Spii/. iilJ&;'faJsla .; (10'%) .ROMA Glt:NNAIO -&:RZO 1994 RAJECGNA AVVOCATURA DJEIL1LO TATO ftVVc1' NG-oL..o ISTITUTO POLIGRAFICO B ZBCCA DBLLO STATO ROMA 1994 Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. ANNO XLVI N. 1 GENNAIO -MARZO 1994 IRL&JECGNA AWW(Q)CCA1r1UJRA TIJ)JEILIL(Q) 1rA1r(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1994 m1-,~-""'~--'"-"'c'-if".________""~ ,'" "'~''.>" :_'_'"". ' --JWi@tfilffitl , , ~'-.. , ~, ,,. ,,Witill ,_x,,.,.ii. X. ABBONAMENTI ANNO 1994 ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 52.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13.500 . Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6219091) Roma', 1994 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del- l'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara) . . . 59 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e AntoniG' Cingolo) . . . . . . . . . . . . . . . 92 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a /'avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . . cura de/ 147 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafile) . . . . (a cura dell'av 151 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA PENALE )) 171 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI QUESTIONI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . RASSEGNA DI DOTTRINA . CONSULTAZIONI ..... . . pag. )) )) )) 13 15 23 Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafani - La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI O. FIUMARA, Procedimento penale per reati ministeriali. Competenza dello speciale Collegio istituito dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 172 R. FoLCHlNI, L'intervento delfAvvocato dello Stato in un processo storico (dai ricordi di un giudice popolare) . . . . . . . . . . . . . . Il, V. Russo, L'indennit di espropriazione nella legislazione e nella giurisprudenza costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 2 G. STIPO, Orientamenti giurisprudenziali sulle deduzioni difensive nel processo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 124 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ANTICHIT E BELLE ARTI -Alienazione abusiva di cose di interesse artistico -Sanzione pecuniaria ex art. 64 legge 1 giugno 1939, n. 1089 -Accertamento dei presupposti -Giurisdizione ordinaria -Sussistenza, 139. ATTO AMMINISTRATIVO -Accesso ai documenti -Diritto -Riguardo gli atti di un concorso Fattispecie, 147. -Accesso ai documenti -Interesse del richiedente -Caratteristiche -Individuazione, 147. COMUNIT EUROPEE -Inadempimento -Spedizionieri doganali, 80. -Libera circolazione dei lavoratori Concorso per un impiego nella pubblica amministrazione -Esperienza professionale maturata in un altro Stato membro, 89. -Libera circolazione delle merci Divieto di rivendita in perdita, 59. -Libera circolazione delle merci Prodotti farmaceutici -Divieto di pubblicit di fuori delle farmacie, 59. CONCORRENZA (DISCIPLINA DELLA) -Autorit garante -Sanzioni amministrative -Opposizione -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 132. CORTE COSTITUZIONALE -Legge -Procedimento formativo Questione di legittimit costituzionale -Inammissibilit,, con nota di V. Russo, 1. ELEZIONI -Regione -Cause ineleggibilit ed incompatibilit -Allargamento elettorato passivo rispetto alla disciplina nazionale -Illegittimit, 55. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Indennit -Aree edificabili -Nuovo criterio di determinazione -Procedimenti in corso -Applicazione retroattiva -Questione di legittimit costituzionale -Infondatezza, con nota di V. Russo, 1. -Indennit -Aree edificabili -Nuovo criterio di determinazione -Questione di legittimit costituzionale -Infondatezza, con nota di V. Russo, 1. -Indennit -Aree edificabili -Nuovo criterio di determinazione -Soggetti gi espropriati alla data di entrata in vigore della legge -Inapplicabilit del beneficio previsto per la cessione volontaria -Incostituzionalit, con nota di V. Russo, 1. -Indennit -Edificabilit di fatto Regolamento -Mancata indicazione dei criteri e del termine -Questione di legittimit costituzionale -Infondatezza, con nota di V. Russo, 1. -Occupazione appropriativa -Compimento di opere irreversibili -Determinazione e offerta dell'indennit di esproprio -Riconoscimento del diritto al risarcimento del danno Esclusione, 136. LAVORO -Controversie individuali -Contestazione dell'intero credito preteso dall'attore -Onere per il convenuto di contestazione specifica dei conteggi Non sussiste, con nota di G. STIPO, 121. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO VI OBBLIGAZIONI IN GENERE -Gestione di affari -Arricchimento senza causa Termine iniziale di prescnz1one -Decorrenza dal completamento del depauperamento di una parte -Non necessaria coincidenza col riconoscimento della utilitas da parte del beneficiario, 108. -Gestione di affari -Attivit non ancora obbligatoria per la pubblica amministrazione -Incremento patrimoniale o evitata diminuzione patrimoniale -Utiliter coeptum -Sussistenza, 108. -Gestione di affari -Impossibilit della pubblica amministrazione di provvedere in tempi brevi -Sostituzione del privato alla pubblica amministrazione -Esclusione, 108. PREVIDENZA -Crediti previdenziali -Interessi -Decorrenza, 92. PROCEDIMENTO CIVILE -Impugnazioni -Decreto ex art. 745 c.p.c. su ricorso contro rifiuto del cancelliere di rilasciare copia della sentenza -Atto di volontaria giurisdizione -Natura decisoria -Esclusione -Ricorso ex art. 111 Cost. Inammissibilit, 106. PROCEDIMENTO PENALE -Procedimento penale per reati ministeriali -Conflitto di competenza fra Collegio per i reati ministeriali e G.U.P., 171. -Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena per i soggetti affetti da infezione da HIV -Discriminazione rispetto ai malati comuni -Infondatezza, 49. -Udienza preliminare -Incidente probatorio -Preclusione -Illegittimit, 53. REATO -Provvedimenti antimafia -Possesso di beni di valore sproporzionato alla attivit svolta -Mancata giustificazione da parte di soggetto sottoposto a procedimento penale -Violazione principio presunzione non colpevolezza -Illegittimit, 41. -Truffa -Comunit europee -Aiuti comunitari -Repressione, 28. REGIONI -Conflitto di attribuzione -Corte dei Conti -Controllo sugli atti -Nuovo regime, 37. STATO CIVILE -Personalit (diritti della) -Cognome -Mutamento per fatti involontari -Pregiudizio all'identit personale -Diritto alla conservazione, 24. TRASPORTI -Ferrovie -Personale delle Ferrovie dello Stato -Compenso per lavoro straordinario -Periodo antecedente la contrattazione collettiva -Determinazione, con nota di G. STIPO, 121. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi fondiari -Reddito dei fabbricati -Catasto -Categoria di classamento -Castelli e palazzi di eminente pregio artistico -Categoria A/9 -Riferimento all'intero immobile -Destinazione effettiva -Irrilevanza, 154. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento -Istruttoria -Documenti atti e notizie acquisiti nell'esercizio di poteri di polizia giudiziaria -Istruttoria penale nei confronti di soci -Utilizzazione nei confronti della societ di fatto fra gli indagati -Legittimit, 168. -Contezioso tributario -Notificazione -Consegna a persona di famiglia -Omessa indicazione nella relazione del luogo di consegna della copia -Nullit, 165. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA -Contenzioso tributarfo Impugnazione -Responsabile per la sanzione Legittimazione -Esclusione, 166. -Riscossione -Versamenti diretti Istituto di credito delegato -Ritardato versamento in tesoreria -Penale -Natura -Riducibilit -Esclusione, 151. -Riscossione -Versamenti diretti Istituto di credito delegato -Versa mento ad ufficio incompetente Applicabilit della penale -Elemento soggettivo -Irrilevanza, 169. -Sanzioni -Elemento intenzionale Volontariet del fatto -Sufficienza, 152. - Violazione di leggi finanziarie -Misure conservative -Opposizione Giudice competente -Foro dello Stato, 164. - INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 16 giugno 1993, n. 283 . . 3 febbraio 1994, n. 13 . 10 febbraio 1994, n. 25 . 17 febbraio 1994, n. 40 . 17 febbraio 1994, n. 48 . 3 marzo 1994, n. 70. 10 marzo 1994, n. 77 . 15 marzo 1994, n. 84 . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Plenum, 24 novembre 1993, nelle cause riunite C-267 e 268/91 . Plenum, 15 dicembre 1993, nella causa C-292/92. Plenum, 9 febbraio 1994, nella causa C-119/92 . Plenum, 23 febbraio 1994, nella causa C-419/92 .. GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 30 luglio 1993, n. 8478 . Sez. I, 21 settembre 1993, n. 9660 . Sez. I, 4 novembre 1993, n. 10916 . Sez. I, 4 novembre 1993, n. 10929 . Sez. I, 9 novembre 1993, n. 11061 . Sez. I, 19 novembre 1993, n. 11445 . Sez. I, 2 dicembre 1993, n. 11957 . . . Sez. I, 3 dicembre 1993, n. 12021 . . . Sez. Lav., 22 dicembre 1993, n. 12708 . Sez. I, 24 dicembre 1993, n. 12777 . Sez. Un., 5 gennaio 1994, n. 52 . Sez. I, 14 gennaio 1994, n. 337 . . Sez. I, 20 gennaio 1994, n. 516 . . Sez. Un., 28 gennaio 1994, n. 728 . Sez. I, 23 febbraio 1994, n. 1815 . pag. 1 24 )) 28 )) 37 )) 41 )) 49 )) 53 55 pag. 59 59 )) 80 89 pag. )) )) )) )) )) )) )) )) )) 92 151 106 152 108 154 164 165 121 166 132 136 168 139 169 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV -11 gennaio 1994, n. 21 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 147 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I penale, 4 marzo 1994 (dep. il 21 aprile 1994) n. 1099 . . . . . . . . pag. 171 -'-'@E-;:,."~-,~-, %. X .ilim:--..: .. ::::: .... 1filmx .... --- PARTE SECONDA < I ) I ~ QUESTIONI pag. 1 ~ f. RASSEGNA DI DOTTRINA > 13 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: Questioni di legittimit costituzionale: I -Norme dichiarate incostituzionali .......... . 15 Ib -Ammissibilit della richiesta di referendum popolare . 17 II -Questioni dichiarate non fondate . . . . . . . . . . . 18 CONSULTAZIONI 23 I I ~ I PARTE PRIMA I I I I GIBRISPRUDENZA . > GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE :..<<....-:>.::-:::-:..::--:-:-:.<<::..-::-::-:-:...-::: .. :-..'....-'..:-:-::-: ... .<...... >........'.. '.... ... :-: ..... > ......... .. ...>..:... Q~l'~ CQS'{J'l'VZlOl'J:AJ,.Jii:,.J6 giugno 1993 n~ 2&3, Pres . .Casavola Rf!efl. / Qp~p~t~>c llg~iqpi (~yy. A~. Man~I'.()),.>.l..i.iobiJ.tori-e $l>~a. JaYY : . 6, Mi;l.rnno), $~~di.Macr (avv .ti F Soaglione, . Va~ens:ise), San,.,a. (ayy. q, Pira,s) e Presi;tlente del Consiglio dei Ministri. (avv. Stato La~ pq:i;t!;t)y . citt~ ~h~~tllzt()IlJll; Le~~e ~ J'~o~~diwent() 'o~ativo Q.e$ti~ne di leglt . tilliit costituzionale lliammissibilit. (C~I' ...u:tt .. 71< . 72;.L; 23 .. agigstl:\. J9o8& . 11c 400, art. JS;.. J>.L. 11 ... lug),i,m~ Nuovo . cl'itmo. di . .:Ietet1jmazfone Soggettfgl esproprlattaJla ditta di en trata fu vigr della legge .... lnapplicbilit. del . benefiliio.. previsto per la cessionevolontaria ~. Incostituzionalit. (Cost..art. 3; . D.L. 11 luglio 199i n.. 333, art.. 5 bis, conv. con L. 8 agosto 1992, > rii $59; art. 1). . ... .. . ::: . . . Espr(;)Prl~~me P.er p.l.')bUca ...HJit .~ .. lw;l~tf E:dUicabilit . (Ccistiartb :Z4, 42\ 1: I>.L i liigiio 199"2 ri. 333; iirt. 5 bis, conv. fon L. 8 agosto 1994, n. 359, art. 1). . ~s~~1~o~ef!~-~~:t~:1:0~~~:.T:f~.. !~::9~~~i~9~=o;; . tJ:oi:tttiva ... Questione di leglttbnlt costituzionale lnfQndatezza. (Cost. art. 3; D.L. 11 luglio 1992 n. 333; . art. 5 bis, conv. con L< s agosto 1992, n. )59, art 1). E' inammissibile la . questione di legittimit costituzionale dell'art. 5 bis del D;L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 1992 n. 359, e dell'art.15, n. 5 della L. 23 ago$to 1988 rt. 400, in relazione tagli artt. 71 e 72 Cost., sotto il profilo della v.iolazione del procedim, ento formativo del.le leggi, per non essere stato osservato il canone 2 RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO secondo il quale il progetto di legge deve essere approvato dapprima per sz'ngo.li articoli e, successiv(JJ/1lente, con votazione finale complessiva. E' infondata la questione di legittimitii. c.ostituzionaile dell'art. 5 bis D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 1992 n. 359, in relazione agli artt. 3, 42, 53 Cast., laddove prevede come criterio di quantificazione della indennit di espropriazione, il sessanta per cento della semisomma del valore venale e del reddito dominicale del bene espropriato. costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 CostJ., l'art. 5 bis D.L. 11 lugUo 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 1992 n. 359, laddove non prevede, per i soggetti gi espropriati alla data di entrata in vigore della legge stessa, e nei confronti dei quali l'indennit di esproprio non sia ancora divenuta incontestabile, il diritto di accettare l'indennit, senza subire la decurtazione del quaranta per cento della semisomma del valore venale e del reddito dominicale del bene espropriato, analogamente a quanto previsto per i casi di cessione volontaria del bene. E' infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 5 bis D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 199l n. 359, in relazione agli artt. 24 e 42 Cast., laddove, demandando ad un regolamento l'individuazione dei criteri della edificabilit di fatto di un'area, non fornisca le direttive cui il potere esecutivo dovrebbe conforrmarsi. E' infondata la questione di legittimit costitiuzionale delil'art. 5 bis D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito e modificato con L. 8 agosto 1992 n. 359, in relazione all'art. 3 Cast., laddove prevede l'applicazione retroat tiva della normativa ai procedimenti in corso e non ancora definiti. (1) L'indennit di espropriazione nella legislazione e nella giurisprudenza costituzionale. La Corte Costituzionale torna a pronunciarsi in merito alla vexata quaestio dei criteri di determinazione della indennit di esproprio. Come si avr modo di ricordare, sin dai primi anni di attivit ed assai\ frequentemente la Corte intervenuta in materia incidendo significativamente sugli impianti normativi via via succedutisi, in modo del tutto disorganico, dettando inoltre i criteri cui il legislatore ordinario, pur nell'ambito dell'amplissima discrezionalit che gli compete, avrebbe dovuto conformarsi, nel rispetto della garanzia costituzionale riconosciuta alla propriet dall'art. 42 della Carta. La sentenza in commento, offre lo spunto per ripercorrere alcune delle tappe pi significative della storia dell'istituto. Il principio cardine, pi volte elaborato dalla Corte Costituzionale nel corso di questi anni, quello in virt del quale l'indennizzo previsto dallo stesso art. 42 Cost. deve essere congruo, serio adeguato . Si vedano in proposito le pronunzie nn. 67/1959; 91/1963, in Foro It., 1963, I, 1090; 22/1965, ivi, 1965, I, 58 ed in questa Rassegna, 1965, I, 426 con nota di L. TRACANNA; 37/1969, in questa Rassegna, 1969, I, 212; 115/1969, in Foro lt., 1969, I, 2013; 63/1970, in questa Ras I segna, 1970, I, 365 ed in Foro lt., 1970, I, 1547; 58/1974, ivi, I, 1974, 957; 138/1977, ivi, 1978, I, 25 ed in questa Rassegna, 1977, 774; 216/1990, in Foro lt., 1990, I, 2735; I I I I i PARTE I, SEZ. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 3 (omissis) Viene sotto pi profili -come in narrativa detto denunciato l'art. 5 bis, introdotto dalla legge 8 agosto 1992 n. 359, in sede di conversione del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, (recante misure urgenti per risanamento della finanza pubblica). La riferita norma stablisce huovi criteri -da valere fino alla emar nazione di una organica disciplina delle espropriazioni per pubblica uti. lit .....,. per la sti1na della indennit cli. espropriazione per le aree edificabili [per quelle agricole, o comunque non classificabili come edU'icabili, continuando viceversa ad appHcarsi. i criteri di cui al titolo. U della 1. n. 865 deU971 ai sensi del comma quarto dello stesso art. 5 bis]. Pn~vede, all'uopo, il comma primo della citata disposizione che la suddetta indennit determinata a norma dell'art. 13, comma 3, della legge [sul risanamento della citt di Napoli] n. 2892 del 1885 (e cio sulla base della media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decen . . . . 11io) sostit.>. Precisa, quindi, il comma terzo [non oggetto di autonoma impugnazione, ma richiamato come disposizione interagente sulla legittimit del 138/93, ivi, 1993, I, 2124, le quali fanno riferimento al concetto di indennizzo quale serio ristoro del pregiudizio economico derivante dalla espropriazione, con conseguente illegittimit costituzionale di tutte quelle disposizioni che prevedono criteri la cui applicazione conduca ad una determinazione della indennit in termini meramente simbolici vvero irrisori. Con la citata sentenza 67/1959, sulla scorta di questi principi, la Corte Costituzional dichiarava l'illegittimit costituzionale dell'art. 2 D.L. 11 marzo 1948 n. 409 (per il quale la indennit di espropriazione del suolo occupato nella costruzione dei ricoveri antiaerei era determinata dall'Ufficio del Genio Civile, in base al valore venale al momento dell'ccupazione, avvenuta nel periodo bellico, con l'aggiunta degli interessi legali sulla somma dovuta quale indennit e con decorrenza dalla data di occupazione). Venivano del pari caducate le disposizioni della successiva L. 1 dicembre 1961 n. 1441, che si erano limitate a maggiorare l'indennit prevista dal D;L 409/48 cit. (sent. 91/1963 cit.), 1asciando ancorata all'epoca dell'ccupazione delle aree l'individuazione del valore dei beni espropriati. La stessa Corte non mancava altres di censurare l'art. 12, ZO comma prima parte, della L. 18 aprile 1962, n. 167 (disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare), dove si stabiliva che il valore venale delle aree da espropriare, in attuazione dei piani, dovesse essere riferito al biennio precedente alla deliberazione comunale di adozione di .,quelli (sent. 22/1965 cit.). E ci perch anche in tal caso, venva realizzata, nei riguardi dei proprietari, una situazione di incertezza o di alea derivante dal concorso di vari elementi: la lunga durata del periodo di validit dei piani (10 o 12 anni se intervenga la proroga, o anche maggiore nel caso di ritardo - RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO precedente comma primo] che per la valutazione della edificabilit delle aree, agli effetti appunto dell'applicazione dei suddetti nuovi criteri di stima, si devono considerare le possibilit legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell'apposizione del vincolo preo11dinato all'esproprio , Ed a tal fine -prosegue il comma quinto - con regolamento del Ministro dei Lavori Pubblici, da emanarsi ai sensi dell'art. 17 1. 1988 n. 400 , saranno definiti i criteri ed i requisiti per la individua zione della edificabilit di fatto . Tale nuova disciplina dichiaratamente applicabile anche ai procedimenti .in corso (comma settmo), salvo che l'indennit non sia gi stata accettata dalle parti ovvero definita con giudicato (comma sesto legge cit.). Per il combinato effetto delle censure formulate nelle varie ordinanze di rinvio il richiamato art. 5 bis viene quindi in sostanza sospettato di incostituzionalit, oltrech [A] pregiudizialmente nella sua interezza per vizio genetico (che si assume, dalla Corte di Cagliari, correlato alla previsione dell'art. 15 n. 5 della legge n. 400 del 1988, per questo parallelamente denunciato), sotto i profili in particolare: [B] del nuovo adottato criterio di computo dell'indennit in questione (comma 1); [C] del meccanismo di interrelazione tra cessione volontaria del bene ed esonero dalla applicazione dell'ulteriore riduzione del 40 % (comma 2); del decreto di approvazione); e la facolt accordata ai comuni o ai consorzi... di effettuare le espropriazioni gradualmente ai sensi dell'art. 11 della legge. Donde la possibilit che, nell'intervallo tra l'adozione dei piani e la loro attuazione, si verifichino eventi perturbatori tali da condurre ad una liquidazione della indennit in misura irrisoria od addirittura simbolica . In applicazione degli stessi principi, stato invece ritenuto legittimo il criterio di valutazione della indennit di esproprio di cui all'art. 13 della L. 15 gennaio 1885 n. 2898 sul risanamento della citt di Napoli, dove si ncora al l'ultimo decennio il calcolo della media del valore venale e dei fitti coacervati e, in caso di mancanza di un rapporto di locazione, si fa riferimento all'imponi bile catastale (Corte Cost. sent. 15/1976, in questa Rassegna, 1976, I, 20, con nota di commento). La Corte ha ritenuto tale criterio conforme al dettato costituzionale, in \quanto entra sempre a far parte del calcolo, come dato componente della media, il valore venale dell'immobile, il che concorre ad adeguare l'indennizzo alla realt economica. Proprio alla luce di quest'ultimo principio, stato invece ritenuto costitu zionalmente illegittimo il criterio introdotto dall'art. 16 L. n. 865 del 1971, cos come modificato dall'art. 14 della L. n. 10 del 1977, del riferimento al valore agricolo "medio dei terreni, secondo il tipo di coltura praticato nella regione agraria interessata, senza far riferimento al bene in concreto da espropriare, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5 [D] della definizione dei criteri individuativi della edificabilit di fatto, rimessa al potere esecutivo (comma S); [EJ della disciplina intertemporale (commi 6 e 7). I parametri evocati sono rispettivamente: per il profilo sub A: gli artt. 71 e 72 Cost.; per il profilo sub B: gli artt. 3, 42 co. 3, e 53 Cost.; per il profilo sub C: gli artt. 3, 24, 42, comma 3, e 113 Cost.; per il profilo sub D: gli artt. 42, commi 2 e 3; 24, comma 1, e 117 Cost.; per il profilo sub E: l'art. 3 Cost. Preliminarmente al merito delle riferite questioni -che si af. fronter seguendo l'ordine numerico dei commi della norma segnatamente impugnati -va esaminata l'eccezione di inammissibilit per inapplicabilit dello ius superveniens nel processo a quo. Questa eccezione -espressamente prospettata solo nel giudizio innanzi alla Corte di Reggio Calabria, ma virtualmente riferibile a tutti gli altri giudizi a quibus nei quali parimenti risulta (dalla narrativa delle stesse ordinanze di rinvio) la gi avvenuta adozione del decreto espropriativo - formulata sulla premessa interpretativa che i procedimenti in corso, ai qu:ali il comma settimo del citato art. 5 bis espressamente ed al valore di esso secondo la sua destinazione economica (Corte Cost., sent. 5/80, in questa Rassegna, 1980, I, 486, con nota di G. ALBISINNI; ed in Fom It., 1980, I, 273). In sostanza, tale normativa introduceva un canone di valutazione del tutto astratto, che portava inevitabilmente, per i terreni con destinazione edilizia (e che non avevano alcuna relazione con le colture praticate nella zona) alla liquidazione di indennizzi sperequati rispetto all'area da espropriare, con palese violazione del diritto all'adeguato ristoro , che la norma costituzionale garantisce invece all'espropriato. Tale impostazione viene indi definitivamente affermata dalla Corte, con la successiva pronuncia n. 223/83, con la quale viene dichiarata illegittima la L. n. 385/1980, c.d. legge-tampone (originariamente di durata annuale, ma il cui termine finale, peraltro, era stato prorogato dapprima dal D.L. 29 maggio 1982, convertito con L. 29 luglio 1982 n. 481 e, da ultimo, con la L. 23 di cembre 1982 n. 943) la quale prevedeva l'utilizzo del criterio di cui all'art. 16 L. 865/71 (gi dichiarata incostituzionale), al fine di determinare il solo acconto sulla liquidazione della indennit. Il periodo seguente caratterizzato da una completa latitanza del legislatore in materia, e dal consolidarsi di alcuni principi giurisprudenziali, sia in sede di ordinaria legittimit, che costituzionale. La S.C. a Sezioni Unite (sent. 24 ottobre 1984 n. 5401, in Riv. Giur. Edilizia. 1985, I, 241) aveva infatti modo di affermare la necessit, per le aree edificabili, di commisurare l'indennit di espropriazione al valore venale del bene espropriato, secondo quanto stabilito dall'art. 39 della L. 25 giugno 1865 n. 2359, 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dichiara applicabi:le fa nuo\lla disciplina, siano i procedimenti amministrativi ancora aperti; con la conseguente esolusione, quindi, dei procedimenti -come quelli cui si riferiscono :le controversie indennitarie pendenti fananzi ai giudici a quibus -viceversa gi conclusi Si\ll piano della procedura ablatoria con il disposto trasferimento coattivo della propriet del bene ocourpato. La interpretazione cos proposta non pu per essere ricevuta dalla Corte perch disattesa per implicito da tutte le autorit rimettenti e, esplicitamente, dalla Corte di appello di Reggio Calabria con motivazione affatto plausibile e confortata dalla recente giurisprudenza della Cassazione (cfr. sent. n. 12393 del 1992). Delle altre preliminari eccezioni di inammissibilit afferenti a singole disposizioni dell'art. 5 bis si dir (pregiudizialmente) in occasione dell'esame delle correlative questioni, nell'ordine che si detto. Passando all'esame del merito, vanno innanzi tutto prese in considerazione le censure che hanno ad oggetto il cit. art. 5 bis, nella sua interezza, e l'art. 15 n. 5 della legge 23 agosto 1988 n. 400, norme che la Corte d'appello di Cagliari sospetta confliggere con gli artt. 71 e 72, comma 1, Cost. sotto il profilo della violazione del procedimento di formazione della legge non essendo stato rispettato il canone che prescrive che dmanendo invece applicabili, per le aree a destinazione agricola i criteri di cui alla L. 865/71 (valore agricolo medio). Successivamente, con le sentenze nn. 1102 e 1165, tornava invece in campo la Corte Costituzionale, per consacrare tali principi, stabilendo tuttavia (con la sent. 1165 cit.) che un adeguato correttivo del valore venale potesse essere rappresentato dal valore agricolo tabellare, sicch l'indennit di esproprio di una area edificabile avrebbe dovuto essere commisurata alla media tra il valore venale ed il valore che allo stesso si sarebbe potuto attribuire quale terreno agricolo (v., in questa Rassegna, 1988, I, 4, commentate da F. FAVARA, in Indennizzi e sovraindennizzi espropriativi: sviluppi nel 1988, ivi 1989, II, 13). Affermazione questa di particolare rilievo, in quanto attesta il recepin1ento, da parte del giudice delle leggi, di criteri c.d. mediati nei quali cio il riferimento al valore venale del bene risulti corretto con altro parametro, la cui individuazione non pu evidentemente che essere lasciata alla discre.. zionalit del legislatore (sent. 216/1990, in Foro Jt., 1990 I, 2735, con n. di R. CASO). Con il recente art. 5 bis del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito con L. 8 agosto 1992 n. 359, il legislatore torna in materia ex professo, con l'estendere rl criterio di commisurazione della indennit espropriativa previsto dall'art. 13, 3 comma della legge 2892 del 1885 (sul risanamento della citt di Napoli), e quindi la media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decennio, sostituendo a detti fitti il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 ss. D.P.R. 917/1986, e riducendo infine del 40% l'importo cos determinato. Tale decurtazione percentuale pu essere peraltro evitata da chi, non ancora espropriato, addivenga alla cessione volontaria dell'area esproprianda. I I I I .,.,..rxi~ilW&IDi:wmlllJi1!#4fil===:w~=====pa==,~A~.:;rwl===.J =,,=='-==~h.,.,.,.:Jt-L,, ..,.m.Bmt~dL,,,,,.dff&k,,x.&&rAMWAlf&,y;,:lli?~,~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 7 il disegno o il progetto di legge debba essere approvato prima articolo per articolo e dopo con (complessiva) votazione finale. La questione, cos come posta dalla Corte remittente, per pi versi inammissibile. Lo relativamente all'art. 15 n. 5 legge n. 400/88, perch di tale norma -che, prescrivendo che le modifiche apportate al decreto legge, sono elencate in allegato alla legge, riguarda il modo di formulazione del 'testo da pubblicare in Gazzetta ufficiale -il giudice non deve fare applicazione. E lo anche in riferimento al cit. art. 5 bis. Infatti il giudice a quo, ricordato che secondo ..... l'art. 72 l'approvazione delle camere deve essere fatta separatamente articolo per articolo e poi, complessivamente, con votazione finale, constata che la legge di conversione in oggetto stata approvata mediante votazione soltanto del suo articolo unico e non anche mediante votazione dei singoli articoli del decreto eia convertire e deile relative modifiche e ne deduce l'illegittimit costituzionale.... del citato art. 5 bis, per il quale l'illegittimit risulta particolarmente evidente: esso infatti non ha nemmeno carattere di modifica del decreto legge, giacch contiene una norma completamente nuova rispetto alla materia del decreto legge n. 333/92 . Orbene -non senza considerare che il riferimento all'art. 71 Cost. si rivela non pertinente giacch il canone della redazione del progetto Nella sentenza che si annota la Corte Costituzionale ha dunque ritenuto legittimo quest'ultimo criterio e, pur riconoscendo che lo stesso indubbiamente di minor favore per il privato, rispetto a quello del valore venale del bene, ha tuttavia rinvenuto nello stesso la radice comune che rende legittimi i criteri mediati , e, segnatamente, l'indefettibile riferimento al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali . Ha tuttavia ritenuto, la stessa Corte, di dovere escludere il discrimen, dovuto alla successione delle leggi nel tempo, tra coloro i quali avevano subito l'espropriazione nel previgente sistema e si trovavano in lite con l'Amministrazione per la stima dell'indennit (ed ai quali, in virt delle nuove disposizioni ai procedimenti in corso, si sarebbe dovuta senz'altro applicare la decurtazione del 40% , essendo gi intervenuta l'espropriazione) e coloro che avevano ancora la possibilit di effettuare la cessione volontaria, evitando la falcidia (peraltro economicamente assai significativa, tanto da aver fatto dubitare il giudice a quo della legittimit della nuova normativa). Con una pronunzia manipolativa additiva, la Corte ha cos esteso il diritto alla corresponsione della indennit piena agli espropriati sotto il previgente regime legale, purch la determinazione della indennit non fosse divenuta incontestabile, cos evitandosi, da una parte, una eccessiva quanto irragionevole penalizzazione di tale categoria di proprietari, e per altro verso contribuendosi alla razionalizzazione di un meccanismo normativo, che avendo recepito principi costituzionali ormai affermatisi nel tempo, sembra finalmente presentare un apprezzabile grado di coerenza. VITTORIO RUSSO 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di legge in articoli, da tale norma prescritto, riguarda l'iniziativa po polare delle leggi -dalla scarna motivazione dell'ordinanza non risulta con chiarezza se il giudice rimettente intenda far riferimento in generale a qualsiasi disegno di legge formulato in un articolo unico (come parrebbe desumersi dal richiamo dell'art. 72 Cost. che riguarda il procedimento di formazione della legge in generale, mentre la sedes materiae della legge di conversione l'art. 77 Cost.); ovvero se si riferisca pi in particolare all'ipotesi del disegno di legge di conversione del decreto legge (come sembrerebbe potersi inferire dal fatto che nella specie la norma censurata contenuta in un decreto legge convertito); ovvero, infine, se -tenuto conto del concreto svolgimento dell'iter padamentare -non abbia inteso dolersi del fatto che sia stata inserita una disposizione (in tesi) estranea alla materia del decreto legge, ovvero del fatto che, avendo iil Governo posto ila fiducia sul testo come emendato in sede di Com missione referente con l'inserimento in partico1are della norma censurata, l'Assemblea -Jimitandosi aH'approvazione dell'articolo unico del disegno di il.egge di .conversione del decreto legge -non abbia in concreto dibattuto (e quindi consapevolmente approvato) l'inserimento nel decreto legge del l'art. 5 bis in esame. La questione quindi si presenta priva dell'indefettibile requisito della chiarezza con conseguente sua inammissibilit. II Possono ora in sequenza esaminarsi le censure che -con riferimento soprattutto all'art. 42, comma 3 Cost., ma anche agli artt. 3 e 53 Cost. -afferiscono alle distinte disposizioni contenute nell'art. 5 bis, cominciando dal primo comma che prevede che l'indennit di espropriazione per le aree edificabili determinata a norma dell'art. 13, comma 3, della 1. n. 2892 del 1885, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 ss. I ' d.P.R. n. 917 del 1986; l'importo cos determinato ridotto del 40 %. Con riferimento al parametro costituito dall'art. 42, comma 3, Cost. la questione posta innanzi tutto (dalle Corti d'appello di Bologna e Torino) sotto il profilo, pi generale e radicale, della non adeguatezza e congruit del ristoro in tal modo assicurato al proprietario espropriato. Inoltre, ipure a prescindere dalla riduzione del 40%, i!l criterio adottato dal primo comma dell'art. 5 b.is sarebbe, secondo ila Corte di Palermo, illegittimo gi soltanto per avere il legislatore sostituito al parametro rapportato ai fitti coacervati quel:lo -affatto disomogeneo perch concernente i terreni agricoli -del reddito dominicale; e comunque si censura il carattere astratto dell'indennizzo cos computato, non rispon dente a11e obiettive ed effettive ca:mtteristiche del bene ablato. La Corte d'appello di Reggio Calabria sostiene poi che la ritenuta di imposta del 20 %, prevista dall'art. 11 della legge n. 413 del 1991, rappre PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE senterebbe un ulteriore elemento di riduzione che porterebbe l'indennizzo al di sotto del livello di congruit. Inoltre il riferimento temporale della valutazione circa ila edificabilit di fatto al momento della apposizione del vincolo preordinato all'espro prio rappresenterebbe un altro elemento di inadeguatezza del criterio di calcolo dell'indennit espropriativa. La questione quindi si focalizza essenzialmente, come profilo principale, nell'affermazione di fondo della non adeguatezza in s della liquidazione della indennit nella misura del 60 % della semisomma del valore venale e del reddito dominicale; mentre gli altri profili secondari, ed in un certo senso serventi al primo, sono diretti a rafforzare tale censura di inadeguatezza deN'indennizzo. Tutti per si riconducono e si saldano nella prospettazione secondo cui risulterebbe violata la prescrizione del terzo comma dell'art 42 Cost. che consente l'espropriazione per pubblica utilit solo salvo indennizzo . Va premesso che -prima della norma censurata e dopo che la Corte aveva dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 16, commi 5, 6 e 7 della legge n. 865 del 1971, come modificati dall'art. 14 della legge n. 10 del 1977 (sent. n. 5 del 1980), nonch della legge n. 385 del 1980 (sent. n. 223 del 1983) -trovava applicazione, per la quantificazione dell'indennit di espropriazione delle aree fabbricabili, il criterio del valore venale quale previsto dall'art. 39 legge 25 giugno 1865 n. 2359, che non era stato abrogato, ma soltanto derogato dalle disposizioni dichiarate illegittime (sentt. n. 1022 del 1988 e n. 216 del 1990); invece per le aree a destinazione agricola era, ed , ancora operante il criterio del valore agrario medio previisto dalla cit. legge n. 865 del 1971 {cos anche sent. n. 355 del 1985). Con l'introduzione della norma censurata -che riguarda soltanto le aree edificabili o a destinazione edificatoria -al criterio del valore venale l'art. 5 bis sostituisce quello della semisomma del valore venale e del reddito dominicale, ridotta del 40 %; criterio questo sensibilmente meno favorevole (per i titolari delle aree espropriate) perch -in ragione della notoria esiguit del reddito dominicale -pari a circa un terzo del valore venale. La radicale censura di inadeguatezza di tale criterio -che rappresenta il profilo principale delle questioni di costituzionalit in esame -non pu che essere valutata alla luce della precedente giurisprudenza di questa ,Corte. La quale si subito attestata su un principio di fondo, ripe... tutamente affermato, secondo cui, da una parte, l'indennit di espropriazione non garantisce all'espropriato il diritto ad un'indennit esattamente commisurata al valore venale del bene e, dall'altra, l'indennit stessa non pu essere (in negativo) meramente simbolica od irrisora, ma deve essere (in positivo) congnia, seria, adeguata. Per un verso, infatti, l'integrale ristoro del sacrificio negherebbe ogni incidenza sotto tale profilo agli RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO scopi di pubblica utilit che persegue il procedimento espropriativo; scopi la cui realizzazione non pu risultare impedita dall'esigenza di una piena ed integrale riparazione dell'interesse privato del proprietario. Per altro verso, per; quest'ultimo non pu essere chiamato ad un sacrificio che azzeri il suo diritto, atteso il rilievo costituzionale della propriet privata che il secondo comma dell'art. 42 Cost. predica essere riconosciuta e garantita ancorch con hl limite (tra !"altro) delJ:a funzione 1sociale . Ed infattifin dalla sentenza. n. 61 del 1957 stata respinta quella che veniva qualificata come interpretazione letterale del concetto di indennizzo, in quanto identificato con il pieno ristoro del danno subito per effetto de1la ablazione; indennizzo non pu significare cimento ... ma soltanto il massimo di contributo e di riparazione che, nell'ambito degli scopi di generale interesse, la Pubblica Amministrazione pu. garantire all'interessato; solo uri indennizzo stabilito in misura simbolica sarebbe un indennizzo inesistente con conseguente vulnerazione dell'art. 42, comma 3, Cost. Questo principio...;..;; costantemente riaffermato (da ultimo v. sentt. nn. 138 del 1993, 173 del 1991 e 216 del 1990) -si poi ulteriormente evoluto, da una parte, affermandosi in positivo che l'indennizzo deve essere -come gi indicato.__ congruo, serio, ed adeguato (sentt. nn. 91 del 1963, 22 del 1965, .HS del 1969; 63 del 1970, 58 del 1974, 138 del 1977) e, d':a1tra parte, sprecisandosi che legittima la combinazione di pi criteri purch almeno uno sia agganciato al valore venale e che pertanto risulta compatibile con la garanzia dell'art. 42, comma 3, Cost. la previsione di un criterio mediato (sentt. nn. 216 del 1990, 1165 del 1988 e 160 del 1981). In particolare la sentenza n. 15 del 1976 ha ritenuto legittimo il criterio di valutazione dell'indennit di esproprio previsto dalla legge 15 gennaio 1885 n. 2892 (sul risanamento della citt di Napoli) che stabilisce :il riferimento al!la media del valore vena:le e dei fitti coacervatti de1l'wtimo decennio dei terreni espropriati, ovvero, in difetto di [ocazioni accel'.'tatte, alla media :del valore venale e dell'imponibile netto ai fini de1l'imposta sui fabbre>tendo iilnu0vo.1llf):fl9.. fa.vorevole criterio avere applica?<~<:) .e I'.xtrqa#iya (per q.i;i,.to si cfu:infra al paragrafo n. 9), non per ~@~4~f~~?~fE4T~l~~ Jte!!;1!t~~~~~~r%!~rn~ad?~~~~~~;i~~=c:!ri~~c~ v~<:fifo ~iii i::Jrei61e cfite.f:> Ctft.1t: vf1a1 .:.. >plicabne hl procedimenti espropriativi in corso (oltre, come ovvio, ai nuovi procedimenti espropriativi) -si collocherebbe di fatto un ulteriore. critetio. (qu,l:llk~ esclusivamente . della semisomma ridotta) pi ~favi;wey()le lj egtr.~:pi:, l:lPplicabile ad. un; per e q.al~ ~)t1tei;vet1uto il decreto di esproprio, ll;la U 1'.app0rt0 no:n anc0ra esaurito . . .biiili.41 sulla ii.ea di confa~~. ~he .dovre"Qbe vedere la saldatura della 1ll1C>{ia di;dpna alla vecchia, c' invflc~ uno iato, una frattura, dove il bilanciamento operato dal legislatore ha ul1 .temporaneo e contingente frtigjdfofol1to in trmiI1i meno favorevoli per gli espropriati per poi risalir a queFl:ivello (pefoltfo gf fort:tririte testrittivo) che risponde alle valutazfoni economico-politiehe sottse .alla norma censurata. Questa frattura tlOtl pu avere altra motivazione che quella tecnicogiuridica della impossibilit della cessione volontaria quando sia intervenuto il decreto di esproprio; Ma non questa. Una ragione sufficiente a giustificare W1 trattal:rlento cos fortemente differenziato, tenuto conto della premh1e.te .finalit .transattiva in ordine proprio alla determinazionel~ ll'onre eco):lomico lell'acquisizione dell'area fabbricabile, quale sottesa alla norma censurata. . . La jrc9stanza che il decreto di. esprqprio sia stato gi emesso avrebbe dovtl.tp comporta~e non gi l'esclusione, ma la riduzione della fattispede agevolata; nel senso che -per le situazioni di diritto transitorio irl presenza di tale circostanza la fattispecie della cessione volontaria, corii:ltata.aa.1col1sei:ls() dell'espropria.llcid . sfa sul trasferimento dell'area, sia sul quantum spettant~gli, ben pu ridursi ~ senza a1terare la sostanza del meccanismo transattivo -in una fattispecie pi semplice connotata dalla attribuzione al soggetto gi espropriato del diritto di accettare la indennit di espropriazione di cui al primo comma con esclusione della riduzione del 40 %, ferma restando l'acquisizione, per ablazio ne, dell'area. N potrebbe obiettarsi -come fa l'Avvocatura -che la facolt di cessione volontaria gi c'era nel regime precedente (legge n. 865/71) e 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di essa gli espropriati non avevano inteso fruire. Infatti -pur potendo dubitarsi dell'esattezza del presupposto interpretativo da cui muove l'Avvocatura avendo questa Corte (sent. 1022 del 1988) affermato che la cessione volontaria ex art. 12 della legge n. 865 del 1971, dopo gli interventi; operati con le sentenze nn. 5/80 e 223/83 cit., non pi applicabile alle espropriazioni di immobili con destinazione edificatoria giacch non ipotizzabile una maggiorazione dell'indennizzo quando questo pari al valore venale - agevole comunque osservare che sono mutati i termini di raffronto giacch al criterio del valore venale si sostituito quello della semisomma ridotta. La possibilit di riduzione della fattispecie assicura poi che la pronuncia additiva si innesta sulla norma censurata seguendo un binario obbligato. Si impone quindi una dichiarazione di parziale sua illegittimit nella parte in cui non prevede in favore dei soggetti gi espropriati al momento della entrata in vigore della legge n. 359 del 1992, e nei confronti dei quali la indennit di espropriazione non sia ancora divenuta incontestabile, il diritto di accettare l'indennit di cui al primo comma con esclusione della riduzione del 40 %. Le altre censure che investono il secondo comma cit. riguardano -come gi detto -la disciplina della cessione volontaria. Ma tali censure -come esattamente ha eccepito l'Avvocatura dello Stato -difettano di rilevanza perch in nessuno dei giudizi a quibus si fa questione di cessione volontaria; n potrebbe farsene perch, essendo gi intervenuto il provvedimento ablatorio, si realizzato l'effetto traslativo onde non c' pi spazio per un trasferimento del medesimo bene su base consensuale. Sicch, quand'anche le censure si rivelassero fondate ed imponessero una pronuncia demolitoria dell'istituto, nessuna conseguenza potrebbe derivarne nei giudizi a quibus. N il difetto di rilevanza pu dirsi emendato per effetto della pronuncia di incostituzionalit di cui al precedente paragrafo. Poich, infatti, la possibilit di accettare l'indennit di espropriazione rappresenta un minus rispetto alla cessione volontaria, fa mancanm di una piena sovrapposizione dell'una all'altra impone di tener distinti i due profili con la conseguenza che le censure che investono la disciplina della cessione volontaria possono riguardare soltanto fattispecie in cui di tale cessione volontaria si controverta e non anche quelle in cui -essendosi gi realizzato l'effetto traslativo dell'area edificabile -si controverta unicamente della misura dell'indennit di espropriazione. Deve ora esaminarsi la censura che investe il comma quinto dell'articolo citato, che demanda ad un regolamento, da emanarsi con PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE decreto del Ministero dei lavori pubblici, di definite i criteri ed i requisiti per la individuazione della edificabilit di fatto. Tale disposizione, secondo i giudici rimettenti, si pone in contrasto sia con. }'art. 42, comma 2, Cost.;riPer non avere il legislatore fissato i criteri direttivi cui deve conformarsi il potere esecutivo, cos sostanzialmente violando la riserva dilegge (se pur .relativa) esistente in materia; sia con gli artt. 42, commi; t\3, e 24 Cast/ per la mancata indicaiione di un termine entro cui il regolamento deve essere emanato; sia infine con l'art. 117 Cost., per la ragione che la definizione dei criteri di edificabilit (rimessa alla regolamentazione ministeriale) .rientrerebbe viceversa nella competenza legislativa della Regione, in materia di attivit costruttiva edilizia >>. Con riferimento alla questione di costi tuzionallt sollevata daNa Corte d'appello di Bologna (che prospetta la vulnerazione degli artt.. 42, commi 2, 3 e 24,comma l, Cast.) va pa;e1imina:rmente esaminata l'eccezione di difetto di rilevanza, sollevi:ita dall'Avvocatura dello Stato, secondo cui dalla ordinanza risulterebbe trattarsi di terreno legalmente edificabile in forza dello strumento urbanistico impositivo del vincolo sicch non verrebbe in rilievo la eventuale edificabilit di fatto. La questione in effetti irrilevante; non tanto per la ragione indicata daill' Avvocatura (giacch non rileva io strumento mbanistico impositivo del vincolo espropriativo, da oui bisogna. prescindere nelda vJJutazione della edificabilit, dovendosi invece fare riferimento al regime precedente), quanto perch l'ordinanza nulla dice in ordine ad un'ipotetica edificabilit di fatto, . in concreto sopravvenuta, che rappresenta l'indefettibile presupposto perch possa avere ingresso la censura mossa dalla Corte d'appello di Bologna. Quanto poi alla questione sollevata dalla Corte d'appello di Cagliari nessuna eccezione di irrilevanza sollevata dall'Avvocatura ed in effetti dalla ordinanza risulta che si controverte proprio in materia di edificabilit di fatto. Con tale ordinanza la Corte rimettente ha denunziato la violazione dell'art. 117 Cast. (parametro al quale riconducibile anche il richiamo, che la parte costituita fa all'art. 3, lett. f, dello Statuto di autonomia della Sardegna). La questione non fondata perch non si versa in materia urbanistica essendo la nozione di edificabilit di fatto (cui si riferisce la delega al Ministro) finalizzata soltanto al calcolo dell'indennit di espropriazione e non . gi ad incidere sull'assetto normativo posto dai vigenti strumenti urbanistici. Il decreto ministeriale costituisce uno strumento meramente qualificatorio del terreno ai. fini della indennit di espropriazione e non gi conformativo ai fini urbanistici; esso deve intendersi diretto a consentire di considerare nel procedimento esptopriativo (proprio al fine di evitare che il parametro di calcolo dell'indennit RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO possa risultare astratto ove sganciato dalla situazione concreta) quella particolare posizione dell'area, gi apprezzata dal libero mercato, che pu. conferire contenuto economico -in termici di vailore veilJrue -anche alla mera vocazione edificatoria dei terreni. Ci quindi va:le solo a rendere concreto il parametro di calcolo dell'indennit, ma non altera la disciplina urbanisa questo labirinto la Corte ha ritenuto di uscire sostanzialmente accogliendo la tesi del carattere sussidiario del reato previsto dall'art. 2 legge 898/1986, nel sertso che esso sussiste quando il reo consegue le indebite erogazioni soltanto PARTE I,SEZ. lf GIURISPRUDBNZA.COSTITUZIONALE 29 ha t:tasmesso gli tti al giudice ipe:t le inidagini . prelimiriati . co:rfrlchiesta di< archivfazfohe, n qutito; nella specie; non concorrevano. entrambe te condizioni. previste dalla norma :....... secondo l'interpretazione . autentica di essa fornita dal!l'artcolfo 51 comma 3~bis; delifo: legge 4 n:ovefubre 1987 n::46Q! ;;:;;;;;perch possa essere etgatara srizone pnal aoe che la sorgfu peh::epita: ds{iltlpari o s!lJ?erfo:rea un decimo delberifd:o legittriili)' lJ.~te s~ettarite ,. ~l c9ritempo, che 111 stessa sfa superiore a venti fu1liril di lfrtf :ili vi ptegi'.Udizfal, if Pubbikb M:nistet h pfaltfo sol~ iev.ato questione di 1egittimita costituzionale del suddetfo articolo 2 della Iggl:)n/898 del.1986, per contrasto con l'articolo 3, prifuo coiti.ma, .della Cbstifuzforie, in ragip. CieMa illcong:rua diversit. di trattafuenfo che ia norma impugnata riserva a coforb che indebitamente percepiscono aiuti cotriunitarr per Htgl"i:Mlttira medfante esposizione dl dati falsi, rispetto agl aufori del reato di truffa. llGu:tne. rapporto 1qi wera.:$ussidiariet~~ ritenendos* cl;le il suddetto articolo 2 f9iise stat() introdott() <~ f:ige dJ n()n Iasciweji:xwunjte condotte he; sepPll. f frayl9Ie.ternel1tf!; pre9~!lPC>!lte per .il. c:onseg.irnento di illeciti .. risultati,. PPt~ssetQ sfuggireall;ll . .repres5ione.pel1ale, non presentando le.con, ......i1i~~~~~1r!~0ki!flriz:~~~:i:e~r~~~!i:t:1~i6=~!i~u~i:~~c!:!1: tari<:i frisse avvenuto ndil solo mediante I'esposizipne <:li notiziefaJse, ma a,Mlie. 99n <1:)."t.;ici .e..raggiri, il .fatto (fq~eva intendersii11tegra.re ilreato ~l~tll~9:sh~fi~!!fi!!Pf~:1~;;~~;~;~::!:~l!u~dBn~~Il!e;~!!: Peiiaie, cdi! seJ:ltenza. ct~l .1? qttore l9$$, n:.1023, imp... Fani. Altre senteiize .s~leral"si ll())l. gi sl.lssiq{ai;ia, ma s.l)eda.le. rispetto a qiie.a..dell'artico19640 del c<>dice penale, nei. ~.ehs~Lche . reato. t>~e\Tis.to .<;lallaprillla. d(ta norme rappresentava Htia ipqt.~~i p((.rticplo,r~ .di. tru,ffa,.. co)ltene.do tutti gli. ele:tnenti . c:ostitutivi 4lq~e~t'U.1timo reat(), . . . ... ........ ... .... . . . . : allra intervenuta fa legge 19 fobbraio 1992 n. 142, che, con l'artic9Io. 73,ha.s9stitpito il precec:lente testo dell'articolo 2. della legge n. 898 del 1986. con una. nuova forrn.lzione da cui risulta espressamente che la norma ttoYa . a,ppli,cazi()ne solo . ~< ove. ii fatto I1()n confi$llri . il .pi grave reat() prexi~to..4ail'~tU.c;;o}9.Q4-ois.lel cod~ce ~nate, ... Ci~ ~re!llesso, l'i\vvocafora rileva che un'e.ve.ntuale pron.unzia. di accog!~ m~nto. dell'eccezio)le nonp9trel;)be !!Piegare. effetto. nel giulizio a quo edJJi geilene rispetto ai fatti commessi prii:.a dell'entrata in vigore della legge :Il., 142 del J992, J?er effetto \elj'artfoolo Z cte1 codice. penale;. n potrebbe av.ere inf1uenza per.i fatti commessi successivamente, ai quali si appliajl nuovo testo (:\el)a. veccpia norma, .che ha eliminato in radice la questiQne in esame. I)oncie l'inai:.missibilit della questione; e ad uguale concl~.sione si peryel'rel:>be anche. ove si ritenesse la natura interpretativa e JoI1 in11pvativa della nuova formulazione della norma impugnata introdotta con la citata legge n.142 lel 1992. Nefiliento, 'A.'7vocatura ll sostenut> che riori poteva essere ritenuta irrazioila,I~..l :e~enliziltione dell'illecita riell'iI>Otesi \n .. danno non particolarmente elevfo; :Resterebbe il tlubbio su.Ua razionalit della diversit di trattamento tra. chi percepisce indebitamente provvidenze comfu. itati esponendo dati o notizie falsi, punito dall'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 e chi commette reato di truffa ordinaria o qualificata; punito dagli articoli 640 e 640bis del codice penale. La disarmonia tra le due situazioni (causata invero da un'interpretazione non del tutto convincente della normativa allora esistente e venuta ora meno con la modifica apportata dalla legge n. 142 del 1992) non assurge per -secondo la Presi RASSEGNA AVVOCATURA DELI,.O STATO rdine.a tali. fatti non siano onfigurabili alti;i specifici reati conct:lrrenth . / I:lgiudice a quo rileva .quindi che gli elementi speeializzanti soprlllo indi" C:!'l'tis.c.>JW clel.tllttO! mlll-rgjnlll-U .e.non.idoneia..forn:ire. alcuna . .giustificazione t~io~ead. un trattamento sanzjonatorionotevOlmenteattenuato; quale ~ᥥ!lt'p.~lq :P~evi~t9te~i.;Piuli.Mi ~. s.econdh iU giudte a quo--non pl.lruhi1ita del tentativo). :ILgiudice ti t]UQ dubita che questo .trattamento maeroscopicamente .9i~omgeneo .d~.c:ondotteidenticai::nenteonflig$enticon l'ordinamenta..giu" ridfo& determfoi la vilazione dell'articolo 3 della Costituzione .......... . .... . .......... . . ..... ... .. .... .. .. . . )eve prelimj.,~:t'JJ:lel}t'.non. pdtrebbe comunque.. trovare .applicazione .. nel gi.dizio. a quo; ili ragjone delp:dncipio di irretroattivit delle norme penali stabilito 9allfattiolcr25' della C9:rte .le norme penali 'be adottare, uni:rvolta affrontato il merito d~ tali impugnative. La Jesi stessa consid~ ra, cio,Ja sola alternativa esistente fra una c!ecisione di accoglmento, nei termini. ind.iati dall'ordinf,UlZa dLrimessione, ed una decisione.cli rigett(), pf()n~tjat~' .111;1. ba:se dell'internretazion~ fatta pr:pria. dl ghM:lice. a q(,l.o. M~ qqsta (:;()tt. IJ.OIJ. . vincolata in a~solu,to c!alle. opzini interpretative del giudice. cJ:le promuove l'incidente di costituzionlit. In altre parole, p,on pu escludersi a priori che il giudizio della Corte su una norma P~ llaile di favore s(Qoncl.cla COil una sentenza intetpretaii.va di rigetto (nei St}xtsi 4i.i iP ffi9tiyati()ne) () e.on . uP~ ~i;()l1,\lncil;\ c9m\tnq,ue .. correttiva delle premesse esegetfo];ie su cui si fosse fondata l'ordinanza .di rimes sione: donde uria serie di deC:sioni. certamente suscettibiUdi influire sugli esiti del giudizio .penale pendente (nello steSso senso anche 1a sentenza Ii, 167 del 1993).< < Questo proflO -com.e si dir in segUito -assurn.e specifico rilievo ... . . . nel caso in esarn.e. Ove fosse da condividere l'interpretazione della norma impugnata e, pi precisamente, dei rapporti di essa con gli articoli 640 e 640-bis del 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO codice penale -prospettata dal giudice a quo, non potrebbe negarsi fondamento al dubbio di illegittimit costituzionale che il medesimo sottopone , al vaglio di questa Corte con riferimento all'articolo 3 della Costituzione. I pur vero, infatti, che, secondo la costante giurisprudenza costituzio I nale, rientra nella discrezionalit del legislatore stabilire quali comportamenti debbano essere puniti, determinare quali debbano essere la qualit e la misura della pena ed apprezzare parit e disparit di situazioni. Ma la Corte ha sempre anche precisato che l'esercizio di tale discrezionalit pu essere censurato quando esso non rispetti il limite della ragionevolezza e dia quindi luogo ad una disparit di trattamento palesemente irrazionale ed ingiustificata. Orbene non sarebbe possibile ipotizzare alcuna ragionevole spiegazione per una norma che riservasse un trattamento sanzionatorio pi favorevole ad una sottospecie del reato di truffa, enucleata dalla figura generale in ragione di un elemento specializzante sostanzialmente unico, rappresentato dal fatto che l'ingiusto profitto perseguito dall'agente sia un'indebita erogazione a carico totale o parziale del FEOGA, anzich, ad esempio, un'indebita erogazione a carico dello Stato, di altri enti pubblici o di altri organismi delle Comunit europee. Ma tale risultato interpretativo non pu considerarsi obbligato. La norma impugnata stata voluta dal legislatore per ovviare ad una situazione normativa che permetteva di lasciare impunito il conseguimento indebito di contributi comunitari mediante la mera esposizione di dati o notizie falsi. Tale presupposto della iniziativa legislativa si collegava, come si afferma nella relazione alla proposta di legge, alla constatata II riluttanza, nella pratica amministrativa ed in quella giudiziaria, ad identificare la mera esposizione di dati e di notizie falsi con la messa in opera @ di artifizi o raggiri e quindi a far rientrare il comportamento sopra I descritto, nella figura del reato di cui all'articolo 640 del codice penale. La configurazione di una nuova fattispecie penale, quale quella descritta I dall'articolo 2, era quindi diretta a rafforzare la tutela penale delle sovvenzioni comunitarie colpendo comportamenti che, altrimenti, sarebbero sfuggiti alla repressione, e non gi a ridimensionare il sistema sanzionatorio (v. intervento del Ministro dell'agricoltura nella seduta del 17 dicembre 1986 -Camera dei deputati, IX legislatura, pag. 50918 -nella discussione sulla legge di conversione del decreto-legge 27 ottobre 1986 n. 701). Alla norma veniva cos attribuita una funziione sussidiaria rispetto a quella concernente la truffa. In sede di applicazione giurisprudenziale della legge l'impostazione del legislatore venne confermata da una parte della giurisprudenza della Corte di cassazione, ma fu invece disattesa da altre pronunzie della stessa Corte, che ravvisarono l'esistenza di un rapporto di specialit tra il nuovo reato e Ia truffa, traendo da ci le conseguenze di oui gi si fatto cenno. L'ordi PARTE I, SEZ, I, . GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE nanza di rimessione fa appunto riferimento a questo secondo orientamento. Il contrasto giurisprudenziale si collegava a sua volta -principalmente, seppur non esclusivamente -ad un pi generale problema interpretativo, relativo alla idoneit o meno delle di<;hiarazioni semplicemente menzognere a concretizzare cii Per s i;ole la nozione di artifizi e raggiri, p.r in 1c1lfetto di un quid pluris, di un ulteriore elemento di :frode. Un contrasto; non nuovo, del resto: analoghe discussioni vi furono a proposito del rapporto .tra il reaito di itruffa e il resto di mendacio bancario, previsto dall'articolo 95 del regio decreto 12 marzo 1936 n. 375 (ora riprodotto nell'articolo 137 .del decreto legislativo 1 settembre 1993 n. 385 recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia). Con l'articolo 22 della legge 19 marzo 1990 n. 55, nell'intento di predisporre uno strumento repressivo specifico, il Parlamento ha introdotto nel nostro . codice penale, con l'articolo 640-bis, una figma aggravata di tl1Jffa per i casi in cui 5< il fatto. di cui all'articolo 640 .riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero a1tre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, . concessi o erogati da parte delJo Stato, di altri enti pubblici o delle Comunit europee . Per taile ipotesi comminata la pi grave pena della reclusione da uno a sei anni ed 1sitabilita la procedibilit d'ufficio. Ma l'introduzione di questo pi severo trattamento sanzionatorio caduta su un tessuto normativo nel quale Ja persistenza dei due diversiorientamenti sopra menzionati circa la sussidiariet o la speciailit .c;lel reato di cui all'ar.ticolo 2 della. legge n. 898 del 1986 rispetto al reato di truffa era destinata a riprodursi in ordine alla nuova fattispecie di truffa aggravata, cos determinando conseguenze che per certi versi finiv.ano per vanificare l'intento di una maggiore tutela nei confronti delle frodi comunitarie. Il legislatore quindi nuovamente intervenuto con l'articolo 73 della legge 19 febbraio 1992 n. 142 che ha modificato l'articolo 2 della legge n. 898 del 1986, esplicitandone il carattere sussidiario, mediante la formula Ove il fatto non configuri il pi grave reato previsto dall'articolo 640bis , che precede il restante testo dell'articolo, riproducente, con qualche modificazione, quello originario. Nella relazione al disegno di legge n. 5497, presentato alla Camera dei deputati nella X legislatura, si afferma, infatti, che per evitare che l'accentuazione del rilievo penale delle frodi in danno della Comunit, voluta con la citata nuova disposizione codicistica (l'articolo 640-bis) sia vanificata da una malintesa specialit del reato meno grave previsto dal succitato articolo 2 della legge n. 898 del 1986 ... necessario stabilire che questa norma non applicabile in luogo dell'articolo 640-bis quando la fattispecie materiale integra gli estremi della truffa. Questa nuova norma -non considerata dalla ordinanza di remissione in quanto successiva ai fatti da giudicare -non per questo perde 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di rilievo ai fini del presente giudizio. Ed infatti, considerata insieme alla successione di interventi legislativi che l'ha preceduta e ai relativi lavori parlamentari, appare palese che, con essa, si inteso semplicemente esplicitare, a fronte di contrastanti interpretazioni applicative, quella che era stata chiaramente, fin dall'origine, l'intenzione del legislatore e cio che la condotta sanzionata 1dall'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986 n. 898 fosse quella consistente nella mera esposizione di dati o notizie falsi, mentre i fatti connotati da ulteriori elementi di frode continuavano a ricadere nell'ipotesi di cui all'articolo 640 e, successivamente, dell'articolo 640bis del codice penale. N pu ritenersi che la disciplina del rapporto tra norma speciale e norma generale dettata dall'articolo 15 del codice penale sia di ostacolo ad un'interpretazione che si uniformi non solo e non tanto all'intenzione del legislatore ma anche e soprattutto alla razionalit intrinseca del sistema ed alla ratio della norma quale con certezza desumibile dal quadro normativo in cui essa inserita e dal contesto politico-economico alla quale la stessa fa riferimento. chiaro che il problema neppure si pone per coloro che accedono alla tesi secondo cui il semplice mendacio non sufficiente ad integrare gli artifizi e raggiri di cui all'articolo 640 del codice penale. Per costoro, infatti, l'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 colpisce una condotta diversa da quella propria del reato di truffa, sicch il rapporto tra le due norme non di specialit, mentre trova applicazione il principio dell'assorbimento o della consunzione del reato meno grave in quello pi grave allorquando l'esposizione di dati o notizie falsi si accompagni ad altre modalit ingannevoli. Ma anche la tesi secondo cui, in generale, il semplice mendacio sufficiente ad integrare il delitto di truffa, ove abbia comunque avuto l'effetto di trarre in errore il soggetto passivo, non tale da imporre la soluzione interpretativa presupposta dal giudice a quo. infatti suffi. dente osservare che, in quest'ottica, la norma di cui al citato articolo 2 configurerebbe un'ipotesi speciale di truffa di gravit minore, connotata, peraltro, non solo dall'essere il fatto diretto ad ottenere indebiti erogazioni a carico del FEOGA (il che non sarebbe sufficiente a giustificare l'attenuazione), ma anche dal ricorso al meno ingannevole tra i comportamenti sussum~bili, secondo questa tesi, nella nozione di artifici o raggiri, e cio il semplice mendacio. Tra gli elementi specializzanti che concorrono a distinguere, all'interno della fattispecie 'di truffa, l'autonoma figura di reato di cui all'articolo 2 della legge n. 898 del 1986, vi sarebbe quindi anche un elemento negativo, costituito dall'assenza di elementi o modalit ingan .nevoli diversi e ulteriori rispetto alla mera falsa dichiarazione, s che, al l'inverso, la presenza di questi ultimi determinerebbe anche qui la sus sistenza del solo reato pi grave. E, certamente, la minor fraudenza dei PARTE I, SEZ~ Ii "GIURISPRl.IDE!NZA COSTITUZIONALE 37 mezziusati costituisce; in questa materia, una considerazione idonea a fornire una giustificazione non irragionevole per un trattamento sanzionatorio attenuato rispetto a quello .normale. P.ertimtq, quale cbe .. $ia l'interpretazione prescelta circa la nozione di artifizi o raggiri>) agli effetti dell'articolo 640 (e, $U questo, la Corte non ha necessit di Pl'():P.Upziarsi),. (': ben pos$ibile risolvere il problema dei rapp>rtiJra ~ll norma impugnatae ~i articoli 640 e 640-bis ciel c()dice penale in termilli diversi da quelli presupposti . dal giudice aquo e tali ~ non c.leterminare q.ei vizi di illegittimit costituzionale. che egli ha paventato. ..A. tal ffue f appunto sufficienteinterpretare la previsione dell'articolo 2dellalegge n, 898 del l986 nel senso che essa si riferisce al ca$o di coliti che consegue indebitamente erogazioni a carico del FEOGA soltanto mediante l'esposizione di dati o notizie falsi. Tale interpretazione -consentita . dal ._tenori letterale_ della . disposizione, conforme all'intenzione.. 4el legislator~ ecoerente . con la consideraiione . sistematica e funzionale. della Cisciplina . - anche imposta dal fondamentale canone ermeneutico sece>ndo. cui, tra pi significati possibili di una medesima disposizione, l'interprete deve escludere quello, tra di essi, che non sia coerente con il dettato costituzionale. E poicll. la norma, interp-retata come si detto, non determina effetti di. irrazionale ed ingiustificata . disparit di trattamento sanzionatorio, reccezione di illegittimit costituzionafo in esame deve essere dichiarata infon~ta. CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1994 n. 40 -Pres. Casavola -Red. Cheli -Regione Sicilia (avv. Torre e Ingargiola) c. Presidente Consiglio dei Ministri. Regioni Conflitto diattribUZione . Corte dei Conti Controllo sugli atti Nuovo regime. (dJ. 17 luglio 1993, n. 242, art. 7). Non sp.ettava .allo Stato sottoporre al visto di legittimit della Corte dei Conti i provvedimenti del Presidente della Regione Siciliana esclusi dalla casistica dell'art. 7 d.t. n. 143 del 1993, poich :si deve estender.e immediatamente alla sfera delle Regioni l'operativit della nuova e pi limitata disciplina sui controlli della Corte, ancorch il d.l. stesso non sia stato poi convertito ma fatto salvo negli effetti dalla legge n. 20 del 1994 (1). (1) Viene respinto il tentativo della Corte dei Conti di restringere l'operativit immediata dell'art. 7 d.1. n. 242 del 1993 ai controlli sulle Regioni, sottolineando 4 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I due conflitti proposti dalla Regione siciliana, pur traendo origine da provvedimenti distinti, si fondano sopra un identico motivo, che investe l'applicazione nell'ambito regionale della nuova disciplina in tema di controllo preventivo di legittimit da parte della Corte dei conti, introdotta con l'art. 7 del decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143 e reiterata con l'art. 7 del decreto-legge 17 luglio 1993, n; 232. I giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti al .fine di addivenire ad una unica pronuncia. n primo conflitto (n. 25/93) stato sollevato con riferimento alla delibera n. 94 del 1993 della Sezione centrale del controllo della Corte dei conti che -muovendo dal presupposto della non applicabilit alla Regione siciliana della nuova disciplina posta dall'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 143 del 1993 -ha sottoposto al controllo preventivo di legittimit il decreto del p_residente della Regione 30 dicembre 1992, negand ail stesso il visto e la conseguente registrazione. Il secndo conflitto (n. 38/93) ha tratto, invece, la sua occasione dalla nota che il Presidente della Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana ha indirizzato, il 10 settembre 1993, al Presidente ed all'ASsessore regionale per il bilancio di tale Regione, al fine di richiedere la sottoposizione al controllo preventivo di legittimit della Sezione di tutti i provvedimenti e titoli di spesa indicati nel testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214: e questo sempre sul presupposto -gi fatto valere nella richiamata delibera n. 94/93 della Sezione centrale '-della non applicabilit all'ordinamento regionale siciliano della nuova disciplina in tra l'altro la Corte Costituzionale che a tale decreto va riconosciuta la natura di normativa fondamentale di riforma economico-sociale suscettibile di vincolare anche le Regioni a statuto speciale. Rimane peraltro in ombra la preoccupazione manifestata dalla Corte dei Conti, a monte del contrasto, sul fatto che il modulo di controllo previsto nell'art. 7 cit. postula l'esistenza di controlli di legittimit interna che in Sicilia non esistono, avendo la legge reg. 31 marzo 1972, n. 19, eliminato il controllo di legittimit delle ragionerie centrali, alle quali rimasto il solo controllo contabile. Secondo la Corte dei Conti ne seguirebbe la pregiudizievole conseguenza che, in una regione come la Sicilia, l'attivit amministrativa, compresa quella di erogazione della spesa, non sarebbe soggetta ad alcun riscontro di legittimit, laddove anche la dottrina ha censurato la duplicazione dei controlli di legittimit, ma senza mai arrivare ad auspicarne la totale eliminazione. A tale perplessit la regione Sicilia aveva peraltro replicato, nell'adunanza del 3 giugno 1993 dinanzd alla Sezione di controllo della Corte, che il successivo art. 8 dello stesso d.l. aveva delineato un nuovo assetto dei controlli interni al quale essa non avrebbe potuto sottrarsi, dato il carattere di norma fonda mentale di grande riforma da riconoscere al d.l. citato, che condiziona anche la competenza legislativa primaria attribudta alla Regione in materia di organizzazione degli uffici. PARTE I; SEZ; I, GIURISPRUDENZA COSTiTUZIONALB materia posta con il decreto-.legge>n; 143 del 1993 e reiterata con il decret<>< legge ri. 232 del 1993; La :Regione siciliana ritiene tali atti lesivi della propria sfera di attribuzi6ni, in qtu:mfo ll contrasto con l'art" 23; secondo comma, dello Statuto speotaJ.e econle norme>dl attuaztonedi.cuialD;Lgs. 6 maggio 1948, n;;~$S{9h:l':l 1l~),odel 1993; disciplina che ha ridotto le categorie degli atti sdttdponioi~icontroll.o preventivo di legittimit, non comprenderido in tali categorie provvedimenti di spesa quali quello adottato dal Presiden te delta Regione H 30 dicembre 19921 nei cui confronti la Seziorte centrale di c()ntrollcf h; >l ricorsi so.ll() fonda:ti. lFdecreto legislativo 6siciliana ....,.. ha ele11cato;. al primo comma deWart. 2, le competen z della Sezione regionaletdel controllo, competenze da esercitare in conformit. delle: leggi dello Stato che disciplinano .1e funzioni. della Corte dei: contiȥ L.a forniula adottata con questa disposizione ~.ove collegata al ca rattere unitario delle funzionLdL controllo attribuite, in base all.'art. 100, secondo comma, della Costituzione, alla Corte dei conti -non pu non essere interpretata come. richi.anio ad una. forma d.i rinvio dinamico alla legislazione statae in tema di funzioni della Corte dei conti e, con seguentemente, anche .di forme e di limiti del controllo ad essa spettante: legislazione stata.le che, nei suoi svolgimenti, proprio in virt del richiamo operato attraverso la norma di attuazione, destinata, dunque, a espande re. direttamente la propria efficacia anche nei confronti dell'ordinamento .regionale: siciliano. Non p. esere1 pertanto, condivisa la tesi -affermata nella deli bera n. 94/93 cl.ella, Sezione . centrale di controllo -secondo cui la disciplina . del 911troll9 . sugli a.tti del Governo e dell'amministrazione della Regione sfoiliana dovrebbe essere, ancor oggi, quella che risultava fissata nella legislazione statale. alla data dell'approvazione dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione (e cio la disciplina di cui al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214), dal. momento che l'assetto del controllo nella Regione siciliana sarebbe quello disegnato e stabilito dallo Statuto e dalle corrispondenti norme di attuazione e che a tale assetto non potrebbe farsi deroga se non attraverso i meccanismi che l'ordinamento prevede per la modi ficazione delle nonne costituzionali e di quelle di attuazione dello Sta 40 RASSEGNA' AVVOCATURA DELLO STATO tuto . Tale interpretazione -che assume a suo presupposto il carattere materiale del rinvio alla legislazione statale operato dall'art. 2 del decreto legislativo n. 655 del 1948 -oltre a contrastare con l'esperienza storica (che ha fatto registrare l'immediata operativit nella Regione siciliana delle modifiche successivamente appoxtate al testo unico del 1934, quale, ad esempio, quella di cui all'art. 1 della. legge 21 marzo 1953, n. 161), verrebbe; infatti, a introdurre, nel controllo preventivo di legittimit affidato alla Corte dei conti per la Regione siciliana; un fattore di rigidit che non pu trovare giustificazione nella disciplina adottata sia con lo Statuto speciale (art. 23, secondo comma) che con le relative norme di attuazione, dove si prevedono l'istituzione e le competenze fondamenta li della Sezione regionale di controllo, senza nulla specificare (salvo il rinvio operato alla legislazione statale) in ordine alle forme ed ai limiti del controllo alla stessa Sezione affidato. Fattore di rigidit che verrebbe, tra l'altro, a incrinare -in presenza di una ;riforma particolarmente innovativa quale quella che ha dato luogo ai conflitti in esame -l'esigenza di unitariet sottesa alla funzione di controllo spettante alla Corte dei conti. Ma non va neppure trascurato il profilo -messo in luce dalla difesa regionale -relativo all'art. 10 del decreto-legge n. 232 del 1993, dove ai principi desumibili dalla discipina posta nello stesso decreto viene riconosciuta la natura di norme fondamentai di riforma economicosociale, suscettibili di vincolare le Regioni a statuto speciale e le Province autonome. Nonostante che questa disposizione (che ricompare in tutte le successive reiterazioni del decreto-legge n. 232 e, infine, nell'art. 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 20) non sia suscettibile di incidere direttamente nella materia del controllo della Corte dei conti, riservata alla legge statale; essa risulta pur sempre espressiva di una volont del legislatore diretta a estendere immediatamente l'operativit della nuova disciplina anche alla sfera delle Regioni a statuto speciale. L'insieme idi queste ragioni concorre, dunque, a dimostrare la necessit di riferire immediatamente anche alla Regione siciliana le limitazioni apportate alla sfera del controllo preventivo di legittimit con l'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 143 del 1993, limitazioni poi reiterate, con alcune varianti, nell'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 232 del 1993. La vigenza della nuova disciplina anche nell'ambito della Regione siciliana .doveva, dunque, condurre a escludere la possibilit di esercitare il controllo preventivo di legittimit negli stessi termini prima operanti ai sensi della disciplina posta con il R.D. n. 1214 del 1934, con la conseguenza di sottrarre all'esame della Sezione centrale il decreto adottato dal Presidente della Regione siciliana il 30 dicembre 1992. Dal che la fondatezza delle domande avanzate con i ricorsi in esame. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 41 Occorre, infine, rilevare che i due decreti-legge (nn. 143 e 232 del 1993), sulla cui vigenza i due ricorsi sono fondati, non sono stati convertiti in legge ed hanno, pertanto, perso la loro efficacia, ai sensi dell'art. 77, terzo comma, della Costituzione, fin dalla data della loro emanazione. Questo elemento non assume, peraltro, rilievo ai fini della pronuncia da adottare, dal momento che la legge 14 gennaio 1994, n. 20 -nel formulare, dopo i vari decreti-legge non convertiti, la disciplina definitiva della materia -ha espressamente fatto salvi, ahl'art. 8, gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge nn. 143 e 232 del 1993. Conserva, pertanto, la propria efficacia, ai fini della soluzione dei conflitti in esame, il richiamo operato nei ricorsi della Regione alla disciplina posta con tali decreti, in vigore alla data di adozione degli atti che hanno detel1ID.inato la proposizione degli stessi conflitti. CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1994 n. 48 -Pres. Casavola -Red. Vassalli -Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia di Belmonte). Reato Provvedimenti antimafia Possesso di beni di valore sproporzionato alla attivit svolta Mancata giustificazione da parte di soggetto sottoposto a procedimento penale Violazione principio presunzione non colpevolezza Illegittimit costituzionale. (d.l. 8 giugno 1992 n. 306, art. 12 quinquies, conv. con mod. in legge 7 agosto 1992, n. 356, come modif. da art. 1, d.l. 7 settembre 1993, n. 639, conv. con mod. in legge 15 novembre 1993, n. 461). E' illegittima per violazione del principio di presunzione di non colpevolezza la norma che punisce la mera disponibilit di beni di valore sproporzionato al reddito, ove di tale disponibilit non sia giustificata la legittima provenienza, da parte di coloro nei cui confronti pende procedimento penale per determinati reati, poich essa assume a presupposto del reato una situazione processuale, in quanto tale transeunte, trasformandola in una presunzione di colpa (1). (1) Con dovizia di argomentazioni la Corte sanziona la illegittimit della norma all'esame, pur dando atto delle note ragioni di politica criminale che avevano indotto il Governo ad emanarla in un momento particolarmente grave della esplosione del fenomeno criminoso. La Corte, mentre ricorda le perplessit che negli stessi ambienti parlamentari suscit la norma, coglie l'essenza della illegittimit nella dmpossibile commistione tra presupposti delle misure di sicurezza, che possono correttamente essere legati a situazioni transeunti, come quella della sottoposizione ad un procedimento penale ed elemen1li costitutivi di una fattispecie criminosa, per la quale la pendenza di un procedimento penale deve rimanere un fatto neutro, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 42 (omissis) Pur nella variet degli accenti e degli sviluppi argomentativi che caratterizzano le numerose ordinanze di rimessione, al nucleo delle censure sta, dunque, il rilievo -comune a twtti gli atti di denuncia -che l'art. 12 quinquies, secondo comma, del d.l. n. 306 del 1992 (convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356) punisce la disponibilit di beni di valore sproporzionato al reddito o alla attivit economica, ove di tale disponibilit non venga giustificata la legittima provenienza da parte di coloro nei cui confronti pende procedimento penale per determinati reati: ad integrare l'indicata figura delittuosa, pertanto, suffi. dente, sostengono i giudici a quibus, il possesso ingiustificato di quei beni da parte di soggetti che si qualificano per il sol fatto di rivestire una condizione meramente processuale ; una condizione, quindi, che per sua natura assume il carattere della temporaneit e che, in virt della presunzione di non colpevolezza, deve ritenersi del tutto inidonea ad assegnare al soggetto attivo quelle connotazioni di intrinseco disvalore che la norma invece postilla, strutturando la fattispecie come reato proprio fondato sul sospetto che quella condizione evocherebbe. A tale insistito richiamo alla violazione del principio sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, si sovrappongono, poi, ulteriori rilievi di costituzionalit che solo in parte presentano una effettiva autonomia sul piano logico-concettuale. Ricorrente , infatti, l'assunto secondo il quale la disposizione impugnata contrasterebbe con l'art. 3 della Carta fondamentale, per essere la fattispecie incriminatrice delineata in termini tali da generare conseguenze non conformi ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza. Sempre .facendo leva sulla fluidit che caratterizza lo status del soggetto attivo, si determinerebbe cos, secondo alcuni giudici, una non giustificata disparit di trattamento tra persone indagate per il reato de quo e quanti, invece, siano sottoposti ad indagini per altri reati, mentre altre ordinanze pongono in risalto la discriminazione che verrebbe a subire la persona inquisita rispetto a colui che, seppur titolare di ricchezze sproporzionate, non incappa in un procedimento penale, ovvero l'irragionevole identit di trattamento che la di sposizione riserva tanto al condannato che all'assolto in ordine ai delittisorgente . Ugualmente raccordata alla particolare qualit che caratterizza il soggetto attivo, l'ulteriore censura che individua, nella norma impu se non si vuole surrettiziamente introdurre nell'ordinamento una inammissibile presunzione di colpa. Mantenendo ben distinte le due situazioni comunque la Corte conferma ~a validit e la legittimit della scelta di politica criminale volta a colpire la disponibilit ingiustificata di patrimoni non proporzionati ai redditi posseduti, purch essa si estrinsechi in una misura cautelare mantenendo una funzione strumentale rispetto all'accertamento ed alla repressione dei reati. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE gnata, aspetti di dubbia compatibilit con l'art. 25 della Costituzione: si osserva, infatti, che, facendosi dipendere il presupposto soggettivo dal verificarsi di una condizione futura, incerta ed imprevedibile, quale l'assunzione della qualit di indagato o imputato, ne deriva che il soggetto non messo nella possibilit di evitare il realizzarsi dell'elemento oggettivo del reato; criminalizzandosi, per questa via, l'acquisizione di beni, anche se conseguita in un momento in cui la legge non fa carico al soggetto medesimo di adottare particolari cautele, proprio perch non rientrante in categorie sospette . Nel medesimo a:lveo, poi, finisce per collocarsi anche la dedotta violazione dell'art. 42, secondo comma, della Costituzione, a proposito deH.a quale si osserva che, configurandosi il reato sulla base della ritenuta sproporzione fra reddito e patrimonio -un dato, quest'ultimo, che, per la sua elasticit, sarebbe fonte ulteriore di ingiustificate ineguaglianze -e prescindendo la norma da qualsiasi coJilegamento immediato con un'attivit delinquenziale giudiziariamente accertata, verrebbero ad essere vulnerati i principi dettaiti a tutela della propriet, i cui limiti non hanno alcun .riferimento alle sue dimensioni quantitative . Quasi 1tutte le ordinanze di rimessione, infine, sottopongono fa norma a scrutinio di costituzionalit per asserita violazione del principio sancito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Coniugando, infatti, fra loro, presunzione di non colpevolezza e diritto di difesa, e con accenni che talvolta coinvolgono anche il principio di uguaglianza, i giudici rimettenti, ancora una volta ponendo a raffronto la peculiare condizione che qualifica il soggetto attivo e la condotta che la fattispecie descrive, censurano la disposizione di cui si tratta sul rilievo che la medesima, postulando in caso allo stesso inquisito l'obbligo di giustificare la legittima provenienza dei beni, determinerebbe una inversione dell'onere della prova con conseguente compromissione del didtto di difesa, in quanto la persona sottoposta a procedimento penale sarebbe costretta ad abbandonare ogni comportamento processuale passivo , che pure l'ordinamento le garantisce attraverso H diritto di difendersi anche con il silenzio. Tale essendo il composito quadro dei rilievi che i giudici a quibus muovono alla norma sottoposta al giudizio di questa Corte, e poich, per quel che si detto, un risalto del tutto particolare stato assegnato alla violazione del principio sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, quasi a farsi da esso poi derivare, per la struttura stessa che contraddistingue la fattispecie, gli ulteriori dubbi di costituzionalit che i rimettenti sollevano con riferimento ai diversi parametri che sono stati dianzi indicati, la verifica della conformit della norma al principio di presunzione di non colpevolezza finisce allora per assumere un carattere per cos dire preliminare, secondo l'ordine logico che lega fra loro le censure dedotte. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Sono fin troppo note le ragioni di politica criminale che hanno indotto il Governo prima ad emanare il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 e poi a presentare in sede di conversione dello stesso alcuni emendamenti, come appunto quello da cui discende la disposizione impugnata. D'altra parte la stessa relazione illustrativa del disegno di legge di conversione ha avuto modo d;i scolpire le ragioni stesse con note:vole incisivit. La disposizione dicui qui si discute, introdotta quale emendamento governativo nel corso dei lavori parlamentari relativi alla conversione del citato decreto, si iscrive nell'alveo di.queMa complessa manovra normativa vlta ad adottare misure idonee a fronteggiare, sul piano della prevenzione e della repressione, il gravissimo fenomeno del crimine organizzato, spintosi ad una aggressione che ha raggiunto livelli ormai assolutamente intollerabili (XI Legislatura, Atto Senato n. 328 pag, 11)~ Le incontestabili esigenze di tutela della collettivit, al cui doveroso soddisfacimento si ispirato il provvedimento legjslativo nel quale ha trovato sede la disposizione oggetto di i:t~wugnativa, hann.o dunque costituito, ad un tempo, l'obiettivo perseguito .e la motivazione offerta per dissolvere i dubbi, subito emersi, circa l'effettiva compatibilit della norma con gli altrettanto ineludibili principi di .rango costituzionale. Gi in sede di commissione Affari Costituzionali del Senato, infatti, H 1sottosegretario di Stato per l'interno aveva avuto rnodo di evidel1Ziare come il Governo annettesse grande rilevanza alla disposizione di C1li all'art. 12-quinquies, il quale pu alimentare qualche dubbio di costituzionalit,. ma rappresenta uno stru mento efficace e vigoroso, utilizzato anche in altri ordinamenti e consigliato sia dalle forze .dell'ordine che dalla Guardia di finanza (v. seduta del 21 luglio 1992). Ancor pi espliciti sono i riferimenti che possibile cogliere negli interventi svolti in assemblea al Senato; ove non manca~ to chi ha ritenuto di dover esprimere un particolare-apprezzamento per lo sforzo compiuto dal Governo, anche a costo di ess<;!re accusato di introdurre una fattispecie incostituzionale, per trovare: uno strumento di diritto sostanziale che penetrasse fino in fondo nei patrimoni accumulati dal mondo del crimine organizzato, o chi, come il ministro dell'interno, si trovato nella necessit di ammettere che la norma in esame determinava il ribaltamento di uno dei principi generali in materia di prove, dal m0mento che lo stesso soggetto a dover dimostrare la provenienza e la natura lecita delle sue sostanze per non incorrere in sa,nzioni penali, ovvero, ancora, chi, come il ministro di grazia e giustizia, si mostrato ben .consapevole di agire su un terreno difficile e delicato per i poteri conferiti alle pubbliche autorit di incidere sui diritti e sui beni della persona, prima ancora che rigorosi accertamenti probatori si siano compiuti in sede giudiziaria (Senato, Assemblea, seduta pomeridiana del 23 luglio 1992, resoconto stenografico, pagg. 47, 51, 55). Ad ulteriore e conclusiva conferma di come sia stato lo stesso legislatore ad aver maturato la consapevolezza di essersi sospinto stil pe PARTE I, SEZ> l> GlURlSl'RUDENZA COS'flTUZIONALE ricolosq rinale di una possibile compromissione cli. valori fondamentali, sta1inf:ine l'iter.. di. conversione dell'ultimo. dei decreti-legge di modifica P,elJa. P,o;m .dicembre 1993;. il ministro di grazia e giustizia ha infatti proposto. diestenc1ere l'applicazione.delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, a coloro che, sulla base l;l;t elt)n:tenti di fatto rappresentati anche dalla circostanza di essere sottopqsti a prpcec;limento .Penale per. delitti determinati da motivi di lur9, c1eY81lO ,J:itene;sL vivere abjt.ajme:nte, anche in parte, con il provento di alcuni .reati contro la pubblica ax:n;ministrazione. L'interferenza, dungue, cb,e. , J?ossi!bilejntravedere tra fattispecie criminosa v1ta ad impedire,. attraverso i sequestro e la confisca, l'accumulazione di beni cli sospetta provenienza e la struttura che caratterizza, ai medesimi fini, il dver.s.o istituto delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, riyela, allc>I', )'esiste~ia di un'area.. all'interno della. quale i presupposti che. d.e.Jo:11o .. assistere. la sanzfone criminale. finiscono pr . essere ambiguamente co.ft.ts con quelli che consentono l'applicazione di una misura di carattere preventivo. E. che una tale commistione si sia realizzata nel configutar~la norma sottoposta al vaglio di questa Corte, lo si desume cori chiarezza ponendo a rrufronto tra loro i requisiti )) che integrano la fattispecie prevista dall'art. 12"quinquies del d.l. n. 306 del 1992, e quelli richiesti per procedere all'applicazione delle misure di prevenzione. A seg\ iito; infatti, delle modifiche appcirtat al secondo comma dell'art. 2-ter 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO della legge 31 maggio 1965, n. 575, ad opera dell'art. 3 della legge 24 luglio 1993, n. 256, le misure di prevenzione ed il sequestro dei beni si applicano nei confronti di talune categorie di indiziati, non solo quando si ha motivo di ritenere che tali beni siano il frutto di attivit illecite o ne costituiscono il reimpiego, ma anche quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attivit economica svolta , fermo restando che con l'applicazione della misura di prevenzione il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza . Ove si consideri, dunque, la sostanziale sovrapponibilit delle espressioni che compaiono nel nuovo testo dell'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 e di quelle che tipizzano il fatto materiale descritto nella fattispecie oggetto di censura, agevole avvedersi di come una medesima condotta possa dar luogo indifferentemente all'applicazione di una misura di tipo preventivo ovvero alla irrogazione di una pena detentiva. Accanto a ci, anche l'area dei soggetti finisce per essere pressoch coincidente, considerato che Je misure di prevenzione patrimoniali trovano applicazione non solo nei confronti degli indiziati di appartenenza alle associazioni di tipo mafioso o a quelle previste in materia di stupefacenti; ma anche, in virt della previsione dettata dall'art. 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55, nei confronti di coloro che si ritiene vivano abitualmente con i proventi di una attivit delittuosa, se questa sia una di quelle previste dagli artt. 629, 630, 648-bis o 648-ter del codice penale . ovvero quella di contrabbando . L'analogia che pu quindi cogliersi tra i reati presupposti che qualificano la condizione del soggetto attivo del delitto previsto dall'art. 12-quinquies, secondo comma, del d.l. n. 306 del 1992, e le categorie di indiziati per i quali invece consentita l'applicazione di misure preventive, chiude pertanto il circolo del confuso ordito normativo che ha preteso di assimilare fra loro settori dell'ordinamento del tutto eterogenei: quello del diritto penale sostanziale e quello delle misure di prevenzione. Ecco svelarsi, allora di vizio di costituzionalit che affHgge la norma impugnata. Se, infatti, pu ritenersi non in contrasto con i principi costituzionali una norma che, al limitato fine di attivare misure di tipo preventivo, desume dalla qualit di indiziato per taluni reati il sospetto che la sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato possa esser frutto di illecita attivit, altrettanto non pu dirsi ove l'analoga situazione venga ricondotta all'interno di una previsione incriminatrice, giacch la legittimit di una simile fattispecie rinverrebbe un insormontabile ostacolo proprio nel principio di presunzione di non colpevolezza che i giudici a quibus hanno correttamente invocato. Il naturale sviluppo del precetto sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, comporta, infatti, che la condizione di persona sottoposta a procedimento penale . . . . . PARTE I, SBZ; I; GIURISPRtlDBNZA CO$TITUZIONALB assume connotazioni del tutto amorfe agli effetti del . diritto sostanziale; cosicch dalla stessa non consentito trarre sospetti o presunzioni >~ di sorta che valgano a qualificare una specifica condotta che il le gislatore. ritenga meritevole di sanzione penale; In altri termini, il fatto pez.tb:ne11te rilevante deve. es~ere tale a prescindere dalla Circostanza che il suo utre sia o meno jnd;igato o imputato, perch falf cndzfoni, fu. stabili come ogni status processua:le)rton legittimano alcun apprezzamento in teririini d disvalore; un apprezzamento che varrebbe ineluttabilmente. ad antcipa:re effetti che la Costituzione riserva, invece, soltanto alla sentem:a: irtevocaibile 306 del 1992Jirvece, ispirandosi. con fin troppa chiarezza a:mo~ delli tipici del procedimento di prevenzione, fonda proprio sulla: qualit dL indagato o di imputato il presupposto soggettivo che rende punibile un. dato di fatto;......; la sproporzione non giustificata tra beni e reddito che altrimenti non sarebbe perseguito, cosiech la persona indiziata o imputata; ancorch presunta non colpevole, , per ci solo, assoggettata a pena, in ordine ad una condotta che, ove posta in essere da qualsiasi altro soggetto,. viene ad essere normativamente riguardata fu termini di totale indifferenza/La lesione inferta all'indicato parametro traspare, quindi, in tutta la sua evidenzi:v V' anzi da osservare che l'ambigua formula adottata dal legislatore ha pretermesso qualsiasi risalto all'epilogo. processuale dei reati presupposti, quasi ad aver presunto colpevole il relativo. imputato; n mancato rispetto del principio costituzionale, poi, in s foriero di ulteriori ed altrettanto .gravi conseguenze. Come stato, infatti, covrettamente . posto in rilievo . in numerose ordinanze, la provvisoriet ela stessa casualit insita nello status di chi sottoposto a inf. l.agini o al processo; fa si che persone le quali versino nella medesima; situazione,. vale a dire dispongano di beni non proporzionati al reddito, subiscano un differenziato trattamento a seconda che, nei loro confronti; sia stato o meno iniziato un procedimento penale: basta; quindi; una semplie. notitia criminis, ancorch infondata e tale da condurre ad uno scontato esito di archiviazione, a determinare l'insorgenza della qualit che rende punibile.quella condotta, con conseguenze discriminatorie di intuiti;va evidenza:, al fondo delle .quali sta l'arbitraria assimilazione di c()ndizioni (quella: di condannato e quella di imputato} che il costituente ha invece inteso separare nettamente. A conclusioni di egual segno occorre pervenire anche sul diverso versante degli effetti che la struttura della norma in grado di generare sul piano della difesa che il soggetto inquisito chiamato a svolgere: molti giudici, infatti, insistono -e tale aspetto come si detto, fu avvertito anche nel corso dei lavori parlamentari -1slllla inversione dell'onere della prova che la norma postulerebbe nel far carico all'imputato di dimostrare la provenienza dei beni di 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO cui risulta avere la disponibilit. A fronte di un siffatto rilievo l'Avvocatura Generale dello Stato sembra voler obiettare considerazioni non dissimili da quelle che questa Corte ha avuto modo di svolgere allorch ha disatteso la fondatezza delle analoghe questioni sollevate con riferimento agli artt. 707 e 708 del codice penale. Ma la ben diversa configura I " zione delle norme poste a raffronto impedisce di trasferire quelle conclusioni alla fattispecie che viene qui in discorso. Nell'escludere, infatti, che gli ar,tt. 707 e 708 del codice penale contrastassero con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione in rapporto, appunto, alla supposta inversione dell'onere della prova che ad avviso dei rimettenti quelle norme comportavano, questa Corte ha posto in evidenza come le censure non potessero essere. accolte in quanto le disposizioni impugnate non esigevano affatto la prova della legittimit della destinazione e della provenienza, limitandosi, invece, a pretendere una attendibile e circostanziata spiega zione, da valutarsi in concreto nelle singole fattispecie, secondo i prin cipi della libert delle prove e del libero convincimento (v. sentenza n. 14 del 1971 e, pi di recente, n. 464 del 1992). Gli artt. 707 e 708 del codice penale, pertanto, richiedono, da un lato, la qualit di condannato per taluni delitti e, dall'altro, la mancata giustificazione della destinazione o provenienza degli oggetti o dei beni; il pi volte citato art. 12-quinquies, in I ~ ! vece, oltre a prescindere dalla condanna, impone una giustificazione qualificata, giacch questa deve consistere nella legittimit della provenienza dei beni o delle utilit: situazioni, dunque, antinomiche e per le quali le medesime considerazioni che hanno sostenuto la verifica di costituzionalit I delle prime impongono l'opposta declaratoria per la seconda. ~ evidente, I infatti, che, dovendo la persona asservare la legittima provenienza dei I beni, nessuna portata scriminante assumerebbe la stessa ammissione che quei beni provengono proprio da quel reato in ordine al quale pende procedimento penale, cos da rendere possibile, sia pure in alcuni casi, il risultato, davvero paradossale, di considerare un medesimo fatto puni bile a doppio titolo: prima per la condotta illecita vlta ad acquisire la disponibilit dei beni e, poi, per il semplice possesso di quei beni dei quali non pu dedursi la legittima provenienza. Il tutto, poi, a sottacere degli ineludibili riflessi che da una situazione del genere vengono a riverberarsi sul piano del diritto 'di difesa, essendo inevitabile che qualsiasi scelta diifen siva si ritenesse di adottare in ordine al delitto previsto da1l'art. 12 quinquies del d.l. n. 306 del 1992, ila stessa non sarebbe priva di conseguenze in merito all'accertamento del reato presupposto, dal momento che questo per definizione ancora sub iudice. La norma deve pertanto dichiararsi costituzionalmente illegittima in riferimento all'art. 27, secondo comma, della Costituzione, restando as sorbiti gli ulteriori profili di illegittimit denunciati dai giudici a quibus. 49 CQRTE G()STl~UZIONA.LE,3 mario.1994 m 10 Pres; Casvoia; ~ Red, Vas < ... salli Ete$id:nte del Consiglio di Ministri (aVv Stato. Onufrio), .,.;. 49 CQRTE G()STl~UZIONA.LE,3 mario.1994 m 10 Pres; Casvoia; ~ Red, Vas < ... salli Ete$id:nte del Consiglio di Ministri (aVv Stato. Onufrio), .,.;. ... .. . ....... ... . . .. P1'1cedbrtetito!)enf:l~~-. ~vtoobbligatwio.dellre~cudonedeUapena. per l :SQget~iflf:fettl::c;1a;.inf~i.:lnediJ:elv " Discrlmmaztone rispetto af. ma~ .ᥥᥥlattc()ml.tiit: ; liii()idata~ ᥥ ~~llt~4J~\~~~~~~~fijo3J~i~?~gz)t~~\futo~~~~~d.t......!4 . maggo1993, n; 139,.cori ..................filo~~itt~~tttm~1auarmaclieprevedeurinvib.JGbilgatrio . dell'se ~tflt~5fM;f;~Jgt~~j#t~~j,lr~ft~~:: (l)Per superal'e ) delicl\te quesp.ont ... p:i:o.SPettate .dai ~udiciremittenti i;ig.i.:c1q . alla ;noi;ma.. cl'!.e f:nc1Iv~91la i . i:l;l.alat:i ctf J\;ll'.)$ cq(lle .!JJ:la . c;;itegoda. .di ffit!?!l,bili.,.la Col'te attl'fi)tii.sce y~ql'e.. esseIJ.Zi.a1e ajla nece.ssitt\ di J?Ol'l'7 l'iJl1e dio alle sittia:ii'oru di estrema drammatidt. che 1l'Mezfone HIV detel'lnria .nel l'ambita deha popolazfone carcerarla; essendo il cal'cere il 1uogo dove si con centra un alt,(>; numer()i di/soggetti a, riscfliov .... .. Per la tutel~ :ne. vie:ne c<>ni>idernta. ~eilittill.la la. scelta. legislativa .che PUI'e pone in secJ:!,dO. Piano sia la tutela I (!ella. collettivit contl'o i . coll.dal1llati . che 0ttell.'ttta la liberazione . tornano a. delinquere, sia 1 Iadiscrhninazone riispetfo ad altri detenuti pur affetti da gravi malattie che evidentemente hanno l'ubica differenza di non essere contagiose . .. Peraltm. la: Corte; accennando. alla necessit .. di ammettere spazi. di val'"" tazjone nol'l:natiya estra:neia1 pr:opri.o sinda.cato, nonch alla possibilit, esclusiva del ... legislatore, di ovviare alla I lacunosit .. dei. presdi di .. sicure:zZa. esistenti, senibra esprimere rauspido che l'interessamento legittimo manifestato nei confronti dei malati di AIDS nn si risolva in un pregiudizio per i resto della collettivit. 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO genera un trattamento irragionevolmente discriminatorio per i malati comuni rispetto alle persone affette da HIV, considerato che, alla luce dei dati offerti dalla scienza medica, i medesimi caratteri di gravit, irreversibilit ed ingravescenza sono presenti in molte altre patologie. Posto, inoltre, che la norma sancisce l'obbligo di provvedere al rinvio della esecuzione a prescindere da qualunque apprezzamento del caso concreto circa la effettiva incompatibilit delle condizioni di salute con lo stato detentivo, risulterebbe violato anche l'art. 111 della Costituzione, giacch nella ipotesi in discorso risulta vanificata la funzione della magistratura di sorveglianza di dirimere il conflitto tra il diritto dello Stato ad eseguire le sentenze di condanna a pene detentive e il diritto del condannato al differimento della esecuzione defila pena . La disposizione censurata contrasterebbe, infine, con gli artt. 27, terzo comma, e 32, primo comma, della Costituzione, in quanto, considerati i caratteri di estrema dinamicit che presenta l'infezione da HIV e la variet di situazioni che dalla stessa possono scaturire, dovrebbe essere concretamente provato che l'applicazione della pena leda il fondamentale diritto alla salute o si risolva in un trattamento contrario al senso di umanit. La questione attinge il nucleo del delicato problema relativo alla individuazione dei confini all'interno dei quali al legislatore consentito esercitare le proprie scelte discrezionali, nel quadro del non sempre agevole bilanciamento di valori ai quali la Costituzione assegna uno specifico risalto. Il tutto non disgiunto dai connotati di alta drammaticit che il triste fenomeno dei malati di AIDS presenta, sia sul piano delle contrapposte e gravi esigenze che dallo stesso vengono a scaturire e che ineluttabilmente si riverberano sulla intera collettivit, sia per la difficolt di individuare adeguati strumenti che valgano a consentire una prognosi di agevole remissione del fenomeno stesso. Viene qui in discorso, in parti colare, l'insistito e documentato richiamo che il giudice a quo effettua a casi non sporadici di condannati che, ottenuta la liberazione in virt della norma oggetto di impugnativa, tornano a delinquere con cadenze talora impressionanti, esponendo cos a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica e i diritti fondamentali di quanti vengono ad essere aggrediti. Ci, afferma il Tribunale rimettente, quale conseguenza pressoch naturale di una disciplina che, prendendo a riferimento i portatori di una malattia non temporanea, ma che anzi presenta caratteri di irreversibilit ed ingravescenza, individua una categoria di intoccabili, attraverso una clausola di immunit che priva quella categoria di soggettivit penale. Il rilievo grave e preoccupa non poco, specie in considerazione del non trascurabile risalto quantitativo che il fenomeno presenta, secondo le stime riferite nella relazione che ha accompagnato il disegno di legge di 1conversione del d.l. n. 139 del 1993. Ma al di l delle suggestive e approfondite argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione, resta comunque assorbente, ai fini che qui interessano, verificare se l'opzione PARTB I,. SBZ; I, QIURlSPRUDBl\!ZA eoppure se la. stessa abbia in qualche modo . sconfinato dall'alveo cU un c:or:retto uso . della discrezionalit, offendendo i parametri costitu zie>.ali cbe il gitidice. a quc;i evoca nel tracciare il. tema . devoluto a questa Q;lrje> J;p una sitnile ~tospettiva. diviene allora agevole avvedersi di come . d~~~l~ri~f!i:~:h1~tf!6t~~ii~i1a~:i::::ib!~::rie~::~:~~~tt;:;~: .@f:rl.volg~; gacb~ UJegislatore ha .inteso/ porre. rimedio .a situazioni di .estrema l.rarnm~tfolt; q.ali sono. quelle che scaturiscono dalla particol<: tre tUevanza; cb,e il problema d.ella infezione da HIV .riveste all'in t~~Q (j.elllit popgl~i<>l1e c:arc:f:raria, essend.().il carcere un. luogo in cui si!j.tr()vf1 concentrato un alto numero di soggf:tti .a rischio (XI Legislatu ra: .Atto Senato, n. 124a), X.a tutela di un bene. primario, quale quello della salute, costit\lisce; quindi, il primo termine di riferimento. alla cui s~reg.t'la aPPrezzarela conf()rmit .a. costitw:ione . df:lla scelta. legislativa, l).(). s()#~~ndo Hriei.'il cb,e.a tal fine. assumonole condizioni deltutto partfoolairi -qua.Ii sono quelle che connotano lo. status carcerario -in cuLc;i:w~lJ~ene deve Jrovare adeguate. garanzie ..Qi. s<:>ttil qii,estoprofilo, d.Wlq.e~ aPPare evidente che .. l'alternativa tra immediata esecuzione della pena det.ent~va o la SII.la .temporanea inesigibilit a causa di. condizioni di sa>lute he il legislatore stesse> ritiene di qualificare come incompatibili con la c!etenzione non comporta. soluzioni a rime obbligate sul pian() costi tuzie>naligatoriet della pena con le i;pecific]le situazioni dichivi deve essf:lre sottoposto. Il p.unto sta dunque t.tto nel veriticare . se la d.isposizione, che il legislatore ha ritenuto di detti. re per far fronte alla drammatica situazione di cui si detto, integri una ipotesi di f)ccesso di potere norxnativo, tale da porsi in pailf:se contrasto con i princip costituzionali che il giudice rimettente ritiene esser stati violati. Obbene, e per stare alle doglianze che il gi.dice a quo solleva a margine della.<:Jjsciplina in esame,. due appaie>no essere i temi chf: .insistentemente ricornmo: da un lato~ la scarsa attenzione che il legislatore avrebbe riservato allf:. esigenze di tutela della collettivit; e dall'altro, l'irragionevole privilegio che assisterebbe quanti, per essere portatori di infezione da I:HV, bel'leficianqdel rinvio obbligatorio .dell'esec.zione .. di. pene detentive. N l'uno n~.l'a.ltrn degli ind.ic,;a,ti rilievLpu per.dirsi conclusivo ai fini che qui interessano. Se, infatti, a fondamento della nuova ipotesi di differimento della esecuzione . della pena sta, come si detto, l'esigenza di assicurare il diritto alla salute nel particolare consorzio carcerario, la liberazione del condannato non. pu. allora ritenersi frutto di una scelta arbitraria, cos iCOme neppure pu dirsi che la liberazione stessa integri, sempre e comunque, un fattore di compromissione delle co111trapposte esigenze di tutela collettiva: non la pena differita in quanto tale, infatti, a determi nare una situazione di pericolo, ma, semmai, la carenza di adeguati stru 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO menti preventivi volti ad impedire che il condannato, posto in libert, commetta nuovi reati. Tuttavia, se a colmare una simile carenza pu provvedere, ed auspicabile che provveda, soltanto il legislatore, deve escludersi che la eventuale lacunosit dei presidi di sicurezza possa costituire, in I s e per s, ragione sufficiente per incrinare, sull'opposto versante, la tutela dei valori primari che la norma impugnata ha inteso salvaguardare, giacch, ove cosi fosse, nel quadro del bilanciamento tra le esigenze contrapposte, solo una prevarrebbe a tutto scapito dell'altra. D'altra parte, occorre anche osservare che qualora la norma in esame fosse ritenuta non conforme ai principi costituzionali per il sol fatto che dalla sua applicazione possono in concreto scaturire situazioni di pericolosit per la sicurezza collettiva, ne conseguirebbe che alla esecuzione della pena verrebbe assegnata, in via esclusiva, una funzione di prevenzione generale e di difesa sociale, obliterandosi in tal modo quella eminente finalit rieducativa !che questa Corte ha invece inteso riaffermare anche di recente (v. sentenza n. 313 del 1990), e che certo informa anche l'istituto del rinvio che viene qui in discorso. Superato;.quindi, il primo e pi allarmante dei rilievi mossi dal giudice a quo, circa il quale, peraltro, questa Corte non pu non ribadire l'augpicio di un pronto intervento che soddisfi le esigenze di sicurezza di cui innanzi si detto1 diviene allora agevole contestare fa fondatezza delfa questione con riferimento aihle restanti censure che il rimettente deduce. Nessuna discriminazione, infatti, pu intrallfedersi tra m:lati comuni e persone affette da AIDS; in quanto le caratteristiche affatto peculiari che contraddistinguono quest'ultima sindrome adeguatamente giustificano un trattamento particolare che, giova ribadirlo, si incentra sulla necessit di salvaguardare il bene della saLute nello specifico contesto carcerario: una finalit dunque, eterogenea rispetto ad altre gravi malattie, in ordine alle quali il rimedio del rinvio della esecuzione funzionale esclu sivamente alle esigenze del singolo. Neppure violato pu dirsi, poi, l'art. 111 della Costituzione, giacch la verifica che nella specie la magistratura di sorveglianza tenuta ad effettuare ed il conseguente obbligo di motivazione, non si raccordano ad una competenza funzionale astratta, quale quella che sembra prefigurare il giudice a quo, ma alla tipologia del provvedimento che l'organo della giurisdizione chiamato ad adottare nell'ambito dei confini delibativi che il legislatore ritiene di dover tracciare: ove, pertanto, i presupposti siano rigorosamente predeterminati, come accade per tutte le ipotesi di rinvio obbligatorio della esecuzione, qualsiasi apprezzamento discrezionale resta assorbito dalla valutazione legale tipica, che, ovviamente, restringe, ma non esclude, il controllo giurisdizionale e il dovere di motivare sul punto. Ugualmente non fondato, infine, l'assunto secondo il quale la norma impugnata contrasterebbe con gli artt. 27, terzo comma, e 32, primo com ! ma, della Costituzione, sul presupposto che, stante la variet di Situazio:rii I I I PAATB I, : a&Zi I/GIURISPRUDENZA.: COSTITUZIONALE 53 cru puo dar luogri l'itifezforie da HIV;' dovrebbe essete' corictetamente provato che l'applicazione della pena ledil:fondafu.entale diritto alla sa~ Iute o si risolva in un trattamento crittario aF sensi) di umanit ; Considerata; fofattkfa p:. 'vite>iriClfoata .filihlit che fa iirma chiari:tata a m1nirdEifSii~;~ zi:'One exPfrebbet patite pregiudizfo ove Ja peri venisse immediatamente eseguita/= eb~=s/s1Tui10~~L~,=Htmarzo1994.n. n, Pres. Casvol~ Red. Spa ..,. === g;noli .-; Presidente delConsiglio deiMinistri (avv. Stato Di Tatsia). Prcicet:lmtento pnale Udienza: preliminare. Incidente proba:tol'i -Preclu < s.i:oft ;;: Illegittimit = = .=.= (<:od; ptoo/ pen., artt; 392-393K :::::::: ::.::<.:::::.:::{:::;:::: :: Sq;nq #legittinii g{ip:t.tt. 39.?&}93 c.p.p. per J4pirte in cui ricm cQnsentQ iio liel'inci4erJ>te ErP'/:Jitorio.possa essern richiestQ anche,nella fase della udienza preliminare, quando ne sussistano i presupposti indicati per le in q,qgirt.i prelimtriari: m' .. Con le d:t;te. ordinanze, di analogo tenore, indicate in epigrafe,dl Giudice per le indagini preliminaripresso il TriJ:>unale.dLPrato dubita della legit tirnit costituzionale egli artt, 392 e 393 delcodice 4i procedura penale, nel la partein cui;, stabilend, , rispettivamente,= che l'incidente probatorio. pu ei;sere )!lchiesto neLcorso delle indagh:ii preliminari =ed entro i termini >~ perla loro. conclusione; hnpec;Usce che esso (nei casLd~ specie, una perizia) possa. essere espletato nella fase dell'udienza preliminare:. e ci, particolarme: Qte{c()n rfe;rirne1lW.al c~so dell'indagato che prima ditale uclienza abbia a'V:utonotizia del procedimento penale a stto ca;i;ico mediante comunicazione di garal1zfa anteriore alla richiesta di rinvio a giudizio. Ci d~ebbe luogo, ad avviso del rimettente, a contrasto con gli artt. 3 e 24 Costi dato che ne deriverebbe una menomazione del diritto. di c.l.ifesa . :: . "; : . . : . (!)Continua l'opera di razionalizzazione del nuovo codice di procedura penale da parte della Corte che in questa occasione amplia le possibilit di ricorrere all'inddente probatorio, in relaiiorie . a quella che la naturale ratio del l'istituto. 5 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 54 dell'indagato e un deteriore trattamento rispetto alla pubblica accusa nell'attivit probatoria utilizzabile nell'udienza preliminare. (omissis) Nel merito, la questione fondata. Nel vigente sistema processuale, l'istituto dell'incidente probatorio preordinato a consentire alle parti principali l'assunzione delle prove non rinviabili al dibattimento (art. 2, n. 40 della legge delega n. 81 del 1987), e cio di quelle che -secondo l'elencazione dell'art. 392 cod. proc. pen. -si prevede che non siano differibili al dibattimento per le condizioni della persona da esaminare o perch soggette a perdita di genuinit (lettere da a) a e), o perch il loro oggetto inevitabilmente esposto a modificazione (lettera f)), o perch ricorrono particolari ragioni di urgenza (lettera g)) o, infine, perch il loro rinvio pregiudicherebbe la concentrazione del dibattimento (comma 2). Ove tali circostanze ricorrano, l'anticipata assunzione della prova si appalesa indispensabile per l'acquisizione al processo di elementi -in tesi -necessari all'accertamento dei fatti e per garantire l'effettivit del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta. Tale esigenza concerne il diritto alla prova tanto del pubblico ministero che dell'imputato e prescinde, per quest'ultimo, dal fatto che egli abbia avuto o meno la possibilit -attraverso la comunicazione giudiziaria -di chiedere l'incidente probatorio nella fase delle indagini preliminari, dato che le evenienze in questione (si pensi a quella di cui all'art. 392, lettera a)) possono insorgere per la prima volta dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Di ci, del resto, il legislatore si mostrato consapevole disponendo che, nei casi previsti dall'art. 392, le prove non rinviabili possano essere assunte dal presidente del collegio, a richiesta di parte, nella fase degli atti preliminari al dibattimento (art. 467 cod. proc. pen.). Tale previsione gi di per s sufficiente a dimostrare l'infondatezza della tesi -avanzata dall'Avvocatura -secondo cui la preclusione del l'incidente probatorio nella fase dell'udienza preliminare sarebbe giustifi cata dalla prossimit del dibattimento: tesi che peraltro -anche a pre scindere dalle conseguenze della soppressione della regola dell' eviden za di cui all'art. 425 cod. proc. pen. (art. 1 legge 8 aprile 1993, n. 105) contraddetta dalla possibile dilatazione di tale udienza, ai sensi del l'art. 422. Sotto il profilo sistematico, poi, l'interruzione nell'acquisibilit di prove non rinviabili appare contraddittoria con la continuit che il legislatore ha assicurato all'attivit di indagine prevedendo che essa possa proseguire anche dopo la richiesta di rinvio a giudizio (art. 419, comma 3) e dopo . il decreto che dispone il giudizio (art. 430), ben potendo darsi che per taluno degli elementi in tal modo acquisiti insorgano le situazioni di non differibilit della prova previste dall'art. 392. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 55 La preclusione all'esperimento dell'incidente probatorio nella fase dell'udienza preliminare si 1:'ivela, pertanto, priva di ogni ragionevole giustificazione e lesiva del diritto delle parti alla prova e, quindi, dei diritti di azione e di difesa. Di conseguenza, le norme impugnate vanno, per questa parte, dichiarate costituzionalmente illegittime. CORTE COSTITUZIONALE, 15 marzo 1994 n. 84 -Pres. Casavola -Red. Ferri -Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara) c. Regione Sicilia (a:vv. Castaldi, Onida, Silvestri). Elezioni -Regione -Cause ineleggibilit ed incompatibilit -Allargamento elettorato passivo rispetto alla disciplina nazionale -Illegittimit. La normativa approvata dalla Assemblea regionale siciliana, che mira a trasformare da cause di ineleggibilit in cause di incompatibilit, per le elezioni a deputati regionali, le situazioni di chi ricopra la carica di sindaco o assessore di comune e di presidente o assessore di provincia, illegittima, poich si discosta senza ragionevole giustificazione da princpi vigenti nell'ordinamento per l'elettorato passivo, che devono risultare uniformi in tutto lo Stato per rispetto all'eguaglianza di trattamento relativa ai diritti politici (1). La Corte chiamata a decidere le questioni di legittimit costituzionale sollevate dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con due ricorsi, notificati rispettivamente il 21 agosto 1993 e il 23 ottobre 1993, in ordine, il primo all'art. 2, commi 2, 7 e 8, della Jegge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 agosto 1993, ed il secondo alla legge approvata dall'Assemblea regionale il 14 ottobre 1993. Poich le norme impugnate sono in parte identiche e riguardano la stessa materia, vale a dire casi di ineleggibilit e incompatibilit per le cariche di deputato regionale e di amministratore comunale e provinciale, ed essendo inoltre il secondo ricorso strettamente conseguenziale al primo i due giudizi devono essere riuniti e decisi con unica sentenza. (omissis) Successivamente alla promulgazione della legge regionale n. 26 del 1 settembre 1993, l'Assemblea regionale siciliana ha approvato il 14 otto (1) Accoglii.endo il ricorso del. Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, la Corte ribadisce il principio espresso nella massima, richiamando quanto gi dedotto in proposito nella lontanissima sentenza 105 del 1957, rinnovando peraltro l'auspicio, gi formulato nella decisione 344 del 1993, per un dntervento legislativo che riveda una normativa ormai divenuta anacronistica, garantendo il principio della par condicio per tutti i cittadini della Repubblica. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 56 br una legge che aggiunge all'art. 2 della legge n. 26 due commi aventi per oggetto Je disposizioni, parzialmente modificate, di cui ai commi 7 e 8 precedentemente approvati dall'Assemblea ed espunti, come si visto, dal t~sto promulgato.. Il Commissario dello Stato ha quindi impugnato anche la suddetta legge per contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione: lamenta, in sintesi, il ricorrente che la disciplina censurata -nello stabilire che la carica di deputato regionale incompatibile con le cariche di presidente o di assessore di provincia regionale e di sindaco o di assessore di comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti>>, con conseguente espressa abrogazione delle norme previgenti -determina un irrazionale privilegio, non sorretto da alcuna logica giustificazione, per i deputati regionali siciliani, sia rispetto ai consiglieri delle regioni a . statuto ordinario, sia rispetto a parlamentari nazionali. La questione sollevata con questo secondo ricorso va esaminata nel merito. Sotto il profilo dell'art. 3, in relazione all'art. 51 della Costituzione, la questione stessa fondata. Con le disposizioni impugnate l'Assemblea regionale siciliana ha in teso modificare la disciplina vigente in materia di eleggibilit a deputato regionale in relazione alle cariche di sindaco ed assessore di comune, nonch di presidente ed assessore di provincia regionale. Mentre con la disciplina vigente, quale risulta dall'art. 19 della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20, sono ineleggibili a deputati regionali i sindaci e gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 40 mila abitanti o che siano capoluoghi di provincia regionale o sedi delle at tuali amministrazioni straordinarie delle province nonch i presidenti e gli assessori di dette amministrazioni, la nuova normativa, per quanto riguarda i comuni, eleva il limite di popolazione a 50 mila abitanti e soprattutto elimina tutte le dette ipotesi di ineleggibilit trasformandole in semplici incompatibilit. Vengono poi espressamente abrogati il primo comma, n. 4, dell'art. 8 della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29 e successive modificazioni, vale dire la norma risultante dall'art. 19 della legge n. 20 del 1986 sopra ci tata, nonch il comma 2 dell'art. 3 e l'art. 5 della legge regionale 26 ago sto 1992, n. 7. Qust'ultima legge reca norme per l'elezione con suffragio popolare del sindaco, nuove norme per l'elezione dei consigli comunali ed altro; le disposizioni abrogate riguardano (art. 3, comma 2) le cause di ineleggibilit e di incompatibilit per la carica di consigliere comunale e per . la carica di sindaco (sostituite dal comma 7 dell'art. 2 della nuova legge); mentre l'art. 5 abrogato regola, con l'applicazione delle disposizioni previste per i parlamentari nazionali, le condizioni di candidabilit, eleg PARTE I, SEz; I, GIURISJ'RUDENZA. COSTITUZIONALE $ibillt e compatibilit dei deputati regionali alle elezioni alla carica di sindaco. Risulta dunque -e non necessario scendere aq. un esame pi particqlareggiato.. delle norme .. -che. la Regione . siciliana ha voluto. adottare. Ul).a. ngova. disciplina basata esclusivamente sulla incompatibilit, i;tl}zicp s.lli;t ,itlelegg~l;>ilit, per .. qui;i,nto riguarda l'elezione . a dep.tato regiqnaje di chi ricopra la carica di sindaco o di as~essore di comune e di p:reside.te. o cii assessore di provincia. Tale disciplina si differenzia radialmente da quella nazionale, non so1o.. ponendo a. confr9n.to i membri dell'Assemblea regionale siciliana con i membii deLconsigli delle regioni a statuto orc1iriario, ma persino ove si intendano pren<:lere a paragone i membri. del .Parlamento nazionale. Infatti, per quanto riguarda i componenti dei .consigli regionali stabilita l'incompatibilit di tale carica con quella di presidente e di a$sesso:re. di gi.nta provinciale, nonch. di sinc1aco e di assessore dei coll'luni compresL:Ilel territorio della regione, quale che sia la popolazione dei medesimi (art. A, primo comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154), mentre per L'e1ezi9ne ac1eputato .e a senatore . sta'bilita.l'ineleggibilit...dei presidenti delle giunte provinciali, nonch. dei sindaci dei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti (art. 7, primo comma, lett. b e e, del d.P.R, n'. 361 del 1957). Fi110 alla sentenza n. 105 del 1957 questa Corte ha affermato che il principio di ug.i:tglianza fra i cittadini nella possibilit di accesso alle. cari~ che elettive esige che lariserva di legge per la determinazione dei requisiti. prescritti si attui sul piano nazionale in condizioni di parit; da ci deriva. che . 9uantunque. non si possa affermare in senso. assoluto che la riserva di legge dell'art. 51 della Costituzione sia una riserva di legge statale, tuttavia, per una ragione logica prima che giuridica, i principi di quest'eguaglianza di. trattamento, relativa ai diritti politici, debbono risultare da)eggi delloStato, in quanto lo Stato soltanto presiede all'equilibrio generale degli interessi dei cittadini a partecipare al reggimento dello Stato stesso . Questa giurisprudenza stata confermata e precisata nel senso che discipline differenziate in tema di elettorato passivo adottate dalla Re gione siciliana possano essere non costituzionalmente . illegittime in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale (cfr. sentenze nn. 108 del 1969 e 171 del 1984, nonch nn. 127 e 130 del 1987, 235 del 1988, 571 del 1989, 539 del 1990, 463 del 1992). Ora, nel caso in esame la disciplina prevista dalla legge regionale non opera una restrizione, bens un allargamento dell'elettorato passivo, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 58 sia sotto il profilo dell'ineleggibilit che su quello dell'incompatibilit rispetto alla disciplina vigente nel territorio nazionale in base alle leggi statali. Tale diversit non trova alcuna ragionevole giustificazione in una specialit di situazione della Regione siciliana: non pu certo sostenersi che in essa sussistano minori rischi di indebite influenze sulla competizione elettorale o maggiori possibilit di esercizio congiunto di pi cariche pubbliche elettive rispetto al restante territorio della Repubblica. Del resto neanche i lavori preparatori offrono alcun elemento utile per giustificare l'innovazione apportata. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimit costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale il 14 ottobre 1993 per violazione degli artt. 3 e 51 della Costituzione, restando assorbito il profilo di censura relativo all'art. 97 della Costituzione, peraltro assolutamente inconferente nella materia in esame. Questa Corte, con la sentenza n. 344 del 1993, in tema di elettorato passivo per il Parlamento nazionale, ha dichiarato l'illegittimit costituzionale della previsione dell'ineleggibilit a deputato e a senatore dei consiglieri regionali, ma, a parte la peculiarit della ipotesi cui la pronuncia si riferisce, la pronuncia stessa non pu in alcun modo incidere o modificare quel principio, cui sopra si fatto riferimento, di esigenza di par condicio nell'esercizio dei diritti rpolitici in tutto il territorio nazionale costantemente affermato dalla Corte. Ma vi di pi; la citata sentenza n. 344 formula un auspicio: che una legislazione, come quella vigente, ricca di incongruenze logiche e divenuta ormai anacronistica di fronte ai profondi mutamenti che lo sviluppo tecnologico e sociale ha prodotto nella comunicazione politica, sia presto riformata dal legislatore al fine di realizzare nel modo pi pieno e significativo il valore costituzionale della libert e della genuinit della competizione elettorale e del diritto inviolabile di ciascun cittadino di concorrere all'elezione dei propri rappresentanti politici e di partecipare in condizioni di eguaglianza all'accesso a cariche pubbliche elettive. Il Collegio non pu che ripetere quest'auspicio ed insieme ribadire che anch'esso postula l'esigenza che sia il legislatore statale a garantire, in riferimento all'art. 51 della Costituzione, la par condicio per tutti i cittadini della Repubblica. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 24 novembre 1993, nelle cause riunite C-267 e 268/91 -Pres. Due -Avv. Gen. Van Gerven -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribuna! de grande instance di Strasburgo, nei procedimenti penali c. Keck e Mithouard -Interv.: Governi francese (ag. Pouzoulet e Duchene) e greco (ag. Georgakopoulos) e Commissione delle C.E. (ag. Wainwright e Melgar). Comunit europee Libera circolazione delle merci . Divieto di rivendita in perdita. (Trattato CEE, art. 30). L'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che esso non si applica ad una legislazione di uno Stato membro che vieti in via generale la rivendita in perdita (1). II CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 15 dicembre 1993, nella causa C-292/92 -Pres. Due Avv. Gen. Tesauro . Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof Baden-Wiirttemberg nella causa Hiinermund ed altri c. Landesapothekerkammer Baden Wrttenberg Interv.: Governo italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione della C.E. {ag. Wainwright e Bardenhewer). Comunit europee Libera circolazione delle merci . Prodotti farmaceutici . Divieto di pubblicit al di fuori delle farmacie. (Trattato CEE, artt. 30 e 36). L'art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che esso non si applica a una norma deontologica, emanata dall'ordine professio - -... ... ... ... ... :--.. .. -:::::-: .... :--..: . AW~ 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nale dei farmacisti di uno Stato membro, che vieta a costoro di fare la pubblicit, al di fuori della farmacia, di prodotti parafarmaceutici (2). I I (omissis) 1. -Con due ordinanze 27 giugno 1991, pervenute alla Corte il 16 ottobre successivo, il Tribunal de grande instance di Strasburgo ha posto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali sull'interpretazione delle norme del Trattato medesimo riguardanti la concorrenza e la libera circolazione nella Comunit. 2. -Tali questioni sono state proposte nell'ambito di procedimenti penali a carico dei signori Keck e Mithouard, accusati di aver messo in vendita, in violazione delle disposizioni dell'art. 1 della legge francese 2 luglio 1963, n. 63-628 come modificata dall'art. 32 del decreto legislativo 1 dicembre 1986, n. 86-1243, prodotti, nello stato in cui si trovavano, a prezzo inferiore al loro effettivo prezzo di costo. 3. -I signori Keck e Mithouard sostenevano a loro difesa che un divieto generale di rivendita sottocosto, come quello previsto dalle citate disposizioni, sarebbe incompatibile con l'art. 30 del Trattato nonch con i principi della libera circolazione delle persone, dei servizi, dei capitali e della libera concorrenza nella Comunit. (1-2) Nelle due sentenze la Corte di giustizia dichiara esplicitamente di voler riconsiderare la propria gim1isprudenza in tema di libera circolazione delle merci relativamente all'impatto sul commercio fra gli Stati membri di norma Itive nazionali, indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli prove~ nienti da altri Stati della Comunit, che limitino o vietino certe modalit di vendita. L'esigenza .di una chiarificazione, che la Corte ha colto, era stata segnalata con particolare cura dall'Avvocato generale della Corte, Giuseppe TESAURO, nelle sue analitiche conclusioni, nella causa C-292/92, presentate il 27 ottobre 1993, che qui di seguito riportiamo. Libera circolazione delle merci. Normativa ttazionale, indistintamente appli cabile a prodotti nazionali e a prodotti provenienti da altri Stati membri della Comunit, che limitino o vietino certe modalit di vendite. Le conclusioni del l'Avv. Gen. della Corte prof. Giuseppe Tesauro, nella causa C-292/92, Hiinermund. 1. L'art. 30 del Trattato una norma di liberalizzazione degli scambi intracomunitari ovvero una norma destinata pi in generale a promuovere il libero esercizio dell'attivit commerciale nei singoli Stati membri? L'occasione per definire una chiara posizione di principio sulla portata di una delle norme fondamentali del Trattato offerta dalla presente procedura, che, in particolare, pone il problema della compatibilit con gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE della disposizione di un codice deontologico che vieta ai farma 61 PARTE I, SEZ: II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 4;. _,.;...; Il Tribunal de grande instance di. Strasburgo, ritenendo necessaria l'interprtazion di taiune disposiziOni del diritto comunitarfo; dsJ}<> rieva lsospnsine< di entrambi i procedimenti e sottoponeva alla Corte ta seguente questione pregiudiziale: .Se il divieto di rivendita sottocosto vigente in Francia, sancito dalI: litt; $4 JlekA~r~Q egislatiVC>. J0 dicembre.1!)86, n. 86-1243, sia compatibile cQ~ J.J?r~~~ipfclel)a libera circolazione deUe persone,. dei $lmzi e dei ~a,p~~a:lii di C1'.e~a:tq11e di :.na li1:>e:r.a concor;rena;a nel merq;i,to c<>mune e di l1Pl1 .cpcrjn:ii~a:a;ione in ragio:ne deUa nazionalit, sanciti dal 'l);attato 25 marzo 1957 che istituisce la CEE; e, pi: precisamente, degli artt, 3 e 7 del Trattato medesimo, atteso che la normativa francese pu determinare una arlterazione della .concorrenza: ... ll) ir{prinic)iuogo, ri quantopuniscesolo la rivendita sottoco~to ed esdttde dt(l dfoiefo fprodittfore;. liber di . vendere sul mercato il prodotto daluffabbridhd;t:tsl'orfuitt () migliorato, anche in misura rld~ttissima, a uri prezz il:lferfofe a .quello.d costo; . . .. . . . . b) in secondo It1og~ b1quanto altera la concorrenza, in particolare :riel!e. ~pne diJrontiera, t:r::a i diversi.operatori economici, in relazione alla loro nazjo1;u1Ut e a],Joto luQgo di stabilimento . cisti di fare la pubblicit, al di fuori delle farmacie, per prodotti non medicinali venduti. (~che o esclusivamente) in farmacia. (omissis) 6; E veniamo ail'oggtt del quesito sottoposto alla Corte, quesito che; cos come formulato'; verte unicamente sul se la misura contestata sia giustificta h:i base ali'art . 36 o ad esigenze .imperative: il gudiee nazionale, infatti; non ha dubbi quanto alfatto :che sttatti di una misura in principio incompatibile con l'art. 30. :k :Pacifico, viceversa, che si debba anzitutto e comunque verificare se la normativa. in discussione esaurisca l'ipotesi di misura di effetto equivalente . i(restrizioni quantitative in quanto idonea, secondo la ben nota formula Dassonvitie; 'ad ostacdlare, dfretfamente o indirettamente, attualmente o poten zialinertte; gli scambi inttaconiimitari (1). 7. La misura controversa, indistintamente applicabile e assolutamente neutrale rispetto ai prodotti nazionali e ai prodotti importati, vieta ad una determinata categoria di operatori, i farmacisti, di fare pubblicit a una determinata categoria di prodotti, non medicinali, che possono essere venduti anche in farma'ia. La pubblicit degli stessi prodotti invece assolutamente libera per gli alid operatori ii:iteressati:. pn:iduttori, importatori, venditori al dettaglio diversi dai farmacisti~ In tali condizioni, potrebbe ragionevolmente ritenersi che l'abolizione della misura controversa porti (eventualmente ed unicamente) ad im'alterazione del U) Sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville (Racc. pag. 837, punto 5 della motivazione). 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 5. -Per una pi ampia illustrazione degli antefatti della causa principale, dello svolgimento del procedimento, nonch delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensfone del ragionamento della Corte. 6. -Si deve rilevare, in limine, che le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali nella Comunit non sono pertinenti con riguardo ad un divieto generale di rivendita sottocosto, attinente alla messa in commercio delle merci, ed esulano, quindi, dall'oggetto della causa principale. 7. -Per quanto riguarda, poi, il principio di non discriminazione sancito dall'art. 7 del Trattato, emerge dalle ordinanze di rinvio che il giudice nazionale dubita della compatibilit con la detta disposizione del divieto di rivendita sottocosto, in quanto potrebbe porre le imprese ad esso soggette in una posizione di sfavore rispetto ai loro concorrenti operanti in Stati membri in cui la rivendita sottocosto non vietata. 8. -Si deve osservare, in proposito, che il fatto che imprese svolgenti attivit di vendita in Stati membri diversi siano soggette a normative difrapporto tra il volume delle vendite delle farmacie (da un lato) e quello degli altri esercizi commerciali (dall'altro), cio ad una diversa ripartizione del fatturato tra i diversi circuiti di vendita (2). Non pu tuttavia essere escluso a priori che il divieto di determinate iniziative pubblicitarie, quale imposto ai farmacisti, comporti un peggioramento delle possibilit di smercio dei prodotti in questione e, sia pure per questa sola via, anche dei prodotti importati. In altni termini, una siffatta misura ben pu avere una qualche incidenza sulle importazioni, ma per il solo fatto che, a causa delle limitazioni alla puhblicit che essa impone, influenza negativamente la domanda dei prodotti che rientrano nella sua sfera di applicazione e dunque comporta (eventualmente) una riduzione del volume delle vendite e, per tale via, finalmente anche delle importazioni (3). (2) Rispetto ad un tale profilo, interessante notare come il giudice nazionale abbia ritenuto che non occorra considerare se la normativa da verificare produca effetti sotto forma cli riduzione del volume d'importazione dei prodotti interessati o solo sotto forma di alterazione del giro d'affari tra farmacie da un lato e altri offerenti dall'altro, in quanto, oltre alla negativa ripercussione sulle importazioni sotto forma di un calo globale del volume delle importazioni deve essere impedito che, quale conseguenza della restrizione della libert commerciale di determinati operatori del mercato, si produca un'alterazione dei flussi commerciali o una canalizzazione delle importazioni (pag. 6 dell'ordinanza di rinvio). (3) Le stesse osservazioni valgono invero per tutte le limitazioni indistintamente appli. cabili apportate alle possibilit cli pubblicit per determinati prodotti. Limitazioni del genere1infatti, ad eccezione dell'ipotesi in cui siano tali da sfavorire i prodotti importati, risolvendosi dunque in una discriminazione di fatto (v., in tal senso, sentenza 10 luglio 1980, causa 152/7~. Commissione/Francia, Racc. pag. 2299), incidono esattamente allo stesso modo sulle possibilit di smercio dei prodotti di cui trattasi: siano essi nazionali o importati. 63 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE ferenti, .di cui alcune vietano la rivendita sottocosto mentre altre la consentono, non costitutivo di una discriminazione ai sensi dell'art. 7 del Trattato, quando la normativa nazionale oggetto della causa principale si applica a qualsiasi attivit di vendita effettuata sul territorio nazionale, indtpendentemente dai1Ia nazionalit dei soggetti che la svolgano (v. sentenza 14 luglio 1988, causa 308/86, Lambert, Racc. pag. 4369). 9. -Dana questione pregiudiziale risulta, infine, che il giudice a quo, richiamandosi ai principi fondamentali della Comunit, enunciati all'art. 3 del Trattato, chiede chiarimenti in ordine agli eventuali effetti anticoncorrenziali della normativa di cui trattasi, senza peraltro indicare le norme specifiche del Trattato che costituiscono attuazione di tali principi nel settore della concorrenza. 10. -Pertanto, in considerazione degli argomenti rispettivamente dedotti daitle parti nonch della discussione svoltasi dinanzi alla Corte e al fine di fornire al giudice di rinvio elementi utili di risposta, occorre procedere a1l'eimme del divieto di rivendita sottocosto sotto il profilo delli;t libera circolazione delle merci. 11. -A termini dell'art. 30 del Trattato, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonch ogni misura di effetto equivalente. Secondo costante giurisprudenza, costituisce misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa qualsiasi misura che 8. ~ sufficiente questo effetto riduttivo degli scambi -remoto, indiretto ed eventuale, comunque solo presunto -perch la misura rientri nella previsione dell'art. 30? Il problema, come si vede, non nuovo ed , soprattutto negli ultimi anni, al centro di un dibattito aperto e vivacissimo (4). Siamo infatti di fronte alla ormai frequente ipotesi di una riduzione potenziale delle importazioni, non dovuta n ad un diverso regime fra prodotti importati e prodotti nazionali, n ad una eventuale diversit di legislazione sui requisiti di composizione e di presentazione del prodotto (fattispecie Cassis de Dijon ). Nell'ipotesi che ci occupa, infatti, gli eventuali effetti restrittivi sulle importazioni discendono dalla stessa esistenza della normativa di cui trattasi, mentre non ha alcun rilievo, almeno in via di principio, un'eventuale divergenza della legislazione del Paese d'origine del prodotto: la riduzione delle vendite, se c', vi sarebbe anche in presenza di una perfetta uguaglianza delle legislazioni a confronto. (4) Oltre a Marenco, Pour une interprtation traditionnelle de mesure d'effet equivalant une restriction quantitative, in CDE, 1984, pag. 291 ss., e White, In search of limits to article 30 of the EEC treaty, in CMLRev, 1989, pag. 234 ss., v., tra i contributi pi recenti e pi significativi rispetto al problema che ci occupa, Gormely, in CMLRev, 1990, pag. 141 ss.; Mortelmans, Artide 30 of the EEC treaty and legislation relating to market circumstances: time to consider a new definition?, in CMLRev, 1991, pag. 115 ss.; Steiner, Drawing the line: Uses and abuses of article 30 EEC, in CMLRev, 1992, pag. 749 ss.; Chalmers, Free movement of goods within the European Community: an unhealthy addiction to scotch whisky, in International and Comparative Law Quarterly, 1993, pag. 269 ss. 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi commerciali intracomunitari. 12. -Va rilevato che una normativa nazionale che vieti in termini generali la rivendita sottocosto non mira a disciplinare gli scambi di merci tra gli Stati membri. 13. -t::. pur vero che una siffatta normativa, laddove impedisce agli operatori di avvalersi di un metodo di promozione commerciale, atta a restringere il volume delle vendite e, conseguentemente, il volume de1le vendite di prodotti provenienti da altri Stati membri. Ci si deve tuttavia domandare se tale eventualit sia sufficiente per qualificare Ja normativa di cui trattasi come misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione. 14. -Considerafo che gli operatori econom1c1 mvocano sempre pm frequentemente l'art. 30 del Trattato al fine di contestare qualsiasi normativa che, pur non riguardando i prodotti provenienti da altri Stati membri, produca l'effetto di limitare la loro libert commerciale, la Corte reputa necessario riesaminare e precisare la propria giurisprudenza in materia. 9. In definitiva, il problema se misure che disciplinano le modalit di commercializzazione (chi, dove, quando, come) (5) e che, per il solo fatto di incidere sull'offerta (ad esempio mediante una canalizzazione delle vendite) o sulla domanda (attraverso limitazioni delle possibilit di pubblicit) dei prodotfi di cui trattasi, ivi compresi quelli importati, possono determinare una contrazione delle vendite, rientrino comunque nella sfera di applicazione dell'art. 30. E ci indipendentemente dall'effettiva esistenza di una riduzione delle importazioni, ovvero, a contrario, se ed in che misura l'eliminazione della misura contestata possa avere un effetto positivo sulle vendite e dunque sulle importazioni. AI fine di dare una risposta al giudice nazionale, occorre pertanto e pre liminarmente chiedersi se, rispetto alla nozione di misura di effetto equivalente, sia sufficiente, almeno in via di principio, che non si possano escludere taluni effetti delle misure sulle importazioni, per quanto minimi ed indiretti; o se invece occorra che il nesso di causalit tra le misure e le importazioni debba essere tale da far ritenere sufficientemente probabili e caratterizzati gld eventuali effetti restrittivi sugli scambi: se cio la misura di cui trattasi sia tale da ostacolare >>, sia pure potenzialmente, gli scambi intracomunitari. 10. Posto in questi termini il problema, chiaro che sar da escludere che la misura di cui si discute nella specie possa costituire un ostacolo agli scambi . (5) Invero, una misura concernente la pubblicit dei prodotti pu a giusto titolo farsi rientrare tra le misure concernenti il come '" ~ evidente infatti che la pubblicit, in quantoincitamento al consumo, costituisce il metodo pi efficace di promozione delle vendite e che, proprio per questo motivo, pu influenzare in modo sensibile la domanda e dunque le vendite. PARTE I, SEZ, U1 GIURIS. COMUNITARIA" B INTERNAZIONALE 1!i ""'""Si deve. ricordare .al riguardo che,. secondo la giurisprudenza Cassis de Dijon {sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentrail; Racc; pag. 649); costituiscono misure di effetto equivalente, vetate dal, l'art 31), gliostacoli alla libera circolazione delle merci derivanti; in. assenza diarinoniz:tazionedelle legislazioni1dall'a:ssoggettamento delle merci prov.e nint da altri Stati membri; in cuisiano legalmente fabbricate e immesse in Cdm@rdo;a hotme che dettino reqilisitiai quali le mercistesse devono rispondre<(qali quelle riguardantila de:riominazioi:ie; Ia forma; le. dimen sfofil,if pfo,l crn:posiiion, fa presentazione, l'eticheitattifa, o nconfezfonanieiifo), and1e qualora tali noi-rrl siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti, laddove tale assoggettamento non risulti giustificato da fin~dit di interesse generale tali da preva1ere sulle esigenze dUa libera circofazone dell\:l m~rci. tra Stati membri,. laddove si dntenda per.ostacolo un. impedimento,. una difficolt di attesso al mercato tale da incidere in particolar sulle importazioni: allorquando Cio. si tratti diuna misura ch in qualche niodo ~ quantofoeno perch dissuasiva -"- costituisca una barri.era ,; alla libera circofazfone del1e foerct i'!: evidente invece che laddove il criterio Dassonville sia interpretato nel senso che in contrasto con il diritto comunitario, a: meno che non trovi giu; stifilcazione in esigenze imperative o in forza dell'art.. 36, ogni provvedimento nazionale la cui elimini;izione potrebbe deteril}inare un aumento delle vendite e per ci solo delle importazioni, anche la misura che ci occupa rientrerebbe nell'ambito di applica:zicine dell'art. 30. ... . . . . . n..L risposta ad Uti. tale . quesito richiede, all'evidenza, una. riflessione vi generale intorno alla deliiriitazione de1 . campo di appljcazione dell'art. 30. rispetto a normative quali quella che ci occupa, iii particolare q\lanto ai criteri che consentqno di qualificare..Uil determinato provvedimento nazionale come misura di effetto equivalente. In altre PaJ:'Ole, ed .anche a costo di ritornare su precedenti posizioni .gi espresse in. argomento, ritengo che una riflessione .si imponga quanto al se l'art~ 30, e con esso jl criterio Dassonvile, possano essere letti in niodo tale daComprendere nella nozione di misura di effetto equivalente anche quelle II1isUi'e: -che.sono indistintamente . applicabili; -che hanno ad oggetto non i prodotti (composizione, etichettatura, forma, iII1ballaggiio, de.omina:zione, ecc.) bens l'attivit commerciale (chi, coil}e, .dove, quando, pu. vendere . i prodotti); .. -che possono al pi .risolversi in una riduzione presunta ed eventuale delle importazioni, quale conseguenza solo ed esclusivamente di un'altrettan.to eventuale riduzione delle vendite; -rispetto alle quali, a ben vedere, l'asserita rJduzione non dipende dg una disparit delle legislazioni nazionali, bens soltanto dalla circostanza che le autorit nazionali (di uno, di alcuni o di tutti i Paesi CEE) abbiano adottato una disciplina del commercio meno liberale di quella auspicata dagli operatori interessati. Una tale riflessione non pu che avere come punto di partenza un quadro della giurisprudenza in argomento, giurisprudenza che certo non -perch tacerlo? -di facile lettura sistematica e che, come gi rilevavo nelle conclusioni 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 16. -Peraltro, si deve ritenere, contrariamente a quanto sino ad ora statuito, che non pu costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in potenza, agli scambi commerciali tra gli Stati membri ai sensi della giurisprudenza Dassonvillle (sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Racc. pag. 837), l'assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalit di vendita, semprech tali disposizioni valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgono fa propria attivit sul territorio nazionale e semprech incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri. 17. -Infatti, ove tali requisiti siano soddisfatti, l'applicazione di normative, di tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato membro e rispondenti alle norme stabilite da tale Stato non costituisce relative alla causa Socit Laboratoire de Prothses Oculaires (6), in cui peraltro non riuscivo a nascondere un certo disagio nei confronti di un'applicazione meccanica della formula Dassonville a normative del tipo di quella che ci occupa, pu essere ricondotta a tre modelli di soluzione, pur con qualche difficolt dovuta alla frammentariet cui si appena accennato. Il quadro giurisprudenziale 12. In un primo gruppo vanno ricomprese quelle pronunce in cui la Corte ha considerato che le normative in questione fossero prive di qualsiasi legame con le importazioni e comunque non idonee ad ostacolare il commercio tra Stati membri (7). A tale risultato la Corte pervenuta ponendo l'accento sul fatto che i provvedimenti in questione non erano preordinati alla disciplina degli scambi, non concernevano altre forme di smercio dello stesso prodotto o, in ogni caso, lasciavano la possibilit di vendita attraverso circuiti alternativi. In Oebel, ad esempio, in cui era in discussione una normativa che vietava la lavorazione e la distribuzione del pane in determinate ore, la Corte ha ritenuto che si trattasse di una normativa priva di nesso con le importazioni in quanto gli scambi intracomunitari restano dn effetti possibili in qualsiasi momento, con l'unica riserva che la consegna ai consumatori ed ai dettaglianti limitata allo stesso modo per tutti i produttori, indipendentemente dal luogo in cui esercitano la loro attivit (8). In Blesgen, poi, la Corte ha ritenuto che il divieto concernente la vendita per il consumo sul posto di taluni alcolici in determinati esercizi commerciali non rientrasse nell'ambito di applicazione dell'art. 30 nella misura in cui non toccava le altre forme di smercio (9) dello stesso prodotto. Pi o meno analoga la motivazione delle sentenze in cui la Corte si pronunciata sulle norme che vietano la vendita di articoli pornografici in esercizi non autorizzati. Essa ha infatti rJlevato che tali norme non hanno in realt (6) Sentenza 25 maggio 1993, causa C-271/92, non ancora pubblicata in Raccolta. . (7) In tal senso, v. sentenze 14 luglio 1981, causa 155/80, Oebel (Racc. pag. 1993); 31 marzo 1982, causa 75/81, Blesgen (Racc. pag. 1211); 11 luglio 1990, causa C-23/89, Quietlynn (Racc. pag. I-3059); 7 maggio 1991, causa C-350/89, Sheptonhurst (Racc. pag. I-2387). (8) Sentenza 14 luglio 1981, citata, punto 20 della motivazione. (9) Sentenza 31 marzo 1982, citata, punto 9 della motivazione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 67 elemento atto ad impedire i'accesso di tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo in misura maggiore rispetto all'ostacolo rappresentato per i prodotti nazionali. Normative siffatte esulano, quindi, dalla sfera di applicazione dell'art, 30 del Trattato. 18'. -La questione sollevata dal giudice nazionale va dunque risolta affennapdo eh.e l'art. 3 ciel Trattato CE'.E deve essere interpretato nel senso che l'lori. trova applicazione nei confronti di una normativa di uno Stato membro che vieti in via generale la rivendita sottocosto. (omissis) II (omissis) 1. -Par ordonnance du 14 mai 1992, parvenue la Cour le ler juhlJ.et suivant, le Verwaltungsgerichtshof Baden-Wiirttemberg a pos, alc1,1n rapporto con gli .scambi intracomunitari poi)l lo .smerdo dei prodotti c;onsiderati possibile attraverso negozi muniti di licenza nonch altri circuiti e che pertanto esse non sono tali da ostacolare il ommercio tra Stati membri . (10). 13. Nei casi appena ricordati la Corte ha dunque considerato ininfluente, ai fini. dell'appli.cabilit dell'art. 30, un'eventuale riduzione delle importazioni dovuta ad una riduzione delle possibilit di smercio che coinvolgesse .nella stessa misura sia i prodotti nazionali che i prodotti importati. Va da s, .infatti, che il divieto di consumare. sul posto bevande con un alto tenore alcolico (Blesgen) o quello di vendita di articoli porn,ografioi in esercizi non autorizzati (Quietlynn) sono certo tali . da poter .influenzare negativamente la domanda e dunque incidere, per tale via, sul volume delle importazioni, essendo (sotto tale profilo) del tutto irrilevante che il divieto in questione.. non concerna altre forme di smercio dello stesso prodotto oppure sia possibile in esercizi muniti di licenza. Un tale approccio, peraltro, non limitato alle normative concernenti le modalit di smercio dei prodotti. A ben vedere, infatti, molti altri sono i casi in cui la. Corte non ha applicato in modo meccanico la formula Dassonville, a cominciare dai regimi di prezzi controllati (11), nonch rispetto a provvedimenti di varia natura ma tutti accomunati dal fatto di non presentare alcun legame, se non indiretto e vago, con le importazioni e di incidere allo stesso modo sia sui prodotti nazionali che su quelli importati (12). (10) Sentenza 11 luglio 1990, Quietlynn, citata, punto 11 della motivazione. Nello stesso senso sentenza 7 maggio 1991, Sheptonhurst, citata. (11) Al riguardo, la Corte si limita infatti a verificare che i prezzi imposti non siano tali da rendere impossibile o pi difficile la vendita dei prodotti importati, cio che non siano tali da sfavorire le importazioni [v., tra le altre, sentenze 2 luglio 1987, causa 188/86, Lefvre (Racc. pag. 2963), e 13 dicembre 1990, causa C-347/88, Commissione/Grecia (Racc. pag. 1-4747), relative a regimi di _Erezzi massimi; nonch sentenze 13 novembre 1986, cause riunite 80/85 e 159/85, Edah BV (Racc. pag. 3359), e 7 mag11io 1991, causa C-287/89, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1-2233). relative a regimi di prezzi mmimi]. :t;: evidente invece che un'applicazionemeccanica della formula Dassonville non farebbe escludere che un sistema di prezzi controllati, incidendo sulle condizioni dell'offerta e della domanda, sia tale da poter comportare una riduzione del volume delle vendite e dunque (anche) del volume delle importazioni. (12) Significativo al riguardo il caso Forest, in cui era in discussione una misura di contingentamento a livello di produzione della farina. La Corte ha infatti ritenuto che una tale misura non sembra avere in realt, alcun legame con l'importazione del grano n sembra essere di natura tale da ostacolare il commercio tra gli Stati membri . E ci perch, anche se la limitazione delle quantit di grano ammesse alla macinazkme> pu impedire RASSEGNA AVVOCATURA DELLO. STATO 68 en vertu . de l'article 177 du trait CEE, une question pr:judicielle . relative finte:t'Prtation des articles 30 et 36: de ce trait, en ro de liti permettre d'apprcier laccompatibilit avec ces dispositions d'une rgle dontologque, tablie par la Landesapothekerkammer Baden-Wiirttemberg (chambre professionnelle des phar:maciens du Land Baden-Wurttemberg, ci-aprs chambre pr9fssIi-:it, eI1 dehors de l'officirie, pol.lr les. prodilits parapharhlaceuHqtiek q_tl'tlk sbhfal;#orises Offrir la veri.te. .. . . .. 2. -Cette question a t souleve dans le cadre d'un litige opposant un certain nombre de pharmaciens .. du Land Baden-Wiirttemberg la chambre professionnelle, a sujet de~ la lgalit de cette r~le dontologique. 14. In un secondo gruppo vanno ricomprese quelle sentenze in cui la Corte ha Picori.osciuto Tappl:icabilt in.vfa di principio del divieto ex att. 30 anche a misure deltip() qui iri discussione, limitandosi tuttaVia ad un esame della proporzionalit dell stesse alquanto atipico. Mi riferisco, in particolare, alle. sentenze sul commercio la .domenica (13), sentenze fo cui l Cotte 11a affermato che normative chi:! precludono il lavoro subordinato (o le' attMt commerciali) di d()meriica, pur non essendo preordinate alfa: disdplma degli scambi e sebbene sia poco probabile che la chiusura domeriiafo (;;;) mditca i co1istiIIlatori a mnunciare definitivamente all'acquisto dfpfodottfrepetibili durante gli al.tti giorni della settimana, possono nondimei: Io comprtare >effetti restHttM sulla libera circolaZione delle merci ,, in qa:nfo l,lossond Hpercuotersi negativamente stil volume delie vendite e, di di:isegtienz; . ddle importaziom (14). Tali effetti :testHttivi, . sebbene evei:itUali e non provati; sono dunque ritenutH'i: tffidei:iti perh le iriisure in questione rientthio nel campo di applicazione dell'al:t. 30 (15). La Cotte si:ln:ibra cos aver i:iconosciuto che a normative nazio naliciel tipo in qtiestfon Si applica (in inodo meccanico) il principio enunciato nella sentenza Dassonville, ton la conseguenza ch la loro compatibilit con l'art. 30 sUbordfoafa a un duplice presupposto: a) ch la normativa in que ai mugnai di acquistare del grano, ogni mugnaio libero di approvvigionarsi totalmente o parzialmente di grano importato (sentenza 25 novembre 1986, causa 148/85, Racc. pag. 3449, punto 19 della motivazione). V., inoltre, sentenze 7 marzo 1990, causa C-69/88, Krantz (Racc. pag. I-583, punto 11 della motivazione), e 13 ottobre 1993, causa C-93/92, CMC Motorradcenter, punto 12. della. motivazione (non ancora pubblicata in Raccolta), in cui la Corte ha ritenuto che gli eventuali effetti restrittivi sulle importazioni delle misure nazionali in discussione, rispettivamente ii. potere.. di .. pignorlltnento dell'amministrazione fiscale su beni venduti con riserva. di propriet e l'obbligo precontrattuale di informare gli acquirenti di motociclette su alcuni aspetti relativi alla garanzia; fossero troppo aleatori e indiretti perch tali misure potessero essere onsiderate atte ad ostacolare il commetio tra gli . Stati membri. .. (13) Sentenza 23 novembre 1989, causa C-145/88, Torfaen (Racc. pag. I-3851); sentenze 28 febbraio 1991, cusa C-312/89, Conforma (Racc. pag. 1'997), e causa C-332/89, Marchandise (Rac. pag. I-1027); nonch serttenza 16 dicembre 1992, ausa C-169/91, Cotmcil of the Cityof Stoke-on-Trent (Racc. pag. I-6635). (14) Sentenza Conforama, citata, punto 8 della motivazione. (15) Al riguardo, non posso tuttavia fare a meno di rilevare come l'approccio esaminato ai punti 12 e 13 (misure di per s estranee all'art. 30) non possa essere .considerato superato da una tale evoluzione. Ed infatti la sentenza Quietlynn successiva alla prima sentenza sul commercio la domenica e la sentenza Sheptonhurst successiva alle sentenze Conforama e Marchandise: i due approcci, dunque, cronologicamente si intrecciano, il che contribuisce ad aumentare la confusione. PARTB I, SB:&ill;GIURIS; COMUNITARikB INTBRNAZIONALB 69 3~~11 ressrt dU dossier ttansmis Ja.Cour. que l'article 10, point 15, di la Berufsordnung .(code dontologique) de. la. <:Mmbre professionnelle prohib(l}.Ja publicit excessive p9ur les produitsi autres que le$ md<::a rn:ent$, q.i :peuvent;confonn~ment al.'Ct dispositions combines des articles 2, p~~rapfie.. 4.. et ~5 de.la;Apotliekenbetriebsor~hftin!?{(rglementsur la ges~io. des pbarw.aces)~ ~tr~ ye:t1.\l$ eri pharmaie; pour autant quecette ve.t~ #'a~~ecte. P~sl~.. bl)n .. f9n7tionnement de.l'officine ...II est constant ~i~a~:~1t;1!~0:!l~:~ai~aprt::~:f~i&\~~!dh~tsf~~~;6~&!:~~ tiq.es. ii:~~~a~~~~tt~~~ . . .... . .. .. sd9ne Persegt.la. uno scopo legittimo dal punto di vista del diritto colritirutariC>, .e b) che essa il<>n v4:i! 9lttequanto necessarli:> per consegfilre . Io scopo perseguito; il C!l'.l,e si ve>:ifi~!ttir~?~. c:tuaj?do s.li ostEtc~li che .ne deriVirio per gti scambi non eccc#;tano il cntest<:> degli ~ftti propri df un Mrmativa commerciale , ᥥ 15. L Corte; Premessa Ia legittimit '"-aua luce del diritto: comunitario ......;, dell'intento di garafillte: una riPrtizfon degli orari di lavoro . e di. riposo rispondente allepeuiiarlt soci&etilturali naziOnali a regionali, si pertanto lfoiltata:; nflle stsse sentenze,/ ad affermare che gli. effetti restrittivi .. sugli scambi he possono eventualmente derivreda una siffatta. normativa. non sembrano eccessivi; avut rigt.lardo ano scopo perseguito . (16); precisando i:rtalttet nella pt recente> sentenza fu. matefat . che;. an() sOpo di verificare. se gli {~ventuali)>effttfrestrlttlv di una siffatta normativa non. vadano al di l di quanto ne&iss~ict pet consegrifr1r lo scopo .persegttito1 occorre esammare se tali effetti sono diretti; i:nditettli o meramente . ipotetici. e . se: non sfavoriscono la conunerdalitzazine dei prodotti importati pi di quella dei prodotti na ziC>liall (17); > . . Un tale approccio sembra dunque implicare Uri controllo solo m.atgtnale dell( notll1ative di cui. trattasi, cortt:rolld avente ad oggetto 1a ragiOrtevalezza f:M1)~~~~s~:X~:~ni~t>~t:r~r~!:::;~!e~~ri~~i~01~~;~~~~d;::. a~~: esame n de celle-Ci, peuvent pr<>rtoncer l'encontre des pharmaciens (fui auraient enfrent les rgles dontcil.ogiques des sanctins discipllnaires; te1ls des runendes, fa dhance de la qualit .de illembre des organes de la charribre ou la dchance du droit devote et d'ligibilit ces organes. 15.. -Or, .la.. Cour a dj constat (voir arret du 18 mai 1989, Royal Pharmaceutical Society of Great :B.ritain, 266/87 et267/87, Ree. p. J295, point 15) que les actes d'une organisation professionnelle laquelle la lgislation nationale a confr des pouvoirs de cette nature constituent, conseguenza di un pi generale calo delle vendite, dovuto, a sua volta, all'inci' denza del dhiieto in questione sulla domanda dei prodotti di cui trattasi. Considerazioni d'insieme sulla giurisprudenza 20.Q~esto, . dunque, ilquadro . della $iurisprudenza. A voler tirare le som me, .pu affermarsi che le risposte date dalla Corte ad uno stesso quesito, se cio misure generali che hanno ad oggetto. le modalit di esercizio dell'attivit commerciale (chi vende cosa, quando si pu . vendere, dove e come si pu vendere). ed il cui legame con Je importazioni dunque .solo indiretto, rientrino nondimeno nella sfera di applicazione deU'art. 30, in quanto misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative alle importazioni, sono sostanzialmente tre: a) non sono misure di effetto equivalente, in quanto non idonee ad ostacolare gli scambi intracomunitari; b) non sono misure di effetto equi.va1ente, nella misura in cui g!Ji ostacoli che ne derivino per gli scambi non eccedano . il contesto degli effetti propri di una normativa commerciale; c) sono misure di effetto equivalente, a meno che non siano giustificate in base ad esigenze imperative o all'art. 36. . Pu una tale diversit di soluzioni essere spiegata in base ai diversi effetti delle misure in questione sulle importazioni? A me semb:ra che .. in tutte le ipotesi considerate ricorrano gli stessi elementi qualificanti: gli effetti restrit tivi sulle importazioni sono solo eventuali e comunque tali da riguardare esat tamente allo stesso modo sia i. prodotti nazionali che quelli importati, conseguenza (se pure vi ) solo ed esclusivamente di una riduzione del volume delle vendite e non anche di una diversit delle legislazioni a confronto. 21. Certo, potrebbe ritenersi che le differenti risposte siano miswate sulla diversa consistenza degli effetti (eventuali), quasi si fosse applicato ~criterio de minimis, la circostanza tuttavia smentita dalla stessa giurisprudenza della Corte, secondo cui un provvedimento nazionale non sottratto al divieto di cui all'art. 30 per il solo fatto che l'ostacolo frapposto all'importazione sia di poco conto e che esistono altre possibilit di smerciare i prodotti importati (26). (26) V. sentenze 5 aprile 1984, cause riunite 177/82 e 178/82, van de Haar (Racc. pag. 1797, punto 13 della motivazione), e 5 giugno 1986, causa 103/84, Commissione/Italia (Racc. pag. 1759, punto 18 della motivazione). 74 RASSEGNA AVVOCATURA l>BLLO STATO s'ils SOI:lt susceptibles d'influencer le commerce entre Etats membres, des mesures au sens de l'article 30 du trait. 16. -Cette constatation n'est aucunement mise en cause par fa circonstance que, C()ntra1remet:lt 1'organisation professionnelle vise dans cet arr~t, la cham'bre prqfessionnelle en. cause dans l'affaire au principal n'est pas habilite . retirer ses membres l'agrment requis pour l'exercice de la profession. 17. -La chambre professionnelle a fait valoir ensuite que l'interdiction de ptiblicit en cause devant la juridiction nationale ne constituait pas une mesure d'effet quivalant une restriction quantitative l'importation, Proprio di recente, peraltro, la Corte ha riaffermato che, ad eccezione delle normative che abbiano degli effetti puramente ipotetici sugli scambi intraco munitari, pacifico che l'art. -30 non operi alcuna distinzione tra le misure che possono essere qualificate come misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa a seconda dell'intensit dei foto effetti sugli scambi all'interno delle Comunit (27). Ad avviso della Corte, dunque, non rientrerebbero nel campo di applica zione dell'art. 30 unicamente quelle misur i cui effetti sulle importazioni sono meramente ipotetici; non chiaro invece se tali effetti ipotetici dovrebbero risultare, gi ad un esame prima facie, scarsamente significativi (qualora si realizzassero). Al riguardo, basti comunque osservare che l'applicabilit di una regola de mfriimis nel settore degli scambi di merci; sia pure entro tali limiti, mi sembra molto difficile, se non addirittura impossibile: a voler tacer d'altro, infatti, la prova della consistenza di effetti ipotetici si rivela una probatio diabolica. 22. In ogni caso, poi, non mi sembra che il problema che ci occupa possa essere inquadrato e risolto sotto il profilo della consistenza e/o ipoteticit degli effetti, quanto piuttosto in relazione alla loro specificit, che, a ben vedere, pu essere determinata unicamente da una disparit delle legislazioni a confronto. In questa prospettiva, sono del parere che tra le misure in discorso un apprezzamento specifico possano medtare, in presenza di determinate condizioni, solo le misure sui metodi di vendita o di promozione delle vendite, in quanto possono essere effettivamente tali da incidere in modo pi caratterizzato e specifico sulle importazioni. Se vero infatti che il divieto di praticare un determinato metodo di vendita, come ad esempio la vendita porta a porta, non sfavorisce i prodotti importati n rende l'accesso al mercato pi difficile per i prodotti in quanto tali (28), altres vero che un siffatto divieto pu obbligare l'operatore interessato a cambiare una strategia d vendita legalmente praticata nello Stato membro di origine (29), s da rendere per l'operatore meno attraente l'accesso al mercato dello Stato dn cui detto divieto vige e, conseguentemente, (27) Sentenza 18 maggio 1993, Yves Rocher, citata, punto 21 della motivazione. (28) Sotto tale profilo, chiaro infatti che normative di tale tipo hanno, al pi, l'effetto . di canalizzare le vendite nella misura in cui un prodotto X potr essere venduto solo in esercizi commerciali e non mediante altre tecniche. (29) Invero la giurisprudenza della Corte non chiarisce espressamente se trattasi dello Stato membro di origine del prodotto o dell'operatore interessato. :t!. altres chiaro che i. termini del problema cambiano in relazione all'una o all'altra ipotesi. ---I 75 PAR'l'll I, SEZ .U; GIURIS.COMUNITARIA..E.INTllRNAZIONALE au sert~ de l'artiele ~O du trait; en ce que cette rgle dontologique ne serait pas susceptibl d'entraver le commerce intracommunautaire des prQduits parapharma.ceutiques. lS~ . -A ~~t ~;~4, i.l ~ aJieq ge i;appeler cl~a\)ord . que, selon une J.I'ispr.dnce . o1lj~ilt~r cC>ns#foe ul1e o/esure q'effet quivalant une fr~tpp<>A 9:W~~~~~.~W'f~, tou~.me~.e.~~ceptil:>Ie.cl'e~tnwer,4irectement ou md.ir.ect(lmentt.aetuellement.<>u.potentiellement, le.:commerce..intracommup~ .tajI';r(~6-~i ..J~. hiwai~ ~~i~h p(ts59~yi1le, ~Ji4~ ~e~P< ~i1J. point s). ~t~ij~f~gijt1~1~}r~o~1el>@~~i~t!~e!~~~!i~~t l7!ep:f!~~~~~;~~ co~tituire, ~otto tale profilo, un ostacolo alla circolazion~ intracomunitiira d.q,i prp4qtti. < . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . ... ~~ti~ht~tT1t;;3Jti~.~tJ~'t!~~~.t=:s1!1~ ::et~~;~:==d~dt ::t~~~~!~ein=~ ~cambi per ild.'ao dLcostrmgere .gli operatori a modificare fa veste commerpj~~ {marketing) 4e~. Pt<:>d<:>tti.. lfupQrtatiliil fine. di rendeda.conforme alle nQrme defPaese di. dei;tinazion:e, In talcM01dtmqtie, ci che Viene in .. rllievo Ja. di:v~rsif.(I; dc,lle. tegi:SUizioni .nazionalit nella misura in cui . Vi im'incidenza negativa sugli o .stdl'operatore. interessato; quando ci si veriiica,sostanzialmente si rientra nellO! schema logico e giuridico. del principfo del mutuo ricon(). i;<;imerito .{gi.l'.isp)IUdenta. Cassis. de Dijori ). Ed appunto ;fn tale ottica che si p\16 leggere la giurisprudenza della>Cor.te concernente i tnetod>di vendita e di promozkine deUe yendite (30). . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 23.; Al di l. di una siffatta ipotesi, che driitirlque dovrebbe essere oggetto cli che quelle contestate nei casi concernenti ilcommefcfo la donienica implicano . I'hnpossibilit di vendere irl determinate o:re{o giotlli) Cerfo, ben vero che il filone che va dalla sentenza Oebel alla sentenza SheptOhhurst e quello relativo al commercio la domenica non sono poi cos distanti: e non solo in relazione al risultato cui pervengono. La risposta della Corte/infatti;implica in entrambi i casilin controllo solo .marginale, un esame pr:im;a facie incentrato s.lla ragionevolezza della misura d cui trattasi: e ci tenendo conto in PlU'ticotare. del tipo di. legame con le importazioni (solo indiretto e vago)< e deglieventuali.. effetti restrittivi stille stesse. Resta, tuttavia, al .di l della diversit: delle formule utilizzate e del risultato sostanziale cui si pervenuti, .che in un caso si considerato che le misure in questione di per s non costituissero misure di effetto equivalente. e.nell'altro, invece, che rientrassero'. in via di principio nell'art; 30. 24. Ancor meno comprensibile poi la. differenza di approccio tra casi quali il commercio la domeruca, da un" lato, e quelli relativi al monopolio dei farma( 30) V. punti 16-18. 76 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ.O. STATO faire de la publicit, en dehors de !'officine, pour les produits parapharma' ceutiques n'a pas paur, objet de rgir les changes de marchandises entre les Etats membres. Par ailleurs, il y a Iieu de relever que cette interdiction n'affecte pas la possibilit pour les oprateurs conomiques autres que les pharmaciens de !'aire de la publicit pour ces produits. 20. '--LI est vrai qu'une telle rglementation est susceptible de restreindre le volume des ventes et, par consquent, le volume des ventes des produits parapharmaceutiques en provenance d'autres Etats membres, dans la mesure o e1le prive les pharmaciens concerns d'une mthode de promotion des ventes de ces produits. Il y a Iieu cependant de se demander si cette ventualit suffit pour qualifier la rglementation en cause de mesure cisti e degli ottici nonch al divieto di pubblicit esaminato in Aragonesa, dall'altro. Partendo infatti da una stessa identica premessa (misure suscettibili di ridurre il volume delle vendite e per questa via delle importazioni, in situazioni in cui nessun rilievo assume un'eventuale disparit di legislazioni), la Corte pervenuta a risultati sostanzialmente diversi: nel primo caso, come si visto, esame focalizzato sulla ragionevolezza . della misura in questione a\iuto riguardo agli effetti che potrebbe avere sulle importazioni; nel secondo, verifica classica s ai sensi dell'art. 36. Tanto vale, allora, sgombrare il campo da ogni esercizio dialettico e fare ~ uscire dalla previsione .dell'art. 30 le normative nazionali che non hanno alcunch I da spartire con gli scambi, tanto meno con l'integrazione dei mercati. ~ Sui limiti della nozione di misura di effetto equivalente. I 25. La disarmonia e le contraddizioni rilevate acuiscono il bisogno di chiarezza attraverso l'indicazione di criteri quanto pi possibile precisi ed univoci I e, ancor prima, di una consapevole ed espressa scelta di fondo quanto alla necessit (o opportunit?) di sindacare il tipo di misure qui in discussione sotto il profilo dell'art. 30.. E ci, peraltro, al fine di non generare confusione negli I operatori interessati, i quali, nella situazione attuale, sono incoraggiati a contestare, invocando l'art. 30, i provvedimenti pi disparati (beninteso, che restringono la loro libert commerciale), per il solo fatto che non possa a priori esserne esclusa una qualche incidenza sulle importazioni. Quanto a me, sono del parere che il criterio enUnciato nella sentenza Dassonville non possa essere interpretato nel senso che una riduzione potenziale delle importazioni, determinata solo ed esclusivamente da una pi generale (ed eventuale) contrazione delle vendite, possa costituire una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione. Rit~ngo infatti che misure che hanno ad oggetto le modalit di esercizio dell'attivit commerciale siano in via di principio da considerare al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 30, in quanto non preordinate alla disciplina degli scambi, senza alcun collegamento con la disparit o la eguaglianza delle legislazioni nazionali a confronto e nella misura in cui neppure siano tali da rendere per gli operatori interessati meno redditizio l'accesso al mercato e dunque, >indirettamente, pi difficile l'accesso per i prodotti di cui trattasi. Una tale soluzione, fondata sul principio del mutuo riconoscimento, rispecchia dunque la logica alla base dell'approccio Cassis de Dijon e non ne rimette affatto in discussione l'ispirazione realmente integrazionista. 77 PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE d'effet quivalent une restriction quantitative l'importation, au sens de l'article 30 du trait. 21. ...-.. A cet gard, il convient de rappeler que n'est pas apte entraver directement c>u indirectement, actuellement ou potentiellement le commerce entre les Etats membrest au sens de la jurisprudence Dassonville, prcite, l'application des produits en provenance d'autres Etats membres de dispositOns nationales qui Iimitent ou interdisent certaines modalits de vente, pourvu qu'elles s'appliquent tous les oprateurs concerns exerant leur activit sur le. territoire national, et pou:rvu qu'elles affectent de la meme manire, en droit. comme en fait, la commercialisation des produits nationaux et de ceux en provenance d'autres Etats membres. Ds lors que ces conditions sont remplies, l'application de rglementations de ce type la 26. Certo, una tale lettura costituisce, almeno in parte, un ripensamento rispetto a posizioni da me gi espresse sullo stesso argomento (conclusioni Buet, Delattre, Monteil e Samanni, SARPP, Boscher e Socit Laboratoire de Prothses. Oculaires). Allo stesso ripensamento invito oggi la Corte: ripensamento chiaro ed esplicito, in modo che. sia utile. E non mi nascondo che l'interpretazione che oggi suggerisco comporta che talune sentenze non certo di poco conto risultino overruled (31); ma lungi dal costituire un passo indietro rispetto alla ragionevole evoluzione successiva alla sentenza Cassis de Dijon , tale ripensamento riporterebbe l'art. 30, cos come interpretato nella sentenza Dassonville, alla sua funzione naturale e ne eviterebbe un uso, a mio parere, del tutto improprio. 27. Diversamente, Watti, l'art. 30 verrebbe ad essere invocato ed utilizzato non per gli scopi che gli sono propri ma per consentire a taluni operatori di sottrarsi all'applicazione di norme nazionali che, per il fatto di disciplinare una determinata attivit, ne restringono la libert commerciale: e ci, vuoi imponendo degli orari di apertura ai loro esercizi, vuoi imponendo una previa autorizzazione per l'esercizio di una determinata attivit (perch no, persino una semplice licenza di con;Jlllercio), vuoi ancora imponendo dei requisiti profes~ sionali (a volte anche logistici) alla persona che intende vendere un certo tipo di merci. Sotto questo profilo, peraltro, non posso fare a meno di rilevare come una siffatta utilizzazione dell'art. 30 finirebbe con lo svuotare di contenuto o comunque svilire le norme del Trattato relative alla circolazione dei servizi ed allo stabilimento. Mi spiego: il commerciante che vuole vendere anche di domenica o anche !il farmacista che sta chiedendo di farsi pubblicit in relazione alla vendita di prodotti parafarmaceutici stanno invocando n pi n meno che il diritto al libero esercizio della propria attivit commerciale: e dunque solo al fine di sottrarsi a determinati vincoli essi ne sostengono l'incompatibilit con le norme sulla circolazione delle merci. A ben vedere, tuttavia, si tratta di vin (31) Mi riferisco, oltre alle sentenze sul commercio la domenica, alle sentenze Delattre e Monteil e Samanni per l'aspetto monopolio di vendita dei medicinali; al.la sent!lnza LPO sul monopolio degli ottici; alla sentenza Aragonesa. Per quanto riguarda mvece 11 gruppodi sentenze concernenti i metodi di promozi9ne delle vendite rinvio a quanto detto alla P9~ ~9, . 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vente des produits en provenance d'un autre Etat membre et rpondant aux rgles dictes par cet Etat n'est pas de nature empecher leur accs au march ou nella vendita. degli stessi. ln questa prospettiva, il risUltato non potrbbe essere altro che l'incom patibilit della misura con il diritto comunitario. Ulteriore alternativa sarebbe quella di giustificare la misura in questione ricorrendo a formule apodittiche, che pure si rinvengono in alcuni dei ricordati precedenti giurisprudenziali: ma neppure questa ipotesi riesco nella specie a sottoscrivere, come risulta chiaramente dalle considerazioni sin qui svolte. 32. Suggerisco pertanto alla Corte di rispondere come segue al quesito posto dal Verwaltungsgerichtshof Baden-Wlirttemberg: L'art. 30 del Trattato va interpretato nel senso che non costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione una norma nazionale che vieta ai farmacisti di fare la pubblicit, . al di fuori ~elle f~rm~!ecij prodotti parafarmaceutici '" (F.to prof. Giuseppe Tesauro) 1 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO trait CEE doit etre interprt en ce sens qu'il ne s'applique pas une rgle dontologique, tablie par la chambre professionne1le des pharmaciens d'un Etat membre, qui interdit ceux-ci de faire de la publicit, en dehors de !'officine, pour les produits parapharmaceutiques. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Plenum, 9 febbraio 1994, nella causa C-119/92 -Pres. Due -Avv. Gen. Darmon -Commissione delle C. E. (ag. Aresu e Rodriguez Galindo) c. Rep. Italiana (avv. Stato Btaguglia). Comunit europee -Inadempimento Spedizionieri doganali. (Trattato CEE, artt. 9 e 12; reii. CEE del Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222, e 12 dicembre 1985, n. 3632; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 40, 43, 47 e 56; legge 22 dicembre 1960, n. 1612, artt. 11 e 14). La Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi degli artt. 2 e 3 del reg. CEE del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che definisce le condizioni alle quali una persona ammessa a fare una dichiarazione in dogana, in quanto ha mantenuto nella sua normativa una disposizione secondo cui spetta al proprietario fare tale dichiarazione ed ha riservato la rappresentanza a spedizionieri doganali senza aver previsto chiaramente la possibilit di fare una dichiarazione in nome proprio e per conto terzi. La Repubblica italiana inoltre venuta meno agli obblighi che le derivano dagli artt. 6 dello stesso regolamento, richiedendo le stesse qualifiche per il personale dipendente incaricato di fare la dichiarazione in dogana e per i prof es sionisti indipendenti. La normativa italiana, viceversa, non viola gli obblighi comunitari prevedendo che una persona giuridica possa fare la dichiarazione in nome proprio e per proprio conto solo tramite una persona fisica che la rappresenti legalmente; equiparando il transito comunitario alle operazioni doganali solo riguardo alle sanzioni e agli altri elementi non previsti e non disciplinati dai regolamenti comunitari; e prevedendo una tariffa degli spedizionieri doganali che applicabile solo alle dichiarazioni effettuate dagli spedizionieri professionisti e non alle dichiarazioni effettuate dai dipendenti di ditte private o delle pubbliche amministrazioni. (omissis) 1. -Con atto introduttivo 24 marzo 1992, depositato nella cancelleria della Corte il 13 aprile 1992, la Commissione ha proposto, ai sensi dell'art. 169, secondo comma, del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichiarare che la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza del diritto comunitario adottando misure, disposizioni e prassi che comportano difficolt per quanto riguarda l'attivit del dichiarante in dogana e creano ingiustificati privilegi di fatto in favore PARTB I, SEZ. II; GIURIS. COMUNITARIA E' INTERNAZIONALE degli' spedizionieri doganali italiani, in violazione del regolamento (CEE) del. Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222, relativo al transito comunitario (GU L 38, pag. 1, in prosieguo: il regolamento transito),. e del regolamento (CEE) del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che definisce le condizioni alle quali una persona ammessa a fare una dichiarazione in dogana (GU L 350, pag. 1, in prosieguo: il regolamento dichiarante), e approvando tariffe professionali obbligatorie ed inderogabili per le prestazioni professionali degli spedizionieri doganali italiani, in violazione degli artt. 9 e 12 del Trattato CEE. 2. -Ai sensi dell'art. 2 del regolamento dichiarante la dichiarazione in dogana pu essere fatta da qualsiasi persona in grado di presentare o di far presentare al servizio doganale competente, secondo le disposizioni all'uopo previste, la merce in questione e tutti i documenti che devono essere presentati a norma delle disposizioni che regolano il regime doganale richiesto per detta merce . 3. -Ai sensi dell'art. 3 del regolamento, 1. Quando la dichiarazione in dogana fatta per iscritto, la persona di cui all'art. 2 pu, fatte salve le altre disposizioni del presente articolo, fare dett dichiarazione: a) a nome proprio e per proprio conto, 1b) a nome e per conto di terzii [rappresentanza diretta], c) a nome proprio, ma per conto di terzi [rappresentanza indiretta]. 2. La possibilit di fare la dichiarazione prevista al paragrafo l, lett. e), p essere esercitata solo se gli Stati membri hanno deciso in tal senso. 3. Quando uno Stato membro autorizza la possibilit di fare la dichiarazione prevista al paragrafo l, lett. e), esso pu riservare alle persone che esercitano, in quanto attivit non salariata, la professione consistente nel fare dichiarazioni in dogana, sia a titolo principale sia a titolo accessorio rispetto ad un'altra attivit, il diritto di: a) fare dichiarazioni a nome e per conto di terzi, o in alternativa b) fare dichiarazioni a nome proprio, ma per conto di terzi. 4. -Ai sensi dell'art. 6, lett. a), dello stesso regolamento, quest'ulUmo non contrario alle disposizioni degli Stati membri che riservano, nel rispetto dell'art. 3, n. 3, l'esercizio della professione alle persone abilitate a tal fine dalle autorit competenti dello Stato membro interessato -gli spedizionieri doganali -e che presentano le qualifiche professionali richieste e le garanzie ritenute necessarie per l'esercizio della professione. Ai sensi dell'art. 6, lett. b), gli Stati membri, quando prevedono la possibilit, per le imprese, di .ricorrere a personale dipendente 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO qualificato per fare dichiarazioni in dogana in nome e per conto di tali imprese, possono subordinare tale possibilit al possesso di una qualifica professionale appropriata. 5. -Le disposizioni italiane pertinenti figurano nel decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, recante approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (GURI, Supplemento ordinario n. 80 del 28.3.1973, in prosieguo: il Testo unico). 6. -Per quanto riguarda la rappresentanza dei proprietari della merce, l'art. 40, commi primo e secondo, del Testo unico dispone: Ogniqualvolta le disposizioni in materia doganale prescrivono al proprietario della merce di fare una dichiarazione o di compiere determinati atti o di osservare speciali obblighi e norme, ovvero gli consentono di esercitare determinati diritti, il proprietario stesso pu agire a mezzo di un rappresentante. La rappresentanza per il compimento delle operazioni doganali pu essere conferita esclusivamente ad uno spedizioniere doganale iscritto nell'albo professionale istituito con la legge 22 dicembre 1960, n. 1612, salvo quanto previsto nell'art. 43 . 7. -L'art. 43, primo comma, cos formulato: La rappresentanza del proprietario della merce per il compimento delle operazioni doganali pu essere conferita anche ad uno spedizioniere doganale non iscritto nell'albo professionale, purch si tratti di un dipendente del proprietario stesso . 8. -Sulla dichiarazione doganale, l'art. 56 stabilisce che: Ogni operazione doganale deve essere preceduta da una dichiarazione da farsi dal proprietario della merce, nelle forme indicate nell'art. 57. considerato proprietario della merce colui che la presenta in dogana ovvero che la detiene al momento dell'entrata nel territorio doganale o dell'uscita dal territorio stesso. Rimane salvo, in ogni caso, il diritto della dogana di accertare, ad ogni effetto del presente Testo unico, chi abbia la propriet della merce, oggetto delle operazioni doga 1 nali. 9. -Per il resto gli artt. 47 e seguenti del Testo unico determinano i requisiti in materia di qualifica professionale che gli spedizionieri doganali devono soddisfare. In base a queste disposizioni il ministro delle PARTE I, SBZ. II, :GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 83 Finanze organizza gli esami per il conseguimento cli una patente di spedizioniere doganale che viene successivamente rilasciata dal ministero delle Finanze, sentito il Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali. 10. -Infine dagli artt.11 e 14 della legge italiana 22 dicembre 1960, n. 1612 (GURI Il 4 del 5.1.1961), risulta che le tariffe per [e prestazioni professionali degli spedizionieri doganali sono fissate dal Consiglio nazionale degli spedizionieri. Esse sono approvate con decreto del ministro delle Finanze. Ai sensi dell'art. 11, secondo comma, di questa stessa legge, le prestazioni degli spedizionieri doganali non possono in nessun caso dar luogo a corrispettivi inferiori o superiori a quelli approvati dal Consiglio nazionale. 11. -Dal ricorso della Commissione risulta che essa formula due serie cli censure nei confronti del governo italiano. Le prime cinque censure riguardano l'incompatibilit di talune disposizioni del Testo unico con i regolamenti dichiarante e transito, nonch il modo in cui queste disposizioni vengono interpretate ed applicate dalle autorit. doganali italiane. Con la sesta ed ultima censura Ja Commissione intende far dichiarare che .le tariffe professionali per le prestazioni degli spedizionieri doganali costituiscono tasse di effetto equivalente. Sulla violazione dei regolamenti dichiarante e transito 12. -In via preliminare occorre rilevare che il governo italiano insiste sul fatto che la situazione rimasta immutata dopo la sentenza 25 ottobre 1979, causa 159/78, Commissione/Italia (Racc. pag. 3247). 13. -A tal riguardo sufficiente constatare che tale sentenza si riferisce ad una violazione degli artt. 30, 34 e 52 del Trattato CEE, non riguarda il regolamento transito e reca una data precedente al regolamento dichiarante, adottato dal Consiglio il 12 dicembre 1985. Occorre pertanto riesaminare la normativa italiana in base a questo nuovo regolamento nonch al regolamento transito . 14. -In base al suo preambolo, il regolamento dichiarante mira a definire sul piano comunitario le condizioni alle quali una persona ammessa a fare una dichiarazione in dogana. Per il resto, il regolamento stesso non si oppone al mantenimento di una normativa cli uno Stato membro che riservi a spedizionieri doganali l'esercizio della professione consistente nel fare dichiarazioni in dogana in nome di terzi o in nome proprio ma per conto di terzi. 15. -Alla luce di queste considerazioni occorre determinare se le disposizioni legislative nazionali rispettino le regole fissate dal regolamento. .. ... .. ... -:-: -... .. ... -::-:-... :-: :-: ... :-:.... .. .. RASSEGNA AVVOCATURA DBLW STATO Sulla prima censura 16. -Con una prima censura la Commissione sostiene che la Repubblica italiana ha violato l'art. 2 del regolamento dichiarante richiedendo, all'art. 56, primo comma, del Testo unico, che la dichiarazione in dogana sia fatta dal proprietario della merce . Una tale formulazione rischierebbe di creare una confusione pregiudizievole per la diretta applicazione dell'art. 2 del regolamento dichiarante, e ci nonostante la finzione legale operata dall'art. 56, secondo comma, della stessa normativa, secondo cui considerato proprietario della merce chi la presenta in dogana ovvero chi la detiene al momento dell'entrata nel territorio doganale o dell'uscita dal territorio stesso. 17. -Si deve accogliere l'argomento della Commissione. Contrariamente a quanto sostiene il governo italiano, la normativa italiana, facendo ricorso alla nozione di proprietario, che estranea al regolamento dichiarante, pu lasciar sussistere dubbi sulla persona ammessa a presentare o far presentare la dichiarazione. Ora, secondo una giurisprudenza consolidata (v. in particolare sentenza 30 gennaio 1985, causa 143/83, Commissione/Danimarca, Racc. pag. 427), i principi della certezza del diritto e della tutela dei singoli esigono che nei settori che rientrano nel diritto comunitario le norme nazionali siano formulate in maniera non eqruivoca che consenta agli interessati di conoscere i loro diritti ed obblighi in modo chiaro e preciso e ai giudici nazionali di garantirne l'osservanza. 18. -La prima censura pertanto fondata. Sulla seconda censura 19. -Con la seconda censura la Commissione sostiene che la normativa italiana ha riservato, per le dichiarazioni in dogana, Ja rappresentanza a spedizionieri doganali, senza aver previsto esplicitamente, cos come richiede l'art. 3, n. 2, del regolamento dichiarante, la possibilit per una persona di dichiarare una merce in nome proprio ma per conto di terzi. Solo l'inserimento di una tale autorizzazione nella loro normativa consentirebbe agli Stati membri di riservare a spedizionieri doganali una delle due forme di rappresentanza menzionate all'art. 3, n. 3. 20. -Occorre dunque esaminare innanzitutto se la normativa italiana sia compatibile con l'art. 3, n. 2, del regolamento dichiarante. 21. -~ vero che, come sostiene il governo italiano, la Corte, nella sentenza Commissione/Italia, soprammenzionata (punto 14), ha evocato la possibilit che esisterebbe in diritto italiano, per una persona, di di PARTE I, SBZi ll/GIURIS. COMUNITARIA B ~'lBRNAZIONALB ss chiarare. una .merce in nome proprio e per conto di comn:la, deLTesto .Qico, o grazie ~~~~f~111~~~~;t~ 22. -Nella presente causa., per coritfo/riori si tratta< di esaminate l~n?tm,HY~ q ftll.Jrat~a.~~Jl1 FrJ~zi9p~ a~li ~th:~O Jt34.. c1el .Trattato, ma cli verificare la sua..co:inpatibil~t COl1 l'art. 3, n.. 2, del regolamento dichi~rarite >>, . . .. . . . . 23. -Questa disposizione esige chdla f~:oltdi fate un.a dichilkazione in nome proprio e. per conto di terzi possa essere esercitata solo se gli Stati membri hanno deciso. in tal senso. i~}il~-tTJ::~t~itl~ ziC>nate. aln'.: 1 di tale. art1col0, solo a. .condizione di . aver autorizzato la i:~fo#~se11tanz~)n nome ~~R~~iH.e .p~r c~ptb. d terzi. 25... PoiCh. gli rtt; 40, . secndo comma,. 43, primo comma, del Testo unico' riservano l tappresehtanza. a . spediZioriieri doganrui, la normativa italiana avrebbe dovU:fo . uforuzare in ma.riiera chiara e precisa la. rappresentanza.. in nome. proprio i;na per conto di terzi. / Z6; Ofa; 1a fi:OZione legale, cos coi:n ' frmulat all'art 56, secoritfo comm/ del Testo unico, non soddisfa nemmeno tale condizione. Come stafo cbrisfatatO al :Pl.lllto 11, il trcotso' i:tlla nozione di <~proprietario lascia sussistere dubbi stilla persona ammessa presentare o a far< prese11t;are la dichiarazionfi 7. ,_;; Petta:nto, sen2:a: cli si necessario esaminare s le demiric a.Ile quali ha fatto riferimento la . C::mmisslne Il sosteglo dei.suoi a:r~ goJll.enti possano essere . p:tes.e in Qonsider2;\Zione, occorre constatare che la seconda censura . fondata. Sulla terza censura 28. -Con la terza censura la Commissione ritiene che il Testo unico .crei una discriminazione tra persone giuridiche e persone fisiche, in quanto le prime non possono fare una dichiarazione in nome proprio e per proprio. conto. ,potendo agire, ..per quanto. riguarda i :rappor~i T RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 86 esterni, solo quando sono rappresentate da persone fisiche, esse sarebbero obbligate, nel sistema italiano, a far ricorso alle prestazioni professionali degli agenti in dogana. 29. -A tal riguardo occorre constatare che la rappresentanza di una persona giuridica da parte di rappresentanti legali differisce dalla rappresentanza prevista dal Testo unico. Infatti, una societ, che agisce in nome proprio e per proprio conto, deve necessariamente agire per il tramite di una persona fisica. Questo tipo di rappresentanza non pu essere confuso con la rappresentanza doganale. 30. -'--Dato che dal Testo unico non risulta che esso impedisca ad una societ di agire in nome proprio e per proprio conto per il tramite di una persona fisica che la rappresenti legalmente, la terza censura della Commissione dev'essere respinta. Sulla quarta censura 31. -La quarta censura della. Commissione riguarda il fatto che gli artt. 47 e seguenti del Testo unico impongono gli stessi requisiti di abilitazione professionale al personale dipendente ed ai professionisti indipendenti. I requisiti imposti al primo andrebbero al di l del semplice riconoscimento di una qualifica professionale appropriata previsto da1l'art. 6, lett. b), del regolamento dichiarante. Questa interpretazione non del resto contestata dal governo italiano che aggiunge tuttavia che la valutazione degli elementi di fiducia e di capacit operata allo stesso modo per le due categorie di persone. 32. -In base all'art. 6 del regolamento dichiarante, i professionisti indipendenti possono essere abilitati a fare dichiarazioni in dogana solo quando possiedono le qualifiche professionali richieste e presentano le garanzie necessarie, mentre per il personale dipendente previsto solo il riconoscimento di una qualifica appropriata. 33. -Ne deriva che l'acquisizione della qualifica professionale costituisce oggetto di due regimi diversi e che tale distinzione deve risultare nella normativa degli Stati membri. 34. -Pertanto, assoggettando i professionisti indipendenti ed il personale dipendente agli stessi requisiti di abilitazione professionale, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza dell'art. 6 del regolamento dichiarante . Sulla quinta censura 35. -La quinta censura riguarda le dichiarazioni in dogana nel regime del transito, cosi come definito dal regolamento transito. In PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE fatti, ai sensi dell'art. 12, n. 3, di questo regolamento, una dichiarazione di transito pu essere firmata dal principale obbligato o dal suo rappresentante abilitato e presentata all'ufficio di partenza. Ora, secondo la Commissione, le autorit doganali italiane rifiutano di registrare questo tipo di dichiarazione poich solo gli spedizionieri doganali italiani possono adempiere tali formalit. 36. -Nella replica, la Commissione precisa il suo mezzo sostenendo che l'art. 238, secondo comma, del Testo unico equipara il transito comunitario alle operazioni doganali di cui all'art. 55. Da quest'ultima disposizione, che rinvia per tutte le operazioni doganali alla dichiarazione in dogana di cui all'art. 56, risulterebbe inoltre che le operazioni di transito ricadono nel regime generale della dichiarazione in dogana e quindi della rappresentanza in dogana. Ne deriverebbe che il ricorso agli spedizionieri doganali obbligatorio, anche per le operazioni di transito. 37. -Occorre precisare innanzitutto che, secondo una giurisprudenza consolidata, la Commissione tenuta a fornire essa stessa la prova del preteso inadempimento (v. sentenza 19 marzo 1991, causa C-249/88, Commissione/Belgio, Racc. pag. 1-1275, punto 6). 38. -Nella fattispecie, la Commissione, nel suo parere motivato, si basata sulla denuncia di un'impresa e sulla conferma, da parte del ministro tedesco dell'Economia, che le difficolt incontrate da questa impresa erano state incontrate anche da altre. Nel ricorso la Commissione fa riferimento poi a numerose denunce senza fornire alcun elemento di prova al riguardo. Dato che queste denunce non sono state comunicate al governo italiano, che afferma del resto di non conoscerne il contenuto, esse non possono essere prese in considerazione dalla Corte. 39. -Per quanto riguarda l'equiparazione del transito comunitario alle operazioni doganali di cui all'art. 55 del Testo unico, occorre rilevare, come ha fatto l'avvocato generale nelle sue conclusioni, che essa riguarda, in base all'art. 238, secondo comma, della normativa italiana, solo Je sanzioni e tutti gli altri elementi non previsti e non disciplinati. dai regolamenti comunitari. 40. -Dato che l'art. 238 rinvia all'art. 55 del Testo unico solo per le situazioni che non sono disciplinate dai regolamenti comunitari, le operazioni di transito comunitario non ricadono nel regime generale della dichiarazione in dogana del Testo unico, ma direttamente nel regime del regolamento transito stesso. 41. -La quinta censura deve pertanto essere respinta. RASSEGNA AVV0CA1'URA .DELLO STATO 88 Sulla violazione degli artt. 9 e 12 del Trattato. 42. -La Commissione ritiene che le tariffe degli spedizionieri doganali, che sono fissate dal Consiglio nazionale degli spedizionieri doganali, le cui attribuzioni sono disciplinate dalla legge 22 dicembre 1960, e che sono approvate con decreto del ministro delle Finanze, costituiscano tasse di effetto equivalente a dazi doganali, ai sensi degli artt. 9 e 12 del Trattato, in quanto sono obbligatorie ed i :loro liveJJi minimi non subiscono alcuna deroga. A tal riguardo la Commissione sostiene che gli spedizionieri doganali possiedono un quasi monopolio per quanto riguarda questa dichiarazione. 43. -Gli artt. 9, 12 e 13 del Trattato vietano i dazi doganali all'importazione nonch tasse di effetto equivalente nel commercio tra Stati membri. 44. -Secondo una giurisprudenza consolidata (v. in particolare sentenza 21 marzo 1991, causa C-209/89, Commissione/Italia, Racc. pag. 1-1575), la giustificazione del divieto delle tasse di effetto equivalente a dazi doganali risiede nell'ostacolo che oneri pecuniari riscossi a causa o in occasione del passaggio della frontiera costituiscono per la libera circolazione delle merci. Di conseguenza, qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, il quale colpisca le merci a causa del fatto che esse varcano la frontiera, costituisce una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi degli artt. 9, 12, 13 e 16 del Trattato, anche se non riscosso dallo Stato. L'onere sfugge a tale qualifica se costituisce il corrispettivo di un servizio effettivamente reso all'operatore economico, di importo proporzionato al servizio stesso. 45. -.. Occorre perci esaminare se le tariffe di cui trattasi costituiscano un onere pecuniario, imposto unilateralmente a chiunque voglia fare una dichiarazione in dogana, che colpisce le merci per il fatto che esse oltrepassano la frontiera. 46. -A tal riguardo occorre rilevare come, nella risposta ai quesiti della Corte, la Commissione abbia chiarito che le dichiarazioni effettuate da dipendenti di ditte private o da dipendenti delle pubbliche amministrazioni devono ritenersi effettuate da spedizionieri doganali in senso lato, dato che, a causa della specializzazione richiesta e della loro attivit, queste persone possono essere equiparate agli spedizionieri doganali professionisti. Nella risposta ad un quesito posto dalla Corte in udienza, la Commissione ha tuttavia ammesso che queste persone, che effettuano il 22% di tutte le dichiarazioni, non sono assoggettate alla tariffa professionale. Ne deriva che esiste una possibilit di scelta effettiva per l'importatore, 'il quale non obbligato a far ricorso PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMVNl'l'ARIA E INTERNAZIONALE 89 ad uno spedizioniere professionista, e che pertanto la tariffa non imposta in maniera obbligatoria a chiunque voglia fare una dichiarazione in dogana. 47. -Stando cos le cose, le tariffe controverse non possono essere qualificate come tasse di effetto equivalente ai sensi degli artt. 9 e 12 del Trattato. Ne deriva che l'inadempimento non provato su tale punto. 48. -Da quanto precede risulta che la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi degli artt. 2 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 dicembre 1985, n. 3632, che definisce le condizioni alle quali una persona ammessa a fare una dichiarazione in dogana, iin quanto ha mantenuto nella sua normativa una disposizione secondo cui spetta al proprietario fare tale dichiarazione ed ha riservato la rappresentanza a spedizionieri doganali senza aver previsto chiaramente la possibilit di fare una dichiarazione in nome proprio e per conto di terzi. La Repubblica italiana inoltre venuta meno agli obblighi che le derivano dall'art. 6 dello stesso regolamento, richiedendo. le stesse qualifiche per il personale dipendente incaricato di fare le dichiarazioni in dogana e per i professionisti indipendenti. 49. -Il ricorso dev'essere respinto per il resto. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 23 febbraio 1994, nella causa C419/92 -Pres. Due -Avv. Gen. Jacobs -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna nella causa Scholz c. Opera universitaria di Cagliari. Interv.: Governi italiano (avv. Stato Ferri) e francese (ag. Puissochet e Chavance) e Commissione delle C.E. (ag. Gouloussis e Traversa) Comunit europee Libera circolazione dei lavoratori -Concorso per un impiego nella pubblica amministrazione Esperienza professionale maturata in un altro Stato. membro. (Trattato CEE, art. 48). L'art. 48 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che, qualora un ente pubblico di uno Stato. membro, assumendo personale per posti che non rientrano nella sfera di applicazione dell'art. 48, n. 4, del Trattato, stabilisca di tener conto delle attivit lavorative anteriormente svoU.e dai candidati presso una pubblica amministrazione, tale ente non pu, nei confronti di cittadini comunitari, operare alcuna disr,inzione a seconda che tali attivit siano state esercitate presso la RASSEGNA AVVOCA'rURA DBLLO S'rATO 90 pubblica amministrazione dello stesso Stato membro o presso quella di un altro Stato membro. (omissis). 1. -Con sentenza 10 giugno 1992, registrata nella cancelleria della Corte il successivo 18 dicembre,, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha proposto, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale sull'interpretazione degli artt. 7 e 48 del Trattato CEE e degli artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori ahl'interno della Comunit (G.U. L. 257, pag. 2). 2. -La questione stata sollevata nell'ambito di una causa vertente sulla graduatoria dei candidati in esito di un concorso generale per titoli ed esami per la copertura di posti di agente di ristorazione presso l'universit di Cagliari. 3. -La ricorrente nella causa principale, che di origme tedesca ed ha acquisito la cittadinanza italiana per matrimonio, ha presentato un ricorso con cui ha contestato la posizione attribuitale nella graduatoria del detto concorso, sostenendo che la commissione giudicatrice aveva illegittimamente rifiutato di prendere in considerazione, come previsto dal bando di concorso, l'attivit lavorativa da lei esercitata, prima del matrimonio, presso l'amministrazione postale tedesca. 4. -In particolare, il bando di concorso prevedeva che, ai fini della graduatoria finale dei candidati, si attribuisse un certo punteggio per i titoli ed i periodi di servizio prestati, senza ulteriori precisazioni sul tipo di esperienza lavorativa precedente. I 5. -Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, inveI stito del ricorso, ha quindi sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se gli articoli 7 e 48 del Trattato CEE e 1 e 3 del regolamento n. 1612/68 possano essere interpretati nel senso di vietare che, in occasione di un concorso pubblico per il conferimento di posti non rientranti fra quelli per cui vige la riserva di cui all'art. 48, par. 4, possa essere negata rilevanza all'attivit lavorativa prestata alle dipendenze di una pubblica amministrazione di un diverso Stato membro, quando quella resa in favore di un'amministrazione dello Stato in cui bandito il conorso viene considerata titolo utile ai fini della formazione della graduatoria conclusiva della procedura concorsuale. 6. -Occorre innanzi tutto ricordare che l'art. 7 del Trattato, che vieta ogni discriminazione compiuta in base alla cittadinanza, non si applica in modo autonomo qualora il Trattato preveda una specific~ ! ~ ! ~ I 8 ..,.,.......m..mTifillli~f'""""zw.<""'F"'"""""""""'""'''""'''"'"""""''"z''''''""''"'"'z''"'"''''"""'"'"'z''''''''"''''''''''"'''z'"z.-, '""J ff@.--~,..;. ........ , ,:~=-===1?a11.....&'"ll'*-'P~m==~w.tm ,,,wr,.a~=-~ " W!r1c.....*..,,..,,................ ..-w=wp11;==-..=~=-w..ft!..Jii....... .1111(""" ,., .. }'f.z,..x. .. filiiillal.rr:a~&e.2iz~BliFdf..&Ifu..,,, . ...& ..,..,@..;..m PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB norma di non discriminazione, come nell'art. 48, n. 2, per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori (v. sentenza 30 maggio 1989, causa 305/87, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1461, punti 12 e 13). Inoltre, 1gli artt. 1 e 3 del regolamento n. 1612/68 non fanno che esplici~ tare e attuare i diritti gi derivanti dall'art. 48 del Trattato. Pertanto quest'ultimo l'unica norma rilevante nella presente causa. 7. -Risulta da una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenza 10 marzo 1993, causa C-111/91, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-817, punto 9) che l'art. 48 del Trattato vieta non solo le discriminazioni palesi, in base alla cittadinanza, ma anche quelle dissimulate che, fondandosi su altri criteri, pervengano comunque allo stesso risultato. 8. -Per quanto riguarda la fattispecie oggetto della causa principale, occorre notare in primo luogo che il fatto che la ricorrente nella causa principale abbia acqisito la cittadinanza italiana irrilevante ai fini dell'applicazione del principio di non discriminazione. 9. -Infatti, le norme in questione si applicano a qualsiasi cittadino comunitario, a prescindere dal luogo di origine e dalla cittadinanza della stessa, che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e che abbia esercitato una attivit lavorativa in un altro Stato membro. 10. -In secondo luogo occorre rilevare come il bando del concorso di cui trattasi prevedesse la presa in considerazione, ai fini della formazione della graduatoria finale, di precedenti periodi di lavoro compiuti presso la pubblica amministrazione, senza precisare che essi dovessero avere un collegamento con le mansioni di agente di ristorazione. 11. -Occorre infine constatare che il rifiuto di prendere in considera2lione, per l'attribuzione del punteggio aggiuntivo previsto ai fini della graduatoria finale, il periodo di lavoro svolto dalla ricorrente nella causa principale presso la pubblica amministrazione di un altro Stato membro costituisce una discriminazione indiretta non giustificata. 12. -La questione proposta va dunque risolta dichiarando che l'articolo 48 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che, quafora un ente pubblico di uno Stato membro, assumendo personale per posti che non rientrano nella sfera d'applicazione dell'art. 48, n. 4, del Trattato, stabilisca di tener conto delle attivit lavorative anteriormente svolte dai canditati presso una pubblica amminstrazione, tale ente non pu, nei confronti di cittadini comunitari, operare alcuna distinzione a seconda che tali attivit siano state esercitate presso la pubblica amministrazione dello stesso Stato membro o presso quella di un altro Stato membro. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE GIURISDIZIONE E APPALTI SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 luglio 1993 n. 8478 -Pres Brancaccio -Est. De Luca -P. M. Di Renzo (concl. conf.) -INPS (avv. Vario, Ausenda, Gigante) c. Redolfi (avv. Petti). Previdenza Crediti previdenziali Interessi Decorrenza. Anche nei casi di crediti previdenziali, ancorch sorti in seguito a declaratoria d'incostituzionalit, gli interessi decorrono dalla data (pur se precedente la pronuncia d'illegittimit costituzionale) dell'eventuale liquidazione, anche se inesatta, ovvero dalla data della scadenza del centoventesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione, nonch delle successive scadenze dei singoli ratei (1). 1. -Con l'unico motivo del ricorso -denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 46 e 47 d.p.r. 639/70 in relazione agli artt. 7 1. n. 533 del 1973, 1218 e 1282 e.e.) nonch vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) -l'Inps censura la sentenza impugnata per (1) La sentenza in epigrafe pu ben essere considerata come il punto d'arrivo di un'annosa ed intricata vicenda, che affonda le radici in un'altra sentenza di fondamentale importanza: la s~nt. 156/1991 della Corte Costituzionale, sulla parificazione della tutela dei crediti di lavoro con quella dei crediti previdenziali. In tale sentenza la Corte CostitU.zionale giunse, al termine di un lungo processo evolutivo, alla dichiarazione di illegittimit dell'art. 442 c.p.c. per violazione degli artt. 3 e 38 Costituzione ... nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilit dell'Istituto od Ente debitore per il ritardo dell'adempimento (in Foro lt., 1991, I, 1321 ss., con nota di PARDOLESI, Crediti previdenziali, tutela differenziata e punitive damages). Nell'ampliare la vis attractiva dell'art. 429 c.p.c., la Corte non ha mancato per di evidenziare lo speciale meccanismo con cui si determina la costi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 9:1 avere qualificato corrispettivi gli interessi -da corrispondere a con troparte -e stabilito la loro decorrenza -dalla .data di .maturazione del credito fatto valere -sebbene gli interessi stessi avessero natura moratoria e dovessero decorrere solo dal centoventunesimo (121~) giorno successivo a:lla pubblicazione della sentenza >(n; 34/81) della Corte e<> stituzionale -che ha fatto sorgere il credito (per integrazione .al. mini mo),. idi cui si discute -difettando, per il periodo precedente; l'esigibilit: dello stesso credito, <(non parendo dubbio che l'esistenza della norma, successivamenteespunta, impedi(sse) ogni possibilit di erogazione da parte dell'Inps tenuto al rispetto delle norme (allora) vigenti . Il ricorso fondato .,_ e, come tale, va accolto -per quanto di ragion. e.. 2. -La questione;. che viene prospettata dall'istituto ricorrente, ha "iato luogo a contrastq nna &iurisprudenza della sezione. lavoro di qy.esta C()rte, stato, talora, sostenuto .che la retroattivit della d~claratoria di illegittimit costituzio11ale di mia norma ostativa al riconoscimento di una presta~ione previdenziale -come, nella specie, la sentenza della Corte costituzionale n. 314 del 1985 (id., J986, I, 1795) in ordine all'integrazione . al minimo. della pensione -non .vale a trasformare. in illecito (e, cqme tale, fonte di ol>bligo risarcitorio avente natura di debito di valore) n comportamento ~teriore conformatosi alla norma (da ritenere,. poi,. come giammai esistita), n a derogare al principio generale, desumib* dagli artt. 46 .e 47 d'.p.r. n. 639 dei. i970 e 7 1. n. 533 del 1973, secondo cui il sistema pensionistico vigente attribuisce all'Inps uno spatium deliberandi al fine di calcolare e liquidare il credito del pensionato tuzione di messa in mora, effettuando un rinvio, solo funzionale, al sistema della responsabilit contrattuale del codice civile, per la determinazione del dies a quo. Sebbene tale sentenza abbia ridisegnato in maniera piuttosto chiara la portata dell'art; 422; essa ha fornito alle Sezioni Unite della Cassazione la possibilit di risolvere e riunire ad unum le diverse soluzioni nelle quali si era frantumata la giurisprudenza della Suprema Corte, ricomponendo quindi il contrasto giurisprudenziale insorto in special modo nell'ambito della sezione lavoro. Il problema che si trovata a dover risolvere la Corte strettamente collegato a quello pi generale degli effetti di una declaratoria di illegittimit costituzionale, che modifichi l'assetto giuridico n itinre; soprattutto in relazione ai delicati nodi problematici lasciati insoluti: il dilemma del come comportarsi nel caso in cui una norma ostativa, fino a quel momento regolarmente rispettata dall'Ente previdenziale, venga improvvisamente rimossa con una declaratorfa d'illegittimit costituzionale; ha generato tre diversi indirizzi interpretativi in seno alla stessa Suprema Corte. Per un primo orientamento (vedere in proposito Cass., 24 novembre 1990, n. 11329, Foro lt., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 836), l'esclusione di qual' iil~i fwm!l li responsa~ilit~ lell'Ente Previlenziale (privato dell'adeguato RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 94 (con la conseguenza) che il credito, avente ad oggetto quella integrazione, non produttivo di interessi, aventi decorrenza coincidente con l'insorgenza dell'obbligazione principale, e che, in particolare, trattandosi di .prohuncia d'incostituzionalit sopravvenuta (...), gli interessi sulla integrazione al minimo decorrono dalla scadenza del termine di cento venti giorni dalla pubblicazione di detta pronuncia o, in caso di provvedimento amministrativo di rigetto posteriore alla pronuncia di incostituzionalit ed emesso entro il centoventesimo giorno, dalla data dello stesso provvedimento, senza che in contrario possa farsi ricorso all'art. 1282 e.e., in tema di interessi corrispettivi, la cui aJi>plicabilit postula la sussistenz della liquidit e dell'esigibilit del credito (cos, testualmente, la massima estratta dalla sentenza 24 novembre 1990, n. 11329 della sezione lavoro, id., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 836; in senso sostanzialmente conforme, sono le sentenze di detta sezione 1355/92, id., Rep. 1992, voce it., n. 860; 13795/91, id., Rep. 1981, voce cit., n. 880; 3438/86, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1136; 7122/86, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1261; 384/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 870, tutte con riferimento ad integrazione di pensione al trattamento minimo; nonch la sentenza 3012/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 365 e 2249/87, ibid., n. 1253, concernenti prestazioni previdenziali diverse). Altro orientamento giurisprudenziale ritiene, invece, che gli interessi su somme erogate dall'Inps, a seguito di riliquidazione di pensione conseguente all'effetto retroattivo di declaratoria di incostituzionalit, vanno qualificati corrispettivi, e non gi moratori, giacch si fondano sulla normale fecondit del danaro e prescindono, invece, dalla colpa spatium deliberandi) consente cli iniziare a calcolare gli interessi solo dopo l'inutile decorso del termine quadrimestrale, a partire dalla pronuncia di incostituzionalit. Altra corrente di pensiero (es. Cass. 5 febbraio 1992, n. 1224, id., Rep. 1992, voce cit., n. 651) si concentra invece sulla qualificazione del tipo di interessi in questione, giungendo a riconoscerne in casi come questo la natura corrispettiva, e quindi individuando il dies a quo nel momento iniziale del credito. Per finire, l'orientamento pi aderente a quello della sezione lavoro, tende a qualificarli come interessi moratori, rendendone quindi possibile il cumulo della somma rivalutata, che, ricordiamo, essere stato escluso, a livello di obiter dictum, dalla gi citata sentenza Corte Cost. 156/91, per i creditori ordinari (Cass. 4 febbraio 1993, n. 1358, id., Mass., 136). In questo confuso panorama giurisprudenziale s'inserisce la pronuncia contenuta nella sentenza in epigrafe, nella quale le Sezioni Unite, basandosi sui presupposti logici creati dalla pi volte citata sentenza 156/91, risolvono il problema della qualificazione, e quindi della decorrenza degli interessi. Il ragionamento si fonda sullo speciale meccanismo della mora ex re ritagliato dalla norma generale dell'art. 7 legge 533/73 (v. nota di CHIAROLLA a Cass. 1 dicembre 1989, n. 5282, id., 1990, I, 878), ritenendo gli interessi come componenti del complesso credito previdenziale, in funzione della garanzia PARTE I, SEZ. III, GiuRISPRUDENZA CIVILE, Gil'.JRISDIZIONE E APPALTI 95 del debitore nel mancato o ritardato pagamento (cos, testualmente, la massima estratta dalla sentenza 6658/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 822 della sezione lavoro). Entrambi gli orientamenti sembrano, quindi, negare la configurabilit -nella ipotesi considerata -di interessi moratori, nel difetto (esplicitamente ffermato e, rispettivamente, quantomeno supposto) del requisito essenziale della colpa ciel debitore. Il secondo orientamento, tuttavia, prospetta la configurabilit nella stessa ipotesi -di interessi corrispettivi. Ad entraplbi si oppone, radicalmente, altro orientamento giurisprudeoziale emerso, sul punto, nell'ambito della sezione lavoro. 3. -Nello stesso tema della integrazione al minimo, infatti, stato ritenuto che il credito relativo -ancorch si fondi su declaratoria sopravvenuta di incostituzionalit della norma ostativa -sia produttivo di interessi legali (talora definiti moratori), sin dalla scadenia del centoventesimo giorno successivo alla domanda di pensione (in tal senso, vedi, le sentenze 13656/91, id., '.Rep. 1991, voce cit., n. 881; 3549/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 855 della sezione lavoro). Siffatte decisioni riposano, esclusivamente, sulla c.d. retroattivit (degli effetti) delle pronunce di accoglimento della Corte costituzionale, che espungono, infatti, dall'ordinamento -fin dall'origine -le disposizioni, che ne risultano investite. Trascurano, invece, sia il profilo della colpa del debitore -quale requisito essenziale degli interessi moratori -sia la sussistenza dei requisiti (certezza, liquidit, esigibilit) del credito, che condizionano la maturazione di interessi corrispettivi. costituzionale, di adeguatezza delle prestazioni previdenziali alle esigenze di vita del lavoratore (artt. 36-38 Cost.). Tale formula permette dunque, da un lato, di assecondare tutti quegli orientamenti giurisprudenziali in cui l'elemento colpa del debitore viene escluso in maniera semplice e lineare, dall'altro, di evidenziare l'automaticit della nascita degli interessi, in seguito alla mora ex re, precedendo comunque la pubblicazione della pronuncia d'inostituzionalit. A questo punto; rendendo tali interessi dovuti indipendentemente dalla colpa, non rimane che delineare gli eventi in coincidenza dei quali si verifica la mora ex re, e cio dalla data del provvedimento di liquidazione, ancorch non esatta, ovvero dalla scadenza del centoventesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa della prestazione, nonch delle successive scadenze dei singoli ratei . La sentenza delle Sezioni Unite non per esente da difetti d'incompletez~ a: il modo in cui viene ad essere configurata la speciale mora ex re non consente comunque di bypassare semplicemente il problema della colpa del debitore: colpa che, nel regime sui generis della costituzione in mora ex re, n >J](>iger;1ta presunta in mancanza di prove contrarie. 96 RAS_SEGNA ~yYDATVRA DELLO STA'EQ 4. -Alla medesima conclusione, tuttavia, pervenuta la concorde giurisprudenza della sezione lavoro (vedine, per tutte, le sentenze 8787 /92, id., Rep. 1992, voce Impiegato degli enti locali, n. 297; 8604/92, id., ~993, I, 853; 5335/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 303; 4155/92, ibid., n. 295; 4113/92, ibid., n. 296; 3767 /92, ibid., n. 299; 3105/92, ibid., n. 294; 3388/92, ibid., n. 300; 13537 /91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 247; 13312/91, ibid., n. 272; 8403/91, ibid., n. 277; 819/91, ibid., n. 271;11045/90, id., Rep. 1990, voce cit., n. 405; 10985/90, ibid., n. 416; 10917/90, ibid., n. 468) in tema, appunto, di (spettanza e decorrenza degli) interessi -che riposano, parimenti, su declaratoria di incostituzionalit (Corte cost. 1060/88, id., 1989, I, 618) della norma ostativa (art. 23, 4 comma, d.L n. 359, convertito in 1. 440/87) -sulle somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennit premio di servizio, erogata dall'Inadel in favore dei dipendenti di enti locali, mediante inclusione -nella base di calcolo (a seguito della entrata in vigore della 1. 297 /82) -dell'indennit integrativa speciale congelata (ai sensi del d.l. n. 12, convertito in 1. 91/77). 5. -N pu sfuggire come -ad orientare, nella medesima direzione, la giurisprudenza della sezione lavoro sulla questione in esame -abbia influito il recente revirement giurisprudenziale della Corte costituzionale (a seguito della sentenza 156/91, id., 1991, I. 1321; vedi infra). Dichiaratamente muove, proprio, da tale sentenza della Corte costituzionale (n. 156/91, cit.), infatti, la recente giurisprudenza della sezione lavoro di questa corte, che -con riferimento alla integrazione al minimo (vedi la sentenza n. 1358/93, id., Mass., 136; 11921/92, Rep. 1992, voce Previdenza sociale, n. 932; 11370/92, ibid., voce Lavoro e previdenza (controvevsie), n. 173) ed a1la indennit premio di servizio (vedi Ja sentei;iza 3767/ 92, cit.) oppure ad altra prestazione previdenziale (vedl la sentenza 10956/ 92, ibid., n. 175; in tema di prestazione dell'Inail) -stabilisce, appunto, che gli interessi (e, talora, anche la rivalutazione monetaria) decorrono dalla scadenza del termine per provvedere (centoventesimo giorno successivo alla domanda di pr-estazione) -ancorch il credito, fatto valere, si fondi su declaratoria sopravvenuta di incostituzionalit della norma ostativa. Sulla medesima sentenza della Corte costituzionale (n. 156/91, appunto) riposa, peraltro, la riproposizione (con ordinanza della sezione lavoro di questa corte n. 865 del 9 dicembre 1992, ibid., voce Impiegato degli enti locali, n. 266) della questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost:, del citato art. 23 4 comma, d.l. 359/87 nella parte in cui dispone che le somme, dovute a titolo di riliquidazione dell'indennit premio di servizio, non danno luogo a:lla cor11esponsione della .rivalutazione monetaria (questione che, sia dato per inciso, non rilevante nel presente giudizio, concernente, soltanto, la decor11enza degli interessi sul dedotto credito previdenziale). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 6. -La composizione del prospettato contrasto di giurjspnidenza affidata, istituzionalmente, a queste sezioni unite (art. 374, 2 comma, prima ipotesi, .p,c.) -dipende, essenzialmente, dalla soluzione del problema c;o11cernente la responsabilit civile in dipendenza, appunto, di comportamento . cqnformato a disposizioni (o norme) che, solo successivall'. lente, siano stat(!! dichiarate inc.:ostituzionali. Non ptJ. presci114ere; tuttavia, dall'esame preliminare della evoluzione diacr()nica (affidata, prevalentemente, ad interventi della Corte costituzionale}, che .,.... nel nostro ordinamento -ha avuto la disciplina in tema di interessi (e rivalutazione monetaria), appunto, sui crediti previdenziali; 7; -La questione della decorrenza degli interessi ;..-sui crediti previdenziaili - stata, invero, esaminata, nell'ambito della distinzione tra interessi corrispettivi (art. 1282 e.e.) ed interessi moratori (art. 1224, 0 comma, e.e.), muovendo dal presupposto che, a quei crediti, non trovi applicazione la disposizione (art. 429, 3 comma, c.p.c.) recante, tra l'altro, a previsione di decorrenza degli interessi, dal giorno della maturazione del credito di lavoro (al quale, soltanto, la disposizione era ritenuta applicabile), indipendentemente dalla liquidit del credito stesso e dalla costituzione in mora del debitore. Fondati sulla naturale fecondit del danaro.. infatti, gli interessi corrispettivi (art. 1282 e.e.) prescindono, bens, dalla mora del debitore, ma decorrono, tuttavia, solo dal momento della liquidit, oltrech della esigibilit, del credito. Gli interessi moratori (art. 1224, 1 comma, e.e.) rappresentano, invece~ una forma di risarcimento minimo forfettario del danno, provocato dal ritardo colpevole nell'adempimento di una obbligazione pecuniaria. Come tali, decorrono dalla costiti.lzione in mora o dalla mora ex re (art. 1219, 1 e 2 comma, c;c.) del debitore. 8; -Pertanto; glJ. interessi corrispettivi -sui crediti previdenziali possono decorrere solo dal momento in cui i crediti stessi siano divenuti esigibili (se non anche liquidi) a seguito dell'emissione del titolo di spesa, che conclude -anche per gli enti previdenziali (come, in genere, per gli enti del parastato, di .cui alla 1. 20 marzo 1970 n. 75, ai sensi del d.p.r. 18 dicembre 1979 n. 696) ..,.-il complesso procedimento stabilito per la gestione delle spese, che si articola nelle fasi dell'impegno, della liquidazione e della ordinazione, appunto, prima del pagamento. La ricordata regola si riverbera, bens, sugli interessi moratori -c4e non possono maturare, infatti, prima che si concluda il procedimento condizionante l'esigibilit dei crediti previdenziali -ma non preclude, tuttavia, la configurabilit degli stessi interessi -quale forma, appunto, di risarcimento minimo forfettario -in caso di colpevole ritardo nelle formalit di liquidazione e pagamento, con decorrenza dalla costituzione RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 98 in mora o dalla mora ex re (art. 1219, 1 e 2 comma, e.e.), dell'ente debitore. E la mora -ove non sia stabilito uno specifico termine per il pagamento della prestazione previdenziale (quale, appunto, il termine previsto, dall'art. 26 d.p.r. 1032/73, per l'indennit di buonuscita erogata dall'Enpas in favore dei dipendenti dello Stato) -si perfeziona ex re (ai sensi dell'art. 1219, cpv., n. 2, c. c.), con il provvedimento tempestivo di reiezione (anche parziale) dell'ente previdenziale oppure con la scadenza del termine (di centoventi giorni) per provvedere (di cui all'art. 7 1. 533/73) -integrante silenzio -inadempimento dell'ente medesimo -termine che decorre dalla domanda di prestazione oppure, ove (si tratti di prestazione per la quale) la domanda non sia prescritta, dalla data di maturazione del credito relativo. La riferita impostazione e soluzione della questione in esame -concernente, appunto, la decorrenza di interessi sui crediti previdenziali - stata enunciata da queste sezioni unite (sent. 19 maggio 1988, n. 3469, id., 1988, I, 3302), con riferimento al.l'indennit premio di servizio, che viene erogata dall'Inadel in favore dei dipendenti di enti locali. Gli stessi principi, tuttavia, sono stati non solo confermati -con riferimento alla medesima indennit premio di servizio (vedi, per tutte, Corte cost., ord. 491/90, id., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, n. 852; sez. lav. 4155, 5335, 8780, 8787/92, id., Rep. 1992, voce Impiegato degli enti loctali, nn. 295, 303, 298, 297) -ma anche generalizzati dalla consolidata giurisprudenza successiva. Sono stati, infatti, estesi sia a prestazioni previdenziali dell'lmps per il quale soccorre, tuttavia, una specifica ed esplicita disciplina (di cui agli artt. 46 e 47 d.p.r. 639/70) nel medesimo senso (vedi, per tutte, Cass., sez lav., 11919/92, 11921/92, 6346//92, id., Rep. 1992, voce Prievidenza sociale, nn. 454, 932, 855, 475) -sia a prestazioni assistenziali (vedi, per tutte, sez. un. 11843/92, ibid., voce Invalidi civili e di guerra, n. 51; sez. lav. 258, 672, 2195/93, id., Mass., 26, 61, 224; nonch Corte cost. 196/93, id., 1993, I, 2425). La Corte costituzionale (sent. 1060/88, cit.), peraltro, ha sostanzialmente ribadito -mediante la ricordata declaratoria di (parziale) incostituzionalit della disposizione in senso contrario (art. 23, 4 comma, d.l. n. 359, convertito in 1. 440/87) -il diritto agli interessi (ma non quello alla rivalutazione monetaria) sulle somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennit premio di servizio, appunto, mediante inclusione nella base di calcolo (a seguito della entrata in vigore della 1. 297/82) dell'indennit integrativa speciale congelata (ai sensi del d.l. n. 12, convertito in 1. 91/77). 9. -Tuttavia l'impostazione e soluzione della questione in esame prospettata dalla giurisprudenza consolidata di questa corte -(come la PARIE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILB, GIURISDIZIONE E APPALTI stessa sentenza 1060/88 della Corte costituzionale,. ora ..ricordata) muove dal presupposto che -ai crediti previdenziali -non sia applicabile la disposizione specifica (art. 429, 3 comma, c.p.c.) -in tema appunto, di rivalutazione monetaria ed interessi sili crediti di lavoro -n altra regola analoga. Un riesame della questione. siinipone, quindi, dopo che -all'esito. di un lungo processo evolutivo nella giurisprudenza della Corte costituzionale ~ quel presupposto risulta; quantomeno, messo in discussione (se non, addirittura, radicalmente superato) . 10; """.".' La Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.), infatti, ha dichiacato la illegittimit C?stituzionale dell'art. 442 c.p.c. nella parte. in cui non prevede cbe il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di danaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve cl;ete:rminare, oltre gl,i. interessi nella misura legale, il maggior danno eve.ntuahnente subito dal titolare per la diminuzione clel valore del suo credito, applicando l'indice deiprezzi calcolato dall'Istat per fa.. scala mobile nel settore dell'industria con decorrenza dal giorno in cUi si sono verificate le condizioni legali di responsabilit dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'inadempimento , La diversit strutturale tra credito di lavoro e credito previdenziale .;..... sottesa all'opposto orientamento della stessa Corte costituzionale (fin dalla sentenza 162/77) -non ne ha impedito, tuttavia, il revirement (realizzato, appunto, dalla sentenza 156/91) all'esito di valutazione comparativa ( ...), dal punto di vista funzionale, fra i due crediti. Ne risultato, infatti, come ci che avvicina, sotto l'aspetto funzioriale (appunto), le prestazioni previdenziali ai crediti di retribuzione non (sia) tanto la finalit alimentare o di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia (che in certi casi, o oltre una certa misura, pu mancare), quanto la funzione di surrogare o integrare un reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati dall'art. 38, 2 comma, Cost. i>. Per il tramite e nella misura di questa norma -prosegue, quindi, la. Corte costituzionale - si rende applicabile anche alle prestazioni previcienzial,i. l'art. 36, 1 comma, quale parametro delle esigenze di vita del lavoratore (dir. sent. n. 119 del 1991) . E, poich, l'art. 429, 3 comma, c.p.c. un modo di attuazione dell'art. 36 (sent. n. 204 del 1989, id., 1989, I, 2091) -conclude, sul punto, la corte - appare fondata la valutazione del giudice remittente che, nella mancata previsione di una regola analoga per i crediti previdenziali, ravvisa una violazione non solo dell'art. 3, ma altres dell'art. 38 Cost.. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 100 11. -Tuttavia la regola della rivalutazione automatica non pu essere estesa in termini ricalcati integralmente sul testo dell'art. 429 c.p.c.: la stessa Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) ad affermarlo. E, .subito dopo, ne precisa l'elemento differenziale. Muovendo dal rapporto di specialit -che intercorre con l'art. 1224 C;C. -la corte perviene, infatti, alla conclusione che l'art. 429, 3 comma, c.p.c. trae dal sistema della responsabilit contrattuale del codice _civile, nel quale si inserisce come norma speciale, il criterio di determinazione del dies a quo della riva1utazione e degli interessi . Tale criterio, poi, dato da due ipotesi diverse di mora ex re (art. 1219, 2 comma, e.e.) e sembra costituire -per entrambi i crediti (di lavoro, appunto, e previdenziali) -l'unico criterio di collegamento, appunto, con il. sistema di responsabilit contrattuale del codice civile, nonch l'unico elemento differenziale fra i due crediti. -Dall'ipotesi di mora ex re (di cui al n. 3 dell'art. 1219, 2 comma e.e., cit.}, dnfatti, attingono il dies a quo (per interessi legali, appunto, e rivalutazione monetaria) i crediti di lavoro, per cui il debitore automaticamente in mora, ossia risponde del ritardo dell'adempimento, fin dal giorno delia maturazione del diritto (cos testualmente, Corte cost. 156/91). Questa regola incompatibile con le esigenze organizzative e di gestione degli enti previdenziali -osserva, per, la Corte costituzionale -in quanto, nei loro confronti, i crediti alle rispettive prestazioni non possono diventare esigibili se non in conseguenza di un provvedimento amministrativo (da tenersi distinto dai procedimenti contabili afferenti all'emissione del mandato di pagamento). Tuttavia, i crediti previdenziali, attingono -da altra ipotesi di mora ex re (di cui al n. 2 dello stesso art. 1219, 2 comma, e.e. -il dies a quo per rivalutazione ed interessi. Questi intercorrono, infatti, dalla data del provvedimento di reiezione della domanda oppure dopo centoventi giorni dalla presentazione della medesima senza che l'istituto si sia pronunciato (arg. ex art. 47, 4 comma, d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639 e 7 1. 11 agosto 1973 n. 533, in relazione all'art. 1219, 2 comma, n. 2, e.e.) . H comune rinvio ad ipotesi, sia pure diverse, di mora ex rie (di cui all'art. 1219, 2 comma, nn. 2 e 3, e.e.) -al solo scopo (espressamente dichiarato) di determinare il dies a quo per rivalutazione monetaria ed interessi --'-sembra esaurire, quindi, la disciplina codicistica della responsabilit contrattuale, che -non diversamente dai crediti di lavoro -il legislatore intende applicare ai crediti previdenziali. N rileva, in contrario, il generico riferimento della stessa sentenza della Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) -alla responsabilit, ap_ punto, del debitore (peraltro non qualificata, sia detto per inciso, n oggettiva , n colpevole) -sia in motivazione (laddove stabilisce che, per i crediti di lavoro, il debitore automaticamente in mora, ossia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 101 risponde .del ritardo dell'adempimento; fin dalla maturazione del diritto ), sia in dispositivo (laddove la decorrenza di rivalutazione monetaria ed interessi, sui crediti previdenziali, viene fissata, appunto, dal giorno in cui si sono verificate le :condizioni legali di responsabilit dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'adempimento). . Si tratta, .infatti, di qualificazione giuridica (responsabilit contrattualei appunto)/ che la corte attinge~ bens, dal sistema. del codiee. civile, ma in funzione . esdusiva, tuttavia, della determinazione -mediante rinvio. ad ipotesFdi. mora. ex re. previste dallo stesso codice -del dies a quo: di rivalutazione ed interessi sia per crediti previdenziali che per crediti di lavoro. Pr entrambi i crediti, quindi, pare.identica portata e dimensione del rinvio, operato dalla corte al sistema della responsabilit contrattuale del codice eivile. Tale. :rinvio risulta, infatti, funzionale -..per quanto si detto ..._ esclusivamente alla determinazione del .dies .a quo per la .decorrenza di rivalutazione monetaria ed interessi su entrambi i crediti (in tal senso, vedi1. sez.. un. 6700/93, id., Mass.; 652). Ferma restando la diversa decorrenza, interessi e rivalutazione monetaria -sui crediti previdenziali ..,,.-. risultano, quindi; sostanzialmente assoggettati -alla medesima disciplina stabilita, sul punto, per i crediti di lavoro (art. 429, 3 comma, c.p.c.) -quantomeno fino all'entrata in vig9re (o, comunque, al di fuori del campo di applicazione ratione teniporis) dello specifico ius superveniens nella soggetta materia (art. 16, 6 comma, L 412/91). 12. - ben vero, infatti, che -a seguito della ricordata sentenza della Corte costituzionale (sent. 156/91, cit.) -la norma applicabile, alla prospettata fattispecie (interess e rivalutazione monetaria, cio, sui crediti previdenziali), Ǐ l'art. 442 c.p.c., cos come modificato dalla sentenza ( ...), il quale, agli erfetti del risarcimento del danno da svalutazione monetaria, non rinvia all'art. 429, ma detta una norma formalmente distinta ed autonoma (Corte cost., ord. 96/93). Tuttavia tale . norma -ancorch formalmente distinta ed autonoma -attinge il proprio contenuto dalla interpretazione dell'art. 429, 3 comma, c.p'.c., applinto, prevalsa in gitlrisprl1denza, alla quale 1a stessa Corte costituzionale (sent. 394/92, id., 1993, I, 1049; vedi,. altres, sent. 196/93, cit.) ammette di essersi adeguata nell'estendere la regola alle controversie in materia previdenziale (salvo il diverso riterfo di decorrenza della rivalutazione e degli interessi) . Suppone, peraltro, la conclusione prospettata -implicita nella prima delle sentenze esaminate (n. 156/91, cit.) ed enunciata, esplicitamente, nella giurisprudenza successiva (sent. 394/92, 196/93, cit.) della Corte cstituzionale -la portata innovativa, che la stessa giurisprudenza 8 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 102 riconosce allo ius superveniens nella soggetta materia (art. 16, 6 comma, 1. 412/91, cit.). Infatti tale disposizione -secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (vedi sent. 394/92, 196/93, cit.) e di questa Corte (vedi, per tutte, sez. un. 6700/93, cit.; sez. lav. 7221/92, id., Rep. 1992, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 182; 9140/92, ibid., n. 178; 9897/92, ib,id., n. 176; 11529/92, ibid., n. 171; 12038/92 ibid., n. 170; 52/93, id., Mass., 8; 227/93, ibid., 23; 2707/93, ibid., 279; 3074/93, ibid., 312; ed altre) riconduce il credito previdenziale sotto il dominio del principio nominalistico , al quale era stato, all'evidenza, precedentemente sottratto. Pertanto il diritto vivente (nell'accezione accolta dalla Corte costituzionale: vedi ampi riferimenti in sez. un. 3888/93, ibid., 370, ed altre coeve) -che si formato (sull'art. 429, 3 comma, c.p.c.), con riferimento ai crediti di lavoro -ad integrare il contenuto della norma (peraltro formalmente distinta ed autonoma rispetto allo stesso art. 429, 3 comma, c.p.c.), che deputata a governare (a seguito di Corte cost. 156/91) rivalutazione monetaria ed interessi sui crediti previdenziali. Tuttavia ne fatta salva, per quanto si detto, la decorrenza diversa rispetto ai crediti di lavoro. Parimenti impregiudicata risulta, altres, l'innovazione normativa, che -come stato anticipato -pare introdotta (dall'art. 16, 6 comma, 1. 412/91, cit.), con specifico riferimento ai crediti previdenziali. 13. -Al pari dei crediti di lavoro, quindi, i crediti previdenziali risultano sottratti al principio nominalistico, cos che Ja rivalutazione deve considerarsi parte del complesso credito e gli interessi vanno computati sulla somma capitale rivalutata (vedi Corte cost. 394/92 nonch 156/91 cit). Il che risulta, peraltro, confermato -a contrario -dalla circostanza che, secondo la stessa Corte costituzionale (sent. 196/93, 394/92, cit.), lo ius superveniens (art. 16, 6 comma, 1. 412/91, cit.) ha ricondotto i crediti previdenziali sotto il dominio, appunto, del principio nominalistico. Oltre a prescindere dalla tipologia del creditore (che, per quanto riguarda le prestazioni previdenziali, oscillava tra quella del c.d. modesto consumatore e quella del e.cl. creditore occasionale, a seconda della entit della prestazione: vedi, per tutte, sez. un. 2368/86, id., 1986, I, 1265; 3004/86, ibid., 1261; nonch Corte cost. 408/88, id., 1988, I, 2127), la rivalutazione monetaria dei crediti previdenziali non incontra, di conseguenza, neanche il .limite della incumulabilit (ex art. 1224, 2 comma, e.e.) con gli interessi. 14. -Come per i crediti di lavoro, poi, rivalutazione monetaria ed interessi -sui crediti previdenziali -prescindono non solo dalla costituzione in mora -che risulta sostituita, per quanto si detto, da PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 103 (una sia pur diversa ipotesi di) mora ex re -ma anche dalla colpa (e, in genere, da profili di imputabilit soggettiva), a carico del debitore, per il ritardo nell'adempimento. Si tratta, invero, di conclusione condivisa -con riferimento, appunto, ai crediti di lavoro -dall'orientamento consolidato della giurisprudenza di questa corte (vedi, per tutte, sez. un. 1620/93, id., Mass., 171; 2720/91, id., Rep; 1991, voce Impiegato dello Stato; n. 720; 2717/91, ibid., n. 721; sez. lav. 3155/92, id., Rep. 1992, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 165); nonch dagli sviluppi pi recenti, della giurisprudenza della Corte costituzionale (vedine, per tutte, la sentenza 204/89, cit., 300/87, id., Rep. 1987, voce Responsabilit contabile, n. 407, che sembrano anticipare, peraltro, il revirement realizzato dalla sentenza 157/91, cit.). Fondata sulla configurazione di rivalutazione monetaria ed interessi -quali componenti del complesso credito di lavoro -la conclusione prospettata, infatti,. volta a dare attuazione all'art. 36 Cost. Sul medesimo fondamento giuridico, tuttavia, riposa -a seguito della esaminata sentenza (n. 156/91) della Corte costituzionale -anche la disciplina di rivalutazione monetaria ed interessi sui crediti previdenziali. Non un caso, quindi, che -proprio a seguito della medesima sentenza della Corte costituzionale (n. 156/91, appunto) -queste sezioni unite abbiano configurato rivalutazione montaria ed interessi --quali componenti, appunto, del complesso credito previdenziale (vedi sez. un. 13408/91, id., Rep. 1991, voce Pensione, n. 462) -e, peraltro, li abbiano applicati prescindendo -almeno implicitamente -dalla colpa del debitore (vedi sez. un. 8587/91, id., 1993, I, 551). 15. -N pu sfuggire il rilievo che -al fine di decidere la questione, assegnata a queste sezioni unite (per la composizione del contrasto di giurisprudenza, insorto nell'ambito della sezione lavoro) -pare destinata ad assumere la prospettata insensibilit di (rivalutazione monetaria ed) interessi -su crediti previdenziali -verso la colpa (ed, in genere, verso qualsiasi profilo di imputabilit soggettiva), a carico del debitore, per il ritardo nell'adempimento. Si tratta di stabilire, infatti, se -per i crediti previdenziali, che si fondino su pronunce di accoglimento della Corte costituzionale interessi (e rivalutazione monetaria) competano per il periodo (successiv alla mora ex re, ma) precedente la pubblicazione della pronuncia della corte. In tale prospettiva, infatti, non pare priva di rilievo la colpevolezza del ritardo nell'adempimento. 16. - ben vero, infatti, che le pronunce di accoglimento della Corte costituzionale hanno efficacia invalidante (assimilabile all'effetto dell'annullamento) e non gi abrogativa, delle disposizioni (o norme) im 104 "IUSSEGNA .AVVO.CA'I.UR,FDELLO STAIO pugnate e, perci, ne determinano -secondo la giurisprudenza consolidata di questa corte (vedi, per tutte, le sentenze nn. 1095/74, id., 1974, I, 2040; 762/73, id., 1973, I, 3141, 1181/70, id., 1970, I, 1899 delle sezioni unite; 757/92, id., Rep. 1992, voce Cassazione civile, n. 34; 6007/88, id., Rep. 1989, voce Corte costituzionale, n. 78; 4459/88, id., Rep. 1988, voce Previdenza sociale, n. 960; 1476/81, id., Rep. 1981, voce Agricoltura, n. 87; 3514/79, id., Rep. 1979, voce Corte costituzionale, n. 90; 3111/79, ibid., n. 92, di sezioni semplici) -la caducazione con effetto ex tunc, facendo salvi, tuttavia, i rapporti giuridici ormai esauriti. La c.d'. retroattivit -che ne risulta -(degli effetti) di dette pronunce limitata, per, alla antigiuridicit delle disposizioni (o norme), che ne siano investite. Queste, infatti, non sono pi applicabili -a far tempo dal giorno successivo alla pubblicazione delle pronunce della corte (art. 136 Cost.) ( non solo ai rapporti giuridici futuri, ma) neanche ai rapporti pregressi, che non siano ancora. esauriti. Le pronunce stesse, tuttavia, non consentono di configurare retroattivamente, quanto fittiziamente (vedi sez. un. 2767/72, id., Rep. 1972, voce Contratto in genere, n. 212) -la colpa del soggetto che prima della declaratoria di incostituzionalit -abbia conformato il proprio comportamento alle disposizioni (o norme), solo successivamente, investite da quella declaratoria. Esula, pertanto, la responsabilit _,.. per tale comportamento -ove la colpa dell'agente, appunto, sia elemento essenziale dell'illecito, che ne risulti configurabile.. 17. -Infatti , proprio, il difetto della colpa che -pur ricorrendone tutti gli altri requisiti essenziali -esclude la stessa configurabilit -in comportamenti conformi a disposizioni (o norme), solo successivamente, dichiarate incostituzionali -non solo della responsabilit (ex art. 1224 e.e.), per inadempimento di obbligazioni pecuniarie (oltre la giurisprudenza della sezione lavoro, che ha dato luogo al contrasto, vedi, per tutte, sez. un. 4669/91, id., 1992, I, 1266), ma anche di qualsiasi illecito contrattuale od extracontrattuale (vedi, per tutte, sez. un. 2767/72, cit., 1576/71, id., 1971, I, 2531; sez lav. 2249/87, id., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 1253), nonch dell'inadempimento legittimante la risoluzione del contratto (vedi sez. III) 4195/74, id., Rep. 1974, voce Contratti agrari, n. 189). Ad opposta conclusione devesi, invece, pervenire. ove la colpa dell'agente non sia elemento essenziale della fattispecie considerata. I :t:. il caso della stessa responsabilit contrattuale, secondo quella doti .trina che -in contrasto con la giurisprudenza consolidata -la qualifica (( obiettiva e, perci, indipendente dalla " colpa )) del debitore I inadempiente. I I II I PARTE I, SEZ. III, (lU~ISf.RUDENZJ\,CIVILE, .GIURISDIZIONE E APPALTI 105 :e,. del pari, il caso -che .sL o<;:cupa ,--degli interessi su crediti previdenziali. 18.. -..A seguito clel. segnalato .revirem~nt della Corte .. costituzionale (sent.156/91,cit.),infatti, tali interessi sonodovuti -come per i creClitl di lavoro ~ indipendentemente . dalia . colpa .. del debitore inadem ~eritb. . ... ...... ... . . .. .. .. . .. ... . .. .. . /... cC>tituiscbno, infatti,(non gi. risarcimento del .danno .. ma) con1ponenti del . (( complesso )) creditO previde~iale (assimilabile, anche sotto .questo profilo, al credito di lavoro), in funzione della garanzia costitui; iom.e (art~. ~81 it;l :i;~azi0ne all'a;rt. 36, Cost., appunto) di adeguatez?! a c!el~e. pristazionj pJ:twiclenzi;lli, appunt9, alle esigenze di v:ita del 'iavoi:atore. . _, .. . . Come tali, gli interessi in questione decorrono -sui crediti previdenziali, derivanti da pronur:u;:~ .di accoglimento delli;i Corte . costituzio. I1Je 2.. ~11c~~. !leipe~iodo preced{llte la p.bblicazi0ni delle .J?ronunce stesse. .. . .. .. .... Il difetto di colpa del debitore . inac1em:pie11te .,__.durante. Jale periodo -non esclude infatti, per quanto si detto, la maturazione del diritto agli interes.si. . ll prqspett;;iJo contrasto . di giurisprudenza va,. pertanto, composto .nel senso che -anche per i crediti .previdenziali, derivanti da pronunce di accoglimento ciella Corte costituzionale ,--gli interessi decol'rono dalla dat~ della mora ex re (~he coincic1e, per quanto si ... detto, .con il provvedimento tempestivo di reiezione de1l'ente previdenziale oppure con la scadenza del te:i;mine pel' provvedere), ancorch quella ciata precede .. !a, pu])blicazione . ciella . pronuncia della CO!'.te cpstituzionale. . 19. -Alla luce dei principi di diritto enwiciati, il ricorso deve essere accolto per quanto. di ragione. . .... ln..v:er0 J <,leqotti. interessi su credito. pre.videnziale (integrazione al ninil:no d.i pensione). competono, bens, (anche) per .il periodo precP.. dente la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale. (n. 34/81, id., 1981, I, 1502) -sulla quale si fonda quel credi~o ..,... ma deorrono, tuttavfa, dalla . data della mora ex re deli'Istituto ricorren.te (.che coincide, per quanto si detto, con la data del provvedimento tempestivo di liquidazione, sia pure inesatta, del!a p~estazione oppure con quella di scadenza' del termine per provveder~, nonch con le successive scadenze dei singoli ratei) e non gi W;la data (l<> novembre 1971) di c;l.ecorrenza. della pensione integrata . .20. ~ Pertanto, il .ricorso va ccolto -per . quanto di ragione e Ia: s.entenza impugnata . deve ~ssere cassata' ~ negli stessi limiti con rinvio ad altro giudice d'appello, designato in disp9sitivo, perch RASSEGNA AWOCATURA DBLLO STATO 106 proceda al riesame della controversia uniformandosi al principio di diritto seguente: Gli interessi, sul credito previdenziale dedotto nel presente giudizio (integrazione al minimo della pensione), decorrono dalla data deleventuale provvedimento di liquidazione, sia pure inesatta, della pensione oppure dalla scadenza del centoventesimo (120) giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa della medesima prestazione, nonch dalle successive scadenze dei singoli ratei . CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 4 novembre 1993 n. 10916 -Pres. Pannella -Rel. Olla -P. M. Viale (conf.) -Di Gravio c. Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno (avv. Stato Polizzi). Procedimento civile -Impugnazioni -Decreto ex art. 745 c.p.c. su ricorso contro rifiuto del cancelliere di rilasciare copia della sentenza -Atto di volontaria giurisdizione -Natura decisoria -Esclusione -Ricorso ex art. 111 Cost. -Inammissibilit. Il decreto emesso dal Presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 745 c.p.c. sul rico'rso avverso il rifiuto del cancelliere di rilasciare copia di sentenza atto di volontaria giurisdizione, non coinvolge posizioni di diritto soggettivo e dunque non ha carattere decisorio e non pu essere oggetto di ricorso ex art. 111 Cast. (1). Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in adesione alle deduzioni al riguardo formulate dai resistenti (di natura prioritaria ed assorbente), perch investe un provvedimento che privo di decisoriet e, come tale, non riconducibile nelle previsioni dell'art. 111 secondo comma della Costituzione. Il carattere decisorio dell'atto del giudice postula che esso coinvolga posizioni di diritto soggettivo ed altres statuisca sulle medesime, risolvendo, con pronuncia idonea ad acquistare autorit di giudicato (in difetto di impugnazione), un conflitto in proposito insorto con la parte o le parti controinteressate. (1) In senso conforme cfr. Cass. 24 giugno 1948, n. 1006, in Giur. compl. cass. civ. XXVII, p. 100, con nota di MONGIARDO, ove si afferma che l'interessato pu adire ex novo l'a.g.o. perch si pronunci sul diritto soggettivo al rilascio della copia della sentenza; per un precedente che invece riconosce natura decisoria al decreto ex art. 745 c.p.c. cfr. Cass. sez. un., 20 marzo 1986, n. 1973, in Giust. Civ. 1986, p. 1276, richiamata peraltro nella sentenza che si annota con la precisazione che questa diversa soluzione deve ritenersi giustificata dal carattere sostanziale del decreto in quel caso specifico, statuente in via diretta sull'esiste:{lZblic!l degli interessi affidati ad una P.A. e che in tanto 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO potrebbero essere superati con la negotiorum gestio del privato in quanto fossero pervenuti alla predetta fase, quando cio l'atto di assunzione dell'obbligo verso il privato 'beneficiario sia divenuto eseguibile e questi abbia acquistato il diritto a profittarne. Questo , in buona sostanza, il concetto espresso dalla sentenza della Corte di Appello, quando ha parlato di obbligo dell CASMEZ nato solo il 25 luglio 1972, dopo la nota 26 giugno 1972 dello stesso MISM e la conforme delibera CIPE del 13 luglio 1972, quando venne emanato il provvedimento del MISM che autorizzava la CASMEZ ad eseguire una serie di opere, tra cui lo sbancamento nello stabilimento siderurgico di Taranto della Italsider; e quando ha affermato che perci l'attivit materiale svolta dalla societ privata non poteva dare luogo a negotiorum gestio poich alla data di inizio dei lavori di sbancamento non esisteva alcun obbligo per la Cass; e cio non esisteva una situazione che potesse essere interpretata come inerzia o come impedimento. Quanto assume la ricorrente, che cio le norme sulla negotiorum gestio non postulano l'obbligatoriet, o necessit, per l'interessato dell'affare gestito (quando concorrano gli altri requisiti e in particolare l' .utiliter coeptum ); e che inoltre l'obbligatoriet potrebbe anche essere valutata a posteriori, quando l'attivit, inizialmente non vincolante, svolta dal dominus sia divenuta in prosieguo effettivamente obbligatoria, (con l'implicazione dogmatica che il contesto tipico in cui la gestione di affari opera prettamente aleatorio, perch soggetto alla capacit di previsione, da parte del gestore, del maturarsi dell'obbligo), non si attaglia ,ai caso in esame. Esattamente anzi la Corte di merito, nell'esaminare specificamente il requisito dell' absentia domini, pur parlando (impropriamente) di obbligo, ha concluso che deve negarsi al privato la possibilit di sostituirsi all'ente pubblico nell'esecuzione dell'attivit materiale che questi dovr porre in essere a suo beneficio, sol perch l'ente pubblico, tenuto al rispetto delle procedure, anche nell'interesse dei terzi, potrebbe non essere in grado di adempiere ai suoi obblighi nei tempi graditi al privato stesso. Se vero poi che il privato potrebbe sostituirsi ad una P.A. nel compimento di attivit materiali, vero pure che ci consentito (a titolo di gestione d'affari) quando vi sia un interesse della stessa P.A. (diretto e non meramente occasionale o generale, per essere diretto e preponderante invece l'interesse del gestore) e quando comunque non si incida sulla discrezionalit degli atti amministrativi (nel senso che si adduca come impedimento la scelta discrezionale dei modi e dei tempi dell'agire amministrativo in fase di deliberazione dell'intervento o di situazione dello stesso. Non vale perci parlare (come fa la ricorrente) di superamento del tempo utile, o dei tempi tecnici idonei a soddisfare l'interesse del privato beneficiario dell'opra. N vale invocare una prassi, instauratasi a proposito dei lavori della CASMEZ deliberati PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 113 e non cora posti in attuazione, nel senso che tale ente era solito ratifi care poi i lavori eseguiti dal diretto interessato prima del perfezionamento clell'iter p.rocedimentale, poich di simile ratifica (anche implieita) di :un'attivit p:retesamente gestoria la. Italsider non. ha fornito la necessari. a pr9ya, (a;sui;>;ca:dco). Jil.4 ~I~ P'lll" nn .contestando l'esecuzione dei lavori da. parte dell'Ha! sider, il co.ipqrtamento processuale della CASMEZ era stato di segno qpposto quando a:veita negatQ che que!lti erano eseguiti nel suo interesse (percJ:i{non vi eia obblig13,ta) addurre la progressivit degli atti deliberativi intervenuti il. 1 agosto .1966 (con l'affidamento alla CASMEZ clel l?fail,C) ~i. cc:>orClina.l~nto p(;!r gli iil!lediame)J.ti industriali), il 20 gennaio 1970 (data di approvaziOne del programma IRI relativo all'ampliamento del centro siderurgico. di Taranto, da realizzarsi entro il 1975); il 25 giugno 1972, il 13 luglio J972 e i1 25 luglio 1972 (data di approvazione dei favori e della spesa per lo sbancame:n,to d.a parte del MISI e del CIPE): itfch seco:hdo la ricorrente obbllgavano non solo la CASMEZ ma la stessa Italsidet (che 68me societ a 6apitale pubblico era anch'essa destinataria della deliber CIPE 20 novembre 1970) a realizzare l'ampliamento deMO sta1::>llimento $identtgico. E ci anche ai sensi dell'art. 8 legge n;>853/71 dell'art. 11. n. 717/65, come si sostiene col secondo motivo di ricorso. agevole infatti osservare, quanto a tale ultimo punto, che secondo le norme ora :richiamate le direttive CIPE sono impegnative per le amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti di gestione e le aziende a partecipazione statale,< la Cassa per il Mezzogiorno e gli enti ad essi col legati,. ma solo per gli obblighi che siano posti a carico specificamente di ciascuno di tali soggetti; e quindi vincolavano la CASMEZ, ma non anche i beneficiari degli. interventi, anche se compresi tra detti soggetti, tanto . meno nel senso che essi dovessero anticipare le spese e curare sostitutivamente gli interventi quando l'ente onerato non vi provvedesse, o non riuscisse a realizzare l'opera nel tempo utile auspicato dal beneficiario, specie se per le finalit proprie dell'impresa. Quanto poi all'af. fidamento che la conoscenza dell'iter procedimentale concernente l'intervento di. cui causa poteva legittimare, basta ricordare quanto gi di sopra osservato e cio cbe per potere invocare gli effetti della negotiorum gestio occorre dimostrare l'esistenza dei suoi presupposti, primo tra i quali 1' absentia domini (nel senso gi chiarito), difettando il quale non P.OSsibile fare valere la gestione dell'interesse proprio come gestione dell'interesse di altro soggetto durante il tempo che a questi necessario per azionarlo. I primi due motivi del ricorso vanno perci respinti. 3~ ,__ Gli altri due motivi dello stesso ricorso concernono invece la domanda subordinata di arricchimento senza causa che la Corte ha accolto. 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Anche i due motivi del ricorso incidentale riguardano lo stesso capo della sentenza e anzi il loro esame ha precedenza logica. Denunziando la violazione degli artt. 2041 e.e., 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, 12 delle preleggi, 1362 ss. cc., 134 ss. T.U. 30 giugno 1967 n. 1523, I I li 1 ss. 1. 6 ottobre 1971 n. 853, nonch il vizio di difetto di motivazione, l'Agenzia per lo Sviluppo del Mezzogiorno deduce che erroneamente la Corte ha qualificato il rapporto come un arricchimento senza causa. Erroneamente infatti la Corte ha ritenuto che la CASMEZ fosse obbligata a sbancare i terreni di propriet della Italsider, mentre tale obbligo in realt non mai esistito, e ci perch l'area di intervento della CASMEZ in tema di opere di sistemazione dei terreni era circoscritta ai terreni appartenenti ai Consorzi e non comprendeva anche i terreni di propriet privata dei singoli operatori economici. La Cassa poteva eventualmente essere autorizzata ad intervenire su questi terreni in sostituzione dei Consorzi, cui solo spettava tale competenza, ma anche in presenza di simile autorizzazione l'esecuzione dell'opera da parte di un terzo sarebbe avvenuta nell'interesse del Consorzio e non della Cassa. In ogni caso neppure i Consorzi potevano eseguire opere d'interesse particolare di un singolo imprenditore. N comunque un obbligo di tal genere per la Cassa poteva essere posto da un atto amministrativo in mancanza di una previsione legislativa. Quanto al riconoscimento da parte della P.A. dell'opera eseguita dal privato, deduce il ricorrente che, in tema di incentivazione, quando cio l'arricchimento dovrebbe essere individuato nel risparmio della spesa che avrebbe potuto essere altrimenti disposta, un riconoscimento a posteriori non nemmeno ipotizzabile, proprio perch la necessit stessa di un intervento pubblico per sua natura incentivante pu essere rav visata solo in vista del conseguimento di determinate finalit e quindi va necessariamente esclusa quando tali finalit risultino di fatto gi conse guite e le opere in astratto richieste gi in concreto eseguite. D'altra parte anche la delibera CIPE del 13 luglio 1972, quando parla di infrastrutture da realizzare, deve ritenersi che si riferisca esclusivamente ad opere future e non ancora esistenti (come erano invece quelle de quibus), per ch di fronte ad una opera gi realizzata non neppure configurabile un intervento incentivante della P.A. Inoltre, il fatto che l'Italsider ha agito del tutto liberamente e volon tariamente, senza alcun affidamento da parte della CASMEZ, prova la mancanza di qualsiasi nesso causale tra la spesa da essa sostenuta ed il presunto arricchimento della CASMEZ. La Corte ha altres dimenticato che per dare ingresso ad una azione di arricchimento nei confronti della P.A. il riconoscimento dell'utilitas deve essere compiuto dalla stessa amministrazione che si sarebbe arric PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 115 chita (nella specie la CASMEZ) e non gi da una amministrazione diversa (nella specie il CIPE o il MISM). I quattro punti sopra richiamati vanno esaminati distintamente. A) In ordine al primo, concernente la sussistenza dell'obbligo della CASMEZ di finanziare il lavoro di sbancamento gi eseguito dall'Italsider con conseguente arricchimento senza causa, la tesi della ricorrente incidentale -che cio le opere di sbancamento nell'interesse di privati esulavano dalle sue competenze -era gi stata formulata in grado di appello e disattesa dalla Corte territoriale in base alle seguenti considrazioni: a) che alla stregua della normativa all'epoca vigente, tra i compiti affidati alla Cassa per il Mezzogiorno rientrava quello di procedere in base alle indicazioni dei piani di coordinamento alla costruzione delle infrastrutture necessarie per l'insediamento di complessi industriali; infrastrutture che potevano essere realizzate -a totale carico della Cassa -su terreni consortili, o anche non consortili, dalla stessa Cassa o dai consorzi o ancora dalla Cassa, ma sostitutivamente ai consorzi se risultanti non idonei, previa autorizzazione del Ministro per gli Interventi straordinari (art. 134 e 149 T.U. n. 1523/1967); che dopo l'entrata in vigore della legge n. 853 del 1971, soppressi i piani di coordinamento, era stato affidato al CIPE di emanare direttive per assicurare la localizzazione degli impianti industriali; b) che pertanto rientrava nella competenza della CASMEZ di realizzare le infrastrutture anche su terreni privati, con la conseguenza che non potevano ritene:risi nu1le la delibera CIPE 13 marzo 1971 e 13 luglio 1972 e la decisione del MISM 25 luglio 1972 finailizzate a realizzare, a mezzo della Cassa, le infrastrutture occorrenti per il IV Centro Siderurgico di Taranto; c) che perci alla data di tale ultimo provvedimento (il 25 luglio 1972) era sorto l'obbligo della CASMEZ ,di procedere all'esecuzione dei lavori di sbancamento. Riportando pi nel dettaglio le censure formulate nel ricorso incidentale, si rileva che l'Agenzia nega l'esistenza di un obbligo a suo carico di eseguire detti lavori di sbancamento per le seguenti ragioni: a) l'area dell'intervento della Cassa in tema di infrastrutture non era disciplinata dagli artt. 134 e 149 del T.U. n. 1523 del 1967 sia perch i lavori di sbancamento non potevano rientrare tra le infrastrutture, che (come chiarito anche dalla normativa successiva di cui al D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, art. 2 lett. b) sono opere di carattere generale che non possono identificarsi con le strutture aziendali di un singolo imprenditore, sia perch la Cassa pu sostituirsi ai consorzi, normalmente competenti 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ad eseguire direttamente le opere in questione, solo a seguito di autorizzazione del Ministro; b) che se la normativa richiamata non autorizzava la CASMEZ ad eseguire i lavori di sbancamento in questione (perch non costituenti infrastruttura e perch non eseguibili su terreni non consortili), era vano ricercare la fonte dell'obbligo nei provvedimenti del CIPE e del MISM sopra ricordati, poich fa seconda delibera CIPE del 13 Juglio 1972 (che aveva elencato le opere infrastrutturali -tra le quali quelle di sistemazione e sbancamento dei termini -da eseguirsi per la realizzazione del Centro Siderurgico di Taranto) aveva inteso di concedere alla CASMEZ solo l'autorizzazione ad eseguire su terreni consorziali lavori di interesse generale e non anche lavori di interesse particolare su terreni di propriet di un singolo imprenditore. Tale tesi la stessa che gi venne proposta ai giudici di appello e non si rinvengono argomentazioni nuove idonee a superare l'avviso espresso dalla Corte di Roma in punto di diritto nell'esaminare il quadro normativo applicabile e poi anche in sede di interpretazione degli atti amministrativi, qui con valutazione di merito non riesami nabile nella presente sede di legittimit, emessi dal CIPE e poi dal MISM relativamente alle infrastrutture da realizzare nel Centro Side rurgico di Taranto. In rapida sintesi si pu comunque ribadire quanto segue: 1) che nell'art. 134 del T.U. n. 1523/67, che regola le competenze generali de1la Cassa per il Mezzogiorno ben chiaro che nell'ambito dei comprensori ... di sviluppo industriale, la Cassa autorizzata a realizzare a suo totale carico le infrastrutture necessarie alla localizzazione delle attivit produttive senza distinzione tra territori consortili e non; e con possibilit di provvedere in via sostitutiva, su autorizzazione del MISM nel caso in cui i consorzi non siano in grado di adempiere agli specifici compiti fissati dal piano di coordinamento (terzo comma); che l'assegnazione direttamente alla CASMEZ, o invece ai consorzi, delle opere da realizzare veniva decisa in sede di formazione dei piani di coordinamento (art. 149 stesso T.U.), poi sostituiti dalle direttive CIPE (ai sensi della l. 6 ottobre 1971 n. 853 di rifinanziamento della Cassa); 2) che nel caso di esecuzione diretta, da parte della CASMEZ, delle infrastrutture necessarie alla localizzazione delle attivit produttive, destinatari dell'intervento non dovevano necessariamente essere consorzi, n le opere da eseguire, per la realizzazione delle finalit . d'interesse generale proprie dell'intervento deliberato, dovevano necessariamente riguardare terreni consortili, potendo riguardare anche un singolo imprenditore, se l'intervento da realizzare interessava in modo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 117 particolare un impianto preesistente, da ampliare in vista di esigenze di carattere generale (come appunto nel caso del centro siderurgico di Taranto, gi esistente, ma per il quale le direttive CIPE avevano indicato come interesse nazionale i lavori di ampiamento); 3) che tra le . opere elencate nella delibera CI.PE di affidamento alla Cassa :rientravano anche quelle di sistemazione dei terreni , purch d'interesse generale idonee a favorire la localizzazione industriale (art 1 1. n. 1462/62), cosicch da tale deUber -preceduta dalla deliber IRI 26 novembre 1970 di ampiarrtento del C.S. di Taranto era legittimamente derivato l'obbligo della CASMEZ di eseguire anche i lavori di sbaricamnto nello stabilimento della !talsider, necessari per assicurare l'area di sedime sulla quale realizzare poi la costruzione dei nuovi impianti di ampliamento del Centro. B) Sul secondo punto, concernente la asserita mancanza delle condizi. Oni previste dall'art. 2041 e.e. perch possa configurarsi un arricchimento senza causa che si concreti in un risparmio di spesa in favore della P.A., l'Agenzia sembra attribuire eccessivo rilievo al fatto che un simile arricchimento sarebbe conseguito ad un finanziamento deliberato a fini di incentivazione. A parte infatti la considerazione che l'incentivazione, a mezzo di leggi di favore o di provvidenze varie, attiene alle finalit ultime e particolari che 11 legislatore si propone di conseguire e che il finanziamento (o altra forma di beneficio) costituisce lo strumento di tale finalit, non si vede perch ci possa avere influenza in caso di risparmio di spesa per il fatto che l'intervento finanziato sia stato eseguito da un altro soggetto, dal momento che la realizzazione di questo rappresenta proprio il conseguimento della finalit voluta dalla legge incentivante. Anche perci ai fini della validit del riconoscimento a posteriori della utilitas , la gi avvenuta esecuzione dell'opera prevista rappresenta, sul versante del risparmio di spesa e dell'arricchimento senza causa della . P .A. che la spesa doveva erogare, la conferma del con~eguimento della finalit voluta dalla legge di incentivazione. Altro discorso invece quello secondo cui una simile legge, quando parla di infrastrutture da realizzare, non pu che riferirsi ad opere future e non ancora esistenti. Il rilievo certamente esatto ma non risulta pertinente nel caso di specie, nel quale i lavori furono iniziati dalla ltalsider (come accertato dal giudice di merito) dopo l'approvazione delle direttive CIPE e delle leggi di finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno (con l'indicazione delle opere da eseguire) e completati nel 1974, dopo le delibere IRI e Clali di .collaudo e fu semmai pagato il saldo di qualche lavoro. La prescrizione, pertanto, non poteva essere fatta decorrere dal 1974, perch nell'azione di arricchimento senza causa il giorno in cui il diritto pu essere fatto valere coincide con quello in cui si verifica lo spostamento di. ricchezza da un soggetto ad un altro. Sicch essendo stata l'opera quasi interamente pagata prima del 25luglio1972 la prescrizione non poteva farsi decorrere da epoca successiva a tale data; o ..quanto meno : avrebbe dovuto . dichiararsi prescritta tutta quella parte della domanda dell'Italsider correlata: agli esborsi effettua~ 120 .RASSEGNA AVVOCATURA. DELLO STATO ti prima del decennio dalla notifica della prescrizione, ossia prima del 26 ottobre 1973. In ogni caso, la fattispecie di arricchimento senza causa si era completamente integrata dalla data del decreto del 1972 in quantO' la diminuzione patrimoniale si sarebbe verificata gi con l'effettuazione dello sbancamento, alla quale era correlato il relativo debito verso l'impresa che aveva effettuato il lavoro. Inoltre, trattandosi di arricchimento nei confronti della P.A., la prescrizione comincia a decorrere dalla data dell'avvenuto riconoscimento dell'utilitas da parte della stessa P~A. e cio nella specie, secondo Ja sentenza impugnata, dal 25 foglio 1972. Nell'azione di arricchimento senza causa il dies a quo della prescrizione ordinaria decennale , secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 15 luglio 1978 n. 3564; Id. 26 novembre 1986 n. 6981), quello. in cui pu essere fatto valere il diritto all'indennizzo, che -di regola coincide con quello di cui si verifica l'arricchimento del beneficiario con correlativa diminuzione patrimoniale dell'altra parte. Tale momento PtJ tuttavia anche essere successivo a quello del riconoscimento della utilitas da parte del beneficiario, che segna il perfezionamento della fattispecie dell'arricchimento, perch in tale momento pu non essersi ancora verificato,. o completato, il depauperamento dell'altro soggetto. E cos, nell'ipotesi in cui l'arricchimento consista in un risparmio di spesa e tale spesa, in. base al rapporto contrattuale tra colui che ha eseguito l'opera della quale il beneficato si avvantaggiato e il terzo {appaltatore) che ha effettuato i relativi lavori, non stata ancora erogata (perch ancora non stato effettuato il collaudo o perch non sia ancora scaduto il termine di pagamento pattuito), il diritto all'indennizzo ancora non pu essere fatto valere e non ha inizio perci il decorso del predetto termine prescrizionle. Nel caso in esame la Corte di Appello ha accertato che, pur essendo stati i lavori di sbancamento completati nel 1972, in coincidenza con la delibera CIPE 25 luglio 1972, H pagamento venne effettuato, dalla Finsider {cui faceva capo la Italsider) solo nel 1974, per cui alla data della citazione (1'983) il termine decennale previsto dall'art. 2946 e.e. non era ancora decorso. Non comunque possibile, come chiede l'Agenzia, frammentare il credito del depauperato in relazione ai vari momenti in cui questo avviene, nel caso di pagamento ripartito nel tempo de1l'opera. A parte che al pagamento in corso d'opera corrisponde un'effettuazione parziale dei lavori e perci non ipotizzabile in correlazione a questi il beneficio (che pu derivare solo dall'opera completa, collaudata e conforme allo scopo perseguito dalla P.A.), decisivo il rilievo che, nell'ipotesi del. l'arricchimento per risparmio di spesa, specie se si considerano le modalit proprie della P.A. per l'erogazione della spesa o per il profittamento dei vantaggi derivanti dall'opera da altri eseguita, certo non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 121 rilevano i rapporti contrattuali interni che eventualmente legano il depauperato con il terzo esecutore dei lavori ammessi a finanziamento pubblico, essendo unicamente necessario che colui che agisce. per arricchimento senza causa dimostri in quale momento si verificato il depauperamento, che nel caso di lavori eseguiti in 'Vece di un P.A. presuppone pur sempre l'arricchimento di questa, che non pu aversi pd ma che l'opera risulti. compiuta. Correttamente perci la Corte ha ritenuto che. l'arricchimento senza causa consistente nel risparmio di una data somma di danaro si sostanzia solo nel. momento in cui si concretizza l'esborso del depauperato, cb,e .jl momento mcui si .. verifica lo spostamento di, ricchezza da un patrimonio all'altro, non avendo rilevanza n la data dei .singoli paga. menti. agli stati di avanzamento dei lavori (come deduce l'Agenzia, peraltro su ba$e puramente presuntiva), n la data di completamento dei lavori i sbancamento.. N rileva infine (per quanto si detto}, in particolare la data del 25 luglio. 1972 della; deli'bera CIPE perch non a questa, bens alla mancata contestazione della conformit dei lavori che va ricollegato il riconoscfanento dell'utilitas. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione Lavoro, 22 dicembre 1993 n. 12708. Pres. Farinaro, Rel. Casciaro, P. G. Martone (parz. conf.) -Ferrovie dello Stato (Aw. Stato Stipo) c/ Apollonio ed altri. Trasporti Ferrovie Personale delle Ferrovie dello Stato Compenso per lavoro straordinado Periodo antecedente la contrattazione collettiva Determinazione. Lavoro Contmversie individuali Collctestazione dell'intero credito preteso dall'attore Onere per il convenuto .di contestazione specifica dei con teggi Non sussiste. Per il periodo antecedente la contrattazione collettiva, la determinazione del compen$O per lavoro straor.dinario del personale ferroviario va determinato ai sensi dell'art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977 n. 1188 e dd collegamento ivi disposto con it trattamento retributivo del primo dirigente statale, essendo agli stessi fini irrilevanti eventuali aumenti concessi ai dirigenti dell'Ente Ferrovie dello Stato (1). (1) Con la sentenza in rassegna, la Cassazione affronta per la prima volta la questione dei compensi per il lavoro straordinario prestato dai .ferrovieri nel periodo antecedente l'istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato e quello sticces RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 122 Nelle controversie individuali di lavoro, l'onere ex art. 416, 3 comma c.p.c., gravante sul convenuto di contestare specificamente i conteggi reZ.ativi al quantum delle pretese del ricorriente, si pu configurare quando non sia insorta controversia sull'an debeatur, ma non anche laddove il credito dedotto in lite risulti essere oggetto di globale contestazione, con la negazione in radice del credito vantato; in ogni caso l'inottemperanza del convenuto all'onere predetto e l'omessa redaziorJe di eventuali conteggi alternativi non comportano di per s il riconoscimento della esattezza dei conteggi avversari (2). (omissis) Il ricorso per cassazione dell'Ente Ferrovie dello Stato affidato a due motivi. Con il primo l'Ente ricorrente denuncia violazione artt. 1 e 9 legge 22 luglio 1975, n. 382; art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188; artt. l, 17, 32, 33 Legge 6 febbraio 1979, n. 42; artt. 1, 16 Legge 22 dicembre 1980, n. 885; art. 1 Lgge 1 luglio 1982, n. 426; art. 2 d.P.R. 25 giugno 1983 n. 344; art. 7 Legge 10 luglio 1984, n. 292; art. 8 Legge 24 dicembre 1985 n. 779; art. 21 Legge 17 maggio 1985 n. 210; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. . Con il secondo motivo denuncia: violazione degli artt. 11, 13, 14 e 15 disp. sulla legge in gen.; art. 2697 cod. civ.; artt. 113, 115, 116, 416 c.p.c.; sivo fino alla regolamentazione del 'trattamento economico attraverso la contrattazione collettiva. La stessa Cassazione, con giurisprudenza costante (Cass. 3 maggio 1989, n. 2050 e successive). aveva affermato che, ai sensi dell'art. 21 della legge 17 maggio 1985, n. 210, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, il rapporto di lavoro dei ferrovieri era regolato dalla normativa vigente per l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato fino a quando non fosse intervenuta la contrattazione collettiva. In .materia di trattamento economico del lavoro straordinario, il primo accordo sindacale ha avuto effetto dal 1 gennaio 1987. Per il periodo precedente occorreva pertanto far riferimento alla normativa prevista per l'impiego statale, ancorch il rapporto di lavoro dei ferrovieri, a partire dalla legge 6 febbraio 1979, n. 42, fosse ordinato in profili professionali, essendo stato abbandonato il criterio di classificazione del personale in qualifidie e parametri, vigente per il restante personale statale. Essendo il compenso. per lavoro straordinario rapportato al trattamento economico del primo dirigente, la materia del contendere (risolta non unifor memente dai vari giudici di merito) consisteva nel verificare quali aumenti stipendiali accordati nel tempo al primo dirigente dovessero essere assunti nel calcolo per la determinazione del compenso per lavoro straordinario. Sulla computabilit, ai fini dello straordinario, degli aumenti intervenuti per i primi dirigenti, la Cassazione ha assunto l'orientamento che cos pu rias sumersi: a) nella base di calcolo non deve essere computato l'aumento del 40 % disposto con decorrenza 1 gennaio 1979 dall'art.. 133, primo comma, legge 11 luglio 1980, n. 312; e ci in quanto il successivo art. 134..ha stabilito che il miglio PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 123 art. 34 Legge 11 febbraio 1970 n. 34; art. 4 d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188; artt. 1, 17, 32, 33 Legge 6 febbraio 1979, n. 42; art. 134 Legge 11 luglio 1980, n. 312; art. 13 d.l. 6 giugno 1981, n. 283, conv. in Legge 6 agosto 1981, n. 432; art. 6 d.l. 27 settembre 1982, n. 681 conv. in Legge 20 novembre 1982, n. 869; artt. 1 e 9 d.P.R. 25 giugno 1983, n. 344; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e S c.p.c. . I due motivi fra loro connessi ben possono esaminarsi congiuntamente. Con il primo motivo, nell'esporre le vicende relative alla disciplina della retribuzione del lavoro straordinario dei ferrovieri, deduce l'Ente ricorrente ch,e l'art. 17 della legge n. 42 del 1979 non and al di l della prospettazione di un obiettivo programmatico, e, quindi, non intese abrogare i criteri delineati dal d.P.R. 1188 del 1977; che inoltre -essendo la retribuzione delle prestazioni di lavoro straordinario voce puramente accessoria del trattamento economico dei pubblici dipendenti -l'aggiornamento delle misure orarie dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario non poteva prescindere dalla verifica dei necessari presupposti di compatibilit finanziaria; che nella copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi invocati dai lavoratori (legge 6 febbraio 1979, n. 42 e leggi successive) non erano stati inc1usi i compensi di lavoro straordinario; che, sul presupposto della riconosciuta inammissibilit di ramento temporaneo derivante dall'applicazione del precedente art. 133 non opera ai fini della determinazione dei compensi per lavoro straordinario chiunque ne sia il beneficiario; b) nella base di calcolo deve essere computato l'aumento del 23 % disposto con decorrenza 1 febbraio 1981 dall'art. 10, primo comma, dl. 6 giugno 1981, n. 283 (convertito in legge 6 agosto 1981, n. 432); e ci in quanto il successivo terzo comma ha stabilito che la nuove misure degli stipendi derivanti dall'applicazione del presente articolo non hanno effetto sulle indennit, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti ; c) nella base di calcolo deve essere computato l'aumento del 12,20 % disposto con decorrenza 1 gennaio 1983 dal d.l. 27 settembre 1982, n. 681 (convertito in legge 20 novembre 1982, n. 869), e ci in quanto l'art. 6 ha stabilito che le nuove misure degli stipendi derivanti dall'applicazione del presente decreto non hanno effetto sulle indennit, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati; a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti ; d) nella base di calcolo non deve essere computato l'aumento retribu tivo per il 1 dirigente stabilito dal Consiglio di Amministrazione dell'Ente F.S., con delibera 19 giugno 1986, n. 181, di gran lunga superiore al coevo tratta mento retributivo del 1 dirigente statale. Per la computabilit degli aumenti di cui alle leggi n. 432/81 e n. 869/82, il P.G. si era espresso in senso difforme, in quanto l'interpretazione restrittiva e strettamente letterale, secondo cui gli aumenti non hanno effetto sulle indennit, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti, andrebbe contro la logica legislativa che non pu aver voluto attribuire al personale non dirigenziale un compenso per lavoro straordinario in misura superiore a quello spettante ai dirigenti. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 124 un adeguamento delle tariffe orarie per lo straordinario, a seguito della soppressione delle qualifiche nell'inquadramento del personale ferroviario, il Pretore di Napoli, in altra occasione, aveva denunciato come incostituzionale la mancata estensione al personale delle Ferrovie dello Stato delle norme che avevano consentito la rivalutazione dello straordinario relativamente al personale dei Ministeri. Con il secondo motivo d'impugnazione l'Ente ricorrente attribuisce al Tribunale di Napoli l'assunto che, una volta sopravvenuta la legge 6 febbraio 1979, n. 42, abolitiva dell'inquadramento per parametri del personale. dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, ci nonostante i conteggi dei compensi di lavoro straordinario potessero ugualmente aver corso (in applicazione dell'art. 4 del d.P.R. n. 1188 del 1977), previa individuazione delle corrispondenze fra l'antecedente classificazione per parametri e la nuova classificazione per categorie (di cui alla legge n. 42 del 1979). Si volge poi l'Ente ricorrente a censurare l'apprezzamento dei Giudici napoletani in ordine alla ravvisata esattezza dei pur contestati conteggi elaborati dai lavoratori, non potendo, ad avviso dell'Ente, limitarsi il Tribunale a dichiarare la computabilit -in sede di determinazione dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario -degli aumenti retributivi concessi ai dirigenti, senza passare in rassegna i singoli prov vedimenti di aumento. (2) Orientamenti giurisprudenziali sulle deduzioni difensive nel processo del lavoro. L'art. 416 c.p.c. tratta della costituzione del convenuto nel procedimento del lavoro. Il 1 comma stabilisce il termine di almeno 10 giorni per la costituzione. Il 2 comma stabilisce la decadenza da parte del convenuto della proposi zione dei mezzi di prova, delle domande riconvenzionali e delle eccezioni pro cessuali e di merito non rilevabili d'ufficio, come la prescrizione (Cass. 13 di cembre 1985, n. 6407), il giudicato esterno (Cass. 14 novembre 1985, n. 5591, Cass. 16 giugno 1985, n. 3375) che non pu essere neanche dalla parte contumace eccepito nel grado di appello (Cass. 28 aprile 1984, n. 2668). Tale decadenza, vertendosi in materia sottratta alla disponibilit delle parti (art. 2969 e.e.), ha carattere assoluto ed inderogabile, rilevabile d'ufficio dal giudice (Cass., SS.UU. 19 novembre 1985, n. 5686), indipendentemente dal silenzio serbato dall'attore o dalla circostanza che il medesimo si sia difeso sostenendo l'infondatezza, anzich l'intempestivit, dell'eccezione o della domanda riconvenzionale (Cass. 21 aprile 1988, n. 3111; Cass. 13 febbraio 1988, n. 1574). La decadenza di cui al 2 comma vale anche per l'attore in relazione alla domanda riconvenzionale, dovendo egli considerarsi convenuto rispetto a tale domanda (Cass. 21 novembre 1984, n. 5981, in Giust. Civ. 1985, I, 2822), con l'unica differenza che il termine di riferimento per la decadenza , non gi l'udienza fissata ex art. 415 c.p.c., bens la nuova udienza, la cui fissazione, ai sensi dell'art. 418 c.p.c. deve essere richiesta dal convenuto contestualmente alla proposizione della riconvenzionale (sull'art. 418 c.p.c. si espressa la Corte Costituzionale, dichia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUJjENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 125 Con riguarda a tale ultima :questione, sostiene l'Ente ricorrente che non computabili dovevano riconoscersi gli aumenti retributivi accordati dalla.legge n; 312 del 1980, avendo questa esplicitamente negato l'incidenza sui compensi di lavoro straordinario degli aumenti in parola, chiunque n~.fosse il beneficfario, e:bhe del pari: non computabili dovevano dirsi gli atitilei;rt concessVcon dcol:'f~ti~a .1 febbraio 1981 e 1 gennaio 1983 rispettiyafuel1tc da,Ua legge n 432 del 1981 e dalla legge n. 869 del 1982. .. .. . .. .. . E i.tl61t:re/ad. mso del ricorrente Ente Ferroviario dello Stato, a p.artire dal 1986 doveva prendersi a base del calcolo dei compensi di lavofo :strotdinarfo dei ferrovieri sempre ed unicamente la retribuzione: ordinaria. pJ:vista per i dirigenti .statali, e non gi quella attribuita ai dirigenti deL medesimo. Ente. Il riferimento allo stipendio del dirigente statale come base di calcolo dei.compensi di lavoro straordinario del personale di altre categorie era coJ;'.l'.1:1,lllql;le .clJil ritenere in(l!J;'etto e strumentale , dovendo (( il rapporto js.titui:rst diretta1$.enie e pr<>:Pdamente tra compenso di lavoro straordinario di quel ciirigente (ovviamente determinato in relazione al suo stiPendio) e C:O@Penso &Ilo s~eso titolo spettante alle altre categorie di dipe.denti>~;. il che jrovi;?rel:>be:.co.ferma nel disposto del secondo comma dell'art. 9 .ciel d:PB 25 gi.g:o,o 1983, n. 344. I due riferiti motivi sono fondati nella misura di oui appresso. Giova premettere che dall'impugnata sentenza (con la quale il Tribunale di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, favorevole ai la rando manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale; v. C. Cost. 14 gennaio 1977, n. 13; C. Cost. 10 maggio 1978, n. 64). comunque da ricordare come stata ritenuta inammissibile la domanda rk:nvenzionale spiegata nella memoria difensiva del convenuto ove sia stata omessa l'istanza di fissazione .di nuova udienza e se, malgrado la mancata richiesta il giudice abbia fissato la nuova udienza, la decadenza dalla riconvenzionale si verifica ugualmente, ed. rilevabile d'ufficio anche in Cassazione non essendo. il provvedimento del giudice idoneo a sanare una decadenza ormai verificatasi (Cass. 12 agosto 1993, n.. 8652; Cass. 20 maggio 1983, n. 3499; Cass. 12.giugno 1981, n. 3837, in Giust. Civ;.1981, I, 2567), mentre in altra decisione . stato affenrtato,.che l'inosservanza. del.disposto dell'art. 418 c.p.c. resta irrilevante se fattore accetti ilcontraddittorio,... chiedendo il rigetto delle pretese avversarie {Cass. 9 luglio 1982, n. 4091}~ stato comunque precisato che la decadenza di cui al 2 comma dell'art. 416 c.p.c. presuppone l'osservanza da. parte dell'attore; delle prescrizioni di cui all'art. 414 c.p.c; n. 4, per cui se, a causa di incompleta o inesatta esposizione dei fatti e . degli elementi di diritto posti a fond.amento della .domanda, il convenuto tlQn abbia avuto modQ o interesse a sollevare .un'eccezione in senso proprio, questa pu essere proposta oltre il limite precisato dal citato art. 416, e; quindi, con la prima difesa successiva alla deduzione o alla acquisizione in giudizio, per altra via, dL fatto o elemento.. omesso, la cui cognizione essenziale ai fini della proposizione dell'eccezione. stessa. (Cass., 28 giugno 1984, n; 3808). RASSEGNA AVVOCAT{JRA. DELLO STATO 126 voratori) si evince che i Giudici di merito hanno senz'altro affermato la piena incidenza degli aumenti del trattamento retributivo del dirigente statale sui compensi di lavoro straordinario spettanti a1l'Apollonio e ag.U altri in quella sede appellati nella sentenza non si rinviene peraltro alcuna specifica analisi dell'ambito e degli effetti dei vari provvedimenti legislativi apportatori di aumenti stipendiali al dirigente dello Stato, n l'indicazione. dei cri:teri sulla. base dei quali erano stati impostati i conteggi, articolati dai lavoratori nel ricorso introduttivo delJa lite, e che il Tribunale ha per vero sbrigativamente recepito con l'addurre a giustificaz~ one l'estrema genericit delle contestazioni sollevate dall'Ente. Di ci ragionevolmente si duole la parte qui ricorrente. Sul convenuto in controversia indivi:duale di lavoro, come noto, fa carico l'onere di specifica contestazione circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda , e di enunciazione simuJtanea, in memoria difensiva, di tutte le sue difese in fatto e in diritto (art. 416, terzo comma, c.p.c.)1 L'onere di specifica contestazione ben pu investire anche l'attendibilit e la correttezza dei conteggi, elaborati ex adverso ed inseriti nel ricorso introduttivo della lite o ritualmente prodotti: peraltro, l'inottemperanza del convenuto all'onere predetto e l'omessa redazione di eventuali conteggi alternativi non comportano di per s il riconoscimento della esattezza dei Riferendosi la preclusione di cui all'art. 416 c.p.c., 2 comma, alle eccezioni non rilevabili d'ufficio, il convenuto pu contestare la giurisdizione del giudice adito anche successivamente alla costituzione in giudizio (Cass. SS.UU. 16 aprile 1984, n. 2424) e cos pure l'incompetenza per materia che pu essere eccepita o rilevata d'ufficio anche in appello alla stregua dell'art. 38 c.p.c. (Cass. 10 febbraio 1983, n. 1064) come anche la questione relativa al difetto di legittimazione processuale, in quanto attenendo alla regolarit del contraddittorio e alla validit della sua costituzione rilevabile d'ufficio (Cass. 17 aprile 1980, n. 2535) e pu essere dedotta in appello dalla parte contumace in primo grado (Cass., 17 novembre 1993, n. 11364). Il 3 comma dell'art. 416 c.p.c., nel prevedere per il convenuto l'onere di prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione circa i fatti affermati dall'attore e proporre tutte le sue difese in fatto ed in diritto nella memoria di costituzione, a differenza di quanto disposto nel 2 comma, non lo sanziona invece con la decadenza in caso di inosservanza. Pertanto l'inottemperanza da parte del convenuto ad una delle prescrizioni dettate dall'art. 416 comma 3, secondo la giurisprudenza: -non pu essere equiparata, quanto ad effetto probatorio ad una confessione della fondatezza degli assunti di controparte (Cass. 6 marzo 1987, n. 2386, citata nella sentenza in rassegna), in quanto la generica contestazione non implica ammissione dei fatti, potendo al pi costituire una violazione dell'obbligo di lealt processuale di cui agli artt. 88 e 92 c.p.c. (Cass. 17 aprile 1985, n. 2551; Cass. 11 settembre 1980, n. 5241); -non impedisce al convenuto la esplicazione della attivit difensiva volta a contrastare le condizioni di fondatezza della domanda, quali ogni questione di interpretazione e di applicazione di legge (Cass. 16 giugno 1987, n. 5335; Cass. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUI)ENZA CIVILE, GIURISI)IZIONE E APPALTI 127 conteggi avversari, pur potendo, a seconda delle circostanze, fungere da elemento integrativo del convincimento del magistrato (cfr. Cass., 6 marzo 19&7, n. 2386). E in ogni caso l'onere, .gravante sul convenuto, di contestare specificamente i conteggi relativi al quantum delle pretese spettanze del ricorrente; si .pu configurare quando non sia insorta controversia sull'an debeatur, ma non certo laddove il credito dedotto in lite risulti essere oggetto ;.;i come nella specie -di globale contestazione, e ci in quanto non sarebbe logico ipotizzare che il (presunto) debitore sia tenuto a rivedere criticamente le voci del conteggio di un altrui (presunto) credito, che ha negato in radice. Tanto premesso, osserva fa Corte che esattamente i Giudici napoletani hanno individuato nell'art. 4, d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188 (recante Nuova disciplina delle prestazioni straordinarie del personale dell'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato e nuove misure dei relativi compensi), la disposizione enunciante i criteri di determinazione dei cor.pensi di lavoro straordinario del personale ferroviario mediante test'l,lale riferimento a quota del trattamento economico mensile (ordinarfo) del primo dirigente; e che del pari esattamente hanno osservato come quella disposizione non sia stata successivamente abrogata n modificata. Mentre, dunque, si rende evidente che l'aggancio del compenso di lavoro straordinario del personale ferroviario al trattamento retributivo ordinario del primo dirigente statale esclude la computabilit 28 marzo 1980, n. 2048; Cass. 4 marzo 1980, n. 1462) e la successiva specifica contestazione sulla esistenza e la portata dei fatti affermati dall'attore (Cass. 18 luglio 1987, n. 5933; Cass. 8 ottobre 1985, n. 4870), e in genere i fatti costitutivi della pretesa (Cass. 20 luglio 1985, n. 4301; Cass. 8 gennaio 1983, n. 140, in Giust. Civ. 1983, I. 3037); . -non vale ad esimere il giudice dalla verifica dell'assolvimento da parte dell'attore, dell'onere probatorio in ordine ai fattr costitutivi dell'azione (Cass. 10 novembre 1990, n. 10849; Cass. 6 febbraio 1990, n. 815; Cass. 4 marzo 1980, n. 1464), rientrando nel potere-dovere del giudice di accertare se da parte dell'attore sia stata data dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e dimostrativi della pretesa, indipendentemente dalla circostanza che, in ordine ai medesimi, siano state o meno proposte contestazioni specifiche, difese ed eccezioni improprie non soggette alle preclusioni di cui agli artt. 416, 2 comma e 437 c.p.c. (Cass. 28 giugno 1984, n. 3796, in Giust. Civ. 1984, I, 2736); -in caso di contumacia, non esclude il potere-dovere del giudice di accertare se l'attore abbia fornito la prova dei fatti costitutivi della domanda (Cass. 30 agosto 1980, n. 5050; Cass. 12 giugno 1987, n. 5170); -non comporta preclusione a contrapporre le proprie difese al convenuto, che abbia accettato il contraddittorio in ordine a deduzioni tardivamente formt.). late dall'attore (Cass. 19 giugno 1982, n; 3755). Con: particolare riferimento al quantum in contestazione, l'onere della specificazione delle richieste, cos per l'attore come per il convenuto., deve ritenersi assolto allorch, pur non essendo stato indicato l'importo, vengano indi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 128 (salvo espressa pattuizione diversa) di aumenti retributivi eventualmente concessi in via convenzionale dall'Ente Ferrovie dello Stato ai suoi dirigenti, essendo l'unico termine di raffronto il trattamento economico ordinario del primo dirigente statale, non pu aderirsi alla tesi dell'Ente ricorrente, a tenore .della quale nei vari provvedimenti legislativi di aumento del trattamento economico del dirigente dello Stato sarebbe stata carente la previsione di spesa, in quanto tale previsione al contrario non difettava con riguardo agli oneri riflessi degli aumenti retributivi. Infondata anche la tesi per cui il richiamo del trattamento economico ordinario del primo dirigente statale sarebbe solo strumentale, il collegamento dovendo pi giustamente avvenire con il compenso di lavoro straordinario per quello stesso primo dirigente: tesi non avvalorata dal preciso ed inequivoco tenore letterale deH'art. 4 cit., e argomento plausibile ove si consideri che il trattamento retributivo di lavoro straordinario del dirigente dello Stato venne disciplinato con legge 22 luglio 1978, n. 385, sicch il Legislatore del 1977 non poteva riportarsi a un dato normativo che, all'epoca, ancora non sussisteva. Ed incongruo appare in proposito il richiamo fatto al secondo comma dell'art. 9 del d.P.R. 25 giugno 1983, n. 344. cati in modo preciso gli elementi di calcolo necessari e sufficienti per la sua determinazione (Cass. 30 maggio 1983, n. 3732; Cass. 14 dicembre 1982, n. 6904). stato altres precisato che mentre il soggetto che agisce in giudizio dispensato dall'onere di provare la sussistenza degli elementi costitutivi della domanda solo quando detta sussistenza non sia oggetto di contestazione, perch ammessa, esplicitamente o implicitamente, dalla controparte, la contraria dedu zione difensiva di quest'ultima, attenendo a questione rilevabile anche d'ufficio, non integra una eccezione soggetta alle preclusioni stabilite dagli artt. 416 e 437 c.p.c. (Cass. 11 luglio 1983, n. 4688). Infine, per quanto riguarda la produzione di documenti, questi, quali prove precostituite, possono essere prodotti fino all'udienza di discussione ed anche in appello, senza incorrere nelle preclusioni di cui agli artt. 414, 416 e 437 c.p.c., appli cabili alle sole prove costituende, come quelle testimoniali (Cass., 4 febbraio 1993, n. 1359). Pertanto, in controversia relativa al pagamento di spettanze retributive, il convenuto datore di lavoro che deduca di averne eseguito il pagamento, pu in qualunque momento, ed anche in appello, produrre le relative quietanze (Cass. 26 gennaio 1988, n. 643). stato tuttavia precisato che la produzione in appello di nuovi documenti esige, a pena di decadenza rilevabile d'ufficio, che essi siano specificamente indicati nel ricorso dall'appellante o nella memoria difensiva dell'appellato, e depositati contestualmente; a meno che non si tratti di documenti sopravve nuti (od anche anteriori la cui produzione sia giustificata dallo sviluppo assunto dalla vicenda processuale), ferma peraltro la necessit che la produzione sia autorizzata dal giudice (Cass. SS.UU. 6 settembre 1990, n. 9199, in Giust. Civ. 1990, I, 2255). GIUSEPPE STIPO PARTE I, SEZ. III, GI'UlUSPRtmENZA CIVILE, -GIURISDIZIONE E APPALTI 129 Lo .stesso Ente Ferrovie dello Stato ha poi ammesso il carattere programmatico dell'art; 17 della legge 6 febbraio 1979; n. 42, in cui sarebbe vana la ricerca di criteri di calcolo del compenso di lavoro straordillario del perso1ui.le ferrov~rio sostitutivi di quelli dell'art. 4 d.P.R. w 1188 .. 4e1 197.7:. cit. > Non merita consenso Fopinione; manifestata dall'Ente ricorrente, per cuit jdopo:.che ild,P.R. n, 1188 aveva fissato la determinazione. dei compensi di lavoro straordinario su base parametrica; la sopraggiunta legge n;.42 del 1979 "'"'avendo abbaridonato le qualifiche e i parametri e introdotto, liifinidella:. cla:ssi.ffoazione. del personate, le categorie stipendiali ei profili professionali:...,. era venuta a preduderel'utilizzo dei vecchi criteri di omputo1 rendendo indispensabile una normativa sui criteri di determinazione:dei compensi.. di lavoro straordinario adeguata .al nuovo sistema di inquadramento; .....Vero ; ii.ifatti, ch la legge ri. 42 del '1979 Ia:si sostanzialmente fenrio 00 invarlafo il rapporto rra le posizioni dell'organigramma Miendale, sfoch rlrriiiise possibile proseguire nelliapplfoazione dei criteri; ariterior~ mente fissati, sulla scorta: del quadro n~ 2, detto di equiparazione; allegato alla legge. La stessa Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, per quanto si argomenta dalla sentenza impugnata, continu del resto ad. applicare, nella liquidazione dei compensi di lavoro straordinario dei suoi dipendenti '(arichepra; il Tribunale d Napoli, anzich limitarsi a dar atto della esattezza dei conteggi articolati dai lavoratbri perch contestati con estrema genericit , avrebbe ciowto procedere a separata valutazione dei singoli provveclimertti. di legge recanti aumento del trattatrientb retributivo ordinario del primo dirigente, successivi al d.l?.R. n. 1188 del 1971, ohd.e stabilire se gli aumenti volta per volta concessi dovessero. operare. in sed.e di determinazione delle . retribuzioni di lavoro straordinarib del personale ferroviario, muovendo poi nell'indagine dal pr~supposto che, in forza deltrt. 4, d.P.ll. i6 settmbre 1977, n. 1188, sulla misttt. oraria deicompensi per lavoro straordinario del personale ferroviario dovevano incidere tutti gli aumenti del trattamento economico mensile del primo dirigente, beninteso tranne il caso di deroga legisla" tiva. 11 Tribunale avrebbe dovuto quindi verificare (ove necessario con l'ausilio di consulenza tecnica) la piena rispondenza dei conteggi ai criteri normativi preventivamente individuati. Orbene; l'Ente Ferrovie dello Stato sostiene la non computabilit, ai fini della determinazione dei compensi di lavoro straordinario del perso 130 RASSEGNA AVVOCATVRA DELLO STATO nale ferroviario, sia degli aumenti concessi ai dirigenti statali con legge n. 312 del 1980, sia di quelli concessi con leggi n. 432 del 1981 e n. 869 del 1982. L'assunto del ricorrente solo parzialmente fondato. Effettivamente non computabile deve ritenersi l'aumento concesso con legge 11 luglio 1980, n. 312 ( Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato), il cui art. 134 testualmente lo dichiarava inoperante ai fini della determinazione dei compensi per lavoro straordinario, chiunque ne sia il beneficiario . La scelta di una cos lata ed onnicomprensiva locuzione induce a ritenere che il Legislatore del 1980 abbia inteso sterilizzare l'aumento de quo anche con riguardo a!l computo delle retribuzioni di lavoro straordinario del personale ferroviario. E, sul punto giova avvertire che l'esclusione dell'aumento retributivo, di cui alla legge n. 312 del 1980, in sede di determinazione dei compensi di lavoro . straordinario chiunque ne fosse il beneficiario, rimasta ferma pur dopo l'avvento delle leggi successive, che hanno ulteriormente incrementato il trattamento retributivo ordinario del dirigente statale, poich da tali oleggi non dato ricavare il superamento del tassativo divieto di cui all'art. 134 della citata Jegge n. 312. Computabili ai fini della determinazione dei compensi di lavoro straordinario del personale ferroviario, in difetto di specifica disposizione di segno contrario, sono invece da ritenere gli aumenti concessi al primo dirigente dello Stato con legge 6 agosto 1981, n. 432, e con legge 20 novembre 1982, n. 869. In particolare la legge n. 432 del 1981, nel conv, ertire il d.l. 6 giugno 1981, n. 283, ebbe a sostituire l'art. 10 del medesimo decreto iLegge: ed significativo che, in sede di conversione, venisse a cadere la formula originaria, a sensi della quale le nuove misure degli stipendi ... non hanno effetto sulle indennit, assegni o compensi ad essi commisurati o rapportati, a qualsiasi titolo previsti per i dirigenti, nonch sui trattamenti commisurati o rapportati agli stipendi stessi, spettanti ad altre categorie ... , disponendosi per contro che le nuove misure degli stipendi non hanno effetto sullgiurisdizione esclusiva del giudice .. amministrativo e dev6no essere proposti davanti al. TaI' del L::tzio .... . 2. DA.1.ltorit Istante sostiene 1~ gi~risdizione del giudice arwrumst:( ativo ()ss~ryap.d,o che g.est'uJ.til1la disposizione regola la cqp:Jpetenza gi.ri5diziop~lcr. e rig..1;1,tda tll:tti. J . provvedimenti, compresi q.elli san~ :z;ic:>natQ~; mentre l'art. 31 richj;:lmaJa normativa della J. n.. 689 delJ981 c9A ~~~~p~elso figi#~ de~ collJ.patihmt,, si~cl-i.U rinvio ,deve intendersi ci:rcosritto agli aspetti sostanziali dell'illecito e alla riscossione delle 5aJ.ionJ ;pecuniar~e jpfljtte. . .... A..Parere ..Jlel . resistente, . invece, )'~rt, .. 31 disciPJina spec;ificamente i~ . matei:ia. . ~k:le ~~nzioni . pecuniarie.. ~... richiama an~he le :. c.spo~izioni geli~ l, 11. 689 ~h~ prevegono l'9p;posizione giudiziale pl'etol1Ue,. le ciuali, q.ajpqi, per ta,le c;;lra~!ere ij. s:peci1.1Jit~ii. depl:lono l?rnvaj~J:'~ e sqno ompa. til:>ilt q. Ja liiv~rsa disci:pUna Jmpartit~ per. i J?rovvelimenti .. amministratfvi 4eii' Autoriti e q.Uesta . e~egesi teltuaI.e . troyerebbe risc.ontro. nell'i!}. terpretazione . logico-sistem!'ltica,. posto . .che. . la . diversificazione della t.tela gi\lrisdiziqnaje .contro i .meri provvedimenti da quella contro le decisio.ni . sanziOil.atrie dspett il.principio j$enerale. seqndo cui fa materia.. delle . sanziopt pec\Jr,tiarie rim.essa . al ~iudice .orcli.nario.. 3. -Questa tesi non pu essere condivisa gi ne11a premessa cui s affida in base al principk> di specialit, in quanto non considera che (stante altres il limite della compatibilit inserito nel richiamo di cui all'art. 31), daL contenuto .complesso ~lprovvedimento sanzionatorio adottato dalla Autorlt, che, .:a.elle fattispeie di illecito dLrnaggjqrerilievo, assurnere:bbe i caratteri del prowedimentoafuriiin1sfrati\1o in senso proprio (di cuJall'art. 33) con esercizio di poteri autorifati'.vi discreziOnaii spettanti. all'Autorit stessa per la cura degli interessi pubblici cUi istittiZionalmente preposta. In senso conforme alla sentenza in oggetto, v .. TAR Lazio; sez. I, 21 luglio 1993, n~ 1i~1, i11. Foro lt.. 1994, Ill, 147'< con< nota di.richiami, che peraltro esplicita nel riconoscere at . gjudie ainministrativo anche . il potere, attribuito alprtoredll'art. 23 dllaiegg;e 689, di molifiare uprovvedimeritoiinpttgiiato quanto all'entit della sanzione pecllniaria. dovuta. b1 . d9ttrina si. .. :veda, jn argomento, CLAlUGH, . Per uno studio sui poteri dell'Autorit garante della concorrenza e del mercato, in Dir. Amm., 1993, 77; MARINO; Atdrit garante delia concorrenza e del mercato e giustizia amministrativa; in Di'r. economia, 1992, 573, nonch A; BARONE, Sanzioni pecuniarie antitrust. e questioni di giurisdizione, nota alla. sentenza in epigrafe, in !!oro [t., J994, I, 733, H quale esprime qualche perplessit sul riparto di giurisdizione compitit dalla Corte. F.S. 10 134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 33 l'unica norma che regola in modo speciale, rispetto all'ordinaria disciplina, i mezzi di tutela giurisdizionale relativi all'applicazione della legge n. 287, tanto quelli adottati dall'Autorit (primo comma) nell'ambito delle tre categorie di atti vietati dalla legge (intese restrittive della concorrenza; abuso di posizione dominante; concentrazioni elisive o riduttive della concorrenza), quanto quelli concernenti le conseguenze pregiudizievoli derivate ai soggetti interessati dagli atti medesimi (secondo comma). In particolare, circa i rimedi contro l'operato dell'Autorit, l'ampia form.la dell'enunciato tale da comprendere, con il termine provvedimenti , tutte le determinazioni che essa pu assumere nell'esercizio del potere decisionale, dunque sia gli atti di accertamento dei comportamenti vietati e sia i conseguenziali provvedimenti sanzionatori (su ci ancora infra). E la specifica disciplina riguarda, come si visto, anche il carattere esclusivo della giurisdizione amministrativa -perci estesa ad ogni posizione giuridica tutelata, di interesse legittimo come di diritto soggettivo -e l'indicazione dell'organo competente all'interno della giurisdizione medesima, tassativamente individuato nel Tar del Lazio. La portata del.l'art. 33, quale norma intesa a definire le specialit della giurisdizione per le azioni relative alla legge in oggetto, confermata dal secondo comma della disposizione, che attribuisce alla corte di appello competente per territorio talune controversie tra privati originate dalle medesime violazioni, precisamente le azioni di nullit e di risarcimento del danno, nonch i ricorsi volti ad ottenere provvedimenti di urgenza in materia. Ci posto, il coordinamento dell'art. 31 non pu essere operato affidandosi sic et simpliciter alla specialit della prima disposizione, nel senso che essa dovrebbe prevalere perch riguarda in modo specifico le sanzioni pecuniarie. Occorre considerare, invece, che l'art. 33 gi regola in modo speciale la tutela giurisdizionale nelle materie della legge e che perci, per ritenere applicabile una diversa tutela (in ipotesi, quella ordinaria), bisognerebbe rinvenire una norma settoriale espressamente limitativa dell'ambito di operativit della disciplina (speciale) introdotta con la disposizione suddetta. Nell'enunciato dell'art. 31 non solo non si rinviene una siffatta pre visione, ma la diversa regolamentazione esclusa in radice dall'inciso per cui le disposizioni della legge n. 689 del 1981, ivi indicate mediante un riferimento globale alle sezioni I e II del capo I, vengono richiamate in quanto compatibili . vero che tra le norme per le quali potrebbe in astratto operare il rinvio sono comprese quelle che disciplinano il .procedimento di opposizione davanti al pretore (art. 22 ss.); ma nella legge n. 287 del 1990 la tutela contro tutti i provvedimenti dell'Autorit specificamente attribuita dall'art. 33 al Tar del Lazio e risultano inap PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 135 p1icabili quindi, le disposizioni sulla competenza giurisdizionale delpretore, in quanto incompatibili. N questa limitazione toglie valore al rinvio, che conserva importanza sia quanto agli aspetti sostanziali dell'illecito -risultando applicabili, ad es., le norme de1la I. n. 689 in tema di solidariet, di non trasmissibilit dell'obbligazione agli eredi, di prescrizione -sia quanto al. procedimento di irrogazione delle sanzioni -essendo applicabili, ad es., le norme concernenti la contestazione delle violazioni e l'attivit di difesa -e sia, infine, quanto alla riscossione, essendo applicabili, ad es., le nori;ne sul pagamento rateale e sull'esecuzione forzata. 4. -Il coordinamento ora delineato -per cui il richiamo dell'art. 31 alla disciplina ordinaria delle sanzioni amministrative concerne gli aspetti suddetti, mentre la tutela giurisdizionale rimessa, ex art. 33, al giudice amministrativo -trova puntuale riscontro nell'esegesi logico sistematica, non avendo consistenza gli argomenti addotti al riguardo dal resistente. A parte la considerazione che nella legge n. 287 del 1990 l'atto con cui l'Autorit infligge le sanzioni pecuniarie viene testualmente indicato con il. termine provvedimento (v. art. 14, comma 5), va detto che nelle fattispecie di illecito di maggior rilievo l'atto medesimo non di mera applicazione della sanzione, volto, cio, alla quantificazione ed alla riscossione di un credito sorto ex lege in conseguenza della operazione vietata, ma ha un contenuto complesso, che gli attribuisce i caratteri del provvedimento amministrativo in senso proprio, con esercizio di poteri autoritativi discrezionali spettanti all'Autorit per la cura degli interessi pubblici ad essa istituzionalmente attribuiti. La qual cosa fatta palese anche da ci, che alla medesima Autorit competono il potere di accertamento della violazione e la potest sanzionatoria, sicch manca la diversificazione -postulata come normale nella legge n. 689 del 1981 (v. artt. 17 e 18) -tra l'organo che procede all'accertamento e l'organo che, valutata la fondatezza dello stesso, infligge la sanzione. Sono significativi, al riguardo, gli artt. 15 e 19 della legge del 1990, in cui le sanzioni pecuniarie, largamente discrezionali nel quantum e, talvolta, anche nell'an (v. comma 1 dell'art. 15; comma 2 dell'art. 19), vengono correlate all'inadempimento di diffide o prescrizioni impartite dalla stessa Autorit e chiaramente non costituiscono espressione di un potere sanzionatorio meramente punitivo. Nelle quali ipotesi, poi, i cri teri di determinazione della pena non sono quelli dettati dall'art. II della legge n. 689, n risultano applicabili i poteri attribuiti al pretore dall'art. 23, comma 2, della stessa legge. Specificamente quanto alla tutela giurisdizionale va sottolineata, infine, la stretta connessione che si riscontra tra il provvedimento sanzionatorio e quello di accertamento della violazione, con il quale l'Autorit .IW!SflGNA AVVOCATURA DELLO STATO ritiene sussistere uno dei comportamenti vietati.dalla legge: cos , ad es., per l'accertamento dell'intesa vietata ex. art. 2 o dell'abuso vietato ex art. 3, rispetto all'irrogazione della sanzione di cui all'art. 15; ovvero per l'accertamento dell'esistenza di una concentrazione e per il conseguente ol;>bligo di. co:municazione ex art. 16 comma 1, rispetto all'irrogazione deli: l le sanzioni di cui all'art. 19. : Ora, poich incontestabile che contro i provvedimenti di accertamento degli atti vietati la giurisdizione appartiene al giudice amministratiyo, se fosse esatta l'oppc;>sta esegesi si dovrebbe registrare un'inammissiqile separazione della tutela, che dovrebbe essere attribuita per l'aspetto sanzionatorio ad un giudice (pretore) cui sarebbe preclusa ogni indagine in ordine all'esistenza ed entit dell'illecito per il quale la sanzione stata inflitt, con evidente pregiudizio del principio di effettivit della tutela giurisdizionale invocato dallo stesso resistente. Pertanto risulta del tutto razionale l'attribuzione allo stesso giudice amministrativo anche dei ricorsi in materia di sanzioni pecuniarie, giudice munito di giurisdizione esclusiva e perci abilitato a giudicare dell'intero rapporto controverso, indipendentemente anche dalla consistenza delle posizioni soggttive tutelate (com' noto, rispetto al potere sanzionatorio della P. A. non meramente punitivo la posizione soggettiva del privato affievolisce ad interesse legittimo). Criterio, codesto, nient'affatto nuovo nell'ordinamento, essendo sufficiente ricordare in tal senso la t n. 10 del 28 gennaio 1977, che attribuisce al Tar la giurisdizione esclusiva in materia di sanzioni per violazioni urbanistiche ed edilizie. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 gennaio 1994 n. 337 -Pres. Rossi - Rel. Proto -P. M. Viale (conf.) -ANAS (avv. Stato Clemente) c. Foc (avv. Panuccio). Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione appropriativa -Compimento di opere irreversibili -Determinazione e offerta dell'indennit di esproprio -Riconoscimento del diritto al risarcimento del danno Esclusione. In caso di illecita occupazione appropriativa di un fondo da parte della pubblica amministrazione, la determinazione e l'offerta dell'indennit di esproprio non costituiscono manifestazione univoca di riconoscimento .del diritto del privato espropriato al risarcimento del danno (1). (1) Che la determinazione e il deposito dell'indennit di esproprio non costituiscano riconoscimento del diritto del privato espropriato al risarcimento dei danni per illegittima occupazione, rileva in particolare per le conseguenze '-"""""''/."""7."'"7.'H'"""''h . , ...., ......, ., ., , ..................., ll.a?l.,.... ,.,,.1&.,llW PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI H7 .L -Con l'unico motivo del ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2943, 2944 e 2947 e.e., nonch carenza di motivazione. La ricorrente censura l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui la determinazione e l'offerta dell'indennit di esproprio costituiscono riconoscimento del diritto al risarcimento del danno e deduce che la do manda volta ad ottenere la giusta indennit non pu essere ritenuta idonea ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno. Censura, inoltre, la sentenza impugnata per non aver considerato che; comunque, la citazione notificata il 3 marzo 1976 non poteva influire .suila. prescrizione gi maturata, essendo estinti a quella data iJ credito risarcitorio di lire 7.848J88 e quello di lire 13.650.000. 2. -Il primo profilo della censura fondato. La Corte d'appello ha accertato (con apprezzamento che non oggetto di doglianza in qu~sta sede) che l'inizio della prescrizione decorreva dal 22 luglio 197(}, data in cui si era perfezionato il fatto illecito della pubblica amministrazione. Muovendo da questa situazione di. fatto e con riferimento ai diritti di credito fatti valere, a titolo cli risarcimento, dalla Foc, l;la, quindi, ritenuto che il corso della prescrizione era -stato interrotto dalla offerta di indennizzo contenuta nel decreto prefettizio di esproprio del 7 maggio 1974. La Corte. ha, infatti, osservato che -indipendentemente dal carattere lecito od illecito. dell'.atto. apprensivo posto in essere dalla pubblica amministrazio~e e dalla qualificazione, come indennizzo ovvero risarcimento del danno, della prestazione pecuniaria dovuta -l'offerta valeva come riconoscimento delle -ragioni creditorie cli carattere risarcitorio dell'attrice, idoneo, come tale, ad interrompere la prescrizione. in materia di ptescrizione quinquennale la quale decorre dal momento di perfezione dell'illecito della pubblica amministrazione, e non viene interrotta dalla determimi.zione dell'indennit di esproprio. Infatti sussiste una radicale diversit tra l'offerta dell'indennit espropriativa (dovuta in caso di appropriazione sia lecita che illecita), e quella di risarcimento da illecita occupazione. In questo senso sono numerosi i precedenti: Cass. 18 ottobre 1990, n. 10159, in Mass. Foro It. 1990, p. 1138; Cass. 11 novembre 1992, n. 12150, in Mass. Foro Jt. 1992, p. 1072; Cass. 28 marzo 1990, n. 2532, in Mass. Foro It. 1990, p. 362. Cass. 9 litglio 1989, n. 3253, in Mass. Foro lt. 1989, p. 476. In generale, -sulle differenze, in termini di qualificazione della somma dovuta al privato e della conseguente prescrizione, tra espropriazione sostanziale ed occupazione acquisitiva, v. da ultimo Cass. 8 novembre 1992, n. 10979 e Cass. 25 novembre 1992, n. 12546, entrambe in Foro lt. 1983, I, p. 87 ss., con note di CASO e DE MARZO. Inoltre sulla natura dell'indennit di occupazione a seguito di irreversibile destinazione del fondo alla realizzazione dell'opera pubblica durante l'occupazione legittima v. Trib. Latina, 7 marzo 1991, in Foro It. 1991, I, 1557, con osservazioni di CASO; mentre sulla quantificazione del risarcimento del danno da illegittima occupazione acquisitiva del fondo privato Cass. 21 ottobre 1991, n. 11133, in Foro It., 1992, I, 1200, con nota di PELLECCHIA. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Queste statuizioni non possono essere condivise. La tesi qui censurata riposa, infatti, sulla considerazione della identit di contenuto della contro 138 prestazione dovuta dalla pubblica amministrazione come corrispettivo della acquisizione del bene privato, in quanto, secondo la Corte di merito, sia l'indennit espropriativa che il risarcimento del danno da illecita occupazione appropriativa sarebbero correlati al valore venale del bene. Tesi, questa; che contrasta con l'orientamento ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui offerta e deposito dell'indennit di espropriazione -in quanto non inerenti al credito risarcitorio spettante al proprietario del fondo per effetto della radicale trasformazione del bene con l'irreversibile acquisizione nella realizzazione dell'opera pubblica senza titolo espropriativo e nella conseguente perdita del diritto dominicale per fatto illecito dell'amministrazione -non possono integrare n riconoscimento del credito stesso, n rinuncia ad opporsi alla prescrizione (ex pZ.urimis, Cass. 9 luglio 1989 n. 3253; Cass. 28 marzo 1990 n. 2532; Cass. 18 ottobre 1990 n. 10159; Cass. 11 novembre 1992 n. 12150). Attesa, dunque, la diversit ontologica dei due diritti, nella ipotesi in cui, come quella di specie, i soggetti siano legati da una pluralit di rapporti obbligatori, radicati su fonti diverse ed eterogenee, il comportamento concludente idoneo ad integrare un riconoscimento in relazione ad uno di essi non pu da solo essere assunto come dato significativo artche nei confronti agli altri rapporti, trattandosi di fatto per s suscettibile di interpretazione non univoca. 3. -Alla stregua delle considerazioni che precedono evidente , dunque, l'errore della Corte di merito, che, partendo dalla errata premessa della identit di contenuto delle due obbligazioni, non ha considerato che, in virt della diversit strutturale del diritto alla indennit di esproprio rispetto al diritto al risarcimento del danno, il comportamento dell'amministrazione, senza uno specifico e significativo quadro di riferimento, non poteva valere come ammissione del diritto al risarcimento del danno preteso dalla Foc. 4. -Resta assorbito il secondo profilo della censura. La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio della causa ad altro giudice, che proceder ad un nuovo accertamento in conformit ai suenunciati principi di diritto. Il giudice del rinvio vorr provvedere anche in ordine alle spese di questa fase. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese relative a questa fase, ad altra Sezione della Corte d'appello di Catanzaro. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 139 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 gennaio 1994 n. 728 Pres. Salafia Rel. Baldassarre . P.M. Alosi (parz. conf.) Lapiccerella (avv. Berruti e Padoa) e Salina Amorini (avv. Guarino) c. Ministro dei Beni Culturali ed ambientali (avv. Stato Ferri). A.ntichit e IJelle Arti . Alienazione abusiva di cose. di interesse artistico Sanzione pecuniaria ex a..,-t. 64 legge 1 giugno 1939, n. 1089 Accertamento deipresupposti Giurisdizione ordinaria Sussistenza. In caso di vendita abusiva di cose di interesse artistico l'accertamento dei presupposti dell'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 64 legge 1 giugno 1939 n. 1089, da cui dipende l'irrogazione della sanzione, spetta .al giudice ordinario, in concorrenza col potere della pubblica amministrazione di procedere direttamente all'applicazione della sanzione amministrativa (1). 1. -Il ricorrente principale, Leonardo Lapiccerella, deduce che, in ordine alla sanzione prevista dall'art. 64 della Jegge 1 giugno 1939 n. 1089, sembrano sussistere aspetti di discrezionalit amministrativa circa l'accertamento della impossibilit di rintracciare il bene vincolato e che dovrebbe negarsi la giurisdizione ordinaria, da:l momento che la fattispecie in esame attiene alla fase antecedente quella della determinazione del quantum della sanzione, determinazione rispetto alla quale soltanto ricorrebbe, secondo la giurisprudenza richiamata in sentenza (SU n. 1235/74), una discrezionalit tecnica, Con il ricorso incidentale i Salina Amorini, nel riproporre l'eccezione di difetto di giurisdizione de1l'A.G.O., sostengono che l'obbligo di corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa, di cui all'art. 64 legge n. 1089/39, secondo la citata sentenza, ha natura di sanzione amministrativa, per la cui irrogazione la legge prescrive un preciso iter procedimentale, dettato a tutela sia della pubblica amministrazione che del privato; con la conseguenza, che non assume alcuna rilevanza la questione sul se l'atto dell'amministrazione sia discrezionale o abbia na (1) ile Sezioni Unite, a fronte della contestazione della giurisdizione ordinaria rispetto all'accertamento dei presupposti per l'irrogazione della sanzione amministrativa prevista dall'art. 64, primo comma, legge 1 giugno 1939, n. 1089, confermano un costante indirizzo giurisprudenziale, in base al quale al giudice ordinario spetta la verifica dell'an debeatur, mentre all'amministrazione -che peraltro pu procedere autonomamente anche a tale accertamento -spetta in via esclusiva la determinazione del quantum debeatur, caratterizzata da discrezionalit tecnica. Viene evidenziato anche il carattere non solo sanzionatorio bens risarcitorio dell'addebito di cui all'art. 64 I. cit. . Nello stesso senso, richiamata nella motivazione della sentenza, Cass., 28 ottobre 1959, n. 3165, in Foro it. Rep. 1959, voce Monumento, nn. 36-30, e in Foro amm. 1959, Il, I, 591, con nota di PIVA, Cose d'arte: esportazione abusiva e... distrazioni: secondo la quale la sanzione amministrativa in oggetto costi 140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tura vincolata, essendo essenziale, invece, l'esistenza dell'atto, posto che il giudice non pu sostituirsi all'autorit amministrativa, che sola pu dare avvio al procedimento. Soggiungono che tali principi, gi desumibili dall'insieme del sistema normativo, oltre che dallo stesso art. 64 cit., hanno trovato compiuta definizione, nelle more del giudizio, ad opera della legge n. 689/8i, che, nel caso in esame, dovrebbe ritenersi autonomamente applicabile, quanto meno a far data dalla sua entrata in vigore. 2. -Le riassunte censure muovono da posizioni antitetiche, giacch, mentre il ricorrente principale pone a base dell'eccezione di difetto di giurisdizione (e dell'asserita giurisdizione del giudice amministrativo) la natura amministrativa, e non solo tecnica, della discrezionalit operante ai fini della determinazione della sanzione prevista dall'art. 64 della legge 1 giugno 1939 n. 1089, i ricorrenti incidentali (come risulta ben ribadito in memoria) danno per pacifico che la misura della sanzione frutto non di una determinazione discrezionale, ma di un accertamento tecnico ('somma pari al valore della cosa', stabilisce l'art. 64 cit.) , tanto da definire corollario incontestato ... che l'atto amministrativo, con il quale si accerta il fatto e si irroga la sanzione, incide su diritti soggettivi e che contro di esso data pertanto difesa in giudizio avanti l'autorit giudiziaria ordinaria . Poich quest'ultimo rilievo risulta in linea con l'indirizzo giurispru denziale di cui si dir, deve essere disattesa l'eccezione sollevata dal ricorrente principale. 3. -I ricorrenti incidentali, anche se eccepiscono il difetto di giurisdizione del g. o. , tendono, nella sostanza, a sentir affermare un assoluto, anche se temporaneo, difetto di giurisdizione, in quanto il giudice ordinario, riconosciuto come l'unico munito di competenza giurisdizionale in tema di sanzioni ex art. 64 cit., non potrebbe conoscere le relative controversie prima dell'emanazione del provvedimento con il quale l'amministrazione irroga la sanzione. tuisce un diritto soggettivo della pubblica amministrazione, come tale soggetto alla cognizione del giudice ordinario. Si veda anche Cass. 3 maggio 1974, n. 1235, in Foro it., 1974, I, 2334 ss. che afferma la giurisdizione ordinaria rispetto alle controversie insorte sulla legittimit del provvedimento sanzionatorio adottato dall'amministrazione. Sull'assenza di discrezionalit amministrativa in ordine alla valutazione dei presupposti dell'applicazione della sanzione amministrativa, in quanto consistono nel semplice fatto che la cosa non si possa pi rintracciare o risulti esportata, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 1965, n. 128, in Foro it. 1965, III, 463. In dottrina, sulle problematiche inerenti al diritto di prelazione da parte . dello Stato e alla relativa tutela, cfr. GERACI, La tutela del patrimonio d'antichit e d'arte, Napoli 1956, 88 ss.; CANTUCCI, La tutela giuridica delle cose di interesse artistico e storico, Padova 1953, p. 216 ss.; GRISOLIA, La tutela giu ridica delle cose d'arte, Roma 1952, 394 ss. f f. ~ i f j PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 141 In senso contrario hanno pronunciato queste Sezioni unite -pi che con la gi citata sentenza 3 m!;lggio 1974 n. 1235, resa in controversia che era stata promossa per contestare l'irrogazione della sanzione ad opera di decreto ministeriale -con la precedente sentenza 28 ottobre 1959 n. 3165. :a stato con questa chiarito che il potere della pubblica amministrazione di procedere direttamente all'applicazione della sanzione amministrativa prevista dall'art. 64 della legge 1 giugno 1939 n. 1089, sulla tutel delle cose di interesse storico e artistico, non esclude il concorrente rimedio -:-in linea di principio non escluso dall'art. 2 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E. -dell'azione. giudiziaria limitatamente all'accertamento della trasgressione, da cui dipende poi l'irrogazione della sanzione. Se il procedimento ed il relativo provvedimento ministeriale, previsti dal citato art. 64, non sono sostituibili per quel che riguarda la determinazione de~ quantum debeatur , non pu estendersi il .divieto all'accertamento dei fatti costitutivi .dell'infrazione e causativi della .sanzione (quali l'esportazione abusiva, l'omessa denuncia di un qualsiasi atto di trasferimento del bene, ecc.), restando all'amministrazione, limitatamente a detto accertalllento, di valutare l'opportunit di richiedere un preventivo giudizio del magistrato ordinario' ovvero di emettere senz'altro il provvedimento di applicazione della sanzione. Al riguardo deve essere tenuto presente che si tratta di azione diretta all'accertamento della sussistenza dell'obbligazione nascente dalla violazione dell'art. 64 cit., che trova fondamento nell'interesse dell'amministrazione a. conseguire la certezza in ordine ai presupposti della sanzione da c9mminare, che indubbiamente incide su posizioni di diritto soggettivo del privato. Appare, d'altra parte, rilevante la particolare natura della prestazione, che; accanto alla (e pi che) funzione propriamente sanzionatoria -in materia realizzata certamente dalle norme degli artt. 63 e 65 della legge 1089/39 -svolge una funzione risarcitoria, ben desumibile da significative previsioni normative: il pagamento dell'equivalente previsto sol in cso di mancato recupero della cosa protetta, ossia per l'avverarsi di un danno effettivo, che viene eliminato mediante la cor~ responsione di somma ommisurata al valore della cosa (primo comma dell'art. 64); la possibilit di devolvere la somma all'ente o istituto cui la cosa apparteneva .(secondo comma) tende a far coincidere le posizioni di danneggiato e di percettore; il previsto pagamento solidale della somma, che rimane unica anche quando la violazione sia imputabile a pi persone (terzo comma) mal si concilia con una prestazione tipicamente sanzionatoria. Nel caso in esame la pronuncia in ordine alla sanzione risulta anche connessa con quella di accertamento della nulUt dell'atto di alienazione - ~ 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO del dipinto; e c10 pu spiegare, sul piano pratico, la scelta dell'unica, comune via del giudizio innanzi al giudice ordinario. Vero che la sentenza impugnata reca un dispositivo di condanna a pagare somma corrispondente al valore del quadro, ma in relazione I a tale generica e conseguenziale pronuncia, la motivazione opportuna 1 mente fissa i limiti della cognizione del giudice ordinario, affermando che alla P.A. riservato il potere di accertare e determinare il valore dell'opera e quindi della sanzione amministrativa. 4. -Non porta a diversa so1uzione del problema della giurisdizione il ri<;:hiamo della legge 24 novembre 1981 n. 689 -per altro emanata quando il presente giudizio era gi da tempo iniziato -atteso che l'art. 12, che ne delimita l'ambito di applicazione, fa riferimento a sanzioni di natura essenzialmente punitiva. Se ne trae conferma, sul piano normativo, dal d.P.R. 29 luglio 1982 n. 571, l dove, nell'individuare, ai fini del rapporto previsto dalla legge n. 689/81, gli uffici periferici del Ministero per i beni culturali ed ambientali, indica le violazioni di cui agli artt. 58, 60 e 69 de1la legge 1 giugno 1939 n. 1089, non anche all'art. 64. Va tenuto fermo, per tanto, il punto deHa decisione relativo alla declaratoria della giurisdizione dell'A.G.0. 5) -Il paragrafo b) del primo motivo del ricorso principale espone I la censura, sempre di ordine procedurale, di violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., per avere il Giudice dell'appello, senza motivare I al ri.guardo, pronunciato la condanna del Lapicce!'ella al pagamento della sanzione, sebbene il Ministero istante ne avesse chiesto la conqanna I per la sola ipotesi in cui si fosse accertato che egli avesse ostacolato il reperimento del dipinto. I La censura di ultrapetizione non pu trovare ingresso, dal momento che la sentenza -in sintonia con la domanda e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che non deduce il vizio di motivazione -afferma espressamente che il Lapiccerella aveva dichiarato che non intendeva rivelare il nominativo della persona giuridica cui il quadro era stato venduto suo tramite (docum. n. 3) e che la violazione dell'obbligo di denuncia era stato fattore causativo dell'impossibilit di reperire il dipinto. 6. -Con i primi due mezzi, che presentano elementi di connessione, Leonardo Lapiccerella addebita alla Corte d'appello: 1) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1704, 1705 e 1706 del codice civile, per non avere considerato che nel caso di mandato senza rappresentanza, relativo a beni mobili, l'acquisizione effettiva o sostanziale del bene acquistato dal mandatario si produce direttamente in capo al mandante, come si desume dall'art. 1706 cit.; per avere ritenuto, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 143 in conseguenza erroneamente, che l'obbligo della denuncia incombesse anche al ricorrente in quanto mandatario. 2) Omessa od insufficiente motivazione e violazione dell'art. 2697 cod. civ., per avere recepito acriticamente la motivazione del Tribunale, senza tenere . conto delle. difese del ricorrente, che aveva sempre sostenut() di avere agito qt1a1e intermediario e, quindi, quale mediatore; pernon avere tenuto presente l'allegazione secondo cui incombeva al Ministero provare che Lapiccerella si era reso acquirente del dipinto e che tale prova non era stata raggiunta. Nell'ordine logico va preso in esame preliminarmente il secondo mezzo, dal. momento che la questione di diritto posta con il primo presuppone l'accertamento, in fatto, della contestata esistenza di un mandato senza rappresentanza. La Corte del merito, nel compiere l'indagine probatoria riservata alla .sua esclusiva cognizione, non incorsa nel vizio di motivazione che le stato ascritto. Ha rilevato, infatti, che il Lapiccerella con la comparsa di costituzione jn giudizio e nella successiva comparsa 20 luglio 1980 aveva ammesso di avere trattato con il marchese Salina l'acquisto del dipinto in oggetto e di avere concluso la vendita dopo lunghe trattative e ripetuti esami del quadro nell'aprile 1973, traendone la conclusione che lo stesso aveva agito quale mandatario senza rappresentanza. E non pu ritenersi carente la motivazione per avere sottolineato la rilevanza di tali atti processuali della parte, al fine di trarre elementi di giudizio dal contegno dalla stessa tenuto, senza menzionare le successive difese, atteso che, per ci solo, esse non possono considerarsi ignorate, Il ricorrente, per altro, richiama le difese svolte con le comparse conclusionali, senza contestare tuttavia di avere offerto una diversa impostazione difensiva con le comparse di costituzione in prime cure, a tal fine determinanti, e finisce per ammettere che la citazione di secondo grado, che avrebbe dovuto contenere specifici motivi di censura (art. 342 cod. proc. civ.), consisteva nella semplice allegazione di non avere mai acquistato direttamente e personalmente il quadro. La Corte bolognese ha fondato, per altro, il proprio convincimento circa l'esistenza di un mandato senza rappresentanza su ulteriori, conferenti elementi, ossia sulle conformi ammissioni del Salina e . sulla dichiarazione di vendita del quadro, prodotta in giudizio dallo stesso Lapiccerella, e tali elementi non trovano smentita nel ricorso. Consegue il rigetto del terzo motivo. 7....,-In orine al primo mezzo, il collegio osserva che l'art 1706 eod. civ., che cnferisce al mandante il potere di rivendicare le cose mo 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO bili acquistate per suo conto dal mandatario, presuppone che all'atto stesso dell'acquisto da parte di quest'ultimo si attuino due distinti trasferimenti, logicamente successivi, ma cronologicamente contempo ranei, l'uno dal terzo al mandatario e l'altro dal mandatario al man dante. Siffatto condivisibile princ1p10 non ha tuttavia impedito che, con non recente sentenza (n. 773/66), si sia ritenuto ammissibile che il secondo trasferimento, pur senza compromettere il diritto di revindica gi acquic sito dal mandante, si esteriorizzi in un successivo, distinto negozio. Invero, il contratto con il quale viene pattuito l'acquisto di cose mo bili' ad opera del mandatario, che non agisce (e, non essendo munito di poteri di rappresentanza, non pu agire) in nome del mandante, vede quali parti uniche e necessarie il terzo alienante e, quale acquirente, lo stesso mandatario; sicch a questi soltanto il primo trasferisce o rimane obbligato a trasferire le cose mobili, specificate nel contratto, senza che nella legittima ignoranza dell'esistenza del mandato e sino a che non sia esercitata dal mandante la revindica ex art. 1706, primo comma, cod. civ . ...:.. possa sottrarsi alfa pattuita consegna alla controparte. In caso di alienazione di bene di interesse storico o artistico soggetto a vincolo, Ja norma dell'art. 30 della legge 1 giugno 1939 n. 1089, che impone al proprietario (o detentore) di denunciare al competente Ministero l'atto che trasmetta la propriet o la detenzione del bene, comporta il dovere dell'alienante di rendere edotta l'Amministrazione della I pattuizione contenuta nell'atto medesimo e quindi del trasferimento immediato del bene in favore del mandatario senza rappresentanza (non I" potendo dubitarsi he, quando questa sussista, debba essere denunziato l'effettivo e diretto trasferiment al rappresentato). Nel contempo il mandatario senza rappresentanza rimane investito di analogo dovere di denuncia, con riferimento al contratto di mandato, J>er l'a\rverarsi, alla stregua del principio posto dall'art. 1706, primo comma, cod. civ., del contestuale ed automatico trasferimento al mandante. Tuttavia -data l'ampia previsione del primo comma dell'art. 30 cit., che, non solo fa riferimento all'atto nella sua essenza pattizia, ma rende esplicito il dovere di denunziare l'effettiva trasmissione della pro priet o della semplice detenzione del bene protetto -deve ritenersi che l'alienante, qualora abbia notizia (attraverso esplicita . dichiarazio ne del contraente-mandatario, o altrimenti certa) dell'effettiva destina zione del bene al mandante, debba di ci rendere edotta, mediante la prescritta, formale denuncia, l'Amministrazione. Nella specie ...__ ferme le ragioni esposte in sentenza in ordine all'esi stenza del mandato senza rappresentanza, di cui al precedente para. grafo, ed alla condotta dell'attuale ricorrente, che non aveva inteso render noto il soggetto per corito dl quale agiva '(sub 5) -la Corte d'appello, in aderenza agli esposti principi,. ha pronunciato la richiesta de PARTE I, SEZ. III, GIVRISPRUDENZA CIVILE,,GIURISDIZIONE E APPALTI 145 claratp;ril! .di_ :rmllH,, aYen,.c:;l._o:, accertato che, non .solo la vendita dal Sa lina al Lapiccerella, ma anche il successivo atto di ritrasferimento realizzato da Lapiccerella , non avevano formato oggetto di denunzia. Consegue l rigetto anche del prinio mezzo e con esso dell'intero ri corso principale. 8, --. .Ccm il secondo mezzo i ricorrenti incidentali invocano l'applica ?:ione dell'art. 7 della legge 24 novembre 1981 n. 689 :.-che riafferma il principio della re-sponsabilit personale, prevedendo che l'obbligazione elle. forma oggetto clella sanzione amministrativa non si trasmette agli ere4i '.'""":per essere essi .eredi di Boel Vera Orr, moglie ed erede del venditore Gian Augusto Salina Bolognini Amorini. Il motivo cleve essere rigettato sulla base delle considerazioni svol te innanzi (sub 4) circa la particolare natura e funzione della sanzione dLcui all'art. 64, che non consentono di ricondurre la fattispecie in esa me a,lle. p.revisiq:ritdella citata legge. 9. -Il terzo mezzo enuncia tre autonome censure di vizio di motivazione, proposte le prime due contro l'Amministrazione e la terza contro il Lapicerella: La prima doglin2:a, niovendo dal presupposto della insufficienza e contraddittoriet della niotfvazione in ordine alla posizione (di sempli~ ce mediatore o di mandatario senza rappresentanza) assunta dal Lapb cerella nel rapporto con il venditore Salina ed agli effettivi soggtti della stipula, tende a dimostrare che sarebbe stata decisa una fattispecie del tutto diversa da quella cui unicamente si riferiva la domand.a (vendita Salina-Lapiccerella). L'assunto smentito, per, dai rilievi, gi fatti nell'esaminare i primi due motivi del ricorso principale, che escludono il vizio di motiva . zione sul punto posto a prei;nessa della presente censura e definiscono la natura dei rapporti dedotti in causa. 10. -Del pari infondata la secnda censura, che tende ad escludere la responsabilit del Salina in conseguenza della sua estraneit al mancato recupero del quadro. La ragione del rigetto della doglianza a monte del denunciato vizio di motivazione. Invero, l'impossibilit di rintracciare la cosa ovvero l'accertamento della sua esportazione, che, in via alternativa, sono richiesti dal primo comma dell'art. 64 della legge n. 1089 del 1939 perch insorga l'obbligo di corrispondere la somma pari al valore della cosa medesima, costituiscono un elemento obiettivo della fattispecie e ricorrono, qundi, indipendentemente dalla responsabilit dell'autore del fatto costituente il detto elemento e, nella. Pi::t.ma ipotesi (la cosa non si pu rintracciare), che qui interessa, addirittura dall'esistenza di UJJ.. auto:re. (si. pensi al .mancato 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO recupero della cosa, oggetto dell'alienazione non denunciata, a causa della sua accidentale distruzione). 11) - fondata invece la censura rivolta contro il Lapiccerella. La Corte territoriale ha ritenuto di poter superare tutte le innanzi riferite considerazioni circa la conoscenza da parte dell'acquirente del vincolo esistente sul dipinto e la di lui condotta reticente, ed affermare, quindi, l'obbligo degli eredi Salina di rivalerlo del danno (costituito dal pagamento della sanzione e delle spese) sul rilievo che nei rapporti Salina-Lapiccerella si verte in materia di responsabilit contrattuale, nascente dalla garanzia prestata con la dichiarazione di vendita del 12 aprile 1973. La succinta motivazione sembra configurare un negozio di garanzia, autonomo rispetto alla compravendita, tanto da non essere coinvolto dalla declaratoria di nullit di questa, e diretto a tenere indenne il compratore dal danno che. gli sarebbe potuto derivare dalla violazione del dovere di denuncia. Si tratta per di una costruzione che, non essendo esplicita nella sentenza, potrebbe anche non corrispondere all'effettiva ratio decidendi e richiederebbe, comunque, il sostegno di esaurienti ragioni di ordine ermeneutico. Le quali non possono consistere nel semplice richiamo Idella suddetta scrittura, contenente la garanzia della libert dell'opera d'arte venduta. I L'incertezza interpretativa in ordine all'effettiva volont delle parti ~ contraenti e la mancanza di coordinamento tra l'affermazione del diritto di rivalsa e la contestuale enunciazione di circostanze indicative della conoscenza del vincolo da parte del Lapiccerella rendono necessado un nuovo esame del punto. 12. -In conclusione, accolto, solo nella parte che riguarda il Lapiccerella, il terzo motivo del ricorso incidentale dei Salina, si rigettano le altre censure dello stesso ricorso, nonch l'impugnazione principale. In relazione alla censura accolta la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa per limitato nuovo esame ad altra Sezione della Corte d'appello di Bologna, alla quale va demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q,M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale; accoglie per quanto di ragione il terzo motivo del ricorso incidentale; in relazione alla censura accolta cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per spese, ad altra Sezione della Corte d'appe1lo di Bologna; rigetta gli altri motivi del ricorso incidentale. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO Sez. IV . 11 gennaio 1994 n. 21 . Pres. Quartulli Est. Malinconico Ministero degli Affari Esteri (Avv. dello Stato Cingolo) c. Ciurcina (n.c.). Atto amministrativo -Accesso ai documenti Interesse del richiedente Caratteristiche Individuazione. Atto amministrativo Accesso ai documenti Diritto . Riguardo gli atti di wi concorso Fattispecie. La posizione che legittima all'accesso non necessariamente deve possedere tutti i requisiti che legittimerebbero il ricorso al giudice amministrativo avverso un atto lesivo della posizione soggettiva vantata, e neppure, quindi, l'attualit dell'interesse ad agire in giudizio per la tutela immediata della posizione sostanziale alla cui tutela comunque, anche indirevtamente, r.ivolta la domanda di accesso ai documenti amministrativi. E invece sufficiente che l'istante sia titolare di una posizione giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta si fondi su tale posizione (1). Il soggetto partecipante ad un concorso titolare di una posizione giuridicamente tutelata alla conoscenza dell'attivit della commissione giudicatrice ed ha un interesse autonomo, sia pure strumentale, ed attuale alla immediata conoscenza degli atti della procedura (2). 1. -Deve preliminarmente essere esaminata l'eccezione di inammis sibilit del ricorso originario per non essere stati ancora emanati i decreti attuativi previsti dall'art. 24 della legge n. 241 del 1990 e per l'indebita anticipazione del sindacato giurisdizionale rispetto al termine dell'anno dalla pubblicazione del d.P.R. n. 352 del 1990. L'ecce:llione infondata. (1) Cfr., in tema, Cons. Stato, Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 969, in questa Rassegna 1992, p. 488 e ss. e relativa nota redazionale. In dottrina, sull'argomento, P. Al.BERTI, L'accesso ai documenti amministrativi, in Al.BERTI e AA.VV., Lezioni sul procedimento amministrativo, Torino, 1992 e A. CINGOLO, Brevi note in materia di profili processuali dell'accesso ai documenti amministrativi ex lege n. 241 del 1990, in questa Rassegna, 1992, I, 93 e ss. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 148 L'art. 13 del regolamento approvato con il d.P.R. n. 352 stabilisce che nelle more dell'adozione dei regolamenti ministeriali concernenti le categorie dei documenti da sottrarre all'accesso ed in ogni caso non oltre un anno dalla entrata in vigore del presente regolamento, il diniego di accesso pu essere opposto dalle amministrazioni statali con provvedimento motivato del Ministro, al fine di salvaguardare gli interessi di cui all'art. 24, comma 2, della legge n. 241 del 1990 e con riferimento ai criteri delineati dall'art. 8 dello stesso d.P.R. n. 352. Nella specie la richiesta di accesso, avente ad oggetto gli atti relativi . al concorso di volontario nella carriera diplomatica bandito con d.m. 13 gennaio 1992 e particolarmente gli elaborati dello stesso istante, era dallo stesso istante datata 26 febbraio 1992. Detta richiesta, tuttavia, pervenne, per ammissione della stessa amministrazione e perch cos risultante dal protocollo, il 9 marzo 1993 e quindi dopo il 13 agosto 1992, data di entrata in vigore del d.P.R. n. 352 del 1990. L'amministrazione oppose il rifiuto, peraltro sottoscritto dal Capo dell'ufficio V invece che dal Ministro, motivandolo con la mancata emanazione dei decreti previsti dagli artt. 22 e 24 della legge. Tale motivazione erronea, proprio in base alle considerazioni gi esposte dalla Sezione nella decisione 21 novembre 1992, n. 969. Gi in quella occasione la Sezione aveva avuto modo di chiarire, infatti, che il menzionato termine di un anno, di cui all'art. 13 della legge n. 241, termine ora prorogato dal decreto-legge 14 settembre 1993, n. 358, convertito nella legge 12 novembre 1993, n. 448, non costituisce proroga del termine di emanazione dei regolamenti attuativi del diritto di accesso, trattandosi, invece, di una autodisciplina, della durata di un anno, intesa a mitigare gli effeUi negativi di un eventuale eccessivo ritardo nella adozione dei regolamenti ministeriali . Da quella norma regolamentare, quindi, deriva che nelle more della adozione di questi ultimi regolamenti e comunque entro il termine di cui all'art. 13 del regolamento governativo, n c' un assoluto ostacolo alle richieste di accesso, n una loro illimitata ammissibilit, dovendo invece di volta in volta essere valutata dal Ministro la sussistenza di ragioni preclusive dell'accesso. Nella specie, dunque, illegittimo il diniego di accesso, basato unicamente sulla mancata adozione del regolamento ministeriale di individuazione delle categorie di documenti da sottrarre all'accesso. N sussiste, conseguentemente, una anticipazione del rimedio giurisdizionale rispetto alla scadenza del termine posto che anteriore alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 352 solo la data apposta dall'istante sulla propria domanda, ma non la ricezione della .. domanda stessa da parte dell'amministrazione. PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 2 . .,.._ Nel merito, poi, infondato il motivo di appello con cui si censura la mancanza di attualit dell'interesse all'accesso e la mancanza di motivazione della relativa istanza. Non necessariamente, infatti, la posizione che legittima all'accesso deve possedere tutti i requisiti che legittimerebbero il ricorso al giudice amministrative> avverso. un atto lesivo della posizione soggettiva vantata, e J!.eppure; quindi, l'attualit dell'interesse ad agire in giudizio per la tutela immediata della posizione sostanziale alla cui tutela comunque, anche indirettamente, rivolta la domanda di accesso ai documenti amministrativi. :e invece sufficiente che l'istante sia titolare di una posizione giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta si fondi su. tale posizione. Ora, nel caso di specie, non pu essere disconosciuta all'istante una posizione giuridicamente tutelata alla conoscenza dell'attivit della comndssione .. giudicatrice, .proprio in considerazione della partecipazione dell'istante stesso al concorso. E l'eventualit che egli debba poi impugnare l'esito finale del concorso, in quanto il risultato dello stesso gli sfavorevole, e che per proporre quest'ultimo ricorso debba attendere che la lesione si faccia concreta e con essa l'interesse all'impugnazione attuale, non esclude il suo interesse autonomo, sia pure strumentale, ed attuale alla immediata conoscenza degli atti della procedura. Del resto una diversa conclusione porterebbe ad un consistente svuotamento dell'istituto dell'accesso agli atti dell'amministrazione, se non alla completa frustrazione delle sue finalit. Per lo stesso ordine di considerazioni deve escludersi che la domanda di accesso sia immotivata e auindi inammissibile ai sensi dell'art. 25, comma 2, della legge n. 241 del 1990. La motivazione, infatti, richiesta essenzialmente per dimostrare la sussistenza dei presupposti dell'accesso ai documenti, specificati dall'art. 22 della stessa legge, e per consentirne la verifica. In tale senso il precetto .legislativo esplicitato dal regolamento di cui al d.P.R. n. 352 del 1992, all'art. 3, comma 2. Ogni altra specificazione delle finalit che si propone l'istante non necessaria. Nel caso di specie la domanda di accesso era sufficientemente specifica per l'individuazione dell'oggetto della richiesta e dell'interesse ad essa sotteso. L'interesse , infatti, quello rivolto alla verifica delle operazioni compiute dalla commissione esaminatrice ed collegato alla gi menzionata posizione legittimante all'accesso, costituita dalla partecipazione alla procedura concorsuale. 3. -Neppure pu condividersi l'assunto dell'amministrazione appellante, secondo cui sulla trasparenza prevarrebbe l'esigenza di tutelare la riservatezza degli altri candidati, nella parte in cui l'accesso ai documenti riguarda anche i loro elaborati. 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT(} decisivo in proposito il rilievo che la riservatezza dei terzi va tutelata secondo quanto previsto dall'art. 24, comma 2, della legge n. 241, come specificato dall'art. 8, commi 2 e 5 lettera d) del d.P.R. n. 352 del 1992. La tutela della vita privata e della riservatezza della persona riguarda la sfera degli interessi strettamente legati alla persona stessa, tant' che l'esemplificazione menziona gli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale. Tra questi non pu certo comprendersi la redazione di elaborati destinati, per loro natura, al confronto con quelli di altri candidati, in un contesto di competizione concorsu~le, che non si riduce al rapporto tra il candidato e l'amministrazione, ma oinvolge anche gli altri candidati in un necessario giudizio di relazione. Del resto la trasparenza dei procedimenti concorsuali, sia pure sotto il diverso, ma collaterale, profilo dell'onere di motivazione espressamente affermata dalla legge n. 241 del 1990 con riferimento allo svolgimento dei pubblici concorsi (art. 3). E ci a prescindere dal rilievo che l'amministrazione, invece di negare completamente l'accesso, avrebbe potuto se mai tutelare l'anonimato dei compiti con l'omissione dei nomi degli autori. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 settembre 1993 n. 9660 -Pres. Montanari Visco Est. De Musis -P. M. Tondi (conf.). -Banca agricola salentina (avv. Rampino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano). Tributi in genere -Riscossione -Versamenti diretti -Istituto di credito delegato -Ritardato versamento in tesoreria -Penale -Natura -Ridu cibilit -Esclusione. (legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 17; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 3 bis; e.e. artt. 1383 e 1384). La penale stabilita a carico degli istituti di credito delegati dal contribuente in caso di ritardato versamento in tesoreria, pur avendo 'matura privatistica, analoga a quella dell'art. 1383 e.e., con funzione risarcitoria, svolge soprattutto una funzione sanzionatoria; di conseguenza esclusa la riducibilit a norma dell'art. 1384 e.e. (1). (omissis) La censura sub b) infondata. ben vero che questa Corte ha affermato che la penale de qua ha natura privatistica analoga a quella della penale prevista dall'art. 1283 e.e. (Cass. 29 agosto 1990 n. 8985). Ma da tale affermazione non pu inferirsi la completa equiparabilit tra 1le due penali poich la identit della natura non esclude differenze strutturali e funzionali e, conseguentemente, diversit di effetti. La penale prevista dal codice civile assolve (oltre che alla funzione di stimolo all'adempimento) ad una funzione meramente risarcitoria, come si rileva dalle previsioni che detta penale 1) ... ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non stata convenuta la risarcibilit del danno ulteriore (art. 1382 e.e.); 2) pu essere ridotta avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento . La penale prevista dalla legislazione tributaria, invece, assolve certamente (oltre che alla funzione di stimolo al tempestivo adempimento) ad una funzione risarcitoria, essendo evidente il danno conseguente alla ritardata disponibilit della somma, ma svolge soprattutto una funzione sanzionatoria, come rilevano le circostanze che la sua misura fissa, poich non proporzionata n all'ammontare del danno n al periodo di durata di questo ed di rilevantissimo ammontare (due per cento per ogni giorno di ritardo). (1) Un importante chiarimento. 152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Le individuate differenze escludono che alla penale in esame possa applicarsi la riducibilit prevista dall'art. 1384 e.e. Peraltro due ulteriori considerazioni suffragano tale conclusione. La prima che mentre la penale civilistica convenzionale, e cio diretta a disciplinare interessi dei contraenti, e ci spiega la possibilit di intel'Vento del giudice, previsto per accertare se << in concreto la tutela di quegli interessi risulti sproporzionata, e quindi da mitigare, la penale prevista dalla legislazione tributaria autoritativa, perch imposta preventivamente e indiscriminatamente, e ci esclude che essa sia correlata agli interessi concreti che in futuro saranno influenzati da specifici versamenti, il che determina l'impossibilit, per il giudice, di eseguire quella valutazione (in funzione riduttiva) che la penale civilistica invece gli consente. La seconda considerazione che la riduzione della penale condizionata, ai sensi dell'art. 1384 e.e., alla valutazione dell' interesse che il creditore aveva all'adempimento, e, quindi, al pregiudizio che egli ha ricevuto da quel concreto inadempimento. E un siffatto interesse, e quindi il conseguente pregiudizio, non pu costituire oggetto di accertamento nella penale in esame, dal momento che l'interesse che con questa si inteso tutelare, oltre che valutato gi in via preventiva dal legislatore, e quindi per ci solo gi insuscettibile di diversa valutazione da parte del giudice, non l'interesse correlato ad uno specifico adempimento, ma quello correlato all'adempimento globale di tutte le obbligazioni tributarie per le quali prevista la delega: e pertanto il giudice non potrebbe procedere a quell'accertamento, che si visto necessario per la riduzione della penale. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 novembre 1993 n. 10929 -Pres. Rossi . Est. Lupo -P. M. Lupi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano) c. Soc. Parco Villa Fiorita. Tributi in genere -Sanzioni -Elemento intenzionale . Volontariet del fatto Sufficienza. Negli illeciti amministrativi tributari presupposto sufficiente la volontariet del comportamento sanzionato, indipendentemente dalla presenza di dolo o colpa, in quanto a tali illeciti non applicabile l'art. 3 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (1). (1) Decisione importante che si ricollega alla precedente 8 gennaio 1993, n. 125 (in questa Rassegna, 1993, I, 117), che aveva ritenuto inapplicabile alle sanzioni tributarie l'intera prima sezione del capo primo della legge n. 689/1981. Evidentemente esatta la precisazione che l'errore di diritto sulla norma di incerta portata non influisce sull'elemento soggettivo. PARTE I, SEZ. V, .GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA e (omissis) Con.. l'unico motivo. di ricorso l'amministrazione .finanziaria deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 29 gennaio 1929 n. 4, dell'art. 43, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, nonch dei principi generali in tema di pene pecuniarie per la violazione di leggi tributarie; deduce altres motivazione. perplessa e contraddittoria su punti decisivi della controversia. La parte ricorrente osserva che, nel sistema sanzionatorio tributario, la distinzione tra violazioni dolos.e e vicilazioni colpose non consentita n in via .generale n in via eccezionale (cio per la fattispecie prevista dall'art. 43, secondo omma1.del d.P.R. n .. 633/1972). Gli illeciti tributari sono punibili a seguito della sola commissione della violazione, come si afferma in dottrina. Al pi, in via subordinata, pu affermarsi la necessit della colpa (come per le contravvenzioni) e pu attribuirsi rilevanza al solo errore di diritto, come si desume dall'art. 48, ultimo comma, dello stesso d.P.R. n. 633/72. Il motivo di ricorso fondato. Questa Corte, con la recente sentenza dlle Sez. Un., 8 gennaio 1993 n. 125, ha affermato che gli illeciti amministrativi in materia tributaria sono punibili sulla base della semplice volontariet del comportamento sanzionato, indipendentemente dalla presenza di dolo o di colpa, posto che alle pene pecuniarie tributarie non si applicano le disposizioni in tema di elemento i.;oggettivo dettate dall'art. 3 della legge 24 novembre 1981 n. 689. A tale principio generale non si sottrae l'illecito amministrativo configurato dall'art. 43, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, in tema di IV A, secondo cui se dalla dichiarazione presentata risulta un'imposta inferiore di oltre un decimo a quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimbotsabi1e superiore di oltre un decimo a quello spettante, si applica la pena pecuniaria da uno a due volte la differenza . Non vi alcun elemento per ritenere che tale fattispecie di illecito, in deroga al principio generale sopra specificato, sia intrinsecamente dolosa, come ha. affermato la decisione impugnata. La trascritta disposizione mira a rendere veritiera la dichiarazione che deve essere presentata dal contribuente e che costituisce il presupposto della imposizione; essa quindi intende sollecitare la diligenza e l'attenzione del dichiarante, al fine di evitare inesattezze ed errori anche meramente colposi. La decisione impugnata richiama, a fondamento del proprio orientamento interpretativo, il dispositivo dell'art. 48, ultimo comma, del d.P.R. n. 633/72 (secondo cui gli organi del contenzioso tributario possono dichiar~re non dovute le pene pecuniarie quando la violazione giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce) e il disposto dell'art. 8 del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito nella 1. 7 agosto 1982 n. 516 (secondo cui l'errore sulle norme che disciplinano le imposte sui redditi e sul 154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO valore aggiunto esclude la punibi1it quando ha cagionato un errore sui fatti che costituiscono reato a norma del presente decreto). In ordine alle due disposizioni normative richiamate, va osservato che la prima di esse concerne una ipotesi di errore di diritto, dovuta ad incertezza normativa (situazione che non si afferma sussistere nel caso di .specie). Comnque,.anche tale forma di errore non comporta la non punibilit dell'autore . della violazione, ma determina un potere discrezionale degli organi del contenzioso tributario (e non anche degli uffici finanziari) di non applicare la sanzione comminata dalla legge. Non pertinente , poi, il richiamo della seconda norma sopra trascritta, che concerne soltanto i reati, e non anche gli illeciti amministrativi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 19 novembre 1993 n. 11445 -Pres. Bene. forti -Est. Borruso P. M. Lo Cascio (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Fiorilli) c. Pignatelli (avv. Orlando). Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi fondiari Reddito dei fabbricati -Catasto -Categoria di classamento Castelli e palazzi di eminente pregio artistico -Categoria A/9 -Riferimento all'intero immobile -Destinazione effettiva -Irrilevanza. (d.l. 13 aprile 1939, n. 652, art. 8; !. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 2). I castelli e i palazzi di preminenti pregi artistici o storici vanno classificati unitariamente nella categoria catastale A/9 indipendentemente dalla destinazione effettiva, anche ad usi commerciali, e senza suddistinzione fra singole parti (1) (1) La decisione solleva molti dubbi. innanzi tutto generica, una volta escluso che abbia valore formale la sottoposizione al vincolo della legge 1 giugno 1939, n. 1089, la definizione di palazzo, ove si prescinda dalla destinazione; non d certo affidamento il riferimento al caseggiato cittadino di notevole mole e a pi piani. Sembrerebbero contrastare con quanto affermato nella sentenza le numerose provvidenze previste da norme di legge per i fabbricati sottoposti al vincolo: il reddito determinato mediante applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale collocato il fabbricato (art. 11, comma 2, legge 30 dicembre 1991, n. 413) anche ai fini dell'ICI (art. 2, comma 5, d.l. 23 gennaio 1993, n. 16); esclusione dall'attivo dell'imposta di successione (art. 13 dl. lg.vo 31 ottobre 1990, n. 346); deducibilit dal reddito complessivo delle spese sostenute per manutenzione, protezione e restauro (art. 10, lett. o, t.u. 22 dicembre 1986, n. 917). Inoltre l'applicazione della tariffa minima d'estimo ai fini IRPEF ed ICI prevista solo per le abitazioni sl che resta confermata la inclusione nel gruppo C degli immobili a destina iione commerciale. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis) Nel 1981 L'Ufficio Tecnico Erariale (U.T.E.) di Roma attribuiva alle singole unit immobiliari costituenti l'edificio sito in Roma, via dei Coronari (civici n.ri 136, 138, 139, 140, 141, e 142) e via Vecchiarelli 38 categorie catastali varie, tratte dal quadro generale delle categorie del nuovo catasto edilizio urbano (1. 11 agosto 1939 n. 1249): ad alcune la categoria A/1 (abitazioni di tipo &ignorile), ad altre la categoria A/2 (abitazioni di tipo civile) o A/4 (abitazioni di tipo popolare) o A/10 (uffici e studi privati), ovvero C/l (negozi e botteghe) o C/2 magazzini e locali di deposito). Avv:erso tale provvedimento Giuseppina Pignatelli della Leonessa, proprietaria di tutto l'edificio de quo, ricorreva alla Commissione tributaria di 'primo grado, chiedendo il censimento dell'intera costruzione in categoria A4A, riferentesi, secondo la dizione usata nel quadro suddetto a castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici: ci in quanto il Ministero della Pubblica Istruzione, in data 22 luglio 1957, aveva riconosciuto, a tutto l'edifici considerato nel suo insieme, interesse artistico- storico, tale da assoggettarlo al vincolo di cui alla 1. 1 giugno 1939 n. 1089, imponendo, tra l'altro anche l'obbligo al proprietario di consentire periodicamente e gratuitamente la visita al pubblico. Tenuto conto di ci, l'U.T.E. ammetteva in categoria A/9 solo una parte di detto edificio, mantenendo le restanti parti inquadrate nelle categorie censuarie sopraspecificate. L'Ufficio giustificava tale conferma sostenendo l'irrilevanza del riconoscimento operato dal Ministero della P.I., in quanto era decisivo, pur sempre, far riferimento alla destinazione propria di ogni singola unit immobiliare, cos come risultava dal suo uso attuale e dal1e sue caratteristiche costruttive. La commissione adita accoglieva il ricorso della contribuente dichiarando il palazzo totalmente classificabile in categoria A/9. Tale decisione veniva confermata sia dalla Commissione Tributaria di II grado, sia da quella Centrale. Quest'ultima, con decisione depositata il 29 gennaio 1988 (n. 906/88) cos motivava in sintesi: 1) il Ministero della P.I. aveva riconosciuto di rilevante interesse artistico e storico tutto il palazzo in questione nel suo complesso, con tutti i suoi elementi decorativi; 2) esso doveva, perci, essere classificato unitariamente nella categoria A/9, senza possibilit alcuna di operare, nei confronti di parte di esso, una diversa classifica, n con riferimento alle altre classi della stessa categoria A, n con riguardo alle altre categorie: e ci perch la classificazione in A/9 sarebbe assorbente e non consentirebbe di subd!i.stinguere, nell'ambito dello stesso immobile, classamenti diversi sulla base della destinazione di parte di esso. Invero, sull'uso attuale prevarrebbero (come avverte la nta che precede il quadro generale delle categorie) le caratteristiche costruttive ed una stessa unit immobiliare, sulla RASSEGNA AVVOCATURA DEU.0 STATO 156 base di tali sue caratteristiche costruttive, sarebbe suscettibile di un solo classamento e non gi di classamenti concorrenti, attesoch ['uno escluderebbe l'altro. Avverso la summenzionata decisione l'Amministrazione finanziaria dello Stato ricorre per cassazione in base ad un unico motivo. Resiste con controricorso la contribuente. MOTIVI DELLA DECISIONE on l'unico motivo di ricorso la Finanza denunzia la violazione degli artt. l, 2, 5, 8, 12, del d.I. 13 aprile 1939 n. 652 (conv. in I. 11 agosto 1939 n. 1249), degli artt. 10 e 12 del d. leg.vo 8 aprile 1948 n. 514; degli artt. 6, 7, 61 del d.P.R. 1 dicembre 1949 n. 1142, degli artt. 2 e segg. nonch 11 e segg. della I. 1 giugno 1939 n. 1089 in relazione aH'art. 360, n. 3, c.p.c., per sostenere che attribuire la categoria A/9 automaticamente ad un intero palazzo sol perch esso oggetto di un vincolo storico-artistico sarebbe illogico ed illegittimo in quanto il complesso procedimento di classamento catastale e di conseguente determinazione della rendita ha una precipua finalit economico-fiscale correlata alla ricostruzione della capacit contributiva (art. 53 Cost.) di ogni cittadino a secondo del reddito che ricava dai suoi beni, sicch n si potrebbe mai prescindere dalla utilizzazione attuale propria di ciascuna unit immobiliare compresa nel palazzo e dal diverso reddito che suscettibile di produrre, n avrebbe senso attribuire (per superare tale aspetto economico-fiscale) una rilevanza decisiva ai pregi artistici e storici dell'immobile presi in considerazione dalla legislazione sulla tutela delle cose d'arte. Tali pregi, invero, potrebbero, al pi, essere presi in considerazione per l'attribuzione della categoria A/9 nell'unico caso in cui i castelli o i palazzi cui essa si riferisce, fossero destinati ad abitazione (in quanto tutte le altre categorie comprese nel medesimo gruppo A riguardano pressoch tutte abitazioni): ma ci sempre con effetti limitati alla singola unit immobiliare compresa nel palazzo ed effettivamente adibita ad abitazione ovvero all'ipotesi di un palazzo costituente un'unica unit immobiliare e, comunque, non mai nel caso di unit immobiliari adibite a destinazioni commerciali. L'inquadrabilit dei beni di interesse artistico o storico in pi catego rie (diverse dalla A/9) troverebbe del resto una decisiva conferma nel l'art. 2 della 1. 2 agosto 1982 n. 612. Il suesposto motivo di ricorso infondato in relazione a tutte le censure in cui si articola. Innanzitutto va premesso, per una pi chiara comprensione della controversia in esame, che il Quadro generale delle Categorie stabrilito con regolamento dalla Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tee . ! ri.:..11:;;;:11:i:1Jmi RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO nici Erariali ai fini della qualificazione delle unit immobiliari urbane in esecuzione del R.D.L. 13 aprHe 1939 ( Accertamento generale dei fabbrcati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano) convertito nella 1. 11 agosto 1939, n. 1249 divide tutti gli edifici in cinque gruppi. Il gruppo A ripartito nelle seguenti categorie: A/l -Abitazioni di tipo signorile; A/2 -Abitazioni di tipo civile; A/3 -Abitazioni di tipo economico; A/4 -Abitazioni di tipo popolare; A/5 -Abitazioni di tipo ultrapopolare; A/6 -Abitazioni di tipo rurale; A/7 -Abitazioni in villini; A/8 -Abitazioni in villa; A/9 -Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici; A/10 -Uffici e studi privati; A/11 -Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi. Il secondo gruppo (B) comprende collegi, caserme, case di cura, prigioni, uffici pubblici, biblioteche, accademie, gallerie, musei che non abbiano sede in edifici della categoria A/9, cappelle e magazzini sotterranei. Il terzo gruppo (C) comprende negozi, botteghe, magazzini, laboratori, stabilimenti balneari e sportivi etc. Il quarto gruppo (D) comprende immobili c.d. a destinazione speciale (opifici, alberghi e pensioni, teatri etc). Il quinto gruppo (E) comprende immobili c.d. a destinazione particolare {stazioni di servizio, fortificazioni, fari, chiese, cimiteri etc). Ci posto va anche premesso che la legittimit del surriportato Quadro Generale delle Categorie con particolare riferimento alla cat. A/9 non stata mai posta in discussione (neppure con l'odierno ricorso per cassazione), costituisce tutt'ora la base portante per la determinazione dei redditi immobiliari urbani e non appare, infine, in contrasto con alcuna norma di legge. Se vero, infatti, che, a norma dell'art. 3 del R.D.L. 652 del 1939, l' accertamento generale degli immobili urban~ deve essere fatto per unit immobiliare e che si considera tale, in base al successivo art. 5, ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, di per se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio e che, quindi, ben pu anche un castello o un palazzo scindersi, agli effetti catastali, in tan te .unit immobiliari distinte quando sono ciascuna idonea a produrre un reddito suo proprio, innegabHe, per, che esse non cessino solo per .questo, di far parte del castello o del palazzo. - 158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il problema si riduce, quindi, a determinare sul piano ermeneutico in che rapporto debba stare l'espressione castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici con tutte le altre classificazioni previste nel suddetto Quadro Generale rispettivamente per i vari gruppi e se, pi in particolare i castelli e i palazzi suddetti vadano classificati in cat. A/9 anche quando, in considerazione della loro destinazione attuale, potrebbero essere classificati (in tutto o in parte) in altre categorie. Invero la pi gran parte delle categorie elencate nel Quadro Generale sovraesposto si caratterizza per la destinazione dell'unit immobiliare (ad abitazione o a ufficio o a collegio etc... etc.); la categoria A/9, invece, si caratterizza pr la natura intrinseca della costruzione (castello o palazzo di eminenti pregi artistici e storici) indipendentemente dalla sua destinazione. Si tratta, quindi, di dare un significato a questo mutamento di criterio di qualificazione, repentino ed isolato, tenendo presente che il predetto rapporto tra destinazione e intrinseca natura non pu essere di integrazione, ma soltanto di alternativit, ben potendo accadere che l'intero edificio (castello o palazzo) abbia una destinazione corrispondente ad altre categovie, sicch dare valore alla destinazione per la individuazione della categoria comporterebbe l'impossibilit di tener conto, sia pure solo I marginalmente, dell'intrinseca natura dell'immobile. Inducono a ritenere che il suesposto problema vada risolto in senso I, affermativo come deciso dalla Commissione Centrale le seguenti quattro considerazioni. I) Poich contrasta con la attuale realt pi notoria che un castello 0 un palazzo non possa avere, sol perch di eminente pregio artistico o storico, nessuna delle tante destinazioni considerate nel surriportato quadro Generale delle Categorie (e che, quindi, debba essere necessariamente considerato pressoch inservibile, dato il carattere tendenzialmente esaustivo di tali destinazioni alle quali sarebbe difficile aggiungere altre diverse) e poich, al contrario, altrettanto notorio che il pi delle volte castelli e palazzi hanno oggi precise destinazioni (ad es. quelle di biblioteca, di accademia o di museo previste espressamente nella categoria B/6), inimmaginabile che si sia istituita una categoria specifica (l'A/9 appunto) per castelli e palazzi sul presupposto che essi non siano adibiti a nessuna delle destinazfoni indicate nel Quadro e s,enza neppure avvertire in tal caso la necessit di esplicitare tale requisito indubbiamente anomalo. In riferimento a quest'ultimo, infatti, non pu trovare applicazione il noto principio ermeneutico applicabile anche ai regolamenti, secondo cui il legislatore uhi voluit dixit, uhi noluit tacuit . II) Richiedere che per essere ricompresi nella cat. A/9 (indubbiamente di favore dal punto di vista fiscale) castelli e palazzi non debbano avere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nessuna delle destinazioni previste per altre categorie (e, quindi, -come gi. osservato _... debbano/finire col restare praticamente inutilizzati) sarebbe contrario alla valorizzazione di tali beni culturali, voluta; . invece, c:lal legislatore e che, tanto pi proficuamente si realizza. quanto pi i suddettiedifici~ pur rimanendo inalterati nel loro aspetto esterno e/o interno (a seconda che il pregio rigua:rc:li l'uno o l'altro ovvero entrambi), d>ilf:inuin.o a far p~rte viva del nostro ambiente. III) n mutamento di criterio di elencazione, che la categoria A/9 evidenzia se raffrontata con tutte le altre, ben pu spiegarsi, invece, attribuendo' il carattere di eccezione agli immobili ai quali si riferisce, nel senso, Cio, di ritenere. che . si sia voluto ricomprendere nell'A/CJ tutti i castelli e i palazzi di interesse culturale quale che sia la loro destinazione e, conseguentemente anche il reddito da essi ricavato, quale che sia la sua natura. La configurabilit di un'eccezione al riguardo non contrasta affatto n col principio della capacit contributiva di ciascuno quale criterio fndamentale di tassazione, n con quello della parit di trattamento, sanciti rispettivamente negli lrtt. g e 53 della nostra Costituzone. Se vero, infatti, che il riconoscimento della A/9 molto ambito in quanto comporta solitamente un imponibile minore, pur vero, per, che tale agevolazione accordabile soltanto agli immobili che, come quelli dei quali qui trattasi (circostanza questa del tutto pacifica) siano stati dichiarati, con atto amministrativo notificato ai proprietari, di interesse artistico e storico ai sensi e per gli effetti della 1. 1 giugno 1939 n. 1089 (artt. 2 e 3). II che comporta per i proprietari vincoli e oneri gravosi, quali quelli: .-:-,cli .non poter c:lemolire, modificare o restaurare l'immobile senza l'autorizzazione del Ministero per i beni clturali; (art. 11 1 co. e 12 1. n. 1089); -di non poterlo adibire ad usi non compatibili con il suo carattere storico o artistico oppure tale da recare pregiudizio alla sua conservazione o integrit (art. 11; 2 co. e 12); -di dover obbligatoriamente sostenere le spese necessarie per la sua conservazione estensibile oltrech alla manutenzione anche alla protezione e al restauro (artt. 15 e 17 l. citata e art. 3, 1. n. 512 de11'82): obbligo che non cessa di essere gravoso e singolare sol perch le relative spese sono deducibili dall'imponibile delle imposte dirette; di sottoporre alla competente sopraintendenza i progetti di opere di qualunque genere che il proprietario (o chi per lui) intenda eseguire al fine di ottenerne la preventiva approvazione (art. 18, 1 co.); 160 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO -di non poter compiere qualsiasi atto, a titolo oneroso o gratuito, che ne trasmetta in tutto o in parte la propriet o la detenzione senza denunziarlo al Ministero sopramenzionato; -di soggiacere, oltrech alla possibilit di espropriazione per pubblica utilit connessa alla esigenza di conservazione dell'immobile, al diritto di prelazione da parte della P.A. in caso di alienazione che rimane sospensivamente condizionata sino a che tale diritto non sia stato esereitato, con divieto per il proprietario di effettuare nel frattempo anche la semplice consegna dell'immobile a terzi; __:_ di soggiacere eventualmente aQche all'obbligo di ammettere il pubblico a visitare per scopi culturali l'immobile secondo determinate modalit (obbligo senza corrispettivo che nella specie, come sembra pacifico, stato imposto dal Ministero alla proprietaria degli immobili dei quali qui trattasi). Di fronte ad un cos gravoso complesso di vincoli e di obblighi ai quali risulta soggetto il proprietario di immobili notificati ai sensi dell'art. 3 della 1. n. 1089 del 1939, il fatto che, per la parte pi cospicua di essi (castelli e palazzi), sia stata prevista una classificazione censua Iria di favore non rappresenta certo un privilegio, bens una sorta di equa compensazione per i rilevanti pregiudizi che tali vincoli e obblighi provocano al proprietario anche sul piano economico riducendone, quindi, per quel che qui interessa la relativa capacit contributiva. (Si pensi -, tan I to per prospettare uno dei tanti esempi possibili -, alle ingenti spese I che il proprietario, il pi delle volte, deve sostenere per riscaldare i ~ ~ saloni di tali edifici senza poterne abbassare i soffitti solitamente altis simi o alla sottoutilizzazione dei vani per l'impossibilit di dividerli come sarebbe pi conveniente per soddisfare esigenze funzionali oggi ritenute irrinunciabili specie per abitazioni o uffici o alberghi). Includere tali immobili (che talvolta possono arrivare a costituire addirittura una sorta di dannosa proprietas ) nelle stesse categorie previste per gli altri immobili dei quali il proprietario ha la pi libera disponibilit sarebbe, quindi, contrario al pi elementare senso di giustizia tributaria e quindi, anche alla Costituzione, secondo la quale altrettanto ingiusto sia trattare in maniera diversa soggetti che versano nelle stesse condizioni, sia trattare in maniera eguale soggetti che versano in condizioni diverse. Cadono, quindi, alla luce di queste considerazioni, tutte le opposte argomentazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato e basate sul presupposto certamente vero in linea generale che la classificazione catastale e la conseguente determinazione della rendita deve aver riguardo precipuo ad aspetti -quali la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sul reddito ....__ essenzialmente economicisti che non avrebbero (ed qui l'errore) se non un possibile d eventuale rapporto del tutto accidentale, e perci non suscettibile di diventare decisivo, con i pregi artistici e storici dell'immobile .presi in considerazione sulla tutela delle cose d'arte (Argomentazioni del resto anche contraddittorie, perch a pag. 8 del rk:orso in esame sembra sostenersi che l'applicazione della categoria A/9 spetti ai castelli e ai palazzi de quibus quanto meno quando siano adibiti per intero ad abitazioni; a pag. 9 (in fondo) si stigmatizza invece come giuridicamente inaccettabile anche il fatto che una lussuosa 'abitazione, collocata nel centro di Roma (magari frutto di uno svuotamento e di una, i risultati delle indagini esperite nei confronti dei due soci, imp.tati penalmente, possono essere utilizzati nei confronti della societ. Lo scopo dell'art. 63 del d.P.R. 26-10-1972 n. 633, nella parte in cui dispone che la utilizzazione deve concernere documenti, dati e notizie (1) Decisione da condividere pienamente. PARTE: IcSEZ .Vr GnIRiSP.RUDENZA :{R~llUTARIA 169 acquisiti nei confronti dell'imputato, quellg.dj. precludere che detta 11tiJjAl,~zioq~ .(lvv~ngfl. neJ confr(};t}t~ di .n soggetto diyer59 dall'imputato . .. M~.Jal~. dj,v('!rsitil, nqn su,s~jt~ tra l!l.socit':t,dj.,tattQ e. i suoi soci 9.111 lllom~r:tto.. phe :ostoro. sono c;:ssi ste~i gli. a.@rninistratori .. ed i ... rap.. !),r~sep~i:,tti .... dylJ.~ ... sq:ie;. singqlarw~n;e,. Ji:\Uto . che .. singolarmente sono .!UH~i~~t.~~~ti:i . ,i;espgnsJabiH ... .;\elle ol:)p!igo?;ioI1i...d.ellll societ~ . . . J.,a . societ it fattQ1 cio, .pur essendo . concettualmente. distinta dai singoli soc( ~ostailzialmente si id~rtfic ~on cost~ro dal momento che gli elementi strutturali della stessa si ritrovano unicamente nel comportamento dei singoli soci. Costituisde ooriferina di ta1 Cndusfonen rilievo che ul1'eventUa: foihdagin/ che volesse esperirsi neconftonttc:teua (ritenuta) societ di fatto, non 'pottebbeche essere svolta, per difho'.appul1to del formale tifriment alla s-0ciet .. degli elementi strutturali della stessa, che nei confronti dei Sui singoli soi. (omissis} oitH: 1 CASSAZIONE; se~. I, 23 febb~~io 1994 n.1815 -Pres. Corda Est. Cantillo -P. M. Tondi (conf.) -Monte dei Paschi di Siena c. MiriiStero dlfo Finanze (avv. Stato SalvatC>reUi). Trl'bttifitgeliere ~ Riscossione -Versainentt diretti~Istituto di credito de... legato~ .vers~ento ad ufficio incompetente -Applicabilit i della penale.. " Elemento soggettivo ... Irrilevanza. (legge.:.dicembre 1975/m 576, art:.10) . . . Il versarrz~nto... presso ufficio .incompetente 4a parte dell'istituto di credito le~egato Vendosi affermare, per le argomentazioni svolte, la con servazione del Collegio per i reati ministeriali anche successivamente alla concessione dell'autorizzazion.e a procedere, pur se la questione non investe direttamente il thema decidendum , la Corte ritiene di dover ricercare le funzioni che vanno attribuite al Collegio, dopo che sia in tervenuta la detta autorizzazione e la conciliabilit delle stesse con le norme procedurali. di difesa di cui all'art. 24, comma 2, della Costituzione. Deve per riconoscersi che la soluzione . oltremodo perplessa, profilandosi anche per quella suggerita un dubbio di costituzionalit: l'art. 3 della legge 219/89 dispone che, una: volta restituiti gli atti dal Parlamento al Collegio, il procedimento continua secondo le norme ordinarie >>, mentre la norma di rango costituzionale contenuta nell'art. 9, comma 4, della legge costituzionale 1/89 dispone che in tal caso (il Collegio?) continui il procedimento secondo le norme ordinarie, pur se quest'ultima norma potrebbe essere intesa, secondo un'interpretazione evolutiva che tenga conto del nuovo quadro di riferimento, che il Collegio debba conti; nuare .il procelimento nel senso limitato di dare impulso ad esso rimettendo gli atti al P.M. per la eventuale prosecuzione delle indagini e le conseguenti richieste al G.l.P. competente. Ben venga dunque una pronuncia chiarificatrice dalla Corte Suprema che dirima il conflitto positivo di competenza fra il G.U.P. e il Collegio per i reati ministeriali, previa, se del caso, da parte della stessa Corte, rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per la risoluzione dei dubbi di costituzionalit sopra prospettati. Non sembra, invece, opportuno il rinvio pregiudiziale alla Corte Costitu zionale da parte dello stesso G.U.P.: la questione sarebbe ovviamente inammis sibile se .pronunciata dopo una declinatoria di competenza da parte dello stesso G.U.P., ma sarebbe quantomeno di dubbia ammissibilit ove sollevata dopo una pronuncia positiva di competenza, risultando anche in tal caso il G.U.P. privato di poteri decisori definitivi, per l'insorto conflitto positivo con il Collegio per i reati ministeriali. Le Amministrazioni costituite parte civile concludono quindi chiedendo che gli atti siano rimessi alla Corte di Cassazione per la risoluzione del conflitto di competenza. (omissis) OSCAR FIUMARA PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA PENALE Anche in tale ricerca non pu prescindersi dalle norme regolanti specificamente la materia e, quindi, va subito rilevato come la legge n. 219 contenga clausole di rinvio, idonee ad individuare le regole da applicare ai procedimenti in questione: difatti, mentre l'art. 1 comma 5 prevede che, per quanto non disciplinato dalla legge costituzionale e da quello stesso articolo, si devono osservare le norme del codice di procedura penale in quanto compatibili, l'art. 3, comma 1 dello stesso testo normativo stabilisce che, quando gli atti, dopo l'autorizzazione a procedere, siano stati rimessi al Collegio, il procedimento continua ~econdo le norme ordinarie vigenti al momento della rimessione. Ora, tali norme -il cui contenuto letterale rafforza, all'evidenza, le ragioni svolte a sostegno della tesi che si accoglie, in quanto, disponendo il rinvio alle norme procedurali ordinarie, solo se compatibili con quelle speciali, proprie dei procedimenti affidati al Collegio in questione, consentono esplicitamente quella commistione dei ruoli, ritenuta inammissibile dal G.I.P. confliggente e dimostrano inequivocabilmente che il Legislatore, quando ha voluto dare significato intransitivo al verbo continuare, lo ha fatto attraverso corrette regole sintattiche devono essere correlate con quella del comma 2 del menzionato art. 3, stabilente che gli atti siano rimessi, senza ritardo, al Procuratore della Repubblica. La coordinazione di tali norme porta indiscutibilmente ad ammettere -peraltro, in aderenza a quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale nella pi volte richiamata sentenza n. 265 -che il Collegio ex art. 7 L. 1/89, nella fase successiva alla concessione dell'autorizzazione a procedere, svolge le funzioni che erano proprie del G.I., con applicazione delle norme procedimentali del previgente codice del 1930, giacch soltanto queste si conformano alla sua struttura e consentono l'esplicazione della funzione, per la quale stato creato dalla volont legislativa costituzionale. I due fascicoli, instaurati a seguito delle due distinte denunce di conflitto, erano riuniti, apparendo evidente l'unicit dell'oggetto, richiedente la decisione di questa Corte regolatrice. (omissis) Sembra appena il caso di rilevare che con la soluzione adottata non si posto, affatto, nell'ordinamento un caso singolare di sopravvivenza della previgente normativa processuale, giacch esso va a collocarsi al fianco delle fattispecie di diritto transitorio, che tuttora permangono. Certo, le non poche perplessit che sorgono dalla soluzione scelta ed i non lievi problemi processuali che, dalla stessa, potranno scaturire, rendono auspicabile un ulteriore intervento chiarificatore del Legislatore che, alla luce anche delle esperienze sopravvenute alla pratica applicazione delle disposizioni del nuovo codice di rito, fissi in modo organico e preciso la disciplina delle attribuzioni del Collegio nelle due fasi delle indagini. (omissis) PARTE SECONDA QUESTIONI l/IN'ffIR~NTO DBIL'A\1y0CATODELLO STATO 11\l UN P~OC~SS() STORICd (dal rlC()rdl. di .un giudice popolare) .(*) .. :: :.,:-. Attacca poi ravv, BESl'BN:TB dell'Avvocatura dello Stato, rappresentante della {'residenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero. dell'Interno costituitosi Parte Clvile, per.i s()li fatti di l\!Iilano. La sua arringa molto lunga e dev9 onestamente. riconoscere che, se tutti g1k impiegati del19 S~ato lavorassero con fimpegno e .la passionalit dell'avv. BESTENTE, nessuno avrebbe di che Iameutarsi dell'inefficienza .. delfo Stato, neppure le B.R, t:... 1in'~nga lucida; profonda, . esauriente;. che avvince. e convince, i;mche menti. cowe le nostre. co$l poco. aduse .a seguire. discrsi in Corte di . Assise La parte pi sconosciuta; che nessuno almeno finora ci aveva mai illustrato la:. patte. storica delle B.R.:. come. sono nate ed in. quale contesto. si sono svi, luppate .. Voglio.trascrivere guesta. storia, perch molto.interessante. Infatti; l'avv; BESTllNTE; dopo lina lunga disamina delle motivazioni che hanno portato al rinvio a giudizio degli imputati, a proposito della storia e fenomen' logia delle BRlGAIB ROSSE, dice: ;, Per capii'e che co~a siano le B.R., bisogna rifarsi lontatio: e precisamente alla creazione nel . 1962 a Trento, dell'Istituto di Scienze Sociali, pi Libra Universit di Sociokigfa di TrentO; . . . .. . . . . . . . .. Questo Istituto, vofoto dalla Deniocrazia Cristfona locale, fu creato da un lato per vincere iri guaiche modo l'atmosfera provinciale dellacitt, dall'altro -sull'esempio di aitre universit nate in Europa e negliStati Uniti -per creare lina le\r~ di tellologi di tipo nuovo: di ti:nofogi della societ, di ing~ gneri soc:fai~ che fhsser in grado . di portare. nella. loro futura azione profes: sionale e polltka un11. C()ll9sCenza specifiea . de.i . meccanismi .. sociali . e politici. Questo istituto, appena c;reato, attir una ql.i@ti1: di giovani non solo trentini, ma provenienti da tutte le parti d'Italia'. . . . . Si trattava: in gran parte di giov@i . spi11ti d'.a. interessi politici, com' normale che avvenga per gli studi sociologici, he quasi sempre costituiscono Un obiettivo prefei:nzial per i . giovani. politicariiente orientati: il che determin rapidamente a Trento un ambiente incandescente/ di . grande . fervore . ideologico e di intensa: ricerfa politida e sociale, favorito anche da:lfisolameni:o in cui gli studenti si ve:rii:J.ero . : trovare. Nel 1964 approda a Trento Renato Curcio. Si iscrive, fatta la conoscenza con Marco Boato, al G.D.I.U.T., l'organizzazione universitaria cattolica locale. (*) A cura di un Rotary Club di Torino sono stati pubblicati i ricordi di. un giurato, Rosalbo Folchini, al processo delle Brigate Rosse svoltosi avanti la Corte d'Assise di quella citt nel 1978. Riteniamo di pubblicare la parte inerente l'intervento del nostro caro ed indimenticabile Giovanni Bestente che in quel processo era costituito parte. civile in difesa dell'Amministra zj.one dello Stato. Lo facciamo con orgoglio ed insieme, con rimpianto, del collega pr~tu ramente scomparso. , lS 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO E qui comincia, o almeno riceve un impulso decisivo, la maturazione politica di Renato Curdo. L'Universit ancora giovane quando, nel maggio 1965, il Senato, nell'approvare il disegno di legge per il riconoscimento dell'istituto, declassa la laurea in sociologia in laurea in scienze politiche e sociali, ad indirizzo sociologico . la rivolta. Nel gennaio 1966, gli studenti, unitisi in assemblea generale, deci dono l'occupazione dell'Universit; l'occupazione dura 18 giorni, e poi la vittoria. Il Senato modifica il provvedimento. un fatto episodico, ma ha un'importanza notevole, perch in quell'occasione il movimento studentesco prende coscienza della propria forza. Ed il movimento prosegue, in un clima crescente di contestazione e di discussione teorica. stata una scintilla -il '68 vicino da cui nascer presto un incendio. Curcio, intanto, nell'ambiente ormai inquieto dell'Universit, subisce una progressiva evoluzione verso la sinistra pi radicale. Nel frattempo si verifica, a Trento, il primo massiccio e serio coinvolgi: mento nel movimento degli studenti cattolici. in quel clima che Curcio si forma. E nel 1967, ormai profondamente impegnato nel movimento studentesco, lancia una proposta: Universit Negativa. Il movimento, cui tale proposta d vita, organizza controcorsi in concorrenza e contrapposizione all'Universit ufficiale, rispetto a. cui si pone in polemica, accusandola di essere uno strumento di classe, che si appropria della scienza e della tecnologia per rafforzare il predominio della classe pi forte su quella pi debole, consolidando il potere esistente ed il sistema capitalistico. In contrasto con l'Universit Ufficiale, Universit Negativa postula una riappropriazione del sapere a favore degli studenti, per scoprire i meccanismi del sistema ed incidere sul loro funzionamento, promuovendo una maturazione politica in vista di una societ nuova e diversa, non pi fondata sullo sfrutta mento e sulla divisione in classi. Nell'autunno del '67 il Movimento per l'Universit Negativa fra i promotori della rivista Lavoro Politico, che sorge nell'ottobre dello stesso 1967 dal bollettino del Centro di Informazione (C.D.I.) di Verona, come organo marxista-leninista che si lega nelle sue origini ad alcuni avvenimenti del nostro tempo, quali la rivoluzione culturale guidata dal pensiero di Mao-Tse-Tung, l'invincibile lotta del popolo vietnamita e la contemporanea degenerazione del P.C.I. e del P.S.I.U.P., sempre pi apertamente dimostrativa della politica di ''nuove maggioranze", logico sbocco della via italiana pacifica al socialismo. interessante osservare che nell'editoriale del primo numero compare una presa di posizione che contrasta singolarmente con quelli che saranno gli orientamenti successivi dello stesso Curcio. Egli infatti critica aspramente il revisionismo da un lato, le tendenze estre miste ed il filocastrismo dall'altro, nonch le tendenze che gi allora si venivano prospettando fra gli studenti verso una lotta politica intesa come guerriglia armata, e ne accusa i propugnatori di essere dei piccoli borghesi in cerca di emozioni. Sembra impossibile: poco pi di un anno e la guerriglia armata verr considerata dallo stesso Curcio come l'unica alternativa per la contestazione del sistema. Vengono le lotte del '68, cominciate in Francia, e dilagate negli altri paesi europei ed in Italia. Frattanto, nell'autunno, Curcio e Mauro Rostagno,. il pi importante esponente del movimento studentesco a cui Curcio si avvicinato, pubblicano un singolare e contradditorio documento: Proposte di lavoro >>, in cui molti di PilRTE II, OUESTJllNI quelli che saranno i temi ricorrenti dell'ideologia delle Brigate Rosse trovano un'anticipazione. Mauro Rostagno si dissocer poco dopo dagli orientamenti espressi nel documento; Curdo no. Alla fine .di novembre del 1968, l'intera redazione. della rivista, fra cui Renato Curcio e Mara Cagol, aderisce al Partito. Comunista d'Italia, per poi seguire poche settimane piu tardi la scissione del partito, confluendo nella fazione linea rossa -contrapposta alla fazione linea nera -.destinata a sua volta a sciogliersi, cos come si scioglie il collettivo redazionale di Lavoro Politico. Nel frattempo, per, Curdo ed il suo gruppo vengono espulsi dal partito. Le lotte del '68 hanno prodotto, fra gli altri effetti, il diffondersi, fra gli studenti, di nuove. forme conflittuali spesso violente ed illegali. In questo clima acceso, Curdo si riavvicina, al.l'inizio del '69 al movimento studentesco di Trento. t!. la fase di Universit Critica : momento forse di minor impegno nel lavoro di massa, ma di grande fervore teorico, nel progetto di trasformare ideologicamente e politicamente l'universit dall'interno: Rovesciare la citt sull'universit, l'universit sulla citt, restituire al proletariato il sapere sociale che gli stato espropriato . Ma gli avvenimenti incalzano. Fra la primavera e l'estate del 1969, sulla spinta dei tragici disordini di Battipaglia, della ripresa della lotta operaia alla F.IA.T., della prospettiva, concreta e minacciosa; dello scontro d'autunno per il rinnovo dei contratti collettivi, il movimento studentesco compie una radicale autocritica e viene rilanciato il lavoro di massa a livello operaio. Il Movimento studentesco confluisce in gran parte in << Lotta Continua " Curcio, sua moglie Mara Cagol ed altri del gruppo che gravitava intorno a Lavoro Politico lasciano Trento e si trasferiscono a Milano. Il '68, le lotte studentesche, sono finite. t!. il primo contatto con la realt urbana della metropoli industriale, con la fabbrica. Ed il contatto di una realt nuova, che si era andata sviluppando parallelamente al radicalizzarsi delle lotte studentesche: il diffondersi fra gli operai di nuove forme di lotta, in cui la violenza e l'illegalit hanno una parte prima sconosciuta, che colgono di sorpresa le organizzazioni tradizionali e gli stessi sindacati. Si pensi ai GA.P. (Gruppi di azione partigiana), cui si affiancano altre formazioni autonome similari. In mimerosi stabilimenti si creano gruppi o collettivi, che si prospettano per la prima volta i problemi di una vera e propria organizzazione rivoluzionaria. Sorgono alla Sit-Siemens ed alla I.BM. Gruppi di Studio >>, Gruppi Autonomi all'Alfa Romeo, ed alla Pirelli (pi importanti di tutti) i Comitati Unitari di Base o C.U.B. E' proprio in questo periodo che militanti di questi gruppi, insieme a mili tanti di collettivi di lavoratori-studenti, gruppi di operai e impiegati della Marelli e dei Telefoni di Stato danno vita al Collettivo Politico Metropolitano -C.P.M. Data di nascita ufficiale: 8 settembre 1969. Atto di nascita: un bollettino ad uso interno dei militanti, scritto sotto forma di relazioni compilate a cura dei singoli comitati di azienda di Torino, Milano o di lavoratori-studenti, che. definisce il C.P.M. come strumento che deve predisporre le strutture di lavoro indispensabili ad impugnare in modo non individuale l'esigenza-problema dell'organizzazione rivoluzionaria della metropoli e dei suoi contenuti (ad es. democrazia diretta, violenza rivoluzionaria, ecc.). 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO In contrasto col rigore mrxist-leninisia in voga, vi si sottolinea che attualmente il processo di costruzione del collettivo non avviene sulla base di un programma, e neppure sulla base di una rosa: di principi ideologici. Ma, pur nella disponibilit degli orientamenti ideologici -sempre tuttavia nell'ambito marxista-leninista -e . delle possibili tattiche, ci che rimane fermo lo scopo fondamentale: cio l'intento dichiarato di organizzare nelle fabbriche e nelle scuole nn slo, ma di portare al di fuori delle fabbriche e delle scuole, l'offensiva generalizzata e radicale, violenta e sevvertitrice al sistema, investendo l'intera area metropolitana. Sar proprio il Collettivo Politico Metropolitano, come vedremo subito, il nucleo inizial,e. da cui, attraverso varie trasformazioni, nasceranno e si svilupperanno le Brigate Rosse. Il discorso che sto facendo ha in effetti proprio questo senso: vedere come la fenomenologia attuale delle B.R., le loro proposte tattiche e strategiche, la loro ideologia, non nascano oggi come funghi, ma siano il risultato di un'evoluzione lenta e graduale, ma conseguente sulle stesse linee ferme e direttive. Approdati a Milano, Renato Curcio e Mara Cagol aderiscono al C.P.M. e vi svolgono un intenso lavoro, assumendo in breve tempo una posizione di preminenza . . Nel pieno dell'autunno, il Gollett~vo cresce e si sviluppa, operando sempre pi radicalmente in. una prospettiva eversiva e di lotta armata. Negli Appunti per una discussione dell'autunno del 1969, leggiamo: Non con le armi della critica e della chiarificazione che si intaccano la corazza del potere capitalistico e le croste della falsa coscienza delle masse... Il pro blema della violenza non separabile da quello dell'illegalit... ...Pratica organiizata di contro a rabbia operaia (episodica/soggettiva) sta ad indicare che lo scontro violento una necessit intrinseca necessaria, sistematica e continua dello scontro di classe . Un convegno di tre girni, cui partecipano una settantina di militanti del C.P.M. (fra cui Curcio, Berio, Simioni, Semeria, Mario Moretti, Enrico Castellani), si tiene dal 1 al 4 novembre 1969, all'Albergo Stella del Mare di Chiavari. In quel convegno -che a quanto pare fu piuttosto turbinoso, combattuto e diviso nelle opinioni che vi si scontrarono -si gettano le basi della futura lotta armata -di cui viene riconosciuta e sostenuta la necessit -nonch della futura tattica di quelle che saranno le Brigate Rosse; si delinea, insomma, l'indirizzo che l'organizzazione -non molto tempo dopo -puntualmente seguir. I risultati dei lavori svolti in quel seminario sono raccolti in un opuscolo -detto il Volantone ' -di una trentina di pagine circa,. frutto di un lavoro collettivo, stampato dal C.P.M. e dal titolo: Lotta sociale ed organizzazione nella metropoli >?. Il documento, ricollegandosi alle lotte del '68, individua :nell' autonomia proletaria il contenuto unificante delle lotte degli studenti, . degli operai e dei tecnici che hanno permess.o il salto qualitativo; del 1968-1969 . Dell'autonomia proletaria viene .delineato il concetto in questi termini: L'autonomia il movimento di liberazione del proletariato dall'egemonia complessiva della borghesia, e coincide con il processo rivoluzionario ... . una categoria politica del marxismo rivoluzionario, alla luce della quale .valutare la consistenza e la ditezione di un movimento di massa. Autonomia da: istituzioni politiche borghesi (stato, partiti, sindacati, '.istituti giuridici, ecc.), istituzioni economiche (l'intero apparato produttivo-distributivo capitalistico), istituzioni culturali (l'ideologia dominante in tutte le sue articolazioni), istituzioni nor PAR1'E II, QUESTIONI mative (il costume, la morale borghese). Autonomia per: l'abbattimento del sistema globale di sfruttamento e la costruzione di un'organizzazione sociale alternativa. Vengono giudicati come Parziali gli orientamenti emessi dai grqppi della sinistra italiana durante le battaglie d'autunno, in quanto di tali battaglie sfruttano soltanto aspetti parziali: cos gli-indirizzi che risalgono a Lotta continua ed a Potere operaio ,,, Viene criticato aspramente il lavoro dei sindacati e del P.C.I., nonch generalmente le fotze marxiste entro il sistema ; come portatrici di posizioni riformiste, sostanzialmente moderate, tali da impedire . ogni spazio politico ai gruppi marxisti extraparlamentari: in ultima analisi alla guerriglia rivoluzionaria, che si prospetta come la sola concreta soluzione dello scontro di classe. Il terreno della lotta individuato come terreno essenzialmente urbano , quello cio delle grandi citt industriali: La citt oggi il cuore del sistema, il centro organizzatore dello sfruttamento economico-politico... ma anche il punto pi debole del sistema, dove il caos organizzato che caratterizza la societ tatdocaptalistica appare pi evidente, dove le spaccature politiche fendono verticalmente l'intero tessuto sociale. ~ su questo terreno che il prole tarlato moderno emerge pi impetuosamente... S qui, nel suo cuore, che il sistema'. va colpito . . Come si vede, sono gia presenti tutti i connotati che caratterizzeranno l'ideologia e le azioni delle B.R. quali oggi le conosciamo: in particolare, presente la prospettiva radicale della lotta politica intesa come lotta armata senza tregua, intesa soprattutto come guerriglia urbana . Come strumento di agitazione, il C.PM. usa un foglio di lotta., che appare a volte. senza titolo, a volte intitolato Sinistra Proletaria . Con la stessa testata -Sinistra Proletaria , a luglio del 1970 esce un numero unico in attesa di autorizzazione di una rivista che dovrebbe fiancheggiare il lavoro collettivo del C.P.M. Stampato a cura del Collettivo Politico Metropolitano, annovera nella redazione, fra gli altri, Renato Curdo, Alberto Pinotti e Corrado Simioni, e fra i collaboratori Alberto Franceschini, Duccio Berlo e Vanni Mulinaris. Il tema dominante della rivista l'esigenza attuale ed immediata della rivoluzione: perch in Europa, in Italia, la lotta rivoluzionaria non appare pi soltanto come un imperativo storico, ma nella prospettiva di una congiuntura economico-politica e militare che ha tempi determinati e determinabili e ch costituisce l'iniziativa reale, attuale del proletariato . Il secondo ed ultimo numero della rivista esce in settembre 1970. La sigla del C.P.M. scomparsa: il gruppo ha ormai cambiato nome. Hann() portato alla decisione, mesi di dibattiti e di discussioni, soprattutto intorno al problema della lotta armata e della esigenza di entri\lre in clandestinit. Discussioni a volte violente che spesso hanno provocato fratture e defezioni. I membri del C.P.M., in particolare, si sono divisi in due: quelli che non ritengono esigenza attuale e del momento l'entrata nella clandestinit e l'inizio della lotta armata nella forma della guerriglia urbana; e quelli che invece considerano immediata ed indifferibile tale esigenza, ed intendono procedere senza. indugio alla sua attuazione. Fra questi ultimi, Curdo, Mara Cago! e Franceschini. Quest'ultimo orientamento prevale. Coloro che non lo condividono se ne vanno. .. :-:-.:.0: .... :--... -............'Y/ . .-....... ~... :--.... ~~ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Nel Foglio di lotta del luglio 1970 di Sinistra Proletaria fra l'altro si afferma: Gli anni di lotte autonom non sono passati invano, noi oggi sappiamo che incontro a padrone armato non si va disarmati . Di qui l'esigenza di armarsi e di organizzarsi, nonch di unire i vari gruppi della sinistra proletaria, in vista di una prospettiva rivoluzionaria ormai sentita come immediata. Il proletariato ha avuta una precisa maturazione, secondo il documento: uscito dalla sua prima fase: quella dello scontro comunque, del o la va o la spacca , e incomincia a capire che la lotta di classe come una guerra. Bisogna imparare a colpire all'improvviso concentrando le proprie forze per l'attacco, disperdendosi rapidamente quando il nemico si riprende . Come si vede, cos esposta nelle sue linee generali, la tattica che carat terizza le prime imprese delle B.R.: il mordi e fuggi . Conclude il foglio di lotta: Chi pensa di colpirci impunemente, di licen ziarci, di aggredirci, deve trovare una dura risposta. Ma non solo: dobbiamo imparare a colpirlo prima noi, quando ancora impreparato. Costituiamo Nuclei Operai di difesa e di attacco... L'organizzazione della violenza una necessit della lotta di classe . Il momento evidentemente appare ormai maturo: da ora in poi la clan destinit viene accettata come regola di vita e di lotta e si entra nella prospet tiva della guerriglia urbana. D'ora in poi, gli unici problemi non saranno pi di scelta, ma di orga nizzazione. Il momento di prendere le armi deciso, ed anche il terreno della lotta: sar l'area industriale del Nord, il triangolo industriale fra Milano, Torino e Genova, il primo campo dove le B.R. faranno le loro prime esperienze ed elaboreranno la loro prima organizzazione. Pi tardi, si aggiungeranno altre zone: il Veneto, Padova, Mestre, Porto Marghera, l'Emilia, la Toscana (a Massa ed a Livorno) e Roma. Il passaggio graduale. Tuttavia, nella misura in cui questo si afferma e diventa irreversibile, man mano che si approfondisce il distacco dalla vita sociale, si diradano le vecchie pubblicazioni. La rivista Sinistra Proletaria cesser le sue pubblicazioni il 2 settembre 1971. Un nuovo giornale: Nuova resistenza, uscir nell'aprile; anche questo, stampato con la collaborazione del gruppo di sinistra proletaria, avr vita molto breve: soltanto due numeri. interessante tuttavia il primo editoriale, che pu essere considerato addi rittura come una pubblicazione di servizio delle B.R., in quanto riassume le linee della strategia che le B.R. seguono e seguiranno puntualmente in tutta la loro storia: Lo Stato dell'ordine e della strage sconvolto da contraddizioni non risolvibili, e la crisi di regime ormai prossima al punto di tracollo . La strategia dunque questa: trasformare la crisi di regime in lotta armata per il comunismo . Saranno variabili i momenti tattici, ma quello che conta, che nell'estate del 1970, dal C.P.M. sono uscite le avanguardie armate della nuova guerriglia urbana. Le B.R., sia pure ancora in fase embrionale di organizzazione, sono ormai una realt. PARTE II, QUESTIONI Sono parole loro: un fiore nato, il fiot della lotta rmata . Dicevamo dunque che nell'estate del 1970 le Brigate Rosse sono ormai una realt. -La denominazione Brigate Rosse , veramente, aveva gi fatto una fugacissima apparizione nella primavera del 1970, in un comizio volante del quartiere popolare di Lorenteggio, a Milano. Ma .. eravamo. ancora alla preistoria, per cos dire, delle :S.R., che non rivestivano ancora la forma di un gruppo organizzato ed armato per la guerriglia nella metropoli e nella fabbrica. La prima apparizione . della sigla Brigate Rosse sul terreno della lotta appare alla fine di agosto d~l 1970. All'interno dello stabilimento Sit-Siemens di Milano, durante un'agitazione per il rinnovo contrattuale, viene trovato un pacco di ciclostilati, firmati Brigate Rosse '" il cui testo violento e provocatorio, illustra situazioni aziendali mescolandole con .insulti feroci contro Dirigenti Bastardi e Capi Reparto, aguzzini. da mettere ,fuori gioco. Appare una proposta di Jotta violenta, alternativa a quella condotta dai Sindacati,. sul modello di queue gi iniziate dai C.U.B. Quei primi volantini, data la loro firma ancora sconosciuta, lasciano pm o meno. indifferenti i dirigenti dell'azienda e l'Ufficio Politico della Questura di Milano,. chiamati per l'inchiesta. Ma otto giorni pii1 tardi la nuova sigla ricompare. In pieno giorno un motociclista, casco' e occhiali scuri, passa davanti allo stabilimento Sit-Siemens di Settimo Milanese e scaglia verso il cancello principale un centinaio di volantini firmati Brigate Rosse : contengono nomi e indirizzi di dirigenti ed operai dell'azienda, accusati di legami col padrone, che devono essere colpiti dalla. vendetta proletaria'" Si tratta, come si vede, di un esplicito invito ad agire, rivolto agli operai. Ma ben presto la sigla B.R. incomincia a contrassegnare non pi soltanto volantini minacciosi o provo.catori, bens veri e proprii atti di violenza. La prima azione con cui le B.R. scendono concretamente sul terreno della guerriglia, si compie il 17 settembre 1970. Quella sera, ignoti tentano di bruciare l'autovettura del dott. Giuseppe Leoni, direttore centrale dello stabilimento milanese Sit-Siemens, appiccando fuoco a due bidoni di plastica contenenti liquido infiammabile addossati alla saracinesca del box sito in Milano, via Moretto da Brescia, n. 30, nel quale l'autovettura era stata ricoverata. Sulla serranda del box stampigliata la scritta Brigate Rosse . /!, questo il primo atto ufficiale delle B.R. Sempre la stessa sera del 17 settembre 1970 in Milano, l'ing. Giorgio Villa, dirigente centrale della Sit-Siemens, recatosi a prelevare la sua autovettura Ferrari che. aveva parcheggiata in via Vittor Pisani, all'altezza del numero civico 5, trova sul parabrezza un foglio di carta a quadretti con le frasi: Ingegnere Villa, quanto durer la ferrarina? Fino a quando noi decideremo di finirla con i teppisti -Brigate Rosse -'" Lo stesso ing. Villa, in sede di denuncia, consegn un volantino ciclostilato recante la scritta Ai signori fascisti della Sit-Siemens '" ed un volantino a firma Brigate Rosse '" che inizia con l'espressione: Repressione capi, capetti, fascisti . La nascita delle B.R. e la loro presenza alla Sit-Siemens viene segnalata per la prima volta sulla stampa dal numero del foglio di lotta Sinistra Pro - 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO letaria del 20 .ottobre 197(}: come sappiamO', il giornale continuer ad uscire per qualche tempo, fino al 2 settembre 1971, .contemporaneamente alla prima esistenza ed allo sviluppo delle B.R. E viene segnalato in questi termini: Le apparizioni di organizzazioni opraie autonome (Brigate Rosse) indicano i primi momenti di autorganizzaziOne proletaria per combattere i padroni e i loro servi sul loro terreno alla pari con gli stessi mezzi che essi utilizzano ontro la classe operaia: diretti; selettiVi, coperti. Come alla Sit-Siemens " Seguono altre azioni, di violenza sempre crescente, espressamente firmate dalle B.R.: -il 28 novembre 1970, l'incendio dell'auto FIAT-850 di Ermanno Pellegrini, funzionario della soc. Pirelli Bicocca ; -1'8 dicembre 1970, l'incendio dell'auto Alfa Romeo 1750 ntstata alla soc. Pirelli ed in consegna all'aVv. Enrico Lciriga. Nello stesso dicembre 1970, il Prefetto di Milano Mazza invia al Ministro dell'Interno Restivo un rapporto in cui vengono illustrati i termini della situazione e la sua pericolosit; purtroppo l'iniziativa del Prefetto rimane senza apprezzabili effetti pratici. "--L'incendio, avvenuto la notte del 25 gennaio 1971, di tre autocarri adibiti alle prove dei pneumatici nella pista di pneumatici Pirelli di Lainate. Nel volantino 5 febbraio 1971 le B.R., rivendicando la paternit dell'attentato, aggiungono: Continueremo con forme di lotta pi avanzate sulla strada gi intrapresa; attacco alla produzione, molto danno per il padronato, poca spesa per noi. su questa strada che abbiamo gi incominciato a muovere i primi passi . Seguono gli incendi alle autovetture di Bianca Camaggio, in uso al figlio Franco Rosario Mojana (23 aprile 1971), esponente della Giovane Italia; di Paolo Romeo (23 aprile 1971), esponente dll'estrlna destra; il furto e la distruzione dell'auto di Carla Ghislandi, in uso al marito Raffaele Artom (15 luglio 1971), appartenente al M.S.I.; l'incendio dell'auto di Corrado Ferrara, sindacalista CISNAL (15 gennaio 1972); l'incendio dell'auto di Arrigo Garelli in uso al figlio Attilio, consigliere di zona del M.S.I. (20 gennaio 1972); l'incendio dell'auto dell'avv. Antonio La Russa in uso al figlio Ignazio, aderente al Fronte della Giovent del M.S.I. (20 gennaio 1972); l'attentato incendiario a Natale Gattuso (19 febbraio 1972); l'incendio dell'auto di Remo Casagrande, estremista di destra (19 febbraio 1972); l'incendio dell'auto di Salvatore Liparati (19 febbraio 1972). Siamo cos giunti all'inizio del 1972. Da questo momento inizia una nuova fase per le B.R.: la loro azione. si inasprisce e verranno commessi nuovi delitti contro la persona, quali sequestri di prsona e ferimenti. Cos, il 3 marzo 1972 abbiamo il sequestro con ferimento dell'ingegner Idalgo Macchiarini, catturato davanti allo stabilimento della SitSiemens di Milano e rilasciato dopo una ventina di minuti contuso e legato, con appeso al collo un cartello con la scritta: Brigate Rosse -Mordi e fuggi! -Niente rester impunito! -Colpiscine uno per educarne cento! -Tutto il potere al popolo armato! . Sequestro rivendicato anche con volantini a firma B.R. Pochi giorni dopo, e precisamente il 13 marzo 1972, si verifica l'irruzione nella sezione del . M.S.I. di Cesano Boscone con aggressione di Bartolomeo Di Mino e suo sequestro. Viene lasciata una scritta a spray: Niente rester impunito -Brigate Rosse e viene rivendicata la paternit dell'atto con volantino ciclostilato inviato al Corriere della Sera. PARTE II, "QUESTIONI Segue il sequestro in Milano dell'ing. Michele Minguzzi dirigente dell'Alfa Romeo in data 28 giugno 1973, rilasciato la sera stessa legato, imbavagliato e con un cartello al collo davanti all'uscita degli operai dell'Alfa Romeo. La sera del 15 gennaio 1973, viene compiuta un'irruzione armata negli uffici dell'U.CJ.D. di Milano, con aggressione ed immobilizzazione del direttore di segreteria Giulio Barana, nonch di Claudio Massazza, ed asporto di materiale . e di documenti. Viene abbandonato sul posto un volantino intestato alle Brigate Rosse, nel quale sono esposte le .ragioni dell'azione. Da notare che .il. 27 gennaio 1973 la Questura di Milano sequestrava presso la redazione del Giorno ,, e del Corriere della Sera copie di un ciclostilato in. tre..fogli intestato Brigate Rosse ed intitolato Bilancio della perqui sizione della sede dell'U.C.I.D. di Milano effettuata il 15 gennaio 1973 >>, in cui fra l'altro le B.R. .rivendicavano anche altre azioni, quali Lainate, Macchiarini, Cesano Boscone, Arriviamo cosi al sequestro di Bruno Labate, impiegato FIAT e sindacalista CISNAL, effettuato in Torino .il 12. febbraio 1973. Come si ricorder il Labate, dopo un interrogatorio, fu rilasciato. verso le 13,30 dello stesso giorno davanti alla FIAT in Corso Tazzoli, legato ad un palo della luce con un cartello al collo. All'atto dell'abbandono della vittima, gli aggressori lanciavano numerosi volantini contenenti un comunicato delle B.R. Alla fine dello stesso anno abbiamo il sequestro di Ettore Amerio, direttore del personale del gruppo automobili della FIAT, rapito il 10 dicembre 1973 e rilasciato, dopo lunghi interrogatori e. discussioni di carattere ideologico condotti da persona che potrebbe essere Renato Curcio, il 18 dicembre 1973. Abbiamo sentito in quest'aula, dalla viva voce dello stesso Amerio, un det tagliato resoconto dei fatti. In relazione a questo sequestro, venivano diffusi tre comunicati intestati e firmati Brigate Rosse. Il 4 marzo 1974, verso le 9,20, viene compiuta un'irruzione nell'Ufficio della CISNAL di Mestre, ad opera di un gruppo di tre persone armate di pistola, con aggressione, immobilizzazione, minacce ed imbavagliamento delle tre per sone presenti, ed asporto di documenti. Azione, questa, rivendicata dalle RR. mediante un volantino firmato B.R., prima deposto in una cabina del telefono ed il giorno dopo distribuito in citt. Successivamente, si noti, veniva distribuito, sempre a firma delle B.R., un opuscolo dal titolo: Via i fascisti dalle fabbriche di Porto Marghera >>, jn cui era riprodotto il testo del comunicato, assieme ad altre notizie (ad es. l'elenco di attivh;ti, di fascisti >>, lettere di raccomandazione) desunte dalle carte seque strate durante l'irruzione. Abbiamo poi, il 18 aprile 1974, il . sequestro Sassi, rilasciato il i3 maggio 1974: Vicenda troppo n9ta .in tutti i suoi particolari ...., minuziosamente e cli~ samente rievocata in questa sede dallo ste&so. dott. Sossi e da vari testimoni perch occorra descriverla ancora. Non passa molto tempo, e viene fatta un'irruzione nei locali del Centro Studi Luigi Sturzo di Torino: siamo alle 9,40 del 2 maggio 1974 (dunque, men tre in corso il sequestro Sossi), e gli aggressori sono due persone di cui una armata, che esercitano Violenza e provocano lesioni a carico del dipendente Giancarlo Fava -legato, imbavagliato ed immobilizzato -ed asportano docu menti. Sui muri, scritte inneggianti alle Brigate Rosse. 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Lo stesso giorno, verso le 18,30, viene effettuata un'irruzione nella sede del Comitato Resistenza Democratica -C.R.D. -di Via Guicciardini a Milano, ad opera di cinque persone armate, con immobilizzazione delle persone presenti in ufficio -il segretario del Comitato Vincenzo Pagnozzi, Roberto Casana e Secondo Sottimano -e con sottrazione di numerosa documentazione. Vengono lasciate le solite scritte sul muro, con frasi inneggianti alle B.R. Le azioni criminose in danno del Centro Luigi Sturzo e C.R.D. venivano rivendicate dalle B.R. con due volantini ciclostilati. Il contenuto dei due volantini riprodotto integralmente nell'opuscolo: Contro il Neogollismo portare l'attacco al cuore dello Stato -n. 2 - datato aprile 1974. Al testo dei volantini fatta precedere una sorta di introduzione, e fatto seguire un inquadramento storico-politico delle due organizzazioni colpite. Menzioniamo infine le irruzioni, entrambe dell'll dicembre 1974 e quasi contemporanee (fra le 16,45 e le 17) da parte di due nuclei armati nelle sedi del Sindacato Autonomo dell'Automobile -S.D.A. -di Nichelino e Rivalta, con violenza sulle persone, nonch asporto di documenti. Azioni anche queste rivendicate dalle Brigate Rosse con volantini ciclostilati. Qui termina l'arco dei fatti su cui verte il presente processo. Abbiamo esaminato solo le azioni principali. Perch nello stesso arco di tempo, fino al 1974, numerosissimi altri fatti criminosi si affiancano a questi, oggetto di questo e di altri processi. Soprattutto rapine -dette espropri proletari ,, -compiute dalle B.R. allo scopo di autofinanziarsi, ma anche furti di moduli di documenti, di patenti, furti numerosissimi di auto, poi utilizzate dalle B.R. per le loro azioni. Falsi di ogni genere, fra i quali quelli perpetrati per affittare od acquistare immobili utilizzati dai brigatisti come abitazioni o come covi '" reati vari contro la persona, aggressioni, minacce, oltraggi, ecc. Dicevamo che non finiscono qui le attivit delle B.R .. Anzi, col 1975 inizia una nuova fase. Fra aggressioni, irruzioni, distruzioni di auto, i brigatisti iniziano un nuovo periodo della loro storia. Ed ecco il sequestro di Vallarino Gancia, concluso tragicamente con la morte dell'appuntato D'Alfonso e della brigatista, moglie di Renato Curcio, Mara Cagol. Abbiamo il grave ferimento del tenente Rocca, l'uccisione dell'appuntato Niedda in Veneto, a Ponte del Brenta, e, 1'8 giugno 1976, l'uccisione di Coco. Accenniamo a questa nuova fase, anche se estranea al presente processo, solo perch essa stata annunciata e rivendicata dagli odierni imputati nell'aula di questa Corte di Assise, in Torino. Giustiziare Coco non stata una rappresaglia esemplare. Con questa azione si apr;e una nuova fase della guerra di classe che punta a disarticolare l'apparato dello Stato, colpendo gli uomini che ne impersonificano e dirigono la sua iniziativa controrivoluzionaria ... e conclude con la parola d'ordine: Portare l'attacco al cuore dello Stato!'" f Questa nuova fase punteggiata da una serie di assassinii, che la cronaca I ha imposto all'attenzione di tutti -l'assassinio Croce, l'assassinio Casalegno, l'assassinio Berardi, l'assassinio Cotugno, ecc... per finire con il pi recente, il vile assassinio di Moro e della sua scorta -nonch da una serie interminabile I di agguati e di ferimenti. I ~ I' PARTB II, QUESTIONI Tutti questi episodi hanno trovato puntuale riscontro in quest'aula, dove con insensata arroganza sono stati rivendicati dagli odierni imputati, che non hanno perso occasione per sottolineare la loro completa identificazione con l'organizzazione esterna e coi suoi delitti. Conclude dopo circa quattro ore (160 cartelle) chiedendo la condanna del nucleo storico delle B.R. per i reati di banda armata e associazione sovversiva. Fa anche i nomi degli storici che sono CURCIO, FRANCESCHINI, MQ.. RETTI, SEMERIA, BUONAVITA, FERRAR!, MANTOVANI, BASONE, GUAGIARDO e ISA, e precisa che le Parti Civili da lui rappresentate sono riferite esclusivamente ai fatti di Milano, quindi... se avesse parlato anche per i fatti di Torino .chiss cosa avrebbe detto! L'udienza tolta, si riprender il 31, mercoled, con la requisitoria del P.M. RASSEGNA DI DOTTRINA RECENSIONI GABRIELE MoNET'A: 1 mutamenti nella giurisprden~a della Cassai.ione civile (ottocentosessantasette casi di contrasto net quinquennio 1988-1992), CEDAM Padova; '1993. La ricerca sui contrasti della giurisprudenza della Cassazione civile offre .un contributo. ai progetti di riforma della stessa Cassazione, e nello stesso tempo pone in risalto l'asp.etto patologico :della giurisprudenza che, al .livello pi alto,. segnala con frequenza statuizioni. non sempre :uniformi. L'autore, con esattezza;. pone in risalto non..i contrasti che si sono verificati a notevole distanza. di tempo, giustificati dall'esigenza. di adeguare il diritto alla realt, come espressione di un effettivo mutamento della giurisprudenza, bens i cnptrasti che prescindono dal fattore tempo e sono originati da una disfunzione organizzativa dell'Ufficio: sono, questi,. i contrasti voluti , che risiedono, secondo l'autore, nelle contrapposte opzioni di valore sulla in. terpretazione delle leggi e che .,.-talvolta -riflettono un compiaciuto indi vi dualismo, L'autore si sofferma anche sul concetto di nomofilachia, che dovrebbe essere tendenziale e dialettica, in modo da assicurare non certezza ad ogni costo, ma dinamica continuit, e pone cos in risalto come il tema dei con .trasti . uno degli aspetti della crisi della giustizia. Viene per precisato che il contrasto non stato individuato attraverso la lettura attenta della motivazione delle sentenze (in relazione alla fattispecie), bens attraverso la lettura delle massime e delle sole sentenze pubblicate nelle riviste giuridiche (con le note redazionali). Tale. precisazione -in verit pone dubbi sulla esattezza delle conclusioni raggiunte. Tuttavia l'autore, sensibilmente preoccupato, rileva che dopo l'indagine compiuta sui contrasti tra le sentenze del 1988, il numero delle statuizioni dif formi sensibilmente aumentato nel 1989: in sostanza . . . . . . diminuiscono le sentenze e aumentano i contrasti , mentre nel 1990 aumentano le sentenze e aumentano i contrasti; e ci sintomo evidente -secondo l'autore -di una disfunzione interna all'apparato giudicante (pag. 173). L'autore osserva, dopo la sua ampia e diligente analisi, che spesso le sezioni semplici della Cassazione, nel rilevare il contrasto, anzich rimettere le que stizioni alle Sezioni Unite, decidono esse la controversia, motivando la preferenza accordata all'orientamento prescelto (pag. 302). Ed infine conclude nel senso che, per evitare tanta difformit di soluzioni. necessario ridurre al massimo il numero dei giudici (pag. 566). UGO GARGIULO SEGNALAZIONE DI NUOVE PUBBLICAZIONI I contratti dello Stato e degli enti pubblici. In un momento in cui la materia degli appalti al centro di un intenso dibattito che coinvolge giuristi, tecnici ed opinione pubblica, nasce la rivista I contratti dello Stato e degli enti pubblici con l'intento di fornire un ausilio RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO a quanti, amministratori ed operatori privati, svolgono la propria attivit in questo settore. Senza affatto trascurare gli orientamenti della dottrina, la rivista intende privilegiare gli aspetti pratici, dando particolare rilievo ai contributi della giurisprudenza. Stante la continua necessit di adeguare il nostro ordinamento alla disciplina comunitaria degli appalti, questa nuova pubblicazione si prefigge tra suoi obiettivi di offrire un osservatorio di tutte le innovazioni derivanti dal diritto comunitario al quale si deve in gran parte il graduale recupero dei fondamentali valori della concorrenza e del mercato, unica reale garanzia, secondo gli Autori, del pieno soddisfacimento degli interessi, pubblici e privati, in gioco. Il criterio di scelta dei membri del comitato scientifico -afferma Ernesto Liesch, condirettore della rivista - stato quello di chiamare come collaboratori illustri esponenti dei settori coinvolti nella materia. Fanno parte perci del comitato scientifico alcuni magistrati contabili, magistrati amministrativi. ma anche operatori pratici, come ad esempio segretari generali dei comuni, nonch economisti che si occupano di amministrazione pubblica, come Elio Borgonovi, direttore del dipartimento di amministrazione pubblica della Bocconi e Fabio Gobbo, attualmente commissario dell'Antitrust. Le prime due sezioni di cui si compone la rivista sono dedicate l'una, agli orientamenti dottrinali, l'altra ai contributi giurisprudenziali, ivi comprese, tra l'altro, le pi significative ordinanze delle commissioni di controllo sugli atti delle regioni. Di particolare interesse poi la sezione dedicata alle rassegne della legislazione interna e comunitaria, laddove, oltre ad una sintesi del quadro normativo, vengono riportati, accanto agli estremi delle leggi e dei decreti presidenziali, quelli delle delibere di comitati interministeriali, delle circolari, dei decreti ministeriali, delle leggi e dei decreti regionali nonch degli atti parlamentari intervenuti in materia. I contratti dello Stato e degli enti pubblici una rivista trimestrale pubblicata dall'editore udinese Aviani. F. SCLAFANI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice di procedura civile, artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, nella parte in cui non prevedono che la notificazione all'estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle formalit imposte al notificante dalle conven zioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200. Sentenza 3 marzo 1994, n. 69, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. codice di procedura penale del 1930, art. 62, nella parte in cui non prevede che nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni, anche separate o diverse, giudici che sono tra loro coniugi. Sentenza 30 dicembre 1993, n. 473, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. codice di procedura penale, artt. 392 e 393, nella parte in cui non consentono che, nei casi previsti dalla prima di tali disposizioni, l'incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase dell'udienza preliminare. Sentenza 10 marzo 1994, n. 77, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. r.d. 14 aprile 1910, n. 639, art. 6, comma 4, nella parte in cui prevede la rimessione di copia dell'atto di pignoramento, per conto del debitore, al sindaco, anzich la notifica di copia dell'atto di pignoramento al debitore. Sentenza 3 marzo 1994, n. 68, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 73, terzo comma [convertito in legge 9 gen naio 1939, n. 41] nella parte in cui non prevede la facolt -per il dipendente che sia cessato dall'impiego, senza aver effettuato il pagamento ddl'onere di riscatto in unica soluzione, ma senza essere ancora incorso, al momento della cessazione, nella decadenza prevista dal precedente art. 72, secondo comma di chiedere all'ente previdenziale che il contributo dovuto venga recuperato mediante riduzione della pensione di una quota vitalizia da calcolarsi in base alla tabella B annessa allo stesso regio decreto legge n. 680 del 1938 e successive modificazioni. Sentenza 10 febbraio 1994, n. 24, G. U. 16 febbraio 1994, n. 8. r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 165, nella parte in cui non prevede che, quando la rettifica degli atti dello stato civile, intervenuta per ragioni indipendenti dal soggetto cui si riferisce, comporti il cambiamento del cognome, il soggetto stesso possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere il cognome originariamente attribuitogli ove questo sia ormai da ritenersi autonomo segno distintivo della sua identit personale. Sentenza 3 febbraio 1994, n. 13, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. - 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132, primo comma, nella parte in cui non comprende, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego in ordine alle quali possibile la riammissione in servizio, la dispensa dal servizio per motivi di salute. Sentenza 26 gennaio 1994, n. 3, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 122,. nella parte in c.ui non prevede che l'Istituto assicuratore, nel caso di decesso dell'assicurato, debba avvertire i superstiti della loro facolt di proporre domanda per la rendita nella misura e nei modi previsti dall'art. 85 nel termine decadenziale di novanta giorni decorrenti dalla data dell'avvenuta comunicazione. Sentenza 3 febbraio 1994, n. 14, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22, nella parte in cui non prevede che la pensione di riversibilit sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata al trattamento minimo gi liquidata al pensionato o che l'assicurato avrebbe comunque diritto di percepire. Sentenza 31 dicembre 1993, n. 495, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui non consente la integrazione al minimo della pensione di riversibilit erogata dalla Gestione speciale dell'INPS per i commercianti in caso di cumulo con una pensione di riversibilit a carico dello Stato. Sentenza 3 febbraio 1994, n. 15, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 99, secondo comma, nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennit integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Sentenza 31 dicembre 1993, n. 494, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge 31 maggio 1975, n. 191, art. 22, primo comma, n. 10 [come integrato dall'art. 9, secondo comma, della legge 11 agosto 1991, n. 269], nella parte in cui non contempla, nel beneficio della dispensa dall'obbligo della ferma di leva, i figli dei lavoratori deceduti nello svolgimento di attivit di lavoro autonomo. Sentenza 10 marzo 1994, n. 76, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. dJ. 7 maggio 1980, n. 153, art. 26, settimo comma [convertito nella legge 7 luglio 1980, n. 299]. Sentenza 23 febbraio 1994, n. 49, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. dJ. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma [convertito in legge 29 otto bre 1987, n. 440], nella parte in cui dispone che le somme dovute a titolo di Tiliquidazione dell'indennit premio di servizio non danno luogo a rivalutazione monetaria . Sentenza 15 marzo 1994, n. 85, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge reg. Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1987, n. 30, artt. 5, primo coinma, lett. e), n. 2, e 30 [come sostituiti dagli artt. 5 e 29 della legge reg. 28 novembre 1988, n. 65], nella parte in cui non includono il trasporto dei rifiuti speciali prodotti da terzi tra le attivit soggette ad autorizzazione regionale. Sentenza 24 marzo 1994, n. 96, G. U.. 30 marzo 1994, n. 14. legge prov. aut. di Bolzano 13 marzo 1990, n. 6, art. 7, primo comma, nella parte in cui non prevede l'ultrattivit sino al 31 dicembre 1993 degli accordi di comparto per il pubblico impiego relativi al triennio 1988-1990. Sentenza 31 dicembre 1993, n. 496, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. dl. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-quinquies, secondo comma [convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come modificato dall'art. 1 del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461]. Sentenza 17 febbraio 1994, n. 48, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. legge reg. Piemonte, riapprovata il 6 luglio 1993, art. 13, secondo comma, recante Ricerca, uso e tutela delle acque sotterranee '" Sentenza 24 febbraio 1994, n. 61, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. Decreto legislativo 6 luglio 1993, n. 291, art. 2. Sentenza 24 marzo 1994, n. 95, G. U. 30 marzo 1994, n. 14. legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 ottobre 1993. Sentenza 15 marzo 1994, n. 84, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. lb AMMISSIBILIT DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM POPOLARE legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 1, G. U. 14 gennaio 199::)., n. 3. d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2 [convertito in legge 29 gennaio 1992, n. 35]. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 [come modificato dall'art. 11 della legge 24 dicembre 1993, n. 537]. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, artt. 5, primo e quarto comma; 6, primo comma; 7, primo, secondo e terzo comma. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 47. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 1, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO c1.lgs. 11 agosto 1993, n. 373, art. 2. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. legge 24 dicembre 1993, n. 537, artt. 1, 2, 3, primo, secondo, terzo e quarto comma; 4, come modificato dall'art. 11, trentottesimo comma. Sentenza 12 gennaio 1994, n. 2, G. U. 14 gennaio 1994, n. 3. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice civile, artt. 291 e 297 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 53, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. codice civile, combinato disposto artt. 892 e 894 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 54, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. codice penale, art. 146, primo comma, n. 3 [aggiunto dall'art. 2 del d.I. 14 maggio 1993, n. 139, convertito dalla legge 14 luglio 1993, n. 222] (artt. 2, 3, primo comma, 27, terzo comma, 32 primo comma e 111, primo comma, della Costi tuzione). Sentenza 3 marzo 1994, n. 70, G. U. 9 marzo 1994, n. 11. codice penale, art. 385, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 marzo 1994, n. 87, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. codice di procedura penale, art. 185, primo comma, n. 1 (art. 101, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 473, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. codice di procedura penale, artt. 238 e 512 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 17, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. codice di procedura penale, art. 270, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 febbraio 1994, n. 63, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. codice di procedura penale, artt. 321 e 324 (artt. 24, 42, 97 e 111 della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 48, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. codice di procedura penale, art. 419, terzo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 16, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 codice di procedura penale, .art. 424 (artt. 3, 97 e 112 della Costituzione). Sentenza 15 marzo 1994, n. 88, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. codice di proceduta penale, art. 446, primo e terzo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza17 febbraio 1994, :ii. 41, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. codice di procedura penale, art. 554, secondo comma (art. 112 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 478, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. codice di procedura penale, art. 577 (artt. 3 e 112 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 474, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge prov. Bo~no 2 aprii~ 1962, n. 4, aru. 2 e 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n; 19, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. legge prov. Bolzano 2 aprile 1962, n. 4, artt. 2 e 3 (artt. 8, n. 10, statuto spec. Trentino-Alto Adige e 47, secondo co.una, della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 19, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. legge 31 maggio 1965, n,.575, art. 2-ter, sesto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 dicembre 1993, n. 465, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3, 38 e 41 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 22, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10, sesto e settimo comma, e 11, primo e secondo comma (artt. 2, 32 e 38 della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 37, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. legge 26 luglio 1965, n. 966, art. 2, primo comma, lett. b) (artt. 23 e 41 della Costituzione). Sentenza 15 marzo 1994, n. 90, G. U. 23 marzo 1994, n. 13. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, nel testo sostituito dall'art. 15, primo comma, p.p., del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356 (artt. 3, primo comma, 25, secondo comma e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 39, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, allegato 2, limitatamente alle disposizioni riguardanti gli psicologi provenienti dagli Enti locali e ivi inquadrati con la qualifica di collaboratore tecnico. Sentenza 30 dicembre 1993, n. 476, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. 20 RASSEGNA. AVVOCATURA DELLO STATO . d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 39, nella parte in cui dichiara non pensionabile l'assegno aggiuntivo riconosciuto ai professori universitari che optano per il regime di impegno a tempo pieno (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1994, n. 78, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. d.l. 6 giugno 1981, n. 283, art. 26 [convertito nella legge 6 agosto 1981, n. 432] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30. dicembre 1993, n. 477, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge 13 luglio 1984, n. 312, art. 6, secondo comma, nella parte in cui esclude, per i lipendenti non artisti degli enti lirici autonomi, l'applicabilit dell'art. 6 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, convertito nella legge 26 febbraio 1982, n. 54 (artt. 3, 4 e 38, secondo e quarto comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 475, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. legge reg. Veneto 27 giugno 1985, n. 61, art. 24, terzo comma (artt. 5, 32, 97 e 128 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1994, n. 79, G. U. 16 marzo 1994, n. 12. legge 17 dicembre 1986, n. 890, art. 3 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 479, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 18, primo comma (artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 50, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. legge 23 dicembre 1986, n. 898, art. 2, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall'art. 73 della legge 19 febbraio 1992, n. 142 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 10 febbraio 1994, n. 25, G. U. 16 febbraio 1994, n. 8. d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 36 (artt. 3, 53, 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 38, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. legge reg. Sicilia 29 dicembre 1989, n. 19, art. 3, n. 3 (artt. 3 e 53 della Co stituzione). Sentenza 30 dicembre 1993, n. 480, G. U. 5 gennaio 1994, n. 1. d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 7, commi 12-bis e .12-ter [convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 febbraio 1994, n. 62, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43, art. 11, come modificato dall'art. 12 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344, convertito nella legge 23 gennaio 1991, n. 21 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 51, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. PARTE II, RASSEGNA or LEGISLAZIONE d.l. 27 aprile 1990, n. 90, art. 5, nono comma [convertito in legge 26 giugno 1990, n. 165] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 18, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. d.l. 24 novembre 1990, n. 344, artt. 7 e 8, primo comma [convertito con legge 23 gennaio 1991, n. 21] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1994, n. 4, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. d.I. 13 maggio 1991, n. 152, art. 2, primo comma [convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203] (artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 17 febbraio 1994, n. 39, G. U. 23 febbraio 1994, n. 9. legge 11 agosto 1991, n. 266, art. 15 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1993, n. 500, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. d.Igs. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 2, comma 6 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1993, n. 512, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, artt. 2, commi 6 e 7, e 4 (artt. 3, 24, 25 e 81 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1993, n. 512, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. d.I. 11 luglio 1992, n. 33, art. 2, quarto comma [convertito dalla legge 8 ago sto 1992, n. 359] (artt. 3, 24, 36, 73, 97, 101, 108 e 113 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1994, n. 6, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. d.l. 19 settembre 1992, n. 384, artt. 4, primo e terzo comma, e 14 [convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438] (artt. 3, 24, 38 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1994, n. 20, G. U. 9 febbraio 1994, n. 7. d.I. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, settimo comma [convertito dalla legge 14 novembre 1992, n. 438] (artt. 3, 24, 36, 73, 97, 101, 108 e 113 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1994, n. 6, G. U. 2 febbraio 1994, n. 6. d.I. 19 dicembre 1992, n. 485, art. 1, commi primo, secondo e quarto-ter [con vertito in legge 17 febbraio 1993, n. 32], nella parte in cui esclude la regione Sardegna dalla partecipazione alla ripartizione dei finanziamenti ivi previsti (artt. 3, lett. g), 4, lett. g), 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 54 e 56 dello statuto spec. Sardegna e 3, 81, 116 e 119 della Costituzione). Sentenza 31 dicembre 1993, n. 499, G. U. 12 gennaio 1994, n. 2. d.I. 22 maggio 1993, n. 155, art. 18, settimo e ottavo comma [convertito nella legge 19 luglio 1993, n. 243] (art. 9 statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 52, G. U. 2 marzo 1994, n. 10. d.I. 22 maggio 1993, n. 155, art. 18, settimo e ottavo comma [convertito nella legg 19 luglio 1993, n. 243] (artt. 75, 78 e 104 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 23 febbraio 1994, n. 52,G. U. 2 marzo 1994, n. 10. CONSULTAZIONI ANTICHIT E BELLE ARTI -Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali Componenti. -Possibilit di essere nominati pi di due volte. Se il divieto di conferma nell'incarico per pi di una volta, posto per i membri del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, precluda la possibilit di una terza nomina che avvenga con soluzione di continuit rispetto alle due precedenti (es. 6465/93). Immobili soggetti a vincolo storico-artistico -Lavori di manutenzione straordinaria necessari ad assicurarne la conservazione -Effettuazione a spese di un condominio -Erogazione a questi dell'intero contributo ex l. 1552/61 Possibilit. Se il condominio, che abbia provveduto ad eseguire a sue spese lavori di manutenzione straordinaria necessari per assicurare la conservazione di un immobile oggetto di vincolo artistico, abbia diritto a vedere erogato in suo favore l'intero contributo spettante ai sensi della legge 21/12/1961 n. 1552 (es. 7974/93). Immobili sottoposti a vincolo storico-artistico -Opere abusive realizzate sugli stessi prima dell'imposizione del vincolo e per le quali sia stata chiesta sanatoria ex l. 47/85 -Autorit che ne dispone la demolizione -Poteri del Ministero dei beni culturali. Se e da chi possa essere ordinata la demolizione di opere realizzate in carenza di concessione edilizia su di un immobile sottoposto a vincolo storico artistico, vincolo posto successivamente alla realizzazione delle opere stesse, e per le quali sia stata chiesta la sanatoria ex 1. 47/85; e se per la concessione della sanatoria sia necessario il parere favorevole del Ministero dei beni culturali (es. 5288/93). ASSICURAZIONE -Controlli amministrativi -Imprese assicuratrici -Assunzione di partecipazioni in societ -Obbligo .di comunicazione all'ISVAP Fattispecie. Se l'Impresa di assicurazione che abbia comunicato all'ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) l'assunzione di partecipazione in altra societ, superiore al 5 % del capitale sociale dell'Impresa assicuratrice stessa, debba comunicare all'ISV AP l'assunzione di ulteriori partecipazioni nella medesima societ, pur se di per s inferiori al ridetto limite del 5 % (es. 5571/93). Impresa di assicurazione -Controlli amministrativi -Omissione di comunicazioni .(art. 16 c. 2 legge 20/91) all'ISVAP " Consumazione del reato -Momento. Quando diventi penalmente sanzionabile il ritardo nelle comunicazioni al. l'ISVAP previste dagli artt. 5, 9, 15 legge n. 20/91 (es. 5571/93). 24 RASSEGNA AWOCATURA DEUO STATO BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) -Autorizzazioni paesaggistiche ex art. 7 l. 1497/39 -Esame da parte del Ministero dei beni culturali delle autoriz zazioni rilasciate dalle regioni -Possibilit di richiedere alla regione pi copie della documentazione necessaria -Richiesta dell'interessato di inter vento sostitutivo del Ministero dei beni culturali -Termine -Perentoriet. Se il Ministero dei beni culturali e ambientali possa richiedere alla regione di inoltrare in pi copie la documentazione necessaria ai fini dell'esame diretto all'eventuale annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate ex art. 7 legge 1497/39 dalla regione medesima; e se, non avendo la regione provveduto sulla richiesta di autorizzazione entro il termine di legge (60 giorni), l'interessato possa chiedere l'intervento sostitutivo del Ministero dei beni culturali anche oltre i trenta giorni successivi previsti dall'art. 82, nono comma, d.P.R. 616/77 (es. 2225/93) . CIRCOLAZIONE STRADALE -Veicoli -Tributi -Tasse automobilistiche -Tassa di circolazione -Soggetto passivo -Soggetto che risulta proprietario dal pubblico registro automobilistico. Se l'obbligato al pagamento della tassa di possesso di autoveicolo sia sempre e comunque l'intestatario del veicolo nei registri del PRA, anche se risulti da atto avente data certa l'alienazione dell'autoveicolo a terzi (es. 4375/93). Veicoli -Tributi -Tassa di circolazione -Tasse automobilistiche -Soggetto passivo -Soggetto che risulta proprietario dal pubblico registro automobi listico. Se (pur dopo la sentenza 2 aprile 1993 n. 164 della Corte Costituzionale) sia corretto affermare che l'obbligato al pagamento della tassa di possesso di autoveicolo sia sempre e comunque l'intestatario del veicolo nei registri del PRA, anche nel caso in cui risulti da atto avente data certa l'alienazione dell'autoveicolo a terzi (es. 7279/93). DEMANIO -Demanio statale -Marittimo -Assistenza, integrazione sociale e diritti dei portatori di handicap -Barriere architettoniche -Opere dirette a consentire la visitabilit degli impianti balneari e l'accesso al mare da parte delle persone handicappate -Regime urbanistico -Necessit di concessione edilizia (o autorizzazione sindacale ex art. 48 l. 457/78). Se per le opere dirette a consentire la visitabilit degli impianti balneari (e l'accesso al mare), da parte delle persone handicappate, sia necessaria la concessione edilizia o l'autorizzazione sindacale ex art. 48 I. 457/78 (es. 6446/93). ENTI PUBBLICI -Enti locali -Emissione prestiti obbligazionari Possibilit -App[i. cabilit art. 18 e ss. d.l. 8 aprile 1974 n. 95. Se ed a quali condizioni di procedura sia consentita agli Enti locali l'emis sione di prestiti obbligazionari; e se siano applicabili le norme dettate dagli artt. 18 e seguenti del d.I. 8 aprile 1974 n. 95 conv. in I. 7 giugno 1974 n. 216, in materia di sollecitazione del pubblico risparmio, alla emissione e al collocamento presso il pubblico da parte degli Enti locali di prestiti obbligazionari (es. 5474/93). PARTE II, CONSULTAZIONI 2J FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI -Fallimento del debitore sottoposto ad esecuzione presso terzi -Ordinanze di assegnazione del credito anteriori e successive al fallimento -Effetti. Se intervenuto, nel corso della procedura di espropriazione presso terzi, il fallimento del debitore esecutato, possa essere emessa ordinanza di assegnazione del credito; a chi debbano essere pagati -dopo il fallimento dell'esecutato -i crediti assegnati -ex art. 553 c.p.c. -prima della declaratoria di fallimento (pign. 1441/91). Riparazione per ingiusta detenzione Fallimento dell'ex detenuto -Acquisibilit dell'indennizzo alla massa fallimentare. Se siano acquisibili all'attivo fallimentare le somme dovute al fallito a titolo di riparazione per ingiusta detenzione (pign. 1441/91). IGIENE E SANIT PUBBLICA -Igiene degli alimenti e delle bevande -Produzione e commercio degli sciroppi e delle bevande a base di mandorle -Normativa vigente in materia -Legge 23 febbraio 1968 n. 116 e d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 109 -Abrogazione della prima da parte del secondo. Se la normativa di cui al d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 109 (introdotta in attuazione delle direttive CEE del Consiglio 89/395 e 89/396), disciplinante l'etichettatura, la presentazione e la pubblicit dei prodotti alimentari, abbia determinato l'abrogazione delle norme (ed in particolare di quelle sanzionatorie) che, con specifico riguardo alla produzione e al commercio di sciroppi e bevande a base di mandorle, erano state poste dalla legge 23 febbraio 1968 n. 116 (es. 6162/93). Sanit dell'ambiente -Ministero dell'ambiente -Componenti Commissione VIA Aspettativa per malattia ex art. 68 t.u. imp. civili e congedo per maternit ex art. 41 t.u. impiegati civili .. Spettanza. Se ai componenti della Commissione per la valutazione dell'impatto ambientale, istituita presso il Ministero dell'Ambiente, spettino l'aspettativa per malattia e il congedo per maternit propri dei dipendenti dello Stato (es. 8841/93). Tutela dell'ambiente -Smaltimento rifiuti speciali -Ripascimento arenili -Spandimento di sabbia ottenuta da drenaggio portuale. Se Io spandimento di sabbia, proveniente da dragaggio portuale, su arenili, a fine di ripascimento di questi, sia operazione da qualificare come smaltimento di rifiuti speciali e soggetta ad autorizzazione da parte della Regione (es. 5075/93). Servizio sanitario nazionale -C.d. prestazioni strumentali Accesso dell'assistito a strutture private -Condizioni -Impossibilit di provvedere per le strutture pubbliche. Se, con l'entrata in vigore dell'art. 8, quinto comma, d.lgs. n. 502/92, il ricorso dell'assistito alle prestazioni di strutture sanitarie private convenzionate non sia pi condizionato all'impossibilit per le strutture sanitarie pubbliche di effettuare entro 4 giorni le prestazioni strumentali (es. esami di laboratorio) richieste (es. 4722/93). 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO IMPIEGO PUBBLICO -Comune Organi -Segretario comunale inidoneo in via permanente al servizio attivo -Apertura del procedimento per l'inquadramento nei ruoli dell'amministrazione civile dell'Interno -Collocamento in aspettativa per infermit -Possibilit e durata. ?, . I Se, ed eventualmente per quanto tempo, possa essere collocato in aspet j tativa per infermit il segretario comunale, giudicato inabile definitivamente alla funzione, rispetto al quale sia promosso il procedimento volto all'eventuale passaggio nel ruolo dell'amministrazione civile dell'Interno (es. 4423/93). ISTRUZIONE E SCUOLE -Personale insegnante -Docenti universitari -Professori associati -Conferma in ruolo -Determinazione trattamento retributivo -Periodo intercorrente fra la decorrenza giuridica della nomina (conseguita a seguito di positiva partecipazione alla prima e seconda tornata dei giudizi di idoneit) ed effettiva presa di servizio -Valutazione. Se al fine di determinare il trattamento retributivo di chi sia nominato professore universitario associato (a seguito di positiva valutazione riportata nella prima o seconda tornata dei relativi giudizi di idoneit) e sia stato -poi confermato in ruolo, si debba considerare il periodo intercorso fra la decorrenza giuridica della nomina a professore associato e l'effettiva presa di servizio, come periodo di servizio prestato in detta qualifica (es. 3348/92). t Universit -Edifici destinati a sede di pubblici uffici -Concessione di porzioni di essi, in uso a privati, per destinazione a bar, edicole, o similari -Fattispecie. Se, ed eventualmente con quali modalit, l'Universit degli studi di Roma La Sapienza, che ha per legge l'uso gratuito degli immobili (di propriet dello Stato) nei quali operante il Policlinico Umberto I, possa concedere a terzi l'uso di parti di detti immobili affinch vengano adibiti a spaccio di generi di conforto, punto vendita di giornali (e simili) (es. 8177/90). II Universit -Prima facolt di medicina e chirurgia dell'Universit Federico II Scorporo e passaggio alla Seconda Universit degli studi di Napoli -Rapporti giuridici nei quali quest'ultima succeduta -Individuazione. Quali siano i rapporti trasferiti alla Seconda Universit degli studi di Napoli a seguito dello scorporo dall'Universit Federico II della prima facolt di medicina e chirurgia e il passaggio della stessa alla Seconda Universit (es. 2770/93). OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) -Appalto di opere pubbliche: revisione prezzi ex art. 33 legge 41/86 -Base di computo dell'alea contrattuale (importo complessivo della prestazione) -Nozione. Se la percentuale di alea del 10 %, il cui superamento, ai sensi dell'art. 33, terzo comma, legge 41/86, comporta l'applicazione della revisione dei prezzi dell'appalto di opera pubblica, vada calcolata sull'intero importo del contratto o sul solo importo revisionabile (escludendo cio le anticipazioni e i lavori eseguiti nel primo anno) (es. 5662/93). PARTE II, CONSULTAZIONI PATRIMONIO DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Beni immobili dello Stato -Per muta ex art. 1 r.d.l. 2000/1923 -Immobili adibiti ad uffici pubblici o ad uso di Amministrazioni governative -Nozione. Se il disposto dell'art. 1 r.dl. 10 settembre 1923 n. 2000 (secondo il quale il Governo ... autorizzato .a permutare ... gli immobili demaniali adibiti ad uffici pubblici ed, in genere, ad uso delle Amministrazioni governative con altri immobili di minor valore, che debbano avere la stessa o analoga destinazione, mediante conguaglio in denaro a favore dell'Amministrazione demaniale) concerna anche immobili dello Stato che al momento della permuta non siano pi adibiti ad usi governativi (es. 1462/91). POSTE E RADIOTELECOMUNICAZIONI PUBBLICHE -Servizi di telecomunicazione -Trasferimento di propriet di imprese radiotelevisive -Contravvenzione di omessa comunicazione al garante dell'editoria -Soggetto attivo del reato Sussistenza del reato ove nel termine di legge la comunicazione sia fatta solamente a mezzo raccomandata. Chi sia il soggetto penalmente sanzionabile in caso di mancata comunicazione al garante dell'editoria del trasferimento di propriet delle imprese radiotelevisive; e se la comunici;tzione possa avvenire mediante azione diversa dalla notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario (es. 8518/93). PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Ministero delle Poste e Telecomunicazioni -Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni -Contratti di manutenzione e acquisizione di servizi -1) Contratti di durata superiore a tre anni -Aggiudicazioni anteriori al 3 luglio 1993 -Sorte -2) Applicabilit direttiva 92/50/CEE del Consiglio. Se, ravvisatasi l'opportunit che . i contratti di manutenzione o di acquisizione di servizi stipulati dalla Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni abbiano, in vista della trasformazione di questa in s.p.a., una durata massima triennale, possano essere annullate o revocate le aggiudicazioni gi avvenute (e possa essere denegata l'approvazione dei contratti ai quali esse pertengono); e se ai contratti di tale tipo sia applicabile la direttiva 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 (che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di pubblici servizi) (es. 7160/93). RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Riscossione delle imposte sui redditi -Imposte indirette di cui all'art. 67, primo comma, d.P.R. 43/88 -Legale rappresentante di societ o di ente -Responsabilit personale per il pagamento di pene pecuniarie e soprattasse -Sussistenza. Se possa estendersi alle imposte indirette indicate nel primo comma dell'art. 67 d.P.R. 43/88 (es. imposta sul valore aggiunto, imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali, imposta sulle successioni e donazioni, imposte di fabbricazione, imposte erariali di consumo) la disciplina contenuta nel sesto comma dell'art. 98 d.P.R. 620/1973 (secondo il quale: Al pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente coloro che ne hanno la rappresentanza) (es. 2236/93). 28 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO Riscossione delle imposte sui redditi -Tributi Riscossione Ricorso alla Com missione tributaria di I grado inammissibile -Possibilit di procedere ad immediata riscossione integrale del tributo. Se l'Amministrazione finanziaria possa avviare le procedure di riscossione del tributo a titolo definitivo, senza attendere la pronunzia della decisione, quando il ricorso alla Commissione tributaria di I grado non sia stato portato a conoscenza dell'ufficio mediante consegna o spedizione, o sia stato consegnato o spedito tardivamente all'ufficio, o l'esemplare da esso diretto all'ufficio non sia stato sottoscritto, o sia stato spedito entro busta (es. 1677/91). SANZIONI AMMINISTRATIVE . Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 n. 571 Applicazione -Pagamento in misura ridotta Trasgressore soggetto a procedura concorsuale -Sospensione del termine previsto per effettuare il pagamento. Se, essendo l'autore di un illecito amministrativo sottoposto a procedura concorsuale diretta al risanamento dell'impresa (nella specie gestione straordinaria di societ assicuratrice), il termine per effettuare il pagamento in misura ridotta, di cui all'art. 16 legge 689/81, sia sospeso fino al termine della procedura (es. 5571/93). Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 n. 571 -Applicazione Procedimento di irrogazione di sanzioni pecuniarie amministrative -Applicabilit delle norme poste dalla legge 241/90 in materia di procedimento amministrativo. Se per il procedimento di irrogazione di una sanzione pecuniaria amm1mstrativa (ex l. 689/81) l'Amministrazione competente abbia l'onere di fissare i tempi e i termini del procedimento stesso, ai sensi dell'art. 2 legge 241/90 (es. 5571/93). Legge 24 novembre 1981 n. 689 e d.P.R. 22 luglio 1982 n. 571 -Riserva assoluta di legge ex art. 1 legge 689 del 1981 -Sanzioni introdotte da regolamenti anteriori (caducazione) e posteriori (illegittimit) alla legge 689/81. Se l'art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema penale), secondo il quale nessuno pu essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge, abbia posto in materia una riserva di legge di carattere assoluto; se pertanto debbano ritenersi caducate le norme regolamentari -entrate in vigore prima della l. 689/81 -che prevedono siffatte sanzioni, ed invalide (quindi disapplicabili dall'a.g.o, ancorch non dalla PA) quelle entrate in vigore successivamente (nella specie le norme punitive contenute nel regolamento di attuazione della 1. 11 giugno 1971 n. 426, sulla disciplina del commercio, approvato con D;M. 4 agosto 1988 n. 375) e non fondate su di una legge successiva alla 689/81, che abbia derogato al principio della riserva assoluta (es. 4516/93). Sanzioni pecuniarie amministrative -Indebita percezione aiuti FEOGA Notificazione del verbale di contestazione -Termine -Decorrenza -Accertamento della violazione -Nozione -Applicazioni. Se il termine per notificare il verbale di contestazione a colui che abbia percepito, mediante l'esposizione di dati falsi, aiuti comunitari alla produzione dll'olio di oliva, possa iniziare a decorrere anche se l'ente accertatore della violazione non abbia ancora quantificato l'ammontare degli aiuti indebitamente percepiti (es. 6553/93). . . PARtB: Ili CONSULTAZIONI Sanzioni pecuniarie amministrative Pagamento in misura ridotta -Rateazione della somma Possibilit. Se. l'autore .di un iiledto a.mministrativo possa essere ammesso ad effettuare ii pagamento in misura ridotta, previsto dall'art .. 16 legge 689/81, a rate, pagando. cos l'intera somma dovuta a tal fine oltre il sessantesimo giorno dalla contestazione della violazione (es. 5571/93). Saniionipecunidtie amministrative -Persone giuridiche -Applicabilit alle stesse quali autrici dell'infrazione. Se, dopo l'entrata .in vigore della legge 24 novembre 1981 n. 689, possano essere irrogate a persone giuridiche, quali autrici di illecito amministrativo, le sanzioni pecuniarie comminate a (o anche a) .persone giuridiche da norme di legge emanate anteriormente all'entrata in vigore della ridetta legge 689/81 (nel caso di specie viene in considerazione. la sanzione posta a carico della societ di assicurazione per tardivo risarcimento del danno cagionato dall'assicurato per la r.c.a.) (es. 5571/93), . Sanzioni pecuniarie amministrative -Riscossione coattiva e Rcorsi esperibili avverso i ruoli emessi ex art. 27 legge 689/81 -Autorit competente alla decisione del ricorso. Quali ricorsi siano possibili contro i ruoli emessi, ex. art. 27 legge 24 novembre 1981 n. 689, per la riscossione delle sanzioni pecuniarie amministrative e a chi spetti deciderli (in particolare se all'autorit che abbia emesso l'ingiunzione, oppure all'Intendenza di finanza (es. 3814/92). Successione di leggi punitive nel tempo -Configurazione quale illecito ammi nistrativo punito con pena pecuniaria di un fatto prima prevsto come reato (depenalizzai.ione) -Fatti commessi prima dell'entrata in vigore della huova legge -Applicabilit della san~ione amministrativa -Fattispecie (infrazioni al codice della strada). Se ai fatti, che giusta le previsioni del codice della strada abrogato (d.P.R. 393/1959) integravano fattispecie di reato, ed alla stregua di quanto previsto dal codic;e della strada vigente (d.lgs. 285/1992) hanno invece natura di .mero illecito amministrativo punito con sanzione pecuniaria, compiuti neUa. vigenza del vecchio codice, possa appli,carsi la sanzione amministrativa prevista dal nuovo (es. 4698/93). SPESE GIUDIZIALI CIVILI -Controversie in materia di IGE -Definizione ex art. 54 legge 413/91 -Spese di giudizio. Se il contribuente che abbia definito una controversia, in materia di IGE, ai sensi dell'art. 54 della legge 413/91, debba corrispondere all'amministrazione finanziaria dello Stato le spese di giudizio liquidate in favore dell'erario da sentenza intervenuta anteriormente alla summenzionata definizione della controversia (es. 1039/93). SPORT -Comitato Olimpico Nazionale Italiano -Poteri di controllo della Presi denza del Consiglio dei Ministri sul CONI Quali siano. Quali controlli siano esercitabili -da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri -sul Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) (es. 5346/93). 90 RASSEGNA AVVOCATURA DBLLO STATO TRASPORTI -Concessioni ferroviarie -Fine della concessione -Assunzione della gestione della ferrovia da parte dello Stato -Subentro di questo negli obblighi del concessionario verso i lavoratori -Obbligazione di rimborsare ai lavoratori i contributi previdenziali da questi versati all'INPS a cagione di insufficienti versamenti da parte del datore -Prescrizione del diritto al rimborso del dipendente -Tempo necessario -Decorrenza del termine. Se, cessata una concessione ferroviaria, e assunta la gestione della ferrovia (nella specie Adriatico-Sangritana) da parte dello Stato, questo subentri negli obblighi del concessionario verso i prestatori di lavoro ed, in particolare, nell'obbligazione di rimborsare ai lavoratori i contributi previdenziali che questi ha versato all'INPS a cagione dell'assolvimento, in misura insufficiente, dell'obbligo contributivo da parte del datore di lavoro; ed inoltre quale sia e da quando decorra il termine di prescrizione del summenzionato diritto di rimborso del dipendente (es. 2146/93). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta sul valore aggiunto -Cessione di specialit medicinali da parte di imprese farmaceutiche a enti ospedalieri -Base imponibile (nozione di prezzo di cessione al pubblico sul quale va operato lo sconto del 50 %). Se nelle cessioni di specialit medicinali da parte di imprese farmaceutiche a enti ospedalieri, l'aliquota IVA (del 9 %) vada applicata sul 50 % del prezzo di vendita al pubblico del medicinale comprensivo dell'IVA, oppure sulla met del prezzo di cessione al pubblico al netto dell'IVA (es. 8309/93). Imposte doganali e imposte di fabbricazione -Reati -Riscossione del tributo nei confronti dell'autore del reato -Pendenza di processo penale. Se prima della conclusione del processo penale possa richiedersi il pagamento delle imposte doganali o delle imposte di fabbricazione, a chi detti tributi deve in quanto autore dell'illecito oggetto dell'accertamento penale (es. 552/93). Tributi doganali -Entrata in vigore del d.P.R. 43/88 -Emissione da parte dell'Amministrazione finanziaria di ingiunzione fiscale -Possibilit. Se -pur dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 43/88 -l'Amministrazione finanziaria dello Stato possa emettere ingiunzione di pagamento (ex art. 82 d.P.R. 43/73) di diritti doganali non pagati (es; 3697/90). TRIBUTI (IN GENERALE) -Rimborso di tributi indebitamente percepiti -Interessi anatocistici -Se possano spettare al contribuente. Se gli interessi scaduti, relativi a somme indebitamente percette dal fisco a titolo di imposta, possano produrre interessi (es. 5888/93).