ANNO XXXVII -N. 1 GENNAIO -FEBBRAIO 1985 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1985 ABBONAMENTI ANNO 1985 ANNO L. 33.350 UN NUMERO SEPARATO ................... I> 6.100 Per abbonamenti e acquisci rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in ltalia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu2Uo 1966 (6219290) Roma, 1985 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del /'avv Franco Favara) . pag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA de/l'avv. Oscar E INTERNAFiumara) 26 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) 58 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura Paolo Cosentino e Anna Cenerini) degli avvocati 93 Sezione quinta GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura gli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Palizzi) de11 102 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a vocato Carlo Bafile) . . . cura de/l'av 134 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) 178 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni) 190 Parte seconda: UESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE, BIBLIOGRAFICO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. Ignazio Caramazza) pag. 1 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 26 INDICE BIBLIOGRAFICO . 56 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFFILE, L'Aquila; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANcHis, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI O. FIUMARA, Dell'uso di alcune sostanze antiparassitarie sugli ortofrutticoli: limiti nazionali alla commercializzazione del prodotto . . . pag. 38 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Rapporti con l'anticipazione -Art. 3, u.c., legge 10 dicembre 1981, n 741 -:t:: norma di interpretaZione autentica, 185. -Appalto di opere pubbliche -Risoluzione -Per grave colpa dell'appaltatore -Provvedimento di risoluzione -Annullabilit o revocabilit da parte dell'A.G.O., 178. -Appalto di opere pubbliche -Risoluzione -Per grave colpa dell'appaltatore -Rescissione ex art. 340 legge 2248/11865, ali. F -Giurisdizione ordinaria o amministrativa Giurisdizione ordinaria -Mancata proposizione di azione risarcitoria Irrilevanza, 179. -Appalto di opere pubbliche -Risoluzione -Per grave inadempimento dell'appaltatore -Rescissione ex articolo 340 legge 2248/1865, ali. F Risoluzione ex artt. 1454 e 1662, 2 c., e.e. -Alternativit, 179. COMPETENZA CIVILE -Giurisdizione ordinaria e ammm1strativa -Contratti della P.A. -Appalto di opere pubbliche -Controversie -Giurisdizione dell'A.G.0., 178 COMUNIT EUROPEE -Agricoltura -Organiz2lazione comune di mercato nel settore dello zucchero -Quote di produzione -Contributi, 45. -Libera circolazione . delle merci Accordo di libero scambio CEE Confederazione elvetica -Nozione di prodotti ordginari, 30. -Libera circolazione delle merci Misura di effetto equivalente a restriizioni quantitative all'importazione -Divieti di antiparassitari per le mele, con nota di FIUMARA, 38. -Libera circolazione delle persone Previdenza sociale -Assegni familiari, 26. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitt di attribuzione -Ricorsi per vindicatio rerum -Esulano dalla competenza della Corte Costiruzionale, 1 COSA GIUDICATA -Accoglimento parziale ricorso -Esecuzione in base a capo sentenza primo grado -Appello -Effetto sui provvedimenti adottati -Dubbi sull'applicabilit dell'art. 336, cod. proc. civ., 120. -Atto vincolato -Atto difforme -Giudizio di inottemperanza -Termine impugnazione, 121. -Giudicato a formazione progressiva -Esecuzione in base a capo sentenza primo grado -Invalidit sopravvenuta per incompatibilit con decisione appello -Applicabilit 336 cod. proc. civ., 122. ENTI PUBBLICI -Ente pubblico non economico -Gestione di scuole o asili -Impiego pubblico -Requisiti necessari -Inserimento reale nell'apparato organizzativo dell'ente -Atto formale di nomina -Non necessit, 58. -Procedura di liquidazione -Carattere concorsuale -Inesistenza di situazione deficitaria -Interessi su debiti chirografari -Sospensione -Esclusione, 93. ESECUZIONE PENALE -Incidente di esecuzione -Questioni di efficacia soggettiva del giudicato e di misure di sicurezza patrimoniali -Art. 28 c.p.p. -Applicabilit Distinzione tra soggetti che hanno ~; ~~ ~ 1: ?: INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA :rvu partecipato al giudizio di cognizione e soggetti che non vi harino partecipato ~ Necessit, 195. GIURISDIZIONE CIVILE -Impiego pubblico statale -Associazioni sindacali dei dipendenti statali -Diritti sindacali -Tutela -Articolo 28 Statuto dei lavoratori -Inapplicabilit -Diritti sindacali esclusivi del sindacato Giurisdizione ordinaria, con nota di G. PALMIERI, 60. -Impiego pubblico statale -Associazioni sindacali di dipendenti statali -Diritti sindacali Tutela Articolo 28 Statuto lavoratori Inapplicabilit Diritti sindacali esclusivi del sindacato -Giurisdizione ordinaria Diritti sindacali connessi a posizioni di pubblico impiego Giurisdizione amministrativa esclusiva, con nota di G. PALMIERI, 59. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Art 28 legge 20 maggio 1970, n. 300 Diritti soggettivi politici delle associazioni sindacali Giurisdizione ordinaria -Correlazione con diritti dei singoli impiegati statali Giurisdizione amministrativa esclusiva, 86. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Accoglimento ricorso per violazione diritti soggettivi Riforma sentenza Onere ricorso incidentale per dedurre illegittimit provvedimento, 114. -Appello incidentale autonomo Termine ordinario per deposito . Appello incidentale proprio Termine breve per deposito, 126. -Appello -Appello incidentale Interesse ad impugnare, 125. - Appello Notifica al domiciliata- rio -Art. 140 c.p.c. Inapplicabilit, 114. -Esecuzione del giudicato Annullamento scrutinio -Ricorso per inottemperanza, 122. -Esecuzione del giudicato Dispensa dal servizio Annullamento -Atto elusivo del giudicato, 123 -Esecuzione del giudicato -Dispensa dal servizio Annullamento -Ripristino rapporto servizio subordinato ad accertamento sanitario -Atto elusivo del giudicato, 123 -Esecuzione del giudicato Ricorso per inottemperanza Richiesta interessi e rivalutazione su retribuzioni arretrate Ammissibilit, 123 -Notifica sentenza -Domiciliatario non procuratore Termine appello, 102 -Pluralit di impugnazioni Appello principale ed incidentale Termine per l'impugnazione -Riunione giudizi, 126 -Sentenza favorevole Appello Interesse alla impugnazione Impugnazione graduatoria, 104 IGIENE E SANIT -Funzioni amministrative trasferite alle Regioni Competenza residua enti locali -Chiusura industrie in salubri, 112. IMPIEGO PUBBLICO -Arricchimento senza causa Giurisdizione giudice amministrativo, 113. -Concorso -Illegittimit nelle prove pratiche -Onere immediata contestazione -Non sussiste, 104. -Concorso -Prove pratiche Assimilazione a prove scritte o prove orali -Anonimato, 104. -Scrutinio Annullamento Nuova impugna:1lione scrutinio annullato Mancata deduzione in giudizio Nuovo annullamento -Efficacia sentenza, 122. MINIERE, CAVE E TORBIERE -Cave Autorizzazione -Cava di prestito -Carattere temporaneo -Destinazione materiali ad opera pubblica, 124. -Cava -Autorizzazione Diniego Parere favorevole del Comune -Interessi tutelati dal Comune e dalla Regione, 124. - Cava Autorizzazione -Diniego Programmazione Piano delle cave, 124. MISURE DI SICUREZZA -Misure di sicurezza patrimoniali Confisca Confisca facoltativa Inapplicabilit in sede di giudizio di rinvio dalla Cassazione, nei con vm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fronti di imputato deceduto successivamente alla sentenza della S.C., 195. -Misure di sicurezza patrimoniali Confisca Confisca facoltativa -Sequestro di compendio indiviso o in divisibile in parte di propriet del condannato e in parte di propriet di terzi estranei al reato -Confiscabilit parziale, 195. -Misure di sicurezza patrimoniali Confisca -Confisca obbligatoria Applicabilit indipendentemente da pronunzia di condanna e dalla estin zione del rapporto processuale per morte dell'imputato, 195. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO -Magistrato -Nomina direttore isti tuto carcerario -Censure sulla norma legittimante -Inammissibilit in difetto impugnazione atto nomina, 113. -Magistrato -Nomina direttore isti tuto carcerario -Non costituisce in debito arricchimento dell'Amministrazione, 113 PREVIDENZA -Contributi previdenziali -Omesso versamento -Domanda risarcitoria in forma di costituzione di rendit vitalizia -Rapporto di pubblico im piego -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 91. REATO -Concorso di persone nel reato Concorso previsto dall'art. 116 c.p. Presupposti, 190. REGIONI -Att11ibuzioni conferite dal d.P .R. n. 616 del 1977 alle regioni a statuto ordinario -Implicito conferimento anche alle regioni a statuto speciale Condizioni, 1. -Avvocatura dello Stato -Patrocinio obbligatorio e facoltativo -Sussistenza di entrambe -Procura formale, 124. -Controllo statale sugli atti regio nali -Atto di controllo ed atto di amministrazione attiva -Distinzione, 2. -Fiere e mercati -Attribuzioni statali e regionali in tema di interregionali -Legittimit costituzionale, 2. -Interessi statali e regionali -Integrazione tra art. 117 e art. 127 Costituzione, 1. -Interventi per la protezione della natura -Interessi di carattere interregionale -Connotazione geografica e non funzionale di tale no zione, 1. SANIT -Concorso per farmacia -Prove pra tiche diverse -Ripetizione stesse prove in diversi turni -Legittimit, 104. - Sanitario -Concorso -Sovvertimento della graduatoria da parte del G. A. -Impossibilit riesame da parte Commissione -Nullit relativa delibera -Proclamazione vincitore concorso da parte G. A. -Commis sario, 121. SICILIA -Assemblea regionale siciliana -Elettorato passivo -Iscrizione nelle liste elettorali in un comune della regione, 22. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Esecuzione esattoriale -Ricorso all'Intendente -Impugnazione silenzio -Rigetto Intendente -Provvedimento illegittimo Giurisdizione G.A., 114. -Esecuzione esattoriale -Ricorso all'Intendenza -Impugnazione provvedimento Intendente -Lesione diritto propriet -Giurisdizione G.O., 114. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile e imposta complementare Condono -Rimborso di ritenute di acconto eccedenti -Esclusione Imputazione alle imposte addizionali Esclusione, 148. -Riscossione -Interessi e maggiorazione di aliquota per ritardata iscrizione a ruolo -Successione di leggi nel tempo -Tributi soppressi -Sostituzione degli interessi alla maggiorazione di aliquota con decorrenza dal 1 gennaio 1974, 137. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA -Soggetti passivi Terzo possessore di beni gravati di privilegio speciale Diritto all'accertamento Esclu sione Azioni proponibili, 145. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro Consolidazione di usufrutto Costituzione di usufrutto in epoca anteriore alla ri forma e riunione in epoca successiva dovuta l'imposta di consolidazione secondo le norme abrogate, 175. -Imposta di successione Beni tra sferiti negli ultimi sei mesi di vita a terzi Concetto di terzi Vi sono compresi anche gli eredi Art. 9 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637 Eccezione di illegittimit costituzionale Manifesta infondatezza, 160. -Imposta sul valore aggiunto San zioni Tardiva presentazione di di chiarazione Equivale a dichiarazione omessa, 134. -Imposte di fabbricazione Oli mi nerali . Soggetto passivo -Autore della violazione -Persona che agisce per conto di una societ - tale, 157 .-Riscossione -Interessi Imposta complementare -Ritardo imputa bile al debitore presunto, 141. -Riscossione -Interessi -Obbligazione autonoma dell'imposta -Prescri~ zione quinquennale -Decorrenza, 141. TRIBUTI IN GENERE -Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado Oggetto, 168. -Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado -Oggetto, 169. -Contenzioso tributario -Ripartizione di potest trn CommisSioni e corte d'appello -Non questione di giurisdizione, 169. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 25 luglio 1984, n. 223 Pag. 1 23 gennaio 1985, n. 8 30 gennaio 1985, n. 20 30 gennaio 1985, n. 21 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE I sez., 12 luglio 1984, nella causa 242/83 . . . 4 sez., 12 luglio 1984, nella causa 218/83 Sez. plen., 19 settembre 1984, nella causa 94/83 . 4 sez., 113 dicembre 1984, nella causa 106/83 . . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 26 mar.w 1984, n. 1991 Sez. Un., 11 luglio 1984, n. 4060 . Sez. Un., 26 luglio 1984, n. 4386 . Sez. Un., 26 luglio 1984, n. 4387 Sez. Un., 26 luglio 1984, n. 4388 Sez. Un., 27 luglio 1984, n. 4428 Sez. I, 4 settembre 1984, n. 4753 . Sez. I, 4 settembre 1984, n. 4755 . Sez. I, 20 settembre 1984, n. 4801 . Sez. Un., 22 settembre 1984, n. 4819 Sez. I, 18 ottobre 1984, n. 5265 Sez. I, 25 ottobre 1984, n. 5443 . Sez. I, 30 ottobre 1984, n. 5545 Sez. I, 8 novembre 1984, n. 5643 Sez. I, 12 novembre 1984, n. 5690 . Sez. Un., 17 novembre 1984, n. 5841 . Sez. I, 23 novembre 1984, n. 6071 . Sez. I, 5 gennaio 1985, n. 7 Sez. I, 17 gennaio 1985, n. 117 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 3 dicembre 1982, n. 18 . 11 marzo 1984, n. 6 . . . . . . . 1 22 )) 2 Pag. 26 30 38 " )) 45 Pag. 134 )) 58 )) 59 60 86 )) 91 137 141 145 178 148 157 160 168 )) 169 )) 179 175 93 96 Pag. 122 )) 121 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA Xl 29 novembre 1984, n. 20 Pag. 102 Sez. IV, 9 no.vembre 1984, n. 853 104 27 novembre 1984, n. 872 112 )) 27 novembre 1984, n. 873 )) 113 5 dicembre 1984, n. 879 114 )) )) 28 dicembre 1984, n. 1067 114 Sez. V, ordinanza 5 febbraio 1982, n. 68. 120 ,. Sez. VI, 19 novembre 1984, n. 652 122 ,. 26 novembre 1984, n. 664 123 4 dicembre 1984, n. 685 124 )) 4 dicembre 1984, n. 688 )) 125 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO Sez. III, 31 dicembre 1984, n. 1187 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 185 GIURISDIZIONI PENALI CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. I, 19 dicembre 1984, n. 1074 Pag. 190 Sez. III, 10 dicembre 1984, n. 1650 . . 195 PARTE SECONDA Rassegna di dottrina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti . . . . . . . . . Questioni di legittimit costituzionale I -norme dichirate incostituzionali . . . . . . . . . . . . . Ib -Ammissibilit della richiesta di referendum abrogativo . II -Questioni dichiarate non fondate . III -Questioni proposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. Pag. Indice bibliografico .... . .................... Pag. 26 28 29 29 30 56 - PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 25 luglio 1984, n. 223 -Pres. Elia -Rel. Conso Regione Veneto (avv. Viola) Regione Toscana (avv. Cheli), Regioni Friuli- Venezia Giulia (avv. Pacia) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Corte Costituzionale Conflitto di attribuzione Ricorsi per vindicatio rerum Esulano dalla competenza della Corte costituzionale. Regioni Attribuzioni conferite dal d.P.R. n. 616 del 1977 alle regioni a statuto ordinario Implicito conferimento anche alle regioni a statuto speciale -Condizioni. Regioni Interventi per la protezione della natura Interessi di carattere interregionale Connotazione geografica e non funzionale di tale nozione. L'imposizione di vincoli forestali da parte dello Stato (attivit preordinata alla tutela e gestione del territorio, a prescindere da ogni problema di appartenenza) non vale ad esprimere la determinazione dello Stato stesso di escludere dal trasferimento alla regione i territori sui quali quei vincoli vengono a ricadere (scelta implicante una presa di posizione sull'appartenenza del bene, a prescindere da,lla sua tutela e gestione); comunque i ricorsi per vindicatio rerum esulano dalla competenza della Corte costituzionale. e In assenza di espressa disposizione in contrario, deve ritenersi che -in materia (quella delle riserve naturali) per la prima volta specificata dal d.P.R. n. 616 del 1977 -le regioni a statuto speciale non siano prive di attribuzioni da detto decreto conferito alle regioni a statuto .ordinario. L'aggettivo interregionale ha, nelle non poche disposizioni del d.P.R. n. 616 del 1977 che ne fanno uso, una connotazione meramente territoriale. II CORTE COSTITUZIONALE, 23 gennaio 1985, n. 8 -Pres. Elia -Rel. Paladin -Associazione VIP MACEF (avv. Piras) e 'resistente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Onufrio). Regioni Interessi statali e regionali Integrazione tra art. 117 e art. 127 Costit1.1zione. 2 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO I Regioni -Fiere e mercati -Attribuzioni statali e regionali in tema di I .K-'. fiere interregionali -Legittimit costituzionale. , ~ (Cost. art. 117; d.P.R. 27 luglio 1977, n. 616, artt. 51 e 53). t,: }: Lo stabilire in quali forme interessi statali (o in genere sovraregionali) ed interessi regionali debbano venire armonizzati compete in larga misura alla legge statale ordinaria, cui spetta decidere in che limiti ed a quali I effetti l'intreccio tra detti interessi richieda che vengano introdotti congegni di cooperazione, anzich di netta separazione delle rispettive attri I buzioni di Stato e Regioni; l'art. 117 Cost. va interpretato in collegamento con l'art. 127, ultimo comma, Cost. laddove dispone che le questioni di merito per contrasto di interessi sono risolte dalle Camere e non dalla Corte costituzionale (1). I Non contrasta con la Costituzione la disciplina dettata dal d.P.R. n. 616 del 1977 in materia di fiere e mercati che distingue tre ambiti di I funzioni (riservate allo Stato, suddivise tra Stato e Regioni, e attribuite I ~ residualmente alle Regioni), lascia allo Stato la funzione di qualificazione ~ delle fiere internazionali, ed inibisce alle Regioni di svolgere all'estero attivit promozionali relative alle materie di loro competenza, se non previa intesa con il Governo e nei limiti stabiliti dagli atti di indirizzo ili ~ e coordinamento. fil ili III f~ f.: CORTE COSTITUZIONALE, 30 gennaio 1985, n. 21 -Pres. Elia -Rel. Saja -t:: Regione Marche (avv. Guarino) e Presidente Consiglio dei Ministri t: (avv. Stato Corti). Il ~ ~j Regioni -Controllo statale sugli atti regionali -Atto di controllo ed atto ~ di amministrazione attiva -Distinzione. f:' L'approvazione da parte della Giunta regionale del provvedimento I: di nomina del direttore generale di un ente di sviluppo agricolo atto ~ di controllo (da non sottoporre all'esame della Commissione statale di controllo sugli atti della regione) se alla Regione non attribuito alcun I potere di interferenza nell'esercizio della relativa funzione di ammini I strazione attiva (2). I (1) Il princ1p10 enunciato appare di grande importanza e suscettibile di I ampi sviluppi. Non par dubbio che la disattenzione finora avutasi nei riguardi fil de.ll'art. 127 ult. comma Cost. (norma rimasta in pratica inapplicata) ha finito ~ per privare il disegno costituzionale delle autonomie regionali della necessaria elasticit e per sacrificare gli interessi statali sovente affidati alla comt,: prensione delle regioni od a costosi strumenti indiretti di carattere finanziario. 1:: ~ (2) La pronuncia suscita qualche perplessit, sia perch non considera f affatto il tipo di fonte normativa che ha configurato il potere in questione (. ! i 3 PARm I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I (omissis) I sette decreti del Ministro per l'agricoltura e le foreste impugnati dalla Regione Veneto si collocano tutti tra il 20 ed il 29 dicembre 1975; identiche le loro premesse e identico il loro articolato, incentrato precipuamente sull'asserito preminente interesse nazionale delle riserve naturali. Identiche, d'altro canto, sono pure la struttura, la motivazione e le conclusioni dei relativi ricorsi, imperniati, a loro volta, sul rilievo che l'aver costituito una riserva naturale su beni forestali dopo la scadenza del termine del 1 aprile 1972 , fissato dall'art. 1 del decretolegge 28 dicembre 1971, n. 1121, convertito nella legge 25 febbraio 1972, n. 15, per il trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle regioni a statuto ordinario, invade la sfera di competenza attribuita alla Regione Veneto a norma dell'art. 117 in relazione all'art. 119 della Costituzione medesima, dell'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e degli artt. l, 4 e 21 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 . Per l'Avvocatura dello Stato i ricorsi della Regione Veneto, prima ancora che infondati nel merito, sarebbero inammissibili. Come risulterebbe dall'invocata relazione dell'art. 117 della Costituzione con l'art. 119 della stessa, l dove questo (terzo comma) tratta di un demanio e patrimonio proprio della Regione, e dal dedotto contrasto con l'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in forza del quale (comma quinto, primo periodo) sono trasferite alle Regioni e fanno parte del patrimonio indisponibile regionale le foreste, che a norma delle leggi vigenti appartengono allo Stato, la Regione Veneto mirerebbe a contestare non tanto la istituzione di riserve naturali, quanto la sottrazione dei corrispondenti territori al patrimonio regionale: peraltro -sostiene l'Avvocatura -ogni questione relativa al trasferimento delle foreste al patrimonio regionale non pu essere sollevata in questa sede di impugnazione dei decreti aventi ad oggetto la costituzione di riserve naturali, ma, come la Corte ha precisato con la sentenza n. 219 del 1972, dovr essere affrontata in sede di eventuale ricorso avverso il decreto di trasferimento delle foreste . Nessun dubbio che l'imposizione di vincoli forestali da parte dello Stato (attivit preordinata alla tutela e gestione del territorio, a prescindere da ogni problema di appartenenza) non vale ad esprimere la determinazione dello Stato stesso di escludere dal trasferimento alla regione i territori sui quali quei vincoli vengono a ricadere (scelta implicante (la regione avrebbe disposto >>, mediante propria legge, del controllo statale su una categoria di propri atti), sia perch la distinzione tra amministrazione attiva e controllo tutt'altro che netta e non pare riducibile alla formula v' controllo laddove v' mero accertamento della conformit (di un provvedimento) alla legge (sul punto, si consenta di rinviare a FAVARA, L'interesse pubblico nei controlli, in Atti del XXIV Convegno di Varenna, Giuffr, 1979, 86). 2 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una presa di posizione sull'appartenenza del bene, a prescindere dalla sua tutela e gestione): questa Corte l'ha ben chiarito nella sentenza sopra menzionata e, prima ancora, nella sentenza n. 79 del 1972. Donde la conseguenza che eventuali doglianze nell'uno e nell'altro senso dovranno essere fatte valere autonomamente, senza equivoche sovrapposizioni o confusioni. Tanto pi che, come questa Corte ha ulteriormente ancor meglio precisato (sentenza n. 111 del 1976), le iniziative dirette a chiedere l'accertamento dell'appartenenza di determinati beni forestali, che le Regioni assumono trasferiti al loro patrimonio indisponibile e indebitamente trattenuti dallo Stato >>, per il fatto di avere ad oggetto una effettiva e diretta vindicatio rerum , non prospettano una invasione della loro sfera di competenza, n chiedono uria dichiarazione o delimitazione delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite, in tal modo esorbitando dallo schema dei conflitti di attribuzione, per trovare, invece, spazio nell'ambito degli ordinari rimedi giurisdizionali consentiti dall'ordinamento. Tutto ci -se davvero i ricorsi in questione risultassero preordinati soltanto a rivendicare il diritto della Regione Veneto al proprio patrimonio delle foreste incluse nelle riserve, come afferma l'Avvocatura dello Stato -comporterebbe una loro inammissibilit a doppio titolo: da un lato, perch si trtta di ricorsi oggettivamente diretti contro decreti aventi un ben diverso contenuto; dall'altro, perch, anche a ritenere possibile una conversione di tale contenuto, i ricorsi per vindicatio rerum esulano dalla competenza di questa Corte (v., per un puntuale precedente, la gi ricordata sentenza n. 111 del 1976). Pur non potendosi negare che i ricorsi della Regione Veneto sono pressoch totalmente dedicati alla confutazione della nota ministeriale 13 novembr 1973, con la quale era stato manifestato l'intento di non trasferire, almeno per quel momento, i terreni forestali classificati in riserve naturali, si deve comunque riconoscere che i ricorsi stessi condudono chiedendo che venga dichiarata di esclusiva competenza della Regione Veneto l'attribuzione costituzionale di costituire riserve naturali nelle foreste ecc. " Nel che traspare evidente il raccordo con la dedotta violazione -gi lo si ricordato -non solo e non tanto dell'art. 119 della Costituzione, quanto, soprattutto, dell'art. 117 della Costituzione, e non solo dell'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, bensi anche degli artt 1, 4 e 21 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11. I ricorsi della Regione Veneto non sono fondati. E non lo sono, n se presi alla lettera nella loro richiesta conclusiva di veder dichiarata, in ordine all'istituzione di riserve naturali entro le zone ricomprese nel patrimonio forestale ricadente nell'ambito territoriale della Regione Veneto, l' esclusiva competenza della Regione stessa e, quindi, negata ogni competenza dello Stato in materia; n se intesi in senso meno drastico, nel senso, cio, di negare legittimit ai provvedimenti emessi nelle I ' ! I I I I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE singole fattispecie considerate perch comunque invasivi della sfera di competenza attribuita alla Regione. A smentire la tesi della esclusiva competenza regionale pi che sufficiente rimarcare il tipo di risposta ricavabile, con riguardo alle ri- serve naturali, dal d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, per tutto quanto attiene all' esigenza del rispetto dell'interesse nazionale, quale prevista dall'art. 117 della Costituzione (v. la sentenza n. 142 del 1972). Tale d.P.R. si caratterizza, per quel che qui pi direttamente interessa, in un duplice modo: dando ampio spazio, in via generale (art. 8), all'esercizio da parte dello Stato della funzione di indirizzo e coordinamento delle attivit amministrative delle Regioni a statuto ordinario che attengono ad esigenze di carattere unitario e mantenendo ferma, in via particolare (art. 4, lettera h), la competenza degli organi statali in ordine agli interventi per la protezione della natura, sia pur fatti salvi gli interventi regionali non contrastanti con quelli dello Stato . Il tutto in conformit alla delega conferita dalla legge 16 .maggio 1970, n. 281, il cui art. 17, al fine di garantire che lo svolgimento concreto delle funzioni regionali abbia ad essere armonicamente conforme agli interessi unitari della collettivit statale (sentenza n. 39 del 1971), aveva disposto che le funzioni trasferite alle regioni in ordine alle materie elencate nell'art. 117 della Costituzione dovessero essere contenute nel limite degli interessi connessi alle esigenze delle . singole Regioni senza travalicare in quelli propri dello Stato e di altre Regioni (sentenza n. 142 del 1972). Ma neanche la tesi meno drastica -carenza di legittimazione statale alla base dei decreti impugnati -regge a fronte della disposizione in ultimo ricordata. , infatti, indubitabile che l'istituzione di riserve naturali rappresenta una tipica forma di intervento preordinato alla protezione della natura e, pi precisamente, alla conservazione del ben~ naturale, giacch essa comporta l'esclusione cli ogni attivit che possa comprometterne lo stato attuale (sentenza n. 79 del 1972), giustificando con il preminente interesse nazionale l'inserimento del relativo territorio tra i beni meritevoli di conservazione e di protezione. Il riconosciuto persistere in allora della competenza statale quanto agli interventi per la protezione della natura -art. 4, lettera h, del d.P.R. n. 11 del 1972 porta a ritenere che lo Stato, ai tempi di detto d.P.R., aveva sicuramente conservato la pienezza dei suoi poteri in ordine all'imposizione di vincoli di tutela e di destinazione sui beni forestali: donde la. conseguenza che, anche con riferimento ai sette decreti impugnati dalla Regione Veneto, ben pu asserirsi che la legittimit dei provvedimenti adottati nell'esercizio dei suddetti poteri trova fondamento nell'ordinamento vigente all'epoca della loro emanazione (v. sentenza n. 219 del 1972). (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 Il fatto che la legittimit dei singoli provvedimenti trovi riscontro nell'ordinamento vigente all'epoca della loro emanazione rende, ovviamente, irrilevante ai fini della soluzione del conflitto di attribuzione il successivo evolveFsi , della normativa sul riparto delle competenze tra Stato e regioni; ma ci, altrettanto ovviamente, non esclude che le innovazioni legislative possano riflettersi sulla dinamica dei rapporti instaurati in precedenza. Cos si dica proprio per quel che attiene al contemperamento tra interventi statali ed interventi regionali in materia di protezione della natura: l'art. 83, secondo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nell'occuparsi espressamente dei parchi nazionali e delle riserve naturali dello Stato esistenti al momento della sua entrata in vigore, demanda la definizione della relativa disciplina e la ripartizione dei compiti tra Stato e regioni (nonch comunit montane) ad un'apposita legge, che mantenga ferma la unitariet dei parchi e riserve . Ancor pi determinante si appalesa, per quanto riguarda il trasferimento dei beni forestali alle regioni, l'art. 68 del d.P .R. n. 616 del 1977, che regola nei dettagli le sorti dei beni dell'Azienda di Stato per le foreste demaniali, soppressa dalla prima parte dello stesso articolo: per i beni da trasferire e che non fossero stati ancora trasferiti lo Stato non potrebbe esimersi dal provvedere, alla stregua di ci che dispongono le altre parti dell'art. 68. I tre decreti impugnati dalla Regione Toscana, rispettivamente datati 8 agosto 1980, 13 agosto 1980 e 15 aprile 1981, hanno premesse ed articolato soltanto parzialmente coincidenti: ma, mentre le differenze riscontrabili fra i primi due decreti appaiono marginali e, comunque, ininfluenti ai fini del decidere, le differenze fra essi ed il terzo decreto sono per pi versi tali da comportarne una trattazine disgiunta. (omissis) I primi due ricorsi della Regione Toscana . lamentano, in via principale, la violazione e falsa applicazione dell'art. 117 Cost. e degli artt. 66, primo comma, e 83, primo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , norme che, considerate nel loro insieme, attribuirebbero alle regioni ogni competenza in ordine alle nuove riserve naturali aventi dimensione infraregionale, quali sono quelle in questione, sottraendo allo Stato qualsiasi iniziativa, diretta o indiretta, nella materia. E lamentano, in via subordinata, la violazione dell'art. 3, primo comma, legge 22 luglio 1975, n. 382, e dell'art. 4, primo comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , nel senso che, se in parziale difformit da tale drastica interpretazione si intendesse riconoscere allo Stato la possibilit di assumere iniziative in ordine a nuove riserve naturali anche di dimensione infraregionale, e ci nell'ambito delle funzioni di indirizzo e di coordinamento delle quali si occupa l'art. 83, quarto comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, i decreti in esame non avrebbero comunque rispettato l'adozione delle complesse forme a detto fine tassativamente richieste. PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I due ricorsi dianzi riassunti non s_ono fondati. Come questa Corte ha sottolineato in una precedente occasione (sentenza n. 123 del 1980), risolvendo un conflitto dalla fisionomia parzialmente similare, la Convenzione di Ramsar, nel cui ambito attuativo i decreti impugnati sicuramente rientrano, congegnata in termini tali da comportare una serie di adempimenti e di valutazioni . affidabili esclusivamente allo Stato: infatti, solo i suoi organi sono in grado di apprezzare le esigenze e gli interessi ecologici, non di singole regioni, ma dell'intera collettivit nazionale . Una convenzione che tutta imperniata, sin dal suo titolo, sull'importanza internazionale delle zone umide, che fa espresso richiamo nelle premesse ad una politica nazionale lunghnirante , che subordina all'esistenza di interessi nazionali urgenti la cancellazione o restrizione delle zone gi individuate (artt. 2 n. 5 e 4 n. 2), che invita a tener conto delle responsabilit sul piano internazionale (art. 12 n. 6), che contempla la possibilit di zone umide estese sul territorio di pi Stati (art. 5), non pu non demandare agli organi dello Stato l'adozione di provvedimenti quali quelli impugnati, posti in. funzione di un vincolo internazionale che spettava allo Stato instaurare (sente:hza n. 123 del 1980). Il che, visto nel suo complesso, appare ben rispondente alla pre~ visione contenuta in quella parte dell'art. 4, pnmo comma, del d:P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che comprende fra le competenze dello Stato le funzioni, anche nelle materie trasferite .o delegale alle regioni, attinenti ai rapporti internazionali . La Regione ricrrente nn disconosce i contenuti della sentenza n. 123 . del 1980, ma ne contesta l'applicabilit ai due casi in esame. Anzitutto, perch qui entra in gioco una competenza di una ft;!gione a statuto ordinario specific~ente prevista e disciplinata dal d.P..R~ .24 luglio i977, ' ,, r n. 616,, (art. 66, primo comma, e 83, primo comma), m.entre nell'occasione precedente era in discussione la competenza della, Re~op.e Sardegna; in secondo luogo, :i;>erch l'attivit internazionale rilevante ai fini dell'esecuzione della Convenzione di Ramsar risulta essersi gi esaurita e completata attraverso la precedente dichiarazione .. del valore intern,a" zionale della zona umida operata con d.m. 9 maggio 1977 , di modo che l'istituzione di una riserva naturale nell'ambito di una zona umida gi designata dallo Stato non rappresenta l'esecuzione .diretta di un obbligo internazionale, ma solo un elemen~o aggiuntivo di tutela della zona umida, rispetto a cui permane la distribuzione interna delle competenze fissata nell'art. 66 del d.P.R. n. 616 del 1977. Alla prima obiezione agevole replicare che -a parte il pi generale problema dei rapporti tra le competen;ze. delle regioni a statuto ordinario e le competenze delle regioni a statuto speciale, non certo risolubile nel senso che a queste ultime possano essere riconosciute competenze pi ridotte -proprio lo Statuto sardo .. quello che. contiene, all'art. 52, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO primo comma, la disposizione pi avanzata in tema di partecipazione regionale alla gestione del potere estero. A superare la seconda obiezione, che mette in risalto la innegabile diversit intercorrente tra l'oggetto degli attuali ricorsi (il decreto istitutivo della riserva naturale) e l'oggetto del ricorso deciso con la sentenza n. 123 del 1980 (la determinazione o designazione della zona da inserire nell'elenco delle zone umide di importanza internazionale, atto addirittura anteriore al decreto dichiarativo del valore internazionale della zona umida designata, cui fa a sua volta seguito il decreto istitutivo della riserva), vale l'osservazione che l'obbligo di creare riserve naturali elemento fondamentale, e non solo aggiuntivo, del sistema cui d vita la Convenzione di Ramsar. Esplicitamente previsto dall'art. 4 n. 2 per il caso di cancellazione o restrizione di una zona gi inclusa nell'apposito elenco ai fini di creare nuove riserve, tale obbligo da intendersi, a maggior ragione, operante nell'ipotesi dell'art. 4 n. 1 (creazione di riserve naturali in via primaria). Ed. invero -a parte la considerazione che, secondo la pi volte citata sentenza n. 123 del 1980, poich ~ il provvedimento impugnato stato posto in f.nzione di un vincolo internazionale sulle zone umide da esso individuate , la competenza dello Stato si atteggia come piena ed esclusiva -appare decisivo il rilievo che l'istituzione di una o pi riserve naturali trasforma il vincolo previsto in sede internazionale, che del regime della Convenzione rappresenta il cardine, da virtuale (quale lo aveva reso la designazione della zona destinaa: ad essere inserita nell'elenco) in attuale, secondo gli strumenti di adattamento apprestati dal diritto interno. Cos riconosciuta per i due decreti dell'S e del 13 agosto 1980 la competenza dello Stato sulla base di quella parte dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che si richiama ai rapporti internazionali intesi come si detto, indipendentemente, quindi, da ogni collegamento con l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, resta privo di rilievo il motivo di ricorso formulato in via subordinata. Il terzo ricorso della Regione Toscana .;... proposto nei confronti di un provvedimento che, pur richiamandosi anch'esso alla Convenzione di Ramsar, oltrech ad una pi recente direttiva del Consiglio delle Comunit europee, venuto a costituire in riserva naturale un bitopo rispetto al quale non risulta esservi stata n la determinazione ministeriale di destinarlo all'inserimento nell'elenco delle zone umide di importanza internazionale, n la dichiarazione del valore internazionale della relativa zona umida -deduce quattro ordini di motivi. In via principale la violazione e falsa applicazione degli artt. 117 e 118 Cost., in relazione agli artt. 66, primo comma, e 83, primo comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonch all'art. 78, lettera a, del medesimo d.P.R. , che, nel loro complesso, demanderebbero l'istituzione di riserve naturali esclusivamente alle regioni a statuto ordinario. E, in via progressivamente subordinata: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la violazione e falsa applicazione degli artt. 117 e 118 Cost., in relazione agli artt. 66 e 83 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, anche con riferimento all'esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971 , e ci non solo perch l'istituzione di riserve naturali rappresenterebbe un momento estraneo all'esecuzione degli obblighi posti dalla convenzione, ma anche perch, comunque, nel caso di specie sarebbe mancata la dichiarazione di zona umida avente valore internazionale; la violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e degli artt. 6, 66 e 83 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, anche in relazione alla direttiva comunitaria del 2 aprile 1979 , perch, sotto il profilo degli obblighi comunitari, opererebbe il principio di cui al detto art. 6, che ha trasferito alle regioni le funzioni amministrative attinenti all'applicazione dei regolamenti e delle direttive comunitarie; e, infine, la violazione dell'art. 83, quarto comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , con, in ipotesi, violazione dell'art. 3, primo comma, legge 22 luglio 1975, n. 382, e dell'art. 4, primo comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , mancando il principale presupposto per l'applicazione del quarto comma di detto art. 83 (riserve naturali .di carattere interregionale) e, comunque, in concreto, il rispetto delle forme previste per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di coordinamento. Poich tanto il primo motivo quanto una parte del secondo risultano contraddetti dalle considerazioni gi svolte, l'analisi del ricorso ora in esame potr concentrarsi sui profili particolari che residuano. Sotto tali profili il terzo ricorso della Regione Toscana fondato. Sono, infatti, da condividere le argomentazioni svolte dalla ricorrente in ordine sia alla portata rivestita dalla dichiarazione del valore internazionale della zona umida nell'ambito esecutivo della Convenzione di Ramsar, sia all'esercizio delle funzioni relative all'attuazione delle direttive della Comunit economica europea, sia al significato da attribuire alla espressione di carattere interregionale nell'art. 83, quarto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Il che toglie, ovviamente, anche questa volta, sia pur per opposte ragioni, ogni rilievo alle considerazioni sulla forma assunta nella specie dal provvedimento impugnato, venendo a risultare inesistente la legittimazione stessa dello Stato ad emanare il decreto istitutivo della riserva naturale in oggetto. Nessuno dei titoli giustificativi adombrati nel contesto del provvedimento trova il necessario riscontro nelle circostanze di fatto e nelle norme. Non trova rispondenza nelle prime il richiamo agli artt. 1 e 4 della Convenzione di Ramsar, essendo possibile far leva sui vincoli nascenti da un trattato internazionale per risalire alla fonte delle competenze dello Stato di cui all'art. 4, primo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, solo in quanto uno almeno degli adempimenti previsti dal trattato (in particolare, la Convenzione di Ramsar contempla la dichiarazione del valore internazionale della zona umida e la designazione della stessa RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 10 ai fini dell'inclusione nell'elenco delle zone umide conservato dall'Ufficio internazionale per la tutela della natura e delle risorse naturali) risulti realizzato: in caso contrario, mancando ogni collegamento con il trattato, qualsiasi atto che vi si richiami resta automaticamente al di fuori dell'esecuzione di esso. Non trova appoggio nelle norme la pretesa di agganciare la competenza dello Stato alla necessit di far fronte ad una direttiva del Consiglio delle Comunit europee: il primo comma dell'art. 6 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, esplicito nel trasferire alle regioni le funzioni preordinate all'attuazione delle direttive comunitarie fatte proprie dallo Stato, con l'unico limite del particolare, complesso, meccanismo configurato nel terzo comma del medesimo articolo. Non trova, infine, il conforto delle norme e delle circostanze di fatto il generico riferimento agli artt. 68 e 83 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e relativi adempimenti, meglio precisato nelle difese dell'Avvocatura dello Stato con il suo attestarsi sul quarto comma dell'art. 83, inteso nel senso che la ivi considerata potest del Governo di individuare, nell'ambito delle funzioni di indirizzo e di coordinamento, i nuovi territori nei quali istituire riserve naturali e parchi di carattere interregionale , postulerebbe un'interregio~ nalit non di ordine territoriale o geografico, ma insita nella portata sovraregionale, e quindi nazionale, degli interessi tutelati: dal confronto con le altre non poche disposizioni del d.P.R. n. 616 del 1977 che fanno uso dell'aggettivo interregionali (art. 69, secondo comma, rispetto alle aziende; artt. 89, secondo comma, e 91 rispetto ai bacini idrografici ; artt. 113, primo comma, e 122, primo comma, rispetto agli enti, ecc.) o della stessa nozione di carattere interregionale (art. 85, secondo comma, rispetto alle linee di gran turismo ), emerge in maniera sufficientemente chiara la connotazione geografica o territoriale di tali espressioni, da rapportare, cio, a situazioni che territorialmente interessino pi regioni, come non certo il caso della zona umida oggetto del decreto in discussione. Sempre a proposito dell'art. 83, quarto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, non va, oltretutto, dimenticato che l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di coordinamento, nucleo centrale di tale disposto, reca in s l'idea di un coinvolgimento di pi regioni. D'altro canto, perch l'interesse nazionale possa assurgere a criterio ispiratore degli organi statali (come l'Avvocatura dello Stato vorrebbe ai fini dell'individuazione di nuovi territori nei quali istituire riserve naturali), sembra indispensabile che esso non rimanga indeterminato e, quindi, apoditticamente rimesso alla valutazione, di volta in volta, di un ministro, ma riceva adeguata qualificazione attraverso un ragionevole fondamento normativo, demandato, pertanto, all'individuazione del legislatore: il che, fino ad oggi, non si verificato, non essendo stata emanata la legge-quadro per i parchi e le riserve naturali, alla quale lo stesso d.P.R. n. 616 del 1977 \ ~ {: r: f, ' f f f ~ r f PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE demanda, sia pure per i soli aspetti considerati dal secondo comma dell'art. 83, la definitiva soluzione dei problemi in esame. Si aggiunga che il decreto impugnato, a differenza dei due di poco precedenti, non si preoccupa nemmeno di far salve le competenze regionali, mal adeguandosi, anche sotto questo profilo, all'ottica adottata dalla delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382, e dal conseguente d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ottica tutta tesa a valorizzare materie esplicitamente non enunciate nell'art. 117 della Costituzione, attraverso un largo uso delle interconnessioni tra materie (qui rilevano, soprattutto, l' urbanistica e l' agricoltura e foreste ) e tra le relative competenze. Il caso delle riserve naturali uno dei pi emblematici in proposito. Non fatte oggetto, diversamente di quanto accaduto per i parchi nazionali {art. 4, lettera s), di una espressa previsione da parte del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, che -come si visto nel punto 5 -si limitava a parlare genericamente di interventi per la protezione della natura senza ulteriori specificazioni, le riserve naturali hanno trovato larga considerazione nel d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che se ne occupa direttamente sia nel capo dedicato all'agricoltura e foreste (art. 66, primo comma, che affianca all'istituzione di parchi e riserve naturali la tutela delle zone umide), sia nel capo dedicato all'urbanistica: qui l'art. 83, primo comma, a ribadire la regola del trasferimento delle funzioni amministrative concernenti le riserve ed i parchi nazionali alle regioni, salvi -in favore dello Stato -i soli limiti risultanti dall'art. 83, secondo comma, per i parchi nazionali e le riserve naturali dello Stato esistenti al momento della sua entrata in vigore e dall'art. 83, quarto comma, per le riserve naturali ed i parchi di carattere interregionale, oltre, beninteso, al gi esaminato limite di ordine generale posto dall'art. 4 in attinenza ai rapporti internazionali. Il provvedimento de quo, in quanto adottato da organi dello Stato al di fuori di ogni eccezione consentita, lede la sfera della Regione ricorrente e va di conseguenza annullato. Il decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste impugnato dalla Regione Lombardia reca la stessa data (13 agosto 1980) di uno dei decreti impugnati dalla Regione Toscana (per la precisione, il secondo), ma, mentre l'articolato virtualmente il medesimo, compreso il disposto che fa salve le competenze regionali , le premesse coincidono soltanto nella parte in cui si d atto della richiesta di istituzione di una riserva naturale di popolamento animale nell'area anzidetta, avanzata dall'Associazione italiana per il World Wildlife Fund -Fondo mondiale per la natura, con nota in data 25 luglio 1980 . Per il resto, non vi qui alcun cenno alla Convenzione di Ramsar, n all'esistenza di una zona umida di valore internazionale , pur non mancandosi di qualificare il bitopo come zona di sosta e di nidificazione di numerosi uccelli acquatici. D'altro canto, viene fatto richiamo ad una delibera del consiglio regionale RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO della Lombardia del 15 febbraio 1979, relativa alla costituzione di una riserva naturale locale nella stessa area. A sua volta, il ricorso della Regione deduce, con un unico ma com posito motivo, la violazione degli artt. 118 e 117 della Costituzione, ,anche in relazione all'art. 83 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e all'art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382 , insistendo particolarmente, quanto all'art. 83, sull'inosservanza del primo comma e, comunque, sull'inapplicabilit del quarto comma, sia per il carattere non interregionale della riserva de qua, sia, in subordine, per la carenza delle forme indispensabili agli effetti ivi previsti, come anche richiesto dall'art. 3 della legge n. 382 del 1975. Il ricorso della Regione Lombardia fondato. Esclusa in partenza qualsiasi possibilit per gli organi dello Stato di avvalersi dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 ( lo stesso decreto ministeriale a mostrarsene ben consapevole, tanto da non contenere alcun cenno a vincoli e rapporti di ordine internazio nale), le doglianze della Regione ricorrente meritano pieno accoglimento, e ci alla stregua di quanto si avuto modo di puntualizzare con ri guardo alle varie parti dell'art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977, in sede di esame del terzo ricorso della Regione Toscana. Non potendo, infatti, trovare applicazione n il secondo comma di detto art. 83 (la riserva di istituzione successiva all'entrata in vigore del d.P.R. n. 616 del 1977), n il quarto comma dello stesso (la riserva non di carattere territorialmente interregionale, con conseguente assor bimento degli altri problemi di forma posti da tale comma), nella fatti specie concreta in questione da ritenersi competente la Regione Lom bardia: una competenza, del resto, gi esercitata, ai sensi degli artt. 66, primo comma, e 83, primo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 e in con formit agli artt. 117 e 118 della Costituzione, con la delibera costitutiva della riserva locale (15 febbraio 1979), la cui legittimit , comunque, qui fuori discussione, non solo perch non disconosciuta nemmeno dal de creto ministeriale, ma anche perch l'illegittimit di quest'ultimo rende ultroneo affrontare il tema dei rapporti tra una riserva locale gi istituita e l'istituzione nella stessa zona di una riserva naturale di popolamento animale da parte dello Stato con un atto che fosse di per s legittimo, ma che si venisse a sovrapporre alla delibera regionale in quanto ema nato successivamente. Il presente provvedimento, di per s viziato perch invasivo delle attribuzioni della Regione, va, pertanto, annullato. Il decreto impugnato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, che reca la data del 30 luglio 1980, risulta emanato da:l Ministro per l'agricoltura e le foreste di concerto con il Ministro dell'interno, essendo la Foresta di Tarvisio, suo punto di riferimento territoriale, di propriet del l'Azienda patrimoni riuniti ex-economali, cos da rientrare fra i beni PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE forestali espressamente esclusi dal trasferimento al patrimonio indisponibile della Regione Friuli-Venezia Giulia (art. 1, second comma, del d.P.R. 26 giugno 1965, n. 958). L'articolato del decreto ministeriale, che per i problemi di gestione che possono interferire con gli interessi regionali prescrive di sentire la Regione, costituisce in riserva naturale di popolamento animle le molte zone della Foresta di Tarvisio diverse da quelle gi dichiarate riserva naturale integrale con un precedente decreto ministeriale (2 dicembre 1975), citato nelle premesse del provvedimento in esame, unitamente a varie fonti normative, quali gli artt. 68 e 83 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e le due leggi 27 dicembre 1977, n. 968 e 984, non senza diversi accenni, sia pur generici, ad organizzazioni ed enti internazionali e all'importanza internazionale dell'area da proteggere. Con il relativo ricorso, la Regione, dopo aver osservato che nel decreto vengono promiscuamente richiamate la materia della caccia e la materia dell'urbanistica, muove ad esso l'addebito di essere lesivo, sotto il prim profilo, della sfera di competenza costituzionalmente assegnata alla Regione Friuli-Venezia Giulia dall'art. 4 n. 3 dello Statuto speciale e dall'art. 1 del d.P.R. n. 1116 del 1965 e, sotto il secondo profilo, della sfera di competenza alla stessa Regione attribuita con l'art. 4 n. 12 dello Statuto speciale e con gli artt. 22 del d.P.R. n. 1116 del 1965 e 21 e 26 del d.P.R. n. 902 del 25 novembre 1975 . 11 ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia fondato. Non si pu, invero, disconoscere che, nel dare attuazione all'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, il d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, abbia, con gli artt. 1 e 22 (quest'ultimo tanto nel suo testo originario quanto nel testo sostituito dall'art. 21 del d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902), trasferito alla Regione Friuli-Venezia Giulia le attribuzioni degli organi dello Stato sia in materia di caccia sia in materia di urbanistica con una portata non suscettibile 'di trovare limitazioni in nessuna delle indicazioni contenute nelle premesse del decreto impugnato e sviluppate all'udienza dall'Avvocatura dello Stato. Per quanto riguarda le considerazioni basate sull'esclusione dal trasferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia dei rapporti relativi ai beni forestali appartenenti, come la Foresta di Tarvisio, all'Azienda patrimoni riuniti ex-economali, va detto subito che esse -allo stesso modo del similare art. 68, secondo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 non rilevano ai presenti fini, i quali coinvolgono non questioni di ordine patrimoniale (oltretutto, estranee alla competenza di questa Corte), ma questioni di gestione funzionale. N, tanto meno, valgono i richiami all'art. 83 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nelle parti in cui vi sarebbe prevista una futura normativa di ripartizione di compiti fra Stato, Regioni e Comunit montane , lasciando allo Stato il potere di individuare nuovi territori da costituire in riserve RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 naturali di interesse nazionale: il secondo comma di detto articolo prevede si una futura normativa di ripartizione di compiti " ma con esclusivo riferimento alle riserve naturali dello Stato gi esistenti, mentre il quarto comma parla non di riserve naturali di interesse nazionale, ma di riserve naturali a carattere interregionale. Non vi dubbio, ed in questo gli argomenti svolti dalla stessa Avvocatura sono pienamente da condividere, che l'art. 83, pur rientrando in un d.P.R., come il n. 616 del 1977, dettato in attuazione di una delega concernente le regioni a statuto ordinario (v. art. 1, parte prima, della legge 22 luglio 1975, n. 382), trovi applicazione anche per le regioni a statuto speciale, non essendo accettabile che in una materia -quale quella delle riserve naturali, per la prima volta specificata appunto dal d.P.R. n. 616 del 1977 -le regioni a statuto speciale, nell'assenza di una espressa disposizione in contrario, restino prive delle attribuzioni conferite alle regioni a statuto ordinario. Orbene, la portata principale dell'art. 83 sta, appunto, nell'aver trasferito alle regioni le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali (primo comma), con i soli limiti, qui non riscontrabili, posti in favore dello Stato dal secondo e dal quarto comma. Altrettanto controproducente si rivela il richiamo che la prima premessa del provvedimento fa alla legge 27 dicembre 1977, n. 968. Nel dettare principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia, tale legge, all'art. 6, primo comma, impegna, per gli interventi nel settore della caccia, le regioni a predisporre piani annuali o pluriennali, qualificati di conseguenza piani regionali, con la previsione, tra l'altro, di oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione, alla sosta della fauna selvatica (lettera a) e di zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della selvaggina, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per il ripopolamento (lettera b). La prescrizione dell'art. 4 n. 3 dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia non potrebbe trovare rispondenza pi puntuale di questa. Ultroneo , poi, il richiamo alla legge 27 dicembre 1977, n. 984, sul quale ha pur insistito la difesa orale dell'Avvocatura dello Stato: emanata pochi mesi dopo il d.P.R. n. 616 del 1977, tale legge, essenzialmente mossa dall'intento di assicurare adeguati finanziamenti a tipi svariatissimi di intervento pubblico, non poteva pretendere -n ha preteso di modificare l'appena tracciato riparto delle competenze tra lo Stato e le regioni. Troppo generica risulta, infine, l'utilizzazione della dimension~ internazionale, qui insufficiente in modo palese: il limite degli obblighi internazionali opera a favore dello Stato soltanto in presenza di adempimenti precisi, necessari per dare puntuale esecuzione ad un vincolo formalmente assunto. L'illegittimit del decreto impugnato, invasivo della sfera di compe tenza della Regione Friuli-Venezia Giulia, ne comporta l'annullamento. i: 1 PAIU'B I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE II. Occorre anzitutto ricordare che il giudizio pendente presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio riguarda due mostre a carattere internazionale che avrebbero dovuto svolgersi nei quartieri dell'Ente fiera di Milano, pur non essendo state organizzate dall'Ente medesimo, bensl da una privata associazione quale la ricorrente. Nel ricorso proposto da tale associazione -avverso un provvedimento ministeriale che respingeva la sua domanda, negando che in materia sussistesse la competenza dello Stato -veniva denunciata in primo luogo la violazione degli artt. 51 ss. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616: i quali non avrebbero trasferito alle Regioni il potere autorizzativo in discussione, dato il disposto dell'art. 53, n. l, in cui si afferma la perdurante competenza statale circa le funzioni amministrative concernenti gli enti fiera internazionali di Milano, di Bari e di Verona. E, solo in subordine, si richiedeva che il TAR sollevasse questione di legittimit costituzionale delle norme predette, in quanto t.ali da non tutelare il carattere internazionale delle manifestazioni, indipendentemente dalla sede nella quale si svolgano. Tuttavia, il giudice a quo non ha ritenuto di affrontare preliminarmente lo specifico problema delle manifestazioni fieristiche internazionali occasionalmente organizzate a cura di soggetti diversi dagli enti fiera di Milano, di Bari e di Verona, ma destinate a svolgersi presso gli enti stessi. Ed ha, viceversa, impugnato senz'altro gli artt. 51 e 53 d.P.R. cit., con particolare riferimento alle norme che trasferiscano o deleghino alle Regioni funzioni amministrative in tema di fiere internazionali (ovvero non riservino allo Stato l'intera spettanza delle funzioni medesime). Cos ricostruito, il tema dell'impugnativa si presenta, dunque, alquanto pi ampio della controversia in atto fra l'associazione e il Ministero dell'industria, commercio ed artigianato. Ma ci non toglie che si tratti di una questione rilevante ed ammissibile, poich l'accoglimento di essa toglierebbe qualunque fondamento normativo all'atto ministeriale in esame e ne consentirebbe l'immediato annullamento da parte del TAR, senza che quel giudice fosse comunque tenuto a reinterpretare le norme impugnate. Nel merito, va premesso che le funzioni amministrative regionali esercitabili in base agli artt. 51 e 53 del d.P.R. n. 616 rappresentano il frutto di un trasferimento, operato nel presupposto che quelle funzioni ricadano in una materia di competenza regionale propria; non gi di una delegazione, fondata sul secondo comma dell'art. 118 Cost. e avente per oggetto altre funzioni amministrative, eccedenti le materie elencate nel precedente articolo, delle quali lo Stato conservi la titolarit. La lettera dell'art. 51, in cui si fa espresso richiamo alla materia fiere e mercati, non consente alcun dubbio in proposito; ed una ulteriore conferma si ricava -ex adverso -dal seguente primo comma dell'art. 52, mediante RASSEGNA DELl,.'AVVOCATURA DELLO STATO 16 il quale s' avuto cura di avvertire esplicitamente che il solo eserc1z10 delle previste funzioni amministrative in tema di attivit commerciali deve considerarsi delegato alle regioni . Pertanto, l'unica questione da risolvere nel presente giudizio riguarda l'asserita illegittimit degli artt. 51 e 53 del d.P.R. n. 616, in riferimento all'art. 117 Cost.; mentre non ricorre l'ipotesi per cui le funzioni regionali concernenti le manifestazioni fieristiche internazionali discenderebbero invece da una delega liberamente disposta con atto legislativo dello Stato, in pretesa violazione dei principi di buon andamento e d'imparzialit, sanciti dall'art. 97 della Costituzione. La questione non fondata. Secondo l'ordinanza di rimessione, le norme impugnate non garantirebbero pi la necessaria tutela degli interessi nazionali ed anzi interferirebbero nella stessa sfera dei rapporti che lo Stato italiano intrattiene con gli Stati esteri; sicch ne verrebbe contraddetta l'indicazione offerta dalla sentenza n. 138 del 1972, con cui questa Corte ha affermato che in base alla Costituzione le attribuzioni legislative e le corrispondenti attribuzioni amministrative delle Regioni hanno ad oggetto solo fiere e mercati di carattere regionale, giacch queste manifestazioni, quando abbiano pi vasta dimensione, corrispondono ad interessi sostanziali che fanno immediatamente capo all'intera comunit nazionale ed appartengono, conseguentemente, alla competenza dello Stato . Ma il giudice a quo non ha considerato adegua tamente n la natura dei contrapposti interessi in gioco, n i margini che in tal campo rimangono affidati alla discrezionalit legislativa, n il quadro normativo in cui s'inseriscono le norme impugnate: quadro assai mutato rispetto a quello in cui si collocava il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7 (contenente disposizioni sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materie di fiere e mercati e del relativo personale), sul quale si pronunciata la predetta decisione della Corte. Certo, dev'essere tuttora condiviso l'insegnamento basilare della sentenza n. 138 del 1972: ossia che, per tutti i settori elencati dal primo comma dell'art. 117 Cost., vale la considerazione che, pur nell'ambito di una stessa espressione linguistica, non esclusa la possibilit di identificare materie sostanzialmente diverse secondo la diversit degli interessi, regionali o sovraregionali, desumibile dall'esperienza sociale e giuridica (senza di che -aggiungeva la Corte - fondamentali esigenze dell'intera comunit rischierebbero di restare insoddisfatte). Ma lo stabilire in quali forme le due specie di interessi debbano venir considerate e reciprocamente armonizzate compete in larga misura alla legge statale ordinaria: cui spetta, in particolar modo, decidere in che limiti ed a quali effetti l'intreccio riscontrabile fra gli interessi nazionali e regionali richieda che vengano introdotti congegni di cooperazione tra le Regioni e lo Stato, anzich separare con nettezza gli oggetti dell'una e dell'altra competenz,a. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE L'art. 117 va per questa parte interpretato in collegamento con l'art. 127, ultimo comma, della Costituzione: l dove si dispone che le questioni di merito per contrasto di interessi sono risolte dalle Camere e non da questa Corte. Diversamente, il disegno costituzionale delle autonomie regionali non conserverebbe la necessaria elasticit e non potrebbe venire costantemente adeguato -nell'ambito delle stesse materie elencate dall'art. 117 -alle mutevoli esigenze delle popolazioni locali e della collettivit nazionale. Non dunque pensabile che i due. ordini di interessi in esame debbano rimanere -per Costituzione -dimensionati alla stregua di leggi statali ordinarie o di atti legislativi equiparati, previgenti rispetto alla Carta costituzionale: quale sarebbe, nella specie, il r.d.l. 29 gennaio 1934 n. 454, in cui si classificavano le mostre, le fiere e le esposizioni, secondo che avessero carattere locale, provinciale, interprovinciale, nazionale od internazionale. La circostanza che tali norme fossero in vigore nel momento in cui veniva elaborata ed approvata la Costituzione repubblicana e che, in un primo tempo, il d.P.R. n. 7 del 1972 le abbia fondamentalmente assunte a base (pur apportandovi significative deroghe, ai fini del riparto fra le competenze statali e regionali) non implica affatto che le norme stesse debbano considerarsi costituzionalizzate e che il legislatore statale ordinario non possa modificarle, agli effetti previsti dall'art. 117 Cost. Ma in ci, precisamente, si risolve la nuova disciplina dettata dal d.P.R. n. 616 del 1977, la quale -in sostanza -riduce a tre sole le cinque categorie preesistenti: ponendo in distinta evidenza e riservando allo Stato le funzioni relative agli enti fieristici di Milano, di Bari e di Verona (unitamente alle esposizioni universali); suddividendo fra la competenza statale e quella regionale le funzioni relative alle altre manifestazioni fieristiche internazionali; ed attribuendo alle Regioni tutte le funzioni residue, con la conseguenza che le fiere locali, provinciali, interprovinciali e nazionali rimangono in tal senso indifferenziate (salvo il calendario ufficiale di cui al n. 3 dell'art. 53 d.P.R. cit.). A giustificare una disciplina del genere sul piano costituzionale, sta il fatto che gli interessi regionali esistenti in materia non attengono alle sole fiere di livello infraregionale, ma indubbiamente coinvolgono le manifestazioni fieristiche di maggiore importanza, pur non escludendo la compresenza di interessi facenti capo -secondo la terminologia della sentenza n. 138 del 1972 -all'intera comunit nazionale: basta infatti ricordare -per averne la prova -il rilievo che le fiere internazionali presentano ai fini dello sviluppo economico delle popolazioni locali, dell'incremento del turismo di competenza regionale, dello stesso assetto del territorio, per ci che riguarda la localizzazione e l'urbanizzazione delle aree destinate alle fiere medesime. Non a caso, gi nel d.P.R. n. 7 del 1972 si disponeva il trasferimento alle Regioni ordinarie delle funzioni concernenti le fiere 18 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO internazionali non organizzate da enti riconosciuti ai sensi dell'art. 2 del regio decreto-legge 29 gennaio 1934, n. 454 , e si prevedevano specifici poteri regionali in tema di riconoscimento di nuovi enti fieristici organizzatori di fiere internazionali, nonch di designazione di componenti i relativi consigli di amministrazione (cfr. gli artt. l, secondo comma, lett. a, 2, terzo comma, e 3, primo comma). Sicch per questa parte gli artt. 50 e seguenti del d.P.R. n. 616 del 1977 non hanno fatto altro che integrare il primo trasferimento delle funzioni amministrative statali alle Regioni, in base ai principi direttivi stabiliti dalle leggi 16 maggio 1970, n. 281, e 22 lu glio 1975, n. 382, quanto alla necessaria organicit del trasferimento medesimo: principi che la stessa Corte ha valorizzato pi volte, sin dalla sentenza n. 39 del 1971, con cui s' affermata -in vista dell'art. 17 della legge n. 281 -l'esigenza che alle Regioni siano assegnate per intero le materie indicate nell'art. 117 della Costituzione, assicurando bens che lo svolgimento concreto delle funzioni regionali abbia ad essere armonicamente conforme agli interessi unitari della collettivit nazionale , ma senza per questo addivenire ad una preventiva e generale riserva allo Stato di settori di materie . N si pu dire che le norme impugnate non abbiano tenuto conto degli interessi nazionali. Da un lato, la perdurante potest ministeriale di qualificazione delle fiere internazionali -che, nella prassi, viene esercitata mediante appositi decreti di riconoscimento, aventi un carattere ampiamente discrezionale, nei quali si fissano o si confermano il luogo ed il tempo di tali manifestazioni, sebbene autorizzate da parte regionale esclude a priori quell'indiscriminata ed incontrollata proliferazione delle fiere stesse, che il TAR del Lazio vorrebbe evitare mediante la restaurazione d'una integrale competenza dello Stato. D'altro lato, a garantire che non si verifichino estemporanee intromissioni regionali nei rapporti fra Italia e gli altri Stati, vale comunque il rimedio previsto dall'art. 4, terzo comma, del d.P.R. n. 616, per cui le regioni non possono svolgere all'estero attivit promozionali relative alle materie di loro competenza se non previa intesa con il Governo e nell'ambito degli indirizzi e degli atti di coordinamento di cui al comma precedente ; ma significativo che il conseguente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emesso 1'11 marzo 1980, non abbia ritenuto di dettare disposizioni specificamente concernenti le fiere internazionali destinate a svolgersi nel territorio italiano, considerando soltanto la partecipazione regionale ad esposizioni da tenersi in altri Paesi. Come prospettata dall'ordinanza in esame, l'impugnativa dev'essere dunque respinta; mentre spetta al giudice a quo stabilire quale sia l'incidenza dell'art. 53 n. 1 del d.P.R. n. 616, relativamente alla particolare controversia che ha dato origine al presente giudizio. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE III Con il conflitto di attribuzione che viene all'esame della Corte, la Regione Marche deduce che l'approvazione da parte della Giunta regionale, in data 13 luglio 1981, della deliberazione adottata il 22 giugno 1981, n. 36 dal Consiglio di amministrazione dell' Ente di sviluppo nelle Marche e relativa alla nomina del direttore generale (cui diede successivamente esecuzione il presidente dell'Ente medesimo), non soggetta al controllo' della Commissione governativa di cui agli artt. 125 della Costituzione e 45 I. 10 febbraio 1953, n. 62. Da ci consegue, secondo la Regione, che, essendo la deliberazione de qua pienamente efficace per effetto della ricordata approvazione, legittimamente, con l'altra e successiva deliberazione 9 settembre 1981 n. 3251, venne determinato dalla stessa Giunta regionale il trattamento economico del predetto direttore generale. Illegittimo, per contro, perch invasivo della competenza regionale, sarebbe l'atto della predetta Commissione governativa in data 26 marzo 1982 n. 8069, con cui fu annullata la deliberazione da ultimo indicata nonch quella n. 816 del 12 marzo 1982 (che l'aveva confermata), sul rilievo che non era stato trasmesso il sopra detto provvedimento relativo alla nomina, ossia quello del 13 luglio 1981, il quale costituiva l'indispensabile presupposto dell'attribuzione del trattamento economico. Riconosce la Regione che gli atti di amministrazione attiva emessi dai suoi organi -come quello, ora indicato, della Giunta regionale, relativo alla retribuzione del direttore generale -sono soggetti a controllo statale; deve invece ritenersi che il controllo sugli atti dell'Ente di sviluppo si esaurisce nell'ambito regionale in base al disposto dell'art. 16 I. reg. 24 novembre 1979, n. 41 (contenente la ristrutturazione del predetto Ente), il quale sottopone le relative deliberazioni all'approvazione di organi regionali: in particolare le deliberazioni di maggior rilievo, previste nel primo comma (e concernenti il regolamento di amministrazione e di contabilit, quello organico del personale, il bilancio di previsione e di rendiconto) sono devolute al Consiglio regionale; mentre alla Giunta sono devolute le altre considerate nel secondo comma, tra le quali rientrano quelle in esame. Pertanto -prosegue la ricorrente -lo Stato, con il suddetto atto 26 marzo 1982, n. 8069 della Commissione governativa, ha invaso la sfera di competenza regionale, pretendendo di esercitare il controllo sulla nomina del direttore generale dell'Ente. In conclusione, la ricorrente chiede che sia riconosciuta la propria competenza in subiecta materia e venga anrtullata la ricordata deliberazione 26 marzo 1982 della Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale delle Marche. La risoluzione del conflitto esige che la Corte preliminarmente esamini la funzione della indicata approvazione, nell'ambito della serie procedimentale in cui essa inserita, e precisamente stabilisca se essa vada 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO considerata come atto di amministrazione attiva ovvero come esercizio del potere di controllo. In linea di principio, conformemente ad un autorevole e ormai quasi generale orientamento, ritiene la Corte di dover propendere per la seconda delle qualificazioni prospettate, in quanto l'approvazione non si collega intrinsecamente con l'attivit dell'organo o dell'ente soggetto a controllo, in modo da dar vita ad un atto complesso, ma rimane fuori dalla fattispecie costitutiva e ne condiziona soltanto l'efficacia. Com' noto, nel nostro ordinamento non mancano casi, ad es. in materia urbanistica, in cui il legislatore si esprime improprimente, indicando con l'espressione approvazione un'attivit di positiva ingerenza nella sfera del soggetto passivo; ma nel caso in esame non par dubbio che il termine sia stato impiegato correttamente dal cit. art. 16 1. reg. n. 41/1979, in quanto il controllo circoscritto al mero accertamento della conformit alla legge dell'atto controllato, e il potere della Regione, se l'approvazione non accordata, si esaurisce nel mero annullamento dell'atto, senza alcuna possibilit di interferenza nell'esercizio dell'azione amministrativa, neppure impartendo direttive ovvero indirizzi di gestione. Tale ingerenza invece indispensabile perch sia configurabile un'attivit di amministrazione attiva, la quale in effetti prevista, con evidente contrapposizione, nel successivo art. 17: in questo sono infatti elencati gli atti con cu la regione pu positivamente interferire, con il proprio intervento, nell'azione dell'ente sottordinato, emettendo provvedimenti diretti alla realizzazione dei fini del medesimo. Dai superiori rilievi discende che il potere devoluto all'organo regionale rientra in questo caso nell'ambito dell'attivit di controllo propriamente detto. N pu essere omesso di ricordare come la norma dell'art. 16 cit. completata dalla previsione di automatica esecutivit delle deliberazioni dell'Ente, se l'annullamento non pronunciato entro il termine di venti giorni dal loro ricevimento. Ci rende anche concretamente impossibile un successivo controllo statale, il quale ha sempre carattere preventivo e non quindi ammissibile se l'atto in questione sia gi divenuto esecutivo a causa dell'inerzia dell'organo regionale. La soluzione prospettata si trova peraltro in linea con la giurisprudenza di questa Cor~e. In proposito giova premettere che l'art. 117 Cost., nell'elencare le materie attribuite alla potest regionale, indica per prima l'ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione . In relazione a tale previsione normativa la Corte ritenne in un primo momento che la competenza regionale non si estendesse alla materia dei controlli, riservata in ogni caso allo Stato (cfr. sentt. nn. 24 del 1957, 40 e 164 del 1972 e 62 del 1973). Ma successivamente ha considerato che non possi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE bile separare la funzione di controllo da quella concernente l' ordinamento dell'ente, in quanto la prima inerisce strettamente alla seconda: pertanto l' ordinamento comprende l'intero procedimento relativo agli atti emessi dagli enti preposti alla cura delle materie di cui all'art. 117, senza la possibilit di limitazioni e frazionamenti, che sarebbero ingiustificati e irrazionali. Tale nuovo orientamento, iniziato con la sent. 19 dicembre 1973, n. 178 e pi esplicitamente ribadito con la sent. 9 dicembre 1976 n. 244, trova ora altrs conforto nel d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 il quale nell'art. 13 espressamente dispone che I' ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione oncerne anche la materia dei controlli . Anzi, la formula legislativa talmente comprensiva da dissipare gli eventuali dubbi rispetto ai provvedimenti dei c.d. enti strumentali (come quelli di sviluppo agricolo), che una parte della dottrina vorrebbe considerare diversamente dagli altri enti regionali, quali rami staccati ma pur sempre appartenenti all'apparato amministrativo della regione, con la conseguenza che i loro atti sarebbero soggetti, al pari di quelli degli organi della regione stessa, al controllo ex art. 125 della Costituzione. N in contrario vale obiettare, come pur stato fatto, che in tal modo le regioni, creando degli enti strumentali e trasferendo ad essi alcune delle proprie funzioni, si sottraggono in definitiva alla regola del controllo statale. Questa regola infatti non assoluta, come si evince direttamente dalla stessa Costituzione, secondo cui il controllo sui provvedimenti degli enti territoriali minori (comuni, province e loro consorzi) si esauriscono nell'ambito regionale -mediante attribuzione delle relative funzioni al CO.RE.CO. -e non sono soggetti alla verifica di alcun organo statale, nemmeno quando deliberano nelle materie ad essi delegate dalle Regioni (art. 130 Cost. e 4 1. n. 382 del 1975). Perci non pu ritenersi contrastare con la previsione costituzionale il fatto che l'esclusione del controllo statale si riscontri anche per gli enti che operano nelle materie devolute alle regioni: invero per essi pu essere sufficiente, ai fini della tutela del pubblico interesse, il controllo dalle medesime effettuato. In base alle superiori osservazioni non sembra dubbio nella specie che il controllo sulla deliberazione del Consiglio di amministrazione dell'Ente, n. 36 del 22 giugno 1981, legittimamente sia avvenuto e si sia esaurito nell'ambito regionale con l'atto della Giunta in data 13 luglio 1981. La pretesa della Commissione governativa di un ulteriore controllo in proposito risulta dunque illegittima perch invasiva della competenza regionale e l'illegittimit si comunica al rifiuto di approvazione della successiva deliberazione della Giunta regionale n. 3251 del 1981 nonch del ricordato at!o 12 marzo 1982, n. 816. Conclusivamente, pertanto, il con flitto va risolto nel senso sostenuto dalla Regione Marche. :-:: RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO ST.\TO 22 CORTE COSTITUZIONALE, .30 gennaio 1985, n. 20 -Pres. Elia -Rel. Buc ciarelli Ducci -Fede (avv. Silvestri) e regione Sicilia (avv. Stato Onu frio). Sicilia -Assemblea regionale siciliana -Elettorato passivo Iscrizione nelle liste elettorali in un comune della regione. (Cast., artt. 3 e 51; I. reg. Sicilia 20 marzo 1951, n. 29, come modificata con I. rcg. Sicilia, 29 dicembre 1975, n. 87, art. 7). Non contrasta con gli artt. 3 e 51 Cast. la disposizione cli legge regionale che, in una regione a statuto speciale, attribuisce l'elettorato passivo solo a cittadini iscritti nelle liste elettorali di un comune della regione (1). La questione sottoposta all'esame di questa Corte se contrasti o meno con gli artt. 3 e 51 della Costituzione l'art. 7 della legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (modificata con legge regionale 29 dicembre 1975, n. 87), nella parte in cui limita l'eleggibilit all'assemblea regionale siciliana ai cittadini iscritti nelle liste elettorali dei Comuni della Regione. La norma impugnata, nel testo attuale, recita infatti: sono eleggibili a deputati regionali gli elettori che abbiano compiuto il ventunesimo anno di et entro il giorno dell'elezione. E l'art. 4, relativo all'elettorato attivo, definisce elettori tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni della Regione che non si trovino in alcuna delle condizioni previste dall'articolo seguente (privazione dei .diritti civili). Il testo originario dell'art. 7 della legge n. 29/1951, anteriore cio alle modifiche introdotte con la legge n. 87 del 1975, prevedeva, oltre al diverso limite di et (25 anni), altri due requisiti alternativi per l'eleggibilit all'assemblea regionale e cio: che gli elettori fossero nati nella regione o vi fossero residenti da almeno cinque anni ininterrotti. Il Tribunale di Palermo interpreta la normativa vigente nel senso che il termine elettori usato all'art. 7 non possa avere altro significato di quello precisato nel precedente art. 4, cio di cittadini iscritti nelle (1) La pronuncia distingue tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, e desume -pervero in modo troppo automatico -la costituzionalit del limite posto all'elettorato passivo dalla attribuzione a queste ultime regioni di una potest legislativa primaria in materia elettorale. La pronuncia suscita perplessit anche per un'altra ragione: essa assegna un peso determinante alla interpretazione del giudice a quo , relegando in un angolo la diversa (peraltro non contraddetta) interpretazione che della disposizione regionale sub fudice era stata data dalla difesa della Regione Sicilia. Non pare che nel decidere nel merito una questione incidentale di legittimit costituzionale alla interpretazione del giudice a quo debba essere riconosciuta una importanza privilegiata (diverso discorso pu farsi invece per quanto attiene alla decisione preliminare sulla rilevanza della questione stessa). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE liste elettorali di un comune della Sicilia e che, pertanto, le modifiche del 1975 non abbiano toccato tale requisito fondamentale, limitandosi solo ad anticipare il limite di et ed abolendo i due requisiti, supplementari e alternativi, della nascita nell'Isola o della residenza ultraquinquennale. Interpretata in tal modo la norma sarebbe -secondo il giudice a quo -.in contrasto con i principi sanciti dagli artt. 3 e 51 della Costituzione, perch realizzerebbe una disparit di trattamento ed una limitazione dei diritti politici rispetto alla legislazione nazionale, che, per l'elezione dei Consigli delle Regioni a statuto ordinario, attribuisce l'elettorato passivo ai cittadini iscritti nelle liste elettorali di un qualsiasi comune della Repubblica (come disponeva all'epoca dell'ordinanza l'art. 4, secondo comma, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, e come dispone oggi l'art. 1 della legge 23 aprile 1981, n. 154). La questione prospettata nei termini sopra indicati infondata. Infatti, seguendo l'interpretazione del giudice a quo, cui compete peraltro l'esame ermeneutico delle norme che regolano la fattispecie, vi sarebbe un perfetto parallelismo tra elettorato attivo ed elettorato passivo per l'elezione dell'assemblea regionale siciliana, nel senso di attribuire l'uno e l'altro solo a quei cittadini che siano iscritti nelle liste di un comune dell'Isola. La norma dell'attuale art. 7 della I. reg. 29/1951, quale risulta dopo le modifiche apportate con la I. regionale n. 87/1975, cos interpretata in connessione a quanto disposto dal precedente art. 4, non contrasta tuttavia con i parametri costituzionali invocati, trovando una sua razionale giustificazione nel regime di autonomia delle regioni a statuto speciale ivi compresa la Regione siciliana. Il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini della Repubblica nel godimento dei diritti politici non soffre, infatti, lesioni quando la disciplina dell'esercizio di tali diritti venga adeguata ad un altro principio costituzionalmente rilevante, quale quello del riconoscimento di una potest legislativa primaria in materia elettorale alle regioni a statuto speciale. Tale principio si ricollega a precise norme costituzionali, quali l'art. 116 della Costituzione e le norme in materia elettorale degli Statuti speciali (artt. 3, primo comma, 14, lett. O, e 15 dello Statuto per la Sicilia; art. 25, primo comma, dello Statuto per il Trentino-Alto Adige; art. 16, primo comma, Statuto per la Sardegna; art. 13, primo comma, Statuto per il Friuli-Venezia Giulia). N vale richiamare -come fa il giudice a quo per sostenere la propria tesi -la sentenza di questa Corte n. 108 del 1969 con la quale venne dichiarata la illegittimit costituzionale della legge regionale siciliana 30 aprile 1969, in materia di ineleggibilit a consigliere comunale e provinciale nel territorio della Regione siciliana. La questione infatti ora all'esame della Corte non ha ad oggetto le norme per la elezione nei 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consigli comunali o provinciali (la cui esigenza di uniformit in tutto il territorio nazionale ben pu discendere dall'identit di interessi che comuni e province rappresentano nei confronti delle rispettive comunit locali, quale che sia la regione di appartenenza), bens quelle per la elezione della assemblea regionale, dotata di un preciso rilievo politico e costituzionale. In questo caso l'applicazione stessa del principio affermato dalla Corte con la citata sentenza n. 108/1969 conduce al riconoscimento della legittimit della norma impugnata. Non ingiustificato, infatti, che gli interessi di una comunit regionale -cui lo stesso ordinamento costituzionale attribuisce carattere di specialit, collegato alle peculiari tradizioni storiche e culturali della regione siano rappresentati a livello politico regionale da cittadini che abbiano con la comunit stessa il collegamento personale costituito dall'iscrizione nelle liste elettorali dei comuni dell'Isola. Del resto l'identit dei requisiti tra elettorato passivo ed elettorato attivo, sul modello della rappresentanza parlamentare nazionale, carat teristica comune di tutte le Regioni .a statuto speciale, cui la Repubblica ha riconosciuto un'autonomia pi qualificata, rispetto a quella delle rimanenti Regioni. Tutte le norme che regolano l'elettorato passivo nelle altre quattro Regioni a Statuto speciale esigono infatti tra l'altro come requisito minimo l'iscrizione nelle liste di un comune della Regione. Tuttavia anche seguendo l'interpretazione che della norma impugnata d l'Avvocatura dello Stato, a difesa della Regione Sicilia, la questione risulterebbe infondata. In tal caso, infatti, sarebbe stato lo stesso legislatore siciliano a rimuovere, in modo del tutto legittimo per le ragioni prima esposte, ogni limitazione all'esercizio dell'elettorato passivo, con l'intento di adeguare sul punto la legislazione regionale a quella statale prevista per le Regioni a statuto ordinario ed introdotta con la citata legge del 1968 (n. 108). L'uniformit della disciplina escluderebbe del tutto ogni lesione da parte della norma impugnata dei parametri costituzionali invocati nell'ordinanza di rimessione. Si trascrive il brano della narrativa relativo alla interpretazione data dalla difesa della Regione Sicilia. Secondo la difesa della Regione, invece, la qualifica di elettore contenuta nell'impugnato art. 7 va intesa in senso generale, cio di titolare del diritto di elettorato attivo secondo l'ordinamento statale, in quanto manchino le cause di esclusione (incapacit civile, fallimento, ecc.) elencate dall'art. 5. Tanto pi appare evidente la volont del legislatore siciliano di ampliare la cerchia dell'elettorato passivo rispetto a quello attivo -prosegue l'Avvocatura -alla luce -delle innovazioni introdotte con la citata \' l~gge 29 dicembre 1975, n. 87, che hanno modificato anche l'art. 7, abrogan-t l 1: [ ! I I 8 - PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE do i requisiti della nascita e della residenza quinquennale nell'Isola per estendere la eleggibilit a tutti i cittadini italiani, iscritti nelle liste di qualsiasi comune della Repubblica. Con la novellazione -argomenta la difesa della Regione -si voluto adeguare la normativa elettorale regionale a quella statale per l'elezione dei consigli regionali nelle regioni a statuto ordinario nonch al principio generale di aprire le amministrazioni regionali al respiro degli interessi nazionali e al principio costituzionale contenuto negli artt. 3 e 51 Cost., secondo il quale la Regione, nell'esercizio della potest legislativa primaria spettantele, non pu dar vita a norme che comportino deroghe, non giustificate e non razionali, alla legislazione elettorale statale (ved. sent. di questa Corte n. 108/1969). Infine -conclude l'Avvocatura -quando il legislatore regionale ha voluto porre all'elettorato passivo un requisito cos limitativo lo ha sempre fatto in modo espresso e inequivoco, come le Regioni Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Vnezia Giulia. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, I sez., 12 luglio 1984, nella causa 242/83 -Pres. Koopmans -Avv. Gen. Darmon Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione del Belgio nella causa Caisse de compensation pour allocations familiales du batiment, de l'industrie et du commerce du Hainaut c. Patteri -Interv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Seidel e Roder) e italiano (avv. Stato Ferri), Commissione (ag. Griesmar) e Consiglio (ag. Carbery) delle C.E. Comunit Europee -Libera circolazione delle persone -Previdenza sociale Assegni familiari. (Trattato CEE, art. 51; regolamento CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408/71, art. 77). Qualora, nel caso contemplato dall'art. 77, n. 2 lett. b) i) del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavoratori dipendenti ed alla loro famiglia che si spostano nell'ambito della Comunit, l'importo delle prestazioni corrisposte dallo Stato .di residenza sia inferiore a quello delle prestazioni versate dall'altro Stato debitore, il lavoratore conserva il vantaggio dell'importo maggiore ed ha il diritto di ricevere dall'ente previdenziale competente di questo secondo Stato, un supplemento di prestazioni pari alla differenza fra i due importi. L'esame delle questioni sollevate non ha rivelato alcunch atto ad inficiare la validit della norma sopradetta (1). (omissis) 1. -Con sentenza 3 ottobre 1983, pervenuta alla Corte il 25 ottobre successivo, la Cour de cassation belga ha sollevato, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 51 del Trattato CEE e 77 del regolamento del Con (1) La pronuncia si muove, nel senso proposto anche dal Governo italiano nell'intervento in causa, in un'ottica di tutela dei diritti quesiti dei lavoratori. Lo scopo degli artt. 48 -51 del Trattato -diceva gi la Corte nella sentenza 15 luglio 1964, nella causa 100/63, VAN DER VEEN, in Racc., 1964, pag. 1093, citata in motivazione -non sarebbe raggiunto, bens frustrato, qualora il lavoratore, per poter fruire della libert di circolazione che gli garantita, dovesse adattarsi a perdere dei diritti gi quesiti in uno dei Paesi membri, senza ricevere in cambio prestazioni per lo meno equivalenti . In considerazione della man canza di un regime previdenziale comune, le norme del regolamento 1408/71 non 27 PARTE I, SEZ. II, GIURlS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE siglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavoratori dipendenti ed alle loro famiglie che si spostano . nell'ambito della Comunit (G.U. 1971, n. L 149) e, in subordine, sulla validit dell'art. 77, n. 2 lett. b) i) di detto regolamento. 2. -Le questioni sono state sollevate nell'ambito di una lite vertente sul rifiuto del competente ente previdenziale belga di versare ad un lavoratore italiano, titolare di una pensione d'invalidit tanto nel Belgio quanto in Italia e residente in Italia, a partire dal 9 agosto 1979, un supplemento di assegni familiari per figli a carico, pari alla differenza fra l'importo degli assegni belgi e quello, inferiore, degli assegni italiani. 3. -Dal fascicolo trasmesso dal giudice nazionale si desume che l'interessato, il quale ha lavorato nel Belgio dal 28 giugno 1956 al 31 luglio 1971, ha percepito, a norma delle leggi belghe, degli assegni familiari per i figli a carico sino al ritorno definitivo in Italia, avvenuto il 9 agosto 1979. Dopo questa data, l'ente previdenziale belga si rifiutto di versare all'interessato la differenza fra l'importo degli assegni familari belgi riscossi fino a quel momento e quello, inferiore, degli assegni familiari riscossi a partire da quel momento in Italia. A sostegno esso invoca l'art. 77, n. 2 lett. b) i) del regolamento n. 1408/71, a norma del quale gli assegni familiari spettanti al lavoratore, titolare di una pensione d'invalidit attribuita a. norma delle leggi di pi Stati membri, indipendentemente dallo Stato membro nel cui territorio il titolare o i figli risiedono, sono attribuiti conformemente alla legislazione dello Stato sul cui territorio risiede, se il diritto ad una delle prestazioni di cui al 1 ivi acquisito in base alla legislazione di tale Stato , 4 -L'ente previdenziale belga non ha tenuto ,conto del fatto che il problema era gi stato risolto dall'interpretazione che la Corte ha dato a dette disposizioni nella sentenza 12 giugno 1980 (Laterza, 733/79, Racc. pag. 1915). Secondo l'ente previdenziale belga, l'art. 51 del Trattato CEE possono imporre la limitazione delle prestazioni spettanti in Stati membri diversi, mediante decurtazione dell'importo della prestazione spettante in forza della sola legislazione nazionale di uno Stato membro (sentenza 21 ottobre 1975, nella causa 24/75, PETRONI, in Racc., 1975, 1149), e non possono avere altro effetto che quello di evitare la sovrapposizione delle prestazioni, per cui una prestazione non potrebbe essere soppressa se non per quella parte che coperta da una analoga prestazione (arg. da sentenze 13 ottobre 1977, nella causa 22/77, MURA, in questa Rassegna, 1977, I, 782, con nota; 16 maggio 1979, nella causa 236/78, MURA, ibidem, 1979, I, 254, con nota; 2 luglio 1981, nelle cause riunite 116, 117, 119, 120 e 121/80, CELESTRE, ibidem, 1981, I, 476). Specificamente sulle prestazioni familiari cfr., oltre la sentenza LATERZA, citata in motivazione, anche le sentenze 24 novembre 1983, nella causa 320/82, D'AMARIO, in Racc. 1983, 38lil; 19 febbraio 1981, nella causa 104/80, BEECK, in Racc., 1981, 503; 9 luglio 1980, nella causa 807/79, GRAVINA, in Racc., 1980, 2205; 6 mar zo 1979, nella causa l(J0/78, RossI, in Racc., .1979, 831. 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attribuisce dei poteri al Consiglio unicamente per realizzare il cumulo dei periodi assicurativi ed il pagamento effettivo delle prestazioni a coloro che risiedono nel territorio degli Stati membri e che, tenuto conto di questi limiti, l'art. 77, n. 2 lett. b) i) del regolamento n. 1408/71 non pu contenere altro che una norma di rinvio che designa il diritto nazionale da applicarsi. Esso ritiene quindi che detta disposizione, se dovesse essere interpretata nel senso che faccia sorgere un diritto che non con templato da alcuna legislazione nazionale, non troverebbe fondamento nell'art. 51 del Trattato CEE. 5. L'interessato si opposto a questa interpretazione restrittiva dell'art. 51 del Trattato CEE e del regolamento n. 1408/71, che gli farebbe perdere gli assegni familiari maggiori cui avrebbe continuato ad avere diritto se fosse rimasto nel Belgio. 6. -Su ricorso contro la sentenza della Cour d'appel di Mons che aveva dato ragione all'interessato, la Cour de cassation ha ritenuto che il mezzo dedotto sollevasse questioni d'interpretazione del diritto comunitario che non risultava fossero gi state sottoposte alla Corte. La Cour de cassation belga ha quindi sollevato le seguenti questioni: 1) Se l'art. 51 del Trattato di Roma autorizzi il Consiglio dei Ministri unicamente ad adottare i provvedimenti che consentano di garantire il pagamento effettivo delle prestazioni previdenziali ai lavoratori migranti, mentre dette prestazioni restano esclusivamente disciplinate, quanto alla loro esistenza ed al loro importo, da regimi distinti che fanno sorgere crediti distinti nei confronti di enti previdenziali distinti e si debba quindi interpretare il regolamento numero 1408/71 ed in particolare l'art. 77 di esso nel senso che esso attribuisce un diritto diretto ai singoli solo per quanto necessario per ottenere il pagamento effettivo delle prestazioni la cui esistenza e il cui importo restano disciplinati esclusivamente dai vari diritti nazionali, di guisa che la disposizione summenzionata non pu attribuire ai lavoratori migranti un diritto diretto al pagamento, a carico dell'ente di uno Stato membro, di assegni familiari che non spettino in forza della legge nazionale di detto Stato membro. 2) Nell'ipotesi in cui si debba interpretare l'art. 77, n. 2, b) i), del regolamento n. 1408/71 nel senso che il diritto ad assegni familiari a carico dello Stato nel cui territorio risiede il titolare di una pensione d'invalidit non fa venir meno il diritto a prestazioni maggiori precedentemente spettante a carico di un altro Stato membro e quanto meno ad un regolamento pari alla differenza tra i due importi, facendo insorgere a vantaggio del beneficiario un diritto che nessuna delle legislazioni nazionali contempla, se il regolamento n. 1408/71 sia valido sotto il profilo dell'art. 51 del Trattato di Roma. 7. -Come l'ente previdenziale belga e la Commissione delle Comunit Europee rilevano, le due distinte questioni che sono state sottoposte r1:1a1111111i11111r11111111111111111111111r1111;!1111111r11111111111m1 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE alla Corte riguardano in realt un unico problema: quello dell'interpretazione da darsi all'art. 51 del Trattato CEE. La validit dell'art. 77 n. 2, lett. b) i) del regolamento n. 1408/71 pu infatti essere messa in discussione unicamente se l'art. 51 del Trattato CEE ha la portata limitata attribuitale dall'Ente previdenziale belga. 8. Dall lettera stessa l'art. 51 si desume che i due provvedimenti indicati cio: a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni, sia per il calcolo di queste, e b) il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nel territorio degli Stati membri sono unicamente due mezzi possibili in un complesso di prov vedimenti che spetta al Consiglio adottare onde promuovere la libera circolazione dei lavoratori. Garantirla, come stato posto in rilievo dalla costante giurisprudenza (sentenze 19 marzo 1964, Unger, 15/63, Racc. pag. 346, 9 giugno 1964, Nonnenmacher, 92/63, Racc. pag. 557 e 15 luglio 1964, van der Veen, 100/63, Racc. pag. 1105), lo scopo fondamentale perseguito dall'art. 51 del Trattato CEE. Non pu quindi essere accolta l'interpretazione restrittiva di detta disposizione che caldeggiata dall'ente previdenziale belga. 9. Come la Corte ha pi volte rilevato, lo scopo perseguito dall'art. 51 del Trattato CEE presiede all'interpretazione dei regolamenti adottati dal Consiglio nel campo della previdenza sociale dei lavoratori migranti. 10. Appunto in ossequio a questi principi la Corte, nella sopramen zionata sentenza 12 giugno 1980, ha deciso che l'art. 77, n. 2 lett. b) i) del regolamento n. 1408171 non pu essere interpretato in modo da pri vare il lavoratore, sostituendo le prestazioni offerte da uno Stato membro a quelle dovute da un altro Stato membro, delle prestazioni pi favorevoli. Dato che questa interpretazione imposta dallo scopo dell'art. 51 del Trattato CEE, la validit dell'art. 77, n. 2 lett. b) i) del regolamento n. 1408/71 cos interpretato non pu essere messa in discussione invocando lo stesso art. 51. 11. Per questi motivi le questioni sollevate vanno risolte nel senso che, qualora, nel caso contemplato dall'art. 77, n. 2 lett. b) i) del regolamento n. 1408/71, l'importo delle prestazioni corrisposte dallo Stato di residenza sia inferiore a quello delle prestazioni versate dall'altro Stato debitore, il lavoratore conserva il vantaggio dell'importo maggiore ed ha il diritto di ricevere, dall'ente previdenziale competente di questo secondo Stato, un supplemento di prestazioni pari alla differenza fra i due importi e che l'esame delle questioni sollevate non ha rivelato alcunch atto ad inficiare la validit dell'art. 77, n. 2 lett. b) i) del regolamento n. 1408/71. (omissis) 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 4a sez., 12 luglio 1984, nella causa 218/83 -Pres. Koopmans -Avv. Gen. Slynn Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di Cassazione francese nella causa s.r.l. Les Rapides Savoyards c. Dir. gen, dogane - Interv.: Governo italiano (avv. Stato Conti) e Commissione C. E. (ag. Cristoyannopoulos e Sack). Comunit Europee -Libera circolazione delle merci -Accordo di libero scambio CEE Confederazione elvetica Nozione di prodotti originari. (Accordo di libero scambio CEE -Confederazione elvetica 22 luglio 1972, protocollo n. 3). L'Accordo fra la CEE e la Confederazione elvetica 22 luglio 1972 e in particolare il protocollo n. 3 allegato a detto Accordo, relativo alld definizione di prodotti originari ed ai metodi di collaborazione amministrativa, vanno interpretati nel senso che la valutazione dei fattori rilevanti per determinare l'origine di un prodotto e pertanto la sua ammissione al regime previdenziale contemplato dall'Accordo spettano all'Amministrazione doganale dello Stato esportatore del prodotto finito, la quale applica, alle parti importate da paesi terzi, al momento dell'importazione di dette parti, le proprie norme in fatto di valore in dogana e di cambio (1). (omissis) 1. Con sentenza 29 giugno 1983, pervenuta alla Corte il 29 settembre successivo, la Cour de cassation francese ha sollevato, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'Accordo fra la Comunit Economica Europea e la Confederazione Elvetica 22 luglio 1972 e, in particolare del Protocollo n. 3 allegato a detto Accordo, relativo alle defenizione di ~' prodotti originari ed ai metodi di collaborazione amministrativa; (G.U. n. L. 300, pag. 188). 2. Dal fascicolo si desume che 1'8 giugno 1977, la societ Les Rapides Savoyards ed il suo amministratore, sig. Roger Dejussel, importavano dalla Svizzera, per conto della Diffusion Marketing International DMI con sede in Stains, Seine-Saint-Denis, una partita di penne stilografiche di cui alla voce doganale 98.03, munita di un certificato di circolazione EUR. 1, rilasciato dall'amministrazione doganale elvetica in forza del Protocollo n. 3 e attestante l'origine svizzera della n-'ierce. 3. Dalle informazioni, non contestate, fornite in corso d'istanza emerso che tali penne erano state fabbricate e montate nel modo seguente: le cartucce erano state importate dalla DMI dagli Stati Uniti D'America, messe in libera pratica in Francia e riesportate in Svizzera in regime d'esportazione temporanea. In Svizzera, esse sono state rivestite, a cura (1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. CO:'.\WNITARIA E INTERNAZIONALE di un fabbricante locale, di guaine e di cappucci cromati ottenuti pure in loco, nonch di punte e, per talune penne, di graffe (clips) direttamente importate in Svizzera dagli Stati Uniti d'America. Il prodotto finito, munito del marchio del produttore svizzero (LINDY), veniva dichiarato, all'importazione in Francia, come prodotto originario della Svizzera, al prezzo franco stabilimento espresso in franchi svizzeri. Le ricorrenti nella causa principale chiedevano l'applicazione della tariffa preferenziale del 2,6% del valore in dogana, vigente a quell'epoca tra la Svizzera e la Comunit. 4. -La dogana francese, previo esame del prezzo della merce, ricalcolava il valore delle varie parti di essa, a seconda che fossero originarie dagli Stati Uniti d'America o dalla Svizzera, ai sensi dell'art. 35 -8 del code des douanes il quale dispone che, qualora i fattori rilevanti per determinare il prezzo normale di una merce siano espressi in valuta estera, la conversione va effettuata al cambio ufficiale in vigore al momento in cui viene registrata la dichiarazione, in altri termini, al momento dell'importazione. Considerando che, secondo tali calcoli, il valore delle parti, provenienti dagli Stati Uniti d'America, nel prodotto finito, superava la soglia del 5% alla quale il Protocollo n. 3 ed il suo allegato III, elenco B, limitano l'inclusione di parti originarie di paesi terzi per il riconoscimento dell'origine svizzera, la dogana applicava il dazio generale della tariffa doganale comune che era, a quell'epoca del 13%, fatta salva la detrazione dei dazi doganali gi pagati all'atto dell'importazione delle cartucce. 5. -Le ricorrenti nella causa principale ricorrevano alla Commission de Conciliation et d'Expertise Douanire (CCED), che dava loro torto il 16 maggio 1978. Adito dall'amministrazione doganale, con sentenza 19 giugno 1979, il Tribunal d'istance di Saint-Julien-en-Genevois, convalidava la decisione della CCED. Adita in appello, con provvedimento 11 maggio 1981, la Cour d'appel di Chambry confermava tale sentenza. La societ Les Rapides Savoyards , il suo amministratore Roger Dejussel e la DMI impugnavano tale sentenza dinanzi alla Cour de cassation. 6. -Dal fascicolo, come pure dal mezzo unico di cassazione richiamato nel provvedimento di rinvio, si desume che la lite deferita ai giudici francesi verte, in primo luogo, sul tasso di cambio applicato dall'amministrazione doganale francese per la valutazione dei diversi fattori rilevanti per determinare l'origine della merce e, pi in particolare, sul momento da prendere in considerazione per definire i rapporti di cambio tra le varie valute. Le ricorrenti nella-causa principale sostengono che il tasso di cambio dev'essere quello vigente nel momento in cui le varie parti sono state importate, o in Francia o in Svizzera, mentre l'amministrazione doganale eccepisce che tutti questi valori vanno determinati nel 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO momento stabilito dall'art. 35 -8 del code des douanes francese, c10e nel momento dell'importazione in Francia del prodotto finito. Le ricorrenti nella causa principale sostengono che questo metodo incompatibile col Protocollo n. 3 a causa dell'incertezza ch'esso crea circa l'origine in seguito alle modifiche dei cambi che possono avvenire fra il momento dell'importazione delle parti staccate ed il momento dell'importazione del prodotto finito. 7. -Risulta, inoltre, dal fascicolo che nel corso delle istanze precedenti e fino alla formulazione del mezzo di cassazione, le ricorrenti nella causa principale non hanno messo in discussione la competenza dell'amministrazione doganale francese a procedere, al momento dell'importazione del prodotto finito, ad una nuova valutazione dei fattori rilevanti per determinare l'origine, dato che la discussione resta circoscritta alla compatibilit, con l'Accordo di libero scambio e con le normative comunitarie eventualmente pertinenti, dell'applicazione dei tassi di cambio vigenti al momento dell'importazione del prodotto finito alla valutazione delle parti gi importate in Svizzera. 8. -La lite cos circoscritta induceva la Cour de cassation a chiedere alla Corte di giustizia di p:i:onunciarsi sul: (1) se l'Accordo fra la Comunit Economica Europea e la Confederazione Elvetica 22 luglio 1972, il Protocollo n. 3 ed i regolamenti comunitari vadano interpretati nel senso che, qualora dei fattori rilevanti per stabilire il valore in dogana di una merce siano espressi in una moneta diversa da quella dello Stato membro nel quale avviene la valutazione, la conversione va effettuata al cambio ufficiale in vigore al momento in cui viene registrata la dichiarazione; (2) in caso negativo, in che modo vada calcolato il cambio secondo il diritto comunitario. 9. -Nel corso del procedimento davanti alla Corte, le parti nella causa principale hanno, in sostanza, richiamato gli argomenti gi svolti dinanzi ai giudici nazionali. Viceversa, la Commissione ed il Governo della Repubblica italiana hanno sottoposto alla Corte criteri interpretativi, ricavati dall'Accordo di libero scambio e dal Protocollo n. 3, che non erano stati presi in considerazione dai giudici delle istanze precedenti. 10. -La Commissione e il Governo italiano deducono infatti che la soluzione delle questioni sollevate dalla Cour de cassation dipende dal previo accertamento delle competenze rispettive dell'amministrazione doganale svizzera e delle amministrazioni doganali della Comunit, per quanto riguarda la determinazione dell'origine delle merci nei rapporti f..ra la Svizzera e la CEE. La Commissione pone in rilievo che l'importanza PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE del problema va oltre il caso in esame, dato che, clausole analoghe a quelle del Protocollo n. 3, figurano in tutti gli accordi di libero scambio stipulati dalla Comunit con gli Stati membri dell'Associazione Europea di libero scambio e che, inoltre, le norme relative all'origine si applicano nello stesso modo tanto alle merci esportate dagli Stati di cui trattasi nella Comunit, quanto alle merci esportate dalla Comunit in tali Stati. 11. -La Commissione e il Governo italiano sostengono, in proposito che, a norma degli artt. 6, 8 e 10 del Protocollo n. 3, spetta alle autorit doganali svizzere accertare l'origine delle merci esportate nella Comunit e, qualora le merci contengano parti importate da paesi terzi, valutare se dette parti supe~ino il limite del 5 % ad valorem contemplato dal Protocollo. Nel caso in cui questo limite non venga superato, l'origine svizzera del prodotto attestata dal rilascio del certificato di circolazione EUR. 1, contemplato dal Protocollo. 12. -Sempre secondo la Commissione e il Governo italiano, le amministrazioni doganali della Comunit non possono sostituire i loro calcoli alla valutazione dei fattori di valore presi in considerazione dalle autorit dello Stato esportatore per la determinazione dell'origine; esse sono quindi tenute ad applicare il regime preferenziale contemplato dall'Accordo alle merci la cui origine svizzera sia debitamente documentata. La Commissione pone in rilievo l'importanza del fatto che le decisioni adottate dalle autorit doganali elvetiche in fatto di origine siano osservate dalla Comunit, dato che questa, da parte sua, deve poter contare sul fatto che le decisioni adottate dagli Stati membri siano del pari riconosciute in Svizzera. 13. -La Commissione e il Governo italiano osservano che questo metodo il solo che possa garantire che la valutazione dell'origine sia la stessa in tutti gli Stati membri della Comunit; dato che l'applicazione delle norme nazionali, come il . code des douanes francese, rischia di risolversi in valutazioni contradditto1;fo sull'origine dello stesso prodotto a seconda delle oscillazioni delle varie monete nazionali. Tali divergenze di valutazione causerebbero a loro volta sviamenti di traffico e distorsioni della concorrenza. 14. -In conclusione, la Commissione ed il Governo italiano sono del parere che la prima questione posta dalla Cour de cassation vada risolta in senso negativo cio che non spetta alle autorit doganali nazionali rivalutare, in base al cambio ufficiale in vigore al momento dell'importa zione, i fattori rilevanti per determinare l'origine delle merci in relazione alle varie parti del prodotto e di risolvere la seconda questione nel senso che la determinazione dei valori da prendere in considerazione per sta bilire l'origine e, pertanto, l'applicazione del regime preferenziale con 34 RASSEGNA DELL'AVVOC.\TURA DELLO STATO templato dall'accordo di libero scambio va risolta tenendo presente la ripartizione delle competenze contemplate dal Protocollo n. 3 allegato all'Accordo stipulato con la Confederazione svizzera. La Commissione ri chiama l'attenzione sul fatto che l'art. 16 del Protocollo n. 3 contempla l'obbligo per gli Stati membri e per la Svizzera di prestarsi mutua assistenza per il controllo dell'autenticit e della legittimit dei certifi cati EUR. 1 e che l'art. 17 consente il controllo a posteriori degli stessi certificati in caso di dubbio circa l'esattezza dei dati relativi all'origine effettiva della merce. 15. -Nel corco della fase orale, le ricorrenti nella causa principale dopo aver richiamato gli argomenti svolti in un primo tempo, hanno dichiarato di poter del pari condividere il ragionamento della Commissione che, a loro parere, porta allo stesso risultato da esse proposto. 16. -L'amministrazione doganale francese ha sollevato una duplice obiezione avverso le argomentazioni della Commissione e del Governo italiano. In primo luogo, essa allega che la questione stata formulata dalla Commissione e dal Governo italiano in termini diversi dalla Cour de cassation e che la Corte di giustizia deve limitarsi a risolvere le questioni che le vengono sottoposte. In secondo luogo essa sostiene che sarebbe incompatibile con la sovranit doganale degli Stati membri imporre a queste le valutazioni effettuate da una amministrazione doganale straniera e che non si pu quindi restringere l'applicazione delle norme del code des douanes francese alla valutazione del solo valore in dogana del prodotto finito al momento dell'importazione, onde determinare l'imponibile del dazio doganale. Spetta all'amministrazione doganale accertare il valore delle parti del prodotto finito onde determinare l'origine e, di conseguenza, decidere se la merce debba fruire del regime preferenziale dell'Accordo di libero scambio ovvero debba esser assoggettata al re gime generale della tariffa doganale comune. 17. Quali che siano le tesi svolte dai vari partecipanti per quanto riguarda i fattori rilevanti per determinare il regime doganale delle merci importate dalla Svizzera nella Comunit, le questioni poste dalla Cour de cassation vanno risolte alla luce dell'intero sistema creato dall'Accordo di libero scambio e dal Protocollo n. 3. A tale scopo, vanno anzitutto ricordate le afferenti disposizioni di detti strumenti tanto pi che quelle del Protocollo hanno subito talune modifiche dopo l'entrata in vigore dell'Accordo. 18. L'Accordo fra la CEE e la Confederazione svizzera si applica. secondo il suo art. 2, salvo taluni regimi particolari ai prodotti originari della Comunit e della Svizzera. L'art. 11 dell'Accordo dispone che il Protocollo n. 3 determina le regole di origine. Va rilevato che PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE il titolo II di tale Protocollo, che comprende gli artt. 8-17, stato emendato con la decisione del Comitato misto CEE-Svizzera 14 dicembre 1977, n. 1, messo in vigore nella Comunit dal regolamento del Consiglio 20 dicembre 1977, n. 2933 (G.U. n. 2342, pag. 27), cio in una data di poco posteriore all'impox:tazione che all'origine della presente lite. Tuttavia non appare necessario determinare se la controversia, nelle sue successive fasi sia retta dalle vecchie norme o dalle nuove, dato che le disposizioni afferenti, bench pi chiare nella loro nuova versione, sono in sostanza, equivalenti nelle successive due versioni del Protocollo. 19. -Ai sensi dell'art. l, n. 2, del Protocollo, vanno considerati prodotti originari della Svizzera, a) i prodotti totalmente ottenuti in Svizzera, b) i prodotti ottenuti in Svizzera e nella cui fabbricazione sono entrati prodotti diversi da quelli indicati nella lett. a), a condizione che tali prodotti siano stati oggetto di lavorazioni o trasformazioni sufficienti ai sensi dell'art. 5 . 20. -Secondo l'art. 5, n. 1, sono considerati sufficienti, fra l'altro, b) le lavorazioni o trasformazioni indicate nell'elenco B . Tale elenco, che forma l'allegato III del Protocollo, contiene, in testa alla terza colonna, una norma relativa, fra l'altro, alle penne a sfera di cui alla voce doganale 98.03. Detta norma, che stata riformulata e completata con la decisione del Comitato misto 31 ottobre 1974, n. 3, messa in vigore nella Comunit del regolamento del Consiglio 2 dicembre 1974, n. 3288 (G. U. n. L. 352, pag. 31), recita: l'incox:porazione dei prodotti, parti e pezzi staccati, non originari ... nelle merci (di cui alla voce) ... n. 98.03 non ha l'effetto di far perdere il carattere di prodotti originari alle suddette merci, a condizione che il valore di questi prodotti, parti e pezzi non superi il 5% del valore del prodotto finito . 21. La determinazione dei fattori rilevanti per il calcolo del valore limite del 5% disciplinata dalle seguenti disposizioni del Protocollo. 22 L'art. 6, n. l, dispone in proposito quanto segue: Quando gli elenchi A e B, di cui all'articolo 5, dispongono che le merci ottenute nella Comunit o in Svizzera ne sono considerate esclusivamente originarie a condizione che il valore dei prodotti messi in opera non superi una data percentuale del valore delle merci ottenute, i valori da prendere in considerazione per la determinazione di detta percentuale sono: -da un lato, per quanto riguarda i prodotti di cui comprovata l'importazio ne: il loro valore in dogana al momento dell'importazione; RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO per quanto riguarda i prodotti di origine non determinata: il primo prezzo controllabile pagato per detti prodotti nel territorio della Parte contraente in cui avviene la fabbricazione; dall'altro, il prezzo franco fabbrica delle merci ottenute, al netto delle imposte interne restituite o da ,restituire in caso di esportazione . 23. -Secondo l'art. 8, n. 1, i prodotti ai sensi dell'art. 1 del Protocollo sono ammessi all'atto dell'importazione nella Comunit o in Svizzera, a fruire dell'Accordo, su presentazione di un certificato di circolazione. Questo certificato, sostituito al certificato A. CH. 1 contemplato nella versione originaria del Protocollo n. 3 con decisione 12 dicembre 1973, n. 10, messa in vigore nella Comunit dal regolamento del Consiglio 27 dicembre 1973, n. 3600 (G. U. n. L. 365, pag. 135), attualmente il certificato EUR 1. 24. A norma dell'art. 10, tale certificato, rilasciato dalle autorit doganali dello Stato esportatore all'atto dell'esportazione delle merci alle quali si riferisce, costituisce. il giustificativo per l'applicazione del rgime ,preferenziale previsto nell'Accordo . . 25. Va infine rilevato che gli artt. 16 e 17 danno alle amministrazioni doganali della Comunit le pi ampie possibilit di appianare, in collaborazione con le autorit doganali elvetiche, le difficolt cui possono dar luogo la determinazione dell'origine e il rilascio di certificati di circolazione. 26 Dal complesso di queste disposizioni discende che la determinazione dell'origine delle merci secondo il Protocollo n. 3 si basa sulla ripartizione delle competenze fra le autorit do~anali delle parti dell'Accordo di libero scambio, nel senso che l'origine viene accertata dalle autorit dello Stato d'esportazione, mentre il controllo del funzionamento di tale regime viene garantito dalla collaborazione fra le competenti amministrazioni delle due parti. Questo sistema si spiega col fatto che le autorit dello Stato esportatore possono pi agevolmente accertare direttamente i fatti che condizionano l'origine; inoltre, esso ha il vantaggio di condurre a risultati certi e uniformi per quanto riguarda l'identificazione dell'origine delle merci e di evitare, in tal modo, sviamenti di traffico e distorsioni di concorrenza negli scambi. 27 Questo sistema pu tuttavia funzionare solo qualora l'amministrazione doganale dello Stato importatore accetti le valutazioni effettuate legalmente dalle autorit dello Stato esportatore. Il riconoscimentQ di siffatte decisioni da parte delle amministrazioni doganali degli Stati membri necessario perch la Comunit possa pretendere a sua volta, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE dalle autorit degli altri Stati legati nei suoi confronti nell'ambito dei regimi di libero scambio, l'osservanza della decisione adottata dalle autorit doganali degli. Stati membri relative all'origine delle merci esportate dalla Comunit in tali Stati. 28. -Non vi motivo di temere che l'applicazione di dette disposizioni possa agevolare pratiche abusive, tenuto conto del fatto che gli artt. 16 e 17 del Protocollo n. 3, in particolare nella loro nuova versione, hanno disciplinato nei particolari i metodi di collaborazione fra le competenti amministrazioni doganali, in caso di contestazione sull'origine o in caso di frodi da parte degli esportatori o importatori. 29. -Va ancora rilevato che il funzionamento di questo sistema basato, come detto sopr, sulla ripartizione dei compiti fra le amministrazioni doganali delle parti aderenti all'Accordo di libero scambio e nell'affidamento dovuto agli atti emananti da tali amministrazioni nell'ambito delle rispettive competenze -non reca pregiudizio all'autonomia fiscale n della Comunit e degli Stati membri, n degli Stati terzi interessati, dato che il regime definito dal Protocollo n. 3 stato istituito in base ad obblighi reciproci che collocano le parti su un piano di parit negli scambi fra loro. 30. -Da tutto quanto precede discende che, trattandosi nel caso di specie di merci montate in Svizzera, spettava alle autorit di tale Stato, a norma del Protocollo n. 3, accertare l'origine delle merci destinate ad essere esportate nella Comunit. Di conseguenza, sono le norme doganali e le norme sui cambi della Confederazione svizzera quelle che andavano applicate nella determinazione dei fattori rilevanti per il calcolo dei valori da tener presenti per accertare se la merce potesse considerarsi originaria della Svizzera. In particolare, spettava a dette autorit determinare il valore in dogana delle parti importate da un paese terzo, al momento contemplato dall'art. 6, n. l, primo trattino, del Protocollo n. 3, cio al momento dell'importazione di dette parti in Svizzera, ed effettuare, in tale momento, le operazioni di cambio ai sensi delle loro norme nazionali. Il rilascio per le merci di cui causa, da parte della dogana svizzera, del certificato di circolazione EUR. 1 attesta che l'origine svizzeri:i delle merci stata regolarmente accertata, a norma del Protocollo. 31. -Tenuto conto del Protocollo n. 3, lo Stato importatore della merce pu unicamente valutare al momento dell'importazione il valore in dogana del prodotto finito, ai fini dell'applicazione del regime preferenziale contemplato dall'Accordo di libero scambio. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 32. -Le questioni sollevate dalll:I-Cour de cassation francese vanno quindi risolte dichiarando che l'Accordo tra la CEE e la Confederazione Elvetica 22 luglio 1972, e in particolare il Protocollo n. 3 allegato a detto Accordo, vanno interpretati nel senso che la valutazione dei fattori rilevanti per determinare l'origine di un prodotto e pertanto la sua ammissione al regime preferenziale contemplato dall'Accordo spettano all'amministrazione doganale dello Stato esportatore del prodotto finito, la quale applica, alle parti importate da paesi terzi, al momento dell'importazione, le proprie norme in fatto di valore in dogana e di cambio. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sed. plen., 19 settembre 1984, nella causa 94/83 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Lenz -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Arrondissementsrechtbank di Haarlem nella causa Pubblico Ministero c. Heijn - Interv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Seidel e Rohland), italiano (avv. Stato Fiumara) e olandese (ag. Verkade e Keur) e Commissione delle C.E. (ag. Haagsma). Comunit Europee -Libera circolazione delle merci Misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative alla imp.ortaziol}e -Divieti di antiparassitari per le mele. (Trattato CEE, artt. 30 e 36). Gli articoli 30 e 36 del Trattato CEE non ostano a che uno Stato membro vieti l'importazione di mele da un altro Stato. membro per il motivo che sopra o in dette mele presente una percentuale di vinchlozoline superiore al massimo consentito dalla legge nel primo Stato membro, anche se la percentuale massima di vinchlozoline tollerata nel primo Stato membro differisce dalle percr;mtuali consentite per altre derrate alimentari o bevande (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 25 aprile 1983, giunta nella cancelleria della Corte il 25 maggio 1983, l'Economische Politierechter (giudice di polizia in materia economica) dell'Arrondissementsrechtbank (tribunale) (1) Dell'uso di alcune sostllllZe antiparassitarie sugli ortofrutticoli: limiti nazionali alla commercializzazione del prodotto. 1. In effetti i. quesiti posti dal giudice olandese presupponevano una situazione di fatto errata, cio che le mele importate dall'Italia, contenenti vinchlozoline, fossero in Italia legittimamente commercializzate. Il Governo italiano, viceversa, nelle osservazioni scritte aveva precisato che l'uso del vinchlozoline quale antiparassitario per le mele non consentito in Italia. In campo comunitario -si era detto -non vi che una parziale armonizzazione dei limiti di tolleranza dei residUi delle sostanze antiparassit~e I l I 39 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE di Haarlem ha sollevato, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, quattro questioni pregiudiziali relative all'interpretazione degli artt. 30 e 36 del Trattato CEE, che riguardano la libera circolazione delle merci nell'ambito della Comunit. 2. -Dette questioni sono insorte nell'ambito di un procedimento penale promosso a carico della soc. Albert Heijn B.V. di Zaandam, per aver tenuto in magazzino, al fine di venderla, o quanto meno per consegnarla, una partita di mele destinate al consumo umano, che potrebbero essere nocive per la salute, data la presenza di 1 milligrammo di un antiparassitario chiamato vinchlozoline per ciascun Kg. di mele. 3. -L'art. 16 della legge olandese del 1962 sugli antiparassitari (Bestrijdingsmiddelenwet) dichiara inidonee alla vendita le derrate alimentari o le bevande che contengono percentuali di uno o pi antiparassitari... in quantit superiore alla percentuale stabilita da un regolamento o dalle disposizioni adottate per la sua applicazione... , 4. -In particolare, il decreto ministeriale del 1965 sui residui (Residubeschikking), adottato a norma del regio decreto del 1964 sui residui (Residubesluit), in forza dell'autorizzazione conferita dalla legge del 1964 sugli ortofrutticoli, attuata con la direttiva del Consiglio 76/895/CEE del 23 novembre 1976 in G.U.C.E. 9 dicembre 1976, n. L. 340, pag. 26) e successive modifiche (cfr. direttive 80/428/CEE del 28 marzo 1980, in G.U.C.E. 19 aprile 1980, n. L. 102, pag. 26 e 81/36/CEE del 9 febbraio 1981, in G.U.C.E. 19 febbraio 1981, n. L. 46, pag. 33). La direttiva si limita a stabilire che gli Stati membri non possono vietare od ostacolare l'immissione in circolazione nel loro territorio di alcuni ortofrutticoli se essi presentano residui di alcuni determinati antiparassitari in quantit non eccedente i li.miti massimi indicati nella direttiva stessa, limiti che gli Stati membri possono solo elevare. Per i pn;>dotti e per gli antiparassitari non contemplati nella direttiva non v' alcuna armonizzazione. Il vinchlozoline un antiparassitario non contemplato nella direttiva. In Italia l'art. 5 della legge 30 aprile 1962, n. 283, che contiene la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, vieta in linea general, la commercializzazione di sostanze alimentari che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante ... tossici per l'uomo, facendo salvo, peraltro, il potere del Ministero della Sanit di stabilire per ciascun prodotto, autorizzato all'impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l'intervallo che deve intercorrere fra l'ultimo trattamento e la raccolta . A norma del successivo art. 6, la produzione, il commercio e la vendita di antiparassitari sono soggetti ad autorizzazione ministeriale, a controllo e a registrazione come presidi sanitari. L'ordinanza del Ministro della Sanit 6 gennaio 1979 (in Gazzetta Ufficiale Repubblica italiana 8 febbraio 1979, n. 39, all. n. 1), consente l'uso dl vinchfozoline nella quantit massima di 1,50 mg/Kg. quale antiparassitario per frutta e ortaggi , ma all'art. 4 ha cura di precisare che le dizioni frutta e ortaggi riportate negli allegati all'ordinanza stessa si riferiscono ai prodotti elencati ,. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sugli antiparassitari, fissa le percentuali massime di residui di antiparassitari consentiti nelle derrate alimentari e nelle bevande. 5. -Per la vinchlozoline, la percentuale di residui normalmente con sentita dal decreto in questione pari a zero, salvo deroghe che autorizzano una tolleranza ben specificata per determinati prodotti ortofrutticoli espressamente elencati, tra i quali per non figurano le mele. 6. -Dinanzi al giudice nazionale, la Albert Heijn ha sostenuto che le mele rinvenute nei suoi depositi con residui di vinchlozoline provenivano dall'Italia, ove erano regolarmente in vendita e che quindi, il divieto di venderle nei Paesi Bassi sarebbe stato incompatibile con le norme del Trattato CEE in fatto di libera circolazione delle merci. 7. -Ritenendo che la sua pronuncia fosse subordinata alla soluzione del problema se la summenzionata normativa olandese fosse compatibile con gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE e che, quindi, fosse necessario far interpretare dette disposizioni, l'Economische Politierechter ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se il divieto di porre in commercio in uno Stato membro mele importate da un altro S~ato membro, in ragione della circostanza che nell'allegato 1 dell'ordinanza ministeriale del 23 settembre 1978 limitatamente a quelle specie di frutta e ortaggi, per le quali l'impiego di ciascun antiparassitario stato autorizzato . Il vinchlozoline presente nei presidi sanitari denominati RoNILAN (la cui vendita stata autorizzata con decreto 27 aprile 1978), RONILAN PULVER (autorizzazioni 24 novembre 1982 e 26 aprile 1983) e RoNILAN S (autorizzazioni di pari data del precedente). Le autorizzazioni sono state concesse con la composizione e alle condizioni indicate nelle etichette di pertinenza di ciascun presidio (allegate ai decreti stessi). Nelle etichette sono indicate le singole variet di frutta e di ortaggi per i quali l'uso dell'antiparassitario consentito ed precisato che non consentito altro uso. Le mele non sono contemplate fra le variet di frutta indicate. Poich, dunque, le mele di cui si discuteva -che si presupponeva essere di provenienza italiana -non potevano essere trattate, in Italia, con il vinchlozoline e non potevano, quindi, neanche in Italia essere messe in commerdo con i residui riscontrati dalle autorit olandesi, le numerose questioni poste dal giudice olandese apparivano in realt prive di oggetto, in quanto avrebbero avuto un rilievo puramente teorico. 2. -La Corte ha preferito comunque dare risposta ai quesiti posti (lasciando evidentemente al giudice nazionale di 'Valutare la rilevanza delle questioni) e la risposta stata conforme a quelle gi date dalla Corte stessa in via generale in relazione a questioni similari (e alle osservazieni svilte nel corso della discussione orale del Governo italiano). Gi in numerose sentenze, infatti (cfr., in particolare le sentenze 5 feb braio 1981, nella causa 53/80, EYSSEN, in Racc., 1981, 409, U dicembre 1981, nella ! PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 41 su dette mele si trovano residui di un antiparassitario -non menzionato nell'allegato II della direttiva del Consiglio 23 novembre 1976 (76/895/ /CEE) -in contrasto con le disposizioni legislative vigenti in materia, secondo cui il porre in commercio generi alimentari contenenti residui di antiparassitari vietato, a meno che i residui siano limitati ad un quantitativo massimo fissato per ciascun prodotto e per ciascun antiparassitario, costituisca una misura d'effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, vietata dall'art. 30 del Trattato CEE. 2) Se . e in qual misura la soluzione della prima questione dipenda dalla soluzione della questione relativa al se le suddette mele siano state prodotte e messe in commercio, nello Stato di provenienza, in conformit alle disposizioni legislative ivi vigenti. 3a) Qualora la prima questione venga risolta in senso affermativo, se le disposizioni legislative nazionali ivi menzionate possano essere considerate come una necessaria tutela della salute ai sensi dell'art. 36 del Trattato CEE. 3b) Se, per risolvere la questione formulata al punto 3a), si debba accertare che il divieto in concreto vigente per le mele in relazione ad un determinato antiparassitario sia giustificato in quanto necessaria tutela della salute, ovvero tale divieto possa anche essere considerato giustifi causa n. 272/80, BIOLOGISCHE BV, in Racc., 1981, 3277 e 14 luglio 1983, nella causa 174/82, SANOOZ, in questa Rassegna, 1983, I, 836), '1a Corte aveva preoisato che se vero che gli articoli 30 e 34 del trattato vietano qualsi,asi restrizione quantitativa o misura di effetto equivalente nel commercio fra Stati membri, non men vero che gli ostacoli per la circolazione intracomunitaria derivanti dalle disparit delle norme nazionali relative allo smercio dei prodotti sono consentite dall'art. 36 del trattato, qualora le nqrme sottese agli ostacoli stessi siano giustificate da motivi, tra l'altro, di tutela della salute delle persone: sempre che, naturalmente, i divieti o le restrizioni di cui trattasi non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria, n una restrizione dissimulata al commercio fra gli Stati membri. In mancanza di norme di armonizzazione, spetta agli Stati membri stabilire il grado di tutela della salute e della vita delle persone che essi intendono garantire. La difficolt e le incertezze inerenti alla valutazione del livello necessario nei singoli casi per garantire la salute e le diversit delle situazioni di fatto esistenti nei diversi paesi possono spiegare la mancanza di uniformit delle leggi nazionali degli Stati membri e l'esistenza in alcuni di misure pi rigorose che in altri. L'art. 36 del trattato riconosce agli Stati membri il potere di fissare discre zionalmente le misure che essi ritengono necessarie per la protezione della salute delle persone: anche ricorrendo, per raggiungere lo scopo, a mezzi impe ditivi degli scambi comunitari, purch essi siano necessari alla tutela perse guita e non costituiscano una restrizione dissimulata agli scambi stessi. Di conseguenza deve ritenersi che un siffatto potere discrezionale esercitato da uno Stato non possa avere effetto che nello Stato stesso e non possa vinco lare, viceversa, gli altri Stati, che altrimenti sarebbero corrispondentemente spogliati del potere attribuito loro dalla norma del trattato e tenuti a uniformare RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cato nel caso in cui sia stabilito in base ad una politica generale intesa ad impedire, per quanto possibile, la presenza di residui di antiparassitari nei generi alimentari e nell'ambito della quale si proceda alla fissazione di una tolleranza relativa ai residui soltanto qualora, per un determinato prodotto, esista la necessit di un determinato antiparassitario e, sotto il profilo della salute, tenuto conto delle abitudini alimentari nazionali, non vi sia .alcun motivo rilevante che osti a tale fissazione . 4a) Se, per risolvere le questioni formulate al punto 3, abbia rilevanza il fatto che le disposizioni legislative nazionali del paese importatore non consentano la presenza di residui di un determinato antiparassitario su determinati generi alimentari, mentre stabiliscono un limite massimo di tolleranza relativamente ai residui dello stesso antiparassitario per altri generi alimentari. 4b) Ovvero, in concreto: se sia rilevante la circostanza che, nei Paesi Bassi, i residui di vinchlozoline non sono ammessi per le mele, mentre sono ammessi per altri prodotti ortofrutticoli e il quantitativo massimo tollerato di residui di vinchlozoline per alcuni di questi pro dotti addirittura maggiore di quello che si riscontrato sulla partita di mele di cui causa. 8. -Con dette questioni il giudice nazionale chiede in sostanza se, alla luce degli artt. 30 e 36 del Trattato, la disciplina di uno Stato membro che le loro normative in materia sanitaria a quella dello Stato che ha adottato sul punto la disposizione meno restrittiva. Si avrebbe, in pratica, una vera e propria deviazione della finalit perseguita dalla norma comunitaria che, anzich consen tire una diversit di disciplina in funzione delle diverse esigenze dei singoli Stati (si pensi alle diverse condizioni ambientali e climatiche e alle diverse abitudini alimentari), verrebbe a porsi come lo strumento per pervenire ad una armonizzazione al livello della normativa nazionale meno restrittiva. Quel che la normativa comunitaria certamente non consente una discriminazione palese o dissimulata o una misura che comunque voglia impedire lo scambio intercomunitario; ma non impedisce certamente che ciascuno Stato imponga determinati, requisiti allo smercio dei prodotti senza alcuna distinzione fra quelli nazionali e quelli importati, per esigenze di tutela della salute ragionevolmente valutate. Ammettere che il prodotto importato sia esonerato dagli obblighi imposti dalla normativa sanitaria interna, che continuerebbero a gravare invece sul prodotto nazionale, significherebbe creare un privilegio per il prodotto importato, che non trova alcuna logica nello spirito del trattato. 3. -Applicando queste considerazioni generali al caso del vinchlozoline, si pu puntualizzare: - pacifico che gli antiparassitari in genere sono nocivi per la salute umana e per l'ambiente; ma altres pacifico che il loro uso , entro certi limiti, utile per l'agricoltura: occorre quindi contemperare queste due esigenze contrastanti al fine di pervenire ad una soluzione ragionevole; -in questa prospettiva, e con esplicito richiamo (nel decimo considerando) a questa duplice esigenza, si mossa la sopracitata direttiva del 1976, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 43 vieti la vendita delle mele provenienti da un altro Stato membro in quanto su o in detto prodotto presente una percentuale di vinchlozoline superiore a quella consentita dalla legge sul primo Stato membro, possa giustificarsi in quanto necessaria misura di tutela della salute pubblica. 9 -Prima di risolvere i quesiti di cui sopra, opportuno osservare, come stato giustamente rilevato nell'ordinanza di rinvio, che l'uso dell'antiparassitario di cui trattasi non disciplinato dalla direttiva del Consiglio 23 novembre 1976, n. 76/895, che fissa le quantit massime di residui di antiparassitari consentite sugli e negli ortofrutticoli (G.U. n. L. 340 pag. 26). 10 -Su dette questioni, il Governo tedesco e quello olandese sostengono che il divieto in questione giustificato da esigenze di tutela della pubblica sanit, in quanto gli antiparassitari sono sostanze di per s altamente nocive ed era superfluo, prima di adottare provvedimenti di tutela, accertare se fosse nociva la vinchlozoline sulle mele. 11 -Per la Albert Heijn, un divieto come quello in questione sproporzionato rispetto allo scopo di tutelare la sanit pubblica, poich l'antiparassitario di cui trattasi noto alle autorit nazionali e tollerato su determinati prodotti ortofrutticoli. che, come si ripetutamente detto, ha costituito solo una dichiarata prima tappa di armonizzazione, e non contempla il vinchlozoline; - ammissibile che gli Stati membri subordinino l'uso del vinchlozoline, in quanto antiparassitario, ad autorizzazione e ne disciplinino l'uso con lo stesso provvedimento di autorizzazione. Quanto ai limiti di questa disciplina nazionale per necessario: -innanzitutto che essa non faccia discriminazioni arbitrarie e quindi sia applicabile indistintamente ai prodotti nazionali e ai prodotti importati; -in secondo luogo che non imponga divieti ingiustificati, cio non ragionevoli. Ma, occorre intendersi sull'esistenza di giustificazioni, sulla ragionevolezza. Non occorre guardare il singolo prodotto. Pu anche ipotizzarsi, infatti, che il vinchlozoline non sia in s pi pericoloso che un altro antiparassitario; e pu altres ipotizzarsi che, comunque, l'uso di esso sulle mele -ora vietato -non sia pi pericoloso dell'uso su altri prodotti -ora consentito. Ma occorre tener conto dell'esigenza di un bilanciamento fra i vari residui tossici negli alim\'.nti, di un tetto massimo di assorbibilit giornaliera ammissi bile senza rischi da parte dell'uomo. Da tutto ci si evince che gli Stati membri hanno il potere di valutare ciascun prodotto in s e di consentirne l'uso in base ad una stima comparativa e ponderata che tenga conto della esigenza sopradetta. OSCAR FIUMARA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 44 12 -Per la Commissione, si devono conciliare le necessit della produzione ortofrutticola e le esigenze di tutela della salute umana ed animale, tenendo conto dei progressi della ricerca scientifica nel campo degli antiparassitari e delle abitudini alimentari della popolazione; spetterebbe al giudice nazionale esaminare i motivi del divieto di ammettere la vinchlozoline sulle o nelle mele. 13. - assodato che gli antiparassitari implicano gravi rischi per la salute degli uomini e degli animali nonch\! per l'ambiente, cosa peraltro ammessa sul piano comunitario, specie nel quinto considerando della direttiva del Consiglio n. 76/895 summenzionata, nel quale si dichiara che questi prodotti antiparassitari, essendo in genere sostanze tossiche o preparati con effetti pericolosi, non hanno sulla produzione vegetale soltanto incidenze favorevoli '" 14. -Poich la vinchlozoline non disciplinata da questa direttiva, gli Stati membri possono, in via generale, adottare provvedimenti relativi alle percentuali massime consentite per i residui di detto antiparassitario, fermo restando che detta facolt a sua volta limitata dal Trattato, e in particolare dall'ultima frase dell'art. 36. 15. -Adottando questi provvedimenti, gli Stati membri devono tener presente che gli antiparassitari sono sostanze nel contempo necessarie per l'agricoltura e nocive per la salute umana ed animale. Il fatto che i quantitativi assorbiti dal consumatore, specie sotto forma di residui sulle derrate alimentari, sono imprevedibili e incontrollabili, giustifica la necessit di provvedimenti rigorosi onde limitare i rischi corsi dal consumatore. 16. -Se la normativa comunitaria in materia non contempla determinati antiparassitari, gli Stati membri possono disciplinare la presenza di residui di detti antiparassitari sulle derrate alimentari in un modo che pu variare da paese a paese a seconda delle condizioni climatiche, delle abitudini alimentari della popolazione e dello stato di salute della popolazione stessa. In questo contesto essi possono diversificare, per lo stesso antiparassitario, la percentuale consentita a seconda degli alimenti. 17. -Una siffatta disciplina nazionale pu quindi inserirsi nell'ambito di una politica generale di prevenzione della presenza li residui di antiparassitari sugli alimenti. 18. -Le autorit dello Stato membro importatore devono per modificare la percentuale massima consentita se ad esse risulta che i motivi che hanno dettato la scelta di detta percentuale si sono modificati, ad X: ::::-..:..::::~:m=:::/. "_':/'{..-:..-Y/. .I' ,.X .;::-//.- -. -. .. " PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 45 esempio in seguito alla sc_operta di un nuovo uso per questo o quell'antiparassitario. 19. - quindi opportuno risolvere le questioni sollevate nel senso che gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE non ostano a che uno Stato membro vieti l'importazione di mele da un altro Stato membro per il motivo che sopra o in dette mele presente una percentuale di vinchlozoline superiore al ~assimo consentito dalla legge nel primo Stato membro, anche se la percentuale massima di vinchlozoline tollerata nel primo Stato membro differisce. dalle percentuali per altre derrate alimentari o bevande. (Omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 4a sez., 13 dicembre 1984, nella causa 106/83 -Pres. Bosco -Avv. Gen; Verloren Van Themaat -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Genova nella causa Sermide S.p.A. c. Cassa Conguaglio Zucchero e Ministeri Finanze e Tesoro -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione C.E. (ag. Campogrande). Comunit Europee . Agrioltura . Organizzazione comune. di mercato nel settore dello zucchero Quote di produzione Contributi. (Regolamenti CEE del Consiglio 30 giugno 1981, n. 1785; della Commissione 12 marzo 1973, n. 700, e 25 novembre 1981, n. 3358; Trattato CEE, art. 40, n. 3). La disciplina dell'art. 7, n. 2, del regolamento CEE della Commissione n. 700/73, concernente il calcalo del contributo alla produzione, obiettivamente giustificata anche se in essa vengono utilizzati diversi periodi di riferimento, e cio, in primo luogo, quello della campagna saccarifera per stabilire la quantit della produzione di zucchero bianco considerata (c.d. elemento quantitativo) e, in secondo luogo, quello del periodo compreso fra il l ottobre della campagna saccarifera di cui trattasi eq il 30 settembre successivo, per stabilire la media delle perdite allo smercio (c.d. elemento 'finanziario). La Commissione pu utilizzare e prendere come punto di riferimento i dati risultanti dal sistema dei certificati di importazione e di esportazione che comportano, per i titolari, l'impegno di effettuare le operazioni previste dietro garanzia di una cauzione, al fine di quantificare e di calcolare le correnti di importazione e di esportazione. Non si rinvengono elementi atti ad inficiare la validit dell'art. 7 del reg. CEE della Commissione n. 700/1973 e dell'art. 1 del reg. CEE della Commissione n. 3358/1981. (omissis) 1. -Con ordinanza 28 marzo 1983, pervenuta il 6 giugno successivo, il Tribunale di Genova ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE,.tre questioni pregiudiziali relative alla va RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lidit dell'art. 7, n. 2, del regolamento della Commissione 12 marzo 1973, n. 700, che stabilisce talune modalit necessarie per l'applicazione del sistema delle quote nel settore dello zucchero (G.U. n. L. 67, pag. 12) e dell'art. 1 del regolamento della Commissione 25 novembre 1981, n. 3358 che fissa 'gli importi del contributo gravante sulla produzione nel settore dello zucchero per il periodo 1 luglio 1980 30 giugno 1981 e gli importi che i fabbricanti di zucchero devono pagare ai venditori di barbabietole (G.U. n. L. 339, pag. 17). 2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un giudizio. intentato dalla ditta Sermide S.p.A., nel frattempo fallita (in prosieguo: Sermide), produttore italiano di zucchero bianco, contro la Cassa Conguaglio Zucchero e i Ministeri delle Finanze e del Tesoro (in prosieguo: i convenuti nella causa principale). Nel giudizio pendente dinanzi al tribunale nazionale sono inoltre intervenuti, a sostegno della Sermide, il Consorzio Nazionale Bieticoltori e l'Associazione Nazionale Bieticoltori, nonch i sigg. M. Bianchini e C. Merciai. 3. La controversia verte sul diritto, da parte della Cassa Conguaglio Zucchero, di riscuotere una somma di 321.008.350 lire, ridotta nel corso della causa principale a 261.515.085 lire, a titolo di contributi alla produzione per lo zucchero prodotto dalla Sermide, nel corso della campagna saccarifera 1980/81, in eccesso rispetto alla quota di base assegnatale e il cui pagamento era stato intimato dall'Ufficio Ricevitoria (esattoria) della dogana di Genova mediante un'ingiunzione fiscale notificata il 10 maggio 1982. 4. Tale contributo era stato calcolato sulla base del precitato regolamento della Commissione n. 3358/81, adottato sulla base dell'art. 48 del regolamento del Consiglio 30 giugno 1981, n. 1785, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (G.U. n. L. 177, pag. 4) e in applicazione dell'art. 7 del summenzionato regolamento della Commissione n. 700/73, modificato dall'art. l, n. 2, del regolamento della Commissione 30 giugno 1976, n. 1573 (G.U. n. L. 172, pag. 52). 5. Nell'ambito del giudizio dinanzi al tribunale nazionale, la Sermide ha fatto valere l'illegittimit delle due norme succitate in quanto discriminatorie nei suoi confronti e, di conseguenza, contrarie al Trattato CEE e ad altre norme comunitarie. 6. -Ritenendo seri i dubbi espressi dalla Sermide per quanto riguarda la validit delle norme di cui causa, il Tribunale di Genova ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali; 1) Se l'art. 7, par. 2, del regolamento Commissione e.E.E. numero 700/73 che dispone che il totale delle perdite risultanti dallo PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE smercio della quantit prodotta nella Comunit calcolato in funzione dell'importo corrispondente alla media ponderata delle perdite allo smercio verificatesi nel periodo compreso tra il 1 o ottobre della campagna saccarifera in corso ed il 30 settembre successivo -non sia illegittimo perch in contrasto: a) col divieto di discriminazione sancito dall'art. 7, par. 1, del Tr,attato di Roma; b) col divieto di discriminazione sancito dall'art. 40, par. 3, del Trattato di Roma; c) con l'art. 2, del regola! flento Consiglio C.E.E. n. 1785/81, che stabilisce che la campagna di commercializzazione ha inizio il 1 luglio e termina il 30 giugno successivo; d) con l'art. 28 del regolamento Consiglio e.E.E. n. 1785/81, che stabilisce che il contributo gravante sulla produzione di zucchero di ogni campagna di commercializzazione in funzione, anche, della perdita media per gli impegni all'esportazione da realizzare a titolo della stessa campagna. 2) Se conseguentemente, in caso di risposta affermativa aUa prima questione, l'art. 1 del regolamento Commissione C.E.E. n. 3358/81 -che determina in ECU 3,407 x 100 Kg. di zucchero bianco il contributo gravante sulla produzione della campagna 1980/81 -non sia anch'esso illegittimo. 3) Se, anche in caso di risposta negativa alle prime due questioni, l'art. 1 del regolamento Commissione e.E.E. n. 3358/81 -che determina in ECU 3,407 x 100 Kg. di zucchero bianco, il contributo gravante sulla produzione della campagna 1980/81 -non sia illegittimo perch in contrasto: a) con l'art. 27, par. 2, del regolamento Consiglio C.E.E. n. 3330/74 in base al quale il contributo sulla produzione deve essere determinato -per la campagna 1980/81 -in funzione della quantit di zucchero effettivamente esportata nei paesi extracomunitari: b) con l'art. 28 del regolamento Consiglio C.E.E. n. 1785/81, in base al quale soltanto a partire dalla campagna 1981/82 il contributo sullo zucchero prodotto deve essere determinato in funzione della quantit di zucchero semplicemente impegnato all'esportazione. Sulle norme riguardanti la presente controversia. 7. -Al fine di risolvere le questioni sollevate dal Tribunale di Genova, vanno innanzitutto ricordate le caratteristiche, inerenti al caso di specie, del regime delle quote di produzione e del calcolo del contributo alla produzione nel settore dello zucchero. 8. -Il regolamento base del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, relativo all'organizzazione comune del mercato nel settore dello zucchero (G.U. n. L. 359, pag. 1), che ha mantenuto la disciplina di quote di produzione stabilita dal precedente regolamento base del Consiglio 18 dicembre 1967, n. 1009 (G.U. n. 308, pag. 1), distingue fra tre categorie di zuc RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO chero bianco prodotto durante una determinata campagna saccarifera, ossia durante il periodo che va dal 1 luglio al 30 giugno seguente: -il quantitativo che pu essere liberamente messo in commercio nel mercato comune e il cui smercio garantito dal prezzo d'intervento (in seguito: quota A); -il quantitativo che eccede la quota A senza superare un certo limite massimo (detto quota massima, pari alla quota A cui applicato un coefficiente), che pu anch'esso essere liberamente messo in commercio nel mercato comune o esportato con un aiuto all'esportazione (in seguito: quota B); per tale quantitativo, gli Stati membri percepiscono dai fabbricanti di zucchero interessati un contributo alla produzione destinato a finanziare l'aiuto all'esportazione accordato allo zucchero B); -il quantitativo che eccede la quota massima e che non pu essere smerciato sul mercato comune, ma deve essere esportato tale e quale anteriormen.te al 1 gennaio successivo alla fine della campagna saccarifera di cui trattasi senza che possa essere oggetto di aiuti all'esportazione (in prosieguo: quota C). 9. -A norma dell'art. 3 del regolamento base, il Consiglio fissa annualmente per lo zucchero bianco un prezzo d'intervento per la zona maggiormente eccedentaria e prezzi d'intervento derivati per altre zone che tengono conto delle differenze regionali di prezzo dello zucchero. 10. -Il precitato regolamento base dispone altresi, all'art. 19, che, nella misura necessaria per consentire l'esportazione di zucchero bianco sul mercato mondiale, pu essere .conessa una restituzione all'esportazione che copre la differenza tra i J?rezzi sul mercato modiale e i prezzi nella Comunit e che la stessa per tutta la Comunit, mentre il totale delle restituzioni all'esportazione corrisponde alle perdite risultanti dallo smercio di cui all'art. 7, n. 2, lett. b), del regolamento n. 700/73. 11. -Il contributo alla produzione che gli Stati membri percepiscono dai fabbricanti di zucchero per la quota B calcolato, in conformit all'art. 27, n. 2, del regolamento base, dividendo il totale delle perdite risultanti dallo smercio del quantitativo prodotto nella Comunit, che supera la quantit garantita (corrispondente almeno alla quota A) per la totalit dei quantitativi prodotti oltre la quota A dalle imprese della Comunit senza superare la quota massima. Tuttavia, tale contributo non pu eccedere un importo superiore al 30% del prezzo d'intervento. 12. -Le modalit di applicazione del sistema delle quote di produzione sono stabilite dal regolamento della Commissione n. 700/73, adottato sulla base del regolamento n. 1009/67, e rimasto in vigore, con talune modifiche, apportate in particolare dal regolamento della Commissione n. 1573/76, i I ' ' ' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 49 fino alla sua abrogazione da parte del regolamento della Commissione 8 giugno 1982, n. 1443 (G.U. n. L. 158, pag. 17), entrato in vigore il 10 giugno 1982. 13. -Dall'art. 7, n. 2, del regolamento n. 700/73, nella versione di cui all'art. 1, n. 2, del regolamento n. 1573/76, risulta che il totale delle perdite di cui all'art. 27, n. 2, del regolamento base n. 3330/74, calcolato in funzione di due elementi, e cio di un elemento, detto quantitativo, da un lato, e di un elemento, detto finanziario, dall'altro. L'elemento quantitativo costituito dalla produzione totale di zucchero bianco effettuata nel corso della campagna saccarifera di cui trattasi diminuita della quantit garantita valida per la stessa campagna saccarifera, delle quantit prodotte oltre la quota massima, nonch delle quantit prodotte entro il limite della quota massima riportate dalle imprese alla campagna saccarifera successiva. Invece, l'elemento finanziario costituito dalla media ponderata delle perdite allo smercio verificatesi nel periodo compreso tra il 1 ottobre della campagna saccarifera di cui trattasi e il 30 settembre successivo (diminuite dall'importo dei prelievi all'esportzione riscossi durante lo stesso periodo). 14. -Ne consegue che l'elemento quantitativo calcolato tenendo conto della produzione effettuata .nel corso della campagna saccarifera, ossia del periodo compreso tra il 1 luglio ed il 30 giugno successivo, mentre l'elemento finanziario calcolato prendendo in considerazione un periodo sfalsato di tre mesi rispetto alla campagna saccarifera. 15. -Gli artt. 24-31 del regolamento base n. 3330/74, relativi alla disciplina delle quote di produzione ivi compreso il contributo alla produzione, mentre originariamente si applicavano solo alle campagne saccarifere dal 1975/76 al 1979/80, incluse, sono stati dichiarati validi anche per la campagna saccarifera 1980/81 (ad eccezione dell'art. 31, n. 1, 2 comma) dall'art. 1, n. 1, del regolamento del Consiglio 24 giugno 1980, n. 1592 (G.U. n. L. 160, pag. 12). 16. -Il regolamento base n. 3330/74 stato abrogato a partire dal 30 giugno 1981 dall'art. 49, n. 3, del nuovo regolamento base n. 1785/81, i cui artt. 24-32, relativi alla disciplina delle quote di produzione, si applicano, a norma dell'art. 23, n. l, alle campagne saccarifere dal 1981/1982 al 1985/86. 17. -Il nuovo regolamento base ha mantenuto in linea di massima il sistema delle quote di produzione, ma vi ha apportato modifiche importanti, soprattutto riguardo al contributo alla produzione che, a riarma dell'art. 28, n. 3, viene pagato dai fabbricanti non solo sulla loro produzione di zucchero B, ma sulle loro produzioni A e B insieme; tuttavia, tale contributo principale non pu superare un importo massimo pari RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 50 al 2% del prezzo d'intervento. Qualora tale limitazione del contributo non consenta di coprire integralmente la perdita complessiva, i fabbricanti devono pagare, sulla loro produzione di zucchero B, un contributo ulteriore che non pu superare un importo pari al 30% del prezzo d'intervento (e in certi casi un importo pari al 37,5% di tale prezzo). 18. -Di conseguenza, il contributo principale calcolato, a norma dell'art. 28, n. 3, del nuovo regolamento base, dividendo la perdita complessiva prevedibile per il quantitativo prevedibile di zucchero A e B prodotto in conto della campagna in corso. La perdita complessiva prevedibile calcolata, ai sensi dell'art. 28, n. 1, lett. d), tenendo conto della perdita media prevedibile per gli impegni all'esportazione da realizzare a titolo della campagna in corso. 19. -Per quanto riguarda il contributo alla produzione per la campagna saccarifera 1980/81, il suo importo stato fissato in 3,407 ECU per 100 Kg. di zucchero bianco a norma dell'art. 1, n. l, del regolamento della Commissione 25 novembre 1981, n. 3358 (G.U. n. L. 339, pag. 17). Tale regolamento stato adottato in esecuzione dall'art. 48 del regolamento base n. 1785/81 che autorizza la Commissione ad emanare le disposizioni transitorie che si rendano eventualmente necessarie per facilitare il passaggio al regime istituito da tale regolamento, in particolare nel caso in cui l'applicazione di detto regime alla data prevista incontri difficolt notevoli. Tali disposizioni si applicano solo fino al 30 giugno 1982. 20. -Fissando l'importo del contributo all produzione per la campagna saccarifera 1980/81, la Commissione ha applicato, secondo i considerandi del regolamento n. 3358/81, i criteri stabiliti dall'art. 7, n. 2, del regolamento n. 700/73 tenendo conto, nel calcolo dell'elemento finanziario, della media ponderata delle perdite allo smercio nel corso del periodo compreso fra il 1 ottobre 1980 e il 30 settembre 1981. Sulla prima questione. 21. -La prima questione verte su due diversi problemi: innanzitutto quello di stabilire se il fatto che, in base all'art. 7 del regolamento n. 700/73, il periodo li riferimento per il calcolo della media delle perdite allo smercio, che va dal 1 ottobre della campagna in corso fino al 30 settembre successivo, differisce dal periodo della campagna saccarifera, che va dal 1 luglio al 30 giugno successivo (in prosieguo: lo slittamento dei periodi di riferimento ), costituisca o meno una discriminazione vietata dagli artt. 7 e 40, n. 3, del Trattato; quindi quello di stabilire se tale normativa sia in contrasto con gli artt. 2 e 28 del nuovo regolamento base n. 1785/81. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Sull'asserita violazione del principio di non discriminazione. 22. -In ordine all'asserita violazione del principio di non discriminazione, il giudice nazionale ritiene che lo slittamento dei periodi di riferimento si concreterebbe, almeno per quanto riguarda la campagna saccarifera 1980/81, in una misura discriminatoria a detrimento delle imprese italiane, situate in regioni deficitarie e non esportatrici, o esportatrici per quantit proporzionalmente inferiori, e a beneficio esclusivo delle imprese del Nord, situate in regioni eccedentarie e tradizionalmente esportatrici. 23. -Tale discriminazione risulterebbe dal fatto che l'aumento del prezzo d'intervento comunitario in vigore dal 1 luglio 1981, data d'inizio della nuova campagna saccarifera, e la contemporanea diminuzione del prezzo mondiale dello zucchero, avrebbero comportato un forte aumento dell'importo pagato per le restituzioni all'esportazione (ci di cui si sarebbero avvantaggiate le imprese del Nord) e pertanto un aumento anormale del contributo gravante sulla produzione 1980/81 dello zucchero B (ci che sarebbe avvenuto a scapito delle imprese italiane). 34. -La Sermide e il Governo italiano, a lro volta, sostengono il carattere discriminatorio del fatto che il contributo alla produzione non sia calcolato esclusivamente in funzione delle perdite allo smercio effettivamente verificatesi nel corso della campagna saccarifera la cui produzione assoggettata al contributo. Infatti, il nuovo prezzo d'intervento comunitario entra in vigore ogni ,anno all'inizio di questo periodo, che corrisponde precisamente al ciclo naturale di coltivazione della barbabietola da zucchero nelle regioni meridionali. Invece, solo le imprese del Nord, dopo la fine della campagna saccarifera, grazie al loro ciclo di coltivazione delle barbabietole da zucchero, disporrebbero di un quantitativo abbastanza elevato di zucchero prodotto prima di tale data per poter beneficiare delle pi elevate restituzioni all'esportazione. 25. -Inoltre, il Governo italiano e la Sermide sostengono che, nel calcolo del contributo alla produzione sia per il 1980/81 che per il 1981/82, le restituzioni dirette allo zucchero prodotto nel corso della campagna saccarifera 1980/81 ed esportato durante il terzo trimestre 1981 sarebbero prese in considerazione due volte. Tale doppia presa in considerazione avrebbe comportato oneri considerevoli e ingiustificati per i produttori. 26. -La Commissione, invece, contesta ogni accusa di discriminazione sottolineando che, nello stabilire quale periodo di riferimento per il calcolo della perdita allo smercio il periodo compreso fra il 1 ottobre ed il 30 settembre successivo (e non quello della campagna saccarifera), essa avrebbe tenuto conto solo dei cicli naturali di coltivazione nonch delle realt economiche, ossia delle prassi commerciali comuni e delle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO correnti di scambio tradizionali. L'inizio della campagna saccarifera sarebbe stato fissato proprio al 1 luglio per consentire ai produttori di zucchero italiani di beneficiare dei nuovi prezzi di intervento per il nuovo zucchero, mentre una parte dello zucchero prodotto nelle regioni settentrionali nel corso della campagna saccarifera sarebbe tradizionalmente esportato solo dopo il 1 luglio fino allo scadere ,del periodo di riferimento. 27. -Infine, la Commissione sostiene altresi che non sarebbe discriminitorio il fatto di far partecipare tutti i produttori dello zucchero eccedente la quota A al finanziamento delle restituzioni all'esportazione in quanto solo lo smercio dello zucchero eccedente nei paesi terzi consentirebbe di mantenere all'interno del mercato comune un equilibrio fra l'offerta e la domanda, il che contribuirebbe a sostenere il prezzo interno nell'interesse di tutti i produttori, comprese le imprese italiane. 28. -Va innanzitutto osservato che il principio di non discriminazione fra produttori o consumatori della Comunit, sancito dall'art. 40, n. 3, 2 comma, che comprende il divieto di discriminazione in base alla nazionalit di cui all'art. 7, 1 comma, del Trattato, impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera differenziata e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. I diversi elementi dell'organizzazione comune dei mercati, misure di protezione, sovvenzioni, aiuti e altri potrebbero . quindi essere differenziati a seconda delle regioni e di altre condizioni di produzione o di consumo solo in relazione a criteri di natura obiettiva che garantiscano una ripartizione proporzionale dei vantaggi e degli svantaggi per gli interessati, senza distinguere fra i territori degli Stati membri. 29. -Al riguardo, va constatato che la disciplina dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 700/73 concernente il calcolo del contributo alla produzione obiettivamente giustificata anche se in essa vengono utilizzati diversi periodi di riferimento, e cio, in primo luogo, quello della campagna saccarifera per stabilire la quantit della produzione di zucchero bianco considerata (c.d. elemento quantitativo) e, in secondo luogo, quello del periodo compreso fra il 1 ottobre della campagna saccarifera di cui trattasi ed il 30 settembre successivo, per stabilire la media delle perdite allo smercio (c.d. elemento finanziario). 30. -Circa l'argomento secondo cui tale metodo di calcolo sarebbe arbitrario in quanto sfavorisce i produttori del Sud nei confronti di quelli del Nord, va innanzitutto constatato che la suddetta disciplina riguarda solo lo zucchero effettivamente prodotto nel corso della stessa campagna saccarifera. La presa in considerazione delle restituzioni per PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE quantitativi di zucchero esportati dopo la fine della campagna saccarifera obiettivamente giustificata dato che tali quantitativi sono stati prodotti durante la stessa campagna saccarifera. quindi semplicemente conseguenziale il fatto di tener conto, nell'effettuare il calcolo del totale delle perdite, e quindi del contributo alla produzione per una campagna saccarifera determinata, anche delle perdite allo smerdo di zucchero bianco prodotto nel corso di tale campagna, ma smerciato dopo la sua cessazione. 31. -Non pu essere preso in considerazione dal giudice il fatto che i produttori del Sud, a differenza di quelli del Nord, a causa del ciclo naturale di coltivazione della barbabietola da zucchero, dopo la fine della campagna saccarifera non dispongano pi dello zucchero prodotto prima di tale data e non possano pertanto beneficiare del nuovo prezzo d'intervento in vigore a decorrere dall'inizio della nuova campagna saccarifera, mentre il contributo gravante sulla loro produzione della campagna saccarifera cessata comprende anche il totale delle perdite verificatesi durante la parte del periodo di riferimento che va oltre la fine della campagna saccarifera. Infatti, tale argomento mette in discussione la scelta, operata dal Consiglio, della data d'inizio della campagna saccarifera e della data di fissazione del prezzo d'intervento, scelta la cui validit pu essere messa in dubbio solo sotto il profilo di uno sviamento di potere che non sostenuto nel caso di specie. 32. -D'altro canto, quanto all'argomento secondo cui lo slittamento dei periodi di riferimento avrebbe avuto effetti arbitrari per quanto concerne l'importo delle restituzioni e quindi del contributo almeno per la campagna saccarifera 1980/81, atteso il livello particolarmente elevato del nuovo prezzo d'intervento in vigore dal 1 luglio 1981, va rilevato che le restituzioni sono destinate, come precisato dal quinto considerando del regolamento di base n. 3330/74, a stabilizzare il mercato comunitario evitando, in particolare, che fluttuazioni di prezzo sul mercato mondiale si ripercuotano sul prezzo praticato all'interno della Comunit. Ne con segue che gli adeguamenti dell'importo delle restituzioni sono inerenti al regime degli scambi con paesi terzi, che rientra nell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero. 33. -Per quanto concerne l'argomento secondo cui l'applicazione di un periodo di riferimento protraentesi oltre la fine della campagna saccarifera 1980/81 per il calcolo delle perdite allo smercio non sarebbe stato compatihlle col fatto che profonde modificazioni del regime dello zucchero si sarebbero verificate dal 1 luglio 1981, va constatato che la commissione ha applicato la disciplina di cui causa solo allo smercio di zucchero prodotto in epoca anteriore al 1 luglio 1981. Il fatto che taluni elementi del regime successivo non esistessero nel regime prece RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dente non pu, di per s, costituire una discriminazione nei limiti in cui l'atto adottato non eccede l'ambito dell'ampio potere discrezionale di cui il legislatore comunitario dispone in questa materia. 34. -In ordine all'argomento secondo cui si sarebbe verificata una doppia presa in considerazione di talune restituzioni, nel calcolo del contributo sia per il 1980/81 che per il 1981/82, la Corte constata che, prendendo in considerazione per il calcolo della perlita media per la campagna saccarifera 1980/81 le perdite risultanti dalle restituzioni fissate periodicamente per lo zucchero prodotto nel corso della campagna saccarifera 1980/81 e smerciato durante il terzo trimestre 1981, la Commissione si limitata ad applicare la normativa fin qui vigente. Tenuto conto delle ragioni addotte dalla Commissione, in particolare delle considerevoli difficolt amministrative, essa non era tenuta ad istituire, esclusivamente per il periodo di riferimento 1980/81, un sistema di imputazione di tali perdite all'una e all'altra campagna sarcarifera. Il fatto che la Commissione si sia attenuta, anche per il periodo transitorio di cui causa, alla normativa in essere da anni, ossia al regolamento n. 700/73, non contrasta col divieto di discriminazione sancito all'art. 40, n. 3, 2 comma, del Trattato. 35. -Invece, per quanto riguarda il fatto che la Commissione ha preso in considerazione queste stesse perdite anche per il calcolo della perdita media per la campagn.a saccarifera 1981/82, va rilevato che un doppio onere in relazione agli stessi fatti non sarebbe compatibile col principio di proporzionalit. Al riguardo, la commissione sostiene che, nel caso di specie, la seconda presa in considerazione di tali perdite non ha avuto conseguenze sfavorevoli per i produttori di questa campagna saccarifera, in quanto essa ha in realt, condotto soltanto ad una diminuzione della perdita media e quindi ad una diminuzione, per quanto assai modesta, dell'importo del contributo per detto periodo. Per contro, la Sermide osserva che questa specie di generosit della Commissione nei calcoli da questa effettuati sarebbe costata ai produttori italiani per la sola campagna 1980/81, circa 7 miliardi di lire>>, e che probabile che altrettanto sia costata nel 1981/82 . Essa tuttavia non produce n indicazioni specifiche sul danno che essa avrebbe subito, n prove in ordine all'esistenza di un nesso di causalit fra tale danno ed i calcoli operati dalla Commissione. 36. -Stando cos le cose, l'argomento addotto dalla Commissione appare sufficiente ad escludere una violazione del principio di proporzionalit, dato che un forte aumento delle perdite deriverebbe dall'andamento dei prezzi sul mercato mondiale. I I i: ! ~ - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 37. -Da quanto precede risulta che l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 700/73, non viola il principio di non discriminazione fra produtt01i della Comunit, sancito all'art. 40, n. 3, 2 comma, del Trattato. Sulla violazione degli artt. 2 e 28 del regolamento n. 1785/81 38. -Il giudice nazionale solleva altres la questione di stabilire se l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 700/73 non sia illegittimo in quanto in contrasto con gli artt. 2 e 28 del regolamento n. 1785/81, a norma dei quali il periodo di riferimento per il calcolo della perdita media allo smercio coincide con la campagna saccarifera. 39. -A questo proposito, va osservato che le norme del regolamento n. 1785/81 relative al cakolo del contributo alla produzione si applicano, ai sensi del suo art. 23, solo dall'inizio della campagna saccarifera 1981/82 e, pertanto, non al contributo alla produzione gravante sullo zucchero prodotto durante la campagna. saccarifera 1980/81. Dato che quest'ultimo poteva essere effettuato solo qualche tempo dopo la fine della campagna, vale a dire gi nel corso del periodo di validit del nuovo regolamento base, il Consiglio ha autorizzato la Commissione, all'art. 48 del regolamento n. 1785/81, ad adottare le disposizioni transitorie necessarie sulla base del regolamento n. 700/73, rimasto in vigore anche dopo l'abrogazione del regolamento n. 3330/74. 40. -Ne consegue che l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 700/73 non incompatibile con gli artt. 2 e 28 del regolamento n. 1785/81. Sulla seconda questione 41. -Essendo stata proposta solo in caso di soluzione affermativa della prima questione, la seconda questione pertanto divenuta priva d'oggetto. Sulla terza questione 42. -Con questa terza questione, il giudice nazionale intende stabilire se l'art. 1 del regolamento della Commissione n. 3358/81 non sia illegittimo perch in contrasto con l'art. 27, n. 2, regolamento base n. 3330/74 e con l'art. 28 del nuovo regolamento base n. 1785/81, in quanto il contributo alla produzione di zucchero per la campagna saccarifera 1980/81 determinato in funzione della quantit di zucchero oggetto di un impegno all'esportazione e non in funzione della quantit effettivamente esportata. 43. -La Sermide, a sua volta, fa valere che il regolamento n. 3358/81 della Commissione sarebbe illegittimo in quanto, prendendo in considera RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 56 zione, nel calcolo del contributo per la campagna saccarifera 1980/81, non solo i quantitativi di zucchero effettivamente esportati, ma anche gli impegni all'esportazione per i quali non si fosse verificata una materiale esportazione nel corso della stessa campagna, la Commissione avrebbe ecceduto i propri poteri, limitati dalle norme dei regolamenti del Consiglio. Analogamente, il Governo italiano ritiene che la presa in considerazione degli impegni all'esportazione no.n sia appropriata, almeno per la campagna 1980/81. La Commissione ribatte invece c1'e, dall'istituzione dell'organizzazione comune di mercato nel settore dello zucchero in poi, essa avrebbe sempre seguito l'interpretazione applicata nella fattispecie. 44. -Nel corso dell'udienza, il Governo italiano ha espresso dubbi per quanto concerne la validit del regolamento della Commissione n. 3358/81, in quanto il suo fondamento giuridico, ossia l'art. 48 del nuovo regolamento base n. 1785/81, non costituirebbe una base giuridica sufficiente per fissare un contributo a carico dei fabbricanti di zucchero. 45. -Dato che il contributo alla produzione per la campagna saccarifera 1980/81 poteva essere fissato solo dopo il 1 luglio 1981, data dell'abrogazione del regolam~nto base n. 3330/74, e che la transizione dall'uno all'altro regime sarebbe stata pregiudicata ove non fossero stati presi provvedimenti integrativi, la Commissione poteva fondare il regolamento n. 3358/81 sulla suddetta norma al fine di assicurare la continuit della disciplina del mercato dello zucchero voluta dal Consiglio. La Corte ritiene che proprio il tipo di problemi che il caso di specie presenta costituisce la ragion d'essere dell'art. 48 del nuovo regolamento base n. 1785/81 che autorizzava l'adozione delle disposizioni transitorie necessarie a facilitare il passaggio al nuovo regime del mercato dello zucchero . . . 46. -Per. quanto concerne la nozione di smercio, . esatto che l'art. 27, n. 2, del regolamento base n. 3330/74 si riferisce, in ordine al calcolo del contributo alla produzione, alle sole perdite risultanti dallo smercio senza menzionare gli impegni all'esportazione, mentre l'art. 28 del nuovo regolamento base n. 1785/81 si riferisce espressamente alle perdite per gli impegni all'esportazione da realizzare a titolo della campagna in corso. Tuttavia n il regolmento base del Consigiio n. 3330/74, n il regolamento della Commisione n. 700/73 danno una definizione della nozione di smercio; tali regolamenti lasciano quindi alla Commissione il compito di interpretare quest'ultima secondo lo scopo ed in base al contesto della norina di cui trattasi. 47. -Come la Corte ha pi volte dichiarato, la Commissione pu utilizzare e prendere come punto di riferimento i dati risultanti dal sistema dei certificati di importazione e di esportazione che comportano, per i titolari, l'impegno di effettuare le operazioni previste dietro garanzia di PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE una cauzione, al fine di quantificare e di calcolare le correnti di importazione e di esportazione. 48. -Nella fattispecie, l'interpretazione, da parte della Commissione, della nozione di smercio nel senso di impegni all'esportazione era giustificata alla luce del fatto che, in primo luogo, gli Stati membri non contabilizzano le esportazioni effettive di zucchero in funzione della campagna saccarifera o del periodo di riferimento per il calcolo della perdita media e che, in secondo luogo, le esportazioni effettuate nell'ambito della gara permanente sono subordinate alla costituzione di una cauzione. 49. -Dall'esame della terza questione non emerge pertanto alcun elemento tale da inficiare la validit dell'art. 1 del regolamento n. 3358/81. 50. -Alla luce dell'insieme delle considerazioni precedentemente svolte, le questioni sollevate dal giudice nazionale vanno risolte nel senso che il loro esame non ha messo in luce elementi atti ad inficiare la validit dell'art. 7 del regolamento della Commissione 12 marzo 1973, n. 700, o quella dell'art. 1 del regolamento della Commissione 25 novembre 1981, n. 3358. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 luglio 1984, n. 4060 -Pres. Greco - Rel. Tondo -P. M. Sgroi -Croce Rossa Italiana (Vice avv. gen. Stato Gargiulo) c. Travaglione. Enti Pubblici -Ente pubblico non economico -Gestione di scuole o asili Impiego pubblico Requisiti necessarl Inserlmento reale nell'apparato organizzativo dell'ente Atto formale di nomina Non necessita. L'attivit di gestione, da parte di enti pubblici non economici, di scuole o asili , indipendentemente dalla correlazione con i fini istituzionali dell'ente, pubblicistica quando si svolga nell'ambito dell'organizzazione tipica .dell'ente medesimo, con gli strumenti propri dell'azione amministrativa e in. considerazione dei fini sociali cui diretta, al di fuori di fini di luc'ro e per il rapporto di impiego costituito non necessario l'atto formale di nomina (1). (omissis) Secondo l'ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte suprema (v. per tutte, sent. 15 novembre 1983, n. 6768), l'attivit di gestione, da parte di enti pubblici non economici, di scuole od asili , indipendentemente dalla correlazione con i fini istituzionali dell'ente, di natura pubblicistica quando si svolga nell'ambito dell'organizzazione tipica dell'ente medesimo, con gli strumenti propri dell'azione amministrativa ed in considerazione dei fini sociali cui essa diretta, senza dare perci vita ad un'autonoma struttura di tipo imprenditoriale, rivolta come tale al procacciamento di entrate remunerative dei costi. Nella specie, l'anzidetta correlazione con i fini istituzionali della C.R.I. addirittura sussiste (attesa l'ampia e comprensiva formulazione della norma statutaria sopra ricordata), come pure indubbio che la gestione della scuola Palasciano sia stata dall'ente direttamente svolta nell'ambito della propria organizzazione pubblicistica e senza fine di lucro. Ne con (1) Deve ritenersi ormai consolidato in tal senso l'orientamento della Suprema Corte circa la non necessariet della sussistenza di un atto formale di nomina al fine della qualificazione di un rapporto di pubblico impiego (cfr. Cass. 2 marzo 1981, n. 1203; Cass. 22 ottobre 1980, n. 5680). In specie la Corte ha ribadito quanto pi volte affermato circa la conformit dell'attivit di gestione di scuole o asili ai fini previsti dall'art. 1 del d.l. c.p.s. 13 novembre 1947 n. 1256 (cfr. Cass. 10 novembre 1977, n. 4838; 6 maggio 1978, n. 2168; 6 febbraio 1980, n. 840; 15 novembre 1983, n. 6768). 59 PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE segue che la prestazione lavorativa retribuita, effettuata dalla Travaglione con continuit e vincolo, di subordinazione, ha dato vita ad un rapporto di pubblico impiego, ben essendo configurabile l'inserimento della dipen dente nell'ambito dell'anzidetta organizzazione pubblicistica, ed essendo irrilevante in contrario sia la mancanza di un formale atto di nomina, sia l'inappropriata qualificazione giuridica data dalle parti al rapporto all'atto dell'assunzione (incarico professionale), sia la circostanza che quest'ultima sia stata effettuata a termine ed annualmente rinnovata, essendo quello della (relativa) stabilit carattere proprio del solo rapporto di pubblico impiego di ruolo. In applicazione degli artt. 29 T.U. sul Consiglio di Stato 26 giugno 1924, n. 1054 e 7, commi secondo e terzo, I. 6 dicembre 1971, n. 1034, deve conseguentemente essere dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. . Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del procedimento. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 luglio 1984, n. 4386 -Pres. Mirabelli - Rel. Panzarani -P. M. Tamburrino (conci. conf.) -Ministero delle Finanze (avv. St~to Carbone) c. S.I.D.A.F. (avv. Regard) e C.N.I.S.I.A. Giurisdizione civile -Impiego pubblico statale -Associazioni sindacali di dipendenti statali -Diritti sindacali -Tutela -Art. 28 statuto lavoratori -Inapplicabilit -Diritti sindacali esclusivi del sindacato Giurisdizione ordinaria -Diritti sindacali connessi a posizioni di pubblico impiego -Giurisdizione amministrativa esclusiva. (Artt. 24, 39, 40 Cost.; art. 29 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; art. 28 I. 20 maggio 1970, n. 300; art. 7, I. 6 dicembre 1971, n. 1034; artt. 23, 28, I. 29 marzo 1983, n. 93). Nel settore del pubblico impiego statale, esclusa l'applicabilit dello art. 28 del c.d. statuto dei lavoratori, competente il giudice ordinario, secondo le norme del codice di procedura civile, per la tutela dei diritti sindacali propri ed esclusivi delle associazioni sindacali; mentre competente il giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva per l tutela dei diritti sindacali del sindacato connessi a rapporti di pubblico impiego (1). (1-2) Con le due decisioni in epigrafe e con altre coeve, la Corte di Cassazione sembra aver trovato la definitiva soluzione al problema dell'applicabilit dell'art. 28 dello statuto dei lavoratori e della tutela dei diritti sindacali nel settore del pubblico impiego. Come ha ricordato la Corte nelle predette sentenza, l'art. 37 dello statuto dei lavoratori prevede che le norme dello statuto si applichino agli enti pub 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 luglio 1984, n. 4387 -Pres. Mirabelli - Rel. Onnis -P. M. Tamburrino (concl. conf.) -Politecnico di Milano (avv. Stato Freni) v. C.G.I.L.-C.I.S.L-U.I.L. (avv. Ventura). Giurisdizione civile -Impiego pubblico statale Associazioni sindacali dei dipendenti statali -Diritti sindacali Tutela Art. 28 Statuto dei lavoratori Inapplicabilit Diritti sindacali esclusivi del sindacato Giurisdizione ordinaria. (Art. 3, 24, 39 e 40 Cost.; artt. 28, 37 1. 20 maggio 1970, n. 300; art. 7 I. 6 dicembre 1971, n. 1034; art. 5 1. 25ottobre 1977, n. 808; 1. 29 marzo 1983, n. 93). Sussiste la giurisdizione ordinaria, esclusa l'applicabilit dell'art. 28 del c.d. statuto dei lavoratori, nel caso di lesione di un diritto sindacale proprio ed esclusivo e, cio, non inerente a posizioni soggettive del singolo rapporto di pubblico impiego, della associazione sindacale dei dipendenti statali (2). I Nell:unico motivo dell'istanza l'Amministrazione delle Finanze, richiamata la sentenza di queste Sezioni Unite 6 maggio 1972 n. 1380, deduce l'improponibilit della domanda del Sindacato e ci per carenza assoluta di giurisdizione dato che la norma dell'art. 37 dello Statuto dei lavora blici economici, mentre agli altri enti pubblici soltanto se la materia non sia stata diversamente regolata da norme speciali, escludendosene l'applicabilit allo Stato (cfr. Cass., 6 maggfo 1972, n. 1380, in Giur. cost., 1973, 647 con nota di PANNUNZIO, in Foro it., 1972, I, 1201; in Giust. civ., 1973, I, 1408; in questa Rassegna, 1972, I, 574 con nota di FAVARA sul presupposto che nella nostra legislazione il riferimento anche allo Stato, oltrech agli altri enti pubblici, sempre espresso; id., 9 novembre 1974, n. 3476, in Giust. civ., 1975, I, 223; id., 27 marzo 1975, n. 1158, in Giur. it., 1977, I, 1615; Consiglio di Stato, A.P., 10 dicembre 1976, n. 6, in Cons. Stato, 1976 I, 1333). La Corte costituzionale ha, d'altronde, escluso che la mancata estensione della disciplina dello statuto lei lavoratori ai dipendenti statali sia in contrasto con la Costituzione: cfr. Corte Cost., 20 maggio 1976, n. 118, in Foro it., 1976, I 2551, con nota di SPAGNOLETTI, in Giust. civ., 1976, III, 305; id., 5 maggio 1980 n. 68, in Foro it., 1980, I, 1553, in Giust. civ., 1980, I, 1214. Di conseguenza la giurisprudenza ha escluso che i sindacati dei dipendenti statali potessero adire ex art. 28 statuto dei lavoratori il pretore in caso di comportamento antisilildacale della Amm.ne (cfr. Cass., 27 marzo 1975, n. 1158, cit., id. S.U., 18 dicembre 1975 n. 4164, in cui stata dichiarata improponibile per difetto assoluto di giurisdizione la domanda di repressione della condotta antisindacale della CASMEZ, in Foro it., 1976, I, 52; cfr. inoltre la Relazione dell'Avvocato Generale dello Stato al Presidente .del Consiglio dei Ministri, anni 1976-1980, vol. II, p. 156; id., 22 giugno 1978, n. 3067, in Giust. civ., 1978, I, 2044); mentre tale rimedio si consentiva alle organizzazioni enti pubblici, ma solo nel caso di categoria del personale di tutti gli altri in cui il comportamento dell'Amm.ne ledesse i 1 i ! ~ I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 61 tori -che estende la disciplina di tale legge anche agli enti pubblici non economici ove la materia non sia diversamente regolata da norme speciali -non applicabile ai dipendenti dello Stato. Tutto ci richiamato, ritiene il Collegio come sia necessario svolgere, in ordine alla delicata tematica proposta dal ricorso dell'associazione sindacale e dall'istanza di regolamento di giurisdizione dell'Amministrazione delle Finanze, le seguenti argomentazioni di ordine generale e sistematico, e ci al fine di enucleare e di inquadrare i problemi che da tale tematica scaturiscono e poter quindi ricercare quella soluzione che si appalesi pi esatta, tenuto conto delle pronunce della Corte Costituzionale, degli indirizzi seguiti dalla giur.isprudenza di questa Suprema Corte. delle indicazioni emergenti nello sviluppo della legislazione nonch del contributo fornito dalla dottrina. I. -Nella ricordata ordinanza n. 6 del 28 ottobre 1976-11 gennaio 1977 (n. 65 del registro ordinanze del 1977, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 aprile 1977, n. 100) oon cui gli atti della presente causa furono rimessi alla Corte Costituzionale, queste Sezioni Unite avevano ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale delle disposizioni relative alla disciplina dell'attivit sindacale nell'ambito dell'impiego statale (art. 146 del testo unico approv. con il d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 modific. dall'art. 7 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 44 bis della legge 18 marzo 1968 n. 249 nel testo introdotto dall'art. 20 il sindacato nell'attivit e nei diritti supi propri (cfr. Cass., 5 luglio 1979, n. 3820 e 3821, in Giust. civ., 1979, I, 1535; in Cons. St., 1979, II, 1112). Escluso che il sindacato potesse rivolgersi ad alcun giudice per far valere il comportamento antisindacale di un ente pubblico non economico, posto in essere mediante lesione di diritti propri del pubblico dipendente, l'ord. Cass., 21 giugno 1979, n. 302, in Foro it., 1979, I, 1661 deferl alla Corte Costituzionale -per contrasto con gli artt. 3, 24, 25 Cost. -la normativa di cui agli artt. 28 st. lav., 29 n. 1 e 39 t.u. C.d.S. e 7, 19, 21 legge T.A.R. Con la sentenza n. 68/80 cit. la Corte dichiar infondata la questione In deroga alla regola enunciata dalla sentenza n. 3820/79 cit l'art. 31 d.lg. 24 marzo 1981 n. 145 deferisce al giudice amministrativo le controversie per la repressione della condotta antisindacale sorte'nell'ambito del rapporto di lavoro del personale (soggetto alla giurisdizione amministrativa esclusiva) della Azienda Statale di assistenza al volo; controversie alle quali applica il rito speciale del lavoro di cui alla legge n. 533/73. Pcme in luce l'anomalia del sistema A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, -Napoli, Jovene, 1984, p. 1328 (nota 391 a). Cfr., inoltre, art. 24 legge quadro sul pubblico impiego e A. PROTO PISANI, Problemi processuali della legge quadro sul p.i., in Foro it., 1984, I, 475; A. CORPACI, L. quadro sul p.i. e giurisdizione esclusiva, ivi, 516. L'art. 23 della predetta legge rimette alla contrattazione collettiva l'applicazione dei principi enunciati in altri articoli dello statuto (20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30). La Cassazione ritiene che nelle more della contrattazione collettiva si applichi lo statuto dei lavoratori agli enti pubblici non economici diversi dallo 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della detta legge n. 775 del 1970 e 45-50 della stessa legge n. 249 del 1968) in quanto non prevista in esse, nei riguardi delle associazioni sindacali dei dipendenti statali, la tutela giurisdizionale del. loro interesse al rispetto della libert e dell'attivit sindacale nonch del diritto di sciopero e ci con ingiustificata disparit rispetto al trattamento riservato alle altre associazioni sindacali dall'art. 28 della legge 20 maggio 1970 n. 300 (Statuto dei lavoratori), in riferimento pertanto agli artt. 3 e 24, commi 1 e 2, della Costituzione. La Corte Costituzionale, nel decidere con la sentenza 5 maggio 1980 n. 68 la suddetta questione nonch altre analoghe proposte sia da queste stesse Sezioni Unite (con ordinanza 3 giugno-3 settembre 1976 n. 468) sia dal Tribunale di Milano, e inoltre la questione di legittimit costituzionale del suddetto art. 28 dello Statuto dei lavoratori sollevate dai Pretori di Agropoli e Torino, le dichiarava tutte non fondate in riferimento alle suindicate norme della legge fondamentale. La Corte invero -richiamando la propria precedente decisione 20 maggio 1976, n. 118 -affrontava anzitutto il problema se la situazione delle associazioni sindacali nell'ambito dell'impiego statale fosse identica o simile a quella delle analoghe associazioni considerate in ordine agli altri rapporti di lavoro, osservando al riguardo che una condizione di fondamentale eguaglianza doveva in effetti essere riconosciuta in dipendenza delle norm~ contenute negli artt. 39 e 40 della Costituzione, laddove lo status sindacale delle associazioni dei dipendenti pubblici aveva avuto un suo significativo riconoscimento con Stato (cfr. Cass., 29 ottobre 1983, n. 6419, in Foro it., 1984, I, 474; in Giust. civ., 1984, I 398 con nota di Zou). Le sentenze in epigrafe sono pubblicate anche in Giust. civ., 1984, I, 2713 con ampia nota redazionale che ricostruisce minuziosamente i precedenti editi, e ivi, I, 2714 con nota di commento di F. MERUSI, Diritti dei sindacati e riparto di giurisdizione, ovvero, sul come raddrizzare le gambe ai cani ... nonch, in Foro it., 1984, I, 2106 con ampia nota critica di A. PROTO PISANI. Per gli enti pubblici non ecqnomici le disposizioni dello statuto sono applicabili solo quando le norme (legislative o regolamentari) per essi previste non contengano una disciplina diversa o incompatibile con lo statuto: cfr. Consiglio di Stato, V, 6 febbraio 1973 n. 77, in Dir. e soc., 1973, 455, con nota di PANNUNzrn; id., A.P., 4 novembre 1977, n. 17, in Cons. Stato, 1977, I, 1575; id., 5 maggio 1978, n. 16, ivi, 1978, 759; id., sez. V, 3 aprile 1981, n. 117, ivi, 1981, 407. L'art. 23 della legge quadro sul pubblico impiego (legge 29 marzo 1983, n. 93) ha esteso al personale di tutte le pubbliche amministrazioni, compreso lo Stato, l'applicazione delle disposizioni degli artt. 1 (diritto di libera manifestazione del pensiero cfr. art. 10 legge 20 marzo 1975 n. 70); 3 (obbligo di rendere noto ai dipendenti i nominativi e le mansioni di vigilanza); 8 (divieto di indagini sulle opinioni); 9 (diritto di controllare l'applicazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni); 11 (attivit culturali, ricreative ed assistenziali); 14 (diritto di svolgere l'attivit sindacale); 15-17 (divieto di discriminazioni). GABRIELLA PALMIERI PARTE I,_ SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 63 l'introduzione in tale settore della contrattazione collettiva (anche se necessitante, per la sua operativit, di atti del potere esecutivo). In relazione quindi al problema se fossero razionalmente giustificate le diversit sussistenti (rispetto agli altri sindacati) in ordine alla tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive da riconoscere alle associazioni sindacali dei dipendenti dello Stato, la Corte Costituzionale rilevava come fosse necessario considerare il pi ampio contesto del rapporto d'impiego statale e le peculiarit proprie del datore di lavoro di tale rapporto. Richiamato in proposito il processo di convergenza tra la posizione giuridica dei lavoratori privati e quella dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici non economici, emergente -per gli uni -dal raggiungimento di una assai elevata garanzia in tema di stabilit del posto di lavoro e -per gli altri -appunto dall'ingresso della contrattazione collettiva quale fase necessaria per la determinazione del trattamento non soltanto economico, la Corte argomentava che tale processo aveva tuttavia raggiunto dei risultati ancora parziali, dovendosi invero tener conto che nella Pubblica Amministrazione la disciplina del lavoro era pur sempre strumentale, mediamente e immediatamente, rispetto alle finalit istituzionali assegnate ai suoi singoli uffici. Sul punto rilevava ulteriormente che la disciplina di siffatti rapporti si presentava tuttora come un dato che soltanto il legislatore avrebbe potuto immutare, laddove (dovendosi in ogni caso considerare come rapporti di diritto pubblico quelli dei dipendenti cui era o poteva essere affidato l'esercizio di potest pubbliche) non poteva disconoscersi che lo Stato ..:._ datore di lavoro si differenziava profondamente da quel datore di lavoro che era protagonista in senso negativo della. fattispecie preveduta dall'art. 28 dello Statuto: su tale punto rilevava invero che il funzionario in posizi_one di superiorit rispetto ad altri dipendenti statali presentava caratteristiche strutturalmente diverse rispetto all'imprenditore o al dirigente d'impresa fiduciario di lui. in quanto non era partecipe sotto alcun aspetto ad una situazione conflittuale di natura economica, qualificata pur sempre, in modo mediato o immediato, da una contesa sui margini del profitto, sicch non poteva accogliersi la proposizione secondo cui l'interesse dell'impresa era dal punto di vista storico l'equivalente nei rapporti interprivati dell'interesse dell'Amministrazione -datore di lavoro nei rapporti di pubblico impiego. Osservava ancora la Corte Costituzionale che lo Statuto degli impiegati civili dello Stato assicurava loro un complesso di garanzie assolutamente identico sia ai superiori che ai dipendenti, nel mentre era rimasta ferma (anche dopo la legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 409 n. 5 cod. proc. civ.) la differenziazione della tutela giurisdizionale la quale avrebbe potuto creare serie difficolt ove si fosse senz'altro applicato l'art. 28 (dello Statuto dei lavoratori) ai sindacati del pubblico impiego nelle ipotesi di comportamento antisindacale realizzato attraverso una lesione di diritti inerenti al rapporto d'impiego di singoli dipendenti e gruppi di essi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 64 Sulla base di tali rilievi la Corte Costituzionale escludeva pertanto che il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3, comma 1; della legge fondamentale esigesse l'estensione pura e semplice della disciplina dello art. 28 dello Statuto dei lavoratori alle associazioni sindacali dei dipen denti dello Stato spettando piuttosto al legislatore ordinario operare ulteriori scelte. In proposito osservava la Corte che, a prescindere dalla istituzione con legge costituzionale di uno speciale giudice unico per tutte le controversie di lavoro (privato e pubblico, statale incluso), lo stesso legisltore avrebbe potuto optare sia per un'estensione della giurisdizione del giudice ordinario sia per una riaffermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo allargandola alle controversie in cui fossero parte i sindacati (con ulteriore avvicinamento ai poteri del giudice civile ex Statuto dei lavoratori e alla riforma del processo del lavoro del 1973). In relazione poi al problema della natura delle posizioni soggettive dei sindacati, la Corte Costituzionale osservava che le libert sindacali dovevano ritenersi tutelabili nel settore del pubblico impiego, cos come le Sezioni Unite avevano ritenuto fin dal 1974, in qualit di situazioni di diritto soggettivo proprie ed esclusive del sindacato (cfr., sul punto, la sentenza della stessa Corte Costituzionale 6 marzo 1974, n. 54) e ci attraverso i procedimenti ordinari promossi avanti al giudice civile, idest al di fuori del quadro dell'art. 28, laddove, se in relazione a particolari disposizioni fossero emerse situazioni d'interesse legittimo, esse avrebbero dovuto trovare tutela diretta avanti ai giudici amministrativi. Considerato, quindi, che nella giurisprudenza dei Tribunali ammini strativi regionali non si negava in linea di tendenza (e non di rado si riconosceva in concreto) la legittimazione delle associazioni sindacali e degli ordini professionali a ricorrere e ad intervenire a tutela degli specifici interessi facenti loro capo (distinti da quelli dei singoli lavoratori e professionisti), la Corte Costituzionale osservava ancora che non esisteva l'asserita lacuna di tutela giurisdizionale, trattandosi piuttosto di forme di tutela meno rapide e penetranti di quelle previste nell'art. 28 dello Statuto, ma non per questo incostituzionali, talch le norme sul pubblico impiego non contenenti per le associazioni sindacali dei dipendenti statali la previsione di tutela giurisdizionale del loro interesse al rispetto della libert e dell'attivit sindacale nonch del diritto di sciopero non si rivelavano viziate d'incostituzionalit. noto peraltro come queste Sezioni Unite abbiano, nel corso di altri giudizi per regolamento di giurisdizione, rimesso i relativi atti alla Corte Costituzionale, con ordinanze del 18 gennaio-21 giugno 1979 e del 22 marzo-11 settembre 1979, sollevando questioni di legittimit costituzionale degli artt. 29, n. 1 e 39 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 nQllch degli artt. 7, 19 e 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 sotto il profilo del con trasto con l'art. 25, comma l, della Costituzione in relazione alle possibili PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE contraddittoriet di giudicati (rispettivamente, del giudice ordinario adito dai sindacati degli enti pubblici non economici in base all'art. 28 dello Statuto dei lavoratori e del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva relativamente alle questioni attinenti a posizioni individuali di pubblico impiego), nonch dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori per contrasto con gli artt. 3 e 24 della stessa legge fondamentale in quanto non prevista, in esso la tutela nei riguardi del comportamento antisindacale post in essere dagli enti pubblici non economici. Orbene, la Corte Costituzionale con sentenza 26 ottobre 1982, n. 169 ha dichiarato inammissibili tali questioni osservando che una parte delle ordinanze di remissione si basavano su un'interpretazione (applicabilit dell'art. 28 ai dipendenti degli enti pubblici non economici) contrapposta a quella delineata in altre ordinanze, con conseguente difficolt pertanto d'individuare l'oggetto sottoposto al vaglio d'incostituzionalit. La stessa Corte ha tuttavia, nella stessa decisione, osservato come -. non essendo intellegibile la simultanea contestazione dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori e delle norme sulla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi in tema di rap porto di pubblico impiego -non fosse agevole ritenere applicabili soluzioni cos chiaramente alternative in ordine alla tutela giurisdizionale delle associazioni sindacali dei dipendenti degli enti pubblici, rilevando che l'interesse pubblico dell'estensione delle garanzie dell'art. 28 Stat. lav. comportava comunque una scelta tra le soluzioni ritenute possibili (la stessa Corte Costituzionale, facendo riferimento alla suddetta sentenza n. 169 del 1982, ha peraltro con ordinanza n. 210 del 30 novembre 1982 dichiarato manifestamente inammissibili altre similari questioni sollevate ancora da queste Sezioni Unite con due ordinanze del 1 ottobre-22 dicembre 1981). Ricordato peraltro che con la sentenza 20 maggio 1976, n. 118 la Corte Costituzionale aveva rilevato che l'art. 37 dello Statuto de.i lavoratori non consentiva l'applicamone delle disposizioni dello stesso Statuto ai rapporti d'impiego dei dipendenti statali (pur non escludendo la possibilit di eventuali denunzie d'incostituzionalit in caso di specifica lacuna di tuteLa di per s non altrimenti rimediabile), daJle suddette pronunce della Corte Costituzionale e, in ispecie, da quella n. 68 del 1980 (che si peraltro ritenuto di richiamare pi diffusamente concernendo essa direttamente il presente giudizio) possibile trarre le seguenti indicazioni: 1) l'esistenza nel vigente ordinamento giuridico -e con fondamento di natura costituzionale -di posizioni soggettive proprie delle associazioni . sindacali de.i dipendenti pubblici e, in particolare, di quelle dei dipendenti dello Stato; 2) l'esclusione assoluta per le associazioni dei dipendenti dello Stato deU'operativit del raccordo di cui a11'art. 37 dehlo Statuto dei lavoratori e pertanto la non applicabilit dell'art. 28 di esso; 3) la possibile esperibilit, nei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .66 riguardi delle suddette posizioni proprie delle associazioni sindaca1i e su iniziative di esse, di mezzi di tutela attraverso procedimenti giudiziari ordinari. II. -Per quanto concerne quindi l'orientamento della giurisprudenza di q.esta Suprema Corte, va ricordato come il problema dell'applicabilit dello Statuto dei lavo11atori all'impiego statale sia stato per la prima volta affrontato in sede di Sezioni Unite con la sentenza 6 maggio 1972, n. 1380 nella quale -con ampio richiamo peraltro ai lavori preparatori -si ebbe a dimostrare l'esdusione di tale impiego dal1 l'ambito del richiamo dell'art. 37 dello stesso Statuto e ci (oltrech per la portata di ta1i favori), sia per l'argomento letterale in base al quale nella locuzione altri enti pubblici non pu ritenersi compreso anche lo Stato, sia per la considerazione dell'esistenza di un assetto normativo dei suoi dipendenti tale da ammettere e discip1inare in seno ailla propria amministra:ttlone l'ingerenza delle organizzazioni 1sindacali dei lavoratori nella designamone di un certo numero di rappresentanti del personale nei cpnsigli di amministrazione (art. 146 del D.P.R. n. 3 del 1957 modif. dall'art. 7 della legge n. 249 del 1968) attribuendo ad esse la facolt di chiedere il collocamento in aspettativa dei dipendenti ,in. vestiti di mandato sindacale (art. 45), prevedendo la concessione di permessi per la partecipazione alle riunioni degli organi collegiali e per l'espletamento della normale attivit sindacale (art. 47) nonch la concessione di locali da adibire a ufficio sindacale e di appositi spa:ttl per affissioni murali (art. 49), consentendo la riscossione dei contributi sindacali a mezzo della s1tessa Amministrazione (art. 50) e garantendo l'utilit a tutti gli effett~ giuridici ed economici dei periodi di aspettativa e di assenze per motivi sindaoali (artt. 46 e 48), disciplina pertanto sotto molti aspetti anticipator.ia di quella sancita dallo Statuto dei lavoratori e integrata quindi dall'art. 20 della legge n. 775 del 1970 sul diritto dei dipendenti dello .stato di effettuare riunioni, per un certo numero di ore, durante l'orario di lavoro senza perdita della retribuzione e sul diritto delle organizza:ttloni sindacali rappr~sentate nel consiglio d'amminiistrazione di indire riunioni per la trattazione di materie d'interesse sindacale e del lavoro. Nella suddetta decisione si pertanto considerarto come l'idoneit di tale disciplina a garantire l'operativit dei sindacati nell'Amministrazione dello Stato, l'inconfigurabilit di contrapposizioni contrattualistiche nell'ambito dell'organizzazione statale preordinata a fini che trascendono gli interessi individuali e di categoria, fa specifica protezione di cui sono dotati i dipendenti statali in ordine alla conservazione del posto di lavoro nonch ai trasfenimenti e alle sanzioni disciplinari, l'idoneit dei mezzi di tutela ad essi accordata dall'Ordinamento giuridico per rimuovere anche in va d'urgenzia (sospensione) provvedimenti che, comunque motivati, fossero sostanzialmente diretti a reprimere la loro attivit (eccesso di po PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE tere), tutto oi desse, nel suo insieme, adeguata ragione della mancata inclusione dell'impiego statale nel campo d'applicazione dello Statuto dei lavoratori. Essendo peraltro lo specifico problema oggetto del relativo giudizio quello della determinazione del mezzo di difesa esperibile avverso il trasferimento di un dipendente disposto dall'Amministrazione statale, atto che si assumeva essere stato deciso per impedirne o quanto menq per limitarne l'attivit sindacale, queste Sezioni Unite nella suddetta sentenza -nel mentre consideravano che lo Statuto dei lavoratori aveva reso giudizialmente tutelabili gli interessi collettivi conferendo ad essi nella loro completa esplicazione la consistenza di diritti soggettivi e attuando cos i precetti costituzionali che tali diritti avevano astrattamente proclamato, con l'implicazione che sii. provvedesse in sede legislativa a disporre i meZ2li di tutela, e osservando ancora che in quella fattispecie l'associazione sindacale non. era insorta per rimuovere provvedimenti adottati direttamente contro di essa e rivolti ad impedire U concreto esercizio di alcuna delle facolt ad essa attribuite da specifiche norme dello Statuto -ribadivano che l'inapplicabilit dell'art. 28 trovava ragione nella peculiarit dell'dmpiego statale, ulteriormente argomentando che parimenti lo Statuto dell'impiego statale, a differenza di quello dei lavoratori, non consentiva agli organismi sindacali di assumere sia pure a tutela dii propri interessi la protezione del singolo dipendente che, ancorch a causa di attivit spiegata nell'interesse collettivo, avesse subito provvedimenti di rappresaglia idonei a ripercuotersi sull'ulteriore attiviit sindacale. Osservano ,ancora che il sistema di tutela preventiva assicurato dalla posizione di collaborazione delle associazioni sindacali nell'ambito dei consigli di amministrazione risultava integrato e potenziato dalla facolt di cui l'impiegato poteva avvalersi con l'eventuale ausilio dell'organismo sindacale interessato, d'invocare, in sede giudiziale, l'immediata sospensione del provvedimento subito e la rimozione dello stesso per eccesso di potere. Le successive pronunce di queste Seziond Unite, hanno, poi mantenuto costantemente fermo il principio dell'assoluta inapplicabilit dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970 nell'ambito dell'impiego statale stante la non riferibilit del richiamo contenuto nell'art. 37 di essa (cfr. p. es. le sentenze 3 novembre 1973, n. 2853, 9 novembre 1974, n. 3476 e 18 dicembre 1975, nn. 4163 e 4164), richiamando ami in proposito la figura dell'improponibilit della domanda per carenza assoluta di giurisdizione (cfr., in particolare, le sentenze 27 novembre 1974, n. 3872, 27 marzo 1975, n. 1158, 8 aprile 1975, n. 1267, 28 maggio 1975, n. 2152 e 6 agosto 1975, n. 2992). Peraltro diversa stata la posizione assunta da tale giurisprudenza nei riguardi dei comportamenti antisindacali posti in essere dagli altri enti pubblici (non economici) data invero l'estens.ione ad essi delle norme dello Statuto dei lavoratori (salvi i RASSEGNA DELt.'AVVOCATURA DELLO STATO 68 casi di materia diversamente regolata da norme speciali), l'itenen / dosi in tal caso la diretta esperibilit del rimedio di cui all'art. 28 n. 1054 del 1924 (cos come quella dell'art. 4 del testo unico n. 1058) debba intendersi diretta a determinare, non tanto il profilo della legittimazione ad agire, quanto pillttosto l'ambito della suddetta giurisdizione. significativo del resto che il gi ricordato art. 28 della legge quadro n. 93 cl.el 1983 usi le pi ampie formule di tutela giurisdizionale del pubblico impiego (comma 1) e di ricorsi in materia di pubblico impiego (com ma 2), laddove l'art. 24 della stessa legge abilita gli organismi sindacali a ricorrere al competente Tribunale amministrativo .regionale in materia di provvedimenti concernenti l'installazione (nei pubblici uffici) di im pianti audiovisivi e l'effettuazione di visite personali di controllo. Non ravvisabile pertanto alcun ostacolo di ordine concettuale-sistematico ed anzi emergono univoci elementi di conforto al riguardo per ammettere che la controversia del pubblico impiego possa essere promossa, avanti al giudice naturale di esso e cio a quello amministrativo, anche da quei soggetti che, diversi dai dipendenti, hanno pur tuttavia un proprio diretto interesse (secondo i principi di natura sostanziale sopra richiamati) alla tutela giurisdizionale dei loro rapporti e ci anche quando gli stessi dipendenti ritengano di prendere proprie iniziative di difesa. Provveder poi il detto giudice amministrativo, secondo le norme pro prie che regolano il procedimento che avanti a lui si svolge, all'eventuale integrazione del contraddittorio nei confronti dei cointeressati o dei controinteressati, cos come -all'occorrenza -ad emettere le pronunce cautelari di sospensione dei provvedimenti amministrativi (art. 21, comma 7, della legge n. 1034 del 1971) o di imposizione all'Amministrazione di determinati comportamenti necessari per la realizzazione della tutela giurisdizionale e ci secondo la linea evolutiva che ha avuto recente espressione nell'ordinanza 7 febbraio-1 giugno 1983, n. 14 dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Parimenti sar compito di tale giudice procedere all'individuazione dei soggetti sindacali legittimati al ricorso e ci attraverso il concreto accertamento della consistenza degli interessi collettivi fatti valere e degli organismi sindacali cui siano riferibili (v. supra , p. V). In base alle suesposte considerazioni deve pertanto concludersi che, essendo stata la controversia di che trattasi promossa in difesa di interessi sindacali che si deduce siano stati lesi in relazione all'atto di trasferimento ad altro ufficio del dipendente statale ing. Rizzi, il diretto coinvol gimento nella vicenda del rapporto d'impiego di questi comporta -nel 80 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO riconoscimento del diritto del sindacato di chiedere la tutela giurisdizionale dei detti interessi -l'attribuzione della relativa cognizione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (omissis) II (omissis) L'istanza per regolamento di giurisdizione ed il ricorso per cassazione, siccome relativi alla stessa causa e concernenti entrambi la identica questione di giurisdizione, devono essere riuniti in un solo procedimento sotto il pi antico numero di ruolo. Nell'eccepire il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, si richla ma dai ricorrenti la giurisdizione della Corte di cassazione e della Corte costituzionale circa l'inapplicabilit dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavoratori) nell'impiego statale, e si deduce che le Universit e gli Istituti .di Istruzione Superiore sono appunto organi dello Stato, sia pure dotati di propria autonomia e muniti di personalit giuridica. Si soggiunge, in particolare, che la nomina da parte dei Rettori dei rappresentanti sindacali a componenti della commissione per il perso. nale, a norma dell'art. 5 della legge 25 ottobre 1977, n. 808, costituisce attivit statale, sia perch riferita a rapporti di impiego statale ed esercitata da soggetti in rapporto di servizio con lo Stato, sia perch rientrante nelle attribuzioni del Consiglio di amministrazione del Ministero della pubblica istruzione e meramente decentrata ai Rettori e non gi delegata all'Universit. Si sostiene pertanto che le organizzazioni sindacali avrebbero potuto far valere il proprio interesse allo svolgimento dell'attivit sindacale nelle forme previste dalla citata legge n. 808 del 1977 (partecipa zione alla commissione 'per il personale) solo davanti alla competente giurisdizione amministrativa. I due ricorsi sono infondati. bens vero che le Universit statali e gli altri Istituti statali di istruzione superiore, costituiscono organi dello Stato, muniti di personalit giuridica, essendo inseriti nella organizzazione statale, come risulta sia dall'imputazione allo Stato di almeno una parte degli atti da essi posti in essere, sia dallo status del relativo personale, anche docente, appartenente ai ruoli degli impiegati statali, sia dalla fonte del relativo finanziamento posto essenzialmente a carico dello Stato (efr.: Cass. S.U. 28 giugno 1975, n. 2546; Cass. 12 gennaio 1981, n. 256). Ed altres esatto, in relazione al caso in esame, che il provvedimento rettorale di nomina della commissione prevista dal cit. art. 5 della legge n. 808 del 1977 non rientra fra gli atti riferibili propriamente alle Universit come istituzioni autonome, ma costituisce esplicazione di attivit amministrativa statale decentrata al Rettore quale organo periferico del Ministero della pubblica istruzione. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Senonch, la gi affermata da questa Corte inapplicabilit nei confronti dello Stato del procedimento previsto dall'art. 28 st. lav. non esclude che la cognizione della controversia, avuto riguardo all'oggetto sostanziale della domanda, concernente una situazione di diritto soggettivo, spetti come sar pi innanzi precisato, all'autorit giudiziaria ordinaria. 2. -Le situazioni soggettive attive contemplate dall'art. 28 st. lav. costituiscono veri e propri diritti soggettivi, appartenenti alla categoria dei diritti politici (art. 2 legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E), di cui sono titolari 1in via esclusiva le associazioni sindacali dei lavoratori, come portatrici dell'interesse collettivo al rispetto della libert e dell'attivit sindacale, nonch del diritto di sciopero da parte del datore di lavoro, sia quando la condotta antisindacale di quest'ultimo si esaurisce nella sfera propria del sindacato, come momento di aggregazione del detto interesse collettivo, sia quando tale condotta, per il suo carattere plurioffensivo, lede altres nel contempo la posizione soggettiva dei singoli lavoratori, incidendo concretamente sui loro rispettivi rapporti d.i lavoro. In entrambe le ipotesi, a tutela di siffatte situazioni soggettive proprie ed esclusive delle associazioni sindacali, l'art. 28 appresta -nell'ambito della giurisdizione .del giudice ordinario -un rapido ed incisivo procedimento speciale, inteso alla cassazione del comportamento illegittimo ed alla rimozione degli effetti, esperibile sfa nei confronti dei da tori di lavoro privati, sia nei riguardi degli enti pubblici e~nomici, ai quali applicabile integralmente la normativa contenuta nello statuto dei lavoratori, ai sensi dell'art. 37, prima parte, dello statuto medesimo. Ci premesso, giova ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione, a partire dalla sentenza 6 maggio 1972 n. 1380, hanno costantemente affermato i.I principio dell'inapplicabilit nel settore dell'impiego statale della disciplina dettata dallo statuto dei lavoratori, e, in particolare, hanno escluso che del procedimento per la repressione della condotta antisindacale previsto dal cit. art. 28 possano avvalersi le associazioni dei dipendenti dello Stato, non ravvisando operante per l'impiego statale il meccanismo di raccordo normativo tra la disciplina statutaria e quella vigente nel pubblico impiego, predisposto dall'art. 37, seconda parte, st. lav., per i rapporti di impiego dei dipendenti degli altri enti pubblici (non economici), sul preminente rilievo che in quest'ultima locuzione non implicitamente compreso anche lo Stato, e sono cos pervenute in numerose decisioni ad affermare l'improponibilit della domanda delle associazioni dei dipendenti statali ex art. 28 st. lav. pr difetto assoluto di giurisdizione. Dal canto suo la Corte costituzionale con la sentenza 20 maggio 1976 n. 118 ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 82 del oit. art. 37, seconda parte, nella interpretazione sopra accennata, sollevata da alcuni giudici di merito in raferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale ha per precisato nella stessa sentenza che la carenza del raccordo non avrebbe precluso l'eventuale denuncia di incostituzionalit allorch si fosse dubitato che &tuazioni identiche o simili siano irrazionalmente regolate in modo diverso da una norma statutaria e da una norma dettata per il rapporto di impiego statale, investendo in tal caso la questione di legittimit costituzionale non gi l'art. 37, bens le norme che, nei rispettivi. ambiti, disciplinano direttamente l'interesse delle associazioni sindacali dei dti.pendenti statali e delle altre associazioni sindacali al rispetto della libert sindacale. Pertanto, nella prospettiva dischiusa dalla citata sentenza n. 118 del 1976 della Corte costituzionale, queste Sezfoni Unite hanno sollevato, in altro procedimento, questione di legittimit costituzionale delle norme di legge che disciplinano nell'ambito dell'impiego statale i c.d. diritti sindacali (art. 146 d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, come modificato dall'art. 7 della legge 28 ottobre 1970 n. 775; art. 44 bis della legge 18 marzo 1968 n. 249, nel testo introdotto dall'art. 20 della cit. legge n. 775 del 1970, articoli da 45 e 50 della cit. legge n. 249 del 1968), sotto iii profilo che tali norme, in contrasto con gli articoli 3 e 24, 1 e 2 comma, Cost., non prevedono per le associazioni dei dipendenti statali, con ingiustificata disparit rispetto al trattamento riservato alle altre associazioni sindacai( dall'art. 28 st. lav., la tutela giurisdizionale del loro interesse al rispetto della libert e dell'attivit sindacale, nonch del diritto di sciopero. Ma la Corte Costituzionale con la sentenza 5 maggio 1980 n. 68, nel dichiarare la questione non fondata, principalmente sul presupposto della diversit tuttora sussistente tra i due rapporti di impiego, pubblico e privato, ha osservato, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite . del 1974, che le libert sindacali, nel settore del pubb1ico impiego, sono tutelabili, in qualit di situazioni soggettive proprie ed esclusive del &ndacato, attraverso i procedimenti ordinari davanti al giudice civile, cio al di fuori del quadr~ dell'art. 28. Ed accennando anche alla possibilit che, in relazione a particolari disposizioni, siano configurabili situazioni di interesse legittimo, tutelabili, come tali, dinanzi ai giudici amministrativi, ha concluso che non esiste, in materia, alcuna lacuna di tutela giurisdti.zionale, e si piuttosto dinanzi a forme di tutela meno rapide e penetranti di quelle previste dall'art. 28 st. lav., ma non perci incostituzionali. 3. Riesaminata l'intera materia, in relazione non soltanto alla ipotesi, vilevante nel presente procedimento ed a cui sembra prevalentemente riferirsi la citata sentenza n. 68 del 1980 della Corte costituzionale, di PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE comportamenti antisindacali non incidenti anche su posizioni soggettive dei singoli dipendenti, ma altresl all'ipotesi in cui una tale incidenza sia ravvisabile, le Sezioni Unite convengono che, nonostante il'inapplicabilit nell'ambito dell'impiego statale della citata norma di raccordo dell'art. 37 st. lav., e la conseguente impossibilit per le associazioni sindacali dei dipendenti dello Stato di avvalersi del procedimento isti tuito dall'art. 28, non esiste nell'ordinamento la paventata lacuna di tutela giurisdizionale in pregiudizio delle dette associazioni sindacali, e che pertanto possibile una soluzione della dibattuta questione fuori dall'alternativa finora considerata: difetto assoluto di giurisdizione o 'Sospetta incostituziona1it del complesso normativo regolante la materia. Invero, la parte c.d. sostanziale del cit. art. 28 com' stato rilevato in dottrina ed era stato gi avvertito dalle stesse Sezioni Unite nella senten2la n. 1380 del 1972, non altro che la premessa per la predisposizione nello stesso testo del cit. articolo di un particolare strumento processuale e di una certa sanzione, ma siffatta premessa, indipendentemente dall'art. 28, ha la sua originaria fondamentale matrice nella Costituzione e, in particolare, nei principi sanciti dall'art. 39, 1 comma, in tema di libert sindacale, di cui l'attivit sindacale proiezione, e nell'art. 40 in materia di diritto di sciopero. Codesti principi di carattere costituzionale, da considerarsi unitariamente nella loro logica connessione (cfr,: sent. Corte cost. 4 maggio 1960 n. 29), posti in relazione col fenomeno c.d. di sindacalizzazione del pubblico impiego anche statale e con le particolari norme di legge che disciplinano nello stesso impiego statale 1 c.d. diritti sindacali, e visti anche alla luce dell'evoluzione guirisprudenziale intervenuta in tema di esercizio del diritto di sciopero nell'1impiego pubblico, sono certamente operanti anche nell'ambito dell'amministrazione dello Stato, sicch le associazioni sindacali dei dipendenti statali devono ritenersi pur esse titolari di situazioni di diritto soggettivo, proprie ed esclusive, al rispetto da parte dell'amministrazione datrice di lavoro della libert ed attivit sindacale, nonch del diritto di sciopero. In virt del principio, sancito dall'art. 24 Cost., dell'inscindibilit tra situazioni sostan2liali e possibilit di agire in giudizio, aHe anzidette si tuazioni soggettive del sindacato dei dipendenti statali debbono peraltro corrispondere forme di tutela giurisdizionale, le quali, seppure non iden tifilcabili con quelle peculiari dell'art. 28 st. lav., siano tuttavia idonee per lo loro effettivit ad assicurare soddisfazione all'interesse collet tivo che di quelle situazioni sono espressione. Ci posto, devesi osservare che la questione relativa all'individua 2lione del giudice cui spetti somministrare tali forme di tutela, siccome fornito al riguardo di potere giurisdizionale, si pone in modo diverso 't RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 84 a seconda che la situazione soggettiva del sindacato sia o no correlata con posizioni soggettive inerenti al rapporto di impiego di singoli dipendenti. Nella prima delle dette ipotesi, come queste Sezioni Unite, nel pronunziare su altro ricorso discusso nell'udienza odierna, hanno affermato, l'associazione sindacale dei dipendenti statali pu tutelare la propria situazione soggettiva correlata con quella del singolo impiegato (ed indipendentemente da un'jniziativa di quest'ultimo) davanti allo stesso giudice del rapporto di impiego, cio dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, con conseguente superamento di gi prospettati dubbi di costituzionalit, per ragioni alle quali sufffoiente ai fini del presente giudizio soltanto accennare, e che si compendiano essenzialmente neMa considerazione secondo cui le norme di legge in tema di tutela delle posizioni soggettive inerenti al rapporto di pubblico impiego (art. 29, n. 1, del T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 25 giugno 1924 n. 1054, richiamato dall'art. 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1074, istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali) rivelano, alla stregua di una lata interpretazione evolutiva, il foro effettivo significato precettivo di individuazione dell'ambito della giurisdizione in relazione all'oggetto del giudizio, e non gi di delimitazione della legittimazione ad agire. Nella seconda delle dette ipotesi, invece, in cui la condotta antisindacale denunciata lede soltanto la situazione soggettiva del sindacato, avente consistenza di diritto soggettivo, e fino a quando la materia non sia regolata ex novo ,. dal legislatore (vedansi in proposito la legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93, sulla cui portata queste Sezioni Unite hanno gi pronunciato con sentenza 29 ottobre 1983 n. 6419, nonch il disegno di legge di delega al Governo per una nuova disciplina del procedimento dinanzi ai T.A.R. ed al Consiglio di Stato approvato il 30 gennaio 1984 dal Consiglio dei Ministri, e segnatamente l'art. 1, n. 9) le appropriate forme di tutela, come ritenuto nella sentenza n. 68 del 1980 della Corte Costituzionale, non possono che rinvenirsi -escluso il ricorso al procedimento istituito dall'art. 28 st. lav. -nelle norme del processo ordinario davanti al giudice civile, cui spetta, nel riparto delle giurisdizioni, la cognizione dei diritti sia civi:1i che politici (cit. art. 2 legge n. 2248 del 1865, ali. E). La diversa tutela che viene cos ad essere offerta alle associazioni sindacali dei dipendenti statali nelle due ipotesi sopra prospettate, a seconda che la pretesa sia fatta valere davanti all'autorit giudiziaria ordinaria o dinanzi alla giurisdizione amministriativa, potrebbe determinare ulteriori sospetti di incostituziona1it, in riferimento ag1i articoli 3 e 24 della Costituzione, per ineguaglianza di trattamento di diritti aven PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ti eguale consistenza. Siffatti dubbi possono per essere agevolmente fugati sol che si ricordi il principio, costantemente affermato dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione, alla stregua del quale la diversit della forma di giudizio non importa lesione del precetto costituzionale dell'eguaglianza, ove siano osservate le fondamentali garanzie delle parti nel giudizio e la differenza trovi giustificazione nella diversit delle situazioni. 4. -Nella fattispecie in esame, stato denunciato il comportamento antisindacale dei Rettori del Politecnico e dell'Universit degli studi di Milano, per aver essi nominato, quali rappresentanti sindacali del personale docente nella commissione per il personale prevista dall'art. 5 del1a legge n. 808 del 1977 due esponenti designati dall'Unione sindacale professori di ruolo (USPUR) e dal Comitato nazionale universitario (CNU), anzich gli esponenti designati dalle organizzazioni sindacali denuncianti. La citata norma di legge che disciplina 1a composizione della anzidetta commissione per il personale e ne affida la nomina al Rettore, come organo periferico dell'Amministrazione della pubblica istruzione, stabilendo, fra l~altro, che i n mbru rapresentanti del personale docente e non docente sono designati -~le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, rispettivamente, del personale docente e non docente, attributiva di un diritto soggettivo delle dette organizzazioni all'esercizio dell'attivit sindacale nei modi previsti dalla norma medesima. Una tale situazione non muta, peraltro, in considerazione del carattere di maggiore rappresentativit sul piano nazionale richiesto a quelle organizzazioni per lo svolgimepto di siffatta attivit sindacale. Invero, ai fini della verifica della maggiore rappresentativit, la amministrazione, come questa Corte ha gi avuto occasione di affermare in relazione ad altra fattispecie (cfr.: Cass. 11 novembre 1974 n. 3504). lungi dal compiere una valutazione discrezionale, rispetto alla quale debba ammettersi soltanto l'esistenza di interessi legittimi, si limita all'accertamento di un dato obiettivo, al di fuori, di ogni margine di apprezzamento. Poich nella specie il denunciato comportamento antisindacale incide su una situazione di diritto soggettivo, propria ed esclusiva delle organizzazioni sindacati, non correlata a posi2lloni soggettive inerenti al rapporto di pubblico impiego di singoli dipendenti, alla stregua dei principi sopra enunciati, la cognizione della controversia spetta alla giurisdizione del giudice ordinario ed in tal senso devesi pertanto statuire, con il conseguente rigetto del ricorso per cassazione. (Omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 86 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 luglio 1984, n. 4388 -Pres. Mirabelli -Rel. Omnis -P. M. Tamburrino -Ministero dei Trasporti (avv. Stato Ferri) c. C.I.S.A.L. Giurisdizione civile -Regolamento preventivo di giurisdizione -Art. 28 legge 20 maggio 1970, n. 300 -Diritti soggettivi politici delle ssocia zioni sindacali -Giurisdizione ordinaria Correlazione con diritti dei singoli impiegati statali -Giurisdizione amministrativa esclusiva. Allorquando la propria situazione soggettiva sia correlata con quella del sirigolo impiegato, l'associazione sindacale dei dipendent~ statali pu trovare tutela dinanzi al giudice del rapporto di impiego in via esclusiva; ove invece, al di fuori di tale correlazione, sia lesa soltanto la situazione soggettiva del sindacato, avente consistenza di diritto soggettivo, la cognizione spetta al giudice civile (1). (Omissis) Con l'istanza per regolamento di giurisdizione, premesso che, in conseguenza dell'assunzione a norma della legge 23 dicembre 1963, n. 1855, da parte del Ministero dei trasporti, per mezzo cli commissario, della gestione delle Ferrovie calabro-lucane, il personale 1in servizio pres so le stesse Ferrovie riveste la qualit di impiegato dello Stato, e che in base all'art. 37 della legge 20 maggio 1970 n. 300 (Statuto del. lavora tori) le disposizioni della stessa legge non sono applicabili nell'ambito dll'impiego statale, si deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a provvedere a norma dell'art. 28 del citato statuto dei lavoratori. L'istanza infondata alla stregua delle seguenti considerazioni. :, invero, esatta la premessa circa la qualit di impiegati dello Stato dei dipendenti delle FerrovJe calabro-. ziale di una cappella che fosse esternamente annessa ad un palazzo e riservata al culto di coloro che ne sono titolari, lo stesso non pu dirsi nel caso in esame, in cui la cappella 'non collegata al castello da un rapporto di connessione materiale che ne consenta tuttavia una individuazione concettuale come bene a s stante posto al servizio del castello medesimo, ma costituisce con esso un tutt'uno strutturale ed organico, essendo compenetrata in una cosa composta unitariamente intesa e costituendone una parte allo stesso modo degli altri locali che paritariamente lo compongono, ciascuno con una destinazione che concorre alla funzionalit del tutto. 3. Il problema che, dunque, s.i pone se, in base ai principi e alle norme che regolano il regime delle cose d'interesse artistico e storico, siano opponibili allo Stato le clausole contenute in atti di disposizione di un bene avente carattere di unitariet strutturale el organica, con le quali si sottragga al trasferimento, e quindi alla prelazio:.e consentita dagli artt. 31 e 32 della legge n. 1089/39, una parte di tale bene; e, prima ancora, se sia possibile che, in virt della inefficacia della prelazione sulla parte del bene che l'alienante abbia riservato -e, per giunta, come quota ideale -a s stesso, il bene rimanga soggetto, nelle sue parti, a diversi regimi giuridici concorrenti, cio ' a quello di diritto privato ed a quello proprio, di diritto pubblico, dei beni demaniali. Al fine di dare adeguata risposta a tali interrogativi, che pongono problemi fra loro interdipendenti, occorre partire dal secondo dei quesiti enunciati. 4. Come questa Corte ebbe gi ad ossel'Vare in sentenza n. 2613 del 1962, con la legge sopra citata, in tema di trasferimento delle cose d'interesse artistico o storico si inteso contemperare equamente il diritto del privato con l'interesse dello Stato di evitare che l'alienazione di detti beni possa danneggiarne la conservazione o menomarne il pubblico godimento. In particolare, per quanto concerne le cose appartenenti ai privati, pur essendosi riconosciuto ad essi un ampio potere di disposizione, l'art. 30 della legge 1089/39 fa obbligo ai proprietari, ai loro eredi e ai detentori a qualsiasi titolo di denunziare al competente Ministero ogni atto di alienazione destinato a trasmettere in tutto o in parte, a titolo oneroso o gratuito, quelle cose che siano oggetto di notifica a cura dei Ministro ai sensi degli artt. 2, 3 e 5. A !ma volta quest'ultimo, ove l'alienazione sia a titolo oneroso, ha facolt di acquistare la cosa allo stesso prezzo stabilito nell'atto di alienazione (art. 31), s che il diritto di prelazione, che si ricondotto nella categoria degli atti ablatori autoritativamente posti in essere dalla p.a. (sent. 514/76), costituisce un vincolo, imposto al proprietario, quando costui abbia gi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 100 manifestato, sUl piano negoziale, la volont di trasferire a terzi, mediante corrispettivo, la cosa d'interesse artistico o storico. Nel citato precedente, questa Corte si posta, quindi, il problema se tale diritto sia configurabile in riferimento alle alienazioni parziali della cosa ed ha osservato che la legge speciale prevede la possibilit per la p.a. di esercitare la prelazione solo in parte o quando la cosa d'interesse artistico e storico sia alienata insieme ad altre per un unico corrispettivo (art. 31) o quando venga effettuata l'alienazione di collezioni e serie di oggetti di propriet privata (art. 34); ma che tale disciplina non autorizza a rirenere che il legislatore abbia inteso consentire, in linea generale, l'esercizio parziale della prelazione, poich negli anzidetti casi particolari il bene d'interesse artistico o storico scelto e avulso da un complesso di cose, ma viene pur sempre considerato nella sua autonoma individualit. Desunto dall'art. 966, comma 2, e.e. (che in tema di enfiteusi, nel concorso di pi concedenti, vieta ad uno solo di essi l'esercizio parziale di tale diritto) un principio di portata pi vasta, estensibile ad ogni ipotesi di prelazione, sia essa legale o volontaria, si osserv nella citata sentenza che quanto si era affermato in termini generali risultava confermato dalla particolare natura della prelazione dello Stato sulle cose d'interesse artistico o storico, essendo il relativo rapporto disciplinato da un punto di vista pubblicistico e in maniera autonoma rispetto a ogni altra prelazione legale. L'esercizio di tale diritto consente, infatti, alla p.a. di acquistare la propriet dei beni anzidetti, che entrano a far parte del demanio statale ai sensi dell'art. 822, 2 comma, e.e. e rimangono sottoposti alla condizione giuridica prevista dal successivo art. 823. Se si tiene conto che la prelazione de qua produce un effetto giuridico tutto particolare, in quanto opera un mutamento radicale della natura stessa del bene che ne costituisce l'oggetto, ne deriva che l'esercizio di un simile diritto configurabile in relazione ad una entit artistica o storica considerata nell~ sua interezza e mai su una parre o su una quota ideale di essa, perch in tale eventualit si perverrebbe ad una comunione tra Stato e privati, con la conseguenza che un medesimo bene resterebbe sottoposto a due diversi regimi giuridici, di cui l'uno demaniale e l'altro privatistico. Se, dunque, non potrebbe efficacemenre esercitarsi la prelazione su una quota ideale della medesima cosa che rivesta interesse artistico o storico, per le sresse rag.ioni il privato alienante non pu mediante riserva della propriet -in contrasto col vincolo che investe unitariamente la' cosa -sottrarre alla prelazione, esercitata senza limitazioni o esclusioni, una parte o una quota della cosa indivisibilmente assoggettata al vincolo, atteso che questo trascende l'interesse del privato proprietario, essendo espressione del prevalente interesse pubblico; e ci tanto pi se si considera che, sotto il profilo culturale ed artistico 101 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE e quindi sul piano degli interessi correlativamente tutelati potrebbe essere proprio la parte d'immobile riservata ad avere valore qualificante rispetto all'intero complesso. 5. -Ci consente d'intendere la portata dell'ultimo comma dell'art. 32 della legge 1089/39, secondo il quale le clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato. Nel quadro delle finalit della intera disciplina delle cose . d'interesse artistico o storico, la norma, la quale non a caso ha un contenuto di assoluta generalit, non pu intendersi limitata a quelle clausole accessorie dirette a precisare le obbligazioni assunte dalle parti o a condizionarne la efficacia o, anche, a stabilirne particolari modalit di adempimnto, ma deve necessariamente estendersi a tutte le clausole che in qualsiasi modo possono compromettere il vincolo pubblico, comprese quelle che, attraverso una limitazione dell'oggetto del contratto, si risolvono in un impedimento o in un condizionamento dell'esercizio della prelazione da parte dello Stato, che, come si visto, non pu non investire la cosa nella sua unitariet ed interezza. La interpretazione riduttiva dell'ultimo comma dell'art. 32, accolta dalla Corte d'appello, non pu, quindi, condividersi, perch il problema da risolvere, . al fine di considerare vincolato, oppur no, lo Stato alla riserva della compropriet della cappella a favore dell'alienante, contenuta nell'atto Buonerba, non era quello se la clausola avesse la funzione di deJimitare l'oggetto del contratto, bens quello di stabilire se la clausola si ponesse inammissibilmente in contrasto con l'esistente vincolo d'interesse pubblico: problema che, in base alla qualificazione della cappella come parte integrante di una cosa unitariamente vincolata (il castello), avrebbe dovuto ricevere soluzione opposta a quella data dalla Corte d'appello. Problema diverso, ,ma non ancora prospettato in causa, resta quello della possibilit di riferire il prezzo, (pagato in una determinata misura dall'acquirente sul presupposto della riserva della compropriet della cappella a favore dell'alienante) all'intero immobile, dovendosi a tal fine accertare in che misura la riserva della compropriet della cappella abbia inciso sulla dete;rminazione del prezzo e stabilire se, ammesso che incidenza vi sia stata, non sia consentito all'alienante; mediante l'estensione alla ipotesi considerata del 2 e del 3 comma dell'art. 31, promuovere in sede amministrativa la determinazione di un prezzo che lo compensi della perdita'del bene, compresa la compropriet della cappella. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 29 novembre 1984, Il 20 Pres. Pescatore, Est. Baccarini. Regione Liguria (avv. Glendi) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Fiengo) e Associazione Nazionale famiglie caduti e dispersi in guerra (avv. Nigro). Giustizia amndn.istrativa Notifica sentenza Domiciliatario non procuratore Termine Appello. La notificazione. della sentenza effettuata presso il domiciliatario non procuratore della parte soccombente non idonea a far decorrere il termine breve per la impugnazione. (1) (omissis) La questione preliminare che l'ordinanza di rimessione della IV Sez. ha devoluto alla cognizione della Adunanza plenaria quella della ricevibil~t degli appelli in quanto proposti oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione .della sentenza di primo grado alla parte presso il procuratore domieilirio. L'ordinanza di rimessione si iscrive nella linea di tendenza della giurisprudenza del Consiglio di Stato, successiva all'art. 10 della legge 3 aprile 1979, n; 103, intesa a dare una soluzione sistematica ed uniforme al problema del luogo di notificazione della sentenza di primo grado ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione. L'Adunanza plenaria, con le sentenze 7 dicembre 1979, n. 32 e 6 mag~ gio 1980, n. 12, aveva gi affermato che, nel caso di amministrazioni difese' dall'Avvocatura dello Stato, la sentenza di primo .grado doveva essere notificata presso l'ufficio dell'Avvocatura e non gi nella sede dell'Amministrazione. Successivamente, con la sentenza 5 aprile 1984, n. 8, ha affermato, completando il processo di riflessione sulla precedente sentenza 23 mar( 1) La decisione costituisce in ordine temporale l'ultima tessera del mosaico col quale l'Adunanza Plenaria sta meticolosamente ricostruendo il sistema processuale, soprattutto in materia di notificazione, onde fugare una volta per tutte ogni genere di perplessit in proposito. In questa linea di tendenza si segnala il costante riferimento ai principi enucleabili dal codice di rito che produce anche il vantaggio di creare uniformit tr.a il processo civile e quello amministrativo (cfr. in materia Verde G.: Norme processuali ordinarie e processo amministrativo in Foro it. 85, V, 157). PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA zo 1979, n. 9, iniziatq_ con Sez. V, 10 luglio 1982, n. 615 che il regime degli atti processuali non va differenziato, di regola, a seconda della natura delle parti che ne sono autrici o destinatarie e che anche per le parti private, il termine breve per l'impugnazione decorre dalla notificazione della sentenza di primo grado presso il procuratore costituito, a norma degli artt. 285 e DO C.p.c. Ha ulteriormente specificato, con la sentenza 19 giugno 1984, n. 13, che, ai sensi degli artt. 285 e 170 C.p.c., il procuratore costituito e non fa parte il natural-e destinatario degli atti processuali e che pertanto la sentenza di primo grado deve essere notificata al procuratore costituito nel domicilio reale o in quello eletto ovvero, in mancanza di domicilio reale o eletto, nel luogo dove ha sede il T.A.R., presso la segreteria del T .A.R. medesimo. I suesposti principi di diritto consentono di risolvere la questione che ne occupa in relazione alla concreta situazione processuale, evidenziata dalla Regione appellante nella memoria per l'Adunanza plenaria e risultante dagli atti del giudizio, concretantesi in ci che le sentenze di primo grado furono notificate alla Regione presso il domiciliatario non procuratore (la Regione, infatti, aveva eletto domicilio in Roma in entrambi i giudizi di primo grado presso avvocato diverso da quelli ai quali aveva conferito procura). Ed invero, se il conferimento della rappresentanza procuratoria cosa del tutto diversa dall'elezione di domicilio e da essa non desumibile (cfr. Cass. 1 agosto 1980 n. 4909) e se, a norma degli artt. 285 e 170 C.p.c., la notificazione della sentenza di primo grado va eseguita al. procuratore costituito, salva J'equipollenza tra la notificazione al procuratore quale rappresentante della parte e quella alla parte presso il procuratore, appare conseguente affermare che la notificazione della sentenza improduttiva di effetti, ai fini del decorso del termine breve per l'impugnazione, qualora sia effettuata non al procuratore costituito, ben~ al domiciliatario non procuratore della parte soccombente, a nulla rilevando il fatto che nell'atto di conferimento della procura la parte abbia eletto domicilio presso altro difensore non costituito in giudizio (cfr., Cass. 18 gennaio 1982, n. 320; 9 luglio 1977, n. 3079; 30 maggio 1963, n. 1431; 15 maggio 1957, n. 1730). Nella specie, quindi, la notificazione delle sentenze di primo grado al domiciliatario non procuratore della parte era inidonea a far decorrere il termine brve per l'appello, sicch l'eccezione di irricevibilit degli appelli, formulata dall'Associazione appellata, deve essere respinta. (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 104 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 novembre 1984, n. 853 -Pres. Crisci, Est. Lignani -Delogu ed altri (avv. Russo e Satta) c. Regione Sardegna (avv. Stato Mataloni), Pisano ed altri (avv. Adriano e Lubrano) ed altri. Giustizia amministrativa -Sentenza favorevole -Appello -Interesse alla impugnazione -Impugnazione graduatoria. Impiego pubblico -Concorso -Illegittimit nelle prove .pratiche -Onere imm:ediata contestazione Non sussiste. Sanit -Concorso per farmacia -Prove pratiche diverse -Ripetizione. stesse prove in diversi turni -Legittimit. Impiego pubblico -Concorso -Prove praticpe -Assimilazione a prove scritte o prove orali -Anonimato. Quando sia stata impugnata una graduatoria denunciando varie illegittimit incorse sia nelle prove pratiche sia in quelle orali ed il giudice di primo grado abbia accolto il ricorso riconoscendo viziate le sole prove orali, la patte ricorrente legittimata ad impugnare la sentenza per riproporre le censure concernenti le prove pratiche, avendo interesse a che l'Amministrazione nell'esecuzione del giudicato rinnovi integralmente le procedure concorsuali. (1) I candidati di un concorso non sono tenuti a contestare immediatamente alla Commissione, a pena di decadenza, le illegittimit ravvisate ne:tlo svolgimento delle prove pratiche. (2) ' In base alla disposizione regolamentare secondo la quale nei concorsi per Farmacia dovevano essere assegnate tante prove diverse per quanti sono i candidati che sostenevano le prove nella giornata, legittimo l'operato della Commissione che, avendo suddiviso i candidati in distinti turni di esame, predisponga un numero di prove corrispondenti al numero dei candidati di ogni singolo turno, anche se le stesse prove vengano poi (1) Sull'interesse ad impugnare la sentenza favorevole si ricorda come precedente Cons. St., Sez. V, 16 novembre 1979, n. 683 secondo la quale se il Tribunale amministrativo regionale abbia accolto un ricorso solo per alcuni dei motivi proposti, respingendo gli altri, il ricorrente ha interesse a proporre appello contro la sentenza ove dalla riforma di questa discendano effetti sostanziali. La presente sentenza si rivela molto interessante per l'approfondimento sulle ragioni sostanziali di tale orientamento rinvenute negli effetti ordinatori della decisione che vincolano l'Amm. a non ripetere nel nuovo procedimento i vizi riconosciuti dal giudice, consentendogli per contro di reiterare con sicu rezza gli atti passati indenni al vaglio giudiziaro. (2-3-4) In materia di prove pratiche si rinvengono numerosi precedenti che hanno deciso fattispecie particolari. Cos Sez. V, 18 novembre 1982, n. 798 secondo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 105 riassegnate, nei turni successivi al primo, agli altri candidati in ordine sorteggiati (3). Nell'ambito delle c.d. prove pratiche di concorso vanno distinte quelle in cui oggetto della valutazione sia un elaborato da quelle in cui viene valutato il modo di operare in atto del candidato; mentre le. prime vanno assimilate alle prove scritte con conseguente applicabilit della regola dell'anonimato, le seconde vanno parificate alle prove orali per le quali l'anonimato non possibile n richiesto. (4) (omissis)' 1. -Risolte, con la decisione parziale pubblicata il 13 febbraio 1984, tutte le questioni poste dall'appello incidentale ed indipendente Pisano ed altri, il Collegio deve prendere ora in esame le questioni relative all'appello principale Delogu ed altri, in ordine al quale stato adempiuto l'incombente dell'integrazione del contraddittorio. La prima questione quella, preliminare, dell'ammissibilit di tale appello, che viene contestata da tutte le parti resistenti. Questi appellanti, infatti, sono coloro che hanno proposto ricorso in primo grado contro la graduatoria del concorso, ottenendo, in effetti, il risultato utile dell'annullamento della graduatoria stessa; ma, mentre essi avevano denunciato varie illegittimit occorse (secondo il loro assunto) sia durante le prove pratiche del concorso, sia durante le successive prove orali, la sentenza appellata ha riconosciuto viziate (e quindi da rinnovare) solo le prove orali, mentre ha dichiarato irricevibili le doglianze relative alle prove pratiche. La tesi degli appellanti (gi ricorrenti) che il loro interesse ed il loro scopo era quello di ottenere la rinnovazione di tutte le prove concorsuali (e non solo di quelle orali), sicch la loro domanda non si pu ritenere interamente accolta e sussiste materia per impugnare la sentenza, pur favorevole per altri versi. la quale le prove di concorso di assunzione al posto di farmacista collaboratore presso enti ospedalieri sono di natura pratica ed orale: per cui ad esse non applicabile la norma che impone di distanziare di almeno venti giorni lo svolgi mento delle prove scritte rispetto a quelle orali (art. 9 decr. 130/1969). Sulla presenza necessaria dell'intera Commissione alle prove pratiche assimilabili per la loro sostanza a quelle orali cfr. Sez. V, 30 ottobre 1979, n. 668 per la quale: le prove pratiche dei concorsi devono svolgersi alla presenza di tutti i componenti della Commissione giudicatrice (nella specie, trattavasi di prova pratica di guida in un concorso per autista di autoambulanza, ese guita alla presenza di un solo commissario, poich nella cabina di guida non potevano trovare posto altri componenti), e Sez. V, 8 maggio 1981, n. 150: ai sensi dell'art. 62 D.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, illegittimo il procedimento concorsuale per la copertura di un posto di ptimario ospedaliero, quando alle prove cliniche e pratiche non abbia assistito l'intera Commissione giudicatrice. Su questo argomento si rinviene anche un parere della Sez. II del 13 apri le 1976 ove si ritiene che la prova pratica di dattilografia nei concorsi per 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I La tesi degli appellanti che il petitum era l'annullamento della i:= graduatoria e che pertanto l'accoglimento della domanda stato pieno ed integrale; in tale situazione, il rigetto (o la dichiarazione. di inamli ~; missibilit o d'irricevibilit di taluno dei motivi) sostanzialmente ir rilevante, nel senso che non idoneo a fare stato e non preclude, pertanto, la riproposizione degli stessi motivi nei confronti del nuovo provvedimento amministrativo (nella fattispecie: la nuova graduatoria del concorso) conseguente all'annullamento del primo. In altre parole, I la sede propria per riaprire le questioni rispetto alle quali i ricorrenti vincitori sono rimasti soccombenti non l'appello contro la sentenza, ma l'eventuale ricorso contro il nuovo provvedimento, se ed in quanto questo risulti lesivo per gli interessati. Il Collegio ritiene che l'appello sia ammissibile. In via generale, si deve osservare che la domanda s'identifica non solo attraverso il petitum ma anche attraverso la causa petendi, sicch anche a quest'ultima occorre aver riguardo per stabilire se l'accoglimento della domanda stato totale o parziale. Invero, l'effetto annullatorio della sentenza non rivestirebbe che poco o punto interesse per il ricorrente (e per la stessa Amministrazione) se non vi si accompagnasse il cosiddetto effetto ordinatorio, che vincola l'Amministrazione a non riprodurre nel nuovo provvedimento (il quale pu anche disporre nello stesso senso di quello annullato) i vizi riconosciuti dal Giudice, prendendo invece atto che altri vizi sono stati dichiarati insussistenti o indeducibili. Ci particolarmente evidente nell'ipotesi in cui ciascun motivo, o gruppo di motivi, concerna una delle varie fasi del procedimento o l'assunzione presso enti ospedalieri non soggetta alla regola della segretezza, prevista solo per le prove scritte dall'art. 8 decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1%9, n. 130. Tesi. che appare in astratt contrastante con quella perspicuamente sostenuta nella presente sentenza in base alla quale la prova di dattilografia dovrebbe produrre un elaborato da esaminare sotto i vincoli dell'anonimato. Sulla differenziazione del contenuto delle prove pratiche assegnate ai singoli concorrenti si ricorda Sez. V, 18 febbraio 1983, n. 54: illegittimo l'operato di una Commissione esaminatrice di un concorso ospedaliero a primario che abbia assegnato ai candidatii, per ciascuna delle prove pratiche, lo stesso tema in violazione dell'art. 62, quinto comma, del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, e, sul sorteggio delle prove di pari difficolt Sez. V, 29 agosto 1978, n. 903: in sede di espletamento della prova pratica di un concorso per sanitario ospedaliero, l'assegnazione della prova ad ogni concorrente deve avvenire per sorteggio tra quelle prestabilite dalla commissione giudicatrice; se per l'esecuzione delle prove da parte dei primi concorrenti abbia reso tecnicamente impossibile l'espletamento delle altre prove predeterminate da parte degli altri concorrenti, la commissione ben pu assegnare altre prove nO'll comprese tra quelle predeterminate, ma anche in tale ipotesi deve procedere per sorteggio, tra un numero di prove (di pari difficolt) superiore a quello dei concorrenti residui. PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA dell'attivit comunque preparatoria o intermedia rispetto al provvedimento terminale, oggetto del ricorso. In tale caso, se i vizi dedotti siano stati riconosciuti dal Giudice solo in una fase del procedimento e siano stati invece esclusi o dichiarati inammissibili per ci che concerne le fasi anteriori, logico che l'Amministrazione, in virt dell'effetto ordinatorio della sentenza, si ritenga tenuta a rinnovare esclusivamente quelle parti della sua pregressa attivit che sono investite dalla illgittimit rilevata dal Giudice, tenendo ferme le attivit precedenti. Il che, sul piano pratico, avrebbe effetti assurdamente defatigatori se, concluso il nuovo procedimento, ogni sua fase potsse essere ancora oggetto di impugnazione e di censura. Ne deriva che, nell'ipotesi considerata, sembra inevitabile un accoglimento parziale (pur in presenza dell'annullamento dell'atto terminale), con conseguente interesse del ricorrente ad impugnare quella parte della pronuncia giurisdizionale che ha disatteso le distinte censure da lui formulate. appena il caso di sottolineare che la tematica in esame, pur presentando qualche aspetto di contiguit con quella relativa ai cosiddetti motivi assorbiti, se ne distingue nettamente: nel caso dei motivi assorbiti il Giudice omette volutamente di pronunciarsi (a volte per una obiettiva ragione logico-giuridica, altre volte per economia di giudizio) e dunque manca per definizione una pronuncia idonea a fare stato. Non spetta, comunque, a questo Collegio addentrarsi in problemi pi vasti di quelli pertinenti alla fattispecie, e pertanto sufficiente concludere che .la sentenza del T .A.R. Sardegna, che ha annullato la graduatoria del concorso per vizi rilevati nello svolgimento delle prove orali, ma ha dichiaxlato irricevibili le doglianze prospettate con riferimento alle anteriori prove pratiche, non ha corrisposto integralmente a quanto formava il contenuto obiettivo e complesso della pretesa fatta valere, onde poteva essere legittimamente impugnata da coloro che avevano proposto il ricorso in primo grado. 2. -Affermata, cos, l'ammissibilit dell'appello Delogu, resta da prendere in esame un'altra questione preliminare adombrata da taluna delle controparti: si dice, infatti, che anche ammettendo la sussistenza di un originario interesse ad appellare, questo potrebbe essere venuto meno in corso di giudizio per effetto dell'approvazione di una nuova graduatoria (compilata a seguito della rinnovazione delle prove orali) la quale, in ipotesi, potrebbe anche risultare di piena soddisfazione per gli originari ricorrenti. In proposito, gli appellati Pisano ed altri avanzano una domanda di istruttoria. Queste argomentazioni vanno disattese. In realt non si tratta di un'eccezione, ma di una sollecitazione al Collegio perch assuma l'iniziativa di verificare se, per avventura, non siano sopravvenute situa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 108 zioni di fatto tali da determinare l'estinzione dell'interesse ad appellare. In effetti, gli appellati non deducono, positivamente, che la nuova gra. duatoria sia satisfattiva per gli appellanti, e neppure che essa sia stata realmente approvata, ma si limitano a prospettare delle astratte possibilit. Si deve osservare, per, che una volta accertata la sussistenza dell'interesse a ricorrere, la sua permanenza sino al momento della decisione si pu, in generale, presumere; spetta a chi vuole vincere la presunzione dimostrare, o quanto meno positivamente dichiarare il fatto sopravvenuto e la sua rilevanza sugli interessi dedotti in giudizio. 3. -Si pu, cos, passare all'esame dell'appello Delogu, il quale, nella parte in cui contesta la declarativa d'irricev.ibilit dei motivi attinenti alle prove pratiche del concorso, appare fondato. Sul punto, non occorre una motivazione particolarmente approfondita, giacch questa Sezione, nella decisione parziale relativa all'appello incidentale Pisano ed altri (nel quale sosteneva !'irricevibilit anche dei motivi attinenti alle prove orali) ha enunciato principi di massima riferibili a questo punto della comp1'essa controversia. Si detto, infatti, che non esiste alcuna norma o principio che imponga ai candidati di un concorso di contestare seduta stante alla commissione, a pena di decadenza, le illegittimit o irregolarit che si verifichino nello svolgimento delle prove. Si pu dunque concludere, sul punto, che la sentenza del Tribunale amministrativo va riformata, nella parte in cui ha dichiarato irricevi bili, per tardiv.it, le censure mosse contro le modalit di effettuazione delle prove pratiche, in base al rilievo che esse non avevano formato oggetto di apposito, rituale reclamo presso la commissione del concorso. 4. -Posto, dunque, che quei motivi a torto erano stati dichiarati irricevibili, resta da vedere se essi fossero fondati nel merito. La doglianze possono essere cos raggruppate: a) asserita violazione del J?rincipio della par condicio dei concorrenti, nella fase dello svolgimento delle prove; b) asserita violazione dello stesso princ1p10, sotto il particolare profilo della regola dell'anonimit degli elaborati. Con il primo gruppo di censure, si sostiene, in sintesi, che talune modalit seguite dalla commissione avrebbero prodotto l'effetto di rendere a qualche candidato pi facile, e a qualche altro pi difficile, l'esecuzione della p~ova pratica. Gran parte di queste censme, tuttavia, riguardano particolari irrilevanti ai fini della legittimit; cos, il fatto che le bilance di precisione poste a disposizione dei candidati fossero in numero limitato pu aver dato luogo a qualche inconveniente ma PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 109 non si pu dire che, nella sostanza, abbia alterato le risultanze della prova; lo stesso si pu dire del fatto che il tempo richiesto per l'assegnazione di una prova diversa a ciascun candidato (come prescritto) abbia comportato per i primi candidati un leggero aumento del tempo a disposizione (comunque non pi di venti minuti per il concorrente pi favorito, stando all'affermazione degli stessi ricorrenti, peraltro contestata dagli avversari, rispetto ad un totale di diverse ore). Queste censure debbono dunque essere disattese, anche perch sono dedotte senza un esplicito riferimento alla posizione personale dei ricorrenti, sicch non neppure chiaro se, in punto di fatto, quegli episodi si siano risolti in loro danno piuttosto che in loro vantaggio. La censura principale di questo gruppo riguarda, peraltro, i criteri adottati per la scelta delle prove. I ricorrenti invocano, al riguardo, il disposto del Decreto ministeriale 16 agosto 1974, e ne lamentano la violazione. Si tratta della disposizione per cui, ai fini dell'effettuazione della prova pratica nei concorsi per farmacia, la commissione deve predisporre tante prove diverse (necessariamente di pari difficolt) quanti sono i candidati che debbano sostenere la prova nella giornata, in modo che ciascun candidato abbia una prova diversa da tutti gli altri che svolgono la prova nella stessa giornata (la distribuzione delle prove fatta mediante sorteggio). Ora, bench~ i ricorrenti lamentino la violazione di questa regola, in realt ammettono che essa, per quanto la norma testualmente dispone, stata osservata. Premesso che i candidati erano, complessivamente, irca 500, e che pertanto sono stati divisi in dieci turni, ciascuno di circa cinquanta, i ricorrenti non negano .il fatto che, all'interno di ciascun turno ad ogni candidato stata assegnata una prova diversa (ma di P .la Segoni non aveva diritto (Cass. 14 febbraio 1974 n. 428) in quanto non era il soggetto passivo del rapporto d'imposta (n !'ere de del soggetto passivo medesimo). La mancanza della notificazione dell'avviso di accertamento del tributo .alla Segoni irrilevante, proprio perch ta~e mancanza non impediva di muovere quelle contestazioni che la Ruggeri non ha sollevato (all'infuori di quella contenuta nella domanda subordinata). L'esatta impostazione del problema toglie ogni rilievo alla pretesa incostituzionalit della normativa, posto che il proprietario del bene soggetto al privilegio speciale di cui si tratta -non privato della garanzia della tutela giurisdizionale dei suoi diritti (eventuali ed in concreto esistenti). La Ruggeri non ha indicato per quale motivo potesse contestare il debito o il privilegio, nella sua totalit, all'infuori della pretesa limitazione del privilegio alla quota proporzionale di imposta afferente il bene di sua propriet, invocando a suo favore la norma posta a tutela del marito dall'ultimo comma dell'art. 3 del t.u. n. 203. (omissis) Il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Dm.LO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1984, n. 5265 -Pres. Sandulli Est. Lipari -P. M. Paolucci (conf.) -Annunziata c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Angelini). Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile e imposta complementare -Condono -Rimborso di ritenute di acconto eccedenti -Esclusione -Imputazione alle imposte addizionali -Esclusione. (D.L. 5 novembre 1973, n. 660, art. 3; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 117). Il rimborso delle ritenute di acconto eccedenti sull'imposta definitivamente dovuta incompatibile con la speciale determinazione sintetica e transattiva del debito di imposta mediante condono. Una volta assorbita la ritenuta, per estinguere l'imposta principale, una sua eventuale eccedenza non pu essere imputata in pagamento delle imposte ad" dizionali che hanno un diverso titolo indipendente dalla ritenuta. (1) ., (omissis) 1. -Come risulta dalla narrazione che precede la materia del contendere sottoposta al Collegio riguarda due problemi fra loro con nessi. Si tratta, in primo luogo, di stabilire se, in applicazione delle norme sul condono, di cui al d.P.R. 5 novembre 1973, n. 669,, convertito, con mo dificazioni, nella legge 19 dicembre 1973, n. 823, il contribuente possa pretendere la differenza rispetto a quanto versato in pi per ritenuta d'acconto; ed in secondo luogo di accertare e di verificare se si possa . quantomeno imputare sulla suddetta differenza l'ammontare delle ad dizionali. Sia la Commissione di secondo grado che quella Tributaria Centrale hanno dato risposta negativa ad entrambi i quesiti, che formano ogget to dei due motivi del presente ricorso, con i quali il contribuente ripro pone e sviluppa le ragioni giuridiche prospettate, senza fortuna, ai giu dici tributari. Con il primo mezzo, denunciando la violazione dell'art. 10 della I. 19 dicembre 1973, n. 823, degli artt. 143 e 177 del d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645; 3, comma 5 della I. 29 dicembre 1962 n. 1745, nonch della legge 19 maggio 1967, n. 336, si censura la decisione della C.T.C. per avere negato la ripetibilit delle maggiori ritenute d'acconto versate, rispetto all'effettivo debito risultato in applicazione dell'accertamento automatico previsto dalla legge sul condono, in adesione all'ori:entamento dell'amministrazione secondo cui l'imputazione delle ritenute alla fonte, adeguatamente documentate, non potrebbe in alcun modo portare al rimborso dell'ammontare delle ritenute stesse, eccedenti il debito di (1) Sulla prima parte della massima v. Cass. 29 ottobre 1981, n. 5696, in questa Rassegna, 1982, I, 360. La seconda parte della massima appare ineccepibile. I !f ! I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 imposta relativo agli imponibili definiti ai sensi del provvedimento agevolativo. Secondo la decisione impugnata, la procedura di determinazione automatica dell'imponibile, e quindi dell'imposta, prescindendo da ogni valutazione analitica delle componenti dello stesso reddito, cristallizza le situazioni pendenti, precludendo da un fato alla amministrazione finanziaria la ricerca di analisi dei redditi dichiarati, e dall'altro ai contribuenti il rimborso delle eccedenze delle ritenute alla fonte rispetto al debito di imposta definitivamente risultante dalla applicazione delle norme sul condono, per il fatto stesso che, con il loro comportamento, richiedendo appunto il condono, costoro hanno rinunciato all'esame analitico della loro posizione fiscale. Assume il ricorrente che l'automatismo dell'ingranaggio deter minativo dell'imponibile, alla stregua dello strumento del condono, resta circoscritto, e si esaurisce, in tale determinazione, non potendo travolgere le posizioni debitorie e creditorie che discendono dal rapporto tributario nel suo complesso, continuando la ritenuta d'acconto a svolgere la funzione sua propria cli predeterminare, in via provvisoria, il tributo per essere rimborsata parzialmente, o integrata, a seconda dell'ammontare definitivo della obbligazione tributaria. Pertanto, cos come l'erario ha diritto alla integrazione ove l'acconto sia risultato insufficiente, al contribuente correlativamente spetta il rimborso della differenza ove l'acconto sia risultato eccedente. La soluzione adottata dalla C.T.C. appare censurabile al ricorrente perch detenninerebbe una diversit di trattamento ingiustificata fra contribuente e fisco, che pu ottenere l'integrazione, mentre la ripetizione negata al debitore di imposta che abbia versato pi del dovuto. D'altra parte, -si soggiunge - significativo che la legge non contenga alcuna statuizione espressa per escludere la . ripetizione, che trova il suo fondamento normativo, di carattere generale, nell'art. 3 comma 5 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745. La soluzione adottata dalla C.T.C. finisce cos per distorcere la funzione specifica della ritenuta d'acconto, trasformandola in imposta a carattere definitivo. N giova richiamare, a sostegno di tale soluzione, l'ultimo comma dell'art. 2 della 1. n. 823, che si riferisce esclusivamente alla pronunce giurisdizionali divenute definitive ed agli imponibili iscritti o iscrivibili . a ruolo anteriormente all entrata in vigore del decreto, ai sensi degli art. 174 e 175 lett. b) del t.u. n. 645 del 1958. Con il secondo motivo, sempre invocando a parametro le stesse norme precedentemente richiamate, si sostiene che nessuna somma poteva essere pretesa a titolo di addizionale, stante la incontrovertibile cir costanza che l'imposta determinata con i criteri automatici stata assorbita ad abundantiam nella ritenuta d'acconto. Ad avviso del contribuente non si deve riduttivamente affermare che l'acconto versato in misura tale da coprire anche l'ammontare delle r111'1r:11111111111111111111111111&r1111111111111111111111111 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO addizionali, calcolate sulla imposta del tributo cos come automaticamente definito, valga comunque a soddisfare l'obbligazione accessoria, ma pi radicalmente va postulata la non debenza, in assoluto, di qualsivoglia addizionale, poich non essendo dovuta alcuna imposta, non sono dovute nemmeno le addizionali per il loro carattere di accessoriet. Le ritenute alla fonte devono essere prese in considerazione fino alla concorrenza del debito di imposta, scaturente dagli imponibili definiti (inteso per debito di imposta quello scaturente dalla imposta base maggiorata dagli accessori). Le addizionali non possono essere corrisposte due volte; ed in ogni caso non sarebbe dovuta quella pro Calabria (in ragione di L. 5.821.660) essendone gi scaduto il termine ultimo di applicazione. La non debenza di questa specifica addizionale comporterebbe la carenza di titolo alla riscossione dell'intero ammontare delle addizionali. Conclusivamente, secondo il contribuente, nel sistema della legge di condono del 1973 l'imposta che scaturisce dall'imponibile automaticamente determinato, maggiorata daUe eventuali addizionali rappresenta il solo ed unico onere tributario, e le maggiori ritenute di acconto rispetto all'anzidetto onere debbono essere rimborsate. 2. -Il ricorso infondato in entrambe le censure in cui si articola. Anche se al momento della sua notificazione questa Suprema Corte non aveva avuto modo di pronunciare sul problema di cui al primo mezzo, e la giurisprudenza della C.T.C. apariva oscillante (essendosi espressa a favore della tesi del fisco la Sez. VIII con decisione 14 luglio 1978 n. 11642; ed a favore della tesi del contribuente altra decisione della medesima Sezione 26 ottobre 1978 n. 11358, nonch la Sez. V con decisione 29 ottobre 1979 n. 11280), successivamente la questione della ripetibilit delle ritenute alla fonte eccedenti il debito di imposta diretta (per R.M. e per complementare), corrispondente all'imponibile definito inapplicazione delle norme agevolative contenute nella normativa sul condono fiscale del 1973, stata affrontata e risolta dalla sentenza di questa I Sezione 29 ottobre 1981 n. 56% la quale ha stabilito, dando adeguato supporto argomentativo alla tesi dell'amministrazione finanziaria (di cui alla nota 7 settembre 1974 n. 1543, alle risoluzioni 9/437 del 5 settembre 1974, 9/2125 del 21 gennaio 1975, ed alla circolare del 29 gennaio 1975 9/196) che il diritto del contribuente al rimborso delle ritenute effettuate in eccedenza rispetto all'imposta dovuta, sancito dall'art. 177 ~el d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, resta neutralizzato e non pu essere invocato, quando l'imponibile sia stato calcolato automaticamente in applicazione delle norme agevolative di cui alla ricordata legge sul condono del 1973. I I ! I I - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Riti:ene il Collegio di condividere la soluzione cui la Corte pervenuta con la ricordata sentenza e non reputa adeguate ad un mutamento di indirizzo giurisprudenziale le notazioni del ricorrente le quali nei loro spunti validi censurano talune argomentazioni dei giudici di merito, senza intaccare la esattezza della soluzione raggiunta che va confermata, integrando, per quanto possa occorrere, la motivazione, ai sensi dell'art. 384 comma 2 c.p.c. La C.T.C. non ha risolto la controversia attraverso una applicazione diretta dell'art. 2 della 1. n. 823 del 1973, ma l'ha postulata in coerenza con le implicazioni del sistema scaturente dalla l:egge sul condono. Il problema si pone, infatti, perch il d.l. n. 660 (e la successiva legge di conversione) non l'ha risolto con disposizione espressa, diversamente da questo stabilito in tema di imposte indirette (per le quali si precisa puntualmente che il contribuente ammesso a godere della definizione agevolata mediante il pagamento di una aliquota di imposta: cfr. Cass. 3515/76 in motivazione; nonch successivamente numerosi precedenti conformi, fra cui Cass. 470/81, 4873/80, 4190/80, 1380/80 ecc.). Essendo fuori discussione (anche nella presente controversia) che le ritenute d'acconto valgono per conguagliare l'imposta risultante dall'applicazione dell'aliquota sull'imponibile determinato alla stregua del calcolo automatico indicato dalla legge di condono, si tratta di stabilire se conciliabile con tale meccanismo, e pi in generale con le finalit della legge, Ja persistente operativit del principio per cui le ritenute d'acconto, presentandosi come veri e propri acconti del futuro ed effettivo debito di imposta, restano soggette a conguaglio, anche rispetto alla determinazione dell'imponibile effettuata in applicazione dell'art. 3 del d.l. n. 660 del 1973. Ritiene il Collegio che, in coerenza allo scopo perseguito d~l provvedimento di condono, il meccanismo posto in essere mediante calcolo automatico e non analitico dei redditi, escluda che vi sia spazio per la persistente operativit dell'art. 177 del t.u. n. 645 del 1958. 3. -Il condono disciplinato dal d.l. 5 novembre n. 660, come modificato dalla legge di conversione 19 dicembre 1973, n. 823, si caratterizza, nella sua genesi, per la coincidenza con la riforma tributaria cui, nello stesso contesto temporale, si poneva mano. Nel momento in cui detta riforma diveniva operante, si volle offrire al contribuente l'opportunit di chiudere le passate controversie in mo~o che la riforma potesse decollare senza che gli uffici restassero intasati dalle numerosissime controversie pendenti, iniziando ex novo, un rapporto pi corretto fra contribuente e fisco alla stregua di una pi sensibile coscienza tributaria (facendo corrispondere al condono l'amnistia per i reati tributari). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sulla novit del provvedimento del 1973 ha avuto modo di soffermarsi la stessa Corte costituzionale (cfr. le sentenze n. 32 del 1976, % del 1980, 119 del 1980). Si tratta di provvedimento che intende creare le migliori condizioni per l'avvio della riforma tributaria, agevolando, prima ancora che la regolarizzazione di situazioni contra legem, la definizione con metodo semplificato, delle controversie esistenti all'entrata in vigore del decreto legge. A tal fine -ed questa la fondamentale circostanza che preme sottolineare -a differenza di quanto era previsto nei precedenti provvedimenti di condono, non si condiziona l'abbandono delle sanzioni alla definizione in regime ordinario dei redditi, attesi gli obiettivi di rapidit, anzi automaticit, che si intendevano raggiungere. Il contribuente pu soltanto presentare domanda irrevocabile (art. 10) per l'applicazione del provvedimento, quando ritiene che la definizione cos realizzata sia pi conveniente di quella conseguibile in regime ordinario; l'amministrazione, dal canto suo, deve limitarsi ad applicare gli schemi di definizione all'uopo predisposti, con tutte le implicazioni logico-giuridiche che l'automatismo postula. Questo dominante ed essenziale criterio dell'automatismo, correlato al venir meno rispetto alle fattispecie disciplinate dal condono della normale procedura di accertamento, comporta che, . ome ef~etto conseguenziale del trattamento agevolato, entrambe le parti del rapporto tributario restino assoggettate alla specifica disciplina dettata per l'accertamento automatico, con tutti i corollari che ne conseguono. Fra essi la non invocabilit dell'ingranaggio compensativo che correla l'acconto all'accertamento definitivo del debito d'imposta attraverso un conguaglio che, secondo il segno aritmetico delle poste raffrontate, si risolve nella pretesa integrativa del fisco, ovvero in quella restitutoria del contribuente. La inerzia del conguaglio al tipo di accertamento analitico comporta che l'abbandono di detta tipologia per quella dell'automatismo, prescelta dal contribuente perch ritenuta pi conveniente, spezza la corrispettivit fra acconto e tributo definitivo, nel senso che mentre quel che stato. pagato n prevenzione concorre alla solutio del debito tributario, cos come risulta automaticamente determinato, resta irripetibile l'eventuale supero .correlato alla analiticit dell'ordinario accertamento, non essendo pi possibile determinare, con effetti giuridici vincolanti, quanto si sarebbe dovuto pagare, secondo il metodo analitico a titolo di imposta (e di correlativa addizionale). Di un-rimborso si potrebbe, infatti, parlare legitttimamente solo se il procedimento accertativo, fosse andato innanzi secondo il modelo tipico di diritto comune. La sostituzione del modello comporta l'abbandono al fisco del quid pluris che potrebbe venire a risultare, come ineluttabile conseguenza della operata scelta. ' PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA L'equivoco di fondo della difesa del contribuente sta, appunto, nel non aver colto l'elemento per cos dire transattivo, che caratterizza l'istituto del condono, .attraverso l'integrale sostituzione del modello accertativo e nel pretendere di cumulare un doppio vantaggio: quello in ipotesi riconducibile alla procedura normale di accertamento e quello scaturente dalla determinazione automatica dell'imponibile. Nel sistema normale la ritenuta d'acconto una quota del futuro tributo; e quindi ne va_ tenuto conto secondo la doppia valenza dell'insufficienza o dell'eccesso con l'effetto che se a seguito di definizione dell'accertamento risulta un attivo o un passivo si procede al conguaglio. Ma questa bivalenza della ritenuta d'acconto, proprio perch si collega al normale accertamento analitico (con tuttte le lungaggini ed incertezze determinative che vi si riconnettono e le numerose frange di contenzioso che normalmente ne conseguono) non opera pi quando il contribuente sceglie irrevocabilmente la via dell'accertamento automatico, reputando, a ragion veduta, che gli convenga comunque (fra l'altro) abbandonare il supero della ritenuta d'acconto, cristallizzata in termini di definitivit, rispetto all'imposta automaticamente determinata di gran lunga inferiore a quello che sarebbe stato l'imponibile determinato col normale regime impositivo di accertamento, depurato dalla integrale utilizzazione della ritenuta stessa. A questo riguardo il caso di specie addirittura paradigmatico perch il contribuente stato gravato in definitiva di un carico tributario di L. 21.750.000 (a parte le addizionali dovute, come si dir tra breve, sul pi ridotto ammontare de~la imposta automaticamente definita) a fronte di una imposta che con il sistema ordinario di accertamento avrebbe eroso l'imponibile di 400 milioni di oltre il 50%. Il contribuente, optando per il condono, sa (o dovrebbe sapere, attraverso un procedimento esegetico, il rischio della cui esattezza sta a suo carico, cos come avviene per qualsiasi interpretazione di leggi che incidono sulla sfera patrimoniale dei sottoposti) che il prezzo del condono, quando si tratti di tributi cui viene riferita la ritenuta di acconto, dato dal tetto di questa ritenuta, di cui potr giovarsi per intero per l'adempimento dell'obbligazione, restando acquisita l'even tu,ale differenza al fisco. 4. Vart. 177 del T.U. n. 645 del 1958 risulta, pertanto, incompatibile con il sistema dell'accertamento automatico postulato dalla legge di condono, perch presuppone per la sua operativit un rapporto diretto fra le somme che hanno concorso a formare l'imponibile ed i versamenti in acconto effettuati sulle somme stesse (questo rapporto di crrispettivit biunivoca emerge con assoluta chiarezza dal testo del comma secondo della legge in esame). \ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La corrispondenza fra somme concorrenti a formare l'imponibile e d'acconto versate man mano che vengano percepite, non , invece, ipotizzabile alla stregua del sistema del calcolo automatico contemplato dalla legge agli effetti del condono, non dal momento che prendono in considerazione r, del Manzini, tratta in particolare di modifiche apportate al sistema penale dalla I. 24' novembre 1981 n. 689. E. DE GIOVANNI ~n ilJ "\'I -~ RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI ("') -D.P .R. 18 agosto 1984, n. 538 -Modificazioni alle norme sullo svolgi~ mento dei concorsi di avvocato e procuratore dello Stato, in G. U. n. 243 del 4 settembre 1984; -D.L. 18 settembre 1984, n. 382 -Misure amministrative finanziarie in favore dei comuni ad alta tensione abitativa, su G. U; n. 258 del 19 settembre 1984; -D.P.R. 19 luglio 1984, n. 598 -Autorizzazione all'Avvocatura dello Stato ad assumere la rappresentanza e la difesa in giudizio d;l Centro sperimentale di cinematografia, in G. U. n. 263 del 24 settembre 1984; -L. 8' ottobre 1984, n. 660 -Interpretazione autentica dell'art. 14 sep, ties del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito con modificazioni nella L. 29 febbraio 1980, n. 33 in G. U. 11 ottobre 1984, n. 281; .:__ Rendiconto generale dello Stato per l'anno 1983, in Suppl. Straord. G. U. 293 del 24 ottobre 1984; -L. 29 ottobre 1984, n. 720 -Istituzione del sistema di Tesoreria unica per enti e organismi pubblici, su G. U. 2_98 del 29 ottobre 1984; -D.L. 15 novembre 1984, n. 77 -Ulte~iore proroga della gestione esattoriale delle ricevitorie provinciali e delle imposte dirette nonch delle tesorerie comunali e provinciali in G. U. n. 315 del 15 novembre 1984; -D.L. 28 novemore 1984, n. 790 -Ripiano dei. disavanzi di amministrazione delle unit sanitarie locali al 31 dicembre 1983 e norme in materia di conversioni sanitarie in G. U. n. 327 del 28 novembre 1984; -28 novembre 1984, n. 741 -Indeducibilit degli interessi passivi derivanti da debiti contratti per l'acquisto di obbligazioni pubbliche esenti da imposta da parte di persone giuridiche e imprese, in G. U. n. 327 del 28 novembre 1984; -D. 20 novembre 1984 -Perequazione automatica delle pensioni in applicazione dell'art. 21 della L. 27 dicembre 1983, n. 730, in G. U. n. 327 del 28 novembre 1984; -D.L. 6 dicembre 1984, n. 807 -Disposizioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive, in G. U. n. 336 del 6 dicembre 1984; 'i l ! : I (*) Si segnalano alcuni tra i provvedimenti normativi pubblicati nella Gaz, I zetta Ufficiale nei mesi di settembre ottobre -novembre dicembre 1984 e gen I I naio 1985. . : PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -L. 11 dicembre 1984, n. 839 Norme sulla Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana e sulla G. U. della Repubblic Italiana, in G. U. n. 345 del 17 dicembre 1984; -D.P.R. 16 ottobre 1984, n. 882 -Esecuzione dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i'medici di medicina generale; -D.P.R. 16 ottobre 1984, n. 883 -Esecuzione dell'acordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta; -D.P.R. 16 ottobre 1984, n. 884 -Esecuzione dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali in Suppl. Ord. n. 2 a G. U. n. 355 del 28 dicembre 1984; , -L. 19 novembre 1984, n. 950 -Ratifica ed esecuzione della convenzione relativa al rilascio di un certificato matrimoniale e della convenzione sulla legge applicabile ai cognomi e ai nomi, adottate a Monaco il 5 settembre 1980, in Suppi. Ord. a G. U. n. 18 del ii gnnaio 1985; . -L. 25 gennaio 1985, n. 6 Conversione in legge con modificazioni del D.L. 28 novembre 1984, n. 791, in G. U. n. 22 del 26 gennaio 1985; -D. 27 dicembre 19'4 -Determinazione per l'anno 1985 del limite di valore di cui all'art. l, secondo comma della legge 113/1981 e successiVe modificazioni, ai fini, dell'applicazione delle procedure stabilite dalla stessa legge e dall'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (G.A.T.T.) in materia di aggiudicazione delle pubbliche forniture, in G. U. n. 22 del 26 gennaio 1985; -L. 25 gennaio 1985, n. 7 Proroga del termine previsto dal primo comma dell'art. 30 della legge 28 luglio 1984, n. 398, in G. U. del 28 gennaio 1985; -:-DJ.. 25 gennaio 1985, n. 8 -Ripiano dei disavanzi di amministrazione delle U.S.L. al 31 dicembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie, in G. . n. 23 del 28 gennaio 1985. I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice penale, art. 2, quinto comma; neila parte in cui rende applicabili alle ipotesi da esso previste le disposizioni contenute nel secondo e terzo comma dello stesso art. 2 del codice penale. Sentenza 22 febbraio 1985, n. 51, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, nella parte in cui non dispone che la sospensione ivi prevista si applica anche al termine di cui all'art. 5, primo e secondo comma, della legge 25 giugno 1865, n. 2359. Sentenza 13 febbraio 1985, n. 40, G. . 20 febbraio 1985, n. 44-bis. legge 20 dicembre 1973, n. 831, art. 21, sesto comma, nella parte in cui dispone che i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scru,tinio per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l'anzianit necessaria, conseguono agli effetti giuridici i benefici previsti nel precedente articolo -in caso di valutazione favorevole -dal momento dell'entrata in vigore della medesima legge, anzich con l'anteriore decorrenza spettante al pi anziano fra i magistrati di cui al quinto comma, mantenendo rispetto ai magistrati stessi il precedente collocamento in ruolo. Sentenza 14 gennaio 1985, n. 1, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 3 aprile 1979, n. 95, art. 5, secondo comma, di conversione del cl.I. 30 gennaio 1979, n, 26, nella parte in cui non prevede che la dichiarazion dello stato d'insolvenza possa-essere pronunciata, oltre che su domanda della societ consortile, anche di ufficio o ad iniziativa dei soggetti indicati nell'art. 6 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267. Sentenza 13 febbraio 1985, n. 41, G. U. 20. febbraio 1985, n. 44-bis. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, lett. h) e d.P.R. Il luglio 19Su, n. 382, art. 58, lett. i), in riferimento all'art. 3 della Cm;tituzione, nella parte in cui non prevedono l'inclusione -ai fini dell'ammissione al giudizio di idoneit per l'inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari confermati -anche dei medici interni universitari assunti con delibera nominativa del consiglio di facolt per motivate esigenze delle cliniche o degli istituti,di cura universitari. Sentenza 22 febbraio 1985, n. 46, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, lett. i); e legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, lett. h), in riferimento all'art 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono l'inclusione -ai fini della ammissione al giudizio di idoneit per l'inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari confermati -anche dei medici interni universitari assunti con delibera nominativa del consiglio di facolt per motivate esigenze delle cliniche o degli istituti di cura universitari. Sentenza 22 febbraio 1985, n. 46, G. u.' 27 febbraio 1985, n. 50-bis. i I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Ib -AMMISSIBILIT DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM ABROGATIVO Legge 12 giugno 1984, n. 219 (conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 17 aprile 1984, n. 70, concernente misure urgenti in materia di tariffe, di prezzi amministtati e di indennit di contingenza), richiesta. dichiarata legittima con ordinanza 7-12 dicembre 1984 dell'ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione. SenteRza 7 febbraio 1985, n. 35, G. V. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. II. -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE d.a.c.p.c. art. 149 (art'. 3 della Costituzione). Sentenza 13 febbraio 1985, n. 39, G. V. 20 f,ebbraio 1985, n. 44-bis. legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51, primo e secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 13 febbraio 1985, n. 40, G. V. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 2, n. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 13 febbraio 1985, n, 37, G. U. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. legge reg. siciliana 20 marzo 1951, n. 29, art. 7 [modif. dall'art. 2 della legge reg. 29 dicembre' 1975, n. 87] (artt. 3 e 51 della Costituzione). Sentenza 30 gennaio 1985, n. 20, G. V. 6 febbraio 1985, n.. 32-bis. legge 3 maggio 1966, n. 437 (artt. 2, 3, 68, 112 e 138 della Costituzione). Sentenza 28 dicembre 1984, n. 300, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 68 (art. 25 della Costituzione). Sen,tenza 28 dicembre 1984, n. 298, G: V. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 51 e 53 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 23 gennaio 1985, 'n. 8, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 6 febbraio 1985, n. 33, G. V. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. iegge 8 gennaio 1979, n. 2, articolo unico (artt. 3, 4, 25, 41 e 42della Costituzione). Sentenza 13 febbraio 1985, n. 36, G. U. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.I. 15 dicembre 1979, n. 625, art. 1, terzo comma [cos come convertito nell'art. 1 della legge 6 febbraio 1980, n. 15] (art. 3 'della Costituzione). Sentenza 13 febbraio 1985, n. 38, G.' U. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 3112, art. 58, secondo comma (artt. 3, 51, 76 e 97 della Costituzione). Sentenza 22 febbraio 1985, n. 46, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 21, secondo comma (artt. 117 e 119 della Costituzione). Sentenza 28 -dicembre 1984, n. 299, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.I. 17 aprile 1984, n. 70, art. 3 (artt. 3, 36, 39, 70 e 77 della Costituzione). Sentenza 7 febbraio 1985, n. 34, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. legge 12 giugno 1984, n. 219, articolo unico, ultimo comma (artt. 3, 36, 39, 70 e 77 della Costituzione). Sentenza 7 febbraio 1985, n. 34, G, U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. III -QUESTIONI PROPOSTE cOdice civile, art. 244, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 30 novembre 1983, n. 870/84, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. codice lvlle, art. 2109 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 6 aprile 1984, n. 1149, G. U. 23 febbraio 1985, n. 47-bis. . codice civile, art. 2118, primo comma (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Gualdo Tadina, rdinanza 28 maggio 1984, n. 1136, G. U. 27 feb braio 1985, n. 50-bis. codice di procedura civile, art. 621 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Caltagirone, ordinanza 24 luglio 1984, n. 1109, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. codice di procedura civile, art. 655 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 31 maggio 1984, n. 1133, G. U. braio 1985, n. 42-bis. 18 feb ! ( ! i 1 I l . [I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE codice di procedura civile, art. 668 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 26 gennaio 1984, n. 878, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. codice penale, art. 2, ultimo comma (art. 77 della Costituzione). Tribunale di Udine,1 ordinanza 20 marzo 1984, n. 897, G.U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. Tribunale di Udine, ordinanza 23 marzo 1984, .. 958, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. codice penale, art. 81 cpv. (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 13 gennaio 1984, n.. 1019, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-t>is. I codice penale, art. 114, secondo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale di Pavia, ordinanza 21 novembre 1983, n. 881/84, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. codice \)edale, art. 175, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 11 febbraio 1984, n. 846, G. U. 9 gennaio 1985, n. ,7-bis. codice penale, art. 204, ultimo comma (artt. '2, 3, 13, 24, 27 e 111 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Napoli, ordinanza 17 maggio 1984, n. 1108, G. U. 13 febbraio 1985, l/l. 38-bis.. codice penale, art. 273 (artt. 2, 11 e 18 della Costituzione). Corte d'assise di Palermo, ordinanza 27 giugno 1984, n. 1023, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. codice penale, art. 280, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'assise di Genova, ordinanza 24 febbraio 1984, n. 1010, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. codice penale, art. 341 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Thiene, ordinanza 17 aprile 1984, n. 844, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. codice penale, art. 590 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 11 maggio 1984, n. 1017, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. codice penale, art. 668 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordin1mza 22 marzo 1984, n. 873, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. 32 RASSEGNA DELL'AYyOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 168 (art. 24 della Costituzione). Tribuna!~ di Genova, ordinanza 29 maggio 1984, n. 1018, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. codice di procedura penale, art. 202, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 24 marzo 1984, n. 1144, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bi-?. codice di procedura penale, art. 263, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale della libert di Milano, ordinanza 5 giugno 1984, n. 984, G. U: 8 febbraio 1985,, n. 34-bis. ' ' codice penale militare di pace, art. 58, secondo comma (artt. 3, 4, 25, 27, 35 e .36 della Costituzione). Tribunale militare di Verona, ordinanza 18 aprile 1984, n. 1013, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. codice penale militare di pace, art. 195, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 10 gennaio 1984, n. 1054, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. d.I. 20 maggio 1917, n. 876, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione quarta, ordinanza 8 novembre 1982, n. 1140/84, G. U. 23 febbraio 1985, n 47-bis. ' r.d. 8 gennaio 1931, 11. 148, regolamento ali. A, art. 9, terzo comma, lett. e) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza B giugno 1984, n. 1105, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 180 (art. 33 della Costituzione). Consiglio nazionale degli ingegneri, ordinanza 29 marzo_ 1984, n. 1046, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, art. 23 [conv. in legge 2 giugno 1939, n. 739] (art. 53 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 13 marzo 1984, n. 949, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bjs. Tribunale di Torino, ordinanza 22 maggio 1984, n. 1044, G. U. 6 febbrio 1985, n. 32-bis. Tribunale di Torino, ordinanza 8 maggio 1984, n. 1062, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Tribunale di Torino, ordinanza 25 ottobre 1983, n. 1095/84, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. Tribunale di Torino, ordinan?a 17 gennaio 1984, n. 1096, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, art. 23, primo comma [conv. in legge 2 giugno 1939, n. 739] (art. 53 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 3 aprile 1984, n. 896, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. r.d.l. 28 febbraio 1939, 'Il, 334, artt. 23 e 23-ter [conv. in legge 2 giugno 1939, n. 739] (art. 53 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 8 maggio 1984, n. 893, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 30 e segg. (artt. 97 e 101 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 5 giugno 1984, rL 1022, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. r.d. 30 ge1maio 1941, n. 12, art. 34 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Pisciotta, ordinanza 6 luglio 1984, n. 1195, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. legge 22 aprile 1941, n. 633, artt. 171 e 180 (artt. 3, 23, 43, 53 e 97 della Costi tuzione). Pretore di Ovada, ordinanza 30 giugno 1984, n. 1178, G. U. 23 febbraio 1985, n. 47-bis. Pretore di Ovada, ordinanza 30 giugno 1984, n. 1177, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50..bis. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26, primo, secondo e terzo comma (art. 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanz:;i 15 dicembre 1983, n. 895/84, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. legge 17 agosto 1942, 11. 1150, art. 28 (art. 25 della Costituzione). ,. " , I . Pretore di Licata, ordinanza l3 ottobre 1983, n. 1014/84, G. U. 8 febbraio 1985, .n. 34-bis. Pretore di Licata, ordinanza 15 dicembre 1983, n. 1118/84, G. U, 23 febbraio 1985, n. 47-bis. d.l.C.p.S. 15 settembr~ 1947, 11. 896, art. 14 (artt. 25 e 41 della Costituzione). Pretore di Sestri Ponente, ordinanza 20 aprile 1984, n. 1020, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 2 marzo 1949, n. 143, art. 18 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 22 dicembre 1983, n. 921/84, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale cli Bologna, ordinanza 14 febbraio 1984, n. 936, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge 27 dicembre 1956, ,n. 1423, art. 1 (artt. 2, 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Prato, ordinanza 12 aprile 1984, n. 1015, G. U. 8 febbrajo 1985, n. 34-bis. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85, lett. a), seconda parte (art. 3 della Costituzion). Consiglio di Stato, adunanza plenaria, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1162, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42bis. d.l. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15 [conv. in legge 2 luglio 1957, n. 474] (art. 53 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 5 giugno 1984, n. 1097, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 87, 89 e 140, .!timo comma (artt. 3, 38, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (tre) 16 dicembre 1983, nn. 1074-1076/84, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. . . d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91 (art. 3 delia Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 11 maggio 1984, n. 1017, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.p. reg. Sicilia 20 agosto 1960, n. 3, art. 5, nn. 3, 5 e 7 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 1l ottobre 1983, n. 913/84, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 17 (art; 3 della Costituzione). Pretore di Piombino, ordinanze (sei) 12 aprile 1984, nn. 1165-1170, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. legge 12 agosto 1962, n. 1338, a1t. 2, cpv., lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 14 giugno 1984, n. 979, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 12-agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma (art. 3 della Costitu zione). Pretore di Pistoia, ordinanza 2 giugno 1984, n. 931, G. fJ. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore d Ancona, ordinanza 31 gennaio 1984, n. 923, G. V. 16 gennaio 1985, n. 13-bis, Pretore di Genova, ordinanza 28 maggio 1984, n. 954, G. V. 23 gennaio 1985, n. 19-bis: i Pretore d Palermo, ordinanza 3 maggio 1984, n. 964, G. V. 23 gennaio _1985, n. 19-bis. , Pretore d Palermo, ordinanza 8 giugno 1984, n. 994, G. V. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. Pretore di Palermo, ordinanza 18 aprile 1984, n. 1013, G. V. 8 febbraio 1985. n. 34-bis. legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 9 maggio 1984, n. 876, G. V. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. Ordinamento amministrativo degli enti locali nella regione siciliana approvato con legge reg. Sicilia 15 marzo 1963, n. 16 (artt: 3 e 133 della Costituzione). Pretore di Noto, ordinanza 31 maggio 1984, n. 1069, G. V. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. leggl" 10 maggio 1964, n. 336, artt. e 6 (art. 3, della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quinta, ordinanza 27 aprile 1984, n. 1182, G. V. 23 febbraio 1985, n. 47-bis. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 27 febbraio 1984, 1? 900, G.U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. d.P.R. 30 gi.gno 1965, n. 1124, art. 85 (artt. 3, 37 e 38 della Costituzione). Pretore di Macerata, ordinanza 12 luglio 1984, n. 1078, G. V. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. . d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85; terzo comma (artt. 3 e 29 della Costitu' zione). Pretore di Milano, ordinanza 7 marzo 1984, n. 857, G. V. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, quinto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Trapani, ordinanza 6 aprile 1984, n. 1027, G. V. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. !16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R 30 giugno 1965, n. 1124, art. 213 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Chiavari, ordinanza 5 luglio 1984, n. 1077, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. legge 14 luglio 1965, n. 963, artt. 15, lett. a), 24 e 26 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 28 febbraio 1984, ri. 498, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 (artt. :X, 4, 35 e 41 .della Costituzione). Pretore di Gualdo Tadino, ordinanza 28 maggio 1984, n. 1136, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 23 marzo 1984, n. 952, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge 14 agosto 1967, n. 800, art. 25 (artt. 70, 76, 77, 97 e 113 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta, ordinanza 6 aprile 1984, n. 1189, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. legge 12 febbraio 1968, 11. 132, art. 66 (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quinta, ordinanza 27 aprile 1984, n. 1182, G. U. 23 febbraio 1985, n. 47-bis. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, Iett. a) (artt. 3, 29 e 38 della Costituzione). Pretore di Vallo della Lucania, ordinanza' 8 giugno 1984, n. 1004, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. Pretore di Pavia, ordinanza 23 giugno 1984, n. 985, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, lett. b) (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 10 maggio 1984, n. 1093, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4, 35, 38 e 41 della Costituzione). Pretore di Asti, ordinanza 8 maggio 1984, n. 991, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, art. 111 (art. 3, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 28 febbraio 1984, n. 498, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 7 _ottobre 1969, n. 742, art. 1 (art. 3 della Costituzione). orte di cassazione, orlinanza 6 marzo 1984, n. 1053, G. U. ]8 febbraio 1985, n. 42-bis. Corte di cassazione, ordinanze (due) 8 maggio 1984, nn. 1051 e 1052, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. legge 23 ottobre 1969, n. 789, art. 5, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quarta, ordinanza 14 giugno 1983, n. 978/84, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3 e 39 della Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanza 7 luglio 1984, n. 1063, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35 (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Gualdo Tadina, ordinanza 28 maggio 1984, n. 1136, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50"bis. legge ,24 maggio 1970, n. 336, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 12 dicembre 1983, n. 976/84, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 9_ ottobre 1971, n. 824, art. 6, primo comma (artt. 52 e 81 della C.ostituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 18 maggio 1977, n. 1Cle4/84, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. legge 9 ottobre 1971, 11. 825, art. 4, n~ 1 (art. 3 della Costituziione). Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 22 maggio 1984, n. 927, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 19 giugno 1984, n. 1016, G. U. 8 -febbraio 1985, n. 34-bis. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 11 (artt. 23 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ordinanza 19 marzo 1984, n. 850, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19, primo connna (artt. 3 e 24 della Costi tuzione). Corte d'appello di Trieste, ordinanza 2 maggio '1984, n. 865, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge prov. di Bol:zano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo comma, primo periodo (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 12 giugno 1984, n. 1057, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. / 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO, STATO legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo e terzo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 26 giugno 1984, n. 1056, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo comma, primo periodo, e terzo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 15 maggiQ 1984, n. 996, G. U. ,6. febbraio 1985, n. 32-bis. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo comma, primo periodo e terzo comma, e 24, primo comma, primo e secondo periodo (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 17 aprile 1984, n. 851, G. U. 9 gennaio 198~. n. 7-bis. Corte d'appello di Trmto, ordinanza 17 aprile 1984, n. 1Q59, G. U. 13 febbraio I ~ 985, n. 38-bis. Corte d'appello di Trento, ordinanza 3 luglio 1984, n. 1061, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo comma, secondo l periodo , e terzo comma, e art. 24, primo comma, primo e secondo periodo (artt. f. r: 3 e 42 della Costituzione). i: i: Corte d'appello di Trento, ordinanza 17 aprile 1984, n. 1058, G. U. 8 febbraio ~ 1985, n. 34-bis. Corte d'appello di T~ento, ordinanz~ 19 giugno 1984, n. 1060, G. U. 23 febbraio li 1985, n. 47-bis. ~ t legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo e terzo comma, e 24, primo e secondo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). f f Corte d'appello di Trento, ordinanza 13 ~arzo 1984, n. 871, G. U. 9 gennaio i 1985, n. 7-bis. f I legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 24 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 15 maggio 1984, n. 996, G. U. 6 febbraio I 1985, n. 32-bis. I d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 12, primo e secondo comma (art. 108 della Costituzione). l Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 11 giugno 1984, i n. 1103, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. I j d.P.R. 26 ottobre 1972, n. '636, artt. 13, primo, secondo, terzo e quarto comma, e 13-bis [modif. dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739) (~rtt. 168 e 110 della Costituti~~. ' Commissione tributaria di primo grado di Pinerolo, ordinanze (tre) 10 gennaio 1984, nn. 1128-1130, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE J9 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 3, 6, 14 e 15 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanze (due) 12 di cembre 1983, nn. 989 e 990/84, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, sesto comma. Commissione tributaria di primo grado di Modena, ordinanza 23 giugno 1983, n. 992/84, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183 e 185 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Mantova, ordinanze (due) 15 giugno 1984, nn. 1209 e 1210, G. V. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183 e 195 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Castiglione delle Stiviere, ordinanza 7 ottobre 1983, Il. 901/84, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Tribunale di Mantova, ordinanza 27 aprile 1984, n. 963, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Pretore di Novara, ordinanza 19 novembre 1983, n. 975/84, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rimini, ordinanza 9 maggio 1984, n. 1986, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. Pretore di Trento, ordinan:ze (cinque) 4 ottobre 1984, nn. 1258-1262, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50bi,,.. d.P.R .29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, primo comma, 195, primo comma, n. 2, e 334 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Gorizia, ordinanza 12 giugno 1984, n. 951, G. V. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Vcne:zia, ordinanza 18 maggio 1984, n. 889, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 322, 323 e 334 (artt. 3 e 21 della Costituzione). Pretore di Udine, ordinanza 5 giugno 1984, n. 1001, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Palermo, ordinanza 20 febbraio 1984, n. 1009, G. V. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. e) (artt. 3, 38, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 28 febbraio 1984, n. 883, G. V. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. 17 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c;I.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e), 14 e 46, secondo comma (artt. 3, 38, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (tre) 16 dicembre 1983, nn. 1074-1076/84, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e), e 46 (artt. 3, 38, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Paiermo, ordinanza 9 giugno 1984, n. 1100, G.U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e) e 46, secondo comma (artt. 38, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Gorizia, ordinanza 15 novembre 1983, n. 906/84, G. V. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 51 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 22 maggio 1984, n. 927, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 19 giugno 1984, n. 1016, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 52, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Pescara, ordinanza 1 marzo 1984, n. 988, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. Commissione tributaria di secondo grado di Pescara, ordinanza 1 marzo 1984, n. 987, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 1, primo comma, lett. a), e 7, primo, se condo e quarto comma (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Treviso, ordinanza 2 febbraio 1979, n. 1026/84, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 22 maggio 1984, n. 927, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 19 giugno 1984, n. 1016, G. V. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, quarto comma (artt. 2, 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 7 giugno 1984, n. 1110, G. V. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47 (artt. 23 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ordinanza 19 marzo 1984, n. 850, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. I Ii I I I I IJ II \ ,,.,,,, .,,,., .....111'=ar PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Belluno, ordinanza 15 marzo 1984, n. 859, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, 11. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Forl, ordinanze (tre) 12 gennaio 1984, nn. 1028-1030, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. Commissione tributaria di secondo grado di Forl, ordinanze (quattro) 26 gennaio 1984, nn. 1031, 1032, 1033 e 1037, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. Commissione tributaria di secondo grado di Forl, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 1042, G, U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. Commissione tributaria di secondo grado di Forl, ordinanza 1 marzo 1984, n. 1043, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. Commissione tributaria di secondo grado di Forl, ordinanze (quattro) 26 gennaio 1984, nn. 1034-1036 e 1038, G. U. 23 febbraio 1985, n. 47-bis. Commissione tributaria di secondo grado di Forl, ordinanze (tre) 10 febbraio 1984, nn. 1039-1041, G. U. 23 febbraio 1985, n. 47-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, 11. 601, art. 34 (artt. 3, 38, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Palermo, ordinanza 9 giugno 1984, n. 1100, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, 11. 601, art. 42 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanze (tre) 8 giugno 1984, nn. 1125-1127, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15 (artt. 25, 53 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Venezia, ordinanza 6 maggio 1982, n. 1005/84, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanze (due) 7 luglio 1984, n. 1079 e 1080, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Pretore di Caltanissetta, ordinanza 16 maggio 1984, n. 1007, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 84 (artt. 3, 25, 42 e 113 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 23 giugno 1984, n. 1065, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 92 e 95 (artt. 23 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ordinanza 19 marzo 1984, n. 850, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. 42 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 5 (artt. 3 e 76 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 3 giugno 1982, n. 1067/84, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 14 giugno 1974, n. 270, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 18 aprile 1984, n. 940, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 12 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 3 febbraio 1984, n. 869, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis, legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 5, quarto e sesto comma (art. 3 della Costi tuzione). Pretore di Genova, ordinanza 15 febbraio 1984, n. 1006, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. I legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 23, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 3 febbraio 1984, n. 869, G. U. 9 gennaio 1985, I n. 7-bis. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, quinto comma (artt. 3 e 38 della Costi I tuzione). Pretore di Modena, ordinanza 26 marzo 1984, n. 886, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. I legge 22 luglio 1975, n. 319, art. 2, terzo comma (artt. 1, 3, 36 e 38 della Costituzione). I Tribunale di Trapani, ordinanza 5 luglio 1984, n. 1064, G. U. 8 febbraio 1985, ! n. 34-bis. I legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, terzo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sezione di sorveglianza presso il tribunale di Brescia, ordinanza 10 aprile 1984, n. 1025, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 56 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale dei minorenni di Torino, ordinanza 4 aprile 1984, n. 1084, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 22 novembre 1975, n. 685, artt. 26, 28, 71 e 80 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 4 aprile 1984, n. 899, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 41 legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 9 (artt. 3, 29, 31, 35 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Biella, ordinanza 2 aprile 198'\, n. 884, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 26, 28, 71, 72 e 80 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 4 aprile 1984, n. 898, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge 23 dicembre 1975, n. 698, a1t. 9, ultimo comma, prima parte (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 29 febbraio 1984, n. 912, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.l. 4 marzo 1976, n. 31, art. 4, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 6 giugno 1984, n. 974, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 30 aprile 1976, n. 159, art. 2, quinto comma (art. 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 6 dicembre 1983, n. 945/84, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 30 aprile 1976, n. 159, art. 2, quinto comma, seconda parte (art. 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 6 dicembre 1983, n. 946/84, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge prov. di Trento 8 luglio 1976, n. 18, art. 4 (art. 42 della Costituzione). Tribunale superiore delle acque pubbliche, ordinanza 14 gennaio 1984, n. 1107, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, ultimo comma (artt. 3 e 53 della Costi tuzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 2 aprile 1984, n. 1114, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 22 (artt. 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Cosenza, ordinanza 27 marzo 1984, n. 882, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge 22 luglio 1977, n. 426, art. 2, secondo comma (artt. 70, 76, 77, 97 e 113 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta, ordinanza 6 aprile 1984, n. 1189, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 12 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 7 marzo 1984, n. 857, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 12 (artt. 3, 37 e 38 della Costituzione). Pretore di Macerata, ordinanza 12 luglio 1984, n. 1078, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge 1 febbraio 1978, n. 30, art. 9 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 2 maggio 1984, n. 938,, G. V. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge prov. di Trento 13 marzo 1978, n. 13 (artt. 8 e 9 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 -statuto speciale regione Trentino-Alto Adige). Pretore di Trento, ordinanza 10 luglio 1984, n. 1045, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge 13 maggio 1978, n. 180, art. 11 (artt. 2, 48 e 49 della Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, ordinanza 10 aprile 1984, n. 1163, G. U. 23 febbraio 1985, n. 47-bis. legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Giudice tutelare di Torino, ordinanza 12 settembre 1984, n. 1199, G. U. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. legge reg. Veneto 14 luglio 1978, n. 30, art. 7, penultimo comma (art. 117 della Costituzione). Pretore di Lonigo, ordinanza 26 giugno 1984, n. 1161, G. V. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 2, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Foligno, ordinanza 15 maggio 1984, n. 872, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3, 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Recco, ordinanza 17 maggio 1984, n. 866, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 26, lett. c) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 24 luglio 1984, n. 1106, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Imperia, ordinanza 5 marzo 1984, n. 860, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 4J legge 27 luglio 1978, u. 392, artt. 29, secondo comma, e 73 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 25 maggio 1984, n. 1011, G. U. 8 febbraio 1985, u. 34-bis. legge 27 luglio 1978, u. 392, art. 58 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Potenza, ordinanza 17 aprile 1984, 11. 852, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. Pretore di Potenza, ordinanza 26 aprile 1984, n. 853, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. Pretore di Milano, ordinanza 10 aprile 1984, n. 922, G.U. 16 gennaio 1985, 11. 13-bis. Pretore di Potenza, ordinanza 21 maggio 1984, n. 935, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Pretore di Potenza, ordinanza 22 maggio 1984, n. 934, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge 27 luglio 1978, u. 392, artt. 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di La Spezia, ordinanza 29 marzo 1984, n. 887, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. Pretore di Brindisi, ordinanza 30 aprile 1984, n. 1090, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. Pretore di Termini Imerese, ordinanza 14 marzo 1984, n. 1002, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. legge 27 luglio 1978, u. 392, artt. 58 e 65, primo comma (art. 3 della Costi tuzione). Pretore di Ravanusa, ordinanza 5 marzo 1984, n. 848, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge 23 dicembre 1978, u. 833, art. 57 (artt. 3 e 23 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 1081/84, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. Pretore di Milano, ordinanza 16 febbraio 1984, n. 977, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge reg. Piemonte 20 febbraio 1979, u. 6, art. 16 (art. 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 27 aprile 1983, n. 1085/84, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge 2 aprile 1979, n. 97, art. 15, primo e secondo comma (artt. 3, 36 e 53 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 aprile 1984, n. 1055, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. 46 RASSEGNA DEU!AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Veneto 24 agosto 1979, n. 64, art. 4 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanze (due) 20 giugno 1984, nn. 997 e 998, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.P.R. 27 settembre 1979, n. 506, art. 2 (artt. 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Cosenza, ordinanza 27 marzo 1984, n. 882, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. d.-1. 15 dicembre 1979, n. 625, art. 1, terzo comma [conv. nell'art. 1 della legge 6 febbraio 1980, n. 15] (art. 3 della Costituzione). Corte d'assise di Genova, ordinanza 24 febbraio 1984, n. 1010, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 57, lett. a) (artt. 3 e 35 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 8 marzo 1984, n. 1156, G. U. 23 febbraio 1985, n. 47-bis. legge 24 dicembre 1979, n. 650, artt. 6 e 17, ultimo periodo (artt. 25 e 77 della Costituzione). ., I I i' Pretore di Saluzzo, ordinanza 5 maggio 1984, n. 1087, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 17 gennaio 1984, n. 902, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. ' ' Pretore di Milano, ordinanza 23 febbraio 1984, n. 911, G. U. 16 gennaio 1985, , I n. 13-bis. Pretore di Acqui Terme, ordinanza 23 maggio 1984, n. 959, G. U. 23 gen r~ naio 1985, n. 19-bis. ~ Pretore di Milano, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 1081/84, G. U. 30 gen- I ~ naio 1985, n. 25-bis. Pretore di Sanremo, ordinanza 7 giugno 1984, n. 1000, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. Pretore di Milano, ordinanza 16 febbraio 1984, n. 977, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.P.R. 8 luglio 1980, n. 285, artt. 1 e 2 (artt. 3 e 53 della Costituzione). I Pretore di Brescia, ordinanza 17 gennaio 1984, n. 902, G. U. 9 gennaio 1985, ~ e n. 1-bis. i: j: 1: d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58 (artt. 3 e 97 della Costituzione). i: Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 28 marif, zo 1984, n. 941, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. i i ,, ! 1, 'f ' 111r1111t11111111rm1a#111111111~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 2, secondo e quinto comma, e 10, lett. b) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 15 novembre 1982, n. 854/84, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 2, ottavo comma, e 10, terzo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 15 novembre 1982, n. 854/84, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 22 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 1 dicembre 1983, n. 849/84, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. Tribunale di Milano, ordinanza 27 gennaio 1984, n. 863, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 26 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 15 novembre 1982, n. 854/84, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3 (artt. 97 e 101 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 5 giugno 1984, n. 1022, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge reg. Sicilia 30 marzo 1981, n. 43 (artt. 3 e 133 della Co5.tituzione). Pretore di Noto, ordinanza 31 maggio 1984, n. 1069, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. legge .7 maggio 1981, n. 180, art. 15, primo comma (art. 108 della Costituzione). Tribunale militare di Bari, ordinanza 4 giugno 1984, n. 953, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 14 maggio 1981, n. 219, art. 80, sesto comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, ordinanza 29 giugno 1984, n. 1088, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537]. (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 17 gennaio 1984, n. 902, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. Pretore di Milano, ordinanza 23 febbraio 1984, n. 911, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Pretore di Acqui Terme, ordinanza 23 maggio 1984, n. 959, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. 48 RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DBLW STATO Pretore di Milano, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 1081/84, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. Pretore di Sanremo, ordinanza 7 giugno 1984, n. 1000, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 9, primo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Cuneo, ordinanza 27 giugno 1984, n. 983, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 53 e 77 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di La Spezia, ordinanza 22 maggio 1984, n. 1008, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. legge 24 novembre 1981/ n. 689, artt. 53, primo comma, e 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Frattamaggiore, ordinanza 14 maggio 1984, n. 892, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. Pretore di Frattamaggiore, ordinanza 28 maggio 198-:i, n. 960, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 24 novembre 1981; n. 689, artt. 53 primo comma e 77 primo e secondo cQDUlla (art. 3 della Costituzione). Pretore di Mortara, ordinanza 6 giugno 1984, n. 993, G. u: 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Camposampiero, ordinanze (due) 10 aprile 1984, n. 855-856, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. Pretore di Padova, ordinanza 13 aprile 1984, n. 877, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. Pretore di La Spezia, ordinanza 25 maggio 1984, n. 894, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bi.s. Pretore di Rimini, ordinanza 28 aprile 1984, n. 930, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Pretore di Adria, ordinanza lO aprile 1984, n. 961, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Pretore di Ortona, ordinanza 31 gennaio 1984, n. 962, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. Pretore di Castelfranco V~neto, ordinanza 15 giugno 1984, n. 1089, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. Pretore di Can1posampiero, ordinanza 22 maggio 1984, n. 1021, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. Pretore di Camposampiero, ordinanza 12 giugno 1984, n. 972, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. PARTE II, RASSJlGNA DI LEGISLAZIONE 49 Pretore di Camposampiero, ordinanza 5 giugno 1984, n. 973, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. Pretore di Adria, ordinanza 25 ottobre 1983, n. 995/84, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge 24 novembre 1981, n. 6891 art. 77 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Narni, ordinanze (due) 10 maggio 1984, nn. 890 e 891, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-~is. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Acqui Terme, ordinanza 31 maggio 1984, n. 948, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Castelfranco Veneto, ordinanza 29 giugno 1984, n. 1068, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77, primo e secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Poggibonsi, ordinanza 7 maggio 1984, n. 867, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. Pretore di Poggibonsi, ordinanza 21 maggio 1984, n. 944, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, lett. b) [conv. in legge 25 marzo 1982, n. 94] (artt. 3, 24, 31 e 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanze (due) 17 aprile 1984, nn. 1171 e 1172, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 15-bis [conv. con modif. in legge 25 marzo 1982, n. 92] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 23 marzo 1984, n. 879, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. legge 26 febbraio 1982, n. 54, art. 6, primo comma, ultimo paragrafo (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Frosinone, ordinanza 16 luglio 1984, n. 1101, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 15-bis (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 20 febbraio 1984, n. 874, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. Pretore di Roma, ordinanza 20 gennaio 1984, n. 875, G. U. 9 gennaio 1985, n. 1-bis. Pretore di Agrigento, ordinanza 6 dicembre 19~3, n. 1091/84, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. RASSEGNA DELL!AWOCATURA DELLO STATO 50 legge 22 aprile 1982, n. 168, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Forl, ordinanza 2 giugno 1984, n. 1102, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 17 gennaio 1984, n. 902, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. Pretore di Milano, ordinanza 23 febbraio 1984, n. 911, G. U. 16 gennaio 1985; n. 13-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, primo e quarto comma (artt. 3 e 53 della 'Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 16 febbraio 1984, n. 977, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, quarto comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). ' Pretore di Acqui Terme, ordinanza 23 maggio 1984, n. 959, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. Pretore di Milano, ordinanza 21 dicembre 1983, n. 1081/84, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. Pretore di Sanremo, ordinanza 7 giugno 1984, n. 1000, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 25 (artt. 3 e 41 della Costituzione). Tribunale di Fermo, ordinanza 9 marzo 1984, n. 924, G. V. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Tribunale di Fermo, ordinanza 17 febbraio 1984, n. 925, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Tribunale di Fermo, ordinanza 24 febbraio 1984, n. 926, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Tribunale di Fermo, ordinanza 17 febbraio 1984, n. 956, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26 e 31 (artt. 3 e 41 della Costituzione). Tribunale di Ancona, ordinanze (due) 5 luglio 1983, nn. 907 e 908/84, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. Tribunale di Ancona, ordinanza 5 luglio 1983, n. 1003/84, G. ll. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26 e 31, terzo comma (artt. 4, 24 e 41 della Costituzione). Tribunale di Catania, 01;dinanza 14 marzo 1984, n. 939, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 51 legge 10 maggio 1982, n. 251, art. 21 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Chiavari, ordinanza 5 luglio 1984, n. 1077, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. legge 20 maggio 1982, n. 270, artt. 35, 37 e 57 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 23 giugno 1983, n. 933/84, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 57 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanze 27 e 18 giugno 1984, nn. 1098 e 1099 G. U. 30 gennaio 1985, .n. 25-bis. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, terzo comma (artt. 3-e 36 della Costi tuzione). Tribunale di Novara, ordinanze (due) 22 marzo 1984, nn. 1082 e 1083, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis e G. U. 27 febbraio 1985, n. SO.bis. legge 29 maggio 1982, n. 304, art. 3, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'assise di Genova, ordinanza 24 febbraio 1984, n. 1010, G. U. 8 febbraio 1985, n. 34-bis. d.l. 2 luglio 1982, n. 402, art. 5 [come conv. in legge 3 settembre 1982, ri. 62) (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quinta, ordinanza 27 aprile 1984, n. 1182, G. U. 23 febbraio 1985, n. 41-bis. d.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 16 [conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516) (artt. 3, 53 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Catanzaro, ordinanza 22 marzo 1984, n. 1094, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. legge 7 agosto 1982, n. 516, artt. 26 e 30 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Siena, ordinanza 6 luglio 1984, n. 1066, G. U. 3-0 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 25 agosto 1982, 11. 604, art. 19 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 28 marzo 1984, n. 941, G. U. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. d.l. 30 settembre 1982, 11. 688, art. 9 (art. 79 della Costituzione, e, in subordine, artt. 3 e 77 della Costituzione). Pretore di San Don di Piave, ordinanze (tre) 31 maggio 1984, n. 980-982, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. f2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAYO legge 28 febbraio 1983, n. 53, art. 1, terzo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 4 maggio 1984, n. 1092, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, artt. 19, primo e secondo comma, 20, terzo, quinto e settimo comma e 22, quinto sesto e settimo comma [conv. in legge 26 apri le 1983, n. 131] (art. 53 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Veneto ordinanze (tre) 8 marzo 1984, nn. 1241 e 1306-1307, G. U. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Sanremo, ordinanza 7 giugno 1984, n. 1000, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14, primo e secondo comma {conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638) (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 30 maggio 1984, n. 1047, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. ! d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14, p~imo e secondo comma (artt. 3 e 53 ~ della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 30 maggio 1984, n. 1047, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. I legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 4, comma 17-bis (artt. 3, 41, 42 e 104 della Costituzione). Pretore di San Pietro Vernotico, ordinanza 5 luglio 1984, n. 1012, G. U. I23 gennaio 1985, n. 19-bis. I legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 9, ultimo comma (artt. 4, 35, 38 e 41 della Costituzione). i ! Pretore di Asti, ordinanza 8 maggio 1984, n. 991, G. V. 8 febbraio 1985, ' n. 34-bis. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3, 53 e 101 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 23 marzo 1984, n. 986, G. U. 9 gennaio 1985, n. 7-bis. legge '1:1 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Sanremo, ordinanza 7 giugno 1984, n. 1000, G. U. 6 febbraio 1985, n. 32-bis. ti.I. 15 febbraio 1984, n. 10, art. 3 (artt. 3, 36 e 39 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 5 aprile 1984, n. 920, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. PARTI! II, RASSEC& DX LEGISLAZIONE legge 9 maggio 1984, n. 118, articolo unico (artt. 101 e 104 della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanze (cinque) 2 ottobre 1984, nn. 1263-1267, G. U. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. legge 25 luglio 1984, n. 377, art. 2 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Bettola, ordinanza 10 agosto 1984, n. 1141, G. U. 18 febbraio 1985, n. 42-bis. legge 29 ottobre 1984, n. 720, artt. 1, 2 e 3 (artt. 14, 15, 19, 20 e 43 dello statuto reg. siciliana). Presidente regione siciliana, ricorso 6 dicembre 1984, n. 42, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. legge 29 ottobre 1984, n. 720, artt. 1, 2, 3 e 4 (artt. 4, nn. 1, 2, 7, 8 e 5 n. 1 dello statuto regione Trentino-AltoAdige). Regione Trentino-Alto Adige, ricorso 6 dicembre 1984, n. 43, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. legge 29 ottobre 1984, n. 720, artt. 2 e 3 e tab. B (artt. 1 segg., 7, 8 e 56 dello statuto reg. sarda). Regione Sardegna, ricorso 6 dicembre 1984, n. 44, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. d.l. 30 ottobre 1984, n. 726 (artt. 117 e 118 della Costituzione). Regione Emilia-Romagna, ricorso 17 dicembre 1984, n. 47, G. U. 16 gennaio 1985, n. 13-bis. d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 5 dicembre 1984, n. 41, G. U. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3 [cos come sost. dalla legge 19 dicem bre 1984, n. 863] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 25 gennaio 1985, n. 4, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3 (artt. 2 e 4 dello statuto della reg. Valle d'Aosta). Regione autonoma Valle d'Aosta, ricorso 7 dicembre 1984, n. 46, G. U. 3 gen naio 1985, n. 2-bis. di. 30 ottobre 1984, n. 726, artt. 3 e 4 (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione Liguria, ricorso 6 dicembre 1984, n. 45, G. {J. 3 gennaio 1985, n. 2-bis. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 1 dicembre 1984, n. 795, artt. 4, 8, 11 e 18 (artt. 3, 81, 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione Liguria, ricorso 8 gennaio 1985, n. 1, G. V. 23 gennaio 1985, n. 19-bis. d.l. 6 dicembre 1984, 11. 807, in toto e, in particolare, artt. 1, primo comma, 2, primo e secondo comma, e 4 (artt. 3, terzo comma, 8, n. 4, 18 e 19 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 11 gennaio 1985, n. 2, G. V. 30 gennaio 1985, n. 25-bis. legge 19 dicembre 1984, n. 863, art. 3 (artt. 2 e 4 dello statuto speciale per la Valle d'Aosta). Regione autonoma della Valle d'Aosta, ricorso 25 gennaio 1985, n. 3, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. legge 21 dicembre 1984, n. 867, artt. 1, primo comma, lett. b), e 2, primo comma (art. 5, n. 1, dello statuto del Trentino-Alto Adige). Regione Trentino-Alto Adige, ricorso 28 gennaio 1985, n. 5, G. U. 13 febbraio 1985, n. 38-bis. legge . 22 dicembre 1984, n. 887, artt. 8, decimo e undicesimo comma, e 17, primo comma, lett. b) (artt. 97, 117 e 118 della Costituzione). Regione Toscana, ricorso 4 febbraio 1985, n. 11, G. V. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. legge 22 dicembre 1984, n. 887, artt: 8, decimo e undicesimo comma, 17, primo comma, Iett. a), terzo e quarto comma, lett. d), e 18, terzo comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 5 febbraio 1985, n. 12, G. U. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. legge 22 dicembre 1984, n. 887, art. 17, prin10 comma, lett. a), secondo e terzo comma, lett. c) (artt. 3, terzo comma, 9, n. 10 e 16 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige). Provincia aut. di Bolzano, ricorso 31 gennaio 1985, n. 6, G. V. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. Provincia aut: di Trento, ricorso 31 gennaio 1985, n. 7, G. V. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. legge 22 dicembre 1984, n. 892 in toto e, in particolare, artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 (artt. 9, n. 10; 16, primo comma, 87 e 100 dello st~tuto lella regione TrentinoAlto Adige). Provincia aut. di Bolzano, ricorso 31 gennaio 1985, n. 8, G. V. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 22 dicembre 1984, n. 892, artt. 3 e 5 (artt. 117, 118, 124 e 125 della Costituzione). Regione Toscana, ricorso 4 febbraio 1985, n. 10, G. V. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. legge 22 dicembre 1984, n. 892, art. 5 (artt. 9, n. 10; 16, primo comma e 87 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige). Provincia aut. di Trento, ricorso 31 gennaio 1985, n. 9, G. V. 20 febbraio 1985, n. 44-bis. legge 22 dicembre 1984, n. 892, art. 5 (artt. 118 e 125 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 5 febbraio 1985, n. 13, G. V. 27 febbraio 1985, n. 50-bis. INDICE BIBLIOGRAFICO INDICE BIBLIOGRAFICO :~ NUOVE ACQUISIZIONI DELLA BIBLIOTECA DELL'AVVOCATURA GENERALE DIRITTO INTERNAZIONALE CASTANGIA ISABELLA, Il criterio della cittadinanza nel diritto internazionale privato, Napoli, Jovene, 1983. DONNARUMA MARIA ROSARIA,. Il decentramento regionale in Italia e il diritto internazionale, Milano, Giuffr, 1983. 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