ANNO XXXV -N. 4-5 LUGLIO -OTTOBRE 1983 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1984 ABBONAMENTI ANNO 1984 ANNO L. 29.000 UN NUMERO SEPARATO 5.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Ital, Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (5219035) Roma, 1984 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del /'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . . pag. 597 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara) . . 641 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) . . . . . . . . . . . . 682 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Antonio Catrica/ e Paolo Cosentino) . . . . . . 692 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura gli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Palizzi) de 714 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato Carlo Bafi/e) . . . . . . . . . . . 735 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) . . . 768 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni) . . 780 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AWOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CoNTU, Cagliari; Francesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANcms, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ;.;.........-........-......................r...r..r... r ' , , .,, ,,. ,,, , , , ,. , , -~ , ,. .r.r .rr e ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI M. CONTI, Requisiti di commercializzazione e misure di effetto equivalente a restrizioni alla importazione ai sensi dell'art. 30 del Trattato CEE . . . , . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 646 S. LAPORTA, IGE all'importazione e restituzione di diritti doganali I, 736 G. P. Pouzz1, Spunti critici sulla giurisprudenza della Adunanza Plenaria relativa all'impugnazione del P.R.G. . . . . . . . I, 715 G. STIPO, I criteri della liquidazione della pensione nei riguardi del dipendente statale transitato in un ente compreso nel regime previdenziale degli Istituti di Previdenza ........... . I, 724 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Compensi per danni da forza maggiore Onere della riserva -Sussiste -Tempo dell'iscrizione, 771. -Appalto di opere pubbliche -Decadenza dal diritto per intempestivit -Libera circolzione delle persone Previdenza sociale -Pensione sociale -Revoca delle clausole di residenza, 653. -Unione doganale -Libera circolazione delle merci Imposizioni fiscali interne discriminatorie -Trattamento fiscale del vino e dellae della riserva -Rinunzia della P.A. - Ammissibilit -Proposta di transazione -Non equivale a rinunzia, 772. ARBITRATO -Arbitrato obbligatorio -Norma regolamentare che lo prevede -Effetti - Vizio di nullit del lodo per nullit del compromesso, 768. -Lodo parziale -Lodo parziale affermativo della competenza arbitrale - Impugnativa immediata -Inammissibilit, 702. AVVOCATURA DELLO STATO -Patrocinio di Enti pubblici -Deroga -Condizioni, 699. COMUNIT EUROPEE -Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale -Competenza giurisdizionale -Materia contrattuale -Nozione, 641. -Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale Contratto di assicurazione stipulato anche a favore di terzi Clausola di proroga della competenza Sottoscrizione delle parti e non del terzo, 676. -Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale Eccezione di incompetenza Difese sul merito - Compatibilit, 676. -Libera circolazione delle persone Previdenza sociale -Pensione sociale Ambito della disciplina, 653. birra, 658. -Unione doganale -Libera circola zione delle merci -Misure d'effetto equivalente a restrizioni all'importazione -Vermut, 645. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Non notificato al Pre sidente del Consiglio, 599. -Incidente di legittimit costituzionale -Mancato intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri Impossibilit di acquisire pareri giuridici, 605. -Incidente di legittimit costituzionale Presidente del Consiglio dei ministri e Presidente della Giunta regionale Intervento Non impedisce la decisione in camera di consiglio, 605. -Legge di ratifica di trattato inter nazionale -Non ancora efficace . Non pu costituire oggetto del giudizio costituzionale, 635. -Principio di eguaglianza -Limiti della giurisdizione costituzionale, 613. DEMANIO -Antichit e Belle arti -Cose di interesse artistico, storico, archeologico e etnografico -Obbligo di denuncia -Sussiste -Requisito dell'interesse particolare -Irrilevante, con nota di G. PALMIERI, 695. ENTI PUBBLICI -Banche -Banche di diritto pubbli co Responsabilit di amministratori e dipendenti -Parificazione alle banche private -Inammissibilit della questione, 600. INDICE DELLA GIURISPRUDBNZA vu -Delegazione amministrativa intersoggettiva Nozione Affidamento improprio Attribuzione da parte di un ente ad un altro ente di ogni potere relativo all'esecuzione di un'opera, 694. -Universit degli studi Rappresentanza e difesa in giudizio Spetta all'Avvocatura dello Stato Ricorso per cassazione proposto da avvocato libero professionista -lnam missibilit, 699. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Indennit -Criteri dettati dalla legge sulla casa Dichiarazione di incostituzionalit Legge tampone -Applicabilit nei giudizi in corso, 692. -Indennit -Opposizione a stima Dichiarazione di incostituzionalit delle norme sulla determinazione dell'indennit in pendenza di giudizio Effetti Cessazione della materia del contendere Esclusione, 692. -Occupazione temporanea d'urgenza Illegittima per difetto del titolo Risarcimento del danno Legittimato passivo Soggetto che concretamente ha attuato l'occupazione, 694. GIURISDIZIONE CIVILE -Alloggi di tipo economico e popolare Cessione in propriet Adeguamento dell'importo del prezzo di cessione al limite minimo fissato dall'art. 6, secondo comma, della legge 27 aprile 1962, n. 231 Doverosit, 682. -Alloggi di tipo economico e popolare Cessione in propriet Criteri legali di determinazione del prezzo Controversie Giurisdizione del giudice ordinario, 682. -Riconoscimento del diritto a rimborso IRPEF -Omessa corresponsione Domanda di pagamento Giurisdizione delle commissioni tri butarie, 689. -Riforma della sentenza dichiarativa del difetto di giurisdizione dell'a. g.o. -Omessa rimessione al giudice di primo grado Violazione del principio del doppio grado di merito -Sussiste, 687. -Tardiva corresponsione dell'indenni t di buonuscita Domanda di pagamento dei danni Colpevole ritar do dell'Amministrazione nella trasmissione del progetto di liquidazione all'E.N.P.A.S. Giurisdizione del giudice ordinario, 687. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Appello -Questioni pregiudiziali sollevate in primo grado Riproposizione da parte dell'Amministrazione vincitrice. Necessit o meno dell'ap pello incidentale in relazione al contenuto della decisione di primo grado, 714. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Applicabilit anche ai giudizi di ottemperanza Sospensione del processo amministrativo Legittimit costituzionale, 625. LOCAZIONE -Immobili adibiti ad abitazione Facolt di recesso riconosciuta solo al conduttore Legittimit costituzionale, 628. -Immobili adibiti ad abitazione -Termine finale del rapporto -Legittimit costituzionale, 628. PENA -Sanzioni depenalizzate Intrasmissibilit passiva per successione mortis causa Limiti, 709. PENSIONI -Pensioni civili Impiegati enti locali Servizi statali Ricongiunzione Liquidazione Criteri, con nota di G. STIPO, 724. PREVIDENZA -Fondo di previdenza personale imposte di fabbricazione Impiegati non di ruolo -Sono iscritti, 636. PROCEDIMENTO CIVILE -Cassazione civile -Questioni nuove -Inammissibilit, 694. -Gratuito patrocinio Assistenza del consulente tecnico di parte, 597. VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PROCEDIMENTO PENALE - Diritto df difesa -Prelevamento ed analisi di campioni Deteriorabilit del campione -Avviso all'inquisito Necessit, 613. -Dogana -Reati punibili con pena pecuniaria -Imputati stranieri Carcerazione preventiva -Illegittimit costituzionale -Estensione nell'ambito dei monopoli, 609. PROFESSIONI -Esame di Stato abilitante -Equipollenti -Necessit di previsione legislativa espressa, 605. REATO -Reati valutari -Delitti previsti dal secondo e dal terzo comma dell'art. 1 d.l. 4 marzo 1976, n. 31 e succ. mod. -Reati a soggetto qualificato, 780. -Reati valutari -Delitto previsto dal primo comma dell'art. 1 d.l. 4 marzo 1976, n. 31 e succ. mod. -Reato comune a soggetto indifferente, 780. -Reati valutari -Nozione di residenza delle persone fisiche ai fini valutari -:B quella di cui all'art. 1 d.l. 6 giugno 1956, n. 576, 780. -Successione di leggi penali nel tempo -Graduale regolarizzazione di situazioni esistenti -Autonoma legge di delegazione di amnistia -Non necessit, 612. REGIONI -Coordinamento degli incentivi creditizi -:B attribuzione dello Stato, 621. -Inquinamento -Conferimento di funzioni alle regioni a statuto ordinario -Legittimit costituzionale, 612. -Regioni a statuto speciale -Decreti legislativi di attuazione -:B competenza legislativa separata, 621. SANZIONI AMMINISTRATIVE -Giudizio di opposizione -Esistenza di un'adeguata motivazione -Potere -Dovere del Pretore di accertar TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -lmr>osta sui redditi di ricchezza mobile -Aziende ed istituti di credito -Quote di reddito destinate a riserva -Aliquota ridotta -Condizioni e limiti, 751. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Soggetti passivi -Eredit giacente o vacante -Organizzazione di beni non avente personalit giuridica -Esclusione -Accettazione Acquisto della qualit di soggetto passivo con effetto retroattivo, 754. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Dogana -Accordo G.A.T.T. -Principio di parit fiscale tra prodotti nazionali e prodotti importati -Imbarcazioni da diporto -Prima vendita -Esenzione dall'I.G.E. -Assoggettamento ad imposta dei natanti importati -Illegittimit, con nota di S. LAPORTA, 735. -Dogana -Diritti di prelievo -Importazioni anteriori all'll settembre 1976 -Aliquota applicabile -:B quella in vigore il giorno dell'importazione -Sopravvivenza di aliquota inferiore prima dello sdoganamento -Irrilevanza, 740. - Dogana -Diritti di prelievo -Rinuncia al recupero del maggior prelievo non riscosso -Importazioni anteriori al 1 luglio 1980 -Esclusione, 740. - Dogana -Diritti doganali -Rimborso Disciplina di cui all'art. 19 d.l. 30 settembre 1982, n. 688 Applicabilit all'I.G.E. all'importazione Esclusione, con nota di S. LAPORTA, 735. -Imposta di registro -Agevolazione per il Mezzogiorno Aumento di capitale di societ -Conferimento di impianti gi funzionanti -Non esclude il beneficio, 758. -Imposta di registro -Dichiarazione di simulazione assoluta di atto di trasferimento -Imposta sul ritrasferimento :B dovuta con riferimento al valore del tempo del ritrasferimento, 747. -Imposta di successione -Deduzione di passivit -Inventario di eredit beneficiata -Insufficienza, 742. - Imposta di successione -Dichiarazione -Termine -Accettazione con la -Sussiste, con nota di G. PALMIERI, 695. beneficio di inventario -Rinvio al cod. civ., 765. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA TRIBUTI (IN GENERE) -Accertamento tributario -Notificazioni. Irreperibilit del destinatario nel domicilio fiscale -Ipotesi diverse, 744. -Condono -Processo costituzionale Eventuale presentazione di istanze di condono -Rimessione al giudice a quo '" 639. -Contenzioso tributario -Impugna zione di terzo grado -Oggetto e li miti -Difetto di motivazione -Ammissibilit, 763. -Contenzioso tributario -Procedimneto innanzi alle commissioni -Articolo 44 d.P .R. 26 ottobre 1972 n. 636 Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza, 760. -Contenzioso tributa11io -Procedimento innanzi alle commissioni -Estinzione -Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 -Effetti -Riassunzione del giudizio -Esclusione, 760. - Contenzioso tributario -Procedimento innanzi alle commissioni -Estinzione -Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 -Effetti -Riproposizione di nuovo ricorso -Inammissibilit, 760. - Contenzioso tributario -Procedimento innanzi alle commissioni -Impugnazione incidentale condiziona ta -Nozione -Rigetto dell'impugnazione principale -Assorbimento, 757. URBANISTICA -Costruzione abusiva -Ordine di demolizione -Irrogazione della sanzione pecuniaria -Motivazione della scelta tra i due strumenti repressivi -Esclusione di massima Necessit per opere conformi al P.R.G., 721. -Costruzione abusiva -Ordine di demolizione -Irrogazione della sanzione pecuniaria -Motivazione della scelta tra i due strumenti repressivi -Necessit quando trascorso lungo tempo, 721. -Piano regolatore adottato dal Comune -Immediata impugnabilit Misure di salvaguardia -Riapertura termini per impugnazione piano regolatore, inammissibilit, con nota di G.P. POLIZZI, 715., -Piano regolatore approvato -Incondizionata impugnabilit, con nota di G.P. POLIZZI, 715. -Piano regolatore -Beni del patrimonio indisponibile dello Stato -Mutamento di destinazione -Intesa con l'Amministrazione Statale -Mancanza -Illegittimit, 722. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 8 giugno 1983, n. 149 16 giugno 1983, n. 172 1 luglio 1983, n. 205 6 luglio 1983, n. 207 6 luglio 1983, n. 210 18 luglio 1983, n. 215 21 luglio 1983, n. 225 21 luglio 1983, n. 226 25 luglio 1983, n. 237 28 luglio 1983, n. 246 28 luglio 1983, n. 248 28 luglio 1983, n. 251 28 luglio 1983, n. 252 29 settembre 1983, n. 282 (ord.) 18 ottobre 1983, n. 308 18 ottobre 1983, n. 310 18 ottobre 1983, n. 314 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 22 marzo 1983, nella causa 34/82 20 aprile 1983, nella causa 59/82 III Sezione, 5 maggio 1983, nella causa 139/1982 12 luglio 1983, nella causa 170/78 III sezione, 14 luglio 1983, nella causa 201/82 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 7 aprile 1983, n. 2454 Sez. I, 7 aprile 1983, n. 2486 Sez. I, 11 aprile 1983, n. 2545 Sez. I, 16 aprile 1983, n. 2626 Sez. I, 16 aprile 1983, n. 2631 Sez. I, 16 aprile 1983, n. 2633 Sez. I, 18 aprile 1983, n. 2644 Sez. I, 18 aprile 1983, n. 2646 Sez. I, 18 aprile 1983, n. 2648 Sez. I, 18 aprile 1983, n. 2649 pag. 597 599 600 )) 605 605 609 612 )) 612 )) 621 625 )) 613 628 )) 628 )) 635 636 639 613 pag. 641 )) 645 653 676 )) 676 pag. 735 )) 740 )) 692 742 )) 744 747 )) 751 754 757 )) 758 INDICE CRONOLOGICO DEU.A GIURISPRUDENZA Sez. I, 2 maggio 1983, n. Sez. I, 2 maggio 1983, n. Sez. I, 13 maggio 1983, n. Sez. I, 9 giugno 1983, n. Sez. Un., 21 giugno 1983, Sez. I, 27 giugno 1983, n. Sez. Un., 5 luglio 1983, n. 3020 3022 3307 3954 n. 4259 4404 4512 Sez. I, 13 luglio 1983, n. 4759 . Sez. I, 9 agosto 1983, n. 5311 . Sez. I, 18 ottobre 1983, n. 6109 Sez. Un., 20 ottobre 1983, n. 6149 Sez. Un., 21 ottobre 1983, n. 6180 Sez. Un., 29 ottobre 1983, n. 6418 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen. 22 dicembre 1982, n. 21 Ad. Plen. 9 marzo 1983, n. 1 . . Ad. Plen. 19 maggio 1983, n. 12 . Ad. Plen. 27 maggio 1983, n. 13 CORTE DEI CONTI Sez. Ili, 13 gennaio 1982, n. 48927 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI PENAU CORTE DI CASSAZIONE Sez. III. pen., 19 maggio 1983, n. 390 . . . . . . . . . . . . . . . . . . Xl pag. 760 763 765 694 768 695 )) 699 771 )) 702 709 682 )) 687 )) 689 pag. 714 715 721 )) 722 pag. 724 pag.. 780 PARTE SECONDA INDICE DELLA LEGISLAZIONE PARTE SECONDA INDICE DELLA LEGISLAZIONE LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali pag. 77 II. -Questioni dichiarate non fondate 81 I III. -Questioni proposte . . . 87 I I ~ 11 I I ~: >: i:>: f.j ~ ~ 1~ ~ I ~ I I I ~ ~ I I~ i ,.: ~= PARTE PRIMA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 8 giugno 1983, n. 149 -Pres. Elia -Rel. Mala gugini -Saldarini (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Avv. Stato Salimei). Procedimento civile Gratuito patrocinio Assistenza del consulente tecnico di parte. (Cost., art. 24; r.d. 30 dicembre 1923. n. 3282, art. 11). Il diritto di difesa comprende la facolt di avvalersi dell'assistenza di un consulente tecnico di parte. Contrasta con l'art. 24 ed pertanto costituzionalmente illegittimo l'art. 11 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, nella parte in cui non prevede che il beneficio del gratuito patrocinio si estenda alla facolt per le parti di farsi assistere da consulenti tecnici. (omissis) Questa Corte ha ripetutamente sottolineato fa portata generale della categorica affermazione -nell'art. 24 Cost. -del diritto inviolabile di difesa ed ha rilevato che, pur se spetta al legislatore, considerate le peculiarit strutturali e funzionali ed i -diversi interessi in gioco nei vari stadi e gradi del procedimento, dettare le concrete modalit per l'esercizio del diritto di difesa, esso deve nelle diverse situazioni processuali essere garantito a tutti su un piano di uguaglianza ed in forme idonee (sent. n. 125 del 1979 cfr. da ultimo sent. n. 188 del 1980). In termini pi specifici, la Corte ha ritenuto che il diritto della difesa deve essere inteso come possibilit effettiva dell'assistenza tecnica e professionale, nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga rimosso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti (sent. n. 46 del 1957 e n. 59 del 1959). Ora, proprio per il carattere inviolabile del diritto di difesa, posto anche a garanzia del contraddittorio, che il medesimo art. 24 Cost., al terzo comma, statuisce che sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione: con ci intendendo rimuovere le difficolt di ordine economico che possono opporsi al concreto esercizio del diritto-di difesa stesso (sent. n. 46 del 1957 cit.) e cos instaurare tra le parti quella, almeno tendenziale, parit delle armi che del contraddittorio medesimo connotato essenziale. I complessi normativi che definiscono gli appositi istituti intesi ad assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi in giudizio, 598 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono stati ripetutamente sottoposti al vaglio di questa Corte in riferimento a vari parametri costituzionali, tra i quali, ricorrente, quello di cui all'art. 24 Cost. E Ja Corte medesima si pronunciata per Ja non fondatezza delle questioni allora dedotte, tutte incentrate sulla ritenuta insufficienza o non efficienza dei mezzi a quel fine apprestati con le disposizioni di legge denunziate, affermando, al proposito, che la insufficienza o scarsa efficienza di una norma di legge rispetto agli scopi voluti dalla Costituzione, non pu condurre a riconoscerla senz'altro contraria alla Costituzione, col risultato di far venir meno il poco gi attuato (sent. n. 97 del 1970, che richiama la sent. n. 114 del 1964; sentt. n. 149 del 1972, n. 35 del 1973 e n. 58 del 1973). La Corte non ora chiamata a riconsiderare questa sua precedente affermazione, riferita a censure aventi oggetto e prospettazione diversi rispetto a quella oggi in esame, anche se non pu esimersi dal rilevare che ila constatazione del poco attuato assume ad anni di distanza un sapore ancora pi amaro. (omissis) g invero da ricordare che, secondo un principio affermato dalla Corte fin dalla sentenza n. 46 del 1957 e poi fermamente e costantemente ribadito in numerose, successive occasioni, il diritto di difesa , in primo luogo, garanzia di contraddittorio e di assistenza tecnico-professionale. Il che quanto dire che quel diritto, di regola, assicurato nella misura in cui si dar all'interessato la possibilit di partecipare ad una effettiva dialettica processuale (sent. n. 190 del 1970). Queste affermazioni, riferite al difensore, vanno estese al consulente tecnico di parte, il quale quando si tratti di risolvere nel giudizio problemi di natura tecnica e si faccia perci luogo alla nomina di un consulente tecnico d'ufficio svolge funzioni che, secondo la comune opinione di dottrina e giurisprudenza, sono paragonabili a quelle dell'avvocato, limitatamente al piano tecnico. Ci del resrto, risulta gi dalle norme processuali che prevedono tale figura e ne disciplinano la facolt (artt. 87 e 201 cod. proc. civ.; artt. 323 e 324 cod. proc. pen.) ed stato riconosciuto da questa medesima Corte quando ha affermato che l'accertamento tecnico sia nel procedimento civile sia in quello penale ha gi.ridica rilevanza di difesa, nei ~imiti segnati dalle regole tecniche che ne costituiscono 'l'oggetto (sent. n. 128 del 1979): affermazione, questa, che discende direttamente dail'essere la nomina del consulente tecnico ,di parte prevista a maggior garanzia della regolarit del contraddittorio. Ora, che il testo di legge sul gratuito patrocinio approvato col r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 non contemplasse la nomina del consulente di parte facilmente comprensibile, dato che la nomina stessa non era prevista nel sistema processuale allora vigente (di cui al codice di rito approvato con r.d. 25 giugno 1865, n. 2366) per le ipotesi in cui nel giudizio si ricorresse al parere di uno o pi periti (secondo la terminologia allora vigente). In tale sistema, peraltro, la regola era che il perito o i PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE periti fossero concordemente nominati dalle parti, e vi dovesse provvedere H giudice solo quando queste non si fossero in proposito accordate (art. 253). Ben diverso , ~nvece, il sistema instaurato con il codice processuale del 1940, nel quale il consulente tecnico d'ufficio sempre nominato dal giudice ed data facolt alle parti, in tal caso, di farsi assistere... da un consulente tecnico (artt. 61, 87 e 201). Nell'ambito di tale sistema, Ja mancata previsione della facolt di nomina di un proprio consulente tecnico da parte del soggetto ammesso al gratuito patrocinio -ovviamente, nel caso ~n cui si faccia luogo nel giudizio alla noll:\ina di un consulente tecnico d'ufficio -non pi giustificabile. Essa, infatti, costituisce un'evidente limitazione del diritto di difesa del non abbiente, che ne menoma la possibilit di efficacemente contraddire quando nel giudizio si controverta su questioni di natura tecnica. Del resto, che nel vigente ovdinamento si in generale riconosciuto, anche alla parte am messa al gratuito patrocinio, il diritto di avvalersi dell'opera del consulente tecnico di parte, quando ne consentita la presenza, risulta positivamente dalle specifiche norme dettate in altri settori dell'ordinamento medesimo. Cos, riconosciuta dal codice di procedura penale del 1930 (art. 323) la facolt delle par.ti private di nominare consulenti tecnici, con le facolt ivi previste (artt. 324 e 325 cod. proc. pen.) apposita disposizione di attuazione del codice medesimo (art. 3, comma secondo, del r.d 28 maggio 1931, n. 602) ha esteso il beneficio del gratuito patrocinio alla facolt per le parti di farsi assistere da .consulenti tecnici (cfr. anche artt. 4-6 r.d. 24 foglio 1931, n. 1071 [norme di coordinamento delle tariffe in materia penale con quelle dei due nuovi codie penale e di procedura penale]). Ed allo stesso modo ha disposto -all'art. 14, secondo comma -la legge sul processo del lavoro (legge 11 agosto 1973, n. 533) nel dettare, per tale settore, la nuova disciplina del patrocinio a spese dello Stato. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1983, n. 172 Pres. Elia Rel. Bucciarelli Ducci Regione Trentino-Alto Adige (avv. Pace) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Vittoria). Corte costituzionale -Conflitto di attribuzione tra Stato e . Regione Non notificato al Presidente del Consiglio. E inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione notificato, anzich al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro che ha emesso il procedimento impugnato. Con ricorso notificato il 2 luglio 1981 la Regione Trentino-Alto Adige, in persona del Presidente della Giunta regionale, ha sollevato conflitto di 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attribuzione nei confronti del Ministro del Tesoro avverso i decreti dello stesso ministro de11'11 aprile e del 5 maggio 1981 (pubblicati su1la Gazzetta Ufficiale n. 120 del 4 maggio 1981 e n. 136 del 20 maggio 1981). (omissis) (omissis) Il ricorso inammissibile per non essere stato notificato al Presidente del Consiglio dei ministri, bens al Ministro del tesoro. Questa Corte ha pi volte affermato che i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni devono svolgersi esclusivamente nel contraddittorio del Presidente del Consiglio dei Ministri, da un lato, e del Presidente della Regione, dall'altro, di qualunque autorit dello Stato o della Regione sia l'atto dal quale iJ. conflitto deriva (sentenza n. 6/1957), disponendo in tal senso gli artt. 39 della fogge 11 marzo 1953, n.. 87, e 27 delle norme integrative 16 marzo 1956. CORTE COSTITUZIONALE, 1 luglio 1983, n. 205 Pres. Elia Rel. Roehrssen Pantellini (avv. Flick), Banca naz. lavoro (avv. Giannini), Fall. Compagnia italiana petroli (avv. Cremonini). Enti pubbllcl Banche Banche di diritto pubbllco Responsabilit di amministratori e dipendenti -Parificazione alle banche private Inammissibilit della questione. (Cost., artt. 3 e 47; cod. pen., artt. 314, 357 e 358; I. 7 marzo 1938 n. 141, artt. 1 e 25). Spetta alla discrezionalit del legislatore ordinario stabiliffe se debba eliminarsi il divario tra chi opera nelle banche pubbliche e chi opera in quelle private; del resto, la parificazione non potrebbe operarsi semplicemente adottando il regime penalistico pi favorevole (1). {omissis) Con ordinanza 30 gennaio 1980 Ja Corte d'appello di Bologna -nel corso di un processo per peculato per distrazione a carico dei dipendenti della Banca nazionale del lavoro e di un consigliere della societ CIP (Compagnia italiana petroli) -ha sollevato questione di .> RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 608 del Consiglio dei ministri rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato. E ci a norma dell'art. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il quale dispone che qualora non si costituisca alcuna parte... fa Corte pu decidere in camera di consiglio . Il presupposto dell'applicazione nel senso detto di tale norma costituito dalla negazione della qualit di parte nel Presidente del Consiglio (non quando esso sia stato parte nel giudizio principale, ma) quando esso interviene nel giudizio incidentale di legittimit costituzionale. La, Corte ritiene che la questione possa essere decisa utilizzando un elemento di giudizio testuale e uno desunto dal sistema. In primo luogo il testo della legge. Il citato art. 26 della legge n. 87 del 1953 che esclude '1a necessit dell'uddenza quando non vi sia alcuna parte costituita segue immediatamente l'art. 25 il quale in due commi distinti tratta separatamente della facolt delle parti e di quella del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Giunta Regionale. La netta distinzione e separazione :indica che i Presidenti del Consiglio dei ministri e della Giunta Regionale non appartengono alla categoria delle parti . Vero che l'art. 8 delle Norme integrative 16 marzo 1956 per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, a proposito della convocazione della Corte in udienza pubblica, stabilisce che il decreto di fissazione dell'udienza comunicato in copia alle parti costituite , considerando unitariamente le partii in senso proprio e gli intervenii.enti, e che l'art. 17, comma secondo, stabilisce, senza distinguere tra parti ed intervenienti, che dopo la relazione, i difensori delle parti svolgono succintamente i motivi delle loro conclusioni (al quale riguardo deve per ricordarsi che la dottrina non ha mancato di sottolin;eare il rilievo che assume Ja prassi costante secondo la quale l'Avvocatura parla sempre per ultima dopo i difensori delle parti). Ma vero anche che gli artt. 3 e 4 trattano distintamente (come fa l'art. 25 della legge n. 87) della costituzione delle parti e dell' intervento in giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Giunta Regionale; mentre l'art. 9 contiene ,una disposi:llione ripetitiva dell'art. 26 della legge n. 87. Pertanto Ie non univoche enunciazioni delle Norme integrative (tuttavia destinate ad assicurare sia alle parti, sia agli intervenienti, la comunicazione della data di trattazione della causa, in udienza o in camera di consiglio, e conseguentemente la facolt di presentare memoria illustrati. va anche in questo secondo caso) non possono invalidare, anche per la loro natura, la chiara distinzione che ila legge n. 87 ha posto tra parti ed intervenienti. La quale -ed questo il secondo fondamentale elemento di giudizio - conseguente e coerente alla natura >, nonch l' indicazione della quantit di acqua da prelevare nell'anno solare (come prescrive il terzo comma dell'art. 15); che siano osservate, in quanto compatibili con la legge n. 319, le prescrizioni stabilite dalle regioni o dagli enti locali; e, soprattutto, che un fattivo comportamento del titolare dello scarico, consistente nell'adozione delle misure a ci necessarie, valga ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento (cfr. il primo comma dell'art. 25). S'intende che il momento amministrativo stato cos privilegiato come si detto in dottrina -rispetto al momento repressivo, affidato ai giudici penali. Ma questa scelta legislativa non pu ritenersi priva di giustificazione. Nel sindacato sulla legittimit costituzionale del combinato disposto degli artt. 25, ultimo comma, e 26, primo comma, non devono infatti trascurarsi la considerazione del sistema normativo in cui tali disposti si inseriscono e la valutazione complessiva delle finalit che la legge n. 319 ha perseguito e tuttora persegue (malgrado i gravi ritardi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO verificatisi in sede attuativa). Per affrontare d.n modo organico il fenomeno degli inquinamenti delle acque, questa legge fa :perno sulla programmazione degli indispensabili interventi pubblici, sia da parte statale sia da parte il:'egionale (cfr. gli artt. 1 l:ett. d), 2 lett. e), 4 lett. a) e Jett. e), ed 8); ed a ci si collega la previsione di una sistematica raccolta di dati, con particolare riguardo al catasto provinciale di tutti gli scarichi ed al censimento regionale dei corpi idrici (cfr. gli artt. 1 lett. e), 2 fott. b), 4 lett. d), 5 lett. a) e 7). In un tale quadro, si rendeva dunque necessaria la collaborazione fra i titolari degli scrurichi e le autorit amministrative o di governo del settore: collaborazione che stata per l'appunto incentivata dall'ultimo comma dell'art. 25, temperando il rigore delle norme penali preesistenti e cos facilitando la presentazione delle domande di cui all'art. 15 e la conseguente rilevazione degli scarichi stessi. (omissis) A questa stiregua, per, non si tiene conto della novit rappresentata dalla legge n. 319, rispetto alla frammentaria e lacunosissima legislazione preesistente. Imporre agli insediamenti produttivi gi in essere, sebbene realizzati durante la vigenza di norme ben diversamente orientate, l'immediata osservanza delle tabelle A e C, avrebbe infatti significato -nella pi parte dei casi -prevedere alcunch di materialmente iimpossibile, determinando la totale interruzione o il drastico ridimensionamento delle pi varie attivit industriali. Viceversa, la prevista gradualit dell'adeguamento ha inteso contemperare gli antitetici valori ed interessi in gioco, sulla base d'una discrezionale ma non irragionevole valutazione delle esigenze dell'economia del Paese, dei tempi tecnici occorrenti per conformare gli scarichi {ed eventualmente gli stessi procedimenti produttivi), dei notevoli costi da sopportare comunque in tal senso. Ed anzi va ricordato che nemmeno la legge n. 319 ha saputo far fronte in maniera efficace ai problemi finanziari, 'Collegati alla tutela delle acque dagli inquinamenti: tanto vero che le generiche previsioni degli artt. ,19 e 20 hanno dovuto e.ssere variamente integrate da una serie di successive norme di leggi, statali e regionali. (omissis). III (omissis) Con la prima ordinanza di rimessione il Pretore di Milano ha sollevato questione di legittimit costituzionale -in !relazione all'art. 24 secondo comma della Costituzione -degli artt. 6 primo comma (lett. a) 9 terzo comma e 15 sesto e settimo comma della legge 10 maggio 1976, n. 319 (tutela delle acque dall'inquinamento) e successive modifiche perch dette norme non prevedono che i prelievi di campioni di acque effettuati dagli organi amministrativi di controllo e la conseguente analisi di essi, operate dal 1aboratorio provinciale di igiene e profilassi, avvengano con le garanzie difensive previste dal codice di procedura penale PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE per gli accertamenti iperitali; e, non essendo prevista un'idonea procedura di revisione delle analisi, la normativa denunciata consentirebbe di porre a base di una condanna penale i risultati di una procedura amministrativa ana quale ['interessato non stato posto in grado di intervenire. (omissis) La questione di legittimit costituzionale deve essere circoscritta all'art. 15, comma settimo, legge 10 maggio 1976, n. 319, dato che le altre norme della stessa legge, impugnate con~untamente, non concernono le fasi specifiche di prelevamento e di analisi dei campioni delle acque di scarico, ma riguardano, in generale, le fasi anteriori di controllo, individuando le autorit competenti ad effettuare tale controllo, precisan-. done i poteri, e dettando i criteni per Ia misurazione ed i limiti di accettabilit degli scar.ichi. La questione fondata. Questa Corte ha gi precisato che il diritto di difesa sarebbe violato qualora la nozione di procedimento >>, nel quale il secondo comma dell'art. 24 Cost. garantisce la difesa come diritto .inviolabile, venisse intesa in senso restrittivo escludendo le attivit preordinate a una pronuncia penale che si traducono in processi verbaU di cui consentita la lettura in dibattimento ,, poste in essere al di fuori del normale intervento del ma gistrato (sent. 86/1968). In base a tale orientamento la Corte ha compreso nel concetto di procedimento, nel quale si deve realizzare il diritto di difesa, gli atti di polizia giudiziaria di cui all'art. 225 cod. proc. pen. (sent. n. 86/1968) e la fase di reviS1ione delle analisi previste dall'art. 44 r.d.L 15 ottobre 1925, n. 2033 in materia di repressione delle frodi nella preparazione e nel com mercio di sostanze di uso agrario (sent. n. 149/1969). Situazioni paragonabili a queHe oggetto dei giudizi di legittimit costituzionale definiti con ben chiaro che fra queste ipotesi espressamente contemplate dalla direttiva 70/50/CEE rientra esattamente la misura ipotizzata nell'ordinanza di rinvio. La sua incompatibilit con l'art. 30 , perci, incontestabile in base ai criteri applicativi da tempo codificati e generalmente raccolti. 4. -Nella presente fattispecie, pertanto, trattandosi di misure applicabili ai soli prodotti importati, non vengono in considerazione i delicati problemi concernenti l'eventuale incompatibilit con l'art. 30 di discipline nazionali di commercializzazione applicabili indistintamente ai prodotti nazionali e importati (tali problemi, com' noto, sono stati esaminati dalla Corte nelle sentenze: 20 febbraio 1979, causa n. 120/78, Rewe, in Racc., 1979, pag. 649; 26 giugno 1980, causa n. 788/79, Gilli, in Racc., 1980, pag. 2071; 19 febbraio 1981, causa n. 130/80, KEL!JERMAN, inedita; 9 dicembre 1981, causa n. 193/80, Commissione c. Italia, inedita). La situazione ben diversa: la norma ipotizzata nelFordinanza di rinvio non stabilisce determinati requisiti indifferentemente validi per tutti i prodotti di una determinata specie (vermut a base di vino), nazionali o importati che siano. Essa, invece, consente, da un lato, la libera commercializzazione, all'interno della Repubblica federale di Germania, dei vermut nazionali (o importati da Paesi diversi dall'Italia), qualunque sia la loro gradazione (purch inferiore a 18), e vieta, dall'altro, la commercializzazione del solo vermut proveniente dall'Italia che abbia una gradazione inferiore a 16. L'esistenza di una discriminazione arbitraria, e, quindi, di un'illecita restriuone alle importazioni,. non potrebbe essere pi chiara. L'incompatibilit della misura ipotizzata con gli artt. 30 e segg. del Trattato CEE dev'essere, perci. affermata in maniera del tutto incondizionata, senza che possano neppure ipotizzarsi limitazioni o eccezioni del tipo di quelle che, forse, vanno introdotte laddove si tratti di misure indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli importati. i' ti: 1' !: ~: PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 649 mente inferiore a quella minima prescritta dalla legislazione dello Stato membro B, sia conforme agli artt. 30 e segg. del Trattato CEE, anche qualora nello Stato membro A non ,sia prescritta la gradazione alcolica minima per il vermut a base di vino nazionale, con la conseguenza che il vermut, se venisse prodotto nello Stato membro A, sarebbe senz'altro commerciabile in questo Stato. Nel caso di soluzione affermativa della prima questione: 2) Se questa compatibilit con gli artt. 30 e segg. del Trattato CEE sussista anche qualora le disposizioni nazionali dello Stato membro B stabiliscano che il vermut a base di vino non dev'essere conforme alle norme narionahl deliJ.o sitesso Stato, relaitiive ailila ~on.e ailcolica minima, nel caso in cui sia prodotto per essere esportato nello Stato membro A. 6. -Con la prima questione, il giudice nazionale mira ad ottenere gli elementi d'interpretazione che gli consentano di stabilire se un divieto 5. -Occorre chiedersi, per completezza, se un divieto all'importazione del tipo di quello ipotizzato nell'ordinanza di rinvio possa, per avventura, esser legittimato dall'art. 36 del Trattato, e cio se esso possa ritenersi giustificato da motivi di moralit pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della propriet industriale e commerciale . Appare evidente che la risposta a tale quesito dev'essere negativa. Esclusa, per ovvie ragioni, la possibilit di far riferimento a motivi di moralit pubblica, di pubblica sicurezza, di tutela della salute, di protezione del patrimonio artistico e di tutela della propriet industriale, restano da considerare i motivi attinenti all' ordine pubblico. Ma anche a voler ammettere che la nozione di ordine pubblico possa essere estesa fino a comprendervi la tutela dei consumatori contro le frodi e la repressione della concorrenza sleale (cfr., in proposito, le conclusioni dell'Avvocato Generale Capotorti nella causa 120/78, in Racc., 1979, pag. 666 e segg.), appare evidente che un divieto come quello ipotizzato nell'ordinanza di rinvio non pu aver nulla a che fare neppure con queste finalit. Per quanto riguarda la tutela della lealt e dell'equit nei rapporti con correnziali, va osservato, anzi, che proprio la prescrizione di un requisito di gradazione minima per i soli prodotti provenienti da un determinato Paese che rende impossibile lo svolgimento di una normale concorrenza. La pos sibilit di diminuire la gradazione alcolica garantisce, infatti, un evidente vantaggio concorrenziale ai prodotti nazionali rispetto alle bevande importate, obbligate ad attenersi alla gradazione pi elevata, dato che l'alcool costituisce, nella composizione delle bevande, l'elemento di gran lunga pi costoso, in considerazione, soprattutto, del notevole onere fiscale cui soggetto. L'equit nei rapporti di concorrenza nell'ambito del mercato tedesco sarebbe, perci, gravemente violata a danno dei prodotti italiani se questi, e solo questi, fossero obbligati a rispettare onerose condizioni di commercializzazione, dall'osservanza delle quali, invece, sarebbero esenti i prodotti nazionali e quelli importati da altri Paesi. 650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d'importare vermut la cui gradazione alcolica sia inferiore al minimo prescritto nello Stato membro esportatore per la commercializzazione sul mercato interno, mentre tale minimo non prescritto per la commercializzazione del vermut prodotto nello Stato membro importatore, rientri o no nella categoria delle restrizioni quantitative all'importazione o misure d'effetto equivalente cli cui all'art. 30 del Trattato CEE. 7. -Dal dibattito svoltosi dinanzi alla Corte risulta -e ci non viene contestato dall'attore nella causa principale -che una norma dello Stato importatore, e la quale imponga d fatto una gradazione alcolica minima per il solo vermut importato impedisce la commercializzazione di un prodotto lecitamente fabbricato nello Stato membro esportatore, quando non pone alcuna condizione relativa alla gradazione alcolica minima per la messa in commercio cli prodotti nazionali analoghi. 8. -Una siffatta disposizione, in quanto riguarda soltanto prodotti importati, ha quindi carattere discriminatorio. Quanto, poi, alla tutela dei consumatori, ancor pi evidente che essa completamente estranea al tema in discussione. La determinazione di requisiti di composizione dei vari prodotti, e cos anche la fissazione di valori-limite in materia di gradazione alcolica delle bevande, pu certamente servire alla standardizzazione delle merci poste in commercio e delle loro denominazioni, nell'interesse di una maggior trasparenza dei negozi commerciali e delle offerte al pubblico (sentenza 20 febbraio 1979, causa n. 120/78, Rewe, par. 13). Ma ci presuppone, ovviamente, che i requisiti prescritti valgano indifferentemente per tutti i prodotti, senza alcun riguardo alla loro origine. La determinazione di requisiti diversi per i prodotti interni e per quelli importati non potrebbe, invece, trovare giustificazione alcuna dal punto di vista della tutela dei consumatori. E ci a prescindere dalla considerazione che, comunque, la fissazione di valori-limite in materia di gradazione alcolica non pu mai considerarsi come una garanzia sostanziale e indispensabile della lealt dei negozi commerciali, dal momento che facile garantire l'adeguata informazione dell'acquirente rendendo semplicemente obbligatoria l'indicazione della gradazione alcolica sull'etichetta (cfr. sentenza citata). Appare incontestabile, in conclusione, che una misura restrittiva come quella ipotizzata nell'ordinanza di rinvio non pu avere altro scopo ed altro effetto pratico che quello di garantire un vantaggio ai prodotti nazionali, allontanando i prodotti provenienti da un determinato Paese (l'Italia) o rendendoli meno competitivi attraverso l'imposizione di requisiti di commercializzazione pi onerosi. L'incompatibilit di una simile misura con gli artt. 30 e segg. del Trattato CEE non pu, perci, essere negata. _6. - appena il caso di aggiungere, infine, che la conclusione raggiunta non pu certamente mutare in considerazione della circostanza che i requisiti di commercializzazione imposti al solo prodotto importato (vermut italiano) ricalchino quelli valevoli nell'ambito del mercato di origine del prodotto stesso. Come si gi detto, in mancanza di una normativa comune in materia di produzione e di commercio dell'alcool, spetta agli Stati membri disciplinare ~ '~j PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 651 9. -Questa conclusione non inficiata dal fatto che la normativa di cui trattasi fac;cia rinvio alle norme di produzione dello Stato membro esportatore, poich il carattere discriminatorio pu essere constatato soltanto in funzione della normativa dello Stato in cui il prodotto viene messo in commercio, cio dello Stato membro importatore. 10. -Lo Schutzverband ha tuttavia sostenuto che detta normativa giustificata in quanto i consumatori tedeschi, ed .in particolare quelli, assai numerosi, che si recano ogni anno in Italia, danno per scontato che un vermut italiano, messo in commercio nella Repubblica federale di Germania, sia identico al vermut messo in commercio in Italia, e sono conseguentemente indotti in errore da un vermut italiano la cui gradazione alcolica in volume inferiore a quella dello stesso vermut ch'essi hanno consumato in Italia. 11. -Bench fa Corte abbia ripetutamente dichiarato, a partire dalla sentenza 20 febbraio 1979 (causa 120/1978, Rewe, Racc. pag. 649), che in particolare la tutela dei consumatori pu giustificare ostacoli alla libera ciascuno nel suo territorio, tutto ci che riguarda la produzione e il commercio delle bevande alcoliche. Ci comporta che ogni disciplina nazionale deve essere valutata per s, isolatamente, e che, nel suo ambito di applicazione, tutti i prodotti, quale che sia la loro provenienza, devono esser trattati allo stesso modo. Qualunque discriminazione non potrebbe che apparire arbitraria, nel senso indicato dall'art. 36 del Trattato. In particolare, del tutto arbitraria sarebbe una discriminazione che pretendesse di fondarsi su una specie di indebita estensione, al di l dei suoi limiti spaziali, della disciplina vigente nel mercato di origine dei vari prodotti. La circostanza che i produttori italiani di vermouth siano obbligati ad attenersi a determinate specifiche tecniche (gradazione minima di 16) per commercializzare il loro prodotto in Italia non costituisce affatto una buona ragione per imporre loro lo stesso onere anche nell'ambito di un ordinamento diverso, nel quale quelle specifiche non valgono n per i prodotti nazionali, n per quelli importati da altri Paesi. Che, insomma, in materia di requisiti di commercializzazione sia lecito introdurre, allo stadio attuale di evoluzione del diritto comunitario, una specie di principio del Paese di origine, un'ipotesi da scartare nettamente, in quanto contraria al chiaro disposto dell'art. 30 ed alle evidenti esigenze della parit di trattamento di tutti i prodotti degli Stati membri nell'ambito di ciascuno degli ordinamenti degli Stati stessi, anche prima della loro completa armonizzazione. In tal senso chiaramente orientata anche la direttiva n. 70/50/CEE, che, come si gi ricordato, comprende espressamente fra le misure d'effetto equivalente a restrizioni quantitative quelle che prescrivono che i prodotti importati siano, in tutto o in parte, conformi ad una regolamentazione diversa >, e che anche dopo che si era posto fine al comportamento illegittimo, la Commissione poteva ancora avere interesse alla decisione della causa, almeno perch, in caso contrario, lo Stato membro avrebbe modo di ricominciare il giorno seguente e ci senza che la sussistenza della trasgressione possa essere dichiarata con sentenza . Questo richiamo alla vostra giurisprudenza mi sembra particolarmente importante nella presente fattispecie per due motivi. Anzitutto, taluni passi delle allegazioni scritte ed orali delle parti successive alla sentenza interlocutoria del 27 febbraio 1980 danno l'impressione che essi considerino decisiva per l'accertamento di una trasgressione del Trattato la situazione degli anni 1980-1983. Una tesi del genere sarebbe tuttavia contraria all'interpretazione da voi data, nella summenzionata sentenza, degli artt. 169 e 171 del Trattato. L'evolversi della situazione nel Regno Unito dopo la proposizione del ricorso rilevante in proposito solo in quanto atto a gettare una proficua nuova luce sulla situazione esistente al momento della proposizione del ricorso. In secondo luogo, il richiamo alla vostra giurisprudenza importante nella fattispecie perch la Commissione sostiene manifestamente che neppure dopo la proposizione del ricorso l'asserita trasgressione del Trattato venuta completamente meno. Gi per questo motivo, la Commissione conserva altres in concreto un evidente interesse ad una decisione della Corte la quale indichi con sufficiente chiarezza quali provvedimenti debba adottare, a norma dell'art. 171 del Trattato, il Regno Unito per porre fine all'asserita trasgressione del Trattato stesso. 1.3. -Gli antefatti di rilievo secondo il ricorso. -Nel parere motivato 8 novembre 1977, la Commissione ha sostenuto che l'accisa sui vini leggeri non spumanti era stata portata, al 1 gennaio 1977, da UKL 2,955 il gallone a UKL 3,250 il gallone, mentre sulla birra considerata veniva riscossa un'accisa di UKL 0,6084 il gallone. Per grado alcolico, l'accisa riscossa sul vino di cui trattasi con gradazione di 11 e, rispettivamente, di 12 era di UKL 0,2955 o di UKL 0.2708 il gallone, a fronte di UKL 0.2028 il gallone per la birra. Per quanto riguarda il rapporto di prezzo, l'accisa sulla birra rappresenterebbe PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 661 In attesa dell'esito di tali negoziati, le parti hanno chiesto ed ottenuto varie proroghe del termine fissato dalla sentenza 27 febbraio 1980. Non avendo potuto raggiungere un accordo bonario, esse hanno depositato le loro relazioni il 1 e, rispettivamente, il 2 dicembre 1981; il Governo italiano, interveniente nella causa, ha avuto modo di esprimere il suo parere. 4. -All'udienza del 19 maggio 1982 le parti hanno fornito spiegazioni orali. I chiarimenti dedotti in questa fas essendo risultati ancora insufficienti per consentire una decisione, ila Corte, con ovdinanza 15 luglio 1982, ai sensi degli artt. 45 e 60 del regolamento di procedura, ha disposto un supplemento d'istruttoria. Essa ha chiesto alle parti ulteriori informazioni in merito ai prezzi al consumo ed ai prezzi franchi del vino e della birra, entrambi di qualitcorrente, compresi cio nei tipi di vino e di birra pi frequentemente venduti e consumati sia nel Regno Unito, sia negli altri Stati membri. Essa ha, inoltre, chiesto delucida- in media il 25 % e l'accisa sul vino almeno il 38 % del prezzo di vendita al consumo. Secondo il parere motivato, l'accisa sul vino considerato supererebbe quindi l'accisa sulla birra, in base ai criteri applicati, di circa il 50 % (se si seguono i criteri relativi al contenuto alcolico o al prezzo al consumo) o anche di circa il 400 % (se si segue il criterio del volume previsto dalla norma1liva britannica in materia di accise). Vi un rapporto di concorrenza fra la birra ed il vino, cosicch l'accertata disparit di tassazione costituirebbe una protezione indiretta della produzione di birra, vietata dall'art. 95, 2 comma, del Trattato CEE. 1.4. La sentenza 27 febbraio 1980. -Nella sentenza interlocutoria 27 febbraio 1980 (Racc. 1980, pag. 417) avete anzitutto preso atto, al punto 3 della motivazione, che il Regno Unito ammette essenzialmente (non mette in dubbio) i fatti dedotti dalla Commissione, specialmente per quanto riguarda l'andamento delle aliquote d'imposta. Il Regno Unito ha invece contestato che vi sia un rapporto di concorrenza fra vino e birra, cosicch non vi sarebbe la possibilit di sostituzione che la condizione per l'applicazione dell'art. 95, secondo comma. Inoltre, anche supponendo che si riconosca tale possibilit di sostituzione, secondo il Regno Unito, il regime fiscale dei vini non avrebbe carattere protezionistico ai sensi del suddetto articolo del Trattato. Al punto 6 della motivazione, avete affermato che per determinare la sussistenza di un rapporto di concorrenzialit nel senso dell'art. 95, secondo comma, bisogna prendere in considerazione non soltanto lo stato attuale del mercato, ma anche le possibilit di evoluzione nel contesto della libera circolazione delle merci su scala comunitaria e le nuove potenzialit di sostituzione fra prodotti che l'intensificazione degli scambi pu mettere in luce, cos da porre pienamente in valore le complementarit fra le economie degli Stati membri, conformemente alle finalit stabilite dall'art. 2 del Trattato. Al punto 10 della sentenza avete energicamente sottolineato che (per accertare l'effetto protezionistico) l'art. 95, secondo comma, si riferisce al carattere del sistema fiscale in questione, cosicch non si pu esigere che sia fornita in ogni caso la prova statistica dell'effetto protezionistico. Per l'applicazione dell'art. 95, secondo comma, sufficiente l'accertamento che un 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zioni sull'evoluzione nella Comunit del consumo complessivo annuo del vino e 11ispettivamente della birra. 5. -Dopo che era stato risposto ai quesiti, la Corte ha sentito ancora una volta le parti all'udienza del 15 marzo 1983. Sul merito della causa. 6. -Si ricorda che i punti esaminati e lasciati, in parte, .in sospeso nella sentenza 27 febbraio 1980, riguardano 1e caratteristiche del rapporto di concorrenzialit fra vino e birra, nonch la scelta di un criterio di confronto e la determinazione di un rapporto d'imposizione adeguato fra i due prodotti. Le due questioni vanno riesaminate alla luce deg1i elementi forniti nelle due fasi del supplemento d'istruttoria. Sul rapporto di concorrenzialit fra il vino e la birra. 7. -Nella sentenza 27 febbraio 1980, la Corte ha sotto1ineato che il secondo comma dell'art. 95 si applica al trattamento tributario di pro- determinato dispositivo fiscale, tenuto conto delle caratteristiche ad esso proprie, pu provocare l'effetto protezionistico cui si riferisce il Trattato . Al punto 14 della motivazione avete dichiarato: Non si pu negare che, in una certa misura, le due bevande di cui causa sono in grado di soddisfare bisogni identici, cosicch si deve ammettere un determinato grado di sostituibilit reciproca>>. Nelle sue prime conclusioni (pag. 442) l'avvocato generale Reischl ha rafforzato la tesi della possibilit di sostituzione, affermando che dal punto di vista del consumatore, la birra e il vino sono destinati allo stesso uso, poich posseggono le stesse caratteristiche. Sono ottenuti entrambi mediante un procedimento di fermentazione, si distinguono dalle altre bevande dissetanti elencate nel capitolo XXII della Tariffa doganale comune per il loro contenuto alcolico. Il tenore di alcool relativamente ridotto le distingue poi, ancora -secondo tali conclusioni -dalle acquaviti di cui alla voce 22.09 C della Tariffa doganale comune, ottenute mediante distillazione. Considero un punto di partenza importante per le mie conclusioni nella presente causa il punto 14 della suddetta sentenza, al quale l'avvocato generale ha fornito un ulteriore supporto nelle prime conclusioni per questa causa. In merito ai criteri di calcolo da applicare all'accertato rapporto di concorrenzialit onde stabilire un confronto fra gli oneri fiscali sopportati dai due prodotti, al punto 18 della motivazione avete dichiarato che le spie gazioni fornite indicano che n la presa in considerazione del volume puro e semplice delle due bevande, n, ancora, il raffronto fra unit tipiche di consumo possono fornire un'adeguata base di comparazione. Lo stesso vale per il confronto fra l'incidenza dell'onere fiscale sul prezzo di vendita per i due tipi di bevande, tenuto conto del fatto che, mentre relativamente agevole individuare un prezzo medio per la birra, difficile definire una base di confronto rappresentativa per i vini, caratterizzati dall'ampio ventaglio di prezzi>>. Al punto 19, la sentenza aggiunge che fra i criteri proposti dalle parti il solo indice che possa permettere un confronto adeguato in un certo senso oggettivo consiste quindi nell'apprezzamento dell'incidenza dell'onere fiscale in rapporto alla gradazione alcolica delle bevande in questione. In base a PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 663 dotti che, pur non rispondendo al criterio di similarit, di cui al primo comma dello stesso articolo, si trovano nonclimeno in concorrenza, sia parziale, sia potenziale, con determinate produzioni del paese d'importazione. Essa ha aggiunto che per accertare la sussistenza di un rapporto di concorrenzialit nel senso dell'art. 95, secondo comma, bisogna prendere in considerazione non solo Jo stato attuale del mercato, ma anche le possibilit di evoluzione nel contesto deMa libera circolazione delle merci su scala comunitari.a e .Je nuove potenzialit di sostituzione fra prodotti che l'intensificarsi degli scambi pu mettere in luce, cos da porre pienamente in valore le complementarit fra le economie degli Stati membri, conformemente alle finalit stabilite dall'art. 2 del Trattato. 8. -Per quanto riguarda la concorrenzialit fra vino e birra, la Corte ha sostenuto che, quantomeno in una certa misura, le due bevande di cui causa sono in grado di soddisfare bisogni identici, cosicch si deve ammettere un determinato grado di sostituibilit reciproca. Essa questo criterio avete poi, fra l'altro, constatato che il vino sopporta attualmente nel Regno Unito un'imposizione superiore approssimativamente del 50 % a quella sulla birra, supponendo che si tratti di bevande, di rispettivamente, 11-12 e 3-3,7 di alcool. Secondo il Governo italiano, lo stesso punto della motivazione indica che, per i vini da tavola correnti di 9-lCJ<>, il margine di discriminazione raggiunge circa il 100.125 %. Il punto 20 della motivazione dichiara in conclusione, e con riserva di quanto stato detto sopra al punto 16 sulla determinazione di un rapporto di tassazione adeguato fra il vino e la birra, che secondo il solo criterio che permetta, per quanto in modo imperfetto, di stabilire un confronto oggettivo fra le aliquote di imposta applicate rispettivamente al vino ed alla birra, risulta che il vino sopporta nel Regno Unito un onere fiscale pi pesante della birra. Prender come secondo punto di partenza del mio esame i punti 18-20 della motivazione della vostra sentenza, relativi ai criteri di confronto da seguire. Dalle parole che ho sottolineato desumo in primo luogo che considerate il contenuto alcolico un criterio di confronto utilizzabile, anche se non del tutto perfetto. In secondo luogo ne deduco che non avete neppure voluto escludere l'applicazione complementare dei criteri relativi al volume ed al prezzo. Almeno per quanto concerne la rilevanza complementare del prezzo come criterio, questa mi sembra essere del resto la conseguenza logica dei quesiti posti alle parti con la successiva ordinanza 15 luglio 1982. Un terzo punto di partenza importante per la mia analisi mi sembra con sistere nell'affermazione di cui al punto 24 della motivazione, secondo la quale la presa in considerazione comparativa dell'andamento dei due regimi fiscali di cui causa rivela una tendenza protezionistica riguardo all'importa zione del vino nel Regno Unito. 1.5 -L'ulteriore svolgimento del procedimento. -Per un riassunto delle deduzioni integrative delle parti in seguito alla sentenza interlocutoria, mi limito qui a rinviare alla seconda relazione d'udienza. In esito a tali deduzioni integrative, avete espressamente chiesto alla Commissione, nella lettera di convocazione per la prosecuzione della fase orale, di precisare all'udienza la sua opinione sul rapporto di imposizione adeguato fra il vino e la birra, non6 664 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ha precisato che per misurare il grado di sostituibilit possibile non ci si pu limitare alle abitudini di consumo presenti in uno Stato membro od in una regione determinata. Infatti, tali abitudini, variabili essenzialmente nel tempo e nello sp~io, non possono essere considerate un dato immutabile; non bisogna quindi che la politica fiscale di uno Stato membro serva a cristallizzare date abitudini di consumo allo scopo di rendere stabile un vantaggio acquisito dalle industrie nazionali che si dedicano al il.oro soddisfacimento. 9. -Cionondimeno la Corte ha riconosciuto la difficolt, in considerazione delle notevoli differenze fra il vino e la birra, di stabilire confronti in base ai processi di produzione o alle propriet naturali delle bevande, difficolt che ha giustamente sottolineato H Governo del Regno Unito. Essa ha pertanto invitato le parti a fornire ulteriori elementi d'informazione atti ad eliminare le incertezze esistenti in merito alle caratteristiche del rapporto di concorrenzialit fra i due prodotti. ch di precisare l'influenza dei procedimenti di fabbricazione del vino e della birra sulla struttura del loro prezzo. All'udienza del 19 maggio 1982, la Com missione ha confermato che, a suo parere, era opportuno che la Comunit fissasse un limite massimo per la tassazione del vino, ma non un rapporto d'imposizione fisso fra il vino e la birra. Tale opinione, su cui ritorner nella mia esposizione, si basa sulla duplice constatazione che vi sono Stati membri che producono esclusivamente o pressoch esclusivamente birra, mentre negli altri Stati membri si producono sia birra che vino, senza che la maggiore tassazione della birra in questi paesi sembri ostacolare lo sviluppo sano delle fabbriche di birra. Nel secondo gruppo di paesi non vi praticamente importazione di birra, mentre nel gruppo di paesi menzionato per primo l'importazione di vino rilevante. La Commissione ha aggiunto che secondo le vostre sentenze 127/75 (Bobie, Racc. 1976, pag. 1079), 148/77 (Hansen, Racc. 1978, pag. 1787), 21/79 (Commissione c/ Italia, Racc. 1980, pag. 1) e 46/80 (Vinal, Racc. 1981, pag. 77) uno Stato membro pu applicare anche a prodotti analoghi sistemi tributari diversi, secondo criteri obiettivi, purch persegua in tal modo fini economici a loro volta compatibili col diritto comunitario e purch tali sistemi tributari non siano discriminatori e non abbiano per loro natura carattere protezionistico. Un rapporto fisso di tassazione reciproca fra vino e birra sarebbe, come l'armonizzazione delle aliquote, un fine essen ziale solo nell'ambito dell'armonizzazione delle legislazioni, ma non lo si pu raggiungere per mezzo dell'art. 95. Per il riassunto delle altre difese svolte dalle parti nella seconda udienza, rinvio alla terza relazione d'udienza. Nelle conclusioni integrative del 16 giugno 1982, l'avvocato generale Reischl si richiamato, per stabilire l'eventuale esistenza di un rapporto di sostituibilit fra i prodotti, oltre che alla vostra sentenza interlocutoria, alle sentenze REWE (145/75, Racc. 1976, pag. 181) e Fink-Frucht (27/67, Racc. 1968, pag. 315). Per quanto riguarda il rapporto d'imposizione adeguato fra il vino e la birra, egli ritiene determinante, sulla scorta delle vostre sentenze sugli alcolici 27 feb braio 1980, 168/78, 169/78, 171/78, 55/79 e 68/79 (Racc. 11980, pagg. 347, 385, 447, 481 e 501), il fatto che un diverso trattamento fiscale -che anch'egli considera in linea di massima ammissibile in base alle vostre sentenze menzionate dalla PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 665 10. -Il Governo del Regno Unito non si espresso su questo punto nelle memorie successive. La Commissione ha esposto il parere che le diverse condizioni di produzione, alle quali la Corte aveva attribuito una certa importanza, non incidano sulla composizione dei prezzi dei due prodotti, specialmente se si considera il mpporto di concorrenzialit fra birra e vini di qualit corrente. 11. -Da parte sua, il Governo italiano ha sostenuto Jn proposito che non giusto fare il confronto fra birra e vini di contenuto alcoolico medio o, a maggior ragione, elevato. Secondo lui, i vini che si trovano effettivamente in rapporto di concorrenzialit con la birra sono i vini pi leggeri, di gradazione alcolica vicina a 9, cio i vini pi correnti e meno cari. A parere di questo Governo, sono quindi vini del genere a dover essere scelti come termine di confronto quando si tratta di accertare l'incidenza della tassazione in base vuoi alla gradazione alcolica, vuoi al prezzo dei prodotti. Commissione -non deve essere discriminatorio o protezionistico nei con fronti dei prodotti importati. Proseguendo nell'esame dell'accisa di cui causa sul vino, alla luce dei vari criteri di confronto, egli si chiede fra l'altro se e fino a che punto, tenendo conto delle altre notevoli differenze fra il vino e la birra, il comportamento dei consumatori sia determinato dalla gradazione alcolica, o se esso non sia invece influenzato, in definitiva, solo dal prezzo finale delle bevande di cui trattasi . Egli conclude che il solo fatto che il descritto aggravio fiscale sopportato dal vino sia relativamente maggiore di quello sopportato dalla birra non consente di affermare con sufficiente certezza che questa prassi tributaria sia intesa a proteggere indirettamente la produzione naziouale di birra. In considerazione dei dati disponibili al momento di queste osservazioni, anch'io sarei probabilmente giunto alle medesime conclusioni. Baser pertanto il mio esame sull'analisi dei nuovi dati che sono divenuti disponibili in seguito, grazie ai quesiti da voi posti con ordinanza 15 luglio 1982. Tali quesiti riguardano, come sappiamo, i prezzi al consumo e la componente fiscale in essi compresa nei vari Stati membri dal 1977, nonch l'andamento del consumo di vino e di birra nei vari Stati membri dal 1972. 2. OSSERVAZIONI COMPLEMENTARI. 2.1. -Riassunto dei punti di partenza. -Passo ora all'esame delle questioni sollevate. All'uopo scelgo come punti di partenza, onde elaborare una mia opinione, le seguenti constatazioni sopra menzionate, della vostra sen tenza interlocutoria: a) l'esistenza di un rapporto di sostituibilit fra vino e birra; b) le considerazioni sui vari criteri di confronto, alla luce tuttavia delle precisazioni di cui alla vostra ordinanza 15 luglio 1982, nonch delle deduzioni fatte dalle parti in seguito a detta ordinanza; e) la tendenza protezionistica assodata al punto 24 della motivazione. 2.2. -Il rapporto di sostituibilit fra vino e birra. -In merito all'esistenza di un rapporto di sostituibilit fra il vino e la birra non ho nulla da aggiungere a quanto gi stato osservato in proposito nella vostra sentenza e nelle due conclusioni dell'avvocato generale Reischl. Ammettere un rapporto di concorrenzialit significa riconoscere che pu eventualmente applicarsi l'art. 95, 666 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 12. -La Corte ritiene pertinente l'osservazione del Governo italiano. In considerazione delle grandi differenze di quailit e, quindi, di prezzo fra i vini, il rapporto cli concorrenzialit decisivo fra la birra, bevanda popolare e di largo consumo, ed il vino va stabilito per i vini pi accessibili dal grande pubblco che sono, in generale, i pi leggeri ed i meno cari; pertanto su questa base che vanno fatti i confronti tributari secondo la gradazione alcolica delle due bevande o il prezzo dei due prodotti di cui tmttasi. Sulla determinazione di un rapporto di tassazione adeguata. 13. -Per quanto riguarda la scelta del metodo di confronto al fine di determinare un rapporto di tassazione adeguato, la Commissione sostiene che il metodo pi sicuro consisterebbe nell'usare un criterio connesso contemporaneamente ;:i.I volume delle bevande di cui causa ed alla foro gradazione alcolica. La Commissione assume che una tassazione secondo comma. Nelle mie osservazioni conclusive ritorner tuttavia su un certo numero di caratteristiche del rapporto di concorrenzialit esistente fra vino e birra. 2.3. -I criteri di confronto per determinare il carico fiscale. -Nella sentenza interlocutoria avete gi concluso, ai punti 19 e 20 della motivazione, che, seguendo il criterio della gradazione alcolica, che avete ritenuto il pi obiettivo (seppure imperfetto), i vini da prendere in considerazione ai fini del confronto sopportano un onere fiscale superiore di circa il 50 % a quello della birra. Ritorner a parte sulla questione del rapporto di tassazione adeguato che cos rimasta aperta. Secondo la Commissione ed il Governo italiano (che partono da gradazioni alcoliche inferiori) il vantaggio fiscale in base a questo criterio ancora maggiore. Proprio perch anche voi avete ritenuto che il criterio del contenuto alcolico era imperfetto, mi sembra auspicabile fare altres alcune considerazioni sugli altri criteri adottati dalla Commissione. Anzitutto, come ha giustamente osservato il Governo italiano nelle sue varie memorie, l'applicazione di un criterio riferito al volume logica in quanto lo stesso regime fiscale del Regno Unito parte da un criterio basato sul volume. Inoltre, l'avvocato generale Reischl ha opportunamente osservato nelle sue prime conclusioni che il rapporto di sostituibilit fra il vino e la birra dipende in particolare dal fatto che entrambi sono bevande leggermente alcoliche, che servono a dissetare; ora, per dissetare, il volume della bevanda , come sappiamo, uno degli elementi determinanti. Il Governo italiano ammette certo che va applicato in proposito un fattore correttivo di 1,5 cio che un litro di vino va equiparato ad 1,5 litri di birra. Con ragione esso ha rilevato, nel commento alle risposte della Commissione e del Regno Unito, che i dati esibiti a proposito del consumo di birra e di vino nei paesi nei quali maggiore il consumo di birra o, rispettivamente, di vino, giustificherebbero anche un coefficiente correttore meno elevato (1,35). Secondo tale criterio, l'imposizione sul vino sarebbe quindi pi di tre volte superiore a quella sulla birra. Il margine di discriminazione raggiungerebbe cos, in base a questo criterio, almeno il 200 % . Per quanto riguarda il criterio del confronto dei prezzi, condivido la posizione del Regno Unito e dell'avvocato generale Reischl secondo cui tale ;,,,, r,: 11: ~j ~~~.,Il~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 667 che superi dl rapporto di 1: 2,8 riferita al volume (pari quindi ad una tassazione 1: 1 rapportata alla gradazione alcolica) determina una presunzione di protezione indiretta della birra. 14. -A sua volta, il Governo del Regno Unito, nel ricordare le conclusioni della relazione presentata alla Commissione nel 1963 dal comitato fiscale e finanziario (relazione Neumark ), ha sottolineato, ancora una volta, che un confronto valido andrebbe effettuato in base all'incidenza dell'imposta sul prezzo, franco, dei due prodotti di cui trattasi. A suo parere, un confronto basato sui prezzi medi sarebbe preferibile ad un confronto basato sulla gradazione alcolica media. Non vi sarebbe pratica commerciale discriminatoria o protezionistica quando si accerta che le imposte riscosse su due prodotti in concorrenza rappresentano in proporzione la medesima quota dei prezzi medi degli stessi. Il Governo del Regno Unito sostiene che, in base a tale criterio, il sistema tributario britannico non ha effetto protezionistico. criterio certamente rilevante in linea di princ1p10. Anzitutto ritengo, d'accordo col Regno Unito, che il parere del comitato Neumark, che tale Governo ha menzionato a pag. 3 della relazione 1 dicembre 1981, fa effettivamente tutt'ora fede. E ci nonostante il fatto che dalla pubblicazione della relazione nella quale era esposto, siano passati vent'anni, come ha sottolineato la Commissione in modo un po' spregiativo. In secondo luogo, ritengo, in linea con le conclusioni integrative dell'avvo cato generale Reischl, che le differenze fra i costi di produzione, il contenuto alcolico ed altre differenze di costi e di qualit, ed anche le preferenze dei consumatori si esprimano in definitiva nei prezzi di vari prodotti. Non a caso le nozioni di meccanismo di concorrenza e di meccanismo di prezzo sono spesso considerate sinonimi. I rapporti di concorrenza fra vino e birra si esprimono effettivamente nei rapporti di prezzo fra i due prodotti. Se il Regno Unito avesse tassato il vino e la birra con aliquote sul prezzo al consumo, tasse escluse, identiche nei due casi, non si potrebbe, secondo me, parlare di trasgressione dell'art. 95, 2 comma. Le difficolt di applicare alla presente fattispecie il criterio del prezzo derivano tuttavia dal fatto che il Regno Unito usa proprio come base di tas sazione per il vino e la birra, nel suo sistema tributario, non il criterio del prezzo, ma quello del volume. Inoltre, il confronto tra i prezzi ulteriormente complicato dalle strutture alquanto diverse dei mercati sui quali si vendono il vino e la birra e dai prezzi molto disparati calcolati ' per i vari tipi di vino, in relazione fra l'altro alle differenze di qualit. Il problema relativo alle strutture dei mercati sui quali i prodotti vengono smerciati si pu risolvere confrontando i prezzi su un mercato sul quale sono venduti i due prodotti, cio nei grandi magazzini o negli altri negozi al minuto che vendono al consumatore sia birra che vino. La Commissione nella risposta alla vostra ordinanza del 15 luglio 1982, si quindi, secondo me, giustamente servita di questo punto di riferimento per il confronto dei prezzi. Il problema sollevato dall'ampia gamma dei prezzi del vino si pu risol vere, a mio parere, sia confrontando l'imposta sui vini da tavola pi econo mici con quella sulla birra (come ha consigliato il Governo italiano, nelle osservazioni sui dati forniti dalla Commissione), sia calcolando il prezzo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 15. -Il Governo italiano contesta, su questo punto, la tesi sia del Governo britannico che della Commis'Sione. Esso sottolinea l'importanza, per la soluzione della controversia, del fatto che il vino un prodotto agricolo e la birra un prodotto industriale; a suo parere, le esigenze della politica agricola comune dovrebbero portare ad .introdurre un'aliquota di tassazione di favore per il prodotto agricolo e sarebbe pertanto incoerente con tale politica il ridurre a zero, col sistema nazionale di imposizione, gli effetti degli interventi comunitari di sostegno della produzione vitivinicola. 16. -Il Governo italiano contesta altres l'importanza attribuita dalla Commissione a11a gradazione alcolica delle due bevande di cui trattasi. A suo parere, il criterio determinante la valutazione dell'incidenza dell'imposta rispetto al volume delle due bevande e ci per due motivi: I I ~ il sistema di tassazione britannico basato sul volume dei prodotti e, trattandosi nei due casi di bevande con basso contenuto alcolico, adatte f; I ~ massimo dei vini da tavola pi economici che costituiscono insieme una parte di mercato ritenuta sufficiente (come propone infatti la Commissione). I prezzi da considerare per i vini da tavola raggiungono a seconda che si opti per l'una o per l'altra soluzione, 2 o 3 sterline il litro (1). Il margine di discriminazione a danno del vino si colloca allora fra il 30 ed il 120 % del prezzo, tasse escluse ( 70-300 % dell'accisa sulla birra). I A sostegno del confronto, da esso caldeggiato, tra l'onere fiscale sulla birra e quello sul vino da tavola pi economico, il Governo italiano assume che I l'art. 95 vieta le discriminazioni fiscali protezionistiche nei confronti di qualsiasi prodotto importato. Come nel settore degli accordi fra imprese, ritengo tuttavia che per stabilire rapporti di concorrenza corretti si possano trascurare i prodotti specifici che costituiscono una parte insignificante del mer Icato e che il calcolo, da parte della Commissione di un prezzo massimo per i vini da tavola economici offra quindi una base pi sicura per il controllo dei prezzi. Secondo quanto esposto dallo stesso Regno Unito all'ultima udienza, I i vini da tavola italiani relativamente economici costituiscono il 20 % del mercato britannico, cio una parte di mercato abbastanza rappresentativa perch si possa effettuare il confronto tra gli oneri fiscali. Ricordo in proposito che, nella comunicazione della Commissione relativa agli accordi fra imprese d'importanza minima in fatto d'intese (G. U. 1977, II n. C313), le restrizioni della concorrenza concernenti quote di mercato del 5 % sono gi considerate rilevanti ai fini del mantenimento di corretti rapporti di concorrenza. Insieme al Governo italiano ritengo, d'altra parte, che il prezzo medio dei vini all'importazione nel Regno Unito, indicato dallo stesso nell'alI legato E della risposta 30 settembre 1982, rende inverosimile che i due tipi di I ~ (1) In questo calcolo del margine di discriminazione bisogna naturalmente tener conto del fatto che esso si riferiva al 1982. In quel periodo il rapporto d'imposizione fra vino e birra era gi molto meno sfavorevole al vino di quanto non fosse al momento della proposizione 1:: del ricorso, determinante per il giudizio. A quella data decisiva, se si applica il criterio del 1: prezzo, il sistema d'imposizione seguito nel Regno Unito aveva gi, stando alle caratteristiche {:: sopra indicate, carattere protezionistico per la produzione di birra, nel senso di cui al punto 10 della sentenza interlocutoria, rispetto a tutti i vini con prezzo al consumo (tasseescluse) inferiore al quintuplo del prezzo al consumo (tasse escluse) della birra. Nel caso del rapporto d'imposizione pi sfavorevole, il margine di discriminazione poteva certo i superare di molto il margine di protezione massimo del 120 % del prezzo, tasse escluse, ~~ calcolato per il 1982. & i: 1: f.: ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 669 ad accompagnare i pasti o ad essere consumate per dissetarsi, la scelta del consumatore non avviene in base alla gradazione alcolica dei due prodotti, ma per le loro caratteristiche globali, quali il gusto e l'aroma, cosicch verrebbero consumati, per fini identici, in quantit praticamente . uguali. Secondo l'esperienza, il rapporto nel consumo della birra e del vino se non perfettamente uguale, non supererebbe comunque H rap porto di 1,5: 1. 17. Il Governo italiano propone, in definitiva, di combinare i due criteri basati sul volume e sulla gradazione alcolica nel senso che se, in linea di principio, bisogna pretendere la parit d'imposizione riferita al volume delle due bevande, la sussistenza di una maggiore tassazione del vino riferita alla gradazione alcolica sarebbe un indizio sicuro della presenza di una discriminazione e di un effetto protezionistico 12el sistema di tassazione di cui causa. vini tedeschi citati dal Regno Unito vadano effettivamente considerati rap presentativi ai fini del confronto tra i prezzi. Ci vale certamente per i grandi magazzini che importano direttamente il vino. I dati forniti dal Governo italiano sono inoltre importanti perch da essi si desume che i vini italiani pi rappresentativi ai fini dell'accertamento di rilevanti restrizioni della concorrenza hanno un contenuto alcolico di soli 9-10. Secondo i dati forniti dalla Commissione a pagg. 16-17 della relazione 1 dicembre 1981, il margine di discriminazione a danno dei vini pi rappre sentativi, alla data da considerare per l'accertamento della trasgressione del Trattato, era allora su detti vini, applicando il criterio della gradazione alcolica, quantomeno del 90 %. Il criterio di confronto riferito alla gradazione alcolica e quello rappresentato dal prezzo dimostrano del resto un'evidente connessione in quanto, a norma del regolamento del Consiglio n. 816/70 (G. U. 1970 n. L 114), (da applicare nella fattispecie), il quale stato sostituito solo nel 1979 dal regolamento n. 337/79 (G. U. 1979, n. L99), il prezzo d'orientamento era fissato per grado alcolico/ettolitro. Ai vini da tavola con bassa gradazione alcolica si applicano quindi prezzi d'orientamento proporzionalmente inferiori a quelli dei vini da tavola con maggiore gradazione alcolica. All'ultima udienza dinanzi alla Corte, il Governo del Regno Unito ha inoltre addotto un argomento giuridico che non pu restare incontrastato in questa sede. Dall'art. 97 del Trattato CEE esso ha dedotto che uno Stato membro pu fissare aliquote medie d'imposizione per il vino e che per applicare l'art. 95 l'onere fiscale sui prezzi medi del vino va pertanto confrontato con l'onere fiscale sui prezzi medi della birra. Tale argomento insostenibile. L'art. 97 chiaramente una disposizione derogatoria che, come tutte le disposizioni derogatorie, va interpretata restrittivamente. L'art. 97 vale solo per le imposte sull'entrata riscosse secondo il sistema d'imposta cumulativa a cascata. L'effetto discriminatorio, a favore soprattutto delle imprese nazionali integrate, determinato dall'art. 97 unitamente alle possibilit di manipolazione sul piano della politica commerciale che l'articolo consentiva ed insieme ad altre distorsioni della concorrenza determinate dal vecchio sistema di imposta sulla cifra d'affari, stato, come sappiamo, uno dei motivi determinanti per cui le imposte sull'entrata, riscosse secondo il sistema d'imposta cumulativa 670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 18. -Gli scambi di argomenti fra le parti successivi alla sentenza 27 febbraio 1980, hanno dimostrato che, se nessuno dei criteri di confronto usati per valutare il rapporto di tassazione fra i due prodotti di cui trattasi in grado di fornire, da solo, risultati sicuri, cionondimeno ciascuno dei tre metodi -cio considerare il carko fiscale rispetto al volume, alla gradazione alcolica ed al prezzo dei prodotti -pu dare indicazioni significative onde valutare il sistema tributario di cui causa. 19. -Non .contestato che il confronto fra la tassazione della birra e quella del vino riferita al volume delle due bevande rivela un sovraccarico fiscale ad un tempo relativo ed assoluto del vino rispetto alla birra. Non solo l'imposizione sul vJno stata notevolmente aumentata rispetto a quella sulla birra al momento in cui il Regno Unito ha sostituito l'accisa al vecchio dazio doganale, come la Corte ha gi sottolineato nella sentenza 27 febbraio 1980, ma risulta altres che negli anni sui quali a cascata, sono state sostituite da un'imposta sul valore aggiunto. In quanto disposizione eccezionale, l'art. 97 non pu in alcun caso essere esteso alle accise. Tale articolo sottolinea piuttosto che l'art. 95 va di massima interpretato nel senso che la tassazione che colpisce prodotti specifici importati (cio nella fattispecie, per esempio, i vini da tavola economici) va confrontata con l'imposizione sui prodotti nazionali analoghi (applicando l'art. 95, primo comma) oppure, rispettivamente, con l'imposizione sui prodotti che si trovano con essi in rapporto di sostituzione o di concorrenza (applicando l'art. 95, secondo comma). L'argomento pu quindi venir usato proprio contro la tesi del Regno Unito e fornisce piuttosto sostegno alla tesi del Governo italiano secondo cui va preso come criterio di confronto il tipo di vino pi economico, sebbene io non voglia, per i motivi di politica concorrenziale generale che ho indicato, giungere a tanto. 2.4. -Conclusioni dell'applicazione dei vari criteri di confronto. -Riassumendo, dai documenti esibiti in seguito alla vostra ordinanza 15 luglio 1982 si desume che l'onere fiscale che gravava sui vini pi rappresentativi dal punto di vista della concorrenza, alla data determinante nella fattispecie per accertare una trasgressione del Trattato, superava, secondo tutti i criteri sostenibili, quantomeno del 70-100 % quello gravante sulla birra. D'accordo con l'avvocato generale Reischl (il quale non disponeva ancora, su questo punto, di dati sufficienti nel momento in cui ha presentato le sue conclusioni integrative) ritengo che, dal punto di vista della concorrenza, il criterio dell'influenza sul prezzo sia il pi valido. Nello stesso tempo ho per sottolineato che, in seguito all'organizzazione comune dei mercati nel settore vitivinicolo, esiste un rapporto diretto fra il prezzo del vino e la gradazione alcolica, e ci conferma anche la validit del criterio del contenuto alcolico, che avete preferito nella sentenza interlocutoria. Una differenza di aggravio fiscale del 70-100 % a mio parere indica gi chiaramente, restando impregiudicata la questione del rapporto di imposizione corretto che sto per esaminare, che l'accisa sul vino riscossa dal Regno Unito protegge indirettamente la produzione di birra in quel paese, poich la pressione che esercita sul prezzo di vendita al minuto, tasse escluse, pu costituire, in base ai dati forniti, sino al 160 % di tale prezzo. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 671 verte il ricorso, cio il 1976 ed il 1977, la tassazione del vino riferita al volume stata, in media, cinque volte superiore a quella della birra, 1 e ci, in altvi termini, costituisce un sovraccarico tributario del 400 % in cifra tonda. 20. -Quanto al criterio di confronto tratto dalla gradazione alcolica, come la Corte ha gi detto nella sentenza 27 febbraio 1980, anche se ha solo funzione secondaria nella scelta dei consumatori dell'una o dell'altra delle due bevande considerate, esso costituisce cionondimeno un criterio di confronto relativamente sicuro. Va osservato che la validit di questo criterio stata riconosciuta nei lavori attualmente in corso nell'ambito del Consiglio al fine di armonizzare la tassazione dell'acool e dei vari tipi di bevande alcoliche. 21. -Tenendo conto delle indicazioni delle quali la Corte ha sopra riconosciuto la fondatezza, risulta che nel periodo considerato di vino 2.5. -Il problema del rapporto di imposizione corretto. -Insieme alla Commissione sono del parere che un rapporto di imposizione corretto fra vino e birra si possa determinare solo mediante l'armonizzazione delle normative in materia di accise a norma degli articoli 99 e 100 del Trattato. Basando le direttive d'armonizzazione anche sull'art. 43 del Trattato, si potr altres tener conto allora di considerazioni di politica agricola comune. In conseguenza anche della indeterminatezza della nozione di proteggere indirettamente di cui all'art. 95, secondo comma, tale disposizione del Trattato non consentir di stabilire un limite preciso. Di fronte ad un carico tributario dell'entit, in cifre assolute, di quello di cui trattasi, una differenza di aggravio fiscale quantomeno del 70-100 % rispetto alla birra, prodotto di sostituzione, comporter tuttavia certamente, secondo tutti i dati elementari forniti dall'esperienza in merito al meccanismo della concorrenza, una notevolissima restrizione della concorrenza a danno del vino. Anche di fronte ad una differenza di pressione fiscale del 50 %, come quella che avete ammesso nella sentenza interlocutoria, la mia opinione resterebbe la stessa qualora altri elementi facciano presumere, come nella fattispecie, che la differenza ancora maggiore. Una notevole limitazione della concorrenza a danno del vino significa quindi, secondo me, una protezione indiretta della produzione concorrente di birra, ai sensi dell'art. 95, secondo comma. Sebbene la questione non sia naturalmente stata sollevata nel presente procedimento, e non possa quindi essere definitivamente risolta, comprendo tuttavia che vi preoccupiate anche del valore di precedente che la vostra pronunzia in questa causa pu avere per la valutazione dei rapporti d'imposizione negli Stati membri che producono contemporaneamente vino e birra. Come l'avvocato generale Reischl, sono del parare che gli argomenti della Commissione volti a consentire in questi paesi una tassazione della birra superiore a quella del vino siano molto validi, specialmente alla luce della vostra giurisprudenza che la Commissione ha richiamato. Per quanto riguarda la concorrenza mediante i prezzi, secondo me essenziale -come ho gi detto -ai fini dell'art. 95, secondo comma, aggiunger che la produzione di vino non comunque, a mio parere, indirettamente protetta da una maggiore imposizione sulla birra finch il prezzo di questa, tasse comprese, non supera RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 672 stato gravato, nel Regno Unito, di un carico tributario che, riferito alla gradazione alcolica, superava il doppio del carico imposto alla birra, cio un eccesso dii tassazione quanto meno del 100 %. 22. -Quanto al criterio dell'incidenza della tassazione sul prezzo franco dei prodotti, la Corte ha avut grandi difficolt ad elaborare un giudizio, in considerazione del carattere disparato degli elementi forniti dalle parti. In particolare, il carattere incompleto delle informazioni fornite dalla Commissione, consistenti in elenchi di prezzi di vendita senza indicazioni parallele di dati che consentissero di individuare, nei prezzi, l'incidenza dell'accisa, dell'IVA e del prezzo franco, ha reso particolarmente arduo valutare tale criterio, al quale :il Governo del Regno Unito ha attribuito importanza capitale. 23. -In risposta all'ordinanza del 15 luglio 1982, con cui la Corte ha chiesto informazioni sui prezzi al consumo ed i prezz;i franchi dei ' ., il prezzo dei v1m con essa in concorrenza. Non appena i prezzi della birra, come conseguenza dei tributi riscossi sulla stessa, divenissero nettamente superiori a quelli dei vini corrispondenti, non escluderei a priori la possibilit di una trasgressione dell'art. 95, secondo comma. L'andamento della produzione nazionale di birra e dell'importazione di birra nei paesi interessati potr tuttavia, secondo me, avere anch'esso rilievo nella decisione finale. Questa incertezza giuridica rafforza naturalmente l'opportunit che il rapporto di tassazione fra vino e birra sia definitivamente disciplinato per tutti gli Stati membri da un'armonizzazione delle normative. Proprio se si adotta come criterio determinante quello del prezzo, l'applicazione simmetrica dell'art. 95, secondo comma, ai paesi che fabbricano essenzialmente birra ed a quelli che producono essenzialmente vino, per i detti motivi non mi sembra comportare, in linea di massima, conseguenze inaccettabili dal punto di vista comunitario. Pertanto il problema del rapporto d'imposizione corretto fra vino e birra non deve, secondo me, portare a conclusioni, tratte dal confronto tra gli oneri fiscali, diverse da quelle cui sono giunto. 2.6. -La tendenza protezionistica. -I dati resisi disponibili dopo le conclusioni integrative dell'avvocato generale Reischl confermano altres chiaramente la tendenza protezionistica accertata al punto 24 della motivazione della sentenza interlocutoria. Ai sensi degli artt. 169 e 171 del Trattato, come interpretati dalla vostra summenzionata giurisprudenza, per l'applicazione di questo criterio decisivo il modo in cui mutato nel Regno Unito il rapporto d'imposizione fra birra e vino dalla data dell'adesione a quella della proposizione del ricorso. Secondo i dati forniti dalla Commissione, e non contestati dal Regno Unito, a proposito della tendenza dell'andamento nel periodo che quindi determinante, dal 1973 al 1978, il rapporto d'imposizione fra birra e vino passato da 1:3,2 il 1 gennaio 1974 a 1:4,2 il 27 marzo 1974 ed a 1:5,6 al 16 aprile 1975. Il ,1 luglio 1977 il rapporto ha cominciato a scendere leggermente sino a 1:5,3 e questo il rapporto da considerare nella presente causa. I dati relativi al consumo, forniti dalla Commissione, dimostrano che l'aumento dell'accisa nel 1975 stato accompagnato dalla diminuzione del consumo di vino pro capite. Il nesso fra livello dell'accisa e consumo pro capite PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 673 tipi di v.iru e di birra pi comunemente venduti e consumati nel Regno Unito, il Governo britannico si limitato a fornire elementi su due vini tedeschi (il Goldener Oktober e il Blue Nun), certamente di largo consumo, ma, di fatto, poco rappresentativi della situazione del mercato dei vini su scala comunitaria. 24. -La Commissione ed il Governo italiano hanno contestato fa pertinenza della scelta effettuata dal Governo del Regno Unito ed hanno presentato analisi relative a vini italiani; con fa differenza per che la Commissione si sforzata di stabilire dei prezzi medi, mentre il Governo italiano, in conformit alla surriportata concezione, ha confrontato l'incidenza dell'imposta sul prezzo di una birra britannica tipica con qu,ella sul vino italiano pi economico, offerto in quantit significative sul mercato britannico. 25.. -I ca~co1i effettuati dalla Commissione allo stato attuale del mercato britannico, la cui pertinenza non stata contestata dai! Governo degli abitanti tuttavia dimostrato in modo ancora pi manifesto dall'andamento successivo al 1978. Nel 1980, il rapporto di tassazione fra birra e vino sceso sino a 1:4,9 e nel 1981 sino al livello del 1974 cio a 1:4,2. Contemporaneamente, il consumo pro capite notevolmente aumentato (passando da 1. 5,41 pro capite nel 1977 a 1. 7,8 pro capite nel 1981), mentre il consumo di birra diminuito nel 1979-1981 per la prima volta dal 1972, passando da 1. 122,l a 1. 111,5 pro capite. Il Regno Unito conferma, coi propri dati, tali andamenti. Esso ammette altres il rapporto esistente fra onere fiscale e consumo e nella relazione 1 dicembre 1981 nonch all'ultima udienza ha concluso, in base all'andamento successivo al 1978, che la tendenza protezionistica accertata nella vostra sentenza interlocutoria ora completamente eliminata. A parte il fatto che tale conclusione inesatta se ci si riferisce al rapporto d'imposizione vigente il 1 gennaio 1974, ho gi rilevato che, ai fini dell'accertamento di una tendenza protezionistica, nella presente causa rileva solo l'andamento dal 1973 al 1978. Per detto periodo, l'esistenza di una tendenza protezionistica confermata anche dalla suddetta relazione del Regno Unito. A tali osservazioni aggiungo che l'accertamento di una tendenza protezionistica in un determinato periodo pu certo costituire un importante indizio di trasgressione dell'art. 95, secondo comma, ma che tale indizio non pu tuttavia essere decisivo per l'applicazione di detta norma. L'elemento decisivo piuttosto, in definitiva, se alla data determinante per l'accertamento di una trasgressione del Trattato, l'onere fiscale sui prodotti importati fosse a tal punto maggiore di quello gravante sui prodotti nazionali di sostituzione da dover ammettere che la produzione nazionale delle merci di sostituzione era indirettamente protetta dall'imposizione sui prodotti importati. Le conclusioni sull'ultimo punto possono benissimo essere basate sul contestuale accertamento dell'aumento della disparit di pressione fiscale nel tempo. 3. OSSERVAZIONI FINALI E CONCLUSIONI. 3.1. -Le caratteristiche del rapporto di concorrenzialit fra vino e birra. Per i tipi di vini economici da prendere in considerazione dal punto di vista della concorrenza, ritengo, con la Commissione e con l'avvocato generale Reischl, che le differenze nei processi di produzione fra vino e birra non abbiano in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 674 del Regno Unito, concludono per una sovratassazione del vino di circa il 58 % ed il 77 % , mentre dai calcoli del Governo italiano che riguardano il vino meno caro risulta un eccesso di tassazione a carico del vino sino al 286 %. L'analisi, fatta dal Governo britannico, del prezzo di vendita dei due vini tedeschi conferma indirettamente tali risultati. Infatti, l'uno dei due villi rappresenta, quasi esattamente, il punto di parit fra la birra ed il vino dal punto di vista dell'incidenza dell'imposta sul prezzo. L'esempio dimostra che tutti i vini a minor prezzo venduti nel Regno Unito, subiscono, rispetto al prezzo, una tassazione relativamente maggiore di quella della birra. Ora, gli elenchi di prezzi forniti dalla Commissione assodano che vi , sul mercato britannico, un cospicuo numero di vini, fra cui la quasi totalit dei vini italiani, che corrispondono a tale definizione e che subiscono quindi una sovratassazione tanto pi sensibile quanto minore il loro .prezzo. 26. -In seguito all'esame dei dati forniti dalle parti, la Corte ha cos potuto convincersa del fatto che se si prendono come base di con- fin dei conti grande importanza. Anzitutto, le differenze nei costi di produzione si traducono, come ho gi detto, in differenze di prezzo, cosicch, in caso d'applicazione del criterio del prezzo, esse vengono automaticamente prese in considerazione all'atto del confronto. In secondo luogo, come hanno gi osservato la Commissione e l'avvocato generale Reischl, tanto la maggior parte dei vini economici da considerare, quanto la birra, sono generalmente fabbricati in processi produttivi di grandi dimensioni. Neppure le grandi differenze nella struttura dei mercati sui quali vengono venduti il vino e la birra mi sembrano costituire, in definitiva, un impedimento per giungere ad un chiaro confronto tra gli oneri fiscali. L'impossibilit di applicare l'art. 97 comporta gi che qualora si applichi l'art. 95, secondo comma, non ci si pu servire delle aliquote medie d'imposizione su tutti i vini importati. Lo scopo perseguito dall'art. 95, secondo comma, in relazione alla struttura generale del Trattato, implica piuttosto che la prova del sussistere di un effetto chiaramente restrittivo della concorrenza, nei confronti di merci importate che rappresentano da sole o raggruppate una parte non trascurabile del mercato di tali merci, basta gi a far ritenere che vi trasgressione di detta norma. Una parte non trascurabile del mercato gi costituita, secondo i dati forniti dallo stesso Regno Unito, dalla vendita di vino nei grandi magazzini e in altri negozi al minuto che smerciano vino e birra, mentre la parte di mercato costituita, nell'offerta complessiva di vino, dai vini economici da prendere in considerazione, secondo quanto dedotto dalle parti principali e dal Governo italiano, pu essere valutata quantomeno al 20 %. A mio parere, come ho gi detto, una quota di mercato del 5-10 % sarebbe stata sufficiente. I dati forniti circa i prezzi ed il consumo di vino e di birra confermano infine che, nel rapporto di concorrenza fra vino e birra, i rapporti di prezzo e l'onere fiscale che essi implicano per i consumatori hanno un peso facilmente dimostrabile e che anche il Regno Unito ammette. Le incertezze a proposito del rapporto di concorrenza fra vino e birra, che avete ancora sottolineato al punto 24 della sentenza interlocutoria, secondo me, si possono pertanto considerare sufficientemente dissipate. PARTE I, SBZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 675 fronto v1m il cui prezzo inferiore a quello dei tipi di vino scelti dal Regno Unito, e dei quali parecchie variet sono rappresentate sul mercato britannico in quantit significative, si giunge alla conclusione che una notevole sovratassazione grava proprio quei vini che, per il loro prezzo, si trovano in pi diretto rapporto di concorrenzialit con la produzione nazionale di birra. 27. -Risulta cos, in seguito alle approfondite informazioni raccolte dalla Corte -indipendentemente dal criterio di confronto usato e senza che sia, in definitiva, necessario preferirne l'uno o l'altro -che il sistema tributario del Regno Unito ha l'effetto di gravare il vino proveniente dagli altri Stati membri di un sovraccarico fiscale atto a garantire una protezione alla produzione nazionale di birra, in quanto questa costituisce il criterio di riferimento pi vicino dal punto di vista della concorrenzialit. Poich tale effetto protezionistico maggiore sui vini pi cor3.2. -Le conseguenze giuridiche della dichiarazione di trasgressione del Trattato da parte del Regno Unito. -Come avviene spesso, ad esempio per le vostre sentenze relative atrasgressioni dell'art. 30 del Trattato CEE, non si possono stabilire con precisione le conseguenze giuridiche che il Regno Unito deve trarre, a norma dell'art. 171 del Trattato, da una condanna nella presente causa. Da questo punto di vista, vi certamente un margine d'incertezza molto maggiore in caso di condanna ai sensi dell'art. 95, secondo comma che in caso di condanna ai sensi dell'art. 95, primo comma. Quel che mi sembra comunque certo nella presente causa che, dopo la condanna, il Regno Unito non pu pi tornare ad una tendenza protezionistica nell'andamento del rapporto di imposizione. Gi questo risultato dimostra chiaramente, secondo me, che anche dopo il capovolgimento della tendenza nel Regno Unito nel periodo 1977-1981, la Commissione conservava un interesse legittimo alla prosecuzione del procedimento. Mi richiamo altres, in proposito, alle considerazioni particolareggiate sulla questione dell'interesse legittimo di cui alle conclusioni dell'avvocato generale Lagrange per la summenzionata causa 7 /61. A mio parere, bisogna tuttavia desumere anche da esperienze generali relative al meccanismo della concorrenza, nonch dai dati forniti dalle parti, che la protezione indiretta della produzione di birra continua comunque a sussistere finch l'onere fiscale sopportato dai vini economici, e calcolata in riferimento al prezzo al netto dell'imposta, resta superiore almeno del 30% all'onere fiscale sulla birra. Non va certo escluso, secondo me, che anche in caso di differenza minima nell'aggravio fiscale vi sia ancora una protezione indiretta della birra, ma ci richiederebbe prove molto pi circostanziate di quelle fornite in questo caso. Poich per i tributi riscossi in eccesso vi certamente stata rivalsa sul consumatore, il timore del Regno Unito che tali tributi vengano ripetuti mi sembra infondato nella fattispecie data l'esclusione di azioni di rimborso del genere da voi disposta nella sentenza Just (causa 55/79, Racc. 1980, pag. 431). 3.3. CONCLUSIONE. Concludendo, vi propongo di dichiarare, conformemente alla domanda della Commissione, che per i motivi suindicati il Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord venuto meno agli obblighi impostigli dall'art. 95, secondo comma del Trattato. (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 676 renti, il sistema tributario britannico comporta come conseguenza di attribuire al vino il carattere di prodotto di lusso che, a causa dell'aggravio fiscale cui sottoposto, non pu costituire agli occhi del consumatore, un'alternativa concreta alla bevanda tipica della produzione nazionale. 28. -Da tutto quanto sopra si desume che va dichiarato che il Regno Unito, gravando i vini leggeri di uve fresche di un'accisa relativamente pi elevata di quella gravante sulla birra, venuto meno agli obblighi impostigli dall'art. 95, secondo comma, del Trattato CEE. (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, III sezione, 14 luglio 1983, nella causa 201/82 -Pres. Everling -Avv. Gen. Mancini Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione .italiana, sezioni unite, nella causa Amministrazione del Tesoro c. Gerling Konzern Speziale Kreditversicherung A.G. ed altri -I:nterv.: Governo italiano (Avv. Stato Fiumara) e Commissione delle .C.E. (ag. Berardis e Kremlis). Comunit europee -Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale Contratto di assicurazione stipulato anche a favore di terzi -Clausola di proroga della competenza -Sottoscrizi~ne delle parti e non del terzo. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 17). Comunit europee -Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale -Eccezione di incompetenza -Difese sul merito -Compatibilit. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 18). L'art. 17, primo comma, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale dev'essere intrepretato nel senso che, in caso di contratto di assicurazione fra un assicuratore ed un contraente, stipulato da quest'ultimo per s e in favore di terzi e contenente una clausola di proroga della competenza con riferimento a controversie promuovibili dai detti terzi, questi ultimi possono far valere la clausola di proroga della competenza, anche qualora non la abbiano espressamente sottoscritta, se la condizione della forma scritta, posta dall'art. 17 della Convenzione, sia stata soddisfatta nei rapporti fra l'assi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 677 curatore e il contraente dell'assicurazione, e i.I consenso dell'assicuratore in proposito sia stato manifestato chiaramente (1). L'art. 18 della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale va interpretato nel senso che esso consente al convenuto non solo di eccepire l'incompetenza, ma anche di presentare congiuntamente, in via subordinata, difese nel merito, senza tuttavia perdere il diritto di sollevare l'eccezione d'incompetenza (2). (omissis) J. -Con ordinanza 28 luglio 1982, pervenuta in cancelleria il 6 agosto 1982, la Corte Suprema di Cassazione (Sezioni unite civili) ha sottoposto a questa Corte, in forza del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione, da parte della Corte di giustizia, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e la esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo la Convenzione), due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli articoli 17 e 18 della Convenzione. 2. -Le suddette questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia fra l'Amministrazione del Tesoro dello Stato e la Gerling Konzern Speziale Kreditversicherung A.G. e altri (in prosieguo la (1) La Corte ha accolto la tesi prospettata dalla Commissione e dal Governo Italiano (e in forza della quale l'Amministrazione del Tesoro aveva promosso la causa davanti al giudice italiano). Il fatto che la singola organizzazione nazionale, non essendo parte, non abbia sottoscritto il contratto e con esso la clausola relativa alla proroga di competenza -aveva osservato l'Avvocatura -, non rilevante ai fini della operativit della clausola stessa in favore di essa organizzazione nazionale che la invoca. Nel contratto a favore di terzo, infatti, il terzo il quale intenda profittare della stipulazione in suo favore acquista i diritti che derivano dal contratto senza bisogno di alcuna accettazione per il solo effetto della stipulazione intervenuta fra le parti. E come egli si giova automaticamente dei be nefici pattuiti fra altri e pu agire per ottenere la soddisfazione dei diritti che il contratto gli attribuisce, cos egli pu giovarsi anche della clausola che gli consente di ricorrere ad un particolare giudice, senza che sia necessaria, per l'esercizio di tale facolt, la sottoscrizione o la conferma per iscritto della clau sola stessa. Del resto, essendo la clausola invocata dal terzo nei confronti di una parte del contratto che quella clausola ha sottoscritto, appare salvaguardata l'esigenza per la quale l'art. 17 della convenzione stato dettato: neutralizzazione degli effetti delle clausole che rischiano di passare inosservate e rilevanza di quelle sole clausole che appaiono espressamente pattuite (cfr., Relazione sulla convenzione, in Bollettino C.E., suppi. 12/72). La stessa convenzione, nell'art. 12, in materia di assicurazione, riferendosi alla possibilit di deroghe della competenza in favore del beneficiario non contraente, non fa alcun cenno alla necessit di una sottoscrizione da parte del beneficiario stesso. (2) Fra le sentenze della Corte citate in motivazione la seconda pubblicata in questa Rassegna, 1981, I, 672, con nota di FIUMARA. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 678 Gerling ), con sede in Colonia. L'Amministrazione attrice nella causa principale intende ottenere il pagamento di una somma corrispondente a pene pecuniarie, tasse, diritti e spese accessorie con riferimento ad una serie di trasporti effettuati in regime T.I.R., per i quali erano stati accertati in Italia illeciti e fatti che avevano reso esigibili i suddetti oneri e tributi. 3. -Per fruire delle agevolazioni previste dalla convenzione doganale relativa al trasporto internazionale delle merci su strada in regime di T.I.R., convenzione adottata a Ginevra il 15 gennaio 1959, i trasporti devono fra l'altro essere effettuati in base ad un carnet T.I.R. rilasciato dall'organizzazione competente per ciascun paese firmatario della convenzione doganale e sotto la garanzia della quale viene effettuato !il trasporto. L'organizzazione nazionale garante tenuta al pagamento dei diritti e delle tasse riconosciuti esigibili, nonch delle pene pecuniarie di cui si sia reso passibile il titolare del carnet T.I.R. 4. -L'organizzazione nazionale abilitata per l'Italia, all'epoca dei fatti di cui causa, eiia l'Ente Autotrasporti Merci (in prosieguo E.A,M. ). Da quando questo Ente stato messo in liquidazione, il Ministero italiano del Tesoro prosegue l'attivit dello stesso conformemente al combinato disposto della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, della legge 18 marzo 1968, n. 413, e della legge 23 dicembre 1970, n. 1139. 5. -Le organizzazioni nazionali sono affiliate all'International Road Union (IRU). Ciascuna di tali organizzazioni nazionali beneficia a sua volta della garanzia prestata da un gruppo internazionale di assicuratori, rappresentato dalla Gerling, in forza di un contratto concluso nel 1961 dall'IRU, nel proprio interesse e nell'interesse di ciascuna delle organizzazioni nazionali, da una parte, e da detto gruppo internazionale di assicuratori, dall'altra. 6. -A termini dell'art. 8 di detto contratto d'assicurazione, in caso di controversia tra il pool (di assicuratori) e una delle organizmzioni nazionali, queste ultime avranno il diritto di reolamare una procedura davanti al tribunale competente del paese in cui esse hanno sede, per l'applicazione del diritto di questo paese . 7. -Poich l'Amministrazione italiana delJe Dogane pretendeva il pagamento di una serie di pene pecuniarie, tasse e diritti con riferimento a trasporti effettuati in Italia in regime di T.I.R., il Ministero del Tesoro citata dinanzi al Tribunale di Roma il suddetto gruppo d'assicuratori, chiedendo la loro condanna al. pagamento della somma complessiva di L. 812.134.310. 8. -In pendenza del giudizio, il gruppo di assicuratori proponeva ricorso incidentale dinanzi alle Sezioni unite della Corte di Cassazione, PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE in forza dell'art. 41 del codice di procedura civile italiano, per regolamento preventivo di giurisdizione. Gli assicuratori contestano infatti che possa essere foro opposta la suddetta clausola attributiva di competenza, poich questa non stata sottoscritta dall'E.A.M. (o dall'Amministrazione del Tesoro), mentre l'art. 17 della Convenzione subordina la proroga di competenza alla condizione della forma scritta. 9. -' in tale contesto che la Corte di Cassazione ha formulato le due seguenti questioni pregiudiziali. 1. Se, in caso di contratto debitamente firmato dalle parti contraenti e stipulato, da una di queste, per s e nell'inrteresse di altri beneficiari, Ja clausola derogativa della competenza giurisdizionale in esso convenuta con riferimento a controversie promovibili dai detti beneficiari, valga a realizzare anche a favore di questi il requisito della forma scritta voluto dall'art. 17 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. 2. Se l'effetto di determinare la competenza del giudice adito -derivante, secondo l'art. 18 della citata Convenzione, dalla comparizione del convenuto -si verifichi anche quando il convenuto stesso, nel costituirsi, oltre ad eccepire in via preliminare l'incompetenza di quel giudice, prospetti soltanto in via subordinata difese di merito. 1. -Sulla prima questione. 10. -Con tale questione la Corte di Cassazione chiede a questa Corte, in sostanza, di precisare se la Convenzione -in particolare l'art. 17 possa essere interpretata nel senso che, nell'ambito di un contratto di assicurazione, l'assicurato beneficiario di tale contratto, terzo rispetto al rapporto derivante dal contratto stesso e persona diversa dal contraente, possa far valere una clausola di proroga della competenza stipulata in suo favore, pur non avendola sottoscritta, mentre essa stata debitamente sottoscritta dall'assicuratore e dal contraente. 11. -Ai fini dell'applicazione della Convenzione, questa deve essere interpretata facendo riferimento, prinoipalmente, al suo sistema ed ai suoi obiettivi, onde garantirne la piena efficacia. 12. -A norma dell'art. 17, primo comma, della Convenzione: Qualora con clausola scritta, o con clausola verbale confermata per iscritto, le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio dello Stato contraente, abbiano convenuto la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato contraente a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta al giudice o ai giudici di quest'ultimo Stato contraente . 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 13. Come la Corte ha ripetutamente affermato nelle sentenze 14 di cembre 1976 {cause 24/76, Estasis Salotti, Racc. pag. 1831, e 25/76, Sgoura, Racc. pag. 1851) e 6 maggio 1980 (causa 784/79, Porta Leasing, Racc. pag. 1517), il requisito deU forma scritta stabilito dall'art. 17 della Convenzione inteso a garantire che il consenso delle parti, le quali, mediante la proroga di competenza derogano ai principi generali in materia di competenza sanciti dagli artt. 2, 5 e 6 della Convenzione, sia manifestato in maniera chiara e precisa e sia effettivamente provato. 14. D'altra parte, l'art. 17 della Convenzione, imponendo tale requisito della fo:rnna scritta fra le parti, non ha lo scopo, n l'effetto, di subordinare alla stessa condizione di forma la facolt, per il terzo beneficiario del contratto, di far valere, in una lite che lo opponga all'assicuratre, la clausola attributiva di competenza stipulata in suo favore. 15. La Corte ritiene che, in tal caso, l'assicuratore non pu opporsi a detta deroga di competenza -qualora il suo consenso iniziale sia stato chiaramente manifestato nella stipulazione del contratto -per il solo motivo che il beneficiario della clausola stabilita a favore d~ terzi, il quale non era parte nel contratto, non abbia egli stesso soddisfatto la condizione della forma scritta posta dall'art. 17 della Convenzione. 16. L'esame delle disposizioni del titolo II, sezione 3, della Convenzione, relative alla competenza in materia d'assicurazioni, viene a suffragare questa tesi. 17. Dall'esame delle disposizioni di detta sezione, chiarite dai lavori preparatori, risulta infatti che, offrendo all'assicurato una gamma di competenze pi estesa di quella offerta all'assicuratore, ed escludendo qualsiasi possibilit di stabilire una clausola di proroga della competenza a favore dell'assicuratore, dette disposizioni si sono ispirate ad una preoccupazione di tutela dell'assicurato, il quale, nella maggior parte dei casi, si trova ,di fronte ad un contratto predeterminato le cui clausole non possono pi essere oggetto di trattative ed la persona economicamente pi debole. 18. Inoltre, l'art. 12 della Convenzione consente alle parti di derogare alle disposizioni della suddetta sezione 3 con convenzioni: ... 2. che consentano al contraente dell'assicurazione, all'assicurato o al beneficiario di adire un organo giurisdizionale diverso da quelli indicati nella presente sezione... . perci chiaro che la Convenzione ha previsto espressamente la possibilit di smpulare clausole di proroga della competenza, non soltanto in favore del contraente dell'assicurazione, parte nel contratto, ma anche in favore dell'assicurato e del beneficiario che, per ipotesi, non sono parti nel contratto qualora non vi sia coinci PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 681 denza, come nella fattispeoie, fra queste varie persone, e che possono anche non essere noti al momento della firma del contratto. 19. -Di conseguenza, l'interpretazione secondo cui la condizione di forma stabilita dall'art. 17 implicherebbe che l'assicurato o il beneficiario, terzo quanto al rapporto contrattuale e beneficiario della clausola attributiva di competenza stipulata in suo favore, ha l'obbligo di sottoscrivere espressamente detta clausola per convalidarla e potersene servire, avrebbe l'effetto di imporre a detto terzo un obbligo inutile quando, inizialmente, l'assicuratore abbia manifestato senza possibilit di equivoci il suo consenso ad un sistema generale ed aperto di proroga della competenza, e costituirebbe addirittura, all'occorrenza, una formalit di difficile attuazione qualora, prima di qualsiasi controversia, l'assicurato non sia stato informato, dal contraente dell'assicurazione, dell'esistenza di una clausola attributiva di competenza stipulata in suo favore. 20. -Dal complesso delle precedenti considerazioni risulta che la questione pregiudiziale va risolta dichiarando che, nell'ambito di un contratto d'assicurazione, una clausola attributiva di competenza stipulata in favore dell'assicurato, terzo quanto al rapporto contrattuale e persona diversa dal contraente dell'assicurazione, dev'essere considerata valida ai sensi dell'art. 17 della Convenzione, qualora la condizione della forma scritta posta da questo articolo sia soddisfatta nei rapporti fra l'assicuratore e il contraente dell'assicurazione e il consenso dell'assicuratore in proposito sia stato manifestato in modo chiaro e preciso. 2. -Sulla seconda questione. 21. -In merito a tale questiO!lle, sufficiente ricordare che la Corte, nelle sentenze 24 giugno 1981 (causa 150/80, Elefanten Schuh GmbH, Racc. pag. 1671), 22 ottobre 1981 (causa 27/81, Rohr, Racc. pag. 2431) e 31 marzo 1982 (causa 25/81, CHW, Racc. pag. 1189), ha riconosciuto che l'art. 18 della Convenzione dev'essere interpretato nel senso che esso consente al convenuto non solo di eccepire l'incompetenza, ma anche di presentare congiuntamente, in via subordinata, difese nel merito, senza tuttavia perdere il diritto di sollevare l'eccezione d'incompetenza. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 ottobre 1983, n. 6149 . Pres. Qreco Rel. Parisi -P. M. Corasaniti -Ministcrn delle Poste e delle Telecomuniazioni (avv. Stato Mataloni) c. Proietti Mercuri Lorenzo ed altri (avv. De Propris). Giurisdizione civile Alloggi di tipo economico e popolare Cessione in propriet Criteri legali di determinazione del prezzo Controversie Giurisdizione del giudice ordinarlo. Giurisdizione civile Alloggi di tipo economico e popolare Cessione in propriet Adeguamento dell'importo del prezzo di cessione al limite minimo fissato dall'art. 6, secondo comma, della legge 27 apri le 1962, n. 231 Doverosit. L'attivit amministrativa che precede la stipulazione del contratto di cessione in propriet degli alloggi di tipo economico e popolare un'attivit vincolata da norme aventi natura di norme di relazione, dirette ad assicurare la cessione in propriet dell'alloggio all'avente diritto, in base ad un prezza che deve essere determinato secondo precisi criteri di commisurazione, tassativamente previsti da norme di relazione inderogabili dalle quali scaturiscono quindi posizioni di diritto soggettivo a favore di entrambe le parti del medesimo rapporto (1). I criteri legali di commisurazione del prezza di cessione degli alloggi di tipo economico e popolare devono essere inderogabilmente rispettati sotto comminatoria di nullit dei contratti stessi (2). Con il primo mezzo si contesta che la posizione dedotta in giudizio dagli attuali resistenti, con la domanda che fu da essi proposta il 17 aprile 1972 davanti al Tribunale di Roma nei confronti dell'Amministrazione ricorrente, configuri una posizione di diritto soggettivo, tutelabile davanti al Giudice ordinario. E ci sia perch l'accertamento dei limiti della competenza assegnata alle commissioni, provinciale e regionale, di cui agli artt. 6 e 7 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 -al fine di stabilire se alle medesime fosse riservata soltanto la estimazione del valore venale degli alloggi e (1-2) In senso conforme, cfr. Cass., Sez. Un., 11 febbraio 1982, n. 835, in questa Rassegna, 1982, I, 501, con ampia annotazione di richiami giurisprudenziali. PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE degli apporti di natura reale (che concorrono solo in parte a determinare il prezzo di cessione, in propriet, degli alloggi, secondo la previsione contenuta nel citato art. 6 del d.P.R. n. 2 del 1959 e nell'art. 6 della legge 27 aprile 1962, n. 231), o fosse invece devoluto anche l'accertamento di tutte le altre condizioni che, in base alle norme vigenti in materia, devono essere tenute presenti per determinare il prezzo su indicato -dovrebbe essere riservato alla giurisdizione del Giudice amministrativo, sia perch, nella specie, nessuno dei contratti di cessione era stato approvato, con conseguente impossibilit di configurare un diritto soggettivo alla pretesa immutabilit dei prezzi che erano stati in essa indicati, vantata dagli attuali resistenti. Il primo mezzo non fondato. Queste Sezioni Unite hanno gi avuto occasione di !ritenere che le controversie relative all'accertamento dei criteri legali di quantificazione del prezzo che deve essere stabilito per la cessione in propriet degli alloggi di tipo economico e popolare, secondo la normativa del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, modificato dalla legge 27 aprile 1962, n. 231 (e successive modificazioni), involgono posizioni aventi natura e consistenza di diritti soggettivi, tutelabili come tali davanti all'Autorit giudiziaria ordinaria (v. sent. 11 febbraio 1982, n. 835; 30 marzo 1972, n. 1015). A tale conclusione -alla quale sostanzialmente mostra di aderire anche la difesa della ricorrente Amministrazione, che a p. 1-4 della sua memoria ha dichiarato di non insistere ulteriormente nei motivi dedotti con il primo mezzo -questa Corte pervenuta osservando, tra l'altro, che l'attivit amministrativa che precede la stipulazione del contratto di cessione in propriet degli alloggi in questione un'attivit vincolata da norme aventi natura di norme di relazione, dirette ad assicurare -nel concorso delle condizioni all'uopo richieste dalla legge la cessione in propriet dell'alloggio all'avente diritto, in base a un prezzo che deve essere determinato secondo precisi criteri di commisurazione, tassativamente previsti da norme di relazione inderogabili -che devono cio essere osservate sotto comminatoria di nullit del contratto -dalle quali scaturiscono quindi posizioni di diritto soggettivo a favore di entrambe le parti del medesimo rapporto. Al riguardo va poi precisato che il richiamo fatto dalla difesa della ricorrente amministrazione alla sentenza 25 maggio 1%5, n. 1026 di queste Sezioni Unite -con cui venne affermato che l'operato delle Commissioni regionali di cui all'art. 7 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 in tema di deter minazione del prezzo di cssione degli alloggi agli assegnatari dell'Isti tuto Autonomo Case Popolari non incide su un diritto soggettivo dell'as segnatario, tutelabile davanti al Giudice ordinario -a parte ogni altra considerazione, non pertinente alla fattispecie. La questione allora dibattuta concerneva, infatti, non gi la indivi duazione dei criteri legali di determinazione del prezzo, bens la mera RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 684 quantificazione del valore venale; e poneva perci in discuss~one, a istanza della stessa amministrazione, la determinazione fattane in sede di reclamo dalla Commissione istituita a livello regionale, chiamata a risolvere -come gi ritenuto da queste Sezioni Unite nella citata sentenza n. 835 del 1982 -non gi questioni giuridiche (anche se la fogge istitutiva la dichiara competente a conoscere dei ricorsi contro la determinazione del prezzo) ma a compiere indagini di mera valutazione, aventi carattere tecnico. Per contro, nella fattispecie .in esame -come del resto ammettono le stesse parti -la controversia riguarda esclusivamente l'accertamento della illegittimit del prezzo di cessione, dipendente unicamente dall'asserita violazione della condizione tassatirvamente e .inderogabilmente sancita dall'art. 6 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, secondo cui il prezzo di cessione non pu essere inferiore alla somma occorrente agli enti proprietari per recuperare gli apporti di carattere patrimoniale per 1a realizzazione degM alloggi e per estinguere i residui debiti contratti da essi per la costruzione di ogni singolo alloggio, al netto dei contributi dello Stato : violazione peraltro verificatasi con riferimento ad una ipotesi di apporti m danaro da valutare al valore nominale a norma dell'art. 6 della legge 27 aprile 1962, n. 231, o non soggetti quindi alla stima della speciale Commissione prevista dall'art. 6 del d.P.R. n. 2 del 1959, a cui vanno sottoposti, secondo il citato art. 6 della legge n. 231, solo gli apporti di natura reale. La controversia concerne pertanto l'accertamento della violazione di una condizione, espressamente prevista dalla citata norma di relazione, la cui concreta applicazione non poteva in alcun modo essere subordinata o condizionata dalle norme procedimentali che regolano -l'attivit e disciplinano gli effetti che, riguardo alla determinazione del prezzo di cessione, .possono derivare dagli accertamenti che sono riservati alla competenza delle Commissioni provinciali e regionali previste dagli artt. 6 e 7 del citato d.P.R. n. 2 del 1959. Pertanto, una volta ritenuto che dal sistema normativo risultante dal complesso delle norme su richiamate sorge un diritto soggettivo a favore di entrambe le parti -tra cui la cessione intercorre -a che il prezzo della cessione venga determinato in conformit dei criteri di commisurazione tassativamente previsti dalla legge, ne consegue che ogni controversia relativa alla violazione dei criteri legali di commisurazione del prezzo di cessione degli alloggi, di cui trattasi, resta necessariamente devoluta -ancor prima e indipendentemente dall'avvenuta stipula del contratto di cessione -alla giurisdizione del Giudice ordinario. Pertanto il primo mezzo va rigettato. Con il secondo e terzo motivo -che per la stretta connessione delle questioni prospettate possono essere esaminati congiuntamente si denuncia la violazione degli artt. 6 e 7 del d.P.R. n. 2 del 1959 e 4 e 6 della legge 27 aprile 1962 n. 231 e difetto di motivazione, in relazione PARTE I, SBZ. UI, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 685 all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. per avere i giudici di appello ritenuto illegittima la pretesa dell'Amministrazione di adeguare l'importo dei prezzi di cessione al limite minimo inderogabilmente stabilito dall'arti colo 6, comma secondo, della legge 27 aprile 1962, n. 231, partendo dal l'erroneo presupposto che fo citate commissioni fossero competenti a determinare non soltanto il valore venale degli alloggi e degli apporti di carattere patrimoniale, a cui deve essere ragguagliato il prezzo di cessione, ma fossero chiamate a compiere anche tutte le altre ulteriori. operazioni richieste, in via complementare, dalle citate nonne ai fini della definitiva determinazione del prezzo di cessione, e fondandosi inoltre sul presupposto -rimasto peraltro del tutto indimostrato e non accertato -che nel caso concreto la Commissione regionale avesse anche proceduto ad un effettiva valutazione e applicazione degli altri criteri legali di commisurazione del prezzo di cessione, tenendo conto delle condizioni soggettive dei vari assegnatari e dei limiti mderogabilmente stabiliti dal citato art. 6 della legge n. 231 del 1962. I due motivi sono fondati nei limiti che risultano dalle seguenti considerazioni. In primo luogo va precisato -come gi si avuto occasione di rilevare esaminando il primo mezzo -che la pretesa dell'Ammini strazione era nella specie diretta ad ottenere l'adeguamento dell'importo dei prezzi di cessione al limite minimo inderogabilmente stabilito dal l'art. 6, comma secondo, della legge 27 aprile 1962, n. 231 (secondo cui .n prezzo di cessione non pu essere inferiore alla somma occorrente agli enti proprietari per recuperare gli apporti di carattere patrimoniale gi erogati o per estinguere i debiti contratti per procedere alla costru zione degli alloggi), in una fattispecie in cui, trattandosi di apporti in denaro, avrebbe dovuto inoltre procedersi alla relativa valutazione se condo il loro rispettivo valore nominale, senza necessit di stima da parte della speciale Commissione prevista dall'art. 6 del cLP.R. n. 2 del 1959, a cui vanno sottoposti -secondo l'art. 6 della legge n. 231 del 1962 -solo gli apporti in natura. Pertanto il richiesto adeguamento ineriva all'osservanza di un cri terio legale tassativamente previsto, la cui applicazione non postulava n l'intervento della Commissione provinciale -non potendo la rela tiva competenza estendersi al di l delle ipotesi espressamente previste nei citati artt. 6 del d.P.R. n. 2 del 1959 e 6 dalla legge n. 231 del 1962, riguardanti l'accertamento del solo valore venale degli alloggi e la esti mazione dei soli apporti di natura reale, di cui sopra si detto -n l'intervento della Commissione a livello regionale, chiamata anch'essa a risolvere -come gi ritenuto da queste Sezioni Unite nella citata sentenza n. 835 del 1982 -non gi questioni di natura amministrativa e di carattere giuridico, da risolvere, sul piano formale e sostanziale, in stretta aderenza al contenuto delle nonne vigenti in materia, ma a com RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO piere indagini di mera valutazione, cio di carattere tecnico e quindi non r ' suscettibili di un'immediata e sicura verifica sul piano della loro legit timit formale e sostanziale. Essa aveva quindi una competenza, in tutto analoga, per contenuti, a quella della Commissione provinciale, per un possibile riesame e una diversa determinazione della misura del prezzo di cessione, nei limiti ben inteso in cui ci fosse stato richiesto in conseguenza di un diverso risultato delle indagini di mera valutazione, del valore venale degli alloggi e degli eventuali apporti di natura reale. Risulta anche priva di consistenza la circostanza, sia pure in via subordinata, ipotizzata dai resistenti per suffragare, per altra via, la decisione che stata adottata -relativa alle preclusioni che in ogni caso sarebbero derivate dal mancato esperimento dei rimedi amministrativi o giurisdizionali, nei termini di decadenza all'uopo previsti, anche nel caso in cui la Commissione, nel determinare il definitivo ammontare del prezzo di cessione, avesse travalicato i Hmiti della sua specifica competenza. ' infatti evidente che le preclusioni connesse al mancato esperi mento dei cennati rimedi -non potendo valere ad immutare n la natura meramente amministrativa della delibera della Commissione, n la natura delle norme dalla stessa violate -avrebbero potuto operare, rendendole non pi contestabili, solo rispetto alle posizioni giuridiche riservate alla tutela giurisdizionale del giudice amministrativo, e non anche rispetto ai diritti soggettivi che fossero stati eventualmente lesi dalla delibera della Commissione, impedendo al giudice ordinario di accertarne e dichiararne la illegittimit. Va infine osservato che la previsione a favore di entrambe le parti, tra cui la cessione intercorre, della determinazione del prezzo dell'alloggio in conformit dei criteri di commisurazione tassativamente previsti dalle norme su richiamate d origine a una situazione di diritto soggettivo che, come gi si detto, sorge -nel concorso delle condizioni all'uopo richieste dalla legge -anteriormente e indipendentemente dalla stipula del contratto di cessione, il quale costituisce lo strumento tecnico- giuridico attraverso cui si perviene soltanto a un definitivo assetto di quella posizione gi di diritto soggettivo con fa realizzazione del concordato trasferimento della propriet dell'alloggio all'avente diritto, a mezzo del contratto. Risulta quindi evidente che anche nel caso in oui l'ammontare del prezzo della cessione avesse potuto essere determinato dalla Commis sione in tutte le sue componenti, mediante l'applicazione e il calcolo di tutti i coefficienti riduttivi, integrativi e limitativi stabiliti dal complesso delle speciali disposizioni vigenti in materia -e avesse potuto ritenersi perci che il prezzo di cessione poteva essere (ed era stato anche concretamente) determinato dalla detta Commissione, nella piena osservanza dei limiti assegnati a:lla sua specifica competenza -ci non I 11 PARTE I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 687 avrebbe mai potuto precludere ai giudici di appello di verificare se, nella specie, erano stati rispettati i criteri legali di commisurazione che avrebbero dovuto essere per esso inderogabilmente rispettati sotto comminatoria di nullit dei contratti di cessione, per cui si controverte. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 ottobre 1983, n. 6180 -Pres. Moscone -Rel. Colasurdo -P. M. Sgroi -Ministero delle finanze (avv. Stato Laporta) c. Giovannetti (avv. Lopes). Giurisdizione civile -Tardiva corresponsione della indennit di buonuscita -Domanda di pagamento dei danni -Colpevole ritardo del1' Amministrazione nella trasmissione del progetto di liquidazione all'E.N.P.A.S. -Giurisdizione del giudice ordinarlo. Giurisdizione civile -Riforma della sentenza dichiarativa del difetto di giurisdizione dell'a.g.o. -Omessa rimessione al giudice di primo grado -Violazione del principio del doppio grado di merito -Sussiste. Spetta alla cognizione dell'a.g.o. la domanda di risarcimento dei danni per tardivo pagamento dell'indennit di buonuscita fondata sul colpevole comportamento dell'Amministrazione di appartenenza (1). Accertata dal giudice d'appello la sussistenza della giurisdizione dell'a. g.o., negata dal giudice di primo grado, la causa va rimessa a questo giudice al fine di garantire il principio del doppio grado del giudizio di merito. L'Amministrazione ricorrente sostiene che la domanda, in quanto rivolta a far valere il diritto del dipendente a conseguire entro il termine perentorio stabilito dalla legge l'indennit di buonuscita, avrebbe d>vuto essere rivolta contro l'ENPAS, e cio contro l'ente incaricato istituzionalmente dell'erogazione, e non gi all'Amministrazione
  • eni dichiarati di interesse particolarmente importante. (2) Massima consolidata. V. in particolare Cass., 27 ottobre 1978, n. 4892, in Foro It., Rep. 1978; Cass., 14 maggio 1976, n. 1708, ivi, 1976, I, 2671, con nota di richiaini; Cass. 24 febbraio 1976, n. 926, Mass., 1976, in base alle quali l'esistenza di una sufficiente motivazione sul quantum della sanzione condizione sul piano formale della legittimit dell'atto e come tale, quindi, forma oggetto del relativo controllo. In senso parzialmente difforme V. Cass., 27 febbraio 1981, n. 623, ivi, 981. In dottrina V. NoccELLI, Poteri di ordinanza del sindaco, irrogazione di sanzioni amministrative e tutela giurisdizionale del privato, in Foro It., 1975, I, 1025. Sul problema V. in generale M. A. SANDULLI, Sanzioni amministrative pecuniarie, Javene, Napoli, 1983, passim. GABRIELLA PALMIERI. PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE sensi della norma fondamentale dell'art. 1 della J. 1 giugno 1939 n. 1089, alla disciplina di detta fogge. Ci premesso, va posto in rilievo che il successivo art. 3 della stessa attribuisce al Ministro per l'Istruzione Pubblica il potere di eseguire una speciale notifica ai rispettivi proprietari, possessori e detentori, per quelle indicate nell'art. 1 che siano di interesse particolarmente importante . Conseguenza di tale notifica, ed esclusivamente per le cose per le quali sia stata effettuata, oltre che l'irnclusione in speciali elenchi, l'assoggettamento, ai sensi del successivo art. 12, al divieto dri demolizione, rimozione, modifica. o restauro senza l'autorizzazione del ministro stesso, come stabilito dal precedente art. 11. Si evincono chiaramente da queste norme la distinzione e la contrapposizione tra il generico interesse artistico, storico, archeologico e etnografico di cui al citato art. 1 e quelle particolarmente importanti di cui all'art. 2 e alle altre norme citate, per il cui riconoscimento imposto il pi rigoroso vincolo. Questa medesima distinzione conferma che l'interesse archeologico, artistico e storico di cui all'art. 10 della legge del 1975, indicato con formula generica e priva di particolare rigore, corrisponde a queihlo ugualmente generico, di cui all'art. 1 della legge del 1939, senza che sia richiesto quel maggior grado dell'interesse particolare, per il quale sono legittimate la notifica e la speciale disciplina di cui alle altre norme riportate. Conseguentemente, il riferimento nella motivazione della sentenza impugnata, al livello corrente medio accertato neMa relazione tecnica, ben sufficiente a indicare le ragioni per le quali il giudice ha ritenuto, in conformit alla suddetta ordinanza, che gli oggetti del commercio esercitato dal Gozzini rientrano nella categoria prevista dal merlzionato art. 10. True distinzione stata riconosciuta pur da questa Suprema Corte, la quale ha affermato che i beni di interesse artistico e storico sono soggetti, sia pure in misura limitata, alla disciplina di cui alla l. 1 giugno 1975 n. 1089, anche in mancanza dello speciale provvedimento di notifica previsto da tale legge, poich questo provvedimento, richiesto per le sole cose che posseggano il suddetto interesse in misura rilevante, necessario esclusivamente ai fini dell'integrale applicazione della legge medesima (Sez. Un. 24 maggio 1975, n. 2102). Sulla base di tale distinzione e della sostanziale corrispondenza tra fa categoria prevista dall'art. 10 della legge deJ 1975 e quella di cui all'art. 1 della legge del 1939, va considerato pure che il suddetto art. 10 ha manifestamente carattere strumentale, essendo diretto, attraverso la imposizione della denunzia ai commercianti di quel ramo a favorire il controllo e le indagini successive dehl'amministrazione interessata, oltre che per altri fini, per la ricerca di quelle cose che abbiano l'interesse particolare importante, tale da legittimare la successiva e conseguente 698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO eventuale notifica, rimessa al potere discrezionale degli uffici competenti, per la costituzione del vincolo previsto per quella meno estesa categoria rientrante; come specie, nel pi ampio. genere indicato dall'art. 1. Pertanto, peJfettamente giustificato e conforme a legge che la valutazione possa essere fatta con riferimento a quel livello minore, ma comunque corrispondente alla media, e non sulla base dei requisiti di carattere pi elevato. Non dubbio, perci, che il riferimento alle vailutazioni della menzionata relazione tecnica ha dato luogo una motivazione adeguata e sufficiente, dovendosi tener conto anche della discrezionalit in tal materia della Pubblica Amministrazione per l'imposizione di quei successivi e maggiori vincoli. 2. -Con il secondo motivo i!l ricorrente ha lamentato, nel rilevare che l'art. 8 della l. 24 dicembre 1975 n. 306 ha richiesto che l'autorit amministrativa competente determini la somma dovuta a titolo di sanzione con ordinanza motivata , che il pretore ha omesso di considerare la eccepita mancanza di motivazione e Ja conseguente Ulegittimit dell'atto, per quanto riguavda la entit della somma, erroneamente affermando che la congruit della motivazione in ordine alla sussistenza dell'infrazione determinava anche que1la della sanzione applicata e che non spettava al contravventore sindacare l'entit e i criteri. adottati discrezionalmente dalla Pubblica Amministrazione. Il motivo non pu essere accolto, pur se va riconosciuto l'errore del giudice sulla asserita insindacabilit da parte del pretore del difetto di motivazione del provvedimento amministrativo prima dell'entrata in vigore della L. 24 novembre 1981 n. 689 priva di norme retroattive per questa parte. Al riguardo, va osservato, che sia l'art. 9 della L. 3 maggio 1967 n. 317 sia l'art. 8 della legge 24 dicembre 1975 n. 706 disponevano che la somma dovuta per la violazione accertata deve essere determinata con ordinanza motivata. In applicazione di tale norma e dei principi generali questa Suprema Corte ha costantemente affermato che il Pretore, nel giudicare sulla conseguente opposizione, ha il potere dovere di riscontrare l'esistenza di una adeguata motivazione, pur senza valutare direttamente la congruit di quella determinazione e senza sostituirvi una sua pronunzia (Sez. Un. 27 ottobre 1978 n. 4892, 12 aprile 1980 n. 2323; 19 luglio 1980 n. 4727, 3 aprile 1980 n. 2151). Ci premesso, deve per, precisarsi che se il giudice dell'opposizione, e cio il pretore, pu e deve eseguire il suo controllo sul menzionato requisito della motivazione del provvedimento amministrativo, questa Suprema Corte non pu compiere direttamente tale valutazione del medesimo, ma solo controllare se il pretore stesso abbia adeguatamente e in conformit alle leggi effettuato quel contro11o e corrispondente motivato la propria pronunzia. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 699 In base a tale principio e a tale distinzione la sentenza impugnata, pur avendo erroneamente affermato ila insindacabilit della determinazione della sanzione, ha, con motivazione sintetica ma sufficiente, negato che sussistesse il dedotto difetto di motivazione del provvedimento amministrativo perch la congruit della motivazione (sul fatto) determina anche la congruit dell'entit della sanzione . Quel giudice, in tal modo, ha manifestato di ritenere che fa motivazione del provvedimento su11a estensione dell'infrazione avesse effetto anche per le ragioni della determinazione della sanzione pecuniaria. Tale affermazione, della quale non stato d~otto alcun vizio di i11ogicit e contraddittoriet, manifesta il proced.tmento logico giuridico seguito dal giudice per valutare a sua volta la congruit della motivazione dell'ordinanza impugnata e si sottrae, perci ad o~ulteriore sindacato della corte regolatrice. Conseguentemente, il ricorso va rigettato. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 luglio 1983, n. 4512 -Pres. Moscone Rel. Virgilio -P. M. Sgroi (diff.) -Universit degli studi di Messina (avv. Nicol) c. Siracusano '(avv. Sorrentino). Avvocatura dello Stato Patrocinio di Enti pubblici Deroga Condizioni. (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; l. 3 aprile 1979, n. 103, art. 11). Enti pubblici Universit degli studi Rappresentanza e difesa in giudizio Spetta all'Avvocatura dello Stato Ricorso per cassazione proposto da avvocato libero professionista Inammissibilit. (r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 56; r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43}. L'autorizzazione, conferita ad Enti pubblici, ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato determina la costituzione -ope legis di un mandato di rappresentanza e difesa in giudizio avente caratteri di organicit ed esclusivit, il quale, fuori dei casi di conflitto d'interessi tra l'Ente e lo Stato o le Regioni, pu eccezionalmente essere interrotto solo allorch la determinazione di non avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura risulti da una delibera motivata dell'Ente sottoposta agli organi di vigilanza (1). (1-2) Ulteriore, rilevante intervento della Corte regolatrice nella definizione dei caratteri del patrocinio di Enti pubblici, da parte dell'Avvocatura dello Stato, dopo le modificazioni introdotte nell'art. 43 T.U. n. 1611/1933 con la legge 3 aprile 1979, n. 103. In argomento, v. LAPORTA, Esercizio dello ius postu landi per una p.a., ecc., in questa Rassegna, 1980, I, 335. Per particolari aspetti del patrocinio delle Regioni a statuto ordinario, alla luce dell'art. 106 e 107 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, cfr. Cass., S.U., 15 marzo 1982, n. 1672, in questa Rassegna, 1982, I, 705 con nota. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO inammissibile, per difetto di ius postulandi, il ricorso per cassazione proposto da una Universit col patrocinio di un libero professionista, quando la deliberazione dell'Ente abbia avuto ad oggetto esclusivamente l'opportunit di proporre impugnazione (2). (omissis) I ~esistenti hanno preliminarmente eccepito l'inammissibilit del ricorso ed hanno insistito su tale deduzione con Ia memoria depositata il 18 aprile 1983, specifioando che la delibevazione del Consiglio di ammiinistrazione dell'Universit di Messina in data 3 ottobre 1981 non risulta conforme al precetto inderogabile dell'art. 11 della Jegge 3 aprile 1979 n. 103 (contenente modifiche all'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato) e che pertanto l'Universit non pu ritenersi validamente rappresentata e difesa nel presente giudizio da un avvocato del libero foro. L'eccezione fondata. A norma dell'art. 56 del r.d. 31 agosto 1933 n. 1592 (testo unico delle leggi sull'istruzione superiore) le Universit e gli istituti superiori possono essere rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato nei giudizi attivi e passivi avanti l'autorit giudiziaria, i collegi arbitrali e le giurisdizioni amministrative speciali, semprech non trattisi di contestazioni contro lo Stato. Queste Sezioni unite hanno precisato, anche prima delle modifiche apportate con la legge n. 103 del 1979 al T.U. n. 1611 del 1933, che per le amministrazioni ed enti pubblici indicati {qualora siano autorizzati per legge ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato) la rappresentanza e la difesa sono assunte dall'Avvocatura stessa senza bisogno di mandato, neppure nei casi in cui sia richiesto il mandato speciale. ~ stato infatti ritenuto che anche nell'ipotesi considerata trova applicazione, in forza del chiaro disposto (di rinvio) dell'art. 45 del testo unico, la regola generale (art. 1) secondo cui l'esercizio delle funzioni di rappresentanza e difesa in giudizio non richiede alcun mandato. Con la stessa sentenza n. 700 del 1975 stato inoltre precisato che l'art. 43 del citato testo unico (nella parte in cui autorizza l'Avvocatura dello Stato ad assumere la rappresentanza e la difesa di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti, a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato) da considerarsi norma di preminente ca rattere pubbUcistico, volta non alla tutela diretta degli interessi di tali enti, bens alla tutela dell'interesse esclusivo dello Stato a che i fini pub blici delegati ai medesimi vengano legittimamente e opportunamente per seguiti mediante l'attribuzione della difesa in giudizio a un organo chia mato a valutare gli interessi dello Stato considerato nella sua unicit. Questi principi sono stati ancor pi ribaditi dopo l'entrata in vigore della legge n. 103 del 1979, la quale ha improntato a maggior rigore la disciplina della rappresentanza e difesa nei giudizi degli enti pubblici. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1:. stato perci riaffermato che non richiesta alcuna deliberazione degli enti ai fini dell'assunzione della difesa da parte dell'Avvocatura dello Stato, n occorre alcun conferimento di mandato per l'esercizio dello ius postulandi, mentre la deliberazione necessaria allo scopo di escludere il potere di rappresentanza e difesa spettante ex lege (in forza dell'art. 11 della legge n. 103 del 1979) all'Avvocatura dello Stato, cio allo scopo di potersi valere dell'opera di Jiberi professionisti (SS.UU., 19 luglio 1982 n. 4204; 27 luglio 1982 n. 4317; 24 settembre 1982 n. 4934; 16 gennaio 1980 n. 374). Sulla lmea dei richiamati principi (con Ja sentenza n. 4204 del 1982 fu esaminato proprio il caso di una UniveJ:1Sit) deve ritenersi che l'osservanza delle disposizioni sulla rappresentanza e difesa in giudizio degli enti pubblici, la quale attiene, come si detto, alla tutela dell'interesse (pubblico) generale dello Stato ne11a sua unicit, deve essere controllata anche di ufficio, e perci non ha alcun rilievo la circostanza che i resistenti abbiano soltanto con la memoria chiarito i teI'Ill.ini della eccezione di inammissibilit del ricorso, genericamente proposta con il controri corso; n ha rilievo che l'Universit non abbia ritenuto di dolersi essa stessa della violazione delle norme che regolano la sua rappresentanza e difesa in 'giudizio, non essendo ci sufficiente ad esimere }a Corte dallo esame della detta eccezione. Passando alla valutazione del caso concreto, va rilevato che la deliberazione 3 ottobre 1981 del Consiglio di amministrazione dell'Universit di Messina ebbe per oggetto esclusivamente l'esame della opportunit di proporre ricorso per cassazione avverso la senten21a della Corte di appello, mentre nessun accenno vi sul punto della rappresentanza e di fesa dell'ente nel relativo giudizio. Il quinto comma (aggiunto con l'art. 11 della legge n. 103 del 1979) dell'art. 43 del r.d. n. 1611 del 1933, dopo aver fatto salve le ipotesi di conflitto previste nel comma precedente (cio i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le regioni), dispone che le amministrazioni non statali e gli enti pubblici ove intendano in casi speciali non avvalersi dell'Avvocatura dello Stto, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli ovgam di vigilanza . La fattispecie derogatoria, rispetto al potere di rappresentanza e di fesa attribuito per legge all'Avvocatura dello Stato, si articola in due distinte ipotesi. La prima (conflitto di interessi) non assolutamente configurabile nel caso in esame perch sia nel giudizio dinanzi agli arbitri, sia nelle fasi successive, rparti in causa sono soltanto l'Universit (da una parte) e l'impresa Siracusano (dall'altra), sicch la contrapposizione di dnteressi riguarda ovviamente tali parti, disputandosi tra esse del contratto di appalto e delle reciproche pretese derivanti da tale contratto. RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO Neppure la seconda ipotesi derogatoria prevista dalla norma si realizzata. Come chiaramente risulta dal tenore della riportata disposizione, il rapporto che ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio si costituisce ope legis in via organica ed esclusiva tra gli enti indicati nel primo comma dell'art. 43 e l'Avvocatura dello Stato, pu diventare !inoperante soltanto se concorrono due precise condizioni: che l'ente abbia ritenuto, mediante deliberazione motivata, di non avvalersi nel caso concreto dell'organo di difesa previsto in via generale dalla legge, e che la deliberazione sia stata sottoposta agli organi di vigilanza. La deliberazione e il suo assoggettamento ai detti organi sono dunque elementi costitutivi della fattispecie derogatoria (e non gi meri elementi propedeutici al conferimento del mandato a difensori liberi professionisti), per cui la loro mancanza impedisce la interruzione del rapporto organico di rappresentanza-difesa esistente ipso iure tra ente pubblico e Avvocatura dello Stato. La non avvenuta realizzazione della fattispecie derogatoria comporta perci la persistenza del menzionato rapporto, con conseguente invalidazione del mandato conferito al difensore privato, il quale in tal caso sfornito dello jus postulandi per conto dell'ente pubblico. Per le considerazioni esposte, la Corte deve dichiarare !inammissibile il ricorso dell'Universit di Messina sottoscritto da tale difensore, con assorbimento di ogni altra questione. '(omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 agosto 1983, n. 5311 -Pres. Virgilio - Rel. Sgroi -P. M. Silocchi -Ministero della Difesa Aeronautica (vice Avv. Gen. Gargiulo) c. Fallimento SACA (avv. Selvaggi e Giorgianm). Arbitrato Lodo parziale Lodo parziale affermativo della competenza arbitrale Impugnativa immediata Inammissibilit. L'impugnazione immediata contro U lodo parziale non ammissibile anche se tale lodo decide soltanto la questione di competenza degli arbi tri, in senso aftermativo (la decisione in senso negativo va data con lodo definitivoj (1). (1) L'immediata azione di nullit (senza attendere il lodo definitivo) stata proposta perch, pur tenendo presente i principi affermati dalla recente sentenza della Cassazione (I sezione, 12 luglio 1979, numero 4-020), -la quale ha ritenuto che il lodo parziale deve essere impugnato insieme con il lodo defi nitivo -, si osservato che tali princpi concernono esclusivamente un lodo parziale che contenga statuizioni di merito su alcune domande sottoposte agli arbitri, e solo rispetto a tale ipotesi pu valere il principio dell'impugnazione congiunta del lodo parziale e di quello definitivo (o, il che Io stesso, PARm I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 703 Con il primo motivo, l'Amministrazione della Difesa deduce la violazione degli artt. 827 e ss. cod. rproc. civ. e dei principi sull'impugnazione immediata del lodo parziale che decide la sola questione di competenza, osservando che il riferimento alle argomentazioni della sentenza n. 4020 del 1979 di questa Corte non pertinente. Come detto in tale sentenza, la considerazione unitaria del giudizio arbitrale da parte del giudice del l'impugnazione giustificata dall'esigenza di non frazionare il giudizio di merito, in quanto quel giudice avrebbe dovuto procedere al giudizio rescissorio e riesaminare cos il merito, sebbene questo fosse continuato ad essere affidato agli arbitri per la parte non decisa col lodo non definitivo. invece, nel caso in esame il lodo parziale non riguarda il merito e quindi vengono meno le ragioni che hanno indotto la Cassarione ad accogliere il principio della concentrazione dei gravami. Il lodo non concerne l'oggetto del contratto, ma si limita a decidere una questione che ancora fuori ad esso. Il principio secondo cui, all'annullamento della sentenza arbitrale, consegue il giudizio di merito da parte dell'A.G.O. investita della querela nullitatis non si applica nel caso che gli arbitri abbiano statuito su controversia sottratta per ragioni di competenza alla Joro cognizione, perch in tale ipotesi la causa, per rispetto dell'esigenza del doppio grado di giurisdizione, deve essere rimessa al giudice ordinario che sarebbe stato competente a decidere in primo grado la controversia. dell'impugnazione procrastinata del primo lodo), essendo essa imposta dalla struttura unitaria del procedimento arbitrale. Nella specie invece il lodo, pur parziale, ha esaminato la sola questione di competenza senza statuire nel merito; e la pronuncia, rispetto a tale questione, pu ritenersi conclusiva. A conforto di tale tesi stata richiamata la sentenza delle Sezioni Unite 19 luglio 1957 numero 2050 (Giustizia Civile 1957, I, 1460), la quale proprio in tema di competenza, ha ritenuto ammissibile l'impugnativa immediata contro il lodo parziale. Il riferimento alle argomentazioni della sentenza n. 4020 per risolvere la questione di specie, non pertinente. Come detto in tale sentenza, la considerazione unitaria del giudizio arbitrale da parte del giudice dell'impugnazione veniva giustificata dall'esigenza di non frazionare il giudizio di merito (e la specie decisa da quella sentenza concerneva un lodo parziale su alcune domande risolte separatamente dalle altre), in quanto quel giudice avrebbe dovuto procedere al giudizio rescissorio e riesaminare cosi il merito sebbene questo fosse continuato ad essere affidato agli arbitri per la parte non decisiva col lodo non definitivo. Ora evidente che nel caso in esame il lodo parziale non riguarda -si ripete -il merito e quindi vengono meno le ragioni, di indole sistematica, che hanno indotto la Cassazione ad accogliere il principio della concentrazione dei gravami (contro il lodo parziale e contro quello definitivo). E si consideri, infine, che la Cassazione nella stessa sentenza riconosce il potere degli arbitri di frazionare la loro pronunzia in pi lodi sempre che essa, nel suo complesso, riguardi la totalit dell'oggetto del compromesso. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo la ricorrente, la Corte di Appello in errore laddove si sofferma sull'art. 830 cod. proc. civ. perch, pur non ponendo la legge alcuna distinzione fra le varie ipotesi di nullit del giudizio e della sentenza arbitrale, non pu dubitarsi che un diverso trattamento, con esclusione della competenza del giudice dell'impugnazione ad emettere pronuncie di merito ai sensi dell'art. 8'30 cod. proc. civ., debba farsi per quelle ipotesi in cui per divieto di legge il giudizio arbitrale non avrebbe potuto essere comunque istituito. In tali casi non si deve parlare di nullit, ma J'.'icorrere ipotesi di tinesistenza, cio di assoluta inefficacia giuridica del lodo, sicch non possono essere consentite pronuncie quali quelle di merito, di cui al cit. art. 830, aventi per presupposto un procedimento ed una decisione arbitrale, quantunque viziati, non tali per da poter essere considerati del tutto inesistenti per l'ordinamento. Nella specie l'Amministrazione aveva sostenuto la caducazione e la nullit assoluta della clausola compromissoria per contrasto con precetti costituzionrali e norme imperative. Con il secondo motivo, l'Amministrazione della Difesa deduce Ja violazione degli artt. 827, 829 e 830, 360 n. 2, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., osservando che nel lodo era detto che gli arbitri, su concorde richiesta delle parti, avevano limitato la pronuncia alla sola questione di competenza, precisando che il giudizio sarebbe proseguito solo dopo iJ passaggio in giudicato del lodo parziale, quale effetto ,della mancata proposizione del regolamento di competenza, ovvero di una pronuncia della Cassazione confermativa della competenza arbitrale. La Corte di appello doveva scegliere fra due soluzioni alternative: o dichiarare inammissibile !'.impugnativa immediata (ed in tal caso non poteva esaminare e decidere i motivi di impugnazione); oppure dichirarare ammissibile l'impugnativa (ed in tal caso doveva esaminare e decidere 1a questione di competenza). La Corte di appello ha invece scelto una terza via, dichiarando inammissibile il'impugnativa immediata, ma accogliendo tuttavia il terzo motivo che criticava il lodo sul mezzo d'impugnazione da esso suggerito, violando in tal modo ~i artt. 824 e 829, perch doveva ritenersi investita della querela nullitatis ed esaminare e .giudicare anche la questione di competenza. I due motivi devono essere esaminati congiuntamente e sono infondati. Per completare il quadro dei riferimenti riguardanti la questione, si deve ricordare che questa Corte, con sentenze non recenti (Cass. 20 aprile 1950 n. 1062; Cass. 9 luglio 1965 n. 1431) ha statuito che alla pronuncia dell'arbitro che abbia deciso su!lla propria competenza, senza definire il giudizio, deve riconoscersi il carattere di ordinanza revocabile ai sensi dell'art. 816 ult. comma cod. proc. civ., anche se l'arbitro abbia attribuito alla propria pronunzia la denominazione di sentenza. Tale indirizzo non pu essere confermato, e pertanto dal principio enunciato non si pu trarre avgomento per affermare in radice l'inammissibilit del PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB l'impugnativa di nullit la quale non pu rivolgersi contro le ordinanze, ma soltanto contro il lodo (art. 827 ss.). Invero, mentre la sentenza n. 1062 del 1950 si inquadrava nell'indi rizzo, allora dominante, secondo cui non ammessa la pronuncia di un lodo parziale, Ja sentenza n. 1431 del 1965 non ha tenuto conto del consolidarsi dehl'opposto indirizzo, che ammette i lodi parziali, a seguito della sentenza deMe Sez. un. 7 agosto 1950 n. 2419. E pertanto, anche sulla competenza il collegio arbitrale si deve pronunciare con lodo parziale. Il problema dehl'impugnabilit immediata di esso stato sfiorato dalla sentenza delle sez. unite 19 luglio 1957 n. 3050 che si limitata ad affermare che non pu esservi dubbio sull'ammissibilit dell'impugnazione di nullit di cui agli artt. 827 e 829 cod. proc. civ. avverso un Jodo parziale 1che ha fissato soltanto i limiti della controversia e delfa competenza arbitrale, escludendo l'ammissibilit del regolamento di competenza. Quest'ultima affermazione esatta e conforme ailla costante giurisprudenza di questa Corte, che ha semrpre ritenuto non esperibile il ri medio del regolamento di competenza, avverso la sentenza arbitrale (fra le altre, cfr. Cass. 15 marzo 1976 n. 930; Cass. 18 dicembre 1973 n. 3433). Invece, l'affermazione precedente, non sovretta da adeguato approfondimento dell'arduo problema, stata motivatamente superata da Cass. 12 luglio 1979 n. 4020. L'Amministrazione ricorrente mostra di non contestare la validit di quest'ultimo orientamento per i casi in cui gli arbitri abbiano deciso soltanto su alcune delle domande, ma di ritenerlo iinappllicabile all'ipotesi in cui gli arbitri hanno deciso soltanto sulla competenza, affermandola, senza definire il giudizio arbitrale (fermo, ovviamente, il principio deH'esperibilit dell'impugnativa immediata per nullit e non del regolamento di competenza). L'assunto della ricorrente non pu essere condiviso, e non soltanto perch non appare corretto, in linea di principio, di scriminare la possibiilit o meno di esperire l'impugnazione immediata contro la sentenza airbitrale parziale, a seconda che essa pronunci sulla competenza o su altre questioni (o addirittura, a ,seconda della ragione fatta valere con il'Jmpugnazione per nullit); ma anche perch nemmeno la ricorrente contesta efficacemente tutte fo ragioni sistematicamente esposte dalla sentenza n. 4020 del 1979. Questa poggiata su cinque ordini di argomentazioni: a) il sistema della scelta fra impugnazione immediata ed impugnazione differita imperniato sull'istituto de11a riserva di impugnazione differita, la quale non utilizzabile nell'impugnazione dei lodi parziali; , b) l'art. 829 n. 4 cod. proc. civ. sancisce con Ja nullit del lodo la violazione dell'obbligo degli arbitri di pronunciare su tutte le questioni sottoposte al loro esame. La decisione resta definitivamente parziale e diventa, quindi, operante la causa di nullit, se il lodo definitivo non venga poi affatto pronunciato o non intervenga tempestivamente, agli ef RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO fetti dell'art. 820; e poich questo evento relazionato, in entrambe le ipotesi, alla scadenza del termine per il deposito del lodo definitivo, chiaro che queJ.:lo parziale non pu essere impugnato prima di detta data; e, nel secondo caso (cio quando n lodo finale sia stato reso dopo la notifica di cui all'art. 821), l'impugnativa deve necessariamente investire entrambi i lodi, nei termini dovuti per il definitivo. Lo stesso discorso vale per l'ipotesi che hl lodo definitivo non esaurisca l'intero oggetto del compromesso: il'incompletezza della sentenza finale ugualmente cristallizza il carattere parziale della pdma pronuncia, con le medesime conseguenze di cui sopra, sicch anche in tal caso il gravame reso possibile solo dalla prolazione del lodo definitivo e deve rigua.Tdare di necessit entrambe le pronuncie (le quali, ai fini della completezza o meno del giudizio arbitrale vanno valutate contemporaneamente); e) in relazione alla stessa ipotesi ed a tutte le altre in cui sia nullo il lodo definitivo, viene in considerazione l'art. 830 cod. proc..civ.: dovendo il giudice dell'impugnazione dichiarare la nullit della pronuncia e del giudizio arbitrale tutte le volte che accolga il gravame, tali conseguenze si producono anche quando la nullit investa un solo capo della decisione a11bitrale, rimanendo travolta, quindi, anche iJ.'eventuale sentenza non definitiva in precedenza resa. Se questa dovesse formare oggetto di impugnazione immediata, il passaggio in giudicato della sentenza medesima, se non impugnata, o di quella che decide il gravame (respingendolo) renderebbe intangibile la statuizione e conseguentemente inoperante l'art. 830; d) con riferimento a1l'inosservanza del termine di deposito del lodo definitivo, [a nullit di cui al n. 6 dell'art. 829 investe sia il lodo definitivo, depositato oltre il termine, e sia quello parziale. Anche per dedurre questo vizio si impone quindi il differimento dell'Jmpugnativa del lodo parziale, dovendosi evitare l'effetto preclusivo del giudicato che potrebbe prodursi se si ammettesse il gravame immediato, per una diversa causa di nullit del lodo parziale; e) l'annullamento di un Jodo parziale impugnato immediatamente, obbligherebbe il giudice a procedere al giudizio rescissorio ed a riesaminare, quindi, il merito della controversia, sebbene questo continui ad essere affidato agli arbitri per la parte non decisa con :il lodo non definitivo, con fa conseguente necessit di una nuova impugnativa per eliminare il lodo definitivo, nonch con fa possibilit di pronuncie contraddittorie. La ricorrente non censura espressamente l'argomento sub a). Tuttavia, esso stato criticato da parte della dottrina, la quale ha osservato che Ja iriserva di impugnazione differita, pu essere avanzata dall'interessato entro i termini previsti dal 1 e 3 comma dell'art. 828, nelle forme indicate dall'art. 129 secondo comma, disp. att. cod. proc. civ.; non assu PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDRNZA CIVILB mendo rilievo la circostanza che non sia prevista la comunicazione della sentenza arbitrale, n l'udienza successiva, a cui fa cenno l'art. 340 comma primo, ultimo inciso cod. proc. civ. Il Collegio osserva che tale argomentazione, se fondata, porterebbe soltanto a ritenere possibile la formalit della riserva di impugnazione (in analogia con quanto dispone l'art. 340 per l'appello contro le sentenze non ~efinitive), ma tale formalit (ritenuta non necessaria dalla sentenza n. 4020/79) in linea con il differimento dell'impugnazione, che il vero cardine di tutto il sistema sopra delineato, nel quale il ~erimento previsto come necessario, per impedire iI passaggio in giudicato del lodo parziale indipendentemente da quello definitivo (o, comunque, prima della scadenza del termine per il deposito di quest'ultimo) e consentire, attraverso la concentrazione delle impugnazioni, la considerazione unitaria dell'mtera pronuncia, evitando altres il frazionamento del giudizio rescissorio. Si pu aggiungere che non pu .trarsi partito dal principio secondo cui la sentenza non definitiva (del giudice ordinario) sulla sola competenza impugnabiile soltanto, .in via immediata, con il regolamento di competenza, sicch ad essa inapplicabile l'art. 340 cod. proc. civ. (Cass. 22 gennaio 1980 n. 521; ,Cass. 8 giugno 1977 n. 2366); .invero, si gi rilevato che il regolamento di competenza estraneo al sistema delle impugnative del lodo arbitJrale rituale, per cui la verifica dell'ammissibilit dell'impugnazione immediata del lodo parziale sulla sola competenza va condotta alla stregua delle disposizioni degli artt. 827 e ss. cod. proc. civ. Si deve sottolineare che l'argomento sub a) non decisivo, nell'ambito dell'indirizzo qui sostenuto, perch esso poggia essenzialmente sul principio della concentrazione dei gravami contro il lodo arbitrale. Contro l'arrgomento sub b) l'Amministrazione deduce che nella specie essa non aveva inteso sostenere l'esistenza dei vizi indicati dall'art. 829 111. 4 cod. proc. civ.; ma tale argomento non conferente, perch l'ammissibilit o meno dell'impugnazione immediata non deve affermarsi in relazione al concreto motivo d'impugnazione, ma in relazione ai principi generali, applicabili anche al di fuori della fattispecie da decidere. Contro gli argomenti sub e) e d) l'Amministrazione non solleva alcuna critica, e pertanto essi vanno riconfermati, riconoscendosene l'essenzialit ai fini della affermazione del principio della non impugnabilit immediata del dodo .parziale, .per evitare le conseguenze incongrue ivi illustrate. Contro l'argomento sub e) l'Amministrazione obietta che il giudice dell'impugnazione del lodo non competente ad ammettere pronuncie di merito, ai sensi dell'art. 830 cod. proc. civ., nei casi nei quali gli arbitri hanno pronunciato ai di fuori della volont delle parti o su materie non compromettibili in arbitri per divieto di legge, casi nei quali si davanti 708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO; ad ipotesi di inesistenza del lodo, per cui il giudice deve limitarsi a dichiarare l'inefficacia del lodo, mentire per il merito competente il giudice originario in primo grado. Il Collegio osserva che il princiipio richiamato stato pi volte affermato da questa Corte (fra le altre, cfr. Cass. 16 ottobre 1975 n. 3354; Cass. 3 ottobre 1968 n. 3070), ma che esso non conferente. In primo luogo, da dubitarsi che si vertesse in ipotesi di assoluta contrariet a legge della clausola compromissoria (cfr. Cass. 27 maggio 1981 n. 3474), ma ovviamente questa argomentazione non decisiva, perch non pu esaminarsi nel merito il motivo dell'impugnazione per nullit, ma soltanto verificare se sia esatta o meno Ja decisione della Corte di Appello di Roma ,fili ordine a1l'inammissibilit dell'impugnazione. Si pu convenire con l'osservazione che, in taluni casi (cfr. Cass. 25 settembre 1964 n. 2433) non si verificherebbe -con l'impugnazione immediata del lodo parziale sulla competenza del collegio arbitrale - l'inconveniente supra descritto sub e); ma tale argomentazione di carattere aggiU111tivo e non essenziale, nell'ambito del sistema ricostiruito. Invero, resterebbero insuperabili sempre le precedenti argomentazioni: nel caso di impugnazione immediata e di reiezione della stessa, il giudizio arbitrale proseguirebbe per il merito. Una volta, poi impugnato il lodo definitivo, in ipotesi di accoglimento dell'impugnazione, si dovrebbe procedere anche al giudizio rescissorio, per cui il giudicato formale sulla competenza degli arbitri sarebbe privato di pratica efficacia. Esso conterrebbe un'mtrinseca contraddittoriet: da un lato permetterebbe al giudice dell'impu~nazione di conoscere del merito della controversia, ma dall'altro mal si concilierebbe con il fermo principio della inscindibilit della pronuncia arbitrale, che non pu annullarsi parzialmente. Concludendo, deve affermarsi che il principio secondo cui l'impugnazione immediata del lodo parziale inammissibile si applica anche quando il suddetto lodo parziale decide soltanto una questione di competenza degli arbitri, in senso affermativo {la decisione in senso negativo va data con lodo definitivo). Il lodo parziale deve essere impugnato msieme con quello definitivo e nei termini previsti per l'impugnazione di quest'ultimo. L'argomento contenuto nel secondo motivo di ricorso parimenti infondato. Non esatto che fa Corte di appello abbia contraddetto i suddetti principi, decidendo parzialmente l'impugnazione e cio accogliendo il terzo motivo, con cui l'Amministrazione aveva sostenuto che il lodo arbitrale non poteva essere limpugnato con il regolamento di competenza .(contrariamente a quanto detto nel lodo stesso), ma con J'impugnazione per nullit. Invero, la decisione sul mezzo di impugnazione esperibile non stata presa dalla Corte di appello m sede di esame del contenuto del lodo (che su tale scelta non poteva dettare alcuna statuizione efficace), ma d'uffii: i: f: 1: i: PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVnB cio, in quanto l'ordinamento che stabilisce, in modo inderogabile dalle parti e dal giudice, quali sono i mezzi d'impugnazione ammissibili contro una decisione di un certo tipo. ' ovvio, d'altra parte, che non pu passare in giudicato (e quindi non necessaria l'impugnazione per evitare la formazione del giudicato) una pronuncia del giudice di grado inferiore che intenda vincolare il giudice di grado superiore, in ordine al tipo di processo da instaurare in sede di impugnazione. Il problema pu porsi soltanto quando l'ordinamento configura -rispetto a decisioni emesse dal medesimo giudice -impugnazioni di tipo diverso a seconda del diverso tipo di controversia risoluta, perch in tal caso l'individuazione del mezzo di volta in volta esperibile va compiuta in base alla qualificazione data dallo stesso provvedimento alla controversia e, attraverso questa, a se medesimo (Cass., Sez. Un. 24 febbraio 1978 n. 931; Cass. 11 ottobre 1978 n. 4506). Ma non pu sorgere nel presente caso, in cui l'unico mezzo di impugnazione che l'ordinamento prevede l'impugnazione per nullit, per cui non pu sorgere mai un problema di qualificazione da parte del giu dice a quo, influente sul tipo di impugnazione, che unico ed inderogabile. Pertanto, la pronuncia preliminare della Corte di appello che ha rico nosciuto, in astratto, la corrispondenza della querela nullitatis dell'Am mmistrazione davanti a1la Corte stessa alla tipologia del rimedio predi sposto dall'ordinamento (pur rilevandone in concreto l'inammissibilit in quanto rivolta contro un lodo parziale), non si converte in annulla mento parziale del lodo e non produce le conseguenze esposte dalla ricorrente. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1983, n. 6109 -Pres. San dulli Rel. Zappulli -P. M. Silocchi -Ministero del Tesoro (avv. Stato Ferri) c. Battinelli {avv. Casella). Sanzioni amministrative -Sanzioni originariamente amministrative e sanzioni depenalizzate lntrasmissibilit passiva per successione mortis causa Limiti. L'intrasmissibilit passiva per successione mortis causa, ai sensi dell'art. 4 della legge 24 dicembre 1975, n. 706, non pu trovare applicazione per le infrazioni che, a causa del loro carattere esclusivamente amministrativo, non sono gi assoggettate alla pena dell'ammenda di cui all'art. 17, 2 comma, codice penale, con la successiva depenalizzazione dalla legge stessa prevista; del pari il principio contenuto nell'art. 7 della legge n. 689 del 1981 non applicabile alle stesse infrazioni, mantenendo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA l>llLLO STATO il suo effetto la trasmissione ereditaria quando la morte del responsabile sia avvenuta anteriormente alla sua entrata in vigore (1). Ritiene la corte di dover prendere in esame con precedenza il secondo motivo del ricorso principale, :per il suo contenuto pregiudiziale. Con il medesimo il Ministero del Tesoro ha censurato Ja sentenza impugnata, lamentando la violazione degli artt. 4, 10 e 11 della legge 24 dicembre 1975, n. 706, nonch dell'art. 2 del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928 e del r.d.l. 12 maggio 1938, n. 794, per avere la corte di merito ritenuto che la citata legge del 1975 riguardasse ooche le infrazioni valutarie e che, quindi, fosse applicabile alle stesse il suo art. 4, in virt del quale erano esclusi gli effetti della successione ereditaria per le obbligazioni del de cuius relative a somme dovute in sostituzione dell.'ammenda per contravvenzioni depenalizzate. Ha sostenuto l'amministrazione dco:rrente che il nuovo sistema sanzionatodo introdotto da quella legge trovava applicazione solo per le violazioni gi assoggettate dalle leggi precedenti alla sanzione pena.le dell'ammenda, mentre per le infrazioni valutarie, tra le quali rientrava quella in questione, era prevista solo una sanzione amministrativa. Il motivo fondato e il suo accoglimento non trova ostacolo neanche nella sopravvenuta legge 24 novembre 1981, n. 681 sulle modifiche del sistema penale, la cui applicazione ha formato oggetto di approfondito dibattito nella discussione orale. Circa l'applicabilit della citata legge 24 dicembre 1975, n. 706, il cui articolo 4 . sanciva espressamente Ja mancata trasmissione agli eredi del responsabile delle violazioni da esso previste per l'obbligazione di pagare le somme dovute per quelle indicate nell'art. 1 , facile osservare che questa norma cos richiamata, e posta a base di quella legge, ha delimitato specificamente, in conformit al titolo della stessa, il suo campo di applicazione, come dedotto dal Ministero dcorrente, e ci indipendentemente dalla successiva legge del 1981. Invero, in corri:>pondenza al titolo del testo legislativo Sistema sanzionatorio delle norme che prevedono contravvenzioni punibili con l'ammenda , il citato art. 1 aveva innovativamente disposto che non costituivano reato ed erano soggette alle sanzioni amministrative pecuniarie tutte le violazioni per le quali prevista soltanto la pena dell'ammenda, sa.Ivo quanto previsto dagli artt. 10 e 11 . Ne consegue che, ancor prima dell'abrogazione di quella legge di cui all'art. 42 della ;menzionata legge del 1981 l'intrasmissibilit passiva (1) Sentenza cli particolare interesse che risolve il contrasto sorto in dottrina e in giurisprudenza sulla in~rasmissibilit per successione mortis causa delle sanzioni esclusivamente amministrative; per riferimenti cfr. Cass. 3 aprile 1979 n. 1885, in Foro lt., Rep. voce Contravvenzione n. 7. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE per successione mortis causa di cui al successivo art. 4, cos come le altre disposizioni di essa, non poteva trovare applicazione per quelle infrazioni che, a causa del loro precedente carattere esclusivamente amministrativo, non fossero gi assoggettate alla pena dell'ammenda di cui all'art. 17, secondo comma, cod. pen. Va aggiunto che, mentre il riportato art. 1 delimita come sopra indicato il campo di applicazione di quella fogge, non vi era nella stessa alcuna norma che consentisse di estendere alle violazioni ,di norme non penali assoggettate a sanzioni amministrative la disciplina da essa prevista. Giova osservare, a conferma di tale interpretazione, che fine di quella Jegge era stata la riduzione del carico complessivo dei procedimenti :penali per gli uffici giudiziari con una correlativa attenuazione, pi corrispondente a giustizia, delle responsabilit dei privati per infrazioni di minor .gravit. Pertanto, si era provveduto ad una estensione di quella depenalizzazione gi introdotta con precedenti leggi, adottando per le infrazioni cos depenalizzate una nuova normativa di carattere generale, in relazione a quel mutamento. Nel quadro di tale riforma era stata espressamente stabilita la intrasmissibilit ereditaria passiva delle sanzioni amministrative stabilite in sostituzione delle ammende penali, nonostante la diversa disciplina preceden~e delle sanzioni gi previste direttamente senza alcuna commutazione, e ci per non cagionare un aggravio agli eredi dei responsabili delle infrazioni penalmente sancite. Infatti, senza quella norma, il beneficio della depenalizzazione avrebbe importato, in senso contrario, la trasmissione a loro carico dell'obbligo di pagamento della sanzione amministrativa mentre 'l'ammenda, quale pena, si estingue con la morte del reo ai sensi dell'art. 171 cod. pen. Innanzi a tale espressa e diversa disciplina legislativa, secondo la legge del 1975, superflua e irrilevante ogni altra questione sui caratteri propri delle sanzioni relative alle infrazioni valutarie, per le quali, come per quella attribuita al defunto marito della Battinelli, fosse stabilita originariamente la sanzione amministrativa pecuniaria. 2. -Ci premesso, per quanto concerne la citata Jegge del 1975, va rilevato che la stessa aveva effettivamente dato luogo ad una disarmonia nel nostro sistema legislativo in quanto, mentre da un lato ile violazioni depenalizzate erano state sottratte al maggior rigore delle pene in senso strettamente penalistico, con l'assimilazione alle comuni infrazioni di ordine amministrativo, d'altro lato erano venute meno '1e maggiori garanzie del sistema penale con due gradi di giudizio di merito. Inoltre, si era determinata una situazione per la quale le infrazioni originariamente considerate pi gravi, tanto da essere represse con la pena dell'ammenda, davano luogo, con la foro depenalizzazione, a :sanzioni amministrative che, dn virt della espressa norma del citato art. 4 della 'legge del 1971, non erano trasmissibili a carico degli eredi del 712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO soggetto responsabile, mentre quelle pi Hevi, per le quali il legislatore aveva dall'origine previsto la sanzione amministrativa pecuniaria, rimanevano, in assenza di specifica norma, trasmissibili a carico degli eredi stessi. N emno solo questi gli inconvenienti, dovendosi rilevare quelli, per esempio, relativi alla diversa normativa sulla imputabilit. Pertanto, chiaro che il legislatore, con la successiva legge 24 novembre 1981, n. 689, ha inteso unificare la materia delle sanzioni amministrative, sia per Je infrazioni depenalizzate sia per quelle originariamente punite con le sanzioni stesse disponendo, tra l'altro, un completo riesame delle ordinanze-ingiunzioni da parte del pretore (art. 23). In questa sistematica unificazione stata compresa la norm;:i. dell'art. 7, corrispondente al menzionato art. 4 della legge del 1975, con la quale stato disposto che l'obbligazione di pagare la sanzione non si trasmette agli eredi. Senonch, non ritiene questa Suprema Corte che tale norma possa trovare applicazione nella specie in esame, neanche in virt della disposizione transitoria di cui amart. 40 della sovravvenuta legge del 1981. Invero, questo articolo, nello statuire che le disposizioni di quel capo (comprendente il citato art. 7) si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente quando il relativo procedimento penale non sia stato definito, ne ha limitato la retroattivit alle sole infrazioni gi sancite penalmente e sotto la condizione che il relativo procedimento penale sia tuttora pendente. Al dguardo, gi questa Suprema Corte ha affermato che, ai sensi dell'art. 40 della legge del 1981, le disposizioni di quel capo si applicano retroattivamente solo quando le violazioni contestate avevano in origine carattere penale ed erano state depenalizzate dalla legge sopravvenuta, in corrispondenza, cio, al principio dell'art. 2, secondo comma, cod. pen., per effetto del quale nessuno pu ~ssere punito per un fatto che, secondo fa legge posteriore, non costituisce reato (Cass. 13 dicembre 1982 n. 6824; 11 novembre 1982 n. 5945; 28 gennaio 1983 n: 773). Perci, quella disciplina transitoria posta dall'art. 40 citato concerne esclusivamente gli effetti sia sostanziali sia procedurali che si collegano alle infrazioni depenalizzate e sotto la menzionata condizione della mancata definizione del procedimento pendente. N si pu riconoscere una retroattivit del menzionato art. 7 autonomamente, e cio indipendentemente dalla norma' transitoria dell'art. 40. Infatti, quella disposizione, con lo statuire che l'obbligazione in questione non si trasmette agli eredi , ha escluso la sua trasmissibilit solo per il futuro, e cio ex nunc, senza nulla disporre per le sucoessioni gi verificatesi. Non dubbio, al riguardo, che la trasmissione dell'obbligazione al pagamento della sanzione amministrativa, sorta automaticamente al momento della relativa infrazione, si trasmette con l'apertura della successione, e cio con la morte del responsabile diretto, e PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE non in seguito a una sua contestazione e a un qualsiasi provvedimento dell'autorit amministrativa, ,PUr se la relativa obbligazione era condizionata all'esito della eventuale opposizione. Consegue dalla menzionata limitazione della norma che Ia trasmissibilit di quella obbligazione era regolata dalle norme vigenti all'apertura della successione, pacificamente anteriore nella specie alla legge del 1981. Rimanevano, perci, applicabili le disposizioni precedentemente vigenti sulle sanzioni civili amministrative, in relazione alle quali non ne stata contestata la trasmissibilit agli eredi. Pu pure riconoscersi che JI legislatore, nell'unificare istituti giuridici eterogenei, ha inteso attribuire alle sanzioni amministrative, gi aventi carattere esclusivamente civile, un carattere personalissimo, come dedotto dalla resistente, attraverso il citato art. 7 e altre norme vigenti precedentemente solo nel campo penale, ma ci non importa necessariamente l'assoggettamento alle nuove norme per ogni infrazione verificatasi anteriormente. Non pu, pertanto, per il principio consacrato da11'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, riconoscersi una retroattivit in contrasto con la norma generale da esso posta ( la legge non dispone che per l'avvenire ) nella assenza di qualsiasi disposizione contraria. In virt di questa norma deve accogliersi il secondo motivo del ricorso principale del Ministero del Tesoro, rimanendo assorbiti il primo motivo del medesimo e il ricorso incidentale della Battinelli, onde va cassata la sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della stessa corte d'appello. Quest'ultima, la quale avr da provvedere anche sulle spese dell'attuale giudizio per cassazione, dovr attenersi al principio in virt del quale la legge 24 dicembre 1975 n. 706 non applicabile a11e infrazioni per le quali non sia stata originariamente prevista la pena dell'ammenda, con la successiva depenalizzazione da essa stabilita, nonch a quello in virt del quale alle infrazioni suddette commesse anteriormente alla successiva legge n. 689 del 1981, non applicabHe l'art. 7 di quest'ultima, mantenendo il suo effetto la trasmissione ereditaria quando la morte del responsabile sia avvenuta anteriormente alla sua entrata in vigore. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen. 22 dicembre 1982 n. 21 -Pres. Pescatore -Est. Giovannini -Giannotti {avv. Della Fontana, Cavasola) c. Universit degli Studi di Bologna (avv. dello Stato Tarin). Giustizia amministrativa -Appello -Questioni pregiudiziali sollevate in primo grado -Riproposizione da parte dell' Amm.ne vincitrice. Necessit o meno dell'appello incidentale in relazione al contenuto della decisione di primo grado. Quando le questioni di rito sono state espressamente esaminate e decise in primo grado, la loro riproposizione in appello da parte dell'Amministrazione vincitrice 1deve avvenire con apposita impugnazione, per evitare che su di esse si formi il giudicato. Quando invece il giudice di prima istanza abbia dichiarato espressamente di voler prescindere da tali questioni oppure su di esse non si sia affatto pronunciato, l'Amministrazione pu riproporle con semplice memoria o anche nelle difese orali, potendo comunque il giudice d'appello esaminarle d'ufficio {1). (1) Prima di questa importante decisione la rilevabilit d'ufficio delle questioni pregiudiziali di rito da parte del giudice di appeHo era .stata liimitiata al difetto di contraddittorio (cfr. IV 27 giugno 1978, n. 606 in Cons. St. 1978, I, 1014 e IV 10 aprile 1979 n. 268 ivi 1979, I, 510 e V '16 ottobre 1981, n. 454 ivi 1981 p. 1043) ed al difetto di giurisdizione (cfr. 15 ottobre 1980, n. 401 ivi 1980, p. 473 e IV 6 giugno 1978, n. 532 ivi 1978 p. 973) ma per tali casi era stata talora persino sostenuta la rilevabilit d'ufficio nonostante l'esistenza di un'esplicita pronuncia in primo grado non impugnata. (Cfr. Ad. Plen. 28 ottobre 1980, n. 42 ivi 1980, 1290 per il difetto di giurisdizione). La sentenza qui massimata estende la rilevabilit a tutte le eccezioni pregiudiziali (nel caso di specie si trattava di eccezione di inammissibilit dei ri corsi sotto il triplice profilo della mancata notifica agli organi autori dei provvedimenti impugnati, dell'attinenza ad atti meramente preparatori e della tardivit). Essa, per, sembra per altro e contrario verso stabilire la necessit dell'appello incidentale, quando vi sia stata espressa decisione anche per quanto concerne il difetto di giurisdizione ed il difetto di contraddittorio, data l'ampiezza della regola dettata e riassunta nella massima. Quest'ultimo aspetto della questione tuttavia non essendo stato affrontato direttamente dall'Adunanza Plenaria rimane piuttosto opinabile. La sentenza si segnala anche per l'interessante raffronto con la giurisprudenza della Cassazione sull'analoga tematica nel processo civile e per l'interpretazione dell'art. 346 cod. proc. civ. come suscettibile di valere anche in seno al giudizio amministrativo solo per la parte in cui espressivo del principio generale di libert di forma degli atti processuali e non, invece, per la parte che deroga al principio dell'onere della impugnazione per evitare la formazione del giudicato. G.P.P. PARTB I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA; 715 CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen. 9 marzo 1983 n. 1 -Pres. Pescatore Est. Lignani -:Petricca (avv. Lav:itola) e Comune di Montelibretti (avv. Davoli). Urbanistica Piano regolatore adottato dal Comune -Immediata impugnabilit -Misure di salvaguardia -Riapertura termini per impugnazione piano regolatore, inammissibilit. Urbanistica Piano regolatore approvato -Incondizionata impugnabilit. La delibera comunale di approvazione del P.R.G. avendo una propria immediata efficacia lesiva degli interessi dei singoli pu essere autonomamente impugnata anche prima della adozione delle misure di salvaguardia, la quale non riapre i termini per impugnare Ja delibera di' approvazione del piano (1). Il piano regolatore approvato pu essere impugnato anche da chi, pur avendone avuto conoscenza, non abbia impugnato tempestivamente il piano solo adottato (2) *. (*) La motivazione della decisione pu leggersi nella rivista Il Consiglio di Stato, 1983, I, 205. (1-2) Spunti critici sulla giurisprudenza dell'Adunanza Plenaria relativa alla impugnazione del P.R.G. Questa decisione dell'Adunanza Plenaria ribadisce con alcune correzioni di rotta un orientamento assunto dal Consiglio di Stato con la decisione dell'Ad. Plen. 16 giugno 1978, n. 17 (pubbl. in Foro lt., 1979, III, 14), che aveva costituito nella giurisprudenza amministrativa un revirement cos brusco da sollevare non pochi dissensi nell'ambito delle sezioni ordinarie dello stesso organo giudicante (cfr. ad es. Sez. IV 15 dicembre 1981, n. 1078 in Cons. St. 1981, I, 1047 e 11 maggio 1979, n. 312 ibidem, 1979, I, 687), e dei T.A.R. (cfr. T.A.R. Puglia 4 settembre 1982, n. 379 in Trib. Amm. Reg. 1982, I, 3175) e T.A.R. Veneto 12 marzo 1981, n. 200). per questo che sembra opportuno prendere le mosse dalla decisione 17/1978 per ripercorrere il cammino della questione ed esaminarne le pi recondite motivazioni. Questa prima pronuncia concerneva un ricorso proposto contro una misura di salvaguardia che il Comune di Roma aveva preso, in relazione al piano regolatore solamente adottato, ovvero non ancora approvato in sede regionale. Come noto le misure di salvaguardia introdotte nella nostra legislazione dalla legge 3 novembre 1952, n. 1902 poi modificata con legge 21 dicembre 1955, n. 1357, 30 luglio 1959, n. 615 e 5 luglio 1966, n. 517, avevano carattere facoltativo, essendo rimessa alla decisione del sindaco la valutazione dell'opportunit di adottare la misura, consistente nella sospensione di ogni determinazione sulle domande di licenza di costruzione... quando riconosca che tali domande siano in contrasto con il piano adottato . Successivamente per il legislatore, preso atto dei gravi inconvenienti che tale carattere delle misure comportava, costituiti da una applicazione molto limitata e casuale e spesso puramente discriminatoria (cfr. la circolare ministeriale illustrativa della legge 765/1967 riportata da Dr LORENZO, Diritto Urbanistico 1973 p. 513, n. 5), con l'art. 3 della legge ponte rendeva obbligatoria l'adozione delle misure di salvaguardia. Al mutato carattere del provvedimento in questione consegu l'aggiustamento di tiro delle impugnative, che non si limitarono pi a censurare le mi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sure in s e per s, ma quasi necessariamente dovettero appuntarsi contro l'atto presupposto costituito dal piano regolatore adottato dal Comune; si riteneva per, da parte della prevalente giurisprudenza, che la deliberazione comunale in quanto atto preparatorio che dava inizio al procedimento di approvazione del piano regolatore non potesse formare oggetto del sindacato di legittimit in occasione del ricorso contro il provvedimento di salvaguardia (Cons. St. V 8 gennaio 1966, nn. 27 e 37), si ammetteva solamente un'indagine volta ad accertare se la delibera comunale di approvazione del piano esistesse effettivamente, e sussistessero le norme in contrasto con il progetto (Sez. V, 3 giugno 1969, n. 598). Successivamente il giudice amministrativo estese il proprio sindacato, in sede di impugnativa delle misure di salvaguardia, anche ai vizi attinenti al P.R.G. in itinere che delle misure costituivano il presupposto, ferma restando la non autonoma impugnabilit della deliberazione comunale di adozione del piano prima del perfezionamento dell'iter di approvazione (Sez. V, 15 marzo 1974, n. 260 in Foro it., 74, III, 364). Deve subito rilevarsi a proposito di questa ultima decisione che non appare chiaro se il Consiglio di Stato abbia inteso ammettere la deducibilit dei vizi del P.R.G. solo adottato come vizi derivati anche alla misura di salvaguardia presa su tale presupposto, oppure se abbia ritenuto impugnabile il P.R.G. per tali vizi seppure solo unitamente alla misura di salvaguardia. Sta di fatto che l'Adunanza Plenaria 17/1978 ha recepito la prima delle due sopraformulate ipotesi, avendo criticata detta sentenza col dire che " ove la prescrizione del P.R.G. dovesse essere annullata in s.g. a seguito di impugnativa della misura a salvaguardia, l'annullamento avrebbe efficacia limitata a questa misura, mentre la delibera di adozione continuerebbe ad esistere anche per la parte annullata ai fini di salvaguardia, come elemento della fattispecie complessa che si conclude con il provvedimento regionale. La conseguenza ulteriore sarebbe che una volta intervenuto questo provvedimento senza aver apportato modifiche alla prescrizione della delibera di adozione gi ritenuta illegittima, il P.R.G. che entrerebbe in vigore verrebbe a comprendere anche quella prescrizione gi ammllata . La conclusione raggiunta non sembra per cos necessitata come appare all'Adunanza Plenaria, sol che si ammetta l'estensione dell'impugnativa oltre che alla misura di salvaguardia anche al P.R.G. adottato, che ne sia presupposto e quindi si riconosca in tale limitata ipotesi la caducabilit a tutti gli effetti anche del P.R.G., in caso di accoglimento del ricorso per i motivi che lo concernono (si noti per inciso che nella causa decisa dalla Sez. V, con la sent. 260/74 cit., i ricorrenti avevano impugnato anche il P.R.G. ma il G.A. aveva negato la fondatezza dei motivi che lo investivano). Comunque, muovendo da questa premessa, l'Ad. Plen. 17/1978, rileva che pur essendo il P.R.G. una fattispecie complessa che si perfeziona a tratto successivo, data l'obbligatoriet della misura di salvaguardia, la delibera comunale di adozione "produce necessariamente l'effetto immediato di impedire la realizzazione di progetti edilizi che siano difformi dalle prescrizioni del piano adottato per cui " la lesione concreta ed attuale prodotta direttamente dalla delibera di adozione che per ci deve essere impugnata, ove conosciuta, prima ancora che intervenga in concreto la misura di salvaguardia . Risulta palese gi da queste prime considerazioni che l'intento dell'Adunanza Plenaria quello di agevolare il destinatario della misura di salvaguardia consentendogli per un verso di richiedere al G.A. il pi ampio sindacato sul provvedimento impugnato anche per i profili concernenti il collegamento con il P.R.G., per altro verso di ottenere gi in sede di impugnativa della misura cautelare (e seppure estesa al P.R.G.) l'annullamento della parte di quest'ultimo che illegittimamente lede i propri interessi. PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIV~ Quel che non si comprende invece il motivo che ha indotto il collegio giudicante a ritenere autonomamente impugnabile il P.R.G. non ancora approvato, deduzione non necessaria che poi finisce con il conseguire effetti opposti a quelli che l'Adunanza si proponeva. I primi problemi nascono per quanto concerne il giorno dal quale decorre il termine per utilmente impugnare il P.R.G. solo deliberato, e la sentenza ne pienamente consapevole, tant' vero che si affretta a precisare come la conoscenza del P.R.G. non potr essere legalmente presunta per effetto della pubblicazione nell'albo, n potranno applicarsi i principi che regolano l'impugnativa del P.R.G. perfezionato dato lo speciale regime di pubblicit di quest'ultimo. Ora, a parte le perplessit che entrambe queste considerazioni suscitano, evidente che allora non rimangono altri modi per far decorrere il termine oltre alla comunicazione personale ed alla comunicazione del provvedimento di salvaguardia. Avendo riferimento a quest'ultimo si torna a configurare la necessit di un'impugnazione congiunta della misura e del P.R.G. facendo rientrare dalla finestra quello che si era fatto uscire dalla porta. Con riguardo poi al primo si attribuisce al Comune la possibilit di evitare le impugnative dei privati meno accorti che dalla comunicazione del P.R.G. non si rendano conto degli effetti pregiudizievoli, e per altro verso si costringono i privati pi accorti all'impugnazione immediata del P.R.G., senza attendere l'adozione della misura di salvaguardia che potrebbe in ipotesi anche essere omessa, seppure contra legem. N agli interessati viene lasciata la possibilit di presentare osservazioni al P.R.G. deliberato che potrebbero essere accolte dall'organo regionale nell'esercizio dei suoi poteri di modifica del piano, perch tale agire costituisce indice della presa di conoscenza dello strumento urbanstico e fa quindi decorrere nei loro confronti il termine per l'impugnazione, con l'ulteriore conseguenza, secondo Ad. Plen. 17/1978, che essi non potranno poi impugnare per i medesimi motivi neppure il P.R.G. approvato. A quest'ultima nefasta conseguenza pone rimedio, come si vedr, la sentenza qui massimata ritenendo non preclusa la impugnazione del piano approvato (e questa una delle pi rilevanti correzioni di rotta cui si accennava in principio e sulla cui ammissibilit logica si torner in prosieguo), ma rimane anche in questa seconda decisione ferma la conseguenza, pure incongrua, che la martcata impugnazione del P.R.G. adottato rende inoppugnabile la successiva e conseguenziale applicazione di misure di salvaguardia. Il che significa che il privato che abbia comunque avuto conoscenza ufficiale del piano deliberato o che abbia voluto presentare osservazioni per l'organo regionale, deve immediatamente impugnare il P.R.G. per evitare di decadere dalla possibilit di impugnare a suo tempo, eventuali misure di salvaguardia. Sembra a chi scrive che nel caso di specie si evidenzi come talora il pragmatismo di certe soluzioni sortisca effetti radicalmente opposti a quelli avuti di mira. Tornando con un'ultima osservazione sulla sentenza 17/1978 per analizzarne le motivazioni, occorre altres osservare che, come si gi detto in quell'occasione, il Consiglio di Stato non si nascosto la difficolt di concepire l'impugnabilit di un atto facente parte di una fattispecie complessa, prima che questa si fosse conclusa con l'emanazione dell'atto cosiddetto di approvazione da parte dell'autorit statale, ora regionale epper ha considerato che il principio relativo all'esigenza di assicurare la tutela immediata pur quando l'atto amministrativo faccia parte di una procedura ancora in itinere stato 718 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ribadito di recente da questa adunanza plenaria (dee. 3 luglio 1973, n. 7 in Cons. St. 1973, Ili, 205) . Orbene nel caso deciso da quest'ultima sentenza il ricorrente aveva impugnato un provvedimento di sospensione dei lavori di costruzione di un edificio, fondato sull'esistenza di una procedura in itinere di annullamento della licenza edilizia, estendendo quindi la propria impugnativa agli atti di quest'ultima procedura, in quanto idonei a viziare in via derivata l'ordine di sospensione; eccepita dall'Amm.ne resistente l'inammissibilit dell'impugnazione concernente la procedura in itinere, il Consiglio di Stato aveva affermato il principio sopra richiamato, avuto riguardo al caso di specie, nel quale l'interessato in occasione dell'impugnazione dell'atto lesivo (emesso sulla base del distinto potere che aveva per suo presupposto la pendenza di altro procedimento) poteva gravarsi anche contro la procedura in itinere cos da provocare l'annullamento di quest'ultima e, perci, del presupposto che alla base dell'atto lesivo. Il che equivale a dire che si ammetteva l'impugnabi,lit di un atto inserito in una procedura in itinere ma solo unitamente all'impugnazione dell'atto lesivo di cui il primo era presupposto necessario, e non autonomamente come deciso poi dall'Adunanza Plenaria del 1978 e confermato da quella del 1983 per il piano regolatore solo adottato. In base a queste considerazioni non pu stupire la resistenza opposta dalle Sezioni ordinarie del Consiglio di Stato ai principi innovatori enucleati dall'Adunanza Plenaria, resistenza ispirata anche alla considerazione delle legittime ragioni difensive dei privati. Basti per tutte ricordare le osservazioni della Sez. V 15 dicembre 1981, n. 1078 ove si legge che l'innovazione giurisprudenziale rappresentata dalla decisione n. 17 del 1978 dell'Adunanza Plenaria, comunque, non ha ancora dato luogo ad un sicuro orientamento per quanto attiene all'ulteriore problema del termine per 'ricorrere contro il piano adottato, anche perch quella decisione appare chiaramente ispirata allo scopo di estendere le possibilit di difesa degli interessati (di per s, invero, la questione allora proposta all'Adunanza Plenaria riguardava la deducibilit di determinati motivi di ricorso) piuttosto che a quello di restringerle, come avverrebbe se si traessero dal suo enunciato tutte le conseguenze ipotizzabili . Va dato atto all'Adunanza Plenaria 1/1983 di essersi fatta carico della validit delle tesi prospettate dalle decisioni non allineate alla propria precedente giurisprudenza e dell'impegno profuso per superare certe conseguenze incon grue, di cui prova il riesame critico operato dell'intera questione. La prima argomentazione cui il Supremo Giudice amministrativo si appella quella relativa all'obbligatoriet della misura di salvaguardia per effetto del quale carattere il P.R.G. solo adottato avrebbe acquisito un'efficacia imperativa propria e diretta che ne fa uno strumento di governo del territorio. Rileva per poi lo stesso giudice che la convinzione circa il carattere immediatamente lesivo del piano non ancora approvato non si fonda soltanto sulla natura obbligatoria e vincolata degli atti applicativi quasi che bastasse la trasformazione di un atto da discrezionale in vincolato a spostare automaticamente l'effetto lesivo e la conseguente impugnabilit, all'atto presupposto nel quale si consuma la discrezionalit amministrativa. Con questa considerazione il Consiglio di Stato sembra aver colto il vero nucleo del problema; non rileva infatti indagare se il piano solo adottato costituisca o meno strumento di governo del territorio, ma occorre valutare se esso abbia autonomamente un effetto lesivo che determini per il privato un interesse a ricorrere. Tale effetto lesivo viene individuato, nel piano adottato, nell'imposizione ad un terreno di una specifica destinazione urbanistica che lo qualifica e so- I ;-: ,, . j lliill8flJ1?W,.j!41ftrtrw.=:r11111111'alll7''=1 PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA stanzialmente configura il cont~uto del diritto del proprietario; da questo punto di vista non vi sarebbero differenze qualitative tra piano adottato e piano approvato, ma solo quantitative costituite dalla diversa stabilit delle prescrizioni dell'uno e dell'altro. :E!. noto infatti che la legge 765/1967, innovando profondamente nel sistema normativo relativo alle modifiche del piano regolatore da parte dell'autorit competente per l'approvazione, in accoglimento peraltro dei principi elaborati dalla stessa giurisprudenza, ha dettato nell'art. 3 una disciplina organica della materia disponendo un elenco preciso dei casi in cui possono essere apportate modifiche al piano adottato dal Comune, e tali casi hanno un'ampiezza tale da far correttamente ormai ritenere che il piano risultante dall'approvazione regionale costituisce un atto complesso ineguale, data la preminenza accordata alla posizione dell'autorit regionale. Data questa premessa, deve porsi il problema di analizzare la portata lesiva del piano solo adottato, che costituisce solamente una prima configurazione dell'assetto del territorio, suscettibile di essere modificato in modo pressoch totale prima della formazione del piano definitivo e non solo per il prevalere della volont regionale, ma con lo stesso consenso del Comune che potrebbe (ai sensi del n. 2 dell'art. 3) accogliere delle osservazioni al piano presentate da un privato, con deliberazione del Consiglio, aprendo la strada a qualunque tipo di modifiche. Non si vuol dire che l'efficacia lesiva di un atto si debba misurare necessariamente in relazione al suo carattere definitivo ed immutabile, ma sembra che non si possa fare a meno di avere riguardo all'esistenza di un procedimento in fieri, di cui l'atto in questione costituisce un momento formativo, senza con questo alterare lo stesso concetto di procedimento e determinare la creazione di una molteplice serie di subprocedimenti sfocianti in altrettanti atti impugnabili, con conseguente perversa prolificazione del contenzioso. Viene insomma naturale domandarsi perch debba essere immediatamente impugnabile un piano solo adottato nonostante l'indefinita sua possibilit di modifiche e non invece un qualunque parere vincolante incorporato in altro procedimento. Certo il concetto di lesivit ha un alcunch di convenzionale nel senso che il legislatore pu rendere impugnabile qualunque atto individuandone di conseguenza un'efficacia lesiva, ma la creazione giurisprudenziale nel medesimo campo sembra piuttosto pericolosa, aprendo il varco ad ogni sorta di possibili situazioni analoghe. N si dica che il carattere obbligatorio delle misure di salvaguardia rende lesivo il piano regolatore adottato perch non si pu trasporre la lesivit della misura al piano presupposto in s e per s considerato, n, come s1 e sopra affermato, si vuole contestare la possibilit di un'impugnazione congiunta dei due atti, bens quella autonoma del solo piano. Quanto agli altri limitati effetti che secondo la sentenza in epigrafe dimostrerebbero la immediata operativit del piano adottato, agevole rilevare che si tratta di fatti di poco conto e non idonei comunque a configurare una reale portata lesiva. Cos l'Ad. Plen. fa riferimento all'art. 3 ultimo comma legge 18 aprile 1962 n. 167 che consentirebbe di formare un piano di zona per l'edilizia economica anche in base ad un P.R.G. adottato e trasmesso per la approvazione, mentre in realt un tale contenuto non si trova nella norma citata e pur se vi fosse la lesione, potrebbe derivare dal PEEP e non certo del piano non approvato. Si fa cenno altres all'art. 17 quarto comma legge 765/1967 che attribuisce al piano approvato l'effetto di rendere inapplicabili certe limitazioni di legge all'edificazione, ma anche a prescindere dal considerare che a quelle limita RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 720 zioni si sostituiscono le altre previste dal piano operanti attraverso le misure di salvaguardia obbligatoria, rimane la natura prodromica e solo parzialmente anticipatrice di taluni effetti del piano in questione. Il che non basta ad attribuire un'efficacia lesiva immediata al piano del Comune. La fondatezza di questa riserva sulla tesi sostenuta dal Consiglio di Stato sembra poi avvalorata dalla considerazione della parte successiva della motivazione. Si gi detto dell'incongruo rigore del ritenere tenuto il privato ad impugnare il piano adottato conosciuto prima della misura di salvaguardia per evitare la decadenza dalla possibilit di impugnare quest'ultima (si pensi al paradosso che si determina quando il privato formula delle osservazioni al piano che vengono accolte con delibera comunale ex art. 3 n. 2 legge 765/67 aprendo la strada alla modifica regionale e ciononostante deve impugnare il piano in s.g. per tutelarsi contro le eventuali obbligatorie misure di salvaguardia, con l'ulteriore conseguenza che il G.A. potrebbe accogliere il ricorso determinando l'annullamento del piano e la necessit di riprendere dall'inizio l'iter procedimentale). Si osservi ora quella parte della sentenza che innovando parzialmente alla decisione 17/78 ha ritenuto comunque ammissibile l'impugnazione del P.R.G. approvato anche da parte di chi avendo avuto conoscenza di quello solo adottato non lo abbia tuttavia tempestivamente impugnato. Questa soluzione risolve effettivamente, da un punto di vista pratico, molti problemi essendo questo della non impugnabilit del P.R.G. approvato il punto di maggiore resistenza alla precedente giurisprudenza, che pregiudicava gli interessi sostanziali dei privati. Ma da un punto di vista teoretico essa la conferma dell'insostenibilit della tesi che vuole impugnabile anche il solo P.R.G. adottato. Sostiene l'Ad. Plen. che tra le due tesi non sussiste incompatibilit logica perch la lesione prodotta dal piano adottato diversa da quella causata dal piano approvato, in quanto la prima di minore intensit e di durata limitata e non stabile, tutte considerazioni che avvalorano. l'ampiezza del divario, ad avviso di chi scrive, fino al punto di determinare, come si detto, una differenza qualitativa. N risulta secondo l'argomentare del G.A. infranto il principio cardine della giustizia amministrativa, secondo il quale in sede di impugnazione di un provvedimento non sono pi contestabili i vizi dell'atto presupposto che, essendo impugnabile ex se, di fatto non sia stato impugnato; infatti tale principio vale perch l'autorit emanante il secondo atto non pu invocare il precedente che immodificabile, mentre nel caso di specie l'autorit regionale pu modificare il piano comunale, sicch il suo provvedimento impugnabile anche per i vizi concernenti il piano adottato. Tale spiegazione del principio sopraenunciato appare inconfutabile, quello che per sembra essere sfuggito all'Adunanza Plenaria la sua pi immediata implicazione logica, cio che tale tesi implica una inscindibile connessione tra immodifcabilit dell'atto amministrativo da parte dell'autorit (fatti salvi i rimedi eccezionali dell'autotutela) e impugnabilit da parte dell'interessato. Le vicende amministrative, per assicurare la certezza delle situazioni giuridiche, procedono per gradi, man mano che si raggiunge un certo grado definitivo al privato consentita la difesa giudiziale mediante l'impugnazione, la quale invece non ammessa n prima n dopo la formazione dell'atto definitivo (salva diversa disposizione di legge). Immodificabilit ed impugnabilit sono due concetti logicamente speculari che non si possono quindi alterare autonomamente. Se questo, come pare, un corollario dell'esatta affermazione contenuta nella seconda parte della sentenza, allora risalta chiaram.ente l'insanabile con PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 721 traddittoriet tra le due enunciazioni di diritto ivi contenute ed emerge il carattere di compromesso della decisione, che ha voluto conciliare la tesi precedentemente recepita nella sentenza 17/78 dell'impugnabilit autonoma del piano regolatore solo adottato dal Comune con quella sostenuta con intransigenza dalla prevalente giurisprudenza dell'impugnabilit incondizionat del piano approvato, con un'operazione logica la cui difficolt ricorda quella paradigmatica della quadratura del cerchio. GIAN PAOLO POLIZZI CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen. 19 maggio 1983 n. 12 -Pres. Pescatore Est. Varrone -Soc. Establissement Oron Societ (avv. Lavitola) c. Comune di Roma (avv. Palopoli). Urbanistica -Costruzione abusiva -Ordine di demolizione -Irrogazione della sanzione pecuniaria -Motivazione della scelta tra i due strumenti repressivi -Esclusione di ma:ssima -Necessit per opere conformi al P.R.G. Urbanistica -Costruzione abusiva -Ordine di demolizione -Irrogazione della sanzione pecuniaria -Motivazione della scelta tra i due stru menti repressivi -Necessit quando trascorso lungo tempo. Per disporre la riduzione in pristino e la demolizione delle opere eseguite senza licenza ai sensi dell'art. 13 legge 7 agosto 1967 n. 765 il Sindaco non tenuto ad indicare le ragioni di pubblico interesse che giustificano tale scelta in luogo di quella alternativa, ma subordinata, dell'irrogazione della sanzione pecuniaria. Un'attenuazione di tale principio pu aversi quando l'opera, pur priva di autorizzazione, sia tuttavia conforme allo strumento di pianificazione territoriale comunale (1). (1-2) Come noto l'applicazione dell'art. 13 della legge 7 agosto 1967 n. 765 ha dato luogo ad un ampio contenzioso sviluppatosi su vari filoni. Il pi interessante o quanto meno quello di maggior rilievo economico sociale trova finalmente una soluzione nella sentenza sopra massimata dell'Adunanza Plenaria che si segnala per lucidit ed equanimit della decisione. Per i due orientamenti opposti, quello che negava la necessit di una motivazione sulle ragioni di pubblico interesse che inducono l'Amm.ne a scegliere la misura ripristinatoria espresso da Sez. V 23 ottobre 1981 n. 515 in Cons. St. 1981, I, 1055 ed A 26 ottobre 1976 n. 1319 ivi 1976, I, 1051. Cfr. anche V 30 settembre 1980 n. 785 in Cons. St. 1980, I, 1157 e _30 settembre 1980 n. 784 ibidem 1156; V 15 febbraio 1972 n. 104 ivi 1972, I, 169 e quello che viceversa affermava la necessit medesima da 17 ottobre 1980 n. 827 ivi 1980, I, 1328, e 10 aprile 1973 n. 368 ivi 1973, I, 572 e 29 ottobre 1971 n. 958 ivi 1971, I, 1963 richiamate a proposito in sentenza, mentre non pertinenti sono i richiami di Cons. St. V 27 marzo 1981 n. 100 ivi 1981, 317 e di Cons. St. V 26 ottobre 1971 n. 120 ivi 1971, I, 2206. Occorre peraltro segnalare che la maggior parte delle sentenze ispirate a questo secondo orientamento 722 RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO Quando sia trascorso un lungo periodo di tempo senza che sia stato fatto valere il potere sanzionatorio ex art. 13 legge 7 agosto 1967 n. 765 non si pu considerare sanata la situazione di illegittimit dell'opera e tuttavia necessario che l'Amministrazione indichi le ragioni di pubblico interesse che la inducono a disporre la riduzione in pristino (2). lo hanno affermato in sede di impugnazione della diffida a demolire, ritenendo che per questo atto non fosse necessaria la motivazione suddetta da effettuare invece successivamente in sede di effettiva scelta tra demolizione e sanzione. Pregevole appare altres l'ambito conferito alle attenuazioni del principio enunciato con riguardo sia all'ipotesi dell'opera non autorizzata ma conforme al P.R.G. sia a quella del lungo tempo trascorso che di fatto fa acquisire anche alla situazione di illegittimit dell'opera un rilievo non trascurabile quanto meno sul piano dell'affidamento. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen. 27 maggio 1983 n. 13 -Pres. Pescatore Est. Baccarini -Ministero della Difesa e Ministero Finanze (avv. Stato Nucaro) c. Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Pacia, Rkci) ed altri. Urbanistica -Piano regolatore -Beni del patrimonio indisponibile dello Stato -Mutamento di destinazione -Intesa con l'Amm.ne Statale Mancanza -Illegittimit. illegittimo uno strumento urbanistico che incida su una area occupata da fabbricati militari mutandone la destinazione rispetto a quella gi attribuita dall'Amministrazione, senza alcuna previa intesa con la stessa (nella fattispecie nella variante del P.R.G. del Comune di Tarvisio era stata destinata a strada statale un'area occupata da alloggi militari) (1) (1) Importantissima decisione dell'Adunanza Plenaria, che annulla TAR Friuli Venezia Giulia 24 luglio 1980 n. 247, dopo un approfondito esame di tutti i temi coinvolti nella decisione. La soluzione raggiunta pu apparire scontata, mentre costituisce il frutto di una travagliata ricerca della normativa appli cabile che passa attraverso la disciplina dell'art. 828 e.e. ritenuta ininfluente con riferimento a precedenti sentenze (Cons. St. IV 11 dicembre 1979 n. 1144, in Cons. St. 1979, I, 1780; IV 29 aprile 1977 n. 439 ivi 1977, I, 568, e 29 maggio 1973 n. 613, ivi 1973, I, 727 nella penultima delle quali si afferma il principio che i beni patrimoniali indisponibili possono formare oggetto di atti espropriativi per il conseguimento di un fine di interesse generale; viceversa per i beni dema niali IV 12 dicembre 1978 n. 1192 ivi 1978, I, 1834 ritiene illegittimo il decreto di occupazione d'urgenza avente ad oggetto una strada comunale poich ai sensi degli artt. 823, 824, e 829 e.e., 8 e 12 legge 12 febbraio 1958 n . .126 e legge 25 giugno 1865 n. 2359 la peculiare destinazione dei beni demaniali impone, per poter disporre alla stregua degli altri beni e per diverse finalit anche pubbliche, il PARm I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA. ricorso al procedimento di sdemanializzazione ad iniziativa del soggetto titolare del bene stesso), attraverso la legge urbanistica 17 agosto 1942 n., 1150, che pur non attenendo direttamente alla fattispecie in esame fornisce tuttavia utili argomenti interpretativi e poi attraverso l'art. 9 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 ed il D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, dal quale ultimo l'Adunanza Plenaria trae il primo riferimento al principio dell'intesa come strumento di coordinamento degli interessi contrastanti dei vari enti interessati in mancanza del quale rimane per fatto salvo il potere preminente dell'Amm.ne Statale, che si esercita attraverso la deliberazione del Consiglio dei Ministri. L'esame del Consiglio di Stato si sposta quindi sulla legge 24 dicembre 1976 n. 898 contenente la nuova regolamentazione delle servit militari, per una lettura dell'art. 16 significativamente diversa da quella datane dal TAR del Friuli, che aveva radicalmente escluso la necessit del concorso dello Stato alla formazione della variante del P.R.G., argomentando del carattere solo eventuale del parere della autorit militare previsto dal comma quarto dell'articolo citato. Secondo la sentenza in esame tale interpretazione errata, ma l'articolo 16 rimane ininfluente ai fini della decisione in quanto nel caso di specie si presentava un'ipotesi di immutazione unilaterale ad opera del P.R.G. della destinazione dei beni del patrimonio indisponibile dello Stato. Questo passaggio della motivazione suscita perplessit originate dalla mancata considerazione della maggiore gravit della situazione in esame rispetto a quella ipotizzata dalla norma: in altre parole se la costruzione di strade nel territorio militarmente importante non pu avvenire senza l'assenso preventivo (in sede di adozione del P.R.G.) o successivo (in sede di esecuzione) dell'autorit militare non si vede come possa farsi prescindere dalla intesa con la stessa autorit la costruzione di strada che per di pi determini una radicale modificazione della destinazione del territorio gi posta in atto. N si pu condividere la tesi del TAR che consentirebbe al pianificatore urbanistico di prescindere dal parere dell'autorit militare, pur col rischio di vedere poi paralizzata l'attivit esecutiva dal diniego di autorizzazione: in u realt tale interpretazione, oltre ad ipotizzare una procedura decisamente anomala, non rileva che l'audizione del parere militare non affatto eventuale ma doverosa, mentre l'autorizzazione in sede di esecuzione solo un possibile ripiego quando l'intesa non sia stata previamente raggiunta. Ancora della legge 898/1976 si occupa l'Adunanza Plenaria per rilevare che l'art. 3 utilizza il sistema della intesa (con finale prevalenza del potere statale in caso di insanabile contrasto) per l'armonizzazione tra piani di assetto territoriale della regione e programmi delle installazioni militari, ma anche questa disposizione non viene ritenuta del tutto pertinente riguardando la situazione in cui la disciplina urbanistica costituisce prius e l'opera militare il posterius, mentre nel caso di specie avviene il contrario. Pure questa conclusione non sembra condivisibile perch se l'intesa necessaria quando si tratti di un assetto territoriale che incide su opere militari ancora in fieri a maiori sembra doversene argomentare la obbligatoriet quando l'incidenza si abbia su opere gi realizzate. Comunque, scartate tutte queste ipotesi normative il Consiglio di Stato approda alla conclusione che si detta, sulla base della sola disciplina urbanistica rilevando che, dopo il passaggio alle Regioni del potere di approvare il P.R.G., il coordinamento degli interessi locali con quelli statali non pu avvenire nel momento dell'approvazione e tuttavia deve realizzarsi in base ai principi generali, poich con la variante del P.R.G. che muta la destinazione urbanistica di opere militari si esplica una funzione amministrativa relativa non solo alla materia urbanistica ma anche alla materia delle opere pubbliche di interesse statale e della difesa 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nazionale che sono riservate alla competenza, statale, e non rileva l'assenza di una disciplina specifica, perch il coordinamento si pu evincere dall'esigenza della reductio ad unitatem del sistema. Si tratta dunque di una motivazione ricca e complessa nella quale abbondano spunti e richiami del massimo interesse, ultimo tra i quali si vuole segnalare quello che esclude il rinvio del coordinamento funzionale alla fase attuativa delle previsioni di piano perch ci sottrarrebbe alla sede propria il contributo differenziato dei soggetti legittimati che costituisce un'ulteriore conferma della necessit del coordinamento gi in sede pianifcatoria. G.P.P. CORTE DEI CONTI, Sez. III, 13 gennaio 1982 n. 48927 -Pres. Saraceno Est. Errera -P.M. Visca (conf.). Messale c. Tesoro, Istituti di Previ denza, C.P.D.E.L. (avv. Stato Stipo). Pensioni -Pensioni civili Impiegati enti locali -Servizi statali Ricongiunzione -Liquidazione Criteri. In caso di ricongiunzione tra servizi statali e servizi presso ente con iscrizione agli Istituti di Previdenza la base pensionabile va calcolata sulla retribuzione goduta all'atto del collocamento a riposo, ancorch maggiore di quella percepita alla cessazione del servizio statale, purch il periodo di servizio prestato nel nuovo ente sia superiore ad un anno. (omissis). Si ritiene opportuno chiarire preliminarmente che, per maggior compattezza d'esposizione, appare preferibile svolgere congiuntamente fatto e diritto posto che il fatto prevalentemente costituito da considerazioni giuridiche, vuoi contenute in un precedente giurisprudenziale di fondo, vuoi argomentate nella dialettica dei soggetti parziali del processo. Ci premesso, va detto, anzitutto, che, con l'impugnato provvedimento, la C.P.D.E.L. ha .liquidato al dr. Messale la complessiva pensione di lire 4.495.500, di cui L. 110.000 in parte b). I criteri della liquidazione della pensione nei riguardi del dipendente statale transitato in un ente compreso nel regime previdenziale degli Istituti di Previdenza. '-',, Particolari problemi ai fini della pensione ha sempre suscitato il caso di un pubblico dipendente che inizia l'attivit di servizio presso un ente pubblico e poi, cessato il rapporto con detto ente, instaura un nuovo rapporto di servizio con altro ente pubblico. Il problema acquista vieppi rilevanza qualora differenti siano i regimi pensionistici per i dipendenti dei due enti, cio l'ente presso il quale ha avuto inizio il rapporto d'impiego e l'ente di appartenenza al momento della liqui dazione della pensione. Si avuta pertanto la legge 22 giugno 1954, n. 523, con la quale stato disposto che ai fini del trattamento di quiescenza, i servizi resi allo Stato PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 725 L'Amministrazione ha, cio, fatto applicazione del quarto comma dell'art. 1 della legge ~6 luglio 1965, n. 965, che recita: per il periodo di continuazione d'iscrizione e di reiscrizione, che non superi ii cinque anni, qualora la parte a) della retribuzione contributiva goduta nel periodo stesso, risulti superiore a quella riferita alla precedente cessazione dal servizio, la differenza da comprendersi, in ogni caso, nella parte b) della retribuzione ( appena il caso di ricordare che la distinzione, posta dai commi secondo e terzo del medesimo articolo, corrisponde, in via di massima, ad emolumenti fissi, certi, fondamentali; ed emolumenti aleatori, incerti nell'an e nel quantum, e relativi a prestazioni in certo senso secondarie, rispetto a quella che costituisca il nucleo essenziale dell'impiego). Nella specie, l'applicazione del riferito quarto comma dell'art. 1 della legge 965, stata fatta perch il dott. Messale, gi ispettore generale del Ministero della Sanit, dopo aver vinto U pubblico concorso per il posto di direttore amministrativo dell'Ospedale generale provinciale Umberto I di Siracusa, transit nella nuova amministrazione il 16 settembre 1974, ma cess definitivamente, per volontarfo dimissioni il 30 aprile 1977, senza aver, cio, maturato un quinquennio, e poiche (secondo una fictio juris della quale si riferiranno pi avanti le ragioni, alla cui sono ricongiungibili con i servizi prestati presso enti locali con iscrizione agli istituti di Previdenza (art. 1). Il trattamento di quiescenza quello previsto per il personale dell'Ente presso il quale il dipendente si trova al momento della cessazione dal servizio (art. 3). Chi liquida la pensione, ripartisce il relativo onere tra gli enti o casse in proporzione dei rispettivi periodi cui il dipendente stato iscritto, ricevendone la quota di pensione a loro carico attraverso la capitalizzazione del valore capitale (art. 5 e 6). Nel caso di dipendente transitato dallo Stato ad un ente locale si ha la situazione che la sentenza in Rassegna cos puntualizza: La pensione deve essere liquidata secondo la retribuzione pensionabile dell'Ente locale, in genere, per non dir sempre, di gran lunga superiore a quella dello Stato, per grande che possa essere la sperequazione quantitativa che ne derivi a danno dello Stato (secondo la legislazine oggi vigente, anche 39 anni prestati alle dipendenze dello Stato e tino solo alle dipendenze, per es., della Regione Lombardia) con la conseguenza che, poich il primo comma del successivo art. 5 l'importo del trattamento di quiescenza si attribuisce, per quote, a ciascun ente concorrente alla ricongiunzione, in relazione alle durate dei rispettivi servizi utili , lo Stato dovr accollarsi, al limite nell'esempio fatto, 39 anni di pensione liquidata su una retribuzione che molto pi elevata di quella statale . Il nuovo Testo Unico sul trattamento di quiescenza (d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092) ha voluto per ovviare a tale situazione, disponendo cos all'art. 115: Se in seguito al transito, con o senza soluzione di continuit, dal servizio statale a quello di altro ente di cui all'art. 113, comma primo (cio ente con iscrizione agli Istituti di Previdenza), debba farsi luogo alla ricongiunzione 726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stregua, comunque, il pregresso servizio statale avrebbe potuto considerarsi come prestato in regime d'iscrizione previdenziale alla C.P.D.E.L.), si sarebbe verificato il presupposto della reiscrizione, tutta la retribuzione eccedentaria su quella maturata quale funzionario dello Stato, stata valorizzata in parte b). In altri termini, la retribuzione pensionabile relativa al servizio reso presso lo Stato, stata considerata come la pregressa parte a), e quella maturata presso l'Ospedale come una seconda parte a), per la misura superiore alla prima, da Jiquidare in parte b). Nel ricorso il dr. Messale sostiene invece, che, nel suo caso manca il presupposto per l'applicazione dell'art. 1, quarto comma, della legge del 1965, e cio la continuazione d'iscrizione o la reiscrizione alla C.P.D.E.L.; ha, cio, contestato in radice la fondatezza della fictio juris di cui si sono visti gli effetti. Di questa particolare impostazione giuridica, troviamo l'enunciazionespiegazione nella precedente sentenza di questa Sezione n. 31918 del 23 marzo 1972, in affare Tundo Francesco. Ridotta ad essenziale sintesi, la decisione afferma che fa base della fictio da ricercarsi nella formulazione letterale, e pi ancora nella ratio che ispira gli artt. 3 e 7 della legge 22 .giugno 1954, n. 523, intitolata alla ricongiunzione ai fini del trattamento di quiescenza e della buonuscita, dei servizi resi allo Stato con quelli resi ad Enti locali. dei servizi, lo Stato determina la pensione spettante al proprio dipendente alla data di inizio del nuovo rapporto, considerando tutti i servizi valutabili, anche mediante ricongiunzione, anteriormente resi. L'importo della suddetta pensione, con esclusione degli assegni acces sori, corrisposto in valore capitale all'ente presso il quale il dipendente ha assunto servizio ovvero all'istituto al quale il dipendente stesso viene iscritto ai fini di quiescenza ... Per il personale che transita o sia transitato da uno degli enti di cui al primo comma dell'art. 113 alle dipendenze dello Stato, l'ente di prove nienza o l'Istituto di previdenza cui l'interessato era iscritto liquida il trattamento di quiescenza secondo il proprio ordinamento e ne versa l'im porto allo Stato con applicazione delle norme contenute nei commi pre cedenti. Il pregiudizio economico si cos spostato a danno dell'Ente (o Cassa di Previdenza) dal momento in cui si deve liquidare la pensione, perch questo deve corrispondere al dipendente la pensione sull'importo dell'ultima retribu zione calcolata per anche sulla base del periodo di servizio prestato presso il primo Ente di appartenenza. Per ovviare a simili situazioni gi l'art. 6 d.P.R. 5 giugno 1965 n. 758 (Nuove norme sul cumulo di pensioni e stipendi a carico dello Stato e di Enti pubblici, in applicazione della legge 5 dicembre 1964 n. 1268) cos ha disposto: In tutti i casi di ricongiunzione di servizi, ai fini della liquidazione o della riliquidazione del trattamento di quiescenza spettante sulla base dei servizi ricongiunti, non possono essere considerati uno stipendio, una paga PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA. 727 Ed proprio questa legge che il Tundo a suo tempo, e il Messale adesso, hanno invocato invece, come l'unica applicabile alle loro pressocch identiche fattispecie. Secondo l'art. 3 cit., il diritto al trattamento di quiescenza, diretto o indiretto, la forma di esso, e la sua misura, si stabiliscono applicando le norme che regolano il trattamento medesimo presso .l'Ente al quale il dipendente presta servizio, o iscritto al momento della cessazione definitiva tenendo conto della totalit dei servizi valutati. Nell'ottica dei due ricorrenti, quelli il cui caso stato deciso con sentenza ormai intangibile, e quello il cui caso viene deciso ora (ovviamente, avvalendosi anche dei dati via via forniti dall'evoluzione legislativa da un lato e, dall'altro, dall'esperienza operativa nel frattempo maturata), queste parole significano, puramente e semplicemmente, che la pensione deve essere liquidata secondo la retribuzione pensionabile dell'Ente locale, in genere, per non dir sempre, di gran lunga superiore a quella dello Stato, per grande che possa essere la sperequazione quantitativa che ne derivi a danno dello Stato (secondo la legislazione oggi vigente, anche 39 anni prestati alle dipendenze dello Stato e uno solo alle dipen o una retribuzione superiore a quelli posti a base della liquidazione del precedente trattamento di quiescenza se non sia trsacorso almeno un anno intero nel nuovo rapporto. Disposizione analoga stata ripetuta nell'art. 118 del nuovo testo unico sulle pensioni di cui al d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092. Nella legislazione sugli Istituti di Previdenza, invece di un anno intero si richiede un periodo superiore ai cinque anni. Da ultimo l'art. 29 D.L. 28 febbraio 1981, n. 38, nel testo modificato dalla legge di conversione 23 aprile 1981, n. 153, ha stabilito: Per il periodo di continuazione di iscrizione o reiscrizione che non superi i cinque anni, qualora la parte a) della retribuzione annua contributiva riferita alla data di definitiva cessazione dal servizio risulti superiore a quella riferita alla data della prima cessazione intervenuta nei cinque anni predetti, ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza si assume quale ultima retribuzione annua contributiva la media ponderata dell'ultimo quinquennio di servizio, tra le due retribuzioni relative alle cessazioni predette. Come la stessa Sezione della Corte dei Conti (1) in altra occasione ha precisato, detta disposizione, nell'esigere un periodo almeno quinquennale di continuazione di iscrizione o di reiscrizione per attribuire alla retribuzione, eventualmente maggiore, rilevanza ai fini della parte A (2) della pensione, ha (1) Corte dei Conti Sez. III, 25 gennaio 1980, n. 44040, Tacchetti c. Istituti Previdenza, in Foro amm. 1980, I, 3, 2262. (2) Nel nuovo sistema di pensionamento introdotto con la legge 26 luglio 1965, n. 965 (il cui quarto comma stato modificato con la soprariportata norma dell'art. 29 della lcgi;e n. 153 del 1981) nella liquidazione della pensione liquidata dalla C.P .D.E.L. figura una parte A ed una parte B; mentre la parte A della pensione calcolata sulla retribuzione annua contributiva relativa all'ultimo giorno di servizio con le aliquote previste nella tabella allegata (e quindi con l'attribuzione del 100 % dell'ultima retribuzione -meno l'importodella indennit integrativa -nel caso del massimo pensionabile) la parte B della pensione (che puramente eventuale e d luogo ad un trattamento che si aggiunge a quello fondamentale della parte A) va calcolata alla stregua del previgente sistema facendo riferimento alla successione dei valori della retribuzione contributiva relativa a ciascun anno solare di servizio. IO RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DEll.O STATO 728 denze, per. es., della Regione Lombardia) con la conseguenza che, poich, il primo comma del successivo art. 5 l'importo del trattamento di quiescenza si attribuisce, per quote, a ciascun Ente concorrente alla ricongiunzione, in relazione alle durate dei rispettivi servizi utili , lo Stato dovr accollarsi al limite, nell'esempio fatto 39 anni di pensione liquidata su una retribuzione che molto pi elevata di quella statale. Secondo la decisione Tundo, invece, proprio l'art. 3 della legge 523 conteneva il primo nucleo della fictio, individuando, in particolare, nella dizione secondo cui la misura del trattamento si stabilisce applicando le norme che lo regolano presso l'Ente al quale l'interessato trovisi iscritto al momento della cessazione, un rinvio a tutta la normativa della C.P.D.E.L., ivi compresa la legge 965 del 1965, con il contestato art. 1, quarto comma. Il secondo nucleo della fictio -sempre secondo la Tundo -si rinveniva, poi, nell'art. 7 della stessa legge 523, che pone il trattamento, salvo rivalsa della quota estranea, a totale carico dell'Ente (o anche dello Stato, a seconda di dove siasi verificata la cessazione ultima; ipotesi, peraltro, che qui fuor di vertenza), proprio come se il dipendente avesse prestato sempre servizio in regime d'iscrizione previdenziale alla C.P.D.E.L. La decisione non disconosce che siffatta interpretazione ottenuta a prezzo di qualche necessaria forzatura letterale; ma ritiene decisiva la voluto evitare che tale maggiore retribuzione, percepita magari in dipendenza di un nuovo brevissimo servizio, potesse comportare per gli Istituti di Previdenza l'accollo di un onere pensionistico non sostenuto da adeguate contribuzioni... Si tratta evidentemente di disposizioni che, vuoi per limitare l'onere quiescibile gravante sugli Istituti di Previdenza o vuoi per frustrare facili artifici da parte degli iscritti, pongono dei correttivi al nuovo sistema del calcolo della pensione sull'ultima retribuzione percepita: si pongono cio come eccezione alla regola. Orbene tale principio valevole nei casi di continuazione o di reiscrizione alla Cassa di Previdenza era stato ritenuto valido dalla stessa Sezione della Corte dei Conti nei casi di ricongiunzione tra servizi statali e servizi con iscrizione agli Istituti di Previdenza (3). Tale principio stato ora disconosciuto dalla decisione in Rassegna sulla base dell'art. 118 del nuovo testo unico sul trattamento di quiescenza del per (3) Cos la decisione 9 giugno 1972; n. 31918, Tundo c. Ist. Previdenza (in Foro amm. 1973, I, ~. 160} dalla quale la sentenza in Rassegna ha inteso discostarsi. Tale decisione, in applicaz1one del quarto comma della legge 26 luglio 1965 n. %5 aveva ritenuto che in casi di ricongiunzione tra servizi statali e servizi con iscrizione agli Istituti di Previdenza se l'ulti!ll? periodo d~ servizio (c~perto da iscrizione} J'.!On ~~peri i 5 anni e se gli emolumenti relativi a tale penodo (che, d1 regola, andrebbero msent1 nella parte A della base pensionabile prevista dal comma 2 dello stesso articolo) risultino superiori a quelli riferiti alla data della cessazione dal servizio statale, la differenza in pi va compresa nella parte B dell base pensionabile . Sul concetto di parte A e parte B del trattamento pensionistico v. la nota precedente. Essendo stato modificato il quarto comma della legge n. 965 del 1965, ed applicando quindi i criteri di cui all'art. 29 della legge n. 153/1981, ne deriva che, ai sensi dell'orientamento espresso con la decisione n. 31918 del 1972, nei casi di ricongiunzione tra servizi statali e servizi con iscrizione alla Cassa di Previdenza, se questi ultimi non superino i cinque anni e la relativa retribuzione risulti superiore a quella goduta alla data di cessazione del servizio statale, la retribuzione annua da prendere a base della pensione costituita dalla media ponderata dell'ultimo quinquennio di servizio tra la retribuzione relativa alla cessazione del servizio statale e quella relativa alla cessazione del nuovo servizio. PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA. 729 ratio, desunta anche da un esame dei lavori parlamentari, secondo la quale, con la riforma del 1965, si s voluto introdurre il nuovo principio della commisurazione della pensione all'ultima retribuzione, ma senza abbandonare del tutto il vecchio sistema d,ei capitali accumulati, e cio del ragguaglio della pensione ai contributi versati e, quindi, alle retribuzioni in effetti percepite, durante l'intera carriera. Uno degli argomenti sui quali il dr. Messale insiste maggiormente, quello desunto dall'art. 6 del d.P.R. 758 del 1965 (oggi: art. 118 del t.u. 1092 del 1973), in forza del quale le norme sulla ricongiunzione ex legge 523, non si applicano solo se il perfodo finale pi favorevole, quello presso l'Ente locale, sia stato inferiore ad un anno. Questa norma, secondo il ricorrente, assolutamente incompatibile con l'art. l, quarto comma, della legge 965. L'Avvocatura dello Stato e la Procura Generale per iscritto, hanno chiesto il rigetto del ricorso, motivando quasi per relationem alla Tundo; la Procura ha per aggiunto, a sostegno del rigetto, un ulteriore argomento tratto dalla legge 6 febbraio 1973, n. 16, che ha escluso dall'applicazione dell'art. l, quarto comma, soltanto i passaggi dallo Stato alle Regioni. sonale dello Stato (d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092), secondo cui, nel caso di riunione o di ricongiunzione di servizi non pu essere presa a base della pensione una retribuzione superiore a quella percepita alla fine del primitivo servizio se non sia trascorso almeno un anno intero nel nuovo rapporto " Quindi, secondo tale decisione, sufficiente al dipendente statale che passa alle dipendenze di un ente con iscrizione agli Istituti di Previdenza mantenere per appena un anno il rapporto di servizio per vedersi liquidata la pensione sulla retribuzione da ultimo goduta ed in relazione all'intero periodo del servizio reso alle dipendenze dello Stato. Siffatta interpretazione urta per contro il disposto dell'art. 36 della Costituzione, che prevede una retribuzione (la pensione stata infatti considerata una retribuzione differita) proporzionata alla quantit e alla qualit del lavoro prestato. Se vero infatti che la qualit del lavoro prestato pu essere soddisfatta con riferimento all'Ultima retribuzione non pu invece altrettanto dirsi soddisfatta la quantit se una retribuzione superiore percepita per un solo anno alle dipendenze di un ente venga calcolata per il pi lungo periodo di servizio reso allo Stato, ma sUlla base di una retribuzione superiore a quella corrisposta e sulla quale ha gravato l'onere contributivo. La norma dell'art. 118 citato non sembra avere voluto limitare ad un anno il servizio reso all'ente diverso dallo Stato per permettere al dipendente transitato nel nuovo ente di liquidare la pensione sul trattamento goduto presso di esso e per l'intero periodo del servizio statale; se tale fosse il senso della norma sarebbe pleonastico l'uso dell'avverbio almeno . Se un senso vuol darsi a tale espressione, la interpretazione logica dovrebbe indurre a ritenere che nel caso di riunione o ricongiungimento di serv1z1 va presa a base l'ultima retribuzione solamente quando nella nuova Cassa di Previdenza vi sia stata una iscrizione per un periodo di tempo previsto nella normativa di detta Cassa, periodo che deve essere di almeno un RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 730 La quale ultima norma ha, peraltro, subito, nelle more del ricorso, un ammorbidimento con la legge 153 del 23 aprile 1981, art. 29, mediante un complesso sistema che vede eliminata Ia parte b), e assume, quale ultima retribuzione, la media ponderata fra le retribuzioni relative alle cessazioni verificatesi nell'ultimo quinquennio (nel quale, ovvio che le cessazioni debbano essere due: una nel primo, e l'altra nel secondo rapporto; altrimenti la vita di questo ultimo supererebbe, appunto, il quinquennio, e non ci sarebbe, in partenza problema alcuno). Quanto al punto costituito dalla legge 16 del 1973, il Messale ribatte in una memoria aggiunta depositata il 4 marzo 1981, che l'art. unico di questa legge, significa niente di pi di ci che dice. Si tratterebbe in sostanza, di norma, avente l'unico, limitato ed esclusivo scopo di favorire in massa il passaggio dallo Stato alle Regioni, che altrimenti, si sarebbe verificato con estrema parsimonia. D'altra parte, nemmeno l'applicazione dell'art. 29 della legge 153 del 1981, come si evince chiaramente dalla lettura della stessa memoria, soddisferebbe il petitum del ricorrente, in quanto egli si dichiara pi che mai convinto che il suo non sia affatto un caso di continuazione d'iscrizione (dipendente che viene trattenuto in servizio presso lo stesso Ente), n di reiscrizione (dipendente che, Jnveoe, passa al servizio di un altro anno, in caso che nulla fosse disposto o si prevedesse un periodo di tempo inferiore. Inoltre per disapplicare la normativa vigente per gli Istituti di Previdenza, che nei casi di continuazione di iscrizione o reiscrizione iichiede un periodo minimo di 5 anni per liquidare la pensione sulla base della retribuzione percepita all'atto del collocamento a riposo, la sentenza in Rassegna avrebbe dovuto ritenere che riunione o ricongiunzione di servizi (di cui all'art. 118 del T.U. sulle pensioni) siano ipotesi diverse da quelle di continuazione di iscrizione o reiscrizione previste prima dalla legge 26 luglio 1965 n. 965 cd ora dalla legge 23 aprile 1981 n. 153. Questo problema non stato posto, ma la sentenza si limitata a ripor tare la tesi dell'interessato, secondo cui il caso del dipendente passato dallo Stato ad un ente locale non configura n la continuazione di iscrizione n la reiscrizione, perch, secondo l'interessato stesso la prima ipotesi si ha quando il dipendente viene trattenuto in servizio presso lo stesso ente mentre la seconda ipotesi si ha quando il dipendente passa al servizio di un altro ente ma sempre nell'ambito della stessa Cassa o fondo pensioni. Tale definizione dei concetti di continuazione di iscrizione e di reiscri zione non sono esatti e, per vero, la sentenza in Rassegna si limita solo ad esporli senza farli propri. Pi precisa al riguardo invece la precedente sentenza, pi volte richia mata, della stessa Corte dei Conti, 25 gennaio 1980 n. 44040, dove esattamente si precisa che l'ipotesi pi chiara (e pi accessibile) di continuazione di iscrizione data da due distinti servizi succedutisi autonomamente nel tempo senza soluzione di continuit tra di loro mentre l'ipotesi di reiscrizione presuppone un periodo di interruzione del rapporto previdenziale . Quindi il criterio differenziale tra le ipotesi di continuazione di iscrizione e di reiscrizione non dato dalla identit o meno degli enti presso i quali PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 731 Ente); laddove il citato art. 29 si muove pur sempre nello stesso humus dell'art. 1, quarto comma, della legge 965, e continua, quindi, ad avere il presupposto, appunto, della continuazione d'iscrizione o della reiscrizione al regime previdenziale C.P.D.E.L. Alla pubblica udienza odierna, la causa ha avuto discussione relativamente breve, in rapporto alla complessit dei suoi precedenti, ed intrinseca. L'Avvocato dello Stat-o, confermando le richieste di cui alla memoria scritta, ha insistito per il rigetto del ricorso; mentre il P.M., cambiando radicalmente le conclusioni scritte, ha chiesto l'accoglimento, sostenendo che la fattispecie non rientra affatto nell'ambito d'applicazione della normativa C.P.D.E.L., bens in quella dell'attuale t.u. 1092 sulle pensioni artt. 114 e 118, il primo dei quali, riproduce, con modifiche di carattere procedurale, la disciplina della ricongiunzione, gi compiutamente contenuta nella legge 523, ed il secondo (art. 118), non che la trascrizione pressoch testuale dell'art. 6 del d.P.R. 758 del 1965. E poich, sul metro di quest'ultima, norma, pacifico che il servizio del dr. Messale presso l'Ospedale di Siracusa, ha largamente superato l'anno, il ricorso -ha concluso 11 Procuratore d'udienza -va accolto. (omissis). si presta serv1z10, bens dalla circostanza se il rapporto previdenziale abbia o meno avuto soluzione di continuit. Comunque, agli effetti che interessano, ci non decisivo, perch, al fine di negare vigore alla disposizione di cui all'art. 29 della legge n. 153/1981 (che richiede un periodo minimo di 5 anni per calcolare la pensione sull'importo dell'ultima retribuzione) occorre, come detto, dimostrare che la riunione o ricongiunzione di servizi rappresenti qualcosa di diverso dalla continuazione di iscrizione o reiscrizione. Tale dimostrazione non stata data, anzi un'interpretazione coordinata delle varie disposizioni legislative nella materia conduce a ritenere che la diversit cui si accennava non sussiste. Diversamente opinando non avrebbe senso la legge 6 febbraio 1973 n. 16, il cui articolo unico cos suona: Per il personale dello Stato, degli Enti locali e degli altri Enti pubblici che sia transitato o transiti, anche a domanda, nei ruoli delle regioni, non trova applicazione la norma di cui alla prima parte del comma quarto dell'art. 1 della legge 26 luglio 1965 n. 965 . perci il legislatore stesso che ci dice che il quarto comma dell'art. 1 della legge 26 luglio 1965 n. 965 (modificato dall'art. 29 della legge 23 aprile 1981 n. 153) si applica al personale che dallo Stato transiti ad un ente locale diverso dalle Regioni. E giova sottolineare come la ora riportata disposizione della legge 6 febbraio 1973 n. 16 posteriore al d.P.R. 5 giugno 1965 n. 758 il cui art. 6 richiedeva almeno un anno di iscrizione nella nuova cassa; e ci per fugare ogni dubbio che possa indurre a ritenere di carattere innovativo la disposizione dell'art. 118 del nuovo testo unico sulle pensioni (d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092) che, come detto, si limitato a ripetere il tenore del citato art. 6. GIUSEPPE STIPO 732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per decidere se il ricorso sia o meno fondato, chiaramente indispensabile esaminare, in una luce critica retrospettiva ma anche proiettata nella pi immediata attualit, e senza tralasciare nulla di quanto di obiettivamente significante siasi verificato nel decennio trascorso, le ragioni della decisione Tundo. Ebbene: un esame il pi possibile approfondito induce il Collegio alla conclusione che, quelle ragioni convincenti, anche se fino a un certo punto, allora, lo sono anzimeno oggi, in cui, sopratutto, non appaiono pi rispondenti alle istanze che il legislatore mostra di aver gi accolto o d'essere sulla via d'accogliere. Naturalmente, appena il caso di accennare che i cambiamenti di giurisprudenza, quand'anche rampollino da ripensamenti totali -e questo non il caso -sono comunque il segno d'una realt sempre viva, sempre tesa nello sforzo di attualizzarsi in sintonia con gli impulsi sollecitatori che promanano da due fonti, in particolare: l'evoluzione legislativa e la quotidiana realt operativa, fra le quali, non chi non veda i @ nessi di tipo eziologico. ~ Sgombra la mente da ogni pregiudizio, v cos, ammesso de plano ~ che l'art. 3 della legge 523 contiene s una sorta di rinvio recettizio sostan ~ @ ziale alla normativa della C.P.D.E.L., in caso di ricongiunzione con pre ~ gresso servizio statale, e ci proprio allo scopo d'individuare Ja normativa [ @ alla stregua della quale la liquidazione complessiva debba essere effettuata. @ Questo rinvio , pi che utile, necessario per determinare l'onere :: r contabile definitivo della pensione; non per (ed questo un limite imporf! i tantissimo), per la ripartizione fra Stato ed Ente, che per l'art. 5, primo , ' ' l comma, cit., legge 523, avviene secondo quote proporzionali aUa durata I ~ dei rispettivi servizi. Ora, se si cominciano a porre a confronto queste due norme (l'art. 3 ID e l'art. 5, primo comma, della legge 523), si comincia anche a percepire una sorta di convinzione ancora embrionale, alla stregua della quale, l'espressione misura dell'art. 3, e la portata stessa del rinvio, siano da intendere in senso stretto, specifico, limitato agli elementi essenziali della liquidazione, quali Ja retribuzione pensionabile da valorizzare, aliquote da applicare, ecc. Si comincia, cio, a percepire l'idea che il rinvio all'ordinamento della C.P.D.E.L. non sia affatto integrale, e che, in ogni caso, non possa involgere l'applicazione d'una norma cos fortemente caratterizzata come l'art. l, quarto comma, della legge 965. 10 ~=' Comunque, se c' il rinvio, c' anche la fictio, o viceversa: e dice bene la decisione Tundo quando osserva che, se la liquidazione della Il pensione avviene, per usare espressione volutamente generica, con i para lii metri dell'Ente locale, come se fosse stata zione alla C.P.D.E.L. anche per i servizi statali. sempre coperta d'iscrifo' i:: l'o' i:i r ~~ f.:: f.! @ ~:= !41PL#JIJ;illlfliJIJl!IJlll1'llfl&;ffflla1nt_,lǥt PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA, Della finzione giuridica individuata, a suo tempo, dalla decisione Tundo, il Collegio ha evidenziato, finora, la finalit sostanziale: quella realizzata dal rinvio dell'art. 3 della legge 523, sia pure con tutti i limiti finora soltanto ipotizzati. Ma altre finalit vi sono, di natura pi propriamente procedurale. S'intende, puramente e semplicemente, semplificare le operazioni, il che possibile solo se la funzione esiste e, nei suoi limiti, funziona. evidente, infatti, che proprio perch possibile considerare il dipendente, per la pregressa parte dei servizi statali, iscritto alla C.P.D.E.L., si pu fare una liquidazione sola, anzich due. Liquida tutto la C.P.D.E.L., secondo la propria normativa di base; e non avviene (che sarebbe una specie di colmo dell'impraticit) che liquidi prima lo Stato, per la sua quota, secondo una normativa che gli estranea; e provveda poi, a parte, la Cassa per la propria. Ad unica liquidazione, segue unico pagamento: l'onere posto intanto a carico della C.P.D.E.L. proprio come se il dipendente avesse sempre prestato servizio con iscrizione a quel regime previdenziale. questo, s' visto, l'argomento pro fictio tratto dall'art. 7 della legge 523. Ma, si sa bene, l'incidenza dell'onere soltanto provvisoria. Lo stesso art. 7 contiene un fondamentale inciso salva la rivalsa di cui all'art. 6, rivalsa che avviene poi secondo le modalit gi viste riferendo il primo comma dell'art. 5. L'art. 5, primo comma, parlando di ripartizione secondo le durate dei rispettivi servizi, non pu che riferirsi ai servizi cosi come, nella realt effettuale, sono stati di fatto prestati, altrimenti quel rispettivi se il servizio si dovesse considerare unico non avrebbe alcun senso. E qui la fictio non pi sostenibile: qui il suo limite invalicabile; laddove, per poter valere ai fini dell'applicazione d'una norma quale l'art. l, quarto comma, della legge 965, cosi, strettamente sintonizzata con le finalit esclusive, generali o particolari della C.P.D.E.L., il presupposto della continuazione d'iscrizione o della reiscrizione, dovrebbe, forse, sussistere realmente, o almeno presentarsi senza limiti di sorta nella finzione giuridica che consenta, in astratto, di ritenerlo sussistente. In verit, dalla stessa decisione Tundo, traspaiono preoccupazioni certamente comprensibili, ma che devono arrestarsi di fronte a precise volont contrarie del legislatore. La preoccupazione fondamentale quella d'un'eccessiva incidenza della pensione C.P.D.E.L. (pochi anni di servizio) sullo Stato (servizio per intere carriere); n c' motivo alcuno di dubitare che questi timori trovassero riscontro negli stessi lavori parlamentari della legge 523. Sta di fatto, per, che il legislatore cosi volle e cosi continua a volere: vedansi l'art. 114, terzo comma, e 118 dell'attuale t.u. Il 114 dice: il trattamento di quiescenza, sia per il ,diritto che per la misura ... viene RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 734 disciplinato secondo le norme che lo regolano presso l'ente al quale il ricorrente presta servizio all'atto della definitiva cessazione; e il 118: in tutti i casi di ricongiunzione dei servizi, ai fini della liquidazione o riliquidazione spettante sulla base dei servizi ricongiunti, non possono essere considerati stipendi posti a base della liquidazione del precedente trattamento se non sia trascorso almeno un anno intero nel nuovo rapporto . Ora, questi strumenti normativi, la Sezione li possedeva quando emise la decisione Tundo (si ripete che l'art. 118 non che la trascrizione dell'art. 6 del d.P.R. 758), ma non poteva, ovviamente, possedere, la preziosa esperienza operativa che sarebbe germinata dalla concreta applicazione della decisione, alla quale, se non sono mancati i consensi, non hanno fatto certo nemmeno difetto le perplessit; ma soprattutto non poteva prevedere quale sarebbe stata la linea di sviluppo della normativa futura. -In quest'ultimo (e pi importante) ordine di idee, non appaia fuori luogo citare proprio la legge 16 del 1973 per valersene a sostegno della fondatezza del ricorso. Questa legge ha un chiaro effetto incentivante dei passaggi alle Regioni (quelli, ovviamente, che pi premevano al legislatore), e non pare affatto azzardato affermare che si sia sentito il bisogno di sancire proprio con una legge, massimo atto d'espressione della volont autoritativa dello Stato, una situazione di sicurezza, al posto dell'incertezza dominante sulle pi disperate interpretazioni deila decisione Tundo. Ma questa legge appare rivestire un carattere fondamentale, perch per a prima volta guarda con manifesto sfavore (escludendone addirittura l'applicazione, sia pure per una sola categoria), l'art. 4, primo comma, in s e per s considerato. Si gi visto, come l'art. 29 della legge 153 del 1981 sia intervenuto, di recente, a modificare, in maniera abbastanza incisiva con l'ablazione della parte b), la norma ora detta; cio chiaro, incontrovertibile segno che il legislatore odierno non vede pi con il favore d'una volta una norma che, per valide che siano le ragioni, che ne videro il sorgere, ha indubbiamente finito per costituire una lesione al principio della pensione da liquidarsi sulla retribuzione ultima integralmente percepita. Principio, vero, ampiamente .negletto, ignorato, disatteso, da tante leggi; ma che, nell'invocata riforma pensionistica, dovrebbe essere fissato come cardine intangibile ad uno dei primi posti d'una normativa, pi agile, meno dispersiva e pi giusta. Per le ragioni svolte fin qui, il Collegio ritiene pienamente fondato il ricorso del dr. Pasqualino Messale. (omissis) $. i: ....,,.,.....,~ SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1983, n. 2454 -Pres. Miele Est. Battimelli -P. M. Benanti (conf.)-Ministero delle finanze (avv. Stato Laporta) c. Scandinavian Motor Boats s.r.l. (avv. Ferri e Scalzo). Tributi erariali indiretti -Dogana -Accordo G.A.T.T. Principio di parit fiscale tra prodotti nazionali e prodotti importati -Imbarcazioni da diporto Prima vendita -Esenzione dall'I.G.E. Assoggettamento ad imposta dei natanti importati Illegittimit. (I. 5 aprile 1950, n. 295; 1. 21 luglio 1965, n. 939, art. 4). Tributi erariali indiretti -Dogana Diritti doganali -Rimborso -Disciplina di cui all'art. 19 D.L. 30 settembre 1982, n. 688 -Applicabilit all'I.G.E. all'importazione Esclusione. (d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19; I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 17). L'art. III del G.A.T.T., inteso ad assicurare un'equivalenza complessiva degli oneri fiscali rispettivamente gravanti, per imposizioni interne, sul prodotto nazionale e su quello importato, non consente di aver riguardo agli scopi della norma agevolativa del prodotto nazionale n alla natura giuridica degli atti agevolati nel corso del ciclo produttivo di questo, quando -comunque -all'esenzione fiscale conseguano pi favorevoli condizioni per l'immissione del prodotto finito sul mercato. Ancorch, quindi, accordata ai soli atti di prima vendita di imbarcazioni da diporto costruite da cantieri nazionali, l'esenzione dall'I.G.E. prevista dall'art. 4 legge 21 luglio 1965, n. 939 (e diretta, in definitiva, a favorire la stipula di contratti di appalto per lo sviluppo della cantieristica) ha comportato, in applicazione dell'art. III dell'Accordo generale, che identico alleggerimento fiscale andasse operato nei confronti dei natanti importati, da ritenere perci non assoggettabili, dallo stesso momento, alla corrispondente imposta di cui all'art. 17 legge organica I.G.E. (1). (1) La sentenza fa applicazione del principio, pi volte affermato, secondo cui la parit fiscale che l'art. III G.A.T.T. ha stabilito doversi rispettare, quanto ad imposizioni interne, fra prodotto importato e prodotto nazionale va intesa in senso globale (cfr. Cass., S.U., 4 gennaio 1975, n. 2, in Rass. Avv. Stato 1975, I, 82; Cass., S.U., 8 giugno 1972, n. 1773, in Foro it. 1972, I, 1963); ma non tiene conto, bench dallo svolgimento del processo non risulti essersi formata alcuna preclusione in punto di giurisdizione, dell'ordinanza 21 luglio 1981 (in Rass. Avv. Stato 1981, I, 484) con la quale le Sezioni Unite avevano richiesto alla' Corte di giustizia C.E.E. di pronunciarsi, in via pregiudiziale ed in considerazione dell'avvenuta comunitarizzazione dell'Accordo generale, sulla idoneit delle norme G.A.T.T. ad attribuire diritti soggettivi ai cittadini degli Stati membri della Comunit. 736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'I.G.E. all'importazione, istituita dall'art. 17 legge 19 giugno 1940 n. 762 in funzione perequativa dell'imposta gravante sugli atti economici relativi ai beni di produzione nazionale, non aveva natura di dazio doganale sebbene riscossa in occasione dell'importazione del prodotto estero; non pertanto applicabile a tale tributo la speciale disciplina dettata, dal1' art. 19 d.l. 30 settembre 1982, n. 688, per il rimborso dei diritti doganali indeb'itamente corrisposti (2). (omissis) Il ricorso infondato. Ed invero, l'unico argomento addotto dall'Amministrazione ricorrente contro la sentenza impugnata attiene sostanzialmente ad una interpretazione complessiva della legge 21 luglio 1965, n. 939, la quale avrebbe come unico scopo di agevolare le imprese nazionali di costruzioni navali, prevedendo a favore di queste benefici di carattere esclusivamente soggettivo, intesi a ridurre il costo di costruzione delle navi introducendo facilitazioni tributarie analoghe a quelle vigenti a favore delle costru.zioni navali in altri paesi. Tale argomento peraltro non valido a risolvere la questione qui dibattuta in senso contrario a quello della decisione impugnata: anzitutto va osservato che la ricerca della ratio legis non costituisce se non un criterio sussidiario di interpretazione, in presenza di norme di dubbio contenuto, ma non pu valere a disattendere la portata della norma qualora (2) I.G.E. all'importazione e restituzione di diritti doganali. '-L'affermata inapplicabllit dell'art. 19 D.L. 30 settembre 1982, n. 688 al rimborso della c.d. I.G.E. all'importazione affidata, nella sentenza in rassegna, a due rilievi: l'esclusione dell'imposta dal novero dei diritti doganali>>, ai quali -come pure alle imposte di fabbricazione, alle imposte di consumo e ai diritti erariali -si riferisce la norma nel dettare una speciale disciplina della restituzione d'indebito; e l'espressa sottrazione del rimborso I.V.A. alla sfera d'applicazione dell'art. 19 cit. L'art. 7 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 e -ora -l'art. 34 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 considerano i diritti doganali (che la Dogana tenuta a riscuotere in relazione alle operazioni doganali) come un pi ampio genus, del quale costituiscono una species i diritti di confine che a loro volta comprendono non solo i dazi ed i prelievi ma, altres, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine ed ogni altra imposta o sovrimposta di consumo riscossa, all'importazione, a favore dello Stato. Certamente, ora, l'imposta di cui all'art. 17 legge 19 giugno 1940 n. 762 non era un tributo doganale, essendo stata istituita in corrispondenza e con funzione perequativa di una imposta interna -1'1.G.E. -cos da rimanere soggetta, ad es., alla disciplina dettata per le imposizioni interne dall'art. III G.A.T.T. e non gi a quella delineta dall'art. II dello stesso Accordo per i prelievi fiscali gravanti esclusivamente sui prodotti importati (senza trovare corrispondenza in una parallela imposizione su quelli nazionali). In tal senso vanno intese quelle pronunce della Corte Suprema che, intorno agli anni 1970, ebbero ad occuparsi del problema della classificazione del tributo de quo, PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 737 questa, sia pure contro le intenzioni del legislatore, abbia un inequivocabile significato; inoltre, il ragionamento dell'Amministrazione ricorrente porta comunque alla conclusione che l'intera legge, nel suo complesso, intesa a ridurre il costo di costruzione delle imbarcazioni e, quindi, a permettere la loro immissione in commercio ad un prezzo competitivo nei confronti dei. prodotti delle industrie non nazionali: e ci appunto, ove venga realizzato anche a mezzo di manovre fiscali, incorre senza dubbio nella normativa dell'art. III dell'accordo G.A.T.T., che vieta ai paesi aderenti di proteggere la produzione nazionale con qualsiasi mezzo (tasse e imposizioni interne, leggi regolamenti e prescrizioni riguardanti la vendita, la messa in vendita, l'acquisto, il trasporto, la distribuzione o l'utilizzazione dei prodotti sul mercato interno, che, applicati ai prodotti importati o nazionali, si risolvano in una discriminazione dei primi a vantaggio dei secondi). In altre parole, ci che rileva non tanto la natura o lo scopo delle varie norme disciplinanti l'immissione nel mercato delle merci quanto il risultato obiettivo che con esse si consegue; e questa Corte ha avuto gi occasione di affermare (ved. sent. n. 1317 del 1 marzo 1979) che, al fine dell'applicazione del principio della parit tributaria fra prodotti nazionali e prodotti importati -introdotto nell'ordinamento nazionale in esecu trovandosi invero specificato in pi d'una di dette sentenze che tale imposta non ... imposta doganale, ma rientra tra i diritti doganali, cio tra quei diritti che colpiscono le merci importate per finalit diverse (nel caso, per finalit perequative dell'imposta gravante sugli atti economici aventi ad oggetto prodotti nazionali scambiati nel territorio dello Stato: cfr., tra le altre, Cass., S.U., 27 giugno 1%9, n. 2309, in Giust. civ. 1969, I, 1180; Cass., S.U., 2 luglio 1969, n. 2779, in Giust. it. 1970, I, 1, 33). Pu ben essere accaduto che, nella massimazione di queste o altre sentenze, l'esclusione dell'i.g.e. all'importazione dal novero delle imposte doganali sia stata tradotta in esclusione della stessa dalla categoria dei diritti doganali ; ma chiaro tuttavia che nella formulazione di tali massime la espressione diritti doganali dovrebbe considerarsi adottata in maniera atecnica ed impropria (e cio come sinonimo di imposte doganali) essendo, invero, inequivoco il pensiero della Corte quale desumibile dal surriferito brano di motivazione nel quale addirittura esplicita la qualificazione dell'i.g.e. all'importazione come diritto doganale (intesa, stavolta, l'espressione nel suo significato tecnico e aderente alla definizione legislativa). Orbene, non essendo pensabile che la sentenza in rassegna sia stata, per cos dire, tradita dalla ipotizzata massimazione impropria dei precedenti verosimilmente tenuti presenti e dovendo, allo stesso tempo, escludersi che la Corte abbia inteso rivedere il proprio orientamento sulla natura dell'i.g.e. all'importazione (mancando, nella motivazione, ogni elemento capace di avvalorare una siffatta lettura della pronuncia), deve piuttosto ritenersi che la Corte abbia considerato atecnica l'accezione dell'espressione diritti doganali figurante nello stesso art. 19, del quale si trattava di fare applicazione; in altri termini, assai pi plausibile che la conclusione raggiunta dalla Corte si fondi sulla (inespressa) premessa che, nel corpo della norma presa in esame, la riferita espressione debba assumersi come sinonimo di imposte doganali. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO zione dell'accordo G.A.T.T. -, il parametro di riferimento per la determinazione del trattamento tributario del prodotto importato costituito dal costo fiscale complessivo del prodotto nazionale, in conseguenza del regime tributario cui quest'ultimo sottoposto nelle fasi di produzione, lavorazione ed immissione sul mercato: e non vi dubbio che, anche a non tener conto delle agevolazioni di cui gode l'industria nazionale per effetto della normativa dell'art. 1 della legge n. 939 del 1965 (agevolazioni che si ripercuotono favorevolmente sul costo finale e quindi sul prezzo del prodotto), senza dubbio nel costo fiscale non rientrava, all'epoca, l'I.G.E. relativa al passaggio dal produttore all'acquirente (non importa se detto passaggio avvenisse all'esito di un appalto o di una vendita, data l'ampia previsione dell'art. III dell'accordo G.A.T.T., che prevede, fra l'altro, anche genericamente l' acquisto). Il prodotto nazionale, pertanto, non scontando l'I.G.E., veniva senza dubbio ad essere agevolato nei confronti dell'analogo prodotto straniero, che invece, ove avesse scontato la stessa imposta, a sensi dell'art. 17 della legge 19 giugno 1940, n. 762, avrebbe subto un aggravio di costi e conseguentemente sarebbe stato discriminato. E ci basta per riconoscere esente da censura la sentenza impugnata. La suddetta decisione, inoltre, non appare suscettibile di riforma per effetto dello ius superveniens costituito dall'entrata in vigore, successivamente alla proposizione del ricorso, del d.L 30 settembre 1982, n. 688. Nel corso della discussione, invero, le parti hanno sollevato Ja questione significativa, in tal senso, la cura posta dalla decisione nel sottolineare come tanto la legge n. 762/1940 quanto la legge n. 939/1965 avessero tenuto distinta l'I.G.E. all'importazione dai dazi doganali. Cos ricostruita la ratio decidendi della sentenza in rassegna, sembrerebbe giustificata qualche riserva in ordine all'interpretazione dell'art. 19 D.L. n. 688/1982 sottesa, nel senso ora accennato, all'affermata inapplicabilit della norma alla restituzione del tributo de quo. Intanto, salvo il caso -qui non ricorrente -di inequivoci dati positivi in senso contrario, dovrebbe sempre presumersi un uso tecnico ed appropriato della terminologia giuridica da parte del legislatore, specialmente quando ai termini adottati corrispondano istituti o categorie giuridiche puntualmente definiti in altra norma dell'ordinamento. Per altro verso, anche a non volersi attenere a tale canone ermeneutico, identica conclusione circa l'uso della espressione diritti doganali nella sua accezione tecnica avrebbe potuto raggiungersi considerando che l'art. 19 in esame ha riguardo anche alle imposte di fabbricazione, alle imposte di consumo e ai diritti erariali, cio ad imposte interne corrispondentemente alle quali risultano 'istituite, in funzione perequativa, altrettanti tributi (per lo pi definiti come sovrimposte di confine) gravanti sull'importazione del prodotto estero. Sembra agevole, allora, osservare che ove lo speciale (e pi rigoroso) regime della restituzione d'indebito fosse stato dettato solo per le citate imposte interne (e per i dazi doganali propriamente detti, secondo l'interpretazione offerta dalla Corte) ne sarebbe rimasta gravemente alterata, a discapito PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 739 relativa all'incidenza che potrebbe avere, rispetto alla fattispecie in esame, l'art. 19 del suddetto decreto, che, al primo comma, stabilisce che chi ha indebitamente corrisposto diritti doganali all'importazione, anche anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, ha diritto al rimborso delle somme pagate solo se prova documentalmente che il relativo onere non sia stJato in alcun modo trasferito su altri soggetti. Questa disposizione, infatti, non applicabile al caso di specie, in quanto essa attiene unicamente alla restituzione di diritti doganali e non pu essere, per la sua eccezionalit estesa ad ipotesi diverse. Il tributo della cui restituzione qui si discute non un diritto doganale, ma l'imposta generale sull'entrata, che, sia pure applicata alle merci estere importate, conserva tale sua natura; ci si evince anzitutto dal chiaro disposto del primo comma dell'art. 17 della legge n. 762 del 1940 ed confermato dal fatto che il successivo art. 18 della stessa legge chiaramente distingue, con una dettagliata disciplina, detto tributo dai dazi doganali, dal fatto che l'art. 1 della legge n. 939 del 1965, legge della cui applicazione qui si controverte, ugualmente distingue l'imposta di cui all'art. 17 dai dazi doganali, e, soprattutto, dal fatto che lo stesso art. 19 del decreto n. 688/1982, al quarto comma, espressamente prevede che i rimborsi delle somme pagate per imposta sul valore aggiunto (tributo questo sostitutivo dell'I.G.E.) rimangono regolati unicamente dalle disposizioni concernenti detta imposta. (omissis) dei produttori nazionali, l'uniformit di trattamento perseguita con l'istituzione, sul prodotto importato, di imposte corrispondenti (a quelle gravanti sul prodotto nazionale) giacch, in caso d'indebito pagamento dei tributi, solo gli importatori avrebbero potuto continuare a giovarsi della (pi favorevole) disciplina di diritto comune delineata nell'art. 2033 cod. civ.; e tanto, malgrado che il fenomeno della traslazione dell'imposta di consumo fosse riscontrabile nella commercializzazione cos del prodotto nazionale come di quello importato. Si tratta di una conseguenza sicuramente aberrante, tale -da sola da indurre l'interprete a riflettere sul significato dell'espressione diritti doganali, che, una volta intesa -invece -nel suo significato tecnico, consente di ritenere soggetta all'art. 19 non solo la restituzione dei dazi doganali propriamente detti (che, in quanto tali, non sono, oltre tutto, espressamente contemplati dalla norma), ma l'intera categoria dei diritti di confine inclusiva delle sottospecie dazi d'importazione e sovrimposte di confine e compresa, appunto, fra i diritti doganali ai quali si riferisce la disposizione. Quanto all'altro argomento sul quale si fonda la decisione in rassegna, sembra qui sufficiente osservare che la ragione per la quale la restituzione dell'I.V.A. stata espressamente esclusa del nuovo regime va ravvisata nelle particolarit proprie di tale tributo (e segnatamente nella trasparenza del l'imposta durante le successive fasi di commercializzazione del bene, e quindi nella inconfigurabilit di quella traslazione soltanto economica -od occulta dell'onere fiscale che sta invece alla base della disposizione di cui all'art. 19 pi volte citato). SERGIO LAPORTA 740 RASSEGNA DEll'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1983, n. 2486 -Pres. Brancaccio Est. Caturani -P. M. Paolucci (conf.) -Ministero delle finanze (avv. Stato Braguglia) c. S.r.l. Rama (n.c.). Tributi erariali indiretti -Dogana -Diritti di prelievo Importazioni anteriori all'11 settembre 1976 Aliquota applicabile '. quella in vigore il giorno dell'importazione Sopravviv.enza di aliquota inferiore prima dello sdoganamento Irrilevanza. (d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, art. 6; d.P.R. 22 settembre 1978, n. 695). Tributi erariali indiretti -Dogana Diritti di prelievo Rinuncia al recupero del maggior prelievo non riscosso Importazioni anteriori al 1 luglio 1980 -Esclusione. (Reg. CEE 24 luglio 1979, n. 1697). L'art. 6 n. 2 delle disposizioni preliminari della tariffa doganale, come modificato .con d.P.R. 22 settembre 1978 n. 695, non presuppone per le importazioni anteriori all'JJ settembre 1976 una norma interna di senso opposto, e cio comportante l'applicabilit del pi favorevole prelievo agricolo comunitario sopravvenuto nelle more del rilascio della merce alla libera disponibilit dell'importatore. Le importazioni anteriori alla predetta data restano, pertanto, disciplinate dall'art. 17 del Reg. CEE n. 19 del 4 aprile 1962 che, secondo l'interpretazione vincolante della Corte di giustizia, esclude l'applicabilit delle aliquote pi favorevoli sopravvenute dopo l'accettazione della dichiarazione d'importazione (1). Il divieto di recupero o la facolt di rinunciare al recupero dei maggiori prelievi non riscossi non sono operanti per le importazioni anteriori al 1 luglio 1980, alla stregua dell'interpretazione del Reg. CEE n. 1697 del 24 luglio 1979 resa dalla Corte di giustizia. (omissis) Con unico motivo l'Amministrazione ricorrente, denunziando violazione dell'art. 17 n. 1 del regolamento del Consiglio CEE 4 aprile 1962 n. 19 e dell'art. 5 del regolamento del Consiglio CEE 5 febbraio 1964 n. 14 (art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ.), assume che la Corte d'appello avrebbe dovuto riconoscere la infondatezza dell'opposizione anche relati( 1) Il S.C. conferma l'interpretazione, armonizzatrice del diritto interno con la normativa comunitaria, di cui alla precedente Cass. 25 maggio 1982, n. 3177, citata in motivazione (cfr. in Foro it. 1982, I, 1872 ed ivi ulteriori richiami, anche di dottrina). In precedenza, da alcuni giudici di merito era stata sollevata questione di legittimit costituzionale, tuttora pendente, sul rilievo che gli artt. 1 e 3 d.P.R. n. 695/1978 consentissero di fare riferimento, per le importazioni anteriori all'll settembre 1976, ad un prelievo diverso da quello vigente il giorno deli l'importazione (in tal senso, ad es., v. Trib. Genova, ordinanza 30 aprile .1979, in G. U. 28 novembre 1979, n. 325 nonch in Giur. cast. 1979, II, 1802). 11 1 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vamente alla ingiunzione di lire 709.500 perch in base alla normativa comunitaria per giorno della importazione deve intendersi quello in cui l'uffi.cio doganale accetta la dichiarazione di importazione e quindi nella specie andavano applicati i maggiori prelievi vigenti a detta data. Il ricorso fondato . nei termini che sono precisati dalle seguenti considerazioni. Come questa Corte ha gi avuto occasione di statuire (sent. 25 maggio 1982 n. 3177, e per il principio secondo cui l'aliquota applicabile quella del giorno dell'importazione: sent. 5 febbraio 1979 n. 748; 25 gennaio 1979 n. 562; 2 novembre 1978 n. 4980) il d.P.R. 22 settembre 1978 n. 695, modificando l'art. 6 n. 2 delle disposizioni preliminari della tariffa doganale approvata con d.P.R. 26 giugno 1965 n. 723, stabilisce l'applicabilit ai prelievi agricoli comunitari del principio fissato dal diritto interno per i dazi, circa la possibilit per l'importatore di beneficiare di tariffe pi favorevoli sopravvenute prima che la merce venga lasciata nella sua libera disponibilit con effetto retroattivo a partire dall'll settembre 1976 (artt. 1 e 3), ma non detta implicitamente n presuppone una norma interna di senso opposto per le importazioni anteriori. Pertanto, i diritti di prelievo, con riguardo ad importazioni antecedenti all'indicata data (come quella che ne occupa nel presente giudizio), restano disciplinati dall'art. 17 del regolamento CEE n. 19 del 4 aprile 1962, secondo la interpretazione vincolante resa dalla Corte di Giustizia della Comunit il 15 giugno 1976 in causa n. 117/75, con la conseguenza che l'aliquota del prelievo sull'importazione sempre quella in vigore il giorno dell'importazione stessa, cio il giorno in cui la dichiarazione d'importazione viene accettata dagli uffici doganali, mentre resta irrilevante l'eventuale intervento di tariffe pi favorevoli prima del giorno dello sdoganamento. Da quanto precede discende che erronea la sentenza impugnata allorch -con riferimento alla pretesa di lire 709.500, cui esclusivamente si riferisce Ja doglianza dell'amministrazione in questa sede -ha ritenuto applicabile l'aliquota pi favorevole per il contribuente vigente alla data dello sdoganamento, secondo una interpretazione del diritto comunitario che diverge dalla interpretazione vincolante per il diritto interno cui innanzi si fatto riferimento. D'altra parte, il regolamento CEE n. 1697 del 24 luglio 1979 il quale, con riguardo al recupero a posteriori di dazi 1982, compromesso ed arbitrato, 58; Cass. 27 luglio 1982, n. 4317, ivi, 59. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO vio riscontro, trattandosi di regolamento ministeriale, dell'esistenza di una fonte legisfativa primaria, attributiva del corrispondente potere al Ministro -si tratterebbe, quindi, di discuterne la legittimit costituzionale, alla '1uce della giurisprudenza sopra citata delle due Corti. Indagine, dunque, in ogni suo aspetto, di legittimit, non di merito, perch attinente alla qualificazione e definizione giuridica dei detti capitoli generali, sulla base dei dati di fatto acquisiti, concernenti la formazione del consenso contrattuale. Sotto un diverso profilo, tuttavia, una siffatta indagine preclusa al Collegio. Gi con sentenza del 14 maggio 1981, n. 3167, la prima Sezione di questa Corte ha affrontato e risolto lo stesso problema, affermando che la dedotta illegittimit della norma del capitolato che predispone l'arbitrato, risolvendosi nella invalidit del titolo di investitura degli arbitri, d luogo ad una ipotesi riconducibile alla previsione dell'art. 829, n. l, cod. proc. civ., cio ad un motivo di nullit della sentenza arbitrale, che avrebbe dovuto essere dedotto avanti alla Corte d'appello come motivo d'impugnazione della sentenza stessa . Anche nel caso deciso dalla prima sezione, il Ministero della Difesa si era limitato a contestare nel giudizio d'appello la configurabilit di una valida rinuncia all'impugnazione per violazione delle regole di diritto al fine di dare ingresso a motivi di censura per error in iudicando . Da cui, appunto, la dichiarazione di inammissibilit del motivo del ricorso per cassazione. La soluzione appare corretta, perch adottata in conformit alle regole di diritto processuale e sostanziale vigenti in materia. Per il disposto, invero, dell'art. 829, n. 1, cod. proc. civ., ammessa l'impugnazione per nullit del lodo se il compromesso nullo. E il compromesso nullo se contrario alle regole degli artt. 806, 807, 808, 809 cod. proc. civ., e, in genere, a norme imperative, secondo il principio sancito dall'art. 1418 cod. civ. nullo, inoltre, se imposto -come oggi il ricorrente afferma -con norma regolamentare di approvazione dei capitolati generali d'appalto, in violazione del precetto costituzionale dell'art. 24 Cost., dettato a presidio del diritto alla difesa del cittadino. In entrambe le ipotesi -contrariamente a quanto il ricorrente sostiene -si tratta di nullit in senso tecnico, non di inesistenza giuridica del titolo di investitura arbitrale, che si ha quando devoluta agli arbitri la cognizione di una controversia non rientrante neppure nella giurisdizione del giudice ordinario rispetto alla pubblica amministrazione e rispetto al giudice amministrativo, mentre in ciascuno dei casi sopra accennati la controversia appartiene virtualmente alla competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria. Ne consegue che, mentre l'inesistenza giuridica della clausola comporterebbe una vera e propria usurpazione di potere, e sarebbe rilevabile PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI d'ufficio in ogni stato e grado del processo (Cass., 22 aprile 1963, n. 1026; 17 aprile 1963, n. 945), per la nullit in senso tecnico vige la regola processuale della conversione dei motivi di nullit in motivi di gravame, per cui, in applicazione dell'art. 161, primo comma, cod. proc. civ., i vizi dirimenti la pronuncia arbitrale devono essere fatti valere nell'atto di impugnazione (Cass., 12 giugno 1963, n. 1593; 12 febbraio 1968, n. 470). Vige, inoltre, la norma sulla specificit dei motivi, ancor pi rigorosa -data la particolare natra del procedimento di impugnazione del lodo -della regola dell'art. 342, cod. proc. civ., che disciplina la forma dell'atto d'appello (Cass., 26 marzo 1975, n. 1148). Nel caso in esame, mentre da~anti alla Corte d'appello il Ministero, per accreditare la proponibilit dei motivi di merito, aveva chiesto la disapplicazione dell'art. 61, ultimo comma, del decreto ministeriale del 26 ottobre 1938, contenente Ia rinuncia al gravame ed al ricorso per cassazione, oggi, per infirmare la validit della fonte istitutiva della competenza arbitrale, chiede la disapplicazione (pur senza un esplicito riferimento) dell'art. 55 dello stesso decreto, contenente il titolo dell'investitura degli arbitri. Oggetto del ricorso , pertanto, una disposizione del decreto ministeriale diversa da quella impugnata in appello. Il preteso motivo di nullit non stato, quirndi, dedotto davanti alla Corte d'appello come specifico motivo di gravame. E non potrebbe, pertanto, conoscerne oggi questo Collegio se non in difformit dalle norme citate e dalla stessa giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammisibilit, statuizioni e questioni che hanno formato oggetto di gravame con l'atto d'appello, talch nel giudizio di cassazione non possono essere proposte per la prima volta questioni nuove, implicanti un rilevante mutamento nel sistema difensivo (sent. 8 marzo !978, 1170), n sono ammissibili tesi difensive che, per la loro novit, siano tali da sconvolgere il precedente tema difensivo della controparte (26 aprile 1978, n. 1953). Il ricorso iproposto dal Ministero deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1983, n. 4759 -Pres. Santosuosso -Est. Contu -P. M. La Valva (conf.) -Giudici (avv. Pallottino) c. Assessorato ai lavori pubblici della regione siciliana (Avv. Stato Vittoria). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Compensi per danni da forza maggiore -Onere della riserva -Sussiste -Tempo della iscrizione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 25, 36, 37, 53, 54, 64 e 89; d.m. 28 maggio 1895, art. 28). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO Appalto Appalto di opere pubbliche Decadenza dal diritto per intem pestivit della riserva Rinunzia della P.A. Ammissibilit -Pro posta di transazione Non equivale a rinunzia. (cod. civ., art. 1965). Anche i compensi dovuti all'appaltatore per danni cagionati da forza maggiore, in quanto incidenti sulla spesa complessiva dell'opera, ~ono soggetti' alla disciplina generale relativa all'onere della riserva che va osservato inserendo la riserva a contestazione delle registrazioni contabili immediatamente successive all'esecuzione dei lavori di riparazione, ove queste non ne contengano la contabilizzazione (1). Se .la p. a. pu rinunciare ad opporre la decadenza nella quale sia incorso l'appaltatore per non avere inserito nel registro di contabilit le riserve, accertare se il comportamento della p.a. integri una rinuncia spetta al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimit l'affermazione che non implichi rinuncia il comportamento estrinsecatosi non nel puro e semplice riconoscimento del diritto della decadenza del quale si discuteva, ma nella proposta di una transazione riguardante tutte le pretese dell'appaltatore (2). (omissis) Con il primo motivo del ricorso principale il Giudici deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 25, 36, 37, 53, 54, 64 e 89 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, e dell'art. 348 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. F, nonch omessa e insufficiente motiva (1) Sull'onere della riserva e la sua estensione, cfr., da ultimo, Cass. 15 dicembre 1982, n. 6911 in questa Rassegna 1983, I, 191 e Cass. 1 aprile 1982, n. 2006, ivi, 1982, I, 2758. Non consta che abbia precedenti l'affermazione per cui soggiace all'onere della riserva la pretesa dell'appaltatore al pagamento di compensi per danni da forza maggiore. La decisione da condividere, giacch il procedimento delineato dagli artt. 25 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 28 d..m. 28 maggio 1895 e 24 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063; procedimento che si apre con la denuncia dell'appaltatore, tende a verificare che dei danni si siano prodotti e ad accertarne le cause. Ma n la denuncia contiene l'indicazione della somma spesa per riparare i guasti n il verbale di constatazione dei danni la sede per stabilire, avuto anche riguardo a quanto disposto dal capitolato speciale, se spetti o no all'appaltatore il compenso ed in che misura. Ne deriva che, eseguita la riparazione dei guasti, se i lavori non siano contabilizzati, sorge per l'appaltatore l'onere di affermare il suo diritto al compenso impugnando con la riserva la mancata registrazione e quindi il mancato pagamento del compenso cui ritiene di aver diritto. (2) Sull'ammissibilit della rinuncia a far valere la decadenza in cui l'appaltatore sia incorso per aver formulato le riserve tardivamente, cfr. Cass. 18 maggio 1977; n. 2015 in Arch. giur. op. pubbl. 1977, II, 195 e la giurisprudenza richiamata nella annotazione a Trib. Roma 14 marzo 1977, n. 2338 in questa Rassegna 1977, I, 576. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 773 zione su punti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e 5 cod. proc. civ. Il ricorrente si duole che la corte del merito abbia ritenuto erroneamente che il danno da forza maggiore sia stato produttivo di un aumento di spesa complessiva riconducibile al contratto d'appalto e che sia conseguentemente assoggettabile alle disposizioni relative all'onere della riserva immediata, senza tener conto che la pretesa dell'appaltatore sorge e pu essere fatta valere solo dopo l'esecuzione dei lavori occorrenti per la riparazione dei guasti ed in precedenza non assoggettabile al regime delle riserve. Con riferimento alla fattispecie sostiene che i danni da lui subiti in conseguenza di causa di forza maggiore erano stati tempestivamente denunciati e sostanzialmente riconosciuti, tant' che era stata disposta l'effettuazione di una perizia suppletiva per valutarli, ma, non essendo stata la stessa approvata, non si era provveduto al pagamento; la lesione del suo diritto al compenso si era perci verificata dopo l'ultimazione dell'opera costituente oggetto dell'appalto ed era stata accertata solo al momento della contabilit finale, allorquando la Pubblica Amministrazione aveva omesso di contabilizzare i lavori necessari per la riparazione dei danni, e solo allora era sorto l'onere della riserva, cui era stato ritualmente e tempestivamente ottemperato. Tali censure non sono fondate. Da pi di un decennio, dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 1960 del 20 giugno 1972, questa Suprema Corte ha affermato e ribadito il carattere generale deLl'istituto della riserva, nel senso che la necessit della relativa formulazione, e della successiva quantificazione nel registro di contabilit, sussiste per tutte le pretese che siano tali da incidere sul compenso complessivo spettante all'appaltatore, quali che siano le componenti ed i titoli delle medesime. Le norme che disciplinano l'istituto della i:iserva sono ispirate ad una duplice finalit, in quanto da un lato sono dirette a consentire all'amministrazione appaltante la verifica di tutti i fatti producenti spesa con l'immediatezza che rende pi sicuro e meno dispendioso l'accertamento, e dall'altro rispondono all'esigenza della continua evidenza della spesa dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti, nonch alle possibili determinazioni dell'amministrazione appaltante di fronte ad un notevole superamento delle previsioni originarie di spesa, le quali possono condurre anche all'esercizio della potest di risoluzione unilaterale, quando l'onere della costruzione dell'opera rischi di divenire troppo pesante per la collettivit in relazione alla sua utilit. indubbio perci, che la necessit della riserva sorge ogni qualvolta si verifichi una situazione suscettibile di risolversi in danno, o di provocare, comunque, un aumento di spesa. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO E poich i fatti producenti spesa non si esauriscono, ovviamente, negli allibramenti delle partite dei lavori e delle somministrazioni dell'appaltatore, ma riguardano anche richieste di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori eseguiti, qualunque ne sia il titolo, la necessit dell'immediata riserva va collegata all'inerenza di quei fatti all'esecuzione dell'opera, rimanendone esclusi solo quelli che siano il prodotto di un'attivit del tutto scissa e contraria ai fini della gestione dell'appalto, o quelli che, costituendo fatti illeciti, abbiano con l'esecuzione dell'opera un legame puramente occasionale ed in definitiva siano fonte di responsabilit non contrattuale ma aquiliana. Da tali premesse discende l'ineluttabile conseguenza che il verificarsi di un evento obiettivamente atipico rispetto all'economia dell'appalto faccia scattare l'onere della denuncia dell'appaltatore, concretantesi, poi, all'atto della prima firma successiva dei documenti di contabilit presentatigli dall'amministrazione appaltante, nella specifica riserva delle sue pretese. I Anche i compensi dovuti all'appaltatore per danni cagionati da forza maggiore, in quanto incidenti sulla spesa complessiva dell'opera, sono pertanto soggetti alla disciplina generale relativa all'onere della riserva e, del resto, 10 stesso appaltatore ritenne di essere tenuto a formularla, l ! tant' che vi provvide all'atto della firma della contabilit finale. La questione attiene, perci, non tanto alla sussistenza in concreto di tale onere, quanto al momento del suo sorgere. I ~ Al riguardo non pu prescindersi dal considerare che, secondo quanto disposto dagli artt. 36 e 37 del regolamento per la direzione, contabilit e collaudazione dei lavori dello Stato di competenza del Ministero dei lavori pubblici (r.d. 25 maggio 1895, n. 350), pacificamente applicabile anche agli appalti conclusi dalla Regione siciliana (Cass. n. 1962 del i 1971), la contabilit di un'opera ha per oggetto l'accertamento e la registrazione di tutti i fatti producenti spesa, la cui contabilit deve proce I dere di pari passo al loro avvenimento (artt. 36 e 37). quindi da escludere che possa sorgere il diritto a compensi non risultanti dal registro di contabilit, e, argomentando a contrario, deve affermarsi che in relazione alle pretese estranee alla contabilizzazione formale sorge l'onere della riserva immediata, la quale non pu essere differita al momento della firma del conto finale poich, per espressa disposizione dell'art. 64 del citato decreto, in esso l'appaltatore non pu iscrivere domande per oggetto o per importo diverse da que1le formulate nel registro di contabilit durante lo svolgimento dei lavori. N pu avere rilevanza che nella fattispecie l'appaltatore avesse provveduto alla denunzia dei danni, come previsto dall'art. 25 del citato regolamento e dall'art. 28 del capitolato generale (d.m. 28 maggio 1895), poich tale denunzia, non contenendo gli elementi necessari per quanti( :: f ficare la pretesa al compenso, non poteva sostituire la riserva da inserire I. f: j: f: I: PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI in contabilit, n assolvere alla funzione ad essa attribuita dalla normativa sugli appalti pubblici. La sentenza appellata si attenuta puntualmente a tali princ1p1 e, partendo dall'affermazione del carattere generale dell'istituto della riserva, ha giustamente asserito che le registrazioni contabili relative ai lavori di riparazione conseguenti ai danni di cui trattasi dovevano essere effettuate 1subito dopo l'esecuzione delle opere, con la conseguenza che l'onere della riserva sorgeva per il fatto che mancasse la relativa contabilizzazione ovvero che su di essa fossero sorte delle contestazioni. La decisione della Corte del merito dunque corretta sotto il profilo giuridico ed, avendo preso in considerazione tutte le circostanze di fatto influenti sulla decisione, appare incensurabile anche sotto il profilo della motivazione. Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce difetto assoluto di motivazione su elemento !decisivo della controversia nonch violazione e falsa applicazione degli artt. 1965 e seguenti cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e 5 cod. proc. civ. Sostiene, al riguardo, che nella sentenza impugnata si sia frettolosamente negato il riconoscimento dell'avvenuta rinuncia, da parte dell'Assessorato committente, all'eccezione di tardivit della riserva per i danni da forza maggiore, contenuta nella nota del maggio 1974, relativa a lessivo sarebbe dovuto essere identico, anche se per il primo credito si proceduto applicando prima gli indici relativi a due periodi contigui e pervenendo poi ad una sintesi unitaria complessiva con un'operazione aritmetica effettuata sui risultati parziali cos ottenuti, mentre per il secondo si proceduto ad una rivalutazione complessiva mediante un indice unico. Tale divergenza di risultato non ha una spiegazione logica poich l'indice finale di svalutazione riferito ad una determinata quantit di moneta non pu che essere identico, se riferito allo stesso periodo, sia considerando la diminuzione complessiva di potere d'acquisto mediante un'unica operazione aritmetica, sia calcolandola separatamente per periodi diversi e componendo alla fine i risultati delle due operazioni. La corte del merito pervenuta, invece, a conclusioni non accettabili poich ha rivalutato U secondo credito applicando un indice del 100 %, che nettamente superiore a quello risultante dalla composizione dei due indici aipplicati in relazione al primo credito. In tale incongruenza ravvisabile il vizio di contradditoriet di motivazione poich, se vero che la Inisura della svalutazione monetaria e la relativa determinazione attengono all'esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, il quale, nell'avvalersene, non tenuto ad indicare gli elementi sui quali esse si fondano, avendo egli la facolt e non l'obbligo di riferirsi ai coefficienti dell'istituto di statistica e potendo, discrezionalmente, limitarsi ad utilizzarli orientativamente, per una valutazione globale e forfettaria alla stregua delle nozioni di comune esperienza (Cass. n. 899, 1084 e 4568 del 1982), altrettanto vero che pecca di illogicit, e diventa conseguentemente censurabile in sede di legittimit, l'applicazione di indici di svalutazione diversi con riferimento allo stesso periodo di tempo. Nell'ambito dello stesso motivo di gravame, la sentenza impugnata viene censurata sotto un altro profilo, in quanto si sostiene che sia stato erroneamente applicato, per gli interessi, il tasso del 5 %, anzich quello del 12 %, dovuto in virt del nuovo capitolato approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, avente valore dichiarativo e non costitutivo. Tale doglianza non fondata. La corte del merito ha giustamente rilevato che alla fattispecie sono applicabili le disposizioni del vecchio capitolato generale del 1895, il cui art. 40 prevede il diritto dell'appaltatore a percepire l'interesse del 5 % per i ritardi nei pagamenti delle somme dovutegli, ed ha correttamente determinato il tasso di interesse in tale misura. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il richiamo al nuovo capitolato generale del tutto arbitrario poich il contratto d'appalto venne concluso prima della sua entrata in vigore e non poteva perci disciplinarlo in alcun modo. Occorre infatti considerare che le clausole del capitolato generale hanno natura contrattuale quando siano richiamate ed applicate in contratti riguardanti Enti diversi dello Stato, ed in tal caso, essendo oggetto di un rinvio non formale ma recettizio, ,diventano parte integrante del contenuto del contratto e restano insensibili allo jus superveniens. Tali principi sono applicabili anche nei confronti della Regione siciliana, essendo essa un Ente diverso dallo Stato, e sono ormai pacifici nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, la quale si gi pronunziata nel senso che le norme del capitolato generale per le opere pubbliche si applicano ai contratti di appalto stipulati dalla Regione siciliana solo lin quanto i contraenti le abbiano richiamate. Dal carattere negoziale del richiamo deriva che, sopravvenuta l'emanazione di un nuovo capitolato, le disposizioni innovative di questo non si applicano ai contratti stipulati dall Regione con riferimento al vecchio capitolato (Cass. n. 1274 del 1970, n. 528 del 1967; n. 710 del 1969). Sulla base di tale orientamento, dal quale non vi motivo per discostarsi, va 'approvata la conclusione della corte del merito, secondo cui l'appaltatore non poteva pretendere un interesse superiore al tasso del 5 %. Passando ora all'esame del ricorso 1935, n. 835] nella parte in cui sottrae alla competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti penali a carico di minori coimputati con maggiorenni per concorso nello stesso reato. Sentenza 19 luglio 1983, n. 222, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali, approvato con r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 61, quarto comma [convertito in legge 9 gennaio 1939, n. 41], nella seconda parte, che inizia con le parole Il provvedimento di cessazione e termina con le parole presente ordinamento . Sentenza 5 ottobre 1983, n. 288, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, art. 53, nella parte in cui consente di scegliere nei procedimenti penali davanti ai tribunali militari territoriali i difensori tra gli ufficiali inferiori in servizio. Sentenza 20 ottobre 1983, n. 320, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 26 gennaio 1942, n. 37, art. 1, nella parte in cui non comprende nel personale addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione e dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette, avente diritto alla iscrizione al Fondo di previdenza, anche gli impiegati non di ruolo. Sentenza 18 ottobre 1983, n. 308, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 17 luglio 1942, n. 907, art. 108, primo comma, relativamente alle parole: ovvero quando si tratta di straniero che non d idonea cauzione o malleveria per il pagamento delle multe o delle ammende . Sentenza 18 luglio 1983, n. 215, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 17 luglio 1942, n. 907, art. 108, secondo comma, relativamente alle parole: o, trattandosi di straniero, fino a che questi non ha prestato la cauzione o la malleveria . Sentenza 18 luglio 1983, n. 215, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 5 dice:rnbre 1959, n. 1077, art. 18, primo comma. Sentenza 10 ottobre 1983, n. 302, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 332, primo comma, relativamente alle pa~ role: ovvero quando si tratta di straniero che non d idonea cauzione o malleveria per il pagamento delle multe e delle ammende . Sentenza 18 luglio 1983, n. 215, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. INDICE DELLA LEGISLAZIONE d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 332, secondo comma, relativamente alle parole: o, trattandosi di straniero, fino a che questi non ha pagato la cauzione o la malleveria, Sentenza 18 luglio 1983, n. 215, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56, ultimo comma, nella parte in cui comporta che l'accertamento dell'imposta divenuto definitivo in conseguenza della decisione di una commissione tributaria vincoli il giudice penale, nella cognizione dei reati previsti in materia di imposte sui redditi, contestati a chi sia rimasto estraneo al giudizio tributario, perch non posto in condizioni di intervenirvi o di parteciparvi. Sentenza 28 luglio 1983, n, 247, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 54, nella parte in cui non prevede la possi" bilit di concedere anche al condannato all'ergastolo la riduzione di pena, ai soli fini del computo della quantit di pena cos detratta nella quantit scontata, richiesta per l'ammissione alla liberazione condizionale. Sentenza 27 settembre 1983, n. 274, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 2 maggio 1976, n. 183, art. 6, quinto, ottavo e nono comma, nella parte in cui prevede il trasferimento alle regioni Sicilia e Sardegna del personale periferico della Cassa per il Mezzogiorno con decreto del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno. Sentenza 25 luglio 11983, n. 237, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 15, settimo comma [come sostituito dal l'art. 18 legge 24 dicembre 1979, n. 650] nella parte in cui non prevede che il Laboratorio provinciale di igiene e profilassi dia avviso al titolare dello scarico affinch possa presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione delle analisi. Sentenza 28 luglio 1983, n. 248, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 27 luglio 1978, n. 392, combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 2, 3, 6 e 8, nonch 65, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel citato art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Sentenza 28 luglio 1983, n. 250, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 27 luglio 1978, n. 392, combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 4, 5 e 7 nonch 65, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore per i motivi indicati nel cit. art. 59 nn. 4, 5 e 7, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Sentenza 28 luglio 1983, n. 250, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 27 luglio 1978, n. 392, combinato disposto art. 69, settimo comma e art. 73 stessa legge (quale modificato dall'art. 1-bis del decreto-legge 30 gen naio 1979, n. 21, convertito con modificazioni nella legge 31 marzo 1979, n. 93), nella parte in cui -relativamente alle ipotesi di recesso del locatore dai RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DllLLO STATO contratti disciplinati dall'art. 67 stessa legge, motivate con la sopravvenuta necessit di adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti in linea retta entro il secondo grado -prevede che l'indennit per l'avviamento commerciale dovuta al conduttore sia determinata sulla base del canone corrente di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche, anzich con riferimento all'ultimo canone corrisposto. Sentenza 6 ottobre 1983, n. 300, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. legge 29 luglio 1980, n. 385, artt. 1, primo e secondo comma, e 2. Sentenza 19 luglio 1983, n. 223, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 29 luglio 1980, n. 385, artt. 1, terzo, quarto e quinto comma, e 3. Sentenza 19 luglio 1983, n. 223, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 25 settembre 1981, n. 535. Sentenza 119 luglio 1983, n. 223, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. d.-1. 22 dicembre 1981, n. 786 [convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1982, n. 51], art. 26, secondo e terzo comma (divenuti primo e secondo per effetto della soppressione del primo comma, operata in sede di conversione in legge). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1963, n. 288. legge 29 luglio 1982, n. 481. Sentenza 19 luglio 1983, n. 223, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 23 dicembre 1982, n. 943. Sentenza 19 luglio 1983, n. 223, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. d.-1. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 31, primo comma [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131], nella parte in cui prevede che, per il definitivo equilibrio delle gestioni delle aziende locali di trasporto, le regioni sono tenute -anzich facoltizzate -a provvedere mediante l'integrazione della eventuale differenza tra la quota regionale derivante dalla ripartizione del Fondo nazionale trasporti per l'anno 1983 e la somma delle erogazioni effettuate allo stesso titolo alle aziende nel 1982, nonch nella parte in cui prevede che a questa integrazione le regioni devono necessariamente fare fronte con il maggiore gettito dei tributi propri. Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 26 aprile 1983, n. 130, art. 4, quinto e sesto comma. Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 26 aprile 1983, n. 130, art. 9, quarto comma, nella parte in cui non prevede che siano le regioni -anzich il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro del INDICE DELLA LEGISLAZIONE 81. tesoro -a determinare, valutate le eventuali necessit, i singoli casi in cui sia indispensabile procedere ad assunzione di personale nelle unit sanitarie locali esistenti nell'ambito territoriale di rispettiva competenza, ferme restando le funzioni di indirizzo e coordinamento previste dall'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Sentenza 11 ottobre 1983, n. 3CJ1, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 26 aprile 1983, n. 130, art. 20, terzo comma. Sentenza 11 ottobre 1983, n. 3CJ1, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 26 aprile 1983, n. 131, articolo unico, ultimo comma, nella parte in cui prevede che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati ed hanno efficacia i rapporti giuridici sorti in applicazione dell'art. 45, primo comma, lett. a), del decreto-legge n. 952 del 1982. Sentenza 11 ottobre 1983, n. 3CJ1, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 480 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 29 giugno 1983, n. 19.1, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. combinato disposto codice civile, art. 2697, legge 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1, e codice di procedura civie, art. 414, n. 4 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 29 giugno 1983, n. 192, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. codice di procedura civile, artt. 41 e 367 (artt. 3, 24, 103, 111, terzo comma, 113 e 125 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1983, n. 246, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. combinato disposto codice di procedura civile, art. 414, n. 4, legge 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1, e codice civile, art. 2697 (artt. 3 e 24 della Costi tuzione). Sentenza 29 giugno 1983, n. 192, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. codice di procedura civile, artt. 657 e seguenti (artt. 2, 3, 31, 41, 42 e 47 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1983, n. 252, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. codice penale, artt. 519 e 539 (artt. 2, 3, 27 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1983, n. 209, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. codice penale, art. 539 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1983, n. 209, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. 82 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 503, terzo comma (art. 24 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1983, n. 206, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 228, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 settembre 1983, n. 263, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 228, terzo comma, seconda parte (art. 36 della Costituzione). Sentenza 26 settembre 11983, n. 264, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. d.l.lgt. 19 ottobre 1944, n. 279 (artt. 3, 24, 42, 43, 44, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 10 ottobre 1983, n. 301, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 19 marzo 1955, n. 160, artt. 9, 10 e 15 (artt. 3, 32 e 97 della Costituzione). Sentenza 18 luglio 1983, n. 212, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. combinato disposto art. 1 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, codice di procedura civile, art. 414, n. 4, e codice civile, art. 2697 {artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 29 giugno 1983, n. 192, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 27 febbraio 1963, n. 260, art. 5 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 230, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 8 e 9 (artt. 3, 4 e 41 della Costituzione). Sentenza 29 settembre 1983, n. 279, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 22 dicembre 1969, n. 967 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 229, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 26 (art. 36 della Costituzione). Sentenza 26 settembre 1983, n. 264, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 23 dicembre 1970, n. 1054, art. 1 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 229, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 6, n. 4 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 26 settembre 1983, n. 262, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 30, terzo comma, e 37 (artt. 3, 24, 103, 111, terzo comma, 113 e 125 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1983, n. 246, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 42, quinto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1983, n. 238, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 6 dicembre 1971, n. 1044, art. 6 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 20 ottobre 1983, n. 319, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, combinato disposto artt. 42 e 44 (artt. 24 e 76 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1983, n. 210, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 1, 2, 3 e 6 (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1983, n. 239, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1983, n. 239, G. U. 3 agosto :1983, n. 212. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, secondo comma, penultimo periodo (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 26 settembre 1983, n. 262, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274, legge reg. Emilia Romagna 20 luglio 1973, n. 25, art. 109 e tabella B allegata [cos come sostituito dall'art. 36 della legge regionale 20 luglio 1973, n. 26] (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 29 settembre 1983, n. 278, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge reg. Abruzzo 2 agosto 1973, n. 32, artt. 1, 2 e 72 (artt. 37, 97, e 117 della Costituzione). Sentenza 29 settembre 1983, n. 277, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge reg. Abruzzo 2 agosto 1973, n. 32, artt. 1, primo comma, 2 e 72, primo e quarto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 29 settembre 1983, n. 277, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 27 ottobre 1973, n. 628, art. 8 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 229, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41 [cos come modificata dalla legge reg. Lazio 26 gennaio 1977, n. 12] (art. 117 della Costituzione). Sentenza 20 ottobre 1983, n. 319, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41, artt. 3, 4, 8, 13 e 14 (artt. 97 e 128 della Costituzione). Sentenza 20 ottobre 1983, n. 319, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, art. 14 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 225, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge reg. Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, art. 15 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 225, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 28 aprile 1975, n. 135, art. 2 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 229, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge teg. Campania 16 maggio 1975, n. 30, art. 39 (art. 118 della Costituzione). Sentenza 20 ottobre 1983, n. 319, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge reg. Emilia-Romagna 30 maggio 1975, n. 39, art. 1 (artt. 3, 117 e 123 della Costituzione). Sentenza 26 settembre 1983, n. 265, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 82 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 5 ottobre 1983, n. 290, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. legge 2 maggio 1976, n. 183, artt. 3, 15 e 16, primo, secondo e terzo comma (artt. 14 statuto siciliano, 3 statuto sardo e 4 statuto Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 25 luglio 1983, n. 237, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 10 maggio 1976, n. 319, artt. 15, secondo, ottavo e nono comma; 25, ultimo comma e 26, primo comma (artt. 2, 3, 9 e 32 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 226, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 25, ultimo comma (artt. 32 e 101 della Costituzione). Sentenza 18 ottobre 1983, n. 313, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 26, primo comma (art. 32 della Costituzione). Sentenza 18 ottobre 1983, n. 313, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. d.P.R. 9 novembre 1976, n. 902, artt. 9 e 28 (artt. 14 statuto siciliano, 3 statuto sardo e 4 statuto Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 25 luglio 1983, n. 237, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 3 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 26 settembre 1983, n. 266, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 27 maggio 1977, n. 284, art. 1 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 229, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. INDICE DELLA LEGISLAZIONE 8.f legge 3 gennaio 1978, n. 1, artt. 1 e 3 (art. 97 della Costituzione). Sentenza 20 ottobre 1983, n. 319, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 48 (artt. 14 statuto siciliano, 3 statuto sardo e 4 statuto Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 25 luglio 1983, n. 237, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1, 3, 58 e 65 (artt. 2, 3, 31, 41, 42 e 47 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1983, n. 252, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 4, primo e secondo comma (art.. 3 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1983, n. 251, G. V. 3 agosto 1983, n. 212. legge 27 luglio 1978, n. 392, combinato disposto art. 69, settimo comma e arti colo 73 stessa legge [quale modif. dall'art. 1 bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 21, convertito nella legge 31 marzo 1979, n. 93] (artt. 3, 41, 42, e 47 della Costituzione). Sentenza 6 ottobre 1983, n. 300, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. legge 5 agosto 1978, n. 505, art. 1 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1983, n. 229, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge provincia aut. di Bolzano 3 settembre 1979, n. 12, art. 1 (artt. 3, 6 e 41 della Costituzione). Sentenza 18 ottobre 1983, n. 312, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744 (artt. 73 e 79 della Costituzione). Sentenza 20 ottobre 1983, n. 321, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. d.l. 22 dicembre 1981, n. 786, artt. 28, primo comma, e 29 [convertito in legge n. 51 del 1982] (art. 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. dJ. 22 dicembre 1981, n. 786, art. 34 [convertito in legge 51 del 1982] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, artt. 8, primo e secondo comma e 8 bis [con vertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (artt. 117, 119 e 81 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n: 288. 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 9, primo, quarto, sesto, nono e decimo comma [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (artt. 117 e 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 3fJ7, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 11 [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 3fJ7, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 16, secondo comma [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (artt. 117 e 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 27, quarto comma [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 117 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. d.1. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 28, quinto comma [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 2~8. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 29, terzo, quarto e quinto comma [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 31, secondo, terzo, quarto e quinto comma [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 117 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 3fJ7, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. d.I. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 31, comma 5.1, 5.2 e 5.3 [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] (artt. 117, 118 e 119, nonch 81, della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 26 aprile 1983, n. 130, art. 9, terzo comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 26 aprile 1983, n. 130, art. 9, quinto comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 26 aprile 1983, n. 130, art. 10, primo comma (art. 119, nonch 81, della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. I !: legge 26 aprile 1983, n. 131, articolo unico, ultimo comma (artt. 117, 118 e 119 I ~ della Costituzione). Sentenza 11 ottobre 1983, n. 307, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. I: ~ . !' INDICE DELLA LEGISLAZIONE III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile, artt. 556, 564, secondo comma e 751 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 12 ottobre 1982, n. 340/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. codice civile, art. 565 (artt. 3 e 30 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 22 ottobre 1982, n. 122/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. codice di procedura civile, artt. 8 e 9 (artt. 24 e 97 della Costituzione). Giudice istruttore presso Tribunale di Firenze, ordinanza 31 dicembre 1982, n. 370/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. codice di procedura civile, art. 9 (art. 97 della Costituzione). Presidente Tribunale di Firenze, ordinanza 21 gennaio 1983, n. 369, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. codice di procedura civile, art. 51 (artt. 3 e 111 della Costituzione). Pretore di Taranto, ordinanza 18 marzo 1983, n. 425, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. codice di procedura civile, artt. 75 e 300 (art. 24 della Costituzione). Pretore di S. Margherita di Belice, ordinanza 7 febbraio 1983, n. 277, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. codice di procedura civile, art. 187 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale di Firenze, ordinanza 25 maggio 1982, n. 371/83, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. codice di procedura civile, art. 189 (art. 101 della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Firenze, ordinanza 17 luglio 1982, n. 372/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. codice di procedura civile, art. 395, prima parte e n. 4 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 settembre 1982, n. 234/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (artt. 1, 3, 4, 34, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 marzo 1981, n. 374/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 88 codice di procedura civile, art. 657 e seguenti (artt. 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Gallarate, ordinanze (quattro) 20 dicembre 1982, nn. 296-299/83, G. U. 31 agosto .1983, n. 239. codice di procedura civile, art. 660 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 11 luglio 1982, n. 166/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. codice di procedura civile, artt. 663 e 668 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 11 luglio 1982, n. 166/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. codice di procedura civile, art. 663, primo comma (artt. 3, 24 e 111 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 11 luglio 1982, n. 166/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. codice di procedura civile, capo II, titolo I, libro IV (artt. 3, 24, 31 e 41 della Costituzione). Pretore di Mestre, ordinanza 20 dicembre 1982, n. 109/83, G. U. 13 luglio 1983, n. ,191. codice penale, art. 81 cpv. (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lanusei, ordinanza 26 novembre 1982, n. 230/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Tribunale di Vasto, ordinanza 2 dicembre 1980, n. 162/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. c~dice penale, art. 102 (art. 27 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Roma, ordinanze (sette) 24 gennaio 1983, nn. 396-400, 409 e 423, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Roma, ordinanza 10 febbraio 1983, n. 401, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Roma, ordinanza 23 febbraio 1983, n. 402, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Roma, ordinanza 26 mar zo 1983, n. 424, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. codice penale, art. 136 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Foligno, ordinanza 14 dicembre 1982, n. 112/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. codice penale, art. 162 bis [introdotto dall'art. 126 legge 24 novembre 1981, n. 689] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 25 novembre 1982, n. 128/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. INDICE DELLA LEGISLAZIONE codice penale, art. 341 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Soave, ordinanza 29 ottobre 1982, n. 74/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. codice penale, art. 542, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 10 gennaio 1983, n. 443, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. codice penale, art. 567 cpv. (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale di Pisa, ordinanza 118 giugno 1982, n. 150/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. codice penale, art. 630 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 14 marzo 1983, n. 440, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. codice penale, art. 699 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Teano, ordinanza 28 gennaio 1983, n. 164, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. codice di procedura penale, art. 41 bis (artt. 3, 24 e 97 della Costituzione). Giudice istruttore presso Tribunale di Belluno, ordinanza 26 gennaio 1983, n. 273, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. codice di procedura penale, art. 41 bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze (tre) 29 maggio 1982, nn. 114-116/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 1191. Corte di cassazione, ordinanza 7 ottobre 1982, n. 188/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. codice di procedura penale, art. 90 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lanusei, ordinanza 26 novembre 1982, n. 230/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. codice di procedura penale, artt. 263 bis e 263 ter (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale militare di Bari, ordinanza 8 gennaio 1983, n. 334, G. U. 21 settembre 1983, n. 260). codice di procedura penale, art. 586 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Foligno, ordinanza 14 dicembre 1982, n. 112/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. codice penale militare di pace, artt. 58, ultimo comma, e 230, terzo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale militare di Bari, ordinanza 19 gennaio 11983, n. 333, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. Corte dei conti, ordinanza 22 febbraio 1980, n. 219/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. Corte dei conti, ordinanza 22 febbraio 1980, n. 219/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale militare di pace, art. 122 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 4 novembre 1982, n. " 221/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. Tribunale militare di Padova, ordinanza 1 dicembre 1982, n. 222/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. codice penale militare di pace, art. 195 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare di Napoli, ordinanza 3 dicembre 1982, n. 72/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. codice penale militare di pace, art. 195, primo comma (art. 3 della Costi tuzione). II Tribunale militare di Padova, ordinanza 13 ottobre 1982, n. 223/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. legge 13 giugno 1912, n. 555, artt. 10, secondo comma, e 4, n. 3 (artt. 2, 3, 22 e 29 della Costituzione). Corte costituzionale, ordinanza 22 dicembre 1982, n. 95/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 16 febbraio 1913, n. 89, artt. 146, primo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 novembre 1982, n. 76/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. I legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 7 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Pinerolo, ordinanza 11 marzo 1983, n. 472, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, art. 22 [come sostituito dall'art. XI del protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955, resi esecutivi in Italia con le leggi 19 maggio 1932, n. 81 e 3 dicembre 1962, n. 1832] (artt. 2, 3 e 32 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 17 gennaio 1983, n. 404, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. r.dJ. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 5 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Roma, ordinanza 21 dicembre 1982, n. 137/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. r.d. 20 settembre 1934, n. 2011, art. 53 (art. 23 della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 15 febbraio 1983, n. 395, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. r.d.l. 2 giugno 1936, n. 1172, art. 1 [convertito in legge 26 dicembre 1936, n. 2439) (art. 3 della Costituzione). INDICE DELLA LEGISLAZIONE contratto collettivo nazionale per gli operai metalmeccanici, stipulato il 30 luglio 1936, art. 19 (art. 52 della Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanze (due) 1 febbraio 1983, nn. 192 e 193, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, art. 33, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 23 novembre 1982, n. 393/83, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. r.d. 3 marzo 1938, n. 680, art. 67, lett. f) (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti -sezione terza giurisdizionale -ordinanza 5 novembre 1980, n. 196/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 48 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale di Firenze, ordinanza 25 maggio 1982, n. 371/83, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 43 (artt. 13 e 24 della Costituzione). Tribunale di Rimini, ordinanza 18 marzo 1983, n. 406, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. legge 2 marzo 1949, n. 143, art. 9, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 20 ottobre 1982, n. 121/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 73 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 22 febbraio 1983, n. 413, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 2 luiliO 1952, n. 703, art. 39 (artt. 70 e 72 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanze (tre) 10 novembre 1982, nn. 201-203/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, seconda parte (artt. 3 e 44 della Costituzione). Pretore di Foggia, ordinanza 1 ottobre 1982, n. 136/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, art. 31, numeri 4 e 5 (art. 33 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 22 ottobre 1982, n. 92/83, G. U. 6 luglio 1983, n, ,184. legge 22 giugno 1954, n. 523, art. 1 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti -sezione terza giurisdizionale -ordinanza 5 novembre 1980, n. 196/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. 92 RASSF.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 11 aprile 1955, n. 379, art. 7, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 23 novembre 1982, n. 393/83, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. legge 'J:1 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di. Roma, ordimmze 1 aprile 1983, nn. 456 e 457, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. d.P.It. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 85, 87, primo comma e 140, ultimo comma [mantenuto in vita dall'art. 83 d.P.lt. 29 settembre 1973, n. 597] (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Rieti, ordinanza 29 aprile 1982, n. 281/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 4 febbraio 1958, n. 87, art. 11, primo comma (art. 3 e 53 della Costi tuzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 18 febbraio 1982, n. 291/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. I d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80-bis (art. 3 della Costituzione). I Pretore di Padova, ordinanza 20 novembre 1982, n. 100/83, G. U. 6 luglio Iit1983, n. 184. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80-bis [introdotto dall'art. 142 legge 24 novembre 1981, n. 689] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 19 gennaio 1983, n. 384, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80-bis [introdotto dall'art. 142, legge I 24 novembre 1981, n. 689] (art. 3 della Costituzione). { Pretore di Caltanissetta, ordinanza 22 settembre 1982, n. 379/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80-bis, secondo comma (art. 27 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 20 novembre 1982, n. 99/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 80-bis e 80-ter (art. 3 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 23 giugno 1982, n. 380/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Pretore di Caltanissetta, ordinanze (tre) 31 gennaio 1983, nn. 381-383, G. U. liJ settembre 1983, n .253. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 3 dicembre 1982, n. 200/83, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge 27 aprile 1962, n. 231, art. 8, primo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 22 ottobre 1982, n. 208/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 12 agosto, 1962, n. 1338, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 15 ottobre 1982, n. 67/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2 cpv., lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 15 febbraio 1983, n. 294, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2 cpv., lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 15 febbraio 1983, n. 293, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 17 marzo 1983, n. 435, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 16 aprile 1982, n. 233/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 11 e 41 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 17 novembre 1982, n. 175/83, G. U. 17 ago sto 1983, n. 225. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 76 e 17 della Costituzione). Tribunale di Velletri, ordinanza 29 ottobre 1982, n. 290/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e n (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 14 dicembre 1982, n. 161/83, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 134, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Alessandria, ordinanza 29 gennaio 1983, n. 158, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 215 (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione). Tribunale di Frosinone, ordinanza 9 gennaio 1974, n. 283/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 3 maggio 1966, n. 437 (artt. 3, 68, 112 e 138 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Venezia, ordinanza 16 aprile 1982, n. 286/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 3 maggio 1966, n. 437, artt. 1 e 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Pretore di Trieste, ordinanza 18 dicembre 1982, n. 174/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. legge 3 maggio 1967, n. 315, art. 13 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 18 feb braio 1982, n. 291/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 6 agosto 1967, n. 699, art. 10, settimo comma (artt. 3, 29 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 2 marzo 1981, n. 218/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. lgge 2 ottobre 1967, n. 695, artt. 2 e 7 [sostituiti dagli artt. 10 e 14 della legge 14 ottobre 1974, n. 497] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Trento, ordinanza 14 febbraio 1983, n. 237, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Tribunale di Bologna, ordinanza 11 maggio 1981, n. 231/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 9 ottobre 1967, n. 973, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanze (due) 13 dicembre 1979, n. 243 e 244/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2, lett. c) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 5 gennaio 1983; n. 127, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3 (artt. 3, 29 e 38 della Costituzione). Pretore di Como, ordinanza 25 gennaio 1983, n. 154, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 22 gennaio 1983, n. 241, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, lett. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chieti, ordinanza 26 gennaio 1983, n. 155, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. INDICE DELLA LEGISLAZIONE 9f legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, lett. a) (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 9 novembre 1982, n. 240/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 67 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 22 febbraio 1983, n. 413, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4, 35 e 38 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza B gennaio 1983, n. 410, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5 (artt. 3, 4 e 38 della Costituzione). Tribunale di Cuneo, ordinanza 16 dicembre 1982, n. 474/83, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 13, quinto comma (artt. 4, 27, 32, 35 e 41 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 2 giugno 1980, n. 295/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, art. 111 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 8 marzo 1983, n. 319, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 cpv. (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 15 febbraio 1983, n. 293, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Oristano, ordinanza 28 gennaio 1983, n. 229, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 22 dicembre 1969, n. 967, art. 2 [modificato dalla legge 23 dicembre 1970, n. 1054, art. l] (artt. 3, 31 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 6 ottobre 1982, n. 123/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 25 maggio 1970, n. 364, artt. 19, secondo comma, n. 2, e 20, secondo comma, lett. b) (art. 81 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 28 settembre 1982, n. 385/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.l. 19 giugno 1970, n. 370, art. 8 [convertito con modif. in legge 26 luglio 1970, n. 576] (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 3 novembre 1981, n. 151/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. RASSF.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 96 legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 16-ter (artt. 3, 36, 103, 104 e 107 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 16 febbraio 1977, n. 394/83, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 2, 3, 5 e 117 della Costituzione). Tribun..ale di Torino, ordinanza 19 gennaio 1983, n. 184, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (art. 81 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 30 novembre 1982, n. 102/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. Pretore di Lecce, ordinanza 10 dicembre 1982, n. 111/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. Pretore di Roma, ordinanza 10 febbraio 1983, n. 317, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. Pretore di Lecce, ordinanza 10 marzo 1983, n. 378, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6, secondo comma (art. 81 della Costituzione). Pretore di Macerata, ordinanza 9 marzo 1983, n. 338, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. Pretore di Roma, ordinanza 2 marzo 1983, n. 377, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. Pretore di Macerata, ordinanza 9 marzo 1983, n. 339, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Pretore di Roma, ordinanza 10 gennaio 1983, n. 463, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanze (due) 13 dicembre 1979, nn. 243 e 244/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, primo comma, n. 11 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di 1 grado di Reggio Calabria, ordinanza 27 marzo 1979, n. 149/83, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 9 ottobre 1971, n. 825, punto 6, n. 4 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 24 settembre 1981, n. 387/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. legge 22 ottobre 1971, n. 865 (artt. 64 e 72 della Costituzione). Corte d'appello di Cagliari, ordinanza 10 giugno 1977, n. 467, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione) e 20 (artt. 24 e 3 della Costituzione). Corte d'appello di Cagliari, ordinanza 10 giugno 1977, n. 467, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzioile). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 21 gennaio 1983, n. 266, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. d.I. 25 maggio 1972, n. 202 [convertito in legge 24 luglio 1972, n. 321] (artt. 70, 72, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Cosenza, ordinanza 10 febbraio 1983, n. 285, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. d.I. 30 giugno 1972, n. 267, art. 7 [convertito in legge 11 agosto 1972, n. 485] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 18 febbraio 1982, n. 291/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50 (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta giurisdizionale, ordinanza 10 dicembre 1982, n. 458/83, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge prov. di Bolzano, 20 agosto 1972, n. 15, art. 12, primo e terzo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 23 novembre 1982, n. 93/83, G. U. 6 luglio 1983, Il. 184. Corte d'appello di Trento, ordinanza 25 gennaio 1983, n. 242, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. Corte d'appello di Trento, ordinanza 21 dicembre 1982, n. 210/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo e secondo periodo, e 24, primo e secondo periodo (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 18 gennaio 1983, n. 209, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Corte d'appello di Trento, ordinanza 25 gennaio 1983, n. 310, G. U. 7 set tembre 1983, n. 246. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, artt. 12, primo comma, primo e secondo periodo, e 24, primo comma, primo e secondo periodo (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 14 dicembre 1982, n. :170/83, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. Corte d'appello di Trento, ordinanza 11 gennaio 1983, n. 171, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Emilia Romagna 11 ottobre 1972, n. 9, art. 4, secondo comma (artt. 117, 118, 123 e 127 della Costituzione e 25 e 57 dello statuto regionale). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 19 novembre 1980, n. 407/83, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 462, art.2, primo e secondo comma, n. 1 (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 11 luglio 1982, n. 165/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. da 41 a 50 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di 1 grado di Reggio Calabria, ordinanza 27 marzo 1979, n. 149/83, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51 (artt. 3, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Venezia, ordinanza 25 iiarzo 1982, n. 126/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58, primo, secondo, terzo e quarto comma (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 6 novembre 1981, n. 388/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 4 (art. 102 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ragusa, ordinanze (quattro) 26 ottobre 1981, nn. 475-478/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. Commissione tributaria di primo grado di Ragusa, ordinanze 26 ottobre 1981, nn. 311 e 312/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 30 [modificato dal d.P .R. 3 novembre 1981, n. 739] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commisione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 14 febbraio 1983, n. 344, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 39, primo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Modena, ordinanza 19 febbraio 1982, n. 318/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, secondo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 24 settembre 1981, n. 387/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648, art. 10 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 3 febbraio 1983, n. 180, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. r ~ i r/ll@l:lllr@11~11i=1ri;11i:=i:1r1=i=1=~=====t:~lll~l~rr~;lli!%%r#:1!irfl@fiirilif!ill%lriiri3:rir~ffi1rlwilfliftEllillflileil INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge prov. di Trento 30 dicembre 1972, n. 31, art. 28, primo e quinto comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 8 febbraio 1983, n. 288, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 332 (artt. 3, 13 e 27 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 5 novembre 1982, n. 280/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 332 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 24 marzo 1983, n. 467, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge 22 febbraio 1973, n. 27, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 6 settembre 1982, h. 145/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93 (artt. 3; 28 e 113 della Costituzione). , Pretore di Roma, ordinanza 3 marzo 1983, n. 337, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183 e 195 [modificati dall'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Modena, ordinanza 19 gennaio 1983, n. 268, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 [modif. dall'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Castelfranco Veneto, ordinanza 3 dicembre 1982, n. 194/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334, primo comma, u. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Morbegno, ordinanza 13 g~nnaio 1983, n. 143, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195, 334, primo comma, n. 2 [modificato dall'art. 45 legge 14 aprile 1975, n. 103] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Adria, ordinanza 1 febbraio 1983, n. 278, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334, secondo comma, n. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 2 marzo 1983, n. 386, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. 100 RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1, quarto comma [convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 495] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Thiene, ordinanza 4 marzo 1983, n. 342, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 17 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 novembre 1979, n. 284/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5 (artt. 3 e 52 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Reggio Emilia, ordinanza 18 novembre 1981, n. 144/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. e) (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 22 luglio 1981, n. 418/83, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12 e 14 (artt. 3, 38 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Rieti, ordinanza 29 aprile 1982, n. 281/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 46 cpv. (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Como, ordinanza 10 dicembre 1982, n. 187/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 48 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 28 gennaio 1983, n. 405, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74, secondo e terzo comma (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Grosseto, ordinanza 18 dicembre 1981, n. 124/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 82 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanze (due) 13 dicembre 1979, nn. 243 e 244/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Reggio Emilia, ordinanza 10 ottobre 1981, n. 330/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 35 (artt. 3, 53 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Venezia, ordinanza 25 marzo 1982, n. 126/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. I . I ~ Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 novembre 1979, n. 284/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. 16 Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 novembre 1979, n. 284/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. 16 INDICE DELLA LEGISLAZIONE 1..01 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 28 gennaio 1983, n. 405, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3, 53, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di 1 grado di Genova, ordinanza 30 giugno 1980, n. 259/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, sesto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 14 febbraio 1983, n. 344, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.l. 1 ottobre 1973, n. 580, art. 4, primo comma [conv. con mod. in legge 30 novembre 1973, n. 766] (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 22 ottobre 1982, n. 265/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 65, secondo comma (art. 3 della Co stituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 30 novembre 1981, n. 153/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 85, secondo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Corte dei1 conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 5 giugno 1981, n. 195/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. Corte dei conti, ordinanza 7 giugno 1982, n. 217/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 113 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordin,anza 5 novembre 1980, n. 196/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 147, primo comma (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 22 aprile 1981, n. 152/83, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 14 giugno 1974, n. 270, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Pretore di Francavilla Fontana, ordinanza 118 marzo 1983, n. 367, G. U. 14 set tembre 1983, n. 253. legge 14 agosto 1974, n. 391 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 1.02 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 17 agosto 1974, n. 386, art. 7, terzo comma (artt. 70, 76, 77, 97 e 113 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quinta, ordinanza 14 maggio 1982, n. 117/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 10 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Vasto, ordinanza 5 maggio 1981, n. 190/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. Tribunale di Novara, ordinanza 8 marzo 1983, n. 471, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Vasto, ordinanza 2 dicembre 1980, n. 162/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Tribunale di Vasto, ordinanza 30 marzo 1982, n. 163/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Tribunale di Bologna, ordinanza 5 maggio 1981, n. 232/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Tribunale di Bassano del Grappa, ordinanza 20 gennaio 1983, n. 182, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 40, primo e secondo comma, e 44, secondo comma (artt. 3, 21 e 41 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta giurisdizionale, ordinanza 12 novembre 1982, n. 376/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2 secondo cpv. (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 31 marzo 1982, n. 212/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. Tribunale di Agrigento, ordinanza 11 gennaio 1982, n. 211/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Tribunale di Agrigento, ordinanza 7 giugno 1982, n. 213/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Tribunale di Agrigento, ordinanza 18 giugno 1982, n. 214/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Tribunale di Agrigento, ordinanza 18 ottobre 1982, n. 215/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Tribunale di Agrigento, ordinanza 24 settembre 1982, n. 216/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, secondo cpv. (art. 25 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 31 marzo 1982, n. 212/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. Tribunale di Agrigento, ordinanza 11 gennaio 1982, n. 211/83, (;. U. 24 agosto 1983, n. 232. Tribunale di Agrigento, ordinanza 7 giugno' 1982, n. 213/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Tribunale di Agrigento, ordinanza 18 giugno 1982, n. 214/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. INDICE DELLA LEGISLAZIONE 10J legge 18 aprile 1975; n. 110, art. 2, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 27 febbraio 1981, n. 197/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. legge 18 aprile 1975 n. 110, art. 23, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Novara, ordinanza 8 marzo ,1983, n. 471, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge reg. Emilia-Romagna 14 maggio 1975, n. 30, art. 15, quarto comma (art. 117 della Costituzione). Pretore di Forll, ordinanze 7 marzo 1983, nn. 414 e 415, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. legge reg. Laiio 3 giugno 1975, n. 42, art. 10 (art. 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 6 maggio 1981. n. 263/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 3 giugno 1975, n. 160, artt. 9 e 10 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 16 ottobre 1982, n. 84/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 (artt. 3, 13 e 27 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 7 febbraio 1981, n. 104/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 90 (artt. 13 e 101 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Avellino, ordinanza 11 dicembre 1982, n. 206/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 29 luglio 1975, n. 426, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 20 ottobre 1982, n. 432/83, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 12, 26, 28, primo comma e 71, primo ed ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Venezia ordinanza 16 febbraio 1983, n. 276, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 71 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 12 luglio 1982, n. 140/83, G. U. B luglio 1983, n. 191. d.l. 4 marzo 1976, n. 31, art. 7 (artt. 2 e 41 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 8 febbraio ,1983, n. 459, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. 104 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 30 aprile 1976, n. 159, art. 2-bis [introdotto con l'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689] (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 6 novembre 1981, n. 313/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanze (tre), 6 novembre 1981, nn. 419, 421 e 433/83, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 9, primo comma e nota in calce alla tab. A [come modificata dall'art. 22, ultimo comma, legge 24 dicembre 1979, n. 650] (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Cremona, ordinanza 14 dicembre 1982, n. 110/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 15, sesto e settimo comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Cremona, ordinanza 14 dicembre 1982, n. 110/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 1 aprile 1980, n. 329/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 15, terzo comma (art. 42 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 10 febbraio 1982, n. 183/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 17, lett. b) (art. 3 della Costituzione). Vice pretore di Laurenzana, ordinanze 13 dicembbre 1981, nn. 335 e 336/83, G. U. 14 settembbre 1983, n. 253. legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 17, lett. b (artt. 3, 25 e 27 della Costituzione). Pretore di Piombino, ordinanza 16 dicembre 1982, n. 82/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 17, lett. b) (artt. 42 e 43 della Costituzione). Pretore di Trecastagni, ordinanza 17 marzo 1980, n. 139/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. Pretore di Trecastagni, ordinanza 23 ottobre 1981, n. 271/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234, art. 3, primo comma (art. 116 della Costituzione). Tribunale di Trento, ordinanza 24 febbraio 1983, n. 449, G.U. 19 ottobre 1983, n. 288. Tribunale di Trento, ordinanza 20 gennaio 1983, n. 448, G.U. 26 otto bre 1983, n. 295. ' - INDICE DELLA LEGISLAZIONE 1.0f legge 6 aprile 1977, n. 150, artt. 1 e 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Pretore di Trieste, ordinanza .18 dicembre 1982, n. 174/83, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 5 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 28 gennaio 1983, n. 405, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. legge 8 agosto 1977, n. 513, artt. 27 e 28 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 22 ottobre 1982, n. 208/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 27 febbraio 1978, n. 41, art. 7 (artt. 3 e 44 della Costituzione). Pretore di Foggia, ordinanza 1 ottobre 1982, n. 136/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Siracusa, ordinanza 3 giugno 1981, n. 90/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, ordinanza 17 febbraio 1983, n. 267, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. legge reg. Veneto 14 luglio 1978, n. 30, art. 57, quarto comma (artt. 117 e H9 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 9 dicembre 1982, n. 225/83, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. legge 27 luglio 1978, n. 392 (artt. 3, 24, 31 e 41 della Costituzione). Pretore di Mestre, ordinanza 20 dicembre 1982, n. 109/83, G. U. 13 lu glio 1983 n. 191. legge 27 luglio 1978, n. 392 (artt. 3, 42 e 47 della Costituzione). Giudice conciliatore di Roma ordinanza 19 febbraio 1983, n. 331, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Giudice conciliatore di Roma, ordinanza 21 febbrado .1983, n. 3Je, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1 e 58 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Gallarate, ordinanze (quattro) 20 dicembre 1982, nn. 296-299/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. 106 RASSP.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1, 3 e 58 (artt. 2, 3, 32, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanze (due) 4 dicembre 1982, n. 460 e 461/83, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 2, 3, 30, 31, 32, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Crema, ordinanza 23 novembre 1982, n. 157/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 2, 3, 30, 31 e 41 della Costituzione). Pretore di Menaggio, ordinanza 10 dicembre 1982, n. 80/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 2, 3, 32 e 42 della Costituzione). Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 26 gennaio 1983, n. 176, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 2 febbraio 1983, n. 177, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 2, 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Ruvo di Puglia, ordinanza 7 gennaio 1983, n. 129, G.,U. 13 luglio 1983, n. .191. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 3, 31 e 42 della Costituzione). Pretore di Molfetta, ordinanza 7 dicembre 1982, n. 77/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 3, 31, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Iglesias, ordinanza 15 febbraio 1983, n. 282, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Ciri, ordinanza 29 gennaio 1983, n. 260, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Pretore di Ciri, ordinanza 3 febbraio 1983, n. 261, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Pretore di Ciri, ordinanza 20 dicembre 1982, n. 167/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Pretore di Ciri, ordinanza 17 dicembre 1982, n. 168/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. :Pretore di Ciri, ordinanza 30 novembre 1982, n. 169/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 2, 3, 30, 31, 32, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Torre Annunziata, ordinanza 3 marzo 1983, n. 417, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. INDICE DELLA LEGISLAZIONE 107 legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 2, 3, 32 e 42 della Costituzione). Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 16 dicembre 1982, n. 159/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 2 febbraio 1983, n. 178, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 10 gennaio 1983, n. 204, G.U. 17 agosto 1983, n. 225. Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 2 febbraio 1983, n. 207, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 10 gennaio 1983, n. 205, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 2, 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Ruvo di Puglia, ordinanza 10 marzo 1983, n. 306, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 2, 3, 41, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Gallarate, ordinanze (quattro) 20 dicembre 1982, n. 296-299/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 2, 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Sestri Ponente, ordinanza 14 gennaio 1983, n. 138, G. U. 13 luglio 1983, D. 191. Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 2 febbraio 1983, n. 179, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Carrara, ordinanze (cinque) 15 febbraio 1983, nn. 239 e 322-325, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Pretore di Carrara, ordinanza 11 febbraio 1983, n. 238, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Pretore di Ruvo di Puglia, ordinanza 28 febbraio ,1983, n. 262, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Pretore di Carrara, ordinanza 20 gennaio '1983, n. 279, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. Pretore di Carrara, ordinanza 8 marzo 1983, n. 326, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. Pretore di Carrara, ordinanza 5 marzo 1983, n. 327, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 3, 41, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Torre del Greco, ordinanza 18 febbraio 1983, n. 343, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 58 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanze (due) 18 aprile 1983, nn. 454 e 455, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. Pretore di Bari, ordinanza 18 aprile 1983, n. 437, G. U. 119. ottobre 1983, n. 288. 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3, 58 e 65 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Carrara, ordinanza 5 marzo 1983, n. 403, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 65 (artt. 2, 3, 30, 31, 32, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Maddaloni, ordinanza 31 gennaio 1983, n. 186, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 6, ultimo comma (artt. 2, 3 e 30 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 6 ottobre 1982, n. 368/83, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, 46 e segg. e 84 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pizzo, ordinanze 11 aprile 1983, n. 468 e 469, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. Pretore di Pizzo, ordinanza 20 aprile 1983, n. 470, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. Pretore di Pizzo Calabro, ordinanza 8 aprile 1983, n. 427, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 58 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 27 ottobre 1982, n. 289/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239 Pretore di Milano, ordinanza 20 gennaio 1983, n. 328, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 24 gennaio 1983, n. 224, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 60, primo comma (art. 24 della Costituzione) .. Pretore di Firenze, ordinanza 29 novembre 1982, n. 373/83, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 29 settembre 1982, n. 103/83, G. U. 6 luglio 1983, n . .184. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 23 novembre 1982, n. 101/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 28 ottobre 1982, n. 133/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. INDICE DEIJ.A LEGISLAZIONE 109 legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (art. 42 della Costitu zione). Pretore di Milano, ordinanza 20 maggio 1982, n. 431/83, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo e nono comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Misilmeri, ordinanza 20 dicembre 1982, n. 272/83, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69 e 73 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Canosa di Puglia, ordinanza 5 dicembre 1981, n. 199/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo coinma e 73 (artt. 3, 41, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Sala Consilina, .ordinanza 24 novembre 1982, n. 81/83, G. U. 6 lu glio 1983, n. 184. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Pomigliano d'Arco, ordinanza 15 dicembre 1982, n. 65/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 [come modif. dalla legge 31 marzo 1979, n. 93] (artt. 3 e 42 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 28 ottobre 1982, n. 133/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.l. 23 dicembre 1978, n. 815, articolo unico, sedicesimo comma [conv. con modif. in legge 19 febbraio 1979, n. 54] (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 22 ottobre 1982, n. 265/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, artt. 58, 70 e 86, ultimo comma (artt. 2 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 22 febbraio 1983, n. 413, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge reg. Sicilia 27 dicembre 1978, n. 71, art. 49 (artt. 42 e 43 della Costituzione). Pretore di Trecastagni, ordinanza 23 ottobre 1981, n. 271/83, G. U. 20 lu glio 1983, n. 198. legge 27 dicembre 1978, n. 833, art. 48 (artt. 5, 39, 97, 117 e 128 della Costi tuzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 2 dicembre 1982, n. 189/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 24 dicembre 1979, n. 650, artt. 6 e 17, ultima parte (artt. 25 e 77 della Costituzione). Pretore di Saluzzo, ordinanza 19 febbraio 1983, n. 236, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. i &?11~r111111Jrfatr*:::1~1wtt11r11111r1&1m111111r1111111,trr1.111111 110 RASSF.GNA DELL'AVVOCATURA Dl!LLO STATO Pretore di Saluzzo, ordinanza 8 marzo 1983, n. 392, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. dJ. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 2 [come sostituito dalla legge 29 felJ.. braio 1980, n. 33]. Pretore di Rimini, ordinanze 23 dicembre 1981, n. 130 e 131/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. Pretore di Rimini, ordinanza 21 luglio 1982, n. 132/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. legge. 21 febbraio 1980, n. 28, art. 7, lett. h) (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 16 giugno 11982, n. 316/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 3, lett. b) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 16 dicembre 1982, n. 146/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6 (artt. 3, 25 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 15 maggio 1981, n. 270/83, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. legge 29 marzo 1980, n. 33, art. 3 (artt. 3, 32 e 53 della Costituzione). Pretore di Como, ordinanza 30 novembre 1982, n. 89/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. Tariffa allegata alla legge reg. Veneto 8 maggio 1980, n. 50 (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza .13 gennaio 1983, n. 389, G. U. 14 settembre .1983, n. 253. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58, lett. i) (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 16 giugno 1982, n. 316/83, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 29 luglio 1980, n. 385 (artt. 24 e 42 della Costituzione). Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d'appello di Na~ poli, ordinanze (sei) 15 novembre 1982, n. 300.305/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 2, sesto comma, e 10, terzo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Ravenna, ordinanza 30 novembre 1982, n. 83/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. Pretore di Modena, ordinanza 22 febbraio 1983, n. 442, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 22 (artt. 2, 3, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 31 dicembre 1982, n. 314/83, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. INDICE DELLA LEGISLAZIONE d.P.It. 18 gennaio 1981, n. 834, art. 12 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 22 febbraio 1983, n. 413, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Perugia, ordinanza 17 gennaio 1983, n. 172, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Tribunale di Perugia, ordinanza 7 marzo 1983, n. 411, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 28 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Todi, ordinanza 24 marzo 1983, n. 416, G. U. 5 ottobre 1983, n. 274. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, 54 e 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sal, ordinanza 16 dicembre 1982, n. 97/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Portogruaro, ordinanza 23 novembre 1982, n. 69/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 20 ottobre 1982, n. 125/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, e 77 (artt. 3 della Costituzione). Pretore di Domodossola, ordinanza 14 aprile 1983, n. 464, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Pretore di Torino, ordinanza 16 marzo 1983, n. 428, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, e 77, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Dolo, ordinanza 20 gennaio 1983, n. 220, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Pretore di La Spezia, ordinanza 16 febbraio 1983, n. 292, G. U. 24 agosto 1983, n. 232. Pretore di Dolo, ordinanza 24 febbraio 1983, n. 321, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. Pretore di Lugo, ordinanza 17 marzo 1983, n. 390, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Pretore di Dolo, ordinanza 24 febbraio 1983, n. 441, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, ultimo comma (art. 3 della Costi tuzione). Pretore di Napoli-Barra, ordinanza 16 dicembre 1982, n. 134/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. 1.12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Piazza Armerina, ordinanza 10 dicembre 1982, n. 78/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 1184. Pretore di Padova, ordinanze (due) 10 dicembre 1982, nn. 96 e 106/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. Pretore di Piazza Armerina, ordinanze (due) 10 dicembre 1982, nn. 141 e 142/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Pretore di Cant, ordinanza 9 dicembre 1982, n. 198/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. Pretore di Torino, ordinanza 23 marzo 1983, n. 429, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 1 dicembre 1982, n. 68/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. Pretore di Ancona, ordinanza 2 aprile 1982, n. 173/83, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. Pretore di Thiene, ordinanza 11 gennaio 1983, n. 181, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. Pretore di Monza, ordinanza 11 gennaio 1983, n. 185, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. Pretore di Genova, ordinanza ,17 gennaio 1983, n. 309, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. Pretore di Genova, ordinanza 21 gennaio 1983, n. 308, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. Pretore di Portogruaro, ordinanza 11 gennaio 1983, n. 341, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3 e 101 della Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanza 21 marzo 1983, n. 408, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Recanati, ordinanza 22 dicembre 1982, n. 156/83, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. Pretore di Recanati, ordinanza 12 gennaio 1983, n. 235, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 77 e 78 (artt. 3, 24 e 101 della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 19 novembre 1982, n. 107/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 92 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza. 3 dicembbre 1982, n. 200/83, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. INDICE DELLA LEGISLAZIONE 1.H legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 101, 102, 103, 105, 106 e 107 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Foligno, ordinanza 14 dicembre 1982, n. 112/83, G. U. 13 luglio 1983, n. 191. legge 24 novembbre 1981, n. 689, art. 142 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Voltri, ordinanza 26 aprile 1982, n. 108/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. legge 10 dicembre 1981, n. 741, art. 20 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 3 gennaio 1983, n. 422, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 14, quh1to comma, lett. b) [convertito nella legge 25 marzo 1982, n. 94] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Milano ordinanza 25 ottobre 1982, n. 75/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. dJ. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 14, quinto comma, lett. b), prima parte [con vertito in legge 25 marzo 1982, n. 94] .(art. 3 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 18 aprile 1983, n. 473, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 15-bis [convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 4 marzo 1983, n. 430, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 10 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Viterbo, ordinanza 29 aprile 1983, n. 465, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 15-bis (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 21 dicembre 1982, n. 160/83, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Pretore di Bergamo, ordinanza 1 febbraio 1983, n. 274, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Pretore di Bergamo, ordinanza 4 febbraio 1983, n. 275, G. U. 3 agosto 1983, n. 212. Pretore di Bergamo, ordinanza 3 marzo 1983, n. 320, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. Tribunale di Bassano del Grappa, ordinanza 18 febbraio 1983, n. 462, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 15-bis (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1982, n. 98/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. Pretore di Roma, ordinanza 23 dicembre 1982, n. 118/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DBLLO STATO d.P.lt. 29 aprile 1982, n. 240, artt. 1, 2, primo comma, lett. c) e d) e 11, secon do comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 3 novembre 1982, n. 566/83, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. d.P.lt. 29 aprile 1982, n. 240, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 3 novembre 1982, n. 566/83, G. U. 19 ottobre 1983, n. 288. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 9, secondo e terzo comma, e 15, primo e secondo comma (artt. 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Ancona, ordinanza 26 ottobre 1982, n. 191/83, G. U. 17 agosto 1983, n. 225. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25 e 26 (artt. 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanze (ventidue) 1 febbraio 1983, nn. 345-366, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26, 28 e 30 (artt. 3, 4, 41 e 44 della Costi tuzione). Tribunale di Siena, undici ordinanze 3 maggio 1983, nn. da 540 a 550, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26, 28, 30 e 31 (artt. 3, 4, 41, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 20 gennaio 1983, n. 228, G. U. 10 agosto 1983, n. 219. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26, 28, 30 e 31 (artt. 3, 4, 41 e 44 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanze (due) 20 gennaio 1983, n. 226 e 227, G. U. 20 luglio 11983, n. 198. legge 3 maggio 1982, n. 203, artt. 25, 26 e 31 (artt. 3 e 41 della Costituzione). Tribunale di Ancona, ordinanza 9 aprile 1983, n. 466, G. U. 28 settembre 1983, n. 267. legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 40, primo comma (artt. 41 e 44 della Costi tuzione). Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 3 marzo 1983, n. 307, G. U. 7 settembre 1983, n. 246. legge 20 maggio 1982, n. 270, art. 40 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta giurisdizionale, ordinanza 17 dicembre 1982, n. 375/83, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge 29 maggio 1982, n. 297; art. 5, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 29 marzo 1983, n. 444, G. U. 26 ottobre 1983, n. 295. d.P.R. 9 agosto 1982, n. 525 (artt. 73 e 79 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 11 novembre 1982, n. 120/83, G. U. 6 lu.. glio 1983, n. 184. d.P.R. 9 agosto 1982, n. 525, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 30 novembre 1982, n. 86/83, G. U. 6 lu glio 1983, n. 184. Tribunale di Ravenna, ordinanza 1 dicembre 1982, n. 119/83, G. U. 6 lu glio 1983, n. 184. Corte d'appello di Lecce, ordinanza 7 gennaio 1983, n. 135, G. U. 13 lu glio 1983, n. 191. Tribunale di Prato, ordinanza 3 febbraio 1983, n. 264, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. legge 12 agosto 1982, n. 532, art. 25 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale militare di Bari, ordinanza 8 gennaio 1983, n. 334, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. d.P.R. 30 settembre 1982, n. 688, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Nereto, ordinanza 16 novembre 1982, n. 105/83, G. U. 6 luglio 1983, n. 184. dJ. 30 settembre 1982, n. 688, art. 9 (artt. 3, 77 e 79 della Costituzione). Pretore di S. Don di Piave, ordinanza 18 marzo 1983, n. 391, G. U. 14 settembre 1983, n. 253. d.l. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19 [conv. nella legge 27 novembre 1982, n. 873] (art. 24, 101, 102 e 104 della Costituzione). Tribunale di Trieste, ordinanza 26 gennaio 1983, n. 287, G. U. 31 agosto 1983, n. 239. d.I. 30 settembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [convertito in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 11, 23 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 18 marzo 1983, n. 412, G. U. 26 ottobre -1983, n. 295. legge reg. Sicilia 15 novembre 1982, n. 135 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 3 gennaio 1983, n. 422, G. U. 12 ottobre 1983, n. 281. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge approvata dal consiglio regionale d'Abruzzo il 4 maggio 1983 e riapprovata il 27 luglio 1983 (art. 'l7 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 30 agosto 1983, n. 36, G. U. 'I 7 settembre 1983, n. 246. legge 17 maggio 1983, n. 217 (art. 4, n. 1 e n. 10, statuto speciale regione Friuli-Venezia Giulia). Regione Friuli-Venezia Giulia, ricorso 2 luglio 1983, n. 32, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. legge 17 maggio 1983, n. 217 nel suo complesso e, in particolare, artt. 1, ultimo comma, 2, 3, 4, primo, sesto ed ultimo comma, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 e 15 (artt. 3, terzo comma, 8, n. l, n. 5, n. 19, n. 20, 9, n. 7, 16, primo comma, 78 e 79 statuto regione Trentino-Alto Adige). Provincia autonoma di Bolzano, ricorso 30 giugno 1983, n. 29, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. legge 17 maggio 1983, n. 217, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 15 (artt. 116 della Costituzione e 3, lett. a), lett. f) e lett. p), 4, lett. a), 6 e 56 dello statuto speciale della Sardegna). Regione Sardegna, ricorso 30 giugno 1983, n. 30, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. legge 17 maggio 1983, n. 217, artt. 1, primo comma, 5, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 10, primo comma, 11, dodicesimo comma, 13, 14 e 15 (artt. 5, 117, 118 e 119 della Costituzione e art. 21 legge n. 335 del 11'176). Regione Emilia-Romagna, ricorso 2 luglio 1983, n. 31, G. U. 27 luglio 1983, n. 205. " legge 17 maggio 1983, n. 217, art. 1, quarto comma, 4, primo comma, 13, primo comma, 14, primo e quarto comma, 15, secondo comma (artt. 8, n. 1 e n. 20, 16 e 78 statuto regione Trentino-Alto Adige. Provincia autonoma di Trento, ricorso 30 giugno 1983, n. 28, G. U. 20 luglio 1983, n. 198. d.I. 11 luglio 1983, n. 317, art. 12, secondo comma (artt. 117 e 119 della Costituzione). Presidente regione Lombardia, ricorso 12 agosto 1983, n. 35, G. U. 21 settembre 1983, n. 260. d.I. 11 luglio 1983, n. 317, artt. 12, secondo comma, e 17 (artt. il17 e 119 della Costituzione). ~ Presidente regione Toscana, ricorso 10 agosto 1983, n. 34, G. U. 21 settembre 1983,n. 260. disegno di legge riapprovato dal consiglio provinciale di Bolzano il 13 luglio 1983 (art. 100 statuto reg. Trentino-Alto Adige). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 5 agosto 1983, n. 33, G. U. 7 settembre 1983, n. 246.