ANNO XLIII N. 4 OTTOBRE -DICEMBRE 1991 ~AJEGNA AWV(Q)CA1rUI~A JIJ)JEJLJLCQ) 1rA1r(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTlfUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1992 ABBONAMENTI ANNO 1992 ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 45.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12.000 Per abbonamertti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Ital, Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (4219059) Roma, 1992 ~ Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -'P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del /'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. 393 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara) . . . 424 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Giuseppe Stipo e Antonio Cingolo) . . . . . . . . . . . . . . . 459 Sezione quarta; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a /'avv. Raffaele Tamiozzo) . . . . . cura del 541 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a vocato Carlo Bafile) . . . . . . . cura dell'av 555 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . CONSULTAZIONI . pag. 35 41 Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia - Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafanl La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI I. F. CARAMAZZA e G. M. DE SocIO, Concessione di committenza e giurisdizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1. 459 I. F. CARAMAZZA e G. PALMIERI, L'attivit della SIAE nella gestione economica dei diritti d'autore . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 393 G. D'AMATO, Improponibilit del ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970, n. 300 nei confronti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 515 O. FIUMARA, Amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi: mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento1 di azienda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 436 O. FIUMARA, Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit Europee nel corso dell'anno 1991 in cause alle quali ha partecipato l'Italia. . I, 424 G. PALMIERI, Brevi considerazioni in tema di diniego di rinnovazione alla prima scadenza del contratto) di locazione di immobili stipulato dallo Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 507 U. PERRUCCI, La competenza in materia di infrazioni valutarie pregresse ritorna al Tribunale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 503 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ATTO AMMINISTRATIVO - Procedimento -Legge 7 agosto 1990, n. 241 -Disciplina regolamentare Assunzione di informazionida parte dello Stato nei procedimenti di competenza regionale -Conflitto di attribuzioni -Potere dello Stato Sussistenza, 419. COM.UNITA: EUROPEE -Ravvicinamentoi delle legislazioni Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, con nota di O. FIUMARA, 435. -Ravvicinamento1 delle legislazioni Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese Procedura di amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi Continuazione dell'esercizio di impresa, con nota di O. FIUMARA, 435. -Ravvicinamento delle legislazdoni Tutela dei lavoratori subordinati in caso di insoilvenza del datore di lavoro -Mancata attuazione della direttiva Diritti dei lavoratori Non azionabilt davantti ai giudici nazionali -Risarcimento danni, 448. -Transito comunitario Garanzia Liberazione del garante, con nota di 1. M. BRAGUGLIA, 430. CONTRATTI (IN GENERALE) -Contratti della pubblica Amministrazione Approvazione dell'organo di controllo Mancanza Annullabdlit del contratto Deducibilit da parte del privato, 490. COSA GIUDICATA CIVILE -Giurisdizione -Pronunzia resa da Giudice diverso dalla Corte di Cassazione -Non acquista autorit di giudicato, 527. ENTi PUBBLICI -S.I.A.E. Posizione giuridica -Supremazda -Obbligo di coll1trattare Divieto di discriminazione ai sensi dell'art. 2597 e.e. Applicabilit, con nota di I. F. CARAMAZZA e G. PALMIERI, 393. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA: -Occupazione d'urgenza per esigenze militari Irragionevole protrarsi del!' occupazione -Irreversibile trasformazione dell'area -Effetto acquisitivo in favore della p.a. -Ammissibilit, 482. GIURISDIZIONE CIVILE -Diritti sindacali Diritti in senso stretto e diritti correlati Cognizione del giudice ordinario e del giudice ammiruistrativo -L. n. 146/90, 540. - Impiego pubblico Instaurazione del rapporto Violazione del divieto di intermediazione di mano d'opera Giurisdizione del Giudice amministrativo, 527. IMPIEGO PUBBLICO -Stato giuridico -Differen2liazioni dall'impiego privato Contrasto con artt. 3 e 24 Cost. Infondatezza, 541. -Stipendi e assegni Indebito (ripetizione) Presupposti -Contrasto di giurisprudenza -Rimessione al!' Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 546. -Trattamento economico Restitutio in integrum a seguito di annullamento giudiziale -Presupposti Limiti, 541. ISTRUZIONE E SCUOLE -Istituti tecnici -Spese di gestione Obbligo a carico delle Provincie Limiti, 533. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LAVORO -Dipendenti da imprese di pubblici trasporti -Turni domenicahl. programmati -Previsioni retributive della contrattazione collettiva Interpretazione, 493. -Prestazioni domenicali Ristoro sotto forma monetaria o altra forma compensativa, 493. -Sindacati -Condotta antisindacale del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica -Ricorso ex art. 28 legge 20 maggio 1970, n. 300 Improponibilit, con nota di G. D'AMATO, 514. -Trattamento ecQ/nomico-normativo concordato in sede collettiva Contrariet ai precetti dell'art. 36 Cost. Criteri interpretativi, 493. LOCAZIONE -Immobili urbani adibiti ad attivit ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche nonch a sedi di partiti o sindacati e condotti in locazione dallo Stato Diniego di rinnovazione del contrattQI alla prima scadenza, con nota di G. PALMIERI, 507. OPERE PUBBLICHE -Concessione Bando di gara di appalto predisposto dal concessionani. o Controversia -Giurisdizione amministrativa, con nota di I. F. CARAMAZZA e G. M. DE SOCIO, 459. PENSIONI -Credito soddisfatto in ritardo -Domanda di rivalutazione unica ai sensi degli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. Giurisdizione della Corte dei Conti, 537. PROCEDIMENTO CIVILE -Rito del lavoro -Domande non accolte o non esaminate -Onere per la parte vittoriosa di riproporle in appello, 487. REGIONI -Legge regionale Efficacia retroattiva -Ammissibilit Condizioni RagiOlnevolezza, 416. RESPONSABILITA CIVILE -Pubblica Ammimstrazione -Comportamento del dipendente -Riferibilit alla p.A., 525. TRASPORTI -Ferrovie -Citazione dell'Ente Ferrovie dello Stato Obbligo della notifica presso l'Avvocatura dello Stato, 487. - Ferrovie -Concessione all'industria privata -Dichiarazii.one di decadenza e nomina di commissario governativo per la gestione Passaggio automatico della ferrovia all'Ente Ferrovie dello Stato Insussistenza, 531. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sul reddito delle persone fisiche e imposta locale sui redditi Reddito di impresa -Laboratorio di analisi cliniche Pu essere qualificato impresa, 605. -Imposta sul reddito delle persone giuridiche -Enti non comerciali Interessi passivi sui mutui fondiari - Deducibilt -Esclusione, 555. -Soggetti passivi Sostituto di imposta -Curatore del fallimento Esclusione, 582. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registrO\ -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Area scoperta accessoria al fabbricato -Limiti Norme di piano regolatore o di programma di fabbricazione -Disposizioni di vincolo paesaggistico -Parificazione -Esclusione, 621. -Impoista di registro -Imposta complementare -Imposta dovuta per effetto di decadenza da agevolazione -Solidariet -Limitazione alla parte a cui imputabile il fatto che ha prodotto la decadenza, 598. INDICE ANALITICO-ALFABBTICO DELLA GIURISPRUDENZA -Imposta di registro Trasferimento di azienda -EsCiusione di taluni elementi Possibilit; 5n -Imposta di successione -Donazione Coacervo di precedenti donazioni allo stesso donatario -Va eseguito ai fini della determinazione della aliquota, 595. -Imposta di successione Soggetti passivi -Curatore di eredit benefieiata -Impugnazione dell'accertamento -Difetto di legittimazione, .597. .-Imposta sul valore aggiunto -Accertamento -Presunzioni -Percentuale di ricartlcQI Ammissibilit Attendibilit della percentuale Questione di valutazione estimativa, 601. -Imposta sul valore aggiunto Ri valsa di imposta non dovuta ~ Azione di rimborso del cessionario verso l'Amministrazione Finanziaria Inammissibilit, 613. TRIBUTI IN GENERE -Acertamento MotivaZJi.one . Funzione Mutamento in giudizio dei presupposti di fatto Inammissibilit, 560. -Accertamento Motivazione Imposta di registro Cessione di azienda -Sufficienza, 569. -Accertamento Motivazione . Imposta di registro Criteri stabiliti nella legge Tassativit -EsclusiOllle, 570. -Accertamento Motivazione Imposta di registro Requisiti, 569. -Accertamento -Motivazione Imposta dti registro -Sufficienza, 570. -Accertamento Qualificazione giuridica del soggetto passivo . Mutamento in sede contenziosa . Societ di fatto e organizzazione di persone Inammissibilit, 560. -Accertamento tributario Motivazione Provvedimento sulla spettanza di esenzioni Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso Difformit dalla normativa urbanistica Richiamo alla norma violata Sufficienza, 587. -Contenzioso tributario Accertamento Nozione Atto dti diniego di assegnazione Impugnazione Difetto Definitivit, 577. -Contenzioso tributario Competenza e giurisdizione -Provvedimento impugnabile Imposta di registro prenotata a debito Liquidazione ex art. 43 disp. att. cod. proc. civ. Ricorso alla commissione tributaria Ammissibilit, 619. -Contenzioso tributario Prova Insufficiente . documentazione Dc>vere della commissione di acquisirla, 579. -Dichiarazione Effetti Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili Rettifica del valore finale Modifica del valore !iniziale da parte del contribuente Possibilit Domanda espressa in giudizio Necessit, 586. -Repressione delle violazioni Iscrizione di ipoteca legale Art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4 Giudizio d'opposizione Natura . Giudizio di convalida Esclusione, 607. -Repressione delle violazioni Sanzioni Pena pecuniaria Riduzione ex d.m. 1 settembre 1931 Applicabilit alla soprattassa Esclusione, 602. TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili Dichiarazione Spedizione a mezzo del servizio postale Rilevanza d.ella data di consegna all'ufficio postale Esclusione, 593. URBANISTICA -Costruzione abusiva Gratuita acquisizione al patrimonio comunale dell'area di sedime NO!ll opera nei confronti del proprietario . dell'area estraneo all'abusivismo, 412. VALUTA -Infrazioni valutarie Decreti m1msteriali emessi anteriormente all'entrata in vigore del D.P.R. 454/87 Impugnativa giurisdizionale Competenza funzionale del Pretore Esclusione, con nota di U. PERRUCCI, 503. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 15 maggio 1990, n. 241 . 15 lugldo 1991, n. 345 . . 31 ottobre 1991, n. 389 . . 13 dicembre 1991, n. 465 . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 4 sez., 15 maggio 1991, nella causa C-328/89 . . . . . . . Sed. plen., 25 luglio 1991, nella causa C-362/89 . . . . . Sed. plen., 19 novembre 1991, nella cause riunite C-6 e 9/90 . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 29 dicembre 1990, n. 12221 Sez. I, 7 marzo 1991, n. 2427 . . . Sez. Un., 3 maggio 1991, n. 4874 . . Sez. III civ., 8 luglio 1991, n. 7529 . Sez. I, 15 luglio 1991, n. 7842 . Sez. I, 15 luglio 1991, n. 7844 . Sez. I, 17 luglio 1991, n. 7959 . Sez. I, 19 luglio 1991, n. 8033 . Sez. I, 9 agostd 1991, n. 8678 . Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8692 . Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8696 . Sez. I, 7 settembre 1991, n. 9429 . Sez. I, 7 settembre 1991, n. 9443 . Sez. I, 14 settembre 1991, n. 9606. Sez. I, 24 settembre 1991, n. 9965 . Sez. Un., 8 ottobre 1991, n. 10513. . Sez. Un., 14 ottobre 1991, n. 10769 . Sez. I, 16 ottobre 1991, n. 10899 . . Sez. I, 28 ottobre 1991, n. 11459 . . Sez. III civ., 5 novembre 1991, n. 11756 . Sez. I, 5 novembre 1991, n. 11789 . Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12027 . Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12127 . Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12220 . Pag. 393 )} 412 )} 416 )} 419 Pag. 430 )} 435 )} 44ls Pag. 459 )} " 482 487 490 560 555 560 569 573 569 570 577 579 582 586 493 587 593 503 507 595 597 598 601 INDICE CRONOLOGICO DELLA Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12222 . . Sez. I, 20 novembre 1991, n. 12444 . . Sez. Un., 22 ndvembre 1991, n. 12589 . Sez. Un., 22 novembre 1991, n. 12590 . Sez. Un., 28 novembre 1991, n. 12770 . . Sez. III civ., 3 dicembre 1991, n. 12960 . Sez. Un. Civ., 4 dicembre 1991, n. 13074 . Sez. Un., 6 dicembre 1991, n. 13167 . . . Sez. Un. Civ., 6 dicembre 1991, n. 13169 . Sez. Un., 11 dicembre 1991, n. 13408 . . . Sez. I, 14 dicembre 1991, n. 13502 . . . . Sez. Un. Civ., 20 dicembre 1991, n. 13754 . Sez. I, 23 dicembre 1991, n. 13858 . . . . PRETURA DI ROMA GIURISPRUDENZA IX: Pag. 602'. )) 605 )) 607 )) 613: )) 61g )) 525 )) 527 )) 531 )) 533: )) 537 )) 621 )) 5401 )) 570! Sez. Lavoro, decreto 7 novembre 1991, n. 97890 . . . . . . . . . . . . Pag. 514 GIURISDIZIONI AM.MINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 10 dicembre 1991, n. 10 . Pag. 541 Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 941 . )) 546 Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 943 . )) 546 Sez. IV, ord. 17 dicembre 1991, n. 1121 . 546 Sez. VI, ord. 9 ottobre 1991, n. 628 . . 546 PARTE SECONDA :RASSEGNA DI LEGISLAZIONE PARTE SECONDA :RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -Ouestioni di legittimit costituzionale: I -Norme dichiarate incostituzionali . Pag. 35 II -Questioni dichiarate non fondate . 37 CONSULTAZIONI . . . . . . . . . . . . . 41 I I II I I PARTE PRIMA .. ~ GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 15 maggio 1990 n. 241 -Pres. Saja -Red. Spagnoli " S.p.A. Telemilano ed altri (avv. Vassalli) c. Presidenza Consiglio Ministri (avv. Stato Caramazza). Enti pubblici -S.I.A.E. -Posizione giuridica -Supremazia -Obbligo di contrattare -Divieto di discriminazione ai sensi dell'art. 2597 e.e. -Ap plicabilit. Non fondata, in riferimento agli artt. 3, 23 e 41 della Costituzione, .la norma dell'art. 180 della legge 22 aprile 1941 n. 633, in quanto la posi zione della Societ Italiana degli Autori ed Editori, sulla questione esclusiva dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno, come .individuata da detta norma, deve qualificarsi come supremazia, che una reazione omogenea a quella di monopolio, ed perci sottoposta, nellQ .contrattazione, al divieto di discriminazioni arbitrarie sancito dall'art. 2597 cod. civ. (1). (in fatto) Con atto di citazione del 14 dicembre 1987 una serie di societ (Telemilano s.p.a. ed altre 40) esercenti imprese televisive aderenti ,ai circuiti Canale Cinque, Italia Uno e Rete Quattro, facenti capo al _gruppo Fininvest, convenivano innanzi al Tribunale di Roma la S.I.A.E. -Societ Italiana degli Autori ed Editori -chiedendo che venisse accertata l'illegittimit della pretesa di quest'ultima di imporre, ai fini del rinnovo dei contratti di utilizzazione delle opere tutelate, condizioni (1) Sulla normativa antimonopolistica nella disciplina dell'informazione cfr. :sentenza n. 826 del 1988. A commento della sentenza pubblichiamo il. testo integrale dell'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri. L'attivit della S.I.A.E. nella gestione economica dei diritti d'autore. 1) Le societ in epigrafe, aderenti ai tre noti circuiti televisivi Italia 1, Rete 4 e Canale 5 , convenivano in giudizio la S.IA.E. chiedendo che il Tribunale di Roma adito accertasse la illegittimit dei comportamenti tenuti dalla S.I.A.E. stessa nel richiedere il corrispettivo per l'utilizzazione del repertorio tutelato e, previa declaratoria di incostituzionalit dell'art. 180 della legge sul diritto di autore, stabilisse la prosecuzione del precedente rapporto contrat 394 RA$SBGNA DBLL'AVV~TURA DELLO STATO identiche a quelle praticate alla RAI e di determinare il compenso in base ad una percentuale degli introiti per pubblicit conseguiti dai tre circuiti e raccolti dalla Publitalia s.p.a. A tal fine, chiedevano in via pregiudiziale che venisse sollevata questione di legittimit costituzionale dell'art. 180 della legge 22 aprile 1941, ;n. 633,; per. contrasto con gli artt. 23, 41, 53 e 97 Cost. (omissis). Pervenute le cause al collegio, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 24 gennaio 1989, ha sollevato in riferimento agli artt. 41, 3 e 23 Cost., una questione di legittimit costituzionale del citato art. 180 della legge 22 aprile 194i, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizfo), nella parte in.cui (primo e secondo comma) attribuisce alla SIAE un'esclusiVa, frangibile solo dagli autori o dai loro .. eredi, nella gestione dei diritti di utilizzazione economica delle opere t1Jtelate , Il Tribunale, ricorda, innanzitutto, che nella sentenza n. 65 del 1972. questa Corte ha ritenuto che la posizione di preminenza con cui la S.I.A.E; opera sul mercato "-giustificata dall'esigenza di interesse generale di adeguata protezione del dtitto d(autore .:...... non comporta l'eser- czio di poteri arbitrari o comunque incontrollabili in materia di determinazione dei compensi: e ei sia perch, quale ente pubblico, 1a S.I.A.E. soggetta a vigilanza governativa .;._ e quindi ai gravami previsti in via tuale venuto a scadenza o comunque determinasse, in via costitutiva e sostitutiva,. un equo corrispettivo integratore del nruovo contratto non concluso. Il Tribunale.. di Rom,a -previa autorizzazione in via cautelare e. provvisoria concessa dal G.L alle attrici a continuare ad utilizzare il repertorio tutelato. alle stesse condizioni convenute nei contratti scaduti con corrispettivi risultati secondo gli indici ISTAT .._ con l'ordinanza in epigrafe ha sollevato questione di legittimit .della norma sopra richiamata, che ponendo in posizione di preminenza la S.I.A.E. quale intermediaria esclusiva nella gestione econ01nica dei diritti di autore senza prevedere alcuna specifica forma di tutela per gli utilizzatori, contrasterebbe con i principi di coordinamento dell'attivit pubblica. economica a fini sociali, di uguaglianza, del diritto alla difesa e della legalit dell'imposizione. Secondo il giudique a quo, infatti, lo stato di necessit in cui si troverebbe l'util.izzatore ,il difetto in capo alla S.I.A.E. di un obbligo di contrattare, l'assoluta libert di questa nella determinazione del prezzo preteso e la impossibilit per il giudice di pronunciare. in subiectamateria, sentenze costitutive, sostitutive o integrative di contratto non concluso, sono tutti elementi che lascerebbero senza difese l'aspirante utilizzatore qualora la S.I.A.E. esercitasse in modo arbitrario le proprie facolt nel corso della contrattazione o addirittura. rifiutasse di addivenirvi. H ripetuto art. 180 sarebbe quindi illegittimo nella parte in cui attribuisce alla S.IA.E. l'esclusiva senza prevedere alcun controllo per limitare una sua eventuale tendenza all'abuso; controllo da esercitarsi vuoi mediante imposizione in determinati casi di un obbligo a contrattare, vuoi mediante un'imposizione di parit di trattamento, vuoi mediante predisposizione di tariffe inderogabili .. PARTI! l,. saz. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE amministratva -si perch sori.o esperibili contro i suoi atti i ricorsii giurisdizfonali ove l'utente> si ritenga leso nei suoi diritti o interessi legittmi. Il giudi~e a q~o sc111~e, invece, che ove la potest ~i .determi-nare i comven~i sia dalla. $].A,:g. esercitata in modo arbitrarlo, l'utente: cl~~J?qhga di H#f~d.igith:f~i~f idegt!at~. .. .. . ... .. . .. . ... .i'..~. P()s~imt~ di . P~#~N~tK o11.di;z~ol.. contratttialf ~prequ~te :ii6n1 .sart}l:>l:>~ ilivero escli1~~> 411~ ).a 11a.iura di . ente pubb1icci ec0riomico: ~f}~~(condotta Pc>trebbe essere. censiata med~an.te @'applcazio:Ue ~NPgfca qelle p91'J:l,le (~J:'~t'.. ~S.97 .e.. )6(9 .co? ... iv.) .. ;he. imPolJ:~onP al Jl:tono;P1iji 1C>66lig9 l:lf (;pnfrttare cori w@<:J..e gliene faccia :ric;W.e# a.. e di sserv~e ia i?aiit. ar trliaill~ht. La s..A.E:'I illfatti, .J:l<>n pera .in conclizin(di Il1C>nopoli9 n legate n di fatto (sentenza n. 65 del 1972 cit.), l}a opera <~iure privato~~trz ed in piena auto11<:>rx{ia, sicM P:9A sap~1'l:>ti e<:>wigt!r1l~le... UD; c9rifr()110 preventivo. sulle qq.,dizioni di cntr.ttC> c1. .essa praHcate ed. anche... l,lll suo ~ifh1to cli. cQntrattare sarebbe Jeito . . . . . . .. .. . . . .. . /. < J.olfre, es~~.11dQ tassa~vie1 111el..no~tro orcli11amento, le ipotesi.. in cui sono ammess.e. promlll:cie dt~.ni}lative .el cC>D.te1luto di 1.lll obbligo,. nqn. sareqqe consend1:() al... gi.lfoe, .. in mancanza di . espressa previsione normativa, emettere s.en.tenze costitutive che determinino Q modifkhi11<>. il..contenuto del contratto che. c:lett~ sog~etto rifiuti di concludere (). 2) Deve preliminarmente. eccepirsi un . duplice . profilo di inammissibilit. delta questione. 2J) Il primo aft.ii al cohtenuto della pfonuncia domandata a11a Corte,. che Si sostru:izia in un fu:tenient furu:iipolativ'O per addii:ione: la norma denun- ciata dovrebbe essere, infatti, dichiarata incostituzionale nella parte in cui nh prevede tutta una sededi prescrizioni (alcune delle quali alternative)~ . Questa difesa ben coriseia del fatto he la Corte Costituzionale italiana. ha ben pi ampi poteri di quelli spettanti ai legislatore negativo" di kelseniana. memoria. Tali poteri; tuttavia, pur nella manipolazione additiva,,, non pos sono superare -n mai hanno superato -la soglia critica della razonalit interna del sistema. In altri termini, in tanto una norma pu essere manipolata per addii:ione dal giudce delle leggi in quanto l'addizione stessa trovi la sua fonte nel sistema:: rief prlhcipi geiirill . o. in specifiche :norme di legge. Nella fattispecie, invece, l'additi6rte in'Veata>non trova: l sua fonte ile, poi, dichiarare l'illegittimit di condizioni contrattuali ritenute di .scriminatorie, non essendo individuabile un principio normativo che im I ponga alla S,l,,A..E. di osservare la parit di trattamento tra gli utenti del repert()rio,. Quli:ldi, pur essendo conferita alla S.LA.E. una posi I zione di. assdtuta preminenza su}. mercato, .. 'l;l<>n vi sarebbero nell'ordinam1e11to italiaru> . -privo di .una a:g~slazOne a11titiu:st -strumenti dl. COUtfoUO preventivo O 'SUCCeSSVO .(obbligo a contrattare, im)?OSizfone. d parit .di. trattamento, predisposiZioue di tariffe inderogabili) idonei a contras1:re eventuali tendenze aU'abriso di tale posizione do:fumante; Nel aso di specie, uno strumento di intervento glurisdizfortale non sarebbe ricavabile dagli artt. 52 e 56 legge n. 633 cit., che prevedono il diritto dell'ente stataile esercente il servizio di radiodiffusfoiie di Utilizzare -entro certi limiti -le opere dell'ingegno dietro pagamento di un compenso che, in caso di disaccordo, liquidato . diill'au.torit giudiziaria. Trattasi, infatti, di previsione non estensibile a favore di aitri soggetti; .. N potrebbe, ritenersi adeguata la sola tutela amministrativa, in .quanto . fo. concreto utilizzabile. pi nella fase di . concessione di licenze -0 autorizzazioni che nella vera e propt'ia fase contrattuale. J.n questa ...;:;.. osserva il giudice a quo in punto di rilevanza -do vi:"ebbero valere criteri di ragionevolezza ed equit, specie in un mer nanza, a:lla irrazionalit della equiparazione della somma pretesa nei confronti II .deli'emittenza privata a queUa pretesa nei confronti della RAI. In materia di composizione di interessi attraverso il contratto, infatti, l.e proposte e le controproposte non sono mai. n razionali n irrazionali ma sempre ed alternativamente economicamente accettabili o non accettabili alla luce del principio di convenienza. Il riferimento alfa razionalit. ~ frutto . di un mero. paralogismo del giudice .a quo, che pril:na . definisce prestazione patrimoniale con carattere pressoch impositivo la so,IUma richiesta dalla $,I.A.E. nella sua proposta contrattuafe ~ applica, poi, . la logica tributaristic;a sottesa dalla propria defiruizione alla .fattispec;ie. La verit, risultante dagli atti del giudizio pendente dinanzi al Tribunale .di Roma, che la $.I.A.E., lungi dal rifiutarsi alla contrattazione, invit pi volte e con co1;1gruo anticipo sulla scadenza del precedente contratto le emit -tenti delle tre reti private ita1iape a . negoziare, formulando una proposta con trattuale. Comportamento. per vero quaJ:lt(), mai lontano da qucll' esercizio .arbitrario delle proprie facolt che, secondo il giudice a quo, sarebbe legittimato dalla normativa denunciata e che, nell'ordine naturale delle cose e tra contraenti di buona fede, avrebbe dovuto essere seguito da una controproposta .e non da wn atto di citazione in giudizio. 3) In subordine deve eccepirsi la manifesta infondatezza della questione, . che ripropone sostanzialmente, senza prospettare nuovi argomenti, quelle gi .decise da codesta Corte con sentenze 17. aprile 1968 n. 25 e 13 aprile 1972 n. 65. In particolare, nella sentenza da ultimo citata, codesta Corte ha precisato .che alla S.I.A.E. non sono attribuiti poteri arbitrari , e, comunque, incon PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 397 cato in cui sia impossibile rifornirsi altrove dello stesso bene o servizio; criteri che non sarebbero stati nella specie osservati, non essendo a suo avviso giustificata n la pretesa della S.I.A.E. di equiparare RAI ed emittenti private, n quella di esigere quale compenso una percentuale parametrata non sui bilanci delle societ attrici, bens sugli introiti della societ (Publitalia) che svolge per esse la raccolta della pubblicit. In ragione, perci, della mancanza di criteri generali ed uniformi di determinazione dei compensi e di specifiche ed adeguate forme d tutela giudiziaria, il giudice a quo ritiene che siano violati gli artt. 3 e 41 Cost., rispettivamente sotto il profilo della disparit di trattamento e del non coordinamento dell'attivit economica pubblica ai fini sociali. Sarebbe altres violato l'art. 23 Cast., in quanto la posizione di preminenza della S.I.A.E. e la necessit per le emittenti private di utilizzare le opere tutelate renderebbero il corrispettivo determinato dalla prima molto simile ad una prestazione patrimoniale con carattere pressoch impositivo , Le societ attrici nel giudizio a quo, aderiscono alla prospettazione del Tribunale. In punto di rilevanza osservano che, vertendo il giudizio a quo essenzialmente sulla facolt della S.I.A.E. di determinare secondo merum arbitrium ilcompenso per l'utilizzazione da parte loro trollabili, in quanto essa S.I.A.E. soggetta a vigilanza governativa ed i suoi atti sono soggetti ai comuni gravami amministrativi e giurisdizionali. Ove il compenso richiesto dalla S.I.A.E. per l'esecuzione di musica leggera sia ritenuto eccessivo -ha precisato ancora codesta Corte -l'imprenditore ha i mezzi legali per far valere le proprie ragioni. Orbene, il Tribunale di Roma ha frettolosamente superato tale pronunciato, dubitando che i rimedi offerti all'utente siano adeguati allorch ie potest della S.I.A.E. fossero esercitate in modo arbitrario. ed osservando in particolare come tali rimedi 'avrebbero dovuto essere ricondotti a rigorose limitazioni della libert contrattuale. Tali argomenti non possono evidentemente essere considerati nuovi , a tacer d'altro per la considerazione che l'arbitrariet di per s un parametro che esclude la sindacabilit della normativa sottostante. Diversamente opinando occorrerebbe dichiarare illegittime tutte le norme che fondano ragioni suscettibili di essere arbitrariamente esercitate senza prevedere specifici rimedi contro tale esercizio arbitrario. Che quanto dire buona parte delle norme del nostro ordinamento, in quanto, come meglio sar precisato in prosieguo, il rimedio contro gli abusi va generalmente trovato nella normativa generale sull'i!llecito (contrattuale o extracontrattuale). La verit che il Tribunale di Roma incorso in equivoco, confondendo fra potere arbitrario (che renderebbe illegittima la norma che lo conferisce ma la cui sussistenza stata esclusa da codesta Corte) ed esercizio arbitrario di un potere legittimo, che non crea problemi di costituzionalit della norma che lo conferisce ma solo di responsabilit da fatto illecito in capo a chi ne fa abuso. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 398 del repertorio tutelato, l'esito di esso dipende dall'ampiezza delle facolt che possono rit-stituisce 1.a r1sorsa essenziale. La pretesa del sud . taco d ... iva . di con 1z1on1 contra.ttu.a.li pi. favorevoli di quelle d:. fruire d' l 1 sarebbe a tra parte infondata, data la posizione a. RJ\1. olo concorrenziale rispetto al servizio pubblico edlP dll' . (f -irarnb1to e enntten.z.a pr1vata c r. sentenza n. 826 uisita ne la difesa della S.I.A.E. eccepisce l'inammissibilit .,..esso, f tt. h 1 t f e... }\Itllll-esso 1n a 1 c e a norma 1mpugna a con erisca tJ.one. osizione dominante sul mercato, non da essa che e. una ~tica-rnente discendere l'abuso concretamente lamen' au~oro. a quo: abuso che in.fatti represso dall'art. 86 del giudice el presupposto della liceit della posizione dominante, c:e.B n ltro essere acq_uisita anche in assenza di un'esclusiva pu per:rte. sostiene la difesa, l'attribuzione ex lege di una D'altra . p te non comporta sottrazione al regime ordinario dei d ro.1nan 1e 0 . di privata autonomia (artt. 1337, 1341, 1343 cod. civ. etc.) ugli atti t d d1. d1 h s la necessan.a n1 ro uz1one un regime controlli esuPPone \e. --------s.1.A..E. presenta quindi una dup1ice valenza: quella econo 11 'atvit de a elusivo e diretto vantaggio degli autori che abbiano conferito " che va ad e~ I.A.E. (la quale per contro non ha scopo di lucro diretto: 'andato alla Trattato di diritto industriale, Milano, 1960, II, 149) e quella l f\W'cr.sctiBLt che si realizza attraverso la tutela e l'esercizio del diritto tic0-cuttttr:~' rato nella sua funzione sociale (FABIANI, Societ Italiana degli .s tore co1;1s1 ~ (S.I.A.E.), in Novissimo Digesto, vol. XVII, UTET, 1970). auri e Editori ersegue q_uindi nel campo della propriet intellettuale finalit .toLa s.lAB P profilo spiccatamente pubblicistico, sottolineato e garantito assun:ion? un dello Statuto con decreto Presidenziale. dalla presenza di ~ap1'rovazi:egovernativi neg1i organi sociali e dalla vigilanza governativa yresentan 't 773 e 778).'iBIANl, oP: ci ~ini e per concludere sul punto, la disciplina predisposta dal( A 1n altri te\aliano fa ricorso al regime privatistico della libera contratta ' rdinainento 1 to attiene all'interesse economico degli autori, a quello colletl? ne per q_ua~utela associata per garantire, attesa la assoluta specialit della 'Z>l;~isticO ~ella. lior possibile incontro della domanda e dell'offerta ed a quelio f' t1 ater1a, i:l. migd ll'organizzaz1one per ass1curare 11 persegu1ment o de1 in1 generali rnubblicistico :bblico avuti di mira dal legislatore. 1'di interesse P adro normativo ,ipotizzare da parte della S.IA.E. un'abuso di ln taledq_u inante appare un non-senso logico prima ancora che giuridico. ituazione 0~nfatti, la considerazione di fon.do sulla Pi che dubbia assimilas /\. parte, 1 re dell'ingegno a merci o servizi cui si appl.icano le leggi antibilit de:le. Oh1'e (DE SANCllS, Contratto di edizione, contratti di rappresentazione onohst1c e uion" 402 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione sarebbe inoltre inammissibile per omessa motivazione sulla rilevanza, dato che l'arbitrariet della condotta della S.l.A.E. prospettata solo come mera eventualit e non viene chiarito in che modo ila denunciata incostituzionalit rileverebbe nel giudizio di merito. L'accenno alla pretesa irrazionalit dell'equiparazione RAI -emittenza privata sarebbe d'altra parte incongruo rispetto alla fattispecie contrattuale esaminata ed al suo reale svolgimento. La questione poi manifestamente infondata -' secondo l'Avvocatura -in quanto ripropone sostanzialmente quella gi decisa con a sentenza n. 65 del 1972 senza prospettare argomenti nuovi. Tale non sarebbe, in particolare, quello relativo alla pretesa arbitrariet del comportamento della S.l.A.E., che non suscettibile di assurgere a motivo d'incostituzionalit in quanto con esso si confonde tra potere arbitrario -che renderebbe illegittima la norma che lo conferisce, ma la cui sussistenza stata esclusa dalla Corte -ed esercizio arbitrario di un potere legittimo, che non crea problemi di costituzionalit della norma che fo conferisce ma solo di. responsabilit da fatto illecito in capo a chi ne fa abuso. D'altra parte -osserva l'Avvocatura -le finalit eminentemente pubblicistiche assegnate alla S.I.A.E. -di tutela giuridica ed economica delle opere dell'ingegno e di promozione dello sviluppo e diffusione del patrimonio letterario e artistico italiano fanno escludere che sia nei suoi confronti configurabile un abuso di posizione domi- il parametro di costituzionalit va ragguagliato alla fisiologia e non alla patologia delle norme e che il legislatore non tenuto a prevedere specifici rimedi per ogni singola specifica patologia (incostituiionaile , infatti, la norma che conferisce poteri arbitrari, non anche quella che conferisce poteri che possano essere arbitrariamente usati). irrilevante, quindi, che la normativa de qua non preveda norme calmieratrici o contrattazioni coattive in quanto un comportamento arbitrario .della S.l.A.E. nel senso temuto sarebbe sanzionato dalle clausole generali sull'illecito, e cio daHe norme sulla responsabilit contrattuale, extracontrattuale (o precontrattuale) e penale. Ove infatti la S.I.A.E., eludendo obblighi e controlli, si comportasse nel modo paventato, agendo non nell'interesse degli autori, della cultura e dello spettacolo, ma in odio ad una specifica controparte, o per altri fini non istituzionali, sicuramente violerebbe gli. obb!ighi derivantile dal mandato Conferitole dagli autori. Altrettanto sicuramente violerebbe i doveri pubblici che le incombono, esponendosi a subire tutte le possibili sanzioni irrogabili dal potere di vigilanza governativa. Altrettanto sicuramente. ancora, incorrerebbe in una responsabilit extracontrattuale (o precontrattuale) nei confronti del mancato contraente. I suoi funzionari, infine, ove avessero agito .dolosamente si renderebbero responsabili penalmente quanto meno per abuso innominato di ufficio (art. 323 c.p.), pacifico essendo che la contrattazione (o la PARTE .:r, .SEZ. X, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 403 La tutela associata dei diritti degli autori, infatti, non creerebbe te. . . "potere contrattuale agg1unt1vo" se non in termini di amplia. e= del :mercato e, quindi in termini soltanto favorevoli agli utiliz: ri. Inoltre, poich il concetto di posizione dominante dovrebbe -ere considerato in riferimento alla controparte contrattuale, una , . . ne di soggezione di questa sarebbe nella specie da escludere 1s1z10 ttandosi del pi forte gruppo che opera nel settore dell'emittenza ~ ta 1taliana in una posizione di oligopolio, con un indice di ascolto nva . quivalente a quello della RAI e con un fatturato pubblicitario addirit ura superiore . Ma anche ad ammettere -conclude l'Avvocatura -che la S.I.A.E. a un comportamento arbitrario , questo sarebbe sanzionato dalle teng 11'"11 E f clausole generali de_ 1 ec~to. s~a, .1n .atti, vi.olerebbe sia gli obblighi t . nei confront1 degh autori, sia i doveri pubblici che su di essa assun 1 . . bono e che a suo avv1so escludono che possa rifiutarsi di contrat mcom , . . . . 0 di tentare d1 1mporre prezzi fuori mercato: sicch si esporrebbe 1::etutte le possibili sanzioni irrogabili dal potere di vigilanza governa. Incorrerebbe, inoltre, in una responsabilit extracontrattuale (o tiva . precontrattuale) nei confronti del mancato contraente, ed i suoi funzionari risponderebbero penalmente ex art. 323 cod. pen. La questione sarebbe quindi infondata sotto tutti i profili; ivi compreso queilo riferito all'art. 23 Cost., dato che la S.I.A.E. manca di poteri impositivi. . . e di non contrattare) della S.IA.F. con gli utilizzatori sarebbe mani dec1s1on , . . . ne di volont del1ente rivo1ta, sia pure strumentalmente al raggiungi festaz10 . . , . ' mento di pubbliche flnahta (Cass. penale, Sez. VI, 10 maggio 1971, Cass. Pen. M anno 1972, 881, m 1179) e qualificherebbe dunque per l'effett il funass. . S IA E come pubblico ufficiale (cfr. anche Cass pen Sez Ili 10 d1' zionar10 . ., 1966 in Giust. Pen. 1967, Il, 676, m. 835). Tanto a tacere poi della .cerob re . responsabilit contabile. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, che ha limitato il rio esame alla normativa settoriale, la difesa giurisdizionale contro evenprol~ comportamenti arbitrari della S.IA.E. pi che ampiamente garantita tua i " d' 1 bb normativa generale come g1a a tronte e e a precisare codesta Corte, d 11 ~ a re con formula ellittica, nella pi volte ricordata sentenza del 1972. sia ~a ultimo, quanto al richiamo all'art. 23 della Costituzione, sar appena il so di osservare. come gi in precedenza accennato, che in assenza di claunque potere impositivo in capo alla S.I.A.E., il qualificare un prezzo qua t trattato privatamente come pres az10ne 1mposta e frutto di un vero e con . T t 'd . rio paralogismo. utto quan o sopra cons1 erato, s1 chiede che la que prop . . 'b'l . . stione sia dichiarata inamm1ss1 1 e. o m via gradata, manifestamente infondata 0 infondata. I.F. CARAMAZZA -G; PALMIERI 406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO risoluzione del giudizio a quo. La tutela costitutiva dovrebbe essere ricono. sciuta in ragione del rilievo fondamentale che ha nel nostro ordinamento -pur se non direttamente applicabile -l'art. 86 del Trattato C.E.E., .che in sede comunitaria consente tale tipo di tutela. Forme di tutela costitutiva sono del resto previste dall'art. 56 e dalla sez. I. del capo III della legge sul diritto di autore; e la tutela meramente risarcitoria sarebbe inidonea a salvaguardare i diritti dell'utilizzatore. D'altra parte, non dovrebbe neanche escludersi l'applicazione analogica all'impresa in posizione dominante dell'art. 2597 cod. civ.: nel qual ..caso la sentenza che stabilisse d'imperio il contenuto del contratto sarebbe non costitutiva, ma determinativa del regolamento d'interessi non .attuato in via convenzionale, dato che integrerebbe un'applicazione del principio di parit di trattamento non comportante valutazioni discrezionali da parte del giudice. N potrebbe dirsi che con ci la Corte sarebbe chiamata -come sostiene l'Avvocatura -ad una scelta politica. Una sentenza che sancisce l'applicabilit dell'art. 2597 cod. civ. e della tutela .determinativa non comporterebbe infatti la creazione di una norma bens l'individuazione di quella -gi implicata nel sistema -mediante la quale riempiere immediatamente la lacuna che altrimenti resterebbe aperta .nella disciplina della materia: sarebbe, cio, una legislazione a rime BNZA .COSTl'IUZlONALB 413 temperanza all'ingiunzione -non opera nei confronti del proprietario dell'area che sia completamente estraneo al compimento dell'opera abusiva o che si sia adoperato per impedirlo .(1). e sta:ta sollevata questione di legittimit costituzionale dell'art. 7, ter zo comma, della legge n. 47 del 1985) il quale prevede ,_ in caso di inottemperanza; nel termine di 90 giornii, all'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo ed,. a ripristinare fo. stato., dei .. luoghi-la gratuita. acquisizione di diritto al patrimonio comunale dell'opera, dell'area di sedime e di quella necessaria, secondo le vigenti. prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive. Ad a:Wiso del giudice a quo, tale norma violerebbe l'art. 3 della. Costituzione perch colpirebbe con la stessa sanzione comportamenti diversi, e cio quello . del proprietario del terreno responsabile dell'abuso edilizio e quello. del proprietario incolpevole, nell'ipotesi che . l'abu.so edilizio sia stato compiuto possibilit di ottemperare direttamente a:U'ordine di demolizione, per essere ilbene nell'esCltisiva disponibilit del conduttore autore dell'abuso . .$1 sostene, altres, ilcontrasto della norma: con l'art 42 della Costituzione 'nell'assunto che la perdita del diritto di propriet, a:i danni di colui che non sia responsabile dell'abuso e non abbia comunque la possibait di eliminarlo con . la: demolizione del manufatto; costituirebbe una sanzione eecedente rispetto a1 fine perseguito dalla legge. ' La questione non fondata, nei sensi che verranno precisati. 11 secondo comxn dell'art. 7 della legge ri. 47 del' 1985 stabilisce che il sindaco, accertatal'esecuzione di opere abusive, ne ingiunge la demolizione. Il successivo terzo comma, cio la norma denunciata, stabilisce poi, come si . rilevato in precedenza, che se il responsabile dell'abtlso non provveda alla dem.olizione ed al ripristino dello stato dei Itioghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il manufatto -Unitamnte all'area di sedime, nonch a quella necessaria ai sensi delle vigenti prescriZioni per la realizzazione di opere analoghe -sia acquisito di dritto a titolo di propri~ t gratuitamente dal comune per essere demlto, come prescrive il quinto comma dello stsso articolo 7, a spese dei responsabili dell'abuso, (1) La Corte riprende e sviluppa il prindpio affermato nell'ord. 15 febbraio 1991 n. 82 in Giur. cosi. 1991; 571, nel senso che l'acquisizione gratuita dell'area su cui insiste la costruzione abusiva una sanzione auton<;>ma per l'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione xna pur !!empre. collegata al duplice illecito di colui che, prima esegue un'opera abusiva e poi non adeinpie all'oh bligo di demolirla. Pertanto, il proprietario dell'area del tutto estraneo alla co. struzione abusiva non subisce la sanzione. 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di preva lenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Ci premesso va rilevato che questa Corte, con ordinanza n. 82 del 1991 -in relazione ad una analoga ipotesi sanzionatoria prevista dall'art. 15, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 -ha affermato che la gratuita acquisizione al patrimonio indisponibile del comune dell'area sulla quale insiste la costruzione abusiva rappresenta la reazione dell'ordina mento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un'opera abusiva e, poi, non adempie all'obbligo di demolirla, in conformit della regola secondo cui l'ordinamento reagisce, oltre che sulle cose costituenti il prodotto dell'illecito, .anche su quelle strumentalmente utilizzate per commetterlo , Secondo il cennato indirizzo della Corte, che pu essere seguito anche per la presente questione, l'acquisizione gratuita dell'area non dunque una misura strumentale, per consentire al comune di eseguire la demoli zione, n una .sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione, abilitando poi il sindaco ad .una scelta fra la demolizione di. ufficio e la conservazione del bene, definitivam,ente gi acquisito, in presenza di prevalenti interessi pubblici 1 il che significa per la destinazione a fini pubblici, sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Da quanto precede deve dedursi che, essendo l'acquisizione gratuita I una sanzione prevista per il caso dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolire, essa, come risulta dalla. stessa formulazione del terzo comma I dell'art. 7 della legge in questione, si. riferisce esclusivamente al respon sabile dell'abuso, non potendo di certo operare (come avviene talvolta per I la confisca, quando questa costituisce misura accessoria di altra sanzione i o misura strumentale diretta ad impedire l'ulteriore produzione dell'illecito i o l'utilizzazione dei proventi di questo) nella sfera di altri soggetti e, .in particolare, nei confronti del proprietario dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneit al compimento dell'opera abusiva, o che,. essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli .strumenti offertigli dall'ordinamento. L'essere .la sanzione dell'acquisizione dell'area ispirata dall'intento di costringere il responsabile dell'abuso ad eseguire egli stesso la demol zione nel termine stabilito dall'ingiunzione, esclude, anche sotto. altro profilo, che essa possa colpire il proprietario estraneo all'esecuzione dell'opera, perch se fosse vero il contrario si sarebbe in presenza di una sanzione inidonea ad assolvere alla funzione di prevenzione speciale in vista I ' della quale comminata, in quanto tale comminatoria non potrebbe eserci ! tare alcuna coazione sul responsabile dell'abuso per costringerlo ad eseguire la demolizione. I l ! I I I I I PARTE I, SEZ. I, .G!VRISPRUllENZA COSTITUZIONALE 415 Una volta escluso che il proprietario estraneo all"abuso -anche nel senso che non risulti che egli, essendone venuto. a conoscenza, non si sia attivato con gli strumenti offerti dall'ordinamento per impedirlo -possa s.pire la Per4~ti3-.4ella propriet .. dell';:irea; ..non per. questo viene meno la possibilit del ripristino. L'art. 7 in questione, pur perdendo la maggior forza intimidatrice insita nell'ulteriore comminatoria della sanzione consi stente nell'acquisizione gratuita dell'area, in caso di inottemperanza all'mgiumione si riduce alla solarf s ignora in: proposito che della norma in questione stata talvolta ffert un'interpretazione riduttiva nel senso, cio, che la demolizfon. J?Ofrebbe essere eseg\lta d;ufficio dagli organi del comune solo dopo che il bene. sia sfato acqill:sito al patrimonio pubblico. Se cos fosse ver rehbe.111rl ogni.possibilit di applicazione del regime sanzionatorio pre~ istoda detta norma nell'ipotesi . il). cui l'area, . per essere di propriet cll trzC> .. estfaned all'abuso, non pssa essere acqmsita gratuitamente e rill1rr~l:i6ero cos..frustate le fil1alit ripristinatorie insite in tale regime Ma la richl.amata interpretazione non pu essere condivisa perch essa, erroneamen.te attribuendo all'acquisizione gratuita del bene natura di :rrdsura stl"Ulller1tale (l dove, la richiamata giurisprudenza della Corte la ~(Jnsidera sanziol1e autonon:ta), connette l'operativit dell'ingiunzione Ji;5ipri~ti110 esclusiyainep.te. al. Jneccanismo. :previsto dall'art. 7 in parola il quale, come si arguisce da quanto si detto in precedenza, tende ad ottenere la collaborazione del responsabile dell'abuso, onde eliminarne gli effetti1 con il comminare l'ulteriore sanzione della perdita dell'area in caso di inottemperanza. Detta interpretazione tralascia invece di const. clerare che l'operativit dell'ingiunzione a demolire non presuppone sempre necessariamente la preventiva acquisizione clell'immobile al patrimonio comunale, perch l'ingiunzione rin provvedimento amministratifo di:ilturl,l autoritat.iva che1 in. quanto tale,. assistito, in base ai principi i~Il:~r~i ch regola!lo ...l'azione arll),lllpist~ativa,.. dfll carattere della ese.cutoriet insito nel potere di autotutela che, come noto, consiste nel potere-dovere degli organi amministrativi d dare esecuzione ai provvedimenti cia essist~ssi eID.ail.atL . Di con:segue~~ appare evidente che; q\lalo:ra non ricorrano i presupposti per l'acquisizione gratuita del bene, come nel caso in cui l'area sia di propriet. del terzo, la funzione ripr:istinatora dell'interesse pubblico vidlato dall'abuso, sia pur ristretta alla sola possibilit della demolizione, rimane affidata. al potere-dovere degli organi comunali di darvi esecuzione d'ufficio. E ci senza che a tal fine necessiti la preventiva acquisizione dell'area che, se di propriet del terzo estraneo all'abuso, deve rimanere nella titolarit di questi, anche dopo eseguita d;ufficio la demolizione. ---'.."'?' 416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 31 ottobre 1991 n. 389 -Pres. Corasaniti -Red. Caianiello -Regione Campania (avv. Cacciafesta). Regioni Legge regionale -Efficacia retroattiva -Ammissibilit -Condi zioni -Ragionevolezza. (Cost. art. 117; l. reg. Campania, 3 luglio 1973, n. 4, art. 7). Anche per il legislatote regionale, e pure in caso di successione di legge regionale a legge statale, il divieto di retmattivit assume dignit costituzionale solo in materia penale (peraltro estranea alla competenza normativa delle regioni); tuttavia esso rappresenta pur sempre una regola generale ed essenziale del sistema cui il legislatore deve ragionevolmente attenersi, salvo una effettiva causa giustificatrice, perch la certezza dei rapporti preferiti costituisce un cardine della civile convivenza e della tranquillit dei cittadini (pertanto illegittimo l'art. 7 legge regione Campania 3 luglio 1973, n. 4 che, modificando i requisiti per la concessione di borse di studio, incide anche sui rapporti in corso sacrificando ingiu~ stificatamente diritti gi acquisiti in base alla legge statale) (1). Con ordinanza pervenuta il 28 gennaio 1991, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno sollevato questione di legittimit costituzionale ~ dell'art. 7 della legge della Regione Campania 3 luglio 1973, n. 14, il quale I dlspone che ai concorsi annuali per il conferimento di nuove borse di studio I (1) Sentenza di notevole interesse in cui la Corte, nel ribadire che il divieto di retroattivit delle leggi assume dignit costituzionale solo in materia penale, I mette a fuoco il principio dell'unit dell'ordinamento come limite generale alla retroattivit delle leggi statali e regionali attribuendogli il significato di ga rantire la coerenza e ragionevolezza del sistema, pi che la sua continuit tem I porale. Da tale principio, quindi, discende non tanto un limite ratione tem~ poris della competenza delle regioni a disciplinare situazioni gi disciplinate con legge statale, bens un'esigenza di coordinamento tra le due legislazioni che pu anche comportare il sacrificio di diritti gi acquisiti purch sorretto da ragionevole giustificazione. Tra i numerosi precedenti citati dalla Corte si vedano: sent. 4 aprile 1990 n. 155, in Foro it. 1990, I, 3072; sent. 2 febbraio 1988 n. 123, ivi, 1989, I, 652; sent. 18 luglio 1986 n. 199, in Giust. civ. 1986, I, 2641; sent. 13 febbraio 1985 n. 36, in Foro it. 1986, I, 638, con nota di BELLANTUONo; sent. 12 maggio 1982 n. 91, ivi, 1982, I, 2122; sent. 15 febbraio 1980 n. 13, in Giur. cost. 1980, I, 102; sent. 20 marzo 1978 n. 23, ivi, 1978, I, 468; sent. 28 luglio 1976 n. 194, in Foro it., 1977, I, 23; sent. 9 marzo 1967 n. 23, in Giur. cost., 1967, 183; sent. 8 luglio 1957 n. 123, ivi, 1957 Ili, 275. L'elemento di maggiore novit della sentenza in commento riguarda il principio secondo il quale la legge regiqnale pu avere efficacia retroattiva, purch sia rispettato il canone della ragionevolezza, anche nei confronti della preesistente legge statale (in senso contrario sent. 18 marzo 1957 n. 44 e sent. 8 luglio 1957 n. 123. cit.). PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sono tenuti a partecipare anche gli alunni gi titolari di borse di studio pluriennali conseguite in anni scolastici anteriori al 1973/1974, privando cos questi ultimi del diritto ormai acquisito -in virt di concorsi espletati in base alla previgente legislazione statale -a percepire le relative annualit non ancora maturate. Ad avviso del giudice rimettente, la norma impugnata contrasta con l'art. 117, primo comma, della. Costituzione e con il principio di continuit (rectius di unit) dell'ordinamento, trattandosi ,di norma retroattiva diretta a regolare la materia per il tempo in cui la stessa apparteneva alla competenza statale. (omissis) Nel merito la questione fondata. La giurisprudenza di questa Corte, univoca nel ritenere che il principio della irretroattivit della legge in generale stato costituzionalizzato soltanto riguardo alla materia penale (fra le altre sentt. n. 19 del 1989, n. 713 del 1988, n. 19 del 1970, n. 23 del 1967), per quel che riguarda la legge regionale ha ..,..... fin dalla sentenza n. 44 del 1957, il cui principio ribadito in pronuncie successive (v. ad es. sentt. n. 91 del 1982, n. 13 del 1980, n. 23 del 1978, n. 123 del 1957) -ritenuto che la regione non possa regolare retroattivamente situazioni contemplate da una norma statale senza violare il principio fondamentale dell'unit dell'ordinamento giuridico dello Stato, con ci intendendo attribuire preminente rilevanza all'esigenza di un permanere uniforme sull'intero territorio dello Stato, senza deroghe regionaj.i, dei rapporti e delle situazioni sorte per effetto del preesistente assetto legislativo unitario. In una pi recente pronuncia (ord. n. 713 del 1988) la Corte, ritenendo detto orientamento non.. pertinente per definire una questione . sollevata con riferimento alla successione temporale fra leggi regionali e, di conseguenza, non assumendo posizione in ordine ad esso, ha considerato risolutivo sul tema della retroattivit di leggi regionali, l'indirizzo costantemente affermato relativamente a leggi dello Stato (v. per tutte sett. n. 155 del 1990, n. 199 del 1986, n. 36 del 1985, n. 194 del 1976, n. 118 del 1957), ma gi enunciato anche con specifico riferimento a leggi regionali (sentt. n. 23 del 1967, n. 19 del 1970), secondo cui il principio della irretroattivit della legge stato, come noto, costituzionalizzato soltanto riguardo alla materia penale (art. 25 Cost.) . Muovendo da tale premessa si conseguentemente ritenuto che l'art. 11 disp. prel. e.e., non pu assumere per il legislatore regionale altro diverso significato da quello che esso assume per quello statale e cio che, ad esclusione della suddetta materia (peraltro estranea alla competenza normativa delle regioni) , per l'uno, come per l'altro, possibile l'emanazione di norme alle quali venga attribuita la menzionata efficacia retroattiva . Ci premesso, da ritenersi che tale ultima affermazione -ribadita in prosieguo (sent. n. 19 del 1989) anche se sempre in riferimento a problemi di successione fra leggi regionali -pur non comportando neces RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 418 sariamente il superamento del richiamato principio di unit dell'ordinamento come limite alla retroattivit delle leggi regionali, costituisce espressione della tendenza, sempre pi netta, a considerare preminente nella risoluzione di quel tipo di problemi il carattere pariordinato o di uguale valore giuridico, sia pur nei limiti previsti dalla Costituzione, della legislazione regionale rispetto a quella statale in un sistema, come il nostro, di pluralismo delle fonti normative primarie. Tale tendenza, se da un lato non pu indurre all'abbandono del principio dell'unit dell'ordinamento, su cui si fondava la tesi dell'intangibilit, da parte delle norme regionali, delle situazioni prodotte dalle leggi dello Stato, dall'altro, esclude di poter continuare a considerare lo stesso principio come un ostacolo assoluto in ordine alla modificabilit delle situazioni pregresse ad opera della legislazione delle regioni. Diversamente opinando si perverrebbe a concepire nell'ambito delle materie di competenza regionale una categoria di rapporti assolutamente inalterabili perch intangibili da parte della regione subentrata nella materia e non pi disponibili da parte dello Stato che ha perduto la relativa competenza legislativa (sent. n. 279 del 1984). Al principio di unit, come ha anche rilevato la dottrina, va perci attribuito il significato di garantire la coerenza e ragionevolezza del sistema, pi che la sua continuit temporale. Di conseguenza ed in base ai cennati pi recenti indirizzi della giurisprudenza che attribuiscono all'art. 11 delle preleggi lo stesso valore sia se riferito alle leggi statali che a quelle regionali, si impone una particolare considerazione del canone di ragionevolezza, quando queste ultime vanno ad incidere su situazioni e rapporti gi regolati dallo Stato. Canone che la giurisprudenza costituzionale mostra, in via generale, di tenere in particolare conto come limite alla retroattivit delle leggi, quando afferma che questa possibile sempre che non siano contraddetti principi e valori costituzionali (sentt. n. 123 del 1988, n. 199 del 1986 e n. 194 del 1976). Cos, in particolare, quando, pur ribadendo la tesi secondo cui il divieto di retroattivit assume dignit costituzionale solo in materia penale, riconosce tuttavia che esso rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema cui, salva un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillit dei cittadini (sent. n. 155 del 1990). L'art. 117 della Costituzione, invocato nella specie dall'ordinanza di rinvio, congiuntamente al principio di continuit (rectius di unit) dell'ordinamento , che implicitamente richiama l'art. 3 della Costituzione, assume quindi rilievo non tanto sotto il profilo di una incompetenza temporale delle regioni a legiferare su situazioni gi disciplinate da leggi dello Stato all'epoca competente e, quindi, come ostacolo assoluto alla retroattivit della legge regionale, bens come parametro indicativo dell'esi PARTI!' l>; SEZ; I,. GIUlUSl'RUDENZA COSTITUZIONALE genza di assicurare il coordinamento. della. legge regionale con .. la legislazione statale preesistente. Di conseguenza, subentrando la prima alla seconda nella discipll,na della stessa materia, il sacrificio di posizioni facenti capo alla legjslaZione statale preesistente; pu. essere considerato ragionevole solo se il penrtanere< del precedente assetto .risulti del tutto i:ncoinpll,tibile con ... l'innovativa diseiplina regionale. 4l>:P~re1 clifa.tti;,; W,dispensabile !l.ottolineafe che, .i onseguenti . alla . djvers!t dl . c9ntesto. ~Il c~~o.. t;,9ntra.tjq, '7e.rrebbe ad. alterarsi, senza alcu.~ valida ragione, l'uniformit dell'asset~o unitario prece, ariC:Ora pil irragionevole quando si frl:l.ttr~ come nel . c~so lellalegge tegiOnale oggetto di impugnativa r.ti . presente giu. diiid. < di stu'.aziolli e li rapporti destiliati d esaU:rirsi in breve tempo e . quih:d:f corfscarsiSsima possibilit di . interferire nella nuova . disciplina. La legge regionale impugnata ha modificato i requisiti per la C:oncessiotie delle borse di studio con una disciplina che ha: inciso, anche sui rapporti in cors. Difatti, i soggetti non risultanti ili possesso dei :nuovi requisiti/ ancorch gi titolari di borse di studio pluriennali conseguite in base alla legislazione statale; sono stati privati della possibilit d . godere delle restanti annualit .senza che ei risulti ilidispensabile. nel quadro complessivo della nuova disciplilia. L'assoggettamento al modificat regime anche dei rapporti in corse> ed in via di esaurimento appare cos privo di ogni giustificazione in. termini di compatibilit e come tale cos:tituzionalmente. lllegittimq. CORTE COSTITUZIONALE, 13 dicembre 1991, n. 465 -Pres. Corasaniti - Red. Cheli -Regione Liguria (aw. Zanchini) c. Presidenza del Consigli() (avv. Stafol.aporta). Atto amministrativo -Procedimento -Legge 7 agosto 1990 n. 241-Disciplina regolamentare -Assunzione di informazioni da parte dello Stato nei procedimenti di competenzaregionale Conflitto di.. attribuzioni Potere dello Stato -Sussistenza~ Non invade le competenze regionali la circolare della Presidenza del Co~siglio dei Ministri -Dipartimento per la funzione pubblica -n. 72741/ 7463 del 14 marzo 1991, concernente l'attuazione degli artt. 19 e 20 della! 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 7 agosto 1990, n. 241, nella quale viene chiesto alle regioni, a fini informativi e di apporto collaborativo, elementi utili alla identificazione dei procedimenti amministrativi di competenza regionale nonch osservazioni e proposte relative agli schemi di regolamenti governativi in corso di adozione per i procedimenti amministrativi di competenza statale (1). Con la circolare n. 72741/7463 del 14 marzo 1991 la Presidenza del Consiglio dei ministri -Dipartimento per la funzione pubblica -ha inviato a tutti i Ministeri e a tutte le Regioni tre schemi di regolamento destinati a individuare le attivit ed i termini relativi ai procedimenti amministrativi di cui agli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'invito a far pervenire, entro un termine prefissato, eventuali osservazioni e proposte e con l'avvertimento che, in difetto di risposta entro tale termine, ciascuna amministrazione sarebbe stata ritenuta consenziente alla disciplina proposta. Nella stessa circolare si ricorda anche che, con una precedente lettera, le Amministrazioni destinatarie erano state gi sollecitate ad inviare elementi utili alla identificazione dei procedimenti oggetto delle rispettive competenze e che possono rientrare nell'ambito di applicazione degli artt. 19 e. 20 . Secondo la Regione Liguria la circolare in questfOne rivelerebbe chiaramente l'intenzione del Governo di includere anche le Regioni tra i soggetti disciplinati dai regolamenti governativi di cui agli art. 19 e 20 della legge n. 241, cos da estendere la normazione che dovr essere formulata mediante tali regolamenti anche ai procedimenti di competenza regionale, relegandosi le Regioni, ai fini della disciplina di tali procedimenti, ad un ruolo di mera collaborazione oon lo Stato. Da qui -ad avviso della ricorrente -la lesione, oltre che del principio di ragionevolezza, degli artt. 117 e 118 della Costituzione e dell'art. 29 della legge n. 241 del 1990, dove si affida alle Regioni a statuto ordinario (1) t!. la prima volta che la Corte Costituzionale si occupa della legge 7 agosto 1990 n. 241 e lo fa per dirimere un conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni che si incentra sull'interpretazione dell'art. 29 nella parte in cui dispone che la legge n. 241/90 opera direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando esse non avranno legiferato in materia . La Corte opta per una interpretazione restrittiva della norma nel senso cio che riferendosi soltanto alle disposizioni della nuova legge sul procedimento, essa non consente ai regolamenti governativi (bench delegati) di disciplinare i procedimenti amministrativi di spettanza regionale fino a quando le regioni non avranno legiferato. Sta di fatto per che senza l'adozione dei regolamenti di cui agli artt. 19 e 20, appare alquanto difficile rendere operante quella funzione di transitoria supplenza delle leg~i regionali che l'art. 29 attribuisce alla legge 241/90. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la. regolazione delle materie toccate dalla stessa legge nel rispetto dei ' principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento . Il.ricorso non fondato nei. termini che verranno di seguito precisati. Gli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si riferiscono alla disciplina;. rispettivamente della ne l'inizio all'amministrazione competente, salva la sticcessiva verifica da parte della stessa amministrazione della effet tiva sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge per lo svolgi mento di tale attivit. A sua volta, l'art. 20; sempre irt tema di attivit private sottoposte al consenso dell. pubblica ariuninistrazione, si riferisce alla ipotesi in cui il decorso di 'I.in trnin prefissato, senza che sia intervenuto un esplicito provliedimento di diniego dell'atto autorizzatorio richiesto, equivale ad accoglimento della domanda avanzata dal. privato. ED:trani.be Ie disposizini stabiliscono poi che i casi di applicazione degli iStituti dell denuneia preventiva e del silenzio-assenso al l'esercizio di atthrit private subordinate a consenso della pubblica am ministrazione devono essere individuati mediante regolamenti adottati ai sensi dell'art. 17; secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo patere delle.competenti Commissioni parlamentari. Ora, ai fini .della soluzione della controversia in esame, la premessa da cui occorre muovere che i regolamenti governativi in questione quand'anche caratterizzati dalla speciaie efficacia propria dei regolamenti c.d. delegati ...._ :rion risultano legittimati a disciplinare, per la naturale distribuzione delle competenze normative tra Stato e Regioni desumibile dall'art. 117 della Costituzione, le materie di spettanza regionale e, conseguentemente, neppure i procedimenti amministrativi attinenti a tali materie. Se vero, infatti, che il procedimento amministrativo non coincide con uno specifico ambito materiale di competenza, in quanto modo di esercizio delle diverse competenze, anChe vero che la disciplina P,ei vari procedimenti dovr essere affidata a fonti statali o a fonti region:aJ.i, a seconda che gli stessi attengano all'esercizio di competenze materiali proprie dello Stato o delle Regioni. E questo tanto pi ove si consideri la connessione naturale esistente tra la disciplina del procedimento e la materia dell'organizzazione, connessione che conduce a individuare nella regolamentazione ad opera della Regione dei procedimenti amministrativi di propria spettanza un corollario della competenza regionale, - 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO richiamata nell'art. 117 della Costituzione, concernente l' ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalle Regioni. Queste considerazioni trovano, del resto, piena conferma nella stessa legge n. 241 del 1990, che, all'art. 29, affida alle Regioni a statuto ordinario il potere di regolare gli oggetti investiti da tale legge nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento giuridico, N la previsione, espressa nello stesso art. 29, di un'operativit in via suppletiva di tutte le disposizioni contenute nella legge n. 241 nei confronti delle Regioni che non abbiano ancora legiferato in materia, pu spostare i termini ciel problema, dal momento che tale operativit risulta pur sempre limitata alle sole disposizioni conenute nella legge n. 241, n pu estendere la sua efficacia fino a legittimare l'incidenza nell'ambito della sfera di competenza regionale di fonti statali di livello secondario, quali quelle espresse nei regolamenti governativi di cui agli artt. 19 e 20 della legge n. 241. La possibilit per tali regolamenti di svolgere la loro efficacia anche nella sfera regionale verrebbe, infatti, a contrastare non solo con l'art. 29 della legge n. 241, ma anche con la disciplina formulata, in tema di regolamenti, dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, dove espressamente si esclude che i regolamenti governativi destinati a disciplinare l'attuazione e l'integrazione delle leggi recanti norme di principio possano incidere su materie riservate alla competenza regionale (art. 17, primo comma, lett. b). Quanto precede non conduce, d'altro canto, ad affermare anche l'esistenza della lesione che, con riferimento alla circolare di cui causa, la Regione Liguria lamenta. Dalla circolare in questione non risulta, infatti, possibile dedurre con certezza l'intenzione dello Stato di voler provvedere all'adozione di una disciplina regolamentare, ai sensi degli artt. 19 e 20 della legge n. 241, comprensiva anche dei procedimenti amministrativi di competenza regionale. Al contrario, il fine che la circolare dichiara esplicitamente di voler perseguire riguarda soltanto l'assunzione di informazioni relative ai procedimenti di competenza delle varie amministrazioni, statali e regionali nonch l'eventuale formulazione da parte delle stesse amministrazioni di osservazioni e proposte relative agli schemi di regolamento gi predisposti dall'amministrazione statale con riferimento all'esercizio di proprie competenze. La richiesta espressa dalla circolare in esame non mira, pertanto, a intaccare una sfera di competenza regionale, quanto a favorire, attraverso uno scambio di informazioni e valutazioni, un rapporto collaborativo tra le varie amministrazioni, centrali e periferiche, anche ai fini dell'adozione di modelli procedurali non dissonanti: rapporto particolarmente giustificato nell'attuale fase di avvio di una disciplina fortemente PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE innovativa e di grande rilievo istituzionale quale quella espressa dalla legge n. 241 del 1990. p.q;m. dichiara che spetta allo Stato, in relazione alla circolare della Presi denza del Consiglio dei ministri -Dipartimento per la funzione pubbli ca -n. 72741/7463 del 14 marzo 1991, concernente l'attuazione degli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, chiedere alla Regione Liguria a fini informativi e di apporto collaborativo, elementi utili alla identificazione dei procedimenti amministrativi di competenza regionale nonch osserva zioni e proposte relative agli schemi di regolamenti governativi in corso di adozione per i procedimenti amministrativi di competenza statale. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Le sentenze della Corte di giustizia delle Comunit europee pronunciate nel corso dell'anno 1991 in cause alle quali ha partecipato l'Italia. La Corte cli giustizia delle Comunit europee nel corso dell'anno 1991 ha pronunciato 204 sentenze: 34 di esse sono state emesse in cause alle quali ha partecipato l'Italia (4 in ricorsi diretti dell'Italia contro la Commissione delle C. E.; 15 in ricorsi diretti della Commissione contro l'Italia; 1 in una causa fra altro Stato membro e la Commissione nella quale era intervenuta l'Italia; 13 in cause pregiudiziali proposte ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, di cui 6 promosse da giudici italiani). Nel corso dell'anno sono state cancellate dal ruolo molte cause promosse dalla Commissione contro l'Italia, essendo venuta a cessare nella sostanza la materia del contendere, vuoi, in alcuni casi, per aver la Commissione accettato il punto di vista dell'Italia, vuoi, pi spesso. per il venir meno dello stato di inadempimento ad obblighi comunitari contestato all'Italia: con l'entrata a regime del meccanismo della legge comunitaria di cui all'art. 2 legge 9 marzo 1989, n. 86, stato possibile evitare numerose e poco onorevoli soccombenze in sede giudiziale (oltre che mettersi al passo con gli altri Stati membri), dando finalmente attuazione ad un gran numero cli direttive comunitarie, specificamente indicate nella legge 29 dicembre 1990, n. 428 (legge comunitaria per il 1990), in relazione alle quali si era accumulato un notevole ritardo negli anni precedenti. L'Italia non ha partecipato ad alcun giudizio innanzi al Tribunale cli primo grado. Oltre a qruelle pubblicate in questo numero e nei numeri precedenti della Rassegna, le sentenze pronunciate in cause che hanno visto la partecipazione italiana sono ile seguenti: -17 gennaio 1991, nella causa C-334/89, Commissione c. Italia, in tema di caccia, citata in nota (1) a pag. 35, parte I, di questa Rassegna; -19 febbraio 1991, nella causa C-281/89, Italia c. Commissione, con la quale la Corte ha respinto un ricorso italiano relativo alla liquidazione dei conti FEOGA per il 1986 riguardante l'ammontare di spese per la colorazione di cereali contestato fra le parti; -26 febbraio 1991, nella causa C-120/88, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha dichiarato che la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell'art. 95 del Trattato CEE, non avendo adottato i provvedimenti necessari a permettere ai non soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto, che importino nel territorio italiano beni gi gravati di tale imposta in un altro Stato membro senza poterne ottenere il rimborso, di detrarre dall'IVA dovuta all'importazione l'importo dell'IVA pagata nello Stato membro di esportazione ancora inglobata nel valore del bene al momento dell'importazione, mentre le cessioni di beni analoghi effettuate da chi non soggetto passivo all'interno del territorio italiano non sono assoggettate all'IVA . -28 febbraio 1991, nella causa C-360/87, Commissione c. Italia, con la quale stato dichiarato che non avendo adottato nel termine prescritto tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, necessarie per dare I' -~ compiet e corretta e~CUZiorie lfell'rdlllainent.. giuridico intento alla . diiettiva del Consigl ... a,gli. obl:>liglli .. illl'. tt:11@1!t~'i t~f!ti:r~:,J!r~!~~ffi{~~~8~it~{:1i: ~qt~0citrs!~~~ii4!a~~ea;, .. ᥥ --2i#arz l99t, nel!~ caifsa y369j8S:, pelattre; con la quale la C~e, rchiesta di. pron~carsi: .l>ulle n.ozitin dfi~ m.aiattia >; e di .,. mediCnalie di nfonopolio per la venaititi#Jatcuni pfod()ttirMervato ai farmacisti; ha dclarato'.he: ~t ..::;;;. ta direttiva del Ce>J;lsiS:lio26 ~e1Y1ajo 1965; n; 65/65/cB:Si per il raVy.i~tiffiento delle disposizioni legislative, reg&1ame:t1tari ed . mtnihlsti'ative tetative . W specie.~ lit me(Ucjnali;.. n()n. contieiJ.e ~~~ᥥ4e(i.pizine. dellan(lzi9iJ.e. diclll,l;llattia. 2 .. a).. Uxr prodotto prese11tat\l otne Q:estUlato . a fl\tv9:W'e talune .funZioni organiche rientra nell'ant'Pitoc di a:P:Plic~~<;>ne ~Ila nozi9ne . com\lt1itaria di medicinale di .cui all'art. l; ;ti, 2, secori49 comma,)della direttiva del Cnsigli9 65/65/CEE. :Pe:r ... stabilite . se 'Va4a co:$i4e;rato . i;>rdotto medicinale .o alimentare .necess1; 1rio tener.. conto. delle su.e. pJ;opriet.. farmaceuticl:te' La circostanza che $letto pro<;lotto venga 9(>risileliato ..U~entare in uno Stato lnj)m:Oro Jio11 impedisce elle venga; co.$idl\\ratoi roedicjriale nello.. Stat9 . interessato;( se .ne. presenta le influenza sulla. ~finizione dimedicina.}Lai sensi della direttiva 65/65/CEE; b) .. Non sussiste un obl>li.go gi.ric:lic;() '.Per gli Statj me:mbii di .. sollecitare il parere dei conlitl; l~i... (: 1991, nelfa. gusa 045/89, Commi~.Sion c. Italia, con la quale staro statuito 'Che la Repubblica, italiana, mantenendtf in vigore un regime di autorizzazioni e/O di contingentamento dei trasporti combinati strada/fer wvia tra Stati membri e rifiutando il rilascio di autotfazationi ai privati che intendono effettuarectali trasporti; venuta meno agliobblighi che le incombono ai senskdella direttiva del. Consiglio 17 febbraio 1975;. 75/130/CEE; relativa alla fissazione dfnorme comuni pet taluni trasportidi. merci .combinati strada/ /ferrovia tr; Stati membri, in particolare dell'art. 2 della stessa" ---7 cenze e le qualifiche attestate dal diploma conseguito dall'interessato nel suo cpaese .d'origine corrispondano a quelle. richieste. dalla normativa dello Stato ospitante; qualora vi sia una co:trispctnderiza soltanto par ziale> tfatali diplmii le autorit naiionali di cui trattasi sono legittimate ad esigere che l'interessato dimostri di avere conseguito le eonoscenze e le qualifiche mancanti. ---8 maggio 1991, nella causa C-266/89; Comrnissione c. Italia, con la quak l Corte ha dichiarato che la Repubblka Italiana, continuando a non procedere alla rflevaziane . statistica 'dei trasporti .di .merci su strada'. secondo .le modalit prescritte daia di'eitiva ci~l Co:ii$ig1fo 12 giugno ' 1978; 78/546iCE, relativa alla rilevazione statistica dei trasporti di merci su strada I1elraful>ito di na stati' stica. regionale, venuta meno agli obblighi che le incombono in forza delle disposiZinf di questa direttiva e dell'art. 171 deltrttato CEE ȥ. che:~~ fua~o~~:1t!el~~iu:fe~;~!~~Ju~f1Af~~.~: 1~a~1stut~bh~st~l~~ lidit .del regolamento della Coinmissfone 4 settemb:r;e 1984, :i:t. 2541, c;he fissa una tassa di compensazione sitlle imp~rtazioni negli. altri Stati membri, .di a,lcool etilica, di .origine. agriCola ottenuto . .in. Francia e del regoiamento della Commis sione J.2, marzo 1985, n, 644, recante modifica del regola.iexito (CEE) :ri. 2541/84. 2, -. La. tassa, di. compensazione prevista da tale regolamento deve essere ri scossa sull'alcool etilico che viene lavorato in zona franca e conglobato in un prodotto finito destinato ad un altro Stato membro1 senza essere stato sottopo sto a regimi doganali particolari, eccezion fatta per la Vigilanza doganale >>. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 428 -16 maggio 1991; il.ella causa C-263/85, Commissione c. Italia, dove stato dichiarato che la Repubblica italiana, esigendo che gli enti pubblici acquistino veicoli di produzione nazionale per beneficiare di aiuti previsti dalla legge 10 aprile 1981, n. 151, venuta meno agli obblighi che le incombono in virt del l'art; 30 del Trattato CEE " -11 luglio 1991, nella causa C-296/90, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha dichiarato che la Repubblica italiana, non .adottando entro il ter. mine prescritto i prowedimenti necessari per dare attuazione nell'ordinamento giuridico interno alla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/384/CEB; con cernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli. del settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. alla di rettiva del tonsiglio 20 dicembre 1985, 85/615/CEE, che modifica la precedente direttiva in. seg.ito all'aciesione della Spagna e del Portogallo, ed alla direttiva del Consiglio 27 gennaio 1986, 86/17/CBE, che modifica, a seguito dell'adesione del Portogallo, la d4'ettiva 85/384/CEE, venuta meno agli obblighi ad. esso incombenti in forza del Trattato CEE .....-11 luglio 1991; nella causa C-351/88, Laboratori Bruneau, dove si precisato che 1.. .::,... l'art 30 del Trattato CEE va interpretato nel senso che osta ad una disciplina nazionale che riserva alle imprese ubicate in determinate regioni del territorio nazionale una percentuale degli appalti pubblici di forni tur:e;. 2. -l'eventuale . qualificazione di una normativa nazionale come aiuto ai sensi ciell'art. 92 del Trattato non pu sottrarre detta normativa al divieto di c.1ti all'art. 30 del . Trattato . -25 luglio 1991, nella causa C-32/90, Commissione c. Italia, dove . stato di chiarato che obbligando i fabbricanti di prodotti a pasta filata ad indicare sull'etichetta la data di produzione nonch il luogo di provenienza o di origine del prodotto, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che le incom bono ai sensi dell'art. 3, n. 1, punti 4 e 7, della direttiva del Consiglio 18 dicem ~ bre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonch la relativa pubblicit, -25 luglio 1991, nella causa C-58/90, Commissione c. Italia, con la quale stato statuito che la Rep.bblica italiana venuta meno agli obblighi che le I incombono ai sensi degli artt, 48; 52 e 59 del Trattato CEE, mantenendo in vig()re le disposizioni che riservano ai cittaclini italiani la possibilit di ottenere il riconoscimento in Italia dei titoli esteri che abilitano all'esercizio di profes sio.ni sanitarie ausiliarie" . ' -2 ottobre.19Ql, nella causa C-7/90, Vandevenne, dove si precisato che: 1. -Il termine "impresa" cii cui .all'art. 15 del regolamento (CEE)-del Consi glio 20 dicexnbre<1985, n. 3820, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nl settore dei trasporti su strada, siriferisce ad un soggetto di diritto autonomo, quale che sia la sua forma giuridica, che esercita in modo durevole un'attivit di trasporto e che ha il potere di organizzare e di con trollare il lavoro dei condcenti e dei membri dell'equipaggio; 2. -n l'art. 5 del Trattato CEE, n l'art. 11, n. 1, del regolamento n~ 3820/85 obbligano uno Stato membro ad introdurre nel proprio ordiliamento nazionale il principio della responsabilit penale delle persone giuridiche. Le violazioni dell'art. 15 del regolamento n. 3820/85 possono venire punite applicando disposizioni con formi ai principi fondamentali del diritto penale nazionale, a condizione che k sanzioni risultanti abbiano un carattere effettivo, proporzionale e dissuasivo; PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 3. -il regolamento n. 3820/85 non impone n impedisce l'istituzione, da parte degli Stati membri, di un sistema di responsabilit penale oggettiva al fine di assicurare il rispetto degli obblighi imposti dal regolamento . -3 ottobre 1991, nella causa C-261/89, Italia c. Commissione, relativa ad aiuti di Stato nel settore dell'alluminio, citata in nota (1) a pag. 224, parte I, di questa Rassegna. -10 ottobre 1991, nelle cause riunite 161 e 162/90, Petruzzi e Longo, secondo la quale 1. -l'art. 3, n. 2, del regolamento (CEE) della Commissione 10 dicembre 1985, n. 3472, dev'essere interpretato nel senso che, finch non venga adottata una disciplina comunitaria, l'esame delle caratteristiche organolettiche dell'olio di oliva vergine commestibile viene effettuato secondo procedure nazionali, il cui, solo scopo dev'essere quello di accertare le caratteristiche richieste dalle disposizioni comunitarie per la classificazione secondo le denominazioni elencate in queste stesse disposizioni; 2. -il diritto comunitario autorizza la Commissione, al fine di verificare, secondo rigorose condizioni di affidabilit, la regolarit delle operazioni .di intervento, a compiere un controllo che non costituisca una semplice ripetizione delle analisi effettuate al momento della presentazione dell'olio all'intervento , -17 ottobre 1991, nella causa C-346/89, Italia c. Commissione, dove la Corte ha ritenuto che la Commissione ha il potere di ridurre, in attesa della decisione definitiva sulla liquidazione dei conti annuali, le somme dovute come anticipi mensili in funzione della situazione contabile di ciascuno Stato membro presso il FEAOG qualora constati che l'ente nazionale, in violazione del diritto comunitario, non ha riscosso talune somme destinate al FEAOG o ha effettuato talune spese a carico dello stesso . -27 novembre 1991, nella causa C-199/90. Jtaltrade, con la quale la Corte ha dichiarato, in ordine a operazioni di distillazione del vino, che: 1. -I termini prescritti dall'art. 8 del reglamento (CEE) della Commissione 22 agosto 1983, n. 2373, che stabilisce le mdalit di applicazione della distillazione di cui all'art. 11 del regolamento (CEE) n. 337/7.9 per la campagna viticola 1983/1984, e prorogati dal regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1983, n. 3501, sono termini imperativi la cui inosservanza comporta ipso iure come sanzione l'incameramento parziale o, a seconda dei casi, totale, della cauzione; 2. -l'esame congiunto delle questioni seconda e terza non ha rivelato alcun elemento atto ad infirmare la validit dell'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83 >>. -13 dicembre 1991, nella causa C-33/90, Commissione c. Italia, dove la Corte ha dichiarato, in tema di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, che 1. non avendo fornito i chiarimenti richiesti dalla Commissione con lettera 29 giugno 1987, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'art. 5, primo comma, del Trattato CEE; 2. -non avendo la regione Campania predisposto piani che stabiliscano in particolare i tipi e quantitativi di rifiuti da smaltire, i requisiti tecnici generali, i luoghi adatti allo smaltimento e tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare, n elaborato o aggiornato programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'art. 6 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, e dell'art. 12, n. l, della direttiva del Consiglio 20 marzo 1978, 78/319/CEE, relal: iva ai rifiuti tossici e nocivi . -13 dicembre 1991, nella causa C-69/90, Commissione c. Italia, dove la Corte ha dichiarato che la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi della direttiva del Consiglio 15 dicembre 1986, 87/53/CEE RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO che modifica fa direttiva 83/643/CEE, relativa all'agevolazione dei controlli 430 fisici e delle formalit amministrative nel trasporto di merci tra Stati membri, a) non avendo adottato i provvedimenti necessari per conformarsi all'art. 7 bis della direttiva del Consiglio 1 diceml;>re 1983, 83/643/CEE, come modificata dalla direttiva 87/53 e b) non avendo inviato alla Commissione alcuna comuni cazione relativa all'attuazione delle altre disposizioni inserite nella direttiva 83/643. dalla in vigore{cos olile riswta ci1ill primo coll,~lcieraJ).d.ciel regl~ento lJ10dificativo; a n0:rma del quale n tale regill1e . . . -:.-:.. .... .. ..... 24. -Si deve pertanto risolvere la questione proposta clal giudice nazionale c:lichi;:u::anc;l() . he l'~t. 3!5 cll reg()laJl:lel1t() delConsigli() ll ~22/77, ll,e}t@sl9J:tt, . yl.gore .. Prill1a 4eP.a Il1P4i~ia apponata dal, regol~en,t9 del .... ~5!g~iRn 3~13/~1,va m~!Y.~~at9 :tel sensg cli,~ la()Il1Petel1Zaad.. av visaJ'.'e il garaJ:l.te 4el 1).()n aPPuram~to del c,low;nento Tl appartene.va esl.5~vaJ:p.el).te .. all'u~~ig di I?arte11~1i\, (oniiss.is} . . : :~ CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, sed. plell., 25 lu' gli<> 199l;i nella causa c;:,362/89;;;; Pres; Due ..-Avv. Gen . Van Gerven -Do manda di pronuncia prgiudfaiale proposta dakPrtore di Milano nella causa d'Urso e(i a. c. Ercole Marelli Elettromeccanica gen. S.p.A. -Interv. : Governi francese (ag. Chavance) e italiano (aw. Stato Fiumara) .e Cotjli:ajssi~llettelie;~~(a~3Maren&eBanks)~ CQmUlllt~ europee l\avvicbi~ento delle legislazioni -M~ntenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese. (Direttitia del Consiglio; 14 febbraio 1977 n;< 71/187/C.S.E.~ art; 3, n. 1); Coiti~t~.~ut~~ee RaV'\Ticirtame.nto . tt ~Gclic; nazio11ale chiede se l'art, 3, n. l, la. dittHya n11r' ~ garalJ.#r. l~ conseryaiforie .dei dfrhti deffavoratori in l<lfi~jitf@j \!i>~~~~i~;fJ~=~~!li;~';;~)I~ l'art 3, ll 1, della. cUrettiva cC)lllprende i diritti e le obbl.igazfoni che scatu. d.sco11 xfotc?nfronti del. ec.lente .da 1lll cp);ltratto 9 .da 1lll. rapporto di ~;;~iWa~~~~~s~~Ji~f;~mf:~~~!:::~~i~!~~fo!i;P~W~~it!i~:~~::;~ dell'impresa o dello stabilimento.. ~sfe~n:ti c;li lllv:rese. di stabi.lll,en:ti o. di parti cij stabili:r;n.enti a nuovi m.i~~~~i~lt~,~~~irr~~! #eCisato che fa dirttlva, e'lt:livoca rtell~ t>ll fo~ulaZione per quanto riguarda il ftferiri:ienfo alle modalit. del. trasfe#inenfo dell'impresa, ha cpnie obiettivo iri:iJ?eclir che. a. ristruttuniiiorte heU'afubito del. mercato comtille. si effettiti a dAfin dei lavoratori delle it:i\)fese coinvolte~ (Pl.Ulto 18),. e che siste nello st.atO attuale dello sviluppo . ecn()Inio grafiO:e incertezza per .quanto . rigU!:!rda le .. incidenze, suI mera\to .. del. lavoro,. dei trasferimenti . di imprese . in caso di insolvibilit. del datore di la"ro e per quelche riguarda i provvedimenti da adotiarsi onde tutelare nel migliore dei modi gli futeressi dei lavoratori RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 440 11. -La Corte ha inoltre stabilito, nella sentenza 10 febbraio 1988, Daddy's Dance Hall (causa 324/86, punto 14 della motivazione, Racc. pag. 739); che le norme della direttiva dovevano considerarsi imperative, ossia non derogabili in senso sfavorevole ai lavoratori. Di conseguenza, l'attUaziorie dei diritti conferiti ai lvoratori dalla direttiva non pu venir subordinata al consenso n del cedente o del cessionario, n dei rappresen tanti dei lavoratori, n dei lavoratori stessi, salvo, per quanto riguarda c;J.uesti .ultimi, la.. possibilit, a seguito di .dimissioni volontarie, di. non continuare il rapporto di lavoro con il nuovo datore di lavor() dopo il trasferimento (sentenza 11 luglio 1985, Mikkelsen, causa 105/84, punto 16 della motivazi.one, Racc. pag. 2639). 12. -Ne consegue che, nell'ipotesi di trasferimento di impresa, il contratto o il ra{'porto di lavoro che vincola il personale occupato nell'impresa trasferita non pu venire prosegUito con il cedente e continua ipso jitre con il cessionario,.. fenno . restando che, secondo la giurisprudenza (sentenza 15 giugno 1988, Bork, causa 101/87, punto 17 della motivazione, Racc. pag. 3057), l'esistenza. o l'inesistenza di un contratto o di un rapporto di lavoro alla data del trasferimento va valutata alla luce del diritto nazionale . .13. -Per controbattere siffatta interpretazione della direttiva, le parti convenute nella causa principale ed il governo italiano hanno svolto dinanzi alla Corte tre ordini di argomenti. (punto 22). E ha ritenuto che la direttiva stessa non impone agli Stati membri l'obbligo di estendere le norme che essa contiene ai trasferimenti di imprese, di .stabilimenti o di parti di stabilimenti avvenuti nell'ambito di un procedimento fallimentare mirante, sotto il controilo della competente autorit giudiziaria, alla liquidazione dei beni del cedente (punto 23), mentre un tale obbligo impone in relazione a trasferimenti avvenuti in una procedura, in ctd il controllo del giudice abbia ..na portata pi limitata, la quale persegua . anzitutto la salvaguardia del patrimonio ed eventualmente il proseguimento dell'.attivit dell'impresa mediante la sospensione dei pagamenti onde giungere ad una soluzione che consenta di garantire l'attivit dell'impresa in futuro ,, (punto 28). J\ppllcando questi principi ,~ aso di specie, la proedura di ammini strazione straordinaria non poteva non essere assimilata, agli effetti della ve rifica dell'applicazione della direttiva, alle procedure fallimentari .. Infatti: a) quale che sia la forma giuridica attraverso la quale si attua di trasferimento, certo che questo avviene nell'ambito e in forza di una procedura concor suale ( indifferente, sotto il profilo che qui interessa, che essa si svolga sotto il controllo dell'autorit amministrativa, come la procedura di liquidazione coatta amministrativa, e non sotto il controllo del giudice, come invece il fallimento) e non per libera volont delle parti; b) non si tratta di un trasfe rimenJo per mera ristrutturazione aziendale, ma di un trasferimento neces sitato dallo stato di insolvenza dell'impresa; e) la procedura disposta in so 441 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 14. -In primo luogo, stato sostenuto che cos interpretata la direttiva lederebbe la libert di impresa. 15. -A questo proposito, occorre osservare che questo tipo di lesione insito nell'oggetto stesso della direttiva che mira, nell'interesse dei lavoratori, a trasferire al cessionario le obbligazioni scaturenti dai contratti o dai rapporti di lavoro. 16. -In secondo luogo, questa interpretazione della direttiva porterebbe, in un'ipotesi come quella della causa principale, a rimettere in discussione gli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali e vertenti sulle modalit del trasferimento e sul numero dei lavoratori trasferiti. 17. -Questo argomento non pu venire preso in considerazione dal momento che, come si detto in precedenza, le norme della direttiva si impongono a tutti, ivi compresi i rappresentanti sindacali dei lavoratori, che non possono derogarvi tramite accordi stipulati con il cedente o con il cessionario. 18. -Da ultimo stato sostenuto che un'interpretazione della direttiva che si risolva nell'impedire che i lavoratori in soprannumero dell'impresa restino alle dipendenze del cedente, potrebbe risultare meno stituzione e con esclusione del fallimento (per casi che oggettivamente prima dell'entrata in vigore della legge Prodi sarebbero sfociati in una dichiarazione di fallimento) non per la prioritaria esigenza di salvaguardare il patrimonio aziendale attraverso la prosecuzione dell'attivit dell'azienda, ma per interessi di politica economica e sociale che trascendono quelli particolari dell'impresa dissestata (come reso evidente anche dagli interventi di sostegno dello Stato: garanzia per i crediti assunti, agevolazioni fiscali). 3. -Dopo l'affermazione di principio della inapplicabilit della direttiva ai trasferimenti operati nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria, la Corte, per, ha precisato che la direttiva si applica se il trasferimento avviene durante il proseguimento dell'attivit di impresa da parte degli organi della procedura. E cos la Corte ha drasticamente limitato la portata del principio generale prima affermato. La pronuncia desta perplessit (anche se, poco prima, il quinto comma dell'art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 -legge comunitaria per il 1990 -era intervenuto a distinguere, proprio in sede nazionale, fra trasferimento operato in corso di esercizio di attivit e trasferimento fuori esercizio, ai fini dell'applicazione dell'art. 2112 cod. civ., nella nuova formulazione ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente). Osserva la Corte che quando il decreto che sancisce l'applicazione del procedimento amministrativo straordinario stabilisce nel contempo la continuazione dell'attivit dell'impresa in regime commissariale, la finalit di questo procedimento sta anzitutto nel restituire all'impresa un equilibrio che consenta di garantire la sua attivit futura; l'obiettivo economico-sociale cos RASSEGNA DELL'AVVOCATURA, DELLO STATO . . . favorevole ai lavoratori, o perch il potenziale cessionari(} potrebbe venire dissuaso dall'acquistare l'impresa dalla prospettiva di dover mantenere in servizio il personale eccedente dell'impresa trasferita o perch il personale sarebbe licenziato e perderebbe quindi i vantaggi. che avrebbe eventualmente .potuto trarre dalla continuazione del. rapporto di lavoro con ilcedente; 19. -Per ribattere a questo argomento, si deve ricordare che se, in forza dell'art. 4, n. 1, la direttiva vieta che il trasferimento costituisca di per s un motivo di licenziamento per il cedente o per il cessionario, essa non 'pregiudica i licenziamenti che possono . aver luogo per motivi econ6mid, tecnici e di orgamz:iiione che compbrtario variazioni sul piano dell'occupazione. Va aggiunto che la direttiva non si oppone nemmeno a che, qualora un,a disciplina. nazionale implichi a favore del cedente disposi.oJJi . che gli. consentono . di alleviare o di sopprimere gli oneri connessi all'oCC\lpaZfone . dei lavoratori ..in . soprannumero, per evitare nella misura. del possibile licenziamenti., dette ..disposizioni si applichino dopo il trasferimento a vantaggio del cessionario. 20..~ Si deve q\lindi. risolvere la prima. questione. pregi\ldizia}e dichiarando che>l'art. 3, n. l; della, direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187 /CEE; va interpretato nel senso che tutti i contratti o rapporti perseguito non pu spiegare n giustificare il fatto che, quando l'impresa interessata costituisce oggetto di un trasferimento totale o parziale. i suoi lavoratori venglll',lQ. privati dei diritti che la direttiva conferisce loro alle condizioni in essa precisate. In verit l'istituto dell'amministrazione straordinaria di grande impresa in crisi, sorto nel 1979 nel pieno di una grave crisi economica, destinato a limitare gli effetti del tracollo di imprese di grandi dimensioni non solo sull'occupazione ma sull'intera economia nazionale. L'uscita di. scena di tali imprese, o gruppi di imprese, dovuta alla loro insolvenza. e alla conseg\lente dichiarazione. di fallimento, pu avere effetti dirompenti nori solo per le imprese stesse e per i loro. lavoratori, ma anche per l'intero settore in cui operano e per quelli ad . esso collegati o dipendenti. Si cercata una via d'uscita, avendo di mira non il risanamento in s dell'impresa, ma il salvataggio di quel poco che salvabile dell'impresa stessa. Da un lato quindi .si evita il fallimento. con i suoi effetti meramente liquidatori; da un altro lato si sottrae l'amministrazione dell'impresa alla vecchia propriet e, attraverso l'affidamento di essa a un commissario straordinario controllato dallo Stato, si cerca di enuclearne -con lo studio di apposito piani e programmi -una eventuale parte sana per affidarla a mani pi capaci e procedere quindi alla liquidazione finale in favore dei creditori con il ricavo della vendita. In attesa del trasferimento il commissario straordinario gestisce l'impresa per la parte che secondo il programma utile mandare avanti, onde consentire il trasferimento di una struttura operante. E questa la continuazione dell'esercizio, che normalmente e logicamente disposta, PARTE I, saz. II, Gll.llUS. COMUNITARIA E IN'l'll2.NAZIONALB 443 di lavoro esistenti alla data del trasferimento di un'impresa tra il cedente e i lavoratori occupati nell'impresa trasferita si trasmettono ipso jure al cessionario per il solo fatto del . trasferimento. Sulla seconda questfone pregiudiziale. 2L Emerg dal fe~re. e. dalla motivazione . dell'ordinanza di rinvio che, ooJ:l .4etta questione, il pretore di Mila.o vuole sapere se la direttiva, coi:ne si cJ.iJ:i4i,ra all'art. 1, n. 1, si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti. () df parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione ontrattuale o a fusione nell'ipotesi in cui l'impresa mteressata sia disciplinata da. disposizioni come quelle del decreto legge3() gennaio 1979, n. 26, relativo alle misure d'urgenza per l'amministraiione straordinaria delle grandi imprese in crisi (GURI n. 36, del 6 febbraio J979),.onvertit . con alcune modifiche, nella legge 3 aprile 1979, n.. 95 (CHJRI ~. 94,>c:le14 ~prile 1979). . 22. Per risolvere tale questione si devono ricordare le distinzioni elaborte. dalla Corte, spede riella sentenza 7 febbraio 1985, Abels (causa 135/$3, Racc. pag. 469) e, d'altro canto, brevemente riassunte dal pretore di Milano. 23. La Corte ha stabilito che la direttiva non si applicava ai trasferimenti operati nell'ambito di una procedura di fallimento che mirava, sotto il controllo della competente autorit giudiziaria, alla liquidazione con i tempi e le modalit. consentite, in ogni procedura di amministrazione straordinaria. Poich il presupposto della procedura l'insolvenza dell'impresa o del gruppo di imprese, . chiaro che il trasferimento pu riguardare solo la parte sana o. sanabile dell'impresa, con esclusione dei .. rami morti, delle foglie secche. Ecco allora che al trasferimento del bene si accompagna il trasferimento di una parte soltanto dei dipendenti, non essendoci posto. per tutti in una struttura pi ridotta. E l'acquirente si fa avanti solo se prende la parte sana ridotta, .con un numero di dipendenti proporzionato e funzionale rispetto alle nuove e ridimensionate incombenze. L'alternativa l'assenza di potenziali acquirenti e l'affossamento dell'intera impresa con tutti i dipendnti! La realt che la procedura di amministrazione straordinaria, ci sia o non ci sia la continuazione dell'esercizio di impresa, una procedura liquidatoria identica strutturalmente al fallimento, con la .sola differenza che in essa, anzich liquidarsi beni esausti non pi legati in una struttura imprenditoriale, si liquida, o meglio si cerca di liquidare, un bene vivo, la struttura dell'impresa stessa o quel che di essa conviene conservare e rivitalizzare, il che consente di aiutare non solo l'economia ma anche l'occupazione, nei limiti beninteso del possibile. Ha poco senso, dunque, da un lato dichiarare che la direttiva 77/187/CEE non trova applicazione alla procedura di cui si tratta e dall'altra dichiara 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei beni del cedente. Essa ha fondato la sua conclusione sull'assenza, nella direttiva, di una disposizione espressa riguardante il fallimento (punto 17 della motivazione), sull'obiettivo della direttiva stessa, che quello di impedire che la ristrutturazione nell'ambito del mercato comune si operi a danno dei lavoratori delle imprese interessate (punto 18) e sul grave rischio di un complessivo deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d'opera, in contrasto con gli obiettivi sociali del Trattato (punto 23), qualora la direttiva avesse dovuto applicarsi ai trasferimenti operati nel corso di una procedura di fallimento. 24. -Nella stessa sentenza, la Corte ha invece statuito che la direttiva era applicabile ad un procedimento come quello di sursance van betaling (sospensione dei pagamenti) bench esso presenti talune caratteristiche comuni con la procedura di fallimento. La Corte ha infatti ritenuto che i motivi che giustificavano la disapplicazione della direttiva nell'ipotesi di procedure di fallimento non valgono qualora la procedura in questione comporti un controllo del giudice di portata pi limitata rispetto all'ipotesi di fallimento e miri soprattutto a salvaguardare il patrimonio ed eventualmente la prosecuzione dell'attivit dell'impresa mediante la sospensione collettiva dei pagamenti per giungere ad un I assetto che consenta di garantire l'attivit dell'impresa in futuro (punto 28). I I I rare che essa trova applicazione a quei trasferimenti che avvengono in regime r3 di continuazione dell'esercizio di impresa. 4. -Ma la Corte (discostandosi dalle conclusioni del suo avvocato generale Van Gerven, che erano di segno opposto), lo ha dichiarato e non v' pi I, da discutere. Del resto, come si detto, la pronuncia della Corte stata in un certo senso anticipata dall'art. 47, quinto comma, della legge comunitaria del 1990, il quale ha disposto che qualora il trasferimento riguardi... . imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione... di sottoposizione Iall'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attivit non sia disposta o sia cessata... ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l'art. 2112 del codice civile, ... (ma l'esclusione dell'applicazione dell'art 2112 cod. civ. non sarebbe gi conseguente alla dichiarazione di stato di crisi aziendale richiamata dalla norma stessa e all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, ind1pendentemente dalla continuazione dell'attivit di impresa?). Quali sono le conseguenze della pronuncia della Corte? Non sorgono problemi nei casi, invero rari, in cui non stata mai autorizzata la continuazione dell'esercizio di impresa, o in cui l'esercizio sia cessato per revoca o scadenza del termine. In questi casi con l'eventuale trasferimento d'azienda sarebbero salvaguardate solo le posizioni dei lavoratori contestualmente trasferiti (nei limiti dell'art. 47 legge comunitaria 1990). Non pu non rilevarsi, per, che, nella seconda ipotesi, si ha pur sempre un risanamento d'azienda, sicch il taglio occupazionale verrebbe consentito per la circostan za, che potrebbe essere ben poco rilevante, della cessazione dell'esercizio PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 445 2s~ -Si deve osservare. che se, al punto 281 la sentenza 7 febbraio 1985, Abels, .. gi. ricordata, si. riferisce al raggio del controllo esercitato dal giudice sul procedimento, questo richiamo; che si .spiega con la difficolt illustrata al punto 12 della stessa sentenza di definire la nozione di cessione convenzionale ai sensi dell'art. 1, n. 1, della direttiva, tenuto conto delle differenze. tra i sistemi giuridici degli Stati membri, non consente, . come d'altra parte si. dichia:ra. nella sentenza. al punto 13, di individuare la portata della direttiva in base alla sola interpretazione lette:rale di questa nozione di cessione convenzionale e perci non permette di definire la sua sfera di applicazione in base alla natura del controllo esercitato dall'auto: rit amministrativa o giudiziaria sui trasferimenti di imprese nell'ambito di un determinato proedimenw concorsuale. 26. -Alla luce del complesso delle considerazioni esposte. dalla Corte nella sentenza Abels, il criterio determinante da seguire quindi.quello dell'obiettivo perseguito dal procedimento ill questione. . . 27. -La legge italiana 3 aprile 1979 prevede l'applicazione mediante decreto del procedin:tento d.'amministrazfone straordinaria alle imprese che essa indica. In virt di detta legge, il decreto comporta o pu comportare due tipi di effetti. 28. -Da un lato, affinch vengano raggiunti tutti gli effetti della legge sul fallimento, esso va assimilato al decreto che dispone la liquidazione in Un momento temporale anteriore al trasferimento d'azienda, magari di poco anteriore e in prevision ptprio di esso. E ci poco logico. La problematica si pone se il trasferimento d'azienda avviene mentre prosegue l'attivit d'impresa. Invero se si trasferisce solo un ramo o una speci:liida parte risanata della azienda, con la possibilit di individuare i lavoratori originariamente occupati nel ramo o nella part trasferita, essi e solo essi potranno invocare la normativa di favore (cfr. il punfo 10 della sntenza annotata) e, ove non risultino esuberanti rispetto alla parte trasferita, non si porrebbero problemi. Ma pi spesso quel che si vuol trasferire, dopo l'opera di riavvio e risanamento svolta dagli organi della procedura in regime di continuazione dell'esercizio, proprio la vecchia azienda, nella sua intierezza, seppur ridimensionata nelle sue strutture e nella sua potenzialit: un taglio meramente numerico del personale in questd casi necessario, per renderlo proporzionato alla nuova realt. Un nuovo imprnditor in tanto sar interessato all'acquisto in quanto non sia costretio ad assumere tutto il personale preesistente, anche se esuberante. E se nessuno acquista (non sarebbe sufficiente ovviamente ridurre il prezzo di cessione, perch 1a proporzione del personale resta una condizione per il buon andamento futuro dell'azienda), si dovr procedere alla liquidazione. il che comporter una perdita di posti di lavoro: non questo un bel modo per salvaguardare i diritti dei lavoratori. Per sbloccare la situazione, dunque, e garantire almeno quel numero di posti di lavoro proporzionato alle ridotte dimensioni dell'azienda da cedere, si dovr procedere (ove non si pensi ad una revoca tempestiva'" prima _..,.. :-: -... :-: ... ... J' ::-: -..._ .. 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO coatta amministrativa prevista dagli artt. 195 e successivi e dall'art. 237 della legge sul fallimento. Emerge dal complesso di queste ultime disposizioni che, salve le peculiarit di tale disciplina, la liquidazione coatta amministrativa ha effetti che in sostanza sono identici a quelli del fallimento. 29. -D'altro canto, il decreto che stabilisce l'applicazione del procedi mento d'amministrazione straordinaria pu anche pronunciarsi sulla continuazione dell'attivit dell'impresa in gestione commissariale per un periodo da stabilirsi secondo le modalit previste dalla legge. Secondo l'art. 2 della legge 3 aprile 1979 rientra nelle competenze del commissario stabilire un programma la cui esecuzione dovr essere autorizzata dall'autorit di controllo e che deve comprendere, nei limiti. del possibile e tenendo conto degli interessi dei creditori, un piano di risanamento, coerente con gli indirizzi della politica industriale, con l'indicazione specifica degli impianti da riattivare e di quelli da completare, nonch degli impianti o complessi aziendali da trasferire. 30. -Da quanto procede emerge che una normativa come la legge italiana sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ha caratteristiche diverse a seconda che il decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa stabilisca o meno la continuazione dell'attivit dell'impresa. del trasferimento previsto, dell'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio, il che avrebbe per il sapore di un non commendevole marchingegno) a licenziamenti collettivi del personale ritenuto esuberante (al netto del personale dimissionario o in prepensionamento): il che, come si detto, fatto salvo dall'art. 4 n. 1 della direttiva in questione (cfr. il punto 19, prima parte, della sentenza annotata). Questa soluzione, seppure necessitata, non aiuta certo l'occupazione: non era forse meglio lasciare che, attraverso le trattative e gli accordi sindacali, fosse assorbita la parte pi consistente possibile del vecchio personale, tenuto anche conto delle esigenze del cessionario, e che fossero garantiti agli altri dipendenti non assunti quanto meno gli ammortizzatori sociali? Resta la situazione dei lavoratori non passati alle dipendenze dei cessionari nei trasferimenti operati prima della sentenza della Corte, che, in forza della medesima, come i ricorrenti nella causa principale davanri al giudice nazionale, potrebbero pretendere nei confronti dei cessionari la prosecuzione del rapporto di lavoro, con alterazioni, che potrebbero risultare sensibilissime, delle condizioni contrattuali della cessione (proprio in relazione a questa situazione era stato chiesto alla Corte, ma invano, che, nell'ipotesi che fosse affermata l'applicazione della direttiva CEE, si limitassero temporalmente gli effetti della pronuncia secondo i principi affermati nella sentenza della stessa Corte 8 aprile 1976, nella causa 43/75, Defrenne, in Racc. 455, e ribadita nella sentenza 15 maggio 1990, nella causa C.-262/88, Barber, in Racc. 1889). La posizione di ciascun dipendente dovr allora essere valutata caso per caso. OSCAR FIUMARA PARTB I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 31. Se non vi provvedimento su quest'ultimo punto o quando scaduta la validit di un provvedimento che autorizzava la continuazione dell'attivit deJJ'impresa, la finalit, le conseguenze e i rischi di un procedimento come quello della liquidazione coatta amministrativa sono comparabili a quelli che hanno indotto la Corte a concludere, nella sentenza 7 febbraio 1985, Abels; gi ricordatai che l'art. 1, n. l, della direttiva va disapplicato nel caso di trasferimenti d'impresa, di stabilimento o di una parte di stabilimento in una situazione nella quale il cedente stato dichiarato fallito. Come il fallimento questo procedimento mira alla liquidazione dei beni del debitore per soddisfare c()llettivamente i creditori e i trasferimenti operti in quest'ambito giuridico sono di . conseguenza esclusi dalla. sfera di appHcazione della direttiva. Come ha osservato la Corte nella sentenza 7 febbraio 1985, Abels, gi ricordata, non sarebbe possibile, se. non vi fosse quest'esclusione, eliminare il grave rischio di complessivo deteriqramento delle COJ;ldizioni di vita e .di lavoro della mano d'opera, in cqntrasto con le finalit del. Tr1:1-ttato. 32. -Emerge per contro dalle disposizioni della legge italiana che, quaJ:ldo il decreto che SaJ:lcisce l'applicazione del procedimento amministrativo straordinario stabiliSce nel contempo la continuazione dell'attivit deirimpresa . in. regime . comm.lssariale, la finalit di questo procedilllento sta anzitutto nel restituire all'impresa un equilibrio che consenti:L .di gi:Lrantire la sua attivit futura. L'obiettivo economico-sociale cos perseguito non pu spiegare n giustificare il fatto che, quando l'impresa interessata costituisce oggetto di un trasferimento totale o parziale; i suoi lavoratori vengono .privati dei diritti che la direttiva conferisce loro alle condizioni in. essa precisate. 33. -A questo proposito, il giudice nazionale osserva in particolare, nell'ordinanza di rinvio, che la relazione allegata al decreto legge n. 26/1979 dichiara che la funzione del procedimento . quella di salvare le parti sostanzialmente sane dell'impresa, che l'impresa in amministrazione stra~ ordinaria pu ottenere crediti di cui lo Stato garantisce il rimborso e che sono destinati alla riattivazione e al completamento di impianti, di mobili e attrezzature industriali, e infine che, nel procedimento di amministrazione straordinaria, la tutela degli interessi dei creditori meno incisiva che in altre procedure liquiclatorie e che in particolare negata ai creditori ogni interferenza sulle decisioni relative alla continuazione dell'esercizio dell'impresa. 34. Si deve quindi risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che l'art. l, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187 /CEE, non si applica ai trasferimenti di imprese operati nell'ambito di un procedimento concorsuale come quello previsto dalla normativa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 448 italiana sulla liquidazione coatta amministrativa, alla quale si richiama la legge 3 aprile 1979 in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Le stesse disposizioni della stessa direttiva si applicano invece allorch, nell'ambito di un complesso di leggi come quelle che disciplinano l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il proseguimento dell'attivit dell'impresa stato deciso e finch quest'ultima decisione rimane in vigore. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 19 novembre 1991, nelle cause riunite C -6 e 9/90 -Pres. Due -Avv. Gen. Mischo -Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dai Pretori di Vicenza ,e di Bassano del Grappa nelle cause Francovich e Bonifaci ed a. (avv.ti Mondin, Capesan e Dal Ferro) c. Rep. italiana -Interv.: Governi italiano (avv. Stato Fiumara), olandese (ag. Bot), britannico (ag. Collins e Plender) e tedesco (avv. Sedemund) e Commissione delle C. E. (ag. Marenco e Banks). Comunit europee . Ravvicinamento delle legislazioni Tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro Mancata attuazione della direttiva Diritti dei lavoratori Non azionabilit davanti al giudici nazionali Risarcimento danni. (Direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, n. 80/987/C.E.E.). Le disposizioni della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, che definiscono i diritti dei lavoratori, devono essere interpretate nel senso che gli intieressati non possono far valere tali diritti nei confronti dello Stato dinanzi ai giudici nazionali in mancanza di prov~ vedimenti di attuazione adottati entro i termini. Uno Stato membro tenuto a risarcire i danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione della suddetta direttiva (1). (1) La Corte, pur rilevando che le disposizioni controverse della direttiva 80/987/CEE erano sufficientemente precise e incondizionate riguardo alla determinazione dei beneficiari della garanzia e al contenuto minimo della garanzia stessa, ha ritenuto per che i singoli non potevano far valere tali disposizioni direttamente davanti ai giudici nazionali non precisando esse l'identit di chi tenuto alla garanzia e non potendosi d'altronde considerare lo Stato debitore per il solo fatto di non aver adottato entro i termini i provvedimenti di attuazione. Fin qui la Corte ha applicato principi gi ripetutamente affermati in precedenti occasioni. La Corte , per, andata ben al di l dei suoi precedenti allorch ha proseguito affermando, per Ja prima volta, la responsabilit aquiliana dello PARTE I, SEZ. li, GIURIS. COMUNITARlA B INTERNAZIONALE 449 (omissis) 1. -Con ordinanze 9 luglio e 30 dicembre 1989, pervenute alla Corte rispettivamente 1'8 e il15 gennaio 1990, la Pretura di Vicenza (nella causa C-6/90) e la Pretura di Bassano del Grappa (nella causa C-9/90) hanno proposto, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, questioni pregiudi~ ziali sull'interpretazione dell'art. 189, terzo comma, del Trattato CEE nonch della direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987 /CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (GU L 283, pag. 23). 2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di controversie tra Andrea Francovich e Danila Bonifaci e a. (in prosieguo: ricorrenti ) e la Repubblica. italiana. 3. -La: direttiva 80/987 diretta a garantire ai lavoratori dipendenti un minimo comunitario di tutela in caso di insolvenza del datore di lavoro, fatte salve le norme pi favorevoli esistenti negli Stati membri. A tal fine, essa stabilisce in particolare garanzie specifiche per il pagamento cli loro crediti non pagati relativi alla retribuzione. 4, -A norma dell'art. 11, gli Stati membri erano tenuti a emanare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro un termine scaduto il 23 ottobre 1983, Poich la Repubblica italiana non ha ottemperato a tale obbligo, la Corte hase ci si trovi in una delle>ipotesi di insolvenza di cui all'art. 2 della direttiva . <: 15. -.:P<:;f Q;\llll1l9 fi~afd,11 p<>i il cQI1teruto de!la garanzia, l'art, 1 della 4irett~Yll clj.spp.e c:ll.e 4eY'f,'!ssere.gal'.~tito ilpl;lgl:lmento .d,ei.crediti ... I1.on i'g~H rt~#J.1:@# 4~ cc>ntii((H.1vf o.da rpp()l"tLc,.1avoro. e .. relativi !~ r~tW~mion~ i?r if!>#94o situ~to :Piina 41: . ciata sia"6Hita . dallo S~t 1nell1~i? <:he~ 111 rj~paf#(). P\19 sceg~ierefra fre possi~ilit e cio: a) la daf!l in t:if .~ .insorta J'hisolveni. del dafore di .1avor6; b). quella del l'ref.tfW\i() lfl$f~nii~Mn1:(> c!lavofatofe .st1l:J6rc1il1.i:tto 1rttefessto,. comunicafo a otto settimane,.a seconda dei casi;~kolati secondo modalit precisate nelsuddetto articolo, Infinei il Il<. 3 dello stesso articolo dispone che gli Stati mert:tbri possono fissare . un mMsimale per la garanzia di pagamento .per evitar~ il v~same.to di somme eccedtmti il fine sociale della di.rettiva, Qualora si ayyajgano. di tale facolt, gli. Stati membri de1:>1:>9ll.CI comuniclll'e alla :Com:rniss.~one i n:ietodi. con cui fissano il mass, inlale. J)'a}tro .canto. l'int.10 precisa che)a>direttiva non pregiudica la facolt degli Stati membri di adottare le misure necessarie . ad evitare abusi ed in particolare di rifiutare o di ridurre l'obbligo di pagamento in taluni .casi. 17. -L'art. 3 della d.i:tiVa lascia cos uria scelta allo Stato membro perdeterminre la d.ta a pattire dlla qua1Ja gfanzfa del pagamento dei dl?fiti dev'e~s~re :fqfnita. 'f~ttavia, co1lle ristilt~ gi~ implicita:rnente dalla giu:ri~prudenz dell. Cort'(sritnza.4 dic:efub:te 1986, FNV, causa 71/85, R.ac. pag. 3855; se!lteriza 23 1lla:rzo 1987, Mc rirn:ltitt e Cotter, punto 15 della 1Ilotivazione, causa 286/85, Racc. vag'. 1453), la facolt attribuita allo Stato di. sceslier~ tr lt11a. Il1ofeplic;it di riie:l:zi possibili al fine di consegu. re il dsultat prescritto. ciatll1a dir~t~~v non esclude che i singoli possano far valere ciiJJ.anzi ai giUdici i diritti il cui contenuto pu essere determinato con mia predsione sufficiente sulla base delle sole disposizioni della direttiva. 18. -Nella fattispecie, il risultato che la direttiva di cui trattasi prescrive la garanzia del pagamento ai lavoratori dei crediti non pagati in caso di insolvenza del datore di lavoro. Il fatto che gli artt. 3 e 4, nn. 1 e 2, concedano agli Stati membri una certa discrezionalit per quanto 454 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO concerne i metodi di fissazione di questa garanzia e la limitazione del suo importo non pregiudica il carattere preciso e incondizionato del risultato prescritto. 19. -Infatti, come hanno messo in rilievo la Commissione e i ricorrenti, possibile determinare la garanzia minima prevista dalla direttiva fondandosi sulla data la cui scelta comporta l'onere meno gravoso per l'organismo di garanzia. Tale data quella in cui insorta l'insolvenza del datore di lavoro, poich le altre due date, cio quella del preavviso di licenziamento del lavoratore e quella della cessazione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro, sono, in base alle condizioni poste dall'art. 3, necessariamente posteriori all'insorgere dell'insolvenza e delimitano quindi un periodo pi lungo, durante il quale il pagamento di diritti dev'essere garantito. 20. -Per quanto riguarda la facolt, di cui all'art. 4, n. 2, di limitare tale garanzia, occorre rilevare che una siffatta facolt non esclude che si possa determinare la garanzia minima. Infatti, dalla formulazione di tale articolo risulta che gli Stati membri hanno la facolt di limitare le garanzie accordate ai lavoratori a taluni periodi anteriori alla data di cui all'art. 3. Questi periodi sono stabiliti in relazione a ciascuna delle I tre date contemplate all'art. 3, onde possibile, in ogni caso, determinare fino a che punto lo Stato membro avrebbe potuto ridurre la garanzia prevista dalla direttiva a seconda della data che avrebbe scelto se avesse attuato la direttiva. 21. -Quanto all'art. 4, n. 3, secondo il quale gli Stati membri possono fissare un massimale per la garanzia di pagamento al fine di evitare il I ~ versamento di somme eccedenti il fine sociale della direttiva e quanto all'art. 10, in cui si precisa che la direttiva non pregiudica la facolt degli Stati membri di adottare le misure necessarie per evitare abusi, va rilevato che uno Stato membro che non abbia adempiuto il proprio I obbligo di attuare una direttiva non pu neutralizzare i diritti che la direttiva fa sorgere a beneficio dei singoli basandosi sulla facolt di limitare l'importo della garanzia che esso avrebbe potuto esercitare ove avesse preso le misure necessarie all'attuazione della direttiva (v., a proposito di una facolt analoga relativa alla prevenzione di abusi nell'ambito fiscale, la sentenza 19 gennaio 1982, Becker, punto 34 della motivazione, causa 8/81, Racc. pag. 53). 22. -Va quindi constatato che le disposizioni controverse sono incondizionate e sufficientemente precise per quanto riguarda il contenuto della garanzia. PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZI()NALB 23..~. Per quanto riguarda infine. l'identit di .chi . tenuto alla .garanzia, J'art. 5 della direttiva stabilisce c:he: Gli Stati fissano le modalit di organiizazione di finanziamento e di :funzfonainentO degtfrganisrni di garanzia ner rispetto, in particolare, dei sgueriti prin:i}li: ..... ... (i)ll p~:trirn,911i9.degU.. 9rg~ismi. dev'essere indipendente dal capitale d) esercki(:) da d,Eltori d.i favor) e es.$ere ostit\lito . in xnodo ..da.non poter essere sequestrato in uri procedimento in caso cl.i insolvenza; b) i datori di. lavoro devono contribuire al .finanziamento, a meno che quest'lltixnc> non sia integralmente assicurato dai pubblici poteri; c)l'obolig dfpagarnentoa carico degli organismiesiste indipendentemente dall'adempimento degli obblighi di contribuire al finanziamento . 24; :e Stiitct sQstenuto che; poich la direttiva prevede la possibilit di finanziamento integrale degli organismi di garanzia da parte dei pubblici poteri, . inammissibile che uno Stato membro possa neutralizzare gli effetti' delfa dfrettiv sostenendo che avrebbe . pof;i;ifo porre a carico di altri soggetti, in parte Fmfoto, l'onere finanziario gravante su di esso. 25. -Tale ragionamento non pu essere condiviso. Dalla formulazione della direttiva risillta che lo. Stato membro tenuto a predisporre tutto un sistema istituzionale di garanzia appropriato. In forza dell'art. 5, lo Stato >membro dispone di. un'ampia disrezionalit quanto all'organizzazione;. al funzionamento. e al finanziamento degli organismi di garanzia. Occorre mettei:e in .rilievo cheil.fatto1 invocato dalla Commissione, che la direttiva preveda come una possibilit, fra le altre, che un sistema deL genere sia finanziato integralmente dai pubblici poteri non pu significare che si possa identificare .lo Stato.. come debitore dei crediti non pagati. L'obbligo di pagamento a carico. degli or~anismi di garanzia.. e solo. esercitando.. il suo . potere. cli organizzare' il sistema di garanzia lo Stato pu disporre il finanziamento integrale degli organismi di garanzia da parte dei pubblici poteri. In questa ipotesi lo Stato si accolla tin obbligo che in linea di principio non gli incombe. 26. Ne conseg.e che, anche sele disposizioni controverse della direttiva sono sUfficientemente precise e incondizi9nate ..per. quanto. riguarda la determinazione dei beneficiari della garanzia e ilcontenuto della garanzia stessa,. questi . elementi non sono sufficienti perch i singoli possano far valere tali disposizioni dinanzi ai giudici nazionali. Infatti, da un lato, queste disposizioni non precisano l'identit di chi tenuto alla garanzia, e, dall'altro, lo Stato non pu essere considerato debitore per il solo fatto di non aver adottato entro i termini i provvedimenti di at tuazione. 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 27. -Si deve pertanto risolvere la prima parte della prima questione dichiarando che le disposizioni della direttiva 80/987 che definiscono i diritti dei lavoratori devono essere interpretate nel senso che gli interessati non possono far valere tali diritti nei confronti dello Stato dinanzi ai giudici nazionali in mancanza di provvedimenti di attuazione adottati entro i termini. Sulla responsabilit dello Stato per danni derivanti dalla violazione degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto comunitario. 28. -Con la seconda parte della prima questione il giudice nazionale mira a stabilire se uno Stato membro sia tenuto a risarcire i danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione della direttiva 80/987. 29. -Il giudice nazionale pone cos il problema dell'esistenza e della portata di una responsabilit dello Stato per danni derivanti dalla violazione degli obblighi che ad esso incombono in forza del diritto comunitario. 30. -Questo problema dev'essere esaminato alla luce del sistema generale del Trattato e dei suoi principi fondamentali. a) Sul principio della responsabilit dello Stato. 31. -Va innanzitutto ricordato che il Trattato CEE ha istituito un ordinamento giuridico proprio, integrato negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e che si impone ai loro giudici, i cui soggetti sono non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini e che, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, il diritto comunitario attribuisce loro dei diritti che entrano a far parte del loro patrimonio giuridico; questi diritti insorgono non solo nei casi in cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche in relazione agli obblighi che il Trattato impone ai singoli, agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie (v. sentenze 5 febbraio 1963, Van Gend en Loos, causa 26/62, Racc. pag. 3, 15 luglio 1964, Costa, causa 6/64, pag. 1126). 32. -Va altres ricordato che, come risulta da una giurisprudenza costante, compito dei giudici nazionali incaricati di applicare, nell'ambito delle loro competenze, le norme del diritto comunitario, garantire la piena efficacia di tali norme e tutelare i diritti da esse attribuiti ai singoli (v. in particolare sentenza 9 marzo 1978, Simmenthal, punto 16 della motivazione, causa 106/77, Racc. pag. 629, e sentenza 19 giugno 1990, Factortame, punto 19 della motivazione, causa C-213/89, Racc. pag. I-2433). 33. -Va constatato che sarebbe messa a repentaglio la piena efficacia delle norme comunitarie e sarebbe infirmata la tutela dei diritti da esse riconosciuti se i singoli non avessero la possibilit di ottenere un f "~ f f i~ ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile ad uno Stato membro. 34. -La possibilit di risarcimento a carico dello Stato membro particolarmente indispensabile qualora, come nella fattispecie, la piena efficacia delle norme comunitarie sia subordinata alla condizione di un'azione da parte dello Stato e, di conseguenza, i singoli, in mancanza di tale azione, non possano far valere dinanzi ai giudici nazionali i diritti loro riconosciuti dal diritto comunitario. 35. -Ne consegue che il principio della responsabilit dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili inerente al sistema del Trattato. 36. -L'obbligo degli Stati membri di risarcire tali danni trova il suo fondamento anche nell'art. 5 del Trattato, in forza del quale gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure di carattere generale o particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi ad essi derivanti dal diritto comunitario. Orbene, tra questi obblighi si trova quello di eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto comuni tario (v. per quanto riguarda l'analago disposto dell'art. 86 del Trattato CECA, la sentenza 16 dicembre 1960, Humblet, causa 6/60, Racc. pag. 1093). 37. -Da tutto quanto precede risulta che il diritto comunitario impone il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili. b) Sulle condizioni della responsabilit dello Stato. 38. -Se la responsabilit dello Stato cos imposta dal diritto comunitario, le condizioni in cui essa fa sorgere un diritto a risarcimento dipendono dalla natura della violazione del diritto comunitario che all'origine del danno provocato. 39. -Qualora, come nel caso di specie, uno Stato membro violi l'obbligo, ad esso incombente in forza dell'art. 189, terzo comma, del Trattato, di prendere tutti i provvedimenti necessari a conseguire il risultato prescritto da una direttiva, la piena efficacia di questa norma di diritto comunitario esige che sia riconosciuto un diritto a risarcimento ove ricor rano tre condizioni. 40. -La prima di queste condizioni che il risultato prescritto dalla direttiva implichi l'attribuzione di diritti a favore dei singoli. La seconda condizione che il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva. Infine, la terza condizione l'esistenza di un nesso di causalit tra la violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 458 41. -Tali condizioni sono sufficienti per far sorgere a vantaggio dei singoli un diritto ad ottenere un risarcimento, che trova direttamente il suo fondamento nel diritto comunitario. 42. -Con questa riserva, nell'ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilit che lo Stato tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato. Infatti, in mancanza di una disciplina comunitaria, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascun Stato membro designare il giudice competente e stabilire le modalit procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario (v. le seguenti sentenze: 22 gennaio 1976, Russo, causa 60/75, Racc. pag. 45; 16 febbraio 1976, Rewe, causa 33/76, Racc. pag. 1989; 7 luglio 1981, Rewe, causa 158/80, Racc. pag. 1805). 43. -Occorre rilevare inoltre che le condizioni, formali e sostanziali, stabilite dalle diverse legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (v. per quanto concerne la materia analoga del rimborso di imposte riscosse in violazione del diritto comunitario, in particolare la sentenza 9 novembre 1983, San Giorgio, causa 199/82, Racc. pag. 3595). 44. -Nella fattispecie, la violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro a seguito della mancata attuazione entro i termini della direttiva 80/987 stata accertata con una sentenza della Corte. Il risultato prescritto da tale direttiva comporta l'attribuzione ai lavoratori subordinati del diritto ad una garanzia per il pagamento di loro crediti non pagati relativi alla retribuzione. Come risulta dall'esame della prima parte della prima questione, il contenuto di tale diritto pu essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva. 45. -Stando cos le cose, spetta al giudice nazionale garantire, nell'ambito delle norme di diritto interno relative alla responsabilit, il diritto dei lavoratori ad ottenere il risarcimento dei danni che siano stati loro provocati a seguito della mancata attuazione della direttiva. 46. -La questione sollevata dal giudice nazionale va pertanto risolta nel senso che uno Stato membro tenuto a risarcire i danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione della direttiva 80/987. Sulla seconda e sulla terza questione. 47. -Alla luce della soluzione data alla prima questione pregiudiziale non occorre pronunciarsi sulla seconda e sulla terza questione. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE; sez. un., 29 dicembre 1990 n. 12221; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Vercellone, P. M. Grossi, (concl. conf.); Soc. Mededil (avv. Villani, Acquarone) c. Comune di Napoli (avv. Fico), Soc. Cogefar (avv. Cochetti), Soc. Sincies Chiementin (avv. Stella Richter, Abbamonte). Opere pubbliche - Concessione Bando di gara di appalto predisposto dal concessionario Controversia GiUrl.sdizione amministrativa. Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso proposto da impresa privata >, con k notissime recenti sentenze (3), i poteri cautelari e probatori del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. (2) Cass. 5 ottobre 1979, n. 5145 e 25 luglio 1980, n. 4831. (3) Corte Cost. 28 giugno 1985, n. 190, in Giur. it. 1985, I, 1, 1297 (700); Corte Cost. 10 aprile 1987, n. 146 in Dir. proc. amm. 1987, p. 582 (sull'istr. probatoria). PARTE I, SEZ. III, GIUIUSPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 461 presa, ove net . frattempo intervenuta, l'aggiudicazione delle anzidette gare (l'aggi.dicazione intanto intervenuta). L'annullamento secondo la ricorrente, dovrebbe pronunciarsi per violazione degli artt. 9 e 10 L. 8 agosto 1977 n. 484 e dell'art. 7 1. 2 febbraio 1973 n. 14. La societ Mededil ha proposto a questa corte ricorso preventivo di giurisdizione ex. art;,/41 CPC; .. chie a\ivistf di gara: tenuta non soltanto in fo:rza def rapptitti derivanti dana chcessi6ne, ma anche in forza di un obbligo drettal'.ri.nte derivante da tilla legge dello Stato. Ci, sieutamente, almeno per quanto riguarda. la nonna ex: art; 7 L 14/73, delfa.lico competente per la realizzazione della singola opera pubblica. Pare opportuno e corretto, per identificare la. posizione dei concessionari, l'uso dell'espressione organi indiretti della pubblica a:fu.ministrazione ben .nota in dottrina a proposito . pi in generale . della posizione del privlil.tQ be esercitapubblich,e funzioni . .L'aggettivo .. indiretti mette b1 evidenza il fatto che questi sbggetti non sono organi nel senso di titolari di uffici pubblici e per questo non agiscono in nome della pubblica amministrazione dalla .quale.sono.. state/loro .trasferite lefunzioni pubblic:] J,e, J1~siservono di mezzi forniti dalla.pubblica amministrazione. 11 sostantivo organi mette invece in. evidenza che anch'essi, come glL organi diretti, svolgono attivit di natura atn.ministrativa, in quanto esercitano pubbliche funzioni. Queste funzioni non potrebbero svolgere senza l'avvenuta concessione a natura traslativa; ma in presenza di questa Tale scrupolo potrebbe peraltro ritenersi superato alla luce del disegno di legge attuativo della Direttiva Comunitaria c.d. servizi , secondo cui il gii;tdice civiie eventualmente competente a COrioScere le controversie tra conceSsfonaflo e appaltatore, pu sospendere e aririt.t!lare i prowedimenti relativi all'appalto sia in sede cautelare che cognitoria. Del resto una simile soluzione probabilmente non necessita neppure di un intrventO legiSlativo, ove si consideri che -secondo la stessa Corte Suprema -il sihdacato del G.O,, quando abbia ad oggetto l'eserciztlo di un potere discrezionale privato, non pu non atteggiarsi ih modo analogo al sindacato del G.A. nell'esercizio del potere pubblico (41). Ci consider:atCI. pcitrebbe . allora porsi in dubbio l'utilit di sostenere ancora Ja giurisdjzione del G.A. Eppure tale utilit sussiste in quanto la materia de qua, rientra indubitabilmente in un'area di competenza naturale del GA. (42). Com' noto, infatti, la legge. 1074/71 attribuisce alla cognizione dei TAR la materia delle concessioni, cos fotaccando per la prima volta (e per clausola generale) un criterio di ripartizione non pi basato sulla contrapposizione (o, nella specie, sulta possibile confusione) fra diritto e interesse legittimo ma su 1.Jna distinziqne di blocchi di materie.)} ( 43). Sembra, dunque, coerente cori tale .scelta legislativa l'estensione della giurisdizione esclusiva a tutte le controversie che siano connesse alla materia delle concessiC1ni. . Tale scelta, infatti, per le ragioni che saranno pi avanti . esposte (44). consente l'attribuziC1rie della controversia al giudfoe tecnicamente pi adeguato. In tale.. ordine di idee pu essere letta, dunque, la sentenza. 12221 della Cassazione che -criticabile per quanto sia nelle motivazioni -resta convincente nel decisum regolatore della giurisdizione, un decisum che per l'autorit da et.ti deriva, per l'essersi pcisto a conclusione di un non breve (41) Cass. S.U. 2 novembre 1979, n. 5688 in Foro it. 1979, I, p. 2546. (42) S. GIACCHETTI: op. cit. (43) I. F. CARAMAZZA G. M. DE Sacro: Il processo amm.vo nella sua evoluzione storica in questa Rassegna n. 2-3 1990, II, p. 70. (44) V. infra SS 4. 474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO possono e debbono svolgerle s che la concessione opera come investitura del concessionario ad operare, nell'ambito delle funzioni trasferite, con gli stessi poteri e con gli stessi obblighi che avrebbe un organo diretto della pubblica amministrazione. Il concessionario attua certamente i suoi fini che sono normalmente quelli di conseguire lo sperato profitto e sotto questo aspetto agisce ricorrendo ad atti di natura privata; ma agisce anche, proprio in forza dell'investitura in pubbliche funzioni, per attuare i fini propri della pubblica amministrazione, come ad esempio quando agisce quale stazione appaltante. In questi momenti e sotto questo aspetto agisce come organo della pubblica amministrazione ricorrendo ad atti obiettivamente amministrativi, come amministrativa la funzione che esercita con quegli atti. L'attribuzione della qualifica di amministrativi agli atti posti in essere dal concessionario l e quando esercita una o pi delle funzioni contrasto giurisprudenziale fra giudici di merito e per il collocarsi in una linea evolutiva di tendenza non solo giurisprudenziale ben definita, ha tutti i titoli per costituire il diritto vivente dei prossimi anni, almeno fino a quando la normativa comunitaria non decider altrimenti. Tale decisum , nei termini esatti in cui stato deliberato e motivato, pone per dei seri problemi sistematici, quali ad esempio quello di prefigurare una giurisdizione del giudice amministrativo in litigi di diritto pubblico in terprivati, che presenta qualche carattere di eterodossia. 3) Ricostruzione critica. Crediamo che a questo punto sia facile profezia prevedere che il nostro giudice amministrativo, pur nel rispetto della decisione regolatrice della giurisdizione, si appresti a scrivere un altro capitolo della sua opera pretoria, rielaborando la decisione della Cassazione ed estendendo a questa nuova provincia dell'attivit del concessionario di committenza attratta nei confini della sua competenza le proprie regole di giudizio. 11 problema, all'attualit, appare quindi quello di ipotizzare dei principi direttivi cui ispirare una possibile ricostruzione critica. Nelle scienze naturalistiche gli studi epistemologici hanno posto in dubbio l'obiettivit della conoscenza e sottolineato quanto questa dipenda dal c.d. punto di Vlista dell'osservatore. A maggior ragione ci vero nel mondo dei fenomeni giuridici, mosso al di l di ogni illusione scientista -dal gioco degli interessi, intesi come moventi degli istituti giuridici e della loro interpretazione (45). Tale constatazione pu essere di qualche aiuto nella ricostruzione critica della concessione di oo.pp. Ricostruzione che deve operarsi non con H semplicismo dogmatico delle categorie giuridiche tradizionali, n deve operarsi con il pragmatismo esasperato che sacrifica ogni principio alla soluzione prospettante la tutela pi conveniente. (45) A. FALZECA: Efficacia giuridica in Enc. dir. XIV 1965 p. 432; E. BETTI: Interesse (teoria generale) in Nove dig. VIII 1962 p. 838; AA.VV. Il concetto di interesse a cura di L. ORNAGHI Milano 1984. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 475 pubbliche trasferitegli in frza della concessione non risolve pero pienamente il. quesito se cio rientri nella giurisdizione dei giudici amministrativi la controversia promossa da un privato che ritenga pregiudieato un proprio interesse da. un'asserita illegittimit dell'atto compiuto dal concessfonario; . I.n se.~g :negativo pbttebbe infatti rilevarsi che a norma dell'art. 113 Cost. c sefi:prer an:unessa la tutela giurisdizionale (contro gli atti. della puhblfoa fuministraziOne; che l'llrt.26 r.d;26giugno 1924 rt. 1054 (testo unico sUl Consiglio di Stato) attribuisce .al consiglio la decisione sui ricorsi cc:>ntro atti o provvedimenti di un'autorit amministrativa; che ex art. 2'. e 3 L; 6 diciembte 19711 n. 1034 (istituzione dei tribunali am minist:ratM fgfofu:di) fai giurisdizione del Tar riguarda> i riciotsi contro atti e provvedimenti emessi da organi. periferici o centrali dello Stato, da enti pubblici e territoriali e non territoriali. Da questo rilievo poSe; mbra, jnvect'l, elle. valido principio g.ida per 1a.. ricos.truzione dell'istituto, PQSsa essere qtj:elfo (mec;Jjano} (::he riconosce s il valore non assoluto delle categorie giilri:diclle e fa loro bisopprim1bile. f.nzionalJ:zzazione all'interesse, ma .proprio p(:lr . q.esto. val>, sia pure inteso in senso atecnico come strumento concettuale ordinativo di una serie di atti giuridici e operazioni materiali eterogenee (49). In tale ottica oggi la dottrina incline a ravvisare, pi che un procedimento unitario, una struttura complessa che raccoglie sub-procedimenti e procedimenti collegati; convergenti verso un unico risultato finale: l'opera pubblica, tale essendo ogni 'intervento del pubblico potere volto ad ottenere una modificazione durevole del mondo fisico che interessa la collettivit (50); B) Con passaggio logico successivo si osserva che il procedimento per le 00.PP. pu essere svolto, in alternativa alla forma autoritativa, mediante forme privatistiche ispirate ad esigenze di decentramento e celerit, tra le quali la concessione dell'opera ad un terzo adeguatamente attrezzato. Ci risponde a quell'ampio fenomeno del moderno ordinamento -indice di una fase partecipativa e democratica di storia del potere -che si definisce modulazione convenzionale dell'azione amministrativa (51). Basato sul principio dell'indifferenza dello strumento adoperato rispet to al fine (52), il fenomeno trova applicazioni eterogenee: dall'impresa pub (49) A. AMORTH: i procedimenti deliberativi e di controllo per le opere pubbliche degli enti locali in Atti del II Convegno di Studi di Scienza dell'Amministrazione (Varenna 1956) Milano 1957, p. 104, 10. (50) M. A. CARNEVALE VENCHI: Opere pubbliche (ordinamento) in Enc. dir. xxx 1980 p. 342. (51) F. TEDESCHINI: Procedimento Amministrativo in Enc. dir. XXXV 1986 p. 895; M. S. G!ANNTNJ: Diritto Amministrativo cit. I, p. 737. (52) A. QUARANTA: Il principio di contrattualit nell'azione amministrativa e gli accordi procedimentali, normativi e di organizzazione in Consiglio di Stato 1986, p. 1200. PARTE I, SEZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 477 ministrativi, i quali, come tali, sono soggetti per la legittimit al sindacato di questa IV sezione del Consiglio di. Stato: chiaramente deducendo la propria giurisdizione dal solo fatto della natura obiettiva di atti. amministrativt Similmen.te la Corte di cassazione romana (sent. A settembre .1895a sezioni tlnite) ebbe a statuire che per giudicare se tilla/ funzione abbia carattere pubblico. e perCi se gli atti della medesima sfuggono> all'ordinario sindacato della magistratura, si deve por mente alla funzione in s non alla persona che la esercita . Questo collegio ritiene che quelle pur perentoriamente poco moti vate.affermazioni delle due magistrature all'inizio di questo secolo siano sostanzialmente da condividere. L'obiettiva nat'Ura amministrativa dell'atto proveniente da un organo indiretto porta a concludere che lo. si debba ritenere anche soggettivamente quale atto amministrativo. Si gi detto che il concessionario di sola costruzione, quando agisce in tale sua veste, svolge pubbliche blica, dn cui la stessa P.A. ad organizzarsi in impresa (53), all'investitura di soggtti privati nella gestione di beni o servdzi pubblici (54), all'uso del contratto in materie tradizionalmente oggetto di potest amministrativa, siano esse relative a rapporti soggettivi (55) ovvero al rapporto di servizio con i propri dipendenti (56). Si assiste infatti, nell'attuale momento, ad una crisi del principio di autorit. Alla connessa crisi del principio di legalit (57), correlato all'esercizio di una pubblica funzione, corrisponde, poi, l'affermarsi di un principio consensuale che presiede all'erogazione di pubblici servizi nella nuova soeiet ispirata a principi consociativi e partecipativi (58). Di qui gli spazi concessi all'autono:mda, al decentramento funzionale, alla partecipazione, in quella che se non una generalizzata fuga nel privato per sicuramente una fuga dall'autorit (59). Nel passaggi dallo stato di diritto allo stato sociale e da questo a quello postmoderno, l'azfone amministrativa si estende fino a penetrare le pi intime connessiom del tessuto sociale, abbandonando il modulo provvedimentale per adottare quello normoproduttivo (60} (non di rado preceduto dalla contrattazione del contenute:> della norma con le parti sociali), quello per .indiriz:lii e qt.illo per acco11di (61). Impossibile in questa sede qualsiaS direttamente dalla pubblica amrtdnistrazionenon si vede davvero come potrebbe essere altrlrrirttiquando l procedura stata svolta dal concessionario. Se contro l'atto che ha pregiudicato Tinteresrse del privato costui non potesse agire per l'annullamento dell'atto che si pretende vZiato, sione non , infatti/ traslativa ma costitutiva di un potere autonomo derivato da qut;:Uq del cqn<;tild,ente, secon:4q la nota costruzfone dcllo .Jhering}. PiuttQ$t0 l'oggetto Pubblioo ~ml?lict;:iilente perch attiene ad un'attivit proceditnentaMzzata secondo. moduii . afuministratMstici . .. ... Del resto ra stessa Cassazione neUa sentenza. in commento valorizza tale aspetto quando osserva che tali attivit non sono privatiZ.zate per il fatto che sono poste in essere da soggetti privati; conservano la natura di attivit amministrativa dn senso obiettivo. D} All'individuazjqn~ dell'oggetto (pubblico) della . concessione consegue }'ultimo passaggi<> logjco: . l'illdividuazione della giurisdizione, che spetta natu. ra1n:iente a(. giudice amministrativo, in .quanto. tecnicamente specializzatd.. :..:.::. tatiorie materiae . :..:.::. . all'adeguata cognizione della stessa. Non pu non rilevarsi in proposito la mancanza in tal senso di un d,ettato legislatjvo espresso, ma non va trascurata la presenza di dati normativi costituenti -se adeguatamente valorizzati -convincente sostegno alla tesi prospettata in via di interpretazione estensiva. In p:r;iJ:no. luogo si pensa all'art. 5 L. 10'74/1971. Se . vero, . infatti, che .. 13: . giurisprudenza '.Ila sempre ritenuto di .restrin gere ai sqli. rapporti tra oticedente . e . concessionario l'ambito di applicabilit~ della. giurisdiziqne esdusiva . del. giudice amministrativo m materia di concessioni (nia non manca quaiChe isolata decisione di segno contrarlo) (68}, VeJ:'Q anche che tale giurisdjzi>ne .. stata riteJ1Uta SUSSistente quando il p~egiud:zio lamentato dal terzo derivi direttamente dall'atto di concessione del publ;>!tco servizi.o (69), .. Del resto fa stessa tassazione ..;.. . Pronunciandosi. sul regolamento di giUrisdizione in materia di rapporti tra concedente e concessionario -ha avuto modo di precisare che l'art. 5 1 comma L. 10:34it971, l dove si riferisce alle concessioni di. servizi pubblici, va irtteso riel senso. (conforme alta sua ratio, ricorrendo i motivi e le finalit che giustificano l'identica soluzione giuridica} che esso comprende anche le concessioni di ,pubbliche funzioni (70). (69) Cass. su 13 aprile 1989, n. 1754, in giust. civ. Mass. 1989, fase. 4/89. (70) Cass. su 3 dicembre 1991, n. 12966. 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO egli si troverebbe completamente rimesso all'arbitrio del concessionari\>, arbitrio che proprio la legge ha voluto escludere, obbligando il concessionario, sullo stesso piano della pubblica amministrazione in senso stretto, a seguire quelle regole, appunto nell'interesse pubblico della buona amministrazione. Egli non potrebbe trovare protezione presso il giudice ordinario proprio perch la sua situazione giuridica, di interes1se legittimo e non di diritto soggettivo, non potrebbe mai ritenersi illegittimamente pregiudicata dal comportamento di un privato. L'interesse legittimo, infatti, non ha normalmente rilevanza nel campo dei rapporti strettamente privatistici ove o c' un diritto soggettivo da far valere o non c' luogo a pretesa alcuna. In specie, non potrebbe certo agire per ottenere l'annullamento del contratto di appalto stipulato col terzo, dato che egli non avrebbe alcun diritto ad essere scelto. Sicch, rimarrebbe privo di qualsiasi tutela che pur, come si visto, avrebbe invece se il comportamento as'serito illegittimo fosse da rife rire direttamente all'ente amministrativo concedente. Il che, come si accennato, risulterebbe contrario all'art. 113 Cost. Per il quale si voluta assicurare ad ogni cittadino la difesa dei suoi interessi, siano essi diritti od interessi legittimi, senza lasciare scoperto alcun aspetto di questa difesa. Si ricordi che per i1 2 comma di tale I In tal modo resta dunque superata la possibile obiezione che la con I cessione di opera pubblica sia sottratta all'ambito applicativo del predetto art. 5, in quanto non classificabile n tra le concessioni di beni n tra quelle cli servizi. In attesa degli sviluppi giurisprudenziali cui dar prevedibilmente seguito la citata pronuncia della Corte Suprema, sembra comunque utile indicare ulteriori basi normative cooperanti sinergicamente nel senso della attribuzione I della materia alla giurisdizione esclusiva del GA. Innanzitutto si ricorda l'art. 11 della L. 241/90 sul procedimento ammi& nistrativo, che riserva alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie in materfa d!i formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi intraprocedimentali o sostitutivi di procedimenti, cos contemplando sostanzialmente tutta la materia dei moduli convenzionali dell'azione amministrativa tra cui sicuramente la concessione (71); il Capo V della stessa legge disciplinante l'accesso ai documenti, configura poi un simile diritto anche nei confronti del concessionario (art. 23), e quindi sottopone anche quest'ultimo alla particolare giurisdizione del TAR di cui all'art. 25. Infine non pu dimenticarsi l'estensione della giurisdizione esclusiva prevista dal disegno di legge-delega sul processo amministrativo. Un ampliamento della competenza dn via esclusiva del G.A. attraverso la proposta interpretazione estensiva in materia di concessione di committenza, sarebbe d'altronde non solo in linea con la tendenza evolutiva di cui si (71) s. GIACCHETTI: op. cit. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 481 articolosi afferma energicamente che tale.tutela giurisdizionale non pu essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti . La tutela giurisdizionale non pu dunque essere esclusa per quella categoria di atti che possono definirsi come atti amministrativi degli organi indiretti della pubblica amministrazione. Se fosse altrimenti, si dovrebbe ammettere che il pur diffuso sistema delle concessioni di sola costruzione avrebbe come effetto, certo non voluto, nche quello di togliere ogni . difesa del privato imprenditore nei confronti di comportamenti illegittiini e tendenti a pregiudicare il suo legitthno interesse, concorrente con l'interesse pubblico, a partecipare a gare di appalto per opere pubbliche..Il siste:rna della conloessione, infatti, conferendo al concessionario la funzione pubblica, da esercitare per in nome proprio, impedisce al terzo di agire nei confronti della pubblica aministrazione concedente; se non vedesse riconosciuta la sua pretesa d ottenere l'annullamento, da parte del giudice amministrativo, dell'atto emesso dal concessionario, non potrebbe agire in nessun modo dinanzi a nessun giudice. RiSultano dunque infondate le due tesi enunciate dalla s.p.a. Mededil e dalle altre parti che le si sono allineate. Da pretesa della Chiementin deve avere un giudice che la valuti e questo giudice il giudice ammini detto, ma sembrerebbe anche funzionale ad un migliore adeguamento dell'ordinamento interno a quello comunitario. Quest'ultimo, infatti, sembrerebbe postulare la configurazione come diritto soggettivo dell'interesse dell'impresa alla libera partecipazione alle gare e prevede comunque la risarcibilit dei danni derivati ai partecipanti alla gara da violazioni della normativa che la regola. Orbene, in tale situaiiione ed in attesa della nuova legge sul processo amministrativo, che, nel testo approvato da uno dei due rami del Parlamento, gi prevede, in parte qua, l'adeguamento dell'ordinamento interno a quello comunitario, sembra che il ricorso ad una ,ipotesi di giurisdizione esclusiva, anche se insufficiente a risolvere tutti i problemi, ne elimini per non pochi. A tacer d'altro non sarebbe necessario qualificare espressamente come interesse legittimo la situazione del partecipante alla gara per radicare la giurisdiz.ione e sarebbe lasciata al giudice amministrativo un'ampia gamma di opzioni per modulare pretoriamente la propria risposta ad una domanda di giustizia che presenta risvolti di singolare delicatezza. Una singolare delicatezza alla quale comunque il giudice amministrativo ben attrezzato a rispondere in ogni sua sede e la cui risposta attendiamo per il tempo a venire. Una risposta, se consentito azzardare una facile profezia, che sar data con quella sapiente mescolanza di pragmatismo, fantasia e rigore giuridico che da oltre cento anni caratterizzano la sua giurisprudenza pretoria. IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA GIANNA MARIA DE SOCIO 482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strativo trattandosi di un interesse legittimo ad ottenere l'annullamento di uno o pi atti della pubblica amministrazione. Si deve dunque dichiarare la giurisdizione dell'adito giudice am ministrativo. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 marzo 1991 n. 2427 -Pres. Bologna -Rel. Caturani -P. M. Romagnoli (concl. diff.) -Giaquinto (avv. Alfano) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Laporta). Espropriazione per pubblica utilit Occupazione d'urgenza per esigenze militari Irragionevole protrarsi dell'occupazione Irreversibile trasformazione dell'area Effetto acquisitivo in favore della p.a. . Ammissibilit. Anche nel caso di occupazioni per esigenze militari, bench la legge non preveda un termine entro il quale possono protrarsi legittimamente, una volta che, per la riscort.frata irr:agion,evolezza del toro prptriarsi senza la pronuncia del decreto di espropriazione, l'occupazion..e sia divenuta; illegittima, l'esecuzione dell'opera pubbl.ica determina, con la trasfor, mazione rad.i.cale dell'attea, il prodursi dell'effet"b.o estintivo-acquis(tivo in favore della p.a. essendo irrilevanti a tal fine le sopravvenute valutazioni dell'autorit amministrativa circa la persis~ente utilit dell'ope~a pubblica (1). (1) La questione affrontata dalla decisione in rassegna riguarda la possibilit di applicare in materia di occupazione di urgenza disposta per esigenze militari, i principi giurisprudenziali elaborati in tema di occupazione appropriativa . L'istituto configura, come noto, un nuovo modo di acquisto della propl'iet a favore della Pubblica Amministrazione, in cui si realizza una sorta di accessione invertita, la propri.et del suolo accedendo all'opera pubblica costruita su di esso e, pertanto, all'ente costruttore: nell'ipotesi in cui la P A. occupi illegittimamente un fondo in propriet privata, la sua radicale trasformazione e l'irreversibile destinazione alla realizzazione di un'opera pubblica comportano l'estinzione del diritto dominicale e la sua contestuale acquisizione, a titolo originario, .in capo all'ente costruttore. Al privato gi proprietario del fondo resta il diritto di chiedere alla P.A. il risarcimento dei danni subiti con la perdita del diritto di propriet. Questi prfooipi .fissati per la prima volta dalle Sezioni Unite della Suprema Corte nella nota sentenza del 26 marzo 1983, n. 1464 (in Foro it., 1983, I, 626 e segg.), sono stati confermati nelle loro linee fondamentali dalla giurisprudenza successiva, anche di merito, e costituiscono ormai la regola effettivamente vigente sul punto. Fra le numerose sentenze che si sono allineate all'indirizzo iniziato dalle Sez. Un., si vedono, in particolare, poich ne precisano l'ambito, Cass. Sez. Un. 10 giugno 1988, n. 3940 in Foro it., 1988, I, 2262 (secondo la quale indefettibile punto di partenza della fattispecie del1' occupazione appropriativa una dichiarazione di pubblica utilit del I I ! I I 1 PARTB I, SBZ. In;. GIURISPRUDENZA CIVILB; GIURISDIZIONE E APPALTI 483 (omissis) 1 . .;..;.;; Nll'tdfue l6gi&> p:tegitidiZiafo l'esame del .:ricorso (:inddritalperch pfop6sta dop6 il ricorso printi:Pfile) dell'ammi:nistrazione, . col quale, denuhza.rido vfolazione . e falsa applicazione. degli. artt. 73 e '16 dell~ J; 25 giugno 1865 n. Z359 nonch (lifetto dhnotivazione1 si.assume che ~#6rieaniente Iiimpugnata $~btetizaha deciso. la oontrovrsia appli~ M1t-~l~~aJEt~~:E stessa reali:zzazione dell'opera pubblica, s~pl'e reve.rsbile in correla~ zione con}a spetat~ necessit dell'impianto nimtare, non vale . a connotare c6tne illedifo il eomportament della p.a:;> nel cui contesto soltanto p6ssonobI>etar queipHncipi. ..... Iili ogni 6aso s soSltienecheii COrle d'ap]!)ello non ha motivato sulla ii'tgionwole dttl'at . della oocupzione d'urgenza. Ammesso; infine, che con la realizzazone drell!opel' pubblica la. p;a. avesse acquisito in via c:tefi!iiti\va. i. terreni OccUpati cli urgenza; da quel fuomento. che avrebbe dovuto verificarsi .fa. ((ragionevolezza)~ o. men dell!ultel'iore occupazione, s)Ccorren:do 1'artd3. della legge citata a som:m:inistJ,:are un sic..ro criterio perU.giudizio.sulla ongroit.del.comporta:mento. dell'autorit amministrativa oltre che. sulla utilit delremanato decreto di espropri~ione. 3. -le riasSl:lrite-censure sono fondate. nei limiti tistiltanti dalle segtienti consideraifoni. l'opera) e, nello stesso senso, Cass. Sez. Un., 6 novembre 1989, ri. 4619 in Giust. Civ., 1990, I, 686 con nota di R. CARANTA Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ridefiniscono l'ambito di operativit dell'istituto dell'occupazione ap. propriativa; Cass., 11 luglio 1990t n. 7210 in Foro it., 1990, I, 2789 {scondo la quale l'acquisto a titolo orig:nario. in favore della P.A. dell'immobile, illegittima. mente occupato, sul.. quale essa abbia realizzato un'opera.. pubblica, conformemente alla dichiarazione di pubblica utilit; ma in assenza di un legittimo provvedimento espropriativo, comporta il sorgere, .per. U privato gi proprietario; di un diritto di ci:'edito al controvalore del bene perduto; assoggettato all'ordinario termine deceruiale di pteserizione); L'orientamento delle Sez. Un. 1464/83 stato disatteso una sola volta dalla Corte di Cassazione,; precisamente dalla sentenza 18 aprile 1987, n. 3872 (in Giust. Civ. 1987, I, 1662 con nota di. Annunziata) nella quale si. attribuisce all'a2lione di risarcimento deLdanni contro la P.A. il valore di un atto di rinuncia da parte del PI1ivato al diritfo di ptopriet m favote dell'occupante. .. Nonostante il. consolidarsi della tesi giurisprudenziale, Ja.. dottrina con trarla alla figura dell'occupazione appropriativa .Che c;onsidera .un modo di acquisto della propriet estraneo al sistema ed .. anzi .in radicale co.trasto Con puntali previsioni normative; Per un'ampia; disamina cfr> Caranta, op. cit., 700; M; Paradiso La c.d. occupazione appropriativa della P.A. tra esigenze di realistica composizione del conflitto e interventi legislativi in Giur. it., 1990, IV; 366. Nella sentenza in esame la Cassazione ha valutato l'estensibilit dei prin cipi elaborati in tema di occupazione appropriativa al caso. di occupazione di urgenza per esigenze militari. - 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte d'appello ha deciso la controversia sottoposta al suo esame partendo dal presupposto della possibile. estensione alle occupazioni di urgenza per esigenze militari dei principi elaborati da questa Corte in tema di occupazione appropriativa (sent. della Sez. unite n. 1464 del 1983). Ha rilevato in proposito la Corte del merito .che nella ipotesi considerata, la esecuzili)ne Ccu:Pazfone $ia.. divenuta illegittima (per la scadenza dal periodi> si col$iderano}. e pfocl.:ce il duplice effetttj gi11r'idico: .estintivo. (del cii deL proprietario senza la pronuncia del provvedimento ablatorio. .Allora, in assenza... del decre:f:(> di esPxoP:!'iazione1 l'occ11i:iazione ..diviene. illegitti.la;. Ja e$ec.zione de!l'.peJ:'a p.l:)blica acqui$ta rUevatlza gii.;idica e s.i produce I'effetfo acquisitivo iii favore . della :.A., essendo irrilevanti a tal fine le soprav venute valutazioni della aufont amri:iimstrathra circa la persistente utilit dell'opera Pubblica~ ... Tra i prece4enti cfr;;. Cass< 30 higUo 1964. :n:. .21811 hi <;;iust.. civ. 1965, I, 800 .pel se:P.$0. che. le. occ.pa,zioni militari i:irotratte lre. .:un ragio11ev()le lassq di tem:Po div~ng()no illegittime; Ca$$. i2 lugliol968 n. 2453, ivi,19681 I, 1558nel senso ch deve qualificarsi di interes5e 1gittiJ;no l pretesa . del proprietario di ottenere ii# formale. prov\iedimento riitn4fii~trativo che, crtsfafato u venir meno delle esigenz{i militari legittimantlJ'occ.paziqne~ dispoliigala restituzione ni. domenicali -Ristoro sotto forma monetl;lria o altra forma contpllsativa . Lavoro -. Dipendenti da. imprese di pubblici trasporti Turni domenicali Progranunati.. Previsioni retributive della contrattazione collettiva In terpretazione-. Lavoro Trattarriento ecnlllic~normativo concordato in sede collettiva Contrariet ai precetti dell'art. 36 Cost. -Criteri. interpretativi. Il diritto del lavoratore turnista ad essere compensato per la particolare penosit del lavoro svolto nelle giornate di domenica; pu essere soddisfatto non solo mediante l'erogazione di un supplemento di paga specificamente riferito a tale prestazione e determinato nel suo ammontare, ma anche, indirettamente, con l'attribuzione di vantaggi e benefici contrattuali di diversa natura, che valgano a differenziare il loro complessivo trattamento economico-normativo rispetto a quello dei lavoratori che usufruiscono del riposo domenicale (1). Per escludere il riferimento al lavoro domenicale di benefici .,.__ economici o normativi -accord.ati soltanto ai la.voratori soggetti a detta prestazione, non sufficiente rilevare la mancanza, nella normativa contrattuale; di una previsione esplicita a tale riguardo, ma occorre individuare concretamente una. ragione diversa e specifica della particolare attribuzione, in quanto l'obbligo del lavoro domenicale per il personale viaggiante delle imprese esercenti pubblici trasporti un fatto del tutto consueto e normale e si svolge secondo turni ontrattualmente programmati (2). L'affermazione della contrariet ai precetti dell'art. 36 Cost. del trattamento economico-normativo dei lavoratori, concordato in sede col (1-3) Le Sezioni Unite, con la sentenza in rassegna, hanno inteso dare un indirizzo ai giudici di merito nelle controversie, in cui il lavoratore chiede qualcosa in pi di quanto previsto dalla contrattazione collettiva, affrontando poi in particolare la problematica della giusta retribuzione nei confronti dei dipendenti delle aziende di pubblici trasporti impegnati in turni domenicali e festiVi. 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 494 lettiva, richiesta estrema cautela per un duplice ordine di ragioni: a) perch funzione essenziale e tipica delle Organizzazioni sindacali de~ lavoratori quella di tutelare, nei confronti della controparte datrice di lavoro, gli interessi degli associati; bI perch ogni intervento del 'giudice sull'assetto dei contrapposti interessi realizzato in sede collettiva rischia di incidere sull'autonomia negoziale delle parti contraenti e di rompere gli equilibri economici cui la contrattazione collettiva pervenuta (3). (omissis) 1) Con il primo mezzo il ricorrente, denunciando viola zione dell'art. 360 n. 3 c.p.c. e omessa applicazione dell'art. 36 della Costitu zione Italiana , addebita al Tribunale di Roma di essersi erroneamente discostato dall'insegnamento di questa Suprema Corte e della Corte Costituzionale secondo cui il lavoratore costretto (sia pure per legittime esigenze del datore di lavoro) a prestare la propria opera nelle giornate di domenica ha diritto ad una specifica maggiorazione retributiva idonea a compensare la penosit (e quindi la specia~e qualit) di tale presta zione, in ossequio al precetto dell'art. 36 !Cost. Con il secondo mezzo il ricorrente deduce violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. -erronea e contraddittoria motivazione, e sostiene che il Tribunale, dopo aver riconosciuto essere il cospicuo muner.o di giorni di riposo aggiuntivo .... mera conseguenza delle delazioni (operativit h. 24) , ha contraddittoriamente affermato, senza peraltro esporre le ragioni del suo convincimento, che tali riposi si correlavano casualmente alla particolare penosit (m precedenza negata) del lavoro domenicale, disattendendo l'orientamento della giurisprudenza che considera a tal fine rilevanti i soli incrementi retributivi specificamente destinati a compensare il suddetto sacrificio.. Lamenta inoltre il lavoratore che i giudici di appello, neM'esprimere il giudiiio circa l'asserita idoneit del trattamento globale ad assicurare il ristoro del disagio connesso alla prestazione domenicale, abbiano erroneamente considerato .anche la speciale indennit prevista dall'accordo collettivo del 21 maggio 1981, in vigore dal 1 giugno 1981, senza avvedersi che la domanda giudiziale era chiaramente limitata al periodo anteriore a ta1e data, d!urante il quale nessuna forma di compenso era contrattualmente prevista per l'anzidetta prestazione. 2) Per la corretta soluzione de1le questioni prospettate dal ricorrente opportuno ripercorrere le tappe della elaborazione giurisprudenziale in tema di lavoro domenicale e puntualizzare i criteri di determinazione del relativo compenso, eventualmente spettante al lavoratore. A tal riguardo si sono, in passato, delineati due contrapposti orienta~ menti della Sezione Lavoro di questa Corte: secondo il primo, i lavoratori turnisti obbligati a prestare la loro opera nelle giornate di domenica PARTE I, SEZ. III1 GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI comprese nel turno non avevano diritto ad alcuna maggiorazione. retributiva, ove fruissero. di altro giorno di riposo compensativo nell'arco di sette giorni; il secondo indirizzo seguiva, .invece, l'opposto principio per il quale il lavoro domenicale, pur in. presenza della previsione contrattuale di un riposo compensativo in altro giorno della settimana, deve ritenersi caratterizzato da maggiore penosit .ed implica pertanto una pi elevata temurieraoone a :noima dell'art. 36 della Costituzione. Ii contrasto stato composto da11e Sezioni Unite, con la sentenza 10 novembre 1982, n. 59.23, fri senso sostanzialmente conforme a quest'ultimo orientamento, sulla base delle seguenti considerazioni: .:-Bench l'art. 36,. comma terzo, della Costituzione non contenga alcuna prec:lsazione circa il giorno che deve ritenersi destinato al ripo~o settimanale, tuttavia possibile ricavare da varie norme (art. 3 L. n. 370 del 1934, non riguardante specificamente il personale dipendente da imprese eseranti pubblici trasporti; art. 2109, 1 comma, cod. civ. ; art. 8, 2 corro:na, L. n. 138 d.d 1988; art. 2, n. 5, P. H della carta sociale europea 16 ottobre 1961 ratificat~ in Italia c0n la legge n. 929 del 3 luglio 1965) un principio d'ordine generale presente nell'ordinamento positivo secondo il quale il giorno del riposo settimanale deve eoincidere di regola con la domenica, essendo questo il giorno in cui, nell'ambito della comunit dove illavoratore vive, organizzata in forme varie l'utilizzazione del tempo libero e nel quale pertanto il lavoratore stess pu maggiormente dedicarsi alle tipiche forme di vita familiare ed ai relativi doveri, nella normale concomitanza, tra raltro, del ripos settimanale del coniuge che a sua volta svolga attivit lavorativa . -Posto, dunque, che il riposo settimanale non ha soltanto lo scopo di consentire il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore, ma serve anche a rendere possibille un'adeguata partecipazione del medesimo a quelle forme di vita familiare, sociale e di relazione che per consuetudine si svolgono di domenica, non pu disconoscersi che il lavoro espletato in tale giorno, per apprezzabi'li esigenze dell'attivit economica di determinate imprese (come quelle che gestiscono servizi di pubblico trasporto), sia caratterizzato da una maggiore penosit a causa della rinunzia alla vita familiare e sociale, del che si detto, per cui tale maggior costo personale, e cio tale diversa. qualit della prestazione rispetto all'attivit svolta nel normale periodo settimanale ,impone in ogni caso un adeguamento della retribuzione, a norma dell'art. 36 -comma 1 della Costituzione, che per l'appunto rapporta la retribuzione anche alla qualit del lavoro,. da intendersi non soltanto sotto il profilo dell'intrinseco suo pregio oggettivo, x;na altTes con riguardo al maggior costo personale che esso comporta per il lavoratore , E tale maggiorazione economica , destinata a compensare il lavoro svolto nel giorno destinato al riposo settimanale (anche quando sia previsto il riposo compensativo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 496 nell'arco cli sette giorni), pu essere determinato dal giudioe con riferimento al supplemento di paga stabilito dalla contrattazione collettiva per il lavoro festivo o, in mancanza, al compenso proprio del lavoro straordinario (nella misura prevista dalle stesse fonti collettive o, in difetto, nella misura legale minima). -Peraltro, quando si tratti cli lavorazioni programmate secondo turni tali che per determinati lavoratori il giorno di riposo settimanale venga, pur nell'ambito cli sette giorni, ad essere spostato rispetto alla domenica, il giudioe deve specificamente accertare, attraverso l'esame della disciplina collettiva applicabile, se detto spostamento -e perci il sacrificio della domenica, ancorch con il riposo compensativo -trovi nella determinazione dell'ammontare complessivo della retribuzione prevista a favore di tali lavoratori una propria conglobata specifica forma di remunerazione, il che potrebbe desumersi dalla circostanza stessa che siffatti turni siano stati contrattualmente concordati e che la retribuzione per i dipendenti ad essi assoggettati presenti conotazioni differenziate rispetto a quella degli altri lavoratori, per cui in tal caso ovviamente non spettano ulteriori maggiorazioni. 3) Tali concetti sono stati ripresi e ribaditi in tutte le successive pronunzie cli questa Corte nella materia in esame (cfr. Cass. nn. 119/91; 2175/90; 1264/90; 4575/89; 3110/89; 1085/89; 560/89; 54%/88; 5416/88; 5326/88; 4232/88; 8535/87; 8477/87; 8417/87; 5110/87; 7860/86; 6165/86; 5119/86; 3579/86; 3617/85; 3142/85; 3104/85; 5667/84; 3491/83 e numerose altre decisioni conformi), sicch possono ritenersi ormai consolidati i principi affermati con la menzionata sentenza delle Sezioni Unite: il che, peraltro, non impedisce di cogliere, nella loro concreta applicazione alle singole fattispecie sottoposte al giudizio della Corte, perduranti aspetti di incertezza, che riguardano soprattutto il problema della individuazione cli connotati differenziati -nel trattamento globale pattizio dei lavoratori che, per effetto dei turni, prestano la loro opera nelle giornate di domenica -rispetto a quello degli altri dipendenti che fruiscono regolarmente del riposo domenicale, nonch il connesso problema della riferibilit causale di tale miglior trattamento alla particolare penosit della prestazione eseguita la domenica. La mancanza cli una linea uniforme, nella giurisprudenza della Corte, su tali questioni pi apparente che reale, dipendendo il pi delle volte la diversit delle decisioni -in casi simili o analoghi -da rilievi che attengono alla correttezza logico-giuridica della motivazione delle sentenze impugnate o al rispetto, da parte del giudice del merito, delle regole legali di ermeneutica nella interpretazione della disciplina pattizia dei rapporti di lavoro dedotti in giudzio. Non mancano, tuttavia, in PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI alcune pronunzie profili sostanziali di contrasto, pur nella dichiarata generale. adesione ai principi innanzi ricordati. Si , in particolare, osservato che, pur essendo astrattamente configurabtle l'inosservanza, (anche) da parte della contrattazione collettiva, dei precetti di cui all'art. 36 Cost., l'accertamento a tal riguardo deve essere estremamente rigoroso,.pr9prio in considerazione del contemperamento di interessi fra le parti contrapposte che tale contrattazione rappresenta e .della necessit cli non rompere gli equilibri economici cui essa pervenuta, sicch non . sufficiente ..... la constatazione che il contratto collettivo non prevede una speciale indennit per il lavoro prestato
  • ;R. 454/87 ~Impugnativa giurisdizionale -Competenza funzionale del Pretore Esclusione. (d.P.R< 29:. settembre 1987, n. 454,, art. 32 terzo comma; R.D, 14 aprile 1910, n. 639, art. 3). La nuova disciplina introdotta dall'art. 31 sesto comma del D.P.R., 454/87, con competenza in primo grado del Pretore in materia di infrazioni valtarie, non si applic0: alle ipotesi in cui, alla data di entrata in> vigore del citato JJ.P.R., il procedimento amministrativo sanzionatorio fosse gi concluso con un decreto del Ministero del tesoro. Noii ha rilievo che il decreto ministeriale fosse, a tale data, gi notificato, iii. quanto zatto amministrativo in s perfetto indipendentemente dalla sua ricezione; Secondo la ricorrente, il decreto del Ministro del Tesoro del 21 settembre 1987 non costituisce un atto amministrativo perfetto, posto che non era stato notificato e la notifica rappresenta un suo requisito essen La competenza in materia di infrazioni valutarie pregresse ritorna al Tribunale. Impl'.ovviso e radicale revirement della Suprema Corte per quanto riguarda la competenza del Tribunale (o, meglio, del giudice civile competente per valore) in ordine alle infrazioni valutarie sanzionate con decreto ministeriale emesso pl:-ini del 5 dicembre 1987. Com' noto, in tale data era entrato in vigore il D.P.R. 29 settembre 1987, n. 454, poi seguito dal D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, il quale, riformando in senso 1iberalizzatore l'intero settore valutario, aveva (all'art. 23) modificato il decreto ministeriale conclusivo della procedura sanzionatoria da atto aromi nistrativo sanzionatorio, per la cui esecuzione era necessario far ricorso ad nna sucessiva ingiUJ:lZione emessa ai sensi dell'art. 7 del R.D.L. 5 dicembre 1938, n. 1928, a decreto di ingiunzione secondo l normativa delle infrazioni amministrative depenalizzate previste dal legge 24 novembre 1981, Ii. 689. In tale occasione era stata anche introdotta (ll'art. 31) una nuova disciplina del procedimento amministrativo san~ionatorio, e, soprattutto, la competenza f:ttnzionle del Pret<>re giudicare delle eventuali opposizioni in via giudiziale, con particolari poteri e caratteristiche che Vaillo dll possibilit per l'Amrnillistrazione resistente di stare in giudizio an:che senza patrocinio dell'Avvocatura, all'onere probatorio incombente su di essa, anzich sull'opponente, . dalle comunicazioni e notificazfond eseguite d'ufficio presso gli Uf fici dell'Amministrazione del tesoro alla riduzione dei gradi di giudizio da tre a due, giacch contro la decisione del Pretore previsto come nnico mezzo di impugnazione il ricorso per Cassazione nei modi e nelle forme ordinarie. Era pure prevista la norma transitoria (costituita dall'art. 32) secondo cui la nuova disciplina si sarebbe applicata alle violazioni di norme valutarie, che comportano l'applicazione di sanzioni amministrative accertate prima ..di RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.0 STATO 504 ziale, non fosse altro in quanto si tratta d'un atto recettizio; di conseguenza, non pu produrre alcun effetto giuridico, ivi compreso quello relativo alla perpetuazione della precedente disciplina normativa. Ne deriva che deve trovare applicazione la regolamentazione introdotta dalla nuova legge e, perci, che l'opposizione era assoggettata al regime processuale delineato dalla L. n. 689 del 1981: da qui la competenza del Pretore di Milano adito. L'Amministrazione del Tesoro ha depositato memoria scritta, resistendo al ricorso. Il pubblico Ministero presso questa Corte, ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso. Il ricorso infondato. L'art. 32 D.P.R. 29 settembre 1987, n. 454, nel dettare il regime intertemporale relativo alle Disposizioni valutarie introdotte con quel testo legislativo, prescrive, nel terzo comma, che le norme delegate di cui al Titolo quarto che qui interessano (si tratta delle norme relative all'accertamento delle violazioni ed alla applicazione delle sanzioni) si applicano alle violazioni di norme valutarie che comportano l'applicazione di tale data, semprech il relativo procedimento non risulti alla data medesima concluso con provvedimento divenuto definitivo >>. Tale formulazione sembrava non lasciare adito a dubbi nel senso che ri manevano di competenza del Tribunale tutte le opposizioni a decreti mini steriali emanati prima del 5 dicembre 1987; ed era avvalorata dall'art. 31 set timo comma del citato D.P.R. 474/87 secondo cui resta ferma la competenza... delle Intendenze di finanza all'esecuzione dei decreti del Ministro del tesoro re lativi a violazioni di norme valutarie, secondo la procedura prescritta dal testo unico 14 aprile 1910, n. 639 . In altre parole l'aggettivo definitivo che si legge nel testo dell'art. 43 sembrava chiaramente riferirsi alla categoria amministrativa dei provvedi menti emanati dall'organo di vertice della singola Amministrazione, ancorch si trattasse di provvedimenti per i quali era ancora aperta la possibilit del l'impugnativa giurisdizionale (1). Viceversa nelle prime occasioni in cui la Suprema Corte ebbe ad occuparsi della delicata questione, essa ritenne dii interpretare tale aggettivo come rife rito alle pronuncie giurisdizionali non pi impugnabili (ovvero passate in giu dicato); sicch, in definitiva, essa fin per ritenere applicabile la nuova di sciplina processuale, con la competenza funzionale del Pretore, non solo ai procedimenti sanzionatori tuttora in attesa di emissione del decreto mini steriale, ma anche ai procedimenti tuttora pendenti in opposizione a decreti ministeriali emanati prima del 5 dicembre 1987. In questo senso si espresse dapprima Cass. 3 maggio 1989, n. 2061, secondo cui era sufficiente rilevare che anche la disciplina del sequestro valutario si applicava retroattivamente, e che la facolt di procedere all'esecuzione con la (1) Nella previgente disciplina del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, com' noto, non esisteva un termine di decadenza per l'impugnazione in via giurisdizionale dei decreti ministeriali di condanna; v. PBRRUCCI, Il diritto valutario, Zanichelli, pag. 190. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 505 sanzioni amministrative accertate prima del 5 dicembre 1987 sempre che il relativo procedimento non risulti, alla data medesima, concluso con provvedimento divenuto definitivo, Dunque, esclude l'applicazione della nuova disciplina allorch, al 5 dicembre 1987, fosse stato pronunciato il decreto del Ministro del Tesoro ingiungente il pagamento della sanzione pecuniaria pur se non ancora notificato all'autore della violazione. In altri termini, la norma, nel porre come limite di sbarramento la circostanza obbiettiva della conclusione del procedimento con provvedimento definitivo, esclude l'applicabilit della nuova disciplina ai procedimenti che abbiano esaurito il loro iter amministrativo, ossia non siano pi suscettibili di ulteriori attivit in sede amministrativa. A tanto conduce, innanzittutto, l'espressa specificazione che il provvedimento finale deve essere definitivo, termine, questo, che rinvia immediatamente ai provvedimenti amministrativi rispetto ai quali si sia esaurita ogni possibilit giustiziale nel settore. Indi, la ratio della norma, manifestamente tesa ad evitare che l'entrata in vgiore della nuova disciplina sulla materia relativa al Titoto quarto, previgente disciplina del R.D. 14 aprile 1910 n. 639 non contraddiceva con la nuova natura giuridica del provvedimento ministeriale, dovendosi, a suo avviso, distinguere le modalit di esecuzione dei decreti dalla disciplina processuale delle opposizioni ad essi. Tale orientamento fu poi confermato da Cass. 25 ottobre 1989, n. 4391, alla quale finirono per adeguarsi quasi tutti i giudici di merito. In particolare il Pretore di Milano che sino allora aveva declinato la propria competenza a giudicare delle opposizioni a decreti emanati prima del 5 dicembre 1987 (2), mut radicalmente indirizzo affermando la propria competenza e decidendo le vertenze nel merito (3). Dal canto suo il Tribunale di Milano si adegu rapidamente all'orientamento della Suprema Corte, ed in ripetute occasioni arriv alla conclusione che vertenze gi pendenti avanti al Tribunale, in opposizione a decreti ministeriali emanati prima del 5 dicembre 1987, dovessero essere devolute alla competenza del Pretore, senza peraltro affrontare e risolvere il problema delle modalit di tale auspicata devoluzione, dal momento che quasi mai l'impugnativa originaria avanti al Tribunale era stata proposta entro il termine decadenziale di trenta giorni oggi previsto dalla nuova disciplina processuale (4). Solo in un caso specifico, con sentenza 9 maggio 1991, n. 3498, il Tribunale di Milano afferm la propria permanente competenza a giudicare delle oppo sizioni a decreti del Ministro del tesoro emanati prima del 5 dicembre 1987, acutamente osservando che giammai la definitivit prevista dall'art. 32 ter zo comma del D.P.R. 454/87 pu intendersi come definitivit dn senso giuri sdizionale, giacch non avrebbe senso escludere l'applicabilit dello jus su perveniens alle controversie gi def.inite con sentenza passata in giudicato; e (2) Cos Pret. Milano, 9 gennaio 1989, n. 162 e 31 marzo 1989, n. 1054. (3) Cos Pret. Milano, 2 maggio 1991, n. 1764. (4) Cos Trib. Milano, 20 giugno 1991, n. 4949 e 4969, nonch numerose altre. 506 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO comporti l'inefficacia dei procedimenti gi esauriti in sede amministrativa e determini la necessit di iniziare ex novo la procedura di accertamento delle infrazioni e di applicazione delle sanzioni. Del resto, in questa medesima prospettiva, lo stesso art. 32 dispone che anche ove dovesse applicarsi la nuova disciplina, non si applicano i termini perentori di cui agli articoli 28, 30 e 31 ; ossia che non trovano applicazione le norme che fissano termini per la contestazione delle violazioni, per adempimenti degli organi amministrativi e per la pronuncia di ingiunzione al pagamento della sanzione pecuniaria, e che ricollegano alla corrispondente omissione !'estinzione dell'obbligazione al pagamento delle som:me dovute per l'infrazione valutaria. Per vero, siffatto precetto ribadisce la volont legislativa tesa ad evitare che il nuovo regime possa rendere vana l'attivit precedentemente svolta, e quindi, anche la volont di escluderne l'applicabilit quando il procedimento si sia esaurito. Vale a dire che ai fini dell'inapplicabilit della nuova disciplina la norma prende in considerazione soltanto l'avvenuto esaurimento della procedura amministrativa e prescinde totalmente dalla esternazione del suo provvedimento finale. Pertanto, a tal fine del tutto irrilevante accertare se il decreto del Ministro del Tesoro conclusivo dello stesso procedimento abbia natura recettizia e se, perci, ai fini della perfezione dell'atto nei confronti del I l'autore della violazione valutaria, occorra anche la sua notifica: infatti, I che, pertanto, l'unico significato possibile, oltre che ragionevole, quello di intendere applicabile la nuova disciplina processuale (con relativa competenza del Pretore) ai soli procedimenti amministrativi ancora in corso alla data del 5 dicembre 1987, restando per tutti gli altri dn vigore la competenza del giudice gi investito dell'opposizione secondo la previgente disciplina processuale (5). Del resto, gi in precedenza, con ordinanza 16 gennaio 1991, lo stesso rela tore di quella sentenza, nella sua diversa veste di Pretore, aveva sollevato conflitto di competenza che risulta tuttora all'esame della Suprema Corte. In questa situazione di grave incertezza, non si pu che apprezzare il nuovo intervento della Corte Regolatrice, la quale, per la verit senza accennare alle precedenti pronuncie della stessa sezione, finalmente conferma la perdurante competenza del Tribunale per le vertenze in opposizione a decreti ministeriali di condanna emanati prima del 5 dicembre 1987. La chiarezza e la linearit della relativa motivazione, non solo fa giustizia delle precedenti diverse pronunzie, confermando il significato dell'aggettivo definitivo usato dall'art. 23 del D.P.R. 457/87 come riferito al provvedimento amministrativo in s, ma soggiunge, molto opportunamente che a nulla rileva la data di notificazione del medesimo (se precedente o anteriore al 5 dicembre 1987), essendo tale provvedimento in s perfetto al momento stesso della (5) Cos Trib. Milano, 9 maggio 1991, n. 3498. PARm I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 507 a tal fine, il precetto positvo considera sufficiente la semplice pronuncia del provvedimento. Di conseguenza, rispetto al caso di specie, una volta che alla data del 5 dicembre 1987, era stato gi pronunciato il decreto del Ministero del Tesoro conclusivo del procedimento amministrativo relativo alfa infrazione valutaria ascritta alla Pet:rucchetti, non potevano trovare applicazione le nuove regole; processuali concernenti l'impugnazione in sede giurisdizionale dello stesso d'.ereto, ma. rimaneva.in vigoce la precedente disciplina sul tema, dettata, come s' detto, dall'art 3 R..D. 14 aprile 1910, n. 639: sulla sua base, come non contestato, devono trovare applicazione le reg()le sulla competenza per territorio .e per valore dettate dal co4ice di rit<;> civile, a.Ila cui stregua: la competenza a conoscere dell'opposizione . proposta dalla Perrucchetti appartiene al Tribunale di Milano, come ha. correttaniente statuito la sentenza impugnata. Il ricorso, pertanto, qeve essere respinto. emanazione, e non rilevando, se non ai fini della efficacia, la sua successiva notificazione. In. tal modo stata autorevolmente dettata una. disciplina transitoria anche per i decr~ti niiniste:dali di condanna cosiddetlti a cavallo del suddetto termi'. ne del 5 dicembre 1987; nel senso che, anche quelli notificati dopo ta:le data, ma emanati prima di essa, facendo parte della previgente discipliria, vanno considerati come decreti non di ingiunzione, e vanno impugnati eventualmente avanti il giudice competente per valore.. UBALDO PERRUCCI CORTE DI CASSAZIO.NE, Sez. III civ., 5 novembre 1991, n. 11756 -Pres. Tropea -Rel. Vittoria -P. M. Lanni (concl. conf.) Ministero dell'Interno (avv. Stato Palmieri) c. Zannelli Anna Maria (avv. Bucchi). Locazione Immobili urbani adibiti ad attivit ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche nonch a sedi di partiti o sindacati e condotti in locazione dallo Stato -Diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza. Ai contratti contemplati dall'art. 42, 1 comma, della legge n. 392/78, si applica l'intero istituto della rinnovazione tacita come strutturato dall'art. 28 e ulteriormente regolato, per quanto attiene alla rinnovazione alla prima scadenza, dall'art. 29, in virt del richiamo, contenuto nel. 2o1 comma del medesimo art. 42, al preavviso di rilascio di cui all'art. 28 (1)'. (1) La giurisprudenza di merito ha risolto la questione decisa dalla Suprema Corte in modo non univoco. Infatti, una parte di essa (in verit prevalente) ritiene, in base ad una interpretazione testuale, Che l'art. 42, 1 comma, cit., limitandosi a richia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 508 1. -Il ricorrente impugna la sentenza del tribunale di Roma denunziando un vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 28, 29, 42, legge 27 \uglio 1978, n. 392 in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Il ricorrente sostiene che il richiamo al preavviso per il rilascio di cui all'art. 28, richiamo contenuto nell'art. 42 della L. 27 luglio 1978, n. 392, deve intendersi nel senso di un'applicabilit, ai contratti considerati dallo stesso articolo 42, dell'intera disciplina della rinnovazione recata dagli artt. 28 e 29 della legge . Il motivo fondato. 2. -L'art. 42 della legge 27 luglio 1978, n. 392 contempla al primo comma i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani adibiti ad attivit ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonch a sedi di partiti e sindacati, e quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualit di conduttori . Tali contratti -dispone l'art. 42 comma primo - hanno la durata di cui al primo comma dell'art. 27 . A tali contratti -dispone l'art. 42 comma secondo - si applicano le disposizioni degli artt. 32 e 41, nonch le disposizioni processuali .di cui al titolo I, capo III, ed il preacciso per il rilascio di cui all'art. 28 . L'art. 28 della legge -cos indirettamente richiamato quale sede di una disposizione circa il preavviso per il rilascio -non contiene per alcun cenno ad un atto cos qualificato. L'art. 28, al primo comma, usa il termine disdetta per indicare l'atto, da comunicare non oltre una certa data anteriore alla scadenza, mare il preavviso di rilscio previsto dal primo comma dell'art. 28 e non con tenendo alcun riferimento diretto all'art. 29, abbia voluto semplicemente condizionare l'evento o l'effetto giuridico del diniego di rinnovazione all'invio, nei termini previsti dal primo comma dell'art. 28, del preavviso di rilascio. In tal senso si era orientato anche il Tribunale di Roma con sentenza 14 aprile 1986, n. 5540, intervenuta fra le stesse parti in secondo grado e cassata dalla sentenza in epigrafe; nonch Trib. Napoli, 24 luglio 1990, Giur. merito, 1991, 4; pret. Udine, 3 febbraio 1990, Rep. F.I., 1990, voce Locazione, n. 227; Pret. Palermo, 12 dicembre 1988, ivi, 1989, n. 218; Pret. Firenze, 17 maggio 1988, ibidem, n. 219; id., 1 febbraio 1988, ivi, 1988, 178; Pret. Ozieri, 18 giugno 1987, ibidem, n. 179; Pret. Bari, 8 novembre 1985, in Foro lt., 1986, I, 270, con nota di richiami. In senso contrario, ritenendo il richiamo contenuto nell'art. 42, secondo com ma, cit. diretto all'intera disciplina costituita dagli artt. 28 e 29 cit.: Pret. Roma, 8 novembre 1984, Rep. F.l., 1985, voce Locazione. n. 314, intervenuta in primo grado sul caso esaminato dalla Cassazione; Trib. Milano, 7 set tembre 1987, ivi, 1988, n. 177; Pret. Gallarate 28 aprile 1987, in Foro lt., 1988, I, 289 con nota di richiami. La dottrina quasi unanimamente orientata nel senso che ai rapporti locativi di cui all'art. 42 cit. si applichi solo il primo comma dell'art. 28: v. F. LAZ ZARO -R. PREDEN, Le locazioni per uso non abitativo, Giuffr, Milano, 1988, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 509 mediante il quale ciascuna delle parti pu far si che la rinnovazione non abbia luogo. L'art. 28, al secondo comma, attraverso il generico termine di modalit, richiama la comunicazione, non altrimenti qualificata dal successivo art. 29, mediante la quale il locatore, alla prima scadenza contrattuale, pu esercitare la facolt di diniego di rinnovazione, dichiarando la propria volont di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilit dell'immobile, per una delle ragioni esplicitate dallo stesso art. 29 e sinteticamente preannunziate dall'art. 28 con il termine motivi. La mancanza nell'art. 28 d'un atto qualificato come preavviso per il rilascio genera incertezza nella individuazione della disposizione contenuta nello stesso articolo, considerata dal legislatore regolare l'anzidetto preavviso e per tale ragione da intendersi richiamata dall'art. 42, comma secondo, e cos resa applicabile ai contratti contemplati dall'art. 42 comma primo. Una prima considerazione appare per imporsi. La tecnica normativa adoperata nell'art. 42 quella di rendere applicabili a contratti, per s non compresi nell'ambito dell'art. 27 della legge, disposizioni contenute in altri articoli della stessa legge ed operanti per i contratti di cui all'art. 27. L'art. 42, in altri termini, disciplina i contratti in esso contemplati non configurando nuove disposizioni, ma rinviando ad altre che, come tali, gi regolano i contratti previsti dall'art. 27. Orbene, l'art. 28 contiene due disposizioni: la prima, quella dettata dal comma primo, che regola la rinnovazione tacita ed il rriodo di 5 e 133; Bucc1 -MALPICA -REmvo, Manuale delle locazioni, Cedam, Padova, 1989, 375; salvo P. COSENTINO -P. VITUCCI, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, UTET, Torino, 1986, 421. Brevi considerazioni in tema di diniego di rinnovazione alla prima scadenza del contratto di locazione di immobili stipulato dallo Stato. La sentenza in epigrafe assume notevole importanza perch rappresenta la prima pronuncia, poi successivamente confermata da Cass., Sez. III, 14 novembre 1991, n. 12167 della Suprema Corte sulla questione -come si detto, molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza -dell'applicabilit alle locazioni, previste dall'art. 42, primo comma, cit., della disciplina previst~ dagh artt. 28 e 29 cit., in base ai quali, in mancanza di disdetta giustificata dai motivi tassativamente indicati nell'art. 29, il contratto deve ritenersi tacitamente ri.novato per un ulteriore sessennio. Negli scritti difensivi ed in discussione orale a supporto della tesi che il rimando al preavviso di rilascio di cui all'art. 28 effettuato dal secondo comma dell'art. 42 debba intendersi riferito all'intera disciplina e, quindi, anche all'art. 29, sono stati addotti tre ordini di ragioni: 1) un argomento di ordine testuale poich l'art. 42, secondo comma, richiama espressamente il preavviso di rilascio e non solo quindi, il primo comma dell'art. 28; 2) la stessa espressione usata dal legislatore preavviso di rilascio che si riferisce ad una manifestazione motivata di intenzione in analogia a quanto 9 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 510 escluderla; la seconda, quella dettata dal comma secondo e sviluppata dall'art. 29, sulla rinnovazione del contratto alla prima scadenza e sui limiti entro i quali il locatore pu escluderla. L'esito dell'indagine circa il significato dell'espressione . ed il preavviso per il rilascio di cui all'art. 28 pu dunque essere solo quello di dire che, per il suo tramite, l'art. 42 comma secondo ha rinviato ad una o all'altra o ad ambedue le indicate disposizioni contenuto nell'art. 28. Ne derivano due conseguenze. All'art. 42, comma secondo, non pu prestarsi il significato per cui ai contratti contemplati dal primo comma non si applicherebbe la disciplina della rinnovazione tacita, bens unicamente un obbligo di indicazione della data per cui si intende riottenere la disponibilit dell'immobile: una tale disposizione, infatti, nell'art. 28 non rinvenibile. Al termine preavviso per il rilascio impiegato dall'art. 42, comma secondo, proprio perch posto da questa norma in relazione all'art. 28, necessario attribuire il pi generico significato di atto con cui si esercita la facolt di escludere la rinnovazione tacita del contratto disciplinata dall'art. 28. 3. -L'art. 42, comma secondo, come s' veduto, contiene non l'espressione si applicano le disposizioni dell'art. 28 , ma quella (si applica) . . . il preavviso di rilascio di cui all'art. 28 . Ci sembrerebbe denunziare nel legislatore un intento di non richiamare l'intero dettato dell'art. 28, ma solo una parte d'esso. previsto sia dagli artt. 59 e 73 legge n. 392/78 cit., sia dalla vecchia normativa, art. 4 legge n. 253/50; 3) la estensione ai contratti in questione delle disposizioni processuali contemplate nel capo .III del titolo primo della legge n. 392/78 ed espressamente richiamate' dall'art. 42, terzo comma che rende compatibile l'omogeneit della: disciplina sostanziale nella rinnovazione del contratto (aspetto particolarmente approfondito dalla citata Pret. Roma, 8 novembre 1984, intervenuta nella fattispec;ie in primo grado). Infatti, dall'immediato confronto delle due disposizioni di cui agli artt. 42 e 29 i(. appare ictu oculi estremamente riduttiva la interpretazione che ritiene il richiamo, contenuto nel secondo comma dell'art. 42, limitato al solo primo comma dell'art. 28. Va ricordato che il legislatore del 1978, al fine di garantire stabilit al contratto, ha precisato che, alla scadenza del primo sessennio, il locatore pu impedire la rinnovazione del contratto solo per i motivi di cui all'art. 29 e con il rispetto del termine e del modo perentorio di cui al quarto e quinto comma dello stesso articolo. Dunque, alla prima scadenza contrattuale convenzionale, il locatore pu denegare il riDQovo solo per i motivi di cui all'art. 29. Esaminando i peculiari contratti previsti nell'art. 42, va detto che essi sono soggetti alla identica disciplina regolante quelli di cui all'art. 27 cit. A parte, infatti, i chiari rimandi agli artt. 27 e 32, nonch alle disposizioni processuali di cui al tit. I, capo III della legge, resta da stabilire la ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 51 i Muovendo da questa considerazione, potrebbe pervenirsi alla conclusione che sia stata richiamata la sola disposizione contenuta nel primo comma dell'art. 28. Questo, perch potrebbe sostenersi che l'art. 28 contenga la disciplina del solo a:tto>di esercizio della facolt di escludere J: rirtnovazione che esso denotnfua disdetta. La disciplina dello stesso tto, quant >, in palese contrasto con la normativa di cui alla legge 1077 del 1948, istitutiva del Segretariato Generale. Il ricorso, inammissibile in rito ed infondato in diritto, poggia su erronei presupposti di fatto. I) Va contestata, anzitutto, la proponibilit del rimedio dell'art. 28 legge 300/1970 nei confronti del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. .: Com' noto, anche dopo l'emanazione della legge quadro sul pubblico impiego (legge 93/1983) rimasta esclusa l'esperibilit di tale procedimento nei confronti delle amministrazioni dello Stato (v. art. 23 in riferimento all'art. 1 della legge citata). Solo la legge li giugno 1990, n. 146 (art. 6) ha previsto la possibilit di un'azione ex art. 28 legge 300/1970 contro comportamenti posti in essere da un'amministrazione statale. L'area soggettiva definita da tale norma , peraltro, quella gi considerata nell'art. 1 della ripetuta legge-quadro 93/1983 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo), alla quale sono estranei, come ritengono le stesse ricorrenti, gli ordinamenti degli Organi Costituzionali di vertice ed in particolare, per quel che qui interessa, il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. Ci in ragione delle peculiarit proprie del datore di lavoro, riconducibili al regime di autonomia normativa e di autarchia degli organi supremi dello Stato che qualifica le inerenti relazioni sindacali in termini diversi rispetto a quelli interessanti gli apparati della pubblica amministrazione (quale considerata nel titolo III sez. II della Carta Costituzionale) per le inevitabili implicazioni nella sfera delle attribuzioni proprie degli stessi or PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 5 7 Orbene, va anzitutto esaminata, per evidenti ragioni di priorit logicogiuridica, l'ecezfone sollevata dalla difesa resistente, secondo cui il rimedio previsto dall'art. 28 legge n. 300/70 non sarebbe proponibile nei confronti deLSegretariato Generale della Presidenza della Repubblica. Invero, anche in seguito all'emanazione della legge quadro sul pubblico impiego (legge l della legge citata; cfr. Cass. Sez. Un. 26 luglio 1984 nn. 43991 4390, 4387t 4386, in Notiz, guri. lav. 19841 356 ss.). Soltanto in epoca recente la legge 12 giugno 1990 n. 146 (art. 6) ha previsto l'esperibilit delrazfone e~ .art; 28; contro comportamenti posti in essere da un'amministrazione statale. L'area di incidenza soggettiva delimitata da tale norma, non si discoi; ita, peraltro;>da quella gi considerata nell'art. 1 della richiamata legge-quadro n. 93/1983 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo); alla .qual.e rimangono estranei gli orclinamenti degli gani sovrani (nella specie viene direttamente in questione l'esercizio della funzione presidenziale di normazione). Nessun profilo di illegittimit discende, come ovvio, dall'accennata improponibilit dell'azione in questione, incompatibile per il suo carattere penetrante con le garanzie che assistono gli organi costituzionali, in quanto rimarrebbe comunque salva la possibilit della tutela giurisdizionale, nelle forme procedimen.tali ordinarie, di ipotetici diritti dei sindacati, (cfr. Corte Cost; 68/1980). II) Per una corretta impostazione dei problemi appaiono necessarie alcune premesse di quadro, inerenti alla fonte disciplinatrice del rapporto di impiego nonch ai diritti ed all'attivit del sindacato nell'ambito del Segretariato Generale della Presidenza della: Repubblica. Ai sensi dell'art. 4 della: legge 1077 del 1948 lo stato giuridico ed economico e gli organici del personale addetto alla Presidenza della Repubblica sono stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica. Trattasi di un'autonomia normativa posta a presidio dell'indipendenza costituzionale della carica presidenziale rispetto agli altri poteri dello Stato. Il citato art. 4, che sancisce l'esclusiva potest del Capo dello Stato nell'organizzazione e nella disciplina della struttura di supporto alle sue funzioni, ha carattere meramente ricognitivo di una competenza che (per evidenti esigenze di indipendenza e di garanzia) deriva, per implicito, direttamente dalla Costituzione; il che giustifica la stessa possibilit di una disci plina presidenziale autonoma e divergente rispetto alla disciplina legislativa comune del pubblico impiego (cfr. Corte Cost. 129/1981). Ne discende che il potere normativo del Presidente non pu essere condizionato ai risultati di una trattativa sindacale se non, eventualmente, per quei limitati aspetti che il Presidente medesimo preventivamente decida (anche mediante rinvio a norme dell'ordinamento generale) di disciplinare in siffatto modo. Ed al riguardo da rilevare che l'esclusione di ogni automatica possibilit di riferimento alla disciplina generale del pubblico impiego ed in par 518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Organi Costituzionali cli vertice ed in particolare, per quel che qui inte ressa, il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. Come stato ampiamente evidenziato dalla migliore dottrina, che non ha esitato a definire l'Ufficio del Segretariato generale soggetto di autarchia ovvero organo dell'organo Capo dello Stato, tale disciplina determinata dalle peculiarit tipiche cli. siffatti datori di lavoro, sicuramente riconducibili al regime cli autonomia normativa e . di autarchia, tipica degli organi supremi dello Stato; le relazioni sindacali inerenti a tali rapporti si qualificano, pertanto, in termini diversi rispetto a quelli interessanti gli apparati della pubblica amministrazione (quale considerata nel titolo III, sez. II della Carta Costituzionale) per le inevitabili implicazioni che determinano nella sfera delle attribuzioni proprie degli stessi organi sovrani. Nella specie, viene direttamente tutelato l'esercizio della funzione presidenziale di normazione, come acutamente rilevato dall'Avvocatura dello Stato. Al riguardo, una corretta impostazione dell'indagine ermeneutica impone alcune necessarie premesse concernenti la fonte di:sciplinatrice del rapporto cli impiego nell'ambito del Segretariato Generale della Presi ticolare alla disciplina dalla legge quadro 93/1983 -esclusione sostenuta dalle stesse ricorrenti -significa negazione della sussistenza di spazi di contrattazione giuridicamente garantiti nel rapporto di lavoro dei dipendenti del Segretariato Generale, cio negare che sinanco le materie di cui all'art. 3 della citata legge 93/1983 possano formare oggetto di negoziazione, in difetto di un'apposita normativa presidenziale in tal senso. Del tutto impropriamente, al riguardo, le ricorrenti assumono che il rapporto di lavoro dei dipendenti del Segretariato Generale sarebbe regolamentato da un contratto. (V. infra sub III). In coerenza con quanto accennato, premesso che nella specie non mi nimamente in questione la libert sindacale (la cui esplicazione testimoniata dalla stessa vivace attivit ex adverso documentata), va sottolineato che le posizioni soggettive del sindacato che si vorrebbero in questa sede tutelare non attengono a diritti del sindacato medesimo, che trovino come tali concreto fondamento in specifiche norme applicabili al Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica. Con l'iniziativa giudiziale assunta le ricorrenti fanno invece valere, nella sostanza, istanze politiche; il che rende anche per tale verso inammissibile l'iniziativa medesima. Come riconoscono le stesse ricorrenti, non configurabile nell'ordinan;iento generale un diritto alla trattativa collegato al requisito della maggiore rappresentativit (che l'art. 19 legge 300/1970 utilizza sul diverso terreno della tutela strumentale dell'attivit sindacale nei luoghi di lavoro); n esiste un divieto di discriminazione tra sindacati rappresentativi ex art. 19 legge 300/1970 in quanto attraverso di questa non venga oggettivamente ostacolata o limitata l'attivit sindacale (Cassaz. 4270/1978; 3635/1981). Solo nel contesto istituzionalizzato del pubblico impiego si riconosce alle 00.SS. maggiormente rappresentative la partecipazione al procedimento negoziale (v. rispettivamente, per la negoziazione degli accordi di comparto, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 519 denza della Repubblica .. Invero, ai sensi dell'art. 4, legge n. 1077 dl 1948, lo stato giuridico ed economico. e gli. organici del . personale addetto alla Presidenza della Repubblica sono stabiliti con decreto del Presidente della .Repubblica. Trattasi .di un'autonomia normativa posta a presidio. dell'indipendenza costituzionale della carica presidenziale rispetto. agli altri .poteri dello Stato. Il citato art. 4, che sancisce l'esclusiva potest del Capo dello Stato nelforgallizi;azione.. e nella dlsiplina della struttura dj .supporto . alle sue funzioni, ha casattere meramente ricognitivo di una competenza che (per evicl.enti esigenze di indipendenza e di garanzia) deriva,. per implicito, direttamente dalla Costituzione; il che giustifica la stessa possibilit di una ciisciplina presidenziale autonoma e divergente rispetto alla disciplina legislativa omu;ne del publ:>lico impiego (cfr. in termini, Corte Cost. 24 giugno 1981. n. 129). Al riguardo, ha precisato la Corte: .. . . . ..... .. .. .;.. . a) che assolutamente indiscusso che il Presidente della Repubblica abbisogna di un proprio apparato che consenta un efficiente eser degli accordi intercompartb:nentali e di quelli decentrati, artt. 6 comma quarto, 12 comma terzo e 14 comma secondo legge 93/1983). Le stesse ricorrenti. peraltro, come. pi volte sottolineato, non ritengono direttamente applicabile al Segretariato Generale 111-disciplina della legge 93/1983, n questa stata richiamata in atti di normazione presidenziale. Ne consegue che, con riferimento all'ordinamento del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, come non . .configurabile uno spazio di contrattazione normativamente riconosciuto nella disciplina del rapporto di lavoro, cos, e per necessit logica (difettandone il presupposto), non con figurabile alcun diritto dL un'organizzazione sindacale alla trattativa. In definitiva, ove pure il rimedio dell'art. 28 legge 300/1970 fosse stato in linea di principio esperibile nei confronti del Segretariato Generale .della Presidenza della Repubblica, il. che recisamente si contesta, esso, in ogni caso, sarebbe stato attivato fuor di. luogo. Del tutto inconsistente in. linea di fatto la denunzia delle ricorrenti. Prima di passare all'esame del comportamento in concreto tenuto dal Segretariato Generale, esigenze di completezza e di chiarezza b:npongono di lumeggiare l'effettiva portata della prassi (certamente non vincolante), cui apoditticamente, inconferentemente ed b:nproduttivamente si richiamano le ricorrenti. Va tenuta presente al riguardo la differenza tra la generica pressione politica esercitabile dai destinatari della normazione -che pu dar luogo anche ad una consultazione informale dei medesi.mi -e la vera e propria contrattazione collettiva . La pressione politica , priva di giuridica rilevanza, pu tendere alla modificazione della normativa ordinamentale con fonti di pari forza e valore inerente a qualsiasi aspetto di questa; il titolare del potere normativo conserva peraltro giuridicamente integre le sue facolt decisionali, che nessun negoziato e nessuna consultazione pu per definizione limitare o circoscrivere. 520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cizio delle funzioni presidenziali e garantisca in tal modo la indipendenza del Presidente rispetto ad altri poteri dello Stato; il Segretariato Generale (della Presidenza della Repubblica) non pu essere riduttivamente configurato quale apparato burogratico, di regime giuridico eguale a quello di ogni altro apparato dell'Amministrazione dello Stato, in quanto addetto allo svolgimento di compiti serventi rispetto alla funzione presidenziale costituzionalmente garantita e non gi rispetto ad una funzione amministrativa genericamente assunta; b) che la spiccata autonomia di cui dispone la Presidenza della Repubblica si esprime anzitutto sul piano normativo, nel senso che ad essa compete fa produzione di apposite norme giuridiche, disciplinanti l'assetto ed il furizionamento dell'apparato servente e comprende, altres, il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti la concreta adozione delle misure atte ad assicurare l'osservanza; e) che il regolamento interno inerente al personale, d'emanazione del Presidente della Repubblica in forza dell'attribuzione dettata dalla legge n. 1077/1948, deve considerarsi sorretto da un implicito fondamento La contrattazione , invece, tende alla formazione di accordi sindacali I I fil su materie circoscritte e predeterminate i cui contenuti sono recepiti mediante fonti normative tendenzialmente vincolate al r.sultato della trattativa medesima, che acquista dunque una portata giuridica (nel senso di vincolo per la fonte che deve recepirli, nei limiti della non incompatibilit con la normativa sugli aspetti non negoziabili). Orbene, l'ordinamento del Segretariato generale della Presidenza della Re pubblica imputabile per intero a decisioni presidenziali aventi tutte pari valore e forza; in esso non dato sceverare le autonome e unilaterali impostazioni del potere normativo presidenziale da quelle. che in linea di mero fatto derivano dall'accoglimento di istanze del personal!f mediate o meno IIdalle rappresentanze sindacali. La prassi ex adverso genericamente richiamata attiene dunque a forme di libera consultazione delle rappresentanze sindacali tratte ad acquisire informazioni ed indicazioni destinate ad essere autonomamente ed unilateralmente valutate dal Segretario generale nella sua funzione prpositiva di atti normativi al Presidente, senza che da un lato (in difetto di qualsiasi previsione nor mativa) sussista alcun vincolo alla consultazione e dall'altro possa nascere dalla consultazione medesima alcun vincolo ed alcun condizionamento alla modifica della disciplina vigente. . Ci deve essere ben chiaro ai fini di.. 'cogliere l'esatta natura delle attuali istanze e per escludere in radice un qualsiasi obbligo del Segretariato Generale cui faccia riscontro un diritto di alcuna organizzazione sindacale azionabile in questa sede. Del tutto inesattamente, come gi accennato, le ricorrenti parlano di rapporto di lavoro disciplinato da un contratto di cadenza periodica. Chia ra conferma dell'impropriet di tale prospettazione si trae dal c.d. protocollo d'intesa 30 maggio 1985 (n. 2 delle produzioni avversarie). dalle premesse del quale risulta incontestabilmente che l'allora Presidente Pertini aveva sem PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 521 costituzionale, in vista del quale la legge n. 1077 del 1948 assume sul punto -come stato chiarito gi nel corso dei lavori preparatori di essa -un carattere ricognitivo piuttosto che attributivo . Dal che .consegue che il potere normativo del Capo dello Stato, riguardato sotto. altro profilo, non pu essere condizionato ai risultati di .una trattativa sindacale se non, eventualmente, per quegli aspetti che il Presidente della '.Repubblica in via autonoma, preventivamente decida (anche mediante rinvio a norme dell'ordinamento generale) di disciplinare in siffatto modo. . Nel contesto istituzionalizzato del pubblico impiego, invece, si riconosce alle QO,SS..maggiormente rappresentative la partecipazione al procedimento negoziale (v. rispettivamente, per la negoziazione degli accordi di comparto, degli accordi intercompartimentali e di quelli dicentrati, artt. 6, comma quarto, 12, comma terzo e 14, comma secondo, legge n. 93/1983), anche se gli esiti della contrattazione non sono immediatamente operativi, dovendo essere assunti in un autonomo atto plicemente accolto una petizione sottoscritta dal personale del -Segreta~ riato inerente anche ad aspetti giuridici (sicuramente non .negoziabili) della disciplina di questo. Impropriamente, pertanto, dopo l'accoglimento unilaterale di tale petizione si ritenuto di elencare sotto l'incongrua intestazione di trattativa sindacale per il contratto 1985/1%7 -schema di protocollo d'intesa (con sigla delle rappresentanze sindacali oltre che del Vice Segretario generale amministrativo) gli oggetti delle concessioni presidenziali .. t::. chiaro infatti che tale documento rappresenta non. gi la formalizzazione di una trattativa sindacale vincolante (che come tale avrebbe dovuto precedere le ipotetiche determinazioni presidenziali di recepimento dei relativi ristiltati), ma un promemoria meramente conseguenziale ad una precedente determinazione unilaterale del Presidente. Va escluso in ogni caso, ai fini che qui interessano, che sussista alcuna disposizione normativa che stabilisca una procedimentalizzazione dell'esercizio del potere normativo del Presidente diversa da quella considerata nella legge 1077/1948 e che in particolare preveda la contrattazione con le 00.SS. come strumento di determinazione dei contenuti dei regolamenti presidenziali. IV), t::. .incomprensibile la denunzia che vorrebbe imputare al Segretariato Generale un preteso rifiuto di relazioni con i sindacati. Al contrario, il Segretariato Generale ha da tempo costituito un'apposita delegazione per tali relazioni, dotata della pi ampia competenza per un confronto su tutti i problemi che le 00.SS. ritengano di porre. Fuori di luogo assumere, al riguardo, che il Segretario Generale abbia trasferito le trattative al Governo, n possono le 00.SS. interferire sulla composizione che, nella propria libert di scelta e nell'assenza d qualsivoglia vincolo giuridico, il Segretariato Generale ha dato alla propria delegazione in caricata di condurre le relazioni sindacali. In una rigorosa e responsabile impostazione istituzionale si ritenuto infatti che ogni istanza sindacale dovesse valutarsi in un quadro complessivo di compatibilit, che tenesse conto sia dell'aspetto finanziario; in ragione delle 522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del potere esecutivo (cfr. Corte Cost. 8 maggio 1980 n. 68, in Mass. giur. lav. 1980, 699 ss.). Da siffatto contesto normativo risulta, quindi, in modo indubbio, che l'art. 6 della legge 12 giugno 1990 n. 146 -dal quale esclusivamente trae fondamento la possibilit di un'azione ex art. 28 1. 300/1970 contro comportamenti posti in essere da un'amministrazione statale non pu riguardare il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica; l'area soggettiva dell'Amministrazione, considerata nel citato art. 6, risulta essere quella gi definita nell'art. 1 della legge-quadro n. 93/1983 sul pubblico impiego amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo), alla quale sono estranei gli apparati degli Organi Costituzionali di vertice definiti dai rispettivi autonomi ordinamenti ed, in particolare, il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, formalmente istituito con legge ma totalmente definito e strutturato da normativa presidenziale, quale apparato servente della stessa funzione presidenziale costituzionalmente garantita, di cui preordinato a salvaguardare l'efficacia e l'autonomia. Con riferimento, poi, all'ordinamento del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, come non configurabile uno spazio di risorse effettive e ragionevolmente preventivabili secondo la politica generale della spesa pubblica, sia degli orientamenti evolutivi del settore del pubblico impiego. A far parte della delegazione del Segretariato Generale sono stati pertanto chiamati anche esponenti ai massimi livelli dell'Amministrazione del Tesoro e della Funzione Pubblica (che, al pari degli altri componenti, riferiscono direttamente ed esclusivamente al Segretario Generale) per assicurare la possibilit di una trasparente e responsabile verifica delle condizioni in cui l'autonomia normativa presidenziale potrebbe concretamente esplicarsi. A tale incensurabile scelta, che garantisce il supporto di specifiche competenze tecniche, sottesa la consapevolezza della particolarit che le relazioni sindacali presentano per la Presidenza della Repubblica, sia in ragione del carattere monocratico dell'organo costituzionale cui compete la relativa potest normativa (e cui conseguentemente si dirige l'accennata pressione politica), sia per la circostanza che le spese del Segretariato Generale debbano contenersi nello stanziamento annualmente fissato dal Parlamento, del quale costituisce interlocutore diretto il Governo ed in particolare il Ministro del Tesoro, nelle previsioni di uscita del cui dicastero iscritto il relativo capitolo di spesa. dunque del tutto evidente come in realt si vogliano confondere problemi di metodo con il merito delle rivendicazioni . la rigorosa impostazione data ai problemi dal Segretariato Generale anche nella prospettata esigenza di una riconsiderazione del proprio ordinamento mirata ad una maggiore rispondenza di questo alle finalit specifiche di una struttura di supporto delle attribuzioni presidenziali -che ha determinato l'abbandono del tavolo di confronto da parte delle organizzazioni ricorrenti ed il malcontento che ha portato all'attuale iniziativa ex art. 28 legge 300/1970; ma in tale impostazione non per definizione ravvisabile un comportamento illegittimo e lesivo di alcun diritto del sindacato, rientrando essa PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 523 contrattazione normativamente riconosciuto nella disciplina del rapporto di lavoro, cos, e per necessit logica (difettandone il presupposto), non configurabile alcun diritto di una qualsiasi organizzazione sindacale alla trattativa. Una eventuale compromissione delle libert sindacali nell'ambito del Segretariato Generale potr, quindi, essere denunziata fuori del quadro del richiamato art. 28 novellato ed attraverso i procedimenti giudiziari ordinari, senza che ci implichi alcun profilo d'illegittimit ordinamentale (cfr., sul punto, Corte Cost. n. 68/ 1980), in quanto non esiste, come gi evidenziato, alcuna disposizione normativa che configuri il sindacato come agente contrattuale nell'ambito del Segretariato Generale ovvero stabilisca una procedimentalizzazione dell'esercizio del potere normativo del Presidente della Repubblica, diversa da quella considerata nella legge 1077/1948 e che, in particolare, preveda la contrattazione con le 00.SS. come strumento di determinazione dei contenuti dei regolamenti presidenziali e, tanto meno, sul piano specifico del confronto per l'aggiornamento della disciplina economico-normativa del rapporto di lavoro. Lo schema di azione giudiziale proposta non trova, quindi, rispondenza nell'ordinamento attuale in ragione della natura del soggetto convenuto, e ne consegue che la domanda proposta deve essere dichiarata improponibile. Per completezza di motivazione e con riferimento ai rilievi avanzati dalla difesa ricorrente nelle note autorizzate, va rilevato che pur nella normale dialettica conflittuale che caratterizza il sistema dei rapporti sindacali. appena il caso di sottolineare, al riguardo, seguendo la nota distinzione che la giurisprudenza della Suprema Corte ha mutuato dalla dottrina, che il Segretariato Generale, lungi dal porre in essere fatti mirati a reprimere il conflitto con il sindacato, si mosso e si muove invece nel conflitto ,,, accettandone il metodo e le conseguenze (Cassaz. 7 gennaio 1990, n. 207). Del tutto gratuita, oltre che inconferente, la denunzia di discriminazione delle 00.SS. ricorrenti rispetto ad altre. Il Segretariato Generale non pu certo rispondere di affermazioni e comunicati provenienti da altre 00.SS., n stato minimamente provato ex adverso un comportamento del Segretariato medesimo effettivamente discriminatorio. Il disappunto delle ricorrenti nasce, come accennato, dal rigore istituzionale con il quale nell'attuale gestione si inteso affrontare il problema delle relazioni sindacali e che riguarda, com' ovvio, l'intero arco delle organizzazioni presenti nell'ambito del Segretariato Generale senza riguardi, preferenze e privilegi per alcuna di esse. Al di l del rilievo che, per pacifico e consolidato insegnamento giurisprudenziale, l'ordinamento sindacale informato non ai principii della collaborazione ma a quelli della dialettica conflittuale (Cassaz. 5328/1987) e che non risulta per definizione configurabile una condotta antisindacale con riferimento ad ipotesi di comportamento dell'organizzazione datoriale mera 524 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vero che spetta, comunque, all'interprete il compito di garantire la coe renza del sistema; nella specie, le complesse e delicate problematiche di ordine istituzionale e processuale, determinate dalle richiamate decisioni della Corte Costituzionale, possono essere risolte mutuando dalle statuizioni delle Sezioni Unite (cfr. sentenze cit.) quanto era stato affer mato, allorch l'applicabilit all'impiego statale della speciale procedura ex art. 28 rimaneva preclusa; invero, nell'ipotesi in cui il comportamento antisindacale dell'amministrazione statale avesse leso direttamente ed esclusivamente diritti propri del sindacato, la tutela giurisdizionale era demandata nel previgente assetto, attualmente modificato dagli artt. 6 e 7, legge 12 giugno 1990 n. 146, all'autorit giudiziaria ordinaria secondo le norme del rito civile ordinario, essendo il giudice civile nel riparto della giurisdizione, competente a conoscere sia dei diritti civili che politici (art. 2 legge n. 2248/1865, All. E). Come stato esplicitamente affermato dal S.C., con riferimento all'individuazione di siffatto rimedio giurisdizionale (Cfr. Cass., Sez. Un., 20 luglio 1989 nn. 3404 e 3405, in Mass. giur. lav. 1989, 655 ss. nonch, Cass. Sez. Un. 26 luglio 1984 nn. 4399, 4390, 4387, 4386, cit.) da escludersi, nella specie, mutatis mutandis, una violazione degli artt. 3 e 24 Cost. sotto il profilo della diversa intensit ed incisivit degli strumenti e difesa dei diritti sindacali, rispettivamente nel processo davanti al giudice ordinario ed a quello davanti al pretore del lavoro, atteso che nell'uno e nell'altro procedimento sono assicurate le fondamentali garanzie delle parti e che mente om1ss1vo, ancorch un tale comportamento possa risultare di fatto pregiudizievole alla libert ed attivit sindacale (Cassaz. 4063/1989), deve ribadirsi che nella specie nessuna violazione di uno specifico obbligo di con trnuto positivo stata realizzata dal Segretariato Generale, il cui comporta mP-nto non stato comunque per alcun verso pregiudizievole per la libert e l'attivit delle ricorrenti come delle altre organizzazioni sindacali presenti nel suo ambito. Sono state le ricorrenti ad abbandonare unilateralmente il tavolo di confronto aperto a tutte le organizzazioni sindacali, nel quale esse hanno potuto esprimere liberamente le loro valutazioni. Il Segretariato Generale, pertanto, non pu che ribadire la sua disponibilit ad affrontare con la propria gi formata del<>gazione ogni questione che le 00.SS. riterranno di porre a detto tavolo e che la stessa UIL Pres. Rep. si riservava di portare nella ripetuta sede nel suo documento 22 marzo 1991 (v. allegato al n. 59 delle produzioni avversarie). infine appena il caso di aggiungere, in relazione a specifico rilievo avv.!rsario, che il Consiglio di Amministrazione si riunito circa un mese fa ed ha esaurito ogni questione all'ordine del giorno; n sussistono, allo stato, questioni in sospeso di competenza di tale organo. Si conclude perch il ricorso in epigrafe sia dichiarato improponibile o inammissibile, o comunque sia respinto perch infondato. GIORGIO D'AMATO ~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 525 le indicate differenze si ricollegano all'obbiettiva diversit delle situa zioni. L'assoluta novit nonch la delicatezza e complessit delle questioni proposte, costituiscono giusto motivo per disporre la compensazione totale delle spese processuali fra le parti. P.Q.M. Dichlara improponibile l'azione proposta .dalle parti ricorrenti nei .confronti del Segretariato Generale deUa Prei:;idenza. della Repubblica. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Terza Civile, 3 dicembre 1991, n. 12960. Pres. Bile; Rel. Vizza; P. M. Lanni (parz. diff.) Esposito (avv. Gava) c. Ministero della Difesa (Avv. Stato G. Arena). Responsabilit civile Pubblica Amministrazione Comportamento del di pendente Riferibilit alla p.A. Il .. rapporto organico tra la p.A. ed il dipendente, in forza del quale la prima risponde dei danni arrecati a t,erzi dal secondo, risulta inter rotio soltanto quando il comportamento del'agente non sia diretto al conseguimento di fini istituzionali, ma unicamente al soddisfacimento di finalit c.d. egoistiche, del tutto estranee alle mansioni esplicate (1). Col primo motivo ilricorrente -deducendo violazione degli artt. 360 n. 3 e. 5 c.p.c .., in relazi()ne agli artt. 1176, 2043, 2230, 2236 e.e., 28 Cost., e difetto di motivazione -censura la sentenza impugnata per la parte in cui ha ritenuto . .info1Jdata la domanda sotto il profilo della non rife ribilit alla P.A. dell'operato dei .medici militari. A suo avviso la Corte ha erroneamente ritenuto che, essendo tale operato strumentalmente correlato ad un intervento estetico, doveva escludersi la riferibiiit~ dell'evento dannoso alla pubblica amministra (1) La Suprema Crte ribadisce un orientamento oramai ampiamente con solidato in tema di riferibilit. alla pubblica Amministrazione del fatto illecito del dipendente, dalla quale discende l'obbligo di risarcire il danno causato ad un terzo. Come noto, tale riferibilit pu essere esclusa solo laddove la attivit dell'agente sia del tutto estranea alle finalit perseguite dall'Ammini strazione, essendo egli mosso da fini unicamente privati ed egoistici (per due ipotesi, si vedano Cass., 23 ottobre 1979, n. 5544 e Cass. pen., 15 maggio 1987, Zagaria). La giurisprudenza, nell'estendere tendenzialmente l'ambito della responsabilit dell'Amministrazione, andata precisando che deve mancare nel comportamento causativo del danno anche qualsivoglia rapporto di occasionalit necessaria con le funzioni pubbliche; nel senso che, per escludersi la attribuibilit del comportamento alla p.A., il fatto dannoso non deve neanche essere posto in essere, sia pure con abuso di poteri e/o con violazione di norme regolamentari e disciplinari, al fine di perseguire comunque, in ma 10 5-26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, perch lo scopo estetico del tutto estraneo rispetto ai fini istituzionali dell'ente. La censura fondata. Infatti, il rapporto organico, in forza del quale la p.A. obbligata a rispondere dei danni arrecati a terzi da propri dipendenti, pu ritenersi interrotto soltanto quando il comportamento dell'agente, doloso o colposo, non sia diretto al conseguimento dei fini istituzionali propri dell'ufficio o del servizio al quale addetto, ma sia determinato da motivi strettamente personali ed egoistici, tanto da escludere ogni collegamento di necessaria ocoasionalit tra le incombenze affidategli e l'attivit produttiva del danno; per stabilire fa sussistenza del nesso suddetto e la conseguente riferibilit all'amministrazione dell'evento dannoso, deve aversi riguardo allo scopo ultimo che il dipendente deve raggiungere, e perci il solo fatto che egli, nel corso delle operazioni tendenti a quel fine, commetta un abuso di potere non v,ale ad escludere il collegamento di necessaria occasionalit con le sue attribuzioni istituzionali, quando l'abuso, da qualsiasi motivo provocato, risulti strumentale rispetto all'attivit di ufficio o dii servizio (fra le tante Cass. 18 giugno 1983 n. 4195, Cass. 24 gennaio 1976 11. 227, Cass. 12 luglio 1974 n. 207). Nella specie, la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione di tali principi. Essa infatti -dopo avere esattamente detto che la responsabilit della p.A. viene meno solo se il dipendente abbia agito per un fine privato o egoistico, e perci estraneo alla p.A. -ha contraddittoriamente escluso la riferibilit alla p.A. dell'opera dei medici militari, solo perch essi sarebbero stati mossi da motivi estetici . Cos argomentando la Corte noli ha considerato che tali motivi non sono n privati n egoistici, e potrebbero anche attenere allo stato di salute (in senso lato) dei militari; n ha considerato altre pacifiche circostanze del caso concreto, rilevanti ai fini dell'eventuale riferibilit dell'operato niera per cos dire distorta, gli scopi dei quali la p.A. attributaria. (Cfr., ad es., Cass. 14 aprile 1981, n. 878, in questa Rassegna, 1981, 432, con nota di DI TARSIA). Rimane pertanto incerta, alla luce di tale impostazione, l'attribuibilt alla p.A. dello stesso fatto costituente reato, che ovviamente dovrebbe essere ritenuto per definizione contrario agli scopi perseguiti dall'ente pubblico. Per alcune interessanti fattispecie relative alla responsabilit dell'Amministrazione di Grazia e Giustizia per fatto di magistrati -prima dell'entrata in vigore della Legge sulla responsabilit dei giudici, e quindi in presenza di una norma limitativa della responsabilit dell'agente ai soli casi previsti dagli artt. 55 e 74 c.p.c. -cfr. infine Cass., 3 aprile 1979, n. 1916, in questa Rassegna, 1979, 459, Cass., 24 marzo 1982, n. 1879, in questa Rassegna, 1982, 297, con nota di CARAMAZZA, e Corte d'Appello Roma, 18 luglio 1988. in Foro lt., 88, I, 3622. PARTE I, SEZ. III, .GIWUSPlnJl!llNZA CIVILE;. GIURISDIZIONE E APPALTI 5 2 7 dei medici militari a:lla .p.A. come l'esecuzione. ' dll'intertento in ' una i:tlfermeria militare, e. quindi a spese e. nell'ambito delle, strutture p.A. La sentem: deve quindi es11ere cassata,. con. il rinvio della causa ad alito giudice, identificato in cU$positivo, ilquale .esaminer il problema deMa riferibilit alla P.A. dehl'operato dei medici militari alla luce dei principi di .diritto dianzi ricordati e tenendo conto delle ragioni che hanno determinato la cassazione... CORTE DlCASSAZIONE -Seziorii Unite Civili, 4 dice:ribte 1991; n~ 13074. Pres'. Montanari Visco; Rel> Ianriott; P. M. Ariiatucci (conci. conf.) - Amtriinistrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (avv. Stato Cors; ini) ,. c. Capstro PsCJ.ua1e ed'. altri (avv. Caprioli). Cosa giudi~1:a. ~ivll >GiUrlsdiziolie : -Pfol)Unzta re~~:da Giudice.: diverso dalla Corte di Cassazine Non aqUtsta aut6rlt di. giudicato: .. (;ill,rJS~Q,Jl~ <:ivile t }IJlpigo p.b{)llco ..~:i: lnst1:luratjone ~el rapporto Violazione del divieto di intennediazione di. mano d'opera Giwisdizione del Giudice alnministrativo. . .. .. La declaratoria di difetto di giurisdizione .emessa dal Giudice ammfnistrativo, bench .non impugnata, non spiega effic~cta. vincolante nel giudizio successivamente instaurato din.anzi al Giudice ordinario, investendo soltanto un presupposto processuale .(1). (1) Principio pacificQ nella giurisprudenza della S.C. (cfr. Cass., SS.UU., 23 ottobre 1986, n. 6221, menzionata in motivazione). Al contrario, in caso di sentenza che affermi la . giurisdizione del Giudice adito, sulla questione dLrito, ove non riproposta nell'atto appello, pu formarsiil giudicato interno; .Ove, pertanto/il Consiglio di Stato ravvisi ex officio iLclif.etto di giuri&dizione. malgrado. la intervenuta preclusione, il vizio della pronunzia di appello rilevabile d'ufficio. dalla Corte di Cassazione (Cass., 19 gennaio 1987; .n. 411). Va poi rammentato che la pronunzia non definitiva sulla giurisdizione, sia o meno passata in giudicato, segna comunque l'esaurirsi della potestas decidendi. del Giudice sulla. questione .(cfr; Cass., .22 gil.tgno 1990, n. 6311; Cass. 27. novembre 1990, n. 11395; .Cass;; 4 dicembre 1990; n..11648). Sempre richiamando le pi recenti pronunze rese in punto di giurisdizione dalla Suprema Corte, si rileva infine come il generale principio della rilevabilit di ufficio. del difetto di giurisdizione trova ostacolo . nel passaggio in giudicato di una pronunzia . che abbia statuito espressamente. sulla giuri sdizione o, nel merito; sul necessario presupposto. della stessa, o, ancora, in una espressa o implicita pronunzia delle Sezioni Unite; da una sentenza di Cassazione con rinvio resa a Sezione semplice non discende pertanto alcuna preclusione per il Giudice di rinvio (cos, Cass., 12 aprile 1990, n. 3159, in una complessa fattispecie). 528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sussiste la giurisdizione esclusiva del Giudic~ amministrativo sulla controversia volta all'accertamento della sussistenza di un rapporto di impiego pubblico con l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di' Stato in caso di violazione del divieto di intermediazione nelle prestazioni lavorative (2). Con il primo motivo di ricorso si deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della legge 6 dicembre 1971 n. 104. Si sostiene che la domanda dei soci della Cooperativa Lubiam -diretta all'accertamento di un rapporto di lavoro subordinato che si sarebbe costituito con l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato per effetto della violazione dell'art. 1 della legge n. 1369/1960 -si sostanzia, data la natura pubblica dell'ente datore di lavoro, nell'accertamento dell'esistenza di un rapporto di pubblico impiego rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi degli artt. 2 e 7 legge n. 1034/1971. I controricorrenti sostengono preliminarmente che la questione di giurisdizione preclusa in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza del TAR Puglia che, adito dagli stessi lavoratori per il ricon<> (2) Dopo una iniziale affermazione del carattere privatistico del rapporto ~he si costituisce con l'ente pubblico in seguito alla violazione del divieto di intermediazione di mano d'opera, e della conseguente giurisdizione sulla con' troversia del Giudice ordinario (tra le tante, Cass. SS.UU., 5 agosto 1974, n. 2330, in Foro lt., 1974, I, 3334, con nota di TALLARIDA e in questa Rassegna, 1974, 1129) la giurisprudenza della Suprema Corte oramai fermissima (a partire da Cass., 1 ottobre 1979, n. 5019, in Foro lt., 1979, I, 716, con nota di MAzzoTTA) nel ritenere la natura pubblicistica del rapporto del quale si chiede la ricognizione e la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo (da ultimo, v. anche Cass., 30 maggio 1991, n. 6154). La Legge n. 1369/60 trova peraltro applicazione nei confronti degli Enti pubblici e delle Aziende di Stato, ma non delle altre Amministrazioni statali, di tal che sulla domanda proposta nei confronti di queste ultime sussiste il difetto assoluto di giurisdizione (cfr. Cass., 14 giugno 1980, n. 3805, in questa Rassegna, 1980, 54, co'rt nota di SERNICOLA, cui si fa rinvio, cos come alla successiva nota in Rassegna, 1983, 489, di G. PALMIERI, per ulteriori approfondimenti). Sussiste tuttavia la giurisdizione del Giudice ordinario laddove il rapporto controverso riguardi ente pubblico non economico che gestisca una attivit imprenditoriale con criteri di economicit e con apposita organizzazione, autonoma anche sotto il profilo contabile (Cass., 23 febbraio 1990, n. 1384); ci anche laddove l'impresa avente i menzionati caratteri sia stata costituita e gestita successivamente all'assunzione da parte del soggetto interposto, senza che osti all'unitariet del rapporto la trasformazione intervenuta medio tempore (Cass., 5 aprile 1991, n. 3554 e 11 luglio 1991, n. 7709). Per la complessa problematica concernente la distinzione tra il (consentito) comando o distacco e la (vietata) intermediazione di mano d'opera si veda, i.nfine, Cass., 13 aprile 1989, n. 1751. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILll, GIURISDIZIONE E APPALTI 529 scimento dell'esistenza del rapporto di lavoro con l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, dichiara il prprio difetto di giurisdizione. Aggiungono che l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sollevata dalla ricorrente, comunque inammissibile per avere il giudice ordinario accolto una domanda di merito con sttuizione divenuta definitiva tra le parti. La duplice preclusione in concreto non sussiste. In ordine al dedotto giudicato esterno, va rilevato che la declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo emessa dal TAR Puglia, bench non impugnata, non spiega efficacia vincolante nel procedimento successivamente instaurato davanti al giudice ordinario perch, investendo soltanto un presupposto processuale, non acquista autorit di giudicato sostanziale e non spiega effetti al di fuori del processo davanti agli organi della giurisdizione amministrativa (cfr. Cass. s.u. 23 ottobre 1986 n. 6221). Non ravvisabile poi un giudicato interno sul merito, posto che in appello venne esplicitamente contestata l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e la contestazione svolta in questa sede sulla giurisdizione -motivata con la richiesta di accertamento di un rapporto di natura pubblicistica -pone in discussione la qualificazione di detto rapporto e quindi la relativa statuizione del giudice di merito che dovrebbe operare come preclusione del problema di giurisdizione. Passando all'esame del motivo esposto, ritiene la Corte che lo stesso sia meritevole di accoglimento. Emerge dagli atti e dalla stessa narrativa che precede che i soci della Cooperativa Lupiam di Lecce, sull'assunto .che il formale contratto di appalto stipulato con l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato era in violazione della legge 23 ottobre 1960 n. 1369, hanno richiesto al Pretore di Lecce il riconoscimento dell'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. con la predetta Amministrazione. Orbene, la pretesa dei predetti lavoratori di essere considerati dipen< lenti dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato .implica l'accertamento di un rapporto di impiego pubblico posto che: a) ai fini della distinzione tra rapporto di impiego pubblico e rapporto di impiego privato, in funzione del riparto di giurisdizione, decisiva la natura pubblica del datore di lavoro non rilevando n la forma dell'atto costitutivo del rapporto, n la disciplina concreta dello stesso; b) non pu essere revocata in dubbio la natura pubblica~ neppure contestata -di detta Amministrazione dei Monopoli atteso che trattasi di una branca operativa del Ministero delle Finanze cui appartiene, di una struttura che consente allo Stato di esercitare in prima persona ---;'e'?' 532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del rapporto di lavoro e la giurisdizione sulla controversia riservata al Pretore del lavoro secondo l'esplicito contenuto degli artt. 21 e 23 della stessa L. 210/85. Le conclusioni del ricorrente sono per errate. 1. -Le SS.UU. hanno costantemene affermato che il rapporto di lavoro del personale delle Ferrovie secondarie date in concessione, a seguito del venir meno della concessione e dell'affidamento dell'esercizio alla Gestione Commissariale Governativa, si trasforma in un rapporto di pubblico impiego come tale devoluto alla cognizione esclusiva del Giudice Amministrativo in quanto riferibile direttamente allo Stato e non ad impresa distinta dalla sua organizzazione pubblicitaria; specie se (come nel caso dedotto) la domanda del dipendente investa il suddetto rapporto dopo la indicata trasformazione (ex plurimis 5324/82. 558/87; 2259/88). 2. -Non vi sono dubbi che la domanda del ricorrente investa il rapporto di lavoro proprio dopo la trasformazione della impresa ferroviaria da privata (concessionaria) a pubblica (assunzione governativa), sia perch la prestazione lavorativa, gi iniziata sotto la gestione del Consorzio Trasporti Pubblici di Napoli, proseguita fino al 31 ottobre 1987 data del collocamento in quiescenza e quindi per oltre un anno dopo il D.M. del 1986 che dichiarava la decadenza della concessionaria dalla gestione della ferrovia Alifana; sia perch per effetto della novella 29 maggio 1982 n. 297 che muta il contenuto degli artt. 2120 e 2121 del e.e. in tema di disciplina del trattamento di fine rapporto (buonuscita, indennit di anzianit), la indennit che sarebbe spettata al dipendente alla data della entrata in vigore della novella (14 giugno 1982) seppure calcolata secondo la vecchia normativa dei detti artt. 2120, 2121 e.e. (e quindi tenendo conto di ogni compenso di carattere continuativo indipendentemente dalle scelte della contrattazione collettiva stante la imperativit delle norme sulla eccezionale omnicomprensivit della retribuzione) si cumula a tutti gli effetti con il trattamento successivamente maturato con obbligazioni a carico dell'ultimo datore di lavoro; ovvero nei confronti della Gestione Governativa e quindi direttamente riferibile al rapporto di pubblico impiego corrente al momento della cessazione del rapporto di lavoro. 3. -Ai fini della disapplicazione, chiesta dal ricorrente, del D.M. di assunzione della ferrovia Alifana in gestione commissariale governativa non pu invocarsi il dsposto dell'art. 2 della legge 210/85 secondo il quale l'Ente Ferrovie dello Stato provvede ..... a) all'esercizio delle linee ferroviarie gi gestite dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato nonch all'esercizio delle linee che saranno affidate alla gestione statale. sufficiente osservare: a) la decadenza della concessione non comporta che l'esercizio della linea sia automaticamente devoluto allo Stato PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 533 e, quindi, ex art. 2 citato, all'Ente Ferrovie, in quanto l'esercizio, dopo il periodo di gestione commissariale potrebbe benissimo essere dato in concessione ad altri; b) la [egge 5 maggio 1989 n. 160 ribadisce, per la Ferrovia Alifana, il permanere (e, quindi, la legittimit) della gestione commissariale, di per s provvisoria, in attesa della sua regionalizzazione . 4. -Conclusivamente, esclusa ogni possibilit di disattendere il provvedimento con il quale il Ministero dei Trasporti (D.M. 765/1986) ha affidato la gestione provvisoria della Ferrovia Napoli-Piedimonte d'Alife ad un Commissario Governativo, stante la sua conformit alla legge, e la non automaticit del passaggio di tutte o di alcune delle ferrovie secondarie gi date in concessione, e dopo la decadenza della stessa, alla gestione del nuovo Ente Ferrovie dello Stato ex art. 2 L. 210/85 la pretesa del ricorrente di vedersi riliquidare il T.F.R. resta direttamente collegata al precorso rapporto di pubblico impiego che egli aveva proprio con la Gestione Governativa della Alifana al momento del suo collocamento a riposo senza che assuma rilevanza ai fini della qualificazione pubblica del rapporto la circostanza che la inadempienza lamentata sul mancato computo di talune indennit sia riferibile al maggio 1982 quando la ferrovia era gestita dal Consorzio Trasporti Pubblici di Napoli. Poich dunque dopo l'assunzione governativa della gestione della ferrovia Alifana, il rapporto di lavoro iniziale si trasformato in un rapporto di pubblico impiego e tale rapporto rimasto in vita fino al collocamento a riposo del ricorrente, la giurisdizione nella controversia di che trattasi devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 7, secondo comma L. 1034/71. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite Civili, 6 dicembre 1991, n. 13169 - Pres. Zucconi Galli Fonseca; Rel. Favara; P. M. Amatucci (concl. conf.) Amministrazione Provincia Modena (avv.ti Benvenuti e Balli) c. Istituto Tecnico Industriale Fermo Corni (Avv. Stato Salvatorelli). Istruzione e scuole -Istituti tecnici . Spese di gestione Obbligo a carico delle Provincie Limiti. La previsione dell'art. 144, lett. E, n. 1 del T.U. n. 383/1934, che pone a carico delle provincie le spese di gestione per gli istituti tecnici, trov~ applicazione per tutti gli istituti di tale tipo, anche se costituiti dopo il riordinamento effettuato con la L. n. 889/1931 (1). (1) Con la presente pronunzia le Sezioni Unite della Suprema Corte risolvono, si spera definitivamente, un problema interpretativo -derivato so 534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Al fine di risolvere il problema interpretativo che la Provincia propone a proposito delle diverse locuzioni (Istituti tecnici e Istituti di istruzione tecnica) che compaiono rispettivamente nei nn. 1 e 3 del l'art. 144 lett. E T.U. Leggi Com. e Prov. n. 383/1934, ed alle quali corrisponde un diverso ambito di obblighi a carico della Provincia (tenuta a corrispondere, per i primi, le spese per personale di segreteria, mac chinisti e personale di servizio, locali, illuminazione, riscaldamento, materiale didattico e scientifico e spese varie di ufficio e tenuta, per i secondi (soltanto) alla somministrazione e manutenzione dei [ocali, illuminazione, riscaldamento e provvista di acqua), occorre tenere pre sente che il detto T.U. n. 383 del 1934 intervenne dopo il riordinamento dell'istruzione media operata nel 1931 con la Legge 15 giugno n. 889 in materia di istruzione tecnica e con il R.D.L. 3 agosto n. 1069 in materia di scuole medie statali. Esso non pot perci non tenere conto -quanto alla tipologia delle scuole e istituti -dello stato della legislazione in materia approvata appena tre anni prima, come del resto testualmente confermato dall'art. 91 stesso T.V. (che la norma omologa dell'art. 144, diretta a precisare le spese obbligatorie a carico del Comune, cos come il 144 elenca le spese a carico della Provincia), l dove (alla lett. F n. 9, si indicano espressamente le scuole tecniche di ogni tipo di nuova istitu zione , che nella legge n. 889/1931 vengono distinte (rispettivamente ai nn. 2 e 5 dell'art. 1 e poi, quanto alla disciplina, negli 6-8 e 9-15). Cos pure il detto T.U. n. 383/1934 non pot non tenere conto del tradizionale criterio di riparto di spesa, tra Stato e enti territoriali, che gi con il R.D. n. 1054 del 1923 (c.d. riforma Gentile) e poi con la legge n. 889/1931 aveva posto a carico degli enti locali le spese per la istruzione impartita a mezzo delle scuole secondarie. Criterio riprodotto poi nel T.U. del prattutto dal sovrapporsi nel tempo di differenti disposizioni e dalla incerta terminologia adottata dal Legislatore -relativo alle azioni di recupero promosse contro le Provincie da Istituti tecnici di varia tipologia, istituiti in vari momenti successivamente alla c.d. riforma Gentile (che contemplava solo alcune di tali scuole); la questione -per la prima volta pervenuta all'esame della S.C. -aveva originato un amplissimo contenzioso, sul quale si erano andati formando due contrapposti orientamenti da parte dei Giudici del merito: l'uno conforme alla sentenza che qui si pubblica (si veda, ad es., Corte d'Appello di Bologna, 18 giugno 1988, in Foro It., 1989, I, 2598, sentenza confermata con la odierna decisione), l'altro -patrocinato dalla Corte d'appello di Torino -contrario invece agli interessi degli Istituti tecnici. Si sosteneva, invero, da parte delle Amministrazioni locali convenute per il rimborso di quanto erogato dai detti Istituti per spese di gestione, che gli obblighi su di esse gravanti avrebbero dovuto essere limitati alla somministrazione e manutenzione dei locali, illuminazione. riscaldamento e provvista d'acqua (art. 144, lett. E, n. 3, T.U. n. 383/1984), poich il diverso e pi ampio obbligo di cui al n. 1 dello stesso articolo doveva intendersi li 536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tuzione, limitatamente per alla somministrazione dei locali e fornitura di servizi (art. 91 Lett. F n. 9); mentre pose a carico della Provincia, come si sopra riportato, le spese relative agli istituti tecnici (con pi ampia gamma di erogazioni) e agli altri istituti di istruzione tecnica (limitandole, come per le scuole tecniche, alla sola fornitura di locali attrezzati). significativo notare che gi la legge Gentile del 1923 per gli istituti tecnici (anche se all'epoca erano tali solo quelli commerciali e per geometri) prevedeva a carico della Provincia una serie cospicua di interventi e precisamente per: 1) personale di segreteria, assistenti e macchinisti; 2) locali; 3) materiale didattico e scientifico; 4) e ogni altra spesa di ufficio, con una elencazione che figura riprodotta (dopo che la legge n. 889/1931 regolante il solo riordino amministrativo si era limitata a ribadire genericamente -negli artt. 23, 25 e 41 ss. -che le spese per l'istruzione secondaria cadevano a carico degli enti locali) per quanto riguarda gli istituti tecnici, nell'art. 144 lett. E n. 1 e non nel successivo n. 3. Ne viene pertanto di concludere che il legislatore del 1934, preso atto del riordinamento degli istituti tecnici e della nuova tipologia di sezioni e indirizzi -tra i quali risultavano confermati i soli due tipi preesistenti, commerciale e per geometri -intese riferire a tutti i nuovi tipi di istituti tecnici le sovvenzioni a carico della pro vincia, dal momento che se avesse inteso limitarle ai soli due tipi pree sistenti lo avrebbe certamente precisato. Tale considerazione e tale conclusione, fondata sull'interpretazione logica e sulla ricostruzione storica della disciplina (oggi sostanzialmente ancora non modificata), risulta sufficiente per affermare che l'art. 144 lett. E n. 1 trova applicazione anche per gli istituti tecnici di tipo industriale, quale l'Istituto Fermo Corni. Il problema ulteriore di dare un significato al n. 3 dello stesso art. 144 lett. E del T.U. n. 383/1934 (che potrebbe interessare solo per ragioni di completezza, ma che in realt non riguarda la causa in esame, una volta individuata la disposizione applicabile) pu essere risolto (come ha opinato la Corte di merito) nel senso che detta disposizione si riferisce solo agli altri istituti di istruzione tecnica indicati nei nn. 3 e 4 del l'art. 1 L. n. 889/1931, diversi dalle scuole tecniche e dagli istituti tecnici, indicati invece nei nn. 2 e 5 dell'art. 1 ,stessa legge (scuole professionali e scuole magistrali professionali e femminili) anche se le espressioni altri e diversi in effetti non si riscontrano nel testo della norma. Simile interpretazione, posta a base della decisione impugnata, con duce a ritenere fondata la pretesa di rimborso avanzata a suo tempo dall'Istituto controricorrente, riguardante spese varie (di pulizia, di can celleria, di telefono) che l'art. 144 lett. E n. 3 non include tra quelle a carico. della Provincia. In contrario l'Amministrazione ricorrente si limita ad invocare una interpretazione risalente ad una circolare del 1936 del Ministero della PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA ClVIL1!1 GIURISDIZIONE E APPALTI P.I. ed una prassi applictiva; che ha trovato eonferma anche in taluni decreti {si cita in particolare il D;P.R. 14 novembre 1967 n. 1490) istitutivi di nuovi .istitutLtenici,. i quali fanno richiamo al n. 3 e non al n; 1 del citato art. 144 lett. E. Ma a questo argomento gi i giudici del merito hlmo potuto agevolmente replicare ponend<> in rilievo che n cir~ cQJ.ari mJnisteriali, n .prassi amministrative possono ritenersi vincolanti ai fini di una diversa interpretazione, condotta stilla scorta di criteri lPgico-sis.tematici; e cos >Pure/ non vincolante un. decreto istitutivo, che pur :sempre un atto amministrativo, e che .rappresenta> l'esplicazione di. un convincimento degli organi centrali .dell'amministrazione della P:;h Ci. tanto.pi se. siconsidera. Che,. come ha .documentato gi in .sede di! merito l'Istituto ricorrente, il .problema stato in passato molto dibattuto, tanto che si sono avute nuove circolari (tendenti a spostare sullo Stato l'onere delle spese di discussa riferibilit) ed un. parere del Consiglio di Stato in data .25 ottobre (di segno opposto alla circolare del 1936h AnChe perci . sul piano dell'interpretazione sistematica della disciplina concernente gli istituti tecnici e il riparto di spesa a carico degli enti erogatori .di spesa;, deve ritenersi che .le spese (ij. cui.al decreto ingiuntivo <:>pposto .. cadevano a carico della Provincia. R ric<;>rso principale deve essere quindi rigettato. CORTE DI CASSAZIONE, Sez; Un., 11 dicembre 1991, n~ 13408 -Pres. Sandulli -Rel. Amirante - P. M. Amatileci -Tavanti (avv; Contaldi) c. C;P;D.EL. (avv>Stato Stipo)~ . . Pensioni.~ Credito soddisfatto in ritardo -Domanda di .rivalut~one unica ai sensi degli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. GiUrlsdizione deUa Corte dei Cori.ti. La domandq di rivalu,taz.ione .del credito pern;ionistico. sod4isf atto in ritar4o rientra nella materia devoluta .alla giurisdizione della Cortedei Conti, anche se la domanda sia stata formulata invocando alterna.:. tivamen.te gli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e. (1). Deve essere accolta la richiesta della controricorrente di dichiarazione della giurisdizione della Corte dei Conti . . . . .. .. ''. r .. : : (1) La sentenza completa quanto in precedenza. affermato dalle Sezioni Unite sulla giurisdizione in materia di rivalutazione dei ratei di pensione cor risposti in ritardo. Sull'argomento, in aggiunta alla decisione citata in sentenza; v. Cass. SS.UU. 1 febbraio 1990, n. 646, in questa Rassegna 1990, I, 59; id. 17 ottobre 1988, n 5630, ivi, 1988, I, 315; id. 6 ottobre 1988, n. 5379, ivi 1988, I, 306; id. 3 dicembre 1987 n. 9019, ivi 1988, I, 79. La decisione della Corte Costituzionale 12 aprile 1991 n. 156 leggasi in Foro it. 1991, I, 1321. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Rileva, anzitutto, la Corte che la giurisdizione deve essere determinata alla stregua del petitum sostanziale e indipendentemente dalle prospettazioni e qualificazioni della parte, non solo qualora si tratti di identificare l'unica domanda proposta, ma anche quando, come nel caso in esame, la Corte abbia articolato le sue pretese in pi domande e si tratti di accertare se a tale distinzione normale corrisponda anche una sostanziale diversit. Ci premesso, si oss.erva che la Tavanti, nel ricorso al Pretore, ha addotto come causa petendi il macroscopico ritardo con il quale le era stata liquidata la pensione definitiva e le erano state corrisposte le differenze tra gli acconti e i ratei arretrati. Attesa la tormentata storia, da un lato dell'applicabilit o no dell'art. 429 terzo comma c.p.c. ai crediti previdenziali; dall'altro del ricorso al notorio ed alle presunzioni nell'accertamento e liquidazione dei danni ex art. 1224 e.e., per quanto riguarda l'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, storia che esorbita dai limiti della presente decisione, la ricorrente ha anche affermato che il ritardo stesso, appunto perch macroscopico non poteva non dipendere da colpa dell'amministrazione. Con tale deduzione, la ricorrente nulla ha aggiunto al fatto del ritardo, ma ha fornito di esso una sogget'tiva qualificazione, a1 fine di sollecitare i poteri del giudice perch esso fosse valutato anche sotto il profilo dell'art. 1224 e.e. Per quanto concerne i petita, si tratta, in un caso e nell'altro, della richiesta di provvedimenti idonei a ripristinare l'originario potere d'acquisto della somma oggetto della prestazione previdenziale spettante. Ma anche sotto tale profilo, la ricorrente, nel dubbio sulla applicazione della rivalutazione di diritto ai crediti previdenziali, ha sollecitato i poteri del giudice per una liquidazione equitativa, con il ricorso al notorio ed alle presunzioni, ma non ha addotto, a prescindere da ogni giudizio di merito sulla loro rilevanza, inammissibile in questa sede, elementi specifici di danno, diversi da quello derivante dalla sola svalutazione. Accertato, quindi, per quel che si detto, che si tratta di unica domanda, proposta invocando diverse qualificazioni, resta da determinare la giurisdizione su di essa. Ora, pronunciando su di una fattispecie sul punto simile alla presente, queste sezioni unite hanno affermato che la rivalutazione del credito pensionistico soddisfatto in ritardo uno strumento di quantificazione dello stesso, ragion per cui il pagamento ritardato della sola pensione, nel suo originario importo, costituisce adempimento parziale dell'obbligazione (v. S.U. 13 febbraio 1991 n. 1517). La domanda che tale rivalutazione abbia ad oggetto, pertanto, rien tra pienamente nella materia devoluta alla giurisdizione della Corte dei .. l ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI Conti, ai sensi degli artt. 13 e 62 del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214. E ci anche se, la domanda stessa attiene esclusivamente alla rivalutazione ed agli interessi, essendo stato soddisfatto il credito nel suo importo originario (S.U. n. 1517 del 1991 cit., nonch, anche se con motivazione parzialmente diversa, S.U. 1 febbraio 1990 n. 646). In pendenza del ricorso, intervenuta la sentenza n. 156 del 12 aprile 1991 della Corte Costituzionale -(G.U. del 17 aprile 1991) -con la quale stata dichiarata la illegittimit costituzionale dell'art. 442 c.p.c. nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno evenrtualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilit dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'adempimento. A tale decisione, la Corte Costituzionale pervenuta rilevando il contrasto, nei sensi suindicati, della norma dell'art. 442 c.p.c. cit. con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 della Costituzione, essenzialmente sul rilievo che i crediti previdenziali sono asshnilabili a quelli di lavoro in quanto hanno la funzione di surrogare o integrare i..i. reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati dall'art. 38, secondo comma Cost. . Tale pronuncia della Corte Costituzionale se pu influire sulla fondatezza delle pretese -(ma di ci dovr occuparsi il giudice giurisdizionalmente competente per il merito) -reca conforto all'orientamento gi seguito da queste sezioni unite nell'attribuzione alla Corte dei Conti delle controversie aventi ad oggetto l'inesatto adempimento dell'obbligo di erogazione delle pensioni amministrate dal Ministero del Tesoro e dalla C.P.D.E.L. La sentenza, infatti, estende ai crediti previdenziali lo strumento previsto dall'art. 429, terzo comma c.p.c. per il ripristino del patere d'acquisto dei crediti di lavoro soddisfatti con ritardo, differenziandolo solo sul punto della decorrenza, con ci dissipando ogni dubbio, che ancora poteva sussistere sull'attribuzione delle controversie aventi ad oggetto la rivalutazione e gli interessi sui crediti previdenziali allo stesso giudice avente competenza giurisdizionale per i crediti nella loro originaria entit. Dalla sentenza stessa, con la motivazione che la sorregge, trova conforto il convincimento sopra espresso che le richieste della parte, formulate invocando alternativamente gli artt. 429 c.p.c. e 1224 e.e., danno luogo in realt ad un'unica domanda, della quale deve conoscere il giudice competente giurisdizionalmente sul credito previdenziale, e cio la Corte dei Conti. 540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE -Sezioni Unite Civili, 20 dicembre 1991, n. 13754. Pres. Brancaccio -Rel. Finocchiaro; P. M. Caristo (conci. conf.) -Di Taranto, SUMI -COSMED e SILINAIP -CISAL (avv. D'Alessio) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stata Salvato11elli). (Regolamento di giurisdizione). Giurisdizione civile -Diritti sindacali -Diritti in senso stretto e diritti correlati -Cognizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo -L. n. 146/90. Spetta al Giudice iamministrativ.o, in sede di giurisdizione esclusiva, la tutela dei diritti sindacali cd. cor:reDart;i , in quante attinenti oggettivamente al rapporto di pubblico impiego; tale criterio trova conferma nel disposto dell'art. 6 L. n. J46/90, iimmediat1amenv.e applicabile ai giudizi in corso trattandosi di norma processuale in ~ema di giurisdizione (1). (1) Giurisprudenza oramai costante. La decisione, di cui si omette la pubblicazione, riveste tuttavia un qualche interesse poich si tratta, a quanto consta, della prima pronunzia della Corte di Cassazione nella quale pur richiamandosi l'oramai consolidato, precedente orientamento della S.C. in tema di riparto di giurisdizione (sul quale, da ultimo, v. Cass., 28 novembre 1990, n. 11461, in questa Rassegna, 1991, I, 266), si fa anche riferimento alla sopravvenuta legge n. 146/90, che, all'art. 6, ha esteso alle Amministrazioni statali il procedimento per la repressione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 St. Lav. La Corte, riaffermato il principio, attualmente pacifico (ma peraltro abbandonato nel nuovo testo dell'art. 5 c.p.c. introdotto con la legge n. 353/90), secondo il quale le norme modificatrici della giurisdizione, salva diversa, espressa previsione, sono immediatamente applicabili ai giudizi in corso (si veda, ad es., da ultimo, tra le tante pronunzie, Cass. 25 gennaio 1989, n. 440), non trovando ostacolo nella c.d. perpetuatio iurisdictionis, n nella generale irretroattivit della legge (resta escluso il caso di pronunzia della stessa Corte in materia di giurisdizione, statuizione che idonea a costituire giudicato pur se il giudizio prosegua dinanzi al Giudice del merito, rimanendo pertanto indifferente allo ius superveniens: cos, Cass., 4 maggio 1989, n. 2088), afferma, a conclusione della parte motiva, che il criterio di discriminazione della giurisdizione in precedenza fatto proprio dalla giurisprudenza stato riaffermato dalla norma sopravvenuta, della quale si sottolinea appunto la immediata applicabilit. L'affermazione, peraltro, per come appare formulata e nel contesto del giudizio in esame, non chiarisce l'avviso della S.C. in ordine alla reale portata dell'art. 6 della legge n. 146/90: se, cio, detta norma si sia limitata a recepire sic et simpliciter la ricostruzione del sistema in punto di giurisdizione operata dalla Corte, ovvero abbia introdotto qualcl;le innovazione (sul punto cfr. la nota pubblicata in questa Rassegna, 1990, I, 488). Affinch sia fatta chiarezza anche sul punto si devono pertanto attendere ulteriori pronunzie della S.C. SBZIONB QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 10 dicembre 1991, n, 10 Pres. Crisci Est. Salvo -Ministero della Pubblica Istruzione (avv Stato M;mgia) c. Polizzi Antonina (n.c.). Impiego pubblico . Stato giUJ:ic:lico. Differenziazioni dall'impiego privato . . Contrasto con artt. 3 . e24 Cost. Infondatezza. Impiego pubblico . Trattament economico Restitutio. in integrum a seguito di annullamento giudiziale Presupposti Limiti. Non possibile riscontrare la violazione degli artt. J e 24 Cost. in relazione alle differenziazioni esistenti tra impiego pubblico e privato, perch la parit di trattamento va assicurata a parit di struttura del rapporto di lavoro e a parit di posizione delle parti; come noto, nel rapporto di lavoro pubblico, a differenza che in .quello privato, la con, siderazione delle finalit pubbliche, cui preordinato lo svolgimento del servizio del pubblico dipendente, caratterizza vari aspetti della relativa disciplina (1). La restitutio in integrum agli effetti economici non spetta nel l'ipotesi di illegittimo diniego di costituzirso per esecuiione di giudicato proposto dalla Signora Antonina Polizzi, esclusa .illegittimamente dalla nomina a coordinatore amministrativo supplente per un (1-2). L'Adunanza Plena~fa conferrria espressiunertte l'orientamento dominante della giurisprudenza del Consiglio di Stato e do ribadisce che, nel rapporto di pubblico . impiego, nei casi in cui sia stata .conferita una nomina tardivamente, con efficacia giuridica retroattiva, a seguito di annullamento (con atto giurisdizionale) di un atto poi ritenuto illegittimo,. il trattamento economico compete esclusivamente dalla data di ~ffettiva assunzione n servizio: cfr., da ultimo, Cons. Stafo, sez. VI, 3 ottobre 1990 n. 873 in Cons. Stato 1990, I, 1250; 2 novembre 1983, n. 772, in Cons. Stato 1983, I, 1206; 24 settembre 1983, n. 684, in Cons. Stato 1983, I, 928. 11 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anno scolastico (1986/87) in provincia di Trapani, ha riconosciuto alla ricorrente, nominata ora per allora ai soli fini giuridici, il diritto di percepire, per l'anno in riferimento, il trattamento economico della qualifica, la rivalutazione del credito e gli interessi su di esso. 1.1. La controversia attiene: a) in via preliminare, alla ammissibilit del suddetto ricorso per esecuzione di giudicato; b) nel merito, alla spettanza alla Polizzi della retribuzione connessa alla qualifica conferitale, pur non avendo prestato la propria opera a causa della omessa illegittima costituzione del rapporto: di lavoro. L'esistenza di un contrasto giurisprudenziale su questo punto costituisce la ragione del deferimento del giudizio alla Adunanza Plenaria. 2. Nel primo motivo di appello, il Ministero della Pubblica Istruzione deduce la inammissibilit del ricorso per esecuzione di giudicato proposto dalla Polizzi (cfr. 1.1. a), assumendo che manca dei necessari presupposti. Con la nomina della ricorrente a coordinatore supplente ai soli fini giuridici, l'Amministrazione avrebbe infatti totalmente adempiuto gli obblighi derivanti dal giudicato e pertanto la richiesta della retri j buzione costituirebbe un quid pluris che avrebbe dovuto formare oggetto di separato ricorso giurisdizionale. Questo, peraltro, non sarebbe stato proponibile essendo scaduti i I ~ termini per l'impugnativa del suddetto provvedimento di nomina. La censura, rivolta all'intero ricorso per ottemperanza, infondata. ' Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, nell'ordinanza di remissione I all'Adunanza Plenaria ne ha sottolineato l'inconsistenza, rilevando che il giudizio di ottemperanza rientra nella giurisdizione speciale di legittimit e di merito e che possibile, se del caso, il passaggio da esso al rito generale di legittimit. Del resto, come risulta dagli atti, al momento della proposizione del ricorso per ottemperanza, la Polizzi non Iconosceva l'esistenza del provvedimento con cui era stata nominata coordinatore supplente ora per allora ai soli fini giuridici; sicch non pu parlarsi di scadenza di termini perentori. Va in effetti rilevato che il ricorso della Sig.ra Polizzi conteneva una molteplicit di domande riconducibili alla mancata esecuzione del giudicato, ivi compresa quella relativa al trattamento economico con interessi e rivalutazione. Il sopravvenuto provvedimento dell'Amministrazione, proprio perch non puntualmente satisfatrt:ivo delle pretese prospettate dall'interessata come essenziali alla esecuzione della decisione giurisdizionale, non detennina il difetto di interesse alla prosecuzione del giudizio di ottemperanza, rivolto appunto alla delimitazione dell'esatta estensione degli obblighi derivanti all'Amministrazione dalla PARTE .I, SBZ;.lV,GIURlSPRUDBNZA AMMINISTRATIVA p;ronunzia. deLgiudice. At:nministrativo; obblighi che, se adempiuti incompiuta. n:te!nte;. l);on detenninno I'esecuzione del giudicato . J . Nel s~qnd.o e te:i;zo motlvo. di appello (argomento 1.1. b) il Minl: ste;r() qe(i~ la e;rr():neit della sente:Q:Za impugnata per non aver tem1to cc>ptQ <:Ie,lla .ec~~arla consegue,pziajit tra effettiva prestazioneqhl; ~.t;*i~~Q e, r~trH'x9~i9ne; tipica che .. le. axgomentazioni dell'appellante coinicta1lCI c()n q.t!l~crJlella pi::v~e11t gi:.rj>ptu<:lenza. d!el Consiglio di Stato . (cfr,. C.s..VI 684/S3, 772/83, 4883k 570/86, 58/87;. 801/89, 873/90); ttittavia, .richiamando un . opposto .mdirizzo . giurisprudenziale proprio e di/altri giudici amministrativi; ..ossemrano .che tale .orientamento non garantisce la piena sostanziale tutela del lavoro subordinato, poich in presenza di comportamenti illegittlL dell'Amministrazione, non conSe! nte la effettiva <(.restitutio in integrtirn della sfera giuridica e patrimoniale dei lavoratori; com' invece: richiesto da un principio generale desumibile dalla nostra 1egislazfone; ta questfonepresnterebbeanhe aspetti d illegittimit costituzionale con riferimento agli artt. ,f e 24 Cosct; La distinzione tra gli effetti della illegittima interruZione dl fapporto e quelli della sua omessa costituzione (piena reintegrazd.otle t: reintegraziOn.e limitata agli effetti giuridici), creerebbe, infatti, una ingiustificata disparit di trattamento tra dipendenti J>ubbl4ci . ~ privati i quaH>u:11:imi possono chiedere ed ottenere dallo stesso giudice, inogni cs,la condanna del. datore di lavoro a cornspondere le. retribuzini arfJti~te.. . D~Itronde, ad avviso del Consi@io. ili Giustzia Amministrativa, le limitazioni agli . iJ1i1;erventi del giudice aIIlll1inistrativo nel sistema del rapporto di lavoro; pubblico non corrisponderebbero pi alia realt derivante dalla contrattf).Zc>ne collettiva e, se . rif ente apreQCc.pru:ioni per la spesa pubblica, andrebb~ro ridimensi~nate, tene'ndo presnt che il dipendente che non ha . cons.eguito la nomina a causa del . comportamento illegittimo delll'Amministrazione, ha l'onere di rivolge:t1sC~i due giudici diversi: quel1o amministrativo, per la rintegrazione aigli effetti giuridici, e quello civile, per .il risarci'mnto del danno. 3.1. Le suesposte considerazioilli, pur suggestive, non sono condivisibili. 544 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO Esse sono basate fra l'altro, sul presupposto, non dimostrato, che nessun ostacolo legi'slativo sussista ormai alla piena elquiparazione1 tra 6 rapporto di lavoro pubblico e privato eJ che in questa cornice, il con~ cetto di restitUJtio in integrum possa essere esteso fino a far produrre alla pronuncia del giudic dell'ottemperanza effetti non diretta. ' 1 mente ed esclus1vamente collegati alla decisione da eseguire. Per contro, va rilevato in proposito, che la parit di regolamehtazione tra rapporto di lavoro pubblico e privato non stata ancora attuata, tant' che l'art. 28 della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93, la pone tra gli obiettivi da raggiungere in un prossimo futuro; le stesse considerazioni possono trarsi dai contratti collettivi per il pubblico impiego, dai quali, anzi, emerge talvolta la tendenza a sottolineare la specificit dei rapporti gravitanti sul settore pubblico. N a questa realt contrastano i principi di carattere costituzionale citati nell'ordinanza di remissione, poich la parit di trattamento va assicurata a parit di struttura del rapporto di lavoro e a parit di posizione delle parti: laddove, nel rapporto di lavoro pubblico, a differenza che in quello di lavoro privato, la conside!l"azione delle finalit pubbliche aui preordinato lo svolgimento del servizio del pubblico dipendente, caratterizza vari aspetti della relativa disciplina. A ci si aggiunge che, talvolta, la diversit lamentata solo appar, ente, dipendendo dalla natura della tutela giurisdizionale amministrativa, fermo restando che l'interessato potr comunque ottenere, per altra via, il pieno risarcimento dell'effettivo danno subito, qualora sia conseguente ad un atto amministrativo illegittimo. In questa situazione non si rilevano vizi di incostituzionaliit, ma se mai inconvenienti cui solo il legislatore pu porre rimedio. Per ci poi che attiene ai limiti della restitutio in integrum va considerato che nel caso di omessa costituzione del rapporto di lavoro pubblico, la pronuncia sull'ottemperanza, in quanto adempimento effettuato dal giudice in luogo dell'Amministrazione, non pu sfociare che nell'adozione ora per allora dell'atto amministrativo che, secondo il giudice del merito, l'Amministrazione avrebbe dovuto porre in essere, in relazione al contenuto della decisione costituente giudicato, con tutti gli effetti che direttamente e necessariamente de!'!vano, Nel giudizio di ottemperanza, infatti, debbono essere identificati gli elementi indispensabili per eliminare la illegittimit constatata nella pronuncia giurisdizionale da eseguire, distinguendoli da quelli inerenti a pretese che abbiano autonomi e specifici presupposti, anche se collegate alla domanda principale. Le pretese relative a questi ultimi elementi sono semmai propriamente inquadrabili in una azione per danni patrimoniali conseguenziali all'illegittimo comportamento dell'Amministrazione, da proporre innanzi al giudice ordinario. PARTE I, saz. IV; GIURI$PRVDENZA AMMI.NISTRATIVA Nel caso in esame, pu dunque dirsi che la reintegrazione conseguente alla decisione la quale, nell'annullare la nomina conferita ad altri, ha ritenuto che la ricorrente aveva titolo alla nomina stessa, doveva fermarsi alla costituzione del rapporto di lavoro per l'anno scolastico 1986-87 e non poteva estendersi al riconoscimento del diritto alla retribuzione per quel periodo. >Tale diritto, come per consolidata giurispruclenza si .desume, in particlare; dagli artt. 9 e 33 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, pu, al massimo, ri.tenersi elemento di un rapporto sinallagmatico gi realmente costituito e consolidato; sicch la sua illegittima interruzione comporta, se annullata in sede giurisdizionale, il ripristino integrale del rapporto stesso in tutti i suoi aspetti, compresa quella retribuzione che pu stimarsi connaturata. alla situazione preesistente. Per contro, se il :rapporto di impiego non era mai esistito, il riconoscere, ora per allora, che l'interessato vi aveva titolo, non significa automaticamente affermare il diritto ad una retribuzione la quale, a differenza dell'ipotesi di rapporto gi costituito, poteva non essere attribuita per mancata assunzione del servizio o cessare per prova sfavorevole o altro. In a:Itri termini, mentre la retroattivit degli effetti economici pu apparire giustificata dalla arbitraria interruzione di un rapporto di impiego gi in atto, in cui la qualit e la quantit delle prestazioni impiegatizie sono positivamente note, altrettanto non pu dirsi nel caso di una mancata assunzione illegittima: qui l'attribuzione retroattiva del trattamento economico in aggiunta al riconoscimento del servizio ai fini giuridici, sembra irrealistica, tenuto anche conto che la prestazione 'lavorativa non mhl avvenuta, e che da supporre lo svolgimento, in quel periodo, di altra attivit, idonea alla produzione. di un reddito, mentre nel frattempo, la prestazione inerente al rapporto di lavoro pubblico stata svolta da altri e ad altri retribuita. Semmai, come si accennato, star all'interessato dimostrare i reali pregiudizi subiti a seguito della illegittima mancata assunzione, in sede di azione per risardmento danni davanti al giudice ordinario. In altri termini, pu giungersi a concepire che l'annullamento dell'atto amministrativo che fa cessare illegittimamente un rapporto di impiego pubblico determini come conseguenza naturale il ripristino del rapporto nella sua pienezza, quale si volgeva e avrebbe dovuto continuare a svolgersi, con tutte le conseguenze di anzianit, di carriera, di retribuzione, ecc. Non pu ritenersi invece che l'originaria inesistenza di una qualsiasi prestazione o controprestazione fra Pubblica Amministrazione e privato comporti, a seguito della pronunzia di illegittimit relativa alla mancata asSIUilZione, oltrech l'assunzione retroattiva agli effetti giuridici, anche il coniierimento di compensi per prestazioni mai effettuate. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. In conclusione, l'Adunanza Plenaria ritiene che allo stato della legislazione, non vi siano fondati motivi per modificare il prevalente orientamento della citata giurisprudenza delle sezioni del Consiglio di Stato. L'appello del Ministero della Pubblica Istruzione indicato in epigrafe deve pertanto essere accolto. Per l'effetto l'impugnata sentell2la del T.A.R. della Sicilia va annullata ed il ricorso per esecuzione di giudicato proposto dalla Signora Polizzi deve essere respinto. l CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, orid. 9 ottobre 1991, n. 628 -Pres. Imperatrice -Est. Della Valle Pauciullo -Policaripi ed altro (avv. Maiuceri) c. Istituto Suiperiore di educazione filsioa di Firenze (avv. Russo). II CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 941 -Pres. Quartulli -Est. Numerico -Costa V. (avv. Lubrano) c. Ministero Pubblica Istruzione (avv. Stato Bruni). III CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 18 novembre 1991, n. 943 -Pres. Quartulli -Est. Numerico -Corda R. (avv. Lubrano) c. Ministero Pubblica Istruzione (avv. Stato Bruni). IV CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, ord. 17 dicembre 1991, n. 1121 -Pres. Buscema -Est. Numerico -Ministero del Tesoro (avv. Stato Nucaro) c. Pani F. (avv. Bonfante). Impiego pubblico -Stipendi e assegni -Indebito (ripetizione) -Presupposti -Contrasto di giurisprudenza -Rimessione all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Considerato il contras1to giurisprudenziale verificatosi in materia, devono essere rimesse all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni in materia di requisiti per il recupero di somme percepite indebitamente dai pubblici dipendenti a titolo retributivo: J) natura giuridica delil!atto di recupero; 2) necessit o meno di motivazione; 3) problema dell'esistenza di una possibilit, da parte dell'.autorit : f l ~ ! f j _,~~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 547 ab.ilitata, 'di scelta tra il recuperare o il non recupeirar:e; 4) filevllnza dello stato soggettivo originario del percipiente, la c.d. buona fede; 5) rUevanza del fattore tempo, .eventualmente anche lungo, tra l'indebita erogazione e la. sua ripetizione; 6) individuazione, una volta ammesso o imposto il recupero, di una percentuale sul trattamento economico mensile da ritenere congrua per definire la rata di trattenuta (1). I I ricorsi devono esser riuniti, avendo essli. identico contenuto. Con i provvedimenti impugnati del Presidente del Consiglio di Amministrazione delfISEF di Firenze prot. n. 1055/02 e prot. n. 1058/02 del 19 ottobre 1981 veniva comunicato ai dipendenti. di detto Istituto Franco Policarpi e Gina Forconi che, per effetto di errata ricostruzione di carriere, essi erano tenuti. a restituii.re le somme nette, il primo di L. 3.969.815 e la seconda di L. 2.721.895, mediante detrZione del 10% sull'ottanta per cento. dello stipendio base attualmente in godimento a partire dal mese di novembre p.v. . Quanto innanzi, a seguito dei nuovi decreti di ricostruzione di carriera cofuunicati con raccomandata del 2 aprile 1979. .Gtli appellanti lamentano cori il primo motivo l'dllegittirnit degli anzidetti provvedimenti, perch comportano l'implicito annuliamento d'ufficio dei precedenti provvedimcmti, con i quali erano state erogate le somme addebitate, e la restituzione di tali somme mediante trattenute sullo stipendio in godimento. Ci senza motivazione suU'iinteresse pubblico (che non sussiste) all'annullamento, raffrontato al pregiiudizio di chi tenuto a restituire le somme. Con lo stesso motivo essi deducono l'illegittimit del disposto recupero, stante la loro buona fede, trattandosi di somme percepite in base ad atti di ricostruzione di carriera adottati dall'Amministrazione. Appare opportuno rimettere i ricorsi, cos riuniti, per l'esame e la decisione, al'l.'Adunanza Plenaria delle sezioni giurisdizionali, essendo non univoca 1a gforisprudenza sulla questione relativa alla ripetizione degli assegni non dovuti, la quale pu dar luogo a decisioni contrastanti delle singole sezioni, mentre vi necessit di soluzione uniforme. Alcune decisioni{v. Cons. St., sez. V, 15 maggio 1990 n. 412, Cons. St., sez. IV, 9 novembre 1985 n. 505), invero, hanno ritenuto che il pfov (1) L'Adunanza Plenaria ha deciso le qustioni prospettate dalle ordinanze in es:.une il 24 febbraio 1992, e si attende il deposito della sentenza. Per un ampio ed esauriente esame degli orientamenti della giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia di recupero di emolumenti illegittimamente erogati dalla pubblica Amministrazione ai propri dipendenti, si veda la nota redazionale alla sent. n. 15 del 1990 del Consiglio di Stato, sez. IV, in questa Rassegna 1990, 91 e ss; 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vedimento di recupero di somme retributive illegittimamente corrisposte :~~ deve essere giustificato da una corretta valutazione dell'interesse pub1=~ 1 1 . blico all'annullamento dell'atto illegittimo, comparandolo con l'entit del , I .sacrmcio dell'interesse privato sottostante, il quale non deve essere cos . grave da incidere sulle esigenze primarie della sua esistenza. Per varie altre decisioni, (fra le altre, v. Cons. St., sez. V, 10 dicembre 1980 n. 850; Cons. St., sez. IV, 17 maggio 1990 n. 390 Cons. St., sez. IV, 26 aprile 1990 n. 321; Cons. St., sez. IV, 16 gennaio 1990 n. 15; Cons. St., sez. IIIV, 15 maggio 1989 n. 286; Cons. St., s~z. IV, 30 ottobrn 1989 n. 722), il recupero di somme indebitamente erogate dalla pubblica Amministrazione ai propri dipendenti ha carattere di doverosit (escludente la necessit di motivazione). nascendo direttamente dal disposto dell'art. 2033 e.e., salvo l'onere di procedervi con modalit, quali la rateizzazione prevista dal l'art. 3, d.P.R. 30 giugno 1955 n. 1544, che non incidano soverchiamente sulle esigenze di vita in caso di buona fede del debitore. Secondo altre decisioni, ancora, il recupero presuppone la valutazione compamtiva tra l'interesse pubblico alla restituzione ed il sacri I ficio individuale del dipendente (v. Cons. St., sez. V, 15 marzo 1990 n. 289) I ~ e vi si afferma che non consentito alla pubblica Ammini:strazione il recupero di somme corrisposte per errore a titolo di stipendi, assegni e indennit ai pubblici dipendenti che li hanno percepiti e consumati in tr.~ buona fede per il soddisfacimento delle normali esigenze del1a vita fami tiare, occorrendo, pertanto, la valutazione sulla buona fede del dipen I dente (v. Cons. giust. amm. 26 maggio 1989 n. 212; Cons. St., sez. V, ~ 19 luglio 1989 n. 420). !i ~ II-III-IV ~ Con il primo motivo l'interessato ripropone la nota questione del ~ I ~ ~ f preteso vizio dell'atto di recupero per l'affidamento ingenerato dal comportamento della P.A. sulla legittimit della percezione del trattamento economico da recuperare, anche per la risalenza del tempo in cui il riassetto economico (poi modificato) fu disposto. Si aggiunge anche che la motiviazione sarebbe contraria, sulla rateazione adottata, a taluni recenti indirizzi che giudicano congrua una trattenuta del 5% e che la medesima motivazione non avrebbe tenuto conto oggettivamente dell'incidenza in ordine al disagio economico provocato sul percipiente e che ai fini di tale valutazione doveva tenersi IIconto, del sacrificio imposto, in vista della misura e della durata della rata mensilmente ripetuta. i:~ ~: In ordine ai temi prospettati le posizioni deHa giurisprudenza si sono evolute in una serie di direzioni distinte. ii r.: La IV Sezione di questo Consesso, (in linea di principio, e salvo eccezioni di cui si dir, la pi restrittiva nei confronti dei ricorsi di chi lll I r: ~ f: IPAma{r~B:~910mr:::::tm''"Mlltm11'm:~=iwm''q_;;:~a1:mwJtr;1~:1JW11:1119=~=mw..iil::r11==x1J&n'm:t'w.k.~rm''.U>J.Pwiwa@n~"''iLvm.wnr~lili::rl!i:::m!nllw=~ @%'..@J.,,}W/47".if&J.ffd%'.i%.?fif.)ffuvtrzt w:.1%f. :W.&.ft:mdW..if.tffi, F.#$.2-ffifiWk.illf: xifgr.&f1.;1rd-#t$J'tr@P we, :=}~:ff!::::::=:=:-.-:-:::-..:.::=.::.::-...:-: Wn:.:::::--..:=.-:::=:::::::.::-.....:.:.-x.x:::.:;:.-:.:...........::?::.:.-..::~ ..:-:=::-.:::::=.::::.:--!.:::::=::::=-n.:::?:::=::=.:=.::--.x~:::::.:~~====Th&.i:)f4f:W.~.:=:::- ..~::..%~'.-::'.=:-..:::-::ffx:-:W":t:.::m.::::=:.xrt::-.:lf~::.Z::{~fJfi-::::'..::%{{~-.-Aff~f~:~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA subisce i recuperi) presenta negli ultimi anni almeno due filoni interpretativi principali. In una prima prospettiva (prima non necessariamente in senso cronologico perch sovente i vari indirizzi si intersecano e si accavallano) si prende spunto dalla considerazione ohe l'atto di ripetizione ha una valenza provvedimentale e presuppone, temporalmente o almeno in via di logica. implicita, un provvedimento di annullamento della statuizione che determin erroneamente le somme da pagare al pubblico dipendente (cfr. IV, 23 settembre 1985, n. 356; 4 agosto 1986, n. 549; 27 aprile 1987, n. 249; 5 maggio 1987, n. 264; 12 maggio 1987, n. 688; 22 settembre 1987, n. 545). A giustificazione della natura provvedimentale del recupero si osserva che l'ordinativo dell'erogazione errata, sebbene di natura paritetica~ obbligherebbe pur sempre la P.A. fino alla sua eliminazione e che perfino nel testo unico pensionistico 29 dicembre 1973 n. 1092 le determinazioni del trattamento di quiescenza debbono essere formalmente corrette in via previa (art. 204), pena altrimenti la permanenza del lorovincolo a carico della P .A. Si ammette, comunque, anche nell'ambito dell'orientamento in esposizione, che il provvedimento di ripetizione possa esso stesso implicare e contenere l'annullamento degli atti determinativi (cfr., oltre alla cit. IV 549 del 1986, gi prima sez. IV, 16 novembre 1985, n. 538). Nell'ottica provv,edimentale che, dunque, si attribuisce tanto all'atto di vero e proprio annullamento, quanto a quello logicamente autonomo,. di specifico recupero, si riconosce a quest'ultimo il carattere discrezionale e autoritativo (sez. IV, 27 marzo 1981, n. 119; 21 settembre 1984, n. 704; citt. 356 del 1985 e 549 del 1986; 30 gennaio 1990, n. 57) tanto che non si dubita dell'onere di impugnativa nel termine ordinario di decadenza (cfr. sez. IV, 27 aprile 1988, n. 258). Qualche oscillazione si manifesta nel ricordato indirizzo circa l'og getto su cui si dispiega la discrezionalit. Per esempio nelle premesse della rammentata pronuncia n. 57 del 1990 si ammette che !'esame dell'Amministrazione possa essere condotto sulla compatibilit della rripetizione in s con l'interesse pubblico nonch~ pertanto, sull'opportunit di mantenere in vita gli effetti patrimoniali prodotti dall'atto illegittimo. Tuttavia la stessa decisione e le altre in genere fin qui elencate (cui si pu aggiungere sez. IV, 27 aprile 1988, n. 822), pur collegando al caratte11e provvedimentale del1a statuizione di recupero l'esigenza di una motivazione, giudicano sufficiente l'accertamento, ad opera della P.A.~ che non venga leso l'interesse del dipendente a non sopportare disagi eccessivi, tali da incidere sulle sue esigenze di vita, reputando che in tal senso possa essere idonea una rateazione del r,ecupero -anche a prescindere dalla richiesta dell'interessato, che pure sembrerebbe prescritta dall'art. 3 u.c. d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544 -capace di decurtare in '550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO misura minima la retr,i;buzione. In proposito si giudica congrua, anche se non paiono escludersi altri live11i di abbattimento, una decurtazione del 5% della retribuzione (cfr. IV dtt. 545/87, 422/87, 249/87, 549/86, 538/85, 356/85, seguite da Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana 28 novembre 1987, n. 269). In genere non pvecisato se debba aversi riguardo allo stipendio o alla retribuzione complessivia (v. per, in quest'ultimo senso cit. IV 538/85). Neppure riSIUlta se la percentuale poss'a essere mantenuta costante e, quindi, se l'obbligo di restituzione possa salire con il crescere della retribuzione, ovvero se la rateazione debba restare ancorata al trattamento dell'epoca in cui si calcola il recupero dovuto, onde mantenere costanti in termini di valuta le aspettative del dipendente in ordine alle somme da restituire. Nella visione interpretativa evidenziata la condizione psicologica dell'interessato -c.d. buona fede -o l'affidamento in lui generato per ,effetto del comportamento della P.A. vengono a chiare lettere svalutati (cfr. ancora 356 e 538 del 1985, 549 del 1986 e 57 del 1990), ricoroandosi il carattere solamente equitativo della soluzione che a quegli elementi faceva capo in antkhi precedenti ed assumendosi che siffatte condizioni costituirebbero unicamente il presupposto per l'adozione di un atto di ripetizione adeguatamente motivato. In qualche pronuncia (ofr. 538 del 1985) si volge l'attenzione "anche" .alla brevit del tempo trascorso fra la determinazione errata e la corre. zione con la deliberazione di recuperare. In base ad altra tendenza (sez. IV, 9 novembre 1985, n. 505; 3 maggio 1986, n. 320) si riafferma sul piano generale il principio, valido anche per la P.A., di un vero e proprio diritto soggettivo ad otteneve la reinte_ grazione delle somme corrisposte indebitamente. E insieme con il diritto questa giurisprudenza comincia ad indivi. duare un vero e proprio dovere di riacquisto (cfr. oltre alla cit. 320 -del 1986, ancora sez. IV 23 novembre 1988, n. 887), sanzionato dalla competenza e conseguente :responsabilit in merito al r,ecupero degli organi provinciali del tesoro e loro funzionari (art. 3 L. 12 agosto 1962, n. 1290, e art. 3 d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544; sulla responsabilit dei funzionari v. Corte conti, sez. controllo enti, 7 ottobre 1986, n. 1985). Il passo ulteriore si trova nella pronuncia della IV sezione 6 maggio 1989, n. 286, per la quale il diritto-dovere della P.A., operando a livello paritario con la posizione del dipendente, si esplica con attivit n autoritative, n disarezionali almeno quanto a1la volont di ripetizione. Non vi , perci, bisogno di motivare in proposito, qualunque sia il tipo di atteggiamento che il dipendente avesse avuto ragione ,di mantenere quanto alle somme riscosse e qualunque distanza di tempo sia trascorsa dalla erronea attribuzione di un trattamento economico superiore al dovuto. PARTE i; SEZ. IV; GIURlsPuDENZA AMMINISTRATIVA Vtinica d1$<;rezionalit ~ in senza bisogno che di essa sl dia conto in una ed espressa ap,Posit giustifk:azione ~ si sposta stil tma del quantum di rateazione diell'inidebito, in baise ad un potere che si fa risalire al ct att; 3 &P.R. 1544 del 1955 Che deve rispondere d nuovo :ait criterfo gener~te,risaierite U'aTt. 36 Cost., del rispetto del dipendente, nel senso ch egli. k fa sua fainiglia non siano .priVati del . sostegno ecol1otrii<': 6 rtecessari6 alle primarie esigenze di vita. _flieUa pronuncia 286 del 1989 si accenna ancora all'affidamento sulla deifiriitivit . deli lii:Sci0s8ione. M questo profilo appare abbandonato in sentenze su.-cessi~e {se:t: IV, 30 ottobre 1989, n. 722; 27 dicembre 1989, n; 995). . .. Nella ddsio.6e fa gennaio 1990, n. 15, si chiarisce il senso del riferhnento alla ~~ finisce per ofieta11e non l'an del recupero, .ma le sue fudl:lllft. . . . . . .. ' . L :ril~des1ma. $entriza n..15/90.. dal carattere vincolato e paritetico dell)ttd. ili. ripetiifo1le trae la cons~uenza dell'impossibilit di dedurre a suo oafibo il vfaio di disparil:di trattamento. . Ne~ff ulthni tel:llpf.questo orienta.mento .del1a .sezione si consolida (ofr.>sez~ IV, 26 aprilel990, n. 321; 17 maggio 1990, n. 390; 25 settembre 1990, n. 702; Sl: 1990, n.. 877; 26 aprile 1991, n. 319). Nlla proi:)J~c~a :Il. 39() l 90, nileva l'enu,nciazione della superfluit d~l1a fuotivazion~ sUl recupero. esui11a stessa rateazione, essendo valutati come dati obietti.vi resistenza del diritto a riottenere l'indebito, l'insussi~ tnZa di .l.ttl < of;:bligo del .preVio. . annullamento dell'originario decreto di erogazione, illegittimo per i:l'iero contrasto oggettivo con la norma, e .infine l'intereE;E;e pubblico in .re ipsa all'eilimin~kme retroattiva degli effetti patrimoniali dell'indebito medesimo, eliwin~ziqne q>stituente esercizio del suddetto diritto soggettiv. Nella decisk>ne 70Z del 1990 si rafforza la tesi del diritto-dovere di r:ecuper~11e con il stesso: i;lP~~ 4;;.< puj) essere com J:19~tQ.: ~)c:J.a.t~........... ..................................................................../ < .................. l'{C>h.isi tratta C!!\tIJ:1di li aj:ia nC>Illa fu,Utiile o ~eoriticaȥ ma di~ 1dirSl'o&i.Ziarl:e che rip!>i&enta1ln corollario/ma anche una con ~~*9'.~$S.t~mfl'1 cl}' 1'1~ )1;91uto.J?~l.~"21tti'1t~..41' ~p:tes~rseJ?:l)ene eserci .~t#:illc\Pwfe$fioAf:tl~##~~e per .foPitJl:'liaᥥJ?artedittn.ᥥ.e1lteno11 .eco: g~mico,;.::4Qi-st~~ t\t'.attaa:ri;~~9'I?t:op.rio delil~Mti.vit4i .. impresa col'.i:illlerciaile,< l'.l fi di evitare diiffere.fu:i:azronl nelta clisciplma di..questo tipo di atti:vit :ftl.~i~,.,del.. O'ggett6.. che l'e$1i}~itii:tlᥥᥥ ᥥᥥ @heml. :$~j.]'J;he.vo1l:ttoᥥ 1*rseguJ.fu; il.14aᥥparcotu1: wia tra d:tfipr&ecOri:itnel"Cidl in genere ed e:ventuali attivit eom 1 meJ:lcia!ij di enti hOII:! con:l1Ji:terci'ali; ~epevch~ non avrebbe a~tcf bisogno. dic()nfi;rin.l;lii;e ...Wl prmcipio ricavabiie anche .. (( aliunde >bens perseguire un'incisiva aiSlsimMazfone degrli enti non commerclaili oon le pl'$:one .ffsi<:he , rialil determinazione.. del reddito eompfossiv impnibile; ..senza .j~ momenrto>uruficante proprio delᥓt'eddito.di in:lpresai ma estesa nih11f a!Ha deducibilit di aJounisivi sui mu:tui follidiari per uria riduzione deiWifo.r bQltre, l'analisi ~menta e 4]sincantata :del testo nonnativo, secondocorretti ptiniciipl ellileneutid colldUJCe ritenere che etfettivmente i1:legislatore h:a Vlut eviitare1 in tema di enti non i0nomicl che svolgessero e:.niche Sa'lti'U:\:tiamente, t\tti'lliit d'Impl'esa; dubbi, mcertezze1 interpretaziQlli oscil lanti, preferendo che l'interprete non rk:avasse .<~ aliu.nde >~ la . disciplina, ma ila t'itrovarsse iin sede propda in piena armonia con fa disciplina .tributaria dell'attivit cOlfnril~irue~ In altri temnini, :il 1egi:s'liattore pre.vedendo una posisibilei eventi;laile attivit d'itqpresa degrlLenti noneconomichha ritenutcFdi dare. dlevanza alle rme specifiche deille singole categorie di reddito; ed iil particolare, per i redditi fondiari basati sulle risultanze catastali, non sono previste specifiche deduzioni, n ipotizzabUe 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'applicazione ana:logica di esenzioni dettate per le sole pe11sone fisiche in altra sede e per altra imposta; n infine invocabiile per fa perseguita detrazione degli interessi passivi il secondo comma del ricordato art. 21 che invece appilicabile come gi dlevato ail:la sola attivit d'impresa. In vi:a subordinata il riconrente .ripropone in questa plicata separatamente. La disposizione trova conferma netl'attuaile primo comma dell'art. 109 T.U. 917/1986, la cui normativa, non stata invocata, n 81]'.>'.]Ylicaibile alla fattispecie. Ed invero, i commi secondo e terzo delil'art. 109, del predetto T.U. disciplinano 'soltanto i periodi di imposta successivi al io gennaio 1988 (cos ex ar,t. 29 d.P.R. 42 del 4 febbraio 1988). Ma anche l'ai:rt. 110 del nuovo T.U. concerne, com' evidente, soltanto redditi di impresa per cui non applicabile a:1la fattispecie. Giova da ultimo osservare che per gli immobili non strumenta:li (e tali sono quelli in oggetto) anche '1'ultimo comma dell'art. 108 del nuovo T.U. prevede l'applicazione separata dell'Ilor pur quando si tratti di immobili relativi all'impresa. Il Ticoriso va peTillanto mspinto. (Omiss,is) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 560 I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1991 n. 7959 -Pres. Falcone -Est. Vignale -P. M. Amiirante (conf.) -Composti (avv. Gentili) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pail.atiello). Tributi in genere Accertamento -Motivazione -Funzione Mutamento in giudizio dei presupposti di fatto -Inammissibilit. Poich la funzione della motivazione dell'accertamento di garantire al contri.buente la possibilit di apprestare una adeguata difesa nel procedimento contenzioso. e di delimitare in via definitiva il thema decidendum contenendolo nei fatti specificati nell'avviso notificato ai contribuente, non consentito nella fase processuale n all'ufficio integrare la motivazione deducendo fatti nuovi n al giudice valutare la fondatezza dell'accertamento sulla base di fatti diversi da quelli conte stati al contribuente con l'avviso di accertamento (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1991 n. 7842 -Pres. Montanari Visco -Est. Sgroi -P. M. Golia (conf) -Camerino c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Polizzi). Tributi in genere . Accertamento -Qualificazione giuridica del soggetto passivo Mutamento in sede contenziosa Societ di fatto e organiz zazione di persone Inammissibilit. Ove l'ufficio con l'avvdso di aocentamento abbia qualificato il destinatario come societ di fatto (come tale soggetta al regime dell'art. 5 del d.P.R. n. 597/1973 ai fini IRPEF e direttamente soggetta all'ILOR)\ non pu il giudice qualificare lo stesso soggetto come organizzazione senza personalit giuridica (soggetta direttamente all'IRPEG e all'ILOR), poich sono diversi nei due casi sia i regimi di imposizione sia le regole' del procedimento (2). (1-2) La prima sentenza, prendendo le mosse da premesse ormai pacifiche. nella pi recente giurisprudenza, ne trae conseguenze esatte in termini generali: se l'accertamento definisce il thema decidendum non consentito discostarsi da esso. :t:\ cos evidenziata la funzione processuale dell'atto di accertamento (BAFILE, L'accertamento come atto processuale, in Rass. trib., 1987, Il, 1). Ma di conseguenza la motivazione dell'accertamento va considerata appunto in termini processuali, come determinazione della cosa oggetto della domanda (art. 163 n. 3 e 164 c.p.c.) e non in termini di provvedimento am; ministrativo. Ne discende che il minimo necessario della motivazione sol PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 561 I (omissis) Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente censura la decisione impugnata per aver legittimato la pretesa impositiva, basandola su presupposti differenti da quelli dell'aocertamento e su una distinta causa petendi, cos sottraendo al contribuente la possibilit di far valere le proprie ragioni nell'intero giudizio di merito ed alterando sia iJ fondamento che i modi e gli esiti dell'accertamento induttivo adottato daH'ufficio. Osserva, inoltre, che l'adozione di tali nuovi presupposti a contraddittorio ormai esaurito finisce con lo svalutare la stessa plausibilit del1a presunzione di posrseS1so dei redditi. Col secondo motivo, critica la decisione, in quanto fondata su una ordinanza istruttoria adottata d'ufficio, nell'esercizio di poteri inquisitori non spettanti per legge alla Commissione Tributaria Centrale. Col terzo motivo, la ricorrente deduce che la C.T.C. non ha tenuto conto della posizione reddituale di suo mrurito, al quale dovevano essere riferiti i redditi in questione. Denuncia, inoltre, l'omessa motivazione della decisione in merito alla questione relativa al fatto che il predetto consorte, in base al d.l. 5 novembre 1973 n. 660, convertito in legge 19 dicembre 1973 n. 823, nel vigore de1la ,legislaZiione sul oumulo dei redditi tra i coniugi, aveva presentato domanda di condono per l'imposta com tanto la precisazione degli elementi di fatto (che non possono essere totalmente modificati ma sono suscettibili di precisazioni e sviluppi, anche a seguito delle eccezioni dedotte dal soggetto passivo con il ricorso). Non sono invece elemento necessario della motivazione le ragioni giuridiche, che in .atti, . sic.ch l'indagine .. sul. rapporto. d!impnsta>resta consentita nei limiti in cui si debbaaccertare lᥥW.Cortenza.dei.Pi:'esuppo$tldf!1tl:a.!.Pretesa.fiscale .assunti .a fondamento cteglL1:1;tti. rnedesinil (cfr. Cass. 2 aprile. 1986 n 2246; 3 marzo 1986 n; 1322). :ta motivazione dell'aa:ertamento s.volge;. pertanto; la funzione di garantire al contribuente Ja possibilit di appa:estare wtdeguata: difesa per ilprocedill);ento innanzi .. alle commissioni ..tributarie e dk .elimitarne in vi definitiva il thema decidendum, contenend<*o nell'ambito dei fatti specificati. nell'avviso notificato ai1 contriibuente; Conseguentemente, se, per un verso, rimane precluso all'Amministrazione finanziaria integrare tali motivi nel corso del giudizio tributario, indicando per la prima volta in tale sede fatti non contestati prece.entemente in via amministrativa, per altro verso, e a maggior ragione, neppure al giudice tributario dato valutare la fondatezza del ricorso sulla base di fatti diversi da quellt. contestati al contribuente con l'avviso di accertamento; accaduto, invece, nella fattispecie, che di fronte alla prova che negli anni 1969 e 19701 16 azioni della S.p.A. Albergo d'Inghilterra non potevano aver reso alla . ontribU:ente ilreddito accertato (per il motivo che la l'ordinamento tributario una capacit pi ampia di quella di diritto comune, non pu . essere intesa . nella direzione di creare nuove ragioni di nullit dell'accertamento ove in situazio;ni ta:nto singolari e. rare l!ufficio non abbia saputo ricercare la soluzione giuridica perfetta. L'ufficio deve ovviamente indicare il fatto che ha dato luogo alla manifestazione di reddito e stabilirne la l11isura, e questo imprescindibile; l'ccettament conterr poi anche molte o poche qalificazioni giuridiche e interpretazioni, ma queste sono ipotesi o proposte che possono essere discusse e modificate in giudizio, anche d'uf. fido, .con le conseguenze che ne derivano anche sulla imponibilit. Se l'ufficio con im .accertamento qualifica un soggetto come imprenditore titolare di un determinato reddito imponibile a fini IRPEF e a fini ILOR, il disconoscimento in giudizio della qualit di imprenditore non dar luogo all'artnullament integrale dell'accertamento (con il risultato che nulla dovuto) ma ile come reddito di lavoro autonomo, il frutto dei capitali non sar . pi una componente del reddito di impresa ex art. 44 ma un reddito di capitali ex art. 41 e cos via. Ma non si pu affermare che la diversa normativa stabilita per l'accertamento delle diverse categorie di soggetti dagli artt: 38 e 40 del d.P.R. 660/1973, che poi una normativa pi. esplicativa che precettiva, deve essere rispettata a pena di . nullit, meno che mai .quando non esist(;l una dichiarazione ed problematica l'individuazione del soggetto passivo. Naturalmente quanto detto vale anche per il contribuente: se nella .dichiarazione sono indicate erronee qualificazioni giuridiche si -proweder a correggerle senza parlare di dichiarazione nulla. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stessa aH'epoca non le aveva ancora acquistate), il giudice del merito ha dichiarato ugualmente legittimo l'accertamento tributario per quegli anni, imputando il reddito oocertato al pos,sesso non pi delle azioni, ma della notevole somma di danaro necessaria, nel 1971, all'acquisto delle azioni stesse. Pertanto, la prima censura deve essere accolta, restando assorbiti gli ailtri motivi d'impugnazione. La decisione deve, conseguetemente, essere cassata, con rinvio ahla Commissione Tributaria Centrale, che proceder ail riesame della controvernia nel rispetto del principio che non consentito al giudice tributario modificare i termini della contestazione originaria contenuta nell'avviso di accertamento e di valutare la fondatezza del ricorso del contribuente alla luce di elementi diversi da que11i specificati nell'accertamento stesso, ancorch idonei a legittimarlo. (omissis) II (omissis) Col primo motivo, i ricorrenti denunciano l'illegittimo mutamento da parte del giudice tributario del contenuto dell'accerta mento, la violazione dei principi risulltanti dal D.P.R. n. 636/72 e la viola zione degli artt. 2, D.P.R. n. 599/73 e 40 D.P.R. n. 600/73, nonch la violazione dell'art. 101 c,p.c., in relazione dehl'art. 360 n. 3 c.p.c., osser vando che il giudice tributario non poteva modificare l'avviso di accerta mento, senza con ci esorbitaire dai suoi poteri e ohe era ina:ocettabile l'affermazione secondo oui quell'avviso avrnbbe chiaramente individuato il soggetto passivo d'imposta e che pertanto non inciderebbe sulla legittimit di esso la questione della giuridica esattezza della defini zione di esso come societ di fatto, perch fra questa e un'organizzazione cli beni e di persone non vi alcuna fungibilit, ma anzi una differenza radicale sul piano tributario. La societ di fatto soggetto passivo solo delil'ILOR e pertanto la base imponibile determinata secondo le regole IRPEF (ex art. 4 D.P.R. 599/73) ed imputata automaticamente ai soci ai fini IRPEF /o IRPEG); per tale soggetto, l'accertamento tributario comipiuto, ex art. 40 secondo comma D.P.R. 600/73, con unico atto, ai fini dehl'imposta locale sui red diti dovuta dalla societ ed ai fini dell'imposta sul reddito dovuta dai soci. L'organizzazione di persone o di beni che realizza il presupposto del tributo in modo unitario ed autonomo in primis soggetto passivo dell'IRPEG ex art. 2 D.P.R. n. 598 del 1973) e solo in via derivata soggetto pas1sivo dell'ILOR; il reddito da essa prodotto pertanto determinato secondo le vegole IRPEG (ex art. 4, terzo comma D.P.R. n. 599 del 1973) ed imputato ai soci non automaticamente, ma solo se ed in quanto sia distribuito aw!i stessi, ex art. 42 D.P.R. n. 597/73). Ne deriva che '566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comma. evidente che, in un avviso in cui indicato come contribuente U1la societ di fatto (che la Commissione Centrale ha riitenuto inesistente) manca l'indicaziODJe dell'ente ritenuto esistente e cio l'mdiicazione di una organizza zione di cui al D.P.R. n. 598, art. 2 Iett. b) (art. 87 comma 2 del T.U.); .indicazione che prescritta a pena .di nullit, e. la cui mancanza non cnsente alla Commissione di scendere i:l!ll'esame dell rapporto d'imposta. {omissis) I COR'I'E DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1991, n. 8033 Pres. Maltese Est. Senofonte P. M. Donnarumma (conf.) Mini!Sltero delle Finanze avv. Stato Palatiello) c. Kaerner Bekleidungwerke (avv. Colombo). "(ributi in genere AccertaJ1lento Motivazione Imposta di registro -Cessione di azienda SUfficienza. E sufficientemente 1mo.tivato l'accertamento 1deil valore di 1Una 1azienda che faccia 1riferimento 1alla :primaria. importanza di lessa, ""l \rilevante numero dei dipendenti e al consistente volume di affari (1). II CORTE DI CASSAZIONE,. Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8692 Pres. Granata Est. Senofonte. P. M. Martine.lli (diff.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Buonocore. Tributi in genere Accertamento Motivazione Imposta di registro Requislti. Il riferimento, cumulativo o al.ternativo, ai criteri legali di valuta zione previsti in astratto dalla legge o a diversi criteri in concreto seguiti .a causa della inutilizzabilit dei primi, non si concreta in una motivazione apparente o di stile, inidonea a sorreggere l'accertamento (2). (1-4) Un gruppo di sentenze, che sulla base di principi ormai acquisiti (v. da ultimo Cass. 30 maggio 1990 n. 5115 e 5116, in questa Rassegna, 1990, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8696 -Pnes. Granata - Est. Senofonte -Mintstero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c.. Soc. Besenzoni Ferraresi. Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Imposta di registro -Criteri stabiliti nella legge -Tassativit -Esclusione. L'accertamento pu essere motivato con riferimento a criteri divers[ da quelli indicati nella legge pu11ch idonei a reaUzzare lo scopo di con-. sentire al destinatario l'esercizio deJ. diritto di difesa (3). IV CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 dilcembre 1991, n. 13858 -P:res. Bologna -Est. Corda -P. M. Dettori ~conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Pa1atiello) c. Busseni. Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Imposta di registro Sufficienza. adeguatamente motivato l'accertamento che ,oltre alla descrizione dei singoli beni, indichi come criterio di determinazione del valore la vicinanza degli immobili al centro storico essendo tale riferimento un affidabile metro di valutazione secondo un dato di esperienza acquisita (4). I (omissis) La censura -che concreta, nella sostanza, una denuncia di difetto motivazionale e consente, d di delimitare,. da un lato, ram.bit.o delle ragioni adducibilii dall'ufficio. nella fase .. contenziosi;l e (queLche maggiormente rileva nel caso specifico) di eQn'sentir; dall'alltiro, liii. ontri'buente resercizio giudiziale. i;:lel diritto .. di.difesa ni qnfronti d~la .. maggiore pretesa f:iiscale .. (v.. traJe sentenze pi recenti, CaS1S., Sez~ Un;,. 26 ottobre 1988,> n. 5787), (omissis} Il . (pmiss~) La r~iclo) trart. 48, Coriima secondo, del d.PR 634/1972, nel teSto originario, . prevede due odted . di valuta.Zine: . cornpa'rativo (avendo riguard<>' ai 1:11asferimeoo, avvenuti rie@:i ultimi tr.e anni, di immobili con analoghe cTattemstiche odeMo stesso ifunib'bile sul cui valore si .controverte) e di cap!tailizza.Zione del. reddiifo ai1 taisso medio alla stessa. data. pet inve-stimenti imniobilfarFnella localit in fui si trova l'inimobile trasferito; e) a questi. ontel1 .t~uffkiofinanzi~o ctev~; invia di massima, atte- nersi ne1liesercizio dei propri poteri di contrC>Ho delV!lore dichiarato dal contribuente o del corriispettirvo pa.ttuito, pur potendne adottare altri, ove quelli espressamente menzionati dailla legge itlisultino, anche implicitamente, awto riguazdo alle colliC'Fete circostanze dei casi singoli, non utilizzabili o insufficienti; . . . . .d).il contoouto nlinwo ll'atto .. d.i .trop~siziol1~ da . notifica:re aI contribuente , invece, disegnato.. dal comma secondo dei suocessivo art.. 49,il quale prescrive che l'avviSo deve inqkare il .valore attribuite> ~ ciasCWlo .~theni. e. !IJli lementi ... (o cviteri) in. base .. ai .. quali f stato insufficienza dei primi. 572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non , dunque, esatto, ail. contrario di quanto ritenuto dalla corte salernitana, che il riforimento a questi ultimi si traduca, per s, in una motivazione apparente o di stile allorch non sia accompagnata dalla indicazione di elementi concreti che specifilchino ulteriormente i criteri prescelti (sul punto v., diffusamente, anche Cass. 5812/1987), una motivazione di questo tirpo potendosi configurare solo nell'ipotesi in cui .essa, tenuto conto delle peculiarit del rapporto conrtroverso, non sia in grado di realizzare le finalit -nel sistema assegnate alla motivazione nella particolare materia -di consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa e di delimitare l'ambito delle ragioni destinate a sorreggere, anche nell'eventuale fase contenziosa la maggiore pretesa fiscale. N esatto che l'adozione di criteri difformi da quelli legali astrattamente previsti comporti, ineluttabilmente, la nullit dell'accertamento, dovendosi la nullit escludere laddove -conviene ripeterlo -questi ultimi risultino nel caso concreto, anche per implicito, insufficienti o inutilizzabili e debbano essere, quindi, necessariamente integrati o addirittura sostituiti da criteri diversi, parimenti idonei -secondo apprezza. menti riservati al giudice di merito ma, naturalmente, soggetti al sindacato di legittimit sotto il profilo della congruit della motivazione -ad as: solvere la duplice finalit appena evidenziata, con particolare riguardo all'esplicazione del diritto di difesa del contribuente. Ma di tutta questa complessa problematica non v' traocia nella '.Sentenza impugnata, paga di sempiliilicazioni effettivamente errate ~segnatamente: asserita impreteribilit, in ogni caiso, dei criteri legali di valuta zione; necessit, pretesameilite ineludibile anch'essa, di ulteriori specificazioni attrave11so l'indicazione di elementi CODJOI'eti) e ohe deve essere, :pertanto, annullata con rinvio alla Corte d'appello di Napoli, che si Uliliformer ai principi di diritto sopra enunciati. (omissis) IIJ (omissis) La residua cenSl!lI'a (sub e ) deve essere, invece, accolta :sulla base dell'ulteriore principio -anch'esso somministrato dalla citata sentenza n. 5787/1988 -secondo il quale, pur essendo l'ufficio finanziario tenuto, di norma a seguire, nell'eserioizio dei poteri di controllo del valore dichiarato dal contribuente, i criteri espressamente enunciati in astratto dalla legge pu, tuttavia -quando risulti, anche implicitamente, che essi, avuto riguardo al tempo, al luogo, all'oggetto e ad o~ pecu1iarit del rapporto tributario da oocertare siano inutilizzabili o insufficienti -, adottare criteri diversi (e, quindi, diversamente motivare il proprio .accertamento), purch parimenti idonei (secondo apprezzamenti di merito, soggetti natmalmente al controllo di legittimit sotto 11 profilo logico) ..e realizzare la duplice finalit -assegnata alla motivazione dell'atto .impositivo -di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nell'eventuale fase contenziosa e, soprattutto, di consentire al confribuente l'esercizio del diritto di difesa di fronte alll.a maggiore pretesa filscale. Con questo principio non si concilia -e devesi, dunque, ritenere effettivamente errata -la drastica aiffermamone delJ.a Corte torinese secondo la quale l'avviso di cui si discute nullo sol peroh non enuncia ailcU1IJ.o dei oriteri (pretesamente) tassativi indicati dalla legge, ancorch la stessa Corte ne riconosca l'attitudine a consentire un'adeguata esplicazione del diritto di difesa da parte del destinatar.io, in quanto estesamente motivato, contenendo non solo una dirffusa des1crizione dei smgoli tiipi di cespiti (terreni, fabbricati, aree accessorie, ecc....), ma anche l'ind~cazione de11e rispettive caratteristiche e la specificazione dei prezzi unitari assunti a base defila valut!U)ione deMe singole porzioni (il che avrebbe donito indurre il giudice a quo, per lo meno, a riflettere sulla eventuale inutiJJ.izzabilit o insudficienza, nel caso concreto, dei criteri legali di valutazione espresS'amente menzionati dalla legge). (omissis) IV (omissis) Il ricorso fondato. La norma applicabile ratione temporum al caso concreto (l'art. 49 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634) preSiCTiveva che l'avviso di aiccertamento dovesse contenere, oltre l'indica~ione di ciasrouno dei beni oggetto di vailutazione, l'indicazione degli elementi in baise ai quali il valore veniva determinato. In concreto, risulta che l'Ufficio ha pienamente adempiuto a quanto la legge preSCI1iveva, perch, oltre ad avere proceduto alla minuziosa inidicazione dei singoli beni, sulla scorta di una analitica relazione dell'Ufficio tecnico erariaile (addirittura traisaritta in maniera integrale), ha mdicato, appunto qruale criterio di determinazione del valore, la vicinanza dei beni medesimi al centro abitato (un chilometro); e questo , sicuramente, un affidabile metro di valutazione, poich ha riguardo all'appetibilit dei beni nel mericato immobiliare, secondo un dato di esperienza ormai acquisito nell'ambito della prassi giudiziaria. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 agosto 1991, n. 8678 -Pres. Falcone -Est. Borruso -Soc. Emmedue (avv. Costa) c. Ministero de11e Fi1I1anze (avv. Stato Stigliano). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Trasferimento di azienda Esclusione di taluni elementi -Possibilit. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 48; e.e. art. 2555). U t,riasferimento dell'azienda va assoggettato unitarriamente al tributo di rregistro, secondo la previsione deU'art. '48 del d.P.R. 26 ot.to RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 574 bre 1972 n. 634, anche se dal trasferimento restano esclusi alcuni elementi essenziali e anche se il complesso aziendale al momento del tra; sferimento improduttivo, semprech sussista la continuit funzionale della azienda e ~he essa mantenga una potenzialaire pi:elillfnare l'esame del secondo motivo di impugnazione con cui il contribuente contesta la avvenuta dichiarazione d inammissib: iilit del ricorso; Sostiene il ricorrente che, siccome il D.M. 18 novembre 1966 coosente di richiedere l'esenzione anche in sede di opposizione all'avviso di aocertame'nto o alfa iscrizione a ruolo, la richiesta avanzata in tale sede deve essei: ritenuta tempestiva. L'a11gO!Dlento non appare per pertinente al aso in esame perch la Commissione Tr.dbutaria Centrale non ha ritenuto affatto che la domanda di esenzione fosse ta11diva, ha invece adfermato che la questione era preclusa perch . il contribuente non aveva temp.estivamente impugnato un precedente atto (notificato il giorno 8 aiprile 1975) con cui l'amministrazione 11veva negato, per taluni anni, la spettanza dell'esenzione. Di coIJ1seguenza, la controveirsia ha per o~getto !"applicazione del l'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, che impone di impugnare entro sessanta giorni dalla notifica gli avvisi di oocertamento e per (1) Sia1a Corte Costituzionale (sent. 3 dicembre 1985 n. 313) che la Corte di Cassazfone (sent. 3 febbraio 1986 n. 661, Foro it., 1986; I, 1898) hanno interpretato l'art. 16 del d.P.R. 26. ottobre 1972 n. 636 intendendo l'accertamento in senso ampio, il che sostanzialmente equivale a negare la tassativit dell'elencazione. '. di conseguenza un accertamento il provvedimento che disconosce, in tutto o in parte, la spettanza di agevolazioni e in particolare i1 provvedimento ad effetto pluriennale (esenzione venticinquennale per le case di abitazione, esenzione decennale per i1 Mezzogiorno e simili). Naturalmente contro questo atto l'impugnazione ammissibile ma anche necessaria per evitare la decadenza (Cass. 8 luglio 1985, n. 4071 in questa Rassegna, 1985, I, 864; 13 novembre 1986, n. 6647, ivi 1987, I, 170; 14 novembre 1990, n. 11006). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 578 c10 stabilisce che, ove questa tempestiva impugnazione non vi sia, il rapporto tributairio definito nei termini enunciati dalla Amministrazione. N appare possibile sostenere che il D.M. 18 novembre 1966 costituisce una deroga al principio di cui al citato art. 16 del d.P.R. 636, non foss'altro perich trattasi di normativa regolamentaire che non pu incidere su disposizioni poste dall.la legge. Cos correttamente impostato il problema, occorire considerare se l'atto di diniego della esenzione costituisca un accertamento suscettibile di autonoma impugnazione. Ed in questo senso l'unanime orientamento di questa Corte, in particolare ove si diS1Co:rra, come nel caso di specie, di controveI1Sia aperta prima della entrata in vigore del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, quando l'art. 16 1 comma del d.P.R. 636/1972 non conteneva la espressa affermazione secondo cui g1i atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili automaticamente; e perci si riteneva comunemente che la elencazione degli atti impugnabili fosse semplicemente esemplificativa (cfr. la pronuncia n. 1322 del 1985). Si deve, per altro, sottolineare che questa Corte ha ritenuto che atti quale quello in esame come pacificamente descritto dalle parti e definito, nei suoi elementi di fatto, dalla Commis1sione Tributaria Centrale rientrino nella categoria giuridica degili avvisi di accertamento, suscettibili di impugnazione per espressa disposizione di legge, sia in base al testo originario, sia in base al testo oggi in vigore dell'art. 16 del d.P.R. 636/1972 (si veda da ultimo in proposito la sentenza della I se:zione civile 14 novembre 1990, n. 11006). Giova, in proposito, ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno esplicitamente aocolto l'interpretazione estensiva della nozione di atto di accertamento (Cass. un. 3 febbraio 1986, estensiva della nozione di atto di accertamento (Cass. sez. un. 3 febbraio 1986, n. 661); mentre la sezione I di questa Corte ha ritenuto che ad un ministrazione finanziaria gli comunica il diniego di una esenzione fiscale sia preclusa ogni successiva contestazione (Cass. 13 novembre 1986, n. 6647). A sua volta, la Corte Costituzionale ha affermato che per accertamento tributaTio (suscettibile di impugnazione) deve intendersi un atto efficace nei confronti del soggetto passivo di imposta, conclusivo di un procedimento o di un subprocedimento di accertamento comunque denominato; di un procedimento cio che accerta e dichiara la sussistenza, in tutto o in parte dell'obbligazione tributaria o di un suo elemento; ed ha soggiunto che la impugnabilit deve essere riconosciuta qua1unque sia la forma e la denominazione dell'atto (Corte Costituzionale 6 dicembre 1985, n. 313). E da queste premesse di diritto emerge con evidenza come la Commissione Tributaria Centrale bene abbia qualificato come avviso di ac PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 579 certamento l'atto con oui si accerta la non spettanza di una agevolazione e prodromico al1a . formazione del titolo di< riscossione. N in questa sede possibile aggirare la preclusione che si formata in caso di difetto di impugnazione sottolineando veri o presunti vizi dell'atto (quale la mancanza di una adeguata motivazion) o asserendo he la esenzione sarebbe derivata automaticament daJJJ.a lgge, .in qanto sempre le esenzioni tributarie derivano dalla legge e non da u:na ll"aziosa concessione dell'organo ammittistrativo, ma do non esclude Ohe i rlativi atti di aocertamento debbano esser tempestivamente impugnati. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 settembre 1991 n. 9443 -Pres. Vela Est. Bibolini -P. M. Jannelli (conf) -Min1stero delle Finanze (avv. Stato Favara) c. Soc. Baltera. Tributi in genere -Contellzioso tributario -Prova -Insufficiente documentazfone -Dovere della commissione di acquisirla. (d.P.R. 26 tti:>bre 1972, n. 636, artt. 35 e 36). Secondo le modalit che caratterizzano la natura eminentemente inquisitoria del prooesso tributarfo, la Commissione non pu troncare alla base l'analis,i dei fatti affermando che la mancata produzione del verbale della polizia giudiziaria Y.ende sfornita di prova la pretesa dell'Ufficio, ma deve, in Y.elazione al>le contestazioni dei fat.ti mosse dalle parti, autonomamente acquisire i documenti utili per la decisione (1). (omissis) Con l'unico mezzo di cassazione l'Amministrazione ricorrente ded'IJICe la violazione e la falsa applicazione dell'art. 35/1-6 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (come corretto on D.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), degli artt. 24 e 34 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e degli artt. 155 e 158 (1) Pronunzia di molto interesse. SUl tema assai problematico del contemperamento tra .processo inquisitorio e onere della prova, si precisa che specialmente quando non vi sia chiarezza sUl riconoscimento dei fatti o la loro contestazione, il giudice tributario non pu risolvere il conflitto con la affermazione che l'ufficio non ha dato la prova, ma deve prendere l'iniziativa per acquisire i documenti utili anzich rimproverarne alla parte la mancata produzione. Trattasi di un indirizzo certamente corretto che rende il processo tributario pi efficiente sUl piano sostanziale, anche se pi laborioso. Troppo spesso, al contrario, si leggono decisioni che riportando la sufficienza della prova addirittura sul terreno della legittimit dell'accertamento, fanno del processo tributario un giudizio di legittimit. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO c.p.p. (richiamato dall'airt. 70 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600) ed inoltre dell'art. 112 c,p.c. (omessa pronUDJCia), nonch omesso esame di punti decisivi, in relazione all'art. 360 n. 3; 4 e 5 c.p.c. Con la doglianza l'Amministrazione Finanziairia censura la sentenza della C.T.C. in quanto, limitando la decisione ad un richiamo globale di quella di II grai4o) di cui veniva riferito ed acquisito l'argomento fondamentale inerente alla mrunJCata produzione del ve:ribale del N.P.T. della G. di F., aveva errato in diritto peroh non erano stati oggetto di controversia i dati di fatto rilevati dalla G. di F., ed inoltre perch, se ritenuto rilevante in causa, detto ve:ribale avrebbe dovuto essere oggetto di ordine di esibizione da parte deMa stessa commissione ex airt. 36 D.P.R. n. 636/72; avva errato sul piano motivazionale peroh, con tale condotta processuale, la decisione ne risultava viziata per omessa pronuncia sui punti decisivi che erano stati oggetto della doglianza dell'Aro ministrazione Finanziaria davanti alla Co:rnmissione di II grado, prima, davanti alla C.T.C., poi. I controricorrenti sostengono l'inammiss1bilit del ricorso, per omesso rispetto delJa disciiplina dell'art. 366 n. 4 c.ip.c. in quanto l'Ammini strazione Finanziaria, pur richiamando una serie di airticoli di legge assertivamente violati dalla pronuncia della C.TiC., non avrebbe enunciato i motivi di gravame ed iiiloltre perch l'articolazione del ricorso in massima parte concernerebbe la pronuncia della Commissione di II grado, e non quella specificamente oggetto del ricorso per cassazione. Entrambi i rilievi pregiudiziali non sono meritevoli di accoglimento, sia peroh l'esposizione del ricor.so consente adeguatamente la comprensione delle dogliamie avanzate, sia perch, sotto il secondo profilo, nella stessa decisione della C.T.C. la richiamata motivazione della Commissione Tributaria di secondo grado costitutiva il contenuto, l'unico contenuto, di quella della C.T.C; Ed invero, l'unico elemento autonomo di valutazione che appare nella decisione oggetto del presente ricorso, si concretizza nella seguente espressione: Considerato che ne1la pronuncia di secondo grado non sussiste il vizio di difetto di motivazione denunciato dall'Ufficio nel suo ricorso, in quanto i giudici di merito hanno dato sufficiente, se pure concisa, giustificazione del r1getto del gravame . Si trattava, quindi, di una motivazione espressa interamente per relazione al tenore della decisione di II grado, quanto meno nella parte che viene richiamata esplicitamente e sintetizzata come segue: ritenuto che su aippello dell'Ufficio, la Commissione Tributaria di secondo grado ha disatteso il detto gravame rilevando che l'Ufficio aveva fatto richiamo, per sostenere le sue doglianze, al processo verbale di verifica della Gua:ridia di Finanza, che peraltro non era stato prodotto in giudizio, onde i motivi del gravame non appa PARIB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rivano sorretti da aLoun supporto probatorio ed erano inidonei a contrastare le determinazioni cui erano pervenuti i giudici di prima istania " Dalla corirelazione 1Jra le dJUe espressioni, si deduce, in sostanza, che la C.T.C. non ritenne valide le censure mosse dall'Ufficio in entrambi i gradi di giudizio, perch sfornite di prova, prova ohe avrebbe dovuto derivare dal Ve11bale di verifica deMa G,d.F. richiamato, ma non prodotto. La teoniJca espositiva adottata ne1la decisione della C.T.C. giustifica, da una parte, il motivo pe!I' oui, le censuxe sulla decisione della C.T.C. dovevano necessariamente coinvolgere i motivi della decisione di II grado, considerati non in quanto tali, ma quale unico contenuto della decisione della C.T.C.; rende ragione, d'altra par.te, della fondatezza, per quanto di ragione, de1la censura fo!1mulata dall'Amministrazione Finanziaria con il ricorso per Cassazione. Asserire, infatti (in ci iJ. senso sostanziale peI1Cepibile della decisione della C.T.C.) ohe la manicata produzione del verbale redatto in sede di verifica dalla G;d.F. rende sfornite di SUipporto probatorio le censure dell'Ufficio, significa negare (sia pure sotto il profilo de1la carrenza probatoria) l'.uniJco elemento dimostrativo che da detto Vierbale potrebbe derivare e, cio, la veridicit delle letture di atti e documenti della GuaI1dia di Fmanza eseguiti sia pr.esso la contribuente, sia presso societ committenti, con cui la S.p.A. Fratelli Baltera aveva avuto rapporti negoziali. Se non che, il fatto che dette letture fossero avvenute, non era stato oggetto di contestazione tra le parti, contestazione che invece coinvolgeva la natura ed il significato degli atti (schede e brogliacci letti) esaminati dalla Gd.F., e la loro incidenza nella log!oa ricostruttiva dell'accertamento (limitatamente alle uniche due voci rimaste in contestazione), in relazione alla documentazione prodotta dal contribuente. Il troncare l'anaHsi alla base, su situazioni ohe, nel loro aspetto formale non erano oggetto specifico di contestazione e che comunque, se rilevanti in causa, le Commissioni di merito avevano H potere di autonomamente acquisire, secondo le modalit che caratterizzano la natura eminentemente inquisitoria del procedimento tributario, ha finito per alterare la linea logica de1la decisione oggetto di ricor.so e per esrcludere dall'esame il tenore sostanziale del contrasto tra le parti derivante dall'analisi e dal significato di due serie documentali, nonch dalla loro incidenza sulla regolare ricostruzione del conto economico della societ. Sotto l'indicato profilo le doglianze dell'Amministrazione Finanziaria appaiono fondate ed impongono un'adeguata rilettura, da parte del gh1 dice del rinvio, deMe situazioni controvierse. (omissis) 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 settembre 1991, n. 9606 -Pres. Favara Est. Bibolini -P. M. Martone (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Stigliano) c. Pozzo. Tributi erariali diretti -Soggetti passivi -Sostituto di imposta -Curatore del fallimento -Esclusione. {d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 23 e 25). Il curatore del falliment,o non 1'iveste la figuro. del sostituto di imposta n per l'attiv~t che compie nella gestione n per i pagamenti chej esegue. per crediti ~ns~uati (1). (omissis) Nel merito, l'Amministrazione ricorrente ripropone, senza prospettare sostanziali nuove wgomentazioni, una questione cui questa Corte ha gi dato soluzione, con precedenti pronum::ie (v. Cass. Sent. 28 ottobre 1980, n. 5777; nonch, sotto alcuni aspetti, Cass. sent. 8 settembre 1986, n. 5476), alle quali si ritiene di dovere daire continuit. In particolare, COIIl l'unico mezzo di caissazione la ricorrente deduce la violazione e fa falsa applicazione degli artt. 23 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ed argomenta su tre posizioni logiche essenziali, e cio: a) il curatore, in quanto amministratore del patrimonio fallimentare, a norma deH'art. 31 L.F. subentra all'imprenditore, dichiarato fallito, in tutte le operazioni di ordine documentale-contabHe, nonch nelle spese e nelle operazioni di online commerciale; poich i sostituti di imposta, come da elenco dell'art. 23 d.P.R. n. 600/73, sono caratterizzati da un obbligo contabiil:edocUJIDentale cui sono assoggettati, nonch dall'esercizio, il pi deMe volte, di attivit comme:rx:ia1e, dette caratteristiche debbono individua11si anche nella funzione del curatore; b) l'ultimo comma dell'art. 10 d.P.R. n. 600/73 fa iriferimento a tutte le situazioni indicate nei commi precdenti e, tra esse, oltre ai liquidatori sociali, al curatore fallimentare, qualificandolo espressamente come sostituto d'imposta; e) 1se non si seguisse fa linea indicata, il differente regime cui sarebbero sottoposti i paigaimenti di compensi e retribuzioni ai lavoratori dipendenti ed autonomi, 1determinerebbe una situazione assurda, con notevole pregiudizio per l'erario. Le tre affermazioni di principio, su oui si fonda la soluzione del problema prospettato dall'Amministrazione ricorrente, non sono condivi (1) Si deve prendere atto dell'orientamento della S.C. pur non totalmente convincente. PARTE I; SEZ. V, GIURISPRt}Dl;!NZA TRIBUTARIA sibili; non le argomentazioni dirette, perch traggono spunto d.a un'erronea inte;rJpretazione sia. idegli artt. 23 e 25 d.P.R. n. 600/73, :sia delle funzioni del curatore; non l'argomentazione a contrariis di cui al sopraindicato punto e), volta che la diversit;) .sistematica pu ben trovare giustifi cazione nella. funzione fond~c;:ntale del fallimento come procedura esecutiva o;ncors11ale senza e, p{;}raltro, sussista danno sostanziale per rerario, vigendo pur 1sempre l'obb}igo della socklisifazione dell'imposta (~evia dichiarazione) da parte del titolare del rapporto di imiposta stesso, volta ohe in casi particolari non sia individuapile un sostituto, tenuto ad effettuare le ritenute ed i relativi versamenti. In particolare, . l'argomentazione sub a) trae fonte, evidentemente, dall'opinione della. non tassativit. dell'elencazione dei sostituti d'imposta, q.ale emerge dall'art. 23 del d.P.R. n. 600/73 Gelencazione rilevante, per richiamo espresso -art. 25 stesso dJ>.R. -anche per le ritenute sulle imposte da reddito da lavoro autonomo, per quanto interessi la presente dis~a); sul carattere non eccezionaile di tale normativa, di cui si sostiene l'analogica inte'.l:'Pretazione ed applicazione. L'opinione non .pu. essere condivisa, in quanto contrastante col principio della tassativit degU.ohl:)lli:ghi tributari e delle relative sanzioni, cui inerisce il carattere personale dehl'obbligazione tributaria e la necessit della 1specifica indicazione dei soggetti cui fanno carico .gili adempimenti fiscali, la etti omisiiione dia adito a sanzioni (v. art. 47 d.P.R. 600/73 relativo alle violazioni inerenti alle dichiarazioni dei sostituti d.'imPOsta). In definitiva; l'obbli!go dehla ritenuta alla fonte e della correlativa corresponsione al fisco, come disciplinati in tutte le varie ipotesi del titolo III del d.P.R. n. 600/73, d luogo al fenomeno della sostituzione, qualificabile come una particolare. modalit di esazione di imposta cui determinati soggetti sono tenuti, non in virt di un particolare rapporto con il soggetto di i:mposta (anche se sul presUJppOsto di taile rapporto), ma in virt di un partirola:te rapporto e<:>n lo Stato, ipt:!Jr conto del quale il sostituto tenuto ad operare a seguito di espressa .designazione normativa. Indubbiamente, come Sostiene la ricorrente, da figura del sostituto d'imposta non trova ragione nella natura del reddito, fonte dell'obbligazione tributaria, ma nella posizione particolare del sostituto nei coofronti del soggetto primario del rapporto d'imposta, posizione caratterizzata dalla tenuta di Ul!la contabilit controllata, o facilmente controhlabile, dalla quale poter.e dedurre con certezza se, e quali, erogazioni sia:no state fatte, se e quali ritenute dovessero. effettuarsi. Il criteirio indicato, peraltro, solo il motivo alla base~ della designazione novmativa di alcuni soggetti come sostituti al fine dell'ottimizzazione dell'esazione tributaria, disposizione essa stessa espressione del principio .generale della tassativit degli obblighi tributari, senza che il criterio alla base della scelta normativa possa essere enucleato dalfinte;riprete e posto a base di un'estensione analogica delle ipotesi di sostituzione nell'esazione. 584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In tale inquadramento della Situazione, resta solo da constatare che il curatore fallimentare non compreso tra i soggetti espressamente designati in una qualsiasi delle norme del titolo III del d.P.R. n. 600/73, relative alle varie fattispecie di ritenute ailla fonte. N sotto differente profilo :pu sostenersi ohe al curatore competa la qualifica di sostituto d'imposta, in relazione alle somme ripartite ai creditori per rapporto di lavoro dipendente o autonomo, in vlrt di una generale obbligazione di sostituzione al fallito negli adempimenti contabili, e ci in conseguenza della funzione di amministratore del patrimonio del fallito Cihe gli compete (art. 31 L.F.). Questa impostazione di fondo, relativa alla funzione del curatore, non raramente impronta l'azione, nei confronti della curatela, della Pubblica Amministrazione, dimentica del fatto che anohe il curatore un pubblico ufficiale (art. 30 L.F.), le oui funzioni .sono quelle, ed esclusivamente quelle, previste dalla legge, e tra le quali non esiste affatto la sostituzione ail fallito negli adempimenti cui questi sarebbe stato tenuto, qualora l'impresa fosse continuata. N detto obbligo generale di sostituzione pu trarsi dalla futnz.ione di amministrazione del patrimonio del fallito, volta che detta funzione svolta, dal punto di vista soggettivo, non come rappresenta111te o curatore del faHito, ma come componente del.J.'Uffido Fallimentare; svolta, inoltre, da un punto di vista funzio I nale, per il perseguimento delle finalit, a rilevanza pubblica, cui la concorsualit sistematizzata sopperisce, finalit tra le quali non si individua affatto, come criterio generale, la sostituzione nelle inadempienze contabili o formali (ed anche nei confronti delle amministrazioni pub IIbliche), in cui il fallito sia iincorso, prima del fallimento, ovvero alle quali il fallito non abbia potuto adempiere a causa dell'inizio del!la pll'OCedura concorsuale. Non vi , n pu esservi, tra gestione di impresa fallita ed amministra I zione fallimentare da parte del curatore, quella continuit altrimenti I individuabile nelle societ, tra attivit di impresa e liquidazione del patri@ monio, se non altro perch il liquidatore organo (e quindi, rappresentante) dell'entit soggettiva (la societ) unitariamente operante nelle due fasi di 1perseguimento dell'oggetto sociale e di liquidazione; al curatore, al contrario, che non 011gano sociale (n legle rappresentante dell'imprenditore), come organo della procedwa esecutiva conco11suale fa carico l'amministrazione e la liquidazione del patrimonio del fallito per le finalit istituzionali della procedura concorsuale, non necessariamente coincidenti con la continuit operativa, tipica della societ in .liquidazione. Ci sia detto in linea generale, senza considerare ulteriormente che i sostituti d'imposta sono tenuti al!la ritenuta alla :fonte (arrtt. 23 e 25 d.P.R. n. 600/73) in quanto coNispondono compensi e nel momento in cui li corrispondono. Gioca, quindi, come oggetto e momento originario dell'obbligazione sostitutiva, l'adempimento di un'obbligazione inerente ad un rapporto 4i ic;ijritto >sostl:!iUZiale 4L oui il 1sostitut() sia, o divenga, parte al momentQ . Q.~la corresp~:msione e. ohe lo ()Q1;>1iga alla tenuta di una.. precisa contab:Uit ... U.c.i;atore,. con esclusJ<>ne.. del .caso di gestione <:lelgimpresa . ll:l ~@:lei.zio pr9yyj~q;r!ll... (art. 90/ t.F.), aUfuioM .pc;:>ne in ril?a:t:i:o un credito di lavor()i e vi da esecuzione, non corrisponde un cQW~:(lls<;J..tW~ :QJ?.~m, al di 1f'U.o:ddiJ1n. rapporto <:li. di:titto sostlUIZbile che lo olnv:Qlga direttamente, iJ?er finalit satiisfattive in !fOl;.'lIJ.a. coattiva 4ei creditori concorrenti. . Alla mancanza della qualifica soggettiva del sostituto d'imposta corri~ p()Jllcle~ ,rpert;;t11t9~ ~~e la ~z.!i. (iell'eli:ip::1ento oggettivo atto a. ctare COJ:ltent:tt9 ajl{9p9l~g9 'cli .sq~.tiwzione;... ~econdo. le disposizioni richiamate del d;P.R. ri, 600/73. Infine (argomento sub b) non pu ritenersi che il quinto comma del l'arti 10 d.P;;R:;m 600/73 sia:direttamente attributivo al curatore dellaqtia liffoa del s6$titutg d'iftiposta~ Lii fo:rinufazone letterie della nonna. non ~stnsiv d.~Ii\ &b1"1i$1li d.el sostituto. ii tutttfie iptesf dl liquidazione cui si riferisce la rubrica dell'articolo iri esafue, mi sf limita a. rlcha !llare, l:lllJC'he in c~o di Jiquidl:lzi9nc:i.~ 1la pre~rizione deJr~. 9 nei termini ivi pr1avisti.Jl.quarto C9J'.ll1nade11:'art 9 prev~e Ltennini per la presenta zione della 4idliarrazione d~ s()Stitl.l.ti. d'ipo$ta. .'Conseguentemente, Ia,.phia:ve .idil1attui:a clelquinto .CO!ll!lla dell'art. !O si spiega nel senso che, mentre le dichiarazioni iniziali e finali dei redditi nei vari casi di liquidazione (ed in essi il fallimento e la liquidazione coatta rumminiStrativa} debbbn6 effettuarsi in temnini espressamente previsti dalla norm', i sostituti d'irilposta debbono continuare a: depositare fa diichiararlon loro propri nei temmini or.dirnari previsti dal ricor.dato articolo 9, quarto comma. Non, quindi, previsione di ipotesi di sostituzione di imposta in tutte le situazioni liquidative previste dai primi quattro commi dell'art. 10, ma prottiazione di uri temninedi prestazione dei sostituti) se ed in quanto la fattispeeie del sostituto. sia individuabile nei singoli casi di liquidazione. do eostih:dscJa 11ormaJlt pe:tl liquidazione sociale formaliZzata, nella > al gi;lJldizio dJ :rneritq, al quale si perviene aippunto per il tramite dell'imp.gnazione dell'atto, con la precisazione ohe. al giudizio. di merito sul rapporto non. . dato pervenire quando ricorrano detera:ninati vizi fo:cmali dell'atto in presenza dei quali il giudice deve arrestarsi alla invalidazione di esso, con. cip. non. omettencio affatto di esercitare la giurisdizione attribuitagli, ma anz pienamente e correttamente esplkandola. In particolare,. contrariamente alla tesi soste:nuta dall'Amministrazione al riguardo, il giudice deve fermarsi alla pronunzia di annullamento dell'atto nel caso di difetto assoluto di motivazione, ossia di mancanza di wi conten.to minimo essenziale eh.e consenta all'atto di realizzare la Sl,J:a ttmzic>ne, i:tl!di'Viduata nel compito di esternare, in termini sommari e. semplificati,. le ragioni del provvedimento. La presenza del contenuto minimo essenziale swflficiente per l'instaurazione del giudiziodi merito sul rapporto ed , poi, onere dell'Ufficio provare la sussistenza dei concreti elementi di fatto della sua pretesa. Nel manifesto intento di uniformare e razionalizzare il sistema, nel senso di esigere una motivazione per quanto basta ad introdurre il giudizio di merito, che non si fer.ma agli elementi indicati nella motivazione (e non si esaurisce nel controllo di essi), analoghi principi sono stati a~fermati, con la sentenza n. 5787 (non a caso pronunziata nello stesso giorno), in riferimento alla questione riproposta nella presente controversia. Con tale decisione, premesso che l'Amministrazione finanziaria si limita a recepire i risultati dell'azione di accertamento dell'infrazione urbanistica svolta dagli organi competenti, i quali, adottati i provvedimenti del caso, li portano. a conoscenza dell'interessato (per cui la contestazione dell'illecito, cui si collegano sanzioni di varia natura, compresa quella di decadenza dai benefici fiscali, gi nota al contribuente in base ad una vicenda anteriore espressa in atti dell'Amministrazione comunale o del giudice), si , quindi, pervenuti alla conclusione ohe, secondo il canone. di idoneit aUo scopo, per. giustificare il diniego della esenzione tributaria sufficiente l'indicazione della norma applicata da quegli uffici a conclusione dell'indagine amministrativa o giudiziaria, intesa come contenuto minimo essenziale della motivazione al fine della introduzione del giudizio sul rapporto. 4. -Queste conolusioni, seguite dalla prima sezione nella sentenza 22 maggio 1990 n. 2624 e confemiate dalle Sezioni Unite (sent. 28 dicem PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 591 bre 1990 n. 12204), vanno ulteriormente ribadite in questa sede, nonostante la ruscmde decisione della prima sezione n. 1728 dell'll aprile 1989, la quale -premesso che, come ogni altro atto amministrativo, anche il diniego di esenzione tributaria dev'essere adeguatamente motivato -ha esclU!so tale adeguatezza quando il provvedimento si limiti al richiamo della violazione dell'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765 basato sull'affe: rmazione ohe la costruzione sia stata eseguita in contrasto con la licenza edilizia. Poich dalla norma richiamata emerge che non tutte le violazioni della licenza comportano la poodita dei benefici fiscali -si concluso -occorre che il provvedimento specifichi le difformit riscontrate nel caso concreto o, quanto meno, riferisca le risultanze dell'atto amministrativo comunale che le aveva accertate (purch contenga quelle specificazioni), in modo da consentire al contribuente di esercitare il diiritto di difesa e al giudice di controllare La fondatezza nel merito della pretesa tributaria. In questa sentenza, ohe si riallaccia alla giurisprudenza anteriore all'indirizzo affermato con la decisione delle Sezioni Unite n. 5782 del 1988 (della quale, peraltro, non si fa alcun cenno), si tornati ad una iimpostazione che riconduce il problei:na della motivazione dell'atto tributario in ,queHo, pi generale, della motivazione dell'atto amministrativo ( .come ogni atto amministrativo, anche il diniego di esenzione... ) e 'Che non tiene conto deMe peculiarit del primo in relazione al giudizio tributario che l'eventuale opposizione del contribuente destinato ad aprire, per cui la motivazione, secondo un canone d'idoneit allo scopo (sufificiente a garantire il diiritto di difesa del destinatario dell'atto), deve soddisfare, pi che esigenze di carattere formale, la sostanziale idoneit ad esprimere la pretesa tributaria in modo che su di essa possa svolge:risi il giudizio di merito sul rapporto, pU11Ch vi sia presente un contenuto minimo essenziale ohe ne escluda ila invalidazione. N, a tal fine, La sentenza n. 1728/89 tiene conto del fatto che il diniego dell'esenzione rappresenta il momento terminale di un anteriore iter procedimentale, nel quale il destinatario del diniego stato necessariamente coinvolto e del quale, per ci, conosce ogni singolo passaggio: da1la diffida del Sindaco (cui attribuito un potere di vigilanza in materia ediHzia) alla irrogazione delle sanzioni di cui agli artt. 32 e 41 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, come modificata dalla legge n. 765/67, ed in certi casi de1le sanzioni penali a seguito del relativo processo in cui l'autore de1la violazione assume la veste d'imputato. Infatti, il diniego dell'esenzione trae origine esclusivamente -ed in modo vincolato che non lascia all'autorit finanziaria alcun margine di valutazione e ,di apprezzamento -dall'atto, ad essa comunicato, con H quale l'autorit amministrativa e/o giudiziaria accertano e puni 592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO scono la violazione eclilizia; conseguentemente, i~ diniego, non solo dichiarativo e non costitutivo del diritto dell'Amministrazione finanziaria al recupero delle imposte dovute nella misura ordinaria, ma recepisce i risultati dell'azione accertatrice dei competenti organi, i cui provvedimenti sono stati gi portati a conoscenza dell'interessato, poich gl'illeciti accertati hanno ricevuto impulso dalla denunzia dei Comuni nei confronti dei trasgressori ed hanno, cli regola, gi esaurito il loro iter nelle com petenti secli giiuri:sdizrl.onali oroinaria o amministrativa ovvero in sede di conciliazione amministrativa, implicante il riconoscimento degli ilieciti. Dire, quindi, che non tutte le violazioilli contemplate nell'art. 15 della !legge n. 765/67 comportano la peiidita di benefici fiscali, s che il solo riferimento alla norma non costituisca valida motivazione del diniego, argomento che perde ogni forza persuasiva, ove si consideri che il contenuto della norma va cli volta in volta riferito alle violazioni gi contestate al tr:asigressore e ohe essa fa espressa menzione dell'obbligo del Comune cli segnalare aH'Intendente di finanza quelle stesse violazioni per le quali si ~ proceduto, in sede amministrativa e/o giudiziaria, a carico de1l'ootore della violazione. In conseguenza, da I un lato, il richiamo della norma evidentemente limitato a quella parte I di essa ohe ha gi formato oggetto della vicenda anteriore; dall'altro, il trasgressore in grado di opemre immecliatamente il necessario collegamento della norma richiamata a1la specifica violazione gi conte I statagli. Il riiohiamo al citato art. 15 rappresenta, quiV~Ja, O.r Pi'eYlsi;te t>M~#ta nel tew co:tmna .della norma $ 4.u$#6#~ ri~Uif ffearte izj(f~:rio~ama. fi1ift;. 1; ~ ie:iif onde evitarre 6~pg$1fat ~lJ.sih~ dell'\Ui:lp6stat J?'rttWt(J, ili ~ccgglim(lnto ~~lii<:'()tso va cassata la dedsfone impu gtilil,ta ie:iq# $ltj'.nyi() (J.eLla ca,it$a ~Ila. Q,mmssJo.e Trlbutada Centrale la ilti~ $i ~foifuef afp~Lpiq per f qiifil le.do#~zfon4esegwte dal tiid~sM:iSia:aritᥥ1n.:fv'6faeldstess0 cfob.tri,. isfu: cfo1atti distinti s<:>no s6Hopostg lfa. .. disciplma del. cocerv ili virtif del rfolilamo t:oritepufo riel :tmci ()fritria cJ,ell'ary/ 55 del D;)>;'.R. 26i ott&bre 1972, n; 637 ijlil'~tt< 7 itell() Jt~~$0, di;!#eto: pertanto, il vai<:;fe del berie o del diritto Hs~i#t~iajfitf~ᥥaev&~$ei:e#i"!igiorito.,~. s~1f.ti4euatt.eterminaiid: ri> dil1tii:i,~i.ij_l.t,ot c!e11'1ffi~&sfa( t'li uri imporfo paff a1 va161'e difritte le d:C>:tlaziorii a:Ilt~9rt ii1lqa:l:e< a viantag~io . del m.~eSinio donatrio. (mlsslst CO:RTB Dl CASSAZIONE; Sez. l, 5 novembre 1991, n. 12027 Pres. Corda Est. Cicala -P.M. Martone (conf.). Eredit beneficiata Benedetti c. Mihis:te:ro delle '.Fllianze (avv. Stato Cene:tini)~ . . .. . Trlbut.i erariali indketti. Imposta di sttcc;:esine SoggettipssM Cu ratore di eredit beneficiata Impugnazione dell'accertamentQ Difetto cU tegtttim.anone; . . . (ci.. :t>.R. 16 otttibr i!i':t; h; 631, ai-i:: 6(ad. iv. artt: sM i:-s2s). IJ curatore dell'eredit accettata con beneficia di inventaria (art. 508 c. C\), differenza det Ctlftitore della ere(jit[ giacente (art; J28), .ammi nistra non nell'interesse dell'eredit ma nell'interesse dei ereditari; di conseguenza il curatore; come i .creditori, non ha interesse a contrastare te pretese. deWA.mministrazione finanziaria per..l'imposta di .successione che pu. riguaidate quant(> residua dopo che f creditori sana .stati soddisfatti (1); . (omissis) Con l'unico motivo di ricorso il curatore della eredit beneficiata sostiene la propria legittimazione ad impugnare l'avviso di accertamento in questione, in base ai poteri conferitigli dall'art. 507 del codice civile. (1) Non constano precedenti specifici. 598 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il ricorso deve essere respinto. L'art. 26, terzo comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, facendo applicazione dei principi generali in materia di interesse a ricorrere e di contenzioso tributario, puntualizza che l'avviso di accertamento pu essere impugnato dal contribuente cio da colui su cui grava il tributo. E la ipotesi di rilascio dei beni ai creditori regolata dagli artt. 507 e segg. del codice civile, non costituisce che una forma di accettazione con beneficio di inventario; in cui dunque il chiamato all'eredit non vi rinuncia, ma la accetta, pur garantendosi di fronte alla possibilit che l'attivo superi il passivo, e liberandosi dagli oneri (e dai rischi) della diretta amministrazione della massa ereditaria. Di conseguenza, il curatore di cui all'art. 508 del codice civile, a differenza del curatore della eredit giacente (art. 528) non amministra nell'interesse dell'eredit, ma dei creditori, e consegna il residuo attivo ad un erede gi individuato. Ed i creditori non hanno alcun interesse a contrastare le pretese dell'erario dal momento che l'imposta di successione verr pagata con quanto residua dopo che essi siano stati soddisfatti, e nei. limiti del residuo (art. 46 del d.P.R. 637/1972). Nessun interesse ha perci anche il curatore che non coobbligato alla imposta e non potrebbe partecipare alla definizione per adesione di cui all'art. 27 del d.P.R. 637/1972. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 novembre 1991, n. 12127 Pres. Bologna Est. Proto -P. M. Iannelli (diff.) -Salomone c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Imposta complementare Imposta dovuta per effetto di decadenza da agevolazione -Solidariet Limitazione alla parte a cui imputabile il fatto che ha prodotto la decadenza. (R.D. 30 .dicembre 1923, n. 3269, art. 93; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 55; d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 57 e 79).. L'imposta dovuta in misura ordinaria in conseguenza della decadenza da agevolazione ha natura complementare; di conseguenza l'obbligazione per l'imposta complementare grava soltanto sulla parte (nella specie compratore) alla quale imputabile la decadenza secondo la norma dell'art. 55 del d.P.R. 634/1972 e 57 del d.P.R. 131/1986, applicabile anche agli atti stipulati sotto il vigore del r.d. n. 3269/1923 (1). (1) Si prende atto della corretta interpretazione, pur assai ampia, dell'art. 79 del vigente T.U. delle imposte di registro che estende la portata delle norme pi favorevoli ai contribuenti anche agli atti anteriori alla ri forma del 1972. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis) 1. -Col primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli aitt. 7 e 93 r.d. 30 dicembre .1923 n. 3269, 40 e 55 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, nonch degli artt. 42, 57 e 79 d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, e censura la decisione impugnata per aver ritenuto inapplicabile alla fattispecie la limitazione della solidariet di imposta di cui al quarto comma. dell'art. 55 d.P.R. n. 634/1972; nell'erronea. considerazione che quella applicata fosse imposta ordinaria e principale e non complementare e che tale limitazione avesse carattere innovativo; e senza, per altro, considerare che essa, costituendo disposizione pi favorevole al contribuente, era comunque applicabile a norma dell'art. 79 d.P.R. 26 ottobre 1986 n. 131, che ne aveva esteso l'efficacia, per le controversie pendenti, anche agli atti anteriori. alla sua entrata in vigore. Col secondo motivo la Salomone denuncia violazione degli artt. 93 r;d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e l legge regionale siciliana 4 aprile 1969 n. 6, nonch dell'art. 109 t.u. 30 giugno 1967 n. 1523, e insufficiente motivazione, censurando la decisione impugnata per non aver considerato che, in base alle richiamate disposizioni, la solidariet del venditore nel pagamento dell'imposta di registro limitata alla sola ipotesi in cui non sia stato realizzato .10 stabilimento industriale previsto, ed esclusa in ogni altra evenienza. 2. -Il primo motivo fondato. La questione che la censura propone se, per un atto a titolo oneroso, registrato sotto il vigore della legge del registro 30 dicembre 1923 n. 3269, a seguito della decadenza dell'agevolazione tributaria prevista per. l'acquisto di immobili destinati a stabilimento (secondo il combinato disposto degli artt. 1 1. reg. siciliana 4 aprile 1969 n. 6 e 109 t.u. 30 giugno 1967 n. 1523), l'imposta dovuta abbia natura complementare ovvero ordinaria e principale, e se, in virt del principio della solidariet dell'obbligazione tributaria (art. 93 r.d. cit.), debba risponderne anche l'alienante, ancorch la decadenza non sia a lui addebitabile. 3. -Sul primo problema questa Corte si gi espressa nel passato, affermando (cfr., tra le altre, Cass. 3 luglio 1980 n. 4227 e Cass. 23 luglio 1981 n. 4730), pur non senza contrasti (Cass. 9 marzo 1982 n. 1478), la natura ordinaria e principale dell'imposta dovuta per effetto della decadenza dell'agevolazione tributaria prevista per i trasferimenti di aree destinate alla costruzione di case di abitazioni, ai sensi della legge n. 408 del 1949. Questo orientamento non pu essere seguito. Ai fini della definizione giuridica dell'imposta, di cui sia preteso il pagamento per effetto della decadenza dal beneficio fiscale, il momento qualificante quello della riscossione, posto che proprio in base a tale elemento l'art. 7 della 600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge del registro 30 dicembre 1923 n. 3260, l'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 (disciplina dell'imposta di registro) e l'art. 42 della legge vigente (d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131) operano la distinzione tra imposta principale da un lato, e suppletiva e complementare dall'altro. L'art. 40 (poi trasfuso, sostanzialmente, nel vigente art. 42) definisce, infatti, come principale l'imposta liquidata all'atto della registrazione; suppletiva quella applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio in sede di liquidazione; e complementare in ogni altro caso . N sussistono sostanziali differenze tra le varie disposizioni, poich anche la legge del 1923 (art. 7) definisce come complementari o suppletive le tasse richieste dopo avvenuta la registrazione e la liquidazione della tassa principale, e precisa che sono complementari quelle che al momento della liquidazione della tassa principale non poterono essere liquidate integralmente per mancanza o insufficienza degli elementi necessari per la liquidazione e quelle che, rimaste sospese per disposizione di legge, rappresentano integrazione di tasse gi riscosse. In base a tali criteri distintivi si deve comunque escludere che l'imposta richiesta a seguito della decadenza dalle agevalazioni fiscali di cui alla legge 30 giugno 1967 n. 1523 possa essere qualificata come imposta principale. Al contrario, essa deve essere definita come imposta complementare, perch richiesta dopo la registrazione dell'atto, mediante liquidazione nella misura fissa di lire 2.000 (art. 109 1. n. 1523), e non giustificata da precedente errore od omissione dell'ufficio. N pu essere condivisa la contraria impostazione, in quanto, come gi stato osservato da questa stessa Corte (Cass. 9 marzo 1982, cit.), nella disciplina disegnata nel r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, gli unici casi di imposta, pretesa dopo l'avvenuta registrazione, che conservano la natura di imposta principale erano l'erronea registrazione gratuita (art. 7, terzo comma c.p.) e la registrazione di atti sottoposti a condizione sospensiva (art. 17): ipotesi non rapportabili al caso in esame, in cui la registrazione dell'atto avvenuta a tassa fissa e il beneficio era sottoposto a condizione risolutiva. 4. -Dalla qualificazione dell'imposta in esame come imposta complementare discende agevolmente la soluzione del secondo quesito, relativo all'applicabilit o non di una limitazione al principio di solidariet stabilito dall'art. 93 della legge del registro del 1923; limitazione prevista dall'art. 55, quarto comma, del d.P.R. n. 634 e riprodotta nell'art. 57 quarto comma, della legge vigente, secondo cui l'imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti a carico esclusivamente di questa . ~ r:. ~ r: f =#ff_#_M,_ff,=M@W''"""'""'"''-"M'"@M>> '''"''''>C'>=>'"'''C>'''''=w>R~>=-=Rffff--ffffJ mF~;,---.,,=:==:===::;tJr:=-=--,..~--==x=:!===di Bf.K-..,,-,,,-~fr.,_@8.,,.,>Y..-.m.,,.,,...t.1r#All1..,,....~,,,.,,.,,..... w ..~.A~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 601 Invero, indipendentemente dal carattere innovativo di queste disposizioni, esse risultano indubbiamente applicabili alla fattispecie, in quanto, anche se la registrazione fu effettuata sotto il vigore della legge abrogata ed il presupposto della imposta sia sorto dopo l'entrata in vigore della legge del 1972, ai sensi dell'art. 79 della nuova legge del registro (d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), le disposizioni, come quelle richiamate pi favorevoli ai contribuenti si applicano anche agli atti anteriori alla sua entrata in vigore, relativamente ai quali sia pendente controversia. In conclusione, l'imposta complementare di registro in contestazione sarebbe ad esclusivo carico dell'acquirente, cui sarebbe addebitabile (come pacifico) la decadenza dal beneficio tributario a suo tempo concesso. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12220 -Pres. Bologna -Est. Cicala -P. M. Morozzo della Rocca (diff.) -Menta c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Lancia). Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Accertamento -Presunzioni -Percentuale di ricarico -Ammissibilit -Attendibilit della percentuale -Questione di valutazione estimativa. L'applicazione di una percentuale di ricarico per determinare induttivamente il ricavo globale uno strumento presuntivo la cui utilizzabilit costantemente riconosciuta. L'apprezzamento della attendibilit della percentuale utilizzata oggetto di una valutazione estimativa sottratta al giudice di terzo grado (1). (omissis) Con il suo unico motivo il ricorrente deduce due argomentazioni fondamentali, cio in primo luogo contesta che nel caso di specie possa parlarsi di accertamento analitico od ordinario; afferma inoltre che la Corte d'Appello doveva sindacare la attendibilit della percentuale di ricarico utilizzata dalla amministrazione, riconoscendone la inadeguatezza. La motivazione della sentenza impugnata regge per alle censure del ricorrente, che debbono esser respinte. Emerge, in primo luogo, dal contesto della decisione che la Corte di Firenze ha ritenuto di trovarsi di fronte ad un accertamento analitico-sintetico, cio basato nella sua impostazione fondamentale su i dati forniti dal contribuente, (1) Decisione da condividere di grande rilevanza. 602 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ma corretto in qualche profilo sulla base di presunzioni. E questa impostazione conforme al costante insegnamento di questa Corte secondo cui l'Amministrazione finanziaria procede a determinazione analitica dell'imponibile anche quando, in applicazione dell'art. 54 del d.P.R. 633/1972, deduce da presunzioni semplici l'esistenza o la misura di attivit non dichiarate, e quindi determina induttivamente l'imponibile; in tal caso l'accertamento rimane analitico mentre l'imponibile determinato, in tutto o in parte con metodo induttivo. Nel caso di specie la Amministrazione si trovata davanti alla necessit, muovendo da due dati noti quali la quantit di merce venduta e il costo della stessa, di determinare induttivamente un dato ignoto quale il ricavo globale. E ci ha fatto ricorrendo ad una percentuale di ricarico , cio ad uno strumento presuntivo la cui utilizzabilit costantemente riconosciuta dalla giurisprudenza (Cass. 10 agosto 1990, n. 8141). Naturalmente spetta alla Amministrazione fornire giudizialmente la prova della attendibilit della percentuale di ricarico utilizzata in ciascuna circostanza, e questa attendibilit subisce una verifica piena anche nel merito da parte delle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado. Siccome la individuazione del reddito questione di estimazione semplice (art. 26 e 40 del d.P.R. 636/1972), la Corte d'Appello e la Commissione Tributaria Centrale non possono poi scendere a valutazioni in fatto e debbono perci limitarsi a verificare la sussistenza di eventuali difetti di motivazione, rimettendo -se del caso -la controversia per il merito alla Commissione di II grado (Cass. 3 gennaio 1991, n. 12; Cass. 2 agosto 1990, n. 7763). A questo controllo non si sottratta la sentenza impugnata laddove ha affermato, con motivazione che non si presta a censure, che la percentuale di ricarico era correttamente fondata su fatti accertati in contraddittorio con l'interessato (Cass. 23 gennaio 1991, n. 604). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1991, n. 12222 -Pres. Vela Est. Greco -P. M. Grossi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Braguglia) c. Valentini. Tributi in genere -Repressione delle violazioni -Sanzioni -Pena pecuniaria Riduzione ex d.m. 1 settembre 1931 -Applicabilit alla soprattassa -Esclusione. (legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3, 4 e 5; d.m. 10 settembre 1931, art. 1). La soprattassa, se pure abbia carattere sanzionatorio, si differenzia nettamente per struttura e finalit dalla pena pecuniaria: di conseguenza I I f I jI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 603 non estel'tsibile alla soprattassa la riduzione prevista nell'art. 1 del D.M. 1 settembre 1931 (1). (omissis) L'Amministrazione delle finanze dello Stato denunzia viola~ ione clegli artt. 52 d.P.'.R.. 26 ottobre 1972 n. 637 e 23, secondo comma d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643; falsa applicazione del D.M. 1 settembre 1931, in riferhnento .alflll'.'.t.63 della L. 7 gennaio 1929 n. 4 (art. 360 n. 3 c.p.c,). Rileva ohe !llegittima la interpretazione della Commissione Centrale sia perch la lettera della legge, in ordine alla possibilit di riduzione, fa riierimento alle pene pecuniarie e non alle soprattasse; sia perch la disciplina sistematica.mente diversa. Ed, invero, per questo profilo, la ricorrente rileva che la gradualit che il legislatore prevede per la pena pecuniaria non prevista per le soprattasse che il legislatore determina in maniera fissa, corrispondente all'ammontare del tributo, ovvero, ad una frazione o multiplo di esso. Quanto, poi, alla continuazione riconosciuta dal legislatore, la ricorrente sottolinea che l'istituto si applica nel caso di concorrenza di pene e soprattasse non nel caso debbano comminarsi solo le soprattasse. Sicch, non consentito rifarsi a questa disciplina per ricondurre ad unit i due istituti mentre, secondo l'Amministrazione, diversamente opinando, qualsiasi misura afflittiva pecuniaria sarebbe riconducibile tra le pene pecuniarie e tale sarebbe anche la soprattassa in forza del riconosciuto carattere sanzionatorio, non incompatibile con la finalit di stimolo, comunque secondaria. Conclusivamente, la tesi che l'Amministrazione ricorrente contesta tenderebbe non gi ad equiparare pene pecuniarie e soprattasse ma aid assimilare totalmente due istituti nel quadro del generale principio che la soprattassa pena pecuniaria minore ma pena pecuniaria. Il ricorso fondato. La legge 7 gennaio 1929 n. 4 ha attribuito espressamente tanto alla pena pecuniaria quanto alla soprattassa carattere civile con ci avendo inteso escludere -secondo autorevole dottrina -sopratutto il carattere penale di queste obbligazioni. Ma esse hanno struttura e finalit essenzialmente diverse come agevolmente si desume dai criteri che il legislatore richiama per la loro deteminazione. (1) Decisione di evidente esattezza. Comunque si voglia discutere della funzione risarcitoria o sanzionatoria della soprattassa, certo che nella legge del 1929 la distinzione tra pena pecuniaria e soprattassa nettissima, s che le norme di detta legge (e del D.M. del 1931) riferite alla pena pecuniaria non sono applicabili alla soprattassa, la quale peraltro irriducibile a causa della rigida predeterminazione legale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La entit. della pena pecuniaria , infatti, correlata alla personalit del trasgressore siccome emerge dalla sua condotta e, quindi,. dai precedenti penali e giudiziari ed dichiaratamente progressiva proprio in ragione della menzionata correlazione. La soprattassa, quanto alla sua determinazione, prescinde del tutto di,t],la pe:rso:rialit del trasgressore; , conseguentemente, priva di progressi'.\ Tit ed dal legislatore destinata, fu concreto, a reintegrare il patrimonio dell'ente i:ttlpositore per la mancata o ritardata :riscossione del tribto.. II che non impedisce di riconoscere anche alla soprattassa carat tere sanziona.torio. Formulate queste considerazioni, risultano pi agevoli resame e la risoluzione del quesito se l'art. 1 del D.M. 1 settembre 1931 -in base al quale le pene pecuniarie possono essere ridotte in caso di particolari circostanze che giustifichino il benevole provvedimento - applicabile anche alle soprattasse. Sono stifficienti, al riquadro, le considerazioni seguentL le norme del D;M. 1 settembre 1931 furono emanate in esecuzione della delega contenuta nell'art. 63 L. 7 gennaio 1929 n. 4; esse sono tuttora vigenti negli stessi limiti di applicabilit della legge; e, dunque, avendo questa previsto i diversi . istitti delle pene pecuniarie e delle soprattasse, allorch con il decreto ministeriale si ' disciplinarono le riduzioni delle pene pecuniarie, s intese riservare l'ambito di applicazione del decreto su questo punto alle sole pene. pecuniarie con esclusione delle soprat tasse; quanto al richiamo dell'istituto della continuazione che secondo la decisione . impugnata -dimostrerebbe la identit delle due obbligazioni, sufficiente sottolineare che l'art. 8 della L. n. 4/29 secondo cui, . in caso di pi violazioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesima risoluzione, la sanzione applicata una sola volta in misura superiore a quella prevista per una sola violazione purch non superiore alla met dell'ammontare complessivo delle pene, delle pene pecuniarie e delle soprattasse che si sarebbero dovute applicare cal colando le singole violazioni -non incide sui termini del problema. Ed invero, allorch il legislatore, nelle sue scelte di politica ammi: riistrativO:giudiziaria dispone, nel sanzionare la condotta del trasgressore, che l'autfiento di una pena comporta la esclusione di un'altra pena, anche se di natura o struttra diversa, non ha presupposto l'identit, anche strutturale, di quelle pene. E, dunque, la determinazione della pena inflitta per violazioni continuate prescinde dalla natura o dall'essenza delle pene istituzionalmente previste per le singole violazioni. Conclusivamente, la diversa struttura e le diverse finalit delle due obbligazioni (pena pecuniaria e soprattassa) inducono a superare ogni incertezza sulla reale portata della disposizione del decreto 1 settembre 1931 e ad escludere che le riduzioni di cui all'art. 1 del D.M. 1 settembre 1931 possono applicarsi anche alle soprattasse. (omissis) PARTE I, SEZ.. V,rGIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 605 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 novembre 1991, n. 12444 -Pres. Favara -Est. Lupo -P.M. Romagnoli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Laboratorio Cavour. Tributi erariali diretti Imposta sul reddito delle persone fisiche e impo sta locale std redditi Reddito di impresa -Laboratorio di analisi cli niche -PU essere qualificato impresa. (d.P;R. 29 settembre 1973,. rt. 597, art. 51; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1; e.e. artt. 2229 e 2238). Un lab9ratorio di analisi cliniche, in quanto presta servizi a terzi, produce reddito di impresa qualora sia organizzato in forma di impresa; iJn tal caso il reddito prodotto, bench con il concorso di una attivit. professionale, .soggetto ad ILOR (1). (omissis) Con l'unico .motivo del ricorso il Ministero delle Finanze deduce la violazione dell'art. 51 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, nonch la motivazione insufficiente su un punto decisivo (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). Il ricorrente osserva che anche l:attivit professionale d luogo a reddito di impresa se svolta in forma organizzata, come nella specie stato accertato dalla Commissione tributaria di secondo grado; esso censura, perci, la decisione impugnata che ha ritenuto irrilevante tale accertamento sulla base della considerazione che l'attivit di laboratorio di analisi sempre e comunque un'attivit di lavoro autonomo. Il motivo di ricorso fondato. Va premesso che, a seguito della sentenza d.ella Corte Costituzionale 26 marzo 1980 n. 42, non sono assoggettati ad ILOR (art. 1 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 599) i redditi di lavoro autonomo non assimilabili ai redditi di impresa. La decisione impugnata ha ritenuto, in applicazione del disposto dell'art. 51 del d.P;R; 29 settembre 1973 n. 597, che la gestione di un laboratorio di ana1isi cliniche riconducibile ad un'attivit professionale e che il reddito che ne deriva perci reddito di lavoro autonomo. Tale affermazione, nella sua assolutezza, si pone in contrasto con il citato art. 51, il quale fornisce la nozione di reddito di impresa rilevante per l'IRPEF, nozione che, nella parte non contrastante con le pronunzie della Corte Costituzionale in tema di ILOR, va applicata anche nella (1) Una sentenza molto importante. che apre un nuovo fronte (v. annotazione a Cass. 7 febbraio 1990 n. 788, in questa Rassegna, 1990, I, 324) sul tema lavoro autonomo ed ILOR. Finora le professioni intellettuali erano rimaste al riparo da ogni pericolo, quale che fosse l'organizzazione di beni e di lavoro in cui esercitata l'attivit. Ma le professioni intellettuali non possono essere privilegiate rispetto alle altre categorie di lavoro autonomo. 15 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplina di quest'ultima imposta (Cass. 6 febbraio 1990 n. 788; 14 dicembre 1989 n. 5605; 9 aprile 1987 n. 3477). Detto art. 51, nel terzo comma, considera reddito di impresa quello che deriva dalle attivit di prestazione di servizi a terzi, che non rientrano nell'art. 2195 e.e., se organizzate in forma di impresa. Poich un laboratorio di analisi cliniche presta servizi a terzi, esso produce reddito di impresa se organizzato in forma di impresa. In assenza di criteri dettati dalla normativa tributaria sulla nozione di impresa, va fatta applicazione della disciplina generale del codice civile. _Al riguardo va osservato che, se vero che le professioni intellettuali sono una forma di lavoro autonomo (artt. 2229 e seguenti cod. civ., inclusi nel titolo che disciplina il lavoro autonomo), anche vero che esse possono costituire elemento di una attivit organizzata in forma di impresa (art. 2238 cod. civ.), e cio essere inserite in una struttura organizzativa che frutto dell'impiego di capitale. In tal caso il lavoro del professionista ed il capitale concorrono nella produzione del reddito, che non deriva pi dal solo lavoro, ma dall'attivit dell'intera struttura imprenditoriale, di cui l'attivit professionale soltanto un elemento (c.d. redditi misti, espressamente menzionati dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 42/80, nel par. 9, per affermarne l'assoggettamento all'ILOR). L'art. 2238 cod. civ. vale anche per le professioni protette, e cio per quelle per il cui esercizio necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi (art. 2229 cod. civ.). Anche tale attivit professionale pu, perci, costituire elemento di un'impresa. Questa Corte, proprio con riferimento ad un laboratorio di analisi cliniche, ha avuto modo di precisare, sia pure a fini diversi da quelli tributari, che la natura professionale dell'attivit svolta dall'analista non di per s sufficiente per ritenere che essa sia riconducibile soltanto alla sua persona, ove tale attivit sia svolta in una struttura organizzativa di rilevanti dimensioni e con la stabile collaborazione di una pluralit di operatori (Cass. 7 giugno 1984 n. 3444). In siffatta ipotesi all'attivit personale dell'analista si affianca un'at tivit di tipo organizzativo consistente nell'approntamento e nella gestione dei mezzi per l'esercizio della professione intellettuale, onde si ha il concorso di lavoro e capitale nel reddito prodotto dalla attivit del laboratorio di analisi cliniche. Occorre quindi un accertamento in concreto sulle caratteristiche del laboratorio di analisi cliniche Cavour p,er stabilire se il reddito da tale soggetto dichiarato (e di cui si chiede ora il rimborso) sia stato prodotto dal solo lavoro professionale degli analisti (sia pure con l'apporto di un capitale minimo tale da non dare luogo ad una vera organizzazione di impresa; Cass. 14 dicembre 1989 n. 5605, in motivazione) ovvero sia riconducibile anche alla presenza di una struttura organizzativa che ha richiesto una attivit imprenditoriale consistente nella predisposizione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 607 e gestione di mezzi personali e materiali finalizzati all'esercizio della professione. Tale accertamento concreto stato completamente omesso dalla. decisione impugnata, che, col1egando necessariamente la natura di reddito da lavoro autonomo all'attivit di un laboratorio di analisi cliniche,. hapresupposto erroneamente la incompatibilit tra tale attivit e l'esercizio di un'impresa. La decisione impugnata va perci cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della stessa Commissione tributaria, che accerter la presenza o meno, nel caso di specie, di un'organizzazione di tipo imprenditoriale. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1991, n. 12589 -Pres. Carotenuto -Est. Caturani -P. M. Di Renzo (conf.) -Marchesi (avv. J>arrelli) c. Ministero. delle Finanze (avv. Stato Braguglia). Tributi in genere -Repressione delle violazioni -Iscrizione di ipoteca legale -Art. 26 legge 7 gennaio 1929, n. 4 Giudizio d'opposizione Natura -Giudizio di convalida Esclusione. (Legge 7 ge:tmaio 1929, n. 4, artt. 26 e 27; c.p.c. art. 616). L'ipoteca legale di cui all'art. 26 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, in analogia a quella regolata dagli artt. 616 e segg. c.p.p., un mezza cautelare a garanzia di un credito non ancora certo che si basa sul processo verbale di constatazione della violazione; l'iscrizione di ipoteca,. bench soggetta al giudizio di impugnazione che ha per oggetto soltanto la verifica dell'esistenza del periculum in mora e del fumus boni iuris, desumibile solo dal processo verbale, senza indagare sul merito della controversia, non soggetta a giudizio di convalida; tuttavia l'iscrizion& di ipoteca perde efficacia qualora il credito che garantisce non sia. accertato entro termini di decadenza stabiliti (1). (omissis) 1. -Col primo motivo il ricorrente sostiene l'inefficacia'. dell'ipoteca legale, iscritta nei suoi beni ai sensi dell'art. 26 della legge: 7 gennaio 1929 n. 4, a causa della mancata instaurazione del giudizio & merito in violazione dell'art. 680 comma quinto c.p.c., applicabiile alla fat- (1) Decisione di molto interesse di. cui va segnalata la approfondita motivazione. Di particolare interesse la precisazione che la verifica del fumus boni iuris sia al momento dell'autorizzazione all'iscrizione sia nel giudizio di opposizione circoscritta all'esame del verbale di accertamento, ma non investe il merito della controversia devoluta alla giurisdizione delle com-missioni. 608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tispecie stante il perfetto parallelismo, desumibile dalla legge anzidetta, tra ipoteca legale e sequestro conservativo. 2. La censura non fondata. L'art. 26 comma 1 della legge n. 4 del 1929 sulla repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, cos statuisce: In base al processo verbale di constatazione di una contravvenzione di competenza dell'intendente di finanza o della violazione di una norma per la quale sia stabilita una pena pecuniaria e quando vi sia pericolo nel ritardo, l'intendente pu chiedere al presidente del tribunale competente, l'iscrizione di ipoteca legale sui beni del trasgressore, od anche l'autorizzazione di procedere a mezzo dell'ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo sui beni mobili . Ai sensi del successivo art. 27 comma 1, l'iscrizione dell'ipoteca o il sequestro possono essere impugnati da chiunque vi abbia interesse. La impugnazione proposta: 1) innanzi al giudice civile, quando si tratta di garanzia presa in seguito a violazione delle leggi finanziarie, la quale non costituisce reato. Per intendere il significato logico-giuridico delle norme anzidette e tenendo presente che, in conformit a tutta la nostra tradizione storica, possono essere garantiti solo i diritti di credito (art. 2808 comma 1 e.e.) perch nel nostro diritto positivo l'ipoteca mira a rafforzare l'azione esecutiva per espropriazione, cui a sua volta possono dar luogo solo i crediti, le disposizioni in esame si ricollegano al principio secondo cui, l'accessoriet ad un credito, tipico del diritto di ipoteca, non implica necessariamente che il credito debba esistere gi al momento della costituzione della garanzia. Trattasi, in realt, di una questione di diritto positivo che il nostro ordinamento ha risolto variamente a seconda degli interessi che nelle singole ipotesi prese in considerazione si sono voluti tutelare. Cos, in analogia alla ipoteca del proprietario, propria del diritto tedesco (paragrafi 1113, 1163 e 1168 cod. civ. germanico), eccezionalmente un vincolo specifico ammesso anche nel nostro diritto a favore del terzo acquirente del bene ipotecato che, avendo scontato sul prezzo di acquisto l'importo delle ipoteche, paghi i creditori iscritti (art. 1203 n. 2 e 3 e.e.). In tal caso il subingresso del terzo acquirente nell'ipoteca (surrogazione) conferisce a questa una natura ed uno scopo diversi da quella che prima aveva: essa non garantisce pi un credito, ma costituisce un diritto del terzo acquirente di prelevare una somma in caso di espropriazione del suo bene, con evidente funzione di tutela della posizione del terzo acquirente. Inoltre, in via pi generale, pur dovendosi ammettere come regola la inammissibilit di una ipoteca per crediti futuri, non altrimenti determinati, la nostra legge riconosce sia pure in linea eccezionale che PARTII. I, SBZ. V, GIVRIS:t>RUDBNZA TRIBUTARIA il l'.iiritto :reale cij, garanzia pu ben essere costituito anche per crediti ce>r.i.dbli<;>nali coni 1$fetto ex tunc; attesa JE1;. retroattivit della condizione, o eventuali, con . effettq ex nunc, Si .. richlecle; peraltro,> che dal titolo devono >ris:qltare >gi. all'att() Clell',isrizion,~ (spetjev. a tutela dei terzi) gli .... estremi Jd,onei aCI. inCl.i'l.!'iduare il.rapporto .giuridicp Cl.a cui pu na~ere Jl :re@,t() che Cl luogQ a11'iscri:z;i(:>ne. ipotec::aria (e$ .cl'e.dito per l'eyjzione nella. yendita: a:rt. 1481 e.e;.; c;:J;e(llto Cl.el fldeiussore nei confr<> nt~ del debitore principale: art. 1950> e.e.). In questi:\ ottica s inserisce l'art. 26tin esame, iLquale, nella ricorI'. e!'.l:Za Jlei .. req.i;!)W. (saj., qu;:L infra) che la norma richiede ai fini dell . iscrizimw ipg:tec"ia, . anmiett.e la possibili:t che .. si. faccia luogo all'iscrizione in base >al processo verbale di constatazione di una contravvenzione . di competenza dell'intendente di finanza della violazione di una norma per la quale sia stabilitai :una pena pecuniaria. In questo casqK q.in!lli si verific una .. ulterie>re ipotesi normativa neUll. c,i.ale, derqgat:tdos~ al principio per cw; rip()tec:a tittela un diritto di credito attualll)ente esistente, la garEt:nzia reale. . pu costituirsi in un momento Et:ntecedente alla stessa formazione del:titolo del credito Clell'~ll'.llllinistr~io:ne ...fhiap:ziaria, in bas al . fumif:S; . f)oni juris circa la effettiva . esistenza . del credito .. che si.. intende cautelare, desumibile da un att(). pu}?l:>lio. (proc~~so verbale di constatazione. della violazione di una norma per la quale sia stabilita una pena pecuniaria), in considerazione della p11rtii;:9lare natura del crec;lito garantito, sussistendo gi, seconclo . la val.ta,zio~e norrntiva, il rapporto giuridico dal quale pu nascere il .. credito .. (tributlll'o) . che legittima !;iscrizione. 3. -Da quEt:nto . precede consegue che, nell~ fattispecie prevista dall'art. 26 cit., corne si desum.e. del. resto dalla stessa formulazione della norma, . .previste> un .. certo. ~aral1elisino .tra fa iscrizione ipotecaria ed il sequestro . criservativo sui beni . mobili, ! . 011de . deve riconoscersi che nelcaso de quo l'ipoteca stata utilizzata dal legislatore cn una preminente funzione cautelare analoga a quella propria del sequestro conservativo. Trattasi, tuttavia, . di una analogia che . trova nello stesso sistema giuridico il fondamento della sua esistenza. Per cogliere il.. significato logico-sistematieo. dell'art. 26 neces.saro tener presente . che, all'epoca in cui fu eilinata la. legge n. 4 del 1929 (di cui gli artt. 26 e 27 fan!lo parte), l'art. 924 c:p.c. del 1865 ammetteva il sequestro conservativo esclusivamente per i belli mobili e i crediti, mentre soltanto con l'art. 671 C:.p.c. vigente esso stato esteso anche ai beni immobili del debitore, in base al rilievo che la cautela< pu estendersi a tutti i beni dell'obbligato in quanto quest'ultimo risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 e.e.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ.O STATO 610 L'iscrizione ipotecaria, pur conservando le sue caratteristiche strutturali, esplica quindi in materia una funzione tipicamente cautelare analoga al sequestro conservativo. Ne discende che, in linea di principio, esatta la tesi della difesa del ricorrente, secondo cui non pu ammettersi che il vincolo (reale) sul bene oggetto della iscrizione ipotecaria gravi illimitatamente, ma, dalla disciplina propria dei provcedimenti cautelari, risulta al contrario che quel vincolo ancorato nella sua efficacia ai termini entro i quali deve instaurarsi il giudizio 'di convalida e di merito (art. 680 comma 5 c.p.c.). Ed in fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio quando cio la competenza a conoscere la causa di merito appartiene ad arbitri, questa Corte, pur ritenendo inapplicabili i termini previsti dall'art. 680 c.p.c., ha precisato che in tal caso, in mancanza della instaurazione del giudizio di merito almeno durante la pendenza del giudizio di primo grado, il sequestro non pu essere convalidato (sent. n. 7056 del 1982). Nel presente giudizio tuttavia l'art. 680 c.p.c. risulta inapplicabile per ragioni intrinseche alla stessa disciplina del procedimento cautelare previsto dall'art. 26. L'art. 27 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, invero, non solo disciplina un particolare giudizio di impugnazione contro l'iscrizione ipotecaria, ma statuisce che l'impugnazione stessa proponibile da chiunque vi abbia interesse. L'impugnazione ha per oggetto la esistenza dei requisiti cui il precedente art. 26 fa riferimento ai fini della concessione della misura cautelare: e cio il fumus boni Juris, desumibile dal processo verbale di constatazione dell'infrazione ed il periculum in mora (vale a dire il fondato timore del creditore di perdere la garanzia del proprio credito). Questa disciplina, che sostituisce il giudizio di convalida nel procedimento ordinario di sequestro, mutuata dal codice di procedura penale ed in particolare dagli artt. 616 ss. L'art. 616 dispone che il pubblico ministero presso il tribunale o presso la Corte innanzi cui in corso il procedimento e il pretore nei procedimenti di sua competenza possono richiedere, dopo il primo atto del procedimento contro l'imputato o successivamente, la iscrizione del l'ipoteca legale prevista dagli artt. 189 e 190 c.p. Ed analoga facolt attribuita dal successivo art. 617 per quanto riguarda il sequestro di cui alle menzionate norme del codice penale. Tale disciplina ha poi subito alcune sostanziali modifiche con l'en trata in vigore del nuovo codice di procedura penale approvato con d.P.R. 22 settembre 1988 n. 447, specie per quanto concerne da un lato la estensione del sequestro agli immobili e la conseguente eliminazione dell'ipoteca legale che non ha pi ragion d'essere dopo quella estensione (cfr. gli artt. 316 ss. del nuovo testo). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TR.IBUTARIA In conformit:. a quanto statuito dall'art. 27 della legge .n. 4, l'art. 618 c.p.p. (nel testo originario) prevedeva contro le anzidette misure cautelari un apposito giudizio di opposizione, .sostituito poi da un giudizio .di riesame proponibile; in perfetta .assonanza con l'art. 27, da chiunque vi abbia interesse (art; 318 del tmovo testo). 4. -Non sipone quindi; nella specie, un problema di osservanza dei termini per la instaurazione del giudizio di merito secondo quanto previsto neM'ambito del. procedimento di sequestro conservativo, di cui al codice .di procedura civile, per il semplice.. motivo che nel procedimento cautelare di cui agli art. 26 ss. della Jegge in esame, non previsto un giudizio di convalida, conforme a quello civilistico, n sono applicabili, in linea di principio le relative norme processuali. Trattasi invece di un giudizio di convalida analogo a quello penalistico. Ne consegue che il giudizio> di impugnazione della iscrizione ipotecaria e del sequestro, che .ha la natura di un giudizio di nullit, essendo proponibile (come quello penalistico) da chiunque vi abbia interesse, ha per oggetto. esclusivo .. la ricorrenza in concreto dei presupposti per la concessione della misura cautelare (fumus bcmi juris e .periculum in mora), mentre fuoriescono dai suoi confini tutte le questioni che attengono al merito . della controversia). Un .. accenno particolareva tuttavia compiuto con riferimento al termine per la instaurazione del giudizio di merito, che deve ritenersi immanente ad ogni procediment0. cautelare (cfr. l'art. 680 c.p.c. in tema di sequestro .civilistico; l'art. 701 c.p.c. in tema di provvedimenti d'urgenza). Tale esigenza che un .termine sia comunque previsto .Per la instaurazione del giudizio di merito dipende dalla circostanza che i provvedimenti cautelari, avendo natura strumentale in quanto diretti ad evitare che. la futura pronuncia di;:l giudice possa restare pregiudicata dal tempo necessario ad ottenerla, esauriscono la loro funzione con la decisione emessa nel successivo giudizio di merito (cfr. le sentenze nn. 382/86; 5412/84;. 444/80). E dalla stessa disciplina penalistica cui, come si accennato, il procedime.to cautelare in oggetto si . ispirato, risulta chiaramente l'intento legislativo di non attribuire alla ji;crizione ipotecaria i;:d al sequestro che siano stati eseguiti a tutela di determinati crediti dello Stato nei confronti dell'imputato, effetti giuridici illimitati nel tempo, essendo previsto che la cancellazione dell'ipoteca e la liberazione del sequestro devono essere eseguite dopo la sentenza irrevocabile di proscioglimento a cura del P.M. o del pretore competente per l'esecuzione (cfr. altres l'art. 317 della legge .di riforma del processo penale, secondo cui gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a. provvedere non pi soggetta ad impugnazione), RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO In applicazione analogica del principio giuridico che sottende la disciplina penalistica in materia, pu quindi concludersi anche in . sede di interpretazione dell'art. 27 della legge n. 4, che l'efficacia della iscrizione ipotecaria (come del sequestro conservativo ivi previsto) non pu essere ritenuta illimitata, ma segue le sorti del giudiZio di merito che l'amministrazione finanziaria ha l'onere di introdurre. E non esatto che, in mancanza di una applicazione dell'art. 680 comma 5 c.p.c., non sussistono in materia termini di sorta per l'instaurazione del giudizio di merito da parte della Amministrazione. Al .riguardo opportuno precisare che, secondo la disciplina del nuovo contenzioso tributario, anche per quanto riguarda l'IVA il giudizio innanzi alle commissioni tributarie strutturato come giudizio di impugnazione dell'atto emesso dall'Amministrazione finanziaria entro determinati termini di decadenza (art. 50 d.P.R. 633/72). Ove, pertanto, quest'ultima non abbia emesso alcun atto attraverso il quale far valere la: pretesa tributaria, il credito dell'Amministrazione (anche per ci che riguarda la applicazione delle pene pecilniarie) si estingue per decadenza dei termini previsti dalla legge per la notificazione delI'a\iviso di rettifica o di accertamento (art. 57 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633). Ove, invece, l'Amministrazione abbia provveduto alla notificazione dell'avviso di irrogazione della sanzione, ogni questione attinente alla legittimit della pretesa tributaria deve farsi valere in sede di impugnativa dell'atto da parte del contribuente, cui incombe per legge il relativo onere a pena di definitivit della pretesa fiscale. Ed in tale ipotesi a nulla vale eccepire nel presente giudizio -che ha per oggetto il solo controllo circa i presupposti della iscrizione ipotecaria -che l'atto di irrogazione della pena era illegittimo perch non comunicato al contribuente con lo stesso avviso di rettifica o di accertamento, come prescrive rart; 50 d~P.R. 633/72 per le violazioni che danno luogo a rettifica o ad accertamento dell'imposta, essendo evidente che, in tal caso, qualsiasi contestazione circa la legittimit della irrogazione della sanzione devoluta ex lege alla giurisdizione delle Commissioni tributarie, essendo strettamente collegata al merito della controversia come si vedr nell'esame del secondo motivo. Ed in questa ipotesi (di avvenuta irrogazione della pena pecuniaria) deve altres ritenersi superato in sede di giudizio di impugnzione della iscrizione ipotecaria ex art. 27 cit., qualsiasi problema attinente alla osservanza dei termini entro i quali la Finanza deve far valere il credito tributario in sede di merito. 5. -Dalle precedenti considerazioni discende che sono destituiti di fondamento gli argomenti addotti dalla difesa del ricorrente a sostegno della (affermata) nullit della iscrizione ipotecaria di cui si tratta, in quanto, come si dimostrato, non mancano nella specie i termini entro PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 613 i quali la pretesa tributaria (in tema di IVA) deve essere fatta valere dall'Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente, a pena di decadenza. 6. -Priva di consistenza deve poi ritenersi la tesi del ricorrente circa la insussistenza dei presupposti per la concessione della misura cautelare, avendo la Corte del merito dimostrato con ampia e congrua motivazione la ricorrenza in concreto sia del fumus boni juris che del periculum in mora, tenendo correttamente distinta la parte relativa alla impugnazione della misura cautelare, da quella attinente invece al merito della controversia. 7. -Col secondo motivo, denunziandosi violazione e falsa applicazione dell'art. 12 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 nonch difetto di motivazione, si assume che il ricorrente non obbligato al pagamento delle pene pecuniarie per violazione dell'IVA, le quali ricadono esclusivamente sulla societ Tecnonord s.r.l., cui imputabile la pretesa violazione. 8. -La questione che forma oggetto del motivo in esame improponibile dinanzi al giudice ordinario poich il giudizio riflettente il merito della controversia (e cio sul diritto della Finanza a richiedere il pagamento della pena pecuniaria nei confronti del ricorrente) rientra nella giurisdizione delle Commissioni tributarie, ai sensi degli artt. 1 e 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, riflettente la revisione della disciplina del contenzioso tributario. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1991 n. 12590 -Pres. Caturani -Est. Baldassarre -P. M. Di Renzo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Grosso (avv. Castellano). Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Rivalsa di imposta non dovuta -Azione di rimborso del cessionario verso lAmministra- zione Finanziaria -Inammissibilit. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 10, 18, 26 e 41; e.e. art. 2900). Il cedente (o committente) che abbia subito la rivalsa per una imposta applicata su operazione esente, non legittimato a ripetere; dall'Amministrazione Finanziaria la somma pagata (1). (1) Per arrivare alla esatta conclusione riassunta nella massima la sen- tenza ha dovuto sciogliere diversi dubbi. La domanda di rimborso verso l'Amministrazione proposta dal cessionario o committente (contribuente di fatto) non ha natura di azione surrogatoria ex art. 2900 e.e. Non si pone pertanto una questione di giurisdizione ma di legittimazione. Ma la legitti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis) Gabriella Grosso, con le dichiarazioni relative agli anni 1974 e 1975, chiedeva il rimborso dell'I.V.A., che, nell'esercizio della _propria azienda agricola, aveva corrisposto, in via di rivalsa, su fatture _per prestazioni di servizi richiesti per esigenze dell'azienda. I crediti venivano; per, diSconosciufr dal competente ufficio finan. zfario sul . rilievo che, trattandosi di. prestazione di servizi, rispetto alla "qttle, a. ilOtm deU'art. 10, n. 20 del d.i>.R. n. 663/1972, nessuna imposta ,efa dovuta; . nessl.lna ..detrazione . potesse essere . ammessa.. La. CmmissiOne tributaria di primo grado di Treviso, adita dalla Grosso, ne rkonosceva il diritto; quale contribuente di fatto, e dichiarava rimborsabili le somme versate. La decisione era riformata poi dalla Commissione . di secondo. grado,. che riteneva la Grosso sfornita di legittimazfone, non avendo agito iJ;J. surroga del soggetto passivo, ossia del prestatore dei servizi. Di diverso avviso era la Commissione l'ributaria Centrale, la quale, .accogliendo il . ficqrso della Gr9sso, dopo .avere richiamato alcune pronunce di questa Corte, osservava che nella specie era incontroversa l'inerzia del contribuente di diritto e che la domanda doveva ritenersi ..spiegata come (ammissibile) azione surrogatoria ex art. 2900 cod. civ., .atteso l'esplicito riferimento fatto, nel ricorso introduttivo, all'avvenuta ~orresponsione dell'imposta in via di. rivalsa. Per la cassazione della decisione di terzo grado ricorre l'Amministra: zione delle finanze con un articolato mezzo d'annullamento, resistito da controricorso. Motivi della decisione. L'Amministrazjone ricorrente, denunziando violazione e falsa applica: zione degli artt. 2900 cod. civ. e 102 cod. proc. civ., anche in relazione all'art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, nonch degli artt. 17, 18, 21 e 26 del .d.P.R. 26 ottobre . 1972 n. 633 (art. 360 nn. l, 3 e . 4 cod. proc. civ.), deduce. a) Se si ammette .che. la CTC abbia inteso qualificare come surrogatoria l'azione intrapresa dal contribuente di fatto, ne . deriva che: 1) la pronuncia nulla per non essere stato integrato il contradittorio nei -confronti del contribuente di diritto; 2) difetta la giurisdizione del giudice tributario; mazione da escludere perch essendo al rimborso legittimato il contribuente di diritto (cedente o prestatore del servizio), l'Amministrazione restert': bbe esposta ad una duplice azione per lo stesso titolo. Il cedente pu invece domandare il rimborso al cessionario, come gi ritenuto con la sent. :28 aprile 1990 n. 3602, in Corirere trib., 1990, 1883. Sull'argomento cfr. MEssrNA, Note in tema di rimborso e di risarcimento .dei danni per erronea applicazione dell'IVA, in Riv. dir. trib., 1991, I, 935. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 615 b) Se si ritiene, al contrario, che la Commissione Centrale sia incorsa in impropriet terminologka ed errore materiale nella qualificazione dell'azione, deve riconoscersi che la Grosso, la quale aveva assunto la veste di committente dei servizi nella veste di titolare dell'azienda agricola, soggetto d'IVA, ancorch non soggetto passivo del rapporto tributario (veste non: priva di effetti nel sistema del tributo); con la conseguenza che allo stesso committente rimane applicabile, in relazione agli obblighi che gli derivano dagli artt. 21 e 41 del d.P.R. n. 633/1972, la norma dell'art. 26 dello stesso decreto che disciplina le variazioni, in aumento O diminuzione, dell'imposta. Posto che il meccanismo, attraverso il quale consentito ovviare alla inesatta fatturazione, quello dell'art. 26, la variazione -una volta che sia stata effettuata nelle forme e termini di legge -non pu, al tempo stesso, rendere il cessionario debitore (verso l'Amministrazione) dell'imposta relativa al corrispettivo registrato e .creditore verso la stessa Amministrazione per la restituzione della me. desima imposta gi addebitatagli in rivalsa dal cedente; effetto che, Oltre a contrastare con la logica, escluso dalla normativa in esame, l dove fa salvo il diritto del cessionario a ripetere dal cedente quanto versatogli a titolo di rivalsa. Per tanto, colui che, essendo soggetto d'IVA, abbia sopportato in rivalsa una imposta non dovuta, non ha altri rimedi per definire la propria posizione nei confronti dell'Amministrazione se non quelli indicati nella legge d'imposta, che vanno coordinati al meccanismo delle detrazioni, e, fatta salva, sul piano del rapporto privatistico, l'azione di ripetizione nei confronti del soggetto passivo, non pu agire in ripetizione verso l'Amministrazione, surrogandosi a tale soggetto. Al fine della decisione delle distinte questioni poste con le censure, di natura pregiudiziale, riassunte sub a), si rende necessaria l'esatta qualificazione dell'azione proposta dall'attuale resistente innanzi al giu dice tributario, prescindendo dalla formale definizione espressa nella decisione impugnata. Come rileva anche parte ricorrente, gi le sentenze di questa Corte richiamate in motivazione (nn. 3021/60, 1427/67, 1608/78) non sono idonee a dare sostegno alla predetta definizione, in quanto, con riguardo alla soppressa IGE, il pi recente arresto afferma la legittimazione del contribuente di diritto ad esperire nei confronti dell'ente impositore l'azione di ripetizione per l'indebito pagamento dell'imposta, nonostante l'esperita rivalsa verso il contribuente di fatto. Per le due pi remote decisioni il contribuente di fatto (compratore), nell'analoga ipotesi di versamento dell'IGE in misura superiore al dovuto pu surrogarsi al contribuente di diritto (venditore) nell'azione di ripetizione verso il fisco. - 616 P~r altro, la sentenza n. 3021/60, che risulta emessa in causa tra_ le parti private. non ha statuito sulla proponibilit di azioni verso l'Amlllinistrazione e ne_mmeno. }a sentenza n, 1427 /67 riconi;luce -la fattispecie nell'aml>ito 4ell'art~ 2900 c.oct. ci,v., n l'adone. 4el o:rnpratore alla tipia funzione.~autelare di, tale ~orma,atteso. che..con:essa.la Corte afferma che ~i~~~~J:~t:~~:~!~~~~~~ pag;:i,to in pi del doyuto e. che non. v'ha (,lubbio . . . che l'indebito si verifichi solo (danni del contribuente di fatt(), cio del compratore c:&e :b.a. n~i~t:o t!na$oll1llia superiore a quena realnente. dowta, nei; l"igrl.arcti n1Jr~iio .'. .~. . Al contrario l'azione surrogatoria postula, innaniitutto, la sussi stenza di diritti e azioni, esercitabili verso terzi dal debitore inattivo . . . ._ _. :ti~n;:i, sPecie poP. . controvel'.'.so .che l'att.ale res~stente.. non ha. mteso pl'opog~ ajl'a~t Commissione di pri:rno/grado. un'azione. ex; .. art. 2900 cit., . Utnto .che la stessa ha accolto l'istanza di rimborso, correlando la legittiIB:;p;ione ajla P()~izione cti. contribtfente . di. fatto,. ossia ad .un. diritto proppo ctel1'istante. . Vie.e Jii~po, q:uipdi, JlpresuJ>posto .su c:ui .si fonda l'eccezione di di: fetto >>. Sentenza 13 dicembre 1991, n. 448, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma, nella parte in cui non prevede che i reati ivi previsti siano puniti a richiesta del comandante di altro ente superiore, allorch il comandante del corpo di appartenenza del militare colpevole sia la persona offesa dalla condotta contestata. Sentenza 13 dicembre 1991, n. 449, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, primo comma, nella parte in cui non prevede, nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rappo1;to di . lavoro a. tempo parziale e viceversa, il proporzionamento dell'ammontare dell'indennit premio di servizio ai periodi pregressi di servizio .a tempo pieno o, rispettivamente, ai periodi di servizio a tempo parziale. Sentenza 22 novembre 1991, n. 421, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 44, ultimo comma, e d.P.R. 23 dicembre 1978, n. !lS, art. 40, terzo comma, nella parte in cui non consentono al coniuge superstite di fruire della pensione di guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente alla data in cui sono state contratte le ferite o malattie dalle .quali derivata la morte del militare o dl civile, sia durato, senza che sia nata prole .ancorch postuma, meno di un anno. Sentenza 13 dicembre 1991, n. 4SO, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. legge 15 dicembre 1972, n, 772, art. 8, terzo comma, nella parte in cui non prevede che l'espiazione della pena da parte di chi, al di fuori dei casi di ammissione ai benefici .concessi dalla suddetta legge, rifiuta, in tempo di pace, per i motivi di coscienza indicati nell'art. 1 della predetta legge, il servizio militare di leva, dopo averlo assunto, esonera dalla prestazione del :Servizio militare. Sentenza 19 dicembre 1991, n. 467, G.U. 24 dicembre 1991, n. Sl. 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Campania 3 luglio 1973, n. 14, art. 7. Sentenza 31 ottobre 1991, n. 389, G.U. 6 novembre 1991, n. 44. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter [nel testo introdotto dall'art. 13 della legge 10 ottobre 1986, n. 663], nella parte in cui non prevede che la reclusione militare sia espfata in detenzione domiciliare quando trattasi di persona in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti con tatti con i presidi sanitari territoriali , Sentenza 19 novembre 1991, n. 414, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 40, terzo ci>mma, e legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 44 ultimo comma, nella parte in cui non consentono al coniuge superstite di fruire della pensione di guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente alla data in cui sono state contratte le ferite o malattie dalle quali derivata la morte del militare o del civile, sia durato, senza che sia nata prole ancorch postuma, meno di un anno. Sentenza 13 dicembre 1991, n. 450, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, terzo comma, nella parte in cui non prevede che la causa di ineleggibilit a consigliere regionale del dipendente regionale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sensi del secondo comma dello stesso art. 2. Sentenza 17 ottobre 1991, n. 388, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. legge 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, primo comma, nella parte in cui non eccettua dalla limitazione della responsabilit del vettore per i danni derivanti da perdita o avaria delle cose trasportate il caso di dolo o colpa grave. Sentenza 22 novembre 1991, n. 420, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. legge 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, primo comma, nella parte in cui non prevede un meccanismo di aggiornamento del massimale prescritto per l'ammontare del risarcimento. Sentenza 22 novembre 1991, n. 420, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. legge reg. Friuli-Venezia Giulia, 28 ottobre 1986, n. 42, art. 3. Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. legg" 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, direttiva n. 18, nell'inciso eccezion fatta per i reati commessi in udienza . Sentenza 31 ottobre 1991, n. 390, G.U. 6 novembre 1991, n. 44. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 13 dicembre 1989, n. 36, art. 1. Sentenza 9 dicembre 1991, n. 437, G.U; 18 dicembre 1991, n. 50. PARTE II, RASSEGNA J:)I LEGISLAZIONE Jl d,l. 12 gennaio 19911 n.. 6, art. 5;. qullito comma, . .[convertito in legge. 15 mar-Z<> 19!U., n< 80], nella partedn cui prevede l'iscrizione nello stato di previsione del Ministero; dell'Interno dell'autorizzazione di spesa per le finalit di cui alla legge. 23 marzo 1981, n. 93 e successive inodificazioni e ne fissa le modalit di ripartizione, al;IZicM nsc~~ione dell'a.t:<>rizzazione nei. capitoli dello stato di previsione dlla spesa. per i finanziainhti .11,lle . regio:iii destinati. alle finalit Predette. . . . S~~tenza 19 diceil1bre 19~1, n. 476, G.u: 24 dicembre 1991, n. SL decreto-legge 6 febbraio 1991, n. 35, art. 1, commi settimo e ottavo [come: convertito C'laJaJegge4. aprile 1991, n. nu.. nella.parte in ;cui attribuiscono al Commiss11,rio det gi:w~rno i poteri so.stit.t:ivi1 ivi previsti. Sentenza 17 ottobre 1991, n. 386, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. . .. .. . ... .. legge 1 febbrafo 1991, n. 42, artt. 2, secondo e terzo comma, e 7, secondo. colllll. Sentenza 17 ottobre 1991, n. 384, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. disegno df legge aipprovato dall'J\$s. reg. siciliana il 16 aprile 1991, art. 30, nella parte in cui non prevede che l'organo competente per il controllo sugli atti delle unit sanitarie focali sia W.tegi?ato da un rappresntante del Ministero del tesoro e da un espert ix,( i:I).ateria sanitaria designato dai consiglio regio~le. Sentenza 17 ottobre 1991, n. 385, G.U. 23 ottobre 1991, n. 42. II -QUESTIONI DICHJAAATE NON FONDATE Codice civile, art. 244, ultimo ~a(nel testo sostituito dall'art. 81 della legge 4 maggio 1983, n. 184] (artt. 3 e 30 della Costituzione). Sentenia 27 novembre 1991, n. 429, G.ri. 4 c:licembre 1991, ri. 48. codice dl procedura civile, art. 444, terzo comma (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1991, n. 477, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede l'incompatibj~ del giudice per le indagini preliminari . presso il tribunale che abbia dispo11to il giudizio immediato a partecipare ai giudizio. abbreviato (artt. 25 e 101 della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1991, n..401, G.U: 20 novembre 1991, n. 46.. 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede l'incompatibilit del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale che ha emesso l'ordinanza di cui al predetto art. 409, quinto comma, a partecipare all'udienza preliminare (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1991, n. 401, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267, art. 50 (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 31 ottobre 1991, n. 393, G.U. 13 novembre 1991, n. 45. r.d, 28 aprile 1938, n. 1165, art. 32 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1991, n. 419, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 [nel testo sostituito dall'art. 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53] (artt. 3 e 36, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 13 dicembre 1991, n. 452, G.U. 18 dicembre 1991, n. SO. legge 5 marzo 1963, n. 246, artt. 3, 4, 5 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Sentenza 22 novembre 1991, n. 423, G.U. 27 novembre 1991, n. 47. legge reg. Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2 (artt. 2, 3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e 120 della Costituzione). Sentenza 13 dicembre 1991, n. 454, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. d.P.R. 31 ottobre 1967, n. 1401, art. 1, primo comma, lett. b) (artt. 56, 57 e 65 dello statuto speciale reg. Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 31 ottobre 1991, n. 392, G.U. 13 novembre 1991, n. 45. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 27 novembre 1991, n. 430, G.U. 4 dicembre 1991, n. 48. legge 29 ottobre 1971, n. 889, art. 27 (artt. 3 e 52, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1991, n. 469, G.U. 24 dicembre 1991, n. 51. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39, primo comma (artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1991 n. 404, G.U. 20 novembre 1991, n. 46. legge 20 maggio 1975, n. 164, art. 1, n. 1, lett. b)(artt. 3, secondo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, 41, primo e secondo comma, 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 9 dicembre 1991, n. 439, G.U. 18 dicembre 1991, n. 50. I I I I I ...............~ PARTE II; RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . legge pl.'.ov. Trento 9 dice1DbJ:e 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3 (artt.S, 116 e 117 della Costittizione)~ .. Sentenza 13 dicemb:re 1991, n. 4S4, G,U. 18 dicembre 1991, n. 50. d.}'.R,. ZO. dicembl'e .. 1979~. n, 761, iU't, .53 (artt. 3 .e 38, secondo .. comma, della Cost~~tiz~9i;ie). . . / / / . , < / .. . ... Sente~a 9 dicemln;e 1991, n. 440> ex D. Lgs. n. 1/48, applicabili per il versamento da parte di Istituto di credito, al quale sia conferita delega irrevocabile da parte del contribuente, di somme dovute a titolo di IRPEF, siano applicabili le modalit di computo stabilite dall'art. 2963 e.e. (es. 3565/88). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di consumo gas metano -Utilizzazione per la gestione di campeggi -Se sia applicabile o meno l'imposta per gli usi delle imprese artigiane, agricole e industriali. Se il gas metano utilizzato per le necessit della gestione di campeggi sia assoggettato all'aliquota di imposta di consumo prevista per impieghi diversi da quelli industriali, ovvero a quella per gli usi delle imprese artigiane, agricole e industriali (es. 8392/90). 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .Imposta sul Valore Aggiunto -Canone di locazione -Somme corrisposte dopo la scadenza del contratto o in base a verbale di conciliazione Se siano assimilabili. Se, ai fini IVA, le somme dovute dal conduttore al locatore dopo 1a scadenza del contratto ed in costanza di occupazione dell'immobile