ANNO LX N. 1 GENNAIO-MARZO 2008 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi Giuseppe Guarino Natalino Irti Eugenio Picozza Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Gianni De Bellis Sergio Fiorentino Maurizio Fiorilli Paolo Gentili Antonio Palatiello Massimo Santoro Carlo Sica. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi Stefano Maria Cerillo Luigi Gabriele Correnti Giuseppe Di Gesu Paolo Grasso Pierfrancesco La Spina Marco Meloni Maria Assunta Mercati Alfonso Mezzotero Riccardo Montagnoli Domenico Mutino Domenico Pardi Pietro Vitullo. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Francesca Pioppi e Antonella Quirini GESTIONE DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI: Antonella Quirini HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Diego Arocchi Giuseppe Arpaia Maila Bevilacqua Valeria Camilli Maria Antonia Chieco Cinzia F. Coduti Roberto Collacchi Federico Dinelli Riccardo Gai Davide Giovannelli Gregorio Mattera Flavia Piqu Valeria Santocchi Susanna Screpanti Giuseppe Stuppia Rita Tuccio Giuseppe Zuccaro. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it tel. 066829597 francesca.pioppi@avvocaturastato.it tel. 066829431 antonella.quirini@avvocaturastato.it tel. 066829205 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando: codice IBAN: IT 06U 01000 03245 350 0 10 2368 00, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo ABBONAMENTO ANNUO ........................................................................ 40,00 UN NUMERO ......................................................................................... 12,00 AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. Via Roberto Malatesta n. 296 - 00176 Roma INDICE SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Discorso dellAvvocato Generale dello Stato Oscar Fiumara in occasione della Cerimonia di inaugurazione dellanno giudiziario. Roma, 25 gennaio 2008 . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 Indirizzi per la difesa delle amministrazioni statali in tema di invalidit civile (A.G.S. - Comunicazione di servizio del 23 aprile 2008 prot. 54340, n. 48 Circolare del 23 aprile 2008 prot. 54346, n. 19; parere del 19 febbraio 2008 n. 23172) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Oscar Fiumara, Paolo Gentili, Aspetti giuridici del multilinguismo - Intervento dellAvvocato Generale al convegno tenutosi nella sede della Accademia della Crusca. Firenze, 10 maggio 2008 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Maurizio Fiorilli, Sentenze rese dalla Corte di giustizia nellanno 2007, cause che hanno interessato lItalia. Breve sintesi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 1.- Le decisioni Valeria Santocchi, dossier, Lautorizzazione del Prefetto agli Istituti di vigilanza (Corte di Giustizia CE, sent. 13 dicembre 2007 nella causa C-465/05; C.d.S., sez. IV, sent. 5 settembre 2007 n. 4647; circolare del Ministero dellinterno 29 febbraio 2008 nr. 557/PAS/2731/10089.d(1)) . . . 77 Maria Antonia Chieco, Violazione alla concorrenza - Imputazione responsabilit in caso di successione di imprese: il caso tabacchi italiani (Corte di Giustizia CE, sent. 11 dicembre 2007 nella causa C-280/06) . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114 CONTENZIOSO NAZIONALE Valeria Camilli, Rita Tuccio, dossier,Ingresso - soggiorno dello straniero e tutela dellordine pubblico: il problema delleffetto delle precedenti condanne penali (C.d.S., sez. VI, sentt. 8 febbraio 2008 n. 415 e 13 marzo 2008, n. 1031; T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, sent. 6 giugno 2007 n. 505) . . . 133 Diego Arocchi, Applicabilit della normativa della Regione Friuli Venezia Giulia in materia di lavori pubblici (Corte Cost., sentt. 23 novembre 2007 n. 401 e 14 dicembre 2007 n. 431). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159 Giuseppe Stuppia, Linammissibilit del regolamento preventivo di giurisdizione nei procedimenti cautelari (Cassaz., SS.UU., ord. 20 giugno 2007 n. 14293) . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184 Federico Dinelli, Ancora organi dello Stato con personalit giuridica? (Cassaz., SS.UU., sent. 8 febbraio 2008 n. 3004) . . . . . . . . . . . . . . . . . 188 Alfonso Mezzotero, Giuseppe Zuccaro, La notificazione della sentenza di primo grado allamministrazione statale costituita personalmente ex art. 417 bis c.p.c.: la Cassazione non persuade (Cassaz., sez. lav., sent. 22 febbraio 2008 n. 4690). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 208 Flavia Piqu, I reati ambientali: le problematiche emerse di recente in materia di sequestro (Cassaz., sez. I pen., sent. 8 settembre 2006, n. 29855; sez. III pen., sent. 12 giugno 2007 n. 22826). . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244 Davide Giovannelli, Lex est araneae tela: lesercizio della giurisdizione U.S.A. e laccertamento delle violazioni dello ius in bello (Corte dAssise di Roma, sez. III, sent. 25 ottobre 2007 3 gennaio 2008 n. 21). . 262 Giuseppe Arpaia, Clausola compromissoria nulla per contrasto con norme imperative ed inserzione automatica di clausole (Arbitro Unico, lodo Napoli 24-26 novembre 2007) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281 Roberto Collacchi, Annotazione dei dati nel casellario imprese: disapplicazione della delibera di esclusione dalla gara di appalto (C.d.S., sez.VI, dec. 27 giugno 2007 n.3704) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289 Cinzia F. Coduti, La centralit del rischio nella concessione di servizio pubblico (C.d.S., sez.V, sent. 15 gennaio 2008 n. 36) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 298 PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309 CONTRIBUTI DI DOTTRINA Maila Bevilacqua, La responsabilit ambientale da cosa in custodia . . . . . . . . 347 Riccardo Gai, Alcune riflessioni sulla tutela giurisdizionale nei confronti delle Autorit amministrative indipendenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 364 Gregorio Mattera, Intermediazione finanziaria e violazione degli obblighi di informazione . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 378 Susanna Screpanti, Il sindacato del Giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche e sui poteri sanzionatori dellAutorit garante della concorrenza e del mercato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 393 INDICI SISTEMATICI. . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 421 TEMI ISTITUZIONALI Discorso dellAvvocato Generale dello Stato Oscar Fiumara in occasione della Cerimonia di inaugurazione dellanno giudiziario Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Senato, Signor Presidente della Camera, Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Corte Costituzionale, Autorit, signore e signori, lAvvocatura dello Stato ha un ruolo importante nella vita giudiziaria del nostro Paese e questa loccasione per rappresentarne in estrema sintesi lopera svolta e per formulare alcune brevi considerazioni quale contributo per rendere pi efficiente il sistema giustizia. Sinteticamente ricordo che gli affari nuovi da noi impiantati nel corso dellanno 2007, raggiungono, in tutta Italia, il numero di 200.000 circa (50.000 circa nella sede centrale romana), con una lieve flessione rispetto ai 215.000 dellanno precedente (conseguente invero solo alla opportuna sottrazione al patrocinio dellAvvocatura della materia previdenziale e assistenziale): in particolare e per grandi linee 100 affari dinanzi ai giudici comunitari (dove la organicit e lesclusivit della difesa dello Stato da parte della sua Avvocatura la conseguenza logica dellinterconnessione fra la giurisdizione comunitaria e quella nazionale); 800 dinanzi alla Corte costituzionale, 10.000 dinanzi alla Corte di cassazione (con una diminuzione rispetto allanno precedente, per la definizione di alcune cause seriali, come quelle relative alle penalit dovute per lo sforamento da parte dei produttori italiani delle c.d. quote latte comunitarie), 2.300 dinanzi al Consiglio di Stato, e cos via. In particolare nella sede romana, quanto alla giurisdizione ordinaria, sono state aperte circa 1000 cause dinanzi ai giudici di pace, 6000 dinanzi ai Tribunali del distretto, altrettante dinanzi alla Corte di appello (in gran parte relative alla legge Pinto); e quanto alla giurisdizione amministrativa gli affari nuovi dinanzi al T.A.R. Lazio sono oltre 8000. La percentuale delle cause vinte di gran lunga superiore a quella delle cause perdute (pur considerando formalmente perdute quelle in cui la soccombenza minima, a volte addirittura infinitesimale): oltre il 60% in cassazione, il 73-74% dinanzi ai Tribunali ordinari e amministrativi; percentuale invece fortemente negativa per la Corte dAppello per la inevitabile notevole incidenza degli RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 affari relativi alla legge Pinto. E la spesa globale per il nostro funzionamento molto contenuta. Questa mole di contenzioso non esaurisce certo la nostra attivit. Molto impegnativa una vasta attivit consultiva e di supporto alle amministrazioni. con orgoglio e soddisfazione che ricordo ad esempio il ruolo avuto dallAvvocatura dello Stato, in splendida armonia con la Magistratura, il Ministero dei beni culturali e lArma dei carabinieri, nel recupero dai musei statunitensi di preziosissime opere darte, ora esposte nel palazzo del Quirinale, recupero culminato nei giorni scorsi con il rientro in Italia del celebre Vaso di Eufronio, che ha fatto la sua prima apparizione ufficiale nel nostro Paese proprio nella sede dellAvvocatura generale dello Stato. Se questa in sintesi la nostra attivit, non pu non rilevarsi che la nostra funzionalit si riverbera su quella dellintero sistema giudiziario. La natura e le funzioni del nostro cliente ci fanno assumere una posizione del tutto particolare nello svolgimento del nostro patrocinio, improntato certo alla piena e corretta difesa dellAmministrazione, ma anche caratterizzato da una visione unitaria e ponderata degli interessi pubblici che la stessa persegue. E fra questi interessi assume rilievo anche quello funzionale di contribuire ad una resa di giustizia rapida ed efficiente. Per consentirci di dare tale contributo necessario che dallesterno ci siano forniti i mezzi per funzionare meglio e dallinterno che siano da noi razionalizzati i mezzi a disposizione. Mi limito a segnalare alcune esigenze e mi permetto di avanzare alcuni suggerimenti: a) LAvvocatura non chiede aumenti di organico del personale togato n nuove risorse finanziarie, se non adattamenti modestissimi; ma chiede misure che le consentano di rendere pi agile il proprio lavoro, come lautonomia finanziaria (cos come la chiede la stessa Corte di Cassazione), listituzione di un ruolo minimo di dirigenti amministrativi (siamo lunica amministrazione che ne priva) e una maggiore attenzione per il personale amministrativo; b) Plaudo allistituzione, prevista nel disegno di legge allesame del Parlamento, di un ufficio del processo in ciascuna sede giudiziaria; anche noi avremmo bisogno di assistenti giudiziari che possano affiancare gli avvocati; c) Linformatica: Linnovazione non si fa contando il numero di personal computer o misurando il traffico internet, ma si fa incidendo sul riordino dei processi, con un coinvolgimento partecipato di tutti gli attori interessati. Cos lAvvocatura sta concentrando i propri sforzi soprattutto sul lento e difficile cambiamento culturale imposto dalla velocit insita nellevoluzione tecnologica. Lavoriamo per dare alle amministrazioni difese un accesso sicuro ed immediato alle informazioni che le riguardano, sperimentando nuove modalit operative di scambio informatizzato, con evidente risparmio di tempi e ottimizzazione delle reciproche informazioni. La realizzazione interna del fascicolo elettronico, gi anticipata da alcune iniziative parziali, ormai alle porte, e intende costituire un primo concreto passo per realizzare quello scambio elettronico dei fascicoli che il processo telematico teso a TEMI ISTITUZIONALI realizzare. per necessario viaggiare insieme con tutti gli attori coinvolti nel dominio Giustizia (amministrativa, ordinaria, tributaria) e definire insieme dei linguaggi, delle regole e dei percorsi comuni che, con il supporto dellinformatica, possano far raggiungere i risultati tanto sperati. d) Un altro punto ci sembra molto importante. Lapprovazione della disposizione sulle azioni collettive o seriali o class actions (art. 2, co. 446, legge 24 dicembre 2007, n. 244) e il recente revirement delle Sezioni Unite civili sulla questione della frazionabilit del credito (Sez. Un., 15 novembre 2007, n. 23276) segnano due rilevanti passaggi di un processo evolutivo teso al miglioramento della qualit, dei tempi e dei costi dei giudizi. Quanto alla class action, il nuovo meccanismo processuale si fonda sul- lesercizio del diritto di richiedere lestensione del giudizio collettivo da altri introdotto (c.d. opt-in right) avente ad oggetto una questione, di fatto o di diritto, comune alla classe cui si appartiene. Analoghi effetti produce linnovativo orientamento delle Sezioni Unite civili sul divieto di parcellizzazione abusiva del credito, che determina la concentrazione in un unico processo delle pretese creditorie derivanti dal medesimo rapporto obbligatorio. LAvvocatura dello Stato potrebbe contribuire in misura sensibile al descritto processo di miglioramento della qualit, dei tempi e dei costi della giustizia italiana attraverso lutilizzazione di una class action aggiuntiva a quella ora prevista. Il contenzioso seriale che coinvolge lo Stato e gli altri enti difesi dallAvvocatura presenta dimensioni quantitative e qualitative considerevoli. Basti pensare alle controversie lavoristiche (ad esempio quelle sul trattamento economico delle festivit nazionali cadenti di domenica), a quelle tributarie, a quelle in materia di recuperi di restituzioni comunitarie in agricoltura, a quelle per i danni da emoderivati, a quelle relative a procedure concorsuali, ecc., casi tutti che danno luogo ad una mole enorme di cause, di decreti ingiuntivi, per somme talvolta di ammontare irrisorio. Auspico, quindi, che il Legislatore estenda in tempi brevi il nuovo strumento processuale al di l delle mere questioni consumeristiche, assicurando anche allo Stato convenuto in giudizio la possibilit di segnalare e far dichiarare linstaurazione, in ogni stato e grado del giudizio, e segnatamente in grado di legittimit, della class action (c.d. opt-out right). e) I punti problematici appena toccati portano a considerare alcune delle pi rilevanti decisioni prese dalla Cassazione nel 2007 in materie di interesse pubblico. In controtendenza con il ruolo deflativo e vincolante dei precedenti pilota, in particolare delle Sezioni Unite, sembra andare la decisione di rimettere nuovamente in discussione avanti a queste il regime fiscale delle Fondazioni bancarie, pur dopo la sentenza delle Sezioni Unite di fine 2006 e ben 55 sentenze conformi della Sezione tributaria pronunciate dopo di essa. Altro profilo connesso con la gestione dei contenziosi ripetitivi quello dellultrattivit del giudicato. In proposito va ricordata la recentissima ordinanza 26996/07 con cui la Sezione tributaria ha rimesso alla Corte di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 giustizia la questione della compatibilit dellestensione dei giudicati tra anni di imposta diversi con il divieto comunitario di abuso del diritto, segnatamente in materia di IVA. Ancora, ma in modo improprio, con la tematica della deflazione del contenzioso si legano talune sentenze pronunciate a proposito del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e dellapplicazione dellart. 366 bis c.p.c.. Segnalo, con una certa preoccupazione, lemergere di una tendenza formalistica che intende lautosufficienza in senso addirittura grafico, e che mostra quasi di voler assegnare al quesito di diritto unimportanza superiore a quella del motivo di ricorso. Segnalo ancora, perch connessa non solo con la tematica della deflazione e del controllo del contenzioso di massa, ma anche con la dolorosa questione dei rifiuti in Campania, limportante e utile sent. 27187/07, con la quale si affermato a Sezioni Unite un principio generale di diritto secondo cui tutte le controversie che toccano la gestione del territorio, comprese quelle coinvolgenti i provvedimenti adottati per fronteggiare lemergenza rifiuti, competono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, anche se sia fatta valere la lesione del fondamentale diritto alla salute. In tal modo si consente una gestione pi efficiente e coordinata di contenziosi inevitabilmente massicci e diffusi. f) Infine una parola sulla legge Pinto. Se da un lato possiamo stare relativamente tranquilli sulla non applicabilit della norma al processo tributario, in armonia con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, da un altro lato preoccupa la generalizzata applicazione al processo dinanzi al giudice amministrativo, dove ora molti giudizi vengano coltivati dopo anni di letargo non per un effettivo interesse alla decisione ma solo per ottenere, magari dopo sentenza sfavorevole, lindennizzo per la durata; e ancor pi preoccupa la giurisprudenza della Corte di Strasburgo sulla estensione dellindennizzo a tutta la durata del processo irragionevolmente lungo anzich alla sola parte eccedente la durata ragionevole come da giurisprudenza nazionale da ultimo confermata dalla Corte di cassazione. Occorre trovare una soluzione. Nella passata legislatura avevamo proposto una via semplificata di risoluzione conciliativa in una fase preliminare a quella contenziosa: forse la strada potrebbe essere ripresa. Concludo. Nel suo discorso alla nazione di fine anno il Signor Presidente della Repubblica ha esortato a guardare con obiettivit alle grandi risorse dellItalia, che non certo in declino ma soffre di difficolt contingenti in parte comuni ad altri Stati. Da ci ispirato, ribadisco di aver fiducia nel nostro Istituto e nella Giustizia nel nostro Paese, non per un ingenuo e facile ottimismo, ma per coscienza delle nostre capacit e orgoglio delle nostre tradizioni. Grazie, signor Presidente della Repubblica, grazie a tutti per avermi ascoltato. Corte Suprema di Cassazione Assemblea generale Roma, 25 gennaio 2008 TEMI ISTITUZIONALI Indirizzi per la difesa delle amministrazionistatali in tema di invalidit civile A.G.S. Comunicazione di servizio del 23 aprile 2008 prot. 54340, n. 48 Circolare del 23 aprile 2008 prot. 54346, n. 19. Contenzioso in materia di invalidit civile. Con lallegato parere del Comitato Consultivo del 19 febbraio 2008 n. 23172 P, si ritenuta non opportuna la costituzione in giudizio nelle cause in materia di invalidit civile, instaurate dopo il 1 aprile 2007, nelle quali venga ordinata lintegrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero delleconomia e delle finanze, come disposto da alcuni giudici, in casi al momento ancora sporadici. Come noto, a seguito delle varie modifiche che si sono succedute in tema di legittimazione passiva nel contenzioso in materia di invalidit civile, con il definitivo passaggio delle funzioni dallo Stato allINPS (art. 130 del decreto legislativo n. 112 del 1998; art. 42 del decreto legge del 30 settembre 2003, n. 269 convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326; articolo 10 del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203 convertito in legge 12 dicembre 2005, n. 248; articolo 5 del D.P.C.M. 30 marzo 2007) larticolo 10, comma 6 del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203 convertito in legge 12 dicembre 2005, n. 248, ancora prevede che gli atti introduttivi e le sentenze in materia di invalidit civile vadano notificate anche allINPS e che questo sia litisconsorte necessario mentre lo stesso ormai lunico soggetto legittimato passivamente in dette cause, essendo stata definitivamente eliminata non solo loriginaria legittimazione passiva del Ministero dellinterno ma anche la residua legittimazione passiva del Ministero delleconomia e delle finanze. La predetta norma prevede altres lobbligo di notifica dei predetti atti presso lAvvocatura dello Stato nonostante il venir meno di ogni coinvolgimento delle amministrazioni statali e bench lINPS non si avvalga del patrocinio dellAvvocatura dello Stato. In attesa di un auspicabile chiarimento normativo che elimini le richiamate discrasie, si reputa pertanto non necessario lo svolgimento di attivit processuale, al solo fine di eccepire il difetto di legittimazione passiva, ove linterpretazione che ritiene di disporre lintegrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero delleconomia e delle finanze rimanga minoritaria, atteso il definitivo venir mento della titolarit del rapporto sostanziale in capo al predetto Ministero. LAvvocato Generale dello Stato Oscar Fiumara. A.G.S. Parere del 19 febbraio 2008 n. 23172. Contenzioso in materia di invalidit civile Nuove problematiche sorte in relazione ai giudizi incardinati in data successiva al 1 aprile 2007 (consultivo 47758/07, avvocato M. Russo). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 La questione che con la presente nota si intende portare allattenzione di codesta Amministrazione(*) attiene, ancora una volta, ai giudizi in materia di invalidit civile. Al riguardo, come noto, negli ultimi anni si sono succedute diverse norme, che hanno inciso sia sullindividuazione dei soggetti legittimati a contraddire nei giudizi in materia di invalidit civile, sia sul patrocinio dellAmministrazione statale nei suddetti giudizi. Trattandosi di norme dalla formulazione tuttaltro che chiara e, come tale, potenzialmente fonte di equivoci, relativamente alle stesse si reso necessario lintervento interpretativo del Comitato Consultivo dellAvvocatura Generale dello Stato, e segnatamente: Sullart. 42 del d.l. 269 del 30 settembre 2003 convertito in legge 326 del 24 novembre 2003 stato reso il parere n. 45670 del 26 marzo 2004; Sullart. 10 del d.l. 203 del 30 settembre 2005, convertito in legge 248 del 12 dicembre 2005 stato reso il parere in data 17 febbraio 2006 n. 20209. Per agevolare la ricostruzione della fattispecie, si sintetizzano brevemente qui di seguito i punti salienti delle norme di cui sopra, nonch dei pareri resi al riguardo. Con la norma di cui allart. 42 cit., il Ministero dellEconomia e Finanze stato definito espressamente litisconsorte necessario nei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidit civile (cos definitivamente superando il diverso orientamento espresso da Cass. 11475/02); la stessa norma ha introdotto un particolare regime per quanto attiene al patrocinio dellAmministrazione medesima. A tale proposito, nel citato parere 45670 del 26 marzo 2004, si sostenuto: Si viene ora alla questione inerente la difesa dellAmministrazione, se cio debba provvedervi questa direttamente ovvero lAvvocatura dello Stato. In proposito si osserva quanto segue. La regola generale in materia di rappresentanza, patrocinio ed assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato espressa dallart. 1 del R.D. 1611/33, che le attribuisce allAvvocatura dello Stato. In via di eccezione rispetto a tale principio, lart. 3 R.D. cit. consente laffidamento della difesa a funzionari, intesa lAvvocatura dello Stato. Lart. 42 I comma del d.l. 269/03 a quanto pare specificazione ulteriore della possibilit gi contemplata dallart. 3 cit. attribuisce allAmministrazione, tra laltro, la facolt di essere difesa da propri funzionari. Contempla, inoltre, la possibilit di affidamento del patrocinio, sulla base di apposite convenzioni, ad avvocati dellINAIL e dellINPS. Ci posto, appare evidente che lAvvocatura procede alla costituzione in giudizio in ragione della regola generale di cui allart. 1 R.D. 1611/33. Leventuale determinazione di affidare il patrocinio a funzionari dellAmministrazione potr invece essere adottata sulla base di esplicita indicazione dellAvvocatura, analogamente a quanto avviene nelle controversie di lavoro, secondo il procedimento delineato dal- lart. 417 bis c.p.c. Ci al fine di consentire allAvvocatura lindividuazione di eventuali questioni di speciale rilevanza, nuove o comunque atipiche (potenzialmente originabili anche da ulteriori innovazioni normative future), che richiedano lelaborazione di una difesa ad hoc da parte dellorgano dotato delle necessarie competenze tecniche. Sempre nellottica di garantire, nelle controversie del tipo in questione, la continuit dellapporto difensivo dellAvvocatura, si ritiene poi che eventuali convenzioni con sogget (*) Ministero dellEconomia e delle Finanze. TEMI ISTITUZIONALI ti estranei tanto allAmministrazione quanto allAvvocatura stessa (avvocati dellINPS e dellINAIL) vadano stipulate previa acquisizione del favorevole avviso dellAvvocatura Generale dello Stato, su proposta dei singoli Uffici Distrettuali con esclusivo riferimento a questioni seriali standardizzate, nonch con lespressa salvezza del preventivo vaglio dellAvvocatura in ordine allopportunit di sottrarre alla difesa convenzionata le medesime questioni rilevanti, nuove o di massima di cui si detto sopra (e ci in armonia con quanto disposto dallart. 5 RD 1611/33). . In ragione di tutto quanto si fin qui esposto, spetter a ciascuna Avvocatura comunicare allAmministrazione se intenda riservarsi la difesa nelle controversie in materia di invalidit o se al contrario le stesse possano essere direttamente trattate dallAmministrazione (ferma restando ovviamente la riserva dellAvvocatura Generale per il giudizio di legittimit). La norma di cui allart. 10 cit., a sua volta, ha ulteriormente innovato la materia, in particolare prevedendo il subentro dellINPS nellesercizio delle funzioni residuate allo stato in materia di invalidit civile gi di competenza del Ministero dellEconomia e Finanze. Nel prevedere tale subentro, la norma ha disposto un regime processuale diversificato come segue: Comma IV: fino alla data stabilita con i decreti di cui al comma II, resta fermo, in materia processuale, quanto stabilito dallart. 42 comma I del d.l. 30 settembre 2003, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326. Comma V: per le controversie instaurate nel periodo compreso fra la data di entrata in vigore del presente decreto [4 ottobre 2005] e la data di effettivo esercizio da parte dellINPS delle funzioni trasferite, la difesa in giudizio del Ministero dellEconomia e Finanze assunta, ai sensi del predetto art. 42 comma I del citato d.l. 269/03, da propri funzionari ovvero da avvocati dipendenti dellINPS Comma VI: a decorrere dalla data di effettivo esercizio da parte dellINPS delle funzioni trasferite, gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidit civile, cecit civile, sordomutismo, handicap e disabilit, nonch le sentenze ed ogni provvedimento resi in detti giudizi devono essere notificati anche all INPS. La notifica va effettuata sia presso gli uffici dellAvvocatura dello Stato ai sensi dellart. 11 r.d. 1611/33, sia presso le sedi provinciali dellINPS. Nei procedimenti giurisdizionali di cui al presente comma, lINPS litisconsorte necessario ai sensi dellart. 102 del c.p.c. e, limitatamente al giudizio di primo grado difeso da propri dipendenti. Ebbene, in considerazione di quanto sopra, con il parere del 17 febbraio 2006, il Comitato Consultivo ha chiarito che, mentre nel primo periodo (giudizi iniziati in epoca antecedente allentrata in vigore del d.l. 203/05), continua ad applicarsi il regime delineato dallart. 42 d.l. 269/03 (patrocinio affidato allAvvocatura od ai funzionari a seconda delle intese intercorse con ciascuna Avvocatura Distrettuale), nel successivo periodo (fase transitoria, che comprende i giudizi iniziati a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.l. 203/05 (cio dal 4 ottobre 2005), e fino alleffettivo esercizio da parte dellINPS delle funzioni trasferite, il regime delineato nel senso di un patrocinio affidato in alternativa a funzionari dellAmministrazione o avvocati dipendenti dellINPS, con lesclusione del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, sia per le fasi di merito che in sede di legittimit. Venendo allart. 10 comma VI (riferito al periodo decorrente dalleffettivo esercizio delle funzioni da parte dellINPS), il Comitato Consultivo non ha potuto esimersi dal rilevare che trattasi di norma assolutamente non chiara, e dallauspicare un (peraltro mai attuato) intervento correttivo del legislatore, ha comunque identifica[to] in essa una norma tran RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 sitoria, riferibile esclusivamente ai giudizi introdotti dopo il passaggio delle funzioni allINPS, ma relativi a provvedimenti precedentemente adottati dallAmministrazione statale, fermo rimanendo tuttavia che a regime, per i giudizi concernenti unicamente provvedimenti dellINPS, sar questo lunico legittimato processuale e destinatario delle notifiche. Con d.p.c.m. 30 marzo 2007, stata data completa attuazione allart. 10 d.l. 203/05 convertito in legge 248/05 sicch, a decorrere dal 1 aprile 2007, lINPS subentra nellesercizio delle funzioni residuate allo Stato in materia di invalidit civile, nonch al Ministero dellEconomia e Finanze nei rapporti giuridici relativi alle funzioni ad esso trasferite. Contestualmente, si dispone il necessario trasferimento delle risorse finanziarie e del personale gi in servizio presso le Commissioni mediche di verifica. A questo punto, pu dirsi definitivamente completato il passaggio delle funzioni dallo Stato allINPS, senza che al primo residui pi competenza alcuna. Ed infatti, esso non svolge pi alcun tipo di attivit in materia: non provvede allerogazione dei benefici che, del resto, gi da lungo tempo gravano su apposito fondo istituito presso lINPS a mente dellart. dallart. 130 D.Lgs. 112/98; non svolge pi ruolo alcuno in materia di accertamento del requisito sanitario: infatti, con legge 295/90 (art. 1) la verifica della sussistenza dellinvalidit ai fini dei benefici di legge, veniva affidata a commissioni istituite presso le USL (oggi ASL) i cui verbali di visita erano poi inviati alle Commissioni mediche periferiche per le pensioni di guerra e le invalidit civili (dette ora Commissioni mediche di verifica, a mente dellart. 2 bis II comma legge 157/1997), le quali svolgevano essenzialmente funzioni di supervisione sulloperato delle Commissioni ASL. I verbali negativi potevano formare oggetto di ricorso al Ministero del Tesoro, che decideva, sentita la Commissione Medica Superiore, con provvedimento impugnabile innanzi al giudice ordinario. Tuttavia, mentre le funzioni delle Commissioni mediche di verifica (che erano articolazioni del Ministero dellEconomia e Finanze) sono ormai transitate allINPS con il relativo personale, il ricorso alla Commissione Medica Superiore (anchessa incardinata presso detto Ministero) stato abrogato dal comma III dellart. 42 d.l. 269/03 convertito in legge 326/03, entrato in vigore il 1 gennaio 2005. Di qui, lassoluta estraneit del Ministero al procedimento di accertamento del requisito sanitario in sede amministrativa. Si evidenzia, da ultimo, che lart. 5 del d.p.c.m. 30 marzo 2007 chiarisce con disposizione transitoria che lINPS subentra al Ministero dellEconomia e Finanze [anche] nelle controversie instaurate a decorrere dalla data del 1 aprile 2007, ancorch riferite a rapporti sorti anteriormente alla medesima data (e, quindi, anche nei rapporti nei quali le Commissioni citate, secondo la disciplina previgente, potrebbero aver preso parte allaccertamento). Nonostante tutta la normativa sin qui richiamata sia da intendere nel senso dellindividuazione nellINPS del solo possibile interlocutore nei procedimenti amministrativi e giurisdizionali in materia di invalidit civile, nonch dellesclusione di qualsivoglia coinvolgimento dellAmministrazione statale nei medesimi, tuttavia lart. 10 comma IV cit. desta non poche perplessit nel momento in cui dispone: a decorrere dalla data di effettivo esercizio da parte dellINPS delle funzioni trasferite, gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidit civile, , nonch le sentenze ed ogni provvedimento resi in detti giudizi devono essere notificati anche allInps (ci che lascerebbe intendere la necessit di una notifica anche ad altri soggetti); soggiunge poi la norma :La notifica va effettuata sia presso gli uffici dellAvvocatura dello Stato ai sensi dellart. 11 r.d. 1611/33, sia presso le sedi provinciali dellINPS ( difficile comprendere perch si debba effettuare una notifica TEMI ISTITUZIONALI allINPS presso lAvvocatura dello Stato, ma di fatto ci che accade nella prassi:la norma stata intesa pressoch dalla totalit degli avvocati del libero foro e dagli Ufficiali giudiziari proprio in questo senso); Nei procedimenti giurisdizionali di cui al presente comma, lINPS litisconsorte necessario ai sensi dellart. 102 del c.p.c (ancor pi singolare che si parli di litisconsorzio in un giudizio nel quale non sembra esservi spazio per altre parti in causa, salvo il ricorrente e lINPS!) Ebbene, finora, lAvvocatura Generale dello Stato si limitata a comunicare allINPS ed al Ministero dellEconomia e Finanze, con note a firma del Segretario Generale, che degli atti notificati allINPS presso lAvvocatura Generale dello Stato non sarebbe stata trasmessa copia, stante lobbligo di notifica anche presso la sede provinciale dellINPS. Nessuna attivit processuale, poi, mai stata svolta dallAvvocatura nei giudizi introdotti dopo il 1 aprile 2007. Tuttavia, recentemente emerso che alcuni giudici del Tribunale Lavoro di Roma e di Tivoli danno dellart. 10 VI comma uninterpretazione diversa. Essi, infatti, dispongono lintegrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero dellEconomia e Finanze, in quanto litisconsorte necessario. Al momento, gli atti notificati presso la Scrivente sono un numero esiguo, ma sembra ugualmente opportuno esaminare la problematica che essi introducono, per leventualit in cui la prassi dovesse nel prossimo futuro generalizzarsi, con il conseguente concreto rischio di sentenze che pongano a carico del Ministero dellEconomia e Finanze, individualmente od in solido con lINPS, lonere delle spese processuali o addirittura del pagamento del beneficio con conseguente esposizione ad azioni esecutive. Linterpretazione fondante la chiamata in causa del Ministero, peraltro, sembra come detto frutto di un equivoco, comprensibile in quanto generato dallinfelice formulazione della norma, tuttavia non corrispondente a quello che pare costituirne il fine ultimo, e cio il passaggio di ogni competenza allINPS e lestromissione del Ministero. Non sembra in alcun modo giustificabile dal punto di vista processuale, del resto, la partecipazione al giudizio di un soggetto del tutto estraneo al rapporto sostanziale per cui causa, a meno di non voler teorizzare una figura processuale del tutto nuova per il nostro ordinamento. In considerazione di quanto esposto, si ritiene opportuno procedere come segue. AllAmministrazione in indirizzo si chiede innanzi tutto di volersi attivare nelle opportune sedi per cercare di ottenere una modifica dellart. 10 comma VI cit., nel senso di eliminare tutte le espressioni ivi utilizzate che costituiscono come sopra esposto fonte di equivoci, e segnatamente: 1. la previsione dellobbligo di notifica di degli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidit civile, delle sentenze e di ogni provvedimento resi in detti giudizi anche all INPS (ci che lascerebbe intendere la necessit di una notifica anche ad altri soggetti): sarebbe, in definitiva, corretto espungere dal testo la parola anche; 2. la previsione di un obbligo di notifica sia presso gli uffici dellAvvocatura dello Stato ai sensi dellart. 11 r.d. 1611/33, sia presso le sedi provinciali dellINPS: come detto, la notifica presso lAvvocatura dello Stato non ha senso n come notifica allINPS (che non patrocinato dallAvvocatura), n come notifica allAmministrazione, che non pu ragionevolmente considerarsi parte in causa; 3. la qualificazione dellINPS quale litisconsorte necessario (che lascerebbe intendere la necessaria partecipazione al giudizio anche di altri soggetti diversi da ricorrente ed INPS, quando invece questultimo il solo soggetto ad esser parte del rapporto sostanziale). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Nelle more dellauspicato intervento legislativo a modifica dellart. 10 cit., che ci si augura avvenga il pi celermente possibile in quanto rappresenterebbe il mezzo migliore per porre fine a tutte le problematiche rappresentate, la Scrivente (cui si ritiene spetti ora nuovamente il patrocinio di codesto Ministero, essendo evidentemente cessata lapplicabilit delle norme transitorie di cui ai commi IV e V dellart. 10 stesso, che diversamente regolamentavano tale profilo) non reputa opportuno almeno al momento procedere alla costituzione nei giudizi ove il Ministero sia chiamato in causa. Va premesso che una costituzione in giudizio potrebbe avvenire al solo, limitato fine di eccepire il difetto di legittimazione passiva dellAmministrazione statale, non essendo possibile lo svolgimento di ulteriori difese in mancanza di titolarit del rapporto sostanziale e, pertanto, di qualsivoglia interesse dellAmministrazione nella causa. Tale considerazione, unitamente ai non indifferenti problemi e costi organizzativi impliciti nello svolgimento della descritta attivit processuale (specie ove il contenzioso coinvolgente il Ministero dovesse tornare ai livelli numerici del passato) induce a non ritenere opportuno attivarsi per partecipare, costituendosi, ai giudizi in questione rispetto ai quali, si ribadisce, lAmministrazione statale appare sostanzialmente estranea. Quanto sopra, salva restando ogni valutazione della Scrivente in ordine ad eventuali iniziative (anche processuali in cause-pilota) presso i competenti organi giurisdizionali volta a favorire la formazione di un uniforme e corretto orientamento giurisprudenziale in materia. Peraltro poich, come sopra accennato, rimane allo stato aperta la possibilit che vengano rese pronunzie di condanna in danno del Ministero dellEconomia e Finanze, che pongano a carico del medesimo (individualmente od in solido con lINPS), lonere delle spese processuali o addirittura del pagamento del beneficio, con conseguente esposizione dellAmministrazione statale ad azioni esecutive si ritiene quanto mai opportuno che lAmministrazione in indirizzo si attivi prontamente presso lINPS, onde conseguire con il medesimo unintesa volta a garantire quanto segue: nella denegata ipotesi di sentenze di condanna, che pongano a carico del solo Ministero o del medesimo in solido con lINPS lonere delle spese legali o del beneficio assistenziale, lINPS si impegni a provvedere comunque al pagamento di dette somme tenendone indenne il Ministero; in caso di azioni esecutive intraprese e portate a termine in danno del Ministero dellEconomia e Finanze sulla base delle sentenze di cui al precedente punto, lINPS si impegni a ripianare, in via amministrativa, lesborso sostenuto dal Ministero dellEconomia per effetto della procedura di esecuzione forzata. A tal proposito si rammenta che gi nella vigenza del sistema precedente a quello introdotto con lart. 10 cit. (sistema che vedeva parte in causa sia il Ministero che lINPS) questultimo in via di prassi provvedeva, sulla base di intese intercorse con lAmministrazione dellEconomia, al pagamento delle spese di lite in caso di condanna solidale del Ministero e dellINPS. La Scrivente, nel rimanere in attesa di un sollecito cenno di riscontro, a disposizione per qualsivoglia chiarimento (). I L CONTENZIOSO COMUNIT ARIO ED INTERNAZIONALE Aspetti giuridici del multilinguismo di Oscar Fiumara e Paolo Gentili(*) Il tema del multilinguismo non appare subito nel diritto comunitario oggi dovremmo meglio dire diritto europeo nella sua configurazione attuale. In una fase iniziale, appunto quella strettamente comunitaria del diritto europeo, il tema viene posto come tema del regime linguistico delle neonate istituzioni europee; cio, a prima vista, come un tema interno o organizzativo, non come un tema di principio. Ma anche in questa fase gi significativo come lart. 290 del Trattato CE (uso, naturalmente, la numerazione attuale) lo affronti: lart. 290 attribuisce al Consiglio la competenza a deliberare sul regime linguistico delle istituzioni, e prevede che tale competenza sia esercitata allunanimit. Quindi la materia linguistica, anche in questa proiezione meramente interna, venne da subito considerata come riserva propria degli Stati membri (dei quali il Consiglio lespressione istituzionale), e sottratta sia alla Comunit come tale (di cui la Commissione lespressione istituzionale), sia alle mutevoli maggioranze che possono formarsi in seno al Consiglio, e che talvolta hanno segnato nella storia della costruzione comunitaria la prevalenza di assi e di interessi di taluni Stati rispetto allinsieme della Comunit stessa. In sostanza, lart. 290 diceva (e dice, poich anche il Trattato di Lisbona lo ha lasciato immutato) che il regime linguistico non un fatto puramente tecnico, (per questo sottratto alla Commissione), e che non un fatto pura (*) Intervento dellAvvocato Generale dello Stato nel convegno organizzato dallAccademia della Crusca Per il multilinguismo nellUnione europea La parit delle lingue nellUnione europea. Convegno tenutosi a Firenze il 10 maggio 2008 nella sede della Accademia. Testo redatto in collaborazione con lAvvocato dello Stato Paolo Gentili. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 mente politico (per questo, nellambito del Consiglio, lo ha sottratto al gioco delle maggioranze). Gi in questa disciplina della materia, si vede quindi che tutto ci che, in ambito comunitario, tocca le lingue, viene considerato come attinente ai fondamenti della costruzione comunitaria stessa, cio come un qualcosa che riguarda in modo immediato la ragione dessere e gli scopi essenziali della costruzione comunitaria, per cui va regolato attraverso competenze e procedimenti di pregnante garanzia. In breve, gi lart. 290 CE dichiara che in materia linguistica non sono ammessi interventi di cui non siano certi la legittimazione democratica e la approfondita ponderazione. Ed significativo che questa configurazione della materia linguistica come materia attinente ad interessi fondamentali della Comunit venga posta innanzitutto in una norma, come lart. 290 CE, che apparentemente, come dicevo, si occupa di un problema meramente organizzativo interno della Comunit, cio della lingua di funzionamento delle Istituzioni comunitarie: in tal modo lart. 290 viene a dire non solo che la lingua non mai un mero fatto organizzativo ed sempre un fatto di importanza giuridica fondamentale nella costruzione comunitaria. Molto di pi, viene a dire che la garanzia fondamentale della lingua opera nellordinamento comunitario innanzitutto con riferimento alle espressioni giuridiche della Comunit. Dalle istituzioni comunitarie promana infatti il diritto comunitario, e tale diritto, dichiara, lart. 290, deve esprimersi in tutte le lingue comunitarie. Del resto, noto che il diritto sempre, in origine, un fatto linguistico: la norma ha sempre la forma di una proposizione linguistica (soprattutto, ma non solo, nel diritto scritto; ci rimane vero, mutatis mutandis, anche nel diritto fondato sul precedente giurisprudenziale): il potere giuridico , quindi, innanzitutto potere linguistico. Ne discende che in una Comunit, anzi, ormai, un unUnione, fondata sulleguaglianza degli Stati e dei loro cittadini, tutte le lingue debbono possedere la medesima dignit giuridica: il diritto europeo destinato, per sua natura, a manifestarsi in tutte le lingue europee. Il giorno in cui talune lingue soltanto acquisissero il ruolo di lingue specifiche dellespressione giuridica europea, il diritto cos espresso non sarebbe pi autenticamente europeo. Se queste premesse sono vere, bisogna allora esaminare lo sviluppo del tema successivamente alla posizione dellart. 290 CE. Il primo sviluppo fu proprio il regolamento 1/58 che oggi celebriamo. E fu uno sviluppo coerente perch quel regolamento stabil che tutte le lingue degli Stati membri sono non solo le lingue ufficiali, ma anche le lingue di lavoro della Comunit, cio le lingue dellattuazione pratica del diritto europeo, che dunque neppure a livello pratico conosce lingue privilegiate. Decisivo fu poi limpulso dato dal Trattato di Amsterdam, che introdusse nellart. 6 del Trattato dellUnione il paragrafo 3, secondo il quale lUnione rispetta lidentit nazionale dei suoi Stati membri. E lespressione ineliminabile dellidentit nazionale , ovviamente, la lingua. Il Trattato di Amsterdam introdusse poi nellart. 21 del trattato CE il paragrafo 3, in base al quale ogni cittadino dellUnione pu scrivere alle CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Istituzioni nella propria lingua e ha diritto di ottenere una risposta nella stessa lingua. Questa innovazione importantissima dal punto di vista sistematico perch si collega immediatamente con la grande innovazione del Trattato di Amsterdam, che lintroduzione, con il nuovo articolo 17 del Trattato CE, della cittadinanza dellUnione. Il diritto alla propria lingua nei rapporti giuridici con le Istituzioni comunitarie quindi uno dei contenuti fondamentali e inalienabili della cittadinanza comunitaria. Privato di questo contenuto, il principio della cittadinanza comunitaria rischierebbe di scadere a proclamazione retorica. Lart. 21 n. 3 e lart. 17 del Trattato CE modificati dal Trattato di Amsterdam completano quindi quel processo di affermazione del multilinguismo fin dallinizio intuito dalloriginaria (e non a caso mai mutata) formulazione dellart. 290 CE: il multilinguismo come valore fondante dellUnione, e quindi non solo come fatto organizzativo ma, ben di pi, come garanzia giuridica fondamentale dei cittadini europei. Corona questo sviluppo il recente Trattato di Lisbona, che modifica lart. 2 del Trattato dellUnione introducendo il principio secondo cui lUnione rispetta la diversi linguistica. In tal modo viene data definitiva rilevanza giuridica al principio del multilinguismo, che negli stessi termini era stato fino ad ora affermato soltanto dallart. 22 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, il cui valore giuridico, come si sa, non pu giungere fino a modificare i trattati fondamentali. Insomma, il multilinguismo sempre, in tutte le sue manifestazioni, un valore giuridico, non soltanto un valore culturale. La vicenda normativa che ho riassunto esclude che si possano stabilire due piani: quello delle linque europee intese come fatto di espressione culturale (che sono ovviamente tutte, poich ogni paese europeo portatore di una cultura secolare), e quello delle lingue europee da intedere come fatto di espressione giuridica (che potrebbero anche non essere tutte le lingue europee). No: lespressione giuridica europea necessariamente multilingue al pari dellespressione culturale. Se vogliamo, rappresenta la cultura europea che si fa diritto. In questa prospettiva, il Trattato di Lisbona avrebbe forse potuto fare ancora di pi, cio confermare lart. 81 della seconda parte della Costituzione europea, che costituzionalizzava direttamente il principio del- lart. 21 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, contente il divieto di discriminazione in base alla lingua. Il Trattato di Lisbona si limitato a riformulare lart.6 del Trattato dellUnione, includendo in esso un rinvio espresso alla Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, quindi anche allart. 21, e la previsione che questutlima ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Un percorso un po pi lungo per affermare comunque un principio irrinunciabile: la lingua nazionale fa parte del patrimonio giuridico inalienabile di ciascun cittadino europeo allo stesso modo nei suoi rapporti con gli altri cittadini e con le Istituzioni comunitarie. Ogni restrizione in proposito sarebbe discriminatoria. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 A conclusione non pu farsi a meno di citare il contributo della giurisprudenza comunitaria. La Corte di giustizia a Grande sezione nella recente sentenza dell11 dicembre 2007 (causa C-161/06) ha statuito che nessun obbligo giuridico di fonte comunitaria pu esser imposto a cittadini comunitari se il testo normativo da cui lobbligo discende non tradotto e pubblicato ufficialmente nella lingua nazionale del cittadino interessato; e ha anche, preliminarmente, statuito che rientra nella sua competenza valutare le implicazioni che sui diritti dellinteressato pu avere la mancata pubblicazione del testo normativo nella lingua nazionale, anche se tale mancata pubblicazione sia imputabile non alla comunit bens allo Stato membro di cui il cittadino fa parte. In tal modo si ribadito che il diritto comunitario si deve necessariamente esprimere in tutte le lingue dellUnione; e, ci, vorrei aggiungere, deve valere non solo per lespressione strettamente normativa di tale diritto, bens anche per le sue espressioni giurisdizionali e amministrative. La dottrina della divisione dei poteri infatti insegna che i poteri sono tre, ma il diritto uno, e identica devessere la sua espressione. Ma si anche stabilito, e questo forse il contributo pi innovativo e rilevante ai nostri fini, che il diritto individuale al multilinguismo nei rapporti giuridici comunitari ha un proprio giudice naturale appunto nel giudice comunitario: il rapporto giuridico concernente il multilinguismo, insomma, non mai un rapporto puramente interno, sottratto al sindacato della Corte. Ci completa il percorso che ho tracciato: infatti nessuna garanzia veramente tale fino a che non trova il proprio giudice. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Sentenze rese dalla Corte di giustizia nellanno2007, cause che hanno interessato lItalia(*) Sintesi a cura di Maurizio Fiorilli(**) AIUTI DI STATO Obbligo di recupero (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 6 dicembre 2007. Causa C-280/05) Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo preso, entro i termini prescritti, i provvedimenti necessari per sopprimere e recuperare presso i beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato comune dalla decisione della Commissione 30 marzo 2004, 2004/800/CE, relativa al regime di aiuto di Stato concernente disposizioni urgenti in materia di occupazione cui lItalia ha dato esecuzione (GU L 352, pag. 10), o comunque avendo omesso di informare la Commissione in merito ai provvedimenti adottati, venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2-4 della decisione nonch dal Trattato CE. (Omissis) 18 Occorre anzitutto ricordare che, per giurisprudenza consolidata, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero la logica conseguenza dellaccertamento della sua illegittimit e che tale conseguenza non pu dipendere dalla forma in cui laiuto stato concesso (v., in particolare, sentenze 1 aprile 2004, causa C-99/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3353, punto 15, nonch 1 giugno 2006, causa C-207/05, Commissione/Italia, non pubblicata nella Raccolta, punto 39 e giurisprudenza ivi citata). 19 Secondo una giurisprudenza altrettanto consolidata, se la decisione della Commissione che dispone la soppressione di un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune non stata impugnata con un ricorso diretto o se un ricorso siffatto stato respinto, il solo argomento di difesa che uno Stato membro pu opporre al ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione sulla base dellart. 88, n. 2, CE quello relativo allimpossibilit assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione che ingiunge il recupero (v., in particolare, sentenze 1 aprile 2004, Commissione/Italia, cit., punto 16, nonch 1 giugno 2006, Commissione/Italia, cit., punto 45 e giurisprudenza ivi citata). (*) Non si riassumono le sentenze gi pubblicate e commentate dalla Rassegna Avvocatura dello Stato nel corso del 2007. (**) Avvocato dello Stato, Capo di Gabinetto del Ministro per le politiche europee. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 20 La Corte ha statuito che uno Stato membro, il quale in occasione dellesecuzione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato incontri difficolt impreviste e imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione, deve sottoporre tali problemi alla valutazione di questultima, proponendo appropriate modifiche della decisione stessa. In tal caso lo Stato membro e la Commissione devono in forza del principio che impone agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie doveri reciproci di leale collaborazione, al quale ispirato in particolare lart. 10 CE collaborare in buona fede per superare le difficolt nel pieno rispetto delle disposizioni del Trattato, soprattutto di quelle relative agli aiuti (v., segnatamente, sentenze 4 aprile 1995, causa C-348/93, Commissione/ Italia, Racc. pag. I-673, punto 17; 1 aprile 2004, Commissione/Italia, cit., punto 17, e 1 giugno 2006, Commissione/Italia, cit., punto 47). 21 A questo proposito, occorre ricordare, in primo luogo, che un ricorso di annullamento proposto contro una decisione che ingiunge il recupero di un aiuto non ha effetto sospensivo, e che, nel caso di specie, come indicato al punto 5 della presente sentenza, nessuna delle parti ricorrenti dinanzi al Tribunale ha chiesto la sospensione dellesecuzione della decisione. Ad ogni modo, tali ricorsi sono stati respinti dal Tribunale. 22 In secondo luogo, occorre constatare come, nei suoi contatti con la Commissione, nonch nellambito del procedimento dinanzi alla Corte, la Repubblica italiana non abbia invocato unimpossibilit assoluta di dare esecuzione alla decisione. 25 Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, la condizione attinente allimpossibilit assoluta di esecuzione non soddisfatta qualora lo Stato membro convenuto si limiti a comunicare alla Commissione le difficolt giuridiche, politiche o pratiche che lattuazione della decisione presenta, senza intraprendere alcuna iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare laiuto e senza proporre alla Commissione modalit alternative di messa in atto della decisione idonee a permettere il superamento di tali difficolt (v., segnatamente, sentenze 29 gennaio 1998, causa C-280/95, Commissione/Italia, Racc. pag. I-259, punto 14; 1 aprile 2004, Commissio-ne/Italia, cit., punto 18, e 1 giugno 2006, Commissione/Italia, cit., punto 48). 26 Tale situazione sussiste nel caso di specie. Risulta infatti che la Repubblica italiana non ha effettuato alcun tentativo per recuperare gli aiuti in questione, neppure presso limpresa Brandt Italia SpA. Pertanto, la Repubblica italiana non ha dimostrato limpossibilit assoluta di dare esecuzione alla decisione. 27 Quanto allargomento della Repubblica italiana secondo cui, qualora occorresse procedere al recupero, presso le imprese beneficiarie, degli aiuti versati a motivo del vantaggio concorrenziale da esse ottenuto, tale recupero non avrebbe pi alcuna utilit sotto il profilo concorrenziale, proprio per il fatto che il regime di aiuti riguardava precisamente imprese in stato di fallimento o di cessazione dellattivit, occorre considerarlo privo di qualsiasi fondamento, atteso che la ricorrente non invoca difficolt di esecuzione, bens contesta la legittimit dellingiunzione di recupero. Orbene, risulta dalla giurisprudenza citata al punto 18 della presente sentenza che lillegittimit di una decisione siffatta non pu essere addotta a propria difesa da uno Stato membro nellambito di un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione a norma dellart. 88, n. 2, CE. 28 La Repubblica italiana sostiene inoltre che, tenuto conto dello stato di cessazione dellattivit delle imprese beneficiarie, il recupero degli aiuti sarebbe senza alcun rapporto con lobiettivo perseguito. A questo proposito, il fatto che imprese beneficiarie siano in difficolt o in stato di fallimento non incide sullobbligo di recupero dellaiuto, stante lobbligo dello Stato membro, a seconda dei casi, di provocare la liquidazione della societ (v., in CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE particolare, sentenze 15 gennaio 1986, causa 52/84, Commissione/Belgio, Racc. pag. 89, punto 14, e 8 maggio 2003, cause riunite C-328/99 e C-399/00, Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione, Racc. pag. I-4035, punto 69), di far iscrivere il proprio credito nel passivo dellimpresa (v., in particolare, sentenze 21 marzo 1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione, detta Tubemeuse, Racc. pag. I-959, punti 61-64, e Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione, cit., punto 85) o di adottare qualsiasi altra misura che consenta la restituzione dellaiuto. ** *** ** AMBIENTE Informazione alla Commissione Rifiuti Piani di gestione (Sentenza della Corte (Ottava Sezione) 14 giugno 2007. Causa C-82/06) La Commissione delle Comunit europee chiede che la Corte voglia dichiarare che, non avendo elaborato n comunicatole: il piano di gestione dei rifiuti per la Provincia di Rimini, conformemente allart. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata con direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32; in prosieguo: la direttiva 75/442); i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi per la Regione Lazio, conformemente allart. 7, n. 1, quarto trattino, della direttiva 75/442, e i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Puglia, nonch per la Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige e la Provincia di Rimini, conformemente allart. 6 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20), la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che le incombono in forza delle dette direttive. (Omissis) 21 Per quanto riguarda la Regione Friuli-Venezia Giulia, la Repubblica italiana sostiene di essersi conformata alla normativa comunitaria, anche se ladozione del piano di gestione dei rifiuti pericolosi avvenuta dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato. A giustificazione del ritardo deduce la complessit tecnica dellelaborazione di un piano di gestione dei rifiuti. 22 Secondo la Commissione, le circostanze invocate dalla Repubblica italiana vanno disattese poich lobbligo di elaborare un piano di gestione dei rifiuti pericolosi esiste fin dallentrata in vigore della direttiva 91/689 e la detta Regione si sarebbe preoccupata del suo adempimento solo dopo linizio del presente procedimento. Il piano comunicato dalle autorit italiane, inoltre, sarebbe di fatto solo una proposta di piano che, contrariamente a quanto richiesto dallart. 6 della direttiva 91/689, si limiterebbe a enunciare i criteri che consentono di determinare i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento dei rifiuti e non di designarli in modo preciso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 23 Nella controreplica, la Repubblica italiana considera che il fatto di indicare criteri specifici per la determinazione dei luoghi di smaltimento dei rifiuti una tecnica di pianificazione che conduce ad un risultato identico a quello richiesto dalla direttiva, evitando laggravio del compito delle autorit preposte allelaborazione dei piani di gestione dei rifiuti. 24 Per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige, il detto Stato membro sostiene che una proposta di piano di gestione dei rifiuti stata adottata dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato. La Commissione replica che si tratta solo di una proposta di piano non ancora approvata dalla competente autorit. 25 Si deve ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, lesistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non pu tenere conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenze 14 luglio 2005, causa C-433/03, Commissione/Germania, Racc. pag. I-6985, punto 32 e 16 novembre 2006, causa C-357/05, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-118, punto 6). Nella specie, basta constatare che i piani di gestione dei rifiuti di cui la Repubblica italiana fa menzione nel controricorso sono stati adottati solo dopo la scadenza del termine di due mesi fissato nel parere motivato, circostanza che il detto Stato membro non contesta. 26 Inoltre, risulta altres da costante giurisprudenza che uno Stato membro non pu eccepire disposizioni, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare il mancato rispetto degli obblighi e dei termini prescritti da una direttiva (v., tra laltro, sentenze 13 dicembre 1991, causa C-33/90, Commissione/Italia, Racc. pag. I-5987, punto 24; 21 gennaio 1999, causa C-347/97, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-309, punto 15, e 25 settembre 2003, causa C-74/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I-9877, punto 18). Di conseguenza, largomento dedotto dalla Repubblica italiana circa la complessit tecnica dellelaborazione di un piano di gestione dei rifiuti va disatteso. 27 Del resto, se vero che, secondo lart. 249, terzo trattino, CE, una direttiva vincola lo Stato membro cui rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi, dalla giurisprudenza della Corte risulta, tuttavia, che lobbligo di elaborare piani di gestione dei rifiuti rappresenta un obbligo di risultato che non pu essere adempiuto a mezzo di misure preparatorie o dirette allelaborazione di piani ovvero alla predisposizione di un quadro regolamentare idoneo a realizzare tale obiettivo (sentenze 2 maggio 2002, causa C-292/99, Commissione/ Francia, Racc. pag. I-4097, punto 39 e 14 aprile 2005, causa C-163/03, Commissione/ Grecia, non pubblicata nella Raccolta, punto 74). Nella specie, come giustamente sostenuto dalla Commissione, la tecnica utilizzata dalle autorit della Regione Friuli-Venezia Giulia non permette, contrariamente a quanto prescritto dalla direttiva 91/689, di individuare i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi. Infatti, una mera enumerazione dei criteri di determinazione di tali luoghi costituisce solo una cornice regolamentare che, in quanto tale, non garantisce che il risultato richiesto venga raggiunto. Largomento della Repubblica italiana va pertanto disatteso. 29 Per quanto riguarda la Provincia di Rimini, la Repubblica italiana sostiene che il procedimento di adozione di un nuovo piano di gestione dei rifiuti per tale Provincia in corso. Ci nondimeno, le principali disposizioni del nuovo piano provinciale gi sarebbero contenute in un piano adottato nel corso del 1996 che resta applicabile. 30 La Commissione ritiene che le disposizioni attualmente in vigore in questa Provincia non possano essere considerate un piano di gestione dei rifiuti ai sensi delle diret CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE tive 75/442 e 91/689 in quanto ladozione del piano del 1996 anteriore alla normativa italiana che traspone tali direttive. 31 Nella controreplica la Repubblica italiana considera che laffermazione della Commissione secondo la quale il piano elaborato in attuazione della direttiva 75/442 non sarebbe idoneo a risolvere i problemi relativi alla gestione dei rifiuti pericolosi oggetto della direttiva 91/689 una petizione di principio. 32 Per quanto riguarda la Regione Puglia, il detto Stato membro sostiene che gi stato dato inizio ai passi necessari per lelaborazione di un piano di gestione dei rifiuti. Poich una parte delle disposizioni di tale piano gi in vigore sotto altre forme, la censura della Commissione dovrebbe tuttal pi limitarsi alla incompletezza delle disposizioni in vigore in tale Regione. 33 Per la Commissione, ladozione di tali disposizioni non soddisfa in pieno le esigenze di pianificazione previste dallart. 6 della direttiva 91/689. 34 Occorre ricordare che la trasposizione nel diritto interno di una direttiva non esige necessariamente una riproduzione formale e letterale del suo contenuto in una disposizione di legge espressa e specifica e pu essere sufficiente, a seconda del suo contenuto, in un contesto giuridico generale, ma solo a condizione che questultimo garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in maniera sufficientemente chiara e precisa (v., tra laltro, sentenze 7 ottobre 2004, causa C-103/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I-9127, punto 33; 20 ottobre 2005, causa C-6/04, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I-9017, punti 21 e 24, nonch Commissione/Lussemburgo, cit., punto 34). 35 Tuttavia, dal momento che la Commissione ha fornito sufficienti elementi da cui risulta la persistenza dellinadempimento, spetta allo Stato membro interessato contestare in modo approfondito e particolareggiato i dati prodotti e le conseguenze che ne derivano (v. sentenze 9 novembre 1999, causa C-365/97, Commissione/Italia, detta San Rocco, Racc. pag. I-7773, punti 84-87; 12 luglio 2005, causa C-304/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-6263, punto 56, e 18 luglio 2006, causa C-119/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I-6885, punto 41). 36 Nella specie, la Repubblica italiana non ha dimostrato lesistenza di un contesto giuridico generale tale da rendere inutile la trasposizione delle direttive 75/442 e 91/689. Quindi, la circostanza che tale Stato membro abbia dato inizio ad un procedimento di trasposizione di tali direttive tale da rendere inoperante la sua argomentazione intesa a sostenere che la normativa nazionale esistente gi soddisfa le esigenze delle medesime direttive. 37 Del resto, la Repubblica italiana stessa riconosce lincompletezza delle disposizioni adottate dalla Provincia di Rimini e dalla Regione Puglia. Orbene, secondo giurisprudenza costante, ciascuno degli Stati membri destinatari di una direttiva ha lobbligo di adottare, nellambito del proprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti necessari per garantire la piena efficacia della direttiva, conformemente allo scopo che essa persegue (v., tra altre, sentenze 5 dicembre 2002, causa C-324/01, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-11197, punto 18; 24 giugno 2003, causa C-72/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-6597, punto 18, e 28 aprile 2005, causa C-410/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3507, punto 39). 38 Si deve a questo proposito ricordare che linadempimento di uno Stato membro sussiste finch esso non si conformato del tutto alla direttiva, anche se la legislazione nazionale gi consente, in gran parte, il conseguimento delle finalit della detta direttiva (sentenza 18 marzo 1980, causa 92/79, Commissione/Italia, Racc. pag. 1115, punto 6). Azioni materiali parziali o normative regolamentari frammentarie non possono soddisfare lobbligo, incombente ad uno Stato membro, di elaborare un programma globale per raggiungere taluni obiettivi (sen RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 tenze 28 maggio 1998, causa C-298/97, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-3301, punto 16, e 4 luglio 2000, causa C-387/97, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-5047, punto 75). 41 La Repubblica italiana sostiene che la Regione Lazio ha adottato tre piani differenti, e cio un piano di gestione dei rifiuti, un piano degli interventi di emergenza e un piano di individuazione dei siti ritenuti idonei ad ospitare impianti di termovalorizzazione al fine di conformarsi agli obblighi derivanti dalla direttiva 75/442. 42 La Commissione ritiene che questi tre documenti non consentano di individuare i luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, in particolare per quanto riguarda rifiuti pericolosi. Inoltre, il piano di gestione dei luoghi considerati adatti per ospitare impianti di termovalorizzazione si applicherebbe soltanto ad una categoria di impianti di riutilizzo di rifiuti urbani. 43 Dallargomentazione svolta dalla Commissione risulta che i piani in vigore nella Regione Lazio non hanno un grado di precisione sufficiente per assicurare la piena efficacia della direttiva (v., in tal senso, sentenza 1 aprile 2004, cause riunite C-53/02 e C-217/02, Commune de Braine-le-Chteau e a., Racc. pag. I-3251, punti 31 e 32). Tale argomentazione non stata contestata nella controreplica dalla Repubblica italiana. 44 Ci considerato, si deve constatare che la Repubblica italiana non ha elaborato i piani di gestione dei rifiuti ai sensi della direttiva 75/442 per quanto riguarda la Regione Lazio. Veicoli fuori uso (Sentenza della Corte (Quinta Sezione) 24 maggio 2007. Causa C394/ 05) La Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo adottato il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il quale traspone in diritto nazionale le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 18 settembre 2000, 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso (GU L 269, pag. 34) in maniera non conforme a questultima, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dellart. 2, punti 2 e 5, dellart. 3, n. 5, del combinato disposto del- lart. 4, n. 2, lett. a), con lallegato II, dellart. 5, nn. 1-4, dellart. 6, nn. 3, lett. a), e 4, dellart. 7, nn. 1 e 2, dellart. 8, nn. 3 e 4, dellart. 10, n. 3, nonch dellart. 12, n. 2, della direttiva 2000/53. (Omissis) 20 Per quanto riguarda, in primo luogo, lart. 3, n. 5, della direttiva 2000/53, la Commissione censura la Repubblica italiana per non aver essa previsto, per quanto riguarda i veicoli a motore a tre ruote, disposizioni volte ad assicurare che gli operatori economici istituiscano sistemi di raccolta di tutti i veicoli fuori uso e, nella misura in cui ci sia tecnicamente fattibile, delle parti usate allo stato di rifiuto, asportate al momento della riparazione di veicoli, e ad assicurare unadeguata presenza di centri di raccolta sul territorio nazionale. Tali obblighi, previsti allart. 5, n. 1, della direttiva 2000/53, si applicano ai veicoli a tre ruote in forza dellart. 3, n. 5, della medesima. 21 In secondo luogo, lart. 5, n. 1, della direttiva 2000/53 non sarebbe stato trasposto correttamente, in quanto la Repubblica italiana, con lart. 5, n. 3, del decreto legislativo CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE n. 209/2003, che traspone tale disposizione, non ha istituito sistemi di raccolta, non appena ci sia tecnicamente fattibile, delle parti usate allo stato di rifiuto e asportate al momento della riparazione dei veicoli. 22 Per quanto riguarda, in terzo luogo, lart. 7, n. 2, della direttiva 2000/53, la Commissione ha precisato, nel suo atto di rinunzia parziale agli atti, che essa manteneva in essere solo la censura con cui contestava alla Repubblica italiana di non avere fornito informazioni alla Commissione e agli altri Stati membri sulle ragioni che hanno portato tale Stato ad avvalersi della possibilit prevista allart. 7, n. 2, lett. a), secondo comma, della detta direttiva. 23 In quarto luogo, per quanto riguarda la trasposizione dellart. 8, nn. 3 e 4, della direttiva 2000/53 mediante lart. 10, nn. 1 e 2, del decreto legislativo n. 209/2003, la Commissione censura la Repubblica italiana per aver essa omesso di specificare che le informazioni da fornire da parte dei produttori di veicoli e componenti devono corrispondere a quanto richiesto dagli impianti di trattamento. Inoltre, lart. 10, n. 2, del decreto legislativo n. 209/2003 si riferirebbe erroneamente ai centri di raccolta anzich agli impianti di trattamento autorizzati. 24 La fondatezza di tali censure sollevate dalla Commissione stata riconosciuta dal governo italiano in fase di procedimento precontenzioso e non stata contestata dinanzi alla Corte. Il governo italiano ha tuttavia osservato che il ricorso della Commissione divenuto privo di oggetto in seguito alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 149/2006. 25 A tal proposito, risulta da una giurisprudenza costante che lesistenza di un inadempimento devessere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non pu tener conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenze 24 ottobre 2002, causa C455/ 00, Commissione/Italia, Racc. pag. I-9231, punto 21; 2 ottobre 2003, causa C-348/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I-11653, punto 7, e 26 gennaio 2006, causa C-514/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-963, punto 44). Politica comunitaria in materia di acque (Sentenza della Corte (Ottava Sezione) 18 dicembre 2007. Causa C-85/07) (Omissis) 13 Alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato, data alla quale deve essere valutata lesistenza di un inadempimento (v., in tal senso, sentenze 14 settembre 2004, causa C-168/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-8227, punto 24, e 27 ottobre 2005, causa C-23/05, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-9535, punto 9), la relazione sintetica richiesta in forza dellart. 15, n. 2, della direttiva non era stata presentata e le analisi nonch lesame di cui allart. 5, n. 1, della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per lazione comunitaria in materia di acque non erano stati effettuati per quanto riguarda il distretto idrografico pilota del Serchio e una parte dei distretti idrografici delle Alpi orientali, dellAppennino settentrionale, centrale e meridionale. 14 Occorre aggiungere che, anche se la Repubblica italiana ha effettivamente comunicato alla Commissione quasi tutti i dati richiesti relativi ai bacini idrografici nazionali, come essa sostiene, tale affermazione non pu essere intesa nel senso che detto Stato membro contesta lobbligo di informazione di cui agli artt. 5 e 15 della direttiva sui vari bacini idrogra RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 fici regionali e la mancanza di tali informazioni. Inoltre, il fatto che la maggior parte dei vari bacini regionali sia di scarsa importanza, tenuto conto della loro portata e delle dimensioni dei bacini, irrilevante quanto allesistenza dellinadempimento addebitato. Inquinamento atmosferico (Sentenza della Corte (Sesta Sezione) 19 aprile 2007. Causa C-313/06) La Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo messo in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/26/CE, che modifica la direttiva 97/68/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro lemissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati allinstallazione su macchine mobili non stradali (GU L 146, pag. 1, e rettifiche GU L 225, pag. 3), o, in ogni caso, non avendole comunicato tali disposizioni, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dellart. 3, n. 1, di tale direttiva. (Omissis) 2 Ai sensi di tale articolo, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrativi necessari per conformarsi alla direttiva 2004/26 entro il 20 maggio 2005, e ne informano immediatamente la Commissione. 5 Nel suo controricorso, la Repubblica italiana sostiene che la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1997, 97/68/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro lemissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati allinstallazione su macchine mobili non stradali (GU 1998, L. 59, pag. 1), modificata dalla direttiva 2004/26, stata recepita da un decreto ministeriale 20 dicembre 1999 (in prosieguo: il decreto ministeriale del 1999). Essa dichiara lintenzione di accertare se la direttiva 2004/26 possa essere considerata recepita anticipatamente da tale decreto, o se sia necessario un nuovo decreto al fine di armonizzare lordinamento giuridico italiano con le disposizioni di questultima direttiva. La Repubblica italiana annuncia che tale esame del decreto ministeriale del 1999 in corso di ultimazione e che in tempi brevi sar adottato un decreto che formalizzi lesito della verifica. Essa confida che la Commissione vorr allora rinunciare al suo ricorso per inadenpimento. 6 Secondo una costante giurisprudenza, lesistenza di un inadempimento devessere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e non possono essere prese in considerazione dalla Corte modifiche successivamente intervenute (v., in particolare, sentenze 14 settembre 2004, causa C-168/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-8227, punto 24, e 12 gennaio 2006, causa C-118/05, Commissione/Portogallo, non pubblicata nella Raccolta, punto 7). 7 Nel caso di specie, la Repubblica italiana si limitata, nel suo controricorso, ad annunciare ladozione di un nuovo decreto che esponga lesito dellesame del decreto mini CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE steriale del 1999 per quanto riguarda le disposizioni della direttiva 2004/26. Tale Stato membro riconosce quindi la necessit di un nuovo decreto per garantire la completa trasposizione di detta direttiva, la quale non poteva dunque considerarsi realizzata sulla sola base del decreto ministeriale del 1999. Ne deriva che la Repubblica italiana non ha contestato in maniera assoluta laddebito secondo cui tutte le misure necessarie per garantire la trasposizione della direttiva 2004/26 nellordinamento giuridico italiano non erano state adottate entro la scadenza del termine previsto nel parere motivato. Valutazione dellimpatto ambientale (Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 5 luglio 2007. Causa C-255/05) Viene meno agli obblighi ad esso derivanti dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della direttiva 85/337, concernente la valutazione dellimpatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati, come modificata dalla direttiva 97/11, uno Stato membro che in applicazione di una normativa nazionale che consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacit superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti nellallegato I della stessa direttiva, siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista ai detti artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, se sono oggetto di una procedura semplificata ai sensi dellart. 11 della direttiva 75/442, relativa ai rifiuti non sottopone alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. 5-10 della direttiva 85/337, prima della concessione dellautorizzazione alla costruzione, un progetto relativo ad un impianto di incenerimento di rifiuti che rientra nella categoria degli impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico con capacit superiore a 100 tonnellate al giorno, prevista allallegato I, punto 10, della direttiva 85/337. ** *** ** APPALTI PUBBLICI Appalti di lavori (Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 4 ottobre 2007. Causa C-217/06) La Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di dichiarare che, avendo il Comune di Stintino attribuito direttamente alla Maresar Soc. cons. a r.l. (in prosieguo: la Maresar), mediante la convenzione 2 ottobre 1991, n. 7 (in prosieguo: la convenzione), e mediante gli atti aggiuntivi alla medesima connessi, lappalto di lavori pubblici avente ad oggetto la realizzazione delle opere menzionate nella deliberazione del Consiglio comunale di Stintino 14 dicembre 1989, n. 48, e segnatamente la progettazione esecutiva e costruzione delle opere per ladeguamento tecnologico e strutturale, riordino e completamento delle reti idriche e fognanti, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 della rete viaria, delle strutture ed attrezzature di servizio dellabitato, dei nuclei di insediamento turistico esterni e del territorio del Comune di Stintino, compreso il risanamento ed il disinquinamento della costa e dei centri turistici dello stesso, senza ricorrere alle procedure di aggiudicazione previste dalla direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, 71/305/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (GU L 185, pag. 5) e, in particolare, senza pubblicare alcun bando di gara nella Gazzetta ufficiale delle Comunit europee, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della citata direttiva, e in particolare degli artt. 3 e 12 della medesima. La convenzione, conclusa tra il Comune di Stintino e la Maresar senza pubblicit n procedura di messa in concorrenza, stata seguita, nel periodo 1992-2001, dalla stipula, intervenuta tra le stesse parti, di undici atti aggiuntivi che affidano alla Maresar la realizzazione di opere determinate rientranti nella convenzione, nonch quella di tutte le attivit tecnico-amministrative necessarie fino al collaudo dei lavori. Il corrispettivo di ciascuno di tali interventi fissato nei detti atti. (Omissis) 19 Nella fattispecie, tenuto conto degli elementi addotti dal governo italiano, al momento della scadenza del termine fissato nel parere motivato, lesecuzione della convenzione irregolare proseguiva soltanto per la realizzazione definitiva di unopera, il bacino di regolazione idraulica, previsto dallatto aggiuntivo n. 10. Altre opere erano terminate. Peraltro, la Commissione non dimostra che le affermazioni del governo italiano secondo cui il Comune di Stintino aveva ritirato alla Maresar lesecuzione delle altre prestazioni ad essa affidate dalla convenzione controversa sarebbero erronee. 20 Il governo italiano non contesta pi che il Comune di Stintino sia venuto meno agli obblighi ad esso incombenti, approvando la convenzione senza procedura di messa in concorrenza. Esso sostiene tuttavia, in primo luogo, che il ricorso privo di oggetto in quanto lappalto controverso aveva, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, esaurito quasi tutti i suoi effetti. A tale data, tenendo conto della fine della realizzazione del bacino di regolazione idraulica, i lavori di cui trattasi sarebbero stati compiuti per l82%. Pertanto, non sarebbe pi stato materialmente possibile conformarsi al parere motivato. 21 Tuttavia, sebbene sia vero che, in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, la Corte abbia giudicato che un ricorso per inadempimento irricevibile se, alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato, il contratto di cui trattasi aveva gi esaurito tutti i suoi effetti (v., in tal senso, sentenze 31 marzo 1992, causa C-362/90, Commissione/Italia, Racc. pag. I-2353, punti 11 e 13, nonch 2 giugno 2005, causa C-394/02, Commissione/ Grecia, Racc. pag. I-4713, punto 18), nella fattispecie la Corte non pu che constatare che la convenzione era, a tale data, in corso di esecuzione, in quanto i lavori non erano del tutto compiuti. Lappalto non aveva, pertanto, esaurito tutti i suoi effetti. 22 In secondo luogo, per dimostrare che non era stato legittimamente possibile conformarsi al parere motivato, le autorit italiane sostengono che esse non avevano potuto risolvere latto aggiuntivo riguardante la realizzazione del bacino di regolazione, tenuto conto del legittimo affidamento che era potuto sorgere in capo alla Maresar, a causa della durata del rapporto contrattuale protrattosi per pi di dieci anni prima dellavvio della fase precontenziosa del procedimento. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 23 Tuttavia, il comportamento di unautorit nazionale incaricata di applicare il diritto comunitario, che sia in contrasto con questultimo, non pu giustificare lesistenza, in capo ad un operatore economico, di un legittimo affidamento sul fatto di poter beneficiare di un trattamento in contrasto con il diritto comunitario (v. sentenze 26 aprile 1988, causa C316/ 86, Krcken, Racc. pag. 2213, punto 24, e 1 aprile 1993, cause riunite da C-31/91 a C44/ 91, Lageder e a., Racc. pag. I-1761, punto 38). 24 La circostanza che la convenzione controversa sia stata firmata pi di dieci anni fa priva di rilievo per quanto concerne lirregolarit rispetto al diritto comunitario e, di conseguenza, limpossibilit che essa faccia sorgere un legittimo affidamento in capo alla Maresar (v., in tal senso, sentenza 24 settembre 1998, causa C-35/97, Commissione/Francia, Racc. pag. I-5325, punto 45). Soggetti ammessi ad accedere alla procedura di ricorso (Ordinanza della Corte (Sesta Sezione) 4 ottobre 2007. Causa C-492/06) La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione del- lart. 1 della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE (GU L 209, pag. 1). Tale domanda stata proposta nellambito di una controversia pendente tra il Consorzio Elisoccorso San Raffaele e la Elilombarda Srl, capofila di unassociazione temporanea in via di costituzione, e riguardante un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico. In data 30 novembre 2004 lAzienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca Granda di Milano faceva pubblicare, in quanto autorit aggiudicatrice, un bando di gara avente ad oggetto, segnatamente, un servizio di elisoccorso per un importo di EUR 25 900 000. Venivano depositate due offerte. La prima, da parte della Elilombarda in qualit di capofila di unassociazione temporanea in via di costituzione tra la detta impresa e la Helitalia SpA, mentre la seconda veniva depositata dal Consorzio, composto dalla Elilario Italia SpA e dalla Air Viaggi San Raffaele Srl. Il 28 aprile 2005 lautorit aggiudicatrice attribuiva lappalto al Consorzio, al quale veniva notificata la decisione con nota 10 maggio 2005. La Elilombarda proponeva dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (in prosieguo: il TAR Lombardia), in nome proprio e a titolo individuale, un ricorso rivolto, tra laltro, contro tale decisione. Nellambito di tale procedimento, il Consorzio sollevava uneccezione dinammissibilit sostenendo che il ricorso era stato proposto non dallassociazione temporanea in via di costituzione stessa, la quale, a suo parere, sarebbe stata lunica legittimata ad agire in giudizio per la tutela del proprio interesse a vedersi aggiudicare lappalto, bens da uno solo degli operatori economici componenti tale associazione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 (Omissis) 19 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede se lart. 1 della direttiva 89/665 debba essere interpretato nel senso che osta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto a titolo individuale da uno solo dei membri di unassociazione temporanea priva di personalit giuridica, la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura di aggiudicazione dellappalto suddetto e non se lo sia visto attribuire. 20 A tale riguardo occorre ricordare che, ai sensi dellart. 1, n. 3, della citata direttiva, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso da questa previste siano accessibili per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere laggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che hanno recepito tale diritto. 21 Ne deriva che la direttiva 89/665 stabilisce solamente i requisiti minimi che le procedure dimpugnazione previste dagli ordinamenti giuridici nazionali devono rispettare per garantire losservanza delle disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici (v. sentenza 19 giugno 2003, causa C-315/01, GAT, Racc. pag. I-6351, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). 22 Nella sentenza Espace Trianon e Sofibail, la Corte ha interpretato lart. 1 della direttiva 89/665 in una situazione in cui lordinamento giuridico interno esigeva che un ricorso di annullamento contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico venisse proposto da tutti i membri componenti unassociazione temporanea offerente. 23 Riferendosi ad una situazione quale quella contemplata dalle questioni pregiudiziali che le erano state sottoposte, la Corte ha rilevato, ai punti 19-21 di tale sentenza, che: unassociazione temporanea poteva essere considerata come un soggetto avente interesse a ottenere laggiudicazione di un appalto pubblico ai sensi dellart. 1, n. 3, della direttiva 89/665, dal momento che, avendo presentato unofferta per lappalto pubblico in questione, essa aveva dimostrato il proprio interesse ad ottenerlo; nella causa principale nulla impediva che i membri dellassociazione temporanea proponessero tutti insieme, in quanto associati o in nome proprio, un ricorso di annullamento contro le decisioni controverse. 24 La Corte pertanto pervenuta alla conclusione, al punto 22 della citata sentenza, che la disposizione procedurale nazionale in questione non limitava laccessibilit ad un ricorso in modo contrario allart. 1, n. 3, della direttiva 89/665. 25 Di conseguenza, essa ha statuito che lart. 1 di tale direttiva non osta a che, secondo il diritto nazionale di uno Stato membro, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto unicamente dalla totalit dei membri di unassociazione temporanea priva di personalit giuridica, la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura di aggiudicazione dellappalto suddetto e non se lo sia visto attribuire. 26 Cos facendo la Corte ha solamente stabilito, con riferimento alle circostanze proprie della causa principale, una soglia minima di accesso ai ricorsi in materia di appalti garantita dalla direttiva 89/665. 27 Essa non ha assolutamente escluso che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto a titolo individuale da uno soltanto dei membri di unassociazione temporanea priva di personalit giuridica la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura di aggiudicazione dellappalto suddetto e non se lo sia visto attribuire. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Appalto di servizi (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 29 novembre 2007. Causa C-119/06) La Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di constatare che, poich la Regione Toscana e le Aziende sanitarie della medesima regione: hanno, innanzitutto, concluso con la Confederazione delle Misericordie dItalia, lAssociazione Nazionale Pubbliche Assistenze (comitato regionale toscano) e la Croce Rossa Italiana (sezione toscana) laccordo quadro regionale per lo svolgimento di attivit di trasporto sanitario dell11 ottobre 1999; hanno poi prolungato detto accordo quadro attraverso il protocollo dintesa del 28 marzo 2003 e, infine, hanno concluso, il 26 aprile 2004, sulla base della delibera regionale n. 379 del 19 aprile 2004, un nuovo accordo quadro regionale che, continuando le relazioni con le associazioni summenzionate, affida loro la gestione dei servizi in questione per il periodo compreso tra il 1 gennaio 2004 e il 31 dicembre 2008 (in prosieguo: laccordo quadro del 2004), la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), come modificata dallAtto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda lUnione europea (GU 2003, L 236, pag. 33), e, in particolare, dei suoi artt. 11, 15 e 17. La Commissione sostiene del pari che, se il valore dei servizi attribuiti attraverso gli atti sopra indicati che figurano nellallegato I B della direttiva 92/50 dovesse risultare superiore a quello dei servizi che figurano nellallegato I A della medesima direttiva, la conclusione da parte degli enti sopra citati degli atti in discorso sarebbe in ogni caso contraria allart. 3, n. 2, della direttiva 92/50, e altres allarticolo 49 CE, relativo alla libera prestazione di servizi. (Omissis) 34 Si pone preliminarmente la questione di stabilire se tale accordo quadro presenti le caratteristiche di un appalto pubblico ai sensi dellart. 1, lett. a), della direttiva 92/50, cio se esso sia un contratto a titolo oneroso, stipulato in forma scritta tra un prestatore di servizi e unamministrazione aggiudicatrice. 35 Non contestata la forma scritta dellaccordo quadro del 2004 e neppure il fatto che la Regione Toscana e le Aziende costituiscano amministrazioni aggiudicatrici. 36 Anzitutto, la Repubblica italiana contesta che detto accordo quadro costituisca un appalto pubblico di servizi ai sensi dellart. 1, lett. a), della direttiva rilevante, in quanto le associazioni interessate non sono operatori commerciali ma svolgono la loro attivit al di fuori del mercato e dellambito della concorrenza. Tale argomento basato sul fatto che RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 dette associazioni non perseguono fini di lucro e che esse riuniscono persone motivate da considerazioni di solidariet sociale. 37 Senza negare limportanza sociale delle attivit di volontariato, si deve necessariamente constatare che tale argomento non pu essere accolto. Infatti, lassenza di fini di lucro non esclude che siffatte associazioni esercitino unattivit economica e costituiscano imprese ai sensi delle disposizioni del Trattato relative alla concorrenza (v., in questo senso, sentenze 16 novembre 1995, causa C-244/94, Fdration franaise des socits dassurance e a., Racc. pag. I-4013, punto 21; 12 settembre 2000, cause riunite da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e a., Racc. pag. I-6451, punto 117, nonch 16 marzo 2004, cause riunite C-264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01, AOK Bundesverband e a., Racc. pag. I-2493, punto 49). 40 La circostanza che, a seguito del fatto che i loro collaboratori agiscono a titolo volontario, tali associazioni possano presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli di altri offerenti non impedisce loro di partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici previste dalla direttiva 92/50 (v., in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-94/99, ARGE, Racc. pag. I-11037, punti 32 e 38). 41 Ne deriva che laccordo quadro del 2004 non escluso dalla nozione di appalti pubblici di servizi ai sensi dellart. 1, lett. a), della direttiva 92/50, per il fatto che le associazioni interessate non perseguono fini di lucro. 42 La Repubblica italiana afferma poi che laccordo quadro del 2004 fornisce soltanto lo schema generale delle prestazioni e dei rimborsi che sono concretamente previsti da numerosi contratti specifici. Secondo tale Stato membro, nessuna operazione di trasporto sanitario e nessun rimborso verrebbero effettuati in esecuzione dellaccordo quadro del 2004 di per s. Tale argomentazione equivale, in sostanza, ad asserire che laccordo quadro in esame non costituisce un contratto ai sensi del menzionato art. 1, lett. a). 43 Al riguardo, occorre ricordare che, per definire lambito di applicazione delle direttive in materia di appalti pubblici, la Corte ha sancito uninterpretazione estensiva della nozione di appalto pubblico che include gli accordi quadro. Secondo la Corte, un accordo quadro deve essere considerato appalto pubblico ai sensi della direttiva di cui trattasi, nei limiti in cui conferisce unit ai vari appalti specifici da esso regolati (v., in tal senso, sentenza 4 maggio 1995, causa C-79/94, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-1071, punto 15). 44 Come risulta da questultima sentenza, tale interpretazione estensiva della nozione di appalto pubblico, che include gli accordi quadro, si impone per evitare che gli operatori eludano gli obblighi fissati dalle direttive in materia di appalti pubblici. Essa , peraltro, confermata, per quanto riguarda gli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dalle disposizioni della direttiva 2004/18. Gli artt. 1, n. 5, e 32 di tale direttiva contengono disposizioni specifiche riguardanti gli accordi quadro che sono basate sul principio che questi ultimi rientrano nellambito di applicazione della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici. 45 Ne deriva che laccordo quadro del 2004 devessere considerato un contratto ai sensi dellart. 1, lett. a), della direttiva 9. 47 Il carattere oneroso di un contratto si riferisce alla controprestazione erogata dallautorit pubblica interessata a motivo dellesecuzione delle prestazioni dei servizi che costituiscono oggetto del contratto e delle quali tale autorit sar la beneficiaria (v., in tal senso, con riferimento alla direttiva 93/37, sentenza 12 luglio 2001, causa C-399/98, Ordine degli Architetti e a., Racc. pag. I-5409, punto 77). 48 Nella fattispecie, se vero che il lavoro delle persone che effettuano i trasporti sanitari in parola non retribuito, risulta nondimeno dagli elementi sottoposti alla Corte che i pagamenti previsti dalle pubbliche autorit interessate superano il semplice rimborso delle CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE spese sostenute per fornire i servizi di trasporto sanitario controversi. Tali importi vengono fissati preventivamente e forfettariamente, sulla base di tabelle allegate allaccordo quadro del 2004. Il sistema descritto in tali tabelle prevede il pagamento di una somma fissa per la messa a disposizione (detta stand-by) di un autoveicolo destinato agli interventi, di somme calcolate in funzione dei tempi di sosta segnalati nel corso delle attivit di trasporto, di una somma fissa per i trasporti che non superano i 25 km e di importi addizionali per ogni chilometro supplementare. 53 Ai sensi del suo art. 7, n. 1, la direttiva 92/50 si applica soltanto agli appalti pubblici di servizi il cui valore stimato al netto dellIVA uguale o superiore a taluni importi precisati da tale disposizione. 54 I termini dellaccordo quadro del 2004 non consentono di conoscere il valore, neppure stimato, di questultimo. Tale accordo quadro fornisce soltanto una tariffa di prezzi unitari a partire dalla quale non possibile fissare il valore dellappalto controverso. 58 La Commissione non ha prodotto alcuna prova relativa al valore degli appalti specifici conclusi in forza dellaccordo quadro del 2004. 59 In tale contesto, non dimostrato che la soglia dapplicazione della direttiva 92/50 sia stata nella fattispecie raggiunta. 61 In subordine, la Commissione chiede alla Corte di constatare che la conclusione del- laccordo quadro del 2004 sarebbe in contrasto con lart. 49 CE, se il valore dei servizi attribuiti mediante tale accordo quadro e figuranti nellallegato I B della direttiva 92/50 dovesse rivelarsi superiore a quello dei servizi figuranti nellallegato I A di tale direttiva. 62 Orbene, come stato osservato al punto 58 della presente sentenza, la Commissione non ha fornito alcun elemento di prova quanto al valore dellappalto controverso. pertanto impossibile determinare il valore relativo dei servizi controversi che rientrano nellallegato I A o nellallegato I B della direttiva 92/50. 63 Supponendo che tali servizi rientrino, per la parte preponderante del loro valore, nel- lallegato I B della direttiva 92/50, si dovrebbe tuttavia ricordare che, qualora un appalto relativo a servizi rientranti nellambito di tale allegato presenti un interesse transfrontaliero certo, laffidamento, in mancanza di qualsiasi trasparenza, di tale appalto ad unimpresa con sede nello Stato membro dellamministrazione aggiudicatrice costituisce una disparit di trattamento a danno delle imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate a tale appalto (v. sentenza 13 novembre 2007, causa C-507/03, Commissione/Irlanda, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30 e giurisprudenza citata). 64 Salvo che non sia giustificata da circostanze obiettive, siffatta disparit di trattamento, che, escludendo tutte le imprese aventi sede in un altro Stato membro, opererebbe principalmente a danno di queste ultime, costituirebbe una discriminazione indiretta in base alla nazionalit, vietata ai sensi dellart. 49 CE (v., in tal senso, sentenza 13 novembre 2007, Commissione/Irlanda, cit., punto 31 e giurisprudenza citata). 65 In tale contesto, spetterebbe alla Commissione dimostrare che, ancorch lappalto in esame sia riconducibile ai servizi che rientrano nellallegato I B della direttiva 92/50, detto appalto presentava, per unimpresa con sede in uno Stato membro diverso da quello cui appartiene lamministrazione aggiudicatrice interessata, un interesse certo e che tale impresa, non avendo avuto accesso ad informazioni adeguate prima dellaggiudicazione del- lappalto, non ha potuto essere in grado di manifestare il suo interesse per questultimo (v. sentenza Commissione/Irlanda, cit., punto 32). 66 Nella fattispecie, tali elementi non sono stati forniti dalla Commissione. Infatti, la semplice indicazione, da parte di questultima, dellesistenza di un reclamo che le stato rivol RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 to in relazione allappalto in esame non sufficiente a dimostrare che detto appalto presentasse un interesse transfrontaliero certo e, di conseguenza, a costatare lesistenza di un adempimento (v., in tal senso, sentenza 13 novembre 2007 Commissione/Irlanda, cit., punto 34). ** *** ** APPELLO Atti delle istituzioni Legittimazione (Sentenza della Corte (Quinta Sezione) 22 marzo 2007. Causa C-15/06 P) Con la sua impugnazione, la Regione Siciliana chiede lannullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunit europee 18 ottobre 2005, causa T-60/03, Regione Siciliana/Commissione (Racc. pag. II-4139), con cui questultimo ha respinto il ricorso diretto allannullamento della decisione della Commissione 11 dicembre 2002, C(2002) 4905, relativa alla soppressione del contributo concesso alla Repubblica italiana con decisione della Commissione 17 dicembre 1987, C(87) 2090 026, concernente la concessione del contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale in favore di un investimento per infrastrutture, di importo uguale o superiore a 15 milioni di [euro] in Italia (regione: Sicilia), e al recupero dellanticipo versato dalla Commissione a titolo di tale contributo. In base allart. 230, quarto comma, CE, un ente regionale o locale, qualora goda della personalit giuridica ai sensi del diritto nazionale, pu proporre un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente e individualmente. La condizione secondo cui una persona fisica o giuridica devessere direttamente interessata dalla decisione che costituisce oggetto del ricorso richiede che il provvedimento comunitario contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie. Orbene, la designazione di un ente regionale o locale come autorit responsabile della realizzazione di un progetto del Fondo europeo di sviluppo regionale non implica che tale ente sia esso stesso titolare del diritto alcontributo finanziario controverso. parimenti privo di pertinenza il fatto che, nellallegato della decisione di concessione del detto contributo, il detto ente regionale sia menzionato come autorit responsabile della domanda di contributo finanziario. Infatti, la posizione di autorit responsabile della domanda a cui fa riferimento lallegato della decisione di concessione non comporta come conseguenza che tale autorit si trovi in un rapporto diretto con il contributo comunitario, che come precisa del resto la stessa decisione stato richiesto dal governo di uno Stato membro ed stato concesso a questultimo. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE I singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti loro riconosciuti dallordinamento giuridico comunitario. La tutela giurisdizionale delle persone fisiche o giuridiche che non possono impugnare direttamente, a causa dei requisiti di ricevibilit di cui allart. 230, quarto comma, CE, gli atti comunitari deve essere garantita efficacemente mediante rimedi giurisdizionali dinanzi ai giudici nazionali. Questi, in conformit al principio di leale collaborazione sancito dallart. 10 CE, sono tenuti, per quanto possibile, ad interpretare e applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano lesercizio delle azioni in maniera da consentire alle dette persone di contestare in sede giudiziale la legittimit di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo allapplicazione nei loro confronti di un atto comunitario, eccependone linvalidit e inducendo cos i giudici a interpellare a tale proposito la Corte mediante questioni pregiudiziali. Ricevibilit Esecuzione della cosa giudicata (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 29 novembre 2007. Causa C417/ 06 P) Con la sua impugnazione, la Repubblica italiana chiede lannullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunit europee 13 luglio 2006, causa T-225/04, Italia/Commissione (non pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: la sentenza impugnata), mediante la quale il Tribunale ha respinto il ricorso diretto allannullamento della decisione della Commissione 26 novembre 2003, C(2003) 3971 def., che stabilisce una ripartizione indicativa fra gli Stati membri degli stanziamenti dimpegno nel quadro delle iniziative comunitarie per il periodo 1994-1999 (in prosieguo: la decisione controversa), nonch di tutti gli atti connessi e presupposti. Per realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale e, segnatamente, ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo di quelle meno favorite, la Comunit europea pu agire, in particolare, attraverso fondi a finalit strutturale. Per raggiungere questi scopi e disciplinare i compiti dei fondi, il Consiglio dellUnione europea ha adottato il regolamento (CEE) 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalit strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9), modificato, in particolare, mediante regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2081 (GU L 193, pag. 5; in prosieguo: il regolamento n. 2052/88), e il regolamento (CEE) 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dallaltro (GUL 374, pag. 1), modi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 ficato, in particolare, mediante regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20). La Repubblica italiana ha presentato due capi di conclusioni, uno diretto allannullamento della decisione controversa, laltro diretto allannullamento di tutti gli atti connessi e presupposti. Il Tribunale ha dichiarato il secondo irricevibile, per mancanza di un grado di precisione sufficiente con riferimento alloggetto della domanda. Il primo capo della domanda, quanto a esso, era basato su tre motivi: difetto di fondamento normativo, violazione di norme procedurali e difetto di motivazione. Quanto al difetto di fondamento normativo, il Tribunale ha giudicato che lart. 12, nn. 4 e 5, del regolamento n. 2052/88 costituiva un fondamento normativo atto a consentire alla Commissione di modificare le ripartizioni indicative gi disposte in conformit al testo stesso di tali ripartizioni, al dovere fondamentale di buona gestione finanziaria per lesecuzione del bilancio comunitario e allassenza, in capo allo Stato membro, di un diritto a percepire fondi comunitari. Esso ha anche considerato che la Commissione aveva, nel contesto dellesecuzione della citata sentenza Italia/Commissione, il diritto di modificare tali ripartizioni indicative, essendo soltanto tenuta nella fattispecie a rispettare le forme sostanziali violate, cio ad autenticare la sua decisione, fatto salvo il suo potere di riesaminare ed eventualmente modificare le ripartizioni indicative. Il primo motivo di ricorso stato pertanto respinto. Per quanto riguarda la violazione delle norme procedurali, la Repubblica italiana ha fatto valere che la Commissione non avrebbe ottemperato allobbligo di trasparenza stabilito dallart. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88. Al riguardo, il Tribunale ha giudicato che, anche ipotizzando che fosse stato necessario chiedere il parere del comitato di gestione per le iniziative comunitarie preliminarmente alladozione della decisione 16 dicembre 1998, in seguito annullata, non incombeva alla Commissione lonere di chiedere nuovamente tale parere prima di adottare la decisione controversa, poich lannullamento intervenuto soltanto a causa di un difetto di autenticazione e non per motivi di merito. Per di pi, le modifiche introdotte non presentavano un carattere sostanziale che avrebbe giustificato la reiterazione degli atti procedimentali compiuti in precedenza, in quanto limporto totale degli stanziamenti assegnati ai programmi italiani non era stato modificato. Il Tribunale ha giudicato inoltre che la consultazione del CSRR doveva essere considerata equivalente alla precedente consultazione ai fini del deferimento obbligatorio al comitato di gestione per le iniziative comunitarie e del rispetto dellobbligo di trasparenza. Anche il secondo motivo di ricorso stato pertanto respinto. Infine, lobbligo di motivazione stato considerato rispettato da parte della Commissione, in quanto il Tribunale ha osservato che i considerando 8-10 della decisione controversa costituivano unesposizione chiara e sufficientemente precisa delle principali fasi seguite dalla Commissione nelladozione della sua decisione. Listituzione comunitaria non pu, infatti, essere considerata obbligata a menzionare nella sua decisione tutti i punti di CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE fatto e di diritto sollevati nel corso del procedimento amministrativo. Il terzo motivo di ricorso stato pertanto respinto cos come, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme; la Repubblica italiana stata condannata alle spese. (Omissis) 25 Occorre ricordare che dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte risulta che unimpugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede lannullamento, nonch gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (sentenze 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I-5291, punto 34, nonch 8 gennaio 2002, causa C-248/99 P, Francia/Monsanto e Commissione, Racc. pag. I-1, punto 68). 26 Pertanto, non integra gli obblighi di motivazione derivanti da tali disposizioni limpugnazione che si limiti a ripetere o a riprodurre letteralmente i motivi e gli argomenti gi presentati dinanzi al Tribunale, inclusi quelli basati su circostanze in fatto espressamente dichiarate infondate da tale giudice. Infatti, unimpugnazione di tal genere costituisce in realt una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame del ricorso presentato dinanzi al Tribunale, il che esula dalla competenza della Corte (v. sentenze Bergaderm e Goupil/Commissione, cit., punto 35, e 19 gennaio 2006, causa C-240/03 P, Comunit montana della Valnerina/Commissione, Racc. pag.I-731, punto 106). ** *** ** ATTI DELLE ISTITUZIONI Decisione Effetto diretto orizzontale (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 7 giugno 2007. Causa C-80/06) La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione, sul- linvocabilit e sulla validit degli artt. 2 e 3 nonch degli allegati II e III della decisione della Commissione 25 gennaio 1999, 1999/93/CE, relativa alla procedura per lattestazione di conformit dei prodotti da costruzione a norma dellarticolo 20, paragrafo 2, della direttiva 89/106/CEE del Consiglio, riguardo a porte, finestre, imposte, persiane, portoni e relativi accessori (GU L 29, pag. 51). Tale domanda stata proposta nellambito di una controversia tra la societ Carp Snc di L. Moleri e V. Corsi (in prosieguo: la Carp) e la Ecorad Srl (in prosieguo: la Ecorad), controversia vertente sullesecuzione di un contratto di vendita di porte munite di maniglioni detti antipanico. La Ecorad ordinava alla Carp, nel corso del mese di aprile 2005, la fornitura e la posa di tre porte esterne munite di maniglioni antipanico. A seguito dellinstallazione della prima di queste, la Ecorad riteneva, nel maggio 2005, che il prodotto installato non fosse conforme alla normativa comunitaria, dato che la Carp non disponeva di un certificato di conformit rila RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 sciato da un organismo di certificazione riconosciuto di cui alla decisione 1999/93 (o sistema di certificazione n. 1). Di conseguenza, la Ecorad rifiutava di adempiere i propri obblighi contrattuali. La Carp adiva quindi il Tribunale ordinario di Novara al fine di ottenere il risarcimento del danno subito. Nellambito di tale controversia, la Ecorad si basa sulla non conformit della cosa venduta alla normativa comunitaria e fa valere, al riguardo, linosservanza da parte della Carp delle disposizioni della decisione 1999/93. Nella sua ordinanza di rinvio, il Tribunale ordinario di Novara ritiene che la controversia richieda linterpretazione della decisione 1999/93 e si pone la questione della validit di questultima, qualora essa sia direttamente applicabile. (Omissis) 18 Lesame delle questioni prima e terza, rispettivamente relative allinterpretazione e alla validit della decisione 1999/93, presuppone che sia stata preliminarmente risolta in senso affermativo la seconda questione con cui il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se tale decisione produca effetti giuridicamente vincolanti. Si deve tuttavia verificare innanzi tutto se tale decisione possa essere fatta valere in una controversia tra singoli. 20 A questo proposito, e senza che sia necessario esaminare preliminarmente la validit della decisione 1999/93, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una direttiva non pu di per s stessa creare obblighi a carico di un singolo e non pu quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti. Ne consegue che anche una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva volta a conferire diritti o ad imporre obblighi ai privati non pu trovare applicazione in quanto tale nellambito di una controversia che veda contrapposti esclusivamente dei singoli (sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 48; 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori, Racc. pag. I-3325, punto 20; 7 marzo 1996, causa C-192/94, El Corte Ingls, Racc. pag. I-1281, punti 16 e 17; 7 gennaio 2004, causa C-201/02, Wells, Racc. pag. I-723, punto 56, e 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I-8835, punti 108 e 109). 21 La decisione 1999/93 stata adottata sulla base dellart. 13, n. 4, della direttiva 89/106 ed rivolta agli Stati membri. Essa costituisce un atto di portata generale che precisa i tipi di procedure di attestazione di conformit rispettivamente applicabili a porte, finestre, imposte, persiane, portoni e relativi accessori e conferisce mandato al CEN/Cenelec di specificarne il contenuto nelle norme armonizzate pertinenti che saranno poi destinate ad essere trasposte dagli organismi di normalizzazione di ciascuno Stato membro. A norma del- lart. 249 CE, la decisione 1999/93 quindi unicamente vincolante per gli Stati membri, che, ai sensi dellart. 4, ne sono i soli destinatari. Di conseguenza, le considerazioni alla base della giurisprudenza ricordata al punto precedente riguardo alle direttive sono applicabili, mutatis mutandis, per quanto riguarda la possibilit di far valere la detta decisione contro un singolo. 22 Occorre pertanto risolvere la seconda questione del giudice del rinvio nel senso che un singolo non pu far valere, nellambito di una controversia per responsabilit contrattuale che lo vede opposto ad un altro singolo, la violazione da parte di questultimo degli artt. 2 e 3 nonch degli allegati II e III della decisione 1999/93. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Interpretazione (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 12 ottobre 2007. Causa C-173/06) Secondo una costante giurisprudenza, ai fini dellinterpretazione di una norma di diritto comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenze 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck, Racc. pag. 3781, punto 12, nonch 8 settembre 2005, cause riunite C-544/03 e C-545/03, Mobistar e Belgacom Mobile, Racc. pag. I 7723, punto 39), cos come dellinsieme delle disposizioni del diritto comunitario (sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a., Racc. pag. 3415, punto 20). Inoltre, il primato degli accordi internazionali conclusi dalla Comunit sui testi di diritto comunitario derivato impone di interpretare questi ultimi, per quanto possibile, in conformit a tali accordi. ** *** ** COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE Decisione quadro 2001/220/GAI Nozione di vittima (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 28 giugno 2007. Causa C-467/05 ) La decisione quadro 2001/220, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, devessere interpretata nel senso che, nellambito di un procedimento penale e, pi specificamente, di un procedimento di esecuzione successivo ad una sentenza definitiva di condanna, la nozione di vittima ai sensi della decisione quadro non include le persone giuridiche che hanno subito un pregiudizio causato direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro. Infatti, interpretare la decisione quadro nel senso che essa riguardi anche le persone giuridiche che asseriscono aver subito un pregiudizio causato direttamente da una violazione del diritto penale sarebbe contrario al dettato stesso dellart. 1, lett. a), della decisione quadro, che riguarda unicamente le persone fisiche che hanno subito un pregiudizio causato direttamente da comportamenti contrari alla legge penale di uno Stato membro. Inoltre, non vi alcunaltra disposizione della decisione quadro contenente unindicazione secondo cui il legislatore dellUnione europea avrebbe inteso estendere la nozione di vittima alle persone giuridiche ai fini dellapplicazione della decisione quadro in parola. Ben al contrario, diverse disposizioni di questultima, tra cui in particolare gli artt. 2, nn. 1 e 2, e 8, n. 1, confermano che lo scopo del legislatore stato quello di prendere in considerazione unicamente le persone fisiche vittime di un pregiudizio causato da una violazione del diritto penale. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 La direttiva 2004/80, relativa allindennizzo delle vittime di reato, non tale da inficiare siffatta interpretazione. Infatti, anche supponendo che le disposizioni di una direttiva adottata sul fondamento del Trattato CE possano in qualche modo incidere sullinterpretazione delle disposizioni di una decisione quadro fondata sul Trattato UE e che la nozione di vittima ai sensi della direttiva possa essere interpretata nel senso che essa riguarda le persone giuridiche, la direttiva e la decisione quadro non si trovano comunque in un rapporto tale da imporre uninterpretazione uniforme della nozione di cui trattasi. Indennizzo alle vittime (Sentenza della Corte (Quinta Sezione) 29 novembre 2007. Causa C112/ 07 ) Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di dichiarare che, non avendo adottando le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/80/CE, relativa allindennizzo delle vittime di reato (GU L GU L 261, pag. pag. 15; in prosieguo: la direttiva), o comunque non avendole comunicato tali disposizioni, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di detta direttiva. Ai sensi dellart. 18, n. 1, della direttiva, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro il 1 gennaio 2006, fatta eccezione per lart. 12, n. 2, di questultima per il quale tale data era fissata al 1 luglio 2005, e dovevano informarne immediatamente la Commissione. Nel suo controricorso, la Repubblica italiana non contesta la fondatezza del ricorso proposto dalla Commissione. Essa osserva tuttavia che determinate leggi gi vigenti nellordinamento giuridico italiano prevedono lindennizzo delle vittime di atti di terrorismo e della criminalit organizzata nonch delle vittime di richieste estorsive e di usura. Peraltro, tale Stato membro fa valere che liter legislativo diretto ad assicurare il recepimento integrale della direttiva nel suo ordinamento giuridico in via di conclusione. A tale proposito occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, lesistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non pu tenere conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenze 30 maggio 2002, causa C-323/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4711, punto 8, e 27 ottobre 2005, causa C-23/05, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-9535, punto 9). Nel caso di specie, pacifico che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, tutti i provvedimenti necessari per procedere allattuazione della direttiva nellordinamento giuridico nazionale non erano stati adottati dalla Repubblica italiana. ** *** ** CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE DOGANA Perfezionamento attivo (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 18 ottobre 2007. Causa C-173/06) (idem Ordinanza della Corte (Sezione settima) 7 dicembre 2007. Causa C-505/06) La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda linterpretazione degli artt. 216 e 220 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 novembre 2000, n. 2700 (GU L 311, pag. 17; in prosieguo: il codice doganale). Tale domanda stata proposta nellambito di un ricorso di annullamento presentato dallAgrover Srl (in prosieguo: lAgrover) avverso lavviso di recupero di dazi doganali emesso dallAgenzia Dogane Circoscrizione Doganale di Genova. LAgrover una societ con sede in Italia che dispone di unautorizzazione di perfezionamento attivo per risone. Nel corso del dicembre 2000, detta societ ha esportato in Ungheria, con tre operazioni, riso lavorato di origine comunitaria ed importato poi, nel febbraio 2001, quantit equivalenti di riso semigreggio dalla Thailandia, in esenzione daziaria. Il 26 gennaio 2004, le autorit italiane, basandosi sullart. 216 del codice doganale, hanno rilevato che tali operazioni non potevano beneficiare del regime di perfezionamento attivo. Dette autorit hanno infatti considerato che lesenzione dai dazi avrebbe potuto essere concessa unicamente qualora le importazioni compensatrici avessero riguardato merci importate da un paese che avesse concluso un accordo preferenziale con la Comunit; ma tale non il caso del Regno di Thailandia. Le autorit di cui trattasi hanno pertanto predisposto il recupero dei dazi relativi allimportazione di riso (EUR 73 767,88). LAgrover ha impugnato questa decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova. Con decisione 2 luglio 2004, questultima ha respinto il ricorso dellAgrover, che ha interposto appello avverso detta sentenza dinanzi al giudice del rinvio. Laccordo europeo che istituisce unassociazione tra le Comunit europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Ungheria, dal- laltra, firmato a Bruxelles il 16 dicembre 1991, stato approvato a nome delle Comunit europee con decisione del Consiglio e della Commissione 13 dicembre 1993, 93/742/Euratom, CECA, CE (GU L 347, pag. 1). Il protocollo n. 4 a tale accordo, relativo alla definizione della nozione di prodotti originari e ai metodi di cooperazione amministrativa, cos come modificato dalla decisione del Consiglio di associazione tra le Comunit europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Ungheria, dallaltra, 28 dicembre 1996, n. 3 (GU 1997, L 92, pag. 1; in prosieguo: il protocollo n. 4), allart. 15, intitolato Divieto di restituzione dei dazi doganali o di esenzione da tali dazi, contiene le disposizioni seguenti: RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 1. a) I materiali non originari utilizzati nella fabbricazione di prodotti originari della Comunit, dellUngheria o di uno degli altri paesi di cui allarticolo 4, per i quali viene rilasciata o compilata una prova dellorigine conformemente alle disposizioni del titolo V non sono soggetti, nella Comunit o in Ungheria, ad alcun tipo di restituzione dei dazi doganali o di esenzione da tali dazi. () 2. Il divieto di cui al paragrafo 1 si applica a tutti gli accordi relativi a rimborsi, sgravi o mancati pagamenti, parziali o totali, di dazi doganali o tasse di effetto equivalente applicabili nella Comunit o in Ungheria ai materiali utilizzati nella fabbricazione e ai prodotti di cui al paragrafo 1, lettera b), qualora tali rimborsi, sgravi o mancati pagamenti si applichino, di diritto o di fatto, quando i prodotti ottenuti da detti materiali sono esportati, ma non quando sono destinati al consumo interno. 3. Lesportatore di prodotti coperto da una prova dellorigine deve essere pronto a presentare in qualsiasi momento, su richiesta dellautorit doganale, tutti i documenti atti a comprovare che non stata ottenuta alcuna restituzione per quanto riguarda i materiali non originari utilizzati nella fabbricazione dei prodotti in questione e che tutti i dazi doganali o le tasse di effetto equivalente applicabili a tali materiali sono stati effettivamente pagati. Lart. 114, n. 1, del codice doganale stabilisce in particolare che il regime di perfezionamento attivo consente di sottoporre a lavorazione sul territorio doganale della Comunit, per far subire loro una o pi operazioni di perfezionamento, merci non comunitarie destinate ad essere riesportate fuori del territorio doganale in parola sotto forma di prodotti compensatori, senza essere soggette ai dazi allimportazione n a misure di politica commerciale. Detta forma del regime di perfezionamento attivo definita sistema della sospensione [art. 114, n. 2, lett. a), del codice doganale]. Dallart. 114, n. 2, lett. c) e d), del medesimo codice risulta che sono prodotti compensatori tutti i prodotti risultanti da operazioni di perfezionamento, quali la lavorazione o la trasformazione di merci. Lart. 115, n. 1, lett. a), del codice doganale consente altres che i prodotti compensatori siano ottenuti da merci equivalenti, definite allart. 114, n. 2, lett. e), del codice in questione come le merci comunitarie utilizzate al posto delle merci dimportazione per la fabbricazione dei prodotti compensatori, purch tali merci siano equivalenti alle merci dimportazione sotto il profilo tecnico e commerciale. Si tratta del sistema denominato della compensazione per equivalenza. Lart. 115, n. 1, lett. b), del codice doganale stabilisce inoltre che i prodotti compensatori ottenuti da merci equivalenti possono essere esportati fuori della Comunit prima che vengano importate le merci di origine terza (sistema denominato dellesportazione anticipata o EX/IM). Secondo lart. 115, n. 3, del codice doganale, il ricorso alla compensazione per equivalenza comporta la modificazione della posizione doganale: Le merci dimportazione si trovano nella posizione doganale delle merci equivalenti e queste ultime nella posizione doganale delle merci dimportazione . CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Secondo lart. 216 del codice doganale: 1. Nella misura in cui gli accordi conclusi tra la Comunit e taluni paesi terzi prevedono la concessione allimportazione in questi ultimi di un trattamento tariffario preferenziale per le merci originarie della Comunit ai sensi di tali accordi, con la riserva che, quando esse siano state ottenute in regime di perfezionamento attivo, le merci non comunitarie incorporate in dette merci siano soggette al pagamento dei relativi dazi allimportazione, la convalida dei documenti necessari per ottenere, nei paesi terzi, tale trattamento tariffario preferenziale fa nascere unobbligazione doganale allimportazione. 2. Il momento in cui nasce tale obbligazione doganale il momento in cui lautorit doganale accetta la dichiarazione di esportazione delle merci in questione. 3. Il debitore il dichiarante. In caso di rappresentanza indiretta parimenti debitrice la persona per conto della quale fatta la dichiarazione. 4. Limporto dei dazi allimportazione corrispondente allobbligazione doganale stabilito allo stesso modo come se si trattasse di unobbligazione doganale risultante dallaccettazione, alla medesima data, della dichiarazione di immissione in libera pratica delle merci in questione per porre fine al regime di perfezionamento attivo. Lart. 220, n. 2, del codice doganale cos dispone: Eccetto i casi di cui allarticolo 217, paragrafo 1, secondo e terzo comma, non si procede alla contabilizzazione a posteriori quando: () b) limporto dei dazi legalmente dovuto non stato contabilizzato per un errore dellautorit doganale, che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana; (). (Omissis) 17 Va preliminarmente osservato che, secondo costante giurisprudenza della Corte, ai fini dellinterpretazione di una norma di diritto comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenze 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck, Racc. pag. 3781, punto 12, nonch 8 settembre 2005, cause riunite C-544/03 e C-545/03, Mobistar e Belgacom Mobile, Racc. pag. I-7723, punto 39), cos come dellinsieme delle disposizioni del diritto comunitario (sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a., Racc. pag. 3415, punto 20). Inoltre, il primato degli accordi internazionali conclusi dalla Comunit sui testi di diritto comunitario derivato impone di interpretare questi ultimi, per quanto possibile, in conformit a tali accordi (sentenza 12 gennaio 2006, causa C-311/04, Algemene Scheeps Agentuur Dordrecht, Racc. pag. I-609, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). 18 Per quanto riguarda la finalit dellart. 216 del codice doganale, risulta che tale disposizione diretta a garantire losservanza degli obblighi internazionali della Comunit derivanti da taluni accordi preferenziali [v., a tale riguardo, il settimo considerando del regolamento (CEE) del Consiglio 13 luglio 1987, n. 2144, relativo allobbligazione doganale (GU L 201, pag. 15), relativo alle disposizioni dellart. 9, n. 1, del detto regolamento, che RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 sono in seguito state riprodotte allart. 216 del codice doganale]. In forza di clausole dette di non ristorno, infatti, gli accordi in parola possono stabilire che, ove si tratti di prodotti compensatori ottenuti nella Comunit in regime di perfezionamento attivo, lapplicazione del trattamento tariffario preferenziale che da essi deriva subordinata al pagamento dei dazi allimportazione relativi alle merci terze contenute o utilizzate nei prodotti compensatori. 19 Quindi, una clausola di non ristorno, quale quella prevista dallart. 15 del protocollo n. 4, ha la conseguenza di privare il titolare di unautorizzazione di perfezionamento attivo del beneficio della sospensione dei dazi allimportazione di una merce di origine terza utilizzata ai fini del perfezionamento, allorch il prodotto compensatore esportato nel paese partner. Conformemente alla finalit di integrazione economica bilaterale che si propone un accordo preferenziale quale laccordo europeo che istituisce unassociazione tra le Comunit europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Ungheria, dallaltra, tali clausole di non ristorno favoriscono limpiego di merci originarie del territorio doganale delle parti dellaccordo assoggettando al pagamento di dazi allimportazione le merci terze utilizzate nelle operazioni di perfezionamento attivo. In tal modo esse impediscono il cumulo di vantaggi doganali che potrebbe risultare dallapplicazione in concomitanza del regime di perfezionamento attivo e della tariffa preferenziale. 20 Tali elementi dimostrano che, fra lo scopo di promozione delle esportazioni delle imprese comunitarie cui mira il regime doganale di perfezionamento attivo (v., in questo senso, sentenze 29 giugno 1995, causa C-437/93, Temic Telefunken, Racc. pag. I-1687, punto 18, e 13 marzo 1997, causa C-103/96, Eridania Beghin-Say, Racc. pag. I-1453, punto 26) e quello dintegrazione economica inerente agli accordi preferenziali, il legislatore, adottando lart. 216 del codice doganale, ha ritenuto di dare la priorit a questultimo. 21 Certo, ai sensi dellart. 216 del codice doganale sono espressamente gravate di dazi doganali solamente le merci terze incorporate in prodotti compensatori originari. Tuttavia, tenuto conto della finalit e delleconomia generale della disposizione in esame, occorre considerare che essa si presta altres ad essere applicata in caso di esportazione anticipata dei prodotti compensatori. 24 Va rilevato che le modalit di attuazione dellart. 115, n. 3, del codice doganale in caso di ricorso allesportazione anticipata sono precisate nellart. 572 del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni dapplicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 (GU L 253, pag. 1), cos come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 21 dicembre 1993, n. 3665 (GU L 335, pag. 1), secondo cui il cambiamento di posizione doganale avviene per i prodotti compensatori esportati, al momento dellaccettazione della dichiarazione di esportazione, semprech le merci dimportazione siano vincolate al regime di perfezionamento attivo, e, per le merci dimportazione e le merci equivalenti, al momento dello svincolo delle merci dimportazione che hanno formato oggetto di una dichiarazione di vincolo al [detto] regime. In caso di operazione di tipo EX/IM, lart. 577 di tale regolamento prevede inoltre che il regime appurato quando la dichiarazione di cui sono oggetto le merci non comunitarie sia stata accettata dallautorit doganale. 25 Conformemente a tali disposizioni, in caso di operazioni di tipo EX/IM, quindi, solo al momento in cui le merci di origine terza sono state importate le autorit doganali sono in grado di verificare che siano soddisfatti tutti i requisiti per il regime di perfezionamento attivo e che lart. 216 del codice doganale non osti alla sospensione dei dazi allimportazione. 30 Secondo lart. 220, n. 2, lett. b), del codice doganale, le autorit competenti non procedono alla contabilizzazione a posteriori dei dazi allimportazione solo qualora ricorrano CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE tre condizioni cumulative. Occorre, anzitutto, che i dazi non siano stati riscossi a causa di un errore delle autorit competenti stesse, inoltre, che lerrore commesso da queste ultime sia stato di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore in buona fede e, infine, che questultimo abbia rispettato tutte le prescrizioni della normativa in vigore relative alla sua dichiarazione in dogana (v., per analogia, sentenze 12 luglio 1989, causa 161/88, Binder, Racc. pag. 2415, punti 15 e 16; 14 maggio 1996, cause riunite C-153/94 e C-204/94, Faroe Seafood e a., Racc. pag. I-2465, punto 83; ordinanze 9 dicembre 1999, causa C-299/98 P, CPL Imperial 2 e Unifrigo/Commissione, Racc. pag. I-8683, punto 22, e 11 ottobre 2001, causa C-30/00, William Hinton & Sons, Racc. pag. I-7511, punti 68, 69, 71 e 72). Allorch detti requisiti sono soddisfatti, il debitore ha diritto a che non si proceda al recupero (sentenza 27 giugno 1991, causa C-348/89, Mecanarte, Racc. pag. I-3277, punto 12). 31 Per quanto riguarda il primo dei requisiti menzionati, occorre ricordare che lart. 220, n. 2, lett. b), del codice doganale ha lobiettivo di tutelare il legittimo affidamento del debitore circa la fondatezza dellinsieme degli elementi che intervengono nella decisione di recuperare o meno i dazi doganali. Il legittimo affidamento del debitore merita la tutela prevista in tale articolo solo se sono state le autorit competenti medesime a porre in essere i presupposti sui quali riposa il legittimo affidamento del debitore. Cos, solo gli errori imputabili ad un comportamento attivo delle autorit competenti danno diritto al non recupero dei dazi doganali (v., per analogia, sentenza Mecanarte, cit., punti 19 e 23). 32 Quanto al secondo dei requisiti in parola, la rilevabilit di un errore commesso dalle autorit doganali competenti deve essere valutata tenendo conto della natura dellerrore, del- lesperienza professionale degli operatori interessati e della diligenza di cui questi ultimi hanno dato prova. La natura dellerrore correlata alla complessit ovvero alla sufficiente semplicit della normativa di cui trattasi e al lasso di tempo durante il quale le autorit hanno perseverato nel loro errore (sentenza 3 marzo 2005, causa C-499/03 P, Biegi Nahrungsmittel e Commonfood/Commissione, Racc. pag. I-1751, punti 47 e 48 e giurisprudenza ivi citata). 33 Per quanto riguarda il terzo requisito, il dichiarante deve fornire alle competenti autorit doganali tutte le informazioni necessarie previste dalle norme comunitarie e da quelle nazionali che, se del caso, le integrano o le recepiscono tenuto conto del trattamento doganale richiesto per la merce considerata (sentenza Faroe Seafood e a., cit., punto 108). 34 Conformemente alla ripartizione dei compiti stabilita dallart. 234 CE, in forza della quale il ruolo della Corte si limita a fornire al giudice a quo gli elementi di interpretazione necessari alla soluzione della causa di cui investito, spetta a questultimo applicare queste norme e valutare, in funzione dellinsieme degli elementi concreti della controversia ad esso sottoposta, e in particolare delle prove fornite a tal fine dal ricorrente nella causa principale, se sia soddisfatto ognuno dei requisisti necessari per avere diritto a che non si proceda al recupero dei dazi allimportazione, ai sensi dellart. 220, n. 2, lett. b), del codice doganale. 35 () quando, nellappuramento di unoperazione di perfezionamento attivo (sistema della sospensione) con compensazione per equivalenza ed esportazione anticipata, le autorit competenti non hanno sollevato obiezioni, in base allart. 216 del codice doganale, allesenzione dai dazi allimportazione di merce di origine terza, esse devono rinunciare alla contabilizzazione a posteriori di tali dazi allimportazione, ai sensi dellart. 220, n. 2, lett. b), del detto codice, allorch tre requisiti cumulativi sono presenti. In primo luogo, occorre che i dazi in questione non siano stati riscossi a causa di un errore delle autorit competenti medesime, inoltre, che lerrore di cui trattasi sia stato di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore in buona fede e, infine, che questultimo abbia RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 rispettato tutte le prescrizioni della normativa in vigore relative alla sua dichiarazione in dogana. Spetta al giudice del rinvio valutare se ci si verifichi nella fattispecie della causa principale in funzione dellinsieme degli elementi concreti della controversia ad esso sottoposta, e in particolare delle prove fornite a tal fine dal ricorrente nella causa principale. ** *** ** ETICHETTATURA Mangimi composti (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 8 novembre 2007. Causa C-421/06) La domanda di pronuncia pregiudiziale verte essenzialmente sulle conseguenze che occorre trarre dalla sentenza 6 dicembre 2005, cause riunite C-453/03, C-11/04, C-12/04 e C-194/04, ABNA e a. (Racc. pag. I-10423), con la quale la Corte ha risposto, in particolare, a talune questioni poste dal giudice del rinvio in una fase precedente della causa principale. Tale domanda stata proposta nel quadro dellesame di un ricorso proposto dalla Fratelli Martini & C. SpA, nonch dalla Cargill Srl, produttrici di mangimi composti, mirante allannullamento della normativa adottata al fine di recepire nellordinamento nazionale talune disposizioni controverse della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, 2002/2/CE, che modifica la direttiva 79/373/CEE del Consiglio relativa alla circolazione dei mangimi composti per animali e che abroga la direttiva 91/357/CEE della Commissione (GU L 63, pag. 23). Con le sue questioni quarta e quinta, il Consiglio di Stato chiede se il regolamento n. 183/2005, letto in combinato disposto con gli artt. 8 e 16 del regolamento n. 178/2002, debba essere interpretato nel senso che esso vieta ai produttori di mangimi di apporre sui loro prodotti etichette che possano indurre i consumatori in errore e se si debba ritenere ingannevole per il consumatore letichetta di mangimi quando le percentuali degli ingredienti elencati sulletichetta possono essere indicati intenzionalmente dai produttori con scarti del 15%, per ogni ingrediente presente nella composizione del prodotto. Le ricorrenti nella causa principale ritengono che lobbligo di etichettatura previsto dalla direttiva 2002/2 sia contrario, nel contempo, agli artt. 8 e 16 del regolamento n. 178/2002 e al sistema di tolleranza generalmente applicato nellordinamento giuridico italiano, il quale richiede la buona fede del produttore. Pertanto, il rischio di violazione di norme penali non sarebbe escluso. Esse rilevano inoltre che, in seguito alla citata sentenza ABNA e a., con la quale stato dichiarato invalido lobbligo di comunicare la composizione esatta dei mangimi composti, lobbligo relativo allindicazione delle percentuali in peso delle materie prime presenti nella composizione dei detti mangimi sarebbe totalmente privo di motivazione e, di conseguenza, dovrebbe essere dichiarato parimenti invalido. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE (Omissis) 29 Nella citata sentenza ABNA e a., la Corte ha dichiarato che lesame delle questioni ad essa sottoposte non aveva evidenziato alcun elemento atto ad inficiare la validit del- lart. 1, punto 4, della direttiva 2002/2 in relazione al fondamento normativo in base al quale tale direttiva era stata adottata, al principio della parit di trattamento e al divieto di discriminazione, nonch al principio di proporzionalit. 30 Per quanto concerne il principio di proporzionalit, la Corte ha anzitutto ricordato (punto 69 della motivazione) lampio potere discrezionale che occorre riconoscere al legislatore comunitario in un settore come quello del caso di specie, che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale, e nel quale esso chiamato ad effettuare valutazioni complesse. 31 Nel punto 76 della detta sentenza, la Corte ha giudicato che lobbligo di indicare le percentuali degli ingredienti di un alimento costituisce una misura idonea a contribuire allobiettivo di protezione della salute animale ed umana. 32 Interrogata sulla validit, nel contempo, dellart. 1, punto 1, lett. b), della direttiva 2002/2 e dellart. 1, punto 4, della stessa direttiva, la Corte, nella medesima sentenza, ha dichiarato che solo la prima di tali disposizioni, che impone ai produttori di mangimi composti di fornire, dietro richiesta del cliente, la composizione esatta di un alimento, invalida in relazione al principio di proporzionalit, in quanto lede gravemente gli interessi economici dei produttori, senza poter essere giustificata dallobiettivo di protezione della salute perseguito, ed eccede manifestamente la misura necessaria per conseguire questobiettivo. 33 Viceversa, quanto allobbligo di cui allart. 1, punto 4, della direttiva 2002/2, la Corte ha illustrato, nel punto 83 della citata sentenza ABNA e a., che, come risulta dalle spiegazioni fornite e dagli esempi presentati alla Corte, lindicazione, sulletichetta, delle percentuali allinterno di forchette di valori dovrebbe normalmente consentire lidentificazione di un alimento che si sospetta contaminato, al fine di valutare la sua pericolosit in funzione del peso indicato e di disporre eventualmente il suo ritiro provvisorio in attesa dei risultati delle analisi di laboratorio o per consentire la rintracciabilit del prodotto da parte delle autorit pubbliche interessate. proprio in ragione dellesistenza di questobbligo che la Corte ha giudicato, nel detto punto 83, che lobbligo previsto dallart. 1, punto 1, lett. b), della direttiva 2002/2, eccedeva manifestamente la misura necessaria per conseguire lobiettivo di protezione della salute perseguito. 34 Pertanto, da questa sentenza risulta che la Corte ha giudicato che il legislatore comunitario non aveva violato il principio di proporzionalit imponendo, con lart. 1, punto 4, della direttiva 2002/2, per motivi di sanit pubblica, lobbligo di indicare, sulletichetta dei mangimi composti, le percentuali in peso delle materie prime presenti nella composizione del mangime con un margine di tolleranza del 15% del valore dichiarato per quanto riguarda le dette percentuali. 36 Poich gli obblighi previsti dallart. 1, punto 1, lett. b), della direttiva 2002/2, da un lato, e dallart. 1, punto 4, della medesima direttiva, dallaltro, sono distinti e possono essere osservati indipendentemente luno dallaltro, nessun motivo di coerenza imponeva di dichiarare invalido il detto art. 1, punto 4, in conseguenza dellinvalidit del citato art. 1, punto 1, lett. b). 37 Quanto allasserita incoerenza tra lart. 1, punto 4, della direttiva 2002/2 ed il regolamento n. 183/2005, letto in combinato disposto con gli artt. 8 e 16 del regolamento n. 178/2002, occorre rilevare preliminarmente che il regolamento n. 183/2005 non contiene nessuna disposizione relativa alletichettatura dei mangimi. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 38 Gli artt. 8 e 16 del regolamento n. 178/2002 hanno come scopo la tutela del consumatore. Il detto art. 8 una disposizione di carattere generale la quale mira a prevenire qualsiasi comportamento che possa indurre in errore il consumatore, mentre il detto art. 16, riguardante specificamente i prodotti offerti in vendita, prevede, in particolare, che letichetta e la presentazione dei mangimi non debbono indurre in errore il consumatore 40 Inoltre, lart. 16 del detto regolamento pone il principio appena illustrato fatte salve disposizioni pi specifiche della legislazione alimentare. Questarticolo deve essere letto pertanto tenendo in considerazione lart. 1, punto 4, della direttiva 2002/2, la cui validit stata confermata dalla Corte. Di conseguenza, il margine di tolleranza previsto dal detto art. 1, punto 4, deve essere considerato tale da non indurre in errore il consumatore ai sensi del citato art. 16. 41 Ad ogni modo, poich una direttiva comunitaria a prevedere lesistenza del margine di tolleranza del 15% del valore dichiarato sulletichetta per quanto riguarda le percentuali in peso delle materie prime presenti nella composizione di un mangime composto, non risulta possibile ritenere che il produttore o il venditore di un mangime etichettato in tal modo intendano indurre in errore un acquirente potenziale quanto alla composizione del detto mangime. Infatti, questi operatori economici si limiterebbero a far uso del margine di tolleranza loro concesso dal legislatore comunitario. 43 Per quanto riguarda lasserita contraddizione tra le disposizioni della direttiva 2002/2 e talune norme dellordinamento nazionale, che autorizzano scostamenti solo fortuiti relativamente alle indicazioni sulletichetta, occorre ricordare che risulta da una giurisprudenza costante che il giudice nazionale incaricato di applicare, nellambito di propria competenza, le norme di diritto comunitario ha lobbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando alloccorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale (v., in particolare, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24, e 18 luglio 2007, causa C-119/05, Lucchini, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 61). 44 Una direttiva non pu certamente creare di per s obblighi a carico di un soggetto e non pu quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (v., in particolare, sentenze 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I-8835, punto 108, nonch 3 maggio 2005, cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a., Racc. pag. I-3565, punto 73). Nel caso di specie, tuttavia, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che la direttiva 2002/2 impone obblighi meno vincolanti di quelli previsti dallordinamento nazionale. 45 Dallinsieme delle considerazioni sin qui svolte risulta che lart. 1, punto 4, della direttiva 2002/2, il quale prevede lobbligo di indicare, sulletichetta dei mangimi composti, le percentuali in peso delle materie prime presenti nella composizione del mangime, con un margine di tolleranza pari al 15% del valore dichiarato per quanto concerne le dette percentuali, deve essere interpretato nel senso che esso non in contrasto con gli artt. 8 e 16 del regolamento n. 178/2002, i quali hanno lo scopo, in particolare, di prevenire il rischio che letichetta e la presentazione dei mangimi inducano in errore il consumatore. 46 Con la sua prima questione, il Consiglio di Stato chiede lumi alla Corte sugli obblighi delle istituzioni alla luce dellart. 233 CE in conseguenza della citata sentenza ABNA e a.. 52 Secondo costante giurisprudenza, quando la Corte accerta, nellambito di un procedimento ai sensi dellart. 234 CE, linvalidit di un atto emanato dalle autorit comunitarie, la sua decisione produce la conseguenza giuridica di imporre alle istituzioni competenti della Comunit europea lobbligo di adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE allillegittimit accertata (v., in particolare, sentenze 19 ottobre 1977, cause riunite 117/76 e 16/77, Ruckdeschel e Strh, Racc. pag. 1753, punto 13, e 29 giugno 1988, causa 300/86, Van Landschoot, Racc. pag. 3443, punto 22). In tal caso, spetta alle dette istituzioni adottare i provvedimenti necessari allesecuzione della sentenza pregiudiziale al pari di quanto sono tenute a fare, ai sensi dellart. 233 CE, nel caso di una sentenza che annulli un atto o dichiari illegittima linerzia di unistituzione comunitaria. Dalla menzionata giurisprudenza emerge infatti che, quando una sentenza pregiudiziale accerti lillegittimit di un atto comunitario, lobbligo sancito dallart. 233 CE si applica per analogia. 63 Alla luce di tutto quanto sin qui esposto, occorre rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che, dal momento che lart. 1, punto 1, lett. b), della direttiva 2002/2 prevedeva un obbligo autonomo privo di nessi con gli obblighi previsti dalle altre disposizioni della medesima direttiva, la dichiarazione dinvalidit della detta disposizione, pronunciata dalla Corte mediante la citata sentenza ABNA e a., non ha provocato nessuna lacuna del diritto n unincoerenza che impongano alle istituzioni comunitarie di adottare modifiche di sostanza della direttiva 2002/2. In ogni caso, linvalidit di una disposizione comunitaria deriva direttamente dalla sentenza della Corte che la accerta e spetta tanto alle autorit quanto ai giudici degli Stati membri trarne le conseguenze nel loro ordinamento giuridico nazionale. ** *** ** GIURISDIZIONE Diritti della difesa (Sentenza della Corte (Ottava Sezione) 14 giugno 2007. Causa C-82/06) La Repubblica italiana rimprovera alla Commissione di aver contestato nella replica, cio dopo la produzione dei piani di gestione richiesti, la validit sostanziale di quesiti. I diritti della difesa non sarebbero stati pertanto pienamente rispettati, poich tali documenti non sono stati contestati nel corso della fase precontenziosa del procedimento. Di conseguenza, tali documenti dovrebbero costituire oggetto di un nuovo e distinto procedimento dinfrazione. A questo proposito, va ricordato che una parte non pu, nel corso del procedimento, modificare loggetto della controversia e che la fondatezza del ricorso deve essere valutata soltanto rispetto alle conclusioni contenute nel- latto introduttivo (v., in tal senso, sentenze 6 aprile 2000, causa C-256/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2487, punto 31, e 4 maggio 2006, causa C-508/03, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I-3969, punto 61). Orbene, la Corte ha gi affermato a tal proposito che se il procedimento precontenzioso ha raggiunto lobiettivo di proteggere i diritti dello Stato membro di cui trattasi, questultimo, se nel corso della fase precontenziosa del procedimento non ha indicato alla Commissione che la direttiva di cui trattasi doveva considerarsi gi trasposta nel diritto interno in vigore, non pu contestare alla Commissione di aver esteso o modificato loggetto del ricorso come delimitato dal detto procedimento precontenzioso. Secondo la RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Corte, la Commissione pu, dopo aver contestato ad uno Stato membro lassenza di qualsiasi trasposizione di una direttiva, precisare, nella replica, che la trasposizione che lo Stato membro interessato ha fatto valere per la prima volta nel controricorso comunque inesatta o incompleta con riferimento a determinate disposizioni della stessa direttiva. Un tale addebito , infatti, necessariamente compreso in quello attinente allassenza di qualsiasi trasposizione (sentenza 30 novembre 2006, causa C-32/05, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-11323, punto 56). ** *** ** IMPOSTE E TASSE Imposte dirette. Fondi strutturali. Calcolo del reddito imponibile (Sentenza della Corte (Quarta Sezione) 25 ottobre 2007. Causa C-427/05) La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione del- lart. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dal- laltro (GU L 374, pag. 1), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20; in prosieguo: il regolamento n. 4253/88). Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia fra lAgenzia delle entrate Ufficio di Genova 1 (in prosieguo: lAgenzia) e la societ Porto Antico di Genova SpA (in prosieguo: la Porto Antico), in seguito al rigetto della domanda presentata da questultima al fine di ottenere il rimborso delle somme da essa versate, per lanno 2000, a titolo di imposta sul reddito delle persone giuridiche e di imposta regionale sulle attivit produttive. Dallordinanza di rinvio emerge che, per quanto concerne limposta sul reddito delle persone giuridiche e limposta regionale sulle attivit produttive, la Porto Antico, conformemente allart. 55, n. 3, lett. b), del DPR n. 917/86, ha incluso nella sua dichiarazione dei redditi, relativa allanno 2000, i contributi corrisposti dai Fondi strutturali comunitari e dalla Regione Liguria nellambito del periodo di programmazione 1994-1999. Il 22 aprile 2002, ritenendo di essere incorsa in errore includendo i detti contributi nel calcolo del suo reddito imponibile relativo allanno 2000, la Porto Antico ha proposto un reclamo dinanzi allAgenzia, chiedendo il rimborso delle somme che la societ stessa, a suo avviso, aveva indebitamente versato. In tale reclamo essa sosteneva che lart. 55, n. 3, lett. b), del DPR CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE n. 917/86 era in contrasto con il disposto dellart. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 4253/88. (Omissis) 9 Con la prima questione il giudice a quo chiede in sostanza se lart. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 4253/88 debba essere interpretato nel senso che osta ad una disciplina tributaria nazionale, quale lart. 55, n. 3, lett. b), del DPR n. 917/86, che include i contributi versati dai Fondi strutturali comunitari nella determinazione del reddito imponibile. 10 In via preliminare occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (sentenze 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx, Racc. pag. I-2493, punto 16, e 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen, Racc. pag. I-7477, punto 19). In particolare, la normativa nazionale non deve ostacolare il funzionamento del meccanismo istituito con il regolamento n. 4253/88 (v., in tal senso, sentenza 10 marzo 1981, cause riunite 36/80 e 71/80, Irish Creamery Milk Suppliers Association e a., Racc. pag. 735, punto 15). 11 A questo proposito, lart. 21, n. 3, secondo comma, del detto regolamento dispone che i pagamenti ai beneficiari finali devono essere effettuati senza alcuna detrazione o trattenuta che possa ridurre limporto dellaiuto finanziario al quale essi hanno diritto. 12 Dalla formulazione letterale di tale disposizione emerge inequivocabilmente che essa non consente alcun prelievo sui contributi versati ai beneficiari dei Fondi strutturali. Occorre constatare che questa stessa formulazione non esclude che il reddito di cui fanno parte tali contributi in base al DPR n. 917/86 possa essere assoggettato ad imposizione. 15 Nel caso di specie, come stato rilevato dallavvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, limporto dei contributi comunitari ricevuto dalla Porto Antico costituisce un elemento dellattivo di tale societ che, cumulato eventualmente con altri redditi, viene considerato nel calcolo della base imponibile dellimposta sul reddito, con il conseguente assoggettamento di tale importo al regime impositivo generale istituito dal detto DPR, allo stesso titolo di tutti gli altri redditi della Porto Antico. 16 Orbene, giocoforza constatare che limposizione prevista dal DPR n. 917/86 indipendente dallesistenza dellimporto dei contributi comunitari versato alla Porto Antico. Detta imposizione non corrisponde ad un prelievo specificamente connesso al contributo finanziario di cui ha beneficiato tale societ, ma si applica indistintamente a tutti i redditi di questultima. 17 Di conseguenza, non si pu sostenere che il prelievo fiscale di cui trattasi nella causa principale, quale previsto dal detto DPR, costituisca una detrazione o una trattenuta ai sensi dellart. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 4253/88, che riduca le somme versate dai Fondi strutturali comunitari e che abbia un rapporto diretto e intrinseco con le stesse, quandanche sia possibile, come fa valere la Porto Antico, determinare precisamente limporto dellimposta nazionale gravante su tali somme. 18 Pertanto, le detrazioni o le trattenute da cui consegue la riduzione dellimporto dei contributi comunitari riscosso dal beneficiario, che non hanno un nesso diretto e intrinseco con questi ultimi, come quelle risultanti da un prelievo fiscale quale previsto dal DPR n. 917/86, non impediscono lapplicazione effettiva del meccanismo istituito dal regolamento n. 4253/88, e, quindi, questultimo non osta allapplicazione di siffatte detrazioni o trattenute. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 19 Peraltro, va aggiunto che, contrariamente a quanto sostiene la Porto Antico, le differenze esistenti fra i beneficiari dei Fondi strutturali, a causa dellimposizione sullimporto degli aiuti comunitari secondo aliquote diverse negli Stati membri, non possono essere considerate tali da violare il principio della parit di trattamento, il quale esige che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa, salvo che ci non risulti obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenze 12 luglio 2001, causa C-189/01, Jippes e a., Racc. pag. I-5689, punto 129, e 12 settembre 2006, causa C-479/04, Laserdisken, Racc. pag. I-8089, punto 68). 20 Infatti, perch ci avvenga, sarebbe necessario che la situazione dei beneficiari dei contributi comunitari sia analoga. Orbene, ci non pu avvenire quando questi ultimi riscuotono tali aiuti in un contesto socioeconomico proprio di ciascuno Stato membro e quando, in mancanza di armonizzazione comunitaria in materia di determinazione del reddito imponibile, disparit oggettive fra le normative degli Stati membri sussistono ancora in materia, causando cos inevitabilmente siffatte differenze fra i detti beneficiari. Imposta sul valore aggiunto Locazione di beni immobili (Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 25 ottobre 2007. Causa C-174/06) La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda linterpretazione del- lart. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la sesta direttiva). Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia fra il Ministero delle Finanze Ufficio IVA di Milano (in prosieguo: lUfficio) e la societ a responsabilit limitata CO.GE.P., esercente attivit di preparazione e miscelazione di derivati del petrolio (in prosieguo: la CO.GE.P.), in ordine alla regolarit fiscale di fatture relative allimposta sul valore aggiunto (in prosieguo: lIVA), emesse nei suoi confronti dal Consorzio Autonomo del Porto di Genova (in prosieguo: il consorzio) per la concessione di zone del demanio marittimo destinate allo stoccaggio, alla lavorazione ed alla movimentazione di oli minerali. Avendo qualificato la concessione di zone del demanio marittimo come operazioni non soggette ad IVA, il consorzio emetteva fatture alla CO.GE.P. senza applicazione dellIVA. Lamministrazione tributaria, invece, notificava alla detta societ alcuni avvisi di rettifica delle dichiarazioni IVA relativamente agli anni dal 1991 al 1993. Con ricorso proposto il 30 maggio 1996 presso la Commissione tributaria di primo grado di Milano, la CO.GE.P. impugnava tali avvisi di rettifica, contestando lassoggettamento allIVA dei servizi resi dal consorzio, segnatamente in quanto sarebbero mancate le condizioni per lapplicazione dellIVA. (Omissis) 24 In via preliminare va osservato che dalla decisione di rinvio risulta che il consorzio un ente pubblico a carattere economico il quale opera, rispetto alla gestione dei beni del CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE demanio che gli sono affidati, non in nome e per conto dello Stato, che rimane titolare della propriet, ma in nome proprio, in quanto amministra tali beni, in particolare adottando decisioni autonome. 25 Per quanto concerne il consorzio, non sono quindi soddisfatti i requisiti cumulativi necessari affinch possa operare la regola dellesenzione di cui allart. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, vale a dire lesercizio di attivit da parte di un ente pubblico e lesercizio di attivit in veste di pubblica autorit (v., in questo senso, sentenza 14 dicembre 2000, causa C-446/98, Fazenda Pblica, Racc. pag. I-11435, punto 15). 26 Per quanto riguarda la questione se il rapporto giuridico in discussione nella causa principale rientri nella nozione di locazione di beni immobili ai sensi dellart. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, in primo luogo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le esenzioni previste dallart. 13 della direttiva in parola costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario e devono pertanto ricevere una definizione comunitaria (v. sentenze 12 giugno 2003, causa C-275/01, Sinclair Collis, Racc. pag. I-5965, punto 22; 18 novembre 2004, causa C-284/03, Temco Europe, Racc. pag. I-11237, punto 16, e 3 marzo 2005, causa C-428/02, Fonden Marselisborg Lystbdehavn, Racc. pag. I-1527, punto 27). 27 In secondo luogo, i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui allart. 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente, dato che tali esenzioni costituiscono deroghe al principio generale secondo cui lIVA riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (v., in particolare, sentenze 12 settembre 2000, causa C-358/97, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I-6301, punto 52; 18 gennaio 2001, causa C-150/99, Stockholm Lindpark, Racc. pag. I-493, punto 25, e Sinclair Collis, cit., punto 23). 28 Detta regola dinterpretazione restrittiva non significa tuttavia che i termini utilizzati per specificare le esenzioni debbano essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti (v. sentenza Temco Europe, cit., punto 17). 29 In terzo luogo, occorre constatare che lart. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva non definisce la nozione di locazione e nemmeno rinvia alle definizioni adottate a tal riguardo dalle normative degli Stati membri (v. sentenza 4 ottobre 2001, causa C-326/99, Goed Wonen, Racc. pag. I-6831, punto 44). 30 La disposizione di cui trattasi deve quindi essere interpretata alla luce del contesto nel quale si inserisce, nonch della finalit e della struttura della sesta direttiva, tenendo conto particolarmente della ratio legis dellesenzione che essa prevede (v., in questo senso, sentenze citate Goed Wonen, punto 50, e Fonden Marselisborg Lystbdehavn, punto 28). 31 Nella sua giurisprudenza, la Corte ha precisato che la locazione di beni immobili ai sensi dellart. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, consiste, in sostanza, nel conferimento da parte del locatore al locatario, per una durata convenuta e dietro corrispettivo, del diritto di occupare un immobile come se questultimo ne fosse il proprietario e di escludere qualsiasi altra persona dal godimento di un tale diritto (v., in questo senso, sentenze Goed Wonen, cit., punto 55; 9 ottobre 2001, causa C-409/98, Mirror Group, Racc. pag. I-7175, punto 31; 8 maggio 2003, causa C-269/00, Seeling, Racc. p. I-4101, punto 49, e Temco Europe, cit., punto 19). 32 Nella causa principale, in discussione un rapporto giuridico nellambito del quale ad una societ concesso il diritto di occupare ed utilizzare, in modo anche esclusivo, zone del demanio marittimo, specificamente un deposito costiero destinato allo stoccaggio, alla RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 lavorazione ed alla movimentazione di oli minerali, per una durata limitata e a fronte di un corrispettivo il cui importo notevolmente inferiore al valore del bene. 33 Considerato il suo contenuto, tale rapporto assimilabile ad un atto contrattuale che rientra nellambito delle attivit di natura industriale e commerciale del consorzio. 34 Occorre infatti rilevare che la caratteristica fondamentale del rapporto in parola, in comune con la locazione di un bene immobile, consiste nel mettere a disposizione una superficie, specificamente una parte del demanio marittimo, dietro corrispettivo, garantendo allaltra parte contrattuale il diritto di occuparlo e di utilizzarlo e di escludere le altre persone dal godimento di un tale diritto. 35 Di conseguenza, il rispetto del principio di neutralit dellIVA nonch il criterio vincolante dellapplicazione coerente delle disposizioni della sesta direttiva, segnatamente quelle relative alle esenzioni, inducono ad assimilare un rapporto quale quello di cui trattasi nella causa principale alla locazione di beni immobili ai sensi dellart. 13, parte B, lett. b), della direttiva in parola. 36 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla questione sottoposta dichiarando che lart. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva devessere interpretato nel senso che un rapporto giuridico quale quello in discussione nella causa principale, nellambito del quale ad un soggetto concesso il diritto di occupare e di usare, in modo anche esclusivo, un bene pubblico, specificamente zone del demanio marittimo, per una durata limitata e dietro corrispettivo, rientra nella nozione di locazione di beni immobili ai sensi di detto articolo. Tassazione dei prodotti energetici e della elettricit (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 5 luglio 2007. Cause C-145/06 e C146/ 06) La direttiva del Consiglio 2003/96, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dellelettricit, deve essere interpretata nel senso che non osta ad una normativa nazionale che prevede la riscossione di unimposta di consumo gravante sugli oli lubrificanti quando sono destinati, messi in vendita o impiegati per usi diversi da quello di carburante per motori o combustibile per riscaldamento. Anche se, infatti, gli oli lubrificanti utilizzati per fini diversi dalluso come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento rientrano nella definizione della nozione di prodotti energetici ai sensi dellart. 2, n. 1, lett. b), della direttiva 2003/96, essi sono esplicitamente esclusi dallambito di applicazione di tale direttiva in forza del n. 4, lett. b), primo trattino, del detto articolo e, pertanto, non rientrano nel regime dellaccisa armonizzata. Occorre quindi considerare che i detti oli lubrificanti costituiscono prodotti diversi da quelli oggetto dellart. 3, n. 1, primo trattino, della direttiva 92/12, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, di modo che, in conformit al n. 3, primo comma, di tale articolo, gli Stati membri conservano la facolt di introdurre o mantenere imposte che colpiscono tali prodotti, a condizione tuttavia che dette imposte non diano luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit connesse al passaggio di una frontiera. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Tributo ambientale (Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 21 giugno 2007. Causa C173/ 05) Con il suo ricorso la Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo istituito e mantenuto in vigore il tributo ambientale sui gasdotti previsto dallart. 6 della legge regionale siciliana 26 marzo 2002, n. 2, recante disposizioni programmatiche e finanziarie per lanno 2002 (GURS n. 14 del 27 marzo 2002, parte I, pag. 1; in prosieguo: la legge siciliana), venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 23 CE, 25 CE, 26 CE e 133 CE nonch degli artt. 4 e 9 dellAccordo di cooperazione tra la Comunit economica europea e la Repubblica democratica e popolare di Algeria, firmato ad Algeri il 26 aprile 1976 ed approvato a nome della Comunit con regolamento (CEE) del Consiglio 26 settembre 1978, n. 2210 (GU L 263, pag. 1). (Omissis) 42 () quanto allargomento del governo italiano secondo cui il ricorso della Commissione sarebbe privo di fondamento in quanto il tributo controverso sarebbe stato istituito unicamente allo scopo di salvaguardare lambiente, tenuto conto, segnatamente, degli obblighi inerenti al principio di precauzione, sufficiente ricordare che le tasse di effetto equivalente sono vietate a prescindere da qualsiasi considerazione circa lo scopo per il quale sono state istituite, come pure circa la destinazione dei proventi che ne derivano (v. sentenza 9 settembre 2004, causa C-72/03, Carbonati Apuani, Racc. pag. I-8027, punto 31). 43 Per quanto concerne gli artt. 26 CE e 4 dellaccordo di cooperazione, utile ricordare che codeste disposizioni non forniscono, di per s, alcun criterio giuridico sufficientemente preciso per consentire di valutare il tributo istituito in forza della legge siciliana. ** *** ** INADEMPIMENTO DELLO STATO Mancato recepimento Termine di riferimento (Sentenza della Corte (Ottava Sezione) 8 novembre 2007. Causa C40/ 07) Risulta che, alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, data alla quale devessere valutata lesistenza di un inadempimento (v., in particolare, sentenze 14 settembre 2004, causa C-168/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-8227, punto 24, e 27 ottobre 2005, causa C-23/05, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-9535, punto 9), le misure necessarie per garantire la trasposizione della direttiva nellordinamento giuridico interno non erano state adottate. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Peraltro, largomento addotto dalla Repubblica italiana, attinente alla complessit della materia in esame ed alla necessit di riformare il diritto interno, non pu essere accolto. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, uno Stato membro non pu invocare norme, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare linosservanza degli obblighi e dei termini derivanti da una direttiva (v. sentenze 4 luglio 2000, causa C-387/97, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-5047, punto 70, e 25 aprile 2002, cause riunite C-418/00 e C-419/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I-3969, punto 59). Inoltre, non si pu ritenere che la complessit di una normativa comunitaria, alla cui elaborazione uno Stato membro ha partecipato, costituisca una difficolt anormale ed imprevedibile tale da risultare insormontabile per lamministrazione dello Stato medesimo, malgrado ogni diligenza che si possa impiegare (sentenza 5 febbraio 1987, causa 145/85, Denkavit Belgi NV/Belgio, Racc. pag. 565, punto 13) e, pertanto, tale complessit non pu essere fatta valere da uno Stato membro per differire la trasposizione di una direttiva oltre i termini previsti. Difficolt insorte nel procedimento di recepimento (Sentenza della Corte (Settima Sezione ) 8 marzo 2007. Causa C-160/06) Nel controricorso, il governo italiano non contesta la mancata attuazione della direttiva 2003/51 (relativa allammodernamento delle norme comunitarie in materia di contabilit contenute nella quarta direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/660/CEE). Esso fa presente che il processo di attuazione si rivelato di notevole complessit, poich la normativa necessaria a tale attuazione destinata a produrre i suoi effetti nei confronti degli operatori di svariati settori economici. Esso sostiene tuttavia che un decreto legislativo, in corso di elaborazione, dovrebbe essere adottato a breve termine. Secondo una costante giurisprudenza, lesistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 4 luglio 2002, causa C-173/01, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6129, punto 7, e 13 marzo 2003, causa C-333/01, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-2623, punto 8). Per quanto riguarda gli argomenti invocati dal governo italiano, relativi alla complessit della materia di cui trattasi, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, le difficolt di applicazione emerse in sede di attuazione di un atto comunitario non possono consentire ad uno Stato membro di dispensarsi unilateralmente dallosservanza dei propri obblighi (v., in particolare, sentenza 9 marzo 2004, causa C-314/03, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-2257, punto 5). ** *** ** CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE LIBERT FONDAMENTALI Libera circolazione di capitali (Sentenza della Corte (Prima Sezione) 6 dicembre 2007. Cause C-463/04 e C-464/04) Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sullinterpretazione del- lart. 56 CE. Tali domande sono state presentate nellambito di controversie fra varie associazioni di tutela dei consumatori e di piccoli azionisti nonch azionisti individuali, vale a dire, rispettivamente, la Federconsumatori, lAdiconsum, lADOC ed il sig. Zucca (causa C-463/04), nonch lAssociazione Azionariato Diffuso dellAEM SpA, la sig.ra Sanchirico, i sigg. Cuccia, Fragapane, Puggioni e Sartorio (causa C-464/04), da una parte, e il Comune di Milano, dallaltra, riguardo allarticolo 2449 c.civ. in virt del quale lo statuto di una societ per azioni pu conferire allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni in tale societ il diritto di nominare direttamente uno o pi membri del consiglio di amministrazione di questultima. (Omissis) 18 Le questioni del giudice del rinvio, che devono essere esaminate congiuntamente, sono in sostanza dirette a chiarire se lart. 56 CE vada interpretato nel senso che osta ad una disposizione nazionale, quale lart. 2449 del codice civile, in virt della quale lo statuto di una societ per azioni pu conferire allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni nel capitale di tale societ la facolt di nominare direttamente uno o pi membri del consiglio di amministrazione, la quale, di per s o, come nelle cause principali, unitamente ad una disposizione, quale lart. 4 della legge n. 474/1994, che conferisce allo Stato o allente pubblico in parola il diritto di partecipare allelezione mediante voto di lista degli amministratori non direttamente nominati da esso stesso, tale da consentire a detto Stato o a detto ente di disporre di un potere di controllo sproporzionato rispetto alla sua partecipazione nel capitale di detta societ. 19 Secondo una costante giurisprudenza, lart. 56, n. 1, CE vieta in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri (v., segnatamente, sentenze 28 settembre 2006, cause riunite C-282/04 e C-283/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-9141, punto 18 e giurisprudenza ivi citata, nonch 23 ottobre 2007, causa C-112/05, Commissione/Germania, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 17). 20 In assenza di definizione, nellambito del Trattato CE, della nozione di movimenti di capitali ai sensi dellart. 56, n. 1, CE, la Corte ha in precedenza riconosciuto un valore indicativo alla nomenclatura allegata alla direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per lattuazione dellart. 67 del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5). Costituiscono quindi movimenti di capitali ai sensi del- lart. 56, n. 1, CE, in particolare, gli investimenti diretti, vale a dire, come emerge da tale nomenclatura e dalle relative note esplicative, gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e limpresa cui tali fondi sono destinati per lesercizio di unattivi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 t economica. Con riferimento a partecipazioni in imprese nuove o esistenti, come confermano tali note esplicative, lobiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli presuppone che le azioni detenute dallazionista conferiscano a questultimo, a norma delle disposizioni di legge nazionali sulle societ per azioni o altrimenti, la possibilit di partecipare effettivamente alla gestione di tale societ o al suo controllo (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 18 e giurisprudenza ivi citata). 21 Con riferimento a tale forma di investimenti, la Corte ha precisato che devono essere qualificate come restrizioni ai sensi dellart. 56, n. 1, CE misure nazionali idonee a impedire o a limitare lacquisizione di azioni nelle imprese interessate o che possano dissuadere gli investitori degli altri Stati membri dallinvestire nel capitale di queste ultime (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 19 e giurisprudenza ivi citata). 22 giocoforza constatare che una disposizione nazionale quale lart. 2449 del codice civile costituisce una tale restrizione. 23 Detto articolo, infatti, consente agli azionisti pubblici di beneficiare della possibilit di partecipare allattivit del consiglio di amministrazione di una societ per azioni con maggiore rilievo rispetto a quanto sarebbe loro normalmente concesso dalla loro qualit di azionisti (v., per analogia, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 62). 26 Per quanto riguarda il caso dellAEM, non pertinente la circostanza che il diritto di nominare direttamente amministratori in applicazione della detta disposizione sia stato riservato al Comune di Milano solamente in proporzione alla sua partecipazione nel capitale di tale societ e nel limite di un quarto dei membri del consiglio damministrazione di questultima. 27 Infatti, come correttamente rilevato dal giudice a quo, il diritto di nomina diretta di cui trattasi si aggiunge al diritto del Comune di Milano, in forza dellart. 4 della legge n. 474/1994, di partecipare normalmente allelezione mediante voto di lista degli amministratori non direttamente nominati da questultimo, di modo che esso pu disporre della maggioranza assoluta in detto consiglio, e ci anche nel caso, come considerato nelle ordinanze di rinvio, in cui esso detenga solo una maggioranza relativa del capitale, vale a dire una partecipazione pari al 33,4% in questultimo. 29 Fornendo agli azionisti pubblici uno strumento che permette loro di limitare la possibilit degli altri azionisti di partecipare alla societ con lobiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con questultima, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, una normativa nazionale quale quella di cui trattasi nelle cause principali idonea a dissuadere gli investitori diretti di altri Stati membri dallinvestire nel capitale della societ (v., in questo senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 66). 30 Lesistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali non pu essere rimessa in discussione dagli argomenti del Comune di Milano e del governo italiano secondo i quali, da un lato, lart. 2449 del codice civile rientra nellambito del quadro normativo societario di diritto comune e, dallaltro, il diritto del Comune in parola di nominare direttamente amministratori gli sarebbe stato attribuito volontariamente dallassemblea dei soci dellAEM e in forza della normale applicazione di tale diritto societario comune. 31 In primo luogo, infatti, si deve constatare che lart. 2449 del codice civile consente allo statuto di una societ per azioni di conferire la facolt di nominare direttamente uno o pi amministratori solamente allo Stato o ad enti pubblici che hanno partecipazioni in una tale societ. Tenuto conto che, come rilevato al punto 17 della presente sentenza, il giudice a quo si basa sul presupposto secondo cui la regola stabilita dallart. 2449 del codice civile CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE deroga al diritto societario comune, non occorre esaminare il caso in cui questultimo offrirebbe una possibilit di nomina identica a qualunque azionista, segnatamente agli azionisti privati. 32 La sola circostanza che il legislatore nazionale inserisca una misura diretta specificamente a conferire poteri speciali allo Stato o ad un ente pubblico che hanno partecipazioni in una societ per azioni nelle disposizioni del codice civile che disciplinano tali societ non pu sottrarre detta misura allambito di applicazione dellart. 56 CE. 33 In secondo luogo, anche se il diritto di nomina non attribuito direttamente allo Stato o allente pubblico dallart. 2449 del codice civile, ma, in applicazione di tale articolo, necessaria una decisione dellassemblea generale degli azionisti della societ interessata, conformemente al meccanismo previsto dalla legge per la formazione della volont dei soci, ci non di meno siffatta circostanza non priva la disciplina di cui causa del suo carattere restrittivo. 34 Infatti, indipendentemente dalla questione se lazionista pubblico disponga di per s della maggioranza necessaria per fare inserire nello statuto della societ interessata il suo diritto di nomina diretta di amministratori di questultima, o se, come sembra verificarsi nelle cause principali, pu conseguire tale modifica solo con il concorso di altri azionisti, occorre constatare che solo in forza della disciplina di cui trattasi nelle cause principali, la quale deroga al diritto societario comune, che lazionista pubblico, a differenza di unazionista privato, pu ottenere che gli sia concesso il diritto di partecipare allattivit del consiglio damministrazione con maggiore rilievo rispetto a quanto gli sarebbe normalmente concesso dalla sua qualit di azionista. 35 Anche se un tale diritto di nomina, una volta inserito nello statuto, non immutabile, dato che, in via di principio, pu essere oggetto di modifica in occasione di unulteriore revisione dello statuto medesimo, esso tuttavia gode di una protezione relativamente intensa. Lazionista pubblico, infatti, pu trarre profitto dalla garanzia di continuit di cui beneficia lo statuto di una societ per azioni, in quanto per la modifica di questultimo di norma necessaria una maggioranza qualificata degli azionisti. Cos, anche quando lazionista pubblico non dispone pi successivamente, da solo o con il concorso di altri azionisti, della maggioranza necessaria per ottenere lattribuzione di un diritto di nomina diretta degli amministratori, segnatamente perch, nel frattempo, ha ridotto la sua partecipazione al capitale della societ interessata, esso pu tuttavia continuare a godere di un tale diritto. 36 Un investitore potr avere la certezza di riuscire ad abrogare il diritto di nomina diretta degli amministratori di una societ per azioni solamente qualora linvestimento effettuato sia di una rilevanza tale da assicurargli la maggioranza necessaria per modificare lo statuto di detta societ, il che pu richiedere un investimento ben al di l di quello che, in assenza dellinserimento del diritto di nomina di cui trattasi nello statuto, gli consentirebbe di partecipare alla societ interessata con lobiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con questultima, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo. 39 Tuttavia, la libera circolazione dei capitali pu essere limitata da provvedimenti nazionali che si giustifichino per le ragioni di cui allart. 58 CE o per motivi imperativi di interesse generale, purch non esistano misure comunitarie di armonizzazione che indichino i provvedimenti necessari a garantire la tutela di tali interessi (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 72 e giurisprudenza citata). 40 In mancanza di tale armonizzazione comunitaria, spetta in linea di principio agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela di tali legittimi interes RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 si, nonch il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Essi non possono tuttavia farlo se non nei limiti indicati dal Trattato e, in particolare, nel rispetto del principio di proporzionalit, che richiede che le misure adottate siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (sentenza Commissione/Germania, cit., punto 73 e giurisprudenza ivi citata). Libert di prestazione dei servizi Libert di stabilimento (Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 13 dicembre 2007. Causa C465/ 05 ) Con il suo ricorso la Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi degli art. 43 CE e 49 CE avendo disposto che: lattivit di guardia particolare possa essere esercitata solo previa prestazione di un giuramento di fedelt alla Repubblica italiana; lattivit di vigilanza privata possa essere esercitata solamente dopo il rilascio di unautorizzazione del Prefetto; la suddetta autorizzazione abbia una validit territoriale limitata ed il suo rilascio sia subordinato alla considerazione del numero e dellimportanza delle imprese di vigilanza gi operanti nel medesimo territorio; le imprese di vigilanza privata debbano avere una sede operativa in ogni provincia in cui esse esercitano la propria attivit; il personale delle suddette imprese debba essere individualmente autorizzato ad esercitare attivit di vigilanza; le imprese di vigilanza privata debbano utilizzare un numero minimo e/o massimo di personale per essere autorizzate; le imprese di vigilanza privata debbano versare una cauzione presso la locale Cassa depositi e prestiti; i prezzi per i servizi di vigilanza privata siano fissati con autorizzazione del Prefetto nellambito di un determinato margine doscillazione. (Omissis) 16 In via preliminare, occorre ricordare che, se pur vero che, in un settore non assoggettato ad unarmonizzazione completa a livello comunitario, come accade nel caso dei servizi di vigilanza privata, come del resto ammesso sia dalla Repubblica italiana sia dalla Commissione in udienza, gli Stati membri restano, in linea di principio, competenti a definire le condizioni di esercizio delle attivit nel detto settore, ci non toglie che essi devono esercitare i loro poteri nel settore medesimo nel rispetto delle libert fondamentali garantite dal Trattato CE (v., in particolare, sentenze 26 gennaio 2006, causa C-514/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-963, punto 23, e 14 dicembre 2006). 17 A tale riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, gli artt. 43 CE e 49 CE impongono labolizione delle restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. Devono essere considerate come tali tutte le misure che vietano, ostacolano o rendono meno attraente lesercizio di tali libert (v. sentenze 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-305, punto 22; 5 ottobre 2004, causa C-442/02, CaixaBank France, Racc. pag. I-8961, punto 11; 30 marzo 2006, causa C-451/03, Servizi CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I-2941, punto 31, e 26 ottobre 2006, causa C-65/05, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-10341, punto 48). 18 La Corte ha anche dichiarato che i provvedimenti nazionali restrittivi dellesercizio delle libert fondamentali garantite dal Trattato devono soddisfare quattro condizioni per poter risultare giustificati: applicarsi in modo non discriminatorio, rispondere a motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (v. sentenze 4 luglio 2000, causa C-424/97, Haim, Racc. pag. I-5123, punto 57 e giurisprudenza ivi citata, nonch Commissione/Grecia, cit., punto 49). Sulla prima censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo dellobbligo di prestare giuramento 20 La Commissione fa valere che lobbligo per le guardie particolari di prestare giuramento di fedelt alla Repubblica italiana, di cui allart. 250 del regolamento di esecuzione, indirettamente basato sulla cittadinanza, costituirebbe, per gli operatori di altri Stati membri attivi nellambito della vigilanza privata, un ostacolo ingiustificato tanto allesercizio del diritto di stabilimento quanto alla libera prestazione dei servizi. 21 Peraltro, secondo la Commissione, lobbligo in parola non pu essere considerato giustificato e proporzionato rispetto allo scopo perseguito, ossia, assicurare una migliore tutela dellordine pubblico. 22 La Repubblica italiana afferma che le attivit di cui causa, considerate dal Testo Unico, implicherebbero lesercizio di pubblici poteri ai sensi degli artt. 45 CE e 55 CE e, di conseguenza, non rientrerebbero nel campo di applicazione delle disposizioni dei capi 2 e 3, titolo III, parte terza, del Trattato. 23 La Repubblica italiana sostiene, quindi, che le imprese attive nel settore della vigilanza privata partecipano, in numerosi casi, in modo diretto e specifico allesercizio di pubblici poteri. 36 Secondo lart. 134 del Testo Unico, i soggetti operanti nellambito della vigilanza privata si occupano, in linea di principio, di attivit di vigilanza o custodia di beni mobiliari o immobiliari, di investigazioni o ricerche per conto di privati. 37 Anche se le imprese di vigilanza privata possono, come confermato dalla Repubblica italiana alludienza, in determinate circostanze e in via eccezionale, prestare assistenza agli agenti di pubblica sicurezza, ad esempio nel settore dei trasporti di valori o partecipando alla sorveglianza di taluni luoghi pubblici, detto Stato membro non ha dimostrato che in tali circostanze si tratti di esercizio di pubblici poteri. 38 La Corte, del resto, ha gi dichiarato che il mero contributo al mantenimento della pubblica sicurezza, che chiunque pu essere chiamato a offrire, non costituisce un tale esercizio (v. sentenza 29 ottobre 1998, Commissione/Spagna, cit., punto 37). 39 Peraltro, lart. 134 del Testo Unico pone un limite severo allesercizio delle attivit di sorveglianza, e cio che queste ultime non possono mai comportare lesercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libert individuale. Le imprese di vigilanza privata non hanno dunque alcun potere coercitivo. 41 Inoltre, per quanto riguarda largomento relativo al valore probatorio dei verbali redatti dalle guardie particolari giurate, si deve rilevare che, come riconosciuto, del resto, dalla Repubblica italiana stessa, tali verbali non fanno pienamente fede, diversamente da quelli redatti nellesercizio di pubbliche funzioni, segnatamente dagli agenti della polizia giudiziaria. 42 Infine, relativamente allargomento attinente alla possibilit, per le guardie particolari giurate, di procedere ad arresti in flagranza di reato, esso era stato gi avanzato dalla RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Repubblica italiana nella causa allorigine della citata sentenza 31 maggio 2001, Commissione/Italia. In tale occasione, la Corte, al punto 21 della sentenza pronunciata in detta causa, ha dichiarato che nella fattispecie in esame le guardie non avevano un potere maggiore di qualsiasi altro individuo. Questa conclusione va confermata nellambito del presente ricorso. 43 Da quanto precede risulta che in Italia, allo stato della normativa vigente, le imprese di vigilanza privata non partecipano in maniera diretta e specifica allesercizio di pubblici poteri, in quanto le attivit di vigilanza privata che esse svolgono non possono essere equiparate ai compiti attribuiti alla competenza dei servizi di pubblica sicurezza. 44 Pertanto, le deroghe di cui agli artt 45 CE e 55 CE non sono applicabili nel caso di specie. 45 Per quanto concerne, poi, specificamente i requisiti di cui allart. 250 del regolamento di esecuzione, dalla normativa italiana risulta che, per fornire servizi di vigilanza privata, le imprese possono impiegare unicamente guardie che abbiano prestato giuramento di fedelt alla Repubblica italiana e al Capo dello Stato, dinanzi al Prefetto, in italiano. 46 A tale proposito, bench tale norma si applichi in modo identico sia agli operatori stabiliti in Italia sia a quelli provenienti da altri Stati membri che intendono svolgere la loro attivit nel territorio italiano, essa ci non di meno costituisce per qualsiasi operatore non stabilito in Italia un ostacolo allesercizio della sua attivit in questo Stato membro che pregiudica il suo accesso al mercato. 47 Infatti, rispetto agli operatori provenienti da altri Stati membri che intendono svolgere la loro attivit in Italia, quelli insediati in una provincia italiana possono disporre con maggiore facilit di personale che accetti di prestare il giuramento richiesto dalla normativa italiana. quindi palese che siffatta promessa solenne di fedelt alla Repubblica italiana e al Capo dello Stato, data la sua portata simbolica, sar pronunciata pi agevolmente da cittadini di tale Stato membro o da soggetti gi stabiliti in detto Stato. Di conseguenza, gli operatori stranieri sono posti in una situazione svantaggiosa rispetto agli operatori italiani insediati in Italia. 50 Orbene, non si pu ritenere che le imprese di vigilanza privata stabilite in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana potrebbero realizzare, esercitando il loro diritto alla libert di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi e assumendo personale che non ha prestato giuramento di fedelt alla Repubblica italiana e al Capo dello Stato, una minaccia effettiva e grave ad un interesse fondamentale della collettivit. Sulla seconda censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo dellobbligo di detenere una licenza con validit territoriale 58 Secondo una giurisprudenza costante, una normativa nazionale che subordina lesercizio di talune prestazioni di servizi sul territorio nazionale, da parte di unimpresa avente sede in un altro Stato membro, al rilascio di unautorizzazione amministrativa costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi ai sensi dellart. 49 CE (v., in particolare, sentenze 9 agosto 1994, causa C-43/93, Vander Elst, Racc. pag. I-3803, punto 15; Commissione/Belgio, cit., punto 35; 7 ottobre 2004, causa C-189/03, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-9289, punto 17, e 18 luglio 2007, causa C-134/05, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23). 59 Inoltre, la limitazione dellambito di applicazione territoriale dellautorizzazione che obbliga il prestatore, ai sensi dellart. 136 del Testo Unico, a chiedere unautorizzazione in ognuna delle province ove intende esercitare la sua attivit, tenendo presente la suddivisione dellItalia in 103 province, rende ancora pi complicato lesercizio della libera pre CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE stazione dei servizi (v., in tal senso, sentenza 21 marzo 2002, causa C-298/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3129, punto 64). 60 Pertanto, una normativa quale quella in discussione nella presente causa contraria, in via di principio, allart. 49 CE e, di conseguenza, vietata da tale articolo, salvo essa sia giustificata da motivi imperativi dinteresse generale e a condizione, peraltro, di essere proporzionata rispetto allo scopo perseguito (v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 24). 61 Occorre in primo luogo rilevare che il requisito di unautorizzazione amministrativa o di una licenza preventive per lesercizio di unattivit di vigilanza privata appare in s idoneo a rispondere allesigenza di tutela dellordine pubblico, tenuto conto della natura specifica dellattivit di cui trattasi. 62 Tuttavia, secondo giurisprudenza costante, una restrizione pu essere giustificata solo qualora linteresse generale dedotto non sia gi tutelato dalle norme cui il prestatore assoggettato nello Stato membro in cui stabilito (v. sentenza 26 gennaio 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 43). 63 Non si pu dunque considerare necessaria per raggiungere lo scopo perseguito una misura adottata da uno Stato membro la quale, in sostanza, si sovrappone ai controlli gi effettuati nello Stato membro in cui il prestatore stabilito. 64 Nel caso di specie, la normativa italiana, non prevedendo che, ai fini del rilascio di una licenza, si tenga conto degli obblighi ai quali il prestatore di servizi transfrontaliero gi assoggettato nello Stato membro nel quale stabilito, eccede quanto necessario per raggiungere lo scopo perseguito dal legislatore nazionale, che quello di garantire uno stretto controllo sulle attivit di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze Commissione/Belgio, cit., punto 38; 29 aprile 2004, causa C-171/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-5645, punto 60; Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 18, e 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit. supra, punto 25). 65 Quanto allargomento della Repubblica italiana secondo cui vigerebbe una prassi amministrativa applicando la quale, al momento della decisione circa le richieste di autorizzazione, lautorit competente terrebbe conto degli obblighi posti dallo Stato membro di origine, si deve rilevare che non stata fornita prova di tale prassi. In ogni caso, per giurisprudenza costante, semplici prassi amministrative, per natura modificabili a piacimento dallamministrazione e prive di adeguata pubblicit, non possono essere considerate valido adempimento degli obblighi del Trattato (v., in particolare, sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 19). Sulla terza censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo della territorialit della licenza e della rilevanza, ai fini del rilascio di tale licenza, del numero e del- limportanza delle imprese gi operanti nel medesimo territorio 68 Come osservato al punto 59 della presente sentenza, dallart. 136 del Testo Unico risulta che il fatto di disporre di una licenza consente di esercitare lattivit di vigilanza privata solo nel territorio per il quale essa stata rilasciata. 69 Spetta peraltro al Prefetto valutare lopportunit di rilasciare le licenze in considerazione del numero e dellimportanza delle imprese gi attive nel territorio interessato. 75 Per quanto riguarda i motivi di ordine pubblico fatti valere dalla Repubblica italiana per giustificare siffatta restrizione, e alla luce della giurisprudenza costante della Corte quale ricordata al punto 49 della presente sentenza, anche ammettendo che il rischio di infiltrazioni di dette organizzazioni possa essere ritenuto esistente, la Repubblica italiana non asserisce n dimostra che il sistema delle licenze territoriali sarebbe lunico idoneo ad eliminare tale rischio ed a garantire il mantenimento dellordine pubblico. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 76 La Repubblica italiana non ha dimostrato che, al fine di non pregiudicare lattuazione di un efficace controllo dellattivit di vigilanza privata, sia necessario rilasciare unautorizzazione per ogni ambito territoriale provinciale in cui unimpresa di un altro Stato membro intende svolgere lattivit di cui trattasi a titolo della libert di stabilimento o della libera prestazione dei servizi; va tenuto presente al riguardo che lattivit in parola, di per s, non tale da creare turbative per lordine pubblico. 77 A questo proposito, misure meno restrittive di quelle adottate dalla Repubblica italiana, ad esempio lintroduzione di controlli amministrativi regolari, potrebbero, in aggiunta al requisito di unautorizzazione preventiva non limitata territorialmente, assicurare un risultato analogo e garantire il controllo dellattivit di vigilanza privata, in quanto lautorizzazione in questione potrebbe essere del resto sospesa o revocata in caso di inadempienza degli obblighi incombenti alle imprese di vigilanza privata o di turbative allordine pubblico. 78 Infine, non pu essere accolto nemmeno largomento secondo cui sarebbe necessario non consentire ad un numero eccessivo di imprese straniere di stabilirsi per esercitare attivit di vigilanza privata o di offrire i loro servizi sul mercato italiano della vigilanza privata affinch dette imprese non si sostituiscano allautorit di pubblica sicurezza, segnatamente in mancanza di identit fra lattivit di cui causa e quella rientrante nellesercizio di pubblici poteri, come esposto al punto 40 della presente sentenza Sulla quarta censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo dellobbligo di avere una sede operativa in ogni provincia in cui viene esercitata lattivit di vigilanza privata 84 Occorre, innanzi tutto, ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la condizione in base alla quale unimpresa di sorveglianza deve avere la sua sede di attivit nello Stato membro in cui fornito il servizio direttamente in contrasto con la libera prestazione dei servizi in quanto rende impossibile, in tale Stato, la prestazione di servizi da parte dei prestatori stabiliti in altri Stati membri (v., in particolare, sentenze Commissione/Belgio, cit., punto 27, nonch 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 43 e giurisprudenza ivi citata). 85 pacifico che la prassi di cui trattasi nella fattispecie costituisce un ostacolo, in via di principio vietato, alla libera prestazione dei servizi garantita dallart. 49 CE, come del resto ammesso dalla la Repubblica italiana. 87 Il controllo dellattivit di vigilanza privata, infatti, non assolutamente condizionato dallesistenza di una sede operativa in ogni provincia di detto Stato nellambito della quale le imprese intendono esercitare la loro attivit a titolo della libera prestazione dei servizi. Un regime di autorizzazioni e gli obblighi che ne discendono, purch, come osservato al punto 62 della presente sentenza, le condizioni da rispettare per ottenere tale autorizzazione non si sovrappongano alle condizioni equivalenti gi soddisfatte dal prestatore di servizi transfrontaliero nello Stato membro di stabilimento, sono sotto questaspetto sufficienti per conseguire lo scopo di controllo dellattivit di vigilanza privata (v., in tal senso, sentenza 11 marzo 2004, causa C-496/01, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2351, punto 71). Sulla quinta censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo dellesigenza di autorizzazione del personale delle imprese di vigilanza privata 90 In applicazione dellart. 138 del Testo Unico, lesercizio dellattivit di guardia particolare giurata soggetto ad un certo numero di requisiti. Peraltro, la nomina delle guardie giurate devessere approvata dal Prefetto. 93 La Corte ha gi dichiarato che il requisito secondo il quale gli appartenenti al personale di unimpresa di vigilanza privata devono ottenere una nuova autorizzazione specifica nello Stato membro ospitante costituisce una restrizione non giustificata alla libera pre CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE stazione dei servizi di tali imprese ai sensi dellart. 49 CE, in quanto non tiene conto dei controlli e delle verifiche gi effettuati nello Stato membro di origine (citate sentenze Commissione/Portogallo, punto 66; Commissione/Paesi Bassi, punto 30, e 26 gennaio 2006, Commissione/Spagna, punto 55). Sulla sesta censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo della fissazione di requisiti relativi al numero dei dipendenti 100 pacifico che, in applicazione dellart. 257 del regolamento di esecuzione, qualsiasi variazione o modifica nel funzionamento dellimpresa, segnatamente una modifica del numero delle guardie impiegate, deve essere comunicata al Prefetto e da questo autorizzata. Lautorizzazione prefettizia necessaria per lesercizio dellattivit di vigilanza privata viene quindi concessa tenuto conto, in particolare, dellorganico del personale dipendente. 101 Una tale condizione pu indirettamente indurre a vietare un aumento o una diminuzione del numero di persone assunte dalle imprese di vigilanza privata. 102 Detta circostanza tale da incidere sullaccesso degli operatori stranieri al mercato italiano dei servizi di vigilanza privata. Tenuto conto, infatti, delle limitazioni cos imposte al potere di organizzazione e direzione delloperatore economico e delle relative conseguenze in termini di costi, le imprese straniere di vigilanza privata possono essere dissuase dal costituire stabilimenti secondari o filiali in Italia o dalloffrire i loro servizi sul mercato italiano. Sulla settima censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo dellobbligo di versare una cauzione presso la Cassa depositi e prestiti 106 Ai sensi dellart. 137 del Testo Unico, le imprese di vigilanza privata sono tenute a versare una cauzione, nella misura da stabilirsi dal Prefetto, presso la sezione della Tesoreria provinciale dello Stato, a favore della Cassa depositi e prestiti, in ciascuna provincia in cui sono autorizzate ad esercitare la loro attivit. Detta cauzione diretta a garantire il pagamento di eventuali sanzioni amministrative in caso di inosservanza delle condizioni che disciplinano il rilascio della licenza. 109 La Corte ha gi dichiarato, in materia di vigilanza privata, che lobbligo di provvedere ad un deposito cauzionale presso una cassa depositi e prestiti pu ostacolare o scoraggiare lesercizio della libert di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, ai sensi degli artt. 43 CE e 49 CE, nella misura in cui essa rende la fornitura di prestazioni di servizi o la costituzione di una filiale o di uno stabilimento secondario pi onerosa per le imprese di vigilanza privata stabilite in altri Stati membri rispetto a quelle stabilite nello Stato membro di destinazione (v. sentenza 26 gennaio 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 41). Sullottava censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo dellimposizione di un controllo amministrativo dei prezzi 116 In base allart. 257 del regolamento di esecuzione, il Prefetto incaricato di approvare le tariffe applicate dalle imprese a ogni prestazione di sicurezza privata. Qualsiasi modifica di tali tariffe deve essere autorizzata alle stesse condizioni. 117 Peraltro, dalla circolare del Ministero dellInterno dell8 novembre 1999, n. 559/C. 4770.10089. D, risulta che i Prefetti fissano una tariffa legale per ciascun tipo di servizio, nonch unoscillazione percentuale della citata tariffa allinterno della quale ogni impresa libera di scegliere la propria tariffa per ciascun servizio. 118 I Prefetti devono verificare che le tariffe proposte rientrino nellambito della citata fascia di oscillazione prima di approvarle. Nel caso in cui questultima non sia osservata, i titolari delle imprese devono giustificare la fissazione di tariffe non conformi, spettando ai RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Prefetti accertare se le imprese possano operare su tale base. Se detta ultima condizione non pu essere dimostrata in maniera inequivocabile, le tariffe non vengono approvate e, di conseguenza, la licenza non pu essere rilasciata. 122 Secondo una costante giurisprudenza, lart. 49 CE osta allapplicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia leffetto di rendere la prestazione di servizi tra gli Stati membri pi difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (v. citata sentenza 18 luglio 2007, Commissione/Italia, punto 70). 123 Per quanto riguarda le tariffe minime obbligatorie, la Corte ha gi dichiarato che una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa forense per prestazioni che sono, al tempo stesso, di natura giudiziale e riservate agli avvocati, costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dallart. 49 CE (sentenza 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I-11421, punto 70, e 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 71). 124 Nella controversia in esame, la circolare n. 559/C. 4770.10089. D, menzionata al punto 117 della presente sentenza, riconosce ai Prefetti un potere decisionale relativo alla fissazione di una tariffa di riferimento e allapprovazione delle tariffe proposte dagli operatori, con conseguente diniego dellautorizzazione qualora le dette tariffe non siano state approvate. 125 La restrizione cos apportata alla libera fissazione delle tariffe idonea a restringere laccesso al mercato italiano dei servizi di vigilanza privata di operatori, stabiliti in altri Stati membri, che intendano offrire i loro servizi nello Stato in questione. Tale limitazione, infatti, ha, da un lato, leffetto di privare gli operatori in parola della possibilit di porre in essere, offrendo tariffe inferiori a quelle fissate da una tariffa imposta, una concorrenza pi efficace nei confronti degli operatori economici installati stabilmente in Italia e ai quali, pertanto, risulta pi facile che agli operatori economici stabiliti allestero fidelizzare la clientela (v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 72 e giurisprudenza ivi citata). Dallaltro, questa stessa limitazione idonea ad impedire ad operatori stabiliti in altri Stati membri di inserire nelle tariffe delle loro prestazioni taluni costi che non devono sopportare gli operatori stabiliti in Italia. 126 Infine, il margine doscillazione concesso agli operatori non tale da compensare gli effetti della limitazione cos apportata alla libera fissazione delle tariffe. (Sentenza della Corte (Grande Sezione ) 6 marzo 2007. Cause riunite C338/ 04, C-359/04, C-360/04 ) (conforme Ordinanza della Corte (Sesta Sezione) 6 marzo 2007. Cause C-395/05, C-397/05, C-466/05) Una normativa nazionale che vieta lesercizio di attivit di raccolta, di accettazione, di registrazione e di trasmissione di proposte di scommesse, in particolare sugli eventi sportivi, in assenza di concessione o di autorizzazione di polizia rilasciate dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libert di stabilimento nonch alla libera prestazione dei servizi previste rispettivamente agli artt. 43 CE e 49 CE. Lobiettivo mirante a lottare contro la criminalit assoggettando ad un controllo coloro che operano attivamente in tale settore e canalizzando le attivit dei giochi di azzardo nei circuiti cos controllati pu giustificare tali CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ostacoli dato che un sistema di concessioni pu costituire, al riguardo, un meccanismo efficace. Tuttavia, spetta ai giudici nazionali verificare se, in quanto limita il numero di soggetti che operano nel settore dei giochi dazzardo, la detta normativa nazionale risponda realmente a tale obiettivo. Analogamente, spetta ai giudici nazionali verificare se queste restrizioni siano atte a garantire il conseguimento dello scopo perseguito, non vadano oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo e siano applicate in modo non discriminatorio. Gli artt. 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale che esclude dal settore dei giochi di azzardo gli operatori costituiti sotto forma di societ di capitali le cui azioni sono quotate nei mercati regolamentati. Infatti, indipendentemente dalla questione se lesclusione delle societ di capitali quotate nei mercati regolamentati si applichi, in effetti, allo stesso modo agli operatori stabiliti nello Stato membro interessato ed a quelli provenienti da altri Stati membri, tale esclusione totale va oltre quanto necessario per raggiungere lobiettivo mirante ad evitare che soggetti che operano attivamente nel settore dei giochi dazzardo siano implicati in attivit criminali o fraudolente. Gli artt. 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale che impone una sanzione penale a determinati soggetti per aver esercitato unattivit organizzata di raccolta di scommesse in assenza della concessione o dellautorizzazione di polizia richieste dalla normativa nazionale allorch questi soggetti non hanno potuto ottenere le dette concessioni o autorizzazioni a causa del rifiuto di tale Stato membro, in violazione del diritto comunitario, di concederle loro. Anche se, in via di principio, la legislazione penale riservata alla competenza degli Stati membri, tuttavia il diritto comunitario pone limiti a tale competenza, non potendo, infatti, una tale legislazione limitare le libert fondamentali garantite dal diritto comunitario. Inoltre uno Stato membro non pu applicare una sanzione penale per il mancato espletamento di una formalit amministrativa allorch ladempimento di tale formalit viene rifiutato o reso impossibile dallo Stato membro interessato in violazione del diritto comunitario. Recupero crediti in via stragiudiziale (Sentenza della Corte (Prima Sezione) 18 luglio 2007. Causa C-134/05) Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunit europee ha chiesto alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo sottoposto lesercizio dellattivit di recupero crediti in via stragiudiziale ad una serie di condizioni, venuta meno agli obblighi ad essa imposti dagli artt. 43 CE e 49 CE. A sostegno del suo ricorso, la Commissione fa valere otto censure relative alle condizioni e agli obblighi previsti dalla normativa in vigore in Italia per lesercizio dellattivit di recupero crediti in via stragiudiziale in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 tale Stato membro. Tali censure si riferiscono, rispettivamente, a quanto segue: incompatibilit con lart. 49 CE della condizione relativa al rilascio di unautorizzazione da parte del questore; incompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE della limitazione territoriale dellautorizzazione; incompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE dellobbligo di disporre di locali nel territorio oggetto dellautorizzazione; incompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE dellobbligo di conferimento di un mandato ad un rappresentante autorizzato per lesercizio dellattivit di recupero crediti in via stragiudiziale in una provincia per la quale loperatore non dispone di autorizzazione; incompatibilit con lart. 49 CE dellobbligo di affissione, nei locali, delle prestazioni che possono essere effettuate per i clienti; incompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE della facolt, spettante al questore, dimporre prescrizioni aggiuntive dirette a garantire il rispetto della sicurezza pubblica nellinteresse generale; incompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE della limitazione della libert di fissare le tariffe; e incompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE del divieto di esercitare allo stesso tempo le attivit oggetto della legge sulle attivit bancarie e creditizie. (Omissis) Sulla prima censura, relativa allincompatibilit con lart. 49 CE della condizione relativa al rilascio di una licenza da parte del questore 23 Occorre innanzi tutto constatare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, una normativa nazionale che subordina lesercizio di prestazioni di servizi sul territorio nazionale da parte di unimpresa avente sede in un altro Stato membro al rilascio di unautorizzazione amministrativa costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi ai sensi dellart. 49 CE (v., in particolare, sentenze 7 ottobre 2004, causa C-189/03, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-9289, punto 17, e 21 settembre 2006, causa C-168/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9041, punto 40). 25 Giova ricordare che la Corte ha statuito che, escludendo che si tenga conto degli obblighi ai quali il prestatore di servizi transfrontaliero gi assoggettato nello Stato membro nel quale stabilito, una normativa nazionale eccede quanto necessario per raggiungere lo scopo perseguito, che quello di garantire uno stretto controllo sulle attivit di cui trattasi (sentenze 29 aprile 2004, causa C-171/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-5645, punto 60, e Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 18). 26 Va osservato che, in udienza, la Repubblica italiana ha illustrato con precisione la prassi seguita nei casi di rilascio dellautorizzazione ai sensi dellart. 115 del testo unico. Tale prassi si limita in realt a chiedere allinteressato di presentare, tramite un modulo disponibile su Internet, una semplice dichiarazione di buona condotta ai sensi dellart. 11 del testo 29 Orbene, la richiesta di una dichiarazione di buona condotta ai sensi dellart. 11 del testo unico di gran lunga meno impegnativa di quella di fornire determinati documenti allautorit competente. Dal momento che onere del prestatore dei servizi dichiarare di non trovarsi in una delle posizioni descritte nellarticolo in parola, senza che si distingua fra la posizione di soggetti stabiliti in Italia e quella di soggetti stabiliti in altri Stati membri, non si pu sostenere che la procedura di cui trattasi non tenga conto delladempimento, da parte di tali prestatori, di obblighi previsti dalla normativa del loro Stato dorigine. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 30 Di conseguenza, non si pu ritenere che la prassi italiana ecceda quanto necessario per raggiungere lo scopo perseguito, che quello di garantire uno stretto controllo sulle attivit di recupero crediti in via stragiudiziale. Tale prassi, pertanto, conforme al principio di proporzionalit. 31 Da quanto precede risulta che la condizione relativa al previo rilascio di unautorizzazione, imposta per lesercizio dellattivit di recupero crediti in via stragiudiziale, quale prevista dalla normativa italiana e realizzata nella prassi, giustificata in virt di motivi connessi allinteresse generale. Sulla sesta censura, relativa allincompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE della facolt spettante al questore dimporre prescrizioni aggiuntive dirette a garantire il rispetto della sicurezza pubblica nellinteresse generale 35 indubbio, come affermato dalla Repubblica italiana, che lautorit nazionale di pubblica sicurezza deve poter godere di un certo potere discrezionale per valutare le situazioni caso per caso e che pu essere obbligata ad imporre prescrizioni ai titolari di autorizzazioni di polizia senza che dette prescrizioni possano essere stabilite anticipatamente. 36 Come risulta dal dettato stesso dellart. 9 del testo unico, esso prevede che chiunque abbia ottenuto unautorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni che lautorit di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse. 37 Bench tale disposizione non precisi le condizioni alle quali un individuo pu essere soggetto nellesercizio di unattivit di recupero crediti in via stragiudiziale in Italia, la Commissione non ha dimostrato lesistenza di una situazione dincertezza del diritto tale da pregiudicare laccesso al mercato italiano dei servizi di recupero crediti in via stragiudiziale. 38 La Commissione, infatti, non ha presentato alcun esempio di esercizio della detta discrezionalit sulla cui base si possa sostenere che sarebbero ostacolati lo stabilimento in Italia di imprese che vi intendano svolgere attivit di recupero crediti in via stragiudiziale e lo svolgimento di siffatte attivit in Italia da parte di unimpresa stabilita in un altro Stato membro. 39 Orbene, lesistenza di un ostacolo alle libert di circolazione e di stabilimento non pu essere dedotta dalla sola circostanza che unautorit nazionale dispone del potere dintegrare il quadro normativo che, in un dato momento, disciplina unattivit economica assoggettando ulteriormente detta attivit a condizioni aggiuntive. Sulla terza censura (in parte) e sulla quinta censura, relative allincompatibilit con lart. 49 CE degli obblighi di disporre di locali nel territorio oggetto dellautorizzazione e di affiggervi le prestazioni che possono essere effettuate per i clienti 43 Occorre innanzi tutto ricordare che, secondo giurisprudenza costante, la condizione in base alla quale il prestatore di servizi deve avere la sua sede di attivit nello Stato membro ove il servizio fornito direttamente in contrasto con la libera prestazione dei servizi in quanto rende impossibile, in tale Stato, la prestazione di servizi da parte dei prestatori stabiliti in altri Stati membri (sentenza 14 dicembre 2006, causa C-257/05, Commissione/Austria, non pubblicata nella Raccolta, punto 21 e giurisprudenza ivi citata). Del resto, la Repubblica italiana non nega che lobbligo di disporre di un locale nel territorio oggetto dellautorizzazione costituisca un ostacolo, in via di principio vietato, alla libera prestazione dei servizi garantita dallart. 49 CE. 45 Secondo giurisprudenza costante della Corte, infatti, misure restrittive della libera prestazione dei servizi possono essere giustificate da ragioni imperative di interesse generale solamente ove dette misure risultino necessarie ai fini della tutela degli interessi perseguiti e in quanto tali obiettivi non possano essere conseguiti con provvedimenti meno restrittivi (v., in questo senso, sentenza 14 dicembre 2006, Commissione/Austria, cit., punto 23 e giurisprudenza ivi citata). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 46 Orbene, il controllo sulle attivit delle agenzie di recupero crediti in via stragiudiziale e sui loro documenti relativi alle operazioni effettuate in Italia non per nulla condizionato dallesistenza di un locale di cui dette agenzie dovrebbero disporre in tale Stato membro. Allo stesso modo, le prestazioni effettuate dalle agenzie in questione possono essere portate a conoscenza dei clienti con modalit meno gravose dellaffissione in locali realizzati, fra laltro, a tal fine, quali la pubblicazione in un giornale locale o una pubblicit adeguata. 47 Occorre quindi constatare che, avendo previsto lobbligo per i soggetti che intendono esercitare attivit di recupero crediti in via stragiudiziale di disporre di locali nel territorio oggetto dellautorizzazione e di affiggere nei locali in parola le prestazioni che possono essere effettuate per i clienti, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa imposti dallart. 49 CE. Sulla seconda e sulla quarta censura, relative allincompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE della limitazione territoriale dellautorizzazione ad esercitare lattivit di recupero crediti in via stragiudiziale e dellobbligo di conferire un mandato ad un rappresentante autorizzato per lesercizio di tale attivit in una provincia per la quale loperatore non dispone di autorizzazione, nonch sulla terza censura, nella parte relativa allincompatibilit con lart. 43 CE dellobbligo di disporre di un locale in ogni provincia 56 Ai sensi della normativa in esame, unagenzia pu esercitare attivit di recupero crediti in via stragiudiziale solamente nella provincia per la quale sia stata ad essa rilasciata unautorizzazione, salvo conferire un mandato ad un rappresentante autorizzato per lesercizio di tali attivit in unaltra provincia. Inoltre, unagenzia pu ottenere unautorizzazione per lesercizio di dette attivit in altre province solamente qualora disponga di un locale in ognuna di esse. 57 Bench tali norme si applichino in maniera identica agli operatori stabiliti in una provincia italiana ed interessati ad estendere le loro attivit in altre province e agli operatori provenienti da altri Stati membri che intendono esercitare le loro attivit in pi province italiane, esse costituiscono nondimeno, per gli operatori non stabiliti in Italia, un serio ostacolo allesercizio delle loro attivit in tale Stato membro, pregiudicandone laccesso al mercato. 58 Poich, infatti, le disposizioni di cui trattasi impongono ad un operatore proveniente da un altro Stato membro e che intenda esercitare le sue attivit in pi province italiane, di non limitarsi ad un solo stabilimento nel territorio italiano, ma di disporre di locali in ognuna di tali province, salvo conferire un mandato ad un rappresentante autorizzato, dette disposizioni lo collocano in una situazione svantaggiosa rispetto agli operatori italiani attivi in Italia che hanno gi un locale in almeno una delle province in questione e per i quali, di regola, risulta pi facile che per gli operatori stranieri stabilire contatti con operatori autorizzati ad esercitare in altre province al fine di conferire loro, eventualmente, un mandato con rappresentanza (v., in questo senso, sentenza 5 ottobre 2004, causa C-442/02, CaixaBank France, Racc. pag. I-8961, punti 12 e 13). 59 Per quanto riguarda, inoltre, i motivi avanzati dalla Repubblica italiana per giustificare siffatto ostacolo alle libert garantite dagli artt. 43 CE e 49 CE, giocoforza innanzi tutto constatare che n la limitazione territoriale dellautorizzazione, n lobbligo di disporre di un locale nella provincia per la quale lautorizzazione stata concessa possono essere immediatamente qualificati inidonei a conseguire lo scopo loro attribuito di realizzare un controllo efficace sulle attivit in oggetto. 60 Tuttavia, come rilevato dalla Commissione, le disposizioni in parola eccedono quanto necessario per raggiungere tale scopo, poich esso pu essere conseguito attraverso misure meno restrittive. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 61 () il sistema italiano prevede la concessione di unautorizzazione territoriale in base ad una dichiarazione di buona condotta ai sensi dellart. 11 del testo unico. Se tale dichiarazione stata verificata dallautorit competente della provincia in cui stata presentata e detta autorit ha rilasciato unautorizzazione allinteressato, non necessario sottoporre la medesima dichiarazione ad altre autorit provinciali. 62 Unautorizzazione rilasciata dal questore di una provincia, infatti, dovrebbe essere sufficiente per poter svolgere attivit di recupero crediti in via stragiudiziale sulla totalit del territorio italiano, salvo che la dichiarazione su cui basata lautorizzazione divenga inesatta, circostanza che il titolare della stessa tenuto a dichiarare. 63 Con riferimento alla posizione della Repubblica italiana, la quale fa valere che il riconoscimento, da parte delle autorit competenti di una provincia, di unautorizzazione rilasciata in unaltra provincia contrasterebbe con la circostanza che la concessione di siffatta autorizzazione dipende, per di pi, dalla valutazione delle condizioni economiche locali ad opera del questore di ogni provincia, sufficiente ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante qualsiasi regime di autorizzazione preventiva devessere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo agli interessati (sentenze 13 maggio 2003, causa C-463/00, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-4581, punto 69 e giurisprudenza ivi citata, e 16 maggio 2006, C-372/04, Watts, Racc. pag. I-4325, punto 116). Poich la valutazione in parola priva di criteri oggettivi e noti in anticipo alle imprese interessate, tale argomentazione non pu giustificare il mancato riconoscimento, da parte del questore di una provincia, dellautorizzazione rilasciata dal questore di unaltra provincia. 64 Occorre pertanto constatare che, avendo obbligato unagenzia di recupero crediti in via stragiudiziale, che disponga di unautorizzazione per lesercizio di detta attivit rilasciata dal questore di una provincia, a chiederne una nuova in ognuna delle altre province ove essa intenda svolgere le sue attivit, salvo conferire mandato ad un rappresentante autorizzato in tale altra provincia, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa imposti dagli artt. 43 CE e 49 CE. 65 Per quanto riguarda lobbligo per le agenzie di recupero crediti in via stragiudiziale di disporre di un locale in ognuna delle province ove esse intendano svolgere le loro attivit, sufficiente ricordare che, come rilevato al punto 46 della presente sentenza, il controllo sulle attivit delle agenzie di cui trattasi e sui loro documenti relativi alle attivit effettuate non per nulla condizionato dallesistenza di un locale di cui dette agenzie debbano disporre in tale provincia. Sulla settima censura, relativa allincompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE della limitazione della libert di fissare le tariffe Argomenti delle parti 70 Per quanto riguarda lart. 49 CE, secondo una costante giurisprudenza, esso osta allapplicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia leffetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri pi difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (v. sentenza 8 settembre 2005, cause riunite C-544/03 e C-545/03, Mobistar e Belgacom Mobile, Racc. pag. I-7723, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). 71 Cos, per quanto riguarda le tariffe minime obbligatorie, la Corte ha gi dichiarato che una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa forense per prestazioni che sono, al tempo stesso, di natura giudiziale e riservate agli avvocati, costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dallart. 49 CE (sentenza 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I-11421, punto 70). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 72 Un divieto di tale natura, infatti, priva gli operatori economici stabiliti in un altro Stato membro della possibilit di porre in essere, offrendo tariffe inferiori a quelle fissate da una tariffa imposta, una concorrenza pi efficace nei confronti degli operatori economici installati stabilmente nello Stato membro interessato e ai quali, pertanto, risulta pi facile che agli operatori economici stabiliti allestero fidelizzare la clientela (v., in questo senso, sentenza Cipolla e a., cit., punto 59, e, per analogia, sentenza CaixaBank France, cit., punto 13). 73 Allo stesso modo, un divieto siffatto limita la scelta dei destinatari dei servizi in questione nello Stato membro interessato, poich questi ultimi non possono ricorrere ai servizi di operatori economici stranieri che potrebbero offrire, in tale Stato membro, le loro prestazioni ad un prezzo inferiore rispetto a quello risultante dalle tariffe in parola (v., in questo senso, sentenza Cipolla e a., cit., punto 60). 74 Occorre tuttavia rilevare che, nella citata sentenza Cipolla e a., il divieto, qualificato come ostacolo allart. 49 CE, discendeva da una disciplina in vigore che vietava in maniera categorica ed assoluta di derogare convenzionalmente ad una tariffa imposta, mentre nella causa in esame si tratta di una mera indicazione contenuta in una circolare, diretta ai questori e qualificata dalla Repubblica italiana come raccomandazione, che si limita a chiedere di stabilire taluni parametri obiettivi ed omogenei. 75 Va inoltre constatato, come osservato dalla Commissione stessa nel suo ricorso, che le autorit italiane non hanno fornito precisazioni quanto alle misure adottate sulla base di tale indicazione della circolare, che risale al 1996. Lesistenza stessa di tariffari destinati alle agenzie di recupero crediti in via stragiudiziale non appare quindi certa. 77 Quanto precede vale anche rispetto alla censura di cui trattasi, in quanto relativa allincompatibilit con lart. 43 CE della limitazione della libert di fissare le tariffe. Sullottava censura, relativa allincompatibilit con gli artt. 43 CE e 49 CE del divieto di esercitare allo stesso tempo le attivit oggetto della legge sulle attivit bancarie e creditizie 83 Occorre constatare, da un lato, che la circolare concerne le competenze delle agenzie di recupero crediti in via stragiudiziale relativamente alle operazioni finanziarie disciplinate dalla legge sulle attivit bancarie e creditizie, e non il divieto per gli operatori bancari di esercitare attivit di recupero crediti in via stragiudiziale in Italia. 84 Dallaltro, si deve rilevare, come affermato dalla Repubblica italiana, che dal testo della circolare, cos come riportato al punto 11 della presente sentenza, risulta che questo si limita a confermare che lautorizzazione riguardante lesercizio dellattivit di recupero crediti in via stragiudiziale non comporta automaticamente lautorizzazione a svolgere le attivit disciplinate dalla legge sulle attivit bancarie e creditizie. 85 Poich non risulta che la circolare sia fonte di incertezze del diritto per quanto riguarda lesercizio dellattivit di recupero crediti in via stragiudiziale rispetto a quello delle attivit oggetto della legge sulle attivit bancarie e creditizie, non vi ostacolo alla libert garantita dallart. 49 CE con riferimento agli operatori stranieri per quanto concerne lesercizio dellattivit di recupero crediti in via stragiudiziale in Italia. ** *** ** REGOLAMENTAZIONE TECNICA Obbligo di comunicare i progetti di regolamentazioni tecniche (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 8 novembre 2007. Causa C-20/05) CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione degli artt. 3 CE, 23 CE-27 CE, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura dinformazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della societ dellinformazione (GU L 204, pag. 37), come modificata con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998 (GU L 217, pag. 18), della direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CEE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di propriet intellettuale (GU L 346, pag. 61), nonch della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sullarmonizzazione di taluni aspetti del diritto dautore e dei diritti connessi nella societ dellinformazione (GU L 167, pag. 10). La domanda stata presentata nellambito di un procedimento penale promosso in Italia a carico del sig. Schwibbert per detenzione di compact disc (in prosieguo: i CD) che non recavano il contrassegno dellente nazionale incaricato della riscossione dei diritti dautore. Gli artt. 8 e 9 della direttiva 98/34 impongono agli Stati membri, da un lato, di comunicare alla Commissione delle Comunit europee i progetti di regole tecniche che rientrano nellambito di applicazione della direttiva in parola, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale o europea, nel qual caso sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa, e, dallaltro, di rinviare di vari mesi ladozione di tali progetti al fine di consentire alla Commissione di verificare se sono compatibili con il diritto comunitario, segnatamente con la libera circolazione delle merci, o di proporre, nel settore di cui trattasi, una direttiva, un regolamento o una decisione. La direttiva 92/100 ha per oggetto larmonizzazione della protezione giuridica delle opere protette dal diritto dautore e delle realizzazioni protette dai diritti connessi. Essa diretta a garantire agli autori e artisti interpreti o esecutori un reddito adeguato. A tal fine, la direttiva 92/100 stabilisce che gli Stati membri prevedono il diritto di autorizzare o proibire il noleggio ed il prestito di originali, di copie di opere protette dal diritto dautore e di altre realizzazioni indicate allart. 2, n. 1, della direttiva in parola. Nellambito del capo II della direttiva 92/100, relativo ai diritti connessi al diritto di autore, lart. 9 stabilisce che gli Stati membri prevedono un diritto esclusivo di messa a disposizione del pubblico, per la vendita o altro, delle realizzazioni elencate al detto articolo. Ai sensi della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di diritto dautore (GURI 16 luglio 1941, n. 166), lobbligo di apposizione del contrassegno su qualunque supporto contenente opere protette uno strumento di autenticazione e di garanzia che permette di distinguere il prodotto legittimo da quello pirata. La Societ Italiana Autori ed Editori, ente pubblico ad hoc, svolge funzioni di protezione, intermediazione e certificazione. Il contrassegno cos previsto dalla legge reca le iniziali SIAE. La legge 27 marzo 1987, n. 121 (GURI 28 marzo 1987, n. 73), ha este RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 so lobbligo di apposizione del contrassegno SIAE ad altri supporti contenenti opere dellingegno. Nellambito del recepimento della direttiva 92/100, il legislatore italiano ha inserito nella legge del 1941 una disposizione, lart. 171 ter, n. 1, lett. c), che commina sanzioni penali specifiche per chi vende o noleggia videocassette, musicassette od altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, non contrassegnati dalla societ italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) ai sensi della presente legge e del regolamento di esecuzione. (Omissis) 31 Con la sua questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 1, 8, 10 e 11 della direttiva 98/34 ostino a disposizioni nazionali come quelle della causa principale, laddove esse prevedano, in occasione della riproduzione di opere dellingegno, lapposizione sul supporto in cui queste ultime sono contenute della sigla della Societ Italiana degli Autori ed Editori. 33 In primo luogo, si deve verificare se lobbligo di apporre detta sigla possa essere qualificato come regola tecnica ai sensi dellart. 1 della direttiva 98/34. In caso di soluzione affermativa, andr accertato se il progetto di regola tecnica sia stato notificato alla Commissione dalle autorit italiane, dato che in mancanza di tale notifica esso sarebbe inopponibile al sig. Schwibbert (v., in particolare, sentenze 30 aprile 1996, causa C-194/94, CIA Security International, Racc. pag. I-2201, punti 48 e 54; 16 giugno 1998, causa C-226/97, Lemmens, Racc. pag. I-3711, punto 33, nonch 6 giugno 2002, causa C-159/00, Sapod Audic, Racc. pag. I-5031, punto 49). 34 Dallart. 1, punto 11, della direttiva 98/34 discende che la nozione di regola tecnica scomponibile in tre categorie, vale a dire, in primo luogo, la specificazione tecnica ai sensi dellart. 1, punto 3, della detta direttiva, in secondo luogo, altri requisiti come definiti allart. 1, punto 4, della direttiva in parola e, in terzo luogo, il divieto di fabbricazione, importazione, commercializzazione o utilizzo di un prodotto di cui allart. 1, punto 11, della medesima direttiva (v., in particolare, sentenza 21 aprile 2005, causa C-267/03, Lindberg, Racc. pag. I-3247, punto 54). 35 Come gi affermato dalla Corte, la nozione di specificazione tecnica presuppone che la misura nazionale si riferisca necessariamente al prodotto o al suo imballaggio in quanto tali, e che definisca quindi una delle caratteristiche richieste di un prodotto (v., in tal senso, sentenze 8 marzo 2001, causa C-278/99, Van der Burg, Racc. pag. I-2015, punto 20; 22 gennaio 2002, causa C-390/99, Canal Satlite Digital, Racc. pag. I-607, punto 45, nonch Sapod Audic, punto 30, e Lindberg, punto 57, gi citate). 36 Nel caso di specie, giocoforza constatare che lapposizione del contrassegno SIAE, diretta ad informare i consumatori e le autorit nazionali che le copie sono legali, si effettua sul supporto stesso che contiene lopera dellingegno, quindi sul prodotto stesso. Non pertanto esatto sostenere, come asserito dalla Societ Italiana degli Autori ed Editori e dal governo italiano, che tale contrassegno riguarderebbe solamente lopera dellingegno. 37 Orbene, tale contrassegno costituisce una specificazione tecnica ai sensi del- lart. 1, punto 3, della direttiva 98/34, poich rientra nelle prescrizioni applicabili ai prodotti considerati per quanto riguarda la marcatura e letichettatura. Pertanto, dal momento che losservanza di detta specificazione obbligatoria de iure per la commercializzazione dei CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE prodotti di cui trattasi, la specificazione in parola costituisce una regola tecnica ai sensi dellart. 1, punto 11, primo comma, della direttiva in questione (v., in questo senso, sentenza 20 marzo 1997, causa C-13/96, Bic Benelux, Racc. pag. I-1753, punto 23). 38 Conformemente allart. 8 della direttiva 98/34, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica. Se tale obbligo non stato rispettato, la regola tecnica non pu essere opposta ai singoli, come ricordato al punto 33 della presente sentenza. Va dunque verificato se, nel caso di specie, lo Stato membro abbia rispettato gli obblighi che discendono dallart. 8 della direttiva 98/34. In caso negativo, la regola tecnica in discussione sarebbe inopponibile al sig. Schwibbert. 40 Nel caso in esame, dal fascicolo presentato alla Corte sembra evincersi che, per quanto riguarda i supporti oggetto della causa principale, vale a dire i CD contenenti opere darte figurativa, lobbligo di apposizione del contrassegno SIAE stato reso ad essi applicabile nel 1994 in forza del decreto legislativo n. 685. In tale contesto, lobbligo di cui trattasi avrebbe dovuto essere comunicato alla Commissione dalla Repubblica italiana, dal momento che esso stato stabilito successivamente allistituzione, ad opera della direttiva 83/189, della procedura dinformazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche. Tuttavia, come ricordato al punto 23 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio accertare se lobbligo di cui trattasi sia stato effettivamente introdotto nel diritto italiano in tale momento. 41 In quanto lobbligo di apposizione del contrassegno distintivo SIAE sia stato esteso ai prodotti, come quelli che costituiscono oggetto della causa principale, successivamente allentrata in vigore della direttiva 83/189, si deve ricordare che, per giurisprudenza costante, la finalit perseguita con lart. 8, n. 1, primo comma, seconda frase, della direttiva 98/34 quella di consentire alla Commissione di disporre di informazioni quanto pi possibile complete su tutto il progetto di regola tecnica quanto al suo contenuto, alla sua portata e al suo contesto generale onde consentirle di esercitare, nel modo pi efficace possibile, i poteri che le sono conferiti dalla direttiva (v., in particolare, le sentenze CIA Security International, cit., punto 50; 16 settembre 1997, causa C-279/94, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4743, punto 40, e 7 maggio 1998, causa C-145/97, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-2643, punto 12). 42 Analogamente, conformemente al n. 1, terzo comma, del menzionato art. 8, gli Stati membri procedono ad una nuova comunicazione () qualora essi apportino al progetto di regola tecnica modifiche importanti che ne alterino il campo di applicazione (). Orbene, linclusione di nuovi supporti, quali i CD, nellambito dellobbligo di apposizione del contrassegno SIAE devessere considerata come una modifica di tal genere (v., in questo senso, sentenze 1 giugno 1994, causa C-317/92, Commissione/ Germania, Racc. pag. I-2039, punto 25, e Lindberg, cit., punti 84 e 85). 44 Orbene, conformemente alla giurisprudenza della Corte, linadempimento dellobbligo di comunicazione costituisce un vizio procedurale nelladozione delle regole tecniche di cui causa e comporta linapplicabilit delle regole tecniche considerate, di modo che esse non possono essere opposte ai privati (v., in particolare, le citate sentenze CIA Security International, punto 54, e Lemmens, punto 33). I privati possono avvalersene dinanzi al giudice nazionale, cui compete la disapplicazione di una regola tecnica nazionale che non sia stata notificata conformemente alla direttiva 98/34 (v., in particolare, le citate sentenze CIA Security International, punto 55, e Sapod Audic, punto 50). ** *** ** RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 RINVIO PREGIUDIZIALE Irricevibilit (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 28 giugno 2007. Causa C-467/05) Il fatto che una decisione di rinvio riguardante linterpretazione di una decisione quadro adottata ai sensi del titolo VI del Trattato CE non richiami lart. 35 UE, ma si riferisca invece allart. 234 CE, non pu, da solo, determinare lirricevibilit della domanda di pronuncia pregiudiziale. Ci a maggior ragione in quanto il Trattato UE non stabilisce, n espressamente n implicitamente, in quale forma il giudice nazionale debba presentare la domanda di decisione pregiudiziale. In forza dellart. 46, lett. b), UE, il regime previsto allart. 234 CE destinato ad applicarsi allart. 35 UE, fatte salve le condizioni previste da tale disposizione. Analogamente allart. 234 CE, lart. 35 UE subordina laudizione della Corte in via pregiudiziale alla condizione che il giudice nazionale reputi necessaria una decisione su tale punto per emanare la sua sentenza, di modo che la giurisprudenza della Corte relativa alla ricevibilit delle questioni pregiudiziali proposte ai sensi dellart. 234 CE , in linea di principio, trasponibile alle domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte in forza dellart. 35 UE. Ne consegue che la presunzione di pertinenza che inerisce alle questioni proposte in via pregiudiziale dai giudici nazionali pu essere esclusa solo in casi eccezionali, qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione delle disposizioni del diritto dellUnione considerate in tali questioni non abbia alcun rapporto con la realt o con loggetto della causa principale o qualora il problema sia di natura ipotetica o la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per risolvere utilmente le questioni che le vengono sottoposte. Fatte salve tali ipotesi, la Corte, in via di principio, tenuta a statuire sulle questioni pregiudiziali vertenti sullinterpretazione degli atti previsti allart. 35, n. 1, UE. Le norme di procedura si applicano, come si ritiene in generale, a tutte le controversie pendenti allatto della loro entrata in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che, secondo la comune interpretazione, non riguardano situazioni maturate anteriormente alla loro entrata in vigore. Orbene, la questione della competenza giurisdizionale ai fini della decisione sulla restituzione alla parte lesa dei beni sequestrati nellambito del procedimento penale rientra nella materia delle norme di procedura, cosicch non vi alcun ostacolo relativo allapplicazione della legge nel tempo che osti alla presa in considerazione, nellambito di una controversia in merito a tale questione, delle disposizioni pertinenti della decisione quadro 2001/220, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, al fine di interpretare la normativa nazionale in conformit a questultima. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Informazioni (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 8 novembre 2007. Causa C-20/05) Va rammentato che le informazioni fornite nelle decisioni di rinvio pregiudiziale devono non solo consentire alla Corte di fornire risposte utili, ma altres dare ai governi degli Stati membri nonch alle altre parti interessate la possibilit di presentare osservazioni ai sensi dellart. 20 dello Statuto della Corte di giustizia (ordinanza 2 marzo 1999, causa C-422/98, Colonia Versicherung e a., Racc. pag. I-1279, punto 5). Compete alla Corte vigilare affinch tale possibilit sia salvaguardata, tenuto conto del fatto che, a norma della disposizione citata, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio (sentenza 1 aprile 1982, cause riunite 141/81-143/81, Holdijk e a., Racc. pag. 1299, punto 6; ordinanza 13 marzo 1996, causa C-326/95, Banco de Fomento e Exterior, Racc. pag. I-1385, punto 7, nonch sentenza 13 aprile 2000, causa C-176/96, Lehtonen e Castors Braine, Racc. pag. I-2681, punto 23). Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sulle ragioni della scelta delle norme comunitarie di cui chiede linterpretazione e sul rapporto che egli ritiene esista fra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia (v., in particolare, ordinanza 28 giugno 2000, causa C-116/00, Laguillaumie, Racc. pag. I-4979, punto 16, nonch sentenza 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I-11421, punto 38). Il giudice del rinvio, su richiesta della Corte, deve fornire chiarimenti relativamente ai fatti oggetto della causa principale cos come in merito al contesto giuridico nazionale e comunitario. (Sentenza della Corte (Settima Sezione) 18 novembre 2007. Causa C-12/07) (Omissis) 16 Occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza, lesigenza di giungere ad uninterpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che questultimo definisca lambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (v., in particolare, sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a., Racc. pag. I-393, punto 6; ordinanze 7 aprile 1995, causa C-167/94, Grau Gomis e a., Racc. pag. I-1023, punto 8; e 28 giugno 2000, causa C-116/00, Laguillaumie, Racc. pag. I-4979, punto 15). 17 Occorre inoltre che il giudice nazionale indichi le ragioni precise che lo hanno indotto a interrogarsi sullinterpretazione di determinate disposizioni comunitarie e a ritenere necessario sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte. Questultima ha dichiarato che indispensabile che il giudice nazionale fornisca spiegazioni, se pur minime, sui motivi della scelta delle disposizioni comunitarie di cui chiede linterpretazione e sul nesso intercorrente tra le disposizioni medesime e la normativa nazionale applicabile alla controversia (v. citate ordinanze Grau Gomis e a., punto 9, e Laguillaumie, punto 16). 18 Va sottolineato che le informazioni fornite a tal fine dalle decisioni di rinvio non servono solo a consentire alla Corte di risolvere in modo utile le questioni, ma anche a dare RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate la possibilit di presentare osservazioni ai sensi dellart. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. Incombe, infatti, alla Corte vigilare sulla salvaguardia di tale possibilit, tenuto conto del fatto che, a norma della suddetta disposizione, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio (v. sentenza 1 aprile 1982, cause da 141/81 a 143/81, Holdijk e a., Racc. pag. 1299, punto 6, e citate ordinanze Grau Gomis e a., punto 10, nonch Laguillaumie, punto 14). 19 Nel caso di specie si deve necessariamente constatare che la decisione di rinvio non risponde a tali criteri. 20 In primo luogo, il giudice del rinvio non ha sufficientemente definito il contesto di fatto in cui si inserisce la domanda di pronuncia pregiudiziale. Detto giudice si limitato a distinguere la controversia nella causa principale dalla causa C-467/06, senza fornire elementi specifici sui fatti che sono alla base di tale controversia. 21 Inoltre, bench lesistenza stessa di tale controversia sia stata contestata dinanzi ad esso, il giudice del rinvio non ha esposto con chiarezza loggetto di detta controversia. Infatti, per quanto riguarda la domanda di provvedimenti durgenza, la decisione di rinvio non consente di ravvisare quali sono i provvedimenti provvisori richiesti dalle parti della causa principale. Quanto al merito, nessun elemento contenuto in detta decisione dimostra che la normativa nazionale in esame sia fonte di un danno effettivo o prevedibile causato alle ricorrenti nella causa principale. 22 In secondo luogo, il giudice del rinvio si limitato a commentare talune modifiche apportate alla normativa nazionale senza che emerga dalla decisione di rinvio il contesto normativo in cui tali modifiche si collocano. In particolare, non sono descritti n lo statuto n il regime finanziario dellANAS n i rapporti che la legano ai concessionari che gestiscono le autostrade. Pertanto, difficile comprendere i presupposti normativi e statutari nel- lambito dei quali lANAS esercita la sua attivit e i rapporti che la legano allo Stato italiano, da un lato, e ai concessionari, dallaltro. 23 In terzo luogo, tale giudice non fornisce alcuna precisazione sui motivi che lhanno indotto a scegliere le disposizioni comunitarie di cui chiede linterpretazione n sul nesso intercorrente tra tali disposizioni e la normativa nazionale richiamata nella controversia dinanzi ad esso pendente. In particolare, non spiega i motivi per i quali linterpretazione degli artt. 43 CE, 49 CE, 81 CE, 82 CE, 86 CE e 87 CE, nonch del diritto di propriet e delle direttive comunitarie riguardanti gli appalti pubblici, gli sembra necessaria per la soluzione della controversia nella causa principale. 24 Infine, in quarto luogo, detto giudice formula due questioni pregiudiziali facendo un mero rinvio alle questioni sollevate nellambito di unaltra domanda di pronuncia pregiudiziale, registrata con il numero di ruolo C-467/06 e riguardante altre parti. Tuttavia, tali questioni non sono necessariamente note alle parti della controversia nella causa principale. Pertanto, il fatto di rinviare alle questioni pregiudiziali sottoposte nella causa C-467/06 non pu garantire alle parti la possibilit di presentare osservazioni, conformemente allart. 23 dello Statuto della Corte di giustizia (v., in tal senso, ordinanza 2 marzo 1999, causa C-422/98, Colonia Versicherung e a., Racc. pag. I-1279, punto 8). Sentenza di invalidit di atto comunitario. Effetti. (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 8 novembre 2007. Causa C421/ 06) CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE (Omissis) 52 Secondo costante giurisprudenza, quando la Corte accerta, nellambito di un procedimento ai sensi dellart. 234 CE, linvalidit di un atto emanato dalle autorit comunitarie, la sua decisione produce la conseguenza giuridica di imporre alle istituzioni competenti della Comunit europea lobbligo di adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio allillegittimit accertata (v., in particolare, sentenze 19 ottobre 1977, cause riunite 117/76 e 16/77, Ruckdeschel e Strh, Racc. pag. 1753, punto 13, e 29 giugno 1988, causa 300/86, Van Landschoot, Racc. pag. 3443, punto 22). In tal caso, spetta alle dette istituzioni adottare i provvedimenti necessari allesecuzione della sentenza pregiudiziale al pari di quanto sono tenute a fare, ai sensi dellart. 233 CE, nel caso di una sentenza che annulli un atto o dichiari illegittima linerzia di unistituzione comunitaria. Dalla menzionata giurisprudenza emerge infatti che, quando una sentenza pregiudiziale accerti lillegittimit di un atto comunitario, lobbligo sancito dallart. 233 CE si applica per analogia. 53 Quanto alle autorit nazionali, per giurisprudenza parimenti consolidata spetta in primo luogo a queste trarre le conseguenze, nel loro ordinamento giuridico, di una declaratoria di illegittimit intervenuta nel contesto dellart. 234 CE (sentenze 30 ottobre 1975, causa 23/75, Rey Soda, Racc. pag. 1279, punto 51, e 2 marzo 1989, causa 359/87, Pinna, Racc. pag. 585, punto 13). 54 Una dichiarazione dinvalidit di tal genere va parimenti rispettata da tutti i giudici nazionali. Infatti, bench sia indirizzata direttamente al solo giudice che ha adito la Corte, la sentenza con cui questultima accerta, a norma dellart. 234 CE, linvalidit di un atto di unistituzione costituisce per qualsiasi altro giudice un motivo sufficiente per considerare invalido tale atto agli effetti di una pronunzia che egli debba emettere (sentenza 13 maggio 1981, causa 66/80, International Chemical Corporation, Racc. pag. 1191, punto 13). 55 Solo un esame concreto della disposizione dichiarata invalida e della normativa comunitaria di cui essa fa parte permette di determinare quali siano i provvedimenti necessari che devono essere adottati per porre rimedio allillegittimit. In taluni casi, la dichiarazione dinvalidit concerne una disposizione autonoma e non ha ripercussioni su altri elementi della normativa comunitaria mentre, in altri, questa dichiarazione dinvalidit provoca una lacuna del diritto o unincoerenza, che richiedono un intervento del legislatore al fine di modificare la sostanza del testo. 56 Peraltro, occorre ricordare che il principio della certezza del diritto, che costituisce un principio generale dellordinamento comunitario, impone che la normativa comunitaria sia chiara e precisa e che la sua applicazione sia prevedibile per gli interessati (v., in tal senso, sentenze 16 giugno 1993, causa C-325/91, Francia/Commissione, Racc. pag. I-3283, punto 26, e 23 settembre 2003, causa C-78/01, BGL, Racc. pag. I-9543, punto 71). Conformemente a tale principio, pu risultare opportuno che, in seguito ad una sentenza della Corte che dichiari invalide talune disposizioni della normativa comunitaria, il legislatore comunitario apporti le modifiche formali che consentano di chiarire questultima e, a tal fine, adotti un testo che rettifichi la detta normativa e abroghi le disposizioni dichiarate invalide, nonch i rinvii alle medesime. 57 Occorre precisare, tuttavia, che un siffatto testo di rettifica si limita a dare formalmente esecuzione, nella normativa comunitaria, al contenuto della sentenza della Corte. La dichiarazione dinvalidit deriva infatti da questa sentenza e non dal testo di rettifica, con tutte le conseguenze che ci comporta, in particolare per quanto concerne gli effetti nel tempo della dichiarazione dinvalidit. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Rinvio pregiudiziale di annullamento. Effetti. (Sentenza della Corte (Terza Sezione) 8 novembre 2007. Causa C421/ 06) (Omissis) 52 Secondo costante giurisprudenza, quando la Corte accerta, nellambito di un procedimento ai sensi dellart. 234 CE, linvalidit di un atto emanato dalle autorit comunitarie, la sua decisione produce la conseguenza giuridica di imporre alle istituzioni competenti della Comunit europea lobbligo di adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio allillegittimit accertata (v., in particolare, sentenze 19 ottobre 1977, cause riunite 117/76 e 16/77, Ruckdeschel e Strh, Racc. pag. 1753, punto 13, e 29 giugno 1988, causa 300/86, Van Landschoot, Racc. pag. 3443, punto 22). In tal caso, spetta alle dette istituzioni adottare i provvedimenti necessari allesecuzione della sentenza pregiudiziale al pari di quanto sono tenute a fare, ai sensi dellart. 233 CE, nel caso di una sentenza che annulli un atto o dichiari illegittima linerzia di unistituzione comunitaria. Dalla menzionata giurisprudenza emerge infatti che, quando una sentenza pregiudiziale accerti lillegittimit di un atto comunitario, lobbligo sancito dallart. 233 CE si applica per analogia. 63 Alla luce di tutto quanto sin qui esposto, occorre rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che, dal momento che lart. 1, punto 1, lett. b), della direttiva 2002/2 prevedeva un obbligo autonomo privo di nessi con gli obblighi previsti dalle altre disposizioni della medesima direttiva, la dichiarazione dinvalidit della detta disposizione, pronunciata dalla Corte mediante la citata sentenza ABNA e a., non ha provocato nessuna lacuna del diritto n unincoerenza che impongano alle istituzioni comunitarie di adottare modifiche di sostanza della direttiva 2002/2. In ogni caso, linvalidit di una disposizione comunitaria deriva direttamente dalla sentenza della Corte che la accerta e spetta tanto alle autorit quanto ai giudici degli Stati membri trarne le conseguenze nel loro ordinamento giuridico nazionale. LE DECISIONI Dossier Lautorizzazione del prefetto agli istituti di vigilanza DOCUMENTI IN ALLEGATO: -1. Corte di Giustizia delle Comunit europee, Seconda Sezione, sentenza del 13 dicembre 2007 nella causa C-465/05; -2. Consiglio di Stato (Sezione quarta), sentenza del 5 settembre 2007 n. 4647; -3. Circolare del Ministero dellInterno del 29 febbraio 2008 n. 557/PAS/2731/10089.D(1). La sentenza affronta la vexata quaestio, sul fronte nazionale, del regime autorizzatorio previsto per gli Istituti di vigilanza privata. Le contestazioni mosse allItalia prendono le mosse da una serie di disposizioni del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (dora in poi T.U.), approvato con regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 (GURI n. 146 del 26 giugno 1931), che regolano la materia e della cui compatibilit con il Trattato si controverte. In particolare si discute della conciliabilit con la libert di stabilimento e la libera prestazione di servizi degli articoli 134, 135, 136, 137, 138 del Testo Unico e degli articoli 250, 252, 257 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, recante regolamento per lesecuzione del T.U., cos come modificato dallart. 5 della legge 23 dicembre 1946, n. 478, nonch di alcune circolari del Ministero dellInterno. Ad essere sotto lesame della Corte sono, dunque, i tratti salienti della disciplina prevista dal nostro ordinamento per lesercizio dei servizi di vigilanza. Lautorizzazione come limite alle libert fondamentali In particolare lattenzione si concentra sullautorizzazione concessa dal Prefetto. Secondo quanto prescrive lart. 134 T.U. la licenza del Prefetto condicio sine qua non per lesercizio dellattivit di vigilanza e custodia, il cui rilascio viene garantito, a parit di condizioni, sia ai cittadini italiani siaai cittadini degli Stati membri. la stessa necessit di unautorizzazione amministrativa allo svolgimento di talune prestazioni di servizi sul territorio nazionale da parte di unimpresa, anche con sede in un altro Stato membro, a rappresentare, secondo il giudizio del giudice comunitario, il primo elemento di contrariet al Trattato, in quanto ostacolo allesercizio di una libert fondamentale, la libert di prestazione dei servizi (art. 49 Trattato). In verit, precisa la Corte, la presenza di una licenza o di unautorizzazione per lo svolgimento di simili incombenze potrebbe risultare giustifica RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 ta da esigenze di ordine pubblico, laddove le norme dello Stato membro, nel quale limpresa ha la propria sede, non provvedano gi al loro soddisfacimento. , infatti, orientamento giurisprudenziale consolidato (1) ritenere che una restrizione pu essere giustificata solo qualora linteresse generale dedotto non sia gi tutelato dalle norme cui il prestatore assoggettato nello Stato membro in cui stabilito. In questa prospettiva la normativa italiana non prevedendo che, ai fini del rilascio di una licenza, si tenga conto degli obblighi ai quali il prestatore di servizi transfrontaliero gi assoggettato nello Stato membro nel quale stabilito, eccede quanto necessario per raggiungere lo scopo perseguito dal legislatore nazionale, che quello di garantire uno stretto controllo sulle attivit di cui trattasi. Quindi, evidente che lautorizzazione prefettizia per sopravvivere ad ogni censura avrebbe dovuto concepirsi come indispensabile solo nelleventualit in cui limpresa di vigilanza da autorizzare non fosse gi sottoposta a quei controlli nello Stato membro dorigine, a cui lautorizzazione prevista dal T.U. funzionale. La carenza di una simile previsione rende la normativa italiana superflua e restrittiva della libera prestazione dei servizi e, pertanto, in contrasto con il diritto comunitario. In aggiunta alle censure mosse allesistenza stessa dellautorizzazione prefettizia, viene ravvisata un ulteriore violazione dellart. 49, nonch del- lart. 47 del Trattato: lefficacia territoriale circoscritta. La licenza prevista dallart. 134 T.U. presenta, infatti, una portata limitata con la conseguenza di rendere possibile lesercizio delle attivit, alle quali essa si riferisce, solo nel territorio per il quale stata concessa. A nulla valgono a questo proposito le obiezioni sollevate dallo Stato italiano e incentrate sulla tutela dellordine pubblico che renderebbe necessario tener conto delle singole realt territoriali e della necessit che in loco gli istituti di vigilanza non si sostituiscano allautorit pubblica. La Corte ritiene che le argomentazioni sollevate a tal proposito non siano state sufficientemente corroborate da prove e sottolinea come quegli obiettivi di tutela possano essere realizzati attraverso soluzioni alternative, quali leffettuazione di controlli regolari capaci, congiuntamente allautorizzazione iniziale, di espletare una costante verifica sulla condotta e sui servizi prestati. Del resto le esigenze di ordine pubblico ben difficilmente avrebbero potuto trovare soddisfacimento sulla base della sola limitata efficacia territoriale del provvedimento autorizzatorio, non associato ad alcun altra forma di controllo, ben potendo gli istituti operare in unarea circoscritta e subire allo stesso modo le ingerenze e linfiltrazione delle organizzazioni criminali locali nel corso della propria attivit. (1) Ex multis sentenza del 9 novembre 2006, causa C-433/04, Commissione c/Belgio, punto 33; sentenza del 21 settembre 2006, causa C-168/04, Commissione c/Austria, punto 37; sentenza del 26 gennaio 2006, causa C-514/03, Commissione c/Spagna, punto 47; sentenza del 21 ottobre 2004, causa C-445/05, Commissione c/Lussemburgo; sentenze 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96, Arblade e a., punti 34 e 35. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni Simili prese di posizione non fanno che anticipare laspetto veramente interessante di questa pronuncia, affrontata nella sua parte finale, e concernente lautorizzazione delle tariffe, aspetto controverso almeno per quanto riguarda i minimi tariffari. In base alle argomentazioni della Corte di Giustizia la presenza di un potere prefettizio di determinazione dei prezzi provoca una restrizione allaccesso al mercato di nuovi operatori economici provenienti da altri Stati membri, poich impedisce loro di praticare liberamente prezzi pi concorrenziali, in ribasso rispetto alla tariffa imposta, di quelli praticati dalle imprese nazionali; risulta, quindi, vano il tentativo di evocare come giustificazione la tutela della sicurezza pubblica e la garanzia di standard qualitativi a vantaggio dei consumatori, in quanto non si ritiene provato che lo strumento delle tariffe predefinite assolva compiutamente a tali funzioni. La disciplina nazionale dei minimi tariffari e la sua interpretazione La sentenza in questione non pu che ammirarsi per essere entrata nel merito di una questione che ha assunto i toni di una vera e propria diatriba nazionale, incapace finora di trovare soluzioni univoche ad un problema. La questione, come noto, sorge dallinterpretazione delle disposizioni sottoposte a censura comunitaria. Oltre allart. 134 T.U., lart. 135, 4 comma, dispone lobbligo per i direttori degli uffici informazioni, investigazioni o ricerche dellaffissione della tabella relativa alle operazioni alle quali attendono con la tariffa delle relative mercedi e lart. 135, 5 comma, T.U. esclude per i direttori la possibilit di ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffa; inoltre lart. 9 riconosce un ampio potere discrezionale allautorit di pubblica sicurezza, potendo questultima imporre prescrizioni ulteriori rispetto alle condizioni previste dalla legge; infine lart. 257, 4 e 5 comma, del regolamento di esecuzione stabilisce che lautorizzazione prefettizia, ex art. 134 T.U., deve contenere lapprovazione delle tariffe e che ogni variazione o modificazione deve essere oggetto di nuova approvazione. Tutto ci posto, in passato dalla combinazioni di tali disposizioni e, in particolare, facendo leva sul potere discrezionale che conferisce lart. 9 T.U. allautorit di pubblica sicurezza, si riconosceva un vero e proprio potere del Prefetto di fissare tariffe minime vincolanti per gli istituti di vigilanza (2), avvallato dalla stessa giurisprudenza (3), la cui ratio consisteva sostanzialmente nella necessit di garantire minimi qualitativi relativi nello svolgimento di un servizio pubblico essenziale. (2) La circolare del Ministero dellinterno del 1991 n. 559 prevedeva che il sindacato sui prezzi fosse effettuato attraverso una determinazione prefettizia che stabilisse in via generale e preventiva i limiti minimi delle tariffe da osservare e che tutti gli istituti di vigilanza erano tenuti ad osservare. (3) Si veda in proposito C.d.S., sez. VI, 3 marzo 1999, n. 265; Tar Lombardia 7 luglio 1996 n. 1946. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Con due diversi pareri lAutorit garante per la concorrenza e per il mercato (4) sottolineava gli effetti negativi che un regime di tariffe minime provocava e come fosse assolutamente non dimostrata una sua efficacia contro un basso livello qualitativo, proponendo, quale soluzione alternativa, la sottoposizione degli istituti di vigilanza ad un sistema di controlli costanti e la conseguente revoca della licenza laddove da essi venissero riscontrate gravi irregolarit. Un simile orientamento ha sicuramente influito e indotto lautorit ministeriale a sostituire il potere prefettizio di determinazione delle tariffe minime con le cd. tariffe di legalit, fondate su un sistema di oscillazione; in sostanza allinterno della banda variabile limpresa libera di determinare la tariffa che ritiene opportuno applicare. La maggiore flessibilit che caratterizza il nuovo sistema, tuttavia, non incide sulla necessit del provvedimento autorizzatorio del Prefetto e rende possibile che tale provvedimento abbia ad oggetto tariffe non ricomprese nella fascia di oscillazione (5). Nonostante non siano mancati apprezzamenti al nuovo sistema, per aver introdotto un utile ed imprescindibile elemento di valutazione delle offerte e, quindi, della capacit ed idoneit tecnico-organizzativa dellistituto (6), stato rilevato come la disciplina avesse mantenuto un sostanziale effetto anticoncorrenziale (7). Infatti la persistente presenza dellautorizzazione prefettizia ha reso dubbia leffettiva portata vincolante delle tariffe preventivamente approvate; ci si chiesti, in sostanza, se la necessaria approvazione cagionasse lobbligo per listituto di rispettare i relativi prezzi, non pi determinati erga omnes ma individualmente, o se, al contrario, fosse possibile praticare liberamente prezzi anche non specificatamente approvati secondo le condizioni di mercato. La soluzione proposta dalla giurisprudenza stata tuttaltro che univoca, prospettandosi in seno allo stesso Consiglio di Stato due diversi orientamenti. Con il primo orientamento (8), posta lesclusione di minimi tariffari prestabiliti ex ante dal Prefetto, si affermata la non vincolativit delle tariffe mini (4) Pareri del 1 dicembre 1995 n. 27952 e del 23 maggio 1997 n. 21303. (5) Per una ricostruzione storica e giurisprudenziale della vicenda si veda G. CREPALDI, Il potere prefettizio di determinazione delle tariffe dei servizi di vigilanza:natura ed effetti, in Foro amm.CDS, 2006, 3, 833 ss. (6) C.d.S., sez. IV, 16 ottobre 2001, n. 5445, nella quale si precisa che le tariffe di legalit, in tale contesto, assolvono ad una duplice funzione: 1) fornire allAmministrazione il necessario parametro tecnico di valutazione delle tariffe presentate dal singoli istituti, in modo tale da garantire luniformit delle stesse valutazioni; 2) fornire alle Amministrazioni appaltanti un parametro omogeneo di valutazione delle offerte in modo tale da individuare con sufficiente margine d attendibilit quelle anomale. (7) Gli effetti anticoncorrenziali del nuovo regime sono analizzati da G. FONDERICO, Il controllo amministrativo sui prezzi dei servizi di vigilanza privata, in Giorn. dir. amm., 2002, 12, 1287 ss. (8) C.d.S., sez. VI, 9 marzo 2004, n. 3261; C.d.S., sez. VI, 4 ottobre 2002, n. 5253; C.d.S., sez. VI, 29 gennaio 2002, n. 808 con nota di L.CARBONE in collaborazione con M. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni me generali fissate dal Prefetto, derogabili dai singoli istituti di vigilanza attraverso la determinazione di importi diversi (anche inferiori), richiedendo, tuttavia, per questi ultimi lapprovazione dellAutorit, al fine di garantire, comunque, la corretta gestione del servizio. Viene, quindi, confermata la cogenza della tariffa, ancorch si tratta di tariffa inferiore alla tariffa di legalit (9). Un simile visione del problema non pu che ripercuotersi sulla libert dellimpresa di formulare unofferta durante una gara per laffidamento dei servizi di vigilanza. Inevitabilmente ci si dovr attenere alle tariffe sottoposte ad approvazione (pur potendo risultare anche inferiori al limite minimo di oscillazione) sia nella formulazione dellofferta sia nel lassegnazione del servizio di vigilanza, dovendosi verificare che i partecipanti siano in possesso dei requisiti necessari allo svolgimento dellattivit, e quindi possiedano la licenza, di cui lapprovazione delle tariffe elemento costitutivo. In base al secondo orientamento si esclusa lesistenza non solo di un potere generale del Prefetto di determinare i minimi tariffari, ma anche di una loro determinazione ad hoc in sede di autorizzazione, poich la sussistenza di tali poteri non si evincerebbe dal dato normativo che disporrebbe, tuttal pi, la determinazione, allatto dellautorizzazione, di prezzi massimi e non minimi (art. 135, comma 5, T.U.). Alla luce di ci nellambito di una gara dappalto da escludersi che il mancato rispetto dei minimi possa riversarsi sulla validit (quantomeno sotto il profilo della loro ammissibilit alla competizione) delle offerte economiche inferiori alla soglia minima consentita dallatto di approvazione delle tariffe presentate da imprese (debitamente autorizzate) in procedure indette per laffidamento di pubblici servizi di vigilanza (10) posto che gli istituti di vigilanza prescelti, laddove DADAMO, R. VICARIO e F. PERUGINI, Gare dappalto dei servizi di vigilanza e minimi tariffari stabiliti dal prefetto, in Corr. giur., 2002, 4, 440. (9) In dottrina aderisce a tale orientamento S. MORO, Il legittimo bilanciamento tra tutela della concorrenza e salvaguardia della sicurezza pubblica: il caso delle tariffe di legalit per le prestazioni degli istituti di vigilanza, in Foro amm TAR, 2005, 6, 1892 ss. il quale afferma: Nellambito di questo apprezzabile orientamento giurisprudenziale emergono due indirizzi: per uno, il prefetto avrebbe il potere di adottare provvedimenti generali di tariffazione inderogabili; per laltro (.) si potrebbe affermare che vi sia una doppia categoria di minimi tariffari: la prima costituita dal livello pi basso della fascia di oscillazione individuata in via generale; la seconda invece approvata dal prefetto con riguardo al singolo istituto, in misura eventualmente ancora pi bassa rispetto a quella individuata dalle tariffe di legalit. Questultimo indirizzo appare preferibile per due ordini di ragioni: in primo luogo, conforme al dato letterale delle disposizioni normative che contengono un espresso richiamo allapprovazione prefettizia delle tariffe praticate dal singolo istituto; in secondo luogo, come verr successivamente approfondito, pi coerente con uninterpretazione costituzionalmente orientatae precisa la compatibilit di un sistema basato sulla tariffazione minima con gli art. 81 e 82 del Trattato CE in materia di concorrenza. (10) C.d.S., sez. IV, 29 maggio 2007, n. 4644; C.d.S., sez IV, 20 settembre 2005 n. 4816 con nota di G. CREPALDI, Il potere prefettizio di determinazione delle tariffe dei servizi di vigilanza:natura ed effetti, in Foro amm.CDS, 2005, 10, 2930; C.d.S., sez. V, 17 ottobre RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 non rientrino nel range di astratta congruit individuato dalla prefettura, potranno essere soggetti a particolari controlli e finanche a limitazioni nelle loro possibilit di operare, visto che permane comunque, ai fini della stessa conduzione dellistituto di vigilanza privata, il regime di approvazione delle tariffe e delle relative variazioni di cui allart. 257 r.d. 635/1940 (11). Il contributo della Corte di Giustizia In tale contesto nazionale la sentenza comunitaria non pu che risultare determinante. La conclusione secondo la quale la limitazione alla libera fissazione delle tariffe, quale risulta dalla circolare del Ministero dellInterno (12) nel riconoscere un potere decisionale relativo alla fissazione di una tariffa di riferimento e allapprovazione delle tariffe proposte dagli operatori, rappresenta una restrizione della libera prestazione dei servizi ex art. 49 Trattato CE, e non pu che ripercuotersi sul vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinale italiano in merito alle tariffe minime. Infatti escludere che il Prefetto possa esercitare un potere di determinazione dei prezzi, mette definitivamente fine alla questione circa il carattere vincolante delle tariffe minime (13) e al tempo stesso non preclude agli operatori economici di offrire prezzi pi costosi per servizi qualitativamente migliori (14). Ad essere travolto dalla sentenza in commento , in sostanza, lintero sistema di determinazione tariffaria prevista dal nostro legislatore per la vigilanza privata. La ricostruzione offerta dal giudice comunitario, tuttavia, non pregiudica la possibilit che allAutorit sia riconosciuto comunque un potere di controllo. Tale potere potr garantire che nel corso di una gara per laggiudicazione dei servizi di vigilanza ad essere privilegiata non sia lofferta econo 2002, n. 5674 con nota di M. MAZZAMUTO, La liberalizzazione del mercato della vigilanza privata, in Foro amm.CDS, 2002, 11, 2459 ss.. In dottrina si veda G.A.CHIESI, Sulla derogabilit in sede di partecipazione a pubbliche gare dei minimi tariffari fissati dai Prefetti per le prestazioni degli Istituti di vigilanza, in www.giustamm.it; G. FONDERICO, Il controllo amministrativo, cit., 1296-1297, critico sulla funzione effettivamente espletata dalle tariffe minime in ordine alla garanzia di un buon livello qualitativo e di tutela della sicurezza e ordine pubblici. Contra S. MORO, Il legittimo bilanciamento, cit., 1892 ss. (11) C.d.S., sez.V, 3 giugno 2002, n. 3065. (12) La circolare n. 559/C. 4770.10089. D. (13) Sul divieto di derogare gli onorari minimi la Corte di Giustizia si era gi pronunciata il 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla e altri c/Portolese, punto 58, nel senso di identificare una violazione dellart. 49. (14) In proposito si veda M. MAZZAMUTO, La liberalizzazione del mercato, cit., 2470 che ritiene esista una limitazione della concorrenza anche nella presenza di limiti massimi, tuttaltro che finalizzata ad evitare fenomeni criminali dissimulanti pratiche estorsive. Secondo lA. una pratica estorsiva potr comunque verificarsi anche ove sussistono massimi tariffari nel caso in cui si estorcano servizi ulteriori, non richiesti, con il relativo prezzo pur rispettoso dei massimi. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni micamente pi bassa per il semplice fatto di essere tale, ma lofferta economicamente pi conveniente alla luce di molteplici aspetti considerati (qualit del servizio, rispetto degli obblighi contributivi e tributari, organizzazione dellimpresa) nellambito del giudizio di congruit. In questo modo si procede a sostituire un controllo eseguito ex ante e fondamentalmente generale ed astratto, con un controllo ad hoc, adattato alle circostanze concrete nelle quali viene formulata lofferta, al fine di verificare che essa sia effettivamente appropriata al servizio che si dovr svolgere. Il risultato che si ottiene quello di evitare una discutibile corsa al ribasso in un settore dove ci sono evidenti esigenze di carattere generale in alcun modo disconosciute. Che lordine pubblico sia un valore ancora da tutelare nello svolgimento di queste attivit non sembra, infatti, questione messa in discussione, risultando agli occhi della Corte indimostrato solo che una simile tutela possa essere efficacemente affrontata attraverso lo strumento della fissazione dei prezzi. Per giunta queste ultime considerazioni, applicate al panorama giurisprudenziale nazionale, potrebbero dimostrare che la giurisprudenza nazionale, almeno quella che intravede nella tariffa un parametro per valutare, nel- lambito del giudizio di congruit eseguito in una gara dappalto, la regolarit dellofferta, escludendo qualunque controllo-approvazione preventivo, abbia fornito una lettura del dato normativo corretta e, per quanto possibile, orientata al diritto comunitario. Indubbiamente questa pronuncia costringe il legislatore italiano a ripensare la disciplina in materia di istituti di vigilanza. Allo stato attuale si conosce dellesistenza di una circolare ministeriale e di uno schema di regolamento modificativo del regolamento attuativo del T.U. La circolare ministeriale fornisce una serie di indicazioni alle quali i Prefetti si dovranno conformare in attesa della riforma normativa e rappresenta la prima risposta concreta del nostro ordinamento alla condanna comminata dallEuropa. In particolare per quanto concerne lautorizzazione prefettizia delle tariffe si recepisce la posizione adottata da una parte del Consiglio di Stato che, come ricordato, disconosce il potere dellautorit di definire con efficacia vincolante le tariffe applicate dagli Istituti di vigilanza, sottoposte alla eventuale verifica di congruit. Lautorit ministeriale, infatti, prende atto della possibilit di formulare offerte a ribasso e ribadisce che, ricorrendo questa ipotesi, non pu assolutamente ritenersi superfluo un controllo, necessario per accertare che tutte le esigenze di ordine e sicurezza pubblica trovino soddisfacimento, il quale operer solo e soltanto in sede di gara per laggiudicazione di taluni servizi. Il vantaggio di questa prospettiva sicuramente quello di ottenere un controllo calibrato, che tenga conto di elementi e circostanze concrete, senza apparire un ingiustificato ostacolo allattuazione di scelte imprenditoriali. Scendendo nel merito delle modifiche previste dallo schema di regolamento, rilevante la scomparsa di ogni riferimento allautorizzazione tariffaria del Prefetto sia allatto della concessione della licenza per lo svolgimento del servizio sia nel proseguo, qualora si verificassero dei cambiamen RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 ti. In sostanza si procede ad una integrale modifica dellart. 257, al quale tra laltro si affiancherebbe una serie di ulteriori disposizioni che definiscono il contenuto della domanda: la documentazione che dovr esibirsi di adempimento degli obblighi assicurativi e previdenziali, il versamento della cauzione e delle garanzie sostitutive ed infine il contenuto dellautorizzazione e le condizioni in base alle quali questa pu essere negata o revocata. Limpressione generale che tali mutamenti riescano a soddisfare le esigenze di conformit al diritto comunitario senza per questo rinunciare a standard qualitativi assolutamente fondamentali per i servizi di vigilanza; al contrario sembra che lintera disciplina si fondi sulla necessit che i soggetti che intendono espletare un servizio di tal genere debbano fornire idonee garanzie dal punto di vista non solo organizzativo, ma anche tecnico e finanziario, poich sarebbe inaccettabile consentire a scelte imprenditoriali di incidere negativamente sulla sicurezza pubblica. Abolito lequivoco strumento dellautorizzazione, che gli sviluppi futuri saranno incentrati sulla verifica concreta dellidoneit del soggetto a svolgere lattivit di vigilanza e sicurezza, vero ed efficace mezzo di controllo, viene confermato dallart. 257 ter, 2 comma, che prevede la semplice comunicazione al prefetto della tabella delle tariffe dei servizi offerti e precisato dallart. 257 quater, 3 comma, lett. b), in base al quale le autorizzazioni possono essere revocate o sospese quando accertata la reiterata adozione di comportamenti o scelte, ivi comprese quelle attinenti alle tariffe che incidono sulla sicurezza delle guardie particolari o sulla qualit dei servizi resi in rapporto alla dotazione di apparecchiature, mezzi, strumenti ed equipaggiamenti, alle esigenze di tutela dellordine e della sicurezza pubblica. In questultimo caso, lungi dal riproporre una qualche cogenza delle tariffe, le si erige a parametro, uno dei tanti, per valutare caso per caso lesistenza di condizioni non rispettose delle sicurezza pubblica e del personale. Dott.ssa Valeria Santocchi(*) (doc. 1) Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 13 dicembre 2007 Commissione delle Comunit europee/Repubblica italiana. (Avvocato dello Stato D. Del Gaizo AL 2705/06) (Inadempimento di uno Stato Libera prestazione dei servizi Diritto di stabilimento Professione di operatore della vigilanza Servizi di vigilanza privata Giuramento di fedelt alla Repubblica italiana Autorizzazione prefettizia Sede operativa Numero minimo di personale Versamento di una cauzione Controllo amministrativo dei prezzi dei servizi forniti) (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni (Omissis) 1 Con il suo ricorso la Commissione delle Comunit europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo disposto che: lattivit di guardia particolare possa essere esercitata solo previa prestazione di un giuramento di fedelt alla Repubblica italiana; lattivit di vigilanza privata possa essere esercitata solamente dopo il rilascio di unautorizzazione del Prefetto; la suddetta autorizzazione abbia una validit territoriale limitata ed il suo rilascio sia subordinato alla considerazione del numero e dellimportanza delle imprese di vigilanza gi operanti nel medesimo territorio; le imprese di vigilanza privata debbano avere una sede operativa in ogni provincia in cui esse esercitano la propria attivit; il personale delle suddette imprese debba essere individualmente autorizzato ad esercitare attivit di vigilanza; le imprese di vigilanza privata debbano utilizzare un numero minimo e/o massimo di personale per essere autorizzate; le imprese di vigilanza privata debbano versare una cauzione presso la locale Cassa depositi e prestiti; i prezzi per i servizi di vigilanza privata siano fissati con autorizzazione del Prefetto nel- lambito di un determinato margine doscillazione, venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi degli artt. 43 CE e 49 CE. Contesto normativo 2 Lart. 134 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (GURI n. 146 del 26 giugno 1931), cos come modificato (in prosieguo: il Testo Unico), recita: Senza licenza del Prefetto vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di propriet mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati. Salvo il disposto dellart. 11, la licenza non pu essere conceduta alle persone che non abbiano la cittadinanza italiana ovvero di uno Stato membro dellUnione europea o siano incapaci di obbligarsi o abbiano riportato condanna per delitto non colposo. I cittadini degli Stati membri dellUnione europea possono conseguire la licenza per prestare opera di vigilanza o custodia di beni mobiliari o immobiliari alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani. La licenza non pu essere conceduta per operazioni che importano un esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libert individuale. 3 Ai sensi dellart. 135, dal quarto al sesto comma, del Testo Unico: I direttori suindicati devono () tenere nei locali del loro ufficio permanentemente affissa in modo visibile la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi. Essi non possono compiere operazioni diverse da quelle indicate nella tabella o ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffa o compiere operazioni o accettare commissioni con o da persone non munite della carta di identit o di altro documento fornito di fotografia, proveniente dallamministrazione dello Stato. La tabella delle operazioni deve essere vidimata dal Prefetto. 4 Ai sensi del secondo comma dellart. 136 del Testo Unico, la licenza pu essere negata in considerazione del numero o della importanza degli istituti gi esistenti. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 5 Lart. 137 del Testo Unico prevede quanto segue: Il rilascio della licenza subordinato al versamento nella Cassa depositi e prestiti di una cauzione nella misura da stabilirsi dal Prefetto. () Il Prefetto, nel caso di inosservanza, dispone con decreto che la cauzione, in tutto o in parte, sia devoluta allerario dello Stato. (). 6 Lart. 138 del Testo Unico cos formulato: Le guardie particolari devono possedere i requisiti seguenti: 1 essere cittadino italiano o di uno Stato membro dellUnione europea; 2 avere raggiunto la maggiore et ed avere adempiuto agli obblighi di leva; 3 sapere leggere e scrivere; 4 non avere riportato condanna per delitto; 5 essere persona di ottima condotta politica e morale; 6 essere munito della carta di identit; 7 essere iscritto alla cassa nazionale delle assicurazioni sociali e a quella degli infortuni sul lavoro. La nomina delle guardie particolari deve essere approvata dal prefetto. Le guardie particolari giurate, cittadini di Stati membri dellUnione europea, possono conseguire la licenza di porto darmi secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, e dal relativo regolamento di esecuzione, di cui al D.M. 30 ottobre 1996, n. 635 del Ministro dellinterno (). 7 Lart. 250 del Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635, recante regolamento per lesecuzione del Testo Unico, cos come modificato dallart. 5 della legge 23 dicembre 1946, n. 478 (in prosieguo: il regolamento di esecuzione), dispone quanto segue: Constatato il possesso dei requisiti prescritti dallart. 138 della legge, il Prefetto rilascia alle guardie particolari il decreto di approvazione. Ottenuta lapprovazione, le guardie particolari prestano innanzi al Pretore giuramento con la seguente formula: Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente le leggi dello Stato e di adempiere le funzioni affidatemi con coscienza e diligenza e con lunico intento di perseguire il pubblico interesse. Il Pretore attesta, in calce al decreto del Prefetto, del prestato giuramento. La guardia particolare ammessa allesercizio delle sue funzioni dopo la prestazione del giuramento. 8 Lart. 252 del regolamento di esecuzione stabilisce che: Salvo quanto disposto da leggi speciali, quando i beni, che le guardie particolari sono chiamate a custodire, siano posti nel territorio di province diverse, necessario il decreto di approvazione da parte del Prefetto di ciascuna provincia. Il giuramento prestato presso uno dei Pretori, nei cui mandamenti siano i beni da custodire. 9 Lart. 257 dello stesso regolamento cos prevede: La domanda per ottenere la licenza prescritta dallart. 134 della legge deve contenere lindicazione del Comune o dei Comuni in cui listituto intende svolgere la propria azione, della tariffa per le operazioni singole o per labbonamento, dellorganico delle guardie adibitevi, delle mercedi a queste assegnate, del turno di riposo settimanale, dei mezzi per provvedere ai soccorsi in caso di malattia, dellorario e di tutte le modalit con cui il servizio deve essere eseguito. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni Alla domanda deve essere allegato il documento comprovante lassicurazione delle guardie, tanto per gli infortuni sul lavoro che per linvalidit e la vecchiaia. Se trattasi di istituto che intende eseguire investigazioni o ricerche per conto di privati, occorre specificare, nella domanda, anche le operazioni allesercizio delle quali si chiede di essere autorizzati, ed allegare i documenti comprovanti la propria idoneit. Latto di autorizzazione deve contenere le indicazioni prescritte per la domanda e lapprovazione delle tariffe, dellorganico, delle mercedi, dellorario e dei mezzi per provvedere ai soccorsi in caso di malattia. Ogni variazione o modificazione nel funzionamento dellistituto deve essere autorizzata dal Prefetto. 10 Per quanto riguarda gli atti amministrativi adottati in applicazione della normativa nazionale, si deve rilevare che numerose autorizzazioni dei Prefetti allesercizio di attivit di vigilanza privata stabiliscono che le imprese del ramo debbano avere un numero minimo e/o massimo di dipendenti. 11 Peraltro, da una circolare del Ministero dellInterno risulta che le imprese non possono esercitare le loro attivit al di fuori della giurisdizione di competenza della Prefettura che ha emesso il provvedimento autorizzatorio. Fase precontenziosa del procedimento 12 Con lettera di costituzione in mora del 5 aprile 2002 la Commissione ha intimato alla Repubblica italiana di presentare le proprie osservazioni sulla compatibilit della normativa nazionale di cui trattasi con libera prestazione dei servizi e la libert di stabilimento. 13 In seguito alle risposte fornite dalla Repubblica italiana il 6 giugno 2002, la Commissione ha inviato a detto Stato membro un parere motivato il 14 dicembre 2004, invitandolo ad adottare le misure necessarie per conformarsi a tale parere entro un termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica. Una proroga di tale termine, richiesta dalla Repubblica italiana, stata rifiutata dalla Commissione. 14 La Commissione, non soddisfatta delle risposte fornite dalla Repubblica italiana, ha deciso di proporre il presente ricorso. Sul ricorso 15 A sostegno del suo ricorso, la Commissione deduce otto censure relative, in sostanza, ai requisiti stabiliti dalla normativa italiana per lesercizio di unattivit di vigilanza privata in Italia. 16 In via preliminare, occorre ricordare che, se pur vero che, in un settore non assoggettato ad unarmonizzazione completa a livello comunitario, come accade nel caso dei servizi di vigilanza privata, come del resto ammesso sia dalla Repubblica italiana sia dalla Commissione in udienza, gli Stati membri restano, in linea di principio, competenti a definire le condizioni di esercizio delle attivit nel detto settore, ci non toglie che essi devono esercitare i loro poteri nel settore medesimo nel rispetto delle libert fondamentali garantite dal Trattato CE (v., in particolare, sentenze 26 gennaio 2006, causa C-514/03, Commissione/ Spagna, Racc. pag. I-963, punto 23, e 14 dicembre 2006). 17 A tale riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, gli artt. 43 CE e 49 CE impongono labolizione delle restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. Devono essere considerate come tali tutte le misure che vietano, ostacolano o rendono meno attraente lesercizio di tali libert (v. sentenze 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-305, punto 22; 5 ottobre 2004, causa C-442/02, CaixaBank France, Racc. pag. I-8961, punto 11; 30 marzo 2006, causa C-451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I-2941, punto 31, e 26 ottobre 2006, causa C-65/05, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-10341, punto 48). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 18 La Corte ha anche dichiarato che i provvedimenti nazionali restrittivi dellesercizio delle libert fondamentali garantite dal Trattato devono soddisfare quattro condizioni per poter risultare giustificati: applicarsi in modo non discriminatorio, rispondere a motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (v. sentenze 4 luglio 2000, causa C-424/97, Haim, Racc. pag. I-5123, punto 57 e giurisprudenza ivi citata, nonch Commissione/Grecia, cit., punto 49). 19 Alla luce di tali principi si deve procedere allesame delle censure presentate dalla Commissione. Sulla prima censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo dellobbligo di prestare giuramento Argomenti delle parti 20 La Commissione fa valere che lobbligo per le guardie particolari di prestare giuramento di fedelt alla Repubblica italiana, di cui allart. 250 del regolamento di esecuzione, indirettamente basato sulla cittadinanza, costituirebbe, per gli operatori di altri Stati membri attivi nellambito della vigilanza privata, un ostacolo ingiustificato tanto allesercizio del diritto di stabilimento quanto alla libera prestazione dei servizi. 21 Peraltro, secondo la Commissione, lobbligo in parola non pu essere considerato giustificato e proporzionato rispetto allo scopo perseguito, ossia, assicurare una migliore tutela dellordine pubblico. 22 La Repubblica italiana afferma che le attivit di cui causa, considerate dal Testo Unico, implicherebbero lesercizio di pubblici poteri ai sensi degli artt. 45 CE e 55 CE e, di conseguenza, non rientrerebbero nel campo di applicazione delle disposizioni dei capi 2 e 3, titolo III, parte terza, del Trattato. 23 La Repubblica italiana sostiene, quindi, che le imprese attive nel settore della vigilanza privata partecipano, in numerosi casi, in modo diretto e specifico allesercizio di pubblici poteri. 24 Essa fa valere, a tal proposito, che dette attivit di vigilanza forniscono, per loro natura, un contributo rilevante alla sicurezza pubblica, ad esempio per quanto riguarda la vigilanza armata presso istituti di credito e la scorta di furgoni per il trasporto valori. 25 Lo Stato membro di cui trattasi sottolinea altres che i verbali redatti dalle guardie particolari giurate nello svolgimento delle loro attivit hanno un valore probatorio privilegiato rispetto a quello delle dichiarazioni di privati cittadini. Esso aggiunge che le guardie in parola possono procedere ad arresti in flagranza di reato. 26 In risposta a siffatta argomentazione, la Commissione sostiene che gli artt. 45 CE e 55 CE, in quanto disposizioni che derogano a libert fondamentali, devono essere interpretati in maniera restrittiva, conformemente alla giurisprudenza della Corte. 27 Peraltro, secondo la Commissione, gli elementi prospettati dalla Repubblica italiana non sarebbero idonei a giustificare unanalisi diversa da quella che ha indotto la Corte a dichiarare, in modo costante, che le attivit di sorveglianza o di vigilanza privata non costituiscono di regola una partecipazione diretta e specifica allesercizio di pubblici poteri. 28 Indipendentemente dal richiamo dellapplicazione degli artt. 45 CE e 55 CE, la Repubblica italiana fa valere i seguenti motivi di difesa. 29 Essa sostiene che la Commissione potrebbe muovere critiche allobbligo di prestare giuramento solo relativamente alle limitazioni che da questo obbligo deriverebbero per la libera circolazione dei lavoratori e non in base agli artt. 43 CE e 49 CE, dal momento che le guardie particolari devono necessariamente essere lavoratori subordinati. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 30 Inoltre, essa fa valere che la prestazione di giuramento, che non costituisce unoperazione obiettivamente gravosa, garantisce il corretto esercizio delle delicate funzioni che le guardie sono chiamate a prestare in materia di sicurezza e che sono disciplinate da leggi dello Stato a carattere imperativo, sottolineando quindi il legame di causa ad effetto che sussisterebbe fra il giuramento ed il rafforzamento della tutela preventiva dellordine pubblico. Giudizio della Corte 31 Considerate le conseguenze derivanti dallapplicazione degli artt. 45 CE e 55 CE, occorre innanzitutto verificare se tali disposizioni siano effettivamente da applicare nel caso di specie. 32 Dalla giurisprudenza della Corte emerge che la deroga di cui agli artt. 45, primo comma, CE e 55 CE va limitata alle attivit che, considerate di per s, costituiscono una partecipazione diretta e specifica allesercizio di pubblici poteri (v. sentenze 29 ottobre 1998, causa C-114/97, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-6717, punto 35; 9 marzo 2000, causa C-355/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-1221, punto 25, e 31 maggio 2001, causa C-283/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4363, punto 20). 33 La Corte ha anche dichiarato che lattivit delle imprese di sorveglianza o di vigilanza privata non costituisce di regola una partecipazione diretta e specifica allesercizio di pubblici poteri (v. citate sentenze Commissione/Belgio, punto 26, e 31 maggio 2001, Commissione/Italia, punto 20). 34 Peraltro, al punto 22 della sentenza 31 maggio 2001, Commissione/Italia, cit., la Corte ha dichiarato che la deroga prevista dallart. 55, primo comma, del Trattato CE (divenuto art. 45, primo comma, CE) non si applicava nel caso di specie. 35 Occorre, pertanto, accertare se gli elementi presentati dalla Repubblica italiana nel ricorso in questione, alla luce della formulazione attuale del Testo Unico e del regolamento di esecuzione, possano indurre ad una valutazione della situazione in Italia diversa rispetto a quelle allorigine della giurisprudenza citata ai punti 33 e 34 della presente sentenza. 36 Secondo lart. 134 del Testo Unico, i soggetti operanti nellambito della vigilanza privata si occupano, in linea di principio, di attivit di vigilanza o custodia di beni mobiliari o immobiliari, di investigazioni o ricerche per conto di privati. 37 Anche se le imprese di vigilanza privata possono, come confermato dalla Repubblica italiana alludienza, in determinate circostanze e in via eccezionale, prestare assistenza agli agenti di pubblica sicurezza, ad esempio nel settore dei trasporti di valori o partecipando alla sorveglianza di taluni luoghi pubblici, detto Stato membro non ha dimostrato che in tali circostanze si tratti di esercizio di pubblici poteri. 38 La Corte, del resto, ha gi dichiarato che il mero contributo al mantenimento della pubblica sicurezza, che chiunque pu essere chiamato a offrire, non costituisce un tale esercizio (v. sentenza 29 ottobre 1998, Commissione/Spagna, cit., punto 37). 39 Peraltro, lart. 134 del Testo Unico pone un limite severo allesercizio delle attivit di sorveglianza, e cio che queste ultime non possono mai comportare lesercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libert individuale. Le imprese di vigilanza privata non hanno dunque alcun potere coercitivo. 40 Pertanto, la Repubblica italiana non pu validamente sostenere che le imprese di vigilanza privata, nellambito delle loro attivit, effettuino operazioni di mantenimento del- lordine pubblico, assimilabili ad un esercizio di pubblici poteri. 41 Inoltre, per quanto riguarda largomento relativo al valore probatorio dei verbali redatti dalle guardie particolari giurate, si deve rilevare che, come riconosciuto, del resto, dalla Repubblica italiana stessa, tali verbali non fanno pienamente fede, diversamente da RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 quelli redatti nellesercizio di pubbliche funzioni, segnatamente dagli agenti della polizia giudiziaria. 42 Infine, relativamente allargomento attinente alla possibilit, per le guardie particolari giurate, di procedere ad arresti in flagranza di reato, esso era stato gi avanzato dalla Repubblica italiana nella causa allorigine della citata sentenza 31 maggio 2001, Commissione/Italia. In tale occasione, la Corte, al punto 21 della sentenza pronunciata in detta causa, ha dichiarato che nella fattispecie in esame le guardie non avevano un potere maggiore di qualsiasi altro individuo. Questa conclusione va confermata nellambito del presente ricorso. 43 Da quanto precede risulta che in Italia, allo stato della normativa vigente, le imprese di vigilanza privata non partecipano in maniera diretta e specifica allesercizio di pubblici poteri, in quanto le attivit di vigilanza privata che esse svolgono non possono essere equiparate ai compiti attribuiti alla competenza dei servizi di pubblica sicurezza. 44 Pertanto, le deroghe di cui agli artt 45 CE e 55 CE non sono applicabili nel caso di specie. 45 Per quanto concerne, poi, specificamente i requisiti di cui allart. 250 del regolamento di esecuzione, dalla normativa italiana risulta che, per fornire servizi di vigilanza privata, le imprese possono impiegare unicamente guardie che abbiano prestato giuramento di fedelt alla Repubblica italiana e al Capo dello Stato, dinanzi al Prefetto, in italiano. 46 A tale proposito, bench tale norma si applichi in modo identico sia agli operatori stabiliti in Italia sia a quelli provenienti da altri Stati membri che intendono svolgere la loro attivit nel territorio italiano, essa ci non di meno costituisce per qualsiasi operatore non stabilito in Italia un ostacolo allesercizio della sua attivit in questo Stato membro che pregiudica il suo accesso al mercato. 47 Infatti, rispetto agli operatori provenienti da altri Stati membri che intendono svolgere la loro attivit in Italia, quelli insediati in una provincia italiana possono disporre con maggiore facilit di personale che accetti di prestare il giuramento richiesto dalla normativa italiana. quindi palese che siffatta promessa solenne di fedelt alla Repubblica italiana e al Capo dello Stato, data la sua portata simbolica, sar pronunciata pi agevolmente da cittadini di tale Stato membro o da soggetti gi stabiliti in detto Stato. Di conseguenza, gli operatori stranieri sono posti in una situazione svantaggiosa rispetto agli operatori italiani insediati in Italia. 48 Pertanto, il giuramento controverso, cos imposto ai dipendenti delle imprese di vigilanza privata, costituisce, per gli operatori non stabiliti in Italia, un ostacolo alla libert di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. 49 Per quanto riguarda il motivo dedotto in subordine dalla Repubblica italiana per giustificare lostacolo cos constatato alle libert garantite dagli artt. 43 CE e 49 CE e relativo alla tutela dellordine pubblico, si deve ricordare che la nozione di ordine pubblico pu essere richiamata in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettivit. Come tutte le deroghe ad un principio fondamentale del Trattato, leccezione di ordine pubblico va interpretata in modo restrittivo (v. sentenza Commissione/Belgio, cit., punto 28 e giurisprudenza ivi citata). 50 Orbene, non si pu ritenere che le imprese di vigilanza privata stabilite in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana potrebbero realizzare, esercitando il loro diritto alla libert di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi e assumendo personale che non ha prestato giuramento di fedelt alla Repubblica italiana e al Capo dello Stato, una minaccia effettiva e grave ad un interesse fondamentale della collettivit. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 51 Da quanto precede emerge che il requisito del giuramento che risulta dalla normativa italiana contrario agli artt. 43 CE e 49 CE. 52 La prima censura dedotta dalla Commissione a sostegno del suo ricorso quindi fondata. Sulla seconda censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo dellobbligo di detenere una licenza con validit territoriale Argomenti delle parti 53 Secondo la Commissione, lobbligo di ottenere una previa autorizzazione valida su una data parte del territorio italiano, di cui allart. 134 del Testo Unico, per mere prestazioni occasionali di servizi di vigilanza privata, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dellart. 49 CE. 54 Siffatte restrizioni sono giustificabili soltanto nella misura in cui esse rispondano a motivi imperativi di interesse generale e, in particolare, tale interesse generale non sia garantito dagli obblighi cui il prestatore di servizi gi soggetto nello Stato membro in cui stabilito. 55 La Repubblica italiana fa valere, in via principale, lapplicazione delle deroghe di cui agli artt. 45 CE e 55 CE. 56 In subordine, essa sostiene che, dal momento che il settore dellattivit in questione non armonizzato e non vige in esso alcun regime di mutuo riconoscimento, persiste il potere dellamministrazione dello Stato membro ospitante di sottoporre ad autorizzazione interna i soggetti provenienti da altri Stati membri. 57 Infine, la Repubblica italiana aggiunge che, in ogni caso, per valutare se lautorizzazione possa essere concessa, lamministrazione competente tiene conto, nella sua prassi, degli obblighi cui i prestatori sono gi soggetti nello Stato di origine. Giudizio della Corte 58 Secondo una giurisprudenza costante, una normativa nazionale che subordina lesercizio di talune prestazioni di servizi sul territorio nazionale, da parte di unimpresa avente sede in un altro Stato membro, al rilascio di unautorizzazione amministrativa costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi ai sensi dellart. 49 CE (v., in particolare, sentenze 9 agosto 1994, causa C-43/93, Vander Elst, Racc. pag. I-3803, punto 15; Commissione/Belgio, cit., punto 35; 7 ottobre 2004, causa C-189/03, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-9289, punto 17, e 18 luglio 2007, causa C-134/05, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23). 59 Inoltre, la limitazione dellambito di applicazione territoriale dellautorizzazione che obbliga il prestatore, ai sensi dellart. 136 del Testo Unico, a chiedere unautorizzazione in ognuna delle province ove intende esercitare la sua attivit, tenendo presente la suddivisione dellItalia in 103 province, rende ancora pi complicato lesercizio della libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenza 21 marzo 2002, causa C-298/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3129, punto 64). 60 Pertanto, una normativa quale quella in discussione nella presente causa contraria, in via di principio, allart. 49 CE e, di conseguenza, vietata da tale articolo, salvo essa sia giustificata da motivi imperativi dinteresse generale e a condizione, peraltro, di essere proporzionata rispetto allo scopo perseguito (v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 24). 61 Occorre in primo luogo rilevare che il requisito di unautorizzazione amministrativa o di una licenza preventive per lesercizio di unattivit di vigilanza privata appare in s idoneo a rispondere allesigenza di tutela dellordine pubblico, tenuto conto della natura specifica dellattivit di cui trattasi. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 62 Tuttavia, secondo giurisprudenza costante, una restrizione pu essere giustificata solo qualora linteresse generale dedotto non sia gi tutelato dalle norme cui il prestatore assoggettato nello Stato membro in cui stabilito (v. sentenza 26 gennaio 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 43). 63 Non si pu dunque considerare necessaria per raggiungere lo scopo perseguito una misura adottata da uno Stato membro la quale, in sostanza, si sovrappone ai controlli gi effettuati nello Stato membro in cui il prestatore stabilito. 64 Nel caso di specie, la normativa italiana, non prevedendo che, ai fini del rilascio di una licenza, si tenga conto degli obblighi ai quali il prestatore di servizi transfrontaliero gi assoggettato nello Stato membro nel quale stabilito, eccede quanto necessario per raggiungere lo scopo perseguito dal legislatore nazionale, che quello di garantire uno stretto controllo sulle attivit di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze Commissione/Belgio, cit., punto 38; 29 aprile 2004, causa C-171/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-5645, punto 60; Commissione/ Paesi Bassi, cit., punto 18, e 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit. supra, punto 25). 65 Quanto allargomento della Repubblica italiana secondo cui vigerebbe una prassi amministrativa applicando la quale, al momento della decisione circa le richieste di autorizzazione, lautorit competente terrebbe conto degli obblighi posti dallo Stato membro di origine, si deve rilevare che non stata fornita prova di tale prassi. In ogni caso, per giurisprudenza costante, semplici prassi amministrative, per natura modificabili a piacimento dallamministrazione e prive di adeguata pubblicit, non possono essere considerate valido adempimento degli obblighi del Trattato (v., in particolare, sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 19). 66 Infine, come osservato al punto 44 della presente sentenza, le deroghe di cui agli artt. 45 CE e 55 CE non sono applicabili nella fattispecie in esame. 67 Pertanto, la seconda censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo del- lobbligo di licenza con validit territoriale, fondata, mancando nella normativa italiana una disposizione che imponga espressamente di prendere in considerazione i requisiti previsti nello Stato membro di stabilimento. Sulla terza censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo della territorialit della licenza e della rilevanza, ai fini del rilascio di tale licenza, del numero e del- limportanza delle imprese gi operanti nel medesimo territorio 68 Come osservato al punto 59 della presente sentenza, dallart. 136 del Testo Unico risulta che il fatto di disporre di una licenza consente di esercitare lattivit di vigilanza privata solo nel territorio per il quale essa stata rilasciata. 69 Spetta peraltro al Prefetto valutare lopportunit di rilasciare le licenze in considerazione del numero e dellimportanza delle imprese gi attive nel territorio interessato. Argomenti delle parti 70 Secondo la Commissione le disposizioni in parola rappresentano una restrizione ingiustificata e sproporzionata della libert di stabilimento e, per il fatto stesso della licenza, della libera prestazione dei servizi. 71 Inoltre, essa sottolinea che il Prefetto, nel valutare il rischio per lordine pubblico costituito dalla presenza di un numero eccessivo di imprese attive nel settore della vigilanza privata su un dato territorio, determinerebbe une situazione di incertezza giuridica per gli operatori provenienti da un altro Stato membro, aggiungendo che non stata peraltro fornita la prova di una minaccia grave ed effettiva allordine e alla sicurezza pubblica. 72 La Repubblica italiana afferma che tale limitazione territoriale non contraria allart. 43 CE e che essa direttamente connessa alla valutazione relativa alla tutela dellordine pubblico cui il Prefetto subordina il rilascio della licenza. Detta valutazione si fonde IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni rebbe necessariamente su circostanze di natura puramente territoriale, come la conoscenza della criminalit organizzata su un dato territorio. 73 Essa fa infine valere che opportuno vegliare a che tali imprese di vigilanza privata non si sostituiscano alla pubblica autorit. Giudizio della Corte 74 La Repubblica italiana non contesta il fatto che la limitazione territoriale della licenza costituisca una restrizione sia alla libert di stabilimento sia alla libera prestazione dei servizi, ai sensi della giurisprudenza della Corte citata al punto 17 della presente sentenza. In via principale, a sua difesa, essa richiama la tutela dellordine pubblico e della pubblica sicurezza, sottolineando, a tale riguardo, che lattivit di vigilanza privata deve svolgersi al riparo da infiltrazioni criminali di stampo locale. 75 Per quanto riguarda i motivi di ordine pubblico fatti valere dalla Repubblica italiana per giustificare siffatta restrizione, e alla luce della giurisprudenza costante della Corte quale ricordata al punto 49 della presente sentenza, anche ammettendo che il rischio di infiltrazioni di dette organizzazioni possa essere ritenuto esistente, la Repubblica italiana non asserisce n dimostra che il sistema delle licenze territoriali sarebbe lunico idoneo ad eliminare tale rischio ed a garantire il mantenimento dellordine pubblico. 76 La Repubblica italiana non ha dimostrato che, al fine di non pregiudicare lattuazione di un efficace controllo dellattivit di vigilanza privata, sia necessario rilasciare unautorizzazione per ogni ambito territoriale provinciale in cui unimpresa di un altro Stato membro intende svolgere lattivit di cui trattasi a titolo della libert di stabilimento o della libera prestazione dei servizi; va tenuto presente al riguardo che lattivit in parola, di per s, non tale da creare turbative per lordine pubblico. 77 A questo proposito, misure meno restrittive di quelle adottate dalla Repubblica italiana, ad esempio lintroduzione di controlli amministrativi regolari, potrebbero, in aggiunta al requisito di unautorizzazione preventiva non limitata territorialmente, assicurare un risultato analogo e garantire il controllo dellattivit di vigilanza privata, in quanto lautorizzazione in questione potrebbe essere del resto sospesa o revocata in caso di inadempienza degli obblighi incombenti alle imprese di vigilanza privata o di turbative allordine pubblico. 78 Infine, non pu essere accolto nemmeno largomento secondo cui sarebbe necessario non consentire ad un numero eccessivo di imprese straniere di stabilirsi per esercitare attivit di vigilanza privata o di offrire i loro servizi sul mercato italiano della vigilanza privata affinch dette imprese non si sostituiscano allautorit di pubblica sicurezza, segnatamente in mancanza di identit fra lattivit di cui causa e quella rientrante nellesercizio di pubblici poteri, come esposto al punto 40 della presente sentenza. 79 Di conseguenza, le restrizioni alla libert di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi che risultano dalla normativa controversa non sono giustificate. 80 Pertanto, la terza censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo della territorialit della licenza, fondata. Sulla quarta censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo dellobbligo di avere una sede operativa in ogni provincia in cui viene esercitata lattivit di vigilanza privata 81 Dallapplicazione del Testo Unico e del regolamento di esecuzione risulta che le imprese di vigilanza privata sono tenute ad avere una sede operativa in ogni provincia in cui intendono esercitare la loro attivit. Argomenti delle parti 82 La Commissione sostiene che lobbligo menzionato una restrizione alla libera prestazione dei servizi non giustificata da alcuna ragione imperativa di interesse generale. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 83 La Repubblica italiana, che non contesta la prassi prefettizia in questione n la restrizione alla libera prestazione dei servizi che essa comporta, fa valere che lobbligo di disporre di una tale sede operativa o di locali diretto ad assicurare, in particolare, un ragionevole livello di prossimit fra larea di operativit delle guardie particolari giurate e lesercizio delle responsabilit direttive, di comando e controllo del titolare della licenza. Giudizio della Corte 84 Occorre, innanzi tutto, ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la condizione in base alla quale unimpresa di sorveglianza deve avere la sua sede di attivit nello Stato membro in cui fornito il servizio direttamente in contrasto con la libera prestazione dei servizi in quanto rende impossibile, in tale Stato, la prestazione di servizi da parte dei prestatori stabiliti in altri Stati membri (v., in particolare, sentenze Commissione/Belgio, cit., punto 27, nonch 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 43 e giurisprudenza ivi citata). 85 pacifico che la prassi di cui trattasi nella fattispecie costituisce un ostacolo, in via di principio vietato, alla libera prestazione dei servizi garantita dallart. 49 CE, come del resto ammesso dalla la Repubblica italiana. 86 Orbene, una tale restrizione alla libera prestazione dei servizi non pu ritenersi giustificata, qualora non siano soddisfatte le condizioni ricordate al punto 18 della presente sentenza, e ci in quanto la condizione relativa alla sede operativa eccede quanto necessario per raggiungere lo scopo perseguito, che quello di assicurare un efficace controllo dellattivit di vigilanza privata. 87 Il controllo dellattivit di vigilanza privata, infatti, non assolutamente condizionato dallesistenza di una sede operativa in ogni provincia di detto Stato nellambito della quale le imprese intendono esercitare la loro attivit a titolo della libera prestazione dei servizi. Un regime di autorizzazioni e gli obblighi che ne discendono, purch, come osservato al punto 62 della presente sentenza, le condizioni da rispettare per ottenere tale autorizzazione non si sovrappongano alle condizioni equivalenti gi soddisfatte dal prestatore di servizi transfrontaliero nello Stato membro di stabilimento, sono sotto questaspetto sufficienti per conseguire lo scopo di controllo dellattivit di vigilanza privata (v., in tal senso, sentenza 11 marzo 2004, causa C-496/01, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2351, punto 71). 88 Si deve quindi constatare che, obbligando i prestatori di servizi ad avere una sede operativa in ogni provincia in cui viene esercitata lattivit di vigilanza privata, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi del- lart. 49 CE. 89 Di conseguenza, la quarta censura devessere accolta. Sulla quinta censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo dellesigenza di autorizzazione del personale delle imprese di vigilanza privata 90 In applicazione dellart. 138 del Testo Unico, lesercizio dellattivit di guardia particolare giurata soggetto ad un certo numero di requisiti. Peraltro, la nomina delle guardie giurate devessere approvata dal Prefetto. Argomenti delle parti 91 Secondo la Commissione, linstaurazione di tale autorizzazione per il personale delle imprese di vigilanza privata insediate in altri Stati membri contraria allart. 49 CE poich la legislazione nazionale non tiene conto dei controlli ai quali ogni guardia particolare giurata soggetta nello Stato membro dorigine. 92 La Repubblica italiana afferma che tale censura dovrebbe essere esaminata solo sotto il profilo della libera circolazione dei lavoratori. Inoltre, essa ribadisce la difesa gi IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni prospettata in base allart. 55 CE relativamente alla partecipazione degli interessati allesercizio di pubblici poteri. Giudizio della Corte 93 La Corte ha gi dichiarato che il requisito secondo il quale gli appartenenti al personale di unimpresa di vigilanza privata devono ottenere una nuova autorizzazione specifica nello Stato membro ospitante costituisce una restrizione non giustificata alla libera prestazione dei servizi di tali imprese ai sensi dellart. 49 CE, in quanto non tiene conto dei controlli e delle verifiche gi effettuati nello Stato membro di origine (citate sentenze Commissione/Portogallo, punto 66; Commissione/Paesi Bassi, punto 30, e 26 gennaio 2006, Commissione/Spagna, punto 55). 94 Orbene, ci si verifica nel caso del Testo Unico. Pertanto, dal momento che largomento della Repubblica italiana relativo allapplicazione dellart. 55 CE non pertinente, come gi dimostrato in precedenza, anche la quinta censura fondata. Sulla sesta censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo della fissazione di requisiti relativi al numero dei dipendenti Argomenti delle parti 95 Secondo la Commissione, lart. 257 del regolamento di esecuzione prevede il requisito di un numero minimo e/o massimo come organico di guardie particolari giurate per ogni impresa di vigilanza privata. 96 Essa cita, peraltro, tre autorizzazioni prefettizie, rilasciate da Prefetti di province diverse, in cui menzionato il numero di guardie particolari assunte da imprese di vigilanza privata. 97 La Commissione ritiene che sulla gestione delle imprese di vigilanza gravi un vincolo assai pesante, poich, da un lato, il numero esatto dei dipendenti impiegati in ciascuna sede provinciale un elemento indefettibile della domanda di licenza e, dallaltro, ogni modifica dellorganico del personale dipendente deve essere autorizzata dal Prefetto. Un obbligo siffatto costituirebbe un ostacolo ingiustificato e sproporzionato sia allesercizio del diritto di stabilimento sia alla libera prestazione dei servizi. 98 La Repubblica italiana fa valere che lunico obbligo imposto dalla lettera della legge riguarda la necessit di comunicare al Prefetto la composizione dellorganico del personale dipendente, al fine di porre lautorit di pubblica sicurezza in condizione di sapere quante persone in armi prestano servizio in un dato territorio, e ci per lespletamento dei necessari controlli. 99 Essa aggiunge che le autorizzazioni prefettizie, citate a titolo esemplificativo dalla Commissione, considerano solamente i dipendenti dichiarati dai responsabili stessi delle imprese di vigilanza privata e, di per s, non impongono alcun obbligo. Giudizio della Corte 100 pacifico che, in applicazione dellart. 257 del regolamento di esecuzione, qualsiasi variazione o modifica nel funzionamento dellimpresa, segnatamente una modifica del numero delle guardie impiegate, deve essere comunicata al Prefetto e da questo autorizzata. Lautorizzazione prefettizia necessaria per lesercizio dellattivit di vigilanza privata viene quindi concessa tenuto conto, in particolare, dellorganico del personale dipendente. 101 Una tale condizione pu indirettamente indurre a vietare un aumento o una diminuzione del numero di persone assunte dalle imprese di vigilanza privata. 102 Detta circostanza tale da incidere sullaccesso degli operatori stranieri al mercato italiano dei servizi di vigilanza privata. Tenuto conto, infatti, delle limitazioni cos imposte al potere di organizzazione e direzione delloperatore economico e delle relative conse RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 guenze in termini di costi, le imprese straniere di vigilanza privata possono essere dissuase dal costituire stabilimenti secondari o filiali in Italia o dalloffrire i loro servizi sul mercato italiano. 103 Per quanto riguarda il motivo dedotto dalla Repubblica italiana per giustificare lostacolo alle libert garantite dagli artt. 43 CE e 49 CE, giocoforza constatare che lobbligo di assoggettare ad autorizzazione del Prefetto qualsiasi modifica nel funzionamento del- limpresa non pu essere immediatamente qualificato inidoneo a conseguire lo scopo ad esso attribuito di realizzare un controllo efficace sullattivit di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 59). 104 Tuttavia, la Repubblica italiana non ha sufficientemente dimostrato in diritto che il controllo della fissazione del numero dei dipendenti richiesto dalla legislazione in vigore necessario per raggiungere lo scopo perseguito. 105 Di conseguenza la sesta censura devessere accolta. Sulla settima censura, relativa alla violazione degli artt. 43 CE e 49 CE a motivo dellobbligo di versare una cauzione presso la Cassa depositi e prestiti 106 Ai sensi dellart. 137 del Testo Unico, le imprese di vigilanza privata sono tenute a versare una cauzione, nella misura da stabilirsi dal Prefetto, presso la sezione della Tesoreria provinciale dello Stato, a favore della Cassa depositi e prestiti, in ciascuna provincia in cui sono autorizzate ad esercitare la loro attivit. Detta cauzione diretta a garantire il pagamento di eventuali sanzioni amministrative in caso di inosservanza delle condizioni che disciplinano il rilascio della licenza. Argomenti delle parti 107 Secondo la Commissione, tale requisito impone un onere economico supplementare alle imprese che non hanno la loro sede principale in Italia, in quanto la norma di legge italiana non tiene conto delleventuale identico obbligo che pu gi esistere nello Stato membro di origine. 108 La Repubblica italiana osserva che, non essendo lattivit di vigilanza privata soggetta ad armonizzazione comunitaria, non si pu che tener conto caso per caso della possibilit che limpresa stabilita in altro Stato membro abbia gi potuto prestare nello Stato membro di origine idonee garanzie presso istituti di credito analoghi alla Cassa depositi e prestiti italiana. Giudizio della Corte 109 La Corte ha gi dichiarato, in materia di vigilanza privata, che lobbligo di provvedere ad un deposito cauzionale presso una cassa depositi e prestiti pu ostacolare o scoraggiare lesercizio della libert di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, ai sensi degli artt. 43 CE e 49 CE, nella misura in cui essa rende la fornitura di prestazioni di servizi o la costituzione di una filiale o di uno stabilimento secondario pi onerosa per le imprese di vigilanza privata stabilite in altri Stati membri rispetto a quelle stabilite nello Stato membro di destinazione (v. sentenza 26 gennaio 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 41). 110 Si deve osservare che, nel caso di specie, lobbligo di versare una cauzione va adempiuto in ciascuna delle province in cui limpresa intende esercitare la sua attivit. 111 Una restrizione siffatta pu essere giustificata solo in quanto linteresse generale dedotto, vale a dire porre a disposizione delle autorit italiane somme che garantiscano lassolvimento di tutti gli obblighi di diritto pubblico sanciti dalla normativa nazionale vigente, non sia gi tutelato dalle norme cui il prestatore assoggettato nello Stato membro in cui stabilito. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 112 A tale riguardo, la normativa italiana richiede il deposito di cauzioni senza tenere conto di eventuali garanzie gi prestate nello Stato membro di origine. 113 Orbene, dalle osservazioni della Repubblica italiana risulta che le autorit prefettizie competenti, nelle loro prassi, prenderebbero in considerazione, caso per caso, le cauzioni versate presso istituti di credito di altri Stati membri analoghi alla Cassa depositi e prestiti. 114 Con questa prassi, la Repubblica italiana stessa riconosce che il deposito di una nuova cauzione in ciascuna delle province in cui loperatore, proveniente da altri Stati membri, intende esercitare la sua attivit in base alla libert di stabilimento o della libera prestazione dei servizi non necessario per raggiungere lo scopo perseguito. 115 In tale contesto, la settima censura fondata. Sullottava censura, relativa alla violazione dellart. 49 CE a motivo dellimposizione di un controllo amministrativo dei prezzi 116 In base allart. 257 del regolamento di esecuzione, il Prefetto incaricato di approvare le tariffe applicate dalle imprese a ogni prestazione di sicurezza privata. Qualsiasi modifica di tali tariffe deve essere autorizzata alle stesse condizioni. 117 Peraltro, dalla circolare del Ministero dellInterno dell8 novembre 1999, n. 559/C. 4770.10089. D, risulta che i Prefetti fissano una tariffa legale per ciascun tipo di servizio, nonch unoscillazione percentuale della citata tariffa allinterno della quale ogni impresa libera di scegliere la propria tariffa per ciascun servizio. 118 I Prefetti devono verificare che le tariffe proposte rientrino nellambito della citata fascia di oscillazione prima di approvarle. Nel caso in cui questultima non sia osservata, i titolari delle imprese devono giustificare la fissazione di tariffe non conformi, spettando ai Prefetti accertare se le imprese possano operare su tale base. Se detta ultima condizione non pu essere dimostrata in maniera inequivocabile, le tariffe non vengono approvate e, di conseguenza, la licenza non pu essere rilasciata. Argomenti delle parti 119 La Commissione ritiene che tale disciplina non sia compatibile con la libera prestazione dei servizi. Considerato il controllo dei prezzi cos realizzato, le tariffe praticate in Italia impedirebbero ad un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro di presentarsi sul mercato italiano o di offrire i suoi servizi a prezzi pi vantaggiosi di quelli praticati dai suoi concorrenti in Italia, o di proporre servizi pi costosi ma ad elevato valore aggiunto, e dunque pi concorrenziali. 120 Una tale disciplina costituirebbe una misura idonea ad ostacolare laccesso al mercato dei servizi di vigilanza privata, per il fatto di impedire unefficace concorrenza sul piano dei prezzi. 121 La Repubblica italiana fa valere che la regolamentazione controversa risulta giustificata dalla necessit di evitare la fornitura di servizi a prezzi eccessivamente bassi, che determinerebbero inevitabilmente uno scadimento del servizio, compromettendo quindi, in particolare, la tutela di interessi fondamentali riguardanti la sicurezza pubblica. Giudizio della Corte 122 Secondo una costante giurisprudenza, lart. 49 CE osta allapplicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia leffetto di rendere la prestazione di servizi tra gli Stati membri pi difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (v. citata sentenza 18 luglio 2007, Commissione/Italia, punto 70). 123 Per quanto riguarda le tariffe minime obbligatorie, la Corte ha gi dichiarato che una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 minimi determinati da una tariffa forense per prestazioni che sono, al tempo stesso, di natura giudiziale e riservate agli avvocati, costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dallart. 49 CE (sentenza 5 dicembre 2006, cause riunite C-94/04 e C-202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I-11421, punto 70, e 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 71). 124 Nella controversia in esame, la circolare n. 559/C. 4770.10089. D, menzionata al punto 117 della presente sentenza, riconosce ai Prefetti un potere decisionale relativo alla fissazione di una tariffa di riferimento e allapprovazione delle tariffe proposte dagli operatori, con conseguente diniego dellautorizzazione qualora le dette tariffe non siano state approvate. 125 La restrizione cos apportata alla libera fissazione delle tariffe idonea a restringere laccesso al mercato italiano dei servizi di vigilanza privata di operatori, stabiliti in altri Stati membri, che intendano offrire i loro servizi nello Stato in questione. Tale limitazione, infatti, ha, da un lato, leffetto di privare gli operatori in parola della possibilit di porre in essere, offrendo tariffe inferiori a quelle fissate da una tariffa imposta, una concorrenza pi efficace nei confronti degli operatori economici installati stabilmente in Italia e ai quali, pertanto, risulta pi facile che agli operatori economici stabiliti allestero fidelizzare la clientela (v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punto 72 e giurisprudenza ivi citata). Dallaltro, questa stessa limitazione idonea ad impedire ad operatori stabiliti in altri Stati membri di inserire nelle tariffe delle loro prestazioni taluni costi che non devono sopportare gli operatori stabiliti in Italia. 126 Infine, il margine doscillazione concesso agli operatori non tale da compensare gli effetti della limitazione cos apportata alla libera fissazione delle tariffe. 127 Si realizza pertanto una restrizione alla libera prestazione dei servizi garantita dal- lart. 49 CE. 128 Per quanto riguarda i motivi dedotti dalla Repubblica italiana per giustificare la restrizione di cui trattasi, detto Stato membro non ha fornito elementi idonei a dimostrare le conseguenze positive del regime di fissazione dei prezzi n in relazione alla qualit dei servizi prestati ai consumatori, n in relazione alla sicurezza pubblica. 129 In tale contesto, occorre concludere che lottava censura fondata. 130 Alla luce di quanto precede, si deve constatare che, avendo disposto, nellambito del Testo Unico, che: lattivit di guardia particolare possa essere esercitata solo previa prestazione di un giuramento di fedelt alla Repubblica italiana, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; lattivit di vigilanza privata possa essere esercitata dai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro solo [previo] rilascio di unautorizzazione del Prefetto con validit territoriale, senza tenere conto degli obblighi cui tali prestatori sono gi assoggettati nello Stato membro di origine, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dal- lart. 49 CE; la detta autorizzazione abbia una validit territoriale limitata ed il suo rilascio sia subordinato alla considerazione del numero e dellimportanza delle imprese di vigilanza privata gi operanti nel territorio in questione, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; le imprese di vigilanza privata debbano avere una sede operativa in ogni provincia in cui esse esercitano la propria attivit, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE; IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni il personale delle suddette imprese debba essere individualmente autorizzato ad esercitare attivit di vigilanza privata, senza tenere conto dei controlli e delle verifiche gi effettuati nello Stato membro di origine, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE; le imprese di vigilanza privata debbano utilizzare un numero minimo e/o massimo di personale per essere autorizzate, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; le imprese di cui trattasi debbano versare una cauzione presso la Cassa depositi e prestiti, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE, e i prezzi per i servizi di vigilanza privata siano fissati con autorizzazione del Prefetto nel- lambito di un determinato margine doscillazione, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE. Sulle spese 131 Ai sensi dellart. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente condannata alle spese se ne stata fatta domanda. Poich la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese. Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce: 1) Avendo disposto, nellambito del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, cos come modificato, che: lattivit di guardia particolare possa essere esercitata solo previa prestazione di un giuramento di fedelt alla Repubblica italiana, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; lattivit di vigilanza privata possa essere esercitata dai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro solo [previo] rilascio di unautorizzazione del Prefetto con validit territoriale, senza tenere conto degli obblighi cui tali prestatori sono gi assoggettati nello Stato membro di origine, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE; la detta autorizzazione abbia una validit territoriale limitata ed il suo rilascio sia subordinato alla considerazione del numero e dellimportanza delle imprese di vigilanza privata gi operanti nel territorio in questione, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; le imprese di vigilanza privata debbano avere una sede operativa in ogni provincia in cui esse esercitano la propria attivit, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE; il personale delle suddette imprese debba essere individualmente autorizzato ad esercitare attivit di vigilanza privata, senza tenere conto dei controlli e delle verifiche gi effettuati nello Stato membro di origine, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE; le imprese di vigilanza privata debbano utilizzare un numero minimo e/o massimo di personale per essere autorizzate, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; le imprese di cui trattasi debbano versare una cauzione presso la Cassa depositi e prestiti, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE, e i prezzi per i servizi di vigilanza privata siano fissati con autorizzazione del Prefetto nel- lambito di un determinato margine doscillazione, la Repubblica italiana venuta meno RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE. 2) La Repubblica italiana condannata alle spese. (doc. 2) Sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) 29 maggio 5 settembre 2007, n. 4647, sul ricorso in appello proposto dalla Lottomatica S.p.A./Istituti di vigilanza riuniti dItalia I.V.R.I. S.p.A. (Omissis) In diritto I. Lappello principale fondato e deve essere accolto. I.1. Deve innanzitutto respingersi la preliminare eccezione di improcedibilit dellappello principale, sollevata dagli Istituti di Vigilanza Riuniti dItalia S.p.A., sul rilievo che la Lottomatica S.p.A. avrebbe dato esecuzione alla sentenza impugnata, avendo chiesto con la nota in data 19 gennaio 2007 alla impresa aggiudicataria Flash & Capitalpol S.p.A. e alla controinteressata Centralpol S.r.l. precisazioni in merito agli elementi costitutivi dellofferta proprio in relazione alla deroga alla tariffa di legalit autorizzata dal Prefetto. noto infatti che lesecuzione della sentenza immediatamente esecutiva, qual quella di primo grado (sospesa solo per effetto del decreto cautelare presidenziale n. 835 del 14 febbraio 2007, sostanzialmente confermato dalla successiva ordinanza n. 1482 del 20 marzo 2007), esclude che possa integrare la fattispecie di acquiescenza, tanto pi che la societ Lottomatica S.p.A. nella predetta nota del 19 gennaio 2007 ha espressamente rappresentato la volont di non accettare la sentenza di cui si tratta, precisando che era in corso la relativa impugnazione. I.2. Passando allesame del merito del gravame, la Sezione ritiene indispensabile premettere in punto di fatto che, come emerge dalla documentazione in atti (ed in particolare dal paragrafo 5 del foglio illustrativo delloggetto della gara, delle modalit di partecipazione e di aggiudicazione, nonch della stipula del contratto), la lex specialis disciplinante la gara per laffidamento del Servizio di vigilanza non armata, ponte radio e reception prevedeva espressamente che laggiudicazione sarebbe avvenuta in favore del concorrente che avesse offerto il prezzo pi basso, ai sensi dellarticolo 23, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 157 del 1995, valutato in relazione al corrispettivo mensile per lo svolgimento del citato servizio di vigilanza non armata, ponte radio e reception, esposto nella dichiarazione dofferta, e che, in caso di offerta manifestamente ed anormalmente bassa, ai sensi dellart. 25, comma 2, del ricordato decreto legislativo n. 157 del 1995, e dellarticolo 37, comma 1, della direttiva 92/50/CEE, la Commissione aggiudicatrice avrebbe chiesto al concorrente, prima dellaggiudicazione, le necessarie giustificazioni e, qualora queste non fossero state ritenute valide, il concorrente sarebbe stato escluso; era precisato che nella valutazione della anomalia dellofferta, la Commissione avrebbe considerato le tariffe prefettizie (c.d. tariffe di legalit) come parametri di congruit. Inoltre lesclusione dalla gara era prevista: a) per i componenti che avessero omesso di presentare anche uno solo dei documenti richiesti o che avessero presentato riserva in merito al loro contenuto o che comunque non si fossero attenuti alle modalit di cui ai precedenti paragrafi 2, 3 e 4; b) per le offerte nelle quali fossero state sollevate eccezioni o apposte condizioni di qualsiasi natura alle modalit di esecuzione del servizio specificate nello Schema di contratto e/o nel Capitolato Tecnico; c) per le offerte irregolari nella forma o nel contenuto ovvero difformi dalle specifiche del Contratto o del Capitolato Tecnico; d) per le impre IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni se che avessero presentato situazioni di controllo ai sensi dellart. 2359 c.c., con altre imprese offerenti nella presente gara. Giova poi ricordare che, comՏ noto, in sede di aggiudicazione dei contratti con la pubblica amministrazione la stazione appaltante tenuta ad applicare in modo incondizionato le clausole inserite nella lex specialis in ordine ai requisiti di partecipazione ovvero alle cause di esclusione, atteso che il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure di gara risponde, per un verso, ad esigenze pratiche di certezza e celerit e, per altro verso, alla necessit di garantire limparzialit dellazione amministrativa e la parit di condizioni tra i concorrenti, con la conseguenza che se solo in presenza di unequivoca formulazione della lettera di invito o del bando di gara pu ammettersi uninterpretazione che consenta la pi ampia ammissione degli aspiranti (C.d.S., sez. V, 31 gennaio 2006, n. 349), daltra parte la pubblica amministrazione non pu disporre lesclusione dalla gara per cause diverse da quelle espressamente previste nella speciale disciplina di gara da essa stessa fissata, in virt del principio dellautovincolo e dellaffidamento, corollari dellarticolo 97 della Costituzione. I.3. Ci precisato, deve innanzitutto escludersi che (come del resto sul punto correttamente rilevato dai primi giudici) la violazione da parte dei concorrenti delle tariffe prefettizie (c.d. tariffe di legalit) poteva costituire ex se motivo di invalidit della relativa offerta e di esclusione dalla gara, ci non essendo espressamente previsto dalla ricordata lex specialis. Daltra parte, secondo un indirizzo giurisprudenziale di questa stessa Sezione, da cui non vi motivo per discostarsi (sez. IV, 20 settembre 2005, n. 4816), nellordinamento giuridico italiano non si rinviene alcuna specifica disposizione normativa, primaria o secondaria, che autorizzi i Prefetti a fissare, in via preventiva e con caratteri di generalit, tariffe minime ed inderogabili per i servizi di vigilanza, non essendo tali le disposizioni contenute negli articoli 9 e 134 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e 257 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635, tanto pi che le (pi recenti) circolari del Ministero dellInterno (che hanno introdotto e configurato il nuovo sistema delle tariffe di legalit) si sono preoccupate di chiarire che latto di approvazione delle tariffe, mentre impedisce agli istituti di vigilanza di praticare prezzi pi alto di quelli ivi stabiliti, non osta a richiedere prezzi inferiori a quelli minimi; pertanto deve escludersi qualsiasi valenza autorizzativo prescrittiva dellatto di approvazione delle tariffe di legalit, con la conseguenza, per un verso, che la violazione di queste ultime non comporta alcun effetto automatico di decadenza dal titolo e non spiega nemmeno effetti sulla valida prestazione dei relativi servizi e, per altro verso, che le predette tariffe costituiscono esclusivamente canoni di congruit dei prezzi praticati dagli istituti, ai diversi fini del controllo sulla seriet e affidabilit dellimpresa. Pertanto in alcun modo la asserita violazione della tariffa di legalit poteva comportare linvalidit dellofferta dellaggiudicataria e della controinteressata e tanto meno lautomatica esclusione dalla gara. I.4. Diversamente da quanto affermato dai primi giudici, la violazione della tariffa di legalit non implica automaticamente una fattispecie dellanomalia dellofferta. Infatti, secondo le disposizioni della lex specialis della gara (riportate nel richiamato para- grato 5 del foglio illustrativo e che devono essere puntualmente osservate anche dalla stazione appaltante, trattandosi, come si avuto modo di accennare, di disposizioni poste a presidio dei principi di imparzialit e buon andamento dellazione amministrativo, nonch di garanzia della par condicio dei concorrenti), ai fini della individuazione dellofferta manifestamente e anormalmente bassa doveva farsi riferimento allarticolo 25, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, a norma del quale sono sottoposte alla procedura di verifica le RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 offerte che presentano una percentuale di ribasso che superi di un quinto la media aritmetica dei ribassi delle offerte ammesse, calcolata senza tener conto delle offerte in aumento. Orbene, in punto di fatto pacifico tra le parti che lofferta presentata dalla societ aggiudicataria (Flash & Capitalpol S.p.A.) e quella della controinteressata (Centralpol S.r.l.) non raggiungevano la soglia di anomalia, secondo la previsione del ricordato articolo 25 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, cos che non sussisteva alcun obbligo per lamministrazione appaltante di avviare la procedura di verifica di anomalia delle offerte. Diversamente opinando, del resto, il concetto di offerta anormalmente bassa sarebbe stato rimesso alla mera discrezionalit della stazione appaltante, violando cos macroscopicamente i principi di trasparenza, buon andamento, affidamento e par condicio, a garanzia dei quali si pone, come pure rilevato, la lex specialis della gara, cui vincolata come sopra accennato la stessa stazione appaltante, che non pu essere disapplicarla. Sotto altro profilo, poi, non pu non rilevarsi che, seguendo la tesi dei primi giudici, verrebbe surrettiziamente reintrodotta sotto altra veste il valore prescrittivo ed inderogabile delle tariffe prefettizie di legalit che, invece, possono costituire solo parametro di valutazione nel giudizio di verifica dellanomalia dellofferta anomala, come risulta dalla stessa lex specialis della gara di cui si tratta (la cui clausola non stata neppure oggetto di impugnativa. II. Alla stregua delle considerazioni svolte deve essere accolto anche lappello incidentale proposto dalla impresa aggiudicataria Flash & Capitalpol S.p.A., mentre deve essere respinto siccome infondato lappello incidentale proposto dagli Istituti di Vigilanza Riuniti dItalia S.p.A. (fondato sulla asserita erroneit della sentenza impugnata per non aver annullato limpugnato provvedimento di aggiudicazione per la mancata esclusione delle offerte della aggiudicataria e della interessata). A ci consegue la riforma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso proposto in primo grado dagli Istituti di Vigilanza Riuniti dItalia I.V.R.I. S.p.A.. La peculiarit delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando sullappello proposto dalla Lottomatica S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II, n. 326 del 27 gennaio 2007, cos provvede: accoglie lappello principale della Lottomatica S.p.a. e lappello incidentale della societ Flash & Capitalpol S.p.A.; respinge lappello incidentale proposto dagli Istituti di Vigilanza Riuniti dItalia I.V.R.I. S.p.A.; per leffetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso proposto in primo grado dagli Istituti di Vigilanza Riuniti dItalia I.V.R.I. S.p.A.; dichiara compensate le spese di entrambi i gradi di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dallAutorit amministrativa. Cos deciso in Roma, il 29 maggio 2007, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni (doc. 3) Circolare Ministero dellInterno del 29 febbraio 2008 N. 557/PAS/2731/10089.D (1) Oggetto: Corte di Giustizia delle Comunit Europee Sentenza del 13 dicembre 2007 nella Causa C-465/05 (Commissione c/o Repubblica italiana), concernente lordinamento della sicurezza privata. ai Sigg. ri Prefetti Loro sedi ai Sigg. ri Commissari del Governo Trento e Bolzano al Sig. Presidente della Giunta regionale della Valle dAosta Aosta ai Sigg.ri Questori Loro sedi e, per conoscenza, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento delle Politiche Comunitarie Roma al Ministero dellEconomia e delle Finanze Dipartimento per le Politiche Fiscali Roma al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Roma al Comando Generale dellArma dei Carabinieri Roma al Comando Generale del Corpo della Guardia di Finanza Roma Si premette che con sentenza del 13 dicembre 2007, in corso di pubblicazione nella G.U.C.E., la Corte di Giustizia della Comunit Europea, decidendo la causa C 465/05 (Commissione Europea c/o Repubblica italiana), ha deliberato che la normativa italiana recante lordinamento della sicurezza privata e, in particolare, le disposizioni del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (artt. da 133 a 141) e quelle corrispondenti del relativo regolamento di esecuzione (artt. da 249 a 260) sono in contrasto con gli artt. 43 e 49 del Trattato istitutivo della Comunit Europea (versione in vigore dal 1 febbraio 2003) (1), concernenti, rispettivamente, la libert di stabilimento e la libera prestazione di servizi. Rinviando al testo integrale della sentenza, disponibile nel sito web della Corte curia.europa.eu/it/index.htm, dove possibile prenderne lettura ed estrarne copia compilando il modulo di ricerca con gli estremi della causa sopra riportati, si richiama lattenzione delle SS.LL. sul dispositivo, nel quale il Giudice europeo ha stabilito che: Avendo disposto, nellambito del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, cos come modificato, che: 1) lattivit di guardia particolare possa essere esercitata solo previa prestazione di un giuramento di fedelt alla Repubblica italiana, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; 2) lattivit di vigilanza privata possa essere esercitata dai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro solo [previo] rilascio di unautorizzazione del Prefetto con validit territoriale, senza tenere conto degli obblighi cui tali prestatori sono gi assoggettati nello Stato membro di origine, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE; (1) Come noto, il trattato di Roma 25 marzo 1957, ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 14 ottobre 1957, n. 1203, stato successivamente modificato pi volte, e in particolare con il Trattato di Nizza del 26 febbraio 2001, che ha stabilito anche la data di entrata in vigore del testo aggiornato, ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 11 maggio 2002, n. 102. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 3) la detta autorizzazione abbia una validit territoriale limitata ed il suo rilascio sia subordinato alla considerazione del numero e dellimportanza delle imprese di vigilanza privata gi operanti nel territorio in questione, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; 4) le imprese di vigilanza privata debbano avere una sede operativa in ogni provincia in cui esse esercitano la propria attivit, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE; 5) il personale delle suddette imprese debba essere individualmente autorizzato ad esercitare attivit di vigilanza privata, senza tenere conto dei controlli e delle verifiche gi effettuati nello Stato membro di origine, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE; 6) le imprese di vigilanza privata debbano utilizzare un numero minimo e/o massimo di personale per essere autorizzate, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; 7) le imprese di cui trattasi debbano versare una cauzione presso la Cassa depositi e prestiti, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE; 8) i prezzi per i servizi di vigilanza privata siano fissati con autorizzazione del Prefetto nel- lambito di un determinato margine doscillazione, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dallart. 49 CE.. In ragione di quanto sopra e, ancor pi, delle ben note criticit del settore della sicurezza privata (oggetto, come si ricorder, di uno speciale monitoraggio svolto nel corso del 2004), questo Ministero ha avviato le iniziative occorrenti per ladeguamento della normativa di cui trattasi, attraverso una complessa riarticolazione delle disposizioni vigenti, soprattutto di carattere regolamentare, in modo da garantire, in un sistema aperto alla concorrenza, una maggiore affidabilit dei servizi di sicurezza privata e, soprattutto, una tutela adeguata del personale operante e dei profili di sicurezza pubblica e di ordine pubblico. Poich la decisione della Corte di Giustizia immediatamente attivabile presso il giudice nazionale e deve comunque informare lazione della pubblica amministrazione, anche al fine di evitare le conseguenze negative delleventuale inottemperanza al giudicato comunitario, opportuno, nelle more della avviata riforma normativa, fornire qui di seguito le indicazioni formulate sulla scorta dei lavori preparatori del provvedimento in itinere e della giurisprudenza nazionale e comunitaria pi recente. 1) Giuramento: la formula del giuramento contenuta nellarticolo 5 della legge 23 dicembre 1946, n. 478 deve ritenersi ormai riservata alle sole guardie giurate che espletano effettivamente pubbliche funzioni (quelle di rilevazione delle violazioni amministrative e, pi in generale, dove riconosciuto dalla giurisprudenza, quelle di polizia giudiziaria) (2). In attesa della revisione normativa in corso, pu ritenersi che tale formula di giuramento continui provvisoriamente ad essere efficace, stante anche la giurisprudenza della Corte (2) In particolare, il giuramento con la formula tradizionale dovuto, in relazione alle funzioni di natura pubblicistica ad esse attribuite dalla legge, dalle guardie volontarie zoofile dellENPA (ex art. 5 del D.P.R. 31.3.1979 s.n.), dalle guardie volontarie addette alla vigilanza ittica (ex art. 22 della legge n. 963/1965) e venatoria (ex art. 27 della legge n. 157 del 1992). Per i guardia parchi dovr farsi riferimento agli specifici ordinamenti, rappresentando che, comunque, i dipendenti pubblici giurano con le formule di cui alla legge n. 478/1946 citata nel testo. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni di Cassazione che ha riconosciuto, sia pure in determinate occasioni, lo svolgimento di funzioni di polizia giudiziaria (si confronti per tutte Sez. I, sent. n. 782 del 26-01-1994). Per gli appartenenti ad altri Stati membri dellUnione Europea, stante, comunque, la previsione di un giuramento, che la Corte di giustizia non ha di per s censurato, dovr adottarsi una formula che non implichi un impegno di fedelt alla Repubblica Italiana, n al Capo dello Stato italiano, evidentemente inappropriato per quei cittadini comunitari, che pure possono svolgere lattivit di guardia giurata nel nostro Paese (ex art. 138 T.U.L.P.S., come modificato dalla legge n. 39/2002). Al fine di consentire a questi ultimi di svolgere lattivit di vigilanza senza restrizioni inappropriate, il testo normativo in itinere ha individuato la seguente formula: Giuro di osservare lealmente le leggi e le altre disposizioni vigenti nel territorio dello Stato e di adempiere le funzioni affidatemi con coscienza e diligenza, nel rispetto dei diritti dei cittadini, che appare pertinente allo scopo e non discriminatoria nei confronti degli addetti ai servizi di vigilanza che dovessero essere cittadini di altro Stato membro dellUnione Europea, stabiliti in Italia, o dipendenti da imprese di vigilanza stabilite in Italia. Nelle more dellemanando regolamento, e tenuto anche conto del fatto che la presente circolare non pu impegnare, per sua natura, gli organi di altre Amministrazioni, si ravvisa lopportunit di far prestare il giuramento prescritto, nella nuova formula sopra detta, davanti alla medesima autorit amministrativa (il Prefetto) che approva la nomina delle guardie particolari, o un suo delegato, facendone annotazione in calce al decreto di approvazione. Ove disponibile un servizio di traduzione asseverata, sar consentito il giuramento nella lingua materna o in altra lingua europea conosciuta dallinteressato. Resta inteso che il giuramento gi prestato con la formula e nei modi tradizionali rester comunque perfettamente valido. 2) Oneri assolti nello Stato dorigine: Nel caso di rilascio della licenza a titolari o rappresentanti di istituti gi stabiliti in altro Stato membro dellUnione Europea, il Prefetto terr conto degli obblighi cui gli interessati sono assoggettati nello Stato membro dorigine. In particolare: ai fini dellaccertamento della capacit tecnica (per la quale vds. punto 3), si terr conto della professionalit, della struttura organizzativa, della dotazione di mezzi e di attrezzature gi in possesso nello Stato dorigine, sempre che ne sia dimostrata la disponibilit per i servizi da svolgersi in Italia, e fermi restando gli altri obblighi di legge vigenti in Italia, in particolare per quanto concerne la conformit dei mezzi e delle attrezzature alle norme nazionali di riferimento; relativamente alla cauzione, si precisa che essa potr essere prestata con le modalit previste dallart. 14 del regolamento di esecuzione del TULPS, come modificato dal D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, anche presso un istituto bancario o assicurativo dello Stato dorigine, accreditato in Italia. Una nuova cauzione potrebbe non essere necessaria qualora linteressato dimostri che la cauzione, la fideiussione o la polizza assicurativa gi prestata nello Stato dorigine, adeguata, anche nellammontare, a quella richiesta in Italia in analoghe circostanze, sia assistita da unidonea clausola di pagamento a favore delle competenti autorit italiane, a semplice richiesta del Prefetto, ai fini delleventuale incameramento, totale o parziale, di cui allart. 137, terzo comma, del T.U.L.P.S (3). (3) Cfr. sul punto, le argomentazioni della Corte di Giustizia CE nella sentenza del 26 gennaio 2006 sulla causa C-514/03 nei confronti della Spagna (punti 41-44). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Pertanto, i sigg.ri Prefetti, cui sia eventualmente richiesto il rilascio di una licenza da parte del titolare o rappresentante di un istituto gi autorizzato ad operare in altro Stato membro dellUnione Europea, richiederanno gli elementi istruttori alle competenti autorit dello Stato dorigine per il tramite del Dipartimento della pubblica sicurezza, nonch, relativamente alla prestazione della cauzione dallestero, al competente ufficio del Ministero dellEconomia e delle Finanze, per i profili tecnico-finanziari di competenza. 3) Superamento del limite provinciale: Sia per i richiedenti nazionali che per quelli appartenenti ad altri Stati membri dellUnione Europea, il limite provinciale cessa di essere una caratteristica indefettibile della licenza, per adeguarsi alla libera articolazione delliniziativa economica privata. Inoltre, la facolt di cui al secondo comma dellart. 136 del T.U. delle leggi di p.s., di negare la licenza in considerazione del numero o della importanza degli istituti gi esistenti, non potr pi trovare applicazione, in quanto contraria, secondo il giudicato della Corte europea, agli artt. 43 e 49 del Trattato CE (4). Permangono, invece, non censurati dalla Corte di Giustizia ed anzi destinati a costituire i cardini della nuova disciplina di settore, i parametri concernenti i requisiti di affidabilit dei soggetti interessati, la capacit tecnica, le eventuali controindicazioni inerenti la sicurezza pubblica o lordine pubblico, di cui, rispettivamente, agli articoli 134, secondo comma, e 136, primo e ultimo comma, del T.U. delle leggi di p.s. In attesa della pi compiuta disciplina regolamentare, che potr prevedere ambiti territoriali differenziati e differenziate caratteristiche tecnico-organizzative e dimensionali del- listituto, in reciproca relazione, si ritiene necessario formulare le seguenti direttive: relativamente alle caratteristiche della licenza ed al rilascio della stessa: la licenza sar rilasciata, fino a diversa determinazione, dal Prefetto competente per il luogo in cui il richiedente avr individuato la sede tecnico-operativa, nella quale assolvere gli obblighi di direzione e gestione dellistituto e quelli di conclusione degli affari concernenti i servizi di vigilanza, con i connessi obblighi di cui allart. 135 T.U.L.P.S.. La licenza individuer, quindi, secondo la richiesta degli interessati e sussistendo i prescritti requisiti di affidabilit e capacit, lambito funzionale e territoriale prescelto (il tipo o i tipi di servizio che si intende svolgere; la o le province ovvero la o le regioni in cui si intende operare), acquisito il parere dei Prefetti competenti per territorio e del Questore, per i profili tecnico-operativi di competenza, nonch, se necessario, degli altri organi pubblici in possesso delle competenze tecniche eventualmente occorrenti (anche ai fini della valutazione della capacit tecnica di cui si dir appresso). Il parere degli altri Prefetti non sar necessario per lespletamento dei servizi che, per loro natura, gi prescindono dal carattere della territorialit, o perch connessi ad una specifica installazione (ad es.: la gestione di sistemi di telesorveglianza ed allarme, di caveaux, (4) Peraltro anche la giurisprudenza amministrativa pi recente (Cons. Stato, ordinanza n. 1472/2004 del 30 marzo 2004; parere n. 2937/05 del 29 marzo 2006; sentenza n. 2197/2006 del 13 dicembre 2005) si espressa criticamente sullapplicazione della norma in questione, ritenendone lincompatibilit con lordinamento concorrenziale del mercato e sottolineando che leventuale rifiuto della licenza per i motivi de qua non pu prescindere dallaccertamento di elementi in grado di denotare leffettivit di un vulnus diretto per la sicurezza e lordine pubblico. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni ecc.) o perch necessariamente mobili (ad es.: il trasporto valori, la vigilanza in cantieri mobili, la vigilanza per specifici eventi). Per tali tipologie di servizio le relative modalit di svolgimento saranno approvate, ai sensi del R.D.L. 26 settembre 1935, n. 1952, dal Questore della stessa provincia dove risulta rilasciata la licenza. In tutti i casi, dovr essere comunque preventivamente segnalata al Questore competente per territorio, ai fini dei controlli demandatigli dalla legge, la presenza di guardie particolari giurate o di altri operatori della sicurezza privata appartenenti ad istituti aventi sede in altra provincia. Fermo restando che la determinazione dimensionale dellimpresa, anche relativamente al personale impiegato, costituisce una libera scelta imprenditoriale, fatte salve le condizioni di cui si dir appresso, va da s che la struttura organizzativa ed operativa dellistituto dovr risultare perfettamente in grado di assicurare i servizi offerti e commisurata allambito funzionale e territoriale richiesto, garantendo comunque la necessaria attivit di direzione, lindirizzo unitario ed il controllo delle attivit delle guardie particolari giurate. A tal fine ogni domanda per il rilascio di una nuova licenza o per lintegrazione di quella gi rilasciata sar corredata di un progetto tecnico-organizzativo recante: - lindicazione del soggetto che richiede la licenza, dellinstitore o del direttore tecnico preposto allistituto o alle eventuali articolazioni secondarie, nonch degli altri soggetti provvisti di poteri di direzione, amministrazione o gestione, anche parziali, se esistenti; -la composizione organizzativa e lassetto proprietario dellistituto, con lindicazione, se esistenti, dei rapporti di controllo attivi o passivi e delle eventuali partecipazioni in altri istituti; -lindicazione degli ambiti territoriali in cui listituto intende svolgere la propria attivit, precisando la sede legale e quella o quelle operative, qualora non coincidenti (circa la pluralit delle sedi operative vds. anche punto 4); -lindicazione dei servizi per i quali si chiede lautorizzazione, del personale (vds. anche il punto 6), dei mezzi e delle tecnologie che si intendono impiegare; unitamente alla documentazione attestante: -il possesso delle capacit tecniche occorrenti, proprie e delle persone preposte alle unit operative dellistituto; -la disponibilit dei mezzi finanziari, logistici e tecnici occorrenti per lattivit da svolgere e le relative caratteristiche, conformi alle disposizioni in vigore; relativamente ai requisiti soggettivi: si continuer a fare riferimento a quelli richiesti dal secondo comma dellart. 134 T.U.L.P.S., integrati sulla scorta dellart. 10 della legge n. 575 del 1965, precisando che gli stessi dovranno sussistere in capo al richiedente o, se trattasi di societ, al legale rappresentante ed a chiunque eserciti funzioni di amministrazione e gestione (5) della societ o impresa e delle persone comunque preposte alle sue articolazioni territoriali o funzionali; relativamente alla capacit tecnica: si intende che le indicazioni sopra dette relativamente al progetto tecnico-organizzativo (o progetto dimpresa) sono strettamente finalizzate allaccertamento della capacit tecnica che, in relazione alla soppressione del vincolo dimensionale e territoriale finora in vigore, (5) Per lindividuazione dei soggetti aventi compiti di amministrazione e gestione, giova fare riferimento alle istruzioni a suo tempo impartite per lapplicazione dellart. 2, c. 3, del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 assume una particolare centralit nel procedimento autorizzatorio, essendo rimesso a questa Amministrazione di assicurare sufficienti livelli di affidabilit e sicurezza dei servizi di vigilanza privata. Atteso il carattere fortemente innovativo, per lordinamento interno, del principio di libera determinazione delle dimensioni funzionali e territoriali degli istituti di vigilanza, anche oltre il limite provinciale, occorre fare riserva di specifiche istruzioni circa i requisiti di capacit tecnica per gli istituti che volessero assumere una dimensione territoriale rilevante (ultraprovinciale, regionale o nazionale), posto che quelli finora in uso sono calibrati sulla dimensione non superiore alla provincia. In proposito, giova precisare che lemanando regolamento rimette la determinazione di tali requisiti ad una decretazione ministeriale assistita dal parere di unapposita commissione consultiva centrale, con esperti di diversa provenienza e competenza. Tuttavia, qualora dovessero pervenire presso la Prefettura della provincia ove listituto ha la sede tecnica operativa nuove istanze, nelle more dalla definizione delle modifiche normative e regolamentari in itinere, non precluso lavvio delle conseguenti attivit di valutazione del progetto tecnico-organizzativo (o progetto dimpresa), che comporta anche la valutazione della disponibilit dei mezzi finanziari, logistici e tecnici occorrenti per le attivit da svolgere. A tal fine, da parte delle SS.LL. dovr essere intrapresa ogni utile iniziativa al riguardo, non esclusa la convocazione delle conferenze provinciali permanenti di cui allart. 4 del D.P.R. 3 aprile 2006, 180, opportunamente integrate da esperti in materia di organizzazione aziendale, nella valutazione economica-finanziaria, ecc., al fine di svolgere una valutazione quanto pi ampia possibile, fermi restando gli aspetti pi intimamente connessi con lordine e la sicurezza pubblica. Al termine di tale procedura istruttoria occorrer segnalare preventivamente al Dipartimento della pubblica sicurezza le conseguenti valutazioni delle SS. LL. connesse alle determinazioni da assumere al riguardo, fornendo, inoltre, ogni ulteriore contributo che potr formare oggetto di approfondimento ai fini del- lemanazione del decreto ministeriale cui rimessa lindividuazione dei nuovi requisiti di capacit tecnica.La griglia di requisiti volti ad attestare la capacit tecnica a svolgere servizi di vigilanza privata gi in uso potranno essere prudentemente utilizzati, oltre che per lambito provinciale e per i servizi che, per loro natura, gi prescindono dal carattere della territorialit, anche, con effetto sommatorio (salvo quanto si dir ai punti 4 e 6), nel caso venga richiesta lunificazione delle licenze finora rilasciate al medesimo titolare in sedi diverse. In tal caso si proceder al rinnovo della licenza-base, con le opportune integrazioni, sulla base dei progetti tecnico-organizzativi che saranno presentati dagli interessati e che dovranno costituire loccasione per un miglioramento sostanziale della qualit ed affidabilit dei servizi di sicurezza privata. Contestualmente saranno ritirate le licenze non pi necessarie. Si richiamano, infine, per confermarne la valenza, le indicazioni di carattere generale concernenti la verifica della capacit tecnica recate nella circolare 557/PAS. 15442.10089.D (7) 2 del 7 gennaio 2005; relativamente alle evidenze negative di ordine e sicurezza pubblica: permane, come si detto, non censurata dal giudice europeo, la facolt di negare o revocare la licenza per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico, di cui allultimo comma del medesimo art. 136 T.U.L.P.S.. Conformemente alla giurisprudenza costante della Corte di Giustizia CE, occorre che il diniego costituisca misura necessaria e proporzionata rispetto alle esigenze. Rientreranno IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni in questambito, in particolare, sia lesigenza di prevenire eventuali condotte illecite volte ad incrementare artificiosamente la domanda di servizi di vigilanza, sempre che si sia in possesso di utili elementi prognostici, che quella del rapporto fra sicurezza pubblica e sicurezza privata (6). In conclusione, per effetto della sentenza indicata in premessa, dora in avanti la licenza potr essere ricusata o, se gi rilasciata, potr o dovr essere revocata solo per: carenza dei requisiti soggettivi di cui allart. 134 T.U.L.P.S. o presenza di taluno dei provvedimenti interdettivi previsti dalle norme penali e antimafia; carenza o inadeguatezza della capacit tecnica, da valutarsi anche con riferimento alle caratteristiche funzionali e dimensionali dellistituto, con particolare attenzione ai requisiti di affidabilit dei servizi di vigilanza privata; superiori esigenze di ordine e sicurezza pubblica, attentamente valutate e specificamente motivate. 4) Superamento dellobbligo di una sede operativa in ogni provincia: Fermo restando quanto detto al punto precedente, neppure pu essere considerata presupposto indefettibile della licenza la disponibilit di una sede operativa in ogni provincia. Conseguentemente, gli obblighi di tenuta ed esibizione del registro delle operazioni, quelli di identificazione del cliente (committente) e quelli di affissione della tabella delle operazioni, con le relative tariffe, saranno assolti nella sede principale ed in quelle operative comunque stabilite nel territorio dello Stato, osservate le modalit gi indicate con la circolare n. 557/PAS/11858.12015(1) del 2 gennaio 2008, concernente analoga problematica delle agenzie di recupero crediti. Parzialmente diversa la questione della disponibilit di una sala operativa, che si differenzia concettualmente dalla sede, in quanto non attiene al luogo di assolvimento degli adempimenti disciplinati dallart. 134 del T.U.L.P.S., bens alle modalit di impiego delle guardie particolari giurate e, quindi, alla adeguatezza tecnico-operativa dellistituto e dei suoi servizi. Essa, pertanto, former oggetto di specifiche indicazioni in sede di regolamentazione tecnica del requisito della capacit tecnica, conformando, comunque, le prescrizioni al principio di non richiedere alle imprese oneri che non siano giustificati da evidenti motivi di sicurezza. Giova precisare in proposito che il Dipartimento della pubblica sicurezza ha gi accolto, sia pure in relazione a specifiche situazioni locali (ad es.: le nuove province regionali della Sardegna) il principio secondo cui la dislocazione della sala operativa pu essere indifferente, purch idonea, per tecnologia e modalit di conduzione, ad assicurare la (6) A carattere indicativo, si fa presente che la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, esaminando nella XIV legislatura le proposte di legge di riforma della sicurezza privata, aveva individuato il rapporto massimo in un terzo del personale delle forze dellordine in ciascuna provincia. Anche il Consiglio di Stato, nel parere n. 2937/05 citato nella nota precedente, aveva suggerito di individuare una soglia oggettiva della pericolosit insita nella presenza di corpi armati troppo numerosi. La sentenza della Corte di Giustizia non consente tuttavia di porre limiti dimensionali allo svolgimento delle attivit di sicurezza privata, o nel numero delle guardie giurate dipendenti (cfr. oltre, nel testo, punto 6), va quindi rimessa al prudente apprezzamento dellautorit di pubblica sicurezza lindividuazione delle situazioni di attuale o potenziale pericolo per lordine e la sicurezza pubblica, anche in relazione alle obiettive possibilit di controllo delle attivit autorizzate. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 costante controllabilit, direzionabilit e assistenza del personale operante e costante collegamento con le sale operative dei presidi di polizia competenti per territorio (7). Si rappresenta, infine, che lo schema di regolamento predisposto da questa Amministrazione prevede che possa farsi a meno di una sala operativa in ogni provincia, purch listituto disponga di linee di telecomunicazioni dedicate almeno per ogni ambito territoriale in cui operano le guardie giurate dipendenti. Poich dallapplicazione della sentenza nei punti 3) e 4) pu derivare una maggiore mobilit di servizio delle guardie particolari giurate, si precisa che leventuale prestazione di un servizio fuori della provincia in cui ha sede listituto di appartenenza pu essere svolto solo se conforme al regolamento di servizio approvato dal Questore, il quale dovr contenere le prescrizioni occorrenti per la sicurezza delle guardie particolari giurate, anche relativamente allosservanza dei limiti previsti per la durata giornaliera del servizio (8). 5) Oneri assolti nello Stato dorigine dal personale di vigilanza: Il principio di non duplicazione degli oneri gi assolti nello Stato dorigine, appartenente allUnione Europea, stato sancito dalla Corte di Giustizia anche relativamente al personale addetto ai servizi di vigilanza, per cui esso trover applicazione anche nei confronti del personale operativo al seguito di istituti di vigilanza stabiliti in altro Stato membro che vengano a stabilirsi (richiedere la licenza) anche in Italia. La loro nomina sar, quindi, approvata tenendo conto delle selezioni, della formazione e delle valutazioni di pubblica sicurezza effettuate nel Paese dorigine, mediante la previa verifica della sussistenza dei requisiti e delle eventuali autorizzazioni gi rilasciate nel predetto Stato dorigine e dei soli requisiti penali e di polizia previsti dallart. 138 del T.U.L.P.S. (osservando, per listruttoria, le indicazioni gi date a proposito del punto 2). Analogamente si proceder per il personale comunque assunto da istituti di vigilanza operanti nel territorio dello Stato, qualora sia in possesso di un titolo autorizzatorio gi rilasciato dalla competente autorit di altro Stato membro dellU.E.. In parte analoga anche se fortemente innovativa e particolarmente delicata per i profili di ordine e sicurezza pubblica la situazione del personale di vigilanza, appartenente ad un istituto di sicurezza privata stabilito in altro Stato membro dellUnione Europea, incaricato di svolgere in Italia servizi di sicurezza, in base al principio di libera prestazione di servizi. Su tale punto si fa presente che la libera prestazione di servizi, senza un previo stabilimento dellistituto di sicurezza privata nel territorio dello Stato interessato (pi semplicemente: senza aver conseguito, nel medesimo Stato, la prescritta licenza o autorizzazione) generalmente riconosciuta nellambito dei cosiddetti servizi transfrontalieri (occasionali e temporanei) (9) ed comunque sottoposta alla stretta osservanza delle disposizioni (7) Cfr. nota 557/PAS/.14885.10089.D.53(1) del 27 dicembre 2007, indirizzata alle Prefetture e Questure della Sardegna, e nota 557/PAS/11451.10089.D.4 (1) del 3 settembre 2007, indirizzata alle Prefetture e Questure di Bari e di Palermo. (8) Cfr., in proposito, da ultimo, la circolare 557/PAS.7446.10089.D.(10) del 1 giugno 2006. (9) Nella stessa sentenza del 13 dicembre indicata in premessa, la Corte di Giustizia fa specifico riferimento al prestatore di servizi transfrontaliero (punto 64), richiamando altre sentenze che sui servizi transfrontalieri si sono espressamente soffermate (sentenza sulla causa C-335/98, riguardante il Belgio, punto 39; sentenza sulla causa C-171/02, riguardante il Portogallo, punto 60). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni in vigore nello Stato interessato, particolarmente per quanto concerne il controllo pubblico sulle attivit svolte e leventuale impiego di armi o altri strumenti sottoposti a particolari regimi (autorizzatori, di omologazione, ecc.) (10). Si rappresenta, in proposito, che le norme in itinere, come predisposte da questo Ministero, prevedono, sul punto, che: Il Ministero dellinterno Dipartimento della pubblica sicurezza pu.autorizzare lesercizio occasionale nel territorio della Repubblica di servizi temporanei di vigilanza e custodia ammessi dalla legge ad imprese regolarmente autorizzate allo svolgimento dei medesimi servizi nello Stato di stabilimento, utilizzando proprio personale munito delle qualificazioni e autorizzazioni previste nello Stato di stabilimento, sulla base di incarichi regolarmente assunti nel medesimo Stato. Alle medesime condizioni possono essere autorizzate le attivit transfrontaliere, intendendo per tali quelle che hanno inizio nello Stato membro di stabilimento dellimpresa e che devono concludersi in territorio italiano e viceversa. Con le autorizzazioni sono adottate le prescrizioni occorrenti per assicurare che i servizi siano assolti alle medesime condizioni, compresa la vigilanza dellautorit di pubblica sicurezza, previste nel territorio della Repubblica per lo svolgimento di servizi analoghi. Relativamente al porto delle armi si osservano le disposizioni vigenti nel territorio della Repubblica. In relazione a quanto sopra, ove ne venga fatta richiesta nelle more dellapprovazione delle disposizioni in parola, le SS.LL. informeranno tempestivamente al Dipartimento della pubblica sicurezza per la valutazione dei provvedimenti e delle altre misure occorrenti, fermo restando che per il personale impiegato in tali servizi non richiesto il giuramento. 6) Divieto di limitazioni o prescrizioni numeriche del personale dipendente: La sentenza indicata in premessa dispone chiaramente che nessuna prescrizione o limitazione numerica potr essere disposta in ordine al personale dipendente dagli istituti di vigilanza. Si tratta, evidentemente, dellaffermazione del diritto di libera determinazione dellattivit imprenditoriale, gi evidenziato al punto 3), cui si conforma, come noto anche lordinamento italiano (cfr. art. 41 Cost.). Premesso che le norme del T.U.L.P.S. in materia non prevedono, neppur esse, alcuna limitazione numerica, si osserva che la Corte di Giustizia ha inteso fare riferimento alla prassi che vede talvolta condizionare, per motivi diversi, il rilascio della licenza a vincoli numerici minimi o massimi, ritenendola un ostacolo non giustificato alla libert di impresa. Nondimeno, pur vero che i fattori presi in considerazione in passato per il dimensionamento degli istituti di sicurezza privata non sono indifferenti alle valutazioni che accompagnano il rilascio delle licenze in materia ed il controllo delle attivit autorizzate, in quanto la puntuale documentazione del numero delle g.p.g. dipendenti o che si intende assumere particolarmente rilevante per: (10) Per non incorrere nelle sanzioni previste per lesercizio senza autorizzazione, occorre che siffatti servizi abbiano durata temporalmente circoscritta ed il carattere di occasionalit, in relazione a specifici eventi ed esigenze (es. vigilanza di beni di propriet di soggetto straniero trasportati e/o esposti temporaneamente in Italia; servizio di stewarding in relazione alla presenza di tifoserie di cittadini di altro Stato europeo, ecc.). Secondo alcuni osservatori occorre anche che lincarico per lo svolgimento di tali servizi sia conferito nello Stato di stabilimento. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 - verificare la capacit tecnica (anche sotto il profilo finanziario e gestionale) di chi richiede la licenza, tanto pi nel momento in cui diviene possibile superare il limite territoriale provinciale; -verificare il rispetto dei regolamenti di servizio e delle prescrizioni che individuano il numero delle g.p.g. da impiegare nei servizi a rischio (es. il trasporto valori); -verificare il rispetto dei limiti orari di impiego del personale e degli altri obblighi a tutela dello stesso, particolarmente per i profili di sicurezza; -valutare eventuali rischi, anche solo potenziali, per lordine pubblico. Legittimamente, pertanto, la licenza potr contenere prescrizioni a tutela dei rilevanti interessi pubblici sopra indicati. Esclusa, in ogni caso, lapposizione di limiti numerici minimi o massimi, i Sigg.ri Prefetti adotteranno le prescrizioni occorrenti affinch sia sempre osservato lobbligo di comunicazione del personale dipendente di cui allart. 259 del regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S., (in funzione dei relativi controlli), e lonere della previa autorizzazione nei confronti delle modificazioni di carattere strutturale, funzionale o dimensionale che richiedano un aggiornamento della verifica della capacit tecnica corrispondente, con applicazione restrittiva, secondo il dettato della Corte europea, della disposizione dellultimo comma dellart. 257 del medesimo regolamento di esecuzione. Anche in tale circostanza sar richiesto un documentato progetto tecnico-operativo di cui si detto al punto 3). 7) Relativamente alla cauzione, si fa rinvio a quanto anticipato al punto 2). 8) Divieto di determinazione autoritativa dei prezzi: Occorre prendere atto che la legge (art. 135 T.U.L.P.S., quarto e sesto comma; art. 257, quarto comma, del relativo regolamento di esecuzione) non conferisce al Prefetto alcuna potest di determinare autoritativamente le tariffe dei servizi di vigilanza privata, bens di assicurare una sorta di verifica di congruit delle stesse, secondo lormai consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato. In tale prospettiva, anche i ribassi eventualmente offerti, per aggiudicarsi taluni servizi potranno essere soggetti a verifiche, finalizzate ad accertare che loperazione non avvenga in pregiudizio della qualit dei servizi stessi e, dunque, delle esigenze di ordine e sicurezza pubblica ovvero della sicurezza delle guardie giurate, secondo regole gi ampiamente recepite nellordinamento (11) e dalla giurisprudenza amministrativa. Nelle more delle modifiche regolamentari occorrenti per adeguare compiutamente lordinamento interno a quello comunitario e, comunque, alla decisione della Corte di Giustizia, si ritiene di non poter prescindere dai principi enunciati. Si rappresenta, inoltre, per opportuna indicazione da far valere fin da ora, che il testo normativo in itinere non consente, in ogni caso, ribassi dovuti ad inadempimenti rispetto al costo reale del lavoro, ovvero inadempienze sui costi di sicurezza (veicoli blindati, protezioni individuali antiproiettile, apparecchiature tecnologiche, ecc.). (11) Cfr., ad esempio, le regole di verifica delle cosiddette offerte anomale negli appalti, di cui agli artt. 86 e 87 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici). Secondo questultimo articolo, i ribassi possono essere giustificati, a titolo esemplificativo, da economie nel metodo di prestazione del servizio;dalle soluzioni tecniche adottate; dalloriginalit del progetto; da altre condizioni eccezionalmente favorevoli. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni Al fine di semplificare, per quanto possibile, i procedimenti di verifica, le SS.LL. potranno avvalersi di una certificazione liberatoria circa ladempimento degli obblighi contrattuali rilasciata dallente bilaterale previsto dal contratto nazionale di categoria e del documento unico di regolarit contributiva (D.U.R.C.) di cui allart. 2 del D.L. 25 settembre 2002, n. 210 e successive integrazioni e modificazioni. *** ** *** Nel rassegnare le linee dindirizzo che precedono alla prudente applicazione che le SS.LL. vorranno assicurare, si confida nella tempestiva segnalazione di eventuali criticit, che si prega far pervenire quanto prima e comunque, non oltre il 30 aprile 2008, segnalando anche i procedimenti in corso, a quella data, per il rilascio di nuove licenze (con lindicazione degli ambiti territoriali e funzionali richiesti) o per lestensione di quelle gi rilasciate, anche al fine di consentire la messa a punto di eventuali ulteriori indicazioni di dettaglio. Il Vice Ministro (Minniti) RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Violazione alla concorrenza Imputazioneresponsabilit in caso di successione di imprese: il caso tabacchi italiani (Corte di Giustizia delle Comunit europee, Grande Sezione, sentenza dell11 dicembre 2007 nella causa C-280/06) La sentenza oggetto della presente nota di commento verte su interessanti questioni di diritto comunitario della concorrenza, in particolare sul criterio da applicare, ai sensi degli artt. 81 e seguenti (CE) e dei principi generali del diritto comunitario, per individuare limpresa destinataria delle sanzioni in caso di successione di pi imprese nel corso della condotta lesiva e sulla competenza dellAutorit amministrativa nazionale (organo deputato ad applicare la normativa antitrust) a valutare discrezionalmente la ricorrenza di circostanze che giustifichino limputazione al successore economico della responsabilit per violazioni concorrenziali commesse dal soggetto a cui subentra. Le predette questioni sono state oggetto di una domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte di Giustizia europea su iniziativa del Consiglio di Stato, a sua volta adito nel corso di procedimenti pendenti fra lAutorit garante della Concorrenza e del Mercato, lEnte tabacchi italiani ETI SpA, la Philip Morris Products SA, la Philip Morris Holland BV, la Philip Morris GmbH, la Philip Morris Products Inc. e la Philip Morris International Management SA (le cinque societ sono considerate le societ del gruppo Philip Morris) e lAmministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), in merito ad unintesa sul prezzo di vendita delle sigarette (1). Fatto opportuno partire da una sintetica esposizione dei fatti per comprendere appieno la portata delle questioni sottoposte in via pregiudiziale alla Corte. In esito ad unistruttoria avviata durante il mese di giugno 2001, lAutorit Garante della concorrenza e del mercato constatava, con provvedimento del 13 marzo 2003, che le societ del gruppo Philip Morris, unitamente allAAMS (a sua volta trasformatasi in Ente tabacchi italiani e, infine, in (1) Sulla Gazzetta ufficiale dellUnione europea del 11 giugno 2005 stata pubblicata una nota dinformazione, destinata ai giudici nazionali, concernente il procedimento pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia. In particolare, il punto 1 testualmente recita Il sistema del rinvio pregiudiziale un meccanismo fondamentale del diritto dellUnione europea, che ha per oggetto di fornire alle giurisdizioni nazionali lo strumento per assicurare uninterpretazione ed unapplicazione uniformi di tale diritto in tutti gli Stati membri. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni ETI) avevano concluso ed effettivamente attuato unintesa tale da alterare la concorrenza sul prezzo di vendita delle sigarette nel mercato nazionale dal 1993 al 2001, in violazione dellart. 2, comma 2, lett. a) e b), della legge n. 287/90 (2). A prescindere dallentit delle sanzioni irrogate dalla suddetta Autorit alle societ ritenute responsabili delle infrazioni alle regole della concorrenza, desta attenzione il fatto che la condotta incriminata era imputata allETI, nonostante fosse stata posta in essere dallAAMS anteriormente all1 marzo 1999 (3). Tutte le imprese interessate hanno impugnato il provvedimento in parola dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio. Questultimo, pur respingendo il ricorso delle societ del gruppo Philip Morris, accoglieva parzialmente quello presentato dallETI, in particolare annullando il provvedimento dellAutorit nella parte in cui questo imputava allETI la responsabilit di fatti commessi dallAAMS. Avverso le sentenze del Tar Lazio stato successivamente proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato: questultimo, con una prima sentenza dell8 novembre 2005, respingeva i ricorsi dellETI e delle societ del gruppo Philip Morris nella parte in cui contestavano lesistenza della violazione delle regole della concorrenza. Riguardo alla questione dellimputazione allETI della condotta dellAAMS il Consiglio di Stato, rilevando una discontinuit fra modello organizzativo e gestionale dellAAMS e quello subentrato per effetto del trasferimento delle attivit dellAAMS allEnte tabacchi italiani, concludeva in senso contrario allapplicazione del criterio della continuit economica, laddove anche il Tar aveva fondato le sue valutazioni sul criterio della responsabilit personale. Il medesimo giudice amministrativo di secondo grado ha, nondimeno, ritenuto opportuno interrogare la Corte in merito ai criteri da applicare nel diritto comunitario della concorrenza, al quale rinvia lart. 1, comma 4, della legge n. 287/90. Esso ha, pertanto, sospeso dufficio il procedimento in parola, al fine di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali di cui si precedentemente detto. Sulla competenza della Corte. Una breve digressione sulla competenza della Corte appare opportuna, dato che la Commissione ha manifestato dubbi a tal riguardo. Questultima, (2) Si tratta della legge 10 ottobre 1990 n. 287, in cui enucleata la normativa italiana in tema di tutela della concorrenza e del mercato. (3) utile ripercorrere la storia evolutiva dellAAMS: fu istituita con regio decreto legge n. 2258 del 14 dicembre 1927 come organo dellAmministrazione dello Stato, dipendente dal Ministero dellEconomia e delle Finanze, a cui era affidata la gestione del Monopolio del Tabacco (si trattava di un organo dotato di autonomia amministrativa, finanziaria e contabile, ma non di una propria personalit giuridica). Con decreto del 9 luglio 1998, n. 283 tutte le attivit di produzione e vendita nel settore tabacchi sono state trasferite ad un altro ente pubblico, lEnte tabacchi italiani (ETI) con decorrenza dal 1 marzo 1999. Il Consiglio di Amministrazione del suddetto Ente, con delibera del 23 giugno 2000, ha successivamente trasformato in SpA lETI che, invece, a partire dal 2003 stato privatizzato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 infatti, ha rilevato che le cause principali attengono alla validit di una decisione di unautorit nazionale della concorrenza che, prima dellentrata in vigore del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003 (4), concernente lapplicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato, ha applicato esclusivamente le disposizioni nazionali che vietano le intese, e non lart. 81 CE. In sostanza, a detta della Commissione, lart. 1, comma 4, della legge n. 287/90 (5) sarebbe stato applicabile se si fosse trattato di interpretare la nozione di impresa, che comune agli artt. 81 CE e 2 della legge n. 287/90, ma non per determinare quali sono le imprese da sanzionare. Inoltre il medesimo organo comunitario richiamava, a sostegno della sua tesi, il fatto che sia il Tar Lazio che il Consiglio di Stato avessero rispettivamente fondato le proprie argomentazioni sulle disposizioni italiane in materia di sanzioni amministrative di cui allart. 31 della legge n. 287/90. Se per i giudici e i giuristi italiani, dunque, avrebbe potuto valere il principio per cui il diritto comunitario costituisce soltanto un elemento tra gli altri ai fini dellinterpretazione delle disposizioni nazionali applicabili (argomento riportato dalla Commissione), lETI e le societ del gruppo Philip Morris ritenevano, al contrario, che la Corte fosse competente a conoscere del rinvio pregiudiziale. A tal riguardo , tuttavia, opportuno menzionare lart. 234 del Trattato CE, in cui si delinea la competenza per cos dire generale della Corte: rientrerebbe nelle sue funzioni, infatti, il compito di pronunciarsi in via pregiudiziale sullinterpretazione del diritto dellUnione europea e sulla validit degli atti di diritto derivato, fermo restando che la Corte non competente n a pronunciarsi su questioni di fatto sollevate nellambito della causa principale n a risolvere le divergenze di opinione in merito allinterpretazione o allapplicazione delle norme di diritto nazionale. In definitiva, spetterebbe alle giurisdizioni di rinvio (nella specie, al Consiglio di Stato) trarre le conseguenze di quanto la Corte abbia espresso nel merito delle questioni sottopostele ed eventualmente disapplicare la norma nazionale di cui trattasi. A ben vedere, sia lAutorit (che ha adottato il provvedimento impugnato dinanzi al Tar, avviando liter procedimentale nel corso del quale poi emerso il dubbio interpretativo per la cui soluzione i giudici superiori hanno rite (4) Si tratta del regolamento concernente lapplicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del trattato, diretto a sostituire quello n. 17/62, con decorrenza dal 1 maggio 2004, in vista di uno snellimento del ruolo della Commissione e di un correlativo accrescimento del ruolo delle autorit e giurisdizioni nazionali nellattuazione del diritto della concorrenza, ed a garanzia di una effettiva applicazione uniforme delle regole comunitarie della concorrenza. (5) La summenzionata norma si colloca fra le disposizioni con cui il legislatore delimita l ambito di applicazione rapporti con lordinamento comunitario (rubrica dellart. 1, che a sua volta ricade nellambito del Tit. 1 Norme sulle intese, sullabuso di posizione dominante e sulle operazioni di concentrazione) della legge intitolata Norme per la tutela della concorrenza e del mercato sopra menzionata. Essa testualmente recita: Linterpretazione delle norme contenute nel presente titolo effettuata in base ai principi dellordinamento delle Comunit europee in materia di disciplina della concorrenza. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni nuto di sottoporre i predetti quesiti allorgano giurisdizionale comunitario) che il medesimo Tar hanno fondato il loro provvedimento e la sentenza sulla normativa e sulla giurisprudenza comunitaria. Il Consiglio di Stato, inoltre, non ha mancato di motivare puntualmente il rinvio pregiudiziale, adducendo la considerazione che questo necessario per conoscere il criterio da prendere in considerazione conformemente ai principi del diritto comunitario della concorrenza a cui rinvia lart. 1, comma 4, della legge n. 287/90. A tal riguardo, un orientamento dottrinale (6) mette in luce quanto, nonostante i numerosi dubbi interpretativi che la norma inevitabilmente solleva, essa non sia affatto inutile. Se vero che un certo coordinamento con la disciplina comunitaria gi sussisteva in base al sistema di rapporti tra lordinamento comunitario e gli ordinamenti nazionali, nel senso che vera una supremazia del primo sui secondi, esso riguardava innanzitutto la disciplina di fattispecie colpite contemporaneamente dal diritto comunitario e dal diritto nazionale, e non fattispecie che sfuggivano allapplicazione del primo. La norma si inscriverebbe nel quadro di una sorta di uniformazione del diritto. Sicch, del tuttocontraria alla logica che la ispira sarebbe una sua interpretazione restrittiva. vero che i giudici e le autorit amministrative italiane sono da sempre stati abituati ad interpretare ed applicare le leggi italiane sulla base dei criteri interpretativi dettati dalle leggi dello Stato, ma altrettanto vero che le norme comunitarie della concorrenza non fanno parte di un ordinamento straniero, ma sono parte integrante dellordinamento italiano. La presenza del referente interpretativo comunitario del resto, non pu avere un effetto totalizzante. Cosa dovrebbe intendersi in concreto per principi di diritto comunitario a cui rinvia il comma 4 oggetto della dibattuta questione interpretativa? Un orientamento abbastanza affermato (7) sostiene che si tratti dei tre principi materiali di diritto comunitario: a) garanzia di una concorrenza non falsata; b) unit del mercato integrato; c) funzionalizzazione dei poteri degli Stati membri agli obiettivi della Comunit. Inoltre, a conforto della summenzionata tesi, opportuno evidenziare come gli artt. 2 e 3 della legge italiana sulla concorrenza, a cui rinvia lart. 15 della medesima legge (8), riprendono mutatis mutandis la formulazione degli artt. 81 e 82 CE (9). (6) A. FRIGNANI, Ambito di applicazione e rapporti con lordinamento comunitario, in Commento alla legge 10 ottobre 1990, n. 287, Zanichelli, 1993, Vol. I, p. 106 e ss. (7) M. V. BENEDETTELLI, Sul rapporto fra diritto comunitario e diritto italiano della concorrenza, in Foro it., 1990, IV, c. 237. (8) In tema di Poteri dellAutorit in materia di intese restrittive della libert di concorrenza e di abuso di posizione dominante lart. 15 recita Se a seguito dellistruttoria di cui allart. 14 lAutorit ravvisa infrazioni agli articoli 2 o 3, fissa alle imprese e agli enti interessati il termine per leliminazione delle infrazioni stesse. E gli articoli 2 e 3 contengono rispettivamente la disciplina delle Intese restrittive della libert di concorrenza e dellAbuso di posizione dominante. (9) Le summenzionate norme, infatti, rappresentano il contesto normativo comunitario nel cui ambito la fattispecie de qua si colloca, ad esse fa riferimento il Consiglio di Stato nellordinanza 8 novembre 2005 con cui ha sottoposto le questioni pregiudiziali alla Corte. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Sulle domande di pronuncia pregiudiziale. Superata ogni questione preliminare, conviene ora focalizzare lattenzione sulloggetto delle domande pregiudiziali sollevate dallautorit giudiziaria italiana dinanzi a quella comunitaria. In particolare: quali sono le circostanze in base alle quali un comportamento anticoncorrenziale nel quale incorsa unimpresa gi operante sul mercato rilevante possa essere imputato al suo successore? Sullo sfondo di tale caso di specie, come gi precedentemente detto, cՏ unintesa che tra il 1993 e il 2001 aveva influito, in violazione delle norme in materia di concorrenza, sui prezzi di vendita al dettaglio sul mercato delle sigarette in Italia e che era stata scoperta dallautorit italiana garante della concorrenza. A tale intesa in origine partecipava lAmministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato. Lattivit economica di questultima nel settore della produzione e della commercializzazione di prodotti di tabacco, compresa la sua partecipazione allintesa, dal marzo 1999 veniva per rilevata dallEnte Tabacchi Italiani, di nuova fondazione e successivamente privatizzato. Secondo lautorit italiana garante della concorrenza a questultimo deve essere imputata e punita con unammenda, non solo la sua stessa partecipazione allintesa dal marzo 1999, ma anche la precedente partecipazione allintesa dellAAMS. I limiti di una siffatta imputazione di comportamenti anticoncorrenziali nel caso di successione di imprese sono di rilevante importanza pratica per effettuare in concreto lalienazione, la riorganizzazione o la privatizzazione di imprese, poich i rischi di responsabilit per chi aliena e chi acquisisce imprese variano a seconda dei criteri che le autorit garanti della concorrenza e i giudici pongono a fondamento dellimputazione di comportamenti anticoncorrenziali. Inoltre, la presente fattispecie di grande interesse anche sotto un altro profilo: la decisione con la quale lautorit italiana garante della concorrenza infligge lammenda essenzialmente fondata sulla normativa nazionale in materia di concorrenza, la quale tuttavia orientata al diritto comunitario, la cui interpretazione viene in questa sede richiesta alla Cortedi Giustizia. di grande importanza per la futura collaborazione tra la Corte di Giustizia e i giudici nazionali se una domanda di pronuncia pregiudiziale in tali circostanze sia ricevibile, tanto pi che il diritto nazionale e il diritto comunitario in questa materia sono tra loro in sempre pi stretto rapporto. Destano particolare interesse le conclusioni dellAvvocato generale Juliane Kokott (presentate il 3 luglio 2007) in ordine alla ricevibilit della domanda pregiudiziale da parte della Corte. In esse si mette in evidenza come nel settore del diritto della concorrenza linteresse ad uninterpretazione e ad unapplicazione il pi possibile uniforme delle disposizioni vigenti a livello comunitario particolarmente spiccato, poich in questo campo il diritto nazionale si orienta sul diritto comunitario con particolare frequenza. Ci non vale soltanto a partire dallentrata in vigore del regolamento (CE) n. 1/2003 (10), con il quale si pervenuti ad una correlazione particolarmente stretta tra la normativa nazionale in materia di concorrenza e il diritto comu IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni nitario. Gi prima, cio ancora ai tempi in cui vigeva il regolamento n. 17 (11), la normativa nazionale in materia di concorrenza di numerosi Stati membri si ispirava, anche per dirimere situazioni puramente interne, al diritto comunitario. Questo si verificava, non da ultimo, anche per la legge italiana 287/1990, la quale trova applicazione nella controversia di cui alla causa a qua. Tali considerazioni rafforzano la conclusione che il diritto comunitario in materia di concorrenza, sia che trovi applicazione parallela al diritto nazionale in materia di concorrenza, sia che diventi indirettamente rilevante per le situazioni giuridiche puramente interne semplicemente tramite un rinvio contenuto nella normativa nazionale sulla concorrenza, dovrebbe comunque essere interpretato e applicato in modo uniforme, al fine di assicurare nella pi ampia misura possibile la certezza del diritto e analoghe condizioni di concorrenza a tutti gli operatori economici ai quali il diritto comunitario trova applicazione diretta o indiretta. Garantire questo risultato nelle fattispecie rientranti nella normativa in materia di concorrenza uno degli obiettivi principali dei procedimenti di pronuncia pregiudiziale ai sensi del- lart. 234 CE. Con riferimento al merito delle questioni pregiudiziali, e in primis al problema concernente lindividuazione dei criteri di imputazione di un comportamento anticoncorrenziale al successore nel mercato di colui che ha preso parte allintesa, utile tener conto delle osservazioni presentate alla Corte dallETI, delle interpretazioni fornite dai giudici nazionali nel corso del procedimento principale, nonch di quelle formulate dallAvvocato generale, onde avere una lettura il pi possibile completa della vicenda e poter comprendere appieno la opzione interpretativa sposata dalla Corte nella sentenza in epigrafe. Secondo lETI, il criterio rilevante quello della responsabilit personale. Questultimo ammetterebbe deroghe solo in casi eccezionali, al fine di proteggere leffetto utile delle regole di concorrenza: in questi casi, pertanto, la responsabilit dellinfrazione potrebbe essere imputata ad una persona diversa da quella che aveva il controllo dellimpresa al momento dellinfrazione, anche qualora questultima non abbia cessato di esistere. Tuttavia, circostanze eccezionali di tale natura non sussisterebbero qualora, come nella causa principale a qua, sia possibile imputare la responsabilit dellinfrazione alla persona che gestiva limpresa al momento in cui linfrazione stessa stata commessa. (10) Regolamento del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente lapplicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato. Con questo regolamento sono state ammodernate le norme relative allapplicazione degli artt. 81 CE e 82 CE, e il coinvolgimento delle autorit e dei giudici nazionali nellapplicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza stato rafforzato. (11) Regolamento (CEE) del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17: primo regolamento di applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Secondo le societ del gruppo Philip Morris, il criterio della responsabilit personale si applica in tutti i casi in cui la persona che ha materialmente compiuto latto illecito esiste ancora, esercita attivit imprenditoriali ed in grado di ottemperare alla decisione dellautorit della concorrenza che impone la sanzione. Quindi, a parte il caso della scomparsa del soggetto giuridico e dellimpossibilit derivatane che esso sia sottoposto a sanzioni, lordinamento giuridico comunitario non ammetterebbe deroghe al criterio della responsabilit personale. Pertanto, il ricorso al diverso criterio della continuit economica sarebbe giustificato solamente qualora sia necessario per assicurare lapplicazione effettiva delle regole della concorrenza. Secondo il governo italiano, il criterio della continuit economica implicherebbe la responsabilit della persona che ha continuato e portato a termine il comportamento contrario alle regole della concorrenza cominciato da unaltra persona ogni volta che limpresa interessata dallinfrazione e ceduta da una persona ad unaltra identica dai punti di vista economico, strutturale e funzionale. A tal riguardo, sarebbe indifferente che la persona che ha ceduto tale impresa esista ancora formalmente ed eserciti o meno altre attivit. Nella fattispecie, risulterebbe dal decreto legge n. 283/9 che vi effettivamente unidentit tra limpresa gestita dallAAMS e quella gestita dallEnte tabacchi italiani, diventato ETI. LAAMS e lETI sarebbero inoltre uniti da legami strutturali, essendo entrambi emanazione del Ministero dellEconomia e delle Finanze. A tal riguardo, il Consiglio di Stato ha, invece, affermato che il trasferimento delle attivit dellAAMS allEnte tabacchi italiani ha segnato una netta discontinuit rispetto al modello organizzativo e gestionale precedente. Tale modello originariamente era connotato dalla ascrizione in capo allAAMS (che si configurava come amministrazione autonoma dello Stato) di una concentrazione di compiti economici e di funzioni amministrative di stampo pubblicistico tali da creare una dipendenza dal potere politico. Tale connessione non sarebbe pi riprodotta in capo al nuovo ente, le cui attivit sono esclusivamente di natura imprenditoriale. Perci non sarebbe applicabile il criterio della continuit economica, pur riscontrandosi che lAAMS, ancorch non svolga pi alcuna attivit commerciale nel settore del tabacco, continua a svolgere unattivit economica sottoposta al diritto della concorrenza. opinione della Commissione, invece, che, qualora linfrazione sia stata commessa da unimpresa gestita da un organismo di uno Stato membro dotato di un proprio potere decisionale e lattivit economica interessata sia stata ceduta ad un altro soggetto giuridico, le sanzioni relative a tale comportamento debbano essere inflitte allorganismo dello Stato se questo, dopo la cessione, continua ad esercitare unattivit imprenditoriale anche in settori diversi da quello interessato da tale comportamento. Per contro, le sanzioni dovrebbero essere inflitte al soggetto giuridico che ha acquisito lattivit economica in questione se, dopo la cessione, tale organismo dello Stato cessa di esercitare attivit imprenditoriali. La Corte (Grande Sezione), in merito alla questione di cui in questa sede si sta trattando ha dichiarato che IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni Gli artt. 81 CE e seguenti devono essere interpretati nel senso che, nel caso di enti dipendenti dalla stessa autorit pubblica, qualora una condotta costitutiva di una stessa infrazione alle regole della concorrenza sia stata commessa da un ente e successivamente proseguita fino alla sua fine da un altro ente succeduto al primo, il quale non ha cessato di esistere, tale secondo ente pu essere sanzionato per linfrazione nella sua interezza, se provato che tali due enti sono stati sotto la tutela della citata autorit. La Corte, in buona sostanza, risolve il problema interpretativo sottoposto alla sua attenzione, alla luce del principio della continuit economica ed in nome della piena ed effettiva realizzazione della ratio del diritto comunitario della concorrenza. Tuttavia, essa non manca di mettere in evidenza che il fatto che linfrazione commessa dallAAMS e continuata dallETI sia imputata interamente a questultima non sia, a ben vedere, in contrasto con il principio di responsabilit personale. Non pu e non deve essere trascurato, infatti, che al momento del loro comportamento illecito i due enti fossero sotto il controllo della stessa persona, ossia dello stesso ente pubblico, il Ministero dellEconomia e delle Finanze. Per tale ragione, inoltre, non osterebbe allapplicabilit della sanzione irrogata dalla competente autorit amministrativa italiana nei confronti dellETI il fatto che lente che ha commesso linfrazione esista ancora. In questo modo la Corte si riporta alle conclusioni in passato gi formulate in altre cause, circa lirrilevanza di modifiche di natura giuridica o organizzativa di un ente in vista della imputazione al nuovo ente della responsabilit per comportamenti anticoncorrenziali tenuti dal primo, laddove fra i due enti succedutisi nel tempo vi sia identit sotto laspetto economico (12). Inoltre, essa richiama lattenzione altres su unaltra circostanza: non rileva il fatto che la cessione venga decisa non da singoli, ma dal legislatore nella prospettiva di una privatizzazione. In definitiva, le misure di ristrutturazione o di riorganizzazione dimpresa adottate dalle autorit di uno Stato membro non possono legittimamente avere come conseguenza la compromissione delleffetto utile del diritto comunitario della concorrenza (13). La decisione della Corte alla luce delle conclusioni dellAvvocato Generale Juliane Kokott. Per meglio comprendere lorientamento interpretativo della Corte, opportuno far riferimento alle osservazioni presentate dallAvvocato generale Juliane Kokott, ancorch le conclusioni a cui il predetto avvocato giunge non siano state successivamente avallate dai giudici comunitari. Costui affronta con particolare attenzione il problema del rapporto fra principio della responsabilit personale e principio di continuit economica nella (12) Sentenze 28 marzo 1984, cause riunite 29/83 e 30/83, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, nonch Aalborg Portland e a./Commissione. (13) Sentenza 12 maggio 2005, causa C-415/03, Commissione/Grecia. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 imputazione di un comportamento anticoncorrenziale nel caso di successione di imprese. Innanzitutto, si mette in evidenza che il problema dellimputazione di un comportamento anticoncorrenziale trova le sue radici nel fatto che i destinatari delle norme in materia di concorrenza e i destinatari delle decisioni delle autorit garanti della concorrenza non sono necessariamente identici. Le prime, infatti, si riferiscono ad imprese, le seconde, invece, possono essere rivolte solo a persone, essendo dirette a reprimere violazioni alle norme di concorrenza e dovendo essere eseguite dopo essere state pronunciate. Limputazione della infrazione ad una concreta persona sarebbe, pertanto, la imprescindibile premessa per lattuazione dellobiettivo della misura sanzionatoria nel caso di specie irrogata. La natura sanzionatoria della medesima misura, che strettamente correlata alla ratio di garanzia di uneffettiva attuazione delle norme sulla concorrenza, realizzata dissuadendo gli operatori economici dal tenere condotte anticoncorrenziali, darebbe ragione del richiamo al principio di responsabilit personale. In questottica questo settore dellordinamento si configurerebbe come molto affine al diritto penale: il comportamento incriminato deve essere imputato a quelle persone, fisiche o giuridiche, che gestiscono limpresa che ha partecipato allintesa. Dal principio della responsabilit personale consegue che un comportamento anticoncorrenziale deve essere imputato alla persona che gestisce limpresa al momento dellinfrazione; ne consegue che laddove, per effetto di riorganizzazioni, alienazioni di imprese e altri cambiamenti, il responsabile della gestione della medesima impresa sia un nuovo gestore, il comportamento incriminato deve essere imputato al nuovo gestore solo dal momento in cui ha assunto la responsabilit dellimpresa. Tuttavia, occorre guardarsi dai rischi insiti in unapplicazione eccessivamente formalistica del principio in parola: nel caso in cui loriginario gestore non esista pi o non svolga pi alcuna attivit economica significativa, le norme poste a presidio del corretto andamento della concorrenza risulterebbero eluse, anzi, eventuali modificazioni dellassetto organizzativo delle imprese potrebbero essere orientate unicamente alla finalit elusiva. Al fine di evitare questo effetto distorsivo, si ricorre al principio della continuit economica: esso si configura, pertanto, come una eccezione alla regola generale, dettata dalla esigenza di preservare la medesima ratio posta alla base del criterio della personalit della responsabilit. Tuttavia, questo nuovo criterio, che si configura come complementare rispetto a quello in generale applicabile, troverebbe applicazione in presenza di circostanze particolari. Ad esempio, si fa riferimento allipotesi di un cambiamento che abbia interessato il gestore dellimpresa che ha preso parte allintesa e che abbia determinato il venir meno del medesimo da un punto di vista giuridico. In questo caso la continuit economica assicura che le persone giuridiche non si sottraggano alle loro responsabilit in materia di concorrenza mediante una modifica della loro forma giuridica o denominazione. Al punto 81 delle sua conclusioni lAvvocato generale esprime con chiarezza un fondamentale principio: Il criterio della continuit economica non deve sostituire il principio della responsabilit personale, ma semplicemente integrarlo. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni A queste considerazioni di carattere generale, si aggiungono riferimenti alla fattispecie sottoposta al vaglio della Corte. A tal riguardo, si ha modo di mettere in evidenza che non vՏ dubbio che lente economico pubblico ETI (frutto di una ristrutturazione interna allAAMS, originariamente operante nel settore dei giochi dazzardo e delle lotterie, nonch dei tabacchi) e la societ per azioni ETI Spa devono considerarsi successori economici dellAAMS nel settore della produzione e del commercio dei tabacchi. Tuttavia questultimo soggetto, gestore originario dellimpresa, continua ad esistere giuridicamente. Pertanto, lirrogazione nei suoi confronti di unammenda pu in ogni caso produrre un effetto preventivo generale, ancorch, allo stato attuale esso non sia pi economicamente attivo nel settore dei tabacchi, ma in quello del gioco dazzardo. Si riscontra, inoltre, che al momento dellirrogazione della sanzione non sussistevano nessi strutturali tra lAAMS e lETI, dato che questultima era gi stata trasformata in societ per azioni. Considerazioni conclusive. La decisione della Corte, quindi, diverge in toto dalle conclusioni dellAvvocato generale: in essa si afferma la prevalenza del criterio della continuit economica, ignorando levento rappresentato dalla trasformazione dellETI (ente pubblico economico succeduto allAAMS in uno dei settori in cui questultimo operava) in ETI SpA (societ per azioni, quindi, soggetto privato, non pi riconducibile strutturalmente al Ministero dellEconomia e delle Finanze). Forse uno spiraglio ad una lettura cos ampia del principio della continuit economica, qual quello che si evince dalla pronuncia della Corte, potrebbe essere ravvisato nella soluzione che il medesimo Avvocato fornisce alla seconda domanda pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato: entro quali limiti lautorit amministrativa nazionale titolare di poteri discrezionali nellimputazione di comportamenti anticoncorrenziali? Si afferma che le autorit garanti della concorrenza, come pure i giudici competenti, non hanno alcuna facolt di scegliere se imputare il comportamento anticoncorrenziale di unimpresa alloriginario ovvero al nuovo gestore. Il criterio della continuit economica pu invece venire in considerazione solo qualora le sanzioni previste dalle norme in materia di concorrenza, in caso di mera applicazione del principio della responsabilit personale, dovessero mancare il loro obiettivo. Questa valutazione pu, in determinati casi, richiedere lanalisi di rapporti economici complessi. Si tratta, ad esempio, della valutazione della rilevanza del- lattivit economica che loriginario gestore continua a svolgere successivamente alla riorganizzazione interna allimpresa, come pure della individuazione di un nesso strutturale esistente fra originario e nuovo gestore. Nella fattispecie de qua, in particolare, forse alla luce di questi rapporti economici complessi che pu essere giustificata lapplicazione del criterio di imputazione della continuit economica, e, quindi, una pronuncia manifestamente a favore ed in linea con lorientamento dellAutorit garante italiana. Dott.ssa Maria Antonia Chieco (*) (*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 Sentenza della Corte (Grande Sezione) dell11 dicembre 2007 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato Italia) Autorit Garante della concorrenza e del mercato/Ente tabacchi italiani. (Avvocato dello Stato D. Del Gaizo AL 30230/06) (Concorrenza Applicazione di sanzioni in caso di successione di imprese Principio della responsabilit personale Enti dipendenti dalla stessa autorit pubblica Diritto nazionale che qualifica come fonte di interpretazione il diritto comunitario della concorrenza Questioni pregiudiziali Competenza della Corte) (Omissis) 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione degli artt. 81 CE e segg. nonch dei principi generali del diritto comunitario. 2 Questa domanda stata proposta nellambito di procedimenti tra lAutorit Garante della Concorrenza e del Mercato (in prosieguo: lAutorit), lEnte tabacchi italiani ETI SpA, la Philip Morris Products SA, la Philip Morris Holland BV, la Philip Morris GmbH, la Philip Morris Products Inc. e la Philip Morris International Management SA (in prosieguo, le cinque societ congiuntamente considerate: le societ del gruppo Philip Morris), nonch lAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato (in prosieguo: lAAMS) in merito ad unintesa sul prezzo di vendita delle sigarette. Contesto normativo 3 In diritto italiano la legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato (GURI n. 240 del 13 ottobre 1990; in prosieguo: la legge n. 287/90), comprende in particolare, nel titolo I, le seguenti disposizioni: Art. 1. () 1. Le disposizioni della presente legge in attuazione dellarticolo 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica, si applicano alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle concentrazioni di imprese che non ricadono nellambito di applicazione degli articoli 65 e/o 66 del Trattato istitutivo della Comunit europea del carbone e dellacciaio, degli articoli 85 e/o 86 del Trattato istitutivo della Comunit economica europea (CEE), dei regolamenti della CEE o di atti comunitari con efficacia normativa equiparata. () 4. Linterpretazione delle norme contenute nel presente titolo effettuata in base ai principi dellordinamento delle Comunit europee in materia di disciplina della concorrenza. Art. 2. () 1. Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonch le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. 2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza allinterno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attivit consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi dacquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, cos da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti allaccettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con loggetto dei contratti stessi. 3. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto. 4 Il titolo II di tale legge riguarda lAutorit, istituita dallart. 10, comma 1. Lart. 15, comma 1, della medesima legge, contenuto nel citato titolo II, dispone quanto segue: Se () lAutorit ravvisa infrazioni agli articoli 2 o 3, fissa alle imprese e agli enti interessati il termine per leliminazione delle infrazioni stesse. Nei casi di infrazioni gravi, tenuto conto della gravit e della durata dellinfrazione, dispone inoltre lapplicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nellultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida, determinando i termini entro i quali limpresa deve procedere al pagamento della sanzione. 5 Lart. 31, riportato al titolo VI della legge n. 287/90, ha il seguente tenore: Per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II della legge 24 novembre 1981, n. 689. 6 L8 dicembre 1927 veniva promulgato il regio decreto legge n. 2258, istitutivo dellAmministrazione autonoma dei monopoli di Stato (GURI n. 288 del 14 dicembre 1927). A tale organo dellamministrazione dello Stato, che dipendeva dal Ministero dellEconomia e delle Finanze, stata affidata, fino al mese di febbraio 1999, la gestione del monopolio del tabacco. In seguito, lAAMS ha continuato a svolgere funzioni statali nel settore del tabacco. Essa esercita inoltre unattivit commerciale nel settore dei giochi, segnatamente in quello delle lotterie. LAAMS autonoma sia a livello della gestione amministrativa sia dal punto di vista finanziario e contabile, ma non dispone di personalit giuridica propria. 7 Dal 1 marzo 1999, tutte le attivit di produzione e vendita nel settore dei tabacchi sino ad allora affidate allAAMS venivano trasferite ad un altro ente pubblico istituito con decreto legge 9 luglio 1998, n. 283, recante Istituzione dellEnte tabacchi italiani (GURI n. 190 del 17 agosto 1998, pag. 3; in prosieguo: il decreto legge n. 283/98). Tale ente riceveva le attivit e le passivit dellAAMS relative ai settori di attivit che gli erano stati affidati. Con delibera del suo consiglio di amministrazione 23 giugno 2000, esso veniva trasformato in societ per azioni assumendo la denominazione di Ente tabacchi italiani ETI SpA (in prosieguo: lETI). Il capitale di questa societ era inizialmente detenuto al 100% dal Ministero dellEconomia e delle Finanze. In seguito ad una gara indetta nel 2003 da tale Ministero, lETI veniva privatizzata ed il suo controllo esclusivo era assunto dalla British American Tobacco plc (in prosieguo: la BAT), societ holding di diritto inglese del gruppo BAT-British American Tabacco. Cause principali e questioni pregiudiziali 8 In esito ad unistruttoria avviata durante il mese di giugno 2001, lAutorit constatava, con provvedimento 13 marzo 2003, che le societ del gruppo Philip Morris, congiuntamente allAAMS, divenuta poi lEnte tabacchi italiani e, infine, lETI, avevano concluso e attuato unintesa avente ad oggetto ed effetto unalterazione della concorrenza sul prezzo di vendita delle sigarette nel mercato nazionale dal 1993 al 2001, in violazione dellart. 2, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 comma 2, lett. a) e b), della legge n. 287/90. Essa applicava di conseguenza alle suddette societ sanzioni pecuniarie amministrative di importo pari a EUR 50 milioni complessivi, per quanto riguarda le societ del gruppo Philip Morris, e pari a EUR 20 milioni per quanto riguarda lETI. 9 Nel suo provvedimento, lAutorit imputava allETI la condotta posta in essere dallAAMS anteriormente al 1 marzo 1999, in quanto questultima, una volta operativo lEnte tabacchi italiani, divenuto poi lETI, aveva cessato lo svolgimento delle attivit di produzione e vendita nel settore del tabacco. Ci premesso, anche tenendo conto del fatto che lAAMS non ha cessato di esistere, lETI, in applicazione del criterio della continuit economica, sarebbe il successore dellAAMS. 10 Tale provvedimento veniva impugnato da tutte le imprese interessate dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Questultimo respingeva il ricorso delle societ del gruppo Philip Morris e accoglieva parzialmente il ricorso dellETI, annullando il provvedimento nella parte in cui questo imputava allETI la responsabilit di fatti commessi dallAAMS. Il citato Tribunale fondava la sua valutazione sul criterio della responsabilit personale. 11 Adito in appello avverso le sentenze del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il Consiglio di Stato, con una prima sentenza 8 novembre 2005, ha respinto i ricorsi dellETI e delle societ del gruppo Philip Morris nella parte in cui contestavano lesistenza della violazione delle regole della concorrenza. Riguardo alla questione dellimputazione allETI della condotta dellAAMS, il Consiglio di Stato osserva, nella decisione di rinvio, che il trasferimento delle attivit dellAAMS allEnte tabacchi italiani ha segnato una netta discontinuit rispetto al modello organizzativo e gestionale precedente. Tale modello, prima che le attivit in questione fossero trasferite allEnte tabacchi italiani, diventato ETI, era connotato dallascrizione in capo allAAMS, nella sua veste di amministrazione autonoma dello Stato, di una concentrazione di compiti economici e di funzioni amministrative di stampo pubblicistico tali da creare una dipendenza dal potere politico. Tale connessione non sarebbe pi riprodotta in capo al nuovo ente, le cui attivit sono esclusivamente di natura imprenditoriale. Peraltro, il giudice del rinvio rileva che lAAMS, pur non svolgendo pi alcuna attivit commerciale nel settore del tabacco, continua a svolgere unattivit economica sottoposta al diritto della concorrenza. Secondo il Consiglio di Stato, tali peculiarit depongono in senso contrario allapplicazione del criterio della continuit economica. 12 Il Consiglio di Stato nondimeno ha ritenuto opportuno interrogare la Corte in merito ai criteri da applicare nel diritto comunitario della concorrenza, al quale rinvia lart. 1, comma 4, della legge n. 287/90. Esso ha quindi deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) [Q]uale sia, ai sensi degli artt. 81 e seguenti [CE] e dei principi generali del diritto comunitario, il criterio da seguire nellindividuazione dellimpresa da sottoporre a sanzione per violazione delle norme in tema di concorrenza nel caso in cui, nellambito di una condotta unitariamente sanzionata, la parte finale del comportamento sia stata tenuta da una impresa succeduta nel settore economico di riferimento allimpresa originaria, qualora lente originario, pur non essendo estinto, non operi pi, quanto meno nel settore economico interessato dallintervento sanzionatorio, come impresa commerciale. 2) [S]e, in sede di individuazione del soggetto sanzionabile, residui in capo allAutorit amministrativa competente nellapplicazione della normativa antitrust il compito di valutare discrezionalmente la ricorrenza di circostanze che giustifichino limputazione al successore economico della responsabilit per violazioni concorrenziali commesse dalla persona IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni giuridica cui subentra, anche quando questultima non abbia cessato di esistere alla data della decisione, affinch leffetto utile delle norme sulla concorrenza non risulti pregiudicato dalle modificazioni apportate alla figura giuridica delle imprese. Sulla competenza della Corte 13 Poich la Commissione delle Comunit europee ha espresso dubbi in merito alla competenza della Corte, occorre anzitutto esaminare tali dubbi. Osservazioni presentate alla Corte 14 La Commissione sostiene che le cause principali attengono alla validit di una decisione di unautorit nazionale della concorrenza che, prima dellentrata in vigore del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente lapplicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato (GU 2003, L 1, pag. 1), ha applicato esclusivamente le disposizioni nazionali che vietano le intese, e non lart. 81 CE. 15 Essa ritiene che lart. 1, comma 4, della legge n. 287/90, ai sensi del quale linterpretazione delle norme contenute nel titolo I effettuata in base ai principi del diritto comunitario della concorrenza, sia privo di rilevanza a tale riguardo. Infatti, nelle cause principali, si tratterebbe di determinare quali sono le imprese e gli enti interessati ai sensi del- lart. 15 di tale legge nonch il regime delle sanzioni amministrative come previsto dal- lart. 31 della stessa, articoli che fanno parte, rispettivamente, dei titoli II e VI. Il citato art. 1, comma 4, potrebbe essere preso in considerazione se si trattasse di interpretare la nozione di impresa, che comune agli artt. 81 CE e 2 della legge n. 287/90, ma non per determinare quali sono le imprese da sanzionare. 16 La Commissione aggiunge che, anche ammettendo che il rinvio da parte della legge n. 287/90 ai principi del diritto comunitario si applichi nelle cause principali, la giurisprudenza della Corte condurrebbe nondimeno a concludere che le questioni pregiudiziali sono irricevibili. A tale riguardo, la Commissione cita la sentenza 28 marzo 1995, causa C-346/93, Kleinwort Benson (Racc. pag. I-615), ed evidenzia che la citata legge non precisa che i giudici nazionali sono tenuti ad applicare, in modo assoluto e incondizionato, le interpretazioni adottate dalla Corte. 17 Su questultimo punto, la Commissione fa notare che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha fondato la sua sentenza sulle disposizioni italiane in materia di sanzioni amministrative, alle quali rinvia lart. 31 della legge n. 287/90. Allo stesso modo, il Consiglio di Stato menzionerebbe argomenti che lAutorit desume dal diritto italiano in materia di responsabilit. Ci dimostrerebbe che, per i giudici e i giuristi italiani, il diritto comunitario costituisce soltanto un elemento tra gli altri ai fini dellinterpretazione delle disposizioni nazionali applicabili. 18 LETI e le societ del gruppo Philip Morris ritengono al contrario che la Corte sia competente a conoscere del rinvio pregiudiziale. Senza prendere posizione sulla competenza della Corte, il governo italiano evidenzia che una risposta di questultima sarebbe utile per il Consiglio di Stato, tenuto conto del rinvio al diritto comunitario di cui allart. 1, comma 4, della legge n. 287/90. Giudizio della Corte 19 Lart. 234 CE costituisce uno strumento di cooperazione giudiziaria, grazie al quale la Corte fornisce ai giudici nazionali gli elementi dinterpretazione del diritto comunitario che possono essere loro utili per valutare gli effetti di una disposizione di diritto nazionale controversa nellambito della causa sulla quale essi sono chiamati a pronunciarsi (sentenze 15 maggio 2003, causa C-300/01, Salzmann, Racc. pag. I-4899, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonch 4 dicembre 2003, causa C-448/01, EVN e Wienstrom, Racc. pag. I-14527, punto 77). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 20 Quando la domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, tenuta a pronunciarsi (sentenze Salzmann, cit., punto 29, e 18 luglio 2007, causa C-119/05, Lucchini, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 43). 21 Adita con domande di tale natura, in cui le regole comunitarie di cui era stata richiesta linterpretazione erano applicabili solo mediante un rinvio operato dal diritto interno, la Corte ha giudicato in maniera costante che, quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto comunitario, esiste un interesse comunitario certo a che, per evitare future divergenze dinterpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto comunitario ricevano uninterpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate (v., in tal senso, in particolare, sentenze 18 ottobre 1990, cause riunite C-297/88 e C-197/89, Dzodzi, Racc. pag. I-3763, punto 37; 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem, Racc. pag. I-4161, punto 32; 11 gennaio 2001, causa C-1/99, Kofisa Italia, Racc. pag. I-207, punto 32; 29 aprile 2004, causa C-222/01, British American Tobacco, Racc. pag. I-4683, punto 40, e 16 marzo 2006, causa C-3/04, Poseidon Chartering, Racc. pag. I-2505, punto 16). 22 Infatti, non risulta n dal dettato dellart. 234 CE n dalle finalit della procedura, istituita da tale articolo, che gli autori del Trattato CE abbiano inteso sottrarre alla competenza della Corte i rinvii pregiudiziali vertenti su una norma comunitaria nel caso specifico in cui il diritto nazionale di uno Stato membro rinvia al contenuto della norma in parola per determinare le regole da applicare ad una situazione puramente interna a tale Stato (sentenze Dzodzi, cit., punto 36; Leur-Bloem, cit., punto 25, e 14 dicembre 2006, causa C-217/05, Confederacin Espaola de Empresarios de Estaciones de Servicio, Racc. pag. I-11987, punto 19). 23 Riguardo allapplicazione della summenzionata giurisprudenza alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale, giocoforza constatare che le disposizioni del titolo I della legge n. 287/90 si conformano, per le soluzioni che apportano a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto comunitario. 24 Infatti, lart. 1, comma 4, di tale legge dispone che linterpretazione delle disposizioni del suo titolo I si effettua sulla base dei principi del diritto comunitario della concorrenza. Gli artt. 2 e 3 della citata legge, che fanno parte dello stesso titolo, riprendono mutatis mutandis la formulazione degli artt. 81 CE e 82 CE. 25 Inoltre, n la formulazione dellart. 1, comma 4, della legge n. 287/90, n la decisione di rinvio, n gli altri documenti del fascicolo sottoposti alla Corte fanno pensare che il rinvio al diritto comunitario che contiene tale disposizione sia sottoposto a una qualunque condizione. 26 Pertanto, conformemente alla sopra citata giurisprudenza, esiste un interesse comunitario certo a che le regole del diritto comunitario, qualora appaiano dubbi nellambito del- lapplicazione del rinvio operato dal diritto interno, possano ricevere uninterpretazione uniforme mediante sentenze rese dalla Corte su domanda di pronuncia pregiudiziale. 27 Quanto allargomento della Commissione secondo cui le cause principali rientrano esclusivamente nellambito dei titoli II e VI della legge n. 287/90, di modo che lart. 1, comma 4, di tale legge, il quale fa parte del suo titolo I, non sarebbe rilevante, giocoforza constatare che tale valutazione non condivisa dal Consiglio di Stato, il quale ha espressamente motivato il rinvio pregiudiziale facendo riferimento al citato art. 1, comma 4. A tale riguardo, occorre ricordare che non spetta alla Corte giudicare lesattezza del quadro normativo che il giudice nazionale definisce su sua propria responsabilit (v., in tal senso, senten IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni ze Salzmann, cit., punto 31; 1 dicembre 2005, causa C-213/04, Burtscher, Racc. pag. I10309, punto 35, nonch 7 giugno 2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 22). 28 Riguardo, infine, allargomento della Commissione secondo cui il diritto comunitario solo uno degli elementi da considerare per linterpretazione delle disposizioni del titolo I della legge n. 287/90 e secondo cui i giudici italiani non sono obbligati ad applicare, in modo assoluto e incondizionato, le interpretazioni fornite dalla Corte, sufficiente constatare che lAutorit e il Tribunale amministrativo regionale del Lazio hanno fondato il loro provvedimento e la sentenza sulla normativa e sulla giurisprudenza comunitaria, e che il Consiglio di Stato ha motivato il suo rinvio pregiudiziale con la considerazione che questo necessario per conoscere il criterio da prendere in considerazione conformemente ai principi del diritto comunitario della concorrenza a cui rinvia lart. 1, comma 4, della legge n. 287/90. 29 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la Corte competente a conoscere della domanda di pronuncia pregiudiziale. Sulle questioni pregiudiziali 30 Mediante le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, quali sono, in virt degli artt. 81 CE e segg. nonch, eventualmente, di ogni altra regola rilevante del diritto comunitario, i criteri che occorre applicare per determinare limpresa da sanzionare per violazione delle regole della concorrenza in caso di successione di imprese, in particolare qualora la parte finale di una violazione di tal genere sia stata attuata dal successore economico dellente che ha commesso tale infrazione e qualora questultimo ente, bench non abbia pi operato nel settore economico interessato dalla sanzione, non abbia cessato di esistere. Osservazioni presentate alla Corte 31 Secondo lETI, il criterio rilevante quello della responsabilit personale. Sarebbe possibile derogare a tale criterio solo in casi eccezionali, per proteggere leffetto utile delle regole di concorrenza. In casi di tal genere, la responsabilit dellinfrazione potrebbe essere imputata ad una persona diversa da quella che aveva il controllo dellimpresa al momento dellinfrazione, anche qualora questultima non abbia cessato di esistere. 32 Tuttavia, circostanze eccezionali di tale natura non sussisterebbero, qualora, come nelle cause principali, sia possibile imputare la responsabilit dellinfrazione alla persona che gestiva limpresa al momento in cui linfrazione stessa stata commessa. 33 Le societ del gruppo Philip Morris sostengono che il criterio della responsabilit personale si applica in tutti i casi in cui la persona che ha materialmente compiuto latto illecito esiste ancora, esercita attivit imprenditoriali ed in grado di ottemperare alla decisione dellautorit della concorrenza che impone la sanzione. 34 Tali societ ritengono che, a parte il caso della scomparsa del soggetto giuridico e dellimpossibilit derivantene che esso sia sottoposto a sanzioni, lordinamento giuridico comunitario non ammetta deroghe al criterio della responsabilit personale. Il ricorso al criterio della continuit economica sarebbe giustificato solamente qualora sia necessario per assicurare lapplicazione effettiva delle regole della concorrenza. 35 Secondo il governo italiano, il criterio della continuit economica implica la responsabilit della persona che ha continuato e portato a termine il comportamento contrario alle regole della concorrenza cominciato da unaltra persona ogni volta che limpresa interessata dallinfrazione e ceduta da una persona ad unaltra identica dai punti di vista economico, strutturale e funzionale. A tale riguardo, sarebbe indifferente che la persona che ha ceduto tale impresa esista ancora formalmente ed eserciti o meno altre attivit. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 36 Nella fattispecie, risulterebbe dal decreto legge n. 283/98 che vi effettivamente unidentit tra limpresa gestita dallAAMS e quella gestita dallEnte tabacchi italiani, diventato ETI. LAAMS e lETI sarebbero inoltre uniti da legami strutturali, consistenti nel fatto che entrambi sono emanazione del Ministero dellEconomia e delle Finanze. 37 Secondo la Commissione, qualora linfrazione sia stata commessa da unimpresa gestita da un organismo di uno Stato membro dotato di proprio potere decisionale e lattivit economica interessata sia stata ceduta ad un altro soggetto giuridico, le sanzioni relative a tale comportamento devono essere inflitte allorganismo dello Stato se questo, dopo la cessione, continua ad esercitare unattivit imprenditoriale, anche in settori diversi da quello interessato da tale comportamento. Per contro, le sanzioni dovrebbero essere inflitte al soggetto giuridico che ha acquisito lattivit economica in questione se, dopo la cessione, tale organismo dello Stato cessa di esercitare attivit imprenditoriali. Giudizio della Corte 38 Risulta dalla giurisprudenza che il diritto comunitario della concorrenza riguarda le attivit delle imprese (sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00 P, C-205/00 P, C211/ 00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I-123, punto 59) e che il concetto di impresa comprende qualsiasi ente che eserciti unattivit economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalit di finanziamento (v., in particolare, sentenze 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C202/ 02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk Rrindustri e a./Commissione, Racc. pag. I-5425, punto 112; 10 gennaio 2006, causa C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze e a., Racc. pag. I-289, punto 107, nonch 11 luglio 2006, causa C-205/03 P, FENIN/Commissione, Racc. pag. I-6295, punto 25). 39 Qualora un ente di tal genere violi le regole della concorrenza, incombe ad esso, secondo il principio della responsabilit personale, di rispondere di tale infrazione (v., in tal senso, sentenze 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-4125, punto 145, e 16 novembre 2000, causa C-279/98 P, Cascades/ Commissione, Racc. pag. I-9693, punto 78). 40 Riguardo alla questione di sapere in quali circostanze un ente che non lautore del- linfrazione possa nondimeno essere sanzionato per questa, occorre, anzitutto, constatare che rientra in una tale ipotesi la situazione in cui lente che ha commesso uninfrazione ha cessato di esistere giuridicamente (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 145) o economicamente. A questultimo riguardo, occorre considerare che una sanzione inflitta ad unimpresa che continua ad esistere giuridicamente, ma non esercita pi attivit economiche, rischia di essere priva di effetto dissuasivo. 41 Occorre inoltre rilevare che, se nessunaltra possibilit di imposizione della sanzione ad un ente diverso da quello che ha commesso linfrazione fosse prevista, alcune imprese potrebbero sfuggire alle sanzioni per il semplice fatto che la loro identit stata modificata a seguito di ristrutturazioni, cessioni o altre modifiche di natura giuridica o organizzativa. Lo scopo di reprimere comportamenti contrari alle regole della concorrenza e di prevenirne la ripetizione mediante sanzioni dissuasive (v., in tal senso, sentenze 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 173; 29 giugno 2006, causa C-289/04 P, Showa Denko/Commissione, Racc. pag. I-5859, punto 61, nonch 7 giugno 2007, causa C-76/06 P, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 22) sarebbe pertanto compromesso. 42 Di conseguenza, come gi constatato dalla Corte, qualora un ente che ha commesso uninfrazione alle regole della concorrenza sia oggetto di una modifica di natura giuridi IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni ca o organizzativa, tale modifica non ha necessariamente leffetto di creare una nuova impresa esente dalla responsabilit per i comportamenti anticoncorrenziali del precedente ente se, sotto laspetto economico, vi identit fra i due enti (v., in tal senso, sentenze 28 marzo 1984, cause riunite 29/83 e 30/83, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, Racc. pag. 1679, punto 9, nonch Aalborg Portland e a./Com-missione, cit., punto 59). 43 Conformemente a questa giurisprudenza, le forme giuridiche rispettive dellente che ha commesso uninfrazione e del suo successore sono irrilevanti. Lapplicazione a tale successore della sanzione per linfrazione non pu dunque essere esclusa per il solo fatto che, come nelle cause principali, questo possiede un altro status giuridico e opera con modalit diverse rispetto allente cui succeduto. 44 irrilevante anche la circostanza che una cessione delle attivit venga decisa non da singoli, ma dal legislatore nella prospettiva di una privatizzazione. Infatti, le misure di ristrutturazione o di riorganizzazione dimpresa adottate dalle autorit di uno Stato membro non possono legittimamente avere come conseguenza la compromissione delleffetto utile del diritto comunitario della concorrenza (v., in tal senso, sentenza 12 maggio 2005, causa C-415/03, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-3875, punti 33 e 34). 45 Nelle cause principali, risulta dalla decisione di rinvio nonch dal fascicolo sottoposto alla Corte che le attivit economiche dellAAMS sul mercato interessato dallintesa sono state proseguite dallEnte tabacchi italiani, diventato poi ETI. Alla luce di ci, anche se lAAMS ha continuato ad esistere in quanto operatore economico su altri mercati, lETI poteva essere considerato, nellambito del procedimento relativo allintesa sui prezzi di vendita delle sigarette, come il successore economico dellAAMS. 46 Riguardo alla questione se un caso come quello in oggetto integri la fattispecie in cui unentit economica pu essere sanzionata per linfrazione commessa da un altro ente, occorre constatare, anzitutto, che il fatto che lAAMS non disponga di personalit giuridica (v. punto 6 della presente sentenza) non un elemento che pu giustificare lapplicazione al suo successore della sanzione per linfrazione che essa ha commesso. 47 Per contro, lapplicazione della sanzione per linfrazione commessa dallAAMS allETI potrebbe giustificarsi per il fatto che questultimo e lAAMS dipendono dalla stessa autorit pubblica. 48 A tale riguardo occorre ricordare che, qualora due enti costituiscano lo stesso ente economico, il fatto che lente che ha commesso linfrazione esista ancora non impedisce, di per s, che venga sanzionato lente a cui esso ha trasferito le sue attivit economiche (v., in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punti 355-358). 49 In particolare, una tale configurazione della sanzione ammissibile qualora tali enti siano stati sotto il controllo della stessa persona e, considerati gli stretti legami che li uniscono sul piano economico e organizzativo, abbiano applicato in sostanza le stesse direttive commerciali. 50 Nelle cause principali, certo che, al momento del loro comportamento illecito, lAAMS e lETI erano detenuti dallo stesso ente pubblico, ossia il Ministero dellEconomia e delle Finanze. 51 Spetta al giudice del rinvio verificare se, partecipando allintesa sui prezzi di vendita delle sigarette, lAAMS e lETI siano stati sotto la tutela di tale organismo pubblico. In caso affermativo, occorrerebbe concludere che il principio della responsabilit personale non si oppone a che la sanzione per linfrazione commessa dallAAMS e continuata dallETI sia inflitta interamente a questultima. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N. 1/2008 52 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le questioni sottoposte vanno risolte dichiarando che gli artt. 81 CE e seguenti devono essere interpretati nel senso che, nel caso di enti dipendenti dalla stessa autorit pubblica, qualora una condotta costitutiva di una stessa infrazione alle regole della concorrenza sia stata commessa da un ente e successivamente proseguita fino alla sua fine da un altro ente succeduto al primo, il quale non ha cessato di esistere, tale secondo ente pu essere sanzionato per linfrazione nella sua interezza, se provato che tali due enti sono stati sotto la tutela della citata autorit. Sulle spese 53 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: Gli artt. 81 CE e seguenti devono essere interpretati nel senso che, nel caso di enti dipendenti dalla stessa autorit pubblica, qualora una condotta costitutiva di una stessa infrazione alle regole della concorrenza sia stata commessa da un ente e successivamente proseguita fino alla sua fine da un altro ente succeduto al primo, il quale non ha cessato di esistere, tale secondo ente pu essere sanzionato per linfrazione nella sua interezza, se provato che tali due enti sono stati sotto la tutela della citata autorit. I L CONTENZIOSO NAZIONALE Dossier Ingresso-soggiorno dello straniero e tutela dellordine pubblico: il problema delleffettodelle precedenti condanne penali di Valeria Camilli e Rita Tuccio(*) TEMI: 1.- Visto dingresso e permesso di soggiorno nella disciplina del T.U. Immigrazione. 2.- Condizioni per laccesso e la permanenza dello straniero in Italia. Autosufficienza dei motivi ostativi alla luce dellinterpretazione letterale del T.U. Immigrazione. 3.- La condanna. 4.- Gli indici di pericolosit sociale. 5. -Attenuazioni al giudizio di pericolosit sociale. DOCUMENTI: 1.- Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 8 febbraio 2008 n. 415. 2.Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 13 marzo 2008 n. 1031. 3.- Tribunale Amministrativo per la Regione Umbria, Perugia, sezione prima, sentenza 6 giugno 2007 n. 505. 1. Visto dingresso e permesso di soggiorno nella disciplina del T.U. Immigrazione. A fronte del forte incremento del flusso migratorio degli stranieri, intensificatosi gi a partire dagli anni Novanta (1), il legislatore ha avvertito progressivamente sempre pi impellente lesigenza di provvedere ad una disciplina omogenea sullimmigrazione. Al fine di rendere pi aderente alla pras (*) Dottori in Giurisprudenza, ammesse alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) Per una ricostruzione ed unanalisi dei processi migratori in prospettiva storico- giuridica si rinvia da ultimo a GIANLUCA BASCHERINI, Immigrazione e diritti fondamentali. Lesperienza italiana tra storia costituzionale e prospettive europee, Napoli, 2007. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1/2008 si la regolazione del fenomeno migratorio nel rispetto delle diverse esigenze dello straniero sono stati nettamente distinti i due momenti dellingresso e del soggiorno nel territorio dello Stato. Infatti, la scelta in tal senso della legge 39 del 1990 (che ha introdotto il permesso di soggiorno) stata confermata con la legge 40 del 1998 e poi con il d.lgs. 286 del 1998 che agli artt. 4 e 5 disciplina in modo autonomo le due diverse condizioni. Pur volendo limitarsi alla mera formulazione testuale, la scelta del legislatore di disciplinare le due fattispecie in due articoli distinti non pu far dubitare del fatto che ciascuna rilevi per caratteristiche proprie e peculiari. A tal proposito, sia sufficiente sottolineare quantomeno due aspetti di divergenza tra i due istituti. In primo luogo, bene tenere presente che sul piano soggettivo i due atti si differenziano in quanto rientranti nelle competenze di autorit differenti: il visto dingresso viene rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche e consolari dello Stato italiano, mentre il permesso di soggiorno spetta alla competenza del questore della provincia entro cui si trova lo straniero. In secondo luogo, per ci che riguarda specificatamente lelemento temporale, il visto di ingresso si caratterizza per avere una durata limitata (fino a 90 giorni) rispetto ai casi di permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dellart. 5 co. 3 (per motivi diversi da quelli di lavoro), dellart. 5 co. 3 bis, 3 ter e 3 quater (per motivi di lavoro), dellart. 9 co. 1(carta di soggiorno rilasciata a tempo indeterminato). Tuttavia, al contempo innegabile che sussista un elemento di connessione tra le due fattispecie e che questultimo si appalesi specificamente nel momento patologico della vicenda migratoria, laddove lo Stato si vede costretto ad intervenire in via autoritativa a fronte della necessaria tutela del- lordine pubblico. Oggetto immediato dellart. 4 co. 3 T.U. consiste nella disciplina della fattispecie di ammissione dello straniero nel territorio dello Stato, non venendo specificati gli effetti che deriverebbero in caso di accertamento positivo delle condizioni di inammissibilit del cittadino. Propriamente, lart. 4 co. 3 T.U. non regola direttamente la domanda di rilascio (o revoca) del permesso di soggiorno, quanto piuttosto si limita a circoscrivere i requisiti e le condizioni che legittimano lingresso del cittadino nello Stato. Tuttavia, il successivo art. 5 co. 5. che, nel regolare le conseguenze della mancanza dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno, opera lesplicito collegamento con lart. 4 co. 3 quando afferma che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno stato rilasciato, esso revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per lingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato. Pertanto, dal combinato disposto dellart. 4 co. 3 e del 5 co. 5 del T.U. sembrerebbe dedursi pacificamente che tra le cause ostative al rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno debbano contemplarsi anche le condizioni previste dallart. 4 co. 3 relative allingresso dello straniero sul territorio italiano, in quanto il rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno rappresenta lelemento indefettibile a garanzia della legittima permanenza dello straniero in Italia. Una simile interdipendenza dellart. 4 co. 3 e dellart. 5 co. 5 sembra godere anche del consenso della pi recente giurisprudenza del giudice di legittimit laddove, ai fini dellapplicazione dellart. 5 co. 1 IL CONTENZIOSO NAZIONALE del T.U., venga presupposta la regolare entrata in Italia dello straniero nel rispetto delle condizioni stabilite nellart. 4 co. 3 (2). Oltretutto, siffatta interpretazione sembra essere accolta da ultimo anche dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 424 del 2 febbraio 2007 (3). Occorre, tuttavia, precisare che il subordinare il rilascio del visto dingresso ed il provvedimento di rifiuto, rinnovo o revoca del permesso di soggiorno allaccertamento della sussistenza degli stessi requisiti pare rispondere coerentemente alla medesima logica. Infatti, in una simile equiparazione appare palese che lintento del legislatore consista nellassicurarsi un mezzo con cui accertare costantemente la sussistenza e la permanenza in capo allo straniero soggiornante in Italia delle medesime condizioni legittimanti del- lingresso. In breve, il legislatore parrebbe ispirarsi ad un criterio di continuit dei requisiti di validit del soggiorno. In tal senso, emerge con chiarezza la duplice valenza del permesso di soggiorno condivisa oltretutto anche da consolidata giurisprudenza (4) che, se da un lato legittima formalmente la condizione di permanenza stabile sul territorio dello Stato, dallaltro rappresenta lo strumento attraverso cui le autorit di polizia possono procedere ad un controllo preventivo, finalizzato alle esigenze di tutela di sicurezza e di cura dellordine pubblico. Pertanto, proprio in ragione della necessit di rendere possibile il costante controllo dellautorit pubblica, le norme del T.U. sul permesso di soggiorno sono puntuali e specifiche. In particolare, si sta facendo riferimento alle disposizioni del Regolamento dattuazione in cui si prevede che il permesso di soggiorno riporti per iscritto il motivo indicato nel visto dingresso, che secondo alcuni (5) finirebbe per irrigidire ecces( 2) Cass. Civ., sez. I, n. 210 del 2005. (3) C.d.S., sent. 424 del 2 febbraio 2007, sez. VI: Lart. 4, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998 come sostituito dalla L. n. 189 del 2002, prevede che non ammesso in Italia lo straniero che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ex art. 444, c.p.p., per i reati previsti dai commi 1 e 2, art. 380 c.p.p., ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libert sessuale, il favoreggiamento dellimmigrazione clandestina verso lItalia e dellemigrazione clandestina dallItalia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attivit. Lart. 5, comma 5, D.Lgs. n. 286 del 1998, prevede che il permesso di soggiorno od il suo rinnovo sia rifiutato e, se il permesso di soggiorno stato rilasciato, esso sia revocato, quando manchino o vengano a mancare i requisiti richiesti per lingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato. Ne consegue la legittimit della revoca, vincolata, del permesso di soggiorno dello straniero che ha commesso un reato rientrante fra quelli di cui dallart. 380 c.p.p., commi 1 e 2, adeguatamente motivato col richiamo alle norme di legge. In tal senso anche C.d.S., sent. 410, 1 febbraio 2007, Sez. VI., ma anche TAR Campania - Napoli, sez. IV, sent. n. 3832, 27 aprile 2006. (4) Si veda in particolare C.d.S., sez. IV, 30 marzo 20 maggio 1999, n. 870, in cui riconosce al permesso di soggiorno non solo la finalit di verificare i requisiti dello straniero a soggiornare in Italia, ma anche lulteriore scopo di facilitare la localizzazione del medesimo ai fini della verifica in concreto della sua permanenza. (5) In merito si veda PAOLO BONETTI, Ingresso, Soggiorno ed Allontanamento, in BRUNO NASCIMBENE, Diritto degli stranieri, p. 328, Padova, 2003. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1/2008 sivamente la posizione dello straniero e per non tener conto dei possibili cambiamenti della vita quotidiana. In realt, proprio la necessit di contemperare le esigenze di garanzia dellordine pubblico con i diritti dello straniero sembrerebbe richiedere al legislatore una cautela tale che solamente la puntualit e la specificit del testo normativo sembrano offrire, in conformit a quanto richiede la riserva di legge prevista dallart 10 co. 2 Cost. Infatti, laddove costituzionalmente previsto lintervento del legislatore, la disciplina non solo deve essere dettata esclusivamente dalla legge, ma questultima, a parere di chi scrive, deve essere quanto pi possibile stringente, al fine di ridurre il margine valutativo in sede di interpretazione. In proposito, come si vedr anche in seguito (6), il legislatore sembra muoversi lungo uno schema binario: in primis provvede a dettare la regola generale, in secundis si preoccupa di disciplinarne le eccezioni. Si noti, sempre egli stesso che esercita il potere derogatorio con gli effetti pi vistosi, da un lato, di conservare in capo a s la disciplina dellimmigrazione, dallaltro, di attenuare la rigidit della disposizione puntuale proprio in considerazione di specifiche esigenze. Pertanto, alla luce di quanto finora esposto, non sembra condivisibile lopinione (7) di chi sostiene che la normativa sullimmigrazione, ed in particolare le norme sullingresso ed il soggiorno dello straniero, renderebbero la condizione di questultimo incerta e precaria con la conseguenza di non favorirne lintegrazione nel Paese ospitante. Tuttavia, qui si ritiene che una simile impostazione tenderebbe a sottovalutare le ragioni su cui si fonda la ratio stessa degli istituti in esame, ovvero la garanzia dellordine pubblico, a fronte delle esigenze dello straniero che, tuttavia, laddove non venga in alcun modo posto in discussione il principio dellaffidamento, trovano ben ampia tutela nel testo normativo. Pertanto, al fine di provare a comprendere la ratio che sottende la spinosa (8) materia della regolazione dellimmigrazione, in questa sede, pare opportuno soffermarsi in primo luogo sullanalisi delle condizioni legittimanti lingresso e, di qui, la permanenza dello straniero in Italia a partire da una lettura testuale della disposizione. (6) In riferimento ai motivi familiari e alle cause di esclusione dellespulsione si veda infra. (7) Si confronti GUIDO SIRIANNI, La polizia degli stranieri, Torino, 1999, p. 60. (8) Si scelto il presente aggettivo al fine di suggerire una pi ampia riflessione sui temi connessi ai diritti fondamentali dello straniero, alla tutela costituzionale dello straniero, alla natura della situazione giuridica soggettiva dello straniero, di cui la presente sede non consente una trattazione specifica e puntuale. Tuttavia, sui primi temi si rinvia ex multis ALESSANDRO PACE, Problematica delle libert costituzionali, Padova, 2003, GIUSEPPE UGO RESCIGNO, Cittadinanza: riflessioni sulla parola e sulla cosa, in Riv. Dir. Cost, 1997, p. 37 e dello stesso autore Note sulla cittadinanza, in Dir. Pubbl., 2000, p. 751; STEFANO SICCARDI, Limmigrato e la Costituzione. Note sulla dottrina e sulla giurisprudenza costituzionale, Giur. it, 1996, p. 316; circa la configurabilit di una nuova situazione giuridica si veda ALESSANDRO CACCIARI mentre per la ricostruzione della posizione dello straniero in termini di soggezione si veda pi dettagliatamente GUIDO SIRIANNI, cit, p. 79. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Prima di passare a tale esame occorre fare unultima precisazione con riguardo alla lettera della disposizione di cui allart. 5 co. 5 T.U. laddove ricollega alla mancanza dei requisiti necessari per lingresso ed il soggiorno un provvedimento di revoca. Sebbene si sia sostenuto (9) che i provvedimenti di revoca, rifiuto di rinnovo e annullamento del permesso siano stati configurati dal legislatore alla stregua di provvedimenti di polizia, cio di provvedimenti attinenti allattivit di prevenzione tipica dellautorit di pubblica sicurezza, di fronte ai quali lo straniero non potrebbe esercitare neppure in tale procedimento i diritti tipici del procedimento amministrativo previsti dalla legge 241/1990, tale orientamento deve ritenersi superato dalla pi recente giurisprudenza (10). Infatti, si affermato che il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno debba essere preceduto da un regolare atto di comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi degli articoli 7, 8, 9 e 10 legge 7 agosto 1990 n. 241, salvo che ricorrano comprovate ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerit del procedimento, di conseguenza sembrando che il provvedimento di diniego abbia natura di vero e proprio atto amministrativo a cui siano applicabili le previsioni della legge 241/1990. Pur tuttavia, le suddette considerazioni non compromettono il rilevo secondo cui, a differenza dalla legge sul procedimento amministrativo laddove sono distinte le ipotesi di revoca e di annullamento, il legislatore nel T.U. abbia pensato ad una revoca intesa in senso atecnico, come tale comprendente anche listituto dellannullamento (11). E ci per la semplice considerazione che nel comma 5 art. 5 il legislatore equipara, quanto ai presupposti e alle conseguenze, alla revoca il rifiuto originario del permesso o del suo rinnovo. 2. Condizioni per laccesso e la permanenza dello straniero in Italia. Autosufficienza dei motivi ostativi alla luce dellinterpretazione letterale del T.U. Immigrazione. Lart. 4 comma 3 prevede tre motivi ostativi al rilascio del visto dingresso (mancanza di requisiti, minaccia dellordine pubblico, condanna), colle (9) PAOLO BONETTI, Ingresso, Soggiorno ed Allontanamento, in BRUNO NASCIMBENE, Diritto degli stranieri, p. 328, Padova, 2003. (10) T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 14 febbraio 2007, n. 34; Consiglio Stato , sez. VI, 19 gennaio 2007, n. 109. (11) Peraltro in proposito, si consideri lulteriore profilo delladozione di provvedimenti di diniego in considerazione degli elementi richiesti allart. 21 nonies l. 241/1990 ai fini dellannullamento dufficio, con specifico riferimento a quei casi in cui sia emersa solo dopo molto tempo la mancanza dei requisiti necessari per lingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato. In particolare, tale disposizione prevede quali condizioni per lannullamento del provvedimento amministrativo, sussistendo le ragioni di interesse pubblico, un termine ragionevole e che si tenga conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Tuttavia, sebbene possa apparire in contrasto con quanto sostenuto finora, in proposito si ritengono prevalenti le ragioni a sostegno della previsione del termine ragionevole. Infatti, tale specifico termine volto essenzialmente ad assicurare un principio di certezza del diritto e della tutela dellaffidamento legittimo. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1/2008 gati tra loro per il tramite della proposizione o. Pertanto, se risulta intuitivo che il primo requisito non solleva particolari dubbi, ben pi problematico appare individuare la relazione tra il secondo ed il terzo elemento. Ad uninterpretazione testuale e letterale della norma secondo i canoni ermeneutici prescritti dallart. 12 disp. att. c.c. (12), la preposizione semplice impiegata dal legislatore appartiene alle preposizioni disgiuntive. Da tale considerazione dovrebbe trarsi agilmente che ogni elemento rappresenta un requisito autonomo ed indipendente, di talch dovrebbe dedursi la pari ordinazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie. Linterpretazione in senso disgiuntivo di tali elementi comporta, in primis, che ciascuno di essi sarebbe di per s idoneo ad arrestare la procedura di rilascio del permesso di soggiorno ed, in secundis, che la mancanza di anche uno solo di essi determinerebbe il mancato rilascio del titolo di soggiorno. Accedendo, ad una simile interpretazione, appare piuttosto limpido che non esiste una diretta correlazione tra il secondo ed il terzo elemento e che, pertanto, entrambi questultimi elementi rilevano autonomamente e in modo del tutto autosufficiente, al pari del primo. Inoltre, sempre alla luce della ricostruzione prospettata non pu accogliersi la tesi che presuppone la necessaria verifica della contemporaneit della condanna e della pericolosit sociale, in quanto una simile valutazione sembra finire per anteporre la pericolosit sociale alla condanna in una relazione di causa-effetto. Infatti, una simile visione ridurrebbe la condanna (si badi per determinati reati, e non per qualunque reato) a mero presupposto per la valutazione della pericolosit sociale, ed oltretutto ci attribuirebbe ampi poteri discrezionali in capo al questore. Invece, si qui sostenuta la volont della disposizione di dotare di propria autonomia ciascun segmento normativo e di garantire la pari ordinazione tra gli stessi. Pertanto, il subordinare in via di fatto la circostanza della presenza della condanna allaccertamento della concreta minaccia pare del tutto fuorviante e poco fedele alle intenzioni del legislatore, il quale, se avesse voluto indurre lautorit pubblica a contemperare nella verifica entrambi i motivi ostativi, avrebbe senzaltro scelto di coordinarli impiegando la preposizione e e non la disgiuntiva o. Ancora si consideri che proprio la formulazione letterale della disposizione contribuisce ad escludere un ruolo attivo (e quindi valutativo) dellamministrazione pubblica (13), in quanto lart. 4 co. 3 non si rivolge direttamente al soggetto agente, bens predilige una costruzione passiva e negativa (Non ammesso lo straniero che non), volta a mettere in evidenza le ragioni, dettagliatamente indicate, che comportano lesclusione dei titoli di sog (12) Art. 12 co. 1 disp. att. c.c recita: Nellapplicare la legge non si pu ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. (13) Sullesistenza di un automatismo tra la condanna e limpossibilit di continuare il soggiorno in Italia si veda TAR Trentino Alto Adige - Trento , sent. n. 164 del 16 maggio 2006. IL CONTENZIOSO NAZIONALE giorno. Pertanto, a buon diritto dalla disposizione in esame sembra dedursi la volont del legislatore di riservare a se stesso la scelta esclusiva delle situazioni ostative, con la conseguenza di precludere, secondo il principio costituzionale della divisione dei poteri, margini discrezionali in capo alla P.A. (14). Pi nel dettaglio, lassenza di spazio discrezionale in capo allAmministrazione parrebbe essere nuovamente confermato dallipotesi di espulsione prevista allart. 7 della legge 39 del 1990, in cui ugualmente sono presupposti i delitti ex art. 380 co. 1 e 2 c.p.p. ma, dovendo la pronuncia essere emessa obbligatoriamente, si finisce con il negare in toto la valutazione della pericolosit sociale. Ci non di meno, pur volendo prescindere dagli aspetti pi propriamente letterali, non pare possa farsi a meno di rilevare il nesso di contenuto tra la pericolosit sociale ed i reati ex art. 380 c.p.p.. Tuttavia, il tacito riferimento dei reati elencati nellart. 4 co. 3 alla pericolosit sociale, non sembra di per s idoneo a legittimare unulteriore valutazione in tal senso da parte del questore. In primo luogo, non pu sottovalutarsi che ai fini del divieto di rilascio del titolo abilitativo allingresso necessaria una condanna per alcuni tra i reati pi afflittivi nei confronti dello Stato: da un lato, per i reati per i quali previsto larresto in flagranza ex. art. 380 c.p.p. e che, quindi, per questo solo fatto rivelano lintenzione del legislatore di classificarli come reati particolarmente gravi (15); dallaltro, per i reati specificatamente previsti, volti a punire comportamenti che ledono diritti fondamentali della persona e rappresentano violazioni che comportano elevato allarme sociale. Pertanto, proprio in ragione delle specifiche norme incriminatrici tassativamente elencate nellart 4 co. 3 e dei beni giuridici a tutela dei quali esse sono poste, pu dedursi che la valutazione della pericolosit sociale rimane assorbita dalla condanna: colui che ha commesso uno di quei reati socialmente pericoloso (16), in quanto lautorit giudiziaria ha gi accertato con condanna che costui ha posto in essere dei comportamenti illeciti volti a ledere lincolumit pubblica e la personalit dello Stato. (14) Dello stesso orientamento pare essere il TAR Veneto - Venezia, sez. III, sent. n. 1493 dell8 maggio 2007. (15) In cui il legislatore ha fondato i presupposti dellarresto obbligatorio sulla natura di delitto non colposo del fatto commesso; sulla flagranza di esso e sulla gravit del delitto che alternativamente correlata: alla misura della pena edittale (co. 1) ; alla specificit del delitto e, quindi, alla sua inclusione in un elenco tassativo (co. 2) che per queste ultime ipotesi lobbligatoriet dellarresto correlata alla salvaguardia della sicurezza collettiva e della tranquillit sociale. In giurisprudenza si veda TAR Piemonte - Torino, sez. II, n. 4619 del 12 dicembre 2006; in giurisprudenza sullinesistenza di alcuna concreta verifica della gravit del reato in capo allAmministrazione si veda da ultimo TAR Veneto- Venezia, sez. III, sent. n. 1439, 8 maggio 2007. (16) Sulla gravit dei reati ex art. 380 c.p.p. e sulla natura della condotta del soggetto agente si veda la dottrina di FRANCESCO ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte speciale, vol. II, Giuffr, 2003, p. 3-58 e p. 558-647; in giurisprudenza si veda la sent. del C.d.S. n. 359 del 30 gennaio 2007, sez. VI in cui si afferma che: il citato art. 4, comma 3, non d RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1/2008 Tuttavia, tale tesi, fondata su argomenti sia testuali che contenutistici, sebbene inizialmente sembrata inserirsi nel solco di alcuna giurisprudenza (17), sembra andare contro tendenza rispetto alla giurisprudenza sempre pi costante dei T.A.R. che gi allindomani della riforma, assumendo un atteggiamento di particolare tolleranza nei confronti dello straniero, hanno via via interpretato in senso congiuntivo il secondo con il terzo elemento, ritenendo necessaria anche la valutazione circa la pericolosit sociale dello straniero, ancorch in presenza di condanna per uno dei reati espressamente elencati (18). Ci non di meno, la giurisprudenza amministrativa di primo grado finanche giunta a riconoscere unampia discrezionalit in capo allautorit pubblica con la conseguenza di svalutare il momento valutativo effettuato in sede penalistica, provvedendo a distinguere la valutazione di pericolosit sociale svolta dallamministrazione nel rilascio del permesso di soggiorno dal giudizio penale (19). Tuttavia, da ultimo la giurisprudenza amministrativa ha mostrato uninversione di tendenza (20), scindendo la valutazione luogo a dubbi di costituzionalit, in quanto lintervento di una sentenza penale di condanna per reati di particolare gravit quali quelli indicati dalla norma stessa, anche se non passata in giudicato, di per s indice di pericolosit sociale e di minaccia per lordine pubblico. Tanto vero che lart. 86 del d.P.R. n. 309/1990 prevede, a pena espiata, lespulsione dallo Stato dello straniero condannato per alcuni reati, tra cui quello previsto dallart. 73 del decreto medesimo. (17) Si veda sempre C.d.S., sent n. 7979/2004, in cui si afferma che la valutazione degli elementi ex art. 4 co 3 debba farsi in via autonoma ed indipendente, in quanto il giudizio di pericolosit sociale su cui si fonda il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno non postula necessariamente lesistenza di una sentenza irrevocabile di condanna, essendovi sufficienti anche una serie di indizi e di fatti purch da essi possa ragionevolmente desumersi linclinazione del soggetto a delinquere. (18) In tal senso, rimane emblematico il caso del TAR Lombardia - Brescia, che con ben due ordinanze ha sollevato la questione di legittimit costituzionale del combinato disposto degli articoli 4 co. 3 e 5 co. 5 nella parte in cui fanno discendere automaticamente lobbligo di rigettare listanza di rinnovo del permesso di soggiorno per gli stranieri condannati per i reati previsti dallart. 4 co. 3. La prima volta la questione era stata sollevata nel 2003 e su di essa la Corte costituzionale con lordinanza 9/2005 aveva dichiarato la manifesta infondatezza per la mancanza del requisito della rilevanza. Successivamente, nel 2005, il TAR Brescia sollevava nuovamente la questione di legittimit che questa volta la Corte Costituzionale con sent. 414/2006 ha dichiarato inammissibile, in quanto il rimettente non ha fornito alcuna motivazione circa limpossibilit di pervenire ad uninterpretazione che escluda lapplicabilit delle disposizioni censurate nelle fattispecie oggetto del giudizio a quo. Sul punto si veda anche TAR Emilia Romagna - Bologna, sent. 28 luglio 2003, n 1035 in cui il TAR espressamente afferma che in particolare le condanne inflitte dal giudice penale, vanno considerate non sulla base di presunzioni automatiche e assolute di pericolosit del soggetto che ha gi commesso un reato incluso fra quelli ivi indicati, ma in concreto, tenendo conto dei giudizi prognostici concreti contenuti nella sentenza di condanna. (19) Si veda sul punto espressamente TAR Veneto - Venezia, sent. n. 484 del 17 gennaio 2003, tuttavia nel caso in esame la statuizione perde tutta la propria forza in quanto non sufficientemente motivata ed affermata in via meramente assertiva. (20) TAR Toscana, Firenze, 19 dicembre 2007 n. 5043. IL CONTENZIOSO NAZIONALE della pericolosit sociale dalla sussistenza di una condanna, rappresentando questultima, di per s, un indice presuntivo di pericolosit sociale o quanto meno di riprovevolezza, nel senso di immeritevolezza ai fini della permanenza dello straniero in Italia (21). Infine, si rilevi che ulteriori elementi a conferma di una valutazione autonoma degli elementi individuati dallart. 4 co. 3 sembrerebbero rinvenibili anche in altre disposizioni del Testo Unico. In particolare, con riferimento alla presentazione di documentazione falsa e contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto, lo stesso legislatore che allart. 4 co. 2 prevede un automatico rigetto della domanda per inammissibilit (22), rimanendo assorbito, in quanto presupposto, ogni giudizio di pericolosit sociale nel comportamento dello straniero lesivo del principio di affidamento. 3. La condanna. Avendo fin qui dimostrato lautosufficienza dei due elementi su cui fondare il diniego od il rifiuto del visto dingresso/ permesso di soggiorno, ci si domanda: in quali casi rileva la pericolosit sociale? In che senso va inteso il sostantivo condanna di cui allart. 4 co. 3? A tale ultimo fine pare opportuno quantomeno soffermarsi sul significato del termine condanna e, infine, sullintroduzione della sentenza di patteggiamento ex art. 444 c.p. come ulteriore pronuncia ostativa al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno. Per ci che attiene specificatamente al primo aspetto, uninterpretazione letterale della norma vorrebbe che lelemento preclusivo per il rilascio del titolo abilitativo allingresso ed al soggiorno del soggetto in Italia sia propriamente una condanna. Ad una lettura testuale, appare alquanto evidente che la condizione della condanna, in quanto in connessione con specifici reati, tassativamente elencati, debba essere ricondotta alla nozione penalistica della medesima. Inoltre, la volont del legislatore di richiamare il concetto processual-penalistico sembrerebbe aver trovato ulteriore conferma con la legge 189 del 2002 pi sopra richiamata con la quale, introducendo anche la sentenza di patteggiamento come motivo ostativo al rilascio, si in fin dei conti proceduto ad evocare un ulteriore elemento penalistico. In proposito, risolutivo di tale questione pare essere lart. 533 c.p.p. che, rubricato Condanna dellimputato, delimita chiaramente il proprio oggetto, in quanto statuisce che la sentenza di condanna consiste in quella specifica decisione, emessa a seguito di un procedimento penale conclusosi con laccertamento della colpevolezza dellimputato (23). Pertanto, una sentenza di condanna (21) TAR Toscana, Firenze, 6 dicembre 2007 n. 4678; TAR Trentino Alto Adige 23 novembre 2007 n. 344; TAR Campania 9 agosto 2007 n. 7415; TAR Veneto 8 maggio 2007 n. 1439; TAR Piemonte 7 maggio 2007 n. 2046. (22) TAR Campania, Napoli, sez. IV, 7 agosto 2006 n. 7876. (23) bene a questo punto sottolineare la volont del legislatore penale che in sede di riforma ha preferito a fini garantistici vincolare lemissione della sentenza di condanna RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1/2008 caratterizzata dalla compresenza di tre elementi: 1) una sentenza, perci rappresenta il momento decisionale-conclusivo di un processo; 2) una sentenza emessa nel corso di un procedimento penale che, notoriamente, un procedimento fasico; 3) una sentenza di condanna perci attribuisce in capo allimputato la responsabilit penale, ovvero imputa a costui la commissione di un fatto ritenuto penalmente illecito dallordinamento. Una simile precisazione, pare opportuno sottolineare, non rappresenta un eccesso di pedanteria giuridica, in quanto a far chiarezza sul punto stata chiamata la stessa Corte Costituzionale. Infatti, la questione parsa complicarsi con lentrata in vigore del d.l. 195/2002 (poi convertito in legge 222/2002) in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, che ha sollevato il problema della rilevanza della mera denuncia ai fini dellespulsione dello straniero. Ai sensi del decreto legge su indicato, la dichiarazione di emersione, compiuta dal datore di lavoro, consente al lavoratore di rimanere sul territorio nazionale fino a quando il procedimento non terminato (con il rilascio del permesso di soggiorno ovvero il diniego) e al datore di lavoro di non essere punito per tutte le violazioni (comunque afferenti alloccupazione, art. 1, comma 6 legge 222/2002), di carattere penale o amministrativo, delle norme relative al soggiorno e al lavoro. Fino alla definizione del procedimento non applicabile a carico del datore di lavoro la norma penale che sanziona loccupazione illegittima di un lavoratore, privo di permesso o con permesso scaduto, revocato, annullato (art. 22, comma 12 t.u.; la rilevanza penale del fatto previsto da detta norma cos sospesa, art. 1, comma 6 citato). Tale favor soltanto attenuato dallaver escluso dalla sanatoria gli stranieri che siano stati espulsi per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Anche in tal caso, ove la sfera dei beneficiari (pur espulsi) viene ristretta, si afferma che possono comunque sussistere condizioni per la revoca del provvedimento di espulsione in presenza di circostanze obiettive riguardanti linserimento sociale (art. 1, comma 8, lett. a), escludendo, alla fine, solo alcune limitate categorie di stranieri (si tratta di coloro che: siano o siano stati sottoposti a procedimento penale per delitto non colposo conclusosi, in sostanza, con la condanna; espulsi con accompagnamento alla frontiera mediante la forza pubblica; rientrati illegittimamente nel territorio nazionale dopo lespulsione; segnalati ai fini della non ammissione; denunciati per uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p. o destinatari di una misura di prevenzione o di sicurezza, art. 1, 8 comma, lett. a, b, c). Pertanto dalla lettera della norma appare di tutta evidenza che risultano esclusi dallambio della sanatoria coloro che siano quantomeno denunciati allaccertamento della colpevolezza dellimputato, sostituendo il carattere residuale della sentenza di condanna (prima si diceva fuori dei casi in cui non fosse previsto il proscioglimento). IL CONTENZIOSO NAZIONALE per uno dei reati suddetti. Tale novit normativa pare aver ispirato lorientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato che, inizialmente, ha ritenuto condizione legittima di espulsione la mera denuncia, in quanto essa, al pari della condanna, rappresenterebbe una situazione di conflitto tra lo straniero e lordinamento interno (24). Tuttavia, la Corte Costituzionale nella sentenza 78/2005, intervenuta a censurare una serie di norme in relazione a tale specifico profilo ed ha, inoltre, riconosciuto che la denuncia nulla prova riguardo la colpevolezza o alla pericolosit del soggetto indicato come autore degli atti che il denunciante riferisce (25). Inoltre, la giurisprudenza (26) ha finanche ritenuto elemento fondante del diniego del rinnovo del permesso di soggiorno al pari della condanna espressamente prevista anche il mero decreto di rinvio a giudizio emesso dal GUP ai sensi dellart. 424 c.p.p. ancorch la forma di decreto sia posta volutamente a garanzia dellimputato nel corso del procedimento non ancora concluso. Di altro tenore appare, poi, la questione circa lindefettibilit o meno del carattere di definitivit della condanna poich, in assenza di espresso divieto del legislatore, pare debba protendersi per lequiparazione della sentenza definitiva e quella non ancora passata in giudicato, per la quale sia ancora possibile proporre impugnazione (27). Infine, lultimo aspetto da rilevare circa la condanna ex art. 4 co. 3 attiene alla natura della medesima: la lettera della norma espressamente prevede che la sentenza sia patteggiata o di condanna. Il testo normativo attualmente in vigore equipara le due diverse sentenze, nonostante il legislatore abbia provveduto a tale pari ordinazione in momenti successivi. Di conseguenza, la condanna per i reati di cui agli artt. 380-381 c.p.p. vincola lautorit amministrativa a rifiutare il rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno e ci a prescindere dalla natura della relativa sentenza (di condanna o patteggiata) (28). In realt, una simile novellazione del testo ha comportato non poche conseguenze, soprattutto a livello processuale, per i dinieghi emessi sulla (24) C.d.S., sez. IV, sent. 238/2002. (25) Sent. Corte Cost. n 78/2005, punto 3 del Cons. Dir., in dottrina si veda GUIDO SAVIO, Scheda, Nota a commento a Corte Costituzionale n. 78/2005, 18 febbraio 2005, in Diritto,Immigrazione e Cittadinanza, 2005, fasc. 6, p. 103. (26) C.d.S., sez. IV, sent. n. 6704/2006 in cui si afferma che il Collegio deve osservare che nel caso in esame gli atti impugnati nel giudizio di primo grado sono basati, oltre che sulla sentenza patteggiata avanti indicata, anche su altri due essenziali presupposti: da una parte, la sentenza del Tribunale di Bari n 25 settembre 2002, n. 1486, di condanna a tre anni di reclusione, per favoreggiamento dellimmigrazione clandestina in concorso, anche se, al momento della proposizione dellattuale appello, non ancora passata in giudicato, e dallaltra, lapplicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale sopra specificata. (27) In tal senso si veda C.d.S., Sez. VI, sent. n 359 del 30 gennaio 2007. (28) TAR Veneto, sez. III, n. 795 del 2008; TAR Emilia Romagna Bologna, sez. I, n. 165/2008. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1/2008 base di sentenze patteggiate in date anteriori al 2002, anno dellentrata in vigore della modifica legislativa. Si consideri, a tal fine, che nel vigore della disciplina previgente la condanna patteggiata non era, da sola, sufficiente a precludere il soggiorno in Italia ai cittadini extracomunitari, richiedendosi a tal fine a carico dello straniero un motivato giudizio di pericolosit sociale in forza del quale questi potesse considerarsi una minaccia per lordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Tuttavia, i T.A.R. (29) e da ultimo anche il Consiglio di Stato (30) hanno pian piano accolto le doglianze degli stranieri che impugnavano i decreti di mancato rinnovo o di espulsione sulla base di tali motivazioni e hanno sostenuto che la disciplina di cui allart. 4 co. 1 b) legge 189/2002 non trova applicazione nel caso in cui il procedimento di applicazione della pena ai sensi dellart. 444 c.p.p. per i reati ivi contemplati sia iniziato e/o concluso anteriormente allentrata in vigore della legge 189/2002. Si affermato, innanzitutto, che alla componente negoziale propria del patteggiamento si raccorda lesigenza che lo stesso sia chiamato ad espl