Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. ANNO XLVI -N. 2 APRILE -GIUGNO 1994 ~AJECGNA PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1994 ABBONAMENTI ANNO 1994 ANNO . . . . .. . . .. .. . .. . . . . L. 52.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 1u1lio 1966 (7219005) Roma, 1995 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura delfavv. Franco Favara) . pag. 181 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Oscar Fiumara) > 258 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Antonio Cingolo e Giuseppe Stipo) :t 291 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Raffaele Tamiozzo) .. > 311 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato Carlo Bafi/e) . . J 325 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI QUESTIONI ........ . pag. 33 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE > 74 CONSULTAZIONI ..... . > Comitato di redazione: Avv. D. Del Galzo -Avv. G. Mangia - Avv. M. Salvatorelll -Avv. F. Sclafanl La pubblicazione diretta dall'avvocat~ UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI C. BAFILE: superato il principio della giurisdizione condizionata nel processo tributario? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, 33 F. BASILICA: False light in the public eye: luci ed ombre del percorso giurisprudenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II. 38 A. CINGOW: Dal diritto di accesso al diritto alla curiosit: breve storia di una involuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I. 311 G. M. DE SOCIO: Tutela giuridica dei programmi per elaboratore e pubblica amministrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, 70 P. DI TARSIA DI BELMONTE: L'arringa in difesa del Ministero dell'Interno, parte civile nel processo per l'omicidio del Soprintendente di Polizia Salvatore Aversa e della moglie . . . II, 53 O. FIUMARA: Decisione giudiziaria e transazione giudiziaria nella Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 I. 275 O. FIUMARA: Luogo di adempimento dell'obbligazione in caso di vendita internazionale di merci ai fini della competenza giurisdizionale I, 282 A. MUTARELLI: Occupazioni per interventi di interesse statale e termine di efficacia per la loro attuazione . . I, 238 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA AMBIENTE -Tutela -Decreto ministeriale -Funzione di indirizzo e coordinamento Competenza dei Ministri, 194. APPALTO (CONTRATTO DI) -Appalto di opere pubbliche Revisione prezzi -Posizione dell'appaltatore -Natura di diritto soggettivo tutelabile davanti all'AGO -Condizioni -Adozione di un provvedimento di riconoscimento del diritto alla revisione da parte della P .A. -Sussistenza, 304. ATTO AMMINISTRATIVO -Documento amministrativo -Diritto di accesso -Pendenza di un giudizio -Tutela del diritto di accesso ex art. 25 legge 241/90 e istanza di acquisizione istruttoria -Concorrenza tra i due mezzi -Possibilit, con ' nota di A. CINGOLO, 311. BELLEZZE NATURALI -Vincolo paesaggistico -Regione Legge regionale limitativa della legge statale _-Illegittimit, 192. CIRCOLAZIONE STRADALE ..,... Uso del casco da parte degli utenti di motocicli -Diritto di libert e tutela della salute -Legittimit, 215. COMUNIT EUROPEE ...,. Gonv'enzione di, Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale -Competenza territoriale -Luogo di adempimento dell'obbligazione -Legge uniforme sulla vendita, con nota di O. FIUMARA, 282. - Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale -Riconoscimento delle decisioni -Preesistenza di decisioni rese fra le medesime parti. Nozione -Transazione giudiziaria, con nota di 0. FIUMARA, 275. -'-Libera prestazione dei servizi -Libera circolazione delle merci -Concessione del sistema di automazione del gioco del lotto, 258. -Trasporti marittimi -Servizio obbligatorio di pilotaggio -Tariffe discriminatorie -Concorrenza, 266. ..,-Trasporti marittimi -Servizio obbligatorio di pilotaggio -Tariffe discriminatorie -Libera prestazione dei servizi, 266. ELEZIONI -Cause ineleggibilit sopravvenute Retroattivit -Legittimit, 199. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Decreto di occupazione temporan~ e d'urgenza per opere e interventi previsti dall'art. 4 del d.l. 2 maggio 1974, n. 115 convertito con legge 27 giugno 1974, n. 247 -Efficacia trimestrale (art. 20, comma 1, legge 22 ottobre 1971, n. 865), con nota di A. MUTARELLI, 238. -Decreto di occupazione temporanea d'urgenza per opere e interventi previsti dall'art. 4 del d.l. 2 maggio RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO VI 1974, n. 115, convertito con legge 27 giugno 1974, n. 247 -Efficacia trimestrale (art. 20, legge 22 ottobre 1971, n. 865) -Legittimit costituzionale dell'art. 20, comma 1, legge n. 865/1971, con nota di A. MUTA RELLI, 237. -Espropriazione di bene indiviso Giudizio di opposizione alla stima iniziato da uno dei comproprietari espropriati -Estensione degli effetti dell'opposizione ai comproprietari non partecipanti al giudizio -Insussistenza, 295. -Occupazione acquisitiva -Azione a tutela del privato per la perdita del diritto dominicale -Emanazione tardiva del decreto di esproprio -Opposizione alla stima -Inammissibilit -Diritto al risarcimento del danno per fatto illecito dell'occupante Sussistenza, 295. -Occupazione acquisitiva -Perfezionamento -Elementi necessari, 295. FAMIGLIA -Adozione -Convenzione europea di Strasburgo 24 aprile 1967 -Ammissibilit adozione da parte di persona singola -Carattere non autoesecutivo della norma pattizia, 218. FORZE ARMATE -Accesso ai ruoli -Informazione sulla famiglia -Ordinamento giudiziario Accesso ai ruoli della magistratura Informazioni sulla famiglia -Illegittimit, 188. GIURISDIZIONE CIVILE -Giurisdizione ordinaria o amrmmstrativa -Impiego pubblico -Enti pubblici -Dipendenti degli enti mutualistici soppressi, trasferiti alle USL -Diritto all'eccedenza ex art. 76 d.P.R. 761 del 1979 -Oggetto Restituzione di contributi versati oltre il dovuto Indebito oggettivo -Configurabilit -Giurisdizione dell'AGO Sussistenza -Pretesa della rivalutazione automatica del credito -Estensione -Riferimento all'art. 1224 e.e. Irrilevanza, 302. PENA -Ergastolo -Reato commesso da minorenne -Protezione infanzia -Illegittimit costituzionale, 201. PROCEDIMENTO PENALE -Prove -Perizia effettuata nella forma di incidente probatorio durante altro procedimento penale a carico di altri imputati -Acquisizione -Limiti, 226. PROFESSIONI -Psicologi Albo professionale -Iscri zione in regime transitorio ai sensi dell'art. 32 lett. d) legge n. 56/89 Ambito di applicazione -Soggetti che abbiano avuto modo di eccellere nelle discipline psicologiche Valutazione riservata al giudice di merito -Incensurabilit in cassazione, 291. PROVINCE -Legislazione antimafia -Poteri del Prefetto Estensione alla Provincia di Bolzano, 223. REGIONI (A STATUTO ORDINARIO) -Agricoltura e foreste -Regolamento ministeriale per l'applicazione del regolamento CEE n. 2092 del 1991 Mancanza di esplicita attribuzione al Ministro del potere regolamentare -Illegittimit del regolamento ministeriale, 185. -Beni di interesse artistico o storico appartenenti a musei locali o di interesse locale -Rimozione e restauro -Autorizzazione statale, 181. -Intesa -Mancanza -Necessit motivazione dell'atto governativo -Coordinamento paritario, 195. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA Vll TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento -Domicilio fiscale Incompetenza dell'ufficio -Nullit, 371. - Dichiarazione -Dichiarazione congiunta dei coniugi -Condono domandato da uno solo -Sopravvivenza della solidariet per l'obbligazione non investita dal condono, 350. -Dichiarazione -Rimborsi -Ritrattazione -Limiti, 352. -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria -Interessi -Disciplina anteriore all'art. 5 del d.I. 27 aprile 1990 n. 90 -Esclusione, 370. -Sanzioni -Societ di persone -Dichiarazione infedele della societ Responsabilit del socio, 375. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Agevolazioni -Credito a medio e lungo termine -Definizione, 327. -Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Case albergo -Equiparazione alle case di abitazione -Esclusione, 357. -Imposta di registro -Concordato fallimentare -Imposta proporzionale -:g dovuta, 355. -Imposta di successione -Base imponibile -Valore di azioni non quotate -Riferimento alla situazione patrimoniale della societ -Criteri civilistici dell'art. 2424 e.e. -Esclusione -Apprezzamento del valore venale del patrimonio sociale, 340. -Imposta sulle successioni e donazioni -Base imponibile -Valutazione automatica in base ai redditi catastali -Difetto di dichiarazione specifica dei singoli beni -Conseguenza, 347. -Imposta sul valore aggiunto -Sanzioni -Continuazione -Applicabilit -Limiti, 329. -Imposte ipotecarie e catastali -Base imponibile -Riferimento alla im posta di registro ma con esclusione di crediti e debiti relativi all'azienda, 331. -Riscossione -Azione esecutiva per il pagamento -Stato di insolvenza del debitore -Revocatoria fallimentare -Art. 51 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 -Inapplicabilit, 332. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento -Notificazione -Consegna al portiere -Mancato invio di raccomandata -Semplice irregolarit -Nullit -Esclusione, 346. -Contenzioso tributario -Competenza degli uffici -Sdoppiamento degli uffici del registro delle grandi sedi Rilevanza esterna, 359. -Contenzioso tributario -Competenza e giurisdizione -Imposta di registro -Nota del cancelliere che liquida le spese prenotate a debito -Giurisdizione della commissione, 343. -Contenzioso tributario -Giudizio di rinvio dopo la cassazione -Produzione in copia autentica della sentenza di cassazione -Difetto -Inammissibilit, 373. -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione -Termine -Art. 327 c.p.c. Si applica -Omessa comunicazione della data dell'udienza innanzi alla commissione -Irrilevanza, 325. -Dichiarazione -Imposte sui redditi Rimborsi -Ritrattazione della dichiarazione -Limiti -Materialit dell'errore, 352. -Riscossione -Ingiunzione -Motivazione -Non necessaria, 345. -Sanzioni -Amministratore di persona giuridica -Responsabilit dell'ente amministrativo -Condizioni, 376. -Violazioni delle leggi finanziarie Sanzioni -Pena pecuniaria -Prescrizione -Art. 17 legge 7 gennaio 1929 n. 4 -:g sostituita dalla decadenza dell'art. 55 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, 363. VJll RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUTI LOCALI -Imposta locale sui redditi -Redditi fondiari -Tassazione separata -Deduzioni di spese e interessi -Esclusione, 367. -Imposta sull'incremento di valore degli immobili -Decorso decennio Fabbricati destinati all'esercizio di attivit commerciali -Pertinenze Esenzione -Condizioni, 361. -Imposta sull'incremento di valore degli immobili -Spese di acquisto Dichiarazione -Termini -Decadenza, 366. URBANISTICA -EDILIZIA -Abusivismo -Repressione -Acquisizione al patrimonio comunale opere abusive -Concessione diritto di abitazione -Pagamento indennit rapportato ad oneri urbanizzazione -Illegittimit costituzionale, 210. -Edilizia -Abusivismo -Repressione Acquisizione al patrimonio comunale opere abusive -Concessione diritto di abitazione -Presupposti temporali irrazionalit -Illegittimit co stituzionale, 209. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 10 giugno 1993, n. 277 10 giugno 1993, n. 278 31 marzo 1994, n. 108 31 marzo 1994, n. 110 31 marzo 1994, n. 113 31 marzo 1994, n. 116 31 marzo 1994, n. 118 28 aprile 1994, n. 168 5 maggio 1994, n. 169 ...... 16 maggio 1994, n. 180 ...... 16 maggio 1994, n. 183 19 maggio 1994, n. 191 26 maggio 1994, n. 198 2 giugno 1994, n. 213 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Sed. plen., 26 aprile 1994, nella causa C-272/91 Sed. plen., 17 maggio 1994, nella causa C-18/93 6" sez., 2 giugno 1994, nella causa C-414/92 Sed. plen., 29 giugno 1994, nella causa C-288/92 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 3 marzo 1994, n. 2081 Sez. I, 9 marzo 1994, n. 2303 Sez. I, 9 marzo 1994, n. 2304 Sez. I, 11 marzo 1994, n. 2387 Sez. I, 23 marzo 1994, n. 2771 Sez. Un., 30 marzo 1994, n. 3131 Sez. I, 10 aprile 1994, n. 3343 Sez. Un., 18 aprile 1994, n. 3684 Sez. I, 18 aprile 1994, n. 3691 Sez. Il, 19 aprile 1994, n. 3716 Sez. I, 20 aprile 1994, n. 3767 Sez. I, 20 aprile 1994, n. 3769 . pag. 181 185 188 192 )) 194 195 )) 199 )) 201 )) 209 )) 215 218 223 226 )) 237 pag. 258 )) 266 275 282 pag. 238 )) 325 327 329 )) 331 )) 332 )) 340 )) 343 )) 345 )) 291 )) 346 )) 347 X RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 29 aprile 1994, n. 4168 Sez. I, 2 maggio 1994, n. 4239 Sez. I, 3 maggio 1994, n. 4253 Sez. I, 4 maggio 1994, n. 4317 Sez. I, 9 maggio 1994, n. 4522 Sez. I, 13 maggio 1994, n. 4683 Sez. Un., 20 maggio 1994, n. 4965 Sez. Un., 25 maggio 1994, n. 5121 Sez. I, 1 giugno 1994, n. 5320 Sez. I, 4 giugno 1994, n. 5430 Sez. I, 4 giugno 1994, n. 5432 Sez. I, 7 giugno 1994, n. 5501 Sez I, 10 giugno 1994, n. Sez. I, 16 giugno 1994, n. Sez. I, 24 giugno 1994, n. Sez. I, 24 giugno 1994, n. Sez. I, 24 giugno 1994, n. Sez. I, 27 giugno 1994, n. 5650 5826 6104 6105 6106 6157 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 16 giugno 1994, n. 1015 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 350 )) 352 ~ f:: )) 355 w @ )) 357 t )) 295 m< )) 359 r: )) 302 304 )) 361 )) 363 )) 366 )) 367 )) 370 )) 371 )) 373 )) 375 )) 376 )) 352 pag. 311 PARTE SECONDA QUESTIONI ................... pag. 33 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE: 74 I -Norme dichiarate incostituzionali 78 Il -Questioni dichiarate non fondate . ,. CONSULTAZIONI .......................... 85 PAR TE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1993 n. 277 -Pres. Casavola - Red. MirabelLi -Regione J..;iguria (avv. Zanchini) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri). Regioni (a statuto ordinario) Beni di interesse artistico o storico appar tenenti a musei locali o di interesse locale Rimozione e restauro Autorizzazione Competenza statale. Il restauro attivit distinta dalla conservazione e .manutenzione; esso implica un intervento sulla cosa volto a mantenerla o modificarla per assicurare il valore ideale che essa esprime. Compete allo Stato autorizzare il restauro, ai sensi dell'art. 11 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, dei beni di interesse artistico o storico ancorch appartenenti a musei di enti locali o di interesse locale (1). Il conflitto di attribuzione, proposto dalla Regione Liguria in relazione alla ingiunzione che ad essa ha rivolto il Ministero per i beni culturali per sospendere il restauro di un piviale di propriet del Monastero dei SS. Giacomo e FiLippo, in deposito presso il Museo di S. Maria di Castello in Genova, tende ad affermare che non spetta allo Stato rilasciare l'autorizzazione alla rimozione ed al restauro delle cose di interesse artistico, prevista dall'art. 11 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, quando si tratti di beni che appartengono a musei di enti locali o di interesse locale . La Regione ricorrente rivendica la propria competenza in materia, e di conseguenza assume che l'atto denunciato invasivo, perch viola gli artt. 117 e 118 della Costituzione, iin relazione all'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 3, ed all'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. La prima di queste disposizioni ha trasferito alle regioni a statuto ordinario le :fwraioni amministrative degli organi centrali e periferici dello Stato, in materia di musei e biblioteche di enti locali. Il trasferimento riguarda, tra l'altro, le funzioni concernenti la manutenzione (1) Sentenza di notevole interesse; le indicazioni in essa contenute dovrebbero orientare e limitare eventuali futuri interventi del legislatore ordinario. 182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO delle cose raccolte nei musei e nelle biblioteche di enti locali o di interesse locale (art. 7, lettera b, del d.P.R. n. 3 del 1972). Successivamente sono state legislativamente definite le funzioni amministrative relative alla materia musei di enti locali, come concernenti tutti i servizi e le attivit che riguardano l'esistenza, la conservazione, il funzionamento, il pubblico godimento e lo sviluppo dei musei, delle raccolte di interesse artistico appartenenti aUa Regione o ad altri enti sottoposti alla sua vigilanza, o comunque di interesse locale (art. 47 del d.P.R. n. 616 del 1977). La Regione Liguria ritiene che il trasferimento di competenze debba essere riforito non solo alle istituzioni museali, alle raccolte ed ai beni .in esse contenuti, ma (in ragione dell'interesse locale che i beni esprimono) anche ad ogni funzione di tutela che si riferisca ad essi, compresa l'autorizzazione (prevista dall'art. 11 della legge n. 1089 del 1939) per il restauro dei beni. Quest'ultima attivit sarebbe anzi compresa, ad avviso della Regione, nella conservazione e manutenzione delle raccolte e dei beni appartenenti ai musei di enti locali o di interesse locale, ovvero in essi custoditi. Ricadrebbe quindi in un ambito di funzioni specificatamente trasferite alle regioni. La Corte ha gi avuto occasione di osservare che la materia musei e biblioteche di enti locali, attribuita dagli artt. 117 e 118 della Costituzione alla competenza normativa ed amministrativa delle regioni, nella sequenza delle disposizioni legislative di settore (in particolare il titolo II del d.P.R. n. 3 del 1972 ed il titolo III, capo VII, del d.P.R. n. 616 del 1977) ha assunto una dimensione che si estende oltre l'ambito soggettivo dell'appartenenza del museo o deHa biblioteca, per collegare la competenza regionale al profilo oggettivo de1la localit dell'interesse che tali istituzioni rivestono (sent. n. 921 del 1988). Alla base dell'ampio trasferimento di funzioni, operato dall'art. 47 del d.P.R. 616 del 1977 in materia di musei e biblioteche, vi la distinzione tra interesse nazionale ed interesse locale, quale criterio di divisione fra le competenze conservate allo Stato e quelle assegnate alle regioni (sent. n. 278 del 1991). Il principio di distinzione delle competenze non quindi costituito dall'appartenenza del museo o dei beni in esso raccolti. Risulta cos superata l'eccezione di inammissibilit, formulata dall'Avvocatura dello Stato, che intende far leva sul fatto che il piviale da restaurare non appartiene al museo, ma in deposito presso di esso. La Corte ha tuttavia allo stesso tempo osservato che, per quanto riguarda la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, il trasferimento di competenze avrebbe dovuto essere stabilito da un'apposita legge, che l'art. 48 del d.P.R. n. 616 del 1977 prevedeva fosse emanata entro il 1979. Non stata quindi modificata la competenza statale in questo ambito, giacch il d.P.R. n. 616 del 1977 ha rinviato la determinazione delle competenze da conferire alle regioni in materia di tutela del patri PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE monio artistico o storico, in ordine alle quali vi l'aspettativa di una investitura non ancora attuata. Sicch, in attesa della preannunciata normativa di trasferimento o di delega, nella quale dovrebbero essere definite le diverse competenze e il loro congiunto operare per la tutela e l'incremento di valori culturali, la situazione normativa caratterizzata dell'attribuzione allo Stato dei poteri inerenti alla protezione del patrimonio storico e artistico della Nazione (sent. n. 921 del 1988). D'altra parte, pur rimanendo nell'ambito dei musei appartenenti ad enti locali, di sicura competenza regionale, si non di rado in presenza di beni di tale rilevanza artistica o storica, da attingere ad un interesse culturale nazionale. L'appartenenza del museo e le attribuzioni in ordine ad esso non rappresentano quindi un decisivo criterio di discrimine in ordine alla competenza relativa all'autorizzazione per il restauro delle singole cose. In conclusione si pu ritenere che non vi stata una onnicomprensiva attribuzione alle regioni delle funzioni amministrative relative ai beni culturali di interesse locale, idonea a fondare la pretesa dell'esclusione del potere statale di autorizzazione per cil restauro di cose di interesse aTtistico o storico, in ragione di una distinzione di competenza ad adottare tale atto basata sull'interesse, nazionale o locale, che il bene esprime. Questa distinzione stata assunta a criterio di discriminazione nell'esercizio di competenze statali o regionali, ma esclusivamente per funzioni espressamente delegate alle regioni (in forza dell'art. 9 del d.P.R. n. 3 del 1972), quali la concessione di licenze o nulla osta per l'esportazione dei beni o delle cose di valor,e artistico o storico, che rimasta alla competenza statale se si tratta di cose rilevanti per il patrimonio artistico, storico o bibliografico nazionale, mentre devoluta alla competenza regionale se l'interesse che tali cose rivestono solo locale (sentenza n. 278 del 1991). Diffiidlmente, quindi, si pu sostenere che, per le altre funzioni non delegate, la competenza attribuita alle regioni sia addirittura pi ampia di quella ad esse espressamente devoluta in forza di apposite deleghe La Regione Liguria propone la specifica indicazione delle funzioni trasferite quale ulteriore argomento per sostenere l'affermazione della propria competenza. In particolare la ricorrente assume che la ma nutenzione e la conservazione dell'integrit delle cose raccolte nei musei affidati alla propria competenza (art. 7, lettera h, del d.P.R. n. 3 del 1972; art. 47 del d.P.R. n. 616 del 1977) designano attivit e funzioni che com prendono il restauro delle cose stesse, quindi anche la competenza al rilascio della relativa autorizzazione (in base all'art. 11 dell legge nu mero 1089 del 1939). L'assimilazione delle nozioni di manutenzione, conservazione e restauro, ovvero la loro reciproca fungibilit, non pu essere accolta. H RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 184 termine restauro esprime un proprio peculiare contenuto ed ha una consolidata autonomia concettuale e definitoria. Gi la legge 20 giugno 1909, n. 364, distingueva il restauro dall'adozione di provvidenze idonee ad impedire il deterioramento delle cose di interesse artistico o storico, come pure dalla cura della foro integrit e sicurezza. Il regio decreto 30 ge:pnaio 1913, n. 363 {tuttora in vigore ai sensi deH'art. 73 della legge n. 1089 del 1939), considera la conservazione delle cose di interesse storico e artistico separatamente dai lavori e restauri , Ancora di recente la legge 10 febbraio 1992, n. 145, distingue la manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio architettonico, archeologico, artistico e storico, bibliografico e archivistico, dal recupero, salvaguardia e restauro (art. 1). Quest'ultimo implica sempre un intervento diretto sulla cosa, volto (nel rispetto deH'Jdentit culturale della stessa) a mantenerla o modificarla, per assicurare o recuperare il valore ideale che essa esprime, preservandolo e garantendone la trasmissione nel tempo. Si tratta di un'attivit che richiede valutazioni tecnico-scientifiche, adeguati metodi esecutivi, talvolta analisi interdisciplinari dei problemi che il restauro pone, ed 1elevatissima specializzazione. Tanto pi che l'intervento pu arrecare pregiudizJo, anche irreversibile, alla cosa, nella sua fisica consistenza o nel valore e nell'identit culturale che esprime ed destinata a tramandare. Queste esigenze sono tanto peculiari, nel contesto delle attivit che riguardano i beni culturali, da aver dato luogo alla costituzione di un apposito Istituto centrale per il restauro, con lo specifico scopo di eseguire e controllare il restauro delle opere di antichit e d'a11te e di svolgere ricerche scientifiche dirette a perfezionare ed unificare i metodi (art. 1 della legge 22 luglio 1939, n. 1240). Il restauro dunque un'attivit che ha caratteristiche proprie, diverse rispetto al mero mantenimento delle condizioni, per lo pi esterne, di conservazione della cosa, secondo le esigenze tipiche della manutenzione. Il restauro si distingue anche dagli altri interventi diretti ad assicurare l'integrit delle raccolte ed a valorizzarne la funzione culturale, senza riguardare direttamente la cosa n incidere sulla sua fisica consistenza. Caratteristiche queste proprie degli interventi di restauro, diretti a reintegrare quanto del bene compromesso, a recuperarne il valore culturale originario, ad assicurare, mediante le appropriate modificazioni, la possibilit di tramandarne l'esistenza ed il messaggio ideale. Non si pu pertanto ritenere, come vorrebbe la Regione ricorrente, che, nell'attuale assetto normativo, la competenza alla manutenzione ed aHa conservazione dell'integrit delle cose raccolte e custodite nei musei di interesse focale (che pu riguardare l'insieme delle cose, in quanto tale significativo), tin funzione della loro gestione e del loro godimento, comprenda anche la competenza ad autorizzare il restauro, che diretto PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ad incidere immediatamente sulla consistenza e sulla preservazione del valore culturale di ciascuna cosa di interesse artistico o storico. Le considerazioni poste a fondamento della distinzione concettuale e normativa tra restauro, manutenzione e conservazione, delimitano anche la finalit e l'ambito del potere di autorizzazione, rimesso alla competenza del Ministero per i beni culturali. L'autorizzazione al restauro volta ad esprJmere il positivo apprezzamento dell'opportunit tecnicoscientifica dell'intervento sulla cosa di valore artistico o storico, e ad accertare la validit delle metodiche che si intendano adottare nell'operazione da compiere. Ha pertanto una funzione di tutela del valore culturale del bene, mediante un'atto di necessaria collaborazione (per gli aspetti tecnico scientifici) con la Regione. A quest'ultima rimessa la funzione di conservazione e manutenzione: quindi la piena titolarit della programmazione e della determinazione degli interventi da attuare, come pure la gestione di essi, dovendo in ordine a tali interventi l'autorizzazione statale costituire un supporto ed una verifica tecnica e culturale, ma non una interferenza amministrativa. La coesistenza e fa concorrenza di distinte competenze, non sempre delineate nei loro definitivi e precisi confini sul piano normativo, rendono ancor pi necessaria e doverosa, nell'attesa della nuova disciplina da tempo preannunciata, una leale collaborazione tra Stato e Regione, imprescindibile in un settore nel quale la salvaguardia complessiva del patrimonio artistico e storico della Nazione affidata al responsabile concorso di tutti gli enti ed i soggetti a diverso titolo coinvolti. Le considerazioni che precedono consentono di affermare che il ricorso proposto dalla Regione Liguria non fondato: spetta difatti allo Stato autorizzare la rimozione ed il restauro previsti daU'art. 11 della legge io giugno 1939, n. 1089, anche quando si tratti di cose appartenenti a musei di enti locali. o di interesse locale. Pertanto l'ingiunzione del Soprintendente per i beni artistici e storici di Genova del 3 novembre 1992, n. 4708, non invade competenze regionali. CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1993 n. 278 -Pres. Casavola - Red. Pescatore -Regione Toscana (avv. Lorenzoni), Umbria (avv. Predieri), Emilia Romagna (avv. Falcon), Lombardia (avv. Onida) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Braguglia). Regioni (a statuto ordinario) -Agricoltura e foreste Regolamento ministeriale per l'applicazione del regolamento CEE n. 2092 del 1991 Mancanza di esplicita attribuzione al Ministro del potere regolamentare Illegittimit del regolamento ministeriale. Il regolamento statale emanato, per l'applicazione di regolamento CEE, in a,s-senza di d:isposiziione legislativa aUribuente lq potest regola RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 186 mentare illegittimo, quand'anche la necessit di una normativa di attuazione emerga dal regolamento CEE (1). Sulla base di argomentazioni Jn parte coincidenti e in parte diverse, le Regioni Toscana, Umbria, Emma-Romagna e Lombardia hanno proposto conflitto di attribu2fone contro il Presidente del Consiglio dei ministri per l'annullamento del decreto 25 maggio 1992, n. 338, con cui il ministro per l'agricoltura e le foreste ha emanato il Regolamento recante norme per l'applicazione delle disposizioni del regolamento CEE n. 2092 del 1991 del Consiglio del 24 giugno 1991, in materia di produzione agricola con metodo biologico dei prodotti vegetali non trasformati . I giudizi possono essere riuniti per l'identit dell'oggetto dei ricorsi, che attiene allo stesso provvedimento. Secondo le ricorrenti regioni, il ministro per l'agricoltura e le foreste avrebbe violato gli artt. 117 e 118 della Costituzione e le connesse disposizioni di legge ordinaria (in particolare, gli artt. 6, 7 e 66-78 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), invadendo competenze riservate alle regioni stesse. Come risulta dallo stesso titolo e dall'art. l, comma secondo, del provvedimento, il decreto impugnato contiene una disciplina di carattere generale diretta ad assicurare l'uniforme applicazione sul territoI.o nazionale del regolamento emanato dalla CEE in materia di produzione agricola con metodo biologico. Le disposizioni attengono alla individuazione dell'autorit, alla quale devono essere effettuate le notifiche (art. 2, in relazione all'art. 8, par. 2, del regolamento della CEE), alle indicazioni di conformit dei prodotti (art. 3), alle comunicazioni di inizio dell'attivit produttiva (art. 4), alla organizzazione ed al funzionamento del sistema dei controlli (artt. 5-10). Si tratta di una disciplina di indubbio rilievo, diretta a indirizzare e coordinare l'attuazione interna del regolamento CEE in materia di agricoltura biologica, e quindi a salvaguardare, anche in questo ambito, l'omogeneit del regime giuridico vigente sul territorio nazionale. Il provvedimento risulta peraltro emanato in violazione delle norme che disciplinano la fonte e le modalit di esercizio del potere regolamentare del governo. (1) La Corte non ha pronunciato sulla competenza (statale ex art. 71 comma primo del d.P .R. n. 616 del 1977, o invece regionale), avendo ritenuto assor PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 187 Non v' dubbio che negli anni pi recenti, molto opportunamente, si provveduto ad ampliare la possibilit di ricorso a normative emanate con provvedimenti di natura amministrativa. L'orientamento, che di carattere generale, ha trovato specifiche previsioni anche per quanto concerne il recepimento e l'attuazione delle norme comunitarie. Al tempo stesso, per, la prewsione di casi e modalit di esercizio del potere regolamentare ha avuto espressa e condizionante disciplina. Secondo il richiamo contenuto nel preambolo, il decreto 25 maggio 1992, n. 338, stato emanato a norma dell'art. 17, comma terzo, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che consente di disporre con regolamento nelle materie di competenza del ministro o di autorit sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Il riferimento alla legge di conferimento del potere non peraltro indicato nel preambolo, n rinvenibile nella disciplina dei rapporti tra normativa comunitaria e normativa nazionale. Vart. 4 della legge 9 marzo 1989, n. 86 consente infatti di attuare le direttive mediante regolamento; ma indispensabile -come nella stessa norma si precisa -che cos disponga la legge comunitaria. Peraltro tale disposizione non contenuta n nella legge 29 dicembre 1990, n. 428 (legge comunitaria per il 1990), n nella legge 19 febbraio 1992, n. 142 (legge comunitaria per il 1991). In ogni caso, l'uso del potere regolamentare previsto dall'art. 4 cit. avrebbe comportato un procedimento diverso da quello seguito nel caso di specie (soprattutto, deliberazione collegiale del Governo; parere delle Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica). Assorbente comunque il rilievo inerente all'avvenuto esercizio della potest regolamentare nella materia, senza quel supporto legislativo che la Corte ha gi indicato come indispensabile sia in termini generali (sentenza n. 453 del 1991), sia con specifico riferimento all'esercizio della potest da parte del singolo ministro (sentenza n. 204 del 1991). Tale riferimento all'esercizio della potest da parte del ministro sarebbe necessario, anche se si ravvisi nello stesso regolamento comunitario (cfr. sent. n. 453 del 1991 cit.) la fonte legittimante l'esercizio del potere attuativo. I ricorsi presentati dalle regioni Toscana, Umbria, Emilia-Romagna e Lombardia devono dunque essere accolti e va conseguentemente annullato il decreto del ministro per l'agricoltura e le foreste 25 maggio 1992, n. 338. bente la questione relativa al supporto legislativo della potest regolamentare. 188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 31 marzo 1994, n. 108 -Pres. Casavola - Rel. Baldassarre -Presidenza del Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Imponente). Forze Armate -Accesso ai ruoli -Informazione sulla famiglia -Ordinamento giudiziario -Accesso ai ruoli della magistratura -Informazioni sulla famiglia -Illegittimit. (Cost., artt. 3, 27, 51 e 97; legge 1 febbraio 1987, n. 53, art. 26; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 124). illegittimo l'art. 26 legge 1 febbraio 1989 n. 53 -relativo allo stato giuridico di vicebrigadieri, graduati e militari dii truppa dell'Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di. Stato, Corpo agenti di custodia e Corpo forestale -nella parte in cui diispone che siano esclusi dall'accesso ai ruoli di tali Corpi quanti risultino sulla base delle informazioni assunte non appartenenti a famiglia di estimazione morale indiiscussa, secondo l'apprezzamento insindacabile del Ministro competente. Correlativamente ex art. 27 legge 87/53 va dichiarato illegittimo l'art. 124 cd. 3 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 che per l'ammissione ai concorsi della magistratura prevede l'esclusione in base a!Jlo stesso presupposto anche se l'apprezzamento in proposito rimesso al Consiglio Superiore della Magistratura. Il Tribunale amministrativo regionale deHa Liguria ha sollevato que stione di legittimit costituzionale -in riferimento agli artt. 3, 27, primo comma; 51, primo comma e 97, primo comma, della Costituzione nei confronti dell'art. 26 della legge 1 febbraio 1989, n. 53, neHa parte in cui, richiedendo, ai fini dell'accesso nei ruoli del personale della polizia di Stato, il possesso delle qualit morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, rinvia al l'art. 124, terzo comma, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, laddove dispone che non sono ammessi al concorso coloro che, per le informa zioni raccolte, non risultano, secondo l'apprezzamento insindacabile del Ministro competente, appartenenti a famiglia di estimazione morale indiscussa. La questione fondata. L'impugnato art. 26 della legge n. 53 del 1989 prevede, attraverso il rinvio alle norme stabilite per l'ingresso nella magistratura ordinaria, particolari limitazioni all'accesso nei moli della polizia di Stato. Il giudice a quo non contesta la natura di tali limitazioni, peraltro connesse all'adempimento di compiti e di doverii. legati a un ufficio di vitale importanza e di estrema delicatezza al fine di assicurare beni pubblici fondamentali per la pacifica e ordinata convivenza dei cittadini, ma solleva il dubbio, pi particolare, che l'appartenenza a famiglia di estima PARTE I; SEZ. I, GIURISPRUDENZ;\ COSTITUZIONALE zione morale indiscussa, ricompresa fra i requisJti per l'immissione nei ruoli del personale della polizia di Stato, rappresenti una limitazione irragionevole, in grado di comportare conseguenze di tipo discriminatorio. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, risalente alle sentenze nn. 15 e 33 del 1960, l'art. 51, primo comma, della Costituzione, nel demandare al legislatore la fissazione dei requisiti in base ai quali tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici, non intende, certo, sottrarre tale potere a qualsivog1ia sindacato di legittimit costituzionale sotto il profilo della congruit e della ragionevolezza delle limitazioni previste, come invece suppone l'Avvocatura dello Stato. Un sindacato del genere deve essere ammesso non soltanto per motivi di ordine generale -legati al fatto che, ogni volta che il legislatore tenuto a bilanciare distinti valori costituzionali, non pu affatto essere preclusa la via del controllo di questa Corte in ordine alla congruit e alla ragionevolezza del bilanciamento compiuto -ma anche per lo specifico motivo che 1o stesso art. 51, precisando espressamente che il predetto accesso dev'essere garantito a tutti i cittadini in condizioni di eguaglianza, vincola il legislatore a sottoporre la propria discrezionalit di scelta ai rigorosi parametri posti dall'art. 3 della Costituzione. Questa Corte , dunque, chiamata a esaminare la disposizione denunciata sotto il profilo della sua congruit e ragionevolezza in riferimento al principio costituzionale che vieta al legislatore, nell'esercizio del suo potere discrezionale vlto a stabilire per determinate categorie di pubblici uffici particolari e specifici requisiti di accesso, di far s che questi ultimi si traducano, in concreto, in arbitrarie discriminazioni o in ingiustificate barriere in ordine all'ingresso nel posto di lavoro cui si liberamente indirizzato il singolo cittadino. Sotto questo aspetto, il controllo di costituzionalit di questa Corte deve tener conto del rilievo che le garanzie predisposte dall'art. 51 della Costituzione riguardo all'accesso dei cittadini nei pubblici uffici sono un'applicazione particolare' della generale libert da irragionevoli limitazioni nell'accesso al lavoro (v. spec. sentt. nn. 207 del 1976 e 61 del 1965), che, per costante giurisprudenza costituzionale, riconosciuta come profilo particolare del diritto al lavoro (art. 4 della Costituzione), un diritto pi volte qualificato da -questa Corte, anche con riferimento ai pubblici uffici, come fondamentale diritto di libert deUa persona umana (v., ad esempio, sent. n. 45 del 1965). Considerata nel quadro dei valori costituzionali ora accennato, la -condizione per l'accesso ai ruoli del personale della polizia di Stato, concernente l'appartenenza a famiglia di estimazione morale indiscussa, non pu ragionevolmente ricondursi nell'ambito dei requisiti attitudinali -dei singoli aspiranti, la cui determinazione demandata dall'art. 51, primo comma, della Costituzione al legislatore ordinario. Quella condizione, infatti, non riguarda capacit, attitudini o condotte relative al RASSEGNA AVVOCATURA DEl.J..O STATO 190 soggetto interessato, ma consiste in valutazioni o in comportamenti imputati all'ambiente familiare, che, in base a una arbitraria presunzione legislativa, vengono automaticamente riferiti al soggetto stesso. In conseguenza cli ci, deve ritenersi che la norma denunciata prevede una condizione comportante una limitazione irragionevole all'accesso ai pubblici uffici, in violazione del divieto contenuto nel principio cli eguaglianza garantito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione. In realt, la norma denunciata riflette una situazione storica della societ italiana propria di molti decenni or sono, quando la famiglia era, di norma, l'ambito di socializzazione pressoch esclusivo dei giovani. Ora, a seguito dell'attuazione dell'obbligo scolastico e dello sviluppo delle possibilit reali di frequentare gli istituti di istruzione fino al livello universitario e a seguito dell'evoluzione dei rapporti sociali generali, che permette ai giovani un'accresciuta possibilit di interazione in ambiti extrafamiliari, non si pu negare l'eventualit che singoli soggetti maturino in s stessi la credenza in valori diversi o antitetici rispetto a quelli diffusi nelle proprie famiglie cli origine e ispirino le proprie condotte a modelli di convivenza sociale differenti o contrari rispetto a quelli seguiti dai genitori o da altri componenti del proprio nucleo familiare. Pertanto, se non irragionevole che la moralit e la condotta di un soggetto che aspiri a entrare nei ruoli della polizia cli Stato sia accertata anche con riferimento all'atteggiamento e al comportamento dell'interessato nei suoi ambienti di vita associata, compresa la famiglia, invece arbitrario, nel concreto contesto storico appena delineato, presumere che valutazioni o comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza o a singoli membri della stessa diversi dall'interessato debbano essere automaticamente trasferiti all'interessato medesimo. L'impugnato art. 26 della legge n. 53 del 1989, nel rinviare ai requisiti attinenti alle finalit morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, richiama altres le modalit di accertamento delle predette qualit, modalit che consistono, in riferimento al personale della polizia di Stato, in un provvedimento del ministro competente, contenente un apprezzamento insindacabile delle informazioni raccolte. Anche per questo aspetto del rinvio effettuato dall'art. 26, la norma denunziata chiaramente contrastante con il divieto costituzionale di discriminazioni arbitrarie nell'accesso ai pubblici uffici. Costituisce, infatti, un'irragionevole limitazione alla posizione costituzionalmente garantita a ogni cittadino dall'art. 51, primo comma, della Costituzione tanto la previsione che a base del provvedimento diretto a negare l'accesso nei ruoli del personale della polizia di Stato siano genericamente poste informazioni raccolte da apparati amministrativi o da uffici di pubblica sicurezza, quanto la previsione che il provvedimento stesso consista in un apprezzamento insindacabile del Ministro . In realt, il rispetto dei parametri costituzionali invocati esige che l'anzi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE detto provvedimento di esclusione si basi su valutazioni imparziali aventi ad oggetto fatti specifici e obiettivamente verificabili, valutazioni che devono essere rese note attraverso la motivazione del provvedimento medesimo, di modo che quest'ultimo possa essere sottoposto all'esame degli organi giurisdizionali per l'indefettibile difesa dei diritti soggettivi o degli interessi legittimi dei singoli interessati (possibilit, questa, gi ammessa grazie alla interpreta2lione abrogante data alla norma denunziata dalla giurisprudenza amministrativa). In mancanza di ci verrebbero frustrate quelle esigenze costituzionali, recentemente sottolineate da questa Corte (v. sent. n. 440 del 1993), che precludono alla pubblica amministrazione apprezzamenti di estrema latitudine o indeterminati, proprio al fine di consentire al giudice amministrativo la verifica della legittimit del relativo provvedimento. In conseguenza della pronunzia ora adottata, il rinvio al possesso delle qualit morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, operato dall'impugnato art. 26 ai fini dell'accesso ai ruoli del personale della polizia di Stato, resta operante nei limiti in cui l'esclusione prescritta, secondo le modalit da ultimo ricordate, per coloro che non l'isultano di moralit e condotta incensurabili . Questa , infatti, la parte restante della norma cui l'art. 26 fa rinvio a seguito della dichiarazione d'incostituzionalit resa con la presente decisione. Sebbene i limiti della rilevanza della questione non consentissero al giudice a quo di estendere l'impugnazione all'art. 124, terzo comma, del regio decreto n. 12 del 1941, che di per s concerne l'ammissione al concorso della magistratura ordinaria, nondimeno la disposizione appena citata va dichiarata costituzionalmente illegittima, nelle stesse parti caducate in riferimento al rinvio ad essa effettuato dall'art. 26 della legge n. 53 del 1989, sulla base del potere, attribuito a questa Corte dall'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, concernente la dichiarazione d'illegittimit costituzionale di disposizioni legislative diverse da quelle impugnate, la cui invalidit deriva come conseguenza della decisione adottata. Infatti, una volta dichiarato incostituzionale il ricordato art. 26 nella parte, prima precisata, rinviante al possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione al concorso della magistratura ordinaria, la medesima dichiarazione dev'essere resa ex officio in relazione alla disposizione oggetto del rinvio, essendo quest'ultima ovviamente identica alla norma desumibile per effetto del rinvio medesimo. N alcun rilievo pu esser dato all'unico elemento differenziale relativo all'applicazione dell'art. 124, terzo comma, ai concorsi dei magistrati ordinari, consistente nel fatto che, in relazione a questi ultimi, l'apprezzamento delle informazioni raccolte riservato al Consiglio Superiore della Magistratura, ai sensi dell'art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, 192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I n. 916 (Disposizioni di attuazione e di coordinamento della legge 24 marfj zo 1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del ConI siglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie). Anche se non si pu trascurare che tale organo ha dato luogo a prassi interpretative della disposizione esaminata fortemente correttive, al fine di ren I derla meno distante dai valori consacrati nella Costituzione, resta il. fatto che, in s considerato, l'art. 124, terzo comma, del regio decreto n. 12 del 1941 contrasta, per le ragioni gi dette, con i principi costituI zionali che esigono che il provvedimento ivi previsto sia basato su valu tazioni imparziali aventi ad oggetto fatti specifici e obiettivamente veri ficabili, rese note attraverso la motivazione del provvedimento stesso. Per effetto della dichiarazione d'illegittimit costituzionale parziale resa ex-officio sull'art. 124, terzo comma, del regio decreto n. 12 del 1941, viene altres modificata la disciplina normativa dell'accesso ai ruoli del personale delle alt11e forze di pubblica sicurezza indicate nell'art. 16 della legge 1 aprile 1981, n. 121, per le quali l'art. 26 della legge n. 53 del 1989 contiene un rinvio alle norme sui concorsi della magistratura ordinaria identico a quello previsto per la polizia di Stato. Anche per tali categorie, in altre parole, la disciplina normativa residua quella precisata prece dentemente per la polizia di Stato. CORTE COSTITUZIONALE, 31 marzo 1994, n. 110 -Pres. Casavola - Rel. Mirabelli -Presidenza del Consiglio dei Ministri (n.c.). Bellezze naturali Vincolo paesaggistico -Regione -Legge regionale limitativa della legge statale Illegittimit. (Cast., artt. 25, 117; legge reg. Piemonte 3 aprile 1989, n. 20, art. 11, lett. a). illegittimo l'art. 11 lettera a) della legge regionale del Piemonte 3 aprile 1989 n. 20 che muta sostanzialmente, estendendolo, l'ambito territo11iale delle zone di particolare interess,e ambientale sottratte al vincolo paesaggistico previsto dalla legge 1497/1939 cos come delimitato dall'art. 82 d.P.R. 616/1977. Le questioni di legittimit costituzionale sottoposte all'esame della Corte concernono la determinazione degli ambiti territoriali non sotto posti a vincolo paesaggistico, secondo la disciplina dell'art. 11, lettera a), della legge della Regione Piemonte 3 aprile 1989, n. 20, che detta norme in materia di beni culturali, ambientali e paesistici. La norma denunciata prevede che il vincolo disposto per le categorie di beni indicati dall'art. 82, quinto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, . aggiunto dall'art. 1 del decreto-legge n. 312 del 1985 (tra i quali le sponde dei corsi d'acqua per una fascia di 150 metri ciascuna), non si applica, in conformit a quanto prevede la legge statale, nelle zone territoriali PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE interessate da agglomerati urbani storici o che siano gi parzialmente edificate (zone A e B previste dall'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444), nonch -limitatamente alle parti comprese nei piani pluriennali di attuazione -nelle alt:rie zone, come delimitate negli strumenti urbanistici, e, nei comUIIJi: sprovvisti di tali strumenti, nel perimetro del centro abitato. La stessa disposizione prevede inoltre che il vincolo non si applica anche nelle zone assimilate alle zone "A" e "B" del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e cio nei centri edili.cati, nei nuclei minori, nelle aree sia residuali che produttive a capacit insediativa esaurita o residua e in queHe di completamento cos definite nei Piani Regolatori approvati ai sensi del titolo 9 della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modifiche ed integrazioni . Ad avviso del Pretore di Cuneo l'estensione della sottrazione al vincolo paesistico, disposta dalla norma regionale denunciata, contrasterebbe con gli artt. 117 e 25 della Costituzione, perch comporta una disciplina difforme dai principi fondamentali della legislazione statale, che munisce le zone sottoposte a V'incolo di una particolare tutela anche penale (artt. 1-sexies del decreto-legge n. 312 del 1985 e 20, lettera e), della legge n. 47 del 1985). I due giudizi, avendo ad oggetto la stessa disposizione legislativa e prospettando identiche questioni, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza. Le questioni sono fondate. L'art. 11 lettera a), della legge della Regione Piemonte n. 20 del 1989, adottata nell'esercizio delle funzioni trasferite dallo Stato con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e di quelle delegate dall'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, muta sostanzialmente, estendendolo, l'ambito territoriale delle zone di particolare interesse ambientale sottratte al vincolo paesaggistico previsto dalla legge n. 1497 del 1939, delimitato dall'art. 82, sesto comma, del d.P.R. n. 616 del 1977. Difatti la disposizione censurata, nella parte in cui assimila alle zone territoriali sottratte al vincolo in conformit alle definizione del legislatore statale altre a diverse zone che non presentano necessariamente le medesime caratteristiche o che sono poste al di fuori dei centri edificati perimetrati, limita la tutela paesistica ed ambientale disposta dal legislatore statale con norme dotate di particolare forza vincolante nei confronti della legislazione regionale, in quanto qualificate come norme fondamentali di riforma economico-sociale (art. 2 della legge n. 431 del 1985), ed alle quali da riconoscere tale natura. La diversa determinazione operata dal legislatore regionale si pone quindi in contrasto con l'art. 117 della Costituzione. Deve essere pertanto dichiarata, con riferimento a tale parametro di giudizio, rimanendo assorbito ogni altro profilo, l'illegittimit costituzionale dell'art. 11, lettera a), della legge regionale del Piemonte n. 20 del 1989, nella parte in cui prevede che non si applica il vincolo posto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 194 dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 nelle zone assimilate alle zone "A" e "B" del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e cio nei centri edificati, nei nuclei minori, nelle aree sia residenziali che produttive a capacit insediativa esaurita o residua e in queHe di completamento cos definiti nei Piani Regolatori approvati ai sensi del titolo III della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni. CORTE COSTITUZIONALE, 31 marzo 1994, n. 113 -Pres. Casavola Rel. Mirabelli Regione Lombardia (avv. Ferrari) c. Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri). Ambiente -Tutela Decreto ministeriale Funzione di indirizzo e coordinamento Competenza Consiglio dei Ministri. (Cost., artt. 117 e 118; d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203). L'atto con cui vengono dettati criteri generali per la prevenzione dall'inquinamento atmosferico neUe grandi zone urbane in quanto espressione della funzione governativa di indirizzo e coordinamento, deve essere adottato con deliberazione del Consiglio dei Ministri e non con decreto ministeriale. La Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, chiedendo l'annullamento del decreto emesso dal Ministro dell'ambiente il 12 novembre 1992, con il quale sono stati dettati Criteri generali per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico nelle grandi zone urbane e disposizioni per il miglioramento della qualit dell'aria. La Regione sostiene che il decreto ministeriale sia invasivo delle competenze regionali delineate, in attuazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, dall'art. 4 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203. La ricorrente anzitutto denuncia l'illegittimit del decreto nella sua totalit. Esso avrebbe natura di atto di indirizzo e coordinamento, anche se manca questa formale qualificazione. Essendo stato emanato senza previa deliberazione del Consiglio dei ministri, difetterebbe dei requisiti di procedura e di forma necessari per l'adozione di questo tipo di atto. La censura coinvolge il decreto nel suo complesso e l'esame di essa pregiudiziale rispetto alla valutazione di ogni altro motivo di ricorso. La censura fondata. Il decreto ministeriale in esame divetto, secondo quanto chiarisce espressamente l'art. 1, a determinare criteri generali ed omogenei ed a fornire elementi di orientamento alle autorit competenti per l'adozione delle misure volte a prevenire episodi acuti di inquinamento atmosferico nelle grandi zone urbane, a contenere le concentrazioni di inquinanti, ad individuare i livelli di attenzione e di allarme e le tipologie di interventi. I I PARTE I, SEZ. l, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 195 In particolare il decreto disciplina aspetti sia organizzativi che tecnici. Indica componenti e funzioni dell' organo tecnico del quale l'autorit competente si deve avvalere per i compiti previsti dal decreto stesso (art. 5, commi 1 e 2), precisando le linee di azioni di tale ufficio (allegato 2). Definisce i criteri generali per i piani di intervento operativo (art. 5, comma terzo), delineando le finalit, i contenuti ed i tempi degli interventi che i piani debbono indicare e prevedere (allegato 3). Si dunque in presenza di un atto che risponde, secondo le premesse enunciate dallo stesso, alla necessit di definire un quadro di riferimento unitario per l'adozione da parte delle autorit competenti deHe misure volte a prevenire episodi acuti di inquinamento . In ordine all'adozione di tali misure le diverse autorit destinatarie dell'atto sono titolari di competenze proprie ed hanno autonoma potest di decisione. Il decreto del Ministro dell'ambiente vuole essere, nella sua sostanza, espressione della funzione governativa di indirizzo e coordinamento. Tende a soddisfare esigenze unitarie, condiziona e pone limiti all'esplicazione delle competenze proprie di soggetti dotati di autonomia. Avendo tale caratterizzazione, l'atto deve essere adottato -secondo i principi pi volte enunciati da questa Corte (da ultimo sentenza n. 45 del 1993), che trovano anche espressione nell'art. 2, terzo comma, lettera d), della legge n. 400 del 1988 -con deliberazione del Consiglio dei ministri. Mancano quindi per il decreto denunciato i requisiti di procedura e di forma necessari per l'adozione degli atti di indirizzo e coordinamento. Tale vizio, che coinvolge il decreto nel suo complesso ed assorbe l'esame analitico dei suoi contenuti normativi e della loro base legislativa, manifesta un uso non legittimo delle funioni, che assume connotati invasivi di competenze regionali. Il ricorso della Regione Lombardia deve essere pertanto accolto e di conseguenza va annullato il decreto del Ministro dell'ambiente 12 novembre 1992. CORTE COSTITUZIONALE, 31 marzo 1994, n. 116 -Pres. Casavola - Rel. Baldassarre -Reg. Emilia (avv. Falcon), Reg. Liguria (avv. Onida), Reg. Valle d'Aosta (avv. Romanelli), Reg. Lazio (avv. Chiappetti) c. Pres. Cons. Min. (avv. Stato Favara). Regioni -Intesa -Mancanza -Necessit motivazione dell'atto governativo -Coordinamento paritario. (Cost., artt. 117, 118, 119; statuto spec. reg. Valle d'Aosta, artt. 2, 3, 4, 29). In mancanza di un'intesa tra Stato e Regioni sulla definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria da garantire a tutti i cittadini, ..'l'/.0 ..-:- ..-,.:-,. .... ..-. ..-. ..-.-:-: :--..-:-.- ..-....:-:.ᥥ%.'... ..mm...... :-:.-:..Y.-:...'.-:..[!_._.;.-..::.. :-:.. .. .-...- ............ ........ : ........... ..-.:-:,.,. ..-. ...... ,..,._ ~ ...::. ~'p<':"~ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 196 iJl Governo pu provvedere direttamente solo fornendo un'adeguata mo1tivazione valva a manifestare le ragioni di interesse nazionale che lo abbiano determinato a decid~re unilateralmente. Con distinti ricorsi le Regioni ad autonomia comune Lazio, EmiliaRomagna, Liguria, Lombardia, Veneto e Toscana, nonch la Regione ad autonomia differenziata Valle d'Aosta, hanno proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Presidente della Repubb1ica 24 dicembre 1992 (Definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria), denunziando la lesione deHe competenze legislative ed amministrative loro assegnate dalla Costituzione (artt. 117 e 118) o dallo Statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (artt. 2, 3 e 4) e della propria autonomia finanziaria (art. 119 della Costituzione; art. 29 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta), oltrech la violazione dei principi stabiliti negli artt. 77, 100, 103, 108, 116 e 125 della Costituzione. Poich i ricorsi sollevano profili attinenti a lesioni delle proprie competenze aventi contenuto identico o analogo, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza. I ricorsi vanno accolti. L'art. 6 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanit e di pubblico impiego, nonch disposizioni fiscali), convertito dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, dispone che, entro il 30 novembre 1992, il Governo, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce i livelli uniformi di assistenza sanitaria da garantire a tutti i cittadini a decorrere dal 1 gennaio 1993 e che, ove la predetta intesa non intervenga, lo stesso Governo provvede direttamente entro il 15 dicembre 1992. La previsione dell'intesa fra lo Stato e le regioni (e le province autonome) in tema di definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria indubbiamente giustificata, poich, per quanto tale definizione risponda all'interesse nazionale di assicurare le condizioni minime per la tutela su tutto il territorio statale della salute dei cittadini (art. 32 della Costituzione), tuttavia essa interferisce sia con le competenze regionali in materia di assistenza sanitaria e ospedaHera (artt. 117 e 118 della Costituzione, per le regioni a statuto ordinario; art. 3, lettera l) e 4 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta), sia con l'autonomia finanziaria delle regioni, pur soggetta al coordinamento con la finanza statale, essendo posti i predetti livelli a carico del fondo sanitario nazionale (art. 119 della Costituzione). Nel regolare siffatto strumento di cooperazione fra lo Stato e le Regioni, il legislatore nazionale, sulla base dell'esperienza negativa occiorsa nell'attuazione dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (in relazione alla quale la mancata intesa fra lo Stato e le regioni ha impedito PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 197 che si addivenisse a qualsiasi determinazione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria), ha previsto, nel ricordato art. 6 del decreto-legge n. 384 del 1992, un meccanismo sostitutivo nell'ipotesi di non raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra Stato e regioni (e province autonome). Tale meccanismo consiste nel fatto che, superato un certo termine entro il quale l'intesa non stata raggiunta, il Governo pu direttamente provvedere definendo esso stesso i livelli uniformi di assistenza sanitaria. Interventi del genere in sostituzione della mancata intesa sono stati esaminati in passato da questa Corte, che li ha giudicati non contrari a Costituzione a condizione che il Governo, nell'adottare il provvedimento sul quale non intercorsa l'intesa nel termine, fornisca un'adeguata motivazione, vlta a manifestare, in relazione agli argomenti addotti dalla parte regionale a sostegno del rifiuto dell'accordo, le ragioni d'interesse namonale che abbiano determinato lo stesso Governo a decidere unilateralmente (v., da ultimo, sent. n. 204 del 1993). Contrariamente a quanto suppone l'Avvocatura dello Stato, in tali casi l'obbligo di motivazione non deve essere necessariamente previsto in una previa norma di legge, come pure talvolta accade (v. art. 1, primo comma, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nel testo modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517). Infatti, nella sentenza appena citata, questa Corte ha gi precisato che il predetto obbligo deve ritenersi connaturato al principio stesso di "leale cooperazione" cui deve ispirarsi il sistema complessivo dei rapporti tra Stato e Regioni . Di modo che, considerato che in base a tale principio il confronto rivolto al raggiungimento dell'intesa deve essere caratterizzato da un atteggiamento delle parti ispirato alla correttezza e all'apertura verso le posizioni altrui (v. sent. n. 379 del 1992), l'ipotetica previsione del potere di una delle parti di provvedere in assenza dell'intesa, senza dover addurre motivo akuno sulle ragioni del mancato accordo e sulla superiore esigenza di provvedere unilateralmente, si risolverebbe in una violazione o in una elusione del principio di leale cooperazione, in conseguenza dell'irragionevole preferenza accordata alla parte che, dopo una certa data, potr decidere, oltrech non tenendo conto delle posizioni della contropai:ite, al di fuori di qualsiasi possibilit di controllo sulla lealt del comportamento tenuto. Del resto, l'obbligo di motivazione da parte del Governo, allorch provvede direttamente dopo che fallito il confronto per pervenire a un'intesa con le regioni, il requisito minimo in grado di legittimare la decisione unilaterale dello stesso Governo in una materia connotata dalla stretta connessione delle competenze statali con quelle delle regioni. In proposito non senza significato ricordare che, negli ordinamenti stranieri comparabili con quello italiano, in ipotesi come quelle oggetto dei presenti giudizi, al rischio di paralisi decisionale, conseguente alla RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 198 mancata intesa fra lo Stato e gli enti dotati di autonomia costituzionalmente garantita, si pone rimedio deferendo la decisione a un collegio avbitrale o a un organo statale in posizione pi elevata ovvero assegnando la decisione al medesimo organo statale interessato al raggiungimento dell'intesa, che tuttavia chiamato a decidere secondo un procedimento pi aggravato rispetto a quello ordinario (ad esempio, con un obbligo di sentire il parere di un organo terzo). Come anche riconoscono concordemente tutte le parti del presente giudizio, il decreto impugnato stato adottato in mancanza del raggiungimento dell'intesa prevista dall'art. 6 del decreto-legge n. 384 del 1992. Sulla base dei principi precedentemente ricordati, il Governo avrebbe dovuto provvedere direttamente adducendo, nel contempo, i motivi della mancata intesa e le ragioni d'interesse nazionale che l'hanno determinato a decidere unilateralmente. Ma, poich non v' traccia alcuna di tale motivazione nell'atto impugnato, quest'ultimo dev'essere annullato, dal momento che lede tanto le competenze costituzionalmente riconosciute alle regioni ricorrenti in materia di assistenza sanitaria, quanto l'autonomia finanziaria garantita alle medesime. N tale conclusione pu essere contraddetta dalle argomentazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato nelle proprie memorie difensive. Innanzitutto, non si pu sostenere che l'intesa comporta un semplice onere di informazione da parte dello Stato, finalizzato a ricercare la cooperazione delle regioni, una volta che questa Corte ha pi volte chiarito che l'intesa una tipica forma di coordinamento paritario, in quanto comporta che i soggetti partecipanti siano posti sullo stesso piano in relazione alla decisione -da adottare, nel senso che quest'ultima deve risultare come il prodotto di un accordo e, quindi, di una negoziazione diretta fra il soggetto cui la decisione giuridicamente imputata e quello la cui volont deve concorrere alla decisione stessa (v. sent. n. 337 del 1989, nonch sentt. nn. 21 del 1991, 220 del 1990 e 747 del 1988). In secondo luogo, non pu condividersi l'opinione che la sede nella quale, a norma deM'art. 6 del decreto-legge n. 384 del 1992, deve essere perseguita l'intesa -cio la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le proV'ince di Trento e di Bolzano -debba essere configurata come un organo statale o, quantonemo, un organo che esprime anche le indicazioni dello Stato. Per quel che qui rileva, la Conferenza d~sciplinata dall'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, lungi dall'essere un organo appartenente aH'apparato statale o a quello delle regioni (e delle province autonome) e deputato a manifestare gli orientamenti dell'uno e/o delle altre, la sede privilegiata del confronto e deHa negoziaziOP. e politica fra lo Stato e le regioni (e province autonome), prevista dal predetto art. 12 al fine di favorire il raccordo e la collaborazione fra l'uno e le altre. In quanto tale, la Conferenza un'istituzione operante nel PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 199 l'ambito della comunit nazionale come strumento per l'attuazione della cooperazione fra lo Stato e le regioni (e le province autonome). Infine, nessun rilievo pu accordarsi, ai fini della decisione dei presenti giudizi, alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 12 gennaio 1994 dell'approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un Atto di intesa fra Stato e Regioni per la definizione del piano sanitario nazionale relativo al triennio 1994-1996 contenente anche la determinazione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria, per il semplice fatto che tale atto, peraltro concernente una fase preliminare rispetto alla definitiva approvazione del Piano con decreto presidenziale, si riferisce ad anni successivi al 1993 e, pertanto, riguarda un periodo diverso da quello coinvolto nei conflitti di attribuzione esaminati in questi giudizi. CORTE COSTITUZIONALE, 31 marzo 1994, n. 118 -Pres. Pescatore - Rel. Ferri -Presidenza Consiglio dei Ministri (avv. Stato Zotta). Elezioni -Cause ineleggibilit sopravvenute -Retroattivit Legittiinit. (Cost., artt. 3, 25, 51; legge 18 gennaio 1992, n. 16). Non illegittima la norma che, introducendo un'ampia disciplina in tema di eleggibilit e disponendo la decorrenza di diritto di una serie di cariche elettive, operi anche in relazione alle consultazioni elettorali svoltesi p11ima della sua entrata in vigore e per reati commessi anch'essi prima e precedentemente non contemplati. La Corte d'appello di Torino ha sollevato questione di legittimit costituzionale deH'a:rt. 1, primo comma, della legge 18 gennaio 1992, n. 16, il quale, sostituendo i primi quattro commi dell'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, ha introdotto un'ampia disciplina in tema di eleggibilit e, in genere, di capacit di assumere e mantenere cariche di varia natura nelle regioni, nelle province, nei comuni ed in altri organismi di autonomia locale. Il giudice a quo, premesso che la legge in esame deve indubbiamente essere interpretata nel senso della sua immediata operativit, censura, in particolare, Ja norma impugnata nella parte in cui dispone che la decadenza di diritto da una serie di cariche elettive (indicate nel medesimo articolo), conseguente a sentenza di condanna passata in giudicato per determinati reati (pure ivi prev>isti), operi anche in relazione alle consultazioni elettorali svoltesi prima dell'entrata in vigore della legge medesima, ed a reati commessi anch'essi prima di tale data. Ad avviso del giudice remittente, la normativa censurata si pone in contrasto con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, in quanto la 200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO decadenza costituisce comunque -a prescindere dall'esatta individuazione della sua natura -una sanzione, e ,quindi una punizione irrogata in forza di una legge entrata in vigore dopo la commissione del fatto; con l'art. 51, primo comma, della Costituzione, poich l'accesso a11a carica elettiva viene vanificato da una legge introdotta successivamente; infine, con l'art. 3 della Costituzione, sotto H particolare aspetto dell'eguaglianza delle condizioni personali . L'eccezione di inammissibilit sollevata dall'Avvocatura dello Stato in ordine al profilo di censma relativo all'art. 3 deHa Costituzione, che sarebbe, a suo avviso, incomprensibile, deve essere rigettata: pur nella sua estrema stringatezza, infatti, va ritenuto che la censura in esame, valutata anche alla luce dell'intera ordinanza di rimessione, sia espressa in modo sufficiente a consentire alla Corte di individuare il thema decidendum. La questione non fondata. Questa Corte ha gi avuto varie volte occasione di rilevare, innanzitutto, che la finalit che si inteso perseguire con la legge n. 16 del 1992 quella di assicurare la salvaguruidia dell'ordine e della sicurezza pubblica, la tutela della libera determinazione degli organi elettivi, il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, allo scopo di fronteggiare una situazione di grave emergenza nazionale coinvolgente interessi dell'intera collettivit, connessi a valori costituzionali di primario rilievo (sentt. nn .407 del 1992, 197, 218 e 288 del 1993). Si inoltre osservato che 1a legge medesima non contempla altro che nuove cause di ineleggibilit che il legislatore ha ritenuto di configurare in relazione al fatto di aver subito condanne (o misure di prevenzione) per determinati delitti di particolare gravit (cfr. cit. sent. n. 407 del 1992). In altre parole, per quanto riguarda l'ipotesi in esame, la condanna penale irrevocabile stata presa in considerazione come mero presupposto oggettivo cui ricollegato un giudizio di indegnit morale a ricoprire determinate cariche elettive: la condanna stessa viene, cio, configurata quale requisito negativo ai fini della capacit di assumere e di mantenere le cariche medesime. Dalle argomentazioni che precedono deriva l'esclusione delle prospettate violazioni dei parametri costituzionali richiamati dal remittente. Non certamente violato, in primo luogo, l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, per il principale motivo che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'invocato principio si riferisce alle sole sanzioni penali (cfr. sentt. nn. 823 del 1988, 250 del 1992); d'altra parte, come lo stesso remittente riconosce, nella specie si in presenza della ordinaria operativit immediata di una legge, e non di retroattivit in senso tecnico, .con effetti, cio, ex tunc. Parimenti non risultano lesi gli artt. 51, primo comma, e 3 della Costituzione, censure che vanno esaminate -cos come sono prospet PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tate -congiuntamente. Alla luce della ratio della normativa come sopra individuata, non appare, invero, affatto irragionevole che questa operi con effetto immediato anche in danno di chi sia stato legittimamente eletto prima della sua entrata in vigore: costituisce, infatti, frutto c1i una scelta discrezionale del legislatore certamente non irrazionale l'aver attribuito all'elemento della condanna irrevocabile per determinati gravi delitti una rilevanza cos intensa, sul piano del giudizio di indegnit morale del soggetto, da esigere, al fine del miglior perseguimento delle richiamate finalit di rilievo costituzionale della legge in esame, l'incidenza negativa della disciplina medesima anche sul mantenimento delle cariche elettive in corso al momento della sua entrata in vigore. CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1994, n. 168 -Pres. Casavola -Rel. Cainiello -Presidenza del Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Onufrio). Pena -Ergastolo -Reato commesso da minorenne -Protezione infanzia Illegittimit costituzionale. (Cast., artt. 10, 27, terzo comma, e 31; cod. pen. artt. 17 e 22). illegittima la previsione dell'ergastolo per gli infmdiciottenni, in quanto incompatibile con i principi espressi dall'art. 31 Cast. che sono ispirati ad una speciale protezione per l'infanzia e la giovent e favoriscono gli istituti necessari a tale scopo. stata sollevata questione di legittimit costituzionale degli artt. 17 e 22 del codice penale, nella parte in cui non escludono l'applicabilit della pena dell'ergastolo nei confronti del minore degli anni diciotto. Secondo il giudice rimettente le norme impugnate contrasterebbero: a) con l'art. 10 della Costituzione, per non essersi l'ovdinamento giuridico italiano adeguato a numerose norme pattizie del diritto internazionale vigente in materia; b) con l'art. 27, terzo comma, della Costituzione, per compromissione della finalit rieducativa della pena e del trattamento pedagogico e di risocializzazione, peculiare per il minore; c) con l'art. 31, secondo comma, della Costituzione, per violazione del precetto che impone la protezione dell'infanzia e della giovent. Preliminarmente deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilit, dedotta dall'Avvocatura generale dello Stato fa quale sostiene che la questione sarebbe identica a quella decisa nel senso della inammissibilit dalla sentenza n. 140 del 1993. In proposito osserva la Corte che a questa pronuncia essa pervenne in presenza di una questione che era stata prospettata in termini diversi, 202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO in quanto formavano allora oggetto di censura non solo l'art. 22 del codice penale, cio una delle norme ora denunciate, ma, congiuntamente, nel lor-0 complesso, le norme che disciplinano il meccanismo concernente il concorso delle circostanze attenuanti con le aggravanti. Per questa ra gione la ricordata sentenza aveva osservato che la questione poneva in tal modo un quesito di carattere legislativo, dato che, investendo essa nel suo complesso la disciplina in tema di concorso di circostanze, una pro nuncia di questa Corte, essendo vincolata alla prospettazione, sarebbe risultata inadeguata, occorrendo, onde perseguire le finalit correttive allora proposte, un intervento normativo selettivo che definisca le ipo tesi in cui l'esonero dal bilanciamento di circostanze possa avvenire; e ci per evitare il prodursi di effetti, eccedenti la finalit del quesito che sarebbero potuti derivare dalla pronuncia allora richiesta, quando non si sia in presenza di reati punibili con l'ergastolo, perch si andrebbe ad incidere in generale nella disciplina della comparazione di circostanze eterogenee in rapporto al minore . L'ordinanza introduttiva del presente giudizio, come gi stato ricor dato, ha per oggetto esclusivo gli artt. 17 e 22 del codice penale nella parte in cui non prevedono l'esclusione dalla pena perpetua per l'imputato mi norenne per cui la specificit della pronuncia che viene richiesta non espone al rischio di effetti eccedenti il fine auspicato. Anche se, come si vedr in prosieguo, la dichiarazione di incostituzionalit, in base ai po teri che competono alla Corte ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, sar estesa in via consequenziale ad una delle norme che regolano il ricordato meccanismo, essa, proprio in virt del suo carattere conse quenziale rispetto a quella principale che riguarda la previsione dell'er gastolo per i minori, risulter limitata a questo ambito. Nel merito la questione, sollevata in riferimento all'art. 10, primo comma, della Costituzione, non pu essere presa in considerazione per la genericit dell'assunto della non conformit della normativa denunciata a numerose norme pattizie del diritto internazionale vigente in materia , non essendo individuabili dall'ordinanza di rinvio n le disposizioni n tantomeno i contenuti normativi ai quali il rimettente intende fare richiamo. D'altra parte, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (sentt. n. 153 del 1987, n. 96 del 1982, n. 188 del 1980, n. 48 del 1979, n. 69 del 1976, n. 104 del 1969, n, 48 del 1967, n. 135 del 1963, n. 32 del 1960) che, con riguardo al parametro invocato, delinea l'adeguamento automatico alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, in riferimento a princpi generali ovvero a norme di carattere consuetudina. rio, da rilevare che non neppure possibile rinvenire nella materia un principio generale o una consuetudine, perch dal variegato panorama delle legislazioni degli altri Stati pi affini a quella del nostro Paese non PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE risulta l'esistenza di una di quelle norme generalmente riconosciute, cui fa riferimento l'art. 10, primo comma, della Costituzione, tenuto conto della estrema diversit delle discipline che regolano il regime delle pene pi gravi nei vari Paesi. Esclusa dunque l'idoneit di w1 cos generico richiamo alle norme pattizie ai fini del controllo di costituzionalit delle norme denunciate, tuttatia la Corte ritiene opportuno, al fine di chiariTe il significato degli altri parametri costituzionali, analizzare e verificare la conformit della nostra legislazione agli obblighi assunti sul piano internazionale. Tra le convenzioni sottoscritte dall'Italia che possono in qualche modo avere riflessi sulla materia, pu essere ricordata quella per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali (Roma, 4 novembre 1950 e relativo Protocollo addizionale di Parigi del 20 marzo 1952), ratificata con la legge 4 agosto 1955, n. 848, la quale, stabilendo all'art. 3 che Nessuno pu essere sottoposto a torture o a pene inumane o degradanti , non sembra porre problemi diversi da quelli che si presentano in riferimento a:ll'art. 27, terzo comma, della Costituzione, per cui essi saranno affrontati successivamente, nell'ambito della questione sollevata sotto quest'ultimo profilo. Per quel che concerne poi le convenzioni che riguardano in particolare la condizione dei minori, appare utile la menzione di alcune importanti proposizioni in esse contenute che hanno riguardo alla materia in esame. Cos nella Dichiarazione dei diritti del fanciullo della Societ delle Nazioni, del 1924, le disposizioni che maggiormente potrebbero riferirsi all'oggetto della questione riguardano (punti 1 e 5) l'esigenza che il fanciullo deve essere messo in grado di svilupparsi normalmente, materialmente e spiritualmente e che deve essere allevato nel sentimento che le sue migliori qualit dovranno essere poste al servizio dei suoi fratelli . Cos ancora da dirsi per la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (ONU, New York, 10 dicembre 1948), secondo cui (punto 25) la maternit e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza; per la Dichiarazione dei diritti del fanciullo (ONU, New York, 20 novembre 1959), in cui si prevede (principio secondo) che il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione e godere di possibilit e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti, cos da essere in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale . Analoghi concetti sono espressi nelle Regole minime per l'amministrazione della giustizia minorile (ONU, New York, 29 novembre 1985; c.d. Regole di Pechino), le quali prevedono (punto 3) che un minore un ragazzo o una persona che nel rispettivo sistema legale pu essere imputato per tlll1 reato, ma non penalmente responsabile come un adulto>>, che (punto 5) ,~J.1 sistema della giustizia minorile deve avere per obiettivo la tutela del giovane ed assicurare che la misura adottata nei confronti del giovane sia proporzionale alle circostanze RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 204 del reato o all'autore dello stesso ed ancora (punto 17) che, nell'ambito del processo, la decisione deve essere sempre proporzionata non soltanto alle circostanze e alla gravit del reato, ma anche alle condizioni e ai bisogni del soggetto che ha delinquito come anche ai bisogni della societ, che la tutela del minore deve essere il criteriio determinante nella valutazione del suo caso e che la pena capitale non applicabile ai reati commessi da minori . Analogalmente infine da dirsi per la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, che, oltre a riaffermare i principi enunoiati in preoedenza, prescrive all'art. 37 che Nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. N la pena capitale n l'imprigionamento a vita senza possibilit di rilascio devono essere decretati per reati commessi da persone di et inferiore a diciotto anni; ed inoltre che la detenzione o l'imprigionamento di un fanciuLlo devono essere effettuati in conformit con la legge, costituire un provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata pi breve possibile . Come si vede si in presenza di enunciazioni la cui attuamone affidata alla legislazione degli Stati che vi hanno aderito, e che trovano nel nostro ordinamento H maggior punto di emersione nell'art. 31 della Costitumone, che costituisce un altro dei parametri invocati nell'ordinanza di rimessione. I problemi posti da tali enunciazioni saranno perci affrontati in prosieguo, in occasione dell'esame della questione 1sol1evata in riferimento a detto parametro. Per quel che riguarda il riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, l'argomento, riferito alla generalit dei soggetti, stato gi affrontato, in modo specifico, nella sentenza n. 264 del 1974, che ha ritenuto non fondata la prospettazione del contrasto tra l'ergastolo e il richiamato parametro, sul riflesso del carattere polifunzionale della pena. Un connotato, questo, ribadito anche di recente (sentt. n. 306 del 1993; n. 282 del 1989; n. 107 del 1980; n. 179 del 1973; n. 12 del 1966). Avuto riguardo al momento dinamico dell'applicazione della pena, il precetto costituzionale appare comunque soddisfatto dal legislatore che ha da tempo esteso all'ergastolano non solo l'istituto della liberazione condizionale -il cui governo, per effetto della sentenza di questa Corte n. 204 del 1974, affidato alla competenza dell'autorit giudiziaria che, come sottolineato dalla sentenza n. 264 del 1974 citata, consente l'effettivo reinserimento del condannato nel consorzio civile, ma anche altre misure premiali che anticipano quel reinserimento come effetto del . suo sicuro ravvedimento, da comprovarsi dal giudice 1sulla base non solo della buona condotta tenuta dal condannato stesso durante l'esecuzione della pena bens soprattutto dalla sua partecipazione all'opera riedu- I I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 205 cativa; una disciplina positiva, quella accennata, coerente con la necessit della verifica, in concreto, della saldatura di quella divaricazione tra la astratta finalit rieducativa e la relativa adesione del destinatario, che questa Corte ha gi individuato essere alla base della qualificazione tendenziale della rieducazione. D'altra parte la disciplina positiva specificamente rigua:rxlante i minori accentua la portata applicativa degli accennati istituti che si caratterizzano come concettualmente antagonisti rispetto alla perpetuit della pena: sia, in negativo, stabilendosi eccezioni a nuove e pi rigorose previsioni limitatrici della fruibilit dei benefici di ordinamento penitenziario (decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, il cui art. 4, comma 4, esclude appunto l'applicazione delle norme restrittive introdotte dal medesimo provvedimento nei riguardi dei condannati minorenni all'epoca del reato); sia, in positivo, scollegandosi l'applicazione della liberamone condizionale, per il minore, dai limiti minimi di espiazione di pena previsti in via generale dell'art. 176 del codice penale (art. 21 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, che consente di ammettere il minore alla liberazione condizionale in qualunque momento dell'esecuzione e qualunque sia la durata della pena inflitta). Tutti gli anzidetti correttivi finiscono con l'incidere sulla natura stessa della pena dell'ergastolo, che non pi quella concepita alle sue origini del codice penale del 1930. La previsione astratta dell'ergastolo deve ormai essere inquadrata in quel tessuto normativo che progressivamente ha finito per togliere ogni significato al carattere della perpetuit che all'epoca dell'emanazione del codice la connotava. Ma una volta soddisfatto con detm correttivi il precetto costituzionale che assegna alla pena la funzione rieducativa, diviene esclusivo compito del legislatore di valutare, nelle scelte di politica criminale, se conservare o meno l'ergastolo tra le sanzioni punitive astrattamente previste. La questione invece fondata in riferimento all'art. 31 in relazione all'art. 27, terzo comma, della Costituzione. Se l'art. 27, terzo comma, non espone di per s a censura di incostituzionalit la previsione della pena dell'ergastolo ed il relativo carattere della perpetuit ai sensi degli artt. 17 e 22 del codice penale, di esso deve darsi una lettura diversa allorch lo si colleghi con l'art. 31 della Costituzione che impone tma incisiva diversificazione, rispetto al sistema punitivo generale, del trattamento penalistico dei minorenni. Dall'art. 31 della CostitUZJone, che prevede una speciale protezione per l'infanzia e la giovent e favorisce gli istituti necessari a tale scopo, deriva l'incompatibilit della previsione dell'ergastolo per gli infradiciottenni, perch accomuna, per tale particolare istituto di indubbia gravit, 206 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO nel medesimo contesto punitivo tuttJi i soggetti, senza tener conto della particolare condizione minorile. Quest'ultima condizione -come gi sotto lineato nella sentenza n .140 del 1993, ove si auspicava un intervento del legislatore sul punto della comminatoria della pena dell'ergastolo anche per il minore -es,ige di diversificare il pi possibile il trattamento del minore dalla discipli[]:a punitiva generale. Ebbene, questa diversificazione, imposta dall'art. 31 della Costituzione, letto anche alla luce degli obblighi enunciati nelle ricordate convenzioni internazionali, le quali impegnano gli Stati nel senso della particolare pro tezione dei minorenni, fa assumere all'art. 27, terzo comma, della CostJi tuzione, relativamente a questi ultimi, un significato distinto da quello che, come si visto nel punto precedente, riferibile alla generalit dei soggettJi quanto alla funzione rieducativa della pena. Questa funzione data la particolare attenzione che deve essere riservata, in ossequio all'art. 31 della Costituzione, ai problemi educativi dei giovani -per i soggetti minori di et da considerarsi, se non esclusiva, certamente preminente, per cui si manifesta un insanabile contrasto fra essa e le norme denunciate -e cio l'art. 17 del codice penale, che elenca fra le pene che accedono ai reati quella dell'ergastolo, e l'art. 22 del codice stesso che caratte11izza questa pena con la perpetuit -riferendosi entrambi alla generalit dei soggetti, senza escludere i minori. N, rispetto al parametro in questione, possono risultare strumenti idonei -nel senso della compatibilit tra Costituzione ed ergastolo ai minori -quei pur peculiari istituti che si sono sopra ricoroati (punto 4) e che ampliano, specie per i minori, le possibilit di accesso ai vari benefici che il corso dell'esecuzione della pena consente; se per un verso, infatti, detti istituti si iscrivono pur sempre in un tessuto normativo che rimane, in via generale, indifferenziato quanto all'et dell'autore del reato -e che perci urgente compito del legislato!'e riformulare, onde ricondurlo ad armonia con le esigenze di diversificazione e accentuata finalizzazione rieducativa: sent. n. 125 del 1992 di questa Corte -per altro verso resta ferma l'tincidenza di tali misure all'interno della vicenda dell'applicazione concreta della pena. Quest'ultima caratterizzazione, se sufficiente ad escludere il contrasto con l'art. 27, terzo comma, della Costituzione in s considerato, si rivela inadeguata una volta che si abbia riguardo alla prospettiva della spiccata protezione del minore quale espressa nell'art. 31, secondo comma, della Costituzione, principio la cui compresenza nell'ambito dei precetti costituzional impone un mutamento di segno al principio rieducativo immanente alla pena, attribuendo a quest'ultima, proprio perch applicata nei confronti di un soggetto ancora .in formazione e alla ricerca della propria identit, una connotazione educativa pi che rieducativa, in funzione del suo inserimento maturo nel PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Gli artt. 17 e 22 del codice penale, non escludendo perci il minore dalla previsione, sia pur astratta, dell'ergastolo, sono in contrasto con l'art. 31, secondo comma, in relazione all'art. 27, terzo comma, della Costituzione e di esSI deve perci essere dichiarata l'illegittimit costituzionale nella parte in cui non prevedono tale esclusione. L'idea che dalla previsione della pena dell'ergastolo dovessero essere esclusi i minori faceva gi parte del nostro patrimonio legislativo, essendo l'esclusione espressamente sancita dal codice Zanardelli del 1889 che, sul portato di codici pre-unitari, rimasti sostanzialmente in vita fino all'avvento di esso, prevedeva (sulla premessa della imputabilit piena a partire dai quattordici anni) all'art. 55, per gli imputati di et fra i quattoI1dici ed i diciotto anni, la sostituzione di quella pena con la reclusione da dodici a venti anni, ed all'art. 56, per gli imputati di et fra i diciotto ed i ventuno anni, la sostituzione con la reclusione da venticinque a trent'anni. Quanto al codice penale del 1930, come noto, anteriormente alla riforma di cui al decreto-legge 11 aprile 1974, n. 99, convertito dalla legge 7 giugno 1974, n. 220, l'art. 69, dopo aver previsto, nel caso di concorso fra circostanze aggravanti ed attenuanti, la possibilit di attribuire prevalenza alle une 'escludendo cos le altre e viceversa, o di ritenere la loro equivalenza con la conseguenza della contemporanea eliminazione delle une o delle altre, escludeva dall'applicaziione di tali disposizioni le circostanze inerenti alla persona del colpevole, stabilendo che in tal caso gli aumenti e le diminuzioni di pena si operassero a norma dell'art. 63 dello stesso codice. L'esclusione delle circostanze inerenti alla persona del colpevole dal giudi:zrl.o di comparazione rendeva cos sempre applicabile la circostanza di cui all'art. 98 del codice penale, il quale prevede che, qualunque sia la pena prevista per il reato, essa per il minore degli anni diciotto diminuita. Oi comportava necessariamente che, pur in presenza di circostanze aggravanti, nei confronti del minore la pena dovesse essere comunque diminuita, nella misura stabilita dalla disposizione speciale o, in difetto, secondo il disposto del n 2) dell'art. 65 citato, rendendosi in questo modo inapplicabile la pena dell'ergastolo, salvo il caso che sar successivamente esaminato in relazione all'art. 73. Con la gi ricordata riforma dell'art. 69 del codice penale, introdotta dall'art. 7 del richiamato decreto-legge n. 99 del 1974 convertito dalla legge n. 220 del 1974, riforma ispirata peraltro da un intento di maggior favore per il reo, il giudizio di prevalenza o di equivalenza fra le due categorie di circostanze stato esteso anche a quelle inerenti alla persona del colpevole, tra le quali la giurisprudenza ha sempre compreso la diminuente della minore et, per consentire, fra l'altro, specie per a. reati contro il patrimonio, la possibilit di far ritenere prevalente 208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO l'attenuante della minore et ed escludere, quando essa ricorresse, tutte le aggravanti. Da questa modifica -pur dettata da un intento di adeguatezza in concreto della pena, rispetto alle rigidit (in eccesso) che si erano verificate con particolare riguardo alla parallela esclusione dal giudizio di bilanciamento delle circostanze aggravanti che determinano la pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato o che stabiliscono una pena di specie diversa - per derivata una conseguenza deteriore. Una conseguenza forse non voluta (perch gli ideatori della riforma non se l'erano probabilmente prefigurata) ravvisabile nel caso -verificatosi proprio nel giudizio a quo -del minore, imputato di un reato punibile con l'ergastolo, a causa della presenza di circostanze aggravanti che comportano la pena dell'ergastolo e che possono essere ritenute prevalenti e quindi tahl, ai sensi dell'art. 69 del codice penale, come risultante delle modifiche del 1974, da escludere l'incidenza della attenuante dell'art. 98 del codice penale, che viceversa in precedenza sarebbe stata comunque applicabile, escludendo cos la possibilit di irrogazione dii detta pena nei confronti del minore. ~ altres da rilevare che, come era anche prima della cennata riforma del 1974, la previsione dell'ergastolo per il minore sussiste anche quale effetto dell'applicazione delI'art. 73 del codice penale che, al secondo comma, stabilisce in via generale (e quindi senza escludere il minore) che, quando concorrono pi delitti per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni si applica l'ergastolo . Conseguentemente alla declaratoria principale di incostituzionalit, deve dunque essere dichiarata, in forza dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimit costituzionale parziale di dette altre norme del codice penale, onde apportarvi i necessari adattamenti idonei ad impedire che la dichiarazione di incostituzionalit, nei sensi anzi. detti, degli artt. 17 e 22 del codice penale risulti inoperante, atteso il nesso inscindibile che, come si visto, intercorre tra le disposizioni in argomento ai finii della determinazione della pena applicabile al minorenne. Il caTattere consequenziale della dichiarazione di incostituzionalit che investe l'art. 69 del codice penale, va ad incidere cos sul meccanismo della comparazione delle circostanze ai limita1li efretti di quella principale cui esclusivamente finalizzata e non pu dar luogo, come si gi rilevato in premessa, a quegli effetti eccedenti le finalit del quesito rilevati nella sentenza n. 140 del 1993. L'art. 69 del codice penale, come si rilevato nell'illustrazione dei meccanismi in esso previsti per H caso di concorso di circostanze etero genee, determina la possibilit dell'applicazione della pena dell'ergastolo anche per il minore, sia qua:lora il giudizio di comparazione risulti nel senso della prevalenza delle aggravanti che comportano la pena perpetua PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 209 (come il caso del giudizio a quo), sia nell'ulteriore ipotesi di giudizio di prevalenza o anche solo di equivalenza fra attenuanti ed aggravanti, nel caso di reato punibile con la pena-base dell'ergastolo, con una situazione in entrambi i casi ostativa rispetto alla possibilit di applicazione al minore della attenuante prevista dall'art. 98 del codice penale. La consequenziale pronuncia di illegittimit costituzionale ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dell'art. 69 del codice penale citato consente invece di applicare, anche nei casi anzidettJi, la diminuente suddetta. La declaratoria consequenzinle non pu che operare, pertanto, espungendo dal sistema la parte incostituzionale di detta disciplina, attraverso l'esclusione dell'applicazione delle disposi:zlloni sul giudizio di bilanciamento con riguardo -e limitatamente -alle due situazioni che si sono sopra dette. Non sarebbe viceversa soluzione coerente n con i limiti della pronuncia ex art. 27 della legge n. 87 del 1953 n pi in generale con l'esigenza di proporzione tra fatto-reato e pena una pronuncia che giungesse ad affermare la prevalenza della circostanza prevista dall'art. 98 del codice penale nei casi in cui in gioco la possibilit astratta di applicazione della pena dell'ergastolo al minore, giacch una simile statuizione apporterebbe uno squilibrio contrario, elidendo il peso e il significato di elementi accidentali del reato che devono viceversa trovare riflesso nel concreto dosaggio delle pena, in base appunto alla regola ex art. 63 del codice penale. Per rendere la dichiarazione principale di incostituzionalit pienamente operante altres necessario dichiarare l'illegittimit in via consequenziale anche dell'art. 73, secondo comma, del codice penale, data la contrariet a Costituzione del meccanismo sostitutivo ivi previsto, nel caso di imputato o condannato minorenne. Resta ovviamente affidato al giudice penale, a seguito della dichiarazione di incostituzionalit consequenziale dell'art. 73 citato, di determinare la pena sostitutiva da applicarsi in luogo dell'ergastolo, nel caso -estraneo al giudizio a quo -in cui si sia in presenza del concorso di pi delitti, commessi dal minore, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferior.e a ventiquattro anni. CORTE COSTITUZIONALE, 5 maggio 1994 n. 169 -Pres. Casavola -Rel. Ruperto -Commissario dello Stato per la Regione siciliana (avv. Stato Favara) c. Rewione siciliana (avv. Galgano, Scuderi e Lo Bue). Urbanistica Edilizia Abusivismo Repressione Acquisizione al patri monio comunale opere abusive Concessione diritto di abitazione Presupposti temporali irrazionali Illegittimit costituzionale. 210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Urbanistica Edilizia Abusivismo Repressione Acquisizione al patri monio comunale opere abusive Concessione diritto di abitazione Pagamento indennit rapportato ad oneri urbanizzazione Illegitti mit costituzionale. (Cost., art. 97 -deliberazione legislativa approvata da Ass. Reg. Sic. il 14 ottobre 1993, art. 4). E: illegittima la norma che, consentendo ai comuni di concedere il diritto di abitazione sugli immobili abusivi acquisiti al loro patrimonio, preveda che l'opera abusiva sia stata ultimata in data (largamente) successiva a quella della proposta di legge poich essa costituisce un incentivo all'abusivismo. E: illegittima la norma che, consentendo ai comuni di concedere il diritto di abUazione sugli immobili abusivi acquisiti al loro patrimonio, preveda che l'autore dell'abuso debba pagare un'indennit ragguagliata ai soli oneri di urbanizzazione, essendo tale valore irriisorio rispetto al contenuto patrimonM.le del diritto acquisito. Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana impugna le seguenti norme deHa deliberazione legislativa nn. 524, 249, 324, 343, 545, recante Provvedimenti per la prevenzione dell'abusivismo ediiHzio e per la destinazione delle costruzioni edjlizie abusive esistenti , approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 ottobre 1993: 1) artt. 2 e 3, che delineano le procedure per H rilascio delle concessioni edilizie e dei certificati di abitabilit, agibilit e conformit, per violazione dell'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398 (in tema dii silenzioassenso) ora convertito, con modificazioni, nella legge 4 dice[Obre 1993, n. 493, in relazione ai limiti posti dall'art. 14, lettera f), deHo statuto speciale della Regione Sicilia, nonch degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione; 2) artt. 4 e 5, che prevedono la concessione del diritto di abitazione sulle opere edilizie abusive acquisite, per interferenza in materia penale e di diritto privato, per violazione della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in relazione ai limiti posti dall'art. 14, lettera f), dello statuto speciale della Regione Sicilia, nonch degli artt. 3, 5, 9 e 97 della Costituzione; 3) artt. 6, secondo, terzo e quarto comma, e 8, che disciplinano rispettivamente l'autorizzaziione al mutamento di destinazione d'uso per gli immobili edifilcati a verde agricolo ed il rilascio del certificato di abitabilit per i volumi tecnici, per violazione della legge n. 47 del 1985 in relazione ai limiti posti dall'art. 14, lettera f), dello statuto speciale della Regione Sicilia, nonch degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione; 4) art. 7, terzo comma, che fa salvi i contratti di utenza stipulati prima dell'entrata in vigore della legge de qua, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, sempre in relazione ai predetti limiti ex art. 14, lettera f), nonch in riferimento all'art. 45 della legge n. 47 del 1985; PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5) art. 11, che introduce lil settimo comma nell'art. 25 della legge della Regione Sicilia 27 dicembre 1978, n. 71, determinando i compensi spettanti ai progettisti per la redazione o la revisione dei piani urbanistici, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. La legge regionale della quale fanno parte le disposizioni impugnate risulta dallo stralcio dei contenuti di numerose iniziative legislative presentate all'Assemblea regionale sici1i:ana tra il marzo del 1992 ed il giugno del 1993. Tutte le proposte si fanno carico delle allarmanti connotazioni che il fenomeno dell'abusivismo edilizio ha assunto in Sicilia. Dai lavori preparatoci che hanno preceduto la normativa de qua si colgono ancor meglio alcuni dati, che possono essere come appresso riassunti. Si in presenza di una disapplicazione pressoch assoluta delle norme che prevedono la demolizione delle opere abusive; in particolare, le domande di sanatoria presentate sulle base della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37 (concernente l'applicazione in Sicilia della legge 28 febbraio 1985, n. 47), risultano in grande misura ancora pendenti, con la conseguenza di rendere di fatto possibile non solo l'utilizzazione ma anche la commerciabilit degli immobili. Le amministrazrl.oni locali frequentemente appaiono gestire in modo clientelare il fenomeno, in alcuni casi favorendo movimenti ed aggregazioni dli massa costituiti da occupanti di immobili abusivi, le quali, sotto il comune denominatore del diritto alla casa, si intrecciano spesso con interessi speculativi e fenomeni malavJtosi. In questo quadro il legislatore della Regione sembra muoversi secondo due linee fondamentali: Ja responsabilizzazione di sindaci ed ammimstratori e la salvaguardia di quelle situazioni in cui l'utilizzo dell'opera abusiva risponda ad esigenze abitative primarie. Ci premesso, le censure vanno esaminate nell'ordine in cui sono state proposte. (omissis) Gli artt. 4 e 5 sono impugnati nella parte in cui prevedono la concessione del diritto di abitazione sulle opere edilizie abusive con esclusione delle costruzioni realizzate su aree sottoposte a vincolo. Lamenta il Commissario la violazione, da parte della Regione, della ratio della legge n. 47 del 1985, l'interfevenza, da parte della stessa, nella materia penale e nel dliritto privato, e, infine, la lesione dei precetti di cui agli artt. 3, 5, 9 e 97 della Costituzione. Le questioni sono fondate nei limiti di cui appresso. L'art. 4 consente ai comuni di destinare le opere edilizie abusive, una volta acquisite al patrimonio comunale, al soddisfacimento della necessit di edilizia residenziale secondo le seguenti procedure: 1) se l'opera abusiva risulti adibita a dimora abituale e principale del responsabile dell'abuso e del suo nucleo familiare, anche dli fatto, il sindaco pu concedere l responsabile che lo richieda e ai componenti RASSEGNA AWOCATURA DEI.LO STATO 212 del suo nucleo familiare il diritto di abitazione nei limiti e con i contenuti di cui agli artt. 1022, 1023, 1024 e 1025 cc.; 2) tale concessione ammessa purch il mantenimento dell'immobile non arrechi nilevante pregiudizio alle destinazioni generali di zona ed in ogni caso esclusa per le opere realizzate in zone sottoposte a vincolo d'inedificabtliit assoluta o comunque a divieto assoluto di costruzione, mentre, per le zone soggette a vincoli speciali, richiesto il nullaosta dell'autorit che gestisce il vincolo; 3) la presentazione delle domande ha effetto sospensivo sui procedimenti amministrativi di repressione dell'abusiivismo che siano in corso; 4) viene demandato al Presidente della Regione di fissare condizioni, modalit ed obblighi per l'esercizio del diritto, nonch i casi di decadenza dallo stesso; 5) sono previste precise condiizioni, in particolare: a) l'ultimazione della costruzione entro il 30 settembre 1993; b) il pagamento di un'indennit ragguagliata agli oneri di urbanizzazione da parte del concessionario; c) infine che quest'ultimo non sia proprietanio di altro immobile idoneo a soddisfare le esigenze abitative e che la costruzione sia stata reaHzzata su area ,di cui si aveva dl legittimo possesso. Nel valutare questa normativa, non pu ignorarsi che la situazione dell'edilizia abusiva ha assunto in Sicilia i caratteri di ampiezza e gravit gii accennati sub 2; come pure evidente che una politica di corretta gestione del territorio non pu realizzarsi senza una contemporanea valutazione dei problemi di ordine pubblico che lo strumento della demolizione pu comportare e, pi in generale, delle tensioni presenti in aree dove il fenomeno dell'abusiviismo pressoch generalizzato. Parimenti giustificata la preoccupazione del legislatore regionale circa l'appagamento del diritto all'abitaziione, espres,sa in una valutazione di particolare favore per il cosiddetto abusivismo per necessiit . Ci premesso, ritiene la Corte che la normativa de qua superi nelle sue linee essenziali lo scrutinio di costituzionahlt cui l'ha sottoposta il Commissanio dello Stato ricorrente, ove la si interpreti -come si deve -in modo conforme alla Costituzione e ai princp1 generali del diritto statale; fondate palesandosi le censure soltanto per quanto riguarda il terzo comma, lettere b) e d), nonch il sesto comma dell'art. 4. Nessuna censura intanto pu esser mossa direttamente al primo comma di tale articolo, giacch esso si limita ad autorizzare i Comuni dell'Isola a stabilire che le procedure successive all'acquisizione al pa. trimonio comunale delle opere edilizie abusive esistenti alla data del l'entrata in vigore della presente legge, siano regolate dalle disposizioni dei 'successivi commi, oltre che dalle disposizioni della legge 28 feb .. ~ r: ~ f I ~ p ,,,,,,,,, ''''P'HPH'P''''m'''''"''"'' ,,,,,,, ,,,,,,. ,,,,,, ,_,,,,, 'W'"'' ,,,,,. ,,,,,.,,.,.,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,J 1.,_,A==/=====miAflJB::wm1w111.1~m==11m.my .,.,...n.....,.................,~.JrI ,,.,.rrr.rJ.lJ.@.,RIL....film~.,JlliL............w........,........tL......,... rrtL..... .,4117&.#lb .%i.Mftl1L.r: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE braio 1985, n. 47, e della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, in quanto compatibili. In tal modo, difatti, sii descrive una possibilit ulteriore ed alternativa per la gestione del patrimonio edilizio comunale, di per s coerente con la competenza esclusiva della Regione in materia. Il secondo comma, costituente l'obiettivo fondamentale dell'impugnazlione, dispone espressamente che l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio comunale, deve avvenire ai sensi dell'art. 7, quinto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (legge che, ovviamente nei suoi princp1 fondamentali, da includere fra le norme fondamentali di riforma economico-sociale). Ci significa che, fermo restando l'obbligo di demolizione dell'opera, il quale in via primaria consegue all'acquisizione dell'opera abusiva, questa pu essere conservata al patrimonio comunale e non demolita, quando con delibera2lione comunale relativa alla singola opera (e quindi tenuto espressamente conto di tutte le circostanze del caso che giustificano la deroga nonch in presenza di una esplicita individuazione dell'immobile e delle sue caratteris1Jiche) si ritenga che sussistano prevalenti interessi pubblici alla conservazione e semprech l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbarui.stici o ambientali . E giova ricordare che taluni di tali vincoli sono pi specificamente riprodotti in altre dispostizioni della legge impugnata (artt. 4, decimo comma; 5, primo e secondo comma). Sempre per espressa disposizione del secondo comma, l'opera abusiva pu essere acquisita al patrimonio comunale onde essere concessa come abitazione, solo se adibita a dimora abituale e principale del responsabile dell'abuso e del suo nucleo familiare, anche di fatto , Inoltre, dopo l'acquisizione, il sindaco, su richiesta del responsabile dell'abuso, non deve necessariamente, ma pu concedere il diritto di abitazione sull'immobile al richiedente e ai componenti del suo nucleo familiare ... , Da ci deriva, alla stregua di un'interpretazione conforme a Costituzione, che l'atto dii concessione del diritto di abitazione provvedimento discrezionale, sia relativamente all'an (il sindaco pu concedere solo se ricorre l'interesse pubblico primario sotteso all'intera legge regionale, nel senso che sussista l'esigenza di assicurare l'abitazione a chi ne ha bisogno, in considerazione del reddito, delle condizioni di vita, etc.), sia relativamente al quid (il diritto di abitazione pu essere concesso solo se l'opera abusiva costituisca gi l'effetUva dimora del richiedente e del suo nucleo familiare, proporzionata a quelle esigenze mintime rispetto a una vita dignitosa dell'effettivo nucleo familiare, garantite dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria sull'edilizia residenziale pubblica). Ne consegue altresl che la concessione del diritto di abitazione non pu avvenire n a favore degli aventi causa a qualsiasi titolo di chi ha commesso l'abuso o di altri possessori successivi, n a favore di imprese o societ (ancorch queste abbiano direttamente commesso l'abuso). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 214 Ulteriore implicazione cli quanto esposto che il diritto di abitazione non pu esser concesso relativamente a edifici aventi caratteristiche di abitazione cli lusso o di seconda casa: in questi casi, infatti, si esor biterebbe dall'interesse pubblico (costituzionalmente tutelato) che pre siede al provvedimento del sindaco, diretto a soddisfare un'esigenza abitativa primaria, riferibile soltanto ai bisognosi (chi non ha altra casa) e nei limiti di tale diritto sociale (necessit di assicurare un livello di vita che non sia inferiore a quello di una vita dignitosa). Nel complesso, dunque, il secondo comma dell'art. 4 -chiarite queste premesse interpretative e ferme le parre debba ricavarSi una qualche distinzione tra gli atti che consist()noJn.dichiarazj.oni e gli atti .he. l'~ SU. terzo comma, stalllsca chela lettt.:.a <,leUa ~~~~=:t~~::~~~~ si11 stat.a .dispost~ a noJ:lllj;l deJ1'axt. 392, ulthno. comma, del codice di ~Bl~11itrf{;~~C~:li<>~u~1&:Ein:~.~~~~intih2<>1~ui~!tk~~:: penale, rlm.arie, puf. riel. feghn .di rldt ... assicurato; . oltre ch dalle . disposizioni mtenfa cli iiickte:rite probatorio, cfall'axt. 511, terzo comma, il mezzo di prfrv cori6refamerite riversato nell'istruzione. dibattimeritle. . / D'altra parte, a. differifuza della dichiarazfone,la perWa resta desi~ gi:iata;;.J. soprattUtfo quando'"J;>rovenga da inddertteprobatorio ...i.; dall"atti vazione d Uh sub-procediti'nto che, per la necessit di svolgete irtdagini o aequisizfom di' dati o valut2'iom ohe :richiedono specifiche cmnpetenze tecniche/scierttifiche attisticlle (art.'.2201 primo comma), postula l'esplicazione. massima del contraddittorio e. l'esigenza di assicurare, proprio in quellafaise, tut:tele garanzie connesse aR'eiiercizio .. deN.a difesa tecnica (si pensi alla J;JQssibili:t di nomina, .ad cypera cl.elle P!:lrti, cij propri consullilll: ti tecnici,.al.J:egime: 4e1la J:'icus~ii:me,, ecc.). Ed in effetti, che il legi:s}ator~ del 1992 -certo . atten,to pi. al regime cl.elle dic):l!iarazi0ni . che D,()n . a quello 9.e~i altri . mezzi. di provj;l r(f~ativamente ai quaij. ammessa l'aquisizfone anticipata -abbia finito :per contempla:i;:e per l'utilizzazion.e in altro proeesso de1la perizia assunta e.o.n incjclente .probatorio utta disciplina in I?arte peculiare risulta propri. 'o dai cijspos:to del gi richiamato art. SU-bis. ... ... . ... Con tale nol'llla si estesa alle dichiarazfonlacquisite ex art. :i38 del cOdice di procedura penale la illsdplfua delle dichfarazioni acquisite nello stesso . procedhnen,to, espressamente vcli[idosi,. attraverso n rlrtvio all'art. sn, secondo comma, ~a ptesc:vizione in base alla quale fa lettura cli \rerbalf di dichfa.razion (quil1di, anche di quelle provenienti:. da un irtcidente probatCirio) dist)osta sofo dopo l'esame della persbna che le ha rese, a meno che ' l'esame notf abbia: luogo. Una regola: che, pertanto quanto mai auspicabile che quanto prima venga nuovamente riesaminata la problematica concernente l'ambito di applicabilit del termine trimestrale di efficacia del decreto di occupazione rispetto a cui peraltro non ammissibile alcuna proroga (Tar. Toscana, sez. I, 15 febbraio 1991, n. 35, in Foro Amm. 1991, II, 2349). Quanto precede tenuto altres conto che la Corte Costituzionale, che pur aveva manifestato adesione al nuovo orientamento delle S.U., non ha lasciato intendere che una interpretazione delle disposizioni orientata ad una diversificazione dei moduli procedimentali esistenti in tema di occupa zioni d'urgenza dovrebbe ritenersi sol per questo costituzionalmente illegittima. ADOLFO MUTARELLI PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE In questo tessuto normativo va considerata la disciplina dell'occupazione d'urgenza per le espropriazioni non disciplinate dalla legge n. 865/71, in quanto preordinate alla realizzazione di opere ed interventi dello Stato o di altri enti pubblici e non concernenti la materia regolata da quella legge; e, in particolare, il problema relativo alla portata dell'art. 20, 1 e 2 comma, e dell'art. 14 della legge 28 gennaio 1977 n. 10. In base all'art. 20, il decreto che dispone l'occupazione d'urgenza delle aree da espropriare pe:rrle efficacia ove l'occupazione non segua nel termine di tre mesi dalla sua emanazione (1 comma); e. l'occupazione pu essere prorogata fino a cinque anni dalla data d'immissione in possesso (2 comma). L'interconnessione tra i due commi evidente e rappresenta il contenuto sostanziale della novit della legge del 1971 rispetto a quella del 1865: da un lato, si consente la protrazione del periodo di occupazione legittima fino a cinque anni e lo si fa iniziare dalla data della effettiva immissione in possesso; dall'altro, l'ampliamento del periodo e (soprattutto) la sua decorrenza da tale momento trovano giustificazione nella circostanza che. questa avvenga entro tre mesi dal decreto, pena la perdita di efficacia del provvedimento. Chiara, del pari, . la ratio delle due proposizioni in cui si articolano gli inscindibili momenti di un precetto necessariamente unitario sul piano logico-giuridico: che quella d'impedire che la protrazione del periodo ed il suo inizio dalla immissione in possesso possano tradursi in una indefinita compressione (gi determinata dalla emanazione del decreto di occupazione), senza ragionevoli limiti temporali all'efficacia di esso, del diritto di propriet e delle facolt di godimento che vi ineriscono e che tale compressione rimanga senz'indennizzo fino al momento della effettiva immissione in possesso ad libitum del soggetto autorizzato ad occupare. N sufficiente ad impedire questi effetti la delimitazione temporale della dichiarazione di pubblica utilit, all'interno della quale, con autonome e proprie finalit, sono destinati ad operare i termini e le modalit dell'occupazione d'urgenza; cos come privo di rilevanza nella questione in esame il 3 comma dell'art. 1 della legge 3 gennaio 1978 n. l, per il quale gli effetti della dichiarazione di pubblica utilit e di urgenza e indifferibilit (cui il 1 comma equipara l'approvazione dei progetti di opere pubbliche da parte dei competenti organi statali, regionali, delle Province autonome di Trento e Bolzano e degli altri enti territoriali) cessano se le opere non hanno avuto inizio nel triennio successivo all'approvazione del progetto. La norma, finalizzata all'accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche e d'impianti e costruzioni industriali e chiaramente riferita anche alle opere di competenza regionale, non pone nel nulla il diverso termine trimestrale dalla emanazione del decreto in cui l'occupazione deve materialmente seguire (e per di pi con riguardo anche alle opere di competenza regionale per le quali l'ente ricorrente non contesta l'applicabilit del termine stesso). RASSEGNA AVVOCATORA DELLO STATO 254 La coesistenza e compatibilit dei due termini stata felicemente colta dalla sentenza della I sezione n. 8801 del 21 luglio 1992, la quale ha !affermato che, in tema di occupazione temporanea e d'urgenza del fondo espropriando, ed al fine dell'applicazione dell'art. 20, primo comma, della legge 22 ottobre 1971 n. 865 ..., occorre fare riferimento al momento della ~ immissione dell'.occupante nel possesso del bene, non a quello dell'inizio de lavori (rilevante ai diversi fini dell'art. l, terzo comma, della legge 3 gennaio 1978 n. 1 .. ) ; e si spiega con la considerazione che, mentre la legge del 1978 finalizzata alla realizzazione del pubblico interesse alla speditezza delle procedure, l'art. 20 tutela anche l'interesse del proprietario del fondo occupato a veder delimitata e determinata nel tempo la compressione del suo diritto ed a vederne pienamente indennizzato il sacrificio. Alla unitaria considerazione del precetto normativo, quale si individuato, non di ostacolo che esso sia espresso in commi separati. Come si altre volte osservato (v., in motivazione, la sentenza 17 maggio 1989 n. 2337 della I sezione), le disposizioni di cui una norma risulta composta non s'identificano necessariamente con i singoli articoli o con le partizioni interne di articoli (commi, paragrafi) in cui si presentano topograficamente raccolte e suddivise le proposizioni linguistiche in cui esse si articolano. Infatti, per aversi una disposizione giuridicamente significante , spesso si richiede il concorso di pi proposizioni, anche se topograficamente distinte, com', d'altra parte, possibile che entro una sola proposizione siano formulate pi disposizioni, dotate ciascuna di un proprio e distinto significato giuridico. Ci che in ogni caso occorre che la singola disposizione, per essere tale, abbia un proprio autonomo e distinto significato (sia, cio, giuridicamente significante) e ohe non si ponga (com' invece per i due primi commi dell'art. 20) quale componente essenziale dell'intera norma, in modo che questa sia suscettibile di vivere con un proprio contenuto, anche prescindendo dalle singole disposizioni e senza che il normale margine d'incertezza della norma ne risulti ulteriormente accresciuto. L'interdipendenza, al fine dell'individuazione della voluntas legis, fra la decorrenza del periodo di occupazione legittima e la perdita di efficacia del decreto, ove l'apprensione del bene non segua entro tre mesi dalla data del provvedimento, costituisce la base del ragionamento, che qui si condivide e di. seguito si riassume, svolto dalla sentenza 11 giugno 1980 n. 3716 della I sezione. Con riguardo al dubbio, suscitato dalla formula dell'art. 73 della legge n. 2359 del 1865, circa l'alternativa d'identificare il dies a quo del termine biennale di occupazione legittima con la data di emanazione del decreto che pronuncia l'occupazione ovvero con quella in cui viene materialmente attuata, si osservato, a sostegno dell'accoglimento della prima soluzione (cui non osta l'analisi letterale della norma, che non offre validi elementi in senso contrario), che il decreto di ocupazione attribuisce immediatamente PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 255 al soggetto, a ci autorizzato, di disporre dell'immobile allo scopo di eseguire l'opera pubblica per la quale il provvedimento stato emanato ed incide in misura corrispondente sui poteri dominicali del titolare del bene, privandolo (temporaneamente) di tutte le facolt di godimento o di alcune di esse. Il duplice effetto della costituzione del diritto dell'occupante e della corrispondente compressione del diritto del proprietario si verifica, cio, nel momento stesso in cui il decreto emanato, a prescindere dall'immissione in possesso del bene; e la mate:r.iale apprensione di esso si colloca, quindi, nell'ambito di un rapporto giuridico in atto e in una situazione in cui si gi prodotto l'effetto giuridico ablatorio. Ci posto, se il termine biennale di cui all'art. 73 della legge del 1865 fosse riferito alla materiale occupazione e non al provvedimento, che per ci, in ipotesi, potrebbe ricevere concreta attuazione in ogni tempo, la rilevata compressione del diritto dominicale potrebbe durare sine die; e questa conseguenza, a parte le implicazioni sul piano costituzionale con riguardo al principio della necessaria temporaneit (e piena indennizzabilit) dei vincoli ablatori, in diretto contrasto con la ratio della disposizione, posta anche nell'interesse del privato e chiaramente volta ad assicurare in ogni caso il carattere temporaneo dell'effetto ablatorio che caratterizza lo stesso istituto dell'occupazione. Questa esegesi s'impone anche in considerazione della finalit della occupazione temporanea, che rapportata al presupposto dell'urgenza e per ci trova legittimo fondamento solo nelle situazioni in cui tale presupposto ricorre (oggettivamente esistente o dichiarato dalla P.A.), con fa conseguenza che deve sussistere una normale (quasi) contemporaneit fra il decreto e la materiale occupazione. Ci spiega perch l'art. 73 non distingua, ai fini della decorrenza del termine, fra i due momenti suddetti, ritenuti sostanzialmente coincidenti; e spiega, altres, perch nel procedimento di occupazione non si richieda la fissazione dei termini d'inizio e di compimento dei lavori, essendo sufficiente l'unico limite temporale stabilito dalla norma medesima. In armonia con tali principi -conclude la citata sentenza - l'art. 20 della legge n. 865/71, che, nel regolare l'occupazione d'urgenza delle aree da espropriare per le finalit della stessa legge, prevede due distinti termini di durata per il decreto e per la materiale occupazione, stabilendo che il primo perde efficacia se entro tre mesi dalla sua emanazione non segua l'apprensione del bene e che la seconda non pu essere protratta oltre i cinque anni dall'immissione in possesso. Da tali rilievi -che qui si condividono -si ricava che la necessaria temporaneit dell'occupazione e la piena indennizzabilt del vincolo subito dal privato possono essere assicurate o ancorando il dies a quo alla data del decreto, come nel sistema tracciato nella legge del 1865, o fissando un tempo relativamente breve entro il quale la materiale occupazione deve seguire al decreto, se da essa si faccia decorrere il periodo di occupazione "~~ᥥ111~ 256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legittima; e che, in questa seconda ipotesi, la fissazione del termine per la materiale occupazione e la decorrenza del periodo di occupazione legittima sono tanto indissolubilmente legati che non avrebbe senso l'applicazione (ed il richiamo da parte di un'altra norma) di una soltanto .delle due regole, inidonea, da sola, a realizzare la ratio legis. Considerati unitariamente i primi due commi dell'art. 20 della legge n. 865/71 in quanto componenti essenziali di un unico precetto giuridicamente significante, ne deriva che l'art. 14 della legge n. 10/77, quando nel comma aggiunto al suddetto art. 20 stabilisce che il disposto del secondo comma... deve intendersi applicabile anche alle occupazioni preordinate alla realizzazione delle opere e degli interventi previsti dall'art. 4 del decreto-legge 2 maggio 1974, n. 115, convertito, con modificazioni, nella legge 27 giugno 1974, n. 247 , ha inteso sostituire al precedente regime, di cui alla legge n. 2359/1865, l'intera disciplina delle occupazioni di urgenza contenuta nella legge n. 865/71, con tutte le modalit che la rendono applicabile e la giustificano nella logica del sistema e nella insopprimibile esigenza della temporaneit e determinatezza della compressione del diritto del privato e della piena indennizzabilit del sacrificio che gli imposto. Nn deve trarre in inganno, quindi, la mancata indicazione, nel comma aggiunto all'art. 20, del 1 comma, perch questa, alla stregua di quanto osservato, necessariamente implicata dal richiamo del 2 comma, allo stesso modo in cui non assume alcun rilievo il mancato richiamo del 3 comma concernente i modi di determinazione della relativa indennit, appunto perch correlato alla determinazione della indennit di espropriazione oggetto dell'estensione operata dall'art. 4 della legge del 1974. Scopo del richiamo contenuto nell'art. 14 -come si evince dall'uso di una formula ( deve intendersi applicabile) idonea a far operare retroattivamente la norma -fu quello d'incidere direttamente sul tessuto normativo della legge del 1971, rendendo unitaria la disciplina dell'occupazione d'urgenza, cos come, con la legge del 1974, si erano uniformati i criteri di determinazione dell'indennit di espropriazione, nell'intento di armonizzare il pi possibile i diversi modelli espropriativi in concreto utilizzati, al fine di una sostanziale giustizia distributiva. E, se, in tema di occupazione d'urgenza, l'aspetto qualificante della legge del 1971 rispetto alla disciplina del 1865 rappresentato proprio dalla rilevanza attribuita al momento dell'immissione in possesso, sia come inizio del pi lungo periodo di occupazione legittima, sia quale elemento riflettentesi sulla effi. cacia stessa del provvedimento autorizzativo, non pu ritenersi che, nella voluta uniformazione della disciplina precedente a quella introdotta con la legge n. 865/71, sia rimasto in disparte proprio l'elemento innovativo di maggiore significato. Ci apparso tanto evidente che in una controversia in cui era . parte l'ENEL, decisa con la sentenza della I sezione 6 luglio 1988, n. 4438, in cui si discuteva se ad impedire l'inefficacia del decreto fosse sufficiente j ! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE porre in essere, nei tre mesi, un mero inizio di esecuzione del provvedimento, la tesi, oggi sostenuta e che sarebbe stata risolutiva della lite in senso favorevole all'Ente, non fu neppure prospettata; e che anche le Sezioni Unite, con numerose decisioni (n. 10942 ed altre del 13 novembre 1990; n. 2048 del 9 febbraio 1992), prima e dopo la citata sentenza numero 12587/91 (sulla quale si ritorner tra poco), hanno affermato, in materia di competenza statale, l'applicabilit dell'art. 20 nella parte in cui prevede he il decreto autorizzativo dell'occupazione d'urgenza perde efficacia se l'occupazione non segua nei tre mesi. La questione non stata considerata nei termini sopra indicati dalla sentenza n. 12587/91. Nella controversia in essa esaminata, l'applicabmt alle occupazioni pi:;eordinate alla realizzazione di opere di competenza statale del termine di efficacia del: decreto era stata invocata sul presupposto che la formulazione lessicale dell'art. 9 della legge n. 865/71, nella parte in cui fa riferimento alla realizzazione di singole opere pubbliche , fosse da intendere nel senso che, gi in virt di questa norma, si era determinata una generalizzazione della disciplina dettata dalla citata legge, con estensione alle opere e interventi di competenza ultraregionale. In questa prospettiva stata esaminata la questione e la tesi sostenuta dalla parte privata stata disattesa con argomentazioni volte a dimostrare che, come del resto era stato gi ritenuto con le sentenze n. 4690/81 e 1673/82 e si ribadisce in questa sede, l'art. 9, sia nella formulazione originaria sia in quella risultante dalla successiva interpretazione autentica, non consentiva di affermare che, sin dalla sua emanazione, la legge n. 865/71 disciplinasse espropriazioni diverse da quelle dirette alla realizzazione degli scopi da essa avuti di mira e nella materia in essa contemplata. E la menzione dell'art. 14 della legge del 1977, come estensivo a tutte le espropriazioni ad opera dello Stato e degli altri enti pubblici del (solo) 2 comma dell'art. 20 , costituisce, nella economia della motivazione, un mero riferimento testuale, che non esime La Corte dalla ulteriore verifica se tale riferimento, collocato nel sistema, possa costituire elemento significativo e risolutivo della questione. Le conclusioni, cui la citata sentenza perviene, sono, infatti, nel solo senso che deve essere esclusa l'applicabilit alle occupazioni di urgenza finalizzate alla realizzazione di opere stradali per conto dell'Anas della citata norma dell'art. 20, 1 comma, non sussistendo nel disposto del precedente art. 9 il preteso generaZizzato richiamo con riguardo a tutti i procedimenti espropriativi . Pertanto, precisata nei termini che precedono la motivazione della sentenza impugnata, il ricorso dev'essere rigettato. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Plenum, 26 aprile 1994, nella causa C-272/91 -Pres. Due -Avv. Gen. Gulmann -Commissione delle Comunit europee (ag. Aresu e Pellicer) c. Repubblica italiana (avv. Stato Braguglia). Comunit europee -Libera prestazione dei servizi . Libera circolazione delle merci Concessione del sistema di automazione del gioco del lotto. (Trattato CEE, artt. 30, 52 e 59; direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, n. 77162/CEE, mod. con direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, n. 88/295/CEE, artt. 9 e 17-25). La Repubblica italiana, avendo omesso di comunicare, ai fini delta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit europee, dapprima, all'inizio del 1990, un bando di gara rindicativo attestan~e il totale degli appalti, per settore di prodotti, il cui valore di stima era pari o superiore a 750.000 ECU, che it ministero delle Finanze italiano intendeva aggiudJicare nel corso dello stesso anno, nonch sucoessivamente, nel novembre 1990, un bando relativo ad un appalto-concorso per 'la .concessione del sistema di automazione del gioco ael lotto, .ed avendo riservato la partecipazione al predetto appalto-concorso soltanto ad enti, societ, consorzi o raggruppamenti il cui capitale sociale, consMernto singolarmente o complessivamente, fosse a prevalente partecipazrione pubblica, venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 52 e 59 del Trattato CEE e degli artt. 9 e 17-25 della direttiva del Consiglio 21 dicembr.e 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appaltii pubblici di forni tura, come modifioata dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/295/CEE. (omissis) 1. -Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 18 ottobre 1991, la Commissione delle Comunit europee ha proposto, a norma dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far. dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di comunicare, ai fini della pubblicazione nella Gazzetta Uffioiale delle Comunit europee, dapprima, all'inizio del 1990, un bando di gara indicativo riguardante il totale degli appalti, per settore di prodotti, il cui valore di stima era pari o superiore a 750.000 ECU, che il ministero delle Finanze italiano intendeva aggiudicare nel corso dello stesso anno, nonch successivamente, nel mese di novembre 1990, un bando di gara relativo ad un appal PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE to-concorso per la concessione del sistema di automazione del gioco del lotto, ed avendo riservato la partecipazione al predetto appalto-concorso ai soli enti, societ, consorzi o raggruppamenti il cui capitale sociale, considerato singolarmente o complessivamente, fosse a prevalente partecipazione pubblica, venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 30, 52 e 59 del Trattato CEE, nonch degli artt. 9 e 17-25 della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (G. U. 1977, L. 13, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 mar- 88/295/CEE (G. U. L. 127, pag. 1). 2. -Gli antefatti della lite sono riassunti ai punti 6-16 dell'ordinanza del presidente della Corte 31 gennaio 1992 (C-272/91 R, Racc. pag. I-457), emessa a seguito di una domanda di provvedimenti urgenti presentata dalla Commissione nell'ambito del presente ricorso, e con la quale stato ingiunto alla Repubblica italiana di adottare i provvedimenti necessari per sospendere gli effetti giuridici del decreto del ministro delle Finanze 14 giugno 1991 che aggiudica la concessione del sistema di automazione del gioco del lotto al consorzio Lottomatica nonch l'esecuzione del contratto stipulato a tal fine. Sulla violazione degli artt. 52 e 59 del Trattato. 3. -La Commissione fa valere che, riservando la partecipazione alla gara d'appalto per la concessione del sistema di automazione del gioco del lotto in Italia unicamente ad enti, societ o consorzi, nonch a raggruppamenti il cui capitale sociale, sia singolarmente che complessivamente, sia a prevalenza pubblica, la Republica italiana venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 52 e 59 del Trattato. 4. -Si tratterebbe, infatti, di un caso di applicazione concreta di quella riserva, censurata dalla Corte nella sentenza 5 dicembre 1989, Commissione/Italia (causa C-3/88, Racc. pag. 4035), per effetto della quale solo le societ a prevalente o totale partecipazione statale o pubblica, diretta o indiretta, avevano la possibilit di concludere con lo Stato italiano convenzioni concernenti la realizzazione di sistemi informativi per conto della pubblica amministrazione. 5. -Il governo italiano contesta l'asserito inadempimento. Esso sostiene che le gare d'appalto considerate nella sentenza citata riguardavano la fornitura di sistemi informativi che il fornitore era altres chiamato a gestire, effettuando una prestazione di servizi in favore della pubblica amministrazione, mentre la gara d'appalto di cui trattasi nel presente ricorso ha ad oggetto -come emerge in particolare dal programma tecnico allegato al capitolato d'oneri relativo al bando di ap 260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO palto-concorso controverso -una concessione con la quale la suddetta amministrazione ha trasferito ad un terzo l'esercizio di attivit di competenza dei pubblici poteri, vale a dire parte dei poteri organizzativi, ispettivi e di certificazione relativi al gioco del lotto, il cui esercizio, in forza della normativa vigente in Italia, spetta esclusivamente allo Stato. Ebbene, conformemente all'art. 55 del Trattato, le disposizioni degli artt. 52 e 59 non si applicano alle attivit che pertecipino, negli Stati membri, all'esercizio dei pubblici poteri. 6. -g opportuno rilevare che, come stato dimostrato dall'avvocato generale nei paragrafi 18-23 delle sue conclusioni, l'introduzione del sistema d'automazione controverso, che comprende, secondo il bando di appalto-concorso di cui causa, i locali, la fornitura, l'impianto, la manutenzione, il funzionamento, la trasmissione dei dati e quanto altro occorre per il completo esercizio del gioco del lotto, non implica alcun trasferimento di poteri al concessionario per quel che riguarda le diverse operazioni inerenti al gioco del lotto. 7. -Infatti, in primo luogo, i ricevitori del lotto continuano ad essere responsabili della raccolta delle giocate, mentre il terminale del concessionario si limita alla registrazione, al controllo automatico e alla trasmissione dei dati risultanti dalle operazioni compiute dal responsabile del punto di registrazione. Secondo quanto previsto dal programma tecnico, quest'ultimo in grado, in caso di errore, di correggere i dati registrati e persino di annullare uno scontrino rilasciato dal terminale. 8. -In secondo luogo, le estrazioni vengono effettuate dalle commissioni di estrazione , che sono organi statali al pari delle commissioni di zona, alle quali permane la responsabiilt di controllare e convalidare i biglietti vincenti. 9. -In terzo luogo, come ha riconosciuto lo stesso governo italiano, pur sempre la pubblica amministrazione che, in ultima istanza, riconosce e paga le vincite. 10. -In quarto luogo, il fatto che, come risulta dal punto primo del programma tecnico, l'appalto comprenda anche quanto altro occorra per il completo esercizio del gioco non consente di giungere alla conclusione che il concessionario eserciti pubblici poteri, bens, semplicemente, che esso deve operare mantenendosi nei limiti della concessione. 11. -In quinto luogo, non pu essere accolta la tesi sostenuta dal governo italiano, secondo il quale i pagamenti volontari effettuati da . coloro che partecipano al gioco del lotto costituirebbero una forma di esazione tributaria che implicherebbe, da parte del concessionario, l'esercizio di pubblici poteri. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 261 12. -Stando cos le cose, le prestazioni spettanti al concessionario del sistema di automazione del gioco del lotto, ovvero, segnatamente, la progettazione del sistema informativo e del software necessario, nonch la conduzione del sistema stesso non si differenziano dalle prestazioni di natura tecnica previste da convenzioni concernenti la realizzazione di sistemi informativi per conto della pubblica amministrazione, sulla quale verteva la menzionata sentenza Commissione/Italia. 13. -Le attivit di cui trattasi non rientrano, pertanto, nell'ambito dell'eccezione contemplata dall'art. 55 del Trattato e si deve quindi concludere che la riserva controversa in contrasto con gli artt. 52 e 59 del Trattato e che la censura di violazione delle disposizioni suddette deve essere accolta. SuEla violaZJione dell'art. 30 del Trattato. 14. -Occorre rilevare che la Commissione, a sostegno della censura relativa alla violazione dell'art. 30, si limitata ad asserire, nel corso della fase precontenziosa, che la riserva controversa, vale a dire la limitazione della possibilit di partecipare alla gara d'appalto di cui trattasi ai soli enti, societ, consorzi o raggruppamenti il cui capitale sociale, considerato singolarmente o complessivamente, sia a prevalenza pubblica, esclude di fatto le societ degli altri Stati membri che si troverebbero nell'impossibilit di proporre i propri sistemi informativi nonch il proprio software per la gestione del servizio al quale si riferisce la gara d'appalto. Ne consegue, secondo la Commissione, che la suddetta riserva, cos come la misura oggetto della sentenza 20 marzo 1990, causa C-21/88, Du Pont de Nemours italiana (Racc. pag. 1-889), in base alla quale una data percentuale degli appalti pubblici di forniture era riservata alle sole imprese aventi sede in determinate regioni del territorio nazionale, ha per effetto che i prodotti originari di altri Stati membri siano discriminati rispetto a quelli fabbricati nello Stato membro in questione e che risulti ostacolato il normale svolgimento degli scambi intracomunitari. 15. -Va rilevato che la Commissione non espone, in questa fase, i motivi che la inducono a ritenere che l'esclusione delle imprese straniere dalla partecipazione alla controversa gara impedisca l'utilizzazione, da parte dell'aggiudicatario, di prodotti originari di altri Stati membri per la messa in funzione del sistema informativo di cui causa. .16. -Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza 14 febbraio 1984, causa 325/82, Commissione/Germania, Racc. pag. 777), la lettera di intimazione e il parere motivato devono 262 RASSEGNA AVVOCATURA Dm.LO STATO essere adeguatamente motivati per consentire allo Stato interessato di presentare le sue osservazioni. Per le ragioni sopra esposte, ci non si verificato nella fattispecie. 17. -Ne consegue che la censura relativa alla violazione dell'art. 30 deve essere dichiarata d'ufficio irricevibile. Sulla violazione della dir1ettiva 77/62 come modiNcata dalla direttiva 88/295. 18. -La Commissione contesta, in primo luogo, alla Repubblica italiana di aver violato la disposizioni dell'art. 9 della direttiva 77/62, come modificata dalla direttiva 88/295 (in prosieguo: la direttiva), per aver omesso di comunicare, ai fini della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit europee, dapprima, all'inizio del 1990, un bando di gara indicativo riguardante il totale degli appalti, per settore di prodotti, il cui valore di stima era pari o superiore a 750.000 ECU, che il ministero delle Finanze italiano intendeva aggiudicare nel corso dello stesso anno, nonch successivamente, nel mese di novembre 1990, un bando di gara relativo ad un appalto-concorso per la concessione del sistema di automazione del gioco del lotto. Essa considera, in secondo luogo, che avendo riservato la partecipazione al predetto appalto-concorso soltanto ad enti, societ, consorzi o raggruppamenti il cui capitale sociale, considerato singolarmente o complessivamente, fosse a prevalente partecipazione pubblica, la Repubblica italiana ha altres trasgredito gli artt. 17-25 della medesima direttiva. 19. -L'art. 9, nn. l, 2 e 4, della direttiva, cos recita: 1. A decorrere dal 1 gennaio 1989, le amministrazioni aggiudicatrici elencate nell'allegato I della direttiva 80/767 /CEE comunicano, non appena possibile dopo l'inizio del loro esercizio finanziario, con un bando di gara indicativo, il totale degli appalti, per settore di prodotti, il cui valore di stima, tenuto conto delle disposizioni dall'art. 5, pari o superiore a 750.000 ECU e che esse intendono aggiudicare nel corso dei dodici mesi successivi. Il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, decide, anteriormente al 1 marzo 1990, se estendere tale obbligo alle altre amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 1. 2. Le amministrazioni aggiudicatrici che intendono aggiudicare un appalto pubblico di forniture mediante procedura aperta, ristretta o, alle condizioni di cui all'art. 6, paragrafo 3, negoziata ai sensi dell'art. 1, manifestano tale intenzione con un bando di gara. (...) PARTE I, SEZ. II, GIIJIUS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 263 4. I bandi e avvisi di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 sono inviati H pi rapidamente possibile per i .canali pi appropriati all'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunit europee. Nel caso della procedura accelerata di cui all'art. 12, i bandi di gara sono inviati per telescritto, telegramma o telecopia. a) Il bando di gara di cui al paragrafo 1 inviato non appena possibile dopo l'inizio di ogni esercizio finanziario. b) L'avviso di cui al paragrafo 3 inviato al pi tardi quarantotto giorni dopo la stipulazione del contratto in questione . 20. -Gli artt. 17-25 della direttiva elencano, invece, i criteri di selezione qualitativa. e di aggiudicazione dell'appalto. 21. -Secondo il governo italiano, le citate disposizioni non si applicano alla fattispecie in esame. 22. -A tale riguardo, esso sostiene anzitutto che l'appalto-concorso controverso non ricade nel campo di applicazione della direttiva in quanto il predetto appalto non avrebbe ad oggetto la fornitura di beni alle autorit aggiudicatrici, bens la concessione ad un terzo, da parte della pubblica amministrazione, di un'attivit inerente all'esercizio di pubblici poteri in materia di imposizione tributaria, caratterizzata dall'assenza di un trasferimento di beni e di un corrispettivo di tali beni. 23. -Questo argomento deve essere respinto. 24. -Come risulta dai punti 7-11 della presente sentenza, l'introduzione del sistema di automazione controverso non implica alcun trasferimento di poteri al concessionario per quel che riguarda le diverse operazioni inerenti al gioco del lotto. peraltro pacifico che l'appalto di cui trattasi ha ad oggetto la fornitura di un sistema di automazione integrato che comprende, in particolare, la fornitura di determinati beni alla pubblica amministrazione. 25. -Contrariamente a quanto sostiene il governo italiano, irrilevante, in questo contesto, che la proprJet del sistema suddetto passi alla pubblica amministrazione solo a scadenza del contratto stipulato con l'aggiudicatario e che il prezzo di tale fornitura sia costituito da un compenso annuo calcolato in rapporto al giro d'affari. Come giustamente rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, l'estensione, operata dall'art. 2 della direttiva 88/295, del campo di applicazione della direttiva ai contratti aventi per oggetto l'acquisto, il leasing, la locazione, l'acquisto a riscatto con o senza opzione per l'acquisto RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 264 testimonia della volont del legislatore comunitario di far ricadere nel campo di applicazione della direttiva la fornitura di prodotti che non necessariamente diventano di propriet della pubblica amministrazione ed il cui corrispettivo viene filssato in termini astratti. 26. -Il governo italiano sostiene ancora che l'amministrazione concedente, vale a dire l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (in prosieguo: 1' AAMS ), non compresa nell'elenco delle amministrazioni aggiudicatrici di cui all'allegato I della direttiva del Consiglio 22 luglio 1980, 80/767/CEE, che adatta e completa, per quanto riguarda alcune amministrazioni aggiudicatrici, la direttiva 77/62/CEE (G. U. L 215, pag. 1). Di conseguenza, l'art. 9 della direttiva 77/62 modificata, che stabilisce alcune prescrizioni in materia di pubblicit a carico delle amministrazioni aggiudicatrici di cui al suddetto allegato, non sarebbe applicabile nel caso di specie. Questa tesi sarebbe corroborata dal testo della nota n. 2 nella parte concernente l'Italia dell'elenco succitato, laddove, con riferimento al ministero delle Finanze, viene formulata la seguente esclusione: non compresi gli appalti conclusi dal monopolio dei sali e tabacchi . Secondo il governo italiano, infatti, tale esclusione si riferisce non soltanto agli appalti conclusi dal monopolio dei sali e tabacchi, che era gestito dall'AAMS all'epoca dell'adozione della suddetta direttiva, ma anche a tutte le altre attivit ora gestite da tale Amministrazione. 27. -Questa tesi priva di fondamento. 28. -Come ha giustamente rilevato la Commissione, emerge dal l'art. 4, quarto comma, della legge 2 agosto 1982, n. 528 (GURI n. 222 del 13 agosto 1982), come modificato dall'art. 2 della legge 19 aprile 1990, n. 85 (GURI n. 97 del 27 aprile 1990), che il ministero delle Finanze la sola ed unica amministrazione aggiudicatrice dell'appalto di cui trattasi. L'AAMS, che gestisce il gioco del lotto, costituisce in ogni caso una semplice articolazione amministrativa del ministero delle Finanze, sprovvista di personalit giuridica autonoma, cosicch persino gli atti formalmente imputabili all'AAMS ricadono, nella sostanza, nella sfera decisionale del suddetto ministero. 29. -Quanto alla nota 2 che figura nell'allegato I alla direttiva 80/767, risulta dalla sua stessa formulazione che essa va riferita alle sole gare d'appalto indette dal monopolio dei sali e tabacchi. 30. -Sostiene infine il governo italiano che, in ogni caso, trattandosi nella fattispecie del conferimento al concessionario dei diritto speciale ed ' I ' I I I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE esclusivo di esercitare un'attivit di servizio pubblico, di esercitare cio, almeno in parte, il gioco del lotto, la sola norma da applicare quella enunciata dall'art. 2, n. 3, della direttiva. Ai sensi di tale disposizione, se lo Stato, un ente pubblico territoriale o una delle persone giuridiche di diritto pubblico oppure uno degli enti equivalenti, enumerati nell'allegato I, accorda ad un ente diverso dalle amministrazioni aggiudicatrici, indipendentemente dal suo stato giuridico, diritti speciali o esclusivi di esercitare un'attivit di servizio pubblico, l'atto di concessione stabilisce che detto ente deve rispettare, per gli 'appalti pubblici di forniture conclusi con terzi nell'ambito di tale attivit, il principio della non discriminazione in base alla nazionalit. 31. -Anche questo argomento va respinto. 32. -Infatti, cmne emerge dai punti 7-11 della presente sentenza, l'organizzazione del gioco del lotto non viene trasferita al concessionario, i cui compiti rimangono limitati allo svolgimento di attivit di carattere tecnico legate all'installazione e alla conduzione del sistema di automazione. Tali attivit consistono, da un lato, nella prestazione di servizi alla pubblica amministrazione e, dall'altro, nella fornitura alla stessa di determinati beni. 33. -Ne consegue, quindi, che le disposizioni della direttiva richiamate dalla Commissione sono applicabili nella fattispecie e che le censure relative alla violazione delle medesime devono essere esaminate. 34. -Per quel che riguarda la violazione delle disposizioni dell'art. 9 della direttiva, la Repubblica italiana non contesta la mancata .comunicazione dei bandi di gara controversi. 35. -Con riferimento alla violazione degli artt. 17-25 della direttiva, va rilevato che tali disposizioni elencano in modo esauriente ed inderogabile i criteri di selezione qualitativa e di aggiudicazione dell'appalto e che esse non prevedono la possibilit di riservare la partecipazione alla gara soltanto ad enti, societ, consorzi o raggruppamenti il cui capitale sociale, considerato singolarmente o complessivamente, sia a prevalente partecipazione pubblica. 36. -Risulta da quanto precede che vanno altres accolte le censure relative alla violazione della direttiva 77/62, come modificata dalla direttiva 88/295. (omissis) 266 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Plenum, 17 mag gio 1994, nella causa C-18/93 -Pres. Due -Avv. Gen. Van Gerven Domanda di pronuncia predigiudiziale proposta dal Tribunale di Genova nella causa Corsica Ferries Italia s.r.l. c. Corpo dei piloti del porto di Genova -lnt~rv.: Governi francese (ag. Pouzoulet e Renie) e italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione delle Comunit europee (ag. Traversa e Di Bucci). Comunit europee -Trasporti marittimi -Servizio obbligatorio di pilo taggio -Tariffe discriminatorie -Libera prestazione dei servizi. (Trattato CEE, artt. 5, 7, 59, 61, 74, 75, 84; reg. del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4055, art. 1). Comunit europee -Trasporti marittimi -Servizio obbligatorio di pilo taggio -Tariffe discriminatorie -Concorrenza. (Trattato CEE, artt. 86 e 90). L'art. l, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4055, che applica il prinoip~o della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi, osta all'applicazione in uno Stato membro, per servizi di pilotaggio identici, di tariffe diverse a seconda che l'impresa che effettua trasporti marittimi tra due Stati membri gestisca una nave ammessa o meno al cabotaggio marittimo, il quale riservato alle navi battenti bandiera di detto Stato. L'art. 90, n. 1, e l'art. 86 del Trattato vietano ad un'autorit nazionale che approvi le tariffe stabilite da un'impresa investita del diritto esclusivo di offrire servizi di pilotaggio obbligatori su una parte sostanziale del mercato comune di indurla ad applicare tariiff e diverse alle imprese di trasporto mariittimo, a seconda che queste ultime effettuino trasporti fra Stati membri o tra porti situati nel territorio nazionale, nella misura in cui ci pregiudizievole per il commercio tra gli Stati membri. (omissis) 1. -Con ordinanza 14 dicembre 1992, pervenuta in cancelleria il 19 gennaio 1993, il Tribunale di Genova ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, cinque questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 5, 7, 30, 59, 85, 86 e 90 di detto Trattato. 2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una lite fra la Corsica Ferries Italia S.r.l. (in prosieguo: 1a Corsica Ferries ) e il Corpo dei piloti del porto di Genova (Corporazione dei piloti del porto di Genova, in prosieguo: la Corporazione) in merito al rimborso alla Corsica Ferries di una parte delle tariffe che essa aveva versato per i servizi di pilotaggio nel porto di Genova. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARI11: E INTERNAZIONALE 267 3. -Il servizio di pilotaggio nei porti marittimi italiani, disciplinato dal codice della navigazione e dal suo regolamento di esecuzione, viene fornito, sotto la vigilanza e l'autorit del comandante del porto, da corporazioni di piloti istituite con decreto del Presidente della Repubblica e dotate di personalit giuridica. 4. -Bench in via di principio facoltativo, il servizio di pilotaggio stato reso obbligatorio, con decreto del Presidente della Repubblica, in quasi tutti i porti italiani, fra cui quello di Genova. Sono previste sanzioni penali per il comandante della nave il quale non osservi l'obbligo di avvalersi del servizio di pilotaggio. 5. -La tariffe di pilotaggio (stabilite. dalla Corporazione) sono approvate dal ministro della Marina mercantile, sentite le associazioni sindacali interessate, e sono rese esecutive in ogni porto con decreto dell'autorit marittima competente. 6. -In esecuzione dei decreti del direttore marittimo del 1989, del 1990 e del 1991, nel porto di Genova venivano applicate varie riduzioni sulla tariffa di base, vale a dire una riduzione del 30 % per le navi a~messe al cabotaggio marittimo, cio ai trasporti tra due porti italiani, una riduzione del 50 % per le navi di linea ammesse al cabotaggio marittimo e addette al traffico tra porti italiani con itinerario prestabilito e frequenza regolare, che effettuavano almeno uno scalo settimanale nel porto di Genova, nonch altre riduzioni per navi superiori a 2.000 tonnellate di stazza lorda, ammesse al cabotaggio marittimo e che si avvalevano del servizio di pilotaggio per un determinato numero di volte al mese. 7. -All'epoca dei fatti della causa principale solo le navi battenti bandiera .italiana potevano ottenere una licenza di cabotaggio marittimo. 8. -La Corsica Ferries, societ di diritto italiano, fornisce, in quanto impresa di trasporto marittimo, un servizio di linea regolare tra il porto di Genova e vari porti della Corsica, mediante due navi traghetto immatricolate in Panama e battenti bandiera di questo Stato. 9. -Ritenendosi vittima di una discriminazione in contrasto con le norme del Trattato relative alla concorrenza e la libera prestazione dei servizi, la Corsica Ferries adiva il Tribunale di Genova, nell'ambito di un procedimento di ingiunzione ai sensi degli artt. 633 e seguenti del codice di procedura civile italiano, al fine di ottenere il rimborso della differenza fra la tariffa di base che essa aveva versato e la tariffa ridotta in vigore per le navi ammesse al cabotaggio marittimo. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 268 10. -Nell'ambito di detta controversia, il Tribunale di Genova ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se gli artt. 5 e 7 del Trattato CEE siano compatibili con le disposizioni di un ordinamento nazionale che, per le navi in servizio regolare di linea tra porti di due Stati membri, prevedono, quale corrispettivo del servizio di pilotaggio obbligatorio per la siourezza della navigazione, tariffe ridotte applicabili alle sole navi abilitate al "cabotaggio" tra porti nazionali nell'ipotesi in cui il cabotaggio tra porti nazionali sia, allo stato attuale del diritto comunitario, riservato alle sole navi battenti bandiera italiana. 2) Se l'art. 30 del Trattato CEE sia compatibile con disposizioni o prassi dell'o11dinamento nazionale che impongono il ricorso obbligatorio all'impresa di pilotaggio, anche ove le stesse operazioni possano, in tutta sicurezza per la navigazione, essere eseguite in tutto o in parte a minor costo con uomini, mezzi e tecnologie di cui dotata la nave. 3) Se, nel caso di navi in servizio regolare di linea tra due Stati membri, l'art. 59 del Trattato CEE sia compatibile con disposizioni dell'ordinamento nazionale che consentono di praticare alle sole navi battenti bandiera nazionale riduzioni sulle tariffe obbligatorie applicate per il servizio di pilotaggio nei porti nazionali. 4) Se l'approvazione da parte della pubblica autorit di una tariffa obbligatoria, frutto di accordo e/o ,di concertazione fra le assodazioni di imprese del settore, costituisca "avallo" di un'intesa vietata dall'art. 85, n. 1, del Trattato CEE e, in caso di risposta positiva, se tale avallo possa essere compatibile con le disposizioni dell'art. 90, n. 1, in relazione agli artt. 5 e 85 del Trattato CEE. 5) Se l'art. 90, n. l, in relazione all'art. 86 del Trattato CEE, sia compatibile con le disposizioni nazionali che consentono ad un'impresa dominante, cui sono attribuiti diritti escfusivi su parte sostanziale del mercato comune, di: a) praticare alle navi in servlZlo di linea regolare tra due Stati membri condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, nell'ipotesi in cui il sistema tariffario vigente preveda, a parit di servizio, riduzioni di tariffe di fatto applicabili alle sole navi battenti bandiera nazionale; b) applicare, in dipendenza di quanto precede, alle navi battenti bandiera estera tariffe che prevedono corrispettivi di ammontare "tre volte" superiore rispetto ai corrispettivi previsti per le navi nazionali; e) non ridurre i costi di un servizio obbligatorio, come quello in . esame, nel caso in cui -sempre nel massimo rispetto, e sotto ogni profilo, delle esigenze di sicurezza della navigazione -la nave sia in grado di operare, almeno in parte, autonomamente . PARTE I, SEZ, II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Sulla competenza della Corte a risolv.ere le questioni. 11. -La convenuta nella causa principale, il governo francese, il governo italiano nonch la Commissione negano, per motivi diversi, la competenza della Corte a risolvere tutte le questioni sollevate dal giudice a quo. A questo proposito, essi sottolineano anzitutto che il giudice a quo non ha considerato il fatto che le navi sono immatricolate in Panama, il che sarebbe dovuto alla mancanza di contraddittorio nel procedimento di ingiunzione, e inoltre che le questioni formulate o aloune di esse non sono pertinenti rispetto alla domanda di cui il giudice a quo investito. 12. -Per quanto riguarda la natura del procedimento dinanzi al giudice nazionale, la Corte ha gi affermato che il presidente di un tribunale italiano che si pronunci nell'ambito di un procedimento di ingiunzione previsto dal codice di procedura civile italiano esercita una funzione giurisdizionale ai sensi dell'art. 177 del Trattato e che questo articolo non fa dipendere la competenza della Corte dal carattere contraddittorio del procedimento nel corso del quale il giudice nazionale formula le questioni pregiudiziali, anche se il contraddittorio pu risultare 1IJ.ecessario nell'interesse di una buona amministrazione della giustizia (v. sentenza 14 dicembre 1971, causa 43/71, Politi, Racc. pag. 1039; sentenza 21 febbraio 1974, causa 162/73, Birra Dreher, Racc. pag. 201; sentenza 28 giugno 1978, causa 70/77, Simmenthal, Racc. pag. 1453; sentenza 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595; sentenza 15 dicembre 1993; cause riunite C-277/91, C-318/91 e C-319/91, Ligur Carni, Racc. pag. I-0000; sentenza 3 marzo 1994, causa C-332/92, C-333/92 e C-335/92, Eurico, Racc. pag. I-0000). 13. -Per quanto attiene all'incompletezza nella presentazione dei fatti, sufficiente rilevare che le osservazioni scritte e orali presentate alla Corte contengono informazioni sufficienti sull'immatricolazione delle navi che consentono alla Corte di fornire al giudice nazionale una soluzione utile sulla base di tali elementi. 14. -Infine, per quanto concerne la pertinenza delle questioni, la Corte ha considerato che essa non competente a fornire una soluzione al giudioe a quo qualora le questioni sottopostele non abbiano alcun collegamento con i fatti o con l'oggetto della causa principale e non siano quindi obiettivamente necessarie per la soluzione di detta causa (v. sentenza 16 giugno 1981, causa 126/80, Salonia, Racc. pag. 1563; sentenza 11 luglio 1991, causa C-368/89, Crispoltoni, Racc. pag. I-3695; sentenza 28 novembre 1991, causa C-186/90, Durighello, Racc. pag. I-5773; sentenza 16 luglio 1992, causa C-343/90, Loureno Dias, Racc. pag. I-4673; sentenza 16 luglio 1992, causa C-67/91, Asociaci6n Espafiola de Banca Privada e a., Racc. pag. I-4785; sentenza Eurico, gi citata; ordinanza 26 gennaio 1990, causa C-286/88, Falciola, Racc. pag. I-191). 270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 15. -A questo proposito, si deve constatare che, come ha rilevato la Commissione, la domanda di cui investito il giudice a quo verte unicamente sull'aliquota assertivamente discriminatoria della tariffa versata dalla ricorrente nella causa principale e non sulla natura obbligatoria del servizio di pilotaggio, sull'invariabilit della tariffa indipendentemente dall'attrezzatura tecnica della nave o sulle modalit di fissazione della tariffa stessa. 16. -Di conseguenza, si devono risolvere soltanto la prima e la terza questione, relative all'osservanza del principio di non discriminazione nell'applicazione delle tariffe, nonch le prime due parti della quinta questione, riguardanti il divieto di pratiche abusive da parte di imprese pubbliche. Sulla libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo. 17. -Con la prima e la terza questione il giudice a quo mira in sostanza a stabilire se il diritto comunitario osti all'applicazione, in uno Stato membro, per servizi di pilotaggio identici, di tariffe diverse a seconda che l'impresa che effettua trasporti marittimi tra due Stati membri gestisca una nave ammessa o meno al cabotaggio marittimo, il quale riservato alle navi battenti bandiera di detto Stato. 18. -A questo proposito, occorre subito rilevare che l'art. 5 del Trattato, cui si fa riferimento nella prima questione, il quale impone agli Stati membri l'obbligo di assicurare l'esecuzione dei loro obblighi derivanti dal Trattato stesso, ha una formulazione cos generica che non pu essere applicato in maniera autonoma quando la situazione considerata , come nel caso di specie, disciplinata da una disposizione specifica del Trattato (v. sentenza 11 marzo 1992, cause riunite da C-78/90 a C"83/90, Socits Compagnie commerciale de l'Ouest e a., Racc. pag. I-1847, punto 19). 19. -Occorre rilevare inoltre che, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, l'art. 7 del Trattato CEE (art. 6 del Trattato CE), il quale sancisce il principio generale del divieto di discriminazione fondata sulla nazionalit, tende ad applicarsi autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto comunitari.o per le quali il Trattato non stabilisce norme specifiche di non discriminazione (v. sentenza 10 dicembre 1991, causa C-179/90, Merci convenzionali porto di Genova, Racc. pag. I-5889, punto 11). 20. -Orbene, il principio di non discriminazione stato attuato e reso concreto, nel settore della libera prestazione dei servizi, dall'art. 59 del Trattato. I I I I I I I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 21. -Per quanto concerne la determinazione dei servizi ai quali si deve applicare l'art. 59 del Trattato, va constatato che un regime di tariffe differenziate per i servizi di pilotaggio pregiudica un'impresa di trasporto, quale la Corsica Ferries, per un duplice motivo. I servizi di pilotaggio costituiscono prestazioni fornite dietro retribuzione dalla Corporazione ai vettori marittimi e le differenze tariffarie riguardano questi ultimi nella loro qualit di destinatari di tali servizi. Siffatte differenze tariffarie pregiudicano tuttavia il vettore soprattutto nella sua qualit di prestatore di servizi di trasporto marittimo, in quanto esse si ripercuotono sul costo di questi servizi e sono quindi tali da sfavorirlo rispetto ad un operatore economico che fruisca del regime tariffario preferenziale. 22. -Per valutare il regime tariffario di cui trattasi dinanzi al giudice nazionale con riguardo alla libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo, occorre esaminare, in primo luogo, in quale misura il principio di non discriminazione sancito dall'art. 59 del Trattato si applichi nel settore dei trasporti marittimi e, .in secondo luogo, se siffatto regime discrimini in base alla nazionalit. 23. -A questo proposito, va rilevato, anzitutto, che l'art. 61, n. l, del Trattato dispone che la libera circolazione dei servizi, in materia di trasporti, regolata dalle disposizioni del titolo del Trattato relativo ai trasporti (v., in particolare, sentenza 22 maggio 1985, causa 13/83, Parlamento/ Consiglio, Racc. pag. 1513, punto 62; sentenza 13 dicembre 1989, causa C-49/89, Corsica Ferries France, Racc. pag. 4441, punto 10). 24. -Ne consegue, come la Corte ha considerato nelle sentenze Corsica Ferries France, gi citata (punto 11), e 30 aprile 1986, cause riunite da 209/84 a 213/84, Asjes (Racc. pag. 1425, punto 37), che, nel settore dei trasporti, l'obiettivo fissato dall'art. 59 del Trattato e consistente nella soppressione, durante il periodo transitorio, delle restriziond alla libera prestazione dei servizi avrebbe dovuto essere raggiunto nell'ambito della politica comune definita agli artt. 74 e 75 del Trattato. 25. -Per quanto concerne, in particolare, i trasporti marittimi, l'art. 84, n. 2, del Trattato dispone che il Consiglio potr decidere se, in quale misura e con quale procedura potranno essere adottate opportune disposizioni per questo tipo di trasporto. 26. -Il Consiglio ha quindi adottato, sulla base di dette ,d[sposizioni, il regolamento (CEE) 22 dicembre 1986, n. 4055, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (G. U. L 378, pag. 1), il quale entrato in vigore il 1 gennaio 1987. 272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 27. -Ai termini dell'art. 1, n. 1, di detto regolamento, La libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo fra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi applicabile ai cittadini degli Stati membri. stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del destic natario dei servizi, 28. -Per quanto riguarda la sfera di applicazione ratione mat.eriae del regolamento n. 4055/86, dal testo stesso dell'art. 1 risulta che esso si applica a trasporti marittimi tra Stati membri del tipo dd cui trattasi nella causa principale. 29. -Per quanto attiene alla sfera di applicazione tatione personae del regolamento n. 4055/86, va rilevato che l'art. 1 riguarda i oittadinii degli Stati membri stabiliti i.in uno Stato membro diverso da quello del destinatario dei servizi e non fa riferimento all'immatricolazione o alla bandiera delle navi gestite dall'impresa di trasporto. 30. -Si deve anche sottolineare che la libera prestazione dei serv1z1 di trasporto marittimo tra Stati membri, in particolare il principio di non discriminazione in base alla nazionalit, pu essere invocata da un'impresa nei confronti dello Stato in cui stabilita qualora i servizi siano forniti a destinatari stabiliti in un altro Stato membro. Orbene, in un caso come quello di cui trattasi nella causa principale, l'impresa stabilita in uno Stato membro e che gestisce un regolare servizio dii linea con un altro Stato membro al quale si riferisce il regolamento n. 4055/86 offre detti servizi, per la loro stessa natura, in pa11ticolare a persone stabilite nel secondo Stato. 31. -Di conseguenza, la situazione di cui si discute nella causa principale esula dall'ambito meramente interno e l'argomento addotto a questo proposito dal governo italiano dev'essere respinto. 32. -Per esaminare, in secondo luogo, se il regime tariffario di cui trattasi dinaruJi al giudioe nazionale sia conforme al regolamento n. 4055/86, va ricordato come dai punti 6 e 7 della presente sentenza risulti che questo regime dispone un trattamento preferenziale per le navi ammesse al cabotaggio marittimo, vale a dire per quelle battenti bandiera nazionale. 33. -Un regime del genere effettua una discriminazione indiretta tra gli operatori economici, a causa della loro nazionalit, poich le navi battenti bandiera di uno Stato sono gestite, !in linea di massima, da operatori economici nazionali, mentre i vettori originari di altri Stati membri non gestiscono, in genere, navi immatricolate nel primo Stato. 34. -La validit di tale considerazione non viene meno per il fatto che nella categoria degli operatori economici sfavoriti possono figurare PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 273 anche vettor~ nazionali che gestiscono navi non immatricolate nel loro Stato, n per il fatto che il gruppo degli operatori favoriti pu comprendere vettori originari di altri Stati membri che gestiscono navi immatricolate nel primo Stato membro, mentre il gruppo favorito costituito, essenzialmente, da cittadini nazionali. 35. -Da quanto precede risulta che l'art. 1, n. 1, del regolamento n. 4055/86 vieta ad uno Stato membro di applicare, per servizi di pilotaggi identici, tariffe diverse a seconda che un'impresa, anche se originaria di detto Stato, la quale fornisce servizi di trasporto mal'ittimo tra questo Stato ed un altro Stato membro, gestisca una nave che ammessa o meno al cabotaggio marittimo, il quale riservato alle navi battenti bandiera di detto Stato. 36. -A torto la Corporazione e il governo italiano tentano di giustificare la tariffazione diversa con motivi relativi alla sicurezza della navigazione o alla politica nazionale dei trasporti o alla tutela dell'ambiente. Infatti, anche ammettendo che questi obiettivi possano giustificare l'intervento della pubblica amministrazione nel settore dei trasporti, una tariiffazione discriminatoria, come quella di cui trattasi dinanzi al giudice nazionale, non risulta necessaria per raggiungere gli obiettivi considerati. 37. -Si deve pertanto risolvere la prima e la terza questione nel senso che l'art. 1, n. 1, del regolamento n. 4055/86, che attua il principio della libera prestazione dei servizi, in particolare il principio di non discriminazione nel settore dei trasporti marittimi tra Stati membri, osta all'applicazione in uno Stato membro, per servizi di pilotaggio tuisce H fondamento dell'azione giurisdizionale. 15. -Il luogo dli adempimento dell'obbligaz!i.one stato scelto come cniterio di competenza poich, per la sua precisione e la sua chiarezza, si integra bene nello scopo generale della convenzione, che quello di disporre norme che assicurino certezza in mel'ito alla suddivisione delle competenze tra i vari giudici nazionali che possono essere aditi in occasione di una controversia in materia contrattuale. 16. - stato invero sostenuto che il critevio del luogo di adempimento dell'obbligazione, che costituisce concretamente il fondamento dell'azione dell'attore e che stato tenurto espressamente in considerazione dall'art. 5, punto l, della convenzione, pu portare in taluni casi al riconoscimento della competenza in capo ad un tribunale che non ha nessun collegamento con la controversia e che, in un caso del genere, occorre discostarsi dal criterio tassativamente 'disposto, in quanto il dsultato ottenuto sarebbe contrario allo scopo de1l'art. 5, punto l, de1la convenzione. 17. -Quest'ultimo argomento non pu tuttavia essere accolto. 18. -L'utilizzazione di criteri diversi da quello del luogo di adempimento, quando quest'ultimo attribuisce la competenza ad un foro privo di connessione con la oausa, potrebbe infatti compromettere la prevedibilit del foro competente e sarebbe pertanto incompatibile con Jo scopo della convenzione. 19. -Considerare rHevante, come unico criterio di competenza, l'esistenza di un collegamento tra i fatti oggetto della controversia e un deter PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE minato giudice porterebbe al :riisultato di costringere il giudice adito, per verificare l'esistenza di detto collegamento, a prendere in considerazione altri elementi, in particolare i mezzi dedotti dal convenuto, e finirebbe cosi per svuotare di contenuto l'art. 5, punto 1. 20. -Una simile indagine sarebbe inoltre contraria agli scopi e allo spi:riito della convenzione, la quale esige un'interpretazione dell'art. 5 della stessa che consenta al ~udice nazionale di pronunciarsi sulla propria competenza senza dover procedere all'esame del merito della causa (v. sentenza 22 marzo 1983, causa 34/82, Peters, Racc. pag. 987, punto 17). 21. -Da quanto esposto discende che ai sensi dell'art. 5, punto l, il convenuto, in materia contrattuale, pu essere citato dinanzi al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio stata o deve essere eseguita, anche nel caso dn cui il foro cosi individuato non sia quello che presenta il collegamento pi immediato con la controversia. 22. -Occorre pertanto determinare l' obbligazione di cui all'art. 5, punto l, della convenzione, e il luogo di adempimento di quest'ultima. 23. -La Corte ha precisato che l'obbligazione non pu essere una qualsivoglia obbligazione derivante dal contratto, bens queHa corrispondente al diritto su cui s'impernia l'azione dell'attore (v. sentenza 6 ottobre 1976, causa 14/76, De Bloos, Racc. pag. 1497, punti 10 e 13). 24. -Dopo aver ammesso un'eccezione per i contratti di lavoro, i quali presentano determinate peculiarit (v., in particolare, sentenza 26 maggio 1982, causa 133/81, Ivenel, Racc. pag. 1891), nella sentenza Shenavai, gi citata, punto 20, Ia Corte ha ribadito che l'obbligazione di cui all'art. 5, punto l, della convenzione l'obbligazione contrattuale che costituisce concretamente il fondamento dell'azione giurisdiZJionale. 25. -Detta interpretazione ha trovato conferma in occasione della conclusione della Convemiione 26 maggio 1989 relativa all'adesione del Regno di Spagna e deHa Repubblica portoghese alla convenzione concernente la competenro giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (G. U. L 285, pag. 1). In tale occasione, la norma enunciata dall'art. 5, punto 1, della convenzione rimasta infatti immutata nel suo tenore letterale ed stata integrata da un'unica eccezione riguardante i contratti di lavoro, eccezione gi accolta in via interpretativa dalla citata giurisprudenza della Corte. 26. -Per quanto concerne il luogo di adempimento , la Corte ha dichiarato che spetta al giudice investito della causa accertare, in forza 1 della convenzione, se il luogo in cui l'obbligazione stata o deve essere eseguita rientri nei limiti della sua competenza territoriale e che per far ci 290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO egli deve prima determinare, in conformit a1le proprie norme di conflitto, la legge da applicare al rapporto giuridico in esame e successivamente definire, sulla base di talle legge, il luogo di adempimento dell'ob bligazione contrattuale controversa (v. sentenza Tessili, gi citata, punto 13, richiamata nella sentenza Shenavai, gi citata, punto 7). 27. -Talle intel'pretazione vale anche nel caso in cui le norme di conflitto del foro adito facciano rinvio all'applicazione, al rappovto contrattuale, di una legge uniforme quale quella di oui trattasi nella fattispecie oggetto della causa principale. 28. -Detta interpretazione non posta in discussione da una norma quale quella di cui aLl'art. 59, n. 1, della legge uniforme, in applicazione della quale il luogo di adempimento dell'obbJigazione dell'acquiI'ente, avente ad oggetto il pagamento del prezzo al venditore, quello del domidlio o, in mancanm, della residenza di quest'u1timo, con l'unica riserva che le parti contraenti non abbiano concOl'dato un diverso luogo di adempimento della detta obbligazione, ai sensi dell'art. 3 della stessa legge. 29. -Da tutto quanto esposto discende che l'art. 5, punto l, deHa conven:cione va interpretato nel senso che, in caso di azione del fornitore contro il suo cliente per i!l pagamento del corrispettivo dovuto in base ad un contratto di opera, il luogo di adempimento dell'obbligazione avente ad oggetto tale pagamento va determinato conformemente al diritto sostanziale disciplinante l'obbligazione controvevsa secondo Je norme di conflitto del giudice adito, anche quando tali norme facoiano rinvio all'applicazione al contratto .di disposizioni quaLi quelle della legge uniforme sulla vendita internazionale di cose mobili materiali, allegata alla Convenzione dell'Aja 1 foglio 1%4. 30. -In considerazione della soluzione data alla prima questione, lett. a), non occorre risolvere le altre questioni sollevate dal giudice di rinvio. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, sez. II, 19 aprile 1994 n. 3716 -Pres. Bronzini Est. Triola -P. M. De Nunzio (conf.) -Sanesi (avv. Ezechieli) c. Commissario straordinario per la formazione dell'albo professionale degli psicologi della regione Emilia Romagna (avv. Stato Sclafani). Professioni -Psicologi -Albo professionale -Iscrizione in regime transitorio ai sensi dell'art. 32 lett. d) legge n. 56/89 -Ambito di applicazione -Soggetti che abbiano avuto modo di eccellere nelle discipline psicologiche -Valutazione riservata al giudice di merito -Incensurabilit in cassazione. (legge 18 febbraio 1989, n. 56, art. 32, lett. d). Ai fini dell'iscrizione nell'albo professionale degli psicologi in regime transitorio l'art. 32, lett. d) della legge 18 febbraio 1989, n. 56, ha il caratt~ re di norma c. d. di chiusura in quanto contempla i soggetti che, pur non avendo i requisiti specifici (laurea e pratica nel campo della psicologia) previsti dalle precedenti disposizioni abbiano comunque avuto modo di eccellere nel campo delle discipline psicologiche; ne consegue che costituisce apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in cassazione, ove sufficientemente e logicamente motivata, l'esclusione, ad opera del giudice di merito, del possesso di tale qualifica di eccellenza sulla base della mera frequentazione di corsi presso scuole psicologiche private, ancorch di alto livello, e della collaborazione prestata presso istituti privati di ricerca nel campo della psicologia (1). (1) la prima pronuncia in cui la Corte di Cassazione affronta il problema della interpretazione dell'art. 32 lett. d) legge 56/89 che senz'altro la norma pi invocata per ottenere l'iscrizione all'albo degli psicologi. in regime transi torio senza: dover sostenere l'esame di abilitazione. Seppur in modo laconico, quasi fosse un obiter dictum, la Corte accoglie la tesi dell'Amministrazione secondo la quale l'art. 32, lett. d) costituisce una norma di chiusura il cui ambito di applicazione limitato a coloro che, malgrado non abbiano i requisiti specifici prescritti dalle lett. a), b) e e) dell'art. 32 (laurea e pratica nel campo della psicologia) abbiano avuto eccellenti riconoscimenti e quindi si siano particolarmente distinti nelle discipline psicologiche. Come noto, l'art. 32 I. cit., nel fissare i requisiti tassativamente prescritti per l'iscrizione all'albo degli psicologi, nella fase di prima applicazione della legge,-attribuisce un valore abilitante al possesso di tali requisiti, consentendo 292 RASSEGNA AVVOCATURA DEI.LO STATO Con atto depositato il 14 dicembre 1989 Renzo Sanesi proponeva opposizione al Tribunale di Bologna contro il provvedimento del Commissario per la formazione dell'albo professionale degli psicologi con il quale era stata rigettata la domanda di iscrizione a tale albo presentata ai sensi dell'art. 32, lett. d), della legge 18 febbraio 1989 n. 56 (che, nella prima applicazione della legge) consentiva l'iscrizione all'albo a coloro che abbiano operato per almeno tre anni nelle discipline psicologiche ottenendo riconoscimenti nel campo specifico a livello nazionale o internazionale). Il Commissario resisteva alla opposizione, che veniva rigettata dal Tribunale adito con sentenza del 30 maggio 1991. Il Sanesi proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Bologna con sentenza del 17 ottobre 1991. I giudici di secondo grado ritenevano che infondatamente l'appellante sosteneva che il conseguimento della qualifica di ricercatore nelle discipline psicologiche e psicoterapeutiche al termine di corsi teoricopratici presso l'Istituto di Psicoterapia Analitica e Psicologia del Profondo- I.P.A.P.P. di Bologna e l'iscrizione all'albo privato dell'Europa Unita costituivano i riconoscimenti nel campo specifico a livello nazionale o internazionale previsti dall'art. 32, lett. d), della legge n. 18 febbraio 1989, in quanto in tale nozione dovevano ricomprendersi anche titoli di grado inferiore ai premi Nobel o alle lauree honoris causa conseguiti I mediante il compimento di processi formativi di carattere scientifico nel settore delle materie psicologiche, cos come chiarito dalla circolare mini a quanti ne siano titolari di ottenere l'iscrizione all'albo professionale senza dover sostenere l'esame di abilitazione previsto in via ordinaria. ~ Il rigore con cui la Corte interpreta la disposizione de qua dunque senza altro rispettoso della ratio (abilitante) della stessa nonch dello spirito di tutta I la legge 56/89. Dalla lettura dei lavori preparatori si evince, infatti, che ;la finalit perseguita dal legislatore sia stata quella di conferire alla delicata attivit profes I sionale in questione dignit e riconoscimento, attraverso una rigorosa selezione degli aspiranti psicologi, anche al fine di precludere l'esercizio della professione a quanti, privi della necessaria competenza, si fossero di fatto 1 giovati della situazione di incertezza che regnava in materia. Ne conferma la circostanza I che in sede d\ Commissione referente, mentre si svolto un ampio dibattito attorno alle lttere a), b) e e) dell'art. 32, con la proposizione di pi redazioni della disposizione e con successive modifiche della stessa, sul disposto della lettera d) non mai sorto alcun contrasto. Ci in quanto, se 1era importante individuare con certezza le singole categorie dei soggetti meritevoli di immediata iscrizione, nessun particolare problema poteva essere posto da una semplice norma di chiusura che consente eccezionalmente la iscrizione a quanti, pur non rientrando negli schemi previsti dalle precedenti disposizioni, siano in possesso di requisiti di eccezionalit tale da giustificare la deroga ai restrit . tivi principi consacrati nella norma. Appare dunque profondamente contrastante con lo spirito e la lettera della norma in esame l'interpretazione della stessa quale norma di favore volta a PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVI~, GIURISDIZIONE E APPALTI 293 steriale in data 10 agosto 1989, correttiva della precedente in data 4 maggio 1989. La Corte di appello riteneva che per individuare il significato e l'ambito di applicazione dell'art. 32, lett. d), della legge 18 febbraio 1989 n. 56 occorre considerare in primo luogo la durata dell'esperienza richiesta: tre anni di attivit nelle discipline psicologiche. Si tratta di una durata inferiore a quella (sette anni) prevista per i laureati ai sensi della precedente lettera e) e questo spiga la previsione della ulteriore condizione del conseguimento di riconoscimenti nel campo specifico a livello nazionale o internazionale, tali da far ritenere raggiunta, da parte del soggetto aspirante all'iscrizione all'albo, una professionalit specifica. L'intento del legislatore appare quello di pretendere attraverso una alta qualit del riconoscimento la prova del grado di preparazione dell'aspirante che per non essere, ad esempio, un laureato o per non avere superato un pubblico concorso, non ha avuto modo di dimostrare il proprio grado di cultura e preparazione attraverso parametri di giudizio ai quali si attribuisce tradizionalmente certezza. Anche se riconoscimenti validi ai sensi della norma in questione non possono intendersi solo i premi Nobel, le lauree honoris causa ed altri titoli simili, ma anche pi semplicemente quei titoli di grado inferiore che possono conseguirsi mediante il compimento di processi formativi di carattere scientifico nel settore delle materie psicologiche, pur sempre necessario che tali processi formativi abbiano un valore quanto meno non inferiore ai corsi di studio universitari atti al conseguimento del diploma di laurea in psicologia. sanare, in sede di prima applicazione, una serie di situazioni di fatto che erano state consentite dall'assenza di un albo e di una precisa regolamentazione della attivit di psicologo. Un'interpretazione, quest'ultima, che, oltre ad essere smentita dai lavori preparatori, lo nondimeno dai pi elementari canoni ermeneutici. E' evidente, infatti, che se all'art. 32 lett. d) si riconoscesse un ambito di applicazione pi ampio di quello che le stato attribuito dalla Corte, le precedenti disposizioni di cui alle lettere a), b) e e) dell'art. 32 sarebbero del tutto superflue perch resterebbero assorbite dalla generica ed onnicomprensiva disposizione di chiusura. Va rilevato, tuttavia, che la Corte avrebbe potuto spendere qualche parola in pi per chiarire i criteri che i giudici di merito dovranno seguire per valutare quella qualifica di eccellenza che deve contraddistinguere i titoli professionali di coloro che vengono iscritti ai sensi della lett. d). Nel senso dell'insindacabilit in sede di legittimit della valutazione dei titoli di eccellenza in questione si , veda Cass. I, 21 gennaio 1994 n. 564; sulla giurisdizione del giudice ordinario si veda, tra le tante, la prima pronuncia Cass., Sez. Un., 20 marzo 1991 n. 2994, in questa Rassegna 1992, I, 63, con nota di Salva torelli. (F.S.). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 294 Nel caso di specie, par non essendo in discussione la seriet del~ l'I.P.A.A.P. di Bologna e della Sophia University di Roma (SUR) -associazioni private riconosciute in campo nazionale ed internazionale -non poteva ritenersi sussistente il requisito del conseguimento, da parte dell'appellante, di riconoscimenti nel campo specifico nel senso voluto dal legislatore. Dalla documentazione esibita risultava che l'appellante era socio ordinario dell'I.P.A.A.P. presso il quale aveva seguito un corso triennale con carattere teorico-pratico di ricerca in campo socio-psicologico, che era socio corrispondente della S.U.R. ed aveva ottenuto l'iscrizione all'albo privato degli psicoterapeuti dell'Europa Unita (previsto dallo statuto della S.U.R.) in qualit di ricercatore nelle discipline psicologiche e psicoterapeutiche ... psicoterapeuta in formazione al termine del periodo di tre anni di esperienze psicologiche e psicoterapeutiche individuali e di gruppo. Dalla stessa natura del titolo conseguito dal Sanesi ( ricercatore .... psicoterapeuta in formazione) si desumeva che la sua esperienza e la preparazione professionale non erano ancora complete, per cui era da escludere che tale titolo potesse avere un valore quanto meno non inferiore ai corsi di studio universitari atti al conseguimento del diploma di laurea in psicologia, secondo la formulazione contenuta nella circolare ministeriale del 10 agosto 1989 invocata dall'appellante, e costituire pertanto un riconoscimento nel campo specifico a livello nazionale o internazionale ai fini dell'iscrizione all'albo. Ricorre per cassazione il Sanesi, con un unico motivo, illustrato da memoria. Resistono con controricorso il Ministero di Grazia e Giustizia ed il Commissario straordinario per la formazione dell'albo degli psicologi per la Regione Emilia Romagna, che hanno anche presentato ricorso inciden tale condizionato, con un unico motivo. Motivi della decisione. Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi. Con l'unico motivo del ricorso principale il Sanesi denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 32, lett. d), della legge 18 febbraio 1989 n. 56 e si duole del fatto che la sentenza impugnata abbia ritenuto insufficienti, ai fini della iscrizione all'albo, i titoli di cui era in possesso. Il motivo infondato. sufficiente osservare che l'art. 32, lett. d), cit., ha il carattere di norma c. d. di chiusura, che contempla soggetti i quali, pur non avendq i requisiti specifici (laurea e pratica nel campo della psicologia) previsti dalle precedenti disposizioni, abbiano comunque avuto modo di eccellere nel campo delle discipline psicologiche. Una volta chiarito tale punto, costituisce apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in questa sede, in quanto sufficientemente e logicamente motivato, l'esclusione, ad opera della sentenza impugnata del PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 295 possesso da parte del ricorrente di tale qualifica di eccellenza sulla base della mera frequentazione di corsi presso scuole psicologiche private, sia pure di alto livello, e della collaborazione prestata presso istituti privati .di ricerca nel campo della psicologia. Il ricorso principale va, pertanto, rigettato. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 9 maggio 1994 n. 4522 Pres. Rossi Rel. Ruggiero P. M. Romagnoli. Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Salvatorelli) c. Patti Caterina (aw. Zafferani). Espropriazione per pubblica utilit Occupazione acquisitiva Perfezionamento Elementi necessari. Espropriazione per pubblica utilit Occupazione acquisitiva Azione a tutela del privato per la perdita del diritto dominicale Emanazione tardiva del decreto di esproprio Opposbione alla stima Inammissibilit Diritto al risarcimento del danno per fatto illecito dell'occupante Sussistenza. Espropriazione per pubblica utilit Espropriazione di bene indiviso .Giudizio. di opposbione ana stima. inbiato da uno dei comproprietari espropriati Estensione degli effetti dell'opposbione ai com proprietari non . partecipanti al giudizio Insussistenza. Nell'ipotesi di illegittima occupazione di un immobile da parte di una pubblica Amministrazione la radicale trasformazione del fondo che denoti la sua irreversibile destinazione alla realizzazione dell'opera pubblica determina, da un lato, l'immediata estinzione del diritto di propriet del privato e, dall'altro, la contestuale acquisizione a titolo originario della propriet in capo all'ente espropriante (1). (1) La Cassazione applica il principio. ormai consolidato in base al quale la perdita della propriet per via di occupazione non seguita dal tempestivo decreto di espropriazione, si determina con la radicale trasformazione del fondo irreversibilmente destinato alla realizzazione dell'opera pubblica. Il principio, affermato per la prima volta nella sua assolutezza dall'ormai storico arrt: .Cass. SS.UU. 26 febbraio 1983 ;o.. 1464;. stato poi pi volte ribadito dalla S.C. Si veda, tra le altre, Cass. 3 maggio 1991 n. 4868 e Cass. 16 settembre 1992 n. 10597 nonch, tra le pi recenti, Cass. 13 gennaio 1994 n. 301. In tale ultima decisione, fa particolare, la S.C., consapevole dei problemi che, soprattutto in tema di decorrenza del termine di prescrizione sono sorti in relazione alla nozione di radicale trasformazione del terreno , individua il momento perfezionativo della fattispecie acquisitiva nel caso in cui il bene immobile subisca alterazioni fisiche e funzionali non emendabili, con definitiva perdita da parte del privato di tutte le facolt inerenti al diritto di propriet. L'occupazione appropriativa dunque -continua la Cassazione -' si verifica in seguito alla costruzione dell'opera pubblica anche se questa abbisogni di complementi e rifiniture per 9 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L'acquisizione dell'immobile in capo alla Pubblica Amministrazione che lo ha illegittimamente occupato e definitivamente trasformato determina un fatto illecito istantaneo per la cui tutela spetta al privato l'azione per il risarcimento del danno derivante dalla perdita della propriet con la conseguenza che una azione di opposizione alla stima proposta a seguito del decreto di espropriazione tardivamente emesso non pu che essere rigettata difettandone i presupposti sostanziali (2). La domanda risarcitoria proposta da uno dei comproprietari danneggiati non estende i suoi effetti agli altri comproprietari rimasti estranei al giudizio di risarcimento e per ognuno di essi deve verificarsi se ed in quali limiti si verificata la prescrizione (3). I la :sua destinazione a fini pubblici . Sul punto si vedano anche Cass. 25 mar I zo 1991 n. 3197; Cass. 9 giugno 1993 n. 6433; Cass. 3 febbraio 1993 n. 1302; Cass. 20 dicembre 1993 n. 12868. Sulla pi corretta configurazione del comportamento dell'Amministrazione I che occupi illegittimamente un fondo privato e vi costruisca un'opera pubblica modificando radicalmente la struttura del bene, come illecito aquiliano ex art. 2043 e.e. a carattere istantaneo, si veda inoltre Cass. SS.UU. 25 novembre 1992 I n. 12546, che sembra avere ormai definitivamente segnato il tramonto della contrapposta tesi -pur autorevolmente sostenuta dalla pressoch contemporanea Cass., ! ) sez. I, 8 ottobre 1992 n. 10979 -sul diritto del proprietario al controvalore del I ' bene illegittimamente occupato con conseguente applicazione della prescrizione decennale anzich quinquennale. Per un'ampia casistica dei precedenti in adesione alle contrapposte tesi v. Cass. 3 maggio 1991 n. 4848 in Foro it. 1992, I, 2791. (2) L'individuazione del momento perfezionativo del passaggio di propriet in capo all'Amministrazione occupante e, dunque, della consumazione dell'illecito da parte dell'Amministrazione rileva -oltre che ai fini del dies a quo del I termine di prescrizione del diritto al risarcimento spettante al privato -anche in quanto lo stesso momento segna l'irrilevanza del sopravvenuto decreto di l I esproprio. Il provvedimento espropriativo, infatti, viene considerato ormai inutiliter datum sia in ordine al trasferimento della propriet del bene -gi I verificatosi col compimento sostanziale, come sopra specificato, dell'opera pubblica -sia in ordine alla determinazione del tipo di tutela da accordare I I al privato, ormai definitivamente individuata nell'azione di risarcimento del danno ex art. 2043 e.e. Nel medesimo senso, di ritenere inammissibile l'op posizione alla stima ogniqualvolta intervenga in un momento successivo alla I perdita del bene da parte del proprietario nella duplice considerazione dell'ir rilevanza del decreto di esproprio, destinato ad incidere su un trasferimento gi i consumatosi e della impossibilit di configurare, dopo quel momento, un credito indennitario, si veda: Cass. 19 gennaio 1991 n. 514. Ancora, si fonda sul principio per cui l'acquisizione, del diritto dominicale in capo alla P.A. a causa della realizzazione dell'opera pubblica non determina la conversione dell'azione risarcitoria gi proposta in opposizione alla stima bensl provoca il cristallizzarsi dell'illecito che giustifica l'azione di danno: Cass. 19 gennaio 1991 n. 502, in questa Rassegna, 1991, I, 270 e ss. (3) La Cassazione ribadisce l'orientamento gi sancito in Cass. SS. UU. 15 giugno 1993 n. 6635 che, nell'affermare la mancata estensione degli effetti dell'opposizione proposta da un solo comproprietario avverso la stima amministrativa PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 297 a) Con il primo motvo del ricorso principale, l'Amministrazione deduce che erroneamente e con motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria la Corte d'Appello, pur avendo accertato che i terreni occupati erano stati irreversibilmente destinati alla realizzazione dell'opera pubblica gi nell'agosto 1978 con conseguente acquisizione della propriet in capo alla P.A., avrebbe ritenuto ammissibile ed accolto la domanda di opposizione alla stima dell'indennit di espropriazione proposta dai proprietari a seguito dei decreti di espropriazione tardivamente emessi nel 1980 e nel 1982, non considerando che i predetti non potevano pi far valere un diritto all'indennit, ma eventualmente un diritto al risarcimento del danno. La censura fondata. Come principio ormai fermo nella giurisprudenza di questa Suprema Corte successiva alla fondamentale sentenza delle Sezioni Unite n. 1464 del 1983, in ipotesi di illegittima occupazione da parte della pubblica amministrazione di un terreno di propriet privata, la radicale trasformazione del fondo che denoti la sua irreversibile destinazione alla realizzazione dell'opera pubblica comporta da un lato l'immediata estinzione del diritto di propriet del privato e la contestuale acquisizione, a titolo originario, della propriet in capo all'ente cui appartiene l'opera pubblica, e dall'altro realizza un fatto illecito istantaneo che si consuma e si esaurisce nel momento stesso dell'indicata radicale trasformazione del fondo, se intervenuta durante l'occupazione illegittima, ovvero, se gi verificatasi nel periodo di occupazione legittima, al momento di scadenza di quest'ultima senza che nel frattempo sia intervenuto il provvedimento di esproprio. Con la conseguenza che da tale momento, consumandosi l'illecito in tutti i suoi elementi costitutivi e prodottosi il danno della irreversibile perdita della propriet, il privato pu far valere il suo diritto al risarcimento, ed un sopravvenuto provvedimento di espropriazione rimane del tutto irrilevante ed inidoneo a produrre i suoi effetti sia in ordine al trasferimento della propriet che alla definizione dei diritti del privato, per la semplice ragione che di esso -in concreto - venuto a mancare completamente l'oggetto, l'immobile ormai essendo gi definitivamente ed irreversibilmente, anche se illecitamente, entrato a far parte del demanio o del patrimonio indisponibile dell'ente pubblico. Da tutto ci deriva inevitabilmente che nella detta ipotesi non configurabile un diritto del privato all'indennit di espropriazione, la sua tutela restando affidata all'azione di risarcimento del danno per la perdita del diritto di propriet in dipendenza del fatto illecito dell'occupante, con la conseguenza che un'azione di opposizione alla stima proposta a anche ai comproprietari non opponenti o, comunque, rimasti estranei al giudizio, nega espressamente l'esistenza tra gli stessi di un litisconsorzio necessario. 298 ' RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO seguito del decreto di espropriazione tardivamente emesso non pu che -~ I I . essere rigettata difettandone i presupposti sostanziali (cfr. in particolare Cass. 514/91, 1302/90, 5806/89). Con il secondo motivo del ricorso principale, l'Amministrazione investe il punto della decisione con il quale la Corte di appello ha ricono. sciuto il diritto delle parti private al risarcimento del danno per l'illegit: tima protrazione della detenzione del terreno dalla scadenza dell'occupazione legittima fino alla data dei decreti di espropriazione, e, sempre sul presupposto affermato dalla stessa Corte di merito della trasformazione dell'immobile avvenuta nell'agosto 1978, deduce in proposito: a) che per una porzione del terreno si era proceduto all'occupazione nel giugno 1978, per cui, essendo la trasformazione avvenuta durante il biennio di occupazione legittima, non era a parlarsi di protrazione dell'occupazione dopo la scadenza detto biennio, a tale data essendosi prodotto l'effetto estintivo-acquisitivo della propriet; b) che per l'altra porzione, gi occupata nel 1975, la detenzione illegittima dopo il biennio doveva ritenersi cessata una volta intervenuta la trasformazione e l'acquisizione in propriet, e che per il periodo in cui si era protratta l'azione risarcitoria doveva ritenersi prescritta, almeno nei confronti delle parti intervenute nel 1984. Anche tale censura fondata. Deriva da quanto si gi detto discutendo del primo motivo del ricorso che, una volta che il bene illegittimamente occupato sia acquisito in propriet della pubblica amministrazione per effetto della sua radicale trasformazione ed incorporazione nell'opera pubblica, dalla data in cui tale evento si verifica, e cio dal giorno della scadenza del periodo di occupazione legittima se la trasformazione avvenuta in corso di esso, ovvero, se successiva, dalla data della trasformazione medesima, non pi evidentemente configurabile un'occupazione temporanea dell'immobile da parte dell'ente pubblico, che ne ormai divenuto pieno proprietario, n di conseguenza sussiste pi materia per un diritto del privato al risarcimento del danno per occupazione (temporanea) illegittima, avendo egli diritto, dall'indicato momento, al risarcimento corrispondente al valore pieno dell'immobile perduto (cfr. Cass. 3355/92, 7645/91, 9639/90, 5127/87). Per quanto riguarda poi la detenzione abusiva precedente all'acquisizione della propriet, da rilevare che il danno si verifica momento per momento ed in ogni momento sorge il diritto al risarcimento per il danno gi verificatosi e decorre il relativo termine di prescrizione, con la conseguenza che il diritto deve ritenersi prescritto per il periodo anteriore al quinquennio della domanda o dalla messa in mora; ed inoltre, che nel caso di pi comproprietari dell'immobile occupato, ognuno di essi, per la sua quota di propriet, titolare di un proprio ed autonomo diritto al risarcimento verso l'occupante, senza che tra gli stessi possa PARTE l, SBZ, lll, GIURISPRUDENZA ClVIUl, GlURlSDIZIONB B APPALTI 299 ravvisarsi un rapporto .. di solidariet attiva; la quale nnn si prestllne n pu.esserecostituita dall'identit delfatto generatorec()mproprietad danneggiati non estende i suoi effetti a:gli altri, e per ognuno singolarmnt:e deve verificarsi se ed in..quali limiti si verifiatatla p:fe$'Ctizi<:>ttech > . . . . . . . : Con il ~i'ZbimQtivalla stima tem:t:Pestivamente ptoposta.nelternnedi decadenza posto dall'art, 51 deUaJegge 25 giugno 1865 n'. 2359 da uno dei com pr C;\terina Patti) valga a far salva. l'indicato tennine debacten2:ia1e. aitch~ eh.e rl~pdarela quota. di indennit Spettante. ᥥ.ᥥta. censu:rt:l\.nonpiib. rltenetsi .. aslorbita. per effetto. dell:'accoglimiw.to de prececilenti ctue motivi del rlcrso; ed in pau:ticolare deLprimo motivo rigU:atdant la :rileilt.Ulia del .. decr<::,t la radicale trasformazione del fondo abusir~mente oc.patct< vale a dire il mutamento . strutturale della conformaziqne .fisica del suolo, con la definitiva perdita.dei suoi caratteri, deL suo aspetto e della sua originaria fisionomia materiale, rimanendo essostabilmente ed. inscindihilmente.>incorporato ed assorbito, quale parte indistinta e. non autonoma, in un bene nuovo e . diverso costituito dall'pera pbolfoa, caratterizzato, nella sua unitariet strutturale e furiti6l1al, d tn1 regime giuridico unico enon frazionabile, in cui viene attratfa ogni sua componente; tutte assumendo quella stessa qualificazione di pubblico che accede all'opera nella sua unit. Da ci appuntq l'effetfo, per fill\possibilit di configurare un . regime di doppia apparie11enza e di . d()ppfa' C!ualificazionegiuridifa. dello. stesso bene, dell'estimine del 'diritto di prcfpriet del privato e della contestuale *CJ.U.i$izfone, a. titolC> orisinar/cl'ella propriet stessa in capo all'ente ciii apJ?mt~n u.. nuovo . bri.e .che incorpora quello .originario. . . ,t.lqn q.jJ:idL$ufficiente, per <,letenn.inarsi la realizzazione della fattispecie dell'occupaziOne acquisitiva, che il terreno occupato abbia comunque subito una manipolazione o anche che venga di fatto impiegato per il soddisfacimento di fini di interesse generale, ma occorre che emerga l'opera pubblica quale benestrutturalmente e fisicamente nuovo, s da evidenziare l'incompatibilit con essa den>i1utoncima sopravvivenza del suolo ingl~bato (cfr. Cass: 3197/91, 4995/89, 4701/89, 4584/86). Nella specie, da rilevare che ilt~ibt.iaJe. aveva accolto la domanda di opposizion,e alla stima proposta dai privati e disatteso l'eccezione dell'A11n11ini~trazione di avere . gi~ acq.i$ito la propriet del suolo in dipende~a t;J.i .~~cupazion(ll ~Ppfoptj~tiy~,; .$'11 rilieyo che difettava la prova, da fornirsi dalla. ste!!lsa Ammini$trazion,e, che prima dei decreti di esproprio sifosse verificata la radicaletrasformazione del terreno nel senso indieato, l documentazione esibita riferendosi ad opere diverse da quelle che aveva.rio riteressato i terreni in questione; A seguito c!ell'appello dell'Amministrazione, gli appellati nelle loro difese avevano puntualmente riproposto e ribadito la loro tesi accolta dai pril)li. giudici, conte$tando che, in base alla documentazione prodotta c;'lalla stessa appellante, potesse ritenersi avvenuta la radicale trasformazione delle loro particelle di terreno, da essa risultando solo cbe le dette aree eran,o state oggetto esclusivamente di sistemazione superficiaria con materiale di riporto, senza la realizzazione di opere strutturali. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La Corte d'Appello si limitata, come si detto, ad affermare che era intervenuta la commutazione fisica e destinazione del fondo all'opera pubblica; ma tale affermazione si presenta meramente apodittica ed fil certamente censurabile sotto il profilo della carenza di motivazione, non m dando alcun conto degli elementi sui quali si fonda ed obliterando com-: pletamente le circostanze decisive prospettate dagli appellati e gi peraltro tenute presenti dal tribunale. Entrambi i ricorsi, in conclusione, devono essere accolti nei sensi e nei limiti che sono stati precisati, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo, la quale anzitutto dovr procedere ad un pi penetrante ed adeguato accertamento, sulla scorta degli elementi e delle prove gi acquisiti in giudizio, circa la radicale trasformazione delle aree Patti nel senso precisato in sede di accoglimento del ricorso incidentale, ed all'esito di tale indagine, ove da essa effettivamente e motivatamente risulti che la trasformazione avvenuta, ed in epoca anteriore ai decreti di esproprio, decidere la controversia in ordine alla spettanza dell'indennit di espropriazione, uniformandosi ai principi enunciati in sede di accoglimento del primo motivo del ricorso principale, mentre, per quanto riguarda la domanda di risarcimento per occupazione temporanea illegittima si atterr ai principi enunciati in sede di accoglimento del secondo motivo del discorso principale. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 maggio 1994 n. 4965. Pres. Montanari Visco -Rel. Amirante. Calvello Margherita (avv. Allegra) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Criscuoli). Giurisdizione civile Giurisdizione ordinaria o amministrativa Impiego pubblico Enti pubblici Dipendenti degli enti mutualistici soppressi, trasferiti alle U.S.L. Diritto all'eccedenza ex art. 76 d.P.R. 761 del 1979 Oggetto Restituzione di contributi versati oltre il dovuto Indebito oggettivo Configurabilit Giurisdizione dell'AGO Sussistenza Pretesa della rivalutazione automatica del credito Estensione Riferimento all'art. 1224 e.e. Irrilevanza. Il diritto dei dipendenti dei soppressi enti mutualistici, trasferiti alle U.S.L., all'eventuale eccedenza prevista dall'art. 76 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (costituita dalla differenza fra l'importo versato dall'Ufficio liquidazioni del Ministero del Tesoro all'INADEL a titolo di indennit di anzianit maturata alla data di iscrizione a detto ente e la somma necessaria alla ricongiunzione dei servizi riconosciuti utili per il trattamento di fine rapporto presso l'ente di provenienza) non ha per oggetto l'indennit di anzianit che matura al momento della definitiva PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 303 cessazione del rapporto di pubblico impiego proseguito senza soluzione di continuit con la U.S.L. di destinazione, ma la restituzione dei contributi che risultano versati oltre il dovuto, talch concerne un indebito oggettivo, la cui cognizione devoluta al giudice ordinario, anche per la parte concernente la pretesa della rivalutazione automatica dei relativi crediti, sia pur essa dedotta in relazione all'art. 1224 cod. civ. (1). Margherita Calvello, dipendente di ente mutualistico disciolto, transitata alle dipendenze di U.S.L., con ricorso al Pretore di Bari, chiedeva la condanna dell'INADEL e del Ministero del Tesoro, in solido oppure secondo la responsabilit di ciascuno, al pagamento in suo favore della rivalutazione e degli interessi sulla differenza, di cui all'art. 76 d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, tra l'importo teorico dell'indennit di fine rapporto, maturata presso l'ente di provenienza, e quello da versare all'INADEL per la ricongiunzione dei rapporti previdenziali, essendo stata tale eccedenza corrisposta con ritardo. Il Pretore accoglieva la domanda nei confronti del Ministero e la rigettava nei riguardi dell'Istituto. Il Ministero proponeva appello, sostenendo la carenza di giurisdizione del giudice ordinario, il proprio difetto di legittimazione passiva e l'infondatezza nel merito della pretesa. Il Tribunale di Bari, dopo aver rilevato che la pronuncia di rigetto della domanda nei confronti deli'INAbEL era passata in giudicato per difetto d'impugnazione sul punto, dichiarava la propria carenza di giurisdizione a pronunciare sulla domanda proposta contro il Ministero del Tesoro. Contro tale sentenza, l'assicurata ha proposto ricorso con unico motivo. Il ricorso stato notificato per il Ministero all'avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, ed all'INADEL. Si costituita con controricorso l'avvocatura generale dello Stato, rimettendosi al prudente apprezzamento della Corte. Non si costituito l'Istituto suindicato. Motivi della decisione. Con l'unico motivo del ricorso, si denuncia violazione dell'art. 1 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 1 c.p.c. e si sostiene che la domanda non trae origine dal rapporto di pubblico impiego, bens da un indebito (1) Giurisprudenza consolidata. La sentenza conferma i principi gi affermati dalle Sezioni Unite in tema di restituzione dei contributi versati oltre il dovuto dai dipendenti dei soppressi enti mutualistici trasferiti alle U.S.L. La Cassazione motiva il decisum riaffermando il principio di diritto gi enunciato in recenti pronunce con riferimento ad analoghi casi. Si erano infatti pronunciate nel senso della sussistenza di ula fattispecie di indebito oggettivo: SS. UU., 18 ottobre 1993 il. 10299; SS. UU., 25 nvembre 1993 n. 11644. 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO oggettivo, intervenuto nell'ambito del rapporto previdenziale, con la conseguenza che la controversia rientra nella giurisdizione ordinaria. Si rileva preliminarmente che la costituzione dell'avvocatura generale ha sanato il vizio della notifica del ricorso, effettuata all'avvocatura distrettuale. Si osserva; inoltre che nessuna censura stata mossa contro il rilievo concernente la formazione del giudicato sulla pronuncia di rigetto della domanda contro l'INADEL, rilievo contenuto nella sentenza del Tribunale. Il ricorso fondato. Esso propone una questione, che stata gi risolta da questa Corte in controversie analoghe alla presente, con l'affermazione dei seguenti principi: Il diritto dei dipendenti dei soppressi enti mutualistici, trasferiti alle U.S.L., all'eventuale eccedenza prevista dall'art. 76 del d.P.R. 20 dicembre. 1979 n. 761 (costituita dalla differenza fra l'importo versato dell'Ufficio liquidazioni del Ministero del Tesoro all'INADEL a titolo d'indennit di anzianit maturata alla data di iscrizione a detto ente ed il trattamento di fine rapporto presso l'ente di provenienza) non ha per oggetto l'indennit di anzianit, che matura al momento della definitiva cessazione del rapporto di pubblico impiego proseguito senza soluzione di continuit con la U.S.L. di destinazione, ma la restituzione dei contributi che risultano versati oltre il dovuto, talch concerne un indebito oggettivo, la cui cognizione devoluta al giudice ordinario, anche per la parte concernente la pretesa della rivalutazione automatica dei relativi crediti, sia pur essa dedotta in relazione all'art. 1224 cod. civ. (v., tra le pi recenti, S.U. 18 ottobre 1993 n. 10299; S.U. 25 novembre 1993 n. 11644). A tale orientamento consolidato il Collegio ritiene di uniformarsi, non ravvisandosi ragioni, prima non valutate, che possano indurre a discostarsene. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata e la causa deve essere rimessa allo stesso Tribunale di Bari, al quale si ritiene opportuno rimettere anche i provvedimenti sulle spese del presente giudizio. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1994 n. 5121 Pres. Bile Rel. Sgroi P. M. Morozzo. Pietro Mele (avv. Rossi e Piaggio) c. Mini stero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Fiumara). Appalto (contratto di) Appalto di opere pubbliche Revisione prezzi ! i Posizione dell'appaltatore Natura di diritto soggettivo tutelabile I davanti all'AGO Condizioni Adozione di un provvedimento di ricoi f noscimento del diritto alla revisione da parte della P. A. Sussistenza. Una volta intervenuto il riconoscimento da parte della P.A. del diritto la I alla revisione prezzi in favore dell'appaltatore di opera pubblica, ! I I I II PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 305 controversia che insorga sulla concreta determinazione dell'importo revisionale rientra nella giurisdizione dell'AGO in quanto attinente al quantum di un credito gi riconosciuto all'appaltatore e pertanto non incidente su poteri e valutazioni discrezionali dell'Amministrazione medesima (1). b) Col secondo motivo, il Mele denuncia la violazione del giudicato sulla giurisdizione, la contraddizione insanabile fra la reiezione del terzo motivo d'appello dell'Agenzia e dell'appello in parte qua della Provincia di Benevento e le ragioni esposte per respingere l'appello della Melpi, nonch omesso esame di punto decisivo, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c,, osservando che, dopo le corrette motivazioni inerenti alla conferma della sentenza di 1 grado, sulla questione di giurisdizione (sia per il giudicato formatosi a seguito delle sentenze di questa Corte sul regolamento di competenza, sia perch le domande della Melpi esponevano richieste di riconoscimento a compensi revisionali rientranti nei poteri giurisdizionali del G.O, sia perch era irrilevante il mancato esperimento del procedimento amministrativo di cui al d.l. CP.S n. 1501/47) la Corte d'Appello aveva respinto l'appello della Melpi, ritenendo che la determinazione delle quote d'incidenza ai fini della revisione dei prezzi rientrasse nel potere discrezionale della P.A., sicch di fronte al rifiuto o all'inerzia di essa, l'appaltatore dovrebbe rivolgersi al giudice amministrativo. La ditta ricorrente osserva che, una volta stabilita in contratto l'applicazione della revisione; i metodi, dati e criteri per la determinazione del (1) La sentenza si fonda sui principi ormai consolidati in tema di revisione prezzi negli appalti di opere pubbliche elaborati dalla giurisprudenza della Suprema Corte e del Consiglio di Stato. Dalle note sentenze 1363 e 1366 del 1983 la Cassazione ha adottato quale criterio risolutivo della giurisdizione il principio secondo il, quale la revisione del prezzo del pubblico appalto trova attuazione in due distinte fasi. Nella prima, caratterizzata dall'esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione appaltante di riconoscere o meno la revisione del prezzo di appalto, l'appaltatore titolare di un mero interesse legittimo al riconoscimento dell'importo revisionale con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (sulla particolare configurazione di tale potere discrezionale come potere necessitato di procedere a revisione v. CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Giuffr, 1988, 837 e ss.). Esaurita tale fase in senso favorevole all'appaltatore, la posizione di questi diviene di diritto soggettivo perfett con la conseguenza che la domanda volta alla concreta determinazione delle somme ad esso spettanti a titolo di revisione prezzi spetta alla cognizione del giudice ordinario. Il crietrio di riparto sopra illustrato, seppure pacifico nelle sue premesse teoriche, ha dato luogo nella prassi giudiziaria a notevoli problemi applicativi. Sulla possibilit di configurare un riconoscimento tacito della revisione si veda, ad esempio, Cass. SS.UU. 17 ,dicembre 1991 n. 13606 in cui si afferma che la decisione della P.A. -di concedere la revisione pu avvenire in via implicita per effetto del pagamento di acconti di revisione, purch riferibili all'intero compenso revisionale (e non anche a pagamenti per revisioni parziali, limitate RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 306 compenso revisionale appartengono al contratto, nel quale sono stabilite le quote d'incidenza (riferite ai dati tecnici dei .progetti originari), il che postula che il diritto alla revisione sia pattiziamente riconosciuto con esclusione di ogni potere diScrezionale dell'Amministrazione; le quote di inci denza emergono dai dati progettuali e costituiscono elementi del contratto ed .ogni controversia sul punto della quantificazione del diritto soggettivo dell'itnpresa appartiene alla cognizione dell'A;G.0;, perch ogni attivit tecnico contabile di. determinazione del quantum appartiene al; l'area contrattuale dei diritti soggettivi delle parti. Inoltre, l sentenza impugnata ha omesso ogni motivazione su un punto deesivo emergente. dagli atti, e cio l'inserzione delle quote d'incidenz nei contratti originari, Si. tratta di circostanza determinante, perch indicativa del corretto procedimento contrattuale per la redazione dei computi revisionali in corso d'opera in base alle quote d'incidenza origi narie, laddove non vi siano perizie tecniche di variante, ed in base alle diverse quote da determinarsi sui dati progettuali delle perizie di variante, qualora esse intervengano. I motivo fondato, per quanto di ragione, e cio in ordine all'ultimo rilievo. Per poterlo esaminare, occorre procedere all'interpretazione . della sentenza impugnata, la quale, ad una prima lettura, sembra aver negato la giurisdizione del G.0. in ordine alle richieste di compensi revisionali nelle misure indicate nei due dereti ingiuntivi del 1982. Tuttavia, ,nel cio a .determinate categorie di opere ovvero ad un determinato periodo di tempo, posto che l'Amministrazione; nella fase dell'an, ha facolt di ammettere solo in parte la revisione). ;Da .Ultimo, ha confermato la posSibilit di tale implicito riconoscimento attraverso un comportamento concludente dell'Amministrazione, anche la pi recente Cass, SS, UU. 6 maggfo 1994 n. 4388. A tal fine, precisa peraltro la S.C., non sufficiente n la previsione contrattuale delle cos dette quote di inci denza dei vari fattori di costo n un riconoscimento che non provenga dal l'organo deliberativo competente ad esprimere la volont dell'ente. Ulteriori problemi applicativi si sono. posti inoltre con riferimento alla c. d. seconda fase, in ordine alla individuazione in concreto dei parametri da applicare nel calcolo dell'importo revisionale spettante all'appaltatore. Tra i problemi pi dibattuti in giurisprudenza ad esempio, quello relativo alla deter minazione delle tabelle di riferimento. SUil'argomento si veda tra le decisioni pi recenti: Cass., sez. l; 25 s.ettembre 1993 n. 9720, in Foro it. 1994, fase. 1, 302 e ss. che, nell'affermare la necessit del riferimento, per il calcolo del compenso revisionale, alla tabella che riproduce i prezzi cor~ti al momento della presenta zione dell'offerta, ancorch compilata e pubblicata successivamente, aderisce al revirement giurisprudenziale operato dalla. S.C. con la sentenza 7 novembre 1990 n. 10723. Tale .decisione, pubblicata in questa Rassegna, 1991, I, 257, con nota adesiva di Cingolo, segn il :definitivo abbandono del. precedente indirizzo sostenuto 'dal Consiglio di Stato1 Ad. Plen.1 7 settel.llbl:e 1984 n. 18 (che, al con trarlo,. faceva riferimento alla: .tabella nota cio materialmente. disponibile al momento . della formulazione dll'offerta). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 307 dispositivo contenuta la pronuncia di rigetto degli appelli incidentali, con cui veniva sollevata la suddetta questione di giurisdizione; ed, inoltre, nella prima parte della motivazione -con riguardo a tutte le quattro opposizioni a decreti ingiuntivi (pag. 13-14) -si affermata esplicitamente la giurisdizione del G.O. Si deve ritenere, pertanto, che il problema del riconoscimento del quantum della revisione (in base a quote d'incidenza diverse da quelle indicate nei contratti originari e corrispondenti all'effettiva natura e qualit delle opere eseguite, secondo le numerose perizie di variante), stato risolto c;on una motivazione che ad abundantiam richiama il difetto di giurisdizione del G.O., ma che in realt poggiata tutta sulla mancanza di consenso nella determinazione delle quote d'incidenza (adeguate a notevoli varianti dei lavori originariamente appaltati) e nell'insufficienza delle determinazioni unilaterali dell'appaltatore. D'altra parte, evidente che un problema di giurisdizione non poteva neppure sollevarsi, nella specie, perch dopo le sentenze n. 1363 e n. 1366 del 1983, queste Sezioni Unite hanno affermato che il principio secondo cui la revisione del prezzo deriva dall'esercizio di un potere discrezionale della P.A., a fronte del quale l'appaltatore titolare di interessi legittimi, riguarda la fase nella quale l'Amministrazione chiamata a deliberare sul riconoscimento della revisione; ma, dopo che la scelta sia stata effettuata in senso positivo, la posizione dell'appaltatore acquista consistenza di diritto soggettivo, perch la concreta determinazione del quantum coinvolge solo l'applicazione di criteri e parametri liquidatori. Nella specie, i compensi richiesti con i decreti ingiuntivi del 1982 riguardono le stesse categorie di opere e gli stessi tempi, in ordine ai quali la revisione era stata riconosciuta dalla P.A., e la differenza riguardava soltanto le diverse quote d'incidenza utilizzate nei due calcoli. Una controversia di questo tipo attiene alla misura della revisione, che non riguarda soltanto gli errori materiali o di calcolo (Cons. Stato n. 203 del 31 marzo 1989, sez. IV, fra le altre), ma anche i casi in cui si discuta sull'individuazione della tabella revisionale applicabile ed, in genere, sui criteri di calcolo (Cass., sez. un., 27 dicembre 1990 n. 12175; 17 dicembre 1991 n. 13606; n. 8417 del 18 agosto 1990). Pertanto, irrilevante la prima parte del motivo (affidata del resto a considerazioni inesatte, quali il giudicato sulla giurisdizione, che non pu formarsi a seguito di sentenze della Corte Suprema sulla competenza (S.U. n. 4504/89), ovvero il carattere contrattuale della revisione, che non esisteva, esistendo invece il riconoscimento del diritto alla revisione su tutti i lavori e su tutti i tempi di essi, da parte della P.A.). Si deve accogliere, invece, l'ultima parte di esso, sull'omissione di motivazione. vero, infatti, che non sufficiente la determinazione unilaterale dell'appaltatore, ma non vero che ad essa non possa sostituirsi quella RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 308 del giudice ordinario, la quale dovr statuire sul quantum in base alla legge applicabile, nonch alla identificazione dei contratti che sono in effetti intercorsi fra le parti. Nei contratti di appalto di opere pubbliche, infatti, determinante il consenso delle parti sul tipo effettivo di opera eseguita (Cass. 25 settembre 1984 n. 4820), per cui il giudice ordinario dovr prima stabilire se si sia formato il consenso della P.A. e dell'appaltatore sui detti contratti, e poi, in base alla legge applicabile ratione temporis, stabilire le quote d'incidenza sul costo complessivo dell'opera tanto della manodopera, quanto dei materiali, dei trasporti e dei noli secondo la categoria delle opere e la natura dei lavori, contemplati nei contratti effettivamente intercorsi fra le parti. La suddetta indagine di merito (su. un punto decisivo) stata del tutto omessa dal giudice, per cui la sentenza va cassata, .su tale punto. Ovviamente, una volta risolto il problema preliminare suddetto, dovr procedersi eventualmente al calcolo dei compensi spettanti in base alle quote d'incidenza adeguate ai lavori contrattuali eseguiti, e cio in base ai parametri rispondenti alle analisi dei prezzi delle categorie di lavori suddetti. e) La decisione del secondo motivo di ricorso rende inammissibile il terzo motivo, che attiene soltanto ad una questione di giurisdizione (che assorbita dalle considerazioni gi fatte). II II 0 ) Ricorso incidentale n. 12012 dell'AGENSUD. a) Col primo motivo essa deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 8 legge 10 agosto 1950 n. 646, deducendo la carenza di legittimazione passiva, con ampie deduzioni che inutile riferire. Invero, non pu che riconfermarsi quanto gi statuito (in relazione ad altri lavori fra le medesime parti) da queste Sezioni Unite, con sentenza n. 3573 del 25 marzo 1993. Poich l'Impresa Melpi non aveva alcun rapporto contrattuale (l'unico che qui interessa: vedi supra) con la Cassa del Mezzogiorno, essendo stato il contratto stipulato con la Provincia di Benevento, a questa ultima soltanto va rivolta la domanda giudiziale per il pagamento del quantum del compenso revisionale eventualmente spettante. Si pu solo aggiungere che i compiti della Cassa, in sede di riconoscimento dell'an del compenso attengono alla fase amministrativa della revisione, che (come si visto) ormai superata; e che non ha rilievo la considerazione esposta nella memoria della Melpi, secondo cui l'Agensud detiene i mezzi di pagamento e dispone di essi unilateralmente. Invero, se ed in quanto il giudice riconosca dovuto un certo compenso revisionale, in base al contratto, l'Amministrazione Provinciale committente risponder non soltanto con i mezzi e secondo le modalit previste in contratto (finanziamenti della Cassa), ma con tutti i suoi beni (art. 2740 e.e.). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 309 b) L'accoglimento. del. primo motivosuddetto comporta l'assorbimento del secondo motivo, attinente hl merito del quantum contenuto nei due decreti del 1979, dei quali la Cassa non deve (per l'assorbente motivo indicato supra) rispondere direttamente (salvi i suoi obblighi di finanziare la Provincia, in base alla concessione; ma nella specie non vi stata alcuna domanda della Provincia contro la Cassa). III0 ) Ricorso n. 11556 della Provincia. Con l'unico motivo la suddetta Amministrazione denuncia l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo (art. 360 n, 5 c.p.c.), osservando che nella specie l'opera rientrava tra le attribuzioni della Casmez e che la partecipazione della Provincia era avvenuta solo: in base e nei limiti del rapporto concessorio; e sul punto specifico del ~ontendere (determinazione dei compensi revisionali) il giudice d'appello ha dedotto che l'Amministrazione Provinciale non avesse alcun potere, essendo il suo ruolo confinato a mere funzioni esecutive, per cui -logicamente -avrebbe dovuto dedurne il difetto di legittimazione passiva, mentre essa ha omesso di prestare attenzione al motivo d'impugnazione riguardo alla carenza di legittimazione. Il motivo infondato. Costituisce sufficiente motivazione della sentenza impugnata il richiamo alla sottoscrizione dei contratti e degli atti aggiuntivi, che ovviamente rendevano la Provincia responsabile del pagamento del prezzo, ivi compresi i compensi revisionali. La circostanza che la Provincia non avesse alcun potere sul riconoscimento di essi, non rileva, perch la controversia (vedi supra) non attiene all'an, ma al quantum dei compensi revisionali, secondo l'indagine che dovr essere effettuata, appunto sulla base dei contratti intercorsi e modificati fra le suddette parti. Invero, superata la fase del procedimento amministrativo, il diritto soggettivo dell'appaltatore potr essere limitato soltanto dai patti contrattuali che dovranno essere esaminati dal giudice di rinvio e, dove essi non dispongano, dalla disciplina legale applicabile, ratione temporis, sempre nell'ambito contrattuale (legge 21 giugno 1964 n. 463 e successive modificazioni). IV IV 0 ) Ricorso incidentale n. 13856 della AGENSUD. Si tratta di ricorso inammissibile, perch col precedente ricorso l'Agensud aveva esaurito i propri poteri d'impugnazione (e del resto l'unico motivo identico al primo motivo -gi accolto -del precedente ricorso). Il giudice di rinvio provveder sulle spese del giudizio di cassazione. Esso si designa in altra sezione della Corte d'appello di Napoli. P.Q.M. La Corte di cassazione a sez. w1ite riunisce i quattro ricorsi; rigetta il primo motivo del ricorso principale del Mele; ne accoglie -per quanto 310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di ragione -il secondo e ne dichiara inammissibile il terzo; rigetta il ricorso incidentale della Provincia; accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso n. 12012/92 dell'Agenzia per il Mezzogiorno; dichiara inammissibile il ricorso n. 13856/92 della stessa Agenzia. Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, anche per le spese del giudizio di cassazione. I I I SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 16 giugno 1994, n. 1015 -Pres. Salvatore Est. Millemaggi Cogliani -Sanremo S.p.A. (avv. Rebuffat) c. ISVAP (avv. dello Stato Cingolo). Atto amministrativo -Documento amministrativo -Diritto di accesso Pendenza di un giudizio -Tutela del diritto di accesso ex art. 25 legge 241/90 e istanza di acquisizione istruttoria -Concorrenza tra i due mezzi -Possibilit. L'aliquidazione, ai solli fini dell'esercizio del diritto di difesa nei giudizi di impugnazione pendenti davanti al medesimo Tribunale, il comportamento dell'amministrazione, riitenuto dall'interessato lesivo del diritto di accesso riconosciuto daiNa legge n. 241, non potesse trovare a111tonoma tutela, mediante l'eseroizio de1l'azione prevista daN'art. 25 della cit. iegge n. 241 del 1990, ma dovesse essere vagl!iato dallo Stesso giudice investito delle impugnazioni, neM'ambito di quei processi, secondo le regole che presiedono 1l'acquis!izione dei mezzi istruttori, ed ha pertanto dichiarato inamm~ssibile il separato ricol'So proposto ai sensi del gi citato art. 25. Secondo l'appellante, una siffatta declaratoria di inammissibilit sarebbe viziata per i profili evidenziati in narrativa. Egli, pertanto, nel denunciare gld errori in cui sarebbe inco11so il primo giudice, ripropone iin questa sede tutte le censure dedotte in primo grado contro fa pretesa violazione del diTitto di accesso, chiedendo l'accoglimento dell'originario ricorso. L'Amministrazione, costituitasi in giudizio, ribaidisce fa tesi secondo cui il procedimento speciale previsto dall'art. 25 legge n. 241 del 1990 sarebbe inammissibile nel caso in cui risulti gi adito, a tutela della situazione sostanziale retrostante, un giudice fornito di poteri istruttori. mente emulativo (categoria certamente apprezzabile nella sostanza ma priva della indefettibile delineazione dei contorni e per di pi non corrispondente, come ognuno pu riscontrare, ad alcuna tra quelle tradizionalmente enucleate dalla dottrina amministrativistica e dalla stessa giurisprudenza). Si tratta, all'evidenza, di un tentativo sterile, poich ovvio che l'apprezzamento della ser'iet o meno di un interesse (o addirittura di un mero intento?) ordinariamente differisce a seconda del soggetto chiamato alla verifica: sicch, in buona sostanza, accettare consimile impostazione equivale a rimettere di volta in volta all'esame di un doppio grado giudiziale la verifica sulla seriet dell'interesse: con il risultato di un quadro generale di incertezza per le Amministrazioni chiamate ad operare senza un criterio oggettivo ed attendibile di riferimento e comunque con l'altra conseguenza -questa certamente poco seria -di incrementare a dismisura il contenzioso, conseguendo lo scopo esattamente opposto a quello voluto dal legislatore, che si era proposto di spostare l'asse della tutela del cittadino dal momento del processo giudiziale a quello, anteriore, del procedimento amministrativo. E pensare che la prima pronuncia del Consiglio di Stato su questo complesso problema, (Sez. VI, n. 193/92) ancorch piuttosto rigorosa, aveva almeno avuto l'inestimabile pregio di mantenere un quadro di chiarezza, laddove aveva ritenuto, quale requisito per l'ammissibilit della domanda di accesso, la necessaria titolarit, in capo all'istante, di una situazione giuridica soggettiva qualificabile almeno come interesse legittimo. Va ricordato che tale principio aveva trovato anche conferma in talune ulteriori pronunce della stessa Sezione (cfr. ad es. -Sez. VI n. 783/93). 314 RASSEGNA AVVOCATURA. DELW STATO 1.2. Osserva il Collegio che il diritto di accesso, sia nel caso di soggetti partecipanti al procedimento, di cui fatta sa:lva la possibilit di prende.re visione degli atti del medesimo (art. 10 lett. a), 1siia che attenga aJ.J.a conscenza di documenti amministrativi da parte di chiunque vi abbia interesse (art. 22), si configura, nel sistema della legge n. 241 del 1990, finalizzato, in entrambe le iipotesi normative, ad asskurare la trasparenza dell'attivit amministrativa ed a favorirne lo svolgimento imparziale per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti, sicch, secondo l'orientamento gi espresso dalla Sezione in diverse fattispecie (per tutte, sent. n. 630 del 9 settembre 1992) e dalla quale non vd ragione di discostarsi, ad entrambe le ipotesi applicabile lo speciale procedimento di tutela giurisdizionale regolato dall'art. 25 quinto comma della legge n. 241 citata, in forza del quale contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso ... dato ricorso, nel termdne di trenta giorni, al Tribunale amministrativo regionale, il quale dedde entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta . In questo senso del resto si espressa anche la sentenza. impugnata la quale non ha neppure escluso, in linea di principio, la possibilit, in pendenza di un contenzioso fra le parti, di ricorrere allo speciale strumento di tutela previsto dall'art. 2s, in esame, il quale, come stato affermato, ({agisce in un ambito del tutto diverso e speciale, sganciato dalla Il cuore del problema infatti, proprio nel chiarire se il diritto di accesso abbia ragione d'essere di per s stesso ovvero debba postulare indefettibilmente il collegamento ad una situazione giuridicamente rilevante del soggetto richie dente: in tale ultima ipotesi dovendosi poi accertare quale possa essere la situazione soggettiva minimale idonea allo scopo. Il primo quesito -ad onta di quanto talune delle pronunce sopra ri cordat (e lh particolare quella in rassegna) giungono ad affermare - risolto dalla stessa legge nel senso della impossibilit di configurare l'accesso come diritto in tutto e per tutto caratterizzato da autonomia concettuale e sostanziale. Deve infatti indefettibilmente sussistere un interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (cfr. art. 22 legge 241/90). Tale interesse deve essere inoltre personale e concreto (art. 2, comma 10, d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352) e la ,sua connessione all'oggetto della richiesta deve essere comprovata (art. 3, comma 2, d.P.R. 352/92), mentre la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata (art. 25, comma 2, legge 241/90). La legge pertanto direttamente afferma che la richiesta di accesso deve essere motivata perch questo il modo pi semplice per appurare se alla base della richiesta vi siano interessi tutelati dall'ordinamento cui si riferisce l'art. 22, legge 241/90, oppure una semplice curiosit. Del resto, che alla base di tale restrizione del diritto di accesso rispetto al testo originario della Commissione . Nigro vi siano state rilevanti preoccupazioni di ordine pratico risulta anche dalla. discussione del disegno di legge svoltasi presso la Commissione Affari Costituzionali della' Camera dei Deputati. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 31.5 generale disciplina che regola la materia della esibizione dei documenti nel processo amministrativo , 1.3. Chiarito tale aspetto della questione, mentl.'e bisogna dare atto della esattezza della cons1derazione di fondo che sta alfa base dell'orientamento espl.'esso dal primo giudice, e cio che l'aspetto processuale della tutela deve essere tenuto d1stinto dai profili sostanziali del diritto di accesso, viene subito in evidenza -fra i vizi denunciati -la contraddittoriet del procedimento logico che ha condotto il Tribunale ad affermare, da un lato, la diversit dell'ambito di operativit della tutela ex art. 25 legge n. 241 e l'acquisizione documentale nel processo e, dall'altro, a negare, in concreto, la sussistenza stessa del diritto di azione nel caso di cui trattasi. La peculiarit del rimedio giurisdizionale offerto dal pi volte richiamato art. 25 legge n. 241 contro la 'lesione del diritto di accesso sta in ci, che, con l'azione ivi prevista, trasparenza ed imparzialit sono assicurate all'amministrato -attraverso la tutela giurisdizionale specificamente ipotizzata -indipendentemente dalla lesione in concreto, da parte della Pubblica amministrazione, di una determinata posizione di diritto o interesse legittimo facente capo alla sua sfera giuridica, assurgendo l'interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi, nelle due diverse ipotesi normative anzidette, a bene della vita autonomo, Infatti, di fronte ad un emendamento del Gruppo Verde tendente ad eliminare dall'art. 22, legge 241/90, l'inciso vincolante l'accesso all'esigenza di tutela di situazioni giuridicamente rilevanti >>, i rappresentanti di quasi tutte le altre forze politiche, nonch il rappresentante del Governo, espressero preoccupazione per le difficolt organizzative che l'estensione soggettiva del diritto di accesso avrebbe potuto comportare per le pubbliche amministrazioni. In particolare, il Presidente della Commissione osserv che dal riconoscimento di forme di accesso generalizzato sarebbe derivato un aggravamento degli oneri di organizzazione per l'amministrazione, con conseguente aumento dei costi; sulla stessa linea, il Ministro per gli affari regionali ed i problemi istituzionali espresse la propria contrariet, a nome del Governo, alla pr0posta di estensione del diritto di accesso, perch ci avrebbe comportato grandi difficolt organizzative per i pubblici apparati, il rappresentante del Gruppo Democratico. cristiano, a sua volta, sottoline che il complesso degli emendamenti proposti dal Gruppo Verde costituiva un obiettivo troppo avanzato rispetto alle strutture esistenti, tanto da correre il rischio di un effetto di obsolescenza per eccesso di progresso ; il rappresentante del Gruppo Comunista sostenne che le proposte in questione non costituivano allo stato attuale dll'amministrazione italiana un obiettivo praticabile, mancando una completa informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, mentre il rappresentante del Gruppo della Sinistra Indipendente, pur condividendo in linea di principio l proposte in discussione, espresse anch'egli la preoccupazione che disposizioni troppo avanzate, oltre a creare rilevanti difficolt organizzative, potessero proprio per tale motivo restare inapplicate. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO meritevole di tutela separatamente dalile posizioni sulle quali abbia poi aid incidere l'attivit amministrativa, eventuailmente in modo lesivo. Si tratta dunque di una tutela giurisdizionale tipica di quel particolare interesse che il legislatore del 1990 ha 'inteso salvaguardare in via ' I'.generale, in contrapposizione ad un sistema fino ad a:llora generalmente ' fondato sulla regola della segretezza. dunque esatto che i[ procedimento speciale ha ragione di essere solo ne[ caso in cui la lesione lamentata attenga specificamente a quel determinato bene che la legge ha inteso direttamente e autonomamente tutelare. Chiarito, per, che 'l'azione prevista dall'art. 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241 azione specificamente rivolta a tutelare il diritto di oocesso in quanto posizione soggettiva singolare ed autonoma rispetto al!le diverse si,tuazioni soggettive che pur tuttavia conferiscono rilievo all'interesse de11'amministrato di conoscere i documenti amministrativi e di estrarne copia, questo non significa che sia di esclusione il rapporto esistente fra il mezzo di tutela in questione e le diverse possibilit offerte dall'ordinamento all'amministrato (che si ritenga leso dal provvedimento amministrativo e che ta[e provvedimento abbia gi impugnato davanti al giudice 'di legittimit) di conseguire la conoscenza deg1i atti attraverso l'ordinaria acquisizione istruttoria, e cio che, una vo1ta instaurato il processo contro il provvedimento, la possibilit di esperire ivi i mezzi Cos come lo configura la legge, dunque, l'accesso nasce non come un diritto incondizionato ed illimitato, bens come il diritto ad una informazione qualificata, non riconoscibile alla generalit dei cittadini, sibbene solo in relazione ad una specifica legittimazione da comprovarsi (ove necessario), individuata appunto nella titolarit di un interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, in ragione della quale l'istituto stesso possa essere azionato. Quanto poi a cosa debba intendersi per situazione giuridicamente rilevante '" l'unica risposta con connotati di certezza pu essere desunta dalla teoria generale sulle situazioni giuridiche soggettive: e poich la legge riconnette l'accesso alla tutela >>, evidente che debba trattarsi di una situazione giuridica soggettiva che, sia pure allo stato minimale, sia dotata di una qualificazione idonea a renderla suscettiva di una tutela parimenti prevista dall'ordinamento giuridico. E cos, non vi dubbio che, se sono certamente giuridicamente rilevanti i diritti soggettivi e gli interessi legittimi (per i quali prevista tutela) ed anche gli interessi amministrativamente protetti (per i quali pure prevista di regola tutela in sede gerarchica), al contrario non sono giuridicamente rilevanti gli interessi semplici, cio non qualificati (cos, in proposito, anche la Commissione per l'accesso costituita ai sensi dell'art. 27 legge 241/90). In altre parole l'uso legislativo del termine tutela in connessione a situazione giuridicamente rilevante impone di ritenere delimitato l'ambito soggettivo dell'accesso al solo campo delle situazioni giuridiche suscettibili di protezione da parte dell'ordinamento: al di fuori di tale ambito, o si finisce con l'ammettere in ogni caso l'accesso (ma ci contrario alla legge) ovvero ci si PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 317 istruttori escluda automaticamente il diritto di azione di cui si tratta. Non pu essere condivisa infatti la soluzione data al problema da>I primo giudice, nel senso che, ove '1'amministrato, nel corso di un processo avente ad oggetto un determinato provvedimento amministrativo, chieda di accedere agli atti del procedimento, motivando la richiesta con le necessit difensive inerenti a tale processo, ancorch sussistano, in linea ,di principio, ti diritto di accesso (come posizione sostanziale riconosciuta dalla legge) ed il correlativo obbligo dell'Amministrazione di consentire siffatto accesso (nei limiti stabiliti dalla fogge e dai regolamenti ivi previsti), '1a tutela aippres,tata contro il diniego o l'inerzia non potrebbe pi essere quella ipotizzata daH'art. 25 della legge n. 241, dovendo necessariamente l'interessato rivolgere le proprie istanze a:I giudice stesso che chiamato a conoscere deMa posizione soggettiva che in via principale si intende fare valere, per la considerazione che non avrebbe ragione di essere la specifica actio ad exhibendum, ove l'ordine del giudice pos,sa conseguire i[ medesimo effetto nel giudizio di legittimit in corso. Ferma restando, infatti, la premessa maggiore, secondo cui la legge del 1990 assume l'interesse all'accesso come primario ed autonomo rispetto alle posizioni su cui abbia ad incidere con i propri provvedimenti l'Autorit amministrativa, ci da cui non pu prescindere l'interprete ritrova ad enucleare altri elementi di delimitazione tra interessi rilevanti o non rilevanti (creando per categorie arbitrarie o assolutamente incerte). A ci aggiungasi, infine, che certamente l'Amministrazione ha l'obbligo (non la facolt) di vagliare la sussistenza degli anzidetti requisiti minimi , onde adottare quelle che la stessa legge 241/90 (art. 25, comma 1) definisce determinazioni (con evidente riferimento allo spazio valutativo che le contraddistingue). Tutti elementi che in definitiva confortano inequivocamente la tesi della impossibilit di autosufficienza dell'accesso e della correlativa necessit del suo collegamento ad una situazione giuridica sostanziale. Ma tale situazione giuridica non pu essere individuata -come il giudice amministrativo mostra ormai di preferire -nel riferimento all'interesse meramente partecipativo o a quello puramente conoscitivo (entrambi privi di legame con una posizione qualificata) bens va raccordata e valutata in connessione ad una precisa situazione giuridica di cui sia titolare l'istante: diversamente non si spiegherebbe l'attenzione della legge (e del regolamento governativo) al previo controllo sulla motivazione dell'istanza e sulla concretezza dell'interesse. In ragione di ci non pu convenirsi con affermazioni, pure provenienti da autorevole (quanto talora assai frettolosa) giurisprudenza (cfr. Cons. Stato Sez. VI n. 1284/94 e Sez. IV n. 638/94), secondo la quale ai fini dell'accesso sufficiente un mero collegamento della situazione con il soggetto istante (a prescindere dunque dalla qualificazione giuridica dell'interesse posto a base dell'istanza di accesso); ovvero secondo la quale ai fini dell'accesso sufficiente un interesse serio, non emulativo, n riducibile a mera curiosit (ma chi valuta, e sulla base di quali parametri oggettivi, il grado di seriet di un interesse?). 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO il rilievo (da cui rpure muove hl primo giudice, traendone tuttavia erronee conclusioni) che operano su piani totalmente diversi le varie possibilit offerte dallJ.'ordinamento per conseguire -per ordine del giudice la conoscenza dei documenti negata dall'Amministrazione, da un lato avvalendosi dell'azione prevista dall'art. 25 ilegge n. 241 del 1990, e, dail l'altro, proponendo istanza, in un diverso processo, di acquisizione degli atti che interessano. L'obiettivo ideale che il legislatore del 1990 ha inteso perseguire, con il prevedere una specifica azione a tutela del diritto di accesso, quello di conferire effettivit alle norme che prevedono la posizione so stanziale anzidetta: l'azione nasce dunque anch'essa come un diritto soggettivo dell'interessato, ha come unico presupposto la lesione del diritto di accesso in quanto tale e non altro che un aspetto ulteriore della medesima posizione soggettiva aHa quale l'ordinamento ha con ferito diretta tutela nei casi, alle condizioni e con i limiti staMliti dalla stessa legge, e, integrativamente, dalle norme regolamentari ivi previste. In altri termini, verificandosi condizioni e presupposti stabiliti da[la legge, l'amministrato ha diritto di accedere ai documenti e incombe all'Amministrazione l'obbligo di consentire l'accesso; ove poi l'Ammini strazione non adempia, hl medesimo amministrato titolare del potere di dare impulso all'esercizio della funzione giurisdizionale tipicamente rivolta a ripristinare l'ordine giuridico violato attraverso il diniego o La legge 241/90 non ha, in altre parole, introdotto la trasparenza quale principio operativo fine a s stesso (poich ognuno vede che ci equivarrebbe a decretare la paralisi irreversibile della P .A.), ma l'ha invece saggiamente anco rata a:lle sole ipotesi di sussistenza di interessi qualificati e concreti, realmente attivabili e suscettibili di tutela, rispetto ai quali l'accesso si pone in posizio ne servente. Orbene, se tutto ci vero -ed la disciplina normativa a convalidare le superiori affermazioni -non pu non dissentirsi fermamente di fronte ad un orientamento volto a svincolare l'accesso dalla situazione legittimante: l'inter prete ha, del resto, il dovere di non travalicare mai i limiti del dettato legisla tivo, anche quando ci possa condurlo verso posizioni apparentemente impo polari o comunque pi restrittive rispetto a quelle auspicate da una lettura quanto meno superficiale del testo normativo. In questa situazione involutiva Cassandra non mancherebbe di preconizzare il tracollo della pubblica amministrazione, ormai esposta, in nome di una traspa renza in realt degenerata a mera legittimazione della curiosit, alle pretese investigative di chicchessia. Purtroppo, per, si potrebbe ipotizzare anche di peg gio, ove solo si ponesse attenzione al verosimile rischio dell'effetto moltiplicativo sul contenzioso amministrativo indotto dalla costruzione giurisprudenziale sin qui criticata: non resta che sperare, a questo punto, in un intervento risolutivo -dell'Aduna:nZa Plenaria, nel solco di quella saggezza giuridica che ne ha da sempre contraddistinto la preziosa attivit. ANTONIO CINGOLO PARTE I, SEZ. IV, GIUR!SPRUDENZ,A AMMINISTRATIVA l'inerzia, al fine ultimo di ottenere la pronuncia giurisdizionale definitiva su quello specifico bene giuridico. Diversa fa situazione allorch si ottenga l'acquisizione del documento in un differente processo. In tale ipotesi, infatti, l'acquisizione documentale costituisce nient'altro che un mero potere processmtle, che viene ad assommarsi al complesso dei poteri esercitati o esercitabm dalle parti nel processo e inerisce esclusivamente al procedimento giurisdizionale in quanto tale, senza porsi in alcun modo come strumento di tutela dello specifico interesse che Ia 'legge del 1990 ha viceve11sa inteso direttamente. tutelare, sia pure condizionatamente alla mediazione di apposite norme regolamentari. Orbene, ritenere che dai momento in oui il soggetto leso dal provvedimento amministrativo insorga contro l'operato dell'Amministrazione, chiedendo una pronuncia costitutiva al giudice di legittimit, non gli si.a pi consentito di esperire l'azione ex art. 25 legge n. 241 a tutela del diritto di accesso ai documenti che l'amministrato stesso si propone di conoscere per esercitare pi adeguatamente i!l diritto di difesa in relazione al provvedimento impugnato, sul presupposto che sia nelle sue facolt soltanto di esercitare il potere di richiederne l'acquisizione al giudice del provvedimento, equivale a sostenere che, con l'esercizio dell'azione di legittimit, il diritto sostanziale di accesso si degrada e cessa quindi di essere autonomamente tutelato. Ma una tale interpretazione priva di supporto logico-giuridico. Sul piano logico, nessuna confusione concettuale pu essere operata fra il diritto di azione, e l'insieme dei poteri e delle facolt di cui le parti Sono titolari all'interno del processo: il diritto di azione infatti esso stesso una posizione sostanziale, sia pure strettamente connessa con il bene della vita che si intende fare valere attraverso il suo esercizio; il potere di richiedere mezzi istruttori attiene viceversa al processo in s ed di natura meramente procedimentale. Le conseguenze che devono trarsi da tale riflessione sono quindi nel senso che l'esercizio del diritto di azione non pu ritenersi equivalente alla proposizione dell'istanza istruttoria. Finalisticamente, poi, mentre il diritto di accesso volto a consentire all'amministrato personalmente la conoscenza diretta dell'atto ed a tanto indirizzata la tutela giurisdizionale prevista art. 25 legge n. 241; di contro; le regole processuali escludano la partecipazione personale dell'interessato al procedimento, sicch, salvo casi eccezionali, la parte opera a mezzo del suo difensore, ed anche la conoscenza dell'atto indiretta e richiede l'intermediazione del difensore suddetto, cui pure rimessa, in definitiva, l'iniziativa della richiesta (ancorch nell'interesse deH'assistito) e la stessa individuazione dell'atto da acquisire al processo; senza contare che acquisizione e conoscenza restano poi condizionati 320 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO dalla valutazione di rilevanza del giudice, cui compete di pronunciarsi sulla richiesta istruttoria. I Per i profili letteratli, infine va considerato che ove il legislatore avesse inteso limitare in modo cos restrittivo la tutela accordata, ci . I avrebbe dovuto dire esplicitamente, ed altrettanta esplicita previsione fil : avrebbe dovuto esserci per i!l caso in cui il legislatore avesse ritenuto che, in pendenza di giudizio amministvativo su un determinato provve dimento, l'azione prevista dall'art. 25 legge n. 241 dovesse essere pro posta davanti al medesimo giudice di quel processo. Dall'insieme delle considerazioni che precedono deve dunque trarsi il convincimento che la pendenza del giudizio sul provvedimento non operi preclusivamente n sulla sussistenza del diritto di accesso, quale discipiinato dra!Ma legge n. 24,1 del 1990, n sull'ammissibilit dell'azione prevista dall'art. 25 della stessa legge, restando al libero apprezzamento dell'interessato la scelta di avvalersi della tutela giurisdizionale pro priamente apprestata dal cit. art. 25 o di conseguire la conoscenza nel diverso giudizio, mediante esibizione istruttoria, fermo restando che i!1 processo di legittimit seguir le regole che gili sono proprie, indipen dentemente dalle iniziative extraprocessuali dell'interessato, il quale potr avvalersi della documentazione conosciuta fuori dal processo nei soli limiti in cui ci gli sia consentito dalle regole suddette. 1.4. Le censure mosse dall'appeMante contro l'impugnata sentenza devono, pertanto, in buona misura trovare accoglimento. Se infatti fuor di luogo il richiamo art. 156 cod. proc. civ., dal momento che si verte in un campo affatto diverso da quello della inva1lidit degli atti processuali, cui la disposizione si riferisce, deve essere invece condivisa la censura di violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 25 della legge n. 241 del 1990, non espressamente enunciata nell'intitolazione dei motivi di impugnazione ma chiaramente desumibile dal contesto degli argomenti su cui principalmente si imperniano le ragioni difensive, volte, in massima parte a dimostrare la possibilit di promuovere l'azione ex art. 25 pur in pendenza del giudizio di legittimit sul provvedimento. La puntuale individuazione del vizio da parte dell'appellante, gi resa chiara dagli argomenti che sorreggono, in parte, il primo motivo di impugnazione e quasi neHa totalit il terzo, trova conferma nel quarto motivo, anche per ci che riguarda la sua intitolazione, nella parte in cui posta la subordinata questione di illegittimit costituzionale degli artt. 22 e 25 della legge 7 agosto 1990 n. 241, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. se interpretati nel senso che il diritto di accesso ai docu. menti amministrativi non sussiste nell'ipotesi in cui sia finalizzato dal- l'istante "allo scopo di potersi pi adeguatamente difendere" in giudizi in corso . PARTB I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA La. sentenza cli. rprimo grado non si sottrae dunque ad assorbenti motivi di appello che devono trovare accoglimento, ed in considerazione dell'effetto devolutivo, deve passarsi ali'esame delle censure originariamente dedotte in primo grado, tutte in questa sede riproposte. 2.tpassando all'esame di tali censure, va irim1nzitutto esaminato (p~~c~Jogicamente connesso con gli argomenti fin qua svolti) e accolto il quarto motivo , nell'interesse di entrambe le parti (art. 1816 cod. civ.), per la restituzione del tantumdem, unitamente agli interessi, vale a dire il giorno II rin cui insorge, in capo al mutuatario stesso, il cUritto-dovere di versare l'uno e gli altri, e, correlativamente, in capo al mutuante, il dovere-diritto di riceverli. ~ La durata del finanziamento, quindi, data dal periodo nel quale i I contraenti non possono e non devono restituire o reclamare la restituzione della somma mutuata e degli accessori convenuti, mentre le vi I cende ulteriori, inerenti al giorno dell'esecuzione dell'obbligo di restituzione, gi costituitosi a seguito della scadenza del relativo termine, non toccano detta durata, e riguardano la successiva fase del soddisfacimento delle posizioni creditorie discendenti dalla cessazione del prestito. L'art. 15 ultimo comma del d.P.R. n. 601 del 1973, ove stabilisce, per l'applicabilit dell'esenzione de qua, che sono finanziamenti a medio e lungo termine solo quelli che superino i diciotto mesi, fa testuale riferimento alla loro durata. . Pertant, 'sulla scoria dei rl1ievi svolti in ordine all'identificazione della durata del contratto di mutuo, ed altres tenendosi conto dei criteri di stretta )) interpretazione cui soggiace la norma introduttiva di eccezioni a regole generali (art. 14 disp. prel. cod. civ.), si deve ritenere che detta esenzione non sia invocabile rispetto al finanziamento per il PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 329 quale il termine di restituzione sia pattuito allo spirare di diciotto mesi, rimanendo irrilevante che l'adempimento del debito restitutorio, per la disciplina legale del tempo del pagamento di somme di denaro, ovvero per previsione convenzionale, ricada in epoca successiva. (omissis)' CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 11 marzo 1994 n. 2387 -Pres. Scanzano -Est. Ruggiero -P. M. Tridico (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Laurenti) c. Dal Sie. Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Sanzioni -Continuazione -Applicabilit -Limiti. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, artt. 48 e 75; I. 7 gennaio 1929 n. 4, art. 8). Per la pluralit di diverse infrazioni commesse con la stessa operazione in materia di IVA, l'art. 48 del d.P.R. n. 633/1972 prevede l'applicazione obbligatoria della pena prevista per la violazione pi grave aumenta a da un terzo alla met; questa previsione compatibile con quella d,lil'art. 8 della legge n. 4/1929 che concerne pi violazioni della stessa disposizione di legge commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesima risoluzione e per le quali la sanzione pu essere applicata discrezionalmente una sola volta, semprech~ si tratti di violazioni commesse nello stesso periodo di imposta (1). (omissis) Con l'nico motivo del ricorso incidentale, il contribuente deduce che erroneamente la commissione centrale avrebbe escluso adova, 1981, p. 175 .(9) WARREN e BRANliEIS, The right to privacy, in Harward Law Review, 1980, p. 193 e ss. (10) Cfr. EPSTEIN, A teste fr privacy. Evolution and the emergence of a naturnlistic athic,. in The Journal of Legai Studies, 1980, p. 679. (11) Condivide tale ricostruzione del concetto di privacy , G. B. FERRI, op. cit., p. 385. (12) In tal senso, la dottrina: MAZZIOTTI, Diritto all'immar;ine e Costituzione, in Giur. Cast., 1970, p. 1536; GROSSI, Introduzione ad uno studio sm diritti inviolabili nella Costituzione italiana, Padova 1972, p. 159. 40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO personale (13). Nella stessa pronuncia, del resto, la Suprema Corte si dichiarava ancora ferma nel misconoscimento di un generale diritto alla riservatezza, che non sembrava trovare alcun supporto normativo, non solo nel dettato costitu zionale, ma neppure nella legislazione ordinaria. La decisione era evidentemente fondata sulla concezione c.d. atomistica dei diritti della personalit, che afferma l'esistenza di tanti diritti, quanti sono gli aspetti della personalit umana, presi espressamente in considerazione dal legislatore, e tutelati (c.d. numerus clausus dei diritti della personalit), col conseguente misconoscimento della tutela di quegli interessi della persona non corrispondenti ad alcuna delle tipizzazioni normative. Tra i teorici della tipicit vi era poi chi considerava solo le ipotesi previste dalla Costituzione (art. 4, 13-19, 21 e ss., 32 e 35) (14), e chi invece considerava rilevante anche le ipotesi previste dal codice civile (diritto al nome e allo pseudonimo e diritto all'immagine: artt. 6-10) ammettendosi tuttavia il ricorso al procedimento analogico per garantire la tutelabilit di nuovi diritti, non tipizzati (15). Entrambe le versioni della c.d. tesi atomistica negano comunque l'unitariet del valore giuridico persona , riconoscendo la tutela dei soli diritti soggettivi della persona espressamente riconosciuti. Ed entrambe svalutano perci la norma dell'art. 2 Cost. a norma di carattere meramente programmatico, irrilevante come tale nei rapporti intersoggettivi, senza la mediazione di esplicite previsioni del legislatore ordinario (16). La norma in parola conterrebbe una for. mula meramente riepilogativa e riassuntiva, in cui il riferimento ai diritti inviolabili dell'uomo espliciterebbe un rinvio a quelli successivamente e singolarmente riconosciuti nel testo costituzionale o anche nel codice civile. L'interpretazione restrittiva dell'art. 2 Cost. fu, tuttavia, ben presto rinnegata dalla stessa giurisprudenza. Infatti, nel 1963, sulla scorta di un'autorevole dottrina (17), la Corte di Cassazione, con un'improvvisa inversione di tendenza, accolse esplicitamente la concezione c.d. monistica, e cio la tesi di un unico generale diritto della personalit, specificantesi in molteplici aspetti (18), considerando la disposizione de qua come norma di apertura ad altre libert e ad altri valori della persona, non espressamente tutelati nel testo costituzionale (19). La Suprema Corte, nel caso sottoposto al suo esame, riconobbe sostanzialmente, anche se in modo indiretto, l'esistenza del diritto alla riservatezza, individuandone il referente normativo nei principi costituzionali di tutela della personalit umana (di cui agli artt. 2 e 3, 2 comma). 113) Cass. 7 dicembre 1960, n. 3199, in Foro it., 1961, I, p. 43, con osservazioni del DE CUPIS. (14) Cfr. PUGLIESE, Il preteso diritto alla riservatezza e le indiscrezioni cinematografiche, in Foro lt., 1954, I, p. 118, dove l'argomento utilizzato per negare l'esistenza del diritto alla riservatezza; PUGLIATTI, La trascrizione, in Tratt. dir. civ. e comm., Cicu-Messineo, Milano, 1957, p. 12 e ss. La tesi ha avuto in tempi pi recenti l'adesione di RBscIGNO, Diritti civili e diritto privato, in Attualit e attuazione della Costituzione, Bari, 1979, p. 232 e ss.: l'autorevole studioso ritiene che l'espressione diritti inviolabili significa pur sempre diritti positiva mente fermati nel sistema nel catalogo che il legislatore costituente ha disegnato . Nello stesso senso, v. pure CERRI, La Costituzione ed il diritto privato, in Trattato Rescigno, 21, 1987, p. 62. (15) Cfr. DE CUPIS, I diritti della personalit, op. cit., 3 e ss. (16) Cfr. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legislazione costituzionale, op. cit., p. 360. (17) CARNBLUTTI, Il diritto alla vita privata, in Riv. trim. dir. pubbl., 1955, 6 e ss.; GIAMPICCOLO, La tutela giuridica della persona umana e il cd. diritto alla riservatezza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, p. 458. g noto l'iriflusso che su tale dottrina esercit una decisione del Bundsgerichtshof del 1954, che configur l'esistenza di un diritto generale della personalit , con riferi mento agli artt. 1 e 2 della Costituzione tedesca. Per un precedente, nella dottrina tedesca, v. GmRI. 54 e ss.; B~ssoNE, Problemi e questioni de~ diritto all'identit personale, lVl, p. 23 e ss.; SCALISI, op. cit., p. 125 e ss.; NATOLI, op. cit., 563 e ss.; BIGLIAZZI GERI, op. cit.1 p. 572 e ss. MASTROPAOLO, Identit personale e manifestazione del pensiero. Strumenti ai tutela, in Dir. inf. e inform., 1985, p. 583 e ss. (32) Si tratta del Seminario I cittadini e il diritto all'identit personaie , svoltosi a Genova, il 21 e 22.3.1980, i cui atti sono J>Ubblicati in ALPA-BEssoNE-BONESCHI, Il diritto all'identit personale, Padova, 1981; e del Convegno L'informazione ed i diritti della personaiit quaie tutela , svoltosi a Roma, il 3-4-5 ottobre 1981. (33) Cfr. DoGLIOTTI, Un nuovo diritto: all'identit personale, cit., p. 145 e ss. L'Autore ritiene sostanzialmente esatta la definizione del dintto in questione come diritto giurisprudenziale : in Violazione o abuso del diritto all'identit personale?, nota a Pret. Roina, 11.5.1981, in Giust. civ., 1982, 826. Rivendica, invece, giustamente la paternit della costruzione il DE CUPis, Bilancio di un'esperienza: il diritto all'identit personale, in AA.VV., La lesione dell'identit perso nale ... , cit., p. 189 e ss. Riconosce tale paternit creativa il MACIOCE, L'identit personalein Cassazione ... , cit., p. 3056, e, indirettamente, Cass. n. 3769/1985, nella parte in cw afferina la genesi dottrinale del diritto in parola. (34) In tal senso: VERDE, Considerazioni sul procedimento d'urgenw: come ~ e come si vorrebbe che fosse, in I processi speciali: studi offerti a V. Andrioli dai suoi allievi, Napoli, 1979, p. 409 e ss. Per una posizione pi moderata, v. LA CHINA, Quale futuro per i provvedimenti d'urgenza? , ivi, p. 151 e ss. (35) Cosi, esattamente: PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalit costituzionale, op. cit., p. 362. (36) Trib. Roma 10 marzo 1982, in Foro It., 1982, I, 1405; Trib. Roma 27 marzo 1984, in Foro It., 1984, I, p. 1687, con nota di PARDOLESI. (37) Cass. 22 giugno 1985, n. 3679, cit. 15 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO chiamava il parere di un illustre medico, il prof. Veronesi, direttore dell'istituto nazionale per la lotta ai tumori, circa la minore pericolosit di tale tipo di sigarette. Il fatto aveva determinato una subdola distorsione dell'immagine dell'illustre medico, notoriamente antitabagista. Dalla lettura della motivazione di tale importante decisione traspare una serie di problemi che la Suprema Corte si dato carico di risolvere, nel tentativo di fornire una ricostruzione esauriente di questo nuovo diritto della personalit. Si allude principalmente al problema della definizione della situazione giu ridica tutelata e al rapporto con gli altri diritti fondamentali; al problema del suo fondamento normativo, collegato alla diversa interpretazione proposta dall'art. 2 Cost.; ed infine, e soprattutto, al problema del rapporto fra tale tutela e la libert di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21 Cost. 3. -La definizione del diritto all'identit personale (38) contenuta nella sentenza della Suprema Corte ha senz'altro il pregio della compiutezza, anche perch riprende e sviluppa le conclusioni cui erano gi pervenute la giurisprudenza di merito e la dottrina pi accreditata. Si spiega che ciascun soggetto ha interesse ... di essere rappresentato, nella vita di relazione, con la sua vera identit, cos come questa nella realt sociale, generale o particolare, conosciuta o poteva essere conosciuta con l'applicazione dei criteri della normale diligenza e della buona fede soggettiva; ha cio interesse a . non vedersi all'esterno alterato, travisato, offuscato, contestato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale ecc. quale si era estrinsecato ed appariva in base a circostanze concrete ed univoche, destinato ad estrinsecarsi nell'ambiente sociale . Emerge con chiarezza, e ci era stato gi evidenziato dalla giurisprudenza di merito (39), che il soggetto preso in considerazione non l'uomo come individuo, ma come artefice di rapporti sociali, poich in tale dimensione che la sua immagine viene recepita dalla collettivit. Si evidenzia cos il primo carattere dell'identit personale, ovverossia la sua esteriorit, poich ci che caratterizza il soggetto l'essere partecipe di rapporti sociali. Ne discende che la lesione di tale interesse potr avvenire solo attraverso un mezzo di comunicazione che alteri, nei consociati, la loro percezione della persona (ed infatti, nei casi venuti all'esame dei giudici, l'illecito commesso ora con un volantino, ora mediante una trasmissione televisiva .o un inserto pubblicitario) (40). Risulta cos confermato l'insegnamento del GIAMPICCOLO, il quale nel 1958 spiegava che la tutela giuridica non e non pu essere riferita all'individuq per s preso, ma all'homo sociabilis (41). (38) La giurisprudenza parla di un vero e proprio diritto so15gettivo. In senso con trarlo, in dottrina, MACIOCE, op. ult. cit., p. 4. Ritengono invece mdifferente ai fini dell'azione risarcitoria che tale interesse si qualifichi o meno come diritto soggettivo, gli I Autori indicati alla nota 14. (39) Cfr. Pret. Roma, ord. 2 giugno 1980, cit.; Trib. Roma 27 marzo 1984, in Giur. It., 1985, I, 2, 16, con nota di DoGLIOTTI: Trib. Roma, 15 settembre 1984, in Foro lt., 1984, I, I p. 2592; Trib. Roma, 7 novembre 1984, in Dir. inf. e inform., 1985, p. 215, con nota di RICCIUTO. (40) Cfr. ZENO ZENCOVICH, nota a Cass. 22 giugno 1985, n. 3769, in Nuova giur. civ. comm., I 1985, I, p. 654 e ss.; IANNOLO-VERGA, Il diritto all'identit personale, in Nuova giur. civ. I .comm., 1987, II, p. 435 e ss. (41) GIAMPICCOLO, op. cit., p. 471. Con precisione lo SCALISI, op. che occorre privilegiare ( ... ) una dimensione dell'identit che pubblica, ma sociale , che cio per determinare l'identit della non dal 'basso', e neppure dall"alto', ma -se cos si pu dire cit., p. 121, ha spiegato non sia n privata, n I persona bisogna partire dal 'centro' ossia dalla I I! I I I I I I PARTE II, QUESTIONI 4J Altro aspetto dell'identit personale evidenziato dalla Cassazione, sempre sulle orme della precedente giurisprudenza di merito, la sua soggettivit , nel senso che oggetto della tutela non quel che il soggetto crede di .essere, ma quel che il soggetto risulta essere, cosi come la sua immagine si esteriorizzata e oggettivata, e cio cos come questa nella realt sociale, generale o particolare conosciuta o poteva essere conosciuta con l'applicazione dei criteri della normale diligenza e della buona fede soggettiva (42). La Cassazione ha confermato inoltre l'orientamento secondo cui la titolarit del diritto spetta anche alle persone giuridiche, in quanto anche queste ultime sono portatrici di una immagine sociale (43). 4. -Quanto al fondamento normativo del diritto all'identit personale, la Cassazione ha escluso che esso possa rinvenirsi nelle norme degli artt. 1 e 10 e.e. (poste rispettivamente a tutela del nome e dell'immagine) o in quella dell'art. 8 co. I della legge sulla stampa (8 febbraio 1947, n. 147), sul diritto di rettifica. La Suprema Corte ha fatto espresso riferimento alla norma costituzionale dell'art. 2, che non avrebbe una funzione meramente riassuntiva dei diritti espressamente tutelati nel testo costituzionale o anche di quelli inerenti alla persona umana previsti nel codice civile . Per la Cassazione, l'art. 2 " costituisce una clausola aperta e generale di tutela del libero ed integrale svolgimento della persona umana ed idonea in conseguenza ad abbracciare nel suo ambito nuovi interessi emergenti della persona umana . Tuttavia, la Suprema Corte non trae da questa lettura aperta della norma quella che appare a molti una conclusione obbligata: l'esistenza di un unico diritto della personalit. L'adesione alla teoria pluralistica dei diritti della personalit costituisce allora la principale contraddizione cui incorsa la Cassazione, data l'incoerenza della conclusione rispetto alle premesse da cui muove (44). Ma ancora pi contraddittoria quella parte della motivazione in cui si afferma che pur riconducendosi all'art. 2, il diritto soggettivo all'identit personale non si inserisce tra i diritti costituzionalmente garantiti, essendo tali soltanto quelli specificamente previsti dalle successive norme della Costituzione. La sua regolamentazione va dedotta, per analogia, da una disciplina prevista per il diritto al nome (art. 1 e.e.), essendo tale figura la pi affine al diritto all'identit persona. La sentenza in parola dunque senz'altro censurabile, perch finisce con l'assegnare all'art. 2 Cost. la inutile funzione di attribuire rilevanza costituzionale ai soli diritti della persona tipizzati dalla stessa Costituzione, che di tale garanzia gi godono per il fatto stesso di essere da essa espressamente previsti. societ, dalla comunit, cio, nell'ambito della quale l'individuo opera e svolge la propriapersonalit . (42) Cass. 22 giugno 1985, n. 3769, cit. (43) Critica questo orientamento, con grande chiarezza, VARRONB, Manuale di diritto d'autore, op. cit, p. 237, in ~uanto la norma costituzionale dell'art. 2 per il fatto che tutela i diritti inviolabili dell uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali, non sembra avere tra i suoi diretti destinatari anche le persone giuridiche . La magistratura pretorile ha invece riconosciuto che anche gli enti giuridici non personificati potessero essere titolati di un diritto all'identit personale: cfr. Pret. Roma, ord. 2.6.1980 e 11.5.1981, cit., e Pret. Verona, 21,12.1982, in Foro lt., 1983, I, 462 e ss. con nota di RoPPo. In tal senso, in dottrina: GIACOBBE, In tema di elaborazione giurispruden ziale del diritto all'identit personale dei gruppi organizzati, in Giust. civ., 1980, Il, p. 266 e ss.; e, pi recentemente, SATURNO, Il diritto all'identit personale: evoluzione dottrinale e modelli giurisP.rudenziali, in Rass. dir. civ., 1987, p. 718 e ss. (44) Lo nlevano: DoGLIOTTI, Il diritto all'identit personale approda in Cassazione, nota a Cass. 22 giugno 1988, n. 3769, in Giust. civ., 1985 I, p. 3064 e ss.; ZENO ZENCOVICH, op. cit., p. 655 e ss. 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il richiamo poi all'estensione analogica dell'art., 7 e.e. rende privo di significato il riferimento all'art. 2 Cost., anche perch non si spiega come si possa fondare l'identit personale su tale norma costituzionale e poi disconoscere alla situazione soggettiva rilevanza costituzionale, quasi come se l'art. 2 non fosse compreso nel testo costituzionale (45). Si appalesa dunque fuorviante il riferimento all'estensione analogica dell'art. 7, poich era gi sufficiente il richiamo all'art. 2 Cost., per affermare che la lesione dell'identit personale consente al soggetto di ottenere tutela giurisdizionale, attraverso l'ordine di cessazione del fatto lesivo, il risarcimento del danno anche in forma specifica, l'ordine di pubblicazione della sentenza (46). L'atteggiamento della Cassazione forse spiegabile, anche se non giustificabile. :S probabile che essa sia stata condizionata dall'orientamento seguito dalla Corte Costituzionale, che aveva in precedenza quasi sempre negato la possibilit di ricondurre nuove categorie di diritti della persona direttamente alla normativa costituzionale. Il tema era stato infatti affrontato in modo specifico dalla Corte Costituzionale, con sent. 1 agosto 1979, n. 98, che aveva sostanzialmente negato l'esistenza di un diritto all'identit personale, ritenendo che l'invocato art. 2 Cost., nel riconoscere i diritti inviolabili dell'uomo, che costituiscono patrimonio irretrattabile della sua personalit, deve essere ricollegato alle norme costituzionali concernenti singoli diritti e garanzie fondamentali (47). Ecco forse spiegata la ragione per cui la Cassazione non ha tratto, dalla lettura aperta della norma costituzionale dell'art. 2, tutte le logiche conseguenze, cadendo nella accennata contraddizione. : tale incoerenza risulta oggi amplificata alla luce del pi recente indirizzo della Corte Costituzionale sul valore dell'art. 2 Cost. Con due pi recenti decisioni (sentenze n. 561 del 1987 e n. 404 del 1988), riguardanti rispettivamente il diritto alla libert sessuale ed il diritto all'abitazione, la Consulta ha infatti ribadito il suo precedente orientamento, riconoscendo che l'art. 2 conterrebbe una norma a fattispecie aperta'" idonea a recepire le nuove esigenze di tutela della persona emergenti nella societ e, perci a conferire agli interessi sottesi la dignit di nuovi diritti costituzionali (48). Ne consegue allora che se si fonda l'identit personale sulla norma dell'art. 2 Cost. non si pu poi disconoscere la sua natura di diritto costituzionale inviolabile . Ed accogliendo la tesi, comunemente seguita dalla dottrina costituzio nalistica (49) e dalla Corte Costituzionale (50), secondo cui i diritti definiti in (45) Sul punto, cfr. ancora DOGLIOTTI, op. ult. cit., p. 3065. Nega fondamento costituzionale all'identit personale, Fo1s, Questioni sul fondamento costituzionale del diritto all'identit personale, in Al2A, BESsoNB BoNBscm CAIAZZA, L'informazione e i diritti della persona. Napoli, 1983, p. 155. (46) Cfr. MACIOCE, L'identit personale approda in Cassazione: un punto di arrivo e un punto di partenza, nota a Cass. ~2.6.1~85 n. 3769, in Giust. civ., 1985, I, p. 3056. (47) C. Cost. 1.8.1979, n. 98, m Gzur. Cost., 1979, p. 719, con nota di BARTOLE, Transessualismo e diritti inviolabili dell'uomo. (48) C. Cost. 18.12.1987, n. 561, in Giur. Cost. 1987, I, p. 3535, con nota di VIruCCI; -C. Cost. 7.4.1988, n. 404i in Giur. It., 1988, I, 1, p. 1627, con nota di TRABuccm. (49) Cfr. MoRTATI, stituzioni di diritto pubblico, II, Padova, 1964, _p. 153 e ss.; BARILE e DB SIBRvo, Revisione della Costituzione, in e Noviss. dig. it. , XV, Torino, 1968, p. 773 e ss. (spec. 781 e ss.). (50) C. Cost. n. 1146/1988. PARTE II, QUESTIONI 47 violabili dall'art. 2 sarebbero sottratti al procedimento di revisione costituzionale, si dovrebbe giungere all'ulteriore conclusione della identit personale come diritto costituzionale irrivedibile ai sensi dell'art. 2 Cost. (51). 5 -La Cassazione non ha dunque risolto adeguatamente i problemi che la tutela dell'identit personale poneva e la dottrina pi attenta non ha certo mancato di sottolinearlo. Gi prima che la Cassazione prendesse posizione sul problema, un autorevole studioso aveva infatti contestato lo stesso concetto di identit personale (52). Egli faceva notare che non potendo coincidere con l'immagine che di s d l'individuo, essa dovrebbe necessariamente consistere nell'immagine che dell'individuo ha la societ. Ma non vi saranno mai due soggetti che vedono la persona allo stesso modo, sicch l'unit della persona nella immagine che gli altri si formario non avr mai i medesimi caratteri e si dissolve nel nulla. E se. anche fosse stato possibile delineare un'immagine sociale con un certo grado di oggettivit, ci sarebbe poi sempre l'ostacolo delle molteplicit dei contesti sociali della famiglia, dell'ambiente di lavoro del raggruppamento politico, e cosi via, a far arrestare nella molteplicit ogni itinerario sociale di unificazione . Se ne desumeva che la identit personale pu essere soltanto formale (nome, immagine, fisionomia, tratti sequalitici) e non anche sostanziale . Anche perch altrimenti avrebbe dovuto essere tutelata pure l'immagine sociale del delinquente sanguinario cui si attribuisca, contrariamente al vero, un atto di bont, o quella dell'eversivo cui si attribuisca il fatto non vero di essersi pentito. Di recente, si poi contestata la autonomia della situazione giuridica protetta, sostenendosi che l'identit personale altro non rappresenterebbe che il nome civilistico del diritto all'onore ed alla reputazione, termini che sono rimasti appannaggio del lessico penalistico (53). La moltiplicazione dei casi di falsa luce stata conseguentemente spiegata come una reazione alla cappa opprimente imposta per molti anni alla tutela della reputazione, dovuta alla crescente importanza della libert di stampa nella nostra societ, che faceva apparire eccessivo il rimedio penalistico (54). Cosicch mentre un tempo la reazione normale di coloro che si sentivano offesi nella propria reputazione consisteva nel far sapere che minacciavano querela 'a carico dei diffamatori, oggi questa tattica si usa ancora, ma accanto ad essa ne sorta un'altra che vede il diffamato sottolineare la propria indignazione per la notizia che lo ha offeso con la dichiarazione, che intende chiedere i danni , la cui misura non ha nulla a che fare con il pregiudizio sofferto, esprimendo piuttosto la dimensione dell'indignazione suscitata. Per far capire al pubblico che si fortemente risentiti per l'affermazione lesiva si chiede una cifra astronomica, avendo premura di specificare (con tocco (51) Per una puntuale critica della tesi dominante, v. PACE, La gai'anzia dei diritti fondamentali .nell'ordinamento costituzionale italiano: il ruolo del legislatore e dei giudici comuni, in Riv. trim. dir. proc. civ., settembre 1989, Jl 688 e ss., nota 4 . . (52) FALZEA, Identit personale: motivi di perplessit, cit., p. 88 e ss. (53) Cosi, GAMBARO, Ancora in tema di falsa luce agli occhi del pubblico, in Quadrimestre, 1988, p. 312. Ma vedi sul punto ZENO-ZENCOVICH, Onore e reputazione ... , cit., p. 362 e ss. (54) GAMBARO, op. ult. cit., p. 308. 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO patetico) che essa sar per intero devoluta a scopi di beneficenza, a conferma del fatto che all'attore non interessa il risarcimento monetario in s, ma una pena per l'aggressore (55). 6. -Che tale preoccupazione sia fondata sembra dimostrato dalla sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma nella ormai famosa causa Colella e/Ministero della Pubblica Istruzione. Pasquale Colella, professore associato di diritto canonico, chiedeva al Tribunale di Roma che venisse riconosciuta la lesione della sua identit personale, come conseguenza dell'esclusione dal novero dei vincitori del concorso a professore universitario ordinario, poich -a suo dire -la Commissione giudicatrice pi che accertare il suo valore scientifico lo aveva discriminato per la sua non giovane et. L'esito negativo aveva prodotto un danno alla sua immagine pubblica, le cui conseguenze avrebbero potuto riflettersi anche sullo svolgimento di eventuali futuri concorsi cui avrebbe potuto partecipare. A sostegno delle proprie tesi, il prof. Colella adduceva elementi che avrebbero dovuto provare lo scarso valore culturale e scientifico dei vincitori, sottoponendo ciascuno di essi a durissime censure. L'Amministrazione convenuta, regolarmente costituitasi, resisteva eccependo il difetto di giurisdizione dell'adito Tribunale e, comunque, l'infondatezza nel merito della domanda risarcitoria. Con sentenza del 20 marzo 1987 (56), il Tribunale di Roma sorprendentemente ha riconosciuto nell' an la fondatezza della domanda per l'attivit illecita posta in essere in danno dell'attore e condannava la convenuta Amministrazione al risarcimento dei danni arrecati, da liquidarsi in separata sede. La dottrina, nei suoi primi commenti, ha criticato aspramente la pronuncia, facendo correttamente notare come il riconoscimento della negligenza dei commissari di concorso non abbia avuto altro scopo che soddisfare il sentimento di vendetta del candidato escluso dal novero dei vincitori, dal momento che in concreto il Tribunale non ha proceduto ad alcuna quantificazione del danno da false light (57).. L'attore cio ha ricevuto soddisfazione con la sostituzione dell'informa zione che circola subito dopo la pubblicazione dei risultati del concorso (il prof. Colella meno meritevole dei vincitori), con quella secondo cui stata la Commissione esaminatrice che non lo ha valutato adeguatamente, facendo male il suo lavoro. evidente allora che la teoria della falsa luce rischia di tradursi in uno strumento di controllo del circuito informativo affidato alla magistratura (58). 7. -Il diritto all'identit personale finisce dunque per sottrarre spazi alla libert di manifestazione del pensiero solennemente riconosciuta dall'art. 21 Cost. un problema che gli interpreti si sono sempre posto, tanto che taluni di essi (soprattutto i costituzionalisti) sono giunti a ritenere che la rilevanza (55) GA..'1BARO, 02. ult. cit., f. 314 e ss. (56) In Giur. It., 1987, , 2, p. 337. -La sentenza stata riformata dalla >. E che soprattutto le aveva prodotto un immediato pregiudizio poich la RAI aveva subito risolto il contratto gi con essa stipulato per la presentazione dello Zecchino d'Oro (67). L'ordinanza in parola si segnala per due importanti aspetti che mette bene in evidenza: in primo luogo, sottolinea correttamente la differenza tra foto "posate", avtse dal contenuto narrativo di un'opera cinematografica, e immagini di una sequenza di films ; ed, in secondo luogo, affronta il problema dell'efficacia del consenso sulle precise modalit di ripresa e sulla destinazione delle fotografie. E, soprattutto, l'ordinanza imponendo la rettifica, con la pubblicazione di un comunicato sulla copertina delle riviste, in cui si precisa che la Brigliadori non ha posato nuda per Playmen e che le foto erano tratte da un film, utilizza lo strumento pi idoneo, come evidenziato nel paragrafo precedente, a porre riparo alla falsa luce , conseguente alla subdola utilizzazione dell'immagine fotografica. Pi di recente la Pretura di Roma ha accolto il ricorso di Marina Ripa di Meana, danneggiata dalla messa in onda dello sceneggiato televisivo Piazza di Spagna per la inequivoca identificazione con il personaggio della con tessa Armida. Con ordinanza del 7 febbraio 1992, il Pretore ha accertato la lesione dell'identit personale della ricorrente che, pur essendo donna disinibita e spregiudicata, non pu certo essere associata alla mazzettara " dello sceneggiato, dedita solo a mediazioni tra politici e mondo della alta finanza, in cambio di tangenti . Anche in questo caso, il rimedio della rettifica, attraverso l'inserzione di un 1 comunicato (tra i titoli di testa e di coda dello sceneggiato) che esclude espressamente la riferibilit delle vicende del personaggio televisivo alla Ripa (66) In Dir. informazione e informatica, 1988, 860 ss. Ma v. anche l'ampia esposizione di ALPA, Istituzioni di diritto privato, Torino, 1994, 252 e ss. (67) In Dir. informazione e informatica, 1989, 513 ss., annotata. J2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di Meana, appare lo strumento pi idoneo ad assicurare il contemperamento. delle opposte esigenze (68). Passando alla tutela invocata dalle formazioni politiche, merita di essere segnalata l'importante ordinanza del Tribunale di Roma, che in data 26 aprile 1991, ha accolto il ricorso ex art. 700 c.p.c. del Partito Democratico della Sinistra, inibendo all'associazione non riconosciuta autodenominatasi Partito Comunista Italiano l'uso di tale denominazione, della sigla P. C. I. e del simbolo costituito da stella, falce e martello. I fatti di causa sono stati ampiamente pubblicizzati dalla stampa. Il Partito Comunista Italiano, nel corso del congresso di Rimini del 1991, si trasformava in Partito Democratico della Sinistra e adottava per simbolo l'albero della sinistra, alle cui radici veniva raffigurato il simbolo del P .C.I. Una minoranza dissenziente provocava una scissione, costituendo un'associazione non riconosciuta denominata P.C.I. e conveniva in giudizio il P.D.S., perch fosse accertata la legittimit dell'uso esclusivo di nome, sigla e simbolo prescelti come segni della sua identit politica. Il Tribunale di Roma rende un'importante pronuncia accogliendo il ricorso ex art. 700 c.p.c. del convenuto P.D.S., affermando che l'uso di segni distintivi gi appartenenti ad altro partito politico, ancora pienamente operante come tale, sia pure con denominazione e simbolo parzialmente diversi, costituisce lesione dell'identit personale del secondo, che non ha certo rinnegato il suo passato, cui anzi idealmente intende ricollegarsi attraverso la collocazione del vecchio (e notissimo) simbolo alle radici dell'albero della sinistra . (69) Un ultimo caso (attualissimo) per concludere. Il 18 giugno 1993, alla vigilia della chiusura della campagna elettorale per la prima elezione diretta del Sindaco di Milano erano giunti al ballottaggio per l'ambita poltrona il leghista Formentini e l'esponente della Rete Nando Dalla Chiesa. Nel corso di un affollatissimo comizio tenuto in piazza Duomo, il leader della Lega Umberto Bossi us parole di fuoco contro il figlio del generale caduto vittima di un agguato mafioso. Della cosa nostra fu definito l'esponente retino, storpiando il vero nome di Dalla Chiesa: attraverso di lui -ebbe a dire Bossi -i tentacoli della Piovra si vogliono impadronire di Milano . E ancora, con grande veemenza: usa il nome del padre per farsi pubblicit. Nel processo penale per diffamazione che ne seguito, ricostruite le fasi ed i passaggi pi ingiuriosi del discorso dell'on. Bossi, il Pretore di Milano con sentenza del 3 novembre 1994 ha condannato Bossi al risarcimento dei danni subiti dal Dalla Chiesa per lesione della sua immagine sociale e perci del diritto all'identit personale, con l'obbligo di pubblicazione della sentenza su due noti quotidiani (70). FEDERICO BASU.ICA (68) In Dir. informazione e informatica, 1992, 884 e ss., con nota di CLEMENTE, Ogniriferimento puramente casuale . Tutela del diritto all'onore e all'identit personale e diritto di creazione artistica. (69) In Dir. informazione e informatica, 1991, 868 e ss., con nota di CLEMENTE, La tutela inibitoria del nome e del simbolo del vecchio P.C.I. . I due casi pi attuali sono comunque quelli relativi alla scissione tra i popolari di Buttiglione e quelli di Bianco e alla scissione dall'Allenza Nazionale di Fini dell'M.S.I. di Rauti. (70) La Voce, 2 novembre 1994. - PARTE II, QUESTIONI L'ARRINGA IN DIFESA DEL MINISTERO DELL'INTERNO, PARTE CIVILE NEL PROCESSO PER L'OMICIDIO DEL SOPRINTENDENTE DI POLIZIA SALVATORE AVERSA E DELLA MOGLIE (*). Prefazione: La presentazione di questa magistrale arringa, pronunziata a conclusione di un delicatissimo dibattimento, potrebbe persino apparire imbarazzante, se non fosse suggerita dall'intendimento quanto mai vivo e sentito, di testimoniare la riconoscenza e l'apprezzamento per lo straordinario contributo ancora una volta offerto dall'Avvocatura Generale dello Stato alla causa della Giustizia, contributo che, nel caso di specie, si dispiegato nel quadro di un procedimento che vedeva l'intera Polizia di Stato parte lesa, quale Organismo vivo e vitale proditoriamente attaccato e colpito. Mi riferisco, naturalmente, al processo celebrato a carico dei responsabili del barbaro omicidio del Sovrintendente della Polizia di Stato Salvatore Aversa e della sua consorte Lucia Precenzano, vittime della violenza criminale che, il 4 gennaio 1992, a Lametia Terme, ne ha stroncato le coraggiose esistenze in segno di vile reazione alla sagace, incisiva, puntuale attivit investigativa dispiegata senza sosta dal rimpianto Collega. Le indagini immediatamente avviate dopo il grave evento -e condotte dagli stessi appartenenti agli Organismi centrali e periferici della Polizia di Stato con tenace determinazione -di per s oltre modo impegnative per la peculiare natura ed efferatezza del delitto, hanno incontrato un cammino irto di particolari, inedite difficolt, superate grazie al generoso slancio di tutti gli operatori ed all'elevatissima professionalit della Magistratura inquirente, costante riferimento in ogni fase dell'investigazione. L'esemplare sentenza emessa il 13 gennaio 1994, con la condanna degli autori dell'efferato crimine, Giuseppe Rizzardi e Renato Molinaro, rispettivamente alla pena dell'ergastolo ed a 25 anni di reclusione, ha cos concluso una tristissima, drammatica vicenda, con la riaffermazione di valori statuali e di principi giuridici che onorano la Magistratura giudicante, per l'alta sensibilit dimostrata, ed il Procuratore Capo della Repubblica, per la rigorosa autore11olezza assicurata alle ragioni dell'accusa. Ma un ruolo fondamentale, che s'impone alla nostra ammirata stima e considerazione, va riconosciuto all'Avvocato Generale dello Stato, Dr. Giorgio Azzariti, ed all'esimio Avvocato Paolo di Tarsia di Belmonte. con animo grato e riconoscente che rileggo l'arringa pronunziata dal difensore dello Stato il 7 gennaio 1994, dinanzi alla Corte di Assise di Catanzaro, certo di interpretare l'intensit di sentimento e di emozione di quanti -tra i presenti al giudizio, colleghi del Sovrintendente Aversa ed onesti calabresi -ascoltavano le giuste richieste di punizione per i due colpevoli, per vedere riaffermata la legalit in una terra, travagliata e meravigliosa insieme, che attende ordine e serenit dalla Magistratura e dalle Forze dell'Ordine. L'accorato intervento dell'Avvocato Paolo di Tarsia di Belmonte ha pienamente confermato le elevate aspettative riposte nell'abile professionista. La sua capacit, non disgiunta dall'alto senso di responsabilit civica palesato (*) Nell'im_Possibilit di pubblicarla per esteso, riportiamo brani dell'arringa, tenuta nell'arco di sei ore, innanzi alla Corte d'Assise di Catanzaro, dall'avv. Paolo di Tarsia di Belmonte nell'interesse del Ministero dell'Interno, parte civile nel noto processo, con la lusinghiera prefazione del Capo della Polizia, Prefetto Vincenzo Parisi, che ha riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dall'Avvocatura dello Stato. J4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO durante l'intero dibattimento, ha favorito, in modo invero assai significativo, la riparazione, per la parte consentita alla Giustizia umana, della grave offesa recata dal mondo criminale a due innocenti vittime e, attraverso il lom sacrificio, alla collettivit intera. Nel ricordare, in queste brevi righe di presentazione, l'impegno e lo slancio profusi dall'Avvocato nel difficile cimento, non posso sottacere alcune riflessioni, suscitate dalla lettura di un testo nel quale la lucidit espositiva e la maestria dialettica non prendono mai il sopravvento sulla straordinaria tensione morale, che, anzi, la raffinata oratoria esalta nella sua pregnanza. La difesa dello Stato non si limitata a perseguire un utile immediato sul piano processuale. Al contrario, seguendo una invisibile ma saldissima linea, ha saputo calare il tragico racconto nella realt storica lametina, cogliendone il caleidoscopio di situazioni sino a tratteggiare gli aspetti esiziali di una certa subcultura, linfa vitale del fenomeno mafioso, contrapposta alla radicata onest di gran parte del tessuto civile. Ne cos emersa, trattegiata con toni forti ed eloquenti, la volont dei criminali di colpire lo Stato, ma, soprattutto, risultata vincente la capacit reattiva proprio di quello Stato che si sperava invano di poter piegare, capacit sorretta da ideali altissimi che queste splendide pagine consegnano al lettore e soprattutto al lettore calabrese, quale alta testimonianza di strenua volont nella difesa degli inviolabili diritti dell'uomo. Una nota di rilievo meritano, ancora, quei passaggi dell'arringa nei quali l'Avvocato dello Stato ha saputo replicare agli enfatici, pericolosi atteggiamenti di altri attori del processo, che, non disinteressatamente, guardavano con sufficienza alle deposizioni testimoniali ed alle relazioni di polizia. Una esatta, minuziosa e concludente rassegna delle posizioni dei testi e dei verbalizzanti, in uno col calibrato riferimento alle regole proprie della psicologia giudiziaria, ha caratterizzato, invece, l'iter espositivo seguito dall'Avvocato Paolo di Tarsia di Belmonte. La vera pietra angolare di tutto l'impianto difensivo stata per posta con la corretta illustrazione della difficile posizione della protagonista di questa inchiesta giudiziaria, la collaboratrice di giustizia Rosetta Cerminara, alla quale si deve il merito di aver reso possibile una storica sconfitta della tradizionale omert diffusa in certe aree del nostro Paese. Splendido il suo esempio di coraggio civile, non sfuggito all'attenta sensibilit del Capo dello Stato, che ha inteso conferirle la medaglia d'oro al valore. Il therna probandurn stato affrontato con un'analisi attenta e severa delle dichiarazioni della giovane lametina, la cui attendibilit stata dimostrata enucleando e valutando, in profondit, i comportamenti della ragazza nelle fasi investigativa, istruttoria e dibattimentale e cogliendone i reali tratti psicologici. Per quanto concerne le motivazioni che avevano indotto la Cerminara a collaborare con gli inquirenti, dato da osservare che esse sono state evi denziate con indubbio rigore logico e con rara capacit di apprezzarle nella giusta luce, contrastando efficacemente bassi tentativi di strumentalizzazione, cos da suggellare indiscutibilmente la veridicit di quanto dichiarato in ordine alla ricostruzione della crudele esecuzione del duplice omicidio. Mi sia consentito concludere affermando che questa pubblicazione ha altres l'ulteriore, non meno importante merito di trascendere l'ambito del contesto giudiziario, proponendosi quale veicolo di diffusione per la pi diffusa conoscenza dei positivi risultati che lo Stato, nell'aula della Corte di Assise di Catanzaro, ha saputo conseguire, merc la dedizione e la professionalit dei suoi servitori. Grazie a questa pubblicazione, il lettore. potr cogliere non solo i particolari di una memoria difensiva di altissimo profilo, ma soprattutto il significa PARTE II, QUESTIONI to profondo di un saggio che, attraverso un fatto di cronaca, ha riguardato una realt straordinariamente articolata sul piano sociale. L'illustrazione delle molteplici connotazioni di un fenomeno complesso, come quello dei collaboratori di Giustizia; la documentazione della corale risposta offerta da tutte le Istituzioni; l'attestazione della saldezza morale della compagine della Polizia di Stato, impegnata ogni giorno, con le altre Forze dell'Ordine, nella difesa dei diritti dei cittadini; la testimonianza di incondizionata fiducia nella limpida azione della Magistratura; questi, solo alcuni degli spunti di riflessione e delle ragioni di speranza che l'Avvocatura dello Stato ha saputo proporre in una delle pagine pi belle della sua prestigiosa storia al servizio del Paese . Il Capo della Polizia Vincenzo Parisi Arringa: Signor Presidente, Signore e Signori della Corte d'Assise di Catanzaro! lo sono qu, in questa terra dove sono le mie origini antiche e dove torno sempre volentieri, in virt di due richieste dell'Amministrazione dell'Interno che "si costituita parte civile in questo processo e di cui vi ho test formulato ,le conclusioni. Nella prima il Ministro scrive che l'Amministrazione annette particolare importanza alla costituzione di parte civile nel procedimento penale relativo all'uccisione del Sovrintendente della Polizia di Stato Salvatore Aversa, in servizio presso il Commissariato di Polizia di Lametia Terme, colpito in un agguato, unitamente alla consorte, la sera del 4 gennaio 1992, nel predetto comune. Nella seconda il Capo della Polizia scrive all'Avvocato Generale dello Stato rappresentandogli che nel prossimo mese di giugno siamo all'inizio del precedente processo -presso la Corte d'Assise di Catanzaro si celebrer il processo per l'omicidio del Sovrintendente Capo della Polizia di Stato Salvatore Aversa e della consorte trucidati a Lametia Terme il 4 gennaio u.s. in un agguato. Il testimone chiave una ragazza che si resa disponibile e per la quale stato necessario adottare, in base alle leggi sui collaboratori di giustizia, complesse ed onerose misure di protezione, estese alla famiglia, che si vista costretta a sospendere l'attivit commerciale precedentemente svolta nella cittadina . Pu quindi, Eccellenza, immaginare -continua la lettera -la rilevanza del caso, che ha visto stroncata la vita non solo di un validissimo dipendente impegnato nella lotta alla 'ndrangheta, ma anche della moglie, vittima im10cente di un cieca violenza mafiosa! Le sarei quindi particolarmente grato se volesse riservare alla questione prospettata la massima cortese attenzione, data la rilevanza del caso, su cui la malavita locale cercher in ogni modo, attraverso i mandanti, purtroppo non ancora incriminati, di sviluppare una intensa azione difensiva con strategie particolarmente subdole, del tipo di quelle che vengono frequentemente attuate in consimili occasioni . Sembra quasi profetica la previsione! Ma andiamo avanti. Perch questa particolare attenzione a questo processo? Perch questa richiesta sollecitata a cos alti livelli? Perch questo delitto di omicidio, efferato pi di tanti altri, non nemmeno analogo a quelli che purtroppo tanto spesso insanguinano questa terra! :B un reato che si presenta con connotazioni particolari: intanto colpisce al cuore dello Stato, sia pur nella limitata sfera di competenza territoriale, un fedele ed efficientissimo investigatore, Salvatore Aversa, valida figura di vecchio maresciallo, pilastro del Commissariato di Lametia Terme, memoria storica, come hanno scritto i giornali e come ha riconosciuto l'allora suo diretto superiore Arturo De Felice in quest'aula. J6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Vedete, Signori della Corte d'Assise, i commissari vanno e vengono, la loro preparazione, la loro abilit, la loro efficienza e la loro professionalit devono necessariamente appoggiarsi a chi stabile da tempo sul posto, a chi conosce perci la geografia criminale come chi viene e passa non pu pretendere di conoscere. Il Maresciallo Aversa sapeva pi di quanto i Commissari non potessero sapere; aveva in sostanza, l'efficienza e l'affidabilit dei vecchi sergenti dei reparti militari o meglio, se mi consentite l'omaggio che sento di dovere al valore dell'Uomo, aveva la capacit, la professionalit la competenza e le conoscenza dell'Ufficiale di Stato Maggiore, al quale il Comandante di Brigata si affida. Aversa era un uomo insostituibile e non vi sembri strana l'analogia che faccio con i reparti militari: storia purtroppo di tutti i giorni! In questa terra t; nelle regioni finitime c' guerra, non pi solo normale criminalit; guerra per impedire che porzioni del territorio nazionale vengano sottratte alla sovranit dello Stato e lasciate alle leggi sanguinose delle bande. St parlando di realt di tutti i giorni, st parlando di realt che sono dentro questo processo, che hanno la valenza tragica e ineluttabile della notoriet dei fatti. Le bande che imperversano nel lametino e di cui avete appunto certezza da questi fatti che apprendete e che il Pubblico Ministero vi ha esattamente indicato! La capacit ramificante del potere delle bande! Ricordate l'episodio relativo ai collegamenti bolzanini di Rizzardi, le confidenze di Joele a Erlacher? La pericolost delle bande criminali organizzate in mafia, in 'ndrangheta, camorra o in quant'altre forme associate possibili: si fondano sull'omert i poteri di costoro, bubbone difficilissimo da estirpare; l'omert la conditio sine qua non del potere della banda, la conditio sine qua non della sua contrapposizione alla sovranit statale. L'omert, legge del silenzio all'interno della banda o dell'organizzazione mafiosa, legge del silenzio intesa nel senso di divieto di parlare, il presupposto non solo dell'impermeabilit della banda alle intrusioni esterne, ma addirittura presupposto della sua sopravvivenza. Lasciare agli offesi la vendetta, senza intrusioni dall'esterno, il cemento unificatore della banda. Ma qul, forse, questo discorso c'entra poco o niente, se non forse per ricordare che certo gli assassini non avevano ragione di temere delazioni dall'interno! C'entra invece l'accezione pi corrente del termine omert, cio il tacere per timore di rappresaglia, tacere che il frutto di un costume diffuso, nato dalla prepotenza delle cosche, nutrito dalla intimidazione e dalla vigliaccheria, strumento potente della efficienza della 'ndrangheta sul quale, evidentemente, contavano coloro che hanno progettato ed eseguito questo episodio criminale! Qu per i loro piani vengono sconvolti da un fatto decisamente imprevisto ed imprevedibile, mai accaduto! L'arrogante certezza di costoro di farla franca, stata sconfitta dall'inconsueto coraggio di questa giovane donna, Rosetta Cerminara, che ha osato sfidare le leggi del luogo! Coraggio, certo, il coraggio di denunciare i delitti, qu a Lametia Terme, a Nicastro, il coraggio di uscire dall'indifferenza, dall'omert, anche quella indiretta ed implicita, la forza di affrontare chi viola le regole di civilt! Sembrava talmente inverosimile che ci potesse mai accadere in un paese come questo, che, vedete, lodi e biasimi, applausi ed esecrazioni a Rosetta Cerminara hanno sostanzialmente e psicologicamente una comune matrice: lo stupore, l'incredulit! Non si ritiene possibile che lo strapotere della delinquenza possa avere subito intralci! Ed in questa dimensione psicologica di partenza, che stranamente unisce due strade diversissime, che vanno valutate le posizioni contra e pro, a favore o contro Rosetta Cerminara. Da un lato la si accusa di mitomania, di esaltazione, di fantasia malata PARm II, QUESTIONI 57 o peggio le si attribuiscono desideri di vendetta, matrice di accuse calunniose, la si accusa di essere accecata dall'odio o dominata soltanto da cinici interessi economici, profittatrice indegna di leggi che uno Stato, costretto ad una durissima lotta contro la criminalit invadente, ha dovuto emanare; dall'altro vi un coro di lodi, di consensi, di fiori -li abbiamo visti in aula! -e di incoraggiamenti, che ce la fanno apparire quasi come una eroina, ce la indicano come un esempio da imitare, modello di comportamenti da ripetere, cuneo di penetrazione nell'indifferenza sulla quale vegeta il crimine. Certo, la credibilit di Rosetta stata accentuata dalla sua costante, ferma ripetizione della scena tremenda che ha visto, dalla tenacia con la quale l'ha tante volte confermata, dallo stesso sdegno che ha manifestato in quest'aula per le non felici vicende processuali che si sono succedute, e, consentitemi di dire, dalla sua giovanile, ma genuina richiesta di essere creduta, perch diceva quel che sapeva di aver visto! Essa merita rispetto, ripugna alla nostra coscienza il vituperio in cui si tenta di sommergerla per disperata difesa! Ma detto questo, signori della Corte d'Assise, vi assicuro che voglio evitare eccessi retorici in quest'aula! la retorica ottunde la capacit di penetrazione logica, di critica valutativa! Rosetta una giovane donna i cui moti spontanei della coscienza non erano ancora sommersi da quelle convenienze, calcoli e paura che spesso rendono :vigliacchi gli adulti! questa la chiave di valutazione del comportamento di Rosetta Cerminara, questo, in coscienza, quello che mi sento di dirvi, dopo avere ascoltato per 12 estenuanti ore l'ultima deposizione di Rosetta e dopo avere valutato, al di l di quelle che si possono chiamare tattiche, strategie, dialettiche, esasperazioni del dialogo, i comportanwnti della stessa. Certo, stato detto e ripetuto in quest'aula, Rosetta una figlia di Lametia, nata in un clima in cui il farsi i fatti propri accessorio dell'omert e ne abbiamo avuto contezza dall'interrogatorio dei suoi parenti, ne far dopo alcuni accenni, ma intanto mi preme di farvi notare che i suoi genitori ed i suoi fratelli certo hanno faticato, essi, lametini da generazioni, immersi in questo modo di pensare, di agire, di comportarsi, ad individuare nei moventi di Rosetta quello pi semplice, ed in fondo pi puro: l'impossibilit di sopportare, da sola, il peso di un episodio cos orrendo contro l'uomo che lei sola conosceva. Perch non volere riconoscere a Rosetta la possibilit di una spinta nobile o il desiderio umano, agevole da comprendere, di scaricarsi? nemmeno i suoi genitori lo avevano compreso, nemmeno i suoi fratelli e si attaccavano ad un qualcosa... che a loro sembrava pi concreto, pi plausibile, pi abietto e perci pi consono alla durezza dell'ambiente in cui dovevano vivere: la vendetta! Come assumono i difensori, quasi a esorcizzare la verit, quella vendetta che essi pongono a prova della falsit della testimone, come se non fosse possibile distinguere fra i moventi che inducono un teste a parlare e la veridicit del suo racconto! Vedremo in seguito che la pretesa vendetta comunque non ha alcuna base n storica, n psicologica, che non pu essere messa fra i moventi che hanno indotto Rosetta Cerminara a parlare: questa ragazza non quella malvagia creatura che i difensori, malati di manicheismo, si sforzano di rappresentare. La verit emersa in questo processo non d basi a tale movente, nem meno quando esso esplicitamente ipotizzato, perch sempre e solo di ipotesi .si trattato nelle telefonate intercettate da altri e respinte da .Rosetta. Va data una corretta valutazione delle personalit del padre e del fratello, una genuina interpretazione dei loro momenti pi profondi. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Vi ricordate in quest'aula la deposizione di Michele Cerminara? Certo, ha dato tutt'altro che l'impressione di essere una persona di profonda cultura o di sapiente eloquio, ma un padre! Vi ricordate con quale prudenza ha risposto alle richieste della famigL.1 Molinaro in quella famosa visita della madre di Renato Molinaro accompagnata dal figlio Gianfranco? Ricordate che ci disse che aveva fatto finta di non aver inteso i minacciosi avvertimenti e giustificava il suo dissenso al perdurare del rapporto affettivo fra Renato Molinaro e sua figlia con la scusa del viaggio in America? Riuscite ad avvertire, immedesimandovi nella posizione del momento, che in tutto ci, nonostante l'autoritarismo di Michele Cerminara, traspare la sollecitudine di un padre, insieme alla paura di chi costretto a vivere tra delinquenti? Ancora: ricordate la sua rassegnazione: Tutta Italia si fa i fatti suoi e tu a chi vai a parlare, perch non ti fai i tuoi affari? 1l. in questa chiave che va psicologicamente letta la vendetta, non come movente di Rosetta, ma come valvola di sfogo di suo padre e di suo fratello. Mi interessa ora, per, tornare sul delitto: , come ho detto prima, un delitto di mafia come tanti altri o un qualcosa di diverso? 1l. sicuramente qualche cosa di diverso, di pi aggressivo, di pi preoccupante, sia perch hanno colpito il pi efficiente, il pi pericoloso per loro dei poliziotti dello Stato, in servizio a Lametia, sia perch, come ci ha ben detto in quest'aula il dottor Pansa, hanno colpito, colpendo Aversa, la direzione antimafia in uno dei suoi gangli vitali, sia pure limitatamente al territorio, sia perch questo delitto ha le connotazioni del momento di massima arroganza dell'aggressione criminale che ha investito il territorio lametino nell'ultimo decennio e si innesta in un avvertito pericolo delle cosche mafiose di essere scoperte; e perch? Perch in questo ultimo decennio c'era stata una guerra all'interno delle cosche mafiose, che aveva portato fatalmente ad una serie di pesanti omicidi per questioni di guardianie e questi omicidi e le successive indagini di polizia e di antimafia hanno scoperto posizioni che le bande avrebbero avuto interesse a mantenere segrete. Quindi questo delitto, dicono giustamente gli investigatori della polizia di Stato, dell'antimafia, costituisce, sia per la scelta degli strumenti, sia per la simbologia dell'arma usata, l'arma in dotazione alle forze dell'ordine, usata soltanto per uccidere e lasciata sulla Fiat Uno dal commando assassino -costituisce, dicevo, la risposta della criminalit alla polizia, la risposta delle cosche mafiose lametine all'incessante impegno professionale del Sovrintendente Aversa. C' questa connotazione, nel reato commesso, nella scelta dei tempi, nei luoghi di realizzazione, che mette in luce la terza e pi preoccupante caratteristica: nella determinazione di chi ha voluto, nella determinazione di chi ha eseguito il duplice omicidio, c' un aspetto tremendo di esemplarit e di monito indirizzati all'esterno. Aversa dava fastidio, rischiava di fare scoprire collegamenti e traffici crimi nali con quella sua diuturna e paziente opera di investigatore, con le ragnatele che tesseva, con la messe di notizie che riusciva a raccogliere, con il controllo sistematico, quotidiano dei pregiudicati, ed era indubbiamente un uomo di coraggio, non sottovalutava il pericolo: ricordate i suoi atteggiamenti difensivi, quando si recava in locali pubblici o ristoranti? Ricordate le preoccupazioni non palesate, ma evidenti nel suo comportamento e sul suo volto come ci sono state riferite dagli orfani? D"altro canto, lo Stato, con le sue leggi ed i suoi uomini, aveva assestato e stava assestando colpi pericolosi, bisognava quindi dare prova di potenza per intimorire e allora ecco il progetto criminale immaginato ed attuato: pieno centro di Lametia, periodo festivo, una strada di intenso traffico, negozi aperti, assassini a viso scoperto, cio quanto di meno tatticamente opportuno si poteva pensare!, di solito si uccide o si cerca di uccidere o si cerca di realizzare un fatto illecito, con quello che vien detto il I ~ I I I I I PARTI! II, QUESTIONI f9 favore delle tenebre, approfittando cio delle situazioni di tempo, di luogo, di assenza di testimoni, pi favorevoli per realizzare il fatto e per uscirne impuniti. Qui no! tutto ci stato valicato! Due giorni prima dell'Epifania, un'ora di traffico, negozi aperti, strada centrale di Lametia, assassini a viso scoperto, uomini del posto! Ci ha un significato proprio di intimidazione in chi ha immaginato, voluto ed eseguito questo delitto e desiderava che accadesse, perch gli assassini a viso scoperto e gli uomini del posto sono la dimostrazione dell'arroganza di una cosca che si sente potente e che sa che nessuno la denuncer, perch i testimoni si squaglieranno, perch nessuno oser parlare e pi c' arroganza, pi c' paura e silenzio! un'andata e ritorno ineluttabile; gli uomini del posto, oltre che a questa evidente esigenza, corrispondono anche al principio che regola le cosche: Chi interessato provveda, noi diamo il consenso . Efferatezza estrema: una serie di colpi, i colpi di grazia, l'uccisione della moglie. Che significato ha? Siamo in grado di superare i limiti che finora ci eravamo imposti, un certo modus vivendi, una terra di nessuno fra noi e il potere statale. Se voi alzate il tiro, noi siamo in grado ancor pi di voi di alzare il tiro e con pi il pregio della sorpresa e dell'illegalit . Perch vi ho descritto questo quadro? Perch nel Inio primo avvicinarmi a questo processo, le prime domande che Ini sono posto sono quelle che si 'posto o si pone l'uomo della strada, quelle che ognuno di noi si posto, quelle che forse a Lametia tanti si sono posti e cio due domande, matrici di tutto, iniziali: Ma se proprio dovevano ammazzare, proprio a Lametia dovevano scegliere i killer? . giusto! in un fatto di criminalit ordinaria che ubbidisca a tatticisini soltanto, cio il risultato immediato e l'efficienza dell'operazione di quel momento, la risposta a questa domanda certamente un dubbio a favore delle difese! ma questo non era un reato tattico, questo era un reato. sia pur nella liinitatezza del territorio, era un reato strategico; non si riprometteva soltanto un risultato a breve gittata, si riprometteva un risultato a lunga gittata sul piano pi vasto, appunto l'intimidazione, la dimostrazione di un potere: Per quanto tu Stato possa essere efficiente, per quanto tu Stato possa emanare leggi eccezionali, per quanto tu Stato ti affatichi a costituire direzioni centrali e distrettuali antimafia, non ce la fai contro di noi, perch noi possiamo colpire dovunque, chiunque ed in qualsiasi momento e lo colpiamo con le nostre forze, perch tu sei vincolato al principio del rispetto della legalit e noi no! Questo il messaggio, questo i visi scoperti, questo gli uomini del posto stavano a significare e rappresentare e ne abbiamo purtroppo, su scala pi vasta, su territorio nazionale, altri gravissiini esempi: la bomba di San Giorgio al Velabro a Roma, aveva una valenza esclusivamente strategica, nessun interesse diretto di mafia, se non questo messaggio a contenuto politico. Nel nostro caso c'erano i due messaggi: tattica e strategia. L'altra domanda : ma riconosciuti da Rosetta Cerminara hanno ammazzato lo stesso? Questo poi lo vedremo dopo, ma tanto vale anticipare, voi sapete -io intendo evitare ripetizioni nei liiniti del possibile -voi sapete che Rosetta Cerminara dice di avere visto Rizzardi e Molinaro, che conosceva benissimo, all'interno di quei due cancelletti del palazzo Bilotta e allora, criminali decisi s ad uccidere, ma con il rischio di essere riconosciuti da una testimone, con il rischio constatato tangibihnente Ci ha visto Rosetta, siamo qu! che facciamo? Due risposte vi d: non era rinviabile l'oinicidio! Voi pensate davvero che un oinicidio di questo genere avvenga casualmente, perch due di punto in bianco decidono di uccidere colui che era il pi teinibile loro avversario? Voi credete davvero che se il quadro di questo duplice oinici1 dio quello che vi ho appena designato e le carte processuali non ci consen1 tono altre interpretazioni, voi credete davvero che un omicidio cosl sintoma 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tico, cosi intimidatorio, potesse essere realizzato soltanto da due e non avesse una mente a monte, non avesse le sue cellule cli rinforzo, le sue squadre cli appoggio? Rinviare questo delitto soltanto perch c' un passaggio fugace dell'ex fidanzata di Renato Molinaro non era possibile! Un rischio calcolato! Lo si affrontato e sono andati avanti! Poi c' un'altro aspetto, un'altra risposta: ma Rosetta >, questa donna che tuttavia viene accusata di essere mitomane o malata e che caduta in una serie di contraddizioni, perch non c' dubbio: dal 22 gennaio del 1992, al 17 novembre del 1993, ha dato delle circostanze che ruotano intorno all'episodio cruciale, che non ha mai smentito, una serie di versioni contraddittorie, delle quali sicuramente si pasturer la difesa? Allora, queste contraddizioni di Rosetta, sono davvero il frutto di una regia accusatoria, come dice la difesa, cui lei si presta abilmente? o si spiegano altrimenti con il dichiarato desiderio di depistare? o con la pawa di esporsi o di esporre la famiglia? o pi banalmente con errori, inesattezze e vuoti di memoria? o -vi concedo anche -con un'umana comprensibile prudenza nell'esposizione dei fatti, fino a quando non avesse raggiunto tutela? che per non intacca la verit del suo dire! facile prendersela con le leggi di uno Stato, costretto all'emergenza! le deggi di emergenza sono tante nella storia, la stessa taglia sui criminali una -legge di emergenza, che fa a pugni con l'esigenza di una morale pura, di un imperativo categorico, perch la taglia sul delinquente sfrutta i pi bassi istinti dell'uomo, quegli istinti che uno Stato ordinato, ~ma a questo punto parliamo di Repubblica di Platone, non dovrebbe favorire. Per tant', ci sono esempi anche peggiori di legislazione: pensate alla sanatoria edilizia: difficile immaginare qualcosa di pi immorale di uno Stato che dichiara la propria incapacit di evitare fatti illeciti, li riconosce come tali e li legittima poi a pagamento. Ma cos : a situazioni estreme, rimedi estremi! Le leggi sui pentiti e sui collaboratori di giustizia sono leggi che lo Stato stato costretto ad emanare da una criminalit invadente che sta per occupare spazi della sua sovranit. Sono stati scritti fiumi di inchiostro sulla effettiva efficacia di queste leggi e non solo perch fatta la legge, trovato l'inganno . Ci viene il dubbio che la sovrabbondanza di pentiti possa avere riferimenti a pentitismi di maniera, a rami secchi che si offrono da parte della criminalit per avere spazi vitali successivi, ma questo non interessa il nostro processo, se non per il dubbio che le leggi sul pentitismo e sulla protezione dei collaboratori possano stimolare i pi bassi desideri, di rifarsi una vita, di sanare una propria situazione economica. Non sono tanto cieco da nascondermi le difficolt e la possibilit di questo discorso, ma un modo per arrivare alla verit, corrisponde in termini moderni alle taglie sui delinquenti dell'800, alle taglie sui briganti che in funzione antistato imperversavano nelle nostre terre dopo la cosidetta conquista piemontese, tanto per rifarci a discorsi storici. Quelle leggi hanno raggiunto i loro risultati, raggiungeranno anche queste i loro risultati, li stanno raggiungendo. Certo, Voi Giudici, che siete chiamati a valutare l'attendibilit di posizioni probatorie cos suscettibili di essere influenzate da una qualche cosa che con . il processo e con l'accertamento <;!ella verit potrebbe non avere niente a che fare, avete un saliente e delicato compito di assicurarvi dell'attendibilit, ma t11on andate al di l di questo! Posso concedere tutto su questo aspetto 1PAUE li, QUESTIONI 6J alla difesa: sono leggi che sarebbe bene non ci fossero, ma perch ci sono? Perch c' una criminalit potente, organizzata e diffusa, perch dobbiamo reagire, non possibile che la convivenza sociale sia alterata dalla formazione di bande, bande come gruppi che si pongono in antitesi. Con queste leggi dobbiamo puntare ad una convivenza sociale e armoniosa, il fatto singolare di gruppi contro gruppi, di gruppi che si danno leggi autonome e criminali e aggressive e considerano nemica la societ e lo Stato deve finire! queste leggi Voi dovete applicare in funzione di queste esigenze! Perci, tornando a Rosetta, vediamo se le difformit siano giustificabili e su quali basi logiche, psicologiche, giuridiche e storiche o se sia valida la chiave di lettura che ci propone la difesa. Voglio dire cio: ci sono davvero nelle contraddizioni di Rosetta, quegli adattamenti successivi resi necessari dagli sviluppi processuali s da screditarne totalmente la versione? Vedete, Signori della Corte d'Assise, se Rosetta fosse stata una costru zione della Polizia, ben poca professionalit dovremmo riconoscere a quei poliziotti che numerosi sono venuti a testimoniare in questo processo, molti dei quali sono il fior fiore degli investigatori italiani. Lo riconosce la stessa difesa quando sono venuti a testimoniare i Pansa, i Gratteri, i De Felice e, irritata per le brecce che non aveva potuto aprire in quello che essa definisce il falso castello accusatorio, tributa loro l'omaggio di pi abili investigatori d'Italia: Allora c' da domandarsi se possa essere appena verosimile che, volendo costruire un teste falso o stimolare atroci propositi di vendetta, quella stessa polizia, che si era resa ben conto che questo omicidio -lo scrive nei rapporti, lo ha ricordato il pubblico Ministero, lo dice qui in pubblica udienza -era la punta massima della parabola criminale a Lametia Terme, la stessa polizia, cos elogiata, cos efficiente, cos motivata perch era stato ucciso uno dei suoi uomini migliori, possibile mai che potesse cadere in errori cos banali come per esempio quello di non rifare il percorso di Rosetta Cerminara, non all'esperimento giudiziario primo, non all'esperimento giudiziario secondo, ma immediatamente dopo le sue prime dichiarazioni, quella stessa polizia alla quale Montilla dice di avere sentito le sirene e visto le macchine di polizia e carabinieri alle 18 e 45, non dice a Rosetta Cerminara, 10 giorni dopo febbrili indagini a tappeto, in cui certo il rapporto di Montilla non pu essere passato inosservato, non l'avverte: Bada, non dire che sei uscita da casa alle 18 e 20, perch senn come facevi ad essere alle 18 e 45 in via dei Campioni?. Allora, davvero Rosetta, quando qui in aula, dopo aver detto per ben due volte consecutive di essere uscita di casa alle 18 e 20 o alle 18 e 15 e una volta, dopo averlo circostanziato, con un ricordo esattamente perch l'ho detto a mamma , viene qui e soltanto in quest'aula, il 17 novembre del '93 (badate che in coerenza estrema, a rischio di sentirmi ridere alle spalle, non cito altro che le dichiarazioni sentite in quest'aula, in piena validit di deposizione!) precisa che erano invece le 18, 18 e 5, sarebbe lo strumento mendace di poliziotti abili, decisi a far condannare degli innocenti? Ed questo l'assesta mento difensivo perch si sono accorti che l'omicidio avvenuto prima? avremmo una polizia inetta e pasticciona che non meriterebbe nemmeno nel male elogi di capacit! Mi sono domandato anche i vari perch dei " Non ricordo di Rosetta. Cerminara e mi sono chiesto: quanti stati d'animo, quanti atteggiamenti sono individuabili in questa giovane donna, di fronte agli inquirenti? Cio, quante possibili chiavi di lettura abbiamo dei suoi Non ricordo , delle sue contraddizioni, delle sue imprecisioni, deile sue risposte? Intanto cominciamo col tenere presente che i suoi Non ricordo sono non ricordo di udienza e quindi hanno una valenza dialettica, psicologica, strumentale, che deve essere valutata in funzione della sua credibilit o no. Cfo voglio dire: I non ri 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO cordo di Rosetta Cerminara sono tutti Non ricordo di una teste che messa in difficolt e che quindi non vuole compromettere una posizione gi dichiarata o sono Non ricordo di autodifesa o reazione ad un'aggressivit verbale la cui cm;rettezza lascia molto a desiderare? Ne abbiamo avuti di questi casi, in dibattimento! Allora, ci sono i Non ricordo sicuramente sinceri, credo che nemmeno Veneto con tutta la sua abilit, nemmeno Zofrea con la sua astuzia saranno in grado di dire che certi Non ricordo non siano sinceri e che non emergano con spontaneit dal suo interrogatorio in udienza. Per esempio, quando Rosetta Cerminara a pagina 242 del verbale del 17 novembre,, risponde, a domanda del Presidente: Non ricordo Presidente come ero vestita quel giorno, non ricordo veramente, certamente un Non ricordo , spontaneo per il contesto e per il modo della dichiarazione. E voi siete giudici di tutto, non soltanto delle dichiarazioni, ma delle espressioni, degli atteggiamenti, dei silenzi, dei pianti e degli scatti d'ira: tutto dovete e potete valutare ai fini dell'attendibilit! Non umiliamo il dibattimento! qui che nasce e si forma la prova, l'udienza dibattimentale la regina dell'accertamento; evitiamo che degradi di nuovo a funzione notarile di accertamenti svolti altrove!. Le impressioni che ricevete dalle dichiarazioni dei testi sono importanti tanto pi se la ricostruzione dell'iter logico del teste soddisfacente Non ricordo veramente quando vidi per la prima volta Paolo Aversa, se prima o dopo che De Felice venne a casa mia, pag. 303 del suo interrogatorio. Quale valenza strumentale pu essere data ad un Non ricordo di questo genere, per potere ritenere che potrebbe essere il tentativo di copertura di un mendacio? Nessuno! C' abbondanza di documentazione sulla ricostruzione dei fatvi, le telefonate con Paolo, gli incontri con De Felice. Ci sono i Non ricordo in cui Rosetta Cerminara denuncia e questo anche lodevole, questo va valutato ai fini di attendibilit, non di inattendibilit, denuncia una sua impossibilit di essere pi precisa. Ci sono i casi in cui Rosetta Cerminara in parte travolta dal desiderio, che avverte, di collaborare, ed spinta dalla opportunit di fornire dati estrinseci di credibilit all'episodio che ha realmente visto, senza che questo ne intacchi la veridicit. A pagina 323, per esempio, sempre nel verbale del suo interrogatorio del 17 novembre, dice, a proposito dell'ora in cui decise di non andare pi da Fanny, Non me lo ricordo, meglio dire cos perch la verit; ma perch mai non dovrebbe essere la verit, quella dichiarata con questa frase assolutamente spontanea da Rosetta Cerminara, la quale rivela un disagio psicologico interno? lo devo dirli, gli orari, perch devo dare credibilit a quello che ho visto, in fondo sono stata in giro, ho dei termini di riferimento, l'ora in cui sono uscita, l'ora in cui sono arrivata da Gino Lo Prete, devo dirli gli orari e d'altra parte tormentata: Ma io questi orari come faccio in coscienza a dirli con la precisione con la quale me li si chiede?. In un primo tempo Rosetta Cerminara racconta un fatto e lo colloca approssimativamente nei tempi, ma quando questi tempi diventano esasperata richiesta di precisione al minuto, quando questi vengono prospettati con domande che per essere ripetute per l'ennesima volta, accavallate l'un l'altra, tendono ad indurla in inganno, lei dice: Non me lo ricordo, meglio dire cos perch la verit. E dove, quando lo I dice questo Rosetta Cerminara? Lo dice in un contesto dell'istruttoria dibatI timentale ;in cui l'avvocato Veneto la copriva di assillanti pretese di sapere l'orario al cronometro. Ma prima o dopo? Che ora era? avete detto che avete ! visto l'orologio di fronte ad Aversa! :t!. una risposta in linea con questa situazione! Sciogliete, signore e signori della Corte d'Assise, i vostri dubbi con il. massimo scrupolo; mi rendo conto che si tratta di applicare due ergastoli, perch due ergastoli ha richiesto il Pubblico Ministero simo .,della pena che il nostro codice, frutto di una e l'ergastolo il massoluzione di altissima I l ~ I I I PARTE II, QUESTIONI 6) civilt, ha adottato. L'uomo non padrone della vita e nessun giudice quindi la pu togliere. La pena capitale perci da tempo sostituita con l'ergastolo, pena tremenda tuttavia, pur con gli strumenti che tendono ad attenuarla in corso d'esecuzione. Pena per proporzionata all'atto tremendo di chi uccide! giusto perci che Voi esaminiate i fatti e le colpe nei minimi dettagli: nulla vi deve sfuggire, ma nulla nemmeno delle argomentazioni che vi prospetta l'accusa, dovete frettolosamente liquidare come pretenderebbe la difesa! Allora, dovete approfondire l'indagine, andare al di l delle prime apparenze: c' in Rosetta Cerminara il momento di intensa carica emotiva, vera, sacrosanta, difficile pensare che reciti, non solo perch aveva 19 o 20 anni al momento e ne ha 22 adesso, perch si pu recitare anche a quell'et, ma difficile convincersi che Rosetta Cerminara reciti quando dice: Me lo ricordo benissimo quello che ho vi.sto! . O, a pag. 363, in un momento di contestazioni pesanti, quando urla: Lei lo sa chi ha ammazzato Aversa! rivolgendosi al difensore e badate, tengo a precisare, per evitare di essere frainteso, non questa una critica al comportamento difensivo, soltanto la valutazione dei fatti. Il compito del difensore, da qualsiasi parte stia, cos umile che non pu avere m l'arroganza, ne la pretesa della verit finale: quella la dovete trovare voi, noi vi offriamo le nostre ragioni, noi e loro. Ma quando Rosetta Cerminara urla, rivolta a Veneto: Lei lo sa chi ha ammazzato Aversa, come facciamo a pensare che sia una recitazione? O quando dice, tormentata prima dal suo dilemma interno, tormentata da tutte le vicende, le lotte che ha sostenuto, sia quelle di carattere psicologico, sia quelle di carattere affettivo, sia quelle di carattere, chiamiamole economiche in senso buono, perch non rifiuto, come vi ho detto, nemmeno questa possibilit; quando Rosetta Cerminara dice: C' del vero e ce ne tanto del vero nelle mie precedenti dichiarazioni! . Che ~cosa dice? Lei lo sa quali sono i suoi tormenti dopo avere visto quellit situazione, lei lo sa di che forza d'animo ha dovuto dare prova quando ha detto dal parrucchiere: Accidenti, non vado pi a sciare! . Ma davvero voi pensate che quella frase di Rosetta Cerminara possa essere interpretata come dimostrazione di fatuit o come prova che non aveva visto niente? Davvero pensate che sia accettabile quello che vi prospetta la difesa, secondo la quale Rosetta avrebbe dovuto dire l a Lametia, di fronte a tutti Si si, lo s li ho visti io? Cosa voleva Rosetta Cerminara? Che quella frase banale, sparata subito dopo la notizia di un fatto che l'aveva terrorizzata, che aveva visto e che si teneva per s, coprisse ogni minimo turbamento nel suo volto: non era ancora iniziato il travaglio della sua coscienza, non avvertiva ancora il peso del segreto che l'avrebbe poi portata a denunciare il fatto. Prevaleva, d'istinto, la cultura dell'omert; e allora si stringeva nella sua difesa, nell'indifferenza, scappa dalla sua coscienza, cos come in preda alla paura, era scappata dal luogo che l'aveva vista testimone del delitto. Era il terrore di essere coinvolta che l'ha fatta parlare in quel modo, lo stesso terrore che l'aveva indotta ad andare da Gino Lo Prete a passo veloce , come ha sempre detto! avrei corso anch'io, Presidente, perch correre serviva a scaricare un peso troppo pesante da sopportare! Altro che le risatine di scherno della difesa o le minacce di denuncia all'ausiliaria di polizia che ha rifatto il percorso di Rosetta! qui che si capisce lo stato d'animo di questa teste: c'era un conflitto, un dramma interno, non determinato soltanto da questo desiderio iniziale di tutelarsi; quel dramma che l'aveva indotta a buttarsi a piangere sul letto della madre, in un ritorno di infanzia, di desiderio protettivo, del seno materno. Ricordate quando Santino le domanda cos'hai? e lei gli risponde in malo modo: Lasciami stare, sono stancai , Nessuno pu negare che Rosetta Cermi 66 RASSEGNA AVVOCATURA DEl.J..O STATO nara abbia un carattere forte, ma questo non significa che Rosetta Cerminara sia una teste falsai Quando si butta sul letto e piange, perch piange Rosetta Cerminara? Forse in quel momento non piange per il terrore dell'omicidio visto, Rosetta in quel momento piange per un altro motivo: aveva sperato che Molinaro non facesse pi il traffico di droga. Rosetta Cerminara sapeva che Molinaro era implicato in queste vicende, sapeva dell'ambiente che Renato Molinaro frequen tava1 ma lei o per affetto o per desiderio di tornare con lui o per ricordo di un amore che era stato felice sperava e pensava che Molinaro fosse migliore degli altri! Piange perch vede definitivamente infranto un suo sogno affet tivo, in quel momento. C' poco da :ridere su ci! Non si possono con una risa tina distruggere le lacerazioni psicologiche di Rosetta Cerminara! ci sono troppi riscontri sul piano dell'umana psicologia di una ragazza di quell'et in una situazione di questo genere perch ci possa essere ritenuto falso!! Quando dice qui in udienza, di fronte a voi: C' del vero e ce ne tanto del vero nelle mie precedenti dichiarazioni ! fa una sintesi totale dei suoi stati d'animo nei quali c' la delusione di un affetto radicalmente infranto da questo omicidio. Era un episodio al quale nemmeno Rosetta Cerminara, che pur frequentava senza troppi problemi trafficanti di droga -lo ha dichia rato lei -arrivava, perch era al di sopra delle sue possibilit di accetta zione! C' in questa dichiarazione di Rosetta Cerminara, qui, di fronte a voi, al dibattimento, anche il ricordo tempestoso di tutte le vicende che ne hanno fatto la protagonista indiscussa del processo. Nelle sue dichiarazioni, quanti momenti significativi! c' il momento in cui queste dichiarazioni erano controllate dai richiami prudenziali dei genitori, il momento in cui aveva il terrore che i genitori potessero essere perseguitati, il momento in cui, forse per legittima difesa, dichiarava qualche cosa a favore degli imputati, perch allora, negli ambienti di loro provenienza si potesse percepire, (voi certo non crederete che i mandanti non abbiano seguito questo processo nei minimi dettagli!) si potesse percepire che Rosetta in fondo non era pericolo sa, che giocava una parte di teste d'accusa per buttare cortine fumogene. Perch dite, voi della difesa, che sarebbe irrazionale l'episodio degli anelli al dito, perch irrazionale l'episodio dell'accento reggino? Ha invece una sua razionalit totale in questo senso: in fondo, bene o male, un p la figura della ragazza della mala, per superficialit, per amore, l'aveva rivestita, lei stessa ce lo dichiara: Stai tranquillo, io non dico niente non denuncio nes suno! Vi ricordate? a proposito del suo Renato? Ci sono le prudenze cui i genitori la stimolavano e c' infine il calcolo anche, ve lo concedo, che pu averla indotta a non parlare completamente fino a quando non fossero stati protetti lei e i suoi. Sono stati pagati i debiti? Non lo so! sono protetti efficacemente? lo sono stati fin da allora? non lo so! Santino dice di no, per esempio, ed preoccupante quello che Santino dice. Ha scarso pregio l'argomentazione finale di Veneto, quando dopo le mie domande a Santino Cerminara quando emersa la sua preoccupazione, per aver visto nel paese o citt dove vive, pi di una volta giovani di Lametia l sotto, preoccupante questa circostanza e certo non viene esclusa dal pur abile tentativo del l'avvocato Veneto, che alla fine fa a Santino Cerminara questa domanda: Sa signor Cerminara, lei troppo intelligente per non capire che da qui a qual-i che settimana noi verremo a sapere dove lei sta . Vedete di che efficiente servizio informazioni pu disporre la difesa; e e se ne vanta! E poi chiede: Dall'accento sembra che lei viva in una citt dell'alt'ltalia, ora lei troppo intelligente per non oapire che se vive in un paese questa PARTE II, QUESTIONI visita dei lametini ha un significato, se vive in una citt ha tutt'altro significato . Ora, per quanta stima abbia per la dialettica del mio avversario, devo dire che la sua logica qu claudicante. Mi dite perch mai, se io vivo in un paesetto della costa tirrenica e sono protetto dalla polizia per un qualsivoglia motivo, dovrei pensare che una visita dei miei conterranei sul posto, non possa avere altro che un significato di intimidazione, mentre se viceversa vivo a Torino, a Venezia, a Lecce, a Milano o a Roma, vedo dei lametini, sotto casa mia o per le strade che frequento, dovrei pensare: Niente paura, un incontro meramente occasionale? E vediamo altri Non ricordo di Rosetta Cerminara; Ci sono quelli che riflettono soltanto e qu veniamo proprio al momento dialettico, la preoccupazione della teste di non essere tratta in inganno, di bloccare un'insidia, senza che ci influisca sulla genuinit della risposta. Parliamo chiaro anche qu e vediamo le cose nell'esatta loro luce: Rosetta Cerminara una ragazza di 20 anni, nata e vissuta in Calabria, ma c' differenza fra lei e le calabresi vestite di nero, che si sono avvicendate su quella sedia a raccontarci cose fa. cilmente smentibili: ricordate la deposizione della madre di Molinaro? Ve ne parler tra poco, ma esse nonostante tutto meritano rispetto, custodi come vogliono essere, nel bene e nel male, delle loro famiglie, al di l delle quali nulla importante, nulla degno di considerazione. Fuori della cerchia degli affetti famigliari, la vita altrui, la giustizia, la convivenza sociale sono astrazioni, difficili da capire! Rosetta diversa, i suoi interessi vanno oltre la famiglia, la sua socialit elevata e sa difendersi: una giovane moderna, ed io non ho nessuna difficolt ad accettare che le abbiano ancor meglio insegnato a difendersi di fronte ai molteplici possibili inganni di un controesame! D'altronde non dice l'art., 38 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che i difnsori anche a mezzo di sostituti o di consulenti tecnici, possono conferire con le persone che possono dare informazioni? Che cosa pensate che possa dire un avvocato o chi per lui a tale persona? Guarda, raccontami le cose come stanno e vedi di riferirle con chiarezza al momento del giudizio, perch se questa la verit che conosci, non ti devi far trarre in inganno ! probabile che questo sia stato detto dai difensori ai loro testi, certo, doveroso, ed probabile che altrettanto abbiano fatto gli uomini del servizio centrale operativo della Polizia di Stato: sarebbe stato altrettanto doveroso! :B certo invece che commetteremmo un illecito gravissimo, noi e loro della difesa, se dicessimo ai testi di dire il falso! Perch vi dico questo? Perch Rosetta Cerminara, che una calabrese dinamica, vivace ed estroversa, ventenne, che reagisce al pungolo severo dei genitori che non ce la fanno a dare ai figli un'educazione all'antica, una ragazza anche avvisata contro possibili inganni, forse in modo ingenuo. avvertita Bada che ti ingannano, bada che ti fanno dire il contrario di quella che la verit! e allora, alla domanda dell'avvocato Veneto, che tutte queste cose le sa benissimo come le so io, troppo intelligente per non conoscerle e per non condividerle (ma lui sonda e il controesame glielo consente, il teste fino all'esasperazione! E, purtroppo, i margini fra il comportamento lecito e quello illecito di chi, attraverso un rotolio di domande confonde e fa dire al teste una cosa diversa da quello che , sono spesso labili). Alla domanda dell'avvocato Veneto a Rosetta Cerminara: Lei sicura che quella era una pistola come quella della polizia? che molto grossa, pi di 20 centimetri di lunghezza e ben visibile a distanza, lei risponde: Si ; Ma lei lo .esclude che era una pistola a tamburo?, dice Veneto e Rosetta, forse temendo chiss quale inganno, risponde agguerrita ma ingenua: Avvocato Veneto, io non escludo niente! :S evidente che si tratta di un'autodifesa, 68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO evidente che hanno qu operato gli avvertimenti al teste di non farsi trarre in inganno, ed ulteriore prova della veridicit di quello che lei dice! Me lo ricordo benissimo quello che ho visto! e lei avvocato Veneto lo il sa chi ha ammazzato Aversa! restano pilastri psicologicamente veritieri anche se non ci fosse altro! I Ci sono poi, nelle dichiarazioni e nei non ricordo di Rosetta Cerminara, le preclusioni, le determinazioni della teste di non riferire fatti della sua vita fil privata, non interessanti il processo: ce ne sono a piene mani in relazione ai rapporti con Renato Molinaro. Renato Molinaro dice, mettendolo sfrontatamente in piazza, di essere arrivato subito al dunque il primo giorno che sono usciti insieme; Rosetta Cerminara lo nega. E allora? teste falsa per questo? Sono circostanze fuori dal processo, rispettiamo la personalit della teste come impone il codice di procedura penale e non tacciamo di reticenza una testimone, che nega, se vero che nega, situa:llioni che con il processo non hanno niente a che fare. Noi possiamo trarre dalle risposte alle domande, anche se non rigorosamente pertinenti al thema decidendum, elementi per valutare l'attendibilit. Ma signor Presidente, signori e soprattutto signore della Corte d'Assise! asteniamoci dall'imprimere su questo sacrosanto pudore di una giovane donna di Calabria il marchio della sua inattendibilit ... I ... Un'ultima dimostrazione della verosimiglianza della versione di Rosetta Cerminara se non volete, ancora, della sua verit! C' Teresa Vigliaturo. Quan I do entr e disse che c'era stato un omicidio, senza sapere chi fossero le vit I ~ time. Le fu chiesto: Lo chiese anche alla Cerminara se sapeva qualche cosa dell'omicidio? Ricorda se a questo dialogo partecip anche la Cerminara? Lo pu escludere o no?; No, dice Teresa Vigliaturo, questo lo escludo altrimenti me lo sarei ricordato. Questa una deposizione circostanziata, valida perch aggancia al ricordo del No, Rosetta Cerminara non mi ha chiesto niente >>, un fatto mnemonicamente valido: la conosco, se me l'avesse doman I dato fra le sconosciute che c'erano, mi sarebbe rimasto in mente. E Rosetta Cerminara, infatti al primo annuncio non disse niente: Cal I missima, tranquilla eroi ma su quella tranquillit di Rosetta Cerminara ~ dal parrucchiere, non costruiamo una non conoscenza di Rosetta Cerminara di ~ I & un fatto cos tragico e quindi la falsit della testimone, ma valutiamola per quel che fu. Erano scattati i freni inibitori e le difese di Rosetta! Intendiamo ci. bene, Rosetta pur sempre donna di Lametia, pu essere moderna, diversa: da quelle donne quasi ieratiche, taciturne e vestite di nero, ma pur sempre donna di Lametia, ragazza di Lametia Terme. Quale pu essere la prima reazione di un lametino che assiste ad un delitto? Ma se io ho sentito amici miei, non vi dico ovviamente chi e quanti e a che livello, dire: Io? Se avessi visto non mi ci sarei immischiato per niente! A parte la seccatura di andare a testimoniare decine di volte, ma poi chi mi avrebbe garantito l'incolumit? . Questo il clima nel quale viviamo, questo l'ambiente, cos siamo noi! Voi pensate che Rosetta Cerminara, a caldo, quando le ferite, n quelle fisiche, n quelle psicologiche si ancora in grado di avvertire, pensate davve; ro che Rosetta Cerminara, quando andata via a passo veloce, per allontanarsi il pi possibile ed il pi presto dalla scena del delitto, per mettere il maggiore spazio possibile tra lei e chi aveva visto, forse anche preoccupata del fatto che qualcuno l'avrebbe potuta raggiungere, pensate che Rosetta o chiunque di noi o di voi, a 20 anni o a 60, avesse deciso in quel primo, spontaneo impulso di autodifesa, di non dire niente, di far finta di niente, PARTE II, QUESTIONI 69 di non avere visto nulla -pensate davvero che sarebbe andata dal parrucchiere con la faccia sconvolta, con la faccia alterata? Io mi sarei messo una maschera di cera, Rosetta si sarebbe magari voluta cospargere di cipria il volto per evitare rossori o pallori visibili dall'esterno! questa la verit di quei momenti! Tranquilla ero ; Come vi parsa Rosetta quando le avete parlato?; Tranquilla, serena, ha un attimo di tensione emotiva e ve l'ho detto prima, in quella sua dichiarazione: accidenti, non posso andare a sciare domani! , ma chi di noi, che non avesse effettivamente visto, come la difesa pretende che Rosetta non abbia visto, al sentir la notizia dell'uccisione di Aversa che ella conosceva e della moglie, avrebbe reagito con una dichiarazione cos brutale? Non sarebbe stata pi consueta, pi umana una espressione di cordoglio? anche se .fossero stati due sconosciuti? perch Rosetta non lo ha detto e non ha fatto gli stessi commenti che vennero naturali a quanti davvero non avevano visto niente? Ma perch se li avesse fatti non avrebbe resistito all'emozione e si sarebbe tradita, bastava un niente perch la facessero fuori il giorno dopo, bastava un niente! E Rosetta Cerminara a 20 anni, a Lametia, queste cose non era in grado di saperle? Non era in grado di temerle? Questa la teste che la difesa assume essere falsa! .... Signori della Corte d'Assise di Catanzaro! Noi ci troviamo dinanzi ad un feroce delitto di 'ndrangheta, che stato realizzato per moventi chiari, emersi dal processo e noti nella zona. Questo delitto atroce deve essere punito, deve essere la risposta dello Stato, risposta difficile, risposta purtroppo che colpisce soltanto parte degli esecutori materiali. Non c' l'autista, non ci sono gli appoggi, non ci sono coloro che hanno garantito materialmente ed esecutivamente sul posto la possibilit di realizzazione, non ci sono i mandanti. Ma voi dovete punire lo stesso, imprescindibile questo vostro dovere e lo. farete con coscienza serena e tranquilla, pur nella gravit delle pene che il Pubblico Ministero vi ha richiesto, perch non vi possibilit di altre strade! TUTELA GIURIDICA DEI PROGRAMMI PER ELABORATORE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Il presente articolo tratter aspetti relativi alla applicabilit del d.lg. 518/92 (attuativo della direttiva 91/250 CEE sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratore elettronico) anche alle ipotesi di duplicazione di programmi effettuate dalla Pubblica Amministrazione. L'attuale testo della legge sul diritto d'autore, integrata dal dJg. 518/92, con pene particolarmente severe punisce una serie di abusi nell'uso del software, tra cui la duplicazione a fine di lucro e la detenzione a scopo commerciale (art. 171 bis). Si tratta pertanto di verificare se siano configurabili detti fini con riferimento alla Pubblica Amministrazione. Per quanto concerne il fine di lucro va rilevato che i primi commentatori della legge non hanno manifestato orientamenti univoci nella interpretazione del concetto. Taluni infatti rilevano che la nozione di scopo di lucro (come configurata dalla giurisprudenza penale in relazione ad altri reati) va riferita ad un vantaggio di tipo patrimoniale, ossia suscettibile di valutazione economica, che pu consistere anche in un risparmio di spesa e che dunque pu attagliarsi anche alle duplicazioni non realizzate nel contesto di una operazione economica, come nel caso della P .A. Altri, invece, ritengono che lo scopo di lucro vada ricavato, in negativo, dalla nozione di uso personale , alla quale viene contrapposta; pertanto poich la duplicazione per uso personale (ammessa ai sensi dell'art. 68 legge 1941/633) importa senz'altro un risparmio di spesa per il duplicatore che intende usare il programma per s, si deduce che il fine di lucro (vietato dall'art. 171 bis della legge) consista in un quid pluris (arricchimento) rispetto al mero risparmio di spesa e, comunque, presupponga un trasferimento a terzi (ossia un uso non personale). D'altro canto, secondo tale orientamento interpretativo, lo scopo di lucro pu essere ricavato, in negativo, anche dalla nozione di scopo di liberalit, cui sarebbe estraneo il vantaggio patrimoniale. Seguendo tale orientamento, dunque, dovrebbe escludersi il reato di cui all'art. 171 bis nel caso di duplicazione effettuata dalla Pubblica Amministrazione: in primo luogo perch i programmi duplicati rimarrebbero nella disponibilit della stessa Amministrazione e quindi non vi sarebbe un trasferilmento., a terzi; in secondo luogo perch l'uso di terzi, seppure come tali si intendessero gli operatori dell'Amministrazione, sarebbe comunque gratuito. Tanto precisato in ordine al fine di lucro, resta da aggiungere qualche precisazione sul concetto di scopo commerciale previsto come fine che rende illecita la detenzione di copie di programmi non autorizzate. Si osserva in proposito che si contrappongono, tra i commentatori della legge, un criterio di interpretazione soggettivo, che riconosce la presenza del requisito solo in capo alle imprese commerciali individuate dalla dottrina commerciai- civilistica ai sensi dell'art. 2195 cc, ed un criterio di interpretazione oggettivo, che collega il requisito non alla natura dell'agente bens al fine della sua attivit (scopo di far commercio). La duplicazione attuata dalla Pubblica Amministrazione, peraltro, sfugge ad entrambe le interpretazioni, mancando nella specie sia la presenza di una impresa commerciale e sia lo scopo di fare commercio dei programmi duplicati. Pi complesso appare il problema della applicabilit del reato previsto dall'art. 171 legge 1933/633 alla P.A. PARTE II, QUESTIONI Tale fattispecie di reato, che parte della giurisprudenza ha applicato alla tutela del software anche prima dell'entrata in vigore del dlg. 518/1992, costituisce ipotesi di reato residuale integrabile ove non sussistano i presupposti per il reato speciale di cui all'art. 171 bis legge 1941/633. Occorre sottolineare che si tratta di un reato a dolo c.d. generico, diretto a ,'punire una serie di condotte (tra cui la riproduzione dell'opera altrui) per meate dalla mera consapevolezza e volont di dare corso alle stesse, prescindendo da qualsiasi fine di lucro o scopo commerciale. Consegue, dunque, che l'ambito applicativo della norma -notevolmente pi vasto rispetto a quello dell'art. 171 bis -coincide con l'abusivit della con dotta, abusivit riscontrabile qualora l'attivit esercitata dall'utilizzatore dell'opera esorbiti i limiti di uso imposti per legge ovvero per contratto dall'impresa titolare del diritto d'autore. Per quanto concerne i limiti di uso del software posti dalla legge si ricorda che l'art. 64 bis legge 1941/633 lett. a) riserva all'impresa la riproduzione del programma anche temporanea, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma e che tale prerogativa intesa nel senso che essa includa non solo la riprodu~ zione in copie del programma (su floppy o su altro supporto), bens anche il semplice caricamento del programma nella memoria del calcolatore (c.d. loading, che viene inteso come riproduzione temporanea), nonch il caricamento temporaneo del programma, residente su un server, nella memoria di pi computer connessi in rete (c.d. accesso multiplo ad un programma da parte di pi utenti di un solo sistema centrale). Pu essere peraltro discussa la possibilit di escludere il reato applicando, in sostanziale funzione discriminante di reato, l'art. 68 legge 1941/633 che riconosce come libera la riproduzione ... per uso personale...fatta...con mezzi di riproduzione non idonei a spaccio o diffusione dell'opera nel pubblico. La relativa applicazione alla Pubblica Amministrazione dunque condizionata alla possibilit di configurare come personale l'uso che dei programmi riprodotti faccia l'Amministrazione e alla possibilit di escludere l'idoneit allo spaccio o diffusione. In relazione a tale secondo punto si osserva che non sussiste idoneit allo spaccio nel caso di riproduzione c.d. temporanea (eseguita mediante caricamento del programma di volta in volta sui vari computer ovvero mediante utilizzazione di un programma residente su server da pi computer connessi in rete). Quanto all'uso personale evidente la difficolt di configurare tale requisito con riferimento ad un soggetto che .non sia una persona fisica. Infatti, deve escludersi che l'uso personale possa essere inteso nel senso che gli operatori che usino i programmi duplicati per fini istituzionali agiscano -in forza del rapporto di immedesimazione organica -per la P.A., cosicch possa dirsi che siano integrati i presupposti per l'uso personale, ossia proprio della persona giuridica. Tale interpretazione, infatti, oltre ad essere contestata in dottrina, sarebbe difficilmente accettabile sul piano logico e giuridico in quanto finirebbe per estendere in modo abnorme l'ambito dell'uso personale ad ogni persona giuridica, pubblica e privata. Deve rilevarsi, peraltro, che secondo diverso indirizzo interpretativo l'uso personale va inteso non nel senso di uso proprio della persona fisica, bens in senso relativo ed elastico, riferibile anche ad un ambito ristretto di persone (in via esemplificativa si cita espressamente l'ipotesi di un docente che utilizzi delle riproduzioni, nella specie fotocopie, nella cerchia ristretta dei suoi allievi). Non si escludono pertanto margini di applicabilit dell'art. 68 legge 1941/633 ove l'uso del software riprodotto sia circoscritto entro un ambito soggettiva ,, ,, 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mente ristretto e comunque tale, per numero di utilizzatori, da non costituire un comportamento violativo della concorrenza in pregiudizio dei diritti di utilizzazione economica dell'autore. Infine non pu essere precluso all'utilizzatore del software un uso dei programmi che possa considerarsi normale alla stregua della natura e della destinazione, oggettiva e soggettiva, dei programmi stessi. Ad esempio ove si tratti di programmi didattici -ossia di programmi creati dall'autore come sussidio all'insegnamento e il cui uso presuppone una necessaria interrelazione tra docenti e discenti -pu ritenersi che per l'ope rativit del programma sia necessaria la contemporanea utilizzazione dello stesso, 1da parte degli alunni e del loro docente, e quindi che la riproduzione.I del programma sia ammissibile nei limiti necessari per l'utilizzabilit del software in conformit della sua destinazione didatti.ca. Si osserva, infatti, che lo stesso dlg. 518/92 ha introdotto nella legge sul diritto d'autore l'art. 64 ter che consente -anche senza l'autorizzazione del titolare del diritto d'autore -la riproduzione del software ove sia necessaria per l'uso del programma...conformemente alla sua destinazione da parte del legittimo acquirente. Altro problema connesso all'entrata in vigore del d.lg. 518/92 attiene al diritto intertemporale. L'art. 11 dlg. 518/92 (art. 199 bis legge 1941/633) dispone l'app1icabilit della legge anche ai programmi creati prima della sua entrata in vigore , ma non si pronuncia sui fatti commessi prima della entrata in vigore. Affrontando dunque il problema in via interpretativa si osserva che il d.lg. 518/92 1per un verso ha sancito per la prima volta l'illiceit penale dell'abuso sul software (che apparirebbe pertanto come una nuova incriminazione, cui dovrebbe applicarsi il principio della irretroattivit della legge penale) e, per altro verso, ha incluso detto illecito in una fattispecie di reato gi esistente e gi 'in precedenza applicata da parte della giurisprudenza. Tale ultima considerazione fa ritenere prevedibile che la tesi destinata ad imporsi \Sia quella che esclude la nuova incriminazione, nel qual caso dovrebbe assumersi la rilevanza penale dei fatti commessi anche prima della entrata in vigore del d.lg. 518/92. Ci posto sembra che possa pervenirsi ad un temperamento della sanzione penale invocando, per i fatti commessi anteriormente al d.lg. 518/92, l'errore come ,causa soggettiva di esclusione della colpevolezza sotto il profilo dell'errore sulla stessa qualificazione del software come opera dell'ingegno. Con riferimento alla P.A. si pone, infine, il problema dell'applicabilit nelle norme di tutela contrattuale. Ai sensi dell'art. 8 d.lg. 518/92 le speciali azioni civilistiche previste dagli artt. 156-170 legge 1942/633 sono estese anche a chi mette in circolazione in qualsiasi modo o detiene per scopi commerciali copie non autorizzate di programma . Sembra pertanto che, nel caso di duplicazione di programmi effettuata dalla Pubblica Amministrazione, possa essere esclusa sia la circolazione e sia lo scopo commerciale, con conseguente inapplicabilit delle speciali azioni previste nella legge sul diritto d'autore. Ci detto, peraltro, non pu escludersi che la ditta titolare del diritto possa invocare l'ordinaria tutela contrattuale per inadempimento, ove la duplicazione del software costituisca attivit riservata alla stessa ditta e pertanto preclusa all'utilizzatore del programma. GIANNA MARIA DE SOCIO ' I ~ I Im ~ I I ~ ! I I I ~ ! I RASSEGNA DI L:EGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice di procedura civile, art. 669-terdecis, nella parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto, anche avverso l'ordinanza con cui sia stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare. Sentenza 23 giugno 1994, n. 253, G. U. 29 giugno 1994, n. 27. codice penale, artt. 17 e 22, nella parte in cui non escludono l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile. Sentenza 28 aprile 1994, n. 168, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. codice penale, art. 69, quarto comma, nella parte in cui prevede che nei confronti del minore imputabile sia applicabile la disposizione del primo comma dello stesso art. 69 in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale e una o pi circostanze aggravanti che comportano la pena dell'ergastolo, nonch nella parte in cui prevede che nei confronti del minore stesso siano applicabili le disposizioni del primo e del terzo comma del citato art. 69, in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale e una o pi circostanze aggravanti che accedono ad un reato per il quale prevista la pena base dell'ergastolo. Sentenza 28 aprile 1994, n. 168, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. codice penale, art. 73, secondo comma, nella parte in cui, in caso di concorso di pi delitti commessi da minore imputabile, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, prevede la pena dell'ergastolo. Sentenza 28 aprile 1994, n. 168, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. codice di procedura penale, art. 281, comma 2-bis. Sentenza 31 marzo 1994, n. 109, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. codice di procedura penale, art. 301, secondo comma, nella parte in cui non prevede che, ai fini dell'adozione del provvedimento di rinnovazione della misura cautelare personale, debba essere previamente sentito il difensore della persona da assoggettare alla misura. Sentenza 8 giugno 1994, n. 219, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 124, terzo comma, nella parte in cui, nel disciplinare i requisiti di ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, prevede l'esclusione di coloro che, per le informazioni raccolte, non risultano, 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO secondo l'apprezzamento insindacabile del Consiglio Superiore della Magistratura, appartenenti a famiglia di estimazione morale indiscussa. Sentenza 31 marzo 1994, n. 108, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. r.dl. 31 maggio 1946, n. 511, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non consente alla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura di disporre d'ufficio la nomina di un magistrato difensore. Sentenza 8 giugno 1994, n. 220, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 3, nella parte in cui prevede che i sequestri e i pignoramenti a carico dei dipendenti dello Stato si eseguono presso l'Ispettorato generale per il credito ai dipendenti dello Stato del Ministero del tesoro, anzich presso l'organo dell'amministrazione che titolare del potere di disporre la spesa. Sentenza 10 giugno 1994, n. 231, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. legge 3 agosto 1961, n. 833, art. 45, prbno comma, primo periodo, nella parte in cui non prevede il diretto deferimento a Commissione di disciplina qualora in base alle risultanze di accertamenti disciplinari il Comandante di Corpo o di zona o delle scuole ritenga che al militare sia da infliggere la sanzione della cessazione dalla ferma volontaria o dalla rafferma, indicata alla lettera b) dell'art. 43 della stessa legge. Sentenza 26 maggio 1994, n. 197, G. U. 1 giugno 1994, n. 23. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 2, primo comma, nella parte in cui non considera familiari agli effetti della stessa legge gli affini entro il secondo grado. Sentenza 5 maggio 1994, n. 170, G. U. 11 maggio 1994, n. 20. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 59, primo comma, e d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 51, prbno comma, limitatamente alle parole purch il matrimonio sia durato non meno di un anno ovvero sia nata prole ancorch postuma , Sentenza 28 aprile 1994, n. 162, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 21 [cos come modificato dall'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153], nella parte in cui non prevede che nel caso di lavoro a tempo parziale svolto da pensionati l'ammontare della detrazione da effettuare per settimana di lavoro sia determinato dividendo l'bnporto della trattenuta settimanale relativo all'orario normale per il numero delle ore corrispondenti a tale orario, e moltiplicando il risultato per il numero delle ore effettivamente lavorate nella settimana. Sentenza 8 giugno 1994, n .221, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 6, primo comma, lett. a), in riferimento all'art. 4, lett. c), nella parte in cui non prevede garanzie di contraddittorio ai fini della declaratoria della decadenza dall'incarico di componente la commissione tributaria, per sopravvenuto difetto della buona condotta " Sentenza 31 marzo 1994, n. 107, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 7f d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 51, primo comma, e legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 59, primo comma, limitatamente alle parole purch il matrimonio sia durato non meno di un anno ovvero sia nata prole ancorch postuma. Sentenza 28 aprile 1994, n. 162, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, terzo comma, nella parte in cui non prevede che la causa di ineleggibilit a consigliere comunale del dipendente comunale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi del secondo comma dello stesso art. 2. Sentenza 31 marzo 1994, n. 111, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, terzo comma, nella parte in cui non prevede che la causa di ineleggibilit a consigliere provinciale del dipendente provinciale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi del secondo comma dello stesso art. 2. Sentenza 31 marzo 1994, n. 111, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, secondo comma, nella parte in cui esclude che le pene sostitutive si applichino ai reati previsti dagli artt. 21 e 22 della legge 10 maggio 1976, n. 319. Sentenza 23 giugno 1994, n. 254, G. U. 29 giugno 1994, n. 27. d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 25, secondo comma [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131], nella parte in cui demanda alla commissione arbitrale prevista dall'art. 1 del regio decreto-legge 25 gennaio 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460, la revisione delle misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso convenute nei contratti per l'accertamento e la riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicit, dei diritti sulle pubbliche affissioni e delle tasse di occupazione di spazi ed aree pubbliche. Sentenza 2 giugno 1994, n. 206, G. U. 8 giugno 1994, n. 24. d.I. 1 luglio 1986, n. 318, art. 14, terzo comma [convertito nella legge 9 agosto 1986, n. 488], nella parte in cui, attraverso il rinvio all'art. 25, secondo comma, del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito nella legge 26 aprile 1983, n. 131, demanda alla commissione arbitrale prevista dall'art. 1 del regio decreto-legge 25 gennaio 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460, la revisione delle misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso convenute nei contratti per l'accertamento e la riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicit, dei diritti sulle pubbliche affissioni e delle tasse di occupazione di spazi ed aree pubbliche. Sentenza 2 giugno 1994, n. 206, G. U. 8 giugno 1994, n. 24. d.I. 31 agosto 1987, n. 359, art. 18, quinto comma [convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 400], nella parte in cui demanda alla commissione arbitrale prevista dall'art. 1 del regio decreto-legge 25 gennaio 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460, la revisione delle misure di cui allo stesso art. 18. Sentenza 10 giugno 1994, n. 232, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. 17 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge 1 febbraio 1989, n. 53, art. 26, nella parte in cui, rinviando per l'accesso ai ruoli del personale della polizia di Stato al possesso delle qualit morali 76 e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, prevede che siano esclusi coloro che, per le informazioni raccolte, non risultano, secondo l'apprezzamento insindacabile del Ministro competente, appartenenti a famiglia di estimazione morale indiscussa. Sentenza 31 marzo 1994, n. 108, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. legge reg. Piemonte 3 aprile 1989, n. 20, art. 11, lett. a), limitatamente all'inciso: nelle zone assimilate alle zone A e B del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 e cio nei centri edificati, nei nuclei minori, nelle aree sia residenziali che produttive a capacit insediativa esaurita o residua e in quelle di completamento cos definiti nei Piani Regolatori approvati ai sensi del titolo III della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modificazioni e integrazioni . Sentenza 31 marzo 1994, n. 110, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. legge 5 giugno 1990, n. 135, art. S, terzo e quinto comma, nella parte in cui non prevede accertamenti sanitari dell'assenza di sieropositivit all'infezione da HIV come condizione per l'espletamento di attivit che comportano rischi per la salute dei terzi. Sentenza 2 giugno 1994, n. 218, G. U. 8 giugno 1994, n. 24. d.lgs. 27 febbraio 1991, n. 79, art. 12, primo comma, lett. c), nella parte in cui richiede, per la partecipazione al concorso e per la nomina a maestro vice direttore della banda musicale della Guardia di finanza, il requisito del sesso maschile, previsto in generale per la nomina ad ufficiale in servizio permanente. Sentenza 19 maggio 1994, n. 188, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. d.l. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, secondo comma [convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438]. Sentenza 13 aprile 1994, n. 134, G. U. 20 aprile 1994, n. 17. d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270, art. 2, primo comma, nella parte in cui dispone che, con atto di indirizzo e coordinamento, il Ministro della sanit determina i requisiti minimi strutturali e tecnologici e stabilisce i criteri organizzativi uniformi ai quali gli istituti devono conformarsi. Sentenza 7 aprile 1994, n. 124, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270, art. 3, terzo comma, nella parte in cui richiede per la nomina del direttore generale dell'istituto zooprofilattico l'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le pro vince autonome. Sentenza 7 aprile 1994, n. 124, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270, art. 3, quarto comma, nella parte in cui dispone che, dei tre membri del collegio dei revisori degli istituti zooprofilattici, uno designato dal Ministro della sanit e uno dal Ministro del tesoro. Sentenza 7 aprile 1994, n. 124, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. delibera legislativa reg. Trentino-Alto Adige, riapprovata il 24 settembre 1993, recante Modifiche ed integrazioni al T.u. delle leggi regionali per l'elezione del Consiglio regionale, approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale 29 gennaio 1987, n. 2/L al fine di consentire la rappresentanza delle popo lazioni ladine della provincia di Trento nel Consiglio regionale e provinciale . Sentenza 10 giugno 1994, n. 233, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 ottobre 1993, art. 4, comma 3, lett. b), nella parte in cui indica una data successiva al 23 marzo 1992, e lettera d) nella parte in cui non prevede il pagamento di un corrispettivo adeguato al valore del diritto di abitazione, nonch comma 6. Sentenza 5 maggio 1994, n, 169, G. U. 11 maggio 1994, n. 20. legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, comma 22, nella parte in cui -nel caso di concorso di due o pi pensioni integrate o integrabili al trattamento minimo, delle quali una sola conserva il diritto alla integrazione ai sensi dell'art. 6, comma 3, del d.1. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, non risultando superati al 30 settembre 1983 i limiti di reddito fissati nei commi precedenti -prevede la riconduzione all'importo a calcolo dell'altra o delle altre pensioni non pi integrabili, anzich il mantenimento di esse nell'importo spettante alla data indicata, fino ad assorbimento negli aumenti della pensione-base derivanti dalla perequazione automatica. Sentenza 10 giugno 1994, n. 240, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE combinato disposto art. 2118 codice civile, art. 6, quarto comma, d.I. 22 dicembre 1981, n. 791 [convertito in legge 26 febbraio 1982, n. 54] e 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (art. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 8 giugno 1994, n. 225, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. codice di procedura civile, art. 429, terzo comma. Sentenza 2 giugno 1994, n. 207, G. U. 8 giugno 1994, n. 24. codice di procedura civile, art. 513, primo e secondo comma (artt. 13 e 14 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1994, n. 189, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. 78 RASSEGNA AVVOCATURA DEU..O STATO codice di procedura penale, art. 207, secondo comma. Sentenza 2 giugno 1994, n. 208, G. U. 8 giugno 1994, n. 24. codice di procedura penale, art. 238, prbno comma [nel testo sostituito dall'art. 3, primo comma, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 26 maggio 1994, n. 198, G. U. 1 giugno 1994, n. 23. codice di procedura penale, art. 286-bis (art. 3 della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1994, n. 210, G. U. 8 giugno 1994, n. 24. codice di procedura penale, art. 308, secondo comma, secondo periodo (artt. 3, 25 e 76 della Costituzione). Sentenza 21 aprile 1994, n. 147, G. U. 27 aprile 1994, n. 18. codice di procedura penale, art. 403 (artt. 3 e 112 della Costituzione). Sentenza 16 maggio 1994, n. 181, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. codice di procedura penale, artt. 443 e 595, nella parte in cui non consentono al pubblico ministero, in esito al giudizio abbreviato, di proporre impugnazione incidentale nel caso in cui l'imputato proponga appello avverso la sentenza di condanna (artt. 3 e 112 della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1994, n. 98, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. codice di procedura penale, artt. 500, comma 2-bis, e 512 (artt. 2, 3, 24, 25, 76, 101, 111 e 112 della Costituzione). Sentenza 16 maggio 1994, n. 179, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. codice di procedura penale, art. 500, quarto comma (artt. 3, 24, 25 e 101 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1994, n. 241, G. U. 22 giugno 1994, n. 26. codice di procedura penale, art. 689, nella parte in cui non include il decreto penale di condanna fra le pronunce non menzionabili ex lege nel certificato del casellario giudiziale rilasciato a richiesta dell'interessato (art. 3 della Costituzione). Sentenza 8 giugno 1994, n. 223, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. legge 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 51 e 69 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 13 aprile 1994, n. 135, G. U. 20 aprile 1994, n. 17. d.m. 8 luglio 1924, art. 37, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1994, n. 99, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE i9 r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 144, lett. d), n. 6 (artt. 5, 128, 23 e 53 della Costituzione). Sentenza 16 maggio 1994, n. 182, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 206, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1994, n. 173, G. U. 11 maggio 1994, n. 20. legge 17 luglio 1942, n. 907, art. 3, n. 1 (artt. 3 e 43 della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1994, n. 257. G. U. 29 giugno 1994, n. 27. legge 12 febbraio 1955, n. 77, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 21 aprile 1994, n. 151, G. U. 27 aprile 1994, n. 18. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 141, primo comma (art. 24 della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1994, n. 255, G. U. 29 giugno 1994, n. 27. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 142-bis, primo comma (art. 24 della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1994, n. 255, G. U. 29 giugno 1994, n. 27. legge 9 luglio 1967, 11. 589, art. 4, primo comma, n. 1 (artt. 5, 128, 23 e 53 della Costituzione). Sentenza 16 maggio 1994, n. 182, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20, primo comma, secondo periodo (art. 3 della Costituzione). Sentenza 2 giugno 1994, n. 213, G. U. 8 giugno 1994, n. 24. legge 22 maggio 1974, n. 357, art. 2, nella parte in cui d esecuzione all'art. 6 della Convenzione europea in materia di adozione di minori. Sentenza 16 maggio 1994, n. 183, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 7 (artt. 3, 29, secondo comma, 30, 31, secondo comma, e 37 della Costituzione). Sentenza 21 aprile 1994, n. 150, G. U. 27 aprile 1994, n. 18. legge 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1994, n. 193, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1994, n. 237, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. RASSEGNA AVVOCATURA DELl..O STATO 80 legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 11, primo e secondo comma (artt. 3, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1994, n. 234, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. d.I. 22 dicembre 1984, n. 901, art. 1, comma 5-bis [convertito in legge 1 marzo 1985, n. 42] (artt. 24 e 42 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1994, n. 163, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 20, primo comma, lett. c) e 22, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 21 aprile 1994, n. 148, G. U. 27 aprile 1994, n. 18. r.d. 2 aprile 1985, n. 3095, artt. 4, 7 e 8 (artt. 5, 128, 23 e 53 della Costituzione). Sentenza 16 maggio 1994, n. 182, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. legge 11 gennaio 1986, n. 3, artt. 1, 2 e 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 16 maggio 1994, n. 180, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. legge 11 gennaio 1986, n. 3, artt. 1, 2 e 3 (artt. 3, 13, primo comma, 16, primo comma, e 32 della Costituzione). Sentenza 16 maggio 1994, n. 180, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. d.1. 16 settembre 1987, n. 379, art. 1, comma 8 [convertito in legge 14 novembre 1987, n. 468], nella parte in cui esclude i colonnelli provenienti da carriere e ruoli diversi, che abbiano maturato ventinove anni di servizio militare comunque prestato, dalla parziale omogeneizzazione stipendiale fra gli ufficiali delle Forze armate e gli appartenenti alle Forze di polizia (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 21 aprile 1994, n. 146, G. U. 27 aprile 1994, n.. 18. d.l. 29 dicembre 1987, n. 534, art. 14, secondo comma [convertito in legge 28 febbraio 1988, n. 47] (artt. 24 e 42 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1994, n. 163, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. legge 21 novembre 1988, n. 508 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1994, n. 193, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. legge reg. Lombardia 6 febbraio 1990, n. 7, art. 20 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1994, n. 125, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, comma 4-septies (artt. 3, primo comma, e 97, primo comma). Sentenza 16 maggio 1994, n. 184, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. PARTE Il;. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE cU. 27 aprile. 1990, n; 90, art 12, quinto comma [convertito in legge 26 giu gno 1990i n. 165] (artt. 23 e 53 della Costituzione). Sente)lZa 10 giugno 1994, n; 236, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. legge 30 luglio 1990, n. 217, art. 1, comma 8 (artt. 3 e 24, commi 1 e 2, della (;ostitu;1;ione).. Seriteni.16 giugno 1994, n. 243, G. U. 22 giugno 1994, n. 26. legge 20 maggio 1991, n. 158, art. 22 (artt. 24 e 42 della Cosdtuzione). Sentenza 28 aprile 1994, n. 163, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. legge 8 novembre 1991, n. 360, art. 3 (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1994, n. 166, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. legge reg. Frluii~Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52; artt. 72, lett. b) e f), e 78 (artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1994, n. 100, G. U. 6 aprile 1994, n. 15. legge reg. Frluli-Veriezia Giulia 19 novembre 1991, n; 52, artt: 78, primo comma e 68, terzo comma, lett. f) (artt. 3, 25, secondo comma, e 116 della Co stituzione, art. 4 dello statuto spec. reg. Friuli). SenteJlZa 16 maggio 1994, n. 178, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. legge 18 gennaio 1992, n. 16, art. 1, primo comma (artt. 3, 25, secondo comma, e 51, primo comma, della C9stituzione). Sentenza 31 marzo 1994, n. 118, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. combinato disposto artt. 18, primo comma, lett. b), 30, primo comma, lett. h) e 31, primo cQ:tnma, lett. g), della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). SenteJlZa 31 marzo 1994, n. 117, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. d.L 11 luglio 1992, n. 333, art. 6, terzo comma [convertito nella. legge 8. ago sto 1992, n. 359] (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1994, .n. 164, G. U. 4 waggio 1994, n. 19. d.l. 11 luglio 1992, n. 333, art. 6, quarto comma [convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359] (art. 36 della Costituzione). SenteJlZa 28 aprile 1994, n. 164, G. U. 4 maggio 1994, n. 19. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 4, quinto comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 21 aprile 1994, n. 153, G. U. 27 aprile 1994, n. 18. 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 13, commi 2 e 3, cos come sostituito dall'art. 6-bis del d.l. 18 gennaio 1993, n. 9 [c011vertito in legge 18 marzo 1993, n. 67] (artt. 3, 35, 36, 38, 101 e 104 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1994, n. 115 G. U. 13 aprile 1994, n. 16. d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, primo, secondo e quarto comma, (artt. 3, 24, 55 e seg., 70 e seg., 92 e seg., 97 e seg., 101, 102, 103, 104, 108 e seg. e 113 della Costituzione). Sentenza 24 giugno 1994, n. 263, G. U. 29 giugno 1994, n. 27. d.I. 18 gennaio 1993, n. 8, art. 21 [convertito in legge 19 marzo 1993, n. 68] (artt. 2, 3, 24, 28, 41 e 113 della Costituzione). Sentenza 21 aprile 1994, n. 155, G. U. 27 aprile 1994, n. 18. d.1. 18 getll'laio 1993, n. 8, art. 21 [convertito in legge 19 marzo 1993, n. 68] (artt. 2, 3, 23, 24, 53 e 113 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1994, n. 242, G. U. 22 giugno 1994, n. 26. d.l. 18 gennaio 1993, n. 8, art. 21, terzo comma [convertito in legge 19 mar zo 1993, n. 68] (artt. 24 e 25 della Costituzione). Sentenza 21 aprile 1994, n. 149, G. U. 27 aprile 1994, n. 18. d.I. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2 [convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75] (artt. 3, 24, 53, 102 e 103 della Costituzione). Sentenza 24 giugno 1994, n. 263, G. U. 29 giugno 1994, n. 27. legge 24 marzo 1993, n. 75, art. 2, primo comma (artt. 3, 24, 55, 70 e seg., 92 e seg., 97 e seg., 101, 102, 103, 104, 108 e seg. e 113 della Costituzione). Sentenza 24 giugno 1994, n. 263, G. U. 29 giugno 1994, n. 27. d.1. 22 maggio 1993, n. 155, artt. 7, primo comma e 8-bis [convertito in legge 19 luglio 1993, n. 243]. Sentenza 8 giugno 1994, n. 222, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. d.lgs. 30 giugno 1993, n. 266, art. 1, terzo comma, lett. b); 1, terzo comma, lett. d); 5 e 6 (artt. 76, 117, 118, e VIII disposizione transitoria e finale, commi secondo e terzo, della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1994, n. 128, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270, artt. 1, primo, terzo, quarto e quinto comma; 2, secondo e quinto comma; 3, primo, secondo, quinto e sesto comma (artt. 117, 118 e 76 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1994, n. 124, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270, artt. 1, prbno, terzo, quarto e quinto comma; 2, secondo e quinto comma; 3, prbno, secondo, quinto e sesto comma; 4; 5 e 10 (artt. 8, n. 21; 9, n. 10 e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige e art. 76 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1994, n. 124, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270, artt. 1, prbno, quarto e quinto comma; 2, se condo comma; 3, secondo e sesto comma; 5, primo comma; 6, prbno comma, lett. a); 10; prbno comma (artt. 117, 118, 119, e 76 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1994, n. 124, G. U. 13 aprile 1994, n. 16. d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 15, commi prbno, terzo e quarto, e 159, terzo comma (artt. 11 statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 8 giugno 1994, n. 224, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 47, secondo e terzo con'lla, 152, primo comma, e 159 (artt. 3, 4 e 6 statuto spec. reg. Sardegna e art. 76 della Costituzione). Sentenza 8 giugno 1994, n. 224, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. d.lgs. 1 settembre 1993, 11. 385, art. 159 (artt. 5, n. 3, 16, primo comma e 107, primo comma, statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 8 giugno 1994, n. 224, G. U. 15 giugno 1994, n. 25. legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 ottobre 1993, artt. 2, 3, S, 6, secondo, terzo e quarto comma, 11, nonch restanti commi dell'art. 4 (artt. 3, 9 e 97 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1994, n. 169, G. U. 11 maggio 1994, n. 20. legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 ottobre 1993, artt. 7, terzo comma, e 8 (artt. 3, 9 e 97 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1994, n. 169, G. U. 11 maggio 1994, n. 20. legge reg. Puglia riappr. il 21 dicembre 1993, articolo unico, primo, se condo e quarto comma (art. 117, ultimo comma, della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1994, n. 192, G. U. 25 maggio 1994, n. 22. CONSULTAZIONI AMBIENTE -Ente parco -Direttore di parco nominato con contratto di diritto privato -Se sia lavoratore dipendente -Contratto di nomina Applicabilit dei divieti di cui all'art. 3 commi 23 e 24 legge n. 537/93. Se il direttore di parco, nominato ai sensi dell'art. 9 comma 11 legge 6 dicembre 1991 n. 394, con contratto di diritto privato, sia lavoratore dipendente oppure autonomo e se i divieti (di assunzione di personale a tempo determinato e di stabilire prestazioni di lavoro autonomo per prestazioni superiori a tre mesi) posti dall'art. 3 commi 23 e 24 legge 24 dicembre 1993 n. 537, riguardino anche i contratti di nomina di direttori di parco (es. 902/94). ANTICHIT E BELLE ARTI -Cose di interesse artistico e storico -C.d. privatizzazione di banche di interesse nazionale e di enti pubblici -Beni di interesse storico artistico di propriet di questi -Regime giuridico -Effetti. Quali effetti determini sul regime dei beni di interesse storico artistico di propriet di una banca di interesse nazionale (nel caso di specie COMIT S.p.A.) o di un ente pubblico la c.d. privatizzazione della banca o la trasformazione dell'ente pubblico in societ per azioni (et. 11082/93). Immobili di interesse storico e artistico -Lavoro di riparazione -Effettuazione a spese di chi non sia il proprietario -Contributo ex art. 3 comma 2 legge n. 1552/61 -Erogabilit all'effettuatore della spesa. Se il contributo delle spese di ripristino o conservazione di immobili di interesse storico-artistico, che lo Stato pu erogare ai sensi dell'art. 3 comma 2 legge 21 dicembre 1961 n. 1552, possa essere corrisposto a soggetto che pur non essendo il proprietario degli immobili ha provveduto ad eseguire i ridetti lavori di ripristino o conservazione (es. 3510/94). ASSISTENZA E BENEFICENZA PUBBLICA -Croce Rossa Italiana -Affidamento dell'espletamento dei compiti di istituto a cooperativa -Possibilit. Se nei confronti della Croce Rossa Italiana sia operante la deroga, al divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro, posto dall'art. 1 legge 23 ottobre 1960 n. 1369, introdotta per gli enti senza finalit di lucro che svolgano attivit socio-assistenziale, dall'art. 6-bis d.l. 18 gennaio 1993 n. 9 (che sostituisce l'art. 13 legge 23 dicembre 1992 n. 498) (es. 4051/93). CIRCOLAZIONE STRADALE -Veicoli adibiti a servizi di polizia o di soccorso -Infrazioni alle prescrizioni del codice della strada da parte dei conducenti nell'esple tamento di servizi di istituto e facendo uso dei dispositivi di allarme -Irrogabilit di sanzioni pecuniarie all'amministrazione proprietaria. Se possano essere irrogate all'amministrazione proprietaria di veicoli adibiti a servizi di polizia o antincendio (o di ambulanze) sanzioni pecuniarie amministrative a cagione di comportamenti, non conformi alle prescrizioni in materia di circolazione stradale, tenuti da conducenti dei veicoli stessi, nell'esple PARTE II, CONSULTAZIONI tamento di servizi di istituto e facendo uso congiunto. sia del dispositivo sonoro di allarme, sia di quello di segnalazione visiva (luce lampeggiante blu) (es. 9418/93). Vigile del Fuoco in possesso di patente civile di guida -Conduzione di auto mezzi adibiti a servizi di istituto in attesa di rilascio della patente c.d. militare -Possibilit. Se, in attesa del rilascio della patente c.d. militare il Vigile del Fuoco, munito di patente civile ordinaria, possa essere adibito alla guida di autoveicoli di propriet del Ministero dell'Interno in servizio di istituto (es. 8106/93). Violazioni alle norme del codice della strada dalle quali derivino danni alle persone -Procedimento penale contro l'autore -Sentenza irrevocabile di condanna -Mancata applicazione da parte del giudice penale della sanzione della sospensione della patente -Sospensione provvisoria disposta in precedenza dall'autorit amministrativa -Perdita di efficacia. Se la sospensione della patente, disposta dall'autorit amministrativa, in pendenza di procedimento penale (per omicidio colposo e lesioni colpose) nei confronti dell'autore di infrazione al codice della strada dalla quale siano derivati danni alle persone, perda efficacia nel momento in cui diviene irrevocabile la sentenza che abbia condannato l'imputato omettendo di irrogare la sanzione della sospensione della patente (es. 785/94). COMUNE -Comune con popolazione superiore a 10.000 abitanti -Sindaco -Indennit di carica -Raddoppio ex art. 3 legge n. 816/85 -Presupposti -Dimissioni da ministro e/o segretario di Stato. Se spetti il raddoppio dell'indennit di carica -ex art. 3 comma 2 legge 27 dicembre 1985 n. 816 -a chi si sia dimesso da ministro della Repubblica e/o segretano di Stato nell'assumere la carica di sindaco (in un comune con popolatlone superiore a diecimila abitanti) (es. 1566/93). CREDITO Ente creditizio pubblico legge n. 218/90 e d.lg. n. 356/90 -Conferimento dell'azienda bancaria in Societ per Azioni -Conseguenze. Se a seguito delle trasformazioni in Societ per Azioni di istituti di credito pubblici, gli enti conferenti l'azienda bancaria alla nuova societ abbiano conservato la natura di enti pubblici o se siano trasformati in enti privati (ci in relazione in particolare, ai problemi relativi alla necessit di iscrizione nel registro delle persone giuridiche, al regime applicabile alle accettazioni di eredit e di donazioni e agli acquisti di immobili, alla disciplina del rapporto di lavoro del personale) (es. 881/94). ENTI PUBBLICI -Enti pubblici economici -Norme disciplinanti l'accesso a documenti amministrativi (legge n. 241/90) -Applicabilit. Se sia applicabile ad un ente pubblico economico (nella specie Ente Poste) la disciplina relativa all'accesso ai documenti amministrativi dettata dalla legge n. 241/90 (es. 3751/94). 86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Patrimonio C.d. privatizzazioni di banche di interesse nazionale e di enti pubblici Beni di interesse storico artistico di propriet di questi -Regime giuridico -Effetti. Quali effetti determini sul regime dei beni di interesse storico artistico di propriet di una banca di interesse nazionale (nel caso di specie COMIT S.p.A.) o di un ente pubblico la c.d. privatizzazione della banca o la trasformazione dell'ente pubblico in Societ per Azioni (et. 11082/93). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Indennit cli esproprio . Determinazione Costruzione demolita quando era in itinere il procedimento di condono edilizio Rilevanza. Se nella determinazione dell'indennit di esproprio si debba tener conto di una costruzione che sia stata demolita dopo la presentazione della domanda di sanatoria edilizia e prima che questa sia stata accolta (es. 1978/94). Opere statali Pronuncia clel decreto di esproprio in base al solo deposito dell'indennit provvisoria non accettata -Legittimit. Se nelle espropriazioni per pubblica utilit dello Stato sia possibile emettere il decreto di esproprio quando si sia provveduto al deposito dell'indennit provvisoria non accettata e prima che sia stata liquidata l'indennit definitiva come determinata dai competenti organi tecnici (es. 851/94). IMPIEGO PUBBLICO Diritti e doveri del dipendente -Imposizione cla parte dell'amministrazione del divieto di fumare nei luoghi di lavoro -Possibilit. Se l'amministrazione possa imporre il divieto di fumare nei luoghi di lavoro (es. 3104/94). ISTRUZIONE E SCUOLE -Incarichi di insegnamento presso ISEF -Rapporto fra incaricato e ISEF -Natura -Lavoro subordinato o prestazione di opera. Se colui al quale sia conferito incarico di insegnamento presso un ISEF sia legato al predetto istituto da rapporto di lavoro subordinato (es. 8241/93). Personale della scuola -Impiego in attivit non istituzionali -Limite posto dall'art. 5 d. lgs. 35/93 (1.000 unit) ai comandi e collocamenti fuori ruolo Rilevanza. Se nel contingente di mille unit, entro il quale l'art. 5 d.lgs. 12 fobbraio 1993 n. 35 contiene l'impiego del personale della scuola in funzioni diverse da quelle di istituto, debbano essere ricompresi: a) i comandi, b) le collocazioni fuori ruolo (es. 866/94). PARTE II, CONSULTAZIONI Professori universitari con impegno a tempo pieno -Assunzione di cariche di rappresentanza e/o amministrazione in consorzi costituiti fra universit -Possibilit. Se i professori universitari, con impegno a tempo pieno, possano assumere cariche di rappresentanza e/o amministrazione in consorzi costituiti tra univer sit (v. anche es 2583/94) (es. 2582/94). MINIERE, CAVE E TORBIERE -Attivit di ricerca ed estrazione mineraria -Svolgimento in zona sottoposta a vincolo ex legge n. 1497/39 -Autorizzazione Competenza. Se l'autorizzazione paesistica ex art. 7 legge n. 1497/1939, in relazione ad attivit di ricerca ed estrazione mineraria in zona vincolata, competa allo Stato o alla regione ed enti locali (es. 3377/93). OBBLIGAZIONI (IN GENERE) -Imposte -Crediti dell'erario -Pagamento ad opera di soggetto estraneo al rapporto di imposta -Surrogazione ex art. 1201 cc. Ammissibilit. Se l'amministrazione delle finanze, ricevendo il pagamento del credito di imposta (nel caso di specie Iva) da un terzo estraneo al rapporto tributario, possa surrogarlo nei propri diritti verso il debitore (es. 1507/94). OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) -Appalto di opere pubbliche -Formazione del contratto -Scelta del contraente -Gara ufficiosa -Offerte presentate da distinte societ che abbiano come legale rappresentante la medesima persona Ammissibilit. Se sia ammissibile la partecipazione, ad una gara ufficiosa di appalto di opera pubblica, di distinte imprese che peraltro siano rappresentate dalla stessa persona fisica (es. 3785/93). Collaudo -Determinazione del compenso dei collaudatori -Fattispecie. Questioni sulla determinazione dell'ammontare dei compensi dei collaudatori delle opere pubbliche: a) se in caso di lavori di ristrutturazione possano applicarsi le maggiorazioni previste, per i collaudi di lavori di manutenzione, dalla tariffe proressionali degli ingegneri ed architetti; b) se la base sulla quale calcolare il compenso dei collaudatori debba essere comprensiva del ribasso d'asta e dell'alea revisionale o al netto di tali voci (e corrispondente quindi al netto pagato all'impresa) (es. 3215/93). PENSIONI -Personale dirigente dello Stato -Pensioni -Somme spettanti a seguito della sentenza 1/91 della Corte Costituzionale -Interessi e rivalutazione monetaria sulle spese -Se siano dovuti. Se siano dovuti rivalutazione ed interessi sulle somme riliquidate ai dirigenti dello Stato a titolo di pensione a seguito della sentenza 1/1991 della Corte 88 RASSEGNA AVVOCATURA.DELLO STATO Costituzionale (che ha riconosciuto il diritto alla riliquidazione delle pensioni al personale dirigente collocato a riposo anteriormente al 1 gennaio 1979) (es. 621/94). POSTE E RADIOTELECOMUNICAZIONI Servizi di telecomunicazione . Impianti e concessioni Emittente pubblica Concessioni e locazioni di beni immobili dello Stato Riduzione di canone ex art. 1 legge n. 390/86 e 9 d.l. 16/93 Usufruibilit da parte della RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A. Se per la concessione dell'auditorium del Foro Italico, destinato ad attivit concertistica, la RAI possa usufruire delle riduzioni di canone previste (per istituzioni, enti, associazioni culturali) dall'art. 1 legge 11 luglio 1986 n. 390 e 9 d.I. 23 gennaio 1993 n. 16 (et. 10372/88). Soppressione A.S.S.T. Dipendenti titolari di concessione di alloggio di servizio Revoca o decadenza dalla concessione Se si verifichi. Se il personale dell'ex azienda di Stato per i servizi telefonici, transitato alle dipendenze dell'Iritel o di amministrazioni dello Stato, conservi il diritto ! ~ di usufruire dell'alloggio di servizio concesso dalla soppressa azienda (es. 579/94). PREVIDENZA Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni Erogazione di rendita vitalizia a proprio dipendente per infortunio sul lavoro Surroga nei confronti del danneggiante -Ammissibilit. I Se l'amministrazione postale che (quale ente che gestisce l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro del proprio personale) abbia corrisposto al dipen I I {:: dente una rendita vitalizia per invalidit permanente, abbia diritto a rivalersi ~: in via di surroga nei confronti di colui che abbia cagionato l'infortunio del di pendente, per quanto da questi dovuto come risarcimento del danno biologico (es. 6116/92). PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Albo dei fornitori di beni e servizi occorrenti per I! il funzionamento dell'amministrazione della P. S. Iscrizione di imprese italiane aventi sedi operative all'estero -Ammissibilit. Se ai fini della partecipazione a gare di forniture nazionali in favore della polizia, sia ammessa l'iscrizione all'albo dei fornitori dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza, di imprese che pur costituite ed operanti in Italia, abbiano costituito sedi operative anche all'estero (es. 9415/93). RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Soppressione dell'EFIM . Debiti per imposte delle societ del gruppo -Sospensione del pagamento Sussistenza. Se i crediti di imposta (nel caso di specie Iva) vantati nei confronti delle societ del gruppo Efim (nel caso di specie Veneziana Conterie S.p.A.) siano, per effetto del d.I. 19 dicembre 1992 n. 487 conv. in legge 17 febbraio 1993 n. 33, ' sottoposti a sospensione del pagamento e, nella negativa, in che limiti e termini l e con quali procedimenti siano esigibili (es. 1033/94). E I I II PARTE II, CONSULTAZIONI SANZIONI AMMINISTRATIVE -Confisca ex legge n. 689/81 -Definitivit del provvedimento -Fattispecie (provvedimento annullato dal Pretore con sentenza poi cassata e omessa riassunzione del giudizio) -Confisca di autoveicolo Vendita di questo da parte del proprietario prima che il provvedimento ablatorio sia trascritto -Conseguenze. Quando divenga definitivo il provvedimento di confisca (ex art. 20 legge n. 689/81) di un bene annullato dal Pretore, con sentenza poi cassata, ove nessuna delle parti abbia riassunto il giudizio nel termine di legge; se l'Amministrazione possa opporre la confisca a colui che abbia acquistato un autoveicolo (che si trovava nella disponibilit del proprietario) quando il relativo provvedimento era gi stato emesso ma non trascritto al PRA e -nell'ipotesi negativa -se possa, una volta divenuto definitivo H provvedimento, chiedere il risarcimento del danno al proprietario che abbia venduto l'autoveicolo, dopo che gli era stato notificato il provvedimento di confisca (et. 2060/84). STAMPA -Disciplina delle imprese editrici -Societ editrici di giornali quotidiani -Obbligo di comunicazione scritta al garante dell'editoria ex art. 2 comma 1 legge n. 416/81 -Trasferimento di azioni (partecipazioni o quote di propriet) -Nozioni. Se l'obbligo -previsto dall'art. 2 comma 1 legge n. 416/81 -di dare comunicazione scritta all'ufficio del garante dell'editoria del trasferimento di azioni, partecipazioni o quote di propriet di societ editrici di giornali quotidiani (che interessino pi del 10 o/o del capitale sociale o della propriet, limite ridotto al 2 o/o per le societ quotate in borsa) operi: a) nel caso di emissione di nuove azioni a seguito di aumento del capitale sociale; b) di acquisto delle azioni da parte di banche o societ di intermediazione mobiliare (es. 9247/93). STAMPA -Stampa periodica -Impresa editrice di giornali -Societ di capitali Intestazione di azioni aventi diritto al voto o di quote a persona fisica Nozione. Se ai fini di quanto disposto dall'art. 1 comma 4 legge n. 416/81 (secondo il quale le azioni aventi diritto al voto o le quote di una societ di capitali esercente impresa editrice di giornali quotidiani possono essere intestate a societ per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilit limitata, solo se la maggioranza delle azioni aventi diritto di voto o delle quote di tale societ, sono intestate a persone fisiche) la titolarit da parte di una persona fisica di diritto di pegno con diritto di voto su azioni ordinarie (intestate a societ) possa considerarsi equivalente alla intestazione a persona fisica (es. 6690/93). TRASCRIZIONE -Conservatoria dei registri immobiliari -Visuristi di atti tenuti presso le Conservatorie dei RR.II. -Elaborazione dei dati raccolti -Creazione di archivi paralleli a quelli ufficiali -Legittimit. Se colui che professionalmente esercita attivit di visura degli atti tenuti dalle Conservatorie dei Registri Immobiliari possa legittimamente, eventual RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mente munendosi di autorizzazioni o concessioni, procedere alla gestione ed elaborazione dei dati rilevati (in particolare creando propri archivi paralleli a quelli ufficiali) (es. 9106/93). TRIBUTI ERARIALI DIRETTI Imposte dirette -Indennit di esproprio di terreni . edificabili -Plusvalenze (art. 81 comma 1 lett. b-tuir) realizzate da soggetti non ' esercenti imprese commerciali -Somme percepite dal 1 gennaio 1992 in relazione a titoli espropriativi anteriori a detta data -Imponibilit. Se la tassazione, introdotta dall'art. 11 comma 5 legge n. 413/91, delle plusvalenze realizzate, da parte di soggetto non esercente imprese commerciali, in occasiop.e della percezione di indennit di espropriazione di terreni edificabili, colpisca anche le somme percepite dopo l'entrata in vigore della ridetta legge n. 413/91 ma in relazione a titoli espropriativi venuti in essere precedentemente (es. 7854/93). IRPEF -Interessi ex art. 429 c.p.c. su retribuzioni corrisposte in ritardo -imponibilit (art. 1 d.l. 30 dicembre 1993 n. 557). Se per effetto delle modificazioni apportate al T.u. delle imposte sui redditi dal d.l. 30 dicembre 1993 n. 557, siano tassabili gli interessi maturati ex art. 429 c.p.c. sulle retribuzioni corrisposte in ritardo (es. 2591/94). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Tributi doganali -Contrabbando -Depenalizzazione ex art. 2 legge n. 562/93 -Sussistenza -Effetti dell'eventuale depenalizzazione sulla possibilit di sequestrare e confiscare le merci oggetto di contrabbando. Se per effetto dell'art. 2 legge n. 562/93 il contrabbando sia stato depenalizzato (quantomeno nelle ipotesi non aggravate), e, nell'affermativa, se siano ancora possibili il sequestro e la confisca delle merci oggetto di contrabbando (es. 857/94). TURISMO Ente Nazionale Italiano per il Turismo -Assunzione di personale all'estero ex art. 20 legge n. 292/90 -Residenza triennale all'estero -Nozione Assunzione di dipendenti di ruolo dell'Enit, previe loro dimissioni. Se il requisito della residenza all'estero, previsto dall'art. 20 legge n. 292/90 (quale condizione perch un soggetto possa essere assunto dall'Enit, in uno stato estero, con contratto privatistico di diritto locale, per soddisfare esigenze degli uffici ivi esistenti) concerna tanto i cittadini italiani che gli stranieri, e sussista solamente quando, al momento della presentazione della domanda di assunzione, vi sia residenza, ininterrotta, per almeno tre anni, nello stato in cui si procede all'assunzione; e se possano essere assunti, presso uffici esteri dell'Enit, con contratto ex art. 20 legge n. 292/90, previe dimissioni, dipendenti di ruolo del ridetto ente che siano residenti all'estero per almeno (o pi) di tre anni (es. 290/94). -