ANNO XXXIX -N. 3 -4 -5 -6 MAGGIO -DICEMBRE 1987 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1988 ABBONAMENTI ANNO 1988 ANNO. . . . . . . L. 40.000 UN NUMERO SEPARATO.. 7.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in ltalia -Printed in Italy Autorizzuione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (9219311) Roma, 1987 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE fa cura del- l'avv. Franco Favara} . . . . . . . . . . . . . pag. 195 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE fa cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara} . . 263 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE fa cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo} . . . . . . . . . . . . . > 322 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE fa cura de/l'avvocato Anna Cenerini} . . . . . . . . . . . . . . . . . 343 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA fa cura gli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Po/izzl} de, 348 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA fa cura de/l'avvocato Carlo Bafile} . . . . . . . . . . . . . . 388 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA I ACQUE ED APPALTI PUBBLICI fa cura degli avvocati Sergio Laporta e Piergiorgio Ferri} . . . . . . . . . . . 11 455 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a curfi degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni} . . 474 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO RASSEGNA DI DOTTRINA fa cura dell'avv Ignazio Caramazza} pag. 63 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . lii 65 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAPILB, L'Aquila; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BBRA1ml, Potenza; Maurizio DB FRANcms, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MANOO, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI F. FAVARA: L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e la liquidazione coatta amministrativa: tratti comuni e differenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 238 O. FIUMARA: Della determinazione del luogo di adempimento dell'obbligazione ai sensi dell'art. 5, n. l, della Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale . . . . . . . . . . . " 275 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI -Acque pubbliche -Competenza e giurisdizione -Tribunali delle acque e tribunali ordinari -Alveo fluviale colmato da colata lavica Controversia sulla demanialit Competenza del tribunale delle acque pubbliche, 469 -Acque pubbliche -Competenza e giurisdizione -Tribunali regionali delle acque e tribunali ordinari Danni da difetto di manutenzione di opera idraulica -Competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche, 457. -Acque pubbliche -Demanio idrico -Alveo fluviale colmato dalla lava -Passaggio al patrimonio disponibile, 469. -Acque pubbliche -Laghi -Limiti dell'alveo -Individuazione, 468. -Opere idrauliche -Non classificate / Trasferimento alle Regioni -Danni da vizio di manutenzione -Difetto di legittimazione passiva del Ministero dei Lavori Pubblici, 457. ASSICURAZIONE -lsvap -Trasferimento del personale -Inizio svolgimento funzioni, 362. - Vigilanza -Liquidazione -Trasferimento dell'azienda senza corrispettivo -Eccezione incostituzionalit Manifesta infondatezza, 362. -Vigilanza -Piano risanamento -Mancata realizzazione -Revoca autorizzazione ad esercizio attivit assicurativa Atto vincolato, 362. -Vigilanza -Revoca autorizzazione ad esercizio attivit assicurativa -Commissariamento -Liquidazione coatta amministrativa -Misure alternative, 362. -Associazioni sindacali -Rappresentativit -Indici -Consistenza numerica -Specialit interessi rappresentati, 348. ATTO AMMINISTRATIVO -Atto paritetico -Carattere vincolante -Annullamento, 357. AVVOCATI E PROCURATORI -Patrocinio dinanzi alle Preture -Persone diverse dagli avvocati e procuratori -Ammissione al predetto patrocinio -Illegittimit costituzionale, 245. BENI -Beni culturali -Esportazione abusiva -Cose di propriet di persona diversa dall'autore del reato -Illegittimit costituzionale, 204. COMUNITA' EUROPEE -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni suine e nel settore delle carni bovine -Prezzi massimi di vendita all'ingrosso -Incompetenza degli Stati membri, 305. -Agricoltura -Organizzazione comune di mercato nel settore vitivinicolo -Vino -Arricchimento -Mosto di uve concentrato rettificato, 268. - CECA -Industria siderurgica -Sistema di sorveglianza -Rispetto dei flussi tradizionali -Violazione -Poteri della Commissione, 287. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA vu -Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale -Competenza -Luogo di adempimento dell'obbligazione, con nota di o. FIUMARA, 274. -Domanda di pronuncia pregiudizia: le -Momento della sua proposizione -Valutazione del giudice a quo, 295. -Domanda di pronuncia pregiudiziale -Organo giurisdizionale -Funzioni del Pretore, 295. -Libera circolazione dei lavoratori Violazione del principio di non di- scriminazione in ragione della cittadinanza -Ricercatori del CNR Disparit di trattamento in relazione alle condizioni di impiego e di lavoro, 301. -Ravvicinamento delle legislazioni Accesso all'attivit degli enti creditizi -Interpretazione della direttiva -Nozione di pubblico ufficiale e di persona incaricata di un pubblico servizio, 283. -Ravvicinamento delle legislazioni Conservazione degli uccelli selvatici, 309. -Ravvicinamento delle legislazioni Direttive -Recepimento -Obblighi degli Stati membri, 291. -Ravvicinamento delle legislazioni Dogane -Messa in libera pratica delle merci -Svincolo globale e svincolo a riprese, 281. -Ravvicinamento delle legislazioni Sostanze e prodotti indesiderabili negli alimenti per animali -Inadempimento dell'Italia -Insussistenza, 291. -Ravvicinamento delle legislazioni Tutela dell'ambiente -Obblighi previsti in una direttiva -Conseguenze per i privati, 296. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio incidentale di legittimit costituzionale -Principio di uguaglianza -Pronuncia estensiva di norma derogatoria -Condizioni, 199. -Norme di diritto internazionale pri. vato -Sottoponibilit a sindacato di legittimit costituzionale, 229. DEMANIO -Beni storici ed archeologici -Vincolo diretto -Tutela beni individuali, 376. -Ben'i storici ed artistici -Prelazione -Negozio transattivo -Mancata determinazione prezzo -Illegittimit prelazione, 371. -Beni storici ed artistici -Prelazione dello Stato -Atto ablatorio -Acquis1z1one coattiva beni privati Prelazione civilistica -Differenze, 371. -Beni storici ed artistici -Prelazione dello Stato -Negozi soggetti -Transazione, 371. -Beni storici ed artistici -Vincolo diretto -Motivazione -Indicazione bene e P11Tticelle catastali, 376. -Beni storici ed artistici -Vincolo indiretto -Motivazione -Finalit e presupposti di fatto, 376. - Occupazione -Ricerce archeologiche, 376. ENTI PUBBLICI -Ferrovie -Istituzione dell'Ente F.S. -Personale dipendente -Controversie di lavoro -Trasferimento della giurisdizione al Giudice ordinario, 258. ESECUZIONE FORZATA -Pensioni erogate dalla Cassa nazionale del notariato -Pignorabilit, 232. - Retribuzioni dovute da enti pubblici diversi dallo Stato -Pignorabilit per ogni credito fino ad un quinto, 231. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' -Interventi di sistemazione idraulicoforestale di terreni -Opere di rimboschimento di terreni a tal fine occupati temporaneamente -Successiva espropriazione -Indennit -Valutazione del bosco, 462. vm RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO -Opposizione a stima -Legittimazione passiva -Concorso di enti nella realizzazione dell'opera -Affidamento in concessione -Legittimazione del concedente -Fattispecie, 459. -Retrocessione -Prezzo di retrocessione superiore all'indennit di espropriazione -Legittimit costituzionale, 255. FALLIMENTO - Amministrazione straordinaria del . le grandi imprese in crisi -Comunanza di disciplina con la I.e.a., con nota di F. FAVARA, 238. GIURISDIZIONE CIVILE -Regolamento di giurisdizione -Regolamento preventivo -Improponibilit della domanda tra privati Inammissibilit, 338. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Controinteressati Impugnativa provvedimento riparto aspettative sindacali -Associazioni sindacali, 348. -Controinteressati -Individuazione, 348. - Giurisdizione esdusiva in materia di pubblico impiego -Mezzi istruttori, 236. IMPIEGO PUBBLICO -Procedura concorsuale per avanzamento -Impugnativa -Controinteressati, 348. -Stipendi -Recupero emolumenti indebiti -Autoresponsabilit ed affidamento -Irrilevanza, 357. -Stipendi -Recupero emolumenti indebiti -Misura non incidente su esigenze vitali -Motivazione -Non necessit, 357. IMPUGNAZIONI PENALI -Ricorso per cassazione -Deduzione di errata interpretazione di legge ai fini del proscioglimento con for mula ampia ai sensi dell'art. 152 cod. proc. pen. pur in presenza di causa estintiva -Ammissibilit -Annullamento senza rinvio della sentenza impugnata -Ammissibilit, 474. LAVORO -Controversie in materia di previdenza -Medici convenzionati con enti mutualistici -Rapporto di collaborazione -Crediti per prestazioni professionali -Rivalutazione monetaria -Applicabilit, 329. LEGGE -Legge interpretativa -Applicazione compito del giudice, 235. POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Radiotelevisione -Radiodiffusione di opere registrate -Cnsenso dell'autore -Occorre anche per la RAI Questione infondata di costituzionalit, 200. PROCEDIMENTO CIVILE - Ius postulandi" degli Avvocati dello Stato -Difesa in giudizio degli enti pubblici e dei dipendenti pubblici -Mandato alle liti -Non occorre, 343. -Persona scomparsa -Interruzione del processo e nomina del curatore -Mancata previsione -Illegittimit costituzionale, 202. PROVVEDIMENTI CONTINGIBILI E D'URGENZA -Sindaco -Presupposti necessit Requisizione immobili -Legittimit, 359. REATO -Reato di deviazione di acque (articolo 632 cod. pen.) e reato di furto di acque -Elementi distintivi, 474. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA -Reato di deviazione di acque (artilo 632 cod. pen.) -Oggetto della tutela penale, 474. -Reato di omissione di atti di ufficio -Interpretazione della norma di cui all'art. 328 cod. pen., 474. -Reato valutario -Art. 1 d.l. 4 marzo 1976 n. 31 conv. in I. 30 aprile 1976 n. 159 e succ. mod. Illegale esportazione di valuta -Danno risarcibile: quello alla economia nazionale, 480. REGIONI -Impiego pubblico -Accordi collettivi -Rapporto con l'attribuzione in materia di ordinamento degli uffici, 248. -Materia organizzazione degli uffici -Regime di tesoreria -Non vi attiene, 207. -Materie sanit e assistenza sociale -Recupero e reinserimento dei tossicodipendenti -Contributi al volontariato -:e competenza dello Stato, 252. -Regioni a statuto speciale -Riforma economico-sociale -Norme esecutive dei principi della riforma -Carattere integrativo e di coessenzialit, 234. RESPONSABILIT CIVILE -Dovere di comportamento prescritto da una norma -Diligenza e disattenzione dei destinatari -Esclusione della responsabilit, 343. -Modalit del fatto generatore del danno -Giudizio di merito incensurabile in sede di legittimit, 343. SANIT -Disciolti enti mutualistici -Rapporti obbligatori pregressi -Successione -Legittimazione passiva Fattispecie, 322. -Enti mutualistici -Medici convenzionati -Compensi -Modalit di corresponsione -Fattispecie, 329. SARDEGNA -Quote di tributi erariali soppressi Somma sostitutiva -Riduzione -Parere della regione -Omessa acquisizione, 208. SERVIT -Occupazione illegittima -Danni Trasformazione di strada poderale con costruzione di altra assoggettata ad uso pubblico -Risarcimento Non dovuto, 455. SICILIA -Contributo di solidariet nazionale -Intesa Stato-regione -Non prevista, 208. -Nuove entrate tributarie statali riscosse nella regione -Sottrazione alla devoluzione -Condizioni, 207. -Nuove entrate tributarie statali riscosse nella regione -Sottrazione alla devoluzione -Condizioni, 208. -Regime di tesoreria -Disponibilit liquide della regione -Distinzione tra tributi propri della regione e tributi statali riscossi nella regione, 207. TRENTINO ALTO ADIGE -Regime di tesoreria -Distinzione tra tributi propri della regione e tributi statali riscossi nella regione, 207 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Dichiarazione congiunta di coniugi -Responsabilit solidale, 260. -ILOR -Zone depresse del centro- nord -Imprese produttrici di servizi -Esclusione dall'esenzione decennale, 261. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza -Svalutazione monetaria -Deve essere dedotta dall'ammontare del plusvalore, 417. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Redditi di capitale -Presunzione di fruttuosit del danaro Prova dell'impiego del capitale -:B necessaria -Prova per presunzioni -Ammissibilit, 443. -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche -Redditi di lavoro dipendente -Indennit cli buonuscita ENPAS -Imponibilit -Condizioni e limiti, 396. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Atti giudiziari -Caratteri -Ordinanza di distribuzione delle somme ricavate dall'esecuzione -Non tassabilit, 450. -Imposta di registro -Miniere -Distinte ipotesi di imposizione, 439. -Imposta di registro -Nuovo testo unico -Disposizioni pi favorevoli al contribuente -Estensione nei rapporti per i quali pende controversia -Definitivit dell'accertamento tardivamente impugnato -Esclusione, 428. -Imposta di successione -Interessi -Imposta complementare -Imputabilit del ritardo -Accertamento infondato poi corretto dall'ufficio -Non esonera dall'obbligazione di interessi, 388. - Imposte doganali -Deposito doganale -Magazzini di propriet privata -Chiusura con doppia chiave Non trasforma il deposito privato in magazzino sotto diretta custodia della dogana, 406. -Imposte doganali -Deposito in magazzini di propriet privata -Furto della merce -Realizzazione del presupposto dell'imposizione -Articolo 37 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 -Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza, 406. TRIBUTI (IN GENERE) -Contenzioso tributario -Appello Motivi -Richiamo alle difese del precedente grado -Insufficienza, 453. -Contenzioso tributario -Commissioni tributarie -Regolarit della composizione -Verbale -Rilevanza, 420. -Contenzioso tributario -Condono Estinzione del giudizio -Controversia sulla condonabilit -Decisione incidentale del giudice avanti al quale pende la controversia -Esclusione, 409. -Contenzioso tributario -Decisione Correzione di errore materiale -Non utilizzabilit della motivazione -Confronto con gli atti anteriori del processo -Legittimit, 432. -Contenzioso tributario -Decisione -Motivazione -Valutazione -Ricorso alla comune esperienza -Ammissibilit -Limiti, 433. -Contenzioso tributario -Decisioni di secondo grado sulla valutazione estimativa -Impugnazione di terzo grado di sola legittimit -Ricorso per cassazione -Duplicazione del giudizio di legittimit -Pronuncia della Cassazione riferita alla decisione di secondo grado, 432. -Contenzioso tributario -Estinzione del giudizio ex art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 -Pronunzia di cessazione della materia del contendere -Impossibilit -Definitivit dell'atto impugnato -Sopravvivenza dell'azione -Esclusione, 409. -Contenzioso tributario -Giurisdizione amministrativa -Impugnazione di atti di indirizzo -Esclusione, 423. -Contenzioso tributario -Impugnazione -Ricorso cumulativo -Decisioni distinte concernenti lo stesso rapporto -Ammissibilit, 430. -Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado -Apprezzamento del fatto -Redditi di capitale Presunzione di fruttuosit -Deducibilit in terzo grado, 442. -Contenzioso tributario -Intervento nel processo -Cessato amministratore di societ -Non legittimato all'intervento, con nota di F. FAVARA, 238. -Contenzioso tributario -Processi dinanzi alle Commissioni -Non pubblicit delle udienze, 195. -Contenzioso tributario -Provvedimento impugnabile -Avviso di liquidazione -Definitivit -Successiva domanda di rimborso -Inammissibilit, 428. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Xl -Contenzioso tributario -Ricorso alla Corte di appello -Termine per ricorrere alla Commissione Centrale non ancora decorso -Omessa eccezione innanzi alla Corte d'appello -Deduzione con ricorso per cassazione Inammissibilit, 391. -Contenzioso tributario -Ricorso alle Commissioni -Provvedimenti impugnabili -Atto che nega la spettanza di esenzioni pluriennali -Omessa impugnazione -Definitivit, 394. -Dichiarazione -Effetti -Modifica. zioni, 399. -Sanzioni non penali -Nascita della obbligazione -Provvedimento di irrogazione -Natura, 403. TRIBUTI LOCALI -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili -Rettifica del valore finale -Adeguamento necessario del valore iniziale dichiarato da parte dell'ufficio o del giudice -Esclusione -Impugnazione da parte del contribuente del valore dichiarato -Ammissibilit, 399. -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili -Societ -Applicazione per decorso decennio -Estensione alle societ di ogni tipo a norma dell'art. 1 legge 22 dicembre 1975 n. 694 -Efficacia per il decennio 1966-75, 392. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 24 luglio 1986, n. 212 . . 24 luglio 1986, n. 215 16 ottobre 1986, n. 220 19 gennaio 1987, n. 2 2, marzo 1987, n. 61 2 marzo 1987, n. 62 5 marzo 1987, n. 70 5 marzo 1987, n. 71 31 marzo 1987, n. 87 31 marzo 1987, n. 89 3 aprile 1987, n. 99 10 aprile 1987, n. 123 23 aprile 1987, n. 146 13 maggio 1987, n. 155 22 maggio 1987, n. 185 28 maggio 1987, n. 202 8 giugno 1987, n. 217 6 luglio 1987, n. 243 6 luglio 1987, n. 245 16 luglio 1987, n. 268 22 ottobre 1987, n. 316 (ord.) 22 ottobre 1987, n. 319 (ord.). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Sed. plen., 18 settembre 1986, nella causa 48/85 Sed. plen., 15 gennaio 1987, nella causa 266/85 Sed. plen., 27 gennaio 1987, nella causa 275/85 28 sez., 7 aprile 1987, nella causa 166/85 . . . . . Sed. plen., 9 aprile 1987, nelle cause riunite 167 e 212/85 Sed. plen., 9 aprile 1987, nella causa 363/85 .. 5a sez., 11 giugno 1987, nella causa 14/86 .... Sed. plen.; 16 giugno 1987, nella causa 225/85 4B sez., 1 luglio 1987, nella causa 216/86 Sed. plen., 8 luglio 1987, nella causa 262/85 .. GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. 19 gennaio 1987, n. 410 Sez. Un. 20 gennaio 1987, n. 460 Pag. 195 ,. 199 ,. 202 ,. 204 ,. 207 ,. 207 ,. 208 ,. 229 ,. 208 ,. 231 234 " 235 ,. 236 " 232 238 " 245 )) 248 252 " 255 ,. 258 " 260. .. 261 Pag. 268 .. 274 " 281 " 283 287 .. 291 " 295 301 305 309 Pag. 388 .. 391 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA XllI Sez. I, 21 gennaio 1987, n. 512 392 Sez. I, 26 gennaio 1987, Sez. I, 3 febbraio 1987, Sez. I, 4 febbraio 1987, Sez. I, :9 febbraio 1987, Sez. I, 9 febbraio 1987, Sez. I, 10 febbraio 1987, Sez. I, 10 febbraio 1987, n. 722 394 " n. 947 396 n. 997 399 " n. 1375 403 " ,. n. 1376 406 ,. n. 1385 409 I) n. 1388 417 Sez. Uni., 24 febbraio 1987, n. 1947 420 " Sez. Uni., 24 febbraio 1987, n. 1948 423 " Sez. I, 11 marzo 1987, n. 2527 ,. 428 Sez. I, 13 marzo 1987, n. 2646 ,. 430 Sez. I, 20 marzo 1987, n. 2765 ,. 432 Sez. I, 11 aprile 1987, n. 3600 439 Sez. I, 23 aprile 1987, n. 3929 ,. 442 Sez. I, 13 maggio 1987, n. 4391 450 " Sez. I, 28 maggio 1987, n. 4772 ,. 453 Sez. Un., 8 giugno 1987, n. 5012 ,. 322 Sez. Un., 8 giugno 1987, n. 5017 329 Sez. Un., 15 giugno 1987, n. 5256 338 Sez. III, 6 agosto 1987, n. 6759 .. ,. 343 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE 15 aprile 1987, n. 14 Pag. 455 21 maggio 1987, n. 20 457 21 maggio 1987, n. 21 459 16 giugno 1987, n. 28 462 " 17 giugno 1987, n. 29 468 " 30 novembre 1987, n. 89 469 " GIURISDIZIONI AM.MINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 28 settembre 1987, n. 22 Pag. 348 Sez. IV, 14 luglio 1987, n. 422 ,. 357 Sez. IV, 20 ottobre 1987, n. 638 ,. 359 Sez. VI, 10 giugno 1987, n. 379 362 " Sez. VI, 10 giugno 1987, n. 400 . 371 " Sez. VI, 2 luglio 1987, n. 463 348 " Sez. VI, 7 ottobre 1987, n. 860 ,. 376 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. II penale, 26 marzo 1987, n. 3705 Pag. 474 Sez. III, 1 luglio 1987, n. 7987 .... 480 ,. PARTE SECONDA Rassegna di dottrina . . Rassegna di legislazione I -Questioni dichiarate incostituzionali II -Questioni dichiarate non fondate III -Questioni proposte . . . . . . . . . Pag. Pag. " 63 65 73 82 PARTE PRIMA l ~ I! ~ ! I f I f ~ f GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1986, n. 212 -Pres. La Pergola -Reil. Saja -Molajoni Mario S.p.A. e Presidente Consiglio dei Ministri. Tributi in genere -Contenzioso tributario -Processi dinanzi alle Com missioni Non pubblicit delle udienze. (Cost., art. 101; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39). La rega:la deUa pubblicit delle udienze implicitament.e prescritta dal sistema costituzionale qual1e conseguenza necessaria del fondamento democratico del pot.ere giurisdizional.e; indJispensabile che il legislatore int1erveng:a prorntamente ad adeguare il processo tributario all'art. 101 Coisit. carrettament.e inter,pretato (1). (omissis) Con l'ordinanza in epigrafe viene proposta la questione di legittimit costituzionale, in riferimento al~l'art. 101 Cost., dell'art. 39 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, concernente la revisione del contenzioso tributario, nella parte in cui esclude la pubbHcit delle udienze davanti alle COlill miJSsioni tributarie. Rileva in proposito i,'l giudice a quo ohe il principio di pubblicit delle udienze, bench non esplicitamente dichiarato, deve ritenersi accdlto nella Costituzione e precisamente nel ricorxlato art. 101, laddove statuisce ohe la giustizia amministrata in nome del popolo, sicch la .ricordata esclusione risulterebbe inegittima. (1) La Corte costituzionale esprime nlla sentenza in rassegna una indicazione precisa, che solo per lodevole senso di responsabilit non traduce in pronuncia di illegittimit costituzionale. La raffigurazione del processo tributario come vicenda riservata nella quale l'indiziato di evasione beneficia di un clima omertoso giustmente accantonata in nome di una corretta e doverosa lettura in positivo di quell'art. 53 Cost. troppo spesso invocato solo come norma limitatrice dei carichi tributari. Deve osservarsi che la regola della pubblicit delle udienze (da applicarsi nei primi due gradi del processo tributario) va tenuta distinta da una ipotizzabile diversa regola della necessit dell'udienza (nel terzo grado dinanzi alla commissione tributaria centrale). La prima regola a ben vedere mira a consentire a chiunque la conoscenza di quanto viene detto a voce dal relatore e dalle parti (o loro difensori), ed implica che chiunque possa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 196 Non superfluo, per la migliore intelligenza della questione, qualche cenno storico. Il principio della pubblicit delle udienze giudiziarie si afferma nei tempi moderni con la caduta dell'assolutismo e viene proclamato, con una disposizione di portata generale, per la prima volta, nell'art. 208 deHa Costituzione francese del 1795, anno III (non mancarono, prima, disposizioni particolari: art. 163 Cost. del 1791, in materia di istruzione criminale: artt. 94 e 96 Cost. del 1793, rispettivamente in materia di deliberazione de1le cause civili e di istruzione criminale), disposizione in cui viene anche costituzionalizzato, sempre con carattere di generalit, l'obbligo di motivazione, ritenuto parimenti necessario al controllo sugli atti giudiziari. Il principio successisvamente accolto altresl in carte costituzionali della Restaurazione e trova larga diffusione, assurgendo presto al ruolo di normale guarentigia d'una retta amministrazione della giustizia, anche in ordinamenti non ispirati ai principi di libert e di eguaglianza. In Italia la regola fu recepita nell'art. 72 dello Statuto albertino ( Le udienze dei Tribunali in materia civile e i dibattimenti in materia criminale saranno pubblici conformemente a11e leggi ) e in attuazione di questa disposizione statutaria le varie leggi processuali regolarono la pubblicit delle udienze (art. 52 cod. pmc. civ.; art. 268 cod. proc. pen.; art. 443 cod. pen. per l'esercito; art. 490 cod. pen. militare marittimo; art. 34 de11a legge sul Consiglio di Stato). Nell'it,er formativo della Costituzione repubblicana, il principio venne esplicitamente enunciato nell'art. 101 del progetto presentato all'Assemblea costituente il 31 gennaio 1947 (secondo comma: le udienze sono avere conoscenza anche degli scritti, a cominciare dalle decisioni; a questo proposito va rilevato, per inciso, che il d.P.R. n. 636 del 1972 ha riservato alle parti la facolt di ottenere copia delle decisioni (ed una riserva che pare giovare soprattutto allo... insider editing). Quanto alla ipotizzabile regola della necessit dell'udienza (ovviamente pubblica), non pare che essa sia stabilita dall'ordinamento costituzionale. Non pu dubitarsi, in linea di principio, della legittimit costituzionale dei numerosi procedimenti in camera di consiglio previsti dalle leggi processuali. Ci detto deve per aggiungersi che l'attuale disciplina del terzo grado del processo tributario , anche sotto questo profilo, quanto meno non connotata da esprit de geometrie. Si considerino tra l'altro: a) la stranezza della previsione di due giudici naturali alternativi, inseriti in ordini giudiziari diversi, e ciascuno dei quali (giudici) operante secondo una disciplina processuale non omogenea a quella praticata dall'altro; b) l'ingente costo per il fisco (solitamente creditore di tributi) della scarsa produttivit, anche in termini qualitativi, di un giudice costruito con briciole di tempo di persone notoriamente molto impegnate (persino come capi di gabinetto e capi di ufficio legislativo); e) la imbarazzante presenza nel Giudice di quarto grado delle stesse persone che hanno giudicato sulle stesse questioni (anche se non nelle stesse liti) in terzo grado; d) l'anomalia -e che sia tale lo si vede vistosamente in sede di rinvio dalla cassazione -di sezioni unite di un organo sott'ordinato (per di pi con collegio imperfetto); e via elencando. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE pubbliche, salvo che la legge per ragioni di ordine pubblico o di moralit disponga altrimenti ); ma poi, come risulta dai lavori preparatori, una espressa enunciazione fu ritenuta superflua, in quanto si ritenne che la pubblicit delle udienze fosse implicitamente prescritta dal sistema costituzionale quale conseguenza necessaria del fondamento democratico del potere giurisdizionaJ.e, esercitato appunto, come recita l'art. 101, in nome del popolo. \ Coerentemente, tutte le leggi processuali hanno mantenuto o intro dotto la regola (art. 128 cod. proc. civ.; art. 423 cod. proc. pen.; art. 41 del testo unico sul Consiglio di Stato approvato con r.d. 26 giugno 1924 n .. 1054, ora applicabile anche ai Tribunali amministrativi regionaili; art. 72 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, sull'ordinarmento della Corte dei conti; art. 364 cod. pen. militare di pa!Ce; art. 15 1. 11 marzo 1953 n. 87 sul funzionamento deHa Corte costituzionale). Nellle varie norme ora indicate possibile riscontrare qualche differenza, quanto alle eccezioni, peraltro molto limitate e largamente coincidenti; ma queste non scalfiscono affatto l'essenziale unit del principio, da considerare indefettibile -ripetesi in un o:ridinarmento democratico fondato sullla sovranit popolare, come il nostro, al quale non pu non conformarsi l'amministrazione della giustizia, ohe in quella sovranit trova la sua legittimazione. Ci va ribadito in conformit a quanto gi ritenuto da questa Corte (cfr. sent. 23 gennaio 1971 n. 12), riconoscendosi peraltro il potere del legisllatore o:ridinario di introdurre per singole categorie di procedimenti deroghe determinate da ragioni obbiettieve e razionali. Il principio, in vero, non pu considerarsi assoluto e deve cedere in presenza di parti colari circostanze giustificative, ma, ove queste non si verifichino, imlu bitable che la regola della pubblicit delle udienze debba trovare piena attuazione. Vale aggiungere che detta pubblicit, in quanto espressione di ci villt giuridica, viene presoritta non soltanto nell'ordinamento italiano, ma prevista anche in convenzioni internazionali, quali '1a Convenzione europea per la Salvagua1idia dei diritti dell'uomo e detle libert fonda mentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (art. 6) e ratificata con I. 4 agosto 1955 n. 848, (e cos anche il Nuovo ordin. proc. delila_ Corte europea dei diritti dell'uomo, art. 18), ii.I Patto internazionale di New York relativo ai diritti civili e politici, adottato il 16 dicembre 1966 e ratifficato con I. 25 ottobre 1977 n. 881 (art. 14), i Protocolli sullo Statuto dellla Corte di giustizia, annes1si ai trattati CECA, CEE ed EURATOM ~rispettivamente artt. 28 e 29). La generale vaHdit del principio riconoscita dall'Avvocatura dello Stato, la qua:le per deduce che la sua mancata estensione al processo tributario dovrebbe considerarsi una eccezione, giustificata dalla riservatezza dell'oggetto deil!Je controversie. ....: 198 """""' "'":"'"""''"" '""' mo . .,1,:_ La Corte non ritiene di poter aderire a tale tesi. evidente, anzitutto, che di riservatezza in senso tecnico non pu certo parlarsi, in I: ,.. quanto la materia di cui trattasi non attiene alla intimit deMa vita !: privata del soggetto e dunque non pu ricevere la r~lativa tutela. L'art. 53 Cost., nel disporre che tutti sono tenuti a 1concorrere a1llle spese pubbliche, in ragione della loro capacit contributiva, consiJdera il .contribuente non gt. quale titolare di una posizione giuridica attinente al rsuo patrimonio, da difendere dalle_ conoscenze e ingerenze altrui; al contrario, la norma crea un legaime di natura rsoHdaristica, in senso lato, tra i consociati, tutti chiamati ad assicurare il complesso deil:le entrate necessarie per il perseguimento delle finalit collettive. L'imposizione tributaria soggiace cos, da un lato, al canone della trasparenza, che, seppure riferito direttamente all'ente impositore, espande di necessit i suoi effetti anche alla generalit dei cittadini; e, dall'altro, soggetta ai principi di universalit e di uguaglianza, cos da escludere d1e la posizione del contribuente possa considerarsi come esclusivamente personale e svincolata da nessi intersoggettivi. Ci non importa. certo ohe ai singoli spettino vicendevoli poteri di controllo e di inte:riferenza, che potrebbero costituire motivi di turrbamento per l'o:rdinata convivenza sociale; ma non 5,ignifica, d'a;ltro canto, che la posizione soggettirva del contribuente ;possa essere considerata ailfa stregua di un diritto della personalit, addirittura protetto dal segreto. Infatti quest'ultimo, nell'aimbito del diritto pubblico, a cui indubbiamente appartiene quetlo tributario, pu ammettersi solo quale eccezione, che deve trovare nella legge razionale e oggettivo fondamento. Del resto, 1le modailit di accertamento prescritte nel d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e il numero sempre crescente delle infrazioni penalmente sanzionate dimostrano chiaramente come l'ordinamento tenda a rendere di generale conoscenza la concreta applicazione della disciplina tributaria. N p omettersi di rilevare che la tesi dell'Avvocatura dello Stato trova ulteriore smentita anche sul terreno strettamente processuale: invero l'esclusione della pubblicit delle udienze vale 1sdltanto per le commissioni tributarie, ma non per le Corti d'appello e la Corte di cassazione, avanti le quali i.il medesimo processo pu continuare a seguito .di impugnazione della decisione di secondo grado, ovvero di quella detla Commissione centrale. Relativamente ai procedimenti davanti alle Corti suddette vale la disposizione dell'art. 128 cod. proc. civi:le; il che non solo costituisce un ulteriore elemento per disattendere la tesi della .riservatezza, essendo l'oggetto del processo sempre il medesimo, ma altres rivela, in aggiunta alla mancata attuazione del citato precetto costituzionaile, la scarsa coerenza del legis:latore. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Ricercando l'effettiva ragione dell'esclusione della pubblicit, prevista soltanto rper i giudizi davanti alle commissioni tributarie, si rileva che all'epoca della legge delega n. 825 del 1971 e del decreto delegato sul contenzioso tributario n. 636 del 1972, si propendeva da pi parti -e in tali sensi vi era qualche precedente pronuncia di questa Corte per la matura amministrativa delle dette commissioni. Di tale [propen1s10ne si tr()!Vano traoce in entrambi i provvedimenti legislativi ora detti e nel pare.re deilla Commissione parlamentare. E ci ha verosi.iilmernte determinato, tra :l'altro, l'esclusione della 1mbblicit delle udienze in questione: udienze ohe, bene notarlo, non hanno finalit soltanto istruttorie, ma sono destinate aNa decisione della causa (art. 20 d.P.R. n. 636/1972 cit.), cos come quelle di altri tipi di processo nei quali il principio di pubblicit trova applicazione. Soltanto dopo I'entrata in vigore del d.P.R. ora ricordato J.a tendenza cominci a cambiare {la sentenza di questa Corte ohe riconobbe il carattere giurisidizionale delle Commissioni . posteriore di pi di due anni, in quanto del 19 dicembre 1974); sioch anche la successiva inerzia del legislatore pu ritenersi giustificata da:ll'opportunit di attendere l'evoluzione ed il consolidamento del nu()!Vo orientamento; ed 1 significativo che in occasione del c.d. decreto correttivo n. 739 del 1981 venne formulata una norma diretta ad adattare il processo tributario al suddetto principio costituzionale, eliminando dalla previsione del cit. art. 39 l'esclusione dell'art. 128 cod. proc. civ.; e tuttavia, nonostante il parere favorevoie della Commissione parlamentare, in sede di formulazione definitiva il testo dell'art. 39 non venne modificato. Ma ormai, risultando definitivamente consolidati l'opinione dottrinale e l'orientamento della giurisprudenza sulla natura giurisdizionale delle predette commissioni, non potrnbbe ritenerisi consentita un'ulteriore protrazione della disciplina attuale: per contro, assolutamente indispensabile, al fine di evitare gravi conseguenze, che il legislatore prontamente intervenga onde adeguare il processo tributa'l"io all'art. 101 Cost., correttamente interpretato. Nei termini cos precisati la proposta questione va dichiarata non fondata. CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1986, n. 215 -Pres. La Pergola - Rel. Saja Bernaroini ed altri, S.I.A.E. (avv. Pastore e di Amato) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Corte Costituzionale Giudizio incidentale di legittimit costituzionale Principio di uguaglianza Pronuncia estensiva di norma deroga toria Condizioni. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 200 Poste e Telecomunicazioni -Radiotelevisione -Radiodiffusione di opere registrate -Consenso dell'autore -Occorre anche per la RAI -Que stione infondata di costituzionalit. (Cost., art. 3; legge 22 aprile 1841, n. 633, articoli da 51 a 60; lei:ge 24 novembre 1981, n. 689, art. 32). La natura dierogatoria di una norma non ~mpedisoe alla Corte di emetterie una pronuncia ohe 1ne comporti l'estensione, qUOMdo ci serva a ristabilire il principio di eguaglianza: semprech l'estensione sia il rfJsultato &i un procedimento logico necessitato ,e 1riferibil'e al contesto norimativo in cui ir1JSerita rla 111.0,rma impugnata, senza alcuna .~nvasione deJMa sfera dii discrezionalit riservata al legislatore. La radiodiffusimte ad opera delila RAI dii opere registrate su disco o nastro sottoposta, come per le emittenti privare, al consenso derll'autore. (omissis) Osserva poi la Corte che nei giudizi in cui sono state pronunciate le ordinanze di rimessione si procede contro alcuni gestori di radioemittenti private, imputati ex art. 171, primo comma, lett. b, 1. 22 aprile 1941 n. 633, per avere radiodiffuso dai locali delle proprie stazioni trasmittenti, sen:t:a il coil!senso dell'autore, opere dell'ingegno altrui e precisamente brani musicali incisi su disco o su nastro. Sull'affermato presUIJ?ipOsto che alla Rai spetta il potere di diffondere dette opere (dai propri locali) senza bisogno di al~un consenso, i giudici a quibus sostengono che r1sulta violato il principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.) in conseguenza dell'asserita diversit della disciiplina in materia. Va preliminarmente osservato ohe la questione risulta rilevante nei procedimenti penali da cui trae origine, pur essendo punito soltanto con la multa il reato di cui all'art. 171, primo comma, Jett. b, cit. 1. n. 633 del 1941, contestato agli imputati. Infatti :non pu ritenersi che ta'1e illecito sia stato depenalizzato dalla 1. 24 novembre 1981 n. 689, poich l'art. 32, secondo comma, di quest'ultima dispone che la sostituzione della sanzione amministrativa alla multa o all'ammenda non si applica per i reati punibili nelle ipotesi aggravate con pena detentiva, anche alternativa a quella pecuniaria; il che si verifica nel caso in esame, in quanto il citato art. 171 prevede nel secondo comma un'aggravante, con la comminatoria della reclusione in alternativa alla multa. N pu avere rilievo, secondo il costante orientamento della Corte di cassazione, che nei casi di cui trattasi non risulti contestata la detta circostanza, giacch la suindicata le~ge, si riferisce, ai fini della depenalizzazione, all'elemento certo e ipalese dell'astratta !fattispecie descritta lda:lla norma punitiva, in modo che in base ad essa, e indipendentemente dalla peculiarit dei singoli processi e quindi dalla sussi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE stenza o no di circostanze aggravanti, possa con immediatezza procedersi alla qualificazione (penale o amministrativa) dell'illecito ed atla conseguente distribuzione delle competenze. Secondo la Presidenza de'l Consiglio la proposta questione sarebbe inammissibile peroh le oroinanze di rimessione -lamentando, come gi si aocennato, una diJspa:rit di trattamento tra RAI ed emittenti private e tendendo a;d ottenere da questa Corte una pronuncia tale da escludere la penale responsabilit degli imputati, gestori di tali emittenti -avrebbero dovuto rivo1gersi non gi contro le norme impugnate, ossia contro le disposizioni (derogatorie) che escludono ii consenso dell'autore, bens contro quetle {generali) che lo richiedono. Va per osservato che con la loro impugnativa i giudici a quibus evidentemente vorrebbero che la esclrusione della necessit del consenso (esclusione ohe esse ritengono sussistere nei confronti della RAI anche per le radiodiffusioni di registrazioni su disco o su nastro, effettuate nei locali dell'Ente) sia stesa alle emittenti private, con il conseguente venir meno della fattispecie cli reato addebitata agli imputati e l'eliminazione della (ritenuta) irrazionale e ingiustificabile discriminazione. Precisata in tali termini, la questione risulta ammissibile, dato che 'la natura derogatoria di una norma non impedisce alla Corte di emettere una pronuncia che ne comporti l'estensione, quando ci serva a ristabilire il principio d'eguaglianza, ossia a rispettare un. regola fondamentale del nostro sistema costituzionale: semprech, beninteso, l'estensione sia i:1 risultato di un procedimento logico necessitato e riferibile ai contesto normativo in cui inserita la norma impugnata, senza alcuna inrvasione della sfera di discrezionalit riservata al legislatore. Nel merito la questione non fondata. Al riguardo decisiva la considerazione che non sussiste il preSU[ prposto da cui muovono le oroinanze di rimessione. Invero, pacifico nella copiosa giurisprudenza oroinaria e particolarmente in quella della Cassazione, con la quale concorda la dottrina, che anche la RAI, per le opere dell'ingegno radiodiffuse dai suoi locali, deve ottenere il consenso dell'autore, com' espressamente previsto nell'art. 59 della cit. I. n. 633 del 1941 il quale -al contrario di quanto apoditticamente ritenuto dai giudici a quibus -si riferisce nella sua generale previsione anche afile opere indse su disco o altro strumento meccanico riiproduttivo di suoni o di voci. Le eccezioni alla regola del diritto esclusivo dell'autore alla .radiodiffusione, previste a favore dell'emittente pubblica, ,sono soltanto, come precisa la ricordata giurisprudenza, quelle pTeviste dagli artt. 52 {radiodiffusioni effettuate da teatri, sale da concerto e da ogni altro luogo pubblico), 55 (c.d. registrazioni effimere, ossia eseguite al fine di radiodif}fonderle in differita per necessit orarie o tecniche, con l'ob RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 202 bligo di distruggerle o renderle inservibili dopo l'uso), e 60 (trasmissioni speciali di propaganda culturale ed artistica destinate all'estero). Al di fuori di tali ipotesi non ne sussistono altre in cui sia consentita la libera utilizzazione radiofonica da p;:i.rte della RAI; es,sa, in pairticolare, deve ritenersi esclusa anche per le radiodiffusioni dai locali delll'Em.te di opere registrate. N risultano persuasive le affermazioni, peraltro approssimative, di qualche o:ridinanza, come quella del Pretore di Brescia, che ritiene di poter porre a fondamento del suo assunto l'art. 61 I. cit. Invero il consenso dell'autore alla registrazione su disco fonografico, nastro metallico o altra analoga materia non comporta affatto anche il potere di ra:diodiffusiOIIle, trattandosi di due distinti modi di esercizio del diritto d'autore, sicch l'autorizzazione concernente il primo non comprende necessariamente il 'secondo: in tali sensi la giurisprudenza ordinaria inte:ripreta pacificamente la disposizione dei! ricordato art. 61, riguardante aippUITito la facolt di registrazione, disposizione che perci risulta fuor di proposito invocata a sostegno della proposta impugnativa. Deve pertanto concludersi che la regola applicabile alla fattispecie va individuata esclusivamente neLI'art. 59 I. cit., secondo cui la radiodiffusione delle opere registrate S-:.1 disco o nastro dai locali dell'Ente esercente il pubblico 'Servizio di radiodil!fusione sottoposta al consenso dell'autore. Non sussiste quiindi la denunciata posizione di favore del[a RAI rispetto alle emittenti private, onde, in difetto del presupposto della dedotta violazione del principio di eguaglianza, fa questione sollevata .dalle OI1dinanze in epigrafe risulta rpriva di giuridico fondamento. CORTE COSTITUZIONALE, 16 ottobre 1986, n. 220 Pres. La Pergola Rel. Andrioli -Pettenati ed altri e Presidente Consiglio dei Ministri. Procedimento civile -Persona scomparsa -Interruzione del processo e nomina del curatore -Mancata previsione -Illegittimit costitu zionale. (Cost., art. 24; cod. proc. civ., artt. 75, 300, 721). Contrastano con l'art. 24 Cos.f. gli artt. 75 e 300 del codio.e di procedura oiv~le neiUa parte in oui non prev.edono, ov.e emerga una situazione di scomparsa dd conV1enuto, la interruzione del p.roc.esso e la sersnatazlane, aJd opera del giudwe, deJ caso al Pubblico Ministero perch promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba l'attore riassumere iJ giud,izio. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (omissis) Il Pretore di S. Margherita in Belice -accertato che il convenuto Ferrara Antonino, nato a Sambuca di Sicilia il 31 ottobre 1836, non solo era di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (di talch 11a citazione gli era stata notificata ai sensi dell'art. 143 c.p.c.) e ohe da oltre un cinquantennio, se non addirittura da,ll'inizio del secolo, era emigrato in America senza dare pi notizie e che pertanto si configurava una vera e propria situazione di scomparsa quale pre vista dall'art. 48 e.e. -ha osservato che la procedura di nomina del curatore dello 1scomparso, di cui all'art. 48 e.e., che indirizzata ailla conservazione della sfera giuridica dello scomparso, non potrebbe essere promossa da chi, come il contraddittore dello scomparso, aggredisce tale sfera giuridica; da queste considerazioni ha il Pretore desunto ila sussistenza di un vuoto legislativo, che pu essere colmato sol conferendo al giudice adto, il quale venga nel corso del processo a conoscenza di una situazione di assenza del convenuto, il potere di dichiarare l'interruzione del giudizio per dare al Pubblico Ministero notizia del caso perch promuova la nomina di un curatore nei cui confronti possa .l'attore riassumere il giudizio in non diveirsa guisa di queil che l'art. 300 c.p.c. dispone ove si venga a conoscenza della sopravvenuta morte del contumace. Nor. essendo siffatta disciplina dettata negli artt. 75 e 300 c.p.c., il Pretore ha dichiarato non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 24 comma primo e secondo, la questione di legittimit costituzionale degli artt. 75 e 300 c.p.c. nel.la parte in cui non prevedono, ove eme11ga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del processo, [a segnalazione, ad opera del giudice, del caso al Pubblico Ministero perch promuova la nomina di un curatore nei cui confronti debba :l'attore riassumere il giudizio. Dal suo ca:nto l'A'VVocatura generale dello Stato, dopo aver riassunto le argomentazioni svolte nell'intervento spiegato nell'incidente n. 274/1979, e richiamato la sent. 24 giugno 1974, n. 1906, con la quale la Corte di Cassazione aveva deciso che fa mancanza assoluta di notizie i!Il omine ad un soggetto allontanatosi dal luogo del suo ultimo domicilio {an et ubi sit) determina una rpairailisi di attivit per chi v:anta diritti od a:bbia spettative nei confronti dello scomparso privo di un raiprpresentante legale o di un procuratore, alla quale situazione possibile ovviare soltanto attraverso l'emanazione del provvedimento di nomina del curatoce speciale, a nomna del combinato disposto d~i artt. 48, primo comma cod. civ. e 721 cod. proc. civ., nei confronti del quale consentito instaurare un regolare rapporto processuale, ha ravvisato due ostacoli all'accoglimento dell'incidente nel fatto che l'art. 300 cip.e. postu[a un processo ritualmente incaroinato (come nOlll nella specie e giusta quanto riconosce lo stesso !Pretore denunciante quando, dopo aver posto in luce la importanza del principio del con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 204 traddittorio, accenna alla SQIPraivvenuta morte del contumace), e nel fatto che il giudice non pu di no:rima nel processo civile prendere iniziativa di sorta nell'interesse delle parti . Poich l'interipretazione estensiva dell'art. 182 c.p.c., in virt della quale rientrerebbe nei poteri del giudice invitare l'attore a chiedere al tribunale competente la nomina di un curatore e a rinnovare ia citazione entro un dato termine nei confronti di quest'ultimo, non pu essere assunta al livello di quel diritto vivente che consentirebbe di dire la proposta questione risolubile con l'applicazione, condotta dai giudici a quibus, dei dettami espressi nell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale preliminari al codice civile, questa Corte non pu esimersi dall'esaminare la questione, che da giudicare fondata perch H processo nel quale lo scomparso 111on sia Tappresentato dal curatore contrario all'ideale del processo giusto che i coilllIIli primo e secondo dell'art. 24 Cost. confluiscono a garantire. Il giusto processo civile vien celebrato non gi per sfociaTe in pronunce procedurali che non coinvolgono i rapporti sostanziali delle parti che vi partecipano -siano esse attori o convenuti -ma per rendere pronuncia di meTito rescrivendo chi ha ragione e hi ha torto: i.I processo civille deve avere per ogigetto la verifica della sussistenza dell'azione in senso sostanziale di ohiovendi:ana memoria, n deve, nei limiti del possibile, esaurirsi nella discettazione sui presupposti processuali, e per evitare che ci si verifichi si deve adoperare il giudice. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 19 gennaio 1987, n. 2 -Pres. La Pergola -Rel. Pescatore -Lucchetti (n.p.) e ~residente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Bruno). Beni Beni culturali Esportazione abusiva Cose di propriet di persona diversa dall'autore del reato -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 27; legge 1 giugno 1939, n. 1089, art. 66; legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116). Se possono esservi cose il oui possesso pu configurare un'illiceit obbiettiva in senso assoff.uto, la qUfJJle prereinde dal rapporto col soggetto che ne dispone e legittimamente debbono essere cornfiscatre la somma attribuita alla ,regione Sar.aegna in ..sost.~tuzione deJUe quote di tribut.i erariati soppressi dopo la riforma del 1972, ma deve previamente senti.re la regione. La omessa acquisi'l!ione d!el formale parere di questa def.ermina ill.egittimit costituzionale dell'art. 3 del d.l. 26 novembre 1981, n. 677. IV CORTE COSTITUZIONALE, 31 marzo 1987, n. 87 -Pres. La Pergola - Rel. Pescatore -Regione Sicilia (avv. Fazio) -e Pres~dente Consiglio dei Ministri {vice avv. gen. Azzariti). Sicilia -Contributo di solidariet nazionale -Intesa Stato-regione -Non prevista. (Statuto Sicilia, artt. 19, 36 e 38); I. 26 gennaio 1982, n. 11, art. 2). Sicilia -Nuove entrate tributarie statali riscosse nella regione -Sottrazione alla devoluzione Condizioni. (Statuto Sicilia, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2; d.!. 26 novembre 1981, n. 677, art. 6). Il cont11ibuto di rolJidarkt nazionale alla Sicilia non vmcolato, quanto al suo ammontare oo alle modalit di erogazione, ad alcuna gar'anzia costituzionale, in particolare, non necessaria una inf.esa tra Stato e regione. L'esclusione delJa &evoluzione alla regione Sicil1ia delle ,nuove entrate tributar>ie statali .riscosse neZl'ambrito del territorio regionale richiede l'inolusione nJ!iUa Zegge istiitutiva (o maggiorativa) di esse di una jjjjiiii,ji... PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 209 specifica clausola di des.flinazicme a par.ticolari finalit statali o di un equivalente specijioo rife~imento a tali finalit; manwando un .:;.iffatto riferimento o alausola, l'art. 6 del d.Z. 26 novembre 1981, n. 677 costituzionalmente f,U.egittiimo (3). I fondata la censura de1l'art. 3, terzo comma, secondo capoverso, seconda parte della 1. 28 febbraio 1986, n. 41 {legge finanziaria per il 1986), in Telazione all'art. 2, primo comma, d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, norme di attuazione dello Statuto defila Regione siciliana in materia finanziaria e in riferimento all'art. 36 di detto Statuto, aipprovato con d. legisl. 15 maggio 1946, n. 455. La norma impugnata -concernente la tassa di circolazione sugli autoveicoli e gli autoscaf.i -dispone che tale tas'Sa (dovuta a decorrere dal 1 gennaio 1983, in base alla sola iscrizione nei pubblici registri: art. 5, comma 31 d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, conv. in l. 28 febbraio 1983, n. 53), pari a quella stabi1ita per l'anno 1985 e che i proventi derivanti dagli aumenti disposti con l'art. 2 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 787, convertito 1con modificazioni nella I. 26 febbraio 1982, n. 52, continuano ad essere riservati aID'Brario dello Stato e l'ammontare di tali aumenti continua a non influire su quello della corrispondente tassa regionale. ln precedenza, l'art. 4 d.L 28 febbraio 1981, n. 38 {conv. nella I. 23 aprile 1981, n. 153) aiveva aumentato del 50 %, dal 1 gennaio 1981, gl'importi della tassa erariale di circolazione, destinando allo Stato i proventi di tale aumento al fine di coprire gli oneri derivanti dallo stesso decreto n. 38 del 1981 per il finanziamento dei 1comuni e delle province. Il sopra menzionato d..I. n. 787 del 1981 i(conv. nella 11. 26 febbraio 1982, n. 52) aveva aumentato ulteriormente detta tassa, conservandone la destinazione all'erario dello Stato per la copertura degli oneri inerenti al finanziamento dei comuni e dehle pTOvince (art. 2 penultimo comma del d.1. lll. 787 del 1981, soppresso dalla legge di conversione, che ha per inserito analoga disposizione nell'art. 9 del d.l.). Gli aumenti farono prorogati per hl 1983 dall'art. 1 d.l. 21 dicembre 1982, n. 923 (conv. nella l. 9 febbraio 1983, n. 29), e il Telativo gettito continu ad essere devo1uto allo Stato, senza -peraltro -specifica ed espressa destinazione; devoluzione reiterata dalla legge finanziaria (3) L'applicazione del cosiddetto principio devolutivo fatta nel caso esaminato nella sentenza n. 87 appare parecchio formalista. La finalit statale di un provvedimento legislativo per il contenimento della spesa " pubblica immanente e quindi palese: una complessa manovra economica oggettivamente rispondente a finalit statale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 210 per il 1984 1Gl. 27 dicembre 1983, n. 730), la quale dispose che per il 1984 e il 1985 la tassa di cui all'art. 5, trentunesimo comma, del d.l. 30 dicembre 1982, n. 953 fosse pari a quella stabilita per il 1983, prescrivendo che il ll'.'elativo gettito spettasse allo Stato (senza indicazione della specifica destinazione di esso). In connessione con la proroga per il 1983 degli aumenti su detti, l'art. 36, comma secondo, del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55 (conv. nella 1. 26 aprile 1983, n. 131, contenente .provvedimenti urgenti per il settOIJ'.'e defila finanza locale per l'anno 1983) dispose che agli oneri da esso derivanti si sarebbe provveduto runche con un'aliquota delle maggiori entrate previste dal d.l. n. 923 del 1982. L'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, norme di attuazione dello Statuto della Regione Sichlia in materia finanziaria, sancisce che, ai sensi del primo .comma dell'art. 36 dello Statuto, spettano alla Regione siciliana, oltre le entrate da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie, il .cui gettito sia destinato con aipposite leggi alla copertura degli oneri diretti a soddisfare particolari finalit contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime >>. Questa norma ha carattere de:rogatorio, in quanto sottrae ailla S1pettanza della Regione siciliana le nuove entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, che abbiano destinazione legislativamente prevista e determinata, che ne giustifichi la sottrazione alla finanza regionale. Questa circostanza spiega l'ap:posizione delle cautele>>, alle quali l'art. 2 delle norme attuative dello Statuto condiziona la destinazione esterna degli anzidetti tributi, cautele dirette anche a rendere possibile hl controllo politico sull'esatto e corretto esercizio della deroga. L'Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto che l'adempimento delle rigorose prescrizioni finalistiche si deve considerare soddisfatto dall'originaria destinazione degli aumenti in questione all'erario dello Stato, per far fronte agli oneri inerenti al finanziamento dei Comuni e delle Province, secondo la disposizione del d.l. n. 38 del 1981 e da ultimo del d.11. n. 55 del 1983, ai quali l'impugnato art. 3, terzo comma, si ricollega. Tale tesi non appare fondata. Infatti gi nel d.l. n. 923 del 1982 manca l'espressa indicazione della destinazione del provento al soddi sfacimento di specifiche finalit. N a ci pu ritenersi che fosse sufficiente il disposto dell'art. 3 del d.l. n. 55 del 1983, nel quale fu statuito che agli oneri previsti da tale d.l., relativi alla finanza locale, si sarebbe fatto fronte anche con un'aliquota delle maggiori entrate previste dal d.l. n. 923 del 1982. Trattasi, infatti, di una norma che funziona da clausola di copertura di spesa e fa indicazione delle di !'ARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sposiz1oni relative alle diverse fonti di, copertura della spesa difficilmente pu considerarsi per se stessa idonea a rappresentare le particolari finalit perseguite dai connessi proventi, alla stregua dell'art. 2 delle norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria, ohe richiede una specifica clausola di destinazione. Comunque, skuramente il collegamento con l'originaria destinazione finalistica dei proventi fu intern-otto gi dalla legge n. 730 del 1983 (legge finanziaria per il 1984), ohe prorog gli amenti in discorso per il 1984 e per il 1985 senza alcuna indicazione della loco specifica destinazione cosi come ha fatto per il 1986, l'impugnato art. 3, terzo oomma, della I. 111. 41 del 1986. D'altronde, la mera previsione della devoluzione statale del tributo, contenuta nella Jegge finanziaria, non appare idonea ad identificare la specificit dell'impiego; compito di quella legge infatti il perseguimento di equilibri complessivi e delle strategie per realizzarli. Inoltre la precisa e diretta indicazione delle finalit, alle quali destinato il tributo, particolarmente necessaria nella specie, in quanto si intende devolvere il relativo gettito al finanziamento degli enti locali, la cui cura lo Statuto della Regione Sichlia attribuisce in via esclusiv~ alla competenza normativa ed amministrativa della Regione. Giova ricordare, infine, che la Corte (sent. 16 maggio 1968, n. 47), a proposito della reiterazione dell'addizionale pro Calabria {legge, quindi, di contenuto diverso da quella finanziaria e con intenti dichiaratamente finalistici) aiferm Cihe la peculiarit dello scopo era immanente nella legge, dato che quell'addizionale costituiva un tipo di tributo a cui l'Erario era ricorso per soddisfare particolari finalit . Particolari finalit, la cui indicazione fu riscontrata (con riferimento specifico, anche se implicito: sent. 15 giugno 1967, n. 75) nelle norme di due decreti legge,_ relativi ad eventi calamitosi (terremoto), in connessione con fa loro origine e con il loro contenuto. Si trattava dell'aumento temporaneo dell'imposta sui prodotti petroliferi, deliberato in concomitanza con gli indicati eventi, alle conseguenze dei quali si doveva provvedere urgentemente. La comunanza di origine e di finalit degli interventi era idonea a stabilirne la sincronica identit di destinazione. Situazione, questa, del tutto diversa dalla fattispecie in esame, la quale non corrisponde a legge che istituisce imposta di scopo. La norma sospettata si 1imita a disporre il mantenimento alla riserva statale dei proventi dell'aumento del tributo: circostanza che, in materia di aumento di addizionale riservata all'Erario e destinata ad istituire un'entrata sostitutiva di agevolazioni fiscali concesse a determinate categorie di lavoratori, indusse la Corte a risolvere il relativo confilitto promosso dalla Regione Sicilia, dichiarando spettare a questa regione il provento dell'addizionale stessa i(sent. 15 marzo 1972, n. 49). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 212 La seconda norma impugnata nel ricorso l'art. 35 de1la 1. 28 febbraio 1986, n. 41, che ha stabilito, a decorrere dalla sua entrata in vigore e sino al 31 dicembre 1987, la non applicabilit delle disposizioni de!l secondo e terzo comma dell'art. 38 della 1. 7 agosto 1982, n. 526 e dell'art. 2 della l. 29 ottobre 1984, n. 720. Tracciando l'evoluzione de1la normativa, da rilevare che l'art. 31 della legge n. 468 del 1978 previde l'obbligo de11e Regioni, anche a statuto speciale, di tenere in conti correnti non vincolati presso il Tesoro le disponibilit liquide, limitatamente alle assegnazioni, contributi e quanto altro proveniente dal bilancio dello Stato . A sua volta, l'art. 40 della legge n. 119 del 1981 (modificato successivamente dall'art. 21 del d.l. n. 463 del 1983, dall'art. 35 della legge n. 730 del 1983 e dall'art. 3 della 1. n. 720 del 1984) sanc, da un lato, il divieto del deposito a qualsiasi titolo presso le aziende di credito, per un importo superiore al 12 % ~ridotto al 4 % dalla 1. n. 720 del 1984) dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza, con obbligo di versare '1.e somme in eccedenza nei conti correnti presso hl Tesoro: dall'altro lato, dispose che le somme dei trasferimenti statali affluissero nei conti presso il Tesoro, con esclusione per del contributo di cui all'art. 38 dello statuto della Regione Sicilia Ail riguardo, l'art. 38, secondo e terzo comma, della legge 7 agosto 1982, n. 526, statu poi che, ag'li effetti delle disposizioni 1contenute nei predetti arti. 31 della legge n. 468 del 1978 e 40 della legge n. 119 del 1981 (oltre che dall'art. 10 del1a legge n. 181 de1 1982), non fossero computabili le somme costituenti entrate della Regione Sicilia a norma de11'art. 36 del1o statuto della Regione stessa e del decreto del Presidente deUa Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, e quelle alla medesima dovute o v.ersate a norma dell'art. 38 di detto statuto. Alle somme anzidette non erano, cos, dichiarate applicabili le disposizioni dei pi volte dtati artt. 31 legge n. 468 del 1978 e 40 legge n. 119 del 1981. Tale particolare disciplina, che esonerava la Regione Sicilia dal regime di tesoreria, confermata dalla 1. 29 ottobre 1984, n. 720, divenuta inoperante sino al 31 dicembre 1987, come si detto, in base all'art. 35 della 1. n. 41 del 1986. Le censure, contenute nel ricorso, di violazione degli artt. 20, 36, 37, 38 e 43 dello Statuto siciliano e del d.P.R. n. 1074 del 1965 (in varie disposizioni e, segnatamente, in quella dell'art. 2), ohe contiene le norme di attuazione dello Statuto in materia finanziaria, sono collocate sullo sfondo della specialit della normativa finanziaria della Regione siciliana. Questa normativa si fonda sul principio enunciato dall'art. 36 St., secondo il quale al fabbisogno finanziario de11a Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione a mezzo di tributi deliberati dal PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la medesima" A questa norma si collega l'art.2 delle gi ricortlate norme di attuazione in materia finanziaria (d.P.R. n. 1074 del 1965), che afferma la spettanza alla Regione delle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, e di tutte le entrate tributarie riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette ed indirette, comunque denominate, con l'eccezione, che stata considerata diffusamente nella prima parte della presente decisione e che qui non interessa (cfr.' nn. 4-5-6-7). In sostanza, la Regione censura la di,sposizione dell'art. 35 della 1. n. 41 del 1986, in quanto sottopone al regime di tesoreria -gi introdotto per tutte le Regioni a statuto speciale (eccettuate le Regioni Sicilia e Trentino-Alto Adige) -fo enttate ad essa spettanti ex artt. 36 Statuto e 2 delle norme di attuazione, vale a dire il complesso de1le entrate tributarie di sua pertinenza. La Corte non pu condividere l'ampiezza della contestazione regionale; innanzi tutto perch ad essa si oppone (con la eccezione, che qui si intende formulare) la sua diffusa, univoca giurisprudenza. L'esigenza di istituire un sistema restrittivo di giacenza delle disponibilit liquide delle Regioni stata collegata dalla Corte all'inevitabile gradua~ lit della spesa, ohe produce un J:"istagno delle somme non erogate; con conseguenze gravemente negative sulle pubbliche finanze. Sicch diventa... un'esigenza foIJJdamentale per lo Stato limitare l'onere derivante dalla provvista anticipata dei fondi risptto all'effettiva capacit di spesa degli enti . La normativa impugnata non preclude ahle Regioni la facolt di disporre delle proprie risorse, nel senso di valutarne discrezionalmente la congruit rispetto alle necessit concrete e di indirizzarle verso gli obiettivi rispondenti aille finalit istituzonali, ma si limita a consentire il controllo del flusso delle disponibilit di cassa, cooridinandolo con le esigenze generali deH'eoonomia .nazionale, nel quadro della regolamentazione de'l credito, che dovere peculiare dello Stato . Anche se questa separazione comporta una minore redditivit delle somme depositate nelle tesorerie dello Stato rispetto a quella che si avrebbe presso le aziende di credito , si tratta di una conseguenza ,di fatto che non investe aspetti cbstituzionahnente tutelati, non incidendo sull'autonomia finanziaria delle Regioni {sentenze 29 ottobre 1985, n. 243; 22 ottobre 1982, n. 162). Una volta accertata la validit d'un limite delle complessive disponibilit regionali suscettibili di rimanere depositate presso aziende di credito, la determinazione della corrispondente percentuale si risdlve (sent. 5 novembre 1984, n. 245) in una puntuale e conseguenziale decisione di politica economica che non si presta ad essere sindacata dalla Corte (sen~. n. 243 del 1985 cit.). Quest'ultima decisione, richiamando ancora i princpi affermati nella sentenza n. 162 del 1982, ha escluso che il divieto posto alle Regioni di fuuire, al di l del tetto le 214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gislativamente prefissato, delle disponibilit . depositate a qualunque titolo presso aziende di credito, determini inyasione' o lesione dell'autonomia costituzionalmente tutelata, sia delle Regioni a statuto speciale che di quelle a statuto ordinairio. La Corte non ha motivo di allontanarsi da taile consolidato indirizzo, aI110he peroh esso stato costantemente aocompaignato dalla raccomandazione, tratta dalle finalit e dal meccanismo di funzionamento del sistema di tesoreria, intesi ad evitare che tale sistema si trasformi .in un anomalo strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale, che si presti a venire manovrato in modo da precludere o da ostacolate la disponibilit delle somme occorrenti alle Regioni per l'adempimento dei loro compiti istituzionali. Se si verifica.Sse in tal senso una reale menomazione dell'autonomia finanziaria, alle Regioni non mancherebbero i mezzi per invocarne ed ottenerne la tutela (sentenze 22 dicembre 1977, n. 155 e 8 .giugno 1981, n. 94). Questo premesso, la Corte ritiene che la possibilit di deroga al sistema, descritto nella sua genesi e nelle sue finalit, debba valutarsi alla stregua di un motivo, ricorrente sotto viari profili nell'impugnativa, la quale ha dedotto l'illegittimit della norma sospettata, in quanto comprensiva delle e.cl. entrate proprie (o tributi propri) della Regione Sicilia. In verit, non dato riscontrare nella :ensura una chiara individuazione delle fatt.ispecie che si vorrebbero eccettuate, facendosi riferimento talora alle entrate ohe la Regione direttamente riscuote e che non importang trasferimenti di fondi, talaltra alla peculiarit del modo e del tempo di adempimento dell'obb1igo di solidariet e del versamento del relativo contributo; talaltra, infine, .anche se genericamente, alla <;particQlare specialit del regime della Regione Sicilia, che ~ presuppone una totale autonomia della Regione stessa nella provvista dei mezzi finanziari , fondata sulla devoluzione totale e piena dei tributi , ad essa attribuiti, che pertanto assumono le caratteristiche di tributi propri . Per collocare a fuoco la censura, la Corte ritiene preliminarmente di dover precisare, in base al sistema normativo, il concetto di tributi propri (o di entrate proprie) de11a Regione Sicilia i(i termini sono usati come equivalenti), in relazione all'oggetto, all'evoluzione e ai limiti di operativit sul c.d. sistema di tesoreria . Si rilevato gi che l'art. 31 della legge n. 468 del 1978, nel primo comma, sanc l'obbligo delle Regioni a 1Sttuto ordinario e speciale di depositare le disponibilit liquide in conti correnti non vincolati con il Tesoro limitatamente alle assegnazioni, contributi e quanto altro proveniente dal bilancio dello Stato . Questo principio e il complesso della disciplina sono fondati sulla esigenza di non consentire la giacenza in PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 215 sede regionale di proventi del bilancio dello Stato ohe non siano di tempestivo e sollecito impiego. Si del pari descritta la evoluzione della disciplina della I. n. 468 del 1978, n.ella quale si inseriva la eccezione al principio dell'affidamento alla Tesoreria statale, poslf:a nei confronti della Regione Sicilia dall'art. 38, secondo comma, della I. 7 agosto 1982, n. 526 e dall'art. 2 terzo comma, della I. 29 ottobre 1984, n. 720. Tali norme stabilivano per quello che interessa il presente giudizio -che, ai fini di determinare il limite delle somme da depositare presso la tesoreria statale, non fossero computabili le entrate della Regione Sicilia, ai sensi de1l'art. 36 dello Statuto e delle relative disposizioni di attuazione in materia finanziaria ~d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074) e quelle alla medesima dovute o versate secondo l'art. 38 di detto statuto. Nell'impugnazione si rileva ahe la ratio ispiratrice della 'no11ma restrittiva, volta a limitare l'onere derivante dalla provvista alla regione di fondi statali rispetto alla effettiva capacit di spesa, mentre pu ricorrere per le entrate provenienti dal bilancio dello Stato, non riferibile alle entrate proprie ahe la regione direttamente riscuote e per le quali lo Stato non effettua alcun versamento alla Regione. La configurazione (cos operata dalla difesa regionale) delle entrate (o tributi) proprie -desunta dall'elemento della riscossione diretta da parte della regione e dalla mancanza di trasferimenti finanziari -si discosta dal criterio indicato dall'art. 119, secondo comma, Cost. In base a quest'ultimo, infatti, i tributi propri regionali sembrano distinguersi da quelli erariali alla stregua dell'entit dell'attribuzione dei proventi alle regioni: totale per i primi; parziale per gli altri. Entrambe le concezioni -quella prosipettata dalla ricorrente e l'altra, di largo impiego dottrinale, fondata sull'interpretazione letterale della norma dell'art. 119, secondo comma, Cost. -non coincidono con i critri espressi in sede costituente (Attii Ass. cost. pag. 4416-17). Alla stregua dei lavori preparatori la categoria dei tributi (o entrate) propri appare, invero, ricondUJCibile alla speciale 1potest normativa tributaria della Regione, che si concreta in tipi di tributi da essa configurati. Per penetrare l'essenza della categoria di tributi occorre far rife rimento al primo oomma dell'art. 119 Cost. --ove sancito l rprincipio dell'autonomia finanziaria regionale -piuttosto ahe al secondo comma, che normalmente proposto come norma specifica della materia. Il concetto di autonomia (in essa compresa la potest normativa: cfr. sent. 19 dicembre 1986, n. 271) d base unitaria ai tributi propri, riferiti sia alle. regioni a statuto ordinario che a quelle a regime speciale, pur nei diverisi limiti entro i quali l'autonomia stessa capace di operare. Tali limiti sono segnati, per le regioni a statuto ordinario, dalle leggi della Repubblica (art. 119, primo comma; sent. 19 dicem RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 216 bre 1986, n. 271 dt.); iper le regioni a regime differenziato, dagli statuti speciali (con le relative norme di attuazione), nel quadro della Carta costituzionale nonch dei princpi e degli interessi generali, cui si informano le leggi dello Stato (cfr. art. 17 St. Reg. Sicilia). Nel disegno di questa categoria di tributi (o entrate) propri quale che ne possa essere la sua concreta consistenza -ricorrono i motivi che indussero all'adozione per la regione Sicilia di un sistema di autonomia particolarmente differenziato, anche in materia tributaria. E, pertanto, la configurazione della categoria va verificata alla stregua dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione in materia finanziaria. L'elemento deliberativo diretto da parte della regione, prescritto dall'art. 36. St. -nel quale si esprimono in modo pregnante l'afferma. zione dell'~utonomia e il miraggio dell'autosufficienza finanziaria - ribadito nell'art. 2, primo comma, delle norme di attuazione in materia finanziaria. Questa disposizione amplia il novero -dei tributi spettanti alla regione, comprendendovi tutte le entrate tributarie riscosse nell'ambito del suo territorio,. ad eocezione delle nuove entrate tributarie, delle quali ci si gi oocupati. Accanto all'elemento della deliberazione diretta prescritto -in corrispondenza con l'art. 36 St. -dall'art. 2 cit., l'art. 6 delle norme di attuazione, dopo averla circoscritta nei limiti dei princpi del si stema tributario dello Stato, finalizza la potest normativa della Re gione, prevedendo La facolt di istituzione di nuovi tributi in cor rispondenza alle particolari esigenze della comunit regionale . Entrambi gli elementi concorrono a precisare l'oggetto e i fini della potest della Regione Sicilia: questa consente alla Regione di delibe rare tipi specifici di tributi, nell'ambito, certamente residuale, ma. non .meno quialifioante, ad essa assegnato dalla vigenza delle disposi zioni delle leggi tributarie dello Stato, le quali sono appHcabili nel ter ritorio della Regione stessa (art. 6, primo comma, delle norme di at tuazione cit.). La delimitazione della figura del tributo (o entrata) proprio, de sunta dai lavori preparatori, dalla normativa della Carta costituzionale e dallo Sttuto speciale, nonah dai prindpi delle leggi dello Stato, viene, dU1I1:que, a coincidere pntualmente con a) l'elemento della delibera zione diretta del tributo da parte della Regione (artt. 36, primo comma, St., 2, primo comma, prima parte, delle norane di attuazione in ma teria finanziaria: cfr. sent. 6 giugno 1973, n. 71 di questa Corte), delibe razione che costituisce la pi piena espressione dell'autonomia norma tiva; con b) la finalit di provvedere alle esigenze della comUJilit re gionale, alle quali l'autonomia stessa deve corrispondere (art. 6, secon do comma, norme di attuazione cit.). Questo elemento caratterizza la PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE finalit dell'autodeterminazione siocome intesa a provvedere a bisogni particolari della strutture comunitaria locale; esso si segnal (Atti Ass. Cost., loc. cit.) come uno dei momenti qualificanti dello St,atuto speciale .e si riproposto con particolare vigore in sde parlamentare, fu. oc casione della revisione del sistema di tesoreria per la Regione sici liana -operata dall'impugnato art. 35 1. 41 del 1986, -dando im pulso ad appassionati interventi ed a ripetuti ternativi di soluzioni me diatrici tra le opposte tendenZe statali e regionali. Non sfugge alla Corte l'attuale non rilevante, consistenza dei tri buti propri (direttamente deliberati : artt. 36 St.; 2, primo comma, di$p. attuaz., cit.) della Regione Sicilia, categorfa alla quale si affida rono molte S1Peranze dei fondatori dello Statuto speciale; ma alla ri chiesta della Regione deve riconoscersi anohe valore di principio, intesa com' ad individuare l'ambito del'l.'autonomia regionale in materia tri butaria. L'autonomia anzidetta e la connessa configurazione di tributi pro pri , oltre ad esplicarsi nella fase costitutiva dei tributi, si riflette, in fatti, sulle operazioni successive (ohe sono di specifica titolarit regio nale), quali l'impiego e il regime dei rellativi proventi. Non rientrano, invece, nella categoria dei tributi propri della Re. gione Sidlia le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate ~art. 2, primo comma, seconda parte, delle norme di attuazione) e ogni altro tributo previsto dall'art. 36 St. e dagli artt. 2 e 4 delle norme di attuazione cit. N appartengono a tale categoria le entrate (previste dall'art. 4 delle norme di attuazione) spettanti alla Regione, relative a fattispecie tri butarie maturate nell'ambito regionale, che affluiscono ad uffici 'finan ziari situati fuori del terrjtorio della RegiQIIle . In entrambe le ipotesi non ricorre n l'esercizio diretto di potest normativa regionale, n la destinazione peculiare alle esigenze della co _munit regionale, elementi costitutivi, entrambi -come si visto del tipo di tributo (o entriata) proiyio regionale. , infine da escludere dal novero delle entrate proprie il contri buto statale devoluto alla Regione siciliana a titolo di solidariet na 1zionale (art. 38 St.). Tale erogazione si cdlloca tra i contributi pro venienti dal bilancio dello Stato, ai quali si riferisce la ratio e si ap plica il precetto dell'art. 31 della 1. 5 agosto 1978, n. 468. Non .giova al rigua:rdo far leva sull'espressione lo Stato verser annualmente, contenuta nell'art. 38 St. ora ricordato. La norma ob bliga lo Stato al versamento che deve essere effettuato nell'arco cro nologico definito (cf.r. art. 3 1. 27 aprile 1978, n. 182); l'assoggettabilit del contributo a revisione {secondo e terzo comma delll.'art. 38 cit.) non tocca, poi, il modo e il tempo dell'adempimento. 218 RASSGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Non ricorre, quindi, nena figura del contributo di solidariet alcuno degli elementi che, come si visto, valgono a caratterizzare l'entrata propria della Regione Sicilia. N giova ad estendere la delimitazione C'.OS operata, della esenzione dal sistema di tesoreria, il richiamo agli artt. 17 e 20 dello Statuto che attribuiss:ono alla Regione funzioni normative esecutive ed amministrative , in materia di credito e di risparmio. Per quanto rigua:rida tale potest da riconoscerle carattere concorrente con quella stata~e, dato che essa trova limite nei princpi ed iJ;J.teressi generali, cui si informa la legis1azione dello Stato, pur essendo diretta a soddisfare condizioni particolari ed interessi propri della Regione {art. 17 St. cit.). Non pu, dunque, dubitarsi che la normativa impugnata, adeguando La situazione regionale siciLiana a quella nazionale in materia di <), Dopo l'attuazione della riforma tributaria del 1972 (che soppresse gran parte delle imposte indicate dall'art. 8 dello Statuto sardo), l'art. 12 della 1. 9 ottobre 1971, n. 825 (in previsione del rinnovamento normativo della materia tributaria non statale) confer al Governo apposita delega, diretta ad emanare, nel rispetto dei prindpi e delle: procedure stabiliti dagli StatUJti speciali -d'intesa can le regioni ad autonomia differenziata -norme ordinarie per assicurare a ciascuna regione e"Iltrate complessivamente non inferiori al gettito o alla com, Partecipazione al gettito dei tributi soppressi, con incrementi cronologicamente graduati. Ln esecuzione della delega cos conferita fu emanato l'art. 8 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, il quale dispose che, fino al 31 dic~mbre 1977, venissero cordsposte alle regioni a i;tatuto speciale (e dunque, anche alla Sardegna) somme d'importo pari a quelle devolute per l'anno 1972, maggiorate del 10 per cento annuo relativamente alle $UOte fisse ed in miS1Ura, da . determinarsi anno per aillllO dai ministri per le finanze e per il tesoro, sentite le amministrazioni regionali, relativamente alle quote variabili. Scaduto il termine del 31 dicembre 1977, fa disdplina posta dall'art. 8 d.P.R. n. 638 del 1972 fu riprodotta con leggi successive: in particolare con l'art. 35 del d.l. 28 febbraio 1981, n. 38 (provvedimelllti finanziari per gli enti locali per l'anno 1981) fu stabilito che per tale anno le somme da corrispondere alla Regione Sardegna, alle altre regioni a statuto speciale ed alle province arutonome, in sostituzione delle quote fisse di tributi erariali aboliti, fossero maggiorate del 15 % rispetto all'ammontare dell'anno prec~ente; che, invece, la somma da ~orrispondere alla Regione Sardegna in sostituzione delle quote variapili fosse determinata annualmente, come gi previsto dall'art. 8 d.P.R. n. 638 del 1972, con decreto del ministro per le finanze di concerto con qullo per il tesoro, sntite le amministrazioni regionali. L'art. 13 del d.l. 28 maggio 1981, n. 246 (in materia di contenimento della spesa del bilancio statale e di quelli regionali) dispose, fra l'altro, che la somma da corrispondere alla regione Sardegna per l'anno 1981, in _sostituzione delle quote fisse di tributi era.riali soppressi, fosse ridotta di 6,5 .miliardi rispetto all'ammontare determinato ai sensi dell'art. 35 d.l. 28 febbraio 1981, n. 38 cit. Decaduto il d.1. n. 246 del 1981, venne emanato il d.l. 29 luglio 1981, n. 401 -ohe fu impugnato dalla Regione, attuale ricorrente -recante anch'esso norme per il contenimento della spesra del bilancio statale e di quelli regionali, il cui .art. 3 riduceva di 3,25 miliardi la somma spettante alla Regione Sar RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'fO 224 degna, sempre ai sensi del predetto art. 35 d.I. n. 38 del 1981. Non essendo stato convertito nemmeno questo decreto, fu emanato il d.l. 26 settembre 1981, n. 539 (del pari impugnato dalla Regione), il cui art. 3 riprodusse la Citata disposizione dell',art. 3 del d.I.' n. 401 del 1981. Suocessivamente, a seguito della mancata conversione di es,so, si provvide con il d.l. 26 novembre 1981, n. 677 (conv. nella 1. 26 gennaio 1982, n. 11), riprodocendo all'art. 3 il medesimo precetto dell'art. '3 del decreto-legge convertito. La disposizione del d:l. n. 677 oggetto della presente impugnazione. Dall'esposizione della complessa vicenda normativa si pu indivi duare -nel suocedersi, nel decadere e nel riprodursi delle norme richimate nel paragrafo precedente -1'1affermazione costante del princiipio della partecipazione della Regione sarda al procedimento di determinazione delle somme ad essa attribuite, prima, sulla base di indicazione analitica delle fonti tributarie di alimento (art. 8 1. 26 febbraio 1948, n. 3, statuto speciale della Sardel?Jlla cit.) e, poi, con la previsione dell'ammontare complessivo della somma da eroga11si dallo Stato. Il processo di decostituzionalizzazione della materia affid ad interventi unilaterali del legislatore nazionale la configurazione tipologica dei tributi e la determinazione dei flus1si di risorse da devolvere alle regioni. Come si visto, la variazione della tecnica normativa fu contrassegnata dalle modalit di individuazione delle entrate fiscali; prima, attraverso l'indicazione di specifici tributi; poi, con la fissazione, a carico dello Stato, di una somma globale, da attribuire alla Regione Sardegna. Il mutamento del criterio di determinazione non ha, peraltro, inciso sulla natura dell'attribuzione e sul procedimento relativo, contrassegnati, l'lllila, da un elemento sostanziale (somma da corrispondere); l'altro, dalla prescrizione di una garanzia, consistente nella partecipazione della Regione al procedimento attraverso l'espressione di un parere. Si osservato cos il precetto dell'art. 54, quarto comma, dello Statuto della Regione, secondo il quale le disposizioni del titolo III dello statuto stesso, concernente la finanza regionale (in tale titolo si colloca l'art. 8 ohe indica la cmposizione tributaria delle entrate) possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione. La !ndividuazione dei tributi, per determinarne la quota devoluta alla regione, viene concepita in sostanza come enocleaziione di una materia -qulla delle entrate regionali -rispetto alla quale lo statuto speciale ha previsto un meccanismo di modificazione normativa, assistito da una gara:nria del tutto peculiare a favore della Regione sarda. f: t r:: t::-:I I ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Giova anche ricordare che l'anzidetta garanzia fu oggetto di particolare cura nella elaborazione della norma relativa, come si desume dai lavori preparatori dello Statuto sardo, che convergono nell'obbiettivo di garantire, in tal modo, l'autonomia regionale. Muovendosi inizialmente dalla formulazione che prevedeva la proposta della Regione come sola iniziativa per la modificazione del titolo dello statuto relativo alla finanza regionale, si formularono, poi, diverse altre ipotesi (quelle dell'intesa con la Regione: Ambrosini; su proposta del Governo o della Regione in alternativa con l'altra in ogni caso sentita la Regione: Einaudi; d'aacordo tra Stato e Regioni : Laiconi, come misura capace di impedire la violazione di una parte essenziale dello statuto, concernente l'economia e la finanza, ad unico vantaggio dello Stato). Prevalse alla fine la proposta alternativa di Einaudi, contenuta nella formula in ogni caso sentita la Regione . Questa garanzia, pur nell'attenuata espressione finale, caratterizza lo Statuto sardo e costituisce un limite per la legislazione ordinaria. Essa esprime un sistema di collaborazione, ohe, attraverso la felice formula dell' intesa (cfr. art. 25 1. 10 agosto 1950, n. 646, modificato dall'art. 42 1. n. 634 del 1957) ha contrassegnato i rapporti tra Stato e Regione nella programmazione e nell'attuazione idell'intervento straordinario e del piano di rinascita saroo (ofr. artt. 13 Statuto speciale della Regione Sardegna e 1. 11 giugno 1962, n. 588), individuando al tempo stesso un criterio regolatore, indicato anohe di recente da questa Corte ai fini dell'equilibrato svolgimento di i::raioni comuni dello Staito e delle Regioni. Dall'osservanza della norma (art. 54 St. sartdo) si discosta l'art. 3 d.L n. 677 del 1981 -impugnato nel presente giudizio -ohe riduce di lire 3.250 milioni le somme da corrispondere per il 1981, non prevedendo la 11iohiesta del parere della Regione Sardegna. (Omissis). N valida l'osservazione, secondo la quale il precetto impugnato non modificherebbe alcuna disposizione del titolo III dello Statuto sa:rd, bens la norma ordinaria posta dall'art. 35 d.l. n. 38 del 1981, s che esso non rientrerebbe nella sfera di aipplicazione dell'art. 54, quarto comma, dello Statuto. Invero, l'art. 35 cit. del d.l. n. 38 del 1981 afferma il pmndpio dell'acquisizione del parere regionale, dato che rinvia, per la determinazione delle quote variabili dei tributi, all'art. 8 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, ohe demanda, a sua volta, la competenza a provvedere al Governo (minis,tro per le finanze di concerto con quello per il tesoro) sentite le Regioni interessate. Comunque, in 1inea pi generale, non avrebbe mai potuto un provvedimento avente carattere di legge ordinaria .(come il d.l. n. 38 del 1981) derogare alla norma (art. 54 St.) prescrittiva del parere regionale nella fase di determinazione della somma da corrispondere alla Regione, in sostituzione delle specifiche entrate tributarie, gi indicate nello Statuto speciale. RASSEGNA DELL'AVVOCATuRA DELLO STATO 226 Il richiamo all'urgenza, a giustificaziooe dell'emanazione del decreto legge come ragione ostativa dell'acquisizione dei parere, .non attendibile. A parte i delicati profili di rilevanza costituzionale di siffatta affermazione, le ragioni di urgenza avrebbero potuto in linea eccezionale. consigliare la partecipazione della Regione al procedimento co.ri mo dalit peculiari (quali la presenza nel Consiglio dei ministri del presidente delLa Regione stes'Sa) e, in ogni caso, alla acquisiziooe del parere si sarebbe potuto provvedere nel procedimento di conversione del decreto legge. In tal modo si sarebbero attenuate le conseguenze dell'inadempimento necessitato . IV (omissis) Il contributo di solidariet nazionale, che lo Stato verser annUJalmente alla Regione (art. 38 St. cit.), sottoposto a revisione quinquennale (terzo comma art. cit.) edha lo scopo di bila111Ciare il minore ammontare dei redditi di lavoro. nella Regiooe in confronto alla media nazionale (secondo comma art. cit.). La disposizione dell'art. 38 St. fu elaborata dalla Consulta regionale del 1945 con l'intento di realizzare -secondo l'affermazione di uno dei. suoi ispiratori una forma di controllo costituzionale sulla perequazione delle spese pubbliche . L'erogazione, alla quale lo Stato tenuto, consegue ad una -valutazione discrezionale anche in relazione alla segnalata funzione perequativa del minore ammontare dei redditi di lavoro nel1a Regione. in confronto alla media nazionale. Secondo la visione statutaria, il contributo inteso a realizzare un impegno di solidariet dello Stato att:riaverso il ve11samento alla Regione, a titolo del tutto peculiare, di mezzi a destinazione vincolata, per la realizzazione di un piano di lavori pubblici (art. 38, cit. primo comma). L'elemento che dirversifica questa attribuzione dai contributi spe ciali, previsti dall'art. 119, terzo comma, Cost. (intesi a provvedere a scopi determinati e, in particolare, alla valorizzazione del Mezzogiorno e delle Isole), la sua obbligatoriet finalizzata; mentre l'assegnazione alle altre regioni rimessa alla discrezionalit del legislatore e persegue un obiet tivo generico (la valorizzazione dei territori anzidetti), indip~dente da un piano di opere. Questo contributo di valorizzazione, non meglio de terminato o determinabile (Alta Corte per la Regione siciliana 2 feb braio-26 luglio 1950), alle Regiooi del Mezzogiorno e alle Isole, non caratterizzato dalla finalit di avviare 1' azione sistematica in senso di livellatore -attribuita al Fondo di solidariet dai suoi fondatori -, diretta a combattere la depressione attraverso una pari accessibilit al lavoro ed una tendenziale parit regionale dei redditi relativi. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Al contributo di solidariet da veI1Sare alla Regione siciliana e ai contributi (attribuibili alle regioni del Mezzogiorno ex art. 119, terzo comma, Cost.) era destinato ad affiancarsi, con carattere di aggitlJlltivit, l'intervento straordinario, operante dal 1950, con finalit di sviluppo economico ,e sociale. L'erogazione del contributo di solidariet alla Sicilil;l, se costi~uisce l'adempimento di un obbligo costituzionale, non , peraltro, vincolato, lquanto al suo ammontare ed alle modalit di erogazione, ad alcuna garanzia costituzionale. Il terzo comma dell'art. 38 dello statuto della Regione Sicilia prevede la revisione quinquennale dell'assegnazione con riferimento alla variazione dei dati assunti per il precedente computo .(gettito delle imposte di fabbricazione, riscosse nella Regione siciliana: art. 1 1. 27 giugno 1962, n. 886). L'adozione del dato-base e il sUJCcessivo controllo sono rimessi ad un aipprezzamento dello Stato (come si desume dal termine riferimento ai predetti dati), consistente in una valutazione non meramente ricogni' tiva e vincolante della modificazione degli elementi originari o di quelli relativi al precedent~ computo. E non prevista la partecipazione della Regione al procedimento di revisione, n alt:ria forma di garanzia, com' confermato da: succedersi' delle leggi, ohe hanno regolato il contributo di solidariet (dalla prima 1. 2 agosto 1952, n. 1091, alle successive 21 marzo 1957, n. 175, n. 886 del i962, gi ricordata, nonch 1 novembre 1973, n. 735 e 27 aprile 1978, P 182, cit.). Non , dunque, fondata l'affermazione della Regione, secondo la quale si sarebbe instaurato, per prassi, l'obbligo dell' intesa tra Stato e Re~ ione nella determinazione del contributo: di tale prassi non risulta traccia in occasione delle leggi ora indicate. Il carattere dell'erogazione, la sua totale incidenza a carico dello Stato e 1a chiara normativa circa la determinazione dell'ammontare concordano nell'escludere qua}siasi partecipazione regionale. Nemmeno attendibile l'opinione espressa nella memoria della Regione, che ravvisa nella 1. n. 281 del 1978 una vera e propria normativa di attuazione dello Statuto (realizzandosi cos un tipo di legislazione contrattata, ohe non si sarebbe potuto sottrarre al procedimento previsto dall'art. 43 St.). Tale opinione non sorretta da alcun dato desumibile dalla legge, n da altri elementi che affiorino dai lavori preparatori e dall'intenso dibattito, cui dettero luogo la proposta di istituzione e l'attuazione del Fondo di solidariet, dal quale germin l'idea dell'omonimo contributo prev'sto dall'art. 38 St. La legge n. 182 del 1978, come le precedenti relative alla materia, appartiene alla normativa ordinaria (primaria in senso proprio) e non .. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 228 ,Provvista di alcuna qualificazione particolare che comporti, nella deter minazione del contributo, l'osservanza del procedimento previsto dal l'art. 43 St. Non sussiste nemmeno la violazione dell'art. 19 St. Questa norma fissa la data di approvazione del bilam::io regionale e la decorrenza dell'eseocizio finanziario. La lewge impugnata non tocca tale materia. Sotto un aspetto pi sostanziale, la doglianza stata specificata dalla ;Regione nel senso ohe la norma impugnata avrebbe diminuito il contributo quando il procedimento di formazione del bilancio regionale per il 1982 era stato gi definito. Si sarebbero; cos, turbati l'equilibrio raggiunto e la gestione avviata in base allo strumento contabile. Anohe sotto questo aspetto la censura da respingere, dato ohe il i;:nomento in cui la norma diventava operante era determinato automaticamente dal suo meocani:smo e dalla sua funzione, indipendentemente dalla vicenda cronologica in cui la norma stessa si collocava ed era destinata a produrre effetti. (omissis) Fpndata , invece, la cen1sura che investe la disrposizione dell'art. 6 del d. legge n. 677 del 1981 (e la 1. di conversione n. 11/ del 1982), ~he ha devoluto allo Stato l'imrporto della tassa (elevata a lire trentamila) per il rilascio dei diplomi di maturit. Non giova osservare, come fa l'Avvocatura generale dello Stato, ohe questa devoluzione non sarebbe in contrasto con la disjposizione dell'art. 2, primo comma, seconda parte pel d.P.R. n. 1074 del 1965 e con l'art. 36 dello Statuto, entrambi invocati dalla Regione Sicilia, in quanto si trat terebbe di nuove entrate, intese a soddisfare particolari e contingenti finalit sorte in relazione ad esigenze eocezionali. Questa Corte ha avuto di recente occasione di precisare il contenuto della espressione nuove entrate tributarie erariali, riscosse nell'ambito del territorio regionale, non acquisibili dalla Regione. Ha rilevato la Corte ohe l'eccezione al principio devolutivo alla Regione Sicilia dei proventi dei predetti tributi richiede nella legge istitutiva (confermativa, o maggiorativa di essi) la inclusione di una apposita clausola di destinazione a:lle particolari finalit statali da soddisfare o altro pertinente specifico riferimento. ad esse (sent. 2 marzo 1987, n. 61). Nella fattispecie, l'art. 6, terzo comma, del d.l. n. 677 del 1981 cit. devolve integralmente allo Stato l'importo della tassa per il rilascio dei diplomi, senza fissare un qualJ.siasi collegamento tra detta devoluzione e le spe. cifiche finalit contingenti o continuative dello Stato, che dovrebbero .essere con essa perseguite. g da dichiarare, pertanto, la illegittimit costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 36 dello Statuto della Regione Sicilia e 2, primo comma, seconda parte del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 229 .CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 1987, n. 71 -Pr.es. La Pergola -Rel. Corasaniti -Casini ed altri (n.p). Corte Costituzionale -Norme di diritto internazionale privato -Sottoponibilit a sindacato di legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 29; disp. prel. cod. civ., art. 18). L'art. 18 ,delle ;disposizioni preliminari al codice 'Civile contrasta con gli 1artt. !3 e 29 ;delJa Costituzione lJWlla (P.alntle in ortare nei rapprti sociali. Poioh tale valutazione deve riguardare le .specifiohe norme considerate, seppure nella loro connessione con altre n9rme, la qualificazione logica di alcune disposizioni di una certa legge come norme fondamentali di riforma economic();Sociale . non si estende aut?maticamente a tutte le disposizioni comprese nella legge . medesima. Pertanto, ohe una precedente pronunzia di questa Corte abbia ritenuto come riforme economico-sociali altre disposizioni della J. n. 865 del 1971 (sent. n. 13 del 1980) non esime da una valutazione ,ad hoc delle norme impugnate. In s e per s considerato l'art. 8, lett. f della I. n. 865 del 1971, in ,collegamento con l'art. 19 del d.P.R. n. 1036 del 1972 che configura .l'esercizio del corrispondente potere delegato, non costituisce di certo .una norma fondamentale di riforma economico-sociale. Tuttavia ormai acquisito alla giurisprudenza di questa Corte ohe, se le norme esecutive PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 235 o di dettaglio non debbono considerarsi necessariamente attratte dalla natura di riforma economico-sociale delle norme principali da cui logicamente dipendono, non si pu escludere l'estensione di tale qualifica a norme diverse da quelle contenenti i princpi fondamentali della riforma, pul'dh legate con queste ultime da un rapporto di coessenzialit o di necessaria integrazione (sent. nn. 219 del 1984 e 151 del 1986). Ebbene, da tale punto di vista, l'intero art. 8 della 1. 865 del 1971, nonch l'art. 19 del d.P.R. n. 1036 del 1972 che, rappresentandone l'esercizio pella corrispondente delega, fa corpo con esso, espressamente diretto a riorganizzare, su basi nuove il complesso delle amministrazioni e degli enti pubblici operanti nel settore dell'edilizia economica e popolare. Rispetto a questo compito -di cui la ristrutturazione e il riorldina: mento degli I.A.C.P. operanti nel territorio di ogni singola Regione, insieme alla razionalizzazione e alla semplificazione della rete degli enti pubblici edilizi sia nazionali che locali, sono le parti pi qualificanti -i princpi relativi al trasferimento del personale (oltrech del 1patrimonio) appartenente' agli enti pubblici soppressi rappresentano indubbiamente un elemento di necessaria integrazione delle norme fondamentali della riforma economico-sociale di cui trattasi. (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 aprile 1987, n. 123 -Pres. La Pergola - Rel. Casavola -Benanti ed altri (a'V'V. Mazzoni), Bafile ed altri (avv. Marzano), Zingales ed altri (avv. Biagini) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Imponente). Legge Legge interpretativa Applicazione compito del giudice. (Cast., art. 24; I. 6 agosto 1984, n. 425, art. 10). Il ,diritto :di azion)e rimpl1ka il ,diritto tdeil lpttienerie '.Jna decisione di merito; contrasta con l'art. 24 Cast. una disposizione che preclude ,al .giudioe ila decisione ,di mer.ito ~mponieindo~Ti idi 1dichiara11e d'ufficio l'estinzione dei \giudizi pendenti. (omissis) da prendersi in esame, perch pregiudiziale, l'impugna. tiva dell'art. 10, primo comma, della legge n. 425 del 1984 che cos recita: I gh.!idizi pendenti in qualsiasi stato e grado alla data di entrata in vigore della presente legge, originati o conseguenti a domanda fondata sull'applicazione delle disposizioni richiamate negli articoli 8 e 9 della le.ige stessa, sono diahiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti. I provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato restano privi di effetti . 236 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Si ritiene dai giudici remittenti che tale disposto sarebl;>e in contrasto con gli artt. 3, 24, 25, primo comma, 36, 97, 101, 102, 103, primo comma, 104, 113, 134, 136, 137 della Costituzione e con l'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948. In particolare si prospetta il vulnus dell'art. 24 della Costituzione per un meccanismo che impedisce o co munque rende particolarmente oneroso ogni ulteriore tentativo di difesa da parte degli interessati . La questione sotto questa particolare .prospettazione fondata. (omissis). La legge n. 425 del 1984 per la sua natura di legge intel'Pretativa fornisce al giudice il significato autentico_ delle norme interpretate. Ma poich essa sopraggiunge quando si gi formata una serie di pronunce giudiziali conco!'di, una delle quali assurta alla intangibilit della cosa git.~dicata, evidente che il legislatore ha inteso interrompere questa giurisprudenza usando della s:ua prerogativa d'interprete d'autorit del diritto. Il giudice, per Costituzione soggetto alla legge, per ci stesso, ma solo in questo senso, in auctoritate legislatoris, tenuto ad interpretare il ius superveniens, applicandolo al caso singolo sottoposto alla sua cognizione, per deciderne il merito. , Il legislatore, invece, con l'impugnato art. 10, primo comma, della legge n. 425 del 1984 preclude al giudice la decisione di merito imponendogli di dichiarare d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsasi stato e grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge sopravvenuta. Con ci il legislatore ordinario viola il valore costituzionale del diritto di agire, in quanto implicante il diritto del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza onerose reiterazioni. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 23 aprile -1987, n. 146 -Pres. La Pergola R. el. Andrioli -Gasperini (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato D'Amico). Giustizia amministrativa -Giurisdizione esclusiva in materia di pubblico impiego -Mezzi istruttori. (Cost., artt. 3 e 24; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44; I. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7). Contrasta11'0 -con ;gli :artt. 3 1e 24 Cost. gli ,artt. 44 romma primo r.d. 26 :giugno 1924, in. 1054 1e 26 .r.d. 17 agosto J907 in. 642, :e 7 1oomma primo J.egge .6 .dicemb11e 1971, rn. 1034 inei .Hmiti )in 1aui
  • ervate alla giuril>dizicme ,esclusiva ,amministrativa, in.on ican'. '."'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.~'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.ZZ-:~:'.Z-:: .-.-.-.-.z::-:'.".'.Z-ZZ:-:-:.-: .-.-.-...-.-.-.-.-.z-:::: ZZ:'.:.-::-:::z:::-::.-:-:.-:::: .-.-.-.-r.-.-.:".ZZZ-::-:.-:Z:: :.-:::::...'.:.:-..--.......-..-.-:'.'.".'."."."."."..-... ir1111r111r1rlfiflitlltr111:0r1;111:f11111;111r1!~t111~::r111@=1111=1:11r1r11111fit11111r1r111t11rr111~:lltl'=r11111 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE :sentono l'esperimento idei mezzi istruttori ipnevisti 1negli \ar:tt. 421 1comma secondo 1a quarto, 422, 424 1e 425 c.p.c., ooviella'bi liin virt della Zeg~e 11 agosto 1973, ;n, 533. (omissis) Il rispetto del. canone della corrispondenza tra chiesto e pronunciato induce a limitare lo scrutinio della questione di costitu zionalit, sollevata dai giudici a quibus, a controversie d impiego di dipendenti dello Stato e di .enti pubblici, riservate alla giurisdizione esdusiva dei T.A.R e, in secondo grado, del Consiglio di Stato, e alla individuazione dei mezzi istruttori che ai fini dell'accertamento dei fatti possono essere disposti. Cos circoscritta, la questione d'incostituzionalit degli artt. 44, com ma primo, r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 (t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato) e 26 r.d. 17 agosto 1907, n. 642 (regolamento per la procedura) e 7, comma primo, 1. 6 dicembre 1971, n. 1034 (istituzj,one dei tribunali ammi nistrativi regionali) nei limiti in cui li richiama, violano gli artt. 3 e 24, comma primo e secondo, Cost. perch contrario vuoi alla direttiva di razionalit vuoi, e soprattutto, alla tutela dell'azione in giudizio e alla garanzia del diritto di difesa la limitazione della ricerca della ve rit nelle controversie de quibus ai mezzi istruttori descritti nell'art. 44, comma primo, r.d. n. 1054 del 1924 e 26, comma primo, r.d. n. 642 del 1907. Le normative, che la legge istitutiva dei T.A.R. ha avuto il torto di non richiamare, sono non gi le disposizioni del secondo libro del co. dice di procedura civile sulla istruzione probatoria (artt. 191 a 262), sibbene gli artt. 421, comma secondo e quarto, 422, 424 e 425 dello .stesso, novellati in virt della 1. 11 agosto 1973, n. 533. Cos decidendo, la Corte segue la via segnata con la sent. 28 giugno 1985, n. 190, dichiarativa dell'incostituzionalit dell'art. 21, u.c., 1. 1034 del 1971 nella parte in cui, limitando l'intervento d'urgenza del giudice amministrativo alla sospensione dell'esecutivit dell'atto impugnato, non consente al giudice stesso di adottare, nelle controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva, i provvedimenti urgenti che appaiono secondo le circostanze pi idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito le quante volte il ricorrente abbia fondato motivo di temere ohe durante il tempo necessario alla prolazione della pro- nuncia di merito il suo diritto sia minaociato da un pregiudizio immin nente e irreparabile, e con la sent. 31 marzo 1987, n. 89, dichiarativa dell'incostituzionalit dell'art. 2, comma primo n. 3, d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, nella parte in cui, in contrasto con l'art. 545 comma quarto c.p.c., non prevede la pignorabilit e la sequestrabilit degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti da altri enti diversi dallo Stato, da aziende RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 238 ed imprese di oui all'art. 1 dello stesso d.P.R., fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito vantato nei confronti del personale. Via che non ha mancato di battere l'art. 31 d.P.R. 24 marzo 1981, n. 145 (ordinamento dell'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale), per il quale, pur essendo le controversie di lavoro relative al personale comunque in servizio presso l'Azienda at tribuite alla~ esclusiva giurisdizione dei T.A.R., si applicano l'art. 28 1. 20 maggio 1970, n. 300, e, in quanto applicabili, le disposizioni di cui alla 1. 11 agosto 1973, n. 533. De futuro: prevede l'art. 28, comma primo, della legge quadro sul ,pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93 che In sede di revisione del l'ordinamento della giurisdizione amministrativa si proV'Veder alla ema nazione di norme che si ispirino, per la tutela giurisdizionale del pubblico impiego, ai princpi contenuti nelle leggi 20 maggio 1970, n. 300 e 11 agosto 1973, n~ 533 . CORTE COSTITUZIONALE, 22 maggio 1987, n. 185 -Pres. La Pergola Rel: Andrioli -Genghini (avv. Esposito e Latagliata) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). Fallimento -Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in cri si Comunanza di disciplina con la I.e.a. (Cost., art. 3; d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, come convertito e poi modificato, art. 1). Tribufi (in generale) -Contenzioso tributario Intervento nel processo Cessato amministratore di societ Non legittimato all'intervento. (Cost., art. 24; d.P.R. 26 ottobre 197Z, n. 636, artt. 15, 22 e 30). Liquidazione ooatta amministrativa 1ed amministrazione \Straordiinania perseguono :la ifinaUt -comune di ,attuare ~a \liesponsabilit pat,dmoniale delle impnese ad esse assogg.ettate, anche ise !l'amministrazione straordinaria mira ad attingerla senza estinguere le imprese debitrici (1). Il cessato amministratore di una societ non ha interesse (e legitti mazione) ad .interv.enire ne~ ~ooesso tributanilo 'i[Jromosso ldalla societ avverso accert,amento ,ad iessa '11elativo, ,posto iche ila r,pronuncia 1Y1esa 1dal giudice tributario in tale processo non vincola il giudice penale (2). (1) L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e la liquidazione coatta amministrativa: tratti comuni e differenze. Nella prima parte della sentenza in rassegna affrontato in modo pervero un po' sommario e comunque non esauriente un argomento -quello della PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 239 (omissis) Delle norme elencate (art. l, comma quinto, d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito nella legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni, con riferimento all'art. 203, comma primo, seconda parte, e agli artt. da 216 a 219 e da 223 a 225 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) ha il giudice a quo sospettato l'incostituzionalit per violazione dell'art. 3, comma primo, Cost. in quanto, estendendo le disposizioni previste per la liquidazione coatta amministrativa, e segnatamente quelle disciplinanti i delitti di bancarotta, alla amministrazione straordinaria (e cio ad configurazione e disciplina dell'amministrazione straordinaria -che, per la lacunosit e l'intima ambiguit della normativa, richiede invece un cospicuo sforzo di ricostruzione e sistemazione. L'istituto dell'amministrazione straordinaria, introdotto dal d.l. 30 gennaio 1979 n. 26 (c.d. decreto Prodi), come convertito e poi marginalmente modificato, esplicitamente deriva dal non nuovo istituto della liquidazione coatta amministrativa (per la storia di questa pu rinviarsi al noto trattato di PROVINCIALI); giustamente stato scritto che il citato decreto costituisce un esempio di legislazione di adattamento. I due istituti giuridici si differenziano per nettamente anzitutto per la diversa finalit: l'amministrazione straordinaria mira essenzialmente al risanamento delle imprese ad essa sottoposte (sotto questo aspetto presenta analogie con l'istituto dell'amministrazione controllata), ed a tal fine pone l'accento sulla salvaguardia d1d patrimoni aziendali e dei livelli occupazionali ; laddove invece la Le.a. (ad esempio, di aziende di credito o di compagnie di assicurazione) almeno di norma orientata verso l'eliminazione della unit produttiva rivelatasi insolvente e, per solito, verso la sua incorporazione in imprese sane e capaci di riassorbire il dissesto. Cardine comune ad entrambi gli istituti la sottrazione al fallimento (art. 2 l.f. e art. 1 commi primo ed ultimo del citato d.l. del 1979), e cio alla relativa procedura concorsuale diretta dall'autorit giurisdizionale. Quando prescrive o prevede la Le.a. o l'amministrazione straordinaria, il legislatore fa una scelta dal significato e dagli effetti univoci: valuta 'preminenti gli interessi generali rispettivamente alla non-traumatica soppressione o al risanamento di una impresa di rilievo sociale rispetto agli interessi particolari dei creditori di essa, e conseguentemente sottrae alla giurisdizione ed affida alla pubblica amministrazione il compito di dirigere la liquidazione dei cespiti e, quando possibile, il risanamento dell'impresa, lasciando alla giurisdizione (ordinaria) solo un sindacato sulla formazione dello stato passivo (art. 209 l.f.). In argomento, cfr. Cass. S.U. 17 febbraio 1971 n. 391 (in Dir. fall., 1971, II, 720) e Corte Cost. 17 aprile 1969 n. 87 (ivi, 1969, II, 361). Nella I.e.a. e nella amministrazione straordinaria il procedimento si svolge al di fuori degli schemi giudiziali in maniera difforme dalle regole del processo esecutivo, per il tran1ite di organi che giudiziali certamente non sono,. (BAVETTA, voce Liquidazione coatta amm., Enc. dir., XXIV, 757); se il fallimento ~ amministrazione publica di interessi privati, la 1.c.a. amministraz~one di un interesse pubblico (cos PROVINCIALI). Quali siano questi organi non-giudiziali la legge a stabilirlo in modo univoco: essi sono la autorit di vigilanza, il commissario (o i commissari), e il . comitato di sorveglianza. Delicato il rapporto tra autorit di vigilanza e commissario. Malgrado la denominazione, che parrebbe alludere ad una funzione solo di controllo lato sensu, l'autorit di vigilanza in realt l'organo esponenziale di un inte RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istituto diverso dalla liquidazione coatta amministrativa per natura, scopi, funzioni, caratteristiche, e struttura normativa e potenzialmente i: idoneo ad attuare un risanamento dell'impresa con l'eliminazione dello stato d'insolvenza), si porrebbero in contrasto con il principio di ragio li nevolezza desumibile dall'art. 3, com~a primo, Cost. (omissis) !i La questione non fondata perch non si avverte tra la I.e.a. e la a.s. quella diversit dalla quale il giudice istruttore presso il Tribunale penale di Roma ha preso le mosse per inferirne la illegittimit dlla estensione I alla a.s. di norme del r.d. n. 267 del 1942 che disciplinano la I.e.a. e, soprattutto, quelle disciplinatrici dei delitti di bancarotta. I Aocomuna le due procedu~e la finalit di attuare la responsabilit patrimoniale delle imprese soggette mediante la soddisfazione dei cre I ditori, che non vale a cancellare la circostanza che la a.s: miri ad. attin- I f resse pubblico spesso avvertito indipendentemente dall'andamento dell'impresa (sotto forma di vigilanza ) e che, sopravvenuta l'insolvenza, giustifica la sottrazione al fallimento; n rileva gran che la circostanza che si tratti di interesse pubblico di settore (come ad esempio per le aziende di credito sottoposte a I.e.a.) o invece di interesse pubblico al perseguimento degli indirizzi di politica industriale (come per le grandi imprese in crisi sottoposte ad amministrazione straordinaria). In quanto organo esponenziale del predetto interesse pubblico l'autorit di vigilanza -oltre ad aprire la procedura non giudiziale, a nominare il commissario, ed a vigilare sull'operato di costui -ha un generale potere di dare direttive (art. 204 primo comma citato), ossia di alta direzione. Potere questo che sostituisce, come ovvio, quel.).i attribuiti al giudice delegato ed al tribunale dagli artt. 23 e segg. legge fall. (ed in particolare dagli artt. 23, 25 e 35 di tale legge); e che per va anche un po' al di l dei poteri attribuiti ai predetti organi giurisdizionali proprio in ragione della natura amministrativa e della maggore complessit degli obiettivi perseguiti dalla procedura (non solo liquidazione e concorsuale riparto delle attivit, ma supen.nento delle difficolt e quando possibile risanamento ). Ci peraltro non rende il commissario un semplice esecutore di ordini amministrativi. Al contrario; il commissari (e quindi le imprese commissariate cui l'attivit dello stesso imputata) ha compiti, poteri e responsabilit pi ampi di quelli di un ordinario curatore fallimentare, e -salvo i limiti posti da direttive formalmente date e dall'onere di acquisire le autorizzazioni delle quali si dir -gestisce in piena e responsabile autonomia la I.e.a. e l'amministrazione straordinaria, e quindi in piena e responsabile autonomia esercita le legittimazioni -processuali e non -facenti capo alle imprese commissariate, e pone in essere in regime privatistico gli atti di commercio, compresi quelli eventualmente occorrenti per la liquidazione dei cespiti (o addirittura per le operazioni a livello di titolarit del capitale delle societ commissariate). Non pu dunque aderirsi ad una semplicistica ed erronea inclusione di tutta l'attivit di competenza del commissario o comunque da esso posta in essere nell'ambito dell'attivit giusamministrativistica dell'autorit c.d. di vigilanza; ci quand'anche tale autorit abbia dato formali direttive. Il commissario non fa trattative o contratti per conto dello Stato, non vende beni appartenenti allo Stato. D'altro canto, per, neppure pu aderirsi ad una PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 241 gerla senza estinguere l'impresa debitrice: il che non sempre accade nella concretezza delle vicende della continuazione dell'esercizio dell'im. presa che -lo si noti bene -non . componente essenzial~ della a.s., perch -rescrive l'art. 2 comma primo I. 95 del 1979 di conversione del d.I. 26 del 1979 -pu essere disposta pur sempre tenendo anhe conto dell'interesse dei creditori , Ulteriore conferma offerta dall'art. 4 d.I. 9 dicembre 1986, n. 835, convertita, con modificazioni, con I. 6 febbraio 1987, n. 19, il quale non si limita a disporre ohe la chiusura della procedura di a.s. dispos~a con decreto dell'autorit di vigilanza su istanza del commissario straordinario o d'ufficio precisandone le modalit di pubblicazione e di comunica- altrettanto semplicistica ed erronea privatizzazione di tutta l'attivit posta in essere per la I.e.a. o per l'amministrazione straordinaria, e quindi ad uno snaturamento di detti istituti mediante il reingresso della giurisdizione ordinaria in' ambiti univocamente e giustificatamente ad essa sottratti. Il commissario non un ordinario liquidatore di societ, operante per conto dei soci con il solo limite della salvaguardia dei terzi creditori. Occorre dunque individuare una posizione che ..;.. con parecchia grossolanit -potrebbe dirsi intermedia tra le due test considerate (e ritenute entrambe non rispondenti alla normativa). Nella liquidazione dei cespiti, il commissario si muove con strumenti giuridici di diritto privato, e pone in essere comportamenti ed atti da imputarsi alle imprese commissariate e ad esse soltanto; in sostanza egli opera come organo straordinario di queste, e nort come funzionario dell'amministrazione. Tuttavia l'attivit del commissario deve perseguire obiettivi; deve assicurare il conseguimento di risultati , che non sono privatistici e che possono essere indicati dall'autorit di vigilanza. Purtroppo, la legittimazione non solo giuridica ad indicare obiettivi e risultati' discende anche dalla normale diretta o indiretta onerosit (per le casse pubbliche) dell'intervento dell'autorit: non dirigismo imposto dal principe , ma salvataggio sollecitato, anzi invocato dall'impresa. Fin qui si trattato congiuntamente di I.e.a. e di amministrazione straordinaria. Da qui in poi le strade dei due istituti giuridici divergono. L'amministrazione straordinaria infatti connotata da una peculiare finalit -il risanamento -che qualifica sia le attivit amministrative dell'autorit di vigHanza sia le attivit di varia natura (trattative, oontratti, atti di gestione) poste in essere dal commissario. Non v' da soltanto liquidare i cespiti attivi di una singola impresa nel miglior modo possibile, v' invece da rilanciare l'impresa in modp da consentirne la sopravvivenza e lo sviluppo, se del caso ricollocandola in una strutura produttiva di dimensione e forza adeguate. Comunque rispetto . alle attivit per cosi dire interne (colloqui, lettere, relazioni, etc.) del commissario straordinario -attivit certamente non-giurisdizionali e quindi non-processuali -non sono configurabili in capo ai soggetti offerenti n un credito . di facere n un qualche potere quasi-processuale; ovviamente neppure configurabile una sorta di interesse legittimo, che figura come noto correlata all'esercizio di potest amministrative da parte di una pubblica amministrazione (e comunque tutelata dinanzi al Giudice amministrativo). . Tra le norme che disciplinano l'amministrazione straordinaria appare fondamentale e qualificante l'art. 2 comma quinto del d.l. 30 gennaio 1979 n. 29 ove previsto un programma imperniato su un piano di risanamento 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, ma statuisce ohe la procedura di a.s. pu essere chiusa anche nei casi previsti nei numeri 2 e 4 dell'art. 118 r.d. 16 marzo 1942~ n. 267. Il procedimeI?-to, nel quale la Commissione tributaria di II grado di Roma ha dichiarato non manifestamente infondata, per contrasto con l'art. 24 Cost., la questione di legittimit costituzionale degli artt. 15, 22 comma quarto e 30 d.P.R. 636 <;lel 1972 ha per oggetto il reclamo avverso la iscrizione a ruolo dell'ILOR, per l'anno 1986, della S.p.a. Genghini, della quale era in allora legale rappresentante l'ing. Mario Genghini, he ha spiegato intervento nel procedimento avanti la Commissio ,ne tributaria di II grado di Roma introdotto dal commissario della S.p.a. Genghini, collocato -dopo essere stata dichiarata fallita con sen tenza 25 gennaio 1980 -in a.s. con d.m. 19 settembre 1980. coerente con gli indirizzi di politica industriale (ovviamente indicati dal Governo); l'esecuzione di questi programma e piano autorizzata dal l'autorit di vigilanza sti conforme parere del C.I.P.I. . In sostanza, dunque, il Governo nella sua collegialit (il C.I.P.I. come noto un comitato intermi nisteriale) a fissare gli obiettivi ed i risultati cui l'amministrazione straordi naria deve tendere; obiettivi e risultati che certamente possono, anzi dovreb bero, coinvolgere l'intero settore nel quale l'impresa da risanare operava e deve continuare ad operare. Sicch, il piano di risanamento della grande impresa in crisi in misura pi o meno pronunciata anche un piano di settore. In questo quadro appare evidente che l'autorit di vigilanza un'entit complessa per cos dire a due livelli , costituita dal C.I.P.I., espressione della collegialit di Governo, e -in posizione attuativa e subalterna -dal Mini stro dell'Industria (che sia attuativa e subalterna confermato dal sesto comma dell'art. 2 citato, ove prevista autorizzazione direttamente dal C.I.P.I. sino a quando il programma non esecutivo); ed appare evidente anche che il Potere Esecutivo assume un determinante ruolo di guida dell'intera operazione di risanamento , anzitutto individuando gli assetti imprenditoriali da dare, in prospettiva, ad un settore industriale o ad un importante segmento di esso. In questo quadro, ad esempio, il Potere Esecutivo legittimamente potrebbe individuare una impresa (anche diversa da quelle sottoposte ad amministrazione straordinaria) attorno alla quale costruire iin polo industriale per il settore; e quindi persino escludere in radice procedure concorsuali per la ricerca dell'acquirente dei cespiti delle imprese commissariate. Giustamente stato osservato, con riferimento alla I.e.a., che la destinazione delle attrezzature aziendali rappresenta il punto fulcrale delle preoccupazioni che gravitano sull'istituto e che lo giustificano (PAJARDI, Manuale di dir. fall., 1983, 815). Cionondimeno la differenza tra l'amministrazione straordinaria e le procedure preminentemente liquidatorie (quale la I.e.a.) risulta cospicua, sia sul piano delle finalit (alias funzionale) sia sul piano delle isti tuzioni attributarie di competenza (non solo l'amministrazione-apparato ma l'autorit di Governo nella sua collegialit). ' Quanto precede naturalmente qualifica in modo peculiare anche ,l' autorizzazione ministeriale. Sia l'amministrazione straordinaria che la I.e.a. conoscono l' autorizzazione dell'autorit amministrativa vigilante (art. 210 comma secondo legge fall. e art. 6 bis comma primo aggiunto in sede di conversione r.....:.:.....................-..r.r..... rrr.rr-..rrc.r PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 243 Quale che fosse la posizione assunta dall'ing. Mario Genghini -se in proprio ovvero in qualit di legale rappresentante della S.p.a. Genghini al tempo della iscrizione a ruolo (dubbio che il giudice a quo non si curato di diradare) -, l'autorit della decisione di merjto, che la Commissione tributaria di secondo grado fosse per emettere, non avrebbe vincolato l'ing. Mario Genghini (in proprio o quale in allora rappre -sentante della S.p.a. Genghini) che pertanto difettava d'interesse a spiegare intervento. Questa Corte, con sent. n. 247 del 1983, ha, ribadendo l'indh'izzo espresso nelle sent~nze n. 30 del 1971 e n. 99 del 1973, dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'a.rt. 56 u.c. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui comporta che l'acertamento dell'imposta divenuto definitivo in conseguenza della decisione di una commissione trial d.l. 30 gennaio 1979 n.. 26); va per detto che la stessa espressione - autorizzazione dell'autorit che Vigila - usata in contesti legislativi diversi. V' di pi: la parola autorizza utilizzata dalla legge fallimentare (artt. 25 e 35) anche per il rapporto tra Giudice e curatore; ed noto che moltissimo stato scritto in giurisprudenza ed in dottrina circa questa autorizzazione del Giudice e circa il rapporto tra i poteri direttivi del Giudice ed i compiti esecutivi (e connesse responsabilit) del curatore. Il raffronto tra le autorizzazioni -quelle date dal Giudice e quelle date dall'autorit amministrativa -conduce ad evidenziare uri connotato comune, l'essere espressione di un potere direttivo pi ampio di quanto potrebbe desumersi dalla parola-usata, solitamente utilizzata per .descrivere un fenomeno diverso e minore quale la semplice integrazione della volont del soggetto autorizzato (MAzzoccA, Manuale dir. fall., 1980, 173), e per anche ad evidenziare i connotati differenzianti. Questi ultimi non si esauriscono nella consta tazione ov'Via che l'autorizzazione del Giudice atto di giurisdizione mentre quelle ministeriali sono atti amministrativi discrezionali; proprio la sostanza di questa discrezionalit, le finalit che ad essa sono assegnate, a differenziare maggiormente. Nella I.e.a. l'intervento autorizzatorio potrebbe, in ipotesi (non frequente peraltro), ispirarsi ad una finalit non molto lontana da quella liquidatoria propria del fallimento, e cio essere finalizzato soltanto alla (meno traumatica possibile) soppressione dell'entit produttiva sottoposta a procedura. Nell'amministrazione straordinaria invece un siffatto obiettivo sarebbe troppo modesto; e l'intervento autorizzatorio deve realizzare un disegno pi ampio, a livello di impresa ed a livello di settore, per il pi conveniente riassetto program~to in coerenza con gli indirizzi di politica industriale, A tale disegno persino i diritti dei creditori risultal)o subordinati, come risulta espressamente dal citato art. 2 comma quinto ove si dice tenendo conto degli interessi dei creditori . Proprio questo nucleo di discrezionalit politico-amministrativa qualifica l'amministrazione straordinaria e ne fa un istituto peculiare ed al tempo stesso unitario. Non pensabile che lo Stato-amministrazione, dopo aver sopportato l'onere di un intervento finanziario per il risanamento, s' disinteressi della sorte dell'impresa ( a caro prezzo ) risanata, rinunci a valutare discrezionalmente la coerenza della sua gestione e del suo auspicato sviluppo con gli indirizzi di politica industriale , e la lasci scivolar via secondo una logica di tipo liqJJidatorio-fallimentare . _. ,., , , _ .,.,,...,..,,.....,,,,.:..,...,,,,..,,,... ..,rr.-,.r,.,.,,..,,rr.;.. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 244 butaria vincoli il giudice penale nella cognizione dei reati previsti in materia di imposte sui redditi, contestati a chi sia rimasto estraneo al giudizio tributario perch non posto in condizione di intervenirvi-o di par- teciparvi. Legittimato a rappresentare la S.p.a. Genghini nel procedimento di arppello era il commissario della a.s., che lo aveva promosso, n l'ing. Mario Genghini poteva intervenire in grado di appello perch la decisione di secondo grado non avrebbe fatto stato nei confronti di lui. Per quel ohe attiene agli effetti civili apipena il caso di richiamare il rispetto dei limiti oggettivi e soggettivi dell'autorit della cosa giudicata. Pertanto la questione di costituzionailit va dichiarata inammissibile sia per difetto di motivazione del giudice a quo sulla rilevanza sia, pi radicalmente, per difetto di rilevanza. (omissis) Al Potere Esecutivo, e ad esso soltanto, spetta (non a caso si usa un I linguaggio da cohflitto di attribuzione tra poteri) valutare discrezionalmente quale sia stata l'offerta migliore tra le pi pervenute, quali offerte siano maggiormente idonee al conseguimento degli obiettivi di risanamento e di I assetto del. settore. A tale valutazione discrezionale il Potere Esecutivo pu I f. procedere, a sua scelta, sia mediante direttive ex art. 204 citato, sia in esito al procedimento amministrativo di autorizzazione (procedimento il cui esito ben pu essere il rifiuto di autorizzazione), sia anche in sede collegiale ossia a livello di C.l.P.I. Trattasi, come evidente, di una valutazione molto complessa, che deve apprezzare congiuntamente l'esigenza di adeguata salvaguardia dei. patrimoni aziendali e qei livelli occupazionali, gli indirizzi (governativi) di politica io: industriale , la fattibilit e preferibilit di nuovi assetti imprenditoriali , la possibilit di preservare l'unit dei complessi operativi, le opportunit offerte dai mercati delle merci prodotte dell'impresa in crisi, ed anche -tra l'altro -gli interessi dei creditori nel quadro della situazione generale degli operatori finanziari, etc. Trattasi di ,una valutazione inevitabilmente politica ed economica per la quale la giurisdizione ordinaria non n attrezzata n legittimata. Proprio per consentire una valutazione siffatta -e non per privilegio soggettivo -si ha l' esclusione dal fallimento diretto dalla giurisdizione; e si ha anche esclusione dell'autorizzabilit di sequestri conservativi (art. 6 comma secondo del d.l. 4 settembre 1987 n. 366, conv. con legge 3 novembre 1987 n. 452), i quali sottrarrebbero i cespiti delle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria alla destinazione di pubblico int~esse per I essi riconosciuta dalla legge. (2) La seconda parte della sentenza in rassegna risolve correttamente un problema di notevole importanza, e reso delicato dalla insufficiente disciplina dell'intervento nel processo tributario. Il decreto correttivo del 1981 ha lasciato scivolare nel d.P.R. n. 636 del 1972 (nell'art. 30, primo comma) un accenno all'intervento, senza disporre esplicitamente -come invece nello schema di d.P.R. predisposto in sede tecnica -che in detto processo ammissibile solo l'intervento ad adiuvandum. FRANCO FAVARA PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 245 CORTE COSTITUZIONALE, 28 maggio 1987, n. 202 -Pres. La Pergola - Rel. Corasaniti -Di Figlia (n.p.). Avvocati e procuratori -Patrocinio dinanzi alle Preture -Persone diverse dagli avvocati e procuratori -Ammissione al predetto patrocinio Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 33; legge 7 luglio 1901, n. 283, art. 6; r.d. 6 settembre 1922, n. 1316, art. 15; r.d. 6 settembre 1923, n. 1920, art. 2; r.d.l. 13 agosto 1926, n. 1459, art. 1; legge 28 giugno 1928, n. 1415, artt. 1 e 3). Contrastano .con .gli 1artt. 3 .e 33 Cast. fart. 6, 1~ettre a e b della lepge n. 283 del 1901 e le successive disposizioni confermative di esso (articolo) nella parte in cui consente a notai, laureati in giurisprudenza e .studenti che abbiano superato -determinati :esami di tale corso di laurea, di 1es.ercitare ~l ,patrocinio 1davranti 1all1e jPret.urje ub.icatle in comuni dotati di tribunale ovvero privi di tale ufficio (1). denunciato a questa Corte, in riferimento agli artt. 3, comma primo, 24, comma secondo, e 33, comma quinto, Cost., l'art. 6, lett. a), della legge 7 luglio 1901, n. 283 (Sugli onorari dei procuratori e sul patrocinio legale nelle preture). La suindicata disposizione consente il patrocinio legale dinanzi alle preture site nei comuni ohe sono sede di tribunale, oltre ohe agli avvocati e procuratori, anohe ai notai, ai laureati in legge ed a coloro che hanno sostenuto gli esami stabiliti dalle discipline universitarie per lo studio del diritto civile e penale, del diritto commerciale, della procedura civile e penale. Consente inoltre, combinandosi con il disposto della lett. b) dello stesso articolo ~che alla lett. a fa specifico riferimento), che i soggetti, diversi dagli avvocati e procuratori, in essa indicati\ esercitino il patrocinio anche nelle preture site in comuni che non sono sede di tribunale. Ci ritenuto, dal giudice a quo, lesivo di vari precetti costituzionali: dell'art. 33, comma quinto, per essere consentito l'esercizio della professione legale davanti alle preture a soggetti che non hanno superato l'esame di Stato; dell'art. 3, comma primo, per essere posti sullo stesso piano professionisti muniti di diversi titoli abilitanti; dell'art. 24, comma secondo, percl;l il diritto di difesa deve essere inteso come potest effettiva di valida assistenza tecnica. (1) Dopo questa sentenza potrebbe essere sollevata questione per il patrocinio dinanzi alle commissioni tributarie, a cominciare dalla commissione centrale, ingolfata da migliaia di ricorsi non di rado o dilatori (quando ricorrente il contribuente) o meramente ripetitivi (quando ricorrente l'ufficio). Peraltro, l'eventuale introduzione del patrocinio legale obbligatorio concretamente rilancerebbe la via alternativa deila impugnazione dinanzi alla Corte di appello. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 246 .Come ha ricordato il giudice a quo, questa Corte si gi pronunciata sul patrocinio davanti alle preture, con la sentenza n. 127 del 1985. Con tale decisione, tuttavia, la Corte, in ragione dei limiti della questione sottopstale, ha preso in esame soltanto uno specifico aspetto dell'istituto del patrocinio esercitato davanti alle preture da soggetti diversi dagli avvocati e procuratori. In particolare si oooupata del patrocinio davanti alle sole preture minori (site i:n comuni non sede di tribunale), esplicato, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 6, lett. b), e 7 della legge n. 283 del 1901, su abilitazione concessa dal tribunale in camera di consiglio, da persone fornite di dati r~quisiti (incensurata condotta; possesso di determinati titoli di studio o di precedenti esperienze professionali). La suindicata pronuncia non riguarda, invece, la diversa ipotesi del patrocinio consentito a p_ersone diverse dagli avvocati o procuratori, aventi i requisiti elencati nell'art. 6, lett. a), ed iscritti in apposito albo ad opera del Presidente del tribunale, previo il m~ro riscontro dei requisiti anzidetti, tanto nelle preture. site in comuni sede di tribunale (art. 6, lett. a), che nelle preture ubicate in comuni non dotati di tribunale (art. 6, lett. b, prima parte). Orbene, l'ordinanza del Tribunale di Lucca -pur rifere.dosi ad un . caso di iscrizione nell'albo chiesta al fine di esercitare il patrocinio nelle preture minori da persona avente i requisiti di cui alla lett. a) -finisce con l'investire l'intero sistema normativo quale delineato dall'art. 6, lett. ~) e b), della legge n. 283 del 1901, nella parte non caducata dalla sentenza n. 127 del 1985, poich censura nella sua globalit la disciplina del patrocinio davanti alle preture ad opera di soggetti diversi dagli avvocati e procuratori. La questione fondata. Con la siiindicata sentenza n. 127 del 1985 si negato che abbia una razionale gim~tificazione l'ammissione al patrocinio davanti alle preture, senza limiti di tempo e al di fuori di ogni esigenza apprezzabile, di persone, diverse dagli avvocati e procuratori, non preventivamente sottoposte al controllo di idoneit tecnica costituito dall'esame di Stato (art. 33, comma quinto, Cost.) o da equipollente di esso. A1 riguardo si infatti osservato che l'esenzione dei patrocinatori dall'esame di Stato non pu trovare adeguata giustificazione nella facolt, concessa alle parti nel giudizio pretorile, di autodifesa, poich questa subordinata all'autorizzazione del pretore, nelle cause civili, ed ammessa solo per limitate ipotesi in materia penale (art. 125 c,p.p.), ed implica, comunque, una scelta tra l'autodifesa ed una difesa tecnica che dia garanzie di tecnica adeguatezza; che la pretesa minore importanza delle cause attribuite alla cognizione del pretore contrastata dal graduale incremento, qualitativo e quantitativo, della compe PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tenza del pretore, che ovviamente identica in tutte le preture, quale che sia la loro ubicazione; ahe, infine, la non facile reperibilit di difensori nei centri minori derivante dalla non agevole aocessibilit di questi ultimi, ehe costitu una delle ragioni dell'introduzione della figura del patrocinatore, appare ormaii inattuale in .ragione dell'elevato livello raggiunto dai mezzi di comunicazione. Tali considerazioni, espresse in riferimento ai patrocinatori abilitati .ex art. 7 della legge n. 283 del 1901, valgono altres per i patrocinatori di cui all'art. 6, lett. a), stessa legge. Invero, n la qualifica professionale (notaio) n il titolo culturale (laurea in giurisprudenza o superamento di determinati esami di tale corso di laurea) ad essi riohdestd possono assicurare quell'indispensabile vaglio di specifica idoneit tecnica all'eseroi: z.o della professione forense che solo l'esame di Stato o un adeguato equipollente (non ravvisabile nel superamento del concorso notarile, in quanto finalizzato all'abilitazione ad una attivit professionale nettamente diversa) sono in grado di garantire. N vale opporre che, ai sensi dell'art. 32 dell'ordinamento g;iuidiziario (r.d. 30 gennaio 1941, n. 12), i notai ed laureati in giurisprudenza possono essere nominati vice-pretori onorari. In proposito sufficiente rilevare che quella del vice pretore una funzione a arattere onorario e non gi una attivit professionale come quella del patrocinatore; che il relativo incarico ha durata limitata ad un triennio (con possibilit di conferma) mentre l'esercizio della professione del patrocinatore senza limiti di tempo; che, infine, la nomina subo11dinata a un ri~or roso vaglio di idoneit da parte del Consiglio Superiore della Mag;istratura. Pertanto va dichiarato illegittimo per violazione degli artt. 33, comma quinto, e 3, comma primo, Cost., l'art. 6 lett. a) e b), della legge n. 283 del 1901, nella parte in cui consente, a notai, laureati in giurisprudenza e Studenti che abbi-ano SlllPerato determinati esami di tale corso di laurea, di esercitare iJ patrocinio davanti alle preture ubicate in comuni dotati di tribunale ovvero privi di tale ufficio. Ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, va inoltre dichiarata l'illegittimit costituzionale conseguenziale delle disposizioni legislative che hanno successivamente tenuto ferme le norme suindicate, e precisamente: l'art. 15, ultima parte, del regicxlecreto 20 settembre 1922, n. 1316 (Esecuzione dell'art. 5 della legge 15 settembre 1922, n. 1287, che modifica la competenza dei pretori e dei conciliatori); l'art. 2 del redio-Oecreto 6 settembre 1923, n. 1920 (Norme transiitorie per il patrocinio davanti alle preture); l'art. 1 del ~egio decreto-legge 13 agosto 1926, n. 1459 (Norme riguaroanti i. patrocinatori legali); gli artt. 1 e 3 della legge 28 giugno 1928, n. 1415 (Norme per il patrocinio innanzi alle preture). 248 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO appena il caso di rilevare che la presente decisione riferita al patrocinio davanti aille preture, e non anohe a que1lo davanti agli uffici di conciliazione (art. 82, comma primo, c.p.c.). l t CORTE COSTITUZIONALE, 8 giugno 1987, n. 217 -Pres. La Pergola . Rel. Baldassarre -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv: gen. Stato Azzariti) e Regioni Liguria (avv. Panunzio) e Calabria (avv. Silvestri). " Regioni -Impiego pubblico -Accordi collettivi -Rapporto con l'attri buzione in materia di ordinamento degli uffici. L'indefettibile rcarattierie unilatiemle 'lZella ,iiscip1'in;a \del 111apporto d'impiego pubblico, 1in rconformit !delle 1ris1erv.e 1di .~eg[e \P11evis~e ,in \materia dalla Costituzione (artt. 97 e 117), pu essere regolato e limitato, anche rnn la p11evisione di specifiche ip,rocedure iche \diano spazio a pnevie /inteS.e fra ile rparti pubb:liche .e. ,sociali, 1saltantio 'it'n base ,ad .una legge statale che armonizzi le varie esigenze costituzionali coinvolte nella materia ..Gli accordi sindacali pnevisti dalZa Jlegge ;quadro r29 marza 1983 n. 93 comporvano 1un vincolo ldirlettwo idi ,massima wer ml 1Legislatore .regionale (1). (omissis) Resta da considerare l'ultimo profilo di costituzionalit prospettato_dai ricorsi governativi: l'asserita violazione dell'art. 117 Cost. in relazione ahl'art. 3 (disciplina in base ad accordi) e all'art. 10 (accordi sindacali per i dipendenti delle regioni e degli enti pubblici non economici da esse d1pendenti) della legge 29 marzo 1983 n. 93 (legge quadro sul pubblico impiego). Pi precisamente, sia la legge della Regione Liguria sia quella della Regione Calabria violerebbero i princpi posti dagli artt. 3 e 10 della legge quadro sul pubblico impiego. Mentre la prima si porrebbe in contrasto con l'accordo ~ollettivo nazionale per fil personale delle Regioni stipulato il 24 .febbraio 1979 e valido per il trienno 1976-1978, che limitava l'accesso ai livelli superori soltanto al personaile in servizio al 30 settembre 1978, la seconda invece non sarebbe conforme all'accordo collettivo nazionale per il personale regionale stipulato il 29 aprile 1983 e valido per il triennio 1982-1984, che, per l'inquadramento di tuttoil personale (1) La sentenza riconosce allo Stato la potest di armonizzare, con proprie leggi, le attribuzioni regionali in materia di ordinamento degli uffici e di bilancio con il principo della contrattazione collettiva . La legge quadro n. 93 del 1983 assume cos il rango di normativa integrativa dell'ordinamento costi tuzionale. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE regionale e quindi anche dli quello assunto a contratto, prevedeva un concorso pubblico con riserva di posti a favore dello stesso personale. Analogamente, la legge della Regione Veneto sospettata di incostituzionalit, sotto il profilo considerato, per l'asserita violazione el solo art. 10 della legge quadro sul pubblico impiego, in quanto si porrebbe in contrasto con l'aocordo collettivo nazionale stipulato il 29 aprile 1983 e valido per il triennio 1982-1984, che prevedeva il pubblico .cncorso con riserva di posti per l'aocesso al livello funzionale di dirigente. Le censure sono infondate. Tutti i profili di illegittimit costituzionale appena riferiti presUlpp~ ngono, perch. siano ritenuti fondati, la piena equiparazione degli accordi collettivi ricordati al punto precedente con gli aocordi sindacali previsti nella legge quadro sul pubblico impiego come base normativa di massima per la disciplina, attraverso leggi regionali, del rapporto di impiego nelle Regioni a statuto ordinario. Ma propr1io questa premessa comune a tutte le prospettazioni d'incostituzionalit di cui ora si tratta, peraltro respinta dalle Regioni resistenti, non pu essere condivisa. Come stato pi volte riconosciuto da questa Corte (sentenze n. 219 del 1984, 290 del 1984, 72 del 1985), la legge n. 93 del 1983 ha esteso al rapporto d'impiego :pubblico, compreso quello regionale e degli enti locali, il princip.io che la disciplina dell'intera dinamica delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro dei dipendenti abbia un punto di riferimento essenziale nell'intesa fra le parti in causa (rprinaipio del'la contrattazione collettiva). Tuttavia, come del resto esplicitamente riconosciuto dallo stesso art. 3 della legge quadro sul pubblico impiego, questo principio, che in quanto tale deriva direttamente dall'art. 39 u.c. Cost., va coordinato con l'altro principio, ohe a livello costituzionale trova riconoscimento negli artt. 97 e 117 Cost., secondo il quale l'organizzazione dei pubblici uffici spetta alle leggii.. dello Stato e delle Regioni in base ai rispettivi ambiti di competenza. Ci comporta, come ha sottolineato questa Corte nelle pronunzie gi ricordate, che, ferma restando la competenza legislativa regionale in materia di ordinamento degli uffici ex art. 117 Cost., si deve riconoscere agli accordi sindacali previsti dalla. legge quadro sul pubblico impiego la natUJra di previe intese comportanti un vtlncolo direttivo di massima verso il legislatore regionale, nel senso che non si pu negare a quest'ultimo il potere di modificare o di integrare il contenuto degli aocordi al fine di adeguarlo alle peculiarit dell'ordinamento degli uffici (propri) e alle disponibilit del bilancio regionale (sent. n. 219 del 1984, nonch sentenze n. 290 del 1984 e 72 del 1985). In altre parole, in relazione alle leggi regionali, l'accordo collettivo nazionale ha la rilevanza di un atto di cooperazione fra le parti sociali e le parti pubbliche (Governo e Regioni) direttamente interessate alla 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplina normativa del personale e degli uffici regionali, il quale volto ad attuare un cooJ.idinamento preventivo di massima della legislazione regionale, al fine di garantiire un'uniformit di trattamento giuridico e retributivo nei confronti dei dipendenti delle varie Regioni a statuto ordinario e una politic~ dii bilancio responsabile. Sotto questo profilo, dunque, la soluzione adottata dall'art. 3 della legge quadro sul pubblico impiego, ohe nei confronti delle R!egioni consiste nel principio della disciplina legislati'Va in base ad accordi, rappresenta uno dei possibili svolgimenti, operato dal legislatore nazionale secondo il suo discrezionale apprezzamento, di, una duplice direttiva 'costituzionale: 'quella del principio contratttiafo in materia di disciplina delle condizioni di lavoro e delle retribuzioni (art. 39 Cost.) e quella dell'autonomia legislativa regionale in materia di organizzazione ,degli uffici e del personale delle Regioni stesse nell'ambito dei princpi fondamentali stabiliti dalle leggi dello. Stato (art. 117 Cost.). Nell'operare il delicato bilanciamento fra questi vari interes~i la legge quadro sul puibblico impiego ha previsto una serie di garanzie attinentii alle condizioni, alle. modalit procedurali ~ ai tempi degli accordi collettivi, nonch a11a formazione delle delegazioni stipulanti -affinoh quegli accordi siano in grado di assolvere alla complessa funzione politica, e costituzionale loro demandata. Innan:llitutto, l'.art. 10 della predetta legge stabilisce con precisione la composizione delle delegazioni stipulanti, prevedendo, per la parte regionale, la presenza di un rappresentante per ciascuna Regione e, per la parte governativa, la presenza del Presidente del Consiglio dei ministri (o del Ministro della Fun:llione Pubblica, in sua vece), del Ministro del Tesoro, del Ministro del Bi~ancio e della Progl'.1ammazione Economica e del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, salve le integrazioni dei Min.istri competenti in relazione alle materie trattate (nel corso delle trattatiJve, la delegazione governativa comunque tenuta a riferire costantemente al Consiglio dei ministri). Per la parte s-indacale, l'art. 11 stabilisce ohe i sindacati, per essere ammessi alla trattativa, devono aver adottato codici di autoregolamentazione del diritto di sciopero, dotati di alcune norme essenziali ivi precisate (preavviso non inferiore a 15 giorni, garanzia dello svolgimento dei servizi pubblici essenziali). Si tratta di una norma, quest'ultima, ohe tende a riconoscere' come parti sindacali le organizzazioni pi rappresentative e pi responsabili. Dopo che l'art. 5 prevede che la legge possa condizionare l'.inizio delle trattative alla determinazione dei comparti (settori omogenei e affini), ancora l'art. 10, richiamando l'art. 6, dispone le procedure di formazion~degli accordi, stabilendo ahe: a) le delegazioni inizino le trattative almeno otto mesi prima della scadenza del precedente accordo .-;.-;.:..;-:-:zz.-:.-:z1zz::::.-:.-:zzz.-:::z.-:-::::: ...::::::.:-:'.:--....''.'.;'.:'.'.-.....-:--:.-.::<'.'.'.'.""'.-.-..-<'.'.'.".-"-"-"-"-"".-""""-""-"""::..-...::--:--'.:.:.z.-... :::::-:'.'.'.'.'.-:Z'.-'.:'.'.-'.'.'.'.-'.'.'.:-:-::'.'.'.'.-:'.'.'.-:'.'.'.:'.'.'.'.'>'.'.'.-'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.:'..-.:'.":'.-'.:z.--:-: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE per giungere a un'ipotesi di accordo nel giro di quattro mesi; b) siano comunicati alle Commissioni Parlamentairi competenti i contenuti dell'ipotesi di accol'.'do; e) il Consiglio dei ministri verifiichi le compatibilit finanziarie entro trenta giorni dalla formulazione dell'ipotesi di accordo e imponga, se del caso, un riesame dell'ipotesi stessa; d) le Regioni re. cepiscano il contenuto degli accordi, apportandovi eventualmente le modifiche e le integrazioni dettate dalle proprie peculiarit organizzative e dalle disponibilit di bilancio stanziate allo scopo. Com' evidente, la legge quadro sul pubblico impiego tenta di contemperare i diversi interessi costituzionali coinvolti -quali dl principio della contrattazione collettiva, il principio dell'autonomia legislativa re gionale (e conseguenti riserve di legge, statale e regionale) e il principio del coordinamento nazionale delle legislazioni delle Regioni, se pur per via cooperativa -attraverso la' pref,igurazione delle parti stipulanti e la fissazione di procedure rigorose, al fine di conferire agli accordi collettivi contemplati dalla stessa lewge un particolare valore e una specifica efficacia direttiva. Valore ed efficacia che non sembra possano riconoscersi ad accordi collettivi stipulati da 'soggetti diversi da quelli prescritti e con procedure sfornite del tutto delle garanzie predisposte dalla predetta legge, come del resto traspare dallo stesso art. 3 della legge n. 93 del 1983 che riserva la disciplina delle materie ivi previste ai procedimenti e agli accordi contemplati daila presente legge . I c.d. accordi nazionali per il personale delle Regioni, invocati nei presenti giudizi come parametri di legittimit delle leggi reginali riferite in narrativa, sono i' realt del tutto diversi da queHi contemplati dalla legge quadro. Questi accordi sono stati stipulati, da un lato, da rappresentanti di alcuni ministeri che non sono tutti quelli indicati nella legge quadro e, dall'altro, da rappresentanti di alcune Regioni (cinque per l'esattezz), ohe non potevano ovviamente impegnare in alcun modo le altre Regioni lontane dal tavolo della trattativa. Inoltre, il conten1: 1to di questi aocordi non ta!le da potersi identificare con gli oggetti che l'art. 3 della legge quadro sul pubblico impiego considera materie della disciplina in base ad accordi , ma tocca pii.lttosto oggetti come, ad esempio, la responsabilit dei dirigenti, la dotazione massima della seconda qualifica dirigenzia:le e le competenze a ril~vanza esterna dei dirigenti -che sono riservate alla disciplina della legge regionale (anche a norma dell'art. 2 legge n. 93 del 1983). Infine, la decorrenza tanto dell'accordo nazionale del 1979 quanto quello del 1983 si riferisce, del tutto (nel primo caso) o in gran parte (nel secondo caso), a periodi anteriori alla vigenza stessa della legge quadro sul pubblico impiego. In breve, l'indefettibile carattere unilaterale della disciplina del rapporto d'impiego pubblico, in conformit delle riserve di legge previste in materia dalla Costituzione (artt. 97 e 117), pu essere regolato e 252 RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELL STATO limitato, anche con la previsione di specifiche procedure che diano spazio a previe intese fra le parti pubbliche e sociali, soltanto in base a una legge statale che armonizzi le varie esigenze costituzionali coinvolte nella materia (come ha affermato questa Corte nella sent. n. 161 del 1982). In mancanza di queste condizioni, com' nel caso dei c.d. accordi col lettivi nazionali invocati nei presenti giudizi, non si pu riconoscere aille corrispondenti intese un significato diverso da quello di un mero fatto politico, ancorch rilevante come tale, di fronte al quale il potere della Regione di disdplim.ire l'organizzazione dei propri uffici e l'ordinamento I ~ deVe carriere ex art. 117 Cost. resta del tutto integro, libero cio di se guire le proprie autonome valutazioni e di discostarsi pertanto dal contenuto dell'accordo stesso. CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1987,. n. 243 -Pres. Andrioli -Rel. Greco -Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Pacia), regioni Lombardia ed Emilia (avv. Onida), regione Toscana (avv. Cheli} e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Regioni Materie sanit e assistenza sociale -Recupero e reinserimento dei tossicodipendenti Contributi al volontariato -:: competenza dello Sfato. (Statuto Friuli V. G., art.. 5; Cost., artt. 117, 118 e 119; d.!. 22 aprile 1985, n. 144, artt. 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 2). , Il recupero e reinserimento dei tossicodipendenti -finalit nella specie perseguita mediante sovvenzioni ad enti ed associazioni di volontariato - di competenza dello Stato piuttosto che delle Regioni. (omissis) Lo Stato, anche in adempimento degli obblighi internazionali assunti (Convenzione unica sugli stupefacenti, adottata a New York il 30 marzo 1961 e protocollo di emendamenti adottato a Ginevra il 25 mar2'o 1971, ratificata con legge 5 giugno 1974 n. 412), si assunto il compito di debellare il fenomeno della tossicodipendenza in tutti i suoi complessi aspetti ed in tutte le sue implicanze ed effetti dannosi. Si ricorda che l'art. 38 della detta convenzione, modificatodall'art. 15 del protocollo di emendamento, stabilisce che gli Stati adotteranno le misure pi idonee per assicurare la pronta diagnosi, la cura, la postcura, la riabilitazione ed il reinserimento sociale delle persone interessate. Per una pi completa e radicale disciplina della materia, a modifica della legislazione precedente, con la legige n. 685 del 1975, lo Stato ha trasferito alle Regioni le funzioni per la prevenzime e l'intervento contro l'uso non terapeutico del1e sostanze stupefacenti e psicotrope per i suddetti fini (diagnosi, cura, riabilitazione e reinserimento sociale degli \ r f f: -. I ?: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA oSTITUZIONALE 253. interessati) riservandosi funzioni di indirizzo e di coordinamento con poteri di autorizzazione, di controllo, di vigilanza e di sostituzione in caso di inerzia deHe Regioni, non solo perch fosse assicurato l'adempimento degli obblighi internazionali assunti ma anche. perch l'azione da svolgere risultasse pi organica ed uniforme per la tutela degli interessi unitari niizionali e la garanzia dei valori riconosciuti dalla Costituzione (artt. 18 e 32 Cost.; sent. n. 31 del 1983). Tuttavia, il fenomeno della tossicodipendenza non risultava sconfitto anzi si diffondeva con gravi implicanze sul piano della criminalit che, anche per effetto di essa, risultava in forte aumento. Si constatavano deficienze e carenze sul 'piano operativo, per la mancanza di servizi appositamente strutturati e finalizzati a realizzare gli aspetti sociali della prevenzione, della cura , soprattutto, del recupero della personalit dei tossicodipendenti per il loro reinserimento nella famiglia e nella societ. Le strutture sanitarie avevano svolto una funzione piuttosto di tipo medicalizzante, sostituendo, in molti casi, all'uso della droga interventi farmacologici e terapie di solo mantenimento sicch il soggetto non raggiungeva il necessario equilibrio personale onde la sussistenza, in concreto, del pericolo di una ripresa dell'uso della droga. Non era di per s sufficiente la sola disintossicazione dell'organismo, ma pi utile e proficua era la imrpostazione di rapporti interpersonali ed un pi o nieno lungo processo socio-ipedago~ico per vincere la dipendenza psichica, il cui superamento era importante quanto quello della dipendenza fisica. Era risultata pi utile e produttiva degli effetti sperati la permanenza dei tossicodipendenti in comunit terapeutiche organizzate da associazioni di volontariato o da privati con ben determinati programmi di recupero sociale nei quali, accanto alle terapie mediohe e psico-mediche, si ponevano attivit di lavoro e di studio. Utile era la vita in comune, con lo svolgimento del lavoro liberamente scelto e gradito, o la continuazione degli studi sospesi o interrotti, senza costr:izioni o vincoli di sorta, per riacquistare il perduto equilibrio e le necessarie difese contro uh possibile ritorno all'uso della droga. Il volontariato aveva assunto anche un ruolo politico-sociale perch realizzava la partecipazione popolare alla lotta contro il grave flagello della droga. Esso, quindi, era meritevole di cons1derazione, di affidamento e di sostegno, per gli sforzi compiuti e da compiere, implicanti la necessit di adeguati mezzi economici. Del resto il ricorso al volontariato era gi stato previsto nella legge n. 697 ,del 1975 e dalla legge n. 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale. 254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO La norma (art. 45) in quest'ultima contenuta, neHa sua gneralit era riferibile ad ogni tipo di associazioni: quelle animate da spirito caritativo e filantropico, con propositi e finalit di tutela dell'interesse della collettivit alla salute (associazioni di consumatori, sindacati, comitati di quartiere ecc.) e persino le occasionali aggregazioni che si formano allorch il diritto alla salute concretamente minaocia!o. Le -dette associazioni agiscono in collaborazione con le unit sanitarie locali nell'ambito della programmazione e della legislazione sanitaria regionale . . In via generale si nota che il volontariato diffuso ormai largamente nel campo del diritto pubblico e si pone come uno strumento utile per sopperire a carenze delle strutture pubbliche, come nuovo modello di cura di ilteressi pubblici e di esercente attivit idonee a conseguire fini sociali senza avere scopi di lucro e, aneh.e per questa ragione, con ampia libert di organizzazione. In definitiva svolge un ruolo che la stessa Costitvzione prevede (art. 18 Cost.) . .(omissis) Con il decreto legge n. 144 del 1985 e la legge di conversione n. 297 del 1985, che ha sostituito alcuni articoli del d.l. e ne ha aggiunti altri, sono stati disciplinati tre asipetti del fenomeno della tossicodipendenza. Con gli artt. 1-bis, 1-ter e 1-quater stata prevista l'erogazione di con tributi, tra gli altri, ad alcuni enti ed associazioni di volontariato che operano n_el campo del recupero e del reinserimento sociale dei tossicodipendenti con un apposito procedimento nonch la sistemazione delle somme relative nel bilancio dello Stato {art. 2). E questa parte oggetto dell'impugnazione delle Regioni ricorrenti. (omissis) Dal contesto dell'intera legge vanno desunte, anzitutto, le ragioni della nuova; disciplina. Del complesso fenomeno della tossicodipendenza si sono voluti disdplinare gli aspetti incidenti sulla criminalit, sulla sicurezza pubblica e sull'ordine pubblico inteso in senso ampio, sia pure con1 un ricorso privilegiato alla intensificazione della fase d~ recupero e di reinse rimento dei soggetti nella famiglia e nella societ. Trova, quindi, giustificazione l'i.ntervento del Ministro dell'Interno piuttosto che del Ministro della Sanit. Ma, ai fini dell'esame delle questioni sollevate, va rilevato che la materia disciplinata di competenza dello Stato piuttosto che delle Regioni. Per quanto pi specificamente riguarda l'erogazione dei contributi si osserva che le norme relative hanno durata limitata e temporanea. , infatti, testualmente statuito che l'erogazione dei contributi avviene secondo le modalit previste fino a quando non sar regolata, con una nuova normativa legi:slativa, la disciplina dei rapporti di enti e associazioni di volontariato ohe operano sul territorio nazionale nel campo del recU1pero e del reinserimento sociale dei tossicodipendenti (artt. 1 e 2 della legge n. 297 del 1985). (omissis) I ~ II PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 255 CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1987, n. 245 -Pres. Andrioli --Rel. Pescatore -Consorzio ASI di Pescara (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato D'Amato) Espropriazione per pubblica utilit -Retrocessione -Prezzo di retrocessione superiore all'indennit di espropriazione -Legittimit colitituzionale. (Cast., art. 42; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 63). La retrocessiorve attua un nuovo trasferi.mernfo del bene, del t.utto auton.omo rispetto al tnasf erimento coattwo ~liZUIJtlo dal.l'-atto di .espr'opriaziorne. J.l pnezzo di retrocessione pu essete di impo.rito superilone al~ l'indJennit di .espmpriazione, anconoh per la det,erminazione d'i esso debbano s.eguirsi gli stessi orineri in preced(mza seguiti per la de~erminazione della ind,ennit (1). Alcuni proprietari, espropriati con decreto del prefetto di Chieti del 10 maggio 1971, chiesero al tribunale della stessa citt la restituzione in propriet dei beni, non utilizzati dal Consorzio per l'area di sviluppo della Val Pese.ara entro i termini previsti. Il tribunale adito disponeva con senter,iza, a 9orma dell'art. 63 della 1. 25 giugno 1865, n. 2359, la retrocessione degli immobili, stabilendo i corrispettivi da versare all'espropriante. Contro tale sentenza gli attori proponevano appello, lamentando che il tribunale avesse determinato detti corrispettivi in misura maggiore alle indennit di espropriazione. La Corte d'Aippello dell'Aquila, con ordinanza 3 dicembre 1985, ha sollevato questione di legittim:it costituzionale dell'art. 63 della 1. 25 giugno 1865, n. 2539, in quanto non prevede che il prezzo della retrocessione non possa eccedere l'arnmontatare dell'indennit di espropriazione ricevuta dal proprietario, qualora l'espropriante non abbia eseguito sui beni espropriati opere che ne abbiano aumentato il valore. {omissis) Il giudice rimettente, occupandosi di una fattispecie relativa a retrocessione di beni espropriati per mancata utilizzazione nei termini stabiliti, ha dubitato della legittimit costituzionale dell'art. 63 della 1. 25 giugno 1865, n. 2359 in rieerimento all'art. 42, secondo e terzo comma, Cost. Secondo l'ordinanza di rimessione tale illegittimit sarebbe da ascrivere alla circostanza che l'art. 63 cit. non prevede che il prezzo della retrocessione non debba eccedere l'ammontare dell'indennit di espropriazione ricevuta dal proprietario,. salvo che dall'espropriante siano state eseguite nuove opere che abbiano aumentato il valore del fondo. (1) Sentenza di grande chiarezza, che conferma risultati cui pervenuta l'elaborazione giurisprudenziale in argomento. ' r1=1i1r11r111fri~fd:1rmrr:{1fllt1J1r111:=11==1:11r1r'=flll1r1r111=:1111r1111r{flilfjr11i=:1:11111i;,r11,r1rd111r1 256 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Ai fini di valutare il fondamento della impugnazione, va preliminarmente osservato che le due fattispecie di retrocessione, previste dalla 1. n. 2359 del 1865, concernono, rispettivamente, il ca&o di parziale utilizzazione del fondo espropriato {art. 60) e la mancata esecuzione, nei termini previsti, dell'opera, in funzione della quale l'espropriazione era stata disposta (art. 63). Per quanto riguarda. la seconda fattispecie -in cui si colloca l'inci dente di costituzionalit - da rilevare che la retrocessione diventa operativa per effetto della sola scadenza del termine di espropriazione, poich non occorre alcuna valutazione dell'autorit amministrativa. La posizione soggettiva del retrocessionario riceve diretta tutela dalla pronuncia giudiziaria di decadenza della dichiarazione di pubblica utilit e dall'ordine di restituzione del bene espropriato, verso il paga mento del prezzo da determinare con le stesse modalit previste per la retrocessiorft! parziale (art. 63 1. cit.). ancora da osservare, quanto al contenuto del corrispettivo dovuto dal retrocessionario, che consolidato indirizzo della Corte di Cassazio ne, attesa la correlazione esistente tra le vicende espropriate e 1't:ltro cessorie, che il corrispettivo stesso debba essere determinato -con riferimento al valore del bene al momento della pronuncia di retroces sione -in base agli identici criteri, alla streguatdei quali si provvide alla stima del bene, ai fini della determinazione dell'indennit di espro priazione (cfr. Cass. 30 novembre 1985, n. 5979; 9 novembre 1977, n. 4779; 21 giugno 1968, n. 2062). chiaro il fondamento di tale indirizzo; esso opera sul presupposto che la retrocessione attua un nuovo trasferimento del bene, del tutto autonomo rispetto al trasferimento coattivo realizzato dall'atto di espro priazione; la retrocessione trova in quest'atto il suo antecedente me ramente storico, ma ad esso non collegata n strutturalmente, n fun zionalmente. Dalla pronuncia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilit (ex art. 63 1. n. 2359 del 1865) deriva all'espropriato il diritto potestativo . di acquisto, con corrispondente obbligo dell'espropriante di trasferirgli l'immobile non utilizzato. Si tratt di un potere dell'espropriato, rispet to al quale non rileva precisare, in questa sede, se dia luogo ad un tra sferimento volontario, coattivo o potestativo. L'ordinanza di rimessione si sofferma a considerare la inadeguata tutela che il sistema vigente offrirebbe alla posizione dell'espropriato e la collega al sacrificio che questo sopporterebbe per essere mancata la destinazione dell'immobile posta a base del, decreto di espropriazione o, inoltre, sotto un profilo pi sostanzialmente economico, per ,; una diminuzione patrimoniale, ancora pi grave, atteso che il mancato go )I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 257 \., dimento del bene dopo la pronuncia di espropriazione rimarrebbe " in ogni caso senza indennizzo . Entrambi i rilievi formulati dall'ordinanza sono infondati: la mancata destinazione del bene all'opera pubblica non si riflette sulla fase espropriativa, ormai esaurita; essa non pu inddere, dunque, ancorch limitata al riflesso economico, sulla sfera dell'espropriato. appena il caso di accennare al rigual'do che la retrocessione non risolve il precedente trasferimento con effetti ex tunc. Inoltre la mancata destinazione del bene all'opera pubblica non agisce sulla struttura del bene, che resta immutato nella sua consistenza fiska e non si vede come questa circostanza possa toccare la posizione del soggetto espropriato, il quale, essendo stato privato della propriet del bene -contrariamente a quanto afferma l'ordinanza di rimessione non pu subire danni per il mancato godimento di esso. N infine esatto affermare -come fa l'ordinanza -che il diritto di propriet deve essere tutelato anche dopo Uespropriazione , essendo fuori della logica costituzionale la ingiusta locupletazione della P.A. espropriante con il correlativo depaup~amento del proprietario che aveva dovuto subire la espropriazione . agevole osservare che, intervenuta l'espropriazione del bene e corrisposto l'indennizzo, non sono configurabili posizioni, a rilooanza economica, riferibili all'espropriato: dal trasferimento coattivo del bene l'ente espropriante che emerge come destinatario di quelle posizioni. L'autonomia dell'atto di retrocessione rispetto a quello espropriativo (cfr. n. 2) resa ancora pi chiara dall'abrogazione del terzo comma dell'art. 60 della 1. n. 2359 del 1865, operata dall'art. 1 del d.l. 11 marzo 1923, n. 691. Tale comma disponeva che il prezzo di retrocessione non potr eccedere l'ammontare dell'indennit ricevuta dal proprietario per l'espropriazione del suo fondo, salvo che vi si fossero dall'espropriante eseguite nuove opere che ne avessero aumentato il valore . In proposito il Guardasigilli Pisanelli, nella relazione al progetto di legge sulle espropriazioni a causa di pubblica utilit (1864) (Atti parlamentari, Camera dei deputati, sessione 1863-64, doc. n: 206), aveva giustificato il contenimento del prezzo di acquisto per retrocessione entro i limiti dell'indennit di esproprio, osservando che l'equit non consentirebbe che l'espropriante, il quale spogli un privato di uno stabile creduto necessario per l'eseguimento di un'opera pubblica, ma che in fatto non fu, riesca a fare un traffico nel rivenderlo al proprietario, da cui egli forzatamente lo ebbe . In realt l'abrogazione del terzo comma dell'art. 60 della 1. n. 2359 del 1865 cit. ad opera del r.d.l. n. 691 ..del 1923 cit. non consentiva all'espropriante di realizzare alcun traffico_ sul valore del bene. Essa 258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO era diretta, invece, ad evitare l'incidenza sul nuovo proprietario dei flussi inflattivi, Vf'.rificatisi in misura ragguardevole dopo la prima guerra mondiale. Non sarebbe stato, n sarebbe equo consentire all'espropriato _'. al quale sia stato corrisposto l'indennizzo, con possibilit di investirlo .e di sottrarlo alle conseguenze dell'inflazione -di avvantaggiarsi dell'inciclenza dei processi di svalutazione a scapito del soggetto che dovesse retrocedere il bene contro il prezzo consistente nell'indennizzo di espropriazione. Queste considerazioni chiariscono l'infondatezza del riferimento, nella fattispecie all'art. 42, secondo e terzo comma, Cast., operato dall'ordinanza di rimessione. Proprietario del bene, a seguito dell'espropriazione, diventato il soggetto a cui favore destinato il provvedimento ablatorio; questo l'eventuale destinatario della tutela prevista dall'art. 42 Cost., con il proprietario originario, non pi titolare del bene stesso. La posizione di questo, comunque, resta non priva di equa valutazione, se si tiene presente il principio, gi richiamato, secondo il quale alla determinazione del prezzo . diiJ.a retrocessione deve procedersi con gli stessi criteri in base ai quali stata determinata l'indennit di esproprio. Siffatto principio, aocomunando i trasferimenti del bene nell'omogeneit dei criteri di determinazione del prezzo, attribuisce ai soggetti interessati la stessa posizione nel quadro economico delle relative operazioni. CORTE COSTITUZIONALE, 16 luglio 1987, n. 268 -Pres. Andrioli -. Rel. Borzellino -Ente Ferrovie dello Stato e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Enti Pubblici -Ferrovie -Istituzione dell'Ente F.S. Personale dipendente Controversie di lavoro -Trasferimento della giurisdiZione al Giudice ordinario. (Cost., artt. 3, 24, 103 e 113; legge 17 maggio 1985, n. 210, artt. 21 e 23). I rapporti di lavoro subordinato tra l'Ente F.S. ed i suoi dipendenti sono disciplinati su base paritetica; in relaziqne a detti rapporti non residua spazio per un intervento d~lla giurisdizione degli interessi le gittimi (1). (1) La sentenza, seppur con breve motivazione, risolve -con valenza anche (ed anzitutto) sostanziale -un problema di notevole delicatezza: il rap PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 259 La legge 17 maggio 1985 n.. 210 istituisce l'ente Ferrovie dello Stato; con il conferimento dlla personalit giuridica ai sensi dell'art. 2093, secondo comma, del codke civile e con onere -cos succedendo alla preesistente Azienda autonoma ferroviaria -di provvedere ai propri compiti secondo criteri di economicit e di efficienza {artt. 1 e 2). A mente degli artt. 21 e 23 il rap(porto di lavoro del personale dipendente regolato su base contrattuale collettiva ed individuale; le contro versie relative sono attribuite alla competenza pretorile. Tali ultime disposizioni venivano impugnate dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia {sede di Milano) poich la competenza del giudice ordinatio (pretore) in luogo di quello amministrativo ravvisata lesiva degli articoi -questo l'ordine indicato -97 (comma primo), 103 (comma primo), 3, 24 (commi primo e secondo), 113 (commi primo e secondo), 25 (comma primo) qella Costituzione. (omissis) L'esame resta incentrato negli ulteriori asserti circa carenza di tutela avanti al pretore, per i rapporti di lavoro di cui si discute, ove fosse rimasto offeso -per avventura -non diritto soggettivo bens un interesse legittimo; tanto avrebbe comportato, secondo il remittente giudice amministrativo, violazione, s' gi detto, degli artt. 3 \:! 24, nonch 103 e 113 Cast. Ma anche sotto questi profili la questione non trova sostegno. Si contende concretamente in tema di diniego al trasferimento, pevdurante un lasso di tempo nel quale, per disposizione iniziate, era previsto l'obbligo per il lavoratore di sostare nella sede prima; in termini pi gene rali -a tratteggiare i contenuti di rispettiva doverosit nei diritti e negli obblighi tra amministrazione e personale -va richiamato d'altronde, che lo stato giuridico gi contemplava -al momento d'elle insorte richieste -la puntuale predisposizione di apposite graduatorie (legge 26 marzo 1958, n. 425, art. 46). A ci ora aggiungesi che il nuovo ente agisce a titolo imprenditoriale in virt di quella sua configurazione positiva cui si accennato e sulla base (paritetica), nel rapporto di lavoro, della contrattazione: all'area di cui trattasi rimane perci estranea -come gi del resto sembra ab origine -ogni connotazione autoritativamente discrezionale. Si in presenza, adunque, di vicenda avvinta a comportamenti obbli gatori per le parti e perci 1ricadenti per la loro esaustiva tutela reale, priva di presunti coni d'ombra, nella competenza del giudice ordinario, abilitato a conoscerne integralmente. porto di lavoro tra il nuovo Ente ed il personale ferroviario risulta interamente contrattuale e privatizzato . 6 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 260 CORTE COSTITUZIONALE, 22 ottobre 1987, n. 316 (ord.) -Pres. e rel. Saja. Tributi erariali diretti -Dichiarazione congiunta di coniugi -Responsabilit solidale. (Cost., artt. 3 e 53; !. 13 aprile 19771 n. 114, art. 17). Il principio di adeguatezza del tributo alla capacit contributiva non osta a che la legge preveda obbligazioni solidali a carico anche di sog, getti diversi dal debitore principale. (omissis) Ritenuto che (talune commissioni tributarie) hanno sollevato questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dell'art. 17, ultimo comma, della legge 13 aprile 1977 n. 114, che stabilisce, nel caso di coniugi non legalmente ed effettivamente separati, che si si;mo avvalsi della facolt di presentare su unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di loro (c.d. dichiarazione congiunta), la responsabilit in solido degli stessi per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito; che ad avviso dei 'giudici rimettenti la disposizione censurata, sta bilendo l'assunzione di responsabilit solidale dei coniugi in dipendenza della mera presentazione congiunta della dichiarazione, viola: a) il prin cipio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., per l'ingiustificato diverso trat tamento, a parit di posizione contributiva, tra coniugi che hanno presen tato un'unica dichiarazione congiunta, essendo ciascuno di essi tenuto solidalmente verso l'erario anche per i debiti fiscali dell'altro, e i co niugi che hanno presentato una distinta dichiarazione, nel qual caso cia scuno risponde solo dei propri debiti; b) il principio di adeguatezza del tributo alla capacit contributiva di cui all'art. 53 Cost. per il fatto che si pongono oneri contributivi a carico di uno dei coniugi prescindendo del tutto dalle sue effettive capacit contributive, dovendo egli, in defi nitiva, in virt del vincolo della solidariet; rispondere di beni e di red. diti dell'altro e dei quali, perci, non ha la disponibilit; ... Considerato che la questione sollevata dalle commissioni tributarie ... in riferimeI),to agli artt. 3 e 53 Cost., per quanto concerne il primo profilo -ossia quello della disparit di trattamento a parit di posizione contributiva tra coniugi che si sono avvalsi della facolt di presentare dichiarazione congiunta e coniugi che hanno presentato una distinta ,dichiarazione - manifestamente infondatata giacch ~ rimesso ai contribuenti, nelle due particolari situazioni sopra descritte, la delibera scelta di avvalersi dell'uno o l'altro sistema attraverso.la presentazione o meno della dichiarazione congiunta, con i conseguenti vantaggi o oneri ad essa con PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 261 nessi: ne deriva che la disposizione in esame non pu considerarsi irragionevole; che quanto al secondo profilo, va osservato come il c0llegamento con .la capacit contributiva non escluda che la legge ipossa stabilire prestazioni tributarie solidali a carico oltrech del debitore principale anche di altri soggetti, comunque non estranei alla posizione giuridica a cui inerisce il rapporto tributario; ... CORTE COS'.fITUZIONALE, 22 ottobre 1987, n: 319 (ord.) - Pres. e 11el. Saja. Tributi erariali diretti -ILOR -Zone depresse del centro-nord -Imprese produttrici di servizi -Esclusione dall'esenzione decennale. (Cost., artt. 3 e 53; 1. 22 luglio 1966, n. 614, art. 8). Non contrasta con gli artt. 3 e 53 Cost. l'reisdusionie dellie .irnpr.ese produttrici di 5rerv1i?;i darll'resenzione decennale dall'IWR pt1evistta nel~e zane depresse del Cerntrio-Nord. Ritenuto che nel corso di un procedimento iniziato da Menapace Carlo ed avente per oggetto il diritto ad esenzione dall'imposta locale sui redditi per l'anno 1978 ai sensi della 1. n. 635 del 1957 e successive modificazioni, la Commissione tributaria di primo grado di Bolzano ... sollevava questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dell'art. 8 1. 22 luglio 1966 n. 614, nella parte in cui concede l'esenzione decennale da ogni tributo sul reddito alle nuove imprese artigiane ed alle nuove piccole e medie imprese industriali che si costituiscano nelle zone depresse dell'Italia settentrionale e centrale; che, ad avviso della Commissione, questa norma -in quanto non riferibiie alle imprese produttrici di servizi {nella specie: di autotrasporti), le quali, ai fini della propulsione del sistema economico esercitavano una funzion~ non dissimile e non inferiore a quella delle imprese artigiane ed industriali -contrastava coi principi di eguaglianza e di capacit contributiva; ... Considerato che nel merito, dovendosi escludere l'eguaglianza delle situazioni comparate, manifesta l'assenz'a di basi della censura di ingiustificata disparit di trattamento: infatti, l'evidente finalit !Perseguita dal legislatore di svilupipare lo stabilimento di attivit produttive, con impianti fissi di una certa consistenza, in alcune zone depresse del territorio nazionale. Ci che il legislatore stesso -nella sua discrezionalit qui non sindacabile in quanto non viziata da _irragionevolezza -ha ritenuto meglio attuabile mediante benefici tributari concessi alle sole , 262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imprese artigiane e industriali. Si legge, in particolare, nei lavori preparatori della legge impugnata {relazione della sa Commissione permanente del Senato -finanze e tesoro -del 2 maggio 1986), ch1.: si prefer limitare l'agevolazione alle sole imprese dotate di impianti industriali o artigianali poich le zone depresse del -Centro-Nord sono sempre circondate da zone non depresse, rendendosi cos evidente l'esigenza di prevenire facili evasioni; che la richiesta estensione del beneficio rientra el'identemente nella sfera di discrezionalit riservata al legislatore e perci la questione si rivela inammissibile; che l'esclusione della sindacabilit del differente trattamento vale anohe a dimostrare la non ammissibilit dell'impugnativa relativa all'articolo 53 Cost .... PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 265 dotti nazionali, ma che in realt, si applichi quasi esclusivamente ai prodotti importati in quanto la produzione nazionale estremamente ridotta, non costituisce una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale all'importazine ai sensi degli artt. 9 e 12 del Trattato CEE, qualora faccia parte di un sistema generale di tributi interni che colpiscono sistematicamente categorie di prodotti secondo criteri obiettivi applicati indipendentemente dalla origine dei prodotti. Essa. possiede pertanto il carattere di imposta interna ai sensi dell'art. 95; l'art. 95, 2 comma, del Trattato CEE, non consente d'istituire un'imposta di consumo che colpisca talune frntta importate, qualora essa sia suscettibile di proteggere la produzione nazionale di frutta; l'art. 95 del Trattato CEE riguarda tutti i prodotti provenienti dagli Stati membri, ivi compresi i prodotti originari di paesi terzi che si trovino in libera pratica negli Stati membri 'l Nella seconda sentenza la Corte ha statuito, parallelamente, che la Repubblica italiana, avendo istituito e mantenendo in vigore un'imposta di consumo sulle banane fresche applicabile alle banane originarie di altri Stati membri, ed in particolare a quelle provenienti dai dipartimenti francesi d'oltremare, venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dall'art. 95 del Trattato CEE ; .la Corte ha invece respinto il ricorso per quanto riguarda le banane secche e la farina di banane. -4 giugno 1987, nella causa 375/85, Campana, secondo cui il combinato dispos.to degli artt. 67, n. 1, e 4, n: l, lett. g), del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408/71, va interpretato nel senso che esso contempla le provvidenze per la formazione professionale attribuite ad un lavoratore in attivit, che sia concretamente minacciato di disoccupazione . -11 giugno 1987, nella causa 241/86, Bodin, nella quale la Corte ha statuito che le. disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci, alla libera prestazione dei servizi e alla . politica comune in materia di trasporti devono essere interpretate nel senso che esse non ostano all'applicazione, ai veicoli immatricolati in un altro Stato membro, di una normativa nazionale che prescriva, conformemente alla direttiva n. 85/3, l'altezza massima di quattro metri per tutti i veicoli o i riniorchi ammessi a circolare nel territorio nazionale, anche qualora nello Stato membro dell'immatricolazione non viga lo stesso limite . -16 giugno 1987, nella. causa Commissione c. Italia, con la quale la Corte, constatata la natura di impresa pubblica dell'Amministrazione italiana dei monopoli di Stato, ai sensi della direttiva della Commissione 25 giugno i980, n. 723, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, ha dichiarato che l'Italia, avendo rifiutato di trasmettere alla Commissione le informazioni circa l'amministrazione medesima, venuta meno agli obblighi che le incombono a norma dell'art. 5 n. 2 della direttiva suddetta. -17 giugno 1987, nella causa 394/85, CommissiOne c. Italia, che ha pronunciato l'inadempimento dell'Italia alle prescrizioni contenute dai regolamenti del Consiglio 31 marzo 1984, nn. 856 e 857, e della Commissione 16 maggio 1984, n. 1371, per l'applicazione del sistema del prelievo supplementare nel settore del latte e dei .prodotti lattiero-caseari. -17 giugno 1987, nella causa 154/85, Commissione c. Italia, dove la Corte, in tema di 'importazioni parallele di autoveicoli, ha ritenuto jncompatibili con l'art. 30 del Trattato CE alcune circolari del Ministero dei trasporti, peraltro superate da altre circolari emesse in corso di causa. 266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -7 luglio 1987, nella causa 420/85, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha rilevato la mancata attuazione della direttiva del Consiglio 28 luglio 1982, n. 82/603, che modifica la direttiva relativa alla fissazione di norme comuni per trasporti di merci combinati stradafferrovia fra Stati membri, limitatamente alla riduzione o al rimborso delle tasse di circolazione imposte per le motrici impiegate nei trasporti combinati in cui non solo il rimorchio, ma anche la motrice caricata sul treno, disattendendo il ricorso sugli altripunti. - 7 luglio 1987, nella causa 49/86, Commissione c. Italia, dove la Corte ha dichiarato che la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi impostile dal trattato CEE non avendo adottato nel termine prescritto le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 26 gennaio 1982, n. 82/76/ CEE, relativa alla formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici specialisti. -9 luglio 1987, nella causa 256/86, Frascogna, dove la Corte, in tema di libera circolazione dei lavoratori previdenza sociale, ha stabilito che gli ascendenti a carico del lavoratore migrante possono far valere il divieto di discriminazione sancito dall'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 1612/68; e che l'assegno speciale di vecchiaia costituisce un vantaggio sociale ai sensi del regolamento del Consiglio n. 1612/68 . -9 luglio 1987, nelle cause riunite 82/86 e 103/86, Laborero e Sabato, con la quale, ancora in tema di libera circolazione dei lavoratori previdenza sociale, stato statuito che l'iscritto ad un'assicurazione volontaria come quella contemplata dalla legge belga 17 luglio 1963, il quale, durante il periodo d'iscrizione, abbia svolto un'attivit dipendente o autonoma, va considerato un lavoratore ed il superstite dello stesso come superstite di un lavoratore, ai fini dell'applicazione del regolamento n. 1408/71; e che una normativa nazionale del genere della legge 17 luglio 1963 rientra, in quanto legislazione di uno Stato membro, nel regolamento n. 1408/71, anche se le prestazioni da essa contemplate si possono basare unicamente su periodi di attivit maturati in Stati terzi, e detto regolamento, in particolare l'art. 3, n. l, di esso si applica ai lavoratori che siano o siano stati sogge_tti a detta normativa. -9 luglio 1987, nelle cause riunite 27, 28 e 29/86, C.E.I. e Bellini, dove la Corte, in tema di procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, ha dichiarato: 1 -le referenze che consentano di deteiminare la capacit finanziaria ed economica dell'imprenditore non sono indicate limitativamente dall'art. 25 della direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, n. 71/305, che coordina i procedimenti per l'aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici; 2 -l'indicazione dell'importo complessivo dei lavori attribuiti all'impresa pu essere chiesta agli offerenti come referenza probante ai sensi dell'art. 25 della direttiva n. 71/305 e n detto articolo n alcun'altra disposizione della direttiva ostano a che lo Stato membro determini l'importo dei lavori che possono essere. effettuati contemporaneamente; 3 -gli artt. 25, 26, lett. d, e 28 della direttiva n. 71/305 vanno interpretati nel senso che essi non ostano a che l'appaltante esiga dall'imprenditore autorizzato in un altro Stato membro la prova che egli dispone del minimo di risorse proprie e del numero di operai e di dirigenti prescritti dalle norme nazionali nemmeno se l'imprenditore ammesso, nello Stato membro di stabilimento ad una classe corrispondente a quella prescritta da dette norme nazionali, in relazione all'entit dei lavori da appaltare . -6 ottobre 1987, nella causa 197/85, Stefanutti, con la quale, in tema di libera circolazione dei lavoratori previdenza sociale, la Cort ha dichiarato: 1 -nel caso in cui la vedova di un lavoratore migrante abbia acquisito li PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 267 diritto ad una pensione d'invalidit personale in forza della sola normativa di uno Stato membro e faccia valere in un altro Stato membro il diritto ad una pensione ai superstiti acquisito in forza della sola normativa di questo Stato membro, il regolamento n. 1408/71 non osta all'applicazione delle norme di quest'ultimo Stato, contro il cumulo di prestazioni nazionali ed estere; 2 non rientra nel diritto comunitario la qualificazione, alla luce delle norme anticumulo di uno Stato membro erogatore di una pensione ai superstiti acquisita in forza della sola normativa di detto Stato, di una pensione d'invalidit attribuita da un altro Stato membro; 3 -le disposizioni dell'art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 574/72 si applicano al cumulo di una pensione ai superstiti acquisita in forza della sola normativa di uno Stato membro, con una pensione d'invalidit o di vecchiaia, di diversa natura, acquisita in forza della sola normativa di un altro Stato membro, qualora l'applicazione della sola legislazione nazionale si riveli in ultima analisi meno favorevole all'avente diritto . -8 ottobre 1987, nella causa 80/96, Kolpinghuis, con la quale la Corte, relativamente agli ffetti di una direttiva sul diritto interno di uno Stato membro che non abbia ancora adottato le norme per darvi esecuzione, ha statuito (nello stesso senso della precedente sentenza 11 giugno 1987, nella causa 14/86, di seguito trascritta) che 1 -un'autorit nazionale non pu far valere, a carico di un singolo, le disposizioni di una direttva la cui necessaria trasposizione nel diritto interno non abbia ancora avuto luogo; 2 -nell'applicare la propria normativa nazionale, il giudice di uno Stato membro tenuto ad interpretarla alla luce del testo e della finalit della direttiva, per raggiungere il risultato di cui all'art. 189, terzo comma, del Trattato, ma una direttiva non pu avere l'effetto, di per s ed indi,pendentemente da una legge adottata per la sua attuazione, di determinare o aggravare la responsabilit penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni; 3 -le soluzioni di cui sopra non sarebbero diverse nel caso in cui il termine assegnato allo Stato membro per adeguare la normativa interna non fosse ancora scaduto alla data di cui trattasi. -24 novembre 1987, nelle due cause 124 e 125/86, Comissione c. Italia, con le quali la Corte ha rilevato il mancato recepimento nel diritto interno delle direttive del Consiglio 23 marzo 1983, n. 83/183, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro, e n. 83/181, che determina il campo di applicazione dell'art. 14, n. 1, lett. d), della direttiva n. 77/338, per quanto concerne l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di talune importazioni definitive di beni. -.25 novembre 1987, nelle due cause 342 e 343/85, Italia c. Commissione, con cui, la Corte, in tema di liquidazione dei conti FEOGA per gli esercizi 1980 e 1981, in parziale accoglimento delle tesi italiane, ha ritenuto imputabili al FEOGA le spese per alcuni aiuti per il latte magro in polvere di intervento, mentre ha confermato la non imputabilit al Fondo medesimo delle spese per alcuni aiuti per il consumo dell'olio di oliva e per compensazioni finanziarie per il ritiro dal mercato di prodotti della pesca. -8 dicembre 1987, nella causa 144/86, Gubish, con la quale, in rel~ione alla convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, stato stabilito che la nozione di litispendenza di cui all'art. 21 della Convenzione 27 settembre 1968 contempla il caso in cui una parte presenti ad un giudice di uno Stato contraente una domanda volta all'annullamento o alla risoluzione di un contratto di vendita internazionale mentre una domanda dell'altra parte volta all'esecu 268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione del medesimo contratto pendente dinanzi ad un giudice di un altro Stato contraente. -17 dicembre 1987, nella causa 323/86, Collini, dov~ in tema di libera circolazione dei lavoratori previdenza sociale, stato statuito che la regola anti-cumulo di cui all'art. 46, n. 3, del regolamento n. 1408/71 si applica in tutti i casi in cui il cumulo delle prestazioni calcolate ai sensi dei nn. 1 e 2 del medesimo articolo supera il limite pi elevato degli importi delle pensioni teoriche, anche se il superamento di detto limite non risulta da una sovrapposizione di periodi di assicurazione; e che qualora un solo ente fornisca una sola prestazione autonoma ai sensi dell'art. 46, n. l, del regolamento n. 1408/71, soltanto detto ente deve ridurre la propria prestazione in forza del n. 3, 2 comma, dello stesso articolo, diminuendola dell'intero importo fino a concorrenza del quale la somma delle prestazioni calcolate conformemente a quanto disposto dai nn. 1 e 2 supera il massimale di cui al 1 comma del n. 3 . -17 dicembre 1987, nella causa 422/85, Mattiazzo, di . contenuto simile a quello della sentenza 7 aprile 1987, nella causa 166/85, Bullo e Bonivento, di seguito trascritta. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE Ce>MUNIT EUROPEE, Sed. plen., 18 settembre 1986, nella causa 48/85 -Pres. Mackenzie Stuart Avv. gen. Mancini -Commissione delle C.E. (ag. Booss e Karpenstein) sostenuta dal Governo italiano (avv. Stato Fiumara) c. Rep. fed. di Germania (ag. Seidel). Comunit Europee . Agricoltura Organi~azione comune di mercato nel settore vitivinicolo Vino Arricchimento Mosto di uve concentrato rettificafo. (Reg, CEE del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, artt. 32 e 33, e n. 338). La Repubblica federale di Germania, non autorizzando l'aggiunta di mos.to di uve concentrato rettificato nell'elaborazione di vino tipico e di vino di qualit prodotto in regioni determinate, venuta meno agli obblighi che le derivano dall'organizzazione comune del mercato vitivinicolo ed in particolare dagli artt. 32 e 33 del regolamento del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo e dall'art. 8 del regolamento del Consiglio .5 febbraio 1979, n. 338, che stabilisce disposizioni particolari per i vini di qualit prodotti in regioni determinate. (omissis) 1. .,--Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 18 febbraio 1985, la Commissione d17lle Comunit Europee ha proposto un ricorso ex art. 169, 2 comma, del Trattato CEE, volto a far dichiarare che la Repubblica federale di Germania, non autorizzando l'aggiurita di mosto di uve concentrato rettificato (MRCR), nell'elaborazione di vino PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 269 tipico e di vino di qualit prodotto in regioni determinate (v4,p.r.d.), venuta meno agli obblighi che le derivano dall'organizzazione comune del mercato vitivinicolo ed in particolare dagli artt. 32 e 33 del regolamento del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, relativo all'organizzazione comune del mercatovitivinicolo (G. U. n. L. 54, pag. 1), e dall'art. 8 del regolamento del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 338, che stabilisce disposizioni particolari per i vini di qualit prodotti in regioni determinate (G. U. n. L. 54, pag. 48). 2. -In sede di replica la Commissione invoca anche l'art. 30 del Trattato CEE, per far valere che il divieto di usare MRCR regolarmente fabbricato in altro Stato membro si risolve in una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione, ostacolando la libera circolazione dei MRCR che sarebbe garantita dall'art. 33 del regolamento n. 337/79. 3. -Secondo il 10, n. 8, della Weingesetz {legge sul vino) tedesca del 31 agosto 1982, la designazione di Landwein {vino tipico) non pu essere concessa aid un vino ottenuto co,p aggiunta di mosto di uve concentrato {MRJC) e di MRCR. L'art. 11 della medesima legge non consente di denominare v.q.p.r.d. un vino ottenuto aggiungendo le stesse sostnze. 4. -La Commissione ritiene queste disposizioni incompatibili con la regolamentazione comunitaria sull'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, relativa all'aumento del titolo alcolometrico volumico natu- rale dei vini. 5. -L'art. 32, n. 1, del regolamento n. 337/79, modificato dal regolamento del Consiglio 3 dicembre 1981, n. 3577, che modifica il regolamento n. 337/79, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo (G. U. n. L. 359, pag. 1), d facolt agli Stati, quando le condizioni climatiche in talune zone viticole della Comunit Io rendano necessario, di autorizzare l'aumento del titolo alcolometrico volumico naturale del vino, secondo le pratiche enologiche indicate nell'art. 33 dello stesso regolamento. 6. -Detto art. 33, nel testo modificato dal regolamento del Consiglio 18 febbraio 1980, n. 453, che modifica il regolamento n. 337/79 relativo all'organizzazione comune ael mercato vitivinicolo (G. U. n. L. 57, pag. 1), enumera come sole pratiche ammissibili: a) l'aggiunta di saccarosio; b) l'aggiunta di mosto di uve concentrato; e) l'aggiunta di mosto di uve concentrato rettificato; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 270 d) soltanto per quanto rigqarda il vino atto a diventare vino da tavola e il vino da tavola, la concentrazione parziale a freddo; e) per quanto riguarda il mosto di uve, la conce;ntrazione parziale. 7. -La Commissione adduce che questi diversi procedimenti non avrebbero ugual valore e che tra di essi vi sarebbe una gerarchia risultante da altri testi comunitari; Il divieto di usare il saccarosio ;per l'arricchimento costituirebbe ad esempio, secondo il punto 17 del program-. ma d'azione della Commiss'ione (suppl. 7 /78 del Boll. CE, pag. 10), un obiettivo del:la politica comune nel settore vitivinicolo. D'altro canto, l'art. 33, n. 3, del regolamento n. 337/79, dispone che tale procedimento possa essere usato unicamente nelle regioni viticole in cui esso sia tradizionalmente o eccezionalmente praticato, conformemente alla legislazione esistente aU'8 maggio 1970, mentre a partire dal 30 giugno 1979 vietata l'aggiunta di saccarosio in soluzione acquosa. Per contro. il legislatore comunitario avrebbe mostrato di preferire un prodotto di vigna, istituendo nel regolamento del Consiglio 27 luglio 1982, n. 2144, che modifica il regolamento n. 337/79 relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo (G. U. n. L. 227, pag. 1), un regime di aiuto per il MRCR. Secondo la Commissione, da tale ordine preferenziale dei metodi di arricchimento conseguirebbe che gli Stati membri, quando concedono l'autorjzzazione all'arricchimento contemplata daH'art. 32 del regolamento n. 337/79, non possono esdudere le pratiche indicate nell'art. )3, le quali rappresenterebbero i metodi pi conformi all'obittivo perseguito, che consiste nel garantire che il vino sia un prodotto esclusivamente d'uva e che tende ad evitare la sovraiproduzione di vino non smerciabile. 8. :_ La Repubblica italiana, interveniente, sostiene che se si autorizza l'aggiunta di saccarosio e si vieta quella di MRCR, il provvedimento nazionale diventa inaccettabile in quanto contrario alla lettera e allo spirito della norma comunitaria. Dal momento che nessuna delle due pratiche incide sul gusto o su altre caratteristiche tipiche del prodotto, l'autorizzare l'una escludendo l'altra non rappresenterebbe l'applicazione di un criterio pi rigoroso, ma costituirebbe un provvedimento completamente privo di logica ed ingiustificato che va a detrimento di un metodo privilegiato dalla regolamentazione comunitaria e a vantaggio di un altro da questa tollerato solo in condizioni particolari. 9. -La Repubblica federale di Germania contesta l'esistenza di una qualsiasi gerarchia tra i diversi procedimenti ammessi dall'art. 33 e assume che questa disposizione indica solo i metodi di arricchimento che possono essere 'lecitamente usati, non quelli che debbono essere usati. Spetterebbe poi agli Stati membri decidere, nell'ambito delle. possibilit PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE offerte dall'art. 33, quali, fra i metodi di arricchimento ammissibili, siano da autorizzare. 10. - opportuno esaminare se il regolamento n. 337/79 dia facolt agli Stati membri ai sensi dell'art. 5 summenzionato, l'obbligazione di cui si deve tener conto quella corrispondente al diritto del contratto sul quale si basa l'azione dell'attore. Essa ha precisato ohe, nell'ipotesi in cui l'attore rivendichi il diritto al risarcimento del danno o chieda la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, dett obbligazione sempre quella derivante dal contratto ed il cui inadempimento dedotto a sostegno di dette domande. 10. -La norma generale ohe ne scaturisce ammette tuttavia alcune deroghe, in quanto la materia contrattuale comprende rapporti di natura molto diversa, tanto sotto il profilo della loro importanza sociale quanto sotto quello delle prestazioni stipulate. La Convenzion tiene conto. di questa diversit dettando talune norme speciali per determinati rapporti contrattuali. Per questo motivo, ad esempio, essa stabilisce, nell'art. 16, una competenza esdusiva in fatto di locazione di immobili. zione da prendere in considerazione per l'applicazione dell'art. 5 n. 1 della Convenzione quella che caratterizza il contratto . Non ci sembra che sia il caso di dubitare della portata di questa pronuncia. Essa non rappresenta affatto un rvirement, ma una conferma del precedente indirizzo. Essa, invero, presuppone e conferma quelle precedenti e si limita ad un adattamento logico che presuppone la scelta di un'obbligazione caratterizzante, la quale pur sempre dedotta in giudizio e posta a base dell'azione giudiziaria: tale obbligazione trascina le altre per connessione ed vita, allorch fossero prospettate pi competenze diverse, una illogica separazione dei procedimenti. Per queste ragioni noi riteniamo che la soluzione del quesito oggi posto discenda, direttamente e logicamente, dalle precedenti risposte fornite dalla Corte, le quali sono il frutto di una interpretazione della convenzione non solo letterle ma anche perfettamente logica. Proponiamo quindi, a conferma di quanto gi detto nelle osservazioni scritt, che si risponda al quesito posto nel senso che per la determinazione del luogo dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo 5, n. 1 della Convenzione, si deve aver riguardo, nel caso dell'azione per il pagamento degli onorari esperita da un architetto incaricato soltanto della approvazione del progetto, all'obbligazione contrattuale che costituisce in concreto oggetto dell'azione . OSCAR FIUMARA PARTE I, SEZ. J;I, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 11. -Informandosi a considerazioni analoghe, la Corte ha deciso, nella sentenza 26 maggio 1982 (lvenel c/ Sohwab, 133/81, Racc. pag. 1891), che nel caso della domanda basata su varie obbligazioni scaturenti da un unico contratto di rappresentanza, che era stato definito contratto di lavoro dal giudice nazionale, l'obbligazione di cui si deve tener conto, ai sensi dell'art. 5, n. l, della Convenzione, quello che 1caratterizza il . contratto e che normalmente quella di effettuare il lavoro. 12. -Stando cos le cose, la questione sollevata nella presente causa dal ,giudice nazionale va considerata diretta in particolare ad accertare se, nell'ipotesi della lite per il pagamento degli onorari di architetto, la norma generale scaturente dalla sopra ricordata sentenza. De Bloos, secondo la quale l'obbHgazione di cui si deve tener conto quella che costituisce il fondamento dell'azione dell'attore, vada osservata oppure, al contrario, questa ipotesi abbia particolarit analoghe a quelle riscontrate nella sentenza Ivenel. 13. -Dinanzi alla Corte si discusso non solo,del problema se la natura del contratto vada presa in -considerazione per determinare l'obbligazione di -cui si deve tener conto, ma an'Che di quello costituito dalla presenza, nell'ambito della stessa controversia, di varie obbligazioni che costituiscano il fondamento dell'azione giurisdizionale. 14. -Sul primo punto, il Governo britannico auspica la generalizzazione del criterio accolto dalla Corte nella SUllllmenzionata sentenza Ivenel, per l'ipotesi del lavoro subordinato, sostenendo che tale criterio offrirebbe determinati vantaggi se fosse applicato a tutti i contratti vertenti su prestazioni di carattere professionale. Un'interpretazione in questo senso dell'art. 5, n. 1, della Convenzione avrebbe in particolare l'effetto di evitare la coesistenza in pi ?tati membri di fori competenti a -conoscere di pi domande fondate sullo stesso -contratto e di fissare il foro nello Stato contraente la cui legge si applica normalmente al contratto. In un'ipotesi come la fattispecie, essa avrebbe inoltre il vantaggio di costituire una vera alternativa al foro della residenza del convenuto, foro ordinario secondo la Convenzione. 15. -I Governi tedesco e italiano e la Commissione non condividono questo modo di vedere. Il Governo tedesco ammette che determinati arg?menti militano a favore del foro contrattuale unico, ma rileva che determinati contratti non hanno una prestazione caratteristica, ad esempio quando le prestazioni delle due parti si equivalgono, come nell'ipotesi del contratto per lo scambio di beni ed, inoltre, -che la volont degli autori della Convenzione, quale si desume da talune versioni linguistiche della disposizione di cui trattasi, sarebbe stata quella di rifrsi, [@Lff;..4/frf JW&lfi-1rml.vrr0-.i;y1ygfi&.:lp~Jt@ill:{f(1-ftf.JWifff:Jl%%.WtffiJb--:n@:f-f:i:W::'@f:-'="';,;.'''//.,::i:::Wlli~~llif.:, ... ... ~..~x ..-:::::::x: ...-:-: .. =--ef_:%.:z:J = ::re~;:=..-.: .z:-::.... ~==--::::: -:~.....::::::-..-....: :-:=:::::.=::::..;----~ z:wf~a. .. x.. T -.."""" -... -.--~-,, .... .-. I 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II per fissare il foro del luogo dell'adempimento, all'obbligazione con f: trattuale che costituisce il fondamento concreto dell'azione giurisdizionale. 16. -A questo proposito si deve osservare anzitutto che i contratti di lavoro, come altri contratti in fatto di lavoro subordinato, hanno, I' rispetto agli altri contratti, anche quando questi riguardano prestazioni di servizi, determinate particolarit, in quanto creano un nesso durevole I ID che inserisce il lavoratore nell'ambito di una determinata organizzazione dell'attivit dell'impresa o del datore di lavoro e in quanto si ricollegano .al luogo dell'esercizio dell'attivit, il quale determina l'applicazione di norme imperative e di contratti collettivi. A causa awunto di queste particolarit il giudice del luogo dell'adempimento dell'obbligazione che caratterizza siffatti contratti si rivela il pi idoneo a dirimere le liti ohe possono nascere da una o pi obbligazioni derivanti da detti contratti. 17. -Quando queste particolarit specifiche non sussistono, non n necessario n opportuno identificare l'obbligazione che caratterizza il contratto n accentrare nel suo luogo di adellljpimento la competenza giurisdizionale, in quanto luogo dell'adempimento, per le liti relative a qualsiasi obbligazione contrattuale. Infatti, la variet e molteplicit dei contratti, considerati in generale, sono tali che questo criterio, in detti altri casi, potrebbe creare incertezze circa la competenza giurisdizionale, incertezze ohe la Convenzione ha precisamente 10 scopo di ridurre. 18. -Ques~a incertezza non esiste, invece, per la generalit dei contratti, qualora si prenda unicamente in considerazione l'obbligazione pattuita .mediante il contratto e della quale si persegte in giudizio l'adempimento. Infatti il luogo in cui questa dev'essere adempiuta costi. tuisce normalmente il luogo di collegamento pi immediato fra la lite e il giudice competente, collegamento ohe ha indotto a slicazione della' "' direttiva in modo stlJificientemente chiaro e preciso, affinch, qualora la direttiva miri ad attribuire dei diritti ai singoli, i destinatari siano posti in grado di conoscere la piena portata dei loro diritti ed eventualmente di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali. ' 8. -In base a tali premesse occorre esaminare se la normativa italiana garantisca la corretta attuazione della disciplina relativa agli alimenti per animali prescritta dalle direttive. nn. 74/63 e 80/502. 9. -Le direttive di cui trattasi mirano a limitare la quantit di sostanze e di prodotti indesiderabili negli alimenti per animali, ohe possono nuocere, come esposto nel terzo punto del preambolo della direttiva n. 74/63, alla salute animale o, per la loro presenza nei prodotti an~mali, alla salute umana . Per realizzare tale scopo la direttiva numero 80/502 ha ritenuto opportuno p["ecisare la propria sfera di applicazione mediante le definizioni di cui si addebita alla Repubblica italiana la mancata riproduzione testuale nella sua normativa. .. . ,. ............:......:.......'......'.'...",-.-.,rr..,rr..,r.,...,.,.:..,,,...,,.,......,,.,,.' .. 294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 10. -Per stabilire se sia provato l'inadempimento da parte della Repubblica italiana, si deve valutare se il fatto che le definizioni contenute nella direttiva n. 80/502 non si ritrovino testualmente nella normativa italiana vigente possa pregiudicare la corretta attuazione della disciplina stabilita dalle direttive di cui trattasi. 11. -In proposito, innanzitutto va constatato che la Commissione non sostiene che la mancata riproduzione testuale d~lle definizioni abbia comportato la minima ripercussione sul~a realizzazione dello scopo perseguito e sulla disciplina che con le direttive si mirava ad introdurre . circa le .quantit massime di sostanze e di prodotti indesiderabili negli alimenti per animali, poich essa ha ammesso all'udienza che non vi sono state dlfficolt d'ordine pratico. 12. -Mancando un'incidenza pratica effettivamente constatata dalla Commfasione, occorre esaminare se, almeno dal punto di vista teorico, sia possibile una ripercussione sfavorevole. 13. -Per quanto attiene alla delimitazione della sfera di applicazione della normativa, la direttiva definisce la nozione di animali nel senso che essa comprende gli animali appartenenti a specie normalmente detenute e nutrite o consumate dall'uomo, mentre la legge italiana 15 febbraio 1963 dichiara di applicarsi agli animali .d'allevamento. Secondo il senso comune delle parole, non vi motivo di distinguere fra un animale allevato dall'uomo e un animale-nutrito e detenuto dal- l'uomo, sia o no destinato alla consumazione. Dato che la nozione nella normativa italiana coincide quindi con quella della direttiva, non vi sono elementi di fatto atti a corroborare la censura formulata dalla Commission. 14. -Per quanto attiene alla mancata definizione della nozione di animale familiare nella normativa italiana, va anche constatato che, almeno nell'accezione corrente e non tecnica, il termine animale familiare inteso nel senso che esso si applica ad un animale allevato dal- l'uomo, di modo che si deve ritenere che rientra nella nozione di animale di allevamento ai sensi della legge italiana. Anche la direttiva lo classifica in una categoria a parte in quanto animale nutrito dall'uomo, ma non consumato da lui, tuttavia questa distinzione priva di conse guenze pratiche, visto che la Commissione non :ha nemmeno sostenuto che questa sottocategoria sia soggetta ad una disciplina particolare. Certo, l'art. 2 della direttiva della Commissione 1 dicembre 1976, n. 76/934, che mdifica l'allegato della direttiva n. 74/63 (G.U. n. L. 364, pag. 20), nel fissare in 15 mg/kg la quantit massima di nitrito di sodio che pu I i ! ! ! 1 I I f ...:....:..........I'.. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALB essere contenuta negli alimenti completi, esenta da questo limite gli alimenti destinati agli animali domestici ad eocezione di uccelli e pesci di aoquario. Tuttavia, trattandosi di m;ia deroga ohe comporta la possibilit di tollerare nell'alimentazione di taluni animali quantit diverse di sostanze nocive, non si pu censurare uno Stato membro per non aver fatto uso di questa possibilit! Dato che la mancanza di una definizione specifica per questa categoria di animali non pu quindi impedire l'attuazione della direttiva, la Corte pu-solo dichiarare l'infondatezza dell'addebito. 15. -Quanto alla nozione di alimenti composti per animali, definiti dalla direttiva n. 80/502 come le sostanze organiche o inorganiche in miscela, comprendenti o no additivi, destinate alla nutrizione animale per via orale sotto forma di alimenti completi o di alimenti complementari , si deve osservare che la legge italiana non intende espressamente con questa espressione i soli preparati ottenuti associando in modo adeguato due o pi alimenti per animali, ma disciplina anche l'uso di alimenti di origine minerale, di alimenti contenenti additivi, integrativi sanitari o principi attivi. Poich la Commissione non ha dimostrato in qual modo la sfera di applicazione cos delimitata dal capitolo I della legge italiana 15 febbraio 1983 si distingua da quella della normativa comunitruria, come determinata dalla definizione contenuta nella direttiva n. 80/502, la Corte non pu ammettere che l'inadempimento possa consistere in una semplice differenza terminologica che, a suo avviso, non pu incidere sull'attuazione degli obblighi scaturenti dalla disciplina comunitaria. Di conseguenza, neanche la terza censura foooata. 16. -Il ricorso dev'essere respinto per intero. (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 5a sez., 11 giugno 1987, nella causa 14/86 -Domanda di 'pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Sal in procedimento penale contro ignoti. Interv.: Governo italiano (avv. Stato Ferri) e Commissione della C.E. (ag. Traversa). Comunit Europee -Domanda di pronuncia pregiudiziale -Organo giurisdizionale Funzioni del Pretore. (Trattato CEE, art. 177). Comunit Europee . Domanda di pronuncia pregiudiziale Momento della sua proposizione Valutazione del giudice a quo . (Trattato CEE, art. 177). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 296 Comunit Europee -Ravvicinamento delle legislazioni Tutela dell'ambiente -Obblighi previsti in una direttiva -Conseguenze per i privati. (Direttiva CEE del Consiglio 18 luglio 1978, n. 78/659). La .Corte competente a pronunciarsi sulla domanda pregiudiziale proposta da un organo giurisdizionale (nella spede il Pretore italiano in un procedimento penale contro ignoti) che ha agito nell'ambito generale del suo compito di dirimere, con indipendenza e conformemente al diritto, controversie demandate dalla legge alla sua competenza, anche se , talne delle funzioni che esso deve svolgere nel procedimento che ha dato luogo al rinvio pregiudiziale non rivestono carattere strettamente giurisdizionale (1). La scelta del momento in cui opportuno proporre nel caso con creto la domanda pregiudiziale a norma dell'art. 177 del Trattato CEE dipende da considerazioni di economia e di utilit processuali, che spet tano al solo giudice nazionale (2). La direttiva del Consiglio 18 luglio 1978, n. 78/659, non pu avere l'effetto, di per s ed indipendentemente da una legge interna di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o di ag gravare la responsabilit penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni (3). (omissis) 1. -Con ordinanza 13 gennaio 1986, pervenuta in cancelleria il successivo 28 gennaio, il Pretore di Sal ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 18 luglio 1978, n. 78/659, sulla qualit delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonea alla vita dei pesci (G. U. n. L 222, pagina 1). (1) Sulla legittimazione a proporre domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, cfr. la giurisprudenza annotata e citata in questa Rassegna, 1986, I, 435 (nota di CoNTII; 1983, I, 848 (nota di LAPORTA); 1982, I, 70 e 675 (nota di FERRI); 1976, I, 199; 1974, I, 354 (nota di MARZANO). (2)-Sulle facolt e s~gli obblighi del giudice nazionale, ai sensi del citato art. 177, cfr., oltre le pronunzie citate in motivazione, la giurisprudenza della Corte annotata e indicata in questa Rassegna, 1983, I, 47 (nota di LAPORTA); 1982, I, 61; 1980, I, 521 (nota di MARZANO). :M (3) Nello stesso senso la sentenza citata in motivazione 26 febbraio 1986, nella causa 15f/84, MARSHALL, e, successivamente; la sentenza 8 ottobre 1987, nella causa 80/96, KOLPINGHUIS. ! Z::-::::'.'.'.'.Z'.'.:-'.Z:::'.'.t::-:-:.-:-z-~.-:.-:1z::-:.-;.-;-:.-;.-:.-;.-:-::-:Z'.::..:;..:..:.........o:t..'......".'.'.................:...... ...........................H ............................... , ., ,. ...... .. ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 297 2. -Dett questioni sono state sollevate nell'ambito di un procedimento penale instaurato contro ignoti per taluni delitti e talune contravvenzioni contemplati da varie disposizioni di Legge in materia di tutela delle acque. 3. -Detto procedimento penale trae origine da un esposto presentato da un'associazione di pescatori a seguito di morie di pesci nel fiume Chiese, ohe sarebbero dovute essenzialmente ai numerosi sbarramenti costruiti per usi idroelettrici ed a scopo d'irrigazione, ohe provoherebbeto forti ed improvvise variazioni della portata del fiume. In precedenza, altre associazioni di pescatori avevano denunciato i medesimi fatti nonch scarichi di sostanze nocive nello stesso fiume, ma i loro esposti erano stati arohiviati. 4. -Il Pretore di Sal, nell'ambito dell'istruttoria penale da lui aperta, ha ritenuto necessario sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: L Se l'attuale assetto normativo della Repubblica italiana in materia di tutela delle acque dall'inquinamento sia adeguato ai principi e agli obiettivi di qualit stabiliti dalla direttiva 78/659/CEE del 18 luglio 1978 sulla qualit delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci; 2. Se gli obiettivi di qualit cos come stabiliti dalla direttiva non presuppongano la globalit della gestione delle acque e cio la garanzia del regime di deflusso e di quantit e quindi la nec~ssit di norme riferite a bacini o corsi d'acqua, atte alla protezione della costanza del flusso in rapporto alla conservazione della quantit minima di acqua indispensabile per lo sviluppo delle specie ittiche . 5. -Per quanto riguarda gli antefatti, lo svolgimento del procedimento e le osservazioni presentate dal Governo italiano e dalla ~ommissione, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Detti elementi del fascicoio sono menzionati in prosieguo solo nella misura necessaria per spiegare il ragionamento della Corte. 6. -. Il Governo italiano, senza eocepire ~spressamente l'incompetenza della Corte a risolvere le questioni sottopostde, attira l'attenzione della stessa sulla natura delle funzioni svolte nel caso di specie dal Pretore, che sono, al tempo stesso, funzioni di Pubblico Ministero e di giudice istruttore: il Pretore svolge le indagini preliminari in qualit di ) Pubblico Ministero, e, in caso di esito negativo, emette il decreto di ar 298 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA OElJ..O STATO chiviazione in sostituzione del giudice istruttore; detto decreto non costituisce un atto giurisdizionale perch non pu formare giudicato o stabilire una situazione processuale di irrevocabilit e perch non sogigetto all'obbligo della motivazione, laddove detto obbligo presritto dall'art. 111 della Costituzione italiana nel caso degli atti aventi natura giurisdizionale. 7. -Si, deve rilevare che i Pretori sono magistrati che, in un procedimento come quello che ha dato luogo alla domanda pregiudiziale .di cui trattasi, cumulano le funzioni di Pubblico Ministero e di giudice istruttore. La Corte competente a pronunziarsi sulla domanda pregiudiziale poich questa proviene da un organo giurisdizionale che ha agito nell'ambito generale del suo compito di dirimere, con indipendenza e conformemente al dir~tto, controversie demandate dalla legge alla sua cQmpetenza, anche se talune delle funzioni che egli deve svolgere nel procedimento che ha dato luogo al rinvio pregiudiziale non rivestono carattere strettamente giurisdizionale. 8. -All'udienza, il Governo italiano ha inoltre sostenuto che il rinvio pregiudiziale prema~uro poich nella fase attuale del procedimento i fatti non sono stati chiariti a sufficienza e gli eventuali responsabili non sono ancora stati individuati. 9. -La Commissione considera la domanda di pronuncia pregiudiziale irricevibile in quanto, trattandosi di un procedimento penale contro ignoti, possibile che non venga mai emessa una decisione nel merito. Perch ci accada sarebbe sufficiente che il responsabile o i responsabili non fossero mai identificati. All'udienza, la Commissione ha svolto un altro argomento a sostegno della tesi dell'incompetenza della Corte: i responsabili, qualora venissero identificati dopo la pronunzia della Corte, non avrebbero pi la possibilit di difendere dinanzi alla stessa l'interpretazione del diritto comunitario pi conforme ai loro interessi. In tal modo sarebbero violati i diritti della difesa. 10. -Si deve innanzitutto rilevare che, come la Corte ha considerato nella sentenza 10 marzo 1981 (cause riunite 36 e 71/80, Irish Creamery, Racc. pag. 735), affinch l'interpret!lzione del diritto comunitario sia utile per il giudice nazionale, necessario che sia definito l'ambito giuridico nel quale l'interpretazione richiesta deve collocarsi. In questa prospettiva, pu essere vantaggioso, a seconda delle circostanze, che i fatti della causa siano accertati e ohe i problemi di puro diritto nazio nale siano risolti al momento del rinvio alla Corte, in modo da consen .,.,.,.,.,.,......-,.,.,.,.,...,..-,-.-.--.-..,-,... - ---, -. , , , J PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE tire a questa di conoscere tutti gli elementi di fatto e di diritto che possano avere rilievo ai fini dell'interpretazione che essa deve dare del diritto comunitario. 11. -Tuttavia, come la Corte ha del pari affermato (si Yedano la citata sentenza e, da ultimo, la sentenza 20 luglio 1984, causa 72/83, Campus Oil, Racc. pag. 2727), dette considerazioni nop. limitano affatto il potere discrezionale del giudice nazionale, che i'I solo ad avere conoscenza diretta dei fatti della causa e degli argomenti delle parti, il quale deve assumere la responsabilit dell'emana~da sentenza e quindi colui che meglio di ogni altro pu giud'icare in quale fase del procedimento gli occorra la pronunzia pregiudiziale della Corte. La scelta del momento in cui opportuno proporre nel caso concreto la domanda pregiudiziale a norma dell'art. 177 dipende pertanto da CO:tJ.siderazioni di economia e di utilit processuali che spettano al solo giudice nazionale, non alla Corte. 12. -Si deve altres rilevare che, .secondo la costante giurisprudenza della Corte, l'efficacia vincolante che le sentenze pregiudiziali hanno nei confronti dei giudici nazionali non osta a ohe il giudice nazionale destinatario di una siffatta sentenza si rivolga nuovamente alla Corte qualora lo ritenga necessario per la decisione della causa principale. Il nuovo rinvio pu essere giusttficato qualora il giudice nazionale si trovi di fronte a difficolt di comprensione o di applicazione della sentenza, qualora egli sottoponga alla Corte una nuova questione di diritto, oppure qualora egli le sottoponga nuovi elementi di valutazione che possano indurla a risolvere diversamente una questione gi sollevata (vedasi, da ultimo, l'ordinanza 5 marzo 1986, causa 69/85, Wilnsche, non ancora pubblicata). 13. -Ne consegue che, qualora degli iII11putati venissero identificati successivamente alla domanda pregiudiziale, e qualora si verificasse una delle condizioni suddette, il giudice nazionale potr rivolgersi nuovamente alla Corte, garantendo in tal modo il rispetto dei diritti della difesa. 14. -Si devono pertanto respingere le obiezioni formulate, nel caso di specie, dalla Commissione e dal Governo italiano a proposito della com~etenza della Corte. Sulla prima questione. 15. -Secondo la costante giurisprudenza della Corte, questa, nell'ambito dell'applicazione dell'art. 177 del Trattato CEE, non compe 300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA -DELLO STATO 300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA -DELLO STATO -~ :-: tente a statuire sulla compatibilit di una norma nazionale con il diritto comunitario (vedasi, da ultimo, la sentenza 9 ottobre 1984, cause riunite 91 e 127/83, Heineken, Racc. pag. 3435). 16. -:B vero che la Corte pu, tenendo conto dei dati forniti dal giudice nazionale, ricavare dal testo delle questioni da questo formulate gli elementi attinenti all'interpretazione del diritto comunitario onde consentire a detto giudice di risolvere il problema giuridico sottopostogli. Nel caso presente, per, date la genericit della questione e la mancanza di elementi concreti che consentano di determinare i dubbi del giu_ dice del rinvio, la Corte si trova nell'impossibilit di risolvere la questione sottopostale. Sulla seconda questione. 17. -Secondo l'ordinanza di rinvio del giudice nazionale, la normativa comunitaria riguarda le questioni penali dinanzi ad esso sollevate sia per il carattere di premessa essenziale per i criteri di indagine, sia per l'importanza determinante ai fini dei presupposti della normativa penale vigente, oltre che per le innegabili prospettive di a1largamento della sfera di tutela penale che dalla direttiva possono derivare . 18. -Il giudice nazionale, quindi, mira in sostanza a stabilire se la direttiva n. 78/659 possa avere, di per s ed indipendentemente dalla legge interna di uno Stato, l'effetto di determinare o di -aggravare la responsabilit penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni. 19. -.A questo proposito la Corte ha gi affermato, nella sentenza 26 febbraio 1986 (causa 152/84, Marshall, non ancora pubblicata), che la direttiva non pu di per s creare obblighi a carico di un singolo e_ che una disposizione di una direttiva non pu quindi essere fatta valere, in quanto tale, nei confronti dello stesso. Da una direttiva non trasposta nell'ordinamento giuridico interno di uno Stato membro non possono pertanto derivare obblighi per dei privati n nei confron~i di altri privati n, a maggior ragione, nei confronti dello Stato. 20. -Di conseguenza, la seconda questione va risolta nel senso che la direttiva del Consiglio 18 luglio 1978, n. 78/659, non pu avere l'ef-fetta, di per s ed indipendentemente da una legge interna di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o di aggravare la responsabilit penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni. (omissis) PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 301 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Sed. plen., 16 giugno 1987, nella causa 225/85 -Pres. f.f. Galmot -Avv. Gen. Lenz Commissione delle C.E. (ag. Traversa) c. Repubblica italiana (avv. Stato Fiumara). Comunif Europee -Libera circolazione dei lavoratori -Violazione del principio di non discriminazione in ragione della cittadinanza -Ricercatori del CNR -Disparit di trattamento in relazione alle condizioni di impiego e di lavoro. (Trattato CEE, art. 48; regolamento CEE del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 7 legge 20 marzo 1975, n. 70, artt. 5 e 36). La Repubblica italiana, riservando ai ricercatori cittadini di altri Stati membri in servizio presso il Consiglio nazionale delle ricerche, per quanto riguarda le condizioni di impiego e di lavoro, un trattamento discriminatorio rispetto a quello dei ricercatori di cittadinanza italiana nello stesso Consiglio nazionale delle ricerche, . venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 48 del Trattato CEE e dall'art. 7, nn. 1 e 4, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1978, n. 1612 (1). (omissis) i. -Con atto depositato nella cancelleria della Corte l 23 luglio 1985, la Commissione della Comunit Europea ha proposto, in base all'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichiarare che la Repubblica italiana, riservando ai riceroatori cittadini di altri Stati membri in servizio presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (in prosieguo . CNR), per quanto riguarda le condizioni d'impiego e di lavoro, un trattamento discriminatorio rispetto a quello dei ricercatori di cittadinanza italiana del medesimo CNR, venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 48 del Trattato CEE e dall'art. 7, nn. 1 e 4, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit (G. U. n. L. 257, pag. 2). (1) In corso di causa era intervenuta la legge 17 febbraio 1987, n. 87, che aveva consentito l'inquadramento nei ruoli del CNR del personale a contratto al tempo dell'entrata in vigore della legge 20 marzo 1975, n. 70, di cittadinanza straniera. La Commissione, invitata dal Governo italiano a recedere dal ricorso essendo venuta nella specie a cessare sostanzialmente la materia del contendere, aveva ritenuto l'intervento legislativo non del tutto soddisfacente, con riferimento alla decorrenza di determinati effetti, mostrando peraltro un ben pi rilevante interesse ad una pronuncia sulla questione di principio. E la Corte, implicitamente confermando iI suo indirizzo secondo cui l'oggetto del ricorso proposto a norma dell'art. 169 del Trattato determinato dal parere motivato della Commissione (per cui anche qualora l'inadempimento sia stato sanato dopo il termine stabilito a norma del 2 co. di detto articolo vi pu essere un interesse alla prosecuzione del ricorso: cfr. la sentenza 7 febbraio 1973, nella causa .-..::-r::::;::zz::z-:::.-:'Z".t::-:.-:'.Z:'.'Z'.".'.:-:-:-:-:-:-:-z-:'.'.'.'.'.'.:'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.:-:-:~-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:::.:::.;:-:: .-:::-:::-:::::-:<:<:::z-::z-:-:.-:-:-:-::-::::-: ....-:-:-:::'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.".'.'.'.'.'.'.:'."'-...::-:::-::;:>z:.-:-:-:-:-:zz:-:-:-:-...:-:'.'.'.ZZ:-'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'. 302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ili -'; 2. -La legge italiana 20 marzo 1975, n. 70 (G.U.R.I. n. 87 del 2 aprile 1975) dispne, nell'art. 36, terzo comma, che il personale a contratto f in servizio presso il CNR alla data di entrata in vigore della stessa legge w, (3 aprile 1975) dev'essere inquadrato nei ruoli organici purch possieda t:: i titoli e i requisiti prescritti e, nell'art. 36, quarto comma, che, in caso di mancanza di posti nei ruoli organici, il suddetto personale a contratto dev'essere trattenutp in servizio a tempo indeterminato e con il trattamento contemplato per la corrispondente qualifica di ruolo. In entrambi i casi il servizio precedente valutato ai fini degli aumenti periodici di stipendio . 3. -Inoltre, nell'art. 5, terzo comma, la stessa legge rinvia alle norme di legge vigenti nell'amministrazione dello Stato sui requisiti ~ di'assunzione . Fra dette norme rientrano quelle del Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato . I ~ (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; G.U.R.J., Supplemento ordinario al n. 22 ~ del 25 gennaiO 1957) il qui;tle, nell'art. 2, stabilisce che possono accedere agli impieghi civili dello Stato coloro che posseggono i seguenti requi Jr siti generali: 1) cittadinanza italiana... . I l 4. -La Commissione, considerando ch, per quanto riguarda i rif: cercatori candidati all'immissione in ruolo (o, qualora questa sia mo i mentaneamente impossibile, al trattenimento in servizio a tempo indel f I ~ terminato), il predetto requisito di cittadinanza in contrasto con l'ar ticolo 48 del Trattato CEE e col regolamento n. 1612/68, ha proposto il presente ricorso per inadempimento nei confronti della Repubblica l italiana. ! 5. -Per una pi ampia esposizione dei fatti, del procedimento e dei l ' mezzi e degli argomenti delle parti si rinvia alla relazione d'udie:iza. Detti elementi del fascicolo sono riprodotti in prosieguo solo se necesI sario a spiegare il ragionamento della Corte. 39/72, COMMISSIONE c. ITALIA, in Racc., 111, e, poi, la sentenza 17 giugno 1987, nella causa 154/85, COMMISSIONE c. ITALIA), non ha tenuto conto della legge sopravvenuta, pronunciando la sentenza di condanna. Quanto al merito della questione, da sottolineare che la Corte, confer mando il tono di precedenti pronunzie (citate in motivazione, cui adde la sentenza 3 giugno 1986, nella causa 307/84, COMMISSIONE c. FRANCIA), ha anche ricordato la possibilit (da parte di uno Stato membro) di escludere i citta dini di altri Stati membri da determinate promozioni o da determinati tratta menti, -al fine di consentire la loro esclusione da posizioni direttive che impli chino esercizio di pubblici poteri senza estendere al di l dello stretto necessario il senso e la portata dell'art. 48 n. 4 del Trattato CEE. PARTE ,I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 303 6. -L'oggetto della prima questione sollevata dal ricorso se i posti di ricercatore presso il CNR debbano essere cons1der_ati impieghi nella pubblica amministrazione, ai quali, in forza dell'art. 48, n. 4, del Trattato, non si applica il divieto di discriminazione sancito dallo stesso articolo nel n. 2. 7. -A questo proposito si deve ricordare che l'art. 48, n. 4, in quanto prescrive _una-deroga al principio fondamentale della libera circolazione e della parit di trattamento dei lavoratori comunitari, deve ricevere una interpretazione che ne limiti la portata a quanto strettamente necessa: do per salvaguardare gli interessi che esso consente agli Stati membri di tutelare. 8. -Come la Corte ha ricordato, da ultimo nella sentenza 3 luglio 1986 (causa 66/85, Lawrie-Blum, non ancora pubblicata), l'accesso a taluni posti non pu essere limitato per il fatto che in un determinato Stato membro le persone nominate a detti posti hanno lo status di pubblici dipendenti. Infatti, se l'applicazione dell'art. 48, n. 4, fosse subordinata alla natura giuridica del rapporto esistente tra il lavoratore e l'amministrazione, gli Stati membri avrebbero la possibilit _di determinare, a loro piacimento, i posti ohe rientrano nella suddetta disposiziCllile derogatoria. 9. -Si deve rilevare cihe nella fattispecie non ricorrono i presupposti, precisati dalla giurisprudenza della Corte e segnatamente nella sentenza 17 dicembre 1980 (causa 149/79, Commissione c/ Belgio, Racc. pag. 3881), in base ai quali un determinato posto dev'essere considerato impiego nella pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 48, n. 4, del Trattato. Infatti, il semplice rinvio ai compiti generali del CNR e l'enumerazione delle mansioni svolte da tutti i ricercatori OCCU!pati presso l'ente suddetto non possono dimostrare ohe i ricercatori s'ono incaricati dell'esercizio di pubblici poteri o sono responsabili della tutela degli interessi generali dello Stato. Soltanto dei posti comportanti funzioni dir.ettive o di con~;ulenza dello Stato su questioni scientifiche e tecniche potrebbero essere qualificati impieghi nell'amministrazione pubblica ai sensi dell'art. 48, n. 4; del Trattato, ma non stato dimostrato che dette funzioni siano esercitate dai ricercatori del CNR. 10. -Per quanto riguarda l'argomento del Governo italiano secondo cui, qualora i ricercatori stranieri fossero inquadrati nei ruoli orgamc1 del CNR, non sarebbe possibile impedire loro di accedere, per prnmozione, ai posti della carriera direttiva di detto ente, sufficiente rile RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO vare che il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di riservare ai propri cittadin, nell'ambito di una determinata carriera, i posti che implichino la partecipazione all'esercizio dei pubblici poteri o alla tutela degli interessi generali dello Stato. Tuttavia, come la Corte ha gi considerato nella precitata sentenza 17 dicembre 1980, la possibilit di escludere i cittadini di altri Stati membri da determinate promozioni o da determinati trattamenti non pu avere l'effetto di escluderli, in generale, da posti che non rientrano nella nozione di pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 48, n. 4, del Trattato. 11. -Inoltre, come la Corte ha affermato nella sentenza 12 febbraio 1974 (causa 152/73, Sotgiu, Racc. pag. 153), anche qualora si tratti di impieghi nella pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 48, n. 4, del Trattato, questa disposizione non pu giustificare discriminazioni in materia di retribuzione o di altre condizioni di lavoro nei confronti dei lavoratori, cittadini di altri Stati membri, gi entrati al servizio dell'amministrazione. 12. -Occorre pertanto stabilire se la disapprovazione delle succitate disposizioni della legge n. 70 determini una discriminazione vietata dall'art. 48, n. 2, del Trattato e dall'art. 7, nn. 1 e 4, del regolamento n. 1612/68 13. -A questo proposito si deve osservare che i ricercatori cittadini di altri Stati membri sono discriminati, rispetto ai ricercatori italiani, segnatamente sotto il profilo della stabilit del rapporto di lavoro, giacch essi sono trattenuti in servizio presso il CNR in base a contratti a termine e non vi alcuna garanzia che detti contratti vengano rinnovati. Si deve inoltre rilevare che la mancanza di carriera per i ricercatori ~ittadini di altri Stati membri comporta l'impossibillt di avanzamento nel grado nonch conseguenze per quanto riguarda la retribuzione e la pensione. Pertanto, i suddetti ricercatori non fruiscono di un regime comportante vantaggi e garanzie equivalenti a quelli inerenti allo status riservato ai cittadini nazionali. 14. -Di conseguenza, si deve concludere che la Repubblica italiana, riservando ai ricercatori C!ittadini di altri Stati membri in servizio presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, per quanto riguarda le condizioni d'impiego e di lavoro, un trattamento discriminatorio rispetto a quello dei ricercatori di cittadinanza italiana dello stesso Consiglio Nazionale delle Ricerche, venuta meno agli obbliighi impostile dall'art. 48 del Trattato CEE e dall'art. 7, nn. 1 e 4, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1978, n. 1612. (omiss.4) I I 1 I I I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 305 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 4a sez., 1 luglio 1987, nella causa 216/86 -Pres. Kakouris -Avv. Gen. Dermon Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione italiana nella causa Antonini c. Prefetto di Milano -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Prozzillo). Comunit Europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nef settore delle carni suine e nel settore delle carni bovine Prezzi massimi di vendita all'ingrosso -Incompetenza degli Stati membri. '(Regolamenti CEE del Consiglio 13 giugno 1967, n. 121, e 27 giugno 1968, n. 805; decreto legge 24 luglio 1973, n. 427, conv. in legge 4 agosto 1973, n. 496, art. 2). I regolamenti del Consiglio nn. 121/67 e 805/68, relativi all'organizzazione comune di mercati nel settore delle carni suine e, rispettivamente, nel settore delle carni bovine, devono essere interpretati nel senso che essi vietano agli St.ati membri di istituire, e di continuare ad applicare, un regime nazionale di blocco dei prezzi che si applichi nella fase della vendita all'ingrosso dei prodotti rientranti nell'organizzazione comune dei mercati istituita dai due precedenti regolamenti. Ci vale anche qualora l'applicazione del regime nazionale sia limitata nel tempo ed esso contenga una clausola di revisione intesa ad adeguare i prezzi bloccati a quelli stabiliti in forza dei regolamenti comunitari (1). (1) In precedenza la Corte di cassazione aveva ritenuto che le disposizioni del d.l. 24 luglio 1973, n. 427 (convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 1973, n. 496), sul cosiddetto blocco temporaneo dei prezzi dei beni di largo consumo, non si pongono in contrasto, nemmeno per la parte riguardante il commercio all'ingrosso, con le norme del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 e dei regolameti CEE, n, in particolare, con quelle dei regolamenti n. 121 del 1967 e n. 805 del 1968 in materia di carni suine bovine, considerando che queste norme escludon il potere di intervento dei singoli Stati membri sulla determinazione dei prezzi interni non in via assoluta, ma solo in rapporto ad una potenziale incidenza negativa sugli obiettivi e sul funzionamento della organizzazione comune dei mercati e del regime comune dei prezzi, e che tale incidenza negativa non ravvisabile con riferimento alle citate disposizioni, data la brevit del blocco, la sua correlazione a prezzi originariamente formatisi secondo le libere leggi di mercato, la possibilit di correttivi a partire dalla scadenza di un trimestre, l'espressa salvezza dei prezzi comunitari per gli scambi fra paesi membri o con paesi terzi (artt. 1, 2 e 5 del predetto decreto): cos Cass. 20 aprile 1985, n. 2609, e, prima, Cass. 9 novembre 1982, n. 6704 e 6705, in questa Rassegna, 1983, I, 55, e Cass. 15 novembre 1979, n. 5946, ibidem, 1980, I, 43. Successivamente, a fronte di persistenti perplessit in relazione al potere degli Stati membri di legiferare in tema di prezzi all'ingrosso in settori oggetto di organizzazione comune di mercato, la Corte di cassazione ha ritenuto opportuno adire la Corte di giustizia ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE. E la Corte comunitaria, chiarendo ulteriormente il senso delle sue precedenti pronunzie -.-....-.-,..-.-.-...-.-.-.-..-:...-::.:..!:...-...-.......... ..... ............:..::.:.....................:-:-:'.'.::;.: 306 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO (0711issis) 1. -Con ordinanza 14 febbraio 1986, pervenuta in cancel! eria il 7 agosto successivo, la Corte Suprema .di Cassazione ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 de.I Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertehte su11'.interpretazione del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 121, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore'delle carni suine (G.U. 1967, pag, 2283), e del regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, .relativo all'organizzazione comune dei mercati nd settore delle carni bovine (G.U. n. L. 148, pag. 24). 2. -Detta questione stata sollevata a seguito dell'opposizione proposta dal sig. Francesco Antonini, commerciante all'ingrosso di carni avverso l'ordinanza con cui H Prefetto di Milano gli ha inflitto un'ammenda per infrazione della normativa italiana sul blocco dei prezzi, contenuta, all'epoca dei fatti di causa, nel decreto legge 24 luglio 1973, n. 427 (G.U. della Repubblica itaHana del 24 luglio 1973, n. 189), convertito in legge 4 agosto 1973, n. 496 (G.U. della Repubblica italiana del 22 agosto 1973, n. 216). 3. -Il Pretore di Milano,~adito con l'opposizione, la respingeva considerando provata l'infrazione deHa normativa sul blocco dei prezzi e ritenendo detta normativa compatibile coi regolamenti comunitari in materia di organizzazione comune dei mercati. Nel ricorso per cassazione sU10Cessivamente proposto, l'Antonini sosteneva che a torto il Pretore aveva omesso di esaminare se, con riguardo alle vendite di carni all'in( sullo sviluppo della giurisprudenza della Corte in materia, cfi. la nota fn questa Rassegna, 1980, I, 41; adde la sentenza 5 giugno 1985, nella causa 116/84, ROF.LSTRAETE), ha praticamente chiuso la questione: le norme sul blocco dei prezzi di cui al dl. 427/73 tperaltro di efficacia limitata ad un tempo ormai lontano) contrastano con la normativa comunitaria per quanto riguarda il com mercio all'ingrosso e non possono essere applicate. Resta fermo invece il potere degli Stati membri di fissare prezzi al minuto, nei limiti indicati dalla precedente giurisprudenza della Corte sopra richiamata. A tal proposito si segnala la pi recente sentenza della Corte in materia, 2 luglio 1987, nella causa 188/86, LEFEVRE, con la quale stato dichiarato che la nor mativa nazionale (nella specie francese) di controllo dei prezzi al minuto della carne bovina che imponga ai dettaglianti di non vendere la merce ai consuma tori ad un prezzo superiore a quello d'acquisto pi un margine di utile fisso nonch le spese di trasporto calcolate a forfait, costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa in contrasto con l'art. 30 del Trattato CEE nonch con l'art. 22 del reg. del Consiglio 805/68, recante organizzazione comune nel settore della carne bovina, qualora il margine fisso e l'importo delle spese di trasporto a forfait non tengano adeguatamente conto delle spese d'im portazione effettivamente sostenute dai dettaglianti; ed incompatibile con detto regolamento qualora le spese di trasporto siano fissate a forfait in un modo che insufficiente per coprire le spese di rifornimento sul mercato nazio nale effettivamente sostenute dai dettaglianti e che danneggia quindi la rete di distribuzione delle carni bovine in determinate regioni . PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INmRNAZIONALE 307 grosso, sussistesse il potere normativo del legislatore nazionale, dato che i prezzi delle carni bovine e suine costituiscono oggetto di regolamenti comtmitari. 4. -Nell'oroinanza di rinvio la Corte di Cassazione osserva che, secondo la giurisprUldenza della Corte, qualsiasi intervento degli Stati membri nel processo di formaiione dei prezzi di vendita all'ingrosso escluso nei settori disciplinati da un'organizzazione comune dei mercati basata su un regime comune dei prezzi. Per contro, gli Stati membri sarebbero liberi di disdiplinare i prezzi di vendita nella fase del commercio al minuto, purch i loro provvedimenti non siano idonei a mettere in pericolo gli obiettivi ed i'l funzionamento dell'orgainizzazione comune dei mercati. Tuttarvia, la Corte di Cassazione ritiene che talune sentenze della Corte, in particolare le sentenze 26 febbraio 1976 (causa 65/75, Tasca, Racc. 1976, pag. 291, e cause riunite 88-90/75, Sadam, Racc. 1976, pag. 323) sembrano piuttosto inidliicare che il problema dei ra.pporti fra le norme nazionali in materia di prezzi e i regolamenti agricoli comunitari debba .in ogni caso esser risolto in termini di compatibilit tra le due normative. Infatti, sembrerebbe ohe con dette sentenze la Corte di giustizia abbia voluto superare la distinzione tra vendita all'ingrosso e vendita al minuto, sottolineando che vi era un problema di compatibilit fra norme comunitarie e norme nazionali sui prezzi indipendentemente dalla fase commerciale considerata . 5. -Per poter risolvere tale difficolt d'interpretazione della giu-_ rispruderiz della Corte di giustizia, H giudice nazionale ha sospeso il procedimento per sottoporre alla stessa Corte la seguente questione pregiudiziale: Se la disciiplina risultante dai regolamenti comunitari 13 giugno 1967, n. 121, e 27 giugno 1%8, n. 805, relativi rispettivamente all'organizzazione comune dei mercati nei settori delle carni_ suine e bovine, impedisca allo Stato membro di emanare -per la vendita all'ingrosso delle carni suddette -una normativa la quale non soltanto si limiti a vietare per un periodo determinato. gli aumenti dei prezzi liberamente formatisi ad una certa data, ma contenga anche una clausola che prevede, con apposito procedimento amministrativo, l'adeguamento medio t.empor:e dei prezzii bloccati a quelli formatisi secondo la normativa e prezzi comunitari. 6. -Si deve rico:r:dare che, secondo la costante giurisprudenza della _Corte, come riassunta nella sentenza 17 gennaio 1980 (caus riunite 95 e 96/79, Kefer e Delmelle, Raoc. 1980, pag. 103), i regolamenti nn. 121/67 e 805/68 istituiscono organizzazioni comuni dei mercati in cui ha prima9 ria importanza il regime unico da applicarsi nelle fasi della produzione e del commercio all'iingrosso e che, pertanto, gli Stati membri non poss<>-' no pi intervenire con disposizioni nazionali, adottate unilateralmente, nel congegno di formazione dei prezzi, qual determinato dal regime comune. Secondo la stessa giurisprudenza, le disposizioni di un regolamento agricolo comunitario comportanti un regime di prezzi che si applichi nelle fasi della produzione e del commercio all'ingrosso lasciano intatto il potere degli Stati mem:bri -salve restando altre disposizdoni del Trattato -di adottare gli opportuni provvedimenti in fatto di formazione dlei prezzi nelle fasi del co'mmerco al minuto e del consumo,. purch detti provvedimenti non mettano ilil pericolo gH scopi o il funzionamento dell'organizzazione comune dei mercati, in particolare del suo regime dei prezzi. 7. -Di conseguenza, la normativa nazionale intesa a promuovere o a favorire il blocco dei prezzi nella fase della produzione o del commercio all'ingrosso, vietando l'aumento dei prezzi per un periodo determinato, si situa, di per se stessa, al di fuori dell'ambito delle competenze riservate agli Stati membri qualora i prodotti ai quali essa si applica rientrino nell'organizzazione comune dei mercati nei settori delle carni suine e delle carni bovine. 8. -Come il giudice nazionale osserva giustamente, vero che le sentenze della Corte 26 febbraio 1976 (Tassa e Sadam sopra citate) dichiarano che la fissazione unilaterale, da parte di uno 'Stato membro, di prezzi massimi per un prodotto rientrante in UIIl'organizzazione comune dei mercati incompatibile col regolamento base indipendentemente dalla fase commerciale considerata, qualra metta in pericolo gli scopi o il funzionamento dell'organizzazione comune, ilil particolare del suo regime dei prezzi. Tuttavia, si deve rilevare che nelle suddette cause n le questioni pregiudiziali formulate dal giudice nazionale n il testo delle disposizioni nazionali di cui si trattava consentivano di fare distinzioni a seconda delle varie fasi commerciali. Pertanto il fatto che nelle citate sentenze non si faccia, nel giudizio sulla compatibilit col diritto comunitario di norme nazionali sulla 'formazione dei prezzi, una distinzione fra le varie fasi commerciali, non pu essere interpretato come modifica di una giurisprudenza che, peraltro, appare C'Ostante. 9. -Dalle considerazioni precedenti emerge che per effetto dei regolamenti nn. 121/67 e 805/68 gli Stati membri non erano pi competenti ad adottare, o a continuare ad ai;>plicare, una normativa che vietasse l'aumento dei prezzi di vendita all'ingrosso di carni suine e bovine. ;: ! f f ~ E . PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 10. -Dato che per i prezzi di vendita all'ingrosso di carni suine e bovine la Comunit gode di una competenza normativa esclusiva che osta a qualsiasi intervento di uno Stato membro, non necessario esaminare se una normativa nazionale in materia metta o no in pericolo gli scopi o il funzionamento dell'organizzazione comune nei settori .considerati; tuttavia tale esame necessario qualora i provvedimenti nazionali. riguardino i prezzi al minutO' o al consumo, e . si collochino cos in un settore che non rientra nella competenza esclusiva della Comunit. 11. -H giudice nazionale chiede anche se debba essere diverso il giudizio sulla compatibilit, col diritto comunitario, di una normativa nazionale. sul .blooco dei prezzi per la vendita all'ingrosso delle carni suine e bovine qualora detta normativa contenga u.na clausola di revisione che miri per l'appunto ad adeguare i prezzi, bloccati a quelli stabiliti in forza dei regolamenti comunitari. Da quanto sopra esposto consegue che tale questione dev'essere risolta negativamente, poich la clausola cui si riferisce il giudice nazionale non pu giustificare l'intervento di uno Stato membro in un settore di competenza esclusiva della Comunit. 12. -La questione pregiudiziale deve, pertanto, essere risolta come segue: i regolamenti nn. 121/67 e 805/68 devono essere interpretati nel senso che essi vietano agli Stati membri di istituire, e d' continuare ad applicare, un regime nazionale di blocco dei prezzi nella fase della vendita all'ingrosso dei prodotti rientranti nell'organizzazione comune dei mercati istituita dai due predetti regolamenti. Ci vale anche quruora l'applicazione del regime nazionale sia limitata nel tempo o esso contenga una clausola di revisione intesa ad adeguarci i prezzi bloccati a quelli stabiliti in forza dei regolamenti comunitari. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Sed. plen., 8 luglio 1987, nella causa 262/85 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. g,en. Da CruzVilaca -C.ommissione delle C. E. (ag. Berardis) c. Repubblica italiana (avv. Stato Braguglia). Comunif Europee -Ravvicinamento delle legislazioni Conservazione degli uccelli selvatici. (Direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, n. 79/409; legge 27 dicembre 1977, n. 968). La Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato CEE non adottando entro il termine prescritto le disposizioni di legge, di regolamento ed amministrative ne RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, n 79/ 409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici relativamente all'elenco degli uccelli che possono essere cacciati, alla commercializzazione degli uccelli, alle autorizzazioni regionali alla cattura e vendita degli uccelli migratori, all'uso degli uccelli migratori come richiami vivi per la caccia. Non sono fondati gli addebiti di mancata attuazione della direttiva per quanto riguarda la delimitazione dei periodi di caccia e l'uso di fucili a ripetizione e semiautomatici (1). (omissis) 1. -Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 20 agosto 1985, la Commissione del1e Comunit Europee ha proposto, a norma dell'art. 169 del Trattato OEE, un ricorso mirante a far dichiarare che la Repubblioa italiana, non avendo trasposto completament.e e correttamente nell'ordinamento giuddico interno ed entro il termine prescritto la direttiva del Consiglio 2 aiprile 1979, n. 79/409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (G. U. n. L 103, pag. 1) -in prosieguo: la direttiva -, venuta meno agli obbligl. ad essa incombenti in forza del Trattato CEE. 2. -Ai sensi dell'art. 18 della direttiva, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi a detta direttiva entro due anni dalla sua notifica. Poich la direttiva stata notificata il 6 aprile 1979, il suddetto termine scaduto il 6 aprile 1981. 3. -Dopo arver esaminato la normativa italiana in materia e ritenendo che non fosse completamente conforme alla direttiva, la Com( 1) Come altri Stati membri, anche l'Italia stata condannata dalla Corte di giustizia pr l'incompleta attuazione della direttiva uccelli selvatici . Relativamente agli addebiti contestati (terzo, quarto, quinto e sesto), la Corte ha accolto in parte le difese, sostanziali e processuali, addotte per il Governo italiano; riaffermando, a proposito del terzo addebito, ma non a proposito del sesto, la necessit della perfetta corrispondenza tra la cntestazione che la Commissione ha mosso nena fase pre-contenziosa e quella 'fatta poi oggetto del ricorso ex art. 169, 2 comma, trattato CEE. Va anche segnalato il punto 9 della motivazione, alla fine della premessa sugli obblighi generali, nel quale la Corte ribadisce il principio secondo il quale, in genere, non richiesto che le disposizioni di una direttiva siano riprese in modo formale e testuale ... (cfr., prima, la sentenza 9 aprile 1987, nella cuasa 363/85, COMMISSIONE c. ITALIA, retro, pag. 291); pur sottolineando, tuttavia, la necessit che la direttiva riceva effettivamente piena applicazione (art. 189 trattato CEE), specialmente nel caso della direttiva uccelli selvatici nel quale la gestione del patrimonio comune affidata, per il loro territorio, ai rispettivi Stati membri" I.M.B. ~ ! !f. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 311 missione dava avvio alla procedura ex art. 169 del Trattato. Dopo avere invitato la Repubblica italiana a presentare le proprie osservazioni, il 16 ottobre 1984 essa emetteva un parere motivato. Poich detto parere restava senza esito, essa proponeva il presente ricorso per inadempimento sollevando sei addebiti contro la normativa italiana in vigore. 4. -Il ricorso verte su tre disposizioni della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (G.U:R.I. n. 3 del 4 gennaio 1978), cos come modificata due volte con decreti del presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1979 (G.U.R.I. n. 1 del 2 gennaio 1980) e 4 giugno 1982 (G.U,R.I. n. 155 dell'8 giugno 1982) ~ in prosieguo: la legige. Va sottolineato in proposito che, a norma del diritto interno italiano, spetta alle regioni, nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, adottare le norme di legge ed i provvedimenti amministrativi inerenti alla caccia. 5. -Per quel che riguarda gli antefatti della controversia, le d,isposizioni della normativa italiana di cui causa, le fasi del procedimento ed i mezzi e argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono ricordati in prosieguo solo nei limiti necessari per illustrare il ragionamento della Corte. SUGLI OBBLIGHI GENERALI DERIVANTI AGLI STATI MEMBRI DALLA .DIRETTIVA 6. -Prima di esaminare i diversi addebiti mossi dalla Commissione, opportuno ricordare le disposizioni e gli obblighi contenuti nella direttiva per quel che rilevano nel caso di specie. In proposito va innenzitutto constatato che, conformemente ll'art. l, la direttiva concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmnte allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri e si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie, e ne disciplina lo sfruttamento. La direttiva rifo,ne inf~tti che l'efficace .protezione degli uccelli, ed in particolare delle specie migratrici, un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilit comuni degli Stati membri (terzo considerando). 7. -Ai fini di un regime e:fficae di protezione, la direttiva istituisce tre tipi di disposizioni. In primo luogo, la direttiva contiene divieti generali di uccidere, catturare, disturbare, detenere e commercializzare le specie di. uccelli nonch di distruggere; danneggiare o raccogliere i nidi e le uova (artt. 5 e 6, n. 1). Inoltre, l'art. 8 vieta il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto o metodo di cattura o di uccisione, in massa o non selettiva, ed in particolare a quelli elencati nell'allegato IV, lett. a), della direttiva. In secondo luogo, essa contempla deroghe ai suddetti divieti generali per quel che riguarda le specie di uccelli elencate negli allegati ,. -- -,, .--.c.-r..--.rrrr.r.--.-rr..r.rr..,...,,,,,,,,.,..,,,...,,,...,,;,...::z.z<:r.zr.r.r.r..-; 312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla direttiva. Pertanto, purch vengano stabilite e ri~ettate talune condizioni e limitazioni, il commercio pu essere autorizzato per le specie di cui all'allegato III e la caiocia per le specie di cui all'allegato II della direttiva (artt. 6, nn. 2-4, e 7). Ne consegue che per le si}ecie di ucce1li non elencate nei detti allegati, o se le condizioni e limitazfoni contemplate dagli articoli non sono rispettate, i divieti generali continuano ad essere applicati; Infine, in terzo luogo, l'art. 9 della direttiva autorizza gli Stati membri a derogare ai suddetti divieti. generali e disposizioni, ,relative, in particolare, al commercio ed alla caccia. Tuttavia, questa possibilit di deroga soggetta a tre condizioni: in primo luogo, lo Stato membro deve limitare la deroga al caso in cui non vi sia un'altra soluzione soddisfacente. In secondo luogo, la deroga deve . basarsi su almeno uno dei motivi elencati in modo limitativo all'art. 9, n. l, lett. a), b) e c). In terzo luogo, la deroga del\Te rispondere a precisi criteri di forma elencati al n. 2 di detto articolo, che hanno la finalit di limitare '1e deroghe allo stretto necessario e di permetterne il controllo da parte della Commissione. Pur autorizzando un'ampia deroga al regime gene, J:ale di protezione, il suddeto articolo dispone quindi un'applicazione concreta e puntuale per rispondere a precise esigenze e situazioni specifiche. , 8. -In quest'ambito va sottolineato che gi dall'art. 2 della direttiva, che impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli ad un olivello che corrisponda in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative, si ricava che la protezione degli uccelli deve tener conto di altre esigenze. Pertanto, l'art.' 2, pur non costituendo una deroga autonoma al regime generale di protezione, dimostra che la direttiva prende in considerazione sia la necessit di una protezione efficace degli uccelli sia ~ le esigenze della salute e della sicurezza pubblica, dell'economia, del- l'ecologia, della scienza, della c'ultura e della ricreazione. 9. -Per quel che riguarda la trasposizione in diritto interno della direttiva, va osservato che quest'ultima non richiede necessariamente che le sue disposizioni vengano r.iprese in modo formale e testuale in una norma di legge espressa e specifica, e ohe pu quindi essere suffi: dente un contesto 'giuridico generale, purch esso garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso (cfr. sentenza 23 maggio 1985, causa 29/84, Commissione e/ Repubblica federale di Germania, ancora inedita). Tuttavia, l'accuratezza della trasposizione particolarmente importante in un caso come quello di specie in cui la gestione del patrimonio comune affidata, per il loro territorio, ai rispettivi Stati membri. ".'.'.'.".Z:".".".".'.'.".::Z::...............'.....:....r.,,,r..,,,.-........,....,.............- ..,.. ................................ ᥥ-- r ' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Primo addebito: L'elenco degli uccelli che possono essere cacciati 10. -La Commissione osserva che l'art. 11 della legge menziona undici spl:!Cie di uccelli, non elencate nell'allegato II della direttiva, che possono essere coccia te. Tuttavia, a norma .dell'art. 7 della direttiva, potrebbero essere cacciate solo le specie elencate nell'allegato II. ll. -Il governo italiano non contesta la fondatezza di questo addebito. Osserva tuttavia che due delle undici specie (cio la ghiandaia e la gazza) sono state incluse nell'elenco delle specie cacciabili in ragione della loro potenziale capacit nociva. La deroga sarebbe pertanto giustificata a norma deJI'art. 9, n. 1, lett. a), terzo trattino, della direttiva. 12. -A questo proposito va constatato che l'art. 7 della direttiva autorizza gli Stati membri a disporre, a talune condizioni ed entro taluni limiti, che le specie elencate nell'allegato II della direttiva possono essere cacciate. Dal regime generale di tutela predisposto dalla direttiva si ricava che la normativa nazionale non pu estendere l'elenco delle specie cacciabili di cui all'allegato II. 13. -Per quel che riguarda l'argamento del Governo italiano basato sull'art. 9, n. l, lett. a), terzo trattino, della direttiva, va constatato che detta disposizione permette effettivamente agli Stati membri di derogare al regime generale di protezione al di l di quanto contemplato all'art. 7. Tuttavia, com' stato sopra constatato, tale deroga deve soddisfare le tre precitate condizioni dell'art. 9. 14. -In proposito, il Governo italiano non ha addotto alcun elemento che provi che la menzione della ghiandaia e della gazza nell'elenco italiano degli uccelli cacciabili fosse necessaria per evitare notevoli danni alle culture, al bestiame, alle foreste, al patrimonio ittico ed ,idrico e che non esistesse nessun'altra soluzione soddisfecente. Esso non ha neppure chiarito i motivi per cui la menzione delle suddette specie era a suo parere !;unica soluzione soddisfacente per prevenire gravi danni. Infine, la disposizione di cui causa non indica le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui la deroga pu essere adottata n i controlli che saranno effettuati. Pertanto, l'inclusione della ghian: daia e della gazza fra gli uccelli che possono essere cacciati non pu essere giustificata in forza dell'art. 9, n. l, lett. a), terzo trattino, della direttiva. 1;_ -Si deve quindi constatare la fondatezza del primo addebito. 314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo addebito: la commercializzazione degli uccelli 16. -La Commissione sostiene che l'art. 11 della legge permette la comL1ercializzazione di tutte le specie di uccelli che possono essere cacciati. Tuttavia, l'art. 6 della direttiva vieterebbe il commercio di tutti gli uccelli virvi o morti, di esemplari interi o di loro parti, ad eccezione delle specie elencate nell'allegato III della direttiva. Infine, la disciplina contenuta nell'art. 6, nn. 2-4, della direttiva non sarebbe stata riportata nella' normativa italiana. 17. -Il Governo italiano non contesta che la normativa italiana non , da questo punto di vista, completamente conforme alla direttiva. Esso osserva tuttavia che l'art. 20, lett. t), della legge, vieta la vendita delle beccacce nonch di uccelli morti di dimensioni inferiori al tor4o, fatta eccezione per gli storni, i passeri e le allodole nel periodo in cui ne consentita la caccia. 18. -Si deve ricordare in proposito che l'art. 6, n. 1 della direttiva, impone agli Stati membri di vietare in modo generale la commercializzazione di tutti gli uccelli cui si riferisce la direttiva, vivi o morti, nonch di qualsiasi parte o prodotto ottenuto dall'uccello, facilmente riconoscibili. Ai sensi, del n. 2 di detto articolo, per le sette specie elencate nell'allegato III/l, la commerdalizzazione non vietata purch gli uccelli siano stati in modo lecito uccisi o cattrati o altrimenti legittimamente acquistati. Dato che l'elenco dell'allegato III/1 riguarda soltanto sette specie di. uccelli, mentre l'elenco delle specie cacciabili nell'ambito della normativa nazionale coIIllJ?rende 72 specie di uccelli, evidente che la disposizione di cui trattasi non conforme a quanto richiesto dalla direttiva. Inoltre, la finalit protettrice della direttiva implica che essa intesa ad evitre che di tutte le specie cacciabili sia poi anche possibile la commercializzazione, a causa delle pressioni che gli interessi commerciali possono esercitare sulla caccia e, di conseguenza, sul livello della popolazione delle specie interessate. Quanto alle dieci specie menzionate nell'allegato III/2, non contestato che la normativa italiana non rispetta gli obblighi derivanti dall'art. 6, n. 3, della direttiva. 19. -Per quel che riguarda il rinvio del Governo italiano all'art. 20, lett. t), della legge, la Commissione osserva giustamente che l'art. 6, n. 1, della direttiva vieta la commercializzazione di tutte le specie di uccelli, senza eccezione per quel che riguarda le loro dimensioni. Sebbene la normativa italiana non permetta pertanto la commercializzazione di tutte le specie di uccelli cacciabili, si deve constatare che l'art. 11 non costi- j PRTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE tuisce una trasposizione completa della direttiva nemmeno in connessione con l'art. 20, lett. t), della legge. 20. -Il secondo addebito va pertanto accolto. Terz addebito: I periodi di caccia 21. -La Commissione addebita al Governo italiano di aver stabilito, all'art. 11 della legge, le date di apertura della caccia senza tener conto, cos come richiesto dall'art. 7, n. 4, della direttiva, del periodo della nidificazione, delle varie fasi della , riproduzione e della dipendenza e, per le specie migratrici, del ritorno al luogo di nidificazione. In ri!?posta al controricorso, la Commissione ha osservato che la normativa italiana non vieterebbe la caccia in modo esplicito durante i summenzionati periodi. La stagione venatoria inizierebbe. il 18 agosto, in un periodo, cio, in cui sono ancora presenti in Italia o passano per la penisola italiana diverse specie di uccelli nidificanti; a questo proposito, il mondo scientifico avrebbe proposto l'apertura unica della caccia in data non anteriore alla terza domenica di settembre. La caccia terminerebbe il 10 marzo, mentre i migratori sarebbero ancora in viaggio verso i luoghi di nidificazione gi dai primi di febbraio. Sarebbe stato chiesto che la chiusura della caccia venga fissata ad una data non successiva al 31 gennaio. 22. -Il Governo italiano ribatte che l'art. 7, n. 4, della direttiva, non prescrive date determinate di apertura o di chiusura della stagione venatoria. Orbene, l'art. 11 della legge stabilirebbe una diversificazione delle date di apertura e di chiusura della caccia alle diverse specie proprio in considerazione dei differenti periodi di nidificazione, riproduzione e dipendenza. Quanto alla considerazione del ritorno al luogo di nidificazione, il precitato decreto 20 dicembre 1979 consentirebbe in realt solo fino al 28 febbraio la caccia a talune specie di migratori e solo fino al 10 -marzo per altre specie. L'addebito sarebbe privo di fondamento perch nulla osserva quanto al merito delle scelte operate circa le date di apertura e chiusura della caccia. 23. -Per quel che riguarda la fondatezza dell'addebito mosso nel corso della procedura amministrativa precontenziosa e nel ricorso, va constatato innanzitutto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la normativa italiana tiene conto, nelle disposizioni dell'art. 11 della legge e del decreto 20 dicembre 1979, dei diversi periodi di protezione degli uccelli di cui all'art. 7, n. 4, della direttiva. La suddetta normativa italiana contempla infatti diverse date di apertura e 316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di chiusura della caccia per le diverse specie di uccelli tenuto conto dei loro diversi periodi di nidificazione e delle loro diverse fasi di riprOduzione e di dipendenza e, per le specie migratrici, del loro ritorno al luogo di nidificazione. Su questq punto la censura della Commissione non pu essere accolta. 24. -Per quel che riguarda l'addebito relativo alla scelta delle date contenuta nella normativa italiana per l'apertura e la chiusura della caccia a talune specie di uccelli, va constatato che la Commissione lo ha mosso per la prima volta al momento della replica. Dato che detfo addebito estende la portata delle censure oggetto della procedura amministrativa precontenziosa e del ricorso, la questione relativa all'opportunit delle date dei diversi periodi di caccia deve essere esclusa dalla trattazione. 25. -Stando cos le cose, il terzo addebito della Commissione deve essere respinto. Quarto addebito: L'uso di fucili a ripetizione e semiautomatici 26. -La Commissione constata che l'art. 9 della legge autorizza l'uso di fucili a ripetizione e semiautomatici a tre colpi. Questa disposizione della normativa italiana non costituirebbe un'applicazione corretta dell'art. 8, n. l, e dell'allegato IV della direttiva. 27. -Il Governo italiano sostiene invece che la disposizione censurata contiene un accorgimento tecnico per operare la riduzione del numero dei colpi di fucile. Questo meccanismo sarebbe volto ad impedire che nel serbatoio del fucile possano trovare collocazione pi di due cartucce, la terza essendo direttamente inserita nella camera di scoppio della canna. La normativa italiana non sarebbe pertanto contraria alla disposizione della direttiva. 28. -Dinanzi a questa divergenza di opinioni, opoportuno ricordare innanzitutto il contenuto testuale della disposizione italiana e della direttiva. A norma dell'art. 9 della legge la caccia consentita con l'uso di fucile... a ripetizione e semiautomatico, limitato con apposito accorgimento tecnico all'uso .di non pi di tre colpi... . Ai sensi del combinato disposto dell'art. 8, n. 1 e dell'allegato IV, sub a), della direttiva, gli Stati membri sono invece tenuti a vietare,. in particolare, - le armi semiautomatiche o automatiche con aricatore contenente pi di due cartucce. l I I I I I ,.:~'."'."'."""'.."."."-""'.<'.""'."'.I''.""'.'.'.'."""" ..r..r.;..-;.-;-.-.;.-:r ..-;;..rr..-,;rr.r.:r;rr.c.-;.-;.-;r;;.-.-;.-..r.-.:ro.--..cc. .;r.-.-..--,;-r..;c-;.r..-,-r.-;.-.. -.-.-.-...-;:-:-.-.-.-.-..z.--.r.c..r.z..-;...r..:-r.:r. ...-;.-;r..-;.-zr.;..z.-;r..-.-;.-;.-;.-;;;"/,-,-. PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZ'.lONALB 317 29. -Il raffronto di questi testi permette di constatare che l'art. 9 della legge contiene effettivamente il divieto delle armi che possono sparare pi di tre colpi. d'altronde assodato che la d.irettiva non vieta l'inserimento di una terza cartuccia nella camera di scoppio della canna. Pertanto, la direttiva non osta ad una normativa che autorizzi arni che possono esplodere tre . colpi consecutivi qualora sussista la garanzia che i caricatori di dette armi possono contenere solo due cartucce. opportuno constatare in proposito che la disposizione italiana limita esattamente l'uso delle armi a quelle che possono sparare solo tre colpi consecutivi. Dato che una cartuccia pu trovarsi nella camera di scoppio della canna, il _riferimento della disposizione italiana di cui causa all'accorgimento tecnico volto a limitare l'uso di non pi di tre cartucce sufficiente per garantire che il caricatore non pu contenere pi di due cartucce. Stando cosl le cose, si deve ritenere che rart. 9 della legge garantisce correttamente la piena applicazione dell'art. 8, n. l, della direttiva. 30. -Il quarto addebito .della Commissione quindi infondato. Quinto addebito: Autorizzazioni regionali alla cattura e vendita degli uccelli migratori 31: -Secondo la Commissione-, l'art. 18, 2 comma, della legge contrario agli artt. 7 e 8 della direttiva in quanto conferisce alle regioni italiane un ampio potere di autorizzare la cattura con qualunque metodo e la vendita degli uccelli migratori, anche oltre il periodo di apertura della caccia. 32. -Il Governo italiano contesta che la disposizione censurata attribuisca un ampio potere discrezionale alle regioni, le quali non potrebbero eludere la legge e la direttiva.. Esse dovreb.bero infatti regolamentare con precisione gli impianti per la cattura degli uccelli migratori. L'utilizzazione degli uccelli per fini amatoriali nelle tradizionali fiere e mercati sarebbe consentita dall'art. 2 della direttiva. Infine, le specie di. uccelli migratori potrebbero essere catturate solo in un numero di esemplari limitato e preventivamente stabilito per ciascuna di esse. La disposizione costituirebbe pertanto una deroga contemplata dall'art. 9, n. l, della direttiva. 33. -Questa divergenza rende necessaria una messa a fuoco preliminare del contenuto dell'addebito. Quest'ultimo va inteso nel senso che non contesta la competenza delle regioni in materia venatoria n le regolamentazioni a carattere legislativo o amministrativo da esse 318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO adottate. In realt, l'addebito verte soltanto sul fatto che l'art. 18, 2 comma, non traspone di per s o non obbliga le regioni a prendere in considerazione gli obblighi e le condizioni poste dalla direttiva i'u relazione ai metodi di caccia, di vendita nonch ai periodi di apertura della caccia per le specie migratrici. 34. -Per quel che riguarda l'art. 18 della legge, va ricordato che il 2 comma dispone che le regioni, sentito un determinato istituto scientifico, possono gestire in proprio o autorizzare, con precisa regolamentazione, impianti adibiti alla cattura ed alla cessione per la de. tenzione degli uccelli migratori. A tale scopo esse possono permettere l'uso di mezzi e impianti di cattura, stabilire i loro propri periodi di cattura e redigere l'elenco degli uccelli cacciabili anche al di l dei periodi di apertura della caccia di cui all'art. 11 della legge. Tuttavia, l'art. 18 precisa che le specie migratrici possono essere catturate solo per essere detenute ed utilizzate come richiami vivi nell'esercizio venatorio degli ppostamenti o per fini amatoriali nelle tradizionali fiere e mercati. Tali specie potranno essere catturate in un numero di esemplari limitato e preventivamente stabilito per ciascuna di esse. 35. -Va constatato in proposito che l'art. 18, 2 comma, conferisce alle regioni la competenza per disc~plinare i periodi di caccia alle specie migratrici ed i mezzi, impianti o metodi di cattura senza tener conto di quanto prescritto agli artt. 7 e 8 della direttiva. 36. -Il Governo italiano eccepisce in proposito tre argomenti, in primo luogo che la competenza regolamentare pu essere esercitata solo su parere di un istituto scientifico, in secondo luogo che la disposizione dell'art. 18 della legge sarebbe legittimata dall'art. 2 della direttiva e, in terzo luogo, che detta disposizione potrebbe fruire dell'art. 9, n. l, lett. c), della direttiva. 37. -Per quel che riguarda il primo argomento, si deve constatare che anche se le regioni sono tenute, prima di far entrare in vigore la loro regolamentazione, a consultare un istituto scientifico, il parere emesso da quest'ultimo non vincolante, per cui quest'obbligo non garantisce che le prescrizioni della direttiva siano rispettate. Quanto al secondo argomento, va sottolineato che l'art. 2, come gi osservato in precedenza, non costituisce una deroga autonoma agli obblighi ed alle condizioni posti dalla direttiva. 38. -Per quel che riguarda il terzo argomento basato sull'art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva, questa disposizione autorizza in effetti gli Stati membri a derogare, fra l'altro, agli artt. 7 e 8 per consentire, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 319 in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo, la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantit. evidente che la cattura e la cessione di uccelli anche al di fuori dei periodi di apertura della caccia allo scopo della loro detenzione per essere utilizzati come richiami vivi o per fini amatoriali nelle tradizionali fiere e mercati pu corrispondere ad un impiego misurato autorizzato dall'art. 9, n. 1, lett, c). -39. -Tuttavia, si deve constatare in primo luogo che la disposizione di cui causa non fa alcun riferimento all'art. 9, n. l, a norma del quale una deroga agli artt. 7 e 8 della direttiva pu essere con cessa soltanto qualora non esista altra soluzione soddisfacente. la secondo luogo, l'art. 18 della legge, pur autorizzando le regioni a permettere l'uso dei mezzi e impianti di cattura, a stabilire i periodi di cattura ed a determinare l'elenco degli uccelli cacciabili, non fa menzione, contrariamente a quanto impone l'art. 9, n. 2, della direttiva, n dei mezzi, impianti e metodi di cattura o di uccisione autorizzati, n delle circostanze di tempo e di luogo in cui le deroghe possono essere fatte, n delle specie oggetto delle deroghe. Orbene, tali criteri e condizioni sono necessari per garantire che la deroga sia applicata in modo rigidamente controllato e selettivo. Infatti, la circostanza che l'art. 18, 2 comma, della legge non introduca esso stesso i criteri e le condizioni di cui all'art. 9, n. 2, della direttiva, n imponga alle regioni di tener conto di detti criteri e condizioni, fornisce un elemento di insicurezza giuridica relativamente agli obblighi che le regioni devono rispettare nelle loro regolamentazioni. Pertanto non vi una garanzia che la cattura di talune specie di uccelli sia limitata al minimo indispensabile, che il periodo di cattura non coincida inutilmente con i periodi in cui la direttiva intende stabilire una protezione particolare e che i mezzi, impianti o metodi di cattura non siano massicci e non selettivi o atti a comportare localmente la scomparsa di una specie. Ne risulta che gli elementi essenzi~i di cui all'art. 9 della direttiva non sono trasposti in modo completo, chiaro ed inequivoco nella normativa italiana. 40. Pertanto, il quinto addebito della Commissione dev'essere accolto. Sesto addebiro: L'uso di uccelli migratori come richiami vivi 41. -La Commissione addebita al Governo italiano, nella lettera di messa in mora, nel parere motivato e nel ricorso, che l'art. 18 della legge autorizza anche l'uso degli uccelli migratori come richiami vivi ___________ ,_ .................... 320 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO per la caccia, in violazione dell'art. 8 della direttiva. Nella replica, essa ha precisato la portata dell'addebito nel senso che quest'ultimo non verte sul fatto che l'art. 18 della legge autorizza l'uso di richiami vivi, ma che detta disposizione non vieta l'accecamento e la mutilazione degli uccelli usati come richiami. 42. -Il Governo italiano replica che l'art. 18, 2 comma, della legge, autorizzerebbe soltanto l'uso di uccelli migratori come richiami vivi, ma non l'accecamento o la mutilazione dei medesimi. L'art. 20, lett. o), della legge, vieterebbe in modo esplicito l'uso di richiami vivi accecati. L.a precisazione contenuta nella replica costituirebbe un ampliamento non ammissibile dell'originaria cop.testazione. 43. -Per quel che riguarda l'argomento del Governo italiano relativo ad un ampliamento non ammissibile dell'addebito, opportuno constatare che la Commissione ha ripetuto letteralmente nel ricorso l'~ddebito da essa gi formulato nel corso della procedura precontenziosa; e cio la mancata trasformazione dell'art. 8 della direttiva nella disciplina \.faliana. Nella replica, essa ha ricordato c~e l'art. 8 della direttiva, riniviando all'allegato IV della direttiva, vieta l'uso di richiami vivi, non soltanto accecati, ma altres mutilati. Non~stante che l'addebito mosso dalla Commissione nella fase precontenziosa e nel ricorso sia formulato in modo malauguratamente molto succinto, cionondimeno contiene gli elementi necessari perch il Governo italiano comprenda il contenuto della censura mossagli ed abbia la possibilit di difendersi. Ricorrono infatti tutti gli elementi che permettono di valutare la portata della censura: la disposiziohe contravvenuta, cio l'art. 8 della direttiva, la norma di diritto nazionale ritenuta illegittima, e cio l'art. 18 della legge, e il fondamento dell'addebito, e cio l'autorizzazione in contraddizione. con le disposizioni dell'art. 8. Stando cos le cose, l'eccezione d'inammissibilit lOllevata dal Governo italiano non pu essere accolta.. 44. -Per quel che riguarda il merito dell'addebito, opportuno constatare che l'art. 18, 2 comma, della legge permette alle regioni di autorizzare l'uso degli uccelli migratori come richiami vivi nell'esercizio venatorio degli appostamenti e l'art. 20, lett. o), vieta solo l'uso di richiami vivi accecati. Ne consegue che il combinato disposto dell'art. 18, 2 comma, e dell'art. 20, lett. o), della legge non vieta in modo esplicito alle regioni di permettere la detenzione e, a fortiori, l'uso delle specie migratrici come richiami vivi n;mtilati nell'esercizio venatorio degli appostamenti. Ora, tale uso vietato dalla direttiva. ~ IJ ~........................................................ ... --- .. . .. ~ ................-........-.-.-.-..................-.-.-.-... -------~---.-.-. ............................ .... .. .... j~ ]f&;:::.-J.,..... 0@0:=::=:=l$w.v-f-1ef'*m@.lf ~fi%ffft-Weyj@zjfff.Wf.if@ttfftffti1.J@filii.%~N-* .-,..w/i'f.f .I.,. . " '""" "-.r~ 'iii'ir' ~ I . II PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 321 45. L'addebito della Commissione deve .pertanto essere accolto. 46. Di conseguenza, si deve riconoscere che la Repubblica. italiana, non adottando entro il termine prescritto tutte le disposizioni di legge, di regolamento ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, n. 79/409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato CEE (omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 giugno 1987, n. 5012 -Pres. Bran caccio -Rel. Nocella -P. M. Virgilio (conf.) -Min. Tesoro (avv. Stato Fiengo) c. Cimatti (avv. Barcellona), regione Lazio; Cimatti c. Min. Tesoro, regione Lazio. Sanit -Disciolti enti mutualistici -Rapporti obbligatori pregressi Successione -Legittimazione passiva -Fattispecie. (legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 10, 51, 65, 66, 67, 68, 77; legge 29 giugno 1977, n. 349, artt. 2, 3; legge 8 agosto 1980, n. 441, art. 11; legge reg. Lazio 28 gennaio 1980, n. 10, art. 3). La legittimazione passiva spetta all'ufficio liquidazioni del Ministero del tesoro nelle controversie concernenti il pagamento dei debiti dei soppressi enti mutualistici per l'attivit di assistenza sanitaria, maturati nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1979 e il 1 luglio 1980 (1). Svolgimento deil priocesso. -Con ricorso al Pretore di Roma, depositato il 26 giugno 1981, il dott. Felice Cimatti conveniva in giudizio l'E.n.p.a.s., ed altri enti mutualistici, dei quali era stato medico specialista convenzionato, e la regione Lazio, per ottenere la corresponsione di quanto dQIVUto a titolo di maggiorazione dei compensi a norma dell'art. 13 dell'accordo collettivo nazionale del 27 febbraio 1980, per (1) Nel senso indicato dalle Sezioni Unite, successivamente alla richiamata Cass. 19 novembre 1986, n. 6819, Foro it., 1987, I, 373, si indirizzata Cass. 1 dic. 1986, n. 7090, id., Mass., 1222. Con sentenza 8 gennaio 1987, n. 19, id., 373, la Cassazione ha dichiarato di ribadire, con riferimento al soppresso ente ospedaliero della regione Lazio, la linea di tendenza, enunciata dalla precedente Cass. 23 marzo 1985, n. 2087, id., 1985, I, 2183, con nota di M. GROSSI, riconoscendo la legittimazione passiva, in ordine ai rapporti e alle obbligazioni assunte dall'ente anteriormente al 1 gennaio 1980, al comune territorialmente competente sul rilievo che il coordinamento dell'art. 66 legge n. 833 del 1978 con l'art. 3, 2 comma, legge reg. Lazio n. 10 del 1980 evidenzia che la contabilit stralcio assunta dal comune nella qualit di soggetto cui sono per legge trasferiti tutti i rapporti attinenti al pregresso esercizio dell'assistenza sanitaria da parte degli enti ospedalieri, venendo cos a configurare non un'eccezione al trasferimento stesso, ma lo strumento mediante il quale sono gestite le attivit e passivit scaturenti da detti rapporti. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 323 prestazioni professionali eseguite nel 1979 e nei primi due mesi del 1980, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. Con sentenza del 9 dicembre 1981, resa anche nei confronti del ministero del tesoro ufficio liquidazioni, subentrato ai disciolti enti mutualistici, l'adito pretore dichiarava il difetto di legittimazione pas siva della region~ Lazio, mentre accoglieva la domanda nei confronti del ministero del tesoro. A seguito di appello principale del ministero del tesoro e inciden tale dell'attore, resistiti entrambi dalla regione Lazio, il Tribunale di Roma con sentenza del 24 novembre 1984 confermava la pronunda di primo grado. Per quanto ne interessa il giudice d'appello osservava: in ordine ai crediti azionati, che riguardano il 1979 ed i primi due mesi del 1980, passivamente legittimato il ministero del tesoro -ufficio liquida zioni, in quanto subentrato per la legge (art. 77, 3 comma, 1. n. 833 del 1978), istitutiva del servizio sanitario nazionale, nelle gestioni di liquidazione dei disciolti enti mutualistici. Questi, infatti, hanno conti nuato a prestare l'assistenza sanitaria, attraverso l'opera dei ci:unmis sari liquidatori,. fino alla data (3 luglio 1980) di entrata in vigore del d.l. 1 luglio 1980 n. 285, convertito in 1. 8 agosto 1980 n. 441, che testualmente sancisce all'art. 1: l'esercizio delle funzioni di assistenza sanitario svolte dai commissari liquidatori di cui alla 1. 29 giugno 1977 n. 349, cessa dalla entrata in vigore del presente decreto. Dopo tale aata l'assistenza sanitaria stata assunta dalle U.s.l. Esula invece la legittimazione passiva della regione Lazio in quanto questa a norma dell'art. 52 1. n. 833 del 1978 ha assunto soltant l'onere del finanziamento del servizio sanitario nazionale fin dal 1 gennaio 1979, mentre le funzioni del servizio stesso sono state esercitate dagli enti mutualistici, poi disciolti, fino al trasferimento delle funzioni stesse alle U.s.1. (4 comma dell'art. 52 citato). Esula del pari la legittimazione passiva delle unjt sanitarie lo cali, in quanto i crediti azionati riguardano i periodi di tempo nei quali le medesime non erano ancora subentrate agli enti mutualistici nella gestione dell'assistenza sanitaria. In ordine alla condanna al risarcimento dei danni da svalutazione monetaria non v' motivo di discostarsi dalla giurisprudenza della Corte suprema, che ha ritenuto applicabile l'art. 429, 3 comma, c.p.c., ai rapporti di lavoro parasubordinato, tra i quali va compreso quello dei medici convenzionati esterni. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione il m~nistero del tesoro -ufficio liquidazioni, formulando due motivi di annullamento. L'intimato Cimatti resiste con controricorso e, contestual- IO 324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente, propone ricorso incidentale condizionato, affidato ad un solo motivo. Entrambe le parti hanno presentato memoria. La regione 'Lazio non si costituita. Motivi della decisione. -Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi, principale e incidentale condizionati, proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.). Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando violazione . e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1 e 5 1. 29 giugno 1977 n. 349, 5, 2 comma, 1. n. 29 febbraio 1980 n. 33, 10, 51, 52, 61, 77 1. 23 dicembre 1978 n. 833, 8 1. 8 agosto 1980 n. 441, 1 1. 27 giugno 1981 n. 331) in relazione all'art. 360, n. 3, c.rp.c. il ministero ricorrente censura la sentenza impugnata .per aver affermato la propria legittimazione passiva ad agire, sebbene dal 1 gennaio 1979, la competenza in materia di assistenza sanitaria fosse stata trasferita dagli enti mutualistici alla regione e alle U.s.l. (art. 51 1. n. 833 del 1978), anche se, limitatamente al 1979, le regioni fossero transitoriamente autorizzate (art. 52 della stessa legge), in attesa della costituzione delle U.s.l., ad erogare le prestazioni avvalendosi delle strutture degli enti mutualistici in liquidazione, che agivano, tuttavia, in nome, e per conto del servizio sanitario nazionale: pertanto soltanto le partite creditorie e debitorie, maturate dagli enti mutualistici entro il 31 dicembre 1978, sono state assunte dallo speciale ufficio liquidazione del tesoro, restando, invece, a carico delle strutture del servizio sanitario nazionale le partite .relative a periodi successivi. Conforta tale tesi la ratio ~egiis, dalla quale si evince che dal 1 giugno 1979 la gestione di liquidazione sia incompatibile con qualsiasi attivit del servizio sanitario nazionale e l'utilizzazione delle strutture dei soppressi enti mutualistici non possa che avvenire non solo a spese ma anche in nome e per conto dei soggetti chiamati a gestire il servizio, sia la ricostruzione storico-sistematica della produzione legislativa in materia, senza che abbia contraria rilevanza la prosecuzione dell'attivit di liquidazione degli enti mutualistici fino al 31 dicembre 1980 (1. 8 agosto 1980 n. 441) e poi fino a:l 30 giugno 1981 (1. 27 giugno 1981 n. 331), in quanto, dal 1 gennaio 1979 tale attivit riferibile a finalit del tutto estranee ai compiti dello speciale ufficio liqu1dazioni del ministero del tesoro, e,. peraltro, dette gestioni sono state obbligate, per gli esercizi finanziari 1979 e 1980, a dare conto separato in base alla 1. n. 833 del 1978. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione della circolare 26 giugno 1980, n. 31 della regione Lazio o, in alternativa, vizio di motivazione, il ministero ricorrente censura la sentenza impugnata per aver. affermato la legittimazione passiva del ministero stesso, sebbene, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della PARTE !, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE riforma sanitaria (1 gennaio 1979) e quella Cl luglio 1980) di trasferimento delle funzioni alle U.s.l. (di cui alla circolare menzionata), la regione avesse provveduto al finanziamento delle spese sanitarie degli enti mutualistici, attraverso la quota, ad essa spettante, del fondo sa~ nitario nazionale: in detto periodo gli enti mutualistici. hanno continuato a -svolgere attivit di assistenza sanitaria, ma la regione, alla quale erano gi state trasferite le relative funzioni amministrative: (1. 349 del 1977), ha provveduto, tuttavia, a pagare i compensi per le prestazioni sanitarie e ad impartire le disposizioni del caso. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per le loro correlazioni logiche, sono infondati. La questione della legittimazione passiva nelle controversie aventi per oggetto il pagamento dei debiti dei soppressi enti mutualistici inerenti all'attivit di assistenza sanitaria e maturati nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della riforma sanitaria e quella del trasferimento dei relativi rapporti giuridici alle U.s.l. -periodo in cui l'attivit anzidetta stata svolta in via transitoria dai commissari liquidatori degli stessi enti, restando alle regioni affidati compiti d'indirizzo, coordinamento e finanziamento -ha dato luogo a discordi decisioni della sezione lavoro ed alla conseguente assegnazione di questo ricorso alle sezioni unite. Gi la sentenza n. 787/86 (Foro it., Mass., 151), dopo aver affermato che nel predetto periodo l'attivit di assistenza sanitaria e le relative posizioni debitorie sono imputabili agli enti mutualistici in liquidazione, agenti attraverso i loro commissari, e che nell'azione di questi ultimi si deve distinguere un'attivit inerente alla vera e propria liquidazione (avente per oggetto beni e rapporti estranei all'assistenza sanitaria) da un'attivit transitoria a tale assistenza relativa, aveva per completezza anticipato che soltanto alla prima di queste attivit e cio alle gestioni di liquidazione, non chiuse nel prescritto termine, si riferisce l'art. 77 1. n. 833/78, che prevede l'assunzione della liquidazione stessa da parte dell'ufficio liquidazioni presso il ministero del tesoro, di cui alla 1. 4 dicembre 1956 n. 1404. Successive pronunce (v. sent. n. 6057/86, ibiid., 1045; n. 5041/86, ibid., 896) riprendendo la distinzione tra attivit di liquidazione e gestione transitoria dell'assistenza sanitaria ad opera dei commissari, sono quindi giunte alla conclusione che la legittimazione passiva nelle controversie aventi per oggetto debiti assunti dall'ente mutualistico in relazione alla gestione tran_sitol'ia anzidetta spetta alle U.s.l., quali aventi cause dell'ente soppresso, non gi al ministero del tesoro -ufficio liquidazioni. A quest'ultimo ufficio si dovrebbero, infatti, intendere trasferite soltanto le attivit e le situazioni giuridiche attinenti all'individualit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ed alle attivit patrimoniali dell'ente soppresso, nonch le situazioni residuali della gestione amministrativa-contabile e finanziaria espletata dai commissari liquidatori; mentre la questione del se il concreto rapporto debba essere trasferito alla U.s.1., dovrebbe essere risolta sulla base dell'inerenza del rapporto stesso all'attivit di assistenza sanitaria, inerenza indubbiamente sussistente quanto ai rapporti di parasubordinazione con i medici convenzionati, tanto che questi rapporti, ai sensi del 3 comma dell'art. 65 1. n. 833/78, passano alla U.s.l., cui, quanto meno per i rapporti ad essa trasferiti e per gli altri che le sono espressamente imputati (ad es. artt. 28, 41, 44, 50 1. cit.), non pu essere disconosciuta la soggettivit giuridica e la capacit anche processuale (v. Corte cost. n. 245/84, iJtl., 1985, I, 14; e, per tutte, sez. un. n. 3103/86, id., Mass., 364, 280). . Un antitetico indirizzo, pur muovendo dalla comune premessa dell'originaria imputazione dell'obbligazione controversa all~nte mutualistico, perviene alla conclusione che, ai sensi dell'art. 77, 3 comma, 1. n. 833/78, la relativa passivit forma oggetto della gestione di liquidazione dell'ente, assunta, nei congrui casi, dalil'ufficio liquidazioni del ministero del tesoro, cui spetta, dunque, la legittimazione .passiva alle relative controversie (v. sent. n. 2855/86 e n. 4516/86, id., Mass., 498, 799; n. 6819/86, id., 1987, I, 373; n. 4614/86, id., Mass., 817). Dopo aver individuato i tratti salienti della disciplina concernente il passaggio dail vecchio al nuovo regime, l'orientamento in esame esclude che essi con.sentano di configurare un'esclusiva ed. immediata. successione delle regioni o degli altri organi preposti al servizio sanitario nazionale, in tutti i rapporti originariamente formatisi con gli enti e le gestioni soppresse. Rilevato che tra la soppressione delle preesistenti strutture e la costituzione delle U.s.l. si inserisce la fase affidata ai commissari liquidatori e caratterizzata da11:a coesistenza q.i compiti di liquidazione e di compiti di amministrazione temporanea anche del servizio di assistenza sanitaria (artt. 2 e 3 I. n. 349/77), le anzidette decisioni considerano che di un siffatto cngegno non vi sarebbe stato bisogno se il legislatore avesse voluto una pura e semplice successione fra enti o, al contrario, una netta censura fra vecchio e nuovo regime; soluzioni, queste, entrambe inaccettabilli, perch la prima, oltre ad' addossare agli organi del nascente servizio sanitario il peso dei debiti delle pregresse gestioni mutualistiche, avrebbe vulnerato l'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria delle regioni, garantita dall'art. 117 Cost., mentre la sconda avrebbe, per un verso, interrotto l'erogazione dell'assistenza sanitaria e, per altro verso, avrebbe pregiudicato i diritti acquisiti dall'ingente massa del personale degli enti disciolti. Fu scelta perci una soluzione intermedia ed i rapporti giu 327 PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ridici relativi aill'attivit di assistenza sanitaria vennero attribuiti tutti alle U.s.1., cui furono perci imputati sia i rapporti esterni con gli utenti del servizio, sia quelli interni, relativi al personale ed ai beni; ma dei crediti e dei debiti derivati da tali rapporti fu disposta la liquidazione, se sorti prima defila gestione commissariale', e la riscqssione o il pagamento, ad opera dei commissari, se sorti durante la loro gestione. Terminata la fase di transizione, o per la costituzione delle U.s.l., o per la scadenza del termine finale, e venute cos meno le gestioni commissariali, si deve ritenere -sempre seondo l'orientamento in esame -che, pur in mancanza di un'esplicita disposizione ail riguardo, i debiti maturati prima o nel corso delle gestioni commissariali dovessero essere comunque assunti dall'ufficio liquidazioni del ministero del tesoro; e ci in coerenza con i principi informatori della~disciplina transitoria, sia perch la regola dettata dai! 4 comma dell'art. 77 1. n. 833/78 (obbligo per i commissari di consegnare al predetto ufficio tutte le attivit esistenti; i libri contabili, gli inventari e il rendiconto della loro gestione ) ha carattere generale e riguarda anche la cessazione dehla gestione transitoria dell'assistenza sanitaria, sia, infine perch l'art. 11 d.l. n. 285 del 1980 ha disposto, senza fare distinzioni di sorta, per la prosecuzione delle operazioni di liquidazione da parte dell'ufficio. Ritiene il collegio che questo secondo orientamento debba essere condiviso. La pur corretta distinzione tra attivit di liquidazione e attivit di gestione transitoria delll'assistenza san~taria, affidata dalla legge ai commissari liquidatori, di per s non risolve, infatti, _il punto essen ziale della questione in esame, che quello di verificare se il trasferi mento alle U.s.l. dei rapporti giuridici inerenti all'attivit di assistenza sanitaria necessariamente implichi -giusta quanto il primo indirizzo giurisprudenziale gratuitamente ritiene -il passaggio all'avente causa delle passivit pregresse, cui gli anzidetti rapporti trasferiti hanno dato origine. . Ora se vero che, in tema di successione (anche parziale) tra enti pubblici, esiste, secondo la, pi: a.torevole dottrina, una regola generale secondo cui l'ente subentrante succede in universum ius e ,quindi in tutte le situazioni giuridiche facenti capo aill'altro ente (eventualmente nei soli limiti del settore parzialmente trasferito), parimenti certo che tale regola applicabile solo in mancanza di dispsizioni specifiche che diversamente dispongano e che, in .particolare, si limitino a porre in essere una successione a titolo particolare in specifici rapporti, i quali -per hl principio di irr~troattivit d,ei fatti giuridici -passano all'avente causa nello stato in cui attualmente si tro r ,.., ..... .,.... r...-.-.rr.....-r.-..r,-r.rcccrr,,.,.rr.r.rr.,,,, 328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vano e, quindi, senza quei diritti ed obblighi che, pur originati dal rapporto, si sono ormai da esso separati, entrando a far parte del restante patrimonio del dante causa; patrimonio unitariamente soggetto alla procedura di liquidazione che sia stata eventualmente disposta. Nehla specie, la disciplina transitoria adottata rende sicuramente inconfigurabile una, sia pure parziale, successione a titolo universale: l'art. 65, 3 comma, 1. n. 833/78 si limita infatti a prevedere il trasferimento ai comuni, competenti per territorio, con vincolo di destinazione alle U.s.l., di beni e attrezzature degli enti mutualistici soppressi, destinati prevailentem"ente ai servizi sanitari, nonch il trasferimento di tutti i rapporti giuridici relativi alle attivit di assistenza sanitaria attribuite alle unit sanitarie locali . Le ragioni di questa speciale disciplina sono state, come si visto, gi poste in luce dalle decisioni cui si presta adesione, ed indubbio che, nonostante i tempera) J1enti adottati per evitare una brusca cesura tra vecchio e nuovo sistema, lo strumento prescelto stato queHo della soppressione degli enti mutualistici mediante liquidazione (di per s escludente una successione in uniV1e11sum ius; v. in argomento, sent. n. 5971/83, id., Rep. 1983, voce Amministrazione di.e.Uo Stato, n. 140) anche in-considerazione del fatto che tra enti mutualistici e nuovi organi del servizio sanitario non sussisteva nemmeno identit di scopi, posto che l'art. 10 della ripetuta 1. n. 833/78 attribuisce ail servizio sanitario nazionale la gestione unitaria della tutela della salute e quindi una finalit ben pi lata rispetto a quella propria dell'assicurazi.one sociale contro il rischio di malattia, garantito dal sistema mutualistico. Una volta esclusa la configurabilit di una successione universale, perci del tutto conforme .ai principi, oltre che agli elementi della specifica disciplina legale posti in rilievo dalle citate sentenze n. 4516 e n. 6819 del 1986, la negazione e il trasferimento alle U.s.l. dei rapporti giuridici inerenti all'assistenza sanitaria abbia comportato anche il passaggio alle stesse U.s.il. delle relative passivit (ed attivit) pregresse, gi separate dagli anzidetti rapporti ed entrate a far parte del restante patrimonio dell'ente mutualistico, e come tali rientranti nella unitaria e globale attivit di liquidazione dello stesso patrimonio, affidata dalla legge, senza distinzioni di sorta, prima ai commissari liquidatori, e poi eventualmente, a far tempo dal 1 luglio 1981, al ministero del tesoro . ufficio liquidazioni. Si deve infine rilevare che tale soluzione coerente con quella in cui queSta suprema corte pervenuta con riferimento alle attivit e passivit dei soppressi enti ospedalieri della regione Lazio, relativamente alle quali la legittimazione stata riconosciuta al comune territorialmente competente, ma in quanto affidatario di quella gestione PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 329 stralcio che la stessa I. reg. 28 gennaio 1980 n. 10, all'art. 3 considera alternativa rispetto alle equipollenti gestioni di liquidazione del ministero del tesoro (v. sent. n. 2087/85, id., 1985, I, 2183). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 giugno 1987, n. 5017 -Pr.es. Brancaccio -Rel. Nocella -P. M. Virgilio (concl. parz. diff.) Ministero del tesoro (avv. Stato Fiengo) c. Aletta ed altri. Sanit -Enti mutualistici -Medici convenzionati -CompeJ,tsi -Modalit di corresponsione -Fattispecie. (legge 29 giugno 1977, n. 349, art. 1). Lavoro -Controversie in materia di previdenza Medici convenzionati con enti mutualistici Rapporto di collaborazione Crediti per prestazioni professionali Rivalutazione monetaria Applicabilit. (artt. 409, 429 c.p.c.). E nullo per contrasto con la norma inderogabile delfart. 8, 4 comma, legge 29 giugno 1977, n. 349, l'art. 49 della convenzione unica dell'INAM, laddove comporta l'applicazione retroattiva del sistema di pagamento c.d. a quota capitaria (introdotto dall'accordo nazionale tipo recepito il 7 luglio 1978 dall'istituto); con la conseguenza che le prestazioni sanitarie rese a favo re di detto istituto vanno compensate secondo il previgente sistema a notula (1): Sono suscettibili di rivalutazione monetaria ai sensi dell'art. 429, 3 comma, c.p.c. i crediti dei medici convenzionati verso gli enti mutualistici per le prestazioni professionali disimpegnate a favore dei medesimi, in quanto derivanti da rapporti di collaborazione riconducibili al disposto normativo di cui all'art. 409, n. 3, c.p.c. (2). (1) Conf. Cass. 28 ottobre 1986, n. 6357, Foro it., Mass., 1088. Sulle implicazioni giurisprudenziali della legge 103 del 1985 vedi Cass. 19 novembre 1986, n. 6819 e 15 novembre 1986, n. 6748, id., 1987, I, 373, con nota di richiami; quindi fra le innumerevoli sentenze posteriori relative al blocco delle tariffe per la liquidazione dei compensi dovuti dagli enti mutualistici ai medici convenzionati esterni, v. Cass. 22 dicembre 1986, n. 7856, id., Mass., 1359. (2) L'affermazione di cui nella massima riassume un orientamento delle sezioni unite opposto a quello precedentemente rinvenuto in precedenti decisioni, anche recenti (15 novembre 1986, n. 6748 cit.), della sezione lavoro; nella sentenza in parola i crediti per prestazioni professionali dei medici convenzionati verso gli enti mutualistici sono assoggettati alla rivalutazione monetaria ex art. 429 c.p.c., gi a giudizio della Corte ritenut applicabile per i compensi dovuti dai medesimi enti ai legali esterni (Sez. Un. 28 giugno 1984, n.. 3815, id., 1984, I, 1813, con nota di richiami; cui adde , dipoi, C. M. BARoliE, Le controversie in materia di lavoro Zanichelli -Foro italiano, Bologna-Roma, -'--.-,c.-.-cc.r..-c.-..-..,,,.r.ᥥr'".J'. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 330 Svolgimento del processo. -Con separati ricorsi al Pretore di Lentini, depositati il 24 giugno 1981, Aletta Gesualdo, Alicata Salvatore, Amenta Sebastiano, Buda Giuseppe, Piccolo Andrea e Rossello .Silvestro, medici generici gi convenzionati con il disciolto 1.n.a.m. esponevano che il loro rapporto era stato disciplinato prima dalla convenzione del 27 giugno 1973, stipulata tra l'l.n.a.m. e fa Federazione nazionale dell'ordine dei medici, che prevedeva il pagamento delle prestazioni con il sistema a notula, e poi dall'accordo unico, previsto dall'art. 8 l. 29 giugno 1977 n. 349, ohe prevedeva detto pagamento con il sistema a quota capitarla, recepito dall'l.n.a.m., con deliberazione del suo commissario liquidatore in data 7 luglio 1978; il suddetto istituto, il quale fino a tutto il luglio 1978 aveva. ricevuto le notule presentate dai medici, aveva cominciato dal 1 giugno 1978 a pagare le prestazioni professionali con il sistema a quota capitarla ed aveva anche trattenuto conguagli tra quanto pagato cll 1 gennaio 1978 al 31 maggio 1978 e quanto avrebbe dovuto corrispondere, applicando cos retroattivamente l'accordo nazionale unico. Assumendo .che la disposta applicazione retroattiva dell'accordo era in contrasto con la disposizione del 4 comma dell'art. 8 1. n. 349 del 1.977, che prevedeva la cessazione del precedente sistema (a notula) solo dalia data del recepimento, da parte degli enti mutualistici, delle convenzioni nazionali uniche (che nella specie era il 7 luglio 1978), i ricorrenti chiedevano la condanna dell'l.n.a.m. in liquidazione, in pei:-sona del suo legale rappresentante p.ro t.emporie, alrimborso delle somme trattenute dal 1 gennaio 1978 al 31 maggi_o 1978 e al pagamento delle differenze derivanti dal sistema a notula per le prestazioni effettuate dal 1 giugno 1978 al 7 luglio 1978 oltre la rivalutazione monetaria e interessi legali. 1987, 107 ss.; e le indicazioni in nota a Cass. 21 febbraio 1986 n. 1061, Foro it., 1987, I, 1558). La differenza ~Ila decisione de q.o con le pronuncie delle Sezioni Unite del 1984 comunque in ci: la Corte precisa che mentre l'art. 429, 3 comma, c.p.c. riguarda il credito di lavoro maturato e non tempestivamente adempiuto, l'indicizzazione convenzionale e l'adeguamento legale delle tariffe professionali ineriscono alla quantificazione del giusto compenso, originariamente dovuto ai fini del successivo adempimento esatto e tempestivo. In altri termini, mentre l'indicizzazione e l'aumento del compenso si riferiscono ad uv.a obbligazione di pagamento al momento della scadenza, la rivalutazione monetaria si riferisce invece ad una obbligazione di pagamento gi scaduta e non soddisfatta. .. Quindi se le precedenti sentenze delle Sezioni Unite del 1984 giustificavano la soluzione. di cui visione in relazione all'estensione del disposto normativo e alla funzione degli artt. 409 e 429 c.p.c., la sentenza in evidenza ;:tggiunge alle precedenti ennciazioni giurisprudenziali l'importanza della relazione dello stesso art. 429 c.p.c. con la normativa relativi ai meccanismi convenzionali di indicizzazione delle tariffe professionali (sul pulito, per alcuni richiami in motivazione, Corte Cost., 31 dicembre 1986 n. 300, id. 1987, I, 320, con nota di richiami). ' PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 331 Costituitosi il contraddittorio, il ministero del tesoro -ufficio liquidazioni, subentrato al disciolto I.n.a.m., contestava il fondamento della pretesa. . Con sentenza del 12 marzo 1982 l'adto pretore, disposta la riunfone dei giudizi, accoglieva la domanda. A seguito di gravame del ministero soccombente il Tribunale di Catania con sentenza del 29 novembre 1983 confermava la deeisione di primo grado. Per quanto interessa il presente giudizio di cassazione il giudice d'appello osservava: a) solo con il recepimento in data 7 luglio 1978, da parte dell'I.n.a.m., dell'accordo nazionale tipo, a cui avrebbero dovuto conformarsi le convenzioni uniche, a. norma dell'art. 8 l. n. 349 del 1977 cessavano di avere efficacia gli accordi precedenti ed in par-. ticolare il precedente sistema di pagamento a notula per far posto al nuovo sistema a quota capitaria . La norma dell'art. 49 della convenzione unica, il cui contenuto era predisposto dal suddetto accordo, che stabiliva la decorrenza della stessadal 1 gennaio 1978,. era in contrasto con iJ citato art. 8, norma inderogabile, intesa a stabilire il limite temporale degli accordi vigenti non soltanto nell'interesse dei medici ma anche allo. scorpo di programmare l'attuazione del servizio sanitario. Conseguentemente la norma della convenzione era affetta da nullit, che si . e$tendeva alla clausola conforme dei contratti individuali, stipulati dai singoli medici; b) la condanna al risarcimento del danno da svalutazione monetaria ed al pagamento degl'interessi legali trova fondamento nella disposizione dell'art. 429 c.p.c., che presuppone soltanto che si pronunci condanna per crediti di lavoro o assimilati, prescindendo dal soggetto che viene condaru:iato al pagamento. Avverso la suddetta sentenza il ministero del tesoro -ufficio liquidazione propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi di annullam!'! nto. Gli intimati non si sono costituiti. Motivi della decisione. -Con il primo motivo, denunziando viola-. zione e falsa arpplicazione dell'art. 8, 4 comma, l. 29 giugno 1977 n. 349 e degli artt. 1418, 1419 e 1322 e.e., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., il ministero ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto illegittima la delibera istitutiva della convenzione nazionale per preteso contrasto con il citato art. 8 nella parte in cui retrodata la disciplina adottata ad un momento anteriore alla. delibera stessa con conseguente nullit anche dei contratti individuali. Ad avviso del ricorrente la disposizione, che si assume violata, nel regolare la successione nel tempo della disciplina di settore, pone un termine finale (e formale) all'efficacia della normativa allora vigente senza nulla dire in ordine ad una eventuale efficacia retroattiva delle nuove convenzioni, che deve, RASSEGNA DEU.'AVVOCATpRA DELLO STATO invece, presumersi perfettamente lecita come ogni sistemazione di assetti patrimoniali inter volentes. Comunque -sempre ad avviso del ministero ricorrente -la nullit non dovrebbe colpire il contnitto individuale, stipulato dai singoli medici, in quanto l'art. 8 suddetto pone una norma di azione, volta a regolare l'operato delle strutture pubbliche nella specifica materia, caratterizzata dalla recezione in atti amministrativi di accordi intercorsi fra Stato e parti sociali e dalla successiva stipula di contratti individuali rdinata... -tuttavia inerisce ad -un'opera che trova la propria disciplina economica in specifiohe norme di carattere legale e obbligatorie, concernenti la professione legale , in quanto tali norme gi assicurano periodicamente l'elevazione e l'adeguamento dei compensi. 336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO &,TATO Il contrasto di giurisprudenza non risiede tanto nella definizione del rapporto tra medici convenzionati ed enti mutualistici, concordemente qualificato come rapporto di lavoro rientrante nella disciplina dell'art. 409, n. 3, c.p.c., quanto nel coordinamento tra l'art. 429, 3 comma, c.rp.c., ed i meccanismi contrattuali di adeguamento automatico delle tariffe professionali alle variazioni del potere di acquisto della moneta. Ma gi la soggezione del rapporto alla disciplina dell'art. 409 c.p.c. implica rilevanti conseguenze sul piano dell'applicabilit della normlf" dell'art. 429 c.p.c. a tale tipo di rapporto. Queste sezioni unite con le sentenze n. 3815/84 (id., 1984, I, 1813) e n. 3822/84 (id., Rep. 1984, voce cit., n. 83), relative a crediti di legali esterni degli enti mutualistici, hanno gi meditatamente ribadito l'indirizzo giurisprudenziale maggioritario secondo cui la norma dell'articolo 429, 3 comma, c.p.c., si applica quando venga pronunciata sen-. tenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro a tutti i rapporti elencati nell'art. 409 dello stesso codice e quindi anche a quelli di collaborazione continuativa e coordinata di cui al n. 3. La rportata generale del principio resta confermata dalla lettera e dalla rat.io della norma. Secondo una corretta lettura del testo la locuzione crediti di lavoro, che vi contenuta, non delimita il campo di applicazione della norma ai soli rapporti di lavoro subovdinato, perch il citato art. 409 dichiara espressamente applicabili a tutti i rapporti di collaborazione con le caratteristiohe di cui al n. 3, le disposizioni del presente capo, tra le quali .quella dell'art. 429 e ci in armonia con l'ampio significato dell'espressione lavoro, che comprende anche il lavoro autonomo, e del riferimento ai rapporti di cui all'art. 409 ; che viene usato per delimitare l'efficacia operativa anche di altre disposizioni della stessa I. n. 533 del 1973 {quali gli artt. 6 e 11 rispettivamente in tema di rinunce e transazioni e d,i patrocinio a spese dello Stato). La lettera della legge pone quindi una stretta correlazione tra gli artt.' 409 e 429, indirettamente ribadita dal riferimento. che alla prima norma fanno altre norme della stessa legge. La ratio della norma dell'art. 429, 3 comma, c.p.c., posta in precedenza dalla Corte costituzionale (ord. n. 65 del 1978, ,id., /8, I, 1344, e sent. n. 76 del 1981, id., 1981, I, 1779), consiste nell'esigenza di tutelare qualsiasi rapporto di lavoro, sia subovdinato oppure autonomo, che abbia i requisiti indicati, al fine di riequilibrare la posizione di sfavore, nella quale il lavoratore viene a trovarsi nei confronti del proprio datore di lavoro. L'equazione, ai fini applicativi, desumibile dalla lettera e dalla ratio delle due norme citate non pu essere esclusa a causa di una PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 337 pretesa incompatibilit tra l'art. 429, 3 comma, e la normativa, relativa ai meccanismi convenzionali di indicizzazione delle tariffe professionali, perch, in realt, si tratta di disposizioni, completamente autonome e indipendenti tra loro, che operano su di un piano nettamente differenziato: mentre l'art. 429, 3 comma, c.p.c., riguarda il credito di lavoro maturato e non tempestivamente adempiuto, l'indicizzazione convenzionale e l'adeguamento legale delle tariffe professjonali ineriscono alla quantificazione del giusto compenso, originariamente dovuto ai fini del successivo adempimento esatto e tempestivo. In altri termini mentre l'indicizzazione e l'aumento del compenso si riferiscono ad una obbligazione di pagamento al momento della sua scadenza, la rivalutazione monet:iria si riferisce invece ad una obbligazione di pagamentogi scaduta e non soddisfatta. Trattandosi di norme, ontologicamente diverse, che obbediscono a diverse finalit, non possono essere confuse per la sola ragione, -desunta dalle sentenze nn. 13 e.43 del 1977 (id., 1977, I, 259 e 257) dalla Corte costituzionale, peraltro genericamente riguardanti la disparit di trattamento tra crediti di lavoro ed altri crediti pecuniari -per cui i crediti per prestazioni professionali non difettano di quella funzione di bisogni primari e di sostentamento, propri della retri"Q.zione. La valutazione della posizione creditoria in questione stata infatti preventivamente eseguita dal legislatore mediante l'estensione ai crediti professionli della rivalutazione monetaria, sempre che ricorrano le condizioni previste dall'art. 409, n. 3, c.p.c. Nella disposizione di tale ultima norma trovano si;nentita le ulteriori argomentazioni, poste a sostegno dell'inapplicabilit dell'art. 429 c;p.c. Dal punto di vista dalla posizione del creditore l'applicabilit~ della norma non pu essere negata sull'assunto di una pretesa mancanza di debolezza del creditore stesso in relazione alla tipicit della .professione medica, che implica a volte costi notevoli e spese di produzione sostenute nell'ambito di una vera e propria organizzazione imprenditizia. L'art. 409 pi volte citato specifica i limiti della tutela, subordinandola alla presenza di determinate caratteristiche dell'attivit di collaborazione professionale (prestazione di opera continuata e coordinata, 'prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato): paratteristiche ohe segnano anhe il momento di rilevanza degli eventuali notevoli costi e spese di produzione e dell'eventuale organizzazione imprenditizia degli studi professionali ai fini della disciplina, a cui correlata la rivalutazione monetaria. Dal punto di vista della posizione del debitore la natura di ente pubblico non economico non ha alcuna rilevanza, atteso che l'art. 429, 3 comma, c.p.c., data la stretta correlazione esistente con l'art. 409, trova applicazione oltre che neHe controversie relative ai primi quattro 338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO numeri di tale ultima norma, pure in quelle relative ai rapporti di lavoro con enti pubblici anche non economici ed altri rapporti di lavoro pubblico di cui al numero cinque, semprech non siano dalla legge devoluti ad altro giudie , L'applicabilit della rivalutazione monetaria, fondata su di un'automatica funzione reintegratrice del credito origi I nario ha una forza espansiva talmente ampia che stata estesa dalla giurisprudenza amministrativa anche ai crditi dei pubblici dipendenti I (Cons. Stato nn. 27 del 1983, id., 1984, III; 1; 1 e 13 del 1985, id., 1985, III, 142 e 237, dell'adunanza plenaria oltre che n. 7 del 1981, iid., 1981, III, 427), utilizzando lo schema tradizionale agli artt. 1218 e 1224 e.e., che I sostanzialmente assimilabile a quello dell'art. 429 c.p.c., .di cui costituisce una falsariga (Cass., sez. un., nn. 5750 del 1982, .id., 1982, I, 2755; 3076 I del 1983, ,id., 1983, I, ,1587; 1148 e 3316 del 1984, id., 1984, I, 383, e 1491). Il ricorso dev'essere dunque rigettato. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1987, n. 5256 -Pres. Zuc coni Galli Fonseca -Rel. Maresca -P. M. Sgroi (concl. conf.) Palum bo (avv. Trapani) c. Bellini. Giurisdizione civile -Regolamento di giurisdizione Regolamento pre ventivo -Improponibilit della domanda tra privati Inammissibilit (artt. 37, 41, 382 c.p.c.). inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione nell'ipotesi in cui sia dedotta lq. questione di merito at(inente alla improponibilit assoluta della domanda tra privati per mancanza di una norma che tuteli la situazione dedotta in giudizio (1). .. Svolgimento del processo. -Con i-icorso ex art. 1168 e.e. e 703 c.p.c. del 13 novembre 1984, diretto al Pretore di Pozzuoli, Ciro Dellini, qualificandosi proprietario di un fondo 1in Quarto, confinante per un tratto, del lato Est, con una casa adibita ad abitazione, di propriet del germane (1) Non sussistono precedenti in conformit alla pronuncia in questione, la quale si pone in antitsi con il precedente consolidato orientamento della Cassazione, convergendo invece con quello . della dottrina. Il contrario orientamento risale gi a Cass. 29 maggio 1951 n. 1330, in Foro it., 1952, 7, 701 con osservazioni di A. Scialoja, e in Giur. Cass. civ., 1951, III, 427, con nota adesiva di Berri, Sulla rilevabilit della carenza di azione nel regolamento di giurisdizione, che approv la decisione facendo leva anche sull'art. 382, ultimo comma, c.p.c., oggi psto fuori giuoco dalla sentenza in epigrafe. Tra le critiche a tale orientamento, oggi superato, da ultimo si rinviene c. M. BARONE, F. CIPRIANI, A. PROTO PISANI, A. PIZZORUSSO Regolamnto di giu__ j '"'c.,,,wcuca,.,,,c,,,c,..,.,.,,.,.".''',...c,,,,,,,,,,,,,,, ., PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Giusepp ma occupata da Ferdinando Pallumbd, e lamentando che questi, nell'estate di quell'anno, avesse invaso parte di detto fondo depositandovi, in corrispondenza dell'abitazione, legna e pedane , e -cos -molestato il pacifico possesso dello stesso istante, indispensabile per iil completa mento della strada di accesso a un fabbricato dallo stesso costruito su una porzione del fondo medesimo, chiedeva al pretore adito d'essere reintegrato nella detenzione e nel possesso di quella parte del fondo anzidetto, disponendosi la rimozione della legna e di tutti gli altri materiali deposi tati dal Palumbo. Il quale, con rituale ricorso a questa Corte suprema di cassazione a sezioni unite, notificato il 22 novembre 1984, presentava istanza per regolamento preventivo ai sensi dell'art. 4f c.p.c. deducendo il difetto assoluto di giurisdizione, sull'assunto: non esistere alcuna posizione di dirit to soggettivo o comunque tutelata della legge, che potesse sorreggere l'azione dell Dellini, tesa evidentemente a ottenere il godimento di una parte importante della confinante masseria (con annesso terreno), di propriet di un fratello. del medesimo Dellini, che lo stesso Palumbo con duceva in affitto in forza di regolare ontratto e in relazione alla quale pendevano alltri giudizi. Il Dellini, cui il ricorso risulta regolarmente notificato, non iha presentato controricorso. Motivi df!Jlla decisione. -Il ricorso inammissibile, prospettando una questione dell tutto estranea alla giurisdizione. Esso pone ancora una volta all'attenzione di queste sezioni unite il problema se, nelle controversie fra privati, il difetto, nell'attore, di una qualsiasi situazione soggettiva giuridicarnente rilevante integri una questione di giurisdizione e, come tale, sia denunciabile in sede di regolamento preventivo ex art. 41 c.p.-c. A rispondervi affermativamente per !la prima volta stata la sentenza 29 maggio 1951, n. 1330 (Foro it., 1952, I, 701) di questa corte, che nell'ipotesi in cui l stessa pretesa giudiziale per i fatti indisputati risdizione, deontologia forense e credibilit delle sezioni unite, in Foro it., 1987, 7, 62 e SS. I Favorevoli a questo cambiamento di. rotta anche A. Proto Pisani, A proposito di stile delle sentenze, effettivit del diritto di .azione e credibilit della giustizia dello Stato >>, id., 1977, I, 2422; Problemi e prospettive in tema (di regolamenti) di giurisdizione4 di competenza, id. 1984, V, 19 ss., spec. 94; V. ANDRIOLI, Improcedibilit assoluta della domanda tra privati, in Giur. Cass. Civ., 1952, I, 13; E. T. LIEBMAN, Domanda infondata e regolamento di giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1953, Il, 35. :E; implicita innegabile conseguenza della decisione in parola il dovere (ancora prima che il potere) dei giudici di merito di pmseguire regolarmente il processo, senza sospendere il giudizio ex art. 367 c.p.c. . 11 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e iper la norma altrettanto indisputata, riveli la propria radicale inconsistenza , ha ritenuto di scorgere una situazione analoga, se non identica, a quella per cui, di fronte alla discrezionalit dellla p.a., si contrappone un interesse, tutelabile se mai nella sede amministrativa di legittimit, e non un diritto tutelabile con l'ordinaria garanzia giurisdizionale. Tale giurisprudenza -nonostante i~ fermo dissenso, mai sopito, di autorevole dottrina, decisamente contraria a che l'ambito di applicazione dell'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione fosse allargato a questioni estranee a quelle indicate nell'art. 37 c.p.c. come questioni di giurisdizione e allJ.e quali, soltanto, la lettera del successivo art. 41 riserva l'applicabilit del rimedio straordinario del regolamento medesimo - stata ribadita per oltre un trentennio (ma sGlo in teoria, perch in pratica, in relazione a tali casi, il difetto assoluto di giurisdizione risulta essere stato dichiarato solo poche v~te), in una lunga serie di pronunzie (v., fra le pi recenti, sent. 22 ottobre 1984, n. 5365, id., Rep. 1984, voce LocazionJe, n. 564, e n. 5363, id. 1985, I, 171; 28 luglio 1984, n. 4489, id., Rep. 1984, voce Giurisdizio.n.e civile, n. 71), nelle quali si rilevata l'esigenza di tener distinta l'ipotesi in cui l'indagine riguardi la sussistenza in concreto di tutte le condizioni per [a tutela .di una situazione soggettiva, in ordine alla quale sia sorto un contrasto (relativo, peraltro, non all'esistenza della norma, ma alla sua interpretazione), indagine questa, che attiene squisitamente al merito, dalfa diversa ipotesi in cui manchi del tutto una qualsivoglia norma che tuteli la situazione dedotta in giudizio, la quale per d stesso viene a collocarsi al di fuori di ogni tutela giuridica in quanto priva della consistenza di diritto soggettivo o di interesse legittimo. stato rilevato, inoltre, che con la proposizione di istanza per regolamento si sollecita dalle sezioni unite la designazione del giudice cui spetta la competenza giurisdizionale a decidere una determinata controversia e. che un simile potere pu logicamente estendersi fino all'estremo limite delll'arffermazione che una designazione impossibile, in quanto, posto che l'ordinamento si realizza nella giurisdizione, l'assoluta , certezza della mancanza di una volont astratta di legge comporta che la controversia non possa essere portata dinanzi ad alcun giudice {sent. 9 maggio 1973, n. 1247, id., 1973, I, 2784). Ritiene, tuttavia, questo .. coHegio l'opportunit di riconsiderare il problema procedendo, logicamente, dal rilievo che il regolamento preventivo previsto dall'art. 41 c.p.c. con limitato riferimento alle question di giurisdizione di cui all'art. 37 , id est alle questioni attinenti alla giurisdizione del giudice ordinario nei confrowella p.a. o del giudice speciale, e alla giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello straniero; e tale previsione, at~esa la natura straordinaria ed eccezionale dell'istituto -da tutti riconosciuta -, tassativa e non pu pertanto esser estesa a ipotesi non contemplate dalla norma dell'art. 37 c.p.c. in : PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE particolare, all'ipotesi di c.d. improponibilit assoluta della domanda neNe controversie fra privati. Che in questa ipotesi la situazione dedotta in giudizio sia in un certo senso analoga -ma non identica -a quella in cui, di fronte, alla discrezionalit del.la p.a., si profili un mero interesse del privato e non un diritto tutelabile con l'ordinaria garanzia giurisdizionale (come ritenuto da queste sezioni unite nella giurisprudenza sopra richiamata) pu anche consentirsi. Ma non se ne pu inferire l'utilizzabilit del regolamento di giurisdizione/ anche per detta ipotesi, ostandovi. il cennato carattere tassativo della norma. La circostanza, invero, che entrambe le dette ipotesi siano cartterizzate dalla mancanza di una norma che tuteli in astratto la situazione dedotta a fondamento della pretesa non sufficiente a far estendere al privato convenuto il trattamento legge riservato alla p.a. siccome del tutto particolare alla massa dei rapporti tra it singolo e l'amministrazione attiva. Tanto pi che, come rilevato autorevolmente in dottrina, gi nei rapporti tra giudice ordinario e p.a. questioni di giurisdizione (o di competenza, come previsto, prima del codice di procedura civile del 1942, dalla I. 31 marzo 1877 n. 3761, sui conflitti di attribuzione) sarebbero ravvisabili :(per forza di legge) solo in senso improprio giacch il cosidetto difetto di giurisdizione civhl.e riguardo alla medesima amministrazione si 1dentificherebbe, in ogni caso, con l'inesistenza del diritto soggettivo fatto valere in giudizio. Onde, la pronuncia di improponibilit assoluta della domanda nei confronti dell'amministrazione meqesima sarebbe sostanzialmente di merito, e sarebbe devoluta alla Corte di cassazione, in sede di regolamento, in via del tutto straordinaria, anzi abnorme riguardo al sistema, senza alcun rispetto delle regole sui vari gradi di giurisdizione e nonostante la natura di giudice di mera legittimit, propria della Corte di cassazione. Che se, poi, vi si dovesse scorgere una pronuncia non di merito, a fo11oori l'esperibilit del regolamento preventivo di giurisdizione non potrebbe esser estesa alfa cosiddetta improponibilit assoluta della domanda tra privati perch, come pure stato rilevato, alla diversit dei soggetti si aggiungerebbe la diversit di contenuto delle due pronunce, quella sull'inesistenza di tutela giuridica fra privati attinendo certamente al merito, giammai alla giurisdizione, in quanto si risolve in una pronuncia (negativa) sulla fondatezza della domanda. E un giudice capace di giudicare al riguardo v' sempre, sia pure al solo effetto, eventualmente, di dichiarare infondata la pretesa. Ci indipendentemente dalla circostanza che siavi o non siavi contestazione sull'esistenza di una norma che tuteli [a situazione dedotta in giudizio. Ch, com~ stato osservato~ un eventuale difetto di contestazione al riguardo nn vincola in alcun modo il giudice n lo esime dall'ob RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bligo di esaminare d'ufficio la questione. D'altro canto, l'dnfondatezza di una domanda non suscettibile di graduazioni diverse che consentano di distinguere una pronuncia di improponibi~it da una pronuncia finale di rigetto della domanda. N vale invocare -come pure stato fatto -l'ultimo comma dell'art. 382 c.p.c., relativo alla cassazione senza rinvio, oltre che nehl'iipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, in ogni altro caso in cui (la corte) ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito: non v' identit di oggetto fra regolamento preventivo e cassazione senza rinvio, come fatto palese dal raffronto testuale delle due norme che rispettivamente li riguardano, l'art. 41, a differenza dell'articolo 382, riferendosi soltanto al difetto assoluto di giurisdizione, ragione per cui anche se si volesse ammettere che l'art. 382, nel suo ultimo comma, sia riferibile all'ipotesi di cosiddetta improponibi1it assoluta della domandfl fra privati per inesistenza di una norma di legge che tuteli la situazione dedotta ti.n giudizio, rimarrebbe per ci~ stesso esclusa la possibilit di valutare tale inesistenza in sede di regolamento pTeventivo. Nel caso. in esame, la controversia essendo fra privati, l'asserita improponibi1it assoluta della domanda, comunque valutabile, non pu essere in alcun modo denundata con istanza di regolamento pTeventivo di giurisdizione, ai sensi dell'art~ 41 c.p.c. onde il relativo ricorso va _dichiarato dnammissibfile. r(omisS!is) ..,.......,,.! SEZIQNE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, III Sez. Civile, 6 agosto 1987, n. 6759 Pres. Scribano Rel. Laudato P. M. Simeone -Gollini (avv. Tosatti e Gueresi) contro F.S. (Avv. Stato Stipo). , Procedimento civile - lus postulandi degli Avvocati dello Stato -Difesa in giudizio degli enti pubblici e dei dipendenti pubblici -Mandato alle liti -Non occorre . Re'SpoiisabTut ciVile"':'" Modalit-del~fatto generatore del -danno=~GiU: dizio di merito incensurabile in sede di legittimit. Responsabilit civile -Dovere di comportamento prescritt'o da una norma Diligenza e disattenzione dei destinatari Esclusfone della responsabilit. Lo ius postulandi degli Avvocati dello Stato deriva direttamente dalla leggJe; e quindi non richiede il conferi mento di un mandato alla lite, non solo nel caso di rappresentanza delle Amministrazioni dello Stato, delle Amministrazioni pubbliche non statali e degli enti pubblici soggetti a vigilanza o tutela dello Stato, ma anche nel caso di rappres.entanza e difesa degli impiegati e agenti delle Amministrazioni dello Stato ( artt. 44, 45 e 1 T. U. delle leggi e norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, approvato con r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611) (1). La ricostruzione delle modalit del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei soggetti che vi sono coinvolti e l'accertamento della esistenza o meno del rapporto di causalit tra i comportamenti accertati e l'evento si risolvono in altrettanti giudizi di merito, sottratti, se adeguamente motivati, al sindacato di legittimit. Il dovere di osservare una norma che prescrive un determinato comportamento deve ritenersi rispettato quando . il soggetto obbligato abbia tenuto la condotta indicata dalla norma stessa, n la specificazione che l'azione prescritta deve essere compiuta con cura aggiunge pi di tanto alla prescrizione normativa, in quanto questa deve pur sempre (1) Massime esatte; sulla terza massima v. anche Cass. 29 giugno 1981 n. 4216, in questa Rassegna 1982, I, ~29 nel senso che il principio del neminem laedere non pu estendersi fino al punto di ravvisare il dovere di prevenire le imprudenze altrui. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 344 ritenersi diretta ad imporre un dovere di condotta particolarmente diligente e non mai un obbligo di suR_plire alla imprudenza o disattenzione dei destinatari fino al punto di assicurarsi che questi ultimi se ne siano effettivamente resi conto, a prescindere dalla loro maggiore o minore attenzione, diligenza e responsabilit. (omissis) Con il primo mezzo di annullamento, il ricorrente eccepisce la nu1lit della sentenza e del procedimento ex art. 360 n. 4 .c.p.c. e deduce che le FF.SS. ed il Ruggenini, nel proporre appello non hanno convenuto nel giudizio il Rossini, ch:e pure era stato convenuto nel giudizio di primo grado, e, ancora che agli atti non risultava la procura 11ilasciata all'Avvocatura dello Stato dal Ruggenini. La censura va rigettata in entrambi i suoi rilievi. Sotto il primo, infatti, risulta agli atti che l'appello avverso la sentenza di ;primo grado proposto dall'Azienda FF.SS. e dal Ruggenini venne ritualmente notificato, il 29 gennaio 1981, al Rossini, rimasto contumace nel predetto grado del giudizio, nel suo domicilio in Mantova, alla via Sacchi n. 10 a mezzo del servizio postale. In relazione, poi, al secondo rilievo, va osservato che lo jus postulandi degli avvocati dello Stato deriva direttamente dalla legge e, quindi, non richiede il conferimento di un mandato alla lite, non soltanto nel caso di rappresentanza delle Amministrazioni dello Stato, delle Amministrazioni pubbliche non ~tataH e de~i enti pubblici soggetti a v~gilanza o tutela dello Stato, ma anche nel caso di rappresentanza e difesa degli impiegati e agenti delle Amministrazioni dello Stato (artt. 44, 45 e 1 T.U. delle leggi e norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, approvato con r.d. n. 1611/1933). E non dubbio,' ora, che il Ruggenini fosse un dipendente di una Amministrazione Statale, qual' certamente l'Azienda FF.SS., e che fosse stato convenuto in giudizio per fatti e causa dipendenti dal suo servizio. Con i:l secondo mezzo di annullamento, poi, il ricorrente, denunziata violazione dell'art. 13 delle istruzioni per il servizio dei manovratori, nonch insufficiente e contraddittoria motivazfone, deduce .che inesattamente la Corte territoriale ha ritenuto che egli avesse ammesso che era stato dato il segnale di manovra, non avendo invece mai fatto tale ammissione. Inconferenternente, poi, la Corte, dal fatto he i facchini avevano sentito il segnale, ha dedotto che dovesse .sentirlo anche esso Gollini, e ci senza spiegare perch quest'ultimo, se davvero l'avesse sentito, sarebbe rimasto vicino al vagone a farsi schiacciare, cos come non ha spiegato in base a quali elementi ha ritenuto che il Gollini si fosse portato presso il vagone dopo la segnalazione dehla manovra (comportamento questo che peraltro non poteva non essere notato dai manovra PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 345 tori). La sentenza, inoltre, contraddittoria laddove afferma che il Gollini al momento del segnale era lontano, mentre ai_ fini dehl.'asserita percezione del segnale avrebbe dovuto essere vicino al treno, come del resto dichiarato dallo stesso Ruggenini alla Poldzia. Il comportamento del Gollini, poi, non stato affatto imprevedibile, mentre il Ruggenini non solo non ha vigilato sino all'ultimo, e anohe durante la manovra, ohe non si verificassero siituazioni di pericolo, ma nemmeno ha rispettato l'art. 13 co. 2 bis delle citate istruzioni per il servizio, il quale dispone che prima di iniziare la manovra i manovratori debbono ve:riificare che i portelli dei vagoni siano chiusi. Lamenta, altres, il ricorrente che la Corte ha omesso di motivare sul significato della prescrizione di cui all'art. 13, comma 3, delle dette istruzioni, secondo cui i manovratori prima della manovra debbono avvisare con cura le persone che stessero lavorando al carico della merce, espressione questa che deve essere interpretata nel senso che ai manovratori fatto obbligo di dar l'avviso con modalit obiettivamente Jiclonee, e di assicurarsi che lo stesso sia stato realmente udito, il che, invece, il Ruggenini non fece, avendo egli stesso ammesso di non essere sicuro che n segnale di manovra fu udito anche dal Gollini. La censura infondata, e va, pertanto, rigettata. Va subito osservato, come da-costante indirizzo di questa Corte, che la ricostruzione delle modalit del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei soggetti ohe vi sono coinvolti e l'accertamento della esistenza o meno del rapporto di causalit tra i comportamenti accertati e l'evento si risolvono in altrettanti giudizi di merito, sottratti, se adeguatamente motivati, al sindacato di legittimit (sent. n. 1962/1984, n. 1504/1983, n. 1526/1982 e n. 3246/1981). , poi, insegnamento consolidato della Corte stessa, che l'apprezzamento di una prova testimoniale sfugge al sindacato di legittimit, quando dalla motivazione della sentenza risulti ohe il giudice ha desunto il prop:riio convincimento dall'esame di tutte le risultanze dell'indagine espletata, ed ha ottemperato al dovere di spiegare, in maniera adeguata e corretta, le ragioni che lo hanno indotto a preferire una versione difforme da quella sostenuta da una delle partii.. Premesso quanto innanzi, inutilmente la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere malamente interpretato le risultanze istruttorie, ai fini dehla ricostruzione delle modalit del fatto generatore del danno. I giudici di secondo gradq, invece, attraverso una attenta e corretta valutazione di tutto il materiale probatorio raccolto, e in sede penale nel giudizio a carico' del Ruggenini, conclusosi con l' assoluzione dello stesso con formula piena, e in sede civhle; sono pervenuti. al convincimento della insussistenza del rarpporto di causalit tra fatto addebitato al Ruggenini ed evento lamentato dal Gollini, osservando: a) 346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che quest'ultimo diede il dovuto ;preavviso dell'dnizio della manovra di agganciamento tra di loro dei vari carri ferroviari; b) che i facchini addetti alle operazioni di scarico dai predetti carri avvertirono il predetto segnale; e) ch il Gollini, al momento del segnale dato dal Ruggenini si trovava alcuni metri distante dail treno e, cio, in una posizione di. assoluta siicurezza e si . port vicino al carro ferroviario in un successivo ~omento, quando, cio, il Ruggenini si rec ad avvertire i colleghi che poteva esser dato .inizio alla manovra; d) che il Gollini, infine, al momento del fatto dannoso, tentava di salire sul stio autocarro, accostato con fa sponda posteriore chiusa al carro ferroviiario alla distanza di poche decine di centimetri, attraverso l'esiguo spazio esistente tra i due mezzi. E, 1sulla scorta dei predetti accertamenti, correttamente i giudici di secondo grado hanno escluso che il danno lamentato dal Golldni potesse addebitarsi al Ruggenini, per non . avere questi osservato la prescrizione contenuta nel 3 comma dell'art. 13 delde Istruzioni 1del regolamento ferroviario, del seguente tenore: i manovratori, prima di iniziare le manovre [nteressanti binari di magazzino, di rpiano cariatore, di carico e di scarico diretto, debbono avvisare con cura le persone che 1stessero lavorando al carico o allo scarico ed assicurarsi, inoltre, che siano stati tolti i-ponticeldi caricatori. Non dubbdo, ora, in relazione ai rilievi mossi dal ricorrente al convincimento del Tribunale, che il dovere di osservare una norma che presc:riive un determinato comportamento deve ritenersi :i;:,ispettato quando n soggetto ob?ligato abbia tenuto la condotta indicata dalla norma. N la specificazione che l'azione presritta deve essere compiuta . con cura aggiunge pi di tanto ailla prescrizfone normativa, in quanto l'espressione cura sinonimo di quella diligenza, alla quale tutti 1i soggetti sono tenuti ad uniformare il proprio comportamento, sia in generale. {con riferimento al principio del neminem laedere) sia in particolare nell'adempimento dei doveri specificamente inerenti alle singole situazioni. Si pu al pi ritenere che l'attivit prescritta debba essere compiuta con particolare diligenza, ma la prescrizione deve pur sempre ritenersi diretta a imporre un dovere di coi:tdotta particolarmente diligente e non mai un obbligo di supplire " alla dmprudenza o disattelJZione dei destinatari, fino al punto di assicurar~ i che questi ultimi se ne siano effettivamente resi conto, a prescindere dalla loro maggiore o minore attenzione, diligenza e responsabilit. Si vuol dire, cio, che deve escludersi che una certa previsfone normativa di comportamento possa ritenersi osservata solo se l'agente operi in modo tale da prevenire indiscriminatamente ogni ipotesi di pericolo, anche se determinato dall'altrui comportamento abnorme, imprudente e negligente. E certamente, nella specie, hl Ruggenini, il quale aveva dato il segnale di manovra, che era stato avvertito eia tutti gli addetti alle operazioni di scarico dei vagoni interessati dalla manovra stessa, non ! I ! ! I - PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE poteva, in alcun modo, prevenire il comportamento certamente abnorme ed imprudente del Gollini, il quale, nella fase di avviso di essa manovra, ad operazioni di scarko sospese, tentava di salire sul suo autocarro, al quale si era portato dopo il segnale dato, attraverso l'esiguo spazio esistente tra esso mezzo ed il vagone ferrO'V'iario in movimento, subendo, cos, lo schiacciamento della gamba destra. Inutilmente, poi, fil ricorrente, in questa sede di legittimit, denunzia la violazione da parte del Ruggenini del comma 2bis del citato art. 13, che impone ai manovratoti di chiudere, nel corso della manovra di spostamento di vagoni, la porta degl stessi, trattandosi di questione che involge accertamenti di fatto, che non risulta essere stat proposta in sede di merito. (omissis) ) SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA I . CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 28 settembre 1987, n. 22 -Pres. Crisci Est. Reggio D'Aci -Caste1H (avv. Trinaglia) c. Ministero dei Trasporti .(avv. --Stato Stipo). Impiego pubblico -Procedura concorsuale per avanzamento -Impugnativa Controinteressati. Giustizia amministrativa -Controinteressati -Individuazione. Quando venga impugnata da parte del soggetto escluso l'intera procedura concorsuale di avanzamento, comprese le promozioni conferite, sussiste l'onere di chiamare in causa quali controinteressati i promossi. Sono controinteressati tutti i soggetti che in relazione ad un provvedimento abbiano un interesse giuridicamente qualificato alla sua conservazione. II CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 2 luglio 1987, n. 463 -Pnes. Ancora -Est. Luce -Sindacato nazionale autonomo ilavoratori della scuola (avv. Rienzi) c. Federazione nazionale scuola (avv. Dallari) e Presidente Consiglio dei Ministri. Giustizia amministrativa -Controinteressati -Impugnativa provvedimento riparto aspettative ~indacali -Associazioni sindacali. Associazioni e fondazioni -Associazioni sindacali -Rappresentativit Indici -Consistenza numerica -Specialit interessi rappresentati. Controinteressati rispetto all'impugnativa di un provvedimento di riparto delle aspettative sindacali sono le organizzazioni sindacali e non i dipendenti che conseguenzialmente beneficiano . del collocamento in aspettativa. Per determinare le associazioni sindacali maggiormente rappresentative, l'Amm.ne deve tenere conto non solo della consistenza numerica dei soggetti rappresentati, ma anche della specialit, qualit e rilevanza degli interessi professionali rappresentati. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 349 I DIRITTO -Rileva, l'Adunanza che la nozione di controinteressato, cosi come delineata dalla giurisprudenza consolidata di questo Cl>nsiglio, diretta a comprendere tutti coloro che sono coinvolti da un provvedimento amministrativo ed abbiano acquisito, in relazione a detto provvedimento una posizione giuridicamente qualificata alla sua conservazione. Nella specie deve essere posto in evidenza che l'attuale appellante e ricorrente in primo grado ha impugnato in tale sede un provvedimento del Direttore compartimentale delle FF.SS. di Palermo che aveva conferito il passaggio a capo gestione nei isoli confronti dei Sigg. Morana Giuseppe, Fichera Antonio e Raffa Letizia, mentre nel provvedimento non era stato compreso esso ricorrente. Con il primo motivo di censura si denunciava tra l'altro la violazione dell'art. 4 del D.M. 30 ottobre 1980 n. 2514 che imponeva all'Amministrazione di determinare i quantitativi dei posti da destinare all'avanzamento affermandosi la illegittimit di siffatta omissione e concludendosi per l'annullamento dei provvedimenti impugnati . In siffatta situazione, ritiene l'Adunanza che il ricorso originario vada interpretato nel senso che con esso si chiedeva l'annullamento di tutta la procedura concorsuale di avanzamento al posto di capo gestione, ivi comprese, quindi, le promozioni conferite con il provvedimento impugnato. E invero, il ricorso risulta, espressamente, proposto contro la deliberazione n. 9 del 10 luglio 1982 del Capo dell'Ufficio personale compartimentale {la quale concerne il passaggio a Capo gestione dei Signori Morana, Fichera e Raffa) e contro tutti gli atti del procedimento che con detta delibera si concluso (quindi anche contro i procedimenti relativi alla promozione dei Signori Morana, 'fichera e Raffa). La portata generale dell'impugnazione confermata del resto dal contenuto del primo motivo di ricorso, nel quale si censura, con riferimento all'intero procedimento, la mancata preventiva determinazione dei posti disponibili. Infine, nella parte conclusiva del ricorso, si ribadisce la richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati senza alcuna limitazione, anche se, come ovvio, l'interesse al ricorso del Castelli sorge dal fatto che tali provvedimenti mentre hanno disposto la promozione dei Signori Morana, Fichera e Raffa; nulla hanno stabilito circa la promozione del Castelli medesimo. Non vi dubbio, pertanto, che i dipendenti promossi con il provvedimento impugnato' avevano diritto di interloquire in ordine alla Jegittimit della determinazione che li riguardava e che il Castelli, con la 350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sua impugnazione, tendeva a fare annullare come illegittima; essi do vevano, conseguentemente, essere evocati in giudizio. A ci si aggiunga che nel secondo motivo di ricorso il Castelli sostiene che l'indisponibilit dei posti presso l'impianto di Palermo centrale dipenderebbe dall'i.llegittimo distacco di numerosi dipendenti . I con qualifica di Capo gestione non appartenenti a detto impianto, m a serviz,i funzionanti presso il Palazzo delle Ferrovie di via Roma 19. Il ricorrente lamenta del pari che posti in pianta organica di capo gestione siano illegittimamente occupati da assistenti capo, che non ne hanno. titolo. Anche questa censura, se accolta, verrebbe ad incidere sfavorevol mente su situazioni giuridiche di taluni dipendenti agevolmente individuabili, anche se non indicati nominativamente, i quali possono avere un interesse qualificato alla reiezione del ricrso del Castelli. Da tutto quanto sopra emerge che innegabile l'esistenza di controinteressati ad almeno uno dei quali il ricorso doveva essere notificato. Non avendo il ricorrente provveduto a tale adempimento, bene hanno statuito i primi giudici nel dichiarare. inammissibile il ricorso. L'appello va pertanto respinto con conferma della sentenza impugnata. II DIRITTO -1) Preliminarmente, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilit deglf originari ricorsi, siccome riproposte dal.lo SNALS nei primi tre motivi del dedotto appello. Assume, in particolare, il sindacato ricorrente, {1 motivo) che la sentenza impugnata importi violazione dell'art. 45 legge n. 249 del 1968, del.l'art. 21 legge n. 1034 del 1971 e dei principi generali {della materia), ovvero che sia carente di elementi rilevanti per la decisione. La dichiarazione di impnx:edibilit del primo ricorso (n. 2760 del 1984), adottata dal T.A.R., dovrebbe considerarsi erronea, in quanto il ricorso stesso avrebbe dovuto, .invece, essere dichiarato inammissibile, prch notificato ad un'autorit diversa da quella che_ aveva emanato il provvedimento impugnato. Inoltre, lo SNALS Jamenta (2 motivo) la violazione dell'art. 21 legge n. 1034 del 1971, dell'art. 97 della Costituzione e dei principi gene- rali (della materia) e denuncia l'omesso esame di elementi rilevanti per la decisione di accog.limento del secondo ricorso (n. 520 del 1985). Osserva il ricorrente che, nel corso dello svolgimento del giudizio relativo al primo ricorso della Fis (n. 2760 del 1984), avanti al T.A.R. ~el Lazio, aveva depositato delle copie di alcuni provvedimenti di eso ! PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 351 nero, adottati dal Ministero dell~ pubblica istruzione, nel cui testo veniva dato atto dell'esistenza di un precedente provvedimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, con hl quale erano stati ripartiti gli esoneri sindacali. Provvedimenti, peraltro~ non impugnati, dopo la loro produzione in giudizio, n con un nuovo ricorso, n con. motivi aggiunti, sicch, dovendosi considerare inammissibile il primo ricorso (n. 2760 del 1984) per omessa notifica all'Autorit emanante, detti provvedimenti avrebbero dovuto considerarsi, ormai, inoppugnabili, stante la tardivit dell'impugnazione del secondo ricorso (n. 520 del 1985) che, per tale motivo, si palesava, a sua volta, inammissibile. Infine, lo SNALS lamenta {3 motivo) l'ulteriore violazione dell'articolo 21 legge n. 1034 del 1971, nonch l'erroneit della decisione, per omesso esame di elementi rilevanti relativi alla inammissibilit del ricorso, in quanto non era stata considerata, da parte del T.A.R., la man cata notifica del ricorso stesso ad almeno uno dei controinteressati, tali non potendo considerarsi, n esso sindacato, n altra organizzazione sindacale, riguardando la previsione di cui all'art. 45 legge n. 249 del 1968, direttamente ed immediatamente, i dipendenti da col.locarsi in aspettativa. Le riassunte doglianze sono infondate e vanno respinte. Quanto alla notifica del primo ricorso (n. 2760 del 1984), va considerato che veniva chiesto l'annullamento di un provvedimento, di cui si ignoravano gli estremi, di disapplicazione o di revoca di precedenti determinazioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, relative al riparto del contingente di aspettative sindacali per il triennio 1984-87. Nella supposizione dei ricorrenti, quale desunta dal testo del ric~ rso, il provvedimento impugnato doveva ricondursi al Ministero della pubblica istruzione, sicch era sufficiente, ai fini dell'ammissibilit del gravame, che a tale organo venisse effettuata la notificazione ed essendo, quindi, irrilevante che il ricorso stesso fosse stato. anche notificato, peraltro irritualmente, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica. Avvenuta, poi, la specificazione dellrautorit. che aveva emanato l'atto impugnato {Ministro per Ja funzione pubblica), i ricorrenti proponevano .lteriore impugnativa (n. 520 del 1985), ritualmente, questa volta, notificata; per cui, correttamente, il T.A.R., nella motivazione della impugnata sentenza, ha affermato l'improcedibilit del primo ricorso (n. 2760 del 1984), risultando l'azione ivi proposta integralmente assorbita nel secondo gravame (n. 520 del 1985). Ribadita, pertanto, l'improcedibilit del menzionato primo ricorso ed in tali sensi corretta la relativa parte dispositiva dell'impugnata 352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentenza, consegue, altres, Ja palese insussistenza dell'inammissibilit della seconda impugnativa, per tardivit nella proposizione dell'impugnazione, in quanto condizionata, come esplicitamente riconosciuto nella prospettazione dell'appellante sindacato, al riconoscimento dell'inammissibilit del primo gravame (n. 2760 del 1984). In ordine, infine, all'asserita inammissibilit dei ricorsi per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati va considerato che, c;ome esattamente affermato dal T.A.R., destinatari e quindi interessati al provvedimento di riparto delJe aspettatiye sindacali, previsto dall'ultimo comma dell'art. 45 legge n. 249 del 1968, erano le organizzazioni sindacali, e non gi i singoli dipendenti che, successivamente, beneficiavano del collocamento in aspettativa. Va anohe respinta l'ulteriore eccezione di improcedibilit dei ricorsi, dedotta dalJo SNALS nel giudizio avanti al T.A.R. e riproposta nel quinto motivo di appello, per inosservanza della legge sul bollo, essendo i ricorsi stessi proposti in carta semplice, pur non vertendosi in materia di pubblico impiego. Ed invero, in base al disposto di cui al terzo comma dell'art. 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642 il'inosservanza alle norme 1sul bollo relativa agli atti giudiziali non importa irricevibilit del ricorso, sussistendo il solo obblig;o per la segreteria dell'inoltro al competente uf. ficio del registro per Ja regolarizzazione. 2) Passando, quindi, all'esame dei profili di merito delle impugnative, va considerato che l'art. 45 legge n. 249 del 1968 prevede il collocamento in aspettativa, per motivi sindacali, dei dipendenti civili dello Stato che ricoprano cariche elettive in seno alle organizzazioni sindacali a carattere nazionale maggiormente rappresentative. In virt del disposto di cui all'ultimo comma della norma indicata, alla ripartizione tra le varie organizzazioni sindacali, in relazione atta rappresentativit delle medesime, provvede, entro il primo trimestre di ogni anno, la Presidenza del Consiglio dei ministri (e per essa il Ministro per .la funzione pubblica, appositamente delegato), sentite le organizzazioni interessate. Si evince, quindi, da quanto precede che, sia la valutazione relativa al grado di rappresentativit d~lle organizzazioni sindacali, sia il riparto del contingente assegnato alle organizzazioni stesse spettano alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica. Peraltro, alla individuazione delle organizzazioni sindacali a carattere nazionale aventi il requisito della mag;giore rappresentativit, in mancanza di specifici criteri normativi di determinazione, deve provvedere l'amministrazione, con una valutazione che si configura come caratterizzata da discrezionalit di ordine tecnico . .,.,.,.,.,..-,.,..-.-.-.-.-...r.-.cc.--.--.c.-cc.r,.-,-.-..-.--rr.-.-, . .-.-.-,.,,. ,,':',.)'..-......!......'......f....).',;,'":; ,,.c..-.--..-r.-..-..c..-.,.--.-.-..,.,.-,-,.--.--,ᥥ-,-,,,,, ,,.,,., ,.. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA J.l dato, infatti, della maggiore rappresentativit dell'organizzazione sindacale, come si evince dal testo della norma, deve essere solo rilevato da parte dell'amministrazione sulla base di criteri che sono rimessi, s, al suo esclusivo apprezzamento, ma che sono, anche, suscettibili, proprio perch attengono ad una mera operazione di acclaramento, di controllo, in sede di verifica di legittmit, sotto il profilo dell'adeguatezza, della logicit e della pertinenza. In linea generale, peraltro, al riguardo, si deve, altres, tener presente che, in relazione al principio costituzionale del pluralismo partecipativo, il criterio adottato dall'amministrazione, per la d!esignazion delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresent~tive, va, correttamente, interpretato nel senso ohe il grado di rappresentativit non da assumere in relazione al dato, esclusivamente quantitativo, della consistenza numerica dei soggetti rappresentati 1(C.d.S., VI Sez., n. 635 del 9 agosto 1986); dovendosi tener conto anche della specialit, qualit e rilevanza degli interessi professionali da ciascuna organizzazione rappresentati (C.d.S., VI Sez., n. 681 del 4 dicembre 1984). In definitiva, cio, oltre alla consistenza numerica degJi iscritti, l'amministrazione deve aver riferimento a tutti gli eventuali altri elementi che possono avere uno specifico sign1ficato al riguardo, quali ad es. la partecipazione alla formazione ed alla stipulazione dei contratti collettivi di lavoro, la partecipazione alla risoluzione delle vertenze individuali, plurime o collettive di lavoro, l'estensione della presenza dell'organizzazione sindacale e la peculiarit de@i interni da essa rappresentati. In ogni caso, sussiste l'obbligo per l'amministrazione stessa di provvedere ad una accurata indagine istruttoria, nonch il dovere dell'indicazione delle ragioni che possano avere indotto a preferire una organizzazione ad un'altra in relazione ai criteri parametrici in concreto prescelti (C.d.S., VI Sez., 30 ottobre 1979 n. 773). Il controllo di legittimit sulla scelta effettuata consente, infine, di valutare, altres, la coerenza dell'azione amministrativa al riguardo svolta, la sufficienza della motivazione, nonch il rispetto delle competenze e dell'ordine procedimentale previsti per legge Facendo ora applicazione dei principi indicati al caso di specie, sembra l Collegio che l'illegittimit dell'operato dell'amministrazione appaia di chiara evidenza, sol se si cons1deri l'incoerenza e la contraddittoriet dell'operato del Dipartimento della funzione pubblica che, dopo avere adottato (nell'atto del 20 marzo 1984), quale dato di riferimento, il numero dei voti riportati dalle varie organizzazioni sindacali in occasione delle elezioni del Consiglio nazionale della pubblica RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istruzione, ha poi travolto {nel decret? del 24 dicembre 1984), relativamente al grado di rappresentativit della Fis, i risultati in tal modo ottenuti, rimettendosi ad una, diversa, determinazione del Ministero delJa pubblica istruzione, che aveva, invece, considerato anche i risulti conseguiti nei Consigli scolastici provinciali e nei Consigli provinciali di amministrazione. N rileva la considerazione svolta dalle amministrazioni appellanti (primo motivo) secondo cui l'atto del 20 marzo 1984 non identificava il definitivo provvedimento previsto dall'art. 45 legge n. 249 del 1968, avendo, invece, natura di atto istruttorio con il quale si richiede\ra alle parti interessate di esprimere le ;proprie valutazioni in merito al criterio prescelto. Ci, infatti, non esclude ohe nella previsione della norma, di cui al richiamato art. 45 legge n. 249 del 1968, la competenza alla ripartizi? ne delle aspettative tra le varie organizzazioni sindacali, in relazione alla loro rappresentativit, spettava al Dipartimento della funzione pubblica e non, invece, al Ministero della pubblica istruzione; peraltro nemmeno indicato quale organo di cui era necessario acquisire l'avviso, dal momento che, per tale aspetto, si faceva riferimento alle sole organizzazioni sindacali interessate. Illegittimamente, quindi, l'amministrazione della pubblica istruzione, cui lo schema di riparto adottato dal Dipartimento delJa funzione pubblica con l'atto del 20 marzo 1984 veniva inviato, per mera conoscenza, si attribuiva il potere di provvedere ad una diversa ripartizione, dandovi, altres, concreta attuazione con l'assegnazione dei contingenti alle singole organizzazioni sindacali. N a sanare l'anzidetta ilJegittimit pu valere il riferimento, nella successiva nota di trasmissione delle proprie osservazioni al Dipartimento della funzione pubblica del 6 settembre 1984, ad, asserite, intese raggiunte con lo stesso Dipartimento, dal momento che, comunque, si era realizzata un'interferenza nell'ordine delJe competenze procedimentali, avendo il Ministero della pubblica istruzione assegnato le aspettative prima dell'adozione formale dell'atto di riparto. Contrariamente, poi, a quanto dedotto dalle amministrazioni appellanti (secondo motivo), il diverso criterio indicato dall'amministrazione della pubblia istruzione si poneva .in palese contrasto con quanto suggerito da questo Consiglio di Stato in sede consultiva e recepitb dal Dipartimento della funzione pubblica alJ'atto dell'adozione del primo provvedimento, dal momento che si condizionava il riconoscimento del maggior grado di rappresentativit alla presenza dell'organizzazione sindacale, oltre che in seno al consi~io nazionale della pubblica istru zione, nei Consigli provinciali di amministrazione e nei Consigli scolastici. provinciali. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 355 Illegittimamente, inoltre, e per tale considerazione deve ritenersi infondata la relativa doglianza (terzo motivo) delle amministrazioni appellanti, veniva esclusa l'audizione della F.I.S., la quale era, incontestabiJmente, interessata alla adozione del provvedimento definitivo di assegnazione delle aspettative, in quanto ricompresa nell'iniziale prospetto di riparto ed in quanto specificamente, anche, indicata, nel testo dell'atto del 20 marzo 1984, tra le destinatarie dell'atto stesso, cui venivano sollecitate le, eventuali, osservazioni entro il previsto termine di giorni trenta. Insussistente, altres, l'asserita violazione da parte del T.A.R. della legge n. 249 del 1968 e dei principi generali in materia in relazione a quanto dedotto dallo SNALS nel quarto motivo della propria impugnazione. Al rilievo, ivi indcato, secondo cui il Ministero della pubblica istruzione aveva dichiarato nei decreti di esonero che gli stessi venivano attribuiti sulla base di un provvedimento di riparto del Dipartimento della funzione pubblica, divenuto incontestabile in quanto non impugnato, va obiettato che l'indicazione era erronea, dal momento che alla data dell'adozione di tali decreti (ottobre 1984), l'atto richiamato (D.P.C.M. del 24 dicembre 1984) non era stato ancora emanato. L'asserzione, poi, secondo cui il riparto degli esoneri, operato dal Ministero della pubblica istruzione, pur essendo atto conclusivo del procedimento di determinazione delle aspettative, era, in ogni caso, revocabile, in. relazione a diverse, eventuali, determinazioni del Dipartimento della funzione pubblica, non esclude l'illegittimit del riparto stesso, in quanto emanato ne1la mancanza dell'atto del Dipartimento anzidetto e per giunta in palese contrasto con quanto stabilito nell'iniziale prospetto di distribuzione cos come fissato dallo stesso Dipartimento. L'osservazione, quindi, secondo cui, con il decreto del 24 dicembre 1984, il Dipartimento della funzione pubblica aveva finito col determinare le modalit di distribuzione dei contingenti di esonero in termini perfettamente corrispondenti al riparto degli stessi come effettuato dal Ministero della pubblica istruzione, non vale a sanare l'illegittimit dei provvedimenti adottati dall'autorit per ultimo indicata. Ed invero, come sottolineato nel controricorso della F.LS., stabilita per legge una determinata competenza per l'adozione di un dato provvedimento, non pu, poi, ritenersi valida la determinazione adottata da un ufficio incompetente, in relazione alla successiva conformazione alla determinazione medesima da parte dell'ufficio competente. Nemmeno, poi, censurabile la sentemia del T A.R. laddove la stessa afferma che il D.P.C.M. del 24 dicembre 1984 non era a:deguatamente 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO motivato, in relazione alla indicazione delle ragioni che inducevano l'amministrazione a modificare il precedente 'Orientamento fondato, come gi precedentemente sottolineato, sulla base di uno specifico parere di questo Consiglio di Stato. Il semplice richiamo alla comunicazione del Ministero della pubblica istruzione del 6 settembre 1984 n. 30375 non implicava sufficiente esplicitazione, anche in relazione ai criteri generali in precedenza richiamati, delle ragioni che giustificavano il ripudio del criterio di determinazione. della maggiore rappresentativit delle organizzazioni sindacali precedentemente adottato nell'atto dEll 20 marzo 1984 su cui, peraltro, erano state chiamate ad interloquire i.e sle organizzazioni sindacali. E d'altra part:e, contrariamente a quanto sostenuto dallo SNALS, e come gi in precedenza considerato, neppure non pu non ravvisarsi la sostanziale diversit dei criteri adottati nei due provvedimenti del Dipartimento della funzione pubblica, attesa, se non altro, la diversit di risultato che ne conseguito per la F.I.S. che, indicata nel primo provv.edimento come ciestinataria di ben sette aspettative, si vista, poi, addirittura esclusa, nel secondo atto del Dipartimento indicato, dal novero delle organizzazioni ritenute maggiorment~ rappresentative. Ininfluenti, infine devono .considerarsi i rilievi relativi all'asserita necessit di un ampliamento dei dati di riferimento per l'accert.amento della reale rappresentativit delle organizzazioni sindacali, con la considerazione anche dei risultati conseguiti a livello provinciale e con riferimento, pi che al numero dei votanti, a quello degli eletti, dal momento che tali indicazioni, che, oltretutto erano in linea con i principi generali precedentemente indicati, ottenevano, pi propriamente, a scelte discrezionali dell'amministrazione, attinenti al merito dell'azione amministrativa, non oggetto di confutazione da parte del collegio che ha solo riscontrato, sul piano formale del provvedimento impugnato nell'operato dell'amministrazione, una contraddittoriet di (:omportamento, pe:raltro non adeguatamente giustificata, oltre ad un'inversione temporale de1lo svolgimento del procedimento. In siffatta indicazione restano anche assorbite le ulteriori doglianze di cui all'ultimo motivo di appello proposto dallo SNALS e dell'appello incidentale della F.I.S., che pertanto vanno respinti, relativamente all'effettivo grado di rappresentativit delle organizzazioni indicate, il cui accertamento, come gi rilevato, deve essere riservato all'amministrazione competente, con possibilit di sindacato soltanto in relazione all'esigenza dell'immunit della determinazione da vizi di illegittimit e senza, quindi, la possibilit di sostituire il metodo prescelto -insin PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 357 dacabile, se logico, coerente ed in linea con le precedenti indicazioni e correttamente applicato -con altro criterio, eventualmente, ritenuto pi idoneo. Nei termini indicati va pertanto confermata la sentenza impugnata. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 14 luglio 1987 n. 422 Pneis. Santaniello -Est. Barbagallo -Mazza (avv. Monti) c. Prefetto di Alessandria (Avv. St. D'Amico). Atto amministrativo Atto paritetico Carattere vincolante Annullamento. Impiego pubblico Stipendi Recupero emolumenti indebiti Autoresponsabillt ed affidamento -Irrilevanza. Impiego pubblico -St'ipendi Recupero emolumenti indebiti Misura non incidente su esigenze vitali Motivazidne Non necessf.t. L'atto con cui una P. A. dispone un pagamento non dovuto ad un proprio dipendente pur aV!endo carattere paritetico vincolante per l'Amministrazione, che deve annullarlo per poter disporre il recupero dell'indebito. I principi dell'autoresponsabilit e dello affidamento non impedi scono il recupero di un pagamento indebito effettuato dalla P. A. nei confronti di un proprio dipendente, in quanto essi operano solo nel l'ambito dell'autonomia privata. L'atto con cui viene disposto il recupero di un pagamento indebito da parte della P. A. nei confronti di un proprio dipendente non deve essere motivato, quando la misura della ritenuta (nella specie il 5 % della retribuzione) denota che l'Amministrazione ha tenuto conto della necessit di non incidere sulle esigenze primarie dell'esistenza. ) DIRITTO. -L'appello concerne esclusivamente il capo della sentenza, con il quale sono state ritenute infondate le doglianze di eccesso di potere avverso il provvedimento di annullamento di ufficio del prece dente provvedimento determinativo della retribuiione ed avverso il conseguente recupero secondo le modalit fissate nel provvedimento sindacale. Le doglianze di eccesso di potere per manifesta ingiustizia del recupere e per difetto,di motivazione in relazione all'interesse pubblico all'annullamento e per mancata considerazione della buona fede del percipiente non sono fondate. 358 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO L'appello va quindi respinto e l'impugnata decisione di re1ez1one del ricorso di primo grado va confermata con una motivazione diversa. Alla luce dei principi affermati con la decisione n. 1 del 30 marzo 1976 della Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, si for mato un orientamento giurisprudenziale ,~C.d.S. IV, 23 settembre 1985 n. 356, 9 novembre 1985 n. 538, 4 agosto 1986 n. 549, 1986, I, 1077), secondo il quale, nel caso di provvedimento di annullamento di ufficio di un atto (e di conseguente recupero delle maggiori somme pagate), che abbia erroneamente determinato la retribuzione del dipendente in misura maggiore del dovuto, elemento che assume rilevanza e che l'Amministrazione non pu non prendere in considserazione nell'esercizio del potere di annullamento, l'interesse del privato dipendente, sicuramente apprezzabile dal punto di vista pubblico, acch il disagio, che questi dovr sopportare a seguito della ripetizione, non sia cos grave da incidere sulle esigenze primarie dell'esistenza. L'interesse in questione infatti strettamente connesso all'esigenza di garantire il buon andamento degli uffici e la continuit dei servizi della Pubblica amministrazione {in questo senso le sentenze della Corte costituzionale n. 88 del 1963, 49 del 1986, 105 del 1977 e 37 del 1985, 1976, II, 249; 1977, II, 553, 1985, II, 181). Tale interesse, oltre a perdere oggettivamente il rilievo in caso di consapevolezza dell'accipiens di ri cevere somme non dovute (resta comunque fermo anche in questo caso il limite di cui all'art. 3 R.DL 19 gennaio 1939 n. 295), adeguatamente valutato se il recupero venga disposto ratealmente in proposizione tale da incidere minimamente sulla retribuzione (la citata giurisprudenza ha ritenuto che un recupero nella misura del 5 % della retribuzione rispondesse all'indicato requisito). L'orientamento descritto va mantenuto ed sulla base di esso che deve essere confermata la decisione di reiezione di ricorso proposto in primo grado. Nel caso in esame, infatti, il recupero della somma di lire 1.503.273, indebitamente percepita dall'appellante, stato disposto con il provvedimento sindacale integrativo dell'atto prefettizio, nella misura di lire 50.000 mensili. L'incidenza minima del recupero mensile sulla retribuzione tale da far ritenere che la Pubblica amministrazione abbia preso nella dovuta considerazione, nell'esercizio del potere di annullamento di ufficio, tutti gli elementi per una corretta valutazione dell'interesse pubblico ed in particolare l'interesse del dipendente alla soddisfazione delle esigenze primarie della esistenza. Va inoltre rilevato che il riferimento effettuato dall'appellante all'autoresponsabilit dell'Amministrazione ed all'affidamento del pri vato, quali principi, i quali avrebbero dovuto impedire l'atto di annul -I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA lamento d'ufficio ed il conseguente recupero, appare improprio, in quanto tali principi si esplicano nell'ambito della autonomia privata. Per quanto concerne infine la tesi posta a fondamento della reiezione del ricorso con la pronuncia di primo grado, il Collegio non la condivide. Secondo l'orientamento del giudice di primo grado, infatti, il diritto della Pubblica amministrazione alla ripetizione dell'indebito dovrebbe prescindere dall'annullamento dell'erroneo atto determinativo della somma da pagare, essendo quest'ultimo. atto paritetico e derivando quindi il diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato, immediatamente dal fatto che il pagamento nqn giustificato dalla norma. Ora ritiene, invece, in proposito questo Collegio che l'atteggiarsi di un atto amministrativo quale atto paritetico nei confronti del privato non importa che tale atto, che risponde al tipo previsto dalle norme di contabilit non sia, come tutti gli atti amministrativi, vincolante per l'Amministrazione, che lo ha emesso. Quindi, finch l'atto, che ha erroneamente determinato la somma da pagare, anche nel caso che non si configuri come atto autoritativo, non sia annullato, le somme pagate dalla Pubblica amministrazione non possono considerarsi pagate indebitamente. A conferma di quanto esposto pu essere ricordato che l'annullamento di ufficio dell'atto paritetico , per quanto concerne i provvedimenti definitivi sul trattamento di quiescenza (il riconoscimento del carattere paritetico di tali atti alla base della sentenza della Crte costituzionale n. 8 del 15 gennaio 1976), previsto e disciplinato dalla legge (art. 203 ss. d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092), la quale presuppone, quindi, la vincolativit per l'Amministrazione dell'atto di erronea determinazione del trattamento di quiescenza (art. 204 a), b) d.P.R. n. 1092 cit.). La sentenza impugnata va quindi confermata nel dispositivo, ma la sua motivazione va sostituita dalle considerazioni che precedono. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 ottobre 1987 n. 638 -Pres. Pezzana Est. Catrical -Comune di Ercolano (avv. Del Vecchio) c, S.r.l. CO.RE. (avv. Esposito e Correale) e Cicogna S.r.l. (avv. Esposito e Correale). Provvedimenti contingibill e d'urgenza Sindaco -Presupposti necessit Requisizione immobili -Legittimit. Sussistono gli eccezionali motivi di urgenza e necessit che giustificano un provvedimento sindacale di requisizione di immobili quando RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 360 sia necessario provvedere all'alloggiamento di quaranta famiglie rimaste senza abitazione per il crollo di un edificio in una domenica e nel rigido mese di febbraio. Con distinti atti d'appello il Comune di Ercolano impugna le due sentenze in epigrafe con le quali il TA:R per la Campania ha annullato il provvedimento sindacale di requisizione di immobili di propriet delle appellate societ, ricorrenti in primo grado. Il TAR ha ritenuto fondato il motivo di incompetenza del Sindaco e, quindi di violazione dell'art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 248, all. E ed ha dichiarato l'assorbimento degli altri motivi degli originari ricorsi, con i quali si denunziavano l'eccesso di potere, perch non sarebbero state esaminate altre possibilit di dare alloggio agli sfollati, e l'eccesso di potere per travisamento e ingiustizia manifesta, perah non sarebbero stati requisiti numerosi apPartamenti offerti in locazione e perch l'impugnato provvedimento era rivolto solo contro costruttori non locali. Il Comune appellante sostiene: 1) -2) i ricorsi introduttivi sono stati notificati al Comune e non al Sindaco, e a quest'ultimo, in quanto ufficiale di Governo, dovevano essere notificti presso l'Avvocatura dello Stato; 3) i ricorsi non sono stati notificati a controinteressati; 4) -5) -6) -7) il Sindaco ha ben operato, nel rispetto. della legge, data l'urgnza, sia attuando propri poteri, sia in virt dei poteri conferiti dalla normativa vigente nei territori colpiti da eventi sismici. L'evento disastroso si verificato di domenica, e lo stesso giorno si dovuto reperire ad horas 1a disponibilit di alloggi, e ci documentato in un verbale redatto alla presenza del Pretore e di altre autorit. Resistono con articolata memoria le due societ ripropoiiendo i motivi disattesi. Sono state prodotte dalle parti memorie illustrative. Dir:itto Per motivi di connessione oggettiva pu disporsi la riunione degli appelli, che sono rivolti avverso sentenze che pronunziano l'annulla mento dello stesso atto. Dall'esame delle preliminari questioni sollevate dall'appellante Amministrazione si pu prescindere, perch il Collegio ritiene infondati nel merito gli originari ricorsi, con i quali le societ in epigrafe indicate avevano impugnato il provvedimento sindacale di requisizione denunziandone i vizi di incompetenza, di eccesso di potere per difetto d'istruttoria, per disparit e travisamento. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Orbene, deve ritenersi che tutti gli enunciati vizi (dei quali il Tribunale ha accolto il primo, con assorbimento degli altri) postulano, nella loro prospettazione l'inesistenza di una pressante situazione d'urgenza a provvedere. Ci sarebbe stato, nella sostanza, tutto il tempo per avvisare il Prefetto ed attenderne determinazioni; per approntare una completa istruttoria sulla situazione delle case sfitte ed offerte in locazione; per esaminare la possibilit di requisire altri edifici appena costruiti o di alloggiare diversamente gli sfollati, senza sacrificio per la propriet privata. Dagli atti di causa risulta, invece, incontrovrtibilmente l'esistenza di eccezionali motivi di assoluta necessit ed urgeru;a tali ~a far ritenere sussistenti i presupposti che legittimano ai sensi dell'art. 7 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, l'intervento del Sindaco e l'esercizio della potest sussidiaria di requisizione. 1 Si trattava, infatti, di provvedere all'alloggiamento immediato di oltre quaranta famiglie rimaste prive di abitazione a causa del crollo di un edificio (che provoc la morte di una persona ed il ferimento di altre) in una domenica e nel rigido mese di febbraio. Il problema doveva, di necessit, trovare soluzione ad ho.ras, come documentato nel verbale redatto quel giorno alla presenza di tecnici ed autorit locali. 1n quella situazione il Sindaco aveva s il dovere di avvisare il Prefetto, come pacifico in causa che sia avvenuto, ina aveva anche il dovere prioritario di alloggiare con urgenza gli sfollati; e di ci sono dati ampi ragguagli nella motivazione dell'ordinanza sindacale impugnata n. 93/1984, che, nella drammatica situazione determinatasi assume tutti i caratteri dell'atto necessitato anche rispetto alla precedente oroinanza di sgombero n. 92/1984, alla quale, stante il grave pericolo per la pubblica e privata incolumit si dovette dare esecuzione manu militari. Rispetto all'urgenza di dare ricovero ai nuclei familiari raggruppati per la strada l'istruttoria compiuta nella stessa giornata si dimostrata adeguata, ed il fine di pubblico interesse specifico stato congruamente soddisfatto con il reperimento dei de complessi immobiliari requisiti. Cadono pertanto anche i modvi denunzianti l'eccesso di potere per difetto d'istruttoria sotto vari profili. Non sussiste il lamentato travisamento dei fatti, che anzi risultano agli atti accertati proprio come riportati nella motivazione del provvedimento sindacale. Non c', infine, prova alcuna sulla fondatezza in fatto della censura di disparit di trattamento, ed in difetto di prova contraria deve presumersi la perfetta buona fede dell'autorit procedente in una situazione di tale pressante e imprevedibile urgenza da non consentire alcuna manovra spe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 362 culativa a fini elettorali o, comunque diversi, dalla pi immediata tutela del pubblico interesse. In definitiva gli appelli devono essere accolti, con riforma integrale delle sentenze impugnate. CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 10 giugno 1987 n. 379 Pres. Buscema Est. Varrone -Battista {avv. Guarino) c. Ministero industria, commercio ed artigianato (avv. St. Mataloni) ed altri. Assicurazione -Isvap -Trasferimento del personale -Inizio svolgimento funzioni. Assicurazione -Vigilanza -Revoca autorizzazione ad esercizio attivit assicurativa -Commissariamento -Liquidazione coatta amministrativa -Misure alternative. Assicurazione -Vigilanza -Piano risanamento -Mancata realizzazione Revoca autorizzazione ad esercizio attivit assicurativa -Atto vincolato. ,, Assicurazione -Vigilanza -Liquidazione -Trasferimento dell'azienda senza corrispettivo -eccezione incostituzionalit -Manifesta infondatezza. Fino a quando non si provvide al trasferimento del personale del Mi nistero dell'Industria al neo costituito ISVAP, non era necessario acqui sire il parere del Consiglio di amministrazione (gi operante) di tale Istituto, in ordine al piano di risanamento presentato da societ 'assicu ratrice per evitare la revoca dell'autorizzazione all'esercizio della propria attivit. L'istituto della revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivit assi curativa previsto dall'art. 57 l. 10 giugno 1978 n. 295 non stato sostituito da quelli del commissariamento e della liquidazione coatta amministrativa introdotti con l. 12 agosto 1982 n. 576, trattandosi invece di rimedi coesi stenti ancorati a presupposti diversi. In caso di mancata realizzazione del piano di risanamento, la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivit assicurativa costituisce un atto vincolato, non censurabile quindi per difetto di motivazione. manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalit della nor ma che dispone la cessione dell'azienda della societ messa in liquidazione ad altra impresa senza corrispettivo, dal momento che la cessionaria tenuta ad accollarsi senza alcun corrispettivo tutti gli obblighi derivanti dai contratti gi conclusi e ad assumere gli impiegati, mentre tutte le attivit e passivit rientrano nella liquidazione. DIRITTO -Con il primo motivo gli appellanti deducono l'erronea interpretazione da parte del T.A.R. dell'art. 7 D.P.R. 4 marzo 1983 n. 315. PARIB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Al riguardo va premesso, in fatto, che all'epoca dell'approvazione del piano di risanamento della societ Globo e della successiva adozione del provvedimento impugnato in primo grado, avente ad oggetto la revoca alla anzidetta societ dell'autorizzazione all'esercizio dell'att1vit assicurativa, il Consiglio di amministrazione dell'ISVAP gi era costituito, anche se non si era ancora provveduto al trasferimento al predetto Istituto del personale della Direzione generale delle assicurazioni private e d'interesse collettivo, cos come previsto dall'art. 7 D.P.R. n. 315 del 1983. Pertanto, sostengono gli appellanti, in base alla normativa relativa all'istituzione del nuovo organismo di vigilanza sulle assicurazioni private, prima dell'adozione dei provvedimenti dianzi richiamati era necessaro acquisire il parere del Consiglio di amministrazione dell'ISVAP, che doveva iniziare ad esercitare le sue funzioni sin dal momento dell'insediamento del Consiglio di amministrazione e non in coincidenza con il trasferimento del personale della Direzione generale. L'art. 7 D.P .R. n. 315 del 1983, , in altri termini, secondo l'assunto degli appellanti, una norma di organizzazione che non potrebbe in alcun modo influire sulle competenze, legislativamente prefissate, dell'organo di nuova istituzione del quale, quindi, era necessario acquisire il parere, stante la sua avvenuta costituzione al momento in cui furono adottati atti giuridicamente rilevanti per la societ di assicurazione Globo. Ad avviso del Collegio la doglianza infondata, in quanto l'interpretazione dei ricorrenti non trova riscontro nella disciplina dettata dal citato art. 7 D.P.R. n. 315 del 1983. La norma, infatti, esplicitamente subordina l'esercizio delle fun. zioni dell'Istituto al trasferimento del personale della Direzione generale. Il termine usato nel decreto chiaramente dimostra che si inteso far riferimento non gi a meri compiti di organizzazione interna, bens alle specifiche potest che la normativa di recente emanazione aveva inteso assgnare all'organismo di vigilanza da essa istituito. Ci del resto trova significativo riscontro nel parere reso in sede consultiva cl.a questo Consiglio (Sez. II, 20 ottobre 1982 n. 1121) prima della emanazione del richiamato decreto presidenziale. In tale occasione si osserv che, in mancanza di una disposizione espressa della legge 576 del 1982, il funzionamento dell'ISVAP doveva coincidere con il momento in cui gli organi di amministrazione, regolarmente nominati, potessero disporre di un supporto strutturale minimo, che il successivo decreto presidenziale identific nel personale della Direzione generale da trasferire all'Istituto. Con il secondo motivo di gravame, gli appellanti deducono che la sentenza di primo grado avrebbe del tutto travisato il significato della 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO doglianza da essi formulata nel ricorso introduttivo e nei successivi motivi aggiunti. Sostengono gli appellanti che, nel secondo motivo di ricorso e nel successivo motivo aggiunto, si era fatto notare che l'ordine del giorno della Commissione consultiva recava la seguente dizione: pareri ai sensi dell'art. 57, punto 2 T.U. 449 del 1959 e dell'art. 7 della L. 12 agoto 1982 n. 576 . In altri termini, l'ordine del giorno richiamava sia la normativa precedente che quella di nuova emanazione. In base a quest'ultima, in caso di gravi irregolarit nell'amministrazione, possibile tanto procedere alla nomina di un commissario straordinario per il compimento di singoli atti, quanto disporre lo scioglimento degli organi di amministrazione e la messa in liquidazione della societ. La scelta tra l'una e l'altra soluzione, contrariamente a quanto s9stenuto dal TAR, a dire degli appellanti, doveva essere adeguatamente ,motivata, tenuto conto che in base al citato ordine del giorno le alternative possibili tra le quali doveva essere effettuata la scelta consistevano nel commissariamento, oppure nella messa in liquidazione della societ assicuratrice. Che fosse questa per la Commissione consultiva l'unica via per esercitare correttamente le proprie funzioni sarebbe dimostrato dal fatto che il caso della societ Unica , discusso nella medesima seduta e recante il medesimo ordine del giorno {irregolarit di funzionamento), fu risolto mediante la nomina di un commissario e non gi con la messa in liquidazione della stessa societ, come invece fu deciso per la societ Globo. La complessa censura non ha fondamnto. Va, anzitutto, evidenziato come la pretesa violazione formale nella quale sarebbe incorsa la Commissione consultiva, e che non sarebbe stata minimamente percepita dai giudici di primo grado, in realt priva di giuridica rilevanza. Quali che fossero le disposizioni di legge richiamate nell'ordine del giorno della Commissione, ai fini della corretta trattazione del caso sottoposto all'esame di tale organo, ci aveva in ogni caso una trascurabile importanza, non essendo prevista, dalla legislazione positiva, alcuna imprescindibile correlazione tra tale dato formale e le determinazioni da assumere da parte dell'organo collegiale. L'indicazione di pi disposizioni normative, in altri termini, non aveva valore vincolante per i componenti dell'organo collegiale; l'indicazione contenuta nell'ordine del giorno non aveva, cio, il valore di una formale contestazione, bens aveva la pi modesta funzione di portare a conoscenza dei componenti della Commissione gli argomenti che sarebbero stati trattati nel corso della seduta. Le successive determi PARTE I, SEz, V, GIURISPRUDENZ_A AMMINISTRATIVA nazioni sarebbero state adottate esclusivamente sulla base dei dati accertati come peculiari alla fattispecie sottoposta al loro esame. Considerazioni di altra natura debbono invece essere svolte con riferimento alla diversa censura contenuta nel citato secondo motivo, secondo cui l'obbligo della motivazione, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, derivava dal fatto che l'art. 57 lett. b) L. 10 giugno 1978 n. 295 -che dispone la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivit assicurativa nel caso di mancata realizzazione nei termini del piano di risanamento della societ -sarebbe stato integralment~ sostituito dall'art. 7 legge n. 576 del 1982, il quale, nel caso di gravi irregolarit e di gravi violazioni, ha alternativamente previsto-il commissariamento della societ, ovvero la revoca dell'autorizzazione con conseguente scioglimento della societ stessa. Anche tale doglianza priva di fondamento, in quanto le disposizioni ora richiamate disciplinano fattispecie del tutto diverse tra di loro. L'art. 57 disciplina, infatti, le cause che conducono alla revoca dell'autorizzazione e, di onseguenza, alla liquidazione coatta amministraitva. Trattasi di cause che ineriscono alla possibilit stessa per l'impresa assicuratrice di continuare ad esercitare la sua attivit, non essendo essa pi in grado di costituire valida garanzia per gli assicurati e per i terzi. Tra tali cause la disposizione indica la mancata realizzazione del piano di risanamento e di finanziamento, dal momento che la constatata esistenza di uno stato di gra,ve sofferenza dell'impresa non pu non portare alla immediata cessazione dell'attivit, nel caso in cui non si provveda al tempestivo suo risanamento nei termini e con le modalit indicate dall'autorit di vigilanza. L'art. 7 legge n. 576 del 1982 contiene invece una clausola generale cori la quale ha inteso disciplinare tutte le ipotesi di gravi irregolarit nell'amministrazione, di gravi violazioni di norme legali, regolamentari e statutarie . In tali casi, essendo previsto sia il commissariamento che la messa in liquidazione, si ha che l'applicazione della sanzione ri messa all'apprezzamento discrezionale dell'amminis.trazione, la quale i tenuta a valutare se le riscontrate disfunzioni possono essere eliminate mdiainte lo scioglimento degli organi di amministrazione e la nomina di un commissario, oppure risultino di tale gravit da comportare la messa in liquidazione della stessa impresa assicuratrice. Tra le fattispecie disciplinate dalle due diverse disposizioni di legge non si riscontrano sul piano ontologico differenze di ordine qualitativo. Le differenze, sul piano formale, derivano dal diverso giudizio di valore espresso in ordine ad esse dal legislatore che, nel primo caso, ha 366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ritenuto l'irregolarit di tale gravit da sottrarre la scelta della sanzione all'apprezzamento del.l'amministrazione, ammesso invece nelle ipotesi disciplinate dal citato art. 7. La riscontrata differenza ha poi anche una sua giustificazione di ordine sostanziale, rappresentata dal fatto che, nel caso di mancata realizzazione del piap.o di risanamento, l'attivit di valutazione e di ponderazione del pubblico e del privato interesse da parte dell'amministrazione vigilante ha gi avuto modo di esplicarsi mediante l'approvazione del suddetto piano. La sua mancata realizzazione comporta dunque il persistere delle cause di irregolare funzionamento dell'impresa, alle -quali l'autorit di vigilanza necessariamente tenuta a porre riparo, impedendo la prosecuzione della stessa attivit assicurativa. Trattasi, quindi, di una soluzione obbligata alla quale necessario pervenire una volta accertata l'esistenza delle condizioni giuridiche e di fatto che condizionano l'applicabilit della richiamata sanzione. Alla stregua di tali puntualizzazioni agevole rilevare la infondatezza del gravame anche sotto l'indicato profilo, non essendo contestato in fatto che la soc. Globo, alla data del provvedimento impugnato, non aveva provveduto a completare il piano di risanamento approvato dal Ministero dell'industria e commercio. Dopo aver effettuato un aumento di capitale di 2,5 miliardi, non si era infatti proceduto al successivo versamento di altri 4,5 miliardi, stimati nel piano come indispensabili per ricostituire le riserve per sinistri ed eliminare lo squilibrio patrimoniale all'epoca esistente. Correttamente il TAR ha, quindi, individuato nella mancata realizzazione, nei termini e con le modalit prescritte, la causa giustificativa del provvedimento, ritenuto lesivo, di revoca delle autorizzazioni allo svolgimento dell'attivit assicurativa. Del pari immune da censure risulta, pertanto, l'ulteriore affermazione dei giudici di primo grado secondo cui la sussistenza delle condizioni previste dal richiamato art. 57 lett. b) legge n. 295 del 1978 comportava da parte dell'amministrazione l'immediata applicazione dell'unica sanzione all'uopo prevista. L'obbligo della motivazione sussisteva, quindi, non con riferimento alla scelta della sanzione da applicare, bens con riferimento alla sola sussistenza dei presupposti di fatto che ne condizionavano in concreto l'applicabilit. Sotto tale diverso profilo, l'esistenza in fatto dei presupposti per l'applicazione della sanzione non solo sono approfonditamente riportati nella parte motiva del provvedimento impugnato, ma risultano pacificamente ammessi dagli stessi appellanti. 367 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Anche, quindi, la censura di disparit di trattamento, che sarebbe stata perpetrata a da1I1no della societ Globo, prima che infondata in fatt, secondo quanto ritenuto dal T.A.R., inammissibile sotto il profilo formale, tenuto conto che l'operato dell'Amministrazione nell'applicazione della sanzione non comporta alcun apprezzamento discrezionale, atteggiandosi alla stregua di una vera e propria attivit vincolata. Ci, quindi, esclude in radice qualsiasi possibilit di raffronto con le diverse determinazioni adottate nei confronti della societ Unica, per la quale fu disposta la nomina di un commissario. Con il terzo motivo gli appellanti lamentano, inoltre, l'erronea valutazione da parte del T.A.R., del terzo motivo del ricorso introduttivo e del quarto motivo aggiunto. Con i suddetti mezzi di gravame, a loro avviso, si era inteso denunziare l'illegittimit dell'operato dell'Amministrazione sotto molteplici profili: anzitutto con riferimento al fatto che il Ministro non poteva dare rilievo alla circostanza che non si era proceduto al versamento della seconda tmnche di quattro miliardi e mezzo entro la data (30 aprile) prevista dal piano di. risanall\~nto approvato, ma doveva essere presa in considerazione la domanda formale di proroga, con tutte le garanzie ad essa annesse, presentata dalla societ; inoltre, le suddette censure, secondo gli appellanti, avevano anche un carattere formale, in quanto concernevano specificamente il difetto di motivazione per quanto riguarda la proposta di differimento nell'esecuzione del piano e la permanenza delle ragioni di urgenza per il vrsamento della seconda tranche di quattro miliardi e mezzo. Con il quarto motivo di appello, gli interessati deducono altres che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., peraltro in modo del tutto immotivato, le eviden:date circostanze di fatto non furono portate a conoscenza della Commissione consultiva anteriormente alla data della riunione tenutasi il 15 giugno 1983, nel corso della quale fu proposta la revoca dell'autorizzazione alla societ Globo. In ordine alle esposte censure va in primo luogo eviden:dato che la motivazione del T.A.R. deve essere sul punto integrata e corretta sulla base delle risultanze documentali non sempre adeguatamente va lutate. ... Va in primo luogo posto in rilievo che gli appellanti tendono a concentrare nella sola seduta del 15 giugno 1983 la considerazione di una serie di circostanze di fatto che, invece, si sono svolte e sono state prese in esame dall'Amministrazione in un arco temporale pi esteso. Per quanto riguarda, infatti, l'offerta sostitutiva avanzata dalla societ di conferire immobile di valore corrispondente alle somme pre RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 368 viste nel piano di risanamento, va anzitutto rilevato ohe essa gi era stata avanzata con lettera del 19 aprile 1983, nella quale si faceva altres notare che il suddetto aumento di capitale, deliberato dai soci nell'Assemblea straordinaria del 114 febbraio 1983, doveva considerarsi oggettivamente ultroneo e non appropriatamente motivato. Quale fosse, invece, la valutazione dell'Amministrazione sul punto risulta chiaramente dalla nota ministeriale del 2 giugno 1983, indirizzata alla societ Globo, con la quale, nel ribadire la necessit che la stessa societ acquisisse con urgenza la liquidit necessaria per eliminare l'attuale squilibrio patrimoniale, si precisava altres che l'eventuale conferimento di beni immobili ipotizzato da questa-societ solo dopo l'adozione del citato DM. 15 aprile 1983, non solo si pone al di fuori del piano presentato ad approvato, ma non consente di soddisfare il fabbisogno di liquidit dell'impresa . Gi, quindi, alla data della indicata nota ministeriale veniva espresso un giudizio negativo sulla ipotesi di modifica delle modalit di attua: lJione del piano di risanamento; ipotesi che, invece, pervicacemente la societ Globo ritenne di potere perfezionare e successivamente sottoporre all'esame. della stessa Autorit ministeriale che su di esso gi si era espressa. Risulta, altres, dal verbale della seduta del 15 giugno 1983 non solo che tali circostanze erano note alla Commissione consultiva, ma che la stessa provvide egualmente ad esprimere il proprio apprezzamento sulla proposta avanzata dagli azionisti di maggioranza. Proposta giudicata negativamente anche in considerazione del fatto che essa non avrebbe sod disfatto il fabbisogno di liquidit dell'impresa ed in ogni caso perch l'immobile non era destinabile a coperture delle riserve tecniche nel rispetto della normativa vigente . Quanto, poi, all'ulteriore censura dedotta dagli appellanti, circa la mancata considerazione del. progetto di bilancio della societ relativo all'anno 1983, il Collegio osserva che le risultanze documentali non confermano la fondatezza delle affermazioni di parte. Risulta, infatti, espressamente precisato nel suddetto verbale del 15 giugno 1983 che anche tale ulteriore elemento di valutazione fu preso in esame dalla Commissione e valutato negativamente. Neppure pu essere condivisa la censura relativa alla pretesa inesistenza dei motivi di urgenza per procedere alla revoca dell'autorizzazione, stante l'avvenuto cambiamento della situazione finanziaria della societ come evidenziato nel progetto di bilancio. In primo luogo sembra opportuno sottolinare che la societ si era limitata ad offrire dati. meramente presuntivi, tenuto conto che si -tratta PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 369 va di un semplice iprogetto di bilancio ancora da approvare e, come tale, privo di giuridica rilevanza. Inoltre, contrariamente all'assunto dei ricorrenti, le condizioni pa trimoniali della societ nn risultavano affatto diverse e soprattutto pi favorevoli di quelle evidenziate nel piano di risanamento. Come indizio di decisivo migliorament? gli appellanti segnalavano il fatto che le riserve sinistri, nel bilancio 1982, figuravano per somme molto superiori a quelle del bilancio 1981. Al riguardo, sufficiente tuttavia osservare che l'aumento delle riserve non era stato realizzato con mezzi della societ, bens portando in perdita il bilancio di lire 3.169.169.22. il.a deficienza di riserva rimane va, pertanto, inalterata, con l'aggravante che si evidenziava una perdita di bilancio in conseguenza della quale la societ rimaneva senza capi tale, e, quindi, risultava priva di solvibilit. Ci, induce, ad escludere che l'Amministrazione fosse tenuta a for nire adeguata motivazione .sulle ra:gioni iper le quali non ritenne di ac cordare la proroga dei termini di realizzazione del piano richiesta dalla Societ. A meri fini di completezza va, infine, osservato che non pu nep pure parlarsi, nella specie, di una vera e propria domanda di proroga, dal momento che gli organi della societ proposero una sost8111Ziale mo difica del piano di risanamnto, piuttosto ohe un semplice differimento di quello aipprovato dall'autorit di vigilanza. Con il quinto motivo gli appellanti si dolgono del fatto che, nonostan te le irregolarit fossero state accertate per il solo ramo responsabili t.civile auto>>, si sia poi disposta la revoca per tutti i rami assicurativi. Anche tale censura priva di fondamento. Al riguardo, necessario tener presente che l'autorit di vigilanza aveva riscontrato una situazione deficitaria che interessava l'intera so ciet e non un solo ramo di essa. Il piano di risanamento, infatti, era stato predisposto in conformit all'art. 57, lett. b) l~gge n. 295 del 1978 per ricostituire un margine di solvibilit idoneo a garantire tutti gli as sicurati e tutti i terzi danneggiati le cui vertenze risultavano al momen to ancora pendenti. Una volta che tale risultato, per esclusiva volont degli stessi azionisti della societ interessata, si era dimostrato irrealizzabile nei tempi e con le modalit stabiliti, non restava all'Amministrazione che ipren. derne atto e trarne le dovute conseguenre sul piano formale, stante la tassativa disciplina prevista dal citato art. 57 lett. b). La possibilit di operare differenziazioni tra i singoli rami dell'impresa assicuratrice risultava pertanto preclusa in radice, a causa della particolare situazione patrimoniale alla quale l'Amministrazione era tenuta a porre ri paro. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ci spiega perch nel provvedimento impugnato manchi qualsiasi, riferimento ai motivi che impedivano di considerare ipotesi diverse dalla revoca totale alla societ Globo dell'autorizzazione in precedenza accordatale. Inammissibile il sesto motivo col quale viene censurato il provvedimento impugnato nella parte in cui dispone la cessione alla societ CIDAS del complesso dei rapporti contrattuali facenti capo alla societ posta in liquidazione. Ed infatti, non dato riscontrare in proposito un interesse giuridicamente rilevante degli azionisti della societ posta in liquidazione posto ohe la societ cessionari.a subentra nei contratti 'di assicurazione che alla prima d'anno capo, ma rimane estranea alla fase della liquidazione vera e propria che affidata e viene portata a termine da soggetti diversi e con procedura distinta. solo con riferimento a tale diversa procedura che possibile individuare un interesse qualificato degli azionisti a ohe la gestione della societ posta in liquidazione sia adfidata a persone capaci. Con il settimo motivo di gravame gli appellanti ripropongono l'eccezione di incostituzionalit del D.L. 26 settembre 1978 n. 576, con~ vertito con L. 24 novembre 1978 n. 738, nella parte in cui prevede la cessione dell'intera azienda della societ posta in liquidazione ad altra impresa in assenza di qualsiasi corrispettivo. L'eccezione manifestamente infondata. La normativa richiamata non attribuisce, infatti, alla cessionaria l'intera azienda della societ posta in liquidazione, bens, come si gi precisato, si limita a prevedere che l'affidataria continui a gestire i contratti di assicurazione in corso. Tutte le altre attivit e passivit, i beni materiali e quelli immateriali che concorrono a formare il complesso aziendale rimangono in testa alla liquidazione, la quale tenuta a procedere alla soddisfazione dei creditori in via concorsuale. Lo stralcio dei contratti assicurativi, che risponde alle esigenze pubblicistiche dianzi evidenziate, non costituisce un tipo di cessione in danno della societ posta in liquidazione, se vero che il premio gi riscosso, per le riscontrate difficolt finanziarie di quest'ultima, non attribuito alla cessionaria, la quale, pertanto, tenuta ad accollarsi, senza alcun corrispettivo immediato, gli obblighi derivanti dai contratti gi conclusi e ad assumere gli impiegati, nonch ad accollarsi i rapporti di agenzia dell'impresa liquidata. Il meccanismo legislativo test descritto non lascia, dunque, margine per l'individuazione di un interesse patrimoniale della societ liquida ta di cui la stessa possa dirsi indebitamente privata. L'infondatezza dei motivi comporta il rigetto dell'appello. PARm I, SEZ'. V, GIURISPRUDENZA AMMIN;ISTRATIVA 371 CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 10 giugno 1987 n. 400 -Pres. Buscema Est. Pajno -Calabresi (avv. Zanchini) c. Ministero beni culturali ed ambientali (avv. St. Onufrio). Demanio -Beni Storici ed artistici -Prelazione deilo Stato -Negozi soggetti -Transazione. Demanio -Beni Storici ed artistici -Prelazione dello Stato -Atto ablatorio Acqnisizione coattiva beni' privati Prelazione civilistica Differenze. Demanio -Beni storici ed artistici -Prelazione Negozio transattivo Mancata determinazione prezzo Illegittimit prelazione. L'istituto della prelazione ex art. 31 della l. 1089/1939 non applicabile solo nei confronti dei contratti di compravendita, ma di ogni negozio ad effetti traslativi che comporti l'assunzione di obbligazioni per entrambe le parti, come nel caso di specie la transazione. La prelazione ex art. 31 della l. 1089/1939 costituisce una forma di atto ablatorio che determina l'acquisizione coattiva di cose di interesse storico ed artistico di propriet dei privati, con conseguente effetto caducatorio dell'alienazione da questi effettuata e non comporta quindi, alla stregua dell'omonimo istituto civilistico, il subingresso dell'Amministrazione nella posizione contrattuale della parte acquirente. Nel caso di esercizio della prelazione in relazione ad un negozio transattivo ad effetti traslativi l'Amm.ne non pu riferirsi al prezzo indicato nel contratto, ma deve determinarlo ai sensi del secondo comma dell'art. 31 l. 1089/1939 a pena di illegittimit dell'intero provvedimento. DIRITTO -1. -Deducono gli appellanti, con la prima censura, che illegittimamente sarebbe stato esercitato nella fattispecie il diritto di prelazione, e ci per la naturl,l. atipica del negozio di cui al rogito Masell, laddove l'art. 31 della L. 1 giugno 1939 n. 1089 consentirebbe l'esercizio della prelazione nei soli casi di alienazione a titolo oneroso . Il negozio in questione avrebbe, infatti, avuto ad oggetto nn gi una mera successione a titolo particolare nella propriet dei beni, bens il componimento e l'assetto contrattuale di contrapposti diritti ed interessi . La doglianza infondata e deve, pertanto, essere respinta. Secondo, l'art. 31 della legge n. 1089 del 1939, l'Amministrazione pu esercitare il diritto di prelazione nel caso di alienazione a titolo oneroso al medesimo prezzo determinato nell'atto di alienazione. II successivo secondo comma precisa altres che qualora la cosa sia alienata insieme con altre per un unico corrispfativo, il prezzo determinato d'ufficio dal Ministro . L'art. 33 della legge, infine, estende la possibilit per l'Amministrazione di esercitare la prelazione ai casi in cui la cosa sia a qualunque titolo dato in pagamento . 13 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dal sopra delineato complesso normativo risulta evidente che il legislatore non ha inteso collegare la possibilit dell'esercizio della prelazione all'esistenza di un contratto tipico, o ad una specifica causa negoziale, ma ha, . invece, ancorato il legittimo esercizio della prelazione all'esistenza di una regolamentazione negoziale che comporti, comunque, un effetto traslativo della cosa soggetta al vincolo, e che sia altres caratteriizata dall'esistenza di un reciproco sacrificio patrimoniale delle parti, allo scopo di conseguire un'attribuzione patrimoniale. La previsione della legge n. 1089 del 1939 non appare, pertanto, limitata a quei negozi la cui funzione economico-sociale sia costituita dallo scambio di cosa contro prezzo (anche se quelle relative a tali negozi rimarranno, ovviamente, le ipotesi pi frequenti), ma si estende a tutte le regolamentazioni convenzionali che vedano comunque, oltre che la realizzazione di un effetto traslativo, l'assunzione di obbligazioni a carico di entrambe le parti del negozio. Il limite alla operativit della prelazione di cui all legge n. 1089 del 1939 risulta, cos, costituito dall'esistenza di un negozio che comporti un'attribuzione patrimoni.aie a titolo gratuito. Ad un esito siffatto sembra, d'altra parte, necessario pervenire alla stregua delle disposizioni degli artt. 31 e 33 della legge n. 1089 del 1939. L'ampiezza della formula contenuta nel primo comma dell'art. 31 -che riconnette l'esercizio della prelazione a tutti i casi di alienazione a titolo oneroso -impedisce di limitare la previsione normativa ai soli contratti di scambio. La circostanza, poi, che nel contesto dell'art. 31 la locuzione prezzo sia adoperata non nel significato tipico di corrispettivo per l'alienazione della cosa vincolata, ma secondo quello pi generale di valore della cosa medesima (in forma del secondo comma dell'art. 31 il prezzo determinato dal Ministro in via autoritativa nell'ipotesi di alienazione della cosa insieme con altre per un unico corrispettivo) evidenzia che la previsione normativa concernente la prelazione non pu essere collegata esclusivamente alle ipotesi di scambio di cosa contro prezzo. La disciplina contenuta nell'art. 33 -che estende la possibilit di esercitare la prelazione a tutte le ipotesi in cui la cosa di particolare interesse sia a qualunque titolo data in pagamento esclude, infine, la possibilit di limitare il relativo esercizio a contratti la cui causa consista nello scambio. noto, infatti, che la datio in solutum costi tuisce in via generale un modo di estinzione dell'obbligazione diverso deij'adempimento, ed in particolare un negozio oneroso la cui causa costituita dalla funzione solutoria dell'obbligazione medesima. In realt, la legge, non ha inteso configurare la prelazione come uno strumento che consenta all'Amministrazione di subentrare nella re- l I I PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA golamentazione negoziale posta in essere dai privati, attraverso la sostituzione di se medesima alla parte acquirente (nel qual caso la limitazione ai contratti di scambio avrebbe avuto giustificazione), ma si . limitata ad indicare i presupposti legittimati dell'esercizio del potere di prelazione, in forza del quale l'Amministrazione acquista la propriet della cosa di particolare interesse storico a artistico. La situazione descritta nella legge n. 1089 del 1939 ai fini del legittimo esercizio del potere di prelazione si realizza pienamente nella fattispecie in esame, avuto riguardo al reale contenuto del rogito Maselli dal 13 marzo 1978. Con tale atto, infatti -come ricordano gli odierni appellanti - le parti ponevano termine ad una annosa controversia, , per l'effetto consegnando, da un lato, i coltivatori la propriet piena di una parte dei fondi condotti a mezzadria ed assicurandosi, dall'altro lato, i proprietari la pina disponibilit della restante parte dell'azienda, contestualmente riconsegnata ai mezzadri. Si tratta, pertanto, per esplicito riconoscimento degli interessati, di una .complessa ed unitaria regolamentazione transattiva, in cui, a fronte dell'attribuzione patrimoniale effettuata dai proprietari, stava la liberazione dei fondi dai diritti di mezzadria. Con tale regolamentazione veniva, pertanto, effettuato il trasferimento dell'immobile vincolato, mentre la chiara natura transattiva della stessa ne implicava la naturale onerosit per le parti contraenti. N, a fondare un diverso avviso possono valere le osservazioni formulate dagli appellanti in memoria, circa la gratuit dell'attribuzione patrimoniale effettuata da Calabresi Massimo ed in parte da Calabresi Ugo. La circostanza che l'atto in questione costituisca un negozio transattivo esclude, infatti, la possibilit di considerare le attribuzioni patrimoniali con esso effettuate come a titolo gratuito; e, del resto, avuto riguardo al contenuto dell'atto, appare evidnte che, allorquando si parla di cessione a titolo gratuito, si intende escludere, per la parte a tale titolo ceduta, l'obbligo dei coltivatori' diretti di corrispondere uno specifico prezzo, ma non quello dei medesimi di effettuare quella specifica attribuzione patrimoniale -che sta a base della onerosit della regolamentazione -costituita dalla rinuncia ai propri diritti di mezzadria. La circostanza, infine, che quella effettuata con il rogito Maselli sia una unitaria regolamentazione degli interessi delle parti, in cui le attribuzioni patrimoniali effettuate da ciascuno dei proprietari appaiono necessarie e determinanti per conseguire l'unitario effetto transattivo, escludono la possibilit di considerare disgiuntamente -come, nella sostanza, vorrebbero gli interessati le prestazioni effettuate da ciascuno dei proprietari. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 374 2. -I rilievi sopra esposti evidenziano, altres, l'infondatezza del secondo motivo di gravame, con cui gli interessati deducono che con la dichiarazione di prelazione di cui all legge n. 1089 del 1939 avverrebbe la sostituzione ex officio della parte acquirente nella situazione giuridico- patrimoniale facente capo ai ricorrenti, e che il T.A.R. avrebbe disatteso il principio che impone fill'Amministrazione di non arrecare danno, con l'esrcizio del diritto,' alla sfera giuridica del venditore. Un tal modo di pensare appare, infatti, collegato ad un inesatto modo di descrivere la prelazione di cui alla legge n. 1089 del 1939. Quest'ultima non opera alla stregua dell'omonimo istituto civilisticoesito, questo, d'altra parte, impossibile sol che si consideri che la prelazione si esercita sempre con riferimento ad una proposta di alienazione (art. 732 Cod. civ.; art. 8 L. 26 maggio 1965 n. 590; art. 38 L. 7 luglio 1978 n. 392) e non, come avviene ai sensi della legge n. 1_089 del. 1939, con ri-. ferimento ad un contratto gi conduso -ma costituisce espressione di un potere di acquisizione coattiva delle cose di interesse storico e artistico di propriet di privati da esercitarsi, in occasione di negozi di trasferimento della propriet delle medesinie (Cass., 8 febbraio 1982 n. 720; VI, 17 gennaio 1984 n. 6, 1984, I, 62), sicch il provvedimento con cui si esercita in concreto laprelazione deve essere ricondotto alla pi generale categoria degli atti ablatori. questa, d'altra parte, una necessaria consegtienza della configurazione data alla prelazione dalla legge, che fa appunto discendere l'acquisto in capo all'Amministrazione dal provvedimento con cui il potere stato esercitato, con la specificazione che tale acquisto opera -come avviene per tutti gli atti ablatori -dalla data di adozione del provvedimento e non dall'epoca della notificazione (art. 32, terzo comma, legge n. 1081 del 1939). Nessuna sostituzione dell'Amministrazione al soggetto alienante nel negozio posto in essere dai privati avviene, pertanto, con il provvedimento con cui viene esercitata la prelazione di cui alla legge n. 1089 del 1939, dal quale anzi, oltre che un effetto propriamente costitutivp, discende anzi un effetto caducatorio del negozio di alienazione (Cass. 8 febbraio 1982 n. 720, cit.). Tale essendo la configurazione della prelazione di cui alla legge n. 1089 del 1939, nessun danno giuridicamente rilevante pu configurarsi per gli odierni appellanti in relazione alla caducazione dell'assetto contrattuale posto in essere con l'atto {transattivo) del 13 marzo 1978, discendente dall'esercizio della prelazione. Tale atto, infatti, in quanto comportante_ l'alienazione di un fondo sottoposto al vincolo di particolare interesse storico-artistico, _nasceva, per espressa configurazione normativa, come sospensivamente condizio PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 375 nato all'esercizio del diritto di prelazione da parte dell'Amministrazione dei Beni culturali. Di ci, peraltro, le parti contraenti erano ben consapevoli, dal momento che nelle premesse del rogito si legge che qualora venisse a mancare quella che viene definita autorizzazione relativa al vincolo archeologico esistente sul terreno oggetto della compravendita, il presente atto si intender risolto di diritto ad ogni effetto e conseguenza di legge senza alcun gravame per 1e parti . "' 3. -Fondata, invece, l'ultima censura, con cui gli appellanti deducono che erroneamente il primo giudice avrebbe limitato l'accoglimento del ricorso di primo grado alla parte del decreto relativa al prezzo della prelazione. L'atto con cui si era esercitata la prelazione costituisce, infatti, un provvedimento unitario, di cui. la corretta identificazione delle modalit di determinazione del prezzo costit.isce un presupposto essenziale. Nel caso in esame il T.A.R. ha accertato che l'Amministrazione non poteva . riferirsi semplicemente al prezzo indicata nel \ predetto contratto >>, ma che, invece, in considerazione della complessa natura del negozio ed in applicazione del secondo comma dell'art. 31 delJa legge n. 1089 del 1939, avrebbe dovuto stabilirlo sulla base di un'autonoma determinazione, enunciando e precisando i criteri valutativi seguiti , Val quanto dire che, nel caso in esame, la facolt di acquisto da parte .dell'Amministrazione andava esercitata mediante modalit che implicavano l'autonoma determinazione del prezzo da parte del Ministro. Si pertanto dinanzi ad un non corretto modo di esercizio del potere di prelazione che, secondo i principi generali, si riverbera sulla legittimit del provvedimento adottato e ne impone l'integrale caducazione. N argomento in contrario potrebbe essere tratto dalla disciplina del terzo comma dell'art. 31, che prevede la fissazione del prezzo da parte di un'apposita Commissione all'uopo costituita, ove l'alienante non ritenga di accettare il prezzo determinato dal Ministro , Si tratta, infatti, di una procedura che presuppone il corretto uso del potere di prelazione, e cio l'esercizio della facolt di acquisto mediante autonoma determinazione del prezzo da pa_rte dell'Amministrazione. La Sezione ha gi, del resto, altre volte dichiarato illegittimo il provvedimento con cui la facolt di acquisto da parte dell'Amministrazione stata esercitata con modalit diverse da quelle previste dalla legge (VI, 17 gennaio 1984 n. 6, con riferimento alla facolt di acquisto prevista dall'art. 39 dalla legge n. 1089 del 1939). L'appello deve, pertanto, essere accolto sotto il profilo cennato, ed, in riforma della decisione di primo grado, deve essere pronunciato l'integrale annullamento del decreto ministeriale impugnato in primo grado. RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI sentenza 7 ottobre 1987 n. 806 -Pres. Ancora, Est. Pajno -Soc. Colli Fioriti (avv. Lubrano) c. Ministero beni culturali ed ambientali (avv. St. Nucaro). Demanio -Beni storici ed archeologici -Vincolo diretto -Tutela beni individuati -Occupazione -Ricerche archeologiche. Demanio -Beni storici ed artistici -Vincolo diretto -Motivazione -Indicazione bene e particelle catastali. Demanio -Beni storici ed artistici -Vincolo indiretto -Motivazione Finalit e presupposti di fatto. legittima l'imposizione di un vincolo diretto ex lege 1089/1939 quando siano dichiarate di particolare interesse cose obiettivamente esistenti ed espressamente indicate mentre. nella fase delle semplici ricerche archeologiche l'Amm.ne tenuta a ,fare uso dell'occupazione prevista dall.'art. 43. sufficientemente motivato il .provvedimento di imposizione di vincolo diretto che contenga la conJemporanea indicazione del complesso archeologico da tutelare e delle particelle catastali su cui esso insiste. legittimo il provvedimento d'imposizione di un vincolo indiretto ed in particolare quello che decida la creazione di una fascia di rispetto intorno al bene tutelato con conseguente divieto assoluto di edificabilit quando vi siano specificate sia le finalit che esso intende perseguire, sia le circostanze che hanno determinato tale scelta in relazione alla natura, alle caratteristiche del bene ed alla sua ubic~zione. DIRITTO. -1. -Sia il ricorso proposto dalla Societ Colli Fioriti (n. 358/84 R.G.) che quelli proposti dal Ministero dei beni culturali ed ambientali (n. 1167/84 e n. 1168/84 R.G.), riguardano provvedimenti fra loro connessi, concernendo il primo la legittimit dell'atto con cui stato imposto il vincolo diretto su area in cui insistono i resti di una citt fortificata di f'.POCa romana repubblicana {probabilmente l'antica Tellene), ed i secondi la legittimit dei provvedimenti con i quali, allo scopo di garantire la visibilit e la godibilit di tale citt fortificata, e la comprensione dell'assetto originario della medesima, stata istituita intorno ad essa una zona di rispetto, ai sensi dell'art. 21 della legge n. 1089 del 1939, nella quale stata vietata .la realizzazione di nuove costruzioni o l'alterazione di quelle gi esistenti, ed ammessa una utilizzazione di cultura orticola purch non con piante ad alto fusto, diverse da quelle tradizionali. Il Collegio ritiene, pertanto, opportuno disporre la riunione dei tre procedimenti. f !: PARm I,.SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 377 2. -Nell'ordine logico deve, preliminarmente essere esaminato l'appello proposto dalla Societ Colli Fioriti avverso la decisione della II Sezione del TAR del Lazio n. 1089 del 1983, concernente ff decreto n. 31812 del 23 settembre 1980, con il quale sono stati dichiarati di particolare interesse archeologico, ai sensi della legge n. 1089 del 1939, alcuni terrerti della medesima societ, insistendo su di essi importanti strutture di una costruzione di epoca repubblicana, i cui limiti sono ben definiti da una cinta muraria visibile, e di una villa romana anch'essa visibile. Si tratta infatti, del provvedimento di imposizione del vincolo diretto ai sensi della legge n. 1089 del 1939, la cui legittimit costituisce, pertanto, il presupposto della legittimit dei successivi decretf di imposizione del vincolo indiretto, oggetto dei ricorsi n. 1967/84 e 1968/84. Il cennato decreto del 23 settembre 1980 stato .ritenuto legittimo dal primo giudice, sulla scorta della considerazione che il terreno sottoposto al vincolo diretto appare interamente interessato, come risulta dalla documentazione in atti dallo sviluppo .di una cittadella fortificata di epoca repubblicana i cui resti, in gran parte bene visibili e gi largamente individuati, sono costituiti dalla cinta muraria, da una villa romana e da edifici e strade che, nel loro insieme, costituiscono un tessuto urbanistico unitario . Il primo giudice ha osservato che il provvedimento impugnato d 'atto dell'esistenza di tali reperti e della relativa localiz2lazione, Sicch risulterebb~ evidente l'esistenza dei presupposti per l'imposizione del vincolo diretto. Di tale pronuncia si duole peraltro la Societ Colli Fioriti, la quale deduce che l'Amministrazione dei beni culturali non si sarebbt: attenuta ai consolidati principi che richiedono, per l'imposizione del vincolo diretto di notevole interesse archeologico, la gi acquisita certezza sull'esi stenza delle cose da tutelare e sulla consistenza ed estensione del deposito. Dal riscontro testuale del decreto impugnato non risulterebbero esattamente quali siano i beni che si inteso tutelare, non rispondendo alle esigenze di una specifica individuazione l'indicazione generica di un complesso, del quale non sarebbero sufficientemente individuati gli elementi costitutivi. L'imposizione del vincolo sarebbe stata, peraltro, posta in essere soltanto sulla base di alcuni saggi conoscitivi che avrebbero fornito una rappresentazione soltanto preventiva dei beni da tutelare, mentre il de creto impugnato precluderebbe immotivatamente qualunque utilizzazio ne agricola sul presupposto implicito dell'esistenza di una zona di fra gilit dell'assetto geomorfologico. I diversi profili di doglianza prospettati con il gravame della Societ interessata (profili che, peraltro, nqn sembrano riprodurre gli originari -,.,,.-.-..-r...-.-rcr..,...r..r,.,,,,,.,.,.-.:..,,..!..., RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 378 motivi di ricorso spiegati con l'atto introduttivo del giudizio di primo grado ma i rilievi introdotti per la prima volta con semplice memoria dinanzi al TAR) appafono tutti privi di consistenza, e devono essere per- tanto disattesi. Va, in proposito, in primo luogo ricordato che con il decreto del 23 settembre 1980 sono state sottoposte al vincolo diretto Strutture di una costruzione di epoca repubblicana, i cui limiti sono ben definiti da una cinta muraria visibile e, strutture di una villa romana, anch'essa visibile , Nel medesimo provvedimento vfene altres precisato che i resti archeologici sussistenti nelle particelle di terreno analiticamente indicate sono costituiti da una cinta muraria in opera quadrata, strade e resti di edifici. Risulta cos evidente che con l'impugnato decreto del 23 settembre 1980 no:ri sono state dichiarate di particolare interesse cose la cui esistenza era stata soltanto supposta e non ancora accertata; bens cose obiettivamente esistenti ~d in quanto tali, espressamente indicate. Pi precisamente, i terreni di propriet della Societ Colle Fioriti non sono stati sottoposti a vincolo diretto -come, nella sostanza sostiene l'appellante -nella supposizione che in essi insista un deposito archeologico la cui esistenza e consistenza ancora da accertare, ma, al contrario, sono stati dichiarati di notevole interesse ai sensi della legge n. 1089 del 1939, proprio perch su di essi obiettivamente insistono i resti del complesso archeologico nel medesimo provvedimento indicato. Fuor di luogo appare, pertanto, il riferimento; operato dalla Societ ricorrente, alFindirizzo giurisprudenziale secondo cui ai fini dell'imposizione del vincolo diretto sulle cose di notevole interesse rcheologico sarebbe necessaria la gi acquisita certezza sul~a esistenza delle cose da tutelare e sulla consistenza del deposito, dovendo, in mancanza di ci, l'Amministrazione ricorrere agli strumenti provvisori previsti dall'art. 43 della medesima legge n. 1089 del 1939 (VI, 30 settembre 1980 n. 778), dal momento che esso concerne l'ipotesi, non ricorrente nella fattispecie in esame, della imposiszione del vincolo su di un terreno sul .quale non sussista la certezza dell'esistenza di reperti archeologici. La ratio sottesa da tale indirizzo giurisprudenziale che in linea di massima, allorquando si sia nella fase delle semplici ricerche archeologiche, l'Amministrazione deve far uso (non della imposizione del vincolo ma) dello strumento dell'occupazione previsto dall'art. 43 della legge n. 1089 del 1939, e che finalizzato, appunto, alla effettuazione di lavori di ricerca archeologica o alla realizzazione di opere di ritrovamento di cose di interesse archeologico. Nel caso, in esame, invece, come risulta dalle relazioni depositate in atti da parte dell'Amministrazione appellante (e che vengono in rilievo non ai fini dell'integrazione della motivazio ne, ma quali atti istruttori) e dalla documentazione prodotta in causa PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA dalla stessa societ Colli Fioriti (si veda, in particolare, l'articolo di Mette Moltensen La Giostra -Tellenze? pubblicato. nell'anno 1978 sui Quaderni del Centro di studio per l'archeologia etrusco-italica e. depsitato in. fotocopia da parte della Societ appellante nel giudizio di pri-. mo grado concernente la legittimit del vincolo indiretto) l'insediamento esistente nella localit la Giostra era conosciuto da lunghissimo tempo, tant' che il medesimo era stato identificato, sin dal secolo scorso (probabilmente a torto) da parte del Nibby, con l'antica citt di Tellenze; mentre lo stesso stato successivamente oggetto, negli anni che vanno dal 1976 al 1978 (prima quindi, della imposizionoe del vincolo) di tre campagne di scavi, che hanno, tra l'altro, consentito di scoprire all'interno delle mura, resti di un edificio di grandi dimensioni, costruito sopra fondamenta di grossi blocchi' di tufo conservati per una altezza di -cm. 20 e munito di canali di scolo, nonch di una cisterna scavata nella roccia del diametro di m. 7,11. Risulta .cos evidente cli.e l'imposizione del vincolo diretto (anche) sull'area di propriet della Societ Colli Fioriti avvenuta non allo scopo di realizzare attivit di ricerca archeologica ma a conclusione di tale attivit di ricerca (articolatasi in tre campagne di scavo) che ha consentito di appurare che l'insediamen~ o in qestione costituisce un oppidum fortificato, strategicamente ubicato, e considerato, secondo l'apprezzamento tecnico-discrezionale del l'Amministrazione, di notevole interesse archeologico. Esattamente, pertanto, il primo giudice ha rilevato -risultando tale circostanza dalla attivit istruttoria svolta dall'Amministrazione e dalla documentazione prodotta in atti dalle parti -che il terreno sottoposto a vincolo diretto interamente interessato, dallo sviluppo di una cittadella fortificata di epoca romana repubblicana, i cui resti sono costituiti da una cinta muraria, da una villa romana e da edifici e strade che nel loro insieme ostituiscono un tessuto urbanistico unitario. 3. -Ugualmente privo di consistenza il rilievo, pure formulato dalla societ appellante, secondo cui dal decreto impugnato non risulterebbe quali siano esattamente i beni che si inteso Wtelare, non rispondendo alle esigenze di specifica individuazione l'indicazione effettuata in termini del tutto generici, diretti unicamente alla descrizione sommaria di un complesso. Il decreto del 23 settembre 1980 indica, infatti, espressamente ed analiticamente, le singole particelle catastali, del terreno di propriet della societ ricorrente, in cui risultano localizzati i reperti archeologici, mentre questi ultimi sono indicati come importanti strutture di una costruzione di epoca repubblicana i cui limiti sono ben definiti da una cinta muraria visibile e da una villa romana anch'essa visibile>>, con. l'ulteriore specificazione che essi sono costituiti da una cinta muraria ~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 380 in opera quadrata, strade e resti di edifici . Risulta pertanto evidente che con il decreto impugnato si inteso espressamente tutelare l'insediamento originario delimitato dalla cinta muraria ed i resti della vicina villa romana, mentre l'indicazione delle singole particelle di terreno, di propriet della ricorrente, su cui insistono i reperti archeologici esclude che il vincolo diretto sia stato illegittimamente imposto su una estensione di terreno eccessiva o sproporzionata rispetto alle esigenze di tutela. L'obbligo di una puntuale motivazione dei decreti di imposizione del vincolo diretto, nonch di una puntuale indicazione dei reperti archeologici obbedisce allo scopo di limitare entro il necessario il sacrificio imposto ai privati proprietari: consegue da ci che, allorquando, come nel caso in esame, le strutture che costituiscono l'insediamento siano state indicate, e siano state, altres, espressamente indicate le singole particelle di terreno in cui risultano ubicati i beni da tutelare, il vincolo risulta legittimamente imposto, in quanto la contemporanea indicazione del complesso archeologico e delle particelle su cui esso insiste consente di cogliere .la correlazione tra e.stensione del bene archeologico tutelato ed estensione dell'immobile di propriet privata sottoposto a vincolo. Un provvedjmento del genere potrebbe essere, eventualmente, ritenuto illegittimo, (non per difetto di motivazione ma) per carenza od errore sui presupposti, ove si dimostrasse che su una superficie sottoposta al vincolo diretto, non insiste, in realt, il bene archeologico che si assume esistente e che si intende tutelare. Nessuna censura del genere stata, peraltro, mai prospettata dalla societ appellante. 4. Gli argomenti sopra esposti evidenziano, altres, l'inconsistenza del rilievo secondo cui l'imposizione del vincolo sarebbe avvenuta soltanto sulla base di alcuni saggi conoscitivi che avrebbero fornito una rappresentazione soltanto presuntiva dei beni da tutelare. Alla dichiarazione di particolare interesse archeologico si infatti pervenuto a .conclusione di tre campagne di scavi. 5. -Priva di fondamento , poi, l'ulteriore considerazione secondo cui l'impugnato provvedimento, impositivo del vincolo diretto, precluderebbe qualsiasi utilizzazione agricola del terreno sul presupposto implicito dell'esistenza di una situazione di fragilit dello assetto geomorfologico della zona. Con il decreto del 23 settembre 1980, l'Amministrazione dei beni culturali ha fatto divieto, oltre che di edificare manufatti, anche di alterare le attuali quote del suolo e di eseguire arature e scavi agricoli a profondit superiore a trenta centimetri: misure queste che agevolmente si spiegano non con la presunta fragilit sotto il profilo PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA geomorfologico della zona, ma con l'ovvia considerazione che una attivit di scavo agricolo condotta a profondit superiore rispetto a quella consentita avrebbe sicuramente compromesso sia i reperti archeologici tutelati, sconvolgendo lo strato di terreno su cui i medesimi insi- stono, che pregiudicano la possibilit di reperire altre testimonianze frutto di un lavoro di ulteriore approfondimf:!nto dell'attivit gi por tata a compimento. Quanto, infine, al rilievb secondo cui il Tribunale avrebbe dovuto tenere in considerazione traendone le necessari.e conseguenze ai fini dell'accoglimento del ricorso, il comportamento processuale dell'Ammi nistrazione, che aveva omesso di ottemperare ad un provvedimento istrut torio con cui era stato richiesto il deposito della documentazione con cernente l'istruttoria posta in essere prima dell'imposizione del vin colo, pare sufficiente ricordare che secondo un consolidato indirizzo giurisprud!!nziale, l'inottemperanza dell'Amministrazione alle richieste istruttorie del giudice autorizza quest'ultimo, a trarre da tale omis sione conseguenze sfavorevoli, ed utili a corroborare quanto eventual mente gia emerga dai dati probatori forniti dal ricorrente (fr;a le tante, VI, 9 maggio 1983 n. 345). L'omesso deposito, da parte dell'Amministrazione dei documenti ri chiesti dal giudice, costituisce pertanto comportamento processuale da valutare nel contesto degli elementi probatori gi forniti dalla parte ricorrente ed alla stregua dei motivi di censura da questa prospettati, ma non costitisce una circostanza che debba necessariamente condur re all'accoglimento del ricorso. Esattamente, pertanto, il primo giudice non ha, in concreto, rite nuto rilevante il comportamento omissivo dell'Amministrazione, risul tando comunque infondato, avuto riguardo alle censure dedotte, il ri corso di primo grado proposto contro il provvedimento di vincolo diretto. L'appello proposto dalla Societ Colli Fioriti avverso la decisione del TAR del Lazio, Sez. II n. 1089 del 22 novembre 1983 dev, pertanto, essere respinto. 6. -Devono poi essere esaminati gli appelli proposti dal Ministero dei beni culturali avverso le decisioni n. 661 del 22 luglio 1983 e n. 484 del 23 marzo 1984 (quest'ultima impugnata, ovviamente, nella parte in cui si verificata la soccombenza dell'Amministrazione),-che hanno annullato rispettivamente i decreti n. 109696 e 109697 con cui era stato imposto, a tutela della zona dichiarata di particolare interesse archeo. logico, il vincolo indiretto di inedificabilit assoluta su alcuni terreni di propriet della medesima Societ Colli Fioriti e della Societ R.E.L.A. Siffatti provvedimenti sono stati ritenuti dal TAR illegittimi in quanto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la relativa motivazione non darebbe conto delle ragioni che avrebbero indotto l'Amministrazione alla imposizione delle misure in concreto adottate, contenendo il provvedimento espressioni generiche, ripetitive di formule legislative, inidonee a dar conto delle esigenze specifiche di tutela dei reperti archeologici. Di tali statuizioni si duole il Ministero dei beni culturali che, con distinti atti di impugnazione (di contenuto, peraltro, sostanzialmente identico), deduce che entrambi i provvedimenti di imposizione del vincolo indiretto apparirebbero congruamente motivati, in relazione alle situazioni e condizioni in concreto esistenti in loco, che sarebbero state compiutamente rappresentate nel provvedimento impugnato. Gli appelli proposti dal Ministero dei beni culturali ep ambien~ali sono fondati e devono, pertanto1 essere accolti. Va, in proposito, preliminarmente ricordato che, entrambi i provvedimenti di imposizione del vincolo indiretto, dopo aver ricordato i reperti gi sottoposti al vincolo diretto, espressamente rilevano che per garantire la visibilit e la godibilit del complesso fortificato e della villa romana siti su una altura, nonch la comprensione del loro assetto originario, tenuto conto dell'andamento altimetrico del terreno, necessario creare un'area di rispetto intorno alla zona gi sottoposta a vincolo diretto, limitata a nord-est dal Fosso di Fioranello, a sud-ovest dal Fosso del Divino amore, e a nord-ovest e sud-est per un raggio. di trecento metri dai resti archeologici . Tale essendo la motivazione addotta a sostegilo dei provvedimenti del 19 marzo 1982, il Collegio Titien che la stessa possa, in concreto, esser considerata sufficiente. La motivazione dei provvedimenti di imposizione del vincolo indiretto, di cui all'art. 21 della L. 1 agosto 1939 n. 1089, ed in particolare di quelli che, come nel caso in esame, ~mpongono la creazione di una fascia di rispetto ll:torno al bene oggetto del1 tutela diretta ed il conseguente vincolo di inedificabilit assoluta, obbedisce allo scopo di palesare l'iter logieo seguito dall'Amministrazione per determinare le misure. adottate, al fine di valutare l'adeguatezza e la logicit del sacrificio imposto ai privati proprietari ai sensi dell'art. 21 della legge n. 1089 del 1939, e di verificare ch attraverso di esse si provveda al perseguimento delle finalit dalla norma indicate, e non, invece, di_ altre ad esse estranee. Sotto questo profilo, il provvedimento deve contenere sia l'indicazione delle finalit che si inteso perseguire 11ttraverso l'imposizione del vincolo indiretto, sia l'indicazione delle circostanze che in concreto, avuto riguaTdo alla natura e alle caratteristiche del bene ed alla sua ubicazione, hanno condotto in concreto, alla scelta del tipo di tutela adottata. PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 383 A tali esigenze rispondono i provvedimenti di imposizione del vincolo indiretto sugli inimobili di propriet della Societ R.E.L.A. e della Societ Colli Fioriti, dal momento che i medesimi, dopo aver ricordato che essi obbediscono allo scopo di garantire la godibilit e la visibilit del complesso fortificato e della villa romana, evidenziano che la necessit di creare una fascia di rispetto direttamente collegata cm la ubicazione dei beni sottoposti alla tutela diretta (che sono siti su un'altura) ed all'andamento altimetrico del terreno. I provvedimenti impugnati chiariscono, pertanto, che la creazione della fascia di rispetto intorno all'oppidum fortificato ed alla villa romana obbedisce allo scopo di realizzare due distinte finalit, ~ntrambe inquadrabili fra quelle prese in considerazione dall'art. 21 (visibilit e godibilit dei reperti tutelati da una parte, e comprensione del relativo assetto originario, dall'altro), ~ che la scelta della misura imposta deriva, in concreto, dalla ubicazione dei reperti medesimi e dall'andamento altimetrico del terreno. I provvedimenti impugnati in primo grado appaiono, pertanto, motivati in concreto, con riferimento alla ubicazione spaziale dei medesimi, sicch non pu ritenersi che la motivazione in essi contenuta sia di stile, o, comunque, meramente ripetitiva di formule legislative. Nessuna specifica motivazione il provvedimento doveva invece contenere in ordine alla natura ed al valore dei reperti archeologici, e ci per l'ovvia considerazione che la rilevanza di tali reperti sotto il profilo archeologico era gi stata accertata con l'autonomo provvedimento -peraltro menzionato in quelli adottati ai sensi dell'art. 21 -con cui ne stato dichiarato il particolare interesse sotto il profilo archeologico. In tale contesto, non acquista rilievo pratico la circostanza che le relazioni redatte dalla Soprintendenza archeologica di Roma (in numero di tre, di cui due a firma del Direttore archeologico Alessandro Badini, ed una del funzionario di zona architetto Mario Petrecca) non siano state richiamate nei decreti di vincolo indiretto, e ci per la considerazione che la sufficienza della motivazione dei medesimi appare affidata ai rilievi contenuti direttamente nei decreti adottati ai sensi dell'art. 21 della legge n. 1089 del 1939, senza la necessit di integrazione con le considerazioni formulate nelle predette relazioni. Va, altres, osservato che la mancanzfi. di un espresso richiamo di tali relazioni nei provvedimenti di vincolo indiretto non appare sinto matico di una carenza di istruttoria (il richiamo alle relazioni sarebbe stato rilevante invece, per l'eventualit che fosse stato necessario inte grare la motivazione dei provvedimenti); n a tal fine, appare decisivo il fatto che le tre ~relazioni siano prive di data dal momento che tale circostanza non consente n di affermare che Ie stesse siano state pre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 384 disposte prima della emanazione dei provvedimenti, n di escludere che le stesse siano redatte in ~poca successiva. La doglianza appare, sotto diversi profili, priva di consistenza. Il T.A.R., del resto ha correttamente rilevato .che almeno una di essa stata certamente predisposta prima dell'emanazione dei decreti di vincolo, risultando allegata ad una nota della Soprintendenza del 1 agosto 1980, il che vale, comunqu, ad escludere, che nel caso di specie sia mancata una istruttoria. Per ci che concerne le altre due relazioni, va osservato che se quella a firma dell'architetto Petrecca sembra essere stata redatta, avuto riguardo al suo contenuto, dopo l'imposizione del vincolo indiretto (preoccupandosi essa di illustrarne le singole disposizioni) la seconda relazione a firma dell'architetto Badini pare contenere un approfondimento delle ragioni che hanno portato alla proposizione del vincolo indiretto di inedificabilit assoluta: non a caso, del resfo, la medesima relazione stata criticata dalla societ appellante, la quale considera il suo contenuto idoneo ad evidenziare ulteriori profili di illegittimit dei decreti di imposizione del vincolo, gi formulati in primo grado con i motivi aggiunti e riproposti in questa sede con apposita memoria. 7. -La rilevata fondatezza delle impugnazioni proposte dal Ministero dei beni cultura1i avverso le decisioni di primo grado che avevano pronunciato l'annullamento dei decreti di imposizione del vincolo indiretto sui terreni di propriet della Societ R.E.L.A. e della Societ Colli Fioriti comporta la necessit di procedere all'esame degli ulteriori profili di illegittimit, esclusivamente da quest'ultima gi dedotti in prime cure, dichiarati assorbiti dal Tribunale e riproposti in sede di appello. Deduce, in partico1are, la Societ Colli Fioriti che nella fattispecie non si sarebbe tenuto conto della' circostanza che i beni archeologici da tutelare sarebbero costituiti da strutture appena affioranti sul terreno, cosicch le stesse costituirebbero una realt che potrebbe essere vista e goduta solo sul posto, e non da lontano, anche perch i reperti si troverebbero su un'area che, pur essendo sopraelevata, sarebbe coperta daj.la v~getazione. Il provvedimento concernente la Societ Colli Fioriti sarebbe, pertanto inficiato da un evidente errore nei presupposti, _ essendosi attraverso di esso inteso garantire la conservazione di prospettive inesistenti. Va, in proposito, preliminarmente osservato che il decreto di imposizione del vincolo indiretto stato adottato allo scopo di realizzare diverse esigenze tutte riferibili a quelle prese in considerazione dall'art. 21 della legge n. 1089 del 1939, ciascuna delle quali, isolatamente considerata, appare idonea a fondare la legittimit del provvedimento. Mentre, infatti, la visibilit del complesso archeologico appare legata alla necessit I 1: i ~~ PARTB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 385 di garantire la possibilit complessiva di percepire i reperti anche da diversi punti di vista, la (( godibilit.)) ha invece riferimento alla oggettiva inserzione del complesso nell'ambiente circostante, ed esige di conseguenza che,_ non si realizzino, nell'area posta attorno ad esso e costituita come fascia di rispetto, opere contrastanti, anche nel loro aspetto formale, con il significato storico del bene tutelato; la necessit di assicurare la comprensione dell'assetto originario del complesso in questione appare, infine, legata alla sua particolare natura di -(cittadella fortificata), ed alla relazione che la lega, in qualit di insediamento destinato ad e~igenze prevalentemente militari e di difesa, con i luoghi in cui esso ubicato. Il complesso archeologico in questione costituisce, infatti un oppidum fortificato che risulta ubicato su di una altura per esigenze strategiche e di difesa militare, sicch il venir meno dell'assetto originario del luogo (ed in particolare, la possibilit di edificare lungo i dorsali dell'altura) comporterebbe la perdita della possibilit di apprezzare la posizione strategica del complesso e, di conseguenza, il suo significato originario. Deriva da ci che anche se dovesse non apparire l'esigenza di man!enere la visibilit dei reperti in questione, non per questo potrebbe ritenersi illegittimo il provvedimento impugnato, apparendo esso, comunque, legato ad altre finalit, ricomprese fra quelle indicate nell'art. 21 della legge n. 1089 del 1939, ed idonee.a fondarne la legittimit. Per altro verso, va notato che la circostanza eh~ i reperti si trovino in una zona coperta da vegetazione non esolude la legittimit del vincolo, ben potendo tale vegetazione essere rimos'sa proprio allo scopo di consentire tale visibilit, laddove la realizzazione di costruzioni sul pendio della collina {peraltro gi prospettate) pregiudicherebbe definitivamente -come evidenzia la documentazione planimetrica prodotta dall'Amministrazione -la possibilit di percezione dei manufatti antichi. Allo stesso modo, la circostanza che le mura perimetrali della citta della fortificata siano parzialmente interrate non ne esclude la visibilit, unitamente a quella delle altre strutture esistenti nella zo?a sottoposta a vincolo diretto. Tale visibilit potr, peraltro, essere significativamente migliorata con l'effettuazione di opere di restauro, laddove la realizzazio ne di costruzioni della fascia di rispetto pregiudicherebbe definitivamen te le condizioni di visibilit del complesso..Al fine di valutare la legittimit della imposizione del vincolo indiretto ed in particolare, della prescn zione di assoluta inedificabilit, deve infatti essere tenuto presente il tipo, di bene culturale cui esse ineriscono e che intendono salvagilardare, e che costituito non da un monumento la cui percepibilit risulta defi nitivamente stabilita, ma da un complesso archeologico le cui condizio ni di visibilit sono ulteriormente migliorabili con l'effettuazione, nel tempo, di successivi interventi di r.estauro. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA .DELLO STATO 386 Si tratta comunque, di osseryazioni che non acquistano rilievo decisivo ai fini dell legittimit del provvedimento impugnato, dal momento che esso mira soprattutto, a garantire la comprensione e godibilit del complesso archeologico, mantenendo intatta la possibilit di percepire il significato storico. E poich tale complesso archeologico costituito dai resti di una cit~ fortificata, collocata sopra una altura per esigenze di carattere strategico-militare, l'esigenza di assicurare la comprensibilit e la godibilit, implica la necessit di conservare l'ambiente circostante, che viene in rHievo non per un autonomo valore paesaggistico (nel qual caso ci si troverebbe di fronte ad un provvedimento illegittimo) ma per la imprescindibile correlazione che lo lega direttamente all'insediamento, a 1 causa della sua natura di centro fortificato. 8. -I rilievi sopra esposti evidenziano, alttes che il contenuto delle rela? ioni predisposte dall'Amministrazione, lungi dal porre sintomaticamente in luce profili di illegittimit del provvedimento di vincolo indiretto, appare idoneo a giusti~fcare le misure adottate. Del contenuto di tali relazic; mi la Societ appellante sembra, innanzi' tutto, fare una lettura parziale, che ricorda aluni soltanto dei resti archologici, omettendo di COJ,l siderare altri reperti di notevole interesse (quali i resti monumentali della villa romana di et imperiale, ed in particolare della grossa cisterna della medesima), e ct>munque di fornire la necessaria visione unitaria del complesso. Le affermazioni, pure contenute nella seconda relazione a firma dell'architetto Badini, secondo cui l'intera oollina su cui sorgono i reperti archeologici dovrebbe costituire monumento da tutelare, non comporta, come sembra suggerire la societ appellante, che l'ambiente stesso in cui si inseriscono i medesimi reperti sia stato considerato bene archeologico, ma obbedisce allo scopo di porre in luce la particolare correl~ione esistente nella fattispecie tra la cittadella fortificata e la sua ubicazione, dovuta a scelte di natura strategico-miUtare, con la conseguente necessit di mantenere l'assetto dei luoghi per apprezzare il significato proprio dell'insediamento. Sulla. collina, del resto, non grava alcun vincolo diretto che , quello che riguarda i beni di particolare interesse archeologico ma stato, invece, imposto il vincolo indiretto ai sensi dell'art. 21 della legge n. 1089 del 1939; il che evidenzia che la stessa stata considerata dall'Amministrazione fra le condizioni di ambiente del bene archeologico, che devono essere salvaguardate per la fruibilit in senso ampio del medesismo, e quindi come un oggetto non immediato ma strumentale di tutela. 9. -Le superiori notazioni rendono, infine, evidente. che con il decreto ex art. 21 della legge n. 1089 del 1939 H Ministero dei beni culturali PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 387 non ha inteso conservare o tutelare le beHezze panoramiche e paesaggistiche che si godono dal complesso archeologico, ma conservare l'ambiente naturale in cui esso insiste, in quanto ritenuto, con un giudizio che costituisce espressione di discrezionalH tecnica, condizione indispensabile per la stessa comprensione del significato del bene archeologico. Nel provvedimento di imposizione d~l vincolo indiretto, risultano poi, espressamente indicate, contrariamente a quanto affermato dall'appellante, le cose che presentano interesse archeologico, che sono quelle gi sottoposte al vincolo diretto. A tal fine, viene infatti richiamato espressamente, ;nel decreto del 19 marzo 1982, il precedente atto con cui i reperti in questione sono stati dic}liarati di particolare interesse archeologico. 10. -L'accertata infondatezza dell'appello proposto dalla Societ Colli Fioriti avverso la decisione del TAR del Lazio n. 1089 del 1983, e la con seguente piena legittimit del provvedimento n. 318012 del 23 settembre 1980, con cui stato imposto il vincolo diretto sui reperti archeologici in questione, evidenzia infine l'infondatezza della censura (pure riproposta in grado di appello con la memoria) con cui era stata dedotta l'illegit timit derivata del decreto impositivo del vincolo indiretto sui terreni della medesima societ Colli Fioriti. 11. In conclusione, l'appello proposto dalla Societ Colli Fioriti avverso la decisione n. 1089 del 1983 della II Sezione del TAR del Lazio deve essere respinto, risultando di conseguenza confermata la legittimit del provvedimento di imposizione del vincolo diretto del 23 settembre 1980. Devono, invece, essere accolti appelli proposti dal Ministero dei beni culturali ed ambientali avverso le decisioni della II Sezione del TAR del Lazio n. 661 del 1983 e n. 484 del 1984, sicch, in riforma delle impugnate sentenze, deve essere pronunciato il rigetto dei ricorsi di primo grado a suo tempo proposti dalla Societ Colli Fioriti e dalla Societ R.E.L.A. rispettivamente avverso i decreti n. 109696 e 109697 del 19 marzo 1982, con cui stato imposto il vincolo indiretto su alcuni immobili delle medesime societ. 14 SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 19 gennaio 1987 n. 410. Pres. Zucconi Est. Sgroi P. M. Caristo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari). c. Pestalozza (avv. Vacca). Tributi erariali indiretti Imposta di successione Interessi . Imposta complementare -Imputabilit del ritardo Accertamento infondato ~oi corretto dall'ufficio -Non esonera dall'obbligazione di interessi. (I. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 1; I. 20 marzo 1961, n. 147). Se pure l'obbligazione per gli interessi sull'imposta complementare non consegue al pur e semplice ritardo ma richiede un fatto imputabile ai-debitore, non vale a giustificare l'inadempimento la notificazione di un atto di accertamento gravemente infondato, e successivamente corretto dall'ufficio, perch ci rientra in una seria causale autonoma e non influente sull'obbligo di corrispondere gli interessi sulla imposta complementare definitivamente determinata (1). (omissis) Si deve, pertanto, esaminare il ricorso dell'Amministrazione Finanziaria che deduce la violazione ed erronea appliazione della legge 26 gnnaio 1961 n. 29 e della legge 26 marzo 1962 n. 147, nonch alla. legge 12 giugno 1930 n. 742 e della legge tributaria sulle successioni approvata con r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; nonch omessa, insufficiente e contrad~ittoria motivazione circa punti decisivi della controversia (art. 360 n. S c.p.c.), 'osservando che l'imputabilit della mancanza degli elementi occorrenti per la liquidazione dei tributi sulla successione conseguenza della violazione di un obbligo di fedele dichiarazione del valore, a carico dei soggetti a tanto tenuti, e che la divergenza fra il valore dichiarato e quello accertato da sola sufficiente a far sorgere l'obbligo degli interessi a carico dei contribuenti, giacch (1) La sentenza sicuramente corretta. Desta tuttavia meraviglia l'impegno profuso dalle Sez. Unite per la risoluzione di un caso lineare. Se l'obbligazione per gli interessi discende dalla mora, l'imputabilit della mora non solo presunta ma pressoch indefettibile; meno che mai il fatto causativo dell'adempimento non completo (ossia la non fedele dichiarazione) pu essere influnzato da fatti successivi dell'ufficio (accertamento). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA tali interessi moratori sono dovuti per: il solo fatto del ritardo nell'adempimento del pagamento delle imposte. L'Amministrazione rileva. che le Pestalozz non hanno presentato alcuna dichiarazione integrativ.a di valore (ex art. 12 legge n. 742 del 1930), neppure nel ricorso alla Commissione, e sono tenute a pagare gli .interessi sulle imposte liquidate con riferimento ai maggiori valori definitivamente accertati, fino all'effettivo pagamento. Nella specie, secondo l'Amministrazione, non poteva essere determinante (come erroneamente aveva affermato la Commissione Centrale) la circostanza che l'Ufficio aveva annullato per un grosso cespite il valore accertato in via cautelativa perch, mentre il notevole divario risulta dall'entit stessa degli interessi (ammontanti ad oltre due milioni annui), la distinta valutazione per i diversi cespiti avrebbe facilitato la presentazione di una dichiarazione integrativa. Pertanto, conclude l'Amministrazione, gli interessi sono dovuti fino alla data dell'effettivo pagmento, a far tempo dlla data di esigibilit dei tributi principali. Il ricorso fondato. L'errore della decisione impugnata consiste nell'aver limitato, nel tempo, la decorrenza degli interessi moratori, pur avendo riconosciuto, in linea df principio, l'esistenza di un divario fra il valore dichiarato dalla parte e quello definito in sede di determinazione di imposta complementare, e cio il fatto costitutivo dell'obbligo dgli interessi moratori, secondo la giuriprudenza di questa Corte (cfr. fra le altre conformi, Cass. 9 novembre 1977 n. 4789; Cass. 6 gennaio 1979 n. 60; 26 aprile 1979 n. 2414; 14 gennaio 1982 n. 223; 5 marzo 19~4 n. 1546; 4 settembre 1984 n. 4755; sez. un. 10 dicembre 1984 n. 6478). L'implicita ratio della decisione impugnata consiste nell'affermazione che a decorrere dal 5 dicembre 1963 sorta una causa del tutto indipendente del ritardo, da sola sufficiente a giustificare il ritardato adempimento dei contribuenti, e cio un avviso di accertamento di valori illegittimo per quanto atteneva ad alcuni cespiti non solo non suscettibili di giudizio di congruit, ma rettificati per un ammontare rilevantissimo; avviso pernltro riconosciuto illegittimo dalla stessa Amministrazione, che lo ha sostituito con un altro notificato il 30 settembre 1970. L'errore della Commissione Centrale dipende, in prim~. luogo, dalla omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dalla circostanza che anche nell'avviso del 1970 i valori dei cespiti immobiliari erano stati valutati nella stessa misura indicata nel precedente avviso del 1963 e che il concordato stato stipulato tenendo presenti detti maggiori valori, assai lontani da quelli originariamente dichiarati dai contribuenti (il divario era di circa 167 milioni). L'omissione della considerazione di detta circostanza decisiva, da cui risultava che il valore attrjbuito in sede di 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO denuncia di successione, dai contribuenti agli immobili non aveva alcuna giustificazione, ha portato all'errore di diritto giustamente denunciato dall'Amministrazione, in quanto la differenza tra l'imposta pagata in via principale e quella dovuta e determinata in sede di imposta complementare non era stata influenzata dall'illegittimo accertamento dell'Ufficio relativamente ad altri valori (mobili e crediti), ma dipendeva esclusivamente dal divario dei valori immobiliari. Risultava pertanto l'elemento costitutivo dell'obbligo. del pagamento degli interessi e cio la insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione (legge n. 147 del 1962). Come risulta dal secondo comma dell'art. unico della suddetta legge interprefativa, l'esnero dal pagamento degli interessi a decorrere dallo stesso giorno in cui, per essere sorto il rapporto tributario, dovuto il tributo principale accordato soltanto se non dipesa da fatto imputabile al contribuente la suddetta insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione del tributo; ed evid~nte che l'illegittima pretesa del1' Amministrazione di elevare i valori di altri beni, su cui non era dovuto il tributo comple.rnentare, non esclude il fatto imputabile al contribuente, che deve valutarsi in relazione al tributo complementare effettivamente dovuto. Gli interessi dipendono, invero, . non soltanto dal tempo, e cio dal ritardo nel pagamento, ma anche dalla base di commisurazione di tale somma accessoria, e cio dall'importo del tributo complementare, liquidato in ritardo per effetto della insufficienza degli elementi contenuti nella dichiarazione originariamente (nonch in altre eventuali dicliiarazioni successive, che non risultano considerate dalla Commissione Centrale). Che anche la durata di tale ritardo (e cio l'altro elemento che concorre a determinare la misura degli interessi) non fosse estraneo al fatto imputabile al contribuente risulta dal :rilievo che i contribuenti, nell'ambito. del loro dovere di collaborazione strumentale rispetto all'adempimento degli obblighi tributari, avrebbero ben potuto neutralizzare gli effetti del ritardo con cui lAmministrazione ha riconosciuto la parziale illegittimit dell'avviso di accertamento del 1963 con una dichiarazione integrativa relativa ai cespiti immobiliari, in ordine ai quali quella illegittimit non sussisteva, mettendo l'Ufficio in condizione di liquidare l'imposta complementare limitatamente agli immobili. In tal caso, infatti, se l'Ufficio ma avesse acceduto ad una richiesta di liquidare separata. mente .(anche nelle forme del concordato) il tributo complementare sui" maggiori valori immobiliari, i contribuenti avrebbero interrotto l'efficacia causale della primitiva inesattezza contenuta nella denuncia di successione (cfr. Cass. 20 luglio 1977 n. 3247, in ipotesi di ritardo dell'azione amministrativa, non esoneratrice della responsabilit del contribuente). Invero, deve sottolinearsi che nel sistema della legge speciale il ritardo nell'adempimento -oggettivamente produttivo di vantaggio per il solvens I PARIB l, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 391 e di danno per l'accipiens -non sufficiente da solo, con riguardo all'imposta complementare, ma si fonda su una negligente dichiarazione di valore, presuntivamente imputabile al contribuente, salva prova contraria. Questa prova non pu riguardare l'illegittimo operato dell'Amministrazione riguardante altri cespiti e non influente sulla determinazione dell'imposta complementare in definitiva dovuta, proprio per l'estraneit di detto comportamento sia sull'ammontare de1Fiinposta, sia sul divario fra i valori immobiliari dichiarati e que11i definitivamente accertati. .Si tratta di due serie causali del tutto indipendenti ed autonome, una delle quali (quella posta in essere dall'Ammi~istrazione) non ha rilievo nell'ambito della legge n. 147 del 1962 perch non ha influito sugli elementi occorrenti alla liquidazione del trbuto complementare, come previsto nella legge interpretativa citata, che contiene elementi di specialit rispetto alle corrispondenti norme del codice civile, in relazione alle necessit di 'acquisire tutti gli elementi p.er la liquidazione dell'imposta complementare sui trasferimenti. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 20 gennaio 1987 n. 460 -Pres. Brancaccio -Est. Maltese -P. M. Paolucci (conf.). Soc. SIR c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Linguiti). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Ricorso alla Corte di appello Termine per ricorrere alla Commissione Centrale non ancora decorso -Omessa eccezione innanzi alla Corte d'appello -Deduzione con ricorso per cassazione -Inammissibilit. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40). ... La proposizione del ricorso alla Corte d'appello prima che sia decorso il termine per ricorrere alla Commissione Centrale comporta una improcedibilit temporanea superata per acquiescenza d~ll'altra parte che non abbia proposto la relativa eccezione; l'improcedibilit non pu di conseguenza dedursi con ricorso per Cassazione (1). (1) Decisione da condividere. L'improcedibilit del ricorso stabilita nell'art. 40 posta al fine di impedire la duplice impugnazione nelle due sedi; essa non pu di conseguenza essere dichiarata n quando il termine matura prima della decisione della corte, n quando l'altra parte (anzi tutte le altre parti) consentono, non sollevando eccezioni, alla scelta della corte di appello come giudice della impugnazione. Si dovrebbe ancora aggiungere che la parte resistente non possa sollevare l'eccezione quando, per essere totalmente vittoriosa o per altra causa preclusiva, non possa validamente ricorrere alla Commissione centrale. 392 RASSEGNA l>EU.'AVVOCATURA l>ELLO ..STATO (omissis) Premesso che, ai sensi dell'art. 40, decorso inutilmente per tutte le parti il termine per ricorrere alla Commissione centrale, la decisione della Commissione di secondo grado pu essere impugnata entro novanta giorni davanti alla Corte di appello , afferma che, essendo stato il termine prorogato da leggi successive fino al 30 giugno 1978, l'Amministrazione finanziaria non avrebbe potuto, prima di tale data proporre appello, essendo la Corte priva di giurisdizione nella controversia. Il motivo infondato e deve essere disatteso perch non dedotto dalla societ Sarda Resine davanti alla .Corte d'appello. L'eccezione, invero, riflette non, come afferma la ricorrente, il difetto (temporaneo) di giurisdizione dell'autorit adita, bens l'improcedibilit (temporanea) della domanda d'appello, fino al maturarsi del dies ad quem previsto dal citato art. 40 d.P.R. n. 636 del 1972: momentanea assenza della condizione di procedibilit, superabile e superata, per acquiescenza, dalla stessa societ interessata, la quale non sollev la corrispondente eccezione nella comparsa di risposta d'appello. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 gennaio 1987 n. 512 -Pres Sandulli Est. Rocchi -P. M: VisalJi (conf.) -Ministro delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Soc. Dragaggio Pescara. Tributi locali -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili -Societ -Applicazione per decorso decennio -Estensione alle Societ di ogni tipo a norma dell'art. 1 legge 22 dicembre 1975 n. 694 -Efficacia per il decennio 1966-75. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 3; legge 22 dicembre 1975, n. 694, artt. 1 e 7). La norma dell'art. 1 della legge 22 li.icembre 197!5 n. 694, che ha modificato l'art. 3 del d~P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 nel senso' di estendere l'applicazione dell'INVIM per decorso decennio alle societ di ogni tipo e oggetto, pur essendo in vigore dall'l gennaio 1976, produce effetto anche per il decmnio 1966-1975 (1). (omissis) Con l'unico motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 7 cpv. della legge 22 dicembre 1975, n. 694 in relazione all'airt. 360, n. 3 c.p.c., l'Amministrazione finanziaria (1) Dedsione di evidente esattezza . ...-.....................-...-......-.-.-.rr..-.-.-,.-.r.r..r..-.-.-.-r..-...-.-..-.-..-.-,-,-,. .-.-, .-. . . .. . .-..-.'. --. .. .-..z::::zz::::z:::".'.':'.?Z<::::::<:Z:'Z'.'::~.>:-:.:.......'............'...1.... PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 393 deduce che le modifiche apportate dall'art. 3 d.P.R. n. 643/1972, in base alle quali l'Invirm decennale dovuta da tutte le societ senza distinzione di tipo e di oggetto, si applicano retroattivamente agli incrementi maturati nel decennio scaduto alla data del 1 gennaio 1976. Conseguentemente, l'Amministrazione deduce che, nella specie, va assoggettato a tassazione l'intero incremento di valore maturato nel decennio intercorrente dal 1 gennaio 1966 al 31 dicembre 1975. La"" censura fondata. Premesso che la nuova normativa dettata nella materia in oggetto dalla legge n. 694/75 estende l'applicazione dell'invim decennale alle societ di ogni tipo ed oggetto, cancellando la previgente limitazione della obbligazione .tributaria de qua alle sole societ che svolgevano in modo ~sclusivo o prevalente attivit di gestione di immobili, va avvertito che, se il primo comma dell'art. 3 della legge citata prevede che le disposizioni degli articoli precedenti (recanti la innovazione ricordata) hanno effetto dal 1 gennaio 1976, peraltro il sec01;1do comma dello stesso articolo recita testualmente: Le societ e gli enti ai quali l'imposta viene estesa per effetto dell'art. 1 devono presentare la dichiarazione, relativamente agli immobili per i quali il primo decennio gi scaduto alla data del 1 gennaio 1976, entro il 31 luglio 1976, e, successiv~mente entro il 31 luglio dell'arino di compimento' dr ogni ulteriore decennio . Orbene, quest'ultima disposizione, imponendo l'obbligo della dichiarazione di valore relativamente al decennio scaduto al 1 gennaio 1976, dichiarazione che costituisce la base per !'accertamenti:> e la riscossione della imposta della quale trattasi (art. 19 del decreto n. 643/72), sufficientmente indicativa del fatto che le modifiche apportate all'art. 3 del citato decreto (nel senso sopraricordato ~i estendere l'imposta a tutte le societ senza distinzione di tipo o di oggetto) si applicano retroattivamente agli incrementi di valore maturati nel decennio anteriore al l gennaio 1976 e, quindi, l decennio di cui si discute nella specie, scadut, appunto, al 31 dicembre 1975. D'altronde, tale interpretazione si pone in perfetta armonia con lo scopo della J. n. 694 del 1975, che, volendo ovviare alle difficolt di precisazione del concetto di attivit di gestione di immobili e alla possibilit che nell'ambito del decennio potessero distinguersi, in rela zione alla attivit svolta saltuariamente dall societ, incrementi tassa bili e incrementi non tassabili, non poteva poi consentire che la nuo".a norma si applicasse solo agli incrementi maturati nei decenni decorrenti dal 1 gennaio 1976, e cio: in definitiva, dieci anni dopo la sua entrata in vigore. (omissis) 394 RASSEGNA DELL'A.VVOCATURA DELLo STATO 394 RASSEGNA DELL'A.VVOCATURA DELLo STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 gennaio 1987, n. 722 -Pres. Scanzano -Est. Rossi -P. M. Amirante (conf.). -Rainoni c. Ministero :: ( delle Finanze (Avv. Stato Palatiello). {:: I Tr~buti in genere -Contenzioso tributario Ricorso alle Commisisoni Provvedimenti impugnabili Atto che nega la spettanza di esenzioni I pluriennali -Omessa impugnazione Defini!ivit. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 23; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). I Il provvedimento dell'ufficio che nega la spettanza di una agevolazione pluriennale che non opera automaticamente un atto idoneo a risolvere in via potenzialmente definitiva un conflitto di interessi rientrante nella previsione dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, analogamente a quanto anteriormente disponeva l'art. 23 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516 (1). (omissis) Il ricorrente, deducendo violazione degli artt. 16 del d.P.R. 26 febbraio 1972 n. 636 e 23 del R.D. 8 luglio 1937 n. 1516 nonch dell'art. 15 delle disp. sulla legge in generale (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), lamenta sia con il primo sia con il second motivo, sostanzialmente ripetitivo dell'altro (tranne che per la invocazione di una inammissibile prassi a lui favorevole), che la Commissione Centrale abbia ritenuto che avverso il provvedimento di rigetto della sua domanda di esenzione dovesse essere presentato ricorso nei consueti termini e che la mancata impugnazione di quel prnvvedimento avesse comportato la preclusione, ex art. 23 del R.D. n. 1516/1937, di ogni possibilit di contestazione sul punto. Secondo il ricorrente la Commissione Centrale avrebbe dovuto invece considerare che il citato art. 23 del R.D. n. 1516/1937 stato sostituito con modifiche dall'art. 16 del d.P.R. n. 636/1972, e pervenire ad opposta. decisione in base a tale ultima norma, applicabile al momento della comunicazione del rigetto, della sua domanda di esenzione, rilevando che la stessa non contempla, tra . gli atti da impugnare nei ter mini di decadenza stabiliti, il provvedimento di cui si. discute. Tale assunto va respinto. (1) In senso specifico v. Cass. 3 novembre 1986 n. 6647 in questa Rassegna, 1987, I, 170. Pi in generale sui provvedimenti di diniego delle agevolazioni pluriennali e sulla nozione di accertamento in senso ampio da assegnare all'art. 16 cfr. la giurisprudenza riportata in nota alla sentenza citata. I ! l I I I I I "'"""''.'.ZZrneer dodici; la somma risultante costituisce il reddito di riferimento, per l'applicazione dell'aliquota media (a tassazione separata) con riguardo alle tabelle vigenti nell'anno in cui sorto il diritto. L'aliquota si applica all'imponibile costituito dal suddetto 70,94% dell'indennit, diminuito della somma fissa annuale pi volte ripetuta. Il calcolo dell'aliquota media si opera una volta stabilita l'imposta dovuta sul reddito di riferimento in base alle aliquote IRPEF vigenti al momento del pensionamento, dividendo l'ammontare di tale imposta per l'ammontare del reddito di riferimento e moltiplicando il risultato per cento; il prodotto costituisce l'aliquota percentuale da applicare alla base imponibile come innanzi determinata, ottenendo cos l'ammontare dell'imposta dovuta. Se tale imposta minore di quella a suo tempo trattenuta dall'ENPAS, ne consegue il diritto al rimborso a favore del PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 399 contribuente; che invece nulla deve se il calcolo d per risultato una somma maggiore di quella gi pagata (art. 4 legge n. 482). Dalle considerazioni esposte risulta che non pu accogliersi la richiesta del privato di rigetto del ricorso, perch la decisione impugnata basata sull'assoluta intassabilit, che invece deve essere negata. D'altra prte, l'applicazione in concreto dei criteri enunciati non pu essere operata dal giudice di lgittimit, ma soltanto da quello di merito (la ommissione Centrale ha piena cognizione anche in fatto, non facendosi questione di valutazione estimativa), al quale la controversia deve essere rinviata per la sua decisione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 febbraio 1987, n. 997 -Pres. Sandulli Est. Di Salvo -P. M.. Martinelli (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Giandonati. Tributi locali -Imposta comunale sull'incremento di valore degli im mobili -Rettifica del valo,r,e finale Adeguamento necessario del valore iniziale dichiarato da parte dell'ufficio o del giudice Esclusione -Impugnazione da parte del contribuente del valore dichla rato Ammissibilit. Tributi in genere -Dichiarazione -Effetti -Modificazioni. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 2, 6 e 18). Per la determinazione dell'imponibile INVIM quando sia accertato un maggior valore finale, l'ufficio non deve necessariamente rivedere il valore iniziale dichiarato n pu la Commissione aumentare detto valore in assenza di una domanda del contribuente; questi tuttavia pu domandare alla Commissione che sia rettificato il valore iniziale dichiarato. (1) Pur non esistendo una norma specifica che faccia obbligo all'ufficio di rettificare la dichiarazione in favare del contribuente, il princi , pio della imparzialit della pubblica amministrazione ed il principio della adeguatezza dell'imposizione tributaria alla capacit contributiva im pongono i.l dovere di adeguare di ufficio il valore iniziale reale ove l'ufficio sia in possesso di significativi elementi. Il dichiarante a maggior ragione potr chiedere alla Commissione di rettificare il valore erronea 1/1 mente dichiarato, posto che la dichiarazione tributaria una dichiarazione di seienza, costituente atto di collaborazione con l'ufficio tributario, che pu essere modificata ed integrata. (2) (1-2) Ricollegandosi alla precedente pronunzia 6 luglio 1983 n. 4531 (in questa Rassegna, 1983, I, 935, con nota di C. BAFILE), la sentenza ora intervenuta d al problema una impostazione in parte diversa. 400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO !>TATO (omissis) L'amministrazione ricorrente -denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 2. 6, 18, 19, 20 e 22 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, in relazione all'art. 360 n. 3 cpc. -contesta che la modifica di uno dei valori da cui risulta l'accertamento dei valori degli immobili comporti necessariamente la rettifica deHa dichiarazione relativa all'altro valore dichiarato. La censura foI).data, in quanto -:---come questa Corte ha gi rilevato con la sentenza n. 4531 dal 1983 -l'affermazione secondo cui sus-. siste un collegamento necessario tra l'aumento apportato all'accertamento nel valore finale e quello aportato al volare jniziale non, pu esserse condiviso nella sua assolutezza. :t!. certamente da condividere l'affermazione che .i due valori, iniziale e finale, dell'immobile trasferito che delimitano la base imponibile dell'INVIM sono indipendenti e possono essere variati autonomamente; stato anzi affermato che i due valori possono essere accertati con distinti avvisi e con autonomi procedimenti (Cass. 7 luglio 1987 n. 5890 in Boll. trib., 1988, 308). Ma mentrecon la precedente sentenza era stato affermato che il dichiarante, ove sia accertato un maggior valore finale, possa domandare alla Commissione di rettificare il valore iniziale solo quando dimostri un giustificabile errore e semprech non risulti diminuita fa base imponibile costituita dalla differenza _ dei valori (e ci solo in vista della difficolt della determinazione di un valore riferito a data di oltre un decennio anteriore), la pronunzia attuale, in termini assai pi generali afferma da un lato che dovere dell'ufficio modificare la dichiarazione in favore del contribuente in forza dei principi della imparzialit della pubblica amministrazione e dell'adeguatezza della imposizione tributaria alla capacit contributiva, dall'altro che il contribuente' pu modificare o integrare la dichiarazione, semplicemente di scienza, per correggere i f errori di valutazione senza particolari limiti. I Questa proposizione non pu essere condivisa n sul punto dell'iniziativa .. ' ! dell'ufficio per una rettifica in diminuzione della base imponibile n sul punto della natura e degli effetti della dichiarazione, cfr. oltr alla gi citata nota, I C. BAFILE, Osservazioni sulla natura giuridica della dichiarazione tributaria, in questa Rassegna, 1980, I, 361, ID Sugli effetti della dichiarzione tributaria, in Rass. trib., 1985, I, 407). I Bisogna tuttavia rilevare che da una lettura completa della sentenza le i affermazioni di principio sopra riassunte, e che non possono essere generalizzate, appaiono ridimensionate. Il dovere dell'Ufficio di modificai-e il valore ini:male dichiarato in presenza di significativi elementi in realt riferito all'ipotesi del raffronto entro il decennio con un dato gi certo, risultante da I precedenti accertamenti, in possesso dell'ufficio; in tale situazione la rettifica t si riduce ad una correzione di errore materiale. I I La possibilit per il dichiarante di modificare il valore dichiarato giui stificata dalla difficolt di determinare un valore riferito ad una data ultradecennale ed contenuta nei limiti della base imponibile risultante dalla differenza dei due valori. In sostanza la. pronunzia ora intervenuta non si discosta dalla precedente n. 4531/1983. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Infatti, una volta riconosciuto il principio per il quale l'incremento imponibile risulta dal raffronto tra i valori iniziale e finale del bene trasferito con l'adozione di un criterio di semplice calcolo automatico attraverso una sottrazione, l'affermazione che sia necessario variare l'altro termine di raffronto, quando sia stato variato il primo,. mediante una forma di obbligatorio trascinamento, non corente con la prem~ssa, in quanto esclude proprio il raffronto suddetto e l'operazio.ne di sottrazione indicata, cambiandone il termine minore anche quando non vi sia una specifica ragione. Il sistema dell'automatico trascinamento -ha gi rilevato questa Corte -viola le norme degli artt. 2 e 6 del citato d.P.R. n. 643 del 1972 perch per il primo di tali articoli l'incremento di valore degli immobili : soggetto all'imposta e, per il secondo, esso costituito dalla differenza tra il valore dell'immobile alla data nella quale si verificano i presupposti ... ed il valore, aumentato dalle spese indicate nel successivo art. 11 che l'immobile aveva alla 'data dell'acquisto ovvero della precedente tassazione. Ci dimostra che il procedimento logicogiuridico per la determinazione dell'incremento di valore dell'immobile deve muovere da due determinazioni di valore autonomo, pur se riferentisi allo stesso bene, relativo alle due date terminali con successivo calcolo della differenza. Pertanto, nulla esclude che una sola delle due valutazioni possa formare oggetto di rettifica e di contestazione senza che l'altra, pienamente autonoma, ne sia coinvolta. tra i due valori, cos considerati, che deve effettuarsi il raffronto dal quale dedurre la differenza imponibile, mentre non si pu inversamente .sottrarre al . va lore maggiore quell'imponibile diversamente calcolato per modificare necessariamente il valt>re posto come iniziale -Cambiano, in quel modo, i termini del raffronto e dell'operazione aritmetica.. Peraltro, nell'ipotesi in cui nella denunzia, prevista dall'art. 18 del citato d.P.R., il valore iniziale sia stato erroneamente indicato in misura minore con danno del contribuente, senza che vi sia stata rettifica da parte dell'ufficio finanziario che si sia limitato a rettificare il valore maggiore in corrispondenza ai prezzi del mercato edilizio, occorre tener presente che, pur non esistendo una norma specifica che faceva obbligo all'ufficio di rettificare tale errore del contribuente, il principio dell'imparzialit della pubblica amministrazione, costituzionalizzato dall'art. 97 Cost., ed il principio della adeguatezza della imposizione tributaria alla capacit contributiva del soggetto obbligato, previsto dall'art. 53 della stessa Costituzione, impongono particolari doveri, per cui, ove l'ufficio sia in possesso di significativi elementi deve adeguare anche di ufficio il valore iniziale a quello reale. Nessun dubbio poi sull'obbligo incombente anche sui giudici tributari di effettuare tale adeguamento su richiesta del contribuente il quale rilevi l'errore della sua RASSGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 402 precedente dichiarazione. Le dichiarazioni dei redditi, come pacifico, non hanno natura confessoria (contra se pronunciatio) poich esse sono dichiarazioni di scienza che costituiscono un atto di collaborazione riecessaria .con gli uffici finanziari ai fini dell'imposizione tributaria. Esse possono, dunque, essere integrate o modificate dal contribuente me desimo. . . In particolare, nel caso che il termine iniziale del raffornto sia com preso nel decennio precedente all'imposizione, caso diverso da quello in esame, il termine iniziale del raffronto un dato certo e documentale perch costituito dal valore dichiarato dallo stesso contribuente per il precedente trasferimento e da quello definitivamente accertato. .Si tratta, quindi di dati certi, che risultano dalla documentazione in possesso dell'amministrazione finanziaria che ha, quindi, la possibilit di effettuare una 1immediata verifica. In questi casi~ come questa Corte ha gi rilevato nella sentenza prima citata, un successivo errore del con tribuente sulla entit della precedente dichiarazione o dell'accertamento, riguardando -quei documenti in possesso dell'ufficio tributario, p rite nersi non pregiudizievole perch l'elemento posto a base della nuova imposizione costituito dalla effettiva misura di quella iniziale dichiarazione e del relativo accertamento in conformit a dati conosciuti ed accettati dall'ufficio finanziario . In questi casi l'amministrazione finanziaria pu agevolmente rilevare l'errore del contribuente, cos coxne non dubbio che esso possa esser fatto valere dal contribuente medesimo. Nel caso, invece, di trasferimento di un bene acquistato da' oltre un decennio (art. 6 comma 3), -che quello in esame -poich vi nella dichiarazione del contribuente una valutazione soggettiva attuale con riferimento ai valori anteriori ai dieci ani, sussiste, da una parte. una obbiettiva difficolt di identificazione di tale valore che importa la possi . bilit. di errori, nonch una implicita scelta del contribuente stesso entro i margini di possibile variazione di tale valore. In questo caso, non si pu, anche perch sarebbe palese la violi;izione di principi costituzionali, precludere al contribuente medesimo il diritto di difesa, impedendogli, innanzi all'accertamento del maggior valore per il valore finale, di far valere l'esatta misura del valore iniziale del citato raffronto, onde determinare l'incremento di valore imponibile, correggendo l'errore di valutazione precedentemente commesso. Di conseguenza, il potere del contribuente di rettificare l'errQre com messo nella denunzia del valore iniziale, deve essere riconosciuto, quan do vi sia stato un maggior accertamento dell'ufficio in rettifica del valore finale. Tale rettifica pu essere effettuata sia nell'ipotesi di trasferimento di un bene di propriet ultradecennale, sia nell'ipotesi di trasferimento di un bene di propriet infradecennale. Anche in questa materia ~IM PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 403 vige il princ1p10 processuale per cui il giudice deve pronunciare entro i limiti delle domande e delle eccezioni delle parti. Cos determinato il sistema operativo della determinazione dell'incremento di valore imponibile, la decisione impugnata, nella quale si affermato un assoluto ed obbligatorio potere di rettifica; ad iniziativa delle commissioni tributarie, del valore iniziale dichiarato dal contribuente nel caso di aumento da parte dell'ufficio del valore finale, deve essere cassata con rinvio alla commissione centrale per un nuovo esame da compiere secondo gli indicati principi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 febbraio 1987, n. 1375 -Pres. Sandulli -Est. Rocchi -P. M. Visalli {conf.). Ministero delle Finanze .(Avv. Stato Laporta) c. Fallimento Maglificio Luppi. Tributi in genere -Sanzioni non penali Nascita della obbligazione Prov vedimento di irrogazione Natura. L'obbligazione per la sanzione nasce al momento della commissione della infrazione (e da questo momento comincia a decorrere la relativa pre~crizione), mentre il provvedimento sanzionatorio ha natura soltanto dichiarativa (1). (omissis) Con l'unico motivo di :ricorso, l'Amministrazione finanzia ria, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 3 legge 7 gennaio 1929, n. 4 nonch degli artt. 21 e segg., in relazione agli art. 41 e segg. del .P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (art. 360, n. 3, c.p.c.), censura l'im pugnata sentenza per aver negato che il credito per pena pecuniaria da infrazioni I.V.A. potesse essere collocato al passivo fallimentare, all'uopo identificando il momento di nascita della relativa obbligazione con quello di irrogazione della sanzione, successivo, nel caso di specie, alla dichiarazione di fallimento della societ. La censura fondata. La Corte del merito ha addotto, a sostegno della ratio deoidendi, che l'atto di accertamento della infr~ione tributaria e di irrogazione della sanzione rivestirebbe natura costitutiva, con conseguente inconfigura bilit di un debito del trasgressore prima della concreta applicazione del la pena pecuniaria. (1) Giurisprudenza ormai costante (Cass., 13 settembre 1983, n. 5552; 19 mar zo 1984, n. 1867; 29 maggio 1984, n. 3273, in questa Rassegna, 1983, I, 949; 1984, I, 382 e 792). Va segnalata la completezza della motivazione, anche in riferimento al parallelo problema che concerne l'imposta. 15 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DEllO STATO La conclusione errata. Va ricordato, in linea di principio, che l'inadempimento del contribuente al dovere di comportamento c.d. formale, strumentalmente preordinato ad assicurare il -positivo esereizio del potere d'imposizione tributaria, sanzionato dalla legge con l'assoggettamento del trasgressore al pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria (espressione definita obbligazione di carattere civile), il cui ammontare, indicato dal legislatore nel minimo e nel massimo, viene lasciato all'apprezzamento concreto della gravit dell'infrazione e della personalit del trasgressore. In relazione a ci, si pone il quesito del se, non diversamente dall'obbligazione principale d'imposta, anche l'obbligazione formale del contribuente, a quella collegata in rapporto di mezzo a fine, venga ad esistenza con il verificarsi della situazione sostanziale alla quale sono per legge connessi, insieme al dovere di pagare il tributo, gli altri dover~ strumentali di comportamento sopraindicati. Si pone, in altri termini, il quesito del se, nel caso di inosservanza dell'obbligazione formale tributaria, la comm1ss1one dell'infrazione -cio l'inadempimento del contribuente ai doveri strumentali di comportamento -determini, per il contribuente medesimo, l'obbligo di corrispondere la pena pecuniaria, ancorch la misura della stessa risulti al momento indeterminata.. La risposta al quesito deve essere affermativa nel senso, Cio, del carattere costitutivo della violazione formale tributaria ai fini dell'esistenza della relativa obbligazione civile sanzionatoria, con il conseguente carattere meramente dichirativo del successivo accertamento, vale a dire della successiva... determinazione. Appare risolutiva in .tal senso la disciplina legislativa contenuta nelle d~sposizioni di cui agli artt. 3 e 17 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, disciplina non derogata in parte qua dalle disposizioni del d.P.R. n. 633/1972. Dispone testualmente l'art. 3 cit. che le leggi finanziarie stabiliscono quando dalla violazione delle norme in esse contenute e che non costituisca reato sorga, per il trasgressore, l'obbligazione al pagamento di una somma, . a titolo di pena pecuniaria, a favore dello Stato . Recita a sua volta, l'art. 17 che il diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria si prescrive col decorso di. cinque anni dal giorno della commessa violazione . Orbene, dai contenuti e dalle finalit congiunti di dette norme emerge incontestabilmente il principio secondo cui l'obbligazione di pagare allo Stato una somma ~di denaro a titolo di pena pecuniaria, sorge, a carico del trasgressore, per effetto dell'infrazione e nel momento in cui questa commessa; . e, conseguentemente, nell'identica logica, l'ul l I I ' r i I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA teriore principio secondo cui la prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria comincia a decorrere dal giorno della commessa violazione. Ne consegue il duplice corollario che il procedimento sanzionatorio, preordinato all'atto di irrogazione della pena pecuniaria, ha natura dichiarativa e non costitutiva, avendo esclusivamente la funzione di accertare l'infrazione (valutaria o finanziaria), di individuare il soggetto che l'ha commessa e di determinare in concreto la misura della sanzione da infliggere; .e che la decorrenza della prescrizione, in coerenza con la dichiarata natura civile della obbligazione di pagare la pena pecuniaria, non postula l'accertamento del diritto, ma presuppone soltanto che esso sia sorto (Cass. 1502/1978 in motivazione e Cass. 3431/1980). D'altronde, appare sintomatico al riguard oil duplice insegnamento d'ordine generale secondo cui: a) il rapporto giuridico tributario assoggettato, in via assoluta, al principio di legalit, con correlativa indisponibilit della pretesa fiscale da parte dell'Amministrazione finanziaria {Cass. 3595/80 e 2397/81); b) l'obbligazione tributaria sorge nel momento in cui si determina la situazione di fatto considerata dalla legge come generatrice del debito di imposta, mentre la liquidazione dell'importo dovuto dal contribuente e la richiesta del pagamento attengono, non alla esistenza dell'obbligo tributario, bens alla esigibilit del debito dell'obbligato (Cass. n. 148/1981). ti infine, appena il caso di avvertire che con le conclusioni raggiunte !!On contrasta il potere dell'Amministrazione ,finanziaria di provvedere alla quantificazione concreta della pena pecuniaria nei limiti stabiliti dal legislatore, in quanto affinch l'atto di irrogazione della sanzione assumesse effetto ostitutivo della nascita della relativa obblig~zione, occorrerebbe che all'Amministrazione finanziaria fosse, altres, attribuita la facolt di non applicare la sanzione medesima, in presenza della fattispecie integrante la violazione ,finaniiaria {estendendo, cio, l'ambito della scelta amministrativa all'an della sanzione); mentr~ di una siffatta latitudine del potere discrezfonale della P.A., non vi traccia nel sistema positivo vigente (artt. 3 e 4 1. 7 gennaio 1929, n. 4 e art. 49 d.P.R. 633/72); il quale, anzi, nel riservare alla legge la determinazione dei casi in cui la violazione di disposizioni ,finanziarie importi il sorgere dell'obbligazione di pagamento di una somma a titolo di pena pecunaria, esclude la stessa configurabilit di un potere amministrativo al riguardo, in perfetta coerenza col principio di ~disponibilit del rapporto tributario. (omissis) . . 406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 febbraio 1987 n. 1376 -Pres. Sandulli -Est. Vercell6ne -P. M. La Valva (conf.) Soc. Mellina (avv. De Geronimo) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Braguglia). Tributi erariali indiretti -Imposte doganali Deposito doganale Ma gazzini di propriet privata Chiusura con doppia chiave Non tra sforma il deposito privafo in magazzino sotto diretta custodia della dogana. (d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 156 e 159). Tributi erariali indiretti Imposte doganali Deposito in magazzini di propriet privata Furto della merce ~ Realizzazione del presupposto dell'imposizione Art. 37 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 Illegittimit costituzlonale ~ Manifesta infondatezza. (d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 36 e 37). I magazzini di propriet privata autorizzati per il deposito doganale non si trasformano in depositi sotto diretta custodia doganale per il fatto che a norma dell'art. 159 del d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 sia stata imposta la hiusura con doppia chiave una delle quali tenuta dalla ~ogana (1). . Poich il presupposto dell'imposizione doganale la destinazione al consumo comunque avvenuta, il furto delle merci depositate in magazzini di propriet privata non esclude l'imponibilit; di conseguenza manifestamente infondata la questione di illegittimit costituzionale dell'a'rt. 37 del d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 in quanto non esclude l'imposizione doganale sulle merci rubate e non parifica il furto alla distruzion (2). (omissis) La ricorrente lamenta violazione dell'art. 246.1. 13 febbraio 1896 e 18, 19, 21 r.d. 16 gennaio 1927 n. 126. Essa sostiene che la situazione obbiettiva si concretava nel fatto essenziale che il deposito doganale poteva essere aperto solo con due chiavi di cui una sempre in possesso dell'autorit doganale s che non possibile accedere ai locali se non in presenza di un funzionario della dogana. Afferma che tale situazione va equiparata a quella dei locali a chiusura. ufficiale o sotto diretta custodia della dogana, con la conseguenza che comunque il diritto di confine va pagato solo sulla merce la cui (1-2) Decisione di evidente esattezza da condividere pienamente. Di particolare interesse la motivazione sulla questione di illegittimit costituzionale dell'art. 37 del d.P.R. n. 43/1973, peraltro rafforzato da interpretazione autentica (art. 22 ter, Legge 22 dicembre 1980 n. 891); sull'argomento intervenuta anche la sent. 12 marzo 1987, n. 2554, di cui si omette la pubblicazione. ..r..........r.....n....r......-..-..-rr..r.r...r.rr..-..r.-rr....r. rrr.-.-r,.r.-:.-rrrr.-rr.rr.rr .,,...--...,,,...,ᥥ..... PARm. I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA presenza accertata al momento dell'uscita del magazzino; irrilevante essendo la mancata autorizzazione e la mancanza dell'apparecchio per il bollo a piombo. Il motivo infondato. Come gi disponeva l'art. 21 c. 2 del reg. del 1927 .e dispone ora l'art. 159 t.u. doganale dl 1973, previsto che da parte dell'Amministrazione possa stabilirsi che i magazzini doganali di propriet privata debbano essere chiusi con due differenti chiavi, una delle quali tenuta dalla dogana, s che l'entrata nel magazzino pu avvenire solo in presenza di un funzionario. Ma si tratta di una cautela che, se disposta, non muta la natura giilridica dei magazzini che restano depositi in magazzini doganali di propriet ,pdvata, gestiti da concessionari, a norma della sezione III del t.u. della dogana {art. 159 a 162). B da escludere che la apposizione di tale cautela trasformi il magazzino s che possa parlarsi di locali sotto diretta custodia della dogana o a chiusura ufficiale. I locali a chiusura ufficiale sono altra cosa. Si tratta di magazzini sottoposti a disciplina speciale che non prevede soltanto le due chiavi (come ex art. 159 t.u. del 1973) nia la protezione con speciale apparecchio da fermare con piombo; e soprattutto la relativa disciplina si applica non quando un magazzino privato si munisce di tali cautele ma quando il Ministero che autorizza l'istituzione di quel magzzino a chiusura ufficiale. Ora, la Corte d'appello ha escluso in fatto che sussistessero le condizioni richieste ed essenzialmente l'autorizzazione ministeriale, s che la regola applicabile quella normale, ex art. 37 t.u. 1973. La societ ricorrente, per torna a mettere in forse la costituzio-. nalit della disciplina vigente, sia ex art. 53 che ex art. 3 Cost. Mette specialemente in evidenza la ricorrente la disuguaglianza di trattamento che sta nella imposizione del tributo sia a chi ha importato e poi messo regolarmente in commercio la merce sia a chi, invece, la destinazione al consumo non ha potuto realizzare a causa di un furto; ci in particolare quando nessuna colpa pu addebitarsi all'importatore che aveva lasciato la sua merce in un magazzino controllato dalla dogana che ne aveva una chiave, indispensabile per entrare e che ne sorvegliava gli ingressi. Ritiene questa Corte, in conformit ad altre precedenti decisioni, che la relativa eccezione sia manifestamente infondata. Va premesso che, in questa s~de, non rileva il fatto che il furto sia avvenuto senza che nessuna omissione di cautela possa addebitarsi all'importatore o al depositario. La norma chiara: l'imposta si deve pagare anche se il proprietario ha perso la disponibilit del prodotto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per sottrazione e non importa il fatto che tale perdita sia dovuta a forza maggiore o a fatto imputabile al prprietario o al destinatario. ., Va, inoltre, aggiunto che non rleva qui l'eventuale responsabilit del depositario .nei confronti del depositante come della pubblica amministrazione che non avrebbe vigilato nella zona sl da impedire furti. La questione se la regola per cui il tributo doganale deve essere pagato dall'importatore anche s la merce stata rubata dal magazzino ove era depositata contrasta o no con gli artt. 53 e 3 della Costituzione. Ma tale contrasto manifestamente non sussiste. L'art. 53 Cost. lascia al legislatore la piena discrezionalit di stabilire imposizioni tributarie o di introdurre esenzioni, sconti, abbuoni, in funzione di determinate situazion[ obbiettive, purch si tratti di disposizioni per categorie di situazioni. Ora, nel caso che rileva in questa sede, l'imposizione tributaria riguarda il fatto in s della destinazione al consumo, non la circostanza che in realt la merce estera sia poi stata immessa sul mercato mediante operazioni di scambio tra importatore della merce e terzi acquirenti. Sussiste dunque, ed pienamente giustificata ex art. 53 Cost., la ratio della imposizione tributaria quando la merce stata introdotta nel territorio dello Stato per de.stinarla ~ consumo an~he se questa gli viene sottratta prima della vendita a. terzi. In tema di imposizione indiretta gli indici rivelatori di ricchezza non vanno necessariamente identificati con vicende suscettibili di tradursi in apporto di reddito per i soggetti che vi siano interessati. La capacit contributiva si evidenzia nello stesso momento e per il fatto solo della introdtzione della merce nel territorio dello Stato in funzione di successiva immissione nel mercato senza che rilevi il sopravvenire di fatti che abbiano frustrato la legittima aspettativa dell'importatore di ricavare denaro dalla vendita del prodotto importato. Tale constatazione porta ad escludere che vi sia pure conflitto tra la norma in esame e l'art. 3 della Costituzione. Non sussiste questo conflitto sotto l'aspetto cui fa riferimento la societ ricorrente. infatti perfettamente razionale che l'imposta doganale sia pagata sia da chi poi, importato il prodotto,, lo vende, sia da chi, importato il prodotto, non riesce a venderlo perch glielo rub~o, con o senza sua colpa. L'imposta, infatti, si paga per il solo fatto della importazione a fini di immissione al consumo nel territorio dello Stato. Chi, poi, porta a buon fine tutta l'operazione e vende il prodotto importato, ne trarr un reddito d'impresa che a sua volta sar colpito, appunto con imposta sul reddito. PARTE I, SBZ. VI, GIURISP.RUDBNZA TRIBUTARIA Ma nemmeno vi violazione del principio di uguaglianza sotto altro verso, cio per il fatto che paga l'imposta doganale colui cui la merce stata rubata e non la paga colui cui la merce stata distrutta. Si tratta infatti di due situazioni obbiettivamente distinte. La disciplina differenziale si giustifica in quanto la merce distrutta proprio non entrata nl mercato n potr mai entrarvi; la merce rubata invece stata immessa nel territorio nazionale seppure in modo anomalo e cio attraverso il furto da parte di. ter:z:i. Certo, l'importatore subisce un danno, appunto per la perdita di disponibilit dlla merce, danno. che, soggettivamente, per lui, identico a quello che subisce se la merce viene distrutta: distruzione o furto poco importa, per l'importatore il danno sta nel fatto che non potr pi guadagnare dalla vendita di quel prodotto: mentre solo se c' stato furto egli deve ugualmente pagare l'imposta. Ma, come si visto, la situazione diversa dal punto di vista oggettivo; infatti, solo nel caso di distruzione si ha la certezza oggettiva che la merce non stata introdotta nel mercato, nemmeno in modo anomalo, che cio la destinazione al consumo definitivamente e per chiunque irrealizzabile. Ed questa diversit obbiettiva che basta per ritenere ragionevole la differenza di trattamento introdotta dal legislatore . nella sua discrezionalit: ragionevolezza che appare confermata dal fatto che analoghe disposizioni esistono negli Ol'dinamenti delle altre nazioni europee e che tutte queste disposizioni, come si visto, sono state ritenute conformi all'ordinamento comunitario. (omissis) CORTE DI CASSEZIONE, Sez. I, 10 febbraio 1987, n. 1385 -Pres. Granata -Est. Sgroi -P. M. Di Renzo (conf.). Graziani (avv. Formiggini) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Salimei). Tributi in genere - Contenzioso tributario -Condono -Estinzione del giudizio -Controversia sulla condonabilit -Decisione incidentale del giudice avanti al quale pende la controversia -Esclusione. Tributi in genere -Contenzioso tributario -Estinzione. del giudizio ex art. 44 d.P..R. 26 ottobre 1972 n. 636 -Pronunzia di cessazione della materia del contendere -Impossibilit -Definitivit dell'atto impugnato -Sopravvivenza dell'azione Esclusione. (d.P.R. ~6 ottobre 1972, n. 636, art. 44). Il giudice innanzi al quale pende il processo non pu decidere in via incidentale le questioni sull co1J.donabilit del tributo (che possono essere risolte in separato giudizio promosso contro l'atto che abbia ne 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gato la spettanza del condono) e pu dichiarare l'estinzione del processo solo quando la definizione per condono sia avvenuta de plano i(l). L'estinzione del processo a norma dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, anche se riferita a procedimenti incardinati prima della riforma del contenzioso, comporta la definitivit dell'atto impugnato e non consente alcuna altra pronunzia, che sarebbe di merito e come tale incompatibile con la dichiarazione di estinzione, sulla intervenuta cessazione della materia del contendere. Dopo la dichiarazione di estinzione del giudizio nessuna domanda pu pi essere r.iproposta, s che legittimamente viene iscritta a ruolo l'imposta risultante dall'accertamento divenuto definitivo (2). (omissis) Si deve premettere che nella discussione orale la difesa dell'Amministrazione Finanziaria ha chiesto che la Corte Suprema dichiari inapplicabile alla controyersia il condono di cui al d.l. 10 luglio 1982, n. 429, conv. in I. 7 agosto 1982, n. 516 e succ. modifiche. Tale richiesta estranea rispetto alla materia della presente controversia, nella quale non si pu decidere se l'istanza di definizione ai sensi dell'art. 24 del citato d.l. n. 429 (alla quale accenna, come puro fatto storico, la memoria del contribuente) sia o non sia ammissibile; invero il giudizio in ordine alla negazione del condono deve essere dato nella competente sede, se ed in quanto il contribuente abbia impugnato detta negazione. Ed anche nel caso che il diniego del condono non sia stato impugnato, questa Corte non potrebbe emettere alcun giudizio sulla legittimit di esso. Soltanto nel caso in cui la definizione avvenga de plano e senza contrasti si pu. -infatti -dichiarare l'estinzione (1) Identiche sono le sentenze in pari data n. 1386 e 1387. Sulla prima massima la giurisprudenza era stata oscillante in relazione al precedente condono di cui al d.l. 7 novembre 1973 n. 660: in un primo tempo si affermava che spettasse al giudice accertare i presupposti dell'estinzione del processo innanzj ad esso pendente e quindi la condonabilit del debito tributario (Cass. 10 marzo 1976 n. 824 e 12 aprile 1976 n. 1271, in questa Rassegna, 1976, I, 415). Da questa linea si era discostata la sentenza 21 febbraio 1979 n. 1112 (ivi, 1979, I, 498), ma infine le Sez. Unite con la sent. 5 luglio 1982 n. 4001 (ivi, 1983, I, 157) erano tornate al primo orientamento. Ora con riferimento al condono dd 1982 si torna sulla linea della esclusione della decidibilit della problematica del condono da parte del giudice della controversia principale. La seconda massima A:li evidente esattezza. L'estinzione del processo evidentemente incompatibile con qualunque decisione di merito e quindi anche con il riconoscimento della cessazione della materia del contendere. Alla estinzione consegue la definitivit del provvedimento impugnato e l'impossibilit di riproporre in qualunque mod e sede la domanda (Cass. 19 aprile 1982 n. 2407; 30 luglio 1982 n. 4357; 2 maggio 1983 n. 3020, in questa Rassegna 1982, I, 836; 1983, I, 166 e 760). :'Z:-'.-'.'.'.0:'.'.'.'.'.'.'.".'.'.'.'.:-'.'.'.'.".'.'.'.'." .-.--.-.-.--.---'.'.Z'.'."'.'..-:---.-.-.-.-.-.y.-yc.zc.;--.-,-.z.---.z-:::.-:.-:.-:::z.-:..-::::.-7 -----,.,,,-,.., . ,.,.... ,.-,----.---. --,-' PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA del procedimento ai sensi del s~condo comma dell'art. 24 e dell'art. 32 del d.l. numero 429 del 1982. Il ricorso del Grazjani deve essere, pertanto, esaminato prescindendo del tutto da ogni questione circa l'applicabilit delle norme citate. Col primo motivo, Nommanno Graziani deduce la violazione dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636; degli artt. 306 e ss c.p.c., dell'art. 28 c.p.c e dell'art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c., osservando che la decisione impugnata ha dichiarato estinto (nel 1981) un procedimento abbandonato fin dal 1966 per accertata inesistenza del tributo preteso, senza considerare che l'estinzione del procedimento avanti alle Commissioni tri;. butarie un fatto puramente processuale, che non pu far sorgere diritti dichiarati inesistenti. Nel presente caso, al di sotto dell'estinzione del processo stava l'avvenuta declaratoria dell'inesistenza dei tributi pretesi, sancita da una sentenza penale passata in giudicato, i cui accertamenti sono vincolanti ai sensi dell'art. 28 c.p.p. Il procedimento tributario era rimasto abbandonato, per effetto di tale sentenza, con l'~spressa dichiarazione di rinuncia alle pretese tributarie, per cui l'estinzione del processo tributario non poteva far rivivere un tributo escluso dalla .sentenza passata in giudicato dieci anni prima. L'art. 44 citato mira a liberare le nuove Commissioni tributarie da quel notevole numero di ricorsi che, o per mancanza di serio interesse del ricorrente, o -come nel presente caso , -per essere nel frattempo cessata la materia del contendere, non vi era pi ragione di coltivare; ma qusta eliminazione del contenzioso non comportava la reviviscenza dei tributi dichiarati non dovuti e la risorgenza delle pretese tributarie gi dichiarate infondate. Come l'estinzione del processo civile non estingue l'azione, ma rende soltanto inefficaci gli atti compiuti (art. 310 c.p.c.), cos l'estinzione del processo tributario non fa risorgere una pretesa tributaria estinta nella sostanza, perch (sclusa l'esistenza di un reddito a carico. della societ) era caduto di per s il tributo personale preteso per quel titolo a carico del socio; ed estinta altres nella forma, per l'espresso riconoscimento dell'Amministrazione con scritti ed atti inequiv?cabili da essa compiuti, che avevano posto in essere una rinuncia alla pretesa tributaria. Il ricorrente rileva, altres, che la decisione impugnata ha annullato la pronuncia di secondo grado che veva dichiarato ill~gittima l'iscrizione a ruolo del tributo, accogliendo cos la domanda dell'Ufficio diretta a vedere riconosciuta legittima l'iscrizione a ruolo dei redditi per imposta complementare per il secondo semestre del 1959 e per il 196!); ed afferma che la decisione avrebbe dovuto, invece, limitarsi a dichiarare estinto il processo ma che -per ritenere legittima l'iscrizione a ruolo avrebbe dovuto accertare se sussisteva la pretesa tributaria, punto sul quale la Commissione Centrale ha omesso qualsiasi indagine. 412 RASSEGNA DELL'AVVOCA'l'URA DELLO STATO In proposito, il ricorrente espone che il giudicato penale aveva assolto i Graziani, per avere accertato l'inesistenza del maggior prodotto ritenuto dalla Polizia Tributaria e, quindi, l'inesi!?tenza del reddito della societ e dei soci che si era preteso di tassare, con accertamento irretrattabile dell'inesistenza del fatto che produce le sue conseguenze in qualsiasi sede, civile, penale o amministrativa o tributaria, ai sensi dell'art. 28 c.p.c. Nel giudizio di convalida del sequestro conservativo dei beni della societ, avanti al Tribunale di Bologna, l'Avvocatura dello Stato aveva dichiarato. incontestato che la materia del contendere ~ cessata, e di ci l'Amministrazione Finanziaria ha dato atto diretta mente alla controparte, con ci riconoscendo l'inesistenza dell'obbli gazione tributaria. Il motivo infondato. Si deve sottolinare che la presente contrpversia riguarda il ricorso contro l'iscrizione a ruolo (nel 1976) dell'imposta complementare sul reddito degli anni 195_9/60 dovuta dal dante causa dell'attuale ricorrente, in base ad un accertamento contestato nel 1963 dinanzi alla Commissione distrettuale delle imposte di Rovigo, che non ha mai deciso sul merito di tale contestazione, avendo sospeso la controversia in attesa della definizione di un procedimento penale per frode alle leggi in materia di imposta di fabbricazione sul metano a carico dei soci della Societ Ricerche metano F.lli Graziani. E, nella logica della decisione impugnata n. 3052/81 della Commissione tributaria centrale, quale risulta dalla correla~ione fra motivazione e dispositivo, la conferma dell'estinzione del procedimento dinanzi alle Commissioni tributarie iniziato nel 1963 (pronunciata con ordinanza 24 marzo 1976 del Presidente della Commissione tributaria di 1 grado, ai sensi dell'art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636) puramente strumentale allo scopo di dichiarare la legittimit dell'iscrizione a ruolo dell'imposta, in accoglimento della tesi dell'Amministrazione e rigettando il ricorso del contribuente contro l'iscrizione a ruolo. Secondo il ricorrente, la pura e semplice conferma dell'estinzione del procedimento iniziato nel 1963 illegittima, perch avrebbe dovuto essere accompagnata dalla dichiarazione di cessazione della materia del contendere, a sua volta basata sulla inesistenza del tributo (riconosciuta dalla Amministrazione) con conseguente illegittimit dell'iscrizione a ruolo. La tesi del ricorrente non si pu accogliere, per la sua evidente infondatezza. Fra la declaratoria di estinzione del procedimento ex articolo 44 cit. e la declaratoria di cessazione della materia del contendere esiste una totale incompatibilit, per cui -pronunciata l'estinzione non possibile dare atto della cessazione della materia del contendere, la quale pu essere pronunciata se sopravvenuta una situazione che PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA abbia eliminato ogni posizione di contrasto fra le parti ed abbia fatto venir meno la necessit di una pronuncia del giudice sull'oggetto della controversia e, conseguentemente, l'interesse ad agire ed a contraddire delle parti medesime (Cass. 21 aprile 1982 n. 2463; Cass. 16 giugno 1982 n. 3664; Cass. 21 novembre 1983 n. 6953). In altri termini, per poter dichiarare cessata la materia del contendere, il giudice deve esaminare se i fatti sopravvenuti in corso del giudizio abbiano eliminato il suddetto contrasto e quindi deve poter porre a confronto detti fatti, rispetto all'oggetto del giudizio, per valutarne gli effetti '(tipica l'ipotesi di una transazione, ovvero della rinuncia di una delle parti alla pretesa fatta valere). La dec;laratoria di estinzione del processo, per mancata presentazione dell'istanza di trattazione del ricorso ex rt. 44 pi. volte citato, preclude anche la possibilit di compiere tale confronto fra fatti sopravvenuti al ricorso ed oggetto del igudizio, senza che si possa distinguere in ragione della natura di tali fatti (nella specie, sentenza penale che avrebbe dichiarata insussistente la frode fiscale ai fini dell'imposta di fabbricazione, influente sulla determinazione del reddito della societ e quindi dei singoli soci), perch una distinzione di tal genere si pone nettamente contro la ratio dell'art. 44, che quella di comminare una estinzione preclusiva dell'esame del merito {anche ai fini di una dichiarazione di cessazione della materia del contendere, che si pu pronunciare soltanto dopo aver esaminato -sia pure in via delibativa -il merito). Giova aggiungere che la motivazione della Commissione centrale circa l'irrilevanza della .::ircostanza !(dedotta nel giudizio in quella sede e ripetuta nella narrativa del presente ricorso per cassazione) sescondo cui i Graziani, dopo l'ordinanza di estinzione, avevano riassunto il giudizio dinanzi alla Commissione chiedendo che fossero dichiarati non dovuti i tributi, esatta e conforme al costante orientamento di questa Corte. Contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, nell'estinzione ex art. 44 del d.P.R. n. 636, non si applicjl il principio della sopravvivenza dell'azione all'estinzione del processo, con conseguente definitivit dell'atto impisitivo impugnato ed improponibilit di un ulteriore ricorso, contro lo stesso atto (Cass. 19 aprile 1982 n. 2407; Cass. 30 luglio 1982 n. 4357; Cass. 2 maggio 1983 n. 3020; Cass. 14 febbraio 1984 n. 1119; Cass. 26 giugno 1984 n. 3714; Cass. 5 febbraio 1985 n. 774, fra le altre conformi). Per quanto riguarda, poi, la pronuncia principale della decisione della Commissione Centrale (conferma della legittimit dell'iscrizione a ruolo del 1976), non esiste affatto il difetto di motivazione allegato dal ricorrente, in ordine ad una questione del tutto irrilevante in questo giudizio, e cio alla. questione degli effetti della sentenza penale citata e della dichiarazione della Avyocatura dello Stato nel giudizio di convalida del sequestro conservativo contro la societ f.lli Graziani, coordinato 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con la frode all'imposta di fabbricazione) in ordine alla cessazione della materia del contendere ed al preteso riconoscimento della insussistenza del reddito dei singoli soci oggetto dell'accertamento (salvo quello concordato successivamente con la societ). Invero, tanto gli effetti della sentenza penale, quanto quelli della dichiarazione dell'Avvocatura dello Stato, quanto, infine, quelli del concordato con la Societ, nei suoi riflessi sul reddito dei singoli soci, soggetto ad imposta complementare, avrebbero potuto essere presi in esame soltanto se ed in quanto fosse stata presentata l'istanza di trattazione, ex art. 44 citato, del ricorso del 1963. Tale effetti non potevano, invece, essere presi in esame nel ricorso contro il ruolo, proposto nel vigore dell'originario testo dell'art. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972, il cui secondo comma recita: il ricorso contro l'ingiunzione o il ruolo ammesso soltanto se tali atti non sono stati preceduti dalla notificazione dell'avviso di accertamento... ovvero per vizi loro propri . L'inesistenza dell'obbligazione tributaria per imposta complementare sul reddito, pertanto, avrebbe dovuto essere fatta valere soltanto col ricorso contro l'accertamento del 1963 (che, invece, si estinto); e l'estinzione di tale procedimento ha comportato, ovviamente, la possibilit di iscrivere a ruolo l'imposta accertata ,(nonch gli accessori), ai sensi delle norme del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, richiamato dall'art. 100 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602. Col secondo mezzo il ricorrente denuncia la violazione degli articoli citati in epigrafe al primo mezzo e dell'art. 22 del r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, osservando che la decisione impugnata abnorme e manchevole nella motivazione, con riguardo al tempo in cui si verific il fatto estintivo della pretesa tributaria, e cio al 1966, quando le Commissioni delle imposte avevano natura di semplici organi amministrativi, per cui allora non poteva parlarsi tecnicamente di estinzione del processo e l'abbandono del ricorso non esigeva alcuna forma solenne, ma derivava da un comportamento anche di fatto dell'una o dell'altra parte, come per esempio il riconoscimento -per facta concludentia -dell'inesistenza di una pretesa fatta valer~ dalla Pubblica Amministrazione. Secondo il rieorrente, i fascicoli del procedimento non avrebbero dovuto trovarsi fra i ricorsi pendenti dinanzi alla Commissione distrettuale, ma avrebbero dovuto essere archiviati fin da quando la stessa Amministrazione aveva dichiarato cessata la materia del contendere. L'Amministrazione Finanziaria, concluso un concordato o rinunciata una ptetesa tributaria, ne informava la segreteria della Commissione, che archiviava il ricorso. Il provvedimento presidenziale di estinzione -continua il ricorrente -era stato emanato soltanto per la materiale esistenza negli uffici di procedimenti che non dovevano trovarvisi, con la conseguenz_a che ! ! ~ I E I ,. ......................_. ..................... .-..-.-.-....-.-.....- w.-..-.c.-............................_._.. . ............,.,.-..z'.'.>c ZCC,.,.,..,.-...w ...-HJ PARTE I, SEZ. ~, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . 415 l'art. 44 non avrebbe dovuto neppure applicarsi, avendo l'estinzione ragion d'essere per i procedimenti in corso nei quali non fosse cessata la materia del contendere e non per quelli definiti gi sotto una legge che non esigeva alcuna formalit per l'abbandono dei procedimenti amministrativi. Il ricorrente richiama la motivazione della decisione di primo grado (confermata in appello), secondo cui non poteva essere ignorata la sentenza della Corte d'appello di Bologna che -dichiarando non provata una maggiore estrazione di metano -aveva travolto il presupposto dell'accertamento; sentenza conosciuta dall'Amministrazione Finanziaria, di modo che il Graziani aveva motivo di ritenere che in tal senso si fosse, sia pure tacitamente, pronunciata l'Amministrazione, dal momento che la stessa aveva rinunciato al sequestro conservativo ottenuto con decreto 7 agosto 1959 del Presidente del Tribunale di Rovigo, ed aveva provveduto alla cancellazione dell'ipoteca iscritta a garanzia del preteso credito finanziario, provvedendo al pagamento delle spese di lite e dichiarando che la materia del contendere era cessata, risl.iltando insussistente una qualunque obbligazione verso il fisco. Pertanto -conclude il ricorrente, trascrivendo la decisione di primo grado - da ritenere che, in ordine al reddito accertato per 111 partecipazione alla soc. a r.l. Fratelli Graziani, l'Amministrazione avesse rinunciato a qualsiasi pretesa, come era convalidato dal lungo silenzio del fisco nell'esazione dell'imposta. Il motivo infondato. In primo luogo, inesatto il presupposto delle argomentazioni esposte, circa la natura amministrativa delle , Commissioni Tributarie, prima della riforma del contenzioso del 1972. La giurisprudenza costante di questa Corte ne ha sempre affermato il carattere giurisdizionale (cfr., fra le altre, Sez .. un. 20 giugno 1969 n. 2175; Sez. un., 19 gennaio 1970 n. 105; Sez. un. 21 settembre 1970 n. 1652; Sez. un., 20 novembre 1971 n. 3352); e tale carattere -come noto - stato confermato proprio dalla riforma in base alla legge di delegazione 9 ottobre 1971 n. 825, che ha operato la semplice revisisone)) degli organi giurisdizionali gi esistenti, a tenore dei punti i4 e 15 dell'art. 10. Il problema se il procedimento tributario anteriore alla riforma del 1972 fosse soggetto ad estinzione per inattivit delle parti (nella specie, omessa riassunzione dopo il provvedimento di sospensione in attesa del- 1'7sito del procedimento penale contro i soci) va risolto in senso ne gativo (cfr. Cass. 3 febbraio 1972 n. 259), in quanto nel procedimento tributario ante 1972 avevano campo i poteri di iniziativa di impulso delle Commissioni. , pertanto, all'entrata in vigore della riforma, era pendente un procedimento dinanzi alla Commissione di primo grado, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con conseguente applicabilit dell'art. 44 del decreto delegato n. 636/1972, il cui carattere innovativo {nel senso di imporre una attivit al contribu~ nte che voglia proseguire il processo) evidente. La tesi secondo cui all'applicabilit dell'art. 44 cit. ostava la cessazione della materia del contendere (av\lenuta fin dal 1966, e cio in data anteriore alla riforma) non pu seguirsi, per quanto si gi detto esaminando il primo motivo. Un'indagine rivolta a stabilire se si fosse verificata la cessazione della materia del contendere sarebbe stata strumentale rispetto alla pronuncia da parte della Commissione adta -di un provvedimento dichiarativo di tale cessazione, senza il quale il procedimento era ancora pendente. Sopravvenut~ la riforma, la parte pri-. vata avrebbe dovuto chiedere la trahazione del ricorso, allo scopo di far dichiarare la cessazione della materia del contendere, perch solo esaminando il merito del ricorso e le vicende sopravvenute si sarebbe potuto emettere tale provvedimento. L'estinzione formale del procedimento h precluso la possibilit di detta pronuncia. Quanto alla c.d. estinzione sostanziale" su cui insiste la difesa del ricorrente, essa si converte proprio nella presa d'atto della cessazione della materia del contendere, per cui il problema torna di nuovo al nodo formale dell'effetto preclusivo dell'estinzione del procedimento di impugnazione dell'accertamento fiscale, con le conseguenze gi indicate esaminando il primo motivo. D'altra part~ (anche se si volesse superare -e non si vede come tale ostacolo formale), la tesi della ricorrente non giova al suo assunto. stato affermato, con riguardo al vecchio processo tributario, che la rinuncia del contribuente ricorrente non ha. bisogno di accettazione da parte dell'Amministrazione, giacch questa non ha interesse a proseguire un giudizio diretto ad impugnare un atto impositivo, dato che la rinuncia all'impugnazione dell'atto predetto lo rende inoppugnabile (Cass. 22 marzo 1969 n. 924). , pertanto, evidente che soltanto il contribuente avrebbe potuto rinunciare al proprio ricorso, con effetti conservativi dell'accertamento, mentre l'Amministrazione avrebbe -se mai -potuto rinunciare a quest'ultimo e non al procedimento in corso. Ma, per poter stabilire nel processo se questa rinuncia sostanziale vi fosse stata, sarebbe stato necessario emanare una pronuncia di merito. Se un ostacolo pregiudiziale di carattere processuale ha impedito l'emanazione di detta pronuncia, la pronuncia alla pretesa fiscal rimasta un fatto di cui non ha potuto conoscere il giudice tributario, attenendo al merito dell'atto di accertamento e non alle forme del procedimento tributario. La pronuncia giudiziale si esaurisce nella presa d'atto di tale ostacolo. (Omissis) i I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ' 417 CORTE ni CASSAZIONE, Sez. I, 10 febbraio 1987, n. 1388 -Pres. Granata Est. Sgroi -P. M. Di Renzo (conf.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Salimei) c. Veronese. Tributi erariali diretti Imposta sui redditi ni tributarie. Conseguentemente, chiamate a regolare la giurisdizione, queste Sezioni unite debbono affermare che la cognizione della cntroversia appartiene alla giurisdizione speciale tributaria, trattandosi di do~anda diretta a far valere vizi di una decisione resa da una commissione tributaria in materia riservat~ alla giurisdizione esclusiva di tali organi; e dunque, con la diversa motivazione innanzi esposta, deve essre confeJ:11Ilata la statuizione del Tribunale di Bologna. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 febbraio 1987, n. 1948 -Pres. Zucconi -Est. Cantillo -P. M. Caristo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Tallarida) c. Soc. Tattilo Editrice (avv. Mercuri). Tributi in genere -Contenzioso tributario -GiuriS"dizione amministrativa Impugnazione di atti di indirizzo Esclusione. Poich la giurisdizione delle commissioni tributarie piena ed escltf.siva, sottratta alla giurisdizione del giudice amministrativo l'impugnazione di atti di indirizzo (circolari, risoluzioni, note, pareri ecc.) rivolti agli uffici tribtJ.tari ai fin della definizione dell'an e del quantum del tributo (1). (1) La decisione da condividere, mentre deve essere contrastata la tendenza, che il giudice amministrativo a volte ancora dimstra (T.A.R. Lazio, Sez. Il, 29 gennio 1987 n. 147 in Boll. Trib. 1987, 645), a deviare verso la giuri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) La Soc. Tattilo Editrice S.p.A., editrice dal 1969 del periodico Playmen , con istanza del 19 novembre 1976, chiese all'Amministrazione finanziaria di conoscere se gli atti economici relativi a tale pubblicazione potessero beneficiare, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, dell'aliquo ta ridotta prevista dall'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, e successi ve modificazioni, per i beni e servizi elencati nella Tabella A, parte Il, voce 70, allegata al decreto .stesso, fra i quali erano compresi i peri~dici aventi carattere prevalentemente politico o sindacale o culturale o reli gioso o sportivo (la discip1ina poi stata modificata). Il Ministero delle Finanze, con determinazione del 3 giugno 1977, portata a conoscen za dell'interessata il 3 febbraio 1978, si espresse negativamente, conferman do la risoluzione ministeriale n. 500287 .:lei 10 marzo 1973 con la quale era stata respinta un'analoga istanza della Dattilo. Il Miniistero motiv il prov vedimento osservando che, anche sulla base del parere espresso dall'ap posito Comitato consultirvo interministeriale operante presso la presidenza del C01;1siglio dei Ministri, al periodico Playmen non poteva assere attri buita -conformemente a quanto ritenuto con la precedente risoluzione Ministeriale -alcuna delle classifiche previste dalle norme in vigore al fine della riduzione dell'aliquota I.V.A., per modo che i relativi atti eco nomici dovevano scontare l'imposta con l'aliquota normale. La soc. Tattilo, con ricorso del 1 aprile 1978, impugn tale provvedimento e gli atti anteriori e connessi, in particolare il parere espresso dal Comitato consultivo interministeriale, innanzi al Tribunale aroministrativo regionale del Lazio. Dedusse sotto vari profili il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, nonch la violazione dell'art. 16 e della tab. A, voce 79, del d.P.R. n. 633 del 1972, e sostenne che erroneamente il Ministero aveva negato il carattere culturale della pubblicazione, in base ad una valutazione meramente soggettiva dei funzionari che avevano reso il provvedimento, con evidente disparit di trat tamento rispetto ad altre pubblicazioni ritenute culturalmente rilevanti e, infine, sulla sorta di un parere affetto dagli stessi vizi ed espresso da un comitato illegittimamente costitmto, perch composto, fra l'altro, da soggetti non qualificati a valutare l'aspetto culturale delle pubbli cazioni. Nel giudizio si costituiscono l'Amministrazione delle Finanze e la Pre sidenza del Consiglio, le quali_, con ricorso a queste Sezioni unite del sdizione aJilministrativa controversie di imposta occasionate dalla impugna zione di atti di indirizzo. Qualche passo della motivazione lascia perplessi; in .particolare l'affer mazione che la giurisdizione delle commissioni anche di annullamento, che si ricollega a qualche pronunzia (23 marzo 1985 n. 2085 in questa Rassegna 1985, I, 659 con nota di C. BAFILE) peraltro smentita dalla giurisprudenza successiva. Ma nella statuizione principale la sentenza merita piena adesione. ! t \: ! r: ! .'....'"......'..''.''.'."..'''.''''.'.'.'".''".''.".".J PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 425 6 febbraio 1978, proposero il regolamento di giurisdizione in esame, de ducendo sotto due profili il difetto di giurisdizione del T .A.R. Resiste la soc. Tattilo con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. -L'Amministrazione finanziaria dello Stato e la Presidenza del Consiglio dei ministri argomentano la richiesta di regolamento della giurisdizione in base alla considerazione che la risoluzione ministeriale del 3 giugno 1977 e il preventivo parere espresso dall'apposito Comitato consultivo interministeriale ineriscono alla qualifica del periodico Playmen agli effetti della spettanza, o meno, del trattamento agevolato previsto dall'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n.. 633, sull'IVA, e sono perci atti interni al rapporto d'imposta relativo all'attivit di pubblicazione e diffusione della rivista da parte della Tattilo Editrice S.p.A. Pertanto sostengono che la cognizione della controversia, proposta innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, appartenga, invece, alla giurisdizione delle commissioni tributarie e, ancora -prima, che sussista difetto assoluto (temporaneo) di giurisdizione, siocome i detti atti, proprio perch inseriti nel procedimento di accertamento della obbligazione tributaria, non sarebbero suscettibili di essere impugnati in modo autonomo, non essendo compresi fra quelli elencati nell'art. 16 del d.P.R. 29 settembre 1972, n. 636, sul contenzioso tributario. La richiesta fondata in relazione al primo dei due profili ora delineati. 2. -Posto che nel nuovo ordinamento della giustizia tributaria la giurisdizione delle commissioni tributarie piena ed esclusiva -nel senso 'lthe le controversie relative ai tributi elencati nell'art. 1 del D.P.R. n. 636 del 1972, tra cui l'imposta sul valore aggiunto, sono riservate alla cognizione di detti organi, con esclusione di ogni altro giudice (cio tanto dell'autorit giudiziaria ordinaria, quanto dei giudici amministrativi) l'unico problema che suscita il presente regolamento se l'anzidetta risoluzfone ministeriale, impugnata innanzi al T.A.R. anche per (asseriti) vizi del parere del Comitato, sia o non sia un atto proprio del rapporto relativo alla tassazione con l'IVA dell'attivit di pubblicazione del periodico Playmen e se, dunque, la controversia abbia o non abbia ad oggetto la concreta disciplina di tale rapporto. La risposta positiva agevole, risultando chiara la stretta interenza dell'atto al rapporto tributario. Invero, la normativa IVA vigente all'epoca assoggettava all'imposta con l'aliquota del 2%, ai sensi del combinato disposto dell'art. 16 deJ d.P.R. n. 633 del 1972 e della voce n. 79 della parte II della tabella A 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO allegata l decreto, le operazioni economiche imponibili relative ai soli periodici aventi carattere politico, sindacale, culturale, religioso o sportivo (la disciplina ora diversa, in quanto il d.l. 19 dicembre 1984, n. 833, convertito nella legge 17 febbraio 1985, n. 17, ha esteso il trattamento di favore a tutti i periodici, tuttavia non con efficacia retroattiva, prevista dal d.l. ed esclusa dalla legge di conversione); e poich, con riferimento a tale normativa, il competente ufficio IVA aveva sempre negato -valendosi di una pregressa determinazione ministeriale -il carattere prevalentemente culturale del periodico Playmen, perci pretendendo il pagamento dell'imposta con l'aliquota ordinaria, la Soc. Tattil ritenne di sottoporre la questione di nuovo all'esame della Amministrazione centrale, la quale, ottenuto il parere del Comitato consultivo, con la risoluzione di cui si discute conferm l'opinione negativa gi espressa. Si in presenza, dunque, di un atto emesso dal Ministero delle finanze nell'esercizio del suo potere di indirizzo dell'attivit degli uffici fiscali, il quale si esplica, com' noto, anche attraverso determinaz_ioni e manifestazioni di giudizio, rese a richiesta degli stessi uffici o direttamente dei contribuenti, in ordine a specifici problemi tecnico-giuridici relativi al regolamento di singoli rapporti d'imposta; e questi atti (variam. ente denominati: risc;>luzioni, note, pareri, etc.)', pure ammettendo che in taluni casi possano rivestire di per s carattere provvedimentale, _ senza, cio, la mediazione di un ulteriore provvedimento dell'ufficio fiscale competente, sono inerenti, manifestamente, al rapporto tributario e alla concreta applicazione dell'imposta, risolvendosi in direttive vincolanti impartite al medesimo ufficio ai fin della definizione dell'an e del quantum del tributo. La risoluzione in esame riflette appunto l'accertamento di una peculiare qualificazione del presupposto dell'obbligazione tributaria richiesta per l'applicabilit di un regime differenziato, esaurendosi il suo contenuto nel giudizio circa la natura del periodico, funzionale alla possibilit di inqu"adrare l'attivit nella previsione della norma agevolativa e valiido solo a questo scopo; e a tale giudizio qualificativo, comportante il diniego dell'aliquota ridotta, doveva attenersi l'ufficio nella concreta applicazione del tributo, perci provvedendo a notificare avviso di rettifica per le liquidazioni eventualmente effettuate dalla contribuente in base all'aliquota ridotta ovvero respingere le eventuali istanze di rimborso moti;vate allo stesso modo. L'oggetto del giudizio originato dall'impugnazione dell'atto suddetto, per motivi attinenti alla sua legittimit formale e sostanziale, investe, quindi, direttamente H rapporto di imposta, per essere la domanda di annullamento sostanzialmente finalizzata alla qualificazione del presupposto del tributo nel senso sostenuto dalla ricorrente, attraverso il ricono f: f I) I .~ . i - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA scimento del carattere culturale del periodico; e sono funzionali all'ot tenimento, della medesima pronuncia, relativa al regolamento dell'obbli gazine tributaria, i motivi di invalidit (derivata) concernenti vizi pro pri del parere espresso dall'organo consultivo. La posizione . soggettiva di cui si invoca la tutela giurisdizionale , infine, ugualmente correlata alla qualit della Soc. Tattilo di sog getto passivo del rapporto d'imposta; ed inutile discutere, ai fini del riparto della giurisdizione, della consistenza di tale posizione rispet to all'atto in questione -se, cio, si configuri un interesse legittimo (come. sostiene la societ) o uii diritto soggettivo -gia:och, una volta stabilita la natura tributaria dell'atto medesimo e, di conseguenza, della controversia cui d luogo la sua impugnazione, deve esser~ tout court affermata la giurisdizione esclusiva del giudice tributario, che -come questa Corte ha di recente precisato - anche giurisdizione di annul lamento dei provvedimenti dell'amministrazione finanziaria (v. sent. n. '2085 del 1985). 3. -Non costituisce materia di regolamento della giurisdizione l'ulteriore problema concernente la possibilit di impugnare l'anzidetta risoluzione ministeriale, negata dall'Amministrazione sotto il duplice profilo che l'atto non avrebbe diretta efficacia provvedimentale, siccome meramente strumentale rispetto ad un successivo prov\rdimento dell'ufficio fiscale 1(di accertamento del maggior tributo o di rigetto delnstanza di rimborso), e che, comunque, .esso non sarebbe impugnabile in modo autonomo, perch non compreso nell'elenco dei provvedimenti contro cui dato ricorrere alle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972. Entra~bi i profili non suscitano una questione relativa alla giurisdizione, in quanto spetta al giudice tributario, munito di potere giurisdizionale nella materia, verificare l'ammissibilit del ricorso con riferimento sia all'esistenza di un provvedimento impugnabile sia all'osservanza di norme che stabiliscono peculiari modalit nello svolgimento della tutela. Tale deve considerarsi, infatti, la disposizione di cui al primo comm~ dell'art. 16 cit., la quale, nell'individuare provvedimenti che, scandendo altrettante fasi . del rapporto tributario, sono suscettibili di immediata impugnazione, non esclude la possibilit di impugnare gli atti presupposti che si inseriscono nella sequenza procedimentale conclusa da detti provvedimenti, bens prescrive che essi debbano essere impugnati unitamente a questi ultimi: ed evidente che siffatta modalit di esercizio dell'azione attiene ai limiti interni della giurisdizione, non all'esistenza e tanto meno al riparto della sfessa. Al qual proposito giova segnalare che il sistema delineato dall'art. 16 (nel testo novellato dall'art. 7 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739) stato 428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di recente ritenuto costituzionalmente legittimo della Corte Costituzionale, la quale ha osservato che la disposizione, essendo suscettibile di interpretazione estensiva quanto all'elenco degli atti impugnabili, idonea ad assicurare in ogni caso la tutela giurisdizionale del contribuente innanzi alle commissioni tributarie (sent.. 3 dicembre 1985, n. 313). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 marzo 1987, n. 2527 Pres. Scanzano Est. Caturani P. M. Visalli (conf.). Soc. Alfa Romeo Sud (avv. Roma-. no) c. Ministero delle finanze (avv. Stato D'Amico). Tributi in genere Contenzioso tributario Provvedimento impugnabile Avviso di liquidazione Definitivit Successiva domanda di rim borso Inammissibilit. '(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). Tributi erariali indiretti Imposta di registro Nuovo testo unico Di sposizioni pi favorevoli al contribuente Estensione nei rapporti per i quali pende controversia Definitivit dell'accertamento tardivamente impugnato Esclusiope. (d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 79). L'avviso di liquidazione, ancor prima della modifica introdotta all'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 con il d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, era un provvedimento (accertamento in senso ampio) capace di diventare irretrattabile se non impugnato nel termine e la cui definitivit preclude il rimborso della somma pagata in conformit ad esso (1). L'estensione delle disposizioni del nuovo testo unico dell'imposta di registro pi favorevoli ai contribuenti agli atti per i quali sia pendente controversia, a norma dell'art. 79 del d.P.R. 26 aprile 1976 n. 131, presuppone la pendenza di un giudizio in cui sia possibile una decisione di merito, ma esclusa quando si sia verificata una decadenza per decorso del termine per l'impugnazione (2). (omissis) Nell'ordine logico pregiudiziale l'esame del ricorso incidentale con cui l'Amministrazione delle finanze, denunziando violazione degli artt. 16, 26, 53 e 54 d.P.;R. 26 ottobre 1972 n. 634 e .dell'art. 16 d.P.R. :26 ottobre 1972 n. 636 (in relazione all'art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.:), sostiene \ (1-2) Sulla prima massima, ormai pacifica, Cass. 4 aprile 1986, 2336 in questa Rassegna, 1986, I, 288; 3 febbraio 1986, n. 661, Foro lt., 1986, I, 1898. Di molto interesse la seconda massima su cui non constano precedenti. z'. / '* ~--. -~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 che la domanda di restituzione della somma pagata dal contribuente a titolo di imposta di registro improponibile per ~on avere la soeiet impugnato l'avviso di liquidazione entro il termine perentorio di sessanta giorni, ai sensi dell'art. 16 d.P.R. n. 636 del 1972. Il ricorso incildentale fondato. Come questa Corte ha gi avuto occasione di decidere, in presenza dell'atto di imposizione il dies a quo del termine di sessanta giorni per proporre ricorso alle Commissioni tributarie si identifica con la data di notificazione dell'atto che lo presuppone e cio con il giorno della notificazione dell'avviso di liquidazione, dovendosi ritenere che il legislatore del 1972, con l'espressione notificazione dell'avviso dell'accertamento abbia inteso riferirsi anche all'accertamento contenuto nell'atto di liquidazione, come poi il legislatore del 1981 ha voluto specificare .(sent. n. 2336 del 1986). Le ragioni che sorreggono il decisum di cui sopra sono contenute nel precedente citato ed esse non sono scalfite in alcun mod dalle deduzioni svolte all'udienza dalla difesa della ricorrente principale. Non fondata, invero, la obiezione secondo cui la domanda proposta innanzi alla Commissione tributaria d:i primo grado era di rimborso dell'imposta gi pagata, onde la restituzione poteva essere richiesta entro tre anni dal giorno del pagamento, ai sensi dell'art. 75 del d.P.R. numero 634/72. La tesi non considera che il ricorso alie commissioni tributarie, che ha il carattere di una impugnativa di atto secondo la nuova disciplina, sia pure in funzione di una pronunzia anche del merito del rapporto, non pu essere proposto che contro gli atti menzionati nell'art. 16 del d.P.R. n. 636/72, tra i quali -secondo la interpretazione gi accolta da questa Corte -rientra anche l'avviso di liquidazione. La norma contenuta nell'art. 75 cit. si riferisce quindi a fattispecie diverse da quella che oggetto del presente giudizio, in cui la domanda di restituzione .presentata direttamente all'ufficio che ha eseguito la registrazione; per tale richiesta la disposizione riconosce al contribuente il termine di tre anni dal giorno del pagamento. . Tale disciplina, tuttavia, non ha inciso n lo poteva, sulla disciplina dell'art. 16 il cui terzo comma ammette la impugnativa del rifiuto di restituzione della somma pagata soltanto quando il contribuente afferma essere sopravvenuto il diritto al rimborso, mentre nel caso di specie contestata in radice l'originaria esistenza dell'obbligazione. D'altronde, la nuova formulazione dell'art. 16, prevista dal d.P.R.' n. 739/81, riconosce l'azionabilit in giudizio del diritto al rimborso solo nel icaso di versamento diretto o qualora manchino o non siano stati notificati gli atti indicati nel primo comma, tra i quali rientra l'avviso di liquidazione. In altri termini, dovendosi collegare l'art. 75, invocato 430 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO dalla ricorrente con la generale cQSciplina dell'art. 16 d.P.R. n. 636/72, deve affermarsi che, quando il diritto al rimborso si fonda sulla illegittimit della pretesa tributaria espressa in uno degli atti menzionati dal ripetuto art. 16, il contribuente deve impugnare tale atto nel termine previsto da quest'ultima disposizione, per far salvo quel diritto._ N ha pregio l'assunto secondo cui, ai sensi dell'art. 79 del d.P.R. n. 131/86, le ,disposizioni pi favorevoli ai contribuenti hanno effetto anche per gli atti anteriori relativamente ai quali alla data di entrata in vigore del suddetto testo unico sia pendente contro'[ersia. La tsi riflette il merito della controversia che non pu essere esa mi:r~ato per la preclusione dipendente dalla riscontrata decadenz della azione innanzi alle Commissioni tributarie. Ed evidente che quando la norma estende la nuova disciplina pi favorevole al contribuente alle ipotesi in cui sia pendente controversia intende riferirsi alle fattispecie in cui in giudizio possibile procedere alla applicazione della nuova disciplina con effetto retroattivo, il che deve scludevsi nel caso che si considera per la illustrata verificazione dell'effetto preclusivo in ordine alla proposizione della domanda ex art. 16 comma 1 del d.P.R. n. 636/72. Quanto precede dimostra altres la irrilevanza della questione di legittimit costituzionale dell'art. 79 cit., in riferimento all'art. 3 della Costituzione, non essendo possibile applicare in giudizio la norma suddetta, onde la sua eventuale caducazione dall'ordinamento non potrebbe in nessun caso incidere sulla decisione della controversia. In definitiva, poich pacifio in causa che nella specie il ricorso alla Commissione Tributaria di primo grado fu proposto quando era gi decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione, dell'avviso di liquidazione, ne discende che il ricorso incidentale dell'amministrazione deve essere accolto. {omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 marzo 1987, n. 2646 -Pres. Gran,ata Est. Tilocca -P. M. Amirante (conf.). Pinto c. Ministero delle finanze (avv. Stato Fiorilli). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Impugnazione -Ricorso cumulativo -Decisioni distinte concernenti Io stesso rapporto -Ammissibilit. ' E ammissibile l'impugnazione con unico ricorso di decisioni distinte intervei;iute fr'a le stesse parti, purch siano individuate le decisioni che si impugnano, sia inequivocabilmente espressa la volont di impugnarle _.......~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 tutte e sia rispettato per ognuna il termine, quando concernano. lo stesso rapporto di imposta (nella specie erano impugnate distint decisioni inerenti a due supplementi della stessa imposta di successione) (1). (omissis) Cm il primo mezzo Pinto Teresa denuneia la violazione dell'art. 40 d.P.R. 20 ottobre 1972, n. 636, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., censurando la sentenza gravata per aver ritenuto ammissibile l'impugnazione, con un unico atto, contro le due distinte decisioni della comm1ss1one tributaria di secondo grado di Potenza, nonostante la mancanza di preventiva riunione da parte del giudice dei relativi processi, aventi, sia pure in identit di soggetti, diversi il poetitus e la causa poetendi . Il motivo infondato. Prevedendo il codice di rito in modo esplicito (artt. 340 e 361) soltanto la possibilit di impugnare congiuntamente la sentenza non definitiva e quella definitiva, le quali vengono pronunciate nello stesso giudizio, si registra, nella giurisprudenza di questa Corte, contrasto circa l'ammissibilit dell'impugnazione, con un unico atto, di due o pi decisioni emesse fra le stesse parti in giudizi diversi (nel senso positivo, fra le altre, sent. n. 892 del 1979, n. 267 e 2704 del 1981, n. 5125 del 1984;' nel senso dell'inammissibilit, fra le tante, sent. n. 1616 del 1975, n, 6533 e 2716 del 1981, n. 915 del 1984), quando, ovviamente, siano ben individuate le sentenze impugnate, sia inequivocamente espressa la volont di impugnarle tutte e sia rispettato, per ognuna di esse, il termine di impugnazione. Nell'ambito dell'indirizzo che risolve negativ~mente la questione si ritiene, in via eccezionale, che possono essere impugnate congiuntamente la sentenza emessa nel giudizio ordinario di merito (di solito in grado di appello) e quelle pronunciate nel giudizio di revocazione (Cass. sent. n. 376-del 1982 e n. 280 del 1984) e comunque le sentenze '(rese in giudizi diversi, fra le stesse parti) che concorrono a dare contenuto alla decisione di un'unica controversia in genere (Cass. sent. n. 6533 del 1981) e di imposta in ispecie {Cass. n. 3756 del 1981, n. 1061 _del 1980, entrambe a contrario) nonch le decisioni emesse dalle Commissioni tributarie in distinti. procedimenti (vertenti fra le medesime parti e) riguardanti identiche questioni {Cass. sent. nn. 6296 e 6297 del 1985). Si deve ritenere altres ammissibile {qualunque dei due. indirizzi sopra indicati si reputi rispondente .all'attuale disciplina del processo civile) l'impugnazione, con un unico atto, di due o pi decisioni, ma in giudizi diversi fra le stesse parti, quando esse, seppure in controversie (1) La decisione, sicuramente corretta, non esclude che il cumulo possa essere riconosciuto in termini pi ampi di quelli, in vero strettissimi, del caso di specie; ma la giurisprudenza sulla questione resta oscillante. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che non s'integrano in una sola per un qualche elemento differente, concernono lo stesso rapporto giuridico ed in particolare lo stesso rapporto di imposta, poich da tale comunanza del titolo potranno emergere fra le decisioni connessioni che soltanto in un loro esame congiunto da parte del giudice ad quem possono essere considerate e valutate in modo completo e coerente. Nella specie, le due decisioni della Commissione tributaria di secondo grado impugnate congiuntamente davanti la Corte di Appello riguardano lo stesso rapporto di imposta e ciascuna una parte del relativo debito fiscale. Va, all'uopo, chiarito -::-sulla base delle idicazioni risultanti dalla sentenza impugnata in questa sede -che, dopo i pagamenti parziali di cui sopra si fatto cenno, l'Ufficio, con avviso del 12 dicembre 1974, liquid il residuo del debito fiscale in L. 4.525.815 e successivamente rettific tale liquidazione ritenendo dovuta l'ulteriore somma di L. 932.620. Da qui i due dis.tinti giudizi promossi in date diverse dalla Pinto davanti la Commissione tributaria di primo grado di Potenza deducendo in entrambi_ identiche questioni. La detta Commissione, e poi, la Commissione di secondo grado, davanti la quale si appell l'Amministrazione, pronunciarono nelle stesse date decisioni (formalmente) separate per i due giudizi, ma fondate su identica motivazione. Le due decisioni della Commissione di secondo grado vennero impugnate dall'Amministrazione con ln unico atto davanti la Corte di Appello cli Potenza, la quale esattamente ritenne ammissibile siffatta impugnazione con giunta giacch nella specie le decisioni, distinte in relazione al petitum, concernevano lo stesso rapporto di imposta ed inoltre avevano affrontato e risolto, con identica motivazione, le stesse questioni. ,(omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 marzo 1987, n. 2765 -Pres. Virgilio Est. Sgroi -P. M. Paolucci {conf.). Bellomo -(avv. Barone) c. Ministero delle finanze (avv. Stato lJaccari). Tributi in genere Contenzioso tributario Decisione Correzione cli errore materiale -Non utilizzabilit della motivazione Confronto con gli atti anteriori del processo -Legittimit. Tributi in genere Contenzioso tributario Decisioni cli secondo grado sulla valutazione estimativa ~ Impugnazione di terzo grado di sola legittimit -Ricorso per cassazione Duplicazione del giudizio di legittimit Pronuncia della Cassazione riferita alla decisione di secondo grado. ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 Tributi in genere -Contenzioso tributario -Decisione Motivazione Valutazione -Ricorso alla comune esperienza Ammissibilit -Limiti. Poich il dispositivo delle decisioni delle commissisoni tributarie autonomo rispetto alla motivazione ed immodificabile per l'organo che lo ha emesso fin dal momento del deposito, la motivazione della decisione, successivamente formata, non utilizzabile per riscontrare l'errore materiale del dispositivo; tuttavia l'errore materiale pu essere accertato facendo riferimento agli atti del processo anteriori o contestuali alla decisione (nella specie facendo ricorso agli atti difensivi delle parti si stabilito che la cifra indicata nel dispositivo come imposta doveva intendersi riferita alla base imponibile) (1). Poich l'impugnazione in terza grado di una decisione di secondo grado pronunciata esclusivamente sulla valutazione estimativa una impugnazione di sola legittimit per vizi del procedimento che da luogo ad una pronunzia puramente rescindente, e poich la decisione di terza grado a sua volta soggetta ad una impugnazione della stessa natura innanzi q.lla Corte di Cassazione, il giudizio della Cassazione, bench nella forma direttamente rivolto contro la decisione di terza grado si riferisce indirettament alla decisione di secondo grado e si risolve in una ripetizione della stessa indagine rivolta a verificare la legittimit della decisione di secondo grado a confronto con i motivi di impugnazione dedotti (2). Le commissioni nelle valutazioni estimative possono avvalersi di comune esperienza intesa come esperienza tecnica risultante sia da cognizioni empirico estimative sia da medie statistiche su dati rilevati in altre decisioni (3). (omissis) Col primo motivo il Bellomo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 37, 38 e 39 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, in collegamento con gli artt. 12, 24 e 25 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, 429, 430, 437 c.p.c. e degli artt. 132, 133, 161, 276, 287 c.p.c., in telazione all'art. (1-3) La prima massima da condividere pienamente; la questione, pi frequentemente affrontata riguardo alle sentenze nel processo del lavoro, pone vari problemi, ma sicuramente l'errore correggibile quando risulta dal confronto con atti del processo anteriori alla decisione. La seconda massima, certamente esatta nelle premesse, merita maggior riflessione nelle conclusioni. Sicuramente il giudizio su un vizio del processo inteso in senso stretto (violazione di legge) si presenta all'identico modo nel giudizio di terzo grado e in quello di cassazione, s che la Cassazione pur giudicando sulla decisione di terzo grado verifica la legittimit di quella di secondo grado. Meno sicura per la proposizione rispetto al difetto di motivazione; in questo caso la Cassazione non pu .direttamente giudicare, omisso medio, la sufficienza della motivazione della decisione di secondo grado; a ci pu giun ::: -riv4.i.JJ8N.. ...lfilll.t.I'.. .-wiilllli.~>~-m t[;r~_;;;t.;lm--:; ~ ..,.,..,..:....,,.,::( ,,.,, ','/-/~-~-~m,d: 434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 8 ~I 360. n. 3, 4 e 5 .c.dp.c..; .n?ndch 11 omessa o ~uanto mendo inhsuf 1 ficicente md~tivaz1one su punti ec1s1v1 e a controversia, osservan o c e a orte ap~--.~.~='= ff pello ha errato, nel fondare la statuizione con la quale ha respinto il prir~,;. mo motivo dell'impugnzione {riassunta, supra, in narrativa) sui principi enunciati dalla giurisprudenza a proposito del rapport fra motivazione e dispositivo nelle sentenze rese dai giudici collegiali nelle cause civili a rito ordinario, perch essi suppongono quel meccanismo in forza del quale il dispositivo sottoscritto dal Presidente ha carattere provvisorio, in quanto le sentenze vengono a giuridica esistenza solo dopo il deposito in cancelleria dell'atto completo di motivazione. Tali principi non possono essere invocati per le decisioni delle Commissioni tributarie di secondo grado, il cui dispositivo -analogamente a quello delle sentenze emanate nelle controversie di lavoro - auton6mo rispetto alla motivazione e diviene definitivo ed immodificabile per l'organo che lo ha pronunciato nel momento del suo deposito in segreteria, immediatamente successivo alla discussione. In tale situazione, i contrasti fra il dispositivo e la motivazione non sono mai risolubili alla stregua dei princpi richiamati dalla sentenza impugnata, ma devono essere riguardati da una prospettiva diversa. Nel caso in cui detti contrasti investano sentenze non passate in giudicato, non potendosi modificare e/o integrare le statuizioni del dispositivo con i diversi rilievi svolti in motivazione, non resta altra alternativa che la dichiarazione di nullit della decisione da parte del giudice dell'impugnazione. Il ricorrente, inoltre, deduce che -dopo aver erroneamente ricondotto nell'area dell'errore materiale il contrasto fra dispositivo e motivazione della decisione della Commissione di secondo grado -la Corte di Bari non si accorta che, nel momento stesso in cui si impegnava ~lla ricerca della volont di quella Commissione, forniva un'indicazione precisa dell'impossibilit di ravvisare nella situazione considerata una mera svista e/o dimenticanza ovvero distrazione. Invero (cfr. Cass. 6 nogere solo attraverso un vizio della motivazione della decisione di terzo grado ch' potrebbe anche non sussistere. Di molto interesse la terzo massima. Le commissioni sono giudici specializzati che nelle determinazioni estimative possono avvalersi di esperienza tecnica. Come bene mette in luce la sentenza, questa non si identifica con la comune esperienza dell'art. 115 c.p.c. ma concerne non tanto la prova quanto il tipo di processo, che sul punto diverso da quello ordinario, perch consente una diretta pronunzia di natura tecnica senza la presenza necessaria del consulente (Cass, 17 maggio 1984 n. 3047 in questa Rassegna, 1984, I, 583). Ma ancora 1nteressante la precisazione che l'esperienza tecnica costituita non solo dal possesso di cognizioni ma anche dalla elaborazione statistica di elementi tratti dalla ripetizione di giudizi analoghi ..Ovviamente quanto la sentenza afferma con riguardo a parametri di redditivit pu valere anche per indici di valori degli immobili nelle imposte indirette. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vembre 1980 n. 5964) impossibile il confronto fra motivazione e dispositivo perch la relativa pronuncia rimane avulsa da qualsiasi documentazione formale delle ragioni che l'abbiano determinata, n tale confronto potrebbe essere utilmente compiuto con la motivazione successivamente depositata, sia per il difetto di documentazione della conformit fra questa e quella assunta al momento della pronuncia del dispositivo, sia perch l'eventuale correzione di questo, in senso conforme alla motivazione successiva, farebbe venir meno l'elemento essenziale costituito dalla necessaria pronuncia della decisione in udienza o subito dopo la discussione. Resta perci -conclude il ricorrente -l'assoluta ed irriducibile contraddittoriet della decisione con la conseguente nullit della stessa. Il motivo infondato. I principi richiamati sono indubbiamente esatti e sono stati pi volte affermati da questa Corte {sent. 6 novembre 1980 n. 5964; 4 mar zo 1983 n. 1600; 24 febbraio 1984 n. 1338; 5 novembre 1985 n. 5365), ma non sono pertinenti rispetto al caso di specie. Deve premettersi che, deducendosi un error in procedendo, questa Corte non solo pu esaminare direttamente gli atti processuali, ma pu anche v:alutarli in modo diverso da come li ha valutati la sentenza impugnata, la cui statuizione finale pu restare ferma, se la sua esat tezza dipende dall'applicazione di diversi principi giuridici che si sostitu scono a quelli erroneamente utilizzati. Esclusa l'utilizzabilit della moti vazione, per riscontrare l'esistenza di un errore materiale nel dispositivo, non vi dubbio -invece -che possa farsi capo agli atti processuali precedenti o contestuali, come il verbale di udienza (cfr., per tale ipotesi, in un caso di mero errore nella sottoscrizione della sentenza, Cass. 25 ottobre 1984 n. 5451) ovvero il ricorso iniziale o l'atto d'appello (si pensi ad uno scambio di persone o alla erronea indicazione del nome di esse; cfr. Cass. 24 febbraio 1984 n. 1338). Nella specie, l'errore materiale emerge in maniera palese dal semplice confronto fra il dispositivo {che ha determinato apparentemente l'imposta di R.M.) e gli atti precedenti alla sua pronuncia (che riguardavano esclu sivamente la determinazione dell'imponibile soggetto alla suddetta im posta); confronto che si deve istituire con tutto il dispositivo e quindi anche con la parte di esso che dice accoglie per quanto di ragione l'appello dell'Ufficio. La suddetta espressione, nella sua letteralit, ha l'indubbio significato di un accoglimento parziale e non integrale, nei limiti cio di quanto ritenuto giusto o di ragione , rispetto alle pi ampie pretese della parte. Orbene, se tale accoglimento delle ragioni della Finanza si fosse concre tato nella determinazione delle imposte di R.M. apparentemente indicate nel dispositivo (Lire 13.350.000 per il 1970; Lire 10.200.000 per il 1971; Lire 27.525.000 per il 1972 e Lire 8.175.000 per il 1973), detto dispositivo RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEILO STATO 436 sarebbe stato travagliato non soltanto da un vizio di extrapetizione (perch -come rilevava il Bellomo dinanzi alla Corte d'appello -nessuna delle parti aveva chiesto la determinazione dell'imposta, la quale demandata all'Ufficio, in una fase successiva alla decisione sull'imponibile), ma anche da un vizio di ultrapetizione rispetto alle richieste dell'Ufficio, che contestualmente quel dispositivo dichiarava per di accogliere solo in parte . Invero, facile riscontrare che la richiesta dell'appellante Amministrazione era quella di conferma degli imponibili di Lire 22.000.000, Lire 13.600.000, Lire 36.700.000 e Lire 10.900.000 a cui -in applicazione dell'art. 90 del t.u. del 1958, mod. dalle leggi 3 novembre 1964 n. 1190 e 28 ottobre 1970 n. 801, e tenuto conto della quota esente di Lire 240.000, ex art. 1 legge da ultimo citata -corrispondevano imposte di R.M. cat. B di Lire 4.4%.000, Lire 2.604.000, Lire 7.686.000, Lire 2.010.000, e cio somme notevolmente pi basse di quelle apparentemente indicate nel dispositivo della decisione di secondo grado, che pure dichiarava di voler accogliere solo in parte l'appello dell'Ufficio. Rispetto all'ipotesi di un macroscopico ed irragionevole vizio di extra e ultrapetizione, appare assai pi plausibile n riscontro di un semplice errore materiale o lapsus calamani , il quale si concreta nella rilevabilit a prima vista del l'involontariet dell'errore contenuto nel provvedimento da correggere. Un altro evidente indice della sussistenza di un errore (e non di un vizio logico-giuridico del dispositivo, rispetto all'oggetto delle domande delle parti) consiste nell'esistenza in esso della frase Complementare in conseguenza . Orbene, mentre nessun rapporto di consequenzialit esiste fra imposta di R.M. ed imposta complementare sul reddito, perch i tassi relativi sono fissati del tutto indipendentemente gli uni dagli altri (dalle disposizioni ricordate, per la R.M., e dalle tabelle di cui all'articolo 139 del t.u. del 1958, da ultimo stabilite con d.P.R. 25 maggio 1962 n. 667 per l'imposta complementare progressiva), invece esiste quel rapporto di conseguenziarit fra imponibili di R.M. e imponibili ai fini dell'altra imposta, indicato dal dispositivo della Commissione, in forza degli artt. 133-135 del t.u. n. 645 del 1958. Concludendo, l'analisi appena attenta del dispositivo, letto nella sua integrit {e non soltanto isolando la parola imposta dal contesto) ed inoltre raffrontato con gli atti processuali che lo hanno preceduto, convince che la volont dei giudicanti era diretta a determinare l'imponibile e non l'imposta e che tale volon'!A si manifestata in modo erroneo per un semplice lapsus materiale suscettibile di correzione, senza necessit di far ricorso alla motivazione. (omissis) {omissis) I motivi -che per la loro connessione si devono esaminare congiuntamente -sono infondati. Come esattamente ricordato dal ricorrente, dato il tipo di errore dedotto in questa sede, la Corte Suprema pu esaminare direttamente PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA .f37 gli atti di causa (e sostituire -pertanto -la motivazione mancante od insufficiente della sentenza impugnata) per cui e inammissibilie la censura di omessa od insufficiente motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., dato che tale motivazione pu essere svolta da questa Corte, a seguito del riesame degli atti (giurisprudenza costante in tema di vizi in procedendo). Invero, non vi dubbio che il vizio di motivazione delle decisioni delle Commissioni tributarie di secondo grado .si concreta in una violazione di legge (art. 37 n. 2 del d.P.R. n. 636 del 1972 ed art, 24 n. 2 del d.P.R. n. 739 del 1981) ed deducibile dinanzi alla Corte d'appello, come error in procedendo (Cass. 18 aprile 1983 n. 2643) che sostanzia un'impugnazione puramente rescindente, in quanto il riconoscimento di un vizio della motivazione relativa alle questioni di fatto attinenti alla valutazione estimativa comporta l'annullamento con rinvio ad altra sezione di quella Commissione (Cass. 2 maggio 1983 n. 3022). Si applicano, pertanto, gli incontroversi principi sui poteri della Corte di Cassazione in tema di esame dei vizi in procedendo, con la particolarit derivante dalla civcostanza che l'esame che questa Corte deve compiere ha per oggetto diretto la sentenza della Corte d'appello (o la decisione della Commissione centrale), ma poich rivolto a stabilire se esse abbiano compiuto esattamente un controllo dello stesso tipo sulla decisione della Commissione di secondo grado, non pu non riferirsi indirettamente a quest'ultima. Sarebbe, infatti, impossibile esercitare il controllo di legittimit del giudizio dato dalla decisione impugnata in Cassazione, se non si potessero prendere contestualmente in esame sia la decisione della Commissione tributaria di secondo grado, sia le censure mosse contro di essa dalla parte. Tale ripetizione del medesimo tipo di indagine, per cos dire a ritroso e cio prendendo in considerazione non solo la sentenza direttamente impugnata in Cassazione, ma anche quella impugnata dinanzi alla Corte d'appello, deriva dalla caratteristica propria del giudizio previsto dall'art. 40 del d.P.R. del 1972 n. 636: giudizio di impugnazione 1(e non di appello) almeno per quanto riguarda le violazioni della legge processuale, in quanto avente carattere meramente rescindente, tanto vero che la dottrina prevalente ha parlato di duplicazione del giudizio di cassazione. Se la Corte d'appello pu annullare per vizi del procedimento (fra i quali compreso il vizio della motivazione) la decisione della Commissione di secondo grado, ne viene di conseguenza che la Corte di Cassazione, investita del controllo sull'esercizio dei suddetti poteri rescindenti, deve porre a confronto la decisione della Commissione di secondo grado con i motivi dell'impugnazione ex art. 40, rifacendo quel giudizio che stato dato dalla Corte d'appello, ovvero sostituendolo, nel caso di manchevolezza di esso. Non solo: poich non possibile esaminare la rilevanza dei motivi d'impugnazione ex art. 40 se non esaminando la decisione' di secondo grado alla luce delle dedu 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO zioni delle parti dinanzi ad essa (si pensi, per esempio, al caso del for marsi di una preclusione, per giudicato, ovvero al caso di inesistenza di una domanda, etc.), giocoforza concludere che la Corte di Cassazione deve riesaminare tutto il procedimento, naturalmente nei limiti del ricorso ex art. 360 c.p.c. Ci risponde, del resto, ad un evidente principio di economia processuale. Se la legge ha voluto attribuire alla Corte d'appello, almeno in parte, poteri di giudice di legittimit, gli errori commessi nell'esercizio di tali poteri possono essere corretti nella successiva fase della cassazione, che esercita il medesimo tipo di controllo (cfr. Cass. 13 gennaio 1982 n. 174, in motivazione). {omissis) {omissis) Il secondo profilo atteneva ad un preteso vizio della motivazione, in quanto si sosteneva che la comune esperienza non poteva essere posta a base della determinazione dell'utile d'impresa, individua bile soltanto alla stregua di puntuali cognizioni tecniche. La Corte rileva che la censura non riguardava un effettivo vizio della motivazione e si tramutava nell'inammissibile richiesta di sostituire una valutazione estimativa ad un'altra. La prova migliore di tale assunto sta in ci: che il Bellomo sosteneva che la prassi del settore dell'industria edilizia era che l'utile venisse commisurato al 10% dei ricavi. Orbene, la prassi non altro che la ripetizione costante di un certo tipo di valutazione e cio il risultato delle rilevazioni di mercato, quali risultano anche dalle dichiarazioni e dalle definizioni dei redditi degli esercenti attivit similari, a cui si era riferita la Commissione. Invero, l'espressione sulla base della comune esperienza e delle precedenti decisioni adottate , usata dalla Commissione di secondo grado, si riferiva, da un lato, all'esperienza tecnica e cio alle cognizioni empirico- estimative della Commissione e, dall'altro lato, a,lla media statistica dei redditi accertati in altre decisioni nei confronti degli imprenditori edili, in quel particolare contesto temporale. Si tratta di un dato a cui pu farsi ricorso nella determinazione sintetica del reddito, necessariamente basata su presunzioni (Cass. 10 aprile 1979 n. 2046) e cio anche su parametri fissi di redditivit di generale applicazione. Peraltro, la deter minazione operata col metodo sintetico riguarda esclusivamente l'apprez I zamento di fatti inerenti alla quantit imponibile (Cass., sez. un., 9 gennaio 1978 n. 48) e sfugge al sindacato del'ta Corte d'appello ex art. 40 I t d.P.R. numero 636. f !f La motivazione richiamata era, pertanto, immune da vizi e sufficien ~ te, perch il sistema del contenzioso dinanzi alle Commissioni di merito { ha creato una giurisdizione formata da giudici che, accanto alle cognizioni giuridiche, devono possedere le cognizioni tecniche necessarie per I la valutazione estimativa a loro attribuita e, pertanto, capaci di attin-I I I i I I - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 439 gere dalle suddette cognizioni non solo i criteri empirici di stima, ma anche i concreti valori delle stime (cfr., in motivazione, Cass., Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1181; Cass., Sez. Un., 18 febbraio 1974, n. 451). stato notato dalla dottrina che la secolare resistenza del legislatore ad affidare al giudice ordinario tale compito non coerente con il fatto che in altri campi (per esempio, nella opp<;>sizione alla stima dell'indennit di espropriazione per p.u.) la cognizione di quel giudice si estende al merito della determinazione del valore. Ma l'obiezione non tiene conto del fatto che, nel contenzioso ordinario, al difetto di cognizioni tecniche da parte del giudice si supplisce con il ricorso al consulente, il quale potr emettere i suoi giudizi anche sulla base di criteri statistici o sintetici, e cio traendo una certa conclusione dall'elaborazione della conoscenza di un gran numero di casi simili. Non esiste alcun ostacolo ad utilizzare il medesimo metodo nel giudizio delle Commissioni di merito; e la scelta del concreto criterio estimativo (una volta superata la diversa questione dell'applicabilit del metodo o sistema di accertamento sintetico od induttivo, anzich analitico, che tocca la legittimit dell'accertamento tributario) attiene alla valutazione estimativa ed quindi incensurabile dinanzi alla Corte d'appello. {omissis) CORtE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 aprile 1987, n. 3600 -Pres. Granata Est. Carbone -P. M. Lo Cascio (diff.). Soc. Grassetto (avv. Liuzzi) c. Ministero delle finanze (avv. Stato Corti). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Miniere -Distint'e ipotesi di imposizione. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, tariffa A, artt. 1 e2). Il regime dell'imposta di registro in materia di miniere regolato dal d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 non diverso da quello della legge abrogata; va cio distinto l'atto traslativo o costitutivo del diritto reale del giacimento minerario (soggetto all'aliquota dell'art. 1 della tariffa) dalla vendita del prodotto estratto e dal godimento temporaneo della cosa (soggetti all'aliquota dell'art. 2) (1). (omissis) Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 1 tariffa all. A al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634. La ricorrente afferma che la convenzione sottoposta ad imposizione non ha ad oggetto un diritto immobiliare di (1) Occorre prendere atto della pronuncia, non del tutto convincente. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO godimento che richiederebbe, tra l'altro, forma pubblica con relativa trascrizione, bens la vendita di materiale o subordinatamente, una locazione con effetti meramente obbligatori. A conferma dell'esposta .tesi deduce che il conferimento del diritto di scavo non assoggettabile ad INVIM e che la stessa amministrazione ha riconosciuto che nelle concessioni temporanee e precarie si applica l'imposta propria delle locazioni. Si riporta, infine, alla distinzione tra diritto di scavo e concessione mineraria, posta dall'art. 2 del r.d. 29 luglio 1927 n. 1443, con la conseguenza che la convenzione in esame, riconducibile agli atti divrsi di cui all'art. 2 della ricordata tariffa ali. A al d.P.R. 634 del 1972 e non si trova tra le concessioni minerarie. Con il secondo motivo di ricorso, la societ ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., insufficienza e contraddittoria motivazione in ordine all'affermazione che il contratto de quo rientra tra quelli costitutivi o translativi di diritti immobiliari di godimento. La censura che opportuno esaminare nella sua complessa globalit fondata e, pertanto, meritevole di accoglimento. , Per una corretta interpretazione della disposizione del 1 co. del1' art. 1 della tariffa all. A dell'attuale legge di registro 26 ottobre 1972 n. 634 occorre risalire all'analoga, precedente disposizione ddl'abrogata legge del registro del 30 novembre 1923 n. 3269, la quale comprendeva accanto ai diritti di trasferimento a titolo oneroso della propriet, dell'usufrutto, dell'uso o godimento di beni immobili o di altro diritto reale su cli essi, anche il diritto di scavare e di prendere materiale da terreni o da miniere. L'art. 2 della tariffa ali. A del 1923 considerava inclusi nella propria categoria tutti gli atti dell'art. 1 che riguardassero oltre i beni specificamente indicati., anche i beni mobili. Nell'ambito di questa normativa, dopo l'entrata in vigore del r.d. 29 luglio 1927 n. 1443, diretto a disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere, la giurisprudenza distinse tre tipi di concessione, in materia di miniere, cave e torbiere. Il primo comprendeva le concessioni o i negozi che si riferiscono al giacimento minerario nella sua complessa stratificazione intesa come unit di superficie e di volume. Il secondo comprendeva convenzioni aventi ad oggetto il prodotto dell'estrazione commisurato a peso o a misura. Il terzo concerneva gli atti relativi al godimento temporaneo della cosa, mobile o immobile in conformit della sua destinazione. L'accertamento di una delle tre qualificazioni giuridiche consentiva al giudice cli stabilire nel caso concreto l'applicazione dell'una o dell'altra aliquota di imposta riferibile rispettivamente all'art 1 o all'art. 2 della tariffa all. A al precedente r.d. n. 3269 del 1923. 1: ~ f f t lo .~ ! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Hl N va sottaciuto che l'interpretazione giurisprudenziale non sub modifiche con l'entrata in vigore del rico!'dato r.d. 29 luglio 1927 n. 1443 diretto a disciplinare la ricerca e la coltivazione di sostanze minerali e delle energie del sottosuolo industrialmente utilizzabili sotto qualsiasi forma o condizione fisica, bench l'art. 2 del predetto decreto avesse provveduto a distinguere miniere e cave, assegnando le prime al patrimonio indisponibile dello Stato, tanto da rendere necessario, per coltivarle, un'apposita concessione governativa, mentre le cave venivano lasciate nella disponibilit del proprietario del suolo purch da lui coltivate e condotte ad un sufficiente sviluppo. Con l'entrata in vigore della legge di registro del 26 ottobre 1972 n. 634, l'art. 1 della tariffa all. A accanto agli atti traslativi a titolo oneroso della propriet di beni immobili, agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento compresa la rinuncia pura e semplice degli stessi, ha previsto le concessioni minerarie senz'altra aggiunta, modificando le espressioni del precedente e corrispondente articolo della non pi vigente legge del registro del 1923. Di fronte a siffatta diversa enunciazione l'attuale ricorrente ritiene che la novella legislativa avesse inteso immutare radicalmente l'ambito di applicazione del tasso di imposta di cui all'art. 1, riservandolo unicamente alle concessioni di miniere, intese in senso proprio, quali concessioni governative, ben distinte dalle cave ai sensi dell'art. 2 del r.d. 1443 del 1927, mentre le convenzioni relative alle cave non potrebbero che rientrare nella disciplina tariffaria dell'art. 2 dell'attuale d.P.R. 634 del 1972. La tesi, che stata gi respinta da questo Collegio (cfr. Cass. 21/11/1986 n. 6550), non pu essere condivisa in quanto gli atti sottoposti a registrazione devono essere interpretati ai fini dell'applicazione delle imposte secondo la loro natura intrinseca e per gli effetti giuridici che producono. La giurisprudenza pi recente ha cos riaffermato l'attuale validit della precedente distinzione nell'ambito delle coltivazioni minerarie: trasferimento o costituzione di un diritto reale immobiliare; vendita di cose future ricavate da miniere, cave o torbiere; locazione di beni mobili o immobili. Attuale validit anche di fronte alla disposizione dell'intero primo comma dell'art. 1 tariffa all. A, considerando che l'enunciato al plurale ha una sua funzione chiarificatrice quanto alle coltivazioni minerarie, ma non certo riduttiva rispetto ai negozi giuridici aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione di un diritto reale immobiliare sulle cave o sulle torbiere. Se cos J.10n fosse si darebbe luogo ad un'evidente disparit di trattamento nell'ipotesi di concessione da parte dello Stato per i beni che gli appartengono in propriet ovvero di cui ha la disponibilit dopo averle sottratte al proprietario che ne ha trascurato la coltivazione. Del resto, la parola miniera nella sua accezione pi comune sta ad indicare un giacimento di minerali o di sostanze costituenti ricchezza per l'umanit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 442 e contenuta nelle viscere della terra, riferibile quindi anche alle cave e alle torbiere. Dalle esposte considerazioni consegue che il diritto di sfruttamento di una cava oggetto di convenzione tra privati pu costituire sia per l'oggetto della prestazione e sia per la comune intenzione delle parti contraenti un atto traslativo o costitutivo di un diritto reale, ovvero una vendita del prodotto dell'estrazione, ovvero il godimento della cosa in conformit della sua destinazione. Ove si tratti di un atto traslativo o costitutivo di un diritto reale immobiliare di godimento rientra nell'ambito della disciplina dell'art. 1 della tariffa all. A e la convenzione soggetta all'imposta che allora era del 5 %. Negli altri casi nei quali la negoziazione riguarda il trasferimento del prodotto dello scavo, cio il trasferimento di beni mobili o la costituzione di diritti reali su di essi, ovvero di diritti obbligatori di godimento, anche se su immobili, la disciplina applicabile quella dell'art. 2 della stessa tariffa. L'interpretazione giurisprudenziale proposta trova ulteriore, pieno e rassicurante riscontro nella nuova formulazione dell'art. 1 della tariffa allegata alla legge sull'imposta di registro entrata in vigore il 1 luglio 1986. Raffrontando il d.P.R. 26 aprile 1986 con H precedente d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 si evince che il nuovo testo dell'art. 1 della tariffa allegata, pi asciutto e con meno sbavature ha, tra l'altro, soppresso l'espressione concessioni di miniere cos che, sia che si tratti di cave che di miniere o di torbiere, si applicher l'imposta relativa all'intrinseca natura dell'atto ed agli effetti giuridici effettivamente prodotti al di l del titolo e della forma adoperati. g in tal modo venuto meno definitivamente anche l'appiglio testuale che ha fatto scorrere fiumi d'inchiostro con dispendio di tempo e di energie negli uffici finanziari. Si tratter in conclusione di interpretare gli atti sottoposti a registro secondo i princpi generali sanciti nell'attuale art. 20 (d.P.R. 13L del 1986 che ripete al singolare la stessa formulazione del precedente art. 19 d.P.R. 634/1972), cio secondo la loro natura intrinseca e secondo gli effetti giuridici che gli atti sottoposti a registrazione realmente producono, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1987, n. 3929 -Pres. Zucconi Est. Sensale P. M. Sgroi i(conf.). Ministero delle Finanze (Avv. St~to Corti) c. Pinzari. Tributi in genere Contenzioso tributario Impugnazione di terzo grado Apprezzamento del fatto Redditi di capitale Presunzione di fruttuosit Deducibilit in terzo grado. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26; t.u. 29 gennio 1958, n. 645, art. 86). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA H3 Tributi erariali diret9' Imposta sui redditi di ricchezza mobile Red diti di capitale Presunzione di fruttuosit del danaro Prova del l'impiego del capitale ti: necessaria -Prova per presunzioni -Ammissibilit. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 86). L'accertamento del fatto presupposto dell'esistenza di un reddito di capitale (nella specie impiego fruttifero del danaro) non attiene alla valutazione estimativa e rientra nei poteri del giudice di terzo grado (1). La presunzione posta dall'art. 86 del t.u. delle imposte dirette concerne soltanto la fruttuosit del danaro dato a mutuo e presuppone la prova dell'impiego del capitale che pu anche essere data con altre idonee presunzioni i(2). (omissis) 1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 133, in relazione all'art. 86 del t.u. 29 gen naio 1958 n. 645, e degli artt. 2727 e 2729 e.e., nonch il vizio di mancanza, insufficienza e contraddittoriet di motivazione su un punto decisivo della controversia; denuncia, inoltre, la violazione dell'art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636. L'Amministrazione sostiene che il riconoscimento della presunzione di fruttuosit postula, quanto meno, la possibilit che il reimpiego sia, a sua volta, ricostruibile induttivamente e che, alla stregua degli artt. 2727 e (1-2) La prima massima non ha esattamente centrato il problema. Era stato dedotto che, indipendentemente dalle problematiche in diritto che formavano oggetto di altra censura, lo stabilire in punto di fatto se vi sia stato o meno impiego di capitale (ritenuto sussistente dalla commissione di secondo grado) rientra nella determinazione dell'esistenza del reddito e quindi nell'esti , mazione semplice. Tutta la giurisprudenza, compreso il precedente specifico in vooato (9 maggio 1985, n. 2871, in questa Rassegna, 1985, I, 858) riafferma che la valutazione estimativa non abbraccia soltanto la determinazione quantita tiva della base imponibile ma anche le questioni relative all'esistenza del red dito o del cespite e del presupposto materiale e oggettivo del tributo; dunque la determinazione del fatto presupposto, lo stabilire cio se vi sia stato o non una operazione di impiego del capitale, non deve ritenersi materia di conoscenza diretta del giudice di terzo grado. E sembrerebbe che la sentenza si contraddica quando, nel precisare quale debba essere la concretezza della prova dell'impiego del capitale, afferma che la presunzione non pu essere generalizzata, ma va apprezzata in relazione alla fattispecie concreta e specifica; ed proprio questo apprezzamento sul punto probatorio che il giudice di terzo grado non pu fare quando il fatto concerne la realizzazione del presupposto. La seconda massima tenta di conciliare due tendenze affermatesi sul punto della fruttuosit dei capitali. Certamente la presunzione posta dall'art. 86 si riferisce alla fruttuosit di capitali di cui sia (altrimenti) dimostrato l'impiego; se questo non c', non pu esservi fruttuosit. Ma era stato correttamente affermato (Cass. 17 febbraio 1986, n. 934 in Dir. prat. trib., 1986, Il, 795) che si pu accertare presuntivamente che un capitale di cui si abbia la disponibilit sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2729 e.e., sia a tale scopo utilizzabile la considerazione che, essendo il denaro fruttifero per sua natura, debba ritenersi il reimpiego da parte di chi ne abbia la disponibilit, specialmente se si tratti, come nel caso concreto, di un operatore commerciale professionale. La decisione impugnata sarebbe, per ci, censurabile per violazione di legge, se avesse inteso affermare che dalle disposizioni tributarie derivi la impossibilit di accertare presuntivamente il reimpiego; sarebbe, invece, incorsa in un eccesso dai limiti della propria competenza, per avere preteso di rinnovare un accertamento di mero fatto attinente a valutazione estimativa, e nel vizio di difetto o contraddittoriet di motivazione, se se ne dovesse ricostruire il significato come accertamento in fatto della insufficienza di elementi a dar corpo ad una presunzione di reimpiego di capitali. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la mancanza, insufficienza e contraddittoriet della motivazione su un punto decisivo e la violazione dell'art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, censurando la decisione impugnata per avere ritenuto esistenti concreti elementi tali da giustificare il convincimento che il contribuente, con il capitale ricavato, avesse acquistato immobili. La Commissione tributaria centrale non avrebbe considerato l'esistente scoordinamento temporale tra l'acquisizione delle disponibi!it finanziarie e gli acquisti immobiliari; n avrebbe tenuto conto della contraria affermazione, da parte del contribuente, di avere estinto, con il denaro ricavato dalle vendite, precedenti passivit, n infine avrebbe avuto pre impiegato almeno a livello mm1mo del deposito bancario; ci non d luogo ad una praesumptio de praesumpto. Ora si vuol precisare che l'art. 86 del t.u. non pu essere utilizzato per presumere il titolo dell'impiego che deve essere invece provato, ma che tuttavia tale prova pu ancora essere data con presunzioni che secondo le regole comuni, abbiano i reqqisiti per dimostrare nella situazione concreta l'avvenuto impiego del capitale; ma questa prova, eventualmente presuntiva, diversa ed autonoma e non invece un momento della stessa presunzione. In questo modo la sentenza ora intervenuta vorrebbe, ricollegandosi a precedenti pi remoti, smentire la sentenza n. 937/1986; ma il tentativo non sem bra ben riuscito. Proprio perch la prova presuntiva dell'impiego del capitale separata e indipendente da quella sulla fruttuosit del danaro ed opera in un momento anteriore, s che non a parlarsi di praesumptio de praesumpto, essa pu bene essere ammessa; ed allora il problema si risolve nello stabilire, sulla valutazione probatoria, se sia o non fondatamente presumibile (e ci su una base di verisimiglianza e non di assoluta certezza, come pure la sentenza ammette) che i capitali disponibili siano depositati in banca. Cadono allora tutte le dissertazioni e resta una sola valutazione di merito che dovrebbe essere sottratta al giudice di terzo grado. In sostanza non si giustifica come, sulla base delle premesse, la S. C. abbia rigettato il ricorso piuttosto che rinviare per accertare in punto di fatto se vi era stato o meno impiego del capitale a disposizione. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA senti la irregolarit della documentazione prodotta e la non corrispondenza tra l'importo dei pretesi reimpieghi e quello delle disponibilit finanziarie. Le suesposte censure, che, per connessione devono essere esaminate congiuntamente, sono infondate, pur se la motivazione della decisione impugnata richiede la precisazione di taluni princpi che vi sono presup posti, pi che esplicitamente enunciati, o che non vi sono correttamente affermati. 2. Tale decisione -si fonda sulla considerazione che dal possesso di capitali liquidi non pu trarsi, con carattere di necessariet, la presunzione dell'impiego di tali capitali (i quali potrebbe~o ricevere una diversa destinazione) e che, anche ammessa questa presunzione, su di essa non pu innestarsi l'altra, avente ad oggetto la fruttuosit degli investimenti effettuati. Occorre, innanzi tutto, rilevare che la decisione impugnata risolve la controversia tributaria con un'affermazione di principio non implicante accertamenti di fatto relativi a valutazione estimativa. Non possono, quindi, trovare ingresso le censure, in tal senso for mulate dall'Amministrazione ricorrente nel primo (in parte) e nel se condo motivo e peraltro gi disattese, in analoga formulazione, dalle sentenze delle Sezioni Unite 9 maggio 1985, n. 2871 e 24 ottobre 198S, n. 5250. Queste, in applicazione dei princpi enunciati in via generale nella sentenza delle stesse Sezioni Unite 13 ottobre 1983; n. 5%0, hanno escluso che dia luogo a questione di fatto relativa a valutazione estimativa lo stabilire se, nella ipotesi di riscossione del prezzo di una compravendita immobiliare, sia possibile invocare la presunzione che un capitale effettivamente impiegato sia fruttifero (art. 86 T.U. 29 gennaio 1958 n. 645);, ed hanno rilevato che trattasi di questione avente ad oggetto non la mera . individuazione della base imponibile nei suoi elementi costitutivi, bens il presupposto di applicabilit della norma citata e, quindi, il modo di ope rare della presunzione da essa posta: e, in definitiva, la tassabilit, o meno, di un reddito, a seconda che esso possa presumersi, oppure no, in base alla disciplina contenuta nell'art. 86 del T.U. 645/58. In altri termini -si detto -lo stabilire se, accertata la vendita; di un immobile, debba senz'altro presumersi un reddito d'interessi tassa bile ovvero se sia necessario, perch operi tale presunzione, che risulti anche il reinvestimento della somma incassata questione che tende alla individuazione della esatta portata della norma da applicare; e gli accer tamenti di fatto, eventualmente necessari, non possono, per ci, dare luogo a questioni di fatto relative a valutazione estimativa nel senso pre cisato dalla sentenza n. 5960/83. Le censure formulate dall'Amministrazione, in relazione al reale contenuto della decisione impugnata non possono, quindi, essere esaminate 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO che nella contraria affermazione di principio in esse contenuta nel senso che sullo stesso ed unico fatto noto (la naturale fecondit del denaro) sarebbe possibile fondare, col medesimo e contestuale procedimento induttivo, una duplice presunzione, quella del reimpiego del capitale e quella del reddito che da tale reimpiego deriva. Cosi prospettate, le censure proposte dall'Amministrazione sono infondate. 3. Occupadosi della questione con le citate sentenze nn. 2871 e 5250 del 1985, le Sezioni Unite, che peraltro erano state investite di una questione di giurisdizione sollevata sotto un diverso profilo, ritennero che l'art. 86 del t.u. 645/58 pone una presunzione che non ha ad oggetto la esistenza del titolo dell'impiego di capitale, ma il reddito che non risulti (o risulti in misura inferiore a quella effettiva) dal titolo stesso, di cui deve, invece, dimostrarsi l'effettiva esistenza. In tale modo, risult confermato l'indirizzo gi affermato da questa Sezione (sent. 2412/79 e 2294/83) e costantemente applicato dalla Commissione tributaria centrale, secondo cui l'ipotesi di un reddito derivante da capitale, tassabile ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, si verifica, a norma degli artt. 81 e 86 del citato t.u., solo quando risulti, come presupposto del reddito, l'impiego di un capitale ovvero quando sia s~ata accertata l'esistenza di crediti liquidi e esigibili, considerati produttivi d'interessi, poich in tali casi sorge una presunzione-iuris tantum di produttivit del denaro, mentre nel caso di riscossione del prezzo di una compravendita immobiliare non possibile invocare la presunzione che un capitale effettivamente impiegato sia fruttifero, poich si tratterebbe di rendere operante una duplice presunzione, come tale non consentita, e cio che ogni somma di denaro, anche se introitata a titolo di corrispettivo nei contratti di scambio, debba presumersi impiegata in qualche modo e che da tale impiego debba, inoltre, presumersi la percezione di un reddito. Le Sezioni Unite osservarono, inoltre, che tale indirizzo non in contrasto con la precedente sentenza delle stesse Sezioni Unite n. 5827/78 erroneamente invocata dall'Amministrazione a sostegno della propria tesi), poich detta sentenza -nell'affermare che, ai sensi dell'art. 86, il ricorso dell'Amministrazione finanziaria a criteri presuntivi disancorati dalle risultanze del titolo consentito non soltanto per la quantificazione, ma anche per l'accertamento dei redditi stessi e quindi dei cespiti che li producono -non ha inteso stabilire la possibilit di ricorrere ad una doppia presunzione avente ad oggetto sia il titolo (cio l'atto da cui risulta l'impiego di capitali) che il cespite (la somma reimpiegata) e il reddito (gli interessi ricavati dall'impiego), ma ba ritenuto che pu presumersi non gi il titolo (di cui, anzi, presuppone accertata l'esistenza), ....-..-..........:..1".....J'....-..-...-.rrr.......r.-.-.-.-..-..,-,-.-..-.rr.-r.rrr.r..r..-.-.-.-.-.r.-.crrrrr.rrrr.-..-..-,.-.-.-,.,.,...,.,...,.,,.,.,..-,-.-.-.r.ccrrr.cr.-.-r.-.-.-.-.r.rr.c..r..-...,.-.-.r..-.-.-r.rrr....-..-.-.-.-.,r..-.-.-.-.-.-.-.-...,..-,..-,.-r.--..-.,-.-.-.-.-.-.-,-.-.-,-.--c,-.-.--,.-,..-,.,.,-,-,-,.-..--..-.-.,,-,,- PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sibbene l'esistenza di una somma impiegata, correlata a quel titolo, e del reddito da essa prodotto; ed ha quindi interpretato ed applicato l'art. 86 .::onformemente a quanto risulta dalle successive decisioni della prima sezione nell'indirizzo confermato dalle Sezioni Unite. Queste conclusero, .:iuindi, che non sufficiente la riscossione di una somma di denaro dalla vendita d'immobili per dov~me trarre la conseguenza dell'impiego di essa, senza svuotare di contenuto l'art. 86, che distingue la provata .:!sistenza di un titolo dalla presunzione di un reddito, e senza incorrere nella violazione dell'art. 2729 e.e., a norma del quale le presunzioni semplici non possono ammettersi se non siano gravi, precise e concordanti. 4. Pi recentemente questa Sezione, con la sentenza n. 934 del 17 febbraio 1986, senza tuttavia dare atto, del precedente indirizzo confermato dalle Sezioni Unite, ha espresso il diverso principio, seondo cui deve considerarsi consentito, in difetto di verosimile ipotesi contraria, presumere l'impiego di capitali, almeno al livello minimo del deposito bancario, e quindi il percepimento dei relativi interessi, fondandolo sulle seguenti argomentazioni: a) in tema di prova per presunzioni, non occorre che i fatti, su cui la presunzione si fonda, siano tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibile dei fatti accertati in giudizio secondo un legame di necessariet assoluta ed esclusiva, bastando che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di probabilit; b) la fruttuosit dell'impiego del denaro non rappresenta, rispetto alla presunzione dell'impiego stesso, un'ulteriore ad autonoma inferenza presuntiva, costituendo, alla luce del principio della naturale fecondit del denaro, di cui all'art. 1282 e.e., un momento dell'unica presunzione di reimpiego. Tale decisione offre lo spunto per talune precisazioni dell'indirizzo precedente, che deve, tuttavia, confermarsi con riguardo alla tesi qui sostenuta dall'Amministrazione finanziaria, secondo la quale sarebbe sufficiente, in base all'art. 86 del t.u. 645/58, il possesso di capitali da parte del contribuente per esonerarla dall'accertamento del titolo del reimpiego (1 comma della norma citata) e di avvalersi della presunzione di reddito, secondo il titolo accertato (art. 86 c.p.v.). proprio dal contenuto della norma tributaria (sulla quale la decisione n. 934/86 non sembra essersi sufficientemente soffermata) che occorre prendere le mosse per dedurne quali siano i poteri dell' Ammini strazione nell'accertamento dei redditti derivanti dal possesso di capitali, nonch gli oneri di prova a suo carico e quelli a carico del contribuente. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DEll.O STATO Tale norma cos dispone: I redditi di capitali dati a mutuo o altrimenti impiegati in modo che ne derivi un reddito in somma definita e le rendite perpetue sono valutati nella misura risultante dai relativi titoli e senza alcuna detrazione (1 comma). Si pu accertare l'esistenza del reddito e valutarlo anche se dal titolo non appare stipulato alcun interesse ovvero appare indica,to un interesse in misura inferiore a quella effettiva (2 comma). Il riferimento alla (effettiva) dazione a mutuo o ad altro (effettivo) impiego di capitali, in una alla menzione della rendita perpetua (cio ad una ipotesi contrattuale tipica e definita) e la previsione della valutazione dei conseguenti redditi nella misura risultante dai relativi titoli, lasciano chiaramente intendere che la norma abbia attribuito all'Amministrazione il potere -e imposto il dovere -di accertare, quando non sia indicato dal contribuente, lo specifico titolo del reimpiego. Ci, tradotto sul piano probatorio, vuol dire avere consentito all'Am ministrazione medesima di-fornire la prova, ad essa incombente, con i normali mezzi previsti dall'ordinamento e, quindi, anche in base a pre sunzioni, nella disciplina e nel modo di operare di questo mezzo di prova secondo le norme di divieto comune contenute nel codice civile. Peraltro, il risultato della utilizzazione dei mezzi di prova consentiti deve consi stere nella individuazione, in relazione alla fattispecie concreta, di un titolo non gi ipotetico o meramente possibile, ma accertato nella sua specificit; e, solo quando dall'Amministrazione sia stato dimostrato il fatto costitutivo della pretesa tributaria, .il contribuente pu e deve, a sua volta, contestarlo oppure opporre e dimostrare i fatti modificativi o estintivi della pretesa medesima. vero che, secondo la disciplina comune nella interpretazione che questa Corte ne ha dato (v. sent. 21 maggio 1984 n. 3100), ai fini della prova per presunzioni, utilizzandole anche neWambito del 1 comma del l'art. 86 del t.u. 645/86, sufficiente che l'inferenza dal fatto noto al fatto ignoto sia effettuata alla stregua .di un canone di probabilit e che il convincimento del giudice pu fondarsi anche su una sola presunzione. Occorre, per, che questa sia grave e precisa e che il grado di proba bilit del fatto ignoto indotto dal fatto noto si ponga con carattere di prevalenza rispetto agli altri fatti ignoti che sulla base di esso pos sono ritenersi in astratto esistenti, poich, se cos non fosse, si attri buirebbe al giudice il potere di scegliere una qualsiasi tra le varie ipotesi possibili e si valorizzerebbe una sorta di libero convincimento estraneo al processo civile. Inoltre, la gravit e precisione dell'unica possibile pre sunzione deve essere valutata in relazione alla fattispecie concreta, poich lo stesso fatto in un caso pu essere sufficiente al fine di fondarvi una presunzione e in un altro caso pu non esserlo e, conseguentemente, l I I l I I ""'1:.x-m.:::r.:::::, :--/%":::; *'* _,,,,r.z.:.:::====<~'x''""i~';'''B'='='WC::%.';.ifil,...,;.1:,=:===w.=====i======='7:=w:--;:::: ,,. ::m'::::=.::.:::,w,, .::-:--;.;::: .:::::~z:::.:::-;:=:=x=;:::::::- .... ..., . ,:--..:-,, . vlmJ..'=== W.: .''x<-:'==;-;., , ;:::::;::: ~ .-,,;.,;:M .. ..:-::::=::-r-:~#".ffe."(-w, , -~/ -WV~-&thiwki41aJ&(- m~ . ! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 l I l I mal si presta ad una valutazione uniforme per tutte le diverse ipotesi concrete nelle quali viene in rilievo e deve essere apprezzato. 1 I I Solo se sia identificato il titolo del reimpiego con i relativi connotati di specificit, secondo la previsione del primo comma dell'art. 86, torna dunque applicabile la norma contenuta nel secondo comma, che postula la esistenza di un titolo e consente all'Amministrazione finanziaria di presumere {in tal senso pacificamente tradotta l'espressione si pu accertare contenuta nel secondo comma) l'esistenza del reddito non risultante dal titolo e la misura eventualmente diversa da quella risultante dal titolo stesso. Si tratta di una presunzione, consentita dalla norma tributaria per il solo fatto dell'accertata esistenza del titolo e che si fonda, appunto, esclusivamente su tale esistenza e non (anche o invece) sul diverso fatto noto che pu fornire presuntivamente la prova del titolo stesso. Non sembra, quindi, potersi ritenere che la presunzione posta dal secondo comma costituisca un momento di un'unica presunzione, sia perch il titolo oggetto della presunzione utilizzabile come qualsiasi altro mezzo di prova da parte dell'Amministrazione per acquisire la certezza della sua esistenza, il reddito invece l'oggetto della presunzione posta dalla norma tributaria; sia perch la seconda opera in un momento logicamente e cronologicamente successivo, postulando il positivo 1 esaurimento dell'a~certamento del titolo; sia, infine, perch, a differenza, della prima presunzione; .che pu fondarsi su qualsiasi fatto noto (compreso il possesso del denaro, quando, secondo le circostanze del caso concreto, consenta, come nella particolare ipotesi esaminata dalla sentenza n. 934/86, l'inferenza del fatto ignoto -reimpiego con un~ grado di maggiore probabilit rispetto ad altra, parimenti possibile in astratto, utilizzazione del denaro), la seconda si fonda su un unico ed esclusivo fatto noto, perch accertato in concreto, che il titolo del reimpiego. La naturale fruttuosit del denaro consente, cio, di presumere che il denaro dato a mutuo o altrimenti impiegato e il capitale ceduto in rendita perpetua siano produttivi di reddito, ma postula la esistenza di un titolo di reimpiego, che l'Amministrazione finanziaria deve innanzi tutto accertare e che costituisce -si ripete -l'unico fatto noto possibile su cui pu fondarsi la presunzione di reddito. Tale conclusione , del resto, conforme alla previsione dell'art. 1282, 1 comma, e.e., il quale, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente, collega la produzione d'interessi ai crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro, presupponendo, quindi la esistenza di un titolo costitutivo del diritto di credito, coerentemente con l'epigrafe dell'articolo che ne enuncia il contenuto (interessi nelle obbligazioni pecunarie ). RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. Questa Corte ritiene, dunque, di doversi uniformare all'indirizzo gi affermato nella precedente giurisprudenza della prima sezione e confermato dalle Sezioni Unite, con le precisazioni che precedono e ohe possono ritenersi gi implicitamente contenute in quella giurisprudenza, cui ci che si in quest sede osservato costituisce l'ulteriore sviluppo; e, in particolare, con il rilievo che l'accertamento del titolo del reimpiego da parte dell'Amministrazione finanziaria pu essere compiuto attraverso qualsiasi mezzo di prova e quindi anche mediante presunzioni, nel senso sopra precisato. Ritiene, inoltre, che nel senso me desimo va corretta la motivazione della decisione impugnata, giudicandosene tuttavia conforme al diritto il dispositivo in relazione alle censure in questa sede formulate dall'Amministrazione per sostenere che il possesso di somme di denaro giustifica, in via di principio, la presunzione della percezione di un reddito, anche quando non sia accertato lo specifico titolo del reimpiego. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1987 n. 4391 -Pres. Granata Est. Grieco -P.M. Martinelli {conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Linguiti) c. Istituto S. Paolo di Torino {avv. Bonaiuto). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Afti giudiziari -Caratteri Ordinanza di distribuzione delle somme ricavate dall'esecuzio. ne Non tassabilit. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, tariffa A, art. 8). Gli atti dell'autorit giudiziaria soggetti all'imposta di registro sono quellf che definiscono il giudizio relativamente ad uno f}.egli oggetti dell'art. 8 della tariffa A del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634; non tale l'ordi nanza di distribuzione della somma ricavata dalla esecuzione quando, non risolvendo contestazioni fra le parti~ un mero atto di esecuzione (1). (omissis) Si ripropongono alla Corte Suprema le questioni concer nenti la tassabilit di alcuni atti giudiziari e la individuazione dei criteri applicabili alla stregua della normativa contenuta nel d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634. Nella sentenza n. 4277 del 26 giugno 1983 -Sez. prima -in cui la problematica stata globalmente considerata, la Corte ha formulato la generale osservazione che la tassabilit dell'atto presentato alla registrazione non discende dalle conseguenze economiche dell'atto stesso (1) Viene applicato all'ordinanza di distribuzione della somma ricavata il principio gi affermato per il decreto di ripartizione dell'attivo fallimentare. ! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA -451 bens dai suoi effetti giuridici e sempre che essi siano riconducibili nell'ambito dell specifiche ipotesi previste nella tariffa all. A le cui disposizioni -diversamente da quanto stabiliva l'art. 8 dell'abrogato r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 -non sono suscettibili di applicazione analogica . Quindi, la Corte pervenuta ad affermazioni decisive, strettamente legate alla natura giuridica degli atti e delle fattispecie cui si rife riscono stabilendo che, nel caso concernente la registrazione del decreto di esecutoriet del piano di riparto dell'attivo fallimentare, la natura di mero atto di esecuzione induce ad escludere, in ogni caso, la tassabilit. Il provvedimento, invero, non conclude un giudizio contenzioso e si pone al di fuori delle previsioni dell'art. 8 della tariffa allegata A. Le stesse considerazioni devono essere formulate con riferimento al l'ordinanza di distribuzione della somma ricavata dalla vendita di beni in una esecuzione immobiliare allorch -come nella fattispecie -il giudice della esecuzione non ha risolto contestazioni tra i creditori ma si limitato a compiere una mera verifica del consenso dei creditori al piano di riparto proposto dal giudice della esecuzione. Il provvedimento, in definitiva, si risolve in un mero atto esecu tivo non riconducibile tra quelli conclusivi di un giudizio e non di sciplinato in alcuna delle ipotesi dell'art. 8 della tariffa. La Corte sottolinea il totale parallelismo, ai fini della individuazione della disciplina per la registrazione del provvedimento, tra il decreto di riparto nell'attivit fallimentare pronunziato dal Giudice delegato per il pagamento dei crediti definitivamente accertati e quantificati in sede di ammissione al passivo e l'ordinanza pronunziata dal Giudice dell'esecu zione in occasione della ripartizione fra i creditori della somma ricavata dalla esecuzione immobiliare a carico di un debitore. Avuto riguardo alle finalit degli atti ed ai loro effetti giuridici, con cretamente assimilabili, la pur asserita diversa natura delle due proce dure non determina alcuna conseguenza e -soprattutto -non un di verso regime fiscale. Entrambi i provvedimenti, proprio perch non risolvono contesta zioni di alcun genere, hanno natura di meri atti di esecuzione , total mente sottratti alle previsioni dell'art. 8 della tariffa allegata A della nuova legge di registro. Ed invero, gli atti dell'A.G., ordinaria e speciale, in materia di controversie civili, che trovano nell'art. 8 la disciplina loro applicabile per la registrazione -sempre che definiscano, anche parzialmente, il giu. dizio -devono avere ad oggetto: trasferimento e costituzione di diritti reali su beni immobili {lett. a); trasferimento o costituzione di diritti reali su terreni agricoli o su pertinenze (lett. a bis); autoveicoli (lett. b); beni e diritti diversi dalle precedenti lettere o portanti condanna al li '452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pagamento di somme, valori ed altre prestazioni o condanna ) alla consegna di beni di qualsiasi natura; (atti di) mero accertamento dei diritti di cui alle lettere a, b, e, o di altri diritti a contenuto patrimoniale; (atti) non portanti condanna n accertamento di diritti a contenuto patrimoniale; atti di omologazione. E dunque, per l'applicazione del citato art. 8 necessario che l'atto: 1) definisca il giudizio; 2) che sia riconducibile tra quelli indicati nelle lettere a/g. L'ordinanza di distribuzione della somma ricavata dalla vendita di beni nella esecuzione immobiliare, in quanto estranea alla previsione della norma, non soggetta all'imposta di registro. Giova rilevare che in dottrina si espresso dissenso sulle motivazioni della sentenza n. 4277 del 22 giugno 1983 -alle cui conclusioni questa Corte aderisce -poich essa discriminerebbe le ipotesi in cui una domanda di parte resistita da quelle in ci non v' resistenza; ci in contrasto con il fondamento secondo cui l'atteggiamento tenuto nel processo da una delle parti non pu mai essere tale da condizionare l'attivit del giudicante e la qualificazione giuridica del provvedimento decisorio, no~ essendo possibile va1utare diversamente una decisione secondo che la domanda proposta venga o meno contrastata da altri. Deve rilevarsi, tuttavia, che la resistenza di una parte in giudizio non condiziona l'attivit del giudicante n determina una diversa qualificazione giuridica del provvedimento che -incontestabilmente -va stabilita prescindendo dal concreto comportamento delle parti. Per altro, quando nella sentenza citata si sono indicati casi di sog gezione all'imposta di registro del piano di riparto additandoli nelle statuizioni in cui si risolvono le controversie ed escludendoli laddove non vi sono contestazioni si inteso, essenzialmente, affermare il criterio di definizione di controversia ravvisandola in caso di contestazioni, esclu dendola nel caso contrario. Va rilevato, infine, che secondo gran parte della dottrina nella fase esecutiva non si ha giudizio n decisione sui diritti delle parti dal momento che la procedura esecutiva, prescindendo dalla esistenza del diritto, si realizza nel presupposto del titolo legale . Questa fase processuale -cui estranea, quindi, la cognizione dei diritti -si concreta unicamente nell'attuazione della sanzione esecu tiva. Anche per questo profilo, va affermato il principio -al quale il giu- dice di rinvio dovr uniformarsi -secondo cui l'ordinanza di distribu zione de qua non deve essere annoverata tra gli atti soggetti a regi strazione. (omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 maggio 1987 n. 4772 -Pres. Scanzano Est. Pannella -P. M. Grossi (conf.) -Piazzo c. Ministero delle Finanze (vice Avv. Gen. Stato Gargiulo). Tributi in genere -Contenzioso tributarlo -Appello -Motivi -Richiamo alle difese del precedente grado -Insufficienza. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 22; c.p.p., art. 342). Nel processo tributario l'atto di appello, allo stesso modo del processo ordinario, deve indicare le doglianze in modo che il giudice del gravame si posto in grado di identificare i punti e i capi impugnati ed anche le ragioni di fatto e di diritto in base alle quali viene richiesta la riform.a; ci non realizzato con il richiamo degli scritti difensivi del precedente grado i(l). (Omissis) Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 342 e 346 c.p.c.; 37, 117, 118 e 135 lett. e) T.U. 29 gennaio 1958 n. 645, si duole che la Corte del merito erroneamente abbia sostenuto coperta da giudicato interno la domanda di dichiarazione di nullit dell'avviso di accertamento per mancante, insufficiente e inadeguata motivazione, in quanto non riproposta davanti alla Commissione Tributaria di 2 grado. Tale assunto -precisa il ricorrente -non risponde al vero, perch nel ricorso in appello fu chiesta la riforma della decisione impugnata per tutte le ragioni esposte in prime cure da intendersi qui integralmente riprodotte e trascritte e perch nelle conclusioni fu domandato, tra l'altro, che fosse dichiarato invalido e nullo o, quanto meno annullato l'accertamento dell'Ufficio ... ed in ogni caso dichiarato erroneo. La censura non condivisibile. da premettere che la disposizione del 3 comma dell'art. 22 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, l dove sancisce che l'atto di appello deve contenere -tra l'altro -i motivi dell'impugnazione, deve ritenersi informata alla stessa ratio della regola prevista dall'art. 342 c.p.c., secondo cui l'appello, essendo un mezzo giuridico volto ad ottenere la riforma totale o parziale della decisione impugnata nonch una nuova pronuncia sui ipunti la cui/decisione non si reputi accettabile, deve indicare le doglianze in modo tale che il giudice del gravame sia posto in grado di identificare i punti ed i capi impugnati ma anche le ragioni di fatto e di diritto in base alle quali viene richiesta la rifomna della pronuncia di 1 grado. Da ci consegue che il rinvio dell'atto di appello agli scritti difensivi del precedente grado non costituisce uno strumento idoneo per operare (1) Decisione di evidente esattezza. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la devoluzione di un punto della causa al giudice di 2 grado ove tale! punto non sia chiaramente indicato e non siano rese manifeste le ragioni a sostegno del gravame su di esso. {sent. 2 luglio 1982 n. 3967 -sent. 22 novembre 1984 n. 6018 .:_ sent. 4 agosto 1982 n. 4380 -sent. 26 giugno 1984 n. 3739 -sent. 30 marzo 1981 n. 1824 -sent. 1 dicembre 1983 n. 7189 sent. 15 novembre 1982 n. 6101). Alla stregua dell'indirizzo giurisprudenziale suesposto, che questo Collegio condivide e fa proprio, rileva evidente come la Corte del merito correttamente abbia ritenuto non proposta la doglianza n riproposta, davanti alla C.T. di 2 grado, la questione sulla pretesa nullit dell'avviso di accertamento per difetto o, comunque, vizio di motivaZione, attraverso la lettura e l'esame delle espressioni dell'atto di appello, qui, innanzi trascritto: e ci, tanto pi -per quanto riguarda le conclusioni formulate dinanzi alla Commissione di secondo grado -che varie possono essere, in astratto, le ragioni per le quali un accertamento possa essere dichiarato nullo o invalido, o essere annullato. (Omissis) SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE, 15 aprile 1987, n. 14 - Pres. Sandulli -Rel. Cantillo -Ente Acquedotti siciliani (avv. Stato Bruni) c. Petyx (avv. Della Rocca). Servit -Occupazione illegittima -Danni -Trasformazione di strada poderale con costruzione di altra assoggettata ad uso pubblico Risarcimento Non dovuto. (art. 2043 cod. civ.). Non ravvisabile un danno allorch, occupata ed irreversibilmente trasformata una strada poderale con la costruzione, a servizio di opera pubblica, di una pi ampia strada, questa risulti assoggettata ad uso pubblico (1). (omissis) Con il secondo motivo l'E.A.S. critica la sentenza nella parte in cui ha riconosciuto ai Petix un distinto risarcimento per la perdita della disponibilit della preesistente stradella e per la realizzazione di un'analoga strada in altra parte del fondo. Sostiene che non aveva mai negato il diritto permanente del .couso della strada rotabile da parte dei Petix, ai quali soltanto era imputabile il mancato perfezionamento di un atto ricognitivo di tale diritto; e che, comunque, la costruzione di una nuova strada non era n necessaria n possibile, in quanto avrebbe comportato l'abbattimento di uno dei fabbricati realizzati, sicch anche per questa ragione il danno liquidato era eccessivo. La censura fondata, ma per ragioni in gran parte diverse da quelle ora riassunte. vero che, in seguito alla produzione in giudizio da parte dell'E.A.S. di una deliberazione con la quale si consentiva ai Petix e ai loro aventi causa il couso della strada sul tracciato della precedente stradina, la (1) Lineare applicazione dei principi in tema di responsabilit da fatto illecito. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA llELLO STATO 456 causa venne rimessa sul ruolo allo scopo di pervenire alla stipulazione di un idoneo atto costitutivo di un diritto di compropriet o di servit, transigendo la lite. Ma il tentativo di definizione bonaria della lite, nei termini suddetti o .in altro modo, poi naufragato, e non certo per fatto ascrivibile ai Pet.ix, bens per inerzia dell'E.A.S., che non ha dato riscontro ad una precisa richiesta degli stessi. Nondimeno con il supplemento di consulenza stato accertato che: a) la strada realizzata dall'E.A.S., in fatto assoggettata ad uso pubblico gi dall'epoca della sua costruzione e lungo la quale sono ubicati i cancelli di accesso dei villini costruiti su lotti dei Petix, stata destinata ad uso pubblico, come strada di interesse locale da potenziare >>, con il programma di fabbricazione adottato nel 1975 e approvato il 19 febbraio 1976; b) che la precedente stradina doveva in ogni caso essere allargata e rifatta per consentire il transito degli autoveicoli diretti ai fabbricati costruiti sul terreno latistante lottizzato. Ci posto, in relazione alla circostanza sub a) risulta evidente che non deve essere costruita la strada prevista dalla sentenza del Tribunale regionale per l'accesso ai terreni lottizzati, i quali sono direttamente serviti dalla strada suddetta, la cui destinazione ad uso pubblico ormai irreversibile. :. a dire, anzi, che la costruzione di un'altra strada -progettata come parallela all'altra - addirittura impossibile da parte dei Petix, posto che il suolo su cui dovrebbe essere realizzata fa parte dei lotti edificati e su esso insistono i cancelli di accesso ai villini; inoltre, la nuova strada progettata in ogni caso non potrebbe servire i terreni a valle, ai quali si pu accedere solo dalla strada esistente, come ha accertato il consulente con riguardo ad un edificio in costruzione su altro lotto dei Petix situato in tale zona. Pertanto la voce di danno relativa alla costruzione di una nuova strada deve essere esclusa. La circostanza sub b), poi, evidenzia che ai Petix non pu essere attribuito neppure un distinto risarcimento per le opere eseguite per la costruzione della precedente stradella, sia perch il valore del suolo stato determinato in relazione ad una diretta destinazione edificatoria e sia perch in ogni caso quelle opere andavano rimosse per dar posto ad una nuova e pi larga strada a servizio dei lotti venduti {e non sembra lontana dal vero, al riguardo, l'opinione secondo cui l'utilizzazione edilizia dei terreni venne favorita dalla realizzazione della nuova strada). (omissis) .,_I PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI '457 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE, 21 maggio 1987, n. 20 - Pres. Cusani -Rel. Cantillo -Regione Basilicata (avv. Cavaliere) c. Malvasi (avv. Massa) e Amm.ne LL.PP. (avv. Stato G.O. Russo). Acque -Acque pubbliche -Competenza e giurisdizione Tribunali regionali delle acque e tribunali ordinari -Danni da difetto di manutenzione di opera idraulica Competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche. {r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140; cod. civ., art. 2043). Acque -Opere idrauliche Non classificate -Trasferimento alle Regioni Danni da vizio di manutenzione Difetto di legittimazione passiva del Ministero dei Lavori Pubblici. {d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 2). E competente il Tribunale regionale delle acque pubbliche a conoscere della domanda di risarcimento per danni che si assumano derivati dal modo di conservazione di un'opera idraulica{!). Legittimata passivamente .nel giudizio di danni da difetto di manute. nzione di opera idraulica non classificata la Regione, alla quale le competenze in materia sono state trasferite con d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, a nulla rilevando che all'epoca dell'evento l'opera potesse essere classificata come di seconda categoria {2). 1. -Con il primo motivo la Regione Basilicata ripropone sotto due profili l'eccezione di incompetenza per materia del giudice specializzato, sostenendo che la competenza a conoscere della controversia appartiene al giudice ordinario sia perch non si ~avvisa un coinvolgimento di interessi pubblici quando il danno sia conseguenza della mera carenza di manutenzione dell'opera idraulica e sia perch nella specie la domanda stata formulata anche in base all'art. 46 della legge n. 2359 del 1865. Entrambi gli argomenti sono infondati. Quanto al primo, va ricordato che, alla stregua dei princpi affermati in materia dalla Corte di Cassazione, la domanda con la quale (1) In materia, consolidato il principio secondo cui la competenza dei Tri bunali regionali delle acque pubbliche si radica ogni volta che nella controversia siano coinvolti gli interessi generali relativi al regime delle acque pubbliche. (2) Corretta applicazione degli articoli 2, secondo comma, lett. e) e 8, lett. f) del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8. g da ricordare che a decorrere dal 1 gennaio 1978 sono state trasferite alle regioni a statuto ordinario anche le competenze relative alle opere idrauliche di terza categoria (art. 89 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616). 458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il proprietario di un fondo chieda la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni, provocati dallo straripamento di un fiume o dal cedimento di un'opera idraulica con allagamento del fondo medesimo, devoluta alla competenza per materia dei tribunali per le acque pubbliche, ai sensi dell'art. 140, lett. e), r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, qualora, mediante Ja denuncia di difetti tecnici, omissioni di vigilanza o carenze di manutenzione ponga in discussione provvedimenti od opere inerenti al regime delle acque pubbliche, con coinvolgimento degli interessi pubblici relativi al buon governo delle stesse. In particolare, ai fini dell'attribuzione di competenza prevista da detta norma -la quale comprende, manifestamente, anche le domande di risarcimento dei danni ex art. 2043 cod. civ. -sono necessarie quattro condizioni: a) che venga in discussione, come causa del danno, un'opera idraulica costruita dall Pubblica Amministrazione o un provvedimento della medesima; b) ch:e il danno sia dipendente dall'opera idraulica, cio dal suo modo di essere, in quanto costruita in un certo modo ovvero gestita o conservata in modo insufficiente; e) che il medesimo danno sia soggettivamente riferibile a fatto e colpa della Pubblica Amministrazione cui affidata la gestione o cura dell'opera; d) che l'accertamento del danno implichi, in relazione al petitum e alla causa petendi dedotta, un'interferenza con il regime giuridico delle acque, con coinvolgimento degli interessi pubblici relativi al buon governo delle acque e alla buona esecuzione e manutenzione delle opere idrauliche, sicch esulano dalla previsione normativa solo quelle domande che si ricolleghino in via meramente indiretta, e occasionale con le vicende relative al regime delle acque, nei sensi suddetti (v. Cass. n. 3049 del 1983; n. 2864 e 4201 del 1981). Alla stregua di tali criteri, correttamente la sentenza impugnata ha affermato la competenza del giudice specializzato, posto che la domanda risarcitoria, individuando la causa del danno nel cedimento dell'argine realizzato per regimentare le acque fluviali, implica un accertamento in ordine all'inidoneit tecnica dell'opera e allo stato di conservazione della medesima, cio appunto un giudizio attinente al buon governo delle acque pubbliche e delle opere idrauliche relative. Manifestamente privo di consistenza , poi, il secondo argomento, posto che la domanda ai sensi dell'art. 46 della legge n. 2359 del 1865 I I I l 1'ARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 4S9 stata formulata in via subordinata e, comunque, rientra fra quelle devolute alla competenza dei tribunali delle acque pubbliche, ai sensi dello stesso art. 140, lett. d); e stabilire se ricorrano, o meno, i presupposti della domanda medesima attiene al merito della controversia, che nella specie dovrebbe essere esaminato solo se venisse respinta la domanda principale. 2. -Con il secondo motivo la Regione critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato la legittimazione passiva e, pi precisamente, ha escluso la responsabilit del Ministero dei lavori pubblici; sostiene che l'opera idraulica, ancorch non classificata, era di seconda categoria. Ma tesi, codesta, priva di qualsiasi fondamento, in quanto la mera possibilit di classificazione nella seconda categoria assolutamente irrilevante, essendo decisivo il fatto che, alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 8 del 1972, l'opera non era stata ancora classificata (e, in verit, la classificazione non era intervenuta neppure nel 1980, quando il Tribunale regionale effettu l'accertamento in questione), con la conseguenza che essa rientrava fra quelle attribuite alla competenza delle regioni. Infatti, ai sensi dell'art. 2, lett. e), di detta legge, vennero trasferite alle regioni, a partire dall'aprile 1972, le opere idrauliche di 4a e sa categoria e non classificate; tra le quali ultime rientrava, quindi, quella in esame. Ci senza dire che la sentenza ha escluso la responsabilit dell'Amministrazione statale e affermato quella della Regione anche in base ad altri elementi, neppure censurati da quest'ultima, tra cui la circostanza che lo stesso Genio civile, quale organo regionale, aveva comunicato di non avere eseguito gli interventi manutentivi in quanto la Regione non aveva posto a disposizione i fondi relativi. (omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE, 21 maggio 1987, n. 21 - Pres. Sanlulli -Rel. Cantillo -Ministero agricoltura e foreste (avv. Stato Fiumara) c. Cammareri Giuseppe {avv. Maggi e Verga). Espropriazione per pubblica utilit -Opposizione a stima -Legittimazione passiva -Concorso di enti nella realizzazione dell'opera -Affidamento in concessione -Legittimazione del concedente -Fattispecie. (legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51).. Ai fini dell'individuazione del soggetto passivamente legittimato alla opposizione alla stima di immobili espropriati, occorre scrutinare di i60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO volta in volta se la cooperazione tra enti si sia realizzata con la sostituzione di una P.A. ad altra nell'intero procedimento espropriativo, solo in tal caso potendosi affermare la legittimazione dell'ente sostituente (1). Con il primo motivo del ricorso principale, il Ministero dell'agricoltura e foreste ripropone l'eccezione di difetto di legittimazione passiva, sostenendo che l'espropriazione, sebbene pronunziata a suo favore, venne curata dall'Ente di Sviluppo agricolo e dall'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Trapani, cio da organi della Regione Siciliana, nei cui confronti, quindi, andava proposta l'opposizione alla stima dell'indennit. La censura infondata. noto che la cooperazione fra enti pubblici per l'attuazione di opere pubbliche non configura un particolare tipo di rapporto di organizzazione, avente una propria fisionomia giuridica, ma si svolge in forme diverse che, avuto riguardo alla ripartizione dei poteri fra l'ente cui appartiene l'interesse al quale l'opera finalizzata e l'ente che con esso collabora, nell'attuale stato della legislazione, sono riconducibili -secondo una classificazione sistematica elaborata dalla Corte Suprema {a partire dalla sent. n. 311 del 31 gennaio 1%8) -agli schemi del finanziamento e dell'affidamento in senso proprio, da un canto, della delegazione (intersoggettiva) e della sostituzione, dall'altro. Le prime due figure non hanno rilevanza esterna agli enti, nel senso che, non comportando attribuzione o trasferimento di funzioni all'ente cooperatore, non incidono sui rapporti tra l'Amministrazione e i terzi {nel finanziamento l'attivit dell'ente che si assume l'onere delle spese non influenza la competenza di quello che realizza l'opera; l'affidamento proprio consiste nel conferimento di incarichi tecnici ed esecutivi e perci si risolve nell'utilizzazione, da parte dell'espropriante, di uffici altrui). Non sorge, quindi, un problema di imputazione giuridica degli atti posti in essere dal finanziatore e dall'affidatario, rimanendo pienamente valido il principio normale per cui la titolarit attiva del rapporto di espropriazione -e perci la legittimazione rispetto all'espropriato e ai terzi -compete al soggetto a vantaggio del quale l'espropriazione pronunziata e che sia come tale indicato nel provvedimento ablatorio, nei cui confronti sorgono i diritti e gli obblighi nascenti dal rapporto medesimo (Cass. 18 maggio 1976, n. 1755). (1) In argomento, con specifico riguardo alla giurisprudenza del Tribunale Superiore, cfr. le osservazioni di P. Vittoria in nota alle sentenze n. 23/1984 e n. 32/1985, in questa Rassegna, 1985, I, 496. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI i61 Il principio pu risultare inapplicabile, invece, nelle figure della delegazione e della sostituzione, che implicano il conferimento di funzioni all'ente sostituente in materia affidata in via primaria ad altro ente; quando al delegato o sostituto vengono attribuiti i poteri e gli oneri del procedimento di espropriazione, che cosi svolto e portato a compimento da tale soggetto, a questo deve essere riconosciuta la qualit di parte del rapporto espropriativo, essendo irrilevante, nei confronti dei terzi, la posizione del sostituito, beneficiario dell'opera pubblica. In tali ipotesi il problema dell'individuazione del soggetto titolare del rapporto espropriativo deve essere risolto, come pure ha pi volte avvertito la Corte Suprema (sent. n. 311 del 1%8), in base alla quantit e alla qualit dei poteri conferiti all'ente sostituente, occorrendo accertare in relazione alle singole fattispecie l'esistenza o meno di una sostituzione riguardante l'intero procedimento espropriativo. Il quale accertamento deve essere compiuto dal giudice con riferimento sia alle norme che prevedono e regolano la legittimazione sostitutiva e sia agli atti amministrativi con cui sia stata conferita o assunta la potest di provvedere in relazione all'opera di pertinenza dell'altro ente. Nella specie, risulta che: l'opera pubblica, di interesse statale (sistemazione idraulico-forestale di circa ha 160), venne finanziata dalla Cassa per il Mezzogiorno in base a progetto esecutivo redatto dall'Ispettorato ripartimentale delle foreste {deliberazione della Cassa dell'8 gennaio 1971); i lavori furono affidati in concessione all'ente di sviluppo agricolo (decreto del Ministero dell'agricoltura e foreste del 24 ottobre 1970), nonch all'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Trapani, quale organo tecnico preposto agli stessi, che venne autorizzato all'occupazione provvisoria dei terreni, ma con la precisazione che le indennit sarebbero state corrisposte dall'ente espropriante; l'E.S.A. provvide all'attivit relativa all'espropriazione, ma nell'espressa qualit di concessionaria dei lavori di cui al decreto ministeriale suddetto; l'espropriazione fu pronunciata a favore del Demanio dello Stato -Ministero dell'agricoltura e foreste (D. Prefettizio del 18 giugno 1974). Da vari elementi risulta, quindi, che gli organi regionali agirono per delegazione del Ministero dell'agricoltura, ente espropriante, e, oltre a curare la progettazione e l'esecuzione dei lavori, provvidero soltanto a taluni atti ed operazioni del procedimento ablatorjo connessi con la materiale esecuzione dell'opera (domanda di occupazione, stato di con sistenza, ed occupazione dei suoli), comunque compiuti in nome e per conto del Ministero medesimo, il quale esegu i restanti atti del proce dimento (quale ad es., il deposito dell'indennit), adempiendo diretta mente agli obblighi verso l'espropriato scaturenti dal rapporto espro priativo. 462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In questa situazione, va affermato che l'attivit di cooperazione degli organi regionali non incise sulla posizione del Ministero di ricavare del rapporto espropriativo e pertanto, con la diversa motivazione ora esposta, la statuizione dei primi giudici deve essere confermata. TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE, 16 giugno 1987, n. 28 - Pres. Cusani -Rel. Taddeucci -Assessorato agric. e foreste regione siciliana {avv. Stato Laporta) c. Randazzo (avv. Macaluso). Espropriazione per pubblica utilit -Interventi di sistemazione idrauIico- forest3;1e di terreni -Opere di rimboschimento di terreni a tal fine occupati temporaneamente -Successiva espropriazione -Indennit Valutazione del bosco. (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267, artt. 50, 53 e 54; legge 25 giugno 1865, n. 235?, art. 43). L'indennit dovuta al proprietario di un terreno, in precedenza occupato temporaneamente e rimboschito dalla P.A. a fini di sistemazione idraulico-forestale, deve comprendere il valore del soprassuolo arboreo acquisito alla propriet del privato (1). 1. -L'Amministrazione appellante sostiene che il valore di mercato del bene al momento dell'espropriazione doveva essere stabilito con riferimento alla consistenza ed alle caratteristiche che esso aveva in detto momento: e pertanto come bosco e non secondo l'artificiosa addizione, operata dal primo giudice, del valor del suolo (secondo la sua origniaria ~estinazione agricola) al valore del soprassuolo (identificato con il legnatico). Soggiunge che il divieto di cui all'art. 42 della legge n. 2359 del 1865 -mentre non ostava acch i valori della strada di servizio e della recinzione fossero tenuti in linea di conto (quali manufatti aggiunti all'originaria consistenza dell'immobile ed ormai entrati a far parte del patrimonio dei Randazzo) -impediva invece che il valore del suolo fosse aumentato del valore degli alberi messi a dimora in quanto essi costituivano con quello una entit nuova, suscettibile di propria valutazione. Ravvisa, infine, nell'operata estimazione dei terreni come superfici capaci di coltura agraria, la violazione delle norme preclusive di ogni possibilit di sfruttamento agricolo sui terreni assoggettati a vincolo (1) Con la soluzione offerta alla terza delle questioni prospettate (v. il n. 4 della motivazione) il Tribunale superiore conferma il principio altre volte affermato: cfr. in questa Rassegna, 1986, I, 568, con nota. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI idrogeologico, ed esclusive dell'indennizzabilit dei valori potenziali e latenti del fondo <(art. 53, 54 e 113 del r.d. n, 3267 del 1923). Tali censure -che sostanzialmente investono i tre punti: a) del metodo di estimazione prescelto; b) della valutazione del suolo secondo la sua destinazione; e) dell'addizione a quel valore di quello dei soprassuoli arborei -non possono essere accolte. 2. -In ordine al punto sub a), consta a questo Tribunale superiore essere affermazione costantemente ripetuta nelle cause insorte per la espropriazione di terreni boscati in Sicilia, quel.la della inesistenza nell'isola e nel presente momento storico di un mercato immobiliare avente ad oggetto immobili di tal genere, sia per l'onerosit della loro manutenzione ben superiore alla loro reddivit, sia per le pressocch nulle possibilit di utilizzaziorte, su scala commerciale, dei prodotti del bosco, con conseguente assenza di appetibilit e di concreta domanda/offerta di scambio tra soggetti privati. Anche nel caso in esame siffatta constatazione -che riveste valore di dato di notoriet locale -risulta essere stata presupposta dal Consulente tecnico nominato dal Tribunale regionale {il quale ha posto in evidenza che i servigi di utilit indiretta resi dalla forestazione, per la protezione del territorio e della natura e per la valorizzazione turistica, sfuggono alla stima mercantile) e risulta essere stata pacificamente recepita dal Consulente tecnico nominato dall'Amministrazione espropriante (il quale ha ammesso che il rimboschimento del lotto di terreno dei Randazzo, a parte il suo pregio paesaggistico, oltre a non produrre alcun reddito, soltanto foriero di oneri manutentivi a carico del privato proprietario). Tanto basta, ad avviso di questo Tribunale, a conferire una (prima) base di giustificazione razionale alla scelta operata dal C.T.U. circa i dati di partenza sui quali impostare i conteggi richiestigli: allorch egli -in luogo di ricercare gli irreperibili prezzi spuntati in un inesistente mercato delle aree boscate in Sicilia -ha ben pi realisticamente articolato l'estimazione secondo il metodo cosidetto francese o di Broillard ovvero del bosco a liquidazione, che consiste nel valutare il terreno come nudo, in relazione alla sua originaria naturale vocazione agricola, con l'aggiunta del valore economico del soprassuolo boschivo. 3. -Rettamente, del resto, cos operando si pervenuti ad escludere, ai fini della determinazione dell'indennit, il disvalore fondiario apportato dalla forestazione; e cio da quell'opera di trasformazione fondiaria che per ragioni di pubblico interesse aveva privato di appetibilit, sul mercato immobiliare, le aree in espropriazione in diretta conseguenza della irreversibile destinazione loro impressa... RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Passando, quindi, all'esame della seconda questione controversa (cfr. sopra sub b) occorre ricordare che secondo l'ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice (cfr. tra le altre, sent. n. 5993, n. 3823 e n. 2260 del 1984; n. 3825 del 1983, n. 3346 del 1982) i vincoli imposti dall'Amministrazione per ragioni di pubblico interesse alla libera utilizzabilit dell'immobile, e che incidano in modo specifico e differenziato su di un singolo bene, implicano per il proprietario un sacrificio che pu restare privo di indennizzo solo in via temporanea ma non anche quando il bene venga definitivamente acquisito dal!' Amministrazione. Sebbene detto canone sia stato dalla citata giurisprudenza applicato in relazione ai vincoli di inedificabilit previsti in strumenti urbanistici, il suo valore di principio generale lo rende estensibile anche al diverso settore dei limiti arrecati alla libera utilizzabilit {a scopi produttivi) del suolo dall'imposizione di vincoli forestali per scopi idrogeologici, (cfr. nello stesso senso sent. n. 59 del 28 agosto 1985 di questo Tribunale Superiore). In detto settore, del resto, il rispetto del principio suindicato risulta reso ancor pi cogente dal rilievo che persino le limitazioni temporanee di godimento occasionate dai lavori di sistemazione idraulicoforestale dei bacini montani, danno luogo all'assegnazione di una indennit annua commisurata al reddito netto prodotto dal terreno secondo la sua precedente utilizzazione (cfr. art. 50, 1 comma e 51 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267), e decorrente pur dopo l'ultimazione delle opere sino a quando, divenuto redditizio (e cio produttivo di un reddito non inferiore a quello anteriormente goduto) il terreno rinsaldato o rimboschito, ne sia consentita la riconsegna al proprietario (cfr. art. 50, terzo comma del r.d. citato ed art. 63 del Regolamento di esecuzione n. 1126 del 1926). Soltanto tale risultato di maggiore redditivit, infatti, renderebbe legittima l'imposizione al proprietario del terreno rimboschito dei div:ieti di coltura agraria, di limitazione del pascolo e degli oneri di governo boschivo previsti dall'art. 54 del citato r.d.; cosicch ove tale risultato non possa essere attinto o stabilmente mantenuto, l'espropriazione con acquisizione al demanio forestale del terreno gi rimboschito e sistemato, pure se in regime di temporanea occupazione -come nella legislazione regionale siciliana espressamente previsto alla lettera e) dell'art. 1 della legge n. 88 del 1975 -si impone quale misura indispensabile per l'effettiva conservazione della sistemazione forestale e tutela degli equilibri ambientali. Ma come rispetto alla temporanea limitazione del diritto di godimento l'indennizzo viene commisurato in ragione del reddito perso, cos rispetto alla definitiva ablazione del diritto di propriet l'indennit non PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBUCI 465 PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBUCI 465 pu non essere correlata alla perdita del valore del bene quale capitale, data dal divieto di una sua pi fruttuosa utilizzazione, ancorch corrispondente a quella in precedenza praticata. Altrimenti ragionando, invero, l'imposizione dei vincoli occorrendi per la sistemazione idraulico-forestale, con conseguenziale diminuzione del valore fondiario del terreno, si trasformerebbe essa stessa in una forma di larvata espropriazione della quale l'ente espropriante verrebbe a beneficiare nel successivo momento dell'adozione del formale provvedimento ablatorio. A tale momento -invece -come nella sentenza impugnata si rettamente inteso -la valutazione del suolo da acquisire al demanio deve essere effettuata previa depurazione del disvalore arrecato dalla trasformazione boschiva anteriormente imposta e cio stimando il bene sulla base di .quella sua destinazione colturale produttiva che l'opera di rimboschimento non ha consentito di (pi) vantaggiosamente proseguire. Nello stesso senso si esprime, del resto l'art. 113 del citato r.d. n. 3267 del 1923 .(in materia di boschi e di bacini montani): che disciplina unitariamente e le espropriazioni di terreni ancora non interessati da opera di sistemazione ed a quel fine ancora non temporaneamente occupati, e le espropriazioni di terreni attraverso quell'opera gi boscati, e che viene richiamato anche in tema di acquisto a trattative amichevoli dei terreni rimboschiti la cui riconsegna sia rifiutata dal pro prietario i(art. 53 ult. comma). Nella seconda e nella terza delle tre ipotesi sopra indicate rimarrebbe privo di significato il divieto di tener conto dei valori potenziali o latenti del fondo (quali l'esistenza di cave, miniere e torbiere non esercitate o la possibile trasformazione di colture o di destinazione dell'intero fondo o di parte di esso) se vigesse -sempre e necessariamente la pi esaustiva prescrizione di procedere alla valutazione unitaria del "' bosco come complesso totalizzante dotato di una suaspecifica appetibilit di acquisto sul mercato immobiliare. La norma in esame riceve invece ben pi adeguata lettura ove si ritenga con essa interdetta -in caso di espropriazione di terreni gi rimboschiti -la valutabilit di possibili trasformazioni di colture e destinazioni rispetto a quelle in atto quando fu intrapresa l'opera di forestazione. 4. -Una volta escluso, per le considerazioni sin qui svolte, chell fondo in questione potesse o dovesse essere valutato, unitariamente, come bosco (con una perdita secca di circa i tre quarti del suo valore fondiario, a quanto risulta da un confronto tra i conteggi rispettivamente indicati dal C.T.U. e dal perito dell'Amministrazione espropriante) si palesa priva di fondamento la censura i(sopra, sub e) volta a contestare che alla stima del suolo -secondo la sua originaria desti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 466 nazione agricola, in quanto calcolata al netto del decremento arrecato dal vincolo della forestazione -fosse da aggiungere la stima dei soprassuoli arborei. Costituisce, invero, principio pacifico che nella determinazione della indennit di espr?priazione debbono essere calcolati, separatamente, rispetto al valore venale del fondo inteso nella sua consistenza economico- funzionale di suolo, i valori per le costruzioni, piantagioni e migliorie, sempre che non siano state eseguite proprio allo scopo di conseguire una maggiore indennit (cfr. Cass. n. 7585 del 1983): ed in questa ottica non pu assumere rilevanza la considerazione che, nella specie, l'impianto del bosco fu eseguito a cura e spese dell'Amministrazione pubblica. Come questo Tribunale Superiore ha avuto gi altre volte occasione di osservare, l'intervento della Pubblica Amministrazione consentito ai sensi dell'art. 50 del r.d. n. 3267 del 1923 -allorch per l'esecuzione dei lavori di rinsaldamento e di rimboschimento risulti indispen~abile una parziale o totale sospensione del godimento dei terreni da sistemare, e l'apprensione del possesso materiale di essi da parte dell'Araministrazione medesima, in funzione dell'opera programmata e con obbligo di restituzione ad opera perfezionata - da inquadrare come fattispecie di occupazione temporanea strumentale, le cui peculiari caratteristiche sono: a) per un verso quella che alla privazione, contingente e risarci bile, del diritto del privato al godimento ed all'uso del fondo non si accompagna altresl la perdita della propriet; b) per altro verso quella che le opere realizzate sul fondo -seb bene volte a finalit di pubblico interesse perch ritenute necessarie per l'assetto idrogeologico del territorio -sono destinate ad essere acquisite in propriet dallo stesso proprietario del terreno (e ci in coerenza, del resto, con il divieto generale, ex art. 956 cod. civ., di costi tuire la propriet delle piantagioni separatamente da quelle del suolo). ben vero che l'acquisto gratuito, degli impianti boschivi, da parte del privato correlato all'imposizione sul fondo di un particolare regime vincolato, ed all'assunzione in proprio di specifici oneri di .governo del bosco; ma il problema da risolvere appunto questo, se l'acquisto in propriet dei soprassuoli arborati e la gratuit dell'acquisizione possano essere revocati e travolti (con eventuale richiamo all'art. 43 della legge n. 2359 del 1865) una volta che la Pubblica Amministrazione non ritenga pi rispondente, o sufficiente, al perseguimento delle finalit di pubblico interesse idrogeologico, il regime vincolato in precedenza imposto ed addivenga all'espropriazione del fondo, per il suo conglobamento nel demanio forestale. -I i ~~ PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI Un primo quesito che il proposto problema legittima se il successivo e pi radicale intervento ablatorio tragga origine da un mutamento di indirizzo e di valutazione nel .settore della forestazione, da parte della Pubblica Amministrazione, oppure dall'inadeguatezza o ritrosia del proprietario dei terreni rimboschiti rispetto ai compiti ed ai doveri assegnatigli. Ma la risposta al quesito agevole, ove si consideri che lo stesso r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 (art. 54) a fronte di sia pur ripetute contravvenzioni del proprietario agli obblighi derivanti dai vincoli idrogeologici altro rimedio non prevede oltre quello della perdita del possesso del terreno per un tempo determinato e senza indennizzo e della sopportazione delle spese per i lavori ripristinatori occorrenti. Non risulta, dunque, dal sistema, la previsione di una sorta di espropriazione penitenziale , in base alla quale la Pubblica Amministrazione possa, secondo i casi, ritenersi autorizzata all'ablazione della propriet privata del suolo e dei soprassuoli arborati, senza indennizzo alcuno per qudsti ultimi, in ragione dell'inosservanz, da parte del soggetto ablato, degli obblighi di governo boschivo e di altre inottemperanze ai vincoli di forestazione. Nel caso in esame, del resto, nessun richiamo a siffatte circostanze , esplicitamente od implicitam~nte, contenuto nel provvedimento di espropriazione: misura alla quale l'Amministrazione regionale addivenuta, per sua insindacabile scelta discrezionale a circa un ventennio di distanza dall'occupazione temporanea strumentale del fondo, quando gi si era consoliciato, in favore dei Randazzo, l'assetto acquisitivo gratuito della propriet dei soprassuoli arborati. Ed allora, la stessa logica che consiglia l'Assessorato appellante a non contrastare l'indennizzabilit dei manufatti {stradella di servizio e recinzione) dei quali il fondo si presentava dotato al tempo della espropriazione, impone di ritenere patimenti indennizzabile la perdita della massa boschiva. Ogni perplessit che su di un piano meramente equitativo potrebbe suscitare l'imposizione di un obbligo di pagamento per quanto si a proprie spese conferito da altri, gratuitamente sl, ma per finalit trascendenti il suo .interesse e con vincolo di destinazione, scompare ove si consideri, sul piano del diritto, che tale costo connaturale al mutamento nel tempo del tipo di intervento ablatorio via via adottato dalla Amministrazione; costo che avrebbe potuto essere evitato in altro modo procedendo, ma ohe comunque data la successione degli eventi non pu essere eluso in pregiudizio del soggetto ablato. N, infine, pu farsi questione di irrisardbilit dell'arricchimento ex art. 42 legge n. 2359 del 1865, dal momento che l'attribuzione del valore del legnatico ha la sua fonte genetica non gi nel provvedimento RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 468 di espropriazione ma bensl nella precedente, separata ed autonoma opera di forestazione su suolo privato, di per s atta, una volta conclusa, ad attribuire al proprietario il diritto a far propri i prodotti del bosco, mediante taglio periodico. (omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE, 17 giugno 1987, n. 29 - Pres. Cusani -Rel. Maresca -Peverada (avv. Romanelli) c. Amministrazione finanze (avv. Stato Fiumara). Acque Acque pubbliche Laghi Limiti dell'alveo Individuazione. (cod. civ., art. 943). I limiti dell'alveo di un lago appartenente al demanio idrico sono identificati dal livello che le acque raggiungono nelle piiene ordinarie, con la conseguenza che i terreni posti al di sotto di tale quota costituiscono alveo del lago e ne seguono il regime giuridico (1). Per quanto concerne la distinzione tra alveo e spiaggia del lago, che l'impugnata sentenza avrebbe omesso di fare (terzo motivo), e la idoneit della spiaggia a soddisfare esigenze di pubblico interesse, esclusa dal consulente tecnico d'ufficio e ritenuta, invece, (lai Tribunale Regionale, che l'avrebbe riferita all'originaria posizione e conformazione dei luoghi (primo motivo, sub b ), giova premettere, in linea di principio, che il demanio lacuale, analogamente al demanio marittimo, comprende l'alveo, cio l'estensione che viene coperta dal bacino idrico con le piene ordinarie, e la spiaggia, vale a dire quei terreni contigui lasciati scoperti dalle acque nel loro volume ordinario che risultino necessari e strumentali al soddisfacimento delle esigenze di accesso, sosta e transito, proprie della collettivit, per diporto, trasporto, esercizio della pesca et coetera (Cass. Sez. Un., sent. 14 dicembre 1981, n. 6591). In sintesi, l'alveo si identifica con il bacino di contenimento dell'acqua del lago in regime di piena ordinaria, mentre la spiaggia, strutturalmente, ha inizio l dove ha termine l'alveo. Nel caso concreto, il consulente tecnico d'ufficio ha determinato il livello di piena ordinaria del lago d'Iseo a quota 185,86 o, al minimo, 185,65 sul livello del mare. Per contro, ha accertato essere l'area in contestazione a quote (185,50 e 185,60 sul livello del mare) inferiori anche alla quota pi bassa (185,65), e ha necessariamente concluso essere (1) In termini, cfr. Trib. Sup. AA.PP., 6 maggio 1980, n. 13, in questa Rassegna, 1980, I, 862 ed ivi ulteriori richiami. Cass., S. U., 14 dicembre 1981, n. 6591, citata in motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1981, I, 884. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 469 detta area, nelle condizioni in cui si trovava prima delle concessioni, di natura demaniale essendo posta a :quota inferiore al livello delle piene ordinarie e facendo, pertanto, parte integrante dell'alveo del lago d'Iseo. In tale contesto, l'accenno, fatto 'dal consulente tecnico d'ufficio, alla passata esistenza di una spiaggia -riferita per altro, e inspiegabilmente, al livello normale dell'acqua inteso come livello non di piena ordinaria (sic: v. relazione, a pag. 23), spiaggia avente comunque, all'atto del rilascio delle due concessioni, idoneit a soddisfare esigenze di pubblico interesse :(siccome normalmente usata dai pescatori, che se ne servivano per tirare le barche all'asciutto, e dal pubblico, in genere, per scopo balneario), ma attualmente scomparsa in buona parte, per fenomeno di erosione, e priva, per mutamento della sua originaria morfologia, di alcuna specifica idoneit a soddisfare esigenze di pubblico interesse nei tratti di rpossibile affioramento dalle acque -non ha sicuramente rilevanza per il problema della natura demaniale dell'area in questione, risolto semplicemente in base all'accertamento della sua appartenenza all'alveo del lago. Parimenti, e per la medesima ragione, non hanno rilevanza, al suddetto fine, le affermazioni dell'impugnata sentenza formanti oggetto delle doglianze in esame. TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE PUBBLICHE, 30 novembre 1987, n. 89 - Pres. Cusani -Rei. Taddeucci -Soc. Sicildietetici (avv. Cevolotto) c. Amministrazione finanze (avv. Stato Carbone). Acque Acque pubbliche Competenza e giurisdizione Tribunali delle acque e tribunali ordinari Alveo fluviale colmato da colata lavica Controversia sulla demanialit -Competenza del tribunale delle acque pubbliche. (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). Acque Acque pubbliche Demanio idrico Alveo fluviale colmato dalla lava Passaggio al patrimonio disponibile. (cod. civ., artt. 822, 829, 946). Spetta alla competenza del Tribunale delle acque pubbliche la controversia sulla natura e l'appartenenza d'un alveo fluviale riempito da una colata lavica (1). (1-2) Questione nuova, a quanto consta, anche per i riflessi processuali. Di particolare interesse l'analisi svolta sulla diversa ratio sottesa alle singole regole in tema di c.d. accessioni fluviali, in base alla quale il Tribunale ha escluso la ravvisabilit di un unico criterio, fondato sulla origine naturale o artificiale dell'incremento di terra, per la risoluzione della controversia di propriet. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 470 N<:m sono applicabili le regole in tema di accessioni fluviali nel caso d'un alveo torrentizio invaso da colata lavica senza formazione d'un nuovo letto delle acque, dovendo invece risolversi la controversia sull'appartenenza dell'alveo per tal modo essiccato col riconoscimento del passaggio di questo alla categoria dei beni patrimoniali secondo il principio generale di cui all'art. 829 cod. civ. (2). 1. Con una prima censura la societ appellante -deducendo la violazione dell'art. 140 comma 1 lett. b) del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775 ed il difetto di competenza nel Tribunale regionale -sostiene ohe questo ultimo, una volta accertato che i terreni oggetto di concessione amministrativa non facevano pi parte del demanio idrico, avrebbe dovuto limitare la propria pronunzia a siffatta negativa declaratoria e rimettere al Tribunale civile di Catania ogni successiva decisione circa l'appartenenza del bene, se cio fosse passato al patrimonio dello Stato, oppure fosse stato acquisito in propriet dai privati proprietari dei fondi latistanti il non pi esistente corso d'acqua. La censura non pu essere condivisa ed invano a suo fondamento si invoca l'insegnamento della Suprema Corte regolatrice, secondo cui la controversia rientra nella competenza del giudice ordinario quando sia incontestato che il terreno conteso abbia cessato definitivamente di fare parte dell'alveo di un fiume e si disputi, quindi, esclusivamente circa l'appartenenza della zona riemersa (cfr. Cass. n. 2640 del 1969; n. 1894 del 1966; n. 108 del 11965). Al contrario, il proprium della questione, insorta incidentalmente e ritualmente devoluta alla cognizione del Tribunale regionale delle acque ai sensi dell'art. 140, comma 1, lett. b) del T.U. n. 1775 del 1933, in ragione dell'indagine tecnica che essa implicava, era appunto quello di stabilire a quale regime giuridico fosse soggetta una determinata zona di terreno, sostenendo l'Amministrazione convenuta che essa continuava a fare parte del demanio idrico, quale alveo fluviale essiccato e la societ ricorrente che essa spettava ai proprietari confinanti. Cos delineati i termini della controversia portata all'esame del giudice specializzato, non sostenibile che i poteri cognitivi di questo incontrassero limiti diversi a seconda che la questione fosse risolta nel senso propugnato dalla societ concessionaria oppure in senso a lei sfavorevole; cos come che i suoi poteri decisori fossero vincolati ad una scelta non eccedente l'alternativa fissata dalle contrapposte tesi prospettate dai contendenti. Nessuna esorbitanza dall'ambito delle proprie attribuzioni pu essere dunque rimproverata al Tribunale regionale allorch ha affermato PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBm.ICI .f71 che il suolo in questione -a seguito degli eventi naturali che lo avevano interessato -aveva perduto il carattere di bene del demanio idrico ed era passato, per sdemanializzazione, al patrimonio dello Stato. 2. -Con una seconda censura -impostata sulla violazione e falsa applicazione dell'art. 946 cod. civ. -la societ appellante si duole che il giudice di primo grado abbia escluso, nella fattispecie, l'applicabilit analogica o per via di interpretazione estensiva della norma sopracitata; sostiene che l'ipotesi legislativamente prevista, del fiume o torrente che si formi un nuovo letto abbandonando l'antico, sul piano logico equiparabile a quella (non prevista) dell'eliminazione di un corso d'acqua, per essere stato il suo alveo colmato da una colata lavica, senza corrispondente creazione di un nuovo letto; afferma che, in definitiva, la devoluzione o meno di parti dell'alveo ai proprietari conrfinanti con le due rive deriva dalla natura della derelictio del letto fluviale, dall'essere cio essa conseguente ad eventi naturali oppure all'intervento dell'opera dell'uomo. Anche queste censure non possono essere condivise. Considerazione basilare, che non va pretermessa, che secondo la concezione accolta dal legislatore (art. 427 del cod. Civ. del 1865 ed art. 822 del codice civile vigente) appartengono al demanio non solo le acque pubbliche ma anche i loro alvei, di modo che una volta divenuto asciutto il letto fluviale od in esso formatesi unione di terre, la perdita dell'attitudine del bene, cos trasformato a soddisfare usi di pubblico interesse, non comporta la perdita della propriet su esso da parte dell'ente titolare, ma soltanto il suo passaggio nel patrimonio disponibile dello stesso ente, secondo il generale principio posto dall'articolo 829 del cod. civ. vigente (come' dall'art. 429 di quello del 1865). Rispetto a detto generale principio (riaffermato da Cass. n. 5454 del 1980, nella motivazione) sarebbe vano sostenere che la materia delle cos dette accessioni fluviali {di cui agli articoli da 941 a 947 del codice civile) abbia ricevuto una disciplina speciale ed autonoma rispetto a quella dei beni pubblici, tale da impedirne l'applicabilit anche per i casi non espressamente previsti; ed ancor pi vano sarebbe ricercare il cardine di una tale, supposta, disciplina speciale ed autonoma nel disposto di cui all'art. 947 cod. civ. attribuendogli un'efficacia idonea e'd erigere a sistema la frammentaria regolamentazione delle ipotesi pre: viste dai precedenti art. 941, 942, 943, 944, 945 e 946. Non risulta, infatti sostenibile, ohe tutti i fenomeni di incrementi fluviali siano stati assoggettati ad una sorta di summa divisio, nel senso che essi diano luogo ad un accrescimento della propriet dei privati se di origine naturale, e ad una estesione della mano pubblica se di origine artificiale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 472 Ne costituisce conferma -anche sul piano dell'individuazione delle linee di tendenza dell'evoluzione legislativa -il primo comma dell'art. 945 cod. civ., che attribuisce al demanio pubblico, anche se di genesi spontanea e non provocata, le isole e le unioni di terre t:he si .formano nel letto dei fiumi e dei torrenti; 'Senza nemmeno distinguere se questi corsi d'acqua 'siano o meno navigabili od atti al trasporto (contrariamente a quanto previsto n~gli artt. 457 e 458 del codice civile del 1865). Il disposto di cui all'art. 947 cod. civ. assolve, invero, alla pi limitata funzione di contribuire a circoscrivere l'ambito di ap.Qlicabilit di regole varie dettate per le ipotesi in cui la modifica morfologica delle rive e degli alvei fluviali sia stata determinata natura fluminis o vi fluminis, ossia quando il mutamento della direzione o l'energia propria della massa idrica fluente, nel suo impatto con il territor'io, ne abbia provocato un nuovo assetto in senso naturistico, tale da giustificare di riflesso, sul piano giuridico, un riordinamento dei titoli di appartep.enza dominicale sulle terre emerse, avulse, distaccate od aggregate. L'individuazione delle regole che, secondo le diverse ipotesi naturi stiche previste, presiedono a tale riordinamento (regole in larga misura influenzate da tradizioni storiche) non si presenta agevole, ma tra di esse sembra consentito ravvisare e distinguere: a) quella dell'acquisto per accessione, in caso di accrescimenti successivi ed impercettibili dei fondi rivieraschi (art. 941 cod. civ.); b) quella de1 riconoscimento del preesistente titolo di propriet o per la sua conservazione (art. 945, II e III cod. civ.) o quanto meno per l'attribuzione di una indennit (art. 944 cod. civ.); e) quella Idi un tendenziale equilibrio tra la quantit dei terreni che la vis fluminis sottrae alla propriet dei privati e la quantit dei terreni che ad essi pu essere restituita (art. 942 e 946 cdd. civ.), pur nell'assenza di una identit tra i soggetti menomati ed i soggetti avvantaggiati da questa sorta di ridistribuzione compensatrice. Della quale sembra essere scopo ultimo quello di evitare un unilaterale, progressivo, illimitato accrescimento attraverso i tempi, della mano pubblica sulle terre interessate da mutevoli scorrimenti fluviali, con corrispondente, unilaterale progressivo ed illimitato depauperamento delle propriet private nel medesimo territorio. La suindicata funzione riequilibratrice risulta del resto chiaramente avvertita dal legislatore, laddove il meccanismo acquisitivo della propriet da parte dei confinanti rivieraschi ex art. 946 cod. civ. risulta espressamente condizionato non soltanto all'evento che il corso flu l"ARTB I, SBZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI viale abbia abbandonato il suo antico letto, ma prima ancora che esso se ne sia formato uno nuovo (cos in altro luogo incrementando il demanio fluviale): ed in assenza di quest'ultima cogente condizione viene meno la ragione in forza della quale la norma, per via di eccezione dettta, possa derogare al principio generale previsto dall'art. 829 cod. civ. Alla stregua delle considerazioni sin qui svolte, non sembra lecito dubitare dell'esattezza delle conclusioni indicate dal Tribunale regionale, allorch ha escluso che la societ ricorrente potesse invocare e regole disciplinanti le accessioni fluviali per contendere alla pubblica Amministrazione l'appartenenza del dominio sull'alveo torrentizio invaso dalla colata lavica. Ed invero, l'allegata modificazione morfologica dei luoghi, anzitutto non trova origine da eventi connessi con la vis fluminis, ma da cataclisma di tutt'altra natura atto ad incidere non solo sull'aspetto di beni compresi nel demanio fluviale, ma altres su beni appartenenti ad altra categoria demaniale o patrimoniale dello Stato. In secondo luogo veniva in evidenza il principio, indiscutibile, del carattere demaniale dell'alveo (cfr. Relazione al codice civile, n. 440) nonch la regola -che come si visto (cfr. supra, sub b) non estranea alla disciplina degli incrementi fluviali -del rispetto, ove possibile, dell'appartenenza dominicale anteriore all'immutazione dell'assetto idraulico-territoriale. In terzo luogo (e la tonsiderazione assume valore assorbente) la fattispecie esaminata non presentava quei presupposti 'di tendenziale riequilibrio tra acquisizione al demanio di nuove zone di terreno ed abbandono di altre (cfr. supra sub b) in mancanza dei quali il disposto di cui all'art. 946 cod. civ. si palesava inapplicabile!. L'impugnazione, in definitiva, deve essere rigettata. La peculiarit, per alcuni aspetti nuova, della vicenda induce a dichiarare la totale .compensazione delle spese attinenti al presente grado di giudizio. SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Sez. II penale, 26 ml;lrzo 1987 .. 3705 -Pres. Salvatori -Rel. Saulino -Regione Siciliana parte civile 1(avv. Stato Bruni). Reato -Reato di deviazione di acque (art. 632 cod. pen.) -Oggetto della tutela penale. Reato -Reato di deviazione di acque (art. 632 cod. pen.) e reato di furto di acque Elementi distintivi. Impugnazioni penali Ricorso per cassazione Deduzione di errata interpretazione di legge ai fini del prosciogllmento con formula ampia ai sensi dell'art. 152 cod. proc. pen. pur in presenza di causa estintiva Ammissibilit Annullamento senza rinvio della sentenza impugnata Ammissibilit. Reafo -Reato di omissione di atti di ufficio Interpretazione della norma di cui all'art. 328 cod. pen. Le acque tutelate dalla norma di cui all'art. 632 cod. pen. sono le sorgenti ed i corsi idrici, siano essi pubblici o privati, che l'art. 812 cod. civ. annovera tra le cose immobili, di guisa che l~ acque separate dalla massa che perennemente o stagionalmente si rinnova, non possono pi considerarsi immobili ed ,essere pi garantite dal disposto di cui al surrichiamato articolo, perch l'azione del deviare si realizza attraverso la modifiaa o lo spostamento del deflusso normale. La linea di demarcazione tra il reato di deviazione di acque ed il reato di furto di acque data dal fatto che mentre la prima necessariamente implica la totale sottrazio~ delle acque alla loro naturale destinazione, in modo permanente od anche soltanto saltuario, ma sempre con l'immut,azione dello stato di possesso riguardo a coloro che ne siano comunque gli utenti legittimi, il reato di furto si realizza allorquando solo una porzione della massa d'acqua sia sottratta all'avente diritto. Qualora~ in sede di ricorso per cass.azion~, venga dedotta errata interpretazione di legge ai fini d.el prosioglimento con formula ampia ai s~nsi dell'art. 152 cod. proc. pen. pur in presenza di causa estintiva del reato, il S.C. pu, qualora ritenga fondata la censura, annullare senza rinvio la sentenza impugnata, div.ersamente da quanto invece si verifica, ! PARTB I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENAIJI dovendosi applicare una qualsiasi causa estintiva, allorquando si verte in materia di difetto di motivazione o travisamento di fatto che importerebbero, necessariamente, il rinvio degli atti al giudice di merito, rinvio non attuabile per effetto della obbligatoriet della immediata declaratoria della causa estintiva. Ai fini della sussistenza del delitto di cui all'art. 328 cod. pen., il giudice deve precisare il contenuto del dovere imposto al p.v. e degli obblighi conseguenti, e deve :anche tenere conto dei limiti di discrezionalit amministrativa e tecnica circa le modalit di intervento, con una valutazione che non pu sottrarsi all'individuazione di altri dov.eri, alla ricerca dei mezzi legislativi disponibili per l'attuazione ed all'accertamento di disponibilit di pers.one e mezzi per la dOncreta realizzazione. (omissis) Cucinella Anna, Ruffino Salvatore, Cusumano Giuseppe, Musso Giuseppe, La Fata Vincenzo, Sciarrino Matteo, venivano tratti al giudizio del Pretore cli Carini per rispondere, nella loro qualit di responsabili della societ di ricerche idriche S.O.R.I. operante in loco, di deviazione dal sottosuolo, senza titolo alcuno, di acque pubbliche, della contravvenzione di omessa installazione di strumenti idonei alla misurazione della portata delle acque prelevate e cli mancata denunzia alle autorit competenti, nonch del furto di acque, ininterrottamente, dall'anno 1970; gli altri, invece, per avere, ciascuno nella rispettiva qualit di sindaco pro tempore del comune di Carini, indebitamente omesso di adottare, a far data dal 1980, le iniziative e le procedure idonee ad integrare le dotazioni idriche del comune, cos incorrendo nella violazione dell'art. 328 c.p. e con sentenza in data 16 luglio 1982, mentre la Cucinella ed il Ruffino venivano riconosciuti colpevoli dei reati loro ascritti, unificati nel vincolo della continuazione, lo Sciarrino veniva assolto per insufficienza di prove e gli altri usufruivano dell'amnistia di cui al d.P.R. 744/1981. Il Tribunale di Palermo, giudicando in sede di appello, annullava la sentenza nei confronti dei primi due limitatamente al delitto di furto stante l'incompetenza del Pretore a giudicare per un delitto di furto aggravato, con rimessione degli atti al locale Procuratore della Repubblica, confermando nel resto. Proponevano tutti gli imputati ricorso per cassazione deducendo Cucinella e Ru:Efino la nullit della sentenza per omessa applicazione dei principi giuridici regolatori della complessa materia, atteso che la prosecuzione dell'attivit era stata coattivamente imposta dall'autorit perch fosse mantenuta operante la fornitura dell'acqua ai vari utenti; per non aver dato alcuna risposta, giuridica e di fatto, ai vari quesiti e soprattutto a quello che, data la eccezionalit del diritto di privativa, possono essere assunti da parte dei Comuni, in regime di monopolio, solo alcuni servizi, dai quali sono esclusi quelli relativi agli acquedotti, 476 che possono di conseguenza essere gestiti anche privatamente; che la ricerca delle falde idriche era stata eseguita in base a regolare autorizzazione del Genio Civile in data 16 ottobre 1974 cos come identica autorizzazione era stata rilasciata per la immissione dell'acqua nell'acquedotto privato cosicch l'acqua in questione era stata considerata, a far data dal marzo 1978, sempre acqua privata; che non esiste reato allorch si usufruisca di acqua gi legittimamente goduta per concessioni amministrative scadute e non rinnovate; che cen~urabile la ritenuta aggravante dell'art. 61 n. 2 c.p. per la inconciliabilit tra il reato di cui all'art. 632 e quello di furto di acque essendo queste considerate bene immobile ex art. 812 c.p.; che non vi motivazione alcuna in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Gli altri imputati deducendo, invece, la mancata assoluzione per insussistenza del fatto perch l'elemento materiale del reato ascritto si concretizza nell'omissione, rifiuto o ritardo di adottare i provvedimenti che il P. U. sia obbligato a compiere per legge o per ordine dell'autorit ma sempre necessario dovere accertare quali provvedimenti doverosi si sia omesso di applicare, di talch la mancata assunzione di iniziative o proposte la cui attuazione rimessa all~ volont di altri organi, cosa ben diversa dalla omissione degli atti di ufficio di cui all'art. 328 c.p.; che comunque l'ipotesi assolutoria era individuabile anche sotto il profilo del fatto non costituente reato perch il mancato avvio della procedura diretta alla municipalizzazione della S.O.R.I. non concretizza l'ipotesi criminosa contestata, nessuna disposizione di legge imponendo alla P. A. il ricorso alla procedura espropriativa; in particolare lo Scarrino denunziando la diversa valutazione della posizione ed il brevissimo lasso di tempo nel quale la sua attivit di Sindaco si era svolta. Va preliminarmente-rilevata la prescrizione della contravvenzione contestata alla Cucinella ed al Ruffino per la decorrenza del termine di tre anni - prevista la sola pena dell'ammenda -dal 16 luglio 1982, data della pronunzia della sentenza di primo grado che fissava la cessazione della permanenza. La sentenza va pertanto annullata sul punto, senza rinvio, per effetto della cennata causa estintiva. Vi precisa violazione di legge con riferimento alla riconosciuta responsabilit degli imputati del delitto di cui all'art. 632 c.p., perch il fatto contestato non sussiste. E ci lo si ricava dalla impostazione del problema data con la sentenza impugnata e con le valutazioni in essa svolte in ordine alla norma ascritta. Essa presiede alla tutela della inviolabilit del patrimonio immobiliare e si riferisce, per il caso di specie, alla ipotesi della deviazione di acque attraverso una condotta che si concretizza in una azione illecita sul patrimonio altrui. Le acque tutelate dalla norma sono le sorgenti ed i corsi idrici, siano essi pubblici o privati, che l'art. 812 e.e. annovera tra le cose immobili, di guisa che le acque separate dalla f ! ~ I f I 'WNum..-.,;.,.,.mmmr.-..-..-.cr.-.m.-.ff'N'.-.ᥥ.,aǥ""'""'""''"/ᥥᥥ, '.'.''.'.'.'.'.'.'.'.'.'.,'.-'.'.'.'.'.'.'.'.'.-'.'.,'.'.'.'.'.,'.'.'.'.'.''.''.'.'.'.'.'.'.:::'.'.'.'.'.''.'.'.'.'.'.'.''.''.'.'.C,'.'.'./J PARTE I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PBNALB massa che perennemente o stagionalmente si rinnova, non possono pm considerarsi immobili ed essere pi garantite dal disposto di cui al surrichiamato articolo, perch l'azione del deviare si realizza attraverso la modifica o lo spostamento del deflusso normale, mentre per il caso che interessa non pu trovarsi adeguata soluzione nell'ipotesi legislativa richiamata atteso che l'estrazione con pompe od altri mezzi meccanici pu, semmai, integrare gli estremi del furto quando non sia consentita da leggi o da regolamenti o non sussistano particolari scriminanti. In concreto occorre fare distinzione tra l'atto di deviazione di una intera massa liquida in continuo rinnovamento, come, ad esempio, la alterazione del letto di un fiume e quello di prelievo di parte di tale massa che; conseguentemente, perde il requisito del carattere immobiliare, dal momento che manca il totale mutamento dello stato di possesso delle acque, attaverso l'immissione in un corso, diverso da quello proprio, legato a ragioni naturali e giuridiche. In sostanza bisogna addivenire ad up.a precisa distinzione nel senso che l'ipotesi del reato contestato ravvisabile solo quando l'intero complesso delle acque oggetto della tutela penale sia sottoposto alla deviazione, mentre pu individuarsi il delitto di furto allorquando il prelievo concerna una sola porzione o quantit dell'acqua mobilizzata mediante il parziale distacco dalla massa complessiva, senza una sostanziale variazione dello stato dell'intero corpo idrico da quello preesistente. In tal senso la costante giurisprudenza di questa Corte nella uniforme interpretazione della richiamata norma allorquando ha chiarito che essa si applica in presenza della modifica, comunque ottenuta, dell'equilibrio idrico di un corso di acqua, incluse le acque stagnanti, mediante la costruzione di argini. !n concreto la linea di demarcazione tra le due ipotesi delittuose data dal fatto che mentre la deviazione di acque necessariamente implica la loro totale sottrazione alla naturale destinazione, in modo permanente od anche soltanto saltuario, ma sempre con l'immutazione dello stato di possesso riguardo a coloro che ne siano comunque gli utenti legittimi, il reato di furto si realizza allorquando solo una porzione della massa d'acqua sia sottratta all'avente diritto. Questo secondo caso quello pi aderente alla situazione in esame, giusta le argomentazioni sviluppate dai giudici di merito, di guisa che, alla luce delle rilevate osservazioni, devesi pervenire all'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per violazione di legge in ordine alla contestazione di cui all'art. 632 c.p. perch il fatto non sussiste. N pu questa Corte assorbire nel presente caso anche la tratta zione della parte concernente il delitto di furto giudicato dal pretore ed in ordine al quale il giudice di appello ha annullato, con rimessione degli atti al P. M., ravvisando l'incompetenza per materia del primo giu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dice essendo, secondo la legge dell'epoca, il delitto aggravato e quindi sottratto al giudizio del pretore. L'argomento non pu essere sottoposto al giudizio di questa Corte proprio per questioni procedurali di incompetenza per effetto delle quali la trattazione relativ~ stata sottratta al giudice di seconde cure ed pertanto mancata l'intera indagine in relazione al fatto ed alle eventuali scriminanti. Tutti gli altri motivi di gravame, tranne quelli relativi alla violazione dell'art. 328 c.p., sono conseguentemente assorbiti nella svolta valutazione. L'annullamento senza rinvio si impone anche per quel che concerne l'addebito di omissione e rifiuto di atti di ufficio contestato agli altri imputati nella loro qualit di sindaci pro tempore del comune di Carini. La Corte, sempre alla luce delle argomentazioni svolte dai giudici di merito, rileva che anche in questo caso ricorre l'ipotesi di cui all'art. 152 c.c.p. e che, di conseguenza, anche per questa specifica situazione si debba giungere all'annullamento perch il fatto non costituisce reato comprendendo, nel novero degli imputati, anche lo Sciarrino per il quale vi analogia di condizioni con quella degli altri, pur se la decisione del primo giudice stata diversa per ovvi motivi temporali che avevano precluso la possibilit dell'applicazione dell'amnistia. La norma di cui all'art. 328 c.p. ha per presupposto l'obbligo giuridico di compiere un atto per garantire il normale funzionamento della P. A. contro la inattivit o la mancanza di solerzia di pubblici dipendenti nell'adempimento delle relative attribuzioni, con la cosciente volont di sottrarsi indebitamente e cio nonostante la inesistenza di un motivo legittimo, al compimento di un determinato atto. Il riferimento attiene all'omessa esecuzione di un atto di ufficio o servizio imposto dal superiore gerarchico o dalla legge o richiesto dal privato e l'omissione si realizza con un contegno negativo, nel non fare, cio, quanto si obbligati a fare. L'atto deve rientrare nella competenza funzionale del P. U. o dell'incaricato, deve cio essere obbligatorio e l'obbligo deve risultare dalla legge, dalla natura dell'ufficio e dall'ordine dell'autorit. In concreto l'atto deve essere doveroso e quindi vincolato, altrimenti si cade nella discrezionalit, tecnica od amministrativa, di guisa viene meno la natura specifica e di per s obbligatoria dell'atto. Con tale premessa, svolta ai fini dell'inquadramento del problema per una corretta applicazione della norma in esame, si pu agevolmente individuare l'oggetto della presunta violazione che non di per s un atto specificamente delineato ed individuato, ma, secondo la contestazione, si identifica nella trascurata iniziativa di promuovere idonea procedura diretta ad integrare la dotazone idrica del comune di Carini onde renderla sufficiente per l'approvvigionamento di tutto il comprensorio del comune stesso. Non pu non rilevarsi a questo proposito che la mancata , i ! ! I I PARTE I, SBZ. VXU, GIURISPRUDBNZA PENALB 419 assunzione di iniziative non ha nulla a che fare con la omissione degli atti di ufficio nel senso richiesto dall'art. 328 c.p. Il giudice di merito ha esaminato le circostanze che avevano reso irrealizzabile una rapida procedura protesa a consentire la gestione diretta del servizio idrico comunale in attuazione della norma -peraltro generica -dell'art. 6 legge 319/1976 (cosiddetta Merli) e le asserzioni della motivazione sono del tutto inconferenti ai fini specifici. Non pu il giudice di merito, dopo avere genericamente richiamato l'atto omesso, trascurare di indicarlo nelle sue reali dimensioni anche ai fini di una esatta individuazione n, a maggior ragione, pu scrivere che l'omissione sarebbe consistita nella mancata istituzione di una azienda municipalizzata, senza porsi seriamente il problema del funzionamento e della gestione, consapevole del fatto che la soluzione suggerita, quella di reperire i fondi necessari con le sanzioni pecuniarie provenienti dalle violazioni edilizie era del tutto inattuabile dal momento che quei proventi hanno una precisa destinazione gi predisposta per legge e cio la realizzazione di opere di urbanizzazione, non potendo essere utilizzate per altri fini. N poteva essere censurato il mancato avvio della procedura protesa alla municipalizzazione della Sori in quanto tale inadempimento non realizza l'ipotesi criminosa contestata atteso ohe, secondo la legge 2359/1865, l'espropriazione degli immobili e dei relativi diritti pu essere disposta solo con la emissione di una apposita disposizione legislativa. E tanto meno pu ravvisarsi la violazione di legge nella mancata attuazione di un provvedimento di requisizione degli impianti in questione, perch era carente il presupposto della grave necessit e perch il Sindaco, secondo la costante decis_ione del Consiglio di Stato, non pu emanare atti di requisizione, fatti salvi i casi in cui l'emergenza sia tale da non consentire l'intervento del Prefetto. :a vero che sopravvenuta la legge Merli nel cui articolo 6 sancito che i servizi pubblici di acquedotto... sono gestiti dai Comuni , ma la legge non fissa altri criteri direttivi per l'attuazione di tale principio e soprattutto nei casi di gestione da parte di privati, per cui diviene problematico stabilire in qual modo possa operare il passaggio da una gestione privata a quella pubblica in assenza di uno specifico strumento legislativo, tanto pi, poi, che tale passaggio stato sempre realizzato con il ricorso a provvedimenti legislativi speciali (vedi Enel). Ove si aggiunga a tutto questo che i giudici di merito, partendo da una considerazione altrettanto generica, non hanno saputo indicare gli atti specifici che gli imputati avrebbero dovuto adottare, si potr agevolmente concludere che vi , nel caso di specie, una evidente, errata interpretazione di legge che consente alla Corte di Cassazione di esami --ᥥᥥ-..,-..-c.r.r..r.r,.,r...r..,,,..:...r...,,,...,:.:;>..,:.Z RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO nare il punto controverso, al pari di quanto gi avvenuto in relazione all'art. 632 c.p., alla luce della norma di. cui all'art. 152 c.p.p. e procedere ad un annullamento senza rinvio, diversamente da quanto invece si verifica, dovendosi applicare una qualsiasi causa estintiva, allorquando si verte in materia di difetto di motivazione o travisamento di fatto che importerebbero, necessariamente, il rinvio degli atti al giudice di merito per omesso esame, rinvio non attuabile per effetto della obbligatoriet della pronuncia immediata in presenza delle cennate cause estintive. Per lo Sciarrino, la cui posizione, come premesso, analoga a quella degli altri imputati, soccorre l'ulteriore considerazione che, tenuto conto del brevissimo lasso di tempo entro il quale l'omissione sarebbe stata realizzata, l'imputato comunque, ove anche vi fosse stato tenuto in presenza di un precis obbligo di comportamento, non avrebbe potuto, a norma degli ordinamenti regionali per gli enti locali, compiere atti costituenti spese che nell'esercizio finanziario non erano comprese per mancanza di adeguata previsione da parte della precedente amministrazione nel relativo bilancio. In concreto, ai fini della sussistenza del delitto di cui all'art. 328 c.p., il giudice deve precisare il contenuto del dovere imposto al P. U. e degli obblighi conseguenti e deve anche tenere conto dei limiti di discrezionalit amministrativa e tecnica circa le modalit di intervento, con una valutazione che non pu sottrarsi alla individuazione di altri doveri, alla ricerca dei mezzi legislativi disponibili p~r l'attuazione ed all'accertamento di disponibilit di persone e mezzi per la concreta realizzazione. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, sez. Ili, 1 luglio 1987, n. 7987 - Pres. Garella -Est. Ceci -Rie. Della Volpe ed altri -Parte civile Ministero del tesoro {avv. Stato Bruni). Reato -Reato valutarlo -Art. 1 dJ. 4 marzo 1976 n. 31 conv. in I. 30 aprile 1976 n. 159 e succ. mod. Illegale esportazione di valuta Danno risarcibile: quello alla economia nazionale. La norma penale che reprime l'illecita esportazione di valuta non tutela il bene giuridico della entrata fiscale, bens il danno che all'economia nazionale pu derivaPe dalla mancata possibilit, per la Pubblica Amministrazione, di gestire adeguatamente la bilancia dei pagamenti e di esercitare l'intervento sul corso dei cambi. (omissis) Va, preliminarmente, considerato che la no~a dell'art. 2 1. 26 settembre 1986, n. 599 sulla revisione della legislazione valutaria ha r I f I ! i i PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALB 481 sostituito l'art. 1 d.l. 4 marzo 1976 n. 31 conv. in legge 30 aprile 1976 n. 159 e succ. modif., ridefinendo i reati di illegale esportazione e di illegale costituzione all'estero di valuta, avendo riguardo all'entit del fatto che, perch costituisca reato deve eccedere, nel caso di un triennio, con una o pi azioni, la somma complessiva di L. 100 milioni. Tale favorevole e quindi, immediatamente applicabile disposizione va fatta valere, con esclusione dei ricorrenti Salis e Fratini, nei confronti di tutti gli altri ricorrenti, compresa la Montgomery a motivo dell'effetto estensivo dei motivi dell'impugnazione ai sensi dell'art. 203 c.p.p., posto che per nessuno di essi la riconosciuta esportazione illegale di valuta eccede l'importo stabilito come soglia minimale del reato dalla nuova disciplina. Per essi, pertanto, la sentenza gravata deve essere annullata senza rinvio perch il fatto non pervenuto dalla legge come reato, disponendosi dosi per effetto della nuova legge che copia della presente sentenza sia trasmessa all'Uffico Italiano Cambi ed il sequestro degli assegni sia mantenuto a garanzia del pagamento delle senzioni amministrative. Rimane da esaminare la posizione dei due suindicati imputati responsabili della esportazione illegale di valuta, rispettivamente, per L. 200 milioni e L. 187.000.000. Devesi, anzitutto rilevare che in base all'art. 8 l. 26 settembre 1986 n. 599, modificativo del disposto dell'art. 8 l. 159/76, le sanzioni di carattere amministrativo non siano pi applicabili dal giudice penale come pene accessorie; sicch per il Salis e il Fratini la sentenza va annullata senza rinvio limitatamente alla sanzione amministrativa che deve essere eliminata. Ci premesso vanno considerate prive di fondamento le censure sollevate dai predetti ricorrenti circa l'affermata responsabilit del reato; a giudizio della Corte essa stata ritenuta sul presupposto che tutte le somme affluite sui conti bancari intestati al sig. Alberto Ortelli siano state trasferite all'estero a beneficio di coloro, tra cui gli odierni imputati, che risultavano avere emesso assegni bancari a favore dell'Ortelli, la cui deposizione non ha offerto altro riscontro giustificativo della riscossione delle somme portate dai vari titoli. Trattasi di valutazione della prova logicamente ineccepibile, contro la quale si infrange l'assunto difensivo del Salis, del tutto indimostrato, della consegna di assegni a persone sconosciute, incontrate in una notte brava con le quali aveva contratto debiti di giuoco per L. 200.000.000; cos come, secondo l'apprezzamento incensurabile della Corte, non provata deve ritenersi la dedotta estromissione dalla impresa familiare ed irrilevante la conseguenza che se ne voleva desumere, avendo il Salis mantenuto il potere di firmare gli assegni e la iscrizione nei libri contabili della Societ. N maggiore credito riveste l'accusa del Fratini di scarsa attendibilit della deposizione dell'Ortelli; 'non esiste alcuna pregiudizialit tecnico-giuridica del giudizio, .....-.-.-.....-.-.-:..-....r...J>............:.:.::-:z:.-::.-:-:.-::.-:z-::::.-: ...-.-.-.-..-.-.-.-.-.............:..zz::::-:.-::::z.-:-x.-:-:.; 482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel quale fu resa la suddetta deposizione, rispetto a quello in esame e non appare necessario il formarsi del giudicato del primo per consentire al giudice di merito di utilizzare tale prova per la formazione del proprio convincimento; n pu accogliersi la doglianza per non avere il Fratini potuto avvalersi della definizione amministrativa; trattasi, anzitutto, di questione improponibile in questa sede non avendo formato oggetto dei motivi di appello e manifestamente infondata, del resto, solo a considerare che l'oblazione condizionata a modi e termini assolutamente non invocabili dal ricorrente. Entrambi gli imputati censurano, infine, la sentenza sul punto concernente la pronunciata liquidazione equitativa dal danno erariale; questo stato dalla Corte milanese identificato nella sottrazione di reddito imponibile al prelievo fiscale sul presupposto che ogni capitale produce un reddito e non potendosi questo determinare per i diversi anni in relazione alle somme esportate all'estero, veniva equitativamente liquidato nella misura pari all'ammontare di ciascuna infrazione contestata, vale a dire nell'importo di L. 200 milioni per il Salis e di L. 187 milioni per il Fratini. Si sostiene dalla parte civile che, a motivo della difficolt di provare il danno, in re ipsa nell'illecito valutario, doveva ritenersi legittimo il ricorso alla liquidazione equitativa che non risulta vincolata ad alcun metodo e non censurabile in cassazione. Ci, tuttavia, non esime la Corte dal sindacare la correttezza, logica e giuridica, della motivazione adottata sul criterio prescelto a parametro del danno risarcibile; appare, in proposito, esatta l'affermazione dei ricorrenti che la norma che reprime l'illecita esportazione di valuta non tutela il bene giuridico dell'entrata fiscale, per imposizione sul reddito imponibile del cittadino, bens il danno che all'economia nazionale pu derivare dalla mancata possibilit, per la Pubblica Amministrazione, di gestire adeguatamente la bilancia dei pagamenti e di esercitare l'intervento sul corso dei cambi. Il diverso e contestabile criterio di valutazione del danno apoditticamente affermato dalla Corte con semplicistica identificazione del danno, certamente risarcibile, con il mancato reddito imponibile sui capitali esportati, nel periodo contestato tra il 1976 ed il 1978, e con la immotivata determinazione di tale imponderabile fattore reddituale nella stessa e rilevante misura della somma illecitamente esportata. Tale pronuncia del giudice di appello va censurata sotto il profilo del difetto di motivazione, risultando del tutto insufficiente l'esame degli elementi di apprezzamento offerti dagli imputati appellanti e, pertanto, acritica l'adesione immotivatamente prestata alla decisione, sul punto, emessa dal primo giudice. In relazione a tale capo, la sentenza va annullata con rinvio, per nuovo esame sul quantum,. del danno, ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano. PARTB I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Il rigetto dei ricorsi proposti da Salis e Fratini, nel resto, comporta la loro condanna, in solido, alla rifusione delle spese a favore della costituita parte civile, da essa sostenute, e di quelle prenotate e prenotande a debito, essendosi opposta, vittoriosamente, ai mezzi di annullamento della pronuncia di responsabilit di entrambi i ricorrenti. f I ~ ~ I ~ I i i i I I ~ I I l l I l ! PARTE SECONDA \ ~ f: I' f <'"'''"''"""'""'"""""'"''-"""'"'-""'"".".'.'."...N..."..'."....-..-..-...-..-.-..-....-..-.,._._._._..._._._.,,.,......'.".'.".'.'.".'.'.'NN.'...-..-.-...".'.".'."."H.'.".'.'.'..".N.".'.".'."."."..-.-....-.-..."...-.........-.-..-...'.".'.'N.'.'.".".'.''''''-'.".'.'.'.".'."."..".'.".'.".".'....-..,..w..wmJ RASSEGNA DI DOTTRINA Tra i provvedimenti normativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale nei mesi maggio-giugno 1987, si segnalano: MAGGIO D. L. 2 maggio 1987 n. 167 -Provvedimenti urgenti per la finanza locale; D. 9 marza 1987 n. 173 -Approvazione del capitolato tipo per la for nitura di prodotti cartari; D. L. 8 maggio 1987 n. 177 -Interventi urgenti in materia di operadi difesa del suolo; D. L. 8 maggio 1987 n. 187 -Modifiche alla legge 28 febbraio 1985 n. 47, concernente norme in materia di controllo dell'attivit urbanistica- edilizia sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive; D. L. 8 maggio 1987 n. 179 -Norme in materia di produzione e commercializzazione dei prodotti vitinicoli, nonch sanzioni per l'inosservanza di regolamenti comunitari in materia agricola; Legge 16 aprile 1987 n. 183 -Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alla comunit Europea ed adeguamentodell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari; D. L. 18 maggio 1987 -Misure urgenti per la disciplina e la decongestione del traffico urbano e per la sicurezza stradale; D. L. 25 maggio 1987 n. 206 -Norme in materia di locazione di immobili ad uso non abitativo, di alloggi di edilizia agevolata e di prestitiemessi dalle F.S. nonch interventi per il settore distributivo. GIUGNO D.P.C.M. 18 aprile 1987 -Delega al Ministro per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno ad esercitare le attivit di cui al primo comma dell'art. 9 del decreto legge 27 febbraio 1982 n. 57, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 1982 n. 187, ivi compresi i poteri sostitutivi previsti dalla legge 14 maggio 1981 n. 219; D. L. 1 giugno 1987 n. 210 \,.. Applicazione dell'art. 10 della legge15 aprile 1985 n. 140 ai fondi di previdenza gestiti dall'I.N.P.S.; D. L. 1 giugno 1987 n. 211 -Norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti all'estero nei Paesi extracomunitari; D. L. 1 giugno 1987 n. 212 -Norme urgenti in materia di agevolazioni della produzione industriale delle piccole e medie imprese e di rifinanziamento degli interventi di politica mineraria; D. L. 2 giugno 1987 n. 214 -Interventi in materia di riforma del processo penale; ' D. L. 3 giugno 1987 n. 215 -Misure urgenti per il personale delle scuole; D.P.R. 10 aprile 1987 n. 209 -Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'acco:rdo del 9 febbraio 1987 relativo al personale del comparto scuola; 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO D.P.R. 24 dicembre 1986 n. 110 -Decentramento ai provveditori agli studi delle competenze in materia di nomine dei presidenti de~li esami di licenza media nelle scuole medie annesse ai conservatori di musica e agli istituti statali d'arte; D. L. 8 giugno 1987 n. 220 -Disciplina temporanea dei corsi perl'accesso ai ruoli della Polizia di Stato e provvedimenti urgenti a favore del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; D. L. 8 giugno 1987 n. 221 -Disposizioni urgenti per la revisione delle aliquote dell'imposta sugli spettacoli per i settori sportivo e cinematografico, per assicurare la continuit della riscossione delle impostedirette e dell'attivit di alcuni uffici finanziari, per il rilascio dello scontrino fiscale, nonch norme per il differimento di termini in materia tributaria; D. L. 8 giugno 1987 n. 222 -Intervento a sostegno dei concorsi peril commercio estero costituiti tra '.J?iccole e medie imprese industriali, commerciali e artigiane, nonch dei concorsi e delle societ consortili di garanzia collettiva fidi; Ministero del Tesoro -Conto riassuntivo del Tesoro al 30 aprile1987 -Situazione del bilancio dello Stato e situazione della Banca d'Italia; D. L. 27 giugno 1987 n. 242 -Proroga dei termini per la regolarizzazione dei lavoratori stranieri clandestini extracomunitari; D. L. 27 giugno 187 n. 244 -Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno ed interventi per settori in crisi. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI disposizioni preUminarl al codice civile, art. 20, primo comma, nella parte in cui, con riferimento all'ipotesi che siano noti entrambi i genitori e manchi una legge nazionale ad essi comune, sancisce la prevalenza della legge nazionale del padre. Sentenza 10 dicembre 1987, n. 477, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. codice di procedura penale, art. 579, primo comma, nella parte in cui, riferendosi al ricorso del pubblico ministero, dispone: Tale ricorso non notificato all'interessato . Sentenza 17 dicembre 1987, n. 519, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 7 luglio 1901, n. 283, art. 6, lett. a), nonch lett. b), in riferimento alla precedente lett. a). Sentenza 28 maggio 1987, n. 202, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. r.d 20 settembre 1922, n. 1316, art. 15, ultima parte. Sentenza 28 maggio 1987, n. 202, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. r.dJ. 27 maggio 1923, n. 1324, art. 12' (convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473), nella parte in cui non prevede la pignorabilit per crediti alimentari delle pensioni corrisposte ai notai dalla Cassa nazionale del notariato negli stessi limiti stabiliti dall'art. 2, n. 1, del d.P .R. 5 gennaio 1950, n. 180. Sentenza 13 maggio 1987, n. 155, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. r.d 6 settembre 1923, n. 1920, art. 2. Sentenza 28 maggio 1987, n. 202, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. r.dJ. 23 luglio 1925, n. 1605, art. 3, secondo comma; in quanto prescrive che non si fa luogo alla concessione dell'assegno previsto dal primo comma dello stesso articolo, in caso di provvedimenti di dispensa dovuti a colpa dell'interessato. Sentenza 15 maggio 1987, n. 169, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. r.dJ. 13 agosto 1926, n 1459, art. 1. Sentenza 28 maggio 1987, n. 202, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 28 giugno 1928, n. 1415, artt. 1 e 3. Sentenza 28 maggio 1987, n. 202, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 giugno 1929, n. 1085, art. 1, nella parte in cui fa divieto d'esposizione in pubblico di bandiere estere, consentendo l'esposizione delle medesime soltanto quando sia stata preventivamente autorizzata dalle autorit politiche locali. Sentenza 25 maggio 1987, n. 189, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 24 giugno 1929, n. 1085, art. 3, nella parte in cui prevede la sanzione penale per la trasgressione al divieto d'esposizione in pubblico, senza autorizzazione delle autorit politiche locali, di bandiere estere. Sentenza 25 maggio 1987, n. 189, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 22 giugno 1933, n. 851, art. 16, primo comma. Sentenza 17 giugno 1987, n. 226, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 329, primo comma. Sentenza 17 giugno 1987, n. 226, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 2, secondo comma, parte seconda. Sentenza 17 giugno 1987, n. 226, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. 'r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209, secondo comma, applicato all'ammi nistrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi in virt dell'art. 1, quinto comma, legge 3 aprile 1979, n. 95 di conversione del dl. 30 gennaio 1979, n. 26, nella parte in cui non prevede che l'imprenditore individuale o gli amministratori della societ o della persona giuridica soggetti ad amministrazione straordinaria siano sentiti dal commissario con riferimento alla formazione dell'elenco indicato nello stesso art. 209 legge fallimentare. Sentenza 22 maggio 1987, n. 181, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. dJ.l. 18 gennaio 1945, n. 39, art. 1, nel testo sostituito dall'art. 7 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e riprodotto nell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in ui esclude dalla erogazione della pensione di riversibilit il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato. Sentenza 28 luglio 1987, n. 286, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. dJ.C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 18, !nella parte in cui nega agli insegnanti supplenti delle scuole statali con nomina annuale il diritto a percepire l'indennit di fine rapporto prevista dall'art. 9 dello stesso d.l.C.P..S n. 207 del 1947. Sentenza 17 dicembre 1987, n. 518, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 10 agosto 1950, n. 648, artt. 10, primo comma, e 22, nella parte in cui non prevedono un trattamento pensionistico di guerra che indennizzi i danni anche non patrimoniali patiti dalle vittime di violenze carnali consumate in occasione di fatti bellici. Sentenza 18 dicembre 1987, n. 561, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. I i l . . I PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 89, ultimo comma e 140, ultimo comma, nella parte in cui non prevedono che dall'imponibile da assoggettare ad imposta vada detratta anche una somma pari alla percentuale dell'indennit di buonuscita corrispondente al rapporto esistente alla data del collocamento a riposo tra il contributo del 2,50% posto a carico del pubblico dipendente e l'aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato al Fondo di previdenza dell'E.N.P.A.S. Sentenza 19 novembre 1987, n. 400, G. U. 25 novembr 1987, n. 49. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 106, primo comma, nella parte in cui prevede l'assoggettamento ad imposta di ricchezza mobile delle plusvalenze e sopravvenienze attive di , societ tassabili in base a bilancio non esercenti attivit commerciali. Sentenza 28 maggio 1987, n. 200, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. T.U. approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 198, secondo comma, nella parte in cui non comprende nello sgravio ivi previsto la maggiorazione d'imposta per prolungata rateazione. Sentenza 28 maggio 1987, n. 205, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 28 febbraio 1958, n. 55, art. 9, primo comma, ;'nella parte in cui non prevede che, agli effetti del precedente art. 7, siano considerati periodi di servizio militare anche quelli prestati come militarizzati da dipendenti di aziende private. Sentenza 23 dicembre 1987, n. 575, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. legge 2 aprile 1958, n. 377, art. 27, terzo comma, nella parte in cui equiparato ad interruzione il passaggio dalla contribuzione volontaria a quella obbligatoria. Sentenza 23 dicembre 1987, n. 574, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. decreto presidente regione siciliana 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, n. 7, nella parte in cui prevede come causa di ineleggibilit . alla carica di Consigliere comunale, anzich di incompatibilit, la situazione di coloro che hanno parte in servizi nell'interesse del (:omune. Sentenza 3 dicembre 1987, n. 432, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 26 luglio 1961, n. 709, art. 58, nella parte in cui non prevedeva che anche gli agenti di P. S. potessero conseguire la pensione al compimento di quindici anni di servizio se dispensati dal servizio di autorit, o rimossi dal grado o cessati comunque dal servizio per effetto di condanna penale. Sentenza 13 maggio 1987, n. 154, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. legge 18 agosto 1962, n. 1357, art. 23, quarto comma, nella parte in cui esclude dalla erogazione della pensione di riversibilit il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato. Sentenza 28 luglio 1987, n. 286, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2, nella parte in cui non comprende tra i casi di infortunio sul lavoro l'evento dannoso derivante da infezione malarica, regolato da disposizioni speciali. Sentenza 17 giugno 1987, n. 226, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, primo comma, n. 6, nella parte in cui non ricomprende tra le persone assicurate i familiari partecipanti all'impresa familiare indicati nell'art. 230-bis cod. civ. che prestano opera manuale od opera a questa assimilata ai sensi del precedente n. 2. Sentenza 10 dicembre 1987, n. 476, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. legge 18 marzo 1968, n. 313, artt. 9, primo comma, e 11, nella parte in cui non prevedono un trattamento pensionistico di guerra che indennizzi i danni anche non patrimoniali patiti dalle vittime di violenze carnali consumate in occasione di fatti bellici. Sentenza 18 dicembre 1987, n. 561, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, nella parte in cui non dispone che la sospensione ivi prevista si applichi anche al termine cli cui all'art. 19, comma primo, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nel testo sostituito dall'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. Sentenza 13 luglio 1987, n. 255, G. U. 15 luglio .1987, n. 29. legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, nella parte in cui non prevede la s<>spensione dei termini processuali, nel periodo feriale, relativamente ai processi militari in tempo di pace. Sentenza 23 1uglio 1987, n. 278, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21, primo comma, modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39, per la parte in cui non prevede l'adeguamento dei valori monetari ivi indicati. Sentenza 18 dicembre 1987, n. 560, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 28, terzo comma, nella parte in cui, m riferimento ai soggetti portatori di handicaps, prevede che Sar facilitata,., anzich disporre che :E> assicurata " la frequenza alle scuole medie superiori. Sentenza 8 giugno 1987, n. 215, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 55, terzo comma, limitatamente alle parole Se la violazione stata constatata in occasione di accessi, ispezioni e verifiche eseguiti ai sensi dell'art. 33 '" Sentenza 4 novembre 1987, n. 364, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. legge 27 ottobre 1973, n. 629, art. 1, primo comma, riprodotto nell'art. 93, sesto comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui limita il trattamento di pensione privilegiata, ivi previsto, ai soli dipendenti deceduti in attivit di servizio. Sentenza 16 luglio 1987, n. 266, G. U. 22 luglio 1987, n. 30. i=1 i I .. -I! . j PAR'l'B U, 1IASSBGNA DI LllGISLAZIONB legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 2, primo comma, nella parte in cui non prevede che le trasmissioni di programmi destinati alla diffusione circolare verso l'estero possano essere effettuate anche in regime di autorizzazione quale previsto dal secondo comma dell'art. 1 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156. come novellato dall'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103, Sentenza 13 maggio 1987, n. 153, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. legge reg. siciliana 6 giugno 1975, n. 42, artt. 6, primo comma, e 9, nella parte in ,cui non contemplano anche i dingenti in eccedenza, per i quali si sia proceduto alla risoluzione del rapporto di lavoro ex art. 5 u.c. stessa legge, ai fini delle provvidenze di cui ai commi successivi dell'art. 6 e allo stesso art. 9 della legge. Sentenza 22 maggio 1987, n. 180, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, decimo comma, nella parte in cui in caso di revoca del provvedimento di ammissione all'affidamento in prova per comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova -non consente al Tribunale di sorveglianza di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il trascorso periodo di affidamento in prova. Sentenza 29 ottobre 1987, n. 343, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. legge provinciale di Trento 3 dicembre 1976, n. 41, art. 27, terzo comma. Sentenza 28 maggio 1987, n. 203, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 24 dicembre 1976, n. 898, art. 3, settimo comma, nella parte in cui non dispone che i rappresentanti delle province autonome di Bolzano e di Trento in seno al comitato misto paritetico di cui al primo comma dello stesso articolo, sono designati dalla Giunta provinciale rispettiva. Sentenza 15 maggio 1987, n. 167, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. legge prov. di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 20, nella parte in cui prevede che il diritto dell'assegnatario alla cessione in propriet degli alloggi gi appartenenti al patrimonio dell'INCIS e trasferiti all'IPEAA di Bolzano, resti salvo solo qualora la domanda di cessione in propriet sia stata presentata entro e non oltre il 6 settembre 1972. Sentenza 22 maggio 1987, n. 178, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 13, quinto comma, lett. b), nella parte in cui, mediante l'applicazione dei coefficienti maggiorativi, consente che il canone relativo ad immobili di dimensioni inferiori ai 70,01 mq. possa essere maggiore di quello previsto per immobili compresi nella fascia superiore, anzich equiparato a quello previsto per immobili di mq. 70. Sentenza 23 giugno 1987, n. 236, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 13, quinto comma, lett. c), nella parte in cui, mediante l'applicazione dei coefficienti maggiorativi, consente che il ca 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO none relativo ad immobili di dimensioni inferiori ai 46 mq. possa essere maggiore di quello previsto per immobili compresi nella fascia superiore anzich equiparato a quello previsto per immobili di mq. 46. Sentenza 23 giugno 1987, n. 236, G. U. 24' giugno 1987, n. 26. legge Z1. luglio 1978 n. 392, art. 73, nel testo previgente alla modifica introdotta con la legge 31 marzo 1979, n. 93, nella parte in cui non richiama espressamente l'obbligo di corrispondere l'indennit per la perdita dell'avviamento commerciale di cui all'art. 69, settimo, ottavo e nono comma, della legge stessa nel testo originario. Sentenza 18 dicembre 1987, n. 562, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, artt. 1, 8, primo comma, 11 e 83, nella parte in cui non prevedono un trattamento pensionistico di guerra che indennizzi i danni anche non patrimoniali patiti dalle vittime di violenze carnali consumate in occasione di fatti bellici. Sentenza 18 dicembre 1987, n. 561, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge reg. Emilia-Romagna 23 agosto 1979, n. 26, art. 1 e n. 16 del titolo II dell'allegata tabella, nella parte in cui determina in lire 10.000 per ettaro la tassa per il rilascio ed il rinnovo di concessioni riguardanti le aziende faunistico-venatorie. Sentenza 8 giugno 1987, n. 214, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. legge regionale Piemonte 17 ottobre 1979, n. 60, art. 57, secondo comma, nella parte in cui determina in lire ottomila per ettaro la tassa di concessione per le aziende di caccia. Sentenza 28 maggio 1987, n. 204, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, ottavo comma, lett. g); e d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, primo comma, lett. h), nella parte in cui richiedono ai lettori ivi indicati un'anzianit di servizio di due anni maturata alla data dell'll marzo 1980. Sentenza 23 luglio 1987, n. 284, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, nono comma, prima parte e d.P.R. 11 luglio 190, n. 382, art. 58, secondo comma, prima parte, per quanto stabiliscono intorno al computo dell'anzianit biennale ivi prevista. Sentenza 23 luglio 1987, n. 284, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, primo comma, lett. b). e legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, ottavo comma, lett. g), nella parte in cui richiedono ai lettori ivi indicati un'anzianit di servizio di due anni maturata alla data dell'll marzo 1980. Sentenza 23 luglio 1987, n. 284, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. ::-:"..:.:::::::;:::.:::-:.::'.'.'.'.'.'.'.'.-:'.'.'.'.'.'.:'.'.:'.'.'.ZZ-'.'.'..-:''.'.'.'.'.".:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-z.-:-:-:-:-:-:-:.-:-:.-;.-;.-,.;-:-:-:-:-:-:-:.-;-:-:-:-:-:-:-:.-;.-;.-;-:-:-:-:-:-:-:.-;-:q;q;qn:-:-:z-:zq;.-;-;-;;;:q:.-;-:-:-:-:-:.-:.-:-:-:-:z.-:-::-:.>:-:-:z:-:qz-:-:-z-:-:-z::-:".::z.;-:-:::".z::z-:-:-::zz-:-:z-:-:-:<:zzz-:-:..z.-;c..-:.-;.-:-:-:.-;z-:..-:-:-:zz-:.-:.-;.-;.-;-:.-;.-;.-; PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, secondo comma, prima parte, e legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, nono comma, prima parte, per quanto stabiliscono intorno al cmputo dell'anzianit biennale ivi prevista. Sentenza 23 luglio 1987, n. 284, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. legge reg. Emilia-Romagna 9 dicembre 1980, n. 60, tariffa allegata, ti tolo II, n. 17, nella parte in cui determina in lire 10.000 per ettaro la tassa per il rilascio ed il rinnovo di concessioni riguardanti le aziende faunisticovenatorie. Sentenza 8 giugno 1987, n. 214, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. legge prov. Bolzano 16 febbraio 1981, n. 3, artt. 5, primo comma, 7, terzo comma, lett. b) e 30, primo comma (modif. e integrata con la legge provin ciale di Bolzano 16 dicembre 1983, n. 51), nella parte in cui precludono l'iscrizione nell'albo degli artigiaru e nel registro delle imprese artigiane della Provincia medesima a coloro che, pur essendo sprovvisti dei requisiti stabiliti da detta legge provinciale, siano in possesso di quelli previsti ai medesimi fini dalle leggi statali in materia. Sentenza 15 maggio 1987, n. 168, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. legge provincia autonoma di Bolzano, riapprovata dal Consiglio provin ciale addi 28 ottobre 1981, recante Disciplina delle esercitazioni militari nei parchi naturali ,., Sentenza 15 maggio 1987, n. 167, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 80, nella parte in cui esclude la reiterabilit del provvedimento previsto dall'art. 77 della stessa legge quando l'imputato debba rispondere di reati che si legano con il vincolo della continuazione a quelli per i quali egli ha gi beneficiato del provvedimento. Sentenza 16 luglio 1987, n. 267, G. U. 22 luglio 1987, n. 30. dJ. 25 gennaio 1982, n. 16, art. 1, primo comma, lett. a), ultimo alinea (nel testo sostitnito con l'articolo unico della legge 25 marzo 1982, n. 98). Sentenza 18 dicembre 1987, n. 559, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. delibera legislativa riapprovata, in seguito a rinvio governativo, dal con siglio provinciale di Bolzano in data 13 luglio 1983 recante modifiche alla legge prov. 26 marzo 1982, n. 10 , nella parte in cui non fa precedere, nella rubrica e nel testo, alla locuzione tedesca Erbhof , usata per identificare il riconoscimento attribuito ad alcuni masi chiusi rimasti da almeno duecento anni nell'ambito della stessa famiglia, in linea diretta o collaterale fino al secondo grado, e coltivati ed abitati dagli stessi proprietari, la corrispondente espressione italiana maso avito >>, ugualmente atta ad identificare, appunto in lingua italiana, il predetto riconoscimento. Sentenza 25 maggio 1987, n. 188, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delibera legislativa riapprovata In data 13 luglio 1983 dal consiglio provinciale di Bolzano, articolo unico, nella parte in cui dispone che e gli attestati di riconoscimento >, ivi previsti, siano rilasciati in lingua italiana oppure in lingua tedesca anzich in redazione bilingue. Sentenza 25 maggio 19887, n. 188, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. d.I. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, ottavo comma (conv. In legge 19 dicembre 1984, n. 863), nella parte in cui non prevede che le competenti strutture regionali possano accertare il livello di formazione acquisito dai lavoratori. Sentenza 25 maggio 1987, n. 190, G.U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, n. 10, nella parte in cui, per il contributo dovuto dai soggetti di cui al precedente comma 8, fissato comunque in somma annua non inferiore a L. 648.000, non consente prova contraria, ai fini del contributo, del minor reddito effettivo, determinato ai sensi del precedente comma 8. Sentenza 3 dicembre 1987, n. 431, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, n. 10, nella parte in cui, per il contributo dovuto dai soggetti di cui al precedente comma 9, fissato comunque in somma annua non inferiore a L. 324.000, non consente prova contraria, ai fini del contributo, del minor reddito effettivo, determinato ai sensi del precedente comma 8. Sentenza 3 dicembre 1987, n. 431, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 6 marzo 1987, n. 65, art. 1, quarto e quinto comma, nella parte in cui si riferisce alle province autonome di Trento e di Bolzano. Sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 6 marzo 1987, n. 65, art. 1, quarto e quinto comma, nella parte in cui si riferisce agli interventi previsti dall'art. 1, primo comma, lett. c), della stessa legge. Sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 6 marzo 1987, n. 65, artt. 2, primo comma, lett. b), e 2, primo comma-ter, nella parte in cui si riferiscono agli interventi previsti dall'art. 1, primo comma, lett. e) della stessa legge. Sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, G. U. 23 dicembre 1987,. n. 54. legge 6 marzo 1987, n. 65, artt. 2, primo comma, lett. b), e 2, comma 1-ter, nella parte in cui si riferiscono alle province autonome di Trento e di Bolzano. Sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 6 marzo 1987, n. 65, art. 2, secondo comma. Sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. PARm II, RASSEGNA DI LF.GISLAZIONB II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice civile, art. 252, ultimo comma (artt. 2, 3 e 30 della.. Costituzione). Sentenza 17 giugno 1987, n. 229, G. U. 22 luglio 1987, n. 30. codice di procedura civile, artt. 415 e 416 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1987, n. 347, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. codice penale, art. 523, secondo comma (artt. 2, 3, 27 e 29 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 523, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. codice penale, art. 530 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 novembre 1987, n. 422, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. codice di procedura penale, art. 74 (artt. 2, 3, 10, 102 e 107 della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1987, n. 172, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. codice di procedura penale, art. 226-quater, settimo comma (artt. 3, 15 e 24 della Costituzione). Sentenza 11 giugno 1987, n. 223, G. U. 15 luglio 1987 n. 29. codice di procedura penale, art. 323, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1987, n. 345, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. Codice penale militare di pace, art. 42 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 11 giugno 1987, n. 225, G. U. 15 luglio 1987, n. 29. codice penale militare di pace, art. 264 [nel testo sostitutivo ad opera dell'art, 8 della legge 23 marzo 1956, n. 167] (artt. 3, 25 e 103 della Costituzione). Sentenza 28 maggio 1987, n. 206, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. codice della navigazione, art. 423, primo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1987, n. 401, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 63 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1987, n. 245, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. r.d.I. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 68 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 272, G. U. 26 agosto 1987, n. 35. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d.l. 27 luglio 1934, n. 1340, art. 14, lett. c) [conv. in legge 16 maggio 1935, n. 834] (art 3 della Costituzione) Sentenza 10 dicembre 1987, n. 481, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 72 (artt. 2, 3, 10, 102 e 107 della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1987, n. 172, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 6 febbraio 1941, n. 176, art. 34, primo comma, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 269, G. U. 12 agosto 1987, n. 33. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 18, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 273, G. U. 26 agosto 1987, n. 35. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 191 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 maggio i987, n. 185, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. r.d. 30 marzo 1942, n. 318, art. 38, primo comma (artt. 3 e 102 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1987, n. 193, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 3, lett. a), e 4 (artt. 3 e Z1 della Costituzione). Sentenza 10 dicembre 1987, n. 479, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 7, 41, 115, 389 lett. a) e c) (artt. 3 e Z1 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 271, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 12 novembre 1955, n. 1137, art. 61 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 11 giugno 1987, n. 224, G. U. 15 luglio 1987, n. 29. d.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 3, secondo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). Sentenza 10 dicembre 1987, n. 479, G. U. 23 dicembre 1987, 11.. 54. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 87, primo comma (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1987, n. 400, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 83 e 137 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 17 giugno 1987, n. 228, G. U. 22 luglio 1987, n. 30. ! : PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB 7J d.P;.R. 30 dicembre 1965, n. 1704, art. 4 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 8 giugno 1987, n. i18, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 69, secondo comma (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1987, n. 170, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 6 e 18 (art. 11 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1987, n. 403, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. legge 25 maggio 1970, n. 364, artt. 19, secondo comma, n. 2 e 23 (artt. 81, 114, 118, 119 e 130, VIII disp. trans. della Costituzione). Sentenza 10 dicembre 1987; n. 478, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 7 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1987, n. 156, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4 tariffa ali. A (art. 76 della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1987, n. 156, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. d.P.R. 26 ottobre 1972, n 634, art. 47 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1987, n. 156, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 3, 6, 14 e 15 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 30 settembre 1987, n. 301, G. U. 7 ottobre 1987, n. 42. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (artt. 3, 21, 41 e 10 della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1987, n. 153, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. d.I. 12 settembre 1973, n. 463, artt. 5, 7 e 8 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 25 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 522, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 47, primo comma, lett. d) e 48, quarto comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1987, n. 292, G. U. 16 settembre 1987, n. 38. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 3 (artt. 3, 53 e 76 della Costituzione). Sentenza 28 maggio 1987, n. 211, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 24 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1987, n. 292, G. U. 16 settembre 1987, n. 38. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, quarto comma (artt. 2, 3, 24 e 53 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1987, n. 283, G. U. 26 agosto 1987, n. 35. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6, lett. d) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 526, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1987, n. 156, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, quinto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1987, n. 348, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. I d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 67, secondo e quinto comma (art. 3 I della Costituzione). Sentenza 10 dicembre 1987, n. 481, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. I dP.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 147, secondo comma (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). I Sentenza 25 maggio 1987, n. 197, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. I f: legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 2, primo comma (art. 10, primo comma, m della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1987, n. 153, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. ~ legge 18 aprile 1975, n. 110, artt. 23, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 novembre 1987, n. 382, G. U. 27 novembre 1987, n. SO. I iI f. legge 22 luglio 1975, n. 382, art. 1, lett. e) (artt. 76, 110, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1987, n. 287, G. U. 16 settembre 1987, n. 38. legge 6 agosto 1975, n. 427, art. 11, secondo e terzo comma (artt. 3 e 4 della Costituzione). Sentenza 10 dicembre 1987, n. 480, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. I legge 24 dicembre 1976, n. 898, art. 3 (artt. 8 (nn. 3, 5, 6, 17, 22), 16 e 107 I dello statuto spec. per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 15 maggio 1987, n. 167, G. U. 20 maggiO' 1987, n. 21. II I ( 'di. 10 febbraio 1977, n. 19, art. 8, ultimo comma [conv. in legge ~ aprile I 1977, n. 106] (art. 42 della Costituzione). I Sentenza 28 luglio 1987, n. 290, G. U. 16 settembre 1987, n. 38. f.l'.............-......................-.r.........1'......-.-.-..-...-...-....-.-.-,..-.-.-.r.-.-... ....z-:".-'.".Z'.'.".Z'.'.Z".'.'>'.'.'.'.z-:-:".Z'.'.'.ZZ'.'.Z'.'.'.'.ZZ'.Z'.'.'.'.'.Z'.'.'.'.Z'.'.'.".'.'..O:'.ZZ'.'.Z'.'.'.'.ZZZZ'.'.ZZZ'.Z".Z'.ZZ'.'l.ZO:".'."'.".'.:-:-:-:.-: PARIB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 22, 23 e 25 (artt. 76, 110, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 22 luglio 1987, n. 287, G. U. 16 settembre 1987, n. 38. legge 8 agosto 1977, n. 573, art. 2 ,1 (artt. 3, 18, 36 e 39 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 270, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. ,d.l. 28 ottobre 1977, n. 778, art. 1, secondo comma [conv. in legge 23 dicembre 1977, n. 928] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 8 ottobre 1987, n. 309, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. legge 9 dicembre 1977, n. 903, artt. 5, primo comma, e 16, secondo comma (art. 37 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1987, n. 246, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.l. 30 gennaio 1978, n. 15, art. 1 [conv. in legge 22 marzo 1978, n. 75] (artt. 3, 18, 36 e 39 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 270, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. d.l. 30 marzo 1978, n. 78 [conv. con legge 26 . maggio 1978, n. 221] (artt. 3, 18, 36 e 39 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 270, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 22 maggio 1978, n. 194, artt. 9 e 12 (artt. 2, 3, 19, 21 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1987, n. 196, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. dJ. 6 luglio 1978, n. 351, artt. 8, 13 e 14 [conv. in legge 4 agosto 1978, n. 479] nella parte in cui rispettivamente introducono un nuovo terzo comma dell'art. 8 nonch gli artt. 16-ter e quater della legge 1 giugno 1977, n. 285 (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1987, n. 190, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. !d.l. 6 luglio 1978, n. 353, art. 2 [conv. con legge 5 agosto 1978, n. 502] (artt. 3, 18, 36 e 39 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 270, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 26, secondo comma, 58, prima parte, 59, n. 1, 64, primo comma (artt. 3, 16, 24, 42 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1987, n. 291, G. U. 16 settembre 1987, n. 38. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 65, secondo comma, e 71, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 8 ottobre 1987, n. 308, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 8 ottobre 1987, n. 310, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. legge 20 ottobre 1978, n. 674, art. 2, (art. 8, n. 21, dello statuto della regione Trentino-Alto Adige e art. 3, lett. d), statuto reg. Sardegna). Sentenza 3 dicembre 1987, n. 433, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 20 ottobre 1978, n. 674, artt. 3, 4, S, 11, primo, secondo e terzo comma, e 13 (art. 8, n. 21, dello statuto della reg. Trentino-Alto Adige}. Sentenza 3 dicembre 1987, n. 433, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 20 ottobre 1978 n. 674, artt. 9 capoverso e 10, alinea (art. 78 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 3 dicembre 1987, n. 433, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. d.l. 30 gennaio 1979, n. 20, art. 1 [conv. con legge 31 marzo 1979, n. 92] (artt. 3, 18, 36 e 39 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 270, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. dJ. 30 gennaio 1979, n. 26, artt. l e 2 [conv. con legge 3 aprile 1979, n. 95] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 maggio 1987, n. 185, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. dJ. 30 gennaio 1979, n. 26, art. 1, quinto comma [conv. con legge 3 aprile 1979, n. 95] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 maggio 1987, n. 185, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. legge 7 febbraio 1979, n. 29, artt. 1 e 2 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 maggio 1987, n. 184, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. legge 13 agosto 1979, n. 375 (artt. 3, 18, 36 e 39 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 270, G. U. 19 agosto 1987, n. 34, legge reg. Trentino-Alto Adige 4 dicembre 1979, art. 6 (artt. 61 e 89 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e 3, 4, 41 e 51 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1987, n. 289, G.-U. 16 settembre 1987, n. 38. legge 11 luglio 1980, n. 312, art. 162 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 521, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 26, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1987, n. 171, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. I i I ! I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge provinciale Bolzano 16 febbraio 1981, n. 3, artt. 8, secondo . comma, lett. b), 12, primo comma, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, secondo, terzo e quarto comma, 31 e 44 (artt. 120 della Costituzione e 8 dello statuto TrentinoAlto Adige). Sentenza 15 maggio 1987, n. 168, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. legge 28 febbraio 1981, n. 34, art. 3, terzo comma [introdotto dall'art. 7 legge 22 dicembre 1984, n. 892] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1987, .n. 159, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. legge 1 aprile 1981, n. 121, art. 36, punto X (artt. 3, 35, 36, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 524, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. legge 1 aprile 1981, n. 121, art. 104, primo comma (artt. 3, 25 e 103 della Costituzione). Sentenza 28 maggio 1987, n. 207, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 62, primo comma (art. 25 della Costituzione). Sentenza 28 maggio 1987, n. 208, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. dJ. 26 novembre 1981, n. 678, art. 3 [conv. in legge 26 gennaio 1982, n. 12] (artt. 3, primo comma, 4, primo comma, e 77 della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1987, n. 173, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 38, secondo comma (artt. 3, 33 e 97 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1987, n. 282, G. U. 26 agosto 1987, n. 35. d.P.R. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12, primo comma [conv. in legge 7 agosto 19~, n. 516] (artt. 2, 3, 24, 25 e 53 della Costituzione). Sentenza 29 ottobre 1987, n. 349, G. U. 11 novmbre 1987, n. 47. legge 7 agosto 1982, n. 529 (art. 13 dello statuto speciale per TrentinoAlto Adige). Sentenza 22 maggio 1987, n. 182, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. d.P.R. 23 agosto 1982, n. 691, artt. 4, 5, 6, 7 e 8 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 22 maggio 1987, n. 183, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. d.P.R. 23 agosto 1982, n. 691, artt. 4, 5, 6, 7 e 8, nonch 2, 3, 9 e 10, secondo comma (artt. 117, 118, 119 e 76 della Costituzione). Sentenza 22 maggio 1987, n. 183, G. U, 10 giugno 1987, n. 24. 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, artt. 3, 4, 6, 8, 101 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 24, 28, 31, 32 e 33 (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1987, n. 192, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, artt. 4, lett. a), b), c), d), e), f); 6, lett. f); 32, primo comma, 33 e 34 (artt. 76 e 117 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1987, n. 192, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, art. 5 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1987, n. 192, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, art. 6, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1987, n. 192, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. legge 13 settembre 1982, n. 646, art. 21, primo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1987, n. 281, G. U. 26 agosto 1987, n. 35. legge 2 maggio 1983, n. 178 (artt. 2, 3, 32 e 41 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1987, n. 271, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 13, terzo comma [convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 32, 36 e 38 dellaa Costituzione). Sentenza 18 dicembre 1987, n. 559, G. U. ,23 dicembre 1987, n. 54. legge reg. Calabria approvata il 10 luglio 1984 e riapprovata il 3 ottobre 1984 (artt. 51, 97 e 117 .della Costituzione). Sentenza 8 giugno 1987, n. 217, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. legge 16 luglio 1984, n. 326, art. 3 (artt. 3, 33 e 97 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1987, n. 282, G. U. 26 agosto 1987, n. 35. legge reg. Uguria approvata il 25 luglio 1984 e riapprovata il 26 settem bre 1984 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 8 giugno 1987, n. 217, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. dJ. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3 [conv. in legge 19 dicembre 1984, n. 863] (artt. 2 e 4 dello statuto spec. reg. Valle d'Aosta). Sentenza 25 maggio 1987, n. 190, G.U. 3 giugno 1987, n. 23. d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, artt. 3 e 4 [conv. in legge 19 \dicembre 1984 n. 863] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1987, n. 190, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE dJ. 30 ottobre 1984 n. 726, art. 3, secondo, terzo, quarto, quinto, decimo e undicesi,mo comma [conv. in legge 19 dicembre 1984, n. 863] (artt. 117 e 118 della Costituzione). 1 Sentenza 25 maggio 1987, n. 190, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 2~ febbraio 1985,. n. 47, art. 20, lett. b) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 13. luglio 1987, n. 256, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. legge reg. Emilia-Romagna approvata il 28 febbraio 1985 e riapprovata 1'11 giugno 1986, art. 8, ultimo comma (art. 117 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 525, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. dl. 22 aprile 1985, n. 144, artt. I, I-bis, 1-ter, 1-quater, 2, nel testo risul tante dalla legge di conversione 21 giugno 1985, n. 297 (artt. 77, 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1987, n. 243, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. legge 17 maggio 1985, n. 210, artt. 21 e 23 (artt. 97, 103, 3, 24, 113 e 25 della Costituzjone). Sentenza 16 luglio 1987, n. 268, G. U. 12 agosto 1987, n. 33. legge reg. Veneto approvata il 24 ottobre 1985 e riapprov. il 28 febbraio 1986 (artt. 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 8 giugno 1987, n. 217, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (art. 81 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1987, n. 431, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, nn. 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 15 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1987, n. 431, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 8 luglio 1986 n. 349 in toto e in particolare artt. 5, 6, 7, 12, primo comma, lett. c), 13 e 18, quarto e quinto comma (artt. 2, 3, 8, nn. 3, 4, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 21 e 24; 9, nn. 9 e 10; 16, primo comma dello statuto speciale Trentino-Alto Adige e art. 10 della Costituzione). Sentenza 28 maggio 1987, n. 210, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. legge 8 luglio 1986 n. 349, artt. 5 e 6 (artt. 8, nn. 5, 6, 11, 13, 14, 16, 17, 18, 21, 24; 9, nn. 9, 10, 11; 16 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Sentenza 28 maggio 1987, n. 210, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. leggle 6 marzo 1987 n. 65, artt. 1, terzo e sesto comma; 2, primo comma, lett. a); 2, comma 2-bis; 2-bis, secondo e quarto comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 6 marzo 1987, n. 65, art. 2-bis, secondo comma (artt. 117 e 118 della I Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. l I~j legge 6 marzo 1987, n. 65, art. 2-bis, terzo comma (artt. 8, nn. 17 e 20; 9, n. 11; 16, 78 e 80 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile, artt. 6, 143-bis, 236, 237, secondo comma, e 262, secondo I comma (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanze (due) 9 ottobre 1987, nn. 780-781, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. I 1 codice civile, artt. 156, quinto comma, e 158 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanze (due) 28 aprile 1987, nn. 529-530, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. I /'. Codice civile, art. 184, primo comma (artt. 3, 24, 29 e 42 della Costi~ l tuzione). t: Tribunale di Bari, ordinanza 14 gennaio 1987, n. 271, G. U. 22 luglio 1987, n. 30. I codice civile, art. 184, secondo comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Bari, ordinanza 14 gennaio 1987, n. 271, G. U. 22 luglio 1987, I n. 30. I I' codice civile, art. 191 (art. 3 della Costituzione). ~ Tribunale di Roma, ordinanza 28 maggio 1987, n. 782, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. codice civile, art. 274 (artt. 2 e 30 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 7 aprile 1987, n. 789, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. codice civile, artt, 892 e 894 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 21 maggio 1987, n. 362, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. codice civile, art. 2120, terzo comma (art. 52 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 29 maggio 1987, n. 413, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB combinato disposto artt. 2909 codice civile, e 324 e 113, secondo comma, del codice di procedura civile (artt. 3, 24, 102 e 106 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 31 dicembre 1986, n. 190/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. codice civile, art. 2947, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 3 maggio 1985, n. 783/87, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. codice di procedura civile, artt. 108 (recte 188) e 84 disposizioni di attuazione (artt. 24 e 101 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 3 luglio 1987, n. 557, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. codice di procedura civile, art. 140 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 19 marzo 1987, n. 296, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. codice di procedura. civile, art. 246 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Lecco, ordinanza 11 dicembre 1986, n. 146/87, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. combinato disposto artt. 324 e 113, secondo comma, del codice di pro; cedura civile, e 2909 codice civile (artt. 3, 24, 102 e 106 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 31 dicembre 1986, n. 190/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. codice di procedura civile, artt. 415, terzo, quarto e quinto comma, 645, secondo comma, e 649 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Gravina in Puglia, ordinanza 25 luglio 1987, n. 641, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. codice di procedura civile, art. 444, primo comma (artt. 3, 24 e 25 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 25 settembre 1986, n. 360/87, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. codice di procedura civile, art. 545 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Monza, ordinanza 17 dicembre 1986, n. 206/87, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. codice di procedura civile, art. 608 (artt. l, 2, 3, secondo comma, 29, 31, 36 e 47 della Costituzione). Pretore di Finale Ligure, ordinanza 2 ottobre 1987, n. 788, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura civile, art. 633 (artt. 24 e 101 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 3 luglio 1987, n. 557, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. codice di procedura civile, art. 650, primo e ultimo comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 10 novembre 1986, n. 209/87, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. codice di procedura Cvile, art. 700 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Viareggio, ordinanza 24 gennaio 1987, n. 303, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. codice di procedura civile, artt. 713, primo comma, e 714 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 24 ottobre 1986, n. 299/87, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. codice penale, art. 62, n. 6 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Caltagirone, ordinanza 21 aprile 1987, n. 295, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. codice penale, art. 81, secondo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza f febbraio 1987, n. 297, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. codice penale, art. 164, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Padova, ordinanza 12 aprile 1973, n. 696/87, G. U. 25 novem bre 1987, n. 49. codice penale, art. 175, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Palma di Montechiaro, ordinanza 12 maggio 1987, n. 312, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Pretore di Palma di Montechiaro, ordinanze (due) 7 e 14 luglio 1987, nn. 574 e 575, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. codice penale, art. 324 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 6 marzo 1987, n. 308, G. U. S agosto 1987, n. 32. codice penale, art. 523, primo comma (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Roma, ordinanza 9 ottobre 1987, n. 802, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 8f codice penale, art. 573 (artt. 2, 3, 29 e 30 della Costituzione}. Prtore di Civitanova Marche, ordinanza 8 giugno 1987, n. 573, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. codice penale, art. 598 (artt. 3 e 24 della Costituzione}. Pretore di Milano, ordinanza 12 febbraio 1987, n. 148, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. codice penale, art. 649, n. 1 (artt. 2 e 3 della Costituzione}. Pretore di Pinerolo, ordinanza 2 maggio 1987, n. 319, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. codice penale, art. 724 (artt. 3, 7 e 8 della Costituzione}. Pretore di Monfalcone, ordinanza 25 maggio 1987, n. 698, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. codice di procedura penale, artt. 18, 45 n. 4, e 46 (artt. 25, 101 e 107 della Costituzione}. Pretore di Pietrasanta, ordinanza 26 febbraio 1987, n. 157, G. U. 13 maggio 1987, n. 20. codice di procedura penale, art. 27-bis (artt. 3, 13, 24 e 111 della Costituzione}. Corte di cassazione, ordinanza 29 luglio 1987, n. 776, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. codice di procedura penale, artt. 33 e 74 (art. 25 della Costituzione}. Giudice istruttore presso il tribunale di Messina, ordinanza 2 marzo 1987, n. 307, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Codice di procedura penale, artt. 195, 512 e 513 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Padova, rdinanza 9 luglio 1973, n. 697/87, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. codice di procedura penale, art. 343-bis (artt. 3 e 24 della Costituzione}. Tribunale di Firenze, ordinanza 28 aprile 1987, n. 276, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. codice di procedura penale, art. 408 (artt. 2, 30 e 32 della Costituzione}. Pretore di Codogno, ordinanza 4 novembre 1986, n. 723/87, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. codice di procedura penale, art. 529, primo comma (artt. 3 e 24 della Costitll2iione}. Corte di cassazione, ordinanza 9 dicembre 1986, n. 356/87, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 589, quinto comma (artt. 13 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 524/87, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. codice penale militare di pace, art. 39 (artt. 2, 3, 27 e 52 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 27 maggio 1987, n. 382, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. codice penale militare di pace, art. 122 (artt. 3 e 27, secondo comma, della Costituzione). Corte militare di appello di Roma, ordinanza 15 luglio 1987, n. 778, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. codice penale militare di pace, artt. 169 e 170 ~artt. 2, 3, 13 e 52 della Costituzione). Tribunale militare di. Padova, ordinanza 14 luglio 1987, n. 533, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. codice penale militare di pace, art. 223 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 8 maggio 1987, n. 605, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 8 maggio 1987, n. 814, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. codice penale militare di pace, art. 412 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 29 aprile 1987, n. 398, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. legge 13 giugno 1912, n. 555, art. 10, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 15 gennaio 1987, n. 374, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. legge 16 febbraio 1913, n. 89, art. 139, n. 1 (art. 27, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Roma, ordinanza 3 luglio 1987! n. 717, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. r.d.I. 15 marzo 1923, n. 692, art. 1, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 18 maggio 1987, n. 372, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. legge 5 luglio 1928, n. 1760, art. 10 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Codogno, ordinanza 7 luglio 1987, n. 518, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONB legge 27 maggio 1929, n. 810, art. 11 (artt. 1, secondo comma, 7, primo comma, 102, 112, 3, primo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Milano, ordinanza 26 novembre 1987, n. 855, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. legge 27 maggio 1929, n. 810, art. 11 (artt. 3, 7, 24 e 25 della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Milano, ordinanza 2 dicembre 1987, n. 860, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 18 reg. allegato a) (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 16 febbraio 1987, n. 192, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. Pretor di Pisa, ordinanza 16 febbraio 1987, n. 216, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. r.d 18 giugno 1931, n. 773, art. 11, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 28 agosto 1986, n. 643/87, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. r.d.I. 27 dicembre 1933, n. 1578, art. 68 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 9 dicembre 1986, n. 332/87, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 8, prhno comma, n. 7 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 24 luglio 1986, n. 220/87, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. t.uJ.c.p. approvato con r.d. 3 marzo 1934, art. 261 (artt. 3, 24, 97 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 11 marzo 1986, n. 350/87, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. r.dJ. 3 marzo 1938, n. 680, art. 5, Iett. p) (art. 117 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 13 maggio 1987, n. 822, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. r.dJ. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13, terzo comma [conv. in legge 6 luglio 1939, :n. 1272] (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 27 marzo 1987, n. 280, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. r.dJ. 14 aprile 1939, n. 636, tabella A e B allegate (art. 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 26 maggio 1986, n. 176/87, G. U. 27 maggio 1987, :n. 22. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 88 r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, artt. 71, 72, ultimo comma, e 73 (artt. 2, 3, 29 e 30 della Costituzione). Tribunale di Trento, ordinanza 7 maggio 1987, n. 311, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 73 (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanze (due) 9 ottobre 1987, nn. 780-781, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. r.d. 19 luglio 1941, n. 1198, art. 89 (artt. 3 e 41 della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Roma, ordinanza 23 marzo 1987, n. 315, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 24, 52, 98 e 207 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Vicenza, ordinanza 23 settembre 1987, n. 812, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 43 (artt. 24 e 27 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 16 marzo 1987, n. 254, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. Corte d'appello di Firenze, ordinanza 9 luglio 1987, n. 539, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 147, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bergamo, ordinanza 28 settembre 1987, n. 830, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 190, secondo comma (art. 24 della Costi tuzione). Tribunale di Catania, ordinanza 18 luglio 1987, n. 716, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. r.d. 30 marzo 1942, n. 318, art. 38, terzo comma (artt. 3, 24 e 102 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 20 maggio 1987, n. 363, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. legge 11 gennaio 1943, n. 138, art. 6, ultimo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di La Spezia, ordinanza 4 maggio 1987, n. 411, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. dl. 6 maggio 1948, n. 655, art. 3, n. 3 (artt. 3, 5, 25, 97 e 116 della Costi tuzione e 23 dello statuto speciale per la Sicilia). Corte dei conti, ordinanza 13 gennaio 1987, n. 798, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2, primo comma, n. 3 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 30 luglio 1987, n. 736, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 62 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 febbraio 1987, n. 149, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 64, secondo comma (art. 3 della Costi tuzione). Corte dei conti, ordinanza 4 febbraio 1987, n. 807, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge prov. Bolzano 12 agosto 1951, n. 1 (artt. 3, 39 e 97 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 27 febbraio 1987, n. 569, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. dJ. presidente reg. siciliana 29 ottobre 1955, n. 6, art. 122, primo con:ima [convalidato con legge reg. sic. 15 marzo 1963, n. 16] (artt. 3, 103 e 108 della Costituzione). Corte dei conti, sez. giur. per la reg. sic., ordinanza 19 marzo 1987, n. 519, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. dJ. presid. reg. siciliana 29 ottobre 1955, n. 6, art. 175 [recepito in legge reg. sic. 15 marzo 1963, n. 16] (artt. 3 e 51 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 9 giugno 1986, n. 359/87, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 12 novembre 1955, n. 1137, art. 26 (artt. 3, 97 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 7 maggio 1987, n. 570, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. legge 31 luglio 1956, n. 1002, art. 2 (artt. 3, 41 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, ordinanza 24 febbraio 1987, n. 639, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. legge 8 dicembre 1956, n. 1378, art. 5 (artt. 3, 33 e 36 della CostitU?lone). Pretore di Napoli, ordinanza 27 giugno 1987, n. 544, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (artt. 3, 24, 25 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 13 gennaio 1986, n. 179/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 11 marzo 1987, n. 232, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dJ. 5 maggio 1957, n. 271, art. 12 [conv. fn legge 2 luglio 1957, n. 474] (art. 53 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 16 dicembre 1986, n. 269/87, G. U. 15 luglio 1987, n. 29. t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, 89, 90, 135 e 140 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Gorizia, ordinanza 9 dicembre 1986, n. 309/87, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, primo comma e 140, ultimo comma (artt. 38 e 53 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 21 .novembre 1986, n. 318/87, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. legge 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, terzo comma, lett. b) (artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 17 dicembre 1986, n. 354/87, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, tredicesimo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 24 febbraio 1987, n. 177, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13, quarto e quinto comma (artt. 3, 24, 36 e 38 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 16 settembre 1982, n. 185/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 29 novembre 1962, n. 1655, art. 9, secondo comma (art. 3 della Costi tuzione). Pretore di Perugia, ordinanze (due) 6 maggio 1987, nn. 714-715, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Larino, ordinanza 27 gennaio 1987, n. 202, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 10 (artt. 3 e 41 della Costituzione). Tribunale di Trapani, ~rdinanza 20 febbraio 1987, n. 378, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. " legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 10, primo e terzo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanze (due) 28 gennaio 1987, nn. 204 e 205, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. : PARTB II, RASSEGNA DI Ll!GISLAZIONB legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 10, terzo comma (artt. 3, 4, 41 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ord.ir.anza 18 marzo 1987, n. 721, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 1 e 4 (artt. 35 e 38 della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 3 giugno 1987, n. 379, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. legge 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanze (due) 9 e 27 giugno 1987, nn. 558 e 559 G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, primo comma, n. 6 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 12 giugno 1986, n. 262/87, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, secondo e terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 4 maggio 1987, n. 383, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, quinto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 20 maggio 1987, n. 386, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 10 marzo 1987, n. 306, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. legge 4 febbraio 1966, n. 51, artt. 1 e 3 (art. 32 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 19 maggio 1987, n. 361, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 24 /luglio 1987, n. 817, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 10, primo comma, e 16, quarto comma (artt. 2, 3, secondo comma, e 4 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 15 settembre 1987, n. 792, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 11 (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 marzo 1986, n. 136/87, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5, quarto comma (art. 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 26 maggio 1986, n. 176/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 5 novembre 1968, n. 1115, art. 2 (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 19 marzo 1987, n. 314, G. U. 5 agosto 1987, n, 32. Pretore di Pontedera, ordinanza 2 giugno 1987, n. 561, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 14, sesto comma [nel testo sostituito dall'art. 27, terzo comma, della legge 3 giugno 1975, n. 160] (art. 36 della Costi tuzione). I Pretore di Milano, ordinanza 26 maggio 1986, n. 176/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. I fil legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 49 (art. 3 della Costituzione). i: Tribunale di Savona, ordinanza 20 gennaio 1987, n. 267, G. U. 15 luglio 1987, n. 29. I legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 69, primo comma (art. 3 della Costituzione). f: Pretore di Ivrea, ordinanza 15 ottobre 1987, n. 803, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. I legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, primo, secondo e terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Vicenza, ordinanza 21 luglio 1987, n. 568, G. U. 21 ottobre 1987, I n. 44. I ~ legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3, 24 e 102 della Costituzione). Pretore di Genzano, ordinanza 16 maggio 1987, n. 328, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 20 maggio 1!'70, n. 300, artt. 28 e 37 (artt. 3, 24 e 39 della Costituzione). I Pretore di Roma, ordinanza 11 febbraio 1987, n. 401, G. U. 23 settembre I 1987, n. 39. I legge 24 maggio 1970, n. 336, art. 4 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 158/87, G. U. 13 maggio 1987, n. 20. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 91 Corte di ~ssazione, ordinanze (tredici) 30 ottobre 1986, nn. 159-171/87, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 256/87, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. Pretore di Cagliari, ordinanza 20 marzo 1987, n. 263, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. Pretore di Cagliari, ordinanza 6 maggio 1987, n. 364, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. Pretore di Bari, ordinanza 1 settembre 1987, n. 779, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 8 luglio 1987, n. 732, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. dl. 5 luglio 1971, n. 429, art. 1 [conv. in legge 4 agosto 1971, n. 589] (art. 81 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 16 dicembre 1987, n. 637, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 41 e 53 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 256/87, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. Pretore di Cagliari, ordinanza 20 marzo 1987, n. 263, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 2, punto 9 (artt. 3 e 53 della Costituzione) Commissione tributaria di primo grado di Bologna, ordinanza 12 novembre 1985, n. 245/87, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (artt. 25, 76 e 77 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 4 giugno 1987, n. 373, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. Corte d'appello di Firenze, ordinanza 21 maggio 1987, n. 393, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. Corte d'appello di Firenze, ordinanze (due) 16 luglio 1987, nn. 535 e 537, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. Corte d'appello di Firenze, ordinanze (due) 9 luglio 1987, nn. 536 e 538, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. Corte d'appello di Firenze, ordinanze (due) 24 settembre e 1 ottobre 1987, nn. 831, 832, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 29 aprile 1987, n. 310, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Tribunale di Firenze, ordinanza 26 maggio 1987, n. 317, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. ᥥ-.-..r,crr.rcr...r.r..-.-.-..-........-.,.,,,r.... 94 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 8 agosto 1972, n. 464, art. 1 (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 19 marzo 1987, n. 314, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Pretore di Pontedera, ordinanza 2 giugno 1987, n. 561, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 55 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 23 febbraio 1987, n. 419, G. U. 30 settembre 1987, n. 40. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, lett. e), tariffa allegato A (art. 11 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di 2 grado di Udine, ordinanza 3 luglio 1987, n. 828, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, Iett. e), tariffa allegato A (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 10 aprile 1986, n. 521/87, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 35, 36 e 41, ultimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 14 maggio 1985, n. 218/87, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 55 (artt. 53 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Macerata, ordinanza 27 maggio 1987, n. 531, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. ct.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (art. 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 11 maggio 1987, n. 399, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. da 15 a 21 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzizone). Pretore di Viareggio, ordinanza 24 gennaio 1987, n. 303, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 16 e 19 (artt. 24 e 27 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 16 marzo 1987, n. 254, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. Corte d'appello di Firenze, ordinanza 9 luglio 1987, n. 539, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 8, secondo comma (artt. 3, 24, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 9 ottobre 1986, n. 186/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. PARIB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 9f d.PJt. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 8, secondo comma (artt. 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ordinanza 6 maggio 1987, n. 348, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 9, terzo comma, lett. c) (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Macerata, ordinanza 15 aprile 1987, n. 352, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 39, primo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 4 luglio 1984, 1984, n. 217/87, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, lett. a) (artt. 3 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, ordinanze (tre) 22 giugno 1987, nn. 416, 418, G. U. 30 settembre 1987, n. 40. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza 26 aprile 1986, n. 259/87, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23,. primo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, ordinanza 18 dicem' bre 1986, n. 135/87, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, art. 14 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 febbraio 1987, n. 149, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. d.Pi'R-23 gennaio 1973, n. 43, art. 2, quarto comma (art..3 della Costituzione). Pretore di Tirano, ordinanze (trentacinque) 13 aprile 1987, nn. 438-472, G. U. 2 ottobre 1987, n. 41. Pretore di Tirano, ordinanze (quarantacinque) 11 aprile 1987, nn. 473-517, G. U. 2 ottobre 1987, n. 41. Pretore di Tirano, ordinanze (ventisei) 11 aprile 1987, nn. 576-601, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. Pretore di Tirano, ordinanze (quindici) 13 aprile 1987, nn. 611-625, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. Pretore di Tirano, ordinanze (undici) 13 aprile 1987, nn. 626-636, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I Pretore di Tirano, ordinanze (ventidue) 11 e 13 aprile 1987, nn. 644665, G. U. I 11 novembre 1987, n. 47. Pretore di Tirano, ordinanze (trenta) 13 aprile 1987, nn. 666-695, G. U. 18 novembre 1987, n. 48. li. Pretore di Tirano, ordinanze (due) 11 aprile 1987, nn. 737-738, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. !! Pretore di Tirano, ordinanze (ventiquattro) 13 aprile 1987, nn. 739-762, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 36, 38 e 82 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). i Tribunale di Milano, ordinanza 20 marzo 1987, n. 324, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183 e 195 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Guglionesi, ordinanza 26 giugno 1987, n. 414, G. U. 23 settembJ;" e 1987, n. 39. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 6 (artt. 3 e 41 della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Roma, ordinanza 23 marzo 1987, n. 315, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93 (artt. 3, 28 e 113 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 26 ottobre 1983, n. 4-05/87, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. Tribunale di Roma, ordinanze (quattro) 14 giugno 1985, nn. 406-409/87, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 20, 91 e 96, lett. f) (artt. 3, 24 e 113). Tribunale di Roma, ordinanze (due) 14 giugno 1985, nn. 4-08-409/87, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, primo comma, 195, primo comma, e 334 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Tirano, ordinanze (quattordici) 17 luglio 1986, nn. 420433/87, G. U. 30 settembre 1987, n. 4-0. Pretore di Tirano, ordinanze (quattro) 19 e 22 luglio 1986, nn. 434437/87, G. U. 30 settembre 1987, n. 4-0. Pretore di Tirano, ordinanza 17 luglio 1986, n. 763/87, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. Pretore di Tirano, ordinanza 22 settembre 1986, n. 764/87, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 213, 322, 190 (artt. 41 e 42 della Costituzione). Pretore S. Angelo in Brolo, ordinanza 24 marzo 1987, n. 287, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. PARm II, RASSEGNA DI LF.GISLAZIONB d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 10 novembre 1986, n. 233/87, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Guglionesi, ordinanza 23 gennaio 1987, n. 180, G. U.. 27 maggio 1987, n. 22. Pretore di Guglionesi, ordinanza 20 febbraio 1987, n. 188, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. Pretore di Guglionesi, ordinanza 10 luglio 1987, n. 610, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. legge 10 maggio 1973, n. 346, artt. 1, 3 e 6 (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). Pretore di Castiglione del Lago, ordinanza 27 giugno 1987, n. 410, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. legge 12 giugno 1973, n. 349, art. 7, ultimo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 11 novembre 1986, n. 187/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10 (artt. 3, 32 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Alessandria, Ol'dinanza 30 settembre 1983, n. 154/87, G. U. 13 maggio 1987, n. 20. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. e) (artt. 3, 47 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Brescia, ordinanza 5 dicembre 1985, n. 281/87, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. f) (artt. 3, 33, 34 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 5 giugno 1986, n. 291/87, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. g) (artt. 3, 29, 30 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Sanremo, ordinanza 16 aprile 1987, n. 387, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 10, 16 e 48 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bologna, ordinanza 12 novembre 1985, n. 245/87, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. e) (artt. 3, 38, 53, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, ordinanza 6 maggio 1985, n. 178/87, G. V. 27 maggio 1987, n. 22. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 76 (artt. 3, 53, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ordinanza 25 marzo 1986, n. 349/87, G. V. 19 agosto 1987, n. 34. d.P.R.29 settembre 1973, n. 599, art. 4 (a:rtt. 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 22 giugno 1985, n. 183/87, G. V. 27 maggio 1987, n. 22. Corte d'appello di Milano, ordinanza 7 aprile 1987, n. 305, G. V. 5 agosto 1987, n. 32. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanze (cinque) 9 maggio 1986, nn. 562-566/87, G. V. 21 ottobre 1987, n. 44. Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 9 maggio 1986, n. 640/87, G. V. 11 novembre 1987,n. 47. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 46, 56, primo comma, 57, secondo comma (artt. 24 e 27 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 16 marzo 1987, n. 254, G. V. 8 luglio 1987, n. 28. Corte d'appello di Firenze, ordinanza 9 luglio 1987, n. 539, G. V. 14 ottobre 1987, n. 43. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 20 ottobre 1987, n. 815, G. V. 23 dicembre 1987, n. 54. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47 (artt. 3 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ivrea ordinanze (due) 5 marzo 1985 e 2 dicembre 1986 nn. 199 e 200/87, G. V. 3 giugno 1987, n. 23. Commissione tributaria di primo grado di Salerno, ordinanza 22 dicembre 1986, n. 268/87, G. V. 15 luglio 1987, n. 29. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 20 maggio 1986, n. 195/87, G. V. 27 maggio 1987, n. 22. Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 20 maggio 1986, n. 196/87, G. V. 3 giugno 1987, n. 23. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 47 e 57 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Imperia, ordinanza 15 gennaio 1987, n. 246, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 54, ultimo comma (artt. 2, 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 23 febbraio 1987, n. 222, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 55 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, ordinanza 2 dicembre 1986, n. 234/87, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 6 febbraio 1985, n. 567/887, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 40, quarto comma (artt. 3, 41 e 53 dela Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Agrigento, ordiiianza 4 no vembre 1986, n. 215/8?, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (art. 10 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 18 settembre 1986, n. 226/87, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Pretore di San Benedetto del Tronto, ordinanza 2 marzo 1987, n. 532, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, primo comma (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Foggia, ordinanza 24 febbraio 1987, n. 288, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 54 (artt. 24, 102 e 113 della Costituzione). Pretore di Venasca, ordinanza 12 gennaio 1987, n. 290, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rovereto, ordinanza 19 gennaio 1987, n. 235, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. 100 RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Pordenone, ordinanza 6 marzo 1987, n. 396, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, sesto comma (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, ordinanza 2 dicembre 1986, n. 234/87, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. d.P.,R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, sesto comma (art. 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 18 marzo 1987, n. 292, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 21 maggio 1986, n. 253/87, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. Tribunale amministrativo regionale del Lazio,. ordinanza 15 luglio 1987, n. 833, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 38 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 800/87, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 20 marzo 1975, li. 70, art. 8 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ordinanza 12 marzo 1987, n. 327, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bra, ordinanza 29 giugno 1987, n. 818, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 5, quarto e sesto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 9 aprile 1987, n. 353, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. Pretore di Vittorio Veneto, ordinanza 24 marzo 1987, n. 400, G. U. 23 set tembre 1987, n. 39. Pretore di Lucca, ordinanza 28 maggio 1986, n. 542/87, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. Pretore di Lucca, ordinanza 26 marzo 1986, n. 543/87, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. Pretore di Verona, ordinanza 28 settembre 1987, n. 823, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. Pretore di Lucca, ordinanze (due) 18 dicembre 1985 e 29 gennaio 1986 nn. 810 e 811/87, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. .-:-;.:.7--:-::-::-::;-:-:z-;;::;....:'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.-'.'.'.'.'.'.'.'.-'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.:-'.'.'.'.'.'.Z'.'.'.'.'.'.Z ......r..-.-.-,..--.-r.-....rr.-...-.,.,.,.,.,..-....,r.-..-vrrr..-.-..rr...r....-.....-..-.-...,.--;; :-:-:-:Z:Z".'.ZZZ:".Z".Z'."'.'.-:-::-:z:-:-:z:z-::z.-::>::::...:..:........)...:..c....'Z'.';,. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 20 maggio 1975, n. 164, art. 1 (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 19 marzo 1987, n. 314, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Pretore di Pontedera, ordinanza 2 giugno 1987, n. 561, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 19 (artt. 3 e 41 della Costituzione). Tribunale di Trapani, ordinanza 20 febbraio 1987, n. 378, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, quarto comma, ultima parte (art. 3 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza di Roma, ordinanze (quattro) 30 aprile, 7 maggio, 21 maggio e 19 marzo 1987, nn. 344-347, G.U. 19 agosto 1987, n. 34. Magistrato di sorveglianza di Roma, ordinanze (due) 11 giugno e 2 aprile 1987, nn. 607-608, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. Magistrato di sorveglianza di Brescia, ordinanze (due) 27 maggio 1987, nn. 703-704, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, quarto comma, ultima parte (artt. 3 e 24 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Perugia, ordinanza 1 luglio 1987, n. 734, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 17, ultimo comma (art. 3 dela Costi tuzione). Tribunale di Bari, ordinanza 21 ottobre 1986, n. 231/87, G. U. 24 giugno 1987, n. 26. legge 2 maggio 1976, n. 183, art. 22, ultimo comma : ((art. 81 della Costi tuzione). Tribunale di Catania, ordinanza 16 dicembre 1987, n. 637, G. U. 11 novem bre 1987, n. 47. d.-1. 3 maggio 1976, n. 161, art. 2, lett. c) [conv. in legge 14 maggio 1976, n. 240] (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 30 settembre 1985, n. 274/87, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. legge io maggio 1976, n 249, art. 7 (artt. 23, 25, 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 8 giugno 1987, n. 351, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, ultimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Avigliano, ordinanza 22 novembre 1986, n. 765/87, G. U. 16 di cembre 1987, n. 53. 102 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO legge 8 agosto 1977, n. 513, art. 22 e 23 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 febbraio 1987, n. 149, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. legge 4 agosto 1977, n. 517, art. 1 (artt. 2, 3, secondo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 30, primo comma, e 34, primo comma, della Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 15 settembre 1987, n. 808, G. U. 23 dicembre 1987, .n. 54. legge 12 agosto 1977, n. 675, art. 2 (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 19 marzo 19117, n. 314, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Pretore di Pontedera, ordinanza 2 giugno 1987, n. 561, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. d.P.R. 16 settembre 1977, n. 1188, art. 4 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 19 marzo 1987, n. 329, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4 i(artt. 3 e 37 della Costituzione). Tribunale di Milano, or.dinanza 4 febbraio 1987, n. 194, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge 16 dicembre 1977, n. 104, art. 2, secondo comma, (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 23 febbraio 1987, n. 222, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. legge 27 dicembre 1977, n. 968, artt. 1, 2 e )1 (artt. 8, nn. 15 e 16, dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, e 116 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta, ordinanza 18 giugno 1987, n. 720, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. legge 2 febbraio 1978, n. 30, art. 9 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 16 febbraio 1987, n. 192, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. Pretore di Pisa, ordinanza 16 febbraio 1987, n. 216, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 59 (art. 81 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 16 dicembre 1987, n. 637, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. legge 13 maggio 1978, n. 180, artt. 2 e 3 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Bracciano, ordinanza 19 febbraio 1987, n. 260, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. PARTB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1.0'J legge 5 agosto 1978, n. 468, art. 11 (artt. 3, 53 e 81, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanze (tre) 17 marzo 1987, nn. 784-786, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, ultimo comma (artt. 23, 25, 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 8 giugno 1987, n. 351, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, ultimo comma (artt. 25 e 76 della Costi tuzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 24 giugno 1987, n. 390, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. Tribunale di Venezia, ordinanza 13 luglio 1987, n. 571, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, ultimo comma (artt. 25, 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Savona, ordinanza 6 maggio 1987, n. 293, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. Corte d'appello di Firenze, ordinanza 4 giugno 1987, n. 373, G. U. 2 settem bre 1987, n. 36. Corte d'appello di Firenze, ordinanza 21 maggio 1987, n. 393, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. Corte d'appello di Firenze, ordinanze (due) 16 luglio 1987, nn. 535 e 537, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. Corte d'appello di Firenze, ordinanze (due) 9 luglio 1987, nn. 536 e 538, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. Tribunale di Fermo, ordinanze (due) 23 aprile e 14 maggio 1987, nn. 540-541, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. Tribunale di Firenze, ordinanza 17 giugno 1987, n. 549, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. Corte d'appello di Firenze, ordinanze (due) 24 settembre e 1 ottobre 1987, nn. 831-832, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. Tribunale di Napoli, ordinanza 22 settembre 1987, n. 733, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. Tribunale di Firenze, ordinanza 16 giugno 1987, n. 790, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 7, Ultimo comma (artt. 76 e 77 della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 29 aprile 1987, n. 310, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Tribunale di Firenze, ordinanza 26 maggio 1987, n. 317, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. 1.04 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO d.P.R. 6 ottobre 1978, n. 873 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Giudice conciliatore cli Bari, ordinanza 9 marzo 1987, n. 189, G. U. Z1 maggio 1987, n. 22. legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 53, quarto comma, 57, secondo comma e 76, secondo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 18 luglio 1987, n. 7fJ7, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 57 (artt. 3, 53 e 101 della Costituzione). Tribunale cli Massa, ordinanza 4 giugno 1985, n. 278/87, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 116 (artt. 3 e 52 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 13 marzo 1987, n. Z13, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. legge 8 gennaio 1979, n. 3, art. 1 [di convers. dell'art. 5, quindicesimo e diciottesimo comma, del dJ. 10 novembre 1978, n. 702] (art. 3 della Costituzione). Pretore cli Brescia, ordinanza 8 luglio 1987, n. 719, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. legge 6 febbraio 1979, n. 42, art. 17 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore cli Napoli, ordinanza 19 marzo 1987, n. 329, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 30 aprile 1979, n. 101, artt. 17 e 41 (artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (due) 17 novembre 1986 e 19 gennaio 1987, nn. 300 e 301/87, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 26 gennaio 1987, n. 545, .G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. legge reg. Sardegna 5 luglio 1979, n. 59, art. 4 (art. 27 statuto speciale per la Sardegna). Pretore cli La Maddalena, ordinanze (due) 16 luglio 1987, nn. 699 e 700, G. U, 25 novembre 1987, n. 49. d.P.R. 27 settembre 1979, n. 506, art. 2 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Corte d'apoello cli Milano, ordinanza 7 aprile 1987, n. 305, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 2 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, orclinanz 23 aprile 1987, n. 602, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. I I I ...................-....................,.........................-.,............................................................. .............. ............ ... . .::..:...........'.........1.....-.-...................'...-......'....1':) PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE tOJ d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 29, primo e secondo comma (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 27 gennaio 1987, n. 604, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 57 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 6 luglio 1983, n. 824/87, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. dJ. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3, primo comma, lett. b) [conve. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3, 53 e 101 della Costituzione). Tribunale di Massa, ordinanza 4 giugno 1985, n. 278/87, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. d.-1. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14-quater [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 29 maggio 1987, n. 370, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 5 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ol'dinanza 30 ottobre 1986, n. 258/87, G. U. 8 luglio 1987, n. 28. legge reg. Lombardia 7 giugno 1980, n. 93, art. 3, primo comma, lett. b) (artt. 3, 44 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 3 luglio 1987, n. 709, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. d.P.R. 8 luglio 1980, n. 533, artt. 1 e 2 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 29 settembre 1986, n. 153/87, G. U. 13 maggio 1987, n. 20. d.P.R, 8 luglio 1980, n. 533, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 365/87, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. legge 11 luglio 1980, n. 312, art. 46, primo e terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 24 luglio 1987, n. 713, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 36 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 15 ottobre 1986, n. 225/87, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, artt. 36 e 119 (artt. 36, 76 e 77 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 24 giugno 1986, n. 394/87, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, artt. 50, 51, 52 e-53 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 258/87, G.U. 8 luglio 1987, n. 28. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 51, secondo comma (artt. 76, 3 e 97 della Costituzione. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (due) 26 febbraio 1986, nn. 137 e 138/87, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 novembre 1986, n. 201/87, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 59, secondo comma (aTtt. 76 e 77 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 13 novembre 1986, n. 193/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. legge reg. Veneto 31 ottobre 1980, n. 88, art. 39, primo comma, lett. b) (artt. 5, 97, 118, 123 e 128 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 12 febbraio 1987, n. 275, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. legge 23 dicembre 1980, n. 930, art. 6, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 14 gennaio 1987, n. 313, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. d.l. 28 febbraio 1981, n. 36, art. 1, terzo comma [conv~ in legge 29 aprile 1981, n. 163] (art. 81 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 16 dicembre 1987, n. 637, G. U. 11 novembre 1987, n. 47. legge prov. di Trento 27 luglio 1981, n. 11, articolo unico (artt. 3 e 42 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale di Trento, ordinanza 26 ottobre 1987, n. 813, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. dJ. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Benevento, ordinanza 8 aprile 1987, n. 249, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1.07 Id.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, terzo e settimo comma [conv. In legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 18 luglio 1987, n. 707, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. legge 6 agosto 1981, n. 432, art. 11 (artt. 3 e 23 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 22 gennaio 1986, n. 182/87, G. U. 27 maggio 1987, n. 22. d.m. 9 settembre 1981, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 18 luglio 1987, n. 707, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. d.l. 23 settembre 1981, n. 537, art. 12 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 29 settembre 1986, n. 153/87, G. U. 13 maggio 1987, n. 20. legge 9 ottobre 1981, n. 824, art. 6 (artt. 3, 41 e 53 dela Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 ottobre 1986, n. 158/87, G. U. 13 maggio 1987, n. 20. Corte di cassazione, ordinanze (tredici) 30 ottobre 1986, nn. 159-171/87, G. U. 20 maggio 1987, n. 21. Pretore di Cagliari, ordinanza 6 maggio 1987, n. 364 G. U. 2 settembre 1987, n. 36. Pretore di Bari, ordinanza 1 settembre 1987, n. 779, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. legge reg._ Umbria 21 ottobre 1981, n. 69, artt. 7, 8, 9 e 11 (artt. 33 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 15 ottobre 1986, n. 214/87, G. U. 10 giugno 1987, n.. 24. d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, art. 8, primo comma, lett. a) (artt. 3, 76 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 10 dicembre 1986, n. 282/87, G.U. 29 luglio 1987, n. 31. d.m. 28 ottobre 1981, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 18 luglio 1987, n. 707, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 8 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Castelfiorentino, ordinanza 16 dicembre 1986, n. 140/87, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 12 dicembre 1986, n. 147/87, G.U. 6 maggio 1987, n. 19. 108 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 54 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 24 settembre 1986, n. 142/87, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. Tribunale militare di Padova, ordinanze (due) 10 dicembre e 13 novembre 1986, nn. 143 e 144/87, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. Tribunale militare di Padova, ordinanza 6 febbraio 1987, n. 381, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54 e 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanze (tre) 18, 12 marzo e 6 febbraio 1987, nn. 367-369, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. Tribunale militare di Padova, ordinanza 18 giugno 1987, n. 534, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 54, 77 e 79 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 355/87, -G. U. 19 agosto 1987, n. 34. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 60, ultimo comma, e 77, secondo comma (art. 27 della Costituzione). Pretore di Brunico, ordinanza 26 agosto 1987, n. 826, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzionne). Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 17 febbraio 1987, n. 156, G. U. 13 maggio 1987, n. 20. Pretore di Cairo Montenotte, ordinanza 31 marzo 1987, n. 264, G. U. 15 luglio 1987, n. 29. Corte d'appello di Palermo, ordinanza 12 dicembre 1986, n. 777/87, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 107 (artt. 3, 25 e 112 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza presso tribunale di Foggia, ordinanza 16 settembre 1986, n. 526/87, G. U. 14 ottobre 1987, n. 43. dJ. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 2, secondo comma [conv. in legge 26 febbraio 1982, n. 54] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 29 ottobre 1986, n. 365/87, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, quinto comma [conv. in legge 26 feb braio 1982, n. 54] (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 27 novembre 1986, n. 197/87, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. PARTII II, RASSl!GNA DI LEGISLAZIONE d.L 23 gennaio 1982, n. 9, artt. 13, 14 e 15 [conv. In leii 23 marzo 1982, n. 94] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 22 luglio 1987, n. 550, G. U. 21 Gttobre 1987, n. 44. d.I. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, Iett. b) [conv. In leuo 25 marzo 1982, n. 94] (artt. 3, 24, 31 e 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 3 gennaio 1987, n. 207, G. U. 3 giugno 1987, n. 23. Pretore di Milano, ordinanza 17 marzo 1987, n. 302, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Pretore di Milano, ordinanza 14 maggio 1987, n. 606, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. Pretore di Milano, ordinanze (tre) 26 giugno, 7 e 21 luglio 1987, nn. 804-806, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 25 gennaio 1982, n. 17, art. 4, undicesimo comma (art. 3 della Costi tuzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 14 marzo 1985, n. 797/87, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. f f I ' f legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (artt. 2, 3, e 53 della Costituzione). f i Pretore di Palmi, ordinanza 16 dicembre 1986, n. 322/87, G. U. 5 agosto 1987, I n. 32. I legge 28 febbraio 1986, n. 41; art. 31 (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 28 marzo 1987, n. 279, G. U. 29 luglio 1987, I n. 31. Pretore di Palmi, ordinanza 22 dicembre 1986, n. 320/87, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Vigevano, ordinanze (due) 2 aprile 1987, nn. 283 e 284, G. U. 29 luglio 1987, n. 31. Pretore di Taranto, ordinanza 11 maggio 1987, n. 325, G. U. 5 agosto 1987, n. 32. Pretore di Venezia, ordinanza 21 gennaio 1987, n. 331, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. Pretore di Vigevano, ordinanza 29 maggio 1987, n. 358, G. U. 19 agosto 1987, n. 34. Pretore di Brescia, ordinanza 18 maggio 1987, n. 402, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. PARIB II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Pretore di Bologna, ordinanza 15 settembre 1987, n. 794, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. Pretore di Bologna, ordinanza 5 ottobre 1987, n. 821, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (artt. 3, 53 e 81, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanze (tre) 17 marzo 1987, nn. 784-786, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31 (art. 53 della Costituzione). Pretore di Taranto, ordinanza 2 marzo 1987, n. 252, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. legge 28 febbraio 1986, n. 41,, art. 31 (art. 81 della Costituzione). !0 Pretore di Benevento, ordinanza 8 aprile 1987, n. 249, G. U. luglio 1987, n. 27. legge 28 febbraio 1986, n. 41, artt. 31 e da 8 a 14 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 29 settembre 1986, n. 153/87, G. U. 13 ,maggio 1987, n. 20. legge 28 febbraio 1986, n. 41, artt. 31, primo, ottavo, nono, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 18 luglio 1987, n. 707, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. legge 28 febbraio 1986 n. 41, art. 31, primo, ottavo e decimo comma (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Pretore di Salerno, ordinanze (due) 31 marzo 1987, nn. 388 e 389, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo comma (artt. 3, primo comma, e 53 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanze (quattro) 13 aprile 1987, nn. 724-727, G.. U. 9 dicembre 1987, n. 52. Pretore di Modena, ordinanza 13 aprile 1987, n. 729, G. U. 9 dicemb:re 1987, n. 52. Pretore di Modena, ordinanze (sette) 13 aprile 1987, nn. 768-774, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, nono, dech:iJ.o, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Benevento, ordinanza 8 aprile 1987, n. 249, G. U. 1 lglio 1987, n. 27. 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 28 febbraio 1986 n. 41, art. 31, ottavo, nono e quattordicesimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 16 gennaio 1987, n. 133, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo e decimo comma (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). ' . Pretore di Vicenza, ordinanza 9 maggio 1987, n. 375, G. U. 2 settembre 1987, n. 36. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo e decimo comma (artt. 3, primo comma, e 53, primo. comma, della Costituzione): Pretore di Modena, ordirianza 21 aprile 1987, n. 728, G. U. 9 dicembre 1987, n. 52. legge 28 febbraio 1986 n. 41, art. 31, ottavo, decimo, tredicesimo e quattordicesimo comma (artt. 3, 31, 36 e 53 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanze (tre) 11 e 13 febbraio 1987, nn. 554-556, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, decimo, tredicesimo e quattordicesimo comma (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Pretore di Trapani, ordinanza 13 marzo 1987, n. 174, G. U. 21 maggio 1987, n. 22; Pretore di Foggia, ordinanza 7 maggio 1987, n. 391, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. Pretore di Parma, ordinanza 11 dicembre 1986, n. 392/87, G. U. 23 settembre 1987,. n. 39. Pretore di Pinerolo, ordinanze (due) 5 marzo e 2 aprile 1987, nn. 525 e 527, G. U. 14 ottobre 1987J n. 43. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, ottavo, tredicesimo e quattordicesimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 4 febbraio 1987, n. 237, G. U. 24 giugno 1987, Il. 26. Pretore di Imperia, ordinanze (due) 4 dicembre 1986, nn. 240-241/87, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. Pretore di Imperia, ordinanze (due) 8 gennaio 1987, nn. 243-244/87, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. Pretore di Imperia, ordinanza 24 marzo 1967, n. 242, G. U. 1 luglio 1987, n. 27. Pretore di Sondrio, ordinanza 27 febbraio 1987, n. 609, G. U. 4 novembre 1987, n. 46. legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, decimo, tredicesimo e quattordicesimo comma (artt. 2, 3, 36 e 53 della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 4 luglio 1987, n. 767, G. U. 16 dicembre 1987, I.1 53. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31, undicesimo comma (rtt. 3, primo comma, e 53, primo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 13 luglio 1987, n. 775, .G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, artt. 52, quarto comma, e 79, primo comma (artt. 3, 25, 53, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Viterbo, ordinanza 12 febbraio 1987, n. 219, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, secondo comma (artt. 3, 24, 25, 97 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 30 giugno 1987, n. 708, G. il. 25 novembre 1987, n. 49. legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 18, secondo comma (artt. 5 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 9 gennaio 1987, n. 221, G. U. 17 giugno.1987, n. 25. legge 10 ottobre 1986, n. 663, art. 31 (art. 32 della Costituzione). Giudice istruttore presso tribunale di Asti, ordinanza 6 maggio 1987, n. 522, G. U. 21 ottobre 1987, n. 44. legge 10 ottobre 1986, n. 663, art. 47, terzo e quarto comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di sorveglianza presso la Corte d'appello di Torino, ordinanze (due) 27 aprile 1987, nn. 403404, G. U. 23 settembre 1987, n. 39. Tribunale di sorveglianza di Torino, ordinanza 18 maggio 1987, n. 796, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. d.l. 9 dicembre 1986, n. 832, art: 1, ultimo comma [conv. in legge 6 febbraio 1987, n. 15] . (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 26 giugno 1987, n. 712, G. U. 25 novembre 1987, n. 49. Pretore di Rimini, ordinanza 2 luglio 1987, n. 718, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. Pretore di Milano, ordinanza 23 ottobre 1987, n. 825, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. d.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Caltagirone, ordinanza 21 aprile 1987, n. 295, G. U. 5 agosto 1987, Il. 32. legge 17 dicembre 1986, n. 880, art. U (artt. 3, 53 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Vasto, ordinanze (due) 23 gennaio e 19 febbraio 1987, nn:. 223 e 224, G. U. 17 giugno 1987, n. 25. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.I. 3 gennaio 1987, n. 2, artt. 1, quarto e quinto comma, e 2, primo comma, lett. b), comma 1-ter, secondo comma, e sesto comma [convertito in legge 6 marzo 1987, n. 65] (artt. 8, nn. 17 e 20; 9, n. 11; 16, 78 e 80 dello statuto spec. per il Trentino-Alto Adige). Provincia aut. di Trento, ricorso 9 aprile 1987, n. 10, G. V. 6 maggio 1987, n. 19. legge reg. Lombardia approvata il 29 gennaio 1987 e riapprovata il 5 marzo 1987 (art. 97 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 10 aprile 1987, n. 12, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. legge 6 febbraio 1987, n. 15, art. 1 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Albano Laziale, ordinanza 22 agosto 1987, n. 710, G. V. 25 novembre 1987, n. 49. legge 3 marzo 1987, n. 59 in toto, e in particolare, artt. 7, primo, quarto e ottavo comma (artt. 2, 3, terzo comma, 8 (nn. 3, 4, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 21, 24), 16, primo comma dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Provincia aut. di Bolzano, ricorso 9 aprile 1987, n. 11, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. legge 3 marzo 1987, n. 59, arti. 7, primo e quarto comma, e 8 (artt. 8, nn. 3, 5, 6, 13, 16 e 21, 9, n. 10, 16 e 52 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Provincia aut. di Trento, ricorso 13 aprile 1987, n. 13, G. U. 6 maggio 1987, n. 19. legge 3 marzo 1987, n. 61, art. 1, tredicesimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pavia, ordinanza 16 ottobre 1987, n. 787, G. U. 16 dicembre 1987, n. 53. d.P.R. 21 marzo 1987, n. 97, art. 5, teEzo e quarto comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione Liguria, ricorso 27 aprile 1987, n. 16, G. U. 10 giugno 1987, n. 24. legge approv. dall'assemblea regionale siciliana il 9 aprile 1987, artt. 2, 3, 5, sub 5, e 7, sub 2 (art. 97 della Costituzione e 17, lett. b), dello statuto reg. Sicilia). Commissario dello Stato per la reg. Sicilia, ricorso 24 aprile 1987, n. 15, G. U. 13 maggio 1987, n. 20. d.P.R. 13 aprile 1987, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Salerno, ordinanza 30 settembre 1987, n. 827, G. U. 23 dicembre 1987, n. 54. d.l. 25 maggio 1987, n. 206, art. 2 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Fiorenzuola d'Arda, ordinanza 24 luglio 1987, n. 829, G. V. 23 dicembre 1987, n. 54. ! -~ PARTE II, RASSEGNA DI U!GISLAZIONJ! d.l. 20 luglio 1987, n. 285, art. 6 (artt. 4, nn. 12 e 9; 5, n. 4, e 60 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia) Regione Friuli-Venezia Giulia, ricorso 18 agosto 1987, n.. 17, G. U. 9 settembre 1987, n. 37. dJ. 4 agosto 1987, n. 326, artt. 2, quarto comma, e 3, primo comma [conv. in legge 3 ottobre 1987, n. 403] (artt. 14, lett. q); 17, lett. i); 19 e 36 dello statuto siciliano). Presidente regione siciliana, ricorso 10 novembre 1987, n. 22, G. U. 2 dicembre 1987, n. 51. d.l. 4 settembre 1987, n. 367, art. 12 (artt. 97, 117 e 118 della Costituzione). ~egione Campania, ricorso 12 ottobre 1987, n. 18, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. d.I. 4 settembre 1987, n. 367, art. 12 (artt. 117, 119, 9 e 77 della Costituzione). Regione Umbria, ricorso 14 ottobre 1987, n. 19, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. Regione Toscana, ricorso 14 ottobre 1977, n. 20, G. U. 28 ottobre 1987, n. 45. legge approvata dal'assemblea regionale siciliana il 22 ottobre 1987, artt. 2, lett. a), 3, primo comma, 4, primo comma, 6, secondo comma, e 7, secondo comma (art. 17, lett. e) dello statuto speciale). Regione siciliana, ricorso 7 novembre 1987, n. 21, G. U. 2 dicembre'1987, n. 51. dJ. 7 novembre 1987 n. 458, art. 12 (artt. 117, 119, 9 e 77 della Costituzione). Regione Toscana, ricorso 11 dicembre 1987, n. 23, G. U. 30 dicembre 1987, n. 55.