico tra le aree, si deve ritenere che questa possa essere legittimamente giustificata anche per esigenze storiche concernenti i monumenti e le popolazioni circostanti. (7) Cons. Stato, Sez. VI, 11 ottobre 1996 n. 1316 e 20 febbraio 1998 n.188. (8) La discrezionalit riconosciuta allAmministrazione nella fissazione dellampiezza di vincoli indiretti soggiace a precisi limiti, che possono essere individuati: nel generale concetto di logicit e razionalit dell'azione amministrativa, al fine di evitare che la vincolativit indiretta, accessoria e strumentale possa trasformarsi in una vincolativit generale e indifferenziata; nel principio di proporzionalit, consistente nella congruit del mezzo rispetto al fine perseguito; nella specifica valutazione dell'interesse pubblico particolare perseguito; nella necessit che la motivazione provvedimentale esprima chiaramente l'impossibilit di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto. Consiglio di Stato, VI, 20 settembre 2005, n. 4866 e n. 4867, 16 novembre 2004, n. 749. Il T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 26 marzo 2009, n. 576 ha statuito che la valutazione circa lampiezza del vincolo indiretto, volto a costituire una fascia di rispetto a tutela di un bene immobile di interesse storico, artistico o archeologico oggetto di tutela diretta costituisce apprezzamento tecnico discrezionale della competente P.A., nellesercizio di un penetrante potere di merito, non sindacabile in sede di legittimit se non per macroscopico difetto di motivazione o per manifesta incongruenza o illogicit: ipotesi che non ricorrono nel caso in esame. Nemmeno si pu affermare che vi sia un labile collegamento con il bene da tutelare. (9) T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 2 aprile 2009, n. 376 Il vincolo indiretto ex articolo 21 della L. 1 giugno 1939, n. 1089 (oggi articolo 49, del D.Lgs. Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490) e le relative prescrizioni a salvaguardia delle condizioni di ambiente e decoro delle cose immobili tutelate dalla stessa legge, vanno stabiliti con riguardo alla globale consistenza della cosiddetta cornice ambientale, la quale, pertanto, si estende fino a comprendere ogni immobile, purch in prossimit del bene monumentale, che sia con questo in tale relazione che la sua manomissione sia idonea ad alterare il complesso di condizioni e caratteristiche fisiche e culturali che connotano lo spazio ad esso circostante. Cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 ottobre 2007 n. 5436 e T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 22 luglio 2008 n. 990. (10) Si voluto comprendere quindi un ambito territoriale ampio, comprensivo di ogni immobile, anche non contiguo, la cui manomissione si valuta idonea ad alterare il complesso delle condizioni e caratteristiche fisiche e culturali che connotano lo spazio circostante. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 199 ad un unitario e inscindibile contesto territoriale - devono essere salvaguardati e possono essere oggetto di divieti e di limitazioni stabiliti di volta in volta dallAmministrazione. Il legislatore infatti non ha previsto un contenuto prescrittivo tipico per tale vincolo, rimettendo allautonomo apprezzamento dellAmministrazione la determinazione delle disposizioni utili, al fine di una ottimale protezione, da adottare per la conservazione e piena fruibilit del bene, comprendendo tra tali misure anche linedificabilit assoluta. Per quanto concerne il contenuto del provvedimento di imposizione, di fondamentale rilievo la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sez. I, 10 giugno 2008 n. 1431 secondo cui Il provvedimento di imposizione di un vincolo storico - artistico - archeologico deve indicare con precisione il bene oggetto del vincolo e, se indiretto, le cose in funzione delle quali il vincolo imposto, il rapporto di complementariet fra le misure limitative e il fine pubblico perseguito nonch le ragioni di adozione della misura limitativa( 11). Con la formulazione dellarticolo 49 il legislatore nazionale ha dunque voluto assicurare tutela piena ed effettiva del bene di interesse storico, artistico e culturale, ex articolo 2, non solo nella sua individuale entit ma anche nel contesto in cui posto, sulla considerazione che anche una alterazione dello stato dei luoghi in prossimit (12) del bene oggetto di tutela diretta pu comprometterne il valore storico-testimoniale. Cos come statuito dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia nella sentenza del 30 marzo 2009 n. 199 Il bene culturale quindi deve essere considerato come un unicum non scindibile dal suo ambiente originario, ragion per cui l'imposizione di un vincolo indiretto sui terreni ad esso circostanti ove necessitato dall'esigenza di salvaguardare il bene, deve essere considerato pienamente legittimo anche ove la misura incida, limitandolo, sul diritto di propriet esclusiva di terze persone. Le condizioni ambientali che contraddistinguono lopera allepoca della sua realizzazione e lintegrit del contesto territoriale connaturato alla funzione storicamente assegnata al bene culturale, anche alla luce della ricostruzione normativa e giurisprudenziale fin qui operata, sono oggetto di tutela in quanto rappresentano un fondamentale valore aggiunto del bene su cui apposto un vincolo archeologico diretto. Lultimo profilo da analizzare riguarda le modalit con cui lAmministrazione deve apporre tale vincolo. Latto impositivo deve essere sorretto da istruttoria rigorosa che abbia compiutamente accertato la situazione di fatto, avuto riguardo alla natura, alle caratteristiche e allubicazione del bene, nonch allo stato dei luoghi circostanti, e deve essere sor- (11) In tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2007 n. 111 e T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 8 febbraio 2007 n. 370. (12) Cfr. supra note 6 e 9. 200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 retto, altres, da congrua motivazione con la quale si dia contezza - alla stregua degli elementi di fatto raccolti e valutati e delle ragioni che hanno condotto in concreto alla scelta del tipo ed all'estensione della tutela adottata - al fine di verificare se attraverso limposizione del vincolo si sia provveduto realmente al perseguimento delle finalit indicate dalla norma e non invece di altre ad essa estranee (13). Sulla scorta delle considerazioni finora svolte, il Tribunale Amministrativo Regionale per lEmilia Romagna ha ritenuto corretta e giustificata lapposizione del vincolo indiretto alle Mura di cinta di Piacenza, sottosuolo compreso (14). Nella relazione tecnico-scientifica della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici dellEmilia, cui nessuna censura pu essere mossa data la chiarezza espositiva e le motivazioni addotte, si legge che la cinta muraria di Piacenza costituisce uno dei pochi esempi italiani di mura antiche ancora pi o meno integralmente conservate il sistema bastionato di Piacenza, frutto del lavoro della migliore equipe di architetti militari del momento, costituisce senza alcun dubbio uno dei pi rilevanti esempi di architettura fortificatoria del Cinquecento limportanza storica delle mura, in particolare nel tratto in oggetto, impone la creazione di una zona di rispetto del bene tutelato che preveda limiti di altezza e di distanza dalle mura al fine di garantire un corretto rapporto proporzionale con le mura, molto pi basse, che rischierebbero altrimenti di perdere quel rilievo e quella preminenza che, come monumento tra i pi rilevanti del territorio piacentino, loro compete . Considerazioni conclusive La sentenza in rassegna costituisce un ulteriore ed utile approfondimento in tema di misure di tutela indiretta. Nel difficile contemperamento degli interessi coinvolti, da un lato limposizione di un vincolo indiretto da parte dellAmministrazione su beni immobili e dallaltro la propriet di soggetti privati tutelata dallarticolo 42 della Costituzione, di sovente si assiste alla compressione del primo a favore del secondo, con la conseguente imposizione di obblighi e vincoli di varia natura e contenuto, per ragioni di preminente inte- (13) T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. II, 21 marzo 2008 n. 736. (14) Si fa riferimento alla porzione di sottosuolo corrispondente alla fascia di rispetto individuata. La Soprintendenza ha previsto che fosse necessaria unautorizzazione per ogni intervento da effettuare nella zona soggetta a vincolo indiretto, stabilendo una fascia di rispetto di 40 metri nello spazio prospiciente il canale di pertinenza del bene tutelato e un limite massimo di altezza del nuovo edificato, ivi compresi quelli di manutenzione ordinaria affinch la cornice ambientale non assumesse connotazioni incompatibili con la fruizione del bene di interesse storico artistico. La finalit del prescritto limite di altezza dei nuovi edifici di non sminuire il pregio acquisito nel tempo dal bene di modo che resti inalterato il rapporto di proporzionalit materiale con gli altri fabbricati del comprensorio. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 201 resse generale. Dati gli effetti spesso gravosi di tale scelte per i terzi, e premessa la natura prescrittiva tipica della misura adottata, nelliter argomentativo offerto dal Giudice per la risoluzione del caso di specie, viene ribadito che la discrezionalit tecnica dellAmministrazione non pu risolversi in mero arbitrio, ma deve essere ispirata ai principi di logicit, razionalit e proporzionalit affinch la sua azione non sia censurabile dinnanzi al Giudice amministrativo. Dott.ssa Flaminia Giovagnoli* Tribunale Amministrativo Regionela per lEmilia Romagna, Parma, Sez. I, sentenza 20 ottobre 2009 n. 684 - Pres. Papiano, Est. Caso - Immobiliare Elle.Bi S.r.l. (Avv.ti O. Di Benedetto, U. Eller e V. Zambotti) c. Ministero beni e attivit culturali (Avvocatura dello Stato). (Omissis) DIRITTO Proprietaria di unarea ubicata nei pressi dellimmobile denominato Mura di Cinta di Piacenza (da via Campagna a Porta del Soccorso), la societ ricorrente impugna il provvedimento con cui, ai sensi dellart. 49 del d.lgs. n. 490 del 1999, il Ministero per i Beni e le Attivit culturali ha assoggettato a vincolo indiretto lambito territoriale circostante il suindicato bene. Censura, in particolare, talune delle prescrizioni adottate dallAmministrazione, cui imputa lindebita e immotivata introduzione di un divieto assoluto di interventi nel sottosuolo corrispondente alla fascia di rispetto, lingiustificata e non ammissibile previsione di un potere di autorizzazione della Soprintendenza per qualsiasi opera anche di sola manutenzione ordinaria da realizzare nelle aree interessate dal vincolo indiretto, lomessa considerazione che gi la disciplina di piano recherebbe un regime pi restrittivo dellattuale stato dei luoghi, lincomprensibile e arbitraria imposizione di un limite di altezza edificabile nonostante la presenza di alberi di dimensioni tali da schermare il bene protetto rispetto alle costruzioni circostanti, lerronea determinazione della fascia di rispetto con riferimento ad un canale che non avrebbe in realt carattere pertinenziale rispetto allimmobile di interesse storico-artistico, il carente contemperamento degli interessi coinvolti. Di qui la richiesta di annullamento del provvedimento impugnato e di risarcimento del danno, con pretesa altres al ristoro del pregiudizio patrimoniale sofferto in conseguenza del tardivo e solo parziale riscontro alla domanda di accesso agli atti del procedimento. Il ricorso infondato. Per costante giurisprudenza (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006 n. 3078 e 5 ottobre 2004 n. 6488; TAR Lazio, Sez. II, 16 febbraio 2006 n. 1171; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 10 maggio 2004 n. 1664), limposizione del vincolo indiretto disciplinato dallart. 49 del d.lgs. n. 490 del 1999 (in cui stato trasfuso lart. 21 della legge n. 1089 del 1939) co- . (*) Dottore in Giurisprudenza, ha svolto la pratica forense presso lAvvocatura Generale dello Stato. 202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 stituisce espressione della discrezionalit tecnica dellAmministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale quando listruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicit, e si basa sullesigenza che il bene sottoposto al vincolo diretto sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili non adiacenti a quello tutelato purch allo stesso accomunati dallappartenenza ad un unitario e inscindibile contesto territoriale. Il vincolo indiretto, inoltre, non ha contenuto prescrittivo tipico, per essere rimessa allautonomo apprezzamento dellAmministrazione la determinazione delle disposizioni utili allottimale protezione del bene fino alla inedificabilit assoluta , se e nei limiti in cui tanto richiesto dallobiettivo di scongiurare un vulnus ai valori oggetto di salvaguardia (integrit dei beni protetti, difesa della prospettiva e della luce degli stessi, cura delle relative condizioni di ambiente e decoro), in un ambito territoriale che si estende fino a ricomprendere ogni immobile, anche non contiguo, la cui manomissione si valuta idonea ad alterare il complesso delle condizioni e caratteristiche fisiche e culturali che connotano lo spazio circostante. Ci premesso, e venendo alla vicenda oggetto della presente controversia, la relazione tecnico- scientifica della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici dellEmilia allegata al provvedimento impugnato evidenza, tra laltro, che la cinta muraria di Piacenza costituisce uno dei pochi esempi italiani di mura antiche ancora pi o meno integralmente conservate , che il sistema bastionato di Piacenza, frutto del lavoro della migliore quipe di architetti militari del momento, costituisce senza alcun dubbio uno dei pi rilevanti esempi di architettura fortificatoria del Cinquecento , che le mura, realizzate in muratura di mattoni a facciavista, con alta scarpa verso il fossato e una struttura portante ad archi su pilastri verso il terrapieno (ancora in parte conservato), furono rinforzate nel 1625 , che il tratto settentrionale delle mura da via Campagna a Porta del Soccorso comprende il bastione di Campagna, limportante bastione e torrione del Borghetto, oggetto di un intervento di recupero finanziato dalla scrivente Soprintendenza, e lomonima porta , che limportanza storica delle mura, in particolare nel tratto in oggetto, impone la creazione di una zona di rispetto del bene tutelato che preveda limiti di altezza e di distanza dalle mura ..., che si ritiene necessario, pertanto, al fine di garantire una congrua fascia di rispetto non edificata, che gli eventuali muovi immobili mantengano una certa distanza dallargine del canale posto sul confine settentrionale dellarea, lungo via Alessio Tramello; distanza che riprenda quella degli edifici storici gi presenti, come il convento di Santa Maria di Campagna posto ad ovest , che appare fondamentale limitare laltezza massima dei nuovi edifici, al fine di garantire un corretto rapporto proporzionale con le mura, molto pi basse, che rischierebbero altrimenti di perdere quel rilievo e quella preminenza che, come monumento tra i pi rilevanti del territorio piacentino, loro compete . In questo quadro, non si presenta censurabile la circostanza che nella fascia di rispetto siano stati vietati anche interventi nel sottosuolo. Qualsiasi alterazione dello stato dei luoghi in prossimit del bene tutelato, invero, pu comprometterne il valore storico-testimoniale, perch varia le condizioni ambientali che contraddistinguevano lopera allepoca in cui la stessa fu realizzata, alla luce dei compiti di difesa della citt che si era in tal modo inteso garantire, e della conseguente necessit che sia ora lasciato integro il contesto territoriale connaturato alla funzione storicamente assegnata al bene. La motivazione di una simile scelta, daltra parte, insita nelle caratteristiche dellimmobile, quali desumibili dalla relazione tecnico-scientifica, e non necessitava dunque di specifiche e aggiuntive considerazioni, la cui assenza la societ IL CONTENZIOSO NAZIONALE 203 ricorrente lamenta imputando allAmministrazione uninsufficiente illustrazione delle ragioni della misura. N rivela un cattivo esercizio del potere amministrativo la prevista necessit di autorizzazione della Soprintendenza per ogni intervento da effettuare nella zona soggetta al vincolo indiretto ivi compresi quelli di manutenzione ordinaria , trattandosi di una misura prudenziale che, lungi dal precludere in s lattivit edificatoria, mira semplicemente a consentire una preventiva verifica sui vari interventi ed evitare che la c.d. cornice ambientale assuma connotazioni incompatibili con la piena fruizione del bene di interesse storico-artistico; onde, a fronte di ogni singolo diniego di autorizzazione, il privato potr poi far valere dinanzi al giudice amministrativo leventuale assenza di ragioni che giustifichino il mancato rilascio dellatto permissivo, essendo quella la sede per verificare, caso per caso, la corretta ponderazione dellinteresse pubblico alla salvaguardia della complessiva prospettiva e del decoro dellopera vincolata e dellinteresse privato allesercizio dello ius aedificandi. Non convince neppure lassunto per cui si sarebbe in questo modo indebitamente introdotta una riserva di autorizzazione che la normativa limiterebbe agli interventi da effettuare sul bene vincolato in via diretta non anche sugli immobili vincolati in via indiretta , avendo gi la giurisprudenza escluso lirragionevolezza di una simile prescrizione, coerente con il rilievo che il vincolo indiretto non ha un contenuto prescrittivo tipico, sicch lAmministrazione deve valutare, con proprio apprezzamento discrezionale, le misure da adottare per la conservazione e piena fruibilit del bene (v., tra le altre, TAR Lazio, Sez. II, n. 1171/2006 cit.). La circostanza, poi, che la normativa di piano gi recherebbe una disciplina pi rigorosa di quanto risultante dallo stato dei luoghi s da rendere inutile lintroduzione di limitazioni non giustificate da reali rischi di peggioramento delle condizioni ambientali non osta in realt a che la competente Amministrazione appronti un regime autonomo per il bene protetto, in esito a valutazioni che, avuto riguardo allesigenza di salvaguardia del bene stesso, si risolvano nella individuazione delle caratteristiche locali ottimali per garantire la visione, la prospettiva e il godimento dellimmobile vincolato; tanto anche perch la normativa di settore non limita le prescrizioni alla difesa dellesistente, ma rende astrattamente possibile la fissazione di regole che, in presenza di una modifica delle attivit in essere, ne prevedano un assetto tale da ridurre il precedente impatto sul bene tutelato. N, ancora, significativo che nelle immediate vicinanze delle Mura siano presenti alberi di circa venti metri di altezza e dunque di dimensioni tali da schermare limmobile rispetto alle costruzioni circostanti, in quanto la relazione tecnico-scientifica ha chiarito che alla base del prescritto limite di altezza dei nuovi edifici la necessit di non sminuire il pregio acquisito nel tempo dal bene, il cui valore testimoniale, per la funzione storicamente assolta, richiede resti inalterato anche il rapporto di proporzionalit materiale con gli altri fabbricati del comprensorio; il tutto in coerenza con il principio per cui possono essere sottoposte al vincolo indiretto non solo le aree dalle quali risulti visibile il bene protetto, ma anche e soprattutto quelle che con tale bene facciano parte di un unitario e inscindibile contesto ambientale (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 6488/2004 cit.). La relazione tecnico-scientifica, da parte sua, lungi dal rivelare significative carenze istruttorie, ha fornito gli elementi di valutazione fondamentali per lassunzione delle determinazioni conclusive pur in assenza di indicazioni dettagliate in ordine alle dimensioni delle Mura , per risolversi ogni successivo approfondimento in un accertamento di carattere meramente ricognitivo dello stato di fatto, s da poter essere legittimamente esercitato dallAutorit decidente sulla base dei criteri fissati dallorgano tecnico. Unulteriore doglianza imperniata sullerronea qualificazione del canale come stretta 204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 pertinenza delle mura , onde a dire della societ ricorrente illegittima sarebbe la prescrizione che vi ncora linizio della fascia di rispetto. La questione, tuttavia, appare ininfluente, perch la relazione tecnico-scientifica ha essenzialmente preso a riferimento la distanza dagli edifici storici esistenti in loco, ed in particolare dal convento di Santa Maria di Campagna; con la conseguenza che, in presenza di simili parametri, anche ad arretrare il confine del bene monumentale, il limite esterno della fascia di rispetto resterebbe comunque immutato, e si tratterebbe solo di rideterminare la lunghezza dellarea inedificabile, senza variazioni sostanziali sul vincolo indiretto. Quanto, infine, alla dedotta carenza del profilo del contemperamento degli interessi coinvolti, ha rilevato la giurisprudenza (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 3078/2006 cit.) come in tali casi sia sufficiente che lAmministrazione dia conto della necessit di date misure per la tutela della c.d. cornice ambientale del bene protetto, dovendosene desumere la prevalenza sugli interessi urbanistico-edilizi dei privati, il cui diritto di propriet, del resto, intrinsecamente assoggettato a limiti, vincoli ed obblighi di varia natura e contenuto, per ragioni di preminente interesse generale. Unultima questione legata al pregiudizio patrimoniale che avrebbe sofferto la societ ricorrente per effetto del tardivo e incompleto soddisfacimento del suo diritto di accesso agli atti. Sennonch, indipendentemente da ogni indagine circa la condotta dellAmministrazione a seguito della presentazione dellistanza ex art. 25 della legge n. 241 del 1990, risulta decisivo il rilievo che la pretesa risarcitoria stata fatta valere in termini del tutto generici, ovvero senza limprescindibile dimostrazione dellesistenza del danno ingiusto e del suo ammontare, il che sufficiente perch il giudice non provveda sulla domanda. In conclusione, il ricorso va respinto. Vista la peculiarit delle questioni dedotte, e valutata complessivamente la controversia, si ravvisa la sussistenza dei presupposti per disporre la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per lEmilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge. P A R E R I D E L C O M I TAT O C O N S U LT I V O A.G.S. - Circolare n. 40/2009 del 21 ottobre 2009 prot. 311887 - Contenzioso in tema di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato. Legge 15 luglio 2009 n. 94, art. 1, co. 13. (Avv. Michele Dipace - AL 34186/08). Lart. 1 c. 13 della legge 15 luglio 2009 n. 94 recante disposizioni in materia di pubblica sicurezza ha apportato rilevanti modifiche allarticolo 35 del decreto 28 gennaio 2008 n. 25 oggetto della nota alla quale si fa seguito. Detta norma apporta al citato articolo 35 le seguenti modificazioni : a) il comma 5 sostituito dal seguente: 5. Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il tribunale, con decreto apposto in calce allo stesso, fissa ludienza in camera di consiglio. Il ricorso e il decreto di fissazione delludienza, sono notificati allinteressato e al Ministero dellInterno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale, e sono comunicati al pubblico ministero; b) i commi 9, 10 e 11 sono sostituiti dai seguenti: 9. Il Ministero dellInterno, limitatamente al giudizio di primo grado, pu stare in giudizio, avvalendosi direttamente di un rappresentante designato dalla Commissione nazionale o territoriale che ha adottato latto impugnato. La Commissione interessata pu in ogni caso depositare alla prima udienza utile gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dellistruttoria. Si applica, in quanto compatibile, larticolo 417- bis, secondo comma, del codice di procedura civile. 10. Il Tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, entro tre mesi dalla presentazione del ricorso decide con sentenza con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui accordata la protezione sussidiaria; la sentenza notificata al ricorrente e al Ministero dellinterno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale, ed comunicata al pubblico ministero. 11. Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il ricorrente, 206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Il Ministero dellinterno e il pubblico ministero possono proporre reclamo alla corte dappello, con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte dappello, a pena di decadenza , entro dieci giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza; c) il comma 14 sostituito dal seguente: 14. Avverso la sentenza pronunciata dalla corte dAppello pu essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza. Esso notificato alle parti assieme al decreto di fissazione delludienza in camera di consiglio, a cura della cancelleria. La Corte di cassazione si pronuncia in camera di consiglio ai sensi dellarticolo 375 del codice di procedura civile. La prima considerazione di carattere generale che il Ministero dellInterno ritorna ad essere parte del giudizio camerale in tutte le fasi del giudizio stesso e pertanto viene stabilito che il ricorso ed il decreto di fissazione delludienza da parte del tribunale, in composizione monocratica, debbano essere notificati allinteressato e al Ministero dellInterno, presso la commissione nazionale ovvero presso la competente commissione territoriale (che sono gli organi che hanno emesso il provvedimento) e comunicati al pubblico ministero. Il Ministero dellInterno, soltanto nel giudizio di primo grado potr difendersi stando in giudizio tramite un rappresentante designato dalla commissione nazionale o territoriale che ha adottato latto impugnato. Il rappresentante designato dovr essere un dipendente dello Stato senza oneri per il bilancio pubblico. Poich si applica alle controversie in questione il secondo comma dellart. 417 bis del codice di procedura civile, ove il ricorso ed il decreto di fissazione delludienza siano stati notificati presso la sede dellavvocatura dello Stato competente per territorio, questa facendo presente la nullit della notifica ai sensi del novellato c. 5 dellart. 35 dovr trasmettere con ogni urgenza gli atti alle commissioni competenti indicando se la causa deve essere trattata dal rappr.te della commissione o direttamente dallavvocatura dello Stato e assegnando in ogni caso laffare contenzioso ad un procuratore o avvocato dello Stato. Nel caso in cui il ricorso con decreto di fissazione delludienza notificato direttamente presso le commissioni competenti, come previsto dalla norma citata queste dovranno subito provvedere alla costituzione in giudizio con un proprio rappresentante, trasmettendo allavvocatura dello Stato competente i ricorsi che, prospettando questioni di principio particolarmente dubbi, richiedono la difesa dellavvocatura dello Stato. Per quanto riguarda le fasi di impugnazione della sentenza di primo grado, il reclamo alla corte dappello e leventuale ricorso per cassazione debbano essere proposti dalle avvocature dello Stato competenti o dallavvocatura ge- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 207 nerale per conto del Ministero dellInterno. Il comma 10 dellart. 35 in questione, come ora modificato, prevede che la sentenza di primo grado sia notificata al Ministero dellInterno presso la commissione nazionale ovvero presso la competente commissione territoriale. E il caso in cui il Ministero dellInterno stato in giudizio avvalendosi di un rappresentante designato dalla commissione che ha emesso latto impugnato. Ove si sia costituita lavvocatura dello Stato, la notifica della sentenza deve essere effettuata presso lavvocatura dello Stato a pena nullit. In ogni caso dato il brevissimo termine per proporre il reclamo alla corte dappello (10 gg. dalla notifica della sentenza), si invitano le amministrazioni in indirizzo ad inviare con ogni urgenza allavvocatura dello Stato competente la copia notificata della sentenza con una adeguata relazione, e i relativi documenti. Per quanto riguarda la fase del giudizio di cassazione, tenuto conto del brevissimo termine per proporlo (30 gg. dalla notifica della sentenza), le avvocature distrettuali dello Stato competenti vorranno trasmettere gli atti allavvocatura generale dello Stato corredati da apposita relazione per la determinazione sulla proposizione del ricorso. La predetta normativa si applica ai ricorsi depositati dopo lentrata in vigore della legge in questione pubblicata sulla G.U. del 24 luglio 2009 n. 170 S.O. Il Ministero dellInterno vorr trasmettere la presente nota alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. A.G.S. - Parere del 21 ottobre 2009 prot. n. 311665 - Procedura esecutiva adottata dal creditore a seguito di pronunce di equa riparazione (Avv. Gabriella DAvanzo - AL 13887/02). Pervengono alla Scrivente numerose richieste con le quali codesta Amministrazione, richiamandosi alla circolare n. 54/2008 dellAvvocato generale dello Stato, chiede di proporre opposizione ai pignoramenti presso terzi promossi dai creditori per lesecuzione di pronunce di equa riparazione loro favorevoli, in quanto detti pignoramenti non vengono eseguiti nelle forme del pignoramento diretto presso il debitore, come previsto dallart. 1, comma 2, della legge 313 del 1994, il cui regime stato esteso dallart. 1 ter della legge n. 181 del 13 novembre 2008 ai fondi destinati alle finalit, ivi specificamente indicate, del Ministero della Giustizia. Al riguardo necessario riepilogare lo stato del contenzioso instaurato 208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 per lesecuzione dei decreti di equa riparazione a mezzo di pignoramenti presso terzi. 1 - Come si gi rappresentato con nota n. 75633 del 5 marzo 2009 (CT 20474/07- avv. DAvanzo) per i pignoramenti presso terzi notificati successivamente al 16 novembre 2008, data di entrata in vigore dellart. 1 ter della legge 13 novembre 2008, n. 181 la Banca dItalia rende dichiarazione negativa, nella quale evidenzia di non avere eseguito alcun accantonamento in quanto latto di pignoramento, che avrebbe dovuto essere effettuato secondo le modalit di cui al comma 2 dellart. 1 della richiamata legge n. 460/94 e successive modificazioni nullo ai sensi del successivo comma 3 del medesimo articolo, il quale esclude esplicitamente lobbligo di accantonamento da parte delle Tesorerie Provinciali dello Stato. Nellipotesi cos descritta non viene pertanto proposta opposizione, non sussistendo, in assenza di accantonamento, pericolo di assegnazione delle somme oggetto di pignoramento. 2 - Il problema di uneventuale opposizione si pone, quindi, per i pignoramenti notificati anteriormente alla predetta data del 16 novembre 2008. Al riguardo si rileva che la Scrivente alludienza fissata ex art. 547 c.p.c. solita presenziare per contestare sotto un duplice profilo la legittimit della procedura esecutiva azionata dal creditore presso il terzo - Banca dItalia, eccependo, da un lato, limpignorabilit delle somme ai sensi dellart. 1, comma 1348 della legge n. 296 del 2006 (in ragione del fatto che, a mente della predetta disposizione, tutte le somme destinate al pagamento di spese per servizi aventi finalit giudiziaria o penitenziaria non sono pignorabili) e, dallaltro lato, linammissibilit, a seguito dellentrata in vigore del citato art. 1 ter della legge n. 181 del 2008, della modalit di esecuzione adottata dal creditore, in quanto eseguita presso il terzo, anzich nelle forme del pignoramento diretto presso il debitore (funzionario delegato alla gestione dei fondi del Ministero). 2.1- In entrambi i casi, il Giudice dellEsecuzione solito concedere termine per la successiva formalizzazione in atti di opposizione allesecuzione (ex art. 615 e 617 c.p.c.), e quindi, una volta proposta detta opposizione, concesso alle parti un ulteriore termine per lintroduzione del giudizio di merito, e ci sia nel caso in cui si sia contestata la nullit della procedura, ai sensi dellart. 1, comma 1348 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), nonch dellart. 1, comma 2 del D.L. 313/1994, conv. in L. n. 460/94 (il Giudice richiede che venga fornita concreta dimostrazione della effettiva destinazione dei fondi pignorati ai fini indicati dalla predetta legge finanziaria) e sia nel caso in cui si sia contestata la modalit esecutiva scelta dal creditore. 3 - In relazione a quanto sin qui evidenziato, e avuto riguardo alla concreta applicazione dellart. 1 ter della legge n. 181 del 13 novembre 2008 alle esecuzioni presso terzi gi notificate, riguardanti, appunto, la regolarit della pro- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 209 cedura, si rappresenta di avere sinora coltivato delle opposizioni pilota avverso i predetti pignoramenti, al fine di conoscere lorientamento della giurisprudenza sul punto, evitandosi cos di introdurre un contenzioso seriale non giustificato dai costi, dalle spese, oltre che, inevitabilmente, dellalea dei predetti giudizi. 3.1- Fondamento delle opposizioni, invero, non la ricorrenza del diritto del creditore ad agire esecutivamente per la corresponsione delle somme, ma le modalit della procedura esecutiva da lui azionata con atti notificati prima dellintroduzione del nuovo regime legale (16 novembre 2008). In particolare lalea del giudizio deriva dal fatto che, in mancanza di una esplicita previsione di retroattivit del predetto art. 1 ter della legge n. 181 del 2008, le nuove disposizioni sono inopponibili al creditore pignorante in conformit dei principi generali stabiliti dallart. 546 c.p.c., a mente del quale dal giorno in cui notificato latto il terzo soggetto relativamente alle cose e alle somme da lui dovuteagli obblighi che la legge impone al custode. Peraltro gli effetti del pignoramento presso terzi di cui allart. 543 c.p.c. si producono, secondo il consolidato insegnamento giurisprudenziale, tutti e subito sin dal momento dellingiunzione che lufficiale giudiziario rivolge al debitore esecutato a norma dellart. 492 c.p.c., ingiunzione che ha lo scopo di produrre il vincolo di destinazione sul credito del debitore esecutato verso il terzo al soddisfacimento del creditore istante (cos Cass. 4621/1995; cfr. anche Cass., Sez. III, n. 10654/2008; e, in dottrina, Verde, Il pignoramento in generale, in Enc. del diritto, XXXIII, Milano, 1983, pp. 768/769). 3.2 - Ma oltre alla particolare pregnanza dellalea dei giudizi non pu non rilevarsi linopportunit di opposizioni che fossero proposte soltanto per denunciare il ripetuto vizio di procedura, ove si consideri che, secondo i noti principi costituzionali di buona amministrazione che regolano lazione del soggetto pubblico, nel caso in esame non in contestazione la debenza delle somme ingiunte, sicch, come gi chiarito nella sopra richiamata nota del 5 marzo 2009, n. 75633 (Ct 20474/07 avv. DAvanzo), lAmministrazione soccombente, al pari, peraltro, di un qualsiasi altro debitore, tenuta al tempestivo pagamento di quanto richiesto dal creditore, anche al fine di evitare lincremento del debito per effetto degli interessi. E ci esime dal rilevare, avuto riguardo alleffettiva utilit dei predetti giudizi oppositivi, come il pagamento delle somme ingiunte verrebbe solo procrastinato, con ulteriore aggravio, appunto, di spese e accessori in relazione a crediti esigibili in forza di un titolo giudiziario. *** In conclusione la Scrivente ritiene che, per le esecuzioni instaurate prima della nota data del 16 novembre 2008, oltre alle cause pilota gi proposte, coltiver le sole opposizioni in cui possa essere eccepita la nullit della pro- 210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 cedura per limpignorabilit delle somme sottoposte a vincolo. Nei casi in cui fossero staggiti i fondi che lart. 1, comma 1348 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) dichiara impignorabili impignorabilit non rilevata dalla Banca dItalia che, a quanto risulta, al momento non dispone il vincolo su tali somme si proporr opposizione allesecuzione. E appena il caso di chiarire che la rubrica dellart. 1 ter della legge 13 novembre 2008, n. 181, intitolata Pignoramenti sulla contabilit ordinaria del Ministero della Giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia va letta con riferimento al disposto della medesima norma, la quale non stabilisce limpignorabilit di qualsiasi somma in giacenza sulla contabilit ordinaria, ma, come testualmente previsto, limita limpignorabilit ai fondi (della contabilit ordinaria) destinati al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalit giudiziaria o penitenziaria, nonch agli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della Giustizia, accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia. Sulla questione intervenuto il Comitato Consultivo, di cui allart. 25 L. 103/1979, che si espresso in conformit al suesteso parere. A.G.S. - Parere del 29 dicembre 2009 prot. n. 391862 - Indennizzo ex legge n. 210/92. Rivalutazione di parte o dellinterno importo dellindennizzo (Avv. Marina Russo - AL 7530/06). Si fa seguito al parere, espresso con la nota in riferimento previa approvazione del Comitato Consultivo della Scrivente, avente ad oggetto la questione della condotta processuale da tenere, alla luce della sentenza n. 1589/05 della Corte di Cassazione, nei giudizi in cui si faccia questione della spettanza di interessi e rivalutazione sulla componente dellindennizzo di cui alla l. 210/92 commisurata allindennit integrativa speciale. Di tale parere si unisce altres copia per comodit di consultazione e, comunque, si rammenta che, prima di renderlo, questa Avvocatura aveva formulato alcune richieste istruttorie alle Amministrazioni in indirizzo, allesito delle quali era emersa la sostanziale condivisione, da parte del Ministero dellEconomia e Finanze Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, dellorientamento espresso - in senso sfavorevole alle tesi difensive fino ad allora sostenute nellinteresse dellAmministrazione - dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza n. 1589/05. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 211 In considerazione di ci: - rilevata la difficolt di rinvenire argomenti atti a sollecitare con buone prospettive di successo un ripensamento da parte della stessa Cassazione dellorientamento manifestato nella citata sentenza; - tenuto conto del carattere seriale delle controversie in materia e del lungo tempo necessario ad ottenere un nuovo pronunciamento della Corte; - considerata la necessit di incardinare, nelle more, numerosissimi giudizi potenzialmente inutili, se non anche forieri di ulteriori spese per lAmministrazione; la Scrivente concludeva nel senso di non riproporre la questione in sede di legittimit. Conseguentemente, anche nei giudizi di merito non si coltivava pi leccezione di non spettanza degli accessori sulla componente di indennizzo commisurata allIIS. La giurisprudenza di merito, dal canto suo, si adeguava pressoch completamente alla giurisprudenza della Suprema Corte, che frattanto si consolidava ulteriormente nel senso gi indicato (Cass. 18109/07). LAmministrazione - poi - prendeva altres in considerazione lipotesi di liquidare dufficio in via amministrativa detti accessori sui ratei arretrati degli indennizzi posti in pagamento, a tale scopo istituendo un Tavolo di lavoro (che peraltro non ha - ad oggi - ancora concluso la sua attivit) e nelle more - con riferimento allesecuzione di giudicati sfavorevoli sullargomento - adottava la Direttiva dell8 aprile 2008, nella quale disponeva che nellintento di evitare duplicazioni di procedimenti con esito sfavorevole per lAmministrazione terr conto della consolidata e maggioritaria giurisprudenza ai fini della determinazione del periodo temporale cui applicare la rivalutazione dellindennit integrativa speciale. Ebbene, la Suprema Corte - sezione Lavoro - ha di recente rivisto criticamente alcuni suoi orientamenti in materia di legge 210/92, tra i quali anche quello espresso con la sentenza n. 1589/05. La sentenza n. 22112/09, infatti, ha espressamente affermato quanto qui di seguito testualmente si riporta: La questione se la rivalutazione annuale debba essere approntata sul solo indennizzo oppure anche sullintegrazione stata risolta nel secondo senso da questa Corte con la sentenza n. 15894/05 (v. anche in senso conforme Cass. 27 agosto 2007 n. 18109) in base ai seguenti argomenti: a) lindennizzo deve essere inteso nella sua globalit onde va rivalutato in entrambe le sue parti; b) lindennit integrativa speciale portava il meccanismo di adeguamento delle retribuzioni al costo della vita nella sua originaria struttura ma successivamente essa stata snaturata col c.d. taglio della scala mobile onde non vi ora ragione di non rivalutarne limporto. Questo Collegio ritiene non persuasivi tali argomenti, ai quali crede di dover contrapporre i seguenti: a) il primo canone di interpre- 212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 tazione legale quello letterale e lart. 1 l. 210 del 1992 non disciplina lindennizzo nella sua globalit ma lo divide in due parti, regolate da due distinti commi, prevedendo letteralmente la rivalutazione annuale soltanto per la prima parte; b) lindennit integrativa speciale serve ad impedire o attenuare gli effetti della svalutazione monetaria onde ragionevole che il legislatore non ne abbia previsto la rivalutazione,; le ragioni che hanno poi indotto lo stesso legislatore a bloccarla valgono anche per lintegrazione di cui qui si tratta; c) lart. 32 Cost. garantisce la tutela della salute ma non impone scelte quantitative al legislatore salvo il principio dellequit ossia di ragionevolezza degli indennizzi. Alla luce della pronuncia sopra riportata, ed in attesa di un eventuale auspicabile pronunciamento delle sezioni Unite, si rappresenta che essendo evidente linteresse dellAmministrazione a seguire il nuovo orientamento della Suprema Corte in unottica di contenimento della spesa relativa agli indennizzi ex lege 210/92 si torner a coltivare, anche nei giudizi di merito ove processualmente consentito, la tesi della non spettanza degli accessori sulla componente commisurata allIIS, invocando lora ricordato precedente favorevole al Ministero. Si cercher, inoltre, di individuare i contenziosi nei quali siano state rese sentenze di merito sul punto sfavorevoli allAmministrazione ancora non passate in giudicato, comprese quelle relativamente alle quali sia stato reso parere di non impugnazione (sentenze che, comunque, gli Uffici di codesta Amministrazione vorranno sollecitamente segnalare a questa Avvocatura Generale ovvero alla competente Avvocatura Distrettuale, a seconda che il giudizio di merito sia stato trattato da questo Generale Ufficio ovvero dallAvvocatura Distrettuale), per proseguire - se del caso - i relativi giudizi fino al grado di legittimit, anche in attesa di un eventuale pronunciamento delle Sezioni Unite sullargomento. Nelle more, si raccomanda al Ministero della Salute in indirizzo di: Adoperarsi in vista di un auspicabile chiarimento normativo della problematica in oggetto, attivandosi affinch venga adottata una norma interpretativa che superi il dubbio attualmente in essere; Soprassedere alle determinazioni oggetto del Tavolo di lavoro istituito per la liquidazione in via amministrativa degli accessori sullIIS; Rivedere quanto disposto con la D.M. 8 aprile 2008 circa la determinazione del periodo temporale cui applicare la rivalutazione dellindennit integrativa speciale, nel senso che lesecuzione dei giudicati debba limitarsi al solo periodo espressamente coperto dalla sentenza, riservando ad eventuali futuri contenziosi, che venissero instaurati dalle parti private per lottenimento degli accessori su periodi successivi a quelli oggetto del giudicato stesso, le PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 213 difese del caso. Infatti, sebbene la giurisprudenza di legittimit sia orientata a ritenere che - per i rapporti di durata - laccertamento di fatto contenuto nel giudicato copre anche il futuro, sia pure rebus sic stantibus (Cass. lav. 15931/04, 12554/98), tuttavia - con specifico riferimento al caso di condanna ad un dare o ad un fare riferibili a prestazioni periodiche, e segnatamente in materia pensionistica e contributiva, la Suprema Corte ha avuto occasione di chiarire (Cass. lav. 7487/00, 8484/03) che il rapporto - bench di durata - non si sostanzia in ununica prestazione rateale, bens in pi prestazioni periodiche, ciascuna delle quali realizza lintera prestazione dovuta per il periodo considerato: ne discende che il giudicato riferito a un determinato periodo non pu - a rigoreessere esteso a periodi successivi, e che la condotta suggerita dalla citata Direttiva - opportuna per la prevenzione di ulteriore contenzioso di esito certamente sfavorevole in presenza di un orientamento giurisprudenziale di legittimit quale quello di Cass. 18109/07 e 1594/05 - cessa di essere opportuna alla luce di Cass. 22112/09. Sulla questione stato sentito il Comitato Consultivo, che si espresso in conformit. A.G.S. - Parere reso in via ordinaria del 23 marzo 2009 prot. n. 94151 - Disciplina del dissenso in materia di autorizzazione per la costruzione e manutenzione di impianti alimentati da fonti rinnovabili (Avv. Maurizio Borgo - AL 9028/09). Codesto Ministero ha chiesto di conoscere il parere della Scrivente in merito allinterpretazione della disposizione contenuta nellart. 12, comma 4, del D.Lgs n. 387/2003 (nella formulazione introdotta con lart. 2, comma 158, della legge n. 244/07), e si rappresenta quanto segue. Lart. 12 del D.Lgs n. 387/03 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricit), dopo aver statuito che le opere per la realizzazione degli impianti, alimentati da fonti rinnovabili, sono di pubblica utilit ed indifferibili ed urgenti, ha stabilito che la costruzione e l'esercizio dei detti impianti, la loro modifica, il potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, nonch le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad unautorizzazione unica, rilasciata dalla Regione (o dalla Provincia dele- 214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 gata), nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine, convocata dalla Regione una conferenza di servizi entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. L'autorizzazione rilasciata, a seguito di un procedimento unico, da concludersi nel termine massimo di 180 giorni, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione di cui alla legge n. 241/1990. In caso di dissenso, purch non sia quello espresso da unamministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico- territoriale, o del patrimonio storico-artistico, ed ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle Regioni, il decreto legislativo rimette la decisione alla Giunta regionale. Al fine di dare una corretta interpretazione della previsione (introdotta, ex novo, nel corpo dellart. 12, comma 4, del D.Lgs n. 387/03 dalla novella di cui allart. 2, comma 158, della legge n. 244/07) secondo la quale, in caso di dissenso, la decisione finale, in ordine al rilascio della autorizzazione unica, demandata alla Giunta regionale, necessario, preliminarmente, accertare la natura della conferenza di servizi, propedeutica al rilascio dellautorizzazione da parte della Regione (o della Provincia delegata). Al proposito, si evidenzia come si tratti di una conferenza di servizi, di natura istruttoria, che ha il fine di consentire la partecipazione al procedimento delle amministrazioni interessate e le cui conclusioni assumono solo valenza istruttoria, di cui dovr ovviamente tenere conto l'organo competente ad assumere la determinazione finale (nel senso che potr discostarsi da tali conclusioni solo con adeguata e ragionevole motivazione). Ed invero, nel prevedere un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni statali e locali interessate, per il rilascio dellautorizzazione di cui allart. 12 del D.Lgs n. 387/03, il legislatore delegato ha previsto non una decisione pluristrutturata, tipica della conferenza di servizi decisoria, in cui il provvedimento finale, concordato, sostituisce i necessari assensi delle amministrazioni partecipanti, ma una decisione monostrutturata, in cui vi ununica amministrazione competente che deve acquisire lavviso di altre amministrazioni (il carattere istruttorio della conferenza di servizi che ci occupa si desume, seppure implicitamente, dal recentissimo parere del 14 ottobre 2008, prot. n. 2849/08, reso dal Consiglio di Stato, Sez. III). Lacquisizione di tale avviso (Cons. Stato, Sez. V, 8 ottobre 2008, n. 4942 parla, pi precisamente, di parere), in sede di conferenza di servizi, ha una valenza meramente istruttoria, con la conseguenza che non trovano applicazione, nel caso che ci occupa, tutte le disposizioni volte a rimediare alla non unanimit della stessa, quale lart. 14 quater, comma 3, della legge n. 241/1990. In sede di conferenza di servizi istruttoria, infatti, non richiesta l'unanimit, poich tale conferenza non un mezzo di manifestazione del consenso; PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 215 ed , per tale ragione, che la giurisprudenza ritiene che tutte le norme volte a disciplinare le ipotesi di dissenso delle amministrazioni siano da riferirsi alla sola conferenza decisoria (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, ordinanza 6 marzo 2001, n. 1529). La natura meramente istruttoria della conferenza di servizi di cui allart. 12, commi 3 e 4, del D.Lgs n. 387/03 risulta avvalorata dalle seguenti considerazioni. 1) Lart. 12, comma 4, nella sua originaria versione, risultava perfettamente sovrapponibile alla previsione contenuta nella legge n. 55/2002 con la quale sono state dettate misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale ed, in particolare, al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, stato previsto che la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonch le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilit e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle Attivit Produttive (oggi, Ministero dello Sviluppo Economico), la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti. Anche la predetta autorizzazione (come quella di cui allart. 12 del D.Lgs n. 387/03) rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalit di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, d'intesa con la regione interessata. Ebbene, la giurisprudenza amministrativa ha, in proposito, affermato la natura istruttoria e non decisoria della conferenza di servizi che deve svolgersi, ai sensi della legge n. 55/02, prima del rilascio dellautorizzazione da parte di codesto Ministero (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 3505/04). 2) Linserimento, per opera dellart. 2, comma 158, della legge n. 244/07, nel corpo dellart. 12, comma 4, del D.Lgs n. 387/03, della previsione secondo la quale In caso di dissenso, purch non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano, non pu ritenersi frutto della volont del legislatore del 2007 di attribuire carattere decisorio ad una conferenza di servizi, configurata, ab origine, come meramente istruttoria. Ed invero, lart. 2, comma 158, della legge n. 244/07 rubricato Modifica normativa per facilitare la diffusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili; il che induce ad escludere che la disposizione, dallo stesso introdotta, possa essere interpretata in un senso (attribuzione di un carattere decisorio ad 216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 una conferenza di servizi, in origine istruttoria) che varrebbe a rendere, anzich pi facile, molto pi complessa e difficoltosa la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. Chiarita, pertanto, la natura meramente istruttoria della conferenza di servizi, prevista dallart. 12, commi 3 e 4, del D.Lgs n. 387/03, agevole comprendere il significato della disposizione, introdotta, nel testo dellart. 12, comma 4, con lart. 2, comma 158, della legge n. 244/07. Tale previsione, lungi dal costituire un meccanismo, di carattere speciale, volto a rimediare alla non unanimit della conferenza di servizi, sulla falsa riga di quanto previsto, in via generale, dallart. 14 quater della legge n. 241/1990, deve essere intesa come espressione della volont del legislatore del 2007, per il caso di conclusione negativa dei lavori della conferenza di servizi istruttoria, di rimettere la decisione finale, in ordine alladozione, o meno, dellautorizzazione unica, alla Giunta regionale, anche nelle ipotesi in cui il rilascio della predetta autorizzazione fosse stato originariamente delegato, dalla medesima Regione, alla Provincia. In altre parole, con la novella normativa del 2007, si voluto prevedere che, nellipotesi in cui il parere della conferenza di servizi, alluopo convocata ex art. 12 del D.Lgs n. 387/03, sia di segno contrario alla realizzazione dellimpianto, venga meno la delega, rilasciata dalla Regione alla Provincia, e la decisione finale sia rimessa alla Giunta Regionale. E che cos sia, comprovato dallinciso ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, contenuto nella disposizione, introdotta dallart. 2, comma 158, della legge n. 244/07, che consente di dare rilevanza alle disposizioni di legge regionale (anche previgenti allentrata in vigore della legge n. 244/07) che attribuiscono espressamente alla competenza della Provincia il rilascio dellautorizzazione alla realizzazione degli impianti in argomento (competenza, questultima, che rimane ferma anche nellipotesi di conclusione negativa dei lavori della conferenza di servizi istruttoria - cfr., in tale senso, recentissimamente, Cons. Stato, sez. V, ordinanza 10 marzo 2009, n. 1289). In mancanza di una specifica previsione legislativa regionale, nel senso di cui sopra, la decisione finale in ordine al rilascio dellautorizzazione unica di cui allart. 12 del D.Lgs n. 387/03, nellipotesi di conclusione negativa della conferenza di servizi istruttoria (salvo che il c.d. dissenso non sia espresso da unamministrazione statale, preposta alla cura di interessi sensibili), non potr, invece, che essere rimessa, in ossequio alla chiara previsione normativa di cui allart. 12, comma 4, del prefato decreto legislativo, alla Giunta regionale (cfr., in tale senso, Cons. Stato, Sez. V, ordinanza 3 febbraio 2009, n. 708 e T.A.R. Lazio, sezione staccata di Latina, ordinanza 19 dicembre 2008, n. 703). PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 217 A.D.S. Catanzaro - Parere reso in via ordinaria del 12 novembre 2009 prot. n. 56944 - Gestione e procedimento di destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali (Avv. Alfonso Mezzotero - AL 8190/2009) (*). Codesta Prefettura richiede il parere della Scrivente in ordine al ruolo che, nel procedimento di sgombero degli immobili confiscati, debba assumere lAgenzia del Demanio, alla luce delle recenti novit introdotte in materia dalla l. 15 luglio 2009, n. 94, contenente Disposizioni in materia di pubblica sicurezza (in Gazz. Uff., 24 luglio 2009, n. 170). Per come riferito nella nota qui in riscontro, tale richiesta di consultazione trae origine dal diniego opposto dal rappresentante dellAgenzia del Demanio di procedere allo sgombero dellimmobile, sito nel territorio del Comune di F., confiscato al sig. L. S., gi trasferito da codesta Autorit Prefettizia al patrimonio indisponibile dello stesso Ente civico, per essere successivamente destinato a finalit sociali e/o istituzionali (emergenze abitative, Associazioni ONLUS operanti nel settore socio-sanitario, uffici). A tale riguardo, prima di fornire risposta al quesito posto da codesta Prefettura, appena il caso di evidenziare che, per come in pi circostanze gi rappresentato dalla Scrivente in diverse consultazioni rese in materia, la consegna del bene confiscato allAmministrazione statale (nel caso in cui il bene sia mantenuto al patrimonio dello Stato per finalit di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile, per come previsto dallart. 3, comma 2, lett. a, l. n. 109/1996) ovvero allAmministrazione Comunale (nel caso in cui il bene confiscato sia trasferito al patrimonio del Comune ove limmobile sito, per finalit istituzionali o sociali, ai sensi dellart. 3, comma 2, lett. b, l. n. 109/1996), devessere reale e non gi meramente figurata. Si consideri, del resto, che la necessit delleffettivit della consegna insita nella stessa ratio complessiva della legge fondamentale contenente la disciplina delle procedure di destinazione dei beni confiscati ai mafiosi. Ove il bene confiscato non sia materialmente consegnato allAmministrazione che dovr usarlo successivamente per le finalit previste ex lege, da un lato sarebbe elusa la stessa finalit della l. n. 575/1965, come integrata dalla l. n. 109/1996 (ossia lo spossessamento dei mafiosi dei beni che risultano sproporzionati rispetto al reddito dichiarato o allattivit economica svolta ovvero di quei beni che si ha motivo di ritenere il frutto di attivit illecite o che ne costituiscano il reimpiego), dallaltro si vanificherebbe lintento di utilizzazione dei patrimoni immobiliari dei mafiosi a fini sociali e collettivi, avuto di mira dal legislatore nel prevedere (*) Nel corso del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2010 - convocato in via straordinaria nel Palazzo della Prefettura di Reggio Calabria - stato approvato un decreto legge per listituzione dellAgenzia nazionale per la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalit organizzata. 218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 la destinazione dei beni confiscati a determinate finalit di interesse generale (i beni mantenuti allo Stato, sono destinati a finalit di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile; i beni trasferiti al patrimonio comunale, devono essere utilizzati per finalit istituzionali o sociali). Tanto preliminarmente evidenziato, si osserva quanto segue con specifico riferimento alla questione sottoposta alla Scrivente. La citata l. 15 luglio 2009, n. 94 ha introdotto alcune modificazioni della l. 31 maggio 1965, n. 575 (c.d. legge fondamentale in materia di beni confiscati in base alla legislazione antimafia). In particolare, per quanto rileva ai fini della presente consultazione, lart. 2, comma 20, l. n. 94/2009 ha sostituito nei seguenti termini lart. 2-decies, l. n. 575/1965: Art. 2-decies. - 1. Ferma la competenza dellAgenzia del demanio per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di cui agli articoli 2-nonies e 2-undecies della presente legge e 12-sexies del decretolegge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, la destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali effettuata con provvedimento del prefetto dellufficio territoriale di Governo ove si trovano i beni o ha sede lazienda, su proposta non vincolante del dirigente regionale dellAgenzia del demanio, sulla base della stima del valore risultante dagli atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dal prefetto una nuova stima, sentite le amministrazioni di cui allarticolo 2-undecies della presente legge interessate, eventualmente in sede di conferenza di servizi, nonch i soggetti di cui devoluta la gestione dei beni. - 2. Il prefetto procede diniziativa se la proposta di cui al comma 1 non formulata dallAgenzia del demanio entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 dellarticolo 2-nonies. - 3. Il provvedimento del prefetto emanato entro novanta giorni dalla proposta di cui al comma 1 o dal decorso del termine di cui al comma 2, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni particolarmente complesse. Anche prima dellemanazione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dellarticolo 823 del codice civile. Orbene, per come risulta dalla testuale formulazione del novellato art. 2- decies, l. n. 575/1965, la portata innovativa della novella recata dalla l. n. 94/2009 si incentra esclusivamente nellattribuzione allAutorit prefettizia del potere di destinazione dei beni immobili confiscati, prima di competenza del Direttore Generale dellAgenzia del Demanio (cfr., art. 2-decies ante novella del 2009). In tal senso, del resto, si espresso il Ministro dellInterno nella circolare n. 11001/118/5 del 5 agosto 2009, inviata ai Prefetti della Repubblica, ai Commissari del Governo nelle Province autonome di Trento e Bolzano ed al Presidente della Regione Autonoma Valle dAosta, ove si afferma che: Il comma 20 (della l. 15 luglio 2009, n. 94: n.d.r.) modifica la disciplina del procedimento di destinazione dei beni immobili e dei beni PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 219 aziendali confiscati alle organizzazioni criminali, attribuendo al Prefetto della provincie di ubicazione del bene (anzich al direttore generale del Demanio) il compito di decidere la destinazione del bene confiscato, ferma restando la competenza dellAgenzia del Demanio per lo gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. Alcuna innovazione reca la l. n. 94/2009 in ordine alla competenza relativa alla gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, che continua a rimanere in capo allAgenzia del Demanio (cfr., lincipit del nuovo art. 2- decies, ove si precisa: Ferma la competenza dellAgenzia del Demanio per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di cui agli articoli 2-nonies e 2-undecies della presente legge ). Del resto, alcuna modifica ha subito lart. 2-nonies, l. n. 575/1965, che delinea le competenze gestionali dei beni confiscati, attribuendole allAgenzia del Demanio. Alla stregua di quanto precede, non vՏ dubbio che, allo stato attuale della legislazione, permanga il potere-dovere dellAgenzia del Demanio, competente territorialmente, di gestire i beni confiscati alle consorterie mafiose di cui alla legge fondamentale n. 575/1965, che include, ovviamente, la redazione del verbale di presa in possesso e di consistenza dellimmobile e dei beni mobili che ne costituiscono leventuale arredo. Ne consegue, conclusivamente, che lAgenzia del Demanio, competente per territorio, tenuta a presenziare, tramite proprio rappresentante, alle operazioni di sgombero del bene. A tali operazioni, necessario che intervenga, altres, un rappresentante del Comune interessato, qualora sia allo stesso Ente civico trasferito, ai sensi dellart. 2-undecies, comma 2, lett. b), l. n. 575/1965, con provvedimento prefettizio di destinazione ai sensi del novellato art. 2-decies, l. cit. Nei termini suesposti il parere di questa Avvocatura. L E G I S L A Z I O N E E D A T T U A L I TA La trascrizione del decreto desproprio (o dellatto equivalente) nel nuovo T.U. espropri e gli effetti sui diritti dei terzi Antonino Cimellaro* La presente tematica costituisce aspetto del controverso problema concernente il momento in cui possono dirsi prodotti gli effetti di un decreto desproprio nel nuovo regime espropriativo inaugurato dal D.P.R. 327/2001 e s.m.i. (nuovo T.U. espropri) che, sul punto, ha introdotto - rispetto al precedente regime normativo - talune particolarit che meritano di essere rilevate. ** *** ** In via generale Come noto, secondo la tradizionale configurazione dellistituto, dallemissione del decreto desproprio discende il trasferimento della propriet del bene o del diritto in capo al soggetto espropriante che la acquisisce, secondo costante giurisprudenza (cfr. oltre a quella pi avanti citata, anche Cass., I, 30 agosto 2007 n. 18314; Cass., I, 25 maggio 2006, n. 12408) a titolo originario, ovvero, nel senso che detto trasferimento prescinde ed indipendente da ogni rapporto con la precedente situazione proprietaria. Tale modo di acquisto della propriet si differenzia - come noto - da quello c.d. a titolo derivativo in cui, cio lacquisto dipende dalla sussistenza, con tutto quello che ne consegue, del diritto in capo al dante causa (precedente proprietario). (*) Avvocato cassazionista consulente in espropriazione per pubblica utilit e procedure autorizzatorie. 222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Come si avr modo di dire, il carattere originario dellacquisto vale per ogni procedura ablatoria (anche illegittima) ma cos anche quando, in luogo del decreto desproprio, si definisce laccordo di cessione volontaria, erroneamente ritenuto negozio privatistico ma inquadrabile, invero, in ambito pubblicistico. A tale riguardo, si registra un costante orientamento giurisprudenziale con il quale si afferma che: laccordo raggiunto con lespropriante ha la funzione dinterrompere la procedura espropriativa e di produrre gli stessi effetti del decreto di espropriazione, ossia di costituire in capo allespropriante la propriet dei beni a titolo originario (cfr. T.a.r. Sardegna, sez. II, 31 gennaio 2008, n. 83; Cass., sez. I, 6 agosto 2008, n. 21249; Cass., sez. I, 2 marzo 1999, n. 1730). Ci comporta che, a differenza di quanto avviene nel caso di acquisto della propriet a titolo derivativo (es. una compravendita), la trascrizione dellatto finale di una procedura espropriativa (decreto o cessione volontaria) non ha lo scopo di dirimere eventuali controversie che possono instaurarsi tra gli aventi diritto, proprio perch lacquisto a titolo originario non pu essere ostacolato in quanto tale dalle precedenti vicende giuridiche che hanno interessato il bene (o che interessano) la titolarit del bene. Ci ovviamente non significa, tuttavia, pretermettere, come si avr modo di dire, il diritto allindennizzo o la possibilit, anche per i terzi, di ricorrere al giudice amministrativo per limpugnazione degli atti amministrativi che potrebbero riverberarsi in via indiretta sulle proprie ragioni (in senso lato, indennitarie). E noto come, nel sistema civilistico (lespressione piace a Cass., sez. I, 16 marzo 2006 n. 5825), la trascrizione, pur non avendo - almeno in via generale - valore costitutivo, consente a colui che a trascritto per primo di far valere la priorit del suo acquisto rispetto a colui che, pur avendo stipulato prima latto di trasferimento, ha trascritto con ritardo il proprio acquisto. Tale situazione non pu mai verificarsi nel caso in cui il passaggio della propriet avvenga a seguito della definizione della procedura ablatoria (con lemissione di un decreto desproprio), proprio per la rilevata particolare natura dellacquisto, con la conseguenza che il diritto, cos acquisito dal soggetto espropriante, non pu mai in alcun modo essere inficiato e posto in discussione dai conflitti tra coloro che si assumono proprietari oppure dalle pretese di terzi che vantino diritti sul bene (ogni questione del genere risolvendosi, infatti, sullindennit). In particolare, nel regime delle espropriazioni, opinione dominante che la trascrizione abbia la funzione di mera pubblicit cd. notizia(1), in grado di rendere nota lespropriazione a soggetti terzi (coloro che, in ipotesi, possano (1) Cfr. Cass., sez. III, 4 agosto 2000, n. 10229 che fa leva al riguardo sullunanime dottrina (che potrebbe, per, rivedere la questione alla luce del nuovo T.U. espropri). LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 223 vantare pretese sullindennit). Tuttavia, anche nel caso in cui venisse omessa o ritardata (potendo cos determinare lapplicazione di sanzioni amministrative per leventuale ritardo), la trascrizione, in tale prospettiva, non inciderebbe in alcun modo sul rapporto giuridico espropriativo che resterebbe pienamente valido ed efficace. In altri termini, lacquisto della propriet con il legittimo decreto desproprio (o, ove del caso, con una legittima cessione volontaria) sempre salvo, indipendentemente dalla trascrizione. E cos, si pu, in via di prima conclusione, affermare che fino al nuovo T.U. espropri si riconosciuto che il decreto desproprio produce pienamente i suoi effetti sin da quando viene adottato, comportando da un lato, limmediato trasferimento della propriet al soggetto espropriante e, dallaltro, rendendosi pienamente opponibile anche ai terzi acquirenti che avessero curato di trascrivere precedentemente alla trascrizione di esso decreto (per esempio, sarebbe inefficace nei confronti dellespropriante una trascrizione effettuata, nel tempo intercorrente tra lemissione del decreto desproprio e una ritardata trascrizione dello stesso, da chi si assume avere la qualit di erede del bene oggetto della procedura espropriativa, anchegli per tutelato solo per via indennitaria). Bench non di stretta attualit, appare legittimo, per, porre la questione del perch il sistema non riesca ad organizzare, con riferimento ai giudizi amministrativi, la trascrivibilit, delle domande (e delle relative sentenze) volte allannullamento del decreto desproprio o alla restituzione di unarea illegittimamente occupata oppure, ancora, di annullamento del provvedimento di acquisizione in sanatoria ex art. 43 D.P.R. 327/2001. Una lettura nuova e orientata, nonch scevra da pregiudizi, degli articoli 2643, 2645 e 2652 e 2653 del codice civile potrebbe giovare alla luce della nuova pi ampia configurazione dellespropriazione, a tutte le parti di un rapporto, in senso lato, espropriativo e anche dei loro aventi causa (2) . Il nuovo T.U. espropri Occorre chiedersi se la funzione tradizionale della trascrizione possa dirsi mutata nel passaggio dal vecchio al nuovo regime espropriativo di cui al D.P.R. 327/2001 e s.m.i. ovvero se vi sono differenze rispetto al passato. Invero, pur sembrando immutata, fino a diverso avviso, la funzione dellistituto (dare pub- (2) Non si pu ignorare, certo, lindirizzo assunto dalla Cassazione (cfr. sent. 1 febbraio 2002, n. 1289) secondo cui il ricorso giurisdizionale di annullamento del decreto non suscettibile di trascrizione. Ma esso appare espresso in termini non assoluti e comunque sempre con riferimento al precedente regime espropriativo. Pu esservi spazio per la dottrina che voglia, anche in tale ipotesi, riconsiderare la questione affermando sul punto, ove del caso, la discontinuit tra il precedente e il nuovo regime espropriativo. 224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 blicit notizia al provvedimento desproprio non incidendo sulla sua immediata efficacia traslativa n sulla sua immediata opponibilit ai terzi a far data dalla sua emissione) si ricavano dal nuovo testo normativo, rispetto al passato, talune differenze che presentano varie implicazioni. In primo luogo, il decreto (almeno nello sviluppo fisiologico della nuova procedura e salvo le eccezioni di cui si dir) soggetto a due momenti in successione temporale, anche non immediata emanazione e lesecuzione; in secondo luogo la trascrizione del decreto desproprio, ai sensi dellart. 23 TU espropri , deve avvenire senza indugio presso gli uffici dei registri immobiliari, laddove la precedente normativa era molto pi puntuale prescrivendo (art. 53, 2 comma, legge 2359/1865) che tale adempimento - unitamente alla voltura catastale - venisse effettuata entro quindici giorni. Ma, allora, ai presenti fini ci si deve rapportare allemanazione dellatto oppure alla sua esecuzione? Dalla lettera della legge, si ricava che il decreto di espropriazione vada trascritto subito dopo la sua emanazione, senza dover attendere - come ritengono altri interpreti - la successiva esecuzione la quale - fuori dai casi (3) in cui vi sia una immediata immissione nel possesso subito dopo la condivisione delle indennit (cfr. art. 20, comma 6, T.U.) e fuori dai casi di occupazione durgenza (art. 22-bis T.U.) - potrebbe avvenire non subito bens, come previsto, nel termine (perentorio) di due anni dallemanazione. Inoltre previsto che una volta eseguito, il decreto non richiede la trascrizione (in ipotesi gi effettuata) bens - come dice il testo di legge - lannotazione dellavveramento della condizione sospensiva (arg. ex art. 24, comma 5, T.U. espropri). Cos la citata disposizione: lautorit espropriante, in calce al decreto di esproprio, indica la data in cui avvenuta limmissione in possesso e trasmette copia del relativo verbale allufficio per i registri immobiliari, per la relativa annotazione. Non inganni la circostanza che, invece, latto di cessione volontaria - sostitutivo del decreto di espropriazione -, con il quale il proprietario trasferisce il diritto oggetto di procedura, possa essere stipulato fino al momento dellesecuzione del decreto di esproprio (cfr. art. 45 T.U.), essendo ci legato alla particolarit del tipo di atto e alle diverse finalit ad esso collegate. Daltro canto, dopo ladozione di un decreto desproprio (gi di per s traslativo del diritto) che bisogno vi sarebbe di effettuare la stipula di una cessione volontaria se non ai soli fini di concordare e condividere una indennit rifiutata, con la possibilit di ottenere gli incentivi di legge? In conclusione, non sembra esservi spazio per ritenere, contrariamente a (3) Se lesecuzione del decreto legata (art. 23, comma 1, lett. h) alla immissione nel possesso, legittimo sostenere che ove tale immissione sia gi avvenuta nei casi normativamente qui indicati, il decreto desproprio vada trascritto senza alcuna condizione in quanto da ritenersi gi eseguito. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 225 quanto deducono - invero, in modo improprio - taluni interpreti, che gli adempimenti di registrazione, trascrizione e volturazione catastale del decreto di espropriazione vadano curati dopo la sua esecuzione. N risulta, sotto un profilo giuridico sostanziale, che non possano essere trascritti e (volturati in catasto) atti di trasferimento soggetti a condizione, (anzi, risultando il contrario cfr. Cass., sez. II, 19 agosto 2002 n. 12236; Cass., sez. I, 17 dicembre 1991 n. 13589). La tesi qui proposta potrebbe trovare indiretto conforto in quella autorevole dottrina (P. Virga) la quale ritiene che con lemanazione del decreto desproprio venga acquisita la propriet (da trascrivere), mentre con la notifica e/o con lesecuzione (da annotare) e cio con limmissione in possesso venga acquisito il possesso (ove gi non acquisito ex art. 20, comma 6 oppure ex art. 22-bis) (4). Vi , altres, da chiedersi se incide sullargomento trattato la nuova configurazione che pare essere stata data dal nuovo testo unico alla notifica del decreto. Si richiama, al riguardo, il tradizionale orientamento giurisprudenziale secondo il quale il vizio della notifica del decreto (o la sua omissione) non incide sulla legittimit di esso, bens sulla opponibilit al destinatario e sulleffettiva decorrenza dei termini processuali. Invece, a leggere la nuova norma (art. 23, comma 1, lett. f)) il decreto condizionato alla sua notifica ed esecuzione. Pu dirsi mutato qualcosa? Qualche chiarimento dovr pervenire da dottrina e giurisprudenza per sciogliere eventuali dubbi generati dallargomentazione volta a sostenere, in ordine alla notifica, la natura di elemento costitutivo del decreto desproprio. Quello che si ritiene fondatamente sostenibile sarebbe invece, come detto in precedenza, la necessit di annotare nei registri immobiliari lavvenuta notifica di un decreto desproprio (per il quale si rende inutile lesecuzione gi avvenuta con limmissione anticipata ex art. 20, comma 6 oppure a seguito di occupazione durgenza ex art. 22-bis) che andrebbe trascritto, con la sola condizione, in questa ultima ipotesi, che esso sia notificato come vuole la legge (art. 23, comma 1 lett. f). Come potrebbe, a rigore, il Conservatore dei registri immobiliari trascrivere un decreto desproprio (per cos dire, gi eseguito) senza riportare anche tale sola condizione (della notifica di esso decreto)? E come potrebbe lespropriante, una volta effettuata la notifica (solo attraverso le forme degli atti processuali civili) trascurare di chiedere e ottenere dal Conservatore lannotazione dellavvenuto avveramento della condizione (notifica)? (4) In questi ultimi casi il decreto definitivo desproprio dovrebbe rendere noto al Conservatore che lesecuzione (immissione nel possesso) sarebbe gi avvenuta e la trascrizione sarebbe piena e incondizionata senza, ovviamente ulteriori annotazioni (con qualche dubbio, come si dir, a proposito della notifica). 226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Per non restare avviluppati in un defatigante dedalo interpretativo, da ritenersi che il legislatore nellapporre la condizione del decreto desproprio ( che il medesimo decreto sia successivamente notificato ed eseguito ) abbia in realt disegnato una unica operazione completa (notifica e esecuzione) lasciando - implicitamente - intendere che la trascrizione di un decreto (gi eseguito e quindi perfezionato nellottica qui considerata) non meriti di essere condizionato alla sua successiva notifica (la quale verr bens effettuata ma ad altri fini). Si attendono lumi in proposito (5). I diritti dei terzi. In particolare, lipoteca Tutto quanto precede ha indiscutibili riflessi sulle posizioni dei terzi aventi diritto sul bene oggetto di esproprio, precisandosi che tutti i riferimenti ad decreto desproprio sono ovviamente da intendersi estesi anche alla cessione volontaria. Al riguardo, merita segnalare che, anche sul punto, stato riprodotto dal legislatore lindirizzo tradizionale che oggi viene espresso formalmente dallart. 25 T.U. Espropri secondo cui: Lespropriazione del diritto di propriet comporta lestinzione automatica di tutti gli altri diritti, reali o personali, gravanti sul bene espropriato, salvo quelli compatibili con i fini cui lespropriazione preordinata. Ma, come nuova previsione, rispetto al chiaro e forse pi coerente testo dellart. 52 l. 2359/1865 che la collegava alla pronuncia dellespropriazione, di decorrenza del momento abilitativo per far valere i propri diritti, stabilito che: dopo la trascrizione del decreto desproprio, tutti i diritti relativi al bene espropriato possono essere fatti valere unicamente sullindennit( 6). In sintetica ricostruzione del sistema di legge, si pu rilevare che se vero, dunque, che la procedura espropriativa viene indirizzata, sotto il profilo della procedura amministrativa, nei confronti della ditta proprietaria del bene oggetto della suddetta procedura, e se vero che, come detto, lacquisto del diritto avviene a titolo originario, altres vero che, per i terzi che siano titolari di diritti sul bene da espropriare, lordinamento assicura - come per il passato - comunque una tutela, sia pure indiretta, principalmente, ma non solo, di tipo indennitario (7). In termini pi corretti, deve (5) La questione non sembri sterilmente cavillosa, ove si pensi che sovente nel rapporto tra il concedente - solitamente pubblico - e laffidatario - solitamente privato - delle procedure espropriative, il concedente non considera concluso lincarico affidato (e quindi non corrisponde o rimborsa, i relativi compensi) se non riceve dallaffidatario la completa documentazione degli espropri ivi inclusa la prova delle trascrizioni effettuate. (6) Non pu tuttavia giungersi sino al punto di ritenere che, per il proprietario, anche lopposizione alla stima sia condizionata dalla trascrizione. Ci sarebbe comunque astrattamente teorizzabile. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 227 parlarsi, in tali casi, pi che di estinzione, di conversione (trasformazione) del diritto sul bene in diritto allindennit. Il principio in questione, per quel che concerne lipoteca, stato affermato a chiare note da Tar Lombardia, sez. II, 29 marzo 1995 n. 466 secondo cui: Ai sensi dellart. 2742, ult. comma, c.c. il diritto del creditore ipotecario, una volta intervenuto lesproprio, si trasferisce sulla relativa indennit.... Occorre premettere una breve notazione sul significato da dare, in tale quadro, allulteriore tutela in via amministrativa di impugnazione degli atti espropriativi riconosciuta ai terzi. Invero, secondo la giurisprudenza (Cons. Stato, IV, 22 maggio 2006 n. 3025) proprio la convergenza del potere pubblico e dei diritti di soggetti diversi dal proprietario in ordine alla medesima res determina quel collegamento qualificato tra potere e posizione soggettiva che costituisce il fattore legittimamente i titolari di quei diritti allimpugnazione degli atti della procedura espropriativa. Anche per tale via, ne conseguirebbero possibili riflessi, quindi, sulle loro pretese indennitarie. Pertanto, quello che pi appare di particolare interesse, ai presenti fini, comprendere le implicazioni che derivano dalla circostanza che la trascrizione opera formalmente nellattuale sistema come condizione di efficacia per far valere i propri diritti (art. 25, comma 3 e 34, comma 2 T.U. espropri). Tale previsione rappresenta ulteriore ragione per ritenere necessaria la trascrizione (la cui mancanza potrebbe dilatare nel tempo lesperibilit delle pretese degli aventi diritto), sin dalla emanazione del decreto e non dalla sua esecuzione senza frapporre ostacoli di natura, per cos dire, ideologica. Tutti gli operatori, a qualsiasi livello e cos anche i responsabili degli uffici interessati, traggano le conseguenze dalla configurazione a titolo originario dellacquisto per via ablativa. Ne deriva cos che una volta trascritto il decreto (o la cessione) non cՏ ragione giuridica, attesa la conseguente estinzione di ogni diritto, per cui debba permanere lindicazione, allinterno dei registri immobiliari, del nominativo del soggetto titolare di qualsiasi precedente diritto (estintosi, recte convertitosi, dopo il decreto, in diritto allindennit). Rifuggendo, nella specie, da improprie suggestioni civilistiche, si rileva come la cancellazione dai registri immobiliare dei diritti dei terzi sul bene espropriato (e cos del loro nominativo) debba ritenersi automatica (come tale lestinzione per legge di essi diritti) e non vi sarebbe bisogno - come pure allespropriante converrebbe fare per ragioni pratiche - di in- (7) Eccezion fatta per il coltivatore ammesso ad essere unico diretto interlocutore, accanto al proprietario, dellespropriante. 228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 serire nel decreto desproprio (espressione di potere pubblico per eccellenza) lordine impartito al Conservatore di provvedere alla detta cancellazione. Va da s che lestinzione dei diritti dei terzi a seguito della conclusione della procedura espropriativa deve ritenersi comunque definitiva ed una eventuale retrocessione del bene al (gi) proprietario non pu determinare la reviviscenza del diritto del terzo (neanche, quindi, del coltivatore diretto). Sul punto cfr. Cass., I, 25 agosto 1993, n. 8978. In conclusione Se non si riuscir ad organizzare un meccanismo (anche e forse soprattutto telematico, a quanto dato apprendere) volto a riconoscere e consacrare nei pubblici registri leffetto estintivo di ogni diritto, collegato al decreto desproprio e alla sua trascrizione, potranno verificarsi casi in cui, accanto allente espropriante/beneficiario di una espropriazione, continuino a sussistere nei registri catastali e immobiliari i nominativi di soggetti formalmente titolari di diritti che non sussistono pi sul piano sostanziale, con conseguenze disparate nei casi concreti (8). Onde risolvere ogni questione, si fa sempre pi viva negli operatori lesigenza che siano indirizzate, quale che ne sia la forma, istruzioni agli uffici interessati, atti a chiarire gli effetti, ai fini che qui rilevano, del decreto desproprio o della cessione volontaria quale atto ablativo equivalente. (8) Ad esempio, possibili conflitti e contestazioni tra committente pubblico e affidatario delle procedure espropriative di cui si fatto cenno alla nota 5. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 229 I numeri degli avvocati pubblici e il contenzioso delle pubbliche amministrazioni Rolando Dalla Riva* Il modello tipico dellavvocatura pubblica costituito dallAvvocatura dello Stato. Essa costituisce certamente un paradigma e punto di riferimento per quanti sono preposti alla rappresentanza e difesa in giudizio di un interesse pubblico. Come risaputo - tuttavia - la disciplina dellAvvocatura erariale speciale e prevede delle deviazioni significative alla regola dello jus postulandi proprio dellesercizio della professione forense in ragione della specialit della difesa e alla qualit della parte rappresentata. Accanto a questa realt lattuale ordinamento prevede la possibilit della costituzione di avvocature interne presso le Pubbliche amministrazioni in ossequio alla deroga prevista dallart. 3 del regio decreto legge 27 novembre 1933 n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934 n. 34, meglio nota quale legge professionale forense. La disciplina di una tale forma di avvocatura (a parte il momento genetico) non si distingue dallesercizio proprio della professione forense come svolta dai liberi professionisti, tanto che non si di fronte ad un tertium genus di avvocatura, ma solo allesercizio della professione forense da parte di dipendenti delle rispettive Amministrazioni pubbliche. Le osservazioni che seguono si propongono di analizzare ed approfondire tale fenomeno, per verificare se possibile giungere a qualche conclusione sullargomento. Ad una prima osservazione, quello proposto sembrerebbe un tema di nicchia, sfornito di particolare importanza, tuttavia il crescente interesse riscontrato nelle molte occasioni in cui viene discusso il problema, potrebbe testimoniare come questo tema possa meritare un momento di approfondimento. Solitamente largomento del contenzioso delle pp.aa. e degli uffici legali interni viene affrontato allinterno delle varie categorie in qualche modo interessate come quella degli avvocati dipendenti, dove viene posto laccento soprattutto su aspetti relativi alle rivendicazioni di ruolo oppure alle istanze di carattere contrattuale e retributivo. Oppure oggetto di discussione tra liberi professionisti, spesso con una comprensibile apprensione dovuta al timore che il mercato professionale legato alle pubbliche amministrazioni sia ridotto dal ricorso agli uffici legali interni da parte delle pp.aa. Anche i pubblici (*) Avvocato INAIL in Vicenza. Il presente articolo costituisce una rielaborazione dellintervento tenuto al convegno Il contenzioso delle Pubbliche amministrazioni e gli Uffici legali interni tenutosi a Vicenza l11 novembre 2009. 230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 amministratori o dirigenti pubblici si occupano del problema, solitamente in occasione delle riorganizzazioni degli enti, in quanto sovente non si comprende la particolare posizione funzionale da garantire agli uffici legali interni. Cominciamo subito parlando di alcuni numeri precisando che i dati che verranno esposti nel presente lavoro sono tratti da La Previdenza Forense, rivista della Cassa di previdenza degli avvocati, che da alcuni anni pubblica periodicamente alcune rilevazioni statistiche in merito agli avvocati iscritti negli albi e, tra questi, anche su quelli iscritti nel registro speciale degli addetti agli uffici legali interni. Questi dati sono poi stati elaborati da chi scrive - quale statistico alle prime armi - e proposti in alcune tabelle. Al 31 dicembre 2008 risultavano iscritti nei registri speciali degli albi degli Ordini forensi 4.189 avvocati addetti agli uffici legali interni. Se si considera che nel dicembre del 1999 gli avvocati degli enti pubblici erano 3.772 nel giro di nove anni essi risultano aumentati di 417 unit (con un incremento rispetto al 1999 di poco pi dell11%) e landamento degli iscritti nel registro speciale ha conosciuto anche un fenomeno di contrazione tra il 2004 e il 2006. Questi dati dunque smentiscono quella che potrebbe essere chiamata una leggenda metropolitana, secondo la quale il numero degli avvocati pubblici sarebbe in continua crescita, addirittura esponenziale, in esito alla proliferazione di avvocature interne da parte delle pubbliche amministrazioni. Il dato assume un ben pi rilevante significato se viene confrontato con quello relativo al numero complessivo di avvocati iscritti allalbo. Nel dicembre del 1999 erano complessivamente iscritti allalbo in Italia 109.818 avvocati. Nel dicembre del 2008 risultavano iscritti ben 198.041 avvocati e - secondo gli ultimi dati aggiornati - tale numero ora si attesta oltre i 220.000. Fra dicembre 1999 e dicembre 2008 il numero complessivo degli avvocati aumentato di oltre l80%. Percentualmente parlando la componente degli avvocati pubblici non particolarmente rilevante ed oscilla (a livello nazionale) tra il 3,43% del 1999 e il 2.12% del 2008. anno iscritti al Reg. spec. iscritti Albo avvocati % tra avv. pubblici e libero foro 1999 3.772 109.818 3,43% 2001 3.942 129.071 3,05% 2004 4.019 158.478 2,54% 2006 3.822 178.134 2,15% 2008 4.189 198.041 2,12% LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 231 Il dato ovviamente risente dellaumento (questo s esponenziale) degli avvocati in Italia. La distribuzione percentuale degli avvocati pubblici pu riservare alcune sorprese che mettono in risalto come vi siano elementi di parziale contraddizione relativi alle cifre in numeri assoluti. Se si osserva la presenza degli avvocati pubblici si pu notare come tali percentuali siano molto disomogenee tra i vari distretti di Corte di Appello esaminati e come vi siano distretti in cui tali presenze siano minime rispetto ad altri dove la componente degli avvocati pubblici pur limitata maggiormente significativa. Distretto di C.A. iscritti albo al 31/12/2008 iscritti elenco spec. Dipendenti enti pubblici % avv. pubblici su totale Trento 1.480 68 4,59 Palermo 7.129 268 3,76 Roma 25.948 969 3,73 Torino 8.348 216 2,59 Campobasso 1.350 33 2,44 Firenze 9.564 231 2,42 Potenza 2.124 49 2,31 Napoli 21.897 497 2,27 Ancona 4.636 98 2,11 Catanzaro 7.852 165 2,10 Bari 11.309 222 1,96 Genova 6.070 116 1,91 Venezia 10.355 191 1,84 Perugia 2.665 46 1,73 Catania 6.693 115 1,72 Reggio Calabria 3.452 59 1,71 Salerno 5.578 94 1,69 Trieste 2.121 33 1,56 Bologna 11.755 173 1,47 LAquila 5.353 76 1,42 Milano 20.186 275 1,36 Caltanisetta 1.256 12 0,96 Lecce 8.273 79 0,95 Cagliari 4.383 37 0,84 Brescia 4.765 39 0,82 Messina 3.499 28 0,80 232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Percentualmente parlando il maggior numero di avvocati pubblici viene riscontrato nel distretto di Corte di Appello di Trento e Bolzano, dove gli avvocati degli enti rappresentano il 4,59% degli avvocati complessivi. Nel distretto di Palermo il dato del 3,76%, poco superiore a quello del distretto di Roma del 3,73%; in questo ultimo caso lalto numero assoluto di avvocati pubblici (conseguente alla concentrazione degli uffici pubblici legati al ruolo della capitale - nel Foro di Roma risultano iscritti ben 879 avvocati pubblici) viene compensato dal numero degli avvocati iscritti allalbo (e pari a 25.948 unit). Molti degli altri distretti si attestano sulla percentuale nazionale di poco superiore al 2%, mentre si osserva in alcuni distretti una percentuale di presenza particolarmente limitata ed inferiore all1% (Brescia, Lecce, Caltanissetta, Messina e Cagliari). Lanalisi poi di alcuni dati percentuali relativi ad alcuni Tribunali ci consente di capire come il fenomeno delle presenza degli avvocati degli enti sia legato alla presenza delle sedi degli uffici pubblici, normalmente concentrata nei capoluoghi. A parte il dato del Tribunale di Tolmezzo (dove la statistica risulta falsata dai numeri minimi di iscritti) si osserva come sia il Foro di Bolzano (con il 5,27%) a detenere la maggior presenza di avvocati pubblici. Ancora un volta il dato di Bolzano viene accomunato a quello del Foro di Palermo dove la percentuale di poco inferiore ed del 5,08%. Di poco sotto il 5% si porta il Tribunale di Potenza (ove operano avvocati pubblici in ragione del 4,82% del totale) ed il Foro di Roma (con un percentuale del 4,47%). Subito dopo si trovano ancora i Fori trentini con il 4,03% di Trento e il 3,85% di Rovereto che confermano lalta presenza delle avvocature civiche nel Trentino Alto Adige. Panorama legislativo Prima di passare allesame delle questioni centrali necessario un accenno al panorama legislativo. La questione gi stata anticipata, ma pu essere interessante, tuttavia, al di l dellesame delle norme che disciplinano lesercizio dellattivit legale allinterno delle Pubbliche Amministrazioni, comprendere appieno il significato di una tale previsione normativa. In Italia la professione legale risulta storicamente caratterizzata dallesercizio della rappresentanza e difesa in giudizio, dalla rappresentanza stragiudiziale per la composizione delle controversie e dallattivit di consulenza legale; queste sono in estrema sintesi le funzioni che lordinamento italiano prevede per la categoria degli avvocati. Solo per la rappresentanza e difesa in giudizio (con significative deroghe tuttavia) esiste una riserva di attivit per i profes- LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 233 sionisti legali, mentre tale riserva non esiste per le rimanenti attivit relative allo stragiudiziale e alla consulenza legale. Lesercizio dellavvocatura uno dei tipici campi delle libere professioni. La particolare natura delle funzioni esercitate comporta che allavvocato, in relazione allincarico professionale ricevuto dal cliente, vengano riconosciuti determinati obblighi (e prerogative) direttamente dalla legge. Molte di tali situazioni fanno capo al professionista indipendentemente dal contenuto concreto del mandato ricevuto dal proprio cliente: Lavvocato svolge, infatti, unattivit che, per sua natura, implica lassunzione di scelte e la selezione di strategie difensive in piena autonomia. Al legale fanno capo precisi doveri conseguenti alladozione del Codice deontologico, tra i quali particolare rilievo assume il dovere di mantenere la propria indipendenza nellesercizio dellattivit professionale (1). Proprio in ragione della necessit che lesercizio della professione legale sia svolto senza condizionamenti, che potrebbero comprometterne lindipendenza, la legge professionale forense sancisce lincompatibilit di tale attivit professionale con specifiche professioni (ad esempio quella notarile, di giornalista, di agente di cambio ecc), con lesercizio del commercio e, pi in generale con qualunque impiego retribuito, sia pubblico che privato (art. 3 R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 legge professionale forense) (2). Questa norma soffre di due sole eccezioni: la prima che riguarda i professori universitari e i docenti di istituti secondari statali e, per quello che ci riguarda, la seconda che consente liscrizione, in apposito elenco speciale annesso allalbo professionale, degli avvocati di uffici legali interni di Enti pubblici. Per quanto riguarda gli avvocati di uffici legali interni, la norma dellart. 3 della legge professionale alquanto specifica, consentendo in primo luogo listituzione di uffici legali solo agli Enti pubblici; di conseguenza non consentito ai soggetti privati di costituire uffici legali con propri avvocati dipendenti (3). (1) Come anticipato in premessa, rimane a parte il discorso relativo allAvvocatura dello Stato le cui funzioni, compiti e prerogative sono disciplinate da particolari fonti normative (in particolare R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611 contenente il Testo Unico delle disposizioni sulla rappresentanza e difesa dello Stato e sullordinamento dellAvvocatura dello Stato, con il regolamento di esecuzione approvato con R.D. 30 novembre 1933 n. 1612). (2) Art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 (L.P.F.): L'esercizio delle professioni di avvocato (...) incompatibile (). E' infine incompatibile con ogni altro impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza e consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario: a) (); b) gli avvocati degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualunque modo presso gli enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera. Essi sono iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo. (3) Il concetto di amministrazione e istituzione pubblica nel corso del tempo si allargato a seguito 234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 In secondo luogo la legge richiede che allinterno dellEnte pubblico vi sia lesistenza di un ufficio legale, in cui lavvocato preposto tratti esclusivamente le cause proprie dellEnte. La ratio che sottende tale disposizione di tutta evidenza: solo allinterno della pubblica amministrazione (ovvero altri soggetti che svolgono unattivit oggettivamente riconducibile a quella di una pubblica amministrazione) il rapporto del professionista consente quelle garanzie di indipendenza richieste per lesercizio della professione forense che nel rapporto del dipendente privato con il proprio datore di lavoro con molta difficolt verrebbe riconosciuta. Un elemento da prendere in considerazione anche la particolare formulazione della proposizione normativa: il precetto - di poche parole - viene formulato in negativo, quale eccezione al generale divieto di esercizio della professione forense quale dipendente. Un particolarit della materia data anche da una interpretazione della norma particolarmente qualificata, in quanto la normativa in questione soggetta ad interpretazioni giurisprudenziali rimesse esclusivamente al Consiglio nazionale Forense (competente in sede giurisdizionale per i ricorsi presentati alle pronunce dei Consigli dellOrdine) e, in grado definitivo, alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Questa circostanza ha consentito il formarsi di una giurisprudenza proveniente dal massimo vertice della giurisprudenza e che non ha subito il fenomeno delle oscillazioni interpretative proprie di altri settori del diritto. Secondo linterpretazione che da tempo stata data alla norma, per poter invocare lapplicazione della deroga al principio generale dellincompatibilit deve essere dimostrato che: a) presso lEnte pubblico sia stato istituito un ufficio legale con propria organizzazione ed autonomia, con la specifica ed esclusiva attribuzione della trattazione delle cause e degli affari legali dellEnte; tale ufficio non deve essere inoltre di natura precaria; b) che a detto ufficio siano adibiti gli avvocati che richiedono liscrizione, i quali devono occuparsi in via esclusiva, delle cause e degli affari legali dellEnte stesso. Pi volte stato precisato che la sola circostanza di svolgere unattivit in senso ampio legale o giuridica (quale pu essere quella svolta da molte divisioni amministrative o del personale) non basta a far superare il principio dellincompatibilit, ove tale attivit si svolga al di fuori dellufficio specificatamente istituito dallEnte per la trattazione delle proprie cause ed affari ledella progressiva privatizzazione di molte funzioni un tempo svolte da amministrazioni pubbliche in regime di diritto amministrativo. Ha preso atto di questa situazione anche la Cassazione nel giudicare i requisiti di ammissibilit per listituzione di un ufficio legale interno. Si vedano in proposito Cass. Sez. Un. 3 maggio 2005 n. 9096 e Cass. Sez. Un. 16 luglio 2008 n. 19496. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 235 gali (4). E stato precisato, altres, che per uffici legali, ai fini delliscrizione nellelenco speciale, si intendono quelli e solo quelli, che, staccati ed autonomi rispetto ad altri uffici di gestione amministrativa dellattivit dellEnte, svolgono esclusivamente funzioni di consulenza ed assistenza giudiziale e stragiudiziale relativamente a questioni o a controversie dellente pubblico cui lufficio appartiene, restando esclusa ogni attivit di gestione, ancorch espletata da addetti ad uffici denominati legali come quella relativa alla gestione del personale o la trattazione degli affari generali (5). Infine, su che cosa si intenda per cause ed affari legali dellEnte, stato affermato il necessario collegamento con lattivit giudiziaria (ambito normale della professione forense) e con il contenzioso dellEnte (sia in atto che potenziale), ammettendo che sia sufficiente lo svolgimento di sola attivit stragiudiziaria e di consulenza solo dove lattivit giudiziaria sia inesistente essendo la stessa conferita allAvvocatura dello Stato (6). In sintesi, i requisiti richiesti per la creazione di una avvocatura presso una Pubblica amministrazione sono: 1) costituzione di un apposito ufficio dotato di adeguata stabilit (7); 2) autonomia organizzativa e distinzione dellavvocatura dagli altri uffici di gestione amministrativa; 3) adibizione a tale ufficio di dipendenti abilitati allesercizio della professione forense; 4) adibizione di detti dipendenti in via esclusiva alle cause ed affari legali dellEnte con inibizione allo svolgimento di attivit di gestione amministrativa (8). Il principio secondo il quale lattivit forense, svolta da un avvocato del libero Foro, deve essere ispirata al principio di indipendenza e responsabilit, tanto da essere svolta solo ed esclusivamente da liberi professionisti, nel (4) In tal senso, con pronuncia in un caso concreto, Cass. Sez. Un. 10 maggio 1993 n. 5331. (5) Tra le pronunce della Giurisprudenza che precisano i requisiti per la costituzione di un ufficio legale presso un Ente pubblico si pu ricordare: Cass. Sez. Un. 19. ottobre 1998 n. 10367. La sentenza delle Sezioni Unite ricorda che le disposizioni in materia di iscrizione allAlbo professionale sono di carattere eccezionale e non sono suscettibili di interpretazione analogica; inoltre ritiene la Corte di poter affermare che la iscrizione allalbo speciale presuppone che il dipendente di ente pubblico sia addetto allufficio legale che abbia una sua autonomia nellambito della struttura dellente ed, in virt di tale sua appartenenza ed alla stregua dellordinamento dellente stesso, sia in linea di principio abilitato a svolgere, nellinteresse di questo, in via esclusiva attivit professionale, intesa nel senso comprensivo sia di quella giudiziaria che della extragiudiziaria. (6) DANOVI R. Corso di Ordinamento forense e deontologia, Milano, 1995, pag. 110 e segg.; per la definizione di cause ed affari dellEnte altre considerazioni vengono svolte dalla sentenza della Cass. Sez. Un. 19 ottobre 1998 n. 10367 cit. (7) Sul particolare requisito dellinquadramento stabile v. Cass. Sez. Un. n. 28049 del 25 novembre 2008. (8) In tema di adibizione esclusiva v. Cass. Sez. Un. n. 18359 del 19 agosto 2009. 236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 campo della Pubblica Amministrazione si manifesta in diversa maniera. Presso un Ente pubblico lesercizio dellattivit professionale forense consentito nei riguardi di dipendenti del medesimo solo a condizione che non vi siano contaminazioni tra lamministrazione attiva dellEnte, a cui rimessa la rappresentanza sostanziale della volont della Pubblica Amministrazione ed il professionista legale che, nellesercizio della propria professione deve poter garantire quella necessaria autonomia di gestione della causa propria di tutti coloro che esercitano tale professione. Qualora tali condizioni non fossero realizzate lEnte pubblico non pu costituire un autonomo ufficio legale al suo interno con la conseguente cancellazione dallalbo (o la mancata iscrizione) di quei dipendenti che si trovassero in tali situazioni. Le cause e gli affari legali dellEnte dovrebbero essere pertanto affidate a professionisti del libero Foro (9). La richiesta di autonomia organizzativa e funzionale degli avvocati delle Pubbliche amministrazioni non diretta, pertanto, alla mera tutela di privilegi o di status o allaspirazione di una mera diversificazione dagli altri dipendenti o dalle strutture dirigenziali in genere dellEnte, ma coerente alla necessit che lesercizio della professione forense allinterno di un Ente pubblico sia adeguato a quegli standards propri dellattivit libero professionale svolta dagli avvocati del libero Foro, con i quali quotidianamente gli avvocati pubblici si confrontano. Le avvocature pubbliche Dopo aver inquadrato il problema sotto laspetto normativo, sono possibili ora alcune considerazioni sul fenomeno delle c.d. avvocature pubbliche, ovverosia della denominazione che sempre pi spesso hanno assunto gli uffici legali degli Enti pubblici. Il problema della gestione del contenzioso delle Pubbliche amministrazioni, da certo tempo a questa parte, oggetto di particolare attenzione da (9) Particolarmente attenta al fenomeno la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno avuto modo di statuire che Il professionista legale esercita con libert ed autonomia le funzioni di competenza, con sostanziale estraneit dall'apparato amministrativo, in posizione di indipendenza da tutti i settori previsti in organico e con esclusione di ogni attivit di gestione amministrativa. In questi termini la massima della sentenza della Cass. Sez. Un. 18 aprile 2002 n. 5559, in Foro it., 2002, I, 2701 con nota di L. CARBONE. Sui principi di autonomia professionale ed organizzativa, oltre alla sentenza appena citata si veda anche Cass. Sez. Un. 14 marzo 2002 n. 3733; Cass. Sez. Un. 19 ottobre 1998 n. 10367; Cass. Sez. Un. 10 maggio 1993 n. 5331. In dottrina V. R. DANOVI, Ordinamento Forense e Deontologia, Giuffr, 1995, pag. 110 e segg.; L. CARBONE, Gli avvocati degli enti pubblici nella giurisprudenza e nei parei del Consiglio nazionale forense, Foro it., 2002, I, 2702 con i riferimenti ivi citati. Si occupano dello specifico problema, con un approfondimento organico di tutta la materia relativa alle avvocature pubbliche, R. GIANI S. IMBRIACI, Lavvocato dipendente di ente pubblico Organizzazione e rapporto di lavoro, Giuffr, 2009. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 237 parte degli amministratori pubblici (10). I sempre maggiori compiti rimessi alle Pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle locali, il nuovo rapporto con gli utenti caratterizzato da una maggior presenza del cittadino nel procedimento amministrativo (il quale per comporta una maggior possibilit di contenzioso), la progressiva privatizzazione dei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni (aspiranti dipendenti nei concorsi, fornitori, rapporti contrattuali in genere ecc), ha comportato un aumento delle posizioni di conflitto e la consapevolezza dellimportanza di una adeguata gestione del contenzioso da rimettersi a particolari figure professionali. Sotto un altro aspetto, la complessit dellazione amministrativa, la contraddittoriet spesso delle stesse fonti normative, ha messo in evidenza come sia necessario alle Amministrazioni fornirsi di adeguate consulenze legali specifiche (anche in vista di evitare possibili contenziosi futuri). Per tali attivit tradizionalmente le Amministrazioni si rivolgevano a professionisti del libero Foro; tuttavia emerso come lattivit di difesa in giudizio e consulenza legale richieda, per una sua maggiore efficacia, una continuit di presenza che non si risolve in meri incarichi da affidare di volta in volta a distinti professionisti esterni. Laccrescersi di competenze specifiche e di adeguata preparazione anche da parte di alcuni dipendenti pubblici (dotati di abilitazione alla professione forense) ed il riscontro in ordine ai costi spesso rilevanti di una consulenza esterna oltre che talora difficilmente controllabili, hanno indotto le pubbliche amministrazioni a sperimentare con sempre maggiore frequenza la possibilit di istituire un autonomo ufficio legale interno, affidato ad uno o pi avvocati dipendenti. Il ricorso allistituzione di uffici legali interni recentemente incrementato tanto che sensibilmente aumentata la richiesta di iscrizione allelenco speciale dellAlbo degli avvocati da parte di dipendenti addetti ad uffici legali, anche se come sopra si esaminato tale dato assume un carattere fisiologico. La realt presenta, per vero, situazioni alquanto diversificate; molte sono le tipologie di uffici legali che sono stati sperimentati; solitamente solo Enti pubblici di medie o grandi dimensioni possono trovare convenienza nellistituzione di un autonomo ufficio legale. Un primo gruppo di tipologie costituito dagli Enti di piccole e medie dimensioni dove lufficio composto da uno o alcuni professionisti, il carico (10) Non fa parte del presente lavoro lanalisi di altre situazioni riscontrabili allinterno delle pubbliche amministrazioni, dove una parte del contenzioso pu essere seguito (anche nella fase giudiziaria con la rappresentanza in giudizio) da uffici a cui sono preposti funzionari amministrativi. Per esempio gli uffici per il contenzioso in materia di pubblico impiego previsti ora dallart. 12 del D.Lgvo 30 marzo 2001 n. 165, ovvero la difesa della P.A. senza onere di patrocinio ai sensi dellart. 417 bis del c.p.c., ovvero la rappresentanza e difesa dellEnte impositore nel processo tributario. 238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 di contenzioso giudiziario esiguo (non di rado il contenzioso minore) e il professionista legale svolge prevalentemente unattivit di consulenza interna agli organi dellEnte. Usualmente le controversie di maggior rilievo o che riguardano particolari materie specialistiche sono affidate alla cura di avvocati del libero Foro e i professionisti interni svolgono una funzione di collegamento tra gli uffici dellEnte e lavvocato esterno cui affidata la cura della gestione giudiziaria delle cause. In queste situazioni, essendo lattivit legale legata al contenzioso giudiziario non particolarmente pesante, non di rado al dipendente-avvocato vengono affidate anche altre mansioni lato sensu giuridico- legali come la responsabilit di uffici quali quello degli affari generali ovvero del personale, incarichi che affiancano quello della titolarit dellufficio legale, con il compimento vero e proprio di attivit amministrativa propriamente detta. Un secondo gruppo costituito da quegli uffici legali che si collocano allinterno di Amministrazioni pubbliche di maggiori dimensioni che si avvalgono della rappresentanza e difesa dellAvvocatura dello Stato (Regioni per esempio): in questo caso lufficio legale di adeguate dimensioni, risulta organicamente organizzato, con plurime competenze anche per la presenza di un maggior numero di professionisti. Atteso che una parte del contenzioso giudiziario assunto dallAvvocatura dello Stato residua, comunque, la competenza dellufficio legale in ordine alla rappresentanza in giudizio per quelle cause in cui vi sarebbe incompatibilit per lAvvocatura dellErario, come le vertenze che vedono lEnte contrapposto allAmministrazione statale. Oltre allattivit di collegamento con lAvvocatura dello Stato per il contenzioso giudiziario a questa affidato, prevalente risulta lattivit di consulenza legale agli organi dellEnte, nonch la partecipazione allattivit amministrativa con lutilizzazione dei professionisti legali in commissioni collegi amministrativi ecc (11). Un terzo gruppo rappresentato, infine, da quelle avvocature costituite allinterno di Enti le quali si occupano, in via esclusiva e completa, di tutto il contenzioso giudiziario in qualunque grado di giudizio come su qualsiasi materia. E il caso delle avvocature costituite presso i maggiori Enti previdenziali (come lINPS o lINAIL o lINPDAP), ovvero le avvocature civiche dei Comuni di maggiori dimensioni. La presenza di un rilevante numero di profes- (11) Si registra una interessante linea di tendenza in proposito. Alcune Regioni a statuto ordinario hanno provveduto alla costituzione di autonome avvocature regionali a cui affidare la gestione dellintero contenzioso giudiziario, anche quello in precedenza curato dallAvvocatura dello Stato. Per esempio la Lombardia, la Toscana, la Puglia e lAbruzzo si sono dotate di una apposita struttura denominata Avvocatura regionale; altre Regioni si sono dotate di strutture con caratteristiche corrispondenti, fra le quali sono da menzionare la Calabria, la Campania e lEmilia Romagna. Con legge regionale 16 agosto 2001 n. 24 anche la Regione del Veneto ha provveduto allistituzione di una avvocatura regionale sul modello di quelle gi adottate dalle altre Regioni. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 239 sionisti, con specializzazione nelle varie branche del diritto e con la presenza di un adeguato numero di professionisti abilitati al patrocinio avanti alle Corti superiori, consente a questi Enti di essere completamente autosufficienti in materia di difesa in giudizio e di consulenza legale. In tali realt le avvocature costituiscono un complesso organizzato che prevede spesso diverse dislocazioni territoriali, con la presenza di una o pi strutture territoriali o centrali di coordinamento dellattivit professionale (12). Nel presente intervento fuori dallintenzione di chi scrive entrare nel merito circa la presenza o meno, nelle tipologie di uffici legali che si sono esaminati, di tutti i requisiti previsti dalla legge per la loro costituzione (13). Il ricorrere ad un tipo o allaltro di ufficio legale da parte degli Enti pubblici dipende da una serie di circostanze, quali le risorse economiche a disposizione, il reperimento di adeguato personale professionalmente preparato, le dimensioni dellEnte e le sue articolazioni territoriali ecc Pu essere utile, tuttavia, domandarsi quale fra le tipologie che si sono esaminate meglio corrisponda agli interessi di un Ente pubblico ai fini della sua tutela giudiziaria o per una proficua consulenza legale specialistica. Nei primi due casi tanta parte di questa attivit viene esternalizzata; ci comporta che lEnte costretto a richiedere sempre allesterno tali professionalit. Visto che, come sopra evidenziato, ormai la gestione delle controversie sta assumendo un aspetto rilevante della attivit delle Pubbliche amministrazioni, da chiedersi se sia davvero opportuno lo svolgimento di tale attivit allesterno, verificando se, invece, non sia preferibile che si proceda alla valorizzazione delle risorse interne. Quanto mai importante per una pubblica amministrazione dovrebbe essere la capacit di non esternalizzare il patrimonio di conoscenze giuridiche proprie del settore di attivit, in modo da poter sempre pi con maggiore efficacia intervenire nella cura dellinteresse pubblico affidato. Questo dovrebbe essere il core business di ogni amministrazione. (12) In particolare, con riguardo alle avvocature degli Enti previdenziali pubblici intervenuta una disposizione speciale contenuta nella legge finanziaria per il 2001. Tale norma lart. 69, comma 16, l. 23 dicembre 2000 n. 388 che testualmente dispone: Gli enti pubblici che gestiscono forme di previdenza e assistenza obbligatorie, affidano l'attivit di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio alle avvocature istituite presso ciascun ente. Nei casi di insufficienza o mancanza di avvocature interne la predetta attivit pu essere assicurata dalle avvocature esistenti presso altri enti di comparto, mediante convenzioni onerose, che disciplinano i relativi aspetti organizzativi, normativi ed economici. Il trattamento giuridico ed economico degli appartenenti alle avvocature costituite presso gli enti disciplinato dai rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro e comunque senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Tale disposizione normativa sembra prevedere una vera e propria riserva di competenza (competenza esclusiva) a favore delle avvocature circa la gestione del contenzioso legale degli Enti previdenziali. (13) La vigilanza su tale materia rimessa daltronde agli Ordini professionali. 240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Natura dellattivit dellufficio legale in una pubblica aministrazione - Ruolo strategico dellavvocatura A questo punto occorre analizzare con maggior precisione lattivit svolta da un professionista legale allinterno di una Pubblica amministrazione. Lavvocato di un ufficio legale costituito presso un Ente pubblico esercita la sua professione secondo le norme comuni proprie di qualsiasi altro avvocato del libero Foro; lunica distinzione risiede nelliscrizione nellapposito elenco annesso allAlbo professionale e nel fatto (diretta conseguenza di tale iscrizione) che lo jus postulandi non di carattere generale, come qualsiasi avvocato del libero Foro (il quale pu accettare il mandato da qualsiasi soggetto salve le incompatibilit) ma speciale, limitato alla difesa e rappresentanza dellEnte presso il quale presta la sua opera (14). Come evidenziato sopra, allavvocato pubblico escluso il conferimento di attivit di gestione amministrativa. Questo comporta che, secondo i principi del diritto amministrativo, egli non titolare di rappresentanza organica dellEnte presso il quale lavora; tale rappresentanza rimessa esclusivamente agli organi dellEnte secondo il riparto delle rispettive competenze, i quali sono gli unici a manifestare la volont dellEnte ed ad impegnarlo nei rapporti con i terzi. Ne consegue che lavvocato pubblico svolge la sua attivit di rappresentanza unicamente in forza della procura alle liti (nel campo civile) che deve essere conferita dallEnte (speciale, per ogni distinta controversia, ovvero generale se per tutte le controversie) e spiega effetti solo allinterno dellordinamento processuale come per ogni altro avvocato. Egli non ha pertanto la rappresentanza sostanziale dellEnte che pu essere conferita, al pari degli altri avvocati libero-professionisti, con la procura alle liti, limitatamente per alcune attivit della controversia (ricevere somme, quietanzare, transigere la lite). Stesse considerazioni si dovrebbero effettuare per lattivit di carattere consulenziale svolta per gli organi dellEnte; tale attivit rimane di carattere interno (solitamente sottratta al diritto di accesso (15)) e da essa non deri- (14) Tale divieto si desume dallart. 3 della Legge professionale forense sopra esaminata. Una eccezione a tale divieto normativamente prevista per le avvocature degli Enti previdenziali pubblici ai sensi della disposizione speciale contenuta nella legge finanziaria per il 2001; tale norma lart. 69, comma 16, l. 23 dicembre 2000 n. 388 sopra riferita, che consente lutilizzo di forme di collaborazione convenzionali tre le avvocature degli Enti in parola. Unaltra eccezione stata introdotta per gli enti locali i quali possono istituire, mediante apposite convenzioni, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attivit di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati ai sensi dellart. 2, comma 12, della legge 24 dicembre 2007 n. 244. (15) In merito allaccesso agli atti di una avvocatura pubblica relativi ad una lite pendente, si veda Consiglio di Stato, sez. V, dec. 19 dicembre 2000 2 aprile 2001 n. 1893 (in Guida al Diritto, 2001, 27, pag. 86 con commento di O. FORLENZA). LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 241 vano impegni diretti per lAmministrazione di appartenenza, se non attraverso gli atti compiuti dagli organi preposti. Per tali ordini di ragioni se si dovesse ricondurre lattivit del professionista legale allinterno della Pubblica amministrazione secondo la tripartizione classica di tale attivit (amministrazione attiva, consultiva e di controllo) senza dubbio la stessa sarebbe riconducibile alla amministrazione consultiva, che consente il mantenimento di quel principio di indipendenza professionale che costituisce il cardine dellattivit forense. Il divieto pertanto dello svolgimento di attivit amministrativa c.d. attiva (con responsabilit allinterno del procedimento amministrativo) da parte dellavvocato pubblico non discende solo dallinterpretazione della norma dellart. 3 della legge professionale, ma risulta aderente alla natura dellattivit espletata allinterno della pubblica amministrazione. Il pericolo che pu generare una commistione tra le funzioni propriamente legali e quelle amministrative non riguarda solamente la possibilit stessa della permanenza di un ufficio legale interno, ma riguarda lopportunit che una delicata attivit difensiva e di consulenza sia svolta con preparazione, competenza professionale ed autonomia. Anche lattivit consulenziale infatti deve essere svolta con adeguata autonomia: essa, infatti, diretta a dare alla questione sottoposta una valutazione e giudizio sereni, con lindicazione obiettiva delle possibili soluzioni giuridicamente corrette e con levidenza dei rischi per soluzioni alternative. Il parere legale da rendere, in sostanza, non deve essere semplicemente allineato alle aspettative di chi formula la questione, onde evitare che alla fine si trasformi in una sorte di copertura a quanto si ha intenzione di fare, ma Il caso sottoposto allesame, consente allOrgano della giustizia amministrativa, nella citata sentenza, di formulare una tripartizione dellattivit di consulenza legale resa, sia da un libero professionista che da una avvocatura pubblica, con un diverso regime del diritto di accesso dei rispettivi atti: Il Consiglio di Stato distingue tra: 1) consulenze legali rese nellambito di una apposita istruttoria procedimentale in vista delladozione di un atto amministrativo che solitamente richiama il parere nella motivazione: in tal caso il parere sottoposto al regime del diritto di accesso in quanto correlato ad un procedimento amministrativo; 2) consulenza legale che non destinata a sfociare in un provvedimento amministrativo resa dopo lavvio di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale o anche meramente amministrativo) ovvero dopo il compimento di tipiche attivit precontenziose al fine di definire la propria strategia difensiva o in vista del possibile esito della lite: in questo caso le consulenze sono caratterizzate dalla riservatezza e latto ben pu essere sottratto al diritto di accesso; 3) consulenza legale resa in una fase intermedia successiva alla definizione del rapporto amministrativo ma precedente allinstaurazione di un giudizio o lavvio delleventuale procedimento precontenzioso per consentire allamministrazione di articolare le proprie strategie difensive: anche in questo caso la consulenza riservata e sottratta al diritto di accesso. Interessante notare come il commentatore della sentenza non riconduca tanto il divieto di accesso (ovvero il suo differimento) alle norme relative al segreto professionale, bens al principio del diritto di difesa da parte della P.A. ex art. 24 della Costituzione, considerando che lazione dellente e la stessa attivit di consulenza non rientra nel concetto di attivit amministrativa. 242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 deve essere un qualificato contributo per la soluzione giuridica del caso prospettato. Fatte queste osservazioni occorre esaminare ora come venga considerata, di norma, da parte dellamministratore pubblico la gestione del contenzioso dellamministrazione cui preposto. Normalmente il contenzioso giudiziario visto quale momento patologico dellattivit amministrativa, sovente interviene durante lo svolgersi del procedimento amministrativo bloccandolo con inevitabili conseguenze negative per la realizzazione delle finalit cui era rimesso il procedimento. Prevale, pertanto, una visione negativa del contenzioso collegata agli aspetti pregiudizievoli che questo comporta. Non infrequente che lamministrazione decida caso per caso latteggiamento da adottare nellevenienza di contestazione giudiziaria di propri provvedimenti, con laffidamento di volta in volta al professionista che si ritiene maggiormente preparato (o spesso solo quello pi economico) per il caso concreto. Questo, tuttavia, comporta: - una difesa che rimane legata al singolo caso o vicenda ed pertanto di tipo occasionale e non considera, invece, il complesso delle attivit della pubblica amministrazione; - il disperdersi del patrimonio di conoscenza legale che viene affidato di volta in volta al professionista incaricato, ma che esce dallamministrazione pubblica e non consente la formazione di una memoria condivisa interna sugli aspetti di maggior riguardo dellattivit amministrativa. In realt, lo studio accurato del contenzioso di una pubblica amministrazione potrebbe consentire la messa a disposizione di unelevata quantit di informazioni circa i settori di rischio dellattivit amministrativa. Una corretta mappatura del contenzioso consente di far emergere procedure non legittime, carenze di legalit in singoli procedimenti ovvero in settori particolari, deviazioni di comportamenti rispetto la regola di legalit ecc... Nasce, pertanto, una nuova esigenza per lEnte: quello di avere a disposizione un ufficio con elevata professionalit e conoscenza del diritto che possa rappresentare lo strumento efficace per garantire maggiore legalit e legittimit allattivit amministrativa: in questo senso potrebbe essere considerato il nuovo ruolo delle avvocature interne delle pp.aa., in considerazione del progressivo venir meno degli istituti classici deputati al controllo degli atti delle amministrazioni (16). Questo consente in definitiva il perseguimento di un obiettivo molto im- (16) In alcuni regolamenti sul funzionamento degli uffici legali interni avvocature viene assegnato a queste ultimi il compito di provvedere a controlli a campione aventi per oggetto la legittimit degli atti amministrativi. Al precedente modello dei controlli di legittimit esterni viene sostituito il modello dellaffidamento di tali compiti allavvocatura interna. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 243 portante per ciascun ente: quello della sempre maggiore qualit amministrativa dei propri provvedimenti. Il perseguimento di questo risultato consente, anche, di poter affrontare serenamente leventuale contestazione giudiziaria dellattivit compiuta. I report che possono essere richiesti allavvocatura interna (proprio in ragione della conoscenza dellesito della contestazione giudiziaria e degli orientamenti della giurisprudenza) possono consentire di intervenire in quei settori ove maggiore il contenzioso al fine di capirne il fenomeno per studiarne i possibili rimedi. Essi contengono, inoltre, dati che possono essere utilizzati ai fini della valutazione dei dirigenti a cui - in fin dei conti - rimessa la responsabilit dei settori di rispettiva competenza. Corollario necessario a queste nuove funzioni, che ben possono essere richieste allavvocatura interna, che lelevata professionalit di cui deve disporre deve accompagnarsi ad una effettiva autonomia ed indipendenza dagli altri settori dellamministrazione in posizione di diretta collaborazione con gli organi di vertice. Al pari degli altri organi di valutazione interna si comprende come - anche senza il ricorso alla normativa vigente sopra esaminata - allavvocatura della pubblica amministrazione debba essere garantito un ruolo di collaborazione diretta con gli organi di vertice che devono disporre di valutazioni indipendenti ed autorevoli del proprio ufficio legale interno. Tutto questo al fine di poter meglio utilizzare un ufficio che, diversamente organizzato, non sarebbe in grado di svolgere appieno un servizio proficuo per lEnte di appartenenza. 244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Devoluzione e federalismo fiscale in sanit Monica De Angelis* La recentissima approvazione della legge delega in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, pone limportante interrogativo di come e quanto il settore sanitario ne sar influenzato. Scopo dellarticolo quello di ripercorrere le manovre giuridiche alla base della devolution in sanit e di analizzare le condizioni istituzionali su cui il federalismo fiscale si innesta, provando a delineare i futuri scenari sui quali probabilmente la giurisprudenza dovr ragionare ed intervenire. ** *** ** Introduzione. Il possibile ruolo del federalismo fiscale in sanit Allindomani dellemanazione della prima legge (2000) che concretamente introduceva nellordinamento italiano meccanismi di federalismo fiscale - cio un sistema di decentramento finanziario su livelli separati di governo - veniva evidenziato che la maggioranza dei cittadini riteneva che una pi larga autonomia delle Regioni (rispetto a quella gi conquistata) in campo sanitario avrebbe prodotto esiti non positivi ed era richiesta piuttosto, a gran voce, la garanzia dellomogeneit territoriale delle prestazioni erogate (1). Indagine a parte, al fine di erogare maggiore risorse per la sanit, in modo da adeguarsi alla media dei Paesi europei, dal 2001 in poi partono progressivamente le misure verso una maggiore responsabilizzazione delle Regioni sulla spesa e dunque la prosecuzione di un processo di federalismo sanitario che conquista finalmente anche una copertura costituzionale. Del resto la sostenibilit economica dei sistemi sanitari rappresenta un tema cruciale in tutti i paesi industrializzati. E lo sicuramente in quelle realt che hanno ridisegnato (o guardano verso) la distribuzione delle funzioni in senso federale. Gi da tempo tuttavia la dottrina, supportata da studi comparati effettuati su alcuni Stati federali, ha sottolineato il paradosso insito nellorganizzazione federale della sanit: quello di voler gestire un settore fortemente orientato a garantire lequit attraverso un sistema organizzativo finalizzato alla valorizzazione delle diversit locali. In Italia, in particolare, oggi pi che mai giusto chiedersi se il federalismo fiscale nel settore sanitario da inverarsi con le recentis- (*) Ricercatrice di diritto amministrativo presso la Facolt di Economia Giorgio Fu - Universit Politecnica delle Marche, docente di diritto degli enti locali, diritto delleconomia pubblica e diritto sanitario. (1) Indagine FBM-Censis, 2001 in http://www.censis.it/277/372/4974/5129/cover.asp. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 245 sime norme costituisca un avanzamento o un passo indietro rispetto allimpianto del Servizio sanitario nazionale (Ssn) disegnato nel corso degli anni Novanta e cristallizzato nel nuovo modello di ripartizione delle competenze previsto dalla riforma costituzionale del 2001 (Ssn devoluto) (2). In altre parole, occorre domandarsi quali eventuali opportunit pu offrire uno schema di finanziamento come quello di cui alla legge n. 42 del 2009 che d voce alle norme programmatiche dellart. 119 della Costituzione riformata e alle disposizioni dellart. 117 che, in tema di sanit, affida alla competenza esclusiva dello Stato la fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), anche alla luce di ci che con lattuazione delle norme si costruito negli ultimi anni: muovendosi sulle orme del previgente art. 117 Cost. che affidava alle Regioni lassistenza sanitaria ed ospedaliera, il legislatore ordinario - in una decade - ha spostato lasse di riferimento del Ssn dal livello statale al livello regionale trasformandolo in un insieme di servizi sanitari regionali, con una non indifferente quota di autonomia organizzativa, gestionale e imprenditoriale. Di certo, si pu subito affermare che sarebbe una regressione se, a seguito del processo di devolution e dellintroduzione del federalismo fiscale, si creasse (maggiore) diseguaglianza nella popolazione rispetto all'accesso e alla qualit dei servizi offerti negli anni passati. Una ricognizione della normativa: razionalizzazione, regionalizzazione, federalismo La costruzione del Ssn attuale trova come norma fondamentale di riferimento la legge n. 833 del 1978, proprio quella che lo istituisce. Tale legge ha finalmente segnato il superamento del precedente sistema mutualistico - ospedaliero, incentrato su una miriade di enti notevolmente differenziati tra loro e da una completa assenza di collegamenti tra assistenza ambulatoriale e domiciliare ed assistenza ospedaliera (con inevitabili, conseguenti duplicazioni di interventi e sperpero di risorse), oltre che dalla mancanza di una idea omnicomprensiva di salute. Il disegno organizzativo perseguito dal legislatore del 1978 realizza, in ossequio a quanto previsto dallart. 32 della Costituzione, una quasi totale pubblicizzazione delle strutture di offerta dei servizi sanitari e, soprattutto, si ispira ai principi di universalit della tutela sanitaria garantita a tutti, di uguaglianza dei destinatari delle prestazioni, di globalit del servizio secondo un sistema sinergico di assistenza e di socialit per cui le prestazioni non sono solo di cura ma anche di prevenzione e di controllo. Secondo limpianto della legge n. 833, i nodi decisionali del sistema sanitario sono due: uno a livello centrale (il Ministero) e uno a livello periferico (le Unit sanitarie locali). Nel primo si concentrano le scelte di politica sanitaria e nel secondo (2) Legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3. 246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 quelle di gestione quotidiana degli obiettivi definiti a livello ministeriale. Alle Regioni affidato un compito di programmazione e coordinamento delle singole strutture di offerta dei servizi sanitari operanti sul territorio. Questo sistema poi governato da un modello di finanziamento in base al quale vi un Fondo sanitario nazionale (Fsn), a destinazione vincolata, alimentato dalla fiscalit generale e ripartito secondo uno schema a cascata che parte dallo Stato per scendere verso gli enti operanti sul territorio. E possibile affermare che la devoluzione in sanit sia nata per la necessit di correggere lindirizzo applicativo della legge n. 833 che stava conducendo al disastro economico un servizio fondamentale per la garanzia di un diritto assoluto come quello alla salute. Le prime preoccupazioni per la gestione non controllata del servizio sanitario che dar presto seguito a serie conseguenze sulla dilatazione della spesa si hanno agli inizi degli anni 80 cosicch le Usl vengono dotate di un collegio di revisori di conti e di pi stringenti controlli sulle deliberazioni, lobiettivo essendo quello di frenare la deresponsabilizzazione sui rispettivi bilanci. Dal 1982, in sostanza, parte la serie continua delle misure correttive al sistema, le quali caratterizzeranno la normativa sanitaria dei successivi due decenni. Dopo poco si procede, infatti, con lintroduzione di norme relative alla compartecipazione alla spesa farmaceutica, alla diagnostica strumentale e di laboratorio e ad una specifica razionalizzazione dei servizi con la vigilanza sui comportamenti degli ordinatori di spesa (3): in pratica al fine di contenere eccessi di spesa, nei contratti vengono introdotte forme di responsabilizzazione dei medici di medicina generale con la previsione, altres, di sanzioni per quei medici non rispettosi degli standards medi assistenziali stabiliti da apposite commissioni regionali. Si inseriscono inoltre disposizioni legate a questioni sui quali si interverr pi volte nel prosieguo: pi specifici criteri di finanziamento del Fsn e ripartizione tra Regioni; metodiche di ripianamento dei disavanzi delle Usl; revisione del prontuario terapeutico; quantificazione dei contributi sanitari (4). Nella sostanza, vi il primo grande tentativo da parte dello Stato di rendere responsabili le Regioni delle spese eccedenti gli importi derivanti dalla ripartizione del Fsn: questa manovra, tuttavia, viene presto vanificata dalla Corte costituzionale che dichiara illegittimequelle norme in cui si parla di obbligo e non di facolt della Regione di ricorrere allautofinanziamento (anche con prelievi fiscali) in caso di disavanzi (5). Ciononostante, gli sforzi per limitare la spesa sanitaria seguono a (3) D.l 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella l. 11 novembre 1983 n. 638. (4) Legge finanziaria per il 1984, l. 27 dicembre 1983, n. 730 (artt. 28 e 29); d.l. 29 agosto 1984, n. 528 convertito nella l. 31 ottobre 1984, n. 733. (5) Corte Cost. sentenza n. 245 del 1984. Qui la Corte afferma: la parte essenziale della spesa sanitaria ed ospedaliera non pu non gravare sullo Stato [] per levidente ragione che il diritto alla salute spetta ugualmente a tutti i cittadini e va salvaguardato sullintero territorio nazionale. [] Non pertanto casuale che la spesa in questione sia prevalentemente rigida e non si presti a venire manovrata, LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 247 non mancare: nella programmazione sanitaria della seconda met degli anni 80 si pone lo specifico obiettivo di razionalizzare i servizi e viene chiesto alle Regioni, nellazione programmatrice di dettaglio, di fare attenzione allorganizzazione e alle esigenze reali del sistema specialmente nellarea ospedaliera, allinterno della quale si rileva il volume maggiore di eccesso di spesa. Ecco dunque arrivare misure (ovvero schemi operativi la cui implementazione viene lasciata alliniziativa delle singole Regioni) volte a definire la dotazione media di posti letto, la durata della degenza media, laccorpamento e la trasformazione di servizi nellambito di una logica di economicit e razionalit: in quegli anni che entrano nel sistema concetti come day hospital, libera professione intramoenia, reparti con ricettivit di tipo alberghiero a pagamento, standard di personale ospedaliero per posto letto, revisione del prontuario farmaceutico (6). Le iniziative del legislatore statale non sortiscono gli effetti sperati e agli inizi degli anni Novanta si procede con pi forte determinazione: le Regioni dovranno assumere maggiori responsabilit decisionali in termini di programmazione e organizzazione e a tal fine vengono aboliti i comitati di gestione delle Usl (7) e si modificano i criteri di finanziamento della spesa sanitaria di ciascuna Regione poich quelli in vigore non sono idonei a tener conto, nella ripartizione delle risorse, delle differenze esistenti tra i territori (8). Il nuovo modello di finanziamento tiene fondamentalmente conto solo della c.d. quota capitaria, ovvero ad ogni Regione attribuito un importo corrispondente ad un valore unitario (quota) moltiplicato per il numero dei residenti (9). Agli inizi degli anni Novanta, finalmente, si diviene consapevoli dellurgenza di applicare principi e modelli di economicit della gestione, ferma restando la validit e la correttezza della scelta compiuta nel 1978 di dare attuazione allart. 32 della Costituzione mediante listituzione di un Ssn teso a presidiare il diritto di tutti i cittadini a livelli uniformi e appropriati di assistenza. Ed proprio la Corte costituzionale a contribuire alla rivoluzione del sistema e ad una sostanziale redistribuzione delle funzioni: emblematiche le sentenze nelle quali si introduce la visione del diritto alla salute come diritto in qualche misura, se non dagli organi centrali di governo. appunto lesigenza di pari trattamento, sottesa allintera riforma sanitaria, che spiega per quali motivi le singole Regioni non possono incidere sulla spesa sanitaria. (6) Cfr. l. n. 595 del 23 ottobre 1985 e l. n. 109 del 8 aprile 1988. (7) La soppressione dei comitati avviene con l. 4 aprile 1991, n. 111 e le Usl vengono affidate ad amministratori straordinari con il compito di traghettarle verso una nuova e corposa riforma del Ssn. (8) L. n. 887 del 22 dicembre 1984 (finanziaria del 1985). (9) A sua volta la quota capitaria deriva dallindividuazione del costo dellassistenza, cio del costo per persona di ciascun servizio di assistenza (sulla base di standards organizzativi e di attivit necessari alla prestazione). La bont del nuovo modello introdotto dalla legge finanziaria per il 1992 (l. n. 412 del 30 dicembre 1991) sar tanto maggiore quanto migliore sar la precisione con la quale sar possibile stabilire il costo di ogni prestazione nelle singole aree regionali. 248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 finanziariamente condizionato (10). Con un paio di decreti legislativi, dunque, si avvia la c.d. riforma bis del Ssn (11) che stabilisce il principio in base al quale i livelli uniformi di assistenza saranno fissati in coerenza con le risorse stabilite dalla legge finanziaria e rapportati al volume delle risorse disponibili. Le Regioni, poi, faranno fronte con risorse proprie agli eventuali disavanzi di gestione delle Usl e delle aziende ospedaliere, con conseguente esonero di interventi finanziari da parte dello Stato, pur precisando che le stesse Regioni hanno facolt di adottare le misure necessarie e procurarsi i fondi necessari a coprire i disavanzi (12). I cardini della riforma del biennio 1992-1993, oltre a confermare il modello di finanziamento sulla base della quota capitaria, si basano sullattribuzione di maggiori responsabilit gestionali, programmatorie, organizzative e finanziarie alle Regioni dando lavvio al processo di regionalizzazione della sanit; sulla aziendalizzazione delle Usl (aziendalizzazione delle strutture di produzione ed erogazione dei servizi sanitari intesa nel duplice senso di riconoscimento di autonomia patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica ed organizzativa e di recepimento delle strategie di gestione di stampo privatistico); sulla responsabilizzazione della dirigenza e sulla remunerazione di ogni prestazione resa dallerogatore (pubblico o privato), mediante un corrispettivo predeterminato ( il c.d. sistema a Drg con il quale si realizza una remunerazione commisurata alla effettiva prestazione) (13); sulla competitivit, secondo le pi classiche regole di mercato, tra soggetti pubblici e privati (la competitivit finalizzata a garantire il costante miglioramento qualitativo delle prestazioni offerte e la pi ampia libert di scelta da parte del paziente circa le strutture eroganti); sulla partecipazione del cittadino, uti singuli o in forma associativa - sindacati, organizzazioni del volontariato, etc. -, alla fase gestionale e organizzativa del Ssn con la segnalazione di proposte o la raccolta di informazioni sullorganizzazione dei servizi, e alla fase consuntiva di verifica degli obiettivi raggiunti (14). (10) Cfr. Corte Cost. n. 455 del 16 ottobre 1990 e n. 356 del 23 luglio 1992. (11) La legge n. 421 infatti delega il governo ad emanare norme di riforma che si concretizzano nei d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 e 5 dicembre 1993 n. 517. Con tali decreti si proceduto al riordino della disciplina in materia sanitaria e, pi in generale, al riassetto istituzionale del Ssn che ormai risultava improcrastinabile alla luce delle molte disfunzioni e dei numerosi disservizi denunciati. (12) Rispettando le indicazioni della giurisprudenza costituzionale si opera pi che altro uno spostamento dellaccento della responsabilizzazione regionale alla responsabilizzazione delle aziende e degli operatori effettivi della sanit, verso una razionalizzazione che non tende pi soltanto al contenimento della spesa ma allappropriatezza ed alla qualit delle prestazioni. CosMARZIO BRANCA Levoluzione legislativa per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, in Sanit pubblica, XIX, n. 2, pag. 181. (13) Con tale sistema si sostituisce il modello a finanziamento del prodotto con quello a finanziamento del fattore di produzione, in linea con limpostazione aziendalistica delle Usl, con lobbligo di pareggio del bilancio, con la responsabilizzazione pi marcata a livello locale della gestione del servizio. (14) Si pu parlare di applicazione della sussidiariet secondo la lettura orizzontale. Nellintento LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 249 Tale processo di redistribuzione delle funzioni nel settore sanitario (decentramento amministrativo), secondo un modello in base al quale la Regione assume il ruolo centrale del sistema, prosegue dapprima con il d.lgs. 112/1998, inserendosi nel complesso procedimento di razionalizzazione delle strutture centrali e periferiche dello Stato e della conseguente riallocazione di compiti fra gli enti territoriali (Regioni ed enti locali), per poi venire ulteriormente interessato da un nuovo programma di razionalizzazione e riorganizzazione, che culmina nella emanazione della c.d. Riforma sanitaria ter, disciplina che definisce il Ssn come il complesso delle funzioni e delle attivit dei servizi sanitari regionali e degli enti e istituzioni di rilievo nazionale, proprio in coerenza con le prescrizioni del d.lgs. 112/1998 che conferisce alle Regioni la generalit delle funzioni in materia sanitaria. Gli aspetti salienti di questa ulteriore riforma sanitaria consistono proprio nella definitiva valorizzazione delle Regioni (15), nellindividuazione di pi precise tariffe per le prestazioni erogate dalle strutture (pubbliche e private) accreditate (16) e nel rafforzamento della programmazione. Il sistema sanitario sembra aver trovato dunque un assetto soddisfacente, che viene cristallizzato con la riforma costituzionale del 2001, la quale segna in maniera definitiva il passaggio verso un welfare devoluto, caratterizzato dallabbandono dellesclusivit del ruolo pubblico nella sanit e dal fondamentale coinvolgimento degli enti territoriali regionali. La nuova formulazione dellart. 117, relativo alla distruzione delle funzioni fra Stato e Regioni, offre una copertura costituzionale a tale processo, stabilendo che la tutela della salute rientra nella sfera della legislazione concorrente regionale e questa enunciazione amplia notevolmente le competenze di tali enti territoriali rispetto alloriginario art. 117 Cost., secondo il quale i poteri delle Regioni si sostandi promuovere un concreto miglioramento gestionale del Ssn, nonch della quantit e della qualit delle prestazioni erogate ai cittadini, in attuazione di quanto disposto dalla l. 273/1995, stata emanata la Carta dei servizi sanitari (Dpcm 19 maggio 1995). Ciascuna struttura erogatrice di servizi sanitari (aziende Usl e aziende ospedaliere) partendo dal dato reale (quantit della domanda, numero degli utenti, natura delle prestazioni offerte) elabora un proprio decalogo operativo adattando alla propria specificit i principi guida-emergenti dalla Carta dei servizi sanitari in qualit di documento programmatico. (15) Le Regioni elaborano proposte per la predisposizione del Piano sanitario nazionale (Psn), adottano il Piano sanitario regionale (Psr) per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione locale, definiscono larticolazione del territorio regionale in Aziende/Unit sanitarie locali, stabiliscono i criteri per la suddivisione elle Aziende/Usl in distretti, disciplinano il finanziamento delle Asl, le modalit di vigilanza e di controllo e la valutazione dei risultati delle loro attivit, provvedono allaccreditamento delle strutture pubbliche o private autorizzate a fornire prestazioni per conto del Ssn, propongono forme di sperimentazione gestionale tra strutture del Ssn e privati. (16) I nuovi criteri di remunerazione previsti dal decreto sono due: un finanziamento calcolato in base al costo standard di produzione del programma di assistenza, attribuito per lerogazione di alcuni precisi servizi non quantificabili in relazione alla singola prestazione (programmi per patologie croniche di lunga durata, di prevenzione, di assistenza a malattie rare, etc.) e la remunerazione in base a tariffe predefinite a livello centrale dal Ministero e a livello locale dalle Regioni per quanto riguarda i ricoveri per acuti e le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. 250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 ziavano in una mera operativit nel settore dellassistenza sanitaria e ospedaliera e allinterno di una cornice programmatica ben definita dallo Stato. Ora, invece, le Regioni possono stabilire le linee di politica sanitaria, sia pure nellambito dei principi enucleati dalle leggi statali. Alla competenza esclusiva dello Stato resta affidata sicuramente, tuttavia, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali e dunque quelle del settore salute: il che - come si vedr - pu condizionare non poco lapplicazione del federalismo fiscale (17). Questultimo risulta ad ogni modo avere copertura costituzionale con le norme dellart. 119 che garantiscono lautonomia finanziaria (autonomia di entrata e di spesa) agli enti territoriali (Regioni, province, citt metropolitane e comuni), cio la potest di stabilire e gestire in modo autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro affidate; e prevedono un fondo perequativo come strumento volto a compensare eventuali squilibri fra le entrate tributarie delle Regioni, consentendo a queste ultime di erogare i servizi di loro competenza a livelli uniformi su tutto il territorio nazionale. Evoluzione del finanziamento del servizio sanitario nazionale: un federalismo gi adottato sulla carta? Il finanziamento delle prestazioni sanitarie tema correlato sia alla qualificazione del diritto alla salute sia al funzionamento dei sistemi sanitari. In altri termini non vi aspetto nella sanit pubblica moderna che non possa non dirsi legato allesame dei profili finanziari e dunque allindividuazione delle risorse necessarie (18). In Italia il sistema di finanziamento del Ssn ha subito un cambiamento di notevole portata alla fine degli anni Novanta. Levoluzione di questo meccanismo rivela una tendenza federalistica: si attribuiscono progressivamente alle Regioni tributi propri per il finanziamento dei servizi, in sostituzione del vecchio sistema - disegnato dalla legge 833 del 1978 prima e in qualche modo mantenuto dal d.lgs. 502/1992 poi - che faceva procedere il finanziamento secondo uno schema a cascata dal livello statale a quello regionale e locale. Si possono distinguere quattro fasi nelle modalit di finanziamento del (17) Cfr. Corte Cost. sent. 13 marzo 2003, n. 88. La Corte ha precisato che tale competenza esclusiva statale non pu essere lesiva della riconosciuta autonomia costituzionale delle Regioni in materia sanitaria, in quanto chiaramente finalizzata a garantire uniformit del trattamento dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, in considerazione della diversit delle condizioni di ricchezza nei diversi ambiti territoriali regionali, s da favorire la massima efficienza possibile per i sistemi organizzativi devoluti. Si tratta in altre parole di bilanciare il rapporto tra autonomie e uguaglianza, quale fondamentale principio costituzionale. In tal modo il principio di uguaglianza assume altres una connotazione pi congrua rispetto allo spirito della riforma federale in quanto si traduce nel principio di adeguatezza ed essenzialit. (18) Cfr. GIAMPIERO CILIONE, Diritto sanitario, Rimini, Maggioli, 2005, pag. 266 e ss. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 251 Ssn. La prima fase (1982-1992) caratterizzata dalla quasi totale copertura della spesa tramite il Fsn. Una seconda fase (1993-1997) in cui il meccanismo di finanziamento diventa misto, e l'Fsn diviene "integrativo" del gettito garantito dai contributi sanitari che gravano sul lavoro dipendente. La terza fase (1998-2001) contraddistinta dalla sostituzione dei contributi sanitari con un finanziamento tramite imposte regionali. Ed una quarta fase ancora in atto (2001- oggi) in cui si ha lintroduzione con legge ordinaria del federalismo fiscale e successivamente la sua costituzionalizzazione: si rafforza in senso federalista lorganizzazione devoluta del Ssn con lobiettivo di concretizzare una forte autonomia finanziaria delle Regioni in materia di sanit. Pi precisamente, il sistema di finanziamento precedente alle riforme degli anni Novanta, si basato pressoch esclusivamente su un fondo nazionale, il Fsn appunto: tale Fondo, il cui importo veniva stabilito annualmente dalla legge finanziaria, era alimentato dai contributi sanitari (regionalizzati a partire dal 1992) e da entrate proprie, ma integrato, per un importo significativo, dai finanziamenti dello Stato. A partire dal 1997 si procede prima con la sostituzione dei contributi sanitari dei lavoratori con lImposta regionale sulle attivit produttive (IRAP) (19) e con la possibilit in capo alle Regioni di applicare ulteriori aliquote sul reddito delle persone fisiche (addizionale IRPEF); poi il sistema viene completamente ridisegnato: per effetto della legge n. 133/1999 (20) e del conseguente decreto delegato n. 56/2000 (21) si prevede labolizione del Fsn e la sua sostituzione con una pluralit di fonti di finanziamento rappresentate dalla stessa IRAP, dalladdizionale, dallaumento della compartecipazione delle Regioni al gettito dellIva, da entrate proprie e da integrazioni per importi tuttavia residuali a carico dello Stato. Inoltre cade il vincolo di destinazione delle risorse per il finanziamento della sanit e per allineare le differenze fra le Regioni prevista listituzione di un fondo di perequazione, che tiene conto delle diverse capacit fiscali per abitante e dei fabbisogni sanitari presenti nelle varie realt territoriali: dunque agisce in favore delle Regioni che risulterebbero finanziariamente non autosufficienti in base (19) D.lgs. n. 446 del 15 dicembre 1997 "Istituzione dell'imposta regionale sulle attivit produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonch riordino della disciplina dei tributi locali". LIRAP unimposta sul valore della produzione netta derivante dallesercizio abituale di unattivit diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi. (20) Legge n. 133 del 13 maggio 1999 rubricata Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale. (21) Fino al 2000 il legislatore non entrato propriamente nel merito del finanziamento del servizio, essendosi occupato fondamentalmente di razionalizzazione dellorganizzazione e del funzionamento. Il primo vero e proprio nuovo meccanismo di finanziamento del Ssn contenuto infatti nel d.lgs. 56/2000 di attuazione del federalismo fiscale che, nellambito degli interventi di razionalizzazione del sistema fiscale, introduce una serie di importanti innovazioni nella finanza delle Regioni a statuto ordinario. 252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 alla propria capacit fiscale. Tali norme avrebbero dovuto entrare in vigore lanno successivo. Tuttavia la loro applicazione ha subito una serie di slittamenti, compatibili, peraltro, con la stessa fase di transizione prevista dal decreto e nella quale contemplata la coesistenza dei diversi regimi. Solo dal 2004, fermo restando lobbligo delle prestazioni sanitarie previste dai livelli essenziali ed uniformi di assistenza, ogni miglioramento o peggioramento dellefficienza del sistema fa capo alle Regioni medesime. Nella sostanza il d.lgs. n. 56/2000 sembra essere stato per lo pi rimandato (una specie di letargo giuridico) ed stato sostituito, di fatto, dalla contrattazione Stato-Regione riguardante sia limporto complessivo del finanziamento da destinare ai servizi sanitari, sia la sua ripartizione tra Regioni, esattamente come avveniva con il vecchio Fsn. I nuovi meccanismi, solo parzialmente a regime, non hanno impedito cos il verificarsi di costanti tensioni fra gli enti territoriali regionali - che gestiscono e spendono ormai pressoch autonomamente - e lo Stato, il quale mantiene ancora la capacit concreta di determinare le entrate e lammontare complessivo dei fondi destinati al Ssn. Un ruolo decisivo nelle manovre di finanziamento del Ssn stato quindi giocato di volta in volta dalle misure di carattere organizzativo-sostanziale o di stampo pi prettamente finanziario contenute nelle leggi finanziarie annuali e nei provvedimenti ad essa collegati. Pertanto pur se il Fsn stato abolito, il sistema della finanza sanitaria regionale continua ad essere gestito - per molti versi - a livello centrale, anche per ragioni dovute al rispetto del patto di stabilit comunitario: nella realt spetta allo Stato la stima delle risorse necessarie al funzionamento del Ssn, cos come la determinazione normativa delle sue fonti di finanziamento e delle connesse misure legate al livello primario delle prestazioni. Al momento attuale, dunque, le Regioni non sembrano godere in alcun modo di una apprezzabile autonomia di entrata, intesa quale capacit di reperire e programmare le risorse necessarie ad alimentare le proprie spese. Sebbene, infatti, a partire dal d.lgs. 56/2000, le Regioni siano state dotate di un ammontare di risorse proprie molto rilevante, le entrate non ricadono sotto il loro diretto controllo, ma vengono gestite, accertate riscosse e successivamente loro erogate da parte dellAmministrazione statale. Le Regioni godono dunque della sola autonomia di spesa, nel senso che una volta destinate loro le somme, esse possono decidere di investirle come credono nellambito dei servizi sanitari, privilegiando politiche sanitarie ed interventi piuttosto che altri, senza vincolo di destinazione. Occorre peraltro rilevare che si tratta di una autonomia di spesa comunque limitata (autonomia vincolata), poich la somma che giunge alle Regioni per effetto dei meccanismi finanziari attualmente in vigore non confluisce indistintamente nel loro bilancio, ma deve essere prioritariamente e necessariamente utilizzata per lassistenza sanitaria e la copertura dei livelli essenziali di assistenza. Si pu parlare, inoltre, di una sorta di responsabilizzazione finanziaria parziale delle Regioni, se si considera che da un LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 253 lato s stabilita limpossibilit di attribuire gli oneri di finanziamento dei disavanzi delle As allo Stato (22) ma, dallaltro, rimane in capo allo Stato la fissazione delle modalit per il ripiano dei disavanzi delle As. La situazione complicata dal fatto che i disavanzi delle Aziende, a causa della costante sottostima delle risorse finanziarie e del ritardo con il quale vengono trasferite le quote statali alle Regioni, si presentano come una condizione normale: da qui lavvio di una serie di misure tampone a livello regionale per garantire la fluidit di cassa necessarie al proprio funzionamento come le consistenti operazioni di dismissione del patrimonio immobiliare o le operazioni di cartolarizzazione dei crediti vantati verso lo Stato; operazioni che, se effettuate in maniera errata o non congrua, potrebbero determinare ulteriori aggravi della situazione finanziaria. Federalismo fiscale e sanit: nuove regole e vecchi problemi Dopo un lungo iter parlamentare, le norme sul federalismo fiscale in attuazione dellart. 119 della riformata Costituzione sono entrate in vigore. Si tratta di una legge delega, i cui principi fondamentali sono, da una parte, il coordinamento dei centri di spesa con quelli di prelievo, in modo da comportare quasi automaticamente maggiore responsabilit nel gestire le risorse da parte di tutti gli enti coinvolti; dall'altra, la sostituzione della spesa storica, basata sulla continuit dei livelli di spesa raggiunti l'anno precedente, con la spesa standard (23). In altre parole, si mira a responsabilizzare il pi possibile i centri di spesa, ad accrescere la trasparenza dei meccanismi finanziari e ad aumentare il controllo democratico dei cittadini nei confronti degli eletti, superando il sistema di finanza regionale e locale improntato a meccanismi di trasferimento a cascata (24). A favore delle Regioni con minore capacit fiscale - proprio come prevede il dettato dell'art. 119 - interverr un fondo perequativo, assegnato senza vincolo di destinazione. Il federalismo fiscale cos disegnato punta ad introdurre un sistema premiante nei confronti degli enti che assicurano (a parit di offerta) elevata qualit dei servizi e livello di pressione fiscale inferiore alla media degli altri enti dello stesso livello di governo. Viceversa, nei (22) Cos come previsto dalla l. 405 del 2001, di conversione del d.l. 347/2001: i disavanzi vanno necessariamente ripianati a cura delle Regioni che vi provvedono con ticket aggiuntivi, ulteriore tassazione od altre azioni di contenimento della spesa. (23) Legge n. 42 del 5 ottobre 2009 Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dellarticolo 119 della Costituzione, in G.U. del 6 maggio 2009. Il federalismo fiscale per diventare concretamente operativo necessita di una serie di provvedimenti che vedranno la luce nell'arco di 7 anni: 2 anni per l'attuazione e 5 di regime transitorio. (24) Conseguentemente il finanziamento delle funzioni trasferite alle Regioni comporter la cancellazione dei relativi stanziamenti di spesa (comprensivi dei costi del personale e di funzionamento) nel bilancio dello Stato. 254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 confronti degli enti meno virtuosi previsto un sistema sanzionatorio che consiste nel divieto di fare assunzioni e di procedere a spese per attivit discrezionalmente individuate. Questi enti, poi, dovranno risanare il proprio bilancio anche attraverso lalienazione di parte del patrimonio mobiliare ed immobiliare nonch con lattivazione dellautonomia impositiva nella misura massima. Sono previsti altres meccanismi automatici sanzionatori degli organi di governo e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli obiettivi economico-finanziari assegnati alle Regioni e agli enti locali, con individuazione dei casi di ineleggibilit nei confronti (ma questo varrebbe solo per gli enti locali esponenziali di comunit territoriali) degli amministratori responsabili degli enti locali per i quali sia stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario. Lattuazione del federalismo fiscale dovr essere, infine, compatibile con gli impegni finanziari assunti nel patto di stabilit e crescita e deve confermare l'impianto delle funzioni fondamentali assegnate alle Regioni (25). Per quel che riguarda specificamente la sanit, si rileva che i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) vanno finanziati e perequati al 100%, sulla base di costi standard e sulla base - e questa una novit - di obiettivi di servizio (26). Oggi, come visto, i trasferimenti statali alle Regioni per finanziare la sanit (ma anche l'assistenza e l'istruzione) avvengono ancora, nella sostanza, sulla base dei vecchi meccanismi (spesa storica con criteri incrementali), i quali possono aver comportato forti sperequazioni a favore delle Regioni meno virtuose. Con lapplicazione delle norme di cui al d.lgs. n. 42, i trasferimenti statali verranno cancellati: al loro posto le Regioni dovrebbero godere di un mix di tributi propri e compartecipazioni con cui finanziare interamente i livelli essenziali delle prestazioni, a costi standard appunto. Si dovrebbe pervenire ad una piena responsabilizzazione delle Regioni sul finanziamento della sanit pubblica e dunque si andranno ad aprire prospettive ancora completamente da (25) Rispetto al settore sanit si noti che oggi sono ancora poche le Regioni che hanno portato avanti il difficile lavoro di contenimento della spesa collegato allentrata in vigore del Patto di Stabilit nel gennaio del 2006 e non sono rari i casi in cui si continuato a spendere senza riguardi, con il risultato che alcune Regioni sforano anche di molto il Patto ed hanno personale in esubero, mentre altre si trovano ad avere un deficit notevole di medici e infermieri. Lelasticit nella gestione dei fondi sanitari regionali introdotta dalla legge in parola potrebbe consentire pi facilmente di investire il necessario sul personale senza sforare il Patto di Stabilit. (26) Il riferimento nellart. 2, lettera f) determinazione del costo e del fabbisogno standard quale costo e fabbisogno che, valorizzando lefficienza e lefficacia, costituisce lindicatore rispetto al quale comparare e valutare lazione pubblica; definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nellesercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui allarticolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione. Per "costi standard" si dovrebbero/potrebbero intendere i "costi efficienti" a cui presta i servizi la Regione pi virtuosa. E nellart. 2, lettera m), punto 1: superamento graduale, per tutti i livelli istituzionali, del criterio della spesa storica a favore del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali di cui allarticolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e delle funzioni fondamentali di cui allarticolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 255 esplorare. Ora, va evidenziato che per molti aspetti non si tratta di novit, almeno per il settore sanitario, il quale peraltro - e indipendentemente dalla riforma di cui alla legge in analisi - il servizio sanitario gi organizzato in senso quasi federale: si visto infatti, nelle pagine precedenti, come concretamente le Regioni dispongano da tempo di una notevole autonomia in campo organizzativo e amministrativo. Le norme del decreto sul federalismo fiscale possono essere considerate, dunque, come parte conclusiva di un processo messo in atto dallo scorso decennio e che ha trovato un primo sostanziale tavolo di verifica con il d.lgs n. 56/2000. In effetti, il settore sanitario come accaduto in altre occasioni ha fatto da apripista sul tema della devoluzione e di una differente distribuzione delle funzioni prima e del federalismo fiscale poi: da innumerevoli anni, infatti, si avuto il trasferimento delle responsabilit a livelli sub centrali di governo e la progressiva espansione del ruolo delle Regioni; lorganizzazione e la gestione del servizio appannaggio esclusivo del livello regionale; le prestazioni sono in larga parte finanziate con una imposta regionale sulla quale si hanno ampi margini di autonomia. Peraltro il settore sanitario stato il primo, fra i settori pubblici importanti, ad introdurre elementi tesi a riconoscere il valore della diversit, superando i limiti tipici di meccanismi fondati sulluniformit. Nel calcolo del fabbisogno finanziario delle Regioni, non a caso, vige un sistema di ponderazione che tiene conto delle caratteristiche demografiche, epidemiologiche, socioeconomiche delle diverse realt territoriali (27). E nel prevedere il fondo perequativo (costituzionalizzato nel 2001), il citato d.lgs n. 56/2000 se da un lato mira a ridurre le differenze per la diversa capacit fiscale delle Regioni, dallaltro nello stabilire che questa riduzione agisce solo per il 90%, con la restante percentuale si vanno ad incentivare le Regioni meno virtuose al miglioramento della base imponibile: in altre parole gi il suddetto decreto innesca quel meccanismo di competitivit che tipico del federalismo e va ad aggiungersi alle altre misure di stimolo della competitivit fra erogatori sanitari che sin dagli inizi degli anni Novanta erano stati introdotte nel sistema. Limpianto federalistico del 2000, dunque, ben poteva costituire un volano per quelle Regioni che ritenevano di possedere al loro interno le condizioni necessarie [] per procedere, almeno in prospettiva, a un contenimento dellintervento pubblico nel settore sanitario e, di conseguenza, a una riduzione della pressione fiscale (28). Nella sostanza, invece, il federalismo fiscale previsto dal d.lgs. n. 56 del 2000 sembra essere stato per lo pi rimandato (una specie di letargo giuridico) ed (27) Cfr. NERINA DIRINDIN, Federalismo fiscale e tutela della salute. Un percorso di responsabilizzazione delle regioni o il presupposto per cambiamenti strutturali?, in Governare il federalismo, a cura di N. DIRINDIN, E. PAGANO, Roma, PSE, 2001, pag. 4, pag. 8. (28) Cos N. DIRINDIN, cit., pag. 10. 256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 stato sostituito di fatto dalla contrattazione Stato-Regione riguardante sia limporto complessivo del finanziamento da destinare ai servizi sanitari, sia la sua ripartizione tra le Regioni, esattamente come avveniva con il vecchio Fsn. Il nuovo meccanismo, solo parzialmente a regime, non ha impedito cos il verificarsi di costanti tensioni fra le Regioni, che gestiscono e spendono ormai pressoch autonomamente, e lo Stato, il quale ancora mantiene la capacit concreta di determinare le entrate e lammontare complessivo dei fondi destinati al Ssn. Per la finanza sanitaria regionale, si pu allora, a ragione, parlare ancora nel 2009 come di un sistema a finanza derivata, sia per effetto dei meccanismi di prelievo fiscale con i quali viene alimentata, sia per le limitazioni e il condizionamento che nel merito subisce la capacit decisionale impositiva delle Regioni (29). Le norme della l. n. 42/2009 potrebbero sbloccare lempasse in cui il sistema ora si trova, tuttavia le stesse rischiano di creare ulteriore disaggregazione e differenziazione (rispetto a quelle oggi registrate) nel tipo e nella qualit dei servizi erogati se lo Stato non dovesse mantenere la possibilit di controbilanciare questa tendenza, tutelando e promuovendo al massimo il principio di solidariet, proprio attraverso la leva finanziaria (30). Perch questa leva sia efficace e possa essere utilizzata dallo Stato come strumento per promuovere gli standard sanitari nazionali, fondamentale che esista per lo Stato la concreta possibilit di scegliere se erogare o meno i finanziamenti; possibilit che, a sua volta, pu dirsi concreta solo se le Regioni diventano davvero capaci di coprire con le proprie risorse una parte considerevole delle spese necessarie a garantire lassistenza sanitaria: pertanto non si pu nascondere la difficolt che presenta il garantire la compatibilit del decentramento con lideale di un Ssn, ovvero la conciliazione del massimo decentramento del sistema di governo della sanit con il principio universalistico sancito nella legge n. 833/1978. Non stupirebbe quindi se nellemanazione e attuazione dei decreti attuativi, la Corte Costituzionale fosse chiamata a specificare in termini pi concreti cosa si intende per interesse nazionale ed universalit nel settore della salute. Considerando, poi, gli ostacoli applicativi che fino ad oggi ha gi vissuto il d.lgs. 56/2000, non si pu non invitare a porre una particolare attenzione al c.d. dualismo amministrativo: ovvero non dovr continuare a sottovalutarsi (29) G. CILIONE, op. cit., pag. 266. Per esempio le Regioni detengono solo una marginale capacit di manovra su altri aspetti connessi al finanziamento del servizio, vedendosi sovente bloccata la possibilit di imporre aliquote aggiuntive e non potendo effettuare mutui se non per spese di investimento, con ci evidenziandosi in definitiva che la complessiva responsabilit istituzionale in ordine al finanziamento del Ssn da ritenersi del tutto riconducibile ai poteri dello Stato. (30) Cfr. IVAN CAVICCHI, Il pensiero debole della sanit, Bari, 2008, passim. Secondo lautore nonostante tutte le riforme degli ultimi due decenni, si riscontra la crescita costante negli anni delle disuguaglianze a tutti i livelli, in tutte le forme e soprattutto in tutte le Regioni. Con la fine del Ssn, voluta dalla riforma del Titolo V della Costituzione, entra in crisi quell'idea di universalismo che avrebbe dovuto rendere i cittadini tutti uguali di fronte alle possibilit di salute. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 257 lesistenza di una forte differenziazione interregionale nelle capacit di policy making e tecnico/amministrative. In altre parole, sarebbe quanto mai opportuno associare allapplicazione del federalismo fiscale concrete misure volte a migliore gli strumenti amministrativi per la sua implementazione, pena il mantenimento dellempasse vigente. Scenari per il futuro: diritto alla salute rispettato? La disamina presentata nelle pagine precedenti aveva lo scopo di tracciare la cornice entro cui le nuove norme della legge n. 42 del 2009 si muoveranno. Sia consentito ora proporre alcune ulteriori riflessioni a margine di tale analisi. 1. La legge c.d. sul federalismo fiscale una legge delega, contiene, cio, nella maggior parte delle sue disposizioni, principi e criteri direttivi entro i quali occorrer operare, dunque concede al governo ampi margini di manovra nella fase applicativa. La costruzione dei decreti attuativi sar quindi decisiva per la concretizzazione (ed ultimazione) del modello federalista in sanit. Si visto, ad esempio, come il regime di finanziamento del servizio sanitario pubblico derivi da una pluralit di fonti: discipline nazionali e regionali, interventi finanziari dello Stato annuali e pluriennali, accordi negoziali, decretazioni durgenza o amministrative, a tutto discapito della stabilit e della chiarezza del sistema. La prima cosa dunque che si auspica avvenga con lemanazione dei suddetti decreti lindividuazione di un modello comunque coerente e compatibile, tenendo conto che i mali che affliggono il finanziamento del Ssn sembrano fondamentalmente determinati da un lato da una spesa sanitaria pubblica che, nonostante rappresenti la voce pi importante dei bilanci nazionale e regionali e sia continuamente in aumento per ragioni demografiche ed a causa dei crescenti bisogni della collettivit continua ad essere inferiore, in percentuale al PIL italiano, rispetto a quanto destinato, nei medesimi termini, in altri paesi europei (31); dallaltro da una spesa sanitaria fortemente inefficiente e differenziata (32): studi assai recenti dimostrano come ancora continui ad emergere il classico dualismo italiano, con le Regioni del Centro- Nord attestate su livelli di efficienza e di qualit della spesa che appaiono significativamente pi elevati rispetto alle Regioni del Mezzogiorno. Peraltro le Regioni che pi sono lontane dalla frontiera efficiente risultano anche quelle che erogano prestazioni di qualit inferiore: sembra quasi che spesa elevata e bassa qualit vadano di pari passo. Lintroduzione del federalismo fiscale (e del conseguente completo fede- (31) Fonte OCSE. Cfr. http://www.oecd.org/dataoecd/55/33/35635683.pdf. (32) FABIO PAMMOLLI, GIANLUCA PAPA, NICOLA C. SALERNO, La spesa sanitaria pubblica in Italia: dentro la scatola nera delle differenze regionali, Quaderno CERM 2/2009 in http://www.astridonline. it/Politiche-/Documenti/CERM_Sanit-_26_10_09.pdf. 258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 ralismo sanitario) potrebbe allora aprire con una adeguata analisi di impatto delle norme da parte del legislatore, una nuova stagione di sanit, pi attenta ai territori e pi premiante per le Regioni virtuose, quelle che sanno coniugare qualit assistenziale e rigore gestionale. Il Ssn in questi decenni ha sicuramente cambiato in meglio lassistenza sanitaria degli italiani, ma il perpetuarsi di costi inaccettabili in varie zone del Paese e la leggerezza posta da molte Regioni nella gestione della salute non dovrebbe essere pi ammissibile: la cura del federalismo sanitario dovrebbe comportare infatti una maggiore responsabilizzazione dei centri periferici di spesa e la diffusione delle best practices. Tuttavia, si noti che gi il d.lgs. 56/2000 aveva lo scopo di rendere le singole Regioni maggiormente responsabili del proprio vincolo di bilancio e della bont del loro sistema: e la sua attuazione si rivelata quanto mai difficile. In quello stesso articolato le risorse tributarie regionali venivano tendenzialmente collegate al reddito prodotto localmente: la dotazione finanziaria di ogni singola Regione risultava infatti necessariamente influenzata dalla distribuzione della base imponibile, che allora come ora risulta squilibrata tra Nord e Sud del Paese. Gi allindomani dellemanazione del d.lgs n. 56/2000 era stato rilevato il rischio secondo cui le Regioni con un pi elevato livello di reddito avrebbero avuto maggiori risorse per lerogazione dei servizi pubblici aggiuntivi, inclusa lerogazione dei servizi sanitari (33). E vero che era ed previsto in ogni caso un riequilibrio territoriale attraverso un fondo perequativo, ma una volta attivato il fondo (e, per il settore sanitario, usciti dallempasse) non sar facile stabilire quali saranno le Regioni che potranno accedervi (o dovranno accedervi). Il terzo comma dellart. 119 della Costituzione indica che il fondo perequativo istituito per i territori con minore capacit fiscale per abitante: orbene, stabilire i criteri per questa minore capacit (minore del livello di capacit fiscale nella Regione pi ricca; minore del livello medio nazionale di capacit fiscale; minore del livello di capacit fiscale medio delle 3,5 o 7 Regioni pi ricche) diventa una discriminante per le effettive possibilit redistributive del meccanismo di finanziamento (34). 2. E cosa nota che le Costituzioni non sono sicuramente trattati di finanza pubblica e difficilmente indicano la lista completa degli strumenti necessari per realizzare gli obiettivi propri di un sistema di federalismo fiscale. La Costituzione italiana riformata nel 2001 non fa eccezione a questa regola: avendo indicato una pluralit di obiettivi non raggiungibili con un unico strumento, si deve ritenere che essa verr interpretata con il tradizionale e legittimo metodo del bilanciamento dei diritti e delle tutele. Dunque potrebbe essere ignorato (33) Cfr. FRANCESCO SPANDONARO, ANDREA RAFANIELLO, Le frontiere della sanit tra decentramento istituzionale e sperimentazioni gestionali, Convegno AIES, 2002. (34) PIERO GIARDA, Competenze regionali e regole di finanziamento: qualche riflessione sul federalismo fiscale in Italia, Relazione presentata al Convegno ISAE-SIEP, Roma, 14 dicembre 2005. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 259 qualche obiettivo e sar necessaria lintegrazione della lista dei criteri attuativi e dei corrispondenti strumenti. Se si deve ritenere che il rispetto della lettera m) dellart. 117 Cost. (individuazione dei Lep a livello statale) e le indicazioni di cui al comma 5 dellart. 119 Cost. (risorse aggiuntive e interventi speciali) sono obiettivi forti che non possono essere cancellati, si deve altres ammettere che questi sono anche obiettivi che non possono essere perseguiti solo con gli strumenti previsti dai commi 2 e 3 dellart. 119 (fondo perequativo; tributi ed entrate proprie e compartecipazioni ai tributi erariali) e richiamati dalla legge n. 42: tuttavia bisogna aggiungere che lindicazione in essa di criteri di finanziamento basati su indicatori di fabbisogno sono utili integrazioni alla lista degli strumenti proposta dalla Costituzione. Ancora una volta si vuole sottolineare, allora, limportanza capitale che avranno le disposizioni dei decreti attuativi, i quali dovranno non solo lavorare sulla riduzione della (elevata ed eccessiva) segmentazione delle fonti di finanziamento, ma potranno anche operare affinch sia data finalmente attuazione a quella delega inevasa dal 1997 relativa allemanazione di un testo unico sulla sanit: questo metterebbe chiarezza nella miriade di norme e meccanismi che riguardano il sistema e migliorerebbe lefficacia di ogni tipo di intervento. 3. Le norme federalistiche della riformata Costituzione vanno comunque a determinare differenziazioni nei caratteri dellofferta pubblica, nel trattamento dei cittadini ed anche nei livelli di spesa per abitante nelle varie Regioni, ma tale carattere un requisito fondamentale di un sistema di federalismo fiscale, il quale deve prevedere necessariamente lesistenza di qualche differenziazione: senza differenziazione, infatti, non cՎ sistema di federalismo fiscale; diversamente non si dovrebbe usare la parola federalismo. Ora, occorre considerare che la regionalizzazione del sistema sanitario ha gi introdotto una notevole situazione di variabilit con differenze, oltre che sul piano organizzativo, sulla redazione dei conti consuntivi; sulla predisposizione dei sistemi di contabilit regionali, sullapplicazione dei meccanismi di compensazione (effettuati a posteriori e tardivamente), etc. Queste situazioni hanno generato e continuano a generare disuguaglianze nellerogazione delle prestazioni, ripercuotendosi sullefficacia dei servizi sanitari: infatti, nella pratica, i livelli di assistenza vengono erogati fondamentalmente in funzione delle capacit organizzative delle singole regioni, anche a parit di finanziamento. La legge n. 42/2009 va ad incidere solo sul finanziamento del servizio e non tocca, se non indirettamente, lassetto organizzativo e gestionale; ma se mancano buona organizzazione e buona gestione ovvero una amministrazione efficiente, difficilmente pu avere buoni effetti il federalismo: la riprova sta in ci che accaduto allindomani dellemanazione del d.lgs 56/2000. E pur vero comunque che se si hanno pi risorse lorganizzazione ne trae giovamento e viceversa (con una organizzazione pi efficiente, infatti, si liberano risorse). Tuttavia il rinnovamento del Ssn non potr derivare soltanto dalla necessit di sanare i 260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 bilanci regionali, ma dovr essere giocoforza associato ad una riorganizzazione e riprogrammazione del servizio stesso: sono la buona programmazione e la buona organizzazione, infatti, ad incidere sul buono stato dei bilanci e soprattutto della spesa. 4. E cosa nota che in un sistema di federalismo fiscale sono necessarie regole volte a limitare la possibilit di continue e ripetute ingerenze dello Stato nelle materie assegnate alla competenza legislativa regionale. Pi precisamente, la teoria sul federalismo fiscale insegna che una appropriata struttura di finanziamento deve essere definita in relazione al diverso potere di ingerenza del governo centrale nellattivit degli organi decentrati. Quindi lingerenza potr essere massima per le attivit che devono sottostare al principio della uniformit delle prestazioni e per gli interventi di cui al comma 5 dellart. 119 (risorse aggiuntive ed interventi speciali per favorire leffettivo esercizio dei diritti della persona) e sar corrispondentemente minore per quelle attivit rientranti nella competenza concorrente e per quelle governate dal regime della competenza esclusiva delle Regioni. Di conseguenza laddove minore il grado di ingerenza ammissibile, sar maggiore il ricorso a fonti di entrata propria e allesercizio dellautonomia impositiva e sar minore lintensit della perequazione della capacit fiscale. Laddove il grado di ingerenza pi elevato saranno meno cogenti le ragioni per lutilizzo di tributi propri e per lesercizio dellautonomia tributaria: non si pu escludere il ricorso a tributi propri o a compartecipazioni, ma essi non svolgerebbero alcuna utile funzione, visto che lo Stato dovrebbe comunque finanziare le differenze fino al pieno pagamento dei costi delle prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale. E dunque non si pu escludere in queste circostanze, nonostante lapparente impedimento del comma 3 dellart. 119 (lespressione senza vincoli di destinazione), lapposizione di vincoli di destinazione sulle risorse trasferite. Il punto che, al momento, i tributi propri (lo strumento ritenuto capace di generare comportamenti virtuosi negli amministratori regionali) hanno comunque un ruolo assai limitato in relazione ai molti vincoli posti sulla autonomia finanziaria (si pensi al patto di stabilit): ci di cui si sente la necessit e su cui si dovr operare in futuro la previsione di concreti incentivi a trovare innovazioni significative in campo tributario. 5. Merita sottolineare, da ultimo, che bisognerebbe limitare il rischio dellanteposizione dei vincoli interni gestionali e finanziari allinteresse dei cittadini: si pensi al sistema con il quale le Regioni attuano il governo della mobilit passiva (che sarebbe il movimento in denaro in uscita da una Asl verso laltra o da una regione verso laltra) a compensazione di prestazioni sanitarie erogate. In un Paese come il nostro dove i confini regionali sono solo amministrativi facile trovare situazioni di attrazione o di fuga dei pazienti in funzione dellofferta di servizi: e ci accade soprattutto nelle zone di confine. Le Regioni pi efficienti e con maggiore risorse possono infatti stimolare le LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 261 Asl frontaliere ad organizzare i servizi in modo da favorire la mobilit attiva. Da un lato ci incoraggia meccanismi di concorrenza tra Asl delle Regioni efficienti, ma dallaltro ci pu comportare una offerta di servizi mediocre da parte di altre Regioni (limitrofe o meno) meno efficienti, le quali a fronte di una offerta pi vantaggiosa presente altrove (magari non molto lontano da casa) vanno ad ignorare linteresse dei pazienti che pur hanno contribuito con la fiscalit a sostenere i servizi sanitari della loro regione. Si noti, allora, che talune situazioni negative oggi registrabili non potranno cambiare con lintroduzione del federalismo fiscale perch le norme del d.lgs n. 42/2009 non potranno incidere su quelle Regioni incapaci di modificare strutturalmente i propri servizi, quelle che si limitano ad attuare meccanismi di compensazione in denaro, ovvero scelgono una soluzione di basso profilo, omettendo di formulare una vera politica sanitaria (35) e minando leffettivo esercizio del diritto alla salute. (35) In alcuni sistemi federali si cercato di contemperare lesigenza di assicurare lassistenza sanitaria con quella di contenere e programmare la spesa, attuando le c.d. economie di scopo. Al fine di arginare la variabilit della spesa si prevedono limiti alla libert di scelta del cittadino in quanto si collega la gratuit del servizio solo ad alcune aree geografiche, mentre si disincentiva il ricorso a cure sanitarie al di fuori delle medesime aree geografiche. La positivit di tale misure risiede nella determinazione delle prestazioni in base alla popolazione di riferimento, nelle economie di scala, nella concentrazione delle conoscenze mediche, tecniche ed amministrative nelle strutture, nel dare maggiore certezza agli investimenti, etc. Cfr. PIETROMANZI, Federalismo diseguale: la via italiana ad un servizio sanitario federale, in Care, I, 2009, pag. 24. 262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Il dottorato di ricerca al servizio della pubblica amministrazione Prospettive alla luce della riforma Brunetta Ennio La Placa* Col decreto legislativo emanato il 27 ottobre 2009, n. 150, il Governo ha dato attuazione alla legge delega n. 15/2009, concernente disposizioni in materia di ottimizzazione della produttivit del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Il decreto rappresenta un ulteriore passo a completamento della riforma della pubblica amministrazione, meglio nota come riforma Brunetta, dal nome del Ministro che lha voluta. Il tema che si vuole trattare ed analizzare attiene alla modifica, disposta dal recente decreto (d.lgs. 150/2009), dellart. 28 del d.lgs. n. 165/2001 (c.d. Testo unico sul pubblico impiego), che ha introdotto il dottorato di ricerca, come requisito alternativo, per laccesso alla dirigenza pubblica di seconda fascia (1) e, in generale, sul ruolo che il dottorato di ricerca pu svolgere nellambito delle pubbliche amministrazioni. ComՏ noto, il dottorato di ricerca, titolo accademico post lauream, rappresenta il pi alto grado di istruzione universitaria, pi esattamente il terzo ciclo di istruzione universitaria secondo il Bologna Process del 1999 (2). Esso venne introdotto nellordinamento universitario italiano con la legge n. 28 del 1980, che delegava al Governo il riordinamento della docenza universitaria e la relativa fascia di formazione nonch la sperimentazione organizzativa e didattica. La legge prevedeva la valutabilit del dottorato di ricerca soltanto nellambito della ricerca scientifica (3). (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) Cos dispone il secondo comma del nuovo art. 28 del d.lgs. n. 165/2001, derubricato Accesso alla qualifica di dirigente della seconda fascia: Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio o, se in possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dellistruzione, delluniversit e della ricerca, almeno tre anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per laccesso alle quali richiesto il possesso del diploma di laurea. (2) Il Processo di Bologna un processo di riforma a carattere europeo che si propone di realizzare entro il 2010 uno Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore. Il 19 giugno 1999 ventinove Ministri dell'Istruzione del Consiglio dEuropa hanno sottoscritto a Bologna un accordo, noto come la Dichiarazione di Bologna. (3) Art. 8 legge n. 28/1980. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 263 Questa disposizione veniva ribadita e rafforzata nel D.P.R. n. 382 del 1980, sul riordino della docenza universitaria: il predetto D.P.R., derubricando lart. 68 Istituzione del dottorato di ricerca, consacrava il titolo nellordinamento universitario italiano e lo riteneva valutabile unicamente, cos espressamente veniva detto, nellambito della ricerca scientifica. Pertanto, lo svolgimento di programmi di ricerca, da parte del dottorando, doveva essere riconosciuto solamente in ambito universitario, segno questo di uninterpretazione, per certi versi restrittiva, del concetto di ricerca scientifica, esclusivamente legata al mondo universitario. E necessario dire che laccesso al corso di dottorato consentito senza limitazioni di et o cittadinanza per coloro che sono in possesso di laurea o di analogo titolo accademico conseguito allestero, preventivamente riconosciuto dalle autorit accademiche, anche nellambito di accordi interuniversitari di cooperazione e di mobilit (4). Per laurea si intende quella quadriennale o quinquennale (magistrale o specialistica), se del nuovo ordinamento (5). Nel 1984, con la legge n. 476, il legislatore modific alcuni articoli del D.P.R. n. 382/1980 (6) e sanc la possibilit, per il dipendente pubblico ammesso ai corsi di dottorato di ricerca, di essere collocato, a domanda, in congedo straordinario per motivi di studio, senza assegni o con borsa di studio nel caso in cui si trovasse nelle condizioni di poterne usufruire. Con tale legge, i dipendenti pubblici ammessi ai corsi di dottorato, videro affermato il loro diritto al mantenimento del posto di lavoro ed anche la progressione di carriera, il trattamento di quiescenza e di previdenza, ma non la retribuzione economica. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 201 del 1995, aveva interpretato le finalit della disposizione del 1984 nel senso di rendere effettiva la ricerca scientifica, interesse costituzionalmente rilevante (art. 9 Cost.). Il legislatore del 1998, con la legge n. 210 recante Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo, ha dettato una nuova disciplina per il dottorato di ricerca che sembra ampliare gli ambiti di esercizio dellattivit di dottorato (7). Innanzitutto, si prevede che il corso per il conseguimento del dottorato di ricerca pu essere svolto presso universit, enti pubblici o soggetti privati e che le universit possono attivare corsi di (4) Cos dispone lart. 5 del decreto ministeriale 30 aprile 1999 del Ministero dellUniversit e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (Regolamento in materia di dottorato di ricerca). (5) Per nuovo ordinamento universitario si intende quello introdotto nellanno accademico 2001/2002 (laurea triennale di primo livello e laurea specialistica di due anni), emanato a seguito del Processo di Bologna. (6) Pi esattamente sono stati modificati gli artt. 71, 73 e 75 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382. (7) Viene prevista espressamente (art. 6 l. 210/1998) labrogazione dellart. 68 del D.P.R. n. 382/1980 (Istituzione del Dottorato di ricerca). 264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dottorato mediante convenzione con soggetti pubblici e privati in possesso di requisiti di elevata qualificazione culturale e scientifica e di personale, strutture ed attrezzature idonee, ma viene ribadito a chiare lettere il fine che si prefiggono i corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca: forniscono le competenze necessarie per esercitare attivit di ricerca di alta qualificazione. La collocazione della suddetta disposizione nella legge che disciplina il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo, indubbiamente, configura un dottorato di ricerca incardinato e valorizzato per lo pi in ambito universitario (lUniversit il luogo titolato, per eccellenza, allesercizio dellattivit di ricerca di alta qualificazione), ma la possibilit di svolgere la ricerca, durante il corso, presso altri enti pubblici o, addirittura, per la prima volta, presso soggetti privati, apre indubbiamente le frontiere di un ricerca scientifica proiettata ed applicata anche in altri campi, non solo quello universitario (8). Viene previsto, inoltre (questo senza dubbio laspetto pi importante della legge del 1998 con riguardo alla questione che stiamo trattando), che: la valutabilit dei titoli di dottorato di ricerca, ai fini dellammissione a concorsi pubblici per attivit di ricerca non universitaria, determinata con uno o pi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro, di concerto con gli altri Ministri interessati. Il legislatore nazionale amplia il panorama entro cui pu esercitarsi la ricerca scientifica e prevede la possibilit di valutare il dottorato di ricerca, seppure attraverso una preciso procedimento, per attivit di ricerca non universitaria. Se da un lato viene chiarito lobiettivo e la funzione del dottorato di ricerca, dallaltro si d la possibilit di valutarlo per altri fini. Siamo in presenza di un cambio di rotta, quindi, rispetto a ci che prevedeva la legge n. 28 del 1980, istitutiva del dottorato di ricerca nel nostro Paese. Il decreto ministeriale n. 224 del 1999, adottando i criteri generali ed i requisiti di idoneit delle sedi ai fini dellistituzione dei corsi di dottorato di ricerca, conferma quanto detto dal legislatore nel 1998 e cio che: la formazione del dottore di ricerca, comprensiva di eventuali periodi di studio allestero e stage presso soggetti pubblici e privati, finalizzata allacquisizione delle competenze necessarie per esercitare attivit di ricerca di alta qualificazione. Un significativo cambiamento avvenuto nel 2001, quando con la legge (8) Il titolo di Dottore di ricerca d accesso al mondo della ricerca scientifica prevalentemente in ambito accademico ma, secondo una tendenza che va sempre pi rafforzandosi, anche nelle strutture produttive e in centri di ricerca autonomi (Universit degli Studi di Milano); Il Dottorato intende formare studiosi ed esperti che possano svolgere unattivit altamente qualificata in strutture di ricerca e allinterno di enti pubblici e privati (Sp.i.s.a. Universit degli Studi di Bologna). LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 265 n. 448, integrando lart. 1 comma 2 della l. 476/1984 si stabil che: in caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio o di rinuncia a questa, linteressato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dellamministrazione pubblica presso la quale instaurato il rapporto di lavoro. Qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con lamministrazione pubblica cessi per volont del dipendente nei due anni successivi, dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodo. Lattivit di ricerca svolta dal dipendente pubblico ammesso ai corsi di dottorato viene considerata attivit lavorativa - tranne nel caso in cui richiesta la valutazione del servizio c.d. effettivo (9) - e, senza dubbio, il legislatore ha inteso cos dare un valore diverso al dottorato di ricerca, non pi inteso unicamente per conseguire attivit di ricerca di alta qualificazione e titolo essenziale per laccesso alla docenza universitaria, ma considerato anche una risorsa importante conseguita dal dipendente pubblico e messa al servizio della pubblica amministrazione; dalla ricerca scientifica - solo universitaria - svolta nel corso del triennio, si passa cos alla ricerca applicata, allazione diretta per il soddisfacimento degli interessi pubblici. La giurisprudenza ha anche negato lesercizio di poteri discrezionali da parte della p.a. nella concessione del congedo straordinario o dellaspettativa retribuita, valutando come interesse preminente, nella comparazione degli interessi pubblici, quello della ricerca scientifica (10). E stato anche affermato che, nel caso in cui il dipendente pubblico cessasse lattivit di dottorato prima del suo completamento, non grava nei confronti dello stesso lobbligo di ripetere le somme percepite (11), semmai il dovere di riassumere immediatamente servizio presso la sede di titolarit (12). La prima sezione del Consiglio di Stato nel 2002 ha, inoltre, detto che: Lart. 52, 57 comma, l. 28 dicembre 2001 n. 448, volto ad agevolare la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca da parte di dipendenti pubblici mediante la previsione di forme di congedo straordinario, deve essere interpretato nel modo pi estensivo, cos da trovare applicazione anche nei confronti dei lavoratori a tempo determinato ai sensi dellart. 2, 30 comma, l. 14 novembre (9) Nei casi in cui una norma o un bando di concorso preveda quale requisito di partecipazione ad un concorso un determinato periodo di servizio effettivo presso una p.a., non pu essere ad esso equiparata lattivit svolta presso unaltra amministrazione con una qualifica diversa, n lattivit svolta per la partecipazione ai corsi di dottorato di ricerca; infatti, lo svolgimento dellattivit di dottorato non assimilabile al servizio effettivo, che si caratterizza per lo svolgimento di funzioni inerenti allo status, Consiglio di Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7590. (10) Consiglio di Stato, sez. I, 30 ottobre 2002, n. 3250. (11) Consiglio di Stato, sez. VI, 27 gennaio 1997, n. 108. (12) Circolare MIUR 4 novembre 2002, n. 120, in tema di congedo straordinario per dottorato di ricerca ex art. 2 legge 476/1984. 266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 1995 n. 481. Lart. 9 bis del d.lgs. n. 303 del 1999 - introdotto dal d.lgs. n. 343 del 2003 - ha istituito il personale dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lottavo comma, lett. b), del suddetto articolo, ha previsto che al concorso riservato ai dipendenti pubblici possono partecipare anche coloro che sono in possesso del dottorato di ricerca, purch abbiano ricoperto funzioni dirigenziali, o equiparate, presso la presidenza, in un determinato periodo di tempo indicato dalla legge. Non vi dubbio che si tratta di una fattispecie particolare e, per certi aspetti, marginale; la disposizione si applica ai dipendenti pubblici anche in possesso di dottorato di ricerca, ma che abbiano ricoperto funzioni dirigenziali presso la presidenza in un preciso e limitato periodo di tempo. Tuttavia, risulta evidente come il legislatore abbia voluto valorizzare il dottorato di ricerca ai fini dellammissione a concorsi pubblici per attivit di ricerca non universitaria. Il Consiglio di Stato nel 2006 (13) ha affermato in merito che: Lart. 9 bis, 8 comma, lett. b) d. lgs. n. 303/1999, non individua due distinte categorie di candidati al concorso riservato ai dipendenti pubblici per linquadramento nel ruolo del Consiglio dei Ministri, potendo partecipare, a tale concorso, esclusivamente coloro che siano stati incaricati di funzioni dirigenziali, o equiparate, presso la presidenza, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della l. n. 137/2002 ed il 1 gennaio 2003 e, inoltre, siano muniti di laurea e hanno unanzianit di almeno cinque anni di servizio in posizioni funzionali per laccesso alle quali richiesto il diploma di laurea o, in alternativa, alla suddetta anzianit possiedano sia il diploma di laurea sia il diploma di specializzazione o il dottorato di ricerca o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri. E stato, inoltre, detto che: Nelle procedure concorsuali o selettive pubbliche, ai sensi dellart. 5 d.m. 30 aprile 1999 n. 224 e dellart. 3 d.m. 3 novembre 1999 n. 509 il dottorato di ricerca un titolo differenziato e superiore alla laurea; pertanto illegittima la valutazione della commissione giudicatrice che non consideri questo titolo (14). La promozione della ricerca scientifica, come dello sviluppo della cultura, uno dei principi fondamentali della Costituzione, che impegna lo Stato democratico al fine di favorire la crescita civile della comunit nazionale; pu considerarsi un diritto-dovere, attribuito alla Repubblica, anche per realizzare in coerenza con quanto affermato allart. 3 lesigenza fondamentale di rimuovere gli ostacoli che limitano la libert e luguaglianza dei cittadini. Il rango costituzionale della ricerca non ne indica, per, il perimetro di (13) Consiglio di Stato, sez. I, 01 febbraio 2006, n. 3101/05. (14) Consiglio di Stato, sez. II, 22 febbraio 2006, n. 2505/04. LEGISLAZIONE ED ATTUALITA 267 esercizio e gli ambiti di destinazione, pur nel generale riconoscimento di protagonisti e fruitori che lUniversit come si detto la sede prima e pi naturale. Levoluzione legislativa sopra descritta, riguardante il dottorato di ricerca, segue un percorso culturale e di elaborazione propositiva in linea con le istanze e gli impulsi degli apparati produttivi ed organizzativi della societ contemporanea. Gi il Consiglio Europeo straordinario di Lisbona del marzo 2000 (15) aveva individuato la ricerca come elemento generatore di sviluppo economico, occupazione e coesione sociale chiedendo, tra laltro, di promuovere la mobilit dei ricercatori e ponendo ai vari Stati la questione della valorizzazione della conoscenza a fini economici e sociali. La riforma della pubblica amministrazione non pu non considerare le esigenze di modernizzazione del Paese e, ponendo al centro della propria azione, i cittadini da soddisfare nelle loro richieste di servizi essenziali e di buon governo, prefigura un esigente supplemento di qualit e di efficienza. La promozione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni diventano momenti di particolare valore e significato al fine di conseguire gli attesi risultati di miglioramento del funzionamento e delle realizzazioni dellapparato burocratico. LUniversit, che ha un ruolo decisivo nel formare e selezionare il capitale umano pi qualificato, pu e deve avere un ruolo strategico per garantire alle pubbliche amministrazioni un accesso di personale qualificato e motivato con la possibilit di configurarsi come centro di formazione permanente per la dirigenza pubblica. Pare possibile ipotizzare, in conclusione, a un rapporto sinergico tra Universit e Pubblica Amministrazione e i dottori di ricerca potrebbero essere un gancio di collegamento, figure di raccordo mentre la ricerca non correrebbe alcun rischio di impoverimento uscendo dalla propria sede accademica perch andrebbe incontro allazione, alla traduzione nel concreto, a un pi visibile servizio alla comunit civile. La strada sembrerebbe tracciata, ed opportuno percorrerla con la dovuta gradualit e con le necessarie innovazioni legislative, ma anche oltre il dottorato di ricerca. (15) Il Consiglio europeo straordinario tenutosi a Lisbona il 23 ed il 24 marzo 2000 ha stabilito per lUnione Europea un obiettivo strategico che prevede, tra laltro, una politica attiva delloccupazione che attribuisca una pi elevata priorit allattivit di apprendimento lungo tutto larco della vita. R E C E N S I O N I AA.VV., a cura di F. GIAMPIETRO (*), Commento alla direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti. Quali modifiche al Codice dellambiente? (IPSOA, 2009, pp. V-XXI-288) Non sfuggito ai primi commentatori della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive - pubblicata sulla GUUE n. L 312 del 22 novembre 2008 - che tale atto normativo, in vigore in sede comunitaria a partire dal 12 dicembre 2008 (art. 42), rappresenta il nuovo scenario nella disciplina europea (e di quella futura) sulla produzione e gestione dei rifiuti, da prendere in considerazione nei 27 Paesi dellUnione. Composta di 43 articoli e di 5 Allegati, si qualifica quale punto di arrivo (ma provvisorio) di un processo di elaborazione pluriennale - a partire dal 2002 - delloriginaria direttiva 75/442/CEE e della sua codificazione, definita con la (vigente) direttiva 2006/12/CE sui rifiuti, di cui dispone labrogazione a partire dalla data del 12 dicembre 2010 (art. 41, par. 1), unitamente alle direttive 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 75/439/CEE sugli oli usati, in essa riassorbite. Entro quella stessa data, gli Stati membri sono tenuti a dare ad essa attuazione (art. 40, par. 1). Pi precisamente, la nuova disciplina ha aperto, contemporaneamente, due cantieri legislativi, uno comunitario, per le tante previsioni di interventi integrativi ed esecutivi delle sue molteplici prescrizioni (un vero e proprio work in progress anche per la Commissione) ed uno interno, cui dovr attendere il legislatore nazionale dei Paesi membri (e quindi il nostro Legislatore, gi alle prese con precedenti interventi correttivi del T.U.A., vigente dal 29 aprile 2006 ..., cfr., da ultimo, la legge-delega n. 69/2009). (*) Franco Giampietro, titolare di Studio Legale Ambientale in Roma, gi Magistrato ordinario (sino al 1994); Fondatore e condirettore Rivista Consulenza Ambientale (ora Ambiente & Sviluppo) dellIPSOA. Presidente Associazione Giuristi ambientali (www.giuristiambientali.it). Autore di volumi e pubblicazioni in materia ambientale. Docente universitario a contratto. 270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Indiscussa lopportunit di un contributo interpretativo parallelo di natura giuridica e tecnica per consentire al lettore di riesaminare le problematiche giuridiche (cui sono dedicati otto degli undici capitoli del volume) alla stregua di puntualizzazioni integrative di concetti o criteri di valenza tecnicoscientifica, gli Autori del volume (F. GIAMPIETRO, D. RTTGEN, G. GARZIA, F. BENEDETTI, M. MEDUGNO, A. BORZ, A. MURATORI, V. GIAMPIETRO, A.L. VERGINE) hanno concordato di suffragare lesame dei possibili significati delle nuove regole, tenendo in considerazione: a) la fase preparatoria pluriennale (2002 - 2007) del testo della direttiva, quale scaturisce da una serie di documenti, provenienti per lo pi dalla Commissione, predisposti a partire dal Sesto Prograrama comunitario dazione in materia di ambiente, adottato il 22 luglio 2002 dal Parlamento e dal Consiglio, con decisione n. 1600/2002/CEE; b) il dibattito e, a volte, la contrapposizione delle proposte, tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo, nel corso dei lavori preparatori, sviluppatisi nellarco di quasi tre anni e che hanno condotto alla versione definitiva della direttiva, sottoponendo a vaglio loriginaria proposta della Commissione COM 2005 (667); c) gli orientamenti fondativi della Corte di Giustizia, formatisi sui nodi essenziali della direttiva 75/442/CE e succ. modifiche (per es., su ci che rifiuto e ci che non lo perch sottoprodotto; sulle definizioni di recupero e riciclaggio; sulla distinzione tra smaltimento e recupero ecc.) per verificare se ed in che misura siano stati convalidati ovvero risultino superati dai nuovi precetti. d) N, infine, poteva mancare unanalisi fondata sul confronto testuale tra il dettato della nuova direttiva (e delle specifiche direttive in essa assorbite) e quello della direttiva 2006/12/CE, mirato a cogliere, accanto alle varianti letterali, illuminate da 49 premesse (...), nonch obiettivi, scadenze ed istituti nuovi, che evidenziano una pi penetrante attuazione dei principi di tutela ambientale del Trattato, troppe volte invocati in termini generali e, soprattutto, generici. In sintesi, la direttiva in commento apparsa caratterizzata dalle seguenti linee di tendenza: 1) Si coglie la realizzazione di uneffettiva semplificazione legislativa del quadro comunitario vigente in materia di produzione e gestione di rifiuti, pur tenendo conto delle disposizioni transitorie sulla sua data di entrata in vigore. E sufficiente qui richiamare le nuove definizioni (di recupero, smaltimento, riciclaggio ecc.), contenute nellart. 3; la pi duttile nozione di rifiuto, ove comparata con quelle del sottoprodotto e della materia prima secondaria, a valle del recupero (e del riciclaggio) ex artt. 5 e 6. 2) Si rileva, inoltre, laccentuazione della tutela preventiva nella produzione oltre che nella gestione dei rifiuti, sia con disposizioni vincolanti (come RECENSIONI 271 quelle sul riutilizzo dei prodotti ovvero sulla preparazione per il riutilizzo, nonch sui programmi di prevenzione, ex artt. 29-33), sia con disposizioni programmatiche, che, in applicazione del principio della valutazione del ciclo integrale della vita di un prodotto (il c.d. life cycle analysis), e quindi del suo processo produttivo), ne considera i carichi energetici e ambientali, nelle varie fasi di vita. 3) Va, infine, sottolineato un approccio metodologico pi duttile (oltre che pi articolato) del nuovo regime rispetto a quello codificato con prescrizioni rigide ed astratte dalla direttiva 2006/12/CE, citata. Nello stesso senso, si consideri che lentrata a regime della nuova disciplina si radica sulla (prevista) continuativa collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione, necessaria per integrare alcuni precetti e regole tecniche. Si tratta di un regime che, pur con le sue luci (e le sue ombre ...) si caratterizza come un work in progress, nel quale gli Stati membri sono (forse con un tasso maggiore che nel passato ...) corresponsabili del suo successo o del suo fallimento, soprattutto rispetto allobiettivo di uneffettiva armonizzazione delle regole nel mercato unico ... Le ultime osservazioni giustificano la necessit, avvertita dai Coautori del presente volume di esaminare i possibili effetti della direttiva commentata (e di quella sulla tutela penale dellambiente: 2008/99/CE) sulla vigente disciplina del D.Lgs. n. 152/2006 (Parte IV) e su quelle connesse in materia di flussi specifici di rifiuti. Una volta raggiunta una determinata interpretazione delle nuove prescrizioni comunitarie, le si sono messe a confronto con la corrispondente normativa interna al fine di verificarne limpatto... Cos da offrire al Legislatore nazionale (essendo i lavori in corso ... tramite apposita Commissione) una prima proposta di modifica-integrazione delle disposizioni vigenti del T.U.A. per adeguarle alla direttiva 2008/98/CE, tenendo in considerazione anche i profili penalistici, di cui alla direttiva 2008/99/CE sulla protezione penale dellambiente, che investe i profili sanzionatori, configurando ipotesi di delitti ambientali e la responsabilit degli enti. D O T T R I N A Lazione risarcitoria nel processo amministrativo dopo la legge n. 69/09 Andrea Carbone* SOMMARIO: 1. Lart. 44 L. 69/09 e loggetto del processo amministrativo - 2. Lo stato dellazione risarcitoria - 3. Pregiudiziale e processo amministrativo - 4. La L. 69/09 e la possibile evoluzione della tutela risarcitoria. 1. Lart. 44 L. 69/09 e loggetto del processo amministrativo Lart. 44 della Legge 18 giugno 2009 n. 69 ha previsto una delega al Governo per il riassetto della disciplina sul processo amministrativo: la lett. b) del 2 co. del citato articolo 44 sancisce infatti che i decreti legislativi emanati in base alla delega devono disciplinare le azioni e le funzioni del giudice: 1) riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni; 2) riordinando i casi di giurisdizione estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non pi coerenti con lordinamento vigente; 3) disciplinando, ed eventualmente riducendo, i termini di decadenza o prescrizione delle azioni esperibili e la tipologia dei provvedimenti del giudice; 4) prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa. La portata della norma tale da far ritenere che il legislatore delegato possa attuare una riforma determinante per il nostro ordinamento processuale. Il numero 4) della lettera b), infatti, disciplinando tutte le tipologie di azione, (*) Dottorando in Diritto amministrativo presso lUniversit degli Studi di Roma La Sapienza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 pone le basi per il superamento della tradizionale articolazione delloggetto giudizio amministrativo sullimpugnazione di un provvedimento, unimpostazione risalente alla stessa istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato. E noto infatti che con la legge Crispi del 1889 il legislatore non aveva ben chiaro di aver creato una vera e propria giurisdizione amministrativa, che si affiancava a quella ordinaria: nella Relazione dellUfficio centrale del Senato, difatti, si evidenziava che il nuovo istituto non un tribunale giudiziario speciale o eccezionale, ma rimane nella sfera del potere esecutivo (...). E lo stesso potere esecutivo ordinato in modo da tutelare maggiormente gli interessi dei cittadini. Daltro canto fu la fortuna che cos si riguardasse la cosa perch, in caso diverso, la riforma tanto fondamentale per il nostro ordinamento giuridico molto probabilmente sarebbe stata irrimediabilmente condannata (...): un sindacato di carattere giurisdizionale, con il potere di sospendere prima e di annullare o revocare atti dellamministrazione, sarebbe parso contrastante con i concetti [allora] dominanti sulla divisione e lindipendenza dei poteri, quale insopportabile ingerenza giurisdizionale sulla pubblica amministrazione, capace di paralizzarne lattivit (1). Solo con listituzione della V sezione nel 1907 la dottrina inizi a prendere coscienza del carattere giurisdizionale di questo tipo di controversie. Di conseguenza, si inizi lentamente a considerare quale oggetto del giudizio non gi latto impugnato, quanto il rapporto sottostante; processo, invero, non ancora del tutto concluso, anche se proprio nellultimo decennio si assistito ad una considerevole spinta in tal senso, come si vedr. I limiti infatti di un processo incentrato sullazione di annullamento emergono soprattutto quando si tratta di valutare lammissibilit di azioni diverse da quella impugnatoria. La stessa elaborazione dellinteresse legittimo quale situazione giuridica di carattere sostanziale (2), pienamente tutelata, secondo lart. 24 Cost. al (1) SCIALOIA, Come il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale, in Riv. Dir. Pubbl. 1931, I, p. 410. (2) In tal senso si noti come in Francia, dove lo sviluppo della giustizia amministrativa stato molto simile a quello intervenuto nel nostro Paese, il giudizio si conserva come strettamente oggettivo proprio in ragione della mancata elaborazione di una situazione giuridica sostanziale che legittimi il privato a ricorrere: infatti, per adire il juge administratif occorre la mera sussistenza di un interesse (processuale). Secondo G. NAPOLITANO (a cura di), Diritto amministrativo comparato, in Corso di diritto amministravo, IV, diretto da S. CASSESE Milano, 2007, p. 294, il sistema francese si connota da sempre per limpronta oggettiva del suo contentieux administrif. () Lampiezza della legittimazione al recours pour excs de pouvoir, la sua indisponibilit da parte del ricorrente una volta promosso, linformalit che dovrebbe caratterizzarlo, la rilevabilit dufficio da parte del giudice di alcuni motivi di illegittimit (i moyen dodre public), sono tutti caratteri che esprimono la valenza di un controllo oggettivo del diritto di questo tipo di rimedio. DOTTRINA 275 pari del diritto soggettivo, solo a fatica riuscita a scalfire loriginaria concezione del processo amministrativo, trovando peraltro ostacoli anche nelle espressioni utilizzate dalle poche norme in materia, quali lart. 26 (decidere sui ricorsi () contro atti e provvedimenti di unautorit amministrava) e lart. 45 (se accoglie il ricorso () annulla latto) del T.U. Cons. St, nonch lart. 26 della L. 1034/71 (il Tribunale amministrativo regionale () se accoglie il ricorso () annulla latto). Come giustamente si rilevato (3), si tratta ora di verificare se questa origine della giurisdizione amministrativa sia tale da escludere che una volta che quel potere di annullamento confluito nella giurisdizione detta di legittimit, questa non possa atteggiarsi altrimenti per sua intima essenza che come giurisdizione di annullamento, oppure se il sindacato interno sul modo di esercizio del potere possa essere invocato anche attraverso una domanda diversa da quella dellannullamento di un atto amministrativo che si assuma viziato. Per quanto concerne in particolare le azioni di condanna, un primo timido accenno in tal senso nel giudizio amministrativo si trova nellart. 26 della L. 1034/71, secondo cui il g.a. nelle materie relative ai diritti attribuiti alla sua competenza esclusiva e (rectius o) di merito pu condannare lamministrazione al pagamento delle somme di cui risulti debitrice. Le altre pretese, invece, potevano trovare soddisfazione solo davanti al giudice ordinario, previo, se del caso, annullamento dellatto lesivo (4). Recentemente lart. 35 del d.lgs. n. 80 del 31 marzo 1998 aveva previsto, nelle materie dei servizi pubblici, delledilizia e dellurbanistica, devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a., la possibilit di disporre anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. Tale norma stata poi modificata dalla L. 205/00, che ha esteso il riferimento a tutte le materie oggetto di giurisdizione esclusiva, per questa parte non censurata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204/04. La stessa legge, inoltre, seguendo lindirizzo giurisprudenziale della Cass., Sez. Un., n. 500 del 22 luglio 1999, ha riformato il 3 co. dellart. 7 della L. 1034/71, stabilendo che il T.A.R., nellambito della sua giurisdizione [dunque anche di legittimit], conosce anche di tutte le questioni relative alleventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in Anche A. MASUCCI, Il processo amministrativo in Francia, Milano, 1995, p. 32, rileva che nel ricorso per eccesso di potere il ricorrente non invoca un suo diritto (son droit), ma difende il Diritto (le Droit); ed ancora, il processo per eccesso di potere non un processo tra le parti, ma un processo fatto allatto; al giudice non viene chiesta la condanna di qualcuno, ma lannullamento di qualcosa. Al giudice, cio, viene richiesto (solo) di riconoscere lillegittimit di un atto amministrativo e di pronunciare, conseguentemente, il suo annullamento. (3) CAIANIELLO, Le azioni proponibili e loggetto del giudizio amministrativo, in Foro amm, 1980, p. 854. (4) In tal senso cfr. R. CARANTA, Linesistenza dellatto amministrativo, Milano, 1990, 99. 276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali. E stata cos introdotta in definitiva lazione risarcitoria per lesione di interessi legittimi. Inoltre, tra le azioni di condanna ad un facere specifico, stata introdotta la condanna allaccesso ai documenti della P.A. (art. 24 L. 241/90) nonch lazione avverso il silenzio inadempimento (art. 21 bis L. 1034/71 come modificata dalla L. 205/00). Lampliamento delle azioni proponibili davanti al g.a., aveva gi portato la dottrina pi attenta (5) a ritenere maturi i tempi per il superamento dellimpostazione tradizionale, mediante la concezione di una pluralit di oggetti del giudizio diversi a seconda della pretesa richiesta. Ci non significa che accanto alloggetto principale, ci possa poi essere un oggetto ulteriore, possiamo dire eventuale, connesso alla diversa pretesa, quella risarcitoria, fissata dal terzo comma dellart. 7 della legge istitutiva del TAR (). Lesigenza di assicurare leffettivit della tutela viene pesantemente mortificata da una ricostruzione delloggetto del giudizio amministrativo della giurisdizione generale, nei termini che si sono appena prospettati (6). Nel tentativo poi di unificare le differenti pretese oggettive, questa teorizzazione si richiama allantica ricostruzione delloggetto del giudizio amministrativo quale linteresse legittimo fatto valere (7), nonch alla pi recente concezione che ravvisa nel rapporto amministrativo loggetto del giudizio (8), per concludere che loggetto della giurisdizione di legittimit la (5) Si veda in tal senso A. POLICE, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, Padova, 2001. (6) A. POLICE, La pluralit delle pretese, unicit dellazione e oggetto del processo amministrativo, in Giudice amministrativo e tutela in forma specifica a cura di A. ZITO e D. DE CAROLIS, Milano, 2003, pp. 18-19. (7) O. RANELETTI, Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, Milano, 1934, p. 161 e pp. 391 ss.; U. BOSSO, La giustizia amministrativa, Padova, 1941, pp. 204 ss.; U. FORTI Diritto amministrativo, vol. III, Napoli, 1945, pp. 551 ss.; G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1958, vol. I, pp. 186 ss., vol. II, pp. 178 e 201 ss. (8) M.S. GIANNINI, A. PIRA, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei rapporti nei confronti della pubblica Amministrazione, in Enc. Dir., vol. XIX, Milano, 1970, p. 225; M.S. GIANNINI, La giustizia amministrava, Roma, 1959, p. 184, secondo cui loggetto del processo amministrativo non differisce dalloggetto del giudizio civile, ed la pretesa o affermazione o domanda o come altro la si voglia qualificare (a seconda dellordine concettuale di teoria generale che si voglia seguire) dellamministrato. E costui che determina il contenuto della domanda giudiziale, e quindi il contenuto del processo e della correlativa pronuncia. Questo non significa che il processo amministrativo sia identico al processo civile; significa solo che non differisce in quanto alloggetto. Se differenze vi sono, esse provengono da altri fattori, dei quali principali sono due: che il petitum (loggetto della domanda giudiziale) obbligato e consiste solo nella richiesta di annullamento dellatto impugnato, e che questo un provvedimento amministrativo, ossia un atto dotato di imperativit. Anche L. TARANTINO, Lazione di condanna nel processo amministrativo, Milano, 2003, p. 104, ritiene che la materia del contendere dinanzi al giudice amministrativo riguardi il pi ampio rapporto esistente tra cittadino ed amministrazione. Infatti, se un posto di primaria importanza spetta alla posizione sostanziale del privato, che agendo reclama lintervento del giudice, non per questo pu essere obliterato linteresse pubblico. DOTTRINA 277 pretesa fatta valere del ricorrente. La mutata ampiezza e consistenza dei poteri decisori del giudice () , infatti, arricchisce inevitabilmente il contenuto della domanda giudiziale il cui oggetto diventa la riparazione della lesione di una situazione giuridica del ricorrente che arrechi a questultimo un danno ingiusto (9), tanto da far parlare di una rinnovata giurisdizione di legittimit che prenderebbe il nome di giurisdizione di spettanza. A questi progressi della dottrina si per finora contrapposta la prevalente giurisdizione, ferma nel ribadire la tradizionale impostazione impugnatoria del giudizio amministrativo (10). 2. Lo stato dellazione risarcitoria Lelaborazione di unazione risarcitoria per lesione di un interesse legittimo ha avuto un iter lungo e travagliato, in parte legato allevoluzione della struttura stessa del processo amministrativo. E noto infatti come negli anni 20 del secolo ormai trascorso, la giurisprudenza discusse su quale dovesse essere il criterio da adottare per il riparto della giurisdizione tra g.o. e g.a., se il petitum ovvero la causa petendi. La definitiva opzione per questultima comport limpossibilit di esperire la c.d. doppia tutela, cio di poter adire, anche cumulativamente, il g.a. per lannullamento dellatto e il g.o. per il risarcimento dei danni, a prescindere dalla situazione giuridica dedotta in giudizio. Tale impostazione gett le basi per un diniego della tutela risarcitoria del caso di lesione di interesse legittimo, poich da un lato il g.o. non poteva conoscere tali situazioni giuridiche soggettive, e peraltro, riteneva sussistere il danno ingiusto ai sensi dellart. 2043 solo laddove fosse stato leso un diritto soggettivo; dallaltro canto il g.a. non aveva la competenza a pronunciare una sentenza di condanna nei confronti della P.A., salva lipotesi del pagamento di somme di denaro di cui lamministrazione risultasse debitrice (art. 26, co. 3, L. 1034/71). Lunico caso in cui il risarcimento del danno poteva essere accordato si verificava quando, a seguito dellannullamento di un atto da parte del g.a. (appunto pregiudiziale), la situazione giuridica di interesse legittimo (neces- (9) A.POLICE, Pluralit delle pretese, cit., p. 28. (10) Cons. St., Ad. Plen., n. 12 del 22 ottobre 2007, ove si afferma che il legislatore , infine, pervenuto a stabilire, con formula che privilegia le ritenute esigenze di concentrazione dei giudizi, il criterio della consequenzialit - evidentemente inteso a confermare la priorit del processo impugnatorio e in vista della prevalenza dellinteresse collettivo al pronto e risolutivo sindacato dellagire pubblico e in vista della convenienza, per la collettivit, dellesercizio del sindacato stesso secondo criteri e modalit che, essendo positivamente propri del giudizio di annullamento, da esso non consentono di prescindere - ed il criterio della eventualit del risarcimento del danno arrecato allinteresse legittimo, criterio rafforzato dalla diversa prescrizione in tema di giurisdizione esclusiva e che, perci, non solo esclude automatismi ma impone i predetti apprezzamenti specifici, possibili soltanto allorch sia in causa, siccome suo oggetto principale e diretto, il provvedimento, con le sue ragioni ed i suoi effetti. 278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 sariamente oppositivo), riacquisiva la consistenza di diritto soggettivo secondo la nota teoria della degradazione dei diritti a interessi per effetto dellesercizio del potere legittimando il privato ad esperire lazione ex art. 2043 davanti al g.o; nelle limitatissime ipotesi, inoltre di cui il legislatore aveva previsto la tutela aquiliana per gli interessi legittimi (11), la relativa azione andava proposta al g.o. solo previo annullamento dellatto amministrativo invalido di fronte al g.a. Tale situazione che in definitiva comportava per la P.A. una sostanziale irresponsabilit nei confronti dei danni arrecati per lesione di interesse legittimo pretensivo (12) fu superata, dopo i ripetuti richiami della dottrina, dalla giurisprudenza della Suprema Corte con la nota sentenza a Sezioni unite n. 500 del 22 luglio 1999: questa decisione, sulla base della constatazione che ormai per danno ingiusto ex art. 2043 non si intendeva pi quello derivante da una lesione di un diritto soggettivo, ma anche di interessi (legittima aspettativa, perdita di chance) non qualificabili nemmeno come situazioni giuridiche soggettive, reput irragionevole continuare a negare la tutela risarcitoria per linteresse legittimo (che invece una situazione giuridica vera e propria, tutelata, peraltro, dalla stessa Costituzione); a rafforzare tale conclusione si aggiungeva anche lintroduzione, da parte dellart. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, dellattribuzione al g.a. del potere di condanna al risarcimento del danno, anche in forma specifica, in sede di giurisdizione esclusiva (sebbene in un primo momento solo in relazione alle materie dei servizi pubblici, urbanistica ed edilizia), che rendeva ingiustificato il diniego di tutela laddove vi fosse, invece, la giurisdizione di legittimit. Conseguentemente, lazione risarcitoria stata assoggettata alle strette maglie del processo amministrativo. Lintroduzione di una siffatta azione, come si gi peraltro accennato, ha rimesso in discussione i principi tradizionali del giudizio di legittimit, modulato sullinteresse pubblico, in quanto essa si basa sullinteresse del cittadino e su logiche di spettanza (13). La positiva soluzione della risarcibilit degli interessi legittimi, per, lungi dal comporre definitivamente la questione, comport invece una serie di problemi in merito principalmente legati alla determinazione del giudice competente in materia. La sentenza della Cassazione, nellammettere la tutela (11) L. n. 142 del 19 febbraio 1992. (12) Cos F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2006, pp. 78 ss. Cui si rinvia per la tematica dellevoluzione giurisprudenziale e legislativa del risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo. (13) Cos F.F. TUCCARI, Annullamento dellatto e processo amministrativo risarcitorio, Napoli, 2004, p. 9; G. FALCON, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimit e giudizio di spettanza, in La tutela dellinteresse al provvedimento a cura di ID (Atti del Convengo di Trento, 9-10 novembre 2000), Trento, 2001. DOTTRINA 279 risarcitoria, si espresse in favore del g.o., salvi i casi di giurisdizione esclusiva, sul presupposto della concezione della pretesa risarcitoria come diritto soggettivo autonomo. Sanc, inoltre, lesclusione della subordinazione di tale azione al previo esperimento dellazione di annullamento davanti al g.a, potendo il g.o. comunque disapplicare latto amministrativo illegittimo ai sensi dellart. 5 all. E della L. 2248/1865. Tale assetto, peraltro, non era destinato a durare a lungo, in quanto il legislatore del 2000 (14) mut il quadro di riferimento, non solo estendendo a tutti i casi di giurisdizione esclusiva la previsione dellart. 35 del d.lgs. 80/98, ma anche stabilendo, al 3 co. dellart. 7 della L. 1034/71, che il T.A.R., nellambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative alleventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, in tal modo attribuendo in ogni caso al g.a. la giurisdizione in materia. Conseguentemente, lazione risarcitoria veniva assoggettata alle strette maglie del processo amministrativo tradizionalmente strutturato sullazione impugnatoria. Il Consiglio di Stato in sede di Adunanza plenaria (15) afferm che, in forza della nuova situazione configurata dal legislatore del 2000, lesercizio dellazione risarcitoria, sia in sede di giurisdizione di legittimit che esclusiva, doveva subordinarsi al previo esperimento dellazione demolitoria del provvedimento fonte del danno ingiusto, come peraltro gi sostenuto dalle Sezioni semplici. Successivamente la giurisprudenza amministrativa ebbe modo di precisare che il risarcimento ben poteva essere chiesto in separato processo, entro il termine di prescrizione quinquennale decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza che annulla latto illegittimo (16), ma resta comunque ferma la necessaria pregiudizialit dellazione impugnatoria (17). In un primo tentativo di sottrarre lazione risarcitoria alla necessit della (14) Ci si riferisce alla l. 205 del 21 luglio 2000. Per unanalisi pi approfondita si rimanda a V. CERULLI IRELLI (a cura di), Verso il nuovo processo amministrativo, Torino, 2000, pp. 33 ss.; R. CARANTA Attivit amministrativa e illecito aquiliano. La responsabilit della P.A. dopo la L. 21 luglio 2000, n. 205, Milano, 2001, pp. 51 ss. (15) Cons. St., Ad. Plen., n. 4 del 26 marzo 2003. (16) Cons. St., Ad. Plen., n. 9 del 16 novembre 2005; Cons. St., Ad. Plen. n. 2 del 9 febbraio 2006, secondo cui la regola della concentrazione, davanti al giudice dellimpugnazione, anche della cognizione della pretesa riparatoria, non conduce ad una diversa soluzione, quando la controversia sul risarcimento sia prospettata con autonomo, e successive ricorso, ossia dopo che il giudizio sul provvedimento si sia concluso e la relativa decisione sia passata in giudicato. Ed, invero, il nesso fra illegittimit dellatto e responsabilit dellautorit amministrativa che lo ha posto in essere, non ha diversa natura, n meno stretto o di diversa intensit se le due questioni dibattute quella di non conformit a legge della misura autoritaria e quella di responsabilit per i danni che ne sono derivati sono esaminate e risolte in unico o in separati giudizi. Dello stesso avviso Cons. St., Ad. Plen., n. 10 del 18 ottobre 2004. (17) Cons. St., Ad. Plen., n. 4 del 26 marzo 2003; Cons., St, sez. VI, n. 5995 del 16 settembre 2004. 280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 pregiudiziale amministrativa, le Sezioni Unite (18), proponendo uninterpretazione restrittiva dellinciso nellambito della sua giurisdizione, esclusero che la giurisdizione spettasse al g.a. laddove la domanda risarcitoria non fosse proposta contestualmente a quella di annullamento del provvedimento. In qual caso, competente a conoscere del risarcimento dei danni sarebbe stato il g.o, cos come, a maggior ragione, nel caso di questioni risarcitorie conseguenti allesercizio di attivit autoritative ma svincolate dalla necessit di impugnare un provvedimento, Non sfuggivano i limiti di tale teorizzazione; in tal modo, in sostanza si concepiva uno spostamento della giurisdizione per ragioni di connessione, istituto affatto sconosciuto nel nostro ordinamento, che lasciava al ricorrente la scelta del giudice da adire (19). Gi la Corte costituzionale aveva per avuto modo di precisare, con la fondamentale sentenza n. 204 del 6 luglio 2004, come il risarcimento del danno ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, non costituiva sotto alcun profilo una nuova materia attribuita alla giurisdizione del g.a., bens uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio. Tale posizione fu rafforzata e ulteriormente specificata con laltrettanto nota sentenza n. 191 dell11 maggio 2006, con la quale la Corte, pur non volendo esprimersi in merito alla natura della situazione giuridica sottesa alla pretesa risarcitoria, ovvero sulla natura (di norma primaria o secondaria) dellart. 2043 c.c., riconosceva al solo g.a. la competenza a conoscere del risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo. Conseguentemente, lAdunanza plenaria ribad la necessit della pregiudiziale amministrava, sia per ipotesi di interessi pretensivi, sia che si tratti di pretese risarcitorie concernenti diritti soggettivi affievoliti restituiti alla loro originaria consistenza (20). La Corte di cassazione, immediatamente intervenuta con le c.dd. tre ordinanze del 2006 (21), fece proprio lorientamento della Consulta, ribadendo che nel sistema normativo conseguente alla L. 205/00, in tema di tutela giu- (18) Cos Cass., Sez. Un., n. 1207 del 23 gennaio 2006, secondo cui la connessione legale tra tutela demolitoria e tutela risarcitoria subordinata alliniziativa del ricorrente, il quale resta libero di esercitare in un unico contesto entrambe le azioni passando attraverso il giudizio di ottemperanza per ottenere il risarcimento del danno, ovvero di riservarsi lesercizio separato dellazione risarcitoria dopo aver ottenuto lannullamento dellatto o del provvedimento illegittimo, proponendo la sua domanda al g.o., cui compete in via generale la cognizione sulle posizioni di diritto soggettivo. Contra Cons. St., Ad. Plen., n. 10/04 e 2/06. (19) Rilevano il problema MALINCONICO, Risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi: riparto di giurisdizione e rapporto tra tutela demolitoria e risarcitoria, in Dir. Proc. Amm., 2006, 4, p. 1050, e R. CONTI, Commento alla decisione n. 1207 del 2006, in Urb. e app., 2006, p. 419. (20) Cons. St., Ad. Plen., n. 2/06. (21) Cass., Sez. Un., ord. n. 13659 del 13 giugno 2006, la quale, superando la sua precedente im- DOTTRINA 281 risdizionale intesa a far valere la responsabilit della p.a. da attivit provvedimentale illegittima, la giurisdizione sulla tutela dellinteresse legittimo spetta, in linea di principio, al g.a., sia quando il privato invochi la tutela di annullamento, sia quando insista per la tutela risarcitoria in forma specifica o per equivalente, non potendo tali tecniche essere oggetto di separata e distinta considerazione ai fini della giurisdizione. Solo laddove lazione della P.A. non fosse riconducibile allesercizio di un potere ovvero si fosse in presenza di diritti c.d. incomprimibili la giurisdizione sarebbe stata del g.o. Questo assunto non comportava, per, anche la necessariet della pregiudiziale, in quanto deve escludersi la necessaria dipendenza del risarcimento dal previo annullamento dellatto illegittimo e dannoso, [cosicch] al g.a. pu essere chiesta la tutela demolitoria e, insieme o successivamente, la tutela risarcitoria completiva, ma anche la sola tutela risarcitoria, senza che la parte debba in tal caso osservare il termine di decadenza pertinente allazione di annullamento. Come rimedio per il ricorrente laddove i giudici di Palazzo Spada non si fossero uniformati a tale orientamento, la Cassazione configur il diniego di risarcimento per mancanza della previa impugnazione dellatto come questione di giurisdizione (come tale, ricorribile ex artt. 111, u. co., Cost. e 362 c.p.c.), perch il g.a. rifiutava di esercitare la giurisdizione che gli apparteneva. Il Consiglio di Stato, nonostante questa posizione delle Sezioni Unite, non mut, per, la propria giurisprudenza (22). Non pu non registrarsi, invero, come da tale indirizzo si siano discostate alcune pronunce del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana che, assecondando lorientamento degli ermellini, hanno negato la necessit della pregiudiziale, pur sostenendo, come del resto aveva suggerito la stessa Cassazione, che la mancanza della previa impugnazione possa essere postazione (ord. 1270/06) in merito alla giurisdizione del g.a., afferma che nel sistema normativo conseguente alla L. 205/00, in tema di tutela giurisdizionale intesa a far valere la responsabilit della P.A. da attivit provvedimentale illegittima, la giurisdizione sulla tutela dellinteresse legittimo spetta, in linea di principio, al g.a., sia quando il privato invochi la tutela di annullamento, sia quando insista per la tutela risarcitoria in forma specifica o per equivalente, non potendo tali tecniche essere oggetto di separata e distinta considerazione ai fini della giurisdizione. E siccome deve escludersi la necessaria dipendenza del risarcimento dal previo annullamento dellatto illegittimo e dannoso, al g.a. non pu essere chiesta la tutela demolitoria e, insieme o successivamente, la tutela risarcitoria completiva, ma anche la sola tutela risarcitoria, senza che la parte debba in tal caso osservare il termine di decadenza pertinente allazione di annullamento. Analogamente Cass., Sez. Un., ord. n. 13660 del 13 giugno 2006 e Cass., Sez. Un., n. 13911 del 15 giugno 2006. (22) Anche dopo le ordinanze delle Sezioni Unite, ritenevano ancora sussistente la regola della pregiudizialit: TAR Puglia, sez. Lecce, n. 3710 del 4 luglio 2006; Cons. St., sez. V, n. 5063 del 30 agosto 2006; Cons. St., sez. V, n. 4645 del luglio 2006; Cons. St., sez. IV, n. 2136 dell8 maggio 2007. Contra, per, Cons. St., sez. IV, n. 2822 del 31 maggio 2007; TAR Puglia, sez. Bari, n. 3786 del 24 ottobre 2006; TRGA, sez. Trento, n. 94 del 24 aprile 2008. 282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 valutata come comportamento negligente del danneggiato, rilevante ai fini del combinato disposto degli artt. 2056 e 1227, 2 co, c.c. per lesclusione parziale o totale del risarcimento (23). Questa soluzione, giustamente ritenuta compromissoria dalla dottrina (24), non appare per completamente convincente: non si pu infatti fare a meno di rilevare come pi volte la giurisprudenza civile abbia precisato che il dovere di ordinaria diligenza non implica lobbligo di iniziare unazione giudiziaria (25); sembra inoltre sfuggire ai giudici siciliani che, anche ragionando nei termini del 2 co. dellart. 1227, lonere della prova in merito alla riconducibilit del danno alla negligenza spetterebbe al danneggiante, cio alla P.A., mentre nelle pronunce richiamate il Consiglio ha in sostanza fatto applicazione di una sorta di presunzione al fine di escludere la risarcibilit del danno. Tale interpretazione comunque sembra essere stata disattesa da una successiva Adunanza plenaria (26), che, valorizzando il dato letterale dellart. 7 TAR (nonch dellart. 35 d.lgs. 80/98) sulla natura consequenziale dellazione risarcitoria, ha nuovamente escluso la possibilit di accordare la tutela risarcitoria in mancanza della previa impugnazione dellatto. Lultima parola, in questo dibattito fin ora senza risultato, stata della Suprema Corte che, con la pi recente sentenza n. 30254 del 23 dicembre 2008, ha ribadito, in un lungo obiter dicta, le posizioni gi espresse nelle tre (23) Cos Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., n. 386 del 18 maggio 2007, secondo cui in tutti i casi in cui la diligente proposizione e coltivazione di tale impugnazione avrebbe potuto evitare il danno o eliderne lentit la negligenza del danneggiato possa avere significativa rilevanza sulla definizione della domanda risarcitoria, che in tali casi potr essere in tutto o in parte disattesa alla stregua degli ordinari criteri civilistici in liquidazione del danno risarcibile ed in particolare del combinato disposto degli art. 2056 e 1227, 2 co., c.c.; analogamente si veda la pi recente Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. n.. 780 del 23 settembre 2008. Rileva giustamente R. VILLATA Ladunanza plenaria del Consiglio di Stato ritorna, confermandola, sulla c.d. pregiudiziale amministrativa, in Dir. Proc. Amm., 2008, 1, p. 302, come la questione andrebbe affrontata senza dar peso a profili di opportunit, in particolare di evitare costi per la p.a., mentre latteggiamento dei giudici siciliani sembra proprio di questo tenore. (24) Cos R. VILLATA, La Corte di Cassazione non rinuncia al programma di imporre al Consiglio di Stato le proprie tesi in tema di responsabilit della P.A. attribuendo la veste di questione di giurisdizione ad un profilo squisitamente di merito, nota a sentenza Cass., Sez. Un., n. 30254/08 in www.giustamm. it, p. 2. (25) Ex multis, Cass. n. 11364/02. (26) Cons. St., Ad. Plen., n. 12/07, dove si sostiene che sussiste il vincolo della c.d. pregiudiziale amministrativa, che richiede il previo annullamento dellatto amministrativo al fine dellammissibilit della domanda di risarcimento del danno dinanzi allo stesso Giudice amministrativo, perch: 1) il provvedimento amministrativo lesivo di un interesse sostanziale pu essere aggredito in via impugnatoria, per la sua demolizione, e consequenzialmente in via risarcitoria, per i suoi effetti lesivi, ponendosi, nelluno e nellaltro caso, la questione della sua legittimit; 2) non cՏ traccia, nella pronuncia della Corte Costituzionale, di alcun sospetto di illegittimit costituzionale, di siffatto disegno ed, anzi, sembra agevole inferirne il contrario; 3) diritto ed interesse, bench molto spesso partecipi di una assimilabile pretesa ad un c.d. bene della vita, sono situazioni soggettive fortemente differenziate; il secondo origina da un compromesso. DOTTRINA 283 ordinanze del 2006. Non per passato molto tempo che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 578 del 3 febbraio 2009, ha nuovamente ribadito la sua linea affermando la necessariet della regola della pregiudiziale (27). 3. Pregiudiziale e processo amministrativo Lassunto dal quale muovono la maggior parte delle pronunce dei giudici amministrativi per affermare la sussistenza della regola della pregiudizialit quello relativo alla natura del processo amministrativo come giudizio di carattere impugnatorio, strutturato cio sulla base dellazione di annullamento di un atto amministrativo. Tale posizione suscitava per non poche riserve gi prima della L. 69/09, alla luce dellintroduzione del ricorso avverso il silenzio, dellazione di nullit, del principio di atipicit delle misure cautelari, di nuovi mezzi di prova compresa la CTU, nonch, appunto, dellazione risarcitoria. Pur non potendosi negare, pertanto, che lazione impugnatoria esaurisca tuttora la stragrande maggioranza del contenzioso davanti al g.a., necessario tuttavia non sottovalutare la portata di queste innovazioni, volte a configurare un processo amministrativo avente ad oggetto, piuttosto che latto, il rapporto dedotto in giudizio. La giurisprudenza del g.a., invero, nellaffermare la regola della pregiudizialit, ha sempre posto laccento sulla sussidiariet dellazione risarcitoria rispetto a quella di annullamento, tale che i commendevoli contributi acquisiti, in sede dottrinale e giurisprudenziale, in tema di giudizio sul rapporto, non sembrano condivisibili ove approdino al disconoscimento della natura principalmente impugnatoria delle azioni innanzi al g.a., cui spetta non solo di tutelare linteresse privato ma di considerare e valutare gli interessi collettivi che con esso si confrontano e, non solo di annullare, bens di conformare lazione amministrativa affinch si realizzi un soddisfacente e legittimo equilibrio tra luno e gli altri interessi. Queste essenziali circostanze () sembrano spiegare e giustificare e la propriet dellazione impugnatoria, nel cui ambito soltanto possibile e doveroso esercitare computamente lanzidetto vaglio di legittimit nonch misurare spessore e valenza cos della dedotta situazione soggettiva come della denunciata lesione, e la posta consequenzialit rispetto a essa, dellazione risarcitoria (). Non si trascuri che il risarcimento del danno, oltre che conseguenziale previsto, nellambito della processualmente qualificante giurisdizione di legittimit, anche come eventuale, con un attributo, cio, che mentre di regola oggetto di ingiusta pretermissione, riassume e sottopone alla consapevolezza del giudice i travagli che le relative (27) Ai cui si ora aggiunta lordinanza di rimessione allAdunanza Plenaria del Cons. St., sez. VI, n. 2436 del 21 aprile 2009. 284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 norme hanno inteso risolvere e che, in dottrina, hanno persino indotto a configurare come speciale la figura in discorso(28). Anche parte della dottrina, inoltre, ha condiviso questo tipo di assetto (29). Sembra a chi scrive, invece, che la regola della pregiudizialit trovi le sue basi piuttosto che su un particolare atteggiarsi del processo amministrativo, sulla circostanza peraltro gi oggetto di unattenta analisi da parte della giurisprudenza (30) che il g.a. non ha il potere di disapplicare un atto amministrativo illegittimo, a differenza di quanto previsto per il g.o. dallart. 5 All. E L. 2248/1865, secondo cui le autorit giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti () in quanto siano conformi alle leggi. A questo riguardo si consideri, infatti, come i giudici amministrativi abbiano affermato non solo la possibilit di proporre lazione risarcitoria successivamente a quella di annullamento, ma anche a prescindere da questultima, nel caso in cui non sia necessaria al fine di conoscere dellillegittimit del provvedimento: ҏ chiaro infatti che nessun onere di previa impugnazione del provvedimento dannoso pu addossarsi al suo destinatario ove latto sia stato rimosso in sede amministrativa, in autotutela (31) o su ricorso di parte, oppure se il danno non prodotto dalle statuizioni costitutive nellatto ma materialmente causato dalle particolari modalit di sua esecu- (28) Cos Cons. St., Ad. Plen., n. 12/07. Dello stesso avviso Tar Piemonte, n. 4130 del 13 novembre 2006. (29) Secondo R. DE NICTOLIS, In difesa della pregiudizialit, in Foro it., 2007, pp. 3186 ҏ insito nel sistema costituzionale che latto illegittimo debba essere annullato, essendo lasciato alla legge ordinaria non gi il compito di stabilire forme di tutela che prescindano dallannullamento dellatto, ma solo di stabilire la tipologia di vizi che consentono lannullamento, e gli effetti dellannullamento medesimo. Sicch il risarcimento pu venire considerato come effetto dellannullamento, e pu essere previsto dalla legge ordinaria, e non come rimedio autonomo che prescinde dallannullamento (). Il potere del giudice amministrativo di conoscere del risarcimento del danno non unautonoma giurisdizione, in quanto rientra nei casi che sono gi di sua giurisdizione; il risarcimento del danno pertanto () unazione ulteriore ed eventuale, in quanto il giudice, nellambito della sua giurisdizione, conosce anche delleventuale risarcimento; sicch lazione risarcitoria non pu essere esercitata come azione unica, prescindendo da quella impugnatoria (salvo i casi in cui non vi sia un atto da impugnare, o latto sia gi stato annullato in altra sede). (30) Cos la stessa Ad. plen. n. 4/03, secondo cui lazione di risarcimento del danno pu essere proposta sia unitamente allazione di annullamento che in via autonoma, ma () ammissibile solo a condizione che si sia impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo e che sia coltivato con successivo il relativo giudizio di annullamento, in quanto la g.a. non dato di poter disapplicare atti amministrativi non regolamentari. Cos come Cons. St., sez. VI, n. 3338 del 18 giugno 2002, secondo cui lassenza di un potere di disapplicazione in capo al g.a., che pu solo conoscere in via principale atti amministrativi di natura non regolamentare e non anche disapplicarli, non costituisce argomento di carattere meramente processuale, ma assume una valenza sostanziale, in quanto strettamente collegato con il principio della certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico, al cui presidio posto il breve termine decadenziale di impugnazione dei provvedimenti amministrativi. (31) Cfr. anche Cons. St., n. 3338 del 18 giugno 2002 e TAR Campania, Napoli, sez. III, n. 10256 del 15 luglio 2004. DOTTRINA 285 zione (32), ovvero nel caso in cui il danno derivi da responsabilit precontrattuale (33); nonch nellipotesi che il provvedimento sia gi stato annullato a seguito di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o addirittura di ricorso giurisdizionale posto in essere da un soggetto diverso da colui che chiede il risarcimento. Ancora, e a maggior ragione, nel caso in cui il danno sia causato da un atto nullo secondo quanto prevede lart. 21 septies, stante limprescrittibilit della relativa azione, come da ultimo sostenuto dalla giurisprudenza (34). Infatti, se nel rapporto tra azione di annullamento e risarcimento del danno questultimo ad essere sottoposto a limiti meno ristretti (in quanto la relativa azione si prescrive in cinque anni, mentre quella impugnatoria sottoposta al termine decadenziale di sessanta giorni), nel caso del rapporto atto nullo/risarcimento del danno vale la regola opposta; il problema non sarebbe, cio, quello di poter esperire lazione risarcitoria quando non si pu pi far valere la nullit dellatto: vero invece il contrario, giacch la nullit potrebbe essere dichiarata anche quando non pu pi essere richiesto il risarcimento. Da quanto precisato si evince come lostacolo insormontabile per accordare al privato la tutela risarcitoria non sia rappresentato dallimpossibilit di unautonoma impugnativa, quanto piuttosto dallimpossibilit per il g.a. di conoscere dellillegittimit dellatto in via incidentale; ch, qualora questa non sia necessaria, nessun problema sussiste per lesperimento della sola azione risarcitoria. Laddove, per, il danno sia diretta conseguenza di un atto e lillegittimit di questo non sia stata acclarata precedentemente in sede giurisdizionale ovvero in altra sede, allora il g.a. si trova sprovvisto del potere necessario per conoscere di tale illegittimit (35), che rappresenta un elemento costitutivo dellillecito, in mancanza del quale la domanda non potr (32) Cos Cons. St., ad. plen., n. 9 del 30 luglio 2007, ove si precisa che nella controversia in esame, lomessa contestazione nel termine di decadenza da parte dei proprietari della dichiarazione di P.U. non spiega alcun rilievo giuridicamente apprezzabile, poich il danno giuridicamente rilevante in capo ad essi deriva dallirreversibile trasformazione e dalla mancata pronuncia del provvedimento traslativo. (33) Cons. St., sez. V, n. 7194 del 6 dicembre 2006. (34) Cons. St. sez. V, n. 2872 del 9 giugno 2008. (35) Cfr. L. GAROFALO, Eventualit del risarcimento del danno e pregiudizialit amministrativa, in www.giustamm.it, p. 7, secondo cui il risarcimento del danno, qualunque sia lopinione che si abbia a proposito della pregiudiziale amministrativa, dipende esclusivamente dallaccertamento dellinvalidit del provvedimento, essendo in esso implicito il riconoscimento della violazione di una situazione giuridica soggettiva protetta nella forma dellinteresse legittimo e dunque della riparabilit delle conseguenze pregiudizievoli al patrimonio e alla persona derivanti da siffatta violazione. Solo che quellaccertamento, in quanto necessariamente immanente allannullamento, per giunta capace di azzerare o restringere le conseguenze pregiudizievoli test indicate, si pu conseguire, in virt di una scelta del legislatore che non pecca di incoerenza, unicamente passando attraverso lannullamento del provvedimento invalido: che il pi delle volte sar quello giudiziale, ma potrebbe comunque essere quello derivante dalla fruttuosa instaurazione di un ricorso straordinario o amministrativo o dallesercizio della facolt di autotutela da parte dellamministrazione. 286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 che essere rigettata (si badi, non dichiarata inammissibile). Infatti il Consiglio di Stato ha ritenuto preclusa per il g.a. in sede di giurisdizione di legittimit la possibilit di disapplicare il provvedimento laddove invalido (36), non sussistendo alcuna disposizione normativa in tal senso, a differenza della pur simile situazione nella materia dellinvalidit delle delibere assembleari delle societ di capitali, dove lart. 2749 ter, 3 co., c.c. prescrive espressamente la salvezza del risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci e ai terzi nei casi in cui linvalidit non pu pi essere pronunciata a norma dei due commi precedenti. N sembra potersi accogliere quanto prospettato da parte della giurisprudenza amministrativa, secondo cui lautonomia dellazione non si pone in contraddizione con la preclusa possibilit di disapplicazione del provvedimento, in quanto disporre il rimedio risarcitorio per gli effetti prodotti dal provvedimento vuol dire proprio postulare la sua efficacia e non gi quindi la sua disapplicazione; n contraddice il dovere della P.A. e degli attori dellordinamento di agire nel rispetto di atti amministrativi efficaci, posto che il presupposto dellefficacia dellatto illegittimo esclusivamente il fatto che la P.A. lo abbia emesso e che non lo abbia ritirato (37). Tale assunto non sembra cogliere nel segno: infatti non vi alcun dubbio che leventuale danno sia stato determinato proprio dagli effetti prodotti dallatto; danno che, per, per essere risarcibile deve anche essere ingiusto, ch altrimenti sarebbe giuridicamente irrilevante. Appunto per lintegrazione di tale requisito e conseguentemente di tutta la fattispecie risarcitoria necessario accertare lillegittimit dellatto. In conclusione, limpossibilit di accordare il risarcimento determinata non dallinammissibilit della domanda, bens dalla mancata integrazione della fattispecie dannosa, con la conseguenza che la pretesa dovr essere rigettata in quanto non pu essere provata lingiustizia del danno. (36) Secondo la nota sentenza Cons. St., sez. V, n. 154 del 26 febbraio 1992, secondo cui il potere di applicazione del g.a. deve limitarsi agli atti regolamentari illegittimi, nonch agli atti non normativi solo laddove lesivi di diritti soggettivi (conseguentemente soltanto in sede di giurisdizione esclusiva). (37) Cons. St., sez. IV, n. 2822/07. Della stessa opinione R. GAROFOLI, La pregiudizialit: per un superamento regolato, in www.giustamm.it, n. 11/09, p. 5, secondo cui levidenziazione del difetto di un generale potere di disapplicazione in capo al giudice amministrativo non pare di per se sola decisiva, sol che si consideri lontologica diversit delle operazioni logiche compiute dal giudice che disapplica e da quello, invece, il quale, adito con unautonoma azione di risarcimento del danno, procede alla valutazione dellillegittimit dellatto reputato lesivo dallistante: questultimo, infatti, acclarata, sia pure incidenter e non principaliter, lillegittimit della determinazione provvedimentale, non la considera tamquam non esset ai fini della decisione, ma al contrario pone la stessa determinazione, nella sua riscontrata contrariet allordinamento, a fondamento, non certo esclusivo, della decisione di condanna. Latto, quindi, lungi dallessere disapplicato, accantonato pertanto ai fini della decisione, concorre nella costruzione di quel quadro di elementi, oggettivi e soggettivi, necessari perch possa reputarsi integrata la fattispecie di responsabilit dellamministrazione. DOTTRINA 287 4. La L. 69/09 e la possibile evoluzione della tutela risarcitoria In questo quadro si inserisce la legge n. 69/09. Occorre allora valutare come possa trovare attuazione la delega in merito allazione risarcitoria. La necessit che il legislatore preveda espressamente unazione autonoma, non subordinata al previo annullamento dellatto illegittimo, unesigenza che non pu essere pi disattesa se si vuole accordare al privato vittorioso il sostanziale soddisfacimento dei propri interessi, anche in considerazione della piena attuazione dellart. 24 Cost. Pur tuttavia non bisogna sottovalutare i possibili problemi che deriverebbero da una siffatta soluzione. Pi volte si infatti ripetuto che la possibilit per il privato di chiedere unicamente la tutela risarcitoria e, per leffetto, il mancato annullamento del provvedimento comporterebbe di fatto un duplice danno per la P.A. (38), in quanto da un lato sarebbe costretta a risarcire il danno, senza che per sia avvenuto, per contro, il ripristino della legalit dellazione amministrativa. La dottrina ha avuto modo di precisare come in realt in molte ipotesi il costo dellannullamento possa risultare molto pi ingente rispetto a quello del mero risarcimento: si pensi al caso della ripetizione di un concorso pubblico. A quello dellannullamento di un piano regolatore gi approvato, o a quello di un appalto pubblico, quando le prestazioni siano gi in tutto o in parte eseguite: in questi casi () non si pu negare che sarebbe decisamente pi conveniente, per la finanza pubblica, risarcire i singoli (pochi) privati e mantenere in vita i provvedimenti adottati(39). Senza considerare che la scarsit di risorse pubbliche non dovrebbero in alcun modo andare a detrimento delle tutela giurisdizionale (40). Pi difficile superare lobiezione, sollevata da attenta dottrina, che con lammissibilit del risarcimento anche a prescindere dallannullamento del- (38) Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 603 dell8 febbraio 2001, secondo cui vi sarebbe un duplice danno per la collettivit () di unazione amministrativa scorretta ormai acquisita e di una sia pur parziale duplicazione dei relativi oneri. (39) Cosi M. ALLENA, La pregiudiziale amministrativa fra annullamento e tutela risarcitoria, in Dir. proc. amm., 2006, 1 p. 132. Dello stesso avviso C. VARRONE La pregiudizialit amministrativa; un mito in frantumi, in www.giustamm. it , p. 2, secondo cui pu accadere che un sano pragmatismo talvolta in grado di tutelare meglio la stessa amministrazione. Basta pensare gli effetti devastanti, sul piano finanziario, che derivano dallazzeramento delle procedure pubblicistiche per la realizzazione di fondamentali opere infrastrutturali, che sarebbe possibile in qualche caso evitare con un modesto risarcimento a favore del contrinteressato, il cui terreno ad esempio, stato interessato dal provvedimento ritenuto illecito e che, frattanto, stato sospeso dal giudice amministrativo. In una recente indagine del Sole24ore era detto che il costo per la realizzazione delle opere pubbliche subisce un aumento medio del 30% a causa del contenzioso giudiziario e dei ritardi che in tal modo si accumulano. (40) Come correttamente rileva A. ZITO, Il danno da esercitare illegittimo della funzione amministrativa. Riflessioni sulla tutela dellinteresse legittimo, Napoli, 2003, p.15. 288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 latto si rimette in sostanza allinteressato la possibilit di scegliere tra chiedere al giudice di assicurare uneffettiva giustizia nellamministrazione e quella di lasciare in vita una situazione di ingiustizia sostanziale, purch (41) il proprio interesse economico venga soddisfatto. E chiaro, infatti che il privato valuter esclusivamente il proprio interesse nelleffettuare tale scelta; n sembra venire in aiuto il combinato disposto degli artt. 2056 e 1227, 2 co., c.c., perch come sopra si detto lonere della prova dellevitabilit del danno sarebbe alla P.A.. In considerazione di tali obiezioni sembra che leventuale previsione di unazione risarcitoria autonoma debba essere subordinata allinserimento di tre disposizioni, volte ad evitare che la tutela degli interessi privati si risolva in un pregiudizio eccessivo per la P.A. sar pertanto necessario: - un termine non eccessivamente lungo entro il quale lazione possa essere esperita, di modo da non minare la certezza dellazione amministrativa (42). - una deroga espressa per tutte quelle situazioni la cui particolare delicatezza richieda necessariamente il previo esperimento dellazione di annullamento (43). - la limitazione al risarcimento per equivalente, non essendo possibile accordare la reintegrazione in forma specifica laddove latto sia rimasto efficace. Solo in tal modo la tutela degli interessi privati trova un effettivo contemperamento dellinteresse pubblico. (41) M.A. SANDULLI, Finalmente definitiva certezza sul riparto di giurisdizione in tema di comportamenti e sulla c.d pregiudiziale amministrativa?, in www.giustamm.it, p.4. Cos anche V. CESARONI, Le ragioni (anche) dellinteresse pubblico per un diritto sempre ragionevole, su Rass. Avv. Stato, n. 3/09, p. 1. (42) Si veda Cons. St., sez. VI, n. 2436/09, che nel rimettere, come si detto, alladunanza plenaria la questione della pregiudizialit, ha evidenziato una possibile incompatibilit con lart. 81 ult. co., poich unazione risarcitoria svincolata dal termine di decadenza dellazione impugnatoria determina, insieme alla riapertura di un consistente contenzioso da tempo definito, un aggravio ed una imprevedibilit di costi, impedendo una corretta programmazione della spesa pubblica. (43) Si pensi ad es., in materia di pubblici appalti, al rischio di comportamenti collusivi tra il primo ed il secondo classificato della procedura selettiva, laddove si accordino per la non impugnazione dellaggiudicazione e per la richiesta di risarcimento danni, determinando una grave lesione dellinteresse pubblico. Rileva il problema anche V. CESARONI, Le ragioni (anche ) dellinteresse pubblico, cit., p. 1. DOTTRINA 289 La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo In attesa dellattuazione della direttiva ricorsi n. 2007/66 e del nuovo Codice del processo amministrativo Alfonso Mezzotero* PREMESSA GENERALE - Lart. 245 del Codice dei contratti pubblici ha introdotto (nei commi da 3 a 8) la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, indipendente dalla previa introduzione del giudizio di merito (in tal senso, appunto, ante causam, ossia preventiva o pura, che non accede al ricorso introduttivo, n formulata con atto separato e successivo, ma destinata ad essere delibata dal giudice nellambito di un processo incentrato esclusivamente sulla valutazione della sussistenza o meno dei presupposti per la concessione della misura richiesta). Nel lavoro che segue vengono illustrate le ragioni della introduzione del nuovo strumento processuale nel nostro ordinamento processuale amministrativo, decisamente determinata (rectius: imposta) dallinfluenza della giurisprudenza comunitaria nella definizione di un sistema cautelare capace di tutelare adeguatamente le posizioni soggettive di derivazione comunitaria anche innanzi ai giudici nazionali, che, peraltro, si erano gi mostrati sensibili a questopera di tendenziale ampliamento delle cautele giurisdizionali apprestate al ricorrente privato nei confronti dellagire (e del non agire) amministrativo. La disciplina del nuovo rimedio di tutela preventiva se, per taluni aspetti, appare modellata sulle corrispondenti norme dettate dal codice di procedura civile, per altri se ne differenzia notevolmente in ragione delle peculiarit del processo amministrativo ( il caso, ad esempio, del procedimento inaudita altera parte, della non impugnabilit del provvedimento negativo e dei rimedi, azionabili anche dufficio, avverso il provvedimento di interinale e provvisorio di accoglimento). Il che suggerisce di esaminare i profili comuni e differenziali tra i due procedimenti, quale necessaria premessa della successiva analisi della (*) Avvocato dello Stato. Il presente scritto, presentato al Convegno Le novit del processo amministrativo, tenutosi a Castrovillari il 31 gennaio 2009, costituisce una rielaborazione ed aggiormento del saggio redatto dallA. dal titolo Il riparto di giurisdizione e gli strumenti di tutela nel codice degli appalti, cap. XXXIX del volume Il nuovo codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Commentario sistematico (a cura di F. S AITTA), Cedam, 2008. In un successivo scritto, di prossima pubblicazione su questa Rassegna, lA. tratter il tema della tutela cautelare secondo la legge di delega per la codificazione del processo amministrativo ed alla luce delle disposizioni della bozza di Codice del processo amministrativo. 290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 disciplina codicistica, della quale vengono evidenziati i diversi nodi problematici, che la prassi applicativa sar chiamata a sciogliere, proprio al fine di rendere coerente il nuovo strumento a quelle esigenze di effettivit della tutela giurisdizionale che ne hanno imposto lintroduzione nel nostro ordinamento processuale amministrativo. Laccento cade sulla immediatezza e rapidit della tutela, che comporta in primis la garanzia di una tutela cautelare immediata, con lattribuzione al giudice della cautela del potere di adottare ogni misura necessaria ad impedire che il giudizio di merito sia inutiliter datum. Principio che deve, in ogni caso, necessariamente armonizzarsi con quello di garanzia del contraddittorio e di ontologica specialit del processo amministrativo, il quale verte pur sempre sulla tutela del primario interesse pubblico, che impone di evitare che il giudice amministrativo possa adottare una qualsiasi misura (anche provvisoria ed interinale) sulla base di un accertamento sommario e senza che almeno un contraddittore (P.A. o controinteressato) sia stato avvisato o messo in condizione di costituirsi. In altri termini, le ragioni del ricorrente abbisognevole di tutela cautelare non possono comportare lazzeramento del diritto di difesa in nome dellesigenza del principio di immediatezza della risposta giudiziale alle istanze giurisdizionali. In questa direzione si analizzano gli esiti del dibattito sulla tutela cautelare nel processo amministrativo e sulla sua (irrinunciabile) interinalit e strumentalit rispetto allazione di merito, opportunamente confermata dal legislatore delegato, a fronte di tendenze legislative (si vedano le recenti riforme del processo cautelare civile e del processo societario) che sembrano configurare una tutela cautelare non proprio rigorosamente interinale. Particolare attenzione, in questo contesto, verr dedicata allesame dei limiti sistematici del processo in atto di civilizzazione del giudizio amministrativo e delle difficolt di una sua armonizzazione con le norme del codice di procedura civile, spesso chiamate in soccorso, ma che rispondono a logiche del tutto diverse, il che fonte di ulteriori incertezze che investono il ruolo stesso del giudice amministrativo. Del resto, il processo amministrativo, diversamente dal processo civile, diretto solo a dirimere una controversia, deve essenzialmente mirare ad assicurare che, anche nella sua azione futura, lAmministrazione conformi il proprio operato alle regole di diritto e di buona amministrazione enunciate dalla sentenza. Detto altrimenti, il giudice amministrativo non chiamato solo alla definizione del rapporto controverso, ma ad assicurare la giustizia nellamministrazione, in specie attraverso la tutela caducatoria e lindicazione alla P.A. delle regole per il futuro modus agendi: si tratta dei noti compiti conformativi dellazione amministrativa affidati al giudice amministrativo e che non possono essere demandati alla pronuncia cautelare, la quale deve mantenere la sua non autosufficienza rispetto al giudizio di merito, nonostante le recenti novit DOTTRINA 291 intervenute prima nel diritto societario (d.lgs. n. 5/2003) e poi, in generale, nella disciplina processualcivilistica (l. n. 80/2005). Allesito di tale indagine non poche perplessit emergono sulleffettivit utilit del nuovo strumento, non fossaltro per la sua sostanziale sovrapposizione agli altri strumenti cautelari ordinari (ossia intra litem), che continuano ad essere privilegiati dai ricorrenti (ad oggi, le richieste di concessione di misure cautelari ante causam risultano davvero piuttosto limitate). In particolare, il rimedio introdotto dal Codice non sembra divergere effettivamente dallistituto della tutela presidenziale delineata dallart. 21, comma 9, l. TAR, che presenta caratteristiche affini a quelle della tutela cautelare ante causam e che meglio si cala nei meccanismi tipici del processo amministrativo. In chiave critica, viene posta in discussione lopinione di chi ritiene che la nuova tutela cautelare, segnata da un alto tasso di celerit, informalit e snellezza, sia destinata ad accrescere il livello di effettivit della tutela, rappresentando la delibazione dellistanza ante causam un momento di filtro del contenzioso amministrativo utile a deflazionare i ricorsi alla giustizia amministrativa, perch ladozione di un provvedimento di diniego adeguatamente motivato dissuaderebbe i privati dalla proposizione di ricorsi meramente dilatori e defatiganti. Se ci in linea teorica pu avere un fondamento, tuttavia, in senso contrario occorre considerare lonere, che grava sullistante, di rappresentazione, sia pur sintetica, delle ragioni poste a fondamento della richiesta; sicch, con ogni probabilit, il giudice, che dovr giudicare iuxta probata et alligata, non sar in grado, data anche la ristrettezza dei tempi, di offrire una motivazione particolarmente ampia, specie sul fumus (ove lo si ritenga costituire presupposto per la concessione della misura, ad onta della formulazione normativa di cui al comma 3 dellart. 245). Dal che consegue, per un verso, che quella particolare funzione di indirizzo dellattivit amministrativa - propria della tutela cautelare ordinaria - pu, dirsi, riguardo alla tutela cautelare ante causam, decisamente abbandonata; per altro verso che listituto non svolger nella pratica alcuna effettiva funzione deflattiva e di filtro; ovvio intendere che una misura negativa non adeguatamente motivata, non dissuader il ricorrente dal riproporre listanza cautelare nelle forme ordinarie. Quale considerazione conclusiva si rileva che listituto, pi che rispondere ad uneffettiva esigenza di giustizia, il portato di un obbligo di adeguamento dello Stato ai rilievi formulati in sede comunitaria e, alla prova dei fatti, potrebbe risultare di scarso impatto pratico, poich le forme di tutela anticipata - seppur non ante causam - appaiono costituire sufficiente garanzia. Rispetto alla tutela cautelare monocratica di cui allart. 21, comma 9, l. TAR, il nuovo rimedio nulla effettivamente aggiunge, limitandosi il legislatore ad esasperare i presupposti per la concessione della misura, fissando 292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dei requisiti di accesso alla tutela difficilmente riscontrabili in concreto. Sar, quindi, compito dellelaborazione giurisprudenziale disegnare i confini tra lestrema gravit ed urgenza e leccezionale gravit ed urgenza, facendo oscillare il pendolo della tutela cautelare sulluno o sullaltro polo, ma, considerato il ristretto spazio concettuale tra lestremo e leccezionale, si pu fondatamente prevedere la schiacciante prevalenza di uno dei due strumenti a discapito dellaltro. Per di pi, sullutilit del nuovo strumento cautelare sembra destinata profondamente ad incidere la nuova Direttiva ricorsi 11 dicembre 2007, n. 66, che avrebbe dovuto essere attuata entro il 20 dicembre 2009, termine prorogato di novanta giorni per effetto della trasmissione dello schema di decreto legislativo attuativo al parere delle Commissioni parlamentari, ai sensi dellart. 1, comma 3, l. 7 luglio 2009, n. 88; infatti, la previsione dello standstill period per portare ad esecuzione il provvedimento di aggiudicazione e, soprattutto, leffetto sospensivo automatico del ricorso, contemplati dalla nuova direttiva, renderanno pressoch superfluo lintervento cautelare monocratico ante causam e inaudita altera parte, il cui abbandono non dovrebbe essere rimpianto da nessuno. In attesa che il decreto di recepimento della direttiva 2007/66 e, pi in generale, il nuovo codice del processo amministrativo chiariscano il ruolo dello strumento cautelare ante causam, lauspicio che, in sede di revisione dellart. 245 - necessaria anche in attuazione della delega di cui allart. 44 della legge comunitaria n. 88/2009 - listituto possa assolvere alla medesima funzione di effettiva strumentalit ed interinalit tipica ed irrinunciabile nel nostro sistema processuale amministrativo. Ma la questione, considerata la mancata indicazione nella legge delega dei principi e criteri direttivi in ordine ai presupposti di proponibilit dellistanza cautelare ante causam, non mancher di suscitare ulteriori dibattiti, fermo restando il prevedibile non utilizzo del rimedio, neppure a fronte della sua generalizzazione con la prossima entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo. ** *** ** SOMMARIO: 1. Introduzione ed ambito dellindagine. 2. Il quadro normativo di riferimento e le ragioni del superamento della sospensiva. 3. Il principio di effettivit della tutela e della necessaria pienezza dellintervento cautelare nella giurisprudenza evolutiva della Corte costituzionale. 4. Lo standard minimo di tutela cautelare nel processo amministrativo degli Stati membri imposto dalla Corte di Giustizia. 5. La legge n. 205/2000 di riforma del processo amministrativo positivizza la tutela cautelare atipica e propulsiva. Le tecniche del remand e le misure positive-sostitutive ed il loro vincolo conformativo sulla successiva azione amministrativa. 6. Il decreto presidenziale: la tutela cautelare provvisoria (intra litem). 7. Il decreto monocratico non costituisce uno strumento di tutela cautelare ante causam. 8. La nuova frontiera del giudizio cautelare: la tutela ante causam. Analisi dellevoluzione giuri- DOTTRINA 293 sprudenziale interna. 9. Il modello di tutela cautelare comunitaria imposto dalla Corte di Giustizia: lobbligo di introdurre lo strumento della tutela cautelare ante causam da assicurare anche nel processo amministrativo e le critiche della dottrina. 10. Lart. 245 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, introduce la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo. 11. La strumentalit della tutela cautelare quale postulato inabdicabile e non sacrificabile in nome della rapidit della risposta giurisdizionale. 12. I profili comuni e differenziali della tutela cautelare ante causam disciplinata dallart. 245 del Codice rispetto alla tutela cautelare ante causam civile. 13. Analisi della disciplina codicistica della tutela cautelare ante causam: i presupposti dellistanza. 14. La rilevabilit dufficio dellincompetenza territoriale: dalla migrazione cautelare alla tutela cautelare errante? 15. Il regime delle impugnazioni. Lefficacia ad tempus del provvedimento cautelare di accoglimento. 16. Il potere di revisione della misura cautelare. Profili problematici. 17. Contributo unificato e tutela cautelare ante causam. 18. Riflessioni conclusive sulla tutela cautelare ante causam in attesa del nuovo codice del processo amministrativo anche alla luce delle novit introdotte dalla recente direttiva 11 dicembre 2007, n. 2007/66/CE. 1. Introduzione ed ambito dellindagine Le riforme che nellultimo decennio (l. n. 205 del 2000 e l. n. 80 del 2005) hanno investito il processo amministrativo, non solo hanno contribuito ad alterarne profondamente loriginaria struttura, ma hanno operato, altres, una incisiva trasformazione della funzione assunta dal giudice nelle liti tra privato e pubblica amministrazione. In questo rinnovato contesto il giudice amministrativo ha assunto una centralit sempre pi marcata nellassetto istituzionale se solo si considerano i nuovi delicatissimi settori economici rimessi alla sua giurisdizione esclusiva (dalla materia dei contratti pubblici ai giudizi contro gli atti delle Autorit indipendenti), che gli hanno valso lappellativo di giudice naturale delleconomia(1): si tratta, ormai, di un giudice deputato non pi alla sola valutazione di interessi che trascendono quelli specifici dellamministrazione, ma anche a garantire, nellinteresse generale della societ, il rispetto delle regole del mercato. Un giudice che, conseguentemente, deve assicurare una tutela certa, rapida ed effettiva, contribuendo cos a garantire anche la competitivit del Paese. A partire dalla fine degli anni novanta, infatti, il legislatore ha introdotto significative novit che, superando le tradizionali restrizioni di un sistema di tutela in origine costruito come giudizio di pura demolizione giuridica, hanno determinato un clamoroso cambiamento di prospettiva, spostando il baricentro (1) In questi termini, da ultimo, M.A. SANDULLI, Fonti e principi. Relazione al Convegno su La Codificazione del processo amministrativo nel terzo millennio - Roma, 20 maggio 2008. Palazzo Spada, in www.giustizia-amministrativa.it. 294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 del momento processuale dallatto al rapporto. Proprio per tale ragione si pone oggi, ancor pi che in passato, il problema di definire quale sia loggetto del giudizio amministrativo, la cui soluzione appare particolarmente rilevante, in quanto, a seconda della tesi che si preferisca adottare, differenti conseguenze discendono, sia in ordine al rapporto che intercorre tra procedimento e processo, sia in merito al ruolo assunto dal giudice in questultima sede, variando profondamente, non solo i relativi poteri di cognizione e di decisione, ma anche i vincoli imposti sulla successiva attivit esercitata dalla pubblica amministrazione. ComՏ noto, i termini della questione sono tradizionalmente riassunti dalle formule giudizio sullatto - giudizio sul rapporto, espressioni alla base di una avventurosa partita giocata con la storia sul terreno dei massimi principi(2) tra gli assertori della concezione c.d. oggettiva della giurisdizione amministrativa ed i sostenitori di quella c.d. soggettiva: gli uni, difensori della tradizionale visione impugnatoria del momento processuale; gli altri, sostenitori della pi evoluta concezione che identifica nel processo il luogo in cui deve essere operato un pi ampio sindacato sul potere esercitato dalla pubblica amministrazione, al fine di risolvere il conflitto di interessi generato in tale sede dalla crisi di cooperazione nei rapporti tra questultima ed il privato. Pi precisamente, mentre per i teorici del giudizio sullatto il processo decisionale amministrativo (ossia, il procedimento) assume un ruolo irrilevante per il diritto, il termine di attacco giudiziale individuato nel solo atto amministrativo (unico parametro di riferimento per lesame dei processi decisionali) ed il giudice assume il ruolo di mero controllore della legalit formale (c.d. legittimit-legalit) dellazione amministrativa, non potendo fare altro che limitarsi a pronunciare una sentenza costitutiva di annullamento del provvedimento impugnato, per quella parte della dottrina che adotta la differente soluzione del giudizio sul rapporto, posto che procedimento e processo non vivono come mondi separati, ma coesistono ed assicurano entrambi una piena soddisfazione degli interessi vantati dal privato nei confronti della pubblica amministrazione, il momento procedimentale non solo configura lo schema organizzativo su cui si costruisce il rapporto tra il privato e lamministrazione (sempre meno) domina del procedimento, ma finisce altres per servire il processo, in quanto, rendendo trasparenti e conoscibili tutte le operazioni che precedono la formazione della decisione amministrativa finale (id est, il provvedimento), assicura al contempo la possibilit di operare un controllo sostanziale delle scelte che dalla pubblica amministrazione sono adottate. Ne consegue, secondo tale impostazione, che: il termine di attacco giudiziale identificato nellazione amministrativa (globalmente intesa) che si svolge nel procedimento; il giudice amministrativo estende la propria cognizione sullintera attivit decisionale (ossia su tutti i momenti che precedono lemanazione del- (2) GIANNINI-PIRAS, Giurisdizione amministrativa (voce), in Enc. dir., XIX, 1970, 251. DOTTRINA 295 latto finale); la sentenza, dovendo garantire la formazione di un giusto assetto degli interessi coinvolti, non pu limitarsi a disporre lannullamento dellatto, ma deve, nei limiti della domanda fatta valere in giudizio, accertare, altres, lobbligo che incombe sulla pubblica amministrazione di comportarsi in un determinato senso, vuoi con una statuizione contenente un c.d. accertamento costitutivo, vuoi con una pronunzia di condanna ad un facere specifico (3). Come detto, levoluzione legislativa (4), non solo nazionale (come si dir), che canonizza levoluzione di una quasi trentennale giurisprudenza amministrativa, sembrano decisamente traguardare verso la configurazione del processo amministrativo come giudizio sul rapporto (di spettanza): latto amministrativo non identifica pi lesclusivo termine di attacco giudiziale ed il processo non pi finalizzato alla sola emanazione di una sentenza costitutiva di annullamento, dovendo invece aprirsi (5) alla verifica di ci che nella vicenda sarebbe comunque successo se pure le dedotte illegittimit non si fossero verificate(6). Le direttrici principali su cui stata incentrata questa trasformazione sono duplici: tale evoluzione, in primo luogo stata condotta al fine di incrementare il livello di pienezza (7) ed effettivit (8) della tutela giurisdizionale assicurato (3) Per una panoramica sulla teoria generale delloggetto del giudizio amministrativo, cfr. POLICE, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, Padova, II, 2001, 773 ss.; id., Annullabilit e annullamento (voce), in Enc. dir., Annali, I, Milano, 2007, 49 ss. (4) Per una chiara rassegna delle novit normative che negli ultimi anni hanno contributo alla trasformazione del processo amministrativo, allo scopo di assicurare effettivit, pienezza ed immediatezza della tutela giurisdizionale, si rinvia a GAROFOLI, La giustizia amministrativa: la strada gi percorsa e gli ulteriori traguardi da raggiungere, in www.giustamm.it; sulla pluralit delle tecniche rimediali (caducatoria, risarcitoria, di accertamento, di nullit) e sullammissibilit di azioni atipiche di accertamento innanzi al G.A. il rinvio dobbligo a CLARICH, Tipicit delle azioni e azioni di adempimento nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2005, 3, 557. (5) Sul rapporto tra procedimento e processo si veda, per tutti, NIGRO, Procedimento amministrativo e tutela giurisdizionale contro la pubblica amministrazione (il problema generale di una legge generale sul procedimento amministrativo), in Riv. dir. proc., 1980, 252 ss. In proposito, si veda, inoltre, CAIANIELLO, Rapporti tra procedimento amministrativo e processo, in Dir. proc. amm., 1993, 241 ss.; SALA, Procedimento e processo nella nuova legge n. 241, ivi, 2006, 572 ss. (6) In questi termini, GAROFOLI, La giustizia amministrativa: la strada gi percorsa e gli ulteriori traguardi da raggiungere, cit.; in senso conforme, POLICE, Amministrazione di risultati e processo amministrativo, in Principio di legalit e amministrazione di risultati, Torino, 2004, secondo cui il giudizio amministrativo, anche quello generale di legittimit, non si limita (o non si dovrebbe pi limitare) al sindacato di un singolo atto, ma dovrebbe investire lattivit complessiva dellAmministrazione in relazione ad un determinato assetto di interessi. (7) In proposito, DE LISE, La pienezza della tutela del cittadino come obiettivo condiviso delle magistrature supreme, Relazione al Convegno Il ruolo del giudice: le Magistrature supreme, Universit degli Studi Roma Tre, 18 e 19 maggio 2007, in www.giustamm.it, secondo cui effettivit e pienezza di tutela costituiscono due valori distinti: mentre leffettivit sinonimo di satisfattivit, la pienezza si identifica con la completezza dei rimedi a protezione del cittadino. (8) Sul principio di effettivit della tutela giurisdizionale nella teoria del processo amministrativo, si veda FIGORILLI, La giurisdizione piena del giudice ordinario e attivit della pubblica amministrazione, Torino, 2002; ROMEO, Leffettivit della giustizia amministrativa: principio o mito?, in Dir. proc. amm., 2004, 653 ss. 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dinnanzi al giudice amministrativo; in secondo luogo, stata ispirata dallesigenza di garantire una maggiore immediatezza/concentrazione/rapidit di tutela, onde consentire un giudizio pi veloce ed idoneo a definire la lite tra il privato e la pubblica amministrazione entro un termine ragionevole (9). Pi precisamente, in primo luogo, lintervento di riforma stato operato incrementando gli originari poteri di cognizione e di decisione del giudice, con il definitivo riconoscimento in capo a questultimo della possibilit di verificare la validit sostanziale dellazione amministrativa (id est, la correttezza dellassetto di interessi coinvolti nel rapporto amministrativo) e di tutelare linteresse legittimo condannando la pubblica amministrazione al risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, ai sensi dellart. 35, d.lgs. n. 80/1998. Ferma restando la consapevolezza della necessit di evitare una ingerenza del giudice nella sfera esclusiva dellamministrazione (quella afferente al merito amministrativo ed alle valutazioni di pura opportunit e convenienza alla stessa spettanti, nella prospettiva dellottimale perseguimento dellinteresse pubblico), nei diversi casi in cui lesercizio del potere sia correlato ad attivit vincolata o sia tutto al pi connotato di discrezionalit tecnica, se da un lato, il giudice amministrativo, al fine di verificare la fondatezza della pretesa sostanziale azionata dal ricorrente, potrebbe (rectius, dovrebbe) esercitare i suoi poteri cognitori operando un sindacato diretto, pieno e sostitutivo sugli accertamenti e sulle valutazioni preventivamente operate dalla amministrazione resistente, dallaltro, nel decidere sul ricorso questo potrebbe (rectius, dovrebbe) assicurare al ricorrente tutto quello e proprio tutto quello chegli ha diritto di conseguire condannando lamministrazione ad un facere specifico. In questa direzione, il legislatore ha assicurato le condizioni per una precisa coincidenza tra oggetto dellaccertamento giudiziale pieno, specifica missione del giudice amministrativo, effettiva integrazione del momento procedimentale e di quello processuale, facendo perdere al potere di (9) Nellottica dellaccelerazione dei tempi del processo amministrativo si muove anche il recente intervento legislativo di cui allart. 54, d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (in G.U. n. 147 del 25 giugno 2008 - Suppl. Ord. n. 152 - in vigore dal 25 giugno 2008), recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in l. 6 agosto 2008, n. 133 (in G.U. n. 195 del 21 agosto 2008 - Suppl. Ord. n. 196 - in vigore dal 22 agosto 2008), che allart. 54 ha, tra laltro, ridotto da dieci a cinque anni il lasso di tempo necessario per la perenzione straordinaria dei ricorsi amministrativi. La disposizione stata accolta in modo molto critico dalla dottrina: si veda, DALESSANDRO, Una norma barbara 2, in www.lexitalia.it; id., Lefficienza del processo amministrativo tra soluzioni attuali e prospettive di riforme, ivi; ILACQUA, Brevi note sul d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, in www.giustamm.it; PAOLANTONIO, Accelerazione del processo amministrativo?, ivi. Da ultimo, nella stessa direzione, si muove lart. 20, d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (in G.U. n. 280 del 29 novembre 2008 - Suppl. Ord. n. 263), recante Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (su cui si veda il relativo Osservartorio in www.giustamm.it), che, allart. 20, introduce un rito speciale per limpugnazione dei provvedimenti previsti dallo stesso articolo, relativi a progetti facenti parte del quadro strategico nazionale. DOTTRINA 297 annullamento la sua originaria ed inadeguata connotazione di rimedio esclusivo a disposizione del privato. Atteso che latto amministrativo identifica il momento conclusivo dellesercizio di un potere che dopo lannullamento giurisdizionale potrebbe (e/o dovrebbe) essere nuovamente esercitato, allora evidente che la misura dellannullamento - per quanto efficace possa apparire - non in alcun caso sufficiente a garantire la soddisfazione dellesigenza di tutela fatta valere con lazione(10), in quanto, da un lato, qualora siano azionati interessi legittimi pretensivi, lannullamento pronunciato dal giudice costituisce solo il punto di partenza che pone le premesse per la successiva riedizione del potere, unico mezzo da cui il privato potrebbe sperare di conseguire la piena soddisfazione della propria pretesa sostanziale; dallaltro, nel caso in cui si facciano valere interessi legittimi oppositivi, nulla esclude che la pubblica amministrazione dopo leliminazione dellatto possa emanare un successivo provvedimento che incida per una seconda volta in senso negativo sulla posizione di vantaggio dedotta in giudizio dal ricorrente. Secondariamente, tale evoluzione stata realizzata introducendo e potenziando gli strumenti preordinati ad evitare i danni che potrebbero conseguire dal tempo necessario per definire lordinario giudizio a cognizione piena, sia mediante lintroduzione di tecniche di tutela differenziate e semplificate (artt. 23 bis, 26, l. TAR), sia valorizzando il sistema di tutela cautelare (art. 3, l. n. 205 del 2000), che, sebbene in origine fosse stato concepito quale rimedio asfittico(11), invocabile ad esclusiva protezione degli interessi legittimi oppositivi, stato nel tempo modellato sui principi di atipicit e tempestivit di tutela, consentendo di ottenere provvedimenti provvisori a contenuto positivo e/o propulsivo anche nei confronti degli atti cc.dd. negativi e dei comportamenti inerti della pubblica amministrazione. Ipotesi, questultima, nella quale non si chiede al giudice della cautela di neutralizzare il provvedimento impugnato e di assicurare, quindi, la conservazione, in attesa della definizione del giudizio, della situazione in atto, quanto, al contrario, di intervenire con pronunce interinali a contenuto c.d. positivo o quanto meno propulsivo. Ladesione legislativa, a far data dallentrata in vigore dellart. 3, l. n. 205/2000, ad una concezione atipica delle tecniche di intervento cautelare, non costituisce il frutto del caso, ma rappresenta il prodotto di un graduale processo evolutivo che partito da lontano ed stato generato da una pluralit di causali. Se gi prima che intervenissero le recenti riforme legislative la giurisprudenza nazionale, in conformit degli auspici provenienti dalla prevalente dottrina interna, aveva potenziato in via pretoria (per come appresso si illustrer) le forme della tutela cautelare del privato nei confronti del potere amministrativo, esten- (10) GIANNINI-PIRAS, Giurisdizione amministrativa (voce), cit., 254-255. (11) In questi termini, ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, in Foro it., 1985, I, 2491 ss. 298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dendo lambito di applicazione del riduttivo quadro normativo previgente a fattispecie che da questo in origine non erano contemplate, dallaltro una spinta decisiva in favore della codificazione di pi incisive forme di tutela anticipatoria , inoltre, dipesa dallinfluenza prodotta ad opera della normativa e della giurisprudenza comunitaria, le quali non soltanto hanno determinato una progressiva uniformazione del diritto sostanziale, ma hanno, altres, operato quali principali fattori di una sempre pi evidente armonizzazione delle regole processuali interne. La valorizzazione della tutela cautelare ha assunto un ruolo determinante per la trasformazione delloggetto del giudizio amministrativo (12): mentre lassenza di forme di tutela sommaria e/o urgente avrebbe in passato potuto avvalorare la tradizionale concezione che qualificava il processo amministrativo come giudizio sullatto, dal momento che il nostro ordinamento conosceva solamente meccanismi di protezione volti ad eliminare il provvedimento illegittimo (o, quanto meno a paralizzarne temporaneamente loperativit), a seguito delle innovazioni apportate, dapprima dalla l. n. 205/2000 e, successivamente, dal d.lgs. n. 163/2006, si potrebbe sostenere che il legislatore, dilatando (rectius, anticipando) le forme di protezione degli interessi legittimi, abbia contribuito ad accorciare le distanze tra amministrazione e giudice (13), aprendo cos le porte ad un sempre pi evidente passaggio verso un sindacato incentrato sul rapporto. Nella fase cautelare, infatti, il giudice non si limita ad un sommario sindacato della mera legittimit estrinseca dellatto impugnato, ma entra [integrandosi]nellamministrazione attiva(14), operando una piena valutazione degli interessi sostanziali in conflitto al fine di assicurarne una provvisoria definizione, il tutto in un momento anteriore rispetto a quello in cui verr successivamente definita la controversia nel merito. Ci premesso, ora possibile circoscrivere lambito di questa indagine. Nelle pagine che seguono, dopo aver analizzato levoluzione della tutela cautelare nel processo amministrativo, si esamineranno le ricadute prodotte (12) Le recenti statistiche presentate in occasione dellinaugurazione dellanno giudiziario 2008 hanno rilevato che le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, nel corso dellanno 2007, hanno emesso circa 8.000 provvedimenti cautelari; i Tribunali amministrativi regionali oltre 34.000. (13) Cos, SATTA, Brevi note sul giudicato amministrativo, in Dir. proc. amm., 2007, 324; in senso conforme, ROMEO, Effettivit della giustizia amministrativa: mito o realt?, cit., secondo cui con lemanazione della legge n. 205/2000 il Legislatore ha operato una saldatura tra amministrazione e giustizia amministrativa. Del resto, il Presidente del Consiglio di Stato, Paolo Salvatore, nel discorso tenuto per linaugurazione dellanno giudiziario 2008, ha riconosciuto che il giudice amministrativo, intendendo la sua missione come quella di dare giustizia definitiva alle istanze del cittadino anche al fine di conformare lazione amministrativa, soffre nel provvedere alla tutela cautelare, ma , tuttavia, ben consapevole che si tratta dellunico strumento che lordinamento mette a disposizione per assicurare pronta ed efficace risposta agli interessi lesi. (14) SATTA, op. cit., 324. DOTTRINA 299 dallordinamento comunitario sul sistema di tutela cautelare nel processo amministrativo interno; successivamente, si tenter di appurare se il livello di protezione garantito dal giudice amministrativo sia conforme allo standard minimo di tutela imposto dalla Corte di Giustizia. Questa operazione ci consentir di verificare se listituto della tutela cautelare ante causam, introdotto dallart. 245 del Codice dei contratti pubblici, della quale sillustrer la relativa disciplina, costituisca effettivamente uno strumento di tutela indispensabile ed utile per gli operatori economici, del quale il nostro sistema di giustizia amministrativa non poteva fare a meno. 2. Il quadro normativo di riferimento e le ragioni del superamento della sospensiva Il fine cui preordinato lo strumento cautelare in seno al processo amministrativo quello di porre impedimento a possibili danni non riparabili, derivanti dal tempo occorrente per la definizione del giudizio, di fronte allimmediata produzione di effetti del provvedimento o del comportamento dellAmministrazione (15). Atteso che limpugnazione di un provvedimento amministrativo non ne sospende automaticamente lesecutivit, fortemente sentita lesigenza di garantire che il privato ricorrente, il quale possa vantare una pretesa fondata, quantomeno in termini probabilistici, non abbia a soffrire del tempo necessario per addivenire ad una pronuncia satisfattiva, in omaggio al principio della pienezza ed effettivit della tutela giurisdizionale ex artt. 24 e 113 Cost., nonch al principio del giusto processo di cui allart. 111 Cost., mutuato dallordinamento comunitario, in base al quale, tra laltro, occorre assicurare ai cittadini una durata ragionevole dei giudizi (16). Ne consegue una particolare rilevanza del processo cautelare che diviene il momento centrale della causa, perch in tale sede si riesce ad avere quellanticipo di giustizia che poi diventer definitiva quando vi sar la sentenza sul merito. Per delineare un quadro delle pi importanti tappe evolutive della tutela cautelare nel processo amministrativo occorre compiere un breve excursus storico che consentir di comprendere le ragioni della radicale trasformazione (15) In tal senso, ex pluribus, Cons. St., sez. V, 27 settembre 2004, n. 6301, in Foro amm. CdS, 2004, 2608. (16) Sullapplicazione al processo amministrativo del principio di ragionevole durata, si veda AULETTA, La ragionevole durata del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2007, 4, 959; M.A. SANDULLI, I principi costituzionali e comunitari in materia di giurisdizione amministrativa, in Foro amm. Tar, Osservatorio di giustizia amministrativa, 7-8, 2009 e in www.federalismi.it. In giurisprudenza, si segnala: Cass. civ., sez. I, 23 gennaio 2009, n. 1732, in Foro amm. CdS, 2009, 1, 35 ss., con nota di MARI, La durata ragionevole del processo amministrativo: giudizio di cognizione e giudizio di ottemperanza come fasi distinte o congiuntamente valutabili? Considerazioni alla luce delle peculiarit del giudizio di ottemperanza rispetto allesecuzione civile. 300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 di tale strumento dalla sua originaria configurazione sino alle pi recenti novit disciplinatorie (l. n. 205/2000 e d.lgs. n. 163/2006) (17). Originariamente, la tutela cautelare era disciplinata dallart. 12 della legge istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato (l. 31 marzo 1889, n. 5992), ove si prevedeva che la proposizione del ricorso avverso latto amministrativo lesivo non spiegasse effetto sospensivo, salva la ricorrenza di gravi ragioni. La sospensione dellefficacia del provvedimento amministrativo, allepoca unico strumento di tutela di tipo cautelare avverso gli atti della pubblica amministrazione, nelle more della pronuncia definitiva di merito, era considerata una eccezione al principio della imperativit del provvedimento amministrativo. Tale impianto rimase fermo con il varo del T.U. sul Consiglio di Stato (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054), il cui art. 39 ribadiva lesclusione delleffetto automaticamente sospensione del ricorso e circoscriveva le ipotesi di sospensione alla sola ricorrenza di gravi ragioni. Meramente confermativo della impostazione tradizionale risult, poi, lassetto normativo divisato dalla legge TAR (art. 21, comma 7, l. 6 dicembre 1971, n. 1034 - Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), il quale si limitava a sostituire le gravi ragioni richieste dallart. 39, t.u. n. 1054/1924 ai fini della sospensione del provvedimento, con lespressione danni gravi e irreparabili, prevedendo, inoltre, lobbligo di motivare lordinanza di sospensiva. ComՏ evidente, tale previsione normativa costituiva espressione di una (17) Per una compiuta disamina di tale evoluzione storica si rinvia a RUSCICA, Le novit in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2008, 1 ss.; in argomento, sempre in chiave ricostruttiva, DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 55 ss., 111 ss.; ROSSI SANCHINI, La tutela cautelare, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di Cassese), 2^ edizione, Milano, 2003, V, 4520; M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, in www.federalismi.it e in corso di pubblicazione in Foro amm. - TAR, Osservatorio di giustizia amministrativa. In materia di tutela cautelare nel processo amministrativo, quali opere di carattere generale, si segnalano, senza alcuna pretesa di completezza, AMMANATI, Esperienze e prospettive del giudizio cautelare amministrativo, in Dir. proc. amm., 1998, 865 ss.; CACCIAVILLANI, La sospensione dellatto amministrativo impugnato in sede giurisdizionale, in Foro amm., 1974, 719 ss.; CANNADA BARTOLI Sospensione dellefficacia dellatto amministrativo, in Noviss. dig. it., app., vol. VII, Torino, 1987, 459 ss.; FOLLIERI, La cautela tipica e la sua evoluzione, 1989, 646 ss.; NIGRO, Sulla natura giuridica della sospensione da parte del Consiglio di Stato degli atti amministrativi impugnati, in Foro amm., 1941, 2 ss.; PALEOLOGO, Il giudizio cautelare amministrativo, Padova, 1971, 241 ss.; RAIMONDI, Profili processuali ed effetti sostanziali della tutela cautelare tra giudizio di merito e giudizio di ottemperanza, in Dir. proc. amm., 2007, 609 ss; RICCI, Profili della nuova tutela cautelare del privato nei confronti della pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 2002, 276 ss.; ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, in Foro it., 1985, I, 2491 ss.; SATTA, I presupposti della tutela cautelare. Il danno grave ed irreparabile ed il fumus boni iuris, in Giustizia amministrativa, Padova, 1997, 369 ss.; TRAVI, Sospensione dellatto amministrativo, in Digesto delle discipline pubblicistiche, XIV, Torino, 1999, 363 ss.; id., La tutela cautelare nei confronti dei dinieghi di provvedimenti e delle omissioni della P.A., in Dir. proc. amm., 1999, 329 ss.. Per una aggiornata rassegna giurisprudenziale in materia ci si permette di rinviare a MEZZOTERO, Tutela cautelare: questioni controverse, in CHIEPPA - LOPILATO, Giurisprudenza amministrativa 2009, Milano, 719 ss. DOTTRINA 301 concezione squisitamente ed esclusivamente conservativa della tutela cautelare, allora coerente con il modello solo demolitorio del processo amministrativo: non vi dubbio, infatti, che in un modello processuale nel quale la tutela invocata consiste nella mera caducazione di un atto amministrativo lesivo di preesistenti situazioni di vantaggio di cui il ricorrente gi titolare, la finalit tradizionalmente ed ontologicamente propria dello strumento cautelare - per sua natura volto ad impedire, secondo linsegnamento chiovendiano, che la durata del processo possa risolversi in danno di chi ha ragione (18) mediante lanticipazione provvisoria dei possibili effetti di uneventuale decisione definitiva favorevole per il ricorrente - si realizza con la temporanea neutralizzazione dellesecuzione del provvedimento impugnato, destinata a stabilizzarsi per effetto della possibile sentenza di annullamento. Pu, quindi, affermarsi che lordinanza di sospensiva, come tradizionalmente intesa, cio finalizzata a paralizzare gli effetti dellatto amministrativo, riconducibile al principio romanistico del mittite ambo rem: aspettiamo la sentenza di merito e, nel frattempo, congediamo (e congeliamo) la controversia. Levidente inadeguatezza di tale sistema chiuso (monistico) di tutela cautelare, originariamente concepita per la protezione delle situazioni soggettive che si traducono nellopposizione alla disposta modificazione dellassetto degli interessi (interessi oppositivi o statici)(19), ha imposto una profonda rivisitazione del strumento cautelare nel processo amministrativo, che si nel tempo manifestata in conseguenza delle profonde e radicali trasformazioni che hanno attraversato la giustizia amministrativa in senso lato. Lopera di metamorfosi della classica sospensiva stata ispirata dallintento di renderla almeno in parte idonea ad assicurare la salvaguardia interinale di quella vasta gamma di posizioni protese alla modificazione della sfera giuridica o di azione esistente (interessi pretensivi o dinamici), suscettibili di essere vulnerate, quindi, da provvedimenti amministrativi che negano al soggetto linnovazione a lui favorevole (provvedimenti negativi). Due fondamentalmente i grandi pilastri di questo poderoso percorso evolutivo dellintero sistema di giustizia amministrativa e, quindi, anche, quale (18) CHIOVENDA, Sulla perpetuatio iurisdictionis, in Foro it., 1923, I, 362. Il passo citato da CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 20. (19) Si pensi al classico esempio della espropriazione di un fondo per ragioni di pubblica utilit. Riguardo agli interessi legittimi oppositivi, il cui contenuto consiste nel trovare tutela nel mantenimento dello status quo antecedente allemanazione del provvedimento amministrativo che su di esso incide, la giurisprudenza ha da sempre affermato il principio per cui laccoglimento della domanda di sospensione cautelare da parte del giudice amministrativo, relativamente alla tutela di interessi legittimi di natura oppositiva (nella specie, a seguito dellimpugnazione di una sospensione cautelare dellimpiegato dal servizio), implica, con decorrenza di regola dalla pubblicazione della relativa ordinanza, lautomatico venir meno dellefficacia dellatto impugnato senza necessit dell'ulteriore attivit della p.a. soccombente (Cons. St., sez. V, 14 novembre 1996, n. 1367, in Foro amm., 1996, 3270). 302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 immancabile corollario, della fase propriamente cautelare del processo. Su un primo versante, il notevole incremento delle occasioni di interferenza della pubblica amministrazione nei rapporti economici, nella regolazione delle tipiche attivit del c.d. stato del benessere ha contribuito mutare radicalmente la prospettiva tradizionale. I provvedimenti impugnati innanzi al giudice amministrativo sono non pi esclusivamente quelli incidenti in senso sacrificativo su preesistenti situazioni di vantaggio dei privati, ma anche, e sempre pi frequentemente, quelli lesivi di situazioni di aspettativa vantate dal privato a fronte della potest amministrativa di adottare atti potenzialmente favorevoli, quali autorizzazioni, concessioni, ammissioni, approvazioni: muta, quindi, la consistenza della posizione soggettiva di cui si invoca la tutela innanzi al giudice amministrativo, destinata sempre pi spesso ad atteggiarsi, non pi come interesse legittimo oppositivo, volto cio alla conservazione di una preesistente posizione sostanziale dalle aggressioni provvedimentali dellamministrazione, ma di tipo pretensivo, in quanto diretto a conseguire quellampliamento della sfera giuridica o di azione in prima battuta precluso per effetto dellatto negativo adottato dallamministrazione (20). E agevole comprendere, peraltro, che in relazione ad un atto negativo la mera tutela demolitoria appare priva di uneffettiva capacit satisfattoria dellinteresse pretensivo (21), in assenza di ulteriori prescrizioni che, destinate a connotare la decisione giurisdizionale, siano utili a sortire un effetto conformativo rispetto alla successiva riedizione del potere amministrativo (22). A fronte di siffatto potenziamento del contenuto e degli effetti della decisione di merito si rendeva necessario un corrispondente adeguamento delle tipologie e dello stesso tasso di incisivit delle misure cautelari, pena la perdita di effettivit della stessa tutela interinale delle posizioni soggettive a caratterizzazione pretensiva. Il secondo fattore che ha decisamente contribuito alla radicale trasformazione del volto della giustizia amministrativa rappresentato dalla crescente importanza assunta dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (20) ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, op. cit., 2493. Sul punto si veda ANDREIS, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 1996, 22 ss. (21) Un classico esempio di questa categoria di interessi legittimi costituito dal provvedimento di esclusione di un candidato dalla partecipazione ad una procedura concorsuale: ci che soddisfa linteresse dellistante solo un provvedimento positivo che gli permetta di partecipare al concorso, a nulla servendo la mera sospensione del provvedimento negativo di esclusione. Per la distinzione tra interessi oppositivi e pretensivi, destinata a sostituire quella tra interessi statici e dinamici, NIGRO,, Giustizia amministrativa, Bologna, 1983, 146 ss. (22) CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1994, 127; CLARICH, La giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di Cassese), 1^ edizione, Milano, 2000, 1773, il quale pone in luce la crisi della visione tradizionale del processo amministrativo nel quale campeggia in primo piano latto amministrativo e laffermarsi, quindi, di una nuova concezione del processo volto alla conformazione del modo di esercizio del potere ed alla disciplina dellassetto degli interessi e del rapporto giuridico tra cittadino e pubblica amministrazione. DOTTRINA 303 E evidente, infatti, che in un giudizio relativo ad atti paritetici dellamministrazione, incidenti su rapporti connotati dalla contrapposizione tra diritti ed obblighi, la protezione interinale dei diritti non poneva pi un problema di paralisi del potere della p.a. e di congelamento, quindi, di un provvedimento lesivo che non esiste o non necessario nelle controversie di tal genere, presupponendo, invece, ladozione di misure cautelari assimilabili a quelle di cui dispone il giudice civile e capaci, quindi, di esplicare una funzione di volta in volta anticipatoria o conservativa delle successive ed eventuali decisioni di condanna e di accertamento mero (23). E maturata, allora, la piena consapevolezza della necessit di arricchire uno strumentario cautelare che, nel processo amministrativo, si presentava, per effetto dellultracentenario immobilismo legislativo, molto limitato e fortemente tipizzato(24). A ci ha provveduto una giurisprudenza sempre pi attenta a garantire, gi nella fase cautelare, una tutela improntata a quel principio di effettivit della protezione giurisdizionale che, desumibile da chiare indicazioni costituzionali, postula la piena salvaguardia di tutte le posizioni soggettive dedotte in giudizio, senza irragionevoli ed intollerabili discriminazioni. Sullo sfondo lassunto della non abdicabilit della tutela interinale nella prospettiva di uneffettiva e piena salvaguardia giurisdizionale e di valorizzazione della funzione conformativa dellattivit amministrativa della decisione giurisdizionale, anche di quella cautelare (25). Gi prima del varo della l. n. 205 del 2000 erano state coniate alcune fattispecie di intervento cautelare del giudice amministrativo su provvedimenti di diniego ormai tipizzate per effetto di un reiterata, ancorch non sempre consolidata e condivisa, applicazione giurisprudenziale (26). (23) Occorre, peraltro, al riguardo, tener conto del ridimensionamento degli spazi affidati alla giurisdizione esclusiva del G.A. conseguente alla importante sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, sulla quale si vedano il commento di M.A. SANDULLI, Un passo avanti e uno indietro: il giudice amministrativo giudice pieno, ma non pu giudicare dei diritti (a prima lettura a margine di Corte cost. n. 204 del 2004), in Riv. giur. edilizia, 2004, 4, 1230; TRAVI, La giurisdizione esclusiva prevista dagli artt. 33 e 34 d.lgs. 80/98 dopo la sentenza della Corte cost. 204/2004, in Foro it., 2004, 10, IV, 2594 ss. (24) NIGRO, Giustizia amministrativa, op. cit., 288. (25) Da ultimo, in proposito, T.A.R. Lazio, sez. I, 22 settembre 2009, n. 9171, in www.giustiziaamministrativa. it, relativa allidoneit delle decisioni del g.a. ad indirizzare il riesame del rapporto controverso (fattispecie concernente labuso di posizione dominante da parte dei gestori aeroportuali). (26) Sul tema, GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dellordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, in www.giustizia-amministrativa. it. Per unampia rassegna giurisprudenziale, si veda F. SAITTA, La tipicit delle misure cautelari nel processo amministrativo tra mito e realt, loc. ult. cit., nonch MEZZOTERO, Tutela cautelare:questioni controverse, cit. 719 ss; SAPORITO, La sospensione dellesecuzione del provvedimento impugnato nella giurisprudenza amministrativa, Napoli, 1981. In ordine allevoluzione giurisprudenziale sullambito applicativo della c.d. sospensiva, si veda ANDREIS, Tutela cautelare, diniego di provvediemnto e remand, in Urb.e app., 2009, 5, 629 ss; BARBIERI, Sulla sospensione dei dinieghi e dei silenzi della pubblica amministrazione, in Foro amm., 1996, 3527 ss.; BERTONAZZI, Brevi riflessioni sulla tutela cautelare nei 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Quanto allambito applicativo della tutela cautelare in relazione ai provvedimenti negativi la dottrina (27) distingue tra atti negativi in senso improprio o, meglio, negativi ma ad effetti innovativi, ed atti negativi in senso stretto, come tali del tutto incapaci di sortire un effetto di modificazione della realt. Quanto alle prime, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile la misura allora tipica della sospensiva con riguardo ai provvedimenti amministrativi che, negando linvocata conferma di situazioni di vantaggio gi attribuite al ricorrente da precedenti atti amministrativi, indirettamente producono leffetto positivo della cessazione di quella stessa situazione: si pensi, in particolare, ai provvedimenti di diniego di rinnovo di concessione di beni. La giurisprudenza, gi dagli anni trenta, riconoscendo al diniego di rinnovo un effetto positivo passibile di sospensione e consistente, per lappunto, nella restituzione del bene, ha ammesso la possibilit di utilizzare il provvedimento inibitorio, cos paralizzando lattivit esecutiva dellamministrazione decisa ad imporre lo sgombero del bene (28). Tale tesi, tuttavia, non si discostava dal tradizionale orientamento inteso a concepire la sospensiva come misura volta ad incidere con effetto di temporaneo congelamento sugli effetti materiali ricollegabili allatto impugnato: al diniego di conferma del provvedimento ampliativo, infatti, si finiva per ascrivere un effetto innovativo della realt, consistente, come rilevato, nella doverosa restituzione del bene gi in possesso del ricorrente. La seconda fattispecie riconducibile alla categoria dei provvedimenti negativi ad effetti almeno indirettamente innovativi quella del diniego di esonero dal servizio militare, in specie del provvedimento di rigetto dellistanza confronti dei provvedimenti negativi e dei comportamenti omissivi della pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1999, 1208 ss.; CACCIAVILLANI, La tutela cautelare nei ricorsi avverso il diniego di provvedimento e linerzia della P.A., in Dir. proc. amm., 2002, 91 ss.; CARUSO, La giustizia cautelare: i provvedimenti negativi e le ordinanze propulsive dei Tar, in Giur. amm. siciliana, 1994, III, 1, 470 ss.; DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del giudice amministrativo, Milano, 2001, 79 ss.; id., Effettivit della tutela cautelare degli interessi pretensivi e poteri del giudice amministrativo, in www.lexitalia. it; FOLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, Milano, 1981; id., La cautela tipica e la sua evoluzione, in Dir proc. amm., 1989, 646 ss.; FRACCHIA, Osservazioni in tema di misure cautelari di carattere dispositivo nel giudizio amministrativo, in Foro it., 1998, III, 308 ss.; STICCHI DAMIANI, Sulla sospendibilit dei provvedimenti negativi, in Dir. proc. amm., 1984, 413 ss. TRAINA, La proposizione del ricorso e la tutela cautelare, in Codice della giustizia amministrativa (a cura di Morbidelli), Milano, 2008, 638 ss.; TRAVI, La tutela cautelare nei confronti dei dinieghi di provvedimenti e delle omissioni della P.A., in Dir proc. amm., 1990, 329 ss.; id., Misure cautelari di contenuto positivo e rapporti fra giudice amministrativo e pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1997, 174 ss.; VARRONE, Discrezionalit amministrativa e inibitoria degli atti a contenuto negativo, in Foro amm., 1996, II, 731 ss. (27) GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dellordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, cit. (28) Cons. St., sez. IV, 3 marzo 1934, n. 62, ove si afferma che pu ordinarsi la sospensione di un provvedimento di concessione per coltivazione di tabacchi, poich la revoca potrebbe produrre danni gravi ed irreparabili troncando unimpresa gi avviata e facendo cadere i contratti stipulati dai ricorrenti con i coltivatori. DOTTRINA 305 di dispensa. Anche in questo caso, la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto lutilizzabilit del meccanismo meramente inibitorio della sospensione dellesecuzione facendo leva sulla ritenuta idoneit del provvedimento di diniego di esonero a produrre effetti innovativi della realt, quale, in particolare, lobbligo di prestare il servizio materiale con relativo espletamento da parte dellamministrazione dellattivit necessaria ad assicurare ladeguamento della realt al contenuto del provvedimento: nel dettaglio, la misura inibitoria paralizzerebbe la successiva attivit procedimentale altrimenti svolta dallamministrazione, consistente, come noto, nella successiva adozione del provvedimento positivo di chiamata alle armi (29). Un deciso cambio di prospettiva inizia a maturare nella giurisprudenza amministrativa per effetto dellindirizzo volto ad ammettere lutilizzabilit del meccanismo della sospensiva con riguardo ai provvedimenti di diniego di ammissione a procedure concorsuali per laccesso allimpiego pubblico. E evidente, infatti, che in tal caso latto di diniego non produce neanche indirettamente effetti propriamente innovativi esaurendosi il contenuto della determinazione amministrativa impugnata nella decisione dellamministrazione di non acconsentire alla produzione degli effetti invocati dal candidato e consistenti nella sua partecipazione alla procedura selettiva. Lutilizzazione della sospensiva con riferimento a siffatta tipologia di atti postula, quindi, in primo luogo, un mutamento di prospettiva, in specie il ripudio dellassunto inteso a far coincidere la nozione di esecuzione di cui al precedente art. 21, l. TAR con gli effetti materiali dellatto e ladesione ad una differente concezione della stessa sospensiva come misura incidente sugli effetti giuridici in senso stretto (30) prodotti dallatto: intervenendo, infatti, sulleffetto preclusivo innescato dal diniego di ammissione alla procedura concorsuale, la sospensione finisce per produrre, attraverso la c.d. ammissione con riserva, la produzione provvisoria degli stessi effetti non voluti dallatto impugnato. In tal modo, tuttavia, la misura cautelare perde la sua tipica fisionomia, oltre che loriginaria destinazione funzionale: non appare pi diretta a conservare adhuc integra la res in iudicio deducta in attesa delle decisione di merito, ma, al contrario, finisce per divenire strumento di temporanea trasformazione della situazione esistente, cos atteggiandosi a mezzo di propulsione, anzich di mera conservazione. Ed invero, la sospensione produce leffetto dellammissione con riserva alla procedura operando sulleffetto preclusivo del provvedimento di non ammissione(31): sortisce cos leffetto di consentire al (29) Sulla sospensione del diniego di esonero dalla prestazione del servizio militare: Cass. civ., sez. un., 25 ottobre 1973, n. 3732, in Cons. Stato, 1973, II, 1333; Cons. St., sez. IV, ord., 23 aprile 1996, n. 575 e ord., 2 aprile 1996, n. 456, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it. (30) FOLLIERI, La cautela tipica e la sua evoluzione, op. cit., 661. (31) Cons. St., ad. pl., 8 ottobre 1982, n. 17, in Cons. Stato, 1982, I, 1197 ss., sulla quale si legga il commento di POLIZZI, La sospensiva sul diniego di ammissione all'esame di maturit, in Rass. avv. 306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 ricorrente la partecipazione alle prove, non anche tuttavia il conseguimento dei benefici derivanti dal superamento delle stesse, quale lassunzione in esito al concorso, ovvero, allorch si tratti di non ammissione agli esami, il consguimento del titolo di studio (32). I suddetti risultati, destinati ad assicurare la realizzazione dellinteresse sostanziale del ricorrente, sono infatti subordinati, oltre che allesito positivo delle prove, anche allaccoglimento del ricorso: lammissione con riserva ad un concorso, disposta con lordinanza cautelare del giudice amministrativo, se consente certo la partecipazione al procedimento, cos evitando i pregiudizi irrimediabili altrimenti derivanti dalla preclusione opposta dallamministrazione, non comporta tuttavia anche la successiva nomina con riserva, laddove il candidato risulti vincitore. Intrapresa, cos, la strada dellampliamento della sfera applicativa del meccanismo sospensivo agli atti negativi, la giurisprudenza ha progressivamente arricchito la gamma dei provvedimenti di diniego sospendibili, ricomprendendovi gli atti negativi di controllo, i provvedimenti di esclusione dalla partecipazione a procedure concorsuali per laffidamento di appalti, i dinieghi di iscrizione in albi professionali (33), oltre che di provvedimenti ampliativi (autorizzazioni, concessioni). E evidente che, in tal modo, si attuata, in via pretoria, una vera e propria trasformazione della portata e della funzione della tutela cautelare amministrativa, non pi volta, come nelloriginaria idea del legislatore, a svolgere un ruolo di mera conservazione dello stato esistente prima dellemanazione del provvedimento impugnato, bens anche ad assicurare le misure di volta in volta Stato, 1983, I, 359 ss.; tale decisione ha dato occasione alle Sezioni unite della Corte di Cassazione si pronunciarsi sulla questione della sospendibilit dei provvedimenti negativi: Cass. civ., sez. un., 22 luglio 1983, n. 5063, in Dir. proc. amm., 1984, 413 ss. (32) Cons. St., ad. pl., 8 ottobre 1982, n. 17, cit.; in precedenza, T.A.R. Lombardia, Milano, 4 luglio 1978, n. 603, in TAR, 1981, 177 ss., con nota di SELLERI, La sospensione da parte del Tar del diniego di ammissione agli esami si maturit. Sullammissione con riserva alla sessione di esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio di professioni. Sulla speciale disciplina recata dalla l. 17 agosto 2005, n. 168, che converte il d.l. 30 giugno 2005, n. 115, il cui art. 4, comma 2-bis, dispone che conseguono ad ogni effetto labilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela, si veda RUSCICA, op. cit., 258 ss., ove ampi richiami dottrinali e giurisprudenziali, nonch DE SANTIS, Abilitazione forense, sufficienza della valutazione numerica, ordinanze propulsive e vizi di legittimit, in Giur. merito, 2009, 12, 3142 ss.. La questione di legittimit costituzionale di tale norma, sollevata dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana (ord. 5 giugno 2008, n. 508), in relazione agli artt. 3, 24, 25, 103, 111, comma 2, 113 e 125, comma 2, Cost., stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte costituzionale con sent. 9 aprile 2009, n. 108, successivamente confermata dallord. 19 maggio 2009, n. 158 (entrambe in www.lexitalia.it). (33) Sulla sospensione del diniego di iscrizione ad albi professionali: T.A.R. Umbria, 30 settembre 1980, n. 98, in Foro amm., 1981, I, 639 ss., con nota di FOLLIERI, La sospensione degli atti amministrativi; Cons. St., sez. VI, ord. 8 marzo 1996, n. 274, in www.giustizia-amministrativa.it. DOTTRINA 307 idonee a far fronte a ritardi che potrebbero rivelarsi irrimediabili, in specie anticipando i contenuti non solo della decisione definitiva, ma anche della successiva attivit rinnovatoria della pubblica amministrazione ovvero quelli delleventuale giudizio di ottemperanza. La cautelabilit degli interessi legittimi pretensivi stata affermata anche precisandosi che la strumentalit della misura cautelare vada intesa in senso ampio (34), cio con riferimento agli effetti derivanti dalle determinazioni della P.A. recettive della sentenza di merito, anche laddove si rendesse necessaria lottemperanza. La decisione finale del processo amministrativo, infatti, non produce soltanto leliminazione dellatto impugnato, ma anche un effetto di ripristinazione ed un effetto conformativo, che vincola la successiva attivit dellamministrazione nellesercizio del potere. E stata evidenziato, inoltre, che la funzione anticipatoria della sospensiva andasse riferita allutilit finale del provvedimento conclusivo del procedimento e non a quella meramente strumentale derivante della sentenza caducatoria di merito. 3. Il principio di effettivit della tutela e della necessaria pienezza dellintervento cautelare nella giurisprudenza evolutiva della Corte costituzionale A dare impulso allesigenza di ampliare larea del giudizio cautelare ha senza dubbio concorso, sul versante interno, la Corte costituzionale, la quale in pi occasioni ha affermato lessenzialit della tutela cautelare ai fini della effettivit della tutela giurisdizionale. Nel descrivere liter evolutivo della giurisprudenza del giudice delle leggi in materia opportuno muovere dalla sentenza 27 dicembre 1974, n. 284 (35), con la quale la Consulta dichiar lillegittimit costituzionale, in relazione agli artt. 3, 24 e 113 Cost., dellart. 13, comma 4, l. 22 ottobre 1971, n. 865, che, in tema di edilizia residenziale pubblica, prevedeva la possibilit di sospendere i provvedimenti di dichiarazione di pubblica utilit, di occupazione durgenza e di espropriazione solo quando vi fosse errore grave ed evidente nellindividuazione degli immobili ovvero nellindividuazione delle persone dei proprietari. Alla dichiarazione di incostituzionalit la Corte perviene sulla scorta di un percorso argomentativo inteso a rimarcare la stretta inerenza del potere cautelare di sospensione rispetto a quello, proprio della fase di merito, di annullamento dellatto impugnato. Se vero, infatti - sostiene il Giudice costituzionale - che lart. 113 della Carta fondamentale rimette al legislatore ordinario (34) Si parla, in proposito, di strumentalit allargata, secondo la definizione di TARULLO, La tutela cautelare nel processo amministrativo tra vicende interne, vicende comunitarie e prospettive di riforma, in Foro amm., 2000, 2488 ss., spec. 2526 ss. (35) In Cons. Stato, 1974, 1329, nonch in Giur. Cost., 1974, 3338 e 3349, con note di PROTO PISANI e PACE. 308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 lindividuazione dei casi in cui gli atti amministrativi possono essere annullati dal giudice, non altrettanto vero, tuttavia, che lo stesso legislatore possa ad libitum limitare o addirittura eliminare il potere strumentale di sospensione: questultimo, infatti, si atteggia ad elemento connaturale e proprio di un sistema di giustizia amministrativa nel quale accordato al giudice il potere di annullamento dellatto impugnato. Con tale pronuncia, quindi, la Corte, senza giungere allaffermazione della rilevanza ed essenzialit costituzionale dellintervento cautelare nellottica del pieno dispiegarsi del principio di effettivit della tutela giurisdizionale, si limita ad enunciare il principio di normale inerenza del potere di protezione interinale rispetto alla giurisdizione amministrativa di annullamento, giungendo a dichiarare illegittima la limitazione contemplata dallart. 13, comma 4, l. 22 ottobre 1971, n. 865, in quanto irragionevolmente discriminatoria rispetto alla regola generale volta a consentire il pieno esercizio del potere interinale. Ulteriore passaggio del percorso giurisprudenziale che si esamina costituito dalla sentenza 1 febbraio 1982, n. 8 (36), con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato lillegittimit dellart. 5, ultimo comma, l. 3 gennaio 1978, n. 1, nella parte in cui escludeva lappellabilit delle ordinanze cautelari adottate dai Tribunali amministrativi regionali nei giudizi concernenti opere pubbliche e impianti industriali. Anche in questa decisione, tuttavia, il Giudice costituzionale, pur ribadendo lassunto della naturale compenetrazione nellambito della giustizia amministrativa del procedimento cautelare con il processo di merito, non perviene ancora allaffermazione del rilievo e dellindefettibilit costituzionale della tutela interinale: alla declaratoria di illegittimit costituzionale, infatti, la Corte giunge sulla scorta della riconosciuta rilevanza costituzionale del principio del doppio grado di giurisdizione desunto, con specifico riguardo al processo amministrativo, dallart. 125 Cost., e della ritenuta applicabilit del principio stesso alla fase cautelare di quel processo. Non si rinviene ancora, quindi, in questa fase del cammino interpretativo seguito dal Giudice delle leggi, laffermazione del fondamento costituzionale della tutela cautelare. Lassunto inizia a fare breccia nella giurisprudenza della Corte, ancorch in modo non ancora netto, con la sentenza 28 giugno 1985, n. 190 (37). Nelloccasione, la Corte si pronunciata sulla questione di legittimit costituzionale sollevata dal T.A.R. Lazio con ordinanza del 10 marzo 1980 relativa allasserito contrasto con gli artt. 113 e 3, Cost. dellart. 21, ultimo comma, l. (36) In Foro it., 1982, I, 329, con nota di F.G. SCOCA, Processo cautelare amministrativo e Costituzione. (37) Tra le altre, in Foro amm., 1986, 1675. Sul tema della tutela cautelare dei diritti patrimoniali nel pubblico impiego prima della riforma di cui al d.lgs. n. 80/1998, si rinvia, per tutti, a DI BENEDETTO, La tutela cautelare nel pubblico impiego nel giudizio amministrativo, in Foro amm., 1989, 1625 ss. DOTTRINA 309 TAR nella parte in cui, limitando lintervento di urgenza del giudice amministrativo alla mera sospensione dellesecutivit dellatto impugnato, non consentiva a quel giudice di intervenire in via di urgenza nelle controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego: in specie, il Giudice remittente aveva sottolineato la condizione di inferiorit nella quale, per effetto di siffatta lacuna processuale, venivano a trovarsi i pubblici dipendenti rispetto agli altri lavoratori subordinati per i quali lart. 423 c.p.c. riconosceva, invece, la possibilit di ottenere, in corso di causa, ordinanza di pagamento per le somme che risultassero dovute. Nel pervenire alla declaratoria di illegittimit, per violazione degli artt. 3 e 113 Cost., dellart. 21, ultimo comma, l. TAR il Giudice delle leggi prende le mosse dalla valorizzazione del principio chiovendiano secondo cui la durata del processo di merito non deve andare in danno dellattore che ha ragione: principio che, destinato a rappresentare il fondamento stesso del sistema di tutela cautelare ed a provocare linserzione nel codice di rito civile del procedimento cautelare di urgenza di cui allart. 700, come noto volto ad attribuire un potere cautelare residuale, ma atipico e generale, costituisce, nella ricostruzione della Corte, espressione di direttiva di razionalit tutelata dallart. 3, comma 1, e, in subiecta materia, dallart. 113 Cost.. In termini ancora pi espliciti, la Corte enuncia il principio secondo cui le quante volte il diritto assistito dal fumus boni iuris minacciato da pregiudizio grave e irreparabile provato dalla cadenza dei tempi necessari per farlo valere in via ordinaria, spetta al giudice il potere di emanare i provvedimenti di urgenza che appaiono, secondo le circostanze, pi idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito: in tal modo il Giudice costituzionale finisce per innestare nel giudizio amministrativo, sia pure limitatamente alle controversie in relazione alle quali la questione di costituzionalit sorta, una tutela cautelare atipica e innominata della stessa ampiezza di quella riconosciuta al giudice ordinario dallart. 700 c.p.c. Lenunciazione del principio di essenzialit della tutela cautelare nellottica delleffettivit della tutela giurisdizionale si rinviene, tuttavia, per la prima volta in termini inequivoci e chiari, nella sentenza interpretativa di rigetto 16 luglio 1996, n. 249 (38), con la quale la Corte costituzionale ha respinto la questione di legittimit costituzionale dellart. 31 bis, comma. 3, l. 11 febbraio 1994, n. 109, aggiunto dallart. 9, d.l. 3 aprile 1995, n. 101, convertito con la l. 2 giugno (38) In Giust. civ., 1997, I, 33 ss., con nota di CARANTA, La nuova disciplina dei ricorsi giurisdizionali in materia di appalti di lavori pubblici al vaglio della Corte costituzionale; in Riv. trim. app., 1996, 285 ss., con nota di NICODEMO, Effettivit della tutela giurisdizionale nelle gare per laffidamento delle opere pubbliche; in Gior. dir. amm., 1997, 255 ss., con nota di COSTANTINI; in Urb. e app., 1997, 51 ss., con nota di DE NICTOLIS, La Corte si pronuncia in tema di tutela cautelare nei giudizi relativi ad opere pubbliche; in Corr. giur., 1997, 29 ss., con nota di BOSCOLO, Tutela cautelare e opere pubbliche: un nuovo intervento della Corte Costituzionale. 310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 1995, n. 216, a tenore del quale nei giudizi amministrativi aventi ad oggetto controversie in materia di lavori pubblici, in relazione ai quali sia stata presentata domanda di sospensione degli atti amministrativi, lamministrazione resistente o i controinteressati possono chiedere che la questione venga decisa nel merito: orbene la Corte, cui era stata prospettata la questione di illegittimit, per ritenuto contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost., della disposizione illustrata se interpretata in modo da reputare preclusa la possibilit di accordare tutela cautelare in presenza della domanda di trattazione del merito, ha accolto una differente opzione ermeneutica: ha sostenuto. infatti, che listanza dellamministrazione resistente o dei controinteressati di sollecita decisione nel merito dei giudizi amministrativi in materia di lavori pubblici, nei quali sia stata invocata la sospensione della esecuzione dei provvedimenti impugnati, non elimina il potere cautelare del giudice il quale, in presenza delle condizioni di legge, pu pur sempre disporre la domandata sospensione. A sostegno di tale conclusione il Giudice costituzionale, lungi dal limitarsi a qualificare la tutela cautelare come elemento connaturale e proprio di un sistema di giustizia amministrativa o a richiamare il principio chiovendiano inteso come espressione di una direttiva di razionalit giuridica da collegare agli artt. 3, comma 1, e 113 Cost., sostiene espressamente che la disponibilit delle misure cautelari strumentale alleffettivit della tutela giurisdizionale e costituisce espressione del principio per cui la durata del processo non deve andare a danno dellattore che ha ragione, in attuazione dellart. 24 Cost.. 4. Lo standard minimo di tutela cautelare nel processo amministrativo degli Stati membri imposto dalla Corte di Giustizia Prima di procedere alla disamina del processo giurisprudenziale di superamento dei limiti frapposti dalla previgente formulazione dellart. 21, l. TAR al pieno dispiegarsi di uneffettiva tutela cautelare e delle successive risposte fornite al riguardo dal legislatore del 2000, giova tener conto del ruolo, senzaltro decisivo, giocato al riguardo dal diritto comunitario. Notevoli sono, infatti, gli influssi che la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha sortito sul dibattito nazionale in tema di tutela cautelare e sulla relativa evoluzione normativa, poi sfociata, come si dir in prosieguo, nellintroduzione della tutela cautelare ante causam nel settore gli appalti pubblici ad adopera dellart. 245 del Codice (39). Sotto tale profilo, le pronunce della Corte di Giustizia hanno contribuito nel corso degli anni a favorire la nascita di un vero e proprio diritto comunitario alleffettivit dei diritti, delineando un modello di tutela giurisdizionale ispirato ai principi di effettivit nella protezione delle si- (39) In proposito, si rinvia allampia disamina svolta da PICOZZA, Processo amministrativo e diritto comunitario, Padova, 2003, 69 ss. DOTTRINA 311 tuazioni giuridiche soggettive fondate sul diritto comunitario e destinato progressivamente ad imporsi nei vari Stati membri, con leffetto, tra laltro, di armonizzare i sistemi di garanzie previsti dai singoli ordinamenti (40). Larmonizzazione dei sistemi di tutela dei vari Stati membri rappresenta, infatti, la condizione per garantire lapplicazione uniforme e la piena tutela delle posizioni soggettive a base comunitaria. La giurisprudenza comunitaria sembra, infatti, marciare decisamente in questa direzione, affermando il principio di uniformazione delle regole di tutela, destinato a confluire nella creazione di uno jus commune nel campo della giustizia amministrativa. Con specifico riferimento al giudizio amministrativo, linfluenza della giurisprudenza comunitaria si riscontra sullo stesso oggetto del processo, che, anche in relazione alle nuove forme di tutela imposte dal diritto comunitario, si va progressivamente trasformando ed allargando, e, di conseguenza, sul ruolo del giudice amministrativo, che chiamato ad assicurarne lattuazione in riferimento alle situazioni soggettive sottoposte al suo vaglio. Come esposto nel paragrafo introduttivo, al giudice amministrativo ormai sempre pi marcatamente affidato il ruolo di giudice delleconomia, le cui regole sono imprescindibilmente legate al diritto europeo, con la conseguenza che il giudice amministrativo deve necessariamente guardare con sempre maggiore attenzione e priorit a tale diritto, nellottica di un coerente adeguamento della tutela allo jus commune europeo. Merita, in proposito, sin da ora segnalare lattenzione dei giudici comunitari per la certezza che deve accompagnare il godimento di una tutela effettiva, che non pu essere quindi rimessa alla valutazione discrezionale del singolo giudice, ma deve essere garantita da chiare e specifiche disposizioni di legge (41). La peculiarit del nostro sistema di giustizia amministrativa, fondato su una diversa tutela dellinteresse contrapposto allesercizio del potere pubblico (c.d. (40) A questo proposito, CHITI, Leffettivit della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998, 503 ss., individua due momenti dellinfluenza comunitaria sui sistemi di tutela giurisdizionale degli Stati membri. In una prima fase, lapporto della Corte di giustizia pi sfumato e rimette ai singoli legislatori lindividuazione delle forme di tutela, seppur nel rispetto del principio di efficacia nella protezione delle posizioni che derivano dal diritto comunitario e di non discriminazione nella definizione delle relative regole procedurali. In una seconda fase, linfluenza della giurisprudenza della Corte di giustizia appare pi decisa, con laffermazione del principio generale delleffettivit della tutela giurisdizionale e lelaborazione di una specifica politica processuale da parte della Comunit. (41) Si veda il punto 13 della sentenza 19 ottobre 1996 in C-236/95 contro la Grecia in tema di tutela ante causam e le sentenze ivi richiamate; nonch, tra le altre, 12 dicembre 2002, in C-470/99, Universale-Bau; 27 febbraio 2003, in C-327/00, Santex; 14 ottobre 2004, in C-275/03, p. 33, ove la Corte ha significativamente sottolineato che: ҏ importante al fine di soddisfare l'esigenza di certezza giuridica, che i singoli beneficino di una situazione chiara e precisa che consenta loro di conoscere la pienezza dei loro diritti e di avvalersene, quando occorra, dinanzi ai giudici nazionali; e ancora, da ultimo, le conclusioni presentate dallAvvocato Generale Sharpston il 7 giugno 2007, in C-241/06, contro la Libera citt anseatica di Brema. 312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 interesse legittimo) rispetto a quella ordinaria dei diritti vantati nei confronti dei soggetti - pubblici o privati - in situazione di equiordinazione, crea invero non facili problemi di coordinamento con un ordinamento, come quello europeo, che non conosce tale distinzione e, soprattutto, pi attento al profilo sostanziale che a quello formale dei soggetti che vi operano e dei rapporti che tra essi intercorrono, guardando piuttosto allincidenza che essi, a prescindere dalla forma e dalla natura, sono suscettibili di esplicare sul mercato. Il primo fondamentale elemento di incidenza del diritto comunitario sulla tutela delle posizioni giuridiche soggettive rilevanti per il nostro diritto interno , dunque, legato a tali fattori e, in primis, allinesistenza, in ambito comunitario, della categoria dellinteresse legittimo, con conseguente inammissibilit, alla stregua dei relativi principi, di una tutela minore per le situazioni che in Italia sono ricondotte a questultima categoria. La Corte di Giustizia segue un approccio sostanziale, in quanto lordinamento europeo non si preoccupa del relativo problema qualificatorio (di ordine interno), occupandosi, invece, dei rimedi e dei livelli di tutela da accordare alla medesima. Questottica sostanziale, inevitabilmente, comporta una standardizzazione ed unificazione dei contenuti e delle forme di tutela giurisdizionale (42). La necessit che anche gli interessi legittimi ricevano, nellambito del processo amministrativo, una tutela piena ed effettiva - condizione che, come vedremo, passa, tra laltro, per la garanzia di una valida tutela cautelare - stata, del resto, affermata anche dalla nostra Corte costituzionale nella nota sentenza n. 204 del 2004, che ha ricostruito i fondamenti e lessenza del nostro sistema di giustizia amministrativa. Il principio del primato del diritto comunitario sul diritto interno, per consolidato indirizzo giurisprudenziale concernente tutte le norme comunitarie self executing, implica il diritto dei singoli, non solo di chiedere lapplicazione della normativa comunitaria innanzi alle autorit nazionali, sulle quali incombe conseguentemente lobbligo di disapplicare la norma di diritto interno con quella incompatibile, ma anche di azionare e far valere in giudizio (sia pure nei soli confronti delle autorit pubbliche, stante il mancato riconoscimento dellefficacia orizzontale delle direttive) le situazioni giuridiche soggettive fondate su norme comunitarie del tipo sopra indicato. Prendendo le mosse da tale logica implicazione dellormai consolidata primaut del diritto comunitario e appellandosi al principio delleffetto utile dello stesso, la Corte di Giustizia si preoccupata di garantire alle posizioni giuridiche di derivazione comunitaria una effettivit di tutela, inevitabilmente interferendo, con le sue pronunce e i suoi indirizzi, sulla stessa conformazione dei mezzi di protezione predisposti dagli ordinamenti interni. (42) BARTOLINI, Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo. La nuova tutela del c.d. interesse legittimo, Torino, 2005, 235 e s. DOTTRINA 313 In particolare, la Corte di giustizia, pur continuando a rimettere agli ordinamenti nazionali la concreta individuazione delle modalit e forme di tutela, in forza del principio di autonomia procedurale dei Paesi membri contemplato dallart. 10 (ex art. 5) del Trattato CE, ha costantemente precisato che gli stessi ordinamenti devono garantire condizioni, non solo non inferiori rispetto a quelle previste per le posizioni fondate sul diritto nazionale (c.d. principio di non discriminazione)(43) e, comunque, tali da non renderne impossibile o eccessivamente difficoltoso lesercizio, ma anche e soprattutto tali da rendere completa ed adeguata la protezione delle situazioni soggettive di origine comunitaria (cc.dd. principi delleffetto utile e della leale cooperazione)(44): emblematici di tale evoluzione della giurisprudenza comunitaria nel garantire la conformazione (o standardizzazione) delle tecniche di tutela previste dagli ordinamenti dei singoli Stati membri a parametri di adeguatezza ed effettivit, e nella individuazione, pertanto, di uno standard europeo di tutela giudiziaria( 45) delle situazioni soggettive comunitarie, sono per lappunto gli indirizzi formatisi in tema di tutela cautelare. La materia dei poteri cautelari e durgenza , senza dubbio, tra quelle su cui maggiormente si avvertito il condizionamento della giurisprudenza del giudice comunitario, volta a rafforzare le concrete possibilit di intervento del giudice nazionale, s da offrire alle situazioni soggettive fondate sul diritto europeo una pi ampia tutela interinale, quasi sempre indispensabile per garantire la pienezza e leffettivit della protezione giudiziaria (46). Tra gli aspetti che (43) La valenza del principio in questione viene enunciata in termini particolarmente evidenti nella sentenza della Corte giust. CE 16 maggio 2000, in causa C-78/98 (Preston). (44) In argomento, ex pluribus, Corte giust. CE 14 dicembre 1995, in causa C-321/93 (Peterbroeck); id., 17 settembre 1997, in causa C-54/96 (Dorsch). (45) Tra i tanti contributi, in proposito, a titolo esemplificativo si segnalano: ADINOLFI, La tutela giurisdizionale nazionale delle situazioni soggettive nazionali conferite dal diritto comunitario, in Dir. Ue., 2001, 41 ss.; ASTONE, Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Napoli, 1999; CARANTA, Giustizia amministrativa e diritto comunitario, Napoli, 1992; id., Nuove questioni sul diritto comunitario e forme di tutela giurisdizionale, in Giur. it., 1993, 657; DANIELE, Forme e conseguenze dellimpatto del diritto comunitario sul diritto processuale interno, in Dir. Ue., 2001, 61 ss.; GNES, Verso la comunitarizzazione del diritto processuale nazionale, in Giorn. dir. amm., 2001, 524 ss.; GRECO, Leffettivit della giustizia amministrativa italiana nel quadro del diritto europeo, in Riv. it. dir. pubb. comunit., 1997, 797 ss.; MORETTINI, Leffettivit del diritto comunitario ed il processo amministrativo negli Stati membri, in Riv. trim. dir. pubb., 2007, 723 ss.; PROTTO, Il risarcimento in forma specifica delle situazioni giuridiche di matrice comunitaria, in Giudice amministrativo e tutele in forma specifica, ZITO - DE CAROLIS (a cura di), Milano, 2003, 39 ss.; TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dellunione europea, in Foro it., 1995, IV, 13 ss., in part. 24. (46) Con particolare riferimento al tema dei rapporti fra tutela cautelare nel diritto interno ed influssi del diritto comunitario, si veda: CARANTA, Tutela giurisdizionale (italiana, sotto l'influenza comunitaria), in CHITI E GRECO (diretto da), coordinato da CARTEI e GALETTA, Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano, 2007, parte generale; CONSOLO, Fondamento comunitario della giurisdizione cautelare, in Giur. it., 1991, I, col. 1123 e ss.; CONTESSA, Tutela cautelare e diritto comunitario: spunti ricostruttivi di un rapporto difficoltoso, in www.giustizia-amministrativa.it; MORVIDUCCI, Le misure cautelari nel processo amministrativo comunitario, Padova, 2004; MOSCARDINI, Potere cau- 314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 sono propri dello standard minimo di tutela cautelare definito dalla Corte di Giustizia, particolare rilevanza assume poi il carattere dellatipicit, profilo che costituisce lespressione della sempre maggiore attenzione rivolta dai giudici comunitari allesigenza di assicurare, non solo la primaut del diritto comunitario, ma anche - e soprattutto - leffettivit di tutela delle situazioni giuridiche soggettive di matrice sopranazionale. Il cammino percorso dalla giurisprudenza comunitaria nel settore dei poteri cautelari durgenza scandito da importanti pronunce. Storica, al riguardo, la decisione del caso Factortame, con cui stato affermato il dovere dei giudici nazionali di disapplicare la norma di diritto interno che osti alla concessione di quei provvedimenti cautelari necessari per assicurare la piena efficacia della pronuncia giurisdizionale avente ad oggetto lesistenza di posizioni giuridiche invocate in forza del diritto comunitario (47). Parimenti rilevanti i principi enucleati nella sentenza resa nel caso Zuckerfabrik, nella quale la Corte di giustizia si preoccupa di assicurare il medesimo standard di giustizia per il caso in cui il vizio dellatto amministrativo nazionale impugnato sia da collegare allatto comunitario (es: un regolamento o una decisione): con tale arresto, infatti, il Giudice comunitario ha riconosciuto al giudice nazionale il potere di disporre la sospensione dellesecuzione di un provvedimento nazionale basato su un regolamento comunitario la cui legittimit sia in contestazione, osservando che la tutela cautelare .. garantita dal diritto comunitario ai privati davanti ai giudici nazionali non pu variare a seconda che sia in contestazione la compatibilit di norme di diritto nazionale con il diritto comunitario o la validit di atti comunitari di diritto derivato, dal momento che, in entrambi i casi, la contestazione si basa sul diritto comunitario(48). telare dei giudici nazionali in materie disciplinate dal diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1991, 1057 ss.; ROSSI SANCHINI, La tutela cautelare, cit., 4499 ss.; M.A. SANDULLI, Diritto europeo e processo amministrativo, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, 1, 37; SICA, Effettivit della tutela giurisdizionale e provvedimenti durgenza nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1991; TARULLO, La tutela cautelare nel processo amministrativo tra vicende interne, vicende comunitarie e prospettive di riforma, in Foro amm., 2000, 2488 ss.; G. TESAURO, Tutela cautelare e diritto comunitario, in Riv. it. di diritto pubbl. com., 1992, 131 ss.; VIVIANI, Diritto comunitario e potest cautelare dei giudici nazionali, in Dir. comunit. degli scambi internaz., 1993, 501 ss. (47) Corte giust. com. eu. 19 giugno 1990 (in causa C-213/89), R. c. Secretary of State for Transport, ex parte Factortame Ltd e a., in Racc., 1990, I-2433 ss.; e in Foro amm., 1991, 1885, con nota di CARANTA, Effettivit della garanzia giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione e diritto comunitario: il problema della tutela cautelare. (48) Corte giust. com. eu. 21 febbraio 1991 (in cause riunite C-143/88 e C-92/89), Zuckerfabrick Sderdithmarschen AG - Hauptzollamt Itzehoe e Zuckerfabrik Soest GmBH, in Racc. 1991, I-415 ss.; in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1992, 125 ss., con nota di TESAURO, Tutela cautelare e diritto comunitario; in Foro it., 1992, IV, 1 ss., con nota di BARONE, Questione pregiudiziale di validit di un regolamento comunitario e poteri cautelari del giudice nazionale. DOTTRINA 315 Il punto pi alto del percorso seguito dalla giurisprudenza comunitaria nel tentativo di conformare i sistemi nazionali di tutela cautelare probabilmente raggiunto con la sentenza pronunciata nel caso Atlanta: alla Corte era stato sostanzialmente chiesto se, sulla scorta del diritto comunitario, al giudice nazionale fosse consentito cautelare il singolo nei confronti di provvedimenti nazionali di diniego fondati su un atto comunitario della cui validit si dubiti, adottando, quando necessario, misure cautelari a contenuto positivo o ingiuntivo nei confronti dell'amministrazione nazionale. Il Giudice comunitario, ribadito, in linea con i citati precedenti, che la tutela non pu essere diversa a seconda che sia in contestazione la validit di disposizioni di fonte europea ovvero proprie del diritto interno e osservato che gli artt. 185 e 186 del Trattato CE riconoscono, in uno al potere di ordinare la sospensione dellesecuzione dellatto impugnato, quello di porre in essere tutti i provvedimenti necessari, afferma che la tutela cautelare che i giudici debbono garantire ai singoli, in forza del diritto comunitario, non pu variare a seconda che questi ultimi chiedano la sospensione dellesecuzione di un provvedimento nazionale adottato sulla base di un regolamento comunitario o la concessione di provvedimenti provvisori che modifichino o disciplinino a loro vantaggio situazioni di diritto o rapporti giuridici controversi(49). La decisione assume unimportanza di primo piano per due ragioni, tra loro peraltro intimamente connesse. Da un lato, la sentenza Atlanta si segnala per la valorizzazione del principio di effettivit della tutela giurisdizionale destinato, tuttavia, ad assumere consistenza autonoma, cos cessando di essere mero corollario e precipitato sul versante processuale del principio di effettivit del diritto comunitario: allaffermazione della regola che impone la pienezza della tutela cautelare si perviene, infatti, a prescindere dal fatto che la stessa sia strumentale alla salvaguardia delleffetto utile del diritto europeo. Su altro versante, la pronuncia in questione, in sintonia con lindicata valorizzazione del principio di effettivit della tutela giurisdizionale di cui costituisce corollario il riconoscimento di un pieno e generale potere cautelare, finisce per comportare lestensione dello spettro delle misure cautelari adottabili a protezione delle posizioni soggettive di fonte comunitaria: queste, infatti, lungi dallesaurirsi nella mera sospensiva dellesecuzione dellatto (49) Corte giust. com. eu. 9 novembre 1995 (in causa C-465/93), Atlanta Fruchthandellgesellschaft mbH c. Bundesamt fr Ernhrung und Forstwirtschaft, in Racc., 1995, I, 3799 ss.; in Foro amm., 1996, I, 1783 ss., con oss. di IANNOTTA ivi, 1996, 2554, con nota di CARANTA, Lampliamento degli strumenti di tutela cautelare e la progressiva comunitarizzazione delle regole processuali nazionali; in Giorn. dir. amm., 1996, 333 ss., con nota di CHITI, Misure cautelari positive e effettivit del diritto comunitario; in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1996, 991 ss., con nota di LIMBERTI, Principio di effettivit della tutela giurisdizionale e diritto comunitario: a proposito del potere del giudice nazionale di concedere provvedimenti cautelari positivi. 316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 impugnato, possono assumere anche le sembianze del provvedimento positivo. In altri termini, la Corte innalza lo standard minimo di tutela cautelare, imponendo agli ordinamenti nazionali la necessit di consentire ai giudici competenti lemanazione di tutti i provvedimenti provvisori di volta in volta necessari; per questa via, la Corte apre definitivamente le porte al distinto principio di atipicit, legittimando cos lemanazione di misure che potrebbero eventualmente risultare idonee a modificare e/o a disciplinare le situazioni di diritto o i rapporti giuridici controversi, senza attribuire, peraltro, rilevanza alcuna ai noti problemi connessi al potere discrezionale della pubblica amministrazione nellordinamento nazionale. In tal modo la Corte di Giustizia, se per un verso enuncia un principio in realt gi affermato dal nostro Giudice costituzionale con la citata sentenza n. 190 del 1985 (50), per altro finisce per riconoscergli un ambito applicativo estremamente pi ampio, estendendo la tutela cautelare positiva, e quindi anche ingiuntiva, a tutte le situazioni giuridiche comunitarie indipendentemente dalla consistenza dalle stesse assunte una volta trasposte in ambito nazionale: in altri termini, pu dirsi che lintervento interinale a connotazione positiva, anzich solo sospensiva, ammesso non pi per i soli diritti soggettivi a contenuto patrimoniale, ma anche per gli interessi legittimi a connotazione pretensiva (51). Se si considera che, come detto, lordinamento comunitario non conosce la distinzione, tipica del nostro sistema giuridico, tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, se ne inferisce che, nel garantire una tutela cautelare generalizzata ed anche positiva alle posizioni soggettive create in ambito comunitario, la Corte di Giustizia fa riferimento a tutte le situazioni giuridiche soggettive che abbiano la loro fonte nella normativa di livello comunitario, quale che sia la qualificazione ad esse in concreto riconosciuta nel momento del trasferimento nellordinamento nazionale ed alla stregua dei criteri di classificazione propri di questultimo. In ci, peraltro, la giurisprudenza comunitaria si allinea alle indicazioni fornite, sia pure limitatamente allo specifico settore degli appalti pubblici di (50) In questo senso pu ritenersi che, in ordine al principio di atipicit della tutela cautelare, linfluenza dei giudici del Lussemburgo cՏ stata, ma piuttosto che operare in una direzione innovativa, ha prodotto, come immediata conseguenza, quella di cristallizzare i principi gi affermati da una pluridecennale giurisprudenza nazionale, la quale, come esposto in precedenza nel testo, aveva fornito una lettura evolutiva del termine sospensiva, allo scopo di assicurare una pi effettiva protezione interinale degli interessi legittimi, mediante il riconoscimento della possibilit di emanare tutte le misure cautelari idonee ad evitare che la durata del processo andasse a danno del ricorrente (si pensi alle misure ordinatorie emanate sub specie di ordinanze di ammissione con riserva a gare e/o a concorsi; alle sospensive di merito emesse con esercizio del potere di remand; alle misure cautelari c.d. sostitutive dei provvedimenti invocati dal ricorrente e negati dallamministrazione). (51) Sullintensit ed elasticit delle misure cautelari nel modello delineato dal giudice comunitario si veda, in particolare, Corte giust., ord. pres. 24 luglio 2003, in C-233/03, in Foro amm. CdS, 9, 2003, 212, ove si rimarca la discrezionalit nella valutazione del caso concreto da parte del giudice nazionale competente, senza schemi predeterminati imposti dalla normativa comunitaria. DOTTRINA 317 lavori e forniture, dal legislatore europeo. Si ha riguardo alle direttive del Consiglio CEE 21 dicembre 1989, n. 665 e 25 febbraio 1992, n. 13, che, allart. 2, sanciscono lobbligo a carico degli Stati membri di garantire che le autorit nazionali responsabili delle procedure di ricorso possano adottare con la massima sollecitudine e con procedura durgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione denunciata o ad impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto o lesecuzione di qualsiasi decisione presa dallente aggiudicatore: come stato osservato, infatti, la riportata disposizione, indicando solo in via esemplificativa il potere di sospensiva degli atti di gara, depone per il riconoscimento in capo alle autorit competenti in materia di un ben pi ampio potere cautelare (52). Le considerazioni svolte ci permettono a questo punto di verificare in che modo ed in quali termini il nostro sistema di tutela cautelare riuscito, prima, per effetto della l. n. 205 del 2000, poi, in forza della introduzione da parte dellart. 245, d.lgs. n. 163/2006 dello strumento della tutela cautelare ante causam, ad adeguarsi ai principi di pienezza ed effettivit ripetutamente enucleati ed affermati dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria. 5. La legge n. 205/2000 di riforma del processo amministrativo positivizza la tutela cautelare atipica e propulsiva. Le tecniche del remand e le misure positive- sostitutive ed il loro vincolo conformativo sulla successiva azione amministrativa Lesigenza di effettivit e adeguatezza della tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione sembra essere uno dei profili che maggiormente qualificano il giudizio cautelare, allindomani della riforma del processo amministrativo, attuata con la l. 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa) (53). (52) CARANTA, Lampliamento degli strumenti di tutela cautelare e la progressiva comunitarizzazione delle regole processuali nazionali, cit., 2561. (53) In generale, sul nuovo processo cautelare nella l. n. 205 del 2000, si segnalano, tra i molteplici contributi, CINTOLI, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, in Urb. e app., 2001, 3, 237 ss.; DE CAROLIS, La tutela cautelare: le misure cautelari, presidenziali e collegiali tra atipicit ed effettivit di tutela, in CARINGELLA - PROTTO (a cura di), Il nuovo processo amministrativo dopo due anni di giurisprudenza, Milano, 2002, 218 ss.; DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 55 ss., 111 ss.; DI LIETO, La tutela cautelare nel processo amministrativo, Roma, 2001; FOLLIERI, Il nuovo giudizio cautelare: art. 3 L. 21 luglio 2000 n. 205, in Cons. Stato, 2001, II, 482 ss.; FRANCO, Manuale del nuovo diritto amministrativo. La tutela nei confronti della p.a. nel mutato quadro normativo e giurisprudenziale, vol. II, Ipsoa, 2008, 447 ss.; GALLO, Presidente e collegio nella tutela cautelare. Novit e prospettive nella disciplina della legge n. 205 del 2000. Relazione al convegno di studi La nuova tutela 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Lampliamento delle prospettive di tutela realizzatosi in tale ambito impone di riconsiderare i tradizionali confini del giudizio cautelare, tanto sotto il profilo dei possibili contenuti dei provvedimenti cautelari, quanto per quel che attiene alle modalit di accesso del ricorrente alla relativa tutela. Lintervento del legislatore sul testo dellart. 21, l. TAR ha, infatti, profondamente inciso sullassetto complessivo del rimedio cautelare, colmando le lacune evidenziate da giurisprudenza e dottrina in anni di applicazione della precedente normativa e recependo le sollecitazioni provenienti a livello comunitario. In particolare, lart. 3, l. n. 205/2000, che ha riscritto loriginario comma 7 dellart. 21, l. TAR, dispone che il giudice amministrativo possa adottare, sempre che ricorrano i presupposti richiesti, le misure cautelari, compresa lingiunzione a pagare una somma, che appaiono, secondo le circostanze, idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso. Come osservato dalla dottrina (54), sebbene la formula usata dal legislatore allart. 3, comma 1, l. n. 205 del 2000 ricalchi sostanzialmente quella impiegata allart. 700 c.p.c., la misura cautelare prevista dalla l. n. 205 del 2000, si differenzia dal provvedimento durgenza delineato dal codice di rito. Infatti, mentre il provvedimento di cui allart. 700 c.p.c. atipico e residuale rispetto alle misure cautelari tipiche adottabili dal giudice civile, non potendo essere richiesto quando possono essere adottati i rimedi tipici previsti dal codice di cautelare nel processo amministrativo, Roma, Palazzo Spada, 18 maggio 2001, in www.giustizia-amministrativa. it; GAROFOLI, La nuova tutela cautelare, in CARINGELA - GAROFOLI - POLI, Trattato di giustizia amministrativa, III, Milano, 2006; GAROFOLI- PROTTO, Tutela cautelare, monitoria e sommaria nel nuovo processo amministrativo. Provvedimenti di urgenza, tutela possessoria, decreti ingiuntivi e ordinanze ex artt. 186-bis e 186-ter c.p.c., Milano, 2002; GIOVANNINI, Note di commento alla legge 21 luglio 2000, n. 205, in www.giustizia-amministrativa.it; LUBRANO, Limiti e poteri dellordinanza cautelare nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 1219; NOTARPASQUALE, La tutela cautelare nei confronti dei provvedimenti negativi alla luce della legge 205/2000 (nota a Cons. St., sez. V, 14 gennaio 2003, n. 87), in Dir. proc. amm., 2003, 1270; PANZAROLA, Il processo cautelare, in Il processo davanti al giudice amministrativo (a cura di Sassani - Villata), Torino, 2001, 19 ss.; POLICE, Giurisdizione piena e trasformazione della tutela cautelare, in Nuove forme di tutela delle situazioni giuridiche soggettive (Atti della tavola rotonda in memoria di L. Migliorini - Perugia, 7 dicembre 2001), Torino, 2003, 231 ss.; RICCI, Profili della nuova tutela cautelare amministrativa del privato nei confronti della p.a., in Dir. proc. amm., 2002, 284 ss.; ROSSI SANCHINI, La nuova tutela cautelare, in Giorn. dir. amm., 2000, 1090 ss.; id., La tutela cautelare, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di Cassese), 2^ edizione, Milano, 2003, V, 4520; RUSCICA, Le novit in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2008, 41 ss.; F. SAITTA, Latipicit delle misure cautelari nel processo amministrativo, tra mito e realt, in www.giustizia-amministrativa.it; N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, Milano, 2008, 117 ss.; SANINO, Il processo cautelare, in Verso il nuovo processo amministrativo (a cura di Cerulli Irelli), Torino, 2000, 249 ss.; TRAINA, La proposizione del ricorso e la tutela cautelare, in Codice della giustizia amministrativa (a cura di Morbidelli), Milano, 2008, 638 ss.; TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, 7^ edizione, Torino, 2006, 276 ss.; VAIANO, Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, Milano, 2002, 723 ss. (54) FOLLIERI, La fase cautelare, in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2003, 346; F. SAITTA, Latipicit delle misure cautelari nel processo amministrativo tra mito e realt, in www.giustizia-amministrativa.it. DOTTRINA 319 procedura civile, la misura cautelare di cui alla l. n. 205 del 2000 s atipica, in quanto non predeterminata, ma non residuale, poich lunica misura stabilita nel giudizio amministrativo. Il legislatore della riforma canonizza il principio di atipicit ed elasticit della cautela (55), abbandonando, in tal modo, definitivamente loriginaria identificazione della misura cautelare invocabile nel processo amministrativo con la sola sospensiva dellesecuzione dellatto impugnato, in quanto tale diretta - prima della metamorfosi dalla stessa subita per effetto dellevoluzione giurisprudenziale - ad assicurare lo status quo attraverso linibizione dellattuazione degli effetti sostanziali ed innovativi dellatto impugnato, cos sortendo un mero effetto conservativo e anticipatorio rispetto alla sentenza di accoglimento del ricorso (56). Il passaggio da un sistema chiuso e monistico delle tecniche di intervento cautelare ammissibili nel processo amministrativo ad un modello aperto, generale ed atipico(57) non di per s idoneo a chiarire lambito effettivo della protezione interinale accordabile alla pretesa dinamica intesa al conseguimento del bene della vita negato in prima battuta dallamministrazione. Resta affidata allinterprete lindividuazione dei limiti interni frapposti al contenuto ed al grado di possibile incisivit della misura cautelare: limiti tradizionalmente individuati, da un lato, nel carattere di strumentalit, interinalit, continenza e non autosufficienza dello stesso provvedimento cautelare rispetto alla decisione definitiva (58), di modo che il primo non pu produrre conseguenze di- (55) Una chiara definizione dei nuovi poteri cautelari del giudice amministrativo a seguito della novella del 2000 si rinviene in Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4239, in Foro amm. CdS, 2006, 6, 1797, ove il Collegio afferma: Con laccoglimento dellistanza cautelare ai fini del riesame alla luce dei motivi di ricorso il giudice non si limita a sospendere latto impugnato, ma ordina allamministrazione di riesaminare la situazione tenendo presenti i motivi di ricorso, realizzandosi cos un procedimento amministrativo aperto e linteresse legittimo si configura nella pretesa alla adeguata e completa considerazione della propria posizione in vista della sua possibile - anche se non scontata - soddisfazione; si ha, cio, una piena integrazione tra processo e procedimento, in quanto la pronuncia cautelare, pur lasciando impregiudicato il contenuto finale del provvedimento, impone allamministrazione di riprendere in esame linteresse del ricorrente sul presupposto di una (pi) attenta valutazione dei dati o degli elementi emersi dal ricorso, nel corso del giudizio o nella fase istruttoria giudiziale, pur restando impregiudicata la potest finale dellamministrazione sul contenuto della decisione. (56) GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dellordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, in www.giustizia-amministrativa.it. (57) ROSSI SANCHINI, La nuova tutela cautelare, in Giorn. dir. amm., 2000, 1090. (58) Sulla strumentalit della tutela cautelare, tra i tanti, CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 2003, 621 e, da ultimo, GOISIS, Vincolo di strumentalit e misure cautelari di tipo propulsivo nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2008, 3, 856; PALEOLOGO, Sospensione dellesecuzione: II) Sospensione dellesecuzione dellatto amministrativo e altre misure cautelari, in Enc. giur., vol. XXIX, Roma, 1993, 2; in proposito, TRAVI, Misure cautelari di contenuto positivo e rapporti tra giudice amministrativo e pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1997, 174, in maniera eloquente evidenzia che lo scopo della tutela cautelare quello di determinare un assetto interinale, tale da evitare che l'interesse di una parte possa essere gravemente o irreparabilmente compromesso dalla durata del giudizio. Linterinalit di questo assetto comporta la necessit che esso 320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 verse rispetto alla sentenza di merito, n assorbirla del tutto, precludendone la sua futura funzione; dallaltro, nellesigenza di evitare che il giudice della cautela sconfini in ambiti normalmente ritenuti di esclusiva pertinenza della pubblica amministrazione cui compete la riedizione del potere allindomani del congelamento del provvedimento negativo impugnato (59). Lesatta definizione dei confini di entrambi questi due limiti del potere cautelare continua a suscitare delle dispute, che investono, a ben vedere, la stessa funzione del processo amministrativo ed il ruolo che il giudice amministrativo chiamato ad esercitare. Sul primo versante, come si osserver in sede di osservazioni conclusive a proposito della sostanziale inutilit del tutela cautelare ante causam introdotta dal Codice dei contratti pubblici, assolutamente indiscutibile (e la riforma del 2000 ne fornisce testuale conferma) che nel processo amministrativo la tutela cautelare non possa avere vita autonoma, essendo il provvedimento cautelare destinato ad essere inglobato nella decisione definitiva, poich esso non pu accordare al ricorrente qualcosa di pi e di diverso di quello che potrebbe essere ottenuto con la decisione nel merito sulla domanda (c.d. rapporto di continenza)(60). Lo strumento cautelare, in particolar modo nel processo amministrativo, rinviene la propria giustificazione genetica nellesigenza di assicurare lefficacia della successiva decisione nel merito, non potendo espandersi fino a consentire la definizione della res litigiosa, senza che sia necessario instaurare e/o attendere lordinario giudizio a cognizione piena. Mancando la decisione di merito, la misura cautelare si estinguer comunque, non potendo aspirare ad alcuna sopravvenuta stabilit, essendo la interinalit-provvisoriet non meramente eventuale, ma irrinunciabile, in quanto conseguente alla natura sia provvisorio e reversibile: esorbita da qualsiasi logica di una tutela cautelare la produzione di effetti giuridici definitivi, perch altrimenti verrebbe superata la necessit del giudizio di merito. Lordinanza cautelare che comporti effetti giuridici definitivi usurpa uno spazio riservato alla sentenza; assume, per lo meno, i caratteri del provvedimento sommario (ma la tutela sommaria ben altra cosa rispetto alla tutela cautelare). In giurisprudenza, sulla provvisoriet dellassetto di interessi costituito dalla pronuncia cautelare, comunque non autosufficiente e strumentale alla sentenza di merito, si veda, ex pluribus, Cons. St., sez. VI, 14 gennaio 2002, ivi, 2002, 145 e in Riv. amm. R. It., 2002, 135, con nota di ANDREANGELI; di recente, Cons. St., sez. V, 16 luglio 2007, n. 4026, in Foro amm. CdS, 2007, 7-8, 2224, secondo cui le considerazioni, anche in diritto, poste a fondamento della decisione dellistanza di sospensione non vincolano il giudice in occasione della pronuncia definitiva di merito, e ci in quanto la delibazione della causa in sede cautelare ha luogo solo in via provvisoria e sommaria, senza una piena cognizione degli atti di causa. (59) GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dellordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, cit.; RICCI, Profili della nuova tutela cautelare amministrativa del privato nei confronti della p.a., in Dir. proc. amm., 2002, 284 s.; VIOLA, Riforma del processo civile e giudizio amministrativo: attenuazione del principio di strumentalit della misura cautelare, in www.giustamm.it. (60) In giurisprudenza il principio di continenza della misura cautelare rispetto alla decisione di merito ben definito da Cons. St., sez. IV, 6 aprile 2006, n. 1791, in Foro amm. CdS, 2006, 1128 ss. DOTTRINA 321 servente e strumentale della cautela rispetto alla decisione di merito (61). Proprio per queste caratteristiche la tutela cautelare si distingue dalla tutela sommaria non cautelare, la quale pu concludersi con atti strutturalmente e funzionalmente autonomi e definitivi. Sul secondo versante, la possibilit di disporre di ogni misura idonea a garantire interinalmente gli effetti della decisione di merito, ai sensi dellart. 3, l. n. 205/2000, consente, come detto, allo strumento cautelare di travalicare lambito della mera tutela conservativa, costituita dalla sospensione del provvedimento impugnato. Tuttavia, le tecniche di tutela cautelare sganciate dal modello squisitamente inibitorio della sospensione pongono la questione della eventuale invasione del limite invalicabile costituito dalla c.d. discrezionalit pura dellAmministrazione ed a monte della loro compatibilit con gli effetti interinali tipici della misura, di cui la dottrina dubita (62). Lacquisita connotazione anticipatoria, consacrata nella l. n. 205/2000, ha determinato il progressivo utilizzo di due tecniche cautelari, differenti da quella classica (la sospensiva): il remand (noto anche con il nome di ordinanza propulsiva) e la misura positiva. Si tratta di tecniche cautelari elaborate dalla giurisprudenza amministrativa allorch la disciplina positiva contemplava esclusivamente la misura cautelare inibitoria. Nella prima, particolarmente utilizzata dai giudici amministrativi di primo grado, rientrano le ordinanze - in gergo note come propulsive, ordinatorie, sospensive di merito o remand - mediante le quali il giudice amministrativo, riscontrata la sussistenza dei consueti presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora, non si limita a sospendere latto impugnato, ma sollecita lamministrazione perch faccia luogo alla rinnovazione del procedimento ed (61) Lapplicazione in termini rigorosi del principio di strumentalit delle misure cautelari nel processo amministrativo affermata anche dalla Suprema Corte: cfr., in particolare, Cass. civ., sez. un., 31 gennaio 2006, n. 2053, in D&G - Dir. e giust., 2006, 28 ss., ove si precisa che Le misure cautelari adottate nel processo amministrativo presenterebbero in forma accentuata il carattere della strumentalit. (62) TRAVI, Sub art. 21 l. T.A.R., in ROMANO (a cura di), Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, 2^ ed., Padova, 2001, 655 e 672, il quale decisamente nega che la misura cautelare possa comportare effetti rinnovatori rispetto al procedimento amministrativo, non potendo imporre allautorit amministrativa di provvedere (o di provvedere nuovamente) sullaffare oggetto del giudizio; in senso adesivo, VAIANO, Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, Milano, 2002, 723 ss., spec. 727; ANDREIS, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., 282 ss., secondo cui la misura cautelare in esame, perdendo il carattere della strumentalit, sarebbe utilizzata come strumento di tutela durgenza non cautelare, facendo venire meno lelemento discriminante della tutela sommaria rispetto a quella cautelare che, comՏ noto, ҏ identificato nellautonomia funzionale intesa come idoneit a dettare una disciplina definitiva del rapporto controverso; dello stesso avviso GOISIS, Vincolo di strumentalit e misure cautelari di contenuto propulsivo nel processo amministrativo, cit., 872 e TARULLO, La tutela cautelare nel processo amministrativo tra vicende interne, vicende comunitarie e prospettive di riforme, in Foro amm., 2000, 6, 2488. 322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 al riesame del provvedimento impugnato tenendo presente i motivi di ricorso, completando listruttoria o valutando taluni profili, anche sostanziali, inizialmente trascurati (63). Lamministrazione viene, cos, nuovamente investita della questione gi portata al vaglio del giudice amministrativo attraverso limpugnazione del (primo) provvedimento amministrativo adottato, perch la stessa faccia luogo ad una riedizione del potere ovviamente immune dai profili di illegittimit di tipo istruttorio, procedimentale o anche sostanziale prima facie riscontrati nella sede della cognizione cautelare ed alla luce delle censure esposte in ricorso, cos come fatte proprie ed esternate dal giudice della cautela nelle espresse indicazioni contenute nella parte motiva dellordinanza cautelare. Nella seconda tecnica di tutela cautelare sono ricomprese le ordinanze, propriamente positive e sostitutive, attraverso le quali il giudice adotta (nel dispositivo dellordinanza cautelare) direttamente le determinazioni necessarie ad evitare che il tempo occorrente per la definizione del giudizio frustri irrimediabilmente linteresse dedotto dal ricorrente, cos sortendo un effetto di temporanea ed anticipata produzione degli effetti propri del provvedimento dallo stesso invocato e negato dallamministrazione (64). In tal caso, in modo significativamente pi incisivo rispetto al remand, lintervento cautelare di (63 ) In giurisprudenza, sul remand, da ultimo, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 7 gennaio 2009, n. 10, in www.giustamm.it., ove si precisa che a seguito della sospensiva (in sede giurisdizionale) di un atto amministrativo negativo, sorge il dovere della Pubblica Amministrazione di riesaminare (c.d. remand) la situazione controversa regolandola nuovamente (sia pure a titolo provvisorio) tenendo conto del dictum del Giudice Amministrativo: ossia, concedendo al ricorrente il richiesto provvedimento ampliativo o anche negandolo qualora sussistano altre legittime ragioni ostative non evidenziate in precedenza; in precedenza, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 5 dicembre 2007, n. 12554, in Foro amm. Tar, 2007, 12, 3776, ove si afferma: essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza proprio per rimettere in gioco lassetto di interessi definiti con latto gravato, restituendo quindi allAmministrazione lintero potere discrezionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale, il nuovo atto, costituendo (nuova) espressione di una funzione amministrativa (e non di mera attivit esecutiva della pronuncia giurisdizionale), porta ad una pronuncia di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, ove abbia contenuto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente, oppure di improcedibilit per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi linteresse del ricorrente dallannullamento dellatto impugnato, sostituito dal nuovo provvedimento, a questultimo; ed ancora, Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4239, in www.giustizia-amministrativa.it., in cui si legge che con lesercizio del potere di remand si realizza un procedimento amministrativo aperto e linteresse legittimo si configura nella pretesa alla adeguata e completa considerazione della propria posizione in vista della sua possibile - anche se non scontata - soddisfazione. Si realizza cio una piena integrazione tra processo e procedimento, in quanto la pronuncia cautelare, pur lasciando impregiudicato il contenuto finale del provvedimento, impone allamministrazione di riprendere in esame linteresse del ricorrente sul presupposto di una (pi) attenta valutazione dei dati o degli elementi emersi dal ricorso, nel corso del giudizio o nella fase istruttoria giudiziale. (64) DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del giudice amministrativo, Milano, 2001, 79 ss. FRACCHIA, Osservazioni in tema di misure cautelari di carattere dispositivo nel giudizio amministrativo, in Foro it., 1998, III, 308 ss.; F. SAITTA, Latipicit delle misure cautelari nel processo amministrativo, tra mito e realt, in www.giustizia-amministrativa.it; TRAINA, La proposizione del ricorso e la tutela cautelare, in Codice della giustizia amministrativa (a cura di Morbidelli), Milano, 2008, 638 ss. DOTTRINA 323 tipo sostitutivo comporta che la pronuncia giudiziale tiene luogo del provvedimento invocato dal ricorrente e negato dallamministrazione. Per ambedue le descritte tecniche processuali si posto il problema della loro compatibilit con il principio che vuole le misure cautelari avvinte da un nesso di strumentalit rispetto alla pronuncia destinata a definire il merito della controversia, nonch con quello inteso ad evitare lo sconfinamento del giudice in area riservata alla discrezionalit della pubblica amministrazione (65). Come detto, lo strumento cautelare ha natura servente rispetto alla decisione di merito di cui deve garantire la fruttuosit pratica, di volta in volta anticipandone provvisoriamente gli effetti, assicurando che la situazione non venga modificata in attesa della disciplina degli effetti che sar dettata dalla sentenza stessa ovvero, ancora, determinando il prodursi di effetti quantitativamente minori rispetto a quelli potenzialmente realizzabili a conclusione del processo. Nel processo amministrativo, il giudizio cautelare ha vita processuale autonoma, ma non produce utilit sostanziali diverse o superiori rispetto a quelle che pu procurare alla parte la decisione di merito, i cui effetti essa tende a preservare nel tempo (66). Strettamente connesso con il principio di strumentalit quello di necessaria interinalit della misura cautelare implicante la naturale provvisoriet degli effetti che essa pu produrre e la conseguente inidoneit della stessa a sortire un effetto di sostanziale assorbimento della funzione propria della successiva decisione di merito, non potendo dettare una soluzione definitiva per la controversia, ragion per cui non pu produrre effetti irreversibili (67). Principi, questi, non certo elisi per effetto dellentrata in vigore della l. n. 205 del 2000 che, se certo amplia la gamma delle misura di cautela invocabili innanzi al giudice amministrativo, non modifica, invece, i connotati strutturali dellintervento cautelare; la formulazione del nuovo art. 21, l. TAR ribadisce il carattere della necessaria coerenza effettuale del provvedimento cautelare rispetto alla decisione che definisce il merito del giudizio e quello, intimamente connesso, dellinterinalit dellassetto di interessi determinato dallintervento anticipato del giudice ammini- (65) Il dibattito illustrato da GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dellordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, cit. (66) E quanto costantemente sostenuto dal Consiglio di Stato, secondo cui nel processo amministrativo il giudizio cautelare ha vita processuale autonoma, ma non produce utilit sostanziali diverse o superiori rispetto a quelle che pu procurare alla parte la decisione di merito, i cui effetti essa tende a preservare nel tempo: il giudizio cautelare, quindi, autonomo dal giudizio di merito solo sotto laspetto processuale e non anche sotto il profilo sostanziale, non potendo produrre utilit finali diverse e comunque disomogenee da quelle che la decisione di merito pu procurare alla parte (Cons. St., ad. pl., 5 settembre 1984, n. 17, in Cons. Stato, 1984, I, 971). (67) In giurisprudenza, tra le tante, Cons. St., sez. VI, 10 marzo 2005, n. 1000, in Foro amm. CdS, 2005, 871; Sez. VI, 7 marzo 2005, n. 902, ivi, 733; Cass. civ., sez. un., 25 febbraio 1995, n. 2149, in Rass. giur. en. el., 1996, 950. 324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 strativo (68). Secondo un indirizzo restrittivo delineatosi in dottrina (69) e fatto proprio, talora, dal Consiglio di Stato (70), le cc.dd. ordinanze propulsive, intese ad imporre allamministrazione la riedizione del potere esercitato, sarebbero irrimediabilmente incompatibili con le peculiarit proprie della struttura tipica della misura cautelare. Si sostenuto, infatti, che nel caso di impugnazione di un provvedimento negativo il giudice amministrativo, in sede cautelare, non pu ordinare allamministrazione di riesaminare listanza del privato e di adottare cos un nuovo atto con diversa motivazione, ma pu solo adottare autonomamente misure durgenza di contenuto positivo, intese ad anticipare, in via meramente interinale, la produzione degli effetti del provvedimento richiesto dallinteressato e negato dallamministrazione: si sconfessa, cos, la prassi delle ordinanze cc.dd. propulsive, per legittimare, invece, quella delle ordinanze a contenuto autonomamente positive dirette ad anticipare, in attesa della definizione nel merito del giudizio, gli effetti dellatto in prima battuta negato dallamministrazione. In questa direzione si sostiene che il contenuto della misura cautelare supererebbe quello della sentenza di merito, intesa alla mera caducazione del provvedimento di diniego; dallaltro, la stessa, con il provocare ladozione di una nuova e distinta determinazione amministrativa, sortirebbe un effetto assorbente e definitivo, cos usurpando uno spazio proprio della decisione di merito. A tale indirizzo si contrappone un orientamento, attualmente pressoch unanime, oltre che consolidato, della giurisprudenza amministrativa, avallato dalla dottrina maggioritaria (71), secondo cui la tecnica del remand non sol- (68) In proposito, F. SAITTA, Latipicit delle misure cautelari nel processo amministrativo tra mito e realt, cit. (69) Per tutti, TRAVI, Misure cautelari di contenuto positivo e rapporti fra giudice amministrativo e pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1997, 174 ss., il quale osserva che il principio di strumentalit impone di escludere che attraverso lordinanza cautelare possano attribuirsi utilit maggiori di quelle ipotizzabili in caso di esito vittorioso del ricorso, altrimenti il giudizio cautelare diventa una cellula impazzita del processo amministrativo, dove tutto risulta consentito indipendentemente dalloggetto del giudizio e dai poteri del giudice rispetto al ricorso. (70) Cons. St., sez. V, ord. 30 maggio 2000, n. 2586, in Cons. Stato, 2000, I, 1570; id., ord. 21 giugno 1996, n. 1210, in Dir. proc. amm., 1997, 167, con nota di TRAVI, Misure cautelari di contenuto positivo e rapporti tra giudice amministrativo e pubblica amministrazione; Cons. St., sez. V, ord. 21 giugno 1996, n. 1210, cit., ove il Collegio, disattendendo la tendenza dei giudici amministrativi periferici a fare un uso sempre pi ampio e penetrante della tecnica del remand, ha osservato che nellesame di istanze cautelari contro diniego di autorizzazione, non consentito ordinare allamministrazione resistente di concedere le autorizzazioni da queste negate; lannullamento del diniego pu essere fatto solo con sentenza e non ordinato allamministrazione; se i Tar ritengono di concedere lautorizzazione provvisoria, e salvo vanificazione in caso di esito non favorevole al ricorrente del grado di giudizio cognitorio, devono farlo essi stessi. (71) ANDREIS, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 1996, 218 ss. GIALLOMBARDO, Realt e prospettive del processo cautelare dinanzi ai Tribunali amministrativi, in Miscellanea giuridica (Studi in onore di I. Scotto), Roma, 1992, 92 ss.; NOTARPASQUALE, La tutela DOTTRINA 325 tanto non in contrasto con i principi propri del sistema di tutela cautelare, ma coniuga due fondamentali esigenze: da un lato, quella di garantire, indipendentemente dalla tipologia e dalla struttura della posizione soggettiva dedotta in giudizio, uneffettivit di tutela giurisdizionale rispetto alla quale lapprontamento di un adeguato sistema di intervento cautelare costituisce un inabdicabile corollario, se non un vero e proprio tratto costitutivo; dallaltro, quella che impone, per quanto possibile, il rispetto dei distinti ruoli anche costituzionalmente assegnati al giudice e allamministrazione, alla quale pur sempre rimessa, per effetto del contenuto propulsivo del remand, la parola ultima, salva la necessit di un nuovo intervento del giudice dellesecuzione in caso di inerzia ed inottemperanza (72). Peraltro, a sostegno dellammissibilit della tecnica del remand richiamabile la nuova disciplina dei motivi aggiunti, introdotta dallart. 1, l. n. 205 del 2000, che, modificando lart. 21, l. n. 1034 del 1971, ha previsto in termini generali che Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi alloggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti. Come stato osservato in giurisprudenza, linnovazione, che permette di far confluire allinterno del giudizio tutti gli atti connessi al suo oggetto, non va vista soltanto come uno strumento di economia processuale (73), imponendo la stessa, viceversa, di rivedere la tradizionale identificazione delloggetto del giudizio amministrativo con il singolo provvedimento impugnato. Il presupposto logico, infatti, che ha reso possibile lestensione dellimpugnativa ai provvedimenti sopravvenuti mediante semplici motivi aggiunti allinterno del giudizio gi pendente risiede in ci, che il legislatore del 2000 ha rimodellato loggetto del processo amministrativo intorno alla pretesa sostanziale fatta valere dal ricorrente; la disposizione, invero, comporta che ladozione di un ulteriore provvedimento, inteso ad emendare un vizio dellatto formante oggetto di un gravame, non pone pi, oggi, automaticamente fine al relativo giudizio (strutturato, innovativamente, cautelare nei confronti dei provvedimenti negativi alla luce della legge 205/2000, nota a Cons. St., sez. V, 14 gennaio 2003, n. 87, in Dir. proc. amm., 2003, 1270); SAPORITO, Le sospensive propulsive, in Diritto amministrativo e giustizia amministrativa nel bilancio di un decennio di giurisprudenza (a cura di Allegretti, Orsi Battaglini, Sorace), Rimini, 1987, I, 355. (72) BERTONAZZI, Brevi riflessioni sulla tutela cautelare nei confronti dei provvedimenti negativi e dei comportamenti omissivi della pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1999, 1222 ss.; GAROFOLI, op. ult. cit. (73) Tuttavia, secondo una parte della giurisprudenza, listituto dei motivi aggiunti, in corso di causa, avverso atti diversi da quelli impugnati con il ricorso principale, purch a quelli direttamente collegati, introdotto dalla l. n. 205/2000, risponde ad esigenze di economia processuale ed , comunque, alternativo alla riunione dei due distinti ricorsi, eventualmente proposti separatamente (per conseguire evidenti finalit di speditezza, di concertazione giudiziale e di eliminare sprechi di tempo e di danaro), ferma restando lautonomia delle impugnative: in questi termini, T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 8 gennaio 2009, n. 15, in www.neldiritto.it; Cons. St., sez. IV, 16 ottobre 2006, n. 6170, in Foro amm. CdS, 2006, 10, 2776. 326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 come giudizio sul rapporto), ma abilita semplicemente linteressato ad integrare la sua originaria impugnativa mediante motivi aggiunti(74). Per effetto della novella , quindi, consentito al giudice di estendere in modo progressivo ed onnicomprensivo laccertamento giurisdizionale alle successive determinazioni amministrative. Orbene, lindicata novit legislativa sembra fornire unulteriore conferma della correttezza della tecnica del remand e della sua coerenza con i connotati strutturali del sistema processuale amministrativo nel quale destinata ad operare. Con lordinanza propulsiva, infatti, il giudice amministrativo, tenendo conto dei profili di illegittimit prima facie riscontrati nella pregressa attivit amministrativa e nel provvedimento di diniego impugnato, sollecita la manifestazione di una nuova volont amministrativa, destinata, allorch ancora negativa e sempre che non elusiva dellobbligo di esecuzione, ad essere sottoposta in uno alla prima, al vaglio dello stesso giudice, cos in grado di portare il proprio scrutinio e la conseguente decisione sul complesso ed esaustivo insieme dei profili addotti dallamministrazione a sostegno della determinazione ostile al soddisfacimento dellinteresse pretensivo del ricorrente. In tal modo, oltre ad essere assicurata la continuit e la completezza dellaccertamento giudiziale, ormai tendenzialmente esteso alla verifica della fondatezza della pretesa avanzata dal ricorrente nei confronti dellamministrazione, risultano inalterati e rispettati i connotati della strumentalit e provvisoriet della misura rispetto alla decisione di merito. Ed invero, pur in presenza di pi atti amministrativi, impugnati in tempi diversi dal ricorrente e conosciuti in sede cautelare in momenti separati, la sentenza definitiva sar unica, sicch non potr sostenersi che loriginaria misura cautelare abbia sortito effetti eccedenti la cognizione di merito o che abbia definitivamente esaurito il rapporto processuale. Lammissibilit del remand e la sua coniugabilit con i caratteri ontologici propri della misura cautelare hanno trovato, di recente, piena conferma nella giurisprudenza amministrativo; infatti, la quinta Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 19 febbraio 2007, n. 833 (75), nel riconoscere lammissibilit del remand, pare superare gli esposti contrasti interpretativi emersi in merito allutilizzabilit, nel processo amministrativo, di siffatta tecnica di intervento (74) T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 16 gennaio 2002, n. 398, in Foro amm. Tar, 2002, 115, 511, con nota di GALLETTA, Recenti novit in tema di illegittimit del provvedimento amministrativo affetto da c.d. vizi formali. Sulla nuova disciplina dei motivi aggiunti, intesa come indice della volont del legislatore di trasformare il giudizio amministrativo in un giudizio sul rapporto, MAMELI, Atto introduttivo e attivit istruttoria, in CARINGELLA - PROTTO, Il nuovo processo amministrativo, cit., 3 ss.; in argomento, si veda, inoltre, N. SAITTA, Sette note sui motivi aggiunti, in www.giustamm.it; per talune osservazioni sullevoluzione che listituto del ricorso per motivi aggiunti ha subito per via giurisprudenziale G. VIRGA, Levoluzione dellistituto del ricorso per motivi aggiunti, in www.lexitalia.it. (75) In www.lexitalia.it e con annotazione in www.neldiritto.it. DOTTRINA 327 cautelare. Osservano i giudici di Palazzo Spada che devono ritenersi ammesse, stante il vigente principio dellatipicit della tutela cautelare, scolpito dallart. 3, l. n. 205 del 2000, le misure cautelari propulsive consistenti nellordine, rivolto allamministrazione, di esercitare nuovamente una determinata potest, onde pervenire alladozione di un atto, emendato dai vizi riscontrati in sede di cognizione giurisdizionale. Invero, il c.d. remand instaura un dialogo tra la giurisdizione e lamministrazione, mirante ad orientare lattivit discrezionale della seconda nella direzione, ritenuta giuridicamente ortodossa, suggerita dalla prima. In questo senso indiscutibile il vincolo conformativo che le ordinanze cautelari del tipo appena descritto imprimono alla potest oggetto di vaglio giurisdizionale: di qui la sicura illegittimit di un provvedimento, adottato in seguito ad un impulso cautelare, che ignori completamente il tenore precettivo della misura di carattere propulsivo, fonte e limite della rinnovazione procedimentale. La compatibilit o meno con il carattere di strumentalit della tutela cautelare si posta anche per le ordinanze di tipo sostitutivo, consistenti, come detto, in misure positive con le quali il giudice adotta direttamente le prescrizioni necessarie producendo in via anticipata gli effetti del provvedimento negato dallamministrazione. Per queste ultime si evidenziato che anche lattuale formulazione dellart. 21, l. 1034/1971, estromette dalle misure cautelari adottabili proprio quelle di tipo sostitutivo, che assicurano non gi gli effetti della decisione sul ricorso, come impone la norma processuale, bens gli effetti ottenibili mediante il giudizio di ottemperanza (76). Non di meno, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che almeno sino alla riforma introdotta dallart. 3, l. 205/2000, aveva avversato le misure cautelari sostitutive, in pi occasioni non ha ravvisato ostacolo ad ordinare, in via cautelare, ladozione del provvedimento richiesto dal ricorrente ed illegittimamente negato dallamministrazione. Emblematica in tal senso la pronuncia con cui, chiamato a pronunciarsi sul provvedimento di rigetto di opposizione contro lammissione di un contrassegno alle elezioni per il Parlamento europeo, il massimo Organo di giustizia amministrativa, ritenuta, prima facie, fondata la pretesa del ricorrente di non vedere ammesso un contrassegno suscettibile di generare confusione con il proprio, ha ordinato, in sede cautelare, lintroduzione di modifiche grafiche nel contrassegno contestato (77). Altrettanto significativa altra pronuncia con cui, di fronte ad un diniego di concessione (76) CINTIOLI, op. cit.; RICCI, op. cit.; F. SAITTA, op. cit. (77) Cons. St., sez. V, ord. 18 maggio 2004, n. 2227, in Cons. Stato, 2004, I, 1356; contra, nella vigenza dellart. 21, l. n. 1034/1971, nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dallart. 3, l. 205/2000, Cons. St., sez. V, ord. 30 maggio 2000, n. 2586, ivi, 2000, I, 1570, ancora affermava che, nel caso di impugnazione di un diniego di autorizzazione, il giudice amministrativo, in sede cautelare, non pu ordinare allamministrazione di concedere lautorizzazione da questa negata, potendo il diniego essere annullato soltanto con sentenza. 328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 edilizia, dopo aver accolto listanza cautelare, in sede di esecuzione della relativa ordinanza, il Consiglio di Stato ha ordinato allamministrazione di rilasciare, in via provvisoria, al ricorrente la concessione negatagli, riservandosi di nominare un commissario ad acta in caso di inadempimento (78). Nella giurisprudenza dei Tribunali amministrativi regionali, il potere del giudice cautelare di adottare la misura positiva o sostitutiva integra principio ormai da tempo acquisito. La sospensione dellatto di diniego impugnato, con contestuale riconoscimento in via interinale della pretesa disattesa dallamministrazione cautela riconosciuta di normale praticabilit (79). Ad avviso di chi scrive, ladozione di tali misure positive, pur non dovendosi escludere a priori, incontra quale limite insuperabile quello costituito dal necessario rispetto della sfera riservata alla discrezionalit valutativa dellamministrazione, che preclude lintervento cautelare sostitutivo del giudice. Pare, quindi, preferibile lorientamento mediano, che distingue a seconda della natura vincolata o discrezionale dellattivit amministrativa sulla quale incide la pronuncia cautelare del giudice amministrativo; ne consegue che, mentre per le attivit vincolate il giudice pu spingersi fino ad ordinare allamministrazione di adottare un atto con un certo contenuto; qualora, invece, residui uno spazio di discrezionalit in capo allamministrazione da ritenere che lordine del giudice possa avere contenuto esclusivamente procedimentale, destinato ad imporre allamministrazione la riattivazione del procedimento, senza, tuttavia, alcuna previsione sullesito finale, che dipendente dal concreto esercizio che lamministrazione riterr di fare del proprio potere discrezionale (80). Strettamente collegata alla tematica concernente ladottabilit da parte del giudice amministrativo di misure cautelari ordinatorie di tipo propulsivo quella attinente al vincolo conformativo scaturente dalla pronuncia cautelare. Pur non trattandosi di un giudicato in senso tecnico, la pronuncia cautelare adottata dal giudice amministrativo dotata di una sua singolare vis inibitoria (78) Cons. St., sez. VI, ord. 27 settembre 2005, n. 4354, in Cons. Stato, 2005, I, 1662 e in www.lexitalia. it. (79) Si veda, di recente, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, ord. 16 luglio 2008, n. 616, in www.giustizia- amministrativa.it, che ha sospeso lefficacia del diniego di rinnovo allinstallazione di un gazebo a carattere stagionale, disponendo che la ricorrente potesse procedere allinstallazione del manufatto nei modi assentiti precedentemente dal comune; Cons. St., sez. V, ord. 28 agosto 2007, n. 4297, in Dir. proc. amm., 2008, 3, 856, con nota di ANDREIS, Vincolo di strumentalit e misure cautelari di contenuto propulsivo nel processo amministrativo, ove il Collegio ha ritenuto ammissibile unordinanza cautelare propulsiva su un provvedimento che negava limmissione in commercio di un farmaco. (80) In giurisprudenza, in tal senso, si veda Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4239, in Foro amm. CdS, 2006, 6, 1797, ove si osserva che il potere cautelare atipico conferito al giudice amministrativo pu spingersi fino alla sostituzione del giudice allAmministrazione nelle fattispecie nelle quali lo si ritenga, per esempio in caso di attivit vincolata o a bassa discrezionalit; in dottrina accoglie questa soluzione M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit. DOTTRINA 329 e a volte propulsiva o sostitutiva, alla quale soggiace la capacit di autodeterminazione e lautonomia della pubblica amministrazione i cui provvedimenti siano stati sospesi. Anzi i suoi organi sono tenuti a dare esecuzione alle ordinanze cautelari del giudice amministrativo, e ci risponde alla logica del sistema, tanto che nei casi di mancata esecuzione o conformazione a dette ordinanze, il ricorrente pu rivolgersi ancora al giudice in sede cautelare esecutiva, ottenendone anche, se del caso, la nomina di un commissario ad acta per lesecuzione (81). Il decisum cautelare, sebbene caratterizzato dalla provvisoriet, determina un effetto conformativo analogo a quella della sentenza e, quindi, comporta un vincolo assoluto per lamministrazione di attenersi, nella sua successiva attivit, alla statuizione del giudice (82). Lamministrazione, pertanto, tenuta a dare esecuzione alle ordinanze cautelari, imperative al pari delle sentenze, con la differenza che hanno minore stabilit, cessando i loro effetti con la decisione di merito; ma finch lordinanza cautelare non sia revocata, modificata o sostituita da una pronuncia di merito, deve essere eseguita. Anche il contenuto minimo della misura cautelare impone allamministrazione, nel tempo in cui la stessa efficace, di non pregiudicare in modo definitivo la posizione del ricorrente; ritenere il contrario tradirebbe la stessa natura strumentale della cautela giurisdizionale, impedendo, di fatto, che essa possa davvero assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso (art. 21, comma 8, l. TAR), e che, quindi, possa essere assicurata leffettivit della tutela giudiziale, dalla quale finirebbe per scaturire una eventuale sentenza daccoglimento inutiliter data (83). Il che vale per tutte le misure cautelari, incluse quelle di tipo propulsivo e sostitutivo, ormai generalmente ammesse stante il vigente principio di atipicit della tutela cautelare, scolpito dallart. 3, l. n. 205/2000. Quanto alle prime, si detto, consistono nellordine, rivolto allamministrazione, di esercitare nuovamente una determinata potest, onde pervenire alladozione di un atto, emendato dai vizi riscontrati in sede di cognizione giurisdizionale. Il c.d. remand instaura un dialogo tra la giurisdizione e lamministrazione, diretto ad orientare lattivit discrezionale della seconda nella direzione, ritenuta giuridicamente ortodossa, suggerita dalla prima. In questo senso indiscutibile il vincolo conformativo che le ordinanze cautelari propulsive imprimono alla potest oggetto di vaglio giurisdizionale: di qui la si- (81) Cons. St., sez. VI, ord. 29 luglio 2004, n. 5356; T.A.R. Veneto, sez. I, ord. 22 giugno 2000, n. 1212, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it. (82) Per approfondimenti, CARINGELLA, Il giudizio di esecuzione, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 596 ss.; DE NICTOLIS, La tutela cautelare, ivi, tomo, II, 111. (83) DE GIOIA, Lottemperanza alla misura cautelare nel nuovo processo amministrativo, in Nuova rass., 2003, 691; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 2 agosto 2007, n. 1905, in Foro amm. Tar, 2007, 7-8, 2669. 330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 cura illegittimit di un provvedimento, adottato in seguito ad impulso cautelare, che ignori completamente il tenore precettivo della misura di carattere propulsivo, fonte e limite della rinnovazione procedimentale (84). A seguito della sospensiva (in sede giurisdizionale) di un atto amministrativo negativo, lAmministrazione, nellesercizio del dovere di riesame della situazione controversa alla luce del dictum cautelare, potr ovviamente concedere il richiesto provvedimento ampliativo oppure negarlo, qualora sussistano altre legittime ragioni ostative non evidenziate in precedenza (85). Quanto alle ordinanze sostitutive, si detto, si risolvono nelladozione in sede cautelare di misure positive che si sovrappongono alla determinazione amministrativa sub iudice, attribuendo direttamente (ed interinalmente) al ricorrente lutilit sostanziale disconosciuta dallamministrazione, sicch a tali misure non pu non riconoscersi efficacia vincolante per lamministrazione. Tuttavia, il vincolo conformativo scaturente dalle ordinanze cautelari delluna e dellaltra tipologia assume una diversa intensit. Nel caso di misure cautelari di tipo positivo o sostitutivo, il loro ambito di attuazione completamente definito dalla portata conformativa del giudicato cautelare. Nelle ordinanze emesse ai fini del riesame, invece, lobbligo di attuazione della pronuncia interinale non comporta esclusivamente unattivit di esecuzione in senso stretto, caratterizzandosi il dictum cautelare per una relativa povert di contenuto ordinatorio, richiedendo una completa riedizione del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, finalizzata ad eliminare i vizi (sostanziali e formali) riconosciuti prima facie dal giudice cautelare come fondati. Nello svolgimento di tale attivit lamministrazione gode, nellambito dei profili sostanziali non coperti dal giudicato cautelare, della medesima libert di determinare il contenuto dellatto spettantegli nel decidere in prima battuta, essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza (84) LABRIOLA, Esecuzione delle statuizioni delle sospensive cautelari rimaste senza esito e possibile soluzione delle sospensive propulsive, in Nuova rass., 2003, 969. In giurisprudenza, si veda T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 7 gennaio 2009, n. 10, in Urb. e app., 2009, 5, 629, con nota di ANDREIS, cit.; Cons. St., sez. V, 19 febbraio 2007, n. 833, cit.; id., sez. VI, 25 febbraio 2003, n. 1054, in Foro it., 2003, III, 361; id., sez. IV, 9 gennaio 2001, n. 253, in Giur. it., 2001, 1273, ove significativamente si precisa che ai sensi dellart. 21, comma 14 e 15, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, come novellato dallart. 3, comma 1, l. 21 luglio 2000, n. 205, deve ritenersi che leffetto conformativo che consegue al c.d. giudicato cautelare sia assolutamente vincolante per lamministrazione fino ad uneventuale difforme decisione conclusiva del giudizio di merito; infatti, il richiamo al c.d. fumus boni iuris e la connessa ipoteticit sintattica che sono usualmente presenti nella motivazione delle ordinanze cautelari si correlano esclusivamente alla fisiologica eventualit di un difforme esito del giudizio di merito (a cognizione piena) e non certo alla (ovviamente inconfigurabile) potest dellamministrazione di ribadire i propri assunti che siano difformi dal decisum giurisdizionale. Conseguentemente, lAmministrazione nei cui confronti venga emessa una ordinanza cautelare che abbia definito come corrette alcune risposte date ad un questionario per lammissione ad un corso concorso, non pu, dopo il provvedimento cautelare, sovrapporre la propria opinione a quella del giudice; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-ter, 17 marzo 2008, n. 2421, in www.giustizia-amministrativa.it. (85) T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 7 gennaio 2009, n. 10, cit. DOTTRINA 331 proprio per rimettere in gioco lassetto di interessi definiti con latto gravato, restituendo quindi allamministrazione lintero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale; risultando il nuovo atto espressione di una funzione amministrativa e non di mera attivit esecutiva della pronuncia giurisdizionale (86). Nel caso in cui allesito dellesercizio del potere di riesame lamministrazione dovesse rivedere il proprio precedente operato in modo pienamente soddisfattivo per il ricorrente (ponendo in essere delle attivit e/o adottando gli atti in precedenza negati) e lo abbia fatto nel pieno e consapevole esercizio del proprio potere discrezionale, il ricorso potrebbe senza dubbio essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta cessazione della materia del contendere; in particolare, il successivo provvedimento pienamente favorevole per il ricorrente, adottato in esecuzione dellordinanza cautelare, determiner: a) lestinzione del processo per cessazione della materia del contendere, qualora nel giudizio di merito non sia stata presentata alcuna domanda di risarcimento danni (87); b) la cessazione della materia del contendere relativamente al capo della domanda afferente allannullamento dellatto impugnato, qualora dovesse permanere linteresse del ricorso per la parte afferente alla domanda di risarcimento (88). In questa ipotesi, a nulla varrebbe opporre allammissibilit dellistanza risarcitoria il tradizionale limite costituito dalla c.d. pregiudizialit amministrativa, in quanto, come peraltro stato affermato dalla giurisprudenza amministrativa, la possibilit di ottenere un risarcimento del danno discenderebbe in via diretta dallannullamento in via di autotutela dellatto amministrativo (nel caso di specie, operato a seguito dellesecuzione dellordinanza di remand). In tal caso, lamministrazione sostanzialmente sostituisce latto originariamente impugnato con un altro atto, a seguito di rinnovata ed aggiornata at- (86) In tal senso, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-quater, 2 luglio 2007, n. 5893, in www.lexitalia.it., ove si precisa che solo con riferimento agli atti adottati in attuazione di misure cautelari di tipo positivo o sostitutorie, il principio secondo cui lesecuzione della ordinanza di sospensione di un provvedimento di diniego non costituisce attivit di autotutela e, quindi, non comporta limprocedibilit del ricorso o la cessazione della materia del contendere, non pu applicarsi nel caso di esecuzione da parte della P.A. delle ordinanze emesse ai fini del riesame, atteso in tale ipotesi lobbligo di attuazione della pronuncia interinale non comporta esclusivamente unattivit di esecuzione in senso stretto, caratterizzandosi il dictum cautelare per una relativa povert di contenuto ordinatorio, ma richiede una completa riedizione del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, finalizzata ad eliminare i vizi (sostanziali o formali) riconosciuti prima facie dal giudice cautelare come fondati; nello stesso senso, T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 5 aprile 2006, n. 355, in Foro amm. Tar, 2006, 4, 1436 e, da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I-quater, 2 ottobre 2007, n. 9660, in www.giustizia-amministrativa.it. (87) In tal senso, Cons. St., sez. VI, 16 marzo 2005, n. 1089, in Foro amm. CdS, 2005, 3, 875; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 25 gennaio 2007, n. 521, in www.lexitalia.it. (88) In tal senso, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 2 aprile 2008, n. 583, in www.giustizia-amministrativa. it. 332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 tivit istruttoria, autonomamente rispetto allesecuzione del provvedimento giurisdizionale; il che determina acquiescenza al provvedimento giurisdizionale medesimo e cessazione della materia del contendere (89). Diversamente, la mera esecuzione dellordinanza cautelare, in quanto attivit doverosa, non d luogo ad acquiescenza, n costituisce attivit di autotutela e non determina limprocedibilit del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse o la cessazione della materia del contendere, a meno che, come appena detto, la nuova valutazione dellamministrazione non ecceda i limiti dellesecuzione dellordinanza impugnata (90). Infatti, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, nel caso in cui il giudice amministrativo abbia sospeso in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e lamministrazione si sia adeguata con un atto consequenziale al contenuto dellordinanza cautelare, non configurabile limprocedibilit del ricorso o la cessazione della materia del contendere - a seconda se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole al ricorrente -, atteso che ladozione non spontanea dellatto consequenziale con cui lamministrazione d esecuzione allordinanza di sospensione degli effetti di un provvedimento non comporta la revoca del precedente provvedimento sospeso ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo, salvo il caso in cui il contenuto della (motivata) ordinanza cautelare sia tanto condiviso dallamministrazione da indurre questa a ritirare il precedente provvedimento gi sospeso, sostituendolo con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento. Diversamente opinando, la dovuta ottemperanza allordinanza cautelare si trasformerebbe per lamministrazione in una rinuncia coatta al proprio diritto di difesa in giudizio (91) e finirebbe per com- (89) Cons. St., ad. pl., 27 febbraio 2003, n. 3, in DIR. PROC. AMM., 2003, 4, 1201, con nota di ANDREIS, Lattivit successiva alla sentenza di annullamento tra acquiescenza e principio di assorbimento; id., sez. IV, 6 maggio 2004, n. 2797, in Foro amm. CdS, 2004, 1356; T.A.R. Veneto, sez. I, 7 luglio 2004, n. 2277, in www.lexitalia.it, ove ulteriori riferimenti; Cons. St., sez. IV, 5 agosto 2005, n. 4165, in Giur. it. 2005, 184; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-quater, 2 luglio 2007, n. 5893, cit.; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 5 aprile 2006, n. 355, cit. (90) Cons. St., sez. IV, ord. 18 novembre 2003, n. 5108, annotata da LUBRANO, Limiti e poteri dellordinanza cautelare nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 1219; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 1 marzo 2004, n. 1912, annotata da CAMINITI, Possibile efficacia ultrattiva della misura cautelare propulsiva, in Foro amm. Tar, 2004, 1054.; da ultimo, in tal senso, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 20 gennaio 2010, n. 583, in www.neldiritto.it, con annotazione di FIORI. (91) Cons. St., sez. IV, 2 novembre 2004, n. 7068, in Foro amm. CdS, 2004, 3129; c., 12 dicembre 2005, n. 7039, ivi, 2005, 12, 3589; id., 5 dicembre 2006, n. 7119, ivi, 2006, 12, 3295; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 7 settembre 2006, n. 8092, in Corriere del merito, 2006, 11, 1330 e in www.lexitalia.it., con nota di DANGELO, Il provvedimento amministrativo posteriore al dictum giurisdzionale cautelare, cui si rinvia per lillustrazione dei due opposti orientamenti in ordine alla natura, secondo una prima tesi, meramente adempitiva e provvisoria del nuovo provvedimento ovvero, secondo unopposta tesi, sempre provvedimentale e definitiva; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 14 marzo 2007, n. 321, in Foro amm. Tar, 2007, 3, 1039; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 30 luglio 2008, n. 843, ivi, 2008, 7/8, 1958; Cons. giust. amm., 25 maggio 2009, nn. 478 e 479, in www.giustizia-amministrativa.it. DOTTRINA 333 portare uno snaturamento della struttura e della funzione della tutela cautelare che, da provvisoria e strumentale, si atteggerebbe a tutela definitiva (cristallizzata al pari di un giudicato di merito), e tutto ci in ammissibilmente a fronte di una intervenuta cognizione solo sommaria (92). N appaiono convincenti quelle interpretazioni che, pur partendo dal condiviso assunto di dover verificare la mera esecutivit del precetto cautelare ovvero la natura autonoma del nuovo provvedimento adottato in seguito al comando giurisdizionale interinale, in concreto finiscono con lipotizzare la sussistenza del nesso cautelare tra il secondo ed il primo nelle sole limitate ipotesi in cui lAmministrazione abbia rieditato un provvedimento in toto vincolato di forza di stringenti e puntuali direttive contenute nellordinanza cautelare (93). Accedendo a tali interpretazioni, lAmministrazione si troverebbe a dovere subire gli effetti di un comando giurisdizionale provvisorio, anomalamente sommario ed irretrattabile, cos vedendosi preclusa la possibilit di fare accertare in via giurisdizionale leventuale legittimit del proprio operato, con evidente palese violazione del diritto di difesa di una delle parti del giudizio; specularmente, la parte ricorrente potrebbe, in ipotesi di secondo provvedimento favorevole, conseguire un vantaggio che lordinamento non gli attribuisce, ma la cui non spettanza non si potuta accertare nella naturale sede giurisdizionale a cognizione piena. Si aggiunga, peraltro, che, in considerazione della particolare portata confermativa delle statuizioni giurisdizionali amministrative, linteresse dell'Amministrazione va ben al di l della definizione del caso specifico portato al vaglio giurisdizionale, dovendo essa accertare la legittimit dei suoi provvedimenti anche per i futuri comportamenti, verificando se la fondatezza e infondatezza delle censure mosse al suo operato la obblighino o meno a modificare le regole del suo comportamento (94). 6. Il decreto presidenziale: la tutela cautelare provvisoria (intra litem) Uno sguardo dinsieme sulle novit introdotte dallart. 3, l. n. 205 del 2000 rivela come lintento del legislatore di assicurare una maggiore efficacia allintervento cautelare risulti coordinato allobiettivo di delineare un sistema di tutela attento alle esigenze di celerit e urgenza espresse dalla parte ricorrente. In tale ottica, se lintroduzione della tutela cautelare atipica - attraverso la previsione del potere del giudice amministrativo di adottare le misure che (92) In questi termini T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 20 gennaio 2010, n. 583, cit. (93) Si veda T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 25 settembre 2009, n. 1534 e T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 1 marzo 2004 , n. 1912, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it. (94) Cons. St., sez. IV, 5 agosto 2005, n. 4165, in Foro amm. CdS, 2005, 7/8, 2164 e in Giur. it., 2005, 184. 334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 appaiono secondo le circostanze pi idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso - ha rappresentato un ampliamento della tutela in relazione alle misure adottabili dal giudice amministrativo, sono state parimenti assecondate le istanze di riduzione dei tempi per accedere a quel tipo di rimedio. Al riguardo, rilievo decisivo ha assunto la previsione della possibilit di adottare misure cautelari con decreto presidenziale (95). In aggiunta alla tutela cautelare collegiale di stampo tradizionale, erogata in adunanza camerale (comma 8 dellart. 21, l. TAR), il legislatore della riforma ha introdotto la tutela cautelare monocratica, o presidenziale (comma 9 dellart. 21, l. TAR). Il comma 9 dellart. 21, l. n. 1034 del 1971, introdotto dallart. 3, comma 1, l. n. 205 del 2000, dispone che in caso di estrema gravit ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente pu, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale ammi- (95 ) Per approfondimenti, CHIEPPA- POLI, Sui poteri del presidente del Cons. Stato e dei presidenti di sezione in ordine alladozione di provvedimenti cautelari monocratici e sullinammissibilit della delega di tali poteri, in Giurisdiz. amm., 2006, IV, 311 ss.; CINTIOLI, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, cit.; COLOMBOASSINI, Il giudizio cautelare nella legge di riforma del processo amministrativo (L. 21 luglio 2000 n. 205) ed i primi orientamenti giurisprudenziali in materia di urbanistica ed appalti, in Riv. giur. edilizia, 2001, II, 57; DE CAROLIS, La tutela cautelare: le misure cautelari, presidenziali e collegiali tra atipicit ed effettivit della tutela, in Il nuovo processo amministrativo dopo due anni di giurisprudenza (a cura di Caringella, Protto), Milano, 2002, 271; DE NICTOLIS, La tutela cautelare in corso di causa mediante decreto presidenziale inaudita altera partem, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 120 ss.; FOLLIERI, Il nuovo giudizio cautelare: art. 3 l. 21 luglio 2000 n. 205, in Cons. Stato, 2001, II, 479; GALLO, Presidente e collegio nella tutela cautelare: novit e prospettive nella disciplina della legge n. 205 del 2000, in www.giustizia-amministrativa.it; GAROFOLI - PROTTO, Tutela cautelare, monitoria e sommaria nel nuovo processo amministrativo, Milano, 2002, 199 ss.; GUIDARELLI, I provvedimenti cautelari monocratici nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 727; IARIA, Provvedimenti cautelari ante causam, in La tutela cautelare nel processo amministrativo (a cura di Rossi Sanchini), Milano, 2006, 143 ss.; LOSA, Commento allart. 3 l. 21 luglio 2000 n. 205, in Disposizioni in materia di giustizia amministrativa, Commentario (a cura di Travi), in Nuove leggi civ., 2001, 589; MARIUZZO, La tutela cautelare nella l. n. 205 del 2000, I, in Amministrare, 2001, 235; MASSARO, Commento allart. 3 l. 21 luglio 2000 n. 205, II, in Disposizioni in materia di giustizia amministrativa, Commentario (a cura di Travi), in Nuove leggi civ., 2001, 608; NAZZARO, Il decreto presidenziale ante causam nel processo amministrativo: un ircocervo?, in P.Q.M., 2005, fasc. 1, 187; PANZAROLA, Il processo cautelare, in Il processo davanti al giudice amministrativo (a cura di Sassani, Villata), Torino, 2001, 54 ss.; QUERZOLA, La tutela cautelare nella riforma del processo amministrativo: avvicinamento o allontanamento dal processo civile?, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2001, 173; RUSCICA, Le novit in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2008, 121 ss.; SANCHINI, La tutela cautelare, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale (a cura di Cassese), 2^ edizione, Milano, 2003, IV, 4529; SANINO, Il processo cautelare, in Verso il nuovo processo amministrativo (a cura di Cerulli Irelli), Torino, 2000, 272 ss.; SIGISMONDI, Nota a Cons. St., sez. V, decr. 24 aprile 2004, n. 1887, in Foro it., 2004, III, 373; TARULLO - LEONARDO, Luci ed ombre in tema di tutela cautelare monocratica nel processo amministrativo, in Giust. amm., 2005, 255. DOTTRINA 335 nistrativo regionale, o della sezione cui il ricorso assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato che pu essere adottato anche in assenza di contraddittorio ed efficace sino alla camera di consiglio fissata per la trattazione della istanza cautelare. E del tutto evidente la funzione acceleratoria della disposizione, atteso che convocare il collegio comporta dei tempi di definizione della domanda cautelare pi lunghi rispetto a quelli che si hanno con la decisione da parte di un organo monocratico. Nonostante la indubbia innovazione rispetto al precedente assetto normativo, la disciplina sul decreto monocratico non sembra avere soddisfatto appieno le sollecitazioni al potenziamento delle tecniche di intervento cautelare del G.A. provenienti da taluni Tribunali amministrativi regionali, propensi a riconoscere (nel silenzio della legge) lesercizio di un potere cautelare non solo monocratico ed anticipato rispetto allinstaurazione piena del contraddittorio - come quello introdotto dallart. 21, comma 9, l. n. 1034/1971 - ma strictu sensu ante causam sulla falsa riga di quello previsto dallart. 669 ter c.p.c. Prima di esaminare tale questione, utile ricostruire la disciplina cui soggiace il funzionamento del meccanismo di tutela cautelare monocratico. In termini generali, il presupposto per lesercizio dei poteri presidenziali (96) costituito dallesistenza di un pregiudizio di estrema gravit ed urgenza tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio. Si ritiene che la valutazione del requisito del periculum in mora sia implicita nellapprezzamento dellestrema gravit ed urgenza, sebbene si tratti di affermazione, come si vedr, non pacificamente condivisa. Il decreto presidenziale ha efficacia sino allemanazione della pronuncia del collegio, cui listanza cautelare sottoposta nella prima camera di consiglio utile. Tale misura pu essere richiesta contestualmente alla domanda cautelare ovvero con autonoma istanza notificata alle controparti. Il Presidente ha la possibilit di decidere sullistanza inaudita altera parte (anche in assenza di contraddittorio), purch il ricorso sia stato comunque notificato alle controparti e sempre che il giudice non ritenga, e la fattispecie lo consenta, di dover convocare le parti davanti a s. fatta, in ogni caso, salva la facolt per le parti di presentare eventuali memorie scritte o chiedere di essere ascoltate. La sussistenza di una forma di controllo da parte del Collegio nella prima camera di consiglio utile esclude lammissibilit dellappello al Consiglio di (96) La competenza in ordine al decreto che provvede sullistanza di misure cautelari provvisorie attribuita al Presidente e non prevista la delegabilit della funzione. Il decreto cautelare, pertanto, adottato sempre dal presidente, fatte le salve le situazioni di legittima assenza o impedimento di questultimo, nel qual caso il decreto reso dal magistrato che svolge le funzioni vicarie di presidente (CHIEPPA - POLI, op. cit.). 336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Stato avverso il decreto (97). Sar invece appellabile, ovviamente, lordinanza del Collegio. Dibattuta la questione concernente la necessit o meno di valutare, anche in sede cautelare monocratica, il requisito del fumus boni juris. Lart. 21, comma 9, richiede il requisito dellestrema gravit ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio (98), configurando lintervento presidenziale quale extrema ratio (99) cui ricorrere a fronte di situazioni eccezionali non altrimenti fronteggiabili che giustifichino la deroga al principio della collegialit delle decisioni nel processo amministrativo. Il termine estrema gravit implica limpossibilit di aspettare la dilazione fino alla data della camera di consiglio, e dunque, lirreversibilit della situazione (100), la quale, in ogni caso, deve dipendere dalla natura o dalloggetto del provvedimento e non gi divenire tale per ritardi o inerzia del ricorrente (101). Nulla il legislatore prevede, invece, in merito al fumus boni juris. Per un primo orientamento la concessione della tutela cautelare monocratica non presuppone la previa valutazione dellesistenza del fumus (102). Oltre a valorizzarsi il silenzio legislativo sul punto, si osserva a sostegno dellassunto che la delibazione monocratica, seppure estremamente sommaria, della fondatezza della pretesa, realizzata attraverso la pronuncia sul fumus, potrebbe influenzare il collegio, chiamato successivamente a valutare il decreto presidenziale. Secondo un diverso (e condivisibile) indirizzo (103) occorre, di contro, valutare lesistenza del fumus, osservandosi che lesclusivo riferimento legi- (97) Sul punto si veda Cons. St., sez. IV, ord., 7 novembre 2000, n. 5602, in Giur. it., 2001, 615. (98) Si veda T.A.R. Lombardia, Brescia, decr. pres. 8 maggio 2002, n. 313, in www.lexitalia.it., che ordina alla stazione appaltante, sulla base della ritenuta ricorrenza di fumus e periculum, di non dare luogo alla stipula del contratto con limpresa aggiudicataria. (99) CARINGELLA, Corso di diritto processuale amministrativo, Milano, 2003, 1077. (100) Talora accade, invece, che si sospenda sulla base del danno grave e irreparabile e non della estrema gravit e urgenza, cfr. il decreto Pres. f.f. T.A.R. Toscana, 19 luglio 2003, n. 769 e il decreto Pres. f.f. T.A.R. Piemonte, 8 novembre 2003, entrambi in www.giustizia-amministrativa.it.; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III-ter, decr. 26 settembre 2008, n. 4616, loc. ult. cit., ha ritenuto che ricorrono i presupposti dellestrema gravit ed urgenza nel caso in cui il calendario delle udienze della sezione non consenta il tempestivo esame in sede collegiale della domanda cautelare contenuta nel ricorso. (101) T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, decr. pres., 18 settembre 2000, n. 16, in TAR 2000, I, 2962. (102) T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, decr. 31 agosto 2000, n. 3; id., sez. I, decr. 19 agosto 2000, n. 1, entrambi in www.giustizia-amministrativa.it. (103) In proposito, si rinvia alla puntuale ricostruzione di LUMETTI, Il decreto inaudita altera parte e il diritto di difesa dallamministrazione, in www.giustamm.it; in argomento, DE CAROLIS, op. cit.; FOLLIERI, op. cit.; SANCHINI, op. cit., SIGISMONDI, op. cit., pone in risalto la tendenza a motivare i provvedimenti presidenziali esclusivamente sulla base dellestrema gravit ed urgenza della situazione che fonda la richiesta cautelare; in giurisprudenza: T.A.R. Toscana, sez. I, decr. 7 maggio 2005, n. 384; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, decr. 26 settembre 2000, n. 1167, entrambi in www.giustizia-amministrativa.it. DOTTRINA 337 slativo al solo periculum non pu essere da s solo addotto per sostenere che il giudice adito possa esimersi da una ricognizione, pur estremamente sommaria, circa il fumus di fondatezza del ricorso (104). Vanno, quindi, osservati i principi generali del processo cautelare. Si cos sostenuto che, oltre al verosimile meritevolezza della pretesa, anche i presupposti di rito, quali la regolare instaurazione del contraddittorio, mediante notifica del ricorso, oltre che allamministrazione resistente, ad almeno un controinteressato, la sussistenza della giurisdizione, la ricevibilit e ammissibilit del ricorso, lassenza di causa di improcedibilit del ricorso (sopravvenuto difetto di interesse, cessazione della materia del contendere, rinuncia al ricorso), vanno verificati dal Presidente, la loro sussistenza concorrendo ad integrare la nozione ampia di fumus boni juris. Dubbi sono pure emersi in relazione allesatta identificazione del dies ad quem dellefficacia della misura cautelare monocratica e, pi in generale, in merito al rapporto tra il provvedimento cautelare monocratico e quello collegiale. Lart. 21, comma 9, l. TAR, al riguardo dispone: Il decreto efficace sino alla pronuncia del collegio, cui listanza cautelare sottoposta nella prima camera di consiglio utile. Per una prima tesi, il decreto presidenziale cautelare conserva la sua efficacia fino alla prima camera di consiglio successiva alla sua emanazione, in tal senso dovendosi intendere il concetto di camera di consiglio utile. Anche il concetto di pronuncia del collegio andrebbe inteso in senso lato, riconducendovi qualsiasi pronuncia adottata dal Collegio dal momento in cui si radica presso lo stesso la questione, compresa quindi lordinanza che fissa unaltra udienza per esigenze istruttorie ovvero per integrare il contraddittorio. Un differente orientamento stato espresso dai giudici di primo grado (105), secondo i quali il termine della prima camera di consiglio utile del citato art. 21, comma 9, non ha natura perentoria, ai sensi dellart. 152, comma 2, c.p.c., in quanto non espressamente qualificato come tale dalla legge, riguardando la fissazione della trattazione dellistanza cautelare, ma non necessariamente la sua decisione, tanto che la pronuncia collegiale di conferma/revoca/modifica del decreto cautelare monocratico pu anche essere differita in presenza di necessit istruttorie. Secondo tale orientamento, per camera di consiglio ex art. 21, comma 9, l. n. 1034 del 1971 deve intendersi non gi quella immediatamente successiva, sotto il profilo temporale, allemanazione del decreto cautelare presidenziale, ma la prima camera di consiglio ove la domanda cautelare possa essere decisa ovvero quando ricorrano tutti i (104) Cons. St., sez. V, decr. 20 settembre 2000, n. 1, in www.giustizia-amministrativa.it. (105) T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, ord., 22 aprile 2004, n. 1079; id., sez. I, 28 novembre 2006, n. 2380, entrambi in www.giustizia-amministrativa.it. 338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 presupposti processuali necessari perch la stessa possa essere esaminata. Fino a tale momento leffetto cautelare assicurato dal decreto presidenziale, sicch il termine della prima camera di consiglio utile, in quanto ontologicamente mobile e non fisso, non potrebbe avere natura perentoria ma soltanto ordinatoria. Loggetto della cognizione del Collegio la domanda cautelare e non il decreto. Ne consegue che la misura cautelare, in ipotesi disposta dal Collegio in accoglimento della domanda, prescinde da quanto gi disposto dal Presidente del Tribunale, non essendo chiamato il Collegio ad esprimere una valutazione del provvedimento monocratico, come se si trattasse di una sorta di doppio grado cautelare, secondo il meccanismo tipico della cautela civile. In altri termini, il collegio non vincolato dalla decisione monocratica, la quale destinata ad essere sostituita dalla decisione assunta in sede collegiale: il legislatore non ha previsto alcuna forma di raccordo tra le due pronunce e, in particolare, non prescrive che lordinanza collegiale confermi, revochi o modifichi il decreto presidenziale. La decisione collegiale destinata a sostituire integralmente quella presidenziale (106). 7. Il decreto monocratico non costituisce uno strumento di tutela cautelare ante causam Come osservato, la l. n. 205 del 2000, pure innovando con lintroduzione della tutela cautelare monocratica, ha lasciato irrisolto il tema relativo alla invocabilit, nel processo amministrativo, di un intervento cautelare non solo monocratico ed anticipato, quindi, rispetto alla valutazione collegiale, ma anche ante causam, destinato a manifestarsi, pertanto, prima ancora ed indipendentemente dallinstaurazione dello stesso rapporto processuale. E, infatti, evidente che il decreto monocratico di cui allart. 21, comma 9, l. TAR, potendo essere emanato solo quando il ricorso sia stato previamente notificato e depositato, non possa essere considerato un provvedimento cautelare anteriore allinstaurazione del giudizio, ma solo una forma di tutela accelerata nellambito di un processo gi pendente, ancorch a contraddittorio semipieno o imperfetto o temporaneamente assente, che consente al ricorrente di ottenere una tutela ad horas, anche nelle fasi intermedie delle camere di consiglio fissate per la trattazione delle istanze cautelari. Il rito cautelare monocratico, pertanto, non d luogo ad una tutela cautelare ante causam, perch presuppone la notifica del ricorso di merito e della domanda cautelare, consentendo soltanto una pronuncia monocratica senza (106) DE NICTOLIS, op. cit., 127; in giurisprudenza, la provvisoriet delle misure cautelari presidenziali, destinate ad essere assorbite dalla provvedimento collegiale, chiaramente affermata da T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 11 novembre 2005, n. 3970, in Foro amm. Tar, 2005, 11, 3387. DOTTRINA 339 contraddittorio. Il legislatore fa, invero, riferimento alla richiesta di misura cautelare proveniente dal ricorrente, ossia da un soggetto che tale particolare qualifica abbia acquisito con la proposizione del ricorso (107). La legge prevede poi che listanza debba essere presentata al presidente del Tribunale o della sezione cui il ricorso stato assegnato, presupponendo che il giudizio sia gi incardinato ed assegnato ad una delle eventuali sezioni interne. Il riferimento alleventuale assenza del contraddittorio va, pertanto, inteso quale possibilit di provvedere inaudita altera parte, il che ovviamente non esclude che il Presidente, prima di provvedere, decida di ascoltare ugualmente le argomentazioni difensive delle altre parti. Sar lorgano monocratico a stabilire, caso per caso, se sia necessario convocare le parti davanti a s in tempi ristrettissimi, per consentire difese orali o scritte, ovvero richiedere lacquisizione di atti e documenti nei termini e nei modi ritenuti opportuni (e-mail, fax ecc.). Non appare, dunque, condivisibile la tesi (108) secondo la quale la locuzione separata istanza, impiegata dallart. 21, comma 9, l. TAR, potrebbe autorizzare laccesso al giudice monocratico prima dellinstaurazione del giu- (107) CARINGELLA, Corso di diritto processuale amministrativo, cit., 1030, ha evidenziato che attraverso lintroduzione del decreto cautelare, si sposa con chiarezza unopzione mediana che, da un lato ammette il ricorso allo strumento monocratico cos depotenziando il dogma della collegialit delle decisioni nel rito amministrativo; dallaltro non ammette una tutela ante causam, in quanto, in ci marcando una differenza rispetto al rito civile, richiede che la misura presidenziale sia richiesta dal ricorrente, ossia da un soggetto che tale veste venga ad acquisire per effetto della notifica e del successivo deposito dellatto introduttivo del giudizio; la dottrina maggioritaria assolutamente concorde sulla natura non ante causam della tutela cautelare monocratica di cui allart. 21, comma 9, l. TAR: CAINIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, cit., 736; FOLLIERI, La fase cautelare, in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, cit., 352 ss.; GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2001, 174 ss.; GUIDARELLI, I provvedimenti cautelari monocratici nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 3, 727; PANZARELLA, Il processo cautelare, cit., 61; TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2006, 261. (108) DE PIERO, Commento allart. 3 (Disposizioni generali sul processo cautelare), in ITALIA (a cura di), La giustizia amministrativa. Commento alla l. 21 luglio 2000, n. 205, Milano, 2000, 69 ss.; SASSANI, Intervento allincontro di studio sulla nuova tutela cautelare nel processo amministrativo, Roma, 18 maggio 2001, in www.lexitalia.it.; in giurisprudenza, questa soluzione stata accolta dal T.A.R. Sicilia, Catania (sez. II, decr. pres., 6 dicembre 2001, n. 32; id., decr. pres., 4 maggio 2002, n. 997), secondo il quale la domanda preliminare di sospensione del provvedimento impugnato pu essere esaminata ed accolta con decreto presidenziale ancor prima della notifica del ricorso introduttivo alla Amministrazione resistente ed agli eventuali controinteressati. Si sostiene, al riguardo, che, sebbene il comma 1 dellart. 3, l. n. 205/2000 nella prima parte sancisca che listanza di concessione di misure cautelari provvisorie deve essere notificata alle controparti, nella seconda parte dispone altres che il Presidente provvede con decreto motivato anche in assenza di contraddittorio, non richiedendo quindi la notifica del ricorso; se ne deduce che il decreto presidenziale potrebbe, dunque, essere adottato anche inaudita altera parte, al fine di sottoporre listanza cautelare allesame immediato e preventivo del presidente. Tale posizione stata, tuttavia, rivisitata successivamente dalla sezione staccata del Tribunale amministrativo siciliano, imponendo che il richiedente depositi il ricorso, contenente listanza cautelare provvisoria, munito dellattestazione della avvenuta consegna allUfficiale giudiziario. 340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dizio di merito, venendo quindi a configurare un rimedio ante causam. In effetti, siffatta ricostruzione si dimostra poco solida non solo e non tanto perch confligge con il dato storico ed oggettivo offerto dalla relazione alloriginario disegno di legge (109), ma soprattutto perch si fonda integralmente su una lettura isolata dellinciso con separata istanza; inciso che, se riguardato nel contesto normativo in cui il legislatore lo ha calato, perde la sua (solo apparente) carica di ambiguit. Basti osservare che, esauritesi le cure presidenziali, tale separata istanza comunque sottoposta al Collegio nella prima camera di consiglio utile. La fissazione della camera di consiglio presuppone, comՏ noto, che penda giudizio nel merito. Dunque, anche la domanda cautelare proposta con atto separato dal ricorso introduttivo mantiene la sua natura di domanda incidentale (intra litem), essendo pur sempre necessaria la notificazione ed il successivo deposito del ricorso principale. La tutela cautelare inaudita altera parte, essendo intra litem, non va, quindi, confusa con la tutela cautelare ante causam, la quale, come si dir, viene richiesta in un momento antecedente alla proposizione del ricorso di merito e non accede al ricorso introduttivo del giudizio, n avanzata con atto separato e successivo, ma destinata ad essere delibata dal giudice nellambito di un processo incentrato sulla sussistenza o meno dei presupposti per la concessione della misura invocata. 8. La nuova frontiera del giudizio cautelare: la tutela ante causam. Analisi dellevoluzione giurisprudenziale interna. La mancanza nel giudizio amministrativo, sia prima che dopo la riforma del 2000, di uno strumento di tutela ante causam stata al centro di un acceso dibattito in giurisprudenza, alimentato da una serie di interventi particolarmente incisivi provenienti sia da organi della giustizia amministrativa sia dalla Corte costituzionale, sul quale ha inciso in modo dirompente la giurisprudenza della Corte di Giustizia. Ancor prima della riforma del 2000, sul fronte del diritto interno, si cercato di introdurre in via pretoria nel processo amministrativo una forma di tutela cautelare ante causam, gestita in via monocratica dal presidente del T.A.R. In particolare, gi a partire dal 1997, la sez. III del T.A.R. Lombardia (110) (109) In tal senso, DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del giudice amministrativo, Milano, 2001, 126, nota 49. (110) T.A.R. Lombardia, sez. III, decr. 14 novembre 1997, n. 758 e ord. 19 gennaio 1998, in Foro it., 1998, III, 173, con nota di TRAVI; i citati decreti sono riportati in Foro amm. Tar, 1998, 1158, con nota di SPADEA, La terza sezione del TAR Lombardia apre ad una giustizia cautelare pi effettiva ed europea; T.A.R. Lombardia, decr. 3 aprile 1998, in Urb. e app., 1998, 1334, con nota di SIGISMONDI, Processo amministrativo: tutela cautelare e rito monitorio; nella stessa direzione T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, decr. pres. 23 giugno 1998, in www.giustizia-amministrativa.it. DOTTRINA 341 si resa protagonista di un indirizzo alquanto innovativo, fondato sul riconoscimento della generale potest del giudice amministrativo di ricorrere allart. 700 c.p.c. nellambito della sua giurisdizione e di concedere il provvedimento cautelare, in via di urgenza, con decreto presidenziale e senza preventiva costituzione del contraddittorio: la misura presidenziale avrebbe, tuttavia, perso efficacia se il decreto non fosse stato notificato alla controparte, con contestuale fissazione della udienza avanti il collegio, secondo le prescrizione dellart. 669 octies c.p.c. Pi nel dettaglio, si sosteneva che anche il giudice amministrativo potesse sempre emettere provvedimenti cautelari ex art. 700 c.p.c., s da assicurare, in linea con il principio di effettivit della tutela giurisdizionale, la possibilit di ottenere anche nel processo amministrativo un intervento interinale anteriore alla pronuncia da parte del collegio sulla richiesta sospensiva. Volendo, quindi, ripercorrere i fondamentali passaggi logico-motivazionali volti a sorreggere il pioneristico tentativo giurisprudenziale di introdurre, a legislazione invariata e silente, un meccanismo di intervento cautelare monocratico e preventivo, possono citarsi i seguenti snodi argomentativi: 1) possibilit per il giudice amministrativo di adottare provvedimenti cautelari ex art. 700 c.p.c.; 2) adozione del provvedimento con decreto presidenziale inaudita altera parte; 3) sospensione risolutivamente condizionata ex art. 669 octies c.p.c. alla notifica del ricorso in sede giurisdizionale, nel termine di decadenza di cui agli artt. 19, comma 1, l. TAR e 36, comma 1, t.u. n. 1054 del 1924; 4) efficacia del provvedimento cautelare temporalmente limitata ex art. 669 sexies c.p.c., sino alla data della camera di consiglio collegiale. Per vero, i Presidenti dei tribunali amministrativi impegnati in questopera di aggiornamento ed arricchimento dellarmamentario cautelare del giudice amministrativo avevano seguito percorsi non del tutto identici in sede di individuazione e ricostruzione della base normativa e del fondamento giuridico dellauspicato ed esercitato potere cautelare monocratico ante causam. Su un primo versante si poneva chi, nel tentativo di rimodellare le tecniche di tutela giurisdizionale superando i limiti spesso tracciati dalle previsioni o dalle lacune di disciplina proprie dellordinamento giuridico interno, volgeva lo sguardo alle indicazioni di fonte comunitaria. In tale direzione si muoveva il T.A.R. Lombardia che, impegnato nel tentativo di individuare il fondamento normativo del potere presidenziale preventivo, utilizzava, quale primo punto di riferimento, la previsione di cui allart. 2 della direttiva comunitaria ricorsi del Consiglio della Ce del 21 dicembre 1989, n. 665/89, che pone a carico degli Stati membri lobbligo di garantire che le autorit nazionali responsabili delle procedure di ricorso possano adottare con la massima sollecitudine e con procedura durgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione denunciata o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura 342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 di aggiudicazione di un appalto o lesecuzione di qualsiasi decisione presa dallente aggiudicatore: previsione, questa, che, come rimarcato in un importante arresto della Corte di Giustizia (111), se da un lato riconosce allautorit nazionale investita delle procedure di ricorso un potere di cautela generale e atipico, obbligando lo Stato membro a far s che il giudice nazionale o laltra autorit responsabile possa adottare qualsiasi provvedimento provvisorio, dallaltro, secondo una certa tesi (non unanimemente condivisa) consente alloperatore economico di esperire lazione cautelare anche ante causam, indipendentemente da ogni azione previa diretta allannullamento dellatto, gettando unombra di difficile armonizzabilit comunitaria su quei sistemi giuridici nazionali nei quali, invece, la proposizione dellistanza di sospensione del provvedimento impugnato presuppone, in virt del vincolo di subordinazione funzionale del giudizio di sospensione rispetto al giudizio principale, la previa pendenza di un giudizio volto allannullamento dellatto di cui si chiede la sospensione. Lo stesso T.A.R. Lombardia richiamava, ad ulteriore sostegno della sussistenza di un fondamento normativo per tali provvedimenti durgenza monocratici, i principi di salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali espressi dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, ratificata con l. 4 agosto 1955, n. 848, ove in primo piano posta la tutela del diritto ad un giusto processo, ora espressamente costituzionalizzato (112): diritto asseritamente compromesso allorch, in presenza di situazione di estrema gravit ed urgenza incompatibili con una pur minima dilazione della trattazione dellistanza cautelare, non sia contemplata la possibilit di un intervento monocratico ante causam, ad efficacia temporalmente circoscritta. Su altro versante si collocava, invece, chi ricercava la giustificazione giuridica del potere cautelare monocratico e preventivo nelle pieghe dellordinamento interno. Nel decreto 23 giugno 1998 del Presidente della terza sezione del T.A.R. (111) Corte giust. comm. eu. 19 settembre 1996, C-236/95, Commissione delle Comunit europee c. Repubblica ellenica, in Urb. app., 1998, 212, con nota di PROTTO, Sui mezzi di tutela cautelare negli appalti di rilevanza comunitaria; Foro amm., 1997, 381, con nota di A. SCOGNAMIGLIO, Ancora un intervento della Corte di giustizia in tema di tutela cautelare. Si vedano anche le notazioni di MASUCCI, La lunga marcia della Corte di Lussemburgo verso una tutela cautelare europea, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1996, 1155, nonch quelle di CHITI, Giudizio cautelare ed innovazioni comunitarie, in Giorn. dir. amm., 1997, 1085. Tale sentenza, come si dir nel prosieguo della trattazione, giudicava negativamente il sistema di giustizia amministrativa greco che non prevedeva misure cautelari ante causam, soprattutto perch in violazione del principio di certezza del diritto, poggiandosi su interpretazioni giurisprudenziali, anzich su chiare disposizioni normative. (112) Il riferimento allart. 111 Cost., come riscritto dallart. 1, l. cost. 23 novembre 1999, n. 2. Si veda, GRECO, La convenzione europea dei diritti delluomo ed il diritto amministrativo in Italia, in Riv. dir. pubbl. com., 2000, 25 ss.; PICOZZA, Il giusto processo amministrativo, in Cons. Stato, 2000, II, 1661 ss. DOTTRINA 343 Sicilia, Catania, si affermava, infatti, la generale applicabilit al processo cautelare amministrativo del modello di cui agli artt. 669 bis e ss. c.p.c., anche alla luce del dettato dellart. 669 quaterdecies c.p.c., a norma del quale le disposizioni del codice di procedura civile sono applicabili nel processo amministrativo non solo quando richiamate dalle disposizioni regolatrici di questultimo ma anche per analogia, posto che il diritto amministrativo costituisce un diritto speciale, e non eccezionale; si puntualizzava, inoltre, che il codice di procedura civile costituisce perlopi una legge generale recante i principi fondamentali di ogni processo (c.d. diritto processuale comune). Entrambe le riportate opzioni ricostruttive valorizzavano, peraltro, gli artt. 24 e 113 della Carta fondamentale che, fornendo copertura costituzionale alla riconosciuta tutela cautelare monocratica, garantiscono, appunto, il diritto alla difesa, asseritamente vulnerato qualora il sistema del processo amministrativo non consentisse alcuna possibilit di tutela cautelare in sede giurisdizionale amministrativa anteriormente alla pronunzia del Collegio sulla richiesta sospensiva. Il tentativo di introdurre in via pretoria la possibilit di un intervento interinale preventivo e monocratico stato categoricamente stroncato dal Consiglio di Stato (113), che, sulla scorta di argomentazioni di diversa natura, ruotanti anche attorno allesigenza di non intaccare i connotati tradizionalmente propri delle decisioni del giudice amministrativo, ha decretato la nullit assoluta del decreto di sospensione emesso dal solo Presidente, anzich dal Collegio, qualificandolo come provvedimento abnorme. A sostegno di tale deciso atteggiamento di segno negativo, il Consiglio di Stato adduceva ragioni non solo di tipo testuale, ma anche sistematiche. Sul primo fronte, si rimarcava lassenza di una previsione normativa volta a riconoscere un potere cautelare, ancorch temporalmente circoscritto, in capo al Presidente del Tribunale, da considerare, quindi, del tutto sfornito, nella sua veste monocratica, di potere giurisdizionale: la diversa opzione, favorevole allesercizio monocratico del potere cautelare, avrebbe comportato, quindi, la violazione del principio di necessaria collegialit delle decisioni del giudice (113) Cons. St., sez. V, ord. 28 aprile 1998, n. 781, in Foro it., 1998, III, 301; Urb. e app., 1998, 1334; nello stesso senso, T.A.R. Abruzzo, LAquila, decr. pres. n. 2 del 1999, in www.lexitalia.it., con nota di DE CAROLIS, Lart. 700 c.p.c. nel processo amministrativo tra tendenze giurisprudenziali, norme positive e progetti di riforma, che esclude lesperibilit dellazione cautelare ex art. 700 c.p.c. innanzi agli organi di giustizia amministrativa, poich il giudice amministrativo emana provvedimenti cautelari ai sensi dellart. 21, l. TAR. Tale posizione trov conferma nella nota ordinanza n. 1/2000 dellAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato (tra le altre, in Giust. civ., 2000, I, 1292, 2163, con nota di SASSANI, Le alte Corti allimpatto delle questioni di giurisdizione dellart. 33 d.lgs. n. 80 del 1998: prime impressioni di lettura, e di ANTONIOLI Brevi osservazioni sulla tutela cautelare del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi), che ha negato lesercizio del potere cautelare monocratico presidenziale, impedendo conseguenzialmente lesercizio della tutela cautelare ante causam, ovvero di quella forma di tutela cautelare anticipata prospettata dal T.A.R. Lombardia sulla base delle fonti comunitarie. 344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 amministrativo. Al contempo, si sottolineavano i rischi di compromissione del diritto di difesa e del principio di contraddittorio il cui pieno dispiegarsi , invece, riconosciuto nel procedimento cautelare tipico del giudizio amministrativo di tipo collegiale. Infine, si evidenziava la non diretta applicabilit della direttiva n. 665/89, la quale, pur richiedendo una tutela cautelare rapida ed efficace, demanda ai legislatori nazionali la determinazione delle modalit per laccesso alla tutela giurisdizionale e non impone affatto che in nome della rapidit ed efficacia delle misure cautelari debbano essere sacrificate le esigenze del contraddittorio (114). Pertanto, doveva ritenersi inammissibile ladozione di un rito cautelare inaudita altera parte, come quello applicato dal T.A.R. milanese. La novella del 2000 non ha modificato tale quadro. Infatti, la nuova formulazione dellart. 21, l. TAR, come novellato dallart. 3, l. n. 205/2000, continua a non contemplare una tutela ante causam: lamministrazione resistente ed il controinteressato, anche se in ipotesi non sentiti dal giudice monocratico, sono comunque destinatari della notifica del ricorso prima dellavvio della fase presidenziale del processo cautelare. La lettera della norma (art. 21, comma 9, l. TAR) non consente, quindi, di rivolgersi al giudice senza prima aver notificato ai contraddittori necessari il ricorso cui accede listanza cautelare ovvero la sola istanza cautelare (successiva al ricorso). Deluse, pertanto, le aspettative di un mutamento sul piano legislativo che mettesse fine alla questione dellammissibilit della tutela cautelare preventiva nel processo amministrativo, il T.A.R. Lombardia, con lordinanza 15 febbraio 2001, n. 1 (115), tornava a sollevare dubbi di costituzionalit in ordine a due disposizioni: a) lart. 21, l. n. 1034/1971, cos come novellato dallart. 3, l. n. 205/2000, nella parte in cui esclude la tutela ante causam e la conseguente applicabilit dellart. 700 e degli artt. 669 e ss. c.p.c. avanti al giudice amministrativo; b) lart. 700 c.p.c., l dove espressamente prevede che la tutela cautelare ante causam sia accordabile, nel concorso dei presupposti di legge, per i soli diritti soggettivi e non anche per gli interessi legittimi. La prima disposizione stata censurata per contrasto con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, avuto anche riguardo agli artt. 6 e 13 della Conven- (114) In dottrina, prima della riforma del 2000, rimarcavano tale principio, PALMIERI SANDULLI, Il giudizio cautelare amministrativo, sunto della relazione tenuta in occasione del convegno Il giudizio cautelare amministrativo (le ordinanze propulsive), svoltosi il 14 aprile 1999 a Palazzo Spada, in Sospensive, 1999, 99, 15190; SANINO, Il giudizio cautelare amministrativo, sunto della relazione tenuta in occasione del convegno Il giudizio cautelare amministrativo (le ordinanze propulsive), svoltosi il 14 aprile 1999 a Palazzo Spada, in Sospensive, 1999, 99, 15181. (115) In Urb. e app., 2001, 770. DOTTRINA 345 zione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali; la seconda per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione. Secondo il presidente del Tribunale amministrativo regionale milanese lestensione dello strumento cautelare ante causam al processo amministrativo sarebbe sorretta da molteplici precetti; tra di essi viene puntualmente richiamato lart. 2 della direttiva ricorsi 665/89, il quale esigerebbe che ciascuno Stato nazionale adotti forme di tutela il pi rapide ed efficaci possibili, ivi incluse tecniche di tutela ante causam. Nel dettaglio, il Giudice milanese, pur prendendo atto delle importanti novit introdotte dallart. 3, l. 205 del 2000, ha osservato che la rilevata modifica delle norme anteriormente vigenti presuppone peraltro la previa redazione, notificazione, nonch lavvenuto deposito del ricorso in sede giurisdizionale affinch la richiesta di una misura cautelare provvisoria possa essere reputata ammissibile ; infatti pur davanti ad un obiettivo irrobustimento sul piano temporale e qualitativo delle nuove misure cautelari introdotte, la tutela siffattamente disciplinata, presupponendo la notifica ed il deposito del ricorso in sede giurisdizionale, resta pur sempre qualificabile come un intervento post causam e non gi ante causam. Ci posto, il Presidente della terza Sezione del Tribunale Lombardo ha rimarcato il carattere privilegiato della posizione processuale della pubblica amministrazione davanti al Giudice amministrativo, tuttora ineguale di fronte al proprio contraddittore nel processo, non potendo essere avanzata alcuna richiesta di misure cautelari urgenti che, previa sommaria indicazione delle ragioni in diritto vantate, miri a conseguire un intervento immediato in ogni caso in cui ogni pur minima dilazione, necessariamente connessa con i tempi occorrenti per la redazione del ricorso in sede giurisdizionale e per ogni successiva formalit, possa divenire fonte di un pregiudizio grave e non altrimenti riparabile. Diversamente ha opinato la Corte costituzionale che, con lordinanza 10 maggio 2002 n. 179 (116), ha dichiarato manifestamente infondata la questione pocanzi riassunta. In particolare, la Consulta ha, in primo luogo, richiamato il proprio tradizionale orientamento in virt del quale il legislatore, nella sua discrezionalit - con il solo limite della non manifesta irragionevolezza o non palese arbitrariet - pu adottare norme processuali differenziate tra i diversi tipi di giurisdizioni e di riti procedimentali, aggiungendo che nel processo amministrativo la tempestivit e la effettivit della tutela anche cautelare sarebbero oggi assicurate dal complesso delle disposizioni vigenti (che contemplano la possibilit di ottenere labbreviazione dei termini per instaurare il giudizio, di effettuare la notifica dellatto introduttivo per via telematica o per (116) In Giur. cost., 2002, 1442. 346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 telefax, di conseguire misure cautelari atipiche, di richiedere in camera di consiglio la definizione del giudizio nel merito con decisione in forma semplificata, di far dichiarare i ricorsi urgenti tramite la c.d. istanza di prelazione, etc.) e segnatamente dalladottabilit, in caso di estrema gravit ed urgenza, di una misura monocratica. Secondo il Giudice delle leggi, lanzidetto completo sistema di tutela, anche di urgenza e cautelare, che riguarda tutte le posizioni azionabili davanti al giudice amministrativo, senza distinzione tra interessi legittimi o diritti soggettivi tutelabili, esclude lapplicabilit di altri istituti propri del processo civile e, quindi, che si possa configurare una esigenza (rilevante sul piano costituzionale) di intervento additivo sulle norme relative ai procedimenti di urgenza della procedura civile. Volendo schematizzare, ad avviso della Corte, la questione manifestamente infondata in quanto: a) il legislatore pu delineare distinti sistemi di tutela cautelare, senza che quello processual-civilistico assurga ad archetipo di valore assoluto; b) le differenti modalit di estrinsecazione della tutela cautelare nel processo amministrativo sono comunque idonee ad assicurare leffettivit e la tempestivit della tutela cautelare, attesa: - la massima semplicit e flessibilit del mezzo introduttivo dei giudizi amministrativi, anche attraverso lo strumento dei motivi aggiunti (art. 21, l. TAR); - la possibilit di avvalersi dellabbreviazione dei termini, ove sussistano ragioni di particolare urgenza, anche ai fini dellinstaurazione del contraddittorio (art. 19 l. TAR; artt. 20 e 36, Reg. proc. Cons. Stato); - la non tassativit dei mezzi per leffettuazione della notifica dellatto introduttivo, possibile anche mediante strumenti telematici e fax (art. 12, l. n. 205 del 2000); - latipicit delle misure cautelari, idonea a meglio assicurare lanticipazione interinale degli effetti della sentenza (art. 21, comma 8, l. TAR); - la riconosciuta possibilit di invocare la misura interinale monocratica, destinata a coprire il tempo che separa il deposito del ricorso e la trattazione collegiale della domanda cautelare (art. 21, comma 9, l. TAR); - la possibilit di procedere a definire il merito in occasione dellesame dellistanza cautelare con la pronuncia della sentenza in forma semplificata (art. 21, comma 10, l. TAR). 9. Il modello di tutela cautelare comunitaria imposto dalla Corte di Giustizia: lobbligo di introdurre lo strumento della tutela cautelare ante causam da assicurare anche nel processo amministrativo e le critiche della dottrina Sciolti i dubbi in punto di legittimit costituzionale della nuova disciplina, rimanevano le perplessit in merito alla sua conformit alla normativa comu- DOTTRINA 347 nitaria. A tal proposito occorre meglio analizzare le direttive del Consiglio C.E. n. 665/89 del 21 dicembre 1989, n. 13/92 del 25 febbraio 1992 e n. 50/92 del 18 giugno 1992, che hanno introdotto una disciplina uniforme di tutela degli operatori privati nel settore degli appalti di rilevanza comunitaria. Le citate direttive richiedono esplicitamente agli Stati membri di garantire che lautorit nazionale investita del ricorso possa adottare con la massima sollecitudine e con procedura durgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione denunciata o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, e tra di essi quelli intesi a sospendere o far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto o lesecuzione di qualsiasi decisione assunta dallente aggiudicatore (cfr. i rispettivi articoli 2, parr. 1, lett. a) delle direttive 665/89 e 13/92). Non difficile riconoscere che tale ultima disposizione d vita a standards di tutela cautelare abbastanza rigidi e puntuali, limitando in modo sensibile - pur senza elidere completamente - lautonomia dei partners nel predisporre gli opportuni rimedi interinali a tutela delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute in ambito comunitario. Secondo la lettura prospettata dalla Corte di Giustizia, le ricordate disposizioni comunitarie impongono una tutela cautelare ante causam, fondata cio su unazione cautelare preventiva o pura, scissa dal giudizio di merito. Questa impostazione si rinviene in particolare nelle note sentenze Commissione contro Repubblica Ellenica del 1996 (Corte di Giust. C.E., 19 settembre 1996, in causa C-236/95) e Commissione contro Regno di Spagna del 2003 (Corte di Giust. C.E., 15 maggio 2003, in causa C-214/00) (117). Nellambito del primo procedimento, promosso dalla Commissione nei confronti della Grecia per mancata attuazione della citata direttiva n. 665/89, il Governo dello Stato convenuto si era difeso facendo leva sulla superfluit di qualsivoglia misura interna di attuazione; tuttavia, la constatazione della sussistenza, nello Stato greco, di una tutela cautelare normativamente confinata alla sospensione dellesecuzione del provvedimento impugnato aveva indotto il Giudice europeo a sancire la violazione della direttiva n. 665/89, che prevede lobbligo per lo Stato membro di predisporre una disciplina che consenta al giudice nazionale o comunque allautorit investita della procedura di ricorso di adottare qualsiasi provvedimento provvisorio. La Corte ha ulteriormente rilevato che mentre la direttiva contempla la proposizione di unazione puramente cautelare (cio slegata dallazione costitutiva) cos configurando una cautela preventiva o pura (ante causam), nel diritto greco la formulazione (117) In Giorn. dir. amm., 2003, 897, con nota critica di CHITI, La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo: uno sviluppo davvero ineluttabile?; Urb. e app., 2003, 885, con nota di CARANTA, La tutela cautelare ante causam contro gli atti adottati dalle amministrazioni aggiudicatrici, 885-891; Sospensive, 2003, 34600. 348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dellistanza di sospensione del provvedimento si inserisce nel (e non scindibile dal) giudizio di annullamento dellatto. Questo orientamento poi stato ribadito nella citata sentenza Commissione contro Regno di Spagna del 15 maggio 2003, nella quale il Collegio lussemburghese ha ritenuto che il Regno di Spagna fosse venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della ridetta direttiva 665/89 per il fatto di subordinare, in generale, la possibilit di adottare misure cautelari in relazione alle decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici alla necessit di proporre previamente un ricorso contro la decisione dellamministrazione aggiudicatrice; tale conclusione non sarebbe secondo la Corte smentita dalla circostanza che che, nellambito della sospensione per via giudiziaria, il ricorso pu essere proposto con semplice atto scritto e che latto introduttivo del ricorso pu essere formulato successivamente alla domanda di provvedimento provvisorio, dal momento che lobbligo di un previo esperimento di tale formalit non pu neanche essere considerato compatibile con i precetti della direttiva 89/665, come precisati nella gi citata sentenza Commissione/Grecia. Con lordinanza 29 aprile 2004 (118), resa nella causa C-202/03, la Corte ha nuovamente ribadito questo indirizzo, stavolta appuntando direttamente la sua attenzione sulla normativa processuale italiana. Il pronunciamento trae origine dai rilievi espressi dal presidente del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione di Brescia, dapprima in occasione delladozione di un decreto cautelare monocratico (decr. pres. 10 marzo 2003 n. 189) (119) e, successivamente, nella vera e propria ordinanza (sempre monocratica) di rimessione alla Corte di Giustizia pronunciata ai sensi dellart. 234 del Trattato C.E. (ord. pres. 26 aprile 2003 n. 76)(120). In questultimo provvedimento il Presidente del Tribunale amministrativo regionale di Brescia ha desunto dallart. 2, comma 1, lett. a) della direttiva ricorsi n. 665/89 lintento (confermato dal secondo, quarto e quinto considerando della stessa direttiva) di privilegiare ogni possibile, immediato intervento da parte del giudice volto ad ovviare ad ogni violazione che sia stata commessa in sede di gara, s che laggiudicazione definitiva possa intervenire a favore dellimpresa, la cui offerta debba essere prescelta in base alla legittima applicazione delle norme che disciplinano lo svolgimento della procedura di gara. Inoltre, nellinvocare i principi comunitari di non discriminazione e di ef- (118) In Foro amm., CdS, 2004, 1000; in www.giustamm.it., con il commento di TARULLO, La Corte di giustizia e la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo: un nodo da sciogliere. (119) In Foro amm. Tar, 2003. (120) In Riv. it. dir. pubbl. com., 2003, 913 ss. DOTTRINA 349 fettivit della tutela giurisdizionale, il giudice bresciano ha sottolineato (nuovamente) il rischio di un trattamento discriminatorio tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, osservando che mentre nelle controversie fra soggetti privati ovvero in quelle proposte da questi ultimi contro la pubblica Amministrazione, che siano affidate alla giurisdizione del giudice ordinario, possibile conseguire una tutela urgente prima della proposizione della causa di merito, lattribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione in materia di controversie concernenti gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture impedisce che la tutela cautelare possa intervenire prima dellintroduzione dellimpugnazione di un provvedimento posto in essere nel corso della relativa procedura di gara. Tale rischio viene dal rimettente ritenuto suscettibile di tradursi nella violazione dellart. 10 del Trattato, trovando una pretesa assistita dal diritto comunitario una tutela cautelare meno efficace e ridotta rispetto ad altre forme della stessa, cos come prevista dallordinamento nazionale. Alla luce di tali premesse, nella ordinanza in parola si chiesto alla Corte di Giustizia di accertare: 1) se la diversa tutela cautelare prevista per le pretese comunitarie accordabile dal giudice amministrativo nazionale nelle procedure dappalto rispetto a quella prevista nellordinamento interno per i diritti riconosciuti nelle liti fra soggetti privati ovvero in quelle fra questi ultimi e lAmministrazione per le quali abbia giurisdizione nellordinamento nazionale il giudice ordinario violi o meno il principio di collaborazione sancito dallart. 10 del Trattato, che fa obbligo, in assenza di un sistema processuale armonizzato, di riconoscere alle suddette pretese comunitarie lidentica forma di tutela e non gi una tutela meramente incidentale e, dunque, meno efficace rispetto a quella garantita con carattere di generalit agli altri diritti nazionali; 2) se, inoltre, lart. 21, l. n. 1034/1971, cos come novellato dallart. 3, l. n. 205/2000, nella parte in cui non prevede fra i possibili mezzi di ricorso urgente quello ante causam, come tale diretto ad impedire in via immediata che lAmministrazione dia ulteriore corso alla sottoscrizione del contratto dopo la conclusione di una procedura di gara, del tutto indipendentemente dalla proposizione di una previa azione dimpugnazione di un atto della stessa procedura, rappresenti o meno sufficiente adempimento della previsione di cui allart. 1, n. 3, della direttiva 21 dicembre 1989, n. 665/CEE, che fa obbligo a tutti gli Stati membri dintrodurre nei rispettivi ordinamenti nazionali ricorsi pienamente accessibili per quanti intendano richiedere la riparazione di un danno subito o comunque temano di subire una lesione in dipendenza di una decisione della commissione di gara per il conseguimento di un appalto pubblico; 3) se la tutela cautelare accordabile dal giudice amministrativo nazionale integri o meno violazione dellart. 2, lett. a) della suddetta direttiva, che fa ob- 350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 bligo di prendere con la massima sollecitudine e con procedura durgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o lesecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorit aggiudicatici; 4) se, infine, la stessa forma di tutela cautelare violi o meno concorrentemente lart. 6, comma 2, del Trattato che, nel codificare il rispetto da parte dellUnione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, ha fatto proprio il principio delleffettivit della tutela giurisdizionale stabilito dagli artt. 6 e 13 della stessa Convenzione, facendo obbligo agli Stati membri di assicurarne la piena operativit nei rispettivi ordinamenti nazionali. Con lordinanza del 29 aprile 2004 la Corte di Giustizia, richiamando i propri precedenti, ha stabilito che lart. 2, n. 1, lett. a), della direttiva deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a conferire ai loro organi competenti a conoscere dei ricorsi la facolt di adottare, indipendentemente dalla previa proposizione di un ricorso di merito, qualsiasi provvedimento provvisorio, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica dellappalto in esame (punto 22). Considerando che tale risposta deriva da una disposizione specifica del diritto comunitario ossia lart. 2, n. 1, lett. a), della direttiva, la Corte ha reputato non doversi fare riferimento a disposizioni pi generali dellordinamento giuridico comunitario, quali, in particolare, gli artt. 10 CE o 6, n. 2, UE, norme evocate dal Giudice rimettente nella prima e nella quarta questione; di qui lovvia conclusione che non si deve () rispondere a tali due questioni (punto 23 dellordinanza). La Corte di Giustizia ha, quindi, ritenuto non conforme al quadro comunitario la normativa nazionale italiana che non assicurava al ricorrente la possibilit di agire in giudizio indipendentemente da ogni azione previa, chiedendo lemanazione di un qualsiasi provvedimento provvisorio, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto. La prescrizione scaturente dal dictum della Corte di Giustizia era inequivocabilmente diretta allinserimento della tutela cautelare ante causam nellordinamento processuale amministrativo italiano, che era stato ritenuto carente sotto il profilo della accessibilit ad una tutela piena ed effettiva, avendo omesso lo Stato italiano di attuare lart. 2, n. 1, della direttiva 89/665. Secondo i giudici comunitari, la sollecita definizione dei ricorsi cautelari non era sufficientemente garantita dal procedimento incidentale previsto dallart. 21, l. TAR, perch successivo o al massimo contestuale alla proposizione dell'impugnazione principale. Ancora una volta, con le surriportate statuizioni il Collegio di Lussem- DOTTRINA 351 burgo dimostra di non voler accettare compromessi o mediazioni con le dissonanti soluzioni processuali accolte negli Stati membri, ancorch avallate - come nel caso del nostro regime di tutela cautelare - dalle rispettive Corti costituzionali. La soluzione fornita dalla Corte di Giustizia, da cui poi conseguita l(obbligatoria) introduzione nel nostro ordinamento processuale amministrativo della tutela cautelare ante causam (limitatamente al settore degli appalti pubblici) non andata esente da critiche in dottrina (121), che ha tacciato lindirizzo dei giudici comunitari come foriero di una eccessiva comunitarizzazione del processo amministrativo (122) e frutto di un formalismo del tutto inappropriato, specie quando la medesima questione stata gi esaminata dalla Corte costituzionale e dalle giurisdizioni superiori dello Stato membro coinvolto. La pronuncia in parola (come si avr modo di sottolineare nelle conclusioni della presente relazione) suggerisce una serie di interrogativi sul carattere effettivamente additivo del dibattito svolto in sede comunitaria sul tema della tutela cautelare rispetto allanalogo dibattito agitatosi in sede nazionale e se il primo conduca effettivamente ad acquisizioni ulteriori rispetto a quelle autonomamente conseguite nellambito del secondo. In effetti, nellimporre ai legislatori nazionali di prevedere nei rispettivi sistemi di giustizia amministrativa lo strumento della tutela cautelare ante causam la Corte di Giustizia sembra in contraddizione con la propria giurisprudenza sul principio di effettivit della tutela, che non implica una visione letterale della normativa considerata, ma la valutazione, in termini esclusivamente effettuali, della sua capacit reale (leffettivit, appunto) di soddisfare le esigenze di tutela degli interessati. Da questo punto vista, consentito rite- (121) In tal senso, si veda, da ultimo, CONTESSA, op. cit., il quale definisce come ancipite lapproccio comunitario al tema della tutela cautelare, imponendo la Corte di Giustizia ai legislatori nazionali ladozione dello strumento cautelare ante causam che risulta in sostanziale distonia con lassetto positivo dello stesso ordinamento processuale comunitario, che non prevede un siffatto tipo di tutela contro gli atti delle Istituzioni comunitarie. Particolarmente puntuali sono i rilievi svolti, in proposito, da ROTIGLIANO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: molto rumore per nulla, in Foro amm. Tar, 2006, 10, 3400 e da VILLATA, Osservazioni in tema di incidenza dellordinamento comunitario sul sistema italiano di giustizia amministrativa, in Dir. proc. amm., 2006, 3, 848 ss. (122) Losservazione di CHITI, La tutela cautelare ante causam e la progressiva comunitarizzazione del processo amministrativo: alcune riflessioni critiche, in Le nuove frontiere del giudice amministrativo tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva, a cura di M.A. SANDULLI, suppl. al n. 12/2004 del Foro amm. Tar, 61; tale osservazione riportata, adesivamente, da CORAGGIO, La disciplina del contenzioso nel codice degli appalti (Relazione al Convegno tenuto a Napoli il 16 febbraio 2007 a cura della Seconda Universit di Napoli), in Foro amm. Tar, 2007, 3, 1210, il quale denuncia una certa invasivit dellordinamento comunitario nei confronti degli Stati membri e da PAOLANTONIO, Note sulla c.d. tutela ante causam nel codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, IV, Diritto processuale amministrativo, Padova, 2007, 331. 352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 nere che la tutela cautelare provvisoria monocratica, gi prevista nel nostro ordinamento dallart. 21, comma 9, l. TAR, risponde in modo completo alle istanze di effettivit della tutela giurisdizionale. un mezzo rapido e privo di formalit defatiganti. Si propone infatti con separata istanza notificata alle controparti (anche con utilizzazione dei nuovi mezzi di notifica in tempo reale), presupponendosi solo lesistenza di un ricorso giurisdizionale anche contestuale (integrabile successivamente attraverso motivi aggiunti), comunque depositato, ed anche se non sia completato con la prova di tutte le notifiche, come confermato indirettamente dallespressa previsione della pronuncia di un decreto motivato da parte dellorgano monocratico investito dellistanza, anche con contraddittorio non completo. Tale procedura cautelare sembra potersi qualificare come sollecita ed urgente, poich la misura provvisoria potr sempre essere conseguita in un ridottissimo arco temporale, senza attendere lassegnazione della causa ad una delle camere di consiglio programmate (e senza neppure dover dare prova, come detto, del completamento delle operazioni di notificazione). N lesigenza di celerit nellerogazione della tutela cautelare potrebbe essere frustrata nei casi di assenza od impedimento del presidente (del Tribunale amministrativo regionale o di una sua Sezione) al momento del deposito del ricorso o della separata (e successiva) istanza, atteso che il silenzio della norma sembra autorizzare una possibile sostituzione del presidente con altro magistrato (ad esempio, il pi anziano) presente nellufficio, senza che occorra alluopo una specifica delega. Ai rilievi esposti si aggiunga che, come evidenziato in dottrina, il fondamento della tesi sostenuta della Corte di Giustizia non si rinviene nelle direttive del 2004, le quali si limitano a richiamare la direttiva ricorsi n. 665/89. Conformemente ad essa gli Stati membri assicurano lapplicazione delle presente direttiva tramite meccanismi efficaci, accessibili e trasparenti (artt. 81, direttiva 2004/18 e 72, direttiva 2004/17). Dunque, lespressa previsione della tutela cautelare ante causam frutto di una vera e propria opera interpretativa della giurisprudenza comunitaria citata (come le misure cautelari provvisorie introdotte nel 2000 sono il prodotto della giurisprudenza del T.A.R. Lombardia). Lo strumento della tutela cautelare ante causam non direttamente contemplato nella direttiva ricorsi, che come gi pi volte ribadito non la richiede espressamente, n nelle nuove direttive del 2004, che a quella si limitano a rinviare; in quelle direttive ҏ solo previsto che la brevit delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici richiede un trattamento urgente delle violazioni delle norme comunitarie o nazionali di recepimento, senza alcuna specificazione degli strumenti confacenti(123). Dal punto di vista stretta- (123) CHITI, La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, cit., 901; nello stesso senso, BARBIERI, Diritto comunitario, processo amministrativo e tutela ante causam, cit., il quale evi- DOTTRINA 353 mente letterale, le direttive ricorsi, lungi dallesplicitare ladesione al modello della tutela ante causam, prevedono semplicemente una tutela cautelare basata sulla procedura durgenza e sul canone di massima sollecitudine (artt. 2, par. 1, lett. a, delle direttive 665/89 e 13/92). La direttiva ricorsi, cui la Corte di giustizia fa riferimento, al riguardo quanto mai generica ed anzi la disposizione che si occupa dellargomento potrebbe agevolmente indurre alla conclusione opposta poich impone il riconoscimento di un potere di prendere con la massima sollecitudine e con procedura durgenza le misure necessarie intese a riparare la violazione o ad impedire il prodursi di danni, rendendo cos evidente la completa parificazione fra limpedimento del danno (tramite lo strumento cautelare) e leliminazione di un danno gi verificatosi (che presuppone una sentenza di merito). Nella visione sostanzialistica della direttiva, dunque, non rileva il momento dellintervento cautelare bens lampiezza del relativo potere e la sua concreta efficacia. E a questi parametri perfettamente rispondente il nostro processo cautelare dopo la riforma del 2000 (per tacere della giurisprudenza precedente), circostanza che la Corte di giustizia non ha verificato e che pure era stata ripetutamente evidenziata sia dal Consiglio di Stato che dalla Corte costituzionale (ordinanza n. 179 del 2002) quando avevano entrambi ritenuto su questa base che non fosse necessario prevedere un tal genere di tutela ed il cui precoce e generalizzato inutilizzo nella pratica processuale ne palesa in modo evidente linessenzialit al fine di garantire pienezza ed effettiva di tutela giurisdizionale. Non si mancato, inoltre, di rilevare come il nuovo tipo di tutela costituisce una lesione ulteriore - dopo la cautela presidenziale introdotta dalla l. n. 205/2000 - alla tradizionale collegialit della giustizia amministrativa e rischia di squilibrare il delicato rapporto esistente tra il presidente e il collegio (124). Peraltro, lo strumento della tutela cautelare ante causam perentoriamente imposto agli Stati membri dalla Corte di Giustizia non si rinviene in sede comunitaria, ove non vi una tutela del genere. E sufficiente richiamare, al riguardo, lart. 83, paragrafo 1 del Regolamento di procedura innanzi alla Corte di Giustizia, il quale ammette la proponibilit di unistanza cautelare innanzi denzia che nessuna direttiva comunitaria afferma espressamente che la tutela cautelare debba essere assicurata indipendentemente dalla previa proposizione di un ricorso di merito; CONTESSA, op. cit.; CORAGGIO, op. cit.; LAZZARA, Tutela cautelare e misure durgenza nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Dir. proc. amm., 2003, 1169, il quale ritiene che la Corte di giustizia sembra avere in mente un tipo di tutela urgenza pi simile a quella sommaria non cautelare che a quella preventiva; PAOLANTONIO, op. cit., 332; ROTIGLAINO, op. cit.; VILLATA, op. cit., 855, rileva che laffermazione secondo cui la direttiva in questione prevederebbe la facolt di chiedere la misura interinale senza necessit della previa azione di merito uninvenzione della Corte. Non ve nՏ traccia nella direttiva. (124) CORAGGIO, op. cit. 354 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 ai Giudici comunitari solo previa proposizione di un ricorso di merito (in tal modo evidentemente postulando linammissibilit di forme di tutela cautelare ante causam avverso gli atti delle Istituzioni e degli Organismi dellUnione) (125). In sede comunitaria, dunque, lesercizio dei poteri cautelari della Corte di Giustizia espressamente subordinato alla instaurazione del ricorso nel merito (come si evince, tra laltro, dal primo inciso dellart. 242), essendo accolta in pieno la tecnica processuale che informa il nostro processo amministrativo. Se, quindi, a tali disposizioni si volesse attribuire una qualche valenza paradigmatica (si noti che la complessiva visione organizzativa perseguita dalla Corte di Giustizia guarda ai giudici dei singoli Stati come ad una sorta di articolazione territoriale della Corte medesima), non vՏ dubbio che essa andrebbe ad indebolire, piuttosto che a rafforzare, le tesi invalse in seno alla giurisprudenza comunitaria. Come esattamente osservato in dottrina, il terreno della tutela cautelare manifesta in modo evidente un approccio comunitario al tema delle tecniche processuali definito a geometria variabile(126), in base al quale il livello sia qualitativo che quantitativo degli strumenti di tutela cautelare che i Giudici comunitari impongono agli ordinamenti nazionali risulta ben diverso (ed assai pi stringente) rispetto al livello di incisivit che essi stessi realizzano quando vestono i panni di Giudici degli atti amministrativi delle Istituzioni comunitarie. Comunque sia, occorre prendere consapevolezza del fatto che la giurisprudenza della Corte lussemburghese pone veri e propri principi del diritto comunitario, vincolanti per gli Stati membri: oramai la indefettibilit di una tutela cautelare ante causam uno di questi, quantomeno nellambito degli appalti pubblici comunitari. Conseguentemente, per quanto possa sembrare che la soluzione italiana successiva alla novella del 2000 si facesse ampiamente carico delle esigenze di effettivit/tempestivit della tutela cautelare espresse dalle fonti sovranazionali, e che per tale motivo essa soddisfi in modo complessivamente appagante (come in fondo ha rimarcato la Consulta nel 2002) lelevata domanda di giustizia cautelare, la pronuncia della Corte di giustizia ha creato un vuoto legislativo, colmato dal Codice dei contratti pub- (125) La disposizione in questione (inserita nellambito del capo rubricato Della sospensione dellesecuzione e degli altri provvedimenti urgenti mediante procedimento sommario) cos recita: La domanda, ai sensi degli articoli 242 CE e 157 del Trattato CEEA, per la sospensione dellesecuzione di un atto di unistituzione ricevibile solo se il richiedente ha impugnato tale atto in un ricorso dinanzi alla Corte. In proposito, VILLATA, op. cit., 854, osserva che innanzi alla Corte di giustizia non possibile chiedere una misura cautelare se non si sia instaurato il giudizio di merito, ed anzi la strumentalit, laccessoriet e la provvisoriet della misura cautelare in funzione della pronuncia di merito conclusiva di un giudizio gi pendente motivo conduttore di tutta la giurisprudenza comunitaria sul tema. (126) MORBIDELLI, La tutela giurisdizionale dei diritti nellordinamento comunitario, Milano, 2001, p. 46. DOTTRINA 355 blici, con lintroduzione nel settore degli appalti pubblici dello strumento imposto dai Giudici comunitari. 10. Lart. 245 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, introduce la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo. Tra le novit pi significative introdotte dal Codice un ruolo di primo piano devessere assegnato alle disposizioni della IV parte, dettate in tema di tutela giurisdizionale. Ci si riferisce agli artt. 244-246, nei quali il Codice affronta il nodo gordiano del riparto di giurisdizione, disciplina gli strumenti di tutela giurisdizionale (o equiparati), che, in forza dei recenti orientamenti della giurisprudenza comunitaria, devono essere garantiti ai potenziali contraenti e, da ultimo, riscrive il regime processuale delle controversie relative a infrastrutture e insediamenti produttivi. Le direttive 2004/17 e 2004/18 impongono agli Stati membri di garantire lefficace tutela dei soggetti partecipanti a pubblici appalti, mediante il richiamo delle cc.dd. direttive ricorsi (89/665 e 92/13). Pertanto, il Codice, nel tentativo di ricercare una equilibrata composizione tra tutela degli interessi sostanziali che si pongono alla base della contrattazione pubblicistica ed esigenze di celerit nella definizione delle relative controversie, opera una sintesi ricognitiva dei vigenti strumenti di tutela contenziosi, precisando i limiti della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed introducendo, in ossequio alla giurisprudenza comunitaria, la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo relativo agli appalti pubblici. In considerazione della estrema rilevanza degli interessi coinvolti, la codificazione della materia costituiva una ineludibile necessit, che il legislatore ha soddisfatto dettando un corpus normativo tutto sommato omogeneo, coerente con lintento di fondo di fare degli appalti pubblici una materia davvero speciale, sebbene, comՏ prevedibile, suscettibile di recare non pochi problemi applicativi sul versante della tutela cautelare ante causam (127). (127) Per unampia ricostruzione dellevoluzione del potere cautelare preventivo del giudice amministrativo prima della introduzione della tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, si rinvia a GAROFOLI, La nuova tutela cautelare. Profili sostanziali e processuali, in CARINGELLA - GAROFOLI- MONTEDORO, Trattato di giustizia amministrativa, vol. II, Le tecniche di tutela nel processo amministrativo, Milano, 2006, 757 e ss.; in argomento, sempre prima dellentrata in vigore del Codice, CARANTA, La tutela cautelare ante causam contro gli atti adottati dalle amministrazioni aggiudicatici, in Urb. e app., 2003, 885 ss.; CHITI, La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo: uno sviluppo davvero ineludibile?, in Giorn. dir. amm., 2003, 897; id., La tutela cautelare ante causam e la progressiva comunitarizzazione del processo amministrativo: alcune riflessioni critice, in Le nuove frontiere del giudice amministrativo tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva (a cura di Sandulli M.A.), Milano, 2005, 57; F. SAITTA, Latipicit delle misure cautelari nel processo amministrativo, tra mito e realt, in www.giustizia-amministrativa.it; GUIDARELLI, I provvedimenti cau- 356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 A completamento delle disposizioni in tema di giurisdizione, il Codice, nellart. 245, individua gli strumenti di tutela, sia ordinari che cautelari, introducendo (nei commi da 3 a 8) la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, indipendente dalla previa introduzione del giudizio di merito (in tal senso, appunto, ante causam) (128). telari monocratici nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 3, 727; LEONARDI, La Corte di Giustizia interviene nel controverso dibattito italiano in materia di tutela cautelare ante causam, in Foro amm. Tar, 2004, 5, 1226; MARTINELLI, Notazioni in tema di tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, in Foro amm. Tar, 2004, 3739; MINGATI, Tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo italiano ed ordinamento comunitario: problemi di effettivit della tutela giurisdizionale avverso le procedure di aggiudicazione dei pubblici appalti, in Riv. trim. appalti, 2005, 185; MORFINI, La tutela cautelare ante causam e il principio di effettivit nel settore degli appalti pubblici: diritto interno e comunitario, in Trib. amm. reg., 2005, II, 213; PANZAROLA, Il processo cautelare, in Il processo davanti al giudice amministrativo. Commento sistematico alla legge n. 205/2000 (a cura di Sassani, Villata), Torino, 2001, 83 ss.; PICOZZA, La tipologia e gli effetti del processo cautelare dopo la legge n. 205/2000, in Processo amministrativo e diritto comunitario (a cura di Picozza), Padova, 2003; QUERZOLA, Colpo dariete della corte di giustizia al tab della tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005, 353; id., La Corte di giustizia ancora come il Benvenuto Cellini dei diritti processuali nazionali: tutela cautelare e processo amministrativo spagnolo (o europeo?) (Nota a Corte di giustizia CE, sez. VI, 15 maggio 2003), in Dir. proc. amm., 2004, 266 ss.; TARULLO, Il giusto processo amministrativo. Studio sulleffettivit della tutela giurisdizionale nella prospettiva comunitaria, Milano, 2004. (128) Sullargomento, i contributi editi successivamente allentrata del Codice dei contratti pubblici sono gi diversi: per una trattazione organica della disciplina di cui allart. 245 del Codice, BUONVINO, I nuovi mezzi di tutela cautelare. Relazione svolta al convegnoIl codice dei contratti un anno dopo, organizzato per il decennale della rivista Urbanistica e appalti, Roma, 19 ottobre 2007, in www.ildirittopericoncorsi.it; CORRADINO, Il giudizio sui settori sensibili (art. 23 bis c.d. legge T.A.R. e disposizioni processuali inserite nel recente Codice dei contratti, in I riti speciali nel giudizio amministrativo (a cura di Corradino, Dato), Torino, 2008, 332 ss.; DE CAROLIS, La tutela giurisdizionale nel codice dei contratti pubblici, in Urb. e app., 2006, 1130 ss.; DE NICTOLIS, Il nuovo contenzioso in materia di appalti pubblici, Milano, 2007, 500 ss.; id., La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 129 ss.; GAROFOLI, Il contenzioso. La tutela cautelare ante causam, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. SANDULLI, DE NICTOLIS, GAROFOLI, VI, 2008, Milano, 3999 ss.; MADDALENA, Giurisdizione e norme processuali (artt. 244-246), in Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (a cura di Sanino), Torino, 2006, 681 ss.; MEZZOTERO, Il riparto di giurisdizione e gli strumenti di tutela nel codice degli appalti, in Commentario al Codice degli appalti (a cura di Saitta), Padova, 2008, 1249 ss.; PAOLANTONIO, Note sulla c.d. tutela ante causam nel codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, IV, Diritto processuale amministrativo, Padova, 2007, 331; RUSCICA, Le novit in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2008, 185 ss.; TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam introdotta dallart. 245 del codice degli appalti, in www.giustamm.it. In argomento, tra gli ulteriori contributi si segnalano: ARDIZZI, La tutela cautelare ante causam alla luce del codice dei contratti pubblici, in Giurisdiz. amm., 2008, 1, parte IV, 39 ss.; CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti pubblici tra complessit e velocit. Relazione svolta al convegno Gli strumenti di tutela nel Codice dei contratti pubblici, organizzato dallOrdine degli avvocati di Messina, 19 aprile 2007, in www.giustizia-amministrativa.it; DE GIOIA, La tutela cautelare ante causam nel nuovo codice dei pubblici appalti: il procedimento inaudita altera parte e listruzione probatoria, in www.neldiritto. it; FRENI, Sulla tutela cautelare ante causam. Brevi note a margine dellart. 245 del Codice degli appalti, in Foro amm. - C.d.S., 2006, 2087; C.E. GALLO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: problemi e prospettive, in www.giustamm.it.; GAVERINI, La giurisdizione del giudice DOTTRINA 357 Si tratta, bene evidenziarlo fin da subito, di uno strumento di tutela ulteriore e settoriale (129), che si aggiunge a quelli gi contemplati dal sistema processuale generale, in vista della piena attuazione dei principi del giusto processo e di effettivit della tutela giurisdizionale. Limposizione da parte della Corte di Giustizia di una forma di tutela cautelare ante causam, ossia preventiva o pura (che non accede al ricorso introduttivo, n formulata con atto separato e successivo, ma destinata ad essere delibata dal giudice nellambito di un processo incentrato esclusivamente sulla valutazione della sussistenza o meno dei presupposti per la concessione della misura richiesta) viene ad incidere su di un tessuto normativo gi apertosi allatipicit in materia cautelare, grazie allintervento della legge n. 205/2000, ma in ogni caso ancorato alla necessit della previa instaurazione del giudizio di merito, attraverso la notifica ed il deposito del ricorso (art. 21, comma 8 e 9, l. n. 1034/1971). Il carattere aggiuntivo dello strumento introdotto dal Codice trova conferma nel rilievo che, nellambito delle controversie indicate dallart. 245, comma 1, d.lgs. 163/2006, sono attivabili anche i congegni cautelari post causam gi previsti dalla vigente disciplina processuale. Lart. 245, comma 2, d.lgs. 163/2006, infatti, prevede espressamente lapplicabilit della tutela cautelare collegiale, di quella monocratica e delle misure cautelari provvisorie proprie del rito accelerato di cui allart. 23 bis, l. n. 1034/1971. Opera, altres, il rimedio della sospensione della sentenza su istanza di parte in grado di appello ex art. 33, comma 3, l. n. 1034/1971, nonch quello della c.d. ottemperanza cautelare previsto dallart. 21, comma 14, l. n. 1034/1971. La misura cautelare ante causam, pertanto, soltanto uno dei possibili rimedi invocabili dal soggetto legittimato al ricorso; ne segue il suo carattere facoltativo, trattandosi di uno strumento (settoriale) che si aggiunge a quelli che gi fanno amministrativo in materia di appalti e le forme di tutela, anche cautelare, nel codice degli appalti (d.lgs. n. 163/2006): spunti di riflessione, in Foro amm. Tar, 2006, 11, 3554; MAIMONE, La tutela cautelare ante causam nellambito della giurisdizione esclusiva del G.A., in Rass. avv. St., 2006, IV, 334 ss.; PAOLANTONIO, Note sulla c.d. tutela ante causam nel codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, IV, Diritto processuale amministrativo, Padova, 2007, 331; ROTIGLIANO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: molto rumore per nulla, in Foro amm. Tar, 2006, 10, 3400; M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit; F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale: prime riflessioni. Relazione alla Giornata di studio su: Il nuovo Codice dei contratti pubblici: prime riflessioni - Lamezia Terme, 18 maggio 2006, in www.giustamm.it; M.A. SANDULLI, La nuova tutela giurisdizionale in tema di contratti pubblici (note a margine degli artt. 244-246 del codice De Lise), in Foro amm. Tar, 2006, 3375, e in www.federalismi.it. (129) La relazione che accompagna il Codice evidenzia, al riguardo, la sussistenza della delega legislativa ad introdurre la tutela cautelare ante causam nel processo relativo ai pubblici appalti, in quanto la legge delega prevede il recepimento delle direttive 2004/18 e 2004/17; sia la direttiva 2004/17 che la direttiva 2004/18, rispettivamente agli artt. 72 e 81, impongono agli Stati membri di assicurare lapplicazione delle direttive medesime con meccanismi efficaci, accessibili e trasparenti, in conformit alle cc.dd. direttive ricorsi (direttiva 1989/665 per lavori, servizi e forniture nei settori ordinari, direttiva 1992/13 per lavori, servizi e forniture nei settori speciali). 358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 parte del sistema processuale (generale). La disciplina della tutela ante causam per gli appalti, imposta allItalia solo per gli appalti sopra soglia, stata estesa dal Codice anche alle controversie relative agli appalti sotto soglia; tale scelta, sicuramente da condividere, sotto il profilo delluniformit di disciplina processuale assicurata alla materia dei pubblici appalti, a prescindere dal loro importo, pur sollevando alcuni dubbi di legittimit costituzionale - sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa (artt. 3, 24 e 113 Cost.), stante lassenza di unanaloga disciplina per tutte le altre controversie devolute ai giudici amministrativi (130) - pu costituire un valido banco di prova al fine di un futuro riconoscimento generalizzato della tutela preventiva nel processo amministrativo, al pari di quanto avviene nel processo civile. Si parla, in proposito, di c.d. effetto spill over (131), il quale si realizza quando la regola processuale imposta dalla Corte di Giustizia trascende loriginario ambito oggettivo di applicazione ed estesa alle situazioni giuridiche di rilievo interno da questa non contemplate (132). Se vero che la disparit dei rimedi processuali non pu essere giustificata in ragione del rilievo comunitario di alcune di tali controversie (133), a (130) Il rilievo stato da subito formulato dalla dottrina: F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit., il quale in proposito auspica che il problema, se linnovazione produrr () una sorta di effetto volano, potrebbe essere risolto attraverso un ulteriore intervento legislativo inteso a generalizzare il nuovo strumento di tutela. Occorre ricordare che la Sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato nel parere del 6 febbraio 2006, n. 355/2006, reso sullo di d.lgs., ha invitato lAmministrazione a valutare lopportunit di assumere una specifica ed urgente iniziativa legislativa diretta a prevedere lestensione della tutela cautelare ante causam alla generalit dei casi di giurisdizione amministrativa; tale iniziativa, per, almeno allo stato, non ha avuto seguito. (131) La lett. f) del comma 2 dellart. 44, l. n. 69/2009, contenente la delega per la riforma del processo amministrativo, prevede la possibilit di generalizzare la tutela cautelare ante causam. La prevista generalizzazione dellistituto, al di l delle materie gi contemplate dallart. 245 del Codice dei contratti pubblici, stata poi attuata con lart. 73 della bozza provvisoria del Codice del processo amministrativo (in www.lexitalia.it, n. 2/2010, con annotazioni di LIBERATI), su cui si rinvia al lavoro di prossima pubblicazione su questa Rassegna. (132) Sul punto, BARTOLINI, Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo, cit., 128; CARANTA, La comunitarizzazione del diritto amministrativo: il caso della tutela dellaffidamento, in Riv. it. dir. pubb. comunit., 1996, 451; DE PRETIS, La tutela giurisdizionale amministrativa in europa fra integrazione e diversit, cit. 28; PROTTO, Leffettivit di tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti. Studio sullinflusso dellintegrazione europea sulla tutela giurisdizionale degli operatori economici nei confronti delle amministrazioni nazionali, Milano, 1997, 5; TARULLO, Il giusto processo amministrativo, cit., 30; id., Giustizia amministrativa ed appalti pubblici: influssi comunitari e linee di tendenza, in Cons. Stato, 2000, II, 1113. (133) In tal senso M.A. SANDULLI, La nuova tutela giurisdizionale in tema di contratti pubblici, cit., la quale precisa che una tale disparit di trattamento rispetto alla disciplina processuale applicabile a fattispecie prive di rilievo comunitario contrasta con i principi costituzionali in tema di uguaglianza e di diritto di difesa. pertanto auspicabile che il legislatore intervenga sollecitamente a disciplinare il rimedio ante causam in generale o che, quanto meno, i giudici amministrativi sottopongano in tempi brevi la questione alla Consulta. Della stessa opinione TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit., che richiama il parere reso dalla sezione consultiva del Consiglio di Stato nelladunanza del 6 DOTTRINA 359 superare il sospetto di incostituzionalit pu valere il rilievo che non si tratta di una normativa che reca una deminutio di tutela, ma che laccresce (sia pure in via solo teorica), in vista della successiva estensione del rimedio ad altri settori dellordinamento. Al riguardo, sebbene parte della dottrina abbia prospettato la necessit di introdurre la tutela cautelare ante causam anche nel contenzioso che esula dalla materia degli appalti pubblici (134), sembra preferibile aderire alla soluzione restrittiva sostenuta da coloro i quali ritengono che tale forma di protezione debba restare circoscritta allambito oggettivo di applicazione imposto dalla Corte del Lussemburgo (135). In senso contrario alla generalizzazione della tutela cautelare ante causam, si svolgono, in dottrina, le seguenti argomentazioni: - il legislatore non obbligato ad assicurare in favore di tutte le situazioni giuridiche soggettive le medesime forme di tutela giurisdizionale, in quanto, nella regolamentazione degli istituti processuali e nella previsione di forme di tutela differenziate questo gode di una ampia discrezionalit, da esercitare nei limiti della ragionevolezza, con riguardo alla particolarit del rapporto dedotto in giudizio (in tal senso, peraltro, si era espressa la Corte costituzionale con la citata ord. 10 maggio 2002, n. 179); - la tempestivit e la effettivit della tutela cautelare sono egualmente garantite dal complesso delle disposizioni processuali di matrice interna, cos come riformate a seguito della l. n. 205/2000 (Corte cost., ord. 10 maggio 2002, n. 179); - per principio generale dellordinamento, ogni azione cautelare, anche ante causam, presuppone sempre laccertamento del fumus boni iuris, non potendosi fondare su mere esigenze di celerit funzionale; - ammettendo che la tutela cautelare ante causam si fondi su mere esigenze di celerit funzionale, allora il decreto cautelare ex art. 245, d.lgs. n. 163/2006 costituirebbe uno strumento del tutto assimilabile al decreto presifebbraio 2006, che invitava ad assumere una specifica ed urgente iniziativa legislativa diretta a prevedere la tutela cautelare per la generalit dei casi di giurisdizione amministrativa. (134) In tal senso, CERULLI IRELLI, Trasformazioni del sistema di tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico per effetto della giurisprudenza europea, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, 453; M.A. SANDULLI, Diritto europeo e processo amministrativo, cit.; TARULLO, Il giusto processo amministrativo, cit.; id., La nuova tutela cautelare ante causam introdotta dallart. 245 del Codice degli appalti, cit. (135) BARBIERI, Diritto comunitario, processo amministrativo e tutela ante causam, cit.; CHITI, La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo: uno sviluppo davvero ineluttabile?, in Giorn. dir. amm., 2003, 897 ss; id., La tutela cautelare ante causam e la progressiva uniformazione del processo amministrativo: alcune riflessioni critiche, in M.A. SANDULLI (a cura di) Le nuove frontiere del giudice amministrativo, tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva, Milano, 2005, 57 ss.; PAOLANTONIO, Note sulla c.d. tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, cit., 331 ss.; VILLATA, Osservazioni in tema di incidenza dellordinamento comunitario sul sistema italiano di giustizia amministrativa, cit. 360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 denziale inaudita altera parte previsto in linea generale dalla legge TAR, considerato che, proprio come avviene nellipotesi di cui allart. 21, comma 9, da un lato, occorre un atto che comunque sia notificato e depositato; dallaltro, sullistanza del privato provvede sempre il Presidente o un altro giudice monocratico da questo designato. Gi allindomani della pronuncia della Corte di giustizia del 2004 concernente lordinamento italiano, la giurisprudenza circoscriveva il vincolo scaturente dalla giurisprudenza comunitaria alla sola materia degli appalti sottoposta alla disciplina comunitaria o, al pi, alle situazioni giuridiche soggettive comunitarie (136). Allo stato attuale della legislazione, dunque, in mancanza di un intervento legislativo estensivo (auspicabile o meno che sia), al di fuori dellambito degli appalti pubblici comunitari o, al pi, delle situazioni giuridiche soggettive di matrice comunitaria, un ricorso volto ad ottenere una tutela cautelare preventiva o pura, vale a dire scissa dal giudizio di merito, inammissibile, in quanto rappresenta un rimedio non previsto in via generale nellordinamento processuale amministrativo. Si consideri, peraltro, che risponde ad un principio generale costantemente confermato che lestensione al processo amministrativo di istituti di diritto processuale civile ammissibile solo in presenza di una espressa previsione legislativa, che manca per il procedimento cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c. (137). Quanto allambito applicativo della tutela cautelare ante causam prevista dallart. 245, comma 3, d.lgs. n. 163/2006, si discute se il nuovo strumento di tutela si riferisca alle materie elencate nello stesso art. 245, comma 1, o alla materia delle procedure di affidamento come contemplata dallart. 23 bis, l. n. 1034/1971, il cui rito espressamente richiamato. Lart. 245, comma 1, d.lgs. n. 163/2006, si riferisce agli atti delle procedure di affidamento, nonch degli incarichi e dei concorsi di progettazione, relativi a lavori, servizi e forniture previsti dal codice degli appalti, nonch ai provvedimenti dellAutorit. Tuttavia, lart. 23 bis, l. n. 1034/1971, nel contemplare il rito speciale per le procedure di affidamento, lo estende anche agli atti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle opere pubbliche e di pubblica utilit cui si riferiscono le procedure di affidamento. Se si riferisce la tutela ante causam alla materia procedure di affidamento in senso stretto, come prevista dallart. 245, comma 1, d.lgs. n. 163/2006, la stessa non pu essere invocata in relazione alle strumentali procedure espropriative. Se si riferisce, invece, la tutela ante causam alla ma- (136) T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 30 luglio 2004, n. 7550, in Foro amm. Tar, 2004, 2232, con nota di MARTINELLI, Notazioni in tema di tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, che ha ritenuto inammissibile una domanda cautelare ante causam proposta dalla Societ Sportiva Calcio Napoli S.p.A. per liscrizione al torneo di calcio professionistico di serie B per lanno 2004/2005. (137) Cons. St., sez. V, 27 aprile 2006, n. 2374, in Foro amm. CdS, 2006, 4, 1201; id., sez. IV, 2 marzo 2004, n. 942, in Giust. civ., 2005, 9, 2242. DOTTRINA 361 teria procedure di affidamento, come contemplata dallart. 23 bis, l. n. 1034/1971, con estensione alle strumentali procedure espropriative, allora anche per queste ultime sarebbe ammissibile la tutela ante causam (138). Al riguardo, pare preferibile la tesi secondo cui la tutela cautelare ante causam da riferirsi esclusivamente alle materie di cui allart. 245, comma 1, del Codice, poich il richiamo allart. 23 bis, l. TAR vale soltanto ad indicare il rito applicabile alle controversie in tema di appalti e non anche ad individuare ulteriori materie nelle quali si possa proporre istanza per ladozione di misure interinali e provvisorie ante causam; ulteriore conferma in tal senso sembrerebbe potersi trarre dal fatto che il comma 3 - introduttivo della tutela cautelare ante causam - non fa riferimento alcuno (come pure i commi successivi) allart. 23 bis, ma solo allart. 21, commi 8 e 9, l. TAR (139). 11. La strumentalit della tutela cautelare quale postulato inabdicabile e non sacrificabile in nome della rapidit della risposta giurisdizionale Prima di valutare quale possa essere limpatto pratico della nuova forma di tutela cautelare introdotta dallart. 245 del Codice e se effettivamente - come pare doversi escludere - contribuisca ad un reale accrescimento di tutela, occorre premettere che la tutela cautelare (nel suo complesso considerata), solo in via prima approssimazione pu costituire una forma rapida di soddisfazione delle esigenze di giustizia del cittadino: altro la celere definizione dei giudizi nel rispetto del principio comunitario (ora costituzionalizzato allart. 111) della ragionevole durata dei processi, altro la concessione di una misura provvisoria e interinale, ad efficacia temporalmente limitata (arg. ex art. 245, comma 6), inidonea a definire lassetto di interessi sotteso alla domanda giudiziale. Non appare condivisibile lopinione secondo cui leffettivit della giustizia amministrativa garantita dalla tempestivit (alla stregua del principio si faccia presto, indipendentemente se bene o male), dovendosi, per tale ragione, potenziare gli strumenti di tutela cautelare che incidono sul fattore tempo (140). N condivisibile la tesi che, muovendosi nellottica del giudizio sul rapporto, ritiene che il modello di tutela cautelare imposto dalla Corte di Giustizia potrebbe identificare lo strumento atto a consentire la definitiva risoluzione della res litigiosa, senza che sia necessario instaurare e/o attendere lordinario giudizio a cognizione piena, ma stimolando lesercizio del potere di autotutela (138) Sul punto, DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 142. (139) In tal senso, BUONVINO, op. cit.; CAPOGNA, La disciplina dei contratti pubblici. Commentario al Codice degli appalti, Ipsoa, 2007, 1759. (140) DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del giudice amministrativo, nel nuovo assetto della tutela dettato dallart. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, Milano, 2001, 24. 362 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 della pubblica amministrazione resistente (141). N, ancora, convince il tentativo, compiuto in dottrina, di espandere sic et simpliciter al processo amministrativo lattenuazione del principio di strumentalit della misura cautelare avvenuta nel processo civile (art. 669 octies, comma 6, 7 e 8; art. 669 nonies) e societario (art. 23, commi 1-4; art. 24, comma 3, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5) a seguito delle recenti riforme, sostenendo che al processo amministrativo possa analogicamente trovare applicazione la regola della facoltativit della introduzione del giudizio di merito, che potrebbe essere sostituito dalla definizione in sede cautelare del rapporto controverso (142). Orbene, non vՏ dubbio che lestensione del modello processual-civilistico di c.d. strumentalit attenuata al processo amministrativo finirebbe per far trasformare sostanzialmente la tutela cautelare durgenza in una forma di tutela sommaria, in quanto tale anche autonoma rispetto alla decisione di merito (143). ComՏ noto, la tutela sommaria non cautelare consente al giudice di giungere velocemente alla definizione della lite sulla base di una cognizione celere ed, eventualmente, incompleta; inoltre, il rito speciale (sommario) ha lattitudine a definire il giudizio eventualmente attraverso una decisione anticipata (riduzione dei termini, ecc.) oppure assunta allo stato degli atti (144). Dalla tutela sommaria quella cautelare si distingue: sul piano funzionale, per essere al servizio della tutela principale; (141) La tesi sostenuta da VERCILLO, La tutela cautelare nel processo amministrativo ed il paradigma imposto dalla Corte di Giustizia nellottica del giudizio sul rapporto, in www.giustamm.it. (142) Al riguardo, VIOLA, Riforma del processo civile e giudizio amministrativo: lattenuazione del principio di strumentalit della misura cautelare, in www.giustamm.it, il quale ipotizza la possibilit di una sostanziale estensione giurisprudenziale (in mancanza di specifici interventi del legislatore) del principio di strumentalit attenuata del nuovo processo civile alla multiforme tipologia di processi che caratterizzano il nostro ordinamento ed in particolare, al processo amministrativo che costituisce certamente il campo di intervento pi vicino al diritto processuale civile e interessante in una prospettiva di uniformazione dei diversi riti processuali; di analogo avviso, sia pur in modo dubitativo, GOISIS, op. cit.; nonch ANDREIS, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 1996, 78 secondo cui la perdita del carattere strumentale della tutela cautelare nel processo amministrativo costituisce una evoluzione insita nel nostro sistema di giustizia amministrativa. (143) GAVERINI, op. cit., esprime un giudizio favorevole alla trasformazione della tutela cautelare ante causam in una forma di tutela sommaria, dovendosi consentire la progressiva emancipazione della fase cautelare ante causam rispetto al vero e proprio giudizio di merito, cos come gi avvenuto per i provvedimenti positivi di cui all'art. 669 octies, c.p.c., rimettendo alle parti interessate la possibilit di instaurare un vero e proprio giudizio di merito qualora abbiano ragione di sostenere lesistenza di valide motivazioni a supporto della loro posizione giuridica. Ci che, ammette lealmente lA., imporrebbe di interpretare il requisito del fumus boni iuris in modo pi rigoroso, poich necessariamente laccertamento della presumibile fondatezza dellistanza dovrebbe essere effettuato con maggior rigore e pi specifica attenzione. (144) Sulla distinzione tra tutela cautelare e tutela sommaria (non cautelare), MONTESANO, Luci ed ombre in leggi e proposte di tutele differenziate nei processi civili, in Riv. dir. proc., 1979, 593; sul punto, si veda, MENCHINI, Processo amministrativo e tutele giurisdizionali differenziate, in Dir. proc. amm., 1999, 952. DOTTRINA 363 su quello giuridico-formale, per non avere lattitudine a comporre definitivamente il conflitto di interessi; ed infine, per avere come presupposto una situazione di periculum in mora, invece non richiesta per la tutela sommaria, che procede celermente a prescindere da una concreta situazione di pericolo, grave e irreparabile. Se sul piano della finalit perseguita tutela cautelare e tutela sommaria sembrano avvicinarsi notevolmente, atteso che proprio la speditezza del rimedio accomuna queste forme di tutela differenziata generalmente unificate nella categoria della tutela durgenza, tuttavia, evidente nella tutela sommaria la finalit solo quella di consentire al giudice di pervenire il pi rapidamente possibile alla definizione della controversia, mentre nella tutela cautelare la celerit rimane strumentale ad un accertamento definitivo a cognizione piena. Poste queste premesse, non pare ragionevole assumere che, in nome di esigenze di immediatezza e rapidit della tutela giurisdizionale, ci si possa accontentare di una cognizione superficiale (quale quella propria della tutela cautelare), destinata tendenzialmente (rectius: facoltativamente) a sostituire la decisione di merito nella logica della strumentalit attenuata del processo civile, che si vorrebbe trapiantare nel processo amministrativo a vantaggio della prontezza della decisione. Una tale soluzione, per il processo amministrativo, non sarebbe rispondente al principio di effettivit della tutela giurisdizionale e di tutela del contraddittorio, non potendosi abdicare la regola che impone di considerare il provvedimento cautelare accessorio e strumentale rispetto alla successiva tutela impugnatoria, che deve essere tempestivamente richiesta. Come si esaminer in prosieguo, il Codice dei contratti si muove in questottica, discostandosi dalle suindicate tendenze del processo civile (art. 669 octies c.p.c.), ove si riconosciuta la possibilit per la tutela cautelare anticipatoria di mantenere la propria efficacia, ancorch non di giudicato, anche nel caso in cui il giudizio di merito non venga proposto. Il mantenimento della regola della necessaria strumentalit e non autosufficienza della misura cautelare, che si connota nelle intenzioni del legislatore come una misura ad tempus e non in grado di produrre effetti irreversibili sulla vicenda controversa, senzaltro da condividere, ove si tenga conto che nel sistema sostanziale e processuale amministrativo non consentito che un provvedimento della pubblica amministrazione rimanga, sine die, in condizione di sospensione, anche quando questo permanere sia conseguenza di una scelta della parte pubblica. Non si potrebbe ammettere, perci, che un provvedimento cautelare (in quanto tale a cognizione superficiale, emesso sulla base di un giudizio di probabilit e verosimiglianza e per di pi reso inaudita altera parte) del giudice amministrativo possa permanere senza limiti di tempo, in quanto non connesso ad un giu- 364 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dizio di merito che, prima o poi, dovr comunque essere concluso (145). La situazione di incertezza, allorch si sia in presenza dellesercizio della funzione amministrativa, comunque apprezzata dal legislatore in modo negativo, tanto se si fa valere un interesse legittimo oppositivo quanto se si fa valere un interesse legittimo pretensivo. In ci consiste la specificit del processo amministrativo, che impedisce la meccanica trasposizione della regola processualcivilistica di c.d. strumentalit attenuata, che trova una sua logica (anche deflattiva) nelle controversie tra privati. La conclusione raggiunta nel Codice dei contratti, del resto, corretta anche perch, in materia, non sarebbe possibile opporre al provvedimento cautelare senza termine il rimedio che viceversa consentito nel processo civile. Nel processo civile, comՏ noto, infatti, il soggetto destinatario di un provvedimento cautelare anticipatorio, nel caso in cui il giudizio di merito non sia stato tempestivamente avviato, ha comunque la possibilit, che gli riconosciuta in giurisprudenza, di proporre un giudizio di accertamento negativo, al fine di far accertare che la controparte non titolare del diritto in relazione al quale ha chiesto la cautela. Nel processo amministrativo, un meccanismo del genere non sarebbe attivabile in tutti i casi in cui la tutela cautelare rivolta nei confronti di un provvedimento, perch, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, non si ritiene ammissibile il giudizio di accertamento a tutela di interessi legittimi. Il che significa che, in questa situazione, il provvedimento del giudice avrebbe un effetto a tempo indeterminato, non essendo consentito allamministrazione di intervenire in proposito se non adeguandosi espressamente (e perci con degli effetti che sono, dal punto di vista generale, ancora pi criticabili rispetto a quelli introdotti dalla legge n. 168 del 2005 nel caso di provvedimenti cautelari nei procedimenti di abilitazione professionale). Soltanto parziale sarebbe la possibilit di un rimedio costituito dal ricorso in sede giurisdizionale nei confronti del provvedimento che lamministrazione abbia adottato in attuazione della tutela cautelare nellipotesi in cui questa tutela imponga un riesame, posto che, da un lato, in questo caso la possibilit di (145) In questi termini, GALLO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: problemi e prospettive, cit.; nello stesso senso, M.A. SANDULLI, Diritto europeo e processo amministrativo, cit., la quale esprime favore per la scelta del Codice di confermare la non autosufficienza della misura cautelare, in considerazione della rilevata peculiarit del processo amministrativo ed evidentemente degli interessi ivi coinvolti; tali considerazioni sono riprese dallA. nel successivo scritto La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit.; della stessa opinione PAOLANTONIO, Spunti di riflessione sulla tutela cautelare secondo la legge di delega per la codificazione del processo amministrativo, in www.giustamm.it, secondo cui listanza cautelare ante causam di cui al Codice dei contratti pubblici non ripete nulla dei principi affermati dalla dottrina processualcivilistica in materia di tutela cautelare c.d. uniforme: listituto del Codice sui contratti pubblici non presenta, in alcuna delle accezioni che la dottrina ha elaborato nei decenni, da Calamandrei in avanti, alcuno dei profili di autonomia e strumentalit che essa tutela deve presentare. DOTTRINA 365 ricorso non potrebbe essere riconosciuta allamministrazione e, dallaltro, che il provvedimento amministrativo conforme allordinanza cautelare non potrebbe che essere considerato, in s, legittimo. Laccessoriet della tutela cautelare amministrativa rispetto al merito del giudizio perci da considerare non rinunciabile in nome di esigenze di celerit della risposta giurisdizionale. Del resto, in una materia, quale quella dei contratti pubblici, il reale bisogno di giustizia del cittadino si appunta non gi sulla tutela cautelare, ma nella pronta definizione del merito, cui consegue la conformazione della successiva azione della stazione appaltante, che il rito accelerato disciplinato dallart. 23 bis, l. n. 1034/1971 aveva inteso garantire. Invero, lobiettivo della celere definizione dei giudizi, che assicuri al contempo una piena e satisfattiva tutela delle situazioni giuridiche dedotte in causa, meglio perseguibile, ove possibile, attraverso una razionale riduzione dei tempi processuali, anzich attraverso lampliamento delle tecniche di tutela interinale. In sostanza, come acutamente sottolineato dai primi commentatori del nuovo sistema di tutela cautelare preventiva (146), la ragionevolezza (n.d.r.: dei tempi processuali) forse pi figlia della semplicit (del rito), che della (sua) velocit. Le esigenze di speditezza vanno sempre contemperate con la necessit di garantire una risposta giudiziaria qualitativamente adeguata, frutto di una ponderazione dei diversi interessi, rispettosa del principio del contraddittorio (che va maggiormente garantito quando sono in gioco interessi pubblici) e non limitata nel proprio svolgersi dallimpellente obbligo di dar luogo ad una pronuncia celere e molte volte, proprio perch tale, affrettata. Lincompatibilit tra la riduzione dei tempi processuali e la concessione di rimedi cautelari ben dimostrata dalla tendenza normativa a rendere pi rigorosi i presupposti per la concessione delle misure cautelari in proporzione alla riduzione dei tempi previsti per la definizione del giudizio nel merito. Esemplare , in proposito, lart. 14, d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 (ora refluito nellart. 246, comma 3, del Codice), che impone al giudice della cautela di valutare non solo lirreparabilit e limminenza del pregiudizio del ricorrente, ma anche il preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dellopera strategica, introducendo cos una formula che sostanzialmente inibisce lemissione di una qualsiasi misura cautelare, in quanto sconta in radice un giudizio di valore tutto sbilanciato in favore dellinteresse pubblico, non casualmente definito preminente; sicch, in tal caso, consentito ritenere che una misura cautelare potrebbe essere concessa solo in ipotesi di contrapposizione con diritti individuali costituzionalmente protetti e afferenti, ad esempio, alla salute del ricorrente. (146) CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti, cit. 366 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 12. I profili comuni e differenziali della tutela cautelare ante causam disciplinata dallart. 245 del Codice rispetto alla tutela cautelare ante causam civile La nuova disciplina - contenuta nei commi da 3 a 8 dellart. 245 -, se per taluni aspetti appare modellata sulle corrispondenti norme dettate dal codice di procedura civile, per altri se ne differenzia notevolmente in ragione delle peculiarit del processo amministrativo ( il caso, ad esempio, del procedimento inaudita altera parte, della non impugnabilit del provvedimento negativo e dei rimedi, azionabili anche dufficio, avverso il provvedimento di interinale e provvisorio di accoglimento) (147). Del resto, la stessa relazione che accompagna il Codice, dopo aver premesso che per tutela cautelare ante causam sintende lipotesi in cui una parte chiede la tutela cautelare prima di proporre il ricorso di merito, aveva rilevato la necessit che siffatto meccanismo venisse adeguato alle peculiarit del processo amministrativo e allorganizzazione della giustizia amministrativa, evidenziando come la disciplina proposta, oltre che costituire un agile strumento a tutela dei concorrenti pretermessi dalla gara, avesse anche una funzione latamente deflattiva del contenzioso, istituendo una sorta di primo filtro, utile a scoraggiare appelli alla giustizia con finalit meramente dilatoria. Tuttavia, come si dir in sede conclusiva, delleffettiva idoneit del rimedio congegnato dal Codice a garantire il conseguimento di siffatti obiettivi vՏ da dubitare. La disciplina del rimedio dettata dal Codice , dunque, solo in parte mutuata da quella processualcivilistica (148). Quanto ai profili comuni al corrispondente rimedio civilistico, si osserva, schematicamente, che: - la domanda cautelare devessere esaminata da un giudice monocratico (presidente o suo delegato)(149); (147) La disciplina del rito cautelare nel processo civile prevede, infatti, una prima ipotesi - che pu dirsi ordinaria - in cui listanza cautelare decisa dal giudice con ordinanza, in seguito allinstaurazione del contraddittorio mediante la convocazione delle parti in unapposita udienza. La seconda ipotesi , invece, quella della misura cautelare resa prima dellinstaurazione del contraddittorio, nel caso in cui la preventiva convocazione della controparte possa pregiudicare lattuazione del provvedimento (inaudita altera parte). In tale evenienza, il giudice concede, se del caso, la misura cautelare richiesta con decreto motivato, fissando contestualmente, entro un termine non superiore a 15 giorni, ludienza di comparizione delle parti ed assegnando allistante un termine perentorio (non superiore a 8 giorni) per la notificazione della domanda cautelare e del decreto. A tale udienza, il giudice, nel contraddittorio tra le parti, provvede con ordinanza confermando, modificando o revocando le misure in precedenza adottate. Come si vede, il contraddittorio soltanto posticipato. Si veda lart. 669 sexies, commi 1 e 2, c.p.c. (148) Sul punto, cfr., PAOLANTONIO, Spunti di riflessione sulla tutela cautelare secondo la legge di delega per la codificazione del processo amministrativo, cit. (149) La relazione di accompagnamento al Codice, elencando le disposizioni mutuate dal processo civile, parla espressamente di profili disciplinatori (artt. da 669 bis a 669 quaterdecies c.p.c.) da adattare DOTTRINA 367 - listanza cautelare ante causam va proposta al giudice competente per il merito (art. 669 ter), onde evitare che il richiedente possa scegliersi il giudice della cautela; - il giudice monocratico provvede o in forma decretale (inaudita altera partem) oppure con ordinanza (nel contraddittorio tra le parti), se lurgenza lo permette (art. 669 sexies); - il giudice monocratico provvede senza formalit, potendo comunque compiere gli atti di istruzione indispensabili (art. 669 sexies); - con il provvedimento cautelare il giudice fissa un termine per la notifica alle altre parti del medesimo provvedimento (art. 669 sexies); - il provvedimento cautelare revocabile e modificabile dal giudice che lo ha emesso (art. 669 decies). La specificit del processo amministrativo, diversamente da quanto previsto per la domanda cautelare ante causam nel processo civile (art. 669 sexies, comma 1 e 2), ha consigliato ai codificatori di introdurre un modello di tutela cautelare esclusivamente ante causam, ma non anche inaudita altera parte, nel senso processual-civilistico del termine, fondato cio sullaccesso immediato al giudice, salva successiva notifica alle altre parti del ricorso introduttivo, con il calce il decreto di fissazione delludienza o, direttamente, il decreto contenente la misura cautelare nei casi di maggiore ed indilazionabile gravit. Il comma 4 dellart. 245, infatti, richiede espressamente che listanza debba essere previamente notificata ai sensi dellarticolo 21, comma 1, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (ossia tanto allorgano che ha emesso latto impugnato quanto ai controinteressati ai quali latto direttamente si riferisce, o almeno ad alcuno tra essi). Il concetto di inaudita altera parte, nella tutela cautelare preventiva amministrativa (al pari, tuttavia, di quanto gi accade per le misure provvisorie di cui al comma 9 dellart. 21, l. n. 1034 del 1971, ai sensi del quale, il ricorrente pu, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio), non viene inteso, come nel processo civile, quale effettiva assenza della controparte alla quale non viene neppure notificato il ricorso (art. 669 sexies, comma 2, c.p.c.), bens quale possibilit del giudice della cautela di provvedere anche senza sentire il contraddittore, a cui, comunque, listanza (solo questa e non anche, ovviamente, lintero ricorso) stata previamente notificata (che, quindi, al corrente, quantomeno in astratto, che al processo amministrativo. Sui poteri monocratici del giudice di primo grado si veda BURICELLI, Il giudice amministrativo monocratico di primo grado: riflessioni su ipotesi di riforma, in www.giustizia-amministrativa.it. 368 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 stato incardinato un procedimento cautelare che lo riguarda). In tal modo, i contraddittori avranno la possibilit, se lo ritengano e compatibilmente con la ristrettezza dei tempi imposta dallurgenza di provvedere, di contraddire prima delladozione del provvedimento cautelare. La scelta di diversificazione dei riti impone di vagliarne le ragioni sottese. Un utile spunto lo si trae dalla relazione di accompagnamento al nuovo Codice, dalla quale emerge che non si ritenuto necessario omettere la fase della notifica perch ladempimento non richiede tempi incompatibili con la tutela ante causam. Vi poi, probabilmente, linconscio obiettivo di differenziare e valorizzare la posizione dellAmministrazione, resistente istituzionale nel processo amministrativo, rispetto a quella di ogni altro contraddittore privato nel processo civile, laddove la tutela ante causa senza contraddittorio immediato prevista (150). Tali argomentazioni non convincono una parte della dottrina (151), la quale non ha mancato di rimarcare che lobbligo della previa notifica dellistanza riduce il valore della tutela ante causam, connotata da esigenze di eccezionale gravit ed urgenza, che suggerivano lopzione, anche nel processo amministrativo, per il mero deposito dellistanza cos da consentire al Presidente di provvedere, laddove ne avesse ravvisato la necessit, anche a contraddittorio non instaurato, al pari di quanto previsto nel procedimento cautelare ante causam civile. In questo senso si rimarca come lesigenza di eccezionale necessit ed urgenza non pu non consistere nella difficolt di notifica dellistanza ante causam, sicch averla imposta vanificherebbe le esigenze di celerit ed immediatezza della tutela sottese alla introduzione del rimedio (152). Questa soluzione, tra laltro, avrebbe dato un senso allobbligo, contemplato dal comma 6 dellart. 245 e presente anche nel procedimento civile inaudita altera parte, posto in capo al richiedente, di notificare, alle altre parti e in termini stringenti, leventuale provvedimento di accoglimento (che nel processo civile opera solo per il decreto ed ha la funzione di integrare quel contraddittorio eliso in prima battuta per conferire reale celerit ed efficienza al procedimento). Per di pi, si sottolinea che limposizione dellonere della pre- (150) In tal senso M.A. SANDULLI, La nuova tutela giurisdizionale in tema di contratti pubblici (note a margine degli artt. 244-246 del codice de Lise), cit. (151) DE GIOIA, op. cit.; FRENI, op. cit.; PAOLANTONIO, op. cit.; PICOZZA, Il processo amministrativo, Milano, 2008. (152) PAOLANTONIO, op. cit.; N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, Milano, 2008, 157, evidenzia che la strana prescrizione di un obbligo di previa notifica dellistanza cautelare non pare in linea con quanto ipotizzato nel terzo comma, dato che linteressato alla misura cautelare ante causam, mentre in un certo senso sollevato dallonere della previa notifica del ricorso, deve trovare, comunque, il tempo per previamente notificare listanza cautelare medesima. DOTTRINA 369 via notificazione dellistanza finisce per assimilare, dal punto di vista pratico, listanza di tutela cautelare ante causam al decreto presidenziale di cui allart. 21, comma 9, l. TAR, sicch ci si chiede quale sia, in concreto, la novit introdotta dallart. 245 del Codice, che continua a prevedere la notifica dellistanza alle parti necessarie. In ogni caso, al di l delle ragioni di fondo e pur consapevoli della pertinenza delle suesposte obiezioni, la scelta del legislatore di mantenere fermo lobbligo della notifica dellistanza allamministrazione ed al controinteressato (153) appare, ad avviso di chi scrive, pienamente coerente con la necessit di garantire, comunque, nel processo amministrativo la regola generale e fondamentale del contraddittorio, non potendosi lamministrazione considerare una parte eguale alle altre, che devessere posta in grado (se lo riterr) di rappresentare i propri interessi, anche con funzione di ausilio al giudice, chiamato ad intervenire in tempi ristrettissimi (154). Non , del resto, da porre in discussione che - come rilevato dalla relazione di accompagnamento al Codice - la fase della notifica non richiede tempi incompatibili con la tutela ante causam. Infine, a sostegno della correttezza della soluzione scelta dal Codice, non va trascurato che, diversamente dal processo amministrativo, lesigenza di fondo che il processo civile (art. 669 sexies, comma 2) intende soddisfare legittimando ladozione del provvedimento inaudita altera parte quella di garantire leffettivit della misura cautelare in tutti quei casi in cui lattuazione del contraddittorio, anticipatamente rispetto alladozione del provvedimento, potrebbe mettere la controparte in condizione di compiere atti di disposizione (anche materiale) di beni su cui il provvedimento medesimo destinato ad incidere. E ovvio intendere che una tale esigenza nemmeno teoricamente potrebbe prospettarsi nel settore dei pubblici appalti. Tenute ferme le ragioni dordine sistematico che impongono anche in tale fase di garantire il contraddittorio formale, dal punto di vista pratico, sorge il problema se, a tal fine, si renda necessario fornire al giudice prova del perfezionamento (per entrambe le parti) del procedimento di notificazione ovvero sia sufficiente la consegna dellatto allufficiale giudiziario, eventualmente anche procedendo alla notificazione ai sensi della l. 21 gennaio 1994, n. 53, che autorizza la notifica a mezzo posta al difensore munito di procura (155). (153) E da ritenere, al riguardo, che valga la regola dellart. 21, comma 1, legge T.A.R., sicch sufficiente, ai fini dellammissibilit dellistanza, la notifica ad almeno uno dei controinteressati, fatto salvo il potere del giudice di ordinare lintegrazione del contraddittorio nei confronti degli altri controinteressati, ove tale incombente risulti compatibile con la situazione di urgenza dedotta dal richiedente la misura. (154) Su questi profili, con riferimento allanaloga misura cautelare presidenziale ex art. 21, comma 9, l. TAR si vedano le condivisibili osservazioni di LUMETTI, op. cit. (155) Lapplicabilit delle disposizioni di cui alla l. n. 53 del 1994 per le notifiche da eseguire 370 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 In questo secondo caso ovvio che il contraddittorio non sarebbe integro e la funzione garantista della norma andrebbe sostanzialmente vanificata; sicch appare preferibile il diverso orientamento che impone di provare lavvenuta notifica (156). Tale impostazione trova, del resto, conforto nellart. 12, l. n. 205 del 2000, che faculta il Presidente del T.A.R. a disporre la notifica con qualsiasi mezzo idoneo, anche per fax o per via telematica. Inoltre, anche la Corte costituzionale (157) ritiene che in ipotesi di contraddittorio non integro il giudice ben possa ordinare la notifica con i nuovi e rapidissimi mezzi di comunicazione fissando una nuova udienza (peraltro, nel caso della tutela cautelare preventiva, neppure necessaria, considerato che la convocazione delle parti solo eventuale) a brevissimo. In ragione della delicatezza degli interessi coinvolti e delle questioni giuridiche normalmente sottese al contenzioso in materia di appalti pubblici, non appaiono convincenti le argomentazioni svolte da quella dottrina (158), che auspica che in sede di adattamento del modello cautelare civile al processo amministrativo (degli appalti) non sarebbe stato fuori luogo consentire allamministrazione di farsi rappresentare, nel giudizio ante causam, da un proprio dipendente avente la qualifica di dirigente, a simiglianza di questo gi previsto per il rito dellaccesso ai documenti amministrativi. Le ragioni logistiche ed organizzative, relative alla mancata conoscenza dei fatti da parte del difensore tecnico, non paiono, comunque, sufficienti a far ritenere praticabile una tale soluzione, che condurrebbe ad una possibile dissociazione tra la linea difensiva seguita dallamministrazione (ove rappresentata da un proprio dirigente) nella fase cautelare rispetto alle difese della successiva fase di merito (in cui la rappresentanza non potrebbe che essere affidata ad un difensore tecnico, di fiducia, quando lamministrazione resistente non fruisca dellobbligatorio patrocinio della difesa erariale, e appunto alle amministrazioni dello Stato presso la sede della competente Avvocatura dello Stato, prima esclusa (considerato che lart. 4, comma 1, l. cit. prevede, ai fini della notifica per cos dire personale, che sia lavvocato notificante sia lavvocato destinatario della notificazione siano iscritti al medesimo Albo professionale) ) stata, ora, espressamente prevista dallart. 55, l. 18 giugno 2009, n. 69, su cui si v. la Circolare dellAvvocato Generale n. 6/2010, in www.avvocaturastato.it. (156) In questo senso, CORAGGIO, op. cit., il quale, a sostegno, rimarca che nella logica della sentenza della Corte costituzionale la tutela del notificante non deve andare a scapito del destinatario, nel caso in cui dalla notifica nasca per costui un diritto, un potere o un onere. Lart. 73, comma 2, ultimo periodo, della bozza provvisoria di Codice del processo amministrativo, in ragione dei diversi orientamenti da parte dei Presidenti circa lobbligo della prova della notifica, prevede che Qualora lesigenza cautelare non consenta laccertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente, il presidente pu comunque provvedere. (157) Ord. 10 maggio 2002, n. 179, cit. (158) TARULLO, La nuova tutela cautelare, cit. In generale, per la ricostruzione delle diverse tipologie di delega delle funzioni difensive dellAvvocatura dello Stato a dipendenti dellamministrazione, si rinvia a MEZZOTERO - ZUCCARO, La notificazione della sentenza di primo grado allamministrazione costituita personalmente ex art. 417 bis c.p.c.: la Cassazione non persuade (Cass. civ., sez. lav., 22 febbraio 2008, n. 4690), in Rass. avv. St., 2008, I, 208 ss. DOTTRINA 371 ope legis (159) allAvvocatura dello Stato, ove si tratti amministrazione statale). A ci aggiungasi che, quando lamministrazione procedente sia unamministrazione statale, la previa notifica dellistanza va effettuata presso gli uffici della competente Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege, sicch quelle esigenze di celerit tanto valorizzate dalla dottrina qui avversata verrebbero ad essere frustate, ove la difesa erariale dovesse trasmettere il ricorso allamministrazione (che in molti casi non ha uffici nella citt sede del T.A.R.) per consentirne la diretta difesa a mezzo di dirigente. Alla discrezionalit del Presidente (o del suo delegato) rimesso il potere di sentire le parti, diversamente da quanto previsto per il procedimento cautelare civile, laddove, quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare lattuazione del provvedimento, simpone al giudice della cautela di differire lintegrazione del contraddittorio, esonerando il ricorrente dalla notifica del ricorso alla controparte. Nel processo amministrativo, dunque, la parte, pur astrattamente edotta sia della pendenza del procedimento cautelare ante causam che delle pretese dellistante, laddove non sia possibile sentirla, non pu che rimanere alla finestra, in attesa di conoscere lesito del procedimento (in caso di accoglimento dellistanza, il richiedente ha lobbligo di notificarglielo entro un termine perentorio, fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni); in caso di soccombenza, quindi, pu far valere per la prima volta le proprie ragioni avanzando istanza di revoca o di modifica o proponendo reclamo (questultimo, secondo la tesi prevalente, da esperire dinanzi allo stesso organo che ha emesso il provvedimento, a differenza di quanto accade nel procedimento cautelare civile, laddove, con il termine reclamo, disciplinato dallart. 669 terdecies, sindica un procedimento articolato dinanzi ad un organo collegiale di cui non pu far parte il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare oggetto di gravame). 13. Analisi della disciplina codicistica della tutela cautelare ante causam: i presupposti dellistanza Lesame della disciplina dettata dal Codice relativamente al nuovo meccanismo di tutela preventiva deve muovere dai presupposti per ladozione della misura cautelare ante causam. Al riguardo, la formulazione del comma 3 dellart. 245 induce a ritenere che sia richiesto un periculum in mora particolarmente qualificato, richiedendosi una situazione di eccezionale gravit ed urgenza, tale da non consentire neppure la previa notifica del ricorso e la richiesta di misure cautelari provvisorie (misure monocratiche post causam) di cui allarticolo 21, comma 9, (159) Art. 1 T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611. 372 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 l. TAR. La norma si riferisce a casi di gravit ed urgenza che si prospettano come eccezionali, ossia a situazioni del tutto straordinarie tali da richiedere un provvedimento giurisdizionale assolutamente indilazionabile. E il caso, cio, di ipotesi connotate da un periculum in mora di particolare intensit e di maggiore ridondanza rispetto al presupposto previsto sia per le misure cautelari collegiali di stampo tradizionale (che implicano lallegazione di un pregiudizio grave e irreparabile) sia per quelle monocratiche post causam (adottabili in caso di estrema gravit ed urgenza). Si tratta di una variazione per cos dire quantitativa rispetto alla formula impiegata nel comma 9 dellart. 21, l. n. 1034/1971: infatti, nella disposizione del Codice la gravit ed urgenza connotata da una particolare intensit, dovendosi trattare di un caso eccezionale, mentre ai fini della tutela monocratica post causam la gravit e lurgenza devono essere soltanto estreme(160). La distinzione tra le due forme di tutela non , quindi, di tipo meramente cronologico (correlata alla circostanza che la prima richiesta ante causam, mentre la seconda in corso di causa), ma riveste portata sostanziale, essendo stata rimarcata nel Codice leccezionalit della situazione che giustifica laccesso al giudice prima della introduzione del giudizio (161). Possono, cos, prefigurarsi distinti presupposti di intensit progressivamente decrescente per richiedere lintervento cautelare del giudice amministrativo: a) una fortissima imminenza del pericolo che porti appunto alla possibilit di esperire la tutela ante causam; b) un pericolo assai grave ed urgente, tale da non consentire neppure lattesa della prima camera di consiglio disponibile che conduce alla misura cautelare provvisoria; c) un periculum in mora normale che faccia configurare la tutela cautelare in corso di causa erogabile da parte del Collegio. Il danno prospettato dallistante ante causam deve, quindi, connotarsi in termini di straordinariet ed irreparabilit, tale da imporre un provvedimento assolutamente indilazionabile da parte del magistrato, onde evitare che lesecuzione materiale del provvedimento (in ipotesi, il progredire del procedimento di gara), possa determinare una situazione di fatto non pi modificabile, (160) Sul particolare rigore nel riscontrare la sussistenza dei presupposti previsti dallart. 245 del Codice e sulla distinzione rispetto alla tutela cautelare presidenziale intra litem, cfr., le osservazioni di M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit. (161) In questo senso, BUONVINO, op. cit.; contra, GAVERINI, op. cit., il quale sostiene che la norma dellart. 245 comma 3, consente nel suo complesso di ritenere che il rimedio ante causam potr essere concesso non nei medesimi casi in cui sarebbe assentibile la normale cautela presidenziale, ma solamente qualora i tempi tecnici per la redazione di un ricorso e la notificazione dello stesso potessero compromettere definitivamente il diritto o linteresse del soggetto richiedente; valutazione che, come ovvio, spetter al prudente apprezzamento del giudice amministrativo. DOTTRINA 373 neppure in forza di successive misure cautelari (162). Sul punto, tuttavia, da segnalare che il Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema del Codice, aveva raccomandato al Governo di rendere identici i presupposti per la proponibilit dellistanza di misure cautelari ante causam a quelli per la proponibilit dellistanza di misure cautelari provvisorie (post causam); tanto al fine di evitare difficolt interpretative e di assimilare, sostanzialmente, i due rimedi, quanto ai presupposti per laccesso alla tutela giurisdizionale (163). Non accogliendo tale suggerimento, il Governo ha, di contro, dato luogo ad una graduazione delle misure provvisorie ed interinali, concedendo quella ante causam solamente quando la gravit e lurgenza della situazione presentino caratteri di straordinariet tali da non poter attendere neppure la previa notifica del ricorso. Sul versante del requisito del fumus boni iuris, sebbene il comma 3 dellart. 245 non contenga alcun riferimento a tale presupposto, deve concludersi che una valutazione di tal genere non possa mai essere omessa dal giudice della cautela, sia pure nel quadro della estrema sommariet che caratterizza il procedimento. Per quanto sia ovvio che in questa fase leditio actionis non debba (n possa, data lestrema urgenza) essere compiutamente dispiegata dallistante, pare evidente, ad ogni modo, che listanza dovr comunque contenere in estrema sintesi i motivi di gravame(164). La rappresentazione del fumus, ovverosia dei profili che costituiranno il successivo ricorso di merito, resta ineludibile. Del resto, nelle controversie di cui allart. 245, comma 1, del Codice, nelle quali esperibile la tutela cautelare ante causam, trova applicazione il rito di cui allart. 23 bis, l. TAR, ai sensi del quale la domanda cautelare deve evidenziare lillegittimit dellatto impugnato. (162) TARULLO, La nuova tutelare cautelare, cit., cita, in proposito, il caso in cui limpresa esclusa dalla gara (o alla stessa non invitata) debba rivolgersi al giudice nellimminenza della seduta fissata dalla commissione di gara per lapertura delle buste contenenti le offerte. (163) Cons. St., sez. cons. atti normativi, 6 febbraio 2006 n. 355/06, cit.: Appare evidente, al riguardo, che occorre uniformare da un punto di vista lessicale le due previsioni, al fine di evitare difficolt interpretative ed applicative, e pertanto rendere identici i presupposti di fatto per lesercizio del potere cautelare ante causam e in corso di causa. N la diversa sfumatura delle due aggettivazioni - pur esistente - appare giustificata dalla diversit della tipologia di intervento cautelare. (164) Cos, condivisibilmente, CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti pubblici, cit. Dello stesso avviso, GALLO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici, cit.; M.A. SANDULLI, Introduzione al tema, in Le nuove frontiere del giudice amministrativo, cit., 8. Particolarmente calzanti appaiono le osservazioni svolte sul punto da PAOLANTONIO, op. cit., 337, il quale rileva: che si tratti di tratteggiare, alleggerire o semplificare, credo che listanza di cui parla lart. 245 del codice debba senza dubbio contenere lillustrazione, pi o meno articolata, di tutti i motivi di legittimit rivolti nei confronti dellatto o del provvedimento (quando si tratti di azione impugnatoria) nella disponibilit, ossia a conoscenza, dellistante, nessuno escluso. Da tale rilievo lA. trae la conclusione che listanza ex art. 245 del Codice sia sostanzialmente riproduttiva dellistanza di misure cautelari provvisorie ex art. 21, comma 9, l. n. 1034/1971 e, come tale, insuscettibile di trovare diffusa applicazione nel processo amministrativo. 374 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Se la tutela cautelare ante causam proposta in relazione ad una controversia civilistica, i fatti possono essere, di regola, agevolmente comprovati, sia pure in via solo indiziaria: la stessa esposizione dei fatti al giudice, laudizione della parte o di un testimone, possono contribuire a rendere chiara ed evidente lesigenza urgente di una cautela ante causam. Diversamente, in una controversia impugnatoria sulle procedure di affidamento, vengono in considerazione complesse questioni giuridiche, sicch lassenza di una rappresentazione delle censure rivolte avverso il provvedimento rende difficilmente percepibile la sussistenza del fumus boni juris (165). Non pu, quindi, ritenersi ammissibile una istanza di tutela cautelare ante causam con cui il richiedente si limiti a formulare la richiesta di misure urgenti, allegando semplicemente la sussistenza di esigenze di celerit funzionali ad evitare che la situazione divenga irreversibile (periculum), senza contenere alcuna deduzione (sia pur sintetica) a corredo della illegittimit del provvedimento dellamministrazione procedente. Una domanda cautelare disgiunta dallallegazione e sintetica illustrazione dei profili di illegittimit del provvedimento (poich di questo si tratta in una procedura di evidenza pubblica) non potr consentire al giudice di apprezzare la meritevolezza della pretesa. Tale conclusione imposta dal principio della domanda di parte che permea il processo amministrativo (in tutte le sue fasi), non potendo il giudice integrare dufficio il thema decidendum, rimesso allesclusivo dominio della parte istante (166). I fondamentali principi del nostro ordinamento processuale amministrativo impediscono di ritenere ammissibile la proponibilit di unistanza cautelare al buio o meramente esplorativa (motivata in forza del solo periculum). Tanto nel processo civile che nel processo amministrativo incombe sulla parte lonere di allegare i fatti giuridici sui quali poggia la propria pretesa. Il principio dispositivo costituisce, al contempo, garanzia per lamministrato - perch lo ammette alla tutela giurisdizionale sol che prospetti una lesione alla propria posizione giuridica, a prescindere da ogni accertamento previo - ma anche un limite - perch per avere accesso alla giustizia occorre muovere censure giuridiche allaltrui condotta: del debitore convenuto che non paga come dellamministrazione che illegittimamente esclude unimpresa dalla gara. In altri termini, non sufficiente subire un pregiudizio per chiedere giustizia: per ottenerla, occorre che il giudice accerti la fondatezza della pretesa, prospettando lingiustizia dellaltrui condotta. Pi in generale, a fronte dellamministrazione pubblica pare poco razionale, anzi inaccettabile, che si possa avere una mera tutela cautelare scissa dalla completa espressione dei motivi di asserta illegittimit dellope- (165) In questi termini, condivisibilmente, DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 129 ss. (166) Lassunto ben sviluppato da ROTIGLIANO, op. cit. DOTTRINA 375 rato amministrativo: come tradizione del processo amministrativo e dello stesso diritto comunitario(167). Del resto, la sintetica rappresentazione dei profili di illegittimit del provvedimento, al di l delle ragioni di principio che la impongono, appare funzionale allattuazione di un pi compiuto contraddittorio tra le parti, al quale il legislatore non ha inteso rinunciare neppure in questa fase, prescrivendo lobbligo della previa notifica dellistanza di tutela cautelare ante causam. Da ultimo, a sostegno della tesi esposta, soccorre il rilievo che la misura cautelare ante causam accordata ai sensi dellart. 245 del Codice accessoria e strumentale rispetto alla successiva tutela impugnatoria, che deve essere tempestivamente richiesta (168). Tanto, diversamente dalla scelta compiuta dal legislatore del 2005, che, come detto, nel riformare la tutela cautelare nel processo civile, ha previsto leventualit che la misura cautelare mantenga la propria efficacia (sebbene non quella propria del giudicato) anche qualora il giudizio di merito non venga introdotto. Tuttavia, da ritenere che il venir meno dellobbligo di incardinare il giudizio di merito nei casi espressamente previsti dalla legge di riforma (n. 80 del 2005) non esoneri, neppure nel processo civile, listante dallobbligo di indicare lazione di merito (169): tale conclusione, oltrech imposta dallimpianto complessivo della riforma del procedimento cautelare, trova il conforto di un recente indirizzo giurisprudenziale, formatosi in tema di processo societario, secondo cui anche per i provvedimenti anticipatori (oltrech, ovviamente, per quelli conservativi), nei quali linteresse delle parti pu esaurirsi nellottenimento della cautela senza neces- (167) CHITI, op. cit., 65. (168) Di diverso avviso TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit., il quale evidenzia che la misura cautelare anticipata si pone in rapporto di strumentalit non con il giudizio di merito, ma con il giudizio cautelare ordinario. Secondo lA., nella lettera della norma costante il riferimento al ricorso cautelare ex art. 21 legge TAR, con il che si giustificano tutte le interpretazioni volte a qualificare la misura cautelare in parola alla stregua di un rimedio precautelare. Ci non tanto perch accordato in precedenza di una misura cautelare ordinaria, ma soprattutto perch adottato in funzione di una sua futura cristallizzazione nella emananda tutela cautelare ordinaria. In proposito, secondo lA., un ruolo decisivo gioca lespressione misure indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare di cui ai commi 8 e 9 del citato articolo 21. Luso della congiuntiva, conclude lA., lascia intendere la necessariet della proposizione della domanda cautelare ordinaria, che tra laltro confermata dal successivo comma sesto, ove si stabilisce che la misura cautelare perde efficacia con il decorso di 60 giorni o comunque con la pronuncia cautelare ai sensi dellart. 21. (169) Sullattenuazione del nesso di strumentalit necessaria tra fase cautelare e merito nel processo civile, a seguito della riforma di cui alla legge n. 80 del 2005, si veda CAPPONI, La nuova disciplina dei procedimenti cautelari in generale (l. n. 80 del 2005), in Foro it., 2007, V, 69 ss.; DALMOTTO, Il rito cautelare competitivo, in www.judicium.it; DE GIOIA, Quel nesso tra fase cautelare e merito. Si rallenta la strumentalit necessaria. Il nuovo art. 669-octies c.p.c.: il modello il rfr francese, in D&G - Dir. e giust., 2006, n. 32, 37 e ss.; PACILLI, Il vincolo di strumentalit a doppio binario tra tutela anticipatoria e tutela di merito nella novellazione del 2005, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 1365 ss.; SALETTI, Il nuovo regime delle misure cautelari e possessorie, appendice di aggiornamento a Il nuovo processo cautelare (a cura di Tarzia), Padova, 2006. 376 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 sit di iniziare la causa di merito ex art. 669 octies c.p.c., permane la necessit di allegare fin dalla proposizione del ricorso introduttivo cautelare la domanda invocabile nel merito (170). Lazione cautelare, anche nel processo civile, non esperibile in s e per s, indipendentemente da ogni collegamento, sia pure eventuale, con unazione di merito, essendo, appunto, coessenziale allistanza cautelare lenunciazione nel ricorso del tipo di tutela da invocare in via ordinaria, alla cui salvaguardia, in via sommaria ed urgente, si ricorre. TantՏ vero che, in via generale, la tutela ante causam devessere richiesta al giudice competente a conoscere del merito (art. 669 ter c.p.c.), mentre quella in corso di causa va rivolta al giudice della stessa (art. 669 quater c.p.c.); regole, queste ultime, lasciate immutate dalla legge n. 80 del 2005, che ha attenuato quel nesso di assoluta e rigida strumentalit tra giudizio cautelare e giudizio di merito. Inoltre, lallegazione della domanda di merito funzionale alla verifica del fumus boni juris, che va parametrato alla situazione giuridica soggettiva che il ricorrente si attribuisce ed alle modalit, tra le diverse ipotizzabili, nelle quali vuole tutelarla (171), nonch, ancora, alla tutela del diritto di difesa della parte intimata. E ovvio intendere che tali considerazioni, valide per il giudizio cautelare civile riformato a c.d. strumentalit attenuata, debbano a fortiori estendersi alla tutela cautelare ante causam ex art. 245 del Codice, caratterizzata, per espressa volont del legislatore, da un vincolo di accessoriet e strumentalit rispetto alla successiva tutela impugnatoria. Del pari, pur avendo il legislatore disegnato un procedimento cautelare fortemente anomalo, non pare eludibile lobbligo per il giudice di operare un raffronto degli interessi in gioco, potendo la misura accordarsi solo quando gli effetti pregiudizievoli derivanti dal provvedimento impugnato in capo al richiedente si profilino pi gravi del danno che leventuale accoglimento dellistanza cautelare potrebbe arrecare allinteresse pubblico del quale titolare lamministrazione ovvero, come nel caso dellart. 246, comma 3, al preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dellopera. Da tale rilievo consegue che, pur non rinvenendosi alcuna prescrizione (170) Trib. Latina, ord. 1 ottobre 2004, n. 7503/2004, in www.judicium.it., che ha dichiarato inammissibile un ricorso cautelare atipico ex art. 700 c.p.c., per non avere il ricorrente indicato in maniera chiara e univoca il petitum e la causa petendi dellazione che intendeva far valere in sede di cognizione ordinaria; nello stesso senso, Trib. Foggia, 5 febbraio 2004, in Giur. merito, 2004, 914, che ritiene necessaria lindicazione nel ricorso cautelare dellazione sostanziale che sintende tutelare, la quale deve comunque potersi desumere da elementi plurimi ed inequivoci, che siano agevolmente ricavabili dal testo del ricorso. Sostiene questa tesi, con riferimento alla tutela cautelare ante causam introdotta dal Codice, F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit., che richiama a sostegno della necessaria indicazione dellazione di merito il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. (171) In tal senso, in dottrina, MARINELLI, Note in tema di tutela cautelare nel nuovo rito societario, in Corr. giur., 2004, 2148. DOTTRINA 377 al riguardo nellart. 245, il provvedimento (decreto o ordinanza che sia), di rigetto o di accoglimento della domanda, deve contenere un minimo di motivazione( 172) (da ritenersi, ovviamente, un quid minus rispetto alla succinta motivazione di cui allart. 26 l. TAR) sul fumus e sul periculum qualificato, oltrech sullincidenza del tempo in relazione alla situazione dedotta dal ricorrente, mediante lindicazione delle ragioni che hanno determinato il giudice ad accordare la misura cautelare ante causam, in ossequio al principio precettivo di cui allart. 111 Cost. e in vista della conformazione della successiva azione amministrativa. Con particolare riferimento al provvedimento di rigetto, la motivazione risulta oltre modo necessaria, considerato che la reiezione della domanda ne impedisce la rinnovazione (fatta salva la successiva proposizione di un autonomo ricorso), definendo, quindi, lassetto di interessi sotteso alla proposizione della domanda cautelare. Dalla motivazione addotta nel decreto, listante posto in grado di conoscere le ragioni del rigetto, potendo la motivazione resa soddisfare linteressato e indurlo a recedere dallintento di proporre ricorso; ovvero chiarire allamministrazione se, indipendentemente dallintervenuto rigetto (che pu correlarsi anche al difetto dei prescritti, eccezionali motivi durgenza), non sussistano, comunque, aspetti critici della vicenda tali da poterla indurre a recedere dalle scelte amministrative oggetto di contestazione (173). Riguardo alleventuale attuazione del contraddittorio (sostanziale) a seguito della proposizione dellistanza cautelare ante causam, la formulazione dellart. 245, comma 4, si differenzia da quella dellart. 21, comma 9, l. TAR, l dove si consente al presidente di provvedere con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio. Essendosi in presenza di unurgenza qualificata, tale da rendere il provvedimento assolutamente indifferibile, la garanzia del contraddittorio appare recessiva rispetto alla piena attuazione del principio di tempestivit (rectius: immediatezza) della tutela. Tuttavia, la convocazione delle parti da parte del Presidente non dalla norma completamente esclusa, per come emerge dallinciso sentite le parti, ove possibile, potendo risultare utile allo stesso giudice sollecitare il contraddittorio tra le parti per acquisire ulteriori elementi di valutazione. Il contraddittorio con le parti cui listanza stata notificata (ovvero con le altre nei cui confronti il giudice ritenga debba essere esteso) rimesso dalla norma alla discrezionalit del giudice, fermo restando che, pur (172) Usa questa espressione, TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit.; la necessit della motivazione del provvedimento ante causam, soprattutto sulla effettiva improcrastinabilit e sulla non manifesta inammissibilit ed infondatezza, rimarcata da M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit. (173) In tal senso, condivisilmente, BUONVINO, op. cit. 378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 in mancanza di convocazione, lamministrazione ed i controinteressati potranno depositare in Segreteria memorie e documenti, per contrastare le ragioni di eccezionale gravit ed urgenza allegate dallistante a sostegno della domanda cautelare ante causam (174). A tale conclusione, peraltro, conduce il rilievo che ben potrebbe il giudice, pur ritenendo non possibile laudizione delle parti, disporre lacquisizione di atti e documenti, secondo un principio di informalit dellistruttoria che regge in generale ogni procedimento cautelare; sicch, non si vede perch non dovrebbe essere consentito alle stesse controparti, in mancanza di audizione, di produrre documenti e memorie (semprech lestrema ristrettezza dei tempi lo consenta) (175). Lart. 245, comma 3, del Codice non indica i possibili contenuti della misura cautelare ante causam, lasciando intendere che essa partecipi del carattere di atipicit che ormai connota il regime ordinario della cautela post causam. La prefigurazione di un ventaglio aperto di provvedimenti cautelari plasmabili in base alla specifica richiesta del ricorrente ed al calibro dei contrapposti interessi presenti nella vicenda amministrativa, se appare consonante con il principio di effettivit ed adeguatezza della tutela giurisdizionale (176), per altro verso d corpo allidea che nel giudizio cautelare ante causam trovino esplicazione i poteri propri della giurisdizione di merito. Le misure pronunciabili sono qualificate dallart. 245, comma 3, d.lgs. 163/2006, come interinali e provvisorie. Tale aggettivazione non pu non avere riflessi sulla struttura del provvedimento cautelare, il quale non solo non dovr pregiudicare il futuro esito della causa ma, neppure, il futuro esito di una successiva misura cautelare post causam, quale che ne sia il contenuto. Al riguardo si prospettato che lunica tipologia di misura compatibile con le esigenze di massima interinalit sottese allistituto sia quella della sospensione della procedura. Un siffatto rimedio consente di apprestare una forma di tutela adeguata in attesa della successiva valutazione cautelare post causam; evitando che la procedura avanzi, si congela lo status quo in attesa che un vaglio pi ponderato possa compiersi una volta instaurato il giudizio di merito (177). (174) In questo conclude N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, Milano, 2008, 152, con riferimento alle misure cautelari presidenziali provvisorie di cui allart. 21, comma 8, legge TAR, riferendo lipotesi al caso in cui il Presidente non sia rapidissimo a pronunciarsi. Sembra, tuttavia, che la facolt del deposito di memorie e documenti da parte dellamministrazione e dei controinteressati, con riferimento alla tutela cautelare ante causam disciplinata dallart. 245 del Codice, debba ammettersi in ogni caso, a prescindere dalla eventuale lentezza del giudice nel provvedere sullistanza e pure quando non abbia ritenuto di convocare le parti per sentirle. (175) A tale conclusione pare aderire, implicitamente, DE NICTOLIS, Il nuovo contenzioso in materia di appalti pubblici, cit., 515-516; lequipollenza tra audizione della parti e deposito delle memorie sostenuta da ROTIGLIANO, op. cit. (176) TARULLO, Il giusto processo amministrativo. Studio sulleffettivit della tutela giurisdizionale nella prospettiva comunitaria, Milano, 2004, 575 ss. (177) TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. DOTTRINA 379 Unitamente alla sospensione della procedura, il giudice amministrativo ben pu dettare allamministrazione ulteriori regole di condotta che, senza incidere direttamente sugli interessi in gioco, siano volte a cautelare la posizione delle imprese concorrenti, quali, ad esempio, obblighi di comunicazione ed informazione ai partecipanti o allAutorit di vigilanza, ordini di restituzione di cauzioni incamerate, richieste di pareri tecnici o accertamenti il cui esito sar poi lo stesso giudice a valutare, nel momento in cui sar richiesto di adottare una misura cautelare intra litem. Il limite , per, sempre rappresentato dal carattere interinale di ogni precetto, la cui attuazione non deve alterare gli interessi in controversia, quali si presentano al momento dellaccesso al giudice della cautela. 14. La rilevabilit dufficio dellincompetenza territoriale: dalla migrazione cautelare alla tutela cautelare errante? Con disposizione eversiva rispetto al noto principio generale di derogabilit della competenza territoriale nel processo amministrativo, il comma 4 dellart. 245 del Codice prevede la rilevabilit dufficio delle questioni di competenza. Il Codice pone, dunque, la regola della inderogabilit della competenza per la fase cautelare ante causam del giudice competente per il merito, per porre freno al dilagante fenomeno del forum shopping o migrazione cautelare tipico del processo amministrativo, ossia la scelta del giudice della cautela in ragione dei diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi sulla questione oggetto di lite, che costituisce una forma di abuso del processo indubbiamente odiosa a latere partis (178). (178) Sulla questione, si veda Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., ord. 28 luglio 2004, n. 661 (in Foro it., 2005, III, 138; Foro amm. CdS, 2004, 2303, con nota di CORSARO, Processo amministrativo: rapporti tra regolamento di competenza e tutela cautelare; www.giustamm.it, con nota di RAIMONDI, Un freno al turismo cautelare), che, in una controversia soggetta al rito di cui allart. 23 bis, l. TAR, ha affermato che, ove sia stata proposta istanza di regolamento di competenza prima dellesame della domanda cautelare, il giudice amministrativo deve necessariamente procedere alla sua preventiva delibazione e, nel caso in cui non rilevi la sua manifesta infondatezza, deve astenersi, almeno nei casi in cui risulti applicabile lart. 23 bis, l. TAR, dal provvedere sulla domanda cautelare, che dovr essere decisa dal giudice ritenuto competente dal Consiglio di Stato. Contra, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, ord. 24 settembre 2004, n. 1475, in www.lexitalia.it., n. 10/2004, con nota di GIURDANNELLA e MATTIA, Pu decidere sul cautelare anche il Tribunale la cui competenza territoriale sia stata contestata. Con tale decisione, il Tribunale siciliano, pur ammettendo che lindirizzo patrocinato dal C.G.A. appare ispirato al pregevole e condiviso intento di evitare fluttuanti trattazioni dei ricorsi da parte di Tribunali territorialmente diversi e di stigmatizzare gli ormai diffusi fenomeni di c.d. migrazione cautelare, lo ha comunque ritenuto in contrasto con lart. 30, l. TAR, da cui desumibile un principio generale che il legislatore ha voluto solo precisare (nella norma in esame) con riferimento ad una ipotesi che avrebbe potuto suscitare dubbi; sicch, non si pu dubitare della persistenza del potere cautelare nelle ipotesi (non espressamente disciplinate dal legislatore) in cui si discuta solo del difetto di competenza territoriale, anche in ragione della circostanza che la contraria soluzione avrebbe come effetto primario quello di creare inammissibili 380 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 Secondo lorientamento tradizionale, leventuale difetto di competenza territoriale non impedisce al giudice adito di esaminare la domanda cautelare pur in presenza di un regolamento di competenza, potendo il giudice, in forza dellart. 48, comma 2, c.p.c., ritenuto applicabile al processo amministrativo, compiere gli atti che ritiene urgenti (ivi compresa ladozione delle misure cautelari, ove richieste) (179). La disposizione di cui al comma 4 dellart. 245, proprio al fine di evitare quel fenomeno descritto in termini di migrazione cautelare(180), collocandosi nel solco di quella tendenza legislativa sempre pi incline a riconoscere nuove ipotesi di competenza territoriale-funzionale ed inderogabile (ad esempio, in materia di giustizia sportiva o di provvedimenti emessi da commissari delegati ex lege n. 225/1992)(181), ha attribuito al giudice il potere di rilevare dufficio la questione di competenza, nellapprezzabile scopo di eludere lintento dellistante di aggirare le norme sulla competenza territoriale dei giudici amministrativi di primo grado. Come evidenziato in dottrina, la norma dimostra lattenzione del legislatore per il rispetto del principio del giudice naturale precostituito per legge, ossia legato, secondo modalit oggettive e normativamente tipizzate e non gi per la mera opzione di una parte, alla conlacune nella continuit della tutela giurisdizionale di natura cautelare, la cui tempestiva erogazione stata invece ritenuta necessaria della Corte costituzionale (ord. n. 241/2000). Sui rapporti tra il regolamento di competenza e la tutela cautelare in chiave critica rispetto allorientamento tradizionale, si veda BERTUZZI, Eccezione di incompetenza e tutela cautelare nel processo amministrativo, in www.lexfor. it; per una compiuta ricostruzione dei diversi orientamenti giurisprudenziali in materia, si veda CORSARO, Processo amministrativo: rapporti tra regolamento di competenza e tutela cautelare, in Foro amm. CdS, 2004, 2302 ss.; PIZZA, Regolamento di competenza e tutela cautelare nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2008, 3, 875 ss.; RUSCICA, op. cit., 83 ss., ove ulteriori riferimenti. (179) Cons. Stato, ad. plen., 20 gennaio 1997, n. 2, in Dir. proc. amm., 1998, 169. Allo stato attuale, la giurisprudenza ferma nel ritenere che la proposizione del regolamento di competenza non preclude lesame dellistanza cautelare, riferendosi la preclusione prevista dallart. 31, comma 2, l. n. 1034/1971 al passaggio in decisione del merito della controversia e non gi della semplice istanza cautelare, venendo in rilievo in tal caso una semplice facolt e non un obbligo: Cons. St., sez. V, 17 novembre 2006, n. 6065, in Foro amm. CdS, 2006, 11, 3165; id., sez. VI, 22 novembre 2005, n. 6522, in Dir. proc. amm., 2008, 3, 874-875. (180) Lespressione di F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit. Il fenomeno , altres, indicato anche in termini di turismo cautelare o forum shopping: si veda, RUSCICA, op. cit., 83. (181) Quanto alla giustizia sportiva, si veda lart. 3, comma 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (come modificato in sede di conversione dalla relativa l. 17 ottobre 2003, n. 280): La competenza di primo grado spetta in via esclusiva, anche per lemanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di competenza di cui al presente comma sono rilevabili dufficio; quanto ai provvedimenti commissariali, si veda lart. 3, comma 2 bis, d.l. 30 novembre 2005, n. 245, convertito in l. 27 gennaio 2006, n. 21, il quale dispone che in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dellart. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, la competenza di primo grado a conoscere della legittimit delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti amministrativi spetta in via esclusiva, anche per lemanazione delle misure cautelari, al T.A.R. del Lazio - sede di Roma; ai sensi del successivo comma 2 ter dellart. 3 cit. le questioni di cui al comma 2 bis sono rilevate di ufficio. DOTTRINA 381 troversia che chiamato a decidere (anche alla luce dell'essenzialit della tutela cautelare in un sistema processuale che aspiri ad essere realmente efficace)( 182). Tale previsione crea, tuttavia, una pluralit di problemi interpretativi. Il legislatore ha inteso sovvertire le ordinarie regole processuali disponendo la rilevabilit dufficio di una questione solo in una limitata fase processuale, che si pone tra latro in limine litis e ante judicium, lasciando fuori dallambito di operativit del rilievo ufficioso tutto lulteriore svolgimento delliter processuale, con laggravante di non aver coordinato la vecchia con la nuova normativa. Procediamo con ordine. E possibile che, in ordine ad unistanza cautelare rivolta al presidente di un T.A.R. territorialmente incompetente, il giudice rilevi dufficio la propria incompetenza, conformemente al disposto di cui allart. 245, comma 4, del Codice, ovvero, al contrario, non formuli tale rilievo. Nella prima ipotesi, chiaro che il giudice non potr pronunciarsi nel merito; ma - dopo aver dichiarato la propria incompetenza (183) - dovr fermarsi, lasciando allistante ogni ulteriore iniziativa, o dovr ordinare la trasmissione del fascicolo al T.A.R. che ritenga competente? Per risolvere la questione potrebbe forse trarsi spunto dallart. 31, comma 5, l. TAR, il quale prevede, nel caso di rilievo del vizio di incompetenza (ovviamente, formulato con lapposito strumento del regolamento di competenza nellipotesi di competenza territoriale derogabile, secondo la regola generale fissata dal comma 1 dellart. 31, l. TAR, derogata dal Codice nel procedimento cautelare ante causam), che il giudice adito disponga la trasmissione degli atti al Consiglio di Stato affinch decida sulla competenza. In ogni caso, il giudice incompetente (per il merito) non pu accordare la misura cautelare, qualora ritenga sussistente il presupposto delleccezionale gravit ed urgenza. Tale soluzione risulta aderente allo spirito della norma, che ipotizza un rapporto di pregiudizialit tra competenza per il merito (intesa come potere di provvedere sulla domanda) e competenza cautelare (intesa come potere di emettere la misura cautelare), sicch il giudice in tanto pu emettere un provvedimento cautelare in quanto si riconosca come giudice competente a decidere il merito della controversia. Lopposta soluzione, per cos dire sostanzialistica, vanificherebbe di fatto lintento sotteso allintroduzione del meccanismo della rilevabilit dufficio della incompetenza e con- (182) M.A. SANDULLI, Diritto europeo e diritto amministrativo, cit.; sottolinea lopportunit di una estensione del principio di rilevabilit dufficio della incompetenza territoriale oltre i confini delle pi opulente controversie in materia di appalti pubblici, PAOLANTONIO, Spunti di riflessione sulla tutela cautelare secondo la legge di delega, cit. (183) Allesito di unapposita camera di consiglio, da fissarsi ai sensi dellart. 31, comma 5, l. TAR, analogicamente applicabile. 382 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 sentirebbe, ancora una volta, al ricorrente di scegliersi il giudice della cautela. Dovendosi ritenere che il meccanismo del rilievo ufficioso dellincompetenza sia tale da comportare una definizione in rito del giudizio, con una pronuncia dincompetenza, sembra allora che la via da percorrere sia quella che conduce alla trasmissione del fascicolo al T.A.R. individuato come competente nel provvedimento declinatorio della competenza emesso dal giudice adito. Tuttavia, tale soluzione non risolve tutti i problemi. Il T.A.R. ad quem potr dichiararsi, a sua volta, incompetente o sar tenuto ad adottare il provvedimento cautelare pur ritenendosi incompetente? La prima via sembra la meno praticabile, perch altrimenti si correrebbe il rischio di non avere pi ricorsi cautelari migranti, ma ricorrenti erranti (da un T.A.R. allaltro). Esigenze di celerit, ispirate al principio delleffettivit della tutela giurisdizionale e della ragionevole durata dei giudizi, sembrano far propendere per la seconda soluzione, dovendosi ritenere preferibile che il T.A.R. ad quem accondiscenda alla decisione del primo giudice e si pronunci sulla cautela. Resta, comunque, il dubbio, da alcuni prospettato, della forte asistematicit( 184) di tale soluzione, considerato che la diretta trasmissione del fascicolo al T.A.R. ritenuto competente dal primo giudice consentita solo nel caso dellaccordo traslativo, ossia unicamente quando le parti convengano sullindividuazione del giudice competente, per come disposto dallart. 31, comma 4, l. TAR Tuttavia, tale dubbio potrebbe essere superato, escludendo che tale ultima norma trovi applicazione nei procedimenti cautelari ante causam, nei quali laccordo traslativo tra le parti sostanzialmente reso superfluo dalla rilevabilit dufficio della questione di competenza; sicch, ben potrebbe il giudice, che si ritenga incompetente, rilevarlo, trasmettendo (non importa se in forma decretale o con ordinanza) il fascicolo al giudice ritenuto competente, senza che a tal fine occorra un previo accordo tra le parti (peraltro, in pratica, difficilmente ipotizzabile ove le parti destinatarie della notifica dellistanza, per lestrema ristrettezza dei tempi, siano rimaste totalmente inerti). La soluzione proposta pare, del resto, in linea con il principio - affermato in dottrina (185) - secondo cui listituto della remissione del ricorso ad altro tribunale su accordo delle parti costituisce una specie di appendice della regola generale della derogabilit della competenza territoriale, che evita le lungaggini dellesperimento del regolamento di competenza. Ne consegue che, ove - come nel procedimento cautelare ante causam - il giudice possa rilevare ex (184) Lespressione di TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. (185) CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 2003, 457; GIOVAGNOLI, Il processo di primo grado, in Trattato di giustizia amministrativa, diretto da Caringella - Garofoli, Milano, 2006, 179. DOTTRINA 383 officio la questione di competenza, senza che occorra la proposizione del regolamento di competenza per contestare la competenza del giudice adito, il meccanismo dellaccordo traslativo di cui allart. 31, comma 4, l. TAR non rileva per lo spostamento della competenza. In definitiva, la rilevabilit dufficio della questione di competenza elimina la necessit della proposizione del regolamento di competenza, rendendo non indispensabili i rimedi congegnati dalla legge (laccordo traslativo, appunto) allo scopo di rendere superflua la pronuncia del Consiglio di Stato sulla questione di competenza. Tra laltro, il regolamento di competenza appare ictu oculi inconciliabile con la natura di rimedio preventivo, ossia ante causam, della tutela apprestata dallart. 245 del Codice, come del resto sostiene proprio la dottrina qui avversata (186). Ove si tenga ferma tale soluzione, resta il problema delle forme e dei termini per la riassunzione del giudizio innanzi al T.A.R. ritenuto competente dal primo giudice, non potendo trovare applicazione la disposizione, dettata dallultimo comma dellart. 31, l. TAR, specificamente riferita alla prosecuzione del giudizio in caso di accoglimento dellistanza di regolamento di competenza. In proposito, pur considerando il carattere durgenza che riveste il procedimento, non consentito ipotizzare che, allesito della declinatoria della competenza da parte del primo giudice, il giudizio prosegua innanzi al T.A.R. ad quem senza necessit di ulteriori atti dimpulso da parte dellistante, potendo, comunque, risultare sufficiente una semplice istanza al presidente. Quanto al termine per la prosecuzione del giudizio, in mancanza di alcuna indicazione normativa che a ci osti, non da escludere che a fissarlo possa essere lo stesso provvedimento declinatorio della competenza emesso dal primo giudice cautelare. Unulteriore questione posta dallart. 245 in tema di competenza, che la giurisprudenza sar chiamata a risolvere, attiene allambito processuale della rilevabilit dufficio del comma 4. In altri termini, linderogabilit della competenza riguarda unicamente la fase della cautela ante causam ovvero, in forza del principio di simmetria/corrispondenza tra il giudice della cautela preventiva e quello competente per il merito, fissato dal comma 4, prima parte, dellart. 245, si estende a tutte le fasi del giudizio? La questione si pone, in particolare, nel caso in cui il ricorrente, non vincolato dalla pronuncia di incompetenza pronunciata dufficio dal giudice della cautela ante causam, introduca una domanda cautelare ordinaria innanzi allo stesso T.AR. dichiaratosi in precedenza incompetente. Ove si ipotizzasse lultrattivit del principio della rilevabilit dufficio della incompetenza, nulla quaestio. (186) TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 384 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 In caso contrario, ossia ritenendo che si riespanda la regola generale della non rilevabilit dufficio dellincompetenza territoriale (art. 31, comma 1, l. TAR), in difetto di regolamento di competenza territoriale da parte dellamministrazione o dei controinteressati, non rester al T.A.R. adito che pronunciarsi nel merito del ricorso, pur essendosi in precedenza dichiarato incompetente. Pu, inoltre, accadere che il ricorrente, dopo essere stato costretto a rivolgersi ad altro T.A.R. a seguito della declinatoria dincompetenza pronunciata dal giudice della cautela preventiva inizialmente adito, decida, comunque, di introdurre il giudizio di merito dinanzi al giudice dichiaratosi incompetente, il quale - a questo punto -, similmente allipotesi precedente, in mancanza di proposizione di regolamento di competenza, non avrebbe strumenti per richiamare la propria precedente decisione, che finirebbe per essere tamquam non esset. Venendo alla seconda ipotesi in partenza ipotizzata, ossia quella in cui il giudice della tutela cautelare preventiva non rilevi la propria incompetenza territoriale, se si accoglie la tesi restrittiva, che limita lambito della rilevabilit dufficio alla sola fase della tutela cautelare ante causam, dovr concludersi che il T.A.R. abbia perso definitivamente la possibilit di esprimere il proprio avviso in ordine alla questione, essendogli impedito nelle fasi successive di sollevare dufficio lincompetenza territoriale, dovendosi lasciare spazio (anche su tale questione) al principio dispositivo (187). Se si aderisce alla tesi della ultrattivit del potere di rilievo dufficio, ben potr il T.A.R., nelle successive fasi (cautelare ordinaria o di merito), rilevare la propria incompetenza con quel che ne consegue in termini di translatio judicii. 15. Il regime delle impugnazioni. Lefficacia ad tempus del provvedimento cautelare di accoglimento Il provvedimento emesso dal giudice della cautela preventiva, di accoglimento o di rigetto, in nessun caso potr essere appellabile o impugnabile, n reclamabile (188), ai sensi dellart. 669 terdecies c.p.c. innanzi ad un giu- (187) Al riguardo, dubbiosamente, CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti pubblici tra complessit e velocit, cit., sostiene: sarei, quindi, ad un primo esame pi propensa a ritenere che, essendo la fase cautelare rimasta strumentale ed accessoria rispetto a quella di merito, il difetto di competenza territoriale sia rilevabile dufficio in ogni stato del processo, e non solo dal Presidente nella fase ante causam [] pur nella consapevolezza che la questione di competenza territoriale non possa mai costituire motivo di impugnazione della decisione emessa dal tribunale amministrativo regionale (art. 31, co. 9, l. tar). E poich, peraltro, neppure le disposizioni dellart. 245 - come precisa il co. 8 - si applicano al giudizio in grado dappello, la decisione di primo grado, che in fase cautelare o di merito, non abbia tenuto conto dellincompetenza territoriale del giudice adito, non sar mai per ci stesso annullabile. (188) Critico sulla mancata previsione della reclamabilit del provvedimento (da proporre - se- DOTTRINA 385 dice diverso da quello che adottato la misura cautelare, non essendo tale rimedio compatibile con la specifica struttura del processo amministrativo, nel quale il provvedimento cautelare ante causam. Al riguardo, mentre il comma 5 dellart. 245, con riferimento al provvedimento di rigetto afferma che esso non impugnabile, il successivo comma 6, ultima alinea, con riferimento al provvedimento di accoglimento dispone che esso non appellabile. Se ne desume che la non impugnabilit comporta che non praticabile alcun rimedio, n appellatorio davanti al giudice di secondo grado, n sotto forma di istanza di revocazione o revoca davanti al medesimo giudice. A seguito del rigetto, sempre proponibile la domanda cautelare ordinaria, unitamente al ricorso di merito. Il provvedimento di accoglimento, invece, non appellabile. Pertanto, mentre esclusa qualsiasi forma di giustiziabilit del provvedimento di diniego, per quello di accoglimento escluso soltanto lappello, ma non sono esclusi anche gli altri rimedi davanti al medesimo giudice quali, ad esempio, la revocazione e lopposizione di terzo; come si dir in prosieguo, il provvedimento di accoglimento , inoltre, modificabile o revocabile, dufficio, ovvero su istanza o reclamo di ogni interessato. A dire il vero, la differente formulazione dei commi 5 (non impugnabilit del provvedimento negativo) e 6 (non appellabilit del provvedimento di accoglimento) non sembra essere indicativa di una diversit di rimedi impugnatori, comunque da escludere. Il provvedimento di accoglimento perde, comunque, effetto decorsi sessanta giorni, dovendo, inoltre, essere confermato dopo linizio del giudizio, che devessere introdotto entro strettissimi termini, in considerazione del generale termine di decadenza previsto. Inoltre, escluso dal comma 8 dellart. 245 del Codice che possa essere proposta in sede di appello una nuova istanza cautelare anticipata, in ragione del fatto che ormai lassetto di interessi stato cristallizzato dalla decisione di primo grado, sicch avverso questultima che dovr insorgersi. In appello le istanze cautelari restano disciplinate dallart. 21, l. TAR ed, in particolare, dallart. 23 bis, comma 7, l. TAR, che consente lappello immediato, con riserva di motivi, avverso il dispositivo della sentenza. Del resto, ovvio intendere che la limitazione al solo primo grado del potere di proporre domande di tutela cautelare preventiva connaturata al tipo di rimedio in questione, che preventivo rispetto ad un giudizio di merito ancora da instaurare condo lA. - innanzi al Collegio) F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici, cit., il quale invoca a sostegno il principio di parit delle parti nel processo cautelare, che aveva indotto la Corte costituzionale, con sentenza 23 giugno 1994, n. 253 (in Cons. Stato, 1994, II, 884), a dichiarare lillegittimit costituzionale dellart. 669 terdecies c.p.c., nella formulazione allepoca vigente, ora sostituita dalla legge n. 80/2005, nella parte in cui contemplava il rimedio del reclamo per il solo provvedimento di accoglimento e non anche per quello di rigetto. 386 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 (189). Si consideri, inoltre, che lesclusione del rimedio di tutela preventiva in appello risulta coerente con il principio secondo cui il giudizio dappello, anche per il suo carattere devolutivo, costituisce la prosecuzione del processo radicato con loriginario ricorso di merito; con la logica conseguenza che la richiesta di tutela cautelare ante causam non pu essere avanzata per la prima volta o rinnovata in occasione della pubblicazione della sentenza che ha definito il primo grado di giudizio. Gli strumenti di tutela al riguardo assicurati dallordinamento (possibilit di impugnare il dispositivo della sentenza e ottenerne la sospensione dellefficacia; possibilit di ottenere la misura cautelare monocratica ai sensi dellart. 21, comma 9, l. TAR), soddisfano pienamente le esigenze di una rapida definizione della controversia sul piano cautelare; tanto pi ove si consideri che la vicenda processuale , a questo punto, portata allesame del giudice nella sua pienezza e nella completezza del contraddittorio, mediante limpugnazione della decisione di merito di primo grado, con la conseguenza che non avrebbe logicamente ragion dessere la reiterazione di un giudizio cautelare ante causam. Il regime di non appellabilit del provvedimento cautelare ante causam appare costituzionalmente legittimo, considerata la proponibilit della domanda cautelare ordinaria unitamente al ricorso di merito successivamente al rigetto dellistanza cautelare preventiva e lesclusione della tutela cautelare ante causam nel giudizio dappello. Peraltro, essendo il provvedimento di accoglimento destinato comunque a perdere efficacia entro sessanta giorni, lappello appare superfluo, in considerazione del breve lasso temporale di efficacia della misura. N la mancata previsione di rimedi impugnatori avverso il provvedimento cautelare pu ritenersi costituzionalmente illegittima perch in ipotesi violativa del principio di parit delle parti, consacrato nellart. 111, comma 2, Cost., ove si consideri che lesclusione dellappellabilit e reclamabilit riguarda tanto il provvedimento di accoglimento che quello di rigetto. Il Codice ha inteso chiaramente connotare il provvedimento cautelare preventivo quale rimedio rigorosamente interinale, non autosufficiente, provvisorio e, soprattutto, ad tempus (i suoi effetti si esauriscono con il decorso dei 60 giorni), tale da non pregiudicare gli interessi (specie, quelli dellamministrazione nei cui confronti emesso il provvedimento di accoglimento) sottesi alla controversia, fino alladozione della successiva pronuncia cautelare post causam, avverso la quale potr proporsi impugnativa ai sensi dellart. 28, comma 3, l. TAR. (189) A sostegno di tale conclusione F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit., richiama lorientamento della dottrina processualcivistica, che, sulla base delle medesime argomentazioni, afferma linammissibilit del provvedimento ex art. 700 c.p.c. per sospendere o modificare lesecutivit di altri provvedimenti giurisdizionali; nello stesso senso, GAVERINI, op. cit., 3562; TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. DOTTRINA 387 Sul versante effettuale, pare cogliere nel segno il rilievo di quanti (190) sottolineano che la disciplina positiva della cautela preventiva risulta conformata in modo profondamente differente da quella relativa alla misura cautelare collegiale, che appare dotata di una maggiore (ancorch solo tendenziale) stabilit, in quanto destinata a spiegare effetti fino alla sentenza di merito, ossia per un periodo di tempo non preventivabile. Tanto, condivisibilmente, si ritiene sufficiente a giustificare il diverso regime (di esclusione) delle impugnazioni del provvedimento ante causam. Ad ogni modo, listante che si sia visto rigettare la domanda potr sempre riproporla dopo linstaurazione del giudizio di merito e, dunque, nelle forme ordinarie, ai sensi dellart. 21, commi 8 e 9, l. TAR, come richiesta di tutela monocratica o collegiale, sussistendo i rispettivi presupposti. Lemanazione di un provvedimento favorevole determina, invece, in forza della previsione contenuta nel comma 6 dellart. 245, lonere per listante di notificarlo (191) alle altre parti entro un termine variabilmente stabilito dal giudice, ma, comunque, mai superiore a cinque giorni (che costituisce, dunque, un termine legale massimo), pur quando il giudice abbia per ipotesi fissato un termine superiore. Tale termine deve ritenersi decorrere dalla data della pubblicazione del provvedimento. Lart. 245 tace in ordine alle conseguenze della mancata e/o tardiva notificazione del provvedimento di accoglimento. Al riguardo, considerata la perentoriet del termine per la notifica, deve concludersi che la misura perda ogni effetto, anche prima del decorso del termine di 60 giorni previsto per introdurre il giudizio di merito. Entro tale termine perentorio latto va consegnato allufficiale giudiziario. Per il notificante, infatti, la notifica si perfeziona con la sola consegna dellatto allufficiale giudiziario. A partire da tale momento, il beneficiario legittimato a pretendere lesecuzione del provvedimento. Per i destinatari, tuttavia, la notifica si perfeziona con il ricevimento dellatto. Ne consegue che la pubblica amministrazione resistente tenuta ad osservare il provvedimento cautelare dal momento in cui ne riceve la notificazione (192). Cos come previsto dallart. 669 undecies c.p.c. per lanaloga misura civilistica, il comma 6 dellart. 245 del Codice dispone che lefficacia del provvedimento di accoglimento pu essere subordinata alla prestazione di unadeguata cauzione per i danni alle parti (amministrazione resistente e con- (190) Diffusamente, TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit.; nello stesso senso, DE CAROLIS, La tutela giurisdizionale, cit., 1137; DE NICTOLIS, Il nuovo contenzioso in materia di appalti pubblici, cit., 516. (191) Notifica della cui utilit dubita la dottrina: PAOLANTONIO, op. cit., N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, cit., considerato che della pendenza del procedimento le parti necessarie hanno gi contezza per effetto della notifica dellistanza di concessione della misura cautelare ante causam. (192) DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa, cit., 138. 388 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 trointeressati) e ai terzi. La prestazione della cauzione (il cui mancato versamento nel termine giudizialmente fissato si atteggia come condizione risolutiva dellefficacia della misura cautelare concessa), diversamente da quanto disposto dallart. 21, comma 8, l. TAR, riguarda unicamente il provvedimento di accoglimento, dal quale la norma del Codice si distingue anche in ragione del fatto la prestazione della cauzione si ricollega alla possibile produzione di danni alle parti e ai terzi, mentre il comma 8 dellart. 21 prevede che la cauzione debba essere prestata solo nellipotesi in cui dallesecuzione del provvedimento cautelare possano derivare effetti irreversibili. Non persuade, al riguardo, la tesi che ritiene di poter estendere per analogia la prestazione della cauzione anche allipotesi di provvedimento di diniego della misura, potendosi, secondo tale impostazione, commisurare la cauzione alleventuale pregiudizio che si produrrebbe a carico del richiedente qualora illegittimamente risultasse non aggiudicatario, con la conseguenza che anche il controinteressato potrebbe subire limposizione della cauzione (193). Invero, richiamando le osservazioni formulate dalla dottrina con riferimento alla disposizione di cui allart. 21, comma 8, l. TAR (194), listituto della cauzione presenta diverse finalit a seconda che acceda ad un provvedimento di concessione ovvero di diniego della misura cautelare: solo nel primo caso la cauzione pu dirsi avere funzione effettivamente cautelare, a garanzia degli interessi dellamministrazione resistente ovvero dei controinteressati; diversamente, nel caso di provvedimento di diniego, limposizione della cauzione risponde a logiche diverse, non costituendo elemento condizionale dellefficacia della misura cautelare, ma solo una soluzione offerta dal giudice al ricorrente in luogo della misura cautelare rifiutata(195). La diversit di ratio dellistituto della cauzione nel caso di provvedimento di rigetto la rende inestensibile allipotesi di provvedimento di accoglimento, lunico al quale il comma 6 dellart. 245 del Codice ha riferito limposizione della cauzione. Diversamente da quanto previsto nellart. 21, comma 8, limposizione della cauzione pu essere disposta per il possibile prodursi di danni alle parti e ai terzi, mentre non ripetuto il divieto, previsto in quella norma, di subordinare a cauzione la concessione o il diniego della misura cautelare quando la richiesta cautelare attenga ad interessi essenziali della persona quali il diritto alla salute, alla integrit dellambiente, ovvero ad altri beni di primario rilievo costituzionale. Tale disposizione, ponendosi a protezione di valori di primaria rilevanza, ben pu essere analogicamente estesa alla prestazione della (193) Cos TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. (194) N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, cit., 122-123, che parla di cauzione a doppio uso, rimarcando la diversit della funzione dellimposizione della cauzione nei due casi. (195) N. SAITTA, op. ult. cit., 123. DOTTRINA 389 cauzione in caso di concessione di una misura cautelare preventiva. In via generale, se la causa di merito non promossa entro il termine perentorio per essa previsto, il provvedimento cautelare perde efficacia, cos come perde efficacia nel caso di omessa e/o tardiva notificazione del provvedimento di accoglimento o di mancato versamento della cauzione. Secondo una parte della dottrina, se entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, comunicazione o piena conoscenza del provvedimento in relazione al quale stata chiesta la misura cautelare, non stata promossa la causa di merito, la p.a. e i controinteressati possono rivolgersi al giudice che ha adottato la misura cautelare per far accertare la sua perdita di efficacia. In particolare, si sostiene che la declaratoria di inefficacia della misura cautelare, sebbene non espressamente previsto dallart. 245, potr essere richiesta dalla parte interessata sia nel caso in cui non sia rispettato il termine di sessanta giorni (comma 2), quanto nel caso in cui non sia stato introdotto il giudizio di merito nel termine di sessanta giorni, sia quando listante non abbia provveduto alla notifica del provvedimento nel termine massimo di 5 giorni, sia, ancora, quando non sia stata versata la cauzione prevista dal comma 3. Questa regola, diversamente dal processo civile (art. 669 nonies c.p.c.), non espressamente codificata, ma discende dal sistema, non potendosi concepire che conservi efficacia una misura cautelare che disancorata da un giudizio di merito che non stato proposto (196). Secondo altra tesi, che si condivide, la previsione di un apposito procedimento per la declaratoria di inefficacia della misura cautelare appare inutile, in considerazione di come articolata la norma di cui al comma 6 dellart. 245; ci in quanto la misura cautelare ante causam di accoglimento caratterizzata ex lege da unefficacia esattamente delimitata nel tempo, sicch sarebbe incongrua e sostanzialmente inutile, oltre che contraria a normali principi di economia processuale, la previsione di una fase procedimentale siffatta, che si riconnette - nel codice di procedura civile - alla mancata proposizione del ricorso di merito nei termini di cui allart. 669 octies c.p.c. (nel caso dellart. 245, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, la data di inizio di efficacia del provvedimento costituita dalla sua prima emissione, mentre quella finale direttamente individuata dal legislatore, senza che il giudice possa, quindi, svolgere altra attivit, anche solo notarile, in qualche misura utile a dare conto dellintervenuta inefficacia della misura concessa) (197). A chiusura del sistema, con disposizione che accentua la strumentalit ed interinalit della tutela cautelare ante causam, il comma 6 connota la misura preventiva di accoglimento quale provvedimento rigorosamente ad tempus, la cui efficacia si esaurisce con il decorso del sessantesimo giorno dalla sua (196) DE NICTOLIS, op. ult. cit. (197) BUONVINO, op. cit. 390 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 prima emanazione (ossia, dalla data della sua pubblicazione). Come accennato, entro tale termine il ricorrente dovr introdurre il giudizio di merito, chiedere la misura cautelare ordinaria, che potr modificare, confermare o revocare quella gi concessa in sede preventiva. Resteranno, cos, efficaci le sole misure cautelari confermate o concesse ai sensi dellart. 21, commi 8 e 9, l. TAR. Il termine di sessanta giorni (entro il quale la parte dovr notificare il ricorso di merito, depositarlo, chiedere ed ottenere una misura cautelare ordinaria, ossia post causam) stato ritenuto dalla relazione di accompagnamento al Codice adeguato al tempestivo espletamento degli incombenti cui onerato il ricorrente. Il Codice ha, cos, disatteso il parere del Consiglio di Stato, che aveva suggerito di prevedere che il provvedimento di accoglimento diventasse inefficace comunque non oltre la pronuncia del collegio cui listanza cautelare sottoposta nella prima camera di consiglio utile a seguito della proposizione del ricorso. Come rilevato in dottrina (198), se la disposizione fosse stata cos formulata, lefficacia del provvedimento di accoglimento avrebbe potuto venir meno anche prima di sessanta giorni qualora il ricorrente avesse ritenuto opportuno instaurare pi rapidamente il giudizio di merito e sottoporre, quindi, al collegio listanza cautelare primancora del decorso di tale periodo. In ogni caso, laver ancorato la perdita di efficacia del provvedimento ad un atto di competenza del giudice, considerato che nel termine di sessanta giorni dovr pure provvedersi alla pubblicazione della pronuncia incidentale cautelare richiesta dal ricorrente con lintroduzione del giudizio di merito, appare piuttosto discutibile (199). Avrebbe, forse, potuto prevedersi la cessazione dellefficacia della misura con espressa salvezza del tempo necessario alla pubblicazione del provvedimento cautelare. Non pare, da ultimo, condivisibile la tesi (200), secondo cui il provvedimento di accoglimento dellistanza potrebbe ridurre il termine di efficacia di sessanta giorni: un potere riduttivo del genere vanificherebbe completamente la ratio che ha ispirato il legislatore ad introdurre la tutela cautelare ante causam nel nostro ordinamento processuale amministrativo, considerato, tra laltro, che nel termine di sessanta giorni il ricorrente deve notificare e depositare il ricorso di merito ed entro lo stesso termine dovr essere pubblicata la decisione cautelare (post causam). Unulteriore riduzione dei tempi trasformerebbe la misura in un provvedimento ad horas. (198) F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit. (199) In tal senso, condivisibilmente, TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. (200) PIACENTINI, Introduzione al dibattito presso il T.A.R. Lombardia del 12 ottobre 2006, richiamato in M.A. SANDULLI, La nuova tutela giurisdizionale in tema di contratti pubblici, cit. DOTTRINA 391 16. Il potere di revisione della misura cautelare. Profili problematici A compensare la regola dellinimpugnabilit (rectius: linappellabilit) del provvedimento cautelare di accoglimento il legislatore ha esteso le ipotesi di revoca e modifica del provvedimento stesso rispetto a quelle previste dalla l. n. 205/2000 relativamente alle misure cautelari post causam. Dispone, in merito, il comma 6 dellart. 245 del Codice che il provvedimento di accoglimento [] sempre revocabile o modificabile dal Presidente, dufficio o su istanza o reclamo di ogni interessato, nonch dal Collegio dopo linizio del giudizio di merito. La norma - che suscita diverse perplessit e dubbi di costituzionalit, per violazione del principio della domanda tipico del processo amministrativo (201) e del processo di parti - necessita di alcune precisazioni. Dalla formula normativa si desume che il provvedimento di diniego intangibile, il che coerente con il principio dispositivo e dellimpulso di parte, che connota il processo amministrativo (202). Tuttavia, proprio rispetto a tale principio decisamente distonica la previsione del potere di modifica e revoca dufficio del provvedimento di accoglimento riconosciuto al presidente ovvero al collegio dopo che sia stato instaurato il giudizio di merito. E da ritenere che, nelle intenzioni del legislatore, un siffatto meccanismo di revisione ufficiosa del provvedimento di accoglimento, costituisca strumento per garantire al giudice non solo (e non tanto) un controllo sulle sopravvenienze fattuali, ma anche una valutazione della conformit allinteresse pubblico della misura cautelare preventiva di accoglimento, sul presupposto della sua eversione rispetto al sistema delle tecniche di tutela tipiche sin qui previste dal sistema. Peraltro, un simile potere ufficioso di revisione della misura concessa non si raccorda con la corrispondente disposizione di rito civile (art. 669 decies), che richiede, ai fini della revoca o della modifica, unistanza di parte. Secondo (201) Peraltro, il Consiglio di Stato, in sede consultiva, nel parere reso nelladunanza del 6 febbraio 2006, aveva ipotizzato che il provvedimento di accoglimento fosse revocabile o modificabile solo su istanza o reclamo di ogni interessato. In dottrina, quanto ai dubbi di legittimit costituzionale della norma, per irragionevole disparit di trattamento nel regime di modificabilit o revocabilit del provvedimento monocratico ante causam, riservato dal comma 6 dellart. 245 al solo provvedimento di accoglimento, si vedano le osservazioni svolte da PAOLANTONIO, op. cit., 338 ss. e di C.E. GALLO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: problemi e prospettive, cit. (202) Lapplicazione del principio dellimpulso di parte nel processo amministrativo costituisce un vero e proprio dogma giurisprudenziale, che rinviene il suo fondamento normativo nellart. 6 del regolamento di procedura emanato con R.d. 17 agosto 1907, n. 642 e nel connesso principio generale sancito dallart. 112 c.p.c., in base al quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa: ex pluribus, Cons. St., sez. V, 21 dicembre 2004, n. 8184, in Foro amm. CdS, 2004, 12, 3575. 392 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 i principi generali, irragionevolmente disattesi dal Codice, la revoca e la modifica del provvedimento cautelare sono ancorate saldamente allimpulso di parte: il codice di rito civile, infatti, preclude qualunque iniziativa ufficiosa e conferma linesistenza di uno jus poenitendi sulla misura concessa esercitabile discrezionalmente dal giudice. Per la parte, la domanda di revoca o modifica costituisce, allora, esercizio del potere cautelare in senso rispettivamente negativo e correttivo, ma in niente diverso dal potere riconosciuto a colui che originariamente chiede che sia disposta la misura; specularmente, dal punto di vista del giudice, la pronuncia sullistanza di revoca anchessa manifestazione della potest cautelare finalizzata, nella mutata situazione di fatto, ad assicurare leffettivit della tutela (203). Peraltro, come rilevato dalla dottrina, qualora la revoca o modifica avvengano dufficio da parte del Collegio (dopo linizio del giudizio di merito), si determina una singolare ingerenza di un giudice su provvedimenti di un altro giudice, senza iniziativa di parte. Tale ingerenza appare difficilmente giustificabile sul piano del principio costituzionale di indipendenza del giudice, non essendovi tra giudice monocratico, da una parte, e presidente o collegio, dallaltra parte, una gerarchia, propria o impropria. Sicch, da ritenere che tale intervento dufficio da parte del Collegio sia da esercitare solo in casi di assoluta, estrema e oggettiva gravit, quale estrema ratio per rimediare a situazioni abnormi (204). A prescindere dai rilievi di principio che si possono muovere a tale disposizione, il meccanismo della revoca o modifica ufficiosa - come gi puntualmente evidenziato con cognizione di causa da parte della dottrina togata (205) - avr scarso impatto pratico, in quanto, non esistendo un ruolo di cause del singolo giudice, il presidente o il componente del collegio ha cognizione della controversia e disponibilit del fascicolo solo quando viene designato per la trattazione, il che avviene, nel vigente sistema, solo a seguito di un atto di impulso di parte. Ne consegue che appare congegno impraticabile quello che, di fatto, ipotizza che, in assenza di istanza di parte (di revoca o modifica), il giudice si metta alla caccia di fascicoli negli archivi della segreteria. I principali problemi interpretativi che la norma pone possono cos sintetizzarsi: 1) in primo luogo, vՏ da chiedersi in forza di quali presupposti (fattuali e giuridici) e secondo quali modalit il presidente ovvero il collegio possa attivarsi, appunto dufficio, per revocare o modificare il precedente provvedimento cautelare ante causam; (203) In tal senso, ADDARIO, Limite temporale e competenza per la revoca e la modifica del provvedimento cautelare, in Giur. it., 2001, 1874. (204) DE NICTOLIS, op. ult. cit., 139. (205) CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti pubblici, cit. DOTTRINA 393 2) un secondo interrogativo attiene alla questione se la decisione di procedere alla revoca o modifica debba o meno essere preceduta da una fase delibativa nella quale sia assicurato lo stesso minimum di contraddittorio previsto dal comma 4 dellart. 245 per ladozione della misura cautelare ante causam. Quanto allindividuazione dei presupposti per lesercizio del potere ufficioso di revoca o modifica, si pu sostenere che il potere stesso strettamente ancorato al sopravvenire di nuovi fatti o circostanze (ivi compreso lo jus superveniens) rispetto al momento di emissione del provvedimento ovvero di cui si acquisita conoscenza dopo tale momento (206) e, quindi, non valutati in precedenza. Deve trattarsi, dunque, di elementi idonei ad innovare, in fatto e in diritto, il complessivo quadro valutativo su cui si fondava la pregressa decisione cautelare. Il che si spiega in ragione della funzione assolta dallistituto della revoca o modifica, finalizzato ad adeguare il provvedimento cautelare agli sviluppi del processo introdotti da un mutamento della situazione di fatto o di diritto che abbia per effetto il sopravvenuto venir meno, in tutto o in parte, dei presupposti cautelari del periculum in mora e del fumus boni juris. Se cos , tuttavia, pare davvero necessario che a stimolare il potere dintervento sul provvedimento emesso non possa che essere la parte a ci interessata, che segnali al giudice le sopravvenienze reputate idonee a giustificare un provvedimento di segno negativo rispetto a quello in precedenza emesso, cos come previsto nellanalogo rimedio civilistico dallart. 669 decies c.p.c. Quanto alla questione relativa alla garanzia del contraddittorio prodromica alladozione del provvedimento di revoca o modifica, lespressione senza formalit in base alla quale il legislatore prevede sia esercitabile il potere ufficioso di revisione non pare lasciare margini di dubbio sul fatto che il provvedimento di accoglimento possa essere modificato o revocato non solo in mancanza di domanda di parte, ma anche senza ascoltare le parti. Pur trattandosi di una sorta di provvedimento di autotutela giudiziale, il legislatore non ha seguito la c.d. regola del contrarius actus, prescindendo sia dalla domanda di parte che dalla sua notifica. Pare evidente come, anche sotto tale punto di vista, la norma violi il principio costituzionale della parit delle parti, risultando assolutamente sbilanciata in favore dellamministrazione (e dei controinteressati), considerato che il ricorrente potrebbe trovarsi nella condizione di dovere subire la misura negativa senza aver potuto in alcun modo interloquire sulla idoneit a legittimarla delle sopravvenienze valutate dal giudice. Come opportunamente sottolineato in dottrina (207), quando il giudice (206) Tale soluzione proposta da F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici, cit., che richiama a sostegno lart. 21, comma 12, l. TAR e lart. 669 decies c.p.c., applicabile analogicamente; contra, M.A. Sandulli, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., la quale sottolinea come la norma non subordina il riesame a fatti sopravvenuti. (207) TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 394 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 amministrativo si accorga che ha sbagliato nel negare la misura cautelare, non pu autocorreggersi (a vantaggio del ricorrente), mentre pu farlo (a vantaggio dellamministrazione e del controinteressato) nel caso inverso, quando, cio, si avveda di aver sbagliato nel concedere la misura cautelare. In sostanza, la revoca o modifica del provvedimento, fondata su una diversa valutazione dellinteresse pubblico (correlata a fatti sopravvenuti, ai sensi dellart. 669 decies c.p.c., analogicamente applicabile, che inducano ad una rinnovata valutazione delle condizioni di legittimit della misura concessa), unilaterale: ossia, solo a danno dellistante, che si vede revocata (o modificata in pejus) la misura in precedenza concessagli, dufficio e senza essere sentito. Dunque, la clausola rebus sic stantibus, che caratterizza in termini di rigorosa strumentalit il provvedimento cautelare emesso ante causam nel processo amministrativo, opera solo a vantaggio delle controparti dellistante. In ogni caso, unimprovvisa revoca del provvedimento, dufficio, sulla base di non precisati presupposti e in assenza di contraddittorio, che venga ad incidere, ad esempio, su un procedimento di gara, nel quale lamministrazione potrebbe aver riaperto i termini o emesso ulteriori provvedimenti conseguenziali alloriginaria misura cautelare di accoglimento, reca instabilit allassetto degli interessi in contesa; il che rende indispensabile, anche dal punto di vista pratico, il coinvolgimento di entrambe le parti prima di adottare un provvedimento del genere. La norma pone ulteriori problemi - gi segnalati dalla dottrina (208) - nella parte in cui prevede che la revoca o la modifica su impulso di parte avvenga su istanza o reclamo di ogni interessato. Il primo problema interpretativo che la norma pone attiene alla equipollenza o meno dei termini istanza e reclamo. Secondo una tesi (209), si potrebbe ritenere che la distinzione tra listanza e il reclamo attenga alle ragioni poste a fondamento delluna o dellaltra forma di domanda di revoca o di modifica; mentre con la mera istanza si aggiungono ragioni diverse o sopravvenute rispetto a quelle poste a fondamento delloriginaria istanza di concessione della misura cautelare, con il reclamo si contesterebbero i presupposti stessi valorizzati dal giudice per accogliere listanza cautelare ante causam. Quindi, il reclamo costituirebbe uno strumento con il quale si chiede la revoca del provvedimento adducendo lerroneit dei presupposti e dei motivi allegati nellistanza cautelare ante causam, che sono stati condivisi dal giudice in sede di accoglimento dellistanza e di emissione del relativo provvedimento. Secondo altra tesi (210), la distinzione tra istanza e reclamo si legherebbe (208) CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti, cit. (209) POLICE, op. cit., 793. (210) DE NICTOLIS, op. cit., 139 s. DOTTRINA 395 al momento in cui la richiesta di revisione del provvedimento viene formulata, ritenendosi che la norma preveda una competenza specifica per la revoca e la modifica, che non coincide con quella inerente alla adozione del provvedimento cautelare. Mentre, infatti, questultimo pu essere adottato sia dal presidente che da un suo delegato, la revoca e la modifica sono di competenza esclusiva o del presidente o del collegio. La competenza dipende dal momento cronologico in cui la revoca o la modifica vengono disposte: 1) prima dellinizio dellinizio della causa di merito, la competenza spetta esclusivamente al presidente e la richiesta si propone con istanza; 2) dopo linizio della causa di merito, la competenza spetta esclusivamente al collegio e la relativa richiesta si propone con reclamo. In questottica, si pone in risalto che, ove revoca e modifica avvengano su reclamo, esse integrano un rimedio demandato ad un giudice diverso da quello che ha adottato il provvedimento cautelare (ossia al Collegio). Secondo quanto espressamente dispone il comma 6 dellart. 245 del Codice, listanza o il reclamo possono, dunque, provenire tanto dallamministrazione che dai controinteressati destinatari della notifica dellistanza cautelare ante causam, quanto da ulteriori soggetti, rispetto ai quali comunque il giudice dovr verificare, secondo i principi generali, linteresse rispetto alla proposizione del rimedio: si tratter, in genere, dei controinteressati sostanziali, cui la domanda cautelare ante causam non sia stata notificata, ovvero di quei soggetti che dalla misura possono subire un pregiudizio dal provvedimento di accoglimento. E da escludere che il ricorrente possa presentare istanza di modifica in melius della misura di accoglimento gi accordatagli, considerato che la revoca o lo modifica controbilanciano la non appellabilit del provvedimento favorevole, sicch costituiscono rimedi esperibili unicamente dallamministrazione ovvero dai controinteressati, formali e sostanziali, ovvero ancora da altri soggetti (estranei al procedimento cautelare ante causam) che hanno interesse a contrastare la misura (211). Il comma 6 dellart. 245 del Codice non chiarisce, poi, se a comporre il collegio che si pronunci sulla domanda cautelare post causam possa essere chiamato a far parte il presidente (o magistrato da lui delegato) che abbia emesso il pregresso provvedimento cautelare ante causam (212). (211) In tal senso, condivisibilmente CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti, cit. (212) La questione posta da TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit., il quale evidenzia giustamente che ҏ difficile negare che il mantenimento dei poteri cognitori in capo al magistrato che si era gi occupato dellaffare pu realizzare una contrazione dei tempi di esame e pronuncia, dovuto al fatto, ovvio, che costui avr gi una conoscenza - per quanto sommaria - della vicenda (ri)portata al suo vaglio. Sotto altro profilo, per, si pone il problema di una possibile prevenzione del giudice che, come ogni essere umano, spinto ad adottare comportamenti coerenti e consequenziali; il giudicante pertanto, in seconda battuta, potrebbe risultare privo di quella serenit che, verosimilmente, caratterizzerebbe loperato di un magistrato completamente ignaro della controversia. 396 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 La prassi, osservata con riferimento alla tutela cautelare monocratica presidenziale di cui allart. 21, comma 9, l. TAR, nel senso di ammettere a partecipare al collegio chiamato a rivedere la misura gi concessa il magistrato che si era in precedenza pronunciato, sicch ipotizzabile unestensione di tale prassi anche nellapplicazione dellart. 245, comma 6, del Codice. Sul versante dellesecuzione del provvedimento, il comma 7 dellart. 245 dispone che per lattuazione della misura cautelare trova applicazione il disposto di cui allart. 21, comma 14, l. TAR: si applica, pertanto, il rimedio dellottemperanza cautelare, avendo, opportunamente, il legislatore del Codice evitato di richiamare la disciplina processual-civilistica dettata dallart. 669 duodecies c.p.c. per lattuazione del provvedimento cautelare, che non garantire unefficienza analoga a quella dellottemperanza (213). In forza del richiamo allart. 21 cit., sar consentito allistante, nellipotesi in cui lordine sia rimasto ineseguito in ragione di una condotta inerte, dilatoria o soprassessoria, ovvero mediante ladozione di nuovi provvedimenti amministrativi non satisfattivi per listante, notificare alle controparti unistanza, stavolta rivolta al collegio, volta ad ottenere la nomina di un commissario ad acta ovvero la sostituzione del giudice allamministrazione, perch sia data compiuta attuazione (anche con atti di annullamento) alla misura rimasta inosservata (214). Va da s che, laddove la misura adottata ante causam consista nella sospensione della procedura di gara, non sembra che essa abbisogni di una specifica attivit esecutiva da parte dellamministrazione, salvo che il giudice non accompagni tale dictum con ulteriori normae agendi volte a cautelare la posizione dellistante mediante limposizione, allamministrazione stessa, di comportamenti positivi, che comunque non ostacolino lefficacia della successiva pronuncia cautelare, di qualunque segno essa sia. Il comma 7 dellart. 245 disciplina pure il potere del giudice della cautela ante causam di regolare le spese del procedimento, rinviando a tal fine allart. 21, l. TAR. (213) Contra, BUONVINO, op. cit., dubita che la procedura esecutiva prevista dal Codice dei contratti pubblici, pur con la dimidiazione dei termini processuali, sia del tutto adeguata alle esigenze di eccezionale urgenza che si intendono soddisfare e, in particolare, al fatto che la misura cautelare ha efficacia comunque non eccedente i sessanta giorni; con laggiunta che il termine ora detto sarebbe anche destinato ad essere ulteriormente consumato dai tempi necessari per la nomina e lattivit materiale del commissario ad acta; tanto, osserva lA., in considerazione dei tempi tecnici necessari per lattivazione, ai sensi degli artt. 90 e 91 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, del procedimento in questione, che va portato allesame del Collegio (non prevedendo, la norma in esame, il radicamento innanzi allo stesso giudice monocratico del ricorso di ottemperanza di cui si tratta) e che deve essere preceduto dalla notificazione di apposito atto di diffida e messa in mora. (214) Cfr. SANINO, Il processo cautelare in Verso il nuovo processo amministrativo (a cura di Cerulli Irelli), Torino, 2000, 283 ss., secondo cui in tale ipotesi non si seguono le formalit proprie del giudizio di ottemperanza, essendo il giudice dotato dei poteri di merito inerenti a quel giudizio. DOTTRINA 397 E da ritenere che la disciplina dellart. 21, comma 10, legge T.A.R. trovi applicazione anche nel caso di pronuncia di un provvedimento di revoca o modifica, che partecipa della natura del provvedimento di rigetto, non potendo, come detto, ipotizzarsi unistanza di modifica in melius da parte del ricorrente. Ove si opinasse diversamente, troverebbe, comunque, applicazione in via analogica il disposto di cui allart. 669 septies, comma 2, c.p.c., norma che, secondo condivisibile dottrina (215), sarebbe stato auspicabile il Codice avesse richiamato, ponendo lobbligo per il giudice della cautela di provvedere sulle spese nel caso di pronuncia di rigetto, mentre lart. 21, comma 10, l. TAR si limita a prevedere una semplice facolt del giudice riguardo al regolamento delle spese, in modo coerente con la tutela cautelare post causam per la quale prevista (in tal caso sar poi la sentenza a regolamentare, comunque, il regime delle spese). Va da s che, in caso di provvedimento cautelare ante causam di rigetto, il giudizio di merito potrebbe non essere avviato mai, sicch le parti resistenti potrebbero non vedersi mai ristorate dei costi sopportati per difendersi ove il giudice della cautela non abbia provveduto a regolare le spese del procedimento. Proprio per ovviare a tali situazioni, deve ritenersi che la statuizione sulle spese non possa costituire oggetto di mera facolt per il giudice (come previsto dallart. 21, comma 10, l. TAR), ma di un obbligo, secondo il disposto di cui allart. 669 septies, comma 2, c.p.c. 17. Contributo unificato e tutela cautelare ante causam ComՏ noto, il c.d. decreto Bersani (d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella l. 4 agosto 2006, n. 243) ha significativamente innovato il regime del contributo unificato nel processo amministrativo, novellando lart. 13 del T.U. delle spese di giustizia n. 115 del 2002. In particolare, nellintento di semplificare il contributo unificato per i processi amministrativi, lart. 21, comma 4, del decreto Bersani, eliminando il sistema della dichiarazione di valore dichiarata dalla parte al momento della proposizione del ricorso, ha introdotto due sole misure del contributo unificato, che prescindono dal valore della causa, riferite, invece, al rito processuale ed alla tipologia della controversia (216). Era, infatti, previsto il valore unico di . 500,00, a prescindere dal valore della causa. Lart. 1, comma 1307, l. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha, poi, elevato la misura del contributo a 1.000,00 per i ricorsi di- (215) F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit.; nello stesso senso, TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. (216) Si veda, in proposito, la circolare del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa del 6 luglio 2006, in www.giustizia-amministrativa.it., contenente chiarimenti in merito allapplicazione delle nuove disposizioni. 398 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 sciplinati dal rito speciale di cui allart. 23 bis, l. TAR e ad 2.000,00 per i ricorsi che seguono tale rito in materia di procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture e di provvedimenti delle Autorit indipendenti (217). Premesso che il decreto Bersani ha lasciato ferme le esenzioni gi previste dal T.U. delle spese di giustizia (218), tra queste lart. 10, comma 5, T.U. sulle spese di giustizia prevede il processo cautelare attivato in corso di causa. Tale esenzione stata, da ultimo, eliminata dallart. 2, comma 212, lett. b), n. 1, l. 23 dicembre 2009, n. 191 (219). Pertanto, prima di tale ultima modifica normativa, quando la domanda cautelare sia proposta unitamente al ricorso di merito (art. 21, commi 8 e 9, l. TAR), operava lesenzione dal pagamento del contributo unificato. Con lintroduzione nel nostro sistema processuale della tutela cautelare ante causam, si posto il problema se lesenzione gi contemplata dallart. 10, comma 5, T.U. cit. possa analogicamente estendersi alla tutela cautelare preventiva pura ovvero se debba corrispondersi un importo pari alla met di quello che dovrebbe essere versato per la causa di merito, come avviene nel caso dei normali procedimenti ex artt. 669 bis ss., c.p.c., o se invece sia da liquidare lintero importo dovuto per le controversie avanti al giudice amministrativo, prescindendo dal successivo pagamento per il giudizio di merito. Al riguardo, si confrontano due posizioni. La prima, pi rigorosa, patrocinata dalla dottrina (220) e dal Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa (221), secondo cui, atteso che la norma di esenzione riguarda solo il processo cautelare in corso di causa, si deve ritenere che per la domanda ante causam sia dovuto un autonomo contributo unificato rispetto al successivo ricorso di merito. La tesi estensiva dellesenzione sostenuta dalla giurisprudenza (222), (217) Per un primo commento critico a tale nuovo aumento si vedano le considerazioni di G. VIRGA, Il prezzo della giustizia (a proposito dellaumento fino a 2.000 euro del contributo unificato previsto dal maxiemendamento alla finanziaria 2007), in www.lexitalia.it., n. 12/2006. (218) Ad esempio: i ricorsi in materia di pubblico impiego (relativamente alle sole controversie concernenti rapporti gi costituiti), i ricorsi proposti dalle associazioni di volontariato inerenti lattivit statutaria dellente; i ricorsi elettorali; i ricorsi in materia di previdenza, assicurazione sociale obbligatoria, il regolamento di competenza e di giurisdizione, i procedimenti cautelari (ovviamente, lesenzione riguarda quelli post causam, non essendo previsti al momento dellemanazione del T.U. n. 115/2002 quelli ante causam). (219) Sulle modifiche al T.U. spese di giustizie recate dalla l. 23 dicembre 2009, n. 191 si veda, per un quadro riassuntivo, la Circolare dellAvvocato Generale n. 3/2010, in www.avvocaturastato.it. (220) DE NICTOLIS, Il nuovo contributo unificato nel processo amministrativo, in Urb. e app., 2007, 139, che ricostruisce analiticamente il nuovo regime del contributo unificato nel processo amministrativo alla luce delle novit introdotte nel decreto Bersani; RUSCICA, op. cit., 226. (221) Circolare 6 luglio 2006, cit., nella quale si legge il contributo per i giudizi cautelari dovuto, in aggiunta al contributo per il ricorso in primo grado e in appello c) per le istanze cautelari ante causam introdotte dallart. 245 del codice degli appalti (approvato con d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006), richieste dallinteressato in un momento antecedente alla proposizione del ricorso di merito. (222) T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 27 aprile 2007, n. 324, in Giur. merito, 2007, 7-8, 2110. DOTTRINA 399 che ritiene applicabile in via analogica (mancando una specifica disposizione che disciplini, per quanto concerne il contributo unificato, la domanda cautelare ante causam, prevista, nel giudizio amministrativo, solo per il processo in materia di contratti pubblici di cui allart. 245 del Codice) la regola dellesenzione posta dallart. 10, comma 5, T.U. sulle spese di giudizio, che, se pure letteralmente riferita alla domanda presentata in corso di causa, ritenuta comprensiva anche della tutela cautelare preventiva pura, che riguarda unistanza cautelare che, sebbene proposta anteriormente alla notificazione del ricorso, mantiene i caratteri dellaccessoriet e della strumentalit rispetto al successivo giudizio di merito e che, quindi, non d luogo ad unautonoma iscrizione a ruolo. A sostegno di tale conclusione, si argomenta, in particolare, che la previsione del versamento di un autonomo contributo - pur ipotizzata per la domanda cautelare ex art. 245 cit. in sede di primo commento sul nuovo contributo unificato, quale risultante a seguito della l. 4 agosto 2006 n. 248 e della l. 27 dicembre 2006 n. 296 - prevista (peraltro, in misura ridotta alla met) dallart. 13, co. 3, T.U. n. 115/02, per i processi speciali previsti nel libro IV, titolo I, del codice di procedura civile, tra cui sono compresi i processi cautelari, che per non sono caratterizzati da rigoroso vincolo di strumentalit rispetto al giudizio di merito, come invece nel processo amministrativo. Orbene, ad avviso chi scrive, come gi sostenuto in altra sede (223), pare da preferire la tesi rigorosa, non solo per ragioni dordine positivo (lesenzione prevista unicamente per i procedimenti cautelari post causam), ma anche in considerazione del rilievo che alla tutela cautelare preventiva ante causam, specie in caso di provvedimento negativo, potrebbe poi non seguire la successiva introduzione del giudizio di merito (224). La ragione dellesenzione dal pagamento del contributo unificato per la domanda cautelare post causam pu appuntarsi nel rilievo che una tale domanda , per cos dire, accessiva al ricorso di merito (nella quale, di prassi, pure contenuta), oltrech ad esso strumentale: in tal caso, la causa gi stata iscritta a ruolo e la domanda cautelare costituisce unistanza che il ricorrente ha inteso formulare in funzione dellintegrit del risultato cui ambisce con la gi avvenuta proposizione del ricorso di merito; diversamente, nel caso della tutela cautelare ante causam, mai alcun giudizio di merito potrebbe incardinarsi (anche nellipotesi di concessione della misura), sicch non appaiono decisive quelle ragioni che inducono la giurisprudenza citata a sostenere lesenzione dallobbligo del pagamento del contributo unificato. Naturalmente, ci si rende conto che, nellipotesi di introduzione del giu- (223) MEZZOTERO, op. cit., 1319. (224) Questo rilievo, ai fini dellobbligatoriet della statuizione sulle spese da parte del giudice della cautela ante causam, formulato da F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit., e da TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 400 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dizio di merito, dover provvedere, da parte del ricorrente, ad un doppio pagamento del contributo unificato (il primo per la fase cautelare ante causam, quanto meno di importo pari alla met di quello che dovrebbe essere versato per la causa di merito, come avviene nel caso dei normali procedimenti ex artt. 669 bis ss., c.p.c., ed il secondo al momento del deposito del ricorso di merito) appare conseguenza eccessivamente rigorosa e tale da dissuadere, di fatto, dallesperimento dello straordinario rimedio cautelare previsto dal Codice. Il che impone al legislatore di prevedere dei correttivi al riguardo, specie se, come da pi parti auspicato, il rimedio della tutela cautelare ante causam verr generalizzato. 18. Riflessioni conclusive sulla tutela cautelare ante causam in attesa del nuovo codice del processo amministrativo anche alla luce delle novit introdotte dalla recente direttiva 11 dicembre 2007, n. 2007/66/CE Lanalisi della disciplina del nuovo rimedio introdotto dal Codice consente di formulare alcune riflessioni conclusive. Indubbiamente il legislatore ha colmato la lacuna processuale stigmatizzata dalla Corte di Giustizia europea, inserendo nel sistema processuale amministrativo uno strumento di tutela cautelare aggiuntivo delle tecniche di tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione. Tuttavia, in attesa che il nuovo rimedio venga plasmato dalla giurisprudenza e ricondotto dal legislatore negli alvei della legittimit in relazione ai punti critici in precedenza illustrati (225), emergono non pochi dubbi sulleffettiva utilit dellistituto, non fossaltro per la sua sostanziale sovrapposizione agli altri strumenti cautelari ordinari. In particolare, non si scorgono sostanziali differenze tra il rimedio introdotto dal Codice e listituto della tutela presidenziale delineata dallart. 21, comma 9, l. TAR, che presenta caratteristiche affini a quelle della tutela cautelare ante causam e che meglio si cala nei meccanismi tipici del processo amministrativo (226). (225) In tal senso pare muoversi lart. 73 della bozza di codice del processo amministrativo, su cui si rimanda al commento di prossima pubblicazione su questa Rassegna. (226) In proposito, perentoriamente, rileva M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit.: la cautela ante causam una misura assolutamente irragionevole e sproporzionata nel nostro sistema processuale amministrativo, in cui leffettivit della tutela sotto il profilo dellimmediatezza gi pienamente garantita dallart. 21, c. 9 l. TAR e della possibilit di integrare il ricorso fino alla scadenza dei termini attraverso la proposizione di motivi aggiunti. Ha quindi errato la Corte di Giustizia nellordinanza del 2004 e il Governo italiano ben potrebbe presumibilmente indurre gli organi comunitari ad una ulteriore riflessione sul tema. Del resto non appare a mio avviso senza significato la circostanza che la Direttiva 2007/66/CE si limiti a collegare leffettivit della tutela alla previsione di misure idonee a garantire che la violazione delle norma comunitarie non produca i suoi effetti, senza fare alcun esplicito riferimento alla necessit di una cautela ante causam. DOTTRINA 401 Anche la tutela cautelare monocratica, introdotta dalla l. n. 205/2000, si richiede con ricorso, previamente notificato e con la garanzia del mero contraddittorio formale; anche la misura monocratica atipica e destinata ad essere assorbita nella successiva delibazione dellistanza cautelare ordinaria. Lunica differenza - che per certi versi potrebbe, paradossalmente, andare a danno proprio dellistante - che si tratta di un rimedio che non prescinde dalla previa proposizione di un ricorso di merito. Tuttavia, come si detto, anche listanza ex art. 245 del Codice non potr mai prescindere dalla ricostruzione, seppur sintetica, in fatto ed in diritto delle ragioni che sostengono la richiesta di misura cautelare ante causam, mediante la rappresentazione sommaria dei vizi di illegittimit del provvedimento, nonch - detto in altro modo - dalla indicazione della futura azione di merito. Una valida giustificazione della introduzione dello strumento in esame potrebbe essere rinvenuta nella necessit di consentire alla parte che subisce un pregiudizio da un atto di gara di poterne invocare la sospensione nelle more della valutazione circa la ricorrenza di profili di illegittimit da fare valere con il successivo ricorso. E ovvio intendere che, affinch una simile ricostruzione abbia ingresso, si dovrebbe ammettere che il fondamento esclusivo della cautela di nuovo conio risieda nel (solo) periculum in mora. Lonere di provare lillegittimit dellatto sarebbe, invece, rinviato alla sede del gravame i cui tempi non sarebbero in tesi compatibili con lesigenza del concorrente di ottenere una tutela effettiva. Tuttavia, questa giustificazione non pu essere condivisa, considerato che, per tutte le ragioni esposte, onere della parte che fa listanza indicare anche i profili di illegittimit che ci si riserva di illustrare funditus nel ricorso, da soli o in aggiunta agli altri eventualmente conosciuti successivamente. Se cos, per, la tutela cautelare ante causam si rivela per la parte un inutile doppione della tutela monocratica e non stupisce che non se ne senta parlare nelle aule dei Tribunali amministrativi regionali, n che sia edito alcun precedente giurisprudenziale sulla norma di nuovo conio (227). In definitiva: che farsene della tutela ante causam se pu essere promossa solo con un atto notificato e depositato (come il ricorso e come listanza di misure provvisorie) nel quale (come nel ricorso e nellistanza di misure provvisorie) vanno articolati, anche se solo sommariamente, i motivi che a dire (227) Cfr., Pres. GIOVANNINI nella Relazione di apertura dellanno giudiziario 2009 dinanzi al T.A.R. Lazio, il quale sottolinea che la tutela cautelare monocratica gi molto efficace: e ne d conferma luso praticamente nullo dello strumento. Erano quindi perfettamente condivisibili gli argomenti svolti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 179 del 2002, nel senso che la possibilit di tutela cautelare immediata consentita dalla l. n. 205 del 2000 (affatto pi rapida di quella prevista dagli artt. 669 e 700 c.p.c.) esclude che la tutela cautelare ante causam di fronte al giudice amministrativo costituisca una condizione di effettivit della tutela e che in difetto di tale misura la p.A. goda di uningiustificata situazione di privilegio. 402 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 dellistante rendono la lesione una violazione della posizione giuridica di diritto comunitario? Tanto vale proporre ricorso riservandosi di dedurre motivi aggiunti entro il termine dimidiato ex art. 23 bis, l. TAR (o motivi nuovi entro quello ordinario per la proposizione del ricorso). Dunque, listituto in commento, cos comՏ, non convince. Perch possa rivelarsi di qualche utilit, di unutilit diversa da quella riconosciuta ai rimedi cautelari dellart. 21, l. TAR, occorrerebbe affrancarlo dallonere di dedurre anche motivi di censura, perlomeno nei casi in cui di essi non sia facile ed immediato laccertamento, non avendo linteressato esatta cognizione dei motivi del provvedimento. Tuttavia, per quanto in precedenza esposto, alla proponibilit di unistanza cautelare ante causam al buio o meramente esplorativa (motivata, cio, alla stregua del solo periculum) si oppongono saldi principi del nostro ordinamento processuale (in primis, il principio dellimpulso di parte). Se cos , allora, si deve riconoscere che listituto, pi che rispondere ad uneffettiva esigenza di giustizia, il portato di un obbligo di adeguamento dello Stato ai rilievi formulati in sede comunitaria. Di un tale rimedio, cos come congegnato dal legislatore, forse neppure si sentiva il bisogno e non rappresenta un rilevante progresso sul piano delleffettivit della tutela rispetto ai risultati cui era gi pervenuto il sistema italiano con la l. n. 205/2000, che, come detto, la Corte costituzionale nel 2002 aveva ritenuto adeguata per risolvere ogni problema di effettivit della tutela interinale (228). Listituto, alla prova dei fatti, risulta di scarso impatto pratico, poich le forme di tutela anticipata - seppur non ante causam - appaiono costituire sufficiente garanzia. Rispetto alla tutela cautelare monocratica di cui allart. 21, comma 9, l. TAR, il nuovo rimedio nulla effettivamente aggiunge, limitandosi il legislatore ad esasperare i presupposti per la concessione della misura, fissando dei requisiti di accesso alla tutela difficilmente riscontrabili in concreto. (228) Questi rilievi sono ben sviluppati da CHITI, Diritto amministrativo europeo, Milano, 2008, 705, il quale sottolinea la modesta utilit di questo istituto nel quadro delle molte opportunit date dal nuovo processo amministrativo, come anche confermato dalla Corte costituzionale con lordinanza n. 179/2002; nello stesso senso, con puntualit di argomenti, PAOLANTONIO, op. cit.; ROTIGLIANO, op. cit., il quale osserva che sembra trattarsi di uno di quei casi in cui losmosi tra diritto comunitario e diritto interno non proceduta per induzioni quanto piuttosto per deduzioni, attraverso cio limposizione di un modello nel contrasto ritenuto poziore alle tradizioni giuridiche nazionali. Mentre invece i diritti processuali nazionali, frutto di un affinamento plurisecolare dei vari ordinamenti, sono con le loro peculiarit un patrimonio ineguagliabile per il diritto europeo, pi che una remora a fronte di ununiformizzazione potenzialmente banalizzante delle regole processuali dellUnione; VILLATA, op. cit., in part. 856. Considerazioni critiche in ordine allutilit del rimedio sono state espresse, da ultimo, anche da CERULLI IRELLI, Osservazioni sulla bozza di decreto legislativo attuativo della delega di cui allart. 44, l. n. 88/2009 (presentate alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, l11.2.2010), in www.giustamm.it; quanto ad una lettura del nuovo istituto alla luce dei principi del giusto processo e di effettivit e pienezza della tutela giurisdizionale si rinvia alle condivisibili osservazioni di M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit.. DOTTRINA 403 Sar compito dellelaborazione giurisprudenziale disegnare i confini tra lestrema gravit ed urgenza e leccezionale gravit ed urgenza, facendo oscillare il pendolo della tutela cautelare sulluno o sullaltro polo, ma, considerato il ristretto spazio concettuale tra lestremo e leccezionale, si pu fondatamente prevedere la schiacciante prevalenza di uno dei due strumenti a discapito dellaltro. Non sembra, pertanto, condivisibile lopinione di chi (229) ritiene che la nuova tutela cautelare, segnata da un alto tasso di celerit, informalit e snellezza, sia destinata ad accrescere il livello di effettivit della tutela, rappresentando la delibazione dellistanza ante causam un momento di filtro del contenzioso amministrativo utile a deflazionare i ricorsi alla giustizia amministrativa, perch ladozione di un provvedimento di diniego adeguatamente motivato dissuaderebbe i privati dalla proposizione di ricorsi meramente dilatori e defatiganti. Se ci, in linea teorica pu avere un fondamento, tuttavia, occorre considerare lonere, che grava sullistante, di rappresentazione, sia pur sintetica, delle ragioni poste a fondamento della richiesta; sicch, si deve convenire che, con ogni probabilit, il giudice, che dovr giudicare iuxta probata et alligata, non sar in grado, data anche la ristrettezza dei tempi, di offrire una motivazione particolarmente ampia, specie sul fumus (ove, come sostenuto, lo si ritenga costituire presupposto per la concessione della misura, ad onta della formulazione normativa di cui al comma 3 dellart. 245). Dal che consegue, per un verso, che quella particolare funzione di indirizzo dellattivit amministrativa - propria della tutela cautelare ordinaria - pu, dirsi, riguardo alla tutela cautelare ante causam, decisamente abbandonata; per altro verso che listituto non svolger nella pratica alcuna effettiva funzione deflattiva e di filtro; ovvio intendere che una misura negativa non adeguatamente motivata, non dissuader il ricorrente dal riproporre listanza cautelare nelle forme ordinarie. Del resto, come acutamente rilevato in dottrina (230), lo scarso impatto pratico che il nuovo istituto sta dimostrando in concreto di avere dipende da una ragione basilare: diversa , infatti, la funzione della tutela cautelare nel processo civile rispetto a quella del processo amministrativo, poich nel primo tale funzione quella di garantire leffettivit della tutela giurisdizionale dichiarativa o esecutiva, i cui tempi di sviluppi potrebbero non essere compatibili con lurgenza del provvedere, mentre la struttura quasi sempre impugnatoria del processo amministrativo (cos come nelle controversie di cui allart. 245, per le quali il rimedio preventivo stato introdotto nel nostro ordinamento) ha ad oggetto una tutela finale di tipo costitutivo (finalizzata al- (229) TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. (230) PAOLANTONIO, op. cit., 337. 404 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 lannullamento di un provvedimento amministrativo), non dichiarativa o esecutiva, sicch assai rare sono le ipotesi in cui lesigenza di una tutela cautelare ante causam, ossia scissa dal rapporto di strumentalit tra tutela cautelare e ricorso (di merito) impugnatorio, pu emergere nel processo amministrativo. Possono scorgersi, non di meno, ipotesi in cui la tutela cautelare ante causam potrebbe presentare una certa utilit e, in particolare, una possibile capacit deflattiva del contenzioso. Listanza cautelare ante causam ben potrebbe, infatti, concernere atti la cui conoscenza piena difetta in capo al richiedente e dei quali il medesimo non sia neppure in grado di apprezzare concretamente la reale, consistente ed attuale capacit lesiva; e, in tal caso, il giudice invocato ben potrebbe acquisire, dallamministrazione, ai fini della pronuncia, quegli elementi conoscitivi minimi che potrebbero indurre linteressato a non proporre ricorso (o, ad esempio, a differirne la proposizione al momento delladozione, nel prosieguo della procedura amministrativa, di atti effettivamente ed utilmente impugnabili). Parimenti, la tutela cautelare ante causam potrebbe risultare utile nel caso di esclusione dalla gara nellimminenza dellapertura delle buste, ovvero di impugnativa del bando che, di per se, inibisca la partecipazione alla gara stessa (231); in tali ipotesi, infatti, potrebbe essere richiesta ed ottenuta ante causam la sospensione della procedura di aggiudicazione in attesa della definizione della domanda cautelare da avanzarsi in sede di merito, anche se ci pu produrre il non irrilevante effetto di una sospensione procedurale di non breve periodo, potenzialmente anche molto dannosa - almeno in talune tipologie di gara - per linteresse pubblico. Oppure, sempre nel caso di intervenuta esclusione dalla gara, il concorrente potrebbe essere ammesso con riserva ai soli fini del suo inserimento in una graduatoria virtuale (ma con esclusione della concreta aggiudicazione), spettando al giudice valutare, di volta, in volta, se tale riammissione sia compatibile con le caratteristiche pi o meno complesse delle procedure di gara e con lesigenza, in caso di rigetto - nel prosieguo - della misura cautelare ex art. 21, l. TAR, di riprendere il procedimento senza pregiudizi irre- (231) Cfr., T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, decr. pres., 7 febbraio 2007, in www.giustiziaamministrativa. it, che ha sospeso lefficacia di un bando che non ammetteva la partecipazione ad una pubblica gara dellimpresa ricorrente perch non rientrante tra le cooperative di tipo sociale alle quali sole era riservata la partecipazione; in tal caso, la P.A. ha annullato, in sede di autotutela, il bando di gara a seguito dellemissione della misura cautelare ante causam, ma solo dopo la proposizione del ricorso di merito, con la conseguente successiva declaratoria, con sentenza succintamente motivata, della cessazione della materia del contendere; per lindicazione di alcune ipotesi in cui lo strumento della tutela cautelare ante causam potrebbe risultare utile si rinvia a M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit. DOTTRINA 405 versibili per lamministrazione (mentre, non potr, come detto, conseguire una pronuncia volta ad assicurargli laggiudicazione o ad escludere un altro concorrente, n indurre lamministrazione ad utilizzare differenti criteri valutativi attesa la natura irreversibile di siffatte operazioni). In aggiunta a tutte le considerazioni de jure condito svolte sopra, sulleffettivit utilit del rimedio cautelare, in generale, e di quella ante causam, in particolare, potrebbe incidere pesantemente la nuova direttiva ricorsi in materia di appalti pubblici 2007/66/CE dell11 dicembre 2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (pubblicata in G.U.C.E. 20 dicembre 2007, n. 1, 335), che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dellefficacia delle procedure di ricorso in materia daggiudicazione degli appalti pubblici (232). Tale direttiva avrebbe dovuto essere recepita dagli Stati membri entro il termine del 20 dicembre 2009, termine prorogato di novanta giorni per effetto della trasmissione dello schema di decreto legislativo attuativo al parere delle Commissioni parlamentari, ai sensi dellart. 1, comma 3, l. n. 88/2009 (233). La novit pi rilevante della nuova direttiva costituita dalla particolarissima disposizione di cui allart. 2, par. 3 (234), il quale prevede lintroduzione negli ordinamenti processuali degli Stati membri di unipotesi (la prima ed unica nel nostro ordinamento) di effetto sospensivo automatico (la cui durata minima di non meno di dieci giorni) dellatto di aggiudicazione (235) quale conseguenza della mera proposizione di un ricorso giurisdizio- (232) Fra i primi commenti relativi alla nuova direttiva ricorsi, si segnalano: BARTOLINI - FANTINI, La nuova direttiva ricorsi, in Urb. e app., 2008, 10, 1093 e ss.; CONTALDI LA GROTTERIA, Le nuove direttive ricorsi e le vecchie questioni sulla sorte del contratto, in Dir. e pratica amministrativa, 2008, 3, 100 e ss.; DE NICTOLIS, La riforma del Codice appalti - La nuova direttiva ricorsi, in Urb. e app., 2008, 6, 665 e ss.; GRECO, La direttiva 2007/66/Ce: illegittimit comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in www.giustamm.it; LIPARI, Annullamento dellaggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, ivi. (233) Lo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva ed il relativo parere della Commissione Speciale del 25 gennaio 2010 del Consiglio di Stato sono pubblicati su www.giustamm.it; sugli effetti orizzontali della direttiva 2007/66, a seguito del suo mancato recepimento entro il termine del 20 dicembre 2009, cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. un., ord. 10 febbraio 2010, n. 2906, in www.lexitalia.it., n. 2/2010, su cui v. le prime note di commento di CARDARELLI, Commento a Cass. SS.UU., ord. n. 2906 del 10 febbraio 2010, in www.giustamm., n. 2/2010. (234) Lart. 2, par. 3, della direttiva 2007/66/CE dispone che: Qualora un organo di prima istanza, che indipendente dallamministrazione aggiudicatrice, riceva un ricorso relativo a una decisione di aggiudicazione di un appalto, gli Stati membri assicurano che lamministrazione aggiudicatrice non possa stipulare il contratto prima che lorgano di ricorso abbia preso una decisione sulla domanda di provvedimenti cautelari o sul merito del ricorso. (235) Atteso che leffetto sospensivo derivante dalla proposizione del ricorso ha carattere eccezionale, esso limitato allipotesi dellimpugnativa della sola decisione di aggiudicazione, come si desume dallart. 2, par. 4, della direttiva 2007/66, il quale enuncia il principio che le procedure di ricorso non devono necessariamente avere effetti sospensivi ed automatici; ne costituisce espressa eccezione il caso indicato nel paragrafo 3. 406 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 nale avverso gli atti della gara (c.d. clausola di standsill) (236). Viene, dunque, introdotta una sospensione processuale che scatta automaticamente a seguito della proposizione del ricorso, che si aggiunge alla sospensione sostanziale, per un termine di non meno dieci giorni, prevista a decorrere dal giorno successivo alla comunicazione della decisione di aggiudicazione agli interessati. La finalit della norma , evidentemente, quella di evitare la c.d. corsa al contratto, ossia di scongiurare il rischio che, nonostante una tempestiva iniziativa di ricorso e nonostante una potenziale tempestiva risposta del giudice (ovviamente in sede cautelare), lAmministrazione abbia gi stipulato il contratto con limpresa che sia stata (illegittimamente) individuata quale aggiudicataria; problema che si sostanzia nellinterposizione del contratto come ostacolo alla piena effettivit (di tipo reintegratorio) della tutela offerta dal giudice amministrativo. Come i primi commentatori della direttiva hanno evidenziato (237), tale previsione costituisce una vera e propria novit nel nostro sistema processuale, che destinata a mettere in crisi (o comunque a far ripensare) il carattere dellesecutivit, come connotato tipico dellatto amministrativo, tantoch la dottrina si subito premurata di congegnare dei rimedi per temperare lindifferenziata applicazione del principio di sospensione automatica (238). In ogni caso, al di l temperamenti ipotizzabili, il recepimento della sospensione automatica processuale costituisce un atto dovuto per gli Stati membri, essendo, a tal fine, espressamente, disposto che ҏ necessario prevedere un termine sospensivo minimo autonomo, che non dovrebbe scadere prima che lorgano di ricorso si sia pronunciato sulla domanda (12 considerando della direttiva 2007/66) (239). La direttiva lascia agli Stati membri la possibilit di far durare la sospensione processuale della delibera di aggiudicazione tra un periodo minimo, che la decisione della fase cautelare, ed un periodo massimo, che quello della decisione di merito. Come accennato, lattuazione della nuova Direttiva ricorsi stata disposta (236) Sulla clausola di standstill contemplata dalla direttiva del 2007 cfr., DI MARIO, Le clausole standstill nellattuazione della direttiva 2007/66, in www.giustizia-amministrativa.it; RUSCICA, La rivoluzione attuata dalla Direttiva n. 66/2007, in www.altalex.it e in Strumentario enti locali, 2009, 11). (237) Si veda, in particolare, BARTOLINI - FANTINI, op. cit.; GRECO, op. cit. (238) Secondo DE NICTOLIS, op. ult. cit., 666, in sede di recepimento della direttiva 2007/66/CE, il legislatore delegato dovr: () scegliere, tra le due opzioni comunitarie [relative alla durata della sospensione automatica] quella secondo cui lo standstill opera fino alla definizione della fase cautelare, e non anche fino alla definizione del merito; a conclusioni sostanzialmente identiche perviene LIPARI, op. cit. (239) In tal senso, BARTOLINI - FANTINI, op. cit.; GRECO, op. cit.; contra LIPARI, Annullamento dellaggiudicazione ed effetti del contratto, in www.federalismi.it, n. 9/2008, 10-11, che sostiene la facoltativit del recepimento del termine sospensivo processuale. DOTTRINA 407 dalla l. 7 luglio 2009, n. 88, recante Disposizioni per ladempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunit europee - Legge comunitaria 2008. (09G0100), in tempo utile ad evitare la scadenza del termine di recepimento della Direttiva, prevista per il 20 dicembre 2009. La legge contiene allart. 44 una delega al Governo per il recepimento della Direttiva con decreto legislativo ed opera alcune scelte importanti tra quelle che il legislatore comunitario ha lasciato al legislatore nazionale. Per quanto rileva ai fini della presente indagine, la legge delega ha previsto il recepimento della sospensione automatica in pendenza di ricorso in presenza delle seguenti condizioni: a) la sospensione si applica solo nel caso di proposizione di ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento di aggiudicazione definitiva, accompagnato da contestuale domanda cautelare; b) la domanda devessere presentata al giudice competente territorialmente e per materia, il quale rileva lincompetenza inderogabile dufficio prima di ogni altra questione; c) la preclusione alla stipulazione del contratto opera fino alla pubblicazione del provvedimento cautelare definitivo, ovvero fino alla pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado, in udienza o entro i successivi sette giorni, se la causa pu essere decisa nel merito nella camera di consiglio fissata per lesame della domanda cautelare; d) il termine per limpugnazione del provvedimento cautelare di quindici giorni dalla sua comunicazione o dalleventuale notifica, se anteriore. Ne risulta lintroduzione di modifiche importanti al rito in materia di appalti caratterizzate dalla certezza di una decisione in sede cautelare (o di merito nel caso di conversione del rito cautelare) anteriore alla stipulazione del contratto, effetto di per s non garantito dalla sola tutela ante causam. Lart. 245-bis, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, introdotto dallo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2007/66 prevede che il contratto non possa essere stipulato prima della decisione cautelare di primo grado ovvero prima della pubblicazione del dispositivo della sentenza pronunciata in forma abbreviata. A tal fine previsto innovativamente che nel caso in cui la stazione appaltante fruisca del patrocinio dellAvvocatura dello Stato la notificazione del ricorso debba essere effettuata anche alla stazione appaltante al fine di attivare il termine sospensivo della stipulazione. La disposizione del decreto attuativo conferma poi le indicazioni della legge in merito ai requisiti della domanda idonea a produrre leffetto sospensivo (richiesta cautelare e proposizione al giudice competente). E certo che lintroduzione della sospensione automatica nel nostro ordinamento, ove non fosse legata alla proposizione di una domanda cautelare, potrebbe rendere pressoch superfluo lintervento cautelare monocratico ante causam e inaudita altera parte (240); chiaro che, in questo rinnovato con- (240) Cos GRECO, op. cit. 408 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 testo, verrebbe meno lesigenza pi volte prospettata dalla Corte di Giustizia di garantire la possibilit di chiedere la sospensione dellatto indipendentemente da ogni azione previa. Se la stessa proposizione del ricorso a determinare di per s la sospensione della delibera di aggiudicazione, il giudizio cautelare (ordinario e preventivo) si rivelerebbe sostanzialmente inutile, operando la sospensione della fase contrattuale automaticamente fino alla decisione di merito del giudizio, senza la necessit di un intervento giudiziale. Diverso, invece, il discorso laddove (come pare alla luce dello schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2007/66) il nostro legislatore si orientasse nel senso di limitare la sospensione automatica fino alla decisione del giudice cautelare, nel qual caso ovvio che interesse della parte proporre istanza cautelare, eventualmente anche ante causam. Semmai, il problema che si pone in questa evenienza di un possibile uso distorto della tutela cautelare, qualora si dovesse tenere ferma la previsione secondo cui leffetto sospensivo automatico perdura fino alla decisione cautelare definitiva (241). In tal caso il ricorso potrebbe essere proposto anche pretestuosamente per ottenere la sospensione ex lege della stipula, sicch pare opportuno prevede un termine preclusivo (ossia di sospensione automatica) fisso, entro il quale deve sopravvenire un provvedimento cautelare collegiale. Allo stato, dunque, non essendo prevedibile per quale soluzione opter definitivamente il nostro legislatore in sede di recepimento della direttiva, non vՏ dubbio che sussiste il rischio (invero, insito nel testo comunitario) per cui il ricorso al sistema della sospensione automatica, lungi dal favorire il ricorrente che ha ragione, si presti piuttosto ad utilizzi strumentali da parte di soggetti la cui unica finalit sia quella di sospendere sine die le procedure di aggiudicazione (se del caso, attraverso lintroduzione di un giudizio palesemente infondato). Proprio per questa ragione, la dottrina ha ipotizzato che in sede di recepimento, ben pu essere previsto un termine di durata massima dello standstill conseguente al ricorso giurisdizionale (), laddove non vi sia domanda cautelare e dunque una pronuncia cautelare che proroghi la sospensione legale. In tal modo, si incentiva il ricorrente a formulare domanda cautelare, e si consegue in tempi rapidi una pronuncia almeno cautelare sul ricorso(242). (241) Cfr., in proposito, le osservazioni formulate nel parere sullo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2007/66 della Commissione Speciale del Consiglio di Stato, cit., 55-56, secondo cui il termine preclusivo deve operare solo per venti giorni e sempre che entro tale termine intervenga un provvedimento cautelare collegiale; a tale soluzione adde, CERULLI IRELLI, Osservazioni sulla bozza di decreto, cit.. Favorevole alla previsione delleffetto sospensivo automatico fino alla decisione cautelare definitiva M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit.. (242) DE NICTOLIS, op. ult. cit., 666. DOTTRINA 409 Non ci resta che attendere gli sviluppi della vicenda, i cui esiti - come pare probabile in considerazione delle disposizioni dello schema di decreto attuativo della direttiva 2007/66 - potrebbero portare ad una vistosa contrazione degli spazi applicativi dello strumento cautelare preventivo, gi, attualmente, inutile. Finito di stampare nel mese di marzo 2010 Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma