- ANNO XL -N. 1-2-3 GENNAIO GIUGNO 1988 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1989 ~ ..m 111tilirtrm11t111i11~11rr&rt1&mr1ill:w;::11gtfrr1''-' 1a&rr111&111mr1r1f$lflmill1l11 ABBONAMENTI ANNO 1989 ANNO L. 40.000 UN NUMERO SEPARATO ................... . lt 7.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Ital, Autorlua1lone Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (1219049) Roma, 1989 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/' avv. Franco Favara) pag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Oscar Fiumara) . > 54 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) . 79 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura de//'avv. Antonio Cingolo) 111 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura degli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Palizzi) . 121 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato Carlo Bafi/e) 132 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri) , 202 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni) . 206 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO QUESTIONI > RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . li 23 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AWOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILB, L'Aquila; Nicasio M.ANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANcms, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; Giancarlo MANn, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI I. F. CARAMAZZA e F. SCLAFANI, Interesse legittimo e procedimento . II, 1 F. FAVARA, Il riporto delle perdite di esercizi precedenti. I, 15 F. FAVARA, Restituzione dell'indebito ed arricchimento del solvens: il diritto tributario si allontana dal diritto civile . . . . . . . I, 47 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE -Acque pubbliche -Provvedimenti di polizia delle acque -Ordine di tombamento di un pozzo -Natura discrezionale, 204. ./ APPALTO -Appalto di servizi -Disciplina delle riserve contenuta nel r.d. 25 maggio 1895, n. 350 -Applicabilit Esclusione Revisione del prezzo Regime, 202. AVVOCATURA DELLO STATO -Contenzioso tributario Patrocinio dell'amministrazione dinanzi alle commissioni, 12. COMPETENZA -Ente Ferrovie dello Stato -Cntroversie collettive di lavoro -Foro erariale -Inapplicabilit, 79. COMUNIT EUROPEE -Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale -Competenza Nozione di litispendenza, 54. -Disposizioni fiscali IVA all'importazione -Base imponibile, con nota di M. CONTI, 64. -Disposizioni f,iscali -IV A all'importazione -Sanzioni -Disparit di trattamento, con nota di M. CONTI, 64. -Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (F.E.O.G.A.) Colorazione dei cereali -Rimborso delle spese, 59. -Tributi nazionali in contrasto con il diritto comunitario -Ripetizione dell'indebito -Prova del mancato trasferimento dei tributi sul prezzo delle merci, 73. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Obbligo del concessionario li rest. ituire il bene alla scadenza senza necessit di disdetta o di motivazione sul pubblico interesse -Re-. voca di concessione in atto -Sindacato giurisdizionale sulla sufficienza e congruit della motivazione, 121. CONTABILIT PUBBLICA -Contratti della P. A. -Licitazione privata -Clausole onerose Specifica approvazione scritta Non occorre, con nota di G. STIPO, 111. -Contratti di diritto privato -Clausole vessatorie o eccessivamente onerose, 22. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio incidentale di legittimit costituzionale Rilevanza della questione, 33. -Impugnazione diretta di delibera legislativa regionale Reintegrazione del Pinvio Nozione di legge nuova, 38. ENTI PUBBLICI -Enti pubblici non economici -Istituto Poligrafico dello Stato lm prenditore -Fotocopiatura di parte dei testi della Gazzetta Ufficiale e sua riproduzione su periodici Concorrenza sleale Esclusione, con nota di A. VESSICHELLI, 113. -Enti pubblici non economici -Istituto Poligrafico dello Stato Imprenditore Riconoscimento della qualifica Limiti, con nota di A. VESSICHELLI, 113. I I !i INDICE DELLA GIURISPRUDENZA ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA -Immobile adibito ad attivdt commerciale o artigiana -Perdita dell'avviamento del conduttore -Compenso, 24. -Prestazione obbligatoria di attivit di impresa -Non applicabilit dell'art. 42 Cost., 8. -Terreni agricoli con attitudine edificatoria -Indennit aggiuntiva - commisurata al valore agricolo e va detratta da quanto spettante al proprietario, 25. -Terreni agricoli senza attitudine edificatoria -Indennit di espropriazione -Parametri fissati da commissione amministrativa -Non sono vincolanti per il giudice, 25. -Zone riservate a piste sciistiche Divieto di ingombrd alla discesa Non determina diritto ad. indennizzo, 46. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Rappresentanza in giudizio dello Stato e degli Enti pubblici -Non occorre mandato all'Avvocatura dello Stato n delibera a stare in giudizio, 121. IMPIEGO PUBBLICO -Dipendenti regionali -Principio di omnicomprensivit ed omogeneit Deve applicarsi, 44. LOCAZIONE -Affitto di terreni agricoli -Risoluzione incolpevole -Indennizzo al conduttore, 24. -Edilizia abitativa convenzionata Canone -Non pu essere pi elevato dell'equo canone, 34. PENSIONI -Domanda concernente il quantum pensionistico e gli interessi e rivalutazione per differenza sulla mi sura della pensione -Giurisdizione della Corte dei conti, 79. -Interessi -Decorrono dalla data del provvedimento amministrativo pensionistico, 80. -Interessi -Decorrono dalla data del provvedimento impugnato, 80. -Interessi e rivalutazione -Domanda autonoma -Difetto di giurisdizione della Corte dei conti, 80. -Provvedimento negativo -Accoglimento del ricorso -Interessi Difetto di giurisdizione della Corte dei conti, 81. -Rivalutazione automatica Non spetta per i crediti pensionistici aventi natura previdenziale -Spetta per i crediti pensionistici aventi natura di retribuzione differita, 80. -Rivalutazione automatica -Pensioni di guerra e pensioni privileg.iate ordinarie Non spetta, 80. PROCEDIMENTO CIVILE -Confisca -Opposizione ad ordinanza ~ Ingiunzione Illecito perma nente Competenza, 106. -Confisca . Opposizione ad ordinanza -Ingiunzione Termini Requisiti Decadenza, 104. -Parte civile Costituzione di parte civile dell'Ente Ferrovie dello Stato quale assicuratore che agisce in surrogazione ex art. 1916 e.e. Diritto di richiedere in sede di impugnazione l'annullamento della pronunzia di condanna dell'imputato e del responsabile civile al risarcimento dei danni verso le altre parti civili, 206. - Parte civile -Costituzione di parte civile dell'Ente Ferrovie dello Stato quale assicuratore che agisce in surrogazione ex art. 1916 e.e. Legittimazione Insussistenza, 206. REGIONE -Elezioni politiche Agevolazione a favore degli elettori emigrati all'estero -Attribuzione dello Stato, 23. V1ll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Illegittima reintegrazione del rinvio -Ammissibilit del ricorso per conflitto di attribuzione -Nuova riapprovazione della delibera legislativa rinviata -Sana la illegittimit, 38. TRASPORTI -Trasporti in concessione -Controversia promossa da dipendente di societ concessionaria successivamente alla dichiarazione di decadenza dalla concessione e assunzione del servizio in gestione commissariale governativa ma prima della pronuncia di annullamento del provvedimento di decadenza -Giurisdizione amministrativa, 100. -Trasporti pubblici Ferrovie Beni dell'Ente Ferrovie dello Stato destinati a pubblico servizio Natura di beni patrimoniali indisponibili, 123. - Trasporti pubb1ici -Ferrovie Beni dell'Ente Ferrovie dello Stato Regime civilistico e regime pubblicistico -Esercizio del potere di autotutela per i beni destinati a pubblico servizio, 123. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento dnduttivo Sottoscrizione di azioni Presunzione di capacit economica -Legittimit, 146. -Accertamento sintetico Normative tributarie in tema di presunzioni Diversit da quella civilistica, 1. -ILOR Perdite di esercizi precedenti Indeducibilit, con nota di F. FAVARA, 15. - Imposta sui redditi di ricchezza mobile Societ estere -Stabile organizzazione Nozione, 192. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile Plusvalenza Terreni di pi soci dati in gestione a societ di capitali Cessione da parte dei soci Intento di speculazione presunto Esclusione, 171. -Riscossione -Termine per la formazione dei ruoli -Coordinamento con la c.d. autotassazione, con nota di F. FAVARA, 15. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Ingiunzione Controversia sulla esistenza del potere di accertamento -Cognizione esclusiva delle commissioni tribu tarie, 102. -Imposta sul valore aggiunto -Presunzione di cessione e di acquisto Prova contraria Bolle di accompagnamento -Inidoneit, 195. -Imposte di fabbricazione Gas metano -Rapporto di rivalsa tra fornitore e consumatore -Non ha natura tributaria Controversia sulla dovutezza del tributo -Estraneit dell'Amministrazione, 177. -Riscossione Fallimento Credito non definitivamente accertato Insinuazione tardiva Sospensione del procedimento, 162. -Sanzioni non penali Imposta sul valore aggiunto Continuazione Applicabilit art. 81 cod. pen. Esclusione, 198. -Sanzioni non penali -Imposta sul valore ag~iunto Pi violazioni della stessa disposizione Art. 8 legge 7 gennaio 1929 n. 4 Applicabilit, 198. TRIBUTI (IN GENERE) -Accertamento tributario Imposte indirette -Difetto di motivazione Sanzione di nullit Esclusione, 132. -Contenzioso tributarfo Estinzione Dichiarata dal presidente Reclamo al collegio Accoglimento -Appellabilit Esclusione, 150. -Contenzioso tributario Giudizio di terzo grado Ricorso alla Corte d'Appello Scadenza del termine per ricorrere alla Commissione Centrale -Sospensione feriale -Si applica, 185. -Contenzioso tributario Ingiunzione -Opposizione -Giurisdizione delle Commissioni, 180. -Contenzioso tributario -Natura -Accertamento non motivato -Difetto assoluto -Nullit, 132. -Contenzioso tributario -Natura Vizi dell'atto di accertamento tributario -Difetto di motivazione INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Nullit -Requisito rmmmo di mo tivazione -Fattispecie, 133. -Imposte di fabbricazione -Traslazione in avanti dell'onere -Rilevanza, con nota di F. FAVARA, 47. -Norme tributarie -Concetto di tributo -Tasse portuali -Natura tributaria -Riscossione Ingiunzione doganale, 186. -Norme tributarie -Decreti delegati Valore di norma interpretativa Esclusione salvo espressa previsione -Efficacia retroattiva -Riformulazione e precisazione della norma originaria -Fattispecie, 158. -Rappresentanze del contribuente . Sanzioni amministrative -Responsabilit solidale -Legittimazione a ricorrere ed intervenire, 12. -Riscossione -Sospensione della esecuzione -Difetto di giurisdizione di ogni giudice, 180. Riscossione -Sospensione -Ricorso al pretore ex art. 700 c.p.c. -Provvedimento decisori' di merito Regolamento di giurisdizione -Inammissibilit, 180. -Riscossione -Sospensione -Ricorso ex art. 700 c.p.c. -Improponibilit, 181. -Riscossione tramite aziende di credito -Ritardo nei versamenti . Penale, 42. -Solidariet tributaria -Decadenza dell'Amministrazione -Atto compiuto contro un solo obbligato ~ Effetto conservatorio verso gli altri -Si verifica, 165. - Tributi erariali indiretti -Accertamento -Motivazione -lnsufficien za -Mera illegittimit -Giudizio di merito -Ammissibilit, 152. TRIBUTI LOCALI -INVIM -Espropriazione immobiliare -Decreto di trasferimento Obbligo del cancelliere di presentare la dichiarazione e pagare il tributo -Ricomprensione della imposta nelle spese di giustizia -Esclusione, 168. -INVIM -Valore iniziale ancora in corso di accertamento -Determina zione autonoma del valore finale Legittimit, 157. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 23 luglio 1987, n. 283 . . . . . . Pag. 28 luglio 1987, n. 290 . . . 21 gennaiO 1988, n. 48 (caro. cons.) . 21 gennaio 1988, n. 49 (cam. cons.) . ,, 21 gennaio 1988, n. 54 (cam. cons.) . 21 gennaio 1988, n. 61 (cam. cons.) . 26 gennaio 1988, n. 79 . . . . . 1 8 12 15 15 22 23 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 23 luglio 1987, n. 283 . . . . . . Pag. 28 luglio 1987, n. 290 . . . 21 gennaiO 1988, n. 48 (caro. cons.) . 21 gennaio 1988, n. 49 (cam. cons.) . ,, 21 gennaio 1988, n. 54 (cam. cons.) . 21 gennaio 1988, n. 61 (cam. cons.) . 26 gennaio 1988, n. 79 . . . . . 1 8 12 15 15 22 23 Sez. I, 16 luglio 1987, n. 6252 . . Sez. I, 17 luglio 1987, n. 6293 .. )) )) 158 162 2 febbraio 1988, n. 126 . . . 2 febbraio 1988, n. 139 (cam. cons.) . 11 febbraio 1988, n. 155 . . . 11 febbraio 1988, n. 158 . . . . 25 febbraio 1988, n. 209 (cam. cons.) . 10 marzo 1988, n. 267 . 14 aprile 1988, n. 437 . 12 maggio 1988, n. 530 . 16 giugno 1988, n. 648 . 16 giugno 1988, n. 651 (cam. cons.) . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Sez. VI, 8 dicembre 1987, nella causa 144/86. Sed. plen., 4 febbraio 1988, nella causa 256/85 . . . . . . Sez. VI, 25 febbraio 1988, nella causa 299/86 . . . . . . Sed. plen., 24 marzo 1988, corretta con ordinanza 27 aprile 1988, nella causa 104/86 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 22 novembre 1986, n. 6887 . Sez. Un., 3 giugno 1987, n. 4844 . Sez. I, 10 giugno 1987, n. 5052. Sez. I, 26 giugno 1987, n. 5624 . Sez. I, 3 luglio 1987, n. 5812 . . Sez. I, 7 luglio 1987, n. 5890 . . Sez. Un., 13 luglio 1987, n. 6096 . 24 " 33 34 38 42 44 24 25 46 47 Pag. 54 59 64 73 ~ ~ I& Pag. 111 132 " )) 146 ~ ,, ~ 150 i 152 )) 157 )) 133 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA Sez. I, 23 luglio 1987, n. 6426. ... Sez. I, 24 luglio 1987, n. 6436 . .. Sez. I, 29 settembre 1987, n. 7311 . Sez. I, 29 settembre 1987, n. 7312 . Sez. Un., 5 ottobre 1987, n. 7423 . Sez. Un., 5 ottobre 1987, n. 7424 . Sez. Un., 5 ottobre 1987, n. 7425 . Sez. I, 7 ottobre 1987, n. 7491 . Sez. Lavoro, 22 ottobre 1987, n. 7819. Sez. I, 19 novembre 1987, n. 8512 . Sez. I, 27 novembre 1987, n. 8815 . Sez. I, 2 dicembre 1987, n. 8953 . Sez. Un., 3 dicembre 1987, n. 9019. Sez. I, 16 dicembre 1987, n. 9328 . Sez. Un., 4 marzo 1988, n. 2259. Sez. I, 11 giugno 1988, n. Sez. Un., 17 giugno 1988, Sez. Un., 17 giugno 1988, Sez. Un., 17 giugn() 1988, Sez. Un., 17 giugno 1988, Sez. I, 21 giugno 1988, n. 3989 . n. 4120. n. 4130. n. 4131 . n. 4135 . 4222 . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Scz. IV, 14 g.iugno 1988, n. 733 . TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO Sez. III, 3 novembre 1987, n. 1817 . . . . . . . . . . . . . . . . . CORTE DEI CONTI Sez. riun,, 27 gennaio 1987, n. 525. Sez. I, 28 aprile 1987, n. 283.656 . . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. IV penale, 14 gennaio 1988, n. 2099 . Xl ,. 165 168 " 171 " )) 177 180 " ,. 180 181 185 )) 79 ,. 186 ,. 192 195 ,. 79 198 100 202 " 102 " 104 " 106 204 113 Pag. 121 Pag. 123 Pag. 80 81 Pag. 206 PARTE SECONDA Questioni .................... Pag. 1 Rassegna di legislazione I . Norme dichiarate incostituzionali. II -Questioni dichiarate non fondate . III -Questioni proposte . . . . . . . . . ,. " 23 35 51 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 23 luglio 1987, n. 283 Pres. Andrioli -Rel. Pescatore -Rav e Jacovitz (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato D'Amato). Tributi erariali diretti Accertamento sintetico Normative tributarie in in tema di presunzioni Diversit da quella civilistica. (Cost., artt. 2, 3, 24 e 53; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 38). Il rilievo costituzionale dell'interesse alla percezione dei tributi giustifica norme differenziate rispetto alla disciplina civilistica delle presunzioni. Le disparit di fatto che possono aversi in sede di utilizzo del materiale indiziario sono irrilevanti ai fini del giudizio di costituzionalit. non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 38 quartl> comma del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (1). (1) La aocurata sentenza cootiene interessanti affermazioni di prin01p10. Forse pu essere utile sottoliineare la netta diversit esistente tra la nozione di accertamento sintetico e la nozione di accertamento basato anche su indizi (cosiddetto dnduttivo). A questo proposito giova tener presente: a) che l'aggettivo " induttivo non logicamente contrapposto all'ag gettivo analitico ; induttivo significa ricostruito mediante prove indiziarie (e non ad esempio mediante documenti proveruienti da pubbliche autorit oppure mediante confessioni veicolate da documenti scritti, quali annotazioni in regist11i, fatture, etc.); un accertamento analitico pu essere " induttivo e normalmente lo quanto meno in parte (posto che persino 1 documenti devono essere letti ed .interpretati con riguardo al contesto di altri documenti e circostanze); b) che all'aggettivo analitico si contrappone l'aggettivo sintetico; quest'ultimo sigrufica ricostruzione del reddito complessivo sulla base dei dati e valutaziO!!li estimative d'insieme ; l'accertamento sintetico sempre indut tivo, ma -come si detto -non vera la reciproca; e) che unico vero accertamento sintetico quello previsto dall'art. 38 quarto comma del d.P.R. n. 600 del 1973 e basato su dati concernenti non la produzione del reddito ma la spesa del reddito anteriormente cOillseguito, in consumi (ad esempio, auto di lusso) o in dnvestimentd; ~ d) che I'acce11tamenrto ex art. 39 secondo oomma non un sin,tetico (anche peI'Ch per i soggetti IRPEF non concerne un imponibile complessivo ma solo talu:nd dei redditi concorrenti a formarlo); detto comma prevede la possibi1it di utilizzare mate:l1iali probatori (sia indiziari che documentali) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Debbono essere esaminate nel merito le questioni di legittimit costituzionale dell'art. 38, comma quarto, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che, come si gi detto, prevede la possibilit di accertamenti tributari presuntivi ai fini dell'I.R.P.E.F. Al riguardo va premesso che gli accertamenti presuntivi, in materia tributaria, non sono stati introdotti dal d.P.R. n. 600 del 1973, ma hanno origine remota, anche in materia d'imposte sui redditi. Infatti, gi l'art. 1 del R.D.L. 17 settembre 1932, n. 1261, in materia d'imposta complementare sul reddito, disponeva che ai fini della determinazione dell'imponibile, si tenesse conto anche dei redditi la cui esistenza si palesasse "per circostanze od elementi di fatto, con speciale riguardo al tenore di vita del contribuente, Con l'emanazione del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, parimenti, pur restando il metodo di accertamento analitico quello normale, all'art. 137 fu previsto che, ai fini dell'imposta complementare, il reddito determinato analiticamente dovesse essere sottoposto a verifica, tenedo conto del tenore di vita del contribuente e di altri elementi o circostanze di fatto che facessero presumere un reddito netto superiore a quello risultante dalla determinazione analitica, rettificando le risultanze di questa su basi presuntive. Vero che, in origine, il ricorso all'accertamento induttivo era -di regola -correlato con gravi inadempienze del contribuente, configurandosi, in tal guisa, piuttosto con profilo sanzionatorio. Ma col tempo si fatta strada la consapevolezza che tanto gli accertamenti analitici che quelli sinte " extracontabili in misura molto pi ampia di quanto consentito dal primo comma dello stesso articolo; sicch l'accertamento ex art. 39 secondo comma ben pu essere almeno par:zii:almente analitico. Occorre anche chiarire che l'art. 39 comma prdmo citato non richiede il previo possesso di alcuna chiave perch possa procedersd a rettifica del dicmarato (diverso il discorso per l'accesso all'accertamento ex art. 39 comma secon'1o, consentirto solo nei quattro casi !indicati). La rerttrifioa ex art. 39 comma primo consentita, senza condizioni preliminari, ogndqualvolta l'ufficio dispongia di dati o notizie legittimamente rnccolte, ed anche quando tali datri e IDJOtizie fomiscono solo rindizi e non prove documentali " certe e dirette >>. Ovviamente dati e notizie devono essere oonvdncenti; ma ci attiene al merito ,. ed alla valutazione estimativa. Giova !inoltre sottolineare che nei confronti delle imprese prive di contabildt ord!inarda j1 terzo comma dell'art. 39 citato rin epigrafe prevede che le disposiziond dei commi precedenti valgono, in qualllto applicabili ... ; queste tre parole, troppo spesso dimenticate, sottolineano che la normativa scritta nei primi due commi, avendo presente il modello delle imprese a contabilit ordinari. a non pu essere sic et simpliciter estesa alle altre imprese. Certamente, affidare solo a quelle tre parole la soluzione di un problema molto difficile, quale sempre stato e sar I'aocertamenro dei redditli delle imprese minori, non stato particolarmente perspico (ed dl tentativo del 1985, volto se non a cogliere ri rioavd quanto meno a contenere le deduzioni, ne conferma); tut tavia quelle tre parole esistono, e non si pu ragionare come se non ci fos sero. Esse devono essere interpretate ed applicate in modo da renderle idonee ad assicurare l'osservanza del precetto conl1lenuto nell'art. 53 comma primo Cost. ! .. .. I! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE -tici intesi a presunzioni, di per s, sono solo strumenti di rilevazione della capacit contributiva e che il metodo induttivo uno strumento che pu validamente integrare il metodo analitico. In Hnea con tale orientamento la I. 9 ottobre 1971, n. 825, nel conferire al Governo la delega per la riforma tributaria, all'art. 2, n. 13, stabil che l'accertamento tributario, ai fini dell'I.R.P.E.F., dovesse essere fatto, di rego la, attraverso la determinazione analitica del reddito complessivo netto sulla base dei singoli redditi che lo compongono, salvo il ricorso alla determinazione sintetica, quando vi siano elementi presuntivi di maggior reddito risultanti da fatti certi . In tal modo si determinava una direttiva improntata chiaramente alla concezione del metodo induttivo come integra tivo-sostitutivo di. quello analitico: 'direttiva nascente daHa scelta di que st'ultimo come metodo generale di accertamento, in quanto normalmente id.oneo a rivelare la capacit contributiva del soggetto passivo d'imposta. Il ricorso al metodo induttivo era chiamato ad operare }n via sussidia ria, per l'ipotesi che il soggetto passivo d'imposta rivelasse, sulla base di indizi certi, una maggior capacit contributiva rispetto a quella risultante dalla determinazione analitica. L'art. 38, comma quarto, del d.P.R. n. 600 del 1973, in attuazione di questa direttiva, in materia di rettifica .delle dichiarazioni del reddito delle persone fisiche; ha previsto il ricorso al metodo induttivo quando il red dito complessivo risultante dalla determinazione analitica inferiore a quello fondatamente attri:buibile al contribuente in base ad elementi e a circostanze di fatto certi . In questa ipotesi l'ufficio determina sintetica mente il reddito complessivo netto in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze . Pertanto la nuova normativa si discost.a dal riferimento al tenore di vita del contribuente -previsto invece dall'art. 137 del T.U. lel 1958 tenendo conto dell'elaborazione giurisprudenziale che, in via interpretativa, richiedeva che gli accertamenti sintetici fossero motivati in base ad indici sicuri di capacit contributiva, sia pure ricavabili dal tenore di vita del contribuente. L'art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 richiede infatti, espressa mente, che a fondamento dell'accertament induttivo siano posti elementi e circostanze di fatto certi, prevedendo anche che il Ministro per le Fi nanze possa stabilire con proprio decreto indici e coefficienti presuntivi di reddito o di maggior reddito in relazione agli elementi indicativi di ca pacit contributiva di cui al secondo comma dell'art. 2 .Quest'ultimo iden tifica come elementi indicatori di capacit contributiva: 1) la disponibilit di aeromobili da turismo, di navi e imbarcazioni da diporto, li cavalli da equitazione o da corsa e di autoveicoli; 2) le !I'esidenze secondarie a dispo sizione permanente o temporanea, in Italia o all'estero; 3) il numero dei col laboratori familiari, precettori, governanti ed altri lavoratori addetti alla casa e alla famiglia; 4) la disponibilit di riserve di caccia. Con il D.L. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I .~ 30 dicembre 1982, n. 953, convertito nella 1. 28 febbraio 1983, n. 53, la facolt ~ del Ministro per le Finanze di stabilire con proprio decret gl'indici e i !;.: coefficienti presuntivi di reddito di cui al quarto comma dell'art. 38 del (.: d.P.R. n. 600 del 1973, stata trasformata in obbligo, al quale si adempiuto con D.M. 21 luglio 1983 (sopra gi menzionato), successivamente moI dificato con il D.M. 13 dicembre 1984. In tutti i casi in cui sia ammissibile l'accertamento induttivo, a norma del quinto comma dell'art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, il contribuente ha facolt di dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta; Precisato il contenuto della normativa impugnata, vanno esaminati i singoli profili d'incostituzionalit pr?spettati rispetto ad essa nelle ordinanze di rimessione. I ~ Il giudice a quo ha dettato innanzitutto -ipotizzando l'esistenza di un diritto naturale ed inviolabile dell'individuo a contribuire alle spese pubbliche in misura proporzionale ai suoi redditi effettivi -che la previsione di accertamenti induttivi violi l'art. 2 della Costituzione. Tale questione infondata. Questa Corte, con numerose decisioni, ha affermato che l'art. 2 della Costituzione, nel tutelare i diritti inviolabili dell'uomo in via generale, si riferisce a diritti garantiti specificamente in altre norme della Costituzione (Corte costituzionale 22 dicembre 1980, n. 188; 17 dicembre 1975, n. 238; 27 marzo 1962, n. 29) e che, esclusa la violazione della norma della Costituzione che tutela specificamente ogni singolo diritto inviolabile, automaticamente esclusa anch~ la violazione dell'art. 2 (Corte costituzionale 25 marzo 1976, n. 57; 4 maggio 1972, n. 77). Nel caso in esatne, a parte la considerazione che, come meglio si dir appresso, l'art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 non viola alcun diritto garantito dalle altre norme di raffronto indicate nelle ordinanze di rimessione, va osservato che la violazione dell'art. 2 non stata prospettata dal giudice a quo in relazione a diritti garantiti da quelle norme, bens sulla base dell'asserita esistenza di un diritto naturale di ciascun individuo alla rigorosa corrispondenza tra l'imposizione tributaria su di lui gravante ed i suoi redditi effettivi. Anche a volere accettare la tesi, oggetto di vivace diba~tito all'AssembJa costituente, secondo la quale l'art. 2 tutela diritti connaturati alla persona umana, preesistenti ed autonomi rispetto ad ogni organizzazione statuale, tra di essi certo non potrebbe porsi, qualificandolo diritto naturale e inviolabile, l'interesse del contribuente ad una giusta imposizione. Infatti trovando l'imposizione fiscale la sua fonte propria nell'ordinamento dello Stato, la pretesa ad una giusta-imposizione non Jogicamente configurabile oorne un diritto naturale, derivante da princpi ricavabili da quella che fu definita la realt oggettiva universale, concretantesi nell'ordine naturale delle cose . PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB s Passando alle ulteriori censure formulate nelle ordinanze di rimessione, vanno esaminati i due profili d'incostituzionalit dell'art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 prospettati in riferimento all'art. 3 della Costituzione. In primo luogo, secondo il giudice a quo, la previsione di accertamenti induttivi, contenuta nella norma impugnata, darebbe luogo a discriminazioni tra i contribuenti, a, seconda che i vari uffici finanziari vi facciano o meno ricorso. Ma la disposizione dell'art. 38 quarto comma, assicura identit di trattamento a tutti i contribuenti che si trovino in situazioni guridicamente identiche, prevedendo l'obbligo degli uffici finanziari di procedere ad accertamento induttivo tutte le volte che il reddito complessivo risultante dalla determinazione analitica sia inferiore a quello fondtam~ nte attribuibile al contribuente in base ad elementi e a circostanze di fatto certi. Pertanto, la disparit dedotta si palesa non come una discri-minazione normativa, bens come un'eventuale disparit di fatto, che potrebbe sorgere in sede applicativa della norma in conseguenza della maggiore o minore efficienza degli uffici finanziari, ma che non d luogo a violazione dell'art. 3 'della Costituzione, in conformit del principio affermato da questa Corte; secondo il quale le disparit di fatto che possono insorgere in sede applicativa di norme di per s non discriminatorie, sono irrilevanti ai fini del giudizio di costituzionalit (Corte costituzionale 15 luglio 1985, n: 209; 4 febbraio 1982, n. 22; 25 marzo 1975, n. 6?). Sotto un diverso aspetto il giudice a quo ha dedotto l'illegittimit costituzionale dell'art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, deducendo che esso consentirebbe il ricorso a presunzioni fuori delle ipotesi previste dall'art. 2729 cod. civ., cos derogando ingiustificatamente al principio ivi stabilito, secondo il quale la prova a mezzo di presunzioni semplici ammissibile solo ove esse siano gtavi, precise e concordanti e si tratti di materie in cui sia ammessa la prova per testimoni. Peraltro, formulando un'ulteriore questione di costituzianalit che opportuno esaminare congiuntamente, il giudice a quo ha negato anche, in radice, la legittimit degli accertamenti tributari presuntivi, deducendo che essi contrastano con l'art. 53 della Costituzione, non essendo correlati alla effettiva capacit contributiva del soggetto passivo d'imposta. Al riguardo va considerato che l'art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, prevede due diversi metodi di accertamento induttivo. Il primo metodo .....; restando l'unico fino alla emanazione del D.M. 21 luglio 1983 imperniato sull'acquisizione da parte degli uffici di elementi e circostanze di fatto certi, i quali da un lato rendono inattendibile la quantificazione del reddito risultante dalla determinazione analitica e dall'altro giustificano la quantificazione, in via .induttiva, del reddito in una determinata maggiore misura. Tale metodo basato sulla prova della sussistenza RASSEGNA DELL1AVVOCAtUAA DEllO StAl'O degli elementi e circostanze di fatto che formano la, base p.resuntiva della misura del maggior reddito. Il secondo metodo -che si concretamente affiancato al primo con l'emanazione dei DD.MM. 21 luglio 1983 e 13 dicembre 1984 - imperniato sulla identificazione, da parte dllo stesso d.P.R. n. 600 del 1973 (all'art. 2), di una serie di elementi (dianzi indicati al paragrafo 10), che lo stesso legislatore ha ritenuto indicativi di capacit contributiva, in relazione ai quali il Ministro delle finanze investito del potere (ed ora anche dell'obbligo) di stabilire indici e coefficienti presuntivi di reddito. Una volta emanati i decreti ministeriali che fissano tali indici e coefficienti, l'accertamento da parte degli uffici tributari degli elementi indicati nell'art. 2 del d.P.R. n. 600 !fel 1973 legittima, attraverso l'applicazione degl'indici e coefficienti stabiliti da tali decreti, l'imposizione sulla base del maggior reddito. Cos precisato il contenuto della normativa impugnata, va rilevato che questa Corte ha costantemente escluso, in linea generale, la illegittimit costituzionale, del ricorso a prove legali ed a presunzioni in materia tributaria. In tal senso si era espressa gi con la sentenza 26 giugno 1965, n. 50, dichiarando non fondata la questione di legittimit costituzionale, in linea di principio, di norme che prevedano un sistema di prove legali per la determinazione dell'esistenza del presupposto dell'obbligazione tributaria e della sua entit concreta. Detta conclusione stata pi di recente ribadita nella sentenza 21 aprile 1983, n. 103, nella quale stato confermato che la configurazione di prove legali rigorose, in materia tributaria, non comporta l'attribuzione di una base fittizia all'imposizione ed stato sottolineato che in tale materia la prova legale mira a tutelare l'interesse generale alla riscossione dei tributi contro le evasioni, affermandosi che rientra nella discrezionalit del legislatore non sindacabile in sede di giudizio di costituzionalit, ove non tr.asmodi in palese arbitrariet o irrazionalit, la scelta dei meccanismi probatori che si ritengano maggiormente idonei a conseguire tale risultato. Pi specificamente, quanto alle presunzioni tributarie, questa Corte con numerose decisioni ne ha escluso, in linea di principio, la illegittimit costituzionale, purch si fondino su indici concretamente rivelatm;i di ricchezza, ovvero su fatti reali, quand'anche difficilmente accertabili, idonei a conferire all'imposizione una base non fittizia (Corte costituzionale, 26 marzo 1980, n. 42). In particolare stata sottolineata la necessit che le presunzioni, per potere essere considerate in armonia con il principio della capacit contributiva sancito lall'art. 53 della Costituzione, debbono essere confortate da elementi concreti che le giustifichino razionalmente (Corte costituzionale 28 luglio 1976, n. 200). In proposito la Corte ha negato l'illegittimit costituzionale. di alcune presunzioni iuris tantum previste da leggi tributarie, mettendo in evidenza, da un lato ;_ caso per caso -la loro razionalit; dall'altro, la garanzia insita per il contribuente nella possibilit di dare la prova contraria a PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE quanto presunto per legge (Corte costituzionale 3 luglio 1967, n. 77; 18 luglio 1968, n. 99). Inoltre, in materia d'imposta di successione, questa Corte ha dichiarato non fondata, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, una questione riguardante la presunzione di esistenza nel patrimonio ereditario di gioielli, denaro e beni mobili in misura fissa e proporzionata all'asse ereditario, ritenendo inconferente ch tale presunzione potesse essere assoluta, tenuto conto che essa faceva riferimento ad un indice effettivo e concreto, quale quello del patrimonio ereditario (Sntenza 12 luglio 1967, n. 109). Esaminando la normativa impugnata alla stregua di tali princpi, va rilevato come entrambi i. metodi di accertamento induttivo previsti dall'art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, pur se fondano l'accertamento su presunzioni, sono rispettosi dell'art. 53 della Costituzione, in quanto ancorano l'accertamento ad elementi che debbono essere rigorosamente dimostrati e sno idonei a costituire fonte sicura di rilevamento della capacit contributiva. Infatti, l'accertamento fondato sulla prova della sussistenza di elementi e circostanze di fatto certi, i quali dimostrino l'inattendibilit della quantificazione del reddito ri~ultante dalla determinazione analitica e la correlativa sussistenza di un maggior reddito, si palesa come un accertamento presuntivo che, lungi dal violare il principio costituzionale della correlazione tra capacit contributiva e imposizione tributaria, ne costituisoe un mezzo di attuazione, in quanto reso ragionevole dal ricorso a indici idonei a dare fondamento reale alla corrispondenza tra imposizione e capacit contributiva. Dall'esistenza del fatto-base sorge la pretesa al tributo relativo al nuovo reddito, determinato sinteticamente, essendo quel fatto .idoneo, per quanto si dir a produrre l'effetto collegato al fatto presunto. Parimenti evidente la razionalit e la coerenza con il principio fissato dall'art. 53 della Costituzione, del metodo di accertamento basato sugli elementi individuati dall'art. 2 del d.P.R. n. 630 del 1973, in relazione ai quali nei DD.MM. 21 luglio 1983 e 13 dicembre 1984 sono stati stabiliti indici e coefficienti presuntivi di reddito. Infatti in base ad una massima di esperienza, la disponibilt di aeromobili da turismo, di navi e imbarcazioni da diprto, di cavalli da equitazione o da corsa, di residenze secondarie, di collaboratori familiari, di precettori, di governanti, di riserve di caccia, lungi dal costituire una violenza nei confronti della realt sono indici sicuri di capacit contributiva:. idonei, pertanto, a fondare la presunzione che, chi possegga quei beni o fruisca di quelle prestazioni, goda di un reddito proporzionato, ancorch non se ne possa individuare analiticamente la provenienza. Dimostrata l'esistenza di quei determinati fatti possessori o di fruizione di servizi, se ne deduce la esistenza dell'elemento costitutivo della fattispecie dalla quale trae titolo la prtesa tributaria, determinata sinteticamente. Ne deriva che, fatta salva la possibilit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per il contribuente di dimostrare che il reddito proviene da cespiti esenti da imposta, ovvero che gi stato assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta (art. 38! quinto comma), la presunzione stabilita dalla legge appare ancorata a dati di fatto che sono prova sicura di capacit contributiva. Quanto poi alla valutazione della legittimit (sotto l'aspetto di eventuali vizi nella formazione e nell'applicazione) degfindioi e dei coef fidenti presuntivi fissati dai decreti ministeriali, essa non compete a questa Corte, essendo tali decreti -come sopra si visto -atti amministrativi. Escluso ogni contrasto della normativa impugnata col principfo stabilito dall'art. 53 della Costituzione, si r.ivela infondata pure la dedotta . violazione dell'art. 3 prospettata sotto il profilo dell'allegata deroga, in materia tributaria, della regola generale fissata dall'art. 2729 cod. civ. Infatti, senza che sia necessario procedere all'individuazione della natura delle presunzioni previste dall'art. 38 quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, va ritenuto che la materia tributaria, per la sua particolarit e per il rilievo che ha nella Costituzione l'interesse dello Stato alla percezione dei tributi, giustifica discipline differenziate, in materia di accertamento, rispetto alla disciplina generale delle presunzioni, p.rch -come nel caso di specie -tali discipline siano idonee ad assicurare la reale rispondenza dell'accertamento tributario alla capacit contributiva del soggetto passivo d'imposta. Quanto, poi, alla violazione dell'art. 24, allegata sotto il profilo che contro l'uso di presunzioni per pervenire all'accertamento, la difesa sarebbe impossibile, essa va parimenti disattesa, poich nessun limite po~to dalla normativa impugnata alla prova della insussistenza degli eleme~ti e circostanze di fatto sui quali si basa l'accertamento induttivo. Tutte le questioni prospettate in relazione all'art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 vanno pertanto dichiarate non fondate. CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1987, n. 290 -Pres. Andrioli -Rel. Pescatore -S.p.A. SARA (avv. Jannone) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Mataloni). Espropriazione per pubblica utilit -Prestazione obbligatoria di attivit di impresa -Non applicabilit dell'art. 42 Cost. (Cost., artt. 23 e 42; d.!. 10 febbraio 1977 n. 19, art. 8). La congiunta applicazione di disposizioni costituzionali pu realizzarsi quando ne derivi il rafforzamento di un precetto o la determinazione o il completamento della sua sfera di operativit. Peraltro, la prestazione obbligatoria di attivit di impresa non d luogo al congiunto operare PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 9 degli artt. 23 e 42 Cast., quest'ultimo non potendo costituire base idonea per la attribuzione di un compenso relativo alla prestazione obbligatoria di un opus (1). L'art. 1 del dl. 10 febbraio 1977, n. 19, convertito con modificazioni nella legge 6 aprile 1977, n. 106, ha dichiarato la decadenza della Societ (per azioni) autostrade romane ed abruzzesi (S.A.R.A.) dalla concessione di costruzione ed esercizio delle autostrade Roma-Alba Adriatica e Torano-Pescara. L'ultimo comma dll'art. 8 di tale decreto legge dispone: Dalla . data di entrata in vigore del presente decreto i legali rappresentanti della societ assumono le funzioni di custodi di tutti i beni mobili ed immobili, compresi gli impianti, le pertinenze e gli accessori, inerenti alla costruzione ed alla gstione delle autostrade, e sono tenuti, rendendone conto al direttore generale dell'A.N.A.S., a compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione necessari per l'esercizio delle stesse autostrade . In applicazione di quest'ultima norma, la S.A.R.A. ha dovuto provvedere e sta ancora provvedendo all'esercizio anzidetto. A fronte di tali prestazioni l'A.N.A.S. ha riconosciuto alla S.A.R.A. -secondo quanto si evince dall'ordinanza di rimessione -il rimborso di tutte le spese di esercizio, comprensivo anche di una quota parte dei costi generali societari di stretta pertinenza dell'esercizio stesso. (omissis) Nella fattispecie, che concerne una prestazione coattiva di attivit di impresa, la legge ne determina con completezza l'oggetto, non la sciando margine all'esercizio di alcun potere discrezionale da parte della P.A. Infatti, l'art. 8, ultimo comma pi volte citato, del d.l. n. 19 del 1977 pone una norma precisa circa il contenuto e i limiti della prestazione, riferendoli all'esercizio delle autostrade, limitatamente agli atti di ord-. naria amministrazione. A fronte di tale prestazione l'A.N.A.S. tenuta al rimborso ;;tlla S.A.R.A. delle spese, comprensive di una quota parte dei costi generali societari di stretta pertinenza dell'esercizio stesso. L'ordinanza sottolinea un elemento particolare dell'attivit imposta che, a suo avviso, le consente di penetrare nella sfera del terzo comma dell'art. 42 e lo riferisce al termine e alle modalit della prestazione, dovuta ex art. 23 Cost. Questa, originariamente diretta a fronteggiare un'evenienza provvisoria, stata in concreto caratterizzata dalla lunga perduranza, senza che sia previsto o sia prevedibile il momento della sua cessazione . Donde un vero e proprio congelamento sine die anche (1) Pronuncia di notevole lia:trteresse teorico, peJXh !)issa uno dei confini della garanzia data dall'art. 42 terzo comma Cost., e perch indirettamente eviden:zJia l.liil limite alla .raffigurazione (come noto, proposta da NrcoL) della impresa cme oggetto a s stante di diritti. 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei capitali investiti dai privati (azionisti) della societ, s che essi, sottratti sia pure temporaneamente, ma per un rilevante periodo di 'tempo, a1l'iniziativa privata e impiegati rper fini esclusivamente pubbli cistici, non trovano alcuna remunerazione . Situazione questa, che, appun to in base all'invocata integrazione dell'art. 23 col ,terzo comma del l'art. 42 Cost., dovrebbe comportare la deteqninazione di un principio costituzionale che integri quello della riserva legislativa con l'altro della corresponsione di un aeguato compenso. La censura non fondata. La Corte rileva che canone indubbio quello relativo alla lettura sistematica di norme costituzionali, qualora un precetto possa trovare la sua integrazione, a pari livello, con altra disposizione. Siffatto principio stato affermato, relativamente all'art. 23, dalla giurisprudenza della Corte, la quale ha rilevato che quest'ultima norma, il cui contenuto sta nel prescrivere una riserva di legge, non ha nessun ruolo da svolgere quando altra norma costituzionale, nel dettare una disciplina sostanziale della fattispecie, l'accompagni gi con la garanzia formale di detta riserva (sent. 23 aprile 1965, n. 30). La congiunta applicazione di disposizioni costituzionali pu, dunque, ben realizzarsi quando ne derivi il rafforzamento di un precetto e la determinazione o il completamento della sua sfera di operativit. Nella specie, l'ordinanza postula l'integrazione sostanziale (riserva di legge + corresponsione del compenso) attraverso l'impiego _congiunto dell'art. 23 con il terzo comma dell'art. 42 Cost. La lunga durata dell'attivit di gestione imposta si rifletterebbe sulla rimunrabHit del capitale (privatd) della. S.A.R.A. (societ per azioni), in quanto non renderebbe possibile compensare l'attivit di gestione, sottraendola all'iniziativa privata per un rilevante periodo di tempo . Un siffatto profilo della censura mal si colloca nell'ambito dell'art. 42 Cost., dato che esso deduce un impedimento all'iniziativa privata. Comunque, al di fuori dell'operativit di tale iniziativa, l'art. 8 ultimo comma, _ del d.I. n. 19 del 1977 non incide in alcun modo sulla titolarit del capitale sociale in capo agli azionisti, che sono liberi di gestirlo secondo le moda-. lit proprie della struttura societaria, alla quale esso inerisce. Questa considerazione vale anche nei riguardi dell'altro profilo della situazione societaria, posto in luce dalla difesa privata,-quando si rife rita all' ablazione del godimento dei capitali investiti. da osservare che nemmeno tale supposta ablazione soccorribile col ricorso al precetto costituzionale invocato (art. 42, terzo comma). Trattandosi dell'imposizione di attivit, questa non pu riflettersi n sull'organizzazione societaria, ,n sull'appartenenza e sulla composizione del capitale sociale. L'incidenza riflessa, che, su detto capitale pu derivare dai vincoli di gestione dell'attiv.it sociale, si colloca anch'essa al di fuori della norma costituzionale ora ricordata. (omissis) f f f I . . I PARm I, SEZ. I, GIURJSPRUDENZA COSTITUZIONALE Non soccorre, poi, ai fini del riconoscimento del titolo al compe:p.so, il principio di costituzione materiale, tratto da questa Corte dallo stesso art. 42, terzo comma, e richiamato dall'ordinanza di rimessione, secondo il quale rientrerebbe nell'ambito della tutela della propriet, accanto alla fattispecie dell'espropriazione formale, il complesso delle situazioni, le quali, pur non concretando un trasferimento totale o parziale di tale diritto, ne svuotino il contenuto (cfr. sent. 27 aprile 1982, n. 92, 21 di-_ cembre 1976, n. 89; 9 maggio 1968, n. 55; 22 giugno 1966, n. 90; 19 genn. aio 1966, n. 6). Muovendo da questa premessa la Corte ha affermato che l'indennizzo da corrispondere in caso di ablazione della propriet pu venir .. meno soltanto quando i modi e i limiti, che la legge impone a tale diritto, attengano al regime di appartenenza o ai modi di godimento dei beni in generale o di intere categorie di essi, ovvero quando la legge regoli la situazione dei beni rispetto alla P . .A., sempre che le limitazioni tocchino la generalit dei soggetti che si trovino nelle accennate situazioni (sent. 19 gennaio 1966, n. 6 cit.; 15 novembre 1967, n. 119; 9 maggio 1968, nn. 55 e 56). Questo principio, che viene testualmente richiamato dall'ordinanza di rimessione, pu definirsi del carattere generale, necessario, della previsione ablativa e della qualificazione delle limitzioni imposte (in quanto connesse con la disciplina della posizione del bene nei confronti della P.A.), deve ritenersi operante esclusivamente nei confronti delle ablazioni reali, cio di quelle espropriazioni che concernono i beni, con l'imposizione di limiti e vincoli che li svuotino del loro contenuto. Il principio non invece applicabile alle prestazioni (o ablazioni) obbligatorie, del tipo di quella che ricorre nella specie. Siffatta prestazione definita dall'ultimo comma del pi volte ricordato art. 8 del d.l. n. 19 del 1977 e questa norma, come si visto, anche_ per la sua genesi e per il suo oggetto, non pu considerarsi privativa o gravemente limitativa del contenuto sostanziale (e dell'appartenenza) di beni. Le prestazioni obbligatorie consistono in un facere; il loro oggetto caratterizzato dal compimento dell'opera o dell'attivit. , come tale, assume la sua specifica configurazione. Ed a tale oggetto che deve riferirsi il giudizio sulla Ie~ittimit della normativa che l'impone. Appare, anche sotto questo aspetto, arduo rinvenire un principio costituzionale -come auspica l'ordinanza di rimessione -, in base al quale, integrando l'art. 23 con l'art. 42, terzo comma, Cost., possa sancirsi, a favore dell'onerato, la spettanza di un adeguato compenso. La corresponsione dell'indennizzo nelle ablazioni reali {ed a quelle sostanzialmente assimilate), , invece, preventivamente e generalmente regolato dalla legge, e l'art. 42, terzo comma, Cost., conferisce ad esso la garanzia costituzionale. 12 RASSEGNA llEIJ..1AVVOCATURA !>ELLO STATO Collocando il problema sotto un angolo visuale pi ampio, ma sempre con stretta aderenza alla fattispecie, da osservare che i limiti e i vincoli che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, incidono sul contenuto della propriet, si differenziano nettamente,-nella loro qualit e struttura, dagli obblighi inerenti alle prestazioni (o ablazioni) obbligatorie. Questi debbono procedere da norme di legge; quelli, normai mente, derivano da atti amministrativi. Nell'ablazione (o prestazione) obbligatoria, poi, il vincolo opera direttamente sul soggetto, limitandone la libert, e non ipotizz~bile altra incidenza, che possa'assimilarsi a questa. Il fenomeno dello svuotamento sostanziale -equiparabile al trasferimento coattivo -si realizza inyece pienamente nelle ablazioni reali. ~ Nelle prestazioni obbligatorie pu ben mancare la generale previsione normativa dell'indennizzo, avendo la .Costituzione assunto come obiettivo primario la difesa della 1sfera di J:ibert del soggetto gravato; a questa fine opera la riserva di legge. In ogni caso, nella specie l pretesa del soggetto obbligato, come si evince dall'ordinanza di rimessione, consiste nel diritto ad un compenso per. l'attivit di gestione imposta(gli) , che concetto tutt'affatto diverso dall'indennizzo. A parte i rilievi gi svolti circa le peculiarit della struttura e dell'oggetto della prestazione obbligatoria, l'art. 42, terzo comma, Cost., non pu costituire base idonea per l'attribuzione di un compenso per la prestazione coattiva di un opus; compenso la cui determinazione sfugge, in generale, per la sua natura di corrispettivo di un'attivit resa, ai criteri in base ai quali la legge fissa l'indennizzo per l'ablazione di beni. La norma stessa non pu, poi, aprire la via alla enucleazione di un altro principio, comprensivo dell'indennizzo e del compenso. La finalit e l'oggetto dell'indennizzo, essendo del tutto diversi da quelli della remunerazione di un'attivit, impediscono l'individuazione dell'invocato unitario concetto. CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1988, n. 48 (cam. cons.) Pres. e rel. Saja. Avvocatura dello Stato Contenzioso tributario Patrocinio dell'amministrazione dinanzi alle commissioni. (Cast., artt. 3 e 24, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 30). Tributi (in generale) . Rappresentanza del contribuente Sanzioni am ministrative . Responsabilit solidale Legittimazione a ricorrere ed intervenire. (Cast., artt. 3, 24 e 76; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 98).. Anche dinanzi alle commissioni tributarie l'amministrazione finanziaria pu avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, l'art. 30 del d.P.R. ,.. r: t. i' ~: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 13 26 ottobre 1972 n. 636 consente la difesa ad opera degli uffici senza necessit della delega di cui agli artt. 2 e 3 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (1). Il rappresentante legale del contribuente (ad esempio, di una societ) ragionevolmente obbligato in solido con il rappresentato per il pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie, e pu quindi far valere le proprie ragioni nel processo tributario. Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di Verbania sollevava questione di legittimit costituzionale; in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.: a) dell'art. 30 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui non prevede l'intervento dell'Avvocatura dello Stato davanti alle Commissioni tributarie; b) dell'art. 98, sesto comma, del citato d.P.R. n. 602/73, secondo il quale al pagamento delle soprattasse o delle pene pecuniarie sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente coloro che ne hanno la rappresentanza; che ad avviso del collegio rimettente, la nol'ma sub a)' in deroga alla regola generale secondo cui la rappresentanza e l'assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato spettano all'Avvocatura dello Stato (testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611), affiderebbe in via esclusiva tale patrocinio a funzionari degli uffici tributari, non sempre muniti della necessaria preparazione giuridica, cos negando all'amministrazi0"'J.e finanziaria parit di tutela in giudizio rispetto ai contribuenti, che imece possono farsi assistere da (1) Il giudice cr.-emititente ha prospettato un problema serio ed irrisolto (anohe se essenzialmente metagiuridico): spesso (non sempre) nel processo tributario i oontribuenti sono assistitd da difensori qualificatJi (ad esempio, avvocati o dottori commercia1istJi) rispetto ai quali iilladeguata pu rivelarsi la profess'ionlit dei fUllJ2onari degli uffici' (e non soltanto per quanto attiene agli aspetti prooessuali). Trattasi di un problema ohe non pu essere risolto indipendentemente da quello -ancora pi serio -di una profonda revisione della giustizia tributaria, essendo irrealistico che l'Avvocatura dello Stato possa curare le masse di processi tributari che !'attuale organizzazione di detta giustizia di per s ingenera e che si trascinano per rm sovrabbondante numero di gradi dmnanzi a collegi giudicanti a foro volta troppo spesso di bassa professionalit o adc:!Jiri1Jtura formati con la partecipazione dri persone impegnate nella assistenza di contribuenti. Il processo tributario e stato configurato avendo prei.enti da un lato l'immagine del contnibuente debole ,, e povero ,, e d'altro lato l'esigenza di non esporre subrito l'ufvicio al rischio di una soccombenza. Queste pcr:eoccupamoni, pervero enfutizzate dai sosten:iitori dei. contribuenti forti (di fatto intere& sati ad un cattivo funmonamento della giusti2lia tributaria), possono al pi giu stiDicare un primo grado tipo giudice dri pace a livello provinciale (per il che potrebbero continuare ad operare le attuali commissioni aventJi sede nel capoluogo); ~n un siffatto primo vaglio razionale che le parti stiano in giu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO liberi professionisti; la norma sub b), a sua'volta, lederebbe il diritto di difesa degli obbligati solidali, in quanto ad essi viene notificato il solo avviso di mora e non l'avviso di accertamento, o cartella esattoriale, contro i quali ammesso ricorso (omissis); che la questione concernente la rappresentanza e difesa dell'amministrazione finanziaria nei giudizi davanti alle commissioni tributarie palesemente priva di fondamento, in quanto, come rilevato dalla stessa Avvocatura generale la normativa censurata, contrariamente all'assunto del giu- dice rimettente, non esclude affatto che l'amministrazione possa, anche dinanzi alle commissioni tributarie, avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato: la normativa stessa infatti si limita a consentire la rappresentanza da parte dei funzionari degli uffici tributari senza necessit della delega di cui agli artt. 2 e 3 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611; . che la questione concernente gli artt. 55 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 98, penultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 stata gi decisa dalla Corte con la sentenza n. 348 del 1987 nel senso della non fondatezza, perch, quanto al diritto di difesa, nulla vieta al rappresentante del soggetto passivo di far valere le proprie ragioni nel procedimento tributario; che, quanto all'art. 3 Cost., va rilevato che rientra nelle attribuzioni del legislator~ ordinario disciplinare i rapporti concernenti la solidariet tributaria (che non si differenzia nella sua intima essenza da quella civile, come la giurisprudenza costituzionale e ordinaria ritiene ormai in maniera costante), sempre che non siano superati i limiti di ragionevolezza, il che dizio di persona >>, e quindi che l'ufficio si difenda da s, ben conoscendo le vicende per cui si controverte (senza necessit di passare le carte ad altro ufficio od alla Awocatura). Dopo questo grado . . . alla buona non produttivo di preclusioni processuali (ed eventualmente persino de-giurisdizionalizzato} do~rebbe aver inizio un vero processo dinanzi un vero giudice di merito pieno (a livello regionale, non accentrato a Roma) e con contraddittori professionalmente qualificati. '. stimabile che questo grado di giudizio (al quale seguirebbe quello di cassazione) sarebbe percorso mediamente da circa 50.000 controversie l'anno; numero che potrebbe ridursi sensibilmente se al giudice ipotizzato venissero affidate solo le controversie in materia di imposte sui redditi e dd IVA, per le controversie relative alle altre imposte lasciando le cose come sono (almeno tmporaneamente). Ovviamente, alla revisione del processo tributario dovrebbe essere colle gato un potenziamento dell'Avvocatura dello Stato, la quale, come noto, attual mente cura le controversie tributarie (nei settori di competenza delle com missiond) dinanzi alla Corte di cassazione ed alle Corti di appello, mentre poco frequentemente e solo per controversie di particolare importanza o deli catezza assiste gli uffici nei gradi dinanzi alle commissioni. '. appena il caso di aggiungere che le osservaziond sin qui fatte non devono essere interpretate come una scarsa disponibilit dell'Avvocatura dello Stato a fornire, allo stato della legislazione, l'assistenza che gli uffici le richiedano. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 15 nella specie all'evidenza non ricorre per la peculiare relazione della posizione dell'ammi'nistratore con quella della societ rappresentata e per la conseguente soggezione alle medesime sanzioni comminate in cas9 di violazione dei precetti tributari; (omissis) I CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1988, n. 49 (Cam. Cons.) -Pres. e rel. Saja. Tributi erariali diretti -Riscossione -Termine per la formazione dei ruoli Coordinamento con la c.d. autotassazione. (Cost., artt. 76 e 77; d.P.R. 27 settembre 1979, n. 506, art. 2). Il prolungamento del termine per la formazione dei ruoli giustificato dalla introduzione della c.d. autoliquidazione, la quale ha confinato la riscossione mediante ruoli ad ipotesi marginali. TI CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1988, n. 54 {Caro. Cons.) -Pres. Saja -Rel. Borzellino. Tributi erariali diretti -ILOR -Perdite di esercizi precedenti -Indeducibilit. (Cost., artt. 53, 76 e 77; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 4). La perdita di esetcizi precedenti va considerata fatto impeditivo della imposizione (relativa al periodo di imposta in cui la perdita utilizzata) e non come componente negativa del reddito complessivo (di detto periodo) (1). (1) Il riporto delle perdite di esercizi precedenti. La Corte costituzionale, ancorch con stringata motivazi0111e, ha fornito una illllPartante puntualizza2lione sulla rilevanza fiscale (e sul modo in cui essa si manifesta) delle perdite c.d. pregresse. La pronuncia stata preceduta da un ddbattito (m contraddittorio) parecchio ampio, nel quale sono state esaminate sia Ia nozione di perdita fiscale dell'esercizio sia le disposizioni ~n tema di compensazione degli utili di un esercizio con perdite di esercizi precedenrti. La noziOllle di perdita dell'esercizio va anzitutto distinta dalle perdite patdmoniald di cui all'art. 57 d.P.R. n. 597 del 1973: queste seconde concernono eventi distruttivi di un elemento attivo del patrimonfo del contribuente (ad esempio, un incendio, la inesigibilit di un credito) non riferibili alla volont del contllibuente stesso; per moiso, bene chiarire che .I'ammllamento delle azioni o delle quote di una societ (iDJCorporata) possedute dalla societ 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I Considerato che la censura di eccesso di delega appare manifositamente infondata: infatti l'impugnato art. 2 d.P.R. n. 506 del 1979 deve essere raffrontato non gi con l'art. 10 n. 6 1. n. 825 del 1971 bens con l'art. 22 1. n. 114 del 1977, che testualmente stabilisce nel secondo comma: Con decreto del Presidente della Repubblica da emanare ai sensi del secondo comma dell'art. 17 1. 9 ottobre 1971, n. 825, saranno apportate alle norme mcorponmte prima della fusione non qualificabile perdita patrimondale, e costituisce solo opera2lione (materiale e contabile) conseguenziale alla fusione e, come essa, del tutto volontaria (cfr. art. 99 del T.U.I.R. approvato con d.P.R. n. 917 del 1986). La legge tributaria consente che l'imprenditore (non il comune oittadiino) deduca dette perdite dal reddito dell'esereizio nel corso del quale l'evento 'distruttivo si verificato, se l'elemento attivo colpito dallo evento .,incluso tra le attivit esposte in bilancio; ci allo scopo di non pregiudicare la conservazione delle dotazioni patrimoniali dell'impresa (anche se, in tal modo, lo Stato si trova di fatto esposto ad un rischio che potrebbe dirsi da assicuratore ). La perdita dell'esercizio invece iii. risultato complessivo, quando negatiivo, dell'iattivit economica dell'impresa in un determinato periodo di tempo (denominato lin gergo esercizio); la no:zfone di perdita dell'esercizio -a 1differenza di quella di perdite patrimoniali (le quali sono cagionate da eventii pUllltuali e tendenzialmente istantanei amcorch iirreversibili) - dimensionata 1ad un perfodo di tempo ed esprime una sintesi di una pluralit di fat.ti aziendali accaduti appunto in detto periodo. Di peridita dell'esericizio pu parlarsi, alternativamente, o in termini civi1i . stlici con mguardo cio alle risultanze del bilancio, o in tennini fiscali. con riguardo cio 1alle ,riisuhanze della dichiarazione e dell'accertamento del reddito. Il periodo di tempo (esercizio) in relazione al quale la perdita risulta ooinc:ide, per i contribuenti soggetti ad IRPEG, con il periodo di tempo (non necessariamente coincidente con 'fanno solare) considerato per la redazione del bilancio civilistico. Comunque, il periodo di tempo fiscalmenite rilevante denominato dal legislatore periodo d'imposta. La perdita fiscale dell'esercizio dunque Ia perdita che, in esito al.la 'Somma algebrica di componenti positivi e negativi del reddito, risulta dalla dichiarazione o dall'accertamento relativo al periodo d'imposta: e se non v' accertamento -U che avviene per la stragrande maggioranza dci contribueniti -la pe.ridita dell'eseroizfo dichiarata acquisisce di fatto definitivit. La perdita fiscale dell'esercizio , come evidente, nozione gimid:ico-formale e conseguenziale alla ripartizione del continuum dell'attivit commerciale in periodi di imposta .temporalmente delimitati; e del resto altrettanto deve dirsi -e questa volta con riguardo all'intera platea dei contribuenti -per il reddito complessivo esso pure riferito, come noto, ad uno specifico periodo d',imposta. E costituisce principio fondamentale dell'imposizione sui redditi quello per cui ogni periodo d'imposta del tutto autonomo e d luogo ad una separata vicenda impositiva; meramente espositivo il coilegaimento con U periodo anteriore tramite le rimanenze iniziali., e non influente sui conti reddituali rimane (in assenza di movimenti) la situazfone partrimoniale . Dal .principio :test rammentato dovrebbe discendere la totale impossibilit di utilizzare fiscalmente la perdita di un precedente esercizio. Senonch, in via di deroga (e quindi con disposizione per sua natura eccezionale) I I ~. PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE -17 dei decreti del Presidente della Repubblica emanati nell'esercizio della delega di cui alla legge stessa le modificazioni necessarie per integrarle e coordinarle con i princpi e le disposizioni della presente legge e con quelli delle altre leggi entrate in vigore successivamente all'emanazione dei suddetti decreti e fino al 30 novembre 1979 ; che le modifiche entrate in vigore successivamente all'emanazione dei suddetti decreti sono quelle che hanno introdotto il sistema dell'autoliquidazione delle imposte sul reddito mediante versamento diretto {I. 2 di- l'art. 25 della legge n. 1 del 1956 ha consentito soltanto ai soggetti tassabili in base al bilancio, la compensazione degli utili conseguiti in un periodo con la (eventale) perdita fiscale di esercizi precedenti; la disposizione passata nel testo U!Ilico imposte dirette del 1958 (come art. 112 di questo), ed poi stata confermata nell'art. 17 del d.P.R. n. 598 del 1973 sull'IRPEG e nell'art. 102 del T.U.I.R. approvato con d.P.R. n. 917 del 1986 (articoli -questi ultimi due intitolati, con mmor esattezza ma conformemente ad espressione di ge.rgo, riporto delle perdite ). In sostanza, queste disposizioDli hanno previsto soltanto una ragione impeditiva dell'imposizione, ragione che -!in quanto estranea al periodo d'imposta in cui utiliz21ata -risulta aggiuntiva e, per cos dire, fuori bilancio; tant' che .il contribuente ha (la facolt e) l'onere di rich!iedere la compensazione in questione, dopo la chiusura contabile (in utile) della dichiarazione del periodo d'imposta e con una sorta di postilla. Le disposizioni memionate si son ben guardate dall'eliminare la separazione dei divers!i periodi d'imposta e dei relativi rapporti tributairi; e si sono ben guardate dal configurare la perdita di esercizi precedentJi alla stregua di un componente negativo del reddito dell'esercizio per il quale utilizzata. Ci confermato anche testualmente sia dall'art. 25 citato (e dal conseguente art 112) ove si parla di compnsazione degli utili , ossia di un fatto impeditivo che Timane a valle della determinazione conclusiva degli utili, 'sia dall'attuale art. 17 citato ove si dice, per esprimere lo stesso concetto, in diminuzione del reddito complessivo impon! ibile , _cos chiaramente puntualizzando che prima deve essere determinato questo 'reddito complessivo imponibile e poi pu essere utilizzata la perdita di esercizio precedente. In altre parole, tale perdita non entra nel bilancio e nella dichiarazione dei redditi del periodo in cui utilizzata, ma solo influisce dall'esterno sulla liquidazione del credito tiriibutario: al punto che taluno sostiene essere possibile invocare la compensazione fiscale di che trattasi persino 1n un momento successivo alla presentazione della dichiarazione (ad esempio, una societ dopo aver presentato dich!iairazione per il 1980 in perdita, il che le ha impedito di utHi~are la perdita fiscale del 1979 e del 1978, ne chiede l'utilizzazione dopo che stata raggiunta da una rettifica che ha evidenziato un utile). Ci del resto corrisponde alla Lrppresentazione contabile (nei bilanci civiilistici) del fenomeno perdita dell'esercizio; tale peridita figura nel conto profitti e perdHe del periodo in cui si verifica, ma deve essere o assorbita da riserve disponibili o appostata nella situazione patrimoniale del bilancio di detto periodo e dei bilanci dei periodi successivi (come perclite pregresse). Le " perdite pregresse sono una sorta di . anti-riserva , che rpu essere riassorbita in periodi successivi (anche mediante versamenti dei soci) ma che non torner mai p!i nel conto profitti e perdite di un esercizio successvo. Per RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cembre 1975, n. 576, art. 17, per l'irpef; d.1. 23 dicembre 1977 n. 936, conv. in 1. 23 febbraio 1978 n. 38, art. 2, per l'ilor) nonch il versamento d'acconto (1. 23 marzo 1977 n. ~7); modifiche che, da un lato, hanno avvicinato nel tempo la produzione del reddito a!lla riscossione dell'imposta e, dall'altro lato, hanno confinato la riscossione mediante ruoli ad ipotesi marginali, tra cui quella di somme dovute e non versate dal contribuente: ipotesi la cui ricorrenza, per le necessarie maggiori indagini da parte degli uffici, giustifica la IJ?rotrazione del termine di cui all'art. 17 d.P.R. n. 602 del 1973; inciso, si osserva che sarebbe illecito compenso di partite utilizzare le pe:t'dite ptegresse per ridurre surrettiziamente \I'iserve. Quindi, nell'esercizio successivo in cuii viene operata la compensazione fiscale utili-percli> (parola che forse sta per occasione). La sentenza n. 530 sembra dare avvio (e si consenta di aggiungere, final mente) ad una meditazione sulla natura e sui limiti dell'indennit aggiuntiva spettante ail coltivatore non proprietario e deHa paraHela (ma con diversi presup PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 25 sponsione al conduttore d'un equo indennizzo da parte del locatore che ottenga il rilascio dell'intero fondo locato per costruirvi case d'abitazione (2). III CORTE COSTITUZIONALE, 12 maggio 1988, n. 530 -Pres. Saja -Rel. Gallo Provincia di Bolzano (avv. M. Barbato e S. Panunzio). Espropriazione per pubblica utilit Terreni agricoli senza attitudine edificatoria Indennit di espropriazione Parametri fissati da com missione amministrativa" Non sono vincolanti per il giudice. (Cost., artt. 24 e 42; I. prov. Bolzano 20 agost7i 1972, n. 15, art. 12, come sostituito). Espropriazione per pubblica utilit Terreni agricoli con attitudine -edifi catoria Indennit aggiuntiva ~ commisurata al valore agricolo e va detratta da quanto spettante al proprietario. (Cost., art. 42; I. prov. Bolzano 20 agosto 1972 n. 15, art. 13 come sostituito). Contrasta con gli artt. 24 e 42 Cast. la disposizione legislativa che attribuisca valore vincolante anche per il giudice ai parametri valutativi predisposti da commissione amministrativa per la determinazione dell'indennit di espropriazione dei terreni agricoli (siti nella provincia di Bolzano). Il valore venale di un terreno su cui insiste una azienda agricola deve comprendere il valore di questa. L'indennit aggiuntiva spettante al coltivatore non proprietario deve essere commisurata al valore agricolo del terreno e deve essere detratta da quanto spettante al proprietario sulla base del predetto valore venale (3). postd maggioraziOlle spettante al coltivatore diretto. V.a peraltro osservato che 1a sentenza non menmona gli artt. 43 e 50 della legge 3 maggfo 1982, n. 203 sui contratti agrari, artko1i che contengono disposizioni poco o nulla coerenti (malgrado il 1restaillo ferme... di cui all'ultimo comma del citato art. 50) con l'art. 17 della 1egge 22 ottobre 1971, n. 865 e con le simdlari (e talvolta ancor pi generose ) disposi21ion:i reg.ionali. Ancorch l'indennit aggiuntiva sia autonoma rispetto a quella c.d. principale spettante a:l proprietario (e ci formalmente la differenzia dal diritto del conduttore considerato ne.lilla seintenza !Il. 126), appare palese che dall'accostamento delle due sentenze in rassegna emerga una tendenza della Corte a dar rilievo all'unitariet del bene sottoposto ad espropriazione e quindi anche al costo complessivo per l'espropriante dell'insieme degli indennizzi. Di grande importanza fin 4'ora quanto affermato -sia pure con riguardo ad una disposizione di legge provinciale -nella sentenza n. 530: 1a detrazione dell'indennit aggiU!lltiva del valore venale assunto a base per la determinazione dell'indennit di espropdamone CO!lldruce oinevitabilmente al1a fissazione di un tetto insuperabile, corrispondein:te al valore venale del bene, del predetto costo complessivo per l'espropriU interferire su tale giudizio la sentenza di questa Corte 13 luglio i984 n. 231, sopravvenuta alle ordinanze de quibs, in quanto I ! I I I ____,_I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la pronunziata declaratoria d'illegittimit costituzionale dell'art. 12, primo comma, oggetto dell'attuale impugnazione, si riferiva esclusivamente come chiaramente appare dal dispositivo - al regime dell'indennit d'e sproprio pr!visto per le aree comprese nel centro edificato, o altrimenti provviste...dell'attitudine edificatoria , ampliando principi peraltro gi enunciati nella sentenza di questa Corte 30 gennaio 1980, n. 5 che alla rimet tente era ben nota. Nella specie, infatti, le ordinanze di rimessione si riferiscono, invece, a terreni agricoli senza attitudine edificatoria: proprio per questo la questione stata sollevata, nonostante i principi affermati dalla sentenza di questa Corte per ultimo citata. Semmai deve dirsi che non ben chiaro perch mai l'impugnazione sia riferita al secondo periodo del primo comma dell'art. 12, se per secondo periodo s'intende ci che segue alla punteggiatura (punto) che conclude il primo periodo. Proprio il secondo periodo, infatti, quello particolarmente colpito dalla sent. n. 231 del 1984. Forse pi che al periodo ci si voleva riferire all'inciso, sta di fatto che tutta la motivazione intesa a rimuovere il valore vincolante delle tabelle, per l'esprnpriazione di area quale terreno agricolo, e non sembra potersi dubitar che il disposto normativo che le concerne quello che fa riferimento al giudizio dell'ufficio tecnico provinciale , contenuto nel primo periodo. In tal senso, perci, deve intendersi rettificato l'evidente errore materiale, tenuto conto del preciso indirizzo della non equivoca motivazione dell~ ordinanze. Ben diversa, invece, la questione sollevata dalla Corte d'Appello di Trento in ordine al successivo art. 13 della stessa legge provinciale di Bolzano, in riferimento agli art.li 3 e 42 Cost. Quella Corte era chiamata a decidere l'indennit da corrispondere, sia ai proprietari che agli affittuari, per l'esproprio di un'azienda agricola, sita in zona destinata all'edilizia abitativa agevolata del Comune di S. Candido. La Corte d'Appello ha potuto determinare agevolmente l'indennit dovuta. ai proprietari perch, dopo la dichiarata illegittimit costituzionale degli art.li 12, primo comma, 13, primo comma e 15, terzo comma, della legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972 n. 15 (v. sent. Corte Cost. 13 luglio 1984 n. 231), afferma di aver potuto applicare il regime indennitario previsto dalla legislazione regionale del T.A.A., in virt della competenza primaria in materia di esproprio ad essa riservata dallo Statuto. La legislazione, regionale, per, -secondo quanto sostiene la stessa ordinanza -non ha previsto alcuna forma d'indennizzo per fittavolo, colono o mezzadro che, trovandosi a coltivare il fondo, sieno costretti a lasciarlo a causa dell'esproprio: salvo .l'ipotesi (che non della specie) dei miglioramenti, che il proprietario stesso tenuto ad indennizzare (nei limiti dell'indennizzo a sua volta percepito) a' sensi dell'art. 35 I. reg. 17 maggio 1956 n. 7. RASSEGNA DELL'WOCATURA DELLO STATO Ne consegue che per l'indennizzo agli affittuari non resterebbe che applicare il secondo comma dell'art. 12 della 1. provinciale di Bolzano impugnata. Senonch, secondo i rilievi della Corte d'Appello, il predetto comma calcola l'indennizzo dovuto all'affittuario sulla base cfi' un decimo dell'indennit di espropriazione (moltiplicata per gli anni di effettiva coltivazione del terreno) dovuta al proprietarfo, a' sensi di quel primo comma dell'art. 12 della legge che la Corte Costituzionale ha, per, dichiarato illegittimo. Il secondo comma dell'art. 13 sarebbe, pertanto, rimasto privo di un razionale coordinamento con il criterio impostato sul valore effettivo dell'area espropriata, esponendo l'espropriante al rischio di dover pagare un prezzo di gran lunga superiore al valore venale del bene, qualora fosse costretto a liquidare anc;tie al fittavolo un'.indenn1t pari a quella da cor rispondere al proprietario di un'area con attitudine edificatoria. E ci in violazione sia dell'art. 42 Cost., perch l'indennizzo verrebbe a superare i limiti di serio ristoro, sia dell'art. 3, perch verrebbe a verificarsi un irrazionale divario rispetto all'ipotesi in cui l'area sia coltivata direttamente dal proprietario; e ci nonostante che la situazione oggettiva dell'area sia sempre la stessa. Ritiene tuttavia la Corte che la questione cos .proposta trovi gi soluzione nella ricordata sentenza n. 231 del 1984. Questa decisione, infatti, ancorando le determinazioni del legislatore in materia di indennizzo al dato del reale valore del bene ha coerentemente chiarito, in motivazione ed in dispositivo, che la dichiarazione di illegittimit costituzionale degli artt. 12 e 13 della legge provinciale non si riferisce ai criteri in essi contenuti, quando l'area da -espropriare abbia destinazione agricola. In tal modo, nell'ipotesi (che ricorre nella specie) di area a destinazione edificatoria su cui insiste un'azienda agricola, il valore reale su cui commisurare l'indennizzo comprender la consistenza di quest'ultima. Tale consistenza, stante il permanente vigore dei criteri gi detti, andr calco lata in base ai parJJmetri di maggiorazione del valore agricolo (idea1mente considerato) contenuti negli artt. 12 e 13, con la conseguenza 'di corrispondere al coltivatore diverso dal proprietario quella parte di indennit pre vista dal secondo comma dell'art. 13, in detrazione della maggiorazione stessa. Cos operando non si lede l'art. 42 della Costituzione, giacch l'indennizzo, fondato sul valore effettivo dell'area, non supera il serio ristoro previsto dal principio invocato n si viola il principio di~eguaglianza, posto che la maggiorazione in parola va corrisposta anche nel caso di proprietario coltivatore diretto. Resta, infine, il punto concernente l'imputazione dell'onere di soddisfare il diritto del coltivatore del fondo. Secondo l'ordinanza sarebbe escluso che sul proprietario espropriato possa ricadere queH'onere, perch porterebbe all'azzeramento del serio PARTE I, SEZ. I, GiuRISPRUDENZA COSTITUZIONALE 33 ristoro dominicale, determinando un'ulteriore incompatibilit costituzionale sia ex art. 3 che ex art. 42 Cost. Ma siffatto rilievo trova evidentemente fondamento nell'opinione del Giudice rimettente, pi sopra lumeggiata, secondo cui anche all'affittuario dovrebbe spettare un indennizzo in relazione all'attitudine edificatoria del fondo da lui coltivato. Una volta, per, esclusa quella tesi, e ridotta l'indennit dell'affittuario al criterio del valore agricolo, quella preoccupazione non ha pi ragion di essere, e dovr darsi applicazione al secondo comma dell'art. 13 della legge che prevede la corresponsione dell'indennizzo all'affittuario in detrazione a quello spettante al proprietario. Per tal modo l'espropriante pagher un solo indennizzo ed ogni dubbio di costituzionalit rester escluso. CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1988, n. 139 (cam. cons) -Pres. Saja Rei. Caianello. Corte Costituzionale -Giudizio incidentale di legittimit costituzionale -Ri levanza della questione. La necessaria pregiudizialit della questione di legittimit costituzionale deve sussistere in concreto e deve emergere dalla motivazione della ordinanza di remissione (1). (omissis) Considerato che la' norma viene impugnata nella parte in cui impone al soggetto che intenda ottenere la restituzione di tributi indebitamente versati la prova documentale che i relativi oneri non sono stati trasferiti su altri soggetti; che tale prova attenendo ad una causa di estinzione dell'obbligazione restitutoria presuppone necessariamente il sorgere di quest'ultima; che dall'ordinanza di rinvio non emerge in alcun modo che la sussistenza di un obbligo di restituzione a carico dell'Amministrazine finanziaria sia stato definitivamente accertato, ma sembra anzi che lo stesso debba ancora costituire oggetto di cognizione, dal momento che l'applicazione della norma impugnata viene dal giudice a quo soltanto ipotizzata; ch l'incidente di costituzionalit appare pertanto irrilevante in quanto (1) La Corte ricol'da ai Giudici remittenti che l'incidente di legittimit costitu2lonale non pu essere sollevato se la causa pu essere decisa prescin dendo dalla disposizione della cui costituzionalit si dubita.~ Tale regola parrebbe non subire eoce:i:;ione neppure ne.I caso l'ordine logico delle questioni abbia a suggerire di anteporre la risoluzione dell'incidente di costituzionalit (ma nel caso esaminato non vi era possibilit di esaminare questo aspetto). RASSEGNA DELL'l\VVOCATURA DELLQ STATO 34 il carattere di necessaria pregiudizialit della questione di legittimit rispetto alla decisione del merito, non pu essere ritenuto in astratto, ma deve invece sussistere in concreto; CORTE COSTITUZIONALE, 11 febbraio 1988, n. 155 -Pres. Saja -Rel. Spagnoli -Bucci ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Mataloni). l Locazione Edilizia abitativa convenzionata Canone Non pu essere pi elevato dell'equo canone. (Cost., art. 3; I. 27 luglio 1978 n. 392, art. 26). L'art. 26 primo comma lettera c) della legge 27 luglio 1978 n. 392 costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non dispone che il canone di locazione degli immobili soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata non pu divenire pi elevato dell'equo canone. (omissis) L'edilizia convenzionata stata introdotta nel nostro ordinamento E dal citato art. 35 della 1. n. 865 del 1971, che dispone che i comuni o i consorzi di comuni possono concedere a fini edificatori~ con diritto di superficie 1 o in propriet, a soggetti pubblici e privati aree inserite nei.piani urbanistici speciali previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, ed interamente espropriate dai comuni. Sia la concessione del diritto di superficie che la C: I cessione in propriet sono accompagnate da una convenzione che deve prevedere, insieme alle caratteristiche costruttive, i criteri per la determinazione e la revisione dei canoni di locazione. La legge 28 gennaio 1977, n. 10 ha ampliato il campo d'azione dell'intervento convenzionato >>, consentendo che esso possa operare anche su aree esterne a. quelle ricomprese nei piani di zona di .cui alla legge n. 167 del 1962: aree che possono ap partenere a privati ma possono altres essere espropriate per la utilizzazione a scopo di costruzione ove rientrino nei programmi pluriennali di attuazione previsti dalla stessa legge (art. 13). Gli artt. 7 e 8 disciplinano il sistema di convenzionamento inteso a favorire interventi di edilizia abitativa: le regioni predispongono convenzioni tipo -cui debbono essere uniformate quelle di comuni -in cui sono indicate le caratteristiche tipologiche e costruttive degli alloggi, sono determinati i prezzi di cessione degli stessi (sulla base del costo delle avee, del costo della costruzione, delle opere di urbanizzazione e delle spese generali) e i canoni di locazione in percentuale del valore desunto dai prezzi di cessione degli alloggi. Al costruttore che assume gli impegni relativi ai prezzi di vendita e ai canoni di locazione viene consentito di corrispondere un contributo per il rilascio della concessione (previsto dall'art. 3) solo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE per la parte commisurata agli oneri di urbanizzazione e non anche per quella relativa al costo di costruzione. Ci premesso, deve innanzitutto escludersi che la differenziazione prospettata dai giudici a quibus sia meramente occasionale e di fatto, e non dipenda invece direttamente -e con incidenza, se non generale, statisticamente significativa -dalla diversit dei congegni previsti dalle norme in discussione. La differenziazione non appare dovuta tanto ai diversi criteri di determinazione del canone (nell'edilizia convenzionata i canoni vengono stabiliti con l'applicazione di una aliquota sul valore desunto dal prezzo di cessione dell'alloggio, a sua volta determinato sulla base dell'effettivo costo di costruzione, mentre per l'equo canone l'aliquota si applica sul valore locativ_p ricavato sulla base di un costo di costruzione teorico, corretto da vari coefficienti) in quanto, almeno per gli alloggi ultimati dopo il 31 dicembre 1975, o comunque costruiti dopo l'entrata in vigore della legge, l'equo canone viene calcolato su un costo di costruzione prossimo alla realt, determinato tenendo conto, tra l'altro, proprio dei costi di produzione dell'edilizia convenzionata (art. 22).. La ragione della divaricazione invece dovuta alla mancata estensione alle locazioni convenzionate del meccanismo di adeguamento dei canoni disposto dall'art. 24 della legge n. 392 del 1978, che prevede un adeguamento annuaie entro il liinite del 75 % delle variazioni dell'indi~e dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati. Ha cos continuato ad operare per le locazioni convenzionate il sistema di aggiornamento previsto dall'art. 8 della _legge n. 10 del 1977, assai pi sfavorevole per i conduttori in quanto comporta adeguamenti biennali rapportati al cento per cento della variazione dell'indice dei costi di costruzione. A parte la sensibile diversit della percentuale delle variazioni, la divergenza si formata per effetto della progressione del costo delle costruzioni, che avvenuta in termini assai pi incisivi -come risulta anche dai dati offerti da una elaborazione del CENSIS contenuta nel rapporto 1987 sulla condizione economico-sociale del Paese -rispetto a quella relativa al costo della vita. Tale essendo la situazione, la censura di violazione del principio di uguaglianza deve ritenersi fondata. L'edilizia convenzionata si colloca, invero, nel pi ampio quadro dell'edilizia residenziale pubblica, mirante a sopperire al fabbisogno abitativo di categorie sociali di limitate capacit economiche, o ritenute per altre ragioni meritevoli di tutela. Tale indirizzo stato realizzato non solo con la costruzione di alloggi a totale carico dello Stato, destinati alle fasce di reddito pi basse cui si applica perci un canone sociale (cfr. art. 26, lett. b), 1. n. 392 cit.}, ma anche mediante regimi convenzionali in cui tale obiettivo perse .. 36 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO guito assicurando al costruttore particolari vantaggi: o attraverso la corresponsione cli un contributo statale diretto ad abbattere il tasso di interesse sui mutui (c.d. edilizia agevolata-convenzionata: cfr. la 1. n. 457 del 1978) o, come nel caso cli cui agli artt. 7-8 I. n. 10 del 1977, attraverso una congrua riduzione degli oneri afferenti il rilascio della concessione edilizia. Con quest'ultimo regime, in particolare, si mirato ad orientare le tecnologie costruttive ed i capitali di investimento verso una tipologia cli edilizia residenziale di costo contenuto e di dimensioni controllate, al duplice fine di assicurare -anche attraverso le previste agevolazioni un'equa remunerazione all'investimento e di fornire alloggi accessibili alle fasce cli reddito medio-basse. Tale destinazione manifesta nell'originaria disciplina cli cui all'art. 35 I. n. 865 del 1971 -che anzi in talune ipotesi la limita ai soggetti aventi i requisiti per l'assegnazione cli alloggi economici e popolari (commi 16 e 18) -ma es_sa indubbiamente propria anche del regi~e convenzionale regolato dalla legge n. 10 del 1977. E ci sia perch questo costituisce un'estensione del primo -onde il silenzio della nuova normativa sul punto va inteso come inserimento cli essa nell'alveo cli quella precedente -sia perch nello stesso senso dispongono esplicitamente talune leggi regionali di attuazione (v., ad es., l'art. 5 legge Regione Emilia-Romagna 2 giugno 1980, n. 46). Del resto, che l'edilizia convenzionata si caratterizzasse come edilizia che prevede canoni e prezzi controllati e quindi accessibili alle categorie meno abbienti circostanza che fu ben presente in sede cli redazione della legge sull'equo canone (cfr. relazione al d.l. governativo n. 465 -VII legislatura -da cui scatur la I. n. 392). Ci che per il legislatore del 1978 non ha tenuto sufficientemente in conto nel dettare l'art. 26, lett. c) stato che, soprattutto per via del diverso meccanismo di aggiornamento, il canone delle locazioni convenzionate potesse in prospettiva pervenire a superare quello fissato in via generale con la nuova legge: pericolo, questo, che era stato prontamente avvertito dalle Regioni -chiamate ad applicare il regime convenzionale previsto dalla legge n. 10 del 1977 -le quali, all'indomani del varo di questa, espressero un orientamento comune per cui, al fine di consentire che il canone convenzionato corrispondesse nel contempo alle finalit sociali rivolte alla tutela del conduttore e al riconoscimento di una giusta redditivit dell'investimento, era necessario da un lato per la determinazione di un canone fissare un'aliquota sul prezzo di cessione inferiore o parificata a quella che sarebbe stata stabilita dalla legge sull'equo canone (sul valore locativo dell'immobile), e dall'altro equiparare il meccanismo di aggiornamento del canone convenzionato a quello fissato dalla nuova legge per l'equo canone stesso (cfr. Orientamenti delle Regioni PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE per l'attuazione della legge 28 gennaio 1977, n. 10 -Documento unitario delle Regioni, 14 aprile 1977, par. 2.3.). D'altra parte, che il canone dell'edilizia convenzionata possa essere superiore -ed anche di molto, come i casi di specie dimostrano -a quello di cui alla 1. n. 392 cosa che si appalesa incongrua anche rispetto agli orientamenti della legislazione coeva o successiva. Da un lato, infatti, stato previsto in taluni casi l'assoggettamento dell'edilizia convenzionata a requisiti reddituali di accesso analoghi a quelli dettati per l'edilizia a sovvenzione pubblica (artt. 18 e 20 1. n. 457 del 1978: cfr. anche il gi citato art. 2 1. R. Emilia-Romagna n. 46 del 1980); dall'altro, l'applicazione del regime di equo canone, proprio in quanto pi elevato, stata prevista per gli alloggi pubblici dati in godimento a soggetti fruenti di redditi superiori a quelli stabiliti per l'assegnazione (cfr. gli artt. 22 1. n. 513 del 1977; 7, 8 e 22 1. n. 25 del 1980). N a giustificare un canone superiore per l'edilizia convenzionata possono addursi ragioni diverse qa quelle finora considerate. Non certo queHe attinenti a vantaggi di altro tipo propri di tale regime contrattuale, posto che le relative disposizioni non prescrivono, ad es., garanzie di stabilit del rapporto analoghe a quelle previste dalla legge sull'equo canone. Nemmeno, poi, pu dirsi che un tale risultato sia reso necessario dalle esigenze di incentivazione degli investimenti in edilizia: e ci sia perch l'obiettivo stato perseguito anche con legge n. 392 (cfr. la gi citata relazione governativa al d.l. n. 465, p. 4), sia perch non certo ragionevole che esso si realizzi col sacrificio delle categorie meno abbienti, anzich della generalit dei cittadini. D'altra parte, come la stessa Avvocatura dello Stato ha evidenziato, tanto la normativa sull'edilizia convenzionata che quella sull'equo canone assolvono ad una funzione calmieratrice del mercato delle locazioni: e questa evidentemente frustrata se una cons~stente lievitazione dei canoni si manifesta proprio rispetto a tipologie edilizie progettate per le esigenze di fasce sociali che difficilmente possono soddisfare altrimenti il proprio diritto all'abitazione. In questo quadro, il modello convenzionale trova congrua collocazione per la sua spiccata attitudine a consentire soluzioni il pi possibile aderenti alle esigenze poste dalle singole situazioni. Ma la flessibilit dello strumento trova un limite l dove, a parit di caratteristiche, consente l'assoggettamento a canoni superfori a quelli che, a giudizio del legislatore, realizzano un equo contemperamento delle esigenze di proprietari e . di inquilini, giacch ci si traduce in un non consentito trattamento deteriore che, rispetto alla generalit dei conduttori, viene riservato a quelli meno abbienti. 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 26, primo comma, lett. c) della legge n. 392 del 1978 va perci dichiarato costituzionalmente illegittimo, in quanto nel prevedere l'inapplicabilit delle locazioni relative ad alloggi soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata delle disposizioni del capo I del titolo I della legge medesima, non stabilisce che per esse il canone non pu comunque essere superiore a quello che risulterebbe dall'applicazione di queste ultime. Pioch il vizio riscontrato si radica sul raffronto tra la disciplina suc cessiva -di cui alla 1. n. 392 del 1978 -e quella anteriore -di cui agli artt. 35 1. n. 865 del 1971 e 8 1. n. 10 del 1977 - invece evidentemente infondata la medesima questione in quanto riferita a queste ultime disposizioni. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 11 febbraio 1988, n. 158 Pres. Saja -Rel. Baldassarre -Pres. Consiglio dei Ministri (avv. Stato Onufrio) e Regione Abruzzi. Corte Costit.zionale -Impugnazione diretta di delibera legislativa regionale Reiterazione del rinvio -Nozione di legge nuova. Regione Illegittima reiterazione del rinvio Ammissibilit del ricorso per conflitto di attribuzione Nuova riapprovazione della delibera legislativa rinviata -Sana la illegittimit. La delibera legislativa riapprovata dopo rinvio ai sensi dell'art. 127 comma terzo, Cost., non pu essere qualificata nuova quando le modifiche: a) non siano tali da comportare un mutamento del significato nor mativo delle disposizioni oggetto del rinvio, oppure b) concernano le disposizioni oggetto del rinvio, oppure e) siano esterne al contenuto dispositivo della legge (ad esempio riguardino una diversa disciplina della vacatio legis), oppure d) concernano le norme di copertura finanziaria con adeguamento di esse al tempo trascorso (1). La regione pu 11eagire mediante conflitto di attribuzione alla illegittima reiterazione del rinvio; peraltro la riapprovazione della legge da parte del Consiglio regionale, comportando l'esaurimento degli effetti del .. rinvio, ne sana i vizi e rende inammissibile il ricorso per conflitto (2). (1-2) La sentenza in rassegna -di notevole importanza -fomisce pre ziosi insegnamenti sulla nozione di delibera legislativa nuova e sui limiti della reiterazione del irinvio. Nel complesso, essa restringe detta nozione, e IJIJlaIIJllllJJf?lllilrllfJ/llllFllllllllrllllflllllllPifllfll PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 39 Pregiudiziale a ogni altro accertamento la verifica della fondatezza dell'eccezione di inammissibilit del ricorso prospettata dalla Regione Abruzzo, in relazione all'asserito rilievo che il Governo ha reiterato il rinvio, affinch il Consiglio regionale riesaminasse sotto profili di legittimit costituzionale totalmente nuovi la. legge ora in contestazione, nonostante che questa fosse gi stata approvata una seconda volta e fosse stata modificata, nell'occasione, in conformit alle censure rivolte dal Governo con il precedente rinvio. Al fine di decidere su tale eccezione, occorre procedere a una duplice verifica: innanzitutto bisogna accertare se la legge oggetto del secondo rinvio sia da considerare come una legge nuova , ai sensi dell'art. 127 Cost., in m.odo da decidere se il rinvio effettuato la seconda volta sia da considerare una reiterazione vera e propria dello stesso o, piuttosto, il primo e unico rinvio di una legge diversa;. in secondo luogo, nell'eventualit che tale verifica risulti negativa, occorre considerare se siano intercorsi da parte regionale atti idonei a sanare eventuali vizi di ammissibilit del ricorso stesso. li rinvio per riesame disciplinatd dall'art. 127 Cost., comma 3, non stato previsto dal Costituente al fine di una riapertura totale del procedimento legislativo su cui si innesta, ma, al pari del suo ascendente diretto, cio il rinvio presidenziale delle leggi statali, stato pensato come un momento essenziale, interno a un determinato procedimento legislativo, diretto a innescare una rifilessione dell'organo di deliberazione della legge regionale in relazione alle osservazioni di legittimit o di merito eventualmente prospettate dall'istanza di controllo, in ipotesi il Governo. Ci comporta che, una volta che una legge sia stata rinviata e il legislatore regionale abbia manifestato, riapprovando la legge con la maggioranza prescritta dall'art. 127 Cost., la volont di mantenersi nella propria posizione o, comunque, di non conformarsi alle censure formulate dal Governo, (o, ci che lo stesso, di conformarvisi solo parzialmente), quest'ultimo non pu reiterare, una o pi volte, l'atto di rinvio verso quella medesima quindi protegge in misura pi ampia '1'autonomia legislativa delle regiorui (e province autonome) anticipando l'intervento delfa giurisdizione costituzionale. In sostanza, ogni questione irelativa alle disposizioni oggetto del primo rinvio (l'Ipotesi di cui al1la lettera b della prima 1inassima pare assorbire senza residui l'ipotesi di cui alla lettera a) deve dallo Stato essere prospettata con ricorso alla Corte e non pi con un secondo rinvio. L'adesione solo par:llia:le o di facciata al rilievo formulata in sede di primo rinvio equiparata alla non adesione ad esso rilievo. Di notevole interesse anche la seconda massima, che -quanto alla seconda parte di essa -si collega alla puntualizzazione teorica contenuta nella prima parte della motivazione: Il rinvio per riesame.... ... momento ... interno ad un determinato procedimento ,legislativo . In altre parole, il rinvio governativo fa corpo con la funzione legislativa regionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 40 legge, ma ove ritenga che la regione non abbia (adeguatamente) soddisfatto le proprie richieste di modifica, pu promuovere la questione di costituzionalit di fronte a questa Corte (oppure quella di merito di fronte al Parlamento). Del resto, il divieto di reiterazione del rinvio di una legge regionale riapprovata non si ricava soltanto dalla logica dell'istituto, ma si desume. anche dall'art. 127, comma 4, Cost., come interpretato dalla legge 11 marzo 1953, n. 87, nella quale si legge, all'art. 31, che il ricorso di costituzionalit pu esser proposto dal Governo entro il termine di quindici giorni da quando gli stato comunicato che la legge stata per la seconda volta approvata dal Consiglio regionale . Tuttavia, occorre precisare che tale divieto opera sul presupposto che, in sede di riapprovazione da parte del Consiglio regionale, la legge non abbia subto modifiche tali da poter essere considerata come una legge nuova , ai sensi dell'art. 127 della Costituzione. Questa Corte si gi pronunziata sul problema pi volte. Dopo aver ritenuto che una legge regionale dovesse considerarsi non nuova pur se leggermente modificata (sentt. nn. 132 del 1975 e 9 del 1976), in occasione del conflitto deciso con la sentenza n. 40 del 1977 ha affermato che, al fine di dare immediata certezza a tutti gli operatori in presenza di discutibili prassi e di pretestuose contestazioni, non era possibile far dipendere la decisione sulla novit, o meno, della legge da criteri basati su distinzioni di natura tale da lasciare all'interprete notevoli margini di discrezionalit, come ad esempio la distinzione tra modifiche sostanziali o non, oppure quella tra modifiche particolarmente incisive o non. Su tale premessa la Corte ritenne allora di consederare non nuova, ai sensi dell'art. 127 Cost., ogni legge che fosse riapprovata nello stesso testo che aveva formato oggetto della prima deliberazione e del relativo rinvio. Da questo orientamento non c' motivo di discostarsi nella sostanza. C' soltanto il bisogno di aggiungere alcune precisazioni che si rendono necessarie proprio a causa delle discutibili prassi che la stessa sentenza n. 40 del 1977 intendeva fronteggiare e che sono continuate in verit in misura tutt'altro che lieve, anche successivamente a quella decisione. Innanzitutto occorre sottolineare che una Jegge deve esser considerata come identica o non nuova" ai fini dell'applicazione dell'art. 127 Cost., non solo nell'ovvia ipotesi che nessuna modifica sia stata apportata al suo testo, ma anche in quella in cui l'intervento di eventuali modifiche in sede di -riapprovazione-non sia tale da comportare un mutamento del significato normativo delle disposizioni oggetto del rinvio. , infatti, una nozione giuridica comune che il testo legislativo soltanto un mezzo materiale per esprimere un significato normativo (o norma) e che, ai fini della valutazione della legittimit di una certa disposizione, ci che rileva PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE '41 il itesto in relazione al suo significato nQl1mativo, non certo il bruto materiale linguistico in s considerato (che, come tale, mera astrazione). In secondo luogo, va precisato che alcune modifiche sono da ritenere come non rilevanti o non pertinenti al fine di considerare una legge come nuova, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione. Tali sono le modifiche apportate dal legislatore alle norme censurate nel rinvio governativo ovvero quelle esterne al contenuto dispositirvo della legge (come, ad esempio, le modifiche relative al preambolo, l'inserimento o l'eliminazione di clausole d'urgenza, una diversa disciplina della vacatio legis) o, ancora, le modifiche delle norme di copertura finanziaria resesi necessarie esclusivamente a causa del tempo trascorso tra la prima deliberazione della legge e la sua riapprovazione a seguito del rinvio (come, ad esempio, il riiferimento al bilancio dell'anno successivo quando la riapprovazione conseguente al rinvio sia avvenuta sotto il regime dell'esercizio finanziario dell'anno dopo). Nelle ipotesi appena considerate, nelle quali nessuna modifica stata' apportata ovvero quelle eventuamlente operate non hanno comportato un mutamento del significato normativo o debbono esser considerate come non rilevanti, nel senso precedentemente pa:-ecisato, la legge riapprovata dal Consiglio regionale va considerata come non nuova , ai fini dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione. Di fronte ad essa, pertanto, il Governo non pu reiterare il rinvio, ma pu soltanto, ove lo ritenga opportuno, sollevare questione di costituzionalit davanti a questa Corte (ovvero quella di merito davanti al Parlamento). Qualora invece il legislatore regionale, provvedendo a modificare o a ridisciplinare, in sede di riapprovazione, parti del contenuto dispositivo diverse da quelle oggetto del rinvio, dimostri nei fatti di considerar~ totalmente riaperto il procedimento legislativo, la legge deve esser considerata come nuova, ai fini dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione. In tali ipotesi, il Governo pu nuovamente effettuare un rinvio per il semplice fatto che si tratta propriamente non gi di una reiterazione dello stesso, ma piuttosto di quell'unico e legittimo rinvio che, ove lo si ritenesse vietato, porterebbe al risultato di conferire alla regione la possibilit di formulare disposizioni legislative ingiustificatamente immuni dal controllo governativo. Applicando questi criteri di giudizio al caso di specie, si giunge alla conclusione che la legge impugnata, considerata nel testo riapprovato dal Consiglio regionale a seguito del (primo) rinvio governativo, deve esser ritenuta come non nuova ai fini dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione. In sede di riapprovazione, infatti, il legislatore regionale ha semplicemente aggiunto all'art. 2, vale a dire all'unico articolo allora oggetto di censure da parte del rinvio, una disposizione che, essendo diretta a precludere ai nuovi soci delle cooperative la possibilit di immis 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sione nei ruoli della pubblica amministrazione, si conformava, con tutta evidenza, alla censura contenuta nel primo rinvio (come riferita in narra tiva al punto 2.1.). Trattandosi di una modifica che, in base ai criteri esposti nel punto precedente, non pu considerarsi tale da indurre a ritenere la legge riapprovata come nuova , il secondo rinvio governativo che oltretutto comprendeva censure totalmente diverse da quelle pre cedentemente formulate, andava considerato come frutto di un'illegittima reiterazione del controllo previsto dall'art. 127, comma 3, della Costi tuzione. Senonch la Regione Abruzzo, invece di elevare conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato onde far valere la menomazione della propria competenza legislativa a causa dell'illegittima reiterazione del rinvio, ha provveduto a riapprovare nuovamente la legge, finendo cos per sanare i vizi relativi al secondo rinvio. , infatti, giurisprudenza costante di questa Corte (v. sent. n. 8 del 1967, ord. n. 139 del 1986) che la riapprovazione della legge da parte del Consiglio regionale, comportando l'esaurimento completo degli effetti del rinvio, preclude l'impugnazione e l'accertamento di eventuali vizi connessi al rinvio medesimo. Per tali motivi l'eccezione di inammissibilit prospettata dalla Regione Abruzzo va senz'altro respinta. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 25 febbraio 1988, n. 209 (cam. cons.) -Pres. Saja -Rel. Baldassarre. Tributi (in generale) -Riscossione tramite aziende di credito Ritardo nei versamenti Penale. (Cost., art. 3; I. 2 dicembre 1975 n. 576, art. 17). Il rapporto tra l'amministrazione finanziaria e le aziende di credito delegate dai contribuenti per l'esecuzione dei versamenti delle imposte in tesoreria nella c.d. autotassazione, ha natura privatistica,-pertanto pari natura ha la penale prevista per il ritardo nell'effettuazione dei predetti versamenti. La prima questione sottoposta al giudizio di questa Corte concerne l'art. 17, u.c., della legge 2 dicembre 1975, n. 576, per la parte in cui stabilisce una penale del 2 % per ogni giorno di ritardo in relazione alle somme riscosse e non tempestivamente (entro cinque giorni) versate alla tesoreria da parte delle aziende di credito delegate alla riscossione delle imposte sul reddito delle persone fisiche. Ammesso che tale penale abbia . natura privatistica, e non tributaria, i gii.Idici a quibus ravvisano un possibile contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto sussisterebbe un'irragionevole disparit di regime tra la suddetta penale, che non pu essere ridotta, e le sanzioni pecuniarie di diritto tributario o le clausole penali di diritto civile, ambedue riducibili. PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE La questione infondata. Non vi pu essere dubbio che la penale ex art. 17, u.c., della legge n. 576 del 1975, abbia natura privatistica. A ci concorrono tanto la sua inerenza a un rapporto diverso da quello intercorrente tra il contribuente e l'amministrazione tributaria, quanto le sue finalit, le quali sono dirette a evitare che le aziende di credito lucrino in misura eccessiva dal ritenere le somme riscosse oltre un ragionevole termine. Su tale premessa, si deve concludere, innanzitutto, che viene meno quel minimo di omogeneit necessario per l'instaurazione di un giudizio di ragionevolezza tra la penale di cui alla disposizione impugnata e le sanzioni pecuniarie di diritto tributario. Di ci non pu dubitarsi per il semplice fatto che, come ha gi affermato questa Corte (sent. n. 109 del 1973), l'inadempimento di un'obbligazione di natura privatistica, ipotizzato nel caso in capo alle aziende di credito nei confronti dello Stato, non affatto equiparabile all'inadempimento relativo alle obbligazioni tributarie verso lo stesso Stato. V', poi, un secondo motivo che impedisce di instaurare una comparazione, sempre ai fini del giudizio di ragionevolezza, tra l'impugnata penale e le sanzioni pecuniarie di diritto tributario. Mentre per queste ultime l'art. 15 della legge n. 4 del 1929 prevede che il trasgressore delle leggi finanziarie, oltre il tributo, possa pagare all'atto della contestazione della violazione una somma (ridotta) pari al sesto del massimo della pena pecuniaria, nel caso oggetto del presente giudizio, invece, la penale viene determinata in misura fissa dal legislatore in relazione all'inadempimento di un'obbligazione pecuniaria di natura civilistica. Ci comporta che nel caso di specie non sussistano gli elementi qualificanti dell'ipotesi assunta come tertium comparationis e, in particolare, tanto la determinazione della pena accessoria tra un minimo e un massimo, quanto il parametro (cio il massimo) cui ragguagliare l'eventuale riduzione della pena pecuniaria. Del pari infondata la prospettazione della disparit di trattamento tra la penale impugnata e quella di diritto civile prevista dagli artt. 1382 e segg. del codice civile. Anche se ambedue le penali presentano una sostanziale identit di natura giuridica, deve tuttavia negarsi che siano equiparabili sotto il profilo della riduzione equitativa, di cui all'art. 1384 del codice civile. Le ragioni di questa affermazione sono almeno duplici. Innanzitutto, mentre nel caso disciplinato dall'art. 1384 e.e. il giudice interviene equitativamente nei confronti di un atto di autonomia privata con il quale viene predeterminato il danno cagionato dall'inadempimento di una delle parti del rapporto obbligatorio, al contrario in quello sottoposto al presen!e giudizio non v' spazio per tale intervento, in quanto direttamente una norma giuridica a determinare la misura della penale. In secondo luogo, mentre nell'ipotesi dell'art. 1384 e.e. la riduzione equitativa della clausola penale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pu avere come presupposto l'adempimento parziale dell'obbligazione da parte del creditore, nell'ipotesi della disposizione impugnata, invece, tale presupposto appare incompatibile con la natura dell'obbligazione intercorrente tra le aziende di credito e lo Stato. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1988 n. 267 -Pres. Saja Rel. Corasaniti -Presidenza Consiglio dei Ministri (avv. Stato Siconolfi) e Regione Molise. Impiego pubblico -Dipendenti regionali Principio di omnicomprensivit ed omogeneit Deve applicarsi. Il principio di omnicomprensivit ed omogeneit del trattamento retributivo deve essere applicato anche al settore dei dipendenti delle Regioni; contrasta perci con l'art. 117 Cost. la delibera legislativa regionale che ad esso non si attenga (1). Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in via principale, questione di legittimit costituzionale della norma racchiusa nell'art. 36, ultimo comma, della legge della Regione Molise apporavata il 30 novembre 1981 e riapprovata il 2 febbraio 1982 (Istituzione del servizio Provveditorato e disciplina dell'attivit contrattuale), in riferimento agli artt. 117, 97, 3 e 36 Cost.. Secondo il ricorrente la norma impugnata, con l'attribuire agli impiegati regionali aventi maneggio di cassa una 'speciale indennit, e quindi un emolumento aggiuntivo non previsto dalla contrattazione collettiva, sarebbe in contrasto con il princpio della onnicomprensivit della retribuzione, proprio della materia dell'impiego pubblico statale, e con quello dell'utilizzazione, ai fini della determinazione del trattamento retributivo, della contrattazione collettiva, recepito dalla stessa legislazione regionale -ivi compresa quella del}a Regione Molise (legge regionale 8 maggio 1980, (1) Di notevole interesse dI riconoscimento che il princ1p10 di omnicomprensivit da includersi tra i princpi di cui all'art. 117 Cost. Peraltro, la sentenza non pare abbia ancora portato alle sue ultime conseguenze il limite alla competenza legislativa regi:ona:le derivante dal riconoscimento del contratto collettivo qua:le fonte esclusiva di normazione negli ambiti fissati dalla legge-quadro 29 marzo 1983, n. 93; anzich una generale inibizione delle c.d. leggine , si hanno pronunce caso per caso (con conseguente rischio di i:ncoerenza). I I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE n. 12) -in funzione della omogeneit e perequazJone del detto trattamento retributivo. N ci sarebbe contraddetto -sostiene il ricorrente a confutazione delle argomentazioni addotte dal Consiglio regionale in sede di riapprovazione della legge impugnata -dalla previsione, ad opera di specifiche disposizioni (l'art. 4 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, cui fa riferimento la stessa legge impugnata, e l'art. 19 del d.P.R. 9 giugno 1981, n. 310), della indennit di maneggio cassa per i dipendenti civili dello Stato, essendo stata tale indennit conservata, su accordo con le organizzazioni sindacali, nel quadro di una ponderata regolamentazione complessiva del trattamento economico dei detti dipendenti. (omissis) La questione posta in riferimento all'art. 117 Cost., fondata. Effettivamente il princpio della omnicomprensivit e omogeneit del trattamento retributivo stato introdotto in via generale nell'impiego statale, a fini di certezza, trasparenza e perequativit, dall'art. 2 della legge 15 novembre 1973, n. 734, con il quale, mentre si attribuisce a tutti i dipendenti civili dello Stato (escluse talune categorie specicamente indicate) un assegno perequativo pensionabile (non computabile ai fini della tredicesima mensilit e del compenso per lavoro straordinario, ma strettamente aderente alla retribuzione sotto ogni altro profilo, anche in relazione alle vicende del rapporto di impiego), si fa divieto di corrispondere agli attributari indennit, compensi, premi, gettoni di presenza, soprassoldi, assegni ed emolumenti comunque denominati (salvi i compensi per lavoro straordinario), a carico del bilancio dello Stato, di contabilit speciali o di gestioni fuori bilancio, per l'opera svolta quali dipendenti dello Stato o in rappresentanza dell'amministrazione statale. Il principio, la cui affermazione costituisce il risultato di un'ampia azione sindacale, stato enunciato anche per altri settori del pubblico impiego (cfr., per i dipendenti dagli enti pubblici non economici, l'articolo unico, comma terzo, legge 15 novembre 1973, n. 732 e l'art. 26 della legge 20 marzo 1975, n. 70) per essere poi ribadito con l'art. 17 della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93, che rappresenta la conclusiva espressione di un indirizzo invalso nella legislazione statale in materia di impiego pubblico. N il prindpio scalfito da ci, che l'art. 4 della stessa legge n. 734 del 1973 prevede che, con regolamento da approvarsi con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le organizzazioni ,sindacali maggiormente rappresentative, siano determinate la misura e le modalit di corresponsione dell'indennit di cassa -come puntualmente avvenuto con il d.P.R. n. 146 del 1975 e con il d.P.R. n. 310 del 1981 -giacch la previsione come quella concernente altre specifiche indennit, formulata negli stessi termini chiaramente operata dall'art. 4 della detta legge n. 734 del 1973 in via di stretta eccezione al princpio enunciato nell'art. 2. 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Va dunque dichiarata, in riferimento all'art. 117 Cost., l'illegittimit costituzionale dell'art. 36, ultimo comma, della legge regionale impugnata, con conseguente assorbimento delle altre questioni. CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1988 n. 648 -Pres. Saja -Rel. Borzellino. Espropriazione per pubblica utilit Zone riservate a piste sciistiche Divieto di ingombri alla discesa Non determina diritto ad indennizzo. (Cost;, artt. 3, 41 e 42; I. prov. Trento 11 novembre 1968 n. 20, art. 16). I beni naturali per loro ubicazione inseriti in complessi valorizzati a fini d'utilit sociale costituiscono categoria ab origine di interesse pubblico generale, ne discende che non sono costituzionalmente illegittime la mancata previsione di indennizzo e la compressione dell'iniziativa economica privata e del godimento della propriet. La legge della Provincia autonoma di Trento n. 20 dell'll novembre 1968 (Approvazione del Piano regolatore generale del Comune di Trento) all'art. 16 dispone divieto, nelle zone riservate a piste sciistiche, di recinzioni, di rimboschimento, di ingombri che possano importare ostacolo alla libera discesa . Il Collegio remittente dubita della legittimit costituzionale della normativa poich da essa conseguirebbe uno svotamento sostanziale del diritto di propriet per la mancata previsione di indennizzi, con violazione del principio di eguaglianza fra tutti i cittadini e compressione, nel contempo, dell'iniziativa economica privata nonch delle garanzie di godimento della propriet (artt. 3, 41 e 42, secondo e terzo comma, Cost.). La questione non fondata. La Corte ha avuto modo gi in passato di considerare che i beni naturali per loro ubicazione inseriti in complessi valorizzati a fini d'utilit sociale costituiscono categoria ab origine di interesse pubblico generale, essendo connaturata ad essi quella destina zione di elevato valore paesaggistico che li contraddistingue, quale mezzo di realizzazione del corrispondente interesse pubblico. Consegue da ci l'esigenza intrinseca di assicurare la conservazione a siffatti fini delle preesistenti qualit essenziali, assorbenti o quanto meno prevalenti rispetto al godimento dei singoli. D'altra parte, i proprietari vengono di certo a fruire, a motivo proprio delle limitazioni conservative, dei vantaggi corrispondenti, per le iniziative che vi si intraprendono, alla situazione dei luoghi (sent. n. 106 del 1976 e ord. n. 23 del 1987). Non emerge motivo per discostarsi da tali enunciati, non risultando di conseguenza incisi i riferiti parametri. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 41 CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1988 n. 651 (in cam. cons.) -Pres. Saja -Rel. Caianiello. Tributi erariali in genere -Imposte di fabbricazione -Traslazione in avanti dell'onere -Rilevanza. (Cast., artt. 3 e 24; d.l. 30 settembre 1982 n. 688, art. 19). Nonostante l'autorevole orientamento giurisprudenziale formatosi in relazione a tributi rilevanti nell'ordinamento comunitario, deve ritenersi che -per i tributi che tale rilievo non hanno -l'esercizio del diritto di azione non vanificato o comunque illegittimamente compresso dalla previsione di una prova documentale, anche in relazione a fattispecie creatasi in epoca anteriore all'entrata in vigore della norma, e per quanto attiene alla lamentata lesione del principio di eguaglianza, la ratio perseguita dalla norma, di evitare l'arricchimento senza causa di alcuni operatori economici a danno di una maggioranza di altri soggetti (effettivamente incisi dall'onere tributario), consente di giustificare il diverso regime di ripetizione dell'indebito in relazione a quei tributi per i quali, attesa la loro peculiare natura, il fenomeno della traslazione costituisce un'evenienza normale nella prassi dell'economia di mercato (1). Ritenuto che nel corso di un giudizio avente ad oggetto la restituzione di un'imposta di fabbricazione indebitamente versata, la Corte di appello di Genova, con ordinanza in data 29 maggio 1986, ha sollevato questione di legittimit costituzionale dell'art. 19, primo e secondo comma, del d.I. 30 settembre 1982, n. 688 (Misure urgenti in materia di entrate fiscali, convertito in fogge 27 novembre 1982, n. 873), con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; (1) Pronuncia di notevole importanza, e non solo per aver confermato quanto la Corte di giustizia delle C.E. aveva gi riconosciuto nel 1980 e cio che il metiro dell' arricchimento (senza causa) pu costituire la chiave di volta di una normativa in tema di rimborsi di tributi mal percetti. La pronuncia importante anche per avere, con valenza pi generale, colto che conseguenze ed implicazi:oni d'ordine persino sostanziale devono essere tratte dall'obbligo di tenuta e conservazione di libri e scritture contabili (obbligo certamente non meramente formale e fine a se stesso), e sottolineato la ragionevolezza dell'agganciare una normativa tributaria allo id quod plerumque accidit. Segue una breve riflessione sulla disposizione che ha superato il vaglio della legittimit 'Costituzionale. Restituzione dell'indebito ed arricchimento del solvens: il diritto tributario si allontana dal diritto civile. L'art. 19, primo comma, del d.I. 30 settembre 1982, n. 688 contiene una disposizione di ampia portata: come noto, essa concerne le imposte di fabbricazione, di grande importanza economica nel sistema tributario italiano (si pensi all'imposizione sulla benzina e sugli oli minerali, per larga parte col 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la norma impugnata viene censurata nella parte in cui, subordinando, con effetto retroattivo, la ripetizione di alcuni tributi indebitamente versati, alla prova documentale che l'onere non sia stato in alcun mbdo trasferito su altri soggetti, si porrebbe in contrasto: a) con l'art. 3 Cost., creando un'ingiustificata disparit di trattamento fra coloro che hanno pagato i tributi in questione e coloro che hanno invece. corrisposto altri tipi di tributi, per i quali il diritto al rimborso non subordinato al suddetto onere probatorio, per giunta documentale; b) con l'art. 24 Cost., violando il diritto di agire in giudizio in quanto modificherebbe, con effetto retroattivo, le condizioni dell'azione di ripetizione e della relativa disciplina probatoria; (omissis) legata a valle con prezzi amministrati), le imposte di consumo, ed in genere tutto il settore dell'imposizione indi!retta per cos dire sulle merci (non sugli affari). Essa non concerne !'I.V.A. perch caratterizzata da un parti colare meccanismo (rivalsa, detrazione -di regola -per aggregati imposta da dmposta, ed eventuale rimborso); ed ovviamente, non concerne l'imposizione sui redditi, per la quale problematica (ma non inavvertibile) la traslazione. Non pu dunque ravvisarsi nell'art. 19 una misura speciale concernente soltanto secondari tributi. La norma introdotta dall'ar.t. 19, primo oomma, stata sovente considerata come una deroga a regole, supposte generali , su1la ripetizione di indebito ( condictio indebiti). Se per si considera da un fato l'ampiezza dell'area di applicazione della disposizione e dall'altro lato gli approfondimenti del principio in essa affermato avutisi in altri Stati europei (Francia, Danimarca) ai quald seguita la pregevole elaborazione contenuta nelle sentenze della Corte di giustizia delle Comunit Europee 27 febbraio 1980 (causa n. 68/79) e successive conformi (tra le quali anche la 27 maggio 1981, in cause nn. 142 e 143 del 1980), a ben vedere non contraddette dalle' successive (ultima delle quali la 24 marzo 1988, in causa n. 104/86, pubblicata in questo numero), ci si avvede che in realt possibile, anzi doveroso, ravvisare nell'art. 19 citato l'enunciazione di una regola generale per il diritto tributario separata (e non subalterna alla diversa regola stabilita per il diritto civile e commerciale). Nelle relazioni tra privati ragionevole assegnare il diritto (e la Jegittimazione processuale) a :ripetere l'indebito ail soggetto che il pagamento non dovuto ha effettuato; nell'assoluta maggioranza delle situazioni proprio questo il soggetto autodainneggiatosi con il pagamento. Nel diritto tributario, specie nella par.te in esso che riguarda l'imposizione indiretta e sui commerci, la coincidenza normale tra soggetto che ha effettuato il pagamento non dovuto ed il soggetto realmente daillIJ.eggiato)) per il pagamento non si ha, per l'operare normale dei meccanismi di traslazione in avanti (addirittura formalizzati quando v' obbligo di rivalsa e laddove d prezzi sono amministrati); ben si comprende quindi come il diritto tributario -che non affatto un'appendice minore del diritto civile e commerciale -conosca una regola generale diversa. Certamente, lo Stato non il soggetto che ha sofferto pregiudizio per l'indebito pagamento; tale pregiudizio stato sofferto dalla generalit diffu sa dei consumatori. Tuttavia, a) neppure il commerciante esattore ha sof 'I 1 ~ I f ~...~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 49 Considerato che, come si dichiara nella relazione al d.d.l. di conversione del d.l. 30 settembre 1982, n. 688 (atto Senato n. 2040) la disposizione impugnata stata emanata allo scopo di evitare l'indebita locupletazione degli operatori economici, i quali, avendo, come di regola, gi trasferito sui successivi acquirenti anche gli oneri per tributi che, poi, a distanza di tempo, risultino non dovuti, indubbiamente verrebbero a conseguire un lucro se potessero ugualm~nte ottenere il rimborso; che, come si soggiunge in detta .relazione, poich al rimborso si dovrebbe far luogo, ovviamente, a carico del bilancio statale, e quindi della collettivit, si avrebbe, se si consentisse l'indiscriminato rimborso, l'effetto di porre a carico di detta collettivit, e quindi dei singoli, oneri che questi hanno gi subito, avendo gi pagato i prodotti ad un prezzo comprendente il rimborso anche di quegli oneri; ferto il pregiudizio predetto; e contrasta con il suum cuique tribuere tlconoscere un Tistoro al commerciante esattore per nul!la pregirudicato dalla for, male solutio; come limpidamente affermato dalla Corte costituzionale (ord. 807 del 1988) il fenomeno economico della traslazione giustifica il limite al diritto di ripetizione; b) la generalit diffusa dei consumatori tende a coincidere con la generalit diffusa dei cittadini contribuenti, e certamente non si identifica affatto con un gruppo ristretto di commercianti esattori . La giurisprudenza italiana finora rimasta all'interno dello schema concettuale della condictio indebiti civilistica, laddove invece la disposizione in questione ha dntrodotto un istituto giuridico del tutto nuovo, proprio. del diritto tributario, ed iJ cui nucleo centrale indennitario (e non restitutorio). Questo nuovo istituto non riducibile a variante anomala della tradizionale condictio indebiti, ma ha connotati autonomi che (se proprio si vuol continuare -ed impropriamente -ad usare nozioni civilistiche) sono avvicinabili per taluni aspetti al risarcimento danno, per altri all'arricchimento senza causa, e per altri aspetti ancora alla restituzione dell'indebito oggettivo. Il nucleo indennitario della disposizione si coglie agevolmente se solo si considera che la sostanza precettiva di essa avrebbe potuto essere -senza alcuna differenza in termini di effettiva portata -espressa con fa formula quando e per quanto ha subito pregiudizio per non aver trasferito l'onere su altri soggetti. Se si confronta una pretesa indennitaria, per sua natura basata sul verificarsi di un evento dannoso e quindi avente causa ben concreta, con una pretesa restitutoria, basata su mero fatto, magari accidentale, della effettuazione di un pagamento, appare evidente che questa seconda per sua natura astratta e, per certi versi, meramente possessoria (come del resto da tempo osservato dalla dottrina civilistica in tema di condictio indebiti) essendo rivolta soltanto a produrre un fatto eguale e contrado al.lo spossessamento avutosi con l'anteriore fatto-pagamento. Significativi i limiti del suo arricchimento , del suo vantaggio e simHi previsti dagli artt. 2037, secondo comma, 2039, 1443, etc. del codice civile. Del resto, non a caso ancora oggi si parla di condictio indebiti, si usa una nozione (quella .di condictio) che propria del processo formale romano e che, persino in quello, segna un momento di particolare astrattezza e formalismo; laddove invece i.tl diritto moderno guarda al momento sostanziale pi 50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che, la ratio ispiratrice della norma impugnata, come enunciato nella relazione, appare ragionevole e plausibile per cui, tenuto conto dei presupposti d'ordine economico su cui essa si fonda e delle finalit che si intendono perseguire, la deroga apportata alla disciplina comune prevista dall'art. 2033 cod. civ., appare congrua e giustificata; che, in particolare, per quanto attiene all'onere probatorio del mancato trasferimento del peso fiscale su altri soggetti, esso trova fondamento nella presunzione ispiratrice della norma secondo la quale l'operatore economico percosso da taluni tipi di imposta, normalmente, le riversa sui soggetti che da lui acquistano beni o servizi; che, tale presunzione su cui si basa il legislatore, secondo le regole di comune esperienza, non appare irragionevole, mentre i suoi effetti, che a quello !PI'Ocessuale, e -di norma -d rilievo a causae petendi .non astratte ma causali, radicate nella realt. Se ancor oggi si parla di condictio indebiti perch causa petendi dell'azione civilistica di restituzione , in pratica, rimasto il fatto-pagamento, un fatto cio di mera legittimazione (un po' come un credito cambiario) che prescinde sia dalla esistenza e consistenza di un effettivo pregiudizio da paga mento indebito. Se si abbandona -come deve abbandonarsi -il quadro di riferimento della condictio indebiti civilistica, risulta evidente come >l'evento pregiudizio dell'operatore economico sia un fatto positivo, che solo partendo dalla astrattezza di una pretesa restitutoria di stampo possessorio pu erronea mente essere raffigurato come fatto negativo. Si detto dianzi che l'istituto di diritto tributario di che trattasi presenta qualche aspetto avvicinabile alla restituzione dell'indebito obiettivo. Ed invero esso a questa si avvicina a) quando stabilisce che l'operatore economico non pu ottenere pi di quanto esso ha pagato (maggiorato ovviamente degli interessi), anche se -in ipotesi -il preg1udizio fosse concretamente stato maggiore, e b) quando individua nel soggetto che ha p_agato il legittimato a ripetere. La Corte di Giustizia deHe C.E., fin dalla ricordata sentenza 27 febbraio 1980, ha saggiamente riconosciuto che il criterio dell'arriccrnmento pu costi tu!re la chiave di volta delle norme riguardanti la restituzione dei tributi versati per errore o indebitamente ; chiave di volta, dunque, e non speciale deroga. Ed invero attribuire al soggetto che nessun danno o parziale danno ha in concreto sofferto per effetto del pagamento, il diritto a ripetere tutto quanto pagato, equivale ad assegnare a tale soggetto un arricchimento senza causa, a sovraindennizzarlo di un danno che non sopportato, equivale -a ben vedere -a far derivare acriticamente un diritto sostanziale da una mera legittimazione processuale solo formale. Il diritto moderno non costituito da un insieme di formule processuali ; e, di per s isolatamente considerato, il fatto storico pagamento non necessariamente (anzi, nell'ambito tributario, neppur normalmente) esprime una realt sostanziale di depauperamento del soggetto che lo effettua. Razionale quindi che ad un insieme composito di fatto (il pagamento :pi il verificarsi di un arricchimento da avvenuta traslazione o -se si preferisce -di un pregiudizio da non-traslazione) si assegni un ruolo di fattispecie costitutiva del diritto a ripetere. Ovviamente una fattispecie siffattamente composita pone dei problemi di prova, resi pi delicatJi dalla molteplicit delle operazioni commerciali a j ! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIO!"ALE 51 consistenti nel porre a carico del solvens l'onere probatorio della mancata traslazione, escludono, attraverso la esplicita previsione della pos sibilit di fornire la prova contraria, una qualche lesione del diritto di agire in giudizio (art. 24 Cost.); che, peraltro, nonostante l'autorevole orientamento giurisprudenziale formatosi in relazione a tributi rilevanti nell'ordinamento comunitario, pu ritenersi -per quel che concerne tributi che tale rilievo non hanno, e rispetto ai quali nel presente giudizio il sindacato di questa Corte va riferito esclusivamente ai parametri costituzionali invocati -che l'esercizio del diritto di azione non vanificato o comunque illegittimamente compresso dalla previsione di una prov documentale, anche in relazione a fattispecie createsi in epoca anteriore all'entrata in vigore della norma; che devesi difatti rilevare che quest'ultima non richiede un .documento specifico e preordinato alla dimostrazione della mancata trasla- valle e dalla difficolt pratica di quantificare l'arricchimento (o, specularmente, il depauperamento). Questi per sono inconvenienti empirici, non circostanze determinanti per una ricostruzione te9rica; del Testo, la stessa Corte di cassazione, oggi poco propensa a discostarsi dallo schema tradizionale della condictio indebiti, iin passato ritenne legittimato a chiedere il rimborso de1l'I.G.E. (imposta generale sull'entrata) indebitamente pagata anche il sog getto che non l'aveva pagata ma ne aveva sopportato l'.onere economico in via di rivalsa. Prima di concludere, giova sottolineare che l'art. 19 non deve essere valu tato avendo presente soltanto le pronunce che, sulle disposizioni impositive, possono essere rese dalla Corte Costituzionale o dalla Corte di giustizia delle C.E. -La portata dell'art. 19 generale, e quindi copre anche (e prima di tutto) i casi nei quali nessuna sentenza costituzionale o comunitaria stata resa. Sembra necessario sottolineare questo punto perch finora le liti sono sorte per solito in occasione di sentenze interpretative comunitarie; H che ha prodotto una distorsione ottica, ed ha in qualche misura collegato la disposi zione in esame con la problematica relativa alla retroattivit ed alla efficacia erga omnes di dette sentenze. Tra questa problematica e l'art. 19 di che trattasi v' un collegamento, ma solo empirico ed occasionale, non logico-giuridico e necessario. Deve quindi ritenersi per cos dire estemo al tema qui trattato un argomento cui talvolta . stato accennato; e cio l'argomento che occorre evitare di scoraggiare, di fatto (svuotando i vantaggi pratici conseguibili dal pri vato), il sindacato costituzionale e comunitario sulle leggi nazionali (la Com missione C.E. ha da armi attiviato uno sportello al quale possono accedere -con denunce alle quali viene garantita una piena riservatezza -gli operatori economici interessati a che uno Stato membro sia messo sotto accusa). Il contemperamento tra questa esigenza e le .ragioni di razionalit fiscale e di equit espresse dall'art. 19 va ricercato, ma avendo chiara la consapevolezza che tutto considerato si tratta di problema marginale e non centrale rispetto all'operare della disposizione di che trattasi. Ferma restando tale marginalit del problema, si segnala che esso stato prospettato anche alla Corte costituzionale nella controversia condusasi con l'ordinanza 681 del 1988; la Corte ha comprensibilmente avuto cura dd inter 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, essendo evidente che il legislatore ha inteso riferirsi a scritture dalle quali il fatto da provare possa dedursi anche indirettamente; che, in tal senso, l'obbligo di conservazione dei libri e delle scritture contabili, imposto all'imprenditore, esclude, anche in riferimento agli effetti retroattivi della norma, quel grado di difficolt probatoria c:P,e, ad avviso del giudice a quo, renderebbe praticamente impossibile l'eser cizio del diritto di ripetizione; I che, per quanto attiene alla lamentata lesione del principio di egua glianza, la ratio, perseguita dalla norma, di evitare l'arricchimento senza causa di alcuni operatori economici a danno di una maggioranza ' di altri soggetti (effettivamente incisi dall'onere tributario), consente di giustificare il diverso regime di ripetizione dell'indebito in relazione a quei tributi, per i quali, attesa la loro peculiare natura, il fenomeno ferire il meno possibile ne1l'ordinaimento comunitario, anche per evitare di entrare in rotta di ooliliisione con la Corte di Giusti:llia C.E. lrnteressanti cionondimeno le parole con le quali la Corte costituzionale ha motivato il proprio non liquet, parole che giova riportaire: la retroattivit delle statuizioni (rectius, delle declaratorie interpretative) della Corte di giustizia delle C.E., il cui oggetto va individuato anche .in relazione all'atto introduttivo del giudizio (aggiungasi a quo), ... comporta l'illegittimit, e quindi la ripetibilit, dei diritti doganali in questi.ooe , La Corte costituzionale, dunque, ha considerato, e giustamente, che occorre riconoscere retroattivit alle pronunce del Giudice comunitario, non per una retroattivit piena (cio limitata solo dall'operare della prescrizione) bens una retroattivit circoscritta alla data del!' atto introduttivo del giudizio" a quo. In altre parole, occorre solo una retroattivit funzionale all'esigenza prioritaria di rendere azionabili le ipotizzate violazioni dell'ordinamento comunitario; similmente la Corte di Giustizia C.E. quando ha accennato a quel poco di retroattivit che strettamente indispensabile per consentire ai singoli di azionare la normativa comunitaria (senza sentirsi opporre una inammissibilit della domanda per carenza di 1nteresse) e cio per salvaguar dare il ruolo interpretativo della Corte di giustizia C.E. Quanto autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale (in esito a giudizi nei quali ampio e vivace stato il contraddittorio, ben pi di quanto appaia dalle ordinanze) da condividere. Atl principio della rilevanza della avvenuta traslazione in avanti >>, nonch. al principio che lo Stato membro -per diritto comunitario -obbligato ad eliminare le sue norme dichiarate contrastanti con il divieto di discriminazione (non ad estendere a tutti gli operatori le agevolazioni o gli abbuoni ritenuti discriminatori), occorre apportare una deroga circoscritta ed eccezionale per riconoscere una sorta di premio a favore di coloro che, prima della declaratoria di incompatibilit di un tributo in quanto avente effetto equivalente a daziio doganale o della declaratoria di similarit ai fini dell'art. 95 del Trattato CEE, hanno sollevato la questione poi ritenuta fondata dalla Corte di giustizia C.E. evidente che tutto ci comporta un cospicuo sforzo ricostruttivo del tessuto dell'ordinamento normativo, sia sul piano della produzione legislativa sia su quello dell'interpretazione. Occorre avere piena consapevolezza del fatto che un fenomeno istituzionale cos nuovo, eccezionale e creativo , quale PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 53 della traslazione costituisce un'evenienza normale nella prassi dell'economia di mercato; che, difatti, in riferimento al presupposto impositivo ed ai beni sui quali gravano, i tributi individuati dal legislatore nella norma impugnata si caratterizzano appunto per una particolare attitudine ad essere trasferiti su altri soggetti, e quindi per lo scarso grado di probabilit che l'indebito possa restare definitivamente a carico del patrimonio di chi lo ha corrisposto; che, peraltro, proprio la fattispecie oggetto del giudizio a quo emblematica di tale realt in quanto, come gi posto sopra in evidenza, il Comitato provinciale prezzi aveva consentito la maggiorazione per una certa aliquota del prezzo del prodotto fino al totale recupero della imposta di fabbricazione, il che dimostra come il fenomeno, in tale imposta e nelle altre considerate dalla norma in esame, sia idoneo a giustificare lo speciale apprezzamento fattone dal legislatore nel porre la presunzione, essendosi tenuto conto dell'id quod plerumque accidit, nella materia della produzione e dello scambio; che la lamentata diversit di regime non appare perci ingiustificata, dovendosi escludere l'omogenit delle situazioni poste a raffronto, peraltro in termini generici, dal giudice a quo; che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata in tutti i suoi profili. la vicenda comunitaria indubbiamente , esige all'interno dei singoli Stati risposte altrettanto nuove, eccezionali e creative ; sarebbe semplicemente inadeguato appiattirsi su strumenti concettuali utili a tutt'altre situazioni (quale la condictio indebiti) e subire passivamente il troppo banale desiderio di lucrum captare di commercianti operanti fn passaggi privilegiati del sistema economico. Rimane comunque fermo che con l'ordinanza n. 651 in rassegna la Corte costituzionale ha sgomberato definitivamente il campo dalla reazione di rigetto opposta dagli interessati, e purtroppo anche da numerosi Giudici, alle disposizioni (taluna di principio generale) contenute nell'art. 19 in questione. La non-impossibiJit per l'importatore di da!I'e la prova richiestagli dall'art. 19, la ['agionevolezza della presunzione di avvenuta traslazione, l'utilizzabilit delle scritture contabili e dei documenti d'impresa, e l'esigenza persino secondo parametri costituzionali di evitare l' arricchimento senza causa di alcuni operatori economici costituiscono altrettante affermazioni di principio ormai non pi discutibili. FRANCO FAVARA SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 68 sez., 8 dicembre 1987, nella causa 144/86 -Pres. Due -Avv. Gen. Mancini -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione italiana nella causa Gubisch Maschinenfabrik c. Palumbo -Interv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Bohmer) e italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Berardis). Comunit europee Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale Competenza Nozione di litispendenza. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con leg ge 21 giugno 1971, n. 804, art. 21). La nozione di litispendenza di cui all'art. 21 della convenzione del 27 settembre 1968 contempla il caso in cui una parte presenti ad un giudice di uno Stato contraente una domanda volta alt' annullamento o alla risoluzione di un contratto di vendita internazionale mentre una domanda dell'altra parte volta all'esecuzione del medesimo contratto pendente dinanzi ad un giudice di un altro Stato contraente (1). (omissis). 1. -Con ordinanza 9 gennaio 1986, pervenuta alla Corte il 12 giugno seguente, la Corte Suprema di Cassazione ha proposto, a norma del protocollo 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte (1) La convenzione di Bruxelles p.revede in .due separati articoli (21 e 22) le ipotesi rispettivamente di litispendenza e di connessione. Si ha litispendenza, secondo l'art. 21, quando, davanti a giudici di Stati contraenti differenti, fra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il mdesimo titolo . Si ha connessione quando, davanti a giudici di Stati con traenti diversi, sono proposte cause aventi fra di loro un legame cos stretto da rendere opportune una trattazione e decisione uniche per evitare soluzioni fra di loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente >>. La defJili2lione di cOillilessione contenuta nel 3 comma dell'art. 22, -ha avuto cura di precisare la relazione Jenard alla convenzione (in Bollettino delle Comunit europee, supplemento 12/72} -, si resa necessaria perch il termine 'connessione' non ha negli Stati membri lo stesso significato. D.i fronte a due domande, dirette l'una aHa risoluziione o all'annullamento di un contratto di vendita internazionale di beni mobili materiali e l'altra all'e secuzione del medesimo contratto, la Corte ha adottato un'interpretazione ampia della nozione di litispendenza, rilevando che, paoifica l'identit di soggetti e PARm I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA :S INTERNAZIONALE ss della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosiegun: la Convenzione), una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 21 della Convenzione. 2. -La questione stata sollevata nell'ambito di una controversia tra la ditta Gubisch Maschinenfabrik AG, con sede in Flensburg (Repubblica federale di Germania) e il sig. Palumbo, residente in Roma, in merito alla validit di un contratto di vendita. Il Palumbo aveva convenuto in giudizio la Gubisch dinanzi al Tribunale di Roma per sentir dichiarare l'inefficacia di detto contratto in quanto la sua proposta d'ordine era stata ritirata prima che giungesse alla Gubisch per l'accettazione; in via subordinata, chiedeva che il contratto venisse annullato per vizio della volont e in linea gradata, che venisse pronunziata la risoluzione del contratto in quanto la Gubisch non aveva rispettato il termine di consegna. 3. -Quest'ultima, eccepiva l'incompetenza del Tribunale di Roma ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 21 della Convenzione facendo valere di aver previamente adito il Tribunale commerciale di Flensburg onde ottenere l'esecuzione della prestazione della quale il Palumbo era debitore in forza del summenzionato contratto e cio il pagamento del prezzo della macchina acquistata. 4. -Poich il Tribunale di Roma respingeva l'eccezione di litispendenza fondata sull'art. 21 della Convenzione, la Gubisch adiva la Corte cli titolo, non pu essere negata l'identit di oggetto allorch centro di entrambe le controversie sia, in definitiva, la forza obbligatoria del contratto. Con una interpretazione pi letterale dell'art. 21 (stesse personae, stessa causa petendi, stesso petitum) una soluzione poteva essere trovata in termini non di litispendenza ma di connessione, ai sensi del successivo art. 22, ricomprendendo in quest'ultima anche quei casi che in alcuni ordinamenti giuridici vengono definiti di continenza e ivi sono soggetti ad una disciplina intermedia, come intermedia appare la loro posizione, fra quella della litispendenza e quella della connessione: nell'ordinamento giuridico italiano l'art. 39, secondo comma, del codice cli procedura civile si applica, secondo l'interpretazione giurisprudenziale, non solo quando fra le due cause, caratterizzate da identit di soggetti e di titolo, sussiste una differenza solo quantitativa circa l'oggetto, nel senso che il petitum di una di esse pi esteso in modo da comprendere il contenuto o la pretesa costituente oggetto dell'altra, ma anche quando le questioni dedotte con la lite precedentemente instaurata costituiscano presupposto necessario della definizione di quella successiva fra gli stessi soggetti, come appunto nel caso di domande contrapposte inerenti ad un medesimo rapporto sostanziale, il cui esito dipende dalla definizione di una identica questione di base, in modo che 1a decisione sulla domanda preventivamente avanzata costituisca presupposto necessario della pronuncia sulla domanda successivamente proposta. 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Suprema cli Cassazione la quale sospendeva il giudizio e sottoponeva alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se rientri nella nozione di litispendenza di cui all'art. 21 della Convenzione di Bruxelles in data 27 settembre 1968 il caso in cui in relazione allo stesso contratto una parte chieda dinanzi al giudice cli uno Stato contraente la dichiarazione di inefficacia (o comunque la risoluzione) del contratto mentre l'altra proponga innanzi al giudice di altro Stato contraente domanda di esecuzione dello stesso contratto . 5. -Per una pi ampia esposizione degli antefatti, delle fasi del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi degli atti di causa verranno mer.:ionati in prosieguo solo in quanto necessari per illustrare il ragionamento della Corte. 6. -Onde risolvere la questione sollevata, opportuno, in via preliminare, determinare se le nozioni di cui viene fatto uso all'art. 21 della Convenzione per descrivere le condizioni di litispendenza', termine che compare unicamente nell'intestazione della sezione 8 del titolo II, debbano essere interpretate in via autonoma o si debba ritenere che esse fanno rinvio al diritto interno di uno o dell'altro membro interessato. 7. -A questo proposito, occorre sottolineare, come la Corte ha gi dichiarato nella sentenza 6 ottobre 1986, (causa 12/76, Tessili, Racc. pag. 1473) che nessuna delle due opzioni pu essere accettata in modo esclusivo, giacch la soluzione migliore va studiata cli volta in volta per ciascuna norma della Convenzione, in modo tale tuttavia da garantire la piena efficacia cli quest'ultima nella prospettiva delle realizzazioni volute dall'art. 220 del trattato CEE. 8. -In quest'ambito opportuno ricordare che la Convenzione, secondo il preambolo che riprende in parte i termini del precitato art. 220, persegue in particolare la semplificazione del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni giudiziarie nonch il potenziamento nella Comunit della tutela giuridica delle persone residenti sul suo territorio. Per quel che riguarda pi in particolare l'art. 21 esso fa parte, con l'art. 22 relativo alla connessione, della sezione 8 del titolo II della Convenzione, sezione la quale, nell'interesse cli una buona amministrazione della giustizia nella Comunit, intesa ad evitare procedimenti paralleli pendenti dinanzi ai giudici di diversi Stati contraenti e il contrasto di decisioni che ne potrebbe risultare. Pertanto, questa disciplina volta ad escludere, per quanto possibile e sin dall'inizio, una situazione come quella contemplata all'art, 27, punto 3, e cio H mancato riconoscimento cli una decisione in quanto contrastante con una decisione resa tra le medesime parti nello Stato riichiesto. PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INmRNAZIONALB 9. -Nella sentenza 30 novembre 1976, (causa 42/76, De Wolf, Racc. pag. 1759), la Corte ha d'altronde riconosciuto l'importanza di questa finalit della Convenzione ancfo~ al di l dell'ambito limitato della litispendenza, osservando che sarebbe incompatibile con lo spirito degli artt. 26 e segg. relativi al riconoscimento delle decisioni giudiziarie la presentazione d'una domanda giudiziale, identica, sia per quanto ne riguarda le parti, sia per quanto ne riguarda l'oggetto, ad un'altra domanda gi decisa dal giudice di un altro Stato contraente. 10. -Si deve poi osservare che la nozione di litispendenza non la stessa in tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati contraenti e che, come la Corte ha gi constatato nella sentenza 7 giugno 1984 (causa 129/83, Zelger, Racc. pag. 2397), non si pu desumere una nozione comune della litispendenza dall'accostamento delle varie norme nazionali pertinenti. 11. -Tenendo presente le summenzionate finalit perseguite dalla convenzione e il fatto che il testo dell'art. 21 invece di riferirsi al termine litispendenza quale utilizzato nei diversi ordinamenti giuridici nazionali degli Stati contraenti enumera diversi presupposti sostanziali come elementi di una definizione ,se ne deve concludere che le nozioni utilizzate all'art. 21 per determinare una situazione di litispendenza devono essere considerate autonome. 12. -Questo risultato non e m contrasto con la precitata sentenza 7 giugno 1984, in cui la Corte ha affermato che la questione del momento in cui una causa considerata pendente ai sensi dell'art. 21 della Convenzione dev'essere valutata e ri~olta, per ciascun giudice, .in base al suo diritto nazionale. Questo ragionamento si fondato infatti sulla mancanza di indicazioni, in quest'articolo, in merito alla natura delle relative formalit procedurali, dato che la Convenzione non persegue l'unificazione di dette formalit, prettamente connesse alla struttura processuale nei diversi Stati membri. Esso non pu quindi pregiudicare l'interpretazione del contenuto sostanziale dei presupposti per la litispendenza di cui all'art. 21. 13. -La questione se una situazione processuale come quella del caso di specie sia contemplata dall'art. 21 deve quindi essere affrontata tenendo presenti le summenzionate finalit e avendo cura di garantire la coerenza delle disposizioni degli artt. 21 e 27, punto 3. Le caratteristiche di questa situazione consistono nel fatto che una parte ha presentato ad un tribunale di prima istanza una domanda di esecuzione di una prestazione contemplata in un contratto di vendita internazionale e viene poi messa a confronto con una domanda presentata dall'altra parte in un altro Stato contraente, volta ad ottenere l'annullamento o la risoluzione del contratto stesso. 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14. -Al riguardo, va innanzitutto osservato che, a termini dell'art. 21 questa disposizione si applica qualora le parti nelle due controversie siano le medesime e le due domand~ abbiano il medesimo oggetto e il medesimo titolo; essa non esige alcun altro requisito. Anche se la versione tedesca dell'art. 21 non fa una distinzione espressa fra le nozioni di oggetto e titolo, essa va intesa nel medesimo senso delle altre versioni linguistiche le quali tutte presentano tale distinzione. 15. -La situazione processuale oggetto della presente questione pregiu diziale caratterizzata dal fatto che le stesse parti sono impegnate in due controversie in diversi Stati membri e con lo stesso titolo , e cio il medesimo rapporto contrattuale. Si pone quindi il problema di stabilire se queste due controversie abbiano il medesimo oggetto dato che, nel primo caso, la domanda intesa ad ottenere l'esecuzione del contratto e, nel secondo, il suo annullamento o la risoluzione. 16. -Quando si tratta in particolare, come nel caso di specie, della vendita internazionale di beni mobili materiali, ne risulta che la domanda di esecuzione del contratto volta a renderlo efficace, e che la domanda di annullamento e di risoluzione volta appunto a negargli ogni efficacia. La forza obbligatoria del contratto si trova pertanto al centro delle due controversie. Se la domanda di annullamento o di risoluzione la domanda posteriore, essa pu addirittura essere considerata un. semplice mezzo di difesa contro la prima domanda presentata in forma di azione autonoma dinanzi ad un tribunale di un altro Stato contraente. 17. -Stando cos le cose dal punto di vista processuale giocoforza constatare che le due controversie hanno il medesimo oggetto, dato che quest'ultima nozione non pu essere ristretta all'identit formale delle due domande. 18. -Infatti, se in un caso come quello di specie le questioni controverse relative ad un medesimo contratto di vendita internazionale non fos sero decise dal solo tribunale dinanzi al quale la domanda di esecuzione del contratto pendente e che stato adito per primo, la parte che chiede !'-esecuzione del contratto sal'ebbe esposta al rischio di vedersi negare, ai sensi dell'art. 27, punto 3, il riconoscimento di una decisione resa a suo favore, malgrado il rigetto del mezw di difesa eventualmente presentato dal convenuto e dedotto dalla mancanza di forza obbligatoria del contratto. Non infatti possibile porre in dubbio che il riconoscimento di una deci sione giudiziaria resa in uno Stato contraente e che disponga la condanna all'esecuzione di un contratto sarebbe rifiutato nello Stato richiesto qualora esistesse una decisione di un tribunale di quest'ultimo Stato che disponesse I ( I l'annullamento o la risoluzione del medesimo contratto. Un simile risultato, ! I I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE S9 che implicherebbe la limitazione degli effetti di ogni decisione giudiziaria al territorio nazionale, sarebbe in contrasto con le finalit della Convenzione la quale intende potenziare in tutto lo spazio giUridico della Comunit la tutela giuridica delle persone residenti sul territorio di questa e facilitare il riconoscimento, in ogni Stato contraente, delle decisioni giudiziarie rese in qualunque altro Stato contraente. 19. -Si deve pertanto rispondere al giudice nazionale che la nozione di litispendenza di cui all'art. 21 della Convenzione del 27 settembre 1968 contempla il caso in cui una parte presenti ad un giudice di uno Stato contraente una domanda volta all'annullamento o alla risoluzione di un contratto di vendita internazionale mentre una domanda dell'altra parte volta all'esecuzione del medesimo contratto pendente dinanzi ad un giudice di un altro Stato contraente. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Sed. plen., 4 febbraio 1988, nella causa 256/85 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Da Cruz Vilaa -Repubblica italiana (avv. Stato Fiumara) c. Commissione delle C.E. (ag. Prozzillo). Comunit europee -Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (F.E.A.O.G.) Colorazione dei cereali Rimborso delle spese. (Reg. CEE della Commissione 6 ottobre 1983, n. 2794, art. 5; reg. CEE del Consiglio 2 ago sto 1978, n. 1883, artt. 4 e 6; 9 novembre 1981, n. 3247/81). La colorazione dei cereali per la destinazione all'alimentazione zootecnica ai sensi del reg. della Commissione 2794/83, in quanto mira a rendere il prodotto identificabile per agevolare il controllo del suo uso come ali-; mento zootecnico, non pu essere considerata n un'operazione di trasformazione di un prodotto destinato all'alimentazione umana in un prodotto destinatoall'alimentazione zootecnca, non implicando una modifica delle caratteristiche intrinseche del prodotto, n un'operazione di uscita dal magazzino, essendo preordinata non al controllo della quantit o della qualit dell merci prima della loro uscita dal magazzino, ma al controllo a posteriori della destinazione della merce. Di conseguenza le spese sopportate per essa dallo Stato membro debbono essere rimborsate dal FEAOG integralmente, purch il sistema adottato per effettuare la colorazione sia stato il meno costoso possibile, e non forfettariamente. (omissis) 1. Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 19 agosto 1985, la Repubblica italiana ha proposto, a norma dell'art. 173, 1 comma, del Trattato CEE, un ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 7 giugno 1985, che fissa un importo forfettario per il rimborso delle spese relative al trattamento di cereali mediante denaturazione o co RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 60 !orazione per la destinazione degli stessi all'alimentazione zootcnica, quanto meno per la parte in cui si applica all'operazione di colorazione contemplata dal regolamento della Commissione 6 ottobre 1983, n. 2794, relativo alla vendita sul mercato interno di 450.000 tonnellate di frumento tenero panificabile detenute dall'ente d'intervento italiano (G.U. n. L 274, pag. 18). 2. -Dal fascicolo emerge che col regolamento del Consiglio 26 maggio 1983, n. 1322, relativo al trasferimento di 550.000 tonnellate di frumento tenero panificabile detenute dagli enti d'intervento francese e tedesco (G. U. n. L 138, pag. 63), veniva fra l'altro disposto il trasferimento, dall'ente d'intervento francese all'ente d'intervento italiano, di 450.000 tonnellate di frumento tenero da destinarsi all'alimentazione zootecnica. 3. -L'art. 5 del regolamento n. 2794/83, con cui la Commissione ha stabilito le modalit di detta operazione di trasferimento di 450.000 tonnellate di frumento tenero, disponeva che, al fine di agevolare il controllo dell'uso dei cereali di cui trattasi nell'alimentazione zootecnica, l'ente d'intervento interessato avrebbe provveduto con un minimo di spesa a colorarli onde consentirne l'identificazione. 4. -Dopo aver effettuato la colorazione l'ente d'intervento italiano chiedeva alle autorit comunitarie il rimborso delle spese che aveva effettivamente sostenuto per detta operazione, ammontanti a 6,15 ECU la tonnellata. 5. -In base all'art. 6 del regolamento del Consiglio 2 agosto 1978, n. 1883, relativo alle norme generali per il finanziamento degli interventi da parte del FEAOG, sezione garanzia (G. U. n. L 216, pag. 1), la Commissione considerava che le suddette spese dovevano essere rimborsate forfettariamente e non integrali:nente. A questo scopo essa adottava la controversa decisione 7 giugno 1985, in cui stabiliva l'importo forfettario di 1,17 ECU la tonnellata come rimborso spese in caso di colorazione dei cereal\,_, da destinare all'alimentazione zootecnica. 6. -Per una pi ampia esposizione degli antefatti, delle norme di diritto comunitario vigenti, nonch dei mezzi e degli argomenti delle parti, si rinvia alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono menzionati in prosieguo solo se necessario al ragionamento della Corte. 7. -Il Governo italiano, ritenendo che la decisione di cui trattasi sia lesiva nei suoi confronti, l'ha impugnata col presente ricorso, a sostegno del quale ha dedotto due mezzi. In primo luogo esso sostiene che con l'adozione di detta decisione la Commissione ha infranto e applicato erroneamente gli artt. 4 e 6 del regolamento del Consiglio n. 1883/78 nonch l'al PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE legato I del regolamento della Commissione n. 3247/81, in relazione al re golamento del Consiglio n. 1322/83 e al regolamento della Commissione n. 2794/83. In secondo luogo il Governo italiano deduce che la Commissione ha commesso uno sviamento di potere poich, interpretando e applicando erroneamente l'art. 6 del regolamento n. 1883/78, si arrogata il potere di rimborsare forfettariamente le spese di colorazione. 8. -Si deve rilevare che il mezzo di sviamento di potere fatto valere dalla ricorrente si risolve in sostanza nel dedurre la violazione di una norma giuridica, nella fattispecie, l'art. 6 del regolamento n. 1883/78 che costituisce gi oggetto del primo mezzo. Risulta pertanto che il secondo mezzo dedotto coincide nella fattispecie con il primo, di modo che essi devono essere esaminati contemporaneamente. 9. -Il Governo italiano sostiene che l'operazione di colorazione non rientra in nessuna delle categorie di operazioni specialmente indicate nel punto I-1 dell'allegato I del regolamento del Consiglio 9 novembre 1981, n. 3247, relativo al finanziamento, da parte del FEAOG, sezione garanzia, di talune misure d'intervento, in particolare di quelle consistenti nell'acquisto, nel magazzinaggio e nella vendita di prodotti agricoli da parte degli organismi d'intervento (G. U. n. L 327, pag. 1), per le quali vige una disciplina di rimborso mediante importi forfettari. Di conseguenza, detta operazione dovrebbe essere inquadrata, residualmente, f.ra le altre operazioni di cui al punto I-3 del medesimo allegato, per le quali contemplato il rimborso in tegrale. Il Governo italiano sottolinea che del resto la Commissione se ne resa conto quando ha avuto cura di precisare nell'art. 5 del suddetto regolamento n. 2794/83 che la colorazione dev'essere effettuata con un minimo di spesa . 10. -Dal canto suo la Commissione, basandosi sull'art. 6 del regolamento n. 1883/78, sostiene che per principio, salvo deroga espressa, le spese relative a interventi per cui non sono stabiliti importi unitari devono essere rimborsate secondo il sistema degli importi forfettari. Di conseguenza, siffatto sistema di rimborso dovrebbe applicarsi all'operazione di colorazione, in mancanza di una deroga espressa nel regolamento n. 3247/81. ll. -Ad avviso della Commissione, le spese connesse all'operazione di colorazione devono comunque essere rimborsate mediante importi forfet tari, sia che si ritenga che la colorazione, istituita a fini di controllo, costituisca un'operazione materiaile relativa all'uscita dal magazzino di un prodotto detenuto da un ente d'intervento ai sensi del punto I-1, lett. e), dell'allegato I del regolamento n. 3247/81, sia che si equipari detta colorazione ad un'operazione materiale di trasformazione di un prodotto, il che con 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentirebbe di includerla nel punto 1-1, lett. d), dell'allegato I. La disposizione contenuta nell'art. 5 del regolamento n. 2794/83, a tenore della quale la colorazione dev'essere effettuata con un minimo di spesa , sarebbe giustificata dalla consideralione che, anche qualora il rimborso sia effettuato mediante importi forfettari, questi sono calcolati in base e costi reali che devono essere mantenuti bassi per ottenere importi forfettari ridotti al minimo. 12. -A questo proposito, si deve rilevare che l'art. 6 del regolamento n. 1883/78, norma su cui la Commissione si basata per l'emanazione della controversa decisione 7 giugno 1985, dispone quanto segue: Le operazioni materiali occasionate dal magazzinaggio e, se del caso, dalla trasformazione di prodotti acquistati dall'organismo di intervento, sono finanziate dal FEAOG, sezione garanzia, mediante importi forfettari uniformi per la Comunit, da determinarsi applicando la procedura di cui all'articolo 13 del regolamento (CEE) n. 729/70 e, se necessario, previo esame del comitato di gestione interessato . 13. -Dal testo stesso di detto articolo emerge chiaramente che esso riguarda non tutte le operazioni materiali relative ad una misura d'intervento, ma soltanto quelle occasionate dal magazzinaggio o dalla trasformazione, di modo che la Commissione avrebbe potuto legittimamente disporre il rimborso delle lpese relative all'operazione di colorazione mediante importi forfettari solo qualora detta operazione avesse costituito un'operazione materiale occasionata dal magazzinaggio o dalla trasformazione di un prodotto acquistato dall'ente d'intervento. 14. -Dato che l'allegato I, punto I, del regolamento n. 3247 precisa ci che si deve intendere per operazioni materiali ai sensi dell'art. 6 del regolamento n. 1883/78, occorre in realt esaminare se la colorazione dei cereali possa essere definita operazione materiale relativa all'uscita dal magazzino (punto 1-1, lett e), oppure operazione di tra:sfo:ru:nazione del prodotto (punto 1-1, lett d). 15. -La colorazione dei cereali -diversamente da quanto sostiene la Commissione -non pu essere considerata operazione di trasformazione, ai sensi del punto 1-1 lett. d), dell'allegato I, di un prodotto destinato all'alimentazione umana in prodotto destinato all'alimentazione zootecnica. La nozione di trasformazione, nel significto abituale del termine, implica infatti una modifica delle caratteristiche intrinseche del prodotto, mentre la colorazione di cui trattasi mira solo a rendere i cereali identificabili per agevolare il controllo del loro uso come alimenti zootecnici. A questo proposito d'altronde significativo che la Commissione, nella PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE decisione 7 giugno 1985, abbia ritenuto opportuno includere le spese con trc:iverse nelle spese relative all'uscita dal magazzino. 16. -Non pu essere accolto neanche l'argomento della Commissione secondo cui le spese di colorazione devono essere equiparate a spese di controllo che di regola costituiscono parte integrante delle spese relative all'uscita dal magazzino. 17. -Anche se la colorazione dei cereali stata disposta a fini di controllo e i cereali possono uscire dal magazzino per essere usati nell'alimentazione zootecnica solo dopo tale colorazione, si deve tuttavia rilevare che l'unico scopo di siffatta operazione di controllo quello di consentire la verifica della destinazione finale di detti prodotti. In ci essa si distingue dalle altre operazioni di controllo che la Commissione, alla luce dei questionari da essa inviati agli Sfati membri per la revisione degli importi forfet. tari e dei documenti di lavoro relativi alla determinazione di detti importi, considera incluse nelle operazioni di uscita dal magazzino. Infatti con queste operazioni si mira a controllare :I.e quantit o la qualit delle merci prima della loro uscita dal magazzino, e non a controllare a posteriori la destinazione della merce. Esse perseguono pertanto, a diffe. renza dell'operazione di colorazione, uno scopo direttamente connesso all'uscita dal magazzino. 18. -Dato che l'operazione di colorazione non pu essere considerata operazione materiale di uscita dal magazzino o di trasformazione, si deve far riferimento alla sola disposizione di regolamento riguardante le spese connesse all'operazione di colorazione, e cio all'art. 5 del regolamento n. 2794/83, il quale dispone che la colorazione dev'essere effettuata con un minimo di spesa. In base all'esame del testo di detto articolo si deve ritenere che le spese connesse all'operazione di colorazione devono essere rimborsate integralmente purch il sistema adottato per effettuare la colorazione sia stato il meno costoso possibile, punto che non stato sollevato nell'ambito del presente ricorso. 19. -Dalle considerazioni che precedono emerge la fondatezza del mezzo relativo alla violazione e all'erronea applicazione degli artt. 4 e 6 del regolamento del Consiglio n. 1883/78, nonch dell'allegato I del regolamento della Commissione n. 3287/81. 20. -Ne consegue che la decisione della Commissione 7 giugno 1985 dev'essere annullata nella parte in cui si applica all'operazione di colorazione contemplata dal regolamento della Commissione 6 ottobre 1983, nu mero 2794. (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 64 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 6a sez., 25 febbraio 1988, nella causa 299/86 -Pres. Due -Avv. Gen. Darmon -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d'appello di Genova nel procedimento penale c. Drexl Rainer -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Conti) e Commissione della C.E. (ag. Marenco e Fons Buhl). Comunit europee -Disposizioni fiscali -IVA all'importazione -Base imponibile. (Trattato CEE, art. 95; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 1, 67, 70). Comunit europee -Disposizioni fiscali -IVA all'importazione -Sanzioni Disparit di trattamento. (Trattato CEE, art. 95; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 1, 67, 70). L'art. 95 del Trattato CEE dev'essere interpretato nel senso che, nel caso d'importazione da parte di un privato di un bene da un altro Stato membro, che non ha dato luogo n a sgravio all'esportazione n a franchigia fiscale nello Stato membro d'importazione, l'IVA all'importazione dev'essere applicata tenendo conto della quota residua dell'IVA pagata nello Stato membro di esportazione ed ancora inglobata nel valore del bene al momento dell'importazione, in modo tale che l'importo di detta quota residua non faccia parte della base imponibile e sia dedotto dall'IVA dovuta all'importazione (1). Una disciplina nazionale che sanzioni le infrazioni concernenti l'IVA all'importazione pi severamente di quelle concernenti l'IVA sulle cessioni di beni all'interno del paese incompatibile con l'art. 95 del Trattato CEE qualora detta differenza sia sproporzionata rispetto alla diversit delle due categorie di infrazioni (2). (1-2) La prima massima conferma quanto era gi stato affermato dalla Corte di giustizia nelle sentenze del 5 maggio 1982 (causa 15/81, SCHUL I, Racc., 1409), 21 maggio 1985 (caus 47/84, SCHUL Il, Racc., 1501) e 23 gennaio 1986 (causa 39/85, BERGERES BECQUE, m Racc., 259). La seconda massima ispirata a principi che la orte ha pi volte affer mato in materia di libera circolazione delle persone. La Imo applicazione nella specie suscita, peraltro, notevoli perplessit. Riproduciamo, sul punto, parte della memoria difensiva redatta per il Gover no italiano. (Omissis) 4. -La Corte di Genova chiede, in sostanza, se di diritto comunitario obblighi gli Stati membri ad assoggettare le inf.razioni in materia di I.V.A. all'importazione alle stesse sanzioni previste per le infrazioni in materia di I.V.A. sulie cessioni di beni all'interno. Non sembra dubbio che la risposta debba essere nettamente negativa. a ben chiaro, anzitutto, che un obbligo del genere non pu desumersi dalla disposizione (art. 12, n. 5, della sesta direttiva del Consdglio 17 maggio 1977, n. 77/338/CEE) secondo cui l'aliquota applicabile all'importazione di un bene PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 65 (omissis) 1. -Con ordinanza 12 novembre 1986, pervenuta alla Corte il 1 dicembre successivo, la Corte d'appello di Genova ha sollevato, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 95 del Trattato, onde determinare la compatibilit con detta disposizione della normativa italiana in materia di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto ai prodotti importati da un altro Stato membro da parte di un privato. 2. -Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di un procedimento. penale contro Rainer Drexl, cittadino tedesco, residente in Loano, Italia, imputato del reato di contrabbando per aver importato irregolarmente un'autovettura dalla Repubblica federale di Germania, introducendola e utilizzandola sul territorio italiano senza osservare le norme sulla temporanea importazione. 3. -Risulta dall'ordinanza di rinvio che l'imputato acquistava nella Repubblica federale di Germania un'autovettura d'occasione del tipo Volkswagen Golf, ivi immatricolata, mentre continuava ad essere residente in Italia dove esercitava la professione di odontotecnico. 4. -Il pretore di Albenga giudice di primo grado, accertava un'evasione dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: IV A) per un impor- quella applicata alla fornitura di uno stesso bene effettuata all'interno del paese. Non vi , infatti, alcuna correlazione fra l'aliquota applicabile ed il sistema delle sanzioni, che deve, ovviamente, tener conto delle profonde differenze fra !'I.V.A. all'importazione e !'I.V.A. interna rispetto all'individuazoine del fatto generatore dell'imposta (art. 10 della sesta direttiva), alla base imponibJle (art. 11), all'individuazione dei debitori d'imposta ed alla determinazione dei rispettivi obblighi (artt. 21 e 22), al regime delle deduzioni (art. 17), ecc. Quanto, poi, all' "uniformit del sistema fiscale", sufficiente ricordare che le direttive comunitarie "operano soltanto una armonizzazione parziale del sistema dell'imposta sul valore aggiunto" (sentenza 5 maggio 1982, causa 15/81, ScHUL I, n. 13) e che tale armonizzazione illon riguaTda affatto il sistema delle sanzioni. Ugualmente irrilevante il richiamo alla "soppressione dei dazi doganali all'interno della Comunit", rposto che !'I.V.A. all'importazione "va considerata parte integrante di un regime generale di tributi interni ai fini dell'art. 95 del Trattato e la sua compatibilit col diritto comunitario deve essere valutata alla luce di tale norma e non alla Luce deglii artt. 12 e segg. del T.rattato" (sentenza SCHUL I, cit., n. 21). 5. -Resta da esamillare la parte del quesito che fa richiamo ai "pr1ncipi di proporzionalit e di non discriminazione . II giudice a quo si riferisce, evidentemente, alla giurisprudenza di codesta Corre reLativa alle misure di controllo che gli Stiatii membri possono adottare nell'ambito defila l~bera drcoLazione delle me11ci, dei capita1i e delle persone. Com' noto, il principio generale da tempo affermato in questa materia quello secondo cui le misure amministrative di controllo e le connesse sanzioni non devono esulare dai limiti di quanto strettamente necessario. Le modalit dei controlli 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO to di Lit. 1.134.000 pari al 18 % del rnlore, non contestato, dell'autoveicolo d'occasione. Condannava l'imputato, concesse le attenuanti generiche, ad una multa di Lit. 1.600.000, condizionalmente sospesa, ed alla confisca dell'autovettura. 5. -Dinanzi alla Corte d'appello, l'imputato sosteneva, tra l'altro, che il veicolo in oggetto era stato regolarmente acquistato nella Repubblica federale di Germania ove l'IVA era stata pagata nella misura del 13%, pari a DM 2.148,57. 6. -Stando cos le cose, la Corte d'appello di Genova ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se le norme comunitarie in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra di affari (articolo 95 del Trattato di Roma), vietino agli Stati membri di assoggettare all'IVA le importazioni da altro Stato membro di autoveicoli ivi acquistati con pagamento dell'IVA e immatricolazione in tale Stato, senza tener conto della quota residua dell'imposta sul valore aggiunto corrisposta nello Stato membro esportatore ancora inglobato nel valore della merce al momento dell'importazione. non devono perci, essere concepite d111 modo da limdtiare le libert volute dal Trattato e dalle norme derivate. Non lecito, inoltre, comminare sanzioni talmente sproporzionate rispetto alla gravit dell'infrazione da risolversi in un ostacolo all'esercizio di queste libert (cfr., ad es., sentenza 11 novembre 1981, oausa 203/80, CASATI, R:acc. pag. 2595, l!l. 27). Questa giurisprudenza si riferisce, come si detto, all'ipotesi in cui una norma o un principio di diritto comunitario riconosca ai privati un diritto, Ii pur consentendo misure di verifica del suo legittimo esercizio. Allo scopo di non vanificare il diritto riconosciuto, chiaro che le misure ammesse non possono eccedere il limite segnato dalla stretta necessit e le relative sanzioni non i devono essere talmente sproporzionate da risolversi in una vera e propria limitazione della libert prevista dal diritto comunitario. Al di fuori di questa ben delimitata ipotesi, i richiamati principd giurisprudenziali non possono trovare applicazione. In particolare, allorch si tratti dell'osservanza di norme tributarie nazionali, gli Stati membri sono i soli competenti a disciplinare le relative sanzioni penali e amministrative, e non incontrano alcun limite all'esercizio di tale competenza nel diritto comund:tario. Gli obblighi fiscali non possono, infatti, considerarsi alla stregua di semplici formalit accessorie rispetto all'esercizio delle libert previste dal Trattato. Si tratta, al contrario, di un settore del tutto autonomo, nel quale, nell'attuale stadio dii evoluzione del diritto comun[tiario, spetta al le~slatore na2iionale la competenza primaria. Tale competenza incontra certamente una serie di limiti. di diritto comunitario. Ma tali limiti si pongono esclusivamente sul piano della disciplina sostanziale e tendono a far s che gli oneri fiscali imposti dai vari Stati membri non contrastil!lo con le esigenze del mercato comune. Utna vo1ta rispettato ! - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 67 2) Se l'IVA imposta da uno Stato membro all'importazione, senza tener conto della quota residua dell'imposta ancora inglobata nel valore della merce costituisca, ove la riscossione di tale importo non venga effettuata nelle cessioni delle stesse merci fra privati all'interno dello Stato, un'imposizione interna superiore a quella applicata ai prodotti nazionali analoghi, e come tale vietata ai sensi dell'art. 95 del Trattato. 3) Se le norme dell'ordinamento comunitario che sottopongono alla st.essa aliquota di imposta [e importazioni e le cessioni dello stesso bene all'interno dello Stato membro, ostino ad una normativa nazionale che, nell'ipotesi di mancato pagamento dell'imposta all'importazione, preveda un regime di sanzioni diverse per natura ed entit rispetto all'ipotesi di mancato pagamento dell'imposta relativa a scambi all'interno lel paese. E pi in particolare se le norme comunitarie sull'uniformit del sistema fiscale e sulla soppressione dei dazi doganali all'interno della Comunit, in relazione ai prinicipi di proporzionalit e di non discriminazione elaborati dalla Corte di giustizia, siano di ostacolo ad una normativa nazionale (articolo 70 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) che, considerando le infrazioni all'IVA all'importazione da Stati membri come reato di contrabbando doganale, applica alle stesse le sanzioni, anche penali, previste dalle leggi doganali relative ai diritti di confine, difformemente da analoghe infra- questo limite, l'osservanza deHe norme nazionali che impongono legittimi obblighi tributari pu essere garantita dalle sanzioni che il legislatore nazionale ritenga pi opportune, senza che, in materia, sussistano limiti o vincoli di diritto comunitario. Non si tratta, infatti, di garantire l'effettivo esercizio delle libert assicurate dal Trattato contro controlli eccessivi o esorbitanti vincoli formali, ma si tratta di assicurare la piena osservanza di norme di diritto tributario sostanziale poste nel rispetto del limite segnato dai principi dell'art. 95 del Trattato e dalle eventuali direttive di armonizzazione emanate in determinati settori. ~ i L'ipotesi di un contrasto fra le disposizioni nazionali che sanzionano l'inos~ servanza di legittime norme tributarie sostanziali ed i principi di diritto comunitario va, quindi, esclusa in radice. 6. -Anche a prescindere da ci, certo, in ogni caso, che non sussistono norme o principi di d1riito comunitario di cui si possa ipotizzare l'incompatibilit con una disciplina nazionale che assoggetti le infrazioni in materia di I.V.A. all'importazione a sanzioni diverse da quelle concernenti !'I.V .A. sulle cessioni di beni all'interno. L'ordinanza di rinvio parla di >infrazioni "analoghe" e fa richiamo all'art. 50 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. necessario precisare, per, che tale disposizione (che, in materia di I.V.A. "interna", prevedeva sanzioni penali per evasioni superiori a determinati importi, oltre che per false fatturazioni o registrazioni) stata abrogata dall'art. 13 del decreto legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito nella legge 7 agosto 1982, n. 516. Attualmente, il sistema sanzionatorio vigente in Italia prevede, in materia di I.V.A sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi, una serie di sanzioni pecuniarie non penali per le violazioni degli obblighi di fatturazione, registrazione, dichiarazione e versamento, nonch degli obblighi relathd alla conta 6 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zioni concernenti invece le cessioni degli stessi beni nell'interno dello Stato (art. 50 d.P.R.) , 7. -Per una pi ampia espos1z1one dello sfondo normativo e degli antefatti della causa principale, nonch delle osservazioni presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi degli atti di causa verranno menzionati in prosieguo solo in quanto necessari al ragionamento della Corte. 8. -Le prime due questioni, che opportuno esaminare congiuntamente, riguardano l'importo di IV A all'importazione che uno Stato membro pu applicare a un privato che abbia importato un bene usato da un altro Stato membro. La terza questione tocca un problema diverso, e cio le sanzioni applicate alle infrazioni dell'IVA, pi severe nel caso di importazione che non nel caso di scambi all'interno del paese. Sulle prime due questioni. 9. -Occorre anzitutto ricordare che, in forza degli artt. 99 e 100 del Trattato, stato istituito con direttive comunitarie un sistema comune di IVA. La Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri rela bilit (artt. 41 e segg. del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). Se l'ammontare dei corrispettivi non dichiarati, an!Ilotati o fatturati supera determinati dmporti, si rendono applicabili anche sanzioni penali (arresto o ammenda: art. 1 del citato decreto legge 10 luglio 1982, n. 429). Sanzioni penali gi gravi (reclusione e multa) sono previste, poi, per le false fatturazioni e per altri analoghi reati (art. 4). Per !'I.V.A. sulle importazioni si applicano, invece, come g.i si detto, le sanzioni previste dalle leggi doganali, le quali configurano come reato di oontrabbando (pllillito oon la multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti evas, salve eventuali circostanze aggravanti) la sottrazione di merci al pagamento dei diritti di confine dovuti. evidente che, nell'ambito di questo sistema, non esiste alcuna " analogia " fra le infrazioni in materia di I.V.A. all'importazione e queUe in materia di I.V.A. "interna". Le prime consistono nella concreta sottrazione di merci al pagamento dcll'imposta, mentre le seconde consistono nella violazione di una ~er.ie di obb~ighi formali o strumentali (dichiarazione, fatturazione, annotazione) imposti dalla legge. E ci non accade a caso o per un'arbitraria scelta del legislatore italiano, ma risponde alla profonda differenza di natura che intercorre tra i due tipi di imposta. Come ha sottolineato, infatti, la sentenza 5 maggio 1982 (causa 15/81, ScHUL I, Racc. pag. 1409, n. 14) "per quanto riguarda le operamoni al l'interno di uno Stato membro, il fatto generatore dell'imposta costituito dalla cessione a titolo oneroso di un bene da parte di un soggetto passivo che agisca in quanto tale, mentre, per quanto riguarda le operazioni all'importazione, il fatto generatore costitudto dal semplice ingresso di un bene all'in terno di uno Stato membro indipendentemente dal fatto che abbia luogo o PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 69 tive alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (G.U. n. L 145, pag. 1), dispone, all'art. 2, che sono soggette all'IVA non solo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo, ma anche le importazioni di beni, effettuate da un soggetto passivo o da un privato. L'IVA all'importazione intesa, al fine di garantire la neutralit del sistema comune rispetto all'origine dei beni, a porre i prodotti importati nella stessa situazione dei prodotti nazionali analoghi per quanto riguarda gli oneri fiscali gravanti sulle due categorie di merci. 10. -Secondo una giurisprudenza costante della Corte, l'applicazione dell'IVA all'importazione non pu avere per conseguenza che un prodotto d'importazione sia soggetto ad una doppia imposizione, perch ci in contrasto con l'art. 95 del Trattato. Il problema si pone in particolare quando un privato importa un bene da un altro Stato membro, senza fruire di una franchigia fiscale, dato che il bene gi assoggettato all'IVA di tale Stato in mancanza dello sgravio all'atto dell'esportazione che viene praticato se l'esportatore soggetto passivo. 11. -La Corte ne ha dedotto che l'IVA all'importazione, da parte di un privato, di beni provenienti da un altro Stato membro che non meno un negozio, che l'operazione venga effettuata a titolo oneroso o gratuito, da un soggetto passivo o da un privato". :B evidente che da questa fondamentale differenza di natura e di presupposti fra i due tipi di imposta discende tutta una serie di conseguenze, che ne caratterizzano in maniera nettamente differenziata il relativo regime. In partico lare, per l'imposta sulle operazioni all'interno, da un lato si eonfigura tutto un complesso di obblighi strumentali gravanti sui soggetti passivi (contabilizzazione, fatturazione, dichiarazione), e dall'altro i versamenti all'erario vanno effettuati, non in corrispondenza delle singole operazioni, ma periodicamente. Tali versamenti devono avere ad oggetto l'importo netto risultante dalla differenza fra l'ammontare complessivo dell'imposta relativa alle operazioni compiute nel periodo considerato e l'ammontare dell'imposta detraibile " a monte " (art. 22 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE). L'imposta all'importazione, invece, non pu, in linea di principio, che essere accertata, liquidata e riscossa per ogni singola operazione, a carico dell'importa tore, sia esso un " soggetto passivo " o un privato. Il sistema sanzionatorio di obblighi strumentali e finali cos differenziati fra loro non pu, quindi, che essere corrispondentemente differenziato. Non ha senso, perci, invocare principi di proporzionaldt o di non discriminazione che, trattandosi di situazioni non omogenee, non possono, neppure in astratto, trovare applicazione. Del resto, il criterio seguito dal legislatore italiano, di estendere all'I.V.A. all'importazione le sanzioni previste dalle leggi doganali in materia di diritti di confine, del tutto coerente con i principi della sesta direttiva 17 mag gio 1977, n. 77/388/CEE. Tale direttiva stabilisce, infatti, che, per quanto ri 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO hanno beneficiato di uno sgravio all'esportazione, non pu essere riscossa che nella misura in cui presa in considerazione la quota residua dell'IVA pagata nello Stato membro d'esportazione ancora inglobata nel valore del prodotto all'atto della sua importazione. 12. -Nella sentenza 21 maggio 1985 (causa 47/84, Gaston Schul, Racc. paig. 1501), la Corte ha precisato che, in tal caso, l'IVA all'importazione dev'essere calcolata tenendo conto dell'importo dell'IVA pagata nello Stato membro esportatore ed ancora inglobata nel valore del prodotto, cos che tale importo non faccia parte della base imponibile e sia inoltre dedotto dall'IVA dovuta all'importazione. 13. -Viste le . considerazioni che precedono, la prima e la seconda questione vanno cos risolte: L'art. 95 del Trattato dev'essere interpretato nel senso che, nel caso d'importazione da parte di un privato di un bene da un altro Stato membro, che non ha dato luogo n a sgravio all'esportazione n a franchigia fiscale nello Stato membro d'importazione, l'IVA all'importazione dev'essere applicata tenendo conto della quota residua dell'IVA pagata nello Stato membro d'esportazione ed ~ ancora inglobata nel valore del bene al momento dell'importazione, in I guarda il fatto generatore e l'esigibilit dell'I..VA. all'importazione, possono ap J plicarsi le diSIIJosizioni relative ai dazi doganali o ai prelievi imposti da norme l comunitarie (art. 10, n. 3, 2 e 3 comma). Prevede inoltre, che gli Stati membri possono adottare come base imponibile il valore definito nel regolamento CEE n. 803/68 (art. 11 lett. B, n. 2). Contempla infine, una serie di esenzioni parai I lele a franchigie doganali (art. 14, n. 1). L'assimilazione del regJme, anche sanzionatorio, dell'I.V.A. all'importazione a quello dei diritti di confine, oltre che coerente con la natura ed i presupposti dell'imposta, quindi anche con I forme ai principi posti dalle d:rettive comunitarie. 1l. chiaro, comunque, che nessuna ipotetica violazione del principio di ! proporzionalit pu scorgersi nel solo fatto che, nell'ordinamento italiano, le san2lioni in materia di I.V.A. all'importazione hanno sempre carattere penale, mentre quelle in materia di I.V.A. sulle operazioni compiute all'interno si articolano in una serie di misure che vanno dalle sanzioni pecuniarie di carattere amministrativo filno alla reclusione. A parte quanto si detto sulla corrispondente articolazione dei doveri strumentali imposti ai "soggetti passivi", evidente che la lotta alle evasioni in materia di I.VA. all'importa:cione (evasioni che possono essere compiute da chiunque, e cio anche da soggetti non tenuti ad alcun obbligo formale o strumentale di contabilizzazione. fatturazione e dichiarazione) pone problemi del tutto particolari e che un'adeguata risposta a taH problemi pu essere rappresentata soltanto da una rigorosa e generalizzata repressione penale. Nel complesso, comunque, non pu certo dirsi che, in Italia, l'onere comportato dalle sanzioni in materia di I.V.A. all'importazione sia pi gravoso di quello, reso netmmente pi pesante dal receinte dii. 10 luglio 1982, n. 429, combinato con le sanzioni non penali gi precedentemente previste, in materia cti. LV.A. sulle ope~azioni compiute all'linterno (MARCELLO CONTI) , PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE modo tale che l'importo di detta quota residua non faccia parte della base imponibile e sia dedotto dall'IVA dovuta all'importazione. Sulla terza questione 14. -Con questa questione, il giudice nazionale vuole sapere se un regime che commini per le infrazioni concernenti l'IVA all'importazione sanzioni pi severe di quelle contemplate per le infrazioni concernenti l'IVA sugli scambi all'interno del paese non sia in contrasto con l'art. 95 del Trattato, con la parit di trattamento e con il principio di proporzionalit. 15. -Dagli atti di causa si ricava che la normativa italiana distingue tra le due anzidette categorie di infrazioni. Infatti, per le infrazioni in materia d'IVA all'importazione, si applicano le disposizioni della normativa doganale, mentre un diverso regime vige per quel che riguarda l'inosservanza degli obblighi -relativi al pagamento dell'IVA sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi all'interno del paese. g assodato che le sanzioni contemplate nell'ambito di quest'ultimo regime sono, di norma, meno severe di quelle che risultano dall'applicazione della normativa doganale. 16. -A questo proposito, il Governo italiano ha osservato in via preliminare che gli Stati membri conservano, in materia di s;mzioni per le infrazioni alla loro normativa fiscale, una competenza esclusiva, la quale non limitata dall'art. 95 del Trattato e dai principi di non discriminazione e di proporzionalit n inficiata dall'armonizzazione in materia di IV A, che verte solo sulla disciplina sostanziale contemplata dalle normative nazionali con l'esclusione dei profili penalistici. 17. -Questo argomento non pu essere accolto in toto. Sebbene la legislazione penale e il regime sanzionatorio, anche in materia fiscale, rientrino senz'altro nella competenza degli Stati membri, il diritto comunitario pone dei limiti nel caso in cui la normativa nazionale possa incidere sulla neutralit dei tributi interni rispetto agli scambi intracomunitari, voluta dall'art. 95 del Trattato, nonch sul buon funzionamento del sistema comune dell'IVA istituito dalle direttive comunitarie. 18. -Come fa Corte ha gi dichiarato in un altro contesto, quello della libera circolazione delle persone, un sistema di sanzioni non pu avere per conseguenza di compromettere le libert contemplate dal Trattato. Ci si verificherebbe se una sanzione fosse cos sproporzionata alla gravit dell'infrazione da divenire un ostacolo alla libert garantita dal diritto comunitario (cfr. sentenza 3 luglio 1980, causa 157/79, Stanislaus Pieck, Racc. pag. 2171). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 72 19. -Di conseguenza, d'uopo esaminare, in questa prospettiva, la compatibilit con il Trattato di un doppio sistema di sanzioni per infrazioni in materia d'IVA come quello predisposto dalla normativa italiana. 20. -L'appellante nella causa principale sostiene che il mancato pagamento dell'IVA dev'essere considerato come una stessa infrazione, indipendentemente dal fatto che si verifichi all'importazione o negli scambi interni, e che, pertanto, una differenziazione del livello delle sanzioni in contrasto col diritto comunitario. La Commissione sostiene uria tesi analoga, affermando che una normativa nazionale che finisca per repri mere sistematicamente il mancato pagamento dell'IVA all'importazione con sanzioni pi severe di quelle applicate in caso di mancato pagamento dell'IVA sulle cessioni effettuate all'interno del paese incompatibile con l'art. 95 del Trattato. 21. -Il Governo italiano, invece, ritiene che le due categorie di infrazioni non siano comparabili, n sotto il profilo degli elementi costitutivi delle infrazioni, n per quanto riguarda le norme che ad esse si applicano. Circa quest'ultimo punto, il Governo italiano richiama l'attenzione sull'art. 10, n. 3, della Sesta direttiva (precitata), ai sensi del quale le disposizioni in vigore per i dazi doganali possono essere applicate per quanto riguarda il fatto generatore e l'esigibilit dell'IVA all'importazione; un regime di IVA all'importazione analogo a quello dei dazi doganali troverebbe quindi nella direttiva la sua espressa giustificazione. Quanto agli elementi costitutivi dell'infrazione, il Governo italiano sostiene che le infrazioni all'IVA all'importazione consistono nel far entrare un bene all'interno del paese senza pagare l'imposta, mentre le infrazioni all'IVA all'interno possono essere commesse solo da soggetti passivi che sono sottoposti ad un insieme di obblighi strumentali come contabilizzazione, fatturazione, dichiarazione etc. 22. -Occorre constatare a questo proposito che le due categorie di infrazioni di cui trattasi si distinguono per diverse circostanze che attengono tanto gli elementi costitutivi dell'infrazione quanto alla difficolt maggore o minore di scoprirla. Infatti, l'IVA all'importazione riscossa all'atto del semplice ingresso fisico del bene nel territorio dello Stato membro interessato, piuttosto che in occasione di uno scambio. Dette differenze implicano che gli Stati membri non sono obbligati ad istituire un regime identico per le due categorie di infrazioni. 23. -Tuttavia, tali differenze non possono giustificare un divario manifestamente sproporzionato nella severit del:le sanzioni comminate per le due categorie di infrazioni. Una sproporzione siffatta sussiste PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE quando la sanzione comminata per il caso dell'importazione comporta, di norma, pene detentive e la confisca della merce in forza delle norme intese a reprimere il contrabbando, mentre sanzioni comparabili non sono contemplate o non sono applicate . in modo generale, nel caso di infrazione all'IVA negli scambi interni. Tale situazione potrebbe avere effettivamente la conseguenza di compromettere la libert di circolazione delle merci all'interno della Comunit, e sarebbe quindi incompatibile con l'art. 95 del Trattato. 24. -Infatti, come la Corte ha affermato nella sentenza 5 maggio 1982 (causa 15/81, Gaston Schul, Racc. pag. 1409), l'interpretazione del l'art. 95 deve tener conto degli scopi .del Trattato, enunciati negli artt. 2 e 3, fra i quali figura, in primo luogo, l'instaurazione di un mercato comune, nel quale sia eliminato ogni intralcio per gli scambi al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il pi possibile simile ad un vero e proprio mercato interno. La Corte ha aggiunto che importante che i vantaggi di tale mercato siano garantiti, oltre che ai commercianti di professione, anche ai privati che intraprendano operazioni economiche oltre le frontiere nazionali. 25. -Pertanto, la terza questione va risolta nel senso che una disciplina nazionale che sanzioni le infrazioni concernenti l'IVA all'importa zione pi severamente di quelle concernenti l'IVA sulle cessioni di beni all'interno del paese incompatibile con l'art. 95 del Trattato qualora detta differenza sia sproporzionata rispetto alla diversit delle due cate gorie di infrazioni (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Sed. plen., 24 marzo 1988, corretta con ordinanza 27 aprile 1988, nella causa 104/86 Pres. f.f. Bosco -Avv. Gen. Slynn -Commissione delle Comunit europee (ag. Marenco) c. Repubblica italiana (avv. Stato Favara). Comunit eurpee Tributi nazionali in contrasto con il diritto comunitario Ripetizione dell'indebito -Prova del mancato trasferimento dei tributi sul prezzo delle merci. (Trattato CEE, artt. 9 e 95; d.l. 30 settembre 1982, n. 688, conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873, art. 19). La preminenza e l'efficacia diretta delle disposizioni del diritto comunitario non sottraggono gli Stati membri all'obbligo di eliminare dal loro ordinamento giuridico interno le disposizioni incompatibili con il diritto comunitario; la Repubblica italiana venuta meno a tale obbligo mantenendo in vigore, dell'art. 19 del d.l. 30 settembre 1982, n. 688: a) la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 74 disposizione che consente al contribuente esclusivamente la prova documentale dell'a,vvenuta traslazione in avanti dell'onere per i tributi percetti e b) la disposizione che attribuisce effetto retroattivo alla disposizione indicata sub a). (1). (omissis). 1. -Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 2 maggio 1986, la Commissione delle Comunit Europee ha proposto, a norma dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichiarare che:. a) col tn1sferire sul contribuente l'onere di provare che diritti e tasse nazionali indebitamente corrisposti, perch contrastanti con gli artt. 9 e segg. e 95 del Trattato, non sono stati trasferiti su altri soggetti, -con l'ammettere a tale riguardo solo la prova documentale, -con l'attribuire a dette disposizioni effetto retroattivo, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi impostdle dagli artt. 5, 9 e segg. e 95 del Trattato; ---~ ---------------..---~----~ . b) legiferando in materia di rimborso dei dazi stabiliti dalla Tariffa Doganale Comune e dei diritti all'importazione e all'esportazione stabiliti nell'ambito della politica agricola comune, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 5 del Trattato e dal regolamento del Consiglio 2 luglio 1979, n. 1430 (G. U. n. L. 175, pag. 1). (1) La sentenza pubblicata nel testo risultante da correzione ad essa apportata con ordinanza 27 aprile 1988, in seguito ad istanza dell'Avvocatura dello Stato (la quale ha rilevato una non innocua discordanza tra testo origi nario redatto in lingua francese e traduzione italiana). La precedente sentenza 9 novembre 1983 in questa Rassegna, 1983, I, 848. Per l'afrermazione contenuta nel punto 12 della motivazione, cfr. la sentenza 15 ottobre 1986, in questa Rassegna, 1987, I, 36. Sull'art. 19 del dl. n. 688 del 1982, cfr. anche Corte Cost., 16 giugno 1988, n. 651, pubblicata in questo numero. La Corte di giustizia ha rimproverato al legislatore italiano di aver omesso di adeguare, mediante una sostituzione o modifica dell'art. 19 predetto, l'ord namento normativo nazionale ai principi affermati nella sentenza 9 novembre 1983 citata. La inosservanza del legislatore italiano stata resa pi evidente dal comportamento del legislatore francese, il quale invece nel dicembre 1986 ha proceduto ad adeguare la parallela disposizione che esisteva ed esiste in quell'ordinamento; il nuovo testo ha ricevuto il placet della Commissione C.E. che ha quindi archiviato la procedura di infrazione avviata, all'inizio, anche contro la Repubblica francese. L'Avvooatura generale dello Stato, non appena edotta deMa vicenda legisla tiva francese, ha prospettato l'opportunit di procedere parimenti e senza indugio, Il suggerlmenrt:o rimasto finora senza seguito alcuno; il P1arlamento non stato ancora investito del problema. D'rutrio canto, la dissonanza tra ordim1amento giuridico nazionaile e principi enunciati nella sentenza Corte giust. 9 novembre 1983 citata stata acuita PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 75 2. -Dopo la chiusura della fase orale, la Commissione, con lettera pervenuta alla cancelleria 1'8 febbraio 1988, dichiarava di rinunciare al secondo capo della sua domanda. Precisava per di tener ferme tutte le altre conclusioni formulate nell'atto introduttivo, comprese quelle miranti alla condanna della convenuta alle spese. 3. -Con telex 18 febbraio 1988 la Repubblica italiana, ottemperando all'invito della Corte a presentare le sue osservazioni in proposito, manifestava il suo accordo sulla rinuncia parziale della Commissione agli atti e precisava che, per quanto riguarda la parte della controversia che non costituiva oggetto della rinuncia, teneva fermi tutti gli argomenti presentati nella controreplica, compresi quelli in relazione ai quali la Commissione aveva effettuato la rinuncia parziale. Di conseguenza, occorre esaminare solo la prima censura formulata dalla ricorrente. 4. -Per quanto riguarda le disposizioni nazionali e comunitarie di cui trattasi, ncmch i mezzi e gli argomenti delle parti, si rinvia alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono menzionati in prosieguo solo se necessario al ragionamento della Corte. 5. -La Commissione sostiene che l'art. 19 del decreto legge 30 settembre 1982, n. 688 (G. U. della Repubblica italiana del 30 settembre 1982, n. 270), convertito in legge 27 novembre 1982, n. 873 (G. U. della Repubdall'orientamento assunto dalla giurisprudenza della I sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciatasi nel senso di una " indivisibilit" dell'art. 19 in questione. Se la -pervero molto op:i:nabLle -tesi della " indivisioolit " non fosse stata adottata, le questioni sollevate dalle parole "prova documentalmente che" (e dalla retroattivit ad esse relativa) sarebbero state da tempo superate, come confermato dall'atteggiamento assunto dal Governo italiano nella causa decisa dalla sentenza in rassegna. Il risultato pratico che per ora, e finch perdurer l'inerzia anzidetta, il gettito di tributi sostanzialmente pagati dai consumatori italiani sar devoluto ad una dozzina di importatori (massimi beneficiari del c.d. mercato comune europeo) anzich "a concorrere alle spese pubbldche" (art. 53 Cost.). 1:: appena il caso di osservare che anche la sentenza in rassegna ha contraddetto la tesi della "indivisibilit", appuntando le censure su specifiche e circoscritte parti del citato art. 19 (le stesse che erano state indicate nel ricorso della Commissione). Ci stato espressamente confermato dalla ordinanza di coNezione 27 aprile 1988: il traduttore aveva scritto " attribuendo al suddetto articolo (l'art. 19) efficacia retroattiva", e la Corte l'ha corretto "attribuendo alle .relative (alias, predette specifiche) disposizioni un effetto retroattivo". In sostanza, la sentenza in rassegna ha criticato l'art. 19 primo comma in questione per tre delle pi disposizioni in esso conviventi, e cio: I) per la norma che pone l'onere di prova esclusivamente a carico dell'importatore, II) per il documentalmente >>, e III) per la norma solo t.ransitoria che ha dato efficacia retroattiva alle disposizioni sub I) e sub Il) (non anche l'altra norma transitoria relativa alla 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blica italiana del 29 novembre 1982, n. 328), fa gravare sul contribuente l'onere di provare che i tributi indebitamente pagati non sono stati trasferiti su altri soggetti e limita i mezzi di prova esclusivamente alla prova documentale. Inoltre, secondo la Commissione, la retroattivit della disposizione di cui trattasi aggrava la situazione dei contribuenti interessati per quanto riguarda il periodo precedente all'entrata in vigore della stessa. Imponendo in tal modo condizioni probatorie che sarebbe praticamente impossibile soddisfare, la suddetta disposizione della normativa nazionale sarebbe in contrasto col diritto comunitario e in particolare con gli artt. 9 e segg. e 95 del Trattato. 6. -Come la Corte ha gi affermato (vedasi sentenza 27 febbraio 1980, causa 68/79, Just, Racc. 1980, pag. 501), in mancanza di una normativa comunitaria in materia di restituzione dei tributi nazionali riscossi in contrasto col diritto comunitario, spetta agli Stati membri garantire il rimborso di detti tributi, conformemente al loro diritto nazionale. Peraltro, il diritto comunitario non esige che si conceda la restituzione di tributi indebitamente riscossi a condizioni tali da causare un arricchimento senza giusta causa degli aventi diritto; pertanto esso non esclude che si tenga conto del fatto che l'onere di detti tributi ha potuto essere ripercosso su altri operatori economici o sui consumatori. 7. -Si deve poi ricordare che, come la Corte ha considerato nella sentenza 9 novembre 1983 (causa 199/82, San Giorgio, Racc. 1983, pag. 3595), efficacia retroattiva data alla quarta e non criticata disposizione, quella fondamentale sul criterio del non-arrfochimento senza causa). Occorre aver consapevolezza del fatto che l'unificazione europea un evento rivoluzionario: un nuovo ord1namento si viene affermando e sov,rapponendo, e gli Stati faticano ad adattare i propri ordinamenti; si formano continuamente ampie zQne di incertezza, sovente risolte solo a co}pi di sentenze che per loro natura non possono che essere dichiarative-interpretative e quindi retroattive (si .pensi proprio alle pronunce in tema di similarit ex art. 95 del Trattato). Di qui la necessit, avvertita non solo dall'Italia ma anche da parecchi altri Stati membri, di evitare che queste zone di incertezza si traducano in ingiustificati arricchimenti per operatori che beneficierebbero di una parassitaria rendita di posizione per il solo fatto di essere di fatto esattori di imposte e di trovarsi ad operare in passaggi obbligati del commercio interstatale. Si consenta anche un'altra notazione, d'ordine istituzionale. L'Italia non rice~e un numero di pareri motivati superiore a quello indirizzato ad altri Stati membri dii equivalente importanza; per da anni nelle prime posizioni quanto a condanne deJla Corte di giustizia. La ragione di questa divergenza semplice: le amministrazioni di altri Stati membri pi frequentemente assumono tempestive iniziative per eliminare, per quanto possibile (e in modo non particolarmente pregiudizievole agli interessi nazionali), le situazioni che possono sfociare in una condanna, (F. F.). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE che riguarda per l'appunto l'art. 19 del decreto legge di cui trattasi, sono incompatibili col diritto comunitario tutte le modalit di prova che abbiano l'effetto di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il rimborso dei tributi riscossi in contrasto col diritto comunitario. Ci vale in particolare per le presunzioni o per i criteri di prova che tendono a far gravare sul contribuente l'onere di provare che i tributi indebitamente versati non sono stati trasferiti su altri soggetti, o per particolari limitazioni in merito alla forma della prova da fornire, come l'esclusione di qualsiasi prova non documentale. 8. -Il Governo italiano non contesta i principi citati, che emergono dalla giurisprudenza della Corte. Rileva per che l'art. 19 del decreto legge italiano n. 688 non osta all'efficacia di detti principi nell'ordinamento giuridico nazionale. 9. -A questo proposii:to il Governo italiano sostiene che la disposizione censurata non pu produrre effetti conmggenti con il diritto comunitario grazie a due recenti sentenze della Corte costituzionale italiana. Con la prima sentenza (n. 170), emessa 1'8 giugno 1984, detta Corte avrebbe ammesso che i giudici nazionali possono, a causa della preminenza e dell'efficacia diretta del diritto comunitario, disapplicare una legge interna confliggente con una norma di diritto comunitario. Con la seconda sentenza (n. 113), pronunciata il 23 aprile 1985 a definizione di un giudizio incidentale di costituzionalit avente proprio ad oggetto l'art. 19 del decreto legge di cui trattasi, essa avrebbe esteso questo principio anche alle statuizioni risultanti dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia. Il Governo italiano sottolinea che queste sentenze hanno introdotto una radicale innovazione nell'ordinamento giuridico italiano con la conseguenza che, per l'appunto, i giudici nazionali, fra cui la Corte di cassazione italiana (sentenz 18 ottobre 1985, n. 5219), hanno dichiarato di disapplicare l'art. 19 di cui trattasi, considerato incompatibile con la normativa comunitaria. A causa di questa innovazione, una legge nazionale che modificasse l'art. 19 non potrebbe aggiungere nulla e costituirebbe una sorta di ricezione, inutile e contrastante col principio dell'applicabilit diretta del diritto comunitario. 10. -Il Governo italiano osserva inoltre che la disposizione controversa compatibile con le norme del diritto comunitario e con la giurisprudenza della Corte nel senso che la prova dell'effettivo trasferimento dell'onere fiscale resta a carico dell'amministrazione nazionale. A carico degli operatori interessati sarebbe solo la prova dell'asserzione che l'onere fiscale non stato traslato, prova che sarebbe possibile produrre grazie alla documentazione che ogni impresa deve necessariamente possedere. 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 11. -L'argomentazione del Governo italiano non pu essere accolta. La controversa disposizione della normativa italiana impone agli operatori l'onere di provare un fatto negativo, in quanto essi debbono dimostrare, contro le mere asserzioni dell'amministrazione, che il tributo indebitamente pagato non stato traslato su altri soggetti, e debbono farlo meddante prove esclusivamente documentali. Una disposizione del genere in contrasto con le norme del diritto comunitario come interpretate dalla Corte. 12. -Malgrado le citate sentenze, invocate dal Governo italiano, e anche se occorre sottolineare che l'evoluzione della giurisprudenza costituzionale itafliana facilita l'applicazione dei principi dell'efficacia diretta e della preminenza del diritto comunitario nell'ordinamento giuridico interno, si deve osservare che la disposizione controversa fa ancora parte t I ~della normativa nazionale. Come la Corte ha pi volte rilevato, la preminenza e l'efficacia diretta delle disposizioni del diritto comunitario non sottraggono gli Stati membri all'obbligo di eliminare dal loro ordinamento giuridico interno le disposizioni incompatibili col diritto comunitario: infatti, il mantenimento in vigore delle stesse crea una situazione I di fatto ambigua, in quanto mantiene gli interessati in uno stato d'incer ~:; tezza circa le possibilit loro garant~te di fare appello al diritto comunitario. i:: , :~ 13. -In base alle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che l l ~:: la Repubblica italiana, imponendo al contribuente, mediante l'art. 19 del ::~ . decreto legge 30 settembre 1982, n. 688, convertito in legge 27 novembre 1982, ' . n. 873, l'onere di provare, esclusivamente con la prova documentale, che I diritti e tasse nazionali di cui egli chieda il rimborso in quanto indebita I ~ mente comsposti, perch contrastanti con gli artt. 9 e segg. e 95 del Trattato CEE, non sono stati trasferiti su altri soggetti, e attribuendo alle relative disposiizioni un effetto retroattivo, venuta meno agli obblighi impostile dagli artt. 5, 9 e segg. e 95 del T~attato (omissis). I I ~ f,< : ' ~:~ i:: ,,, I f.~ (.. I' I >; SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. lavoro, 22 ottobre 1987, n. 7819 -Pres. Afeltra Rel. Alibrandi P. M. Martone -Sindacato autonomo personale viaggiante (avv. Li Gotti) c. Ente Ferrovie dello Stato (avv. Stato Stipo). Competenza Ente Ferrovie dello Stato Controversie collettive di la volo Foro erariale Inapplicabilit. Nelle controversie collettive di lavoro non applicabile l'art. 23 della legge 17 maggio 1985 n. 210 che, in deroga al principio generale, impone il foro erariale anche per le cause davanti al Pretore. (1) (1) L'art. 23 deNa legge 23 maggio 1985 n. 210 istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato attribuisce alla competenza del Pretore del foro erariale le con troversie di lavoro relative al personale dipendente dell'ente, Se quindi nell'ambito delle disposizioni del citato art. 23 non sono com prese le controversie collettive, ci significa che la giurisdizione del Pretore limitata alle controversie individuali di lavoro, con esclusione quindi di ogni altra controversia come quelle di natura previdenziale, ![lispetto alle quali resta in vigore il precedente sistema normativo, come peraltro detto nell'art. 21, quarto comma, della legge stessa. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 dicembre 1987, n. 9019 -Pres. Granata -Rel. Della Terza -P. M. Virgnio (conf.) -Tesoro (avv. Stato Stipo) c. Modica (avv. Uncario). Pensioni Domanda concernente il quantum pensionistico e gli interessi e rivalutazione per differenze sulla misura della pensione Giurisdizione della Corte dei conti. Rientra nella giurisdizione esclusiva della Corte dei conti la controversia che investa l'attivit decisoria della P.A., come nel caso in cui si reclami la differenza sulla misura della pensione liquidata dall'Ente compe BO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tente, oppure la si presupponga in una diversa misura e si chieda il pagamento degli interessi legali ed il risarcimento del danno da svalutazione monetaria sulla differenza non corrisposta. II CORTE DEI CONTI, Sez. riun., 27 gennaio 1987, n. 525 -Pres. Carbone -Rel. Ristuccia -P. M. Todaro -Carta, Farris e Pieri. Pensioni -Rivalutazione automatica -Pensioni di guerra e pensioni pri I vilegiate ordinarie -Non spetta. Pensioni Interessi Decorrono dalla data del provvedimento amministra tivo pensionistico. Pensioni Interessi Decorrono dalla data del provvedimento impugnato. Pensioni Interessi e rivalutazione Domanda autonoma Difetto di giurisdizione della Corte dei conti. Non ammessa la rivalutazione automatica ex art. 429 c.p.c. per I i crediti pensionistici, ove non sussista intima connessione con attivit lavorativa a, favore dello Stato o di un ente pubblico non economico, come nel caso delle pensioni di guerra e, nell'ambito delle pensioni privilegiate I ordinarie, quelle, definite tabellari, che spettano ai militari di leva per infermit dipendente da causa di servizio; ci, in quanto entrambe queste categorie di pensione, del tutto estranee ad un rapporto di lavoro con lo Stato, traggono fondamento dal principio di riconoscimento e soli I dariet nei confronti di coloro che abbiano subito una menomazione fisica i~ o la perdita di un congiunto per causa della guerra o per aver adempiuto al dovere dello svolgimento del servizio militare. Per i crediti di pensione, sia ordinaria che di guerra, la liquidit e la esigibilit va individuata nella emanazione di un provvedimento amministrativo da tenersi distinto dai procedimenti meramente contabili riguardanti l'emissione del titolo di spesa; pertanto i singoli ratei di pensione producono interessi di pieno diritto dalle relative scadenze a far data dal provvedimento amministrativo pensionistico. Il provvedimento che non riconosca il diritto al trattamento pensionistico o che ne liquidi l'ammontare in misura inferiore a quella pretesa dall'interessato, va configurato come manifestazione di volont del debitore contraria all'adempimento, che determina la .mora ex re dell'Amministrazione (art. 1219 cpv. n. 2 e.e.) e quindi la produzione di diritto degli interessi senza necessit di domanda da parte del creditore. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 81 Non rientra nella giurisdizione della Corte dei conti la domanda di rivalutazione e di interessi proposta in via autonoma rispetto alla domanda concernente il credito principale ovvero successivamente ad una decisione che si sia gi pronunciata sull'esistenza e la misura del trattamento di pen sione. (1) (1) Sulla terza massima l'orientamento delde SS.RR. stato contestato dalla sezione I delle Pensioni di guerra con la decisione in rassegna. E invero non sempre il provvedimento negati:ivo configura la volont di non adempiere: basti pensare alle ipotesi in cui il decreto negativo l'espressione di un atto vincolato, essendo scaduti i termini per la presentazione della domanda o per l'accertamento sanitario e successivamente vengono riaperti. Non ammissibile la confusione del momento genetico degli interessi corrispettivi e moratori, essendo distinta la loro rispettiva causa genetica e non essendo essi cumulabili, in quanto dalla data della mora gli interessi moratori succedono a quelli cor.rispettivi. La diversit della causa genetica trova riscontro anche nella necessit della specificazione della richiesta della parte, ai fini sia dell'accertamento della giurisdizione del giudice adito, sia dell'eventuale vizio di ultrapetizione; La produzione di diritto degli interessi si verifica solo se trattasi di risarcimento per fatto illecito. Le SS.UU. della Cassazione (sent. n. 5750 del 3 novembre 1982) hanno posto in evidenza che fra le due categorie di interessi esiste una differenza di disciplina tale da riservare soltanto a quelli corrispettivi il carattere di effetto automatico della obbligazione. La liquidit del credito non esiste nemmeno dopo l'accoglimento del ricorso, in quanto la decisione della Corte dei conti abbisogna per la sua esecuzione del decreto di liquidazione, in mancanza del quale il ricorrente deve esperire la procedura di cui all'art. 27, n. 4, del t.u. delle leggi sul Consi~lio di Stato. III CORTE DEI CONTI, Sez. I, 28 aprile 1987, n. 283.656 -Pres. Pisciotta -Est. Pensa -P. M. Lener -Piccini Egisto c. Tesoro. Pensioni Provvedimento negativo Accoglimento del ricorso Interessi Difetto di giurisdizione della Corte dei conti. In seguito al provvedimento negativo in materia di pensioni di guerra gli interessi che possono maturare ove venga accolto il ricorso sono quelli moratori previsti dall'art. 1224, I comma, e.e., in ordine ai quali sussiste. la giurisdizione del giudice ordinario. 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I (omissis) Il Ministero ricorrente deduce che la posizione previdenziale del dott. Modica ha attraversato il normale iter amministrativo dettato dal sistema in materia pensionistica, ossia l'erogazione di acconti sulla pensione, da parte del datore di lavoro; l'istiruttoria deHa pratica ed iJ conferimento di una determinata pensione annua, da parte della Cassa Previdenza Sanitari presso il Ministero del Tesoro (il 14 giugno 1983); ed il pagamento degli arretrati al netto degli acconti corrisposti dal datore di lavoro (settembre 1983). Deduce, altres che la Cassa Previdenza per i sanitari dipendenti ,da Enti pubbHoi, provvedendo alla liqu1dazione delle pensioni e cielle indenillit di fine rapporto, pone in essere un rapporto previdenziale che, ai sensi dell'art. 54 della fogge 6 luglio 1939 n. 1035, sottoposto alla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti. La tesi fondata e merita accoglimento. Invece, la domanda formulata dal dott. Modica omette di considerare l'esistenza del provvedimento amministrativo che definiva la pensione annua, richiamando solo gli acconti di pensione erogati dall'Ente datore di lavoro, che, alla data del 31 dicembre 1983, lascerebbero insoluta una notevole differenza retributiva, rispetto alla qua-le, si 1n:etende il pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria del credito e si attribuisce all'azione esercitata natura risarcitoria. La pretesa si articola, anzitutto, sull'errore giuridico di considerare l'obbligazione di pagare gli interessi corrispett.iv[ e di risarcire H danno da svalutazione monetaria come avulsa, nel suo momento genetico dall'obbligazione principale, che, nel caso di specie, dato dall'esistenza di un determinato titolo pensionistico. Tra l'una e l'altra obbligazione esiste un vincolo di dipendenza assoluta: per cui, non giuridicamente concepibile l'esistenza dell'obbligo di pagare gli interessi e di rivalutare il credito se non esiste, oppure prima che esista, l'obbligo di pagare un determinato capitale pensionistico. Orbene, posto che tale ultimo obbligo condiziona la nascita ed il contenuto del credito preteso dall'attore, quale elemento accessorio dell'obbligazione principale, chiaro che il credito medesimo si articola su di una differenza, sulla pensione gi liquidata dalla P.A., che non sorretta da alcun provvedimento amministrativo. N, di questo, si pu presupporre la esistenza ed inserire razione, direttamente nella fase esecutiva dell'obbligazione principale. A tal riguardo, questa Corte Suprema ha gi avuto occasione di chiarire che si verte in materia di diritto di credito, sottoposta alla cognizione del giudice ordinario, solo quando la controversia attenga alle modalit di esecuzione dell'obbligazione di corrispondere la pensione ed al pagamento del relativo importo (Cass. SS.UU. n. 2950/1981). PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONB La pretesa azionabile davanti al giudice ordinario deve, dunque, riguardare una situazione che consegua ad una posizione di diritto, la quale, nel sistema pensionistico, postula lo svolgimento di un autonomo procedimento amministrativo e l'emanazione di un provvedimento della P.A. anche nel caso di contestazione del quantum . , Di contro, rientra nella competenza esclusiva della Corte dei Conti, ai senSli. degli artt: 13 e 62 del r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, la controversia che investa l'attivit decisoria della P.A., come nel caso in cui si reclami la differenza sulla misura della pensione liquidata dall'Ente competente, oppure la si presupponga in una diversa misura e si chieda il pagamento degli interessi legali ed il risarcimento del danno da svalutazione monetaria sulfa differenza non corrisposta. Tale ragionamento conforme al costante orientamento di questa Corte Suprema (Cass. SS.UU. n. 77/1981 -Idem n. 3815/1983) ed sorretto dalla circostanza che l'attuale controversia incide sul quantum del diritto alla pensione in relazione ad un rapporto previdenziale specifico, quello che involge i sanitari dipendenti da Enti pubblici, rispetto al quale, la norma di cui all'art. 54 della legge 6 luglio 1939 n. 1035, prevede il ricorso alla Corte dei conti contro il provvedimento della P.A. che delibera sulla misura della pensione. Deve, quindi, affermacrsi la giurisdizione della Corte deii conti in ordine alla controversia instaurata dal dott. Modica Vitale contro il Ministero del Tesoro. II (omissis) 1. Le questioni di contrasto giurisprudenziale rimesse a queste Sezioni Riunite, ai sensi dell'art. 4, 1 comma, I. 21 marzo 1953 n. 161, con tre distinte ordinanze di identico contenuto della Sezione giurisdizionalle della Sardegna, attenendo alla soluzione di problemi di identica natu:ra relativi alle diverse articolazioni della materia delle pensioni a carico dello Stato ed involgendo valutazioni di carattere unitario, vanno decise congiuntamente. 2. I profili di ammissibilit sostanziale e di giurisdizione che comporta la questione della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle somme dovute dallo Stato a titolo di trattamento pensionistico e corrisposte con ritardo, non divergono, anche per l'aspetto della loro stretta connessione, da quelli relativi ai crediti di retribuzione da rapporto di lavoro pubblico. Appare per opportuno precisare che mentre in rapporto ai crediti di retribuzione la questione della giurisdizione in ordine alle domande di rivalutazione monetaria e di interessi si colloca nell'ambito di precise norme di rii.partizione delle competenze (art. 30, 2 comma, r.d. 26 giugno 1924 n. 1054 e art. 7, 3 comma 1. 16 dicembre 1971 n. 1034) che, pur nelle materie di giurisdizione esclusiva, riservano al giudice ordinario 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la cogmz1one delle questioilli attinenti ai diritti patrimoniali conseguenziali alla pronuncia di illegittimit dell'atto, per i crediti di pensione verso Io Stato l'analoga questione s. pone in termini diversi. Ed in vero, poich gli artt. 13 e 62 del T.U. delle leggi sulla Corte dei c9nti, approvato con r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, parlano di ricorsi in materia di pensione e di ricorsi contro i provvedimenti definitivi di liquidazioni di pensione, potrebbe dubitarsi dell'esistenza per la Corte dei conti di un limite positivo analogo a quello di cui all'art. 30 e all'art. 7 leggi cit. L'ampia dizione della legge -materia di pensione -potrebbe cio indurre a ritenere che rientrino nell'ambito giurisdizionale della Corte dei conti tutte le questioni che comunque valgono a definire, sotto ogni aspetto, la pretesa patrimoniale nascente dal rapporto pensionistico nei confronti dello Stato. In realt, per definire i limiti della giurisdizione della Corte dei conti in materia di pensioni necessario rifarsi alla 1. 14 agosto 1862 n. 800 che attribu alla stessa la competenza a liquidare le pensioni a carico dello Stato ed a conoscere in sede giurisdizionale dei ricorsi avverso detti decreti di liquidazione. A parte la considerazione che gli art. 13 e 62 T.U. de:l 1934, pur adottando la formula apparentemente pi ampia della materia di pensioni , non hanno ampliato la competenza giurisdizionale della Corte in quanto la legge di delega (art. 35 1. 10 aprile 1933 n. 255) non conferiva alcun potere di innovazione e modifica dell'ordinamento preesistente, l'interpretazione giurisprudenziale si sempre attenuta, in materia, al principio secondo cui il discrimine tra la giurisdizione della Corte e le altre giurisdizioni sia costituito dall'elemento della liquidazione di cui alla norma originaria del 1862, intesa come accertamento della spettanza del diritto a pensione (an) e come determinazione della relativa misura (quantum). Pertanto, nel delineare i limiti della cognizione del giudice delle pen sioni a carico .dello Stato, la giurisprudenza, pi che ricercare distinzioni tra il concetto di accessorio e quello di ulteriore, come in rapporto alla espressione diritti patrimoniali conseguenziali, ha assunto a criterio di ripartizione il titolo della pretesa fatta valere, affermando la giuri sdizione della Corte ove la domanda sia fondata direttamente ed esclu sivamente stil rapporto pensionistico e negandola allorch il titolo della pretesa sia autonomo e distinto rispetto al rapporto di pensione, ancorch a questo connesso. Le conclusioni non differiscono, peraltro, da quelle attinenti alla giuri sdizione esdusiva del giudice amministrativo, essendo evidente che, anche seguendo tale autonoma via, la giurisprudenza non poteva che pervenire alla esclusione dall'ambito della giurisdizione pensionistica della Corte dei conti delle questioni relative ad un ordinario diritto di credito verso l I I I l l ( ~~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE l'Amministrazione, come le controversie attinenti al pagamento e alla fase esecutiva dell'obbligazione e quelle nelle quali non sia comunque in contestazione n H diritto alla pensione n la sua misura (v. Cass. Sez. Un. 7 gennaio 1981 n. 77; idem 7 mag~o 1981 n. 2950). piuttosto da rilevare come la linea tendenziale della giurisprudenza della Cassazione sia, negli ultimi tempi, nel senso del riconoscimento di un principio di concentrazione nel giudice delle pensioni di tutte le questioni concernenti, direttamente o indirettamente, la misura della pensione, comprese anche quelle relative al recupero di somme indebitamente percepite (Cass. Sez. Un. 7 gennaio 1981 n. 77 cit.), in precedenza attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo. 3. L'affermarsi nella giurisprudenza di tendenze alla concentrazione -ravvisabili anche in recenti iniziative di revisione legislativa del processo amministrativo - dunque un ulteriore elemento di cui va tenuto conto nella necessaria ricostruzione dello stato attuale del diritto sul problema di cui queste Sezioni Riunite sono state investite. Storicamente, la demarcazione tra giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e giurisdizione ordinaria, regolata dal principio dei diritti patrimoniali conseguen21iali e della relativa tradizionale interpretazione giurisprudenziale e dottrinaria che li identificava nelle pretese di natura risarcitoria, poteva considerarsi questione del tutto pacifica, non bisognevole di verifiche o revisioni, cos come per anni era stata incontroversa, in dottrina e giurisprudenza, la inidoneit della svalutazione monetaria a costituire elemento di cui tenere conto automaticamente ai fini della disciplina prevista dall'art. 1224, 2 comma e.e. A porre in crisi tale sistema di pacifici e tradizionali convincimenti interveniva la consistenza e la durata del fenomeno inflattivo per gli effetti prodotti proprio su quei rapporti economici -i rapporti di lavoro -che mentre, da un lato, costituiscono il fondamento della societ civile e quindi ricevono particolare tutela costituzionale e legislativa, partecipano, dall'altro, della disciplina prevista dal codice civile per il genere di obbligazioni nel quale i relativi crediti sono inquadrabili. La natura di obbligazione di valuta dei crediti di lavoro e la conseguente applicabilit agli stessi del principio nominalistico nonch, per l'ipotesi di ritardo nel pagamento, di quello della dimostrazione da parte del lavoratore. dell'esistenza di un maggiior danno rispetto agli interessi legali, si scontrava palesemente con il principio costituzionale della retribuzione adeguata, quaile sicuramente non poteva ritenersi una retribuzione corrisposta in ritardo e quindi erosa dall'inflazione nel suo reale potere d'acquisto. Da qui, evidentemente, l'intervento del legislatore che, con la legge 11 agosto 1973 n. 533, modificando il testo dell'art. 429 c.p.c., introduceva RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEILO STATO 86 il principio della determinazione automatica, da parte del giudice, in ipotesi di condanna al pagamento di crediti di lavoro, oltre che degli interessi legali, del maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione del valore del suo credito, con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto, principio integrato dal testo modificato dell'art. 150 disp. att. cod. proc. civ., secondo il quale, ai fini della suddetta determinazione, deve applicarsi l'indice ISTAT per la scala mobile per i lavoratori dell'industria. Tale intervento legislativo, cui pu riconoscersi il valore di presa d'atto del fenomeno inflattivo, men che eliminare questioni e controversie, comportava notevoli problemi interpretativi concernenti l'applicabilit di detto principio ad altri rapporti che, egualmente partecipanti della natura di debiti di valuta ed egualmente destinati al soddisfacimento di bisogni primari della vita, rimanevano estranei alla categoria dei rapporti di lavoro privato cui si riferiva l'art. 429 c.p.c. Tale norma veniva quindi sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale sia sotto il profilo della mancata previsione dei crediti per prestazioni previdenziali (pensioni di linvalidit a carico dell'assicurazione generale obbligatoria I.V.S. gestita dall'l.N.P.S.), sia sotto quello della non estensibilit ai crediti di lavoro dei dipendenti degli enti pubblici non economici, sottratti alla giurisdizione dell'A.G.O. Entrambe le questioni venlivano dichiarate infondate dal giudice delle leggi sul rilievo della non esistenza, in rapporto alle situazioni fatte valere, delle tre ragioni nelle quali era stato identificato il fondamento giustificativo della novella legislativa e cio l'esigenza di mantenere inalterato il potere d'acquisto del salario in relazione alle finalit di questo ex art. 36 Cost.; l'esigenza di porre una remora al ritardo nell'adempimento; l'esigenza di riequilibrio delle posizioni economiche delle parti con il recupero in favore del lavoratore dell'arricchimento conseguito dal datore di lavoro (sentenze nn. 13, 43 e 162 del 1977). In particolare, per i crediti di prestazioni previdenziali, la Corte Cost., pur riconoscendo la loro funzione di sostentamento al pari dei crediti di lavoro osservava che il rapporto di pensione presenta, rispetto al rapporto di lavoro dipendente, caratteristica autonoma di natu:ra pubblicistica; che il ritardo nella liquidazione non ascrivibile al proposito degli Istituti debitori di lucrare sulla svalutazione; che, conseguentemente, la sanzione della rivalutazione non avrebbe effetto di remora. La risposta negativa della Corte Costituzionale alla richiesta di una pronuncia additiva non sortiva per l'effetto di una chiusura definitiva della questione e ci proprio in relazione alle ammissioni ed ai riconoscimenti contenuti nelle stesse dichiarazioni di non fondatezza. Il tema degli interessi e della rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro dei pubblici dipendenti veniva, infatti, ripreso dal Consiglio di Stato PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONB che, con le sentenze Ad. Plen. 7 aprile 1981 n. 2 e 30 ottobre 1981 n. 7, affermava la giurisdizione del giudice amministrativo in materia. Di tali pronunce giova ricordare la distinzione, ai fini del riparto delle competenze ex art. 30 T.U. 1054/24, tra le questioni inscindibilmente implicate con la questione :nientrante nelila giurisdizione esclusiva, in quanto a questa direttamente inerenti, e quelle che, invece debbono considerarsi ulteriori , in quanto richiedenti indagini e valutaziollii aggiuntive 'SU elementi diversi da quelli sui quali si fonda il diritto principale fatto valere; l'affermazione della sostanziaJe identit di situazioni, rispetto alla diminuzione patrimoniale derivante dal ritardo nell'adempimento della prestazione retributiva, tra le diverse categorie di lavoratori; l'assimilabilit dello schema previsto dall'art. 429 c.p.c. novellato, caratterizzato dall'introduzione del principio di automatismo risarcitorio, al sistema di eguale automatismo, pur nell'ambito dei generali principi della responsabilit per mora di cui agli artt. 1218 e 1224 e.e., rinvenibile, da un lato, nell'ammissibilit del ricorso da parte del giudice alle nozioni di comune esperienza (art. 115 c.p.c.), tra le quali va compresa la svalutazione monetaria, e, dall'altro, nel principio della mora ex re di cui all'art. 1219 cpv. n. 3 e.e., applicabile ai crediti di lavoro; la conseguente aderenza del sistema di protezione dei crediti di lavoro desumibile dai principi di diritto comune alla tendenza legislativa resa esplicita dal testo modificato dell'art. 429 c.p.c.; l'esistenza, quindi, nell'ordinamento di un principio generale di rilevanza automatica della svalutazione monetaria :per tutti indistintamente i crediti di lavoro, pur in costanza del principio nominalistico sul quale si fondano le prestazioni retributive, che consente di attrarre in una fattispecie unica e complessa, ai fini della determinazione della giurisdizione, tanto i momenti di maturazione dei crediti quanto gli interessi e la rivalutazione. All'orientamento del Consiglio di Stato si uniformava, sostanzialmente, la Corte di Cassazione con la precisazione, espressione dell'indirizzo tradizionale, che la giu:nisdizione del giudice.amministrativo deve ritenersi esclusa per le controversie relative agli interessi moratori od al maggior danno conseguente a comportamenti dolosi o colposi dell'Amministrazione, da continuare ad intendersi come questioni conseguenziali (cfr. Cass. Sez. Un. 3 novembre 1982 n. 5750; idem 12 ottobre 1982 n. 5225). 4. La questione degli interessi e della rivalutazione dei crediti di pensione e della relativa giurisdizione non pu non inserirsi nel surricordatp quadro normativo e giurisprudenziale. E ci per la considerazione, essenziale e prioritaria, che, almeno per quanto riguarda il nucleo principale delle pensioni a carico dello Stato le pensioni ordinarie -la situazione economica di chi trae i mezzi di sostentamento dalle proprie prestazioni lavorative non pu ritenersi modificata in meglio, per effetto della cessazione del rapporto di lavoro e quindi del percepimento della pensione in luogo della retribuzione, tanto da non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 88 necessitare dei correttivi di riequilibrio monetario per il caso di ritardo nell'adempimento, di cui, come visto, i credti.ti di lavoro attualmente beneficiano. Vale, innanzitutto, ricordare in quali termini si ponga attualmente sif fatta questione nella giurisprudenza. A parte i contrasti per i quali sono state investite queste Sezioni Riunite, il principio prevalente appare esisere quello della inapplicabilit dell'art. 429 c.p.c. ai crediti previdenziali. In tal senso sono, tra le moe, Cass. Sez. 1. 13 settembre 1978 n. 4127; Sez. Un. 27 aprile 1983 n. 2876; Sez. Un. 27 aprile 1983 n. 2886; Sez. 1. 28 aprile 1984 n. 2674. Tale orientamento fonda su alcuni punti essenziali: l'esclusione dell'art. 429 ult. comma c.p.c. dal richiamo di cui all'art. 442 c.p.c., che dichiara applicabili alle controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie le disposizioni contenute nel Capo I, in quanto detto richiamo limitato alle norme processuali mentre l'art. 429 u.c. ha natura di norma sostanziale (Sez. Un. 27 aprile 1983 n. 2876 cit.); la distinzione tra rapporto previdenziale e rapporto di lavoro fondata sulla circostanza che il primo si stabilisce direttamente con l'Istituto di previdenza, per cui il rapporto di lavoro si pone come antecedente necessario e non come momento genetico del diritto alle prestazioni previdenziali; la affermazione conseguenziale .che il titolare di un credito previdenziale deve dimostrare, avanti all'A.G.O., il maggior danno subito per effetto del ritardo nell'adempimento, ai sensi dell'art. 1224 2 comma e.e. Ai fini che in questa sede interessano deve tuttavia rilevare il Collegio che, pur nel quadro di siffatto orientamento, apparentemente omogeneo, non mancano pronunce che appaiono rimettere in discussione, soprattut to per quanto riguarda i dipendenti di enti pubblici, il principio della inap plicabilit della rivalutazione automatica per tutti i crediti diversi da quelli derivanti da rapporto di lavoro in atto. Ed invero, sia la Cassa2lione (Sez. I. 21 dicembre 1982 n. 7089; idem 27 marzo 1985 n. 2159; iidem 30 marzo 1985 n. 2052) sia il Consiglio di Stato (Ad. Plen. 26 marzo 1985 n. 8) hanno introdotto una distinzione nell'ambito dei crediti di quiescenza, negando la rivalutazione automatica ex art. 429 c.p.c. per i crediti che debbono qualificarsi come propriamente previdenziali ed ammettendola, invece, per quelli cui possa riconoscersi natura di retribu zione differita. La circostanza che la giurisprudenza ordinaria ed amministrativa non accomuni in un sol genere, ai fini dell'automatismo rivalutativo, tutti i crediti conseguenti alla cessazione del rapporto di lavoro, fondando so stanzialmente la distinzione, aldil delle espressioni usate, sull'elemento della erogazione del credito da parte dello stesso datore di lavoro o meno, estremamente importante. r111a1111111111111111111rMrlf1111111111rf1111r1ra111,r111a1111~i111rrf PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Ed infatti, l'ammissione che l'applicabilit dell'art. 429 c.p.c. non sia ristretta in maniera esclusiva ai crediti relativi a rapporti di lavoro in atto deve considerarsi parte integrante del diritto vivente , al quale fa espresso riferimento la pi recente pronuncia della Corte Costituzionale in materia. Con la sentenza n. 52 del 24 marzo 1986, la Corte Cost., pronunciando di nuovo sulla questione di costituzionalit dell'art. 429 c.p.c. in quanto non applicabile ai pubblici dipendenti, ha dichiarato non fondata la questione stessa sul rilievo che l'indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato e della Cassazione ha dato vita ad un diritto vivente che assicura ai lavoratori pubbLici, in tema di rivalutazione dei crediti vantati verso la P. A., lo stesso trattamento garantito ai lavoratori privati. Ed fondamentale rilevare che tale principio stato enunciato in riferimento anche ad una ordinanza di rimessione emessa in un giudizio avente ad oggetto, specificamente, l'erogazione, da parte di un ente pubblico non economico, di trattamento di quiescenza e di previdenza (fondi integrativi). Ritiene a questo punto il Collegio che la soluzione del problema della rivalutazione autom~tica dei crediti di pensione sia gi contenuta nel diritto vivente appena ricordato. Non sembra, infatti, che sussistano validi motivi per non dare integrale applicazione, in rapporto ai crediti di pensione, alle ragioni che hanno giustificato il formarsi del diritto vivente relativo ai crediti di lavoro pubblko. L'argomento principale al quale ha fatto ricorso la giurisprudenza civile ed amministrativa per negare il principio della rivalutazione automatica per i crediti c.d. previdenziali, e cio la circostanza (cui fece inizialmente riferimento Corte Cost. n. 162/77) che il rapporto previdenziale si stabilisce direttamente con l'Istituto erogatore e che il rapporto di lavoro assume carattere di solo antecedente necessario, se pu presentare validit, almeno sul piano formale, in riferimento al rapporto di lavoro privato ed all'assicurazione generale obbligatoria I.V.S. gestita dall'I.N.P.S., privo. di consistenza -e proprio per le ragioni addotte dalla succitata giurisprudenza -nei confronti della pensione ordinaria dei pubblici dipendenti. Con l'ammettere, infatti, la rivalutazione automatica ove la prestazione pensionistica venga erogata direttamente da{ datore di lavoro e sia qua1 lificabile come retribuzione differita>>, viene in definitiva ad affermarsi che presupposto fondamentale dell'applicazione di tale principio siano quegli elementi di intima connessione con il rapporto di lavoro e di erogazione diretta da parte del datore di lavoro, che caratterizzano proprio le pensioni ordinarie a carico dello Stato, comprese le privilegiate aventi funzione sostitutiva od integrativa della pensione di quiescenza. 90 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO N sembrano valere, in contrario, le considerazioni del P.G. secondo cui le pregresse prstazioni lavorative del pubblico dipendente non si pongono in rapporto di sinallagma con la pensione. Il rischio immediato di siffatta argomentazione quello di non far uscire la questione dai limiti di una mera disputa terminologica sul si gnificato da attribuirsi all'espressione sinallagma nella particolare materia delle pensioni. In realt, ben dovendosi ammettere Slia l'esistenza di periodii di servizio (sino al raggiungimento del c.d. minimo pensionabile) privi di copertura pensionistica, sia il concorso di elementi estranei alla esclusiva valutazione del servizio effettivamente prestato nel calcolo del quantum, sia il carattere di aleatoriet del trattamento pensionistico, sia il peculiare sistema di trasmissione iure proprio e non iure successionis a particolari categorie di aventi diritto, rimane comunque incontestabile non soltanto che il rapporto di lavoro (considerato nel duplice aspetto di rapporto in atto e di rapporto venuto a cessare) costituisca il fatto genetico del rapporto pensionistico pubblico, ma che l'entit delle prestazioni lavorative determini, con carattere di assoluta preminenza, la misura del trattamento di pensione. Il problema, allora, non quello di stabilire se tale relazione di stretta dipendenza del trattamento pensionistico dalle prestazioni lavorative possa qualificarsi di natura sinallagmatica, ancorch la classica definizione del sinallagma come rapporto di reciprocit ben potrebbe attagliarsi alla situazione in esame, nella quale in tanto il diritto a pensione sussiste in quanto vi sia stata una controprestazione di attivit lavorativa pregressa (con ci dandosi ragione della definizione di retribuzione differita spesso riconosciuta alla pensione). Il punto fondamentale appare piuttosto consistere nella circostanza che la pensione svolge, per il pubblico dipendente, la medesima funzione della retribuzione di assicurare i mezzi di sostentamento e che, pertanto, quelle stesse ragioni che avevano indotto a ritenere del tutto prevalente la posizione del lavoratore nel risolvere il problema della rivalutazione automatica dei crediiti di lavoro pubblico, non possono considerarsi essere venute improvvisamente meno per effetto della cessazione del rapporto di lavoro. Ritiene, pertanto, il Collegio che per le pensioni ordinarie a carico dello Stato -con le precisazioni di cui in prosieguo -deve riconoscersi, come per i crediti di lavoro dei dipendenti pubblici, l'applicabilit della rivalutazione automatica, specie tenuto conto che tale soluzione appare pienamente in armonia con il riconoscimento giurisprudenziale del ca rattere di retribuzione differita delle prestazioni pensionistiche -cui si fatto gi cenno -affermato non soltanto da queste stesse Sezioni Riu nite (dee. 4 dicembre 1981 n. 53), ma dalla Corte costituzionale nelle sen tenze che hanno dichiarato la illegittimit costituzional delle disposizioni PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE concernenti la perdita, la sospensione o la riduzione della pensione nei confronti di pubblici dipendenti incorsi in condanna penale o destituiti o aUontanati dal servizio (sent. 13 giugno 1966, n. 3; 3 luglio 1967, n. 78; 19 luglio 1%8, n. 112; 9 dicembre 1968, n. 124) e ripreso comunque da Cassazione e Consiglio di Stato (fra le molte cfr. Sez. 1. 13 settembre 1978, n. 4127; Ad. Plen. 26 marzo 1985, n. 8 cit.). La riconosciuta applicabilit ai crediti di pensione dei pubblici dipendenti del principio della rivalutazione automatica entro i medesimi limiti gi ammessi dalla giurisprudenza civile ed amministrativa per i crediti di lavoro dei dipendenti pubblici, e cio dandosi rilevanza alla svalutazione come fatto notorio e calcolandone la relativa misura secondo l'indice ISTAT ai sensi dell'art. 150 disp. att. cod. proc. civ. nel testo mo dificato dalla J. 533/73, comporta la conseguenziale affermazione della giurisdizione di questa Corte (in tal senso, di recente, Cons. St. Sez. IV 28/86 n. 121). Entro detti limiti, come gi ampiamente posto in luce, si tratta di questione che non introduce elementi ulteriori rispetto a quel1i da accertarsi per la pronuncia sulla sussistenza e la misura delle ragioni creditorie, ma che attiene alla quantificazione stessa del trattamento pensionistico nei valori monetari idonei a salvaguardarne il potere d'acquisto originariamente acquisito al momento della maturazione. 5. L'aver dato soluzione al problema della dvalutazione automatica dei crediti di pensione ordinaria, normale e di privilegio, mediante la estensione ad essi del diritto vivente ,. che ammette detta rivalutazione per i crediti di lavoro dei dipendenti pubblici, fornisce altresl il criterio per risolvere l'analogo problema relativamente alle altre categorie di pensione di cui alle ordinanze di rimessione a queste Sezioni Riunite. Deve escludersi che possa trovare applicazione il ricordato diritto vivente ove non sussista il presupposto di una intima connessione del. credito con una attivit lavorativa a favore dello Stato o di un ente pub~ blico non economico. l1 questa la situazione in cui versano le pensioni di guerra e, nell'ambito delle pensioni privilegiate ordinarie, quelle, definite tabellari, che spettano ai militari di leva per infermit dipendenti da causa di servizio. Entrambe queste categorie di pensione, del tutto estranee ad un rapporto di lavoro con lo Stato, traggono fondamento dal principio di riconoscimento e solidariet nei confronti di coloro che abbiano subito una menomazione fisica o la perdita di un congiunto per causa della guerra o per aver adempiuto al dovere dello svolgimento del servizio militare. Il rilievo che dette pensioni possano svolgere una funzione alimentare, nel senso di assicurare i mezzi di sostentamento di cui il soggetto, per effetto delle menomazioni subite o della perdita del congiunto, potrebbe altrimenti rimanere privo, non costituisce, ad avviso del Collegio, ele 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento sufficiente per ritenere ad esse applicabile il principio dell'automatismo rivalutativo. Secondo il diritto vivente sopra ricordato, infatti, la forza espan siva del principio dell'automatismo pu essere riconosciuta solo in rapporto a tutte le situazioni creditorie che partecipino della natura di col legamento con una attivit di lavoro, in funzione della quale, appunto, esso era stato originariamente reso esplicito nell'ordinamento dalla I. 533/73. Mancando tale elemento di raccordo, tutti gli altri crediti, ancorch denominati di pensione ed ancorch svolgenti funzione di sqstentamento, non possono che rimanere soggetti alla disciplina generale connessa alla loro natura. E la natura delle pensioni di guerra e delle pensioni militari tabellari non pu che essere quella di obbligazioni' di valuta, dovendosi riconoscere ad esse carattere di indennizzo per attivit legittima e non carattere propriamente risarcitorio, dal momento che tale ultima definizione (cui pure la giurisprudenza costituzionale fa ricorso} ha valore solo se usata in contrapposizione agli ordinari crediti pensionistici, definiti remunatori nel senso avanti precisato, ma priva degli indispensabili presupposti dell'antigiuridicit del comportamento del debitore e dell'integralit del ristoro del danno subito. La disciplina della rivalutazione monetaria applicabile a tali generiche obbligazioni pecuniarie dello Stato, non rientranti n assimilabili ai crediti connessi ad attivit lavorativa, non pu quindi essere quella, eccezionale e derogatoria, di cui all'art. 429 c.p.c. novellato ed al conseguente diritto vivente, ma la disciplina generale di cui all'art. 1224 2 comma c;c., di nuovo interpretata in senso r.igoroso dalla pi recente giurisprudenza della Cassazione (Sez. Un. 5 aprile 1986, n. 2368). In base a tale disciplina generale il problema della svalutazione monetaria per i crediti di pensione di guerra e di pensione privilegiata militare tabellare rimane un problema di prova del maggior danno che, comportando la cognizione di ulteriori elementi rispetto al mero rapporto fondamentale, deve ritenersi non rientrare nell'ambito della giurisdizione di questa Corte. 6. Passando a trattare la seconda questione oggetto di contrasto di giurisprudenza, relativa agli interessi sui crediti di pensione (nel senso della giurisdizione per effetto della riconosciuta natura di interessi corrispettivi e non moratori, v. Sez. III pens. civ. n. 46001/80 e idem n. 58762/ 86; nel senso dell'esclusione della giurisdizione, sostenendosi il difetto di liquidit ed esigibilit sino alla definitiva pronuncia giudiziale e quindi la natura di interessi moratori, v. Sez. Sard. n. 126/84), ritiene il Collegio doversi innanzitutto rammentare lo stato della giurisprudenza sul problema degli interessi sui crediti di lavoro pubblico, alla quale, per le I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ragioni svolte in precedenza, non pu non riconoscersi un analogo valore di diritto vivente. Nella giurisprudenza del consiglio di Stato si affermato un indirizzo, che appare attualmente consolidato, secondo cui appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione in ordine agli interessi sui crediti di retribuzione dei pubbl!ici dipendenti, sia che abbiano natura di interessi corrispettivi sia che debbano qualificarsi moratori, non essendo necessaria, anche in rapporto a questi ultimi, alcuna indagine giudiziale n sul danno n sulla colpa del debitore (Ad. Plen. 7 aprile 1981, n. 2; Sez. IV 17 novembre 1983, n. 825; Sez. 13 ottobre 1984, n. 615; Sez. VI 7 luglio 1986, n. 494). In particolare, la sentenza Ad. Plen. n. 2/81 che ha dato origine a detto indirizzo, ha precisato che, ai fini del requisito della liquidit del credito, presupposto della producibilit di interessi di pieno diritto senza domanda del creditore ai sensi dell'art. 1282 e.e., deve negarsi rilievo alla contestazione da parte del debitore (presunta causa di incertezza e quindi di illiquidit), dovendosi escludere che spetti al debitore il potere di determinare il .regime del credito; che l'esigibilit dei crediti verso la P.A. non subordinata all'esaurimento delle procedure contabili (art. 270 ss. R.D. 23 maggio 1924, n. 827); che anche per i crediti da retribuzione non liquidi n esigibiH anteriormente alla domanda dell'interessato, in quanto privi di .termine di scadenza, i rnlativi interessi, pur qualificabili moratori, appartengono alla cognizione del giudice amministrativo non richiedendo valutazioni diverse da quelle che presiedono all'attribuzione degli interessi corrispettivi. La giurisprudenza della Cassazione (cfr., per tutte, Sez. Un. 12 ottobre 1982, n. 5225; idem 3 novembre 1982, n. 5750) appare invece ferma nella distinzione tra interessi corrispettivi e moratori ed afferma rientrare solo i primi, cui viene riconosciuto il carattere di effetto automatico dell'obbligazione, nella giurisdizione del giudice amministrativo mentre per i secondi, quale oggetto di un diritto conseguenziale, pur nella consapevolezza della comunanza di presupposto (ritardo) e funzione (ristorare il creditore dell'attesa della soddisfazione delle sue ragioni), viene ribadita la regola della competenza del giudice ordinario. Il problema, per gli interessi sui crediti di pensione, non sembra porsi in termini diversi. Anche in relazione a questi si tratta di stabilire la na tura degli interessi sotto il profilo, soprattutto, dell'esistenza dei requi siti di liquidit ed esigibilit che rendono il credito produttivo di interessi di pieno diritto. Al riguardo va innanzitutto tenuto conto che, come ormai tutta la giurisprudenza mostra di ritenere e come ha sostenuto lo stesso P. G. in udienza, gli adempimenti contabili di ordinazione della spesa rimangono del tutto estranei alla. configurazione dei requisiti in esame. RASSEGNA DBIL'AVVOCATURA Dm.LO STATO 94 Esclusa la rilevanza dei procedimenti di ordinazione delle spese ritiene per il Collegio che, per i crediti di pensione, la liquidit e la esigibilit non possa venire individuata nella data di scadenza dei singoli ratei. :S, infatti, necessario considerare (v. Sez. Riun. 4 dicembre 1981, n. 53/C) che l'istituto pensionistico configurabile come una situazione giuridica complessa nella quale la realizzazione del diritto subordinata alla ema nazione di un provvedimento amministrativo da tenersi distinto dai procedimenti meramente contabili riguardanti l'emissione del titolo di spesa (artt. 278., 356 r.d. 23 maggio 1924, n. 827). Ai fini che in questa sede interessano del tutto inutile stabilire s~ la natura di tale provvedimento sia dichiarativa o costitutiva: ci che rileva soltanto il suo carattere di necessariet e di ineliminabilit da cui deriva che, prima della sua emanazione, non possa parlarsi di liquidit ed esigibilit. Si tratta dunque di una situazione che, richiedendo un decreto di liquidazione '" differenzia il credito di pensione da quello di retribuzione, per il quale, secondo la surricordata giurisprudenza, i requisiti di liquidit ed esigibilit vengono fatti derivare, in pieno automatismo, dalle tabelle stipendiali, da una parte, e dalla semplice scadenza dei singoli ratei, in riferimento ai periodi di effettiva prestazione di attivit lavorativa, dall'altra. Per quanto concerne le pensioni -sia ordinarie che di guerra, analogo essendo il relativo :procedimento -la liquidit e la esigibilit deb~ bono ritenersi requisiti connessi alla conclusione della fase amministra! iva di liquidazione mediante l'emissione del relativo provvedimento e riferirsi, quindi, esclusivamente ai singoli ratei venuti a scadenza successivamente alla data del provvedimento stesso, senza possibilit di retroda tazione degli interessi al momento di tnsorgenza del diritto. N potrebbe valere, in contrario, l'osservazione che il provvedimento di cui trattasi si presenta, proprio nei casi che vengono alla cognizione giudiziale, come provvedimento negativo, come provvedimento cio di non riconoscimento e quindi di non liquidazione del diritto o di parte del diritto richiesto. Una prima osservazione che il provvedimento che non riconosca il diritto al trattamento pensionistico o che ne liquidi l'ammontare in misura inferiore a quella pretesa dall'interessato, va configurato come manifestazione di volont del debitore contraria all'adempimento, che determina la mora ex re dell'Amministrazione (art. 1219, cpv. n. 2 e.e.) e quindi la produzione di diritto degli interessi senza necessit di domanda dd parte del creditore. A ci deve aggiungersi che quegli stessi principi di tutela del creditore, introdotti dalla giurisprudenza al fine di non far dipendere il regime degli interessi dalla volont dello stesso debitore -cio la semplice ! . ' PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE liquidabilit in base ad operazioni aritmetiche e la esigibilit svincolata dalla procedura di ordinazione contabile della spesa -se sono impediti dalla pendenza della prodromica e necessaria fase amministrativa, non possono non trovare applicazione a partire dal momento in cui detta fase si sia comunque conolusa. Pertanto, confondendosi nell'ipotesi di provvedimento negativo sulla pensione i momenti della produzione di interessi per effetto della mora ex re e per effetto della sopravvenienza dei requisiti di esigibilit e liquidit e quindi risultando evidente, in relazione a ciascuna delle suddette situazioni, il prodursi di interessi di pieno diritto senza necessit di alcuna istanza e di alcuna attivit processuale da parte del creditore, ritiene il Collegi che si versi in quella condizione di effetto automatico dell'obbligazione e di immanenza nel credito che costituisce, per la citata giurisprudenza, la causa giustificativa dell'attribuzione della relativa questione al giudice amministrativo. Del tutto estraneo a siffatta configurazione rimane, allora, il solo profilo di una domanda fondata su un colposo ritardo nell'emissione del provvedimento pensionistico e delle conseguenze, sul piano degli interessi, di una eventuale intimazione alla P.A. a provvedere (cfr. Cass. Sez. Un. numero 5750/82 cit.). Discende, infatti, da quanto in precedenza precisato che in tale ipotesi si completamente al di fuori di una pronuncia circoscritta al rapporto pensionistico e che si versa, invece, nell'ambito di pretese fondate su un titolo specificamente risarcitorio, che non rientrano nella giurisdizione esclusiva di questa Crte. Deve conclusivamente .ritenersi che i singoli ratei di pensione, sia ordinaria che di guerra, producano interessi di diritto dalle relative scadenze a far data dal provvedimento amministrativo pensionistico e che la relativa cognizione appartenga alla giurisdizione di questa Corte dei conti. 7. Per completezza necessario precisare che il principio della immedesimazione della questione di rivalutazione e di interessi con il credito pensionistico, del quale non implicano un incremento ulteriore, ma un semplice meccanismo di conservazione del valore economico dei ratei riferito al momento della loro maturazione -fondamento della affermata giurisdizione della Corte dei conti in materia (nei limiti indicati) -esclude che la domanda di rivalutazione e di interessi possa proporsi avanti a questo giudice in via autonoma rispetto alla domanda concernente il credito principate ovvero successivamente ad una decisione che si sia gi pronunciata sull'esistenza e la misura del trattamento di pensione. Nel primo caso, invero, mancando ogni pretesa o contestazione in ordine al credito di pensione, la autonoma domanda di rivalutazione e di interessi non potrebbe pi considerarsi come questione intimamente con nessa con la determinazione del vailore del credito, fondata cio sul me RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO desimo titolo pensionistico che giustifica la giurisdizione di questa Corte, ma come domanda fondata sull'ordinario diritto di credito originato dal mancato godimento della somma di cui si aveva diritto al momento previsto per il suo pagamento, come tale di competenza della A.G.O. (v. Cass. Sez. Un. 7 maggio 1981, n. 2950 cit.). Nel secondo caso, all'impedimento di cui sopra deve aggiungersi la preclusione derivante dal precedente giudicato sul diritto a pensione che copre il dedotto ed il deducibile (cfr. Cons. St. Sez. VI 7 luglio 1986 n. 494). III (omissis) In ordine alla domanda di interessi formulata all'odierna pubblica udienza, la Sezione ritiene necessario accertare, preliminarmente, l'esistenza della propria giurisdizione in merifo alla stessa. A tale filne, occorre considerare che, a norma dell'art. 1 del T.U. approvato con il D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, la pensione, assegno o indennit di guerra costituiscono atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidariet da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano _subito menomazioni della integrit fisica o perdita di un congiunto, per cui il fondamento giuridico del diritto viene individuato nell'obbligo che incombe allo Stato, di indennizzare coloro che, nell'interesse della collettivit nazionale, hanno subito un danno di carattere fisico. L'ordinamento, in tali casi, riconosce al soggetto danneggiato il diritto ad un indennizzo e non al risarcimento del danno in senso civilistico, in quanto il fatto causativo non pu qualificarsi illecito. Escluso, quindi, che si tratti di danno risarcibile causato da fatto illecito, ne consegue che gli interessi eventualmente dovuti non rientrano nell'oggetto dell'obbligazione. ~ noto, infatti, che gli interessi .costituiscono una componente del danno risarctbile quando questo causato da fatto illecito e d luogo a responsabilit civile, per cui non hanno alcuna autonomia per ci che riguarda la fonte e debbono essere riconosciuti anche di ufficio, dovendosi ritenere implicita la relativa richiesta nella domanda di integrale risarcimento del danno (Cass. Civ. 16 ottobre 1974, n. 2884; 12 ottobre 1979, n. 5333; 13 febbraio 1982, n. 894; 30 luglio 1983, n. 5242). Fuori dall'ipotesi di interessi su somma dovuta a titolo di risarcimento, opera l'autonomia dell'obbligazione di interessi, rispetto all'obbligazione principale, in quanto il vincolo di accessoriet esiste solo nel momento genetico, nel senso, cio, che non pu sorgere debito di interessi, se non preesiste debito di capitale, ma, una volta sorta, l'obbligazione ne rimane autonoma (Cass. Civ. 6 maggio 1965, n. 830; 2 ottobre 1980, n. 5343; 30 luglio 1983, n. 5242). PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Del pari deve escludersi che la pensione di guerra sia un'obbligazione pecuniaria assimilabile ai crediti connessi ad attivit lavorativa a favore dello Stato, essendo essa del tutto estranea ad un rapporto di lavoro con lo Stato, come hanno evidenziato le Sezioni Riunite nella decisione n. 225/ A del 5 novembre 1986, per cui non trova possibilit di applicazione il principio della tutelabilit della prestazione lavorativa in presenza di oggettivi fattori esterni, idonei ad alterare l'originario equilibrio tra detta prestazione e la controprestazione remunerativa. Conseguentemente, non pu farsi ricorso al meccanismo della corretta aestimatio , tesa a stabilire l'intrinseco valore economico del credito, e come tale non implicante la necessit di una esplicita domanda da parte del creditore. Rivolgendo, quindi, l'indagine agli interessi connessi alle obbligazioni pecuniarie dello Stato, necessario premettere che siano essi moratori, corrispettivi o compensativi, avendo un fondamento autonomo rispetto a quello dell'obbligazione principale e non rientrando le pensioni di guerra nelle fattispecie di danno risarcibile causato da fatto illecito o di credito di lavoro, possono essere attribuiti solo su espressa domanda che ne indichi la fonte e la misura (Cass. Civ. 30 luglio 1983, n. 5242; 13 febbraio 1982, n. 894; 12 ottobre 1979, n. 5333). Ci premesso, deve ritenersi escluso, per evidenti motivi concettuali, che sui crediti di pensione di guerra possano essere riconosciuti interessi cosiddetti compensativi, tipici dei contratti di scambio, per i quali si prescinde dalla mora del debitore e dalla scadenza del debito, in quanto decorrono sul prezzo, anche se non ancora esigibile, della cosa produttiva di frutti, venduta e cQIJ.Segnata al compratore (art. 1499 e.e.). Resta, quindi, da stabilire, tenuta presente la natura di obbligazione di valuta riconosciuta alla pensione di guerra nella citata decisione delle Sezioni Riunite numero 525/A, se trattasi di interessi corrispettivi oppure di interessi moratori. Al riguardo, l'art. 1282 del e.e. per il prodursi dei priini (corrispet tivi), dovuti di pieno diritto sulla base della naturale fecondit del de naro, senza bisogno di domanda o di costituzione in mora, presuppone l'esistenza di crediti liquidi ed esigibili, mentre i secondi (moratori) decorrono dal giorno della mora colpevole ed indipendentemente dalla liquidit ed esigibilit del credito, avendo il legislatore tenuto conto, nell'art. 1224, comma primo, del e.e., soprattutto del profilo del danno subito dal creditore per effetto del ritardo nell'adempimento, in base all'id quod plerumque accidit. Gli uni e gli altri, inoltre, non sono cumulabili, in quanto dalla data della mora gli interessi moratori succedono a quelli corrispettivi. Ci posto, occorre considerare che, come evidenziato dalle Sezioni Riunite nella decisione n. 53/C del 4 dicembre 1981, e ribadito nella richia / 98 RASSEGNA DBU.'AVVOCATURA DBU.O STATO mata pronuncia del 5 novembre 1986, l'istituto pensionistico configurabile come' una situazione giuridica complessa nella quale la realizzazione del diritto risulta necessariamente subordinata alla emanazione di un provvedimento amministrativo... (omissis) da cui deriva la giuridica impossibilit di una diretta ed immediata realizzabilit e tutelabilit del diritto a pensione di guerra per il solo verificarsi dei fatti che ne costituiscono il fondamento . Ne consegue che, fino a quando non sia stato emanato il provvedimento amministratiyo conclusivo del procedimento instauratosi con la presentazione dell'istanza di pensione, non possono ritenersi sussistere la liquidit ed esigibilit del credito e, quindi, non possono prodursi interessi corrispettivi ex art. 1282 del e.e. Intervenuto il provvedimento cosiddetto di liquidazione, che riconosce il diritto al trattamento privilegiato di guerra, ove non ne segua o ritardi l'emissione del titolo di spesa per il pagamento di quanto riconosciuto, cominciano a decorrere gli interessi corrispettivi. Nell'ipotesi, invece, che il provvedimento emanato sia negativo e, quiri:di, non riconosca il diritto a pensione, trova applicazione l'art. 1219, comma secondo, n. 2 del e.e., da cui consegue non solo che sia superfluo mettere in mora il debitore, ma anche la certezza della definitivit dell'inadempimento dell'obbLigazione, nonch la produzione di interessi legali dal giorno della mora, ex articolo 1224, primo comma del e.e. Dalle considerazioni che precedono si evince che, in seguito al decreto negativo, in materia di pensioni di guerra gli interessi che possono maturare ove venga accolto il ricorso sono quelli moratori, che trovano la loro causa immediata nel ritardo colpevole nell'adempimento della prestazione. Al riguardo, utili indicazioni si desumono da quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 410 del 17 gennaio 1981, in merito all'indennit di espropriazione per pubblica utilit, rientrando anche quest'uitima, come la pensione di guerra, tra le fattispecie di responsabilit per atti legittimi. In essa si afferma che l'obbligo di corrispondere l'in~ennit di espropriazione costituisce debito di valuta, insuscettibile, come tale, di rivalutazione monetaria in mancanza della prova del maggior danno postulata dall'art. 1224 e.e. e per i1 quale gli interessi moratori competono limitatamente alla parte determinata in esito al giudizio di opposizione alla stima, poich, per la parte residua (gi liquidata) decorrono gli interessi corrispettivi sin dalla data del relativo versamento alla Cassa DD.PP. La distinzione operata dalla Corte di Cassazione la conseguenza logica della diversit della causa genetica degli interessi corrispettivi rispetto a quelli moratori, la quale trova riscontro, altres, nella necessit PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE della specificazione della richiesta della parte, ai fini sia dell'accerta mento della giurisdizione del ~udice adito, sia dell'eventuale vizio di extrapetiziol;le (Cass. Civ. 23 dicembre 1972, n. 3668). Conseguentemente, non pu ritenersi che, intervenuto l'accoglimento del ricorso, operino contemporaneamente certezza e liquidit del cre dito e mora ex re, per cui si versi nella condizione di effetto automa tico dell'obbligazione e di immanenza nel credito degli interessi, in quanto, come hanno evidenziato le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 5750 del 3 novembre 1982, esiste fra le due categorie di interessi una differenza di discipline tale da riservare soltanto a quelli corrispettivi il carattere di effetto automatico dell'obbligazione. da ritenersi, invece, che, configurando il provvedimento negativo, cos come evidenziato dalle Sezioni Riunite nella decisione numero 525/A, quale manifestazione di volont del debitore contraria all'adempimento, che determina la mora ex re dell'Amministrazione, gli interessi che si producono sono quelli moratori previsti dall'art. 1224, primo comma, del e.e., in ordine ai quali ogni decisione compete al giudice ordinario, in quanto esulano dal rapporto pensionistico di guerra. Al riguardo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella richia mata sentenza numero 5750, hanno ribadito che vanno devolute alla co gnizione dell'a.g.o. le domande dirette a conseguire un risarcimento, per il danno da ritardo, cominisurato in modo diverso dalla rivalutazione automatica di cui all'art. 150 disp. att. C.p.c. o altro analogo, nonch quelle per gli interessi moratori. E la Corte Costituzionale, nella sen tenza n. 55 del 18-24 marzo 1986, nel ritenere non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 429, comma 3, C.p.c., in quanto ne venga esclusa l'applicabilit ai crediti derivanti da rapporti di lavoro con enti pubblici non economici, ha considerato rilevante ai fini del decidere proprio l'indirizzo giurisprudenziale che attribuisce alla giuri sdizione del giudice amministrativo la liquiidazione della maggiore somma dovuta a titolo di rivalutazione e ne esclude le controversie sugli interessi moratori o sul maggior danno conseguente a comportamenti colposi o dolosi dell'Amministrazione, essendo da qualificarsi questioni conseguen ziali rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario. Nella stessa ottica, l'Ad. plen. del Consiglio di Stato, nella decisione numero 13 del 15 aprile 1985, ha ritenuto non precluso al giudice amministrativo liquidare d'ufficio, anche in grado di appello, le somme vantate dal pubblico dipendente per interessi e svalutazione monetaria del credito di lavoro non soddisfatto tempestivamente dalla pubblica ammi nistrazione, in quanto i parametri di riferimento normativi che assumono rilevanza non sono quelli connessi alla imputabilit del danno ingiusto causato dal ritardo nell'adempimento dell'obbligazione p~cuniaria, nei sensi indicati dall'art. 1224 e.e., bens quelli, di tutt'altra natura, RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 100 afferenti all'allargamento dell'area di tutelabilit della prestazione lavorativa in presenza di oggettivi fattoti esterni, idonei ad alterare l'originario equilibrio contrattuale tra detta prestazione e la controprestazione remunerativa , Che l'accertamento delle conseguenze dovute al ritardo nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie esuli dalla giurisdizione del giudice amministrativo stato ancora ribadito dall'Ad. plen. del Consiglio di Stato nella decisione n. 14 del 16 aprile 1985 in tema di riliquidazione dell'equo indennizzo, il quale, com' noto, costituisce fattispecie assimilabile, per alcuni aspetti, all'indennizzo dovuto per causa di servizio di guerra. Se a quanto sopra esposto si aggiunge la considerazione che nella disciplina della pensionistica di guerra non esiste alcuna norma che abiliti la Corte dei Conti, in analogia a quanto previsto dall'art. 26, comma terzo, della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, a condannare l'Amministrzione al pagamento delle somme di cui sia debitrice, ne risulta un quadro logico-giuridico nel quale da escludersi la possibilit di attribuire alla giurisdizione del giudice speciale per le pensioni di guerra le domande dirette a conseguire gli interessi moratori. L'accertato difetto di giurisdizione, gi individuato anche dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Sardegna nella decisione n. 22/g del 1 giugno 1983, esonera dall'ulteriore indagine, connessa al fondamento autonomo dell'obbligazione di interessi rispetto a quello dell'obbligazione principale ed alla conseguente necessit della proposizione in giudizio di domanda autonoma, nel rispetto di quanto disposto dagli articoli 183 e 184 del c.p.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 marzo 1988, n. 2259 -Pres. Granata Est. Onnis -P. M. Caristo (conf.) Gestione comm. ferrovie compl. Sardegna (avv. Stato Stipo) c. Carta (avv. Fulgheri). Trasporti -Trasporti in concessione -Controversia promossa da dipendente di societ concessionaria successivamente alla dichiarazione di decadenza dalla concessione e assunzione del servizio in gestione commissariale governativa ma prima della pronuncia di annullamento del provvedimento di de,eadenza -Giurisdizione amministrativa. Appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la pretesa fondata su un rapporto di lavoro subordinato, che, seppure in origine di natura privatistica siccome istituito con una societ privata concessionaria di un pubblico servizio ferroviario, sia divenuto, al momento della proposizione della domanda, di carattere pubblicistico a PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 101 seguito della decadenza della concessione e dell'assunzione del servizio da parte della Gestione Commissariale Governativa; non ha rilevanza i[, fatto che nel corso di causa il provvedimento di decadenza sia stato annullato in sede giurisdizionale, poich in virt del principio sancito dall'art. 5 cod. proc. civ., la giurisdizione si determina con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. (omissis) Con il primo motivo del ricorso la Gestione Commissariale Governativa delle Ferrovie Complementari della Sardegna sostiene che l'emolumento di lire 30.000 mensili, previsto dall'accordo nazionale 21 maggio 1981, era stato escluso ad opera delle parti contraenti dalla base di calcolo del lavoro straordinario. Col secondo motivo la ricorrente assume che la retribuzione fissa mensile dev'essere divisa per trenta, e non per ventisei, al fine della determinazione della retribuzione giornaliera. Con il terzo motivo deduce che il premio di anzianit doveva ritenersi riassorbito nei miglioramenti disposti dalla legge n. 30 del 1978, e lamenta che il Tribunale abbia dichiarato inammissibile l'appello incidentale sul punto, pur riconoscendo nella motivazione l'erroneit di tale pronunzia. Ci premesso, devesi pregiudizialmente rilevare che la controversia esula dalla giurisdizione del giudice ordinario e spetta invece alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il difetto di giurisdizione pu essere, invero, rilevato in ogni stato e grado del giudizio anche d'ufficio, salvo che sul punto non si sia formato un giudicato esplicito e implicito (ipotesi questa che non ricorre nel caso in esame). La pretesa del Carta trae titolo da un rapporto di lavoro subordinato che, seppure in origine di natura privatistica, siccome istituito con una societ privata concessionaria di un pubblico servizio ferroviario, era ormai gi divenuto, al momento della proposizione della domanda, di carattere pubblicistico, a seguito della decadenza della concessione e dell'assunzione del servizio da parte della Gestione Commissariale Governativa, la quale riferibile direttamente allo Stato. Con riguardo proprio alle Ferrovie Complementari della Sardegna queste Sezioni Unite, in analoga controversia (sentenza 29 luglio 1987 n. 6558), hanno dichiarato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, dando atto che la gestione delle dette ferrovie, con decreto numero 2554/1/2 del 14 dicembre 1971 del Ministro dei trasporti, stata affidata ad un Commissario governativo e che, con successivo decreto del 29 gennaio 1972 n. 00767, stata dichiarata la decadenza della concessione nei confronti della societ concessionaria. 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le stesse Sezioni Unite con la citata sentenza hanno peraltro escluso la rilevanza del fatto che nel corso di causa il provvedimento di decadenza sia stato annullato con sentenza del Consiglio di Stato del 29 febbraio 1984 n. 70, sul rilievo che, in virt del principio sancito dallo articolo. 5 c.p.c., la giurisdizione si determina con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Alla stregua di tale propria precedente statuizione, conforme peraltro alla giurisprudenza della stessa Corte in materia (cfr.: Cass. S.U. 5 settembre 1986 n. 5428 e 5429), devesi in conclusione dichiarare la giurisdi zione esclusiva del giudice amministrativo, con la conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 giugno 1988, n. 4120 -Pres. Brancaccio -Rel. Cantillo -P. M. Caristo -Marotta e altri (avv. De Blasi) c. Ministero Finanze (avv. Stato Palatiello). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Ingiunzione Controversia sulla esistenza del potere di accertamento -Cognizione esclusiva delle Commissioni tributarie. Nel vigente sistema contenzioso tributario appartengono in via esclusiva alla giurisdizione delle commissioni tributarie le controversie r~lative ai tributi elencati nell'art. 1 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, com prese tutte le questioni attinenti alla esistenza e all'entit dell'obbligazione tributaria, senza che abbia rilievo a tali fini la distinzione tra atti emessi dall'Amministrazione in carenza di potere ed atti costituenti illegittimo esercizio del potere. (1) 1. -Con il primo motivo di ricorso, denunziando la violazione delle norme sul riparto della giurisdizione -tra i giudici ordinari e le commissioni tributarie (art. 1 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in relazione agli artt. 1 e 9 c.p.c. e 3 T.V. 15 aprile 1910 n. 639), i ricorrenti sostengono che erroneamente la Corte di appello ha negato la giurisdizione del giudice ordinario, senza considerare che nella specie era stato contestato in radice il potere dell'Amministrazione di emettere l'ingiunzione e di agire in executivis, sicch l'atto soggetto della tassazione, erroneamente qualifi (1) Giurisprudenza costante. Cfr., tra le pronunce indicate in motivazione. Cass. Sez. Un. 24 febbraio 1987 n. 1948, in Foro lt. 1988, I, 1426, con nota di precedenti e nota di commento di G. ALBENZO. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE cato scioglimento di comunione, non poteva legittimare l'aumento di valore e perci mancavano i presupposti della pretesa tributaria. La censura destituita di fondamento. Nel sistema del vigente contenzioso tributario appartengono alla giurisdizione delle commissioni tributarie le controversie relative ai tributi elencati nell'art. 1 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, tra i quali l'imposta di registro; e tale giurisdizione esclusiva, comprendendo tutte le questioni attinenti all'esistenza e all'entit dell'obbligazione tributaria, senza che abbia rilievo a questi fini la distinzione tra atti emessi dall'Amministrazione in carenza di potere ed atti costituenti illegittimo esercizio del potere. Al riguardo, questa Corte ha pi volte precisato che la tutela giuridizionale dei diritti del contribuente si svolge attraverso l'impugnazione di specifici atti dell'Amministrazione, di accertamento, di imposizione o di rifiuto di rimborso di somme riscosse, elencati nell'art. 16 della legge sud detta, con esclusione di ogni azione di accertamento negativo del debito d'imposta sia innanzi alle commissioni tributarie sia innanzi al giudice or dinario, dovendosi ritenere abrogate le preesistenti disposizioni (compreso l'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) che consentivano tale ultima azione (v. sent. n. 942 del 1977, n. 6262 del 1980, n. 2118 del 1981 e, da ultimo, n. 1948 del 1987). Ne11a specie, la domanda del contribuente era diretta a contestare la legittimit dell'ingiunzione emessa dell'Ufficio del Registro di Caserta in relazione alla qualificazione di un atto di trasferimento diversa da quella enunciata al momento della registrazione. E si era in presenza, quindi, di una tipica controversia di imposta, originata da un atto di imposizione compreso tra quelli elencati nell'art. 16 del D.P.R. n. 636 del 1972 (modif. dal D.P.R. n. 739 del 1981), cio l'ingiunzione, contro la quale il contribuente doveva proporre impugnazione innanzi alla competente commissione tributaria di primo grad(). 2. -Manifestamente infondato anche il secondo motivo, con cui i ricorrenti si dolgono di essere stati condannati al pagamento delle spese del giudizio. La statuizione, infatti, corollario del criterio della soccombenza, essendo principio pacifico che, agli effetti del regolamento delle spese processuali, la soccombenza pu essere determinata non solo da ragioni di merito, ma anche da ragioni di ordine processuale, posto che l'art. 91 c.p.c., non richiede, per la statuizione sulle spese, una decisione che atten ga al merito, bens una pronuncia che chiuda il processo davanti al giudice adito, come quella di difetto di giurisdizione (v. fra altre, sent. numero 1124 del 1986 e n. 1802 del 1981). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 104 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 giugno 1988, n. 4130 ,-Pres. Branccaccio -Est. Sensale -Prefettura di Potenza (avv. Stato Polizzi) c. S.p.A. Bitum Beton (avv. Angelucci Apostolico). Procedimento civile -Confisca -Opposizione ad ordinanza Ingiunzione Termini -Requisiti -Decadenza. (Artt. 20, 21, 22, 23 I. 689/81; artt. 34 e 38 disp. att. c.p.c.; art. 1 I. 7 febbraio 1979, n. 59). Considerata la perentoriet del termine previsto dall'art. 22, primo comma, legge 689/81 (trenta giorni dalla notifica del provvedimento), se il cancelliere rifiuta di ricevere l'atto d'opposizione perch non corredato dai depositi prescritti dal combinato disposto degli artt. 38 disp. att. cod. proc. civile e dell'art. 1 legge 7 febbraio 1979 n. 59, la parte decade dal diritto di proporre opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione. (1) (omissis) 2. Le argomentazioni, in base alle quali il Pretore di Potenza ha ritenuto tempestivamente proposta l'opposizione mediante un atto rifiutato dal cancelliere (che, quindi, non ne ha attestato l'avvenuto deposito) perch non corredato dai concorrenti adempimenti prescritti dalle norme processuali, non trovano alcun riscontro nel vigente ordinamento. Che le ipotesi d'inammissibilit dell'opposizione siano soltanto quelle previste dagli artt. i2 e 23 della 1. 689/81 affermazione esatta, se con essa si vuol dire che non vi pu essere decadenza se non per l'inosservanza di un termine perentorio stabilito dalla legge; ma evidente che, quando l'art. 22, 1 comma, dispone che l'opposizione deve proporsi entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento e l'art. 23, 1 comma, stabilisce che, se il ricorso proposto oltre quel termine il pretore ne dichiara l'inammissibilit, la legge attribuisce al termine stesso carattere perentorio e dalla inosservanza di esso fa discendere l'effetto della decadenza. Che, poi, ad impedire quest'effetto basti una volont in qualsiasi modo manifestata -come afferma il Pretore - principio che contrasta con la perentoriet del termine e con la decadenza che, dalla inosservanza di esso, deriva. Queste esigono, infatti, che il comportamento imposto alla parte al fine di evitare conseguenze ad essa sfavorevoli sia precisamente individuato e sia compiutamente tenuto secondo le modalit prescritte dalla 1egge. Trattasi di un onere dalla cui (1) Non si rnvvisano precedenti in termini. Sulla portata dell'applicazione della legge 59/1979, cui fa riferimento la sentenza che si annota, cfr.: R. POGGESCHI, lscri:zfone della causa a ruolo, in Novissimo Digesto, Appendice IV, Utet, Torino, 1983, 440; Servizi di cancelleria in materia di spese processuali civili (circolare Ministero Giustizia 1 marzo 1979 n. 4/602/63), in Fisco 1980, 61; Commentario a cura di Punzo e con la collaborazione di D'Alessio A., Massa E., Papi M., e Sandulli P., in Nuove Leggi civili, 1980, 131. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 105 osservanza o inosservanza non possono che derivare conseguenze certe e che, traducendosi in uno strumento, imposto dall'ordinamento, idoneo ad impedire conseguenze sfavorevoli per la parte soltanto se compiutamente realizzato, non suscettibile d'interventi sostitutivi o integrativi da parte dell'ordinamento e, meno ancora, da parte del giudice, volto, com' a garantire -oltre ad esigenze di certezza di carattere generale -da un lato la facolt del soggetto attivo di osservare, oppur no, l'onere (essendo a suo solo carico_ le conseguenze della inosservanza), dall'altro la tutela del soggetto passivo di fronte all'altrui esercizio, in senso positivo, di quella facolt. 3. Si tratta, quindi, di stabilire se, in base alle norme processuali generali, non derogate dalla I. 689/81, la. spedizione dell'atto di opposizione alla cancelleria della pretura, senza che siano adempiute le concorrenti modalit prescritte dalla legge e senza che dell'atto stesso sia attestato il deposito da parte del cancelliere, realizzi la fattispecie legale che consente di ritenere proposto il ricorso e impedita, in tal modo, la decadenza. La risposta non pu non essere negativa. L'art. 22 1. 689/81 s,tabilisce che l'opposizione si propone davanti al pretore ed ovvio che tale proposizione non si sottrae alla regola generale del deposito dell'atto in cancelleria, che, a norma dell'art. 57 c.p.c., dev'essere attestato, a tutti gli effetti, dal cancelliere, responsabile se ricusa, senza giustificato motivo, di compiere gli atti che gli sono legalmente richiesti (art. 60 n. 1 c.p.c.). L'art. 38 disp. att. c.p.c. fa obbligo alla parte, che deposita in cancelleria il ricorso, non solo di provvedere ai depositi specificament~ previsti dalla legge, ma anche di consegnare al cancelliere la carta bollata per lo svolgimento del procedimento e una somma per le spese di cancelleria. E l'art. 1 della I. 7 febbraio 1979 n. 59 (recante modificazioni ai servizi di cancelleria di spese processuali civili) non esonera da tali adempimenti la parte che deposita il ricorso, prescrivendo a suo carico il pagamento dell'imposta di bollo, nella misura e con le modalit stabilite in apposita tariffa, e delle spese di canceHeria mediante l'applicazione di marche o il versamento del relativo importo sul conto corrente postale intestato all'ufficio del registro di Roma. Il 2 comma dell'art. 38, poi, fa obbligo al cancelliere di rifiutare di ricevere gli atti che non sono accompagnati dai depositi suddetti ed analoga disposizione si rinviene nell'art. l, 5 comma, della I. 59/79, a norma del quale il cancelHere rifiuta di ricevere gli atti, se le marche o le ricevute dei versarrnenti sui conti correnti postali mancano o sono d'importo inferiore a quello stabilito . Se il disposto dell'atto in cancelleria necessario affinch l'opposizione possa ritenersi proposta, il rifiuto del cancelliere che riceve l'atto, perch non corredato dei depositi prescritti dalle norme citate, impedi raxr11111r11r11t11111111111111.1111ra1=181Jr111111111t1111 106 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sce il deposito e, quindi, la proposizione dell'opposizione; e, se il termine entro il quale questa deve avvenire perentorio, e per ci non pu essere n prorogato n riaperto, il rifiuto del cancelliere si traduce in decadenza per la parte. In questa prospettiva, non ha alcun rilievo accertare se l'opposizione, spedita per posta da Napoli il 26 aprile 1983 (ammesso che tale modalit di presentazione, espressamente ammessa per il ricorso in cassazione e per il controricorso dall'art. 134 disp. att. c.p.c., debba ritenersi consentita in via generale), sia pervenuta nella cancelleria della pretura il giorno successivo, ultimo utile per la proposizione dell'opposizione; e la indagine al riguardo disposta dal Pretore presso l'ufficio postale, pure se abbia dato esito positivo, non ha efficacia risolutiva della questione in esame. L'attivit documentativa dell'avvenuto deposito compete, infatti, in via esclusiva al cancelliere e non pu essere surrogata dall'attivit del giudice, il quale non dispone di poteri certificativi al riguardo e .non pu, quindi, avvalersi di referenze provenienti da altri organi; e non senza significato che il cancelliere -e soltanto lui -pu rispondere civilmente, ai sensi dell'art. 60 c.p.c., per avere rifiutato l'atto senza giustificato motivo. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 giugno 1988, n. 4131 -Pres. Brancaccio -Rel. Sensale -S.r.l. IN.DI.S. (avv. Marone e Bertoli) c. Prefettura di Milano (avv. Stato Polizzi). Procedimento civile -Confisca Opposizione ad ordinanza Ingiunzione Illecito permanente Competenza, Nell'ipotesi di illecito amministrativo permanente (nella specie viola zione dell'art. 58 codice stradale), il luogo in cui stata commessa la vio lazione coincide con quello in cui la stessa viene accertata. Non pertanto applicabile in via analogica l'art. 39, terza comma, codice procedura penale, dal momento che le disposizioni della legge 689/81 integrano un sistema giuridico completo ed autosufficiente. (1) I (omissis) Con la sentenza impugnata in questa sede, il Pretore di Brescia ha disatteso l'assunto dell'opponente sul punto della competenza del I r 1 (1) Non constano precedenti in termini. f: Sotto il profilo della competenza del pretore del forum commissi deltcti 'f. si vedano, tra le numerose altre: Cass. 4 novembre 1982 n. 5785, in Foro it. 1983, I, 1001; Cass. 22 dicembre 1987, n. 9572, in Mass. foro it. 1987; Cass. 13 novembre 1987, n. 834, in Mass. foro it., 1987. I --I PARTE I, SBZ, III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Prefetto, ritenendo che la legge n. 689/81 contiene una disciplina completa ed autosufficiente in ordine ana competenza del Prefetto ad emettere l'ordinanza ingiunzione e il provvedimento di confisca e consente di affermare, senza che debba ricorrersi all'applicazione analogica dell'art. 39 c.p.p., che la competenza spetta allo stesso tempo a qualsiasi autorit nel cui territorio sia avvenuta una parte dell'infrazione. Quindi, da un lato ha affermato che il Prefetto di Milano fosse anch'egli competente a provvedere (oltre al Prefetto di Brescia), in quanto il veicolo sprovvisto della carta di circolazione aveva sicuramente circolato nell'ambito territoriale della Prefettura di Milano; dall'altro, pur non pronunziandosi espressamente al riguardo, non ha dubitato della propria competenza a decidere sull'opposizione, implicitamente dando credito alla tesi dell'opponente, secondo cui la circolazione era iniziata ed in parte avvenuta in territorio dipendente dalla Prefettura di Brescia. Censurando in questa sede, con il primo motivo, tale statuizione, la ricorrente ripropone la tesi gi prospettata nel giudizio pretorile, in base alla quale competente ad emettere il provvedimento impugnato era esclusivamente il Prefetto di Brescia e che, conseguentemente, competente a decidere sull'opposizione era il Pretore di Brescia, davanti al quale essa era stata proposta. La Corte ritiene: a) che competente ad emettere il provvedimento di confisca era esclusivamente il Prefetto di Milano, nel cui territorio la violazione risultava commessa perch in esso era stata accertata, b) che, conseguentemente, competente a giudicare sulla opposizione era il Pretore di Milano e non quello di Brescia; c) che, trattandosi di competenza territoriale funzionale, e per ci inderogabile, in ordine alla quale non si era formato il giudicato n si erano verificate preclusioni, la competenza del Pretore di Milano pu essere dichiarata d'ufficio in questa sede, con conseguente cassazione della decisione impugnata, in quanto pronunciata da giudice funzionalmente incompetente, salva, per l'opponente, la possibilit di riassumere la causa davanti al giudice competente, ai sensi dell'art. 50 c.p.c. 2. Esaminandosi il punto sub a), deve ritenersi non priva di fondamento la premessa dalla quale la tesi della ricorrente muove, e cio che la logica giuridica del nostro ordinamento esclude in terminis la possibilit di attribuire contemporaneamente a pi organi (siano essi amministrativi o giurisdizionali) la competenza a conoscere di un medesimo fatto; e che, tutt'al pi, in ipotesi eccezionali, potranno ricorrere casi di competenze alternative, mai contemporanee, tale possibilit presegue la ricorrente -essendo esclusa, oltre che dalle norme costituzionali sulla precostituzione per legge dal giudice (da cui nessuno pu essere distolto) e sulla distribuzione della competenza fra gli organi amministrativi, da tutte le altre disposizioni, dirette, da un lato, a indi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 108 viduwe preventivamente le relative sfere di competenza e, dall'altro a regolare i possibili conflitti. N senza significato iii. rilievo che la tesi accolta nella sentenza impugnata condurrebbe al risultato, inaccettabile sul piano logico e su quello giuridico, per cui ad ogni prefetto sarebbe consentito emettere propxi e distinti provvedimenti in relazione al medesimo, unico fatto. 3. Ma, se ci vero, non pu tuttavia condividersi la tesi della ricorrente nella parte in cui sostiene che la competenza -amministrativa -del prefetto andrebbe determinata mediante l'applicazione analogica della norma processuale che regola la competenza -giudiziale in materia di reati permanenti. A parte la difficolt di estendere all'attivit amministrativa una ratio ad essa estranea e propria, invece, della disciplina del processo, ispirata all'esigenza d'impedire che sia la parte, col far cessare la permanenza, a determinare, secondo il vecchio testo dell'art. 39 c.p.p., la competenza del giudice; ed a parte la considerazione che contrasterebbe con l'esigenza di speditezza e di certezza, nella materia in esame, dell'azione amministrativa diretta alla repressione di comportamenti illeciti, imporre alla Amministrazione il compimento di indagini laboriose al fine d'individuare, ogni volta, il luogo in cui abbia avuto inizio la consumazione della violazione (nel caso in esame, la circolazione del veicolo), indipendentemente da quello in cui sia stata accertata, certo che, nella prev~sione della legge 689/81, il luogo in cui stato commesso l'illecito coincide con quello in cui esso viene accertato; e ci priva di valore il rilievo della ricorrente teso a dimostrare che tale legge, ancorando la competenza del pretore al luogo in cui stata commessa la violazione, avrebbe contenuto innovativo della precedente disciplina, che faceva riferimento al luogo in cui la violazione era stata accertata. Invero, l'art. 13 della 1. 689/81 demanda agli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni (per la cui violazione prevista la sanzione amministrativa) il relativo accertamento, fornendoli di specifici poteri per assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose, a xilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica, e per procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria, sequestro che gli organi addetti devono sempre disporre quando si tratti di veicoli circolanti senza copertura assicurativa o senza che per essi sia stato rilasciato il documento di circolazione. Gli stessi organi devono provvedere alla contestazione immediata (cio nel tempo e nel luogo dell'accertamento) o alla notifica degli estremi della violazione, individuata secondo le circostanze di tempo e di luogo accertate (v. art. 14), PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE e sono tenuti a presentare il rapporto all'autorit territorialmente competente secondo il luogo in cui stata commessa la violazione. Nel dettare queste disposizioni -e, in particolare, nell'attribuire unitariamente ad organi forniti di una specifica capacit tecnica il potere di accertamento, d'ispezione, di compiere rilievi e di procedere al sequestro -la norma implica la infungibilit di tali organi e degli atti di accertamento che essi compiono, affinch la violazione assuma rilievo ai fini della irrogazione della sanzione amministrativa; implica, cio, che non vi pu essere accertamento della violazione se non da parte di quegli organi e che, in definitiva, istantanea o permanente che sia la violazione, essa non pu ritenersi commessa se non nel tempo e nel luogo risultanti da quell'accertamento. In altri termini, la legge non consente che la violazione, e il luogo in cui stata commessa, possano accertarsi in qualsiasi modo o denunziarsi da chiunque; e quindi non attribuisce alcuna rilevanza al luogo in cui iniziata la consumazione della violazione prima che essa sia accertata da parte degli organi a ci addetti, con le modalit tecniche loro consentite e con il successivo adempimento dell'obbligo di contestazione, previsto dalla legge ai fini della irrogazione della sanzione amministrativa. Se, dunque, il luogo in cui la violazine stata commessa non pu essere individuato se non attraverso l'accertamento degli organi addetti, ne deriva che il prefetto territorialmente competente ad emettere l'ordinanza ingiunzione e il provvedimento di confisca quello del luogo in cui la violazione sia stata accertata, il che, da un lato esclude che, per lo stesso fatto, possano risultare contemporaneamente competenti pi autorit, dall'altro fuga il temuto inconveniente delle difficoltose indagini che l'autorit amministrativa sarebbe costretta a compiere per individuare il luogo della commessa violazione, risultando questo, in ogni caso ed esclusivamente, dall'atto di accertamento. 5. Individuato il luogo in cui stata commessa la violazione in quello in cui essa sia stata accertata, in relazione ad esso che si determinano sia la competenza del prefetto ad emettere il provvedimento sanzionatorio (art. 17, 5 comma) sia la competenza del pretore a giudicare sull'opposizione (art. 22, 1 comma). Che la competenza del pretore del luogo in cui stata commessa la violazione sia funzionale, e quindi inderogabile, non pu dubitarsi. Si osservato in dottrina che la norma in esame s'inquadra nel criterio di competenza del luogo in cui sorta l'obbligazione (avente ad oggetto il pagamento della sanzione pecuniaria, rispetto alla quale la confisca costituisce sanzione accessoria), perch il carattere costitutivo dell'accertamento fa s che l'obbligazione nasca nel luogo dove ha sede l'ufficio accertatore, che l'ufficio pubblico periferico nella cui circoscrizione territoriale la violazione stata commessa; ed assume il luogo - 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cui l'obbligazione sorta come criterio di competenza territoriale non gi facoltativo, ma esclusivo e inderogabile. Quest'affermazione trova indubbiamente conferma nel testo normativo, il quale, determinando nel modo suddetto la competenza del pretore senza far salvo alcun altro foro, alternativo o concorrente, e senza rin viare alle norme processuali ordinarie relative alla competenza (di cui esclude, quindi, l'applicabilit), costituisce disposizione espressa della inderogabilit della competenza. Ma ancor pi rileva la considerazione che la competenza territoriale, da una norma stabilita -per ragioni di pubblico interesse -in modo esclusivo e inderogabile, ha carattere funzionale e che il procedimento instaurato a seguito dell'opposizione sicuramente permeato da connotati pubblicistici, non solo sotto l'aspetto della natura normalmente propria dello strumento processuale, ma anche sotto il profilo del contenuto delle pretese sostanziali che vi si fanno valere: da un lato quello della P.A. a vedere applicata al trasgressore la sanzione per una generale esigenza sociale di restaurazione dell'ordine giuridico violato; dall'altro, quella di colui che subisce la sanzione non solo a difendere la propria sfora giuridico,patrimoniale, ma anche a far s che l'azione amministrativa sia legittimamente e correttamente esercitata. Induce a questa conclusione anche il rilievo che il meccanismo, attraverso il quaJe si svolge id procedimento di accertamento dell'illecito e di irrogazione della sanzione (strutturato con necessario riferimento al luogo dell'accertamento), vede come soggetto primario la P.A., quale portatrice di un interesse pubblico in quanto, appunto, competente per es sere stata accertata la violazione nell'ambito della sua circoscrizione ter ritoriale; e che ci si riflette nel successivo procedimento giurisdizionale, attribuito alla competenza del pretore del luogo in cui stata commessa (perch ivi accertata) la violazione, per presunzione assoluta di legge ritenuto come il pi idoneo ad apprezzare l'interesse pubblico coinvolto nel giudizio. Ci di cui nella causa di opposizione si controverte , infatti, la legittimit e l'adeguatezza di una sanzione, irrogata in virt di un procedimento amministrativo di evidente derivazione penalistica, connotato dal superiore principio di legalit, in linea col carattere sanzionatorio che esso assume e con la natura punitiva del provvedimento che lo conclude. E non si mai dubitato che qualsiasi procedimento giurisdizionale, in cui possa essere direttamente applicata una sanzione oppure debba sindacarsi la corretta applicazione di una sanzione precedentemente inflitta, sia sottratta al potere dispositivo delle parti in ordine alla determinazione del giudice competente, individuato in base a inderogabili criteri legali. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 22 novembre 1986, n. 6887 -Pres. Parisi -Rel. Buccarelli -P. M. Martinelli (conf.) -Soc. Impresa Pizzarotti (avv. Castore) c. Stati Uniti d'America (avv. Ardito e Buglielli). Contabilit pubblica Contratti della P. A. -Licitazione privata Clausole onerose Specifica approvazione scritta Non ocorre. Il contratto concluso a seguito di gara di licitazione privata ha la natura di un contratto per adesione sub specie per relationem perfectam, in ordine al quale non pu trovare applicazione il regime dell'art. 1341 secondo comma del codice civile (1). (omissis). :B accertato e pacifico in atti che la conclusione del contratto in parola ebbe luogo all'esito di una privata licitazione, ossia di una gara di appalto nella quale la Societ oggi ricorrente present l'offerta ritenuta migliore dall'Amministrazione appaltante. Non risulta mai (1) La Cassazione con pi sentenze (v. Cass. del 22 nov. 1986, n. 6887; 18 marzo 1987, n. 2724; 22 maggio 1986, n. 3407; 26 gennaio 1987, n. 713) si espressa nel senso dell'applicabilit dell'art. 1341 e.e. ai contratti stipulati dalla P. A. anche a seguito di licitazione privata. La Corte Costituzionale, con ordinanza 14-21 gennaio 1988 n. 61, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimit costituzionale degli artt. 1341 e 1342 del codice civile sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte d'Appello di Roma, con ordinanza emessa il 9 maggio 1980, in quanto giurisprudenza costante della Cassazione la app!i cabilit di detta no.rma ai contratti della P.A. Questa unifor:mit di indirizzo della Cassazione non sembra per sia da riscontrare, in quanto la Sez. II, con la sentenza in Rassegna, si espressa in senso contrario. Se ne segnala pertanto la esauriente motivazione. Appare invero arduo affermare che il contraente, il quale ha esaminato lo schema di contratto, ed in base al quale ha formulato la sua offerta, non sia stato in grado di conoscere l'onerosit degli obblighi che va ad assumere. g naturale invece ritenere che la misura dell'offerta presentata alla gara sia in necessaria relazione con il contenuto delle clausole inserite nello schema contrattuale. Pervenire a conclusioni contrarie a quelle di cui alla sentenza in Rassegna equivale a falsare la gara di aggiudicazione in favore del concorrente che ha formulato l'offerta con la riserva mentale di fare annullare una clausola a lui sfavorevole. La giurisprudenza contraria andrebbe pertanto rimeditata. (GIUSEPPE STIPO) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 112 dedotto da quella che la proposta di questa non contenesse tutti i dati necessari alla valutazione, per i partecipanti, delle condizioni, dei requisiti e delle specifiche per l'assegnazione; sicch tal proposta, come correttamente implic la Corte del merito, precisava che era esclusa, per J'appaltatore, la facolt di chiedere la revisione dei prezzi. Peraltro, nel memorandum for record del 13 giugno 1978, questo patto era ben chiarito; ed il memorandum stesso era stato sottoscritto da un rappresentante della Societ interessata. Ora, non si tratta di stabilire se quel documento dovesse prevalere sui o integrare i patti del futuro contratto, n di accertare quale efficacia su questo potesse ormai avere quello, se la stessa Amministrazione appal tante aveva chiarito che i patti contenuti nello stesso memorandum non sarebbero stati ritenuti efficaci se non riportati nel contratto che sarebbe stato stilato. Si invece, come ritenne la Corte territoriale, dinanzi a un elemento probatorio atto a confermare quel che gi era risultato: ossia che la Societ era a conoscenza della clausola di rinunzia alla facolt di revisione, che la sua attenzione era stata chiaramente sollecitata e indirizzata su quel patto, che nelle trattative inter partes esso era stato pienamente contemplato e discusso; e che, infine, la parte interessata aveva avuto modo e agio per ponderarlo e decidere se il contratto in questione fosse oppur no confacente ai suoi interessi. Valutazione che evidentemente importava anche la relazione fra prezzo e rischio, e in particolare fra compenso e maggiore alea conseguente alla rinunzia al diritto sancito dall'art. 1664 del codice civile. Sotto altro riguardo lo schema contrattuale predisposto dalla amministrazione appaltante atteneva a particolari costruzioni da erigersi a Sigonella; era compilato acciocch giungesse alla cognizione di pi interessati in reciproca concorrenza; con possibilit per ciascuno di essi di trarre opportuno giudizio e pervenire a ponderata decisione circa il fare o il non fare offerte, e, nella prima ipotesi, in quale misura. L'accettazione dello schema non era quindi l'accettazione del contratto, ancora da stipularsi; ma la accettazione delle clausole che in esso si sarebbero contenute previa piena conoscenza e valutazione delle stesse, e, .in buona sostanza, discussione di esse con la controparte. N questa situazione pu essere considerata in modo diverso perch una certa clausola era ritenuta indefettibile dal proponente. Si ha dunque un contratto per adesione sub specie per relationem perfectam, in ordine al quale non pu trovare applicazione il regime dell'art. 1341, 2 comma, del codice civile, dato. che lo schema negoziale viene predisposto da uno dei contraenti in conformit di trattative comunque condotte con l'altro, che poi sottoscrive il contratto conforme per adesione; mentre le argomentazioni del ricorrente sarebbero ineccepibili -a parte quanto si dir in ordine alla natura della clausola in contestazione -qualora si vertesse in tema di contratto di adesione per rela PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 113 tionem imperfectam; e inoltre di contratto non precostituito con moduli preveduti per una serie indefinita di negozi, in uno schema globale tipico e non gi solo per un determinato patto che possa costantemente essere contenuto in differenti negozi (Conf. Cass. 3948/69; 894/72; 1343/76; 1952/77; nonch per caso di specie -precedente licitazione privata - Cass. 1383/71; e infine, sui contratti per adesione secundum relationem perfectam aut imperfectam, Cass. 3012/63; e quanto alla previa conoscenza dell'atto da sottoscrivere da parte del contraente c.d. pi debole, v. Cass. 2254/58; 1041/61; 3012/63). (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 giugno 1988, n. 4222 -Pres. Granata Rel. Caturani -P. M. Locascio (conf.) -Istituto Poligrafico dello Stato (avv. Stato Corsini) c. Soc. ETI (avv. Libonati). Enti pubblici -Enti pubblici non economici -Istituto Poligrafico dello Stato -Imprenditore Riconoscimento della qualifica Limiti. Enti pubblici Enti pubblici non economici Istituto Poligrafico dello Stato Imprenditore Fotocopiatura di parte dei testi della Gazzetta Ufficiale e sua riproduzione su periodici Concorrenza sleale Esclusione. (L. 13 luglio 1966, n. 559, art. 2; d.P.R. 24 luglio 1967, n. 806). L'Istituto Poligrafico dello Stato, cui spetta in base alla l. 13 luglio 1966, n. 559, la qualit di ente pubblico non economico, soggetto alla disciplina dell'imprenditore commerciale con esclusione per dell'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta dei libri contabili, limitatamente a quelle attivit non prevalenti rispetto ai suoi complessivi compiti, che presentino i caratteri dell'esercizio d'impresa (artt. 2093 e 2201 e.e.) (1). (1-3) La decisione, per la quale non constano precedenti specifici, pub blicata in Giur. it. 1988, I, 1718 con nota critica di M. SARALE, in Giust. civ. 1988, I, 223'2 ed in Foro it. 1988, I, 3288. In essa i Giudici della S.C. riconoscono all'Istituto Poligrafico dello Stato quale ente pubblico non economico la veste di imprenditore e come tale l'ap plicazione allo stesso della disciplina contenuta nel Libro V del codice civile: ivi comprese le norme sulla concorrenza sleale. Dopo aver per preso in considerazione l'attivit di stampa e gestione della Gazzetta Ufficiale ed indi viduato in essa tipiche finalit di interesse pubblico (prima fra tutte il com pimento della procedura relativa alla pubblicazione delle leggi e quindi quelle relative alla realizzazione della conoscibilit delle norme pubblicate e della certezza dei testi normativi nella stessa contenuti), alla stregua di dette finalit, la S.C. esclude che la riproduzione fotostatica su libri e riviste di pagine o parti di pagine della Gazzetta Ufficiale possa integrare concorrenza sleale nei confronti del Poligrafico; in tal mod.o sembrerebbe affermarsi che la detta 114 RASSEGNA DEU.'AVVOCATuRA DEI.LO STATO Fra tali attivit non possono includersi la stampa, gestione e vendita della Gazzetta Ufficiale, le quali configurano funzioni svolte nell'interesse generale, con strumenti sottratti alla disciplina privatistica e nell'ambito del procedimento attinente alla pubblicazione delle leggi e degli altri provvedimenti normativi dello Stato, nonch al rafforzamento della loro conoscibilit da parte dei destinatari (2). Ne consegue che l'attivit di fotocopiatura da parte di terzi dei testi normativi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale deve ritenersi libera, avendo ad oggetto un bene accessibile a tutti, restando altres escluso che la pubblicazione di tali copie in libri o riviste possa integrare atto di concorrenza sleale (3). 1. -Con il primo motivo, denunziando violazione dell'art. 2 della 1. 13 luglio 1966 n. 559, del D.P.R. 24 luglio 1967 n. 806, dell'art. 2598 e.e. nonch difetto di motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), la ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ravvisato concorrenza sleale nella attivit di riproduzione fotografica sulle proprie riviste dei testi normativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale senza tener presente che, per quanto riguarda la pubblicazione delle leggi, l'Istituto Poligrafico dello Stato non esercita alcuna prerogativa dell'imprenditore-editore, versando in posizione meramente esecutiva rispetto al Ministro Guardasigilli. D'altro canto si afferma che l'Istituto svolge tale attivit in regime di esclusiva nell'ambito del procedimento di pubblicazione dei testi normativi e che lo spazio pratico appartenente sul mercato alla rivista di legislazione e commento edita dall'ETI non paragonabile a quello della Gazzetta. attivit di stampa e gestione della Gazzetta da parte del Poligrafico non costituisce esercizio di impresa. Sul punto della attribuibilit della veste di imprenditore all'ente pubblico non economico la Cassazione riafferma un principio che pu considerarsi ormai un risultato condiviso dalla maggior parte della scienza giuridica (da ultimo cfr. CoTTINO, Diritto commerciale, Padova, 1986, t. II, 178; GALGANO, L'imprenditore commerciale, in Tratt. dir. comm. e dir. pubb. ec., l'impresa, Padova, 1978, 84; entrambi nel senso che l'esercizio dell'impresa costituisce presupposto sufficiente per l'assunzione della qualit di imprenditore. Nel senso che dunque anche all'ente pubblico attribuibile in presenza dei detti requisiti la veste di imprenditore, v. da ultimo CIRENEI, Le imprese pubbliche, Milano, 1983, 111. L'individuazione dei connotati in presenza dei quali l'esercizio di una attivit economica assurge a dmpresa, nel nostro caso, pubblica ai fini di riconoscere in capo alla stessa l'applicabilit della disciplina codicistica anche in tema di concorrenza sleale l'argomento centrale della sentenza in epigrafe ed quello che offre maggiori spunti di riflessione in merito alla soluzion~ adottata. La Cassazione afferma che l'attivit di stampa, gestione e vendita della Gazzetta Ufficiale complessivamente da ricondurre alla finalit pubblica che Il l $ ~ I I ! PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 115 2. -La censura fondata. La giurisprudenza di questa Corte s1 ispira ad un indirizzo ormai costante nel ritenere che la I. 13 luglio 1966 n. 559, sul nuovo ordinamento dell'Istituto Poligrafico dello Stato, ha reso prevalenti, rispetto alle attivit imprenditoriali cui tuttora dedito, i servizi svolti dall'Istituto medesimo nell'interesse delle amministrazioni statali, mediante strumenti sottratti alla disciplina del diritto privato. Tale riforma, pertanto, }a quale ha trovato conferma nel distacco della Zecca dal Ministero del Tesoro e nella costituzione di essa in Sezione dell'Istituto Poligrafico, a norma della I. 20 aprile 1978 n. 154, ha conferito all'Istituto medesimo la natura di ente pubblico non economico (Sezioni unite nn. 3226/83; 5560/81; 2123/80; 3230/79; 2/78). 3. -La qualificazione dell'Istituto Poligrafico dello Stato, come ente pubblico non economico, impone di verificare ex officio, per la sua incidenza sulla decisione del ricorso, se tale sua veste sia astrattamente compatibile con la qualit di imprenditore. Mentre la persona fisica se esercita professionalmente una attivit economica compresa tra quelle previste daU'art. 2195 e.e. acquista senz'altro la qualifica di imprenditore commerciale, l'ente pubblico per essere tale deve avere per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di una attivit commerciale ed in tale ipotesi soltanto soggetto all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese (art. 2201 e.e.). Non sono compresi nella formulazione della legge i casi in cui l'attivit pubblicistica dell'ente prevalente rispetto aJ:l'attivit di impresa dal medesimo esplicata -come si ver1fica per l'Istituto Poligrafico dello Stato -onde la necessit logica e giuridica di stabilire se in quest'ult1mo caso possa ugual- l'Istituto persegue e che tale elemento teleologico vale da solo ad escludere per quell'attiwt l'esercizio dell'impresa. L'individuazione del carattere di attivit economica organizzata professionalmente (indubbiamente esistente se si pensa al confezionamento del prodotto, alla scelta della veste tipografica, all'organizzazione del sistema di vendita ecc.) sembra invece rimasta estranea alla valutazfone della Suprema Corte: ci rin un momento in cui considerando la realt dell'impresa pubblica si andata progressivamente sminuendo l'essenzialit dello stesso scopo di lucro (Corrrno, op. cit. 88). Desta in definitiva qualche perplessit l'esclusione, affermata dalla S. C. dell'applicabiLit della normativa sulla concorrenza sleale, che normativa tipicamente finalizzata al rispetto della correttezza e delle regole del gioco " tra imprenditori proprio perch tale esclusione giustificata solo in relazioile al perseguimento delle ffoalit pubbliche dell'Istituto e dunque alla non configurabilit per essa di un'attivit d'impresa. Il che sembra negare il principio affermato in premessa della sostanziale assimilazione, per quanto attiene alla disciplina, dell'impresa pubblica e privata (sw.i soggetti della concorrenza sleale con alcuni riferimenti anche agli enti pubblici non economoi, v. SCIRE', La concorrenza sleale nella giurisprudenza, Padova, 1975, 123). AURELIO VESSICHELLI 9 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente discorrersi di attivit di impresa' gestita dall'ente pubblico nono stante il difetto di quel requisito essenziale che la norma richiede agli effetti che si considerano. In dottrina l'interpretazione dell'art. 2201 e.e. non univoca: secondo un indirizzo, la norma definisce la figura dell'ente pubblico imprendi tore attraverso il requisito dell'attivit commerciale esclusiva o prevalente che il medesimo deve svolgere, onde in sua mancanza l'ente non potrebbe qualificarsi imprenditore e ad esso sarebbe quindi inapplicabile in toto la disciplina dell'impresa contenuta nel libro V del codice civile. Secondo una diversa corrente di pensiero, invece, che questa Corte condivide, il problema va risolto procedendo al coordinamento dell'arti colo 2201 con l'art. 2093 e.e., secondo cui: Le disposizioni di questo libro si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali. Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate . Come si rilevato in. dottrina, la terminologia della norma richiama il soppresso ordinamento corporativo secondo cui, gli enti pubblici che avevano per oggetto esclusivo o principale una attivit commerciale erano inquadrati nelle associazioni professionali, onde si ricava dalla dizione della legge la equipollenza dell'ente pubblico inquadrato nelle associazioni professionali, cui fa riferimento l'art. 2093 comma l, con l'ente pubblico che abbia per oggetto esclusivo o principale una attivit commerciale. Con argomentazione a contrario risulta perci dal secondo comma che l'attivit d'impresa pu essere altres gestita (e disciplinata dal codice civile) quando essa sia svolta da un ente pubblico che prevalentemente tenda a realizzare scopi di pubblico interesse. Ne consegue che, mentre gli enti pubblici economici (per i quali l'esercizio dell'attivit economica costituisce l'oggetto principale od esclusivo) sono considerati dalla legge, nella loro conformazione unitaria ed inscin dibile, imprenditori commerciali, gli enti pubblici che tendono a con seguire prevalentemente scopi di pubblico interesse, per cui svolgono soltanto in via marginale attivit di impresa, devono ritenersi imprenditori anche se non commerciali, per non essere sottoposti all'obbligo della iscrizione nel registro delle imprese, limitatamente all'impresa da essi esercitata. Poich essi sono pur sempre imprenditori, sono soggetti alle norme sulla impresa contenute nel codice civile, con esclusione soltanto di quelle che si riferiscono in modo esclusivo all'imprenditore commerciale, cio gli artt. 2188-2221 e.e., onde sono sottratti all'obbligo della iscrizione nel registro delle imprese e della tenuta delle scritture contabili. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 4. -Stabilito che, in linea di principio, l'ente pubblico non economico che gestisce un'impresa soggett alle norme del libro V del codice, civile che si riferiscono all'impresa e quindi anche a quella invocata nel presente giudizio dalla difesa dell'Istituto Poligrafico dello Stato (l'art. 2598 e.e. in tema di concorrenza sleale), il punto centrale della controversia interpretativa insorta tra le parti riflette l'individuazione della natura giuridica dell'attivit che l'Istituto svolge relativamente alla stampa ed alla gestione della Gazzetta Ufficiale. La difesa del resistente, nelle note scritte di udienza, pur ritenendo possibile la fotocopiatura delle leggi, sostiene che non altrettanto lecita l'attivit di vendita dei testi legislativi da parte di terzi, il che autorizzerebbe lo sfruttamento, con illecito abbattimento di oneri, del prodotto altrui, prodotto che ha propria veste editoriale e tipografica, e propri pregi caratteristici quale (riconosciuto anche ex adverso) la esattezza testuale. La tesi non pu essere seguita dal Collegio, in quanto si limita a prendere in considerazione l'attivit di vendita delle imprese che si assumono concorrenti, senza tener presente la natura dell'attivit che l'Istituto svolge allorch diffonde al pubblico le copie della Gazzetta Ufficiale, anche in abbonamento. A tal fine va considerato che l'attivit esplicata dall'Istituto in ordine alla stampa e alla gestione della Gazzetta Ufficiale (art. 2 comma 2 della 1. 13 luglio 1966 n. 559) non pu essere presa in esame in s stessa, avulsa cio dalla disciplina giuridica dalla quale regolata e dal procedimento nel quale si inserisce e senza apprezzare quale sia lo scopo che attraverso la medesima l'ordinamento mira a conseguire. Tra le funzioni che la legge devolve all'Istituto Poligrafico dello Stato, senza dubbio preminente, per la sua importanza intrinseca, la pubblicazione per esteso delle leggi e dei provvedimenti normativi nella Gazzetta Ufficiale (r.d. 24 settembre 1931 n. 1256; r.d. 2 settembre 1932 n. 1293; r.d.l. 14 maggio 1936 n. 831 e 1. 5 maggio 1939 n. 660 che modificano il r.d. 24 settembre 1931 n. 1256). La pubblicazione infatti, costituisce il momento terminale del procedimento di formazione delle leggi, cui fa riferimento l'art. 73 della Costituzione allorch stabilisce che esse sono p.bblicate subito dopo la promulgazione e, di regola, entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione. Questa costituisce nel diritto positivo una attivit tecnicamente rientrante nel procedimento legislativo poich fin quando essa non sopraggiunga, non si verifica l'entrata in vigore della legge; d'altra parte, l'atto legislativo promulgato nella sede competente costituisce l'oggetto stesso della operazione in cui si concreta l'attivit pubblicitaria. La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale non costituisce, peraltro, l'unico sistema di pubblicit degli atti normativi previsto dalle leggi ordinarie. Sussistono all'uopo disposizioni che prevedono procedure di pub 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blicazione da attuarsi con mezzi diversi: i regolamenti delle regioni a statuto ordinario sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale (art. 12 della 1. 10 febbraio 1953 n. 62), mentre i regolamenti comunali sono sottoposti alla sola pubblicazione nell'albo pretorio (art. 62 del r.d. 3 marzo 1934 n. 363). Ora per quanto concerne la pubblicazione delle leggi nella Gazzetta Ufficiale, essa come ogni altra forma di pubblicit prevista per gli atti normativi, tende ad attuare la maggiore diffusione possibile del testo pubblicato. Si ritiene, invero, in dottrina che il sistema di pubblicazione accolto nel nostro ordinamento corrisponde al tipo di pubblicazione che si definita materiale, in quanto ha attitudine a diffondere il testo della legge nella maniera pi completa possibile, in modo da dare a tutti i destinatari la possibilit concreta di conoscerla, e di adeguare ad essa i propri comportamenti. La stessa vacatio legis, prevista dalla norma costituzionale, costituisce, inoltre, elemento integrante la pubblicazione, rafforzandone la funzione giuridica, poich l'evento che si mira a conseguire (che risiede nella efficacia della legge) non si determina soltanto in base alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (art. 8 del T.U. n. 1256 del 1931; artt. 5 e 6 del r.d. 2 settembre 1932 n. 1293); occorre altres che questa esibizione al pubblico si protragga per un certo tempo. E non dubbio che questa protrazione concorre a rafforzare la possibilit che attraverso la pubblicazione si .realizzi la maggiore diffusione possibile della legge e quindi la sua notoriet per tutti. 5. -Il sistema di pubblicazione delle leggi e dei decreti, previsto dall'art. 7 del r.d. n. 1256 del 1931, tuttora in vigore, costituisce un sostanziale superamento del sistema anteriore vigente nel Regno Sardo secondo cui, la pubblicazione delle norme giuridiche era attuata mediante affissione nei capoluoghi comunali (art. 8 e 9 codice civile Albertino del 1837). Tale procedura, dal cui compimento dipendeva l'entrata in vigore della legge, presentava tuttavia degli inconvenienti poich rendeva conoscibili le norme non gi per tutto il periodo della loro efficacia, ma per il tempo liimitato deH'affissione. Questo sistema, che garantiva una conoscenza soltanto presunta della legge perch in realt soltanto in casi molto limitati i cittadini prendevano conoscenza del testo normativo nell'albo comunale, fu perci soppresso e attraverso successive disposizioni in materia si pervenne alla introduzione di una procedura fondata sulle due fasi della inserzione e della pubblicazione del testo normativo nella sua integralit e non pi sulla sola notizia dell'avvenuta inserzione, come per l'ordinamento anteriore. Al testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale si riconobbe inoltre valore i legale, onde si stabil che il Ministro della Giustizia avrebbe autorizzato I i I I - PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE il si stampi soltanto dopo di aver accertato la perfetta conformit dello stampato all'originale (art. 4 r.d. 2 settembre 1932 n. 1293). Iil base ai precedenti rilievi pu affermarsi che la stessa attivit di stampa e gestione della Gazzetta Ufficiale, cui l'art. 2 della 1. 13 luglio 1966 n. 559 fa riferimento, va considerata nel quadro della funzione pubblkistica che la medesima adempie nel diritto vigente. Essa diretta a procurare sia la notoriet delle norme pubblicate sia la certezza ai testi normativi in essa contenuti circa la conformit del testo all'originale. Il che spiega come la direzione e la redazione della Gazzetta rientrino nelle attribuzioni del Ministero di Grazia e Giustizia (art. 2 della I. 559), onde la relativa attivit si .inquadra nello stesso procedimento pubblicistico che diretto ad attuare la accennata finalit; ed in essa si inquadrano altres la veste tipografica che ne agevola la diffusione nonch i pregi eventuali dell'opera. Ed in questo ambito di carattere pubblico si inserisce altres, essendo rivolta anch'essa a realizzare la pi completa diffusione della Gazzetta al pubblico, non solo la fornitura, ma la sua vendita anche in abbonamento. Il che non consente di accogliere la distinzione tratteggiata dalla Corte d'appello, tra l'ativit pubblicistica dell'Istituto che si esaurirebbe con la pubblicazione del testo della legge nella Gazzetta Ufficiale e la vendita della stessa, perch dalla disciplina giuridica si traggono elementi univoci e concordanti che inducono a ritenere conforme a legge l'interpretazione la quale considera attratta nel procedimento pubblicistico svolto dall'Istituto per tutto ci che attiene alla Gazzetta Ufficiale le stesse modalit attraverso cui la conoscibilit della legge resa concreta e attuale e questa conoscibilit non si arresta con la mera pubblicazione della legge, ma comprende tutto ci che quella pubblicazione favorisce, come accade per la fornitura e la vendita della Gazzetta Ufficiale. Da quanto precede consegue che i prezzi di vendita e di abbonamento della Gazzetta Ufficiale non costituiscono il corrispettivo di una attivit privatistica dell'Istituto, ma una prestazione patrimoniale che viene pagata dai cittadini per l'espletamento di un servizio pubblico che l'Istituto Poligrafico dello Stato svolge nell'interesse della generalit, quando si avvalgono di detto servizio. Il che, tra l'altro, appare confermato dal fatto che trattasi di prezzi i quali non obbediscono alle leggi economiche del mercato, ma vengono determinati secondo scelte di carattere politico-sociale, dal Provveditore Generale dello Stato e sono approvati dal Ministro per il Tesoro sentito il Ministro di Grazia e Giustizia (art. 2 del D.P.R. 24 luglio 1967 n. 806). Quanto precede supera in radice la obiezione della difesa del resistente secondo cui, la mancata fissazione di prezzi remunerativi da parte del Poligrafico non pu significare che il medesimo non svolga RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 120 attivit d'impresa, non essendo il profitto uno scopo che necessariamente qualifica la figura dell'imprenditore. La interpretazione accolta esclude, invero, l'attivit d'impresa per ragioni che sono intrinseche alla stessa attivit esplicata, che si ritenuta di carattere pubblicistico e non privatistico-imprenditoriale. Ne discende che, contrariamente a quanto ritenuto dalla impugnata sentenza, l'attivit di fotocopiatura dei testi legislativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale da parte dei terzi devesi ritenere una attivit libera, consentita a tutti, perch avente ad oggetto urn bene che, essendo di tutti, accessibile a tutti con i mezzi consentiti dalla tecnica moderna. 5. -L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento del secondo col quale si assume che la Corte d'appello ha errato nell'identificare in concreto il comportamento contrario alla correttezza professionale e l'imitazione servile (art. 2598 nn. 1 e 3 e.e.). 7. -In definitiva, in accoglimento del ricorso, si impone la cassazione dell'impugnata sentenza ed il rinvio della causa ad altro giudice che si designa in altra Sezione della Corte d'appello di Roma la quale nel decidere la controversia si atterr ai seguenti principi di diritto: L'Istituto Poligrafico dello Stato, quale ente pubblico non economico, in quanto svolge prevalentemente, in base alla legge di riforma 13 luglio 1966 n. 559, attivit pubblicistica rispetto all'attivit di diritto privato, per H combinato disposto degli artt. 2093 e 2201 e.e. soggetto alla disciplina dell'imprenditore commerciale limitatamente alle imprese da esso esercitate, con esclusione dell'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta dei libri contabili. La stampa, la gestione e la vendita della Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art: 2 della 1. 13 luglio 1966 n. 559 e dell'art. 2 del regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 24 luglio 1%7 n. 806, rientrano tra i compiti che l'Istituto Poligrafico dello Stato svolge nell'interesse pubblico mediante strumenti sottratti alla disciplina di diritto privato, inquadrandosi nell'ambito del procedimento pubblicistico che attiene alla pubblicazione delle leggi e dei provvedimenti normativi dello Stato, di cui tendono a rafforzare la conoscibilit da parte dei destinatari. L'attivit di fotocopiatura dei testi normativ'i pubblicati nella Gazzetta Ufficiale da parte dei terzi costituisce attivit libera consentita a tutti, perch avente ad oggetto un bene che essendo di tutti accessibile a tutti, con i mezzi consentiti dalla tecn:ica moderna. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 giugno 1988, n. 733 -Pres. Quartulli Est. Lignani -Saccani Vito (avv. Dragogna) c. Az. aut. Ferrovie dello Stato (avv. Stato Stipo). Giustizia amministrativa -Rappresentanza in giudizio dello Stato e degli Enti pubblici -Non occorre mandato all'Avvocatura dello Stato n delibera a stare in giudizio. Concessioni amministrative -Obbligo del concessionario di restituire il bene alla scadenza senza necessit di disdetta o di motivazione sul pubblico interesse -Revoca di concessione in atto -Sindacato giurisdizionale sulla sufficienza e congruit della motivazione. Per la rappresentanza e difesa in giudizio, sia dello Stato sia di un ente pubblico ammesso al patrocinio erariale, agli avvocati dello Stato, non richiesto un atto di conferimento del mandato n una deliberazione a stare in giudizio (1). Dopo che il rapporto di concessione scaduto alla data prevista nella convenzione, il concessionario ha l'obbligo di restituire il bene senza necessit di disdette e sollecitazioni e tanto pi senza bisogno per l'Amministrazione di dimostrare particolari motivi di necessit o di interesse pubblico; solo nel caso di revoca di una concessione in atto ~ ammissibile un sindacato giurisdizionale sulla sufficienza e congruit della motivazione, potendosi porre il problema di eventuali travisamenti di fatto, disparit di trattamento, mancata comparazione fra l'interesse pubblico e l'affidamento del privato. (omissis) Una seconda questione preliminare quella della ritualit della costituzione in giudizio dell'Ente Ferrovie dello Stato, subentrato all'Azienda autonoma Ferrovie dello Stato. Si sostiene che l'ente avrebbe (1) Si fa sempre pi costante l'orientamento giurisprudenziale, secondo cui non occorre una delibera a stare in giudizio ogni qualvolta un ente pubblico diverso dallo Stato gode del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. Anche per i pubblici dipendenti, i quali sono assistiti dall'Avvocatura ai sensi dell'art. 43 T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, non occorre la procura alle lit' (cos Cass. 25 maggio 1987, n. 6759, in questa Rassegna 1987, I, 343). La seconda massima pone in evidenza le differenti ipotesi di scadenza della concessione e di revoca di concessione in atto. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dovuto costituirsi previa delibera del Consiglio d'amministrazione e depositare il relativo verbale. Il Collegio osserva che per fa Jegge 17 maggio 1985, n. 210, l'ente ferrovie dello Stato succede in tutti i rapporti gi facenti capo dell'Azienda autonoma (art. 1), e si avvale del patrocinio ll1ecessario dell'Avvocatura dello Stato secondo la disciplina del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 (art. 24). Ora, di tarle disciplina fa parte anche il combinato disposto degli artt. 1, secondo comma, 43 e 45, a norma del quale gli avvocati dello Stato, sia che rappresentino lo Stato (art. 1) sia che rappresentino un ente pubblico ammesso al patrocinio (artt. 4 e 45) non hanno bisogno di mandato (...) bastando che consti della foro qualit. Con ci s'intende che non si , richiede un atto di conferimento del mandato (procura) e neppure una deliberazione di stare in giudizio (cfr. Cons. St., Sez. VI, 12 ottobre 1982, n. 482; Cass. 10 aprile 1984, n. 2300; ecc.). Si deve dunque respingere l'eccezione del ricorrente ed affermare la validit della costituzione in giudizio dell'ente Ferrovie dello Stato. 3. -Nel merito, si osserva che sia il ricorso, sia i vari motivi aggiunti, risultano tutti costruiti sul presupposto che alla data di emanazione dell'atto impugnato fosse in atto un rapporto di concessione fra le Ferrovie ed il ricorrente, avente per oggetto, l'area de qua, e che l'atto stesso si configuri, pertanto, come revoca discrezionale di que1la concessione. Tale assunto radicalm~nte erroneo, sicch tutti i motivi dedotti in base ad esso risultano, prima che infondati, non pertinenti. Se si trattasse di revoca di una concessione in atto, si potrebbe anche parlare di un sindacato sulla sufficienza e congruit della motivazione: si potrebbe porre il problema di eventuali travisamenti di fatto, di una ipotetica disrparit di trattamento, di una mancata comparazione fra l'interesse pubblico e l'affidamento del privato, e via dicendo. Ma la realt, che il ricorrente non dovrebbe fingere d'ignorare, che il rapporto di concessione era scaduto alla data prevista nella convenzione, cio il 31 dicembre 1976; che .la convenzione non prevedeva rinnovi taciti; che, in tale situazione, ~lla scadenza l'interessato aveva senz'altro l'obbligo di restituire il bene, senza necessit di disdette, revoche, richieste, solleciti, o altro; che, ad ogni buon conto, l'assenza di una ipotetica volont di proseguire nel rapporto era dimostrata, da parte dell'Azienda, dalle richieste di rilascio avanzate nel marzo 1977, poi reiterate (omissis) Infine non si pu dire che l'Azienda abbia manifestato l'intenzione di considerare potratto il rapporto di concessione nel momento in cui accettava il pagamento dei relativi canoni; vi in atti la prova che dal 1978 al 1982 l'Azienda ha sempre comunicato, all'interessato, che considerandosi il rapporto cessato il 31 dicembre 1976, l'importo versato a titolo di canone veniva accettato in conto risarcimento danni per occupa PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA zione abusiva; e che nel marzo 1982, per la stessa ragione, stata disposta la restituzione dei nuovi versamenti (verosimilmente con riserva implicita di esigere in separata sede il risarcimento del danno). 5. -Posto dunque che l'atto impugnato non revoca di una concessione, ma ingiunzione di rilascio di un immobile demaniale detenuto senza titolo, . cadono, come gi detto sopra, le censure originarie e quelle aggiunte, tutte senza eccezione prospettate nel dichiarato presupposto che si trattasse di revoca di concessione. Va sottolineato, al riguardo, che stante l'acclarata abusivit dell'occupazione, l'Azienda F.S. non aveva bisogno di dimostrare particolari motivi di necessit o di interesse pubblico, e che perci solo ad colorandum nell'atto impugnato si fa parola di tali motivi; dato e non concesso che essi fossero insussistenti, ci non potrebbe togliere legittimit alla pretesa dell'amministrazione di avere in restituzione un bene detenuto senza titolo. N possono trovare ingresso le deduzioni del ricorrente circa l'individuazione dell'organo competente a revocare la concessione e alle forme da seguire per la revoca. TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO, Sez. III, 3 novembre 1987, n. 1817 -Pres. Miceli -Est. Minicone -Soc. Nicolai c. Ente Ferrovie dello Stato (avv. Stato Favara). Trasporti pubblici -Ferrovie -Beni dell'Ente Ferrovie dello Stato destinati a pubblico servizio -Natura di beni patrimoniali indisponibili. Trasporti pubblici -Ferrovie -Beni dell'Ente Ferrovie dello Stato -Regime civilistico e regime pubblicistico -Esercizio del potere di autotutela per i beni destinati a pubblico servizio. II 2 comma dell'art. 15 legge 17 maggio 1985 n. 210, con lo stabilire la insottraibilit alla destinazione di pubblico servizio dei beni dell'Ente Ferrovie dello Stato senza il consenso dell'Ente stesso, non fa che applicare il regime dei beni patrimoniali indisponibili di cui al 2 comma dell'art. 828 cod. civ., cos come richiamato dall'art. 830 cod. civ. La previsione del 1 comma dell'art. 15, primo comma, della legge 17 maggio 1985 n. 210, secondo la quale l'Ente Ferrovie dello Stato ha la piena disponibilit del proprio patrimonio secondo il regime civilistico della propriet privata, mentre nulla aggiunge ai principi di carattere generale in tema di beni degli enti pubblici non territoriali, risulta ana" logamente circoscritta dall'elemento teleologico della destinazione di taluni beni a pubblico servizio, che rende questi ultimi oggetto di una particolare protezione da parte dell'ordinamento, ivi compresa la tutela RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 124 esecutiva di cui all'art. 823 cod. civ., finch tale destinazione non venga meno per effetto di una diversa determinazione dell'Ente, che sottragga esplicitamente o implicitamente il bene dalla sua adibizione al servizio pubblico. (1) (omissis) La societ indicata in epigrafe, che da molti anni esercita la propria attivit di confezionamento e distribuzione di prodotti ortofrutticoli, utilizzando i magazzini da essa costruiti su un'area sita nell'ambito de1lo scalo merci della stazione di Roma-Ostiense, ha impugnato, con il presente ricorso, sia il provvedimento con il quale l'ente Ferrovie dello Stato ha dichiarato decadute le obbligazioni a suo tempo assunte nei suoi confronti, sia l'ordine di rilascio dell'area di insistenza di detti magazzini, adottato dall'ente medesimo. 2. -Con il primo motivo di gravame, l'istante contesta, in radice, il potere dell'ente di adottare atti unilaterali ed autoritativi di autotutela amministrativa in ordine all'area de qua, sostenendo, in via principale, la natura di bene disponibile della stessa e, quindi, la inconfigurabilit del rapporto originariamente intercorso con l'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato come rapporto di concessione, dovendosi, invece, lo stesso ritenere un rapporto contrattuale privatistico. In subordine, quand'anche il rapporto in questione fosse sorto come concessione amministrativa, lo stesso si sarebbe, comunque, trasformato in rapporto privatistico per effetto della istituzione, con la 1. n. 210 del 17 maggio 1985, del nuovo ente Ferrovie dello Stato, avente natura di ente pubblico economico, e del1a sopravvenuta disciplina dei beni trasferiti a tale ente, costituenti patrimonio disponibile secondo il regime civilistico della propriet privata, con il conseguente venir meno dei presupposti sia soggettivi sia oggettivi per il permanere di un rapporto concessorio. 3. -La questione, nei termini in cui prospettata dalla ricorrente, richiede la previa verifica, ai fini della individuazione del giudice (ordinario o amministrativo) competente a conoscere della.controversia, della natura: ed esatta qualificazione giuridica del rapporto attualmente intercorrente tra la sqciet istante e l'ente Ferrovie dello Stato e -conseguentemente -della consistenza della posizione che, in ordine a tale rapporto, va riconosciuta alla societ stessa. (1) La legge 17 maggio 1985 n. 210, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato, se ha fotto perdere i:l orurartrere di demanialit ali beni prev1sti dall'art. 822 cod. oiv., tuttavia non ha sottratto i beni stessi al regime dei beni patrimoniali indisponibili, con tutte le conseguenze anche in ordine alla autotute1a. Possono pertanto ritenersi validi i principi in passato affermati con ri guardo ai beni destinati all'esercizio ferroviario, sui quali giova richiamare Cass. 18 marzo 1981 n. 1603, in questa Rassegna 1983, I, 491. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 3.1. -Priodtaria, peraltro, nell'esame di tale questione, la puntualiz zazione della connotazione giuridica della convenzione a suo tempo stipulata con l'azienda autonoma Ferrovie dello Stato, dalla quale la ricorrente ha tratto la facolt di utilizzazione dell'area, che ora viene posta in discussione dal nuovo ente subentrato per effetto della I. 210/85. Il che si risolve, in definitiva, nell'accertamento della circostanza se l'area de qua fosse da compl'endere fra i beni patrimoniali disponibili come sostiene l'istante, ovvero fra quelli demaniali. 3.2. -In ordine a tale questione incidentale, non sembra dubbio al col legio che l'atea data in uso alla societ Nicolai appartenesse al demanio ferroviario ai sensi dell'art. 822 e.e. E, invero, detto demanio costituito, a norma di legge ed in questo facente direttamente capo dello Stato, dalle strade ferrate con tutte le loro opere e pertinenze (stazioni, impianti, viadotti, ponti ecc.). Ora, che l'area de qua facja parte deJ.la stazione di Roma-Ostiense non posto in dubbio neppure dalla ricorrente e risulta, del resto, chiaramente dalla convenzione stipulata con l'azienda autonoma Ferrovie dellQ Stato, dalla quale si evince che la stessa sita su piano caricatore soperto della stazione di Roma-Ostiense . Tutto ci trova conferma nella planimetria, versata in atti dall'av vocatura dello Stato, attraverso la quale pu verificarsi l'inclusione del l'area medesima negli impianti di stazione, dei quali fa parte integrante. Priva di pregio appare, pertanto, l'affermazione della ricorrente, che desume la disponibilit del bene in questione dalla sua mancata destina zione all'esercizio del trasporto ferroviario, laddove la sua destinazione a tale esercizio risalta non solo in relazione all'elemento topografico della sua collocazione nell'ambito delle pertinenze alla strada ferrata, ma altres a quello funzionale, dell'essere l'area in parola finalizzata, proprio a ragione della sua collocazione ,strutturale, all'attivit di trasporto dei prodotti ortofrutticoli, esercitata dalla societ ricorvente, e, quindi, al servizio fer roviario, che , appunto, servizio di trasporto di persone e merci (art. 206 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F). 3.3. -Deve, dunque, ritenersi che il provvedimento con il quale l'azienda autonoma Ferrovie della Stato ha, a suo tempo, dato in uso il bene di cui si discute alla istante, sia da ascrivere, conformemente del resto alla qualificazione formale data ad esso dall'amministrazione (e, per la verit, mai fino ad ora contestata dalla soc. Niccolai), agli atti di concessione destinati ad instaurare su un bene pubbl:iico una facolt di utilizzazione disciplinata su base convenzionale (c.d. concessione-con tratto). 4. -Posto, dunque, che il rapporto intercorrente fra la soc. Niccolai e l'azienda autonoma Ferrovie dello Stato era un vero e proprio rapporto RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO 126 di concessione diretto a regolamentare l'uso particolare di un'area demaniale, occorre affrontare l't.ter.iore problema della sorte di tale rapporto a ,seguito della trasformazione del soggetto concedente da azienda statale ad ente pubblico e del mutamento della natura del bene, che, in quanto facente parte del demanio accidentale (e non necessario), non ha potuto conservare certo, ai sensi dell'art. 822 e.e., tale classificazione in conseguenza del trasferimento della propriet pubblica a soggetto diverso dello Stato (e ci anche a prescindere dall'art. 15 1. 210/85 che disciplina espressamente il regime giuridico dei beni mobili ed immobili trasferiti al nuovo ente). 4.1. -Ora, per quel c!J.e concerne la fattispecie particolare oggetto di causa, in cui ci si trova in presenza di un rapporto di concessione sorto anteriormente alla trasformazione del soggetto pubblico da azienda statale ad ente con personalit giuridica ed autonomia patrimoniale, alla soluzione della questione potrebbe anche pervenirsi senza darsi carico dei complessi problemi sollevati dalla ricorrente ed inerenti alla natura giuri dica del nuovo ente ed al regime dei beni ad esso appartenenti. L'art. 15 1. 210/85, infatti, quale che debba essere ritenuto, come si vedr pi oltre, il suo effettivo ambito di operativit, norma che si indirizza a disciplinare l'attivit posta in essere dal nuovo ente, in ordine al patrimonio ad esso trasferito o successivamente acquistato, e non pu, dunque, essere utilmente invocato in relazione ai rapporti sorti anteriormente al disposto trasferimento dei beni ed aventi ad oggetto questi ultimi. Di tale aspetto si occupa, in realt, l'art. l, 3 comma, della legge, il quale statuisce che l'ente succede in tutti i rapporti attivi e passivi beni, partecipazioni, gestioni speciali -gi di pertinenza dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato . L'aver disposto, ope legis, la successione del nuovo ente, a titol universale, nel complesso dei rapporti facenti capo all'originario soggetto pubblico, comporta, indubbiamente che il soggetto subentrante ha acquistato la titolarit di tali rapporti con tutta la somma di posizioni attive e passive (diritti, facolt, potest, obblighi e doveri) inerenti ai rapporti stessi e facenti capo al dante causa. 4.2. -N potrebbe obiettarsi che la traslocazione dei rapporti di concessione sarebbe ostacolata, nel nuovo ordinamento, dalla inidoneit del soggetto (ente pubblico economico) e da quella dell'oggetto (essendo venuto meno il carattere di demanialit o di indisponibilit del bene). Per quel che riguarda l'elemento soggettivo, agevole osservare che la natura dell'avente causa non viene in rilievo, una volta che la legge abbia disposto, in capo ad esso, l'acquisto a titolo derivativo di tutti i rapporti imputabili al dante causa. PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Per quel che concerne l'elemento oggettivo, a prescindere da ci che in seguito si dir ed a tutto voler concedere, appare del tutto irrilevante soffermarsi sulla impossibilit della configurazione giuridica di un rapporto di concessione in ordine a beni facenti parte, asseritamente, di un patrimonio divenuto disponibile, una volta che non sia contestabile che, comunque si voglia qualificare il rapporto avente ad oggetto i beni del patrimonio stesso, il nuovo ente abbia conservato, per effetto della successione, i poteri inerenti all'originario rapporto concessorio, integralmente attribuitigli dalla norma dell'art. 1. A convincersi di cio sufficiente, del resto, por mente alla circostanza che l'altro soggetto del rapporto trasferito a titolo di successione (nella specie, il privato concessionario), non pu, per il solo effetto della novazione soggettiva intervenuta nel rapporto stesso, acquisire una posizione attiva, nell'ambito di tale rapporto, pi ampia rispetto a quella che gli spettava originariamente. In particolare, la societ ricorrente, concessionaria di un bene pubblico, non pu pretendere di r.iqualificare, in relazione al semplice passaggio di titolair-it di detto bene da un altro soggetto pubblico, la propria posizione di diritto affievolito nei confronti del concedente in una posizione di diritto soggettivo perfetto, almeno in assenza di una esplicita manifestazione di volont in tal senso del soggetto subentrante nell'originario rapporto. 4.3. -Non pu negarsi, allora, che l'ente Ferrovie dello Stato, nel succedere ope legis all'azienda autonoma, anche nella titolarit del rapporto di concessione de quo, abbia mantenuto, in relazione a tale rapporto, i poteri spettanti alla concedente, ivi compreso quello di far venir meno, unilateralmente, verificandosi i presupposti previsti dall'ordinamento, il rapporto stesso, e che, correlativamente, nei confronti di tale potere la societ concessionaria restata nella medesima originaria posizione di soggezione. 5. -Le considerazioni che precedono, se sono sufficienti ad affermare la sussistenza, in capo al nuovo ente, del potere di autotutela amministrativa nei .riguardi del rapporto in esame, non si .rivelano, per idonee a risolvere l'ulteriore questione relativa alla permanenza, in capo all'ente medesimo, anche del potere di autotutela esecutiva, estrinsecantesi nell'ordine di rilascio del bene e nella comminatoria, in caso di inottemperanza, della esecuzione d'ufficio. Ed in verit, in ordine a tale ulteriore aspetto del problema, non pu farsi utilmente ricorso all'art. 1, 3 comma, I. 210/85, posto che il potere di coercibilit non inerisce al rapporto di concessione in quanto tale (e non suscettibile, quindi, di essere ricompreso fra quelli trasmessi iure successionis). 128 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Trattasi, infatti, di potere eccezionale spettante alla p.a. nei limiti in cui l'ordinamento, ispirato al principio della legalit dell'azione amministrativa, lo ammette ed rivolto non alla gestione del rapporto concessorio (che, anzi, esso sorge riel momento in cui tale' rapporto sia venuto meno), bens a garantire al soggetto pubblico l'immediata apprensione del bene, una volta che esso, per effetto della risoluzione autoritativa del rapporto, sia detenuto dal privato senza titolo. L'accertamento, quindi, dalla sussistenza o no di un tale potere in capo dell'ente Ferrovie dello Stato, non pu p!'escindere (atteso il disposto dell'art. 823, 2 comma, e.e. che lo riconosce solo per la tutela dei beni demaniali e -1secondo la interpretazione costante della giurisprudenza dei beni patrimoniali indisponibili) dalla definizione del regime giuridico dei beni trasferiti all'ente medesimo. Sotto questo profilo, non ci si pu, quindi, esimere dall'affrontare le complesse questioni che pone l'art. 15 I. 210/85, che di tale regime si occupa ex professo. 5.1. -Pregiudizialmente, occorre, peraltro, ancora una volta osservare come, nella soluzione dello specifico problema, non appare rilevante la natura giuridica del nuovo ente, se esso si atteggi, cio, come ente pubblico economico, o come personificazione giuridica di un'impresa pubblica statale o addirittura come ente strumentale non economico. Non pu negarsi che la I. 210/85 contenga riferimenti contraddittori in ordine alla natura del nuovo ente, come si desume, del resto, da un lato, dal richiamo all'art. 2093 e.e. (che si riferisce sia agli enti pubblici economici in senso stretto, sia alle imprese esercitate da enti pubblici non economici) e, dall'altro, dalla minore autonomia gestionale e programmatoria attribuita all'ente Ferrovie dello Stato, rispetto a quella normalmente riconosciuta ag1i enti pubblici economici. Sta di fatto, per, che, per quel che interessa l'oggetto della presente controversia, anche il riconoscimento alla nuova struttura della natura di ente pubblico economico -che appare al collegio quella maggiormente aderente al complesso delle disposizioni contenute nella I. 210/85 -non sarebbe sufficiente ad escludere (contrariamente a quel che mostra di ritenere la ricorrente) la titolarit di un potere di autotutela esecutiva avente ad oggetto beni indisponibili. A prescindere datla considerazione, infatti, che non si idntraccia, nel nostro ordinamento, uno schema tipico dell'ente pubblico economico, che inquadri rigidamente le attribuzioni di questi ultimi e le modalit di svolgimento della loro attivit (essendo la disciplina legale, ai sensi dell'articolo 2093 c.s., rivolta a prendere in considerazione solo i rapporti di lavoro dipendente intrattenuti con tali enti), sta di fatto che l'affermazione comunemente recepita circa la collocazione in ambito privatistico dell'attivit degli enti pubblici economici attiene essenzialmente al per- f PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA seguimento dei fini istituzionali, e quindi, in definitiva, alla posizione di detti enti in ordine a11o svolgirrnento dell'attivit imprenditoriale, per la quale essi sono costituiti; ma non esplica compiuti riflessi per quel che attiene ai modi atraverso i quali gli enti medesimi organizzano 1a propria struttura e, comunque, tutte le volte in cui es_si agiscono al di fuori dell'ambito della propFia attivit imprenditoriale. In quest'ultimo caso, la titolarit o no di poteri autoritativi non pu essere inferita dalla natura economica dell'ente, ma va definita, di volta in volta, in relazione alla posizione concreta che il soggetto (il quale conserva, comunque la veste pubblica) assume nell'ambito del singolo rapporto e con riguardo al contenuto e all'oggetto del medesimo nonch alla sua causa giuridica. 5.2. Sotto questo profilo, rilievo essenziale viene ad assumere, per quel che concerne la fattispecie, il pi volte richiamato art. 15 I. 210/85, il quale ai primi due commi, dispone testualmente: I beni mobili ed immobili trasferiti all'ente o comunque acquistati nell'esercizio dell'attivit di cui all'art. 2 della presente legge, costituiscono patrimonio giuridicamente ed amministrativamente distinto dai restanti beni delle amministrazioni pubbliche e di essi l'ente ha piena disponibilt secondo il regime civilistico della propriet privata, salvi i limiti_ su di essi gravanti per le esigenze della difesa nazionale. I beni destinati al pubblico servizio non possono essere sottratti alla loro destinazione senza il consenso dell'ente. La societ ricorrente desume, dalla p11evisione secondo cui l'ente ha piena disponibilit dei beni ad esso trasferiti e pu gestirli secondo il regime civilist1oo della propriet privata, la conclusione che anche i beni gi appartenenti al demanio facciano ormai parte del patrimonio disponibile e non vi sia, quindi, spazio, ai sensi dell'art. 823 e.e., per la tutela di essi in via amministrativa, potendo l'ente soltanto avvalersi degli strumenti che sono concessi al privato per la difesa delle proprie ragioni. Gi il collegio ha avuto modo di osservare come tale previsione sia ininfluente, per negare la potest di revoca delle concessioni in atto alla data di entrata in vigore della I. n. 210. Deve, ora, rilevarsi come la previsione stessa sia inidonea anche a sorreggere una conclusione negativa circa la sussistenza in capo all'ente Ferrovie dello Stato del potere di autotutela esecutiva. 5.3. A ben guardare, l'indicazione fornita dal 1 comma dell'art. 15 non fa che riprodurre il regime giuridico proprio dei beni appartenenti , agli enti pubblici non territoriali (fra i quali possono, a ragione, rientrare anche quelli economici), di cui all'art. 830, 1 comma, e.e., il quale sancisce esplicitamente che tali beni sono soggetti alle regole del presente codice ! con ci puntualizzando la loro normale riconduzione -a differenza dei 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO beni che costituiscono il patrimonio degli enti territoriali (che, in base, all'art. 828 e.e., sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, solo subordinatamente all'assenza di una specifica disciplina, a quelle comuni) -al regime civilistico della propriet privata. da notare, peraltro, che lo stesso art. 830 e.e., nel 2 comma, deroga alla regola generale previ:sta dal 1 o comma, per quel che concerne i beni destinati a pubblico servizio, ai quali estende il regime dei beni patrimoniali indisponibili. La destinazione a servire finalit di pubblico interesse , dunque, considerata dal nostro ordinamento condizione sufficiente perch i beni patrimoniali degli enti pubblici non territoriali si collochino in una sfera di disciplina peculiare e formino, conseguentemente, oggetto dei relativi poteri autoritativi da parte della p.a. Tale principio -che, anche in assenza di una specifica previsione della 1. speciale 210/85 dovrebbe ritenersi applicabile ai beni dell'ente pubblico Ferrovie dello Stato -risulta, comunque, esplicitamente ribadito dal 2 comma dell'art. 15 di detta legge, il quale, con lo stabilire la inso~traibilit, senza il consenso dell'ente, alla destinazione di pubblico servizio dei beni in questione, non fa che applicare al caso particolare il regime dei beni patrimoniali indisponibili di cui al 2 comma dell'art. 828 e.e., cos come richiamato dall'art. 830 e.e. 5.4. Pu concludersi, allora, che la previsione del 1 comma del pi volte citato art. 15, secondo la quale l'ente Ferrovie dello Stato ha la piena disponibilit del proprio patrimonio secondo il regime civilistico della propriet privata mentre nulla aggiunge ai principi di carattere generale in. tema di beni degli enti pubblici non territoriali, risulta analogamente circoscritta dall'elemento teleologico della destinazione di taluni beni a pubblico servizio, che rende questi ultimi oggetto di una particolare protezione da parte dell'ordinamento, ivi compresa la tutela esecutiva di cui all'art. 823 e.e., finch tale destinazione non venga meno per effetto di una diversa determinazione dell'ente (il consenso cui si riferisce impropriamente il 2 comma dell'art. 15 l. 210/85), che sottragga esplicitamente o' implicitamente (purch inequivocabilmente) il bene dalla sua adibizione al servizio pubblico. 5.5. Nel corso che interessa, l'area concessa in uso alla societ Nicolai . rientra indubbiamente fra i beni destinati a pubblico servizio,. come dimostrato dalla gi rilevata sua pertinenza agli impianti della stazione di Roma-Ostiense. N a far venir meno tale destinazione pu invocars'i l'atto di concessione d'uso in favore della societ ricorrente, giacch, a prescindere dal rilievo che tale argomentazione costituirebbe una petizione di principio, sta di fatto che anche l'uso particolare, cui la societ stessa stata am f .~ f f r: f PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA messa, appare conforme alla destinazione primaria del bene -che anche quella di servire il trasporto delle merci -costituendone solo una specificazione e non certo una sottrazione. 5.6. Deve, dunque, ritenersi che, una volta revocata la concessione, sussista in capo al nuovo ente anche il potere di ordinare il rilascio del bene, con comminatoria dello sgombero diretto a mezzo dei propri agenti, nella ipotesi di inottemperanza entro il termine assegnato. 5.7. Tutte le considerazioni che precedono danno ragione, insieme, sia della giurisdizione del giudice amministrativo sulla questione oggetto del primo motivo di ricorso, sia della infondatezza della questione stessa. (omissis) SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un. 3 giugno 1987 n. 4844. Pres. Sandulli Est. Corda -P.M. Virgilio (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Soc. Aedilia Nova. Tributi in genere -Accertamento tributario -Imposte indirette -Difetto di motivazione -Sanzione di nullit -Esclusione. Tributi in genere -Contenzioso tributario -Natura -Accertamento non motivato Difetto assoluto Nullit. Poich nessuna norma in materia di imposte di registro e di successione sancisce la nullit dell'accertamento non motivato, la nullit non pu essere dichiarata dal giudice in conformit di un principio normativamente sancito per gli atti processuali che anche espressione di un principio di civilt giuridica (1). Le commissioni tributarie non sono organi di giustizia amministrativa, ma organi di giurisdizione speciale davanti ai quali si svolge un giudizio di impugnazione-merito per l'accertamento del rapporto rispetto al quale la rilevanza di vizi dell'atto impugnato non fine a s stessa ma serve soltanto da veicolo di accesso per la decisione sul merito. Tuttavia la pronunzia del giudice deve arrestarsi al rilievo di invalidit del1' atto se i vizi sono talmente gravi da non consentire l'identificazione degli elementi materiali della pretesa e tali da indurre una sorta di inesistenza giuridica dell'atto (2). (1 -4) Le due sentenze, conformi a varie altre intervenute nello stesso periodo, piuttosto contrastanti nelle premesse, sono strettamente convergenti nelle conclusioni. La prima sentenza nella linea tradizionale riaffermata recentemente (Cass. 3 febbraio 1986 n. 660 e 661, in Foro it., 1986 e 1902) e condi visa dalla Corte Costituzionale ,(3 dicembre 1985 n. 313; Foro it., 1986, 876). La seconda pronunzia riprende l'impostazione (stesso estensore) della sentenza 25 marzo 1985 n. 2085 (in questa Rassegna, 1985, I, 659 con nota cli C. BAFILE). Le due divel1Se impostazioni coinrvolgono d pi importanti principi <;lel diritto tributario ed aprono quindi una discussione sulla quale si dovr tornare. Tuttarvia le conclusioni dei due orientamenti sul punto della nu1lit dell'ac-' certamento non motivato sono ooinddenti: solo un diifetto totale che per l'impossibilit di far conoscere i presupposti materiali del tributo si risolve in una sorta di inesistenza giuridica pu giustificare una dichiarazione di nullit. Sulle PART!l I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 133 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un. 13 luglio 1987 n. 6096. Pres. Bile Est. Cantillo P. M. Virgilio (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Capecchi. Tributi in genere Contenzioso tributarlo Natura Vizi dell'atto di accer tamento Rilevanza. Tributi in genere Accertamento tributarlo Difetto di motivazione Nul lit Requisito minimo di motivazione Fattispecie. Il processo speciale tributario, specialmente dopo la novella del d.P.R. 21 novembre 1981 n. 739, diretto all'accertamento dell'obbligazione ma per .il tramite della impugnazione di atti dei quali verifica la legittimit formale e sostanziale con la conseguenza che, potendosi verificare l'osservanza di norme di azione, oggetto della decisione pu essere il mero annullamento degli atti impugnati (3). Anche nelle imposte indirette, pur in mancanza di norme esplicite, l'accertamento non motivato nullo in applicazione di principi generali sugli atti amministrativi. Tuttavia, poich la funzione dell'accertamento quella di esternare le ragioni del provvedimento per mettere il destinatario nella condizione di esercitare la difesa, la motivazione, in relazion~ alla tipologia dei singoli atti, pu esprimersi anche in forme estremamente semplici e contratte e attraverso forme ripetitive attuate con particolari mezzi grafici, purch risulti idonea allo scopo (4). I 1. -Il ricorso viene all'esame delle Sezioni Unite, quale giudice della giurisdizione, pur se in esso non si configura una questione di giurisdizione in senso tipico. Non si censura, infatti, la decisione impugnata per avere esorbitato dei limiti del potere giurisdizionale del giudice adito (il tipico eccesso di potere giurisdizionale). Si deduce, invece, che l'organo giurisdizionale ha rifiutato la pronuncia su materia ad esso devoluta: si denuncia, in altri termini, un atipico eccesso di potere , nel significato negativo di non esercizio del potere stesso. 2. -Come stato in precedenza riferito, la pronuncia impugnata si sostanzia nell'annullamento dell'avviso di accertamento di valore, il questioni suscitate dalla recente giurisprudenza cfr. BAFILE, Considerazioni diverse sulla natura del processo tributario, in Rass. trib., 1986 I, 393 nonch Recentissime di giurisprudenza sulla natura del processo tributario, ivi, 1987, I, 497.. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c.d. avviso di accertamento in rettifica . E poich l'annullamento di esso comporta (non gi che l'Ufficio tributario debba o possa e~etterne uno nuovo, purgato dei vizi che affliggevano il primo, bens) che diventa definitirvo i.rl valore dichiarato dal contribuente, ecco che l'Amministrazione finanziaria insorge per far rilevare come l'organo giurisdizionale, omettendo in tal modo la pronuncia sul merito della controversia, abbia cosi omesso di esercitare il proprio potere giurisdizionale. Nell'ambito di questa impostazione, la censura proposta dalla Finanza si muove in una duplice direzione. Da un lato, si fa rilevare che stata dichiarata una nullit non comminata dalla legge; dall'altro, che il giudice tributario non pu limitarsi ad annullare l'atto eventualmente viziato, dovendo invece entrare nel merito della controversia cio verificare la fondatezza, o meno, della pretesa tributaria. Il ricorso fondato. I 3. -Il rapporto giuridico oggetto della controversia regolato dalla I legge istitutiva de11'INVIM (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643) la quale, per quanto attiene alle modalit degli avvisi di accertamento in rettifica, ~ rinvia alle disposizioni contenute nella legge di registro. ! :B chiaro che, in virt del principio tempus regit actum, la legge di ! i registro cui occorre fare riferimento quella vigente nel tempo in cui fu concretamente emesso l'avviso di accertamento; e, perci, in concreto, J il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634. :B nel vero l'Amministrazione ricorrente quando assume che non esisteva alcuna comminatoria di nullit di un avviso di accertamento I emesso nel vigore di detta legge. Questa, infatti, prescriveva che l'avviso f di accertamento deve bens essere motivato (art. 49); ma poi non com! minava alcuna nullit per il caso di inosservanza. ~ f. Per compiutezza di indagini, si pu ricordare che nell'ambito della ! riforma tributaria del 1972-73 la nullit dell'avviso cli accertamento per ! omessa motivazione comminata solo per le imposte dirette (art. 42, I secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 633). Non , invece, espressamente comminata per l'imposta di registro, che quella che interessa I in questa sede. Per la verit, sempre nell'ambito delle imposte indirette, la nullit era comminata dalla legge sulle successioni e donazioni (art. 26, terzo I comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637); ma poi, con la legge di modifica (d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914) quella comminatoria scomparsa. Proprio con .riiferimento alla legge or ora citata (il d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914), il quale con l'art. 3 ha sostituito il secondo comma dell'art. 49 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 (il quale ultimo, con la I disgiuntiva al posto della congiunzione, aveva creato seri problemi interl i pretativi circa il contenuto della motivazione dell'avviso di accertamento I l ' I I I PARm I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA us in rettifica), va notato che neppure questa volta il legislatore ha ritenuto di dover comminare la nullit dell'avviso immotivato. La comminatoria di nullit non stata inserita neppure nella nuova legge di registro, di cui al d.P.R. 26 apriile 1984 n. 131. 4. -Il problema, allora, ,di stabilire se una nullit non comminata dalla legge possa essere dichlarata dal giudice. A un quesito di siffatta formulazione non pu essere data risposta negativa, perch la regola secondo cui non pu essere dichiarata una nullit di atti del processo, se questa non comminata dalla legge, non soltanto una disposizione codificata dalla legge processuale (civile e penale), ma espressione di un principio di civilt giuridica, in quanto tendente alla certezza dei rrapporti. N pare che rostacolo possa essere aggirato con l'osservazione che nel campo del diritto tributario sono sostanzialmente equivalenti le espressioni nullit, illegittimit e annullamento; di modo che, indipendentemente dalle formule che venissero di volta in volta adoperate, al difetto di motivazione conseguirebbe in bella sostanza l'annullamento dell'avviso di accertamento, il quale ultimo sarebbe in definitiva un atto amministrativo, come tale soggetto, appunto, all'annullamento per i vizi che sono tipici di tale atto. Una tale enunciazione, infatti, sposta completamente i termini del problema; e introduce, anzi, all'ulteriore discorso che qui deve essere svolto, essendo indubitabile che il vizio in esame (difetto di motivazione) non resta senza conseguenze nel processo tributario, ma deter mina, proprio, quella dichiarazione di illegittimit dell'atto che -come stato detto - veicolo di accesso al susseguente giudizio di merito. 5. -A questo punto viene all'esame il problema riguardante la natura e la funzione dell'avviso di accertamento .e, soprattutto, la con~ figurazione del potere giurisdizionale del giudice tributario (commissioni e corte di appello). Queste Sezioni Unite, con una precedente pronuncia (n. 1472/80) hanno gi avuto occasione di porre in evidenza che le commissioni tributarie non sono organi della giustizia ~ministrativa, ma organi di giurisdizione speciale, davanti ai quali s svolge un giudZio di impugnazione- merito e non un giudizio di impugnazione -annullamen to, Dunque, il giudice tributario investito dall'accertamento del rapporto, con la conseguenza che deve pronunciare con ampiezza di poteri sulla sussistenza dell'obbligazione pubblica (tributaria), e deve, perci, verificare i presupposti e gli effetti di tale obbligazione, cio del rap porto. llltlilllw'=JlllllllCflftl:tllllllllllllWlllllllllllllllfllllllllll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 136 Questa configurazione dei poteri del giudice tributario stata condivisa anche dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 63/82, la quale ha ugualmente parlato di giudizio sul rapporto e non di giudizio di mero annullamento. Dopo qualche oscillazione giurisprudenziale (e ci si riferisce, in particolare, a quelle sentenze che, pur in tema di imposte dirette, limitano inter.pretativamente la comminatoria di nullit soltanto ai casi di totale 'mancanza di motivazione, ovvero di motivazione apparente), il principio dianzi enunciato sembra avere. trovato definitiva conferma, proprio neUa successiva giurisprudenza di queste Sezioni Unite (il riferimento questa volta alle sentenze n. 1322/86 e 66/86). Le ultime pronunce, infatti, contengono le seguenti precisazioni: a) il giudizio tributario un giudizio di impugnazione e concerne la legittimit non solo formale, ma anche sostanziale degli atti impugnati; b) soltanto quando il provvedimento, o atto, impugnato risulti viziato da totale carenza ,., di indicazione degli elementi individuanti della fattispecie, tale da non consentire neppure la identificazione degli elementi materiali e giuridici del rapporto cui correlata la pretesa tributaria, si deve pronunciare la (semplice) invalidazione del provvedimento; c) l'atto (avviso di accertamento) il veicolo di accesso,., al contenzioso che ha per oggetto l'obbligazione tributaria. Questi principi, peraltro, sono stati enunciati in fattispecie attinenti ad avvisi di accertamento relativi a imposte dirette. Ma la regola secondo cui la pronuncia del giudice tributario deve arrestarsi al rilievo dell'invalidit dell'atto, se i vizi di esso sono talmente gravi, sul piano formale, da non consentire neppure la identificazione degli elementi materiali e giuridici della pretesa tributaria (invalidit che si traduce, in definitiva, in una sorta di inesistenza giuridica dell'atto), pu essere ritenuta applicabile, in astratto, anche all'ipotesi di avvisi di accertamento (come quelli relafrvi all'INVIM e all'imposta di registro, dei quali specificamente ci si occupa) per i quali non vi , nella legge, alcuna comminatoria di nullit. 11. chiaro, quindi, che in ogni altro caso (e cio nel caso di non esauriente ma esistente, motivazione dell'avviso di accertamento) il rilievo dl vizio non pu essere fine a s stesso, ma soltanto srve da veicolo per investire il giudice tributario della conoscenza del merito della controversia. 6. -g chiaro, che, a questo punto, s1 mserisce un problema di metodo di valutazione di quell'embrione di motivazione che fosse, per avventura, contenuto nell'avviso di accertamento; si pone, cio il problema di stabilire quando l'atto debba essere semplicemente annullato, PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA e quando, invece, al rilievo della illegittimit formale e sostanziale dell'atto stesso debba seguire il giudizio di merito. Sul punto, per, queste Sezioni Unite si sono espresse con chiarezza (sent. 1322/86, cit.) e, pertanto, non resta che rifarsi a quegli enunciati. Si detto, in particolare, che l'obbligo di motivare gli atti tributari si atteggia diversamente a seconda della natura e funzione che essi hanno in base alle norme loro proprie, gi'acch, accanto ad atti che costituiscono espressione di una funzione di prelievo articolata e complessa ve ne sono altri in cui la funzione viene esercitata in forme estremamente semplici e contratte, tjsolvendosi talvolta nella mera imposizione di una determinata disciplina. in relazione al contenuto tipico e all'oggetto del singolo atto, quindi, che deve essere verificata in concreto l'osservanza dell'obbligo, nel senso che questo deve ritenersi adempiuto allorch la motivazione, ancorch sommaria e semplificata, sia tale da esternare le ragioni del provvedimento, evidenziandone i momenti ricognitivi logico-deduttivi, e consentendo di conseguenza al destinatario di svolgere efficacemente la propria difesa attraverso la tempestiva impugnazione dell'atto. Risulta chiaro, allora, dalla lt!ttura delle riportate proposizioni -le quali vengono incondizionatamente recepite dal Collegio -che l'esistenza di un principio di motivazione (e tale , per fare l'esempio pi attinente al caso concreto, l'indicazione di un presunto valore venale ) comporta la duplice conseguenza di consentire al contribuente una immotivata opposizione e al giudice tributario di entrare nel merito della controversia. Indipendentemente dalla comminatoria, o meno, della nullit, certo che la legge prescrive l'onere dell'Ufficio di motivare gli avvisi di accertamento. Ed intuitivo che ci equivale ad affermare che nel processo di opposizione l'onere della prova resta condizionato dal fatto che l'Ufficio abbia o meno assolto a quell'onere. chiaro, infatti, che se l'Ufficio motiva esaurientemente l'avviso, per opporsi ad esso il contribuente dovr motivare altrettanto esaurientemente la propria opposizione (e, poi, provare in giudizio il proprio assunto). Ma se la motivazione dell'avviso sommaria (il cid. principio di motivazione), intuitivo che l'oppos-izione non potr essere motivata (manca, infatti, quel quid che deve esser contrastato); e, pertanto, nel giudizio dovr essere l'Ufficio a dare la prova del proprio assunto. In definitiva, quindi, la mancanza di una sufficiente motivazione dell'avviso di accertamento per il quale non dalla legge comminata la sanzione di nullit (di quegli avvisi per i quali la nullit comminata non ci si deve occupare in questa sede) comporta per l'Ufficio l'onere di esplicitare in giudizio le ragioni della pretesa. E questo di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 138 mostra che la motivazione anche in funzione deUa difesa del contribuente. t!. peraltro vero che l'insufficiente motivazione dell'avviso di accertamento fa nascere in capo al contribuente un onere, e cio quello della instaurazione del giudizio tributario (di fronte a un'esauriente motivazione il contribuente potrebbe anche acquietarsi); ma il processo tributario gratuito, n va dimenticato che il disagio del contribuente non necessariamente correlato al torto dell'Amministrazione (non detto, infatti, che l'Amministrazione non possa alla fine risultare vittoriosa, solo perch non ha esaurientemente motivato l'avviso di accertamento). Infine (e ci va detto con riferimento proprio al caso di specie), la pronuncia di mero ann.ullamento si manifesta in tutta la sua incongruenza quando non solo il contribuente ha potuto esplicare per intero la propria difesa, ma soprattutto quando il giudice tributario entrato nel merito della controversia, se pure per affermare che neppure nel corso del giudizio l'Ufficio avrebbe dato la piena dimostrazione del proprio assunto. Laddove chiaro, invece, che in tali casi la pronuncia avrebbe dovuto essere di merito, non di semplice annullamento. (omissis) II 1. -Con l'unico e complesso motivo di ricorso, l'Amministrazione critica la decisione impugnata sostanzialmente per due distinti ordini di argomenti: a) denunziando la violazione dei principi che difiniscono l'ambito della giurisdizione tributaria, l'Amministrazione sostiene che la Commissione centrale, una volta ritenuto, per altro erroneamente, l'assoluto difetto di motivazione dell'avviso di rettifica della dichiarazione INVIM~ non poteva limitarsi a rilevarne l'invalidit, ma, trattandosi di un giudizio di accertamento di rapporti e non di mero annullamento, avrebbe dovuto determinare il plusvalore dell'immobile e statuire, quindi, sul suo valore iniziale e sull'ammontare delle spese incrementative; b) denunziando ila violazione dell'art. 20 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, e degli artt. 48 e 49 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, nonch vizi della motivazione, la ricorrente sostiene che erroneamente la decisione impugnata ha ritenuto l'assoluto difetto di motivazione dell'avviso di rettifica di cui si discute, laddove erano stati indicati i valori accertati dall'Ufficio e, sia .. pure in modo sintetico, i criteri adottati nella valutazione, facendosi altres riferimento alla stima effettuata dall'U.t.e., del tutto ignorata dalla pronunzia. La censura sub a) infondata. PARTE I, S!!Z. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Sui problemi di fondo che essa suscita queste Sezioni Unite si sono gi espresse con le sentenze n. 1233 e n. 2246 del 1986 (ed altre coeve), riguardanti controversie sostanzialmente analoghe. Con tali pronunzie si anzitutto negato che la censura dia luogo ad una questione di giurisdizione, in quanto non si dubita che la controversia appartenga alla cognizione del giudice speciale tributario, n che a questo competa il potere di invalidare e di modificare gli atti dell'Amministrazione impugnati. Si contesta, invece, che detto giudice possa limitarsi ad accertarne l'invalidit, sostenendosi che in ogni caso, a prescindere dai vizi dell'atto, dovrebbe statuire sul merito del rapporto (sicch, a ben guardare, pi che un eccesso di potere giurisdizionale, si denunzia un carente esercizio del medesimo). Ma questo problema attiene all'oggetto del process0 tributario e alla tipologia delle decisioni in esso consentite, sicch riguarda le caratteristiche proprie della giurisdizione, non certo i suoi limiti esterni. 2. -La tesi dell'Amministrazione stata ritenuta infondata, poi, alla stregua della nuova disciplina del processo tributario d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 (e succ. modf.), in cui non pu essere pi seguito l'indirizzo dottrinale e giurisprudenziale, largamente prevalente in passato, che ravvisava l'oggetto del processo nel diretto accertamento dell'obbligazione tributaria, a prescindere dagli atti attraverso i quali si esercitava l'azione amministrativa di prelievo e si svolgeva .il rapporto d'imposta, con la conseguenza che diventava irrilevante, in sede giudiziale, il vizio di motivazione dell'atto impositivo, posto che l'omissione o l'illogicit della stessa non poteva mai condurre al rigetto di una pretesa della Finanza che fosse sostanzialmente fondata. Nel sistema del contenzioso vigente, invece, il giudizio ugualmente diretto all'accertamento dell'obbligazione tributaria, ma questo si svolge per il tramite dell'impugnazione di atti, essendo il processo strutturato come impugnativa di specifici provvedimenti dell'Amministrazione, che scandiscono le varie fasi del rapporto di imposta; e il giudizio concerne la legittimit formale e sostanziale degli stessi, sicch, da un lato, vengono in rilievo i vizi relativi alla regolarit degli atti del procedimento e, pi in generale, inerenti all'osservanza di norme di azione e, dall'altro, il riesame del merito del rapporto d'imposta, relativo all'accertamento dell'an e del quantum dell'obbligazione ex lege, avviene in funzione del provvedimento impugnato, in quanto il giudice deve direttamente accer~ tare, nei limiti della contestazione, i presupposti materiali e giuridici della pretesa dell'Amministrazione assunti a fondamento dell'atto mede simo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Inoltre, anche in virt del principio di tassativit dell'elenco degli atti impugnabili, l'accertamento del rapporto rigorosamente circoscritto alla seguenza procedimentale che mette capo al provvedimento impugnato, rimanendo preclusa qualsiasi contestazione riflettente la fase precedente, che 'Si si:a conclusa con un atto compreso fra quelli impugnabili, ma non impugnato o altrimenti diventato definitivo. Questi lineamenti del processo pongono in primo piano, cio, anche ai fini della tutela giurisdizionale, l'esercizio del potere di imposizione, che si estrinseca appunto in una serie normativamente predeterminata di atti, ciascuno produttivo di effetti e in rapporto di autonomia nella complessa dinamica del prelievo; e si comprende bene, quindi, come la pronuncia del giudice tributario debba necessariamente arrestarsi all'an nullamento dell'atto impugnato se i vizi che lo inficiano incidano sulla sostanza stessa del rapporto, precludendo l'indagine sul merito dell'obbligazione tributaria (id est: della fase del rapporto medesimo cui si riferisce quell'atto), come nei casi di incompetenza asso1uta dell'organo che l'ha emesso ovvero di assoluto difetto della motivazione. In particolare, con riferimento a quest'ultima . ipotesi, che qui interessa, la tutela giurisdizionale non pu che consistere nell'invalidazione del provvedimento allorquando la carenza di motivazione sia tale da non consentire l'identificazion~ dei presupposti materiali e giuridici cui correlata Ja pretesa dell'Amministrazione, relativa all'esistenza, alJa quantificazione o all'attuazione dell'obbligazione tributaria; e risulti conseguentemente precluso il controllo di quei presupposti da parte del giu dice tributario, il quale, ai fini del riesame del merito del rapporto, dispone di un ampio potere di indagine istruttoria (che non ha riscontro nel giudizio di accertamento di rapporti innanzi al giudice ordinario), ma non pu, ovviamente, sostituirsi all'Amministrazione nella ricerca della materia imponibile e dei .presupposti del rapporto d'imposta (che debbano essere allegati dall'Amministrazione). Ma il problema relativo al tipo di decisione ormai normativamente risolto, giacch l'art. 21 del d.P.R. n. 636 del 1972 (nel testo introdotto con il d.P.R. 21 novembre 1981, n. 739), mentre dispone in via generale che il giudice, nel caso rilevi un vizio di incompetenza o un diverso vizio dell'atto non concernente l'esistenza o l'ammontare del credito tribu tario, deve sospendere il giudizio ed assegnare un termine all'amministrazione per rinnovare l'atto viziato, esclude che possa provvedersi a rinnovazione. . . quando il vizio consista nel difetto di motivazione . Dalla disposizione chiaramente risulta che: a) in presenza di vizi formali comportanti l'invalidit dell'atto impugnato, precluso al giu dice di procedere direttamente all'accertamento del rapporto, poten do solo disporre -ove ci sia ancora consentito -la rinnovazione dell'atto, con conseguenze diverse a seconda che l'Amministrazione a ~: ~ t f: ~ ~ il -. t PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ci provveda o non provveda, in quanto nel primo caso o cesser la materia del contendere (quando l'impugnativa sia limitata ai VIZI emendati) o il giudizio di accertamento avverr in relazione al nuovo atto, mentre nel secondo caso la pronunzia sar necessariamente di annullamento del provvedimento viziato; b) neppure il potere di ordi, nare la rinnovazione concesso se il vizio consiste nel difetto di motivazione, giacch in tal caso il giudice deve rigorosamente fermarsi a pronunciare la nullit dell'atto, senza alcuna possibilit di esaminare il merito (ci che conferma la natura non sostitutiva del giudizio tributario, nel senso -si ripete -che il giudice, appunto peixh tale, non pu sostituirsi aill'Amministrazione nel ricercare i presupposti materiali del tributo, ma deve limitarsi ad acce11tare I'an e il quantum della pretesa individuata nell'atto). Pertanto, non residua spazio per contestare, sul piano della tipologia dei provvedimenti giurisdizionali, l'ammissibilit di decisioni d~ (mero) annullamento degli atti impugnati, n per negare, in particolare, il potere-dovere del giudice tributario di emettere pronunzie limitate alla dichiarazione di nullit dell'atto impositivo carente di motivazione, potere che doveva essergli riconosciuto, per altro, gi prima della novella del 1981 (come pure stato affermato con le sentenze suddette). 3. -I rilievi svolti conducono altresi a respingere gli ulteriori argomenti addotti dalla ricorrente (nella memoria) specificamente quanto agli accertamenti, in relazione ai quali si deduce che non sempre la carenza di motivazione prevista come causa di invalidit dell'atto e si sostiene che in tal caso il giudice non possa sottrarsi al dovere di esaminare il merito della controversia. g esatto che gli atti riconducibili nella categoria degli accertamenti -intesa in senso lato e perci comprendente ogni atto conclusivo di un procedimento o subprocedimento con cui si accerta e dichiara, con effetto nei confronti del destinatario, l'esistenza in tutto o in parte dell'obbligazione tributaria o di un suo elemento -sono variamente disciplinati quanto al. requisito della motivazione, che solo per alcuni tributi espressamente prevista a pena di nullit (per le imposte dirette, ai sensi dell'art. 42, secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, e per l'IVA, ai sensi dell'art. 56 d.P.R. n. 633 del 1972); in particolare, una tale previsione manca per gli accert.amenti di valore relativi all'imposta di registro e, conseguentemente, all'INVIM, che viene in rilievo nella controversia in esame. Ma la diversit di disciplina non autorizza a ritenere che il difetto di motivazione non possa assurgere a causa di nullit degli accertamenti per i quali questa non sia espressamente comminata. H2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La contraria op1mone, argomentata con riferimento al principio che si ricava dell'art. 156 c.p.c. -per cui la nullit cli atti del processo non pu mai essere dichiarata dal giudice se non stabilita dalla legge -muove da una concezione di indole processuale de'a:ccertamento (riconducibile alla risalente ed incongrua qualifica di mera provocatio ad opponendum) sicuramente da respingere, in quanto si tratta, come ormai genera1mente si riconosce, di un provvedimento amministrativo di attuazione del rapporto di imposta, sorto ex lege con il verificarsi del presupposto del tributo, che incide con effetto vincoJante sulla posizione sostanziale del soggetto passivo (spesso consiste nella rettifica di un atto del medesimo e costituisce altres, anche se contestato, il presupposto di un titolo esecutivo conseguenziale per un immediato pagamento) ed suscettibile di efficacia preclusiva, in quanto, se non impugnato, determina in modo definitivo l'an e il quantum del debito di imposta nei sensi unilateralmente stabiliti dall'Am ministrazione (con conseguenze connesse alla qualificazione come illecito del comportamento del contribuente). L'esigenza di motivare gli accertamenti, quindi, scaturisce in via generale gi dal principio, di rilevanza costituzionale, per cui obbligatoria la motivazione degli atti amministrativi che comportino comprensione dei diritti e degli interessi dei destinatari o che, comunque, a prescindere dalla loro efficacia degradatoria o dalla loro discrezionalit (caratteristiche che non si riscontrano, ovviamente, per gli atti in questione), impongono limitazioni o prestazioni. Inoltre, negli avvisi di accertamento di valore (di cui ai d.P.R. n. 634, 637 e 643 del 1972), la motivazione un elemento dell'atto previsto e regolato dalla legge anche nel contenuto; e non seriamente contestabile che la mancanza o l'in sufficienza di tale requisito possa inficiare la validit degli accertamenti ancorch non specificamente sanzionata. Invece, la distinzione fra gli atti correlata a tale evenienza, a seconda cio, che ne sia o non ne sia prevista la nullit per difetto di motivazione, opera su un piano diverso, nel senso che nei primi -i quali hanno sempre un contenuto complesso precisamente determinato, diretto a garantire il controllo del procedimento e dei criteri prescritti nella ricerca della materia imponibile e nella quantificazione dell'imposta -la difformit dal modulo legale comporta in ogni caso, per una valutazione tipica del legislatore, l'invalidit dell'atto, mentre per i secondi, anche quando sia previsto un modello motivazionale, la difformit non neces. sariamente causa di nullit dell'atto, la quale si verifica solo se la carenza di motivazione incida sulla sua idoneit a svolgere la funzione cui destinato, nel senso innanzi delineato in via generale. Al riguardo, appunto muovendo dalla constatazione che l'obbligo di motivare gli atti tributari si atteggia diversamente a seconda della natu t ~ f 1 ! ! f. ! f: f. ! 1 PARTE I, SEZ. VI1 GIURISPRUDENZA TRIBVTARIA ra e funzione che essi hanno secondo le norme loro proprie, le Sezioni Unite hanno altre volte precisato che l'adempimento dell'obbligo medesimo deve essere verificato in relazione al contenuto tipico e all'oggetto del singolo atto; e che esso deve ritenersi soddisfatto, in via di principio, quando la motivazione sia tale da esternare, ancorch in forma estremamente contratta e semplificata, le ragioni del provvedimento, evidenziando i momenti ricognitivi e logico-deduttivi essenziali, in modo da consentire al destinatario di svolgere efficacemente la propria difesa, attraverso la tempestiva e motivata impugnazione dell'atto, e al giudice di verificare gli aspetti materiali e giuridici della pretesa fiscale (cfr., fra altre, sent. n. 2277 e 1322 del 1986). Pertanto, per gli accertamenti per i quali l'osservanza del modulo legale non specificamente imposta a pena di nullit, il vizio di motivazione dell'avviso si configura quando essa non presenti neppure il contenuto minimo suddetto e perci l'atto, non conforme allo schema eventualmente previsto per il tipo di accertamento, inidoneo a svolgere la sua funzione dichiarativa e partecipativa degli elementi essenziali assunti a sostegno della pretesa, con conseguenziale pregiudizio delle connesse esigenze di controllo della legalit del procedimento e di tutela delle posizioni giuridiche soggettive incise. Non ha giuridico fondamento, poi, la distinzione fra assoluta mancanza della motivazione e insufficienza della motivazione, la quale ultima darebbe luogo a mera illegittimit dell'atto e, in sede di impugnativa giudiziale, pur non precludendo l'esame del merito, influenzerebbe la ripartizione dell'onere della prova, che allora graverebbe interamente sulla Amministrazione. A quesfultima proposizione agevole .obiettare cJ:.ie motivazione dell'accertamento ed onere della prova stanno su piani affatto diversi, in quanto la prima attiene alla (mera) enunciazione degli elementi utilizzati dall'Amministrazione nelle sue determinazioni, il secondo alla dimostrazione di tali elementi (fattuali) in giudizio. L'onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa -sia pure con le particolari caratteristiche che esso assume nel processo tributario (in cui il giudice dispone di ampi poteri officiosi di indagine) ......:.. in via di principio incombe sempre all'Amininistrazione, anche quando l'atto sia compiutamente motivato; e il carattere sommario della motivazione pu solo comportare -tenuto conto, in ogni caso, dei limiti della contestazione -un maggior impegno probatorio o richiedere un'ulteriore allegazione, con le modalit e nel termine stabilito dalle norme del processo. Inoltre, la nullit dell'accertamento (non espressamente comminata) correlata alla sua inettitudine ad assolvere la propria funzione e perci -rispetto al requisito della motivazione -solo a fini meramente descrittivi dato ipotizzare una categoria di atti irregolari, ma validi: se la 144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO motivazione, ancorch sommaria o difforme dal modello normativo, adeguata alla funzione dell'atto, questo valido e l'irregolarit non produce conseguenze giuridiche; in caso contrario, l'inadeguatezza della motivazione inficia la validit dell'atto e non consente, come si visto, il giudizio di merito. 4. -B fondata, invece, fa censura sub b). L'art. 49 della previgente legge di registro n. 634 del 1972 (modif. dall'art. 3 del d.P.R. n. 914 del 1977), applicabile anche all'INVIM in forza del rinvio di cui all'art. 20 del d.P.R. n. 643 del 1972 (modif. dall'art. 6 della legge n. 694 del 1975), stabilisce che l'avviso di accertamento deve contenere l'indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni e diritti in esso descritti, nonch il criterio seguito dall'ufficio per la determinazione del valore venale attribuito ai beni o diritti medesimi, secondo le indicazioni di cui al precedente art. 48 ; e questa disposizione indica, appunto, i metodi con i quali va effettuata la stima (cio, per gli immobili, il metodo comparativo o quello di capitalizzazione del reddito), sicch la motivazione risulta finalizzata allo scopo di controllare il criterio in concreto seguito e gli elementi all'uopo utilizzati (va segnalato che l'art. 52, secondo comma, del T.U. dell'imposta di registro ora in vigore, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, stabilisce che l'avviso deve contenere gli elementi... in base ai quali stato determinato il valore ai sensi dell'art. 51 e questa disposizione riproduce sostanzialmente il precedente art. 48). Sennonch occorre considerare, anzitutto, che la motivazione non imposta a pena di nullit, sicch la sua sufficienza deve essere concretamente apprezzata in termini di idoneit dell'atto, nei sensi innanzi precisati. Inoltre, il difetto di motivazione non va confuso con il mancato rispetto del. disposto dell'art. 48, cio con l'adozione di un criterio non previsto o incongruo: il primo un vizio attinente alla regolarit formale (contenuto-forma) del provvedimento e si configura, al limite, anche se sia stato adottato uno dei metodi prescritti, ma nulla venga detto nell'atto, sicch la stima risulti del tutto immotivata (lo stesso accade se, pur essendosi proceduto alla stima, nessun valore venga esposto nell'atto, il quale non enuncia, quindi, alcuna determinazione dell'Amministrazione); per contro, l'adozione di un metodo estimativo non conforme al tipo di bene valutato (ad es., se un'azienda non venga stimata in modo analitico) ovvero il ricorso -non imposto da assoluta necessit -ad un criterio diverso da quelli indicati, pu dar luogo ad un vizio del procedimento di accertamento e ad una valutazione ingiusta, ma non certo immotivata, se il criterio erroneamente seguito risulti tuttavia esposto nel provv~dimento. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIJiUTARIA HS Il quale adempie cos alla funzione di esternare le determinazioni dell'ufficio e le ragioni che le sorreggono, per modo che dato al destinatario e poi al giudice di individuare la pretesa e sindacarne la fondatezza; e, non riscontrandosi perci difetto di motivazione, l'errore riguardante il criterio di stima si risolve in un motivo dell'accertamento giudiziale, con la conseguenza che, se il valore del bene risulter conforme a quello dichiarato dal contribuente ovvero inferiore a quello determinato nell'atto impugnato, questo sar eliminato e, rispettivamente, sostituito dalla decisione giurisdizionale di merito. In questa ottica, e tenuto conto che la determinazione del valore di immobili e diritti reali immobiliari implica per lo pi un giudizio sintetico (sicch non si pu esigere, di massima, una motivazione articolata come quella della stima analitica), deve essere riaffermato il principio numerose volte enunciato da questa Corte, secondo cui l'obbligo dell'Amministrazione di motivare gl avvisi di accertamento di valore degli immobili, imposto dalle disposizioni suddette, deve ritenersi soddisfatto quando la motivazione consenta di individuare quale dei metodi di stima previsti dalla legge sia stato prescelto o, comunque, quali criteri siano stati seguiti nella valutazione ed altres di conoscere, sia pure in modo sommario, gli elementi qualificativi del pene o comparativi all'uopo utilizzati. N l'attitudine dell'enunciato dell'atto a comunicare questi dati (elementari) pregiudicata, in via di massima, dall'uso di formule ripetitive o di particolari mezzi grafici, che sono strumenti di una tecnica semplificatrice non raffinata (e non commendevole), ne astrattamente idonea allo scopo e, per altro, correlata a giuste esigenze di razionalizzazione e di speditezza dell'azione amministrativa; anche in queste ipotesi, quindi, la sufficienza della motivazione va apprezzata di volta in volta, con riguardo all'enunciazione, o meno, del contenuto minimo suddetto in riferimento al caso concreto. Nella specie, la Commissione tributaria centrale, dopo avere esattamente affermato che l'avviso di accertamento deve essere motivato e che la motivazione non pu consistere nella sola contrapposizione dei valori determinati dall'ufficio, ha ritenuto invalido l'avviso in questione in biise all'unico rilievo che aMa mancanza di motivazione va parificata la motivazione stereotipata . Nella decisione non si precisa quali fossero gli elementi indicati nell'atto e si pu solo supporre che essi consistessero nel generico riferimento a qualit dell'immobile (consistenza, ubicazione, etc.). Anche muovendo da tale premessa, per, la conclusione risulta arbitraria, giacch, come si detto, l'uso di formule reiterative e predisposte a stampa non autorizza 146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad esprimere a priori un giudizio negativo sulla sufficienza della motivazione dell'avviso, che deve essere verificata in concreto, nel contesto dell'atto e in relazione alla natura del bene stimato. La Commissione ha trascurato siffatta indagine e, soprattutto, non ha tenuto conto del.l'esistenza di una stima dell'U.t.e., menzionata nell'av-~ : viso, ma non allegata ad esso, sulla quale aveva fondato la propria decisione la Commissione tributaria di secondo grado. Ora il .richiamo alla stima U.t.e. di per s d consistenza alla motivazione, a nulla rilevando che l'elaborato tecnico non si trovi allegato all'avviso o in esso integralmente riprodotto. Da un lato, quel riferimento conferisce concrt:tezza agli altri elementi esposti nell'atto e alle determinazioni adottate, dovendosi presumere che siano espressioni di una ponderata e specifica valutazione; dall'altro, consente gua1mente al contribuente di verificare funditus, -prima di proporre la contestazione giudiziale -, i criteri e gli elementi assunti per la stima, prendendo visione del relativo elaborato presso l'Ufficio che ha emesso l'avviso. Questa Corte, del resto, si gi pronunziata allo stesso modo in relazione ad un accertamento di valore del tutto uguale, affermando appunto che l'avviso di maggior valore pu fondarsi anche sul richiamo alla stima dell'U.t.e., che sufficiente ad integrare una valida motivazione qualora siano indicate le caratteristiche dell'immobile considerate, come la consistenza, l'ubicazione e la qualit (Cass. 7 giugno 1982, n. 3436). II;.::(Omissis). ' . . ' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1987 n. 5052 Pres. Zucconi Galli Fonseca Est. Finocchiaro -P. M. Paolucci (conf.). Amantini (avv. de Jorio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). I I I Tributi erariali diretti Accertamento induttivo Sottoscrizione di azio I ni . Presunzione di capacit economica Legittimit. iif:l (D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 39). I ~ f: In materia di accertamento dell'imposta sui redditi in via induttiva, ~ la sottoscrizione dell'aumento di capitale di una societ, con il conseguente onere di versamento, pu costituire elemento per la determinazione del reddito, mentre a carico del contribuente la prova contraria Il che la disponibilit patrimoniale riferibile a redditi prodotti in anno t I I r:: diverso o a redditi esenti o gi assoggettati a ritenuta di imposta; ci perch in tema di presunzioni semplici, legittimamente utilizzabili per : ; .. I : '. ~~ f: f: PARTE I, SBZ. VI, GIURISPltUDBNZA TRIBUTARIA 147 l'accertamento induttivo, la relazione tra fatto noto e fatto ignoto non deve avere carattere di necessit ma solo di mera probabilit (1). (Omissis). Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione del l'art. 41comma4, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 per avere la Commissione Tributaria Centrale disatteso il principio di diritto enunciato da questa Corte in molteplici occasioni e per il quale il reddito, presupposto gene tico dell'obbligazione tributaria, non pu arbitrariamente presumersi dalla sottoscrizione di azioni costituenti un mero investimento di capitale. Con il secondo motivo si deduce violazione degli art. 2697, 2727, 2729 e.e. -e degli artt. 38 e 41 d.P.R. n. 600 del 1973, nonch difetto di motivazione per avere la Commissione Tributaria Centrale ritenuto che gli elementi presuntivi posti dall'Ufficio finanziario a fondamento dell'accertamento avevano quei requisiti di gravit, precisione e concordanza che spo stavano sul contribuente l'onere di dimostrare il contrario sulla base di affermazioni apodittiche e indimostrate. Secondo i ricorrenti, poi, gli stessi vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione sono ravvisabili nella quantificazione del reddito in una misura talmente elevata da uscire completamente, al tempo stesso, dal campo delle presunzioni e da quello della realt, quando a fronte di una sottoscrizione di azioni per l'ammontare di lire 250.000.000 si presume un reddito di lire 130.000.000 e cio un investimento di capitale per sotto scrizione di azioni di una societ viene considerato proveniente da redditi prodotti nel 1975 nella misura del 55 % del capitale investito. I due motivi di ricorso da esaminarsi congiuntamente in quanto logi camente connessi, appaiono infondati sulla base delle considerazioni che seguono. La questione sottoposta a questa Corte consiste nello stabilire se in sede di accertamento sintetico dei redditi legittimamente compiuto dal l'amministrazione finanziaria (l'illegittimit di tale forma di accertamento solamente adombrata nel ricorso senza che sul punto vi sia alcuna espressa censura) possa costituire valida presunzione dell'esistenza di un reddito tassabile il compimento di una operazione di sottoscrizione di aumento di capitale sociale evidenziante una notevole capacit e dispo mbilit economica. L'art. 38, comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, stabilisce espres samente che se il reddito complessivo risultante dalla determinazione analitica inferiore a quello fondatamente attribuibile al contribuente in base ad elementi e a circostanze di fatto certi, l'ufficio determina sinte (1) Massima di evidente interesse. Sul grado di verisimiglianza della presunzione secondo l'id quod plaerunque accidit V. Cass. 21 maggio 1984 n. 3109 in questa Rassegna, 1984, I, 776. 11 HB RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ticamente il reddito complessivo netto in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze; mentre il successivo comma 5 dello stesso articolo faculta il contribuente a dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, aggiungendo che l'entit di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione . Non ignora il Collegio che questa stessa sezione con una non recente sentenza ha affermato il principio secondo cui una isolata acquisizione di beni, quale mera operazione patrimoniale, non sufficiente a consentire l'applicazione dell'art. 137 del t.u. n. 645 del 1958, ove non sia dimostrata la sua connessione e dipendenza, attraverso congrui elemenrti, dai redditi prodottisi nel medesimo anno che assicurino una maggiore capacit contributiva, per il motivo che da siffatta operazione pu dedursi soltanto la disponibilit temporanea di un cor.r.ispondente capitale, senza che vi sia alcun elemento, nell'operazione stessa, per dedurre l'esistenza di un reddito che abbia concorso a formarlo, parzialmeil!te o no, nello stesso anno (Cass. 15 dicembre 1980, n. 6615). Non ritiene .per la Corte di poter segu~.re tale precedente che, nella sua assolutezza, ancorata ad una ormai superata giurisprudenza in tema di prova presuntiva, si appalesa contrario al disposto della norma innanzi citata. Se l'accertamento sintentico pu essere basato su presunzioni per espressa disposizione di legge (l'ufficio determina sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze) e se tale presunzione pu essere basata su qualunque elemento e circostanza , non esiste alcun motivo per escludere aprioristicamente una operazione patrimoniale rivelatrice di una notevole ~ disponibilit economica fra gli elementi e le circostanze dai quali dedurre presuntivamente l'esistenza di un reddito purch della presunzione sus sistano i presupposti. Seppure esatto che l'operazione di sottoscrizione di aumento di I capitale sociale -con il conseguente onere di versamento a carico del sottoscrittore -non indice esclusivamente dell'esistenza di un reddito Iprodotto nell'anno, non pu per escludersi che una tale disponibilit possa derivare anche dall'esistenza di un reddito e ci sufficiente per ! fondare su tale elemento una determinazione sintetica del reddito. if L'art. 38, d.P.R. cit., richiede la certezza degli elementi e delle cir~ ! costanze di fatto (nella specie: la sottoscrizione, per un determinato ammontare, dell'aumento di capitale sociale) ma non anche la certezza I della riferibilit degli elementi e delle circostanze prese in considerazione ! al reddito. ! I I I - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il giudizio di riferibilit dell'operazione patrimoniale all'esistenza di un reddito il frutto di una presunzione semplice tratta dall'Ufficio e di cui la Commisisone Tributaria Centrale ha dimostrato la legittimit sulla base di una serie di valutazioni di fatto, inoensurabHi in questa sede in quanto conformi al principio costantemente affermato e per il quale in tema di prova per presunzioni non occorre che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibile dei fatti accertati in giudizio secondo un legame di necessariet assoluta ed esclusiva, bastando invece che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di probabilit, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienze colte dal giudice per giungere all'espresso convincimento cil'lca tale probabilit di sussistenza e la compatibilit del fatto supposto con quelo accertato (Cass. 4 maggio. 1985 n. 2790; Cass. 22 agosto 1984 n. 4672; Cass. 21 maggio 1984 n. 3109; Cass. 29 ottobre 1983 n. 6444; Cass. 20 di cembre 1982 n. 7026; Cass. 4 agosto 1982 n. 4376), dovendo ritenersi superata quella giurisprudenza -alla quale implicitamente si riferita Cass. n. 6615 del 1980 -secondo cui nelle presunzioni semplici il fatto ignoto, cui si risale dal fatto noto, deve profilarsi, in base alle regole di comune esperienza, come conseguenza univoca e necessaria, e quindi come la sola conseguenza logicamente ipotizzabile, del fatto noto, e non come il risultato di una deduzione solo probabile la quale non escluda ragionevoli dubbi (Cass. 2 luglio 1981 n. 4295; Cass. 29 giugno 1981 n. 4222). N in contrario alle conclusioni dell'Ufficio e, soprattutto, al giudizio espresso dalla Commissione Tributaria Centrale, che viene in questa sede immediatamente in rilievo, vale dedurre una pretesa perplessit di motivazione della decisione di quest'ultima, che, nel riferire ad una serie di motivi la causa della disponibilit delle somme (disinvestimento patrimoniale a seguito di alienazione di immobili o di titoli esenti da imposte o soggetti a ritenute alla fonte, risparmio etc.) dimostrerebbe l'insussisteza degli elementi idonei a fondare la presunzione. La tesi difensiva, seppure abilmente prospettata, non ha pregio, in quanto Ja Commissione, considerata Ja riferibilit della disponibilit patrimoniale ad una pluralit di fattori e rilevata l'inattivit dei contribuenti che non avevano fornito quelle prove loro incombenti ex art. 38, comma 5, d.P.R. cit. e facilmente acquisibili per dimostrare la non riferibilit della disponibilit economica ad un reddito prodotto nell'anno in contestazione, ha tratto proprio da tale inattivit ulteriore argomento per la fondatezza della presunzione, sicch il richiamo alle possibili cause invocabili, ma non invocate per il superamento di quest'ultima, cosHtuisce ulteriore prova della fondatezza della presunzione e non anche dimostra zione della sua insussistenza. .X :W.-> <-x'W.-> ::: X .. ::::: 150 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Inammissibile perch propone una questione di fatto la censura di arbitrariet della determinazione del reddito in L. 130.000.000 a fronte di una disponibilit economica accertata di L. 250.000.000. Parimenti inammissibile infine la deduzione del vizio di motivazione dell'accertamento tributario trattandosi di questione nuova e non proposta innanzi alla Commissione Tributaria Centrale. Concludendo, si deve quindi ritenere che in materia di accertamento dell'imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione dell'art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, la sottoscrizione da parte del contribuente dell'aumento di capitale di una societ, con il conseguente onere di versamento, pu costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente ;il reddito complessivo netto, mentre a carico del contribuente la prova contraria che la disponibilit patrimoniale non .dipende da redditi prodotti nehl'anno o dipende da redditi esenti da imposte o in ordine ai quali sia gi stata effettuata la ritenuta alla fonte, in quanto in tema di presunzioni semplici, che l'ufficio finanziario legittimato ad applicare per l'accertamento sintetico, la relazione fra fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessit, ma di mera probabilit. A tali principi si attenuta la decisione impugnata ed il ricorso contro la stessa proposta va rigettato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 giugno 1987 n. 5624 Pres. Bologna Est. Catamo -P. M. Di Renzo (diff.) -Guarino c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Salimei). Tributi in genere -Contenzioso tributarlo -Estinzione -Dichiarata dal presidente Reclamo al collegio Accoglimento Appellabilit Esclusione. (D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 44; c.p.c. art. 308). In applicazione dei principi generali desumibili dall'art. 308 c.p.c., l'ordinanza collegiale che accoglie il reclamo contro l'ordinanza del Presidente che dichiara l'estinzione non appellabile (1). (Omissis). Il ricorso fondato. L'ordinanza della Commissione Tributaria di 1 Grado, con cui venne revocato il provvedimento di estinzione del processo pronunciato dal Presidente della stessa Commissione non era infatti impugnabile. (1) Decisione di evidente esattezza che va segnalata per la precisa individua zione del rapporto tra norme speciali del processo tributario e principi generali del processo. PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La sua inoppugnabilit trova la propria fonte normativa non tanto nelle norme contenute negli artt. 17, comma 2, e 35, comma 3 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (la cui effimera ,esistenza, tra l'altro, venuta meno con iii nuovo testo degli stessi articoli introdotto, rispettivamente, dagli articoli 8 e 23 del d.P.R 3 novembre 1981, n. 739), all'applicazione delle quali potrebbe fare da limite l'argomentazione a contrario che si potrebbe ricavare dalla loro specifica previsione per i rispettivi casi tipici disciplinati, e non quindi per altri casi 'SImdli ricorrenti nella stessa legge; n pu trovarla nel comma primo dell'art. 39 del medesimo d.P.R. n. 636/72, dato che la norma di rinv.io in esso contenuta, compatibilmente con le disposizioni di tale decreto e delle leggi disciplinanti le singole imposte, riguarda esclusivamente le norme contenute nel libro primo del codice di procedura civile, tra cui non se ne rinviene alcuna adattabile al caso di specie. La trova, invece, nel principio desumibile dall'art. 308 c.p.c., come estensibile razionalmente alla materia de qua, alla cui applicazione nei procedimenti dinanzi alle commissioni tributarie non di ostacolo l'apparente limite derivante dalla predetta norma di rinvio contenuta nell'art. 39 del d.P.R. n. 636/72. In virt di essa, infatti, con la riserva circa l'eventuale incompatibilit di cui si detto, l'intero primo libro del codice di procedura civile, con le tassative esclusioni nella stessa previste, viene ad essere sostanzialmente incorporato nel testo della nuova disciplina del contenzioso tributario, evitando l'ingombro della ripetizione letterale dei suoi singoli articoli. Si tratta, come si vede, di un espediente di tecnica legislativa, peraltro molto diffuso in materia processuale, che, lungi dall'inibire per vie indirette (art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale), un collegamento tra legge \richiamante e legge richiamata, ne rivela anzi l'intima connessione, se non il vero e proprio rapporto di filiazione tra l'una e l'altra, posto che la parte del codice di procedura civile richiamata costituita dalle disposizioni di carattere generale. Se, quindi, il procedimento del contenzioso tributario pu essere ispirato ai principi che regolano il processo civile, a questo si deve ispirare, a norma dell'art. 12, c.p.v., delle disposizioni sulla legge in generale, nei casi in cui manchi di una disciplina propria. Pertanto, siccome per l'art. 308 c.p.c. contro l'ordinanza di estinzione del processo ammesso reclamo al collegio, il quale, se l'accoglie, provvede con ordinanza non impugnabile , evidente che nel caso .di specie l'ordinanza della Commissione Tributaria di l Grado, con oui venne accolto il reclamo contro il provvedimento di estinzione pronunciato dal Presidente della stessa Commi~ssione, era inoppugnabile. Correttamente, quindi, la Commissione Tributaria di 2 Grado dichiar inammissibile l'appello proposto dall'Ufficio contro letta ordinanza; ed illegittimamente, in conseguenza, la sua decisione venne annullata dalla RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 152 Commissione Tributaria Centrale, il cui provvedimento, pertanto, deve essere, a sua volta, _annullato da questa Corte, con rinvio alla stessa Commissione Tributaria Centrale per nuovo esame. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 luglio 1987 n. 5812 -Pres. Falcone -Est. Senofonte -P. M. Amirante (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Chir. Tributi in genere -Tributi erariali indiretti -Accertamento -Motivazione Insufficienza -Mera illegittimit -Giudizio di merito -Ammissibilit. L'accertamento, quale atto non discrezionale diretto a identificare i dati storici di concretizzazione della fattispecie, deve avere una motivazione la cui mancanza comporta una invalidit che non ammette una graduazione in ragione del totale o parziale difetto. Tuttavia l'invalidit si concretizza in una annullabilit (o illegittimit) sanabile con il raggiungimento dello scopo e che non preclude il giudizio di merito (1). (Omissis). Denunciando violazione dell'art. 20 d.P.R. 643/1972 e dell'art. 49 d.P.R. 634/1972, anche con riguardo al principio generale di cui all'art. 156 c.p.c., l'Amministrazione ricorrente contesta che l'accertamento del maggior valore, ai fini delle imposte di registro e INVIM, debba essere motivato a pena di nullit. Deduce, inoltre, che la pretesa nullit sarebbe stata, comunque, sanata, nella specie, per raggiungimento dello scopo. Aggiunge, infine, che la Commissione centrale non avrebbe potuto, in ogni caso, limitarsi a dichiarare nullo l'atto impugnato, avendo la impugnazione dell'accertamento natura di impugnazione-merito , non di impugnazione-annullamento . Premesso che, contrariamente a quanto sostenuto con la memoria e ribadito nella discussione orale dall'Amministrazione finanziaria, la censura non involge un problema di giurisdizione, poich si controverte non sulla giurisdizione del giudice tributario, ma sulla tipologia delle decisioni che egli, in relazione all'oggetto del processo, pu adottare, il ricorso fondato. La decisione impugnata si muove nel solco di un nutrito filone giuri sprudenziale (v. tra le sentenze pi recenti, Cass. 4129/1985, 4541/1984, 5325/1983 e altre), secondo il quale nullo l'avviso di accertamento motivato con formule generiche, stereot1pate o di stile, in ciclostile o (1) Decisione da condividere pienamente e conforme ad un fermo indirizzo perseguito di recente anche dalle Sezioni Unite (sentenza 3 giugno 1987 n. 4844 e 13 luglio 1987 n. 6096, .iJil questo fascicolo pagg. 132 e 133). Ma di questa pronunzia va segnalata la eccezionale ricchezza argomentativa nell'apporto di nuova materia che merita attenta riflessione. A- PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 153 stampigliate, privo, comunque, di specifici riferimenti al caso concreto (motivazione c,d. apparente). Senza disconoscere le esigenze di buona amministrazione e di difesa del cittadino alle quali questo orientamento chiaramente ispirato, si deve, tuttavia, ammettere che non sul piano delle ripetitivit espressive o dei mezzi grafici usati (modeste tecniche di razionalizzazione e di speditezza dell'azione amministrativa suggerite da problemi noti di un settore che non favorisce certo esercizi di creativit strnstiche) pu misurarsi l'attitudine della motivazione ad assolvere la sua precipua funzione di informare il .contribuente sugli elementi (veri o non veri) utilizzati dall'Amministrazione per l'accertamento dell'imponibile, s da consentirgli di opporre le proprie ragioni. L'uso (eventualmente) distorto di queste tecniche non attiene, infatti, alla regolarit fol'llllale (contenuto-forma) deWatto, ma pu influire, se mai, sul terreno probatorio della pretesa con esso affermata e sulla ripartizione dei relativi oneri, nei limiti in cui di questi ultimi dato parlare in un processo largal]J.ente aperto a poteri officiasi di indagine e, come tale, soggetto al principio inquisitorio. Pertinente, al contrario, il rilievo che non pu ritenersi validamente motivato l'accertamento avulso dai parametri legislativi (vincolanti) di valutazione. Ma su questo (diverso) piano non vi , anzitutto, spezio per le grada zioni di invalidit evocate dalla risalente distinzione tra motivazione (del tutto) omessa e motivazione insufficiente, che darebbero, rispettivamente, luogo alla nullit radicale (inesistenza giuridica) o alla semplice illegittimit (annullabilit) dell'atto, con rilevanti conseguenze applicative (specie in ordine alla sua integrabilit e operativit) significativamente testimoniate dalle sentenze gi citate. Nel campo del diritto amministrativo, infatti, questa distinzione pu correttamente proporsi solo in relazione ad atti autoritativi, e, in particolare, ad atti contrassegnati da note di discrezionalit (vera e propria) circa il perseguimento di uno specifico interesse pubblico, nel senso che, per stabilire, nei casi singoli, se esso s1a stato adeguatamente apprezzato e meriti, quindi, di essere realizzato, gli organi cui ne affidata la cura debbono dar conto delle propde scelte, le quali proprio perch rimesse alla valutazione (discrezionale, appunto) degli autori esprimono, inevitabilmente, tassi variabili di soggettivit e si prestano, dunque, ad essere motivate pi o meno compiutamente. Pare ovvio dedurne che eventualit di questo tipo non siano ipotizzabili riguardo ad atti non consegnati a valutazioni di convenienza in ordine alla realizzazione di un particolare interesse pubblico, in quanto diretti solo alla ricognizione in concreto degli elementi di fatto di una fattispecie normativa per s definita (chiusa) e che richiede, quindi, solo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di essere attuata sulla base di criteri rigidamente precostituiti, pur se da specificare caso per caso e suscettibili, dunque, al pi di apprezzamenti (non di merito, m}l esclusivamente) tecnici, da esternare nella motivazione in senso largo. La quale, non configurandosi, in casi siffatti, scelte discrezionali da giustificare, nell'interesse della collettivit, si esaurisce nell'esposizione dei dati storici di concretizzazione della fattispecie astratta preindicati dalla legge e tutti insieme, se plurimi e cumulativamente previsti, destinati a strutturare la motivazione , Con la conseguenza che, se anche solo parzialmente negletti, quest'ultima, pi che semplificata, insufficiente o sommaria, deve considerarsi omessa, perch difforme da quella legale, e, quindi, concettualmente non distinguibile dalla motivazione del tutto mancata. . In questa seconda categoria di atti si iscrive l'accertamento concernente l'imposta di registro (e, per rinvio, l'INVIM), istituzionalmente preordinato alla (mera) .quantificazione del valore imponibile (base normativa dell'imposizione) mediante l'applicazione di parametri tassativi, anch'essi predeterminati ex lege (combinato disposto degli artt. 48 e 49 vecchio e nuovo testo della previgente legge sul registro), che, nel caso in esame, non risultano neppure enunciati. L'atto, per s preso, , quindi, senza dubbio invalido. Ma sulla individuazione della specie di invalidit, il Collegio non , condivide il drastico giudizio di nullit (inesistenza) emesso dalla Commissione centrale, privo, peraltro, di specifiche argomentazioni, avendo essa dato per scontato che sia proprio questa la sanzione correlata alla mancanza di motivazione, senza considerare affatto, per lo meno, che di codesta sanzione non vi traccia nella legge sul registro in vigore alla data di notificazione dell'avviso (sul punto, del resto, non innovata, dalla legge vigente) e che la nullit appare sanzione difficilmente configurabile per gli atti amministrativi (compreso, pertanto, l'avviso di accertamento) non (o insufficientemente) motivati, e, per questo, tradizionalmente ritenuti, se cos viziati, semplicemente illegittimi o annullabili. N indicazioni di segno contrario esibisce la disciplina del contenzioso tributario (riformato), che, anzi, annoverando espressamente il difetto di motivazione tra i canali di accesso al giudizio (esclusivo) delle Commissioni e ammettendo, quindi, il consolidamento dell'atto, se non ritualmente impugnato (art. 13, 1I1el testo novellato dall'art. 21 del d.P.R. 739/1981), ne attesta univocamente la sola annullabilit ed esclude, dunque, che esso possa qualificarsi radicalmente nullo o inesistente. In quest'ottica si inserisce, a pieno titolo, la questione (del cui mancato esame l'Amministrazione fondatamente si duole) riguardante la dedotta sanatoria dell'invalidit per raggiungimento dello scopo, in riferimento alle articolate contestazioni mosse nel merito dall'opponente ai criteri di accertamento utilizzati dall'ufficio, rivelatrici -esse -dell'atti PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA tudine della motivazione concretamente adottata a consentire un'adeguata difesa del destinatario, la cui sola potenzialit stata altre volte ritenuta perfino idonea, esaltando la funzione processuale dell'atto, a neutralizzare l'invalidit astrattamente imputabile alla preterizione dei parametri legislativi di valutazione. E, se anche Ja questione dovesse essere negativamente risolta dal giudice del rinvio, il giudizio non potr, comunque, esaurirsi con una pronuncia di (mera) invalidazione dell'atto impugnato, ma deve approdare ad una decisione di merito. , al riguardo, ampiamente noto che sulla individuazione dell'oggetto (atto o rapporto) e della natura (costitutiva o ,dichiarativa) del processo tributario persistono 'dissensi, per buona parte dovuti a disparit di opinioni in ordine alla fonte stessa (legge o atto impositivo) del debito d'imposta e, di conseguenza, alla natura (provvedimentale o non) dell'accertamento. noto, altres che' sulla questione (apparsa datata, dal punto di vista del diritto processuale civile, stante la traduzione in norma positiva -art. 161 c.p.c. -del principio 'di conversione dei motivi di nullit in motivi di gravame e dell'assorbimento dell'invalidazione nella impugnazione) prevalso, fino ad epoca ,reaente, nella giurisprudenza di questa Corte l'orientamento favorevole alla configurazione del processo tributario come giudizio (non di annullamento, ma) di impugnazione-merito , avente, come tale, per oggetto (non l'atto impugnato, ma) il rapporto d'imposta (Cass. 3047/1984, 1472/1980, 742/1977 e altre). Ripensamenti (testimoniati, soprattutto, dalle sentenze nn. 2277, 2246 e 1322 del 1986) sono, peraltro, emersi (anche se gi prima, sebbene meno risolutamente, proposti) a seguito della emanazione del d.P.R. 739/1981, con particolare riguardo al nuovo testo dell'art. 21 d.P.R. 636/1972, interpretato, tra l'altro, nel senso che il difetto di motivazione conduce all'annullamento (senza residui) dell'atto impugnato. Questa conclusione si inserisce in un quadro argomentativo pi vasto, che recepisce puntualmente l'opinione (diffusa in dottrina) secondo la quale anche il riesame del rapporto avviene in funzione dell'atto impugnato e, quindi, del suo eventuale annullamento. Ma, con sentenze deliberate nell'udienza del 20 novembre 1986, le Sez. un. di questa Corte hanno restaurato il precedente indirizzo (condiviso anche daltla Cor,te cost., con le sentenze n. 313/1985, n. 63/1982, e fatto, altres, dichiaratamente proprio -conviene dirlo -dalla Relazione allo schema del decreto n. 739 cit.): al quale il Collegio intende ora attenersi. Nessuna convincente spiegazione, infatti, risulta fin qui fornita della compatibilit tra giudizio di (semplice) annullamento e potere del giudice tributario di determinare, sostitutivamente, l'imponibile contestato: potere, che, in presenza di norme univoche (quali, ad es., l'art. 15 d.P.R. 602/1973, 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I gli artt. 60 e 61 d.P.R. 633/1972, agli artt. 54 e 73 d.P.R. 634/1972, ecc...), non !: si vede come possa essere disconosciuto e che, necessariamente, si tra t I I i: duce in decisioni di merito, nel senso, processualcivilistico, di attribuzione del torto o della ragione, all'esito di un giudizio che, vertendosi in materia di diritti soggettivi, non pu essere che giudizio di accertamento, questo essendo il mezzo tipico e proprio di tutela giurisdizionale dei medesimi. A questa logica , del resto, ispirato lo stesso decreto n. 739 cit.: il potere di condannare l'Amministrazione riconosciuto dall'art. 12 non , infatti, un'anomalia del sistema, ma coerente espressione del tipo di giuri sdizione attribuita alla Commissione e nella quale si iscrive, altres, il potere di (mera) disapplicazione (altrimenti dirfficile da capire), degli atti generali ritenuti illegittimi (art. 7). N il nuovo testo dell'art. 21, se non isolatamente assunto, contraddice, malgrado innegabili ambi guit, queste indicazioni. La norma (novellata al dichiarato scopo di eliminare fasce di evasione legrudzzata rese possibili dall'abile sfruttamento di errori meramente fo11mali) muove daill'intento di liberare il giudizio sul rapporto solo nei casi in cui esso si manifesti davvero necessario per garantire cor rettezza nell'esercizio della funzione impositiva, e, ad un tempo, l'interesse del contribuente, senza, tuttavia,. vanificare il concorrente i,nteresse della collettivit, anch'esso costituzionalmente protetto, al pagamento delle 1mposte clfettivamente dovute. Il mezzo, a questo fine, prescelto la rinnovazione (disposta dalla Commissione) dell'atto affetto da vizi che non attengono all'esistenza o all'ammontare del credito tributario e che la Commissione abbia preventivamente rilevati. Ma la rinnovazione costituisce soltanto un onere imposto all'Ufficio per chiudere l'accesso al giudizio di merito occasionato da vizi (sanabili) dell'atto impugnato. Ne deriva che se l'onere viene assolto cessa la materia del contendere e il giudizio sulla fondatezza-infondatezza della pretesa (se non alimentato da altri motivii) rimane precluso; contrariamente (se il vizio, cio, non viene sanato) rivivono le condizioni della sua proseguibilit e sar condotto, quindi, a termine con la congruente decisione (di merito). Alla luce di questi rilievi deve essere letto il secondo comma della no1.1ma de qua; in riferimento al difetto di motivazione (che qui interes sa), non sanabile -questo -col rimedio della rinnovazione (non spon tanea) e, dunque, per disposizione espressa, non in grado di bloccare attraverso la sua sanatoria, l'accesso al giudizio di merito. Vuol dire che la non sanabnit del vizio di cui si discute produce, nella materia, gli stessi effetti del vizio (sanabile, ma) non sanato: libera, cio, il giudizio sul rapporto, erroneamente, pertanto, ritenuto, nel caso di specie, pre eluso dalla Commissione centrale. Il ricorso deve essere, quindi, accolto, con conseguente annullamento della decisione impugnata e rimessione della causa alla stessa Commis I I i ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 sione centrale, che proceder al riesame della controversia, muovendo dal principio di diritto secondo cui in tema di imposta di registro, la motivazione dell'avviso di accertamento del valore imponibile, priva, in tutto o in parte, di riferimento ai parametri legislativi vincolanti di valutazione, determina non la nullit (radicale), ma la semplice .annullabilit (illegittima) dell'atto, il cui rilievo apre l'accesso al giudizio di merito . (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 luglio 1987 n. 5890 -Pres. Tilooca -Est. Favara -P. M. Lo Cascio (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Salimei) c. Camposeo. Tributi locali -INVIM Valore iniziale ancora in corso di accertamento Determinazione autonoma del valore finale Legittimit. Ove al momento del trasferimento il valore dell'anteriore trasferimento che costituisce il valore iniziale ai fini dell'INVIM sia ancora in corso di contestazione, legittimamente viene intanto accertato in via autonoma il valore finale (1). (omissis) Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria, denunciando violazione dell'art. 49 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 sull'imposta di registro e falsa applicazione dell'art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 sull'INVIM sostiene che l'accertamento di valore dell'Ufficio, anche se finalizzato alla determinazione dell'imponibile dell'imposta sull'incremento di valore degli immobili non costituisce un atto di liquidazione dell'imposta, per il quale soltanto pu trovare applicazione la regola di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 643/1972. Il ricorso fondato. L'accertamento tributario di maggior valore, che volto a conseguire in contraddittorio con il contribuente (merc l'instaurazione del processo tributario) la determinazione del valore del bene (nella specie, ai fini della determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro e dell'incremento di valore di immobMe trasferito) d luogo ad un procedimento del tutto indipendente ed autonomo rispetto a quello di accertamento e liquidazione dell'imposta, sia pure effettuato (quanto al valore finale) sulla base del predetto accertamento di valore, una volta divenuto definitivo. :B pur vero, secondo quando detto anche nella sentenza impugnata, che, ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, aii fini della determinazione delll'imponibile deM'INVIM, Jlincvemento di valore costituito (1) La decisione appare ineccepibile. La controversia sul valore iniziale non pregiudica l'accertamento del valore finale mentre l'attesa non escluderebbe il maturare di decadenza a carico dell'Amministrazione. 11r1r&11111111ru111r111111r11t1illr11111mr11111111&r111r1t1r11i111t1111111 158 RASSEGNA DELL)VVOCATURA DELLO STATO (sul punto cfr. Cass. 1. 3 giugno 1984 n. 3531) dalla differenza tra valore finale e valore iniziale dell'immobile, entrambi da intendersi come valori definitivi e cio come valori, dichiarati o accertati, divenuti in qualunque modo definitivi (per effetto di inutile scadenza dei terroni per il ricorso avverso l'avviso di accertamento di maggior valore, o di concordato, o di decisione non pi impugnabile delle competenti commissioni tributarie, ecc.). Ed anche vero che, per procedere alla determina7Jione dell'impo nibile e alfa liquidazione dell'imposta, occorre che entrambi i detti valori siano appunto divenuti definitivi. Ma non pu certamente pretendersi che alla determinazione del valore finale, o di quello iniziale, che sono i due termini sui quali va operato il calcolo della base imponibile, si possa procedere solo congiuntamente o dopo che uno dei due sia divenuto definitivo, poich invece vero che, per l'autonomia che sussiste tra le due valutazioni, riferite a presuppsti e momenti estimativi diversi, bene possibile che valore iniziale e valore finale siano determinati separatamente e in procedimenti diversi. E del fatto che, come nel caso di specie; sia pendente la contestazione sul valor iniziale del bene, cos che al momento sia impossibile procedere alla liquidazione dell'imposta sull'incremento di valore, perch non c' ancora il valore definitivo da assumere come valore iniziale dell'incre mento, non lecito trarre la conseguenza che sia precluso all'Amministrazione, per intanto, di portare avanti il procedimento tendente alla defini zione di maggior valore del bene all'atto del nuovo trasferimento e cio alla individuazione dell'altro valore, quello finale, da porre a base della futura liquidazione dell'imposta Risulta perci evidente l'equivoco in cui incorsa la corte di merito, confondendo il procedimento di accertamento del maggior valore (fi nale), ammissibile anche in pendenza di contestazione sul valore finale, con il procedimento di liquidazione dell'imposta, ammissibile invece solo _ dopo che entrambi i valori predetti siano divenuti definitivi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1987, n. 6252 Pres. Scanzano Est. Senofonte P. M. Martinelli (diff.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Italinvest. Tributi in genere Norme Tributarie Decreti Delegati Valore di norma interpretativa Esclusione salvo espressa previsione -Efficacia retroat tiva -Riformulazione e precisazione della norma originaria -Fatti specie. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, art. 13; d.P.R. 23 gennaio 1974 n. 688, art. 1). Nelle norme delegate e negli atti di normazione secondaria diffi cilmente configurabile la retroattivit quali norme interpretative, po ,, @ i: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 159 tendosi attribuire tale eccezionale effetto solo alle leggi ordinarie; di conseguenza, salvo espressa previsione, le norme integrative e corret tive della riforma tributaria non hanno effetto retroattivo. Tuttavia il legislatore ha fatto frequente impiego di norme che, pur non essendo di interpretazione autentica sono dirette a precisare meglio i presupposti del tributo riformulando e sostituendo il testo della norma origi naria; anche queste disposizioni possono avere effetto retroattivo, come nell'ipotesi dell'art. 1 del d.P.R. 23 gennaio 1974 n. 688 che ha riformulato l'art. 13 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 (1). (omissis) Denunciando violazione dell'art. 13 d.P.R. 643/1972 e falsa applicazione dell'art. 1 d.P.R. 688/1974, l'Amministrazione ricorrente contesta che quest'ultima norma abbia natura interpretativa e sia quindi, applicabile, in virt della connessa retroattivit, anche ai rapporti anteriori alla sua entrata in vigore e non ancora definiti. Deduce, al riguardo, che l'originario sistema delineato dal decreto istitutivo dell'INVIM (in particolare, dall'art. 11 e dal vecchio testo dell'art. 13) era chiaramente orientato nel senso di considerare spese incrementative solo quelle gi effettuate al momento di trasferimento dell'immobile, rispondendo ad elementari criteri di logica chf! dovendosi determinare la differenza del valore di un bene in due distinti momenti del tempo, dal valore finale venga detratto non solo quello iniziale ma tutto quanto (e non di pi), nell'arco di tempo considerato, ha contribuito a portare il valore del bene al livello finale. L'art. 1 cit., includendo tra le spese detraibili anche quelle non ancora erogate alla data di alienazione, si muoverebbe, perci, in un'ottica opposta a quella della normativa preesistente e, non potendo, in difetto di specifica disposizione sulla sua retroattivit, classificarsi tra le norme interpretative, non potrebbe, di conseguenza, applicarsi ai rapporti posti in essere prima della sua entrata in vigore. Il ricorso non fondato. La questione relativa alla retroattivit -irretroattivit della disposizione di cui si discute viene per la prima volta all'esame di questa Corte, ma stata _gi ripetute volte risolta dalla Commissione tributaria centrale in senso prevalentemente sfavorevole all'Amministrazione Finanziaria (dee. 2412/1984, 4148/1983, 1577/1982, 4365/1981, fra le tante), con motivazioni, peraltro, solitamente affidate ad argomenti di carattere terminologico e lessicale non sufficientemente approfonditi e, (1) Questione interessante ma alquanto fumosa. Spesse volte nelle norme di assestamento della riforma tributaria si dice espressamente, anche a distanza di lungo temp, che la nuova norma ha effetto dall'origine della riforma; ove ci non sia stabilito abbastanza arduo distinguere la norma di interpretazione autentica da quella che "precisa meglio i presupposti di fatto del tributo'" 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per questo, puntualmente criticati, specie nella discussione orale, dal!' Amministrazione ricorrente. Con la quale si deve pure convenire sull'impropriet del riferimento fatto (anche) nella decisione ora denunciata alla nozione di norma interpretativa (e alla inerente efficacia retroattiva) non addicendosi il concetto ad una norma sostitutiva (qual l'a!l:t. 1 cit.), la qruale assume come proprio referente non la norma anteriore ma (direttamente) la fattispecie sostanziale regolata e si porge, perci, come noruna di pci:mo grado. Deve, anzi, aggiungersi che la retroattivit degli atti normativi subprimari ~decreti legislativi o leggi delegate) -e degli atti di normazione secondaria in generale - difficilmente configurabile, al di fuori dei casi espressamente previsti dalle leggi di provenienza parlamentare, poich deroghe al principio di irretroattivit della legge non possono essere apportate (o consentite) che dal potere legislatirvo. Il quale, infatti, intervenuto con leggi apposite l dove ha inteso estendere anche ai rapporti pendenti le disposizioni i1J1tegra:tive e correttive emanate, a nol1IIla dell'art. 17, II co. (pi volte prorogato), della legge-delega n. 825/1972, dopo la prima fase di attuazione della medesima (significativo, proprio in materia di INVIM, l'art. 5 della legge n. 694/1975). Si spiega, pertanto, come questa Corte non abbia esitato, in altra occasione, ad affermare che tali disposizioni (integrative e correttive) non hanno efficacia retroattiva (sent. 822 del 1982). _;.,.,~i~~ L'affermazione riguarda, per, una norma chiaramente innovativa (l'art. 2 del d.P.R. 60/1975, che ha escluso dall'assoggettamento all'ILOR anche i redditi derivanti dalla locazione di immobili strumentali di propriet degli enti pubblici esercenti un'attivit commerciale) e non , dunque, generalizzabile, anche se, in relazione alla particolarit del caso deciso, pienamente giustificata. comunemente ammessa, infatti, la possibilit di disposizioni integrative e correttive non innovative. E proprio in riferimento al decreto n. 688, la stessa Amministrazione Finanziaria ha riconosciuto (tra l'altro, con la circolare n. 3 del 30 gennaio 1975) che esso contiene un gruppo di norme pacificamente applicabili anche ai rapporti anteriori, in qua1I1to unicamente dirette a precisare meglio i presupposti di fatto del tributo. In questo gruppo, per, non rielltrerebbe -secondo l'Amministrazione -l'art. 1 nella parte in cui sostituisce l'originario testo dell'art. 13 d.P.R. 643/1972, includendo tra le spese detraibili anche quelle relative ad oneri di urbanizzazione, ancorch non eseguite alla data del trasferimento. La tesi non pu essere condivisa. Conviene premettere, in primo luogo, che la norma sostitutiva non necessariamente (per s e senz'altro) iillilovativa, quanto al suo con tenuto precettivo, rispetto alla norma sostituita, potendo ben darsi che PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA la sostituzione si esaurisca in una riformulazione (per ragioni cli opportunit) del precetto normativo che ne esprima pi adeguatamente la portata, senza modificarne la sostanza. Di questa tecnica, anzi, il legislatore delegato si serve normalmente nei casi in cui avverte l'esigenza cli rimediare ad inadeguatezza espressiva delle proprie norme (senza, quindi, rimetterne in discussione l'efficacia nel tempo), non potendo egli fruire autonomamente, per la ragione gi nota, dell'alternativa offerta dalla retroattivit propria dell'interpretazione autentica. Con l'avvertenza, peraltro, che mentre quest'ultima, imponendo autoritativamente di intendere in un certo modo la norma interpretata si presta anche a modifioazioni del suo contenuto originario, siffatta eventualit non ipotizzabile nel caso cli semplice riformulazione del testo. Di conseguenza in questa seconda evenienza, una volta verificata l'identit di contenuto precettivo tra vecchio e nuovo testo, la norma sostitutiva deve ritenersi applicabile anche ai rapporti anteriori non ancora definiti. Ora, codesta identit, per quanto concerne ~l testo riformulato dalla norma in esame rispetto a quello sostituito, pu essere facilmente di mostrata, ove si rifletta che neppure nel decreto istitutivo dell'INVIM dato rinvenire norme dalle quali si possa legittimamente indurre che le spese incrementative fossero ( olim ) detraibili solo se gi effettuate all'atto del trasferimento. L'art. 11 (rimasto immutato) richiede, infatti, a questo fine, solo che esse siano riferibili al periodo da considerare per la determinazione dell'incremento del valore imponibile. Anche il vecchio testo della norma considerava, a sua volta, spese incrementative quelle relative ad opere e utilit esistenti alla data di determinazione del valore finale del bene, annoverando tra le utilit anche la liberazione di esso da servit, oneri reali e altri vincoli. Con ogni evidenza, dunque, rilevante (anche nel disegno della legge istitutiva dell'imposta). non il fatto che, alla data di determinazione del valore finale, le spese incrementative siano gi state materialmente erogate, ma che, a tale data, esistano le corrispondenti opere o utilit, ossia fattori (non necessariamente costituiti da opere gi eseguite) che abbiano positivamente influito (accrescendolo) sul valore iniziale dell'immobile, depauperando l'alienante, che se ne sia accollato l'onere. Dal quale, quindi, il legislatore delegato non avrebbe potuto prescindere senza discostarsi, inammissibilmente, dalle direttive univoche contenute nell'art. 6 della legge di delegazione. Non si pu, pertanto, fondatamente dubitare che tra i fattori incrementativi rientrassero, gi prima della riformulazione della norma, le iniziative del proprietario volte ad avviare il processo di concretizzazione dell'attitudine edificatoria del suolo e formalizzate con la convenzione di urbanizzazione, la cui stipulazione, comportando per il promittente l'obbligo di eseguire le relative opere, 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si traduce gi in ragione di maggiore appetibilit del bene (e, quindi, in aumento del valore finale), dovuta alla utilit di cui la convenzione portatrice e che il mercato apprezza, dandone per scontata, alla stregua dell'id quod plerumque accidit, la effettiva esecuzione da parte dell'obbligato, pur se indipendentemente da questa. Il che spiega perch il nuovo testo della norma de qua ha inteso esplicitare che, se egli non esegue, nei termini stabiliti, le opere di urbanizzazione programmate, deve versare l'imposta corrispondente alla (presupposta) maggiorazione del valore iniziale derivante dal fatto di essere state impegnativamente previ>ste e dovendo essere, perci, comprese, allo stato di rappresentazione, fra le utilit esistenti, anche nella legge istitutiva del tributo men7Jionate separatamente daHe opere eseguite e senza traccia di endiadi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1987, n. 6293 -Pres. Rossi Est. Vignale -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Fallimento Bonomi Validio. Tributi erariali indiretti -Riscossione Fallimento Credito non defini tivamente accertato Insinuazione tardiva Sospensione del proce dimento. (c.p.c., art. 295; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 101). Quando venga domandata con domanda tardiva l'insinuazione al passivo del fallimento di un credito per imposte indirette non ancora definitivo, il giudice, che non ha giurisdizione per decidere la questione di merito, deve sospendere il procedimento a norma dell'art. 295 c.p.c. fino all'esito della controversia tributaria innanzi al giudice speciale (1). (omissis) Con l'unico motivo di ricorso, l'Amministrazione Finanziaria sostiene l'erroneit della decisione nella parte in cui ipotizza che motivo d'inammissibilit dell'insinuazione tardiva possa essere la circo (1) La sentenza, pur cassando una pronunzia che addirittura escludeva in radice l'insinuabilit di crediti tributari non definitivi, ha, forse inavvertitamente, creato le premesse per un gravissimo vuoto nella riscossione dei tributi. :. infatti evidente che se per i crediti il cui accertamento viene impugnato occorre attendere per l'ammissione l'esaurimento della controversia di imposta in tutte le sue fasi, l'Amministrazione rimarr esclusa da tutte le ripartizioni dell'attivo. La sentenza sembra basare la sua motivazione principalmente sul punto che nell'insinuazione tardiva non sarebbe possibile l'ammissione con riserva. Ma non su questo terreno che va posta la questione la cui soluzione sostan ---.. ,, .*-x ,, a . .w. . ru:::::. . . , , . X n. . / . X ml m,w.g-:w.::x;ww PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 163 stanza che il credito era stato contestato non dal debitore prima dell'apertura del fallimento, ma dal curatore. L'Amministrazione ricorrente denuncia l'irrilevanza, ai fini predetti, della circostanza indicata, giacch anche la contestazione originariamente proveniente dal debitore deve essere in ogni caso fatta propria dal curatore per aver peso nel giudizio fallimentare. Rileva, inoltre, che la disciplina del fallimento assicura. a tutti i creditori di concorrere alla formazione del passivo pur dopo la chiusura delle operazioni di verifica, senza alcuna limitazione per i crediti condizionati riguardo ai quali non dovrebbe sussistere ragione per negare l'operativit della norma sugli accantonamenti. Quanto, poi, ai crediti contestati (che a quelli condi zionati sono equiparabili), non dovrebbe costituire motivo d'inammis sibilit della domanda l'incertezza sull'esistenza e sull'ammontare dei crediti, essendo questa destinata ad essere superata proprio con la sentenza pronunciata a conclusione dello stesso giudizio di insinuazione tardiva. La soluzione non potrebbe essere diversa, sostiene, infine la ricorrente, nel caso che la contestazione riguardi un credito d'imposta, giacch, se non si vogliono creare disparit di trattamento in contrasto con i principi costituzionali, la circos,tanza che, per motivi di giurisdi zione, l'accertamento del credito non sia possibile innanzi allo stesso tribunale fallimentare, dovrebbe portare soltanto alla conclusione che il credito debba essere ammesso con riserva oppure che il giudizio di amInissione debba essere sospeso fino alla definizione della controversia tributaria. Il ricorso fondato. A norma dell'art. 101 della legge fallimentare, i creditori possono chiedere al giudice delegato l'ammissione di un credito al passivo anche dopo il decreto di esecutivit dello stato passivo, fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo, ma, se il curatore ne contesta l'ammissione o il giudice lo ritiene infondato, deve procedersi all'istru-. zione della causa a norma dell'art. 175 e seguenti del codice di proce dura civile. La disposizione, quindi, ai fini dell'ammissibilit della domanda, non distingue affatto tra crediti gi contestati dal debitore in ziale non pu essere che uniforme, sia o meno tempestiva la insinuazione. Il credito tributario va allora, come espressamente stabilito per le imposto;: dirette dall'art. 45 del d.P.R. n. 602/1972, ammesso con riserva. Non ha infatti alcuna giustificazione l'applicazione dell'art. 295 c.p.c. rispetto ad una procedura di natura esecutiva universale nella quale concorrono tutti i crediti, definitivi e non. In argomento cfir. ROSSI, L'ammissione nel passivo fallimentare dei crediti per imposte e sanzioni pecuniarie dopo la riforma tributaria, in Giur. Comm., 1984, I, 314. 12 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO bonis a crediti fatti valere per la prima volta in sede fallimentare e in questa sede contestati, prevedendo soltanto che, nel caso di contestazione del curatore o di, valutazione negativa dal giudice, il credito venga ammesso subordinatamente al suo accertamento giudiziale. La norma, peraltro, non pone nessuna preclusione n esclude l'ammissibilit della domanda per nessuna categoria di crediti e tanto meno per i crediti in relazione ai quali gi penda controversia innanzi alle commissioni tributarie. Nella decisione impugnata, richiamandosi alcune pronunce di questa Corte (le sentenze n. 1806 del 1974 e n. 117 del 1970), stato affermato che in sede di insinuazione tardiva del credito, non essendo prevista l'ammissione con riserva , il giudice, di fronte alla contestazione del credito tributario, non potrebbe che escluderlo. La questione gi stata risolta dalle S.U. di questa Corte proprio nella sentenza n. 117 del 1970, richiamata nella decisione impugnata ed evidentemente non correttamente interpretata dal giudice di merito. Anche in quella decisione si affrontava il problema se fosse ammissibile la dichiarazione taroiva di un credito d'imposta in pendenza di un giudizio promosso dal curatore innanzi alle commissioni tributarie. Qui, la S.C., premesso che la richiesta tardiva di ammissione al passivo implica una domanda di accertamento del credito ed volta ad acquisire, attraverso tale accertamento, il titolo idoneo per concorrere alla ripartizione dell'attivo, osserv che, in tale ipotesi, se il tribunale fallimentare fosse tenuto a pronunciare immediatamente sulla richiesta senza attendere..., in caso di questioni implicanti la giurisdizione esclusiva delle ... commissioni (tributarie), di avere la possibilit di tener conto della loro definitiva decisione al riguarido, dovrebbe senz'altro respingere la richiesta di ammissione per la pura e semplice circostanza della pendenza di quel giudizio. Infatti, la richiesta non risulterebbe fondata su un titolo definitivo per la riscossione dell'imposta, in quanto il giudizio delle commissioni tributarie incide sulla formazione dell'atto di accertamento . Viceversa -concluse la sentenza -in tal caso l'esatto rimedio la... sospensione del processo fino a che, essendo intervenuta una decisione definitiva in sede di commissioni tributarie sulle questioni formanti oggetto delle eccezioni di curatore, sia stata risolta la que stione... deHa quale il giudice ordinario... non poteva conoscere . Ed invero, l'art. 101 della legge fallimentare non impone affatto al giudice di decidere in ordine alla domanda ,di insinuazione tardiva im mediatamente e sulla base degli atti, ma, come si gi osservato, nel caso di contestazione del curatore o di valutazione negativa circa la fondatezza del credito, gli fa carico di procedere all'istruzione della PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIK 165 causa per il relativo accertamento. Dal che si desume innanzitutto l'ammissibilit della richiesta d'insinuazione e si trae poi l'ulteriore conseguenza che, non potendo tale ammissibilit comportare una pronuncia di ammissione del credito con riserva in analogia con il disposto dell'art. 95 della legge fallimentare, la decisione sull'ammissione del credito in termini di esistenza, e di ammontare, resta subo11dinata all'esito del giudizio che va ad instaurarsi. E se rimo comma, cod. civ.). Questa regola pu ritenersi applicabile anche all'atto impeditivo della decadenza, posto che, pur essendo diverso il fondamento di questo istituto rispetto a quello della prescrizione, infatti innegabile che l'atto che impedisce la decadenza e l'atto interruttivo della prescrizione hanno in comune la funzfone di conservare il diritto senza incidere .direttamente su alcuna posizione soggettiva del soggetto passivo del rapporto. Sicch entrambi debbono essere assoggettati, per quanto riguarda le obbligazioni solidali, alla medesima disciplina, la quale, anche se dettata espressamente con riferimento ahl'atto interruttivo della prescrizione, esprime tuttavia, avuto riguardo al sistema nel quale si inserisce, una regola di portata pi generale di quella risultante dalla sua formulazione letterale (cfr. sent. citata). Appunto in base a tali considerazioni questa Corte ha affermato, con la citata sentenza n. 1503 del 1974, con la quale ha richiamato anche la precedente sentenza n. 2345 del 1970, che se la mancata conoscenza dell'accertamento, da parte del condebitore solidale di imposta, a causa della mancanza o della invalidit della notificazione, impedisce il verificarsi di effetti che possono incidere direttamente nella sfera delle sue situazioni giuridiche soggettive; o comportare la decorrenza di un termine di scadenza, entro il quale egli abbia l'onere di compiere una determinata attivit per evitare la perdita di un diritto o cli altra posizione soggettiva giuridicamente tutelata, tuttavia, l'accertamento notificato ad uno, o ad alcuni degli altri condebitori solidali, -in quanto atto di esercizio, da parte dell'amministrazione finanziaria, del diritto al pagamento dell'imposta, umica quanto a contenuto della prestazione e quanto a presupposto nei confronti di tutti i soggetti che, hanno concorso alla realizzazione del presupposto stesso, sono perci solidamente coobligati a tale pagamento -non pu -data la unitariet degli elementi di cui gi detto -non riflettersi automaticamente e necessariamente sulle posizioni di tutti i condebitori solidali, determinando nei confronti di quelli di essi cu~ non sia stato (o non sia stato validamente) notificato, l'effetto conservativo di impedire la decadenza dell'amministrazione finanziaria del diritto all'accertamento, nonostante che quest'ultimo sia notificato o nuovamente notificato nei loro confronti dopo la scadenza del termine all'uopo stabilito. (omissis) 168 RASSEGNA DELL'il.VVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1987, n. 6436 -Pres. Bologna Est. Corda -P. M. Zema (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. ISVEIMER (avv. Corapi). Tributi locali -INVIM -Espropriazione immobiliare Decreto di trasfe rimento Obbligo del Cancelliere di presentare la dichiarazione e pa gare il tributo -Ricomprensione della imposta nelle spese di giustizia Esclusione. (e.e., art. 2780). Bench il credito per INVIM sia indiscutibilmente privilegiato e bench fra le spese di giustizia possono ricomprendersi anche quelle sorte dopo il pignoramento o in occasione del trasferimento e non necessariamente anticipate dal procedente, tuttavia detto credito nell'ordine dei privilegi dell'art. 2780 figura al quinto posto e quindi in posizione dissociata dalle spese di giustizia che sono per necessit al primo posto; ci esclude che l'INVIM sia da ricomprendere fra le spese di giustizia (1). (omissis) 1. -Col primo motivo ~deD1Unciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2770 e 2777 cod. civile, 90 e 95 cod. proc. civile e 38 e 39 disp. att. cod. proc. civ.) la ricorrente Amministrazione finanziaria censura la sentenza nei punti in cui, per negare che nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare possa essere ricompreso fra le spese di giustizia il credito per l'INVIM, ha affermato che spese di giustizia sono soltanto quelle anticipate dal creditore siccome indispensabili per portare a termine la procedura esecutiva: non, quindi, anche il credito della Finanza che non grava sul prezzo di acquisto dell'immobile sottoposto a esecuzione e che, per di pi, sorge dopo il pignoramento " La ricorrente sottopone a critica ciascuno degli argomenti addotti dai giudici di appello come sar pi avanti analiticament esposto. (1) La sentenza ha chiaramente eluso il pi complesso problema del pagamento dell'INVIM quando il trasferimento avviene nel corso dell'espropriazione immobiliare. Il d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, in parallelo con il coevo d.P.R. n. 634 sull'imposta di registro, dopo aver in via generale riaffermato che i notai e gli altri pubblici ufficiali sono obbligati al pagamento dell'imposta (art. 3) stabilisce, sempre richiamando il d.P.R. sul registro, che i notai e gli altri pubblici ufficiali debbano 11ichiedere e produrre la dichiarazione per tutti gli atti stipulati con il loro ministero (art. 18) e sono soggetti alle sanzioni in caso di inosservanza (art. 23). Ci particolarmente rilevante per l'INVIM, che sempre a: carico del venditore e sarebbe difficilmente rdscuotibile dopo il trasferimento. A fronte di ci non sembra aver rilevanza il fatto che l'INVIM collocata al quinto posto nell'ordine dei privilegi dell'art. 2780 e non ha nessun rilievo PARTil I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 169 Col secondo motivo (denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 18, 19 e 31 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 e 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634) la ricorrente critica la sentenza impugnata per non avere tenuto nel debito conto il dato normativo ai sensi del quale deve ritenersi sussistente l'obbligo del cancelliere del giudice dell'esecuzione di ricevere e presentare la dich~arazione ai fini dell'INVIM, e di pagare H tributo. 2. -Il problema che la Corte chiamata a risolvere se il credito della Finanza per l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (IN.V.IM.), sorto nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare, debba essere considerato credito per spese di giustizia , ai sensi dell'art. 2777 stesso codice. ~ pacifico tra le parti (n potrebbe essere diversamente) che il credito per l'IN.V.IM. un credito privilegiato. Lo stabiliscono espressamente, del resto, gli artt. 2780 cod. civ. e 28 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (nell'attuale formulazione) e ne d atto la sentenza impugnata. Il solo problema, quindi, quello della collocazione del privilegio, giacch la Finanza ha preteso e pretende la pi favorevole delle collocazioni, cio queilla che il codice riserva alle spese di giustizia. 3. -Una tale collocazione stata giustamente esclusa dalla sentenza impugnata, anche se gli argomenti addotti non appaiono puntuali. La sentenza, invero, ha fatto leva sulle seguenti considerazioni: 1) le spese di giustizia sono quelle indispensabili ai fini della concreta realizzazione della pretesa creditoria, mentre l'IN.V.IM. rappresenta solo un credito che sorge in occasione del trasferimento coattivo dell'immobile oggetto della procedura esecutiva; 2) le spese di giustizia considerate negli articoli 2770 e 2777 cod. civ. sono quelle "ce (o non sempre !impedisce) che il provvedimento cautelare venga pronunciato egualmente. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 182 Analoga disposizione dettata dall'art. 54, comma quarto del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, sull'imposta di registro, secondo cui per. la riscossione delle imposte, delle soprattasse e delle pene pecuniarie si applicano le disposizioni degli artt. da 5 a 29 e 31 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639 . Risulta, invero, evidente come il rinvio al testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato contempli I~ norme sull'esecuzione mobiliare (arrtt. da 5 a 15) e quelle sull'esecuzione immobiliiare (artt. da 16 a 28), nonch alcune disposizioni finali (artt. 29 e 31) ed escluda, invece, esplicitamente gli artt. 3 e 4 della legge del 1910, che prevedono la possibilit di proporre opposizione all'ingiunzione fiscale davanti all'autorit giudiziaria ordinaria (v. anche Oass. n. 6151/83). Il riconoscimento della giurisdizione delle commissioni tributarie deriva, d'altro canto, dalla compiutezza della discip1ina dettata dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sulla revisione del contenzioso tributario, che, come le Sezioni unite hanno ripetutamente aff.ermato, a partire dalla sentenza n. 942 del 1977, ha inteso attribuire esclusivamente alle commissioni tributarie la tutela giurisdizionale contro gli atti dell'ente impositore (Cass. citata). Per quanto concerne, poi, la domanda di sospensione cautelare dell'esecuzione, deve essere dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione, poich la stessa non pu essere conosciuta n dal giudice ordinario, n dalle commissioni tributarie, n da alcun altro giudice. Al riguardo sufficiente il rinvio a quanto le Sezioni unite hanno gi affermato con la sentenza 1471 del 1980, secondo la quale il potere di sospendere in via cautelare la riscossione dei tributi spetta all'intendente di finanza -contro le cui determinazioni le posizioni soggettive del contribuente sono tutelabili dinanzi il giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimit -e non alle commssioni tributarie o al giudice 011dinario, in quanto lia facolt di incidere direttamente sulla riscossione delle entrate erariali non rientra nelle loro attribuzioni giurisdizionali. E di recente la Corte costituzionale, con sentenza n. 63 del 1982, ha ritenuto conforme alla Costituzione siffatta soluzione. Questo orientamento giurisprudenziale, ancorch formatosi a proposito della riscossione delle imposte dirette, deve ritenersi idoneo al regolamento della giurisdizione anche nel caso in esame per esigenze di compiutezza ed organicit del sistema e per la natura generale dei princpi cui esso informato (v. ancora Cass. 6151/83). PARTB I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA In conclusione, va dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione quanto alla richiesta _di sospensione cautelare della esecuzione e la giurisdizione delle commissioni tributarie, quanto all'opposizione all'esecuzione. Motivi di opportunit inducono a compensare tra le parti le spese della presente fase giudiziale. (omissis). II (omissis) Il ricorso inammissibile. Il regolamento preventivo ,~i giurisdizione pu essere proposto in ogni momento, finch la causa non sia decisfl nel merito in primo grado (art. 41 c.p.c.), ovvero finch non sia passata in giudicato la sen tenza di primo grado, che, senza decidere il merito, abbia risolto la questione di giurisdizione. Per decisione di merito preclusiva del regolamento, deve intendersi quella che affermi o neghi, nel caso concreto, l'esistenza di una volont di legge conforme alla pretesa dedotta in giudizio, anche se concerne soltanto alcuni capi della domanda, ovvero quella che risolve questioni preliminari attinenti pur sempre al merito (Cass. 2607/69, 16/71; 3612/84). Orbene, nella specie, l'ordinanza resa dal Pretore, in esito alla ri chiesta formulata ai sensi dell'art. 700 c.p.c., contiene i connotati essen ziali della pronuncia di merito >>, preclusiva del regolamento preven tivo di giurisdizione. Invero, il provvedimento prende in esame, svolge con dettagliata analisi e decide nella sostanza una questione tipicamente di merito >>, assumendo, consegentemente, concreto contenuto di sentenza, contenuto che viene ulteriormente ribadito dalla pronuncia resa in ordine alle spese del procedimento " che vengono dal pretore compensate fra le parti. Siffatto sostanziale contenuto di sentenza del provvedimento pretorile d'altronde, riconosciuto dalla stessa Amministrazione, la quale, nei confronti del medesimo provvedimento ha proposto impugnazione al Tribunale di Firenze con atto del 27 settembre 1982, suocesisivo aLI'istanza di regolamento preventivo, testualmente precisando che l'apparente forma cautelare di tale anomalo provvedimento giudiziario contraddetta dalla sostanza dichiarativa del provvedimento stesso, il quale va, perci, considerato come decisorio, in quant~ tale autonomamente impugnabile " (omissis) 184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO III (omissis) Il ricorso fondato. g principio ripetutamente affermato da questa Corte di legittimit che, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, nella disciplina !introdotta con il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il potere di sospendere, in via cautelare, l'efficacia esecutiva dell'iscrizione a ruolo e la riscossione esattoriale del tributo spetta all'intendente di finanza, a norma I dell'art. 39, primo comma, del citato decreto, avverso le cui decisioni le posizioni soggettive del contribuente sono tutelabili dinanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione di legittimit. Il potere medesimo, invece, deve essere negato alle Commissioni tributarie, adite I con il ricorso contro l'iscrizione a ruolo, cos come a qualsiasi altro giudice investito della controversia, tenuto conto che, nelle !relative attri I buzioni giurisdizionali, la facolt di incidere cautelativamente su quella riscossione non evincibile direttamente dalle norme della Costitu I zione, n, in particolare, dagli artt. 24 e 113 della medesima, n ravvi 1" * sabile negli artt. 39 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1094, e 21 della legge 6 di cembre 1971 n. 1034, i quali operano esclusivamente nel diverso ambito del processo di annullamento dell'atto amministrativo davanti agli organi fil della giustizia ammimstrativa (Cass. n. 1471/80). ~i f: Da tale generale inammis,sibilit ,di ogni intervento giurisdizionale in <: sede cautelare nella materia de qua discende che deve essere ritenuta : improponibile, per difetto di giurisdizione, la domanda cautelare rivolta al Pretore di Firenze, siccome intesa a conseguire un provvedimento di sospensione della riscossione delle imposte di cui trattasi. Si versa, infatti, in un ambito nel quale, secondo la sopra richiamata giurisprudenza, tale risultato pu essere raggiunto sempre e soltanto per il tramite del potere cautelare dell'Intendente di Finanza, ossia attraverso provvedimenti sindacabili dal giudice amministrativo sotto il profilo della legittimit, ma in relazione all'emissione dei quali non pu essere ritenuta ammis1sibile surroga alcuna. Sotto altro profilo, si ossei:va che questa Corte di legittimit ha costantemente escluso fa possibilit per il Pretore di adottare provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c. nei casi in cui la controversia di merito non rientri nella giurisdizione dell'A.G.O., espressamente negando l'autonomia funzionale della tutela cautelare (strettamente ed ineliminabilmente correlata con la giurisdizione di merito) e, quindi, l'esistenza, in capo al giudice ordinario, di un generale potere in materia cautelare che produca un'estensione generale della sua giurisdizione, sia pur limitatamente alla tutela delle situazioni urgenti (cfr., da ultimo, Cass. SS.UU. 5575/1979; 5336/1980; 1484/1981). (omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 185 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1987, n. 7491 -Pres. Scanzano -Est. Grieco -P. M. Virgilio (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amico) c. Soc. Bagni di Lucca. Tributi fu genere -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado -Ricorso alla Corte d'Appello -Scadenza del termine per ricorrere alla Commissione Centrale -Sospensione feriale -Si applica. (D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 40; I. 7 ottobre 1969 n. 742). La sospensione feriale trova applicazione anche al termine per ricorrere alla Commissione Centrale la cui scadenza presupposto per ricorrere alla Corte di Appello (1). (omissis) La ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 40, 1 comma, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 e dell'art. 1 I. 7 ottobre 1969 n. 742, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Assume l'Amministrazione finanziaria che l'art. 40 del citato decreto, disponendo che decorso inutilmente, per tutte le parti, il termine 'per ricorrere alla Commissione Centrale, la decisione... pu essere impugnata entro novanta giocni non determinava affatto, nella specie, la data del 30 giugno 1978 come termine ultimo per proporre impugnazione innanzi alla Corte d'Appello. La data coincideva solo con il termine per ricorrere alla Commissione Centrale. Di conseguenza, dovendosi tener conto della sospensione dei termini nel periodo feriale, i novanta giorni di cui all'art. 40 erano solo iniziati a decorrere ma non certo spirati allorch, il 27 ottobre 1978, era stato notificato l'atto introduttivo del giudizio. In definitiva, solo con il primo luglio 1978 poteva dichiararsi inutilmente decorso il termine di impugnazione innanzi alla Commissione Centrale ed iniziato quello per adire la Corte di Appello. Il ricorso fondato. Ed invero, la valutazione sulla tempestivit dell'impugnazione proposta alla Corte fiorentina va formulata alla stregua della normativa contenuta nella legge 742/69 che ha innovato la precedente disciplina secondo cui restavano sospesi (art. 1 della legge 14 luglio 1965 n. 818) di diritto i termini processuali scadenti tra 51 primo agosto ed il quindici settembre. L'art. 1 deUa legge 742/69 dispone, invece, che il decorso dei termini processuali relativi alla giurisdizione ordinaria ed amministrativa sospeso di diritto dal 1 agosto al 15 settembre di ciascun anno, riprendendo a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. (1) Decisione ineccepibile posto che la sospensione feriale deve avere applicazione per tutti i termini del processo tributario. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso differito alla fine di detto periodo. Come ha gi rilevato questa Corte (Cass. 30 gennaio 1970 n. 217), la nuova legge ha abrogato la precedente in quanto ha regolato diversamente la medesima materia congelando '" agli effetti che nella specie interessano, il periodo compreso tra il primo agosto ed il quindici settembre. Con il logico spostamento dell'inizio stesso " della decorrenza al giorno successivo alla fine del periodo ove esso (l'inizio) cada in uno dei giorni del periodo c.d. congelato" Detto questo, va osservato che per effetto della 1. 2 dicembre 1975 n. 576 (entrata in vigore mentre era in corso il termine per adire la Commissione tributaria centrale) e delle successive proroghe, veniva ad essere sospeso anche ed anzitutto il termine ora indicato, che riprendeva a decorrere il primo luglio 1978. Scaduto il termine per l'esaurimento del contenzioso davanti al giudice tributario, iniziava la sospensione (di cui si innanzi detto) disposta dalla legge 742/69 per il periodo feriale. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1987, n. 8512 -Pres. Bologna -Est. Favara -P. M, Grossi (conf.). Soc. Saras (avv. Nigro) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amato). Tributi in genere -Norme tributarie -Concetto di tributo -Tasse portuali Natura tributaria -Riscossione -Ingiunzione doganale. (L. 9 febbraio 1963 n. 82; d.!. 26 febbraio 1974 n. 47; d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, artt. 18 e 82). .,, La tassa erariale di sbarco e la tassa portuale sulle merci sbarcate hanno natura di tributo; e bench non possano ricomprendersi fra i dazi doganali, in quanto connesse con operazioni doganali sono soggette alla disciplina dei diritti doganali per quanto concerne l'accertamento e la riscossione, a cui si provvede mediante ingiunzione che diventa definitiva nel termine di 15 giorni (1). (omissis) I -A) Ha precedenza logica l'esame del terzo motivo del ricorso principale, con il quale la SARAS, deducendo (ai sensi dell'art. 360 (1) Sulla natura delle prestazioni in questione la S.C. si era gi espressa con 1a menzionata sentenza 10 novembre 1984 n. 5684 di cui non si rinviene pubblicata la motivazione. Sulla connessa prestazione del diritto di approdo la Corte Cost. (sent. 2 febbraio 1988 n. 127) ha del pari riconosciuto natura tribu taria. i i ' f PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA n. 3 c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell'art. 82 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 42 (T.U. leggi doganali) e deH'art. 3 T.U. 14 aprile 1910 n. 639, impugna la decisione della Corte di Cagliari che ha ritenuto applicabile il termine breve di 15. giorni previsto nel citato art. 82, anzich quello ordinario di 30 giorni previsto nell'art. 3 della legge n. 639/1910 (contenente la disciplina generale della riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato), swl presupposto che la tassa portuale .riscossa dallo Stato ai sensi della I. 5 maggio 1976 n. 355, a beneficio delle aziende dei mezzi meccanici sia, se non un tributo doganale, una tassa relativa ad operazioni doganali, come tale riscossa dagli uffici doganali, tenuti ad uniformarsi alle procedure di riscossione previste dalle leggi che li riguardano. Le argomentazioni che la SARAS svolge con tale mezzo di ricorso e che ha poi sviluppato in memoria, sono: a) che la tassa portuale, distinta dalla tassa erariale di sbarco e dai diritti di confine, non un tributo doganale in senso proprio, come del resto riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata, in quanto applicata su tutte le merci quale che sia la loro provenienza e destinazione; b) che da escludere anzi la stessa sua natura di tributo, perch essendo essa applicabile solo in certi porti determinati dalla legge manca del requisito -essenziale per le imposte e tasse -della generalit; e) che anche a ritenerla tributo, da escludere la legittimit della riscossione a mezzo della Dogana perch l'art. 35 legge Doganale affida a tale ufficio l'applicazione e la riscossione secondo la procedura prevista dal.l'art. 82 solo quando si tratti di diritti doganali e sempre che le leggi che riguardano tali diritti non dispongano diversamente; d) che anche se le leggi parlano di tasse portuali, si tratterebbe, come dice testualmente la legge n. 355 del 1976 nella sua titolazione, di benefici, concessi (come risulta anche dai lavori preparatori di tale legge) alle Aziende dei mezzi meccanici (e prima agli enti portuali) al fine di potenziare l'organizzazione delle operazioni di sbarco e imbarco in taluni porti, i:n corrispettivo dei servizi resi mediante le operazioni di carico e scarico delle merci, e perci di diritti, anche se di natura pubblica (in quanto correlati a prestazioni pubblicistiche erogate nelle aree portuali), ma non di diritti doganali; e) che ci 'Sarebbe confermato dal fatto che la misura di detti diritti determinata iIJ. relazione ai costi medi di gestione dei servizi resi ~ alla natura delle merci sbarcate e imbarcate (come precisato nei d.P.R. 13 marzo 1974 e 12 maggio 1977); ino!ltre f) dal fatto che possibile in altsrnativa anche il versamento nella Tesoreria provinciale a mezzo marche o in conto corrente, secondo disposizioni (contenute nel d.m. 10 febbraio 1976) che, derogando alle regole genera:li, rendono per altro veriso inapplicabile l'art. 82 cui l'art. 35 legige Doganale rinvia solo qualora non esistano disposizioni speda:li. Sostiene ancora la SARAS g) che nessun particolare interesse avrebbe del resto lo Stato ad avvalersi della pro . ....,..., . I ::ura rapMa ili cu::.:.,:::.::ttosOO che ili quella ~.i.I generale di oui alla legge n. 639/1910 (che la sentenza n. 45/1981 della S. C. ha limitato ai tributi di sicura natura doganale), dato che esso percepisce !i1 solo un terzo delle tasse portuali, essendo gli altri due terzi di esse devo !f,[:'_.'_. luti alle Aziende dei mezzi meccanici (art. 2 della I. 355/1976). Fa infine > rilevare la SARAS h) che comunque errata l'affermazione della Corte di ~ Cagliari, secondo cui applicabile la procedura ed il termine di cui all'art. 82 legge Doganale perch le modalit di riscossione coattiva dei tributi non possono essere che queHe proprie dell'amministrazione che procede alla riscossione, dal momento che nel nostro sistema le modalit di riscossione coattive non sono affatto s.tabilite in funzione delle carat teristiche proprie degli uffici che procedono alla riscossione, ma delle caratteristiche dei tributi da riscuotere. Il motivo. infondato. 1~ La legge 9 febbraio 1963 n. 82, concernente la rev1s1one di tasse e diritti marittimi , al Titolo II istitu (Capo I) la tassa erariale di sbarco ~ sulle merci provenienti dall'estero anche se in transito; e, al Capo III, !l ill una tassa portuale sulle merci sbarcate in taluni porti specificamente ~ indicati, ai quali altri vennero aggiunti con successive specifiche leggi di j=,~=. estensfone. Il d.l. 26 febbraio 1974 n. 47 (convertito, con modifiche, nella r i:: I. 16 aprile 1974 n. 117), emesso al fine di adottare un nuovo e diverso ~= sistema di tassazione correlato allo sba11co delle merci nei porti (e aeroporti), compatibile con la disciplina comunitaria nel frattempo divenuta operante, nel sopprimere la tassa prevista per le merci in transito (pro venienti o dirette verso l'estero), conferm, oltre alla tassa erariale di sbarco, la tassa portuale sullo sbarco e imbarco nei porti indicati dalla legge n. 82 del 1963 e successive modificazioni e ad essa assoggett anche le merci in transito, non assoggettabili a dazio doganale in base alle norme CEE. Il citato art. 2, al 3 comma, stabil inoltre i criteri per la determinazione e la modificazione delle aliquote delle tasse di cui al Capo II, Titolo II della I. 9 febbraio 1963 n. 82 e successive modificazioni (cio delle tasse portuali dovute nei porti determinati per legge), nonch per la devoluzione degli introiti agli enti beneficiari (enti autonomi portuali e, poi, aziende per i mezzi meccanici). La natura tributaria di simili imposizioni non pu essere seriamente posta in dubbio, stante la espressa qualificazione in tale senso data dalle norme sopra ricordate (che rese poi necessaria l'abrogazione delle disposizioni concernenti le merci in transito, provenienti dall'estero e destinate all'importazione temporanea, contenute nell'art. 27 1. 1963/82): sia la tassa erariale, sia la tassa portuale hanno natura corrispondente a tale espressa loro denominazione, e non di imposte o dazi doganali, perch correlate a prestazioni pubblicistiche che trovano il loro presupposto nel fatto obiettivo della movimentazione delle merci per effetto delle opera PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA zioni di sbarco e imbarco (Sez. Un., sentenza n. 5684/1984). Esse gravano in pari misura su tutte le merci sbarcate e imbarcate, anche se provenienti dall'estyro (e per tali ragioni la citata sentenza n. 5684/1984 pot escludere che dall'applicazione di essa derivi violazione dei princpi co munitari). La natura di tributo non pu essere poi esclusa per il fatto che la tassa portuale sarebbe priva del carattere di generalit in quanto limitata solo a taluni porti e devoluta a favore di taluni enti, dal momento che la sua generalit di applicazione in relazione alle ricordate prestazioni pubblicistiche e in occasione di operazioni doganali non esclusa dal fatto che utenti di tali prestazioni, per ci obbligati al pagamento dei diritti doganali, siano solo ' una particolare categoria di soggetti, quelli cio che eseguono operazioni di sbarco e imbarco in uno dei porti indicati dalla legge. La devoluzione (per due terzi) alle Aziende dei mezzi meccanici dell'importo delle tasse portuali riscosse (che invece vengono per intero incassate dallo Stato quando si tratta della tassa erariale di sbarco) si giustifica per il fatto che dette Aziende assicurano lo svolgimento delle operazioni di sbarco e imbaI'co delle merci, che sono prestazioni pubblicistiche perch si svolgono nelle aree portuali, con relativi impianti {pontili, banchine, ecc.), consentendo la realizzazione di finalit che sono certamente di carattere statuale, perch affidate alla cura delle Capitanerie di porto, a spese del Ministero dei LL.PP. (art. 122 r.d. 26 settembre 1904 n. 713). Ma al tempo stesso si giustifica che lo Stato, a mezzo della Dogana, trattenga il residuo terzo del ricavato della tassa portuale, trattandosi di diritti marittimi dovuti allo Stato -unio titolare del potere di accertare e riscuotere la tassa -e precisamente alla Dogana dello Stato, per il fatto che esso eroga, a mezzo delle Aziende, un servizio in occasione di operazioni che si svolgono in zone demaniali e che devono essere qualificate, ai sensi dell'art. 18 legge Doganale, come operazioni doganali; con conseguente facolt di riscossione a mezzo degli uffici doganali competenti, come ha gi avuto modo di precisare questa Corte nella citata sentenza n. 5684 deHe Sezioni Unite, nell'affermare che gli enti beneficiari del tributo hanno .solo un dir1tto di credito verso lo Stato, unico titolare del potere impositivo, per la parte di tributo loro destinata per legge. Anche perci se non si tratta, per quanto riguarda la tassa portuale, di tributo eraruale (imposta doganale), i diritti che lo Stato fa valere sulle merci sbarcate o imbarcate nei porti indicati dalla legge per il fatto obiettivo della movimentazione sono diritti doganali, secondo fa definizione contenut nel citato art. 18 legge Doganale, soggetti a riscossfone da parte degli uffici doganali. Trattandosi di diritti doganali, poi, e :non essendo prevista una disciplina particolare per la loro riscossione, trova diretta applicazione, ai sens[ dell'art. 35 legge Dogana[e, l'art. 82 stessa legge, che apprmto autoriz2la detti uffici ad avva lersi per fa riscossione di detti diritti della procedura esecutiva di cui alla j 190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1 legge n. 639/1910, con riduzione tuttavia (art. 82 cpv.), a 15 giorni del ! termine rper propovre opposizione avverso J'i;ngiunzione emessa dal con ! tabile doganale, ai sensi dell'art. 82, 1 comma. Per quanto poi concerne gli argomenti addotti dalla SARAS sub d) I ed e), ad escludere la natura doganale dei diritti per cui causa non I, sufficiente la dizione benefici che si legge nella Iegge n. 355/1976, perch proprio di benefici si tratta ,quando i diritti riscossi dallo Stato vengono devoluti pro quota agli enti cui concretamente affidato l'esercizio del compito istituzionale delle Capitanerie di porto di provvedere con le apposite attrezzature e gli opportuni mezzi meccanici, alle operazioni di sbal'Co e imbarco; cos come coerente con il predetto carattere corrispettivo del servizio assicurato la commisurazione della tassa portuale ai costi medi di gestione del servizio e alla natura delle merci. Viene a cadere, conseguentemente, anche l'argomentazione sub g), che cio trattandosi di meri benefici e non di diritti doganali non si giustificherebbe il ricorso alla procedura abbreviata ex art. 82 legge Doganale; mentre, quanto all'argomento sub f), agevole osservare che non giova alla tesi della ricorrente la possibilit, riconosciuta al contribuente, di versamento alla Tesoreria provinciale in conto corrente o a mezzo marche, trattandosi pur sempre di versamenti (d.m. 10 febbraio 1976 in G.U. 8 marzo 1976 n. 62) diretti all'ufficio doganale e intestati al ricevitore doganale. L'argomentazione sub h) infine potrebbe essere esatta solo se la Corte di merito avesse qualificato (tautologicamente) i diritti in questione come tassa doganale per il solo fatto che la riscossione avviene a mezzo degli uffici doganali, laddove essa, nel rilevare la natura doganale della tassa, ha affermato la competenza per tale ragione degli uffici doganali alla riscossione e quindi l'applicabilit della procedura di cui aill'art. 82 legge Doganale. In ogni caso le sopra esposte considerazioni vailgono, per quanto occorre, ad integrare la motivazione del giudice di merito ai sensi detll'ar.t. 384 cpv. c.p.c., ferma restando la esattezza della decisione, che cio erano imprnponibili, perch tardive rispetto al termine di 15 giorni di cui all'art. 82, le opposizioni alle ingiunzioni doganali della SARAS. B) Da tale improponibilit la Corte di Cagliari ha fatto poi discen dere anche l'irretrattabilit e incontestabilit della pretesa tributaria. E contro tale affermazione si appunta la censura di cui al quarto motivo di ricorso, con cui si deduce violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.pJc.) dell'art. 82 legge Doganale e di tutte le norme e princpi in materia di ingiunzione fisicale; censura che anch'essa pa:lesemente infondata alla stvegua deLla costante giua:isprudenza di questa S.C., secondo cui l'ingiunzione fiscale costituisce ad un tempo atto formale di accertamento dell'imposta e atto iniziale del procedimento coattivo di riscossione e per PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ci non esclusivamente atto di esecuzione forzata della pretesa tributaria, cosicch non pu ritenersi che la scadenza del termine esaurisce i suoi effetti nell'ambito della procedura esecutiva; senza determinare la definitivit dell'accertamento, con presunzione di legittimit della pretesa tributaria. L'inutHe decorso del termine di 15 giorni previsto per l'opposizione all'ingiunzione in materia doganale preclude perci al contribuente ogni possibilit di contestazione della pretesa tributaria, rendendo definitivo l'accertamento contenuto nell'ingiunzione non opposta (specificamente, Cass. 12 novembre 1974 n. 3561; inoltre, Cass. 12 febbraio 1981 n.. 356 e numerose rutre). Superati il terzo e quarto motivo del ricorso, che investono la questione di fondo proposta con il ricorso principale, si rivela chiaramente l'infondatezza, sotto vari aspetti, degli altri motivi del ricorso stesso. C) Col primo mezzo si deduce violazione di legge e falsa applicazione . dell'art. 112 c,p.c. (in relazione all'art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.) e si sostiene che la domanda di accertamento negativo sull'applicabilit del tributo in questione alle merci sbarcate nell'approdo di Sarroch era stata proposta in via autonoma rispetto a1le opposizioni alle ingiunzioni successivamente notificate alla SARAS e come tale era stata esaminata e decisa dal Tribunale sia pure in senso sfavorevole, cosicch la pronuncia di assorbimento emessa daHa Corte, dopo la riunione tra il procedimento relativo alla domanda di accertamento negativo e quelli relativi alle varie opposizioni, alcune tempestive ed altre tardive rispetto al termine di 15 gior?i di cui all'art. 82 legge Doganale, si concretava, almeno per le opposizioni ritenute tardive, in un rifiuto di pronunzia, essendo evidente l'interesse, concreto ed attuaile, di essa SARAS ad otSposta provvisoria in tempi giusti, privilegiando l'efficienza rispetto alla meditazione. Questo vero sia in sede di giudizio civile, dove Fazzalari ha parlato di settecentizzazione della giustizia (47) con riferimento all'uso e all'abuso che il pretore fa dell'art. 700 c.p.c. ~ vero, purtroppo, nel processo penale, come annotava malinconicamente Andrioli {48), in cui troppo spesso la vera pena non quella che segue alla condanna, ma quella scontata dagli imputati iin sede di custodia preventiva, colpevoli o innocenti che siano. ~ vero, infine, nel processo amministrativo, dove la curva statistica della percentuale di sospMsive si impenna a freccia, divaricandosi da quella, pur montante, dei ricorsi (49). E questo induce a certo non confortanti considerazioni. D'.altro lato, per, occorre rilevare come nel momento cautelare il giudice amministrativo diventi fiis.iologicamente giudice del rapporto e quindi del bene della vita da riconoscere o da negare. Nella fase di mer.ito, infatti, tradizionalmente, la valutazione dell'interesse sostanziale tutelato ha sempre condizionato solo l'ammissibilit del giudizio; nelila fase cautelare, invece, dovendo il giudice conoscere della gravit e irreparabilit del pregiudizio >>, la valutazione dell'.interesse sostanziale condiziona anche il merito della decisione: decisione che regola, dunque, il rapporto (50). t'evoluzione della giurisprudenza amministrativa in tema di sospensiva (e in sede di giurisdizione generale di le~ittimit) nell'ultimo decennio troppo nota perch vi si debba indugiare: stata, infatti, affermata e sistematizzata la sospendibilit di una serie di atti amministrativi (quali dinieghi di ammissione, atti intermedi di procedimenti, atti negativi di controllo, ecc.) esclusi dalla sospendibilit secondo le teorie classiche perch atti negativi. Oltretutto, il giudice amministrativo ha utilizzato con estrema duttilit lo strumento cautelare piegandolo, per esempio, a fiinii istruttori o mirandolo meglio al fine attraverso l'introduzione di elementi accessori come il termine o la condizione. Si cos giunti a (47) E. FAZZALARI, Il futuro del procedimento amministrativo visto da un processualcivilista, cit., 349. (48) V. ANDRIOLI, Relazione, in Atti tavola rotonda romana, 1982, 1688 cit. in M. E. ScHINAIA, Brevi note sul giudizio amministrativo cautelare, in Riv. amm., 1985, I, 591-604. ( 49) I. F. CARAMAZZA -M. G. MANGIA, Le misure cautelari nel processo amministrativo, cit. (SO) E. FOLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, Milano, 1981, 46 ss. PARTE II, QUESTIONI 11 soddisfare, in sede di sospensiva, non solo interessi oppositivi, ma anche dnteressi pretensivi (quanto meno quelli a soddisfazione preregolata ) {51), restando quindi esclusi, come posizioni sostanziali cono sdbi1i, soltanto quegli interessi pretensivd per la cui soddisfazione l'Am ministrazione conservi margini di discrezdonalit in ordine all'an, al quomodo ed al quando. E ne restano esclusi perch posizioni sostanziali non sono, non potendo preesistere ad una nascita condizionata da quella variabile indipen dente che l'esercizio della discrezionalit amministrativa (52). Da quanto sopra sembra potersi trarre la conclusione che si accomu nino sotto la stessa etichetta di interesse legittdmo situazioni assolutamente eterogenee. 1interessi oppositivi e interessi pretensivi a soddisfazione preregolata sembrano infatti presentare tante analogie con i diritti soggettivi da chiedersi se, per caso -e quanto meno in gran parte -diritti sogget tivi non siano (o non siano divenuti) e se taili non siano stati considerati sin dal 1865 solo per un eccessivo self-restraint del giudice ordinario nell'interpretare la legge abolitrice del contenzioso amministrativo, come ci si riserva di dimostrare pi avanti. Certo, per tale via, il giudice amministrativo sconfina un po' da quel mero effetto antioipatorio della pronuncia di merito che dovrebbe avere la decisione cautelare alla luce dell'insegnamento chiovendiano secondo cui il tempo necessario ad avere ragione nel processo non deve tornar a danno ili chi ha ragione (53). In qualche modo il giuilice amministrativo rimedia con quelle prescrizioni ordinatorie o ad effetto conformativo (54) che costituiscono idoneo ponte fra le attuali conqui ste dell'evoluzione giurisprudenziale e le emanande norme di riforma del processo che, sintomaticamente, prevedono una statuizione del giudice pienamente satisfattiva dell'interesse del ricorrente ad eccezione dei (51) E. FOLLIERI, op. loc. cit. (52) S. GIACCHETTI, L'oggetto del giudizio amministrativo in Studi per il cento cinquantenario cit., III, 1489-1490. (53) G. CHIOVENDA, Nota a Cass. Roma 7 marzo 1921 in Giur. civ. comm. 1921, 362 ss. (54) Fra le pi tipiche decisioni in tal senso vedasi T.A.R. Toscana 21 giugno 1978 n. 344, in I T .A.R. 1978, I, 349, che recita, in parte qua: L'accoglimento del ricorso giurisdizionale per vizi di carattere sostanziale non comporta soltanto l'annuUamento dell'atto impugnato, ma altres l'accertamento della situazione giurJdiea fatta valere dinanzi al giudice amministrativo, ossia in un certo modo la situazione giuridica controversa; pertanto, allorch l'annullamento dell'atto non sia pienamente satisfattorio della pretesa di ulteriori provvedimenti dell'am ministrazione, quest'ultima soggiace, nella rinnovazione dell'atto annullato, al vincolo, derivante dal giudicato, di non pregiudicare l'interesse del ricor.rente, nei limiti 1n cui dalla decisione sia stato riconosciuto giuridicamente protetto . 1.2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO casi m cui alla p.a. siano attribuiti poteri discrezionali in ordine alle modalit ed al tempo dell'adozione dell'atto o del comportamento (55). Al fenomeno sopra accennato (e che per dovrebbe indurre il giudice della cautela amministrativa a motivare anche sul fumus boni juris) si accompagna una nettissima tendenza all'ampliamento delle materie at I tribuite al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. La legge istitutiva dei T.A.R. segn l'avvio, con l'attribuzione a detta competenza della materia delle concessioni, cos intaccando per la prima volta un criterio di ripartizione non pi basato sulla contrapposizione (o, nella specie, sulla possibile confusione) fra diritto e interesse ilegittimo ma su una distinzione di blocchi di materie (56). Sulla stessa via sembra d'altronde essersi posta la Corte di Cassazione (57), in una linea di tendenza. che sembra destinata a privare del suo principale significato quella distinzione di situazioni soggettive che tradizionalmente segna il discrimine fra le due giurisdizioni (58). Il tendenziale aumento dei casi di giurisdizione esclusiva (confermato dalle leggi 28 gennaio 1977 n. 10, 20 marzo 1980 n. 75 e 24 marzo 1981 n. 145) (59) riceve una corposa conferma dal testo dell'ultimo disegno di legge-delega che prevede una estensione della giurisdizione esclusiva alle mater.i.e connesse e conseguenti a quelle a tale giurisidizione gi Iattl'.1ibuite, a1l'espropriazione e all'occupazione di urgenza e alle prestazioni dei pubblici servizi di sanit, istruzione e assistenza pubbliche (60). Altra conferma viene dal disegno di legge sul procedimento, che riserva ~l:la giurisdizione esclusiva [e controversie in matenia di accordi (61). Ove si ponga mente al fatto che normalmente la, giurisdizione per materie una giurisdizione piena (62), sembra potersi concludere che in via tendenziale attraverso l'evoluzione della giurisprudenza ed an via conclusiva attraverso le riforme legislative in itinere e . che sembrano ormai mature, gran parte delle Situazioni soggettive sostanziali f.inora qualificate come dnteressi legittimi avviata a trovare nel processo amministrativo quella soluzione pienamente satisfattiva che il tradizionale giudizio rigorosamente cassatorio non assicurava se non in alcuni casi di degradazione o di affievolimento. (55) Aiit. 1-3.Jll-2 del disegno di legge delega, citato in nota (1). (56) F BENVENUTI, Atti parlamentari cit., seduta del 24 ottobre 1984. (57) M. NIGRo, Atti parlamentari cit., seduta del 16 ottobre 1984. i (58) A. NOCCELLI, Principio di partecipazione e funzione del giudice amministrativo, in Studi per il centocinquantenario cit., III, 1671-1672. ! (59) M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, Bologna, 1983, 103. (60) A11t. 1-3-b-3 del disegno di legge delega n. 788 cit. a nota (1). (60) Art. 12 del disegno di legge n. 1913 cit. a nota (1). I I (62) F. MERUSI, Atti parlamentari cit., seduta del 23 ottobre 1984. I PARTE II, QUESTIONI H N tale tipo di conclusione potrebbe opporsi il dettato della Costituzione in materia di situazioni soggettive e di riparto di giurisdizioni. A parte l'ovvia considerazione che ogni problema, anche formale, risulterebbe superato con l'ampliamento dell'area della giurisdizione esclusiva (la cui forza espansiva non sembra limitata in modo categorico dal costituente) (63), giova osservare come il compito del legislatore costituzionale sia quello di porre delle norme di principio e non quello di scrivere un dizionario giuridico: i termini ed i concetti usati nella Costituzione del '47 rispecchiano i dati semantici che la cultura del tempo forniva (64); riflettono, quindi, ovviamente. un diritto vivente che era, in tema di interesse legittimo e di processo amministrativo, una intima anche se elegante contraddizione. Sembra sussfatere dunque per l'interprete un largo margine di manovra anche in materia di ridefinizione dei concetti di diritto e di interesse. In realt, in materia di tutela giurisdizionale e di riparto delle giurisdizioni, Ja voluntas legis del costituente mir soprattutto (se non soltanto) ad assicurare il massimo di garanzia della giurisdizione per ogni possibile situazione g1uTidica soggettirva rilevante (diritti e interessi legittimi fu l'endiadi ritenuta esaustiva) e nei confronti di tutti gli atti della p.a. con esclusione di tutte quelle eccezioni (per categorie di atti e per mezzi di impugnazioni) di cui il precedente regime aveva offerto ricco florilegio (65). 3. -Il procedimento amministrativo: perdurante esigenza di una sua disciplina generale. Procedimento amministrativo e interesse legittimo. Avviate cos a trovare piena tutela quelle posizioni sostanziali sin qui qualificate come interessi legittimi opposith'.i e pretensivi a soddisfazione pre-regolata potrebbe sorgere l'astratto problema della -perdurante o meno -opportunit di una disciplina del procedimento. g (63) F. LoNGO, Proposte per una riforma cit., 1350, nota 22. (64) A. ROMANO, Il giudice amministrativo di fronte alla tutela degli interessi c.d. diffusi, Foro it., 1979, V, 8. (65) Sembra opportuno riportare la dichiarazione formulata in occasione della discussione dell'art. 103 dal Presidente Ruini: Non occorre che ricordi da quali criteri era stata dettata la disposi:llione. Vi stata, durante il fascismo, l'abitudine di privare del ricorso giurisdizionale molte categorie di atti dell'autorit amministrativa lesivi degli interessi e dei diritti dei privati. Ad ogni pi sospinto veniva una legge e pi spesso un decreto-legge fascista che diceva: per questi atti non ammesso alcun ricorso n davanti ai tribunali n davanti al Consiglio di Stato. Ci ha preoccupato la Commissione ed abbiamo di conseguenza stabilito che non si pu togliere ai cittadini, per segmento di materie e di atti, la garanzia del ricorso giurisdizionale. Nessun dubbio che fin qui tutti noi dell'Assemblea siamo d'accordo (M. RUINI, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea Costituente, vol. V, Camera dei Deputati, p. 4194). 1.4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO noto infatti il principio di alternativit fra procedimento amministrativo e processo giurisdizionale: l'uno serve a compensare la incompletezza delfoltro, perch quanto migliore la tutela giurisdizionale, tanto mano necessaria una discipJ.ina del procedimento, che deve essere invece formalizzato e processualizzato quando la tutela offerta dal giudice poca e meramente formale (66). La ci.sposta agevole: la necessit di introdurre una disciplina del procedimento rimane per un triplice ordine di ragioni, che si cercher di individuare in ordine crescente di importanza. Il primo che non tutti gli interessi tradizionalmente qua1if.icati come legittimi riescono a trovare piena tutela in quel nuovo processo amministrativo che evoluzione della giurisprudenza e legislatore della riforma vanno delineando: ne rimangono fuori quelli la cui soddisfazione non pu prescindere da una scelta amministrativa discrezionale (segnata mente quelli pretensivi a soddisfazione non pre-regolata ). In essi rite niamo non possa ravvisarsi la tutela di alcuna situazione sostanziale perch quest'ultIIIla non potr mai preesi!stere alla opzione amministrativa, prima d'allora fondandosi in capo all'interessato soltanto la pretesa ad un provvedimento legittimo (67). Una tale categoria di interessi appare, per 1a verit, largamente recessiva attesa l'eclissi dell'Amminis:trazione di stampo provvedimentale, schiacciata fra l'atto programmatorio e l'atto convenzionale (68) e la constatazione che anche laddove permanga l'uso di atti puntuali, questi appaiono quasi sempre vincolati, quando non dovuti. Torna alla mente in proposito l'aforisma della discreziona1it come favola accreditata dall'insufficienza del regime delle prove nel processo amministrativo (69). Al di l della battuta, va rilevato come il progresso tecnico e tecnologico trasformi sempre di pi la discrezionalit amministrativa in discrezionalit tecnica Ja quale ben consente il sindacato del giudice e che comunque la discrezionalit amministrativa, laddove rimane, vede normalmente spostato il suo momento di esercizio a monte dell'atto puntuale, nel diaframma programmatorio dell'atto generale (70) che si frappone fra quello e la legge. (66) M. NIGRO, Procedimento amministrativo e tutela giurisdizionale contro la pubblica amministrazione (il problema di una legge generale sul procedimento amministrativo), =:efx=-.r -~ illf - RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTifUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice civile, art. 158, nella parte in cui non prevede che il decreto di omologazione della separazione consensuale costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 del codice civile. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 186, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. codice clvile, art. 291, nella parte in cui non consente l'adozione a persone che abbiano discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti. Sentenza 19 maggio 1988, n. 557, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. codice clvile, art. 2109, nella parte in cui non prevede che la malattia insorta durante il periodo feriale ne sospenda il decorso. Sentenza 30 dicembre 1987, n. 616, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. codice penale, art. 5, nella parte in cui non esclude dall'inescusabilit dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile. Sentenza 24 marzo 1988, n. 364, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. codice penale, art. 175, primo comma, nella parte in cui prevede che la non menzione nel certificato del casellario guidiziale di condanna a sola pena pecuniaria possa essere ordinata dal giudice quando non sia superiore a un milione, anzich a somma pari a quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva di anni due, a norma dell'art. 135 cod. pen. Sentenza 17 marzo 1988, n. 304, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. codice di procedura penale, art. 529, limitatamente alla parte in cui non dispone che l'incarico per la sottoscrizione dei motivi di ricorso, al difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di Cassazione, possa essere conferito anche con lettera raccomandata diretta allo stesso cancelliere " Sentenza 31 maggio 1988, n. 588, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 17 luglio 1890, n. 6072, art. 1, nella parte in cui non prevede che le IPAB regionali e infraregionali possano continuare a sussistere assumendo la personalit giuridica di diritto privato, qualora abbiano tuttora i requisiti di un'istituzione privata. Sentenza 7 aprile 1988, n. 396, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. r.d. 30 ottobre 1930, n. 1731, art. 9. Sentenza 21 gennaio 1988, n. 43, G. U. 27 gennaio 1988, n. 4. 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d.I. 12 agosto 1937, n. 1757, art. 2 [conv. in legge 16 giugno 1938, n. 1207] Sentenza 24 marzo 1988, n. 330, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. r.d. 25 luglio 1940, n. 1077, art. 265 [nel testo sostituito dall'art. 8 della legge 6 giugno 1973, n. 341], nella part in cui esclude dal diritto all'assegno alimentare, nella misura prevista dal quarto comma dello stesso articolo, il dipendente del servizio del lotto sospeso cautelarmente a seguito di ordine o di mandato di cattura. Sentenza 7 aprile 1988, n. 405, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. d.1.lgt. 21 novembre 1945, n. 722, art. 3 e legge 8 aprile 1952, n. 212, art. 8, nella parte in cui escludono il diritto dell'impiegata statale coniugata alla corresponsione delle quote di aggiunta di famiglia per figli a carico, nel caso in cui il di lei marito svolga attivit lavorativa che non dia titolo alla corresponsione di assegni familiari. Sentenza 31 marzo 1988, n. 365, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. d.1.1. 21 novembre 1945, n. 722, art. 3, primo comma, nella parte in cui esclude che le quote aggiunte di famiglia spettanti per il coniuge a carico debbano essere corrisposte anche alla moglie lavoratrice alle stesse condizioni previste per il marito lavoratore. Sentenza 30 dicembre 1987, n. 613, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. d.1.1. 21 novembre 1945, n. 722, art. 4, primo comma, nella parte in cui non comprende anche i figli nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge che ne sia affidatario. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 181, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.I.vo 6 maggio 1948, n. 655, art. 3, n. 3, nella parte in cui non prevede l'attri buzione alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Palermo, con tutte le facolt e i poteri relativi, dei giudizi sui ricorsi e sulle istanze in materia di pensioni, assegni o indennit civili a carico totale o parziale dello Stato, quando il ricorrente, all'atto del ricorso o dell'istanza, abbia la residenza anagrafica in un Comune della regione siciliana e per i giudizi pendenti non sia stata emessa pronuncia interlocutoria presso la competente sezione centrale della Corte dei conti. Sentenza 10 marzo 1988, n. 270, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. d.I.vo 6 maggio 1948, n. 655, art. 3, n. 3, nella parte in cui non prevede -negli stessi termini e riferimenti -l'attribuzione alla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana dei giudizi sui ricorsi e sulle istanze in materia di pensioni, assegni e indennit militari e di guerra nonch di ogni altro giudizio per pensioni, assegni e indennit a carico totale o parziale dello Stato e degli enti pubblici previsti dalla legge (oltre quelli per i quali gi la norma dispone), attribuito o attribuibile alla giurisdizione della Corte dei conti. Sentenza 10 marzo 1988, n. 270, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. !t! PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ' 2J legge 11 aprile 1950, n. 130, art. 4, quarto comma [come modificato dal l'art. 8 della legge 2 aprile 1952, n. 212], nella parte in cui escludei che le quote aggiunte di famiglia, spettanti per i figli a carico, debbano essere corrisposte, in alternativa, anche alla moglie lavoratrice alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il marito lavoratore. Sentenza 30 dicembre 1987, n. 614, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 11, primo comma, limitatamente alla parte in cui non prevede la corresponsione al conduttore d'un equo indennizzo da parte del locatore che ottenga il rilascio dell'intero fondo locato per costruirvi case d'abitazione. Sentenza 14 aprile 1988, n. 437, U. G. 20 aprile 1988, n. 16. legge 8 aprile 1952, n. 212, art. 8, e dJ.lgt. 21 novembre 1945, n. 722, art. 3, nella parte in cui escludono il diritto dell'impiegata statale coniugata alla corresponsione delle quote di aggiunta di famiglia per figli a carico, nel caso in cui il di lei marito svolga attivit lavorativa che non dia titolo alla corresponsione di assegni familiari. Sentenza 31 marzo 1988, n. 365, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge prov. aut. di Bolzano 29 marzo 1954, n. 1, art. 30, nella parte in cui non prevede che pure in caso di trasferimento coattivo del maso chiuso, in un procedimento di esecuzione forzata instaurato entro il termine ivi contemplato, l'assuntore tenuto a versare alla massa ereditaria, per la divisione suppletoria, l'eccedenza del ricavo dalla vendita o del valore di assegnazione sul prezzo di assunzione, previa deduzione di eventuali spese inerenti all'assunzione e del valore delle migliorie apportate al maso. Sentenza 5 maggio 1988, n. 505, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. d. leg. Pres. Reg. Sic. 29 ottobre 1955, n. 6, art. 175, primo comma, nella parte in cui prevede, per le' cause d'incompatibilit preesistenti all'elezione, la san zione della nullit dell'elezione stessa anzich quella della decadenza dalla carica. Sentenza 3 marzo 1988, n. 235, G. U. 9 marzo 1988, n. 10. d. leg. Pres. Reg. Sic. 29 ottobre 1955, n. 6, art. 175, ultimo comma, nella parte in cui non prevede un procedimento di dichiarazione di decadenza dalla carica conforme ai principi di cui all'art. 7, commi 3-8, della legge 23 aprile 1981, n. 154. Sentenza 3 marzo 1988, n. 235, G. U. 9 marzo 1988, n. 10. legge 12 agosto 1962, n. 1339, art. 1, secondo comma, nella parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensione di riversibilit erogata dalla Gestione artigiani nei confronti dei titolari di pensione diretta a carico dello Stato allorch, per l'effetto del cumulo, venga superato il minimo garantito dalla legge. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 184, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. Legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, secondo comma [cos come modificato per la differenza di et (anni venticinque, anzich venti) per effetto della sen tenza di questa Corte 15 febbraio 1980, n. 15]. Sentenza 5 maggio 1988, n. 502, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 26 legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, secondo comma, limitatamente alle parole e la differenza di et tra i coniugi non superi i venticinque anni , Sentenza 31 maggio 1988, n. 587, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, terzo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1988, n. 439, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 7, primo comma, limitatamente alle parole dall'iscritto anteriormente alla cessazione dal servizio. Sentenza 10 marzo 1988, n. 268, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 7, ultimo comma, nella parte in cui non prevede nei confronti dei fratelli e sorelle inabili e conviventi con l'iscritto agli Istituti di previdenza del Ministero del Tesoro, il consolidamento della pensione di riversibilit alla morte del genitore del dante causa, al quale spettava per ultimo la pensione, alle condizioni previste dall'art. 87, secondo comma, del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092. Sentenza 7 aprile 1988, n. 397, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma, nella parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensione di vecchiaia erogata dal fondo speciale per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni per i titolari di pensione diretta a carico dello Stato, dell'INADEL, della regione siciliana, allorch, per effetto del cumulo, venga superato il minimo garantito dalla legge. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 184, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 7 maggio 1965, n. 459, articolo unico, nella parte in cui non prevede anche i sanitari comunali elencati nell'articolo unico della legge 26 dicembre 1962, n. 1751. Sentenza 7 aprile 1988, n. 398, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3, primo comma, nella parte in cui non prevede che l'assicurazione contro le malattie professionali nell'industria obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da una lavorazione specifica o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purch si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro . Sentenza 18 febbraio 1988, n. 179, G. U. 24 febbraio.. 1988, n. 8. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 77, secondo comma, nella parte in cui dispone che, per quanto riguarda il coniuge, debbano ricorrere le condizioni di cui al secondo e terzo comma del n. 1 dell'art. 85 stessa legge. Sentenza 12 maggio 1988, n. 529, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 134, primo comma, dalla parola semprech ,. aUa fine. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 179, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 135, secondo comma. Sentenza 25 febbraio 1988, n. 206, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 150, quinto comma, nella parte in cui non prevede che la rendita ivi indicata possa essere concessa anche quando non sia stata corrisposta quella prevista dal primo comma dello stesso articolo, Sflmpre che ricorrano tutte le altre condizioni in esso prescritte. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 178, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 211, primo comma, nella parte in cui non prevede che l'assicurazione obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle concernenti malattie professionali nell'agricoltura e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purch si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 179, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.P.R. 30 1iiugno 1965, n. 1124, art. 254, dalla parola semprech alla fine. Sentenza 18 febbrai 1988, n. 179, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensione di vecchiaia erogata dalla gestione speciale commercianti per i titolari di pensione diretta a carico: dello Stato, delle Ferrovie dello Stato, della Cassa di previdenza degli enti locali e di altri trattamenti a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, allorch, per effetto del cumulo, venga superato il minimo garantito dalla legg. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 184, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 6 aiosto 1967, n. 699, art. 10, settimo comma, limitatamente alle parole e se la differenza d'et fra i due coniugi non sia maggiore di anni 20 . Sentenza 31 maggio 1988, n. 587, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17, nella parte in cui non prevede anche per i gestori provvisori di farmacie non di nuova istituzione la regolamentazione del l'indennit di avviamento prevista dall'art. 110 del t.u. delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265. Sentenza 24 marzo 1988, n. 333, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 8, ultimo comma, nella parte in cui, nell'ultima proposizione, dispone non spetta ai titolari di altro trattamento di pensione ed. Sentenza 5 maggio 1988, n. 503, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 19 giugno 1970, n. 370, art. 8 [conv. in legge 26 luglio 1970, n. 576], nella parte in cui non prevede che i riconoscimenti di servizio ivi previsti operano anche nei confronti di coloro che, per qualsiasi motivo, siano cessati dal servizio nel periodo compreso tra il io luglio i970 e il i0 gennaio i972. Sentenza 7 aprile i988, n. 402, G. U. i3 aprile 1'988, n. i5. legge 20 novembre 1971, n. 1062, art. 9, primo comma, nella parte in cui adopera le parole deve avvalersi anzich le parole pu avvalersi . Sentenza i4 aprile i988, n. 440, G. U. 20 aprile i988i n. i6. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, primo comma, lett. c), nella parte in cui non prevede che le lavoratrici affidatarie in preadozione possano avvalersi della astensione obbligatoria durante i tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia affidataria. Sentenza 24 marzo i988, n. 332, G. U. 30 marzo i988, n. i3. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, artt. 7, primo comma, e 15, nella parte in cui 11on prevedono che il diritto della lavoratrice madre alla astensione facoltativa dal lavoro e alla relativa indennit spetti altres, per il primo anno dall'ingresso del bambino nella famiglia affidataria, alla lavoratrice alla quale sia stato affidato provvisoriamente un minore in sensi dell'art. 314/6 cod. civ. Sent. 24 marzo 1988, n. 332, G. U. 30 marzo 1988, n. i3. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 12, nella parte in cui non prevede che il diritto della lavoratrice a percepire, nel caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo di divieto di licenziamento stabilito dal precedente art. 2, le indennit stabilite da disposizioni legislative e contrattuali per il caso di licenziamento, si applichi anche alla lavoratrice affidataria in preadozione che abbia presentato le dimissioni volontarie entro un anno dall'effettivo ingresso del bambino nella famiglia affidataria. Sentenza 24 marzo 1988, n. 332, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, secondo comma, nella parte in cui non esclude dal computo di sessanta giorni immediatamente antecedenti all'inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, il periodo di assenza di cui la lavoratrice abbia fruito per accudire ai minori affidatile in preadozione. Sentenza 24 marzo 1988, n. 332, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge provinciale di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo comma [cosi come sostituito dall'art. 5 della l. prov. Bolzano 22 maggio 1978 n. 23], nella parte in cui, limitatamente all'indennit d'esproprio da attribuirsi ai terreni agricoli senza attitudine edificatoria, si richiama al giusto prezzo, determinato in modo vincolante dall'uffici~ tecnico provinciale, sulla base dei para~ metri fissati dalla commissione provinciale. Sentenza 12 maggio 1988, n. 530, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. PARTl'l II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE dP.R. 26. ottobre 1972, n. 633, art. 58, quarto comma, nella parte in cui non prevede che anche il cessionario del bene, o il committente del servizio pu beneficiare della conciliazione amministrativa versando all'ufficio finanziario una somma pari ad un sesto del massimo della pena pecuniaria prevista, nel termine di trenta giorni dalla notificazione dell'atto concernente la sanzione. Sentenza 25 febbraio 1988, n. 207, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93, nella parte in cui dispongono che l'Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni non tenuta al risarcimento dei danni, oltre all'indennit di cui all'art. 28, in caso di perdita o manomissione di raccomandate con le quali siano stati spediti vaglia cam biari emessi in commutazione di debiti dello Stato. Sentenza 17 marzo 1988, n. 303, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. legge prov. di Trento 26 luglio 1973, n. 18, art. 9, terzo comma. Sentenza 30 dicembre 1987, n. 615, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 20 dicembre 1973, n. 831, art. 17, nella parte in cui fa decorrere la dichiarazione dell'idoneit ad essere ulteriormente valutato ai fini della successiva nomina alle funzioni direttive superiori ed il connesso trattamento economico dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello del compimento dell'ottavo anno nella qualifica di magistrato di Cassazione, anzich dalla data di scadenza dell'ottennio di anzianit. Sentenza 30 dicembre 1987, n. 612, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. dP.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 14, primo comma, lett. H, nella parte in cui non prevede i professori universitari di ruolo dalla facolt di riscatto dei servizi prestati in qualit di lettore di lingua e letteratura italiana presso universit estere. Sentenza 21 gennaio 1988, n. 44, G. U. 27 gennaio 1988, n. 4. dP.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, terzo comma, nella parte in cui -nei casi di impossibilit a contrarre nuove nozze per l'esistenza di precedente vincolo -non consente, per i matrimoni celebrati entro il 31 dicembre 1975, la deroga. al requisito della differenza di et tra i coniugi non superiore ai venticinque anni. Sentenza 5 maggio 1988, n. 502, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. dP.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, terzo comma, limitatamente alle parole e che la differenza d'et tra i coniugi non superi i venticinque anni. Sentenza 31 maggio 1988, n. 587, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 82, primo comma, nella parte in cui esclude il diritto alla pensione di riversibilit degli orfani maggiorenni dei dipendenti statali, in caso di frequenza da parte loro di un corso di studi universitario, per tutta la durata del corso medesimo e, comunque, fino al limite massimo del ventiseiesimo anno di et. Sentenza 31 marzo 1988, n. 366, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. JO RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DEU.O STATO d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 82, terzo comma, limitatamente alle parole purch la domanda di dichiarazione giudiziale di paternit sia anteriore alla data di morte del dante causa. Sentenza 7 aprile 1988, n. 403, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. d.l. 2 marzo 1974, n. 30, art. 13 [conv. in legge 16 aprile 1974, n. 114] per la parte in cui non prevede un meccanismo di adeguamento del valore monetario ivi indicato. Sentenza 27 aprile 1988, n. 497, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 14 giugno 1974, n. 270, art. 1, nella parte in cui non prevede che il valore di riferimento da esso prescelto per la determinazione del canone enfiteutico sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coeffi. denti di maggiorazione idonei a mantenerne adeguata con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la effettiva realt economica. Sentenza 7 aprile 1988, n. 406, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge provincia di Bolzano 12 luglio 1975, n. 35, art. 14-bis, nono comma [nel testo inserito dall'art. 12 della legge della provincia di Bolzano 2 luglio 1981, n. 16]. Sentenza 16 giugno 1988, n. 646; G. U. 22 giugno 1988, n. 25. legge reg. Umbria approvata il 9 dicembre 1976 e riapprovata il 20 gen naio 1977. Sentenza 14 aprile 1988, n. 441, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge reg. siciliana 18 giugno 1977, n. 42, art. 1. Sentenza 31 marzo 1988, n. 367, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4, nella parte in cui subordina il diritto delle lavoratrici, in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia, di continuare a prestare la loro opera fino agli stessi limiti di et previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali, all'esercizio di un'opzione in tal senso, da comunicare al datore di lavoro non oltre la data di maturazione dei predetti requisiti. Sentenza 27 ap"ile 1988, n. 498, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 6, nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convi venza, a favore del gi convivente quando vi sia prole naturale. Sentenza 7 aprile 1988, n. 404, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 6, primo comma, nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarit del contratto di locazione, in caso di morte di;l conduttore, il convivente more uxorio . Sentenza 7 aprile 1988, n. 404, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. .. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE J1 legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 6, terzo comma, nella parte in cui non prevede che il coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia cosi convenuto. Sentenza 7 aprile 1988, n. 404, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 26, primo comma, lett. c), nella parte in cui non dispone che il canone di locazione degli immobili soggetti alla disciplina dell'edilizia convenzionata non deve con;iunque superare il canone che risulterebbe dall'applicazione delle disposizioni del titolo I, capo I, della medesima legge. Sentenza 11 febbraio 1988, n. 155, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 27 luglio 1987, n. 392, art. 80, primo comma, nella parte in cui dispone e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione '" Sentenza 18 febbraio 1988, n. 185, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 9 agosto 1978, n. 463, art. 13, settimo comma, nella parte in cui, ai fini della immissione in ruolo di insegnanti di scuole secondarie, non equi para a coloro che hanno conseguito l'abilitazione a seguito della partecipazione ai corsi abilitanti indetti ai sensi dell'art. 5 della legge 6 dicembre 1971 n. 1074, coloro che l'abbiano conseguita per effetto della partecipazione a concorsi a cattedre banditi anteriormente alla entrata in vigore della predetta legge. Sentenza 23 giugno 1988, n. 690, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge reg. Campania approvata il 26 luglio 1978 e riapprovata il 25 set tembre 1978, art. 4. Sentenza 14 aprile 1988, n. 441, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge regionale Sardegna 23 ottobre 1978, n. 62, art. 22, nella parte in cui prevede la decadenza delle deliberazioni dei Comuni, Province, Comunit montane, organismi comprensoriali e Consorzi, che non siano pubblicate entro dieci giorni dalla loro adozione e per la durata di quindici giorni. Sentenza 19 maggio 1988, n. 556, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge reg. Puglia approvata il 29 luglio 1978 e riapprovata il 14 febbraio 1979. Sentenza 3 marzo 1988, n. 233, G. U. 9 marzo 1988, n. 10. legge 3 aprile 1979, n. 103, art. 29 (combinato disposto 3 e 4 comma in relazione al primo comma stesso articolo), nella parte in cui consente, a seguito della collocazione dei procuratori capo dello Stato in servizio alla data di entrata in vigore della legge in posizione pi favorevole rispetto ad avvocati dello Stato comunque gi in tali ruoli per nomina conseguita a seguito di concorso, la pospozione di questi ultimi ai primi. Sentenza 10 marzo 1988, n. 269, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. J2 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DEIJ..O STATO legge reg. Veneto 24 agosto 1979, n. 64, art. 4, nella parte in cui non prevede che il Laboratorio .Provinciale di igiene e profilassi dia avviso dell'inizio delle operazioni d'analisi al responsabile dello scarico affinch questi possa presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'e'secu zione delle operazioni stesse. Sentenza 27 aprile 1988, n. 469, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge reg. Umbria approvata il 17 marzo 1980 e riapprovata il 23 aprile 1980, nella parte in cui prevede una erogazione di denaro in favore dei cit tadini emigrati in occasione della loro partecipazione alle elezioni politiche. Sentenza 26 gennaio 1988, n. 79, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. J legge reg. Veneto, riapprovata il 30 ottobre 1980. Sentenza 24 marzo 1988, n. 329, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge 23 dicembre 1980, n. 930, art. 6, nella parte in cui prevede per gli idonei di un concorso, bandito in virt di una precedente legge, che il requisito dell'et debba essere posseduto alla data della nomina, anzich alla data stabilita per la presentazione della domanda al concorso cui avevano partecipato. Sentenza 7 aprile 1988, n. 401, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge reg. Trentino-Alto Adige riapprovata il 29 gennaio 1981 .Sentenza 3 marzo 1988, n. 234, G. U. 9 :tnarzo 1988, n. 10. legge reg. Abruzzo approvata il 23 aprile 1980 e riapprovata il 15 aprile 1981. Sentenza 7 aprile 1988, n. 400, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 7 maggio 1981, n. 180, art. 15, primo comma, nella parte in cui con sente che i provvedimenti di cui allo stesso articolo siano ulteriormente adottati con la procedura indicata nella medesima disposizione. Sentenza 9 marzo 1988, n. 266, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. d.1. 28 maggio 1981, n. 255, art. 8 [come modificato dalla legge 24 luglio 1981, n. 391], nella parte in cui non prevede l'estensione ai dipendenti della scuola collocati in quiescenza nel periodo tra il 1 giugno 1977 ed il 1 aprile 1979, dei benefici concessi ai dipendenti cessati dal servizio dopo quest'ultima data. Sentenza 5 maggio 1988, n. 504, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. legge reg. Umbria 21 ottobre 1981, n. 69, art. 11, nella parte in cui sancisce che possono ottenere la presa d'atto da parte della Regione, corsi liberi a carattere professionale organizzati da scuole ed enti privati o da imprese nell'ambito dei propri programmi purch in armonia con le indicazioni della programmazione regionale . Sentenza 14 aprile 1988, n. 438, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. 111r11r1r1a111111:1111&f11111111111111111111111111rr111111r1 PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.l. 26 novembre 1981, n, 678, art. 1, quarto comma [come conv. in legge 26 gennaio 1982, n. 12], per la parte in cui sottopone ad autorizzazipne del Ministro della sanit, sentito il Consiglio sanitario nazionale, l'ampliamento delle pinte organiche provvisorie delle Unit sanitarie locali. Sentenza 10 giugno 1988, n. 610, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, secondo comma [cohv. in legge 26 febbraio 1982, n. 54], nella parte in cui non dispone che il termine ivi previsfo per l'esercizio della facolt di opzione di cui al comma precedente non possa com1,l11que scadere prima che siano trascorsi sei mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo. Sentenza 11 febbraio 1988, n. 156, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.l, 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, terzo comma, ultima proposizione [conv. in legge 26 febbraio 1982, n. 54]. Sentenza 11 febbraio 1988, n. 156, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge reg. Molise riapprovata il 2 febbraio 1982, art. 36, ultimo comma. Sentenza 10 m~zo 1988, n. 267, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge reg. Lombardia 8 febbraio 1982, n. 12, art. 26, primo comma,' nella parte in cui non prevede che la richiesta di audizione da parte degli organi rappresentativi degli enti soggetti a controllo e da parte dei rappresentanti delle minoranze debba pervenire agli organi di controllo della Regione in 1,111 termine congruo per consentire l'esercizio della funzione di controllo entro il termine di decadenza previsto dall'art. 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62. Sentenza 16 giugno 1988, n. 645, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 17, settimo comma, nella parte in cui estende il regime dei miglioramenti, delle addizioni e trasformazioni, statuito nel medesimo art. 17, agli affittuari che, in data anteriore all'entrata in vigore della legge, abbiano eseguito, senza l'osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente, opere migliorative, incrementative o trasforma tive non previste nel contratto o consentite dal concedente. Sntenza 23 giugno 1988, n. 692, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 31, nella parte in cui non prevede la riserva di posti nei concorsi magistrali, anche per gli insegnanti supplenti nella scuola popolare. Sentenza 7 aprile 1988, n. 399, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 43, secondo comma, nella parte in cui non prevede l'ammissione agli appositi corsi speciali, organizzati dall'ISEF per il conseguimento del titolo di studio, anche dei docenti di educazione fisica e di attivit ginnico-sportive delle scuole secondarie pareggiate o legalmente riconosciute, che si trovassero in servizio nell'anno scolastico 1980-81 con almeno tre anni complessivi di anzianit. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 180, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. .,,~~.;,u~.. . %. .::::::.)=" .. . . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 20 ottobre 1982, n. 773, art. 23, primo comma, limitatamente alle parole " o, comunque, non siano stati iscritti ad altra forma cli previdenza obbligatoria in conseguenza di diversa attivit da loro svolta successivamente al compi mento del 35 anno cli et '" Sentenza 31 marzo 1988, n. 368, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 4 maggio 1983, :11. 184, artt. 45, secondo comma, e 56, secondo comma, nella parte in cui previsto il consenso anzich l'audizione del legale rappresentante del minore. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 182, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. iegge 4 maggio 1983, n. 184, art. 79, primo comma, nella parte in cui non consente l'estensione degli effetti della adozione legittimante nei confronti dei minori adottati con adozione ordinaria quando la differenza cli et fra adot tanti ed adottato superi i 40 anni. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 183, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, quattordicesimo comma [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638], nella parte in cui non prevede una seconda visita medica cli controllo prima della decadenza dal diritto a qualsiasi trattamento economico di malattia nella misura della met per l'ulteriore periodo successivo ai primi dieci giorni. Sentenza 26 gennaio 1988, n. 78, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3. Sentenza 14 aprile 1988, n. 436, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 36, quarto comma, lett. A, nella parte in cui esclude qualsiasi valutazione dei servizi prestati come dipendente di altri enti pubblici, compreso lo Stato. Sentenza 24 marzo 1988, n. 331, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge 21 dicembre 1984, n. 867, art. 2, primo comma. Sentenza 19 gennaio 1988, n. 1, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. legge 22 dicembre 1984, n. 892, art. 5. Sentenza 18 febbraio 1988, n. 177, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 17 aprile 1985, n. 141, artt. 1, 3, primo comma, e 6 nella parte in cui, in luogo degli aumenti ivi previsti, non dispongono, a favore dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari, nonch dei procuratori e avvocati dello Stato, collocati a riposo anteriormente al 1 luglio 1983, la riliquidazione, a cura delle Amministrazioni competenti, della pensione sulla base del trat tamento economico derivante dall'applicazione degli artt. 3 e 4 della legge 6 agosto 1984, n. 425, con decorrenza dalla data del 1 gennaio 1988. Sentenza 5 maggio 1988, n. 501, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. PARm Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB legge 26 marzo 1986, n. 86, art. 5 nella parte in cui non osserva il principio del bilinguismo relativamente al personale del compartimento di Trento, destinato al contingente con competenza anche sulla Provincia di Bolzano. Sentenza 19 maggio 1988, n. 555, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge prov. aut. di Bolzano approvata il 19 marzo 1986 e riapprovata il 17 ottobre 1986, art. 1, quinto comma, nella parte in cui autorizza la Giunta provinciale, in mancanza di accordo tra le organizzazioni sindacali provinciali pi rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro, a disciplinare con regolamento la durata dell'apprendistato entro il limite massimo previsto dalla legislazione statale. Sentenza 23 giugno 1988, n. 691, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. d.I. 12 gennaio 1988, n. 2, art. 12, primo, secondo e terzo comma. Sentenza 10 marzo 1988, n. 302, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice civile, art. 184, primo comma (artt. 3, 24, primo comma, 29, secondo comma e 42, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 17 marzo 1988, n. 311, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. codice civile, art. 184, secondo comma (art. 24, primo comma, della Costi tuzione). Sentenza 17 marzo 1988, n. 311, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. codice civile, art. 263, secondo comma (artt. 29 e 30 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 625, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. codice civile, art. 1224, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sntenza 7 aprile 1988, n. 408, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. codice civile, art. 1224, secondo comma (artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, 97, 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 408, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. codice civile, art. 2947, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 372, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. disposizioni attuazione codice civile, art. 150 (artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, 97, 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 408, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. J6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 408, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, 97, 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 408, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. codice di procedura civile, art. 437, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1988, n. 82, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. codice penale, art. 81, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 17 marzo 1988, n. 312, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. codice penale, art. 324 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 17 marzo 1988, n. 309, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. codice penale, art. 649, n. 1 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 423, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. codice di procedura penale, art. 271, quarto comma (artt. 3 e 13 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1988, n. 442, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. codice di procedura penale, art. 435, terzo comma (artt. 3 e 25, primo comma, della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1988, n. 80, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. legge 10 luglio 1930, n. 1078, art. 4, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 18 febbraio 1988, n. 189, G. U. 24 febbraio 1988, n; 8. r.d. 20 settembre 1934, n. 2011, art. 53 e 80 (art. 23 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1988, n. 507, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. r.d.L 2 giugno 1936, n. 1172, art. 1 [conv. in legge 26 dicembre 1936, n. 2439] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1988, n. 509, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. legge 10 maggio 1938, n. 745, art. 11 (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1988, n. 702, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r.dJ. 28 febbraio 1939, n. 334, artt. 23 e 23-ter [conv. in legge 2 giugno 1939, n. 7391 (art. 53 della Costituzione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 219, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. r.d. 25 maggio 1939, n. 1279, art. 47 (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1988, n. 702, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge 23 1118ggio 1950, n. 253, art. 8 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza23 dicembre 1987, n. 580, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 35 (artt. 3, .24, 41, 42 e 113 della Costi tuzione). Sentenza 23 dicembre 1987, n. 579, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge prov. aut. di Bolzano 29 marzo 1954, n. 1, art. 30, nella parte in cui non prevede la rivalutazione monetaria del prezzo di assunzione del maso ai fini del calcolo dell'eccedenza del ricavo dall'alienazione (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1988, n. 505, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. legge 19 gennaio 1955, n. 25, art. 21 (~rtt. 3, 31, 35, 37 e 38 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1988, n. 276, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge 12 febbraio 1955, n. 77, art. 3, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 208, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge 12 novembre 1955, n. 1137, art. 26 (artt. 3, 52, 97 e 113 della Costi tuzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 409, G. U .20 aprile 1988, n. 16. d.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 24 (artt. 3, 25 e 70 della Costituzione). Sentenza 27 aprile 1988, n. 475, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 4 dicembre 1956, n. 1404, artt. 8 e 9 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1988, n. 693, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. dJ. 5 maggio 1957, n. 271, artt. 12 e 15 [conv. in legge 2 luglio 1957, n. 474] (art. 53 della Costituzione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 219, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, primo comma e 140, ultlmb comma (artt. 38 e 53 della Costituzione). Sentenza 27 aprile 1988, n. 471, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 2 aprile 1958, n. 339, artt. 1 e 14 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre' 1987, n. 585, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 29 novembre 1962, n. 1655, art. 9, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 371, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 27 gennaio 1963, n. 19, art. 6 (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 126, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.P.R. 30 giugno 19651 n. 1124, artt. 10, quinto comma, 11 e 112, quinto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, ri. 372, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (artt. 3 23 della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1988, n. 333, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 1, 11, 16, primo, quarto e ultimo comma (artt. 3, 4, primo comma, 38, terzo e quarto comma, 41, secondo e terzo comma, 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 622, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge provincia di Trento 11 novembre 1968, n. 20, art. 16 (artt. 3, 41, 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1988, n. 648, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, primo comma, lett. a) (art. 39 della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1988, n. 334, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3 e 39 della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1988, n. 334, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 31 e 37 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1988, n. 698, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge 24 maggio 1970, n. 336, artt. 1, 2, 3, primo, secondo e terzo comma (art. 81, quarto comma, della Costituzione). I Sentenz 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 11 febbraio 1988, n. 7. I . II PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE J9 legge 24 maggio 1970, _n. 336, art. 4 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 9 ottobre 1971, n. 824 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3 e 81, quarto comma della Costi tuzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (art. 81, quarto comma, della Costi tuzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, commi ottavo, lett. e) e quattordi ceslmo (art. 3 della Costituzione). Sentenza 11 febbraio 1988, n. 155, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 29 ottobre 1971, n. 889, artt. 5 e 17 (artt. 3, 36; 38, 42 e 53 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1988, n. 445, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, terzo e quarto comma (artt. 3, 31, 35, 37 e 38 della . Costituzione). Sentenza 10 marzo 1988, n. 276, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge provinciale di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 13, secondo comma [come sostituito dall'art. S della I. prov. di Bolzano 22 maggio 1978, n. 23J (11rtt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 12 maggio 1988, n. 530, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 41, quarto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 207, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 25, secondo comma, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 410, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648, art. 10 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 414, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 649, art. 9 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1988, n. 568, G. U. 1 giugno 1988, n. ~. 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 37 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 373, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 20, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1988, n. 82, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art, 52, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 gennaio 1988, n. 3, G. U. 27 gennaio 1988, n. 4. legge 27 dicembre 1973, n. 852, art. 2, primo comma (artt. 3 e 39, primo comma, della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1988, n. 334, G. U 30 marzo 1988, n. 13. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 220, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.l. 11 gennaio 1974, n. 1, art. 4, lett. f) [conv. in legge 11 marzo 1974, n. 46] (art. 23 della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 127, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 133, primo comma (artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 412, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge reg. Toscana 20 marzo 1975, n. 22, art. 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 622, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. d.P.R. 31 marzo 1975, n. 136, art. 8, n. 5 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 419, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge reg. Lombardia 15 aprile 1975, n. 51, artt. 40, secondo comma, 43, primo, terzo e quarto comma (artt. 3, 24, 42, 101, 113 e 117 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1988, n. 513, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. legge 20 maggio 1975, n. 164, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 374, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge reg. Lazio 3 giugno 1975, n. 42, art. 10 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1988, n. 446, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 12 luglio 1975, n. 311, art. 2 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 615, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 22 luglio 1975, n. 319, art. 2, terzo comma (artt. 1, 3, 36 e 38 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 420, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, quarto comma, ultima parte (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1988, n. 443, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 17, ultimo comma (art. 3 della Costi tizione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 209, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 28 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 375, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. d.P.R. 23 dicembre 1975, n. 683, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 375, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 8, primo comma, lett. c) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 11 febbraio 1988, n. 155, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, artt. 2 e 4 [conv. in legge 31 marzo 1977, n. 91] (art. 39, ultimo comma, della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1988, n. 697, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. d.P.R. 16 giugno 1977, n. 671, (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 617, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 4 agosto 1977, n. 524, art. 2, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1988, n. 81, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. legge reg. Lazio riapprovata il 5 agosto 1977 (artt. 117 e 128 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1988, n. 562, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 72, primo comma (artt. 31, 36, 39 e 41 dello statuto regionale e 121 e 123 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1988, n. 567, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 dicembre 1977, n. 968, art. 11, ultimo comma (artt. 95, 97 e 117 della ostituzione). Sentenza 10 marzo 1988, n. 278, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 13, (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 617, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge reg. Toscana 21 febbraio 1978, riapprovata il 26 aprile 1978 (artt. 3, 25, secondo comma, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1988, n. 447, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 13 maggio 1978, n. 180, artt. 2, ultimo comma, 3, primo, terzo, quarto e quinto comma, 4, S, secondo comma, e 8, secondo e terzo comma (art. 20 dello statuto Trentino-Alto Adige). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 211, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. S (artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 377, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 26, primo comma, lett. b) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 11 febbraio 1988, n. 155, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34, prim~ comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1987, n. 576, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59, primo comma, n. 1 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1987, n. 578, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 60, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1987, n. 580, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. dJ. 18 agosto 1978, n. 481, art. 1 quinquies, terzo comma [conv. fn legge 21 ottobre 1978, n. 641] (artt. 8, n. 14, e 68 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 12 maggio 1988, n. 532, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. d.l. 18 agosto 1978, n. 481, art. 1 quinquies, quarto comma, lett. b) [conv. in legge 21 ottobre 1978, n. 641] (artt. 8, n. 14, e 68 dello statuto per il TrentinoAlto Adige). Sentenza 12 maggio 1988, n. 532, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 4J dJ. 18 agosto 1978, n. 4s1, art. 1 quinquies, quarto comma, lett. e) [conv. In legge 21 ottobre 1978, n. 641] (art. 18 cpv. dello statuto per il Trentino e l'Alto Adige). Sentenza 12 maggio 1988, n. 532, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. dJ. 18 agosto 1978, n. 481, art. lisexies [conv. In legge 21 ottobre 1978, n. 641] (artt. 8, n. 25, e 78 dello statuto per il Trentino e l'Alto Adige). Sentenza 12 maggio 1988, n. 532, G; U. 18 maggio 1988, n. 20. dJ. 18 agosto 1978, n. 481, art. 1 decies [conv. In legge 21 ottobre 1978, n. 641] (art. 8, n. 25 dello statuto per il Trentino e l'Alto Adige). Sentenza 12 maggio 1988, n. 532, G. U. 18 maggio '1988, n. 20. d.l. 26 settembre 1978, n. 576, art. 2, primo comma [conv. In legge 24 novembre 1978, n. 738] (artt. 3 e 41 della Costituzione). Sentenza 11 febbraio 1988, n. 159, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge prov. aut. di Trento 18 novembre 1978, n. 47, art. 3 (artt. 8 e 9 statuto spec. Trentino-Alto Adige e art. 24 della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1988, n. 699, G. U. 29 giugno 1988; n. 26. legge reg. Piemonte 22 novembre 1978, n. 69, art. 3, ultimo comma (art. 128 della Costituzione). Sentenza 27 aprile 1988, n. 499, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. legge 21 dicembre 1978, n. 861, art. 3 (art. 43 statuto reg. siciliana e art. 1, cpv., d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1111). Sentenza 14 aprile 1988, n. 451, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 52 (artt. 4, lett. h) e i), 6, 7 e 13 dello statuto speciale reg. Sardegna). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 212, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge reg. Sicilia 27 dicembre 1978, n. 71, art. 48 (artt. 3, 41 e 101 della Costituzione e 14 statuto spec. reg. Sicilia). Sentenza 10 giugno 1988, n. 623, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 11 gennaio 1979, n. 12, art. 40 (artt. 3, primo comma, 4 e 35 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1988, n. 508, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. legge reg. liguria 10 aprile 1979, n. 12, art. 11 (artt. 5, 117 e 128 della Costi tuzione). . Sentenza 25 febbraio 1988, n. 221, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Umbria 11 maggio 1979, n. 20 (artt. 41, secondo e terzo comma, 97, 42, secondo comma, 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1988, n. 572, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge reg. Sardegna 5 . luglio 1979, n. 59, artt. 4 e 5 (art. 27 dello statuto regionale). Sentenza 19 maggio 1988, n. 569, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 5 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 620, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 2 aprile 1980, n. 127, art. 3, sesto e settimo comma (art. 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 624, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 11 luglio 1980, n. 312, artt. 46, 51, primo, secondo e quinto comma, 152 e 160 (artt. 3, pimo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 618, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 36 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 376, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, artt. 36 e 119 (artt. 36, 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 376, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 51 secondo comma (artt. 76, 3, 97 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 620, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 59, secondo comma (artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione). Sentenza 17 marzo 1988, n. 310, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. d.P.R. 31 luglio 1980, n. 613, art. 11, terzo comma (artt. 3, terzo comma, 8, n. 29, 9, n. 10, 16 e 19 dello statuto Trentino-Alto Adige). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 213, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 31 luglio 1980, n. 614, art. 5 (artt. 3, terzo comma, 8, nn. 1 e 21, 9 n. 10 e 16 dello statuto Trentino-Alto Adige e art. 76 della Costituzione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 214, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, artt. 3 e 10 e tabella C allegata (artt. 3, 36, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 624, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB 4J legge reg. Campania 17 mrzo 1981, n. 12, art. 47 (artt. 3, 36 e 97 della Costitwfone). Sentenza 10 giugno 1988, n. 624, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 51 (artt. 3, 36, 38, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 624, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 30 marzo 1981, n. 113, art. 1, secondo comma e artt. da 2 a 15 (artt. 5 e 116 della Costiuzione, 14, lett. A, G, M, O, e P dello statuto reg. Sicilia e 8, nn. 1, 17, 21, e 25 dello statuto reg. Trentino). Sentenza 10 giugno 1988, n. 632, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 5 agosto 1981, n. 441, (art. 4, n. 6, statuto speciale reg. Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 27 aprile 1988, n. 472, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge reg. Umbria 21 ottobre 1981, n. 69, artt. 7, 8, 9 e 11 (artt. 33, terzo e quarto comma, e 117, primo comma, della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1988, n. 438, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. dl. 26 novembre 1981, n. 678, art. 1, primo comma [conv. in legge 26 gennaio 1982, n. 12] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 10 .giugno 1988, n. 610, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. dl. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, primo comma, ultima parte [conv. In legge 26 febbraio 1982, n. 54] (artt. 3, primo e secondo ,comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 23 giugno 1988, n. 700, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. dl. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, quinto comma [conv. in legge 26 febbraio 1982, n. 54] (artt. 3 e 38. della Costituzine). Sentenza 11 febbraio 1988, n. 156, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 22 dicembre 1981, n. 797, art. 25 (artt. 3 e 6 della Costituzione e 2, 89 e 100 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 19 maggio 1988, n. 570, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge reg. Abruzzo riapprovata il 23 dicembre 198l (artt. 3, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 11 febbraio 1988, n. 158, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge reg. Abruzzo riapprovata il 23 dicembre 1981 (art. 128 della Costituzione). Sentenza 11 febbraio 1988, n. 158, G. U 24 febbraio 1988, n. 8. 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 13, <.:.uarto comma (artt. 130, 117 e 123, primo comma della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 612, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 29 aprile 1982, n. 187, art. 1 (artt' 117, 118 e 128 della Costituzione). Sentenza 12 maggio 1988, n. 533, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, secondo e terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 26 gennaio 1988, n. 83, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. d.P.R. 8 giugno 1982, n. 470 in toto, e artt. 3, 4, 5, 6 e 9 e allegati n. 1 e n. 2 (artt. 8, nn. 6 e 24, 9, nn.. 9 e 10, 16 e 107 dello statuto spec. Trentino-Alto .Adige e 76 della Costituzione). Sentenza 17 marzo 1988, n. 305, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. legge reg. Friuli-Venezia Giulia riapprovata il 15 giugno 1982 (art. 117 della Costituzione, art. 5 dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 10 marzo 1988, n. 271, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. d.P.R. 3 luglio 1982, n. 515 in toto, e artt. 2, .3, 8, secondo. comma, e 9 (artt. 8, nn. 6, 17 e 24, 9, nn. 9 e 10, 14, 16 e 107 dello stattuo spec. Trentino-Alto Adige e 76 della Costituzione). Sentenza 17 marzo 1988, n. 306, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. d.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 26 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516] (artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1988, n. 575, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 29 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 207, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge 7 agosto 1982, n. 51'6, art. 29 (art. 27 della Costituzione). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 207, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 23 agosto 1982, n. 791, art. 1 secondo comma, nn. 6, 9 e 10 (artt. 117, 125, 127 e 130 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1988, n. 272, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge reg. Piemonte 27 agosto 1982, n. 22, art. 3, secondo comma (artt. 41, e 117 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1988, n. 446, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 47 legge 6 ottobre 1982, n. 752, artt. 3, quinto, sesto, settimo e ottavo comma; 4, terzo comma: 5, 6, 7, 9, quarto, quinto e sesto comma: 12, sesto comma: 14, primo e quinto comma: 15, primo e secondo comma: 20 (artt. 8, nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9, nn. 3 e 8; 15, 16 e 78 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 10 giugno 1988, n. 633, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 20 ottobre 1982, n. 773, art. 2, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 368, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 11 novembre 1982, n. 861 (artt. 89, primo e terzo comma, 99 e 100 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 19 maggio 1988, n. 570, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. d.1. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 10 [conv. in legge 25 marzo 1983, n. 79] (artt. 36 e 38 della Costituzione). Sentenza 12 maggio 1988, n. 531, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge reg. Lombardia n. 92-ter, art. unico, nn. 1, 3 e 4 riapprovata il 24 febbraio 1983 (artt. 117 e 97 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1988, n. 273, G. U. 16 marzo 1988, n. lL dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 20, quinto comma [conv. in legge. 26 apri le 1983, n. 131] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1988. n. 574, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (artt. 3 e 81, quarto comma, della . Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (artt. 5, 114 e 128 della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (art. 81, quarto comma, della Costituzione). I Sentenza 2 febbraio 1988, Ii. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-bis (art. 136 della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 26 aprile 1983, n. 131, art. 30-ter (artt. 3, 38, primo e secondo comma e 81, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 76 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 febbraio 1988, n. 190, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 6, terzo comma [conv in legge 11 novem bre 1983, n. 638] (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 18 febbraio 1988, n. 184, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge reg. Puglia 27 febbraio 1984, n. 10, art. 32 (artt. 3 e 117 della Costi tuzione). Sentenza 10 marzo 1988, n. 279, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge provincia di Trento, approvata in seconda lettura il 2 maggio 1984 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 maggio 1988, n. 563, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge 9 maggio 1984, n. 118 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 9 maggio 1984, n. 118 (artt. 101, secondo comma e 104, primo comma, della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1988, n. 123, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 1, quarto comma (artt. 3, 29, 30, 31 e 38 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 644, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 15 giugno 1984, n. 246, art. 3, terzo e sesto comma (artt. 8, nn. 14 e 17, 9, n. S, e 16 dello statuto spec. per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 10 giugno 1988, n. 633, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 15 giugno 1984, n. 246, artt. 3, terzo e sesto comma, 6, primo, quinto e sesto comma, e 7 (artt. 8, nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9, nn. 3 e 8, 15 16 e 78 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 10 giugno 1988, n. 633, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, secondo comma (artt. 3, 36, 70, 97 e 107, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 413, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, secondo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103 e 113 della Costituzione). Sentenza 7 aprile 1988, n. 413, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 35, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1988, n. 331, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 35, primo e secondo comma (artt.. 3, 51, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1988, n. 331, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 36, quarto comma (artt. 3, 51, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1988, n. 331, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 47, primo comma (art. 81, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 24 marzo 1988, n. 331, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. legge 22 dicembre 1984, n. 892, artt. 1, 2, 3, 4 e 6 (artt. 9, n. 10, e 16 dello statuto speciale reg. Trentino-Alto Adige). S~ntenza 18 febbraio 1988, n. 177, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 22 dicembre 1984, n. 892, artt. 1, 2, 3 e 6 (art. 100 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 18 febbraio 1988, n. 177, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 22 dicembre 1984, n. 892, artt. 3 e 6 (artt. 9, n. 10, e 16 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 18 febbraio 1988, Ii. 177, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.l. 25 gennaio 1985, n. 8, art. 6 [conv. in legge 27 marzo 1985, n. 103] (artt. 3, 101 e 104, primo comma, della Costituzione) . . Sentenza 19 gennaio 1988, n. 6, G. U. 27 gennaio 1988, n. 4. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 22 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 370, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 22 (artt. 101, 32, 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n: 370, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 febbraio 1985, n. 47 art. 22 (art. 112 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 370, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 34, 38 (art. 3 dlla Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 369, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 35, 38 (artt. 25, primo comma, 101, secondo comma, e 79 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 369, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. fO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 35, 38, 39 e 44 (artt. 3, 25, primo comma, 79 e 101, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 369, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 35, 38, 43 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 369, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 febbraio 19S5, n. 47, art. 38, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 369, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 38, primo comma, e 44 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 369, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 38, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 369, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 29 marzo 1985, n. 113, artt. 1, terzo e quarto comma, 2 e 8 (artt. 3, 33, quinto comma, 81, quarto comma, 117 e 119 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1988, n. 628, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. d.l. 23 aprile 1985, n. 146, art. 8..quater [introdotto dalla legge di conv. 21 giugno 1985, n. 298] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 marzo 1988, n. 369, G. U. 13 aprile 1988, n. 15. legge 3 agosto 1985, n. 429, articolo unico (artt. 117, 118, 119 e 97 della Costituzione). Sentenza 27 aprile 1988, n. 478, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 9 dicembre 1985, n. 705, art. 10 (artt. 3, 24, 97, 134, 136 e 137 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 620, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. legge 24 dicembre 1985, n. 776, art. 2 (artt. 117 e 118 della Costituizone). Sentenza 23 giugno 1988, n. 695, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge 15 gennaio 1986, n. 4, articolo unico (art. 4, n. 7, dello statuto speciale per la reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 10 marzo 1988, n. 274, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. . legge 26 marzo 1986, n. 86, artt. 4 e 21, primo e quarto comma (art. 10 Costituzione e artt. 89, primo e quinto comma, 100 e 107 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Sentenza 19 maggio 1988, n. 555, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, secondo comma (artt. 5, 25, primo comma. e 103, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 641, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge reg. Calabria, riapprovata il 31 luglio 1986 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 3 marzo 1988, n. 238, G. U. 9 marzo 1988, n. 10. legge reg. Campania, riapprovata il 9 dicembre 1986 (art. 117 della Costituzione). Sentenza. 3 marzo 1988, n. 238, _G. U. 9 marzo 1988, n. 10. I legge 18 dicembre 1986, n. 891 (artt. 8, n. 10, e 16 dello statuto Trentino- Alto Adige). Sentenza 25 febbraio 1988, n. 217, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge 3 marzo 1987, n. 59, artt. 7, primo e quarto comma, e 8 (artt. 2, 3, terzo comma; 8, nn. 3, 4, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 21, 24; 9, nn. 9 e 10; 16 e 52 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige e art. 10 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1987, n. 617, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. d.I. 12 gennaio 1988, n. 2, artt. 4, terzo comma, 11 e 13, primo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1988, n. 302, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile,. art. 202, primo e secondo comma (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 10 ottobre 1986, n. 164/88 G. U. 11 maggio 1988, n. 19. codice civile, art. 379, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 9 novembre 1987, n. 17/88, G. U. f febbraio 1988, n. 5. codice civile, artt. 390 e 397 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 5 novembre 1987, n. 77/88, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. codic civile, artt. 565 e 578 (artt. 3 e 30, terzo comma della Costituzione). Tribunale di Chiavari, ordinanza 13 ottobre 1987, n. 134/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. .f2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura civile, art. 131, ultimo comma [aggiunto dalla legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 16, secondo comma] (artt. 3, 97, 101, secondo comma, e 104, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 29 aprile 1988, n. 270, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. codice di procedura civile, art. 202, secondo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 20 ottobre 1986, n. 64/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. r codice di procedura civile, art. 371, primo comma (artt. 3, primo comm e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 13 marzo 1987, n. 94/88, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. codice di procedura civile, art. 404, primo comma (artt. 3 e 24, primo e secondo comma). Tribunale di Velletri, ordinanza 9 dicembre 1987, n. 110/88, G. U. 6 apri le 1988, n. 14. codice di procedura civile, art. 429 (artt. 3 e 38 della Costituzione). . Tribunale di Genova, ordinanza 20 gennaio 1988, n. 283, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. codice di procedura civile, art. 444, primo comma (artt. 3, primo comma, 24, primo comma e 25, primo comm,a, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 29 dicembre 1987, n. 120/88, G. U. 20 apri le 1988, n. 16. codice di procedura civile, art. 608 (art. 42, secondo comma, della Costitu zione, nel combinato disposto con gli artt. 1, 2, 3, 29~ 31, 36 e 47). Pretore di Finale Ligure, ordinanza 16 novembre 1987, n. 53/88, G. U. 2 mar zo 1988, n. 9. codice di procedura civile, art. 657 (art. 97, primo comma, della Costituzione). Pretore di Cortina d'Ampezzo, ordinanza 18 febbraio 1988, n. 151, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. codice di procedura civile, art. 684. Giudice istruttore presso Tribunale di Ancona, ordinanza 12 dicembre 1987, n. 140/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. codice penale, art. 81, secondo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 21 giugno 1985, n. 849/87, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB !1 codice penale, art. 175, quarto comma (art. 3, primo comma, della Costi tuzione). Pretore di Palma di Montechiaro, ordinanza 27 ottobre 1987, n. 57/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. Pretore di Palma di Montechiaro, ordinanza 10 novembre 1987, n. 58/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. Pretore di Palma di Montechiaro, ordinanza 22 dicembre 1987, n. 83/88, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. Pretore di Palma di Montechiaro, ordinanze (due) 27 ottobre 1987, n. 154 e 155/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. codice penale, art. 177, primo comma (artt. 3 e 13 della Costituzione). Tribunale di sorveglianza di Firenze, ordinanza 10 febbraio 1988, n. 181, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. codice penale, art. 177, primo comma (artt. 3, primo e secondo comma, 13, primo e secondo comma, e 27, primo e . terzo comma, della Costituzione. Tribunale di Bergamo, ordinanza 10 dicembre 1987, n. 202, G. U. 1 giu gno 1988, n. 22. codice penale, art. 219; terzo comma (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 12 marzo 1987, n: 104/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. codice penale, art. 528 [come integrato dall'articolo unico della legge 17 lu gllo 1975, n. 355] (artt. 3 e 21 della Costituzione). Pretore di Trieste, ordinanza 11 novembre 1987, n. 35/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. codice penale, art. 626, primo comma, n. 1 (artt. 3, primo comma, 25, secondo comma e 27, primo comma, della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 5 novembre 1986, n. 26/88, G. U. 17 feb braio 1988, n. 7. codice penale, art. 724, primo comma (art. 25 della Costituzione). Pretore di San Don di Piave, ordinanza 24 novembre 1987, n. 163/88, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. codice di procedura penale, art. 131 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Messina, ordinanza 3 novembre 1987, n. 63/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. codice di procedura penale, art. 177-bls (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Vigevano, ordinanza 22 ottobre 1987, n. 60/88, G. U. 9 mar zo 1988, n. 10. J4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 399, primo comma [nel testo riformato della legge 31 luglio 1987, n. 400] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Perugia, ordinanza 3 dicembre 1987, n. 70/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. Corte di cassazione, ordinanza 29 gennaio 1988, n. 27-8, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. codice di procedura penale, art. 399, primo comma (artt. 3, 24 e 136 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 1 dicembre 1987, n. 107/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. codice di procedura penale, art. 498 (art. 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 12 dicembre 1987, n. 167/88, G. U. 11 mag gio 1988, n. 19. codice penale militare di pace, art. 39 (artt. 2, 3, 13, 27, primo e terzo com ma, e 52, terzo comma, della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 26 giugno 1987, n. 8/88, G. U. 20 gen naio 1988, n. 3. codice penale militare di pace, art. 170 (artt. 2, 3, 13 e 52 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 1 ottobre 1987, n. 862, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. codice penale militare di pace, art. 184, secondo comma (artt. 2, 3, 17, 21 e 52, ultimo comma, della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 12 gennaio 1988, n. 185/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. codice penale militare di pace, art. 263 (artt. 3 e 31, secondo comma, della Costituzione). Tribunale militare di Padova ordinanza 22 dicembre 1987, n. 132/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. codice penale militare di pace, art. 314 (artt. 3 e 13 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 26 gennaio 1988, n. 216, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. codice penale militare di pace, artt. 382 e 383 (art. 25, primo comma, della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 6 novembre 1987, n. 863, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAIZIONB JJ legge 13 giugno 1912, n. 555, art. 8, ultimo comma (artt. 10, secondo comma, e 52 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionle del Lazio, ordinanza 7 luglio 1987, n. 840, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 1 (artt. 24, terzo comma, e 36 della Costituzione). Corte d'appello di Salerno, ordinanza 14 marzo 1988, n. 285 G. U. 29 giugno 1988, n. 26. r.dJ. 8 maggio 1924, n. 750, art. 22, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 18 luglio 1987, n. 229, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. ' r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, art. 7, primo comma, lett. B) (art. 10 della Costitizione). Consiglio nazionale degli architetti, ordinanza 30 maggio 1984, n. 851/87, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. r.d. 28 maggio 1931, n. 602, art. 3 (artt. 24, terzo comma, e 36 della Costi tuzione). Corte d'appello di Salerno, ordinanza 14 marzo 1988, n. 285, G. U. 29 giu gno 1988, n. 26. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116, secondo comma (art. 25 della Costituzione). Pretore di Gardone Val Trompia, ordinanza 23 ottobre 1987, n. 282/88, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9 [conv. in legge 27 maggio 1935, n. 835] (artt. 3 e 31 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 22 dicembre 1987, n. 132/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. r.d. 20 settembre 1934, n. 2011, art. 17, primo comma (art. 3 della Costi tuzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 18 luglio 1987, n. 229, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. ' r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 128 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Oristano, ordinanza 11 novembre 1987, n. 152/88, G. U. 4 mag gio 1988, n. 18. r.d. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma (artt. 3 e 6 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 10 giugno 1987, n. 251/88, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. S6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.dJ. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma (artt. 3 e 97 della Costi~ tuzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 13 gennaio 1988, n. 147, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 34 (art. 106 della Costituzione). Pretore di Gravina in Puglia, ordinanze (due) 24 dicembre 1987, nn. 30-31/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 34, primo e secondo comma (art. 106 della Costituzione). Pretore di Gravina di Puglia, ordinanze (tre) 19 gennaio 1988, nn. 80-82/88, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 192 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 4 giugno 1987, n. 153/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. r.d. 19 luglio 1941, n. 1198, art. 89 cpv. (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 15 aprile 1987, n. 86/88, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. r.d. 13 marzo 1942, n. 267, art. 43 (artt. 24, secondo comma, e 27 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 21 settembre 1987, n. 857, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. r.d. 13 marzo 1942, n. 267, artt. 54, 55 e 59 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale di Frosinone, ordinanza 25 gennaio 1988, n. 188, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. r.d. 13 marzo 1942, n. 267, art. 59, combinato disposto con art. 429, terzo comma, del cod. proc. civ. e art. 55, primo comma, e 54, terzo comma (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione. Tribunale di Savona, ordinanza 8 febbraio 1988, n. 222, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. r.d. 13 marzo 1942, n. 267 combinato disposto artt. 59 e 169 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 22 ottobre 1987, n. 48/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. r.d. 13 marzo 1942, n. 267, art. 101, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 21 ottobre 1987, n. 98/88, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. Tribunale di Roma, ordinanza 27 gennaio 1988, n. 280, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE J7 d.1.1. 21 novembre 1945, n. 722, art. 3 (artt. 3, 29 e 37 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 24 gennaio 1984, n. 124/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge 2 marzo 1949, n. 144, art. 15 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 15 ottobre 1987, n. 200/88, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge 2 marzo 1949, n. 144, art. 15 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Morbegno, ordinanza 10 novembre 1987, n. 9/88, G. U. 20 gen naio 1988, n. 3. legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27 (artt. 3, 24, 35, 97 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo pe~ la Lombardia, ordinanza 10 luglio 1987, n. 76/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, art. 8, primo, secondo e terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 12 novembre 1986, n. 27/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Messina, ordinanza 3 novembre 1987, n. 63/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. dJ. presidente reg. Sicllla 29 ottobre 1955, n. 6, art. 236 (artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 8 novembre 1985, n. 248, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. d.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 24 (artt. 3, 24, 25 e 70 della Costituzione). Pretore di Massa, ordinanza 2 luglio 1987, n. 842, G. u: 13 gennaio 1988, n. 2. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (artt. 3, 24, 35, 97 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo per la Lombardia, ordinanza 10 luglio 1987, n. 76/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85, lett. A) (artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione). Tribunale ai:;iministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 8 novembre 1985, n. 248, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. d.I. 5 maggio 1957, n. 271, art. 13, primo comma [conv. In legge 2 luglio 1957, n. 474] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 12 novembre 1987, n. 864, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. RASSEGNA DEIJ..1AVVOCATURA DELLO STATO legge 14 ottobre 1957, n. 1203, artt. 1 e 2 (artt. 23, 24 e 41 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 29 gennaio 1987, n. 93/88, G. U. 30 mar zo 1988, n. 13. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt .85, 87, primo comma, 89 e 140, ultimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanz (tre) 22 gen naio, 25 e 18 giugno 1987, nn. 273-275/88, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 140, ultimo comma (art. 3 della Costi tuzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 2 giugno 1983, n. 210/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 18 marzo 1958, n. 311, art. 12, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 9 aprile 1986, n. 115/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, terzo comma (artt. 3 e 36 della Co stituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (due) 8 apri le e 25 marzo 1987, nn. 71 e 72/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, terzo comma, let. B) [come sost. dall'art. 1 della legge 3 marzo 1960, n. 185] (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Viterbo, ordinanza 6 giugno 1987, n. 836, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2 d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 80, tredicesimo comma, e 80-bls [cos come risulta dall'art. 142 della legge 24 novembre 1981, n. 689] (artt. 3, 4, 35, 36, 16 e 42, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 21 maggio 1986, n. 25/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 83, quinto e sesto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Isili, ordinanza 5 dicembre 1987, n. 52/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, nono comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 15 dicembre 1987, n. 121/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. d.P.R. 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 3 (artt. 51, primo comma, e 3 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanze (due) 17 gennaio 1986, nn. 232-233/88, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE J9 d.P.R. 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, nn. 3 e 7 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanze (otto) 20 dicembre 1985, nn. 234 241/88, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 22 luglio 1961, n. 628, art. 5 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 12 novembre 1986, n. 27/88, G.U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 5 agosto 1962,, n. 1257, art. 27 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 25 settembre 1987, n. 133/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, 4 e 5 (art. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 7 gennaio 1988, n. 66, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge 29 novembre 1962, n. 1680, art. 1, ultimo comma (art. 3 della Costi tuzione). Commissione tributaria di secondo grado di Enna, ordinanza 27 ottobre 1987, n. 255, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 63, terzo comma [come sostituito dall'art. 2 della legge 10 giugno 1969, n. 308] (art. 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 13 novembre 1987, n. 62/88, G. U. 9 marzo 1988, n. 10. legge reg. Sicilia 15 marzo 1963, n. 16, art. 253 (artt. 3, 24, 97 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, sezioni riunite, ordinanza 13 maggio 1987, n. 23/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, art. 1, lett. B) (artt. 10, secondo comma, e 52 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 7 luglio 1987, n. 840, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge prov. Trento 2 marzo 1964, n. 2, art. 14 (artt. 3 e 113 della Costituzione). Tribunale reg. giustizia amm.va di Trento, ordinanza 27 novembre 1987, n. 116/88, G. U. 20 aprile 1988, n. , 16. d.P.R. 30 giugno 1964, n. 1523, art. 109 (art. 97 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Lucera, ordinanza 28 febbraio 1986, n. 95/88, G. U. 30 marzo 1988, n. )3. 60 RASSEGNA DBU.'AVVOCATURA DELLO STATO legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 10, primo e secondo comma (artt. 3, 4, 27, terzo comma, 41 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 24 giugno 1987, n. 252, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 31 maggio 1965, n. 575, artt. 10-ter e 10-quater (artt. 3, 27, 35 e 41 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 28 settembre 1987, n. 90/88, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. art. 3, in relazione all'allegata tabella 4 (artt. 3 e 35, primo comma, e 38, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Lecco, ordinanza 27 novembre 1987, n. 68/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, primo comma, n. 6 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 23 giugno 1987, n. 224, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 gennaio 1988, n. 177, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. Pretore di Taranto, ordinanza 26 gennaio 1988, n. 193, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge 17 febbraio 1968, n. 108, art. 19 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 25 settembre 1987, n. 133/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2, primo comma, lett. C) (art. 3 della Costi tuzione). Pretore di Varese, ordinanza 23 settembre 1982, n. 228/88, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Padova, ordinanza 22 maggio 1987, n. 74/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 7 ottobre 1987, n. 106/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. Pretore di Monza, ordinanza 22 gennaio 1988, n. 141, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. Tribunale di Milano, ordinanza 2 dic.embre 1987, n. 191/88, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB d.P.R. 6 ottobre 1968, n. 67, art. 7, ultimo comma (artt. 77, 76 e 25 della Costituzione). Tribunale di Fermo, ordinanza 25 giugno 1987, n. 150/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. d.P.R. 30 aprile 1969, n. 153, art. 69 !art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 10 febbraio 1988, n. 184/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, secondo e terzo comma (artt. 2 e 3 della Costituzione). Pretore li Firenze, ordinanza 16 dicembre 1987, n. 139/88, G. U. 27 aprile 1988, n 17. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 22 (art. 41 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 25 maggio 1987, n. 165/88, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. legge reg. siciliana 4 giugno 1970, n. 5, art. 10, primo comma (art. 3 della Costituzione e art. 14, lett. Q) dello statuto reg. siciliana. Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 24 febbraio 1987, n. 249/88, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge reg. siciliana 23 marzo 1971, n. 7, artt. 56, 75 e 90 (art. 3 della Costituzione e art. 14, lett. Q) dello statuto reg. siciliana). Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 24 febbraio 1987, n. 249/88, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 12 ultimo comma (artt. 3 e 24, primo comma della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanze (quattro) 4 novembre 1987, nn. 168-171/88, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. Pretore di Modena, ordinanza 4 novembre 1987, n. 217, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 2, 3, 81, ultimo comma, 41, terzo comma, 53 e 97 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 8 aprile 1987, n. 186/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 8, primo comma, nn. 2, 4, 6 e 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bari, ordinanza 28 luglio 1987, n. 49/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Venezia, ordinanza 8 febbraio 1985, n. 178/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 17, secondo comma, e 10, n. 11 (artt. 76 e 77, primo comma e 25, secondo comma, della Costituzione). 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tribunale di Biella, ordinanza 28 r;ennaio 1988, n. 109, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 12 e 17, secondo comma (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 30 aprile 1987, n. 114/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. Laudo della Com.nanza delle Regole d'Ampezzo, art. 7; e regolamento del Laudo, artt. 2, 6, 9, 10 e 11, aventi forza di legge in virt dell'art. 10 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (artt. 2, 3, e 44, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Cortina d'Ampezzo, ordinanza l agosto 1987, n. 861, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7 (art,t. 3 e 37 della Costituzione). Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 7 /88, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 15, primo comma (artt. 3, 37, primo comma, e 38, secondo comma). Pretore di Modena, ordinanza 28 gennaio 1988, n. 208, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 28 e 49 (art. 3 della Costituzione). Corte d'assise di Bolzano, ordinanza 9 novembre 1987, n. 853, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 55, primo comma (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Teramo, ordinanza 15 ottobre 1987, n. 47/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 16 e 19 (artt. 24, secondo comma, e 27 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 21 settembre 1987, n. 857, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 39, primo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 19 settembre 1987, n. 97/88, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, artt. 52 e 54 (art. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza 7 giugno 1986, n. 175/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. PARTE Il, RASSEGNA DI LBGISLAZIONB 6J d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bari, ordinanza 28 luglio 1987, n. 49/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23, ultimo comma (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di La Spezia, ordinanze (tre) 8 aprile 1987, nn. 20-22/88, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648, art. 10 (artt. 76 e 77 della Costituzio~e). Corte dei conti, ordinanza 11 novembre 1986, n. 172/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. Tribunale di Roma, ordinanza 29 settembre 1987, n. 174/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 20 gennaio 1988, n. 190, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge prov. Trento 30 dicembre 1972, n. 31, art. 28, primo, secondo e sestoi comma (artt. 24, primo comma, 101, secondo comma, 113, primo e secondo comma; 42, secondo e terzo comma della Costituzione). Cort di Cassazione, ordinanza 3 giugno 1987, n. 225, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 20, primo comma, lett. A) (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 29 febbraio 1988, n. 148, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 6 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 15 aprile 1987, n. 86/88, G. U. 23 mrzo 1988, n. 12. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. E) (art. 3 della Costituzione)., Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 2 giugno 1983, n. 210/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. E), 46, secondo comma, e 83 (artt. 3, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Treviso, ordinanza 29 giugno 1987, n. 50/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 7, 12 e 47, primo comma (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 6 luglio 1987, n. 197/88, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. 64 RASSEGN'.A DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, combinato disposto artt. 9, penultimo e ultimo comma e 47, primo e terzo comma (artt. 3 e 23 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 4 giugno 1987, n. 253/88, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, combinato disposto artt. 9, ultimo comma,, 12, quarto comma e 47, primo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 4 giugno 1981, n. 253/88, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 12 e 47, primo comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanze (due) 6 luglio 1987, nn. 161 e 162/88, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 46, 56, primo comma, 57, secondo comma (artt. 24, secondo comma, e 27 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 21 settembre 1987, n. 857, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 6001 art. 47 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Venezia, ordinanza 8 febbraio 1985, n. 178/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 27 ottobre 1987, n. 850, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. Tribunale di Pistoia, ordinanza li gennaio 1988, n. 113/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verona, ordinanza 2 novembre 1987, n; 847, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34, primo' comma (art. 3 della Costituzione). Commisisone tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 22 maggio 1987, n. 41/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Mineo, ordinanza 27 gennaio 1988, n. 183, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONI d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 54, primo comma (artt. 24 e 113 della Costituzione}. Pretore di Trieste, ordinanze (quattro} 12 gennaio e 9 febbraio 1987, nn. 244247, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 54, primo e secondo comma (artt. 24, 102 e 113 della Costituzione}. Pretore di Saronno, ordinanza 28 marzo 1987, n. 854, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3 e 76 della Costituzion}. Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 30 ottobre 1980, n. 211/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. d.P.R..29 settembre 1973, n. 602, art. 92, primo comma (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione}. Commissione tributaria di. primo grado di Trento, ordinanza 15 maggio 1987, n. 45/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 97 (artt. 3 e 24 della Costituzione}. Tribunale di Roma, ordinanza 21 gennaio 1988, n. 279, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. legge 15 novembre 1973, n. 734, art. 1, terzo comma (art. 36 d~lla Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Toscana, ordinanza 30 aprile 1980, n. 117/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge reg. siciliana 7 dicembre 1973, n. 45, art. 1 (art. 3 della Costituzione e art. 14, lett. Q) dello statuto reg. siciliana}. Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 24 febbraio 1987, n:. 249, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione}. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 2 marzo 1987, n. 56/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 15 luglio 1987, n. 207, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. Pretore di Viterbo, ordinanza 6 giugno 1987, n. 836, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 38 (art. 3 della Costituzione}. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 24 giugno 1987, n. 223, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 38 (artt. 3, 36 e 38 secondo commiv della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Toscana, ordinanze (due) 9 aprile 1986, nn. 118 e 119/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 42, terzo comma (artt. 3 e 51 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 13 novembre 1987, n. 55/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, art. 21 (artt. 3 e 113 della Costituzione). Tribunale reg. giustizia amministrativa di Trento, ordinanza 27 novem bre 1987, n. 116/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 5, quarto e sesto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Lucca, ordinanza 16 ottobre 1987, n. 196/88, G. U. 25 maggio 1988, n.21. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 5, quarto e sesto comma (art. 25 della Costituzione). Pretore di Castelnuovo ne' Monti, ordinanza 23 marzo 1988, n. 254, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 22 e 23 (artt. 3, 36, primo comma, e 53 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 20 ottobre 1986, n. 73/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 30-ter, quinto comma (art. 27 della Costituzione). Tribunale di sorveglianza di Brescia, ordinanze (due) 13 ottobre 1987, nn. 145 e 146/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Ufficio di sorveglianza presso tribunale di Roma, ordinanza 21 gennaio 1988, n. 131 G. U. 27 aprile 1988, n. 17. Magistrato di sorveglianza di Brescia, ordinanza 19 agosto 1987, n. 144/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 71, 72 e 80 (art. 3 della Costituzione). I Tribunale di Forl, ordinanza 23 ottobre 1987, n. 126/88, G. U. 20 aprile 1988, 1 l n. 16. Tribunale di Sanremo, ordinanza 12 gennaio 1988, n. 204, G. U. 1 giugno 1988, ! n. 22. I ! I I I PARTB II, RASSEGNA DI LEGISIAZIONE legge 23 dicembre 1975, n. 698, art. 9 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 12 novembre 1986, n. 6/88, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. d~. 18 marzo 1976, n. 46, art. 7 [conv. in legge 10 maggio 1976, n. 249] (artt. 76, 77, pnmo comma e 25, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Biella, ordinanza 28 gennaio 1988, n. 109, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 1 (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Pretore di Sannicandro Garganico, ordinanza 13 ottobre 1987, n. 843, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 13 novembre 1987, n. 55/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 2, secondo comma (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Busto Arsizio, ordinanza 2 giugno 1987, n. 33/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 27 febbraio 1978, n. 41, art. 1 [di conversione del d.I. 27 dicembre 1977, n. 942] (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Aosta, ordinanza 18 febbraio 1988, n. 181, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 105 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Cosenza, ordinanza 30 gennaio 1988, n. 187, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1, 3, 58 e 65 (art. 97, primo comma, della Costituzione). Pretore di Cortina d'Ampezzo, ordinanza 18 febbraio 1988, n. 151, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 12 e 14 (artt. 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Acireale, ordinanza 22 febbraio 1988, n. 281, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 14 (artt. 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Acireale, ordinanze (due) 23 dicembre 1987, nn. 14 e 15/88, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 68 legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 29, secondo comma, e 73 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 23 settembre 1987, n. 205/88, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. ,. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59 e 60 (artt. 3, 16, 42, 47 e 10 della Costi tuzione). Pretore di Roma, ordinanza 30 ottobre 1987, n. 78/88, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69 (artt. 3, 41, 42 e 53 della Costituzione). Pretore di Taranto, ordinanza 16 ottobre 1987, n. 91, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, ultimo comma (artt. 76, 77 e 25 della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Vicenza, ordinanza 20 gennaio 1987, n. 19/88, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. Tribunale di Fermo, ordinanza 4 giugno 1987, n. 189/88, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. Tribunale di Viterbo, ordinanza 2 febbraio 1988, n. 198, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, ultimo comma (artt. 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanze (due) 2 giugno e 2 luglio 1987, n. 858 e 859, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. Tribunale di Biella, ordinanza 28 gennaio 1988, n. 109, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. Tribunale di Torino, ordinanze (quattro) 29, 14, 24, e 28 dicembre 1987, nn. 127-130/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16.. Tribunale di Torino, ordinanza 5 febbraio 1988, n. 242, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 13 giugno 1987, n. 173/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge 29 marzo 1979, n. 91, art. 12-quater (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 15 luglio 1987, n. 54/88, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. legge 2 aprile 1979, n. 97, art. 9, secondo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanze (undici) 16 ottobre 1987, nn. 256-266/88, G. U. 1.5 giugno 1988, n. 24. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 3 aprile 1979, n. 101, artt. 17 e 41 (artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 23 febbraio 1987, n. 143/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge reg. siciliana 28 dicembre 1979, n. 254, art. 1 (art. 3 della Costituzione e art. 14, lett. Q) dello statuto reg. siciliana). Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 24 febbraio 1987, n. 249, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. d.I. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 2 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (art. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 5 giugno 1987, n. 166/88, G. U. 11 maggio 1988, n. 19. legge 21 febbraio 1980, n; 28, art. 4, ultimo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 24 novembre 1987, D.. 142/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 5, terzo e quarto comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 2 luglio 1987, n. 157/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 14 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 13 giugno 1987, n. 173/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 837/87, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 gennaio 1987, n. 5/88, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, artt. 6 e 36, secondo, terzo e quarto comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 24 novembre 1987, n. 142/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 28 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 19 dicembre 1987, n. 192/88, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 28, terzo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanze (due) 17 dicembre 1987, nn. 87-88/88, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. SO (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 2 luglio 1987, n. 157/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 51, secondo comma (artt. 76, 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 novembre 1986, n. 839/87, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 2 luglio 1987, n. 15'7/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618, ~tt. 2, lett. A) e 11, primo comma (artt. 76, 35 e 38 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 7 marzo 1988, n. 231, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 2, ottavo e sesto comma (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 10 novembre 1987, n. 105/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge reg. siciliana 29 dicembre 1980, n. 145, art. 27 (art. 3 della Costituzione e art. 14, lett. Q) dello statuto reg. siciliana). Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 24 febbraio 1987, n. 249, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge reg. siciliana 29 dicembre 1980, n. 145, art. 55 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 9 giugno 1987, n. 250, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 30 dicembre 1980, n. 895, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 13 giugno 1987, n. 173/88, G. U. 18 mag gio 1988, n. 20. legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanze (undici) 16 ottobre 1987, nn. 256-266/88, G. U 15 giugno 1988, n. 24. legge reg. Sicilia 30 marzo 1981, n. 37, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Palermo, ordinanza 24 marzo 1987, n. 846, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. PARTE II, RASSllGNA DI LEGISLAZIONE legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, n. 8 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 16 novembre 1987, n. 69/88, G. U. 16 mar zo 1988, n. 11. legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 7 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 25 settembre 1987, n. 133/88, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. legge 26 settembre 1981, n. 537, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 13 giugno 1987, n. 173/88, G. U. 18 mag. gio 1988, n. 20. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, quinto e dodicesimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pescara, ordinanza 26 febbraio 1988, n. 243, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 64, ultimo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Magistrato di Sorveglianza di Milano, ordinanza 12 gennaio 1988, n. 291, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 21 settembre 1987, n. 85/88, G. U. 23 mar zo 1988, n. 12. dJ. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 2, secondo comma [conv. in legge 26 feb braio 1982, n. 54] (artt. 3, primo comma, 23 e 53, primo comma, della Costi tuzione). Pretore di Roma, ordinanza 20 gennaio 1988, n. 138, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, primo comma [conv. in legge 26 feb-' braio 1982, n. 54] (artt. 3, 4 e 38 della Costituzione). Pretore di Galatina, ordinanza 2 dicembre 1987, n. 51/88, G. U. 2 marzo 1988, n.~ . d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 7 cpv., lett. A) [conv. in legge 25 marzo 1982; n. 94] (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Pretore di Sannicandro Garganico, ordinanza 13 ottobre 1987, n. 843, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 49 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 20 novembre 1987, n. 92/88, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. 72 RASSEGNA l>ELL'AVVOCATURA !>EU.O STATO legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 31 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 9 luglio 1987, n. 59/88, G. U. 9 marzo 1988, n. 10. legge 20 maggio 1982, n. 270, artt. 34 e 57 (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 ottobre 1987, n. 269/88, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 43 (artt. 3, 33, 51 e 97. della Costituzione) .. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 28 ottobre 1985, n. 40/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. 'legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 49, primo comma (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 ottobre 1987, n. 268, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 20 maggio 1982, n. 270, artt. 57, primo comma, e 30 (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 ottobre 1987, n. 267/88, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 11 marzo 1987, n. 108/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge reg. Lombardia 28 giugno 1982, n. 29, art. 2 (artt. 3, 4, 51, 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 27 febbraio 1987, n. 852, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. d.I. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12, primo comma [conv. in legge 7 agosto 1982,, n. 516] (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, ordinanza 23 novembre 1987, n. 75/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. d.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12, primo comma [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 13 novelll bre 1987, n. 36/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 26 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516] (artt, 3 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 1 ottobre 1987, n. 96/88, G. U. 30 marzo 1988, n. 13. PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 2, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Trieste, ordinanza 11 novembre 1987, n. 10/88, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, art. 26 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Tione di Trento, ordinanza 11 dicembre 1987, n. 111/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 13 settembre 1982, n. 646, art. 21 [come sost. dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726] (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione)'. Pretore di Poggibonsi, ordinanza 9 dicembre 1987, n. 65/88, G. U. 16 mar zo 1988, n. 11. d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [conv. In legge 27 novembre 1982, n. 873] . Jartt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanze (due) 20 ottobre 1985, nn. 276 e 277/88, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. legge 20 ottobre 1982, n. 773, artt. 10, sesto comma, e 17 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 13 giugno 1987, n. 841, G. U 13 gennaio 1988, n. 2. d.l. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 6, primo e terzo comma [conv. in legge 25 marzo 1983, n. 79] (artt. 3 e 31 della Costituzione). Tribunale di Cosenza, ordinanza 27 novembre 1987, n. 179/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. d.l. 12 settembre 1983, n. 462, art. 1, secondo comma [conv. In legge 10 novembre 1983, n. 687] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 7 ottobre 1987, n. 67/88, G. U. 16 marzo 1988, n. 11. Pretore di Milano, ordinanza 7 settembre 1987, n. 79/88, G. U. 23 marzo 1988, n.12. d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5, quattordicesimo comma [convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 2, 13, 32, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Abbiategrasso, ordinanza 2 ottobre 1987, n. 230, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. d.l. 12 settembre 1983, n. 463, [conv. In legge 11 novembre 1983, n. 638] art. 6, ottavo comma (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 12 febbraio 1988, n. 209, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 2, primo comma e 3, primo e secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 12 novembre 1986, n. 27/88, G. U. 17 feb braio 1988, n. 7. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 5, quattordicesimo comma (art. 13, primo comma, 32, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 3 novembre 1987, n. 89/88, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. Pretore di Milano, ordinanza 3 novembre 1987, n. 271/88, G. U 22 giugno 1988, n. 25. legge reg. Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12, art. 26, primo e secondo comma (art. 117, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanze (quattro) 25 marzo 1988, nn. 218-221, G. U 8 giugno 1988, n. 23. legge 20 marzo 1984, n. 34, art. 2, quinto comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 22 febbraio 1988, n. 272, G. U. 22 giugno 1988, n. 25. d.I. 17 aprile 1984, n. 70, art. 2, secondo comma [conv. in legge 12 giugno 1984, n. 219] (artt. 3 e 31 della Costituzione). Tribunale di Cosenza, ordinanza 27 novembre 1987, n. 179/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge reg. Abruzzo 6 giugno 1984, n. 39, punto 28 (artt. 3, 41, 42, 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 11 giugno 1987, n. 844, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge 12 giugno 1984, n. 222, artt. 2 e 12 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Mantova, ordinanza 18 febbraio 1988, n. 203, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Co stituzione). Pretore di Torino, ordinanza 16 ottobre 1987, n. 848, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. Pretore di Ferrara, ordinanza 14 dicembre 1987, n. 16/88, G. U. 3 feb braio 1988, n. 5. Pretore di Foggia, ordinanza 17 settembre 1987, n. 61/88, G. U. 9 marzo 1988, n. 10. Pretore di Bari, ordinanza 9 luglio 1987, n. 84/88, G. U. 23 marzo 1988, n. 12. II PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Pretore di Camerino, ordmanza 27 gennaio 1988, n. 125, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. Pretore di Gorizia, ordinanza 11 gennaio 1988, n. 201, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. Pretore di Termini Imerese, ordinanze (due) 29 gennaio 1988, nn. 289 e 290, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3 (art. 38, secondo comma, della Costi tuzione). Pretore di Pavia, ordinanza 17 dicembre 1987, n. 18/88, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. legge 16 luglio 1984, n. 326, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Toscana, ordinanza 16 ottobre 1986, n. 123/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, primo e secondo comma (artt. 24, 102 e 103 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanze (undici) 16 ottobre 1987, nn. 256-266/88, G. U. 15 giugno 1988, n. 24. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, secondo comma (artt. 3, 36 e 101 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (due) 29 ottobre 1986, nn. 158 e 159/88, G. U. 4 maggio 1988,' n. 18. legge 6 agosto 1984, n. 425, artt. 1, secondo comma, 8 e 10, secondo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 10 luglio 1987, n. 11/88, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 4, primo, terzo ed ultimo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 30 giugno 1987, n. 182/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 4, ottavo e undicesimo comma (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 14 gennaio 1987, n. 34/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, primo comma, 101, 102, 103, primo comma, 134, 136 e 137 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 160/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, second comma (artt. 24, 103, 111 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 837/87, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge reg. Sicilia 21 agosto 1984, n. 67, art. 1 (artt. 3, 2, 32, primo comma e 25, secondo comma della Costituzione e art. 17 statuto regione siciliana). Pretore di Sortino, ordinanze (tre) 23 novembre 1987, nn. 99-101/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge reg. Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, art. 36 (artt. 3, 4, 51, 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 27 febbraio 1987, n. 852, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 6, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Teano, ordinanze (due) 25 maggio 1987, nn. 834 e 835, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge 28 febbraio 1985, n. 47; artt. 13 e 22 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Castelfiorentino, ordinanza 14 dicembre 1987, n. 122/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 15 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Cittadella, ordinanza 3 dicembre 1987, n. 199/88, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. B) (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Pretore di Sannicandro Garganico, ordinanza 13 ottobre 1987, n. 843, G. U. 13 gennaio 19881 n. 2. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 22 (art. 112 della Costituzione). Pretore di Avola, ordinanza 5 febbraio 1988, n. 206, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 34, 35, 38 e 44 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Nola, ordinanza 23 novembre 1987, n. 156/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 38 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Avola, ordinanza 12 febbraio 1988, n. 292, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge reg. Lombardia 27 marzo 1985, n. 22, art. (artt. 3, 4, 51, 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 27 febbraio 1987, n. 852, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE dJ. 23 aprile 1985, n. 146, art. 8-quater [conv. in legge 21 giugno 1985, n. 2981 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Castelfiorentino, ordinanza 14 dicembre 1987, n. 122/88, G. U. 20 aprile 1988, n. 16. legge 26 settembre 1985, n. 482, artt. 2 e 4 (art. 53 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 3 marzo 1988, n. 286, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge 9 dicembre 1985, n. 705, art. 10 (artt. 3, 24 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 2 luglio 1987, n. 157/88, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 9 dicembre 1985, n. 705, art. 10 (artt. 3, 24, 97, 134, 136 e 137 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 novembre 1986, n. 839/87, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. dJ. 6 gennaio 1986, n. 2 [conv. in legge 7 marzo 1986, n. 60] (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Nocera Inferiore, ordinanza 15 febbraio 1988, n. 195, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, primo, ottavo, nono, decimo, quattor-' dicesimo e quindicesimo comma (artt. 3, 36 e 53 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 19 ottobre 1987, n. 28/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, primo, ottavo, decimo e undicesimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Imperia, ordinanza 5 ottobre 1987, n. 46/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, primo, ottavo, undicesimo, tredicesimo e quattordicesimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 10 settembre 1987, n. 42/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo comma (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 23 maggio 1987, n. 102/88, G. U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, decimo, tredicesimo e quattor,i dicesimo comma (artt. 3, 53, primo e secondo comma, e 81, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanze (quattro) 5 maggio e 17 marzo 1987, nn. 1-4/88, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. 78 RASSEGNA DBLL'AWOCATURA DELLO STATO legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, undicesimo, tredicesimo e quat tordicesimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Lecco, ordinanza 18 giugno 1987, n. 845, G. U. 13 gennaio 1988, n. 2. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, tredicesimo e quattordicesimo\ comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 28 luglio 1987, n. 24/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52 (rtt. 3 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini lmerese, ordinanza 11 maggio 1987, n. 32/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. Commissione tributaria di primo grado di Pavia, ordinanza 10 luglio 1987, n. 29/88, G. U. 17 febbraio 1988, n. 7. d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 56, n. 4 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Chioggia, ordinanza 6 novembre 1987, n. 12/88, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, primo, secondo e terzo comma (art. 1 secondo comma, 3, primo comma, 5, 9, primo comma, 24, 25, primo comma, 28, 54, secondo comma, 97, primo e secondo comma, 103, secondo comma, 114 e 128 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 1 aprile 1987, n. 44/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, secondo comma (art. 3, 5, 24, 25, 97 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 16 giugno 1987, n. 856, G. U. 20 gennaio 1988, n. 3. legge 26 settembre 1986, n. 599, art. 2 (artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Roma, ordinanza 26 gennaio 1988, n. 103/88, G U. 6 aprile 1988, n. 14. legge 10 ottobre 1986, n. 663, art. 47, terzo e quarto comma (art. 3 dell3i Costituzione). Tribunale di sorveglianza di Torino, ordinanza 18 gennaio 1988, n. 149, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. legge 5 dicembre 1986, n. 856, art. 3, quarto comma (artt. 3, 4, 35 e 37 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 24 dicembre 1987, n. 176/88, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. d.l. 6 dicembre 1986, n. 832, art. 1, ultimo comma [conv. in legge 6 feb:braio 1987, n. 15] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rimini, ordinanza 29 ottobre 1987, n. 43/88, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB legge 24 dicembre 1986, n. 958, art. 20 (art. 81, quarto comma, della Costi tuzione). Pretore di Genova, ordinanza 10 marzo 1988, n. 287, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. d.P.R. 11 febbraio 1987, n. 32, artt. 1 e 3 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Aosta, ordinanza 18 febbraio 1988, n. 181, G. U. 18 maggio 1988, n. 20. dJ. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto conima [conv. in legge 29 ottobre 1987, n. 440] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 9 novembre 1987, n. 13/8S, G. U. 3 febbraio 1988, n. 5. Pretore di Genova, ordinanza 11 dicembre 1987, n. 112/88, G. U. 6 apri le 1988, n. 14. dJ. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma [convertito in legge 29 ot tobre 1987, n. 440] (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 9 febbraio 1988, n. 227, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. Pretore di Firenze, ordinanza 16 novembre 1987, n. 284/88, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. dJ. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma [conv. in legge 29 ottobre 1987, n. 440] (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale di Parma, ordinanze (tre) 26 novembre 1987, n. 135-137, G. U. 27 aprile 1988, n. 17. d.I. 31 agosto 1987, n. 359 [conv. in legge 29 ottobre 1987, n. 440] art. 23. quarto comma (artt. 3, 97, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanze (tre) 25 febbraio 1988, nn. 212-214, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. d.I. 31 agosto 1987, n. 359, artt. 23, quarto comma, e 30 (artt. 77, 3, 24 e 113 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanze (tre) 1 ottobre 1987, nn. 37-39/88, G. U. 17 feb braio 1988, n. 7. dJ. 7 settembre 1987, n. 371, artt. 1, lett. A), B) e C); 2 e 4, secondo, terzo~ quarto e quinto comma [conv. in legge 29 ottobre 1987, n. 449] (artt. 117, 118, 119 e 97 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 12 dicembre 1987, n. 24, G. U. 8 gennaio 1988, n. 1. d.I. 19 settembre 1987, n. 384, [conv. in legge 19 novembre 1987, n. 470] in toto e, in particolare, artt. 1, primo comma, lett. A) e B); 4, commi primo, dal terzof al decimo, e diciassettesimo; 5; 5-quinquies; 6; llbis, primo comma; art. 1, 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO secondo comma (artt.' 8, primo comma, nn. 5, 9,. 10, 13, 18, 20, 21; 9, primo comma, nn. 3, 8, 11; 16, primo comma; 52 e 79 dello statuto spec. TrentinoAlto Adige). Provincia aut. di Trento, ricorso 4 gennaio 1988, n. 1, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. d.l. 19 settembre 1987, n. 384 [conv. in legge 19 novembre 1987, n. 470], in toto e in particolare artt. 1, primo comma, lett. A) e B) e quarto comma: 4, primo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo e diciassettesimo comma; 5: 5-quinquies, 6; 7, secondo comma: 11-bis, primo comma: art. 1, secondo comma (artt. 8, primo comma, nn. 5, 9, 10, 13, 17, 18, 20, 21, 22, 24, 25 e 28; 9, primo comma, nn. 3, 8, 9, 11, 16, primo comma; 52 e 79 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Provincia aut. di Bolzano, ricorso 4 gennaio 1988, n. 2, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. dJ. 25 settembre 1987, n. 393, art. 2 [convertito in legge 25 novembre 1987; n. 478] (art. 3 e 42 della Costituzione). I Tribunale di Roma, ordinanza 9 febbraio 1988, n. 227, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge 29 ottobre 1987, n. 440, art. 23, quarto comma (art. 3 della Costi tuzione). Pretore di Genova, ordinanza 3 marzo 1988, n. 286, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. d.P.R. 19 novembre 1987, n. 527, artt. 2, secondo comma, ed 11, terzo comma (artt. 8, n. 18, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Trento, ricorso 5 febbraio 1988, n. 4, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 5 febbraio 1988, n. 5, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. legge reg. Campania 2 luglio 1986, riapprovata il 27 novembre 1987 (art. 117, ultimo comma, della Costituzione). Presidente Consiglio Ministri, ricorso 24 dicembre 1987, n. 25/88, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. disegno di legge reg. Lazio riapprovato il 22 dicembre 1987 (art. 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 9 febbraio 1988, n. 6, G. U. 24 febbraio 1988, n. 8. d.l. 12 gennaio 1988, n. 2, artt. 4, 11, 12 e 13 (artt. 117, 119, 9 e 77 della Costituzione). Regione Toscana, ricorso 26 gennaio 1988, n. 3, G. U. 10 febbraio 1988, n. 6. Regione Umbria, ricorso 20 febbraio 1988, n. 8, G. U. 2 marzo 1988, n. 9. i I I l I I PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB cU. 12 gennaio 1988, n. 2, art. 6 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Avola, ordinanza 12 febbraio 1988, n. 292, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge reg. Emilia-Romagna 13 gennaio 1988, n. 131 (artt. 117 della Costi tuzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 12 febbraio 1988, n. 7, G. U. 2 mar zo 1988, n. 9. disegno di legge reg. Liguria riapprovato il 27 gennaio 1988 (art. 117 della Costituzione}. Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 23 febbraio 1988, n. 9, G. U. 2 mar zo 1988, n. 9. dJ. 2 febbraio 1988, n. 22 [onvertito in legge 21 marzo 1988, n. 92], artt. 1 quarto, quinto e sesto comma; 2, primo comma; 5, primo comma; 6, prim<\ e secondo comma; 7, terzo comma; e 8, secondo comma (artt, 9, n. 11, e 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma cli Trento, ricorso 29 aprile 1988, n. 11, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. d.I. 8 febbraio 1988, n. 25, art. 1 (artt. 3, 24, 38 e 113 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 27 febbraio 1988, n. 215, G. U. 1 giugno 1988, n. 22. d.I. 5 marzo 1988, n. 59, art. 2 (artt. 8, nn. 13, 14, 17, 21 e 24 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 15 aprile 1988, n. 10, G. U. 4 maggio 1988, n. 18. dJ. 1 aprile 1988, n. 103, art. 1 (artt. 117, 118, 119, 77 e 97 della Costituzione). Regione Emilia Romagna, ricorso 9 maggio 1988, n. 13, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge reg. Valle d'Aosta riapprovata il 6 aprile 1988 (artt. 3, 5, 41, terzo comma, 81, 97, primo comma, 120 e 127, quarto comma, della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 3 maggio 1988, n. 12, G. U. 25 maggio 1988, n. 21. legge reg. Sicilia 5 maggio 1988, artt. 1, secondo comma, 4, 7, 8, terzo comma, 9, 11, 16, 21, 23, 24, 25, 26 e 28 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Commissario dello Stato per la regione Sicilia, ricorso 23 maggio 1988, n. 16, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge reg. Sicilia 5 maggio 1988, art. 2 (art. 33 della Costituzione e 17, Iett. C), dello statuto spec. reg. Sicilia). Commissario dello Stato per la regione Sicilia, ricorso 23 maggio 1988, n. 15, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. 82 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Sicilia 5 maggio 1988, art. 6, terzo comma (artt. 3 e 32 della Costituzione, art. 17, lett. C, statuto spec. reg. Sicilia). Commissario dello Stato per la regione Sicilia, ricorso 23 maggio 1988, n. 14, G. U. 8 giugno 1988, n. 23. legge reg. Lazio 11 maggio 1988, art. 1 (art. 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 11 giugno 1988, n. 19, G. U. 29 giugno 1988, n. 26. legge reg. Marche 13 maggio 1988, art. 1 (art. 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 9 giugno 1988, n. 17, G.U. 22 giugno 1988, n. 25. legge reg. Valle d'Aosta 17 maggio 1988 (art. 3 statuto reg. Valle d'Aosta). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 9 giugno 1988, n. 18, G.U. 22 giu gno 1988, n. 25.